XVII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 203 di mercoledì 2 aprile 2014
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO
La seduta comincia alle 9,05.
CATERINA PES, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
Sul processo verbale (ore 9,13).
DAVIDE CAPARINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, a norma dell'articolo 32 del Regolamento, volevo precisare alcune mie affermazioni e dichiarazioni che vedo riportate all'interno del processo verbale.
Prima di tutto, intendo precisare che, in base all'articolo 64 del Regolamento, intendevo chiedere la partecipazione ai lavori del Ministro. Io so benissimo che il Governo è qui rappresentato dal sottosegretario nonché Viceministro Costa, ma, vista la portata del provvedimento, è fondamentale la presenza del Ministro.
Inoltre, per quanto riguarda il resoconto, io leggo che, a pagina 18, avrei affermato che «il collega Fiano può raccontare quello che vuole». Ovviamente conosco da anni il collega Fiano, che rispetto profondamente e, quindi, il mio intervento era un intervento di mera critica politica. È evidente la passione che contraddistingue il collega Fiano, quindi, gli riconosco l'impegno e il lavoro, ovviamente questa passione a volte lo fa trascendere e interpretare dei dati in modo diametralmente opposto a quello che in realtà sono.
Evidentemente, il lavoro degli stenografi è ottimo, però capisco anche quanto sia difficile riportare correttamente ciò che avviene in Aula. Infatti, a pagina 88, laddove io ho detto: «Signor Presidente, grazie anche per la magnanimità», ovviamente lo dicevo in modo sarcastico. Io credo che sia difficile riportare all'interno del testo il tono sarcastico e, quindi, ci tenevo a precisarlo.
Come del resto a pagina 96, quando ho citato il «compagno» Farina mi riferivo al «compagno» Farina in quanto i suoi pregressi nel Partito Comunista ovviamente mi hanno spinto ad apostrofarlo in questo modo. Ovviamente vorrei che la cosa venisse interpretata e pure riportata nello spirito corretto.
Inoltre, a pagina 28, quando facevo riferimento a «12 mila detenuti stranieri nelle nostre carceri», la cifra corretta che è stata fornita dal DAP per quanto riguarda i detenuti stranieri nelle carceri italiane è di 12.509. Poi, io ho fatto ovviamente una stima rispetto al costo annuale di questi detenuti nelle nostre carceri, la cifra corretta, rispetto a quella che è la stima di 124,6 euro al giorno per il costo del detenuto, è di 568 milioni di euro. Io ho citato mezzo miliardo di euro: ovviamente era un'approssimazione, perché di una materia di approssimazione si tratta e solo questo si può fare.
Per quanto riguarda, invece, i dati che ho fornito per i detenuti nelle carceri italiane nel 2002, allorquando il Ministro della giustizia Castelli – sto concludendo – aveva individuato gli accordi bilaterali Pag. 2come strumento per svuotare le carceri – di questo abbiamo trattato ieri – ovvero strumenti efficaci per ottenere una diminuzione del peso carcerario, il dato era del 2002, quindi vorrei che venisse correttamente riportato. La ringrazio, Presidente, per la pazienza.
PRESIDENTE. La ringrazio, deputato Caparini. Prendo atto di questo chiarimento che figurerà nel resoconto della seduta odierna.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, io ho alcune correzioni da fare rispetto a quanto detto ieri è apparso a verbale. A pagina 68, dove dico: «Signor Presidente, come penso abbia percepito, la Lega ha chiesto la presenza del Ministro Alfano. Adesso noi vorremmo semplicemente, perlomeno, avere una risposta se il Ministro è stato contattato, se ha deciso di disdegnare l'Aula...», vorrei che fosse specificato che tale richiesta è stata fatta ai sensi dell'articolo 64 della Costituzione. Ho avuto modo di dirlo anche in altri interventi e capisco anche ...Però vorrei che fosse specificato, perché la richiesta che ho portato avanti non era basata semplicemente sull'opportunità politica, che ovviamente c'era, ma anche su un articolo della Costituzione. Quindi, riteniamo ancora più importante che ciò sia scritto.
Stessa cosa, Presidente, vale, viceversa ovviamente, a pagina 69, per il mio intervento dove appunto faccio richiamo all'articolo 64 della Costituzione e lo leggo: «I membri del Governo» come ho avuto modo di specificare ieri «anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto e, se richiesti, l'obbligo di assistere alle sedute». Noi formalmente chiediamo la presenza del Ministro Alfano. In questo caso, oltre a far riferimento all'articolo 64 della Costituzione, si tratta di una richiesta, quindi di un'opportunità politica, una richiesta esplicita da parte di un gruppo parlamentare di questo Parlamento.
A pagina 75, seconda colonna, (vi è un mio intervento, poi quello del Presidente, poi nuovamente un mio intervento, quindi nel secondo mio intervento della seconda colonna), nel passaggio nel quale dico: «Visto che il rispetto da parte del Governo e del Ministro Alfano non c’è verso quest'Aula... », gradirei Presidente che fosse specificato, visto che ho avuto modo di farlo anche in altri interventi, che il rispetto non è solamente verso l'Aula, ma anche rispetto all'articolo 64 della Costituzione stessa.
Sempre per rimanere su questo tema, e dopo, se mi permette, volevo fare un'altra specifica, a pagina 89, alla prima colonna, nel primo mio intervento (prima c’è un intervento del Presidente, che mi dà la parola, poi il mio), dico: «Signor Presidente, noi siamo un movimento pieno di speranza e nella speranza che arrivi prima o poi il Ministro Alfano chiediamo che venga accantonato l'emendamento...». Ecco, la speranza ovviamente, anche in questo caso, come ha avuto modo anche di specificare per altri interventi il collega Caparini, è vista da un punto di vista ironico: noi chiedevamo che fosse rispettato l'articolo 64 della Costituzione, è una richiesta esplicita formulata da parte di un gruppo parlamentare che siede in quest'aula, ovvero quello della Lega.
Poi Presidente, invece, per quanto riguarda un altro tema, a pagina 75 (pagina che abbiamo visto prima, ma per un altro argomento), c’è stato un passaggio nel quale dei colleghi del Partito Democratico, e uno in particolare, mi interrompevano mentre parlavo, quindi il senso delle frasi e il senso di quello che volevo dire non è venuto corretto, in quanto le continue interruzioni non mi hanno permesso di esplicitare appieno il mio pensiero. Infatti, quando il Presidente mi dà la parola – ci sono una serie di miei interventi, poi il Presidente che interloquisce con me e con gli altri colleghi dell'Aula per mantenere l'ordine Pag. 3nell'Assemblea – sempre nella prima colonna, nel primo mio intervento (che sarebbe il terzo generale: prima ce n’è uno di Molteni, poi un intervento del Presidente, poi il mio), dico: «Signor Presidente, prendiamo atto a malincuore del totale disinteresse del Ministro dell'interno per un dibattito (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico)... ancora, sì ! » – vede, non si capisce – «Non penso che i colleghi dell'opposizione possano decidere cosa devo dire o no». Ovviamente il senso è: «che i colleghi della maggioranza possano decidere cosa devo dire o no», non «dell'opposizione»: nella concitazione – finisco, è l'ultimo passaggio – nella concitazione, probabilmente, ho sbagliato parola.
Poi, il Presidente mi interrompe dicendo: «Vada tranquillamente avanti, onorevole Fedriga. Vada avanti. Colleghi, gentilmente». Ed io: «Se sono così gentili, il Governo o chi rappresenta il Ministro e devo anche stare zitto»: non c’è un collegamento, perché era una frase continuativa interrotta dall'intervento del Presidente per riportare l'ordine. Quindi il senso era: «Non penso che i colleghi della maggioranza, il Governo o chi rappresenta il Ministro possano decidere cosa devo dire o se devo stare zitto». Questo era il senso dei due interventi completi.
Dopodiché penso, Presidente, di avere finito le specifiche, grazie.
GIANLUCA PINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Siccome abbiamo già avuto due interventi sul processo verbale, da questo concederò un minuto. Ne ha facoltà.
GIANLUCA PINI. Dovrebbe essere sufficiente Presidente, anche perché ho fatto un solo intervento ieri, sull'illustrazione degli ordini del giorno e si vede che, essendo l'ora tarda, qualche cosa deve essere sfuggito, anche perché leggo nel resoconto stenografico alcuni errori che volevo segnalarle; dove c’è scritto: «Al di là della questione delle premesse che è una questione politica», in realtà volevo dire: «Al di là delle premesse, che sono una questione politica»; poi prosegue: «Comprendo anche che il Governo possa trovare». No, io ho detto «provare» chiaramente degli imbarazzi, anche perché sarebbe incongruo rispetto a quella che è la lingua italiana.
Così come, in fondo, dove dico: «coprire la pianta organica dell'Arma dei carabinieri quando è lo stesso Governo che a più riprese, in più provvedimenti non ha fatto altro che ....», intendevo dire: «annunciare di andare in questa direzione», non «andare in questa direzione». Infatti, di concreto non ha fatto nulla. In ultimo, quando dico: «non tanto in quest'Aula», intendevo non solo nell'Aula della Camera, ma anche in quella del Senato.
FILIPPO BUSIN. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, ci tenevo a rettificare una parte del mio primo intervento di ieri perché poi ha dato origine anche ad un dibattito qui in Aula basato su un dato errato – e me ne scuso – per la fretta e per la concitazione del momento. A pagina 26 del resoconto stavo parlando di Hoeness, presidente per trent'anni del Bayern Monaco – faccio una sintesi di quello che ho detto –, il quale, a differenza di quanto accade in Italia, per un reato di evasione fiscale veniva condannato e si presenterà come tutti gli altri carcerati, senza fare distinzioni, nel carcere a 70 chilometri da Monaco. Dicevo che verrà detenuto in una cella di 70 metri quadri. È un errore, ovviamente, in quanto la cella è di 8 metri quadri, e chiedo che venga rettificato anche perché, appunto, ha dato origine ad un dibattito proprio su questa cifra che era su presupposti sbagliati, erronei.
STEFANO BORGHESI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
Pag. 4STEFANO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo in merito a quanto riportato a pagina 94 del fascicolo e specificatamente per quanto avevo appunto detto durante l'intervento di ieri. In Aula, c'erano dei rumori e dei colleghi disturbavano, quindi non sono riuscito a pieno ad esprimere quello che era il mio pensiero. Infatti, quando qui nello stenografico è riportato che il mio intervento era per ribadire quanto già detto dal collega Molteni, intendevo, appunto, specificare meglio quanto intendesse dire, soprattutto per quanto riguarda il fatto che questo provvedimento che, purtroppo, stiamo andando ad approvare è un provvedimento assolutamente ideologico, è un provvedimento che è falsamente buonista, in quanto, qui, nel nostro Paese, oggi abbiamo oltre il 13 per cento di disoccupazione che è stato certificato dagli ultimi dati di questi giorni. Era mia intenzione, quindi, porre in evidenza più questo aspetto...
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.
STEFANO BORGHESI. ... relativo alle difficoltà – ho terminato – che vive la nostra gente e che va inevitabilmente a contrastare con quanto è qui in discussione oggi alla Camera.
NICOLA MOLTENI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, anch'io intervengo per apportare alcune correzioni al verbale rispetto ad alcune dichiarazioni che sono state fatte da me ieri. Purtroppo, sono intervenuto parecchie volte, quindi credo sia naturale commettere alcuni errori. A pagina 22, quando abbiamo parlato dei reati con pena fino a cinque anni che verranno sottoposti alle misure dei domiciliari, ovviamente il riferimento, che, poi, tra l'altro, è stato anche segnalato da parte dei colleghi di maggioranza, non era al furto aggravato, bensì al furto semplice. Credo che sia una correzione doverosa da apportare. Così come, a pagina 32, facendo riferimento al costo per immigrato clandestino a carico del popolo italiano, la somma non è di 40 euro, ma, purtroppo, di 45 euro. Questa, quindi, è un'altra correzione. L'ultima correzione che faccio presente era con riferimento al viaggio della settimana scorsa del Ministro Orlando. Io ho detto che il Ministro Orlando era a Strasburgo; ho verificato, il Ministro Orlando è andato a Strasburgo e poi è andato anche a Bruxelles. Credo, quindi, fosse doveroso dare completezza di questo tour europeo del Ministro Orlando.
GUIDO GUIDESI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, siccome non trovo nel verbale delle dichiarazioni della discussione fatta ieri, volevo specificare e magari reinserire il fatto che anch'io ho chiesto ieri la presenza del Ministro Alfano e anch'io l'ho fatto in base all'articolo 64 della Costituzione.
Ci terrei a specificare questa situazione. Magari questo tempo di correzione o di discussione sul verbale è utile al Ministro per finire di fare colazione e arrivare in aula.
PAOLO GRIMOLDI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, volevo far notare che, a pagina 27, faccio riferimento a quanto dice l'onorevole Marazziti e poi, leggo testualmente, invito a chiamare un'ambulanza. Può essere una cosa più o meno simpatica, più o meno scherzosa, magari antipatica, però lei mi dice: «Si rivolga con rispetto ai nostri colleghi, per favore !». Va bene, ne prendo atto, gliela do buona. Poi dopo, più tardi, ripeto ancora un'osservazione analoga ma facendo riferimento ad una statistica in Europa nella quale sostanzialmente, rispetto alle violenze sessuali dichiarate in questa classifica europea, ci sono alcuni Paesi che primeggiano mentre noi siamo al Pag. 5diciottesimo posto. Sempre facendo riferimento all'intervento dell'onorevole Marazziti, che diceva che, siccome da noi ci sono meno crimini, non è un problema liberare i criminali e faceva riferimento al reato della fattispecie degli scippi, su questa fattispecie ho invece ribadito e detto che allora secondo la logica...
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.
PAOLO GRIMOLDI. ... bisognava liberarli tutti. Anche in quell'occasione lei mi richiama: adesso ho perso le parole testuali. Però volevo farle notare che io, in quell'occasione... mentre sul chiamare l'ambulanza può starci, perché può essere una cosa più o meno scherzosa però può anche essere presa con antipatia, tuttavia credo tuttora che Marazziti, dopo l'intervento di ieri, abbia serio bisogno di un'ambulanza ma, al netto di questo....
PRESIDENTE. Ha finito il tempo.
PAOLO GRIMOLDI. ...nel secondo intervento facevo presente solo una statistica e mi ha richiamato allo stesso modo. Ecco volevo solo farle notare questo. Se poi avesse anche la cortesia di leggere il mio secondo intervento se ne accorgerebbe.
PRESIDENTE. Provvederò.
MARCO MARCOLIN. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO MARCOLIN. Signor Presidente, è chiaro che per noi era determinante avere la presenza del Ministro Alfano proprio per l'importanza dei fatti, proprio anche quando dicevo che le nostre coste, forse, sono le uniche disponibili in tutta Europa all'accoglimento di questi migranti, proprio perché nel mio intervento volevo sottolineare la gravità del fatto che noi siamo lasciati soli a combattere questa battaglia e l'unico mezzo che si poteva avere era proprio questo reato di clandestinità per il quale il Ministro Alfano doveva quanto meno far fronte comune con noi. Infatti credo proprio che sia una lotta dove dobbiamo farci rispettare sia in Italia sia in Europa.
CRISTIAN INVERNIZZI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, anch'io volevo far notare che, a pagina 57, c’è il mio intervento e durante questo intervento io sono stato, non interrotto dal Presidente, ma invitato dal Presidente ad andare avanti. Io stavo interloquendo con il Viceministro Costa: manca, secondo me, nella mia risposta un inciso. Il Presidente mi invitava ad andare avanti con i miei discorsi. Mi ricordo chiaramente di aver detto che quello che stavo dicendo al Viceministro Costa era connesso al discorso e al merito della questione. Pertanto stavo chiedendo al Viceministro di invitare il Ministro Alfano, anch'io ovviamente lo facevo ai sensi dell'articolo 64 della Costituzione e chiedo pertanto che questo inciso venga registrato.
GIANLUCA BUONANNO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, volevo dirle che, leggendo il verbale, credo che lei sia fortunato perché ieri, essendo presente al mio intervento, entrerà nella storia: infatti, un Presidente della Camera, in questo caso lei, che dice: «Collega, rimuova quella spigola !» entrerà nella storia della Camera dei deputati. Però, volevo sottolineare che qualcuno ha scritto nel verbale: «Mostra una spigola»: ma come faceva a saperlo se io l'ho detto dopo che era una spigola, cioè la spigola – adesso lo dico in latino – è dicentrarchus labrax che si può anche dire branzino, pesce lupo ed è della famiglia delle moronidae.Pag. 6
Ma chi è che, qua, che sa bene cos’è il pesce, chi ha scritto nel resoconto stenografico...
PRESIDENTE. Ha esaurito il tempo, Buonanno.
GIANLUCA BUONANNO. Questa è una cosa importante perché se c’è qualcuno così esperto bisognerebbe, poi, mandarlo magari a Genova dove c’è l'acquario importante e conosciuto in tutto il mondo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
STEFANO ALLASIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, in base all'articolo 32 del Regolamento, relativo al processo verbale, a pagina 106 del resoconto stenografico, con riferimento all'ordine del giorno n. 9/331-927-B/21, non vedo le dichiarazioni che ho fatto, forse perché erano fuori microfono, in cui ritenevo opportuno accettare la riformulazione del sottosegretario Costa, della cui amicizia mi onoro, e proprio per questo avrei voluto che fosse accettato l'ordine del giorno, non per la nostra amicizia di lunga data, ma per il contenuto stesso. E in base all'articolo 64 della Costituzione chiedevo a più riprese, soprattutto a pagina 45 e in successivi interventi, la presenza del Ministro dell'interno Alfano, da non confondere con l'altro membro del Governo, Gioacchino Alfano, soprattutto perché, come è stato riferito, c'era già la presenza...
PRESIDENTE. Ha esaurito il tempo.
STEFANO ALLASIA. Un secondo. C'era già la presenza del Governo con un sottosegretario – Amici, in questo caso, ieri – e il Viceministro Costa. Ma mi sembrerebbe che l'equazione sottosegretario più Viceministro non faccia Ministro.
ROBERTO CAON. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO CAON. Signor Presidente, non trovo scritto sul resoconto stenografico un passaggio mio, forse magari era un po’ poco chiaro e lo hanno saltato. Cosa intendevo dire ? Intendevo dire che quando ci definivano «razzisti» perché mandavamo a casa degli immigrati, viene fuori adesso che, dai dati che dice SEL, in quel momento non mandavamo a casa nessun immigrato. Dunque o loro hanno dei dati diversi – volevo intendere – o in quel momento stavano dicendo delle grandi bugie, perché se non mandavamo a casa degli immigrati, non potevamo essere razzisti. Adesso, invece, dico il contrario: come facciamo ad essere razzisti, che sono loro che fanno arrivare qua gli immigrati ?
PRESIDENTE. Deve concludere.
ROBERTO CAON. Perciò devono anche mettersi un po’ a posto la testa quando parlano della Lega: non sempre siamo razzisti, anzi non lo siamo mai stati, è solo una convinzione loro.
MATTEO BRAGANTINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, intervengo per esplicitare il mio pensiero a pagina 45 del resoconto stenografico, dal momento che è stato interrotto il mio intervento, quando dico: «avremmo un deterrente forte perché, se qualcuno va a Phoenix, sa che, se commette un reato, va in un carcere che si trova nel pieno del deserto»; questo era in ricordo ad altri interventi che ho fatto in quest'Aula in cui ricordavo che il sindaco di Phoenix, che è eletto dai cittadini, quando le carceri sono state riempite tutte, ha pensato di fare un nuovo carcere con delle tende nel deserto in modo da riuscire ad avere più spazio e ricordava a tutti i detenuti che, se si Pag. 7trovano male, ed hanno lo stesso vitto e alloggio, e anche la televisione con ben due canali...
PRESIDENTE. Deve concludere.
MATTEO BRAGANTINI. ... uno con una trasmissione di meteo e uno con una trasmissione sul cibo, ricordava che l'importante è che non reagissero e non continuassero a fare altri reati.
E nella fase successiva ricordavo Breivik perché, se vi ricordate, qualche mese fa, Breivik – che è quel famoso terrorista che ha ammazzato quasi un centinaio di persone in Norvegia – si è lamentato...
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.
MATTEO BRAGANTINI. ... perché nel suo carcere nei Paesi scandinavi ha la playstation vecchia e perché la paghetta settimanale era troppo bassa. Era per fare un esempio: noi non dobbiamo arrivare agli eccessi di alcune carceri, però non dobbiamo neanche arrivare agli eccessi di altri, dove detenuti «super», che si sono macchiati di delitti efferatissimi, si possono lamentare perché hanno la playstation vecchia oppure perché hanno una paghetta bassa, insomma, dovremmo trovare una giusta via di mezzo.
PRESIDENTE. Colleghi, prendo atto di questi chiarimenti che figureranno nel resoconto della seduta odierna.
Se non vi sono ulteriori osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bonifazi, Michele Bordo, Brunetta, Caparini, Cirielli, Costa, Ferranti, Giancarlo Giorgetti, Leone, Gianluca Pini, Pisicchio, Ravetto e Speranza sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Sull'ordine dei lavori (ore 9,38).
MATTEO BRAGANTINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, per quanto riguarda l'ordine dei lavori, volevo chiedere che il Ministro Alfano venisse immediatamente in Aula, perché ci sono moltissime notizie sulla stampa che segnalano che ci sono varie perquisizioni nella mia regione, nel Veneto, dove ci sono già ventiquattro custodie cautelari e altri ventisette indagati verso alcune persone. Leggo le agenzie di stampa: «Ventiquattro ordinanze di custodia cautelare emesse dal GIP del tribunale di Brescia su richiesta di alcune procure della Repubblica per associazione con finalità di terrorismo ed eversione dell'ordine democratico, fabbricazione e detenzione di armi da guerra»; e iniziative rivolte «nei confronti di un gruppo riconducibile a diverse sigle di ideologia secessionista, che avevano presentato varie iniziative, anche violente, finalizzate a sollecitare l'indipendenza del Veneto e di altre parti del territorio nazionale dallo Stato italiano».
Noi vorremmo che il Ministro venga immediatamente a spiegare cosa sta succedendo, cosa sono queste sigle, affinché non si vengano a creare varie confusioni sul territorio; e, soprattutto, capire cosa è successo e come mai c’è questo disagio o, forse, rendere partecipi anche molti altri colleghi del disagio del popolo Veneto in cui, oltre ai metodi democratici che abbiamo sempre utilizzato, qualche persona Pag. 8comincia a essere un po’ sofferente e si sta comportando in maniera totalmente sbagliata. Bisogna trovare il modo di fermare queste forme di errore, però, è importante che il Ministro arrivi, perché è importante che lo Stato italiano capisca che il popolo veneto è esasperato e sta «arrivando» anche in altre forme.
PRESIDENTE. Prendo atto della richiesta. Devo anche dire che, questa mattina, il Ministro Alfano ha fatto sapere che, dalle ore 10, è impegnato per un impegno istituzionale alla presenza del Capo dello Stato. Sto leggendo letteralmente quello di cui ci ha informato.
Seguito della discussione della proposta di legge: Ferranti ed altri; Costa: Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili (Approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato) (A.C. 331-927-B) (ore 9,40).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge nn. 331-927-B, già approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato, di iniziativa dei deputati Ferranti ed altri; Costa: Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili.
Ricordo che nella seduta di ieri si è concluso l'esame degli ordini del giorno.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,41).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Si riprende la discussione.
(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 331-927-B)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pastorelli. Ne ha facoltà.
ORESTE PASTORELLI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, l'Europa da trent'anni rinnova pesanti richiami all'Italia in merito alle condizioni di vita dei detenuti nei nostri istituti penitenziari. Nel corso degli anni, l'Italia ha subito più di 2.500 ricorsi e, da una stima abbastanza attendibile, le multe che dovremmo pagare ammonterebbero ad oltre 60-70 milioni di euro. È una questione che avrà delle ripercussioni gravi sotto il profilo finanziario, ma soprattutto sotto il profilo civile e giuridico.
Nel corso degli ultimi decenni, il nostro ordinamento è stato interessato da modifiche dal carattere contingenziale, modifiche che spesso avevano come unico obiettivo quello di dare risposte ad esigenze diverse, tanto diverse. Si è dato priorità, giustamente, a istanze di sicurezza sociale, ma in modo confuso e a seguito di spinte emotive, a volte populiste, a volte pre-elettorali, con il risultato di rendere incerta e difficoltosa l'interpretazione applicativa delle norme.
Ecco il motivo per il quale occorre una completa e strutturale ridefinizione del nostro sistema sanzionatorio, in modo che la sanzione detentiva intramuraria sia contenuta e riservata solo ai casi in cui effettivamente le finalità rieducative e retributive della pena non possano prescindere dalla privazione, in misura così intensa, della libertà dei condannati. È questo un principio che dovrebbe essere alla base di ogni provvedimento. Inoltre, la Pag. 9riforma del sistema sanzionatorio ridurrebbe anche i tempi della giustizia, troppo spesso appesantiti da processi incardinati su reati che andrebbero derubricati in sanzioni amministrative.
In questo quadro di depenalizzazione e semplificazione un significativo passo in avanti è l'istituto della messa alla prova. Esso rappresenta un'alternativa all'accertamento processuale, perché prevede, in determinati casi, che l'accusato, invece che processato sia sottoposto con il suo consenso ad un programma di prova che consiste nella prestazione di lavoro di pubblica utilità. Se la prova dovesse riuscire positiva il reato si estinguerebbe. Una misura che ci richiama a una logica di maggiore mitezza e umanità del sistema penale, è una filosofia giuridico processuale che merita condivisione. La messa alla prova infatti è uno strumento di deflazione processuale, si applica nella fase della cognizione con effetti sospensivi, che avrà effetti positivi anche sulla cosiddetta decarcerizzazione, relegando, finalmente, la pena definitiva ad extrema ratio.
La messa alla prova è una misura alternativa incentrata sul lavoro di pubblica utilità, piuttosto che sugli aspetti più tipici della misura alternativa, molto spesso solo a fini semirestrittivi, con finalità di reinserimento sociale. Secondo infatti le statistiche del DAP chi espia la pena in tutto o in parte a seguito di misure alternative al carcere ricomincia a delinquere solo nel 19 per cento dei casi, mentre chi espia la pena interamente in carcere presenta un tasso di recidiva del 68 per cento. La sentenza Torreggiani ci ha messo con le spalle al muro; l'Europa dopo tanti anni ha deciso che l'Italia non deve più perdere tempo, entro maggio 2014 dobbiamo riferire alla CEDU ciò che stiamo facendo per rimediare alle gravissime condizioni di sovraffollamento nelle nostre carceri.
Basta pensare al divario tra posti disponibili e numero di detenuti che varia tra 20 e 28 mila posti. In Italia abbiamo 47 mila posti in carcere, anche se non tutti sono utilizzati perché molti sono in ristrutturazione, quindi, quelli realmente disponibili sono circa quarantamila, a fronte di circa 66 mila detenuti. Il problema, dunque, è serio e richiede in primo luogo un cambiamento culturale; dobbiamo cercare di voltare pagina.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.
EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, colleghi, viceministro Costa, siamo di fronte, da parte della maggioranza, del PD, del Nuovo Centrodestra e di una parte dell'opposizione, ad un nuovo provvedimento svuotacarceri. Un provvedimento che nasce dalla presunta emergenza dettata dall'intervento dell'Unione europea, ma in realtà è una vicenda che parte da lontano e parte dall'incapacità, l'inattività di vent'anni, di una serie di Governi e di Ministri di grazia e giustizia che hanno nomi e cognomi. Allora, rispetto ad una condanna che può arrivare per il nostro Paese per trattamento inumano ai detenuti perché sono troppi e che può costarci cara, io credo che innanzi tutto bisognerebbe sollevare la responsabilità, anche di fronte alla Corte dei conti, di quei dirigenti, di quei politici e di quei Ministri che hanno nomi e cognomi e che in questi anni non hanno fatto nulla per realizzare nuovi posti carcere. Perché lo ricordo: non è vero che in Italia ci sono troppi detenuti, le carceri sono sovraffollate perché abbiamo un numero di posti in carcere inferiore alla media europea. Allora, di fronte a questa inattività, di fronte a una qualsivoglia azione finalizzata alla rieducazione dei detenuti, al reinserimento nella società, ad una vivibilità complessiva migliore nelle carceri, quello che in questi anni un po’ tutte le maggioranze, Forza Italia segnatamente, così come oggi il Nuovo Centrodestra, insieme alla sinistra che lo fa anche per motivazioni culturali e ideologiche, si è pensato di fare è semplicemente di scaricare sui cittadini le inefficienze dello Stato.
Così facendo in modo che i delinquenti rimangano impuniti, che praticamente nelle carceri ci siano delle porte girevoli. Pag. 10Nulla è stato fatto sul versante dell'umanizzazione della pena; nulla è stato fatto sul versante delle politiche sociali; nulla è stato fatto per potenziare le forze dell'ordine. Chi vi parla certamente non è immune sul piano culturale dal comprendere che lo Stato deve rimuovere le cause sociali della criminalità e ritiene che sia giusto fare in modo che chi abbia sbagliato sia messo in condizione, con il bastone e la carota, di riprendere la retta via, ma non è certamente con la cultura dell'impunità, con le scarcerazioni facili, con la frantumazione della certezza della pena e con sempre nuovi provvedimenti che si ottiene ciò. Peraltro, questo svuotacarceri è peggiore delle amnistie e degli indulti, perché è uno svuotacarceri permanente. Cioè, in sostanza, non si fa qualcosa per redimere i delinquenti, semplicemente si «mettono» delle norme che impediscono ai delinquenti di entrare in carcere o di uscirne più facilmente. Allora, rispetto a questo è chiaro che la nostra posizione è contraria. Peraltro, siamo in una fase storica dove purtroppo sta aumentando la criminalità. Io non so in che mondo vivete. Solo qualche giorno fa ho letto sui giornali che persino il presidente di SEL ha rischiato di essere aggredito da uno straniero balordo in città, però lui, a differenza dei comuni cittadini, aveva una scorta e si è salvato. Allora, io credo che noi dovremmo, in questa fase, anziché essere buonisti, cercare di difendere i cittadini adeguatamente e contemporaneamente, certo, mettere in piedi un sistema per ampliare il numero dei posti in carcere, un sistema per inviare rapidamente i detenuti stranieri, con accordi, nei loro Paesi di origine, un sistema per impedire che ci siano troppe persone in custodia cautelare. Invece, anziché fare in modo che non si vada in galera senza processo, si fa in modo che chi viene condannato con una sentenza passata in giudicato esca in libertà. Peraltro, entrando nel merito del provvedimento, questo provvedimento, che in parte abbiamo già trattato alla Camera, introduce sostanzialmente come pena, anziché la carcerazione, per condanne fino a tre anni, obbligatoriamente la detenzione domiciliare, fino a cinque 5; vi è la possibilità che il giudice possa vagliare se mandarlo in carcere o agli arresti domiciliari, in base a criteri molto generici di pericolosità sociale peraltro non desunti da una cosa semplice, dalla recidiva. Cioè, sarebbe logico che una persona che ha commesso più reati non abbia l'opportunità di avere un beneficio, invece avete respinto i nostri emendamenti in questo senso.
Peraltro, aumentando la carcerazione preventiva e in contempo aumentando la carcerazione domiciliare noi dovremmo avere sempre maggiori forze di polizia, invece sono anni che le avete bloccate con il turnover. Ha detto bene il collega Fiano: la colpa principale del blocco del turnover risiede in Forza Italia, in Berlusconi e Tremonti, che lo hanno iniziato. Ma voi non lo avete tolto; e se hanno sbagliato Tremonti e Berlusconi a inserire l'impossibilità di far sostituire le forze di polizia che vanno in pensione, non si capisce perché voi adesso non la cambiate e non fate in modo di assumere quei tantissimi giovani vincitori di concorsi idonei ma non in graduatoria che potrebbero rapidamente riempire le vacanze organiche. Invece, voi aumentate le persone agli arresti domiciliari e diminuite le forze di polizia che possono andare a controllare. Sbagliate su tutto e sbagliate a danno delle vittime. Il Senato, la Camera «dei saggi» – e ci fa pensare che da questo punto di vista forse Renzi fa bene a volerli eliminare politicamente –, addirittura ci dà una nuova materia, una delega per depenalizzare tanti reati e, tra gli altri, quello sull'immigrazione clandestina. Anche qui, facile demagogia dire che i cattivi vogliono fare affogare gli stranieri, che non c’è la cultura dell'accoglienza, che sono profughi che chiedono asilo. Tutte cose anche vere.
Ma è altrettanto vero che noi non possiamo accogliere centinaia di milioni di persone che vivono da sciagurati per colpa dei loro governanti incivili e barbari, semplicemente perché siamo alle porte. Certo, abbiamo il dovere dell'accoglienza, ma noi non riusciamo a pensare ai nostri poveri, non riusciamo a pensare alle nostre forze Pag. 11dell'ordine, che – vi posso garantire – vivono nelle caserme in condizioni a volte peggiori degli extracomunitari clandestini che vivono nei nostri centri di accoglienza.
E allora l'abrogazione del reato di immigrazione clandestina non servirà affatto a svuotare le carceri: è un fatto culturale, che però invoglierà gli scafisti della morte a portare tante persone nel nostro Paese mettendoci in grave difficoltà. Noi siamo contrari culturalmente, abbiamo il dovere di garantire la vita dei cittadini e anche degli stranieri che vivono regolarmente sul territorio dello Stato: certamente non possono essere danneggiati da un'invasione di persone che porteranno non solo criminalità, ma tantissime spese che noi non siamo in grado in questo momento di sostenere. E questo Governo dovrebbe battere i pugni rispetto all'Unione europea, anziché andarsi a genuflettere come fa Renzi, e dire che ci vogliono le risorse, visto che siamo una frontiera europea: non abrogare in maniera demagogica il reato di immigrazione clandestina, rispetto al quale noi siamo contrarissimi.
E infine la messa in prova. Anche qui, chi vi parla non è contrario: il nostro gruppo, Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale, crede in una cultura sociale dello Stato. E pensiamo che sia giusto tendere la mano a chi voglia, col sacrificio, col sudore, rimediare ai danni della propria condotta criminosa. Quindi, l'istituto della messa in prova andrebbe bene, se non fosse che lo concedete anche due volte, lo concedete ai plurirecidivi. Che credibilità ha uno che vuole mettersi in prova ai servizi sociali se è un delinquente incallito ? E addirittura prevedete che possa essere concesso anche due volte. Peraltro, il dato grave è che è una causa estintiva del reato: ci vorrebbe una maggioranza come quella prevista della Costituzione, e non l'avete voluto fare.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
EDMONDO CIRIELLI. In realtà è soltanto un modo per mettere fuori anticipatamente – e vado verso la conclusione, Presidente – le persone dal carcere. Questa è l'unica rieducazione che volete affrontare, queste sono le uniche politiche sociali che volete mettere in atto; peraltro senza potenziare i servizi sociali, senza potenziare le forze dell'ordine. E la cosa grave è che noi abbiamo proposto un emendamento semplice: qualora una persona che lo Stato mette in prova, libera dopo aver commesso un reato, ne commette un altro e non ha i soldi per pagare la vittima del reato, per risarcire il danno, avevamo chiesto che lo Stato si accollasse questa responsabilità, visto che lo libera anticipatamente.
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.
EDMONDO CIRIELLI. E invece avete votato tutti, tranne la Lega; e mi meraviglio che il MoVimento 5 Stelle abbia votato contro le vittime dei reati: evidentemente le chiacchiere stanno a zero.
E allora, concludendo: è un provvedimento sbagliato nei tempi, intempestivo, pericoloso, che non interviene né sulle cause di «svuotacarceri», né sulle cause di reinserimento dei cittadini, e alla fine danneggia solo le vittime del reato, danneggia la sicurezza dello Stato, e ancora una volta dimostra che questa classe politica di nominati è lontana dalle esigenze dei cittadini, lontana dalle esigenze della nazione, dell'Italia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Gitti. Ne ha facoltà.
GREGORIO GITTI. Signor Presidente, anticipo subito il voto favorevole del mio gruppo, e intervengo per sottolineare la novità e la modernità di questo provvedimento.
È un dibattito vecchio, stantio, e, se mi consentite, dal punto di vista della cultura giuridica, è volgare quello che abbiamo ascoltato in queste ore. Questo provvedimento dovrebbe essere intitolato e ricondotto alla riforma del sistema delle pene: un sistema delle pene che non ha avuto con la codificazione fascista un vero e proprio ripensamento. Nemmeno con la Pag. 12legge Gozzini il sistema penalistico ha inciso sull'opera di riforma e di ripensamento del concetto stesso di pena.
È purtroppo un provvedimento che ha «riposato» troppo a lungo nella sede parlamentare. Ricordo che il provvedimento riprende alcune iniziative che erano già state approvate dalla Camera dei deputati durante il Governo Monti. È stato approvato in prima lettura il 4 luglio dell'anno scorso da questa Camera, a pochi mesi dall'elezione della stessa. Ha «riposato» a lungo al Senato, dal quale è uscito con ulteriori modifiche, ma soprattutto con una importante delega da esercitarsi nei prossimi 18 mesi sulla depenalizzazione, quindi sulla trasformazione di alcuni reati, ancora una volta, reati puniti – questa è una categoria generale – con la sola pena della multa o dell'ammenda, che saranno trasformati in illeciti amministrativi. Anche questo era un provvedimento che si reclamava da troppo tempo. Ripeto: il sonno della politica ha costretto, sotto le strettoie e la scure europea, a dover mettere insieme cose diverse.
Da questo punto di vista, vorrei permettermi di fare un'osservazione entrando nel merito anche di un dibattito che, tirando in ballo ancora una volta, con voce però antica e spenta, la cultura giuridica si è – come dire – concentrato sulla difesa del bicameralismo paritario. Questo è uno splendido esempio di come un bicameralismo paritario ha sepolto un provvedimento che la civiltà giuridica in ambito penale reclamava da tempo, un'opera di ripensamento che tutti gli ordinamenti europei, almeno per chi ha la curiosità di osservare, anche con uno sguardo comparatistico, quello che avviene fuori dai nostri confini nazionali, avrebbero consigliato di adottare da tempo. Ribadisco questo tema. Questa legge sarebbe stata, se approvata dalla sola Camera, in vigore da quasi un anno e per lunghi mesi è rimasta in un cassetto. Questo è vergognoso, e non l'ho mai sentito dire in Aula da nessuno fino adesso. Ho sentito solo delle grida sconclusionate, degli interventi – ribadisco – spesso volgari, che non tengono minimamente in conto lo sviluppo minimo di quello che è cultura e civiltà giuridica in un Paese moderno.
Vorrei consigliare questo esempio ai soloni che si appellano alla difesa della Costituzione e soprattutto di un principio – ribadisco –, quello del bicameralismo paritetico, che solo un minimo di conoscenza storica e della storia politica farebbe rileggere in una chiave completamente diversa. Il marcamento politico tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista italiano aveva imposto questo principio.
Oggi il nostro Paese ha bisogno non solo di fare bene le riforme, ma di farle con tempestività rispetto ai problemi che si vogliono risolvere. Questo esempio dimostra quanta incapacità le istituzioni parlamentari hanno dimostrato su un provvedimento che oggi non è più urgente. Oggi è addirittura fuori tempo, probabilmente non sufficiente per risparmiare il nostro Paese da sanzioni pecuniarie che arriveranno dall'Europa.
Un ultimo principio vorrei sottolineare di questo provvedimento, un principio che peraltro è stato anche fatto oggetto di esame in altro provvedimento sulla diffamazione a mezzo stampa.
La depenalizzazione è importante, è uno strumento anche moderno. Facendo riferimento alle accuse che sono state fatte sulla depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina, è ben più efficace una sanzione pecuniaria nel dissuadere un disperato, un clandestino, che, peraltro sbagliando, crede di entrare nel nostro Paese immaginando di trovare la soluzione dei propri problemi, probabilmente un lavoro che fa fatica a trovare, rispetto ad una sanzione detentiva. La sanzione detentiva, per chi è disperato, non è dissuasiva; la sanzione pecuniaria è molto più efficace.
Da questo punto di vista è una concezione più moderna, che serve ad una valutazione in termini di efficacia e di efficienza del nostro sistema. Oggi noi assistiamo a un buon primo passo e speriamo che il Governo sappia adottare, in tempi certi e veloci, la delega che oggi il Parlamento gli conferisce.
PRESIDENTE. Saluto gli studenti del Liceo classico «Petrarca», di Trieste, e gli studenti del Liceo tecnico-commerciale «Paolini Cassiano», di Imola, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Molteni. Ne ha facoltà.
NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, notiamo la continua e ulteriore assenza del Ministro Alfano, e questo ovviamente non gli rende onore.
Presidente, cinque anni fa la Lega e i Ministri Maroni e Bossi introducevano il reato di immigrazione clandestina, con lo scopo non di mandare gli stranieri in galera, il che sarebbe stato solo un costo ulteriore per gli italiani, ma per procedere alle espulsioni immediate, come avviene in altri Paesi civili e democratici, dove il reato già esiste e già esisteva: la Germania, la Francia, l'Inghilterra, la Svizzera, l'Olanda, l'Australia e tanti altri Paesi. Addirittura la Corte costituzionale, i giudici della Corte costituzionale, che in questi anni hanno smantellato tutte le politiche di sicurezza dei Governi di centrodestra e la legge Bossi-Fini, hanno smantellato il pacchetto sicurezza del Ministro Maroni, anche la Corte costituzionale, appunto, ha dovuto ammettere e riconoscere la legittimità giuridica del reato di immigrazione clandestina. Ebbene, dopo cinque anni, se ci avessero detto che il reato di immigrazione sarebbe stato cancellato da un Governo che nessuno ha eletto e che nessuno ha voluto, frutto di un'operazione di Palazzo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie), con un Ministro dell'interno di destra, che cinque anni prima come Ministro della giustizia aveva voluto, votato e approvato il reato di immigrazione clandestina, beh, immagino che nessuno, a cinque anni di distanza, ci avrebbe creduto e avrebbe pensato a uno strano e bizzarro scherzo del destino.
Accade oggi che, con un solo colpo, vi votate e vi portate a casa il quarto indulto mascherato in dodici mesi e cancellate l'unico reato che è un deterrente, un baluardo a un'immigrazione incontrollata, che rischia di essere una bomba sociale di dimensioni devastanti. Abolite il reato di clandestinità in una condizione di semiclandestinità, nascondendovi nel Palazzo. Avete timore che i cittadini lo sappiano. Abolite nel silenzio più totale dei media e dell'opinione pubblica. Non si deve sapere, il popolo non deve sapere; meno sa e meglio è. Ma ci pensiamo noi della Lega a dire chi sta abolendo il reato di immigrazione: il Partito Democratico di Renzi, Forza Italia, Beppe Grillo, Angelino Alfano, il Nuovo Centrodestra, SEL, Scelta Civica, i Popolari per l'Italia, ovvero tutti i partiti presenti in questo Parlamento tranne uno, tranne la Lega Nord. Sì, solo la Lega Nord ha voluto il mantenimento del reato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) ! Dell'unico strumento serio per impedire un'invasione di massa.
I Ministri, tra cui, in modo particolare, il Ministro Alfano, e il Presidente del Consiglio non hanno trovato neppure il coraggio di venire qui in Parlamento e di metterci la faccia. Renzi scappa a Londra, il Ministro Orlando è volato a Strasburgo, e nessuno sa più dov’è, a prendere ordini dalla Merkel e dall'Europa, e il Ministro Alfano, boh, non è assolutamente pervenuto. Vi vergognate di venire in Parlamento, ma dovrete, poi, comunque un giorno spiegarlo a 60 milioni di italiani che esponete il Paese e gli italiani al rischio di un'invasione incontrollata.
Beata la Svizzera, sì, beato il territorio svizzero (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) ! Lì il popolo vota ! In Svizzera, dove c’è la democrazia vera, dove c’è una democrazia reale, i cittadini, con un referendum, hanno detto «no» all'immigrazione di massa, hanno detto «sì» a un'immigrazione controllata, hanno detto «sì» ai contingentamenti. In Svizzera si scelgono l'immigrazione che serve al loro Paese, un'immigrazione qualificata e di qualità. In Italia, invece, raccogliamo di tutto, andiamo a raccoglierli in mare, con i nostri militari che fanno i camerieri agli immigrati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Pag. 14Dal 1o gennaio 2013 sono 55 mila i clandestini, e non parliamo di migranti o di profughi, sono immigrati clandestini che ci siamo portati a casa.
Peggio, in Italia utilizzate e evocate, come avete fatto ieri, i morti nel Mediterraneo, i morti di Lampedusa come un misero feticcio in chiave antileghista. Siete patetici, patetici siete ! Accogliete immigrati e clandestini, li alloggiate negli alberghi di lusso a 5 stelle, con piscina e centro benessere, gli pagate le ricariche del telefono, gli date 30 euro al giorno per vitto e alloggio e lasciate gli italiani, i nostri anziani, i nostri disoccupati, i nostri imprenditori, a morire di fame sotto i ponti, senza lavoro e senza dignità. Vi dovete vergognare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) ! Date 45 euro al giorno ai clandestini, pensate di dare la paghetta, la mancia, l'obolo di 20 euro al giorno di risarcimento ai criminali e ai delinquenti in carcere. Date i contributi alle aziende per assumere criminali, detenuti ed ex detenuti, e non trovate le risorse per le forze di Polizia. Per voi merita più un clandestino irregolare, pronto a delinquere, che un agente di Polizia o un carabiniere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Garantite più dignità e rispetto all'irregolare che al poliziotto che ogni giorno rischia la vita per la sicurezza dei cittadini. Tutelate maggiormente un criminale che la vittima di un reato. Date sconti e benefici ai delinquenti e lo Stato cosa fa ? Abbandona un imprenditore bergamasco che ha l'unica colpa di avere difeso la propria famiglia da una banda di albanesi che gli sono entrati in casa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
Maroni ha garantito la sicurezza, voi la state smantellando ! Rivogliamo un Ministro dell'interno che si occupi e crei sicurezza, non che sfasci la sicurezza e crei insicurezza e illegalità solo per appagare una pelosa e falsa solidarietà buonista e perbenista. Vogliamo un Ministro che respinga i clandestini, che attui i pattugliamenti delle coste, che impedisca che i barconi della morte partano dalle coste africane, che rimpatri ed espella; non un Ministro che accolga tutti, alimentando, poi, le sacche della delinquenza. E il costo sociale di tutto questo viene messo a carico dei cittadini italiani.
Con tre milioni e mezzo di disoccupati, con sei milioni di cittadini che vivono sotto la soglia di povertà, pensare che l'immigrazione sia una risorsa, un valore non negoziabile, una ricchezza per il Paese, è una follia, è una sciocchezza. Affermare, come ha fatto la Presidente Boldrini – ci fa piacere che non sia nemmeno venuta, oggi, in Aula –, che non si possono offrire servizi di lusso ai turisti e trattare male i migranti è una fesseria titanica, cara Presidente Boldrini. È una fesseria (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) !
Aprite le porte delle galere ai delinquenti, aprite le porte del Paese ai clandestini e il prossimo gesto sarà quello di aprire le urne con il diritto di voto agli immigrati. Ma noi della Lega ve lo impediremo (Commenti dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) !
PRESIDENTE. Colleghi !
NICOLA MOLTENI. Vi impediremo di dare il diritto di voto agli immigrati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie – I deputati Buonanno e Fedriga si recano presso i banchi del Governo esponendo cartelli recanti la scritta: «Ministro Alfano, clandestino è reato») !
PRESIDENTE. Colleghi, abbandonate i banchi del Governo ! Abbandonate i banchi del Governo ! Buonanno e Fedriga, vi richiamo formalmente ! Colleghi, vi richiamo formalmente per la seconda volta (il deputato Fedriga si siede ai banchi del Governo) ! Collega Fedriga, abbandoni i banchi del Governo ! Collega Fedriga, lei è espulso. Chiedo agli assistenti parlamentari di allontanare dall'Aula il deputato Fedriga (Gli assistenti parlamentari ottemperano all'invito del Presidente). Deputato Fedriga, lei è allontanato dall'Aula. Collega Fedriga ! Chiedo ai questori di intervenire. Chiedo ai questori di intervenire. Colleghi ! Pag. 15Colleghi ! Collega, deve essere allontanato dall'Aula ! Collega Fedriga, si allontani dall'Aula ! Dove sono i questori ? Sospendo la seduta per cinque minuti.
La seduta, sospesa alle 10,15, è ripresa alle 10,20.
PRESIDENTE. La seduta è ripresa. Deputato Molteni, lei intende concludere il suo discorso ? Le resta un minuto e 43 secondi.
NICOLA MOLTENI. Fin troppi, Presidente.
PRESIDENTE. Prego.
NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, capisce bene che noi ieri abbiamo, per tutta la giornata, invocato in modo civile e democratico, magari insistente, la presenza del Ministro Alfano. Credo che la presenza di Alfano sarebbe stata una ricchezza e un'opportunità per tutto il Parlamento, per arricchire questo dibattito, che è stato anzi un monologo da parte della Lega e l'ennesima, reiterata richiesta rispetto alla quale, per l'ennesima volta, ci siamo sentiti opporre l'assenza del Ministro, signor Presidente, non può che aver determinato, da parte della Lega, una reazione legittima e doverosa rispetto ad un Ministro che non ha avuto nemmeno il coraggio di venire in Aula ad interloquire con il Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
State abolendo il reato di immigrazione clandestina senza un minimo di dibattito, senza un minimo di confronto con il Governo. Ci sarebbe piaciuto capire perché Alfano, cinque anni fa, ha votato il reato di immigrazione clandestina e oggi, invece, lo abolisce (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
È democrazia quella di chiedere la presenza del Ministro (Commenti) ! È democrazia !
PRESIDENTE. Colleghi ! Colleghi ! Andiamo avanti con il discorso: vi prego di far concludere il collega Molteni !
NICOLA MOLTENI. Ringraziamo il collega Fedriga, anzi, alias Alfano, per aver dato la dimostrazione che in quel posto qualcuno si può sedere e può rappresentare il Governo magari più dignitosamente di chi lo rappresenta oggi.
Presidente, vado a concludere: ieri avete bocciato tutti gli emendamenti della Lega. Ieri ci avete deriso, ci avete dato dei razzisti. Bene, siamo orgogliosi della battaglia che abbiamo fatto, soli contro tutti. La battaglia l'abbiamo fatta ieri in Parlamento. Adesso vorrà dire che la battaglia per ripristinare il reato di immigrazione clandestina la faremo nelle piazze, daremo voce al popolo.
PRESIDENTE. Ha esaurito il tempo.
NICOLA MOLTENI. Concludo Presidente: sarà il popolo, quello che voi non ascoltate più, saranno i cittadini del nostro Paese che riporteranno in vigore il reato di clandestinità.
PRESIDENTE. Deve concludere, collega.
NICOLA MOLTENI. E sarà il popolo che vi farà capire che un individuo è veramente libero solo quando è veramente sicuro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie – Congratulazioni) !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.
ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, cercando per un secondo almeno – poi ci torneremo – di non parlare dell'abolizione del reato di immigrazione clandestina, visto che questa legge riguarda moltissime altre cose, molto più significative ed importanti dal punto di vista del nostro sistema penale, bisogna sottolineare che con questo provvedimento si fanno alcune cose importanti. Si introduce prima di tutto – e direi che forse è l'intervento più significativo – l'istituto della messa alla prova, si elimina la pena Pag. 16detentiva o si prevede la possibilità di evitare la pena detentiva in carcere per una serie di reati dall'allarme sociale minore e poi si procede ad una depenalizzazione.
Prima di passare al merito, vorrei dire che, come ha sottolineato poco fa anche il collega Gitti, il fatto che ci si sia arrivati solo ora e ci si sia arrivati con una delega non è un gran successo del Parlamento: è il frutto di perdite di tempo, è il frutto di un clima, sulle discussioni sulla giustizia, che impedisce spesso una discussione serena e che porta poi a perdite di tempo tali da arrivare a questo tipo di risultato. Comunque tant’è, adesso siamo arrivati all'approvazione di queste norme e, iniziando dalle misure alternative al carcere, è sicuramente condivisibile il superamento dell'arresto, che risultava spesso sia anacronistico che disapplicato, e anche la sostituzione con la reclusione domiciliare. Questo non solo perché le carceri sono piene, ma anche perché il carcere è dimostrato che aumenta la recidiva (e questo chi sempre invoca l'interesse dei cittadini spesso se lo dimentica). La sanzione del carcere, che è sicuramente giusta per i reati più gravi, non è la soluzione che consente, quando i reati sono di minore livello, di evitare il ritorno a delinquere.
Il cittadino ha più interesse che, commesso un reato, quel reato non venga più commesso e non si creino le condizioni per un delinquente abituale, che non semplicemente alla punizione con spirito meramente di vendetta e di sanzione. Questa è una cosa che chi ha sempre in bocca le vittime dei reati si dimentica sistematicamente. Ovviamente, questo non significa eliminare la pena della reclusione e, anzi, nella parte della legge che prevede una discrezionalità del giudice nell'applicazione o meno della reclusione per i reati puniti fino a cinque anni, c’è un'estrema attenzione e severità. Infatti, se è vero che le pene alternative al carcere sono sicuramente una soluzione condivisibile, non deve trasformarsi, questo tipo di provvedimento, nella famosa misura di clemenza generalizzata di cui ha parlato l'onorevole Cirielli, il quale ha parlato erroneamente di un indulto mascherato, perché qui la presenza e l'intervento del giudice sono molto importanti, ma evidentemente se le prerogative del giudice verranno esercitate nel modo corretto.
Per lo stesso motivo, poi, è molto importante l'introduzione della causa di non punibilità che è stata prevista per le condotte di particolare tenuità, perché spesso abbiamo letto sui giornali polemiche sulla celebrazione di processi assurdi per i furti delle caramelle o cose di questo tipo. È importante che esista questa norma, ma è altrettanto importante che non diventi una misura applicata troppo di frequente perché è fondamentale che le condotte più gravi vengano punite. In questo senso, sarà importante che, quando il giudice applicherà la delega sul processo, si preveda anche che la decisione sulla tenuità o meno del reato arrivi presto perché, altrimenti, in termini di economia per il sistema penale, la norma sarà sostanzialmente inutile.
Passando alla messa alla prova, le considerazioni sono un po’ le stesse. È una soluzione ideale che va nel senso della giustizia riparativa, che sicuramente è importante e che va nel senso di tutelare le vittime dei reati, però sarà importante anche qui che l'applicazione sia fatta con attenzione e soprattutto che si applichi grande severità nella verifica poi della sussistenza delle condizioni che portano all'estinzione del reato. Non deve trattarsi soltanto di un sistema per evitare i processi e per evitare di decidere sui reati e fermare il processo, ma deve trattarsi di un vero sistema di riparazione.
Auspichiamo, quindi, che anche in questo senso i poteri del giudice vengano esercitati in modo attento e severo. E in questo senso sarebbe molto importante se presto si toccassero i temi della responsabilità, soprattutto disciplinare, dei magistrati, perché questo ampliamento discrezionale dei poteri del giudice sui poteri sulla libertà personale deve essere assolutamente sanzionato se esercitato in maniera poco attenta o negligente, perché ne va degli interessi non solo dell'imputato, ma anche della collettività, nel momento Pag. 17in cui si dovessero liberare con grave colpa persone che alla liberazione non hanno diritto.
Arriviamo adesso alla parte delle depenalizzazioni, prima di tutto per sottolineare l'anomalia di una norma così importante che viene introdotta al Senato dopo non essere stata inserita nel provvedimento iniziale, ed è una cosa inusuale, per non dire assurda. Ma anche qui si tratta di un intervento necessario. Nessuno può contestare il fatto che vengano eliminati reati totalmente anacronistici, come le proiezioni cinematografiche abusive o cose di questo tipo, che in un Paese in cui vige l'obbligatorietà dell'azione penale sono assurdi.
