XVII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
la relazione conclusiva dei lavori della Commissione speciale sul fenomeno della contraffazione della XVI legislatura descrive che, secondo le stime di Sos Impresa-Confesercenti, contenute all'interno del XII rapporto 2010, dal titolo «Le mani della criminalità sulle imprese», il valore della contraffazione per il mercato italiano si attesterebbe intorno a una cifra pari a 6,5 miliardi di euro;
secondo Confindustria, il valore complessivo dei prodotti contraffatti in Italia ammonterebbe a 7 miliardi di euro, mentre, a livello mondiale, l'Ocse stima che il commercio costituito da tali merci riguardi l'8 per cento del totale. Secondo una ricerca pubblicata dal Censis ad aprile 2009, il commercio del falso nel nostro Paese, con il solo riferimento al mercato interno (dunque, senza considerare la quota di merci contraffatte che dall'Italia finiscono sui mercati esteri), ha prodotto, nel 2008, un fatturato di 7 miliardi e 109 milioni di euro, con una perdita per il bilancio dello Stato in termini di mancate entrate fiscali di circa 5 miliardi e 281 milioni di euro, una quota pari al 2,5 per cento del totale del gettito dello Stato;
ancora, secondo la citata ricerca del Censis, la totale sconfitta del fenomeno garantirebbe in Italia quasi 130 mila nuovi posti di lavoro. A livello sociale, infatti, i danni che le imprese subiscono a causa della contraffazione e della pirateria si riflettono anche sul numero dei posti di lavoro da esse offerti: 250.000 è la stima dei posti di lavoro persi negli ultimi 10 anni a livello mondiale, di cui 100.000 circa nella sola Unione europea;
una ricerca dell'Ocse condotta qualche anno fa ha stimato in 250 miliardi di dollari il controvalore del commercio internazionale dei soli prodotti contraffatti o piratati, mentre, secondo i dati in possesso della Banca mondiale, il volume d'affari della contraffazione si aggirerebbe intorno ai 350 miliardi di euro, pari al prodotto interno lordo di 150 dei Paesi meno ricchi;
tali dati evidenziano danni causati dalla contraffazione all'insieme delle capacità lavorative espressione di un determinato prodotto made in Italy sono incalcolabili e mettono in serio pericolo la competitività delle imprese italiane sui mercati internazionali. Il problema principale riguarderebbe, soprattutto, la minaccia proveniente dalla globalizzazione dei mercati;
la causa principale di ciò risiederebbe nella mancata omogeneità tra le norme in materia vigenti all'interno di ciascun Paese, ognuno rimanendo fedele alle proprie leggi e alle proprie tradizioni, a scapito della possibilità di trovare un metodo comune e coordinato per affrontare in sinergia una seria battaglia contro il dilagare del fenomeno;
la delocalizzazione di alcune o intere fasi del processo produttivo ha portato ad un conseguente allungamento della filiera produttiva oltre i confini nazionali, posto che segmenti sempre più consistenti di lavorazione vengono realizzati in luoghi esterni all'azienda madre, in alcuni casi a migliaia di chilometri di distanza da essa. Pertanto, lo stesso know how originario relativo alla produzione di un determinato bene oggi è condiviso da un numero sempre maggiore di individui, i quali sono in grado di realizzare merci del tutto identiche a quelle originali;
la produzione di un bene contraffatto può avvenire secondo diverse modalità: può realizzarsi all'interno degli stessi laboratori che producono per le imprese legali, sottoforma di sovrapproduzione degli ordinativi, oppure anche altrove, da parte degli stessi operai i quali hanno lavorato in passato o ancora lavorano come façonniers presso i laboratori che producono per l'impresa madre; infine, può avvenire ad opera di individui che, semplicemente, entrano in possesso di un bene e cercano di riprodurlo;
la lotta alla contraffazione per la tutela del made in Italy deve essere innanzitutto attuata a livello europeo;
infatti il Consiglio dell'Unione europea non ha mai discusso la proposta di regolamento relativa all'indicazione del Paese di origine di alcuni prodotti industriali;
il Parlamento europeo, inoltre, ha approvato in sessione plenaria: una dichiarazione nella quale si ribadiva il diritto dei consumatori europei ad un accesso immediato alle informazioni relative agli acquisti; una risoluzione sul marchio d'origine nella quale, tra l'altro, invitava la Commissione europea e il Consiglio a istituire meccanismi di vigilanza e di lotta contro la frode in campo doganale; una risoluzione nella quale si chiede che alcuni beni importati da Paesi extra Unione europea indichino chiaramente il Paese d'origine per aiutare i consumatori a compiere una scelta informata e che vengano erogate sanzioni in caso di violazione delle norme e che si utilizzi l'inglese sulle etichette ovunque nell'Unione europea; un'ulteriore risoluzione sull'indicazione del Paese di origine di taluni prodotti importati da Paesi terzi nell'Unione europea in cui si afferma che l'Unione europea deve rendere obbligatorio l'uso del marchio d'origine per tali beni importati nell'Unione europea, quali abiti, scarpe e gioielli;
si rileva che in Commissione attività produttive, commercio e turismo è in discussione una proposta di legge n. 1454, recante «Agevolazioni per l'introduzione di sistemi anticontraffazione», e nell'audizione tenuta con l'Agenzia delle dogane la stessa chiede la necessità di una riscrittura della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), nella quale è stata trasformata, in alcuni importanti casi, la fallace indicazione da illecito penale ad amministrativo e, inoltre, è stato disposto, quale solo obbligo in carico al titolare di marchio registrato che importi prodotti realizzati in Paesi terzi, quello di fornire una dichiarazione con cui si impegna ad assicurare idonea informazione sul luogo di produzione delle merci in fase di commercializzazione in un'ottica strategica di lungo periodo, spostando l'eventuale controllo ad una fase successiva, quella dell'effettiva commercializzazione, e di fatto all'intero territorio nazionale (con tutto ciò che ne consegue in termini di concreta possibilità di intervento da parte delle autorità preposte);
tale modifica, in assoluto, ha fortemente indebolito la norma in termini di deterrenza, ma ha inoltre, e soprattutto, consentito di eludere, rendendolo inefficace, il «momento doganale» quale focus dell'azione di controllo nei punti di entrata italiani nell'Unione europea (azione, per sua natura, strutturata e azionabile rispetto ad una «griglia» di poteri, procedure e luoghi entro la quale poter effettivamente intercettare i fenomeni, nonché analizzarli, in intervento normativo);
il gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle ha comunque più volte espresso in diversi atti d'indirizzo, da ultimo la risoluzione n. 6-00079, impegni al Governo per misure efficaci a tutela del made in Italy, sia a livello europeo che nazionale;
attualmente sono presenti in merito solo iniziative legislative parlamentari che hanno delle implicazioni di armonia con le norme comunitarie;
si necessita di una forte iniziativa a livello comunitario al fine di coordinare le Agenzie delle dogane europee per contrastare la contraffazione, disporre una campagna d'informazione sul made in, rafforzare la sicurezza dei prodotti di consumo ottenuti, sia all'interno che all'esterno dell'Unione europea,
impegna il Governo:
ad utilizzare, in sede di Unione europea, tutti gli strumenti idonei a far sì che venga adottato il regolamento per la denominazione di origine dei prodotti extraeuropei e l'etichettatura obbligatoria sul made in, per tutelare le imprese, i lavoratori, i consumatori e le famiglie;
ad adoperarsi in sede europea affinché venga adottata un'iniziativa normativa al fine di istituire opportuni meccanismi di vigilanza e di lotta contro la frode in campo doganale;
ad assumere iniziative volte all'adozione di campagne informative sul made in Italy presso i consumatori esteri e ad intensificare i controlli oltre frontiera, nella promozione di iniziative giudiziarie e legali, laddove ve ne siano i presupposti fattuali;
a riordinare e razionalizzare il sistema degli incentivi attualmente allocati presso gli enti per l'internazionalizzazione, con particolare attenzione al credito all’export, vero fattore competitivo su scala globale, soprattutto in questa fase di difficoltà del sistema bancario;
a promuovere modifiche alla legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), secondo le indicazioni dell'Agenzia delle dogane.
(1-00526) «Fantinati, Da Villa, Crippa, Petraroli, Della Valle, Prodani, Mucci, Vallascas, Nuti».
Risoluzione in Commissione:
La IX Commissione,
premesso che:
in data 24 ottobre 2013 è stata presentata una petizione ex articolo 50 della Costituzione a firma dei Presidenti del Movimento «Ondaverde» ONLUS (quale primo firmatario), dell'Associazione Comitato Quartiere Fiumesino, dell'Associazione Comitato Quartiere Villanova di Falconara Marittima (Ancona) indirizzata al Presidente della Camera dei deputati ed ai Presidenti delle Commissioni parlamentari VI, VIII e IX (finanze, ambiente/territorio e trasporti), avente ad oggetto il progetto infrastrutturale di RFI Spa «Collegamento Orte-Falconara con la linea Adriatica – Nodo di Falconara» ovvero la realizzazione del collegamento diretto della linea ferroviaria Orte-Falconara con la linea ferroviaria adriatica mediante la costruzione di una bretella a binario unico della lunghezza di 1,5 chilometri circa con la contestuale costruzione di una variante, sulla linea adriatica, a doppio binario della lunghezza di circa 4.4 chilometri costituente il cosiddetto bypass al sito della raffineria API di Falconara;
la petizione assunta al n. 380 ed annunciata nella seduta della Camera dei deputati del 13 novembre 2013 e quindi assegnata alla IX Commissione (trasporti) è stata presentata al fine di avviare una revisione complessiva del progetto di RFI, a causa dello sperpero di risorse pubbliche, nonché della scorrettezza progettuale e trasportistica, con contestuale richiesta di audizione, dinanzi alla Commissione assegnataria, dei firmatari della petizione;
il progetto che oggi RFI intende realizzare a Falconara, stando ai principi ed alle disposizioni di cui alla legge n. 443 del 2001 (Legge obiettivo) alla successiva Delibera CIPE n. 121 del 21 dicembre 2001 ed al piano generale per il trasporto locale approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 14 marzo 2001, era ed è soltanto parte integrante o meglio complementare del più ampio progetto di interventi prioritariamente strategici di completamento dei raddoppi ferroviari della linea Orte-Falconara e della linea adriatica;
tra gli obiettivi primari degli interventi strategici di cui sopra vi è quello di trasformare la linea adriatica (Bologna- Bari-Taranto) in una linea di collegamento diretto con Roma alternativa alla dorsale Milano-Roma. Per fare ciò si è ravvisata innanzitutto la necessità di completare i raddoppi sulla linea adriatica (portando al contempo fuori dal sito della Raffineria API il tratto ferroviario ivi insistente e con ciò mettendo in sicurezza i centri abitati in prossimità della raffineria API di Falconara, attualmente attraversati da convogli di merci pericolose quali gpl ed altre, e quindi riducendo il rischio di incidenti mediante l'arretramento del tratto della linea ferroviaria in corrispondenza della raffineria) e di completare i raddoppi della linea Orte-Falconara (prevedendo al contempo il collegamento diretto della linea adriatica con la linea per Orte mediante lo shunt di Falconara);
nonostante il raddoppio delle due linee di cui sopra fosse stato considerato prioritario, ad oggi, non risulta essere stato attuato nessun intervento in tal senso e si è proceduto, invece, a realizzare esclusivamente le opere complementari e quindi del tutto estranee ai principi ed ai dettami contenuti nella legge obiettivo;
nella petizione del 24 ottobre 2013 sono stati evidenziati i seguenti punti di criticità del progetto:
a) la priorità del progetto di raddoppio della linea ferroviaria Orte- Falconara: ferma restando l'importanza di un collegamento diretto della linea ferroviaria adriatica con l'Interporto di Jesi e quindi con Roma, per evitare il congestionamento della linea ferroviaria per Orte, è opportuno ridare priorità al progetto di raddoppio della tratta Orte-Falconara, attualmente realizzata solo al 35 per cento;
b) i costi per la realizzazione del bypass ferroviario, oltre ad essere sproporzionati rispetto alla reale utilità dell'opera (174 milioni di euro per 4,4 chilometri circa di bypass raffineria API e 1,5 chilometri circa di bretella a binario unico di collegamento diretto della linea adriatica con la linea per Orte) non sono stati adeguatamente calcolati. È dunque necessario adoperare, una rivisitazione della spesa da sostenere;
c) un fattore di incremento del costo di realizzazione dell'opera è costituito dall'insistenza della stessa su una zona a rischio idrogeologico R4: un rischio aggravatosi per effetto dell'alluvione del 2006 e del 2011 ma poi mai rivalutato in sede di valutazione di impatto ambientale ministeriale. Non solo: l'area interessata dalla realizzazione del progetto di RFI è da molto tempo a questa parte considerata come quella a maggior rischio di catastrofe della regione Marche, con annesse gravi inadeguatezze anche del reticolo idrografico minore ivi presente del tutto incapace a supportare eventi atmosferici meno che mai quelli cosiddetti eccezionali; inadeguatezze alle quali va necessariamente posto rimedio prima di caricare l'area progettuale di nuove pesanti alterazioni morfologiche;
d) ulteriore fattore di lievitazione del costo preventivato è rappresentato dalla necessità della parziale modifica del sentiero luminoso di avvicinamento degli aerei all'aeroporto delle Marche: un intervento necessario proprio in conseguenza dell'opera da realizzare immediatamente prossima e contigua all'aeroporto di Falconara-Ancona;
da documentazione recentemente assunta dalle Associazioni dei cittadini risulta che l'ENAC – direzione centrale regolazione aeroporti (prot. N. 0024946/API/DIRGEN del 16 aprile 2009) – in data 22 aprile 2009 ha provveduto ad inviare al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il proprio parere (registro ufficiale prot. 0016839-22/04/2009 ingresso). Nel documento viene evidenziata l'incompatibilità del progetto con l'operatività dell'aeroporto di Falconara, le ricadute negative sulle capacità di sviluppo dello stesso scalo aeroportuale e la predilezione per l'interramento del nuovo tratto ferroviario. Sempre nel documento vengono inoltre formulate delle prescrizioni necessarie a rendere l'opera compatibile con l'operatività aeroportuale per gli aspetti relativi alla sicurezza della navigazione aerea e la tutela del territorio dal rischio generato dall'attività di volo. Tra quest'ultime, ad esempio, viene indicata dall'Enac la necessità, nel caso si dovesse procedere con il progetto originario, di limitare il transito su ferrovia delle merci pericolose solo esclusivamente in orari di inoperatività aeroportuale in netto contrasto, dunque, con l'obiettivo già enunciato di voler incrementare il traffico merci su ferrovia e quella di limitare la velocità dei treni nel tratto limitrofo allo scalo;
il progetto di RFI viene ad essere interamente realizzato all'interno di una zona dichiarata e riconosciuta quale area ad elevato rischio di crisi ambientale (cosiddetti AERCA) nonché interferisce (seppur in parte) con il sito ex Montedison di Falconara ovvero con un'area riconosciuta quale sito inquinato di interesse nazionale stante la massiccia presenza nel sottosuolo di sostanze altamente inquinanti che rendono comunque necessaria una bonifica preventiva e rispetto alla quale non sono stati valutati né tempi né costi;
esiste un progetto alternativo del 2004, proposto dalla provincia di Ancona (e sposato anche dalla provincia di Pesaro a maggio 2010), come l'alternativa 1, che potrebbe sostituire efficacemente l'attuale progetto generando risparmi in termini economici e guadagni in termini di utilità e funzionalità;
l'alternativa 1, in dettaglio, prevede «l'inizio dell'arretramento poco a nord dell'abitato di Marina di Montemarciano, un sottopasso in galleria all'altezza dell'attraversamento dell'autostrada A14, l'affiancamento della stessa autostrada sul lato monte e, infine, con un percorso all'aperto, il raggiungimento del nuovo nodo Falconara-Chiaravalle (lunghezza 7 chilometri)»;
suddetta alternativa sarebbe in grado anche di ovviare ai rischi derivanti dall'attraversamento dei convogli merci pericolosi in prossimità dei centri abitati e della raffineria API, poiché: esclude il passaggio di suddetti convogli provenienti dalla linea romana e diretti a nord – e viceversa – nella raffineria; eviterebbe il passaggio dei convogli in prossimità dell'aeroporto, del quartiere Castelferretti (5000 abitanti circa) e del quartiere Stadio (3000 abitanti circa); consentirebbe di svolgere le delicate operazioni di scambio dei carri merci pericolose esclusivamente nella zona interportuale delle Marche;
l'alternativa progettuale proposta dalle province di Ancona e Pesaro consentirebbe inoltre di riqualificare e valorizzare il litorale e l'attuale linea ferroviaria destinandola ad un uso meramente turistico;
l'attuale progetto del cosiddetto bypass ferroviario di Falconara Marittima oltre ad essere estraneo, proprio per come previsto in realizzazione, al piano programma degli interventi infrastrutturali strategici di cui alla legge obiettivo, e oltre ad essere eccessivamente oneroso sul piano dei costi di realizzazione, non porterebbe nessun significativo vantaggio alla popolazione sicché, secondo un'analisi costi-benefici, anche in considerazione del momento di gravissima crisi economica e sociale che il Paese sta attraversando, andrebbe sostituito secondo i firmatari del presente atto con un altro progetto sulla base di un diverso decision making process e di una nuova istruttoria,
impegna il Governo
considerata l'estraneità dell'intervento rispetto alle priorità indicate nella legge obiettivo e il progressivo aumento dei costi, a valutare la fattibilità del progetto alternativo proposto dalle province di Ancona e di Pesaro, anche a valle di un supplemento di istruttoria che preveda una profonda analisi costi benefici.
