XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 8 luglio 2014

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          a far data dalla pubblicazione della legge n.  3 del 2003 è obbligatorio l'indicazione del codice unico di progetto (CUP) per ogni progetto d'investimento pubblico (in particolare si veda l'articolo 11);
          il CUP, che corrisponde ad un'etichetta necessaria a identificare e accompagnare ciascun progetto d'investimento pubblico dalla sua fase di genesi (studi e progettazioni comprese) fino alla sua definitiva conclusione, rappresenta di fatto una sorta di «codice fiscale» del progetto in forma di stringa alfanumerica di 15 caratteri;
          con il CUP, assegnato per via telematica dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), il cui sistema è gestito dal dipartimento per la programmazione e il coordinamento della programmazione economica (DIPE), si persegue l'obiettivo di offrire un sistema univoco di identificazione dei progetti d'investimento pubblico che, oltre a semplificare l'attività amministrativa, serve a rintracciare i dati dello stesso progetto su tutti i sistemi di monitoraggio e conoscere, in maniera aggiornata, le informazioni essenziali relative alle diverse iniziative;
          considerata la delicatezza dell'ambito dei lavori pubblici e la stretta attinenza con l'attività di prevenzione e persecuzione delle infiltrazioni mafiose, gli obiettivi di cui sopra sono stati ulteriormente ampliati alla verifica dei flussi finanziari e della loro regolarità;
          all'articolo 3, comma 5, della legge 13 agosto 2010, n.  136, «Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia» si specifica infatti che «Ai fini della tracciabilità dei flussi finanziari, gli strumenti di pagamento devono riportare, in relazione a ciascuna transazione posta in essere dalla stazione appaltante e dagli altri soggetti [...] il codice unico di progetto (CUP)»;
          all'articolo 91, comma 6, del successivo decreto legislativo del 6 settembre 2011, n.  159, «Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n.  136», si indica chiaramente, nell'ambito delle informazioni antimafia, quanto la regolarità relativa alla disposizione del codice unico di progetto rappresenti un elemento fondamentale per la prevenzione, accertamento e valutazione delle infiltrazioni mafiose, come evidenziato dalla Direzione Nazionale Antimafia (DNA) nella propria relazione annuale del 2010 (pagine 361 e 362);
          si prevede, infatti, che «Il prefetto può, altresì, desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa [...] dall'accertamento delle violazioni degli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari di cui all'articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, [...]. In tali casi, entro il termine di cui all'articolo 92, rilascia l'informazione antimafia interdittiva»;
          ad ulteriore prova dell'importanza riconosciuta alla obbligatorietà del CUP (tale da essere richiamato anche quale «codice antimafia»), alla sua regolarità e alla necessità di inserirlo nelle procedure informative transattive, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della già citata legge n.  136 del 2010, si prevede una sanzione amministrativa pecuniaria «dal 2 al 10 per cento del valore della transazione stessa» anche nel caso in cui «nel bonifico bancario o postale, ovvero in altri strumenti di incasso o di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni, venga omessa l'indicazione del CUP o del CIG e cui all'articolo 3, comma 5»;
          la stessa Autorità di vigilanza dei contratti pubblici (AVCP) nel parere AG 58/13, del 19 dicembre 2013, redatto su richiesta della provincia di Brindisi con oggetto «Tracciabilità dei flussi finanziari», precisa che è «opportuno ricordare che la ratio della legge n.  136/2010 è quella di prevenire infiltrazioni malavitose e di contrastare le imprese che, per la loro contiguità con la criminalità organizzata, operano in modo irregolare ed anticoncorrenziale. A tal fine, tra l'altro, la legge prevede che i flussi finanziari, provenienti da soggetti tenuti all'osservanza del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.  163 (nel seguito, Codice dei contratti) e diretti ad operatori economici aggiudicatari di un contratto di appalto di lavori, servizi o forniture, debbano essere tracciati, in modo tale che ogni incasso e pagamento possa essere controllato ex post»;
          in relazione ai lavori complessivi per la realizzazione della nuova linea ad alta velocità Torino-Lione, comunemente detta Tav, il CIPE con delibera n.  86 del 18 novembre 2010 «Programma delle infrastrutture strategiche (legge n. 443/2001) Nuovo collegamento internazionale Torino-Lione: cunicolo esplorativo de La Maddalena Approvazione progetto definitivo e finanziamento» ha assegnato un codice unico di progetto successivamente risultato erroneo poiché riferito ad una altro e diverso progetto, quello della «Linea AV/AC Milano-Verona – territorio multi provinciale – realizzazione tratta Treviglio-Brescia»;
          segnalazioni dell'erroneità commessa dal CIPE nel 2010 sono state inviate, con posta elettronica certificata e fax, in data 21 ottobre, 10 novembre e infine 14 dicembre 2011, dall'avvocato Massimo Bongiovanni per conto della comunità montana valle di Susa e Val Sangone all'Autorità di vigilanza dei contratti pubblici e alla direzione nazionale antimafia;
          in occasione della segnalazione, lo stesso avvocato richiedeva, oltre all'accertamento della erroneità del codice unico di progetto (CUP) assegnato dal CIPE, una verifica sugli eventuali limiti e problematiche in merito alla effettiva e sostanziale tracciabilità dei flussi finanziari originati dal 2010 in poi in riferimento agli appalti aventi ad oggetto la realizzazione del tunnel geognostico de La Maddalena a Chiomonte, ed assegnati a varie società dalla Lyon-Turin Ferroviarie (LTF), società individuata dal CIPE medesimo quale, proponente l'opera;
          non ricevendo alcun riscontro nel corso dell'anno successivo alle segnalazioni di cui sopra il predetto Avvocato, in data 14 settembre 2012, inviava una nuova comunicazione all'Autorità di vigilanza dei contratti pubblici, nonché al Prefetto di Torino, al Comando Regionale Piemonte della Guardia di Finanza e al Ministero dell'Interno specificando che il CUP utilizzato da LTF risultava ancora difforme e ne richiedeva una verifica puntuale. Segnalazione ulteriore viene poi rivolta telefonicamente presso gli uffici del dipartimento interministeriale per la programmazione economica (DIPE);
          solo dopo oltre due anni dall'errore commesso dal CIPE, e dopo circa un anno dalla segnalazione dell'avvocato della comunità montana Val di Susa e Val Sangone, la Presidenza del Consiglio dei ministri, con comunicato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 9 ottobre 2012, correggeva l'erronea assegnazione del codice unico di progetto effettuato dal CIPE con la delibera n.  86 del 18 novembre 2010, attribuendo l'esatto codice unico di progetto: C11J050000300001;
          secondo le ricostruzioni dello stesso avvocato risulterebbe che, a fronte della prima segnalazione, la Direzione nazionale antimafia di Roma abbia inviato la segnalazione medesima alla direzione distrettuale antimafia, presso la procura della Repubblica di Torino, con conseguente apertura di un procedimento penale registrato al n.  410/12 K;
          successivamente all'apertura di tale procedimento in data 19 novembre 2012 veniva delegata la direzione investigazioni generali operazioni speciali (Digos) di Torino per i seguenti due accertamenti: «Prego, in particolare, verificare quanto indicato nella segnalazione in relazione al CUP (codice unico di progetto) e alle problematiche evidenziate circa la tracciabilità delle transizioni finanziarie derivanti dagli appalti attribuiti alla (N.D.R. dalla) LTF»;
          la Digos di Torino, in data 7 febbraio 2013, delegava a sua volta il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Torino – sezione tutela spesa pubblica nazionale, per appurare le ragioni dell'errata assegnazione del CUP;
          il Nucleo di polizia tributaria eseguiva la verifica sulla erroneità del CUP richiesta dalla Digos di Torino segnalando l'avvenuta correzione del CUP così come comunicato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri in data 9 ottobre 2012 e ne dava comunicazione in data 8 marzo 2013 alla Digos di Torino. A sua volta quest'ultima inviava propria relazione alla procura della Repubblica di Torino;
          dalle predette due relazioni non si evince siano stati svolti accertamenti alcuni in ordine alle problematiche ed agli ostacoli alla tracciabilità delle transazioni finanziarie – originate dagli appalti affidati dalla LTF – conseguenti all'utilizzo di un CUP errato;
          tali accertamenti erano stati, invece, espressamente richiesti dalla procura della Repubblica di Torino;
          in data 22 marzo 2013 la procura della Repubblica di Torino richiedeva l'archiviazione del procedimento e ne veniva disposta l'archiviazione da parte del giudice delle indagini preliminari in data 4 aprile 2013;
          la Val di Susa ha il triste primato di avere il primo comune sciolto per mafia;
          al tempo della vigenza del CUP errato una delle società appaltatrici della L.T.F., era la Italcoge S.p.a. impresa che avrebbe avuto stretti rapporti con soggetti appartenenti alla ’ndrangheta piemontese, in particolar modo con certo Giovanni Iaria nato a Condofuri (Reggio Calabria) il 20 febbraio 1947, affiliato alla ’ndrangheta piemontese ed esponente del «locale di Cuorgnè», circostanza rinvenibile nella informativa 19 dicembre 2011 del comando provinciale di Torino;
          la predetta società Italcoge avrebbe avuto alle proprie dipendenze anche il capo della «locale» ’ndranghetista di Cuorgnè, certo Bruno Antonio Iaria (nato a Condofuri – RC – il 5 luglio 1965);
          sono evidenti le preoccupazioni in merito agli ormai noti mancati controlli, che, in merito al caso in oggetto, hanno permesso per circa due anni lavori e finanziamenti di un'opera pubblica affetti da gravissime irregolarità in tema tracciabilità dei flussi finanziari e, conseguentemente, a rischio di infiltrazione da parte della criminalità organizzata, senza la possibilità di accertamento su quanto avvenuto nelle transazioni precedenti la fine del 2012  –:
          se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa con particolare riferimento al mancato accertamento, delle problematiche connesse all'utilizzo dell'errato codice di identificazione del progetto del tunnel geognostico de La Maddalena ed, in particolare, sull'evidente ostacolo della tracciabilità dei flussi finanziari originati dagli appalti gestiti dalla società Lyon-Turin Ferroviarie dal 2010 sino alla data della correzione del CUP da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri dell'ottobre 2012;
          se sia a conoscenza del fatto che la prefettura di Torino, destinataria anch'essa della informativa sull'erroneità del CUP, provvide a redigere un «Protocollo d'intesa ai fini della prevenzione dei tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata tra Prefettura di Torino tra la Lyon Turin FerroViarie Sas e le Organizzazioni Sindacali ove a pagina 14 veniva dedicato il Capo III alla «Tracciabilità dei flussi finanziari»;
          se il Governo alla luce di questa incertezza, oltre che della evidente infrazione della normativa vigente, non ritenga di dover procedere alle dovute verifiche in merito alla natura, alla portata e a qualsiasi ulteriore dato che possa essere utile, in merito alle transazioni e ai flussi finanziari originati dalla LTF e riferiti al progetto del tunnel geognostico Tav di Chiomonte, per il periodo intercorso tra la delibera n.  86 del CIPE, 28 novembre 2010, e la correzione del CUP assegnato, 9 ottobre 2012.
(2-00617) «Dadone, Castelli, Della Valle, Bechis, Busto, Chimienti, Crippa, Paolo Nicolò Romano, Nuti, D'Uva».