E poi arriviamo al punto di cui abbiamo sentito parlare ossessivamente tutto ieri: l'abrogazione del reato di immigrazione clandestina. Qui la discussione è stata veramente surreale perché abbiamo parlato dell'assenza di controlli, abbiamo parlato delle navi, dell'accoglienza, dei marinai, ma non c'entra assolutamente nulla. Qui noi stiamo abrogando una norma inutile che è stata già smontata in parte con la dichiarazione di illegittimità della pena detentiva e che non serve assolutamente a niente. Non serve a mettere in prigione, fortunatamente, gli immigrati clandestini solo per questa condizione, non serve a frenarne l'arrivo, perché il clandestino che parte dall'Africa dubito che si informi su quant’è la multa se per caso il suo arrivo è irregolare, e non serve neppure all'espulsione immediata. Ieri, e anche oggi, i colleghi della Lega Nord hanno continuato a dire ossessivamente che, senza il reato di immigrazione clandestina, è impossibile l'espulsione immediata in base alla direttiva rimpatri, perché tale direttiva richiede che, per poter evitare le norme un po’ più garantistiche della direttiva stessa, sia stato commesso un reato.
Questo è tutto vero ma il problema è che quel reato non può essere il reato di immigrazione clandestina. Ieri l'hanno detto dieci volte o anche di più; gli abbiamo fatto presente che la Corte di giustizia dell'Unione europea ha detto chiaramente che il reato di immigrazione clandestina non costituisce presupposto per disapplicare le norme della direttiva rimpatri. Allora, ieri forse non lo sapevano, oggi fanno finta di non saperlo. L'onorevole Molteni ha detto che gli italiani devono sapere. Gli italiani devono sapere che gli argomenti usati sul reato di immigrazione clandestina dalla Lega di oggi sono falsi: non sono sbagliati, sono falsi (Applausi dei deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia e Partito Democratico).
Questo tema non ha niente a che vedere con il blocco dei flussi migratori. Il blocco dei flussi migratori si fa con altri meccanismi. Io sono d'accordissimo sull'introdurre norme anche severe per frenare l'immigrazione clandestina. Il Governo ha diciotto mesi per attuare la delega. In quei diciotto mesi miglioriamo le norme, riformiamo la Bossi-Fini, creiamo dei meccanismi, facciamo trattati bilaterali, ma non si racconti agli italiani che serve il reato di immigrazione per bloccare gli immigrati irregolari perché non è vero. Quindi, credo che sia importante sottolineare questo perché oggi abbiamo sentito cose inesatte e false da un punto di vista tecnico-giuridico e, siccome in Parlamento si fanno le norme, le altre sono chiacchiere.
Per concludere, direi che questo provvedimento si inserisce sia in una riforma giusta del diritto penale dal punto di vista sostanziale, sia sicuramente anche nell'ambito degli interventi finalizzati ad evitare il sovraffollamento delle carceri. Su questo tema aspettiamo dal Governo l'informativa sull'andamento della situazione carceraria che dovrebbe esserci questo mese. Spero che l'informativa sia completa, aggiornata, che ci dia tutti gli elementi per poter valutare cosa fare in futuro e per poter chiudere questa fase, perché sono molto d'accordo sul fatto che si debba iniziare anche a pensare di più alla punizione dei colpevoli. Ci sono una serie di misure che vanno sicuramente portate avanti. Penso alla norme sulla prescrizione, di cui sentiamo parlare sempre, ogni giorno, e che adesso finalmente sono calendarizzate e spero che arrivino in Pag. 18Aula molto velocemente, per eliminare i capolavori che sono stati fatti dalla Lega e dai Governi di centrodestra su questo argomento, che hanno mandato assolta una quantità di gente che aveva commesso cose molto più gravi dell'essere entrati nel nostro Paese irregolarmente; e spero che finalmente nei prossimi mesi questo Parlamento possa occuparsi di cose diverse dalle carceri (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).
GIANNI MELILLA. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANNI MELILLA. Signor Presidente, richiamo al Regolamento: Capo XI, articoli 59, 60, 61 e 62. Ferma restando la legittimità di esprimere la propria posizione come ogni deputato ritiene opportuno, credo che ieri e stamattina si siano verificati dei fatti incresciosi: esporre un pesce nell'Aula del Parlamento è un fatto inqualificabile, come quello che è stato fatto recentemente da due deputati della Lega Nord. Peraltro, quel signore che è uscito ci ha anche chiamati – non voglio ripetere quel nome ma è giusto che si ripeta per la cronaca –, ci ha anche detto «coglioni» quando è uscito dalla porta.
Non è per la mia nota simpatia nei confronti dei deputati del MoVimento 5 Stelle, ma vorrei ricordare che una deputata del MoVimento 5 Stelle è stata presa a schiaffi in quest'Aula perché aveva anche lei manifestato in modo non ortodosso la propria opposizione rispetto ad un provvedimento di legge. Quindi, non vorrei che si adoperassero due pesi e due misure nei confronti di parlamentari e chiedo, ai sensi dell'articolo 60 del Regolamento, che l'Ufficio di Presidenza prenda in esame quello che è successo ieri e stamattina.
PRESIDENTE. La ringrazio e sicuramente la vicenda sarà presa in considerazione dall'Ufficio di Presidenza.
DAVIDE CAPARINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo ?
DAVIDE CAPARINI. Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. No, questo era un richiamo al Regolamento. Lei interviene per un richiamo al Regolamento ? Ci dica anche l'articolo. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Mi consigliano l'articolo su cui devo intervenire, che è ovviamente il medesimo su cui è intervenuto il collega, perché la questione è la stessa, ovvero non ho capito se l'invito, per quanto riguarda il comportamento della Presidenza, che è stato irreprensibile, era quello rivolto al questore di usare la forza con i deputati della Lega, come purtroppo ha fatto erroneamente (e per questo è stato anche sanzionato) con la malcapitata deputata del MoVimento 5 Stelle.
Non so se questa è la proposta...allora, mi sembra il caso che magari venga chiarito il punto del collega perché immagino che noi tutti vogliamo un'azione non violenta all'interno di quest'Aula.
PRESIDENTE. Io quello che ho accolto è solo la richiesta che la vicenda venga presa in esame dall'Ufficio di Presidenza. Nient'altro, per carità.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Leone. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, parto subito dicendo che voterò – e con me il gruppo del Nuovo Centrodestra – in maniera molto convinta questo provvedimento e debbo dire che non mi vergogno, non solo di dirlo, ma di votarlo. Mi vergogno di un'altra cosa, Presidente, che è quella di assistere ad un momento strano per quest'Aula, nel momento – scusatemi il bisticcio di parole – in cui stiamo per approvare un provvedimento non solo utile, ma atteso, voluto da sempre da tutti per arrivare a snellire le procedure, ad evitare le pile dei fascicoli all'interno dei tribunali e per evitare che nelle carceri ci siano, non i letti a castello, ma multipiano. Per tutta una serie di richiami Pag. 19che abbiamo sempre avuto, finalmente questo Parlamento mette mano al comparto per cercare di risolvere i problemi, ma la notizia che viene fuori, magari, è, solo e soltanto per quello che accade in quest'Aula, la presenza di una spigola, epocalmente mai avvenuta, anzi mi sarei aspettato oggi, al posto dei cartelli, una bella ricciola del mare di Manfredonia, però vedo che evidentemente non ci sono molti intenditori.
Scusatemi un po’ la divagazione, ma stiamo per approvare una delega al Governo che viene dal Parlamento ! Allora i colleghi della Lega non debbono guardare in faccia il Ministro Alfano o richiedere in maniera petulante e anche irritante la presenza del Ministro Alfano, perché ci sono trenta o trentacinque deputati che hanno firmato questo provvedimento. È un provvedimento di produzione parlamentare ! Poi ci lamentiamo che, magari, il Governo, in altre occasioni e in più occasioni mette mani a riforme o mette mano a provvedimenti senza consultare e bypassando il Parlamento ! Noi stiamo facendo il nostro lavoro e bisogna guardare in faccia i parlamentari che hanno sottoscritto questo provvedimento e che lo votano, compreso me !
Stiamo facendo un provvedimento legato ad una necessità – oramai ineludibile – che è quella di evitare di continuare ad andare avanti nel comparto penale con un panpenalismo che è insostenibile, oramai. La depenalizzazione è legata alle esagerazioni che il legislatore ha fatto in materia penale. Le depenalizzazioni sono legate all'evoluzione della società. Le depenalizzazioni sono legate alla presenza o meno di reati che non provocano o, quanto meno, possono provocare un minore allarme sociale rispetto al momento in cui sono stati ipotizzati.
C’è tutta una serie di argomentazioni serie, che debbono essere valutate singolarmente da chi compone questa Assemblea legislativa e che deve essere votata a seconda dal fatto se si ritenga che questa proposta di legge sia necessaria o meno per evitare tutto quello che ci viene addebitato, non solo dal Capo dello Stato, perché poi siamo bravi ad assistere, quando il Capo dello Stato viene in quest'Aula a prenderci a bacchettate e, magari, pure applaudirlo nel momento in cui lo fa, e poi non facciamo o cerchiamo di rallentare tutte le cose che ci vengono richieste, come dicevo, non solo dal Capo dello Stato, ma anche dall'Europa.
Il meccanismo delle sanzioni, Presidente, deve cambiare, perché cambia la società, perché la società non è più in grado di tenere in piedi quel meccanismo oramai obsoleto e che non porta a nessun risultato.
Non vogliamo rispolverare tutto quello che si affermava nei: «Dei delitti e delle pene», anche con riferimento alla giusta sanzione – nel momento in cui veniva erogata – di natura sociale perché gli imputati e i condannati si redimessero.
L'efficacia della pena, oramai, è legata ad un'evoluzione che va vista nell'ottica – dico io giusta – che questo provvedimento sta vedendo. Non vi richiamo tutte le argomentazioni tecniche, che sono validissime; non vi dico che la sostituzione della detenzione con gli arresti domiciliari o con la messa alla prova, che già è stata testata efficacemente nel processo minorile, è sicuramente una via d'uscita. Vi dico solo che questo può essere l'inizio per arrivare ad una definizione completa della soluzione dei problemi che sottostanno a questo provvedimento.
È incappata in questo provvedimento anche la questione dell'immigrazione clandestina. Devo dire che la confusione e i dati, che si sono rincorsi da una parte all'altra sull'utilità dell'esistenza o del mantenere in vita il reato di immigrazione clandestina, hanno aumentato ancora di più la mia necessità di testare un modo nuovo di combattere l'immigrazione clandestina. Perché l'esistenza in vita del reato non ha sicuramente dato dei buoni frutti: non si può fare il sillogismo per cui l'esistenza del reato di immigrazione clandestina tampona o evita l'immigrazione, perché così non è stato, così non può essere.
L'immigrazione è legata ad altro: è legata alla disperazione, è legata alla mancanza Pag. 20di lavoro, alla necessità di sussistenza, ci sono altri elementi. E, scusatemi tanto: chi clandestinamente ha intenzione di venire in Italia o in altri Stati se ne infischia della sanzione che lo Stato italiano può mettere alla base di un reato come quello. Allora, bisogna vedere di trovare altre strade e altri mezzi per combattere l'immigrazione clandestina.
Pertanto, è inutile chiedere la presenza del Ministro dell'interno, che non ha neanche sottoscritto questo provvedimento. Il Ministro dell'interno, quando le leggi ci sono, deve farle rispettare, e così ha fatto, così come ha fatto il Ministro Maroni, così come hanno fatto altri Ministri che lo hanno preceduto. Questo Ministro, di cui petulantemente, si è chiesta la presenza in quest'Aula.
Mi avvio alle conclusioni, signor Presidente. Voglio solo dire che questo provvedimento è in linea con una concezione nuova delle sanzioni, è in linea con una concezione nuova degli effetti delle sanzioni ed è in linea con un modo nuovo e con un'evoluzione della società che l'Italia, anche se in ritardo, deve cominciare a recepire. È con questo che ribadisco il voto favorevole del gruppo del Nuovo Centrodestra, con un auspicio, che è quello di continuare su questa strada: ci potranno essere correttivi, ci potranno essere test che possono portare a mutamenti di questo provvedimento, ma la strada imboccata è quella giusta (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Daniele Farina. Ne ha facoltà.
DANIELE FARINA. Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, quando abbiamo affrontato per la prima volta questa nostra discussione su questo provvedimento, in quest'Aula, era la fine di giugno dell'anno scorso, quindi vuol dire che abbiamo cominciato a lavorare su questo provvedimento circa un anno fa, uno dei primi. Eppure, questo nostro dibattito che abbiamo svolto testimonia chiaramente che, in quest'Aula, c’è ancora chi proprio non ha capito, c’è ancora chi dai fallimenti non impara nulla e si rimette in impresa con gli stessi errori di sempre. Perché l'altro fatto chiaro, che è di statistica, di percezione, di esperienza, è che il lavoro delle destre sulla sicurezza dei cittadini è stato un disastro e, quindi, siamo qui sostanzialmente per «riparare», al netto di qualche divergenza di diverso orientamento su alcuni punti di questo provvedimento; ma, insomma, questo credo sia il senso di quello che facciamo.
Droghe, immigrazione, recidiva, questo è il titolo, breve, degli errori, errori gravi, o meglio, orrori gravi, gravissimi che hanno riempito le carceri e reso più sicuro nessuno, anzi. Questa è l'evidenza, ma invece di prenderne atto, siamo alle solite; invece di salutare il cambio di rotta, qui si parla ancora, si è parlato, si è gridato di «svuota carceri» che non esiste, di indulto mascherato che non esiste, di orde di feroci saladini, alias rifugiati, pronti sulle nostre coste che ovviamente non esistono, o esistono in una misura che necessita di altre politiche, altre strategie, altri orientamenti che le grida che abbiamo percepito fin qui fino a questa mattina.
La realtà, cari colleghi della Lega, è che il colpo mortale alla sicurezza dei cittadini lo avete assestato già voi e da molto tempo, perché, come dire, non eravate innocenti, non eravate altrove, in questi lunghi anni di provvedimenti e secondo voi si penalizza con questo provvedimento la certezza della pena, quasi che la percentuale dei reati che rimangono impuniti, il 90 per cento, fosse diversa sotto i vostri Governi, invece è esattamente la stessa. Quindi, abbiamo potuto vedere che ciò che asserite non è vero e cioè che i vostri Ministri di giustizia e degli interni non hanno operato bene e i numeri elencati dicono esattamente questo: non hanno operato bene.
Ma questa discussione noi l'abbiamo fatta più volte e non siamo avanzati di un passo. L'unica cosa, cari colleghi, che posso chiedervi con un po’ di retorica e anche con qualche corda in più, ve l'ho già chiesto ieri, ma non avete risposto, è la Pag. 21seguente: dove eravate, voi, mentre i nostri anziani finivano sotto i ponti, mentre i nostri giovani diventavano disoccupati ? Dove eravate voi ? Ebbene, voi eravate al Governo, con i vostri pessimi Ministri degli interni e di giustizia. Voi governavate mentre i nostri anziani erano sotto i ponti e i giovani disoccupati ! Questa polemica potrebbe continuare a lungo, perché questo è un pezzo dei provvedimenti che devono arrivare, di un ritardo che il Parlamento ha avuto, perché a me piace concludere per restituire serietà alle cose che diciamo e che facciamo, per cui non ci sono, come mi è sembrato di capire, nuove teorie da affrontare sui padani che sbagliano; noi abbiamo, invece, l'urgenza e la necessità di intervenire nel merito dei problemi di questo Paese di cui anche le carceri e il sistema della giustizia civile e penale fanno parte.
Noi ci abbiamo messo un anno e a me questa discussione sarebbe piaciuto farla anche con Paolo Consoli, di 42 anni, ma lui si è impiccato nel carcere di Lecce il 7 marzo scorso, mi sarebbe piaciuto farla con Benedetto Murro, di 41 anni, ma anche lui si è impiccato il 20 febbraio di quest'anno, con Angelo Amuso, ma lui si è impiccato il 19 di febbraio, anzi si è asfissiato, mi sarebbe piaciuto farla con Mario Cantone, impiccato, con Salvatore Manno di Vibo Valentia, impiccato anch'esso, e siamo solo al 7 febbraio, lo ripeto siamo solo al 7 febbraio, c’è una lista lunga; non so quali reati abbiano commesso questi cittadini, non so se questo provvedimento avrebbe potuto evitarlo però noi abbiamo 530 casi in dieci anni a cui si aggiungono quasi cento operatori di polizia penitenziaria e forse una diversa gradazione delle pene, diversi provvedimenti ci porterebbero in una situazione diversa, più vicina all'Europa e non ad essere oggetto di sentenza della Corte europea per i diritti dell'uomo. Allora, credo, anche per rispetto di tutti costoro, visto che la pena di morte non fa parte del nostro ordinamento, che noi dobbiamo approvare questo provvedimento, ma andare molto oltre, anche, affinché la sicurezza dei cittadini venga garantita, ma anche per gli elementi di civiltà minimi che uno Stato deve avere.
E secondo me questi sono provvedimenti che riescono, a differenza dei vostri, a cogliere entrambi gli obiettivi. Dunque, il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà voterà certamente a favore di questo provvedimento di legge (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marotta. Ne ha facoltà.
ANTONIO MAROTTA. Signor Presidente, oggi affrontiamo questo provvedimento che torna dal Senato, e per la verità, al di là del tempo che è passato, che sono ormai i tempi della politica, il Senato ha apportato delle modifiche, rispetto al testo originario, che noi ci sentiamo di condividere, soprattutto per quanto riguarda l'articolo 2, sull'introduzione di una legge delega ai fini della depenalizzazione di alcuni reati. Io, a differenza di quelli che mi hanno preceduto, non ritengo di dover giustificare questo provvedimento perché introduce una serie di elementi che da qui a un momento vedremo, che non hanno bisogno di essere giustificati. Non mi rifarò alla sentenza della Corte europea, la famosa sentenza Torreggiani che, da qui a qualche giorno, vedrà pure l'Italia impegnata sul piano della risoluzione del problema carcerario; non considero, come non lo abbiamo considerato in prima lettura, questo provvedimento come un provvedimento «svuota carceri», perché sono solo parole che non significano niente. Penso che i cittadini siano maturi per capire il senso e il significato dei provvedimenti che il Parlamento vara e non fermarsi ad ascoltare parole vuote che destano preoccupazione e allarme che, in effetti, non significano niente. Non richiamerò qui il numero dei detenuti con riferimento ai posti che ci sono in carcere; non citerò le legislazioni di altri Paesi. Perché ? Perché ritengo che l'Italia è, è stata e continuerà ad essere, almeno per quello che ritengo io, la culla Pag. 22del diritto, per cui dovranno essere gli altri Paesi a citare l'Italia quando si parla di norme e di legislazione. Io tratterò il problema solamente per quello che riguarda la sostanza e il merito di questo provvedimento che ci avviamo a votare.
È fatto di interventi spot, di interventi a pioggia in vari settori, o ha una sua autonoma struttura e quindi interviene in maniera definitiva, o almeno incomincia ad intervenire in maniera definitiva, su alcuni problemi ? Ritengo sia un provvedimento di natura strutturale. Perché ? Perché, per la prima volta, interviene nella sostanza del codice, introducendo alcuni istituti che, da qui in poi, dureranno e faranno sì che si avverino i principi della Costituzione. E la Costituzione che dice, per rispondere a quelli che gridano ? Dice, come principio base – e la nostra sensibilità giuridica lo attesta – che la detenzione in carcere è l'ultimo elemento, l'ultima possibilità che abbiamo, non la prima, come è stato fino a questo momento. Allora, perché dico elementi di natura strutturale ? Perché, da quanto tempo parliamo di depenalizzazione ? Non c’è dibattito, non c’è tavola rotonda in cui gli esperti, gli studiosi del diritto, gli interpreti del diritto non parlino di depenalizzazione. Perché ? Perché il sistema è saturo; perché, se i processi durano i tempi biblici che durano, significa che ci sono ipotesi di reato che non devono essere più considerate ipotesi di reato, perché le stesse ipotesi lievi di reato assorbono lo stesso tempo che assorbe un reato veramente importante che va perseguito e quindi gravano sul sistema giustizia senza dare alcun risultato.
E allora la depenalizzazione prevista dall'articolo 2 di questo provvedimento, che attiene ai reati puniti con la sola pena della multa, dell'ammenda oppure ad alcuni specifici reati del codice penale, come il reato di versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali fino ad un certo importo, ad alcune specifiche contravvenzioni, riguarda ipotesi che noi dobbiamo togliere del codice. Perché ? Perché la cosa da cui dobbiamo difenderci, badate, e riflettete insieme a me, è la prescrizione. La prescrizione è la vera morte del processo, ed è quella che grava sul sistema giustizia in maniera deleteria. Perché ? Perché non solo fa estinguere il processo a carico di un imputato, che forse e il più delle volte andava condannato, ma lo fa estinguere in una fase nella quale già lo Stato ha investito, sul piano dell'intervento umano e dei mezzi, un capitale su quel processo !
Ecco perché noi non è che parliamo a vanvera, non è che ci nascondiamo dietro le parole, non è che abbiamo bisogno di portare l'esempio di chi vive sotto il ponte o della vecchietta che è preoccupata: noi guardiamo la sostanza delle cose, perché il futuro è nella sostanza delle cose. E allora la prescrizione impegna lo Stato in spese, in una spesa che poi si investe ma che non dà risultato. Ecco perché la depenalizzazione è un fatto importante, e lo era anche l'indulto e l'amnistia. Era quello il senso del messaggio del Capo dello Stato, che per la prima volta ha ritenuto di inviare un messaggio alle Camere. Questo era il senso ! Costi-benefici-risultati, questo è quello che dobbiamo fare.
E anche con riferimento all'immigrazione clandestina: ma quale risultato abbiamo ottenuto ? Il risultato lo abbiamo ottenuto lì dove siamo intervenuti, come con la Libia, con un accordo che non consentiva la partenza di immigrati dalla Libia verso le coste italiane. È quello che ha contribuito per un certo periodo alla soluzione del problema: non è il processo in Italia che ha tenuto fuori gli immigrati dal nostro sistema, e non lo sarà neanche per il futuro ! Abbiamo solamente creato per il giudice di pace una mole di lavoro, abbiamo creato un sistema farraginoso, inserendo nel nostro sistema economico tutto l'afflusso degli immigrati, per poi alla fine non ottenere niente. Questa è la verità !
Il primo elemento oggettivo lo diciamo oggi, perché ho letto che ieri o l'altro giorno il Ministro della giustizia è andato in Marocco e ha concluso un accordo perché la pena venga espiata, da chi commette reati in Italia, nel Paese di origine: questo è il risultato concreto, se Pag. 23vogliamo combattere veramente il sistema. Non è che considerandoli diversi riusciamo a risolvere il problema: il problema va risolto sul piano di un intervento serio, e questo provvedimento, su cui noi voteremo in maniera positiva e che affrontiamo in maniera positiva, è uno di quei provvedimenti strutturali. Che significa ? Significa che noi affrontiamo il problema, per esempio, della messa in prova, che mutuiamo dal tribunale dei minorenni, e resterà per sempre. E io mi auguro che abbia benefici, perché sostanzialmente significa evitare a chi delinque per la prima volta di affrontare il processo: è il processo il nostro obiettivo ! È il processo il prossimo intervento in materia legislativa, perché è sul processo che noi siamo deficitari, perché è lì che ci fermiamo, è lì che non possiamo consentire che un cittadino affronti 10, 12, 13 anni di processo prima di sapere se è innocente o se è colpevole.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ANTONIO MAROTTA. Ecco perché io ritengo che, da questo punto di vista, dobbiamo essere seri. Dobbiamo essere seri, capire il problema, capire come va affrontato. Non è che il problema degli immigrati – e qui poi mi dovranno rispondere – lo affrontiamo dandogli una condanna, per esempio, a dieci anni. Abbiamo creato un altro problema, non abbiamo risolto quello che ora abbiamo davanti. Il problema, e concludo, lo risolviamo solamente se affrontiamo, sul piano dello scacchiere internazionale, il problema degli immigrati, in Europa.
PRESIDENTE. Deve concludere.
ANTONIO MAROTTA. E non dobbiamo sempre prendere il buono dall'Europa, ma anche far capire che l'Italia esiste, ha una sua autonomia, ha una sua forza e, sul piano del diritto, ha un valore a cui non verrà mai meno.
PRESIDENTE. La ringrazio. Adesso ha facoltà di parlare il collega Turco.
TANCREDI TURCO. Grazie, Presidente. Il provvedimento in esame ritiene di poter concentrare nella stessa discussione interventi di riforma che vanno ad incidere su aspetti di diritto penale che si presentano totalmente differenti, sia per natura sia per finalità. La proposta di concedere al Governo deleghe per l'introduzione di pene detentive non carcerarie e per la depenalizzazione viene accostata alla riforma del processo penale ordinario in merito alla sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato, unitamente alla disciplina della sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili, e rappresenta un metodo che non può essere condivisibile. Un autentico minestrone !
Sebbene tutti e tre gli argomenti investano la legislazione dell'ordinamento penale, non si comprende il reale intento della loro trattazione congiunta. Ciascuna di queste materie potrebbe trovare una più ponderata discussione relativamente ai presupposti ed alle finalità che persegue, se solo fosse considerata nella propria identità, e probabilmente conoscerebbe anche a un iter legislativo più spedito. Nel rilevare ciò, si intende consentire una più completa e ponderata analisi per la riforma di ciascun aspetto del diritto penale qui considerato, che oggi viene invece ad essere compressa nello stesso tasso.
Sembra doveroso ricordare che il presente provvedimento si accoda ad altri due decreti «svuota-carceri» che hanno avuto quale unico obiettivo l'impellenza di una indiscriminata deflazione carceraria, onde porre una pezza alle conseguenze delle incombenti sanzioni della Corte europea dei diritti dell'uomo espresse nella sentenza Torreggiani. Tutti questi provvedimenti probabilmente non otterranno l'effetto auspicato, poiché sono stati pensati ed approvati senza avere a cuore la risoluzione delle vere necessità delle carceri e senza una visione complessiva del sistema delle pene.
La sentenza Torreggiani, è bene ricordarlo, raccomanderebbe che i soggetti sottoposti a regimi di reclusione possano trascorrere la gran parte delle giornate Pag. 24d'espiazione non rinchiusi nelle proprie celle, ma svolgendo attività sociali all'interno delle carceri. Nelle carceri italiane, invece, i detenuti trascorrono gran parte della giornata in cella poiché all'interno degli istituti di pena, tranne qualche raro caso, non viene effettuata alcuna attività «ri-socializzante». Ad oggi, in quest'aula, non si sono ancora affrontati i provvedimenti che pongono l'accento sull'organizzazione delle attività rieducative all'interno dei penitenziari, con partecipazione dei detenuti ad attività formative o lavorative volte a favorire una proficua rieducazione e riabilitazione sociale del detenuto per il suo successivo reinserimento nella vita civile. È invece l'assenza da attività sociali una concausa che ha contribuito allo sviluppo di diffuse, sebbene differenti, patologie psichiatriche di cui soffrono circa il 16 per cento dei detenuti italiani. Negli ultimi dieci anni si è raggiunto il numero di circa mille morti fra i detenuti nelle carceri italiane, dei quali il 56 per cento, tristemente, si tratta di suicidi.
Inoltre, questo provvedimento rappresenta un ulteriore esempio di politiche che non sono ispirate alla salvaguardia del principio della certezza della pena. Per quanto attiene all'articolo 1, è da considerare che il generale favore che si può manifestare nei confronti dell'utilizzo dell'istituto dell'arresto o della detenzione domiciliare, in luogo di quella carceraria, suscita, in alcuni casi, dei forti dubbi. In primis, relativamente al limite superiore di pena dei cinque anni che si ritiene essere troppo elevato.
È evidente poi che l'utilizzo massiccio della detenzione domiciliare verrà a gravare non poco sulle forze di polizia, ormai periodicamente messe in difficoltà da consistenti tagli di personale e di spesa.
Siete davvero sicuri che questa nuova fase possa essere adeguatamente affrontata con l'utilizzo dei tanto contestati e costosissimi «braccialetti elettronici» ? Aspettiamo la prova dei fatti.
Altra norma contenuta nella legge delega prevede la non punibilità per tenuità del fatto. Tale norma, così come formulata, finisce per consentire alle distinte procure ovvero ai singoli procuratori una discrezionalità troppo ampia in merito alla punibilità o meno di un certo fatto-reato.
In questa norma mancano del tutto parametri e criteri oggettivi e soggettivi all'interno dei quali consentire l'esercizio della discrezionalità della magistratura. Nell'applicazione quotidiana, di fronte ad aule di giustizia sovraccariche, tale discrezionalità, se non dettagliatamente confinata, potrebbe provocare sul territorio nazionale o anche all'interno delle stesse singole procure, in situazioni analoghe, trattamenti totalmente differenziati, se non arbitrari, in contrasto con il principio costituzionale di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, e dei principi di certezza del diritto e della pena.
Oltretutto, appare essere eccessivo equiparare condotte sanzionate con la sola pena pecuniaria a quelle che prevedono un limite edittale di pena di cinque anni. In questo secondo caso, nei delitti che prevedono pene fino a cinque anni sono annoverati reati molto gravi e anche violenti.
Molto meglio sarebbe mutare la previsione quantitativa in un massimo di anni tre di pena, onde poter escludere dal proposto istituto alcuni reati che costituiscono comunque un notevole attacco alla sicurezza dei cittadini. Nella stessa previsione legislativa non viene, inoltre, tenuta in alcuna considerazione la persona offesa dal reato.
La persona offesa potrebbe essere la sola a fornire elementi idonei alla valutazione dell'abitualità del comportamento antigiuridico, e, soprattutto per i reati procedibili a querela di parte, appare quanto mai opportuno consentire alla persona offesa di interloquire con la magistratura al fine anche di una più completa valutazione del fatto.
Non siamo d'accordo anche di fronte alla previsione di una generalizzata trasformazione in illeciti amministrativi di molti reati oggi puniti con pene detentive e della totale depenalizzazione per altri reati.Pag. 25
Per molti di questi reati riteniamo eccessiva l'abrogazione completa poiché provocherebbe uno scenario di assoluta liceità di comportamenti che sino ad oggi vengono sanzionati penalmente.
Tale deregolamentazione potrebbe anche ingenerare continui attacchi od offese a beni tutelati dall'ordinamento penale per la cui cessazione non vi sarebbe più a disposizione alcuno strumento giuridico.
Sarebbe pertanto più logico prevedere una depenalizzazione che applicasse esclusivamente una sanzione amministrativa di modo che l'odierno precetto penale mantenga comunque una qualche forma, seppur lieve, di deterrenza.
Sottolineiamo in ogni caso che tali depenalizzazioni non potranno offrire la deflazione auspicata né sul fronte carcerario, né su quello processuale.
I reati per i quali è prevista una completa depenalizzazione, infatti, hanno diffusione limitata e non sono numericamente rilevanti nei procedimenti sopravvenuti nelle aule di giustizia.
Per gli stessi reati, inoltre, non si riscontra un reiterato ricorso alla custodia cautelare ovvero alla detenzione in carcere.
Ulteriormente vogliamo criticare la previsione che consente l'estinzione dell'ormai sola sanzione pecuniaria mediante il pagamento, anche rateizzato, dell'importo pari alla metà della stessa.
Assistiamo ad un rapidissimo passaggio: ciò che oggi è reato viene dapprima depenalizzato e punito con la sola sanzione pecuniaria, successivamente la sanzione pecuniaria viene anche dimezzata ed infine rateizzata. Troppo, Presidente. Appare essere uno sconto troppo premiale, costituendo una via d'uscita oltremodo comoda e quasi indolore, tale da non consentire al soggetto sanzionato di percepire adeguatamente la gravità dell'atto per il quale è stato sanzionato.
Le critiche sarebbero tante, ma visto che il tempo è poco arrivo direttamente alla conclusione del mio discorso.
In conclusione, Presidente, comprendiamo che l'esigenza primaria della politica in questo momento sia quella di alleggerire la densità dei reclusi all'interno delle carceri, ma ciò deve avvenire attraverso un piano di interventi strutturali, teso a salvaguardare i principi della funzione rieducativa e della certezza della pena e nel rispetto dei principi costituzionali, ma non per mezzo di provvedimenti tampone – e questo è l'ennesimo –, non in grado di incidere significativamente sul miglioramento delle condizioni generali dei procedimenti in presenza di oltre 5 milioni di processi civili e 3 milioni di processi penali e di tempi medi di definizione dei processi di oltre 7 anni nel civile e di circa 5 anni nel penale.
Si preannuncia, pertanto, inevitabilmente il voto contrario del gruppo del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Rossomando. Ne ha facoltà.
ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, colleghi, finalmente votiamo un testo di iniziativa parlamentare che affronta i mali del nostro sistema penitenziario e i mali del nostro sistema giustizia. Ma ieri abbiamo parlato d'altro. I colleghi della Lega ci hanno parlato di ciò che non sono stati in grado di fare nella scorsa legislatura, quando erano al Governo. Ci hanno ricordato dei tagli lineari, ci hanno ricordato della totale assenza di politiche industriali e ci hanno ricordato che, pure avendo governato tutte le regioni del nord, non sono stati in grado di impedire che una sola azienda delocalizzasse, neanche nella temutissima Cina ma nella stessa Europa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). E giustamente dicono, tra virgolette, «prima i nostri»; prima di cosa ? Noi diciamo «prima il lavoro»; prima occorre cambiare completamente direzione, ricominciare a distribuire la ricchezza e lo stiamo facendo (questo giusto per dovere di realtà).
Ma torniamo al merito, torniamo al merito. Allora, di cosa stiamo discutendo ? «Che non c’è un urgenza» – ci avete detto anche questo – che non c’è l'urgenza. Pag. 26L'urgenza c’è, per le condizioni disumane delle nostre carceri, per le sanzioni che l'Europa ci ha dato, per il collasso di un sistema che collassando nuoce all'economia del Paese. E noi su che cosa puntiamo ? Su due questioni: sistema delle pene, che devono essere effettive, efficaci, utili – utili –, nonché rieducazione e certezza della pena in condizioni umane; dei tempi del processo e dell'applicazione di una sanzione che deve essere applicata in un tempo ragionevolmente vicino alla commissione del reato. Queste sono le risposte che aspettano i cittadini. Vogliono che il processo si faccia in tempi ragionevoli, vogliono vedere il risultato di quel processo, vogliono vedere che per reati anche non gravi la persona offesa possa avere un risarcimento, vogliono vedere che se un reato è stato commesso magari non viene commesso di nuovo e, quindi, noi di recidiva ci occupiamo e non l'agitiamo come un problema, come un vessillo, perché vogliamo che i reati non si ripetano.
Mentre, invece, per i reati di grave allarme sociale continuerà a esserci il carcere. Vorrei rassicurare gli elettori della Lega, anche loro, perché i loro rappresentanti non gli dicono la verità. Il furto in appartamento, il furto d'auto, il furto con destrezza sono tutti furti aggravati e saranno e continueranno a essere puniti con la detenzione in carcere.
PRESIDENTE. Colleghi, vi chiedo di abbassare il tono della voce, per favore.
ANNA ROSSOMANDO. A noi interessa molto la persona offesa dal reato e per questo prevediamo la messa alla prova, con programmi di recupero che prevedono non soltanto il reinserimento sociale ma prevedono condotte riparatorie nei confronti delle vittime e nei confronti della collettività. Per reati non gravi vale molto di più un giardino che viene rimesso a posto, dove possono giocare i bambini, lavori che tutti possono vedere e percepire.
E infatti stiamo parlando di due deleghe con criteri molto certi. E devo dire anche ai colleghi del 5 Stelle che sono delusa – fino all'ultimo, forse, mi ero illusa di un vostro voto a sostegno – perché gli argomenti che avete usato sono inconsistenti e, come dire, anche dal punto di vista delle scuse, valgono poco. I criteri sono ben delineati, è lo stesso ordinamento che dice quali sono i criteri in base ai quali il giudice può graduare la pena.
Abbiamo discusso molto ieri, ci avete intrattenuto molto, per non affrontare i veri problemi, sul reato di immigrazione clandestina, sull'immigrazione irregolare. Anche qui, un obbligo di verità: innanzitutto, non è vero che non vi sarà più una condotta che costituisce reato se viene volato un ordine di espulsione e non è vero che non vi sarà alcuna conseguenza per una situazione di irregolarità.
Non vi sarà il reato su una situazione di irregolarità che è una condizione soggettiva, ma soprattutto, ma soprattutto, vorrei dire che è veramente un modo astruso e non onesto nei confronti dei cittadini dire che si affronta il tema dell'immigrazione con che cosa ? Con una multa che viene irrogata da un giudice di pace. Certo, gli scafisti, le persone che affrontano viaggi della morte, che affrontano questioni difficilissime, pensando a cosa gli può capitare davanti al giudice di pace, fanno una grandiosissima retromarcia e cambiano idea. Questo sarebbe il modo di affrontare concretamente il problema ? Di rispondere alle ansie dei cittadini ?
PRESIDENTE. Mi scusi, deputata Rossomando, non voglio interromperla. Colleghi, vi sto chiedendo di abbassare il tono della voce. È possibile ? Prego.
ANNA ROSSOMANDO. Ma lo sanno i cittadini che, per fare questi processi che irrogano delle multe nell'assenza della persona a cui questa multa, eventualmente, dovrà essere irrogata, tra l'altro bisogna distogliere anche le forze dell'ordine, che devono andare a testimoniare in un processo davanti al giudice di pace su un'ammenda ?
Quindi, cosa avete fatto voi, quando avete governato, per le forze dell'ordine. ? Oltre ai famosi tagli lineari, oltre al problema Pag. 27del turnover, in parte le mandate a testimoniare a un processo fantasma che non serve, e in parte devono andare a fare da balia sempre ai soliti simpatici delle ronde, che si perdono in giro nella Padania (Commenti di deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
Questo non è il modo di affrontare la questione dell'immigrazione, del governo dei flussi, non è il modo; noi, invece, la vogliamo affrontare con una legislazione adatta, efficace ed efficiente. Vorrei anche dire che con l'ultimo decreto Cancellieri sono stati accelerati i processi di identificazione, le procedure di espulsione, e che è ripresa, finalmente, come è stato ricordato anche poco fa, una politica di accordi con i Paesi di provenienza.
Sento una grande ansia da combattimento da parte dei colleghi della Lega, che forse, giustamente, si preoccupano di riaccendere emozioni molto sopite negli elettori che si trovano soprattutto al nord. Noi abbiamo un'altra ansia: provare a risolvere i problemi di un sistema malato, perché è vero, sono d'accordo, la sicurezza è una questione di democrazia, è una questione di diritti, così come lo sono quella delle condizioni in cui si sconta la pena e quella della funzione della pena, che deve essere una funzione rieducativa. Per questo, noi all'ansia da combattimento preferiamo il coraggio di guardare la paura negli occhi, la paura che a volte attanaglia i nostri cittadini, e dire ai nostri cittadini che noi siamo qui, che conosciamo i loro problemi e ce ne occupiamo, dei loro problemi, ce ne occupiamo – non agitiamo fantasmi, non facciamo retorica da operetta –, e lo facciamo affrontando anche il tema dell'effettività della pena, il tema della responsabilità, il tema dell'utilità della pena, il tema del recupero e il tema dei tempi dei processi; processi che devono funzionare e si devono celebrare.
E allora, con questo voto, favorevole a questo provvedimento, noi vogliamo dire che inizia una nuova stagione e che un mondo migliore è possibile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bianconi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO BIANCONI. Signor Presidente, in dissenso dal gruppo, voterò contro questo provvedimento. Le ragioni le ho già spiegate, qui rammento che l'ennesimo provvedimento cosiddetto «svuota carceri» serve soltanto a creare ulteriore allarme sociale, dà la sensazione che lo Stato si arrenda a chi vive di delinquenza, complicando ancora di più la vita dei cittadini. Se a ciò si aggiunge che il testo contiene anche l'abrogazione del reato di immigrazione clandestina, il senso di uno Stato che abbassa la guardia e che si rassegna, rompendo il patto fiduciario con gli italiani, aumenta a dismisura.
Infine, anche la motivazione principale addotta per licenziare questo provvedimento non è condivisibile. Ci sono 64 mila detenuti in Italia, di cui 24 mila costituzionalmente innocenti perché ancora non condannati. Per superare il problema delle carceri affollate sarebbe sufficiente approvare una norma che dicesse che chi non è stato condannato non può essere ristretto in carcere: questo, anziché fare come si fa adesso, che si fa di tutto, da un lato, per incarcerare chi è senza sentenza di condanna e, dall'altro, per mettere fuori i condannati.
Al collega e amico Marotta dirò che se è vero che l'Italia è la culla del diritto, è anche vero che è così comoda questa culla che il diritto ci si è addormentato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente e di deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
DONATELLA FERRANTI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATELLA FERRANTI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, almeno Pag. 28in chiusura di questo provvedimento ho cercato di tacere per non rallentare anche l'iter di chiusura. Soprattutto come presidente della Commissione, vorrei ringraziare i colleghi tutti, ma soprattutto i colleghi della Commissione giustizia, per l'impegno e il lavoro responsabile che ci ha consentito – non abbiamo compiuto nemmeno un anno dall'insediamento della Commissione giustizia – di approvare la prima legge di iniziativa parlamentare in materia di riforma della giustizia. Il ringraziamento mio ovviamente va anche alle forze di opposizione, che comunque hanno consentito un percorso costruttivo e rapido.
Certo, questo è un primo passo, non è il passo conclusivo. Ma io credo che siamo sulla buona strada. L'unica cosa, Presidente, è che vorrei che questa legge – che ne contiene in realtà quattro: due deleghe e due provvedimenti sulla messa alla prova e la sospensione per gli irreperibili, che entreranno immediatamente in vigore – si riappropriasse del suo titolo. Non è uno «svuota carceri», ma una legge di riforma del sistema sanzionatorio e, quindi, una legge che si pone come riforma appunto di sistema. Volevo soltanto ricordare che questo è al primo punto del messaggio del Presidente Napolitano e, quindi, almeno siamo riusciti a portarla a termine e per questo ringrazio veramente tutti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
(Votazione finale ed approvazione – A.C. 331-927-B)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge, già approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato, n. 331-927-B, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione)
Cassano, Duranti, Ventricelli, Folino, Zardini, Vitelli, Vignaroli, Di Benedetto, De Girolamo, Benedetti, Giorgis, Sbrollini, Gandolfi, Tinagli, Villecco Calipari, Misuraca, Gentiloni, Boccuzzi.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 925 – «Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili» (331-927-B):
Presenti 458
Votanti 436
Astenuti 22
Maggioranza 219
Hanno votato sì 332
Hanno votato no 104
La Camera approva (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Dai banchi del gruppo della Lega Nord e Autonomie si grida: «Vergogna !» – Vedi votazioni).
(I deputati Manfredi, Valentini e Giuliani hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e la deputata Gelmini ha segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole, mentre avrebbe voluto astenersi).
Discussione del disegno di legge: Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (A.C. 1542-B) (ore 11,25).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dalla Camera e modificato dal Senato, d'iniziativa del Governo: Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).Pag. 29
Avverto che i tempi per l'esame delle questioni pregiudiziali di costituzionalità sono computati nell'ambito del contingentamento relativo alla discussione sulle linee generali.
(Esame di questioni pregiudiziali – A.C. 1542-B)
PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le questioni pregiudiziali di costituzionalità Invernizzi ed altri n. 1, Brunetta ed altri n. 2 e Dadone ed altri n. 3 (Vedi l'allegato A – A.C. 1542-B), che, essendo state preannunciate nella Conferenza dei presidenti di gruppo contestualmente alla predisposizione del vigente calendario dei lavori, saranno discusse e poste in votazione prima dello svolgimento della discussione sulle linee generali, a norma dell'articolo 40, comma 2, del Regolamento.
Ricordo che, ai sensi del comma 4, primo periodo, del medesimo articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione.
In tale discussione, ai sensi del comma 3 dello stesso articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti (purché appartenenti a gruppi diversi), per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.
Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 40, comma 4, terzo periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle tre questioni pregiudiziali sollevate per motivi di costituzionalità.
Il deputato Cristian Invernizzi ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale di costituzionalità n. 1.
CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, premesso che il disegno di legge Atto Camera n. 1542-B, recante «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni», approvato dal Senato con voto di fiducia, presenta diversi profili di incostituzionalità e che l'intervento normativo che si profila con il presente disegno di legge è stato preceduto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 220 del 2013, essa ha travolto le disposizioni relative a province e città metropolitane poste dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e dal decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135; durante l'esame del provvedimento in Aula, presso il Senato, è stata votata una questione pregiudiziale di costituzionalità che non è stata approvata soltanto per tre voti.
Inoltre, il disegno di legge in oggetto contrasta con le disposizioni di cui agli articoli 1, 5, 48, 114, 117, 118 e 119 della Costituzione. È inoltre in contrasto con le norme della Carta europea delle autonomie locali e, in particolare, con la recente raccomandazione all'Italia del Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d'Europa del 19 marzo 2013.
Durante l'esame del disegno di legge, autorevoli giuristi e professori di diritto costituzionale, convocati in audizione presso le Commissioni di merito, hanno sollevato diversi dubbi di legittimità, sottolineando l'esigenza di procedere ad una «riforma razionale del sistema delle autonomie locali», evidenziando il disorientamento derivante dal sovrapporsi disordinato di provvedimenti di «riforma» del sistema delle autonomie locali. Gli stessi costituzionalisti hanno ribadito che non è possibile comunque con legge ordinaria trasformare gli organi di governo da direttamente a indirettamente elettivi, rivedere con una legge generale gli ambiti territoriali di tutte le province.
Inoltre, il testo dell'articolato in esame, come approvato dal Senato, introduce una scadenza degli organi elettivi anticipata rispetto alla scadenza naturale, modificando il comma 325 della legge n. 147 del 2013, che, invece, prevedeva la scadenza al 30 giugno 2014 degli organi elettivi coincidente con la loro scadenza naturale. Impone l'esercizio provvisorio di bilancio, ai sensi dell'articolo 163, comma 2, del Pag. 30decreto legislativo n. 267 del 2000, all'ente anche nel caso in cui il bilancio sia stato formalmente approvato, in violazione dei principi contenuti nel predetto articolo 163, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 267 del 2000. Il presente disegno di legge, inoltre, da un lato, azzera ogni forma di indennità a favore del presidente della giunta provinciale, chiamato ad assumersi responsabilità gestionali nella fase transitoria, e, dall'altro lato, allo stesso tempo, impone al presidente uscente di assumere anche i poteri decisionali spettanti al consiglio provinciale.
Ai sensi dell'articolo 1 della Costituzione, la sovranità appartiene al popolo e il popolo esercita tale sovranità nelle forme e nei limiti previsti dalla stessa Costituzione. Il riconoscimento del diritto di voto e le sue caratteristiche, enunciate nel secondo comma dell'articolo 48, concorrono pertanto alla definizione dello Stato come Stato democratico. Attraverso di esso si realizza, infatti, il principio di organizzazione che caratterizza ogni democrazia, in forza del quale ogni decisione deve essere, direttamente o indirettamente, ricondotta alle scelte compiute dal popolo, detentore della sovranità.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 11,30)
CRISTIAN INVERNIZZI. Il principio fondamentale della rappresentanza elettorale sancito nella nostra Costituzione è garantito anche dal diritto dell'Unione Europea. Il Trattato di Lisbona riunisce in un apposito titolo (Titolo II del Trattato sull'Unione europea: «Disposizioni relative ai principi democratici») le disposizioni intese a conferire maggiore visibilità al principio democratico insito nel funzionamento dell'Unione. Tale principio viene affermato e specificato nelle sue diverse configurazioni: la democrazia come rappresentanza e la democrazia come partecipazione all'attività pubblica.
È evidente, quindi, come le disposizioni introdotte dal presente disegno di legge siano in contrasto con il principio costituzionale della rappresentanza politica, che è al centro del sistema di democrazia rappresentativa, e violino il principio della garanzia della volontà dei cittadini espressa attraverso il voto, che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare, secondo l'articolo 1, secondo comma, della Costituzione.
Le disposizioni succitate, previste nell'articolato del disegno di legge in esame, appaiono, quindi, chiaramente elusive del giudicato costituzionale ed in contrasto con quanto deciso nella sentenza n. 48 del 2003 della Corte costituzionale. In base a questa pronuncia, infatti, «la durata degli organi elettivi locali, fissata dalla legge, non è liberamente disponibile». Infatti, «vi è un diritto degli enti elettivi e dei loro rappresentanti eletti al compimento del mandato conferito nelle elezioni come aspetto della struttura rappresentativa degli enti, che coinvolge anche i rispettivi corpi elettorali». Di conseguenza, sempre citando le parole della Corte, «le ipotesi eccezionali di abbreviazione del mandato elettivo debbono essere preventivamente stabilite in via generale dal legislatore», sicché «non può essere una legge provvedimento, disancorata da presupposti stabiliti in via legislativa, a disporre della durata degli organi elettivi».
Da ultimo, il presente disegno di legge aumenta, rispetto alla legislazione vigente (articolo 16, comma 17, del decreto-legge n. 138 del 2011), da 6 a 10 il numero dei consiglieri comunali per i comuni fino a 3 mila abitanti; da 7 a 12 il numero dei consiglieri comunali per i comuni da 3 mila a 5 mila abitanti; da 10 a 12 il numero dei consiglieri comunali per i comuni da 5 mila a 10 mila abitanti, senza prevedere alcuna norma transitoria rispetto alle prossime elezioni amministrative indette per il 25 maggio 2014. La tornata amministrativa del maggio 2014 investe all'incirca 2.350 comuni fino a 3 mila abitanti; circa 680 comuni da 3 mila a 5 mila abitanti; circa 640 comuni da 5 mila a 10 mila abitanti.
I comuni sopra ricordati rientrano nella categoria dei comuni fino a 15.000 abitanti, per i quali la normativa vigente Pag. 31(articolo 71, comma 3, del decreto legislativo n. 267 del 2000, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) prescrive che ciascuna candidatura a sindaco sia collegata ad una lista, la quale deve comprendere un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai tre quarti. La lista va presentata con apposita dichiarazione scritta. La dichiarazione di presentazione della lista dei candidati a consigliere e delle collegate candidature a sindaco deve essere sottoscritta, per i comuni sopra 1.000 abitanti, da un numero di elettori graduato, rispetto alla «taglia» dei comuni, dall'articolo 3 della legge 25 marzo 1993, n. 81; le sottoscrizioni sono nulle se anteriori al centottantesimo giorno precedente il termine finale per la presentazione delle candidature; la presentazione delle liste deve essere effettuata dalle ore 8 del trentesimo giorno alle ore 12 del ventinovesimo giorno, antecedenti la data di votazione (così gli articoli 28 e 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali). Riguardo alle sottoscrizioni, vale, inoltre, rammentare una giurisprudenza amministrativa orientata verso un «collegamento» tra lista indicante i nominativi dei candidati e la sottoscrizione, talché una variazione dei nominativi della lista importa nullità della sottoscrizione.
È ovvio quindi che le disposizioni introdotte mettono a rischio il normale svolgimento delle prossime elezioni amministrative e si presentano quindi, rispetto agli effetti che produrranno, manifestamente incostituzionali, ai sensi del dettato costituzionale di cui agli articoli 3 e 48 della Costituzione.
In conclusione, si evidenza l'irragionevolezza della norma del presente disegno di legge che prevede per i comuni interessati dall'aumento del numero dei consiglieri comunali e degli assessori la garanzia dell'invarianza di spesa. I comuni che andranno al voto a maggio hanno già deliberato il bilancio di previsione, quindi, il nuovo consiglio comunale e la giunta si troveranno sic et sempliciter nella condizione di avere delle spese maggiori rispetto a quelle preventivate e dovranno provvedere ad un assestamento, producendo nei fatti una rimodulazione delle poste di bilancio che potrebbe ripercuotersi su servizi essenziali. Per questo, chiediamo di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1542-B.
PRESIDENTE. Salutiamo gli alunni e i docenti del Liceo «Rosmini» di Rovereto (Trento), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune. Benvenuti (Applausi) !
L'onorevole Sarro ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale di costituzionalità Brunetta ed altri n. 2.
CARLO SARRO. Signor Presidente, la questione di costituzionalità che noi poniamo parte da una considerazione: anzitutto dalla precedente questione pregiudiziale sollevata in quest'Aula nella seduta del 2 dicembre, quando il testo non era stato ancora approvato e soprattutto prima della lettura da parte del Senato e delle modifiche che quel ramo del Parlamento ha apportato al testo normativo, modifiche che, a nostro avviso, hanno peggiorato pesantemente la portata di questo provvedimento sotto il profilo anche e soprattutto della compatibilità costituzionale. In modo specifico, mentre questo percorso legislativo andava avanti, c’è stata, anche da parte del Senato, l'approvazione delle procedure di urgenza riservate ai disegni di legge di modifica costituzionale, di quello cioè che sarebbe il percorso ordinario ed il percorso più legittimo da seguire per modificare l'assetto territoriale e, in specie, quello delle province.
Dunque, a Costituzione invariata e in considerazione delle norme che oggi disciplinano i livelli di governo del territorio, questo provvedimento si pone in evidente contrasto anzitutto con l'articolo 5 della Costituzione, che affida alla Repubblica il compito di riconoscere e promuovere le autonomie locali. Dunque, rispetto a quello che è l'assetto storico dell'articolazione territoriale ed anche dei riflessi organizzativi Pag. 32dell'amministrazione territoriale, l'articolo 5 offre una copertura costituzionale e, quindi, non sono possibili compressioni se non entrando in contrasto con il principio dettato dall'articolo 5.
Ulteriormente, questo complesso di disposizioni collide con la previsione dell'articolo 114 della Costituzione, che assegna alle province, unitamente alle città metropolitane, ai comuni e alle regioni, la qualificazione di enti costitutivi della Repubblica ed in quanto tali, ovviamente, enti che possono derivare la loro legittimazione esclusivamente dalla sovranità popolare, in ossequio anche al precetto dettato dall'articolo 1 della Costituzione, e dunque la possibilità di prevedere – così come il testo all'esame dell'Aula contempla – la elezione in forma indiretta come ente di secondo grado non è ammissibile. Lo è per quegli enti che sono stati istituiti successivamente e che non rivestono la qualificazione di enti costitutivi della Repubblica: un esempio per tutti, quello delle comunità montane.
Dunque, il percorso da seguire è quello della modifica ordinaria della Costituzione, così come, del resto, la Corte costituzionale ha già avuto modo di chiarire in occasione dell'esame della compatibilità costituzionale di due decreti-legge, poi convertiti dal Parlamento, entrambi riservati alla definizione del regime giuridico delle province, cioè il n. 201 del 2011 e il n. 95 del 2012, i quali sono stati, sotto questo profilo, ritenuti non compatibili con i canoni della legge fondamentale dello Stato.
Ma i profili di incompatibilità non si esauriscono soltanto rispetto a questi, che già di per sé sarebbero sufficienti; c’è il capitolo veramente incredibile delle città metropolitane e della impossibilità, da parte di tutti i cittadini ricompresi nell'ambito territoriale della città metropolitana, di concorrere alla elezione del sindaco della stessa città metropolitana, introducendosi una discriminazione che non può avere alcun tipo di giustificazione, poiché il sindaco della città metropolitana, di fatto, diventa ope legis il sindaco della città capoluogo, colui che è stato cioè eletto dai cittadini della sua città, mentre i cittadini dei comuni ricompresi nel nuovo assetto dell'area metropolitana non potranno concorrere alla designazione di colui al quale viene affidata, in posizione di vertice, la responsabilità di governo del nuovo ente. Né vale a mitigare questo rilievo l'osservazione che in realtà la norma consente alla potestà statutaria della città metropolitana, nell'esercizio della potestà statutaria, la possibilità di prevedere una elezione diretta a suffragio universale, perché se è vero che il comma 22 dell'articolo 1 contiene questa previsione, se solo noi proviamo mentalmente a seguire il percorso che è contemplato – la necessità di adozione di una delibera che ridefinisca l'articolazione per comuni della città capoluogo e degli altri comuni, la necessità che questa delibera venga sottoposta a referendum consultivo obbligatorio e anche vincolante nell'esito e, quindi, la necessità di attendere anche una legge regionale che disciplini il referendum, la necessità che una volta intervenuta la pronuncia del corpo elettorale lo Stato a sua volta provveda con una propria legge a dettare le norme sulle modalità di svolgimento della tornata elettorale, ed ancora la regione chiamata successivamente a pronunciarsi con un'altra legge per la definizione delle aree in cui articolare la suddivisione della città metropolitana –, vediamo che, dunque, si tratta di un complesso di competenze concorrenti, di provvedimenti normativi di varia natura, in particolar modo quelli di natura legislativa, che richiedono un arco temporale per la loro adozione e per la loro entrata in vigore che, nella migliore delle ipotesi, assorbe una durata di almeno due-tre anni e, quindi, di fatto impone la scelta del sindaco della città metropolitana direttamente in capo al sindaco della città capoluogo.