(7-00404) «Dell'Orco, Agostinelli, Cristian Iannuzzi, De Lorenzis, Liuzzi, Nicola Bianchi, Spessotto».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
secondo le ultime rilevazioni della Corte dei conti presentate in questi giorni sul rendiconto dello Stato, è in atto nel nostro Paese un calo delle entrate tributarie, (0,7 per cento), dovuto alla recessione dell'economia ed alla conseguente erosione delle basi imponibili ma anche alle decisioni del Governo; la Corte dei conti ha più volte rilevato a questo proposito che il livello di prelievo tributario è eccessivo e mal distribuito (si veda rapporto 2014 sul coordinamento della finanza pubblica);
appare evidente che un sistema fiscale non proporzionato e non equo ha gravissime ricadute negative sia sulla domanda interna, che tende a diminuire, sia sull'apparato produttivo che da una parte non riesce a far fronte ad un prelievo così massiccio in un momento di crisi come questo e, dall'altra parte, entra in grave crisi per il calo della domanda;
la Banca d'Italia ha recentemente rilevato la contrazione della produzione industriale di un quarto, la perdita di un milione di posti di lavoro, quasi soltanto nell'industria, negli ultimi sette anni, il tasso di disoccupazione ad oltre il 12 per cento: il Governatore, nelle considerazioni finali all'Assemblea ordinaria dei Partecipanti del 30 maggio 2014, ha osservato: «... i costi congiunti della recessione e di politiche di bilancio restrittive sono stati elevati. Lo stato dell'economia resta fragile, in particolare nel mercato del lavoro»;
secondo il Centro Studi di Confindustria, dal 2007, dall'inizio della crisi sono stati persi quasi 2 milioni di posti di lavoro: 1 milione e 968 mila Ula (unità di lavoro equivalenti a tempo pieno); quanto al tasso di disoccupazione inizia a scendere dai massimi toccati nel primo trimestre di quest'anno, ma non cala sotto il 12,5 per cento nel 2015 (al 12,6 per cento nel 2014), e, compresa la Cassa integrazione guadagni, sarà ancora pari al 13,5 per cento alla fine del periodo;
come sottolineato dall'ultimo rapporto Istat sull'economia del Paese, il prodotto interno lordo si è contratto nuovamente (-1,9 per cento), riportando il livello dell'attività economica leggermente al di sotto di quello del 2000: nel quarto trimestre si è registrato un timido segnale di ripresa economica dopo nove trimestri consecutivi di contrazione dell'attività (+0,1 per cento su base congiunturale), tuttavia, la stima flash relativa al primo trimestre del 2014 ha evidenziato una nuova flessione;
l'effetto di questa situazione è che l'inflazione ha raggiunto il livello più basso in quasi cinque anni, ovvero dall'ottobre del 2009, e questo crea le condizioni di un gravissimo rischio di deflazione: rispetto ai dati macroeconomici, nel 2013 l'inflazione è calata nettamente, in un quadro caratterizzato dal perdurare della fase di recessione economica e di debolezza della domanda di beni di consumo; il tasso si è più che dimezzato, scendendo all'1,2 per cento dal 3 per cento del 2012 e la fase di rallentamento dell'inflazione è proseguita nel 2014;
le conseguenze della inflazione zero sono molto pericolose: più cala l'inflazione, più cresce il peso reale dei debiti pubblici e privati, per cui i prezzi che scendono aggravano le condizioni dei debitori e dunque anche dello Stato, debitore per eccellenza, sia perché si aggravano i tassi reali di interesse da pagare, sia perché il prodotto interno lordo è calcolato nominalmente e quindi incorpora l'inflazione e quindi se l'inflazione scende, scende anche il prodotto interno lordo e si aggrava il rapporto con il deficit;
come riportato in un articolo de La Repubblica del 1o luglio 2014 da Federico Fubini, sulla base delle proiezioni di crescita del Fondo monetario, con questa inflazione, il rispetto del fiscal compact diventa molto più costoso: solo per stabilizzare il debito al 135 per cento del prodotto interno lordo, l'Italia dovrebbe arrivare a un surplus di bilancio di oltre il 3 per cento prima di pagare gli interessi e ciò comporterebbe una manovra correttiva, con nuove tasse e tagli, per circa 17 miliardi sul 2015;
la dinamica, secondo l'istituto di statistica, è prevalentemente ascrivibile all'accentuarsi del calo dei prezzi degli alimentari non lavorati, oltre al calo della crescita annua degli alimentari lavorati, dei beni energetici e dei servizi legati all'abitazione;
gli ultimi dati preliminari sull'inflazione nell'area euro a giugno 2014 confermano i timori di Draghi sul rischio che l'unione monetaria stia scivolando verso un'inesorabile deflazione: oltre all'Italia, anche la Spagna ha registrato una variazione nulla dei prezzi su base annua;
la domanda interna resta «al palo», come dimostra anche il mancato funzionamento del mercato del credito: sono pessimi i dati sui nuovi prestiti erogati dalle banche al settore privato nell'Eurozona a maggio, in calo tendenziale del 2 per cento, in peggioramento dal -1,8 per cento di aprile e poco al di sopra del calo record del 2,3 per cento di fine 2013. In particolare, i prestiti alle famiglie sono diminuiti di 42,8 miliardi di euro, mentre i prestiti alle società non finanziarie (imprese) sono scesi di 7,6 miliardi;
secondo la Corte dei conti esistono nella politica fattori frenanti dell'economia e degli equilibri di bilancio, che mettono a rischio gli stessi risultati faticosamente ottenuti in seguito alle rigorose manovre di correzione dei conti pubblici ed ai ripetuti e diffusi interventi di riduzione della spesa: si rileva che «mentre la produzione industriale, come si è detto, si contrae di un quarto e perde un milione di occupati, in alcuni altri settori, che comportano ampie possibilità di investimento, e quindi di sviluppo e di crescita economica oltre che morale e civile, l'impegno finanziario dello Stato non è proporzionato alla loro importanza strategica, generalmente riconosciuta anche in ambiente governativo»;
secondo Nomisma il 2014 passerà agli annali come uno di stagnazione, mentre nel 2015, con i ritmi attuali non si andrà oltre l'1-1,5 per cento annuo, troppo poco soprattutto per le esigenze di miglioramento del mercato del lavoro, e «per un mutamento di prospettiva è essenziale un radicale cambio dell'Europa, che non si esaurisca nella concessione di un po’ più di flessibilità e tolleranza sui conti, ma che assuma come prioritario l'obiettivo del rilancio della domanda interna dell'Eurozona» –:
quali iniziative il Governo intenda porre in atto in merito ad una più equa e proporzionata politica di prelievo tributario per dare nuovo slancio all'economia del Paese, alleviare la pressione fiscale e, in particolare, favorire la necessaria ripresa della domanda interna, onde evitare, prima che sia troppo tardi, il rischio di deflazione incombente.
(2-00613) «Sorial».
Interrogazione a risposta in Commissione:
COLONNESE, FICO, CARINELLI, VIGNAROLI e NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
che ciascuno Stato membro è responsabile dell'applicazione del diritto dell'Unione europea nel suo ordinamento interno (recepimento delle direttive entro il termine stabilito, conformità e corretta applicazione delle disposizioni nazionali rispetto al diritto dell'Unione europea);
i trattati assegnano alla Commissione europea il compito di assicurare la corretta applicazione del diritto dell'Unione. Di conseguenza, se uno Stato membro manca ai suoi obblighi, la Commissione europea dispone del potere, previsto dall'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di ingiungere allo Stato membro di porre fine all'infrazione e, se questo non accade, di adire la Corte di giustizia (ricorso per inadempimento);
per inadempimento si intende la violazione da parte di uno Stato membro degli obblighi impostigli dal diritto dell'Unione. L'inadempimento può essere costituito da un'azione o da un'omissione. Si considera che il diritto dell'Unione sia stato violato dallo Stato membro, quale che sia l'amministrazione — centrale, regionale o locale — responsabile dell'inadempimento;
prima di presentare un ricorso per inadempimento alla Corte di giustizia, la Commissione europea avvia un procedimento amministrativo detto «procedimento d'infrazione», ossia un procedimento precontenzioso;
nella fase precontenziosa si tenta di indurre lo Stato membro a mettersi volontariamente in regola con il diritto dell'Unione;
la fase precontenziosa si articola in più tappe e può essere preceduta da una fase di indagine o di esame, specie quando il procedimento d'infrazione è stato avviato a seguito di una denuncia;
prima dell'apertura di una procedura di infrazione, la commissione può sollevare dubbi su profili di violazione del diritto dell'Unione attraverso il sistema EU Pilot;
il sistema EU Pilot, lanciato nel 2008 dalla comunicazione della Commissione «Un'Europa dei risultati — Applicazione del diritto comunitario» (COM (2007)502) ha inaugurato il progetto EU Pilot rappresenta un meccanismo di risoluzione dei problemi di implementazione del diritto dell'Unione europea e di scambio di informazioni tra la Commissione e gli Stati membri concepito per la fase antecedente all'apertura formale della procedura di infrazione ex articolo 258 TFUE;
EU Pilot è dunque il mezzo che ha la Commissione per comunicare con gli Stati membri su tematiche che pongono questioni riguardanti la corretta applicazione del diritto dell'Unione europea o la conformità della legislazione nazionale al diritto dell'Unione europea in una fase iniziale;
nel quadro del sistema Pilot, lo scambio di comunicazioni avviene direttamente, tramite un sistema informatico, tra la Commissione e l'amministrazione nazionale (per l'Italia, il dipartimento per le politiche europee, il quale si occupa a sua volta di coinvolgere le amministrazioni regionali o locali eventualmente interessate);
la Rappresentanza permanente italiana ha accesso al sistema e svolge una funzione di supporto, in coordinamento con il dipartimento per le politiche europee, soprattutto nella fase successiva all'eventuale chiusura negativa del caso (in effetti, la maggior parte delle procedure di infrazione aperte derivano da casi Pilot chiusi negativamente). Anche in questo caso, la Rappresentanza, vista la sua continua interazione con le istituzioni europee, svolge un'attività di sostegno alle amministrazioni nazionali interessate attraverso l'instaurazione e il mantenimento di contatti diretti con i funzionari della Commissione;
dopo che il caso EU Pilot si chiude negativamente, la Commissione attraverso una messa in mora invita lo Stato membro a comunicarle, entro un termine prefissato, le sue osservazioni sul problema di applicazione del diritto dell'Unione riscontrato;
la seconda tappa è costituita dal parere motivato, nel quale la Commissione esprime il suo punto di vista sull'infrazione e crea i presupposti per un eventuale ricorso per inadempimento, chiedendo allo Stato membro di porre fine all'infrazione entro un dato termine. Il parere motivato deve esporre in modo logico e dettagliato i motivi che hanno determinato il convincimento della Commissione europea che lo Stato membro abbia mancato agli obblighi ad esso incombenti in virtù del trattato;
con la messa in mora la direzione generale della Commissione competente in materia identifica la violazione del diritto dell'Unione che viene contestata e prevede un termine entro il quale lo Stato può comunicare le proprie osservazioni e argomentazioni di risposta alla richiesta della Commissione. Nel caso in cui non pervenga risposta oppure le informazioni trasmesse non siano valutate soddisfacenti, la Commissione adotta un parere motivato (articolo 258, paragrafo 1, TFUE), con cui constata la sussistenza della violazione e invita lo Stato a prendere tutte le misure necessarie per porre fine a tale situazione;
allorché lo Stato non si conformi al parere della Commissione, può aprirsi la fase contenziosa della procedura di infrazione, la quale si svolge dinanzi alla Corte di giustizia (articolo 258, paragrafo 2, TFUE). Nel caso in cui il giudice dell'Unione condivida la valutazione effettuata dalla Commissione, viene pronunciata una sentenza che dichiara la sussistenza dell'infrazione e a cui lo Stato è tenuto a conformarsi, adottando tutte le misure necessarie per adeguare l'ordinamento interno a quello dell'Unione (articolo 260 paragrafo 1, TFUE). Allorché l'esecuzione della sentenza non venga posta in essere, la Commissione ha la facoltà di adire nuovamente la Corte di giustizia, chiedendo l'applicazione di una sanzione pecuniaria (articolo 260; paragrafo 2, TFUE). Da notare la particolare situazione in cui la Commissione adisca la Corte a proposito di una presunta violazione da parte dello Stato dell'obbligo di comunicare alla Commissione le misure adottate in attuazione di una direttiva: in tal caso, l'articolo 260, paragrafo 3, TFUE prevede che già il primo deferimento alla Corte possa essere accompagnato dalla richiesta da parte della Commissione dell'applicazione di una sanzione finanziaria anche di portata elevata (articolo 260, paragrafo 3, TFUE);
tutti i Governi che si sono succeduti in Italia negli ultimi anni hanno rassicurato che la riduzione delle procedure d'infrazione pendenti nei confronti del nostro Paese sarebbe stato un obiettivo prioritario, ma nessun Governo è riuscito in tale intento perché l'Italia continua a collocarsi in ultima posizione fra gli Stati membri per gli adempimenti al diritto dell'Unione europea, caratterizzandosi come il Paese con il numero più alto di procedure di infrazioni;
infatti, la Commissione europea, il 28 maggio 2014, ha deciso per quanto riguarda l'Italia l'apertura di 2 nuove infrazioni per violazione del diritto dell'Unione europea: 2014/0287 – mancato recepimento della direttiva di esecuzione 2012/25/UE sulle procedure informative per lo scambio tra Stati membri di organi umani destinati ai trapianti; 2014/0289 – mancato recepimento della direttiva 2013/10/UE sull'etichettatura degli aerosol;
pertanto il numero delle procedure d'infrazione a carico del nostro Paese continua a salire anziché ridursi; invero il numero delle stesse è passato da 114 a 117, di cui 81 riguardano casi di violazione del diritto dell'Unione e 36 attengono a mancato recepimento di direttive;
quanto sopra riportato si sostanzia in una insostenibile compromissione dell'immagine dell'Italia nel mondo, oltre a costituire un allarmante aggravio di oneri finanziari a carico dell'Italia a seguito delle sentenze di condanna per inadempimento emesse dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, in particolare in materia ambientale –:
quali iniziative intenda assumere il Governo per il miglioramento della fase precontenziosa di scambio di comunicazioni, tramite il sistema informatico, tra la Commissione e il dipartimento per le politiche europee al fine di evitare che i casi EU Pilot possano chiudersi negativamente con l'apertura ufficiale delle procedure di infrazione a carico dell'Italia;
come intenda il Governo garantire, nella fase successiva all'eventuale chiusura negativa dei casi EU Pilot, un più efficace ruolo della Rappresentanza permanente italiana di supporto in coordinamento con il dipartimento per le politiche europee e di sostegno alle amministrazioni nazionali interessate attraverso l'instaurazione e il mantenimento di contatti diretti con i funzionari della Commissione al fine di prevenire l'apertura ufficiale di infrazioni a carico dell'Italia;
come intenda risolvere il Governo e dunque chiudere le numerosissime procedure di infrazione, oramai 117 di cui 81 riguardanti casi di violazione del diritto dell'Unione e 36 attinenti a mancato recepimento di direttive, che fanno dell'Italia il Paese membro con il più alto numero di casi di infrazione nell'ambito dell'Unione europea;
in che maniera il Governo intenda, concretamente, perseguire l'obiettivo su esposto e come sarà conseguita realmente la finalità di evitare di continuare a pagare le onerose sentenze di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea per inadempimento e di ridurre il rischio di ulteriori condanne della stessa Corte di giustizia a seguito delle molteplici procedure di infrazioni pendenti a carico dell'Italia. (5-03162)
Interrogazioni a risposta scritta:
DI VITA, BARONI, CECCONI, GRILLO, DALL'OSSO, MANTERO, LOREFICE e SILVIA GIORDANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
in data 25 giugno 2014 è stata depositata, a prima firma dell'interrogante, l'interpellanza urgente n. 2/00590 rivolta al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, avente ad oggetto la richiesta di chiarimenti relativamente all'iter di adozione del nuovo modello ISEE (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013). L'occasione è stata utile anche per porre ancora una volta un forte accento sulla prerogativa parlamentare di dover arginare alcuni effetti scaturenti da tale provvedimento, in particolare attraverso una modifica dell'articolo 5 del decreto-legge «Salva Italia», norma duramente osteggiata sin da subito da tutto il mondo della disabilità, con la quale il Governo ha deciso di considerare nel calcolo della ricchezza delle persone con disabilità anche le provvidenze assistenziali e le indennità costituzionalmente garantite;
sintetizzandone la risposta, il Sottosegretario ha ammesso che sarebbero «diversi gli elementi che al momento, inducono a ritenere, in sede tecnica, auspicabile un rinvio dell'entrata in vigore delle nuove regole, atteso l'effetto “tagliola” immaginato dal regolamento, per cui, a far data dai 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto di approvazione dei nuovi modelli DSU e delle relative istruzioni di compilazione, può essere rilasciato solo il nuovo ISEE» aggiungendo inoltre che «su questo specifico aspetto il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha anche ritenuto opportuno condividere la decisione finale con il Presidente del Consiglio dei ministri, a cui ha inviato una nota lo scorso 30 maggio»;
con riferimento invece alla diversa richiesta di divulgazione delle simulazioni del nuovo ISEE, riferita a questa interrogante dal Viceministro pro tempore Cecilia Guerra in sede di Commissione affari sociali, il Sottosegretario Biondelli ha precisato che: «le informazioni richiamate in quella sede vanno correttamente ricondotte ad un approfondimento tecnico-scientifico realizzato direttamente dalla struttura tecnica di supporto al Viceministro pro tempore nell'ambito dei lavori preparatori del nuovo indicatore, lavoro che avrebbe dovuto essere diversamente finalizzato nell'ottica della divulgazione dei risultati. Poiché tale iniziativa era ancora in via di definizione al momento del cambio di Governo, si sta valutando la possibilità di reperire le risorse umane e finanziarie per riprendere il buon lavoro avviato»;
con riferimento poi all'ulteriore quesito, relativo alla possibilità di effettuare controlli ministeriali – si chiarisce in questa sede, anche preventivi – diretti alla verifica dell'adeguamento alle nuove norme da parte degli enti erogatori, il Sottosegretario si è invece limitata a richiamare l'articolo 12, comma 6, del regolamento, facendo riferimento esclusivamente alla possibilità prevista dalla legge di attivazione dei controlli da parte del Comitato consultivo sulla base dei dati emergenti in seguito ai primi esiti applicativi del nuovo Isee, non fornendo però così, a parere dell'interrogante, una risposta del tutto completa ed esauriente;
segnala infine il Sottosegretario Biondelli: «il regolamento non ha previsto tempi compatibili per testare preventivamente i sistemi informativi, la cui struttura è stata profondamente rinnovata per assicurare la gestione del nuovo sistema (molte informazioni, infatti, non verranno più richieste al cittadino, ma direttamente rilevate nell'anagrafe tributaria e negli archivi dell'INPS) –:
se il Governo possa già indicare con esattezza o, in caso contrario, anche approssimativamente, quando potranno essere disponibili le nuove simulazioni applicative citate in premessa e come queste verranno divulgate;
se e come si intenda vigilare sugli enti erogatori al fine di controllare che gli stessi si siano adeguati correttamente già nella fase preparatoria, ovvero prima ancora che il nuovo modello ISEE venga applicato;
se si possa divulgare la decisione medio tempore eventualmente presa dal Presidente del Consiglio dei ministri sulla base della nota inviata dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali il 30 maggio e con quali tempistiche quindi, in definitiva, si preveda che il nuovo Isee possa essere definitivamente adottato;
se si intenda illustrare dettagliatamente quali sono le difficoltà tecniche incontrate relativamente all'implementazione del nuovo sistema informativo e quali opportune attività si intendano porre in essere per farvi fronte;
dato l'attuale quadro applicativo estremamente frammentato, se si possa chiarire definitivamente a tutti i soggetti coinvolti quale sia, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, il grado di autonomia di cui godono le regioni e i comuni nell'applicazione del nuovo modello Isee;
se si intendano chiarire le ragioni per cui in circa sei mesi di tempo, ovvero a far data dalla stessa approvazione del nuovo Isee, non sia stata fornita pubblicamente alcuna informazione a mezzo stampa e se il Governo abbia intenzione di rimediare a tale mancanza ottemperando d'ora in poi virtuosamente in tal senso. (4-05392)
REALACCI, COVELLO e OLIVERIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
si intende integralmente richiamata la interrogazione a risposta scritta del 16 aprile 2014 (n. 4-04525), indirizzata al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, relativa all'intervento ANAS SPA «SS 106 Jonica con la SS 534 (chilometri 365 +150) a Roseto Capo Spulico (chilometri 400 + 000) Megalotto 3»;
il quadro preoccupante che nel sopraddetto atto veniva evidenziato, ovvero di un rischio di dissesto ambientale per l'Alto Jonio cosentino a causa del predetto intervento infrastrutturale, è stato confermato dalla nota della Commissione tecnica per la valutazione ambientale, costituita presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'11 aprile 2014 (CTVA 2014-0001290), secondo cui: «è emersa la necessità di richiedere al Proponente (l'ANAS, ndr) chiarimenti e documentazioni integrative, premettendo che non sono emerse motivazioni e argomentazioni tecniche e ambientali che giustificano in maniera esaustiva lo scostamento del Progetto Definitivo in variante dal progetto preliminare approvato con delibera CIPE 103/2007»;
il raffronto tra Progetto preliminare, assentito da tutto il territorio, e le modifiche del progetto definitivo, da ultimo variato in sede di integrazioni dall'ANAS, è così sintetizzabile:
nel progetto preliminare i viadotti erano sette per una lunghezza totale di 2545 metri ed un'altezza media di circa 26 metri. I tratti in superficie erano solo in corrispondenza dei due svincoli, Albidona e Amendolara, per una lunghezza complessiva di 2296 metri. Si ipotizzavano tre gallerie artificiali (lunghezza complessiva 1175 metri) e sei gallerie naturali per una lunghezza di 5644 metri;
nel progetto definitivo i viadotti sono diventati nove per una lunghezza totale di 3975 metri e un'altezza media di circa 60 metri. È previsto solo uno svincolo (Amendolara soppresso) e i tratti in superficie sono su tutti i pianori per una lunghezza complessiva di 3575 metri. Le gallerie artificiali sono diventate nove, per una lunghezza complessiva di 1175 metri, e non è più prevista alcuna galleria naturale;
in sintesi, possono essere rappresentati alcuni probabili motivi di illegittimità dell'intera procedura seguita:
a) per effetto delle sopra citate varianti sostanziali, si tratta di un nuovo progetto e pertanto, sarebbero da rifare anche le procedure di gara;
b) sono state disattese le prescrizioni ambientali sulla VIA preliminare: il progetto definitivo esprime chiaramente di averle totalmente disattese, stravolgendo il progetto preliminare che aveva orientato la Commissione VIA ad emettere quelle prescrizioni;
il progetto preliminare, in particolare, prevedeva un tracciato, scelto tra le varie alternative, con gallerie in corrispondenza dei pianori terrazzati protetti da vincolo paesaggistico e viadotti con pile di altezza accettabile in corrispondenza delle fiumare;
il progetto definitivo ha infatti «alzato la livelletta» di circa 40 metri nella zona collinare, eliminando 12 chilometri di gallerie e portando le opere in superficie (trincee, qualche galleria artificiale, viadotti alti con punte di 84 metri fuori terra);
elemento centrale della vicenda, è rappresentato dalla parte finanziaria del progetto, il cui costo, a prezzi 2004, ammontava a 1.235 milioni di euro. Il reperimento di tali risorse veniva indicato nelle delibere Cipe (del 2007 e del 2008) con quattro distinte fonti finanziarie: due contributi diretti dello Stato (per 698,4 milioni di euro, circa la metà del valore complessivo), la quota di 265 milioni di euro assegnata alla Regione Calabria dai fondi ex-Fintecna con la legge finanziaria del 2007, la quota di 271,35 milioni di euro assegnata alla regione Calabria dal quadro strategico nazionale delle infrastrutture (Pon 2007-2013) cofinanziato dall'Unione europea;
fra il progetto preliminare – redatto nel 2004 e approvato nel 2007 – e il progetto definitivo – presentato all'approvazione nel 2014 – mancano i fondi assegnati alla regione Calabria e quindi resta solo il contributo statale corrispondente alla metà delle risorse necessarie;
ecco spiegato il motivo per cui nel progetto definitivo si è operata la scelta di abbandonare 12 chilometri di gallerie profonde (opere più costose), portando la strada in superficie. Così si prevede di tagliare le colline (terrazze protette da vincolo paesaggistico per l'unicità dei panorami e della configurazione naturale) con trincee a cielo aperto e qualche piccolo tratto di galleria artificiale (nonché di alzare i viadotti sui numerosi torrenti portandone le pile fuori terra fino a 84 metri, anche se poi ridotti in fase di integrazione alla nota della Commissione VIA. Per penuria di fondi l'Anas ha scelto di abbandonare le opere più costose (gallerie) e di mantenere lo stesso tracciato ma in superficie;
secondo quanto trapela, nella conferenza dei servizi, tenutasi lo scorso 2 luglio, si sarebbe evidenziato uno sconcertante quadro: da un lato, permangono le forti perplessità degli organi tecnici dei Ministeri competenti; dall'altro, la società committente (ANAS), spinge per la definizione della procedura, ammonendo i comuni sulla sicura perdita delle risorse stanziate se entro luglio non si dovesse assentire al progetto definitivo (modificato), recentemente presentato; i comuni interessati sono perciò divisi tra quelli il cui territorio è seriamente compromesso dalle opere infrastrutturali, e quelli, non particolarmente colpiti da esse, allettati dai benefici rivenienti dalle opere compensative;
le popolazioni locali sono state, sin dall'inizio della vicenda, favorevoli alla realizzazione della infrastruttura sia per evidenti ragioni legate alla sicurezza stradale che per la consapevolezza delle ricadute positive in termini occupazionali;
le istituzioni pubbliche locali e nazionali, insieme alle comunità territoriali, avevano dato prova di encomiabile sforzo unitario, convergendo sulla composizione di interessi realizzata dal progetto preliminare originario;
le comunità territoriali vantano, pertanto, una aspettativa di reintegrazione sia delle risorse finanziarie sottratte nel corso del tempo, sia, ancor più, di un corretto comportamento da parte delle istituzioni pubbliche dello Stato centrale, in termini di mantenimento delle promesse fatte –:
quali iniziative il Presidente del Consiglio intenda intraprendere per il ripristino della situazione, sia in termini finanziari sia in termini di corretto rapporto Stato-cittadini, riaffermando il bilanciamento tra le logiche dello sviluppo economico e gli interessi alla tutela dell'ambiente;
quali iniziative, i Ministri interrogati, intendano adottare per garantire le popolazioni interessate il corretto utilizzo delle risorse stanziate, facendosi parte attiva, in tempi brevi, per una soluzione di riequilibrio del progetto a favore un inserimento ambientale migliore, nel rispetto delle osservazioni più volte rese dai propri stessi organi tecnici. (4-05402)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta in Commissione:
PILI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il Governo avrebbe in animo con la proposizione di apposite iniziative normative di cancellare di fatto le bonifiche nelle aree militari, salvando i poligoni e dando l'avvio ad una procedura arbitraria e anomala per lo smaltimento delle scorie militari;
si tratterebbe di un vero e proprio colpo mortale allo stato di diritto;
l'obiettivo reiterato di dare ampia delega al ministro della Difesa affinché possa determinare regole anche per lo smaltimento delle scorie militari appare un vero e proprio affronto alle stesse inchieste giudiziarie che riguardano gran parte dei poligoni sardi;