      La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
          la strada statale 372 Telesina (SS 372) ha inizio presso il casello di Caianello della A1 Milano-Napoli e termina a Benevento, sul raccordo autostradale 9 di Benevento, all'intersezione con la strada statale 7 Appia;
          questa arteria riveste notevole importanza per la comunità locale contribuendo alla fondamentale via di collegamento del capoluogo sannita con la sua provincia occidentale (Telese Terme); maggiore importanza, poi, assume sotto il profilo regionale e nazionale perché permette di raggiungere agevolmente l'A1 (quindi Roma) dall'intero beneventano e, inoltre, costituisce un percorso alternativo tra la stessa A1 ed il casello di Benevento della A16 Napoli-Canosa;
          sino alla recente riorganizzazione della viabilità gestita dall'ANAS intorno a Benevento, il tracciato terminava sulla strada statale 88 dei Due Principati in località Masseria De Cicco. A seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 novembre 2004, la statale ha assimilato il tratto di strada statale 88 che la separava dal raccordo autostradale 9 di Benevento (RA9) e la tangenziale Nord Est di Benevento fino all'innesto con il citato RA 9 (impropriamente considerata parte integrante di quest'ultimo), raggiungendo la sua estensione attuale;
          la sede stradale è composta da una sola carreggiata sull'intero tratto che termina alle porte di Benevento: diviene a doppia carreggiata solo nei tratti da poco assimilati e prima inclusi rispettivamente nella strada statale 88 e nel raccordo autostradale 9;
          per tutta l'estensione in provincia di Benevento vigono su questa strada limiti di velocità molto restrittivi: 80 km/h quello massimo (persino in doppia carreggiata con corsia di emergenza), 60 km/h in prossimità degli svincoli;
          questa arteria ha registrato, negli ultimi dieci anni, un notevolissimo aumento del traffico; tuttavia il tracciato è rimasto uguale alla posa della prima pietra (negli anni 60/70). Proprio per questo l'ANAS ha inserito nel programma «Grandi Opere» del Governo Berlusconi (Delibera CIPE n.  121/2001 relativa al 1o Programma delle infrastrutture strategiche, emanata in attuazione della legge n.  443 del 2001 – legge obiettivo – e confermato dal documento «infrastrutture Prioritarie» redatto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il raddoppio di tutto il tracciato della 372;
          la delibera CIPE del 2011 aveva individuato gli interventi strategici prioritari per l'attuazione del Piano nazionale per il sud e aveva assegnato alla Telesina 90 milioni di euro a copertura della quota pubblica, a cui va aggiunta l'assegnazione programmatica (delibera CIPE del 2006) di 110 milioni, per un totale quindi di 200 milioni di euro;
          all'esito dell’iter parlamentare di conversione del decreto-legge n.  69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  98 del 2013, cosiddetto «decreto del fare», le risorse destinate alla Telesina divennero pari a 400 milioni di euro;
          il citato decreto-legge all'articolo 25, comma 11-ter, recita: «Le proposte dei soggetti promotori per l'approvazione dei progetti preliminari, anche suddivisi per lotti funzionali in coerenza con le risorse finanziarie disponibili, degli interventi di adeguamento della S.S. 372 “Telesina” tra lo svincolo di Caianello della S.S. 372 e lo svincolo di Benevento sulla S.S. 88 nonché del collegamento autostradale Termoli-San Vittore devono essere sottoposte al CIPE per l'approvazione entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
      Le risorse già assegnate con delibera Cipe n.  100 del 2006 (...) e quelle a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate assegnate con delibera CIPE n.  62 del 2011 (...) relativa al Piano sud sono destinate esclusivamente alla realizzazione della predetta opera di adeguamento della S.S. 372 “Telesina”.
      La mancata approvazione delle proposte determina l'annullamento della procedura avviata e la revoca dei soggetti promotori»;
          insomma le risorse erano sottratte alla Termoli-San Vittore e assegnate alla Caianello e il promotore, Net Engeneering, sarebbe decaduto se non fosse stato approvato il progetto preliminare al Cipe entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge (9 agosto);
          tale approvazione del progetto preliminare non è avvenuta, con la conseguenza che il promotore, Net Engeneering, è decaduto il 10 novembre 2013;
          nel corso della riunione del CIPE di venerdì 4 luglio 2014, i Fondi destinati alla Benevento-Telese-Caianello sono stati quindi azzerati, impedendo di procedere al raddoppio di una strada essenziale per l'area del Sannio, già per troppo tempo teatro di incidenti mortali;
          crea sconcerto che sia stata liquidata secondo l'interpellante con tanta leggerezza e superficialità la realizzazione dell'infrastruttura nonostante la presenza, all'interno della compagine governativa di chi, profondo conoscitore della questione, avrebbe potuto illustrare e sostenere l'importanza fondamentale dell'opera per una zona che ne ha immenso bisogno e che ne attende la definizione da anni;
          si è appreso che i fondi inizialmente previsti per l'esecuzione dei lavori della «Telesina», sono stati dirottati dal Governo ad altre finalità che non comportano benefici per il beneventano  –:
          se il Governo non ritenga di fornire adeguate risposte sul motivo per cui non si è dato seguito al cosiddetto decreto-legge del «Fare», che prevedeva che il progetto preliminare dell'opera di ampliamento della «Telesina» dovesse essere approvato entro il 10 novembre 2013;
          se il Governo non ritenga opportuno spiegare i motivi per cui non si è proceduto a bandire la gara per la realizzazione dell'opera infrastrutturale ed alla revoca del promotore, così come previsto dal decreto-legge cosiddetto del «Fare», pubblicato il 9 agosto 2013;
          se il Governo non ritenga di fornire adeguate spiegazioni sui motivi che hanno determinato la destinazione ad altre finalità di fondi già stanziati per i lavori di raddoppio e di messa in sicurezza della strada Benevento-Telese-Caianello;
          se il Governo, sulla base delle considerazioni espresse in relazione all'importanza strategica dell'infrastruttura «Telesina», non ritenga di reperire i fondi necessari per avviare un'opera essenziale per assicurare lo sviluppo e la sicurezza di un'importante zona del sud del Paese, intervento tanto più necessario se si pensa alle esigenze di crescita, di sicurezza e di espansione di un territorio che sta compiendo sforzi enormi per risollevarsi economicamente e socialmente in uno dei momenti più complessi e difficili della sua storia recente.
(2-00620) «De Girolamo».

Interrogazione a risposta orale:


      MARTELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          il Veneto nella serata del 7 luglio 2014 è stato colpito da una violenta ondata di maltempo che ha investito buona parte del territorio regionale;
          dopo le ore 19 piogge insistenti e copiose hanno colpito in particolare la città di Padova, il padovano e il comprensorio veneziano;
          una vera e propria bomba d'acqua, accompagnata da forte vento, ha provocato l'abbattimento di alberi e allagamenti;
          molte sono state le chiamate ai vigili del fuoco per richieste di intervento per allagamenti, soprattutto in garage e scantinati, oppure per la rimozione di alberi e rami dalla circolazione stradale;
          numerosi alberi sono caduti a causa delle forti raffiche di vento, per questo anche la circolazione ferroviaria tra Venezia e Treviso e tra Padova e Vicenza, ha segnato ritardi;
          i vigili del fuoco di Mestre sono intervenuti almeno in un centinaio di casi tra Padova e Mestre per danni a tetti di abitazioni e cadute di grondaie;
          anche a Vicenza la pioggia ha provocato numerosi danni, mentre la zona di Lonigo è stata colpita da una violenta grandinata  –:

          se e quali iniziative il Governo intenda assumere per dichiarare ove richiesto per le zone maggiormente colpite lo stato di emergenza in considerazione dei danni arrecati la cui quantificazione è ancora in corso. (3-00924)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      LOREFICE, GRILLO, DALL'OSSO, DIENI, BARONI e MANTERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il 22 luglio 2009, il Ministro delle pari opportunità pro tempore, il presidente dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, il presidente dell'Istituto nazionale per l'assicurazione infortuni sul lavoro, il presidente dell'Istituto affari sociali e il presidente della Fondazione italiana endometriosi hanno stipulato un protocollo d'intesa sul delicato tema dell'endometriosi;
          con tale convenzione le parti si sono impegnate nella promozione di campagne di sensibilizzazione, informazione e comunicazione pubblica sulla tematica dell'endometriosi; si sono impegnate a costituire un tavolo tecnico presso il Dipartimento per le pari opportunità per la verifica e la valutazione di strumenti normativo-istituzionali tesi a promuovere pratiche di sostegno alle donne affette da endometriosi o esposte a rischio di malattia;
          le parti hanno concordato di dare priorità e di intervenire in particolar modo sui luoghi di lavoro e i fattori che possono avere un ruolo nella progressione della malattia, e di favorire una sinergia con tutte le realtà locali al fine di diffondere una presa di coscienza dei problemi che la patologia può avere nella vita delle donne;
          tale protocollo d'intesa ha validità 5 anni a decorrere dalla data di stipula  –:
          quale sia l'esito del tavolo tecnico che con il protocollo d'intesa le parti si sono impegnate a costituire;
          se, dopo la stipula della convenzione, siano stati stanziati fondi per sostenere le iniziative di prevenzione, di comunicazione e la ricerca;
          quali iniziative si intendano promuovere in prossimità della scadenza del protocollo che avverrà il 22 luglio 2014. (5-03189)

Interrogazione a risposta scritta:


      CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nonostante il perdurare della vacanza del capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco il 30 maggio 2014 a seguito del pensionamento per raggiunti limiti d'età dell'ingegnere Alfio Pini, il Consiglio dei ministri del 30 giugno 2014, pur effettuando nomine e promozioni varie, non ha ritenuto necessario procedere alla indispensabile nomina di tale importante riferimento istituzionale per il soccorso pubblico di questo Paese;
          tale vuoto istituzionale sta producendo un periodo di stasi amministrativa che determina: una mancanza d'indirizzi operativo-gestionali indispensabili per la gestione ottimale del servizio di soccorso pubblico, una mancanza di indirizzi operativi nella gestione della flotta aerea antincendi in questo momento necessari all'attuale campagna antincendi boschiva e una snervante attesa per le promozioni necessarie a coprire i posti di responsabile dei soccorsi regionali e provinciali – cosa di assoluta priorità visto il concomitante periodo di maggior rischio incendi, il perdurare della mancata convocazione (ormai da oltre due anni) del consiglio di amministrazione per lo scrutinio per merito comparativo, per le promozioni a primo dirigente ed a dirigente superiore (peculiarità questa riservata ai soli vigili del fuoco), la mancata mobilità nazionale per i livelli dirigenziali da parte del consiglio di amministrazione (dirigenti superiori e primi dirigenti), determinante ai fini del buon andamento del servizio e, quindi, dell'espletamento delle competenze istituzionali attribuite ai vigili del fuoco, la mancanza di promozioni a ruolo aperto da parte del consiglio di amministrazione, del restante personale del Corpo che ha scaturito vuoti operativi ed amministrativi di servizio tecnico nei comandi provinciali;
          non può inoltre sottacersi l'impegno che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco comunque sta profondendo per la lotta agli incendi boschivi che, già ad oggi, per la sola Sicilia ha visto più di 1000 interventi per lo spegnimento dei roghi, ma anche per l'impegno nella partecipazione all'assistenza per i numerosi sbarchi degli immigrati che stanno interessando il sud dell'Italia in un'estate che si preannuncia particolarmente calda sotto tutti gli aspetti;
          per le ragioni esposte, la Confsal vigili del fuoco ha dichiarato lo stato di agitazione nazionale della categoria richiedendo l'attivazione della prevista procedura di conciliazione, in mancanza della quale ha minacciato di attuare tutte le iniziative sindacali previste, nonché il ricorso allo sciopero nazionale di categoria  –:
          quali iniziative intendono assumere il Presidente del Consiglio dei ministri ed il Ministro interrogati per superare l'attuale situazione di stasi venutasi a determinare e che, a giudizio dell'interrogante e della Confsal-vigili del fuoco nuoce al servizio di prevenzione, sicurezza e soccorso operato dalla categoria in favore della cittadinanza. (4-05436)

