XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 8 gennaio 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta dell'8 gennaio 2014.

      Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Baretta, Berretta, Bindi, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Brambilla, Bray, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Fassina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Mannino, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Ravetto, Realacci, Sani, Sereni, Speranza, Tabacci, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

      In data 7 gennaio 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
      PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE GIANCARLO GIORGETTI ed altri: «Modifiche alla parte seconda della Costituzione in materia di forma di governo, di composizione e funzionamento degli organi costituzionali dello Stato e di potestà legislativa e funzioni dello Stato, delle regioni e degli enti locali» (1925);
      VARGIU ed altri: «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.  361, concernenti l'esercizio del diritto di voto in luogo diverso da quello di residenza, nonché alla legge 27 dicembre 2001, n.  459, per l'esercizio del diritto di voto da parte dei cittadini temporaneamente domiciliati all'estero» (1926).

      Saranno stampate e distribuite.

Trasmissione dal Senato.

      In data 7 gennaio 2014 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
      S. 1053. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d'America sul rafforzamento della cooperazione nella prevenzione e lotta alle forme gravi di criminalità, fatto a Roma il 28 maggio 2009» (approvato dal Senato) (1927).

      Sarà stampato e distribuito.

Annunzio di disegni di legge.

      In data 30 dicembre 2013 sono stati presentati alla Presidenza i seguenti disegni di legge:

          dal Ministro degli affari esteri:
      «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica federativa del Brasile riguardante lo svolgimento di attività lavorativa da parte dei familiari conviventi del personale diplomatico, consolare e tecnico-amministrativo, fatto a Roma l'11 novembre 2008, con Scambio di lettere interpretativo, fatto a Roma il 28 agosto e il 12 ottobre 2012» (1923);
      «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Federazione russa sul riconoscimento reciproco dei titoli di studio rilasciati nella Repubblica italiana e nella Federazione russa, fatto a Roma il 3 dicembre 2009» (1924).

      Saranno stampati e distribuiti.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

      A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
          VII Commissione (Cultura):
      LUIGI GALLO ed altri: «Abolizione della concessione di contributi pubblici alle scuole private paritarie» (1857) Parere delle Commissioni I, V, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
          XII Commissione (Affari sociali):
      NACCARATO: «Disciplina per l'affido dell'anziano e dell'adulto per la salvaguardia del diritto all'autonomia e all'integrazione familiare delle persone di ogni età che versano in condizioni di difficoltà» (1552) Parere delle Commissioni I, II, V, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Cancellazione dall'ordine del giorno di un disegno di legge di conversione.

      In data 30 dicembre 2013 il seguente disegno di legge è stato cancellato dall'ordine del giorno, essendo decorsi i termini di conversione del relativo decreto-legge, di cui all'articolo 77 della Costituzione: S.  1149. – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 ottobre 2013, n.  126, recante misure finanziarie urgenti in favore di regioni ed enti locali ed interventi localizzati nel territorio. Proroghe di termini previsti da disposizioni legislative» (Approvato dal Senato) (1906).

Trasmissione dal Presidente del Senato.

      Il Presidente del Senato, con lettera in data 27 dicembre 2013, ha comunicato che sono state approvate, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento del Senato, le seguenti risoluzioni:
          risoluzione della 13a Commissione (Territorio) sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/87/CE che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, in vista dell'attuazione, entro il 2020, di un accordo internazionale che introduce una misura mondiale unica basata sul mercato da applicarsi alle emissioni del trasporto aereo internazionale (COM(2013) 722 final) (Atto Senato Doc. XVIII, n.  37), che è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
          risoluzione della 13a Commissione (Territorio) sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio al fine di ridurre il consumo di borse di plastica in materiale leggero (COM(2013) 761 final) (Atto Senato Doc. XVIII, n.  39), che è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
          risoluzione della 13a Commissione (Territorio) sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n.  525/2013 per quanto riguarda l'attuazione tecnica del protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COM(2013) 769 final) (Atto Senato Doc. XVIII, n.  40), che è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
              risoluzione della 11a Commissione (Lavoro) sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai marittimi, che modifica le direttive 2008/94/CE, 2009/38/CE, 2002/14/CE, 98/59/CE e 2001/23/CE (COM(2013) 798 final) (Atto Senato Doc. XVIII, n.  41), che è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
          risoluzione della 9a Commissione (Agricoltura) sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n.  1166/2008 relativo alle indagini sulla struttura delle aziende agricole e all'indagine sui metodi di produzione agricola per quanto riguarda il quadro finanziario per il periodo 2014-2018 (COM(2013) 757 final) (Atto Senato Doc. XVIII, n.   42), che è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dalla Corte dei conti.

      La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 20 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n.  259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Opera nazionale di assistenza per il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per l'esercizio 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n.  259 del 1958 (Doc. XV, n.  103).

      Questi documenti sono trasmessi alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

      La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 20 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n.  259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria delle Ferrovie dello Stato italiane Spa, per l'esercizio 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n.  259 del 1958 (Doc. XV, n.  104).

      Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

      La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 20 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n.  259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Rete ferroviaria italiana (RFI) Spa, per gli esercizi 2011 e 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n.  259 del 1958 (Doc. XV, n.  105).

      Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

      La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 20 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n.  259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Autorità portuale di Palermo, per gli esercizi dal 2010 al 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n.  259 del 1958 (Doc. XV, n.  106).

      Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

      La Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti, con lettera in data 20 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n.  259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Autorità portuale di Trieste, per gli esercizi 2011 e 2012. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n.  259 del 1958 (Doc. XV, n.  107).

      Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

      La Corte dei conti – Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, con lettera in data 20 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n.  20, la deliberazione n.  15/2013 del 21 novembre 2013, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione concernente i contributi in conto capitale destinati al programma denominato «Contratti di quartiere II» ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 8 febbraio 2001, n.  21 (capitoli 7437 e 7438 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti).

      Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente).

      La Corte dei conti – Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, con lettera in data 23 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, la deliberazione n.  16/2013 del 19 novembre 2013, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione concernente il programma dei controlli sulla gestione delle amministrazioni dello Stato per l'anno 2014.

      Questo documento è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

      La Corte dei conti, con lettere in data 2 gennaio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 4, comma 2, della legge 14 gennaio 1994, n.  20, il bilancio di previsione della Corte per l'esercizio 2014, corredato dalla nota integrativa, approvato in data 30 dicembre 2013, nonché il bilancio pluriennale relativo al triennio 2014-2016.

      Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministero dell'interno.

      Il Ministero dell'interno ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 12 marzo e 11 novembre 2013, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n.  289, e dell'articolo 3, comma 151, della legge 24 dicembre 2003, n.  350.

      Questi decreti sono trasmessi alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministero dell'economia e delle finanze.

      Il Ministero dell'economia e delle finanze ha trasmesso un decreto ministeriale recante una variazione di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzata, in data 12 novembre 2013, ai sensi dell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.  135.

      Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministero della difesa.

      Il Ministero della difesa ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 26 novembre e 3, 6 e 11 dicembre 2013, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n.  279, e dell'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n.  289.

      Questi decreti sono trasmessi alla IV Commissione (Difesa) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

      Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 5 e 6 dicembre 2013, ai sensi dell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.  135.

      Questi decreti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XIII Commissione (Agricoltura).

Trasmissione dai Ministri della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali.

      Il Ministro della giustizia e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con lettera in data 16 dicembre 2013, hanno trasmesso, ai sensi dell'articolo 39 della legge 28 marzo 2001, n.  149, la relazione sullo stato di attuazione della medesima legge n.  149 del 2001, recante modifiche alla disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori, nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile, aggiornata al 31 dicembre 2010, con dati aggiuntivi riferiti agli anni 2011 e 2012 (Doc. CV, n.  1).

      Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia).

Trasmissione dal Viceministro degli affari esteri.

      Il Viceministro degli affari esteri, con lettera in data 23 dicembre 2013, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 febbraio 1992, n.  180, concernente la partecipazione dell'Italia alle iniziative di pace e umanitarie in sede internazionale, l'intenzione di concedere un contributo all'Istituto italo-latino americano (IILA) per un progetto di formazione e assistenza in Colombia sulle tecniche di sminamento umanitario.

      Questa comunicazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Trasmissioni dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

      Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettere in data 24 e 27 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n.  234, le seguenti relazioni concernenti procedure d'infrazione avviate ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che sono trasmesse alla VIII Commissione (Ambiente) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
          relazione concernente la procedura d'infrazione n.  2013/2170, del 20 novembre 2013, avviata per violazione del diritto dell'Unione europea in relazione ai lavori per la disostruzione dell'alveo del fiume Piave-Direttiva 85/337/CEE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati;
          relazione concernente la procedura d'infrazione n.  2013/0402, del 28 novembre 2013, avviata per mancato recepimento della direttiva 2013/2/UE recante modifica dell'allegato I della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.

Trasmissione dal Ministro dell'interno.

      Il Ministro dell'interno, con lettera in data 27 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 113 della legge 1o aprile 1981, n.  121, dell'articolo 109 del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n.  159, dell'articolo 3, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.  286, e dell'articolo 17, comma 5, della legge 26 marzo 2001, n.  128, la relazione sull'attività delle Forze di polizia, sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata, riferita all'anno 2012 (Doc. XXXVIII, n.  1).

      Questa relazione è stata trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla II Commissione (Giustizia).

Trasmissione dal Ministro della giustizia.

      Il Ministro della giustizia, con lettera in data 30 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n.  234, le seguenti relazioni concernenti procedure d'infrazione avviate ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che sono trasmesse alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), nonché alle sottoindicate Commissioni:
          relazione concernente la procedura d'infrazione n.  2013/0398, del 28 novembre 2013, avviata ai sensi dell'articolo 258 del Trattato per mancato recepimento della direttiva 2010/64/UE sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali – alla II Commissione (Giustizia) e alla V Commissione (Bilancio);
          relazione concernente la procedura d'infrazione n.  2013/0405, del 28 novembre 2013, avviata ai sensi dell'articolo 258 del Trattato per mancato recepimento della direttiva 2013/25/UE che adegua determinate direttive in materia di diritto di stabilimento e libera prestazione dei servizi a motivo dell'adesione della Repubblica di Croazia – alla II Commissione (Giustizia) e alla X Commissione (Attività produttive).

Trasmissioni dal Ministro dell'economia e delle finanze.

      Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettere in data 30 e 31 dicembre 2013, ha trasmesso le relazioni, aggiornate rispettivamente al mese di giugno e al mese di luglio 2013, sul monitoraggio degli incassi e dei pagamenti del bilancio dello Stato e delle spese aventi impatto diretto sul conto delle pubbliche amministrazioni per l'anno 2013.

      Queste relazioni sono trasmesse alla V Commissione (Bilancio).

      Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 31 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n.  234, la relazione concernente la procedura d'infrazione n.  2013/0403, del 28 novembre 2013, avviata ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea per mancato recepimento della direttiva 2013/13/UE che adegua determinate direttive in materia di fiscalità a motivo dell'adesione della Repubblica di Croazia.

      Questa relazione, è trasmessa alla VI Commissione (Finanze) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio della trasmissione di atti alla Corte costituzionale.

      Nel mese di dicembre 2013 sono pervenute ordinanze emesse da autorità giurisdizionali per la trasmissione alla Corte costituzionale di atti relativi a giudizi di legittimità costituzionale.

      Questi documenti sono trasmessi alla Commissione competente.

Trasmissione dal Comitato interministeriale per la programmazione economica.

      La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 2 gennaio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n.  196, la delibera CIPE n.  55/2013 del 2 agosto 2013, concernente «Contratto di programma ANAS 2013».

      Questa delibera è trasmessa alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

      La Commissione europea, in data 23 dicembre 2013 e 6 gennaio 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
          Documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto che accompagna la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Insieme verso una mobilità urbana competitiva ed efficace sul piano delle risorse (SWD(2013) 529 final), che è assegnato in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n.  539/2001 che adotta l'elenco dei Paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne e l'elenco dei Paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo (COM(2013) 853 final), che è assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali). Tale proposta è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 6 gennaio 2013;
          Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Relazione annuale sui progressi delle attività delle imprese comuni per le iniziative tecnologiche congiunte (IC ITC) nel 2012 (COM(2013) 935 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
          Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio ai sensi dell'articolo 213 del regolamento (UE, Euratom) n.  966/2012 relativa al contabile e al revisore interno del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) (COM(2013) 936 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

      Il Ministero dell'interno, con lettere in data 23, 24 e 27 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267, i decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Tocco Caudio (Benevento), Capalbio (Grosseto), Casteldelci (Rimini), Corato (Bari), Turi (Bari), Resana (Treviso) e Altavilla Irpina (Avellino).

      Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Trasmissione dalla regione autonoma della Sardegna.

      La presidenza della regione autonoma della Sardegna, con lettere in data 24 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 5, della legge regionale 7 ottobre 2005, n.  13, i decreti del presidente della regione di scioglimento dei consigli comunali di Tortolì (Ogliastra) e Castelsardo (Sassari).

      Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Trasmissione dal Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie.

      Il Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie, con lettera pervenuta in data 7 gennaio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 1o luglio 2013, n.  78, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n.  94, la prima relazione programmatica e di aggiornamento sull'attività svolta dal medesimo Commissario, aggiornata al 31 dicembre 2013 (Doc. CCIX, n.  1).

      Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia).

Comunicazione di nomina ministeriale.

      Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con lettera in data 19 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 31 dicembre 2009, n.  213, il decreto ministeriale di nomina del dottor Sergio Molinari a componente elettivo del consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale di astrofisica (INAF).

      Questo decreto è trasmesso alla VII Commissione (Cultura).

Richieste di parere parlamentare su proposte di nomina.

      Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo, con lettere in data 17 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n.  14, e dell'articolo 18, comma 3, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n.  252, le richieste di parere parlamentare sulle proposte di nomina del dottor Rino Tarelli a presidente della Commissione di vigilanza sul fondi pensione (COVIP) (20) nonché della dottoressa Antonella Valeriani (21) e del dottor Francesco Massicci (22) a componenti della medesima Commissione.

      Queste richieste sono assegnate, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla XI Commissione (Lavoro).

      Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo, con lettera in data 30 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n.  14, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina del professor Pier Carlo Padoan a presidente dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) (23).

      Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla I Commissione (Affari costituzionali).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

      Il Ministro della giustizia, con lettera in data 10 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 1, comma 3, e 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n.  247, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale concernente regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense (70).

      Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla II Commissione (Giustizia), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 9 marzo 2014. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 7 febbraio 2014.

      Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 20 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n.  76, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale per il 2013 (71).

      Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 28 gennaio 2014.

      Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo, con lettera in data 23 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 9, del decreto-legge 15 marzo 2012, n.  21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n.  56, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento per l'individuazione delle procedure per l'attivazione dei poteri speciali nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni (72).

      Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alle Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive), che dovranno esprimere il prescritto parere entro il 28 gennaio 2014. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 18 gennaio 2014.

      Il Ministro della difesa, con lettera in data 30 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 32, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n.  448, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale concernente il riparto dello stanziamento iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa per l'anno 2013, relativo a contributi ad associazioni combattentistiche e d'arma (73).

      Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla IV Commissione (Difesa) che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 28 gennaio 2014.

Atti di controllo e di indirizzo.

      Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 23 DICEMBRE 2013, N.  145, RECANTE INTERVENTI URGENTI DI AVVIO DEL PIANO «DESTINAZIONE ITALIA», PER IL CONTENIMENTO DELLE TARIFFE ELETTRICHE E DEL GAS, PER LA RIDUZIONE DEI PREMI RC-AUTO, PER L'INTERNAZIONALIZZAZIONE, LO SVILUPPO E LA DIGITALIZZAZIONE DELLE IMPRESE, NONCHÉ MISURE PER LA REALIZZAZIONE DI OPERE PUBBLICHE ED EXPO 2015 (A.C. 1920)

A.C. 1920 – Questioni pregiudiziali

QUESTIONI PREGIUDIZIALI

      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge 23 dicembre 2013, n.  145, recante interventi urgenti di avvio del Piano «Destinazione Italia», per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC-auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015, contiene (e ciò è evidente sin dalla lettura del titolo medesimo) disposizioni ed interventi disomogenei e disorganici, e, per molte sue parti, si caratterizza per l'assenza dei presupposti di necessità ed urgenza (si pensi, ad esempio, alle misure per favorire la diffusione della lettura) – che, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, comma secondo, devono essere «straordinari» – rendendo il testo non conforme a quanto stabilito dalla Costituzione in materia di decretazione d'urgenza;
              il decreto-legge in esame contiene infatti disposizioni di varia natura che disciplinano diversi ambiti: accordi fiscali con l'Agenzia delle Entrate; tribunale delle società con sede all'estero; credito per le imprese; credito d'imposta per l'incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo; credito d'imposta per l'editoria; misure per l'internazionalizzazione delle imprese; digitalizzazione delle PMI, pianificazione delle frequenze del servizio televisivo digitale terrestre, mutui agevolati per contrastare le crisi industriali; attuazione di disposizioni in materia di assicurazione R.C. Auto; misure per il risparmio sulle bollette energetiche; disposizioni urgenti per EXPO 2015 e per le opere pubbliche; personale del trasporto aereo e tariffe aeroportuali; sviluppo di tecnologie di maggior tutela ambientale; razionalizzazione della rete di distribuzione carburanti e stoccaggio del gas naturale; garanzie sui finanziamenti alle imprese; visto start-up per attrarre cervelli; misure per il settore degli autotrasportatori; misure per favorire la diffusione della lettura;
              in tema di requisiti costituzionali dei decreti-legge si ricorda che, secondo la giurisprudenza costituzionale – per la quale l'attribuzione della funzione legislativa al Governo ha carattere derogatorio rispetto all'essenziale attribuzione al Parlamento della funzione di porre le norme primarie nell'ambito delle competenze dello Stato centrale (sent. 171/2007) –, «la preesistenza di una situazione di fatto comportante la necessità e l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validità costituzionale dell'adozione del predetto atto, di modo che l'eventuale evidente mancanza di quel presupposto configura in primo luogo un vizio di illegittimità costituzionale del decreto-legge che risulti adottato al di fuori dell'ambito applicativo costituzionalmente previsto, e (...) il difetto di presupposti, una volta intervenuta la conversione, si traduce in un vizio in procedendo della relativa legge, dovendosi escludere l'eventuale efficacia sanante di quest'ultima» (sent. 128/2008);
              le sentenze sopra richiamate (171 del 2007 e 128 del 2008) collegano «il riconoscimento dell'esistenza dei presupposti fattuali, di cui all'articolo 77, secondo comma, Cost., ad una intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico. La urgente necessità del provvedere può riguardare una pluralità di norme accomunate dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate, ovvero anche dall'intento di fronteggiare situazioni straordinarie complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti quindi a materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare» (sent. 22/2012). Quindi, per la giurisprudenza costituzionale occorre che il corpo di un decreto-legge sia «oggettivamente o teleologicamente unitario», cioè un «insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo» (sent. 22/2012);
              come visto, il provvedimento interviene a disciplinare una pluralità di ambiti materiali i quali difficilmente possono considerarsi avvinti da quel nesso oggettivo o funzionale richiesto dalla Corte costituzionale – tra le altre, con la sentenza n.  22 del 2012 – affinché il contenuto di un provvedimento d'urgenza possa ragionevolmente considerarsi unitario. In tali termini, i contenuti normativi del disegno di legge in esame confliggono con le regole giuridiche, anche di rango costituzionale, che presiedono alla redazione dei provvedimenti d'urgenza;
              in particolare, essendo il contenuto normativo del decreto-legge disomogeneo e disorganico, non si configura in linea con le prescrizioni di cui all'articolo 15, comma 3, della legge 23 agosto n.  400 del 1988 secondo cui i decreti-legge «devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo»;
              a tal riguardo, la Corte costituzionale con la recente sentenza n.  220 del 2013 ha sottolineato come la disposizione di cui alla suddetta disposizione della legge 23 agosto n.  400 del 1988 «pur non avendo, sul piano formale, rango costituzionale, esprime ed esplicita ciò che deve ritenersi intrinseco alla natura stessa del decreto-legge». In altri termini la Corte ha rilevato che «Ai sensi del secondo comma dell'articolo 77 della Costituzione i presupposti per l'esercizio senza delega della potestà legislativa da parte del Governo riguardano il decreto-legge nella sua interezza, inteso come insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo». L'assenza di quella omogeneità conduce alla rilevazione – effettuabile dal giudice delle leggi – della mancanza dei presupposti del decreto-legge ex articolo 77, secondo comma, della Costituzione;
              inoltre, come indicato espressamente dal Presidente della Repubblica, con lettera del 1o luglio 2009, «provvedimenti eterogenei nei contenuti e frutto di un clima di concitazione e di vera e propria congestione sfuggono alla comprensione della opinione pubblica e rendono sempre più difficile il rapporto tra il cittadino e la legge»; il richiamo del Presidente della Repubblica è stato altresì rafforzato attraverso la lettera inviata al Presidente del Senato, al Presidente della Camera e al Presidente del Consiglio lo scorso 27 dicembre 2013 per sollecitare «massimo rigore» nel decidere l'ammissibilità degli emendamenti ai decreti-legge nel corso del loro esame in Parlamento;
              in ogni caso, lo strumento del decreto-legge è ritenuto dalla Corte costituzionale palesemente inadeguato «a realizzare una riforma organica e di sistema», tanto più quando tale riforma è motivata da «esigenze manifestatesi da non breve periodo» e «richiede processi attuativi necessariamente protratti nel tempo, tali da poter rendere indispensabili sospensioni di efficacia, rinvii e sistematizzazioni progressive, che mal si conciliano con l'immediatezza di effetti connaturata al decreto-legge, secondo il disegno costituzionale» (sent. 220/2013);
              è evidente quindi come il decreto-legge in esame risulti viziato dal punto di vista della legittimità costituzionale proprio perché, come specificato in vari punti della relazione, dispone interventi che si pongono l'obiettivo di essere «presupposto per una ripresa delle attività produttive e per il recupero di competitività del Paese», ponendosi come strumento in grado di soddisfare esigenze sicuramente non manifestatesi da breve periodo e che richiedono, come specificato all'interno della richiamata sentenza 220/2013, interventi strutturati che non possono essere messi in campo attraverso un decreto-legge,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n.  1920.
N. 1. Brunetta, Polidori, Abrignani, Palese.

      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge di conversione del decreto-legge 23 dicembre 2013 n.145 contiene una serie di materie profondamente eterogenee rispetto alle finalità, il rilancio della competitività del sistema produttivo italiano, che il provvedimento intende prefiggersi;
              le numerose disposizioni sono prive di omogeneità di contenuto, in violazione dell'articolo 77 della Costituzione e dell'articolo 15 della legge 23 agosto n.  400 del 1988, in quanto comprendono sia gli interventi per ridurre il costo dell'energia, che norme in materia di certificazione energetica e di energia geotermica, nonché norme sui siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico, sulla materia assicurativa, sull'Expo Milano 2015 e sulla materia delle frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre;
              l'articolo 1, sugli incentivi delle fonti rinnovabili risulta, inoltre, in palese contrasto con la funzione legislativa riconosciuta al Parlamento mediante l'articolo 70 della Costituzione, in quanto, prevedendo delle penalizzazioni sugli investimenti già effettuati dalle imprese del settore e in più, obbligandole ad aderire al piano di allungamento degli incentivi nel tempo, si sovrappone e si colloca in netto contrasto con gli attuali lavori parlamentari in svolgimento presso la X Commissione della Camera, la quale ha già avviato due indagini conoscitive sulla Strategia energetica nazionale e sulla Green-economy al fine di individuare gli interventi più opportuni per ottimizzare gli incentivi su energia rinnovabile e diminuire i costi sull'utente finale;
              l'articolo 8, comma 1), lettera c) incide in modo significativo sulla prova testimoniale, in particolare laddove viene prevista l'inammissibilità delle prove testimoniali nella fase giudiziale qualora non vengano inseriti tali nominativi in una fase pre-processuale ed in specie nella richiesta di risarcimento indirizzata all'impresa di assicurazione, in palese contrasto con l'articolo 24 della Costituzione e, soprattutto, con il principio del cosiddetto «giusto processo» di cui all'articolo 111, commi primo e secondo della Costituzione che si esplica nel rispetto del principio del contraddittorio delle parti e della parità e uguaglianza delle stesse nel processo;
              i principi costituzionali e ordinamentali dianzi ricordati stabiliscono che la prova deve essere valutata nel processo secondo gli ordinari schemi civilistici i quali non possono essere cambiati solo per la materia dei risarcimenti della Rc-Auto, a pena di incostituzionalità di siffatte norme per la violazione, altresì, del principio di uguaglianza (articolo 3 della Costituzione) anche a causa del deciso vantaggio processuale derivante alle compagnie assicurative, vantaggio oltretutto contro una parte che merita una protezione maggiore dall'ordinamento quale quella dei consumatori-utenti;
              l'articolo 8, comma 1), lettera f), in materia di cessione del credito del risarcimento dell'assicurato, mediante la quale le imprese di assicurazione, possono derogare espressamente alla generica cedibilità del credito prevista dal codice civile, risulta anch'esso, oltreché materia squisitamente ordinamentale e pertanto sottratta alla decretazione d'urgenza, in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione in quanto favorisce, ancora una volta, le imprese di assicurazione rispetto alle parti deboli, gli assicurati, i consumatori, le imprese artigiane di riparazione auto nonché le imprese di patrocinatori che aiutano gli utenti ad avere dei risarcimenti maggiori rispetto a quelli che, solitamente, sono offerti dalle imprese di assicurazione;
              l'articolo 8, comma 1, lettera d), capoverso 1) e il comma 1, lettera f), capoverso 2), presenta, peraltro, un secondo profilo di illegittimità costituzionale laddove prevede apposite convenzioni tendenti ad escludere, attraverso l'istituto della franchigia, le carrozzerie non convenzionate con le predette assicurazioni e la loro possibilità, anche teorica, di riparazione dei mezzi incidentati;
              anche le clausole contrattuali, previste nel decreto-legge di cui si propone la conversione in legge, aventi ad oggetto prestazioni di servizi-sanitari resi da professionisti individuati e remunerati dalle medesime imprese, appaiono gravi e incostituzionali poiché comportano la conseguenza evidente che la compagnia assicurativa, che rappresenta la parte più forte, imporrà all'assicurato le clausole contrattuali più convenienti a se stessa;
              l'incostituzionalità di siffatte norme, anche per violazione dell'articolo 117, primo comma della Costituzione, appare palese a causa della lesione dei principi dell'Unione Europea, ed in particolare per la lesione del principio della «tutela della concorrenza», come previsto dall'articolo 101, paragrafo 1), del TFUE, ove, per giurisprudenza costante (da ultimo la Corte di giustizia dell'Unione europea (Prima Sezione), sentenza del 14 Marzo 2013 (C-32/11) Allianz Hungaria Biztosito), sono vietati «accordi avente per oggetto restrizioni della concorrenza»;
              l'articolo 12, inoltre, prevede un inaccettabile potenziamento dello strumento della cartolarizzazione di titoli, con l'incentivazione, attraverso le modifiche apportate alla legge 30 aprile 1999, n.  130, di questo strumento finanziario in modo da farvi accedere anche soggetti cardine dell'assetto economico, sociale e previdenziale del nostro Paese quali fondi pensione, imprese di assicurazione ed enti pubblici previdenziali e assistenziali, che saranno portati ad assumere, attraverso l'acquisto di questi prodotti finanziari, un altissimo rischio, potenzialmente in grado, come è già avvenuto in passato per alcuni enti locali sottoscrittori di questi prodotti, di mettere in ginocchio non solo economie locali ma l'intero sistema economico nazionale, con il conseguente e necessario intervento di sostegno da parte del settore pubblico e, quindi, a carico dei cittadini;
              sotto il profilo dell'incostituzionalità, anche le disposizioni sullo svolgimento dell'Expo 2015, in particolare sulla revoca delle assegnazioni disposte dal Cipe nell'ambito del programma sulle infrastrutture strategiche della legge obiettivo, risultano assolutamente prive dei requisiti di cui all'articolo 77 della Costituzione;
              il provvedimento d'urgenza in esame risulta, nel suo complesso, privo dei requisiti di necessità, urgenza, evenienza straordinaria e omogeneità previsti dall'articolo 77 Cost. e, in secondo luogo, dall'articolo 15 della legge 23 agosto n.  400 del 1988, nonché in violazione degli articoli 3, 24, 111 e 117 della Costituzione e in palese sovrapposizione con gli attuali lavori parlamentari, rendendone impossibile l'esame a pena di avallare lo svuotamento, in atto da troppo tempo, della funzione legislativa parlamentare ad opera del Governo, in violazione del principio democratico della formazione delle leggi così come disciplinato dall'articolo 70 della Costituzione,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n.  1920.
N. 2. Fantinati, Barbanti, Crippa, Da Villa, Della Valle, Mucci, Prodani, Vallascas, Alberti, Cancelleri, Pesco, Pisano, Ruocco, Villarosa, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti, Ferraresi, Micillo, Sarti, Turco.