Ciò con l'ulteriore paradosso che, sempre nell'ambito del comma 22, si introduce un'ulteriore discriminazione nell'ambito delle stesse città metropolitane, perché quelle che hanno una popolazione superiore ai tre milioni di abitanti rispetto alle altre, delle dieci complessive, hanno la Pag. 33possibilità di attivare un procedimento differenziato che prevede l'istituzione delle zone nell'ambito della città metropolitana e, quindi, un percorso apparentemente più semplificato, ma sostanzialmente, quanto a farraginosità e a durata, analogo a quello previsto per le altre città metropolitane.
Dunque, una discriminazione nella discriminazione, il che rende sicuramente questo provvedimento incompatibile con il precetto dell'articolo 3 della Carta costituzionale.
Ed ancora, continuando nell'esame, abbiamo un'altra bizzarra disposizione, quella del comma 81, che prevede di fatto lo scioglimento anticipato dei consigli provinciali prima della loro scadenza naturale, atteso che introduce un anomalo e originale sistema di commissariamento delle province attraverso la permanenza in carica fino al 31 dicembre 2014 del presidente e della giunta, ma non del consiglio, e consente la protrazione dei commissariamenti, laddove già insediati, peraltro in contraddizione con le previsioni della legge di stabilità 2014, il cui articolo 1, ai commi 325 e 441, prevede la scadenza dei commissariamenti al 30 giugno del 2014.
Ma la cosa che più allarma in questa disposizione è che, in realtà, lo scioglimento anticipato dei soli consigli provinciali, prima cioè della loro scadenza naturale, è sicuramente incostituzionale, così come la Corte costituzionale ha già avuto modo di avvertire con la sentenza n. 48 del 2003, della quale voglio ricordare soltanto l'enunciato principale della massima, laddove il giudice delle leggi ha affermato che «vi è un diritto degli enti elettivi e dei loro rappresentanti eletti al compimento del mandato conferito nelle elezioni come aspetto essenziale della stessa struttura rappresentativa degli enti, che coinvolge anche i rispettivi corpi elettorali».
PRESIDENTE. La invito a concludere.
CARLO SARRO. Da ultimo, per concludere, c’è la previsione che, nel modificare la consistenza numerica dei consigli comunali e delle giunte fino a 10 mila abitanti, introduce qui un meccanismo anche di revisione del trattamento, ma soprattutto consente, per i comuni fino a 3 mila abitanti, la possibilità di svolgimento del terzo mandato per il sindaco, in un momento in cui il procedimento elettorale per la tornata del 25 maggio è già in corso e, quindi, con un'alterazione di quella che è la dinamica fisiologica di quel procedimento. Chiediamo, dunque, alla luce delle ragioni illustrate, che non si proceda all'esame del disegno di legge, A.C. 1542-B (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. La deputata Dadone ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale di costituzionalità Dadone ed altri n. 3.
FABIANA DADONE. Signor Presidente, il testo del disegno di legge per la riforma del sistema delle province è stato da noi duramente criticato fin dall'inizio. Nel presentare la questione pregiudiziale vogliamo segnalare proprio il carattere fortemente illogico di questo provvedimento e il rischio per l'intero Paese e per i cittadini. Non è un allarmismo e nemmeno un'esagerazione, tant’è che ve ne renderete sicuramente conto a breve. Il testo licenziato dal Senato e tornato in quest'Aula, mostra dei gravi elementi, che sono in netto contrasto con la Costituzione formale e con quella sostanziale, ma anche con quelle buone pratiche che nel corso degli anni sono state implementate.
In primo luogo, va registrato l'eventuale aggravio di spese: si parla di eventualità, ovviamente, e non di certezza, perché si sono «sparati» tantissimi numeri in queste settimane, ma il problema è che sostanzialmente si sta giocando a tombola, invece di avere un provvedimento che dovrebbe avere una portata storica, per cui sarà difficile quantificarne le spese. Non se ne abbia a male, ovviamente, chi ha proposto questo provvedimento, ma ci sono incertezze di certi tipi, creatività organizzativa e il rischio sia di spese che Pag. 34di aumento dei numeri di consiglieri, che comporteranno, magari, non un aumento degli stipendi – è vero –, ma i costi delle strutture ci saranno indubbiamente. Per cui, non possiamo dare per scontato che non ci saranno dei costi.
Il richiamo della Corte dei conti per primo ci ha allarmato in merito lo scorso novembre 2013 e l'incremento – lo dicevo adesso – del numero sia dei consiglieri che degli assessori locali, che, ricordo, aumenteranno di 26 mila unità i consiglieri e di 5 mila gli assessori. Quindi, non si offre alcuna certezza sulla questione delle spese. Certezza, che diventa ancora più difficile individuare, se si considera che, ai sensi del comma 136, sono questi stessi comuni ad avere la competenza di determinare, con propri atti, gli oneri connessi in materia di status degli amministratori locali.
Per questo, senza avere una reale e adeguata proiezione economica e finanziaria e senza un panorama libero e sgombro da qualsiasi dubbio, come si può pensare che sia un provvedimento accettabile ? Non lo è certamente per noi.
In secondo luogo, che in realtà è strettamente connesso al primo, vi è il potere che questo provvedimento riconosce agli enti locali di andare incidere sullo status dei consiglieri e degli assessori che è illegittimo, perché affidato ad un atto amministrativo, quello che era finora previsto dalla legge, ai sensi degli articoli dal 77 all'87 del Testo unico degli enti locali.
In terzo luogo vi è la mancanza di un controllo da parte dei cittadini sulle nuove province. Ho accennato prima all'aumento del numero dei consiglieri e degli assessori comunali; di fatto, quindi, a fronte dell'aumento del numero degli amministratori locali, il territorio manterrà comunque un ente di secondo livello che è la provincia, per l'appunto. I cittadini di ciascun territorio avranno quindi non solo il comune, ma anche la nuova provincia, con la differenza che però nel primo caso il comune verrà eletto direttamente dai cittadini, mentre, invece nel secondo, chi siederà in provincia sarà eletto direttamente da chi siede in comune. Quindi, resterà un livello di enti amministrativi che sarà controllato direttamente dai cittadini, e in particolare saranno tre: i comuni, le regioni e la Camera dei deputati e, ammesso e concesso che passi la modifica del titolo V della Costituzione, altri due enti che saranno completamente intoccabili: le province e il Senato della Repubblica. I centri di potere resteranno praticamente gli stessi, quello che cambierà sarà la concentrazione del potere decisionale con un evidente rafforzamento per chi è già dentro le istituzioni locali.
Quarto punto: l'incompatibilità parlamentare. Questa pare una barzelletta, ma in realtà ai sensi del comma 139 la carica di sindaco e quella di parlamentare non saranno più incompatibili, salvo che per i comuni con popolazione superiore ai quindicimila abitanti. Vorrei porre una domanda al sottosegretario Delrio, seppur non sia presente, perché lui, ex presidente dell'ANCI, ci potrebbe illustrare su quanti comuni andrà ad inficiare o a favorire questo particolare tipo di comma, non essendoci lui vi aiuto io a rinfrescarvi le idee utilizzando proprio i dati dell'ANCI, quindi dati decisamente attendibili. I comuni nel 2014 in Italia risultano in totale 8 mila 57, di questi, al 2013, 512 hanno una popolazione che sia superiore o uguale ai 20 mila abitanti, tutto il resto, pressoché la quasi totalità, sono comuni con popolazione uguale o inferiore ai quindicimila abitanti, di preciso sono 7 mila 323. Quindi 7 mila 323 comuni per i quali il sindaco potrà non solo fare il sindaco, ma potrà anche fare il parlamentare, per cui questo provvedimento darà la possibilità a tanti nostri colleghi o a futuri deputati di fare non solo il deputato qui a Roma o a Bruxelles, ma anche di fare l'amministratore comunale in comuni con popolazione ben superiore ai cinquemila abitanti come previsto finora.
Se questo non bastasse il comma 138 offre la possibilità ai sindaci dei comuni con popolazione inferiore ai tremila abitanti di avere la possibilità di svolgere il terzo mandato, finora vietato proprio per Pag. 35evitare che ci fosse sempre lo stesso tipo di politici e si creasse quella sorta di mala politica.
Infine l'assegnazione alla lettera e) del comma 85, della funzione relativa all'edilizia scolastica alle province. Qual è il problema, oltre al fatto che permangono le province ? La possibilità in capo alle province di continuare ad essere non solo ente gestore delle risorse finanziarie ma anche stazione appaltante. Quindi si determina una condizione di forza e si accentra in un organo che non è controllato dai cittadini una competenza che è estremamente importante. Quindi ancora una volta, il provvedimento in discussione protrarrà una condizione di disuguaglianza nel concorso di ogni cittadino italiano alla politica e all'amministrazione del Paese con un'evidente disparità di mezzi e di opportunità in pieno contrasto con il dettato costituzionale.
In sintesi il testo in discussione, ci sembra evidente, comporta alcuni problemi che appaiono semplici, ma che in realtà sono molto, molto pericolosi. Prima di tutto il potenziale aggravio delle spese. Seconda cosa la moltiplicazione di poltrone; terza cosa la concentrazione del potere rappresentativo e decisionale; quarta cosa la riduzione della parità di opportunità nel concorso all'attività politica e amministrativa del Paese da parte dei cittadini.
Condizioni che a noi pongono dei seri dubbi sulla validità di questo tipo di provvedimento. Se il Governo vuole dire di aver abolito le province, benissimo, lo può fare; ci sono varie proposte che prevedono l'abolizione delle province, una sicuramente di iniziativa popolare, che, pensate, prevede proprio solo l'abolizione delle province, non una sopravvivenza di alcune funzioni. Per cui, se il Governo lo vuole fare, può semplicemente prendere quella proposta e portarla avanti.
Io ho continuato ad usare volontariamente il termine «province» perché voglio che sia chiaro, al di fuori di questo Palazzo, che le province continueranno a rimanere, per cui, è importantissimo che i cittadini lo capiscano. Abbiamo proposto la suddetta pregiudiziale perché non vogliamo che si proceda con l'esame di questo provvedimento per tutti i profili che abbiamo finora elencato e chiediamo al Governo, se vuole eliminare le province – lo ribadisco –, di prendere quella che è la proposta di iniziativa popolare, la quale, semplicemente e veramente, si limita ad eliminare le province (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pizzolante. Ne ha facoltà.
SERGIO PIZZOLANTE. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, il Nuovo Centrodestra voterà contro la pregiudiziale di costituzionalità relativa al presente disegno di legge sulle città metropolitane, province e unioni di comuni. Il provvedimento costituisce un passo in avanti verso la revisione dell'ambito del concetto di area vasta: un progetto riformatore dello Stato e delle autonomie. Inciderà non solo sul complessivo progetto di riforma in atto, ma anche sul tema della revisione della spesa. Il disegno di legge si inserisce in una fase riformatrice diretta a rendere più funzionale lo Stato, il nostro assetto decentrato. L'Esecutivo, in questo senso, nel pieno rispetto della Costituzione, ha inteso operare per avviare con rapidità il processo riformatore, che costituisce uno dei punti cardini del suo programma. Anzi, costituisce l'aspetto fondativo della sua esistenza, del patto fra il nuovo centrosinistra e il Nuovo Centrodestra: grandi riforme, crescita, innovazione, ricostruzione dello Stato, ricostruzione della fiducia tra lo Stato e i cittadini, pacificazione.
La pregiudiziale di costituzionalità presentata va invece in senso politico opposto, cioè conservazione dell'attuale sistema delle province, del Senato, dei Regolamenti parlamentari; la paralisi, cioè. Il MoVimento 5 Stelle lo fa, perché ha paura del cambiamento, perché il cambiamento cambierebbe loro; gli altri, una parte dei cosiddetti intellettuali, alla Zagrebelsky, tanto per intenderci, perché sono conservatori, perché vivono di tabù. Il Governo Pag. 36ha operato, tenendo in alta considerazione la pronuncia della Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di alcune disposizioni in materia di riordino delle province, delle vecchie disposizioni, in quanto – questo era il motivo del pronunciamento della Corte costituzionale – lo strumento del decreto-legge è stato ritenuto uno strumento normativo non utilizzabile per questa riforma. Si è quindi operato, in conformità a quanto disposto dalla Corte, per la quale gli argomenti che sostanziano la sentenza – cito fra virgolette – «non portano alla conclusione che sull'ordinamento degli enti locali si possa intervenire solo con legge costituzionale», in quanto ciò è indispensabile solo se si sopprime uno degli enti previsti dalla Costituzione, non quindi se lo modifichiamo. Le province non chiudono i battenti dal punto di vista costituzionale, quindi, ma si modificano le funzioni in termini di coordinamento di area vasta. Vengono poi, inoltre, istituite le città metropolitane, sempre nell'ottica di una migliore gestione di aree territoriali complesse.
Quindi, il disegno di legge si sviluppa su tre coordinate: istituisce le città metropolitane, crea una nuova disciplina e nuove funzioni delle province, rimodula le norme in materia di unione di comuni. Strutture snelle di coordinamento con notevole riduzione dei costi e soprattutto con una riduzione e semplificazione dei tanti, dei troppi livelli istituzionali.
Si va, quindi, verso la rottura di una articolazione eccessiva e ripetitiva dei diversi livelli di Stato, comuni, province, regioni, Governo, Camera, Senato: troppo articolati, troppo lenti, uno Stato grasso nel momento in cui i cittadini e le imprese dimagriscono.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
SERGIO PIZZOLANTE. Tutto ciò ha reso insopportabile spesso lo Stato, la politica, le istituzioni, e purtroppo anche in qualche misura la democrazia. Per questo, noi votiamo contro le pregiudiziali, perché siamo convinti – concludo – che questo provvedimento, inserendosi nel processo più generale di riforma dello Stato, ci faccia fare un passo in avanti verso il futuro.
PRESIDENTE. La ringrazio. Ne approfitto per salutare gli alunni e i docenti dell'Istituto comprensivo «Torri di Quartesolo» (spero di averlo pronunciato bene), in provincia di Vicenza (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Marilena Fabbri. Ne ha facoltà.
MARILENA FABBRI. Signor Presidente, gentili colleghi, vorrei esprimere la posizione contraria del Partito Democratico rispetto alle pregiudiziali di costituzionalità presentate oggi, per i motivi che vado ad esporre.
Il primo è quello che siamo di fronte ad un processo di cambiamento che è iniziato con il Governo Monti, sicuramente in modo non appropriato, con la decretazione d'urgenza che è stata giustamente dichiarata incostituzionale da una sentenza della Corte costituzionale, la n. 220 del 2013, la quale appunto evidenziava come, attraverso la decretazione d'urgenza, non si potesse intervenire a modificare il sistema delle province. Ma oggi siamo di fronte ad un altro percorso, ad un altro processo che si è avviato, questa volta correttamente con una legislazione ordinaria, nel pieno rispetto dell'articolo 117 della Costituzione che attribuisce allo Stato la legislazione esclusiva in materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane. In questo solco, è da intendersi il disegno di legge cosiddetto Delrio in materia di disposizioni sulle province, unione dei comuni, fusioni e città metropolitane, che oggi andiamo a discutere, a riprendere in questa Camera dopo il primo voto del gennaio scorso.
Per quale motivo riteniamo che siamo perfettamente nel solco ? Primo: sicuramente siamo all'interno di un sistema di riforme che si collega alle proposte di legge già depositate l'anno scorso dal Governo Letta in materia di abolizione delle province; quest'anno, pochi giorni fa, dallo Pag. 37stesso Governo Renzi una riforma più organica, che vede la riforma del bicameralismo, del Titolo V, l'abolizione delle province come organi di rilievo costituzionale e del CNEL. Una riforma complessiva che vuole introdurre nel nostro Paese un cambiamento radicale, di tutta la pubblica amministrazione, non solo in una logica di spending review. Sarebbe riduttivo pensare che si fanno le riforme come quelle che stiamo per avviare solamente per risparmiare: non si può mettere in campo un cambiamento che coinvolge migliaia di persone, fra tecnici e politici, milioni di persone fra utenti dei servizi che oggi vengono gestiti da questi enti, solo per risparmiare qualche migliaio o milione di euro. Il processo ha una visione molto più ampia, ed è quella di dotare il nostro Paese di un sistema più efficace e più efficiente, anche sicuramente più economico, al passo con le necessità e con i tempi della decisione che oggi la politica, ma anche l'economia, richiede.
È una riforma che, a nostro avviso, non inficia il principio autonomistico previsto dalla Carta costituzionale, come previsto dagli articoli 5 e 114 in particolare della Costituzione, in quanto l'articolo 5 prevede la capacità di autogoverno di comuni, province e città metropolitane, ma non indica con quali modalità questa capacità di autogoverno debba essere attivata.
E quindi pensiamo che possa essere tranquillamente integrata sia attraverso un'elezione diretta degli organi, così come quella di una previsione di secondo livello. Opinione che non è personale, ma è quella di un'ampia dottrina in questo settore. Non inficia la Carta Europea delle autonomie perché è vero che prevede l'elezione diretta e auspica l'elezione diretta dei comuni, e delle regioni in particolare, come enti di particolare rilievo, di contatto con i cittadini, ma non introduce alcun principio rispetto agli enti intermedi, tant’è che non tutti gli enti sono dotati di questa autonomia. Non riteniamo che introduca, questa legge, una scadenza anticipata. Nessuna norma è in tal senso. Le province vanno a scadenza naturale, tant’è che la legge prevede due regimi: per chi scade a giugno del 2014, a cui si applica il comma 82 in prima applicazione, e quelli che andranno a scadenza nel 2015 e nel 2016, a cui si applica l'articolo 83. E quindi, è strumentale dichiarare che questa legge anticipa la scadenza degli organi eletti direttamente dai cittadini, in particolare delle province. Per questi motivi, riteniamo che vadano assolutamente rigettate le questioni di pregiudizialità e vada avviato un processo di riforma particolarmente significativo, e che non sarà statico con l'applicazione di questa legge e con la legge di riforma costituzionale, ma aprirà un processo dinamico all'interno del nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Piepoli. Ne ha facoltà.
GAETANO PIEPOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo dei Popolari per l'Italia voterà contro questa pregiudiziale di costituzionalità. E questo per una ragione molto evidente, perché il principio costituzionale è quello che riconosce lo spessore e la rilevanza e la protezione costituzionale del livello intermedio. E questa nuova normativa accetta tutto questo e lo ribadisce. Quindi, da questo punto di vista, la tendenza, che ormai abbiamo anche nella dialettica parlamentare, a spostare sul piano costituzionale questioni che invece sono di merito, delle tecniche della politica legislativa, ci vede assolutamente contrari. Naturalmente questo non significa che i Popolari per l'Italia non abbiano delle riserve nel merito. E noi speriamo che il dibattito riesca un po’ a favorire, come dire, una strada virtuosa per il ridisegno della rappresentanza dei cittadini sia per evitare il rischio che l'inflazione della velocità produca un riformismo sgangherato, e quindi di per sé incapace di raccogliere i frutti e nello stesso tempo sommerso dai prezzi nella propria velocità, sia perché noi abbiamo bisogno veramente di innovare perché la macchina e il disegno istituzionale organizzativo dello Stato sempre più sia espressione nella rappresentanza dei bisogni Pag. 38dei cittadini. Dopodiché è chiaro che noi abbiamo anche l'esigenza di comporre un mosaico in cui questo pezzo di riforma di uno Stato che cambia si colleghi con gli altri pezzi che il Governo Renzi sta annunciando, perché ci sia una filosofia complessiva che non renda difformi le diverse scelte, ma che invece le componga nel senso di un nuovo idem sentire di Repubblica, e quindi anche di un nuovo riconoscersi in questo assetto della Repubblica che l'innovazione oggi, in un quadro di crisi, richiede (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.
EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, colleghi, anche il gruppo di Fratelli d'Italia voterà a favore delle questioni pregiudiziali di costituzionalità su questo disegno di legge del Governo che appare improvvido, appare intempestivo, incongruo ad affrontare sia il problema di una riorganizzazione coerente del sistema degli enti locali, ma anche rispetto agli obiettivi di contenimento della spesa pubblica. In realtà, si parla sempre di Unione europea, ma sappiamo bene che questo provvedimento, peraltro preso con una legge ordinaria neanche costituzionale, finisce col travolgere una serie di principi pacifici nell'Unione europea, di salvaguardia del principio della prossimità, così come quello della democraticità degli enti locali che debbono essere eletti direttamente dal popolo.
D'altro canto, l'intervento a gamba tesa, che provoca uno scioglimento anticipato dei consigli provinciali rispetto a un mandato elettivo che i cittadini hanno assegnato, rappresenta un grave vulnus della nostra Costituzione e, quindi, viene meno proprio il principio della sovranità popolare, più volte ribadito non soltanto nella nostra norma fondamentale ma anche da numerose sentenze della Corte costituzionale. C’è anche il principio generale, che per noi appare assolutamente centrale, che certamente non si può con un provvedimento di legge...se questo collega si siede perché altrimenti veramente finiamo in un mercato. Allora, volevo anche aggiungere che riteniamo che interrompere, con una legge ordinaria, un mandato elettorale crediamo sia assolutamente sconveniente e crei un precedente grave perché, nel futuro, altri Governi e altri Parlamenti potranno farlo con legge, senza che ricorrano i presupposti generali di gravi violazioni di legge o di infiltrazione camorristica o comunque i principi generali posti a priori, e sicuramente creeremo un precedente che può stravolgere il potere autonomo degli enti locali, peraltro tutelato dalla nostra Costituzione.
Insomma, un pasticcio...
PRESIDENTE. Per favore, lasciamo libero il banco del Governo.
EDMONDO CIRIELLI. ... un pasticcio, volto soltanto a creare artificiosamente un consenso elettorale, ad alimentare la politica del «tanto peggio tanto meglio» che oggi in qualche maniera viene definita «antipolitica». E così il Presidente del Consiglio incaricato, non eletto neanche in Parlamento e, quindi, che si trova in maniera poco democratica a rappresentare l'Italia, porta avanti una politica di annunci e non di riforme coerenti, discusse adeguatamente in Parlamento, per stabilire un sistema degli enti locali dove ognuno sappia quali sono le proprie responsabilità. D'altro canto, se era un problema di indennità dei consiglieri provinciali e dei presidenti delle province, si potevano eliminare e sono convinto che nessuno di loro avrebbe avuto il coraggio di protestare.
Invece, quello che è grave è che questo ente, che rimane in piedi, poi non sarà eletto direttamente dai cittadini e, quindi, non sarà espressione di un potere democratico, per non dimenticare la disparità di trattamento dei cittadini delle città capoluogo di regione, che diventeranno città metropolitane, rispetto a quelli dei comuni non di città metropolitane, perché sappiamo che improvvidamente viene prevista in questo disegno di legge anche l'ipotesi che il sindaco della città capoluogo Pag. 39di regione diventi automaticamente presidente della città metropolitana senza essere eletto. Quindi, i cittadini di quella città eleggono il sindaco ed eleggono anche il presidente della città metropolitana rispetto agli altri cittadini.
In definitiva, una norma sbagliata, costituzionalmente illegittima, che non risolverà i problemi e che serve solo a Renzi per affrontare le prossime elezioni europee. Così non andremo da nessuna parte (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pilozzi. Ne ha facoltà. Ne approfitto per pregare tutti di abbassare un po’ il tono della voce. Prego, onorevole Pilozzi.
NAZZARENO PILOZZI. Signor Presidente, tutti tranne me.
PRESIDENTE. No, anzi lei lo tenga sostenuto.
NAZZARENO PILOZZI. Signor Presidente, Sinistra Ecologia Libertà esprimerà un voto favorevole sulle questioni pregiudiziali di costituzionalità relative al «disegno di legge Delrio». Questo perché noi riteniamo che questo disegno di legge sia un pasticcio, sia un pasticcio dai molti profili di incostituzionalità.
Collega Pizzolante, lei ha detto che qualcuno ha paura del cambiamento. Noi non abbiamo paura del cambiamento. Siamo stati in Commissione già dal primo passaggio alla Camera, poi con i nostri colleghi del Senato e poi fino a ieri sera a mezzanotte, perché noi vogliamo il cambiamento. Noi abbiamo paura del cambiamento sbagliato e questo disegno di legge non va nel senso del cambiamento, ma va nel senso di creare un ulteriore pasticcio della governance locale della Repubblica.
Io le elenco alcune cose sbagliate che ci sono e che, a nostro avviso, sono assolutamente incostituzionali.
Noi non ci troviamo di fronte all'abolizione delle province, ci troviamo di fronte alla abolizione del voto democratico delle province e ci troviamo di fronte all'abolizione della possibilità dei cittadini di candidarsi a governare i propri territori, quel governo dei territori resterà con un ente di secondo livello, ma i cittadini non potranno candidarsi per governarlo. E poi – e qui rispondo anche alla collega Fabbri – io sono contento che lei ha tutte queste certezze, ha la certezza che, mettendo insieme quattro o cinque norme si riesca a scongiurare il fatto che decadono le province democraticamente elette e che non scadono nel 2014, ma nel 2015 e nel 2016. Noi non solo non abbiamo queste certezze, per come è scritta la legge, ma possiamo dire sin da adesso che tutto questo rischia di portare a grandi contenziosi tra gli enti locali e lo Stato, perché non c’è scritta una norma, come noi avevamo proposto in un nostro emendamento, che le province che non scadono nel 2014 arrivano alla normale scadenza dei cinque anni. Non c’è scritto. Voi ritenete che questo si possa comunque desumere da più norme, ma io invece ritengo che era meglio, come i nostri emendamenti prevedevano e prevedono ancora in quelli presentati in quest'Aula, che si facesse chiarezza su questo punto, visto che non è costituzionalmente possibile far decadere organi democraticamente eletti. E poi, per finire, sull'aumento dei consiglieri comunali, noi ci siamo battuti affinché molti consigli comunali dei piccoli comuni non fossero dei consigli di amministrazione, ma avessero un numero minimo di consiglieri comunali. E qui lo ricordo anche ai colleghi del MoVimento 5 Stelle come, se non sbaglio, ha scritto il presidente Di Maio ultimamente, che bisogna differenziare i costi della politica dai costi della democrazia. Avere un consiglio comunale di dieci consiglieri, anziché di sei, è avere un dibattito democratico, è avere appunto un consiglio comunale e non un consiglio di amministrazione. Ma anche qui questa legge rischia di aver pasticciato, perché il comma 136 ci dice che saranno i comuni a dover fare ulteriori atti per arrivare ai dieci consiglieri comunali. E come si fa a dare questa competenza in mano ai comuni ? Noi rischiamo anche qui Pag. 40innumerevoli contenziosi, ma poi l'approfondiremo nella discussione generale e con gli emendamenti questo punto fondamentale. E in più si è perso troppo tempo al Senato ed oggi si rischia che non ci sia il tempo per le firme, perché magari qualcuno già sta raccogliendo le firme con la vecchia normativa. E noi chiedevamo di diminuire, visto che viene approvata questa legge, all'ultimo momento utile, del 70 per cento le firme da raccogliere, in modo che non si dava l'impressione a chi non è troppo organizzato, a chi magari vuol fare una lista civica, di volerlo estromettere.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
NAZZARENO PILOZZI. Ho finito Presidente. L'ultimo punto, ma poi ne riparleremo, poi con gli emendamenti, è quello sul limite dei mandati, che da due viene portato a tre. Quindi, io ribadisco il voto favorevole di Sinistra Ecologia Libertà alle pregiudiziali di incostituzionalità (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà. Colleghi è l'ultimo intervento e poi voteremo le pregiudiziali. Prego, onorevole.
ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, rapidissimamente perché molti dei commenti sono già stati enunciati da altri colleghi. Scelta Civica voterà per la prosecuzione dell'esame e contro le questioni pregiudiziali per una serie di motivi. Il primo motivo e il principale è quello sul quale il mio collega Balduzzi è intervenuto le innumerevoli volte in cui sono stati posti questi temi di costituzionalità in questa Aula in questa legislatura, e cioè che le pregiudiziali di costituzionalità hanno un senso quando riguardano l'impianto complessivo di una legge e non quando riguardano singole norme che possono essere modificate in discussione nel merito e che possono eventualmente essere dichiarate incostituzionali singolarmente appunto e non nel loro complesso. In questo caso praticamente tutte le censure riguardano singoli aspetti della legge e non la legge nel suo impianto complessivo, anche perché la contestazione complessiva che è stata fatta – e cioè l'unica forse di carattere generale – quella sull'elezione diretta e sull'assenza di un'elezione diretta degli organi provinciali da parte dei cittadini, è superata da una serie di argomentazioni, non ultima la stessa sentenza della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'incostituzionalità dei precedenti interventi solo e soltanto perché erano stati attuati con decreto legge in sede di conversione.
Un ultimo commento che vorrei fare è sulla cessazione anticipata degli organi provinciali. È stata citata varie volte una sentenza della Corte che ha dichiarato che non si possono abbreviare i mandati degli organi elettivi. Il problema è che lo ha dichiarato in relazione ad una legge regionale che lo aveva fatto al di fuori di una riforma degli enti locali.
Quella stessa sentenza dice chiaramente che una riforma che riduca il termine degli organi degli enti locali non può essere fatta al di fuori di un disegno complessivo. Qui tutto si può dire, tranne che non siamo nell'ambito di un disegno complessivo di riforma; poi, si può contestare nel merito, ma questo deve essere fatto nell'esame parlamentare, e non attraverso una contestazione di incostituzionalità (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).
PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali.
Passiamo ai voti. Colleghi, vi prego di prendere posto.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali di costituzionalità Invernizzi ed altri n. 1, Brunetta ed altri n. 2 e Dadone ed altri n. 3.Pag. 41
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Boccuzzi, Capua, Dellai...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 457
Votanti 456
Astenuti 1
Maggioranza 229
Hanno votato sì 162
Hanno votato no 294.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
(Il deputato Rigoni ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).
Essendo state respinte le questioni pregiudiziali di costituzionalità, passiamo alla discussione sulle linee generali.
(Discussione sulle linee generali – A.C. 1542-B)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Sinistra Ecologia Libertà, MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
GIANLUCA PINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANLUCA PINI. Signor Presidente, intervengo per significarle che ieri...
PRESIDENTE. Aspetti, onorevole Pini. Colleghi, per favore.
GIANLUCA PINI. Signor Presidente, intervengo per chiederle un chiarimento, sulla scorta di quanto svolto ieri nel Comitato per la legislazione. Si sono tenute due riunioni, una prima e una dopo la seduta pomeridiana, nelle quali è stato reso una sorta di parere. Non è un parere vero e proprio, ma, diciamo così, una valutazione di quelli che sono i profili di competenza del Comitato per la legislazione...
PRESIDENTE. Colleghi, almeno voi che siete vicino all'oratore, abbiate pazienza !
GIANLUCA PINI. ... molto dettagliata e molto puntuale, nella quale sono state poi decise, all'unanimità dei presenti, tutta una serie di condizioni.
Ora, per Regolamento e per prassi, condizioni poste a un disegno di legge, soprattutto se del Governo, che ha tutta una serie di criticità, che, appunto, sono state esposte in una lunghissima premessa, se non vengono recepite da parte della Commissione referente, devono essere, in qualche modo, giustificate. In qualche modo, cioè, la Commissione deve rendere conto del perché i rilievi posti dal Comitato per la legislazione, poi, non hanno avuto un seguito attraverso degli specifici emendamenti.
La mia non è polemica, è solo una «cosa» procedurale. Volevo capire, visto che non ho trovato nell'elenco degli emendamenti nessun tipo di riferimento alle condizioni – non alle osservazioni, alle condizioni – poste dal Comitato per la legislazione, dove posso trovare le giustificazioni scritte al fatto che queste condizioni non sono state rispettate da parte della Commissione.
PRESIDENTE. Onorevole Pini, il relatore deve parlare in questo momento. Credo che potrà anche evidentemente rispondere. Lo troverà poi scritto sul resoconto stenografico, sperando che il relatore osservi le osservazioni o condizioni che sono state poste dal Comitato per la legislazione. Sentiamo che cosa dice il relatore e vediamo alla fine dell'intervento. Pag. 42Invito a lasciare libero il banco del Comitato dei nove. Siamo in fase di discussione sulle linee generali, pregherei tutti coloro che non sono interessati alla discussione di uscire dall'Aula e lasciare la possibilità a chi è interessato, invece, di seguire il dibattito. Prego, onorevole Fiano, ha facoltà di svolgere la relazione.
EMANUELE FIANO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, volevo chiederle se lei intendeva che io dovessi prima rispondere sulla questione specifica posta dal collega Pini, ancorché io mi trovi qui in assenza del presidente della Commissione. Volevo che lei mi «traducesse» se io debbo fare il mio intervento di relazione al provvedimento o in primis rispondere...
PRESIDENTE. Lei illustri tranquillamente la sua relazione e ci auguriamo, insieme al collega Pini, che nel corso della sua relazione lei sia anche nelle condizioni, nell'ambito del parere, di corrispondere alle attese dell'onorevole Pini.
EMANUELE FIANO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, ritengo corretto, però, in questa interlocuzione premettere una risposta alla obiezione sollevata dal collega Pini, che si riferisce correttamente alle condizioni poste dal Comitato per la legislazione che sono state ovviamente inviate alla Commissione referente circa il provvedimento in esame.
Peraltro, vorrei obiettare in principio, tramite lei Presidente, al collega Pini – che credo sia membro del Comitato per la legislazione – che di questo argomento ieri sera la Commissione referente ha discusso. Il relatore, cioè il sottoscritto, non ha ritenuto di dover far proprie queste condizioni, ma non ci sono state richieste di voto differente sull'ipotesi di introdurre quelle condizioni come elemento di modifica del parere e, quindi, anche del testo.
Però vorrei rispondere nel merito di una per una delle condizioni che qui sono state riportate e che sono sollevate nel testo a noi trasmesso dal Comitato per la legislazione. La prima delle condizioni è quella che sostiene che vi sia un'incongruenza sul fatto se dal combinato disposto di due determinati commi dell'articolo unico che ci è giunto dal Senato, che sono il 14 e l'82...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Fiano. Colleghi, forse non ci siamo intesi, innanzitutto occorre lasciare libero il banco del Governo, o possibilmente non parlare al banco del Governo mentre interviene il relatore. E se questo non fosse sufficiente, chi non è interessato è pregato di uscire, come ho già detto. Onorevole Fioroni, onorevole Epifani! Prego, onorevole Fiano.
EMANUELE FIANO, Relatore per la maggioranza. La ringrazio, Presidente. La prima condizione trasmessa dal Comitato per la legislazione rileva che si debba chiarire se dal combinato disposto dei commi 14 e 82, che intervengono a disciplinare la durata in carica delle amministrazioni provinciali dopo la loro cessazione per l'ordinaria amministrazione, derivi o meno una scadenza degli organi elettivi anticipata rispetto a quella naturale, tenuto conto che le suddette norme espressamente agiscono in deroga alle disposizioni previgenti, le quali a loro volta prevedevano la scadenza dei medesimi organi al 30 giugno 2014.
A tal proposito, il relatore aveva chiesto un pronunciamento formale del Ministero dell'interno, che chiarisse se questo quesito posto dalla condizione del Comitato per la legislazione ponesse effettivamente in dubbio la certezza della scadenza del mandato di tali organi. Ritengo che sia cosa utile per tutta l'Aula fare quello che io ho fatto in Commissione come relatore e cioè leggere l'esatta interpretazione – che peraltro proviene anche dalla lettura specifica dei commi – che ci perviene dal Ministero dell'interno. Il Ministero dell'interno a questo specifico proposito dice quanto segue e credo, Presidente, che sia anche una risposta a una domanda che si fanno molti amministratori, non solo i colleghi parlamentari.
«Il principio di continuità degli organi elettivi o amministrativi, in conformità alle Pag. 43norme vigenti alla data della loro elezione o nomina, deve sempre essere considerato efficace, salvo disposizioni che espressamente lo contraddicano». Pertanto al comma 79, lettera a), laddove ci si limita a porre un termine massimo per le elezioni con le nuove regole del consiglio provinciale, ben al di là della scadenza naturale dei vecchi organi, si deve intendere che l'indizione di quelle elezioni di cui sopra debba avvenire dopo la scadenza naturale, anche indicata come fine mandato, di quelli in carica. D'altra parte, la stessa lettera a) – siamo sempre al comma 79 – parla espressamente di province «i cui organi scadono per fine mandato entro il 31 dicembre 2014», cioè alla scadenza del 25 maggio. La scadenza naturale, pertanto, si dà per acquisita, altrimenti si sarebbe parlato di organi che sarebbero altrimenti scaduti, ovvero si sarebbe espressamente indicata la cessazione o la decadenza anticipata. Quindi il Ministero chiarisce che noi non parliamo di cessazione o decadenza anticipata.
Inoltre, anche il richiamo alla diversa formulazione che era contenuta nel testo approvato alla Camera, non è pertinente. Il testo della Camera conteneva infatti un termine a decorrere dal quale – se lo ricorderà il collega Pini, signor Presidente – si poteva indicare l'elezione proprio in quanto individuato a prescindere dalla scadenza naturale degli organi provinciali, cioè la Camera aveva indicato un termine di scadenza che prescindeva dalla scadenza naturale, successivamente alle elezioni comunali della prima metà del 2014. Anche il testo – sempre comma 79, ma questa volta lettera b) – prevede peraltro, per le province che andranno a scadenza nel 2015 e nel 2016, il rispetto della scadenza naturale, potendosi pertanto determinare un'irragionevole disparità di trattamento per i consiglieri provinciali che scadono nel 2014. Pertanto – dice il Ministero, poi c’è qui il sottosegretario Bressa, che ha ripetuto questa interpretazione letterale ai membri della Commissione – in assenza di chiara e opposta volontà del legislatore, l'elezione del consiglio provinciale con le nuove regole dovrà tenersi dopo la scadenza naturale degli organi provinciali eletti con il precedente regime normativo e qui si dà l'interpretazione che chiude il quesito.
Vi è un secondo punto, b): al contempo, al comma 82, l'espresso richiamo al comma 79, lettera a) – i casi di province i cui organi scadano per fine mandato entro il 31 dicembre di quest'anno, cioè il 2014 – e la dizione «restano in carica», in assenza di disposizioni espressamente contrarie debba intendersi a decorrere dalla scadenza naturale degli organi ivi indicati. Pertanto, fino alla scadenza naturale il presidente e la giunta sono in carica a tutti gli effetti secondo il regime normativo previgente e da quella...
GIANLUCA PINI. Il consiglio, non il presidente della giunta !
EMANUELE FIANO, Relatore per la maggioranza. Il consiglio...il presidente assumerà i poteri del consiglio provinciale all'entrata in vigore e comunque non è il merito della condizione, e da quella data restano in carica con le nuove regole fino alla scadenza prefissata. Comunque ricordo che nel paragrafo che ho letto prima si parlava di consiglieri provinciali, quindi del consiglio.
La seconda condizione e la terza condizione, Presidente, analizzano l'ipotesi che si debba provvedere ad una resa più coerente dell'impiego delle fonti del diritto, nel caso di cui trattasi al comma 90 dell'articolo unico.
Il comma 90, lettera a), cita il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 92. Il comma 92 afferma che entro il medesimo termine di cui agli altri commi, 91 e 96, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno e del Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri per la semplificazione e la pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze, sono stabiliti i criteri generali per l'individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, eccetera, eccetera. Conclude, il comma 92, con questa aggiunta, novellata al Senato: «Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dispone anche direttamente Pag. 44in ordine alle funzioni amministrative delle province in materie di competenza statale».
Io ho ritenuto, come relatore, che questa pregiudiziale di incoerenza o condizione di ipotesi di incoerenza che prevedeva di annullare la dicitura per la quale, alla conclusione del comma 92, si individua, tra le ipotesi di regolamentazione, un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, non sussista, nel senso che al comma 90, lettera a), secondo le rispettive competenze si cita, tra gli altri, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Il decreto del Presidente del Consiglio è una delle fonti normative, degli atti di Governo, con cui normare le materie di cui al comma 90 e che derivano da quanto scritto al comma 92. Inoltre, è opinione del relatore che la terza condizione, quella del comma 125, lettera a), individui un'incoerenza che non è un'incoerenza perché è una presentazione di diversi possibili strumenti a seconda, come dice esattamente la lettera a) del comma 90, delle rispettive competenze. Complessivamente, qui ci sono poi ancora delle proposte che sono di maggior chiarimento e semplificazione di espressione legislativa, ma che, secondo la mia opinione e salvo opinione dimostrabile contraria, ma comunque questa è la mia opinione, non sono preclusive dell'efficacia operativa del provvedimento. Ad esempio, si dice che al comma 3 si debba riformulare la disposizione circoscrivendo esattamente la nominazione dei commi a cui ci si rifà e non riferendosi a un intervallo di commi dal 51 al 57, ma citando il 52 e il 57. Sono sicuramente indicazioni di maggior precisazione e maggior coerenza razionale del testo, purtuttavia, come dicevo, non sono in alcun modo secondo me preclusive dell'efficacia operativa del provvedimento.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 12,35)
EMANUELE FIANO, Relatore per la maggioranza. Vorrei, invece, dire che farei mia, se avessi la possibilità di agire in tal senso, l'ultima raccomandazione del Comitato che abbiamo più volte già sentito dire e che io condivido e che ben conosciamo, ossia che si tratta di un testo che ci proviene con il voto di fiducia dall'altro ramo del Parlamento con un solo articolo e con tanti commi molto lunghi. Secondo il Comitato per la legislazione, occorre che «in presenza di un disegno di legge di un solo articolo, composto di 151 commi, spesso molto lunghi e che presentano una struttura particolarmente complessa, articolandosi in lettere e numeri, sia valutata l'opportunità di segnalare all'amministrazione competente l'applicazione, in sede di pubblicazione del provvedimento in Gazzetta Ufficiale, dell'articolo 10, comma 3-bis, del Testo unico sulla pubblicazione degli atti normativi statali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092, a norma del quale, al fine di agevolare la lettura di una legge, decreto o altro atto normativo, i cui articoli risultino di particolare complessità in ragione dell'elevato numero di commi, la Presidenza del Consiglio dei ministri ne predispone, per la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, un testo corredato da sintetiche note a margine, stampate in modo caratteristico, che indichino in modo sommario il contenuto di singoli commi o di gruppi di essi». Non ho concluso la lettura, ma comunque, quindi, un suggerimento che viene fatto all'amministrazione competente perché non siano i cittadini a venire danneggiati dal fatto che l'utilizzo del voto di fiducia produce articolati di legge che, a fronte di un solo articolo, si sviluppano appunto in diversi, numerosissimi commi, a volte molto lunghi.
Con questo ho «disposto» il mandato che è stato dato al relatore. Pur condividendo lo scopo di alcune delle condizioni e, infine, anche della raccomandazione predisposta dal Comitato per la legislazione, non ho ritenuto che esse avessero una pregnanza di inefficacia operativa come danno provocato dai difetti che sono stati evidenziati, oltre ad avere sul primo punto, Presidente, che mi sta molto a cuore, chiarito, e spero senza più ogni Pag. 45possibilità di dubbio, l'interpretazione autentica di quanto indicato nella prima condizione a cui faceva menzione il collega Pini.
Ovviamente poi, signor Presidente, sarà la Presidenza a verificare se è necessario un chiarimento ulteriore da parte del Governo a nome del Ministero dell'interno che fornisca un'interpretazione ulteriore. E sono qui a relazionare sul provvedimento che arriva alla Camera in terza lettura. Come sappiamo, il provvedimento è stato novellato e modificato dal Senato: è una riforma ampia in materia di enti locali. Abbiamo già ascoltato molte descrizioni complessive del nuovo regime di articolazione degli enti locali e di istituzione e disciplina delle città metropolitane, nonché la ridefinizione del sistema delle province. Dico che l'abbiamo ascoltato nel dibattito che si è appena svolto in sede di presentazione di rilievi di costituzionalità e degli interventi a favore e contro. Ulteriori disposizioni riguardano la normativa sugli organi dei comuni.
I commi da 1 a 4 dell'articolo 1 sono quelli che recano disposizioni generali. Le città metropolitane sono riconosciute quali enti territoriali di area vasta con le finalità istituzionali generali, che sono la cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano; la promozione e la gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione, come peraltro precisato dal Senato, di interesse della città metropolitana; la cura delle relazioni istituzionali afferenti a quel livello comprese quelle di livello europeo ossia quelle con le città e le aree metropolitane europee.
Le province sono definite come enti territoriali di area vasta la cui disciplina è rimessa...se posso...
PRESIDENTE. Colleghi, per favore, un po’ di attenzione.
EMANUELE FIANO, Relatore per la maggioranza. La ringrazio, Presidente...la cui disciplina è rimessa ai commi dal numero 52 al 100. È riconosciuta la specificità delle province montane, intendendosi con queste le province con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri, disciplinata dai commi 52, 57 e 86: a questo si riferiva una delle condizioni del Comitato. Le unioni di comuni, disciplinate dai commi 104 a 134, sono definite enti locali costituiti da due o più comuni per l'esercizio associato di funzioni di loro competenza.
Faccio presente che, nel corso dell'esame del Senato, è stato eliminato il riferimento, nel comma 4, all'esercizio obbligatorio di funzioni fondamentali dei comuni in forma di unione. A tale modifica si collega la soppressione, sempre avvenuta al Senato, del comma 6. Inoltre è stato soppresso, sempre in sede di approvazione da parte del Senato, il comma 5 riguardante la riduzione degli obiettivi dei comuni capofila per la gestione di funzioni e servizi in forma associata e il corrispondente aumento degli obiettivi dei comuni non capofila, introdotta nel frattempo dalla legge di stabilità di quest'anno 2014. Anche la soppressione del comma 7, dal quale veniva modificata la scansione temporale dell'adeguamento dei comuni all'obbligo dell'esercizio associato delle funzioni fondamentali, è dovuta all'introduzione della disposizione della legge di stabilità.
I commi da 5 a 50 recano l'istituzione della disciplina delle città metropolitane. Il Senato ha introdotto un inciso secondo cui la disciplina delle città metropolitane è dettata in attesa della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione che evidentemente regolamenteranno complessivamente la gestione delle materie competenti allo Stato centrale e alle articolazione locali.
Al Senato è stata inoltre soppressa la disposizione che consentiva alle province con più di un milione di abitanti o a due province confinanti con più di un milione e mezzo di abitanti, previa iniziativa qualificata dei comuni, di costituire ulteriori città metropolitane: è una modifica molto rilevante perché restringe all'elenco iniziale il numero di città metropolitane che vengono istituite dal presente provvedimento. Pag. 46Il territorio della città metropolitana coincide con quello della provincia omonima. Il Senato ha soppresso – altro punto qualificante della modifica intervenuta al Senato – il procedimento speciale che consentiva ad un gruppo qualificato di comuni di non aderire alla città metropolitana con conseguente mantenimento della provincia esistente (il fenomeno cosiddetto ciambella).
Rimane il procedimento ordinario per il passaggio di singoli comuni da una provincia limitrofa alla città metropolitana o viceversa, disciplinata dal comma 3. Questo procedimento prevede l'applicazione dell'articolo 133, primo comma, della Costituzione: rispetto a tale procedimento viene rafforzato il ruolo della regione, dato che in caso di parere negativo della stessa, il Governo è tenuto a promuovere in questo caso un'intesa tra la regione e i comuni interessati e, in caso di mancata intesa tra questi, la decisione spetta al Consiglio dei ministri, che deve deliberare la presentazione di un progetto di legge in Parlamento su questo specifico argomento.
Per le regioni a statuto speciale Sardegna, Sicilia e Friuli Venezia Giulia, il Senato ha soppresso la disposizione che consentiva l'istituzione di città metropolitane nei capoluoghi di regione, quindi anche qui il Senato ha teso a restringere il campo di possibile istituzione delle città metropolitane. È stato, invece, previsto che i principi del disegno di legge in esame costituiscono principi di grande riforma economica e sociale per la disciplina di città ed aree metropolitane nelle richiamate regioni: è il comma quinto, ed è il suo secondo periodo.
Gli organi della città metropolitana sono il sindaco metropolitano, il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana. L'incarico di sindaco metropolitano, di consigliere metropolitano e di componente della conferenza metropolitana è svolto a titolo gratuito anche con riferimento agli organi previsti per la prima costituzione delle città metropolitane. Il sindaco metropolitano di diritto è il sindaco del comune capoluogo; il sindaco metropolitano ha la rappresentanza dell'ente, convoca e presiede il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana, sovraintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti, può nominare un vicesindaco, scelto tra i consiglieri metropolitani, che esercita le funzioni proprie del sindaco in caso di impedimento. Qualora il sindaco metropolitano cessi dalla carica per cessazione dalla carica di sindaco del proprio comune, il vicesindaco resta in carica fino all'insediamento del nuovo sindaco. Il sindaco può assegnare delega al vicesindaco nei casi e limiti previsti dallo statuto a consiglieri metropolitani.
Il Senato ha precisato che l'assegnazione di deleghe a consiglieri metropolitani avviene nel rispetto del principio di collegialità. Il consiglio metropolitano è composto dal sindaco e da un numero dei consiglieri variabili in base alla popolazione, è l'organo di indirizzo e controllo, approva, ovviamente, regolamenti, piani e programmi, e approva e adotta ogni altro atto ad esso sottoposto dal sindaco metropolitano; ha, altresì, potere di proposta sullo statuto e sulle sue modifiche e poteri decisori finali per l'approvazione del bilancio.
La conferenza è composta dal sindaco metropolitano, che la convoca e, ovviamente, la presiede, e dai sindaci dei comuni e delle città metropolitane; è competente per l'adozione dello statuto, ha potere consultivo per la programmazione dei bilanci e lo statuto può attribuirle altri poteri propositivi e consultivi; stabilisce le norme fondamentali dell'organizzazione dell'ente, le attribuzioni e le competenze, regola le modalità di strumento e coordinamento dell'azione complessiva, disciplina i rapporti tra i comuni e le città metropolitane per l'organizzazione e l'esercizio delle funzioni metropolitane.
I comuni possono, attraverso convenzione, avvalersi di strutture della città metropolitana e possono delegare all'esercizio di funzioni le città metropolitane, e viceversa. Il Senato ha esteso, in questo senso, la disciplina dei rapporti, delle convenzioni e delle deleghe alle unioni di Pag. 47comuni. Può prevedere la costituzione di zone omogenee per specifiche funzioni, con organismi di coordinamento con la città metropolitana e per questo è necessaria comunque l'intesa con la regione, il cui dissenso può essere superato con decisione della conferenza metropolitana.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
EMANUELE FIANO, Relatore per la maggioranza. Vengo, per concludere, Presidente, ad alcune ultime innovazioni intervenute al Senato. Il Senato ha soppresso la previsione di un comitato istitutivo della città metropolitana, che avevamo istituito nell'approvazione alla Camera, e vorrei venire ad alcune questioni conclusive che riguardano i comuni.
Ricordo che i commi 135 e 136 dispongono ad invarianza di spesa – cosa che ha costituito oggetto di dibattito pubblico falsato in alcuni casi – l'aumento del numero di consiglieri e di assessori comunali nei comuni fino a 10 mila abitanti: in particolare, nei comuni fino a 3 mila abitanti il numero dei consiglieri comunali, oltre il sindaco, è elevato a dieci, da sei di oggi, e il numero massimo di assessori è stabilito in due; nei comuni dai 3 mila ai 10 mila abitanti il numero massimo dei consiglieri comunali, oltre il sindaco, è elevato a dodici, da sette attuali, e dieci per i comuni tra i 5 mila e i 10 mila abitanti, e il numero massimo degli assessori è stabilito in quattro. Al fine di assicurare l'invarianza di spesa connessa all'aumento di cui sopra, i comuni interessati provvedono a rideterminare gli oneri connessi allo status degli amministratori locali, previa la specifica attestazione del collegio dei revisori dei conti.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
EMANUELE FIANO, Relatore per la maggioranza. Il comma 137 attua il principio della parità di genere nelle giunte comunali, prevedendo che negli organi esecutivi dei comuni – ho concluso – nessuno dei due sessi possa essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico. E su questo il Senato ha escluso i comuni con popolazione fino a 3 mila abitanti.
In conclusione, Presidente, ho cercato di delineare, anche se ho dovuto utilizzare...
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Fiano.
EMANUELE FIANO, Relatore per la maggioranza. ... parte del tempo per rispondere ai quesiti che sono stati sollevati, cercando di illustrare le principali innovazioni che sono state introdotte al Senato.
GIANLUCA PINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANLUCA PINI. Signor Presidente, io avevo sollevato inizialmente, prima della relazione del collega Fiano, una questione procedurale relativa alle condizioni che il Comitato per la legislazione aveva posto, fra l'altro, in una seduta molto partecipata e molto puntuale che ha analizzato il testo. Devo dire che solo parzialmente il collega Fiano ha risposto, in maniera puntuale, sul primo punto. Prendiamo atto che c’è un pronunciamento ufficiale da parte del Ministero dell'interno e a quello immagino che tutti si adeguino: effettivamente, è arrivata una chiarezza che si aspettava sicuramente da settimane o, per lo meno, da dopo l'approvazione del testo al Senato.
Ma con riferimento agli altri punti, vi è in maniera specifica – questo è il quesito relativo all'ordine dei lavori, Presidente – la questione della gerarchia delle fonti che è stata posta dal Comitato per la legislazione che non è stata minimamente risolta, sulla quale anche la collega Fabbri, che fa parte del Comitato per la legislazione, si è trovata d'accordo ieri sera: cioè, è prevista dallo stesso testo, dalla norma, la possibilità di derogare alla norma primaria stessa, attraverso una norma secondaria. Questa è una cosa assolutamente Pag. 48non accettabile rispetto a quelle che sono le procedure di formazione delle leggi. Su questo non vi è stata risposta e, quindi, chiedo a lei, Presidente, come si può procedere, perché si tratta di condizioni poste dal Comitato per la legislazione affinché le norme siano effettivamente chiare, intelligibili ed applicabili. Oltretutto – ripeto, sottolineo e concludo –, c’è una questione procedurale che attiene la gerarchia delle fonti che viene in qualche modo sovvertita. Quindi, chiedo a lei come si può procedere.
PRESIDENTE. Lei sa, onorevole Pini, che è la Commissione che dovrebbe farsi carico di questo. Comunque, qui sono presenti la Commissione e il Governo, che approfondiranno quanto da lei sollevato. Mi auguro che si possa avere un chiarimento su questo punto.
DANILO TONINELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DANILO TONINELLI. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori e in riferimento alla questione sollevata dal collega Pini, che è di assoluto rilievo, ovverosia quali siano le funzioni da dare e le conseguenze che debbano portare i pareri del Comitato per la legislazione.
Tra le questioni sollevate ce n’è una, che è stata anche ripresa – e ringrazio il relatore Fiano –, ma senza dare risposta, che descrive benissimo l'assoluta assenza di qualità nella produzione legislativa, ovverosia il fatto che un testo tanto complesso ed organico come questo – cioè, la ristrutturazione degli enti territoriali di secondo grado – sia stato inserito all'interno di un unico articolo composto di 151 commi. Ebbene, certamente, noi riteniamo che sia inaccettabile, che sia insopportabile continuare a produrre leggi che incidono sulla vita dei cittadini in una maniera come questa – alla stessa stregua dei decreti-legge –, che comporta una totale incertezza del diritto, perché non vi è comprensione.