si tratterebbe di un vero e proprio combinato disposto che farebbe piombare la Sardegna dentro un catenaccio di norme ad uso e consumo della difesa ma soprattutto dei produttori di armi che nell'isola esercitano il loro principale business;
sarebbe in atto un chiaro ed evidente accordo tra i vertici dello Stato, primi fra tutti il Presidente del Consiglio dei ministri teso a promuovere tutta una serie di norme che di fatto metterebbero nelle mani del Ministero della difesa sia il controllo che lo smaltimento delle scorie militari;
tutto questo si aggiunge all'ennesimo tentativo che sarebbe in atto di proporre una classificazione delle aree militari come zone industriali elevando notevolmente i tenori di inquinamento ammissibili in base ai quali fare le bonifiche;
si tratterebbe secondo l'interrogante di un vero e proprio colpo di spugna di Stato alle stesse inchieste giudiziarie in corso;
lo Stato, dopo aver abbondantemente inquinato, si farebbe artefice di declassare il danno, per non ripagarlo e non ripristinare l'ambiente;
ogni azione tesa a questa compromissione del diritto ambientale deve essere cancellata per evitare di militarizzare il diritto ambientale in Sardegna;
va respinto in tutti i modi il tentativo dello Stato di venir meno ai propri obblighi in relazione alla bonifica delle aree militari;
le regole di smaltimento e di bonifica delle aree militari devono rispettare senza deroghe il codice ambientale;
occorrono norme in grado preservare la Sardegna e proteggerla da questo tipo di soprusi;
è di una gravità inaudita che tali ipotesi di radicale modifica delle norme ambientali sulle aree militari siano state avanzate ancor prima della fantomatica conferenza nazionale sulle servitù militari;
è la dimostrazione che si è trattato di una farsa istituzionale che ha sancito non solo l'inutilità della conferenza ma anche e soprattutto che la partecipazione del presidente della regione era pari a quella di una suppellettile –:
se non ritenga il Governo di dover confermare la piena applicazione delle norme di diritto ambientale nelle aree militari;
se non ritenga di procedere alla segnalazione di tutte quelle situazioni di distruzione ambientale delle zone interessate dai poligoni militari della Sardegna;
sulla base di quale fondamento si intenda intervenire in relazione alle aree militari della Sardegna e quale sia la genesi di tali iniziative. (5-03166)
Interrogazioni a risposta scritta:
DE LORENZIS, CRISTIAN IANNUZZI e NICOLA BIANCHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
la direttiva 2007/2/CE del 14 marzo 2007 (cosiddetta «direttiva Inspire») ha istituito un'infrastruttura per l'informazione territoriale nell'ambito dell'Unione europea denominata Inspire al fine di migliorare la qualità, l'organizzazione, l'accessibilità e la condivisione delle informazioni territoriali, in modo da assistere le autorità preposte a una più puntuale definizione delle politiche e delle attività che possono avere un impatto diretto o indiretto sull'ambiente e da consentire ai cittadini interessati di accedere alle informazioni territoriali e ai relativi servizi;
l'articolo 11 della direttiva Inspire ha previsto che gli Stati membri, entro il mese di novembre 2011, avrebbero dovuto istituire e gestire una rete per la prestazione di una serie di servizi per i set di dati territoriali e i servizi ad essi relativi tra i quali i servizi di ricerca che secondo quanto previsto dalla lettera a) del primo comma del citato articolo consentono «[...] di cercare i set di dati territoriali e i servizi ad essi relativi in base al contenuto dei metadati corrispondenti e di visualizzare il contenuto dei metadati»;
i suddetti servizi, secondo quanto previsto dalla disposizioni attuative della direttiva Inspire, devono essere inseriti in un registro apposito in modo tale che possano essere interrogati e resi disponibili attraverso il portale europeo di Inspire accessibile al sito web www.inspire-geoportal.ec.europa.eu;
la direttiva Inspire è stata recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 32, che, all'articolo 3, comma 2, designa il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare quale autorità nazionale competente nell'implementazione di quanto previsto dalla direttiva Inspire e dal relativo decreto di recepimento, mentre all'articolo 5, comma 1, prevede che il repertorio nazionale dei dati territoriali previsto dall'articolo 59 del codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 2005 e successive modificazioni) costituisce il catalogo nazionale dei metadati relativi ai set di dati territoriali e ai servizi ad essi relativi;
nel quadro descritto risulta all'interrogante, anche sulla base di quanto emerso da una campagna sul tema condotta online dalla comunità geomatica italiana (http://aborruso.github.io/it4insp/) che ad oggi, e quindi a quasi 3 anni dalla scadenza del termine previsto dalla direttiva Inspire, l'Italia e il Ministero competente non abbiano ancora implementato e integrato nel portale europeo i richiamati servizi tanto che l'Italia risulta tra i quattro Paesi europei che ancora non rendono disponibili tali servizi disponibili sul portale europeo;
tale operazione, oltre che essere richiesta dalla disciplina europea, da un lato produrrebbe degli effetti virtuosi in quanto tesa a dare visibilità alle informazioni territoriali esistenti in Italia incentivando la realizzazione di servizi innovativi da parte di pubbliche amministrazioni e soggetti privati e, dall'altro risulterebbe estremamente semplice, considerando che il nostro Paese ha da anni implementato un catalogo di metadati (RNDT — repertorio nazionale dei dati territoriali) così come previsto dal codice dell'amministrazione digitale –:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato al fine di ottemperare all'obbligo di implementazione e integrazione nel portale europeo dei servizi descritti in premessa come richiesto dalla direttiva Inspire e dal relativo decreto di recepimento della stessa. (4-05391)
COSTANTINO, ZARATTI e PELLEGRINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
sono concluse nella giornata del 2 luglio 2014 le operazioni di trasbordo di 78 container (contenenti 569 tonnellate di sostanze chimiche: iprite e precursori del sarin) presso il porto di Gioia Tauro, sostanze identificate di «priorità 1», ovvero le più pericolose;
il trasbordo è avvenuto in 12 ore, meno del tempo previsto;
lo smaltimento dell'arsenale chimico siriano era stato deciso in seguito all'uso di sostanze letali nel sobborgo di Ghouta, in Siria, nell'agosto 2013, che aveva ucciso più di 1400 persone;
l'operazione di smaltimento e distruzione ha visto coinvolti, oltre all'Italia, anche Usa, Russia, Finlandia, Norvegia, Gran Bretagna, Cina, Danimarca e Germania, in una missione congiunta Onu-Opac, attraverso personale, navi e mezzi di terra;
il trasbordo presso il porto di Gioia Tauro, è avvenuto dalla Ark Futura, il cargo nel quale sono arrivati i container alla nave statunitense Mv Cape Ray, un cargo molto vecchio, fabbricato nel 1977;
non è chiaro se il metodo che si utilizzerà per distruggere le sostanze nocive in mare aperto avverrà per combustione, come di solito avviene, essendo un metodo più sicuro, oppure, come pare che sia, avverrà tramite idrolisi, metodo solitamente usato in porto, a nave attraccata;
i vigili del fuoco, raggiunta la Ark Futura presso il porto calabrese, hanno constatato che vi erano già «una serie di scorie già trattate e imballate, dunque già pronte per la Germania» (senza passare per il mare di Creta, dove dovrebbe avvenire la distruzione delle sostanze), come da articolo di Silvio Messinetti per il Manifesto del 3 luglio 2014;
alcuni manifestanti della Piana di Gioia Tauro, in particolar modo del quartiere Fiume, dove ricadono gli impianti del Porto, compreso il termovalorizzatore, anche allertati dalle prime voci su nuovi carichi di veleni rifiutati dell'Albania, hanno chiesto spiegazioni e rassicurazioni al Ministro interrogato, presente durante le operazioni di trasbordo;
il Ministro interrogato ha spiegato «su questa area abbiamo già avviato con l'Arpa un programma finanziato con fondi europei, nei fondi di coesione, di monitoraggio di alcune zone sulle quali è stata segnalata la presenza di rifiuti pericolosi» (Simone Messinetti, il Manifesto, 3 luglio 2014);
il Ministro interrogato ha dichiarato che non si è trattato solo di un'operazione tecnica, ma di una operazione volta a riaffermare la pace nel mondo –:
come il Ministro interrogato intenda rassicurare la cittadinanza riguardo all'ipotesi indicata in premessa, che parte delle scorie fossero già state trattate e imballate;
come intenda verificare, per quanto di competenza, che sia svolta una vera azione di monitoraggio in un contesto come quello della Calabria, in cui fondi e progetti europei non hanno quasi mai garantito la sicurezza e la salute dei cittadini. (4-05393)
MICILLO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, TERZONI, SEGONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il lungomare che si estende in provincia di Napoli tra il comune di Pozzuoli e quello di Giugliano in Campania, comprendente le zone di Cuma, Licola e Marina di Varcaturo si trova attualmente in una situazione di preoccupante inquinamento; l'acqua infatti è tendente al colore marrone, maleodorante e chiaramente insalubre come risulta da numerosi articoli di stampa, anche online, tra cui (http://www.teleclubitalia.it);
questo stato di inquinamento percepito rende quel tratto di costa difficilmente fruibile da parte dei cittadini napoletani e in generale da parte di tutti i potenziali turisti provenienti dall'intera Campania e dalle altre regioni d'Italia;
uno dei principali fattori che rendono problematica la fruizione di quel determinato tratto di costa sembra essere il malfunzionamento dei depuratori di Cuma e di quelli che si immettono direttamente sui Regi Lagni i quali a loro volta confluiscono in mare, che fino a tempi recentissimi rientravano in un sito di bonifica e di interesse nazionale –:
quali iniziative urgenti intenda mettere in campo il Governo, nei limiti di competenza, all'attuale situazione in cui si trova il lungomare tra Pozzuoli e Giugliano in Campania, anche al fine di individuare la causa del cattivo odore delle acque e del colore marrone delle stesse;
se i Ministri interrogati intendano promuovere, anche per il tramite dell'istituto superiore di sanità, un'approfondita indagine, anche epidemiologica, finalizzata a valutare e qualificare gli effetti dell'inquinamento delle acque di quel tratto di costa e quali effetti vi siano sulla salute dei cittadini;
se il Governo non ritenga opportuno dotare di mezzi ad hoc gli organi di Polizia interessati al controllo di quel tratto di costa, anche per prevenire episodi di inquinamento ambientale;
se, nell'ambito della pregressa gestione degli interventi per la bonifica del sito di interesse nazionale in questione, il Governo disponga di elementi in merito a:
a) analisi delle acque, utili al fine di rendersi conto dello stato di salubrità delle stesse ed in caso affermativo di quali risultati sia in possesso;
b) controllo sui depuratori presenti sulla zona ed in particolare quelli che si immettono sui Regi Lagni e di Cuma. (4-05395)
CRIMÌ. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
in Italia, secondo dati Atasole di giugno 2014, dal 2008 al 2014 sono stati realizzati 550.772 impianti fotovoltaici per una potenza cumulata di 17.716 megawatt. Degli impianti citati 12.261 sono superiori a 200 kilowatt, sviluppando una potenza complessiva di 11.090 megawatt. Entro questi impianti solo 1.133 sono di potenza superiore a 1 megawatt e producono 3.708 megawatt;
i quasi 18 mila megawatt di installazioni fotovoltaiche, nel 2013 hanno consentito di coprire l'8 per cento della produzione elettrica nazionale su base annuale registrando un + 23 per cento rispetto al 2012 di produzione elettrica fotovoltaica, indice di un settore in crescita che contribuisce alla ricchezza in termini di PIL e occupazione, tracciando la via per un futuro sostenibile ed energeticamente indipendente;
in passato il Governo italiano ha introdotto tariffe incentivanti per la produzione di energia elettrica derivante da fotovoltaico. I contributi venivano elargiti in relazione alla potenza nominale e alla tipologia d'impianto fotovoltaico installato per un periodo di vent'anni;
recentemente sono stati invece previsti interventi negativi e penalizzanti sugli impianti di produzione di energia rinnovabile;
la gestione nazionale del fotovoltaico ed energetico in generale ha evidenziato l'incapacità di programmazione e sviluppo del settore, senza alcun riscontro del beneficio sulle importazioni di energia elettrica e di combustibili fossili dall'estero;
la carenza di programmazione viene appesantita dall'incertezza e dalla variabilità del quadro normativo creando sfiducia, allontanando ed ostacolando l'investimento di capitali esteri in Italia –:
quali iniziative intenda intraprendere il Ministro:
per non penalizzare dal punto di vista fiscale gli impianti di produzione di energia rinnovabile, in particolare non assoggettandoli alle imposte comunali sugli immobili;
per predisporre un Piano nazionale che disciplini dal punto di vista urbanistico, paesaggistico, ambientale, tecnico, regolamentario e finanziario tali infrastrutture, che a tutti gli effetti hanno una funzione di interesse pubblico, definendone i benefici e le prospettive anche in termini di minor dipendenza dalle importazioni di energia elettrica e di combustibili fossili destinati alla produzione di energia elettrica. (4-05408)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazione a risposta scritta:
ALBINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la sempre più stringente crisi economica e la conseguente spending review cui sono costretti i Governi europei colpisce ancor più settori «deboli» come la cultura e i servizi culturali;
i tagli sempre più corposi alla cultura rendono ogni giorno più difficile gestire il patrimonio culturale nel nostro Paese e, una delle conseguenze, ad esempio, è la decimazione dei contratti temporanei del personale impiegato in musei e biblioteche, riducendo così a poche ore l'accesso al pubblico;
le drastiche riduzioni delle spese per nuovi investimenti in materiale renderanno rapidamente obsolete le offerte di libri, DVD, riviste, e altro con la conseguente disaffezione degli utenti, già attratti dal facile accesso via internet ad un'enorme varietà di documenti;
nemmeno biblioteche come la Biblioteca nazionale centrale di Firenze, la cui ricchezza di materiali e l'altissimo numero di utenti, sono al riparo dei tagli che si sono abbattuti sugli altri istituti;