      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge 23 dicembre 2013, n.  145, recante interventi urgenti di avvio del piano «Destinazione Italia», per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC-auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015, compie l'ennesimo ed ambizioso tentativo di rilancio dell'economia del Paese;
              pur trattandosi di un provvedimento che, a detta dello stesso Presidente del Consiglio, dovrebbe restituire fiducia alle piccole e medie imprese, non si riscontra in esso la presenza di misure di carattere strutturale che possano proiettare le suddette imprese verso una nuova fase di crescita e di sviluppo, anzi, lo stesso detta un insieme di norme eterogenee, talvolta di difficile realizzazione, e quindi di scarsa efficacia nel loro complesso;
              le misure fino ad oggi adottate sul tema della crescita e dello sviluppo, hanno avuto il solo risultato di creare maggiori incombenze ed oneri a carico del sistema produttivo, lasciando quasi tutti i settori economici in uno stato di assoluta incertezza riguardo il futuro. Le misure contenute nel decreto-legge in esame, pur presentandosi sulla carta come soluzioni efficaci per il rilancio del Paese, nella realtà ne tradiscono le aspettative, dettando in molti casi discipline che avranno attuazione soltanto con successivi atti regolamentari;
              la situazione economica e finanziaria del Paese non è più sostenibile per le imprese, molte delle quali, specie quelle di più piccole dimensioni, sono oggi al fallimento. Il provvedimento risulta infatti inadeguato, sia in termini di risorse stanziate che di soluzioni proposte; esso inoltre affronta solo parzialmente gli altri grandi problemi che affliggono il mondo imprenditoriale, quali ad esempio il razionamento del credito e gli eccessivi oneri fiscali e burocratici;
              nell'ambito delle misure per favorire il credito, il provvedimento introduce l'opzionalità per il regime sostitutivo sui finanziamenti a medio e lungo termine estendendo l'applicabilità dell'imposta sostitutiva di cui agli articoli 15-20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.  601, anche alle modificazioni o estinzioni dei finanziamenti strutturati come prestiti obbligazionari nonché ad atti ad essi accessori quali garanzie, surroghe e postergazioni (articolo 12). La disposizione si pone la finalità di estendere l'applicabilità di tale imposta sostitutiva anche alle modificazioni o estinzioni dei finanziamenti strutturati, così da implementare e supportare il sistema d'imposizione indiretta dei finanziamenti a medio e lungo termine, ma nonostante la finalità della norma sia condivisibile, appare chiaro come, alla luce della attuale crisi creditizia dovuta alla difficoltà degli istituti di credito di concedere i finanziamenti, sia prioritario intervenire su questo aspetto;
              sempre in tema di credito si interviene favorendo l'investimento in titoli di cartolarizzazione con obbligazioni e titoli similari da parte delle imprese di assicurazione e dei fondi pensione. Sebbene il fine annunciato sia quello di fornire impulso all'investimento al mercato del credito in Italia nella realtà la norma non presenta ricadute positive per il sistema produttivo italiano che anzi sembrerebbe completamente escluso dai vantaggi derivanti dall'applicazione della norma medesima;
              l'unico settore per cui si percepiscono misure di sviluppo in questo decreto-legge è quello legato all'ambiente, ed in particolare alle bonifiche dei siti di interesse nazionale; nessun altro ambito viene affrontato in maniera organica, nel tentativo di dare vero slancio agli investimenti. Se è vero che gli interventi di recupero delle aree industriali dismesse possono costituire un efficace strumento per la ripresa economica, salvaguardando al contempo l'importante patrimonio industriale del Paese, non possiamo tuttavia ignorare le difficoltà di finanziamento delle nostre imprese e non riflettere ancora una volta sulla necessità di riorganizzare il sistema bancario, da lungo tempo attento solo al proprio bilancio e non alle necessità dell'economia reale;
              le imprese non sono incoraggiate a crescere e a creare occupazione. Il presente decreto-legge, infatti, pur sostenendo la nascita di nuove imprese giovanili o femminili attraverso la concessione di mutui agevolati per gli investimenti (articolo 2), non garantisce al contempo misure che permettano ai nuovi imprenditori di proseguire la propria attività in tempi futuri. Il problema non è soltanto l'investimento iniziale per l'avvio di una nuova impresa, ma i costi gestionali che ne seguono, l'impossibilità di avere dalle banche un affidamento senza garanzie reali che possa finanziare la gestione ordinaria, incassare in tempi certi le fatture verso la pubblica amministrazione, ormai paralizzata dai vincoli imposti dall'Europa e, soprattutto, sostenere il peso della pressione fiscale diretta ed indiretta;
              nel settore della ricerca e sviluppo non vengono proposte politiche industriali concrete ed efficaci. Per quanto concerne il credito di imposta alla ricerca (articolo 3), le limitate risorse stanziate, peraltro soggette all'approvazione della Commissione europea, sono legate esclusivamente al 50 per cento della spesa incrementale da parte delle imprese, con un impatto che rischia di essere modesto soprattutto per le piccole e medie imprese. Secondo la relazione tecnica, solo nel 2014, il 60 per cento del credito di imposta andrebbe a favore delle piccole e medie imprese, ma dovendo lo stesso essere spalmato su una platea di 4 mila soggetti, ciò determinerebbe in termini reali un beneficio di soli 17 mila euro per ciascuna piccola impresa;
              la disposizione prevista non appare coerente con la conformazione tipica delle imprese italiane, le quali si caratterizzano per una dimensione solitamente di medio-piccole dimensioni, tanto che oltre il 90 per cento delle imprese italiane ha meno di 10 addetti, e che in tali aziende gli investimenti in ricerca e sviluppo, proprio per la dimensione ridotta dell'azienda, sono molto spesso di importi inferiori rispetto alla spesa minima oggi prevista dalla stessa disposizione, ovvero 50.000 euro, per accedere all'agevolazione, con il rischio, pertanto, che la norma possa interessare solo un numero limitato di aziende, risultando non efficace al raggiungimento degli obiettivi di rilancio dell'economia italiana;
              anche sul fronte energetico, gli annunciati tagli alla componete A3 della bolletta elettrica (articolo 1), che ipotizzano concreti benefici per cittadini ed imprese, per le quali ultime la spesa energetica costituisce una seria minaccia alla propria competitività, rimarranno prevedibilmente incompiuti. La norma dovrebbe produrre risparmi per circa 850 milioni di euro, i quali per gran parte sarebbero coperti attraverso una rimodulazione temporale volontaria degli incentivi concessi alle energie rinnovabili. La norma prevede che l'opzione dia diritto a un aumento del periodo di incentivo di sette anni, a fronte però di una riduzione immediata dell'incentivo stesso. L'entità della riduzione sarà fissata in un successivo decreto, in relazione al periodo residuo spettante, al tipo di fonte rinnovabile, al tipo di incentivo e ai costi per la rimodulazione. L'applicazione della norma risulta quindi evidentemente incerta ed improbabile;
              i presunti sconti sulle bollette elettriche rischiano di essere minimizzati dall'introduzione di nuovi oneri a carico del sistema elettrico italiano derivanti dalla eventuale aggiudicazione di una gara per realizzare sul territorio del Sulcis di una centrale termoelettrica a carbone, dotata di apposita sezione di impianto per la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica prodotta (articolo 1, commi da 11 a 14);
              le disposizioni in materia di assicurazione Rc-auto vanno nella direzione della riduzione delle frodi, prevedendo l'applicazione di uno sconto del 7 per cento sulla polizza per chi accetta di istallare sull'auto la cosiddetta «scatola nera», ed una riduzione del 5 per cento per i contratti che prevedano la riparazione presso una carrozzeria convenzionata al posto del risarcimento per equivalente; questo meccanismo, però, penalizza fortemente tutte le officine e carrozzerie, specialmente di piccole dimensioni, che rimangono esterne al circuito degli esercizi convenzionati, andando quindi in contrasto con gli obiettivi primari del decreto, che sono volti all'incremento dello sviluppo economico;
              in ordine al contenuto complessivo del provvedimento, si rileva che la presenza di norme ordinamentali e di disposizioni ad effetto pluriennale, l'assenza dei presupposti di necessità ed urgenza in molte delle sue parti (che ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, secondo comma, devono essere «straordinari») costituiscono elementi non conformi a quanto stabilito dalla Costituzione in materia di decretazione d'urgenza (articolo 1, comma 12, che fissa al 30 giugno 2016 la facoltà per la regione Sicilia di indire una gara per la realizzazione di una centrale termoelettrica a carbone pulito; articolo 13, comma 9 che autorizza il comune di Napoli a contrarre mutui pluriennali per il finanziamento della linea 1 della tratta centro direzionale – Capodichino – della metropolitana);
              il decreto-legge in esame, inoltre, presenta contenuti estremamente eterogenei, non di rado incongruenti gli uni con gli altri, e spesso decontestualizzati rispetto i titoli dell'articolato che li contiene (articolo 1, comma 9, che interviene sulla riforma della disciplina del condominio negli edifici ed in particolare sulla formazione obbligatoria degli amministratori di condominio; articolo 13, comma 12, che reca alcune modifiche al codice della strada; articolo 13 commi da 24 a 28 che hanno lo scopo di valorizzare specifiche aree delle regioni dell'Obiettivo convergenza, attraverso la promozione di iniziative sul territorio rivolte a migliorare la capacità di attivazione della dotazione dei beni storici, culturali e ambientali, ecc.)
              il rilievo relativo alla sussistenza di omogeneità nel contenuto è stato ribadito in diverse pronunce della Corte Costituzionale, spingendo già in passato il Capo dello Stato a formulare diversi richiami al rispetto dei principi relativi alle caratteristiche ed ai contenuti dei provvedimenti di urgenza stabiliti dall'articolo 77 della Costituzione e dalla legge di attuazione costituzionale 23 agosto n.  400 del 1988, l'ultimo dei quali è contenuto nella lettera inviata al Presidente del Senato, al Presidente della Camera dei Deputati e al Presidente del Consiglio dei Ministri, in data 27 dicembre 2013. Il rilievo trova fondamento nella sentenza n.  22 del 2012 con cui la Corte Costituzionale ha osservato che «l'inserimento di norme eterogenee rispetto all'oggetto o alle finalità del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell'urgenza del provvedere e i provvedimenti provvisori con forza di legge», affermando inoltre che «la necessaria omogeneità del decreto legge deve essere osservata anche dalla legge di conversione»;
              il presente decreto-legge, oltre ad essere in palese contrasto con il dettato costituzionale, è anche poco risolutivo nel merito dei problemi che affliggono il nostro sistema industriale, sia per la parzialità con cui il Governo interviene, concentrandosi solo su alcuni settori, sia per lo scarso coraggio e la scarsa incisività delle norme,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n.  1920.
N. 3. Allasia, Busin, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 23 DICEMBRE 2013, N.  146, RECANTE MISURE URGENTI IN TEMA DI TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DEI DETENUTI E DI RIDUZIONE CONTROLLATA DELLA POPOLAZIONE CARCERARIA (A.C. 1921)

A.C. 1921 – Questioni pregiudiziali

QUESTIONI PREGIUDIZIALI

      La Camera,
          premesso che:
              i sottoscrittori del presente atto devono, ancora una volta, denunciare l'utilizzo del tutto abnorme e inappropriato della decretazione d'urgenza da parte del Governo, attraverso il quale, in via di prassi, si assiste al radicale e inaccettabile spostamento della produzione legislativa dal Parlamento al Governo stesso, in modo del tutto estraneo rispetto ai principi ed al dettato costituzionale di cui agli articoli 70 e 77 della Costituzione;
              con la continua e reiterata decretazione d'urgenza viene alterato lo schema fisiologico del rapporto fra Governo e Parlamento: non vi è, infatti, soltanto un problema di valutazione della straordinaria necessità ed urgenza, che costituisce il requisito costituzionale dei decreti-legge e di ciascun articolo degli stessi, quanto il trovarsi, da tanto e troppo tempo, di fronte a una sorta di ordinaria attività di normazione sopravveniente svolta dal Governo-amministrazione, con ulteriore confusione tra potere esecutivo e legislativo;
              il decreto-legge 23 dicembre 2013, n.  146, recante «Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria», adottato dal Governo si presenta privo della omogeneità dei contenuti e soprattutto privo dei requisiti di necessità, urgenza ed evenienza straordinaria, come previsti dall'articolo 77 della Costituzione che, soli, giustificano l'adozione, da parte del Governo e sotto la sua responsabilità, di provvedimenti provvisori con forza di legge;
              è evidente la possibilità che, in mancanza di tali requisiti, il decreto si esponga alla censura d'incostituzionalità, come avvenne per la prima volta mediante la sentenza della Corte costituzionale n.  171 del 2007, la quale giunse ad annullare una legge di conversione di un decreto-legge per carenza dei presupposti costituzionali di necessità e urgenza, insanabili dalla legge di conversione in quanto «vizio in procedendo», in ciò confermando quanto già affermato, in astratto, nella sentenza n.  29 del 1995;
              le disposizioni stesse oggetto del decreto-legge, incidendo sulla materia del diritto penale, sulla restrizione della libertà personale (articolo 13, secondo comma, della Costituzione) e sulla tutela dei diritti, non possono essere, a maggior ragione, oggetto di decretazione d'urgenza sia per la giurisprudenza costituzionale che sottolinea il maggior rigore nel valutare i requisiti di straordinaria necessità e urgenza qualora i decreti legge vengano «...a incidere nella sfera dei diritti fondamentali o – come nella specie – nella materia penale» (sentenza n.  360 del 1996, punto 4), sia per una autorevole dottrina costituzionalista che considera contrari alla Carta fondamentale i decreti-legge che prescrivano norme di diritto penale, in quanto materie coperte da riserva assoluta di legge (L. Carlassare, Legge (riserva di), in Enc. giur. 1990, § 2.2; ID., La «riserva di legge» come limite alla decretazione d'urgenza, in Scritti in memoria di L. Paladin, II, Napoli 2004, 429 ss.);
              la questione del sovraffollamento delle carceri costituisce un problema ormai strutturale del nostro Paese e le condizioni detentive della popolazione carceraria sono spesso talmente insopportabili da essere contrarie al senso di umanità, costituendo esse stesse quelle violenze fisiche e morali sui detenuti vietate espressamente dal dettato costituzionale di cui all'articolo 13, penultimo comma;
              tuttavia la soluzione non può e non deve risiedere nell'utilizzo distorto del decreto-legge, ma deve essere oggetto di una ordinaria e serrata iniziativa parlamentare, nei tempi e nei modi tali da garantire una approfondita valutazione del provvedimento legislativo secondo l'ordinario esercizio della funzione legislativa come previsto dall'articolo 70 della Costituzione: soltanto con questo modus operandi sarà possibile addivenire ad una soluzione reale, efficace e strutturale di una problematica la cui gravità non è risolvibile mediante pseudo-soluzioni emergenziali e prive di qualsiasi efficacia;
              inoltre, l'introduzione delle norme sulla cosiddetta «liberazione anticipata speciale» previste all'articolo 4 del decreto in oggetto con le quali si applica retroattivamente, in un arco di tempo compreso tra il 1 gennaio 2010 ed il dicembre 2015, una detrazione fino a 75 giorni per ciascun semestre di pena espiata, sancisce uno sconto di pena generalizzato assimilabile, negli effetti, ad un provvedimento di indulto, il quale a norma dell'articolo 79 della Costituzione, può invero essere concesso dal solo Parlamento mediante legge deliberata a maggioranza di due terzi dei Componenti di ciascuna Camera ed in nessun caso può applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione di tale provvedimento di indulgenza;
              il decreto in titolo si pone altresì in palese contrasto con l'articolo 81 della Costituzione, per cui ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri debba provvedere ai mezzi per farvi fronte, in quanto l'articolo 9 non reca alcuna conseguente copertura finanziaria agli emergenti effetti economici, recati rispettivamente: all'articolo 3 «modifiche all'ordinamento penitenziario», ove si prescrive l'adozione di strumenti tecnici, come il c.d. «braccialetto elettronico», nell'esecuzione di provvedimenti di detenzione domiciliare; all'articolo 6 «modifiche al testo unico in materia di immigrazione», relativamente al previsto aumento delle procedure di espulsione e rimpatrio per i carcerati provenienti da Paesi extra UE; all'articolo 7 «Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale», laddove è stabilito un rimborso spese per le attività dei componenti di detto istituendo organo; nonché all'articolo 8, con la proroga di sei mesi delle disposizioni per l'adozione dei decreti relativi alle agevolazioni e agli sgravi per l'anno 2013 da riconoscersi ai datori di lavoro in favore di detenuti ed internati;
              risulta d'altronde sintomatico dell'avvenuta alterazione del rapporto fra potere esecutivo e potere legislativo, il fatto che mentre la Camera sta affrontando proprio delle proposte di legge in materia di misure cautelari personali (C. 631 e abbinate) con la relativa discussione iniziata in Assemblea il 9 dicembre, il Governo abbia deciso di sovrapporsi al Parlamento adottando un decreto-legge su materie parzialmente simili a quelle già oggetto dell'esame della Camera;
              i profili critici ed i vizi di incostituzionalità del contenuto del provvedimento d'urgenza in esame ne rendono impossibile l'esame a pena di avallare lo svuotamento, in atto da troppo tempo, della funzione legislativa parlamentare ad opera del Governo, in violazione dei principi costituzionali che regolano le istituzioni democratiche,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n.  1921.
N. 1. Bonafede, Colletti, Agostinelli, Businarolo, Ferraresi, Micillo, Sarti, Turco, Alberti, Barbanti, Cancelleri, Pesco, Pisano, Ruocco, Villarosa, Crippa, Da Villa, Della Valle, Fantinati, Mucci, Prodani, Vallascas.