La questione sollevata dal Comitato per la legislazione è una questione in corso di trattazione da parte della Giunta per il Regolamento, e la prego, se possibile, di ascoltarmi. La Giunta per il Regolamento ha correttamente affrontato la questione del Comitato, ma lo sta facendo nel modo esattamente opposto al fine e al ruolo che dobbiamo dare al Comitato, cioè, alla valorizzazione di un ruolo tecnico e terzo rispetto alla politica. In realtà, lo si sta modificando nella composizione, che attualmente è paritaria – maggioranza e opposizione –, con un presidente a turnazione. Questa composizione fa sì che oggi i pareri del Comitato siano tecnici, effettivi e valutabili giuridicamente a livello di Costituzione; trasformandone, invece, la composizione, si trasformerà in un organo politico, mettendo fine alla tecnicalità e, quindi, alla correttezza costituzionale di questo Comitato.
Presidente, lei si deve fare portavoce di questa nostra richiesta, perché è un passaggio fondamentale: cioè, la rilevanza e l'utilizzazione dei pareri di un Comitato per la legislazione, che deve rimanere organo tecnico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Toninelli, lei sa che il parere, ad oggi, non è vincolante, ma noi siamo in fase di revisione del Regolamento e questo sarà uno dei punti da attenzionare.
ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signora Presidente, intervengo sullo stesso punto per ribadire tre concetti; intanto che le riflessioni fatte dal collega Toninelli in merito a questioni di carattere assolutamente generale sono per molti aspetti condivisibili, ma come lui giustamente ricordava attengono più che a questo dibattito e a questo provvedimento, alle questioni che stanno prendendo piede con le modifiche al Regolamento. Credo che quella sarà la sede opportuna e, lo ripeto, molte delle sue considerazioni sono assolutamente condivisibili.Pag. 49
Sul problema sollevato dal collega Pini, ricordo che la questione è stata trattata anche ieri sera in sede di I Commissione e che i pareri del Comitato per la legislazione sono stati accuratamente esaminati; peraltro aggiungo che in quel Comitato vi è stato il contributo di tutti i gruppi parlamentari per costruire quel parere, quindi, il parere è stato costruito in maniera condivisa, dopodiché la Commissione, in maniera assolutamente altrettanto condivisa, ha deciso di non trasformare le cose in emendamenti e di non approvarli, ma non è che non ci sia stata una riflessione o un approfondimento in merito, anzi, c’è stata anche una sospensione nel corso della Commissione in cui si è presa lettura del parere per consentire che tutti i membri della Commissione potessero averlo acquisito in tutti i suoi aspetti.
Quindi, preso atto che su questo provvedimento c’è una contrarietà politica che invece nulla ha a che fare con il Comitato per la legislazione, è corretto che i lavori vadano avanti e non utilizzerei strumentalmente, invece, un lavoro tecnico, approfondito che è stato fatto dal Comitato per la legislazione, da cui però è scaturita una valutazione in Commissione che poi non ha portato a nessuna modifica del testo.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Chiedo di parlare, sempre sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Signora Presidente, intanto vorrei rispondere che ieri in Commissione non è stata fatta una scelta condivisa, ma è stata fatta probabilmente una scelta a maggioranza, di rispondere al Comitato sui pareri, questo per correttezza e per onestà intellettuale.
Poi, sempre sull'ordine dei lavori, chiedevo una cortesia: la I Commissione è convocata alle ore 13,45 per tematiche molto importanti, perché abbiamo un comitato pareri alle ore 13,45 e alle 14 abbiamo un'audizione del Ministro. È vero che durante la discussione sulle linee generali è possibile fare dei lavori anche nelle Commissioni, ma dal momento che la Commissione è interessata a questo provvedimento, chiederei di interrompere l'Aula alle 13, 45 in ogni caso e, se c’è una coda del dibattito, finirla nel pomeriggio.
Anche perché faccio presente un'altra questione: sono stati messi tempi contingentati a questo provvedimento, per carità, è una scelta della Conferenza dei presidenti di gruppo anche se si poteva anche non farlo, perché questa è la prima lettura e non siamo al mese successivo. Il mio gruppo in tutto questo dibattito, in una tematica così importante, avrà a disposizione nel proseguo degli emendamenti una «miseria» di venti minuti e una segnalazione di sei emendamenti perché, appunto, diventando un unico articolo, anche se c’è stato una triplicazione dei segnalati, abbiamo avuto solo sei emendamenti. Siccome è una tematica non di poco conto quella che stiamo affrontando, perché stiamo veramente sconvolgendo il sistema, qualcuno dice in positivo, noi riteniamo che ci siano alcune problematiche e solleveremo queste problematiche, chiediamo di avere dei tempi almeno decenti e qualche emendamento in più; tanto, da quello che so sono in tutto 50 gli emendamenti che sono stati presentati da tutti i gruppi, dunque anche se si dovessero affrontare tutti, penso che in questi due giorni riusciremmo ad affrontarli. Appena finito questo intervento se vuole rispondere, dopo esporrò la relazione di minoranza.
PRESIDENTE. Noi avremmo voluto, veramente, andare avanti con la discussione sulle linee generali e finirla prima del question time per ordinare i nostri lavori. Il presidente della Commissione è qui, magari la Commissione si può riunire durante il question time ? Vediamo il presidente Sisto che cosa ne pensa, un attimo.
FRANCESCO PAOLO SISTO, Presidente della I Commissione. Per la verità oggi è prevista anche l'audizione del Ministro Pag. 50Madia in Commissione, quindi siamo un po’ stretti perché credo che il Ministro sia previsto dalle 14,30 – correggetemi se ricordo male – alle 16.
PRESIDENTE. Facciamo un compromesso, andiamo avanti fino alle 14, d'accordo ?
ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, noi riteniamo che vi siano delle questioni che abbiano più urgenza delle altre. Noi chiediamo di verificare con il Ministro Madia la possibilità e la disponibilità di spostare l'orario, perché per noi è importante concludere questa discussione sulle linee generali e alle 4 cominciare con l'esame del seguito della discussione. Quindi, per noi in questo caso è fondamentale prima concludere questa discussione sulle linee generali e consentire che i lavori procedano come da programma.
PRESIDENTE. Allora, dobbiamo mettere insieme più esigenze. Stiamo facendo il calcolo dei tempi per capire come venire incontro a tutti.
FRANCESCO PAOLO SISTO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO SISTO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, intervengo solo per rammentare che alle ore 14 in Commissione è previsto l'esame della nomina del commissario anticorruzione, dottor Cantone. Quindi abbiamo questo doppio adempimento: alle 14 questa nomina e alle 14,30 l'audizione del Ministro, che peraltro è in stato di gravidanza avanzatissimo. Questo lo dico perché è stato oggetto di discussione ieri in ufficio di presidenza.
PRESIDENTE. Sta bene, andiamo avanti fino alle 14, poi riprendiamo dopo il question time, avremo altri 40 minuti di discussione.
Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Matteo Bragantini.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il testo approvato dalla maggioranza nelle Commissioni non può ritenersi in alcun modo soddisfacente. Il provvedimento, così come formulato, è privo di una visione strategica e programmatica, incapace di fornire ai cittadini prospettive di medio-lungo periodo fondate sul rilancio del Paese attraverso una politica seria di razionalizzazione della spesa pubblica e di efficientamento della pubblica amministrazione. Io darei per letta tutta la relazione, ma volevo soffermarmi su alcuni punti.
Intanto, per quanto riguarda il punto che è già stato affrontato in cui si parla della decadenza del consiglio provinciale alla data di entrata in vigore di questo provvedimento, è vero che il sottosegretario ha detto che questa norma, inserita in questo provvedimento, va letta in combinato disposto con il testo unico degli enti locali, ma è anche vero che seguendo questa norma, siccome va in deroga e siccome è successiva alle leggi del Testo unico, molti segretari provinciali già dicono che non autorizzeranno nessun consiglio provinciale in seguito all'approvazione di questa legge, perché non se la sentono, anche se ci sarà una circolare esplicitativa del Ministero dell'interno. Però la circolare esplicitativa ha nell'ordinamento delle leggi una valenza minore di una legge dello Stato. Dunque, qua si sta creando veramente la possibilità di un contenzioso su una problematica molto grave che non si va a risolvere attraverso semplicemente una circolare esplicitativa, tant’è vero che nel testo originario, per quanto riguarda tutti gli organi delle province che non scadono quest'anno, è previsto addirittura di calcolare 30 giorni successivi alla scadenza naturale di quei cinque anni da quando viene proclamato Pag. 51eletto un consigliere provinciale o un presidente di provincia. Questo creerà tantissime problematiche, a nostro avviso, anche perché si crea un'altra problematica per quanto riguarda i commi 136 e 135. Infatti, la norma non è così chiara, è stata scritta molto male, e prevede che appunto ci sia l'aumento dei consiglieri comunali – condivisibile da noi; l'anno scorso e anche nel corso della prima lettura abbiamo detto che eravamo favorevoli a questo passaggio – ma è conseguente, secondo il 186, solo a una delibera di consiglio comunale.
Dunque va in vigore solo dopo che è stata fatta la delibera del consiglio comunale. È vero che ci sarà il prefetto che manderà una circolare che dirà ai comuni: dovete fare... Questa è l'interpretazione che molti dicono essere così. Il sottosegretario giustamente dà un'altra opinione: dopo non stiamo qua in discussione... siamo in Parlamento e c’è questa problematica.
Il problema appunto è che succede che se un comune non approva questa delibera di consiglio in tempi utili, e in tempi utili secondo qualcuno significa prima che vengano indetti i comizi elettorali, secondo altri significa prima della presentazione delle liste, dunque si tratta del trentesimo giorno; però si crea una problematica in ogni caso, se è valida questa seconda ipotesi, che se un comune, un sindaco, fa la delibera all'ultimo momento, due giorni prima o un giorno prima, allora si passa da 6 consiglieri a 10. Dunque vuol dire che un giorno prima deve comunicarlo a chi è interessato a partecipare alle elezioni, e queste persone, magari dopo trattative (non nascondiamocelo) durate mesi, devono riformulare la lista da 6 a 10 persone: e sapete benissimo che non è così semplice.
Oppure potrebbe succedere il contrario: un sindaco, che ha già la sua lista pronta da 6, non cambia la norma, oppure dice che la cambia e fino all'ultimo non la cambia, e all'ultimo momento effettivamente non la cambia e rimane a 6. A questo punto ci sarebbe la problematica, per chi aveva programmato una lista da 10, di togliere 4 persone. Siccome siamo tutti persone che hanno presentato liste, che hanno partecipato alle trattative, sappiamo che soprattutto nei comuni non è semplice preparare, come qualcuno mi ha detto: ma sì, preparatene una da 10, semmai poi togliete 4 persone. Preparare una lista da 10 e dopo, all'ultimo momento, togliere 4 persone, non è così semplice, soprattutto nei comuni, perché è brutto da dire a qualcuno... perché onestamente già la gente si sta muovendo; anche perché è vero che la lista si presenta 30 giorni prima, ma normalmente tutti i candidati, sia quelli a sindaco sia quelli a consigliere, si stanno già muovendo. Perché non è che uno si candida e solo in 30 giorni fa campagna elettorale: negli ultimi 30 giorni affina e porta avanti, ma del progetto su come vuole amministrare il proprio comune, su come vuole cambiare l'urbanistica, la viabilità, la struttura del sociale e via dicendo, già comincia una persona a parlarne.
Soprattutto nei paesi piccoli, dove c’è il contatto diretto, e dunque qualcuno comincia a dire: ma se io mi candido, cosa ne pensi, cosa ne pensi di questi idee ? Saperlo ventiquattr'ore, quarantott'ore prima se uno è in lista o non è in lista, non è la stessa cosa. E anche questo, secondo me, lo si doveva scrivere in una maniera più appropriata, si poteva, in modo più efficace, dire: per legge saranno da 10 in ogni caso, e i comuni sono obbligati a fare questa delibera il prima possibile. E avremmo risolto i problemi ! Invece si è voluta formare e fare questa formula un po’ fumosa... Più che fumosa: una formula che potrebbe dare adito a delle interpretazioni a nostro avviso non univoche; e quando ci sono interpretazioni non univoche, come quando abbiamo audito vari esperti di diritto costituzionale, gli esperti di diritto costituzionale sono contenti perché avranno molto lavoro per quanto riguarda ricorsi e controricorsi: ma, per il bene dei cittadini e delle casse dello Stato, questo non è opportuno, non è una cosa efficace.
Anche perché a mio avviso più le leggi sono chiare, e più chiunque riesce a leggere Pag. 52una legge e c’è un'interpretazione univoca, meglio è, perché quando ci sono invece delle interpretazioni discordanti, questo crea sempre lavoro per gli avvocati, ma soprattutto non... Cosa che potrebbe essere anche positiva per la disoccupazione e via dicendo, ma di sicuro non si crea un diritto per i cittadini.
Poi invece, andando al provvedimento in generale, noi non condividiamo la struttura di questo provvedimento, per molti ordini di motivi.
Io mi soffermerò su alcuni. Intanto, noi non vediamo l'utilità di trasformare le province. Perché non vengono abolite le province in questo provvedimento, semplicemente vengono trasformate in un ente di secondo livello. Cosa vuol dire ente di secondo livello ? Vuol dire semplicemente che il presidente e il consiglio, ridotto, non saranno più eletti direttamente dai cittadini ma saranno eletti dai sindaci e dai consiglieri comunali con un voto ponderato in base agli abitanti del proprio comune. Questo cosa comporta ? Comporta non tanto un risparmio minimo di spesa per quanto riguarda il discorso delle elezioni, poiché non si fanno elezioni generali – ma già quelle le facevamo con risparmio – perché le accorpavamo durante altre elezioni –, ma una minore democrazia. Noi ragioniamo affermando che la riduzione dei costi della politica si possa ottenere semplicemente non facendo più scegliere i cittadini, ma svolgendo sempre elezioni di secondo livello; già lo avete fatto con le province, adesso volete farlo con il Senato che verrà formato solo dai sindaci e dai presidenti delle regioni e qualche consigliere. Ma perché allora non diminuiamo ancora il costo della politica, così come lo intendete voi, e aboliamo anche la Camera ? Anche qui ci mettiamo i sindaci: sono già eletti. Verranno a fare anche questo lavoro. Ma anche per quanto riguarda le regioni, perché votare le regioni ? Mettiamo i sindaci che rappresentano le regioni. Perché già con questa norma, insieme a quella che volete fare al Senato, ci saranno, ad esempio, i sindaci dei comuni capoluogo di regione – come Venezia – che faranno il sindaco del proprio comune, il sindaco della città metropolitana, farà il senatore... facciamogli fare anche il consigliere regionale. Che così sono dei superuomini e riescono a far tutto. Almeno risparmiamo un po’ di soldi della politica perché saranno pagati per uno e faranno cinque lavori. Ma è così che si risolvono i problemi ? Non penso proprio. Per risolvere i problemi bisognava fare una razionalizzazione. Anche perché le province rimangono come prima, e dunque ci saranno province da centocinquantamila abitanti e altre da un milione di abitanti. Forse bisognava ragionare in quel punto di vista lì. Dunque ci sono tante tematiche. Per questo motivo abbiamo voluto fare una relazione di minoranza in cui si sollevano tutte queste problematiche.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Poi passiamo agli interventi in discussione sulle linee generali.
GIANCLAUDIO BRESSA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, intervengo brevemente per svolgere una valutazione politica generale sulla portata e l'importanza dell'intervento, ma soprattutto per chiarire due questioni che sono state oggetto di intervento sia da parte dei relatori sia nella precedente discussione delle pregiudiziali. Le valutazioni di carattere generale riguardano il fatto che questa, anche se la si è voluta dipingere con tutt'altri colori, è una riforma vera che cambia profondamente la cultura dell'autonomia nel nostro Paese. Ma la cambia rafforzandola. La cambia, dando nuovo senso e significato all'attività di sindaco, all'attività dei comuni, e alla rappresentatività che il sindaco e il comune hanno nell'amministrazione del nostro paese. Quando si lamenta che l'elezione di secondo livello sia una diminuzione della democrazia ci si dimentica che a rappresentare, nel secondo livello, gli interessi della popolazione e della comunità saranno i consiglieri comunali e i sindaci, che sono la principale e più grande espressione democratica Pag. 53di questo nostro Paese. E questi sindaci saranno chiamati a rappresentare, non in ragione della loro appartenenza politica ma in ragione della loro appartenenza territoriale ad una comunità, gli interessi di quella comunità. Questo è il salto di qualità culturale dal punto di vista dell'amministrazione e delle autonomie nel nostro Paese. Ed è una esaltazione delle autonomie. Ed è l'esatto contrario di quello che si è voluto rappresentare. Brevissimamente. Si dà finalmente, dopo il 1990, l'avvio alle città metropolitane che sappiamo essere un vero autentico motore dello sviluppo dell'economia e della società, non solo urbana, nel nostro Paese. Usciamo dall'equivoco in cui le province vivono dalla metà dell'ottocento, quando sono state istituite per la prima volta.
Si definisce che la provincia non è più tale in ragione di una dimensione geografica e di una dimensione territoriale, ma è tale in ragione delle funzioni di area vasta che è chiamata a rappresentare e ad incarnare, funzioni di area vasta che sono né più, né meno quelle funzioni che i comuni da soli non possono rappresentare e che le regioni non è giusto rappresentino perché, altrimenti, verrebbero meno alla loro soggettività politica e diventerebbero enti di amministrazione, cosa che la nostra Costituzione non vuole che siano.
C’è poi l'altra grande novità, quella della razionalizzazione dei procedimenti per favorire le unioni dei comuni, che è l'altro passo importante verso un'armonizzazione, una semplificazione ed una migliore gestione delle amministrazioni nel nostro Paese.
Accanto a questo, si devono aggiungere le due novità di straordinaria portata che rappresentano il vero motivo di economie future, che non è tanto l'abolizione delle indennità dei rappresentanti politici, ma il fatto che la dimensione di area vasta diventa di fatto l'unico ente riconosciuto intermedio, o meglio l'ente prevalente intermedio tra comune e regione per le attività di regolazione e gestione. Questo significa che, di qui ai prossimi anni, spariranno 3, 4, 5 mila enti intermedi. Qui sarà il vero risparmio, qui sarà la vera efficienza, qui sarà la vera responsabilizzazione della spesa nelle amministrazioni locali.
L'altra questione è che salta il parallelismo tra dimensione provinciale e riorganizzazione periferica delle amministrazioni statali, e questa è l'altra grande importante novità.
Dette tali questioni di carattere politico generale, che sono il contenuto della riforma, mi volevo soffermare su due questioni che sono state sollevate perché possono essere oggetto di cattive interpretazioni, non di interpretazioni non univoche, come ha detto il relatore di minoranza Bragantini, ma cattive e sbagliate interpretazioni, la prima delle quali è quella fatta proprio da lui nella sua relazione, laddove dice che non ci sono interpretazioni univoche relativamente ai commi 135 e 136.
Il comma 135 è quello che modifica il Testo unico degli enti locali e fa passare, per i comuni fino a tremila abitanti, il numero dei consiglieri comunali da sei a dieci, mentre la lettera b) del suddetto comma fa passare, per i comuni con popolazione superiore a tremila abitanti e fino a 10 mila abitanti, il numero dei consiglieri da dieci a dodici. Questa è legge, non ha bisogno di nessuna delibera per essere applicata; questa, se – come il Governo auspica – il provvedimento verrà approvato questa settimana, il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale è legge, per cui questa è la nuova dimensione dei consigli comunali per questi abitanti.
La cattiva e sbagliata interpretazione di cui si è fatto interprete Bragantini anche pochi istanti fa riguarda la lettera b), la quale decide semplicemente l'invarianza del costo. Le delibere dei comuni devono determinare l'invarianza del costo, per cui, se un comune aveva sei consiglieri comunali per un importo, nel capitolo di bilancio, di 15 mila euro e adesso i consiglieri comunali diventano dieci, quel capitolo di bilancio di 15 mila euro serve per pagare i dieci consiglieri anziché i sei consiglieri. Non è l'atto costitutivo che fa passare i consiglieri da sei a dieci perché Pag. 54questo è definito con legge. Questo è l’«abc» del sistema delle fonti del nostro Paese ed è estremamente scorretto far finta che ci siano interpretazioni equivoche al riguardo.
L'altra questione che è ancora più importante e che è stata sollevata, a mio modo di vedere, in maniera corretta anche dal Comitato per la legislazione riguarda l'interpretazione dei commi 79, 82 e 14, per quanto riguarda le città metropolitane, quelli che affrontano il tema del fine mandato. Anche durante la discussione delle questioni pregiudiziali sono stati fatti degli interventi che hanno creato una confusione che deve essere rimossa e cancellata, perché i termini con cui la legge si esprime sono estremamente chiari.
Il principio di continuità degli organi elettivi amministrativi, in conformità alle norme vigenti e alla data della loro elezione o nomina, deve essere sempre considerato efficace, salvo disposizioni che espressamente lo contraddicono. Poiché in questo provvedimento non c’è scritto da nessuna parte che le province elette nel 2009 vengono sciolte, si deve intendere che le province vanno a scadenza naturale e la scadenza naturale – qui sta la necessità di un'interpretazione autentica – si può desumere dalla lettura del comma 82, che va coordinato con il comma 79, lettera a), dove si dice: «entro il 30 settembre 2014 per le province i cui organi scadono per fine mandato nel 2014». Questo significa che le province che scadevano adesso avranno la seguente data di scadenza. L'interpretazione corretta si desume dall'articolo 51, comma 1, del TUEL, il decreto legislativo n. 267 del 2000, e dall'articolo 38, comma 4, sempre del TUEL. L'articolo 51 recita: «(...) il presidente della provincia e il consiglio provinciale durano in carica per un periodo di cinque anni». L'articolo 38, comma 4, afferma: «I consiglieri entrano in carica all'atto della proclamazione ovvero, in caso di surrogazione, non appena adottata dal consiglio la relativa deliberazione».
Se poi prendiamo tutti gli atti del Presidente della Repubblica di nomina dei commissari delle province intercorsi in questi anni, leggiamo, tra i «considerati» che precedono l'atto di decretazione, la seguente frase: «Considerato che gli organi elettivi della provincia di (...) – questa è una delle tante –, rinnovati nelle consultazioni amministrative del 13 e 14 aprile 2008, sono stati proclamati eletti con atti del 21 e 24 aprile 2008 (...)», il che vuol dire che si considera la data di insediamento di quei consigli provinciali alla data della proclamazione; il che significa che i consigli, che sono in scadenza nel 2014, scadranno a seconda di quando sono stati proclamati ed eletti i consiglieri, in un periodo variabile tra il 7 giugno e il 21 giugno e, cioè, nei giorni e nelle date in cui sono state celebrate le elezioni e il ballottaggio e in cui, poi, sono stati convocati i consigli per la proclamazione degli eletti. Il che significa che non c’è nessuna anticipazione forzata della legislatura per queste province, che gli organi vanno a scadenza naturale e che non c’è nessuna lesione delle garanzie costituzionali, delle norme costituzionali e delle prerogative costituzionali che sono garantite alle assemblee elettive.
Per quanto riguarda, poi, una cosa che sembra tormentare il collega Pilozzi, ma che è completamente destituita di ogni fondamento proprio perché c’è la lettera b) del comma 79, si capisce che le province che scadono nel 2015 e nel 2016 vanno a scadenza naturale in quanto c’è una norma precisa che regolamenta la successione dei presidenti di queste province con le procedure che sono definite per legge. Quindi, da questo punto di vista, deve essere chiaro che non c’è nessun dubbio interpretativo, non c’è nessuna fine anticipata per nessuna assemblea elettiva. Questa non è un'interpretazione del Governo nella mia persona, questa è l'interpretazione che il Ministero dell'interno dà in base alla lettura coordinata delle leggi che regolano attualmente l'ordinamento delle autonomie locali nella nostra Repubblica.
Questo dovevo dirlo, questo dovevo farlo nelle forme in cui l'ho fatto, perché non deve esserci alcun equivoco, equivoco che è stato sollevato in sede di ovvia, Pag. 55naturale e legittima polemica politica, ma che non può trasformarsi, una polemica politica, in un'interpretazione di una legge che, invece, è chiara e non soggetta a nessun equivoco interpretativo.
NAZZARENO PILOZZI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo, onorevole Pilozzi ?
NAZZARENO PILOZZI. Per fatto personale, signor Presidente.
PRESIDENTE. Ma, riguardo...
NAZZARENO PILOZZI. Riguardo al fatto che sono stato chiamato in causa.
PRESIDENTE. Normalmente, gli interventi per fatto personale sono a fine seduta, come lei sa. Se vuole può svolgere un breve chiarimento, visto che è stato chiamato in causa. Però, molto velocemente. Prego.
NAZZARENO PILOZZI. Signor Presidente, avrò tempo, diciamo, per ribattere. Intervengo solo per dire che il Governo e il sottosegretario probabilmente, con la prossima riforma della Costituzione, assumeranno anche il ruolo della Cassazione, visto che ormai l'interpretazione finale delle leggi spetta al Governo.
Noi abbiamo un'interpretazione diversa, Presidente.
PRESIDENTE. Procediamo adesso con gli iscritti a parlare.
È iscritta a parlare la deputata Daniela Gasparini. Ne ha facoltà.
DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi che siete presenti, l'intervento fatto adesso dal sottosegretario Bressa mi permette di non entrare nel merito dei cavilli formali di questa legge, anche perché è dimostrato che gli uffici legislativi della Camera, la Commissione e il Governo stesso sanno e sapranno mettere a punto tutte quelle parti che sono da chiarire o che anche in futuro dovranno essere messe a punto.
Quello che a me preme oggi sottolineare è l'importanza di questa legge, che è la prima delle grandi riforme che il Paese si sta aspettando da noi, riforma che mi auguro i comuni e le regioni possano attuare compiutamente nel più breve tempo possibile, perché è urgente avere pubbliche amministrazioni più trasparenti e meno burocratiche, rendere più chiare le responsabilità politiche, rendere più efficiente ed efficace la pubblica amministrazione semplificando le filiere decisionali.
Questa riforma, che impropriamente nella comunicazione pubblica appare limitata solo alle province, in realtà chiama in causa tutti i comuni italiani e le regioni, che dovranno ripensare alla loro organizzazione e potranno – io me lo auguro di cuore – diventare il perno del cambiamento istituzionale, culturale ed economico del Paese. Regioni e comuni assumeranno un ruolo nazionale anche nel Senato delle autonomie e sono chiamati a superare le politiche di campanile che hanno reso meno strategico il loro ruolo e meno efficace la loro azione.
Questa legge infatti promuove e sostiene una nuova stagione di cooperazione tra i comuni e garantisce un governo sovracomunale utile per migliorare i servizi per i cittadini e alle imprese. Individua nel governo di area vasta, nelle unioni dei comuni, come nelle città metropolitane, una dimensione indispensabile per competere con i grandi sistemi urbani europei, ma anche per garantire un equilibrio nello sviluppo dei sistemi urbani siano essi metropolitani, provinciali, comunali. Dimensione, quella dell'area vasta, che troverà nel disegno di legge di riforma costituzionale il suo riconoscimento e che, dopo la cancellazione delle province, sarà anche un grande banco di prova delle capacità innovative delle regioni che potranno, in accordo con i comuni, ridisegnare nuove aggregazioni dei comuni tenendo conto delle vocazioni territoriali e dei cambiamenti socio-economici degli ultimi decenni.Pag. 56
Con questa legge si avvia una grande stagione riformatrice che mette al centro le autonomie locali. E ricordo a tutti che il nostro Paese è stato sempre più forte democraticamente ed economicamente quando le autonomie locali sono state capaci di promuovere politiche sperimentali, di sollecitare riforme, di garantire coesione e sviluppo sociale ed economico. È una grande sfida per gli amministratori locali che dovrà essere coerentemente sostenuta dal Parlamento, dal Governo e dalle regioni, non solo perché sono molti i decreti attuativi e le modifiche all'assetto organizzativo che dovranno essere fatti successivamente, ma soprattutto perché occorre revisionare il patto di stabilità e ridare la indispensabile autonomia finanziaria ai comuni, se si vuole far mettere in moto strumenti di programmazione e pianificazione strategica, capaci di individuare risorse, tempi, modalità attuative, valorizzando la progettualità locale e delineando una visione condivisa delle vocazioni e delle prospettive di sviluppo dei territori amministrati.
Così come considero indispensabile, per essere credibili e non chiedere solo i sacrifici e i cambiamenti agli enti locali, che il Governo si impegni a riorganizzare al più presto l'organizzazione periferica delle pubbliche amministrazioni e, così come recita il comma 147, entro sei mesi dall'approvazione della legge, presentare alle Commissioni competenti per materia i piani triennali di risparmio e la nuova mappa organizzativa dei servizi decentrati dello Stato.
Infine, desidero sottolineare la grande novità di questa legge, l'istituzione delle nove città metropolitane più Roma, territori che rappresentano più di 18 milioni di persone, e dove si concentra gran parte del prodotto interno lordo, del gettito fiscale e degli investimenti pubblici e privati del Paese. Le aree metropolitane sono il motore delle economie nazionali e hanno un ruolo sempre più rilevante negli scenari economici, sociali e istituzionali globali. Con questa legge l'Italia ne riconosce finalmente l'importanza strategica per lo sviluppo industriale e per la competitività del Paese nel suo complesso. Le aree metropolitane, e in particolare Milano e Roma, debbono potersi proporre nella competizione internazionale con le altre città come unico attore e decisore capace di rispondere in modo non frammentato sia alle esigenze del proprio territorio che agli investitori esterni.
Il Senato ha migliorato molte parti riguardanti le città metropolitane; in particolare, ha limitato alle dieci città metropolitane già previste dalla legge la possibilità di dare avvio a questo nuovo livello istituzionale e costituzionale. Questa decisione rende più forte il ruolo delle città metropolitane e coerente con la scelta di caratterizzare il ruolo delle maggiori aree urbane del Paese.
Bene, partiamo, questa legge sarà già in vigore la prossima settimana (così, almeno, mi auguro). Il Governo ha promesso di monitorare l'attuazione per rimuovere ostacoli, chiarire dubbi, fare manutenzione alla legge, se occorresse. Credo che, di fronte a riforme così radicali, che coinvolgono l'intero assetto istituzionale, occorra un monitoraggio attento dei risultati, e credo che anche il Parlamento dovrà svolgere il proprio ruolo di sostegno e di controllo, e, nel caso, cambiare decisioni non coerenti o sufficientemente chiare.
E comunque, fatemelo dire, sono proprio contenta, perché in molti «gufavano» perché questa legge non passasse e, da moltissimo tempo, da troppo tempo, in molti stiamo aspettando riforme che rimettano al centro gli enti locali; soprattutto, per quanto mi riguarda, rispetto anche alla mia storia personale, ho lungamente atteso le città metropolitane (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Federica Dieni. Ne ha facoltà.
FEDERICA DIENI. Signor Presidente, «l'arte di piacere è l'arte di ingannare», dice un motto francese. E il Presidente del Consiglio Renzi, prendendo con ogni evidenza spunto da un suo predecessore, ha Pag. 57deciso di far diventare questa massima il perno della propria azione di Governo. A Renzi – mi si consenta il bisticcio di parole – piace piacere, e per questo non può fare a meno di ingannare. Cerca di dare al popolo italiano un'idea sfavillante, continuando a vestire, dal Governo, il ruolo di rottamatore. E chi prova ad alzare la testa, a cercare di mettere in discussione qualche progetto calato dall'alto, viene immediatamente bollato con il termine di «palude».
Chi non è d'accordo vuole tenere il Paese nella palude. Ciò che sembra, tuttavia, è che l'unica innovazione che ci sta proponendo davvero questo Governo è quella di cambiare la palude con la ribollita ! Perché, diciamocelo, Renzi non è né Lorenzo il Magnifico né Niccolò Machiavelli. Talvolta, potrebbe sembrare, piuttosto, un conte Raffaello Mascetti, che cerca, con qualche giro di parole pasticciate, di ingannare l'ignaro passante.
La solita provocazione dei grillini ? Eppure, se siamo qui oggi, è esattamente per questo motivo, per ratificare uno spot elettorale a beneficio dei partiti di questo Governo – primo fra tutti, ovviamente, quello del Presidente del Consiglio –, che non porterà, nei fatti, alcun cambiamento positivo nella vita dei cittadini, né alcun tipo di risparmio.
Si sa, in effetti, che sono le parole, più che le lettere e le vocali, che hanno fatto la fortuna di Matteo Renzi. E non mi riferisco, com’è ovvio, solo al passato. Questo Governo è bravo ad inventare i titoli e a confezionare slide, ma molto meno capace di dare forma a contenuti. I media, che non sono certo ostili a questo Governo e che bevono ogni sillaba del Minculpop renziano, in questi giorni cercano di far passare surrettiziamente che questa riforma porterebbe, praticamente, all'eliminazione delle province.
Su La Stampa del 26 marzo, solo per fare un esempio, si diceva: «Avanti con l'abolizione delle province. O per lo meno a qualcosa che vagamente gli somiglia». A dire il vero, gli assomiglia parecchio alla lontana. Diciamo che questa riforma sta all'abolizione delle province come Renzi sta ad uno statista. Ma quando la smetterete di prendere in giro gli italiani ? L'atto che quest'Aula sta discutendo abolisce solo le elezioni provinciali e le giunte che dovrebbero essere espressione della maggioranza dei cittadini. Restano al loro posto i presidenti della provincia e i consiglieri provinciali.
Nascono, invece, le città metropolitane, vengono aumentati i consiglieri comunali e il numero degli assessori dei comuni sotto i 10 mila abitanti. E si tratta di numeri imponenti: quattro consiglieri in più per i comuni da mille a 3 mila abitanti, cinque consiglieri e un assessore in più per i comuni da 3 mila a 5 mila abitanti, due consiglieri in più per i comuni da 5 mila a 10 mila abitanti. Il che significa istituire circa 31 mila nuove cariche. Quindi, lo ripeto a beneficio dei presenti e, soprattutto, degli assenti: voi le poltrone le aumentate, non le tagliate. Per non parlare di ciò che prevedibilmente accadrà quando si terranno le elezioni di province e città metropolitane.
È solo intuibile il sistema di scambi incrociati e il mercato delle vacche che si scatenerà per l'elezione dei presidenti provinciali e dei consigli provinciali. Questa folla di consiglieri, assessori e sindaci avrà parecchio di cui discutere, soprattutto dopo la decisione della maggioranza di reintrodurre tra le competenze delle province l'edilizia scolastica. Manovre di una genialità senza precedenti.
Una delle misure a cui più è stata data enfasi dal Presidente del Consiglio viene attribuita proprio ad un organo che – secondo la propaganda – starebbe per essere soppresso. Si obietterà che, se si è deciso di lanciarsi in quest'impresa a tambur battente, si avranno almeno dei risparmi, risorse da destinare ad altri e più produttivi investimenti a beneficio dei cittadini. Per rispondere a questa supposizione, su cui il Governo insiste in tutte le sedi, vale la pena rileggersi quanto affermato dalla Corte dei conti in sede di audizione.
Cito: «Per quanto riguarda i risparmi attesi, sembrano restare sostanzialmente valide le valutazioni già manifestate in Pag. 58sede di audizione davanti alla Commissione affari costituzionali della Camera, secondo le quali, nell'immediato, i risparmi effettivamente quantificabili sono di entità contenuta, mentre è difficile ritenere che una riorganizzazione di così complessa portata sia improduttiva di costi». Depurata dalla diplomazia e dai tecnicismi che la Corte deve pur sempre usare, la traduzione di questo enunciato è che, al di là di quello che sostiene il Governo, difficilmente aumentando le poltrone si riducono le spese: un principio di buon senso che probabilmente non era necessario fosse enunciato dalla Corte dei conti. Ma ciò che importa sono i titoli dei giornali e dei TG, non certo i contenuti.
Sappiamo già come andrà. Domani Renzi andrà a destra e a sinistra (più a destra che a sinistra) dicendo che il MoVimento 5 Stelle si è contrapposto all'abolizione delle province. In realtà noi ci opponiamo soltanto alle fandonie e alle chiacchiere che voi andate spargendo in giro da bravi venditori di tappeti. Noi vogliamo l'abolizione delle province, quella vera però. E l'unico modo per ottenerla è passare per la modifica della Costituzione. Abbiamo anche indicato la via, depositando già all'inizio della legislatura una proposta di legge. Discutiamola e noi l'approveremo. Ma naturalmente voi non lo farete. No, voi siete i riformatori del «vorrei ma non posso». E dietro l'apparente decisionismo, dietro il ghigno sardonico del Presidente del Consiglio e il suo finto giovanilismo, c’è il vuoto politico e morale di cui siete portatori.
E per quanto concerne lei, Ministro Boschi, noi, glielo garantisco, non siamo per nulla interessati alle sue forme. Le consiglio, tuttavia, di non domandare di essere giudicata neppure per le riforme, perché mi sembra che al momento i risultati non siano esaltanti.
Cari onorevoli, membri del Governo, Presidente del Consiglio, noi potremmo anche non fare campagna elettorale per le europee perché riuscite a farci risparmiare la fatica. Come diceva Lincoln, potete ingannare tutti per qualche tempo, alcuni per tutto il tempo, ma non potete prendere per i fondelli tutti per tutto il tempo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Florian Kronbichler. Ne ha facoltà. Ho pronunciato male il nome, vero ?
FLORIAN KRONBICHLER. Molto meglio, Presidente. Devo parlare di più, forse.
Signor Presidente, forse è un po’ bizzarro e leggermente improvvido, da parte del mio gruppo Sinistra Ecologia Libertà, affidare proprio l'intervento su questo tema, l'abolizione delle province, a me.
Da cittadino di una provincia speciale, titolare della cosiddetta e della solita «clausola di salvaguardia», quindi una provincia a cui non può succedere niente, può sembrare ingeneroso o almeno irrispettoso pontificare sulla inutilità, quindi, sul bisogno di abolizione delle province. È vero che la provincia di Bolzano, come quella gemella di Trento, si chiama solo così, si chiama solo provincia, ma in verità ha il rango di regione, di regione speciale per l'esattezza.
Ma c’è, oltre alla forma e alla legalità, pure il buon senso. E il buon senso ci chiede di confrontarci con la provincia di Mantova, piuttosto che con la regione Lombardia, o la provincia di Modena che non con la regione Emilia-Romagna. Ciò non ci toglie alcun prestigio, anzi, è doveroso per rimanere credibili.
Per il resto, non mi rimane altro che ripetermi. Si ripete di continuo pure il Governo. Per le province vale quanto si dice dei gatti: i gatti hanno sette vite. Qui le stiamo abbattendo per la terza volta. Quante volte vogliamo vendere ai cittadini questo provvedimento di legge di soppressione delle province ? Una prima volta è accaduto con il Governo Monti. La seconda volta è accaduto con il premier Renzi, fresco di nomina, che ha messo in scena l'approvazione da parte del Senato come il definitivo addio alle province. Sappiamo tutti che non tiene in alta considerazione il Senato, ma per sbandierare il fantasma dell'abolizione delle province gli è servito. Immaginiamoci la Pag. 59pompa magna nel momento in cui noi avremo votato in via definitiva questo disegno di legge. Sono sicuro che saranno fuochi d'artificio ! E che cosa sarà stato, in verità: sarà finita come con la legge sul finanziamento pubblico ai partiti, come con l'abolizione del Senato, come con il cosiddetto superamento del Porcellum.
Sarà stata una promessa di abolizione, di cambiamento. Si parla di abolizione, si dice abolizione, ma nella percezione dei cittadini dovrebbe essere così. Hanno capito abolizione. Invece, se è tanto, è un piccolo cambiamento. Spesso solo un camuffamento. Di nuovo la montagna avrà partorito un topolino. Si va realizzando ciò che si è temuto sin dall'inizio, ovvero che le province sono soggetti, appunto, di rilevanza costituzionale: non li possiamo abolire così di passaggio, con legge ordinaria.
C'era all'inizio lo scetticismo, anzi la netta contrarietà degli auditi, di tutti gli auditi in Commissione: dei professori, dei costituzionalisti, degli amministratori. Nessuno era a favore di questo provvedimento. Però si è imposta, almeno in Commissione, e lì pure fra gran parte della maggioranza di Governo, la convinzione che le province, anche così come sono, non sono un capriccio di una casta localistica, non sono un gozzo burocratico. Eppure, siccome era una promessa e siccome qualcosa si doveva pur fare, non potendo abolire le province, il Governo ha preso la via dello svuotamento delle province. Non si tolgono le province, si toglie la democrazia alle province. E a noi qui e a tutti i cittadini si chiede di far passare l'operazione di facciata per riforma. Se è così è un po’ più facile, si capisce da qui, è facile intrattenerci.
Questa di oggi non è una bella giornata per la democrazia. Restano le province, spariscono le elezioni provinciali. Il Parlamento sta per introdurre alla grande il concetto di elezioni di secondo livello. È un concetto balordo, quello di «elezioni a secondo livello». Noi continuiamo a sostenere il valore del suffragio universale, quindi delle elezioni di primo livello. Per noi è un meno di democrazia. E non è questa che ci pare la grande esigenza del momento. Semmai vale il contrario. Il Paese soffre di mancanza di democrazia e che cosa fa il Governo, che cosa fa il legislatore ? L'abbiamo fatto con una legge elettorale e lo facciamo ora con questa cosiddetta abolizione delle province: ci preoccupiamo tanto di come sfruttare, tanto di come gestire meglio il voto dei cittadini. Invece ci preoccupiamo poco o per niente di come procurarci i voti, di come invogliare i cittadini ad andare a votare.
Questo è il grande problema, il grande tema del momento. Ci occupiamo della fantomatica governabilità e sacrifichiamo ad essa ogni altro principio. La sofferenza del momento è la rappresentatività. Noi curiamo, ci occupiamo della patologia sbagliata.
Noi ci siamo impegnati moltissimo in Commissione, presentando emendamenti, e sempre in uno spirito costruttivo, essendo consci del nostro peso molto relativo, quindi chiedendo non la luna, non cambiamenti di rotta che mai avremmo ottenuto, ma correzioni tecniche, aggiustamenti. Qualcuno è stato anche accettato, forse addirittura sproporzionatamente tanti. Approvando alcuni nostri emendamenti sostanziali e condividendo parecchi nostri dubbi, qualcuno – non dico il nome – della maggioranza ha ritenuto necessario ironizzare su una «legge Pilozzi».
Questo per dire dell'impegno che il nostro capogruppo ci ha messo. Di correzioni, ovviamente, ci sarebbe ancora gran bisogno. La legge è illeggibile – e vado a finire – e non lo diciamo solo noi dell'opposizione, ma è stato il Comitato per la legislazione, ancora ieri notte, insomma a tempo scaduto, a lamentare l'illeggibilità, raccomandando misure eccezionali – cito – «al fine di agevolarne la lettura». Questo è un autorevole «insufficiente» in pagella al legislatore. Il nostro giudizio è conforme (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Caon. Ne ha facoltà.
Pag. 60 ROBERTO CAON. Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, io vi dico solo che le promesse delle campagne elettorali, che poi non avete neanche fatto voi, è meglio che non le portate avanti in questo modo.
Tutto inizia da qualche partito di centro, da Monti, quando sembrava che le province fossero il male del territorio. Forse sì per Roma, per la politica romana, per la politica centralista. È veramente un errore, però, quello che state portando avanti, e lo portate avanti solo per uno scopo di marketing. Oggi avete un Presidente del Consiglio che è diventato imbarazzante anche per voi della maggioranza sostenere da quanto marketing sta facendo. Sta lavorando solo su operazioni di marketing; sulla sostanza, pari a zero. Questa è la dimostrazione di ciò che voi state portando avanti. Il Presidente del Consiglio non sa neanche alla fine cosa vi sta facendo votare, ma lui sta parlando, lui sta rottamando. Dopo questo passaggio in terza lettura io sono convinto che si rottamerà da solo, perché il popolo un po’ alla volta comincia a capire che le operazioni di marketing che sta facendo questo Presidente sono proprio operazioni che non portano a nulla, ma portano confusione totale in uno Stato che è già in stato confusionale.
E vi faccio due-tre passaggi. Il Governo Renzi ha rafforzato, oserei dire in maniera totale, questo folle disegno di legge, con l'ennesimo autogol, quello che vi ho appena detto. Anche se da un lato i media e i pennivendoli di regime sembrano ancora vivere con estrema passione la fase di innamoramento nei confronti del giovane e del bel sindaco Presidente del Consiglio, dall'altro lato oggi si inizia a giocare con carte scoperte e i cittadini iniziano a comprendere che al peggio non vi è fine. Non vi è fine perché dopo Monti e Letta ci saremmo aspettati tutti tranne che un nuovo e finto rottamatore, l'uomo del già fatto, dei messaggini online, sui social network all'alba, tutte operazioni che ho appena menzionato.
Forse il Presidente del Consiglio non sa neanche che le province sono 107. In un battito d'ali, avrebbe dovuto cancellare ogni tipo di riforma portata avanti dal Ministro Monti e, invece, ha voluto continuare solo per uno scopo elettorale. Ci ritroveremo delle mezze province. La sentenza della Corte costituzionale già si sapeva, anzi voi che eravate maggioranza con il Governo Monti non gli avete detto: guardi, dottor Monti, guardi, Presidente del Consiglio, che non si possono cancellare le province senza un passaggio costituzionale. Ciò vuol dire che, degli inetti che siedono ancora qua dentro, nessuno sapeva che per fare certi passaggi occorreva un passaggio costituzionale. E avete mandato avanti questa riforma ben sapendo, oppure non sapendo, che bisognava fare questo passaggio. E ci ritroviamo oggi cercando di limitare i danni del buon marketing dicendo: le abbiamo rottamate, ma, in realtà, le abbiamo accantonate, tirando via esattamente il passaggio elettivo di queste province. La vera democrazia che voi del centrosinistra continuate a dire che deve essere esattamente la base di una buona democrazia e di un buon Paese.
A me sembra che, dopo tanti anni, cominciate a ragionare un po’ a fasi alterne. Nel 2006, vi chiedo, perché non siete andati a votare per la chiusura del Senato ? Avete votato esattamente il contrario o non siete andati a votare. Questa sicuramente è una macchia che vi rimarrà per quanto riguarda le riforme di questo Stato. Infatti, noi della Lega il fatto di far venir meno il Senato e di istituire un unico ramo parlamentare è da anni che lo diciamo. Ve lo avevamo presentato in un piatto d'argento e voi, perché avevate tutte le vostre, diciamo così, equazioni, i vostri pesi politici, avete continuato a volerlo. Oggi non avete neanche l'onestà intellettuale di dire: nel 2006 abbiamo sbagliato. Adesso arrivate voi e dite: siamo noi i rottamatori del Senato. Bravi, finalmente cominciate a capire. Con dieci anni di ritardo cominciate a ragionare su certe cose.
Tornando comunque alle province, vi dico: ma cos’è che state tagliando, in realtà ? In realtà, non state tagliando esattamente Pag. 61niente perché le province stanno là come prima. La vera riforma era quella di potenziare le province per rendere tutti quegli enti territoriali satelliti e cercare di farli concentrare. Ecco, io sono un uomo di impresa e vi dico che per abbassare i costi bisogna sì concentrare, ma in maniera diversa. Bisogna fare degli investimenti in un unico plesso e portare altri enti collaterali e organizzarli dentro un unico plesso. Allora lì ci sono veramente gli abbassamenti dei costi, non come state portando avanti voi, così a spizzichi e bocconi: città metropolitane, non sappiamo da dove cominceranno, però le faremo. Non date sicuramente un futuro a questo Paese nel modo in cui lo state portando avanti.
Il presente disegno di legge, inoltre, azzera ogni forma di indennità a favore del presidente della giunta provinciale. Anche su questo: ma voi pensate che la gente possa fare politica senza essere pagata ? Avete aumentato i consiglieri comunali di questo Paese dicendo che quel comune deve mantenere lo stesso prezzo.
Signor Presidente, io sto parlando con una specie di Governo in questo momento e vedo che anche i relatori di maggioranza ci stanno parlando insieme. Allora, io faccio una domanda molto semplice: pensate che fare il consigliere comunale non sia una spesa ? La politica come la state facendo voi la possono fare solo quelle persone che hanno determinati introiti, che hanno determinati redditi, perché un operaio che ha mille euro al mese di stipendio non si può permettere di fare il consigliere comunale. Lo sapete voi questo ? Allora, voi con queste leggi, con questo sistema di portare avanti i consigli comunali, date in mano i consigli comunali ai soliti architetti, ai soliti ingegneri, alle solite persone che poi spremono quel territorio come un limone, perché vanno in amministrazione solo per quello. Questa è la verità.
Dovete aumentare la possibilità del gettone di presenza per i consiglieri e non diminuirla, perché, se voi aumentate il numero dei consiglieri e mantenete lo stesso costo, chi va a fare il consigliere quando magari riesce a spendere 100-150 euro di telefono da quando comincia a diventare consigliere di un certo comune ? Va per un gettone di 19 euro, secondo voi ? Anzi, adesso, visto che aumentate i consiglieri e mantenete lo stesso costo, va per un gettone di 10 euro lordi. Beh, è demenziale quello che state portando avanti in questo Paese: voi la democrazia la state eliminando dalle province e anche dai comuni, perché in quei comuni i consiglieri non potranno fare i consiglieri. Può farlo solo chi se lo può permettere. Voi sapete benissimo che quando uno fa il consigliere non è più una persona, ma è diventato persona pubblica. Vi chiedo: fareste voi i consiglieri per 10 euro al mese o 20 euro per un consiglio comunale in un comune sotto i 15mila abitanti e anche sopra i 15mila abitanti ? E poi adesso date anche l'incarico di andare in provincia.
Allora, vi dico: mettetevi un po’ a posto, cercate di cominciare a ragionare col territorio, con le persone, e non dite rottamiamo perché dobbiamo rottamare tout court, a tutti costi, per far vedere fuori che abbiamo fatto un qualcosa che, in realtà, poi, magari, come il Titolo V, fatto in fretta e furia all'ultimo momento per far vedere che volevate fare il federalismo, crea solo dei problemi enormi, che poi tra dieci anni ce li ritroviamo. Perché ? Perché voi avete voluto fare un qualcosa a tutti costi per far vedere che avete fatto. In realtà, state facendo solo grande confusione.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Marilena Fabbri. Ne ha facoltà.
MARILENA FABBRI. Signor Presidente, gentili colleghi, ho chiesto di intervenire perché volevo sottolineare alcuni aspetti di questo provvedimento e, prima di tutto, per ringraziare gli amministratori delle nostre province che, in questi anni, dall'istituzione in poi, hanno servito questo Paese e hanno consentito alle comunità, alle piccole comunità del nostro territorio, di crescere, di potersi organizzare e di poter crescere anche in professionalità, di organizzare servizi alla comunità Pag. 62anche di ambito sovracomunale. E lo voglio dire e sottolineare perché credo che nessuna riforma, nessun cambiamento, possa nascere contro qualcosa o contro qualcuno, ma solamente per un obiettivo di innovazione e di migliore efficacia ed efficienza del nostro sistema.
Credo che noi siamo in questa fase, al di là della demagogia, delle strumentalità che sono avvenute e avvengono a volte in quest'Aula e che avvengono soprattutto sui media e nei giornali. Le riforme non si fanno per punire o sanzionare, ma si fanno per ammodernare e innovare questo Paese, e – ribadisco – io credo che siamo assolutamente in questa situazione.
È vero, non stiamo abolendo le province, le stiamo trasformando. Stiamo introducendo una riforma epocale e significativa nel nostro Paese per ridare reale autonomia alle comunità. A differenza di quanto è avvenuto negli ultimi anni, in cui, a invarianza legislativa e in pieno federalismo, in realtà si sono private le comunità, in particolare gli enti locali e le province, delle risorse necessarie per poter gestire appieno i propri servizi. Siamo in una fase in cui viene chiesto alla politica di fare quello che non è stata capace di fare negli ultimi decenni, cioè ripensarsi, ristrutturare il sistema della pubblica amministrazione e dell'organizzazione dello Stato, perché sia più efficiente, più innovativa e anche sicuramente più economica.
Ma l'economicità del nostro sistema non la misureremo a tre o a sei mesi, la misureremo nel medio-lungo periodo e, soprattutto, la misureremo se saremo capaci, come politici di rilievo nazionale e come amministratori di rilievo locale, di prendere e accompagnare effettivamente questa grande riforma del sistema, la quale prevede non solo la trasformazione delle province, ma prevede e dà gambe alla fusione dei comuni, che era già stata precedentemente prevista, ma che ulteriormente va a delineare e consente ai comuni, effettivamente, di poter andare verso la fusione, nonostante le regioni non abbiano deliberato in materia, così come prevedono norme specifiche e puntuali per favorire e realizzare le unioni dei comuni, che sono già obbligatorie per legge, ma che vedevano una serie di limitazioni anche nella mancanza della legislazione regionale. Essa prevede, inoltre, l'istituzione delle città metropolitane in sostituzione delle province, nelle dieci città già precedentemente previste fin dal 1990 con la prima legge di riforma della pubblica amministrazione, la legge n. 142, e la trasformazione delle aree provinciali e delle province in aree vaste. Io credo che, se veramente noi sapremo accompagnare questo processo, saremo di fronte ad un cambiamento epocale, che va al di là, sicuramente, anche dei limiti e delle criticità che questo provvedimento oggi può avere e che potranno essere anche migliorati nel prosieguo e nella sua applicazione. Ma oggi siamo di fronte ad un provvedimento di riforma.
Qui vedo che viene chiesto al PD di essere coerente con i proclami e di dimostrare veramente la capacità di riformare il Paese, ma poi, nel momento in cui vengono presentati in Aula i provvedimenti, gli si chiede di rinviarli, perché non fatti in maniera puntuale o nel modo in cui, magari, ciascuno di noi vorrebbe fare questi provvedimenti. Oggi siamo di fronte alla possibilità, vera, di introdurre un cambiamento significativo e di dare ai nostri enti locali e ai nostri amministratori gli strumenti per poter effettivamente fare, compresi gli incentivi economici per andare verso le fusioni, per andare verso le gestioni obbligatorie delle funzioni attraverso le unioni e per istituire, a partire dal 1o gennaio 2015, le città metropolitane, che vedranno un processo di istituzione già a partire dal 2014, a seguito della scadenza naturale delle province.
Questo provvedimento prevede anche una serie di innovazioni, secondo me, positive che ha introdotto il Senato: la prima fra tutte è quella di aver abolito un emendamento che è stato introdotto in questa Camera a seguito della richiesta di alcune forze politiche, per il quale i comuni potevano optare fra le città metropolitane o il mantenimento della provincia. Questo lo ritengo un cambiamento Pag. 63significativo, perché elimina la possibilità di andare ad aumentare gli enti, ma li riduce.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MARILENA FABBRI. Così, come dicevo, una serie di provvedimenti specifici per le fusioni di comuni.
Concludo facendo anche io un riferimento. Anch'io ritengo, come ha detto il collega della Lega, che il lavoro – perché si tratta di un lavoro – dei nostri amministratori locali dovrebbe essere maggiormente valorizzato. Quindi, io spero che ci sia, in futuro, un momento nel quale il lavoro politico – perché di questo si tratta, nel momento in cui viene fatto, deve essere fatto con grande etica e con grande professionalità e, quindi, anche remunerato per avere le forze migliori del Paese – possa essere di nuovo riconsiderato in maniera corretta. Oggi, è vero, non lo valorizziamo, perché stiamo pagando gli errori di una politica che è stata trasversale e che ha coinvolto tante, tutte le forze politiche, alcuni esponenti delle forze politiche, e che ha, purtroppo, denigrato e tolto di autorevolezza alla classe politica e alla sua capacità del fare.
PRESIDENTE. Deve concludere.
MARILENA FABBRI. Quindi, il provvedimento in esame nasce con questo handicap, ma io auspico – e lo auspichiamo in tanti nel nostro partito – che arrivi un momento in cui la politica ritorni ad avere l'autorevolezza e la credibilità necessaria nel Paese. E io credo fermamente che questo provvedimento sia uno dei tanti passi che noi dobbiamo fare e concretizzare per ridare questa autorevolezza al Parlamento e alla nostra azione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Essendo giunti alle ore 14, come già preannunziato, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15, con lo svolgimento del question time e, a partire dalle ore 16, con il seguito della discussione sulle linee generali del disegno di legge recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni.
La seduta è sospesa.
La seduta, sospesa alle 14, è ripresa alle 15.
Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro per gli affari regionali e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
(Chiarimenti in merito al procedimento di sospensione dalla carica del Presidente della regione Calabria, Giuseppe Scopelliti – n. 3-00722)
PRESIDENTE. Il deputato Sebastiano Barbanti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00722, concernente chiarimenti in merito al procedimento di sospensione dalla carica del Presidente della regione Calabria, Giuseppe Scopelliti (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.
SEBASTIANO BARBANTI. Signora Presidente, Ministro, come ben sa il presidente della regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, è stato condannato in primo grado a sei anni di reclusione per abuso di ufficio e falso in atto pubblico e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici. È ben noto che la sentenza produce già effetti costitutivi e quindi il presidente non può più produrre e firmare atti normativi. In altre parole, sta soltanto scaldando una sedia a spese dei contribuenti, così come lo stanno facendo i consiglieri del PD che non dimettendosi, avvallano questo sistema di cose. Inoltre, il valzer delle dimissioni annunciate, mai formalizzate e ora posposte all’election day di maggio, è Pag. 64l'ennesima beffa ai danni di un popolo, quello calabrese, già profondamente mortificato da decenni di malgoverno, fatto di clientele, servilismo e privazione dei fondamentali diritti civili.
Ministro, lei è calabrese, quindi conosce bene la situazione nel sud del sud, lei è stata eletta a icona della legalità in Calabria, dimostri che sperare, in Calabria, ancora si può, dimostri che lo Stato c’è, dimostri che essere onesti paga. A nome dei cittadini calabresi onesti, le chiedo di produrre e notificare celermente al consiglio regionale il decreto sospensivo nei confronti del presidente Scopelliti.
PRESIDENTE. La Ministra per gli affari regionali, Carmela Lanzetta, ha facoltà di rispondere.
MARIA CARMELA LANZETTA, Ministro per gli affari regionali. Signora Presidente, con il documento in esame gli onorevoli interroganti chiedono di conoscere quando possa giungere a compimento nei confronti del presidente della regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, la procedura di sospensione dalla carica da questi rivestita. Organi di stampa hanno, infatti, riferito in merito all'avvenuta condanna dello stesso per diversi reati.
Al riguardo, si rappresenta quanto segue: si richiama innanzitutto brevemente la procedura di sospensione, essa è disciplinata dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 235 del 2012 e prevede come primo atto, in particolare al comma 4, che il provvedimento giudiziario adottato, quando comporti una sospensione di diritto dalla carica ricoperta, venga comunicato a cura del tribunale al prefetto del capoluogo della regione interessata. Si ricorda che la sospensione di diritto opera nei casi indicati dall'articolo 8, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 235 in presenza dei reati menzionati dall'articolo 7 dello stesso decreto.
Ricevuta la comunicazione del provvedimento giudiziario, il prefetto provvede a propria volta a darne comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri, il quale adotta, sentito il Ministro per gli affari regionali e il Ministro dell'interno, il provvedimento di sospensione. Il provvedimento di sospensione viene, quindi, notificato al consiglio regionale competente per gli adempimenti conseguenti.
Al riguardo, si rappresenta che ad oggi non risulta che sia stato ancora comunicato dal tribunale al prefetto della regione interessata, e in specie al prefetto di Catanzaro, il provvedimento giudiziario adottato nei confronti del dottor Giuseppe Scopelliti, presupposto imprescindibile per l'attivazione della procedura di sospensione.
Voglio comunque assicurare, onorevoli interroganti, che non appena il Presidente del Consiglio riceverà la comunicazione ad opera del prefetto, e verrà presa, quindi, piena contezza dei contenuti dell'atto giudiziario adottato, il provvedimento di sospensione, nel rispetto dei presupposti di legge, sarà emanato senza indugio.
PRESIDENTE. Il deputato Barbanti ha facoltà di replicare.
SEBASTIANO BARBANTI. Signora Presidente, Ministro, un appello: fate presto, fate presto ! Il popolo calabrese non merita di essere rappresentato da un condannato in primo grado, da un «governatore» che continua a portare avanti i suoi interessi a danno della comunità calabrese, che pretende di giocare con il destino di tutti noi. In questa situazione il decreto sospensivo è solo un atto accertativo, ma è necessario per consentire di recidere questo legame e questa mortificazione ai cittadini calabresi. Dopo il «modello Reggio» abbiamo assistito al «modello regione» e gli esiti, purtroppo, sono stati simili: il fallimento generale di tutta la politica e l'ulteriore impoverimento economico, sociale e culturale della nostra terra.
Ministro, lei lo sa, perché lo ha vissuto in prima persona: serve una scossa alla regione Calabria, serve la luce, una speranza. Non voglio più vedere i genitori piangere mentre salutano il figlio che deve abbandonare la propria terra per farsi una vita; non voglio più vedere persone Pag. 65che per curarsi devono fare viaggi della speranza; non voglio più vedere il mio bellissimo territorio violentato da rifiuti, sporcizia e abusivismo; non voglio più vedere le persone chiedere un favore per avere ciò che gli spetta di diritto; non voglio più sentire gli imprenditori dire: pago il pizzo perché lo Stato non mi sa proteggere.
Ministro, voglio concludere il mio intervento permettendomi di ricordarle le parole di un nostro conterraneo, Corrado Alvaro, che diceva: la disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile. Faccia sì che questa disperazione non si concretizzi, al resto ci pensiamo noi e l'onestà tornerà di moda.
(Chiarimenti in merito all'attivazione delle procedure relative allo scambio di spazi finanziari tra regioni, ai sensi dell'articolo 1, comma 517, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014) – n. 3-00723)
PRESIDENTE. Il deputato Angelo Capodicasa ha facoltà di illustrare l'interrogazione Marco Causi n. 3-00723, concernente chiarimenti in merito all'attivazione delle procedure relative allo scambio di spazi finanziari tra regioni, ai sensi dell'articolo 1, comma 517, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014) (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.
ANGELO CAPODICASA. Signor Presidente, l'interrogazione che abbiamo presentato intende chiedere al Ministro se le procedure previste dall'articolo 1, comma 517, della legge stabilità, la n. 147 del 2013, che introduce la possibilità che tra le regioni a statuto speciale e le regioni a statuto ordinario possano intercorrere e stabilirsi accordi presso la Conferenza Stato-regioni per scambiare spazi finanziari nel rispetto dei saldi di finanza pubblica; se vi siano state regioni che abbiano già richiesto l'attivazione di queste procedure.
PRESIDENTE. La Ministra per gli affari regionali, Carmela Lanzetta, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.
MARIA CARMELA LANZETTA, Ministro per gli affari regionali. Signor Presidente, come ricordato dagli onorevoli interroganti, l'articolo 1, comma 517, della legge di stabilità per il 2014, in materia di cessione di spazi finanziari nell'ambito del Patto di stabilità interno, prevede che con accordo in sede di Conferenza Stato-regioni le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano possono cedere alle regioni a statuto ordinario spazi finanziari nell'ambito del Patto di stabilità interno, ovvero le somme ad esse dovute per gli anni 2012 e 2013, per effetto dell'applicazione della sentenza della Corte costituzionale 31 ottobre 2012, n. 241, mentre le regioni a statuto ordinario possono cedere spazi finanziari nell'ambito del Patto di stabilità interno a favore di quelle a statuto speciale e delle province autonome.
In proposito, ad oggi si sono avvalse della suindicata procedura la regione Puglia e la regione siciliana. Infatti, nella seduta del 13 marzo 2014 della Conferenza Stato-regioni è stato sancito l'accordo tra Governo e regioni che prevede che la regione Puglia ceda alla regione siciliana euro 80.608.202 e che la regione siciliana ceda alla regione Puglia euro 96.729.842 di spazi finanziari. È stato altresì precisato che l'importo ceduto dalla regione Puglia non sarà tratto dalla dotazione del Fondo autonomo e coesione. L'accordo è stato concluso in tempo utile, nel termine del 15 marzo per consentire alla regione Puglia di utilizzare tali spazi finanziari per l'attivazione del patto regionale verticale incentivato a favore degli enti locali, secondo quanto stabilito dall'articolo 1, commi 122 e seguenti, della legge di stabilità per il 2013.
Ritengo, onorevoli interroganti, che l'accordo in questione, in considerazione anche della celerità con il quale è stato raggiunto, rappresenti un importante intervento per la situazione finanziaria delle due regioni interessate. Evidenzio, inoltre, Pag. 66l'opportunità di previsioni normative come quelle in esame, che consentono, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica come complessivamente definiti, agli enti territoriali di avere a disposizione strumenti di flessibilità permettendo un'allocazione più efficiente delle proprie risorse.
PRESIDENTE. Il deputato Capodicasa ha facoltà di replicare.
ANGELO CAPODICASA. Signor Presidente, vorrei ringraziare il Ministro per l'informazione che ha dato all'Aula. Mi pare che sia una acquisizione importante a norma dell'articolo 1, comma 517 della legge citata, la legge di stabilità, e credo che – considerato che abbiamo introdotto un principio importante di flessibilità finanziaria che consente alle regioni a statuto speciale e alle regioni a statuto ordinario di poter cedere, scambiarsi spazi finanziari – sia una procedura ulteriormente da implementare, perché si tratta di qualcosa che consente flessibilità, consente alle regioni di regolare tra di loro gli scambi di spazi finanziari che possono in questo modo consentire a ciascuna regione di potere meglio gestire i propri bilanci. Quindi, è un auspicio che noi qui rivolgiamo e che speriamo il Ministro accolga.
(Iniziative volte ad accelerare il processo di riconversione della centrale termoelettrica di Porto Tolle (Rovigo) – n. 3-00724)
PRESIDENTE. Il deputato Causin ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00724, concernente iniziative volte ad accelerare il processo di riconversione della centrale termoelettrica di Porto Tolle (Rovigo) (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).
ANDREA CAUSIN. Signor Presidente, signor Ministro desidero chiedere al Governo quali iniziative di competenza ritenga opportuno assumere al fine di accelerare il processo di riconversione della centrale ENEL situata nel Delta del Po a Porto Tolle, in provincia di Rovigo, soprattutto alla luce del fatto che la procedura di impatto ambientale, che prevedeva la conversione a carbone dell'impianto attuale, è stata fermata dalla sentenza del Consiglio di Stato che di fatto ha annullato il decreto VIA, imponendo così un nuovo iter.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere.
GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, la mia risposta la dice lunga, onorevole, su come questo Paese abbia bisogno di semplificazioni soprattutto nel campo di competenza del mio Ministero, quello dell'ambiente. Il decreto VIA del 24 luglio 2009, reso sul progetto di conversione a carbone della centrale termoelettrica ENEL, ubicata nella località Polesine Camerini, nel comune di Porto Tolle, è stato impugnato da alcune associazioni ambientaliste.
Nonostante una prima pronuncia di rigetto del TAR del Lazio, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso e ha annullato il decreto di compatibilità ambientale per la rilevata carenza di motivazione. Il Ministero dell'ambiente, in ottemperanza alla pronuncia del Consiglio di Stato, il 3 agosto 2011 ha avviato la rinnovazione del procedimento di valutazione di impatto ambientale con formale comunicazione a tutti i soggetti interessati, cioè ha ripreso la procedura della VIA. Contestualmente ha chiesto un parere all'Avvocatura generale dello Stato, che è stato espresso dalla Avvocatura ritenendo che la sentenza – dice l'Avvocatura – in questione, avesse comportato la caducazione dell'intero decreto di VIA e che di conseguenza l'amministrazione fosse tenuta a rinnovare il giudizio nelle sole fasi procedimentali ritenute viziate dal giudice. Successivamente però è intervenuta una nuova disciplina, sia statale che regionale, relativa al territorio del parco regionale del Delta del Po, ove appunto il progetto di Porto Tolle è localizzato. Il Ministero ha ritenuto, Pag. 67quindi, di adire il Consiglio di Stato per l'esatta esecuzione della sentenza disponendo, nelle more della decisione giurisdizionale, la sospensione del nuovo procedimento. Il Consiglio di Stato, con una sua sentenza del 2012, ha ordinato all'amministrazione di procedere alla rinnovata verifica della compatibilità ambientale della centrale termoelettrica applicando la nuova normativa, giustamente, sia statale che regionale, ed ha consentito di fare propri gli accertamenti già svolti e che non riguardavano la nuova disciplina in essere in quel momento.
In ragione del mutato contesto normativo, e considerata la necessità di attualizzare anche il contesto ambientale di riferimento, il Ministero ha chiesto quindi all'ENEL l'aggiornamento della documentazione.
L'ENEL ha prodotto il 26 novembre 2012 la documentazione, la commissione tecnica VIA e VAS ha esaminato tutta la documentazione e ha fornito un parere interlocutorio negativo. Avverso questo provvedimento è stato presentato dall'ENEL un ulteriore ricorso al TAR. Successivamente, a tutela del proponente, il Ministero ha assegnato all'ENEL un termine di quattro mesi per produrre tutta la documentazione integrativa. L'adozione di tale determinazione comporta infatti la possibilità del proponente, ove assolva integralmente l'onere di produzione documentale, di chiedere l'avvio del procedimento.
In conclusione, ad oggi questo Ministero è in attesa di adottare le determinazioni procedimentali conseguenti all'eventuale compiuta integrazione progettuale da parte dell'ENEL. Stiamo aspettando la documentazione relativa alle eccezioni che noi abbiamo fatto dall'ENEL per riprendere il procedimento.
PRESIDENTE. Il deputato Causin ha facoltà di replicare.
ANDREA CAUSIN. Signor Presidente, ringrazio il Ministro per la risposta puntuale e dettagliata e utilizzo questo minuto e mezzo per ricordare che gli enti locali, la regione e il comune sono fortemente favorevoli a questo progetto di riconversione, che è iniziato otto anni fa ma che ha trovato tutti i possibili e immaginabili intoppi burocratici e giudiziari.
Rinnovo una preoccupazione, che proprio l'incertezza a cui lei, Ministro, ha fatto riferimento non diventi un alibi per l'ENEL per non fare più questo investimento, che è un investimento di 2 miliardi e mezzo di euro strategico per la produzione energetica in Italia, ma ha anche un impatto economico molto importante. Tra l'altro, le ulteriori vicende giudiziarie e penali che si riferiscono ad un'epoca in cui la centrale esercitava in modo difforme e ha prodotto inquinamento potrebbero essere un ulteriore motivo per l'ENEL per dirottare l'investimento altrove. Credo che l'impegno del Ministero e la solerzia con cui verrà fatto l'iter potrebbero essere anche un modo per smontare questi alibi e per convincere l'ENEL che forse è meglio fare questo investimento in Italia piuttosto che all'estero.
(Iniziative relative alla bonifica del sito industriale di Bussi in provincia di Pescara e chiarimenti in merito allo stato degli interventi eseguiti e dei progetti di reindustrializzazione – n. 3-00725)
PRESIDENTE. Il deputato Melilla ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00725, concernente iniziative relative alla bonifica del sito industriale di Bussi in provincia di Pescara e chiarimenti in merito allo stato degli interventi eseguiti e dei progetti di reindustrializzazione (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).
GIANNI MELILLA. Signora Presidente, egregio Ministro, l'Abruzzo è indignato. Una settimana fa l'Istituto superiore di sanità ha comunicato che 700 mila cittadini delle province di Pescara e Chieti per anni hanno bevuto acqua inquinata, avvelenata. Il responsabile dell'inquinamento di tanta parte dell'ambiente abruzzese, peraltro con il fiume Pescara che scarica Pag. 68questi veleni nel mare Adriatico, è la discarica dei rifiuti industriali scoperta dalla Forestale alcuni anni fa a Bussi, un polo chimico nato un secolo fa con proprietari dai nomi illustrissimi: Nobel, Montecatini, Montedison, Moltefluos, Ausimont, e oggi la multinazionale Solvay.
Chiediamo al Governo come intenda bonificare questo sito inquinato, quante risorse voglia stanziare e in che tempi intenda operare, visti i danni sanitari, economici e ambientali rilevanti per l'Abruzzo, regione verde d'Europa, e se allo stato vi siano progetti di reindustrializzazione con attività pulite nel sito industriale di Bussi.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere.
GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, intanto mi permetta di manifestare la mia preoccupazione per quello che è avvenuto in quell'area in anni antichi, parliamo degli anni antecedenti al 2007, quando è stata la guardia forestale proprio di Chieti a denunciare il massacro ambientale che si stava perpetrando in quelle aree.
I problemi ambientali hanno assunto un rilievo nel 2006, con la nomina del commissario delegato per la realizzazione degli interventi urgenti necessari, appunto, per il superamento della situazione di emergenza socioeconomica e ambientale determinata proprio in quell'area. Nel 2008 l'area industriale di Bussi e le aree limitrofe interessate dallo smaltimento di residui industriali sono state incluse nel sito di interesse nazionale di Bussi sul Tirino. Il sito è stato perimetrato il 29 maggio 2008.
La fonte primaria di contaminazione del suolo e del sottosuolo dell'acqua di falda è comunque identificata con l'area produttiva ex Montedison e con le aree della discarica Tremonti e, a nord, in un'area di cinque ettari e mezzo dove sono state smaltite illegittimamente ingenti quantità di rifiuti. Proprio in queste aree si è concertata l'articolata azione del Ministero e del commissario delegato con misure e interventi di tutela della salute e dell'ambiente.
In particolare, nel mese di gennaio del 2013, la nuova proprietà, Solvay, ha informato il Ministero di avere iniziato gli interventi di messa in sicurezza di emergenza richiesti e a febbraio ha comunicato di avere in corso di definizione un contratto di acquisto dell'impianto che sostituirà quello esistente.
Nelle aree esterne dello stabilimento Solvay, site a monte dello stesso, sono ubicate le discariche 2A che risultano prive di qualsiasi opera di copertura o di messa in sicurezza, in cui sono stati smaltiti rifiuti diversi da quelli autorizzati, nonché la discarica abusiva sita in prossimità delle discariche autorizzate a monte dello stabilimento, occupante un'area di circa 35 metri quadri, i cui rifiuti sono stati abbancati direttamente sul suolo senza alcun sistema di impermeabilizzazione, contenimento e copertura e risultano oggi commisti con il terreno.
Il Ministero ha chiesto alla Solvay di adottare le necessarie misure di prevenzione e messa in sicurezza. La società ha quindi presentato un progetto di prevenzione e messa in sicurezza di emergenza di dette discariche, successivamente sequestrate dalla procura della Repubblica di Pescara il 5 febbraio 2014. Limitatamente alle risorse, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha stanziato per tale sito tre milioni di euro, già trasferiti alla regione Abruzzo. Tali somme, oltre ai 100mila euro stanziati dalla regione Abruzzo, sono state destinate con accordo di programma alla realizzazione degli interventi di messa in sicurezza e caratterizzazione bonifica delle aree comprese nel SIN.
Le attività oggetto del citato accordo di programma ad oggi risultano sospese in quanto è in corso la rimodulazione dell'accordo. La regione Abruzzo ha formulato una proposta di rimodulazione, in particolare sul comune di Bolognano. Ad Pag. 69oggi, la suddetta proposta è in corso di istruttoria presso la competente divisione tecnica del Dicastero.
Nell'ambito del citato procedimento, cioè del procedimento che pende presso il tribunale di Pescara, procedimento penale per il grave ed esteso inquinamento determinato al suolo ed al sottosuolo delle acque di falda, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si è costituito parte civile per il risarcimento del danno ambientale. Proprio nell'ambito di questo procedimento penale, è stata posta sotto sequestro giudiziario la discarica in località Tremonti.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha inoltre diffidato la società Edison a rimuovere tutti i rifiuti depositati in modo incontrollato nelle discariche realizzate in località Tremonti, a ripristinare integralmente lo stato dei luoghi mediante la rimozione delle discariche, a procedere alla bonifica delle matrici ambientali che all'esito della competenza di rimozione dei rifiuti dovessero risultare contaminate.
Il provvedimento è impugnato innanzi al TAR di Pescara e, alla luce di quanto evidenziato oggi, questo Ministero è impegnato, da una parte, ad una verifica dell'efficacia delle misure di prevenzione adottate e nell'individuazione delle migliori tecniche e delle situazioni per pervenire alla bonifica e la messa in sicurezza operativa delle aree contaminate, dall'altra, ha già avviato le procedure per il recupero del danno ambientale.
PRESIDENTE. Il deputato Melilla ha facoltà di replicare.
GIANNI MELILLA. Signora Presidente, signor Ministro, la sua analisi preoccupata è sicuramente condivisibile, ma non abbiamo sentito quali risorse intende stanziare per affrontare un'emergenza nazionale per noi paragonabile a quella di altre realtà tristemente famose, come ad esempio la Terra dei fuochi. Con una aggravante sociale: che al danno ambientale si aggiunge la beffa per cui chi ha inquinato ha chiuso anche le attività produttive. Delle migliaia di operai occupati nel Novecento in quel polo chimico è rimasto solo un centinaio di lavoratori.
L'Abruzzo ha il 40 per cento del proprio territorio protetto: quattro parchi nazionali, un'area marina nazionale, trenta riserve statali e regionali e un parco regionale. Non esiste un'altra regione, non in Italia, ma in Europa, che abbia il 40 per cento di territorio protetto, perché abbiamo scelto un modello di sviluppo ecosostenibile. E per questo noi non possiamo accettare di avere una cancrena nel cuore della nostra regione che inquina non solo il sito industriale di Bussi, ma tutta la Val Pescara, due province, e che nuoce dal punto di vista economico, sociale e sanitario a centinaia di migliaia di persone.
Una concezione industriale criminale ha devastato un'intera regione, violando l'articolo 41 della Costituzione, che dice che «l'iniziativa economica privata è libera, ma non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale».
Le chiediamo di rendere effettivo il principio che «chi inquina paga». Quindi, noi le chiediamo di svolgere ogni azione affinché chi si è comportato in modo criminale risponda al popolo italiano e soprattutto le chiediamo, signor Ministro, di stanziare presto risorse adeguate per fronteggiare un'emergenza che non è abruzzese, è nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
(Iniziative volte a promuovere azioni di verifica, aggiornamento e gestione di piani di manutenzione degli alvei fluviali – n. 3-00726)
PRESIDENTE. Il deputato Oreste Pastorelli ha facoltà di illustrare, per un minuto, la sua interrogazione n. 3-00726, concernente iniziative volte a promuovere azioni di verifica, aggiornamento e gestione di piani di manutenzione degli alvei fluviali (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).
ORESTE PASTORELLI. Signora Presidente, signor Ministro, la fragilità del territorio Pag. 70italiano è ormai un dato conclamato. Gli eventi alluvionali che hanno colpito, anche in questi mesi, diverse parti del nostro territorio nazionale dimostrano quanto il problema del dissesto idrogeologico necessiti di una risoluzione urgente. Non è più rinviabile un coordinamento di azioni a difesa del suolo, di gestione delle risorse idriche e la repressione di ogni forma di abusivismo. La tutela e la sicurezza del territorio italiano rappresentano un interesse prioritario della collettività, in particolare la manutenzione preventiva e, dunque, sistemica, tanto del patrimonio forestale, attraverso l'incentivazione della nuova silvicoltura, quanto degli alvei dei corsi d'acqua, che è diventata oggi una vera e propria questione nazionale.
Signor Ministro, le chiedo se non ritiene opportuno intraprendere azioni di verifica, aggiornamento e gestione dei piani di manutenzione degli alvei fluviali, finalizzate alla prevenzione di eventi calamitosi.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere.
GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, questo è un tema che abbiamo appena trattato in Commissione nella relazione che ho svolto proprio sulle linee guida del mio Dicastero per i prossimi anni, e in quella dichiarazione si capisce bene che l'obiettivo è proprio quello da lei auspicato.
Qui abbiamo un problema, ossia che c’è bisogno, su questi temi, di un forte coinvolgimento istituzionale, perché le competenze sono statali quanto regionali e territoriali. Allora, ci vuole un'intesa tra regioni, comuni e Stato per potere avere una unitarietà nella pianificazione dell'intero Paese. D'altra parte, conosciamo tutti l'aumento dei fattori di rischio idrogeologico, che non sono solo da attribuirsi alle caratteristiche morfologiche del terreno ma, ormai, anche a elementi antropici, oltre che alle criticità presenti – che ricordavo prima – fra i livelli diversi di Governo.
Con lo spirito di promuovere un adeguato utilizzo del territorio, è stato approvato, proprio dal Consiglio dei Ministri, il 26 luglio 2013, su proposta dell'allora Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il disegno di legge recante disposizioni normative per il finanziamento di interventi di rimozione e demolizione di immobili abusivi realizzati in aree di elevato rischio idrogeologico. Tale disegno di legge introduce un meccanismo normativo per rendere più agevole la rimozione e demolizione di opere e di immobili realizzati abusivamente nelle aree classificate a rischio elevato, al fine di facilitare la realizzazione di interventi di mitigazione del rischio.
Attesa l'importanza rivestita da tale fenomeno, un ulteriore disegno di legge, approvato dal Consiglio dei Ministri il 15 luglio 2013 e posto attualmente all'esame delle Commissioni riunite ambiente ed agricoltura della Camera, concerne proprio il contenimento del consumo del suolo e il riuso del suolo edificato. Il disegno di legge è solo un punto di partenza per trovare strumenti che incentivino il riutilizzo delle aree dismesse. Pertanto, sarà necessario proseguire nell'attività di concentrazione che ha visto la collaborazione delle amministrazioni interessate, che in diverse occasioni pubbliche sono state informate e consultate.
Riguardo al tema sollevato, va evidenziato che l'azione dello Stato deve essere considerata in un'ottica propositiva e di impulso rispetto alle competenze delle regioni, che devono assicurare il monitoraggio e la sorveglianza dei fiumi e dei corsi d'acqua in genere, ai fini di preservazione del patrimonio idrografico e di protezione civile.
Allo stesso modo, sono attribuiti alle regioni compiti di pulizia delle acque, la pulizia idraulica e il pronto intervento, ivi compresa l'imposizione di limitazioni e di divieti nell'esecuzione di qualsiasi opera o intervento anche al di fuori dell'area demaniale idrica. Alla luce di quanto detto, si ritiene altamente necessario e condivisibile Pag. 71avviare un'azione sistematica e coordinata fra i vari livelli di Governo. Pertanto – lo dico con estrema determinazione –, è necessario porre la massima attenzione ed impegno sulla lotta per la prevenzione e non solo sulla gestione dell'emergenza.
PRESIDENTE. L'onorevole Pastorelli ha facoltà di replicare.
ORESTE PASTORELLI. Signor Presidente, signor Ministro, la ringrazio della risposta puntuale, e credo fermamente e sono pienamente convinto, come lei ha ribadito nell'audizione alla Commissione ambiente, che l'economia di questa nazione passa attraverso l'ambiente, attraverso l'agricoltura, attraverso tutto un sistema che lei ha spiegato nella sua relazione e nella risposta all'interrogazione. Io credo che, lavorando sulla prevenzione, non dobbiamo rincorrere quegli eventi calamitosi che si verificano nel nostro territorio e piangere dopo i problemi, ma dobbiamo insieme lavorare sulla prevenzione, perché lavorare sulla prevenzione significa anche dare subito incentivi alle piccole e medie imprese che lavorano sul nostro territorio. Io la ringrazio, signor Ministro, e sicuramente insieme in Commissione potremo lavorare affinché questa problematica venga nel tempo risolta.
(Iniziative per il contrasto al dissesto idrogeologico, con particolare riferimento alla riorganizzazione delle competenze in materia – n. 3-00727)
PRESIDENTE. Il deputato Vella ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00727, concernente iniziative per il contrasto al dissesto idrogeologico, con particolare riferimento alla riorganizzazione delle competenze in materia (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).
PAOLO VELLA. Signora Presidente, signor Ministro, premetto che il rapporto «Terra e sviluppo» del Consiglio nazionale dei geologi, elaborato con la collaborazione del Centro ricerche economiche, sociologiche e di mercato, descrive un'Italia vulnerabile, dal terreno fragile, esposta alle calamità ambientali, oltre la misura di quel che è fisiologicamente ammissibile.
Il 40 per cento della popolazione vive in aree ad alta sismicità, con un rischio tellurico elevato per 6,3 milioni di edifici, 12,5 milioni di abitazioni private e circa 6 milioni di persone che abitano in aree ad elevato rischio idrogeologico e nei 30 mila chilometri quadrati del territorio sono ad altissimo rischio per eventi naturali, quali frane ed alluvioni. Gli oneri del dissesto e dei terremoti, dal dopoguerra ad oggi, sono stimati in 213 miliardi di euro e il meccanismo di spesa per le calamità naturali è fortemente distorto: nel periodo 1991-2008, per la mitigazione del rischio idrogeologico sono stati impiegati 7,3 miliardi di euro, poco più di 400 milioni di euro l'anno.
Nell'ultimo rapporto dell'ANBI, presentato nel febbraio scorso, si riconosce che a determinare la situazione di emergenza hanno contribuito sia il mutato regime delle piogge, sia l'impetuosa urbanizzazione, il consumo del suolo, l'omessa manutenzione del sistema idraulico del Paese, lo spopolamento delle montagne. Si stima infatti che il consumo del suolo nel periodo 1990-2005 sia stato di oltre 244 mila ettari l'anno, in pratica 668 ettari al giorno.
Si chiede se il Governo intenda attivarsi per riorganizzare il sistema delle competenze e delle responsabilità nell'ambito degli interventi diretti a far fronte al dissesto idrogeologico, in modo tale da evitare sovrapposizioni e conflitti tra le varie autorità, sbloccando le risorse previste dagli accordi di programma già sottoscritti a scopo di prevenzione del rischio idrogeologico ed escludendo dai vincoli del patto di stabilità interno le risorse destinate al risanamento dei territori oggetto del dissesto.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere.
Pag. 72 GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, anche questo tema è stato oggetto della relazione che abbiamo avuto modo di svolgere in Commissione precedentemente, perché è uno dei punti più critici del Ministero che ho l'onore di dirigere in questo momento, pro tempore.
Noi sappiamo bene che l'Italia è un Paese che consuma terreno a ritmi vertiginosi. Pochi giorni fa è stata presentata dall'ISPRA un'indagine dalla quale questo dato emerge in maniera molto eclatante. Nonostante una leggera attenuazione del fenomeno negli ultimi anni, l'Italia continua a consumare ogni cinque mesi, pensate, una superficie estesa come quella della città di Napoli e ogni anno brucia un territorio vasto come le città di Milano e di Firenze messe insieme. Il dato, inoltre, è ormai sostanzialmente omogeneo in tutte le macro aree del Paese.
A fronte di questa emergenza, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha presentato, insieme ad altri Dicasteri, un disegno di legge sul contenimento del consumo del suolo e il riuso del suolo edificato, che attualmente è all'esame delle Commissioni riunite ambiente e agricoltura della Camera dei deputati.
Ma l'allarme maggiore proviene dalla conclamata esiguità delle risorse disponibili, aggravata dal fatto che le linee di finanziamento appositamente dedicate devono spesso essere interamente convogliate per la riparazione dei danni causati dagli eventi emergenziali nel frattempo occorsi. Siamo, cioè, sempre a rincorrere le emergenze e non riusciamo a fare interventi strutturali, o almeno facciamo pochi interventi strutturali di prevenzione. Il Ministero dell'ambiente, dal 1998 al 2008, ha finanziato piani e programmi di mitigazione del rischio idrogeologico per un valore complessivo di oltre due miliardi di euro, trasferendo le risorse direttamente agli enti territoriali competenti. Da ultimo, in attuazione della legge finanziaria per il 2010, il Ministero ha finanziato per oltre 800 milioni di euro, a carico del bilancio statale, gli accordi di programma sottoscritti con le regioni a partire dai primi mesi dello stesso anno.
Alla luce di queste emergenze, è indispensabile costruire un quadro normativo nazionale che assicuri la necessaria uniformità alla complessiva azione di prevenzione e contrasto del rischio idrogeologico, consentendo, al tempo stesso, la realizzazione più pronta degli interventi indifferibili e urgenti individuati negli accordi di programma già stipulati. Questa la considero un'emergenza. In questo senso, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sta predisponendo, proprio in queste ore, una norma, da adottarsi con provvedimento d'urgenza, contenente misure straordinarie per accelerare l'utilizzo delle risorse e l'esecuzione degli interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico nel territorio nazionale.
Peraltro, questi obiettivi potranno essere messi definitivamente a sistema solo riconoscendo, finalmente, il territorio come bene comune e risorsa limitata ed esauribile, anche attraverso un'efficace azione di contrasto alle violazioni urbanistiche e all'abusivismo edilizio, rafforzando, insieme, il sistema dei controlli e delle sanzioni. Oltre a ciò, è ragionevole, in questo senso, intraprendere in sede europea tutte le azioni necessarie per rimuovere il vincolo del Patto di stabilità interno...
PRESIDENTE. Ministro, concluda.
GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. ...in settori ambientali prioritari, come quelli della prevenzione del dissesto idrogeologico e della cura del territorio. Infine, occorrerà superare la frammentazione tra livelli di Governo, favorendo la cooperazione mediante una cooperazione di area vasta condivisa.
PRESIDENTE. L'onorevole Vella ha facoltà di replicare.
Pag. 73 PAOLO VELLA. Signor Presidente, ringrazio il Ministro, ma devo fare presente che il Governo nazionale è in forte ritardo nel recepire la direttiva europea 2000/60/CE per l'azione comunitaria in materia di acque, concernente la costituzione degli otto distretti idrografici nazionali, dell'autorità di bacino distrettuale e dei relativi piani di gestione per l'attuazione degli interventi necessari a raggiungere gli obiettivi europei già previsti nel decreto legislativo n. 152 del 2006, esponendo così l'Italia a rischio di sanzioni. Il medesimo ritardo stiamo accumulando nel recepimento della successiva e consequenziale direttiva 2007/60/CE, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi.
Il 2015 sarà l'anno di scadenza per il recepimento complessivo delle due direttive europee sopra richiamate e per raggiungere gli obiettivi ambientali già prefissati: protezione, miglioramento e ripristino di tutti i corpi idrici superficiali, al fine di raggiungere un valido stato qualitativo delle acque; redazione dei piani di gestione del rischio di alluvioni in base alle nuove mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni.
Quindi, credo che il Governo debba veramente accelerare per riorganizzare il sistema delle competenze e delle responsabilità nell'ambito degli interventi diretti, in maniera tale da far fronte al dissesto idrogeologico.
(Chiarimenti in merito al rapporto contrattuale con Selex-Se.Ma e all'emanazione dei decreti di semplificazione e razionalizzazione del sistema di tracciabilità dei rifiuti «Sistri» – n. 3-00728)
PRESIDENTE. Il deputato Stefano Borghesi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Matteo Bragantini n. 3-00728 (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), concernente chiarimenti in merito al rapporto contrattuale con Selex-Se.Ma e all'emanazione dei decreti di semplificazione e razionalizzazione del sistema di tracciabilità dei rifiuti «SISTRI», di cui è cofirmatario.
STEFANO BORGHESI. Signor Presidente, onorevole Ministro, la Guardia di finanza ha eseguito quattro arresti nell'ambito dell'inchiesta sulle procedure di affidamento, progettazione e realizzazione del sistema di tracciabilità dei rifiuti «SISTRI». Sotto accusa è il sistema degli appalti della società Selex. Da quanto si è appreso dai giornali, le indagini hanno consentito di accertare che erano stati creati dei cospicui fondi neri, destinati al pagamento di tangenti, anche mediante la costituzione di società estere in paradisi fiscali.
Considerato che le imprese sono state obbligate ad adempiere all'iscrizione e al pagamento dei relativi contributi nonché a dotarsi di strumentazioni informatiche e dispositivi obsoleti, che hanno anche provocato danni sui veicoli su cui sono stati installati, e che la categoria che si è trovata in maggior disagio è stata particolarmente quella degli autotrasportatori, e considerato altresì che il Ministero è in procinto di emanare decreti di semplificazione e razionalizzazione del sistema, che prevedono la modifica, la sostituzione o l'evoluzione degli apparati tecnologici, e che il Ministero stesso sta valutando le soluzioni per il rimborso alle imprese che hanno versato i contributi negli anni 2010, 2011 e 2012 e anche per escludere dall'iscrizione al «SISTRI» le piccole e medie imprese fino a dieci dipendenti, come ripetutamente chiesto dalla Lega, siamo a chiedere a quanto ammonterebbero le penali a carico del bilancio dello Stato in caso di recesso da parte del Ministero dal rapporto contrattuale con Selex e se queste ultime vicende degli arresti di Napoli hanno intralciato l'emanazione dei sopra citati decreti di semplificazione e razionalizzazione del «SISTRI», che sono tanto attesi dalle nostre imprese.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere.
Pag. 74 GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in merito all'emanazione dei decreti di semplificazione e razionalizzazione del sistema «SISTRI», si fa presente che questo Ministero, sentite tutte le associazioni rappresentative, ha elaborato una proposta di semplificazione del sistema «SISTRI», ritenendo prioritario procedere, secondo criteri di ragionevolezza, alle specificazioni degli enti e delle imprese produttori iniziali dei rifiuti speciali pericolosi obbligati ad applicare il «SISTRI».
Si fa presente, inoltre, che il tavolo tecnico di monitoraggio e concertazione ha proceduto ad approfondire particolari esigenze specifiche di semplificazione che riguardano la micro raccolta, l'interoperabilità del «SISTRI» con i sistemi gestionali. Lo schema di decreto predisposto dall'amministrazione ha previsto la proroga al 30 settembre 2014 dell'entrata in funzione di tali semplificazioni.
In merito alle forme di rimborso previste per le imprese che hanno versato il contributo «SISTRI» negli anni 2010, 2011 e 2012, di cui all'ordine del giorno accolto come raccomandazione dal Governo il 24 ottobre 2013, si ribadisce l'adozione di un piano di intervento destinato alla restituzione o compensazione dei contributi versati. Tali soluzioni potranno essere valutate e applicate nei limiti consentiti dall'autonomia negoziale, in sede di modifica del contratto, in attuazione della disciplina dettata a tal fine dall'articolo 11 della legge n. 101 del 2013.
Riguardo alla possibile valutazione dell'ammontare delle penali a carico del bilancio dello Stato, in caso di recesso da parte del Ministero dell'ambiente dal contratto con la Selex, si fa presente che, ferme le disposizioni del codice civile in tema di responsabilità contrattuale per inadempimento, il contratto prevede che, in caso di recesso anticipato, sia comunque dovuto alla Selex un indennizzo corrispondente al valore dell'infrastruttura effettivamente realizzata che non risulta recuperato alla data di anticipata cessazione attraverso il corrispettivo contrattuale. L'entità dell'indennizzo deve essere notificata dalla società e verificata dal Ministero. Ove non sia accertata, sarà rimessa alla determinazione di un'apposita commissione.
Da ultimo, in merito al presente ritardo nell'emanazione dei decreti di semplificazione a causa delle vicende giudiziarie, si ribadisce che il Ministero dell'ambiente ha predisposto un primo schema di decreto di semplificazioni a seguito della riunione del tavolo di monitoraggio e concertazione, svoltasi il 19 febbraio 2014, in corso di perfezionamento, avendo acquisito un primo parere in merito da parte del Ministro dello sviluppo economico, che ha formulato osservazioni sulla necessità di ricomprendere le attività industriali nella previsione normativa di semplificazione in fase di predisposizione.
Rispetto alle recenti vicende giudiziarie che stanno riguardando la correttezza delle procedure di affidamento, progettazione e realizzazione del SISTRI, tema già trattato in risposta all'interpellanza urgente dell'onorevole Terzoni, in base alle conclusioni definitive accertate nelle sedi giudiziarie penali, il Ministero dell'ambiente valuterà in modo rigoroso le conseguenti iniziative da assumere, ivi inclusa la costituzione di parte civile nel processo.
PRESIDENTE. Il deputato Borghesi ha facoltà di replicare.
STEFANO BORGHESI. Signor Presidente e Ministro, non siamo soddisfatti della risposta che ci è stata data, in quanto noi ci troviamo di fronte comunque, ad oggi, ad una situazione oserei dire paradossale: abbiamo un sistema composto da tecnologie ormai obsolete, abbiamo degli oneri che sono costati alle nostre imprese, in questo momento e in questi anni di estrema crisi economica. Vediamo che, anche dalla sua risposta, sono previste delle compensazioni che non sono ancora definite del tutto. Abbiamo visto che ci sono solo degli schemi ipotetici di decreti Pag. 75di semplificazione e di razionalizzazione, che sono in corso di perfezionamento. Quindi, non possiamo che continuare a sollecitare con estrema forza questi schemi di semplificazione, perché le nostre imprese ne hanno effettivamente bisogno. Questo è un sistema che ormai, come dicevo, è obsoleto, è un sistema che è costato troppo alle nostre aziende, è un sistema che non funziona.
Serve che il Governo prenda coscienza di questo, serve che lo faccia in tempi rapidissimi, serve che lo faccia subito e quindi siamo qui ulteriormente per sollecitare lei e il Governo tutto affinché questi decreti vengano emanati il prima possibile e affinché vengano emanate il prima possibile le normative relative alla compensazione di chi già ha versato i contributi per gli anni 2010, 2011 e 2012.
(Iniziative per disporre indagini tecniche volte a verificare l'eventuale presenza di rifiuti tossico-nocivi nel territorio del Lazio meridionale – n. 3-00729)
PRESIDENTE. Il deputato Fauttilli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00729, concernente iniziative per disporre indagini tecniche volte a verificare l'eventuale presenza di rifiuti tossico-nocivi nel territorio del Lazio meridionale (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).
FEDERICO FAUTTILLI. Signora Presidente, signor Ministro, le dichiarazioni del pentito di camorra, Carmine Schiavone, concernenti lo sversamento e l'interramento illegale di rifiuti di ogni genere, anche tossici e nocivi, addirittura radioattivi, nel territorio del basso Lazio, hanno suscitato sicuramente timore e sconcerto sia nelle popolazioni che nelle istituzioni locali.
In particolare, lo Schiavone racconta del sistema illecito di rifiuti tossici, destinati all'interramento illegale nelle campagne laziali e anche nelle discariche per i rifiuti solidi urbani.
Tali rivelazioni fanno riflettere sulla grave situazione in cui versa il territorio laziale, soprattutto sulle gravi conseguenze che tutto questo avrà per la salute di quelle popolazioni.
Questa interrogazione quindi, Ministro, è per sapere se non ritenga, lei ed il Governo, opportuno e necessario disporre, mediante le istituzioni preposte, indagini tecniche al fine di verificare l'eventuale illecita presenza di rifiuti tossico-nocivi sull'intero territorio del Lazio meridionale.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere.
GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, intanto mi permetta di ringraziare l'onorevole interrogante, perché ci dà modo di parlare di un problema che non dobbiamo dimenticare. Io pochi giorni fa sono stato nella zona cosiddetta della «Terra dei fuochi». Ho avuto modo di parlare con la gente, di parlare con le istituzioni, di vedere l'avanzamento dei nostri progetti e voglio ribadire che questo, per quanto riguarda il mio Dicastero, è un problema nazionale, non è un problema dei campani, non è un problema laziale. Tutta l'Italia ha contribuito a «stuprare» quelle terre e tutta l'Italia oggi si deve fare carico della sistemazione di quelle terre, insieme ai cittadini della zona.
Riguardo alla presenza di rifiuti tossico-nocivi nel basso Lazio, si rappresenta che le dichiarazioni fornite dai collaboratori di giustizia richiamate dall'interrogante si riferiscono a presunte attività di sversamento e di interramento di rifiuti tossici e nocivi che hanno interessato un vasto territorio compreso tra le province di Napoli, Caserta e del basso Lazio, rivestendo, dunque, un carattere ultraregionale dal punto di vista sanitario ed ambientale. Il Ministero ha affrontato da Pag. 76subito la problematica per i territori principalmente interessati ricadenti nella regione Campania con il decreto n. 136 del 2012, dove sono stati previsti specifici interventi e attività volti a superare il problema. Anche con riferimento ai territori del basso Lazio, saranno sollecitate le autorità territoriali e gli organi tecnici competenti al fine di individuare le zone specifiche e i territori interessati dalla presenza di rifiuti tossici e verificare l'adozione delle necessarie misure di bonifica e messa in sicurezza dei luoghi.
PRESIDENTE. Il deputato Fauttilli ha facoltà di replicare.
FEDERICO FAUTTILLI. Signor Presidente, signor Ministro, io la ringrazio per la sua puntuale risposta, ma soprattutto per l'impegno assunto come Governo ad intervenire e per sollecitare gli enti territoriali interessati, sia a livello regionale, che provinciale. Lei, proprio nei giorni scorsi, come ha ricordato, si è recato a Taverna del Re, dove si è dichiarato colpito dalle piramidi di balle di rifiuti ed ha affermato che quello che è stato fatto nella «Terra dei fuochi» è un vero e proprio «stupro». Ma le assicuro che la situazione nel Lazio, soprattutto nel Lazio meridionale, anche per ragioni di contiguità con la Campania, potrebbe essere ugualmente drammatica. Il consiglio comunale di Cassino, proprio pochi giorni fa, il 27 marzo, ha approvato una delibera chiedendo all'unanimità l'intervento degli enti interessati. Credo che questa iniziativa del consiglio comunale di Cassino sia un'iniziativa condivisa da molti enti locali di quel territorio e credo che il Governo, ma anche la regione, non possono non intervenire e impegnarsi, ma urgentemente, affinché questo accada. Desidero anche ricordare che quest'Aula, nel mese di dicembre, in occasione della conversione in legge del decreto-legge sulla «Terra dei fuochi», ha approvato pure un ordine del giorno in cui impegnava il Governo in questo senso. Credo, quindi, che sia arrivato il momento per fare in modo che questi impegni diventino realtà.
(Iniziative relative alla bonifica del sito industriale di Bussi in provincia di Pescara e chiarimenti in merito agli interventi da intraprendere e allo stato dei progetti di reindustrializzazione – n. 3-00730)
PRESIDENTE. Il deputato Tancredi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00730, concernente iniziative relative alla bonifica del sito industriale di Bussi in provincia di Pescara e chiarimenti in merito agli interventi da intraprendere e allo stato dei progetti di reindustrializzazione (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).
PAOLO TANCREDI. Signor Presidente, Ministro, mi rendo conto di essere il secondo a svolgere un'interrogazione su questo argomento, ma lei capirà, Ministro, che la pubblicazione dei dati dell'Istituto superiore di sanità, avvenuta qualche giorno fa, ha buttato nello sconforto l'intera cittadinanza abruzzese e così la sua classe dirigente. Ho ascoltato la risposta che ha dato al collega Melilla e vorrei concentrare, invece, questa mia interrogazione sul problema della reindustrializzazione. Infatti, è vero, sì, che il sito inquinato di Bussi è un sito di interesse nazionale per un decreto ministeriale del 2008, ma è vero anche che è stato inserito fra i siti inquinati di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale. E a questo fine sono stati stanziati da questo Parlamento, a valere sui fondi per la ricostruzione del terremoto de L'Aquila, 50 milioni di euro nella legge di stabilità 2011. Ripeto, quindi, che le chiedo, se è possibile, di concentrare magari la sua risposta sulla possibilità di reindustrializzazione di quell'area.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere.
GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.Pag. 77Signor Presidente, io mi scuso con l'onorevole interrogante, ma io posso rispondere per quanto di competenza del mio Ministero.
E posso dirle gli interventi, aggiungendo alcune cose che ho già detto nella precedente risposta per quanto riguarda la tutela dell'ambiente.
Sappiamo qual è stata la fonte primaria di contaminazione. L'abbiamo ricordato prima ed è l'area produttiva ex Montedison, ora di proprietà della Solvay. La discarica abusiva era localizzata nella località Tre Monti, che è un'area molto molto vasta, e proprio in quest'area così vasta si è concentrata l'azione del Ministero e del commissario delegato per l'emergenza.
I primi interventi del commissario – tengo a dirlo e a precisarlo – sono stati l'inibizione dall'uso civile delle acque dei pozzi contaminati che, dal 2007 fino ad oggi, sono completamente disattivati, quindi senza alcun rischio di pericolo da quel momento per la popolazione del luogo.
Per far fronte alla conseguente situazione di emergenza idrica il commissario ha approvato la realizzazione di due pozzi di captazione della falda della sorgente del Tirino inferiore e di cinque pozzi in località San Rocco. È stata messa in sicurezza, in attesa degli interventi di bonifica dell'intera area, la discarica che citavo prima in località Tre Monti posta a sud dell'area ferroviaria.
Il commissario delegato, in sostituzione ed in danno alla proprietà Montedison, ha messo in sicurezza i rifiuti stoccati. A novembre 2013 sono state avviate le attività di caratterizzazione dell'area la cui ultimazione era prevista per il 28 febbraio 2014. Tuttavia, gli accertamenti hanno subito rallentamenti per acquisire autorizzazioni da parte della procura di Pescara, atteso che l'area è stata poi sottoposta a sequestro.
Nel contempo sono stati realizzati tutti i sondaggi previsti dal piano di caratterizzazione e attualmente sono in corso le analisi sui campioni di suolo, rifiuti e dell'acqua di falda. Nelle aree interne allo stabilimento chimico della Montedison la Solvay ha realizzato due barriere idrauliche per contenere la diffusione dei contaminanti delle acque di falda sottostanti ai pozzi spia. Tutti gli esiti delle campagne periodiche del monitoraggio delle acque di falda hanno evidenziato il permanere di superamenti dei limiti normativi delle concentrazioni soglia di contaminazione. Pertanto, sulla base della caratterizzazione integrativa, sono state chieste alla Solvay ulteriori attività di messa in sicurezza di emergenza.
La procura di Pescara nel frattempo, ha sottoposto – lo sappiamo – le aree a sequestro. La Solvay ha presentato un apposito progetto, in data 31 marzo 2014, finalizzato ad adottare le necessarie misure di prevenzione e messa in sicurezza del sito, chiaramente con oneri tutti a carico della Solvay stessa. Il Ministero si è costituito parte civile per il risarcimento del danno ambientale accertato, citando la società Edison quale responsabile civile.
È chiaro che noi seguiremo con grande attenzione tutto l'evolversi della vicenda e non mancheremo di intervenire prontamente e con fermezza, laddove occorra, per riportare alla normalità le attuali condizioni di degrado ambientale e sanitario.
PRESIDENTE. L'onorevole Tancredi ha facoltà di replicare.
PAOLO TANCREDI. Grazie Ministro, mi rendo conto che le risposte riguardanti la reindustrializzazione non le competono, così come mi rendo conto, avendo seguito in questi anni dal 2006 l'azione del commissario Goio, insediatosi appunto nel 2006, che lo stesso, come lui ha detto più volte anche nelle ultime ore, ha fatto sì di mettere in sicurezza l'acqua potabile per i cittadini e anche di intervenire sull'inquinamento del fiume Pescara, interventi naturalmente fatti con il proprietario del sito industriale Solvay.
Voglio ricordare che si stima un danno di 8 miliardi di euro e una cifra per il ripristino dei luoghi pari a 700 milioni di euro: cifre molto più elevate rispetto ai Pag. 78pochi milioni di euro a disposizione fino adesso del commissario e messi a disposizione sia dalla regione che dal Governo nazionale.
Credo che, a questo punto, come dicevo all'inizio, bisogna insistere e indirizzarsi soprattutto sul discorso della possibile reindustrializzazione del sito in condizioni ambientalmente sicure e protette, naturalmente coinvolgendo quelle multinazionali prima citate che, nel corso dei decenni, hanno causato lo scempio che oggi noi ci troviamo a dover riparare.
(Iniziative volte al potenziamento dei controlli sulle falde acquifere e sull'erogazione dell'acqua per uso domestico – n. 3-00731)
PRESIDENTE. Il deputato Rampelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00731, concernente iniziative volte al potenziamento dei controlli sulle falde acquifere e sull'erogazione dell'acqua per uso domestico (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).
FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, signor Ministro, Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale rileva che, lo scorso 21 febbraio, il sindaco di Roma ha firmato con grave ritardo un'ordinanza che vieta di usare acqua per uso alimentare ed igiene personale nella parte nord di Roma. L'ordinanza interessa migliaia di persone e ha creato grande allarme e gravissimi disagi che il Campidoglio non è riuscito fin qui ad alleviare, determinando l'esasperazione dei cittadini.
L'acqua inquinata proviene dagli acquedotti dell'Arsial, l'Agenzia laziale per l'agricoltura, ma le indagini dei NAS hanno evidenziato che quell'acqua doveva essere destinata solo ai terreni agricoli.
Inoltre, è emerso che, già nel 2013, era stata trasmessa un'informativa dalla ASL ai competenti uffici e alla stessa Arsial, perché i valori batteriologici erano illegali, del tutto ignorata.
In altri comuni del Lazio si è, invece, verificata un'emergenza acqua dovuta alla contaminazione da arsenico: ricordo il precedente della Valle del Sacco di qualche anno fa.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
FABIO RAMPELLI. Altro scandalo sulla qualità delle acque destinate ad uso domestico ha scosso l'Abruzzo, dove le falde acquifere sono state per anni infiltrate dai rifiuti tossici interrati illegalmente.
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale chiede, signor Ministro, quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle sue competenze, per potenziare le attività di vigilanza sulle falde acquifere e garantire l'erogazione dell'acqua per uso domestico, al fine di tutelare l'ambiente, il benessere e la salute dei cittadini.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere.
GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, voglio ringraziare anche l'onorevole interrogante, perché mi dà modo di affrontare due distinti profili di tutela: quello ambientale e quello sanitario, che sono disciplinati da regolamenti e norme specifiche di settore.
Sotto il profilo della tutela ambientale, disciplinato per la maggior parte dal codice ambientale, il Ministero dell'ambiente esercita un compito di coordinamento e di indirizzo; la tutela sanitaria, invece, fa capo, chiaramente, al Ministero della salute.
In merito alla disciplina specifica che concerne il mio Ministero e che concerne la qualità delle acque destinate al consumo umano, il Ministero dell'ambiente è chiamato ad esprimere il concerto per alcuni specifici aspetti individuati in tema di parametri e deroghe, come per i decreti aventi ad oggetto la fissazione di valori massimi ammissibili proprio in deroga. Il codice ambientale disciplina l'esercizio dei poteri di vigilanza da parte di diverse autorità.Pag. 79
Per quanto riguarda la tutela delle falde acquifere, sussiste l'obbligo in capo alle regioni di istituire delle aree di salvaguardia per tutte le acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, al fine di mantenere e migliorare le loro caratteristiche qualitative e tutelare lo stato delle risorse. In particolare, le aree di salvaguardia sono suddivise in tre zone, con un differente grado di tutela: la zona di tutela assoluta, la zona di rispetto e la zona di protezione.
Per quanto riguarda la vigilanza sull'erogazione dell'acqua per uso domestico, spetta al gestore del servizio idrico integrato il controllo della qualità delle acque erogate attraverso adeguate e periodiche analisi. Un ulteriore livello di tutela è, inoltre, garantito dai controlli esterni effettuati dalle autorità sanitarie e dalle ARPA territorialmente competenti al fine di verificare che le acque destinate al consumo umano soddisfino i requisiti definiti dalla legge.
Di certo, voglio rassicurare l'onorevole interrogante che non mancherà la massima attenzione e vigilanza da parte di questo Ministero su ogni situazione di rischio e di disagio per i cittadini.
PRESIDENTE. Il deputato Rampelli ha facoltà di replicare.
FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, signor Ministro, non siamo particolarmente soddisfatti, intanto per questioni di carattere procedurale: una interrogazione in quanto tale – se vogliamo dare un senso alle interrogazioni veloci, cosiddette question time, che informano centinaia di migliaia di cittadini in tempo reale sulle cose denunciate – penso che, in qualche maniera, debba essere per forza di cose integrata, debba prevedere un'interazione da parte del Governo, da parte dei vari dicasteri che hanno una competenza su un determinato fatto che viene acquisito dalla domanda che viene posta.
Quindi, in ogni caso, per quanto la sua sia una competenza relativa alle questioni della tutela ambientale, penso che non sarebbe stato sbagliato consultarsi, caso mai, con il suo collega Ministro della salute piuttosto che con altri servizi in capo ad altri dicasteri.