la Biblioteca nazionale centrale di Firenze ha origine nel 1714 dalla biblioteca privata di Antonio Magliabechi, costituita da circa 30.000 volumi, aperta per la prima volta al pubblico nel 1747 con il nome di Magliabechiana; la Biblioteca venne unificata nel 1861 con la grande Biblioteca Palatina ed assunse il nome di Biblioteca nazionale e dal 1885 l'appellativo di centrale. Dal 1870 riceve per diritto di stampa una copia di tutto quello che viene pubblicato in Italia;
la Biblioteca ha oggi sede in edificio opera dell'architetto Vincenzo Mazzei, uno dei rari esempi di edilizia bibliotecaria, che fa parte dell'area monumentale del complesso di Santa Croce;
la Biblioteca nazionale centrale di Firenze sede pilota nella creazione del servizio bibliotecario nazionale (SBN) che ha come obiettivo l'automazione dei servizi bibliotecari e la costruzione di un indice nazionale delle raccolte librarie possedute dalle biblioteche italiane;
la Biblioteca, che dispone di un patrimonio di 6.000.000 volumi a stampa, 120.000 testate di periodici di cui 15.000 in corso, 4.000 incunaboli, 25.000 manoscritti, 29.000 edizioni del XVI secolo e oltre 1.000.000 di autografi, è una delle più importanti biblioteche italiane, nonché l'unica che possa documentare nella sua interezza lo svolgersi della vita culturale della Nazione;
anche per la Biblioteca nazionale di Firenze i servizi sono seriamente messi a rischio per mancanza di risorse economiche, di personale e di spazi adeguati –:
cosa intenda fare il Governo per garantire una revisione dei tagli di spese a questo settore e la tutela del patrimonio culturale ed artistico del nostro Paese;
se il Governo non intenda contribuire, d'intesa con il comune di Firenze, il Demanio e la proprietà dell'immobile, la società Fintecna, a rendere concreta l'ipotesi di utilizzare una parte già individuata della Manifattura Tabacchi per creare la grande Emeroteca Nazionale, che raccoglierebbe le raccolte di giornali e riviste della Biblioteca nazionale di Firenze più quelle che la Presidenza del Consiglio vorrebbe destinare, risolvendo così, almeno in parte una delle conseguenze dei tagli di spesa alla cultura di cui è vittima anche la Biblioteca nazionale. (4-05397)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta in Commissione:
DE MENECH. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 1 della legge 18 febbraio 1992, n. 162, recante «Provvedimenti per i volontari del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico e per l'agevolazione delle relative operazioni di soccorso», al comma 1 dispone che i volontari del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico (C.N.S.A.S.) del Club alpino italiano (CAI) hanno diritto ad astenersi dal lavoro nei giorni in cui svolgono le operazioni di soccorso alpino e speleologico o le relative esercitazioni, nonché nel giorno successivo ad operazioni di soccorso che si siano protratte per più di otto ore, ovvero oltre le ore 24, prevedendo, al comma 3 che i volontari che siano lavoratori autonomi hanno diritto a percepire una indennità per il mancato reddito relativo ai giorni in cui si sono astenuti dal lavoro ai sensi del comma 1, istituendo presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale un fondo di accantonamento, per la corresponsione ai lavoratori autonomi della predetta indennità;
il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 24 marzo 1994, n. 379, concernente il regolamento recante norme sui volontari del soccorso alpino e speleologico, all'articolo 3 definisce le procedure affinché i volontari del Corpo che siano lavoratori autonomi possano beneficiare dell'erogazione di tale indennità, rinviando annualmente ad un decreto ministeriale l'ammontare dell'indennità (da ultimo, per il 2014, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 30 maggio 2014);
tali indennità sono assoggettate alla ritenuta di acconto del 20 per cento e dal 1994 a tale indennità è stato sempre detratto l'importo di euro 2,00 a titolo di imposta di bollo;
alcuni uffici territoriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali hanno manifestato dubbi in merito all'importo dell'imposta di bollo da applicare alle istanze presentate dai volontari del Corpo e, pertanto, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha proposto interpello all'Agenzia delle entrate al fine di conoscere se su dette istanze debba essere applicata l'imposta di bollo e in quale misura (interpello 954-83/2014 presentato il 17 febbraio 2014);
a tale interpello in data 13 giugno 2014 l'Agenzia delle entrate (direzione centrale normativa, settore imposte indirette, ufficio registro e altri tributi indiretti) comunicava al Ministero del lavoro e delle politiche sociali che l'articolo 3 della tariffa, parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, prevede che è dovuta l'imposta di bollo, fin dall'origine, nella misura di euro 16,00 per le «istanze, petizioni, ricorsi e relative memorie dirette agli uffici e agli organi (...) dell'amministrazione dello Stato (...) tendenti ad ottenere l'emanazione di un provvedimento amministrativo o il rilascio di certificati, estratti, copie e simili» e che pertanto «a parere della scrivente (Agenzia delle entrate) nell'ambito applicativo della tariffa, parte prima, devono essere ricondotte anche le istanze presentate dai volontari del C.N.S.A.S. per l'ottenimento delle predette indennità, che pertanto devono essere assoggettate all'imposta di bollo, fin dall'origine, nella misura di 16,00 euro per foglio», specificando che l'imposta di bollo nella misura di 2,00 euro prevista dall'articolo 13, commi 1 e 2, della citata tariffa è riservata a documenti diversi dalle istanze, quali le fatture, note, conti e simili e altri documenti recanti addebitamenti e accreditamenti. Conseguentemente, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in data 26 giugno 2014, ha comunicato alle direzioni territoriali che, a parziale rettifica delle note della direzione generale per le politiche attive e passive del lavoro prot. n. 4368 dell'8 febbraio 2012 e prot. 44056 del 20 dicembre 2913, non si dovrà più applicare il bollo di 2,00 euro, ma bensì quello di 16,00 euro ai fini dell'accoglimento di ciascuna istanza;
l'assoggettamento a tale regime di tassazione, peraltro, sembrerebbe ledere i principi sanciti dall'articolo 3 della Costituzione, in quanto per i soccorritori che sono lavoratori dipendenti la legge n. 162 del 1992 e il regolamento attuativo n. 379 del 1994 prevedono che ad essi compete l'intero trattamento economico e previdenziale relativo ai giorni in cui si sono astenuti dal lavoro per le attività di soccorso e la retribuzione è corrisposta direttamente dal datore di lavoro, il quale ha facoltà di chiederne il rimborso all'istituto di previdenza cui il lavoratore è iscritto, mentre i lavoratori autonomi hanno diritto a percepire una indennità per il mancato reddito relativo ai giorni in cui si sono astenuti dal lavoro a valere sulle risorse di un apposito fondo istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale sulla quale viene applicata l'imposta di bollo da 16,00 euro;
la legge 26 gennaio 1963, n. 91, all'articolo 2, comma 1, lettera g), stabilisce che il Club alpino italiano provvede, a favore sia dei propri soci sia di altri, nell'ambito delle facoltà previste dallo statuto, e con le modalità ivi stabilite, all'organizzazione di idonee iniziative tecniche per la vigilanza e la prevenzione degli infortuni nell'esercizio delle attività alpinistiche, escursionistiche e speleologiche, per il soccorso degli infortunati o dei pericolanti e per il recupero dei caduti;
il successivo articolo 7 dispone che agli effetti di qualsiasi imposta, tassa o diritto, escluse le tasse postali, telegrafiche e telefoniche, il Club alpino italiano e le sue sezioni sono equiparati alle amministrazioni dello Stato e che l'equiparazione alle amministrazioni dello Stato non comporta l'esonero dal pagamento delle imposte dirette, né si estende al trattamento tributario del personale dipendente;
il Club alpino italiano (C.A.I.) è un ente pubblico non economico e il Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico (C.N.S.A.S.) è una sezione nazionale del C.A.I. ed è articolato in servizi regionali, zone di soccorso e stazioni di soccorso. Esso è composto da circa 7.000 soccorritori volontari, iscritti al Club alpino italiano, che nell'anno 2013 hanno effettuato 8.023 interventi di soccorso nei confronti di 7.670 persone (di cui 400 decedute), impegnando 23.648 soccorritori;
ai sensi dell'articolo 1 della legge 21 marzo 2001, n. 74, la Repubblica riconosce il valore di solidarietà sociale e la funzione di servizio di pubblica utilità del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico (CNSAS) del Club alpino italiano (CAI);
la legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del servizio nazionale di protezione civile, all'articolo 11, ricomprende il Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico tra le strutture operative nazionali del servizio di protezione civile e a tali effetti è equiparato alle altre organizzazioni dello Stato costituenti le altre strutture operative della Protezione civile (vigili del fuoco, forze armate, Croce rossa, Corpo forestale dello Stato, forze di polizia); ai sensi della legge n. 74 del 2001, il Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico opera in stretta collaborazione con il servizio sanitario nazionale;
inoltre, alcuni servizi regionali del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico, sono addirittura costituiti in associazioni di volontariato ed in onlus e l'articolo 8 della legge 11 agosto 1991, n. 266 (legge quadro sul volontariato), al comma 1, dispone che gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, e «quelli connessi allo svolgimento delle loro attività sono esenti dall'imposta di bollo e dall'imposta di registro», così come articolo 11 del decreto legislativo n. 460 del 1997, ne prevede specificatamente l'esenzione;
nel parere dell'Agenzia delle entrate all'interpello si fa riferimento all'articolo 3 della tariffa, parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, in virtù del quale è dovuta l'imposta di bollo, fin dall'origine, nella misura di euro 16,00 per le «istanze, petizioni, ricorsi e relative memorie dirette agli uffici e agli organi (...) dell'amministrazione dello Stato (...) tendenti ad ottenere l'emanazione di un provvedimento amministrativo o il rilascio di certificati, estratti, copie e simili», quando invece bisognerebbe tener conto di quanto previsto all'Allegato B del medesimo decreto del Presidente della Repubblica, che elenca gli atti, documenti e registri esenti dall'imposta di bollo in modo assoluto: articolo 16 — Atti e documenti posti in essere da amministrazioni dello Stato, regioni, province, comuni, loro consorzi e associazioni, nonché comunità montane sempreché vengano loro scambiati (il Club alpino italiano, e quindi anche il Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico, sono equiparati alle amministrazioni dello Stato, ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 91 del 1963); articolo 26 — quietanze degli stipendi, pensioni, paghe, assegni, premi, indennità e competenze di qualunque specie relative a rapporti di lavoro subordinato (l'articolo 1, comma 3, della legge n. 162 del 1992 fa riferimento ad indennità per il mancato reddito relativo ai giorni in cui il soccorritore-lavoratore autonomo si sia astenuto dal lavoro per partecipare ad attività di soccorso); articolo 27-bis — atti, documenti, istanze, contratti nonché copie anche se dichiarate conformi, estratti, certificazioni, dichiarazioni e attestazioni poste in essere o richiesti da organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) e dalle federazioni sportive ed enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI (da riferire a quei Servizi regionali del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico che hanno anche la veste giuridica di ONLUS) –:
cosa intendano fare per superare questa interpretazione giuridica, considerato peraltro il ruolo fondamentale svolto dai soccorritori nella stagione estiva, sia sull'arco alpino che su quello appenninico, volto a garantire la presenza dello Stato in tali ambienti e a fornire quel supporto di sicurezza, prevenzione e soccorso alle migliaia di turisti italiani e stranieri, che decidono di trascorrere le proprie vacanze in tali luoghi. (5-03164)
Interrogazioni a risposta scritta:
FEDRIGA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
sono moltissimi i diportisti del nostro Paese, in particolare quelli che navigano a partire dalle coste adriatiche, che frequentano abitualmente i porti croati dell'Istria e della Dalmazia:
in seguito all'ingresso della Croazia nell'Unione europea, 1o luglio 2013, benché non nello spazio Schengen, i diportisti italiani che si recano sulle coste croate parrebbero rischiare pesanti aggravi fiscali e burocratici, paventati da alcuni esperti del settore sugli organi di stampa;
da subito i diportisti si sono visti imporre da Zagabria una tassa di navigazione annuale e numerose pratiche di accesso come la lista d'equipaggio e una della tassa di soggiorno; sembrerebbe ore che secondo la normativa croata chi navigherà nei mari croati dovrà presto essere in grado di provare che la sua imbarcazione abbia assolto all'obbligo dei dazi doganali (se dovuti) e dell'iva pagata quando ha acquistato la sua barca;
tale obbligo, che avrebbe dovuto riguardare esclusivamente chi aveva acquistato imbarcazioni beneficiando di facilitazioni fiscali estere (anche croate), sembra ora riguardare invece tutte le imbarcazioni, comprese quelle comunitarie ed indipendentemente dalla bandiera;
a lanciare l'allarme, dopo molte perplessità, approfondimenti, chiarimenti con le stesse autorità croate, sono stati due rappresentanti del polo nautico-portuale di Monfalcone: Giorgio Settomini, rappresentante degli spedizionieri ed esperto in materie nautico-diportistiche, e Fabio Pischiutta, broker nautico nel polo del Lisert. Ad evidenziare il problema in maniera netta due documenti dell'Aci Croazia (Adriatic Croatia International Club) titolare delle più numerose marine istro-dalmate e un testo del Mistero delle finanze, direzione doganale della Croazia: «Ogni imbarcazione che entra nel territorio doganale dell'Unione europea – spiegano – può essere soggetta al controllo delle autorità doganali, croate o di qualsiasi stato membro dell'Unione europea. Pertanto si ricorda che i residenti Ue sull'imbarcazione, dovranno avere sempre i documenti comprovanti che, per l'imbarcazione, sono stati pagati i dazi doganali e/o l'iva, in uno stato membro dell'Ue e che l'imbarcazione ha lo status di merce comunitaria. La proprietà e la bandiera che batte l'imbarcazione non sono prove del fatto che una determinata imbarcazione ha lo status di merce comunitaria, sono invece dimostrazione di questo status: il documento T2L, oppure la ricevuta di acquisto in originale, la conferma delle autorità fiscali o altri documenti disponibili che confermino il pagamento dell'iva»;