      La Camera,
          premesso che:
              il Governo interviene con il presente decreto-legge ad adottare modifiche all'ordinamento penitenziario, processuale e al testo unico in materia spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, volte a limitare l'esecuzione della pena nelle strutture penitenziarie affinché venga meno la condizione di sovraffollamento delle carceri;
              gli interventi previsti dal decreto-legge riguardano un complesso di materie assolutamente eterogeneo;
              l'eterogeneità delle materie trattate appare in aperto contrasto con l'articolo 15, comma 3, della legge n.  400 del 1988, secondo cui i decreti-legge devono contenere disposizioni omogenee e corrispondenti al titolo. La legge n.  400 del 1988, pur essendo una legge ordinaria, ha valore ordinamentale in quanto è preposta all'ordinato impiego della decretazione d'urgenza;
              l'elevata disomogeneità del contenuto del decreto-legge comporta una valutazione differenziata sulla sussistenza dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza per ciascuna delle disposizioni legislative in esame; non sussistono, infatti, i requisiti di necessità ed urgenza che legittimano ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione l'esercizio del potere del Governo di adottare atti aventi forza di legge. Il Preambolo infine non fa riferimento a circostanze oggettive a supporto della necessità ed urgenza degli interventi che è solo enunciata;
              la stessa Corte Costituzionale si è più volte pronunciata in tal senso: ricordiamo la sentenza n.  171 del 2007 nella quale stabilisce la illegittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 1, lettera a), del decreto-legge n.  80 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  140 del 2004 per mancanza dei requisiti di necessità ed urgenza e la sentenza n.  128 del 2008 attraverso la quale puntualizza l’«evidente mancanza» dei presupposti fattuali e disomogeneità dei decreti-legge. Inoltre l'illegittimità costituzionale del procedimento legislativo non viene sanata dalla legge di conversione che, secondo la richiamata giurisprudenza, è a sua volta incostituzionale per un vizio del procedimento;
              l'articolo 2 del presente decreto-legge prevede una modificazione all'articolo 73, comma 5, del decreto del presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.  309 – testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza – e precisamente apporta una diminuzione della pena edittale massima da sei anni a cinque anni del delitto di «spaccio» di lieve entità di sostanze stupefacenti o psicotrope, e per tal via fa rientrare detto reato tra quelli a cui non è più possibile, ai sensi dell'articolo 280 del codice di procedura penale, poter applicare la custodia cautelare in carcere. Detta disposizione, da un lato, non appare riconducibile all'ambito materiale oggetto del provvedimento, alle sue finalità ovvero alla partizione del testo nella quale sono inseriti. In tema, si ricorda, come peraltro già accennato, quanto enunciato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.  22 del 2012 che, richiamando al riguardo quanto già statuito nelle sentenze n.  171 del 2007 e n.  128 del 2008, ha individuato «tra gli indici alla stregua dei quali verificare se risulti evidente o meno la carenza del requisito della straordinarietà del caso di necessità e d'urgenza di provvedere, la evidente estraneità della norma censurata rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto-legge in cui è inserita». Dall'altro lato, nel merito, la stessa disposizione mette a rischio la sicurezza e l'ordine pubblico e induce l'opinione pubblica a ritenere che reati di grave allarme sociale, nei fatti, risultano dallo Stato accettati e tollerati;
              nell'arco del periodo costituzionale dal 1948 ad oggi, sono stati emanati ben oltre trenta provvedimenti, alcuni d'indulto o amnistia ai sensi della norma di cui all'articolo 79 della Costituzione, ed altri seppur «mascherati», ma nella sostanza con effetti similari, senza mai addivenire ad una riforma strutturale capace di risolvere il problema del sovraffollamento;
              il decreto-legge in esame, attraverso la concessione retroattiva (a decorrere dal 1o gennaio 2010) a tutti i condannati di un periodo di liberazione anticipata speciale di ulteriori trenta giorni a semestre, oltre a quella già prevista di quarantacinque giorni, viola l'articolo 79 della Costituzione, il quale dispone che «L'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale. La legge che concede l'amnistia o l'indulto stabilisce il termine per la loro applicazione. In ogni caso l'amnistia e l'indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge», poiché reca disposizioni che si configurano come una forma di indulto permanente attuata, per la totalità dei reati, salvo per i reati di cui all'articolo 4-bis della legge sull'ordinamento penitenziario ove occorre aver dato effettiva prova di un concreto recupero sociale, mediante uno sconto di pena disposta ai sensi dell'articolo 4 del decreto in esame;
              tale modo di legiferare, oltre che contraddittorio e tale da pregiudicare il buon andamento dell'amministrazione della giustizia, è palesemente irragionevole in quanto espone l'ordinamento agli effetti di un regime differenziato riguardo all'esercizio della giurisdizione, in particolare di quella penale. Inoltre il principio di eguaglianza comporta che, se situazioni eguali esigono eguale disciplina, situazioni diverse possono implicare differenti normative. In tale seconda ipotesi, tuttavia, ha decisivo rilievo il livello che l'ordinamento attribuisce ai valori rispetto ai quali la connotazione di diversità può venire in considerazione. Nel caso in esame il principio della parità di trattamento rispetto alla giurisdizione, il cui esercizio, nel nostro ordinamento, sotto più profili è regolato da precetti costituzionali, viene violato da un automatismo generalizzato dello sconto di pena applicato unicamente a coloro che risultano essere reclusi nelle strutture penitenziarie;
              il decreto-legge in esame ha come finalità dichiarata quella di porre rimedio al sovraffollamento delle carceri attraverso misure volte a stabilizzare, attraverso l'articolo 5, delle norme temporanee introdotte – tenuto conto che la disciplina delle legge n.  199 del 2010, come modificata dall'articolo 3, del decreto-legge n.  211 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  9 del 2012, ha ampliato il termine di esecuzione presso il domicilio delle pene detentive da dodici a diciotto mesi in materia di esecuzione presso il domicilio delle pene detentive – nel nostro ordinamento al fine di completare l'attuazione del piano straordinario penitenziario nonché in attesa della riforma della disciplina delle misure alternative alla detenzione, senza apportare sufficienti benefici. Appare di tutta evidenza che la finalità del decreto-legge, e quindi la questione relativa al sovraffollamento carcerario, non può essere risolta né attraverso la stabilizzazione di norme temporanee, ed eccezionali, né inquadrata come emergenza straordinaria in quanto tale problematica strutturale investe il nostro Paese oramai da più di quarant'anni, e la scelta dello strumento del decreto-legge risulta inidonea, poiché non consente di realizzare delle riforme di sistema, per la sua intrinseca natura di atto diretto a provvedere a situazioni di straordinaria urgenza e necessità;
              le disposizioni del decreto-legge in esame violano il principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione anche sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto l'applicazione di tali norme, pur se giustificata da motivazioni pratiche finalizzate al superamento della problematica del sovraffollamento carcerario, crea, nei fatti, una palese disuguaglianza fra i cittadini che sono stati soggetti a misure personali restrittive rispetto a cittadini che beneficiano di un trattamento agevolato;
              va rilevato che l'istituzione del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, introdotto ai sensi dell'articolo 7 del presente decreto-legge, da un lato, per i motivi sopra esposti è priva dei necessari presupposti di necessità ed urgenza di cui all'articolo 77 della Costituzione, e quindi la previsione normativa appare incostituzionale, mentre per altro verso, si istituisce un organismo collegiale che non è dotato di alcun specifico potere se non quello di richiedere informazioni o documenti in merito all'esecuzione della custodia dei detenuti ovvero alla verifica del rispetto degli adempimenti connessi ai diritti previsti dal regolamento di esecuzione del testo unico in materia di immigrazione (decreto legislativo 25 luglio 1998, n.  286), nei confronti dei soggetti trattenuti presso i centri di identificazione, salvo formulare specifiche raccomandazioni all'amministrazione, ma in ipotesi, dette raccomandazioni potrebbero confliggere con i provvedimenti emessi dal magistrato di sorveglianza o del tribunale di sorveglianza nei confronti degli atti dell'amministrazione penitenziaria, nell'ambito della tutela giurisdizionale riconosciuta a coloro che sono sottoposti a restrizione della libertà personale. Detti rimedi giurisdizionali, come è risaputo, sono posti a tutela di posizioni soggettive connesse all'esecuzione di provvedimenti limitativi della libertà personale ed è la loro idoneità ad assicurare la tutela, di volta in volta, dei diritti del detenuto secondo modalità di natura giurisdizionale. Questa matrice unitaria è stata in numerose occasioni valorizzata e sottolineata dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, ogni volta che è stata sottoposta al controllo di costituzionalità una normativa riconducibile all'ambito del «trattamento» in carcere e alla relativa gestione amministrativa (in tal senso si vedano le sentenze della Corte costituzionale nn.  349 e 410 del 1993; n.  227 del 1995; n.  351 del 1996 e n.  26 del 1999);
              la relazione tecnica che accompagna il testo del decreto-legge in esame afferma che in esito all'analisi delle norme del provvedimento non sono emersi nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato, riferisce che sono anzi ipotizzabili, in prospettiva, risparmi di spesa per l'amministrazione penitenziaria e per l'amministrazione dell'interno, peraltro allo stato non quantificabili, visto l'ampliamento della platea di detenuti che usufruiranno dei benefici introdotti dall'applicazione del presente decreto-legge. Inoltre il decreto-legge, nello specifico l'articolo 9, introduce la clausola di invarianza finanziaria ovverosia che all'attuazione delle disposizioni ivi contenute si provvede mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, precludendo ogni ipotesi di nuove spese anche indirette. Occorre rilevare che l'articolo 17, comma 7, quarto periodo della legge di contabilità (legge n.  196 del 2009) prescrive che ogni qual volta nuove norme si accompagnano a clausole di neutralità queste devono essere confermate alla luce della relazione tecnica che ne illustri tutti i dati ed elementi che siano idonei a comprovarne l'effettiva sostenibilità. Nel caso in esame non è presente, ma anzi, per certo, è vero il contrario, sia in riferimento all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive poiché l'Amministrazione dell'interno ineluttabilmente avrà un aumento della richiesta di risorse sia finanziarie che di mezzi e uomini necessarie al fine di far fronte ai maggiori controlli sul territorio da parte delle forze dell'ordine, e sia in relazione all'accesso all'affidamento in prova ai servizi sociali previsto dalla nuova formulazione che porta il limite, anche residuo, ampliandolo a quattro anni, giacché all'Amministrazione penitenziaria perverranno un numero di richieste maggiori, il che implica, necessariamente ulteriori risorse sia finanziarie che di personale al fine di far fronte al «naturale e conseguente» aumento delle istanze;
              infine occorre rilevare che il presente decreto-legge si colloca nel solco di altri provvedimenti, sempre a carattere emergenziale, sulla medesima materia, in tema di sovraffollamento carcerario (così detti «svuota carceri»), tra cui basti ricordare il decreto-legge «Severino» del 22 dicembre 2011, n.  211, convertito, con modificazioni, in legge 17 febbraio 2012, n.  9 recante «Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri», il decreto-legge «Cancellieri», decreto-legge 1o luglio 2013, n.  78, recante «Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena», convertito, con modificazioni, in legge 9 agosto 2013, n.  94, e confermano, ove ve ne fosse necessità, sia il richiamo fatto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel messaggio di fine anno, che occorre porre «... termine ad un abnorme ricorso in atto, da non pochi anni, alla decretazione di urgenza ...», e sia l'assunto sopra evidenziato, che il sovraffollamento non può essere inquadrato come emergenza straordinaria in quanto tale problematica è strutturale e la scelta dello strumento del decreto-legge risulta incostituzionale;
              il presente decreto-legge è manifestamente incostituzionale in quanto viola il principio fondamentale di cui all'articolo 101, primo comma, della Costituzione, su cui si fonda la giurisdizione, e che recita: «la giustizia è amministrata in nome del popolo». Infatti, l'utilizzo della normativa d'urgenza da parte dell'esecutivo esautora, in sostanza, la funzione legislativa del Parlamento e quindi dell'organo che per Costituzione è chiamato ad esercitare la rappresentanza e il volere popolare,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n.  1921.
N. 2. Molteni, Attaguile, Allasia, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini.