Il problema è che ci sono comunque dei cittadini che non possono bere acqua nel terzo millennio, nella capitale d'Italia; il problema è che ci sono dei cittadini e delle famiglie, degli anziani e dei bambini che non possono lavarsi la mattina, accade sempre in Italia, nel terzo millennio, nella capitale d'Italia; il problema è che ci sono delle zone a Roma, nel Lazio, in Abruzzo, nei luoghi denunciati, dove questo fenomeno si va replicando e non ci sono soltanto rischi per la salute che, lo ripeto, lei avrebbe comunque dovuto assumere, almeno nella risposta, in nome e per conto del Governo che rappresenta, ma ci sono ovviamente rischi anche per l'ambiente; e gli argomenti relativi alle responsabilità per la tutela dell'ambiente, invece, le competono in tutto e per tutto e la risposta che ha dato è una risposta molto evasiva.
Capisco che in questo caso magari non ci siano le circostanze, le condizioni per fare dei ragionamenti ampi e diffusi, ma penso che sia di tutta evidenza che l'argomento della tutela ambientale, in ordine anche al livello di incidenza delle acque piuttosto che della penetrazione e delle infiltrazioni inquinanti di rifiuti tossici, abbia ormai sedimentato in Italia una sua esperienza, un suo vissuto e, quindi, il Ministero dovrebbe spiegarci non come coordinare, ma come prevenire quello che è accaduto fin qui; perché il Ministero deve dare risposte alle famiglie e ai cittadini.
PRESIDENTE. Deputato Rampelli, concluda.
FABIO RAMPELLI. Non può lambiccarsi in studi politologici in ordine a petizioni di principio che in un futuro, casomai, verranno utilizzate e rispettate dal Ministero stesso. I cittadini sono la priorità in democrazia e le risposte che il Governo deve dare devono andare nella direzione della tutela degli interessi dei cittadini.
Pag. 80 PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 16,20 con l'esame del disegno di legge recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni.
La seduta, sospesa alle 16,10, è ripresa alle 16,25.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Alli, Amici, Artini, Balduzzi, Boccia, Michele Bordo, Bressa, Caparini, Capezzone, Cirielli, Costa, De Girolamo, Dellai, Di Lello, Epifani, Ferranti, Fontanelli, Formisano, Gasbarra, Giancarlo Giorgetti, Leone, Palmizio, Gianluca Pini, Pisicchio, Realacci, Sani, Scalfarotto, Speranza, Tabacci e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente ottantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Si riprende la discussione del disegno di legge n. 1542-B.
(Ripresa discussione sulle linee generali – A.C. 1542-B)
PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulle linee generali del disegno di legge, già approvato dalla Camera e modificato dal Senato, n. 1542-B, concernente disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è iniziata la discussione sulle linee generali del provvedimento.
È iscritta a parlare la deputata Roberta Lombardi. Ne ha facoltà.
ROBERTA LOMBARDI. Signor Presidente, mi rivolgo ai nostri concittadini; qualcuno oggi è anche presente alla seduta e quindi mi rivolgo soprattutto a loro.
Leggere il testo di questo disegno di legge è affascinante quasi quanto guardare uno spettacolo del mago Silvan: grandi abilità, giochi di prestigio, province che scompaiono, poi si trasformano in città e poi in unioni di comuni e, alla fine, «sim sala bim», ricompaiono di nuovo come province. Una lista di illusioni, ecco qual è il contenuto di questo ennesimo provvedimento spot.
Ma proviamo a capire in quale modo questa volta il mentalista Renzi sta provando a ipnotizzare le nostre menti. Era l'ottobre 2013, qualche mese fa, quando l'allora Ministro per gli affari regionali Delrio, oggi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, firmò un disegno di legge ordinario per abolire le province; abolire, diceva lui. Ma come, non erano passati neanche pochi mesi dalla sentenza della Consulta che aveva dichiarato l'illegittimità del decreto con cui Monti aveva tentato la stessa missione che subito è arrivato il nuovo Governo a realizzare quel pasticciaccio brutto «de» palazzo Chigi ?
La Corte era stata alquanto chiara: le province si aboliscono con legge di revisione costituzionale, legge presentata alla Camera dei deputati da quei «bacchettoni» primi della classe, che siamo noi del MoVimento 5 Stelle, in tempi non sospetti, in data 14 maggio 2013, a prima firma del mio collega Toninelli. Ma, cito testualmente: questo è un provvedimento di semplificazione e riordino, rintuzzava allora Delrio riferendosi al suo disegno di legge. Noi che abbiamo incontrato, tra l'altro, sia il capo di gabinetto del Ministro sia il consulente legislativo, abbiamo semplicemente, con un'operazione di buon senso, chiesto che si provvedesse secondo le linee che la Consulta aveva tracciato. Quindi: un progetto di revisione costituzionale per l'abolizione effettiva delle province e, contemporaneamente, Pag. 81nelle more dei tempi che servono per il doppio passaggio alle Camere, così come previsto dall'articolo 138 della Costituzione, un progetto vero di riorganizzazione e razionalizzazione di tutti gli enti locali. C'erano i tempi per farlo, mancava come al solito la volontà. Questo perché, tra l'altro, questa riforma è molto più caotica e dannosa della situazione attuale.
Il dibattito, animatosi nella stampa compiacente, ha molto enfatizzato alcuni veri e propri slogan per smentire i quali basta semplicemente leggere il testo di legge e i suoi allegati.
Esaminiamo per punti quelle che sono le peculiarità principali. Le province, diciamolo subito, non sono abolite. Ripeto: le province non sono abolite. È una prima illusione della propaganda. La legge non le elimina affatto, restano operanti, un po’ ammaccate, ma tutte e centodieci le province italiane rimangono in vita, tranne quelle che assumono le vesti della città metropolitana. Infatti, le province si estinguono solo dove si prevede subentrino queste famigerate città metropolitane, ma di fatto finiscono sostanzialmente solo per cambiare nome, poiché le città metropolitane acquisiranno tutte le funzioni oggi di competenza delle province aggiungendone anche qualcun altra.
E come sono state istituite queste città metropolitane, ci siamo chiesti ? Ci sarà un criterio organizzativo anche lì, territoriale, le realtà produttive. No, niente di questo: un mero criterio politiche, sono state scelte tu, tu e tu. Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria, sulla base di criteri meramente politici: nessun riferimento alla struttura urbana, come dimostra in maniera esemplare, ad esempio, il caso di Reggio Calabria. A queste poi si aggiungono Roma capitale e le cinque già istituite dalle regioni a statuto autonomo, Palermo, Messina, Catania, Cagliari e Trieste.
Il problema – uno dei tanti, a dire il vero – è che regna grande la confusione su quali saranno le competenze dei nuovi enti locali: dunque forte il rischio di creare sovrapposizioni e conflitti di competenze, come anche quello di dare nuove funzioni senza risorse adeguate. In tutto il provvedimento approvato al Senato non c’è alcun tentativo di definire le funzioni più appropriate da allocare ai vari livelli di Governo – altro che riordino di organizzazione ! – e soprattutto le risorse di cui dotarli: si ripete esattamente lo stesso errore compiuto nel costruire il federalismo al contrario negli ultimi 20 anni.
Allora, che cos’è che cambia ? E questo è il secondo punto che vogliamo sottolineare: cambierà solo la leadership delle province, in quanto il sindaco metropolitano coinciderà con quello del capoluogo, con evidente espropriazione per i cittadini della provincia della rappresentatività elettorale, perché gli elettori che hanno eletto il sindaco per risolvere i problemi di una città, della loro città, finiscono per incidere indirettamente anche sulle questioni amministrative di altri centri abitati. Ma cosa vuoi che sia far scomparire ogni forma di sovranità popolare a livello provinciale per un Governo che si appresta a rendere il Senato della Repubblica un feudo di partito ?
L'obiettivo dello stoico rottamatore, del nuovo che ormai avanza, è chiaro a tutti: accentrare il potere nelle mani di pochi, ad ogni livello e con qualsiasi strumento. Sindaci e consiglieri comunali diventano, grazie a questo disegno di legge, presidenti e consiglieri provinciali, e chi se ne importa se si infrangono i principi giuridici consolidati nel nostro ordinamento di incompatibilità e di divieto di cariche pubbliche. A proposito, divieto di cumulo di cariche pubbliche: sindaci dei comuni fino a 15 mila abitanti, mi rivolgo a loro, state perorando la campagna elettorale per le europee (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Perché con l'entrata in vigore di questo disegno di legge potete diventare anche voi i nostri prossimi rappresentanti al Parlamento europeo: potrete dividervi tra Bruxelles, Strasburgo e il paesino di provenienza, giusto per rompere la monotonia e il tran tran, come ha detto Renzi, della vita di tutti i giorni. Tanto si sa, l'importante è andare veloci. Pag. 82Dove ? Il più possibile vicino ad un sistema autoritario e antidemocratico, ovviamente.
Terzo punto di questo provvedimento: la vulgata diffusa dopo che Renzi ha silurato Letta è stata che il provvedimento svuota-province sarebbe stato una fonte inesauribile di risparmi. Peccato che né la legge né le relazioni illustrativa e tecnica quantifichino anche un solo centesimo di questo risparmio. È necessaria, a questo punto, una premessa: occorreranno accordi tra Stato e regioni, leggi attuative, e ancora specifici decreti per determinare le risorse finanziarie, strumentali e di personale da trasferire di volta in volta. Il processo, peraltro solo abbozzato dal provvedimento legislativo, senza affrontare in profondità le conseguenze sul Patto di stabilità e sull'assetto della normativa della finanza locale, si annuncia esternamente lungo, anche più lungo dell'iter di modifica della Costituzione. Vediamo quanto si risparmierebbe.
Innanzitutto né i dipendenti, Cottarelli permettendo, né le funzioni delle province 2.0, chiamiamole così, scompaiono, e di conseguenza non scompaiono neanche i costi relativi, che sono la stragrande maggioranza delle spese di questo livello di governo. E siccome le province rimangono in vita, perché le province rimangono in vita, anche la dirigenza politica è espressa in modo indiretto: i costi cosiddetti di funzione, cioè scrivanie, strutture, telefoni rimangono altissimi, perché comunque queste figure di organi sono ancora presenti, e quindi devono avere una struttura di supporto, ovviamente. Quello che si risparmia è solo il finanziamento degli organi istituzionali, cioè le indennità del presidente, degli assessori e dei consiglieri e i vari rimborsi connessi alla loro attività, che vengono aboliti, insieme alle spese delle relative consultazioni elettorali. Il finanziamento per gli organi che dicevamo prima ammonta, secondo l'Istituto Bruno Leoni, a cui il Governo aveva commissionato una quantificazione, a circa 110 milioni, secondo gli ultimi dati disponibili, ma che comunque non verrà azzerato dati i costi dei nuovi organi delle città metropolitane. Le consultazioni elettorali poi costano circa 320 milioni e si tengono ogni cinque anni, dunque risparmio annuale di circa 60 milioni, ovvero un euro per cittadino italiano.
In totale quindi si risparmieranno circa 170 milioni di euro l'anno; meglio che nulla, per carità, noi abbiamo estremo rispetto dei soldi pubblici, fosse anche un centesimo. Ma la spesa pubblica complessiva di circa 800 miliardi di euro certo non verrà particolarmente scalfita da questo risparmio, specie poi se si considera che si tratta di un risparmio in ipotesi e supposizioni.
Ma in realtà l'unica rilevazione veramente ufficiale è quella della Corte dei conti, che viene inspiegabilmente ignorata da Delrio, secondo la quale i risparmi sono molto dubbi, mentre certi sono, anche se non quantificati, i costi di un simile stravolgimento. Il risparmio degli organi di Governo peraltro sarebbe, sempre secondo la Corte dei conti, di soli 35 milioni, infatti a tanto ammonterebbero l'onere dei consiglieri, assessori e presidenti provinciali per effetto delle riforme dell'estate del 2011, che avevano previsto la drastica riduzione del numero degli amministratori provinciali.
Quarto punto di questo disegno di legge, la vera chicca direi, è che per legge aumenta il numero dei consiglieri comunali, fino a 26 mila in più, e degli assessori, fino a 5 mila in più; quindi a fronte delle 3 mila poltrone provinciali eliminate, ne abbiamo 31.500 in più, diciamo che nel cambio forse non ci abbiamo esattamente guadagnato.
Il Governo si è impegnato a rendere questa operazione a costo zero, ma come si possono aumentare le cariche senza aumentare le spese, ci siamo chiesti. Davvero possiamo credere che lo stesso costo attuale dovrà essere spalmato su un numero maggiore di amministratori ? Consiglieri e assessori lavoreranno gratis o ci saranno circa 30 mila stipendi in più da pagare ? Ma fosse anche lavorassero gratis, questi consiglieri e questi assessori in più avranno una scrivania, un cellulare, una postazione dove stare, magari anche una segretaria o andranno in giro con i loro Pag. 83mezzi, macchina propria, a questo punto pagheranno anche per essere eletti ? Questo, nella fantasia del Governo, ancora non abbiamo capito quale è la risposta.
Peraltro si consideri che a questa operazione di redistribuzione sono chiamati i comuni con atti propri, cioè atti amministrativi. A nostro avviso, lo status e le indennità degli amministratori locali sono di competenza della legge, che ha dettato le modalità specifiche per addivenirvi, nel TUEL. In particolare, le indennità sono rimesse a un decreto del Ministro dell'interno con una procedura che coinvolge le autonomie territoriali e con la stessa procedura vengono modificate nonché aggiornate per legge ogni tre anni. Come possono procedere i comuni quindi con atti propri in questo settore ? Altro mistero da prestigiatore.
A noi, che maghi non siamo, pare una moltiplicazione di poltrone e di costi piuttosto che un provvedimento in grado di generare risparmi effettivi. Parliamoci chiaro: se davvero l'intenzione fosse stata quella di incidere sulla spesa pubblica, non avrebbe avuto più senso calare l'accetta sulla selva di società partecipate che continua a crescere all'ombra dei governi regionali e locali ? Con le stesse partecipate che sono diventate un poltronificio dove poggiare le terga dei trombati dei partiti ? Un terribile sospetto si insinua in noi, persone notoriamente in malafede e complottiste.
Tra le competenze esclusive dello Stato...
PRESIDENTE. Deve concludere.
ROBERTA LOMBARDI. ...il progetto di riforma costituzionale presentato l'altro ieri prevede anche la determinazione dell'ordinamento degli enti di area vasta. Niente niente che vogliano dare riconoscimento costituzionale agli organismi di secondo livello previsti dal disegno di legge Delrio, i quali lungi dall'essere moribondi continueranno a godere ancora di ottima salute per molto tempo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Quaranta. Ne ha facoltà.
STEFANO QUARANTA. Signor Presidente, ho sentito con interesse la discussione di questa mattina, ho ascoltato le parole del sottosegretario Bressa, però devo dire che non mi hanno convinto, anche se ha fatto una difesa appassionata di questo testo. E non mi hanno convinto, e vorrei anche rispondere alla battuta che ha fatto stamattina, io mi sento meno tormentato del mio collega Pilozzi, perché in questa Aula, in questi mesi, abbiamo visto cose ben peggiori: da tentativi maldestri di riformare la Costituzione, a leggi elettorali chiaramente incostituzionali. Tuttavia, arriviamo a questa seconda lettura alla Camera di questo provvedimento, e in attesa della riforma del Titolo V della Costituzione, che probabilmente determinerà davvero il nuovo quadro delle autonomie locali, avendo fatto nel corso degli anni molti passaggi. Siamo partiti con Monti, siamo passati attraverso Letta e oggi arriviamo attraverso Matteo Renzi. Ora, io devo dire che questa riforma mi sembra perfettamente calata nel Renzi style e cioè: pochi contenuti, una spruzzatina di demagogia e nulla davvero di diverso per i cittadini italiani. Alla base della riforma in effetti ci sono due questioni: meno politici nel nostro Paese, e questa è la spruzzatina di demagogia, e l'altra è quella dell'abbattimento dei costi della politica, che peraltro è tutta da verificare.
Eppure oggi dovremmo essere chiamati tutti ad una discussione molto seria sul tema della riforma delle autonomie, che magari aiuti davvero a distinguere la buona dalla cattiva politica e che consenta un riscatto a quei tanti enti locali che sono stati duramente vessati in questi anni e che hanno subito il peso dei tagli del welfare, e li hanno dovuti gestire come hanno potuto a livello locale.
Si è parlato di sistema delle autonomie ormai da molti anni, a partire dal 1990 almeno, con la legge n. 142; si è passati alla stagione dell'elezione diretta dei sindaci, dei presidenti di provincia, allora il Pag. 84ruolo delle autonomie era riconosciuto, aveva una forte legittimazione democratica ed era anche in corrispondenza appunto ad una partecipazione diretta dei cittadini appunto con l'elezione diretta. Ora, io penso che sarebbe davvero triste se questo lungo percorso di discussione sulle autonomie culminasse con questo provvedimento. Io penso che ci sarebbe davvero da mettersi le mani nei capelli.
Io temo che come per il Senato, che prima si è deciso di abolirlo nella sua attuale versione e poi ci si è interrogati su cosa sarebbe stato e su cosa bisognava inventarsi, producendo le versioni più diverse e fantasiose, con il ruolo dei comuni e delle regioni come camere di garanzia, ecco io penso che si stia facendo più o meno la stessa cosa in questo caso, e lo dico perché noi saremmo per raccogliere la sfida di una modifica delle istituzioni nel nostro Paese. È che per fare queste cose occorre avere uno straccio di idea su cosa fare, occorre avere un'idea di Paese, un'idea delle istituzioni, occorrerebbe capire – queste dovrebbero essere le domande a cui rispondere – come rendere migliori servizi ai cittadini, come dare efficienza al nostro Paese. Se si farà questo, arriveranno poi anche i risparmi e saranno ben più consistenti, perché partire dall'idea di tagliare e però farlo senza avere le idee chiare in genere porta invece all'effetto contrario.
Allora, io voglio ragionare di trasporto pubblico locale, di sanità, di ambiente e capire quali sono i livelli istituzionali più adatti a rendere migliori servizi ai cittadini. Da questo punto di vista, sono per discutere di tutto, della fine del bicameralismo perfetto, degli enti locali, del centralismo delle regioni, che è andato affermandosi in questi anni e magari anche calando questo ragionamento in un quadro di cessione dei poteri all'Europa, visto che di questo stiamo parlando e quindi forse servirebbe veramente altro che non questa riforma, ma un ragionamento più serio e complessivo.
Nel merito c’è poco da dire, onestamente. Anche guardando a questa riforma con spirito costruttivo, mi pare che la potrei riassumere così: le province sono sostanzialmente provvisorie, in attesa della riforma del Titolo V, e sdemocratizzate, nel senso che non vengono più eletti i rappresentanti e diventano enti di secondo livello.
Le città metropolitane di fatto sono le province, che c'erano prima, di alcuni capoluoghi maggiori che cambiano nome, senza alcuna valutazione di merito sulla differenza fra i territori, che sono così eterogenei, per cui Milano sarà come Genova, come Reggio Calabria. Eppure, tutti conosciamo, dovremmo conoscere la composizione eterogenea del nostro Paese e dei nostri territori.
D'altra parte però, se non si parte in un ragionamento da cosa è utile per il Paese, ma si parte dall'idea di far vedere che si fa qualche taglio alla fine il risultato è questo. Poi, io mi chiedo cosa cambierà in effetti per un sindaco di capoluogo, che diventa sindaco metropolitano, senza peraltro essere eletto direttamente e quindi anche con una minore legittimazione popolare. Aumenteranno i suoi poteri, le sue risorse ? Sentirà lo Stato più vicino e solidale ? Miglioreranno le condizioni dei cittadini ? Ecco, mi pare che tutto questo non si verifichi.
Allora, il rischio sarà quello di non tagliare i costi, limitare la qualità della nostra democrazia e, alla fine, non cambiare nulla nella vita dei cittadini e, questo sì, rischia di essere l'ulteriore passo che va ad erodere quel patrimonio di credibilità delle istituzioni già debole, e queste occasioni non devono essere perse per dare risposte serie (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rondini. Ne ha facoltà.
MARCO RONDINI. Signor Presidente, una riforma seria della pubblica amministrazione avrebbe dovuto semplicemente consistere in una valutazione sulle funzioni, quale livello le svolge meglio e al minor costo. Non è stato così: l'obiettivo da subito prefissato è stato quello di chiudere le province, una riforma a buon Pag. 85mercato da sbattere davanti all'opinione pubblica, martellata in questi anni da continui slogan sull'inutilità dell'ente di Governo dell'area vasta.
Una campagna mediatica, che però ha abilmente omesso quale sia il vero ruolo della provincia e quali disagi colpiranno i cittadini da quando la Delrio entrerà in vigore. È una vicenda grottesca quella dell'abolizione delle province, già giudicata incostituzionale dalla Consulta, nella versione montiana. Ebbene, una riforma quella di Monti – ricordiamolo – che, secondo l'ufficio studi della Camera, al massimo avrebbe comportato un risparmio di 65 milioni di euro sul bilancio statale, che riguarda una spesa totale di 805 miliardi. Ma nessuna cifra venne però inserita nel bilancio, tale e tanta era l'incertezza sugli esiti della riforma. Nonostante questo, è proseguito incessante e tambureggiante il coro contro le province, in particolare sulla stampa. Argomento troppo semplice per ottenere facile consenso, paginoni in prima e inchieste, ospitate nelle televisioni per discettare in merito, mostrando spesso di non conoscere per nulla quali funzioni svolgano le province, quali costi la loro soppressione o il loro riordino comporterebbe rispetto a benefici finanziari in ogni caso irrisori per le casse pubbliche.
Il poco rimpianto Governo Monti non ha resistito alla tentazione allora di mettersi a suonare la grancassa, offrendo sul piatto lo scacco delle province, all'evidentissimo scopo di addolcire l'amara pillola della cura da cavallo di tasse e misure depressive che hanno portato l'Italia ad un avvitamento gravissimo della propria crisi e, insieme con la stampa superficiale e populista, ha in parte colto l'intento. Basta andare sui social media per rendersi conto che il lavaggio del cervello dei corifei della stampa nazionale che invocano l'abolizione delle province, ha funzionato e ha ottenuto il proprio risultato.
Per la mossa populista dell'abolizione o comunque del riordino delle province, il Governo Monti non aveva tempo e scelta. Decise allora la via, certamente incostituzionale, del decreto-legge; ben tre, l'ultimo dei quali non convertito. Decreti adottati in via d'urgenza allo scopo di risanare, con che esiti si è purtroppo visto, le finanze pubbliche. Ma, spiega la Corte costituzionale, il riordino dell'assetto della Repubblica e degli enti che la compongono non può essere compiuto con un decreto-legge. Peraltro – è bene ribadirlo – il decreto-legge di natura finanziaria non aveva previsto assolutamente nemmeno un solo misero centesimo di risparmio sul bilancio per effetto del riordino delle province.
Ebbene, apparentemente la lezione seguita dalla sentenza della Corte costituzionale sembra essere acquisita e lo strumento al quale si affida il riordino delle province è cambiato, ma il problema però non è solo lo strumento con il quale procedere a sopprimere o ordinare le province; al contrario, è capire quello che le province fanno, come sono finanziate e quali conseguenze sul piano dell'organizzazione dello Stato e della finanza locale comporterebbe la loro soppressione. Si è continuato a sentire per tanto tempo che le funzioni delle province possono benissimo essere attribuite ai comuni. È evidente che questa affermazione proviene da chi non conosce le funzioni provinciali, le quali sono connesse ad un'area territoriale molto più ampia di quella stretta tra le mura di un comune. Un solo esempio: la rete didattica e logistica delle scuole superiori. Se la cura di esse fosse assegnata ai singoli comuni non ci sarebbe il rischio, ma la certezza del proliferare di indirizzi scolastici dove non servirebbero e di una manutenzione ancor più inefficiente di quella esistente, perché un sindaco dovrebbe sentirsi obbligato di investire soldi comunali su un bene, la scuola superiore, frequentato per la maggiore, o buona parte da studenti nemmeno risiedono nel suo comune.
Il Ministro Delrio, da ex presidente dell'ANCI, che ha portato nel suo Ministero molti funzionari dell'ANCI stessa, era convinto che occorresse attribuire ai comuni le funzioni provinciali, ipotesi che sembra avere abbandonato. Non ha ancora spiegato però come avrebbe ripartito tra gli 8.100 comuni le entrate di 107 enti, Pag. 86tanti quante sono le province: 11 miliardi diviso per 8.100 fa circa 1.358.000 euro in media a comune. Come gestire le funzioni provinciali con così poco ? Nessuno lo sa, nessuno ha affrontato il problema dell'accollo del Patto di stabilità delle province verso gli enti subentranti, né della riforma della finanza locale che ne deriverebbe.
Nessuno prende atto che una riforma che davvero intenda razionalizzare non potrebbe che fare convergere le funzioni provinciali, soppresse le province, solo verso le regioni, considerato che solo l'accorpamento da 107 enti a 20 forse determinerebbe economie di scala e risparmi. Ma in questo modo le regioni si snaturerebbero definitivamente; da enti che dovrebbero limitare la propria funzione a quella legislativa e di programmazione diverrebbero un moloc pervasivo, che gestisce minute e minime funzioni, in barba a qualsiasi principio di sussidiarietà verticale.
Altrettanto preoccupanti sono prospettive, poi, come quelle segnate dalla via siciliana, ad esempio, anch'essa sicuramente incostituzionale, dell'abolizione delle province, cioè quella di eliminare le province per sostituirle con altri enti, città metropolitane o liberi consorzi che siano. Se davvero l'abolizione delle province serve per ridurre le spese e la burocrazia, lo capisce persino un bambino che eliminarle, ma al contempo introdurre altri organi aventi medesimi o analoghe funzioni, non farebbe che creare ulteriore caos e spesa.
Chi abita, come il sottoscritto, in provincia di Milano, che diventerà città metropolitana, si chiede, come me, che ne sarà delle aree protette. Avete ignorato che nella mia regione, la Lombardia, le province contribuiscono anche alla metà dei bilanci dei gestori dei parchi regionali e che minare il sistema dei parchi significa lasciare campo libero a cemento e speculazioni ? Che sarà della politica per le infrastrutture ? Chi deciderà dei problemi di mobilità delle periferie, quando avete di fatto creato un cervellotico sistema elettorale che mette queste decisioni in capo, solo ed unicamente, al sindaco del comune capoluogo ?
Scuole, strade, ambiente, questi erano gli sprechi, secondo voi, delle province. Ci dicano, semmai, dove sono finite quelle risorse che sono state drenate in questi anni dalle province allo Stato, le risorse derivate dalle entrate proprie delle province, le aliquote sulle RC auto o sull'imposta di trascrizione, risorse che questo Stato vorace ha avocato progressivamente a sé, dal Governo Monti in poi, svuotando le province di capacità finanziarie, prima ancora che di funzioni. Ma, del resto, è più facile gridare all'inutilità di un ente se lo si mette in condizione di non potere finanziare i servizi. Che ne avete fatto di quelle risorse che avete drenato alla province ? Magari sono servite a pagare le spese di rappresentanza dei prefetti, un istituto che rimanda alla memoria di un momento storico di certo poco democratico.
E, infine, il Presidente Renzi grida al Paese di avere mandato a casa 3 mila politici a carico del contribuente. Il Presidente Renzi ci mostri il suo curriculum e ci dica cosa ha fatto nella vita, a parte il politico. Il Presidente Renzi ci spieghi se la provincia di Firenze, di cui è stato presidente, era o meno un ente inutile e perché non si è dimesso da quell'incarico che oggi ritiene inutile ed inutilmente retribuito. Il Presidente Renzi soprattutto ci spieghi dove vuole portare questo Paese. Il Presidente Renzi sta progressivamente smantellando una serie di istituti che vivevano investiti di un mandato popolare, quel mandato popolare che il Presidente Renzi non conosce perché governa senza esservisi sottoposto. Quel mandato popolare a cui noi, invece, continuiamo ad essere affezionati, anche se il Presidente Renzi pretende di farlo passare di moda perché costa troppo, perché, Presidente Renzi, è facile fare passare amministratori che stanno facendo sacrifici come parassiti. È un modo a buon mercato per cancellare la rappresentanza politica, che Pag. 87presuppone un'espressione di voto da parte dei cittadini e un mandato assunto da chi viene eletto.
Sappiamo fare i conti anche noi, Presidente Renzi. È evidente che un commissario costa meno di un consiglio e di una giunta provinciale. È evidente che un organismo monocratico costa meno di un organismo collegiale, è evidente che un podestà costa meno di un sindaco, è evidente, Presidente Renzi, che un duce costa molto meno di un consesso democratico eletto dai cittadini. Ci dica, Presidente Renzi, dove vuole portare questo Paese. Lo dica apertamente e francamente e ognuno di noi farà le proprie riflessioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fabio Lavagno. Ne ha facoltà.
FABIO LAVAGNO. Signora Presidente, ancora una volta mettiamo mano al sistema delle autonomie locali. Se ci si chiede se fosse necessario e se fosse urgente, la nostra risposta sarebbe affermativa (è sia necessario sia urgente).
Ma aggiungiamo alla necessità e alla urgenza un altro criterio, quello della necessità di una riforma organica e non di un intervento ancora una volta sul sistema delle autonomie locali, che è parziale e a sottrazione e che non tiene insieme un intero sistema e non considera le ripercussioni che toccare un pezzo porta all'intero sistema Paese. Questo avviene dopo vent'anni che nel nostro Paese ha fatto irruzione il termine federalismo, un termine declinato in ogni sua forma e in ogni modo, dalle accezioni separatiste dei colleghi della Lega alle concezioni ottocentesche o alle concezioni europee.
In ogni caso, in virtù del federalismo, in questo Paese sul sistema delle autonomie locali si sono via via svolte una serie di riforme senza che mai si facesse il punto e senza che mai vi fosse una messa a regime e a sistema di queste riforme. Molto spesso si sono fatte finte riforme a sottrazione intervenendo sulla parte fiscale e finanziaria. Molto spesso si è in realtà ridotto lo spazio di democrazia riducendo il numero degli eletti. Ancora una volta questa riforma si inserisce appieno in questo solco di non sistematicità, e soprattutto volta più a ridurre gli spazi di democrazia che a dare un chiaro disegno del Paese. Ed è per questo che siamo estremamente delusi dal tipo di riforma proposta. E nonostante noi avessimo voluto interloquire su questo tipo di riforma, non abbiamo potuto che porre alcuni minimi correttivi.
Le riforme in questi anni non hanno garantito quella spinta necessaria alle autonomie fortemente legittimata all'inizio degli anni Novanta anche dall'immagine plastica dell'elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di provincia, da una vera autonomia fiscale dei comuni e delle province. Molto spesso gli enti locali hanno sopperito alla mancanza di risorse e di trasferimenti da parte dello Stato, piuttosto che con la loro autonomia, attraverso altre leve, come l'uso indiscriminato degli oneri di urbanizzazione, sistema che ha funzionato fintanto che il ciclo economico era espansivo e che oggi non funziona più e mette a repentaglio la grande quantità di servizi offerta dagli enti locali, che costituiscono ancora oggi l'ossatura del welfare del nostro Paese.
Ebbene, dopo vent'anni di federalismo siamo riusciti nell'improbo compito di realizzare tre punti: una forte riduzione dei trasferimenti di capacità decisionale e di progettazione degli enti locali, una riduzione del numero degli eletti, come abbiamo detto, e di fatto sottoponendo tutti gli enti locali, tutto il sistema delle autonomie, all'insensata logica del patto di stabilità. Credo che non fossero queste le prospettive da cui si partiva quando si iniziò a parlare di federalismo. Credo che molto spesso sui temi della riforma degli enti locali, e in questo caso in particolare, la propaganda abbia preso molto più il posto di un'analisi seria e puntuale di quale disegno si vuole dare dell'organizzazione dello Stato e di quali ricadute hanno queste scelte nei confronti dei cittadini.Pag. 88
Ecco, vediamo in questo tutta la debolezza della politica, la debolezza di non saper affrontare il punto di quelli che sono i reali problemi del Paese: la disoccupazione, una conversione ecologica dell'economia, piuttosto che una riduzione delle diseguaglianze in senso generale o in senso locale, una seria politica di trasporto pubblico locale, una seria gestione dell'ambiente e dei rifiuti, una seria gestione delle politiche dell'edilizia scolastica. E non essendo in grado di fare questo, allora ci si trincera dietro finte riforme, come in questo caso.
È una debolezza che in qualche modo accompagna almeno gli ultimi tre Governi, nei quali il leitmotiv dell'abolizione, che poi non è di fatto tale, delle province, né si tratta di un ridisegno serio delle aree vaste né di un ridisegno serio dei rapporti tra le istituzioni, si perpetua. Abbiamo avuto il Governo Monti, con cui si partì da una ridefinizione e un ridisegno delle aree geografiche territoriali per arrivare ad un mero accorpamento, ma che avrebbe almeno avuto il merito di accorpare quelle amministrazioni periferiche dello Stato che vero costo sono, vera spesa sono. Invece siamo arrivati, attraverso il Governo Letta e oggi con il Governo Renzi, ad una semplice abolizione della democrazia e dei criteri elettivi se non di secondo livello, per quanto riguarda le province.
Ed è un grave vulnus nei confronti non solo della rappresentanza e della partecipazione, ma della stessa legittimazione di chi andrà a dirigere quelle aree vaste senza aver ben chiaro con quali funzioni, quali risorse e quale rapporto nei confronti di regione e di Stato, andando a creare peraltro enti di «serie A» e di «serie B», cioè un rapporto molto sbilanciato tra quelle che sono le città metropolitane e le province che ancora permangono, soprattutto in aree dove magari le città metropolitane contano, nei confronti della regione, più della stessa metà di quella regione. E allora, bisogna capire e immaginare che molto facilmente si creeranno dei conflitti ancor più gravi di quelli a cui noi oggi assistiamo tra enti che insistono sullo stesso territorio.
Noi avremmo preferito partire da una seria analisi di quello che è avvenuto in questo Paese a partire dagli anni Settanta, anche nei confronti dell'ente regione, un ente che era partito con le migliori intenzioni, con intento legislativo e che via via si è amministrativizzato, in cui la capacità e la qualità legislativa è andata scemando e in cui molto spesso, in molti casi in questi anni, ci sono stati tentativi di ridisegno e di superamento all'interno delle stesse regioni delle aree vaste intese come sono le province.
Crediamo, quindi, che l'intero provvedimento recepisca alcuni miglioramenti introdotti al Senato, alcuni da noi proposti, come l'attribuzione alle province almeno delle funzioni di edilizia scolastica, l'aumento, per quanto riguarda i comuni sotto i 10 mila abitanti, del numero dei consiglieri delle giunte. Ma sono il minimo sindacale nei confronti di un provvedimento che, invece, fa acqua da molte parti e non risolve, a parte creare un'aspettativa nei confronti dei cittadini, in alcun modo il problema dell'impianto istituzionale del nostro Paese e, soprattutto, non affronta con il dovuto coraggio quello che è il tema centrale della frammentazione, dell'eterogeneità, della dispersione amministrativa del nostro Paese, rappresentato dagli 8 mila e più comuni che insistono sul territorio, con una differenziazione geografica enorme da regione a regione, da area geografica ad area geografica, e che non fanno che rendere ancora più debole quel territorio che ogni giorno vediamo crollare e dimostra tutte le sue debolezze sotto i nostri piedi.
Quindi, credo che ci sarebbe stata necessità di un maggior coraggio non tanto rispetto alle unioni o alle convenzioni, e molto spesso i comuni scelgono, nel dato confusionale, la seconda delle ipotesi, quella delle convenzioni, senza addivenire a quel necessario spirito di riduzione di questa frammentazione, che è quello proprio della fusione di comuni. Infatti, troppo debole è l'intervento, è l'incentivo Pag. 89nei confronti della fusione. E solo da quello si può partire per una riduzione effettiva del numero di enti amministrativi disseminati sul territorio, attraverso una forma volontaria di aggregazione. Ma in questo provvedimento è troppo debole lo spirito, per come lo immaginiamo.
Tutto sommato questo provvedimento è un provvedimento ancora una volta zoppo, zoppo soprattutto perché interviene su un settore e su una materia di rango costituzionale, quindi intervenendo prima che la riforma costituzionale sia realizzata. E soprattutto è zoppo perché è mancato un reale confronto con i diretti interessati, un confronto con i cittadini e con gli stessi amministratori, senza valutare le esperienze virtuose che in questi anni sono state fatte anche nell'amministrazione degli enti locali, senza valorizzarle.
Tutto ciò non porta a un disegno compiuto, ma semplicemente, ancora una volta, a una scarsa legittimazione della classe politica e soprattutto a una scarsa legittimazione di quelli che sono gli interventi nei confronti dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Paolo Russo. Ne ha facoltà.
PAOLO RUSSO. Signor Presidente, è singolare questa norma che stiamo affrontando, è singolare anche come il Governo si è atteggiato rispetto a questa norma. Abbiamo ascoltato stamani la relazione del sottosegretario Bressa, che ci ha singolarmente rappresentato cosa il testo unico sugli enti locali dicesse, nulla di ciò che riguarda, viceversa, ciò che questa norma purtroppo dice. Ma ha tentato, attraverso argomentazioni – devo dire – abbastanza suggestive, di rappresentare una figura, anche un istituto nuovi, un istituto che è stato anche suggerito dalla collega che è intervenuta successivamente, la collega Gasparini, un istituto che dovrebbe essere la prelettura coordinata del Ministero dell'interno.
Insomma, quasi come, rispetto ad una norma che è oggetto di valutazione di un ramo del Parlamento, ci fosse già una prelettura ed un coordinamento del Ministero dell'interno, che studia come evitare che ciò che è scritto nella norma incida, ed incida danneggiando i percorsi e gli strumenti anche elettorali. Gli uffici – si è detto ed ho ascoltato – dovranno mettere a punto. Poi ho tentato di capire un po’ meglio cosa significa che dovranno mettere a punto. Credo che il desiderio sia quello di leggere cose diverse da ciò che è scritto, perché il pasticcio è grosso, perché si è scritto male, perché non si è inteso ciò che si stava scrivendo, perché furtivamente al Senato si sono introdotti nuovi elementi, sicuramente peggiorativi della norma. Guardate, non credo di aver mai visto il Parlamento confezionare una norma peggiore di questa: è nata malissimo, è cresciuta peggio e nasce così male perché questo disegno di legge è figlio di un decreto-legge demolito dalla Corte costituzionale e pretenderebbe di sostituirsi ad esso.
Insomma, una fattispecie tipicamente italiana: da una parte, la necessità di gettare in pasto all'opinione pubblica una notizia finalmente salvifica e risolutiva (aboliamo le province) e, dall'altra, la furbizia legislativa, la furbizia di un'ingegneria fantasiosa, che tenta di sottrarre poteri e funzioni all'ente provincia – e devo dire, nel passaggio tra Senato e Camera, nemmeno più questo è vero – e non potendo – non potendo o non sapendo – fare altro, questa norma in realtà lascia in piedi tutto il costoso ambaradan istituzionale di dirigenti, di sedi e di organi, non facendo risparmiare alcunché. Ho sentito – è stato evocato anche qui – parlare di 3 mila consiglieri provinciali che tornano a casa, addirittura un'espressione: «proveranno l'ebrezza di ritornare a lavorare». Si dimentica che, accanto a quei 3 mila che proveranno questa ebrezza, ce ne sono 31 mila, dieci volte di più, che cominceranno a fare i consiglieri comunali e gli assessori comunali, nel medesimo testo. Una finzione. E intanto, con questa norma affidiamo a quelle province Pag. 90che volete abolire – che vogliamo abolire, noi davvero – nuove competenze: mi riferisco alla scuola.
Abbiamo ascoltato con audizioni multiple costituzionalisti, esperti, giuristi, Corte dei conti. Non ce n’è stato uno che ha detto che questa norma era fatta bene e poteva essere foriera di maggiori risparmi. Tutti hanno detto: più oneri e soprattutto maggiore confusione.
Né voglio ritornare sul sindaco delle istituende città metropolitane. Intanto le città metropolitane – voi lo sapete e lo dimenticate – in Europa sono 20, in Italia ne costruite 15, quasi fossimo tutta l'Europa qui in Italia. E lo fate con un sotterfugio, lo fate nel modo peggiore, lo fate di fatto trasferendo competenze, poteri e funzioni in mano a quel sindaco che non è stato eletto, stravolgendo quel principio democratico elementare ed essenziale che è rappresentativo di un territorio che deve scegliersi il proprio sindaco, ma che deve anche poter esprimere, successivamente, la valutazione sull'operato di quel sindaco.
Voi, invece, mettete in capo al sindaco della città metropolitana una sorta di imprimatur permanente, una sorta di diritto per la vita, per cui sarà sempre quello e solo quello il sindaco dei poveri cittadini della provincia di quella città metropolitana. Guardate, non vi faccio l'esempio di tante città importanti delle città metropolitane indicate, ma pensate quanto varrà il cittadino di Castellammare di Stabia che potrà eleggere, sì, il suo sindaco, ma non potrà mai contribuire con la sua scelta ad eleggere il sindaco della città metropolitana che, invece, deciderà su questioni rilevanti che direttamente lo riguardano (servizi di area vasta, gestione rifiuti, reti urbanistiche e strade). Oggi avete attribuito e assegnato anche le competenze sulle scuole.
Al contrario, il cittadino del comune capoluogo, con il suo voto, sceglierà il suo sindaco e il sindaco degli altri, una sorta di asimmetria istituzionale elettorale dove chi governa è eletto altrove, come se il nostro Presidente della Repubblica, per esempio, fosse eletto da un Parlamento straniero. Milioni di cittadini saranno amministrati per competenze delicate – penso ai dissesti idrogeologici – da potestà non giudicabili con il voto, non sostituibili con il voto, o meglio non sostituibili con il voto di quei cittadini che, pur amministrati, sono residenti nei comuni della provincia.
È evidente che una siffatta costruzione non può reggere, non può funzionare. Si determinerà la naturale e giustificata reazione di tutti i comuni della provincia. E avete peggiorato il testo perché non consentite, con questa norma, che i comuni che non vogliano far parte della città metropolitana possano uscire dalla città metropolitana stessa. Insomma, all'opzione della Camera offrite la libertà delle catene del Senato.
E, allora, vorremmo noi fare sul serio, abolire davvero le province. E lo vorremmo fare in un quadro istituzionale di carattere generale riflettendo anche sulle regioni, magari individuando un percorso che possa prevedere la costruzione di macroregioni. Vogliamo costruire sistemi istituzionali capaci di competere davvero in Europa e nel mondo, con Londra, piuttosto che con Chicago o Parigi e Pechino. E, allora, proviamo a riconoscere lo status di città metropolitana a Napoli, a Milano, a Roma, consentiamo l'elezione diretta, costruendo municipalità submetropolitane, e cogliamo questa occasione per una vera riforma che elimini gli sperperi e le sovrapposizioni. Noi vi consigliamo, vi suggeriamo di fermarvi. Siete ancora in tempo a fermare questo treno dannoso per il Paese.
Si consentano, insomma, forme di governo del territorio per funzioni omogenee e senza angusti limiti geografici e soprattutto si ragioni, come fecero i costituenti, non di persone giuridiche, «enti Frankenstein» frutto di trapianti ed autoinnesti, ma di persone fisiche, quella collettività che può riscattare la propria voglia di contare e di partecipare. A che serve insistere con dichiarazioni ad effetto contro i 3 mila consiglieri provinciali aboliti, ampliando a dismisura quella medesima casta di altri 31 mila consiglieri comunali Pag. 91ed assessori ? O bugiardi o incompetenti o, forse, un po’ l'uno e un po’ l'altro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
Informo, inoltre, che il collega Portas, che non era nell'elenco letto alla ripresa della seduta, è in missione.
(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 1542-B)
PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore di minoranza, deputato Matteo Bragantini, il relatore per la maggioranza, deputato Fiano, e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
(Esame dell'articolo unico – A.C. 1542-B)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge e degli emendamenti presentati (Vedi l'allegato A – A.C. 1542-B).
Avverto che prima dell'inizio della seduta gli emendamenti De Mita 1.11 e 1.40 sono stati ritirati dal presentatore.
La Commissione V (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A – A.C. 1542-B), che è distribuito in fotocopia.
Avverto che non sono pubblicati nel fascicolo, a norma dell'articolo 70, comma 2, del Regolamento, gli emendamenti presentati direttamente in Assemblea non riferiti a parti modificate dal Senato.
Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.
Constando il testo di un unico articolo di 151 commi, al fine di consentire una più ampia valutazione delle questioni poste dal provvedimento, la Presidenza ha ritenuto di ammettere alla discussione ed al voto un numero di emendamenti pari al triplo di quelli che sarebbero consentiti.
A tal fine i gruppi Sinistra Ecologia Libertà, Forza Italia e Lega Nord e Autonomie sono stati invitati a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.
Se nessuno chiede di intervenire, invito i relatori e il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli emendamenti riferiti all'articolo unico.
EMANUELE FIANO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, vorrei chiedere, con l'unico fine di agevolare i nostri lavori, se lei considerasse la cosa opportuna, essendo, come ho già relazionato in Commissione e nel Comitato dei nove, il mio parere contrario o invito al ritiro per tutti gli emendamenti, se lei vuole che li citi comunque uno per uno o se crede che io possa dire complessivamente che il mio parere è invito al ritiro, altrimenti parere contrario, su tutti gli emendamenti.
PRESIDENTE. Non è necessario. Qual è il parere del Governo ?
GIANCLAUDIO BRESSA, Sottosegretario di Stato per gli affari regionali. Conforme.
PRESIDENTE. Il relatore di minoranza ?
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, esprimo parere favorevole sull'emendamento Russo 1.106, nonché sugli identici emendamenti Russo 1.2 e Matteo Bragantini 1.3, e sull'emendamento Pilozzi 1.4; mi rimetto all'Assemblea sull'emendamento Russo 1.107.
Esprimo parere favorevole sull'emendamento Matteo Bragantini 1.101.
PRESIDENTE. L'emendamento 1.107 non è segnalato.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Non ho l'indicazione degli emendamenti non segnalati.
PRESIDENTE. Glieli dico io.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Esprimo parere favorevole sull'emendamento Gitti 1.5.
PRESIDENTE. Mi scusi, qual è il parere sull'emendamento Matteo Bragantini 1.101 ?
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Favorevole.
Esprimo, altresì, parere favorevole sugli emendamenti Gitti 1.5 e Russo 1.108.
PRESIDENTE. Gli emendamenti Matteo Bragantini 1.6, Russo 1.109 e Pilozzi 1.7 non sono stati segnalati.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Esprimo parere favorevole sugli emendamenti Russo 1.105, Matteo Bragantini 1.10, Russo 1.111, 1.130 e 1.8, mentre esprimo parere contrario sull'emendamento Migliore 1.9.
PRESIDENTE. L'emendamento Migliore 1.12 non è segnalato. Ricordo anche che l'emendamento De Mita 1.11 è stato ritirato.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Anche l'emendamento Migliore 1.13 è stato ritirato ?
PRESIDENTE. No.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Esprimo parere favorevole sull'emendamento Migliore 1.13.
PRESIDENTE. Ricordo che i successivi emendamenti Russo 1.110 e Pilozzi 1.14 non sono stati segnalati.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Esprimo parere favorevole sull'emendamento Russo 1.114.
PRESIDENTE. L'emendamento Matteo Bragantini 1.16 non è segnalato.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Esprimo parere favorevole sull'emendamento Russo 1.112.
PRESIDENTE. L'emendamento Matteo Bragantini 1.18 non è segnalato.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Esprimo parere favorevole sugli emendamenti Russo 1.113, 1.115 e 1.116.
PRESIDENTE. L'emendamento Matteo Bragantini 1.19 non è segnalato.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Esprimo parere contrario sull'emendamento Russo 1.118, mentre esprimo parere favorevole sull'emendamento Russo 1.132.
PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento Russo 1.117 non è segnalato.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Esprimo parere favorevole sull'emendamento Di Salvo 1.20.
PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento Russo 1.120 non è segnalato.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Sull'emendamento Russo 1.119 esprimo parere favorevole, mentre sull'emendamento Laffranco 1.136 esprimo parere contrario.
Sull'emendamento Di Salvo 1.21 esprimo parere favorevole.
PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento Pilozzi 1.22 non è segnalato.
Pag. 93MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Sull'emendamento Sisto 1.104 esprimo parere favorevole.
PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento Invernizzi 1.23 non è segnalato.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Sull'emendamento Pilozzi 1.24 esprimo parere favorevole, mentre sull'emendamento Lombardi 1.25 esprimo parere contrario.
PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento Invernizzi 1.26 non è segnalato.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Sull'emendamento Cozzolino 1.27 esprimo parere contrario, mentre sull'emendamento Piazzoni 1.28 esprimo parere favorevole.
PRESIDENTE. Ricordo che i successivi emendamenti Russo 1.121 e 1.125 non sono segnalati.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Sull'emendamento Invernizzi 1.30 esprimo parere favorevole.
PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento Russo 1.128 non è segnalato.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Sull'emendamento Pilozzi 1.31 esprimo parere contrario.
PRESIDENTE. Ricordo che i successivi emendamenti Russo 1.129 e 1.126 non sono segnalati.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Sui successivi emendamenti Invernizzi 1.32, Russo 1.33 e 1.34, Pilozzi 1.36 e Invernizzi 1.37 esprimo parere favorevole, mentre sull'emendamento Dadone 1.38 esprimo parere contrario.
Sugli emendamenti Russo 1.124 e Dieni 1.39 esprimo parere favorevole.
PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento De Mita 1.40 è stato ritirato e che i successivi emendamenti Invernizzi 1.41, Russo 1.131, nonché gli identici emendamenti Invernizzi 1.42 e Russo 1.135, come anche l'emendamento Costantino 1.43 non sono segnalati.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Sull'emendamento Migliore 1.44 esprimo parere favorevole, mentre sugli emendamenti Cozzolino 1.46, Pilozzi 1.47 e De Mita 1.48 esprimo parere contrario.
Sugli identici emendamenti Invernizzi 1.49 e Nuti 1.50 esprimo parere favorevole.
PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Russo 1.106, sul quale vi è un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, della Commissione e del Governo e il parere favorevole del relatore di minoranza.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Russo 1.106.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
D'Ambrosio, Lo Monte, Marazziti, Gigli, Donati, Binetti, Dieni. D'Ambrosio non riesce a votare ? Forse ci vuole un tecnico ? Già provveduto. Bratti, non riesce a votare ? Anche lì ci vuole un tecnico. Ha votato. Ancora D'Ambrosio. Ha votato, d'accordo. Che succede ? Bratti ha votato ? Fa segni...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 436
Votanti 435
Astenuti 1
Maggioranza 218
Hanno votato sì 53
Hanno votato no 382).
(Il deputato Bratti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).
Pag. 94 Passiamo all'emendamento Russo 1.2, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Il deputato Buonanno vuole intervenire. Ne ha facoltà.
GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, vorrei intervenire sull'ordine dei lavori in relazione all'articolo 41 del Regolamento. Ho aspettato, sono passate ventiquattr'ore, signor Presidente, ma io volevo sapere che fine aveva fatto la Dicentrarchus labrax, cioè in maniera più volgare, spigola, branzino o ragno di mare, perché mi è stata confiscata e io vorrei sapere dove sia finita e se qualcuno l'ha mangiata (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)...almeno che la lisca fosse messa agli atti....
PRESIDENTE. Basta, Basta, onorevole Buonanno, basta ! La smetta ! Non disonori quest'Aula ! Basta, andiamo avanti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia e Sinistra Ecologia Libertà) !
Passiamo, quindi, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, all'emendamento Russo 1.2, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
D'Ambrosio continua ad avere un problema per votare... onorevole D'Ambrosio, quello è il suo posto ? Perché probabilmente c’è un problema tecnico dovuto al fatto che lei non sta al suo posto. Se non riesce, probabilmente la cosa è dovuta al fatto che ha cambiato postazione e non è stato ancora aggiornato il sistema. Ecco, è riuscito a votare.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 446
Votanti 445
Astenuti 1
Maggioranza 223
Hanno votato sì 57
Hanno votato no 388).
(Il deputato Pagani ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Pilozzi 1.4, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fraccaro. Ne ha facoltà.
RICCARDO FRACCARO. Signor Presidente, mi auguro che nel frattempo vengano sbloccate le postazioni, come richiesto, così da permettere al mio collega di votare. Io, in realtà, prima avevo alzato la mano per parlare del precedente emendamento, ma i commessi non mi hanno visto, forse è colpa mia, quindi parlerò anche di quello.
È un emendamento che sostanzialmente se approvato avrebbe fatto cadere tutto il provvedimento. Perché volevo parlare di quell'emendamento ? Perché anche parlando con gli altri colleghi, con molti colleghi del partito di maggioranza qui dentro, quello che è nato un po’ dalla fusione tra Partito Democratico e Forza Italia, quello che io chiamo «Forza PD», ho constatato che parlano di un provvedimento indecente, di un provvedimento che non funziona, di un provvedimento che se approvato non porterà nessuna miglioria negli enti territoriali, negli enti locali. Allora, adducono come scusa per un voto positivo semplicemente che questo provvedimento dovrebbe aprire la strada a una vera e propria abolizione delle province, un primo passo. Quindi, un provvedimento nefasto, negativo che dovrebbe aprire la strada a qualcosa di positivo. Ecco, io vedo un po’ di incongruenza in questo, non vedo Pag. 95alcuna logica in questo atteggiamento, in questo voto, ma penso anche che una simile impostazione, comunque, richiederebbe una grandissima fiducia nei confronti del Premier Renzi o, comunque, di questo Governo, fiducia che anche quella vedo non poggiare su alcuna base logica.
Io tralascerò su questo punto le dichiarazioni di Renzi prima di diventare Premier. Faccio solo notare che oggi in Italia non si può più dire ad una persona «stai sereno» perché viene visto come un cattivo augurio, solo per fare un esempio.
Questo però riguarda l'uomo Renzi, l'uomo Renzi che non è più degno di fiducia, non può essere considerato degno di fiducia proprio per le continue bugie che ha detto agli italiani. Ma guardiamo allo statista Renzi, guardiamo a quello che sta facendo come uomo politico, come legislatore. Beh, Presidente, ricordiamo tutti le slide che ha presentato al popolo italiano poche settimane fa; c'era una particolare slide che mi ha colpito e che si chiamava «Terra ferma», in cui si diceva che per il 1o di aprile avrebbe trovato 1 miliardo e mezzo di euro per il dissesto idrogeologico. Era un pesce d'aprile, evidentemente, perché non si è visto ancora un euro per il dissesto idrogeologico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Quindi, questa è già la prima bugia, non come uomo, perché di quelle ne aveva dette tante, ma proprio come statista, come Presidente del Consiglio.
Quindi, approvare un provvedimento che per gli stessi parlamentari di questo grande partito, «Forza PD», è un provvedimento negativo, perché apre le strade a qualcosa che dovrebbe fare un Premier che non sta facendo le cose che aveva detto un mese fa, non ha alcun senso.
Presidente, dimenticavo una cosa importante, perché al Senato in queste ore è in discussione, invece, un altro provvedimento, quello sì fatto da Renzi, che dà 25 milioni di euro all'Expo; trovandoli da dove ? Dal fondo per le piccolissime imprese, per gli artigiani. Venticinque milioni di euro all'Expo togliendoli dal fondo che dovrebbe servire per ridurre l'IRAP alle imprese !
Allora, dove stiamo andando ? Qual è, Presidente, la fiducia che possiamo dare ? Il Governo ci chiede di votare una cosa negativa, tanto farà le cose positive domani, quando non le ha fatte neanche ieri: mi sembra illogico.
Presidente, in merito alle province, propongo al Governo di abbandonare questo testo, che è una presa in giro nei confronti degli italiani. Noi abbiamo depositato al Senato un nostro testo costituzionale. Non presenteremo nessun emendamento, lo votiamo; abolisce le province tout court, distribuisce le competenze tra comuni e regioni, lo votiamo e abbiamo fatto.
Infatti, il vero problema non è togliere i consigli, che sono l'unico organo che viene tolto, l'unica spesa che viene risparmiata, ed è l'unico organo democratico. È questo il problema ? Invece, rimangono in vita tutte le partecipate che sono sì enti inutili dove ci sono gli sprechi e dove, guarda caso, attraverso questo provvedimento, il PD, che ha la maggioranza all'interno delle province, continuerà a nominare i propri amici, i propri familiari, i propri colleghi, i «trombati» della politica.