AFFARI ESTERI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
          dal luglio 2012 è in corso una battaglia sanguinosa nella città più grande e popolosa della Siria, Aleppo, città divisa tra i quartieri in mano lealista e le zone controllate dai ribelli, a loro volta incalzati da sudovest dalle truppe governative;
          la città vecchia di Aleppo è patrimonio dell'umanità riconosciuta dall'UNESCO dal 1986 e ha subito danni gravissimi, Il minareto della splendida moschea degli Omayyadi è stato distrutto, il suk medievale, testimone di una storia di intensi scambi con l'Europa e l'Asia, è andato in fiamme;
          dal 1915 la città di Aleppo ha accolto gli armeni perseguitati e scacciati dalle regioni anatoliche e successivamente si è aperta ai rifugiati provenienti dalla Turchia, in particolare cristiani. Attualmente, al contrario, chi riesce a fuggire da Aleppo, cerca la salvezza per la propria incolumità nei campi per i rifugiati in Turchia;
          le forze di opposizione hanno bloccato l'erogazione dell'acqua e la gente ha riaperto i vecchi pozzi, spesso vicini a moschee o chiese;
          la popolazione di quasi due milioni di persone è stremata e non può uscire dalla città, in particolare i cristiani in quanto Aleppo, la città con più cristiani del Medio Oriente dopo il Cairo e Beirut, luogo di convivialità tra religioni e etnie diverse, è in buona parte circondata da islamisti radicali;
          vi è stato un vasto consenso parlamentare e di significativi esponenti dell'opinione pubblica italiana e mondiale all'appello, in merito, lanciato dal Professor Andrea Riccardi e dalla Comunità Sant'Egidio;
          circa 300 mila cristiani soffrono e guardano al proprio futuro con angoscia e preoccupazione senza alcuna via di fuga come sta accadendo ai cristiani iracheni che vivono a Mosul, ai quali è impedito anche celebrare la messa, a causa dell'offensiva ISIS;
          la soluzione della creazione di corridoi umanitari potrebbe contribuire a garantire un accesso stabile e sicuro alla città alle organizzazioni umanitarie neutrali. Il personale del Comitato internazionale della Croce Rossa è entrato ad Aleppo portando acqua e cibo per una settimana;
          contemporaneamente si dovrebbe consentire ai cittadini di uscire da Aleppo in condizioni di sicurezza. A tale scopo la creazione di una forza di interposizione a guida ONU sarebbe auspicabile, ma richiederebbe la collaborazione del regime di Assad  –:
          quali urgenti iniziative intenda porre in essere al fine di coinvolgere la comunità internazionale in un'azione umanitaria efficace per arrivare ad «Aleppo Città Aperta» attraverso la creazione di corridoi e aiuti umanitari straordinari, analogamente a quanto accaduto durante la Guerra Fredda a Berlino.
(2-00619) «Marazziti, Dellai».

Interrogazione a risposta scritta:


      RIZZETTO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          si apprende dai giornali di stampa che Marco Vallisa, 53 anni, tecnico specializzato italiano che lavora in Libia, è irreperibile da sabato 5 luglio 2014 insieme a due colleghi stranieri, uno bosniaco e l'altro macedone. I tre tecnici – tutti dipendenti della ditta di Modena «Piacentini Costruzioni» – sono scomparsi a Zuwara, nell'ovest della Libia;
          il Governo di Tripoli ritiene che gli scomparsi siano stati rapiti, come dichiara l'emittente panaraba Al Arabiya. La Farnesina, da parte sua, conferma che il connazionale Marco Vallisa è a tutt'oggi irreperibile e che le verifiche del caso sono ancora in corso;
          a parere dell'interrogante, come già più volte espresso in precedenti interrogazioni concernenti il rapimento di operai italiani in Libia, si ritiene che vi siano delle gravi responsabilità del Ministero degli affari esteri per la scomparsa di Marco Vallisa, poiché non sono stati adottati i necessari provvedimenti per tutelare la sicurezza dei dipendenti delle imprese italiane che operano in territorio libico considerando la situazione a rischio sicurezza che sussiste in tale Stato;
          il predetto Ministero è ben consapevole che molte imprese italiane operano in tale territorio e dei rischi a cui sono quotidianamente sottoposti i lavoratori, pertanto, la scomparsa di Marco Vallisa continua a confermare l'incapacità della Farnesina di adottare incisi provvedimenti per tutelare l'incolumità fisica di coloro che lavorano in tale Stato;
          inoltre, come già denunciato dall'interrogante, la situazione è resa più grave dal fatto che il Ministero degli affari esteri non si adopera adeguatamente per la liquidazione dei crediti delle imprese italiane in Libia successivi alla crisi dell'anno 2001;
          la mancata liquidazione di tali crediti, determinando la crisi delle aziende coinvolte, ha costretto, a rischio di vita, gli imprenditori e gli operai delle stesse a continuare ad operare in Libia pur di far «sopravvivere» tali attività;
          negli anni, tali fatti sono stati denunciati più volte dalle imprese, tra cui la friulana Bitumi International srl, al Ministero degli affari esteri, tuttavia, ad oggi, tali realtà risultano totalmente abbandonate dalle istituzioni, sia per quanto concerne la sicurezza dei lavoratori che rispetto alla liquidazione dei crediti di cui sono titolari le imprese italiane;
          su tale questione, con atto del 27 febbraio 2014, il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Mario Giro, ha fornito risposta all'interrogazione del 4 febbraio 2014 (4-03364), che non è stata ritenuta soddisfacente dall'interrogante, in particolare, relativamente alle misure predisposte per l'incolumità dei lavoratori italiani in Libia nonché i provvedimenti adottati per la liquidazione dei crediti  –:
          se e quali provvedimenti siano stati adottati dal Ministro interrogato per rintracciare Marco Vallisa, tecnico dell'impresa «Piacentini Costruzioni» di Modena, scomparso in territorio libico;
          se e quali interventi siano stati posti in essere dal Ministro interrogato per tutelare i lavoratori delle imprese italiane che operano in Libia, considerando la situazione a rischio sicurezza che sussiste in tale Stato;
          se e quali concreti provvedimenti abbia adottato per risolvere la ben nota situazione che vede una moltitudine di imprese italiane in attesa, da molti anni, della liquidazione di crediti in Libia, costringendo le stesse, per stato di necessità, a continuare ad operare in territorio libico al fine di far sopravvivere le proprie attività. (4-05441)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


      GUIDESI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA, RONDINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          sul quotidiano «Libero» del 1o luglio 2014 sono apparse notizie allarmanti su un ritrovamento da parte della società Sotris, controllata da Hera S.p.A, di 1500 tonnellate di rifiuti pericolosi, altamente tossici, nel comune di Bologna nel cantiere edile di ristrutturazione dell'area, aperto di fianco agli uffici della società, sotto la sede storica in viale Berti Pichat 2/4, proprio nel centro di Bologna;
          la questione risale al 28 maggio 2008, emersa casualmente durante le intercettazioni effettuate dalla Guardia di finanza nel corso dell'indagine su appalti truccati;
          i funzionari intercettati parlano di due vasche piene di cianuri, naftalene e creosoti e delle modalità di smaltimento di tali rifiuti pericolosi, in parte nell'inceneritore di Ravenna; i rifiuti pericolosi sarebbero rimasti dall'epoca della vecchia officina, nella sede storica di Hera, dove dal 1862 al 1960 si è distillato il carbon fossile, lavato con il naftalene, e trattato il gas, con cianuri, solfocianuri, vari catrami e ossidi di azoto; si tratta dell'area ove oggi sorge l'imponente gasometro, reperto di archeologia industriale;
          tali rifiuti sono cancerogeni e volatili, maleodoranti, assorbibili respirando, mentre il creosoto, utilizzato per le traversine ferroviarie, è anche mutageno;
          il quotidiano riporta inoltre una divergenza tra la reale data del rinvenimento dei rifiuti pericolosi nel cantiere, il 28 maggio 2008, e quella dichiarata nella denuncia effettuata il 18 giugno 2008, per materiale rinvenuto il 17, mentre c’è l'obbligo della dichiarazione delle sostanze inquinanti entro le 48 ore successive al ritrovamento; tale divergenza di date viene confermata anche da un'intervista fatta dallo stesso quotidiano al Pm che seguiva le indagini all'epoca, ma non sarebbe stata aperta un'apposita indagine con notifica di reato;    
          inoltre, si fa riferimento ad una denuncia al procuratore capo di Bologna per «frode», «truffa aggravata» e «plusvalenze ottenute con la vendita di un terreno altamente inquinato» nei confronti di Hera, da parte dell'amministratore delegato della impresa di costruzioni Cogefer srl; tale impresa di costruzioni denuncia Hera, chiedendo un risarcimento danni per quasi 53 milioni di euro, in quanto nelle trattative per la compravendita dei terreni in questione non sarebbe stato esplicitato che si trattasse di terreni altamente inquinati, richiedenti bonifiche ingenti ed estese a tutta l'area, da attuare in tempi lunghi almeno fino al 2017;
          notizie simili sono riportate anche dal quotidiano «il Resto del Carlino» di venerdì 4 luglio 2014; le vasche con i rifiuti pericolosi sarebbero separate dal bacino idrico di rifornimento della città di Bologna da qualche decimetro di sabbia;
          sono state presentate interrogazioni alla regione Emilia Romagna che ancora non hanno ricevuto risposta  –:
          se il Ministro intenda appurare, per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente se e dove siano state smaltite sul territorio nazionale le 1500 tonnellate di rifiuti pericolosi altamente tossici o se tali rifiuti pericolosi siano ancora seppelliti in viale Berti Pichat, quali siano le reali quantità di tali rifiuti e se si corra il rischio di contaminazione della falda acquifera con ripercussioni gravissime per l'incolumità dei cittadini di Bologna. (4-05432)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta immediata:


      MOLEA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          in base alla legge 22 aprile 1941, n.  633, e successive modificazioni, sono protette dal diritto d'autore le opere dell'ingegno creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo e la forma di espressione;
          il diritto connesso dovuto ai fonografici, ex articolo 73 della legge 22 aprile 1941, n.  633, abbinato al provvedimento del diritto d'autore, come specificato dalla stessa legge, è dovuto da tutti coloro che utilizzano detto mezzo a scopo di lucro, ovvero da chi utilizza mezzi fonografici per far ascoltare la musica di sua scelta, al fine di produrre occasione di divertimento per aumentare la propria potenzialità di entrate;
          nei casi in cui la musica viene utilizzata come aggiunta ambientale o ai servizi resi, per rendere più gradevole la permanenza nei locali dei clienti o del pubblico (diffusione della musica in esercizi pubblici, commerciali, alberghi, villaggi turistici, circoli ricreativi, sale d'attesa e altro, con radio, televisori, filodiffusione, riproduttori di dischi, cd, nastri e altro), la tariffa applicata, in generale, consiste in abbonamenti annuali o periodici, con compensi che tengono conto del tipo di apparecchio utilizzato e della tipologia del locale in cui viene diffusa la musica;
          la Società italiana degli autori ed editori da tempo riserva al settore associazionistico e di volontariato particolari condizioni di trattamento in materia di diritto d'autore per le utilizzazioni di repertorio amministrato dalla sezione musica in occasione di attività spettacolistiche, culturali e ricreative svolte nell'ambito degli scopi statutari delle singole strutture associative;
          anche le società sportive dilettantistiche hanno l'obbligo di corrispondere alla Società italiana degli autori ed editori (Siae) il compenso connesso per le esecuzioni musicali dal «vivo» o a mezzo apparecchi sonori o videosonori effettuate ad esclusivo sostegno di corsi di ginnastica (artistica, ritmica, aerobica, corpo libero e altro) e durante gli allenamenti e le gare;
          le tariffe applicate sono concordate periodicamente con le associazioni di categoria degli utenti rappresentative a livello nazionale e approvate dagli organi sociali della Società italiana autori editori (Siae);
          il decreto legislativo n.  460 del 1997, nel disciplinare il sistema fiscale degli enti non commerciali e, in particolare, dei soggetti di tipo associativo, individua e diversifica le categorie, prevedendo differenti trattamenti all'interno degli stessi enti di tipo associativo, fra i quali riconosce le associazioni di promozione sociale;
          la centralità dello sport, esplicitata nelle società sportive dilettantistiche, si dimensiona ormai quale ammortizzatore sociale ed opportunità di inclusione. Purtroppo, le società sportive di base vivono una fase di grandissima difficoltà accentuata dalla crisi economica –:
          se non ritenga opportuno considerare la possibilità di assumere iniziative per l'esenzione totale dal pagamento del compenso previsto per il diritto d'autore, nei casi in cui l'esecuzione della musica cosiddetta «d'ambiente» venga utilizzata funzionalmente ad altre attività dalle società sportive dilettantistiche, che costituiscono il grande tessuto connettivo dell'attività di base. (3-00925)