MOZIONI SORIAL ED ALTRI N.  1-00194, GIORGIA MELONI ED ALTRI N.  1-00255, DI SALVO ED ALTRI N.  1-00256, TINAGLI ED ALTRI N.  1-00257, GNECCHI ED ALTRI N.  1-00258, FEDRIGA ED ALTRI N.  1-00259 E PIZZOLANTE ED ALTRI N.  1-00260 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE ALL'INTRODUZIONE DI UN PRELIEVO STRAORDINARIO SUI REDDITI DA PENSIONE SUPERIORI AD UN DETERMINATO IMPORTO

Mozioni

      La Camera,
          premesso che:
              la questione delle «pensioni d'oro» è oggetto di accese discussioni sia fra i cittadini sia fra le forze politiche, senza che, ad oggi, si sia pervenuti ad una proposta risolutiva;
              un primo tentativo di intervenire con un prelievo straordinario di solidarietà è stato bocciato dalla Consulta che, con la sentenza n.  116 del 2013 depositata il 5 giugno 2013, ha dichiarato incostituzionale il comma 22-bis dell'articolo 18 del decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98, recante «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria», convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.  111, che aveva introdotto un «contributo di perequazione» nella misura del 5 per cento sulla quota di assegno eccedente i 90.000 euro, del 10 per cento per la parte eccedente i 150.000 euro e del 15 per cento per la parte eccedente i 200.000 euro;
              in precedenza la Corte costituzionale, con la sentenza n.  223 del 2012, aveva già «bollato» e reso incostituzionale il prelievo sugli stipendi pubblici elevati, in quanto giudicato «un intervento impositivo irragionevole discriminatorio ai danni di una sola categoria di cittadini», poiché i provvedimenti colpivano i soli dipendenti pubblici e non anche i lavoratori autonomi o privati, o i pensionati pubblici, lasciando indenni le altre categorie previdenziali;
              come si legge in ambedue le sentenze della Corte costituzionale, «Il risultato di bilancio avrebbe potuto essere ben diverso e più favorevole per lo Stato, laddove il legislatore avesse rispettato i principi di eguaglianza dei cittadini e di solidarietà economica»; viceversa, in conseguenza della sentenza della Consulta, lo Stato dovrà restituire circa 84 milioni di euro, con conseguenze negative sull'opinione pubblica;
              permangono i presupposti di eccezionalità della situazione economica, che avevano indotto il Governo, allora in carica, ad adottare il citato prelievo solidale, anzi oggi, rispetto al 2011, la recessione si è acuita e la situazione dei conti pubblici italiani è peggiorata a causa del trend negativo di crescita del prodotto interno lordo;
              a maggior ragione necessitano ulteriori risorse da destinare al sostegno delle fasce più deboli e resta inaccettabile che circa il 44 per cento dei pensionati italiani, quindi oltre 7 milioni di cittadini, riceve oggi dall'Inps un assegno inferiore a mille euro mensili e, nel 13 per cento dei casi, tale assegno non supera l'importo di 500 euro, mentre sussistono pensioni d'oro di importi mensili superiori a 20.000 euro fino al caso eclatante di 90.000 euro mensili;
              il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini, ha espresso aperture in merito ad un ventilato prelievo sulle pensioni che superino una determinata soglia di importo, sostenendo che tale intervento «non porterebbe molti soldi, ma sarebbe una misura di giustizia sociale» (intervista su Il Corriere della Sera);
              il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha dichiarato, altresì, la necessità di reperire risorse da destinare ai trattamenti pensionistici minimi;
              è inaccettabile giustificare giuridicamente i trattamenti pensionistici elevati di oltre 20 volte il trattamento minimo in quanto autorizzati da disposizioni di legge antecedenti, perché i suddetti presupposti giuridici non sono più adeguati al contesto economico attuale di grave depressione economica e le decisioni assunte in passato oggi minano il «patto sociale» fra i cittadini e consentono uno spreco di «risorse pubbliche» con grave danno sia per i pensionati che percepiscono il trattamento minimo, sia per le giovani generazioni colpite da tassi di disoccupazione ai massimi storici;
              è auspicabile, invece, sottoporre a valutazione i trattamenti pensionistici di elevato importo per evidenziare la quota di pensione imputabile agli effettivi contributi versati e la quota imputabile al sistema di calcolo retributivo, al fine di assumere decisioni politiche sulle cause degli eccessivi privilegi concessi prima della riforma del sistema pensionistico;
              un eventuale intervento normativo deve essere finalizzato a creare una maggiore equità nell'erogazione dei trattamenti di quiescenza, senza generare situazioni di disparità di trattamento non conformi ai principi della Costituzione;
              per l'anno 2013, l'importo minimo del trattamento corrisponde a 495,43 euro mensili;
              è opportuno consentire un'equa e solidale progressività dell'imposizione sui redditi da pensione, applicando aliquote progressive in base alle classi di pensione mensile contenute nelle tabelle ufficiali dell'Istat per l'anno 2012;
              da proiezioni effettuate, si potrebbe realizzare un maggior gettito non inferiore a 1.142.061.790 euro, da destinare all'aumento dell'importo dei trattamenti minimi, applicando le seguenti aliquote:
                  a) da 1 fino a 6 volte il minimo: aliquota dello 0,1 per cento;
                  b) oltre 6 fino a 11 volte il minimo: aliquota dello 0,5 per cento;
                  c) oltre 11 fino a 15 volte il minimo: aliquota del 5 per cento;
                  d) oltre 15 fino a 20 volte il minimo: aliquota del 10 per cento;
                  e) oltre 20 fino a 25 volte il minimo: aliquota del 15 per cento;
                  f) oltre 25 fino a 31 volte il minimo: aliquota del 20 per cento;
                  g) oltre 31 fino a 39 volte il minimo: aliquota del 25 per cento;
                  h) oltre 39 fino a 50 volte il minimo: aliquota del 30 per cento;
                  i) oltre 50 volte il minimo: aliquota del 32 per cento,

impegna il Governo:

          previa valutazione dei contenuti della sentenza della Corte costituzionale 3 giugno 2013, n.  116, a valutare l'opportunità di assumere iniziative per prevedere, per un periodo limitato di tre anni, sui redditi da pensione lordi annui un contributo solidale suppletivo applicando le indicate aliquote progressive differenziate in base alle classi di importo mensile percepito, al fine di riconoscere un aumento di 518 euro all'anno della pensione minima (ora consistente in 6.440,59 euro all'anno) di cui, in relazione agli ultimi dati aggiornati Istat 2011, potrebbero beneficiare circa 2.219.482 pensionati;
          a valutare l'opportunità di revisionare i trattamenti pensionistici erogati per prestazioni lavorative di elevato importo, al fine di adeguare i trattamenti medesimi all'effettiva contribuzione da parte del lavoratore beneficiario in quiescenza, riducendo la quota di trattamento acquisita in base al sistema retributivo, fissando per ciascuna forma di sistema un tetto massimo di pensione erogabile, onde evitare disparità eccessive nell'erogazione delle pensioni tali da rendere il sistema iniquo ed oramai inaccettabile per i molti cittadini che vivono alle soglie della povertà e percepiscono pensioni minime di importo tale da non consentire nemmeno lo svolgimento di una vita dignitosa.
(1-00194)
(Nuova formulazione) «Sorial, Fraccaro, Villarosa, D'Incà, Nuti, Cecconi, Castelli, Caso, Brugnerotto, Cancelleri, Pesco, Nesci».


      La Camera,
          premesso che:
              la crisi economica che l'Italia, come le altre economie europee, sta attraversando manifesta i propri effetti negativi in particolare modo nei confronti delle categorie più deboli, alle quali è stato chiesto un enorme sacrificio per il bene dell'Italia, a suono di inasprimenti fiscali (iva, accise sulla benzina ed altro) e dell'applicazione di nuove imposte, tra cui anche quella sul bene primario di ogni famiglia, cioè la prima casa di abitazione;
              in tale contesto spicca la questione delle cosiddette «pensioni d'oro», ovvero quelle pensioni il cui elevato importo, a detta dello stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nel corso della discussione in Aula di un question-time presentato sul tema dal gruppo di Fratelli d'Italia, «appare stridente nell'attuale contesto socio-economico e di sacrifici imposti alla generalità della popolazione. È peraltro evidente che non è tanto l'elevato importo a destare l'attenzione, quanto i meccanismi che ad esso hanno dato luogo, in quanto soltanto in minima parte connessi ai contributi effettivamente versati dal lavoratore, e per la maggior parte legati alla peculiarità del sistema»;
              i meccanismi cui il Ministro del lavoro e delle politiche sociali fa riferimento attengono al cosiddetto metodo retributivo di calcolo dei trattamenti pensionistici, cioè alle disposizioni di legge, in vigore fino alla riforma pensionistica del 1995, che prevedevano che l'importo da corrispondere a titolo di pensione non fosse determinato in base ai contributi versati dal lavoratore nell'arco della sua vita professionale, bensì sulla base degli ultimi stipendi percepiti;
              nonostante le numerose critiche levatesi in merito a tali pensioni nel corso degli ultimi anni, sia da alcune forze politiche, sia da parte di autorevoli commentatori sui mezzi d'informazione, sia, non ultimo, da parte dell'opinione pubblica, esse vengono generalmente considerate come diritti acquisiti e, quindi, di fatto, immodificabili, perché frutto di norme legittime che hanno operato nel tempo;
              ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, invece, le pensioni d'oro non possono essere considerate altro che il prodotto di una grave ingiustizia sociale, che agisce in danno soprattutto dei giovani, i quali rischiano di non arrivare mai a percepire una propria pensione e che, ad oggi, versano i propri contributi sociali per sostenere la spesa di un sistema pensionistico volto a mantenere anacronistici privilegi;
              nel nostro Paese vivono oltre 16,5 milioni di pensionati, con una spesa complessiva di 270,5 miliardi annui, oltre dodici dei quali vanno a beneficio di una platea di poco meno di 190.000 soggetti;
              tra questi ve ne sono quasi trecento che percepiscono una pensione superiore a cinquanta volte il minimo, vale a dire che incassano oltre 24 mila euro al mese, e questo, nella stragrande maggioranza dei casi, senza alcuna corrispondenza con i contributi versati;
              con la sentenza del 6 giugno 2013, n.  116, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità del contributo di solidarietà, introdotto nell'estate 2011 dal Governo Berlusconi e poi confermato dal Governo Monti, a carico delle pensioni pubbliche e private superiori ai 90 mila, ai 150 mila e ai 200 mila euro lordi l'anno, dalle quali si tratteneva una somma pari a, rispettivamente, il cinque, il dieci e il quindici per cento;
              nell'introduzione di un contributo di solidarietà a danno degli importi pensionistici più elevati la Corte costituzionale ha ravvisato la violazione sia del principio di uguaglianza, di cui all'articolo 3 della Costituzione, sia dell'articolo 53 della Carta costituzionale, relativo alla proporzionalità e progressività delle imposte, rilevando che «a fronte di un analogo fondamento impositivo, dettato dalla necessità di reperire risorse per la stabilizzazione finanziaria, il legislatore ha scelto di trattare diversamente i redditi dei titolari di trattamenti pensionistici: il contributo di solidarietà si applica su soglie inferiori e con aliquote superiori, mentre per tutti gli altri cittadini la misura è ai redditi oltre 300.000 euro lordi annui, con un'aliquota del 3 per cento, salva in questo caso la deducibilità dal reddito»;
              di tutt'altro avviso era, invece, l'Avvocatura dello Stato, che ha dichiarato che «l'intervento censurato appare pienamente rispettoso dei criteri di capacità contributiva e di progressività»;
              a seguito della sentenza della Corte costituzionale, non solo il contributo straordinario di solidarietà è stato disapplicato, ma tutte le somme non erogate sulla base delle disposizioni che lo avevano istituito sono state restituite, vanificando del tutto qualunque beneficio per le casse dello Stato, che, al contrario, ha dovuto reperire, con la legge di stabilità attualmente in discussione al Senato, ben ottanta milioni di euro per i rimborsi, aggiungendo al danno anche la beffa;
              in un'intervista a Il Corriere della Sera del 25 maggio 2013, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con riferimento all'ipotesi di un taglio delle pensioni più elevate, ha dichiarato che «non si vede perché nel momento in cui si chiedono sacrifici a tutti qualcuno debba essere escluso»;
              nel disegno di legge di stabilità 2014, il contributo di solidarietà a carico degli importi pensionistici più elevati è stato reintrodotto, ma con le medesime modalità di quello giudicato incostituzionale e ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo senza tenere in alcun conto le osservazioni espresse in merito dalla Corte costituzionale, che aveva auspicato che un eventuale prelievo di tipo straordinario fosse disposto a carico non solo dei pensionati ma anche dei lavoratori attivi, ed è perciò con grande probabilità destinato nuovamente a cadere sotto la scure della massima Corte;
              la stessa Corte costituzionale, peraltro, ha adottato una prassi, dai firmatari del presente atto di indirizzo già stigmatizzata in un appello al Presidente della Repubblica, in base alla quale si indica alla carica di presidente il membro più anziano della stessa, il quale, inevitabilmente, cessa dalla carica prima della scadenza del triennio previsto dal dettato costituzionale per sopraggiunti limiti di età, dando spazio al successore anagraficamente più prossimo;
              ne consegue che in molti casi la presidenza è assunta per pochissimi mesi, forse nemmeno necessari per istruire ed organizzare il lavoro connesso alla funzione, e che, salvo rarissime eccezioni, tutti i giudici della Corte costituzionale cessano il loro incarico con la carica di presidente e il conseguente beneficio di ottenere un trattamento pensionistico ed un'indennità maggiorate rispetto al diritto acquisito sino all'assunzione della carica presidenziale;
              attualmente, presso la XI Commissione (lavoro pubblico e privato) della Camera dei deputati, sono in corso di esame tre proposte di legge recanti misure per incidere sui trattamenti pensionistici particolarmente elevati,

impegna il Governo,

          nel caso in cui il Parlamento non legiferi autonomamente nel senso di cui al capoverso seguente, entro il 31 marzo 2014, ad assumere iniziative volte a prevedere la fissazione di un tetto, pari a dieci volte il trattamento minimo Inps, ai trattamenti pensionistici erogati anche solo in parte in base al metodo retributivo, e il ricalcolo – e la successiva erogazione – degli stessi trattamenti, per la parte eccedente il tetto, secondo il metodo contributivo, di cui alla legge 8 agosto 1995, n.  335, al fine di rendere trasparente e lineare la corrispettività tra retribuzione percepita, contribuzione versata e trattamento corrisposto, nel rispetto dei principi di solidarietà sociale, nonché al fine di realizzare un riequilibrio in favore delle generazioni più svantaggiate nel segno di un indispensabile principio di equità generazionale.
(1-00255)
(Nuova formulazione) «Giorgia Meloni, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Rampelli, Taglialatela, Totaro».