Io penso, Presidente, che l'unica strada da seguire oggi sia abbandonare questo provvedimento e votare insieme, senza perdere tempo, il provvedimento del MoVimento 5 Stelle che oggi è all'esame del Senato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pilozzi 1.4, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio) e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Luigi Gallo, Tidei, Giuliani...
Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 96
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 455
Votanti 450
Astenuti 5
Maggioranza 226
Hanno votato sì 45
Hanno votato no 405).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Matteo Bragantini 1.101, con il parere contrario della Commissione, del Governo e favorevole del relatore di minoranza.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Matteo Bragantini. Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, questo è un emendamento che abbiamo voluto ripresentare, perché è frutto di una discussione che è stata fatta in quest'Aula nel primo passaggio, in cui si cominciava a parlare di area metropolitana e del fatto di far sì che province contermini, che avessero delle caratteristiche simili, potessero costituirsi appunto in area metropolitana (magari due o tre province), per avere la possibilità di ottenere finanziamenti diretti dall'Europa, per poter riuscire veramente a fare un ragionamento di sistema per quanto riguarda le infrastrutture, per quanto riguarda servizi come quelli dei trasporti, come i servizi dell'acqua e via dicendo: quello che in verità stanno già facendo alcune province, penso alla provincia di Verona con la provincia di Vicenza e con la provincia di Rovigo. Ciò per andare un po’ a superare quel sistema, che è stato fatto, delle città metropolitane, dove le città metropolitane sono state scelte più per decisioni politiche e non guardando veramente il territorio.
Infatti, quando, ad esempio, si pensa alla città metropolitana di Venezia, la città metropolitana di Venezia non ha un territorio che ha la possibilità di essere città metropolitana: ha più logica che il comune di Venezia sia a sé stante perché ha delle particolarità sue proprie. È invidiabile da tutto il mondo, diciamocelo pure, però ha delle sue particolarità. E, invece, per quanto riguarda il territorio della provincia di Venezia – ovviamente sto parlando della mia zona, ma si potrebbe replicare questo intervento per molte altre zone dello Stato – la zona del Brenta potrebbe avere una logica maggiore di essere area metropolitana con il Trevigiano, con Conegliano, con una parte di Padova e magari la zona di Chioggia potrebbe invece andare ad avere una conterminità e delle esigenze più vicine al Rovigino o alla bassa padovana.
Dunque, era per dare un utilizzo migliore di queste strutture, di questi enti; che non comporterebbero un costo maggiore, con le strutture attuali; e avevamo presentato anche un emendamento più complessivo, che andava a rivedere anche le competenze, le elezioni e via dicendo, ma purtroppo in questo passaggio è stato dichiarato irricevibile, perché queste parti del testo non sono state modificate dal Senato.
Ma questa è la logica verso cui dovremmo andare, se vogliamo veramente essere moderni: quello che hanno fatto in altri Stati d'Europa. Quindi, per questo lo abbiamo ripresentato.
Sappiamo che questa maggioranza vuole a tutti i costi finire questo provvedimento domani senza che sia modificato, semplicemente perché così ci saranno più consiglieri comunali per i comuni piccoli e più assessori, che è una visione che, per carità, possiamo anche condividere; ma che solo per questo motivo andiamo a fare una cosa in fretta e furia... Infatti, come ho già illustrato stamattina, vi saranno, a nostro avviso, delle problematiche sia di costituzionalità sia pratiche per quanto riguarda i singoli comuni che andranno a votare, perché non si saprà se andranno a votare con sei o dieci consiglieri, dal momento che prima – secondo alcune interpretazioni, secondo il «maestro» Bressa di sicuro no – dovranno fare una delibera di consiglio.
Dunque, solo per dare questo contentino e far finta di accontentare i propri sindaci, si fa in fretta e furia un provvedimento che potrebbe essere migliorato; e Pag. 97si potrebbe veramente fare una cosa democratica, una cosa elettiva dei cittadini, una cosa che va veramente nel verso giusto.
Altrimenti, è come ho già detto in Commissione: se lo scopo è solo quello elettorale, di dire «abbiamo abolito le province», perché al posto delle province ci mettiamo i sindaci, e così i sindaci faranno anche i sindaci delle città metropolitane, che faranno anche i senatori e forse potrebbero fare anche i consiglieri regionali e anche i parlamentari, allora avremo risparmiato tantissimi soldi, ma di sicuro avremo uno Stato molto meno democratico di adesso.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bazoli. Ne ha facoltà.
ALFREDO BAZOLI. Signor Presidente, intervengo solo per dire che io ovviamente voterò contro questo emendamento, così come contro l'emendamento successivo, che è sostanzialmente identico a questo, perché mi rendo conto e sono perfettamente consapevole della esigenza, nell'interesse del Paese, di approvare con urgenza questo provvedimento di legge.
Voglio dire, però, affinché rimanga agli atti, che io condivido pienamente il contenuto di questo emendamento che riproduce fedelmente il testo della legge che era stata approvata qua alla Camera e che, in particolare, in questa parte è stata cassata dal Senato in maniera, secondo me, inspiegabile, incomprensibile, irragionevole e per me inaccettabile.
E voglio sperare che il Governo dia un parere favorevole ad un ordine del giorno che è stato presentato, che impegna appunto il Governo a riprendere in mano, nella prima occasione utile, le considerazioni e le disposizioni contenute in questo emendamento che, secondo me, vanno nella direzione di consegnare maggiore autonomia ad aree territoriali del nostro Paese che meritano di averla.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Caon. Ne ha facoltà.
ROBERTO CAON. Signor Presidente, voglio sottolineare un passaggio: se dobbiamo modificare dei confini di queste aree penso sia opportuno lasciare fare alla regione e non a Roma, perché certi territori, certe problematiche o certe tradizioni si conoscono nel territorio e non qua a Roma.
Perciò nel caso della Pa-Tre-Ve, proprio per esser precisi, che sarebbe la Padova-Treviso-Venezia, bisognerebbe lasciar fare alla regione Veneto il tutto dell'area metropolitana e non subire da Roma dei nuovi confini, perché per ottimizzare i costi, per fare dei risparmi su scala, bisogna che ci siano le persone che ci vivono e che conoscono esattamente le realtà che ci sono, dalle scuole, alle ASL, a tantissimi altri enti che lavorano e danno servizi in quei territori. Perciò a me sembra una cosa un po’ troppo centralista quella che state facendo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Invernizzi. Ne ha facoltà.
CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, anche io la penso così come tutta la Lega. Non riusciamo a capire come mai il Senato abbia cassato questa norma, visto che non si riesce a capire come mai province che hanno un milione e più di abitanti e che in termini percentuali producono magari un quarto, un quinto di PIL a livello italiano sono – per questioni, ripeto, non comprensibili – escluse dalla possibilità di richiedere la costituzione nel loro territorio di una città metropolitana.
Se si ritiene, così come è stato espressamente detto dal Governo, che l'istituzione delle città metropolitane ha la finalità di garantire, a territori che in qualche modo lo possono fare, sia per questioni di dimensioni che per questioni storiche, di interloquire direttamente con l'Europa o con altre realtà europee, come loro città metropolitane, non si capisce perché realtà come ad esempio la provincia di Bergamo, la provincia di Brescia, penso alla provincia di Vicenza, penso a tutte queste province sono state – per questioni, ripeto, Pag. 98incomprensibili – escluse dall'avere una possibilità di questo tipo. Per cui ritengo che, in questo caso, sia opportuno ritornare sui propri passi ed approvare questo emendamento.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Matteo Bragantini 1.101, con il parere contrario di Commissione e Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Ottobre, Folino, Abrignani, Nicchi, Corsaro...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 459
Votanti 458
Astenuti 1
Maggioranza 230
Hanno votato sì 89
Hanno votato no 369).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Gitti 1.5, con il parere contrario di Commissione e Governo e favorevole del relatore di minoranza.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gitti. Ne ha facoltà.
GREGORIO GITTI. Signor Presidente, intervengo per comunicare alla Presidenza che ritiro l'emendamento che racchiude una norma che era già stata approvata in prima lettura dalla Camera dei deputati e sulla quale l'allora Ministro per gli affari regionali, Graziano Delrio, aveva dato parere favorevole. Lo stesso, insieme al relatore, Gianclaudio Bressa, che oggi siede ai banchi del Governo, aveva contribuito appunto a disegnare un punto di caduta normativa che potesse consentire, rispetto al numero chiuso di città metropolitane che allora era stato oggetto di una trattativa politica, di disegnare appunto una norma generale che potesse dosare, nel solco del procedimento disciplinato dalla Costituzione all'articolo 133, primo comma, quali fossero i criteri per consentire a territori popolosi, che avessero appunto una popolazione non inferiore al milione di abitanti e una omogeneità culturale, istituzionale ed economica, di aspirare al rango di città metropolitane.
Lo ritiro e credo che il Governo abbia la sensibilità per studiare, in un futuro prossimo, l'opportunità di adottare iniziative anche di tipo legislativo in merito.
Preannuncio che, entro la fine del dibattito, depositerò un ordine del giorno che sarà firmato, oltre che da me, da altri deputati di tutte le forze politiche, che già avevano contribuito ad approvare appunto in prima lettura questa norma.
GIANCLAUDIO BRESSA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, colgo l'occasione per dare una risposta anche all'onorevole Bragantini, all'onorevole Bazoli e agli altri intervenuti in precedenza.
Come ha ricordato adesso l'onorevole Gitti, c’è stata una diversità di posizioni tra Camera e Senato in materia di aree metropolitane. Come è stato ricordato, in quest'Aula c'era stato un accordo, un voto a larga maggioranza che introduceva la possibilità di affrontare il tema allargando il numero delle aree metropolitane.
Io voglio ricordare che la definizione delle otto aree metropolitane risale al 1990, alla legge n. 142, alle quali si sono aggiunte Roma Capitale – già allora – e poi nel 2009 la città di Reggio Calabria. È del tutto evidente che, anche nella stessa diversità di opinioni e di voti tra Camera e Senato, questo è un argomento e un tema che merita una riflessione che immagino il Parlamento avrà occasione di rifare.Pag. 99
D'altro canto, esistono i precedenti in Europa. Anche la Francia cominciò col definire alcune aree metropolitane, arrivando fino alla recente legge del 2009 che ha consentito la possibilità di creare aree metropolitane al di sopra dei 500 mila abitanti.
Io credo che quanto è accaduto in Europa possa essere di riflessione e di aiuto anche per noi e, ripeto, credo che, anche a partire dalla riforma del Titolo V, questo sia un tema che dovrà essere affrontato perché gli argomenti che hanno caratterizzato la discussione, tanto alla Camera quanto al Senato, dimostrano la necessità di una riflessione ulteriore.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, sull'argomento su cui è intervenuto il Governo, solo per sollecitare e complimentarmi per questa apertura, sperando che veramente ci sia nei fatti, e non nelle parole – come è stato fatto fino ad adesso – una riforma seria e vera.
Dunque, speriamo che a queste parole seguano dei fatti veri, e non delle false riforme, come quelle che stiamo approvando.
Su lutti dei deputati Gennaro Migliore e Luciano Agostini.
PRESIDENTE. Comunico che i colleghi Gennaro Migliore e Luciano Agostini sono stati entrambi, in questi giorni, colpiti da un grave lutto: la perdita del padre.
La Presidenza della Camera ha fatto pervenire al collega le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidero ora rinnovare anche a nome dell'intera Assemblea.
Si riprende la discussione.
(Ripresa esame dell'articolo unico – A.C. 1542-B)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Russo 1.108, con il parere contrario della Commissione e del Governo, e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Russo. Ne ha facoltà.
PAOLO RUSSO. Signora Presidente, colgo l'occasione anche per precisare anche come un precedente emendamento non segnalato tendeva ad espungere dal testo un'espressione che in una grande riforma non ci dovrebbe mai essere. È esattamente questo: noi nel testo che andiamo approvando riferiamo come i principi della presente legge valgono come principi generali di grande riforma economica e sociale. Raramente il legislatore ha avuto questi «guizzi» di tanta autoaffermazione di valutazioni positive. Il più delle volte le grandi riforme sono tali non perché scritte nella norma, ma perché rappresentano davvero un cambiamento epocale utile ai nostri cittadini.
L'emendamento in questione, viceversa, tende ad utilizzare le norme, peraltro particolarmente complicate e sicuramente non funzionali ad un disegno celere, in via di prima applicazione per le tre uniche reali città metropolitane degne di questo nome, mi riferisco a Milano, Roma e Napoli. È anche una sollecitazione al Governo perché si cominci con la strada e con il piede giusto, onde evitare una proliferazione inutile di città metropolitane, che rappresenterebbe in sé un elemento ulteriore di appesantimento del sistema istituzionale del nostro Paese, senza assolutamente voler pensare a quelle risorse europee che pure dovranno essere dirottate in quelle aree metropolitane e che evidentemente, con questo sotterfugio della norma, si vuole vengano Pag. 100governate e gestite da sindaci non eletti proprio in quelle aree nelle quali potrebbero piovere queste risorse.
Per questa ragione, esprimiamo una posizione favorevole su questo emendamento ed invitiamo il Governo a riflettere, perché può essere un primo passo per cominciare a ragionare in modo normale rispetto a questa riforma, non descrivendola come straordinaria ed epocale, ma utilizzando questa riforma con buon senso, con equilibrio, con quella ragionevolezza che il legislatore dovrebbe sempre avere.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, come relatore, solo per cambiare il parere ed esprimere parere contrario, anche se condividiamo il senso che le città metropolitane non debbano avere un sindaco metropolitano, che sia il sindaco del capoluogo, ma un sindaco eletto da tutti i cittadini della città metropolitana.
Però, riteniamo che, visti anche gli emendamenti che avevamo presentato prima, se altre zone del Paese e dei vari paesi dello Stato italiano vogliono costituirsi in aree metropolitane possono farlo, perché è corretto che non ci sia un privilegio solo per alcune città.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Russo 1.108, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Folino, Pagano. Chi altro ? Hanno votato tutti i colleghi ?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 461
Votanti 460
Astenuti 1
Maggioranza 231
Hanno votato sì 125
Hanno votato no 335).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Russo 1.105, con il parere contrario della Commissione e del Governo, e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Bossa, Lomonte, Spessotto, Cassano. Hanno votato ?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 465
Votanti 464
Astenuti 1
Maggioranza 233
Hanno votato sì 146
Hanno votato no 318).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Matteo Bragantini 1.10, con il parere contrario della Commissione, del Governo e anche della V Commissione (Bilancio), e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Bossa, Cassano, Paola Bragantini, Garavini, Donati, Cassano, Abrignani. Allora, ci siamo ? Hanno votato i colleghi ?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 469
Votanti 467
Astenuti 2
Maggioranza 234
Hanno votato sì 65
Hanno votato no 402).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Russo 1.111, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio), e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Lomonte, Lombardi, Ribaudo, Paola Bragantini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 469
Votanti 468
Astenuti 1
Maggioranza 235
Hanno votato sì 143
Hanno votato no 325).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Russo 1.130, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio), e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Russo. Ne ha facoltà.
PAOLO RUSSO. Signor Presidente, se vi suggerissimo una soluzione di buon senso: vogliamo abolire le province, aspettiamo che davvero queste possano essere abolite con il disegno di legge costituzionale, ma intanto facciamo una cosa ordinata, non facciamo questo pasticcio che genera un ginepraio di competenze sovrapposte le une alle altre, con grave nocumento per l'efficacia e per l'efficienza dal punto di vista dei servizi resi al cittadino.
E allora, proviamo a fare una cosa semplice, come sempre e spesso le cose semplici possono produrre un risultato straordinariamente efficace. Proviamo a consentire che rimanga in piedi non la casta, i consiglieri provinciali, tutto questo blaterare che abbiamo sentito in queste ore, tutta questa operazione di marketing di taluni, lasciamo che questa operazione continui, ma intanto facciamo funzionare quel che c’è, rendiamo quel che c’è utile ancora al sistema Paese, evitiamo di tagliare le teste senza preoccuparci delle funzioni e dell'efficacia delle risposte rispetto ai bisogni dei cittadini.
Allora, facciamo che il presidente della provincia e la giunta provinciale rimangano da soli in vigore fino all'entrata della riforma del Titolo V. Insomma, troviamo una soluzione che non moltiplichi inefficienze e non complichi la vita del cittadino, che ha bisogno di risposte in chiave di efficacia rispetto a quei servizi che la provincia continua ad offrire e, peraltro, con questa norma servizi che ancora di più dovrà offrire, perché sono stati ampliati, sono stati modificati, ma non nel senso di ridurne la qualità e la quantità, semmai di ampliarne le funzioni. Faccio riferimento, per esempio, alla sola questione che riguarda l'edilizia scolastica. Ormai la provincia che vogliamo abolire si dovrà occupare di gestione degli edifici scolastici non soltanto delle medie superiori, ma anche delle scuole oggi di pertinenza dei comuni.
E allora, offriamo al Parlamento una valutazione di saggezza, a nostro avviso, che può andare in questo senso. Attendiamo la riforma del Titolo V, fino ad allora lasciamo che il solo presidente e le giunte possano continuare il loro lavoro nel migliore dei modi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Ambrosio. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE D'AMBROSIO. Signor Presidente, anche noi voteremo favorevolmente a questo emendamento, perché, come il collega deputato diceva prima, abbiamo manifestato questa ragione di buon senso già al primo passaggio qui alla Camera, all'allora Ministro Delrio, della sensatezza di approfondire prima la riforma in toto delle autonomie locali e poi realmente magari pensare di ristrutturare il tutto in base a quello che è il disegno generale.Pag. 102
Invece, ancora una volta, ci troviamo di fronte al modo di fare tipicamente italiano, sottolineerei di questa politica italiana degli ultimi forse venti-trent'anni, e cioè ogni volta quello di mettere una toppa, fare, tra virgolette, lo spot pubblicitario nei confronti degli italiani, ma poi di fatto trovarsi a peggiorare la situazione. Perché ? Perché con la moltiplicazione di fatto degli enti, con una sistemazione degli enti che non ha una razionalità, di fatto noi andremo a complicare la vita dei cittadini, la vita pratica dei cittadini.
Ed inoltre – non lo dice il MoVimento 5 Stelle, ma lo dice la Corte dei conti – addirittura rischiamo anche di aumentare i costi. Quindi, io non capisco davvero dove sia la razionalità e il buon senso dietro questo disegno di legge, se non invece correggendolo in questo modo con l'emendamento, dicendo prima: «Guardate, sistemiamo prima la casa e poi vediamo le finestre». Invece, come al solito, nella ristrutturazione della casa noi sistemiamo prima le finestre e poi magari prendiamo il palazzo e lo buttiamo giù. Questo è tipicamente italiano.
E allora, mi chiedo, e chiedo a quest'Aula: dov’è il buon senso se non nel votare favorevolmente a questo emendamento, che vi chiede di rivedere la materia totalmente e poi di lavorare sulle province ? Noi siamo d'accordo su questo. Noi siamo stati gli unici addirittura a chiedere all'allora Ministro Delrio di fare questo. Ma la sua risposta è stata, sotto certi punti di vista, deprimente, perché ha detto: «Questo è quello che il mio partito al massimo mi consente». Allora, visto che parlava del partito e parlava probabilmente dei parlamentari presenti in quest'Aula, noi chiediamo ai parlamentari presenti in quest'Aula di dimostrare coraggio e di smentire il Ministro. Votate favorevolmente a questo emendamento e dimostriamo, una volta tanto, di fare le cose per bene anche in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Invernizzi. Ne ha facoltà.
CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, anch'io mi associo alle richieste avanzate dai due colleghi che mi hanno preceduto. Infatti, appare sempre più evidente come questa riforma sulle province, sulle città metropolitane, sulle unioni dei comuni e sulle fusioni dei comuni non risponda ad un progetto razionale finalizzato a mettere mano all'architettura istituzionale dello Stato italiano, ma sostanzialmente ad un mero interesse politico da parte del Partito Democratico, dell'attuale Premier, dell'attuale Presidente del Consiglio, di intestarsi, per la prima volta in Italia, il merito di aver messo mano alla riforma e, quindi, di segnalarsi all'opinione pubblica come colui che effettivamente può svecchiare le istituzioni dello Stato italiano e quindi può legittimamente intestarsi il titolo di grande riformatore.
Diciamo questo perché, vedendo anche quello che sta andando avanti per quanto riguarda il Titolo V attualmente in discussione nell'altro ramo del Parlamento, in Senato, noi temiamo sinceramente che la volontà riformatrice sia in verità una volontà restauratrice. Da quello che abbiamo letto finora temiamo sinceramente che vi sia una forte volontà di tornare al centralismo e che, pertanto, la nuova stagione non sia riformista, ma neocentralista.
La volontà di partire dalle province in questo modo, con questo disegno, è evidente. Da parte della maggioranza si parla, infatti, solo ed esclusivamente dei mirabolanti tagli che vi saranno per quanto riguarda le casse pubbliche per l'eliminazione dell'indennità, così come ha annunciato pomposamente il Presidente del Consiglio utilizzando uno dei suoi strumenti di comunicazione preferiti, Twitter, cioè di 3 mila indennità tagliate. Ebbene, la casta dei politici provinciali andrà a casa e il problema qual è ? Il problema rimane, Pag. 103appunto, che i cittadini probabilmente, stando così le cose, non avranno le risposte che invece tutti si aspettano.
Quello che appare strano è che, se vi fosse effettivamente tutta questa volontà riformatrice, se veramente l'intento fosse quello di far sì che l'architettura istituzionale, chiaramente vecchia, che questo Stato ormai si trova a dover sopportare, a portarsi sulle spalle, che sicuramente lo pone in condizioni di inferiorità nei confronti degli altri competitori internazionali, fosse stata svecchiata prima probabilmente avrebbe permesso al nostro sistema anche di reagire maggiormente, di reagire con più forze, con più capacità alla crisi economica che ormai dal 2008 attanaglia tutta l'Europa, ma che ha le conseguenze peggiori proprio in Italia, oltre che in altri due o tre Paesi. Se questa volontà vi fosse stata, si sarebbe partiti dal Titolo V.
Si sarebbe partiti dal titolo V perché è proprio da lì che bisogna realizzare una riforma che sia omogenea, una riforma che sia sostanzialmente organica, una riforma che, mettendo insieme tutte quelle parti dell'amministrazione pubblica che devono essere riformate, avrebbe consentito di consegnare allo Stato e ai nostri cittadini, finalmente, un sistema diverso, un sistema più nuovo, un sistema più veloce.
No, si è deciso di fare altro, si è deciso di partire con un disegno di legge chiaramente demagogico, con un disegno di legge che, nella sua formulazione originaria, quella che era stata approvata dall'allora Governo Letta, proprio nelle prime frasi, all'articolo 1, stabiliva, in attesa della riforma del titolo V della Costituzione, norme su province e città metropolitane, unioni e fusioni di comuni e via dicendo, cioè stabiliva, proprio all'inizio, che il contenuto del provvedimento era qualcosa di parziale, in attesa appunto che il titolo V della Costituzione fosse riformato.
Ecco perché noi riteniamo – e concludo, signora Presidente – che l'approvazione di questo emendamento non segnerebbe la fine di nient'altro, se non magari della superbia e dell'arroganza di taluno, e che sarebbe comunque un emendamento sicuramente di buonsenso, finalizzato a far sì che i servizi necessari per i cittadini attualmente erogati dalla provincia continuino ad essere forniti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Bianconi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO BIANCONI. Signora Presidente, quello che trovo insopportabile è che in questa brutta riforma, che per una serie di motivi seri, ovviamente, non piace a nessuno, ci sia l'ipocrisia di dire che si aboliscono le province, quando in realtà si fa altro tipo di provincia.
Ma quello che è ancora più insopportabile è che il nostro Presidente del Consiglio, facente anch'egli parte della casta dei politici provinciali, sia uno di quelli che si è salvato e dica che manda 3 mila persone a casa, quando l'unico scampato dei politici provinciali è lui, che era presidente della provincia di Firenze, per l'appunto. E quando era presidente della provincia di Firenze non ha sentito l'inutilità del ruolo, anzi lo ha – come posso dire ? – riempito di tanto contenuto che la Corte dei conti lo ha condannato a rimborsare circa un milione di euro di spese che aveva fatto, appunto, come presidente della provincia. Incominciasse, invece di rompere le scatole a 3 mila persone, a rendere i soldi che si è fottuto, per favore, e poi parlasse con i tweet (Applausi di deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente e dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) !
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Russo 1.130, con il parere contrario della Commissione, del Governo, e della V Commissione, e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Milanato ? Moscatt ?Pag. 104
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 463
Votanti 462
Astenuti 1
Maggioranza 232
Hanno votato sì 142
Hanno votato no 320).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Russo 1.8, con il parere contrario della Commissione e del Governo e favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Garavini ? Folino ? Bonaccorsi ? Lomonte ? Spessotto ? Donati ?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 461
Votanti 459
Astenuti 2
Maggioranza 230
Hanno votato sì 138
Hanno votato no 321).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Migliore 1.9, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Tartaglione, Folino, Rostan, Lomonte...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 464
Votanti 457
Astenuti 7
Maggioranza 229
Hanno votato sì 113
Hanno votato no 344).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Migliore 1.13, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Lomonte, Bolognesi, Donati, La Marca...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 467
Votanti 462
Astenuti 5
Maggioranza 232
Hanno votato sì 170
Hanno votato no 292).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Russo 1.110, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Bossa, Lomonte, Locatelli, Palma, Gigli, Colonnese, Tancredi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 469
Votanti 464
Astenuti 5
Maggioranza 233
Hanno votato sì 174
Hanno votato no 290).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Russo 1.114, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio) e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Bossa, Palma, Caparini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 473
Votanti 469
Astenuti 4
Maggioranza 235
Hanno votato sì 98
Hanno votato no 371).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Russo 1.112.
Ha chiesto di parlare il deputato Bragantini. Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, come relatore sono favorevole a questo emendamento perché riteniamo che il sindaco della città metropolitana non debba essere il sindaco del comune capoluogo, altrimenti i cittadini del comune capoluogo saranno dei cittadini che avranno più potere dei cittadini degli altri comuni che fanno parte della città metropolitana, in quanto il loro voto avrà una valenza maggiore. Infatti, chi vota per il proprio sindaco, che è anche il sindaco del comune capoluogo, avrà praticamente due voti. I cittadini di tutti i comuni della cintura non avranno questo potere: il loro voto varrà semplicemente per decidere quale sarà il proprio sindaco e non quello della città metropolitana.
Noi riteniamo che questa sia una decisione assurda. Riteniamo che sia giusto fare le città metropolitane. È giusto, come si diceva prima, fare anche le aree metropolitane ma riteniamo che, se è un organo elettivo, il suo sindaco deve essere eletto da tutti i cittadini della città metropolitana. Non vediamo perché ci deve essere questa discrepanza derivante dalla scelta di dare maggiore potere ad alcuni cittadini e meno ad altri, anche perché si andrebbe a creare una possibile problematica, quella che il sindaco della città metropolitana, che viene eletto solo dai cittadini del comune capoluogo, avrà un occhio di riguardo al comune capoluogo, in quanto sarà da lì che lui prenderà i voti e non da tutti i cittadini della città metropolitana; in questo modo, dunque, non sarà equidistante per le necessità e per risolvere i problemi di tutta la città metropolitana.
Per questo motivo, noi riteniamo, più utile che ci sia una votazione diretta anche del sindaco della città metropolitana.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Russo. Ne ha facoltà.
PAOLO RUSSO. Signor Presidente, noi speriamo sempre in un atto di resipiscenza della maggioranza, a cui offriamo qualche elemento di ulteriore valutazione. Noi siamo al cospetto di quella asimmetria istituzionale elettiva che genererà quella condizione unica – credo che in nessun altro Paese al mondo si è determinata una condizione del genere – per la quale un cittadino è amministrato dal sindaco del comune accanto.
Insomma, voi pensate a ciò che accade in ogni comune vostro: quel cittadino non sarà amministrato dal proprio sindaco, o anche dal proprio sindaco, ma sarà amministrato da un supersindaco del comune accanto. E non potrà esprimere un giudizio critico nei confronti di quel sindaco, quindi non potrà alimentare quella naturale condizione insita proprio nella democrazia rappresentativa. Quindi, da una parte, il sindaco sarà posto nella condizione di poter scegliere, sapendo che non sarà sottoposto al giudizio di una parte rilevante degli amministrati, e, d'altra parte, quegli amministrati hanno la certezza, la consapevolezza, dell'impossibilità di esprimere un giudizio, un dubbio, un elemento nei confronti di una cattiva amministrazione.
Insomma, noi affidiamo, per legge, un'area del nostro territorio, più aree (nel vostro caso avete previsto quindici aree del nostro territorio) ad un protettorato. Il protettore è il sindaco del comune capoluogo. Sono certo che solo casualmente quattordici volte è un sindaco del PD. Sono certo che questa è solo una casualità, Pag. 106ma noi offriamo un territorio ad un protettore. Quindi, creiamo una condizione di protettorato in un'area che non è amministrata da quel sindaco, che non è giudicato in un rapporto di pari democrazia, ma, piuttosto, è affidato senza alcuna possibilità di giudizio.
Per questa ragione, ci permettiamo di insistere su questo emendamento, per consentire, in qualche modo, l'esercizio democratico e far si che questo esercizio democratico, in qualche modo, coinvolga l'intera platea degli amministrati: quindi, non soltanto la città capoluogo, ma anche i comuni della provincia che afferiscono a quella città metropolitana.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Russo 1.112, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Lomonte, Gadda. Hanno votato i colleghi ? Gadda non riesce, c’è il tecnico, aspettiamo. Bossa, Garavini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 460
Votanti 381
Astenuti 79
Maggioranza 191
Hanno votato sì 69
Hanno votato no 312)
Passiamo all'emendamento Russo 1.113, sul quale vi è il parere contrario della Commissione e del Governo e il parere favorevole del relatore di minoranza.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Russo. Ne ha facoltà.
PAOLO RUSSO. Signor Presidente, è una batteria di emendamenti tutti orientati nella stessa direzione: stai sereno, cittadino dei comuni non capoluogo afferenti alla città metropolitana. Dico «state sereni» a quei cittadini, perché quei cittadini sono talmente sereni che diventeranno di «serie B»: non potranno eleggere il sindaco della città metropolitana per una legge, per una legge evidentemente incostituzionale, ma per una legge.
Quei cittadini potranno star sereni, perché potranno eleggere, sì, il sindachetto del proprio comune, ma non potranno contribuire in alcun modo ad eleggere quello che è il sindaco di questa grande operazione, di questa grande speranza, di questa grande prospettiva, di questo straordinario sole dell'avvenire istituzionale, che giunge finalmente in Parlamento, rappresentato dalla città metropolitana.
Ma è talmente grande la città metropolitana, che quel cittadino deve stare sereno, ma non deve votare. Non deve votare e non può votare, perché una legge ingiusta, una legge iniqua, una legge strana, una legge superficiale, una legge suggestiva, una legge che serve solo ad operazioni di marketing, deve indicare una prospettiva, ma non deve consentire a quel cittadino di esercitare al meglio il proprio giudizio.
Allora, stai sereno cittadino dei comuni non capoluogo afferenti alla città metropolitana, perché diventerai a vita cittadino di «serie B», cittadino che non vota, cittadino che subisce, cittadino di quel protettorato della città, cittadino suddito, cittadino che non è posto nella condizione di poter scegliere. Noi con questo emendamento vorremmo dare a quel cittadino la possibilità di scegliere, a quel cittadino la possibilità di non essere suddito.
EMANUELE FIANO, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, vorrei evitare che si diffondessero notizie destituite di fondamento, perché il comma 22 che cita l'onorevole Russo – adducendo al suo Pag. 107emendamento la possibilità di salvare i cittadini della città metropolitana dall'impossibilità di scegliersi, con un sistema elettorale diretto, i propri organi – recita: «Lo statuto della città metropolitana può prevedere l'elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano» – quindi, prima di tutto, non è vero che non può, come ha appena detto il collega Russo – «con il sistema elettorale che sarà determinato con legge statale. È inoltre condizione necessaria, affinché si possa far luogo all'elezione del sindaco e del consiglio metropolitano a suffragio universale, che entro la data di indizione delle elezioni si sia proceduto ad articolare il territorio del comune capoluogo in più comuni». Cioè si richiede, proprio per addivenire a quel fondamento di esercizio democratico che è l'elezione diretta dei propri organi rappresentativi, una diversa e più efficace articolazione del territorio del comune capoluogo. Il comma poi prosegue chiedendo che il comune proponga la predetta articolazione territoriale.
Quindi, il testo del provvedimento in esame è stato ben attento ad offrire la possibilità che è esattamente quella che era al centro dell'intervento, Presidente, del collega, e ci sono tali possibilità, perché c’è la possibilità di questa scelta diretta con il sistema elettorale che deve essere determinato con una legge dello Stato, come, del resto, è oggi comunque per le articolazioni locali, per i loro sistemi elettorali. Quindi, c’è questa possibilità che ciò avvenga con un sistema diretto, cosa che ritengo, da un punto di vista democratico, molto importante.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bianconi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO BIANCONI. Signor Presidente, due cose, la prima all'onorevole Russo: non si votano i sindaci delle città metropolitane e i presidenti delle province delle città metropolitane perché è un debito di elezioni che Renzi paga a tutti i sindaci delle grandi città che l'hanno aiutato a diventare segretario del PD, lo sanno anche i sassi che questa è una marchetta elettorale. Seconda cosa: Fiano, non dica bugie, perché l'elezione che dice lei è una elezione sulla simil Francia, cioè si deve rifare dalla grande città, tanti piccoli comuni, e dai piccoli comuni, i sindaci dei piccoli comuni poi votano il sindaco grande; quindi è una cosa praticamente impossibile, è una presa in giro, lo ripeto, è una presa in giro !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Vito. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Signora Presidente, mi rendo conto della ristrettezza dei tempi, però, credo che quanto affermato dal relatore meriti una precisazione.
Mi rivolgo all'onorevole Fiano, proprio per la serietà, lo spirito e lo scrupolo che contraddistingue il suo lavoro: la democrazia, signora Presidente, senza farla grossa, non può essere una gentile concessione, né una possibilità. In questo caso, il fatto che si voglia enfatizzare e valorizzare che venga concessa nelle città metropolitane la possibilità che ci possa essere l'elezione diretta del sindaco e del consiglio comunale credo rappresenti davvero un'enfasi da evitare. La democrazia prevede l'elezione diretta degli organi, lo prevede la nostra Costituzione valorizzando le autonomie locali. Tutto questo viene vanificato da questo disegno di legge, proprio per quelle aree che sono le più importanti del nostro Paese che dovrebbero essere valorizzate, le aree metropolitane.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Vito.
ELIO VITO. Concludo, signora Presidente, dicendo che ulteriore beffa è il fatto che questa possibilità venga anche subordinata alla legge statale che dovrà prevederne le modalità. E se la legge non verrà fatta ? E se la legge non vedrà mai luce ? Anche se i consigli comunali prevederanno negli statuti questa possibilità, l'elezione Pag. 108diretta non ci sarà mai e avremo aree metropolitane governate da sindaci commissari. È inaccettabile !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Matteo Bragantini. Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, mi viene da sorridere sentendo l'intervento che ha fatto il collega Fiano, perché è intervenuto leggendo la seconda parte, in cui si diceva che si dà la possibilità alle città metropolitane di avere un'elezione diretta, salvo l'unica piccola prescrizione che il comune capoluogo dovrebbe suddividersi in più comuni per fare l'elezione diretta. Per quale motivo ? Se c’è elezione diretta, tutti i cittadini valgono uno. Provate a pensare al sindaco del comune di Milano, che con questa legge è automaticamente sindaco della città metropolitana, che propone di dividere il suo comune per poter fare l'elezione diretta della città metropolitana quando, se non fa questa operazione, automaticamente è lui il sindaco della città metropolitana.
Ciò vuol dire aver messo uno specchietto per le allodole dicendo: noi vi abbiamo dato la possibilità che vi sia l'elezione diretta, basta che i grandi comuni si suddividano in più comuni e dunque che ci siano più spese. È questa la cosa assurda e illogica !
Sarebbe stato più che capibile dire che il comune capoluogo, dunque il comune più grande, si sarebbe dovuto suddividere in comuni più piccoli se ci fosse stata un'elezione indiretta e dunque con un voto ponderale dei consiglieri comunali. Così forse aveva una logica, non con l'elezione diretta di tutti i cittadini, dove, normalmente – almeno spero esista anche in questo Stato, in Italia –, una testa corrisponde a un voto. E non si pensi che una tessera di partito valga di più di un'altra tessera di partito o che se uno ha un'idea differente, come quella dell'indipendenza, deve andare in carcere mentre tutti gli altri, invece, possono lanciare molotov e spaccare vetrine dicendo che loro stanno esprimendo le loro idee.
Se uno invece parla di indipendenza deve andare in carcere. Allora, forse, siamo noi che stiamo capendo male, Stiamo capendo che questo Stato sta diventando sempre molto più simile ad uno Stato che c'era qualche decennio fa e che ha creato tanti morti. Non sto dicendo qualcosa di molto grave; è uno Stato che è crollato nel 1989 – dunque non sto andando tanto indietro –, l'Unione Sovietica, dove poche persone comandavano su milioni di persone e dove milioni e milioni di persone sono state ammazzate, uccise.
Dunque, se vogliamo veramente credere nella democrazia e nella libertà dobbiamo veramente permettere a tutti i cittadini di potere eleggere il proprio sindaco della città metropolitana. Questa è democrazia; altro non è democrazia, è qualcos'altro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Gasparini. Ne ha facoltà.
DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Signor Presidente, a me colpisce che a questo punto del dibattito non sia stato ancora compreso che il sindaco della città metropolitana non assume tutte le funzioni dei sindaci delle città, ma sostanzialmente ha un ruolo che è quello del gestire le reti di scala sovracomunale, le funzioni della provincia e alcune funzioni proprie della città metropolitana; quindi, non sottraendo poteri ai sindaci dei comuni che parteciperanno alla città metropolitana.
Per capirci, per fare un caso: la Polizia comunale rimane in carico ai singoli comuni. Di fatto, il modello della città metropolitana, così come per le province e come per le unioni, è un modello di cooperazione intercomunale. Io credo che in prima battuta sia importante che il sindaco della città capoluogo sia costretto a cooperare con gli altri comuni, così come hanno fatto tutte le città europee, perché, tranne Londra, tutte le città metropolitane europee hanno un sistema di secondo di livello e un sistema di cooperazione che negli anni ha portato a condividere politiche e non a delegare politiche Pag. 109a un sindaco. Infatti, i comuni, di fatto, devono in prima istanza trovare le ragioni di un nuovo modello di cooperazione e poi, successivamente, se lo vorranno, così come dice la legge, di fatto, chiedere e, di fatto, ovviamente, ottenere la possibilità di avere leggi elettorali per poter votare il proprio sindaco e il proprio consiglio, in maniera differente fra le aree superiori ai 3 milioni di abitanti e le altre. A me pare un processo che, di fatto, inverte una stagione, dove le province e le città capoluogo spesso non hanno dialogato per politiche in comune. Oggi questa legge obbliga le città capoluogo a collaborare con i comuni della città metropolitana. Sostanzialmente, tranne che per Roma, che comunque è di per sé una situazione speciale, di fatto, i comuni della città capoluogo non sono mai più di un terzo della popolazione.
Quindi i consigli metropolitani hanno in mano il potere, la possibilità politica e numerica di determinare politiche di scala vasta assieme alla città capoluogo. Non capisco perché a tutti i costi si voglia eleggere subito, direttamente un sindaco della città metropolitana con l'idea della delega. Questa è la stagione della cooperazione: senza cooperazione, senza una visione condivisa non si cambia nulla. Quindi, io credo che questa proposta tenga conto del fatto che siamo dentro un processo prima di tutto culturale, istituzionale e anche di riorganizzazione che deve vedere coinvolti i sindaci, i consigli comunali, tutti i consigli comunali, assieme a quelle che sono le associazioni e le realtà del territorio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Busin. Ne ha facoltà.
FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, ho seguito attentamente questo dibattito, ma nessun intervento dell'attuale maggioranza mi fa cambiare idea su un fatto: qui creiamo dei cittadini di serie A che sono quelli del perimetro della città metropolitana, e dei cittadini di serie B che sono quelli della periferia della città metropolitana, che non possono esprimere con il proprio voto il presidente della città metropolitana. Perpetriamo una abitudine malsana in questa nazione, che è quella di creare figli e figliastri, cittadini di serie A e di serie B: come ci sono i cittadini delle regioni autonome, che possono gestirsi in autonomia le proprie risorse, e i cittadini di serie B, come quelli del Veneto, che invece devono dare abbondantemente più di quanto ricevono dallo Stato centrale. Mi sembra un'abitudine che invece di essere interrotta viene perpetrata e aumentata e rafforzata con questa decisione malsana delle città metropolitane.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Fabbri. Ne ha facoltà.
MARILENA FABBRI. Signor Presidente, intervengo solo per chiarire il fatto che il sindaco metropolitano è un sindaco tra pari, e ha un ruolo di coordinamento dei sindaci, del ruolo dei sindaci: non è il sindaco rappresentante del popolo, e quindi non viene eletto da alcuni sì e da altri no. È un sindaco tra i sindaci, e ha il ruolo di coordinamento perché viene attribuito a lui il ruolo di coordinamento perché è a capo del comune capoluogo, del comune con il maggior numero di abitanti. Questo è il primo aspetto.
Il secondo, il perché non ci può essere un sindaco metropolitano eletto direttamente a fianco di un sindaco del comune capoluogo: perché avremo due teste in un unico corpo, avremo due soggetti di peso specifico similare che si dovrebbero confrontare nel coordinamento delle politiche di area vasta. Per questo si è pensato al fatto che il comune si deve disarticolare in più comuni, e poi tra soggetti alla pari avere anche un sindaco metropolitano.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Caon. Ne ha facoltà.
ROBERTO CAON. Signor Presidente, siamo consapevoli anche noi che il sindaco Pag. 110non ha competenza sugli altri comuni; però un sindaco che va a coordinare, che è il sindaco della città maggiore, sulle competenze, ad esempio, delle strade, sindaco magari che ha il comune di Venezia-Mestre, ha competenza su queste strade, quando è ora di creare dei lavori o di decidere dei lavori, sicuramente va a far partire i lavori in quei posti, e naturalmente nella sua città, per far bella figura perché magari sta arrivando la campagna elettorale; e in tutti gli altri paesi dei figliastri, in questo caso dei figliastri, vengono prese delle decisioni sicuramente diverse. Si sa, e c’è sempre stato, che il sindaco capoluogo, una volta che diventa coordinatore, è difficile contrastare il suo ruolo ! Questo discorso della cooperazione, sappiamo benissimo come vanno a finire le cooperazioni: poi c’è sempre il sindaco, quello che ha certe possibilità, che comanda. Questo, alla fine: il sindaco della città metropolitana, espressione del capoluogo, sarà la persona che comanderà tutta la provincia.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Russo 1.113, parere contrario di Commissione e Governo, favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Lomonte, Carnevali, Giulietti, Gitti, Schirò...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 452
Votanti 445
Astenuti 7
Maggioranza 223
Hanno votato sì 170
Hanno votato no 275).
(Il deputato Airaudo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Russo 1.115 sul quale vi è il parere contrario di Commissione, Governo e della V Commissione e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Russo. Ne ha facoltà.
PAOLO RUSSO. Signor Presidente, l'occasione è, come si dice, davvero troppo ghiotta. Io sinora avevo apprezzato troppa stima del collega Fiano per non apprezzare sinora il suo silenzio. Però sono costretto ad apprezzare il suo parlare stavolta e allora vorrei riferire a tutta l'Aula cosa deve fare quel cittadino, cosa deve sperare quel cittadino di serie B per poter votare.
Intanto la collega Gasparini ci ricorda che nel comune capoluogo, quel sindaco della città metropolitana, che è sindaco per legge, è costretto al coordinamento, questa, come dire, è una cosa singolare assai: è costretto al coordinamento comandando. Cioè chi comanda è costretto al coordinamento. Ma se è costretto al coordinamento lasciamolo in una posizione più defilata, non diamogli tutte queste responsabilità se è costretto al coordinamento; è tutt'altra cosa questa.
E allora proviamo a vedere che cosa deve fare quel cittadino di serie B che volesse scegliersi il suo sindaco della città metropolitana. Ho capito che c’è una parte di questa Aula che ha deciso per lui e non può scegliere lui, ma c’è un'ipotesi remota, prevista nella bontà straordinaria dei colleghi della maggioranza e l'ipotesi remota straordinariamente concessa a quel cittadino, a quel cittadino povero Cristo perché è un cittadino che non ha la fortuna – come tanti miei concittadini – di essere cittadino di Napoli.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 18,50)
PAOLO RUSSO. Ma è, per esempio, cittadino di Pomigliano d'Arco come il nostro Presidente. Quel cittadino non è posto nella condizione di poter scegliere, Pag. 111ma può sperare: che cosa deve sperare ? Vogliamo fare l'elenco di questa gincana istituzionale, di questa corsa ad ostacoli, di questa riffa straordinaria di tipo normativo ed istituzionale ?
Prima deve sperare che ci sia, bontà loro, uno statuto che preveda la possibilità che venga eletto il sindaco della città metropolitana. Per ora l'unica certezza è che non viene eletto. Deve sperare che uno statuto modifichi questa condizione e, quindi, indichi la possibilità che sia eletto, basta questo ? E no, non basta. Occorre che il comune capoluogo, quel sindaco del comune capoluogo che è sindaco della città metropolitana, si tagli le gambe – non altro – e divida la propria città in più municipalità, facendo approvare questo in consiglio comunale. Quindi, immaginate questa cosa facilissima: il sindaco della città di Napoli che cosa fa ? Per dare la speranza a quei poveri Cristi della provincia perché possano votare, divide la sua città in 8, in 9, in 10 municipalità. E fin qua quel povero cittadino della provincia continua a sperare.
Ma non è finita, deve ancora sperare che la regione indìca il referendum confermativo ai sensi della norma costituzionale e, quindi, immaginate che dopo la speranza dello statuto, che dopo la speranza della divisione della città in municipalità e dopo la speranza del referendum c’è n’è ancora un'altra: il Governo, il Parlamento deve varare una legge nazionale per le modalità dell'elezione. Avete compreso come ?
È stato costruito deliberatamente un sistema per non consentire a questo cittadino di essere cittadino di serie «a», come gli altri.
Allora, senza infingimenti, ditelo con chiarezza: non volete che quei cittadini contino, non volete che possano votare quei cittadini, volete soltanto che i sindaci delle città metropolitane, 14 su 15 del PD, possano governare un'area più vasta nella quale non sono stati mai eletti. E il sindaco della città metropolitana non svolge solo funzioni di coordinamento, ma anche di gestione di tutte quelle funzioni che erano proprie delle province. Di questo dovete vergognarvi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Vito. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Signor Presidente, io che credo che la maggioranza farebbe bene a coprirsi di pudore e a non difendere delle norme che o non conosce o finge di non conoscere. È stato detto, per sminuire il vulnus che si sta creando – non c'entrano i costi o la presunta abolizione delle province, stiamo parlando di un'altra cosa, delle aree metropolitane alle quali tengo molto – che, tutto sommato, questo sindaco del comune capoluogo che diventa sindaco metropolitano senza essere eletto è un piccolo vulnus, perché ha funzioni di coordinamento, non ha funzioni proprie. Ma non è così. La legge che stiamo votando, che state votando, prevede che dal 1o gennaio 2015 le città metropolitane subentrano alle province metropolitane in tutti i rapporti attivi e passivi e ne esercitano le funzioni e che il sindaco del comune capoluogo assume tali funzioni, oltre a quelle ulteriori...
PRESIDENTE. Deve concludere.
ELIO VITO. ...previste dai commi 44 e successivi, che sono quelle di adottare dei piani di aggiornamento triennali strategici, la pianificazione territoriale generale, la ristrutturazione dei servizi coordinati. Come si vede, al sindaco metropolitano vengono attribuite funzioni essenziali, come è giusto che sia. Quello che non è giusto è che i cittadini, tutti, anche quelli del comune capoluogo che poi...
PRESIDENTE. Collega, deve concludere.
ELIO VITO. Presidente, mi lasci concludere, siamo sul tempo a titolo personale, che vi è abbondantemente. Non potranno mai eleggerlo, perché con le condizioni stabilite da questa legge, condizioni Pag. 112statali e locali, i cittadini non potranno mai eleggere il proprio sindaco metropolitano e questo credo che sia un vero e proprio abominio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Invernizzi. Ne ha facoltà.
CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, la situazione effettivamente è questa: ci saranno cittadini che avranno un voto che dovrebbe essere uguale a quello di tutti gli altri, ma che invece avrà un valore differente perché andrà a identificare con un semplice voto, cioè con la preferenza accordata al sindaco della propria città, anche colui che dopo avrà l'incombenza di occuparsi di tutte le funzioni di area vasta su un territorio molto più ampio di quello che invece è il confine istituzionale del comune in oggetto. Non si riesce a capire come mai se uno è residente nel capoluogo ha questo diritto.
Quindi, non nascondiamoci dietro un dito: sappiamo perfettamente che, anche se c’è la moda del civismo anche all'interno delle grandi realtà che sicuramente ha un seguito, però solitamente anche nelle grandi città si contrappongono due sindaci o più candidati, ovviamente non soltanto per differenze ideologiche ma anche per una sostanziale differenza sullo sviluppo del proprio comune, sulle politiche alquanto differenti che hanno una profonda incidenza comunque sulla vita delle persone.
Qua si dice semplicemente che i cittadini della città capoluogo avranno diritto di eleggere, senza quindi alcun altro vincolo, colui che andrà a svolgere le funzioni di presidente della provincia, colui che avrà poteri all'interno delle città metropolitane, all'interno del sistema della città metropolitana, più ampi di quelli che attualmente ha il presidente della provincia; e tutti gli altri cittadini della medesima non avranno alcuna voce in capitolo circa colui che poi dovrà comunque curare in forma diretta e in prima persona i loro interessi.
E non si riesce a capire come mai ci si ostini a non voler dare a tutti i cittadini i medesimi diritti, come quello di delegare alla persona e al politico che ritengono ad essi più affine e più conforme alla loro visione politica e alla loro visione di sviluppo del territorio il diritto di indicare, così com’è costituzionalmente garantito, colui che poi avrà il compito non soltanto di rappresentarli, ma anche di curare i loro interessi diretti.
Guardate che con questo il discorso circa l'anticasta non ha alcuna presa perché il costo aggiuntivo per consentire ai cittadini della provincia di indicare il sindaco della città metropolitana ammonta a nient'altro che al costo della scheda elettorale che dovrebbe essere stampata non soltanto per i concittadini e gli elettori del comune capoluogo, ma anche per quelli della provincia. Un costo che penso possa essere tranquillamente sostenuto anche in questo periodo di crisi economica.
Per cui, su questo aspetto, noi riteniamo fondamentale un ripensamento da parte della maggioranza; noi riteniamo che sia assolutamente essenziale che anche coloro che non hanno la fortuna in quest'ambito di essere cittadini, ma vivono nella provincia, possano esprimere liberamente la propria opinione e il proprio voto nei confronti di colui che avrà il diritto e il dovere di occuparsi dei loro interessi, direi anche principali, che dovrà essere pertanto una persona che li ha convinti con una campagna elettorale, che non può riguardare solo ed esclusivamente la città, ma che deve anche, a questo punto, riguardare la visione circa lo sviluppo della provincia e dell'intero comparto metropolitano. È una questione di buonsenso ed è una questione di democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fraccaro. Ne ha facoltà.
RICCARDO FRACCARO. Signor Presidente, intervengo perché sono stupito e vorrei sottolineare il momento che stiamo vivendo in quest'Aula. Il partito di Silvio Berlusconi esprime rammarico per la Pag. 113mancanza di democrazia all'interno di questo provvedimento. In particolare, si lamenta con il Partito Democratico che risulta impossibile per i cittadini di una città metropolitana eleggere il proprio sindaco. Tradotto, significa che in questo momento Forza Italia sta dando delle lezioni di democrazia al Partito Democratico. Siamo arrivati proprio all'assurdo !
Aggiungo, oltre alle considerazioni fatte, che non solo avviene questo e cioè che i cittadini non potranno eleggere i propri rappresentati nel territorio di riferimento, ma inoltre, mi rivolgo al Partito Democratico – lo dico perché ieri sera in una famosa trasmissione televisiva Davide Faraone, esponente del Partito Democratico, ha smentito questo dato – ci saranno anche 26 mila consiglieri comunali in più con costi aggiuntivi e 5000 assessori in più, con costi di fatto aggiuntivi perché le persone per operare hanno bisogno di materiali, di uffici e di sostanze (Dai banchi del gruppo del Partito Democratico si grida: «non e vero, non è vero !»).
PRESIDENTE. Colleghi, colleghi !
RICCARDO FRACCARO. Inoltre, ci saranno 7 mila 323 sindaci di comuni che potranno assumere la carica anche di parlamentari.
Ora, mi sembra evidente e vorrei sottolineare – e invito il Partito Democratico a fare una riflessione in questo senso – che si stia confondendo l'efficienza con l'oligarchia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Guidesi. Ne ha facoltà.
GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, non vorrei ripetermi, però vorrei ragionare magari con i colleghi rispetto agli ultimi provvedimenti dal punto di vista istituzionale, o comunque che riguardano la struttura istituzionale di questo Paese, ivi compresi anche il metodo di elezione e di rappresentanza che il Partito Democratico sta decidendo di portare in questo Paese, a scanso anche di interpretazioni, perché noi abbiamo vissuto una discussione su una legge elettorale per le elezioni politiche nella quale non sono state previste le preferenze.
Noi abbiamo visto un metodo attraverso cui non sappiamo dove i parlamentari saranno eletti ed oggi viviamo addirittura una situazione dove viene vietata ad alcuni cittadini la possibilità di esprimersi su chi deve amministrare il proprio territorio. Ecco, questa è la chiara conclusione di chi a volte aveva tacciato qualcun altro di mancanza di democrazia.
PRESIDENTE. Prendo atto che il deputato Busin, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale, vi rinuncia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pilozzi. Ne ha facoltà.
NAZZARENO PILOZZI. Signor Presidente, intervengo solo per dire che io credo che noi, su ogni emendamento, non possiamo riaprire la discussione sulle linee generali, perché dovremmo stare a quello che è il dettato del singolo emendamento.
Non so se posso rispondere sulla questione dei consiglieri comunali. L'emendamento non ne parla, però se noi riapriamo la discussione sulle linee generali noi ripartiamo con la discussione sulle linee generali.
Io vorrei fare notare, proprio con tranquillità, Presidente, che credo che noi dobbiamo dire le cose come stanno. Io credo che sia offensivo fare talune affermazioni rispetto a questo provvedimento. SEL è radicalmente contraria a questo provvedimento. SEL dall'inizio ritiene che prevedere le province e le città metropolitane come enti di secondo livello sia un errore, a prescindere dal fatto che quelle cariche siano gratuite, perché noi stiamo togliendo la democrazia a questo Paese. Questo lo diciamo dal primo giorno, rispetto a gruppi importanti che in questo momento fanno la battaglia – prima che si dividessero e che, quando avevano la speranza che qualche città metropolitana andasse in mano loro, questa battaglia non Pag. 114la facevano – e anche rispetto ad altri gruppi che, invece, dall'inizio tentano di togliere la democrazia dai territori.
Però, Presidente, bisogna dire con chiarezza che i 26 mila consiglieri comunali dei piccoli comuni non sono casta. Non esiste nessuno stipendio (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico) !
Lei, Presidente, in una bella lettera ha parlato e ha differenziato, venendo anche lei incontro alle battaglie che noi svolgiamo fin dall'inizio di questa legislatura, i costi della democrazia dai costi della politica. Quei consiglieri comunali sono il guadagno della democrazia, perché non costano nulla (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico).