queste disposizioni potrebbero essere molto penalizzanti per chi acquista barche di seconda mano. In Italia tali documenti non sono necessari e per le imbarcazioni che hanno la licenza di navigazione è la stessa capitaneria che, come in un foglio di proprietà dell'automobile, attesta chi è il proprietario dando per scontato che le tasse sono state pagate all'inizio;
per la Croazia tuttavia non vale la stessa prassi: la direzione doganale croata scrive al punto 2, parte finale «Annotazione»: «l'iscrizione al registro in un paese membro dell'Ue e la bandiera di uno stato dell'Unione europea non sono prove del fatto che una determinata imbarcazione ha lo status di merce Comunitaria». Servono dunque fattura originale o il T2L. Nel caso non ci sia più la fattura è obbligatorio il T2L che può essere richiesto soltanto all'ufficio doganale;
in Croazia la dogana ha già fatto controlli a tappeto per tutte le barche con bandiera comunitaria costringendo chi non era in regola a multe che vanno da mille (130) fino 100 mila kune (13 mila euro) –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato;
se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative presso il Governo croato e l'Unione europea al fine di evitare pesanti ed ingiustificati oneri pecuniari e burocratici ai diportisti italiani che si recano sulle coste croate, posto che ad avviso dell'interrogante ciò non corrisponde a un comportamento condivisibile da parte delle autorità croate. (4-05396)
LATRONICO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la Banca del Mezzogiorno è stata istituita con decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 con l'obiettivo di sostenere e rilanciare l'economia del Meridione, nell'ambito del piano per il Sud;
la mission della Banca del Mezzogiorno è finanziare progetti di investimento nel Mezzogiorno, di erogare credito alle piccole e medie imprese, di favorire la nascita di nuove imprese e l'imprenditorialità giovanile e femminile, nonché promuovere l'aumento dimensionale e l'internazionalizzazione di tali imprese, di finanziare attività di ricerca e innovazione;
l'offerta Banca del Mezzogiorno è riservata alle micro, piccole e medie imprese con sede legale in Basilicata, Puglia, Calabria, Campania, Molise, Abruzzo, Sardegna e Sicilia, titolari del conto corrente BancoPosta in proprio o del conto corrente BancoPosta impresa;
è stato stabilito che la Banca operi come istituzione finanziaria di secondo livello, ed è presente sul territorio con 250 sportelli postali, in particolare 3 Basilicata, 49 Puglia, 18 Calabria, 66 Campania, 23 Abruzzo, 16 Sardegna e 76 Sicilia;
il rilancio economico del Mezzogiorno è fondamentale ai fini di una ripresa generalizzata della crescita di tutto il Paese;
una significativa quota dell'imprenditorialità del Sud e soprattutto gli operatori più piccoli e delocalizzati sono esclusi dal credito bancario dei grandi istituti nazionali e necessitano quindi di interventi di supporto per crescere e svilupparsi –:
se il Ministro non intenda intervenire ai fini di una verifica dell'avanzamento dell'attività della Banca in relazione agli obiettivi prefissati;
quale sia lo stato di attivazione delle strutture periferiche finalizzate all'intercettazione delle esigenze di piccoli imprenditori;
quale sia la distribuzione geografica delle facilitazioni concesse. (4-05400)
SPADONI, NICOLA BIANCHI, D'UVA e MANLIO DI STEFANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
con la legge 13 agosto 2010, n. 149 (Modifiche all'articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, e agli articoli 11 e 13 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, concernenti la gestione dei fondi dell'Amministrazione degli affari esteri per la cooperazione allo sviluppo) si afferma che con regolamento emanato con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di armonizzazione del regime giuridico delle rendicontazioni degli interventi, progetti o programmi di cooperazione allo sviluppo conclusi negli esercizi finanziari fino all'anno 2010;
con il decreto del Ministro degli affari esteri 1o marzo 2012, n. 71 (Modalità di armonizzazione del regime giuridico delle rendicontazioni degli interventi, progetti o programmi di cooperazione allo sviluppo conclusi negli esercizi finanziari fino al 2010, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 128 del 4 giugno 2012) viene introdotto il principio della rendicontazione per progetto;
nelle premesse del citato decreto viene chiaramente ammesso che l'applicazione agli interventi di cooperazione allo sviluppo dell'ordinario regime delle rendicontazioni ha dato luogo al formarsi di un ingente arretrato, a motivo delle difficoltà di ricostruire lo sviluppo amministrativo e contabile di interventi, progetti o programmi che hanno interessato, in aree critiche, più esercizi finanziari;
ai sensi dell'articolo 2 di tale decreto i rendiconti annuali delle spese sostenute entro il 31 dicembre 2005 per la realizzazione delle iniziative di cooperazione sono invece presentati in maniera unitaria;
al comma 3 dello stesso articolo 2 viene, inoltre, precisato che i documenti giustificativi delle spese sono trattenuti agli atti della sede per eventuali richieste di verifica da parte della Corte dei Conti, dell'ufficio di controllo della ragioneria generale dello Stato o del Ministero degli affari esteri, a differenza delle rendicontazioni post 2011;
infine, secondo l'articolo 4, comma 3, in assenza di rendicontazione non possono essere disposte nuove rimesse valutarie alle sedi inadempienti –:
quali siano le motivazioni per cui i controlli dei documenti giustificativi delle spese trattenuti agli atti della sede sono oggetto di verifica solo su eventuale richiesta;
se non ritengano sia opportuno per motivi di efficienza e trasparenza assumere iniziative per fissare obbligatoriamente dei controlli periodici, e non eventuali, da parte della Corte dei Conti o dell'ufficio di controllo della ragioneria dello Stato, e non dello stesso Ministero degli affari esteri. (4-05403)
GRIMOLDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
come già evidenziato dall'interrogante nelle interrogazioni n. 4-00631 del 30 maggio 2013 e n. 4-04007 del 13 marzo 2014, ancora in attesa di risposta, sono oramai sotto gli occhi di tutti le anomalie registrate nell'affidamento del nuovo contratto di conduzione del luna park di Roma;
il luna park di Roma, funzionante dal 1960 sotto la gestione della società Lupro spa, risulta chiuso da circa 6 anni e l'area è divenuta sempre più fatiscente, le attrazioni obsolete e il servizio ricreativo sospeso con frustrazione dell'interesse pubblico;
l'interrogante è ancora in attesa di chiarimenti sulla situazione, da parte del Ministro dell'economia e delle finanze, anche per scongiurare i pericoli di mancata tutela di circa 150 nuclei familiari degli ex operatori del Luneur, in modo da appurare, in particolare, perché, dopo 120 giorni dalla consegna della concessione a Cinecittà Entertainment spa e per essa alla società veicolo Luneur Park spa, la Società Eur spa non abbia proceduto alla applicazione delle penali, visto e considerato che la società vincitrice della gara d'appalto non aveva rispettato il termine per la riapertura del parco;
altre richieste in attesa di risposta riguardano l'importo della penale che è stato modificato da 10.000,00 a 2.000,00 euro, creando un notevole danno economico, e le questioni per le quali l'Eur spa non abbia proceduto alla risoluzione del contratto chiedendo il canone pattuito, ma, al contrario, abbia ridotto il canone di locazione da 700.000,00 a 350.000,00 euro, nonché l'eventuale segnalazione della questione alla Corte dei conti per il seguito di competenza;
il 21 maggio 2014, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (Avcp) si è espressa nel merito della questione e il 30 maggio 2014 ha inviato la relativa deliberazione n. 21/2014 all'Ente EUR spa al comune di Roma capitale e al Ministero dell'economia e delle finanze — capo di gabinetto;
da tale deliberazione si evince che il Consiglio dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici:
«ritiene che l'affidamento in esame doveva più correttamente essere assoggettato alla disciplina della concessione di servizi, ex 30, decreto legislativo n. 163 del 2006, nei sensi di cui in motivazione;
ritiene, pertanto, che talune previsioni della lex specialis di «gara» non risultino conformi ai principi e alle disposizioni in materia di contratti pubblici. Segnatamente: (i) la stima del valore del contratto in oggetto e, dunque, l'importo del canone; (ii) la sottoscrizione del contratto da parte di una società estranea alla procedura di gara; (iii) la mancata richiesta della qualificazione del soggetto esecutore dei previsti lavori di ripristino e di ristrutturazione del Parco; (iv) la previsione del novennale rinnovo tacito, nei sensi di cui alla motivazione;
ritiene la dimidiazione del canone di locazione non supportato da idonea motivazione, pertanto, foriero di danno erariale, come evidenziato in motivazione;
dispone l'invio della presente deliberazione, a cura della Direzione Generale Vigilanza Lavori, Servizi e Forniture alla società Eur S.p.A. al Ministero dell'Economia e delle Finanze e al Comune di Roma, soci fondatori della stessa Eur S.p.A., con l'invito a comunicare soluzioni in grado di superare celermente gli aspetti di criticità sopra evidenziati, compresa l'esigenza di conformare l'assetto contrattuale alla disciplina del Codice;
dispone altresì l'invio del presente atto alle società Cinecittà Entertainment S.p.A. e Luneur Park S.r.l. e alla Corte dei Conti per il seguito di competenza»;
in altre parole, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici avrebbe rilevato le stesse anomalie evidenziate anche nei citati atti di sindacato ispettivo presentati dall'interrogante –:
quali iniziative il Ministro intenda assumere alla luce della deliberazione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici n. 21/2014 di cui in premessa.
(4-05404)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta orale:
LATRONICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
i comuni affacciati sul golfo di Policastro vedono il proprio sviluppo legato al turismo, all'agricoltura sostenibile, all'industria alimentare; le politiche di sviluppo locale muovono tutte in questa direzione, anche in considerazione della presenza del Parco nazionale del Cilento, del Vallo di Diano e degli Albumi e delle vaste aree ad esso contigue, che sono anch'esse oggetto di protezione;
la Snam rete gas spa ha presentato un progetto di gasdotto denominato Iniziativa Sealine tirrenica che partendo dalla Sicilia, con tragitto sottomarino, arriva alla foce del fiume Bussento (comune di Santa Marina), per raggiungere la centrale di Montesano sulla Marcellana, ricongiungendosi infine ai gasdotti della rete nazionale lungo la dorsale appenninica, nel Vallo di Diano;
la previsione è quella di attraversare insediamenti abitativi e turistici e zone contigue al parco nazionale del Cilento, peraltro oggetto di specifica protezione: si tratta della zona a protezione speciale (ZPS) denominata «Costa tra Marina di Camerata e Policastro» e del sito di importanza comunitaria (SIC) denominato «Basso corso del Bussento»;
i comuni attraversati di Santa Marina, Tortorella, Vibonati, Casaletto Spartano, e Casalbuono hanno espresso o stanno esprimendo, con propri atti, perplessità e contrarietà al progetto, che incide fortemente sulle politiche locali di sviluppo;
il tracciato peraltro non coincide con quello precedentemente approvato e questo costituisce un ulteriore elemento di perplessità, non avendo Snam provveduto ad esprimere nuove valutazioni di impatto, né richiesto alle autorità competenti i necessari pareri –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto e se non ritengano che qualunque modifica del tracciato di opere a forte impatto ambientale, debba sottostare a nuove valutazioni di compatibilità, comunque denominate;
se non ritengano necessario prestare maggiore attenzione alle istanze locali, per garantire un armonico sviluppo sostenibile del territorio cilentano, a vocazione turistica ed agricola, sviluppo che appare posto in forse da infrastrutture non compatibili con la naturale inclinazione di questa terra. (3-00922)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
CENSORE e BRUNO BOSSIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il tratto di costa della Provincia di Vibo Valentia rappresenta l'area turistica più importante dell'intero territorio calabrese per le eccellenze paesaggistiche ed ambientali e la maggiore presenza di imprese operanti nel settore turistico-ricettivo;
gli eventi meteorologici dell'inverno scorso hanno provocato numerose frane e smottamenti per tutta la lunghezza della ex statale 17 ed in particolare nel tratto bivio Sant'Angelo di Drapia-Tropea, che ha determinato la chiusura dell'accesso ad uno dei più importanti centri turistici non solo della Calabria ma dell'intero Mezzogiorno;
le abbondanti precipitazioni verificatesi tra il 19 ed il 20 giugno scorso hanno provocato l'apertura di una voragine che ha interrotto anche una delle principali strade di accesso al centro storico di Tropea in località Gornella provocando, di fatto, l'isolamento del centro abitato;
in generale appaiono decisamente precarie le condizioni della intera viabilità della zona costiera della provincia di Vibo Valentia, in particolare nel tratto dove sono allocate le principali strutture turistiche e ricettive tra Ricadi e Pizzo, a causa della presenza di manto stradale dissestato, interruzioni e deviazioni, assenza di manutenzione e altro;
il recente taglio di treni unito alla mancanza di collegamenti continui ed efficienti da e per l'aeroporto di Lamezia Terme ha contribuito a rendere ancora più difficile la situazione della mobilità in quest'area e proprio nel momento in cui sta per aprirsi la stagione estiva, con il rischio di produrre danni irreparabili ad un settore già duramente colpito dalla crisi di questi anni;