      La Camera,
          premesso che:
              il tema della riduzione dei trattamenti pensionistici di importo elevato – le cosiddette «pensioni d'oro» – continua a richiamare una forte attenzione degli organi di informazione e dell'opinione pubblica, stimolando un ampio dibattito sui principi di equità e giustizia nell'erogazione di prestazioni previdenziali, anche in chiave intergenerazionale e di sostenibilità complessiva del sistema pensionistico;
              per quanto riguarda, in particolare, il tema dei trattamenti peggiorativi con effetto retroattivo, la Corte costituzionale ha escluso, in linea di principio, che sia configurabile un diritto costituzionalmente garantito alla «cristallizzazione» normativa – riconoscendo quindi al legislatore la possibilità di intervenire con scelte discrezionali – purché ciò non avvenga in modo irrazionale e, in particolare, frustrando in modo eccessivo l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulla normativa precedente;
              quanto al contributo di solidarietà sulle pensioni di importo elevato, la Corte costituzionale si è a più riprese pronunciata inquadrandolo nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge – soggetto per tale ragione al principio di uguaglianza e ai criteri di progressività – da ultimo con la sentenza n.  116 del 2013, con cui ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 18, comma 22-bis, del decreto-legge n.  98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.  111, il quale introduceva un contributo di perequazione, a decorrere dal 1o agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, sui trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie;
              attualmente presso la XI Commissione (lavoro pubblico e privato) della Camera dei deputati è in corso l'esame parlamentare di più proposte di legge abbinate in materia di interventi sui trattamenti pensionistici di importo elevato mentre, sul medesimo argomento, è appena intervenuto anche il disegno di legge di stabilità 2014 (attualmente all'esame del Senato);
              sul tema delle «pensioni d'oro» molti politici stanno alimentando un dibattito propagandistico e privo di una qualsivoglia analisi di quale sia la situazione attuale del sistema pensionistico italiano e cosa sia necessario fare per affermare realmente e concretamente principi di equità e giustizia;
              è necessario partire dalla recente «riforma Fornero» che ha determinato molti guasti e tanti altri ne creerà se non verrà prontamente e strutturalmente riformata a sua volta. Ci sono almeno 390 mila lavoratori cosiddetti esodati ridotti sul lastrico; mancano del tutto meccanismi di solidarietà interni al sistema che sarebbero, invece, necessari soprattutto per i lavoratori giovani, quelli atipici e per le donne che hanno subito la violenza di un innalzamento di 5 anni dell'età pensionabile, misura derivante da un'idea negativa della parità senza riconoscimento alcuno del valore sociale ed economico dei lavori di cura; si è previsto un significativo innalzamento dell'età pensionabile per tutti, creando un sistema rigido che non consente un'uscita flessibile dal mondo del lavoro;
              la «riforma Fornero» contenuta nel decreto-legge cosiddetto «Salva Italia» era accompagnata da una relazione tecnica che indicava risparmi per 22 miliardi di euro circa nel periodo 2012/2021, ma il rapporto dell'area attuariale dell'Inps del giugno 2013 ha indicato risparmi addirittura superiori a 90 miliardi di euro nello stesso periodo;
              il sistema previdenziale è stato utilizzato come bancomat da parte dello Stato e i risparmi non sono stati utilizzati per migliorare la condizione della vastissima platea di pensionati italiani che percepisce pensioni di importi bassi o bassissimi, al di sotto della soglia della povertà;
              è una storia triste che si ripete, peraltro: si deve constatare come tutti gli ingentissimi risparmi successivamente conseguiti con le varie riforme pensionistiche fatte negli ultimi anni sono stati assegnati o alla riduzione del deficit oppure ad esigenze considerate «più importanti». Un caso eclatante è accaduto con i risparmi generati dall'aumento dell'età di pensionamento delle donne che, a norma dell'articolo 22-ter del decreto-legge n.  78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  102 del 209, dovevano essere destinati a «politiche sociali e familiari»: sono invece finiti nel calderone della finanza pubblica, a finanziare tutt'altro;
              occorre, quindi, cambiare l'inutile «riforma Fornero» e ricordare le importantissime riforme pensionistiche che sono state fatte nei decenni passati e che hanno drasticamente ridotto sia gli andamenti futuri che quelli correnti della spesa. In termini nominali, la spesa pensionistica sta aumentando di anno in anno poco più dell'inflazione e molto meno che negli altri Paesi: fra il 2003 e il 2010, secondo i dati Eurostat, è aumentata in media del 3,8 per cento l'anno in Italia, contro il 6,8 per cento del Regno Unito, il 4,3 per cento della Svezia, il 4,9 per cento della Francia, l'8,1 per cento della Spagna e il 5,5 per cento della Danimarca (fa eccezione la Germania, con un aumento annuo dell'1,4 per cento);
              secondo i più recenti dati Eurostat, relativi al 2010, l'Italia spende per le pensioni il 16 per cento del prodotto interno lordo, contro il 13,2 per cento dell'Europa a 15 e il 13 per cento dell'Europa a 27. Va, tuttavia, considerato che il dato del 16 per cento riferito all'Italia è falsato e la percentuale è decisamente più bassa in quanto:
                  a) nel calcolo della spesa previdenziale italiana, ma non in quella degli altri paesi, figura il trattamento di fine rapporto che viceversa rappresenta una parte differita della retribuzione;
                  b) si ha una percentuale di ultra sessantacinquenni più elevata degli altri Paesi, il che inevitabilmente determina la presenza di un numero maggiore di pensionati;
                  c) si tratta di spesa al lordo delle trattenute fiscali: le pensioni italiane sono invece assoggettate all'imposta sul reddito, a differenza di altri Paesi dove sono praticamente esenti (si veda la Germania);
                  d) non si è considerata la spesa per sgravi fiscali alla previdenza privata, particolarmente elevata nei Paesi anglosassoni;
              in rapporto al prodotto interno lordo, a legislazione vigente, la spesa pensionistica è destinata a contrarsi significativamente a partire dal 2014, come si può constatare dalla nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza presentato dal Governo nel mese di settembre 2013. Come per tutti i rapporti al prodotto interno lordo, poi, il rapporto fra spesa pensionistica e prodotto interno lordo risente della contrazione del denominatore, ovvero della crisi economica. Se il prodotto interno lordo non si fosse contratto per la recessione, la spesa pensionistica sarebbe almeno di 1 punto di prodotto interno lordo inferiore. A differenza di quanto si poteva scrivere una decina di anni fa, la spesa pensionistica italiana appare elevata soprattutto perché l'economia non cresce, non perché si è troppo generosi;
              il quadro illustrato denuncia quanto il dibattito sulle cosiddette «pensioni d'oro», così come affrontato, risulti superficiale. Il disegno di legge di stabilità 2014 prevede la sospensione della indicizzazione delle pensioni superiori a 3 mila euro, vale a dire un taglio a una parte delle pensioni in essere. Da più parti si parla e si propone di ridurre le pensioni erogate superiori a un certo limite, considerate in ogni caso pensioni d'oro. La proposta è basata su una confusione evidente tra alto rendimento (dei contributi versati) e alto livello della pensione. Spesso i due aspetti sono disgiunti;
              i sistemi retributivi e contributivi sono due sistemi a ripartizione. Nel sistema retributivo l'obiettivo non è quello di assicurare un uguale tasso di rendimento a tutti i lavoratori, ma di stabilire una relazione tra prima pensione e ultime retribuzioni. Il sistema permette trasferimenti di risorse a fini equitativi. Chi beneficia di questi trasferimenti avrà un rendimento più alto rispetto a chi cede parte delle risorse. Se la media del sistema ha un rendimento dei contributi effettivamente versati pari al tasso di crescita del prodotto interno lordo (o meglio della massa salariale), il sistema è in equilibrio (a parte eventuali fluttuazioni demografiche);
              il nuovo sistema pensionistico contributivo introdotto nel 1995 si basa su un principio di equità attuariale, per cui dovrebbe tendere a erogare prestazioni in linea con i contributi versati. Il fatto, però, è che dietro questa apparenza si nascondono dettagli di non poco conto, anche a prescindere dalla salvaguardia dei diritti acquisiti che, peraltro, in ambito pensionistico, dove i soggetti interessati sono avanti negli anni, richiede necessariamente una particolare attenzione;
              innanzitutto, non è vero che un sistema retributivo, come quello adottato fino al 1995, sia necessariamente più generoso del sistema contributivo: a seconda dei parametri utilizzati, i due sistemi possono produrre risultati equivalenti, mentre, se il sistema retributivo tende a premiare le carriere dinamiche, il sistema contributivo tende a premiare le carriere piatte. Non ci si avvede che è falso che il sistema contributivo restituisce pensioni corrispondenti ai contributi versati: è facile mostrare che, quando si considerano anche le prestazioni assistenziali, il sistema contributivo penalizza soprattutto i più poveri che, malgrado gli anni e decenni di contributi, rischiano di maturare pensioni di poco superiori all'assegno sociale, ovvero di maturare rendimenti addirittura negativi sui propri contributi, con un sostanziale incentivo ad entrare o a rimanere nell'economia sommersa (si veda, ad esempio, Marano, Mazzaferro e Morciano, Rivista degli economisti, 2012, 71);
              secondo gli economisti Paladini e Vincenzo Visco, l'elemento che ha il maggior peso nella differenza tra il sistema retributivo e quello contributivo è costituito dagli anni di vita attesa, cioè dall'età del pensionamento. Questo elemento conta di più della velocità di progressione della retribuzione. A questo proposito non va dimenticato che in molti casi la scelta del pensionamento non è stata spontanea, ma necessitata: infatti, una significativa fetta delle ristrutturazioni industriali sono state fatte nei decenni passati usando il sistema pensionistico a volte con misure ad hoc (prepensionamenti). Operai, impiegati, ma anche dirigenti sono stati messi in pensione che lo volessero o meno;
              l'idea di fissare un limite inferiore (sia esso 3.000 euro o più al mese) e di applicare un taglio solo alle pensioni che superano la soglia è errore logico che diventa un vizio giuridico. Lo stesso vale per il blocco dell'indicizzazione al di sopra di un dato livello;
              va evidenziato che da un prelievo forzoso sulle pensioni elevate non possono derivare grandi risorse; il contributo di solidarietà inserito nel disegno di legge di stabilità 2014 (articolo 12, comma 4), che prevede un contributo del 5 per cento sulle pensioni superiori a 150 mila euro annue, del 10 per cento sulla parte eccedente i 200 mila euro e del 15 per cento sulla parte eccedente i 250 mila euro, avrebbe effetti netti, secondo la relazione tecnica, risibili, pari a 12 milioni l'anno; anche ammettendo soluzioni più radicali, quali quelle ipotizzate da Boeri e Nannicini sul sito lavoce.info, si arriverebbe a un gettito di 800-900 milioni di euro, quasi dimezzato, tuttavia, da quella che sembrerebbe la mancata considerazione da parte degli economisti della lavoce.info della perdita di gettito fiscale associata alla connessa riduzione degli imponibili Irpef;
              con tali risorse non si risolve il problema, né in parte, né in tutto, di innalzare gli importi pensionistici delle pensioni al minimo, considerato che l'idea del contributo di solidarietà è quella di ridistribuirlo all'interno del sistema previdenziale a fini solidaristici;
              quanto all'equità della misura, sembra prevalere un populismo mischiato a falso egualitarismo: coloro che hanno conseguito pensioni elevate – salvo eccezioni rare e davvero scandalose – sono in prevalenza persone che hanno ricevuto redditi molto elevati nel corso della loro vita lavorativa e contribuito conseguentemente, in accordo con regole che già prevedevano forme di solidarietà. Se si ritiene che sia ingiusto che esistano persone molto più ricche di altre, lo strumento a disposizione del pubblico è semplicemente la variazione delle aliquote fiscali: si proponga un aumento dell'aliquota sull'ultimo scaglione di reddito, senza discriminare fra ricchi pensionati e altri precettori di reddito, nel solco dei principi giuridici fissati dalla giurisprudenza costituzionale;
              il riconoscimento di un doveroso contributo di solidarietà ai pensionati più poveri ricade tra le misure assistenziali che devono essere finanziate dalla fiscalità generale e da tutti i cittadini a secondo della loro capacità contributiva;
              dagli anni Ottanta ad oggi, mentre si sono ridimensionati servizi e spese sociali che andavano a beneficio delle fasce deboli della popolazione, in materia di entrate il prelievo fiscale si è spostato dai redditi più alti verso quelli medio bassi, al punto che il rapporto tra aliquote sui redditi minimi ed aliquote sui redditi massimi è passato da 1 a 7 ad 1 a 2;
              in questo periodo, l'aliquota sulle fasce medio basse è salita dal 10 per cento al 23 per cento, mentre per quelli alti è scesa dal 72 per cento al 43 per cento. La progressività del prelievo fiscale è stata, quindi, fortemente ridimensionata e questo è accaduto proprio nell'imposizione diretta che rappresenta il principale strumento per correlare le imposte ai redditi;
              tutti i redditi sopra i 75 mila euro annui lordo sono tassati con un aliquota pari al 43 per cento che rimane tale anche per redditi di molto superiori, facendo venire meno il criterio di progressività del sistema tributario di cui all'articolo 53 della Costituzione;
              con l'innalzamento dell'aliquota sui redditi più alti, applicando il criterio della progressività, si realizzerebbe davvero una maggiore equità del sistema – andando a colpire anche le vere «pensioni d'oro» – e si darebbe corpo e consistenza ai principi di equità e giustizia;
              con il gettito derivante dall'innalzamento dell'aliquota sui redditi più alti si possono aumentare in misura permanente gli importi delle pensioni per tutti i pensionati più poveri, così incrementando i consumi ed alleviando la situazione difficile di molte persone e famiglie;
              inoltre, in via temporanea, si può intervenire proponendo l'erogazione di una sorta di quattordicesima per i pensionati a più basso reddito. In tal senso, i parlamentari del gruppo Sinistra Ecologia Libertà hanno presentato emendamenti sia al decreto-legge n.  102 del 2013 sull'imu (A.C. 1544), convertito, con modificazioni, dalla legge n.  102 del 2013, che al disegno di legge di stabilità 2014 volti a riconoscere un bonus, oscillante tra i 250 ed i 450 euro, a 2,5-3 milioni di pensionati a basso reddito, impegnando risorse per circa un miliardo derivanti da risparmi conseguiti sulle auto blu e dalla modifica della cosiddetta Robin tax e della deducibilità degli interessi passivi per le banche;
              analoga misura era presente all'articolo 5 del decreto-legge n.  81 del 2007 (Governo Prodi), convertito, con modificazioni, dalla legge n.  127 del 2007, che istituì una sorta di quattordicesima per i pensionati a basso reddito, l'erogazione, cioè, di un bonus per quei pensionati che avevano un reddito inferiore a 8.504 euro all'anno (655 euro al mese per 13 mensilità) e almeno 64 anni di età. La norma riguardava circa 3 milioni di persone. L'importo medio previsto fu di 301 euro per una somma totale pari a 926 milioni di euro,

impegna il Governo:

          a valutare l'adozione di iniziative per l'introduzione di ulteriori aliquote impositive progressive, in attuazione dell'articolo 53 della Costituzione, che si applichino ai redditi sopra i 75 mila euro annui lordi, tra cui anche le cosiddette «pensioni d'oro»;
          ad assumere le opportune iniziative, anche normative, al fine di corrispondere, a favore dei soggetti con età pari o superiore a sessantacinque anni e che siano titolari di uno o più trattamenti pensionistici a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, gestite da enti pubblici di previdenza obbligatoria, a condizione che il soggetto non possieda un reddito complessivo individuale relativo all'anno stesso superiore a una volta e mezzo il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, in sede di erogazione della tredicesima mensilità, una somma aggiuntiva almeno pari a 500 euro.
(1-00256) «Di Salvo, Migliore, Paglia, Airaudo, Ragosta, Placido, Lavagno, Aiello, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Giancarlo Giordano, Fratoianni, Kronbichler, Lacquaniti, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti».