      PALESE e RUSSO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          sono da considerare servizi pubblici essenziali sia i musei che i siti archeologici ed è necessario un intervento normativo che aggiunga i siti culturali alla lista dei luoghi pubblici essenziali, con la possibilità «in casi eccezionali» di precettare il personale per scongiurare le chiusure;
          è notevole il difficile lavoro che tutti i livelli istituzionali, dall'Europa al Governo, al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, agli enti locali, sino ai lavoratori stanno facendo per aggiungere Pompei all'elenco dei servizi pubblici essenziali e per scongiurare le chiusure e tutelare i diritti dei visitatori;
          il Codacons ha presentato un esposto alla procura di Napoli, alla Corte dei conti della Campania e alla Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, denunciando i sindacati che, riunendosi, hanno impedito l'accesso dei visitatori al sito archeologico di Pompei;
          è fondamentale, come il Ministro interrogato ha ribadito in più occasioni, investire su cultura, talenti, conservazione del patrimonio e anche sul futuro quale condizione per rendere l'Italia vincente nella competizione globale;
          la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia ha convocato i sindacati a un tavolo di confronto sui gravi problemi ancora aperti e ai lavori dell'assemblea generale dell’European broadcasting union, associazione delle televisioni di servizio pubblico del vecchio continente; il soprintendente Massimo Osanna ha chiuso un accordo con i sindacati sulla questione delle aperture notturne;
          è urgente un incontro tra sindacati e Ministro interrogato per definire un quadro di regole chiare di comportamenti reciproci tra le amministrazioni e i rappresentanti dei lavoratori, per evitare che ogni fisiologico contrasto sfoci nell'interruzione del servizio pubblico e della fruizione dei beni –:
          come il Governo intenda attivarsi per portare a conclusione la trattativa con i sindacati, garantendo l'apertura dei siti archeologici di rilievo per scongiurare le chiusure e tutelare i diritti dei visitatori.
(3-00926)


      FORMISANO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          nel mese di giugno 2014 assemblee sindacali di lavoratori hanno ritardato l'accesso del pubblico dell'area degli Scavi di Pompei, costringendo turisti giunti da tutto il mondo a sostare sotto il sole, formando lunghe code;
          non si tratta di un caso isolato. Infatti, il 6 febbraio 2014, solo per citare un episodio, un bus con 50 turisti cinesi venne deviato su Amalfi per rimediare all'impossibilità di visitare il sito di Pompei, sempre a causa di agitazioni di lavoratori;
          in precedenza, il 28 giugno 2013, dopo l'ennesimo sciopero che aveva bloccato 500 turisti fuori dagli Scavi, il presidente della Commissione nazionale per l'Unesco Giovanni Puglisi fece appello al Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore Letta affinché intervenisse, dato che «questi scioperi sono un grave danno per il Paese»;
          lo stesso presidente Puglisi si è ora rivolto al Ministro interrogato per chiedere l'intervento del Governo in questa vertenza infinita tra soprintendenza e lavoratori;
          gli Scavi di Pompei sono visitati ogni anno da circa due milioni di turisti e, come ha giustamente detto il Ministro interrogato nei giorni scorsi, «sono servizi pubblici essenziali»;
          il Ministro interrogato, in una sua intervista, annunciava la sua volontà di giungere alla modifica della normativa sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali, inserendovi anche i siti culturali, come, ad esempio, Pompei, in modo da poter giungere «in casi eccezionali» alla precettazione del personale per «scongiurare le chiusure», affermando, inoltre, che il tema della chiusura dei luoghi di cultura deve essere affrontato e risolto alla radice;
          appare inaccettabile, pur nel rispetto del diritto di sciopero, la evidente tendenza ad usare come «arma di ricatto» la chiusura dei luoghi di cultura, in particolare quello archeologico di Pompei, colpendo puntualmente turisti italiani e stranieri e causando gravi danni d'immagine all'intero Paese –:
          se il Ministro interrogato abbia concretamente posto in atto quelle iniziative annunciate pubblicamente e, in caso affermativo, quali esse siano e in che tempi sia prevista la loro presentazione al Consiglio dei ministri, per imprimere quell'inversione di tendenza necessaria affinché il patrimonio culturale italiano diventi finalmente volano della rinascita economica del Paese. (3-00927)


      RICCIATTI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          il decreto firmato il 20 giugno 2014 («Determinazione del compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi ai sensi dell'articolo 71-septies della legge 22 aprile 1941, n.  633») dal Ministro interrogato dispone che siano versati tributi da chi distribuisce, nel nostro Paese, smartphone, tablet, pc, chiavette usb ed una miriade di altri analoghi dispositivi e supporti di registrazione;
          il quotidiano la Repubblica riporta come l'equo compenso – previsto dal 2003 – è dovuto ai detentori di diritto d'autore: si applica per i dispositivi che contengono una memoria, per coprire la possibilità degli utenti di fare una «copia privata». Il pagamento del compenso grava su supporti e apparecchi;
          le nuove tabelle sostituiscono quelle del 2009, con un ritardo di più di due anni, dato che la fonte delle regole italiane in materia è una direttiva europea (29/2001), che impone ogni tre anni l'aggiornamento dell'equo compenso. Con le nuove tariffe, è previsto un aumento dei costi. A lamentarsi sono state le associazioni di imprese digitali, che hanno spiegato come le nuove tabelle provocheranno un aumento di 2,5 volte del gettito del 2013, gestito dalla Siae, la Società italiana autori editori. Un incremento che «non riflette le evoluzioni delle tecnologie», hanno denunciato, sottolineando come il rischio sia quello di disincentivare la diffusione nel nostro Paese delle nuove tecnologie;
          in base alle stime, è stato calcolato come il gettito totale sarà di 157 milioni di euro, con «un aumento del 150 per cento rispetto al 2013», come ha dichiarato il presidente di Confindustria digitale, Elio Catania;
          la disciplina europea stabilisce che l'equo compenso debbano pagarlo i consumatori sul presupposto che utilizzino taluni supporti e dispositivi per fare una «copia privata» di opere musicali o cinematografiche regolarmente acquistate e ammettendo – in via eccezionale e esclusivamente per una questione di praticità di prelievo – che le regole nazionali possano prevedere un obbligo di versamento del compenso da parte dei produttori e distributori che sono, evidentemente, di meno e più facilmente identificabili;
          tra i dispositivi più colpiti ci saranno smartphone, tablet ed hard disk. Se in passato si pagava soltanto 90 centesimi di equo compenso sui primi e nulla sui secondi, adesso i costi saranno di 3, 4, 4,90 e 5,20 euro (in base alla memoria). Sugli hard disk gli aumenti arriveranno fino a trenta euro, quasi il 30 per cento del costo prima del decreto;
          acquistare un dispositivo digitale in un altro Paese d'Europa, magari utilizzando uno store on line, costerà meno dell'acquisto in Italia;
          il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo aveva assicurato che le nuove tariffe non si sarebbero tradotte in aumenti per il consumatore finale, ma secondo Altroconsumo non c’è alcuna garanzia che questo avvenga. Anzi, in vista ci sono ricorsi al tribunale amministrativo regionale –:
          se il Ministro interrogato non ritenga di assumere iniziative volte a riconsiderare tutta la normativa sull'equo compenso per copia privata, a partire dalle tariffe già esistenti in Europa, invece di scaricare su produttori e consumatori in maniera indiscriminata quella che si può considerare una vera e propria tassa. (3-00928)


      PICCOLI NARDELLI, COSCIA, ASCANI, BLAZINA, BOSSA, CAROCCI, COCCIA, CRIMÌ, D'OTTAVIO, GHIZZONI, MALISANI, MALPEZZI, MANZI, NARDUOLO, ORFINI, PES, RAMPI, ROCCHI, ROMANINI, PAOLO ROSSI, VENTRICELLI, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          il decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo 27 giugno 2014, n.  94, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  149 del 30 giugno 2014, ha modificato il decreto ministeriale n.  507 del 1997;
          in base alla nuova regolamentazione è stata istituita la «Domenica al museo» nel corso della quale, ogni prima domenica del mese, tutti i luoghi della cultura statali saranno visitabili gratuitamente; inoltre, è stata rafforzata l'iniziativa «Una notte al museo», prevedendo, almeno due volte l'anno, l'apertura notturna dei musei e dei siti archeologici al costo di un euro e tutti i venerdì i grandi musei (compresi Colosseo, Pompei ed Uffizi) prolungheranno l'apertura di due ore e saranno visitabili fino alle 22;
          domenica 6 luglio 2014 si è svolta la prima domenica a porte aperte, che ha coinvolto tutti i circa 420 musei e luoghi della cultura statale. Secondo notizie apparse sulla stampa, i primi dati relativi alla partecipazione segnano un risultato davvero importante: solo per citare alcuni casi, sono state registrate oltre 12 mila presenze a Pompei, quasi 28 mila per il Colosseo, oltre 2.000 al Museo archeologico di Napoli, 2 mila a Castel Sant'Angelo, 1.250 alla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma, 1.520 agli Scavi di Ercolano, 4.573 contro i 1.380 della prima domenica di luglio 2013 alla Reggia di Caserta;
          tale scelta si pone in linea con le politiche dell'Unione europea in materia e intende rilanciare la fruizione pubblica dell'immenso patrimonio artistico italiano che nel lungo periodo potrebbe condurre a concrete prospettive di crescita turistica;
          inoltre, gli effetti del decreto ministeriale n.  94 del 2014 potranno essere ulteriormente potenziati con le novità previste dal decreto-legge 31 maggio 2014, n.  83, recante disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo, attualmente all'esame della Camera dei deputati;
          infatti, tale decreto-legge rappresenta un'autentica rivoluzione nell'ambito della cultura e del turismo e introduce strumenti concreti ed operativi per sostenere il patrimonio culturale e rilanciare il settore turistico;
          solo per citare alcune misure, sarà detraibile il 65 per cento delle donazioni che le singole persone e le imprese faranno in favore di musei, siti archeologici, archivi, biblioteche, teatri e fondazioni lirico-sinfoniche. Anche le strutture turistiche potranno contare su significativi tax credit, pari al 30 per cento delle somme investite in interventi di ristrutturazione, ammodernamento e digitalizzazione. I proventi della bigliettazione per la prima volta rimarranno nelle casse dei musei e si prevede la possibilità di introdurre per le grandi realtà la figura del manager. Inoltre, saranno previsti per il settore meccanismi di mobilità e assunzioni –:
          quali siano i dati ufficiali registrati rispetto alle presenze e in che modo si intendano consolidare le iniziative intraprese negli ultimi mesi per rilanciare il settore. (3-00929)


      PIEPOLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          a causa della spending review si registrano forte difficoltà da parte delle biblioteche – sia quelle deputate alla conservazione, gestite dallo Stato, che quelle di lettura gestite dagli enti locali – a fare fronte alla gestione ordinaria, tanto che sono state intaccate in alcuni casi anche le cosiddette spese incomprimibili;
          per quanto riguarda le 46 biblioteche pubbliche statali (35 più altre 11 annesse ai monumenti nazionali) ricadenti sotto il controllo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, la progressiva diminuzione di finanziamenti risale ad anni antecedenti l'attuale crisi;
          il bilancio annuale di gestione delle biblioteche è andato, infatti, diminuendo con il passare delle leggi finanziarie: tanto per dare una idea, il bilancio del 2012 è stato inferiore a quello del 1994, senza tener conto dell'erosione del potere di acquisto della moneta;
          di pari passo è crollato il numero dei lettori e delle opere consultate o prese in prestito, mentre, per quanto riguarda i dati del personale, basti pensare che in 15 anni sono stati assunti solo 21 funzionari di biblioteca e che l'età media del personale in servizio è calcolata intorno ai 56 anni;
          il taglio ai finanziamenti alle biblioteche ha avuto come effetti conseguenti il calo del numero degli abbonamenti e un rallentamento nel ricambio delle attrezzature informatiche, nel restauro e nelle operazioni di tutela del materiale bibliografico;
          ovviamente il taglio maggiore lo ha sostenuto l'aggiornamento delle collezioni, che rappresenta il presupposto stesso della loro esistenza. Senza nuove acquisizioni le biblioteche perdono identità e ruolo e perdono competitività rispetto a quelle presenti negli altri Paesi, facendo arretrare il nostro;
          le biblioteche sono istituzioni che fanno parte della formazione e della costruzione democratica di un Paese e, come tali, non possono essere abbandonate –:
          se non ritenga di adottare iniziative volte a sostenere le biblioteche dal punto di vista finanziario e a programmarne il rilancio, rendendole centri dove far convivere informazione, ricerca e svago, così come avviene nel resto d'Europa. (3-00930)