il comune di Tropea e la provincia di Vibo Valentia mancano delle risorse necessarie persino per affrontare l'emergenza attraverso le procedure di somma urgenza e denunciano la sostanziale impossibilità ad avere normali relazioni istituzionali con la regione Calabria soprattutto dopo la crisi che si è aperta in seguito alle dimissioni del presidente Scopelliti;
inoltre continuano a rimanere bloccate le risorse destinate alla Calabria nell'ambito dell'Accordo di programma quadro per il recupero del dissesto idrogeologico a causa di inspiegabili ritardi burocratici nel perfezionamento della nomina del nuovo commissario –:
quali iniziative il Ministero intende assumere ai fini di affrontare immediatamente l'emergenza che si è venuta a creare nell'area turistica più importante della Calabria;
quali siano i motivi per i quali ancora non si procede all'attuazione dell'Accordo di programma quadro per il recupero del dissesto idrogeologico in Calabria che rappresenterebbe, senza alcun dubbio, una importante risposta non solo all'emergenza ma anche l'avvio, finalmente, di una prima fase di messa in sicurezza dell'intero territorio calabrese. (5-03161)
PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
dal 16 giugno Trenitalia, senza coinvolgere nessuno e né comunicare alcunché, ha deciso di sospendere le fermate dei treni alla stazione di Pabillonis;
Trenitalia avrebbe arbitrariamente deciso di sospendere le fermate perché i fruitori della stazione di Pabillonis sarebbero un numero molto limitato e il treno perderebbe troppo tempo nelle fermate;
non esistono secondo l'interrogante motivazioni valide per la sospensione di tale servizio;
l'amministrazione locale ha chiesto a Trenitalia il ripristino immediato delle fermate principali alla stazione di Pabillonis;
il servizio di collegamento deve essere garantito proprio in quanto servizio di diritto pubblico alla continuità territoriale, a prescindere dal numero degli utenti;
la linea ferrovia attraversa il territorio comunale di Pabillonis e ha la stazione da sempre funzionale ai collegamenti con il territorio;
risultano numerosi pendolari e lavoratori residenti che tutti i giorni prendono il treno per raggiungere i posti di lavoro o le scuole;
è grave e scorretta da parte di Trenitalia la completa mancanza di comunicazione sia verso il comune, sia verso la compagnia Autoservizi Mereu che da sempre ha garantito la tratta di collegamento da e per la stazione di Pabillonis;
è inammissibile che un pubblico servizio venga sospeso da un momento all'altro senza rendere spiegazioni e darne comunicazione;
nella stessa situazione si troverebbe anche il Comune di Sanluri, dove sono state sospese tutte le fermate –:
quali iniziative, come azionista di riferimento di Trenitalia spa, si intendano assumere in relazione a tali situazioni e perché Trenitalia mantenga ben presente la propria funzione di soggetto erogatore di un servizio pubblico. (5-03167)
NICOLA BIANCHI, CRISTIAN IANNUZZI e DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
Meridiana fly spa sta facendo volare su molte rotte del proprio network, oltre ad aeromobili ed equipaggi della società Air Italy, controllata dalla holding Meridiana spa, anche altre società dell'est europeo tra le quali Blu Air (rumena), Air Explore (slovacca), non utilizzando il proprio personale. Con le suddette società sono stati infatti definiti da Meridiana fly contratti di wet lease, vale a dire noleggio con equipaggio;
la società ha annunciato il licenziamento, a partire dal 2015, di 1200 dipendenti, già in cassa integrazione guadagni straordinaria;
per i moltissimi voli di Meridiana fly effettuati da altre compagnie sono utilizzati aeromobili riportanti livrea e altri segni distintivi di Meridiana fly, tra cui il codice IATA IG. Tali operazioni sono, ad avviso degli interroganti, oltremodo ingannevoli nei confronti dei passeggeri che credono di aver acquistato il biglietto di una primaria compagnia aerea italiana e si ritrovano, invece, a bordo di aerei che di Meridiana fly hanno soltanto il nome scritto sulla fusoliera o su aerei di sconosciuti vettori di altri Paesi europei –:
se i ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano adottare al fine di interrompere la vendita di biglietti Meridiana per voli di fatto operati da altri vettori;
quali iniziative di competenza intendano altresì intraprendere al fine di scongiurare che Meridiana fly, storico marchio ambasciatore del made in Italy nel mondo, ultimo baluardo dell'industria del trasporto aereo italiano dopo che Alitalia sarà strutturalmente organica all'araba Etihad, cessi le proprie operazioni. (5-03168)
Interrogazione a risposta scritta:
LABRIOLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il greggio Tempa Rossa sarà destinato essenzialmente all'esportazione via mare, non potendo essere lavorato nella Raffineria di Taranto, in quanto l'elevato contenuto di molibdeno ne impedisce una vantaggiosa lavorazione. Quindi l’«oro nero» greggio della Valle del Sauro lucana dovrebbe giungere a Taranto solo per essere caricato sulle petroliere e verso altre raffinerie;
la sicurezza marittima in acque europee è regolamentata da una normativa internazionale (pacchetti Erika I, Erika II ed Erika III). Le cause principali che sono alla base degli incidenti che coinvolgono navi cisterne sono generalmente classificabili in cause «accidentali» (arenamenti, incendi, esplosioni, collisioni, rottura dello scafo e altro) e «operazionali»(carico e scarico, bunkeraggio e altro);
il progetto «Tempa Rossa» prevede un aumento del traffico di petroliere in Mar Grande con rischi di sversamento per cause accidentali e operazionali. La maggior parte degli sversamenti è avvenuta in Grecia (30 per cento) Italia (18 per cento) e Spagna (14 per cento) ossia nei pressi di quei Paesi dove sono localizzati i più importanti porti in cui si concentrano i volumi più elevati di traffico;
si rileva inoltre l'aumento delle emissioni in atmosfera (12 per cento in più di emissioni diffuse e fuggitive); infatti, la realizzazione del progetto in esame comporterà un consistente incremento del traffico di petroliere di 90 navi/anno (per l’export del greggio Tempa Rossa). Se si considerano navi di capacità inferiore, per l’export complessivo di 2,7 milioni di t/anno, il traffico è da considerarsi più consistente, stimabile fino 140 navi di capacità variabile;
è evidente che l'aumento del traffico di petroliere incrementa la probabilità di incidenti con gravi conseguenze sulle risorse ittiche marine. Il porto di Taranto sarebbe così destinato a battere il record italiano di incidenti con sversamento di derivati petroliferi in mare, il cui rischio è già attualmente molto elevato;
la rada ove verranno installati i nuovi serbatoi confluisce in una zona costiera che è compresa, come ben noto, negli specchi acquei più aperti (Mar Grande) e in uno, di fatto chiuso, ovvero il Mar Piccolo. In queste zone sono molteplici le attività economiche che oggi danno lavoro a migliaia di operatori. Tra esse è facile ricordare la pesca, la coltivazione dei mitili, gli stabilimenti balneari, alberghi, bar, ristoranti, oltre ad un ecosistema marino il cui equilibrio è già oggi molto precario;
già adesso in questa zona, oltre al pontile petroli dell'Eni che consta di quattro approdi che possono operare anche in contemporanea, insistono: un campo boe sempre dell'Eni posizionato al centro della rada e in prossimità dei pali dei mitili zona Mar Grande; un pontile petroli nella zona prospiciente il deposito dell'Aviazione militare in Mar Piccolo; un pontile petroli in zona Chiapparo ad utilizzo della Marina militare italiana; un accosto in ambito portuale dove vengono movimentate grosse quantità di catrame (3o sporgente) canali di scarico dell'Ilva e dell'Eni; un accosto per la movimentazione di pet coke al 5o sporgente;
la realizzazione del progetto Tempa Rossa determinerebbe un ulteriore aggravamento mettendo in ginocchio le risorse marine del territorio tarantino;
si legge sul Sole24ore dell'11 giugno 2014: «Per me il progetto Tempa Rossa andrebbe realizzato. Penso che non si possa rinunciare ad un investimento da 300 milioni» ha detto nelle scorse settimane il sottosegretario alle infrastrutture e trasporti, Umberto Del Basso de Caro, dopo un vertice a Roma ed una visita a Taranto, precisando tuttavia che spetta al comune decidere. In tal senso il comune di Taranto ha approvato un ordine del giorno contrario alla realizzazione del progetto, concetto ribadito anche nei giorni scorsi;
tuttavia, si apprende, che il Ministero dello sviluppo economico, considerando la rilevanza dell'opera, non esclude di centralizzare procedure, autorizzazioni e decisioni per evitare che la stasi si prolunghi;
queste dichiarazioni lascerebbero intendere la possibilità di una futura emanazione di un decreto simile al «Salva-Ilva» che porterebbe allo sblocco delle procedure autorizzative per progetti dichiarati strategici a livello nazionale –:
alla luce dei fatti esposti in premessa quali iniziative urgenti i Ministri interrogati, per le rispettive competenze, abbiano intenzione di assumere al fine di preservare il territorio di Taranto e la rada prospiciente il mare dall'ennesimo insediamento industriale che andrebbe a compromettere ulteriormente sia il già precario equilibrio ambientale che le condizioni di salute dei cittadini. (4-05405)
INTERNO
Interrogazioni a risposta scritta:
AIRAUDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
a distanza di più di un mese dalle nomine che il Governo ha fatto per i principali vertici delle società pubbliche o a partecipazione pubblica, manca ancora la nomina del capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
la mancanza del vertice operativo di un Corpo così strettamente legato alla prevenzione, alla sicurezza e al soccorso della popolazione rischia di avere ricadute sugli standard che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco garantisce su tutto il territorio nazionale;
la prevenzione di incendi, le attività di soccorso, di pronto intervento o di intervento diretto sia nelle catastrofi, nelle inondazioni e nei terremoti che nella cura quotidiana delle richieste dalla popolazione in incidenti, incendi e quanto altro sono attività di fondamentale importanza in un Paese fragile come l'Italia –:
se non ritenga di procedere con urgenza alla nomina del capo dei vigili del fuoco;
quali siano le ragioni del ritardo nella nomina e quali ricadute ciò possa avere sul Corpo dei vigili del fuoco.
(4-05390)
NACCARATO, NARDUOLO e MIOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 1o luglio 2014 i finanzieri e i carabinieri dei comandi provinciali di Vibo Valentia hanno dato vita ad una operazione congiunta che ha portato al sequestro di beni per un valore stimato di 45 milioni di euro ritenuti riconducibili a presunti affiliati alla cosca Tripodi di Vibo, indicata come l'ala economico-imprenditoriale del clan Mancuso di Limbadi;
la cosca aveva interessi nelle regioni Calabria, Lazio, Lombardia, Sicilia, Veneto ed Emilia Romagna;
tra i beni sequestrati figurano due bar situati in pieno centro a Roma, un altro in provincia di Milano, immobili di pregio situati a Roma e Milano oltre a 25 aziende, 42 tra terreni e fabbricati e 16 autoveicoli;
il provvedimento emesso dal tribunale di Vibo Valentia, costituisce la prosecuzione dell'operazione «Libra Money» portata a termine nel maggio 2013;
in quella occasione erano state arrestate 20 persone e sequestrati beni per 40 milioni;
in applicazione del provvedimento, in Veneto è stato disposto il sequestro dell'azienda S.C. Costruzioni di Limena, con sede in via Bachelet 3, intestata a Cristian Sicari;
l'azienda, è un semplice appartamento, utilizzata, secondo gli inquirenti, solo come copertura per operazioni finalizzate a smistare denaro di provenienza illecita;
i carabinieri di Padova hanno segnalato la situazione alla camera di commercio in modo da inibire l'attività della società;
la vicenda non può che alimentare le già forti preoccupazioni delle comunità locali che registrano una costante presenza criminale nel territorio del Veneto capace di stringere relazioni salde e diffuse nel mondo dell'economia cosiddetta legale per ampliare la propria sfera di influenza e i propri affari –:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare per prevenire e contrastare il radicamento dei clan mafiosi in Veneto e per garantire la sicurezza dei cittadini. (4-05394)
LACQUANITI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
in data 30 giugno 2014 si è verificato un episodio di sversamento di circa 200 litri di gasolio nel lago di Garda, a Desenzano del Garda, in località «Maratona». Con grande tempestività sono intervenuti i mezzi di soccorso dei vigili del fuoco, i tecnici dell'ARPA, i mezzi del Consorzio «Garda 1», la polizia locale. Le misure adottate hanno permesso, a quanto consta all'interrogante, di circoscrivere i danni e riassorbire il carburante, e la situazione è stata normalizzata come ha assicurato il sindaco di Desenzano, Rosa Leso;
questo è stato solo l'ultimo di una serie di episodi che in un mese hanno provocato l'intervento dei battelli chiamati a limitare i danni causati dallo sversamento di carburante nel Lago di Garda;
in data 15 giugno, nei pressi di Salò, un altro sversamento di circa 300 litri di carburante induceva la cittadinanza e i turisti a rivolgersi immediatamente alle autorità locali. Queste ultime, intervenivano tempestivamente con l'ausilio dei vigili del fuoco e dei mezzi di soccorso del Consorzio «Garda Uno» e della Guardia costiera, e il danno ambientale veniva riassorbito;
in data 7 giugno l'incendio di un'imbarcazione a Manerba del Garda e il successivo affondamento provocava l'intervento dei mezzi di soccorso e di prevenzione dell'inquinamento;
un altro episodio simile il 10 giugno al porto di Moniga del Garda per un'altra barca affondata;
tutti questi episodi si verificano in una zona geografica particolarmente pregiata sotto il profilo ambientale, dotata di un microclima rinomato, con colture autoctone rilevanti, e tuttavia già oggetto nel tempo di svariate forme di aggressione al territorio. È di soli pochi giorni fa la proroga del divieto di vendita di anguille pescate nel Garda, provvedimento che il Ministero della salute aveva già deliberato nel 2011, per la rilevata concentrazione di diossine e policlorobifenili su campioni ittici della specie –:
se non si intenda procedere a controlli urgenti e immediati per verificare come prevenire tali eventi;
se sia intenzione del Governo assumere iniziative, per quanto di competenza, per assicurare il tempestivo ed efficace intervento nel caso dovessero ripetersi nuovamente accadimenti simili ai suddetti.