      La Camera,
          premesso che:
              i dati Inps relativi al 2012 rilevano che in Italia ci sono un numero di pensioni superiori a 10 volte il minimo, pari a 154.739 euro, per un importo complessivo lordo annuo di 12.753.078.053 euro a carico del sistema pensionistico italiano;
              le «pensioni d'oro» sono figlie del vecchio sistema pensionistico retributivo, che ha generato uno scollamento tra contributi versati e trattamenti pensionistici erogati, dal momento che il calcolo è stato in passato effettuato solo sulle retribuzioni degli ultimi anni di vita lavorativa;
              la riforma Dini (legge n.  335 del 1995) con l'introduzione del sistema contributivo ha attenuato questo problema. L'applicazione graduale del metodo contributivo ha favorito il superamento progressivo delle disparità di trattamento legate ai regimi speciali di pensione provenienti dalla tradizione categoriale italiana, stabilendo l'uniformità delle prestazioni in rapporto ai contributi versati, ma non ha risolto la questione dell'equità dei trattamenti erogati con il vecchio sistema, soprattutto rispetto a quelli erogati sulla base del nuovo sistema basato sulle effettive contribuzioni versate;
              la crisi economica e occupazionale ha acuito non soltanto le tensioni sulla finanza pubblica, ma anche la percezione dell'insostenibilità e dell'ingiustizia di divari così ampi tra i trattamenti previdenziali del nostro Paese;
              il perdurare della crisi ha reso necessario il ricorso al contributo di solidarietà, prelievo previsto dall'articolo 18, comma 22-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.  111, che disponeva che, a decorrere dal 1o agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, i trattamenti pensionistici, corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, i cui importi risultassero complessivamente superiori a 90 mila euro lordi annui, fossero assoggettati ad un contributo di perequazione pari al 5 per cento della parte eccedente l'importo fino a 150 mila euro; pari al 10 per cento per la parte eccedente 150 mila euro; e al 15 per cento per la parte eccedente 200 mila euro;
              con la sentenza n.  116 del 2013, la Consulta ha tuttavia stabilito che la legge n.  111 del 2011 viola il principio di eguaglianza dell'articolo 53 della Costituzione, in quanto il taglio viene imposto nei confronti dei soli pensionati, una categoria definita nella sentenza «colpita in misura maggiore rispetto ai titolari di altri redditi e, più specificamente, di redditi da lavoro dipendente». Secondo la Corte Costituzionale, un «contributo di solidarietà» va applicato in maniera equa tra tutti i contribuenti. Il prelievo, ha spiegato la Consulta, ha natura tributaria e deve, per questo, essere commisurato alla «capacità contributiva» dei cittadini, i quali, come stabilisce l'articolo 3 della Carta costituzionale, sono «eguali davanti alla legge»;
              a seguito della predetta sentenza n.  116 del 2013 della Corte costituzionale, si è reso necessario procedere al rimborso delle trattenute effettuate sulle pensioni di importo superiore a 90 mila euro, che graverà sulle casse dello Stato per 80 milioni di euro nel biennio 2014/2015, anche se l'Inps in assenza di copertura finanziaria si è riservato le modalità di restituzione delle trattenute operate dal 1o agosto 2011 fino al 31 dicembre 2012;
              numerose sono le perplessità suscitate dalla citata sentenza n.  116 del 2013 della Corte Costituzionale, anche perché si riferisce a un settore che ha subito provvedimenti restrittivi a carico dei trattamenti medio-bassi. Vi sono nel sistema previdenziale forme di oggettivo privilegio che non sono più sostenibili sul piano economico, né difendibili su quello etico. Ad alimentare le perplessità è l'esistenza di sentenze precedenti che avevano ritenuto legittimi i contributi di solidarietà a carico delle pensioni di importo più elevato, purché si trattasse di una misura improntata a ragionevolezza e disposta per un tempo limitato e previsto;
              con la sentenza n.  173 del 1986 e le sentenze n.  501 del 1988 e n.  96 del 1991, la Corte costituzionale ha inoltre ribadito la natura mutualistica e solidaristica del sistema previdenziale, sostenendo che «il contributo non va a vantaggio del singolo che li versa, ma di tutti i lavoratori e, peraltro, in proporzione del reddito che si consegue, sicché i lavoratori a redditi più alti concorrono anche alla copertura delle prestazioni a favore delle categorie con redditi più bassi», fermo restando il principio della proporzionalità tra contributi versati e prestazioni previdenziali ricevute;
              per quanto riguarda l'annosa questione dei «diritti acquisiti», e alla possibilità di intervenire sulle pensioni attraverso trattamenti peggiorativi con effetto retroattivo, con le sentenze n.  349 del 1985, n.  173 del 1986, n.  822 del 1988, n.  211 del 1997 e n.  416 del 1999, la Corte costituzionale ha escluso, in linea di principio, che sia configurabile un diritto costituzionalmente garantito alla cristallizzazione normativa, riconoscendo quindi al legislatore la possibilità di intervenire con scelte discrezionali, perché ciò non avvenga in modo irrazionale e, in particolare, frustrando in modo eccessivo l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulla normativa precedente;
              la Corte costituzionale, inoltre, con ordinanza n.  22 del 2003, osserva che «il contributo di solidarietà, non potendo essere configurato come un contributo previdenziale in senso tecnico (sentenza n.  421 del 1995), va inquadrato nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all'articolo 23 della Costituzione, costituendo una prestazione patrimoniale avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del regime previdenziale dei lavoratori (sentenza n.  178 del 2000), con la conseguenza che l'invocato parametro di cui all'articolo 53 Cost. deve ritenersi inconferente, siccome riguardante la materia della imposizione tributaria in senso stretto»;
              alla luce delle sopra citate sentenze della Corte costituzionale e del perdurare della crisi economica ed occupazionale del nostro Paese, che rendono necessari interventi di risparmio sulle fasce più deboli, non appare sostenibile né giustificato il permanere, senza decurtazione alcuna, di trattamenti pensionistici che superano di dieci, venti o anche cinquanta volte il trattamento minimo, quando una parte di tale divario non è legato ai contributi effettivamente versati durante la vita lavorativa dei beneficiari;
              vi è l'esigenza di rivedere l'istituto dei diritti acquisiti, non solo in relazione all'orientamento espresso dalla Corte costituzionale nelle sentenze sopra citate, ma soprattutto in relazione al particolare momento storico in cui ci si trova. I diritti sociali vanno acquisiti in relazione alle mutate condizioni economico-sociali. Occorre impiegare le risorse disponibili secondo una logica chiara, che stabilisca una gerarchia dei diritti acquisiti da tutelare, bilanciando l'effettività di tutela con i principi di gradualità e di criterio di compatibilità economica, secondo quanto sancito dal dettato Costituzionale (articoli 2 e 53);
              si rende, quindi, indispensabile individuare la parte delle rendite previdenziali privilegiate che non corrisponde a contribuzione effettivamente versata, per assoggettarla a un contributo di solidarietà a vantaggio delle posizioni previdenziali più deboli o di altre prestazioni a favore delle fasce più deboli e maggiormente colpite dalla crisi economica. Tutto ciò in linea con quanto dettato dalla Costituzione in attuazione dei principi solidaristici sanciti dall'aricolo 2 della Costituzione stessa,

impegna il Governo:

          a procedere alle operazioni di calcolo e di stima necessarie per individuare la parte delle rendite previdenziali privilegiate che non corrisponde a contribuzione effettivamente versata;
          ad assumere un'iniziativa per disporre in via sperimentale e transitoria l'applicazione a tutte le pensioni superiori all'importo di 60.000 euro annui di un meccanismo caratterizzato da una trattenuta alla fonte, con aliquote progressive per scaglioni, sul differenziale esistente tra l'ammontare della pensione liquidata e l'ammontare della pensione che sarebbe invece liquidata ove la sua quantificazione avesse luogo per intero con il metodo contributivo;
          a destinare il gettito derivante da tali trattenute al finanziamento di misure volte a rafforzare il sostegno alle fasce più deboli e maggiormente colpite dalla crisi, anche attraverso un rafforzamento di servizi di assistenza (servizi per la cura dell'infanzia e di assistenza agli anziani e ai disabili) che il peso della crisi ha reso sempre più inaccessibili per molte famiglie.
(1-00257) «Tinagli, Zanetti, Mazziotti Di Celso, Antimo Cesaro, Andrea Romano, Cimmino, Causin, D'Agostino, Molea, Librandi, Sottanelli, Vecchio, Catania, Vitelli, Capua».


      La Camera,
          premesso che:
              il tema delle cosiddette «pensioni d'oro» costituisce attualmente argomento di vivace confronto, nella diffusa percezione che i trattamenti pensionistici di importo particolarmente elevato costituiscano spesso il frutto di ingiustificate normative di favore e di veri e propri privilegi;
              la riforma del 2011 ha determinato l'instaurazione di un sistema previdenziale che collega maggiormente gli importi pensionistici con l'ammontare dei contributi versati. La medesima riforma ha prodotto, tuttavia, effetti negativi in danno, in particolare, di alcuni soggetti (i cosiddetti «esodati») in favore dei quali è certamente opportuno ed equo destinare una parte delle risorse derivanti dall'applicazione di misure di solidarietà a carico dei percettori di importi pensionistici ingiustificatamente elevati;
              come è noto, la giurisprudenza costituzionale guarda con sfavore forme di prelievo coattivo di ricchezza che vadano a colpire solo talune fonti di reddito (ad esempio, i redditi da pensione), in tal modo introducendo misure di carattere sostanzialmente impositivo che violano il generale canone costituzionale della progressività del sistema tributario;
              il Governo e il Parlamento hanno opportunamente introdotto, con la recente legge di stabilità, significative misure che si muovono proprio nella direzione di affrontare i problemi di equità sociale connessi con l'esistenza di importi pensionistici di ammontare particolarmente elevato in assenza – in molti casi – di un'effettiva ragione giustificatrice. Sotto questo aspetto, meritano di essere segnalati: il comma 486, che ha introdotto per un triennio un contributo di solidarietà a carico dei trattamenti di più elevato ammontare, anche al fine di sostenere iniziative in favore dei lavoratori cosiddetti «esodati»; il comma 489, il quale ha introdotto un limite alla cumulabilità dei redditi da pensione percepiti da ex dipendenti pubblici con ulteriori fonti di reddito pure poste a carico della finanza pubblica;
              appare utile che il Governo proceda nell'esame della delicata materia, prestando comunque la massima attenzione alla giurisprudenza della Corte costituzionale,

impegna il Governo

          a monitorare gli effetti e l'efficacia delle citate misure introdotte con la legge di stabilità;
          a valutare, agli esiti di questo monitoraggio, l'adozione di interventi normativi che, nel rispetto dei principi indicati dalla Corte costituzionale, sempre in un'ottica di solidarietà interna al sistema pensionistico, siano tesi a realizzare una maggiore equità per ciò che concerne le cosiddette «pensioni d'oro» e correggano per queste ultime eventuali distorsioni e privilegi derivanti dall'applicazione dei sistemi di computo retributivo e contributivo nella determinazione del trattamento pensionistico.
(1-00258)
(Nuova formulazione)     «Gnecchi, Pizzolante, Tinagli, Rossi, Damiano, Marchi, Albanella, Baruffi, Bellanova, Boccuzzi, Casellato, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Madia, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Taricco, Amoddio, Carra, Costa, Bosco, Dorina Bianchi, Zanetti, Mazziotti Di Celso, Antimo Cesaro, Andrea Romano, Cimmino, Causin, D'Agostino, Molea, Librandi, Sottanelli, Vecchio, Catania, Vitelli, Capua, Basso».


      La Camera,
          premesso che:
              nell'attuale contesto di crisi economica che colpisce il Paese, che porta il legislatore ad adottare misure di contenimento della spesa fortemente penalizzanti per i cittadini, la questione delle cosiddette «pensioni d'oro» è argomento di acceso dibattito tra gli organi di informazione, le forze politiche e l'opinione pubblica, in relazione al rispetto dei principi di equità e giustizia sociale, del patto intergenerazionale e della sostenibilità del nostro sistema previdenziale;
              da un'inchiesta condotta dal quotidiano Libero e pubblicata sulla prima pagina dell'edizione del 12 novembre 2013 emerge che una pensione su due è «regalata», nel senso che solo il 54 per cento dei trattamenti corrisposti è coperto dai contributi effettivamente versati;
              urge, pertanto, un intervento normativo teso a contenere i trattamenti previdenziali di importo elevato, prevedendo che, laddove questi siano calcolati con il metodo retributivo, i relativi importi non debbano superare un limite prefissato e garantendo, invece, i trattamenti pensionistici calcolati esclusivamente con il metodo contributivo;
              un intervento in un'ottica di solidarietà era stato attuato con il decreto-legge n.  98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  111 del 2011, che, all'articolo 18, comma 22-bis, aveva previsto in via provvisoria dal 1o agosto 2011 fino al 31 dicembre 2014 un contributo di perequazione pari, rispettivamente, al 5 per cento della parte eccedente l'importo fino a 90.000 euro, al 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro e al 15 per cento per la parte eccedente 200.000;
              la Corte costituzionale, però, con la sentenza n.  116 del 2013, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del predetto comma 22-bis, rilevando che il prelievo straordinario su tali pensioni costituiva un intervento impositivo «irragionevole e discriminatorio», realizzato ai danni di una sola categoria di cittadini, i pensionati, e che si poneva in contrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione, rispettivamente sul principio di uguaglianza e sulla capacità contributiva come fondamento del prelievo tributario;
              a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, le motivazioni addotte dalla Corte costituzionale sono capziose e discutibili, ritenendo invero che si rispetti il dettame costituzionale e si risponda ad un'esigenza di giustizia ed eguaglianza dei cittadini intervenendo laddove si annidano privilegi;
              le pensioni di importo elevato erogate con il calcolo retributivo, infatti, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo rappresentano già in sé una violazione dei principi costituzionali di parità ed eguaglianza, in quanto non sono frutto di accantonamenti «personali», secondo la ratio per cui un pensionato percepisce quanto versato nell'arco della vita lavorativa, bensì vengono pagate dai versamenti dei lavoratori attivi e rappresentano un trattamento di miglior favore rispetto alle generazioni successive, che, a seguito delle riforme pensionistiche, possono accedere alla pensione solo con il calcolo contributivo;
              il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha recentemente definito questi trattamenti «quelle pensioni il cui elevato importo appare stridente nell'attuale contesto socio-economico e di sacrifici imposti alla generalità della popolazione»;
              eppure il disegno di legge di stabilità attualmente all'esame dell'altro ramo del Parlamento reca all'articolo 12, comma 4, un intervento sul tema in questione valutato dai firmatari del presente atto di indirizzo insufficiente rispetto alla reale possibilità di incidere stabilmente sui privilegi esistenti,

impegna il Governo,

          nel caso in cui il Parlamento non legiferi autonomamente nel senso di cui ai capoversi seguenti, entro il 31 marzo 2014:
          ad intervenire sui trattamenti pensionistici di importo elevato, assumendo iniziative per prevedere che le pensioni ed i vitalizi, anche nel caso di cumulo di più trattamenti, erogati da gestioni previdenziali pubbliche in base al metodo retributivo non possano superare un limite prefissato, pari, ad esempio, a cinquemila euro netti al mese, mentre la parte eccedente tale limite venga calcolata con il metodo contributivo;
          ad utilizzare i risparmi derivanti dagli interventi sulle pensioni di importo elevato in favore dello sblocco delle indicizzazioni delle pensioni e della salvaguardia dei lavoratori cosiddetti esodati derivanti dalle disposizioni in materia pensionistica, di cui all'articolo 24 del decreto-legge n.  201 del 2011, e successive integrazioni e modificazioni.
(1-00259)
(Nuova formulazione) «Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».