      DORINA BIANCHI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          il patrimonio artistico e culturale del nostro Paese, allo stato attuale, non è adeguatamente conservato e, anzi, in molti casi risulta fortemente a rischio;
          nonostante il 50 per cento del patrimonio artistico mondiale si trovi nel nostro Paese, il settore dell'offerta culturale non riesce a produrre ricchezza e posti di lavoro: i maggiori musei delle città d'arte italiane non figurano ai primi posti tra quelli più visitati nel mondo: il Louvre di Parigi ed il Metropolitan di New York, soltanto per citarne alcuni, registrano un maggior numero di visitatori rispetto ai maggiori musei del nostro Paese;
          la maggior parte dei musei più famosi e visitati del mondo hanno da tempo adeguato i loro spazi espositivi alle moderne tecnologie, procedendo speditamente verso processi di digitalizzazione dei musei, verso l'applicazione delle più avanzate tecnologie per rendere questi luoghi visitabili anche in maniera alternativa;
          i musei italiani, invece, oltre che arretrati sul piano tecnologico, registrano anche problemi di risorse finanziarie, l'assenza di una legge che consenta la detraibilità fiscale dei contributi privati a tutela, conservazione e valorizzazione dei beni pubblici e la possibilità dei musei stessi di trattenere gli introiti della bigliettazione, destinati come si sa allo Stato –:
          quali iniziative il Governo intenda assumere per tutelare il patrimonio artistico-culturale del nostro Paese, adeguando i musei agli standard internazionali, procedendo alla tutela ed alla conservazione dei beni culturali ed organizzando il settore in termini tali che possa costituire un importante volano sul piano della ripresa economica ed occupazionale.
(3-00931)


      FEDRIGA, GIANCARLO GIORGETTI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA, RONDINI e SIMONETTI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          il 27 giugno 2014 è cominciata in tribunale a Torino l'udienza preliminare nell'inchiesta sulle irregolarità negli appalti per restauri e altri lavori alla Reggia di Venaria Reale e fra gli imputati figura anche l'ex soprintendente per i beni culturali della regione Piemonte Francesco Pernice;
          l'inchiesta si riferisce a tangenti e appalti truccati per il restauro di dimore storiche, dalla Reggia di Venaria ai Giardini Reali, e le accuse sono di turbativa d'asta, corruzione, falso in atto pubblico e truffa aggravata. Nell'ordinanza di custodia cautelare si parla di assegnazione di lavori pubblici alla Reggia di Venaria da parte di Pernice – direttore del settore conservazione beni architettonici e impianti del Consorzio di valorizzazione La Venaria – a particolari imprese, in cambio di restauri in casa propria a Torino. L'inchiesta è nata in occasione dei lavori di restauro della chiesa di Sant'Uberto, dove vinse l'appalto un'altra impresa indagata; in cambio al figlio di Pernice sarebbe stato assicurato un impiego nella stessa impresa;
          appreso dell'inchiesta, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo aveva avviato un'ispezione amministrativa, con l'impegno che, quando fosse arrivata l'informazione ufficiale dall'autorità giudiziaria, avrebbe adottato i provvedimenti cautelari e disciplinari previsti dalla normativa vigente;
          sotto la lente della procura sono passate tutte le gare d'appalto bandite dal Consorzio La Venaria: dal restauro della Chiesa di Sant'Uberto (per un importo di 150 mila euro) alla sistemazione del Terrazzo del Garove (499 mila euro), dalla realizzazione di parcheggi e viabilità intorno alla Reggia (5,78 milioni di euro) al restyling dei Giardini Reali di Torino (1,75 milioni di euro), fino alle opere di completamento della Certosa di Valcasotto, nel Monregalese (1,99 milioni), che sarebbero state pilotate per favorire alcune ditte. Una parte delle contestazioni riguarda, infine, anche il cantiere per la nuova sede della regione Piemonte, in via Nizza, dove un subappalto per lavori di scavo e movimento terra sarebbe stato interessato da una truffa, e l'esecuzione dei lavori della variante di Borgaretto, dove sarebbe stata messa in atto una frode;
          sotto altri aspetti nella regione Friuli Venezia Giulia, come già rilevato in altri recenti atti di sindacato ispettivo indirizzati al Ministro interrogato, si è riscontrata una rilevante difficoltà nei rapporti tra la soprintendenza gestita dall'architetto Maria Giulia Picchione e i soggetti pubblici locali per ritardi inaccettabili nell'inoltro dei pareri, per assenza di motivazioni a giustificazione di diversa valutazione rispetto alle commissioni locali per il paesaggio;
          un tale comportamento a giudizio degli interroganti rappresenta un grave atto di scorrettezza istituzionale, tale da configurare una lesione dell'autonomia del Friuli Venezia Giulia e, quindi, un conflitto di attribuzione tra regione e Stato;
          a seguito della posizione assunta dalla soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, il consiglio comunale di Trieste, in data 7 aprile 2014, avrebbe approvato la delibera che regolamenta i dehor, ossia gli arredi esterni dei locali, imponendo norme stringenti per i gestori degli esercizi pubblici;
          la delibera è entrata in vigore il 30 aprile 2014 ed entro tale data dovevano essere presentate al comune le domande conformi al nuovo regolamento, le quali hanno richiesto un iter molto complesso, con obbligo di presentazione di un progetto redatto da un professionista;
          gli esercenti, per far accomodare i propri clienti negli spazi esterni circostanti ai locali, sono tenuti ad acquisire l'autorizzazione monumentale da parte della soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia;
          la richiesta monumentale è necessaria per ottenere il rilascio dell'autorizzazione da parte del comune, ma l’iter non ha tempi certi e non prevede la possibilità del ricorso al silenzio-assenso, col rischio di paralizzare l'attività commerciale;
          il danno economico causato dall'entrata in vigore della suddetta delibera è stato rilevante. I gestori che in passato hanno investito negli arredi esterni sono stati costretti, in molti casi, a sostenere nuovi investimenti, i cui costi, specie in questo momento di crisi, sono stati pesanti, con ricadute negative per la clientela, andando a deprimere ulteriormente il settore turistico;
          la totale mancanza di certezza sui tempi di approvazione delle domande rischia di scoraggiare i gestori dall'effettuare gli investimenti necessari, spingendo molti di loro a rinunciare agli spazi esterni, con ricadute negative sul servizio, sull'occupazione e, in generale, sull'economia del territorio;
          è, inoltre, recente, nell'imminenza dell'avvio della stagione turistica estiva, l'invio ad enti locali e strutture ricettive di autorizzazioni contraddittorie, rese anche pubbliche da organi di informazione per tale evidenza, che recitano testualmente: «Vista la documentazione descrittiva degli interventi, quali: tavoli, sedie, sgabelli, tavoli rialzati, divani, poltrone, pedane, fioriere ed elementi perimetrali di cui all'istanza sopra richiamata e ritenuto che gli stessi sono da ritenersi ammissibili in rapporto alle disposizioni del vigente decreto legislativo n.  42 del 2004 (...), questa soprintendenza (...) autorizza a condizione l'esecuzione degli interventi di collocazione di tavoli, sedie, sgabelli e tavoli rialzati, di cui alla documentazione descrittiva pervenuta in allegato all'istanza a riscontro con l'esclusione dei divani, poltrone, pedane, fioriere e pannelli separatori, in quanto tale allestimento impedisce la leggibilità d'insieme e la godibilità dello spazio urbano vincolato ai sensi dell'articolo 10, comma 4, lettera g), del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n.  42 del 2004, e successive modificazioni ed integrazioni»;
          tali provvedimenti presentano secondo gli interroganti un'evidentissima contraddizione tra motivi e dispositivo, che deriva dall'erronea valutazione dei fatti e da un'illogicità e irragionevolezza della motivazione, cosa che di norma è ricondotta all'eccesso di potere –:
          quali siano gli esiti dell'ispezione compiuta dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo negli uffici della soprintendenza per i beni culturali della regione Piemonte, quali conseguenze disciplinari abbia comportato e se il Ministro interrogato non ritenga necessario predisporre un particolare sistema di controllo sull'operato delle soprintendenze, percorrendo anche l'ipotesi di riservare le assegnazioni dei lavori sotto soglia ad imprese di ridotte dimensioni legate al territorio di riferimento, e, in particolare, quali iniziative intenda assumere nei confronti del soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, architetto Maria Giulia Picchione, valutando eventualmente anche l'ipotesi della sua immediata rimozione. (3-00932)


      TAGLIALATELA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          la legge 6 agosto 2013, n.  97, legge europea per il 2013, all'articolo 3, reca «Disposizioni relative alla libera prestazione e all'esercizio stabile dell'attività di guida turistica da parte di cittadini dell'Unione europea. Caso EU Pilot 4277/12/MARK»;
          l'ultimo comma di tale articolo, in particolare, ha previsto l'emanazione di un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo per l'individuazione dei siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico per i quali occorre una speciale abilitazione;
          la citata normativa è stata inserita nella legge europea nell'ambito delle norme di recepimento della «direttiva servizi» e al fine di inibire una procedura d'infrazione a carico dell'Italia, con la quale la Commissione europea contesta la compatibilità con la normativa dell'Unione europea della legislazione nazionale relativa alle guide turistiche;
          la citata procedura di «precontenzioso», tuttavia, è ad avviso dell'interrogante viziata all'origine dal fatto che, riferendosi alla «direttiva servizi», trae, di fatto, origine da un riferimento legislativo errato e avrebbe dovuto essere contestata dal Governo italiano per ragioni di carattere tecnico, proprio perché le guide turistiche esercitano una professione regolamentata, soggetta al regime europeo del riconoscimento dei titoli professionali;
          in questo senso, come è stato rilevato durante l'esame della stessa legge alla Camera dei deputati, la previsione dell'emanazione di un decreto ministeriale nasceva dall'esigenza di «preservare la figura della guida turistica abilitata in Italia quale custode del patrimonio storico, artistico e culturale nazionale, in modo da non confondere la guida turistica con l'accompagnatore turistico», e, secondo la Commissione X del Senato della Repubblica, nell'ambito della procedura di accertamento rispetto a possibili violazioni della «direttiva servizi», può essere «utilmente motivata dai competenti organi di governo la specificità della professione svolta dalla guida turistica (in modo particolare in quei Paesi dove è presente un patrimonio storico e artistico senza eguali), professione rispetto alla quale è da intendersi applicabile la direttiva sulle professioni» –:
          quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere al fine di ristabilire chiarezza in ordine alle corrette normative europee di riferimento in materia di attività delle guide turistiche, nonché al fine di evitare che si possa creare confusione tra le figure di guida turistica e di accompagnatore turistico, al contempo tutelando sia la specificità culturale dell'Italia, sia i livelli occupazionali del settore. (3-00933)

Interrogazione a risposta scritta:


      MORASSUT. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          su un importante quotidiano italiano (Corriere della Sera) è stata riportata il 3 luglio 2014 la notizia che il teatro Eliseo di Roma potrebbe chiudere e cambiare la sua storica e attuale destinazione d'uso teatrale in «balera con annessa struttura di ristorazione»;
          il teatro Eliseo di Roma è un luogo di grande significato e addirittura identitario della Capitale noto in tutta Italia e in tutto il mondo e presso il quale è transitata non solo la storia dello spettacolo teatrale italiano ma della cultura e anche della storia politica del Paese;
          la sua trasformazione in una struttura con finalità commerciali e con caratteristiche di offerta di spettacolo totalmente diversi da quelli attuali e storici determinerebbe un danno per il panorama culturale romano e anche per l'equilibrio urbanistico del rione Monti uno dei rioni storici di Roma che si lega fortemente alla storia del complesso teatrale Eliseo;
          in quel quadrante urbano già negli anni passati si è verificata la chiusura del cinema-teatro Quirinale e del cinema Rialto che certo non hanno portato ad un beneficio del profilo del rione e della città e alla riqualificazione del territorio  –:
          se il Governo non ritenga opportuno avvalersi delle prerogative del codice dei beni culturali e del paesaggio decreto legislativo n.  42 del 2004 ed in particolare di quanto previsto all'articolo 10, comma 3, lettera d), e che consente di porre a vincolo le strutture con determinate destinazioni di uso non di proprietà pubblica;
          se il Governo – qualora tale vincolo risulti già esistente – intenda promuovere, d'intesa con gli enti locali, iniziative utili a garantire la sopravvivenza ed il rilancio di una realtà culturale che rappresenta per Roma un luogo speciale e storico di promozione culturale. (4-05443)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


      RIZZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il 3° stormo dell'Aeronautica militare ha sede presso l'aeroporto di Villafranca di Verona. Attualmente lo Stormo ha il compito principale di assicurare le capacità di «Sopravvivenza Operativa» e il «Sostegno Logistico» ai Reparti e alle componenti mobili del sistema di comando e controllo proiettati a operare al di fuori delle proprie sedi stanziali. Inoltre, cura la predisposizione di procedure, metodologie, attrezzature idonee a ottimizzare e razionalizzare l'attività delle dipendenti articolazioni in occasioni di rischieramenti campali, assicurando la manutenzione degli equipaggiamenti e attrezzature in dotazione;
          la base aerea di Villafranca (VR) presso la quale risiede il 3o Stormo è soggetta ad una ristrutturazione interna, secondo un piano di ristrutturazione gestito da DIPMA (direzione per l'impiego del personale militare dell'aeronautica);
          la ristrutturazione interna prevede la chiusura di due reparti e la cessione alle autorità civili dell'aeroporto di Verona della torre di controllo;
          la ristrutturazione riguarderebbe solo il personale turnista in torre (CTA), mentre è stato coinvolto il personale ATA (assistente traffico aereo) in quanto le due categorie cooperano unitamente e sono inscindibili in qualsiasi altro aeroporto militare italiano;
          il personale over 50 è quello maggiormente in difficoltà avendo una vita consolidata in loco e lo spostamento in altra; sede rischia di comportare la separazione dalla famiglia e comunque gravi difficoltà al proseguimento della vita affettiva e familiare, specie in questo periodo di crisi economica che influisce negativamente su questo personale stremato da interminabili rivoluzioni lavorative e comunque con un'anzianità prossima al congedo in virtù dei 35 anni effettivi di servizio;
          quali siano le ragioni inderogabili che hanno spinto il Ministero della difesa a proporre di trasferire anche il personale over 50 ATA (a differenza di quanto opportunamente pianificato con il personale CTA) in altra sede anziché lasciarlo nell'ente in ristrutturazione con cambio di mansione lavorativa;
          se non ritenga di dover rivedere le decisioni riguardanti la mobilità del personale over 50, rispetto alla legge 86 del 2001 qualora l'Aeroporto/Base militare non sia in chiusura imminente, dando la possibilità di rimanere in sede con mansioni differenti, anche perché tale decisione comporterebbe un notevole risparmio per le casse del Ministero della difesa (gran parte di essi infatti potrebbero essere prossimi alla quiescenza attese le riduzioni di personale già predisposte). (4-05438)


      RIZZETTO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          si apprende dalla stampa che le conseguenze della spending review che ha colpito anche l'Arma dei carabinieri, sono tali da avere ridotto i militari in servizio addirittura «a pane ed acqua», potendo spendere per la cambusa solo 2.60 euro a pasto per ciascuno, mettendo di tasca propria quanto eccede. Inoltre, vengono costretti a provvedere da soli alla preparazione dei pasti;
          tale situazione si aggrava se si pensa che un operatore del 112, numero unico di emergenza, per ogni caserma – sebbene a turno – deve occuparsi delle compere al supermercato e dei rifornimenti della dispensa e poi adoperarsi per assicurare colazione, pranzo e cena ai compagni d'armi. Ciò in un momento in cui, tra l'altro, il crimine sta aumentando mentre gli uomini e le donne del comparto sicurezza diminuiscono, tanto che diversi presidi risultano sguarniti o gravemente sotto organico;
          i generali dello Stato maggiore dell'Arma, pur di diminuire i costi per risparmiare, sono addirittura intervenuti effettuando dei tagli sulle vettovaglie;
          tale situazione ha anche determinato il rischio di intossicazioni alimentari;
          ebbene, è inaccettabile il predetto trattamento riservato a chi rischia la vita e già effettua straordinari quotidiani non retribuiti per combattere la criminalità. Con tali disposizioni, si va a, colpire un comparto, nel tempo, già troppo indebolito pur di effettuare manovre di risparmio  –:
          quali siano le valutazioni del Ministro rispetto ai fatti esposti in premessa;
          se e quali provvedimenti intenda adottare per rimediare alla situazione descritta in premessa in cui sono costretti ad operare i militari in servizio dell'Arma dei carabinieri;
          se e quali iniziative intenda adottare affinché, in generale, siano garantite maggiori risorse e mezzi all'Arma dei carabinieri, che dai fatti denunciati, appare gravemente penalizzata da ingiuste manovre di spending review. (4-05439)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, per sapere – premesso che:
          nei giorni scorsi sarebbe stato siglato dallo Stato un accordo che avrebbe sbloccato 500 milioni di euro a favore della regione siciliana, attraverso l'allentamento del patto di stabilità;
          nell'accordo verrebbe disposto che «La Regione si impegna a ritirare entro il 30 giugno 2014 tutti i ricorsi contro lo Stato pendenti dinnanzi alle diverse giurisdizioni relativi alle impugnative di leggi o di atti conseguenziali in materia di finanza pubblica, promossi prima del presente accordo o, comunque, a rinunciare per gli anni 2014-2017 agli effetti positivi sia in termini di saldo netto da finanziarie che in termini di indebitamento netto che dovessero derivare da eventuali pronunce di accoglimento»;
          in sintesi, per poter incassare subito circa 500 milioni di euro, fondamentali per mettere in sicurezza i conti soprattutto dopo la parifica e i paletti messi dalla Corte dei conti, il Governatore della regione siciliana avrebbe rinunciato a contenziosi che presentano importi di valore molto più alto;
          i ricorda che tra i contenziosi pendenti vi sono quello riguardante l'articolo 37 dello statuto, che stabilisce la competenza in capo alla regione siciliana della quota di imposta relativa alle imprese industriali e commerciali, che hanno la sede centrale fuori del territorio della regione, ma che in essa hanno stabilimenti ed impianti e quello in corso sul fondo di sviluppo economico che vale circa 4 miliardi di euro;
          risulterebbe che tale accordo sia stato firmato non solo senza un'autorizzazione preventiva della giunta regionale ma anche della dovuta informativa al Parlamento regionale, in violazione dello statuto e del regolamento;
          tale accordo interferirebbe sulla trattativa sull'autonomia finanziaria nel contesto del federalismo fiscale avviata nel giugno del 2012 che così ad avviso degli interpellanti viene ne svuotata di significato in spregio alle prerogative statutarie  –:
          se siano a conoscenza dei fatti suesposti e se non ritengano di fornire chiarimenti su tale vicenda.
(2-00616) «D'Alia, Dellai».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


      GEBHARD, PLANGGER, ALFREIDER, SCHULLIAN e OTTOBRE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'accordo bilaterale tra Italia e Svizzera del 3 ottobre del 1974, relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri ed alla compensazione finanziaria a favore dei comuni italiani di confine, ratificato nel nostro ordinamento dalla legge 26 luglio 1975, n.  386, prevede una compensazione finanziaria per l'imposizione operata in Svizzera sulle remunerazioni dei frontalieri italiani, prevedendo un'esenzione fiscale per tali lavoratori nel loro luogo di domicilio in Italia e un riversamento, da parte della Svizzera allo Stato italiano, del 38,8 per cento degli incassi fiscali derivanti dall'attività lavorativa dei frontalieri;
          in provincia di Bolzano esistono 9 comuni di frontiera lungo la fascia dei 20 chilometri di confine (Curon Venosta, Malles Venosta, Glorenza, Tubre, Sluderno, Prato dello Stelvio, Stelvio, Lasa e Silandro);
          solo nel 2012 l'amministrazione finanziaria ha risarcito i comuni sopradetti a titolo di ristorno fiscale relativo all'anno 2010, per un importo pari a 622.389,88 euro per 590 frontalieri residenti in tali comuni di frontiera (lettera del ministero dell'economia e delle finanze 13 novembre 2012) e lo stesso è poi avvenuto anche nel 2013 per il ristorno fiscale relativo al 2011, per un importo pari a 338.968,34 euro per 348 frontalieri (lettera del ministero dell'economia e delle finanze 8 ottobre 2013);
          tale differenza di dati è motivata dal fatto che la Svizzera non riconosce più come frontalieri i cittadini italiani che entrano attraverso il territorio austriaco e questo criterio di esclusione non è mai stato adottato fin da quando è stato siglato l'accordo nel 1974, né è desumibile nella stessa Convenzione né nella prassi si è mai riscontrata una simile interpretazione;
          questo accade soprattutto per i comuni di Curon Venosta e di Malles Venosta, che hanno un solo collegamento stradale attraverso il comune austriaco di Nauders, per poi entrare in territorio svizzero e il tragitto attraverso il Valico di Tubre ed il Passo Forno è troppo oneroso;
          la differenza di frontalieri per il comune di Curon Venosta è di 138 lavoratori: nel 2010 sono stati riconosciuti 142 frontalieri e nel 2011 solamente 4 frontalieri, mentre per gli altri comuni elencati la differenza si aggirerà intorno al 20 per cento;
          a maggio il comune di Curon Venosta ha fatto, di propria iniziativa, un rilevamento di quanti frontalieri attraversano quotidianamente il territorio austriaco per recarsi al loro posto di lavoro in Svizzera e si tratta di 104 frontalieri che attraversano il valico di Resia (IT/AT) e il Valico di Martina (CH/AT), un numero che tende poi ad aumentare con l'inizio della stagione turistica estiva;
          tale novità è stata decisa unilateralmente dalla Svizzera, peraltro anche retroattivamente, e non è stata in nessun modo discussa nell'annuale riunione bilaterale prevista dall'Accordo bilaterale del 1974, che in tal modo mette anche pesantemente in discussione l'erogazione dei ristorni nelle modalità definite, soprattutto con riguardo al Cantone dei Grigioni  –:
          se ritenga opportuno adottare, il più rapidamente possibile, le opportune misure volte a mantenere l'impianto normativo che disciplina l'imposizione fiscale dei lavoratori frontalieri sulla base dell'accordo siglato nel 1974, con particolare attenzione all'erogazione dei ristorni nei confronti dei comuni di confine, che non possono essere privati di risorse fondamentali, tanto più nell'attuale periodo di ristrettezze economiche degli enti locali, garantendo il ristorno fiscale per tutti i frontalieri anche se entrano nel territorio svizzero attraverso il territorio austriaco. (5-03184)