Io vorrei essere chiaro. I consiglieri comunali nei comuni sotto i 3 mila abitanti, ma anche in quelli di 5 mila e di 6 mila abitanti, non hanno il telefonino cellulare, non hanno il computer passato dal comune e spesso non lo hanno neanche i sindaci, e il gettone di presenza è di circa 100, 120 euro l'anno – non gli stipendi – e molti di loro non prendono nulla. Questa è la situazione dei comuni e dei tanti consiglieri comunali di destra, di sinistra, di centro, a cinque stelle, a sei stelle, a sette, che non fanno altro che svolgere un servizio per i loro territori. Io credo che questa cosa vada detta finalmente a lettere cubitali, perché vanno rispettati quei cittadini che si mettono a disposizione dei propri concittadini e dei propri territori.
Io, caro Presidente, mi sentivo di dirlo. E ogni volta che qui, fino a quando non arriveremo agli emendamenti specifici, si riaprirà la discussione sulle linee generali, io interverrò (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e Lega Nord e Autonomie e di deputati del gruppo Partito Democratico).
EMANUELE FIANO, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, intervengo come relatore in primis per dire all'onorevole Fraccaro – al quale ha già parzialmente risposto e anche con argomenti che io condivido il collega Pilozzi – che io non so perché vogliamo continuare a sostenere che ci sarà un aumento di spese per i 23 mila, 26 mila consiglieri comunali. Non vedo come il legislatore avrebbe potuto scrivere in maniera più chiara i commi 135 e 136, i quali dispongono, ad invarianza di spesa, l'aumento del numero massimo di consiglieri e di assessori. Ad invarianza di spesa ! Vuol dire che se un comune aveva postato 100 euro del bilancio per numero di consiglieri o di assessori «n» e dopo l'applicazione di questa legge deciderà di avere «n più 2» consiglieri o avrà la potenzialità di averne «n più 2» o «n più 2» assessori, lo dovrà fare sempre postando per quella voce di bilancio i medesimi 100 euro.
Io trovo sinceramente frustrante dover portare avanti questo dibattito sull'aumento dei costi senza nessun fondamento, perlomeno in questa legge. Magari l'aumento dei costi è nella legge costituzionale che il collega Fraccaro ha annunciato i 5 Stelle vogliono presentare in Senato. La leggeremo, vedremo.
In secondo luogo, Presidente, io sono dispiaciuto che il collega Russo apprezzi in particolare il mio silenzio. Io invece apprezzo molto quando egli parla e ho ascoltato, con strutturale attenzione, sillaba per sillaba, l'intervento del collega Russo, peraltro poi seguito dal collega Vito, anche egli da me molto stimato come il collega Russo, e la critica al passaggio precedente, al cosiddetto comma 22, che non è quello del celebre libro.
Cioè, che cosa ha detto giustamente il collega Russo, dal suo punto di vista, male interpretando il testo di legge, secondo me ? Il collega Russo ha detto: voi non volete la democrazia diretta per l'elezione del sindaco della città metropolitana e degli organi della città metropolitana. Voi immaginate un tortuosissimo percorso istituzionale che passi da una modifica dello statuto di quegli enti, che venga a proporre Pag. 115una legge di elezione diretta e che poi, per i comuni che saranno oggetto di città metropolitana, dovranno a loro volta ripartirsi in zone omogenee se sono sopra i 3 milioni di abitanti o in comuni interni, se sono sotto i 3 milioni di abitanti, cosa che – dice il collega Russo – è impossibile da ottenere.
Ebbene, che cosa dice – per me molto singolarmente – il testo dell'emendamento dell'onorevole Russo che stiamo discutendo ? Dice all'ultimo punto che propone un'elezione di secondo grado – di secondo grado ! – cioè quella che lui ha criticato nel testo della legge.
Lo dico anche al collega Vito per il suo tramite, Presidente, perché ho sentito le stesse parole. L'emendamento che il collega Vito sta per votare propone un'elezione di secondo grado degli organi di governo della città metropolitana. Poi dice, secondo me giustamente, nell’incipit dell'emendamento – siamo all'emendamento 1.116 a firma Russo – che sarà lo statuto della città metropolitana... non potrebbe che essere altrimenti, ma lo dico perché è stato criticato prima questo passaggio o meglio è stato detto che è impossibile da ottenere o quasi impossibile, cioè l'emendamento, secondo lo scrivente, propone una soluzione che sarà quasi impossibile da ottenere. È possibile che sia difficile, ma lui stesso lo propone: una modifica dello statuto che individua le modalità di elezione degli organi di governo della città metropolitana.
E, infine, il punto della lettera a) propone le divisioni della città in zone omogenee dotate di autonomia amministrativa, ai sensi dell'articolo 2, comma 8, cioè esattamente la stessa cosa che propone il testo di legge, ovvero come ipotesi – ovviamente che viene dopo la prima ipotesi che era quella del precedente emendamento dell'onorevole Russo – si ripercorre la strada che propone il testo di legge, che è il senso che abbiamo cercato.
Alcune delle colleghe del Partito Democratico hanno prima nel dibattito cercato di spiegare il perché si addiviene a questa soluzione, il perché si pensa che, prima della possibilità del sistema elettorale diretto per il sindaco della città metropolitana, la città vada ripartita in zone omogenee e il perché evidentemente questi passaggi debbano far parte di una modifica di statuto sottoposta agli organi amministrativi della città.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Borghi. Ne ha facoltà.
ENRICO BORGHI. Signor Presidente, molto rapidamente, nell'associarmi alle considerazioni fatte dal collega Pilozzi e dal relatore, vorrei sottolineare a lei e a chi ha la bontà di ascoltarci che su questo tema è bene che si ascoltino parole di verità. Perché con questa norma noi ripristiniamo le condizioni di democrazia che erano state tolte nei comuni sotto i mille abitanti, per i quali esisteva la condizione del sindaco podestà. E mi sorprende che il MoVimento 5 Stelle, che ha fatto della democrazia, della partecipazione, della trasparenza... oggi esalti in questa Aula una concezione sulla base della quale in moltissimi comuni del nostro Paese tutto il potere esecutivo spetti ad una sola ed esclusiva persona.
La seconda questione, signor Presidente: hanno detto con grande chiarezza i relatori che mi hanno preceduto che questa è una norma senza costi. Bene, chi parla di casta, chi parla di poltrone per questi consiglieri comunali e per questi assessori non sa che sono persone che spalano la neve, che vanno sugli argini quando ci sono le alluvioni, che portano gli anziani nelle case di riposo, che assistono i bambini nelle scuole e potrei continuare. Sono una straordinaria operazione di volontariato civile e di sussidiarietà, senza la quale, allora sì, avremmo maggiori oneri per le casse dei comuni e, conseguentemente, per la finanza pubblica (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà).
E da ultimo, questi consiglieri hanno un grande «difetto»: sono eletti direttamente dai loro cittadini, a differenza di qualcuno che da un tabernacolo è stato nominato, questo sì, come casta in questo Pag. 116Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà – Commenti del deputato Bianconi).
PRESIDENTE. Collega Bianconi, la prego ! Dopo, se vuole intervenire può chiedermi la parola. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato D'Ambrosio. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE D'AMBROSIO. Signor Presidente, provo a ripeterlo lentamente, magari si comprende: che i costi aumentino non lo dice il MoVimento 5 Stelle, ma lo dice – lo dico molto lentamente – la Corte dei conti, la Corte dei conti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Capisco che magari l'aboliamo dopo il CNEL, però adesso ancora lo dice la Corte dei conti.
Seconda cosa: questo aumento di poltrone potrebbe comunque portare ad un aumento dei costi indiretti, intendo le nomine, per esempio, per le partecipate, le municipalizzate. E concludo, queste poltrone non sono automaticamente un aumento di democrazia. Le poltrone non danno la democrazia. Più poltrone senza stipendio avete visto, invece, cosa danno nelle province e nei comuni: un aumento della corruzione. E di questa corruzione siete voi i padri, non il MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Laffranco. Ne ha facoltà.
PIETRO LAFFRANCO. Signor Presidente, io credo che questa discussione sia un po’ kafkiana, perché in realtà noi non ci dobbiamo sorprendere se quel concetto di sovranità popolare, che sarebbe appena appena scritto all'articolo 1 della Costituzione, venga ormai ritenuto carta straccia. D'altronde, noi siamo ormai al terzo Presidente del Consiglio che non passa per il vaglio degli elettori, perché c’è stato prima Monti, ma poi ovviamente anche Letta ed ora è arrivato Renzi; le liste dei parlamentari sono liste di nominati; il Senato sarà eletto con elezioni di secondo grado e ora ci stupiamo di questa ? È nient'altro che la conferma della volontà di diminuire in maniera esponenziale la sovranità popolare. I cittadini non debbono più avere il diritto di scegliere alcunché e questi sono tra i motivi che ci devono spingere a combattere nella direzione esattamente opposta, come – Presidente, concludo – faremo anche quando arriverà la riforma del Senato, che è intollerabile che non preveda l'elezione dei senatori (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Caon. Ne ha facoltà.
ROBERTO CAON. Signor Presidente, io sarò anche un po’ controcorrente e mi spiace che i deputati di SEL non la pensino come me. Oggi siamo presi dal vento secondo cui assolutamente non bisogna pagare i consiglieri, non bisogna pagare gli assessori. Perché ? Perché sembra che a tutti i costi bisogna ridurre i costi della politica.
Io dico, invece, che stiamo facendo il grande male della politica ed è il grande male perché proprio voi di SEL, che siete dalla parte del popolo, in certi casi, e dell'operaio, non date la possibilità a quell'operaio con mille euro al mese di fare anche politica. Infatti, il giorno che si mette a fare il consigliere automaticamente scattano delle spese, dei costi per quel consigliere, che non se li può permettere. E con i 10 euro che voi...
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.
ROBERTO CAON. ...volete dargli non si può permettere di far politica. Questo riguarda tutte le persone in Italia. Perciò io dico che la gente va pagata per quello che fa, altrimenti poi si annidano tutti quegli ingegneri, tutti quegli architetti che Pag. 117spremono come un limone per... (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
PRESIDENTE. Deve concludere. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Toninelli. Ne ha facoltà.
DANILO TONINELLI. Signor Presidente, io sinceramente mi vergogno nel sentire le giustificazioni che il Partito Democratico ha addotto ad una conferma, che sembra una conferma chiarissima, di questa invarianza di spesa. E mi vergogno perché domando a chi ha indicato ed inserito questa norma come mai, a questo punto, è così sicuro e non abbia inserito anche una sanzione, perché, a quanto risulta, sono i comuni che, con una delibera ad hoc, devono inserire ed indicare questa invarianza di spesa. E non è indicato che, se i comuni questa delibera non la indicano, ci sarà una sanzione. Quindi non c’è assolutamente alcuna certezza che ci sia invarianza di spesa per i costi sia dei nuovi consiglieri comunali che dei nuovi assessori. Questo è un dato di fatto e gradirei una risposta, quanto meno dal relatore (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale il deputato Squeri. Ne ha facoltà.
LUCA SQUERI. Signor Presidente, io devo dire che sono stato stimolato ad intervenire nel sentire gli interventi dei rappresentanti del Partito Democratico, in particolar modo della collega Gasparini, che ho avuto modo di conoscere – e dunque di provare stima per la sua capacità – nei banchi della provincia, per l'appunto, ma anche per quanto riguarda l'intervento del collega Fiano, cioè ditelo: non potete fare le pulci agli interventi di chi dice che per lui è sacrosanto poter dare la possibilità ai cittadini di votare il sindaco metropolitano. E voi fate le pulci, difendendo questa ipotesi che c’è ed io vorrei conoscere colui il quale ha scritto il testo di questa ipotesi, cioè il sindaco del capoluogo che rinuncia al diritto di fare il sindaco andando a dividere il proprio comune in tanti piccoli comuni. Se davvero si vuole dare la possibilità ai cittadini di tutta l'area metropolitana di votare il sindaco metropolitano...
PRESIDENTE. Collega, deve concludere.
LUCA SQUERI. ...va tolta questa presa in giro contenuta nel testo e va accolto quello che il collega Russo ha presentato come emendamento, cioè l'ipotesi che i cittadini dell'area metropolitana possano votare il proprio sindaco (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale il deputato Russo. Ne ha facoltà.
PAOLO RUSSO. Signor Presidente, intanto proverò a spiegarmi e a convincere l'autorevole relatore della bontà dell'emendamento presentato. È evidente che, rispetto al meglio che avevamo previsto, quello di eleggere direttamente il sindaco della città metropolitana, c’è l'opzione successiva, il meno peggio, ed il meno peggio è evitare che, in automatico...
PRESIDENTE. Le chiedo scusa deputato: ci risulta che aveva già parlato. È stato un mio errore darle la parola, purtroppo, su questo l'emendamento.
PAOLO RUSSO. È mio l'errore nell'averla chiesta: mi perdoni, Presidente.
PRESIDENTE. Va bene, prego. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale il deputato Bianconi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO BIANCONI. Signor Presidente, vorrei dirlo con estrema calma: io non accetto e non posso accettare, come parlamentare e come uomo, la solita retorica dei nominati da chi giustappunto, Pag. 118come diceva il collega Laffranco, ha un Presidente del Consiglio che non è stato neanche nominato qui dentro e fa il Presidente del Consiglio. Infatti non ci scordiamo che questo ha vinto delle primarie a casa sua ed è diventato qui, come fosse il Comintern dell'Unione Sovietica, Presidente del Consiglio. A noi lezioni non ce le date sui nominati. Avete fatto una legge per cui avete vinto solo per 20 voti l'abolizione delle preferenze: ma cosa venite a cercare (Applausi di deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente e dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Ma a chi credete di insegnare ? E che cosa ?
PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza, Bianconi, per favore.
MAURIZIO BIANCONI. Fate la retorica dei consiglieri comunali ? I consiglieri comunali sono 26 mila in più, più 4 mila assessori: dire che c’è invarianza di spesa è la solita retorica della sinistra, che dice sempre che Cristo è morto dal freddo. Non è possibile tenere 30 mila persone ad invarianza di spesa (Applausi di deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha esaurito il tempo.
MAURIZIO BIANCONI. E non prendiamoci più in giro (Applausi di deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale il deputato Matteo Bragantini. Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, per fare un po’ di chiarezza: allora, per quanto riguarda i nuovi consiglieri, ovviamente avranno un compenso ad invarianza di spesa perché è previsto nella norma, una norma a mio avviso non corretta, perché un consigliere comunale che in un comune di neanche 3 mila anime prenda 80 euro lorde all'anno, è una presa in giro.
Dire che è un aumento di spesa perché questi consiglieri probabilmente avranno il telefonino, un ufficio, un computer, un'auto blu, vuol dire non aver mai amministrato un comune, perché fino a 10 mila abitanti nessun consigliere comunale ha il cellulare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie e di deputati dei gruppi Partito Democratico). Addirittura, nelle province hanno un cellulare con dei numeri prefissati. È una cosa assurda dire, inoltre, che possono essere compensati con degli incarichi negli enti partecipati dei comuni. Intanto ricordo che fino a 10 mila abitanti...
PRESIDENTE. Ha esaurito il tempo.
MATTEO BRAGANTINI. ...possono essere consiglieri al massimo in un comune e riguardo alle partecipate, poi, c’è una norma che esplicitamente dice che non possono i consiglieri comunali...
PRESIDENTE. Collega Bragantini, concluda.
MATTEO BRAGANTINI. ...andare nelle partecipate, neanche degli altri comuni. Almeno facciamo un po’ di chiarezza, dunque, e non diciamo delle inesattezze.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Baldelli. Ne ha facoltà.
Testo sostituito con errata corrige volante SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, fino a qualche tempo fa in quest'Aula dominava la retorica del non cumulare i doppi incarichi perché si poteva far bene una sola cosa. O si faceva una cosa, o se ne faceva un'altra e, quindi, bisognava dimettersi se si aveva il doppio incarico. Ora, noi stiamo approvando una legge che riguarda i sindaci di grandi città che vengono eletti per fare i sindaci di grandi città – e chi qui fa il sindaco, anche di un piccolo comune, sa di che lacrime e di che sangue grondi chi fa il sindaco e si impegna Pag. 119nell'ascolto diretto del cittadino, e figuriamoci fare il sindaco di grandi città – noi stiamo dicendo che questi sindaci di grandi città diventano automaticamente, senza neanche un passaggio elettorale, una specie di presidenti della provincia, di fatto con più poteri, cioè sindaci delle aree metropolitane, e – concludo – progressivamente finiremo che faranno anche per tre giorni a settimana, seppure senza diaria, i senatori a Roma. Allora, mi sembra assolutamente singolare questa circostanza. Aggiungo, nella singolarità della circostanza, il fatto che sono quasi tutti dello stesso partito (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente). SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, fino a qualche tempo fa, in quest'Aula, dominava la retorica del non cumulare incarichi, perché si poteva far bene una sola cosa: o si faceva una cosa, o se ne faceva un'altra e, quindi, bisognava dimettersi se si aveva il doppio incarico. Ora, voi state approvando una legge che riguarda i sindaci di grandi città che vengono eletti per fare i sindaci di grandi città – e chi qui fa il sindaco, anche di un piccolo comune, sa «di che lacrime grondi e di che sangue» chi fa il sindaco e si impegna Pag. 119nell'ascolto diretto del cittadino, e figuriamoci il fare il sindaco di grandi città – noi stiamo dicendo che questi sindaci di grandi città diventano automaticamente, senza neanche un passaggio elettorale, una specie di presidenti della provincia, di fatto con più poteri, cioè sindaci delle aree metropolitane, e – concludo – progressivamente finiremo che faranno anche per tre giorni a settimana, seppure senza indennità, i senatori a Roma. Allora, mi sembra assolutamente singolare questa circostanza. Aggiungo, nella singolarità della circostanza, il fatto che sono quasi tutti dello stesso partito (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Fragomeli. Ne ha facoltà.
GIAN MARIO FRAGOMELI. Signor Presidente, stasera abbiamo sentito delle cose veramente inaudite, non tanto e non solo per il tema dell'invarianza di spesa. Infatti, so benissimo che il punto cruciale è stabilire da quando si parte a definire la spesa, appunto. È chiaro, infatti, che c’è stata una riforma che aveva ridotto i consigli comunali, ma il 40 per cento dei consigli comunali li rinnoviamo quest'anno e, quindi, quel risparmio di spesa non era entrato a regime, innanzitutto. E chiaramente questa spesa comunque la avremo per il fatto, appunto, che si ridurranno i consiglieri. Non voglio parlare solo di questioni economiche. Ma la cosa vera è che in quest'Aula dovremmo capire chi crede che il comune sia solo e semplicemente un'emanazione dello Stato centrale e un ente burocratico e chi, invece, crede che si possano dare delle risposte...
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.
GIAN MARIO FRAGOMELI. No, mi ha detto che avevo più minuti.
PRESIDENTE. Lei ha un minuto. Adesso le mancano dieci secondi.
GIAN MARIO FRAGOMELI. Allora, rispondo semplicemente a qualcun altro che ha fatto un'affermazione folle rispetto al fatto che ci sarà un incremento dei rappresentanti nelle aziende e nelle società partecipate perché non sa che ormai da due anni è stato ridotto il numero dei consigli di amministrazione e su cinque componenti, tre devono essere dipendenti dell'ente...
PRESIDENTE. Deve concludere.
GIAN MARIO FRAGOMELI. ...comunale di maggiore partecipazione e se sono tre i componenti, uno solo può essere appunto diverso da dipendenti. Non ci sarà, quindi, nessuna proliferazione di componenti negli organismi partecipati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Manlio Di Stefano. Ne ha facoltà.
MANLIO DI STEFANO. Signor Presidente, io vorrei semplicemente chiedere ai colleghi del PD se per una volta tanto potete dire le cose semplici come fuori vogliono sentirle. Vi faccio qualche domanda: queste province alla fine le abolite, o no ? E, se le abolite, quante ne rimangono ? Avete capito che gli italiani vogliono scegliere i loro rappresentanti a tutti livelli, o no ? Avete capito, e lo volete anche dire agli italiani, che alla fine di queste riforme, tra Senato e province, ci saranno soltanto i vostri nominati, o no ? Perché questo gli italiani vogliono sapere, se qualcosa contano ancora o se non contano più nulla.
Un'altra cosa: credete davvero che gli italiani abbiano ancora l'anello al naso e credano che voi farete una riforma a costo zero ? Voi, che gli avete rubato due miliardi di euro di rimborsi elettorali ? Ma davvero credete che possano credere...
PRESIDENTE. Collega, si rivolga con rispetto ai suoi colleghi.
Pag. 120MANLIO DI STEFANO. ...a queste baggianate ? Questo dovete spiegare agli italiani: cosa davvero resterà dopo questo provvedimento, che è un'altra menzogna ed è un altro provvedimento ridicolo, una farsa...
PRESIDENTE. Ha esaurito il tempo.
MANLIO DI STEFANO. ...che trufferà ancora una volta gli italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Russo 1.115, con il parere contrario della Commissione e del Governo e il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Lo Monte... Lombardi... Berlinghieri... Donati... Gitti... deve solo premere il pulsante, ci risulta attivo, provi direttamente a votare, deputato Gitti... Chaouki....
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 440
Votanti 434
Astenuti 6
Maggioranza 218
Hanno votato sì 168
Hanno votato no 266.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
(La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Russo 1.116 per il quale è stata chiesta la votazione per parti separate dell'emendamento nel senso di votare separatamente la lettera a) e la lettera b) riferendo ovviamente ad entrambi la disposizione contenuta. Trattandosi del testo scindibile in più parti, ai sensi dell'articolo 87, comma 4, del Regolamento procederemo in questo senso.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Lombardi. Ne ha facoltà.
ROBERTA LOMBARDI. Signor Presidente, volevo spiegare brevemente il perché della nostra richiesta della votazione per parti separate. Il comma 15 dell'articolo unico di questo disegno di legge prevede che, «Entro il 30 settembre 2014, si svolgono le elezioni del consiglio metropolitano, indette dal sindaco del comune capoluogo, e si insediano il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana. Entro il 31 dicembre 2014 il consiglio metropolitano approva lo statuto». L'emendamento Russo 1.116 in questione prevede che a questo comma, che ho appena letto, venga aggiunto infine il seguente periodo: «Lo statuto della città metropolitana individua le modalità di elezione degli organi di governo metropolitani, in modo che essi siano comunque eletti in prima applicazione alla scadenza del mandato degli organi di governo del comune capoluogo, scegliendo tra le seguenti opzioni» e indica due opzioni che ci sembravano in antitesi perché una, la lettera a), prevede l'elezione degli organi di governo a suffragio universale diretto, mentre la lettera b) prevede l'elezione di secondo grado, quindi togliendo la parola ai cittadini. Per questo motivo, pur non condividendo come MoVimento 5 Stelle l'impianto generale di questo disegno di legge che prevede una finta abolizione delle province e questa proliferazione di enti sullo stesso territorio con la conseguente confusione di competenze e funzioni, comunque vorremmo avere la possibilità di votare separatamente e scegliere di dare sì la parola ai cittadini piuttosto che dare la parola di nuovo ai politici (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Russo. Ne ha facoltà.
Pag. 121 PAOLO RUSSO. Vorrei provare a chiarire la ratio di questo emendamento. Questo emendamento nasce come successivo agli emendamenti precedenti che prevedevano la possibilità di consentire il suffragio universale al fine dell'elezione del sindaco della città metropolitana.
Questo emendamento, anche rispettando le norme regolamentari e la possibilità dal punto di vista della emendabilità del testo così come ci è venuto dal Senato, comporta che impone nello statuto l'opzione.
E, ovviamente, l'opzione è articolata per due soluzioni che sono evidentemente diverse. Oggi, lo statuto non prevede l'opzione per la possibilità dell'elezione diretta e l'opzione per la possibilità dell'elezione indiretta. Di fatto, lo statuto dovrebbe prevedere, come di sua natura e per libera scelta, un'eventuale opzione di voto a suffragio universale. La norma, laddove passasse questo emendamento, imporrebbe allo statuto di prevedere queste due opzioni.
Non c’è dubbio – io concordo con la collega del MoVimento 5 Stelle – che è preferibile la soluzione relativa all'elezione degli organi di governo a suffragio universale, ma è evidente che questa soluzione è migliorativa rispetto alla soluzione che non prevede nemmeno l'obbligo nello statuto – perché, di fatto, così diventa un obbligo nello statuto – di prevedere questa opzione. In questo senso, ho risposto anche al collega Fiano.
È evidente che «invarianza della spesa» è uno slogan: naturalmente, se non le competenze in sé, aumenteranno i rimborsi, i rimborsi per i lavoratori, il diritto alla partecipazione del lavoratore rispetto agli organi sia consiliari che di giunta. Quindi, non siamo solo al cospetto di falsi e bugiardi come gli dei pagani, ma siamo al cospetto di soggetti che non vogliono guardare alla verità, alla realtà, alla realtà dei fatti.
E, allora, diventa stupefacente il riferimento al valore dei consiglieri eletti – quelli sì eletti davvero –, quando non si vuole consentire che il sindaco della città metropolitana, quello che conta davvero, venga utilmente eletto, non soltanto in modo surrettizio dai cittadini della città capoluogo, ma da tutti i cittadini dell'intera provincia che afferisce a quella città metropolitana. Vi faccio l'esempio di una città, Napoli: con 900 mila abitanti in città, più di 2 milioni in provincia, saranno quei 900 mila a valere per tre, non varranno per due, varranno per tre. State sottraendo un diritto, un diritto importante ai cittadini, a milioni cittadini nel nostro Paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Gasparini. Ne ha facoltà.
DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Signor Presidente, devo dire che sono stupita dal fatto che Russo continui a dire la stessa cosa, che è una bugia. Di fatto, questo è un coordinamento fra comuni e valgono i pesi di ogni singolo comune. Questo è molto chiaro: quindi, non esiste che Napoli o Milano possano determinare, se vale un terzo, come popolazione, per tutti.
Secondo tema: i comuni stanno lavorando, da anni, insieme, nel coordinamento ANCI, per capire cosa vuol dire gestire le città metropolitane e hanno convenuto un percorso, dove, di fatto, riconoscono che i cittadini eleggono il proprio sindaco e, di fatto, occorre diminuire le filiere. Oggi, a Milano, non si capisce chi è il capo dei trasporti: la provincia di Milano ne fa un pezzettino, la città capoluogo un altro, la regione un terzo.
Con la città metropolitana e con i sindaci che rappresentano i propri territori e i cittadini sarà possibile con maggior chiarezza capire chi è il responsabile delle decisioni e, oltretutto, ridurre le filiere decisionali. Perché quello che è successo ad oggi, di fatto, è stata l'impossibilità – e lo si vede così come sono le nostre città metropolitane – di governare delle aree complesse, che oggi sono frammentate, non coese, con la difficoltà di rispondere al cambiamento.Pag. 122
Quindi, io credo che questo oggi occorre fare e, per fare questo, ci vuole una cooperazione plurale fra i sindaci, non ci sono persone da delegare: cambia passo, cambia regime, cambia storia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Russo 1.116, con riferimento all'alinea e alla lettera a), con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Centemero, Gandolfi, Cassano. Chi altro non ha votato ? Crippa, Lavagno.
Dichiaro chiusa la votazione.
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Presenti 425
Votanti 420
Astenuti 5
Maggioranza 211
Hanno votato sì 162
Hanno votato no 258.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
(La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario e il deputato Boccadutri ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sempre sull'emendamento Russo 1.116, con riferimento all'alinea e alla lettera b), con il parere contrario della Commissione, del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Lo Monte, Boccadutri, Ravetto...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 428
Votanti 427
Astenuti 1
Maggioranza 214
Hanno votato sì 59
Hanno votato no 368.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
(I deputati Segoni e Sanga hanno segnalato di aver espresso voto favorevole mentre avrebbero voluto esprimere voto contrario e la deputata Argentin ha segnalato di non essere riuscita ad esprimere voto contrario).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Russo 1.118, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Russo. Ne ha facoltà.
PAOLO RUSSO. Signor Presidente, intanto era evidente che l'emendamento precedente non diceva ciò che era nella norma, altrimenti i colleghi della maggioranza avrebbero anche potuto sforzarsi e votarlo. Questo emendamento introduce quell'elemento che noi riteniamo centrale: in Europa ci sono 20 città metropolitane degne di questo nome che hanno una loro architettura istituzionale, che hanno una loro dimensione, che hanno dinamiche utili dal punto di vista anche della capacità di competere sui mercati tra aree urbane; noi proviamo, con questo emendamento, a limitare questa prospettiva, questa proiezione alle tre grandi aree urbane del nostro Paese, penso a Milano, a Roma e a Napoli.
Crediamo che questo sia un modello da mettere in campo per rappresentare quell'aspetto migliore di una riforma che pure sarebbe necessaria, ma se pur è necessaria lo è in chiave di ordine, non in chiave di sovrapposizione, disordine e confusione istituzionale. Devo dire che leggo e ascolto in modo singolare taluni interventi che sollecitano ad una riflessione di pluralità Pag. 123di enti che collaborano; se quella pluralità di enti collabora deve avere anche la forza e la capacità di indicare un vertice; se non vi è questa forza, quale migliore condizione di consentire al cittadino di scegliere. Invece, cosa pretendiamo ? Che quegli enti in chiave plurale collaborino, ma c’è già un primus inter pares, c’è già un padrone, c’è già un comandante, c’è già un governatore, c’è già un protettore, c’è già chi dovrà governare senza essere nominato, senza essere eletto; senza essere nemmeno nominato dovrà governare quei territori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Vito. Ne ha facoltà, per un minuto.
ELIO VITO. Signor Presidente, d'altra parte l'emendamento è così semplice. Io prendo l'occasione anche per rispondere al sottosegretario Bressa: è vero che le aree metropolitane sono state determinate dalla legge n. 142 del 1990 e per varie ragioni, per responsabilità delle regioni, non sono mai state istituite, ma è da allora che si dice, in tutti i dibattiti, che quelle aree metropolitane non corrispondono alle vere aree metropolitane del nostro Paese che sono esattamente le tre indicate dall'emendamento dell'onorevole Russo: Roma, Napoli e Milano.
Che il nostro Paese si accinga ad avere un numero di aree metropolitane praticamente pari a quelle che ci sono in tutta Europa la dice lunga sulla «saggezza» di questa legge e di come questa legge non possa essere spacciata come una legge che viene fatta per ridurre i costi o abolire le province. Infatti, se ci fosse buona fede, questa sarebbe l'occasione finalmente per mettere riparo all'errore fatto dai legislatori della legge n. 142 e istituire in Italia le sole tre aree metropolitane che hanno un senso da un punto di vista demografico e di corrispondenza con il territorio, cioè quelle indicate dall'emendamento: Roma, Napoli e Milano. Io credo che questo emendamento andrebbe approvato.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Russo 1.118, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Lo Monte, Palma, Tartaglione.
Dichiaro chiusa la votazione.
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Presenti 425
Votanti 423
Astenuti 2
Maggioranza 212
Hanno votato sì 41
Hanno votato no 382.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
(La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Russo 1.132, con il parere contrario della Commissione e del Governo e favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Lo Monte.
Dichiaro chiusa la votazione.
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Presenti 425
Votanti 424
Astenuti 1
Maggioranza 213
Hanno votato sì 135
Hanno votato no 289.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
(La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).
Pag. 124 Passiamo alla votazione dell'emendamento Di Salvo 1.20, con il parere contrario della Commissione e del Governo e favorevole del relatore di minoranza.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pilozzi. Ne ha facoltà.
NAZZARENO PILOZZI. Signor Presidente, con questo emendamento anche noi tentiamo di inserire in questo provvedimento l'elezione diretta degli organi della città metropolitana. Rispetto a questa legge – lo abbiamo già detto in sede di prima lettura alla Camera – riteniamo che sulle città metropolitane si siano fatti dei passi in avanti, soprattutto per quanto riguarda la possibilità che si dà ai comuni di dotarsi di uno statuto flessibile che i comuni, che faranno parte della città metropolitana, potranno poi scrivere secondo le loro esigenze.
Ma è chiaro che per noi c’è un vulnus fondamentale e questo è il vulnus della democrazia: noi riteniamo necessario che un ente così importante, come la città metropolitana, debba essere un ente eletto a suffragio universale.
Faccio notare: ho ascoltato molti colleghi e mi sarebbe piaciuto ascoltarli anche quando abbiamo votato il «Forza-Italicum»; la stessa attenzione per la democrazia, per il voto e per la rappresentanza dei cittadini. Mi è sembrato che in quella discussione, che tra l'altro neanche abbiamo fatto, né in Commissione né in Aula, si sia stati invece molto più attenti a come nominare i parlamentari rispetto a come eleggerli. Oggi invece sono contento che molti parlamentari, anche di altri gruppi, sono molto attenti alla rappresentanza dei cittadini. Dicevo che noi, come abbiamo fatto anche per la legge elettorale per la Camera, introduciamo la questione della parità di genere all'interno dell'elezione degli organismi della città metropolitana, perché siamo sempre molto attenti a leggere la Costituzione e a vedere quello che la Costituzione ci dice.
Però sull'articolo 51 della Costituzione, che va nella direzione del rispetto della differenza di genere, lo debbo dire, anche ai colleghi del Partito Democratico, ormai è rimasta solo Sinistra Ecologia Libertà a fare una battaglia per la rappresentanza di genere nelle istituzioni e nei luoghi della democrazia di questo Paese. Noi, con questo emendamento e con altri che seguiranno, tentiamo di porre rimedio a quella che era una grande mancanza di questa legge, ovvero la possibilità di prevedere il 50 per certo nelle liste di ciascun sesso.
Per finire, abbiamo fatto una discussione importante anche in Commissione. Per dirla anche al collega D'Ambrosio, anche io lo dirò con molta calma, non certamente alzando i toni, ma la Corte dei conti, che abbiamo ascoltato tutti quanti in Commissione, ci ha detto che è vero che questa legge ha maggiori costi, e noi lo riconosciamo e diciamo che questa legge è sbagliata, ma non riguardo alla questione dei consiglieri comunali, ma appunto riguardo alle province e alle città metropolitane.
La questione dei consiglieri comunali, che affronteremo in seguito, è molto importante, e noi riteniamo che consigli comunali che erano ridotti, dopo gli esperimenti di Tremonti e di Monti, a dei consigli di amministrazione – abbiamo consigli comunali che hanno quattro consiglieri di maggioranza e due di opposizione – debbano tornare ad essere assemblea della città, l'assemblea della comunità, debbano rappresentare al meglio possibile i propri cittadini; e quindi quel numero, che viene proposto, di 10, ci sembra un numero che vada rispetto alla democrazia, ma che è un numero inferiore a quanto previsto, per esempio, nel Testo unico del 2000.
Ovviamente tutto questo ad invarianza di spesa ma ne parleremo dopo, perché purtroppo questi emendamenti aggiunti, questi commi inseriti senza nessun criterio, a nostro avviso, rischiano di creare dei contenziosi incredibili: quelli sì che avranno costi sia per le amministrazioni centrali che per le amministrazioni territoriali. Quindi, su quel ragionamento ci torneremo dopo perché è importante aumentare i consiglieri comunali, ma bisognerebbe farlo anche con norme chiare Pag. 125e norme che tolgano ogni dubbio ad interpretazioni controverse (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Fabbri. Ne ha facoltà.
MARILENA FABBRI. Signor Presidente, solo per chiarire che la norma prevede già una disposizione antidiscriminatoria, introdotta proprio alla Camera da un emendamento del Partito Democratico e non solo, e prevede che nelle liste di secondo livello per la nomina del consiglio metropolitano e anche del consiglio provinciale ciascun genere non sia rappresentato più del 60 per cento, e quindi viene prevista una norma antidiscriminatoria. Così come è stato introdotto per le giunte nei comuni superiori ai 3 mila abitanti un 40 per cento di rappresentanza per ciascun genere.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Salvo 1.20, con parere contrario di Commissione e Governo e favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Cariello, Mura, Lo Monte, Zardini, Caparini, Rizzetto, Amoddio...
Dichiaro chiusa la votazione.
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Presenti 433
Votanti 429
Astenuti 4
Maggioranza 215
Hanno votato sì 130
Hanno votato no 299.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
(La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Russo 1.119, sul quale vi è parere contrario di Commissione e Governo e favorevole del relatore di minoranza.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Russo. Ne ha facoltà.
PAOLO RUSSO. Signor Presidente, proviamo con questo emendamento a ridurre un po’ le difficoltà della gincana istituzionale, quella gincana perché quel povero cittadino di serie B possa aspirare ad essere cittadino eguale.
Proviamo a suggerire già qual è la norma per la eventuale elezione diretta del sindaco della città metropolitana per non lasciarla ad un'ulteriore valutazione che questo Parlamento o altro Parlamento dovrà fare. Ciò per evitare che quello che ormai è diventato non più un sindaco della città metropolitana ma un sindaco nominato, un sindaco incaricato, una specie di podestà, una specie di ras, una specie di protettore assoluto di territori possa viceversa essere realmente eletto; per cui, avendo quella gincana lo statuto che deve prevedere questo, il referendum confermativo, la divisione del comune capoluogo, perlomeno cominciamo a sottrarre la necessità di una legge fornendola già di fatto.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Russo 1.119, con il parere contrario di Commissione e Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevole Lomonte...
Dichiaro chiusa la votazione.
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Presenti 428
Votanti 424
Astenuti 4
Maggioranza 213
Hanno votato sì 159
Hanno votato no 265.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
(La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Laffranco 1.136.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Laffranco. Ne ha facoltà.
PIETRO LAFFRANCO. Signor Presidente, intervengo brevemente per illustrare questo emendamento, mentre il provvedimento finge di abolire le province, istituisce le città metropolitane privando del loro diritto di poter eleggere i propri rappresentanti milioni di cittadini; mentre taglia tremila poltrone ne ricrea 31 mila; prevede inoltre l'invarianza di spesa per questa vicenda, evidentemente in maniera incongrua perché è impossibile dal momento che anche se i consiglieri comunali e gli assessori non avessero le indennità – chi è stato nei comuni lo sa – ci sono poi i rimborsi per il lavoro che viene svolto magari presso aziende private, e quello è previsto dalla legge e quindi è impossibile che ci sia invarianza di spesa. Ma lasciamo perdere perché tanto qui è arrivata un sacco di gente alla prima esperienza e queste cose ovviamente non le può sapere.
Tuttavia, noi abbiamo ritenuto di aggiungere una proposta che ci sembra di buonsenso e che nasce dalla esperienza di molte vicende amministrative e di tanti nostri comuni che è la possibilità del consigliere comunale supplente. Cosa significa ? Significa che normalmente quando, ai sensi della legge si viene nominati assessori dopo essere stati eletti consiglieri comunali, ci si deve dimettere dal consiglio comunale per andare a svolgere la funzione di assessore in quanto nominati dal sindaco.
Può, però, poi capitare di avere delle difficoltà con i propri sindaci e allora in quel caso, se il sindaco nomina dei nuovi assessori, non c’è la possibilità di tornare a svolgere il ruolo di consigliere comunale. Siccome abbiamo degli esempi che vanno in tutt'altra direzione – perché i consiglieri regionali che sono nominati assessori, se terminano il loro mandato di assessore, restano comunque consiglieri regionali; i parlamentari che vanno a fare i ministri e i sottosegretari non è che si devono dimettere da parlamentare per svolgere il ruolo di ministro e di sottosegretario – non è comprensibile perché i consiglieri comunali che diventino assessori debbano dimettersi dal proprio ruolo. Credo che sia una questione di libertà e di autonomia, in qualche modo di indipendenza, parole troppo spesso abusate che non consentono agli assessori di svolgere appieno il proprio mestiere di assessore perché debbono totalmente rendere conto al proprio sindaco di ciò che fanno.
Nessuno pensa ovviamente di fare dei salti indietro di venti-trent'anni, a quando le giunte si disfacevano in quattro e quattr'otto e in una notte si nominavano e si eleggevano nuovi sindaci da parte del consiglio comunale. Ma che debba essere consentito agli assessori di svolgere con una certa dose di equilibrata autonomia il proprio ruolo, evitando di essere cancellati – quando si è stati eletti dai cittadini – dal proprio sindaco che magari non ha gradito una posizione politica, ecco questo a noi sembra corretto.
Ecco perché il nostro emendamento Laffranco 1.136 prevede che, in caso di cessazione dal mandato di assessore, cessa anche la supplenza e si rientra nella funzione di consigliere comunale.
È un segnale di attenzione rispetto a decine e decine di episodi di vita amministrativa di questi vent'anni, da quando cioè esiste il meccanismo dell'elezione diretta dei sindaci e della nomina da parte dei sindaci degli assessori.
Per questo noi chiediamo un supplemento di attenzione nei confronti di questa norma da parte di quest'Aula – in questo caso disattenta perché è una questione forse poco retorica e poco demagogica, ma per chi ha fatto il consigliere comunale o l'assessore assolutamente importante – che consenta di andare incontro a una questione che si è davvero verificata in mille circostanze.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Laffranco 1.136, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Crimi, Donati...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 434
Votanti 429
Astenuti 5
Maggioranza 215
Hanno votato sì 144
Hanno votato no 285.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
(La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Salvo 1.21, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Ventricelli, Dieni, Cassano, Malpezzi, Marco Di Maio, Locatelli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 431
Votanti 425
Astenuti 6
Maggioranza 213
Hanno votato sì 50
Hanno votato no 375.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
(La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sisto 1.104, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Lodolini, Ventricelli, Gigli, Paris, Paglia...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 433
Votanti 356
Astenuti 77
Maggioranza 179
Hanno votato sì 56
Hanno votato no 300.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
(La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).
ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, intervengo per porre alla sua attenzione una proposta da parte dei gruppi sul prosieguo dei lavori ovvero quella di sospendere adesso, così come è previsto dal calendario, per questa sera, e riprendere domani mattina alle 10 con la previsione di una diretta televisiva alle ore 13, nella quale fare le dichiarazioni di voto di un deputato per gruppo per consentire, da una parte, di tenere conto dei tempi che ancora restano su questo provvedimento che è contingentato e, dall'altra parte, di consentire che ci si possa esprimere l'espressione su un provvedimento importante, sul quale ci possa anche essere un ritorno di comunicazione adeguato, essendo Pag. 128un provvedimento atteso, ma anche particolarmente impegnativo per i lavori del Parlamento.
PRESIDENTE. Se vi è l'intesa dei gruppi, la proposta si intende accolta.
Quindi, vi do l'articolazione dei lavori della giornata di domani: la seduta inizierà alle ore 10 con l'esame dei rimanenti emendamenti e degli ordini del giorno riferiti al disegno di legge sulle province. A partire dalle ore 13 avranno luogo le dichiarazioni di voto finale di un rappresentante per ciascuno dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto con ripresa televisiva diretta. Al termine, avrà luogo il voto finale. Seguiranno gli altri argomenti già previsti dal calendario.
Modifica nella costituzione della Giunta per le autorizzazioni.
PRESIDENTE. Comunico che la Giunta per le autorizzazioni, nella seduta odierna, ha eletto segretario il deputato Matteo Bragantini.
Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 20).
PIA ELDA LOCATELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Colleghi, un'unica cosa: vi chiedo di abbassare il tono della voce e di allontanarvi dall'Aula in silenzio se è possibile. Prego.
PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, sono trascorsi quasi due anni dall'approvazione della legge «Golfo-Mosca» che prevede che negli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in borsa e di società a controllo pubblico, gli amministratori e le amministratrici del genere meno rappresentato – e si tratta sempre di quello femminile – siano presenti con la percentuale del 20 per cento al primo rinnovo, dopo l'approvazione della legge, e del 30 per cento ai rinnovi successivi.
I primi dati a disposizione contenuti in un libro di ricerca di prossima pubblicazione in Gran Bretagna sono più che incoraggianti, non solo per la qualità delle candidature e di conseguenza dei consigli di amministrazione...
PRESIDENTE. Colleghi, il tono della voce !
PIA ELDA LOCATELLI. ...ma anche per un particolare importante: contrariamente a quanto si era affermato e ai timori sollevati da chi non vuole alcuna legge che preveda la parità, le donne elette nei consigli di amministrazione non hanno accumulato incarichi; infatti, il 90 per cento siede in un solo consiglio di amministrazione ed il 70 per cento, contro il 23 per cento del 2005, è indipendente, ossia non legato alla proprietà dell'azienda. Sono dati che smentiscono quanti asseriscono che con l'introduzione delle quote si valorizzerebbe non il merito ma le parentele, l'essere membri della famiglia proprietaria.
Questi numeri devono servirci da stimolo nel proseguire su questo terreno in vista dei prossimi rinnovi dei consigli di amministrazione di ENEL, ENI, Terna, Finmeccanica e di altre decine di partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze, compresi i collegi sindacali, nel proseguire nel senso di andare oltre le percentuali minime previste dalla legge, perché appunto queste percentuali sono la soglia minima sotto cui non si può dare, non la massima da non superare, capiamoci.
Noi sollecitiamo il Governo ad andare in questa direzione, il che significa tra l'altro mantenere quanto promesso dal Presidente del Consiglio in occasione del voto di fiducia. Vorremmo però suggerirgli di adottare una modalità trasparente per questa azione, sollecitando pubblicamente, Pag. 129da parte del Governo, la presentazione di curricula...
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.
PIA ELDA LOCATELLI. ...ho finito, nella forma sia di autocandidature, sia di candidature proposte da terzi previo consenso dell'interessato. È un modo per praticare il metodo della trasparenza, per allargare il bacino dal quale pescare curricula di donne competenti, per uscire, o meglio per non avviare il metodo dei soliti giri che valgono spesso per le candidature maschili.
Conviene alle aziende, conviene ai cittadini ed alle cittadine e conviene al Paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Moscatt. Ne ha facoltà.
ANTONINO MOSCATT. Signor Presidente, intervengo in maniera molto pacata per porre un tema che, in realtà, di pacato in questo momento ha ben poco (né di pacato, né di tranquillo).
PRESIDENTE. Scusi, scusi. Chiedo scusa, colleghi. Potete abbassare il tono della voce, almeno intorno al deputato che sta parlando. Prego.
ANTONINO MOSCATT. È stata una giornata lunga, quindi si capisce bene. Dicevo che intervengo su un tema che di pacato e di tranquillo proprio in questo momento ha ben poco. È notizia di ieri notte del recupero, da parte della Marina militare, e del salvataggio di ben 730 migranti, di cui 124 donne e 29 minori, che fanno numeri, insieme alla disperazione, e che si sommano a quelli registrati a fine marzo: ben 2 mila, 2.370 per la precisione. L'emergenza è già in corso.
Volevo con forza non solo condividerlo con quest'Aula ma chiedere al Governo, che già sta facendo degli sforzi importanti – il Dipartimento delle libertà civili e dell'immigrazione sta intervenendo in maniera repentina –, di occuparsi immediatamente di quello che si tratta essere fin da subito uno stato di emergenza, provando a creare una cabina di regia, provando a mettere insieme progetti pilota che possano migliorare la qualità dell'accoglienza ma, soprattutto, provando a potenziare gli SPRAR.
Quindi, l'emergenza è già in corso. Chiediamo che si intervenga e si intervenga in maniera repentina, per non lasciare i territori della Sicilia e della provincia di Agrigento, in particolare, ad affrontare da soli, a mani nude seppure con qualità e competenza, l'emergenza in corso.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Giulietti. Ne ha facoltà.
GIAMPIERO GIULIETTI. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo, ed in particolare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su alcune interrogazioni presentate sul tema della soppressione degli intercity nel tracciato che riguarda la regione Umbria. Una mia interpellanza è stata addirittura presentata nella seduta n. 59 del 24 luglio 2013.
È urgente che il Governo e il Ministro competente diano risposte, oggi più che mai urgenti. Non è accettabile che Trenitalia sia l'unico interlocutore sul tema delle istituzioni locali. Già dal mese di ottobre scorso si era ventilata l'ipotesi della riduzione dei servizi e di alcune coppie di intercity che interessano anche l'Umbria. Oggi si apprende, dalla stampa, che Trenitalia avrebbe confermato dette intenzioni con la soppressione, a partire dal prossimo mese di giugno, di cinque coppie di servizi ferroviari intercity, oltre a quelli già chiusi dal 1o marzo, che attualmente servono le stazioni ferroviarie di Orvieto e Chiusi. Dai giornali, non certo da comunicazioni di Trenitalia o del Ministero, si evince che tali soppressioni sono maturate a causa del non raggiungimento dell'equilibrio economico, perché non ricompresi nel contratto di servizio con il Ministero.
Se si verificassero queste soppressioni, l'Umbria sarebbe ancora più penalizzata Pag. 130di quanto non lo sia già, considerato che attualmente non è possibile intercettare l'alta velocità se non mediante i servizi ferroviari intercity. Inoltre, questi stessi servizi sono sistematicamente utilizzati dai cittadini umbri per i loro spostamenti – casa, lavoro, studio – verso Roma e Firenze.
Per questi motivi, sollecito una risposta dal Ministro alle mie interrogazioni e interpellanze, affinché sia mantenuto il servizio intercity, rafforzandolo in virtù del diritto alla mobilità per garantire i passeggeri, tutti indistintamente, anche in applicazione di quanto previsto nel merito dall'attuale normativa comunitaria.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Paola Bragantini. Ne ha facoltà.
PAOLA BRAGANTINI. Signor Presidente, oggi, come tutte le mattine, Salvatore è andato a mettere il giornale in vetrina nel circolo del Partito Democratico di Borgo Vittorio. È una sede storica in un quartiere popolare, ma non ha potuto appendere il giornale perché la vetrina era stata sfondata, presa a bastonate con violenza e sui muri ha trovato scritte No-TAV, che ormai è un simbolo di qualunque protesta. Un mese fa è stata imbrattata la sede provinciale del Partito Democratico di Torino con vernice rosso sangue, un'immagine di agghiacciante violenza.
Un'ora fa, infine, è stata vandalizzata un'altra sede, la sede di Barriera di Milano. Hanno anche buttato un fumogeno all'interno dove c'erano dei nostri dirigenti e iscritti. Chi colpisce una sede di un partito non è certo un eroe, non sta facendo nessuna rivoluzione, non mostra vicinanza al popolo, perché il popolo è anche lì dentro. È solo un vigliacco e la battaglia No-TAV è solo una scusa per mostrare quello che veramente è: un teppista. Abbiamo chiesto attenzione maggiore al prefetto e al questore. Siamo sicuri che le forze dell'ordine cercheranno di impedire accadimenti del genere in futuro. Ma una cosa è certa: il Partito Democratico non ha paura. Per quanto ci faccia soffrire vedere le nostre sedi sporche e violentate in questo modo vigliacco, noi non abbiamo paura. Domani, nonostante tutto, Salvatore andrà di nuovo a mettere il giornale in vetrina. E quei tanti cittadini che passeranno e che potranno leggere il giornale giudicheranno con i loro occhi chi ha ragione e chi ha torto. Il Partito Democratico non arretra. Le sue sedi rimarranno aperte e saranno aperte a tutti i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Giovedì 3 aprile 2014, alle 10:
1. – Seguito della discussione del disegno di legge:
Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (C. 1542-B).
— Relatori: Fiano, per la maggioranza; Matteo Bragantini, di minoranza.
2. – Seguito della discussione della proposta di legge:
BURTONE ed altri; VENDOLA ed altri; FRANCESCO SANNA ed altri; MICILLO ed altri: Modifica dell'articolo 416-ter del codice penale, in materia di scambio elettorale politico-mafioso (Approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato) (C. 204-251-328-923-B).
— Relatori: Mattiello, per la maggioranza; Chiarelli, di minoranza.
3. – Seguito della discussione del disegno di legge:
Ratifica ed esecuzione del Protocollo concernente le preoccupazioni del popolo Pag. 131irlandese relative al Trattato di Lisbona, fatto a Bruxelles il 13 giugno 2012 (C. 1619).
— Relatore: Picchi.
4. – Seguito della discussione delle mozioni Molea ed altri n. 1-00327, Lacquaniti ed altri n. 1-00388, Abrignani e Palese n. 1-00394, Schirò ed altri n. 1-00395, Allasia ed altri n. 1-00396, Prodani ed altri n. 1-00397, Benamati ed altri n. 1-00401 e Pagano ed altri n. 1-00402 concernenti iniziative a sostegno del settore del turismo.
5. – Seguito della discussione delle mozioni Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00339, Palese ed altri n. 1-00414, Piccone e Dorina Bianchi n. 1-00415, Braga ed altri n. 1-00416, Zan ed altri n. 1-00417, Gigli ed altri n. 1-00418, Segoni ed altri n. 1-00419 e Matarrese ed altri n. 1-00421 concernenti iniziative per l'esclusione dai vincoli previsti dal Patto di stabilità interno delle spese volte a finanziare interventi di contrasto al dissesto idrogeologico.
La seduta termina alle 20,15.
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | Pdl 331-927-B - voto finale | 458 | 436 | 22 | 219 | 332 | 104 | 54 | Appr. |
2 | Nom. | Ddl 1542-B - Quest. preg. n. 1,2,3 | 457 | 456 | 1 | 229 | 162 | 294 | 49 | Resp. |
3 | Nom. | Ddl 1542-B - em. 1.106 | 436 | 435 | 1 | 218 | 53 | 382 | 71 | Resp. |
4 | Nom. | em. 1.2 | 446 | 445 | 1 | 223 | 57 | 388 | 70 | Resp. |
5 | Nom. | em. 1.4 | 455 | 450 | 5 | 226 | 45 | 405 | 69 | Resp. |
6 | Nom. | em. 1.101 | 459 | 458 | 1 | 230 | 89 | 369 | 70 | Resp. |
7 | Nom. | em. 1.108 | 461 | 460 | 1 | 231 | 125 | 335 | 68 | Resp. |
8 | Nom. | em. 1.105 | 465 | 464 | 1 | 233 | 146 | 318 | 67 | Resp. |
9 | Nom. | em. 1.10 | 469 | 467 | 2 | 234 | 65 | 402 | 67 | Resp. |
10 | Nom. | em. 1.111 | 469 | 468 | 1 | 235 | 143 | 325 | 67 | Resp. |
11 | Nom. | em. 1.130 | 463 | 462 | 1 | 232 | 142 | 320 | 65 | Resp. |
12 | Nom. | em. 1.8 | 461 | 459 | 2 | 230 | 138 | 321 | 65 | Resp. |
13 | Nom. | em. 1.9 | 464 | 457 | 7 | 229 | 113 | 344 | 65 | Resp. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.
INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
14 | Nom. | em. 1.13 | 467 | 462 | 5 | 232 | 170 | 292 | 65 | Resp. |
15 | Nom. | em. 1.110 | 469 | 464 | 5 | 233 | 174 | 290 | 65 | Resp. |
16 | Nom. | em. 1.114 | 473 | 469 | 4 | 235 | 98 | 371 | 65 | Resp. |
17 | Nom. | em. 1.112 | 460 | 381 | 79 | 191 | 69 | 312 | 65 | Resp. |
18 | Nom. | em. 1.113 | 452 | 445 | 7 | 223 | 170 | 275 | 65 | Resp. |
19 | Nom. | em. 1.115 | 440 | 434 | 6 | 218 | 168 | 266 | 64 | Resp. |
20 | Nom. | em. 1.116 - I p. | 425 | 420 | 5 | 211 | 162 | 258 | 64 | Resp. |
21 | Nom. | em. 1.116 - II p. | 428 | 427 | 1 | 214 | 59 | 368 | 64 | Resp. |
22 | Nom. | em. 1.118 | 425 | 423 | 2 | 212 | 41 | 382 | 64 | Resp. |
23 | Nom. | em. 1.132 | 425 | 424 | 1 | 213 | 135 | 289 | 64 | Resp. |
24 | Nom. | em. 1.20 | 433 | 429 | 4 | 215 | 130 | 299 | 64 | Resp. |
25 | Nom. | em. 1.119 | 428 | 424 | 4 | 213 | 159 | 265 | 64 | Resp. |
26 | Nom. | em. 1.136 | 434 | 429 | 5 | 215 | 144 | 285 | 64 | Resp. |
INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 28) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
27 | Nom. | em. 1.21 | 431 | 425 | 6 | 213 | 50 | 375 | 64 | Resp. |
28 | Nom. | em. 1.104 | 433 | 356 | 77 | 179 | 56 | 300 | 64 | Resp. |