      La Camera,
          premesso che:
              la questione delle cosiddette «pensioni d'oro» deve inquadrarsi nel contesto complessivo del sistema previdenziale e delle criticità che si pongono in relazione ad esso;
              la più recente riforma del sistema previdenziale ha determinato, in un contesto regolatorio già ritenuto sostenibile dal punto di vista finanziario, un immediato innalzamento dell'età di pensione senza disporre una fase transitoria e, non a caso, senza uguali in Europa;
              in un mercato del lavoro contratto dalla crisi e dalla nuova regolazione si è prodotta l'insostenibile condizione di molte lavoratrici e di molti lavoratori che in buona fede – sulla base della regolazione vigente – hanno accettato accordi collettivi o individuali di conclusione precoce del rapporto di lavoro, spesso accompagnata da versamenti volontari;
              la vita lavorativa si è positivamente allungata sulla base delle nuove regole previdenziali, ma l'inclusione di molte persone adulte nel mercato del lavoro rimane difficile in relazione alla crisi, alla debolezza dei servizi di formazione e ricollocamento e alle dinamiche retributive influenzate prevalentemente dall'età, con la conseguenza per cui si determina il brusco impoverimento di persone senza lavoro, senza pensione e senza sussidio;
              nuove diseguaglianze si sono aggiunte a quelle preesistenti anche nell'ambito della stessa generazione, sia dal punto di vista del calcolo della prestazione che da quello dell'età di pensione;
              in questo contesto, si sono determinate molte disparità ed incongruenze di trattamento pensionistico tra le pensioni più basse e quelle più alte, dove in molti hanno goduto di prestazioni più favorevoli per metodo di calcolo, per età di accesso o per appartenenza a fondi speciali,

impegna il Governo:

          a considerare in questo contesto, senza sollecitare conflitti tra generazioni che hanno vissuto condizioni complessivamente diverse e senza produrre radicali cambiamenti nelle legittime aspettative indotte dalle regole del passato, modalità di concorso solidale agli obiettivi di cui sopra da parte dei percettori di prestazioni più favorevoli o per metodo di calcolo o per età di accesso alle prestazioni stesse, con particolare attenzione a quelle provenienti da fondi speciali che hanno goduto di un rapporto particolarmente conveniente con le contribuzioni versate;
          a presentare quanto prima al Parlamento un progetto organico di completamento della riforma previdenziale in funzione della migliore conciliazione tra i criteri della sostenibilità finanziaria e quelli della sostenibilità sociale, introducendo flessibilità nel sistema previdenziale, proteggendo il reddito dei cosiddetti «esodati» sulla base di parametri certi e consentendo l'accumulo in unico conto di tutte le contribuzioni reali e figurative della previdenza, secondo regole semplici ed omogenee.
(1-00260) «Pizzolante, Costa, Bosco, Dorina Bianchi».


Risoluzione

      La Camera,
          premesso che:
              lo scenario macroeconomico che caratterizza anche in questi ultimi mesi del 2013 il nostro Paese, segnala il perdurare della grave crisi che l'affligge ormai da un quinquennio e offre timidi segnali di risveglio per un'economia che non riesce ad agganciare il treno della ripresa avviatosi, seppur con molte incertezze, negli USA e in Germania;
              i vari indicatori economici, quali la caduta del fatturato e della produzione industriale, l'aumento della disoccupazione, il calo dei consumi privati, la stasi degli investimenti pubblici, la difficoltà di approvvigionamento finanziario per le imprese piccole e grandi, la chiusura di aziende artigiane e commerciali, testimoniano che la crisi in Italia sarà destinata a protrarsi ancora, come anche il Fondo monetario internazionale (FMI) ha recentemente affermato, prevedendo una contrazione del reddito prodotto pari a -1,5 per cento a fine anno e una timida ripresa nel 2014 intorno a + 0,5 per cento;
          i nuovi interventi del Governo per fronteggiare la crisi, destinati a falcidiare sempre più crudamente i redditi, soprattutto delle famiglie, pongono allora l'interrogativo su chi dovrà ancora una volta sopportare il peso della crisi e su chi andranno a gravare gli eventuali nuovi e maggiori oneri che certamente non potrà riguardare quella fascia di cittadini il cui reddito disponibile ha subito nel corso di questi anni la forte erosione del potere d'acquisto a causa dell'inflazione e della introduzione delle varie imposte comunque denominate;
              è necessario, inoltre, che qualsiasi nuovo provvedimento volto a contenere la spesa pubblica e alla riduzione del disavanzo debba ispirarsi al dettato e allo spirito del primo comma dell'articolo 53 della Costituzione che stabilisce «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva»;
              proprio tenendo conto delle fragili condizioni economiche del Paese e in ossequio al dettato costituzionale nel panel delle misure da mettere in campo per reperire nuove risorse dovrà essere inserita anche una iniziativa che punti a contenere la spesa previdenziale agendo sulle cosiddette «pensioni d'oro». Operazione questa ad alto valore simbolico ed etico se si tiene conto che il rapporto elaborato dall'Istat nei mesi scorsi in collaborazione con l'INPS rivela che nel 2011 più di un pensionato su otto ha percepito meno di 500 euro al mese e che quasi la metà dei pensionati, circa 7,4 milioni, il 44,1 per cento del totale, ha ricevuto redditi da pensione per un importo inferiore a 1.000 euro;
              va ricordato che dal 1992 in poi gli interventi macro e micro sulle riforme del sistema previdenziale che hanno tentato di limitare la crescita della spesa pensionistica sono stati molti, ma essi hanno inciso prevalentemente sul requisito anagrafico e contributivo, non ultimo la «riforma Fornero», senza mai intervenire sui redditi delle pensioni alte, anzi penalizzando nella realtà quelli più bassi;
              l'intangibilità delle «pensioni d'oro» non viene compresa da gran parte della popolazione costretta a vivere in condizioni di grande difficoltà e a tal proposito è ormai superata la teoria dei «diritti quesiti», fondata sul principio della «irretroattività» che a ben vedere costituisce un principio giuridico, non un limite legislativo, e pertanto non può vietare al legislatore di emanare norme che retroagiscano nel passato, soprattutto in vista di nuove esigenze sociali;
              la Corte costituzionale ha più volte posto alle legittime aspettative il limite di interessi superiori: nel caso delle «pensioni d'oro» esso sarebbe il principio fondativo della Repubblica, ex articolo 3 della Costituzione, di uguaglianza;
              la Corte costituzionale con sentenza n.  390 del 26 luglio 1995 ha stabilito che il cosiddetto «diritto quesito» previdenziale va valutato con riferimento alla normativa vigente al momento del perfezionamento del diritto alla pensione, non sussistendo un diritto quesito relativo al trattamento di pensione in base alla normativa vigente al momento in cui il dipendente è stato assunto;
              il Consiglio di Stato (sezione V, sentenza n.  140 del 28 febbraio 1987) a sua volta, ancora prima aveva statuito «...In materia di quiescenza non può parlarsi di diritto quesito se non quando la pensione non sia stata liquidata, mentre anteriormente al verificarsi del fatto acquisitivo del diritto a pensione il dipendente può vantare solo una aspettativa ad un determinato trattamento di quiescenza»;
              ancora la Corte costituzionale, con sentenza n.  446 del 12 novembre 2002, ha ribadito un principio già espresso in una sentenza pregressa, con la statuizione secondo cui il Parlamento può, al fine di salvaguardare equilibri di bilancio e contenere la spesa previdenziale, ridurre indennità previdenziali già in essere, introducendo con legge una «disciplina non irragionevolmente più restrittiva»;
              tra l'altro, l'equilibrio iniziale delle prestazioni viene turbato oltre ogni limite tollerabile (economicamente) da «sopravvenienze», ossia da fatti nuovi e non (o solo parzialmente) preventivabili per i quali si può e si deve invocare la regola presente nel codice civile della «eccessiva onerosità sopravvenuta», che permette di rideterminare le prestazioni previdenziali che, nel corso del tempo e per fatti non preventivabili, si sono rese, appunto, «eccessivamente onerose»: è il caso delle «pensioni d'oro»;
              con diversi pronunciamenti la Consulta si è affidata alla «prudente valutazione del legislatore», tenuto ad assicurare «in via di principio» la certezza dei rapporti giuridici, ritenuta uno dei cardini della tranquillità sociale e del vivere civile, che dovrà necessariamente tenere in conto anche il nuovo articolo 81 della Costituzione, il quale afferma che «lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico»;
              a tutto ciò si aggiungono le ricordate esigenze di equità sociale, non più rinviabili, che suggeriscono anche l'introduzione del divieto del cumulo tra più trattamenti previdenziali e tra questi e i vitalizi,

impegna il Governo

          ad assumere le opportune iniziative in sede normativa finalizzate a introdurre il divieto di cumulo tra le pensioni di importo superiore a 75.000 euro netti l'anno e altri redditi da lavoro dipendente, autonomo e libero professionale;
          a introdurre nuove aliquote impositive, in forma progressiva per scaglioni, cui sottoporre le pensioni di importo superiore a 75.000 euro netti all'anno per la parte eccedente tale livello;
          a rivedere con urgenza alcune norme in materia previdenziale che consentono ad alcune categorie di lavoratori, dipendenti e autonomi, pubblici e privati, di godere di trattamenti pensionistici privilegiati e non sempre giustificati da adeguata contribuzione;
          a destinare le somme trattenute al finanziamento di interventi a sostegno delle fasce sociali più deboli a cominciare dalla rivalutazione delle pensioni più basse, ai programmi di assistenza agli anziani e al contrasto delle varie forme di emarginazione sociale.
(6-00042) «Di Lello, Locatelli, Di Gioia, Pastorelli».


PROPOSTA DI LEGGE: FERRANTI ED ALTRI: MODIFICHE AL CODICE DI PROCEDURA PENALE IN MATERIA DI MISURE CAUTELARI PERSONALI (A.C. 631-A) E DELLE ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: GOZI ED ALTRI; CIRIELLI; BRUNETTA ED ALTRI; BRUNETTA (A.C. 980-1707-1807-1847)

A.C. 631-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n.  2, nonché sull'emendamento 2.100 della Commissione.

A.C. 631-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:

NULLA OSTA;

sulle proposte emendative contenute nel fascicolo n.  2 e non comprese nel fascicolo n.  1, nonché sull'emendamento 2.100 della Commissione:

NULLA OSTA.

A.C. 631-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.

      1. All'articolo 274, comma 1, lettere a) e c), del codice di procedura penale, le parole: «della persona sottoposta alle indagini o» sono soppresse.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.

      Sostituirlo con il seguente:
      Art. 1. – 1. All'articolo 274, comma 1, lettera a), del codice di procedura penale, dopo le parole: «fondate su circostanze di fatto» sono aggiunte le seguenti: «e su condotte concrete della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato».
1. 50. Cirielli.

A.C. 631-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 2.

      1. All'articolo 274, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale, dopo la parola: «concreto» sono inserite le seguenti: «e attuale» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le situazioni di concreto e attuale pericolo non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del reato e dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 2.

      Sopprimerlo.
2. 50. Molteni, Attaguile.

      Sostituirlo con il seguente:
      Art. 2. – 1. All'articolo 274, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale, le parole: «sussiste concreto pericolo che egli si dia alla fuga» sono sostituite dalle seguenti: «tenti di darsi alla fuga o abbia tentato di darsi alla fuga».
2. 51. Cirielli.

      Sostituirlo con il seguente:
      Art. 2. – 1. All'articolo 274, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale, le parole: «concreto pericolo» sono sostituite dalle seguenti: «l'attuale pericolo, concretamente dimostrato» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le situazioni di attuale pericolo non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del reato e dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede.»
2. 53. Chiarelli.

      Al comma 1, sostituire le parole: non possono essere desunte esclusivamente con le seguenti: possono essere desunte anche.
2. 52. Molteni, Attaguile.

ART. 2.

      Al comma 1, sopprimere le parole: e dalle modalità e circostanze di fatto.

      Conseguentemente, all'articolo 3, comma 1, sopprimere le parole: e dalle modalità e circostanze di fatto.
2. 100. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 631-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 3.

      1. All'articolo 274, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale, dopo la parola: «concreto» sono inserite le seguenti: «e attuale» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le situazioni di concreto e attuale pericolo, anche in relazione alla personalità dell'imputato, non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del reato e dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 3.

      Sostituirlo con il seguente:
      Art. 3. – 1. All'articolo 274, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale, le parole: «sussiste il concreto pericolo» sono sostituite dalle seguenti: «sussistono il concreto pericolo ed elementi di prova».
3. 50. Cirielli.

      Sostituirlo con il seguente:
      Art. 3. – 1. All'articolo 274, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale, sono apportate le seguenti modificazioni:
          le parole: «il concreto pericolo» sono sostituite dalle seguenti: «l'attuale pericolo, concretamente dimostrato»;
              le parole da: «Se il pericolo riguarda» fino alla fine della lettera sono soppresse.
          è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le situazioni di attuale pericolo, anche in relazione alla personalità dell'imputato, non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del reato e dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede.»

      Conseguentemente:
          all'articolo 6, comma 3:
          all'alinea, sostituire le parole:
è inserito il seguente con le seguenti: sono inseriti i seguenti;
          dopo il capoverso comma 3-bis, aggiungere il seguente:
      «3-ter. Fermo quanto disposto dal comma 3, qualora l'esigenza cautelare riguardi esclusivamente il pericolo di commissione di delitti della stessa specie di quello per il quale si procede, la custodia cautelare in carcere può essere disposta solo nei confronti dei delinquenti abituali, professionali o per tendenza e soltanto se trattasi di delitti puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni. La custodia cautelare in carcere è in ogni caso applicabile ove il giudice non possa concedere gli arresti domiciliari per l'assenza di una idonea privata dimora, o per una delle ragioni indicate nell'articolo 284, comma 5-bis.»;
          sopprimere l'articolo 8.
3. 53. Chiarelli.

      Al comma 1, sostituire le parole: non possono essere desunte esclusivamente con le seguenti: possono essere desunte anche.
3. 52. Molteni, Attaguile.

      Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:
      Art. 3-bis. – 1. All'articolo 274 del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:
      «2. Al di fuori dei casi di cui al comma 1 le misure cautelari sono disposte nei confronti di chi sia stato colto in stato di flagranza di cui all'articolo 382 se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni.»
3. 050. Cirielli.

A.C. 631-A – Articolo 4

ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 4.

      1. Il comma 2-bis dell'articolo 275 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
      «2-bis. Non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena o se ritiene che all'esito del giudizio l'esecuzione della pena possa essere sospesa ai sensi dell'articolo 656, comma 5».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 4.

      Al comma 1, capoverso comma 2-bis, sopprimere le parole: o quella degli arresti domiciliari.
4. 6. Molteni, Attaguile.

      Al comma 1, capoverso comma 2-bis, sopprimere le parole: o se ritiene che all'esito del giudizio l'esecuzione della pena possa essere sospesa ai sensi dell'articolo 656, comma 5.
4. 50. Molteni, Attaguile.