      RUOCCO, VILLAROSA, CANCELLERI, PESCO, ALBERTI, BARBANTI e PISANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          dai dati contenuti nella Relazione sul monitoraggio dello stato del contenzioso tributario e sull'attività delle Commissioni tributarie per l'anno 2013, trasmessa dal Ministero dell'economia e delle finanze con il comunicato stampa n.  145 del 16 giugno 2014, emerge che il 30,66 per cento dei giudizi in primo grado ed il 37,11 per cento dei giudizi in secondo grado, svoltisi innanzi alle commissioni tributarie provinciali e regionali, si sono conclusi con un esito completamente sfavorevole per l'amministrazione finanziaria; a formare tali percentuali di insuccesso, concorrono le numerose pretese impositive manifestamente illegittime o infondate: spesso, invero, si sente parlare di errore nella persona del contribuente; errore materiale nella determinazione dell'imponibile e liquidazione dell'imposta; duplicazione dell'imposta richiesta, ovvero pretese relative a tributi già versati a tempo debito dal contribuente ma che per difficoltà tecniche dell'amministrazione finanziaria o per meri errori materiali compiuti dai contribuenti nella redazione delle deleghe unificate (erronea indicazione dell'anno, del codice tributo, dell'ente impositore, del codice regione, dei codici relativi all'eventuale ravvedimento operoso, e altro) non risultano acquisiti dai relativi sistemi informativi; in tutti questi casi, dunque, il contribuente si trova costretto ad adire l'autorità giudiziaria al fine di rimuovere gli effetti pregiudizievoli derivanti dall'atto impositivo;
          tuttavia, non mancano i casi in cui, nonostante l'evidente illegittimità e infondatezza della pretesa, il contribuente non sempre è in grado di attivare i rimedi giurisdizionali e amministrativi che l'ordinamento mette a disposizione per la tutela delle proprie ragioni: ciò accade a causa del fatto che tanto i ricorsi giurisdizionali quanto il ricorso ai vari istituti deflattivi del contenzioso (reclamo, istanza di adesione, e altro) prevedono dei termini perentori spirati i quali l'azione è preclusa con conseguente definitività degli atti impositivi illegittimi; situazioni di infermità, anzianità, cambio temporaneo della dimora o residenza, difficoltà nel reperire la documentazione probatoria a distanza di anni, indisponibilità monetarie per procacciarsi i servizi di un professionista; tutte queste cause possono oggettivamente rendere difficoltoso adire le vie giurisdizionali nei termini prescritti senza, tuttavia, che da questo possa ritenersi giustificato l'arricchimento dell'erario che espone una indebita pretesa;
          in verità, per ovviare a simili fattispecie, l'ordinamento giuridico tributario ha già predisposto l'istituto dell'autotutela o «jus poenitendi» di cui alla legge n.  656 del 1994; l'autotutela consiste in un riesame del provvedimento di primo grado volto all'annullamento dello stesso, ove ne sussistano i presupposti; con essa, dunque, si riconosce al contribuente il diritto a non essere leso nella propria sfera patrimoniale, per effetto di provvedimenti illegittimi o infondati, che impongono il pagamento di somme non dovute o neghino il rimborso di somme indebitamente versate; per quanto riguarda le ipotesi in cui è possibile ricorre all'autotutela tributaria bisogna riferirsi, invece, a quanto espresso dall'articolo 2, comma 1, del decreto ministeriale 11 febbraio 1997, n.  37; si tratta dei casi di: errore di persona; evidente errore logico o di calcolo; errore sul presupposto dell'imposta; doppia imposizione; mancata considerazione di pagamenti d'imposta, regolarmente eseguiti; mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza; sussistenza di requisiti per usufruire di deduzioni o regimi agevolativi, precedentemente negati; errore materiale del contribuente facilmente riconoscibile dall'amministrazione; in tutti questi casi l'Amministrazione finanziaria è tenuta d'ufficio all'annullamento in autotutela dell'atto impositivo, e ciò in quanto alla base dell'istituto dell'autotutela risiedono comunque ragioni di pubblico interesse; in particolare, il principio costituzionale della capacità contributiva di cui all'articolo 53 della Costituzione, secondo il quale al contribuente deve pagare non più di quanto dovuto in base alla propria effettiva capacità contributiva, ed il principio del buon andamento della pubblica amministrazione stabilito dall'articolo 97, che impone, tra le altre cose, anche la regola dell'economicità dell'azione amministrativa;
          con lettera-circolare 195/S del 5 agosto 1998 il Ministero delle finanze ha osservato, con riferimento al rimedio dell'autotutela, che «non vi è dubbio che una attenta e sistematica correzione degli errori eventualmente riscontrati nell'ambito di tali attività rappresenta non solo un modo per evitare pericolose deviazioni nell'applicazione delle leggi e il conseguente deterioramento del rapporto di fiducia fisco-contribuente ma anche per diminuire i costi del contenzioso e aumentare l'efficienza dell'amministrazione», precisando altresì che «l'esercizio corretto e tempestivo dell'autotutela viene considerato dall'amministrazione non certo come una specie di “optional” che si può attuare o non attuare a propria discrezione ma come una componente del corretto comportamento dei dirigenti degli uffici e quindi, come un elemento di valutazione della loro attività dal punto di vista disciplinare e professionale»; dello stesso avviso è la Suprema Corte di Cassazione, secondo la quale, in presenza di errori nella pretesa dell'amministrazione, lo sgravio in via di autotutela è obbligatorio, in quanto anche l'Agenzia delle entrate, come tutta la pubblica amministrazione, ha il dovere di uniformarsi alle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione (sent. Corte Cass. n.  6283 del 20 aprile 2012);
          è discusso in dottrina se al sistema dell'autotutela tributaria risulti applicabile l'istituto del «silenzio-assenso» di cui alla legge n.  241 del 1990, come modificata dalla legge n.  15 del 2005, stante il quale, trascorso il termine di 90 giorni decorrente dalla data di presentazione dell'istanza da parte del contribuente, essa deve considerarsi accolta anche in assenza di pronuncia da parte dell'ufficio;
          l'eventuale inerzia dell'amministrazione finanziaria nell'emettere un atto in risposta all'istanza presentata del cittadino, inibisce a quest'ultimo la possibilità di esperire il ricorso presso la competente commissione tributaria, in quanto, per consolidata giurisprudenza di merito e di legittimità (Cassazione, sentenze 16776/2005 e 7388/2007), in materia di autotutela tributaria non è ammessa l'impugnazione del silenzio-rifiuto, con la conseguenza che il cittadino deve intraprendere, per vedersi riconosciuti i propri diritti, azioni giudiziarie ben più onerose per se stesso e per lo Stato  –:
          se non ritenga opportuno assumere iniziative, anche di carattere normativo, al fine di implementare il dovere dell'amministrazione finanziaria di pronunciarsi sempre, e con atto motivato, in tutti i casi di istanza di autotutela ovvero di estendere il principio del silenzio-assenso anche al suddetto istituto, onde garantirne la piena efficacia in ossequio alle regole di imparzialità, correttezza e buona fede che sovraintendono l'azione amministrativa. (5-03185)


      MARCO DI STEFANO e CAUSI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          al fine di assicurare risorse al sistema dei beni e delle attività culturali, nonché la copertura finanziaria delle disposizioni ivi previste, l'articolo 14, comma 3, del decreto-legge 8 agosto 2013, n.  91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n.  112, come da ultimo modificato dall'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n.  66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n.  89, dispone che, con determinazione direttoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli da adottarsi entro il 15 luglio 2014, sia incrementato, a decorrere dal 1° agosto 2014, il prelievo fiscale sui prodotti da fumo in misura tale da assicurare maggiori entrate pari a 23 milioni di euro per l'anno 2014 e a 50 milioni di euro a decorrere dal 2015;
          in base ai contatti informali in corso tra il Parlamento e il Governo nell'ambito dell'attuazione della delega fiscale di cui alla legge 11 marzo 2014, n.  23, si apprende che il Governo ha comunicato lo schema di decreto legislativo recante il riordino della tassazione sui tabacchi e sulle cosiddette sigarette elettroniche;
          la riforma della tassazione nel settore dei tabacchi ha lo scopo di restituire organicità e razionalità all'imposta sulla quale, negli ultimi anni, si è intervenuti esclusivamente per fini di copertura finanziaria di agevolazioni eterogenee;
          la riforma sembrerebbe prevedere un intervento organico, articolato sulla sostituzione del prezzo modale con il prezzo medio ponderato, sull'aliquota base per il calcolo dell'accisa, sull'accisa specifica, sull'introduzione di un onere fiscale minimo, sul modello tedesco, in sostituzione dell'attuale meccanismo dell'accisa minima, ormai a rischio infrazione europea per l'Italia e già bocciato dal giudice amministrativo nazionale;
          il meccanismo previsto dalla citata riforma punterebbe a evitare di sfavorire o avvantaggiare i concorrenti presenti sul mercato che si rivolgono a fasce di consumatori diverse, garantendo la tenuta del gettito;
          non è chiaro tuttavia se l'intervento previsto a legislazione vigente sull'accisa entro il 15 luglio avrà modo di coordinarsi con l'intervento più complessivo di riforma, e ciò perché non è ancora certa la data di approvazione dello schema di decreto legislativo e non è chiaro come il provvedimento direttoriale dell'Agenzia delle dogane potrà tenerne conto, atteso che la procedura per l'approvazione definitiva del decreto prenderà almeno un mese dalla sua emanazione  –:
          se non ritenga necessario prevedere un'iniziativa normativa urgente volta a prorogare i termini dell'emanazione del decreto direttoriale di cui all'articolo 14, comma 3, del decreto-legge 8 agosto 2013, n.  91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n.  112, al fine di coordinare i provvedimenti in via di emanazione e prevedendo quindi di inserire l'intervento previsto a legislazione vigente all'interno dell'organica riforma in materia di accise sui tabacchi. (5-03186)


      PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          tutte le analisi economico-finanziarie disponibili individuano nell'inasprimento fiscale e nel cosiddetto credit-crunch, cioè nella contrazione del credito disponibile e la conseguente difficoltà di accedervi in particolare da parte delle PMI, le cause fondamentali dell'attuale congiuntura economica: il credit-crunch, in modo particolare, rappresenta quella condizione di calo significativo o di inasprimento improvviso delle condizioni dell'offerta di credito da parte del sistema bancario che produce per le PMI, spina dorsale del sistema produttivo italiano, un avvitamento finanziario che ne danneggia la fisiologia, arrivando a minarne la residua base patrimoniale;
          i Governi che si sono avvicendati negli ultimi tre anni, hanno dato una risposta ad entrambi i suddetti problemi, ponendo le premesse per rendere il sistema meno banco-centrico;
          il Governo Monti con il cosiddetto decreto «Sviluppo Italia», ha introdotto nel nostro ordinamento due misure: il cosiddetto Aiuto alla Crescita economica (ACE) che, nel prendere atto dello squilibrio esistente fra un finanziamento con capitale di debito e con capitale proprio, riconosce una deduzione dal reddito imponibile del rendimento figurativo degli apporti di capitale e i cosiddetti mini-bond, innovativo strumento di auto finanziamento per le aziende non quotate in Borsa ed attraverso il quale le società possono reperire fondi dagli investitori fornendo in cambio titoli di credito in favore di chi desidera credere nel loro progetto; la norma prevede inoltre espressamente che tale tipologia di finanziamento sia destinata alle PMI con meno di 250 dipendenti ed un fatturato inferiore ai 50 milioni di euro annui, ed, in alternativa, che le aziende possano accedere presentando un totale di bilancio minore di 43 milioni di euro; in ogni caso, dalla stessa normativa, a tutt'oggi, rimangono escluse le cosiddette «micro-imprese»;
          i mini-bond sono, tecnicamente, titoli di credito che un'azienda emette per garantirsi denaro contante da parte di investitori qualificati: si tratta di una particolare forma di auto finanziamento che consente alle società, soprattutto alle piccole e medie imprese, di diversificare la fonte dei loro finanziamenti e ridurre la dipendenza dal sistema bancario, in guisa che, accanto al classico canale bancario, le società possono aggiungere una certa quota di investitori privati e puntare direttamente su sé stesse e sulla fiducia che riscuotono presso i potenziali investitori;
          il Governo Letta, a fine 2013, ha completato tale percorso legislativo inserendo, all'interno del decreto-legge cosiddetto «Destinazione Italia» una norma che amplia la platea degli investitori istituzionali, incentivando, in particolare, l'investimento nei predetti mini-bond da parte delle imprese assicurative e dei Fondi pensione, attraverso la previsione che gli investimenti diretti in obbligazioni, in titoli di cartolarizzazione o in quote di fondi che investono in obbligazioni di PMI saranno compatibili con le disposizioni in materia di copertura delle riserve tecniche delle assicurazioni, stabilite con regolamento dell'IVASS, e dei limiti di investimento dei Fondi pensione;    
          il suddetto decreto-legge «Destinazione Italia» ha il merito di aver spezzato il legame con il credito bancario da cui i mini-bond dipendevano, questo perché il trattamento fiscale sulle garanzie favoriva i prestiti bancari, alle cui garanzie si applicava un'imposta sostitutiva, rispetto alle obbligazioni emesse da società non quotate, le cui garanzie erano tassate con aliquota piena;
          numerosi economisti ritengono molto probabilmente che il mercato dei mini bond rimanga comunque presidiato dalle banche, sia per la loro capacità di originazione delle operazioni, sia per le loro reti di distribuzione: gli stessi economisti prevedono inoltre che lo sviluppo di un mercato dei mini bond di dimensioni adeguate richiederà comunque tempi lunghi e che su un orizzonte più breve, il credito bancario rimarrà il canale di finanziamento preponderante per le imprese  –:
          quali siano, a tre anni di distanza dal loro esordio, i dati sugli effetti dei mini-bond in termini di sviluppo del prodotto, crescita della loro offerta sul mercato, origine dei capitali investiti (Italia o estero), numero e tipologia delle PMI e delle imprese che con successo sono riuscite a collocare i loro titoli. (5-03187)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BENI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il 26 giugno 2014 è stato emanato dal Ministero dell'economia e delle finanze il decreto, da tempo atteso, contenente il modello di dichiarazione Imu e Tasi per gli enti non profit e le relative istruzioni per la compilazione;
          il decreto conferma la possibilità di assoggettare a tassazione parzialmente gli immobili che hanno un utilizzo «misto», essendo adibiti in parte ad attività istituzionali e in parte ad attività commerciali;
          tuttavia, il decreto presenta criticità rilevanti nell'individuazione dei criteri con cui determinare la percentuale di imponibilità degli immobili utilizzati in modo misto dagli enti non profit;
          l'articolo 5 del decreto ministeriale n.  200 del 2012, concernente l'individuazione del rapporto proporzionale tra superficie adibita ad attività commerciale e non commerciare, stabiliva che tale rapporto fosse determinato con riferimento allo spazio utilizzato, al numero di soggetti ai quali sono rivolte le attività con modalità commerciali e al tempo ad esse dedicato;
          al fine di determinare la quota di valore catastale da considerare imponibile, le istruzioni contenute nel decreto del 26 giugno chiedono di sommare e non di rapportare tra loro i tre parametri previsti, con il conseguente innalzamento del valore imponibile ben oltre l'incidenza di ciascuno dei parametri considerati;
          se non sarà messo in atto un correttivo, questa norma comporterà ulteriori aggravi economici per gli enti non profit e la chiusura di molte realtà impossibilitate a far fronte al costante aumento delle tassazioni;
          la riforma del terzo settore annunciata dal Governo dovrebbe rappresentare l'occasione per superare le attuali criticità attraverso un riordino complessivo della fiscalità degli enti non profit ispirato a procedure chiare e non penalizzanti  –:
          quali urgenti iniziative intenda attivare al fine di rimuovere gli errori riscontrati nel meccanismo di calcolo previsto nel decreto contenente il modello di dichiarazione Imu e Tasi per gli enti non profit. (5-03181)