(4-05407)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
DI VITA, CECCONI, GRILLO, MANTERO, DALL'OSSO, SILVIA GIORDANO, LOREFICE e BARONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
in data 25 giugno 2014 è stata depositata, a prima firma dell'interrogante, l'interrogazione a risposta immediata in commissione n. 5-03084, rivolta al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con la quale si chiedeva, nello specifico, se questi non intendesse avviare ogni attività, anche di carattere legislativo, volta a riformare l'intero sistema di accertamento di invalidità civile, stato di handicap e disabilità, poiché ormai obsoleto, farraginoso e inefficiente, secondo quanto previsto nello stesso programma d'azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità che il Governo si è da tempo impegnato a mettere in atto per garantire il rispetto dei diritti umani delle persone con disabilità;
in data 26 giugno 2014, semplicisticamente e, a parere dell'interrogante, senza esaurire oltretutto il merito della questione sollevata con l'atto di sindacato ispettivo illustrato, il Sottosegretario di Stato al lavoro e alle politiche sociali, onorevole Franca Biondelli, nell'ultimo periodo della sua risposta, affermava che: «Con riferimento invece, all'opportunità di una revisione complessiva dell'attività di accertamento ordinario occorre evidenziare che la linea di intervento n. 1 del Programma d'Azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità persegue l'obbiettivo di una riforma del sistema di valutazione/accertamento della condizione di disabilità che crei le condizioni di contrasto alle discriminazioni e di promozione delle pari opportunità, dell'inclusione sociale e dell'incremento della qualità della vita delle persone con disabilità, mediante un cambio di prospettiva nell'organizzazione delle politiche basato sul funzionamento globale della persona valutata nel complesso dei suoi diritti e doveri, superando le logiche “al negativo” di percentualizzazione dell'inabilità/invalidità e della capacita lavorativa». Salvo poi aver tralasciato del tutto di specificare attraverso quali attività, modalità e, soprattutto, con quali risorse tale riforma potrà verosimilmente attuarsi;
preme ricordare, invece come in un'intervista rilasciata del 1o marzo 2013, appena ricevuto l'incarico, il Sottosegretario al lavoro e alle politiche sociali, Franca Biondelli, con disarmante sicurezza ed enfasi, individuava come prima riforma, addirittura attuabile subito e a «costo zero», proprio quella dell'istituzione del certificato unico per il riconoscimento dell'invalidità civile e dell'indennità di accompagnamento, facendo altresì esplicito riferimento alle prescrizioni del piano d'azione biennale sulla disabilità adottato dal precedente Governo e al quale, dichiarava, va ora data attuazione –:
se il Ministro interrogato non intenda chiarire definitivamente se e quali somme il Governo abbia già stanziato, o avrebbe intenzione di stanziare, allo scopo di attuare il piano biennale d'azione sulla disabilità e in che modo queste siano state ripartite, o saranno ripartite, per le diverse linee di intervento contemplate dallo stesso piano. (5-03163)
DURANTI, AIRAUDO, COSTANTINO, MATARRELLI, MELILLA, NICCHI, PANNARALE, PIRAS, PLACIDO, RICCIATTI e ZARATTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la sede Teleperformance Taranto occupa circa 1800 dipendenti, dei quali oltre il 70 per cento donne;
nel gennaio 2013 l'azienda ha sottoscritto, con istituzioni e sindacati, un accordo diventato operativo nell'aprile 2013 per il rilancio del sito di Taranto;
l'azienda in oggetto ha usufruito negli anni di diversi incentivi statali, da ultimo quello previsto nella legge di stabilità 2014, ed incentivi regionali per la formazione del personale;
come si evince da diversi articoli di stampa nazionale e locale del 3 luglio 2014, la dirigenza della Teleperformance Taranto ha annunciato il rischio di chiusura entro la fine dell'anno, motivandola con un eccessivo tasso di assenteismo dei lavoratori e delle lavoratrici;
i sindacati di categoria e della azienda hanno accettato di sottoscrivere l'accordo unico grazie al quale Teleperformance sta risanando i conti, accogliendo peraltro tutte le condizioni previste, e si sono più volte detti disposti al confronto con l'azienda per la composizione di concerto dei turni di lavoro, tenendo conto delle esigenze delle donne e delle madri lavoratrici al fine di scongiurare qualsiasi eventuale abuso dei permessi di malattia;
a quanto risulta all'interrogante non è la prima volta che la dirigenza annuncia provvedimenti del genere, paventando la chiusura o la diminuzione del personale o del monte ore lavorativo;
la Teleperformance Taranto è ricorsa più volte negli ultimi anni agli ammortizzatori sociali, in particolare alla Cassa integrazione in deroga ed ai contratti di solidarietà. Inoltre nel febbraio del 2014 ha annunciato di voler trasferire in Albania la commessa vinta con Eni per la gestione telefonica del back office, salvo poi desistere grazie al confronto con i sindacati di categoria;
la situazione del call center di Taranto non è diversa da quella degli altri presenti in Italia, come testimonia per esempio l'esperienza di Palermo che ha visto 280 lavoratori «Accenture» e 400 della «4u Servizi» colpiti dal fenomeno della delocalizzazione;
l'interrogante in data 12 maggio 2014 ha presentato insieme al gruppo parlamentare di Sinistra ecologia libertà una mozione (1-00457, Palazzotto ed altri), che impegna il Governo a convocare immediatamente presso la Presidenza del Consiglio, con il coinvolgimento del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un tavolo di confronto con tutte le parti interessate finalizzato ad affrontare in modo energico le problematiche sottese alla crisi dei call center in Italia per dare finalmente risposte ai circa 80.000 lavoratori che operano in tale comparto nel nostro Paese e valutare l'adozione di possibili provvedimenti normativi per regolamentare diversamente il settore in questione;
a quanto si apprende a mezzo stampa («Il Fatto quotidiano – online del 3 luglio 2014), sul territorio jonico insistono ulteriori e gravi situazioni legate ai cosiddetti «call center abusivi». In base a quanto denunciato dalla CGIL alla procura ed all'ispettorato del lavoro si riscontrano infatti diversi casi in cui non sono rispettate le basilari norme di diritto: contratti irregolari; salario minimo orario non garantito; strutture non confacenti alla normativa vigente –:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione dell'azienda del tarantino e delle condizioni di lavoro negli altri call center operanti nel territorio;
come intenda intervenire al più presto per scongiurare qualsiasi ipotesi di chiusura del sito di Taranto;
se il Governo intenda rispondere alla richiesta di convocazione di un tavolo interministeriale al fine di affrontare le problematiche dei «call center». (5-03165)
SALUTE
Interrogazione a risposta in Commissione:
LOREFICE, L'ABBATE, GAGNARLI, COLLETTI, COLONNESE, TERZONI, MANLIO DI STEFANO, MANNINO, SPESSOTTO e TOFALO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
circa 3 milioni di donne in Italia, e molte altre in tutta Europa, sono affette da endometriosi, una malattia cronica e abbastanza complessa, originata dalla presenza dell'endometrio (un tessuto che riveste l'utero) in altre sedi anomale, quali ovaie, tube, peritoneo, intestino;
tale malattia non viene quasi mai diagnosticata facilmente. Molte donne ricevono una corretta diagnosi dopo anni di visite mediche e cure non appropriate. Esiste infatti ancora molta ignoranza e disinformazione in materia, per cui i forti dolori che colpiscono le donne, soprattutto nel periodo mestruale, vengono ricondotti ad una causa psichica;
l'endometriosi è sicuramente una malattia invalidante in quanto costringe le donne che ne sono affette a modificare il proprio stile di vita, rinunciando ad esempio a praticare sport o rimodulando le proprie abitudini;
è stata approvata per la prima volta in Italia una legge regionale, la n. 18 del 2012 Friuli Venezia Giulia, che, oltre a promuovere la prevenzione e la diagnosi precoce dell'endometriosi al fine di migliorare la qualità delle cure, istituisce un osservatorio e registro regionale oltre che prevedere una formazione specifica per i medici;
è in atto una lunga battaglia tra le associazioni e lo Stato per riconoscere tale patologia ai fini dell'invalidità civile, considerato lo stato invalidante in cui si trovano le donne nella fase acuta della patologia –:
se il Ministro interrogato intenda promuovere l'istituzione di un registro a livello nazionale e di un osservatorio sulla patologia affinché si possa accelerare la diagnosi e conseguentemente migliorare la qualità delle cure e della vita delle donne affette dalla malattia. (5-03160)
Interrogazioni a risposta scritta:
SORIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
secondo fonti di stampa, il Moige, Movimento dei genitori, ha chiesto l'intervento dell'Iap (Istituto per l'autodisciplina pubblicitaria) e lanciato un appello al Ministro interrogato perché faccia chiarezza sulla campagna sulla sicurezza dei farmaci pediatrici diffusa di recente dall'Aifa (Agenzia italiana del farmaco) e «sulla sicurezza dei farmaci pediatrici»;
secondo il Moige, il claim sui cartelloni affissi per le strade che recita: «Solo gli studi clinici condotti sui bambini garantiscono la sicurezza e l'efficacia dei farmaci» sarebbe «allarmistico e destabilizzante», e sottolinea che dimostrerebbe che «o Aifa ha immesso farmaci pediatrici insicuri, oppure questa comunicazione istituzionale non dice il vero»;
la campagna pubblicitaria sembra aver generato un interrogativo che desta molta preoccupazione: in che modo, fino ad ora, sono stati curati i minori essendo almeno la metà dei farmaci pediatrici non testata su di loro –:
se il Ministro interrogato non intenda attivarsi affinché sia fatta chiarezza su quanto accaduto in modo da rispondere ai leciti dubbi dei genitori e salvaguardare la salute dei minori. (4-05398)
D'AMBROSIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
nel mese di giugno 2014, l'interrogante è personalmente intervenuto sulla problematica di Alberto, un ragazzo di 16 anni, di Andria (BT), affetto da «tetraparesi spastica da ischemia cerebrale da embolia dopo intervento di correzione parziale del canale atrioventricolare subito nel lontano 1999». Il ragazzo soffre di un ritardo neuro psicomotorio grave con assenza di linguaggio, cecità, incontinenza sfinterica, sindrome di Down, epilessia, assenza di masticazione, ragion per cui è portatore di gastrostomia e di cannula gastrostomia permanente per «nutrizione enterale»;
il ragazzo, alimentato attraverso un sondino, ha manifestato vomito e dissenteria ogni qual volta si è provato ad alimentarlo con i preparati per nutrizione enterale, motivo per cui si provvede alla sua alimentazione, con omogenizzati che sono invece da lui ben tollerati;
a causa di una disposizione regionale pugliese (la n. 12453 del 15 settembre 2013) in casi come questo, è stato stabilito che sono a carico del servizio sanitario regionale solo ed esclusivamente le sacche enterali che, oltretutto, costano molto di più rispetto alla fornitura di omogenizzati richiesti dai genitori;
la questione specifica è stata risolta grazie alla sensibilità del direttore generale della ASL BT –:
se non sia opportuna una ricognizione della situazione nazionale relativamente a questa specifica problematica;
se, per quanto di competenza, laddove dovesse riscontrare altrove la stessa situazione occorsa in Puglia, intenda valutare di assumere iniziative, se del caso anche attraverso una circolare ministeriale, per sanare tale situazione così da venire incontro alle richieste dell'utenza e contemporaneamente produrre un risparmio per le casse delle sanità regionali.
(4-05399)
MANTERO, CECCONI, DALL'OSSO, GRILLO, LOREFICE, DI VITA e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
negli ultimi mesi si è abituati a leggere notizie di stampa che evidenziano accordi a vario titolo di «cartello» nel settore farmaceutico, prezzi elevati dei farmaci e distribuzione di farmaci non sicuri da parte delle aziende farmaceutiche;
in particolare, vi sono i farmaci antitumorali, una vera e propria ricchezza e risorsa per queste aziende, per i quali la «materia prima aumenta fino ad un milione di volte quando diviene farmaco per il paziente con un incasso nella filiera della produzione/distribuzione enorme che mal si concilia con la necessità obbligata per pazienti con problematiche cliniche al limite della vita», questo è quanto afferma Domenico De Felice, medico, opinionista di sanità sociale in un post personale;
purtroppo, è un dato di fatto che le aziende farmaceutiche più producono, più esportano, e questo esportare non fa che lasciare l'Italia priva di medicinali; si tratta di un circolo vizioso che riguarda tanti, troppi, farmaci che con una regolarità spaventosa, e preoccupante, finiscono all'estero svuotando le farmacie italiane;
ovviamente, i medicinali sui quali maggiormente si cerca il profitto sono i medicinali più innovativi, ad elevato valore terapeutico e quelli che non hanno un equivalente alternativo;
un meccanismo dovuto alla normativa dell'Unione europea che ha disciplinato le esportazioni parallele ed al provvedimento del Governo del 2006 che ha dato la possibilità alle farmacie di essere anche grossisti;
l'ennesima dimostrazione è arrivata qualche giorno fa e riguarda un antitumorale scomparso dal mercato italiano per molto tempo, il Leukeran dell'Aspen, il farmaco «nascosto» all'Italia, ad uso umano adoperato nel trattamento di linfomi non-Hodgkin e di adenocarcinomi ovarici, la cui distribuzione in Italia costava 7,13 euro la confezione da 25 cpr rivestite da 2 mg, ma che veniva esportato all'estero, dove l'incasso, e quindi il costo per il cittadino, era maggiore, oppure, veniva venduto online a costi ancora più elevati ma privi di sicurezza e controlli;
fatto sta che dal 1o aprile 2014 è stata, ammessa la rinegoziazione, del medicinale per uso umano «Leukeran (clorambucile)» ai sensi dell'articolo 8, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, al prezzo al pubblico (IVA inclusa) di euro 94,95, soggetto a prescrizione medica da rinnovare volta per volta (RNR);
dunque il costo della stessa confezione è aumentato da 7,13 euro a 94,95, anche se, essendo in classe A, è a totale carico dello Stato con eventuale ticket;
ovviamente ci si chiede perché sia aumentato così tanto il costo se la molecola è la stessa, e dunque l'azienda non ha dovuto fare nessun esborso aggiuntivo per gli studi clinici e per l'autorizzazione alla immissione in commercio che risale al 2000 –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa ovvero dei costi aggiuntivi che i cittadini italiani hanno in sanità senza alcuna giustificazione, e se non ritenga opportuno fornire chiarimenti che giustifichino il suddetto aumento considerando che il medicinale in questione è stato fuori mercato solo per alcuni mesi;
se il Ministro interrogato intenda interpellare l'Aifa per comprendere cosa sia avvenuto in sede di approvazione della rinegoziazione del costo del farmaco in data 17 marzo 2014. (4-05401)
SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Interrogazione a risposta scritta:
TAGLIALATELA. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 6 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, recante «misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» interviene in materia di incarichi dirigenziali a soggetti in quiescenza, prevedendo il divieto per le pubbliche amministrazioni di conferire incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle medesime a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza, facendo salvi quelli conferiti a titolo gratuito –:
se con la dizione incarichi conferiti si faccia riferimento ad atti deliberativi o alla stipula di contratti. (4-05406)
Apposizione di firme ad una interrogazione.
L'interrogazione a risposta in Commissione Murer n. 5-03146, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Lenzi, Roberta Agostini, Fontanelli, Pollastrini, Beni, Narduolo, Burtone, Patriarca, Albini, Miotto, Carnevali, Grassi, Capone, Fossati, Paola Bragantini, Cenni, Giacobbe, Carloni, Valeria Valente, Incerti, Amoddio, Casellato, Fabbri, Rubinato, Naccarato, Bossa, Zardini, Chaouki, D'Incecco, Bruno Bossio, Cominelli, Carra, Arlotti, Venittelli, Marzano, Carrozza, Carocci, Scuvera, Maestri, Terrosi, Tullo, Gnecchi, Blazina, Gelli, Casati, Amato, Sbrollini.
Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Tentori n. 5-02701 del 24 aprile 2014.
Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Lorefice e altri n. 4-02337 del 30 ottobre 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03160.