Interrogazione a risposta scritta:


      PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la spesa per gioco legale in Italia è cresciuta dai 14,3 miliardi di euro del 2000 ai 79,9 del 2011, con una stima per il 2013 superiore ai 100 miliardi di euro;
          nello stesso periodo sono state autorizzate costantemente per legge nuove tipologie di gioco autorizzato, fra cui sale Bingo (1999), slot machine (2003), terza giocata del lotto e scommesse big match (2005), corner e punti gioco per scommesse (2006), gioco via sms e gioco on-line a torneo (2008), nuovi giochi ad estrazione istantanea, a totalizzazione nazionale e VLT (2009), bingo a distanza (2011);
          nel 2009 in particolare SISAL lancia Win for Life, consistente nella possibilità di vincere 3 o 4 mila euro per 20 anni;
          tale tipologia di gioco appare, per le sue caratteristiche, indirizzata ad un pubblico caratterizzato da basso reddito o difficoltà di accesso al medesimo, ovvero alla parte più debole della società;
          nei giorni scorsi la stessa SISAL ha immesso sul mercato Vincicasa, che promette di garantire ai vincitori 500.000 euro vincolati all'acquisto di un immobile, rafforzando ulteriormente un messaggio veicolato verso soggetti deboli o indeboliti dalla crisi economica, per i quali la casa, lungi dall'essere un diritto costituzionalmente garantito, appare invece un miraggio irraggiungibile  –:
          se non ritengano tale nuova tipologia di gioco e il modo in cui viene pubblicizzata contraria ai principi contenuti all'articolo 14, lettera a), della legge delega fiscale (legge n.  23 del 2014), laddove si parla di prevenzione dei fenomeni di ludopatia ovvero di gioco d'azzardo patologico, e ancor più ai principi ispiratori e alla lettera del testo del progetto di legge contro la ludopatia all'esame della Commissione affari sociali della Camera;
          cosa si intenda fare, in caso di risposta affermativa, anche per affermare il principio che l'autorità pubblica possa e debba intervenire a tutela della salute pubblica, laddove riscontri un potenziale nocumento. (4-05431)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      DANIELE FARINA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          in data 16 giugno 2014, alla signora Anna Carrossino, di Sant'Olcese, in provincia di Genova, è stato notificato un avviso di garanzia per produzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente;
          la signora è sottoposta ad indagini per aver seminato canapa certificata a scopi industriali: paradossale nella vicenda è che i semi in questione figurano tra le varietà legali a scopo industriale presenti nel catalogo italiano, sia in quello europeo, nonché tra le tipologie ammesse dal Ministero dell'agricoltura;
          in particolare, nel 2013 la Carrossino, aveva acquistato la partita di semi di canapa della varietà «Futura 75» con la consulenza dell'associazione Assocanapa, che riunisce vari produttori di canapa industriale in tutta Italia;
          dopo aver effettuato la semina, agli inizi di giugno 2014, la signora – come prescritto da una circolare del Ministero dell'agricoltura – si è recata a Serra Riccò, stazione-comando Carabinieri Genova Pontedecimo per notificare l'avvenuta semina, dove tuttavia il maresciallo, nonostante le norme vigenti sul tema – che, in particolare, prevedono che la comunicazione in questione debba essere accettata – si è rifiutato di prendere in carico la stessa, facendo piantonare la signora da due carabinieri;
          avvisata dell'accaduto, Assocanapa, tramite i propri legali, ha contattato subito il maresciallo per far presente quanto impone la legge, facendogli anche avere la normativa italiana ed europea, nonché la circolare con la quale il Ministero dell'agricoltura autorizzò la coltivazione di questa specialità di canapa nel 2002;
          alcuni giorni dopo, in data 16 giugno, alla signora Carrossino è stato notificato un avviso di garanzia per violazione dell'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n.  309 del 1990 (produzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente) e l'Agenzia delle dogane di Genova è stata incaricata di sequestrare campioni della canapa coltivata per un esame;
          in seguito, il comando dei carabinieri di Serra Ricò ha chiesto telefonicamente ad Anna Carrossino di presentarsi all'appuntamento con l'Agenzia delle dogane con un difensore di fiducia o di richiederne uno di ufficio. L'ufficiale dell'Agenzia si è presentato al campo di canapa della signora Anna in data 19 giugno 2014 e, oltre a sequestrare alcuni campioni dei semi piantati – per farli analizzare da un chimico, come da lui affermato – ha chiesto la certificazione d'origine dei semi. Certificazione che, come specificato da Assocanapa «non viene rilasciata ai produttori, in quanto vi è già il catalogo ufficiale dell'Ue che certifica il fatto che la specialità di canapa Futura 75 ha percentuali di thc inferiori allo 0,2 per cento (limite stabilito per le coltivazioni legali)»;
          tale episodio non può non destare forte preoccupazione nell'interrogante, e non solo in riferimento alla mancata applicazione della legge in capo a rappresentanti dello Stato, ma anche perché, pur resi edotti rispetto alla normativa vigente, probabilmente mossi da un mero pregiudizio, senza alcun dubbio circa la propria condotta, hanno proceduto ad una serie di atti pregiudizievoli nei confronti dell'interessata: l'ufficiale dei carabinieri che rifiuta di accettare una comunicazione fatta a norma di legge; il sostituto procuratore che firma un avviso di garanzia per una coltivazione perfettamente legale; l'ufficiale dell'Agenzia delle dogane che richiede una documentazione inesistente, in quanto non richiesta dalla legge, e poi sequestra dei semi di canapa, asserendo di volerli fare analizzare da un chimico (mentre, come dovrebbe essere anche noto a chi è chiamato ad applicare la legge, i semi non contengono alcuna concentrazione di thc, che si sviluppa nelle infiorescenze a pianta cresciuta);
          la vicenda, che ha dell'incredibile, costerà alla signora Anna Carrossino non solo in termini di stress, ma anche in termini economici: dovrà, infatti, sostenere spese legali notevoli, visto che dovrà anche nominare un perito di parte  –:
          quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato sui fatti riferiti in premessa;
          come ritenga sia possibile rinvenire casi di sostanziale mancata applicazione della legge in capo a rappresentanti dello Stato che, primi fra tutti, in considerazione del proprio lavoro, dovrebbero conoscere e applicare le norme vigenti;
          quale tipo di iniziative ritenga di dover assumere per evitare che simili episodi abbiano a ripetersi. (5-03188)

Interrogazione a risposta scritta:


      BUSINAROLO, AGOSTINELLI, SARTI, TURCO e COLLETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          in data 7 marzo 2014 il Ministero della giustizia decreta il diario delle prove scritte del concorso a 365 posti di magistrato ordinario, così come indetto con decreto ministeriale 30 ottobre 2013, nonché le procedure identificative e di consegna dei codici e dei testi di legge di cui viene ammessa la consultazione in sede di esami;
          così come disposto dall'articolo 2 del decreto, «i candidati dovranno presentarsi in Roma per l'espletamento delle procedure identificative preliminari e per la consegna dei codici e dei testi di legge di cui è ammessa la consultazione in sede di esami per la preventiva verifica da parte della Commissione»;
          a norma dello stesso articolo «in sede di esame i candidati possono consultare soltanto i testi dei codici e delle leggi e i dizionari della lingua italiana, sulla cui copertina esterna e sulla prima pagina interna il candidato deve indicare, in stampatello, cognome, nome e data di nascita, venendo esclusi, in sede di verifica, tutti i testi non ammessi, in particolare quelli contenenti note, commenti, annotazioni anche a mano, raffronti, richiami dottrinali e giurisprudenziali di qualsiasi genere»;
          le sanzioni di cui all'articolo 2 e all'articolo 4 del decreto ministeriale, prevedono l'esclusione dal concorso per il possesso, successivamente alla dettatura delle tracce, di testi non consentiti o di appunti nonché, per essere contravvenuto alle disposizioni impartite nel corso degli esami, ponendo in essere comportamenti fraudolenti»;
          in conformità di quanto disposto dall'articolo 3 del decreto ministeriale 7 marzo 2014, in data 26 giugno 2014, presso i locali della Fiera di Roma, si è svolta la seconda prova scritta del concorso a 365 posti di magistrato ordinario così come indetto dal decreto 30 ottobre 2013;
          in data 27 giugno l'associazione consumatori CODACONS a seguito di numerose segnalazioni ricevute, ha emesso proprio comunicato in merito a presunte irregolarità avvenute nel corso della seconda prova scritta del concorso, tenutasi presso il padiglione n. 3 della Fiera di Roma;
          così come riportato dal comunicato «tre candidati avrebbero introdotto tre codici commentati con richiami giurisprudenziali, finanche con la presenza del timbro ministeriale», operazione quest'ultima riservata ai componenti della Commissione, previa verifica dell'ammissibilità dei testi in possesso dei candidati;
          l'associazione consumatori CODACONS ha per questi motivi presentato in data 27 giugno 2013 istanza al Ministero della giustizia «chiedendo di prendere visione dei verbali redatti il giorno 26 giugno 2014 nel corso della seconda provai per verificare se sia stata verbalizzata l'irregolarità, il nominativo dei tre candidati in possesso dei codici vietati, e il provvedimento di espulsione ed esclusione degli stessi dal concorso»;
          un articolo apparso in data 4 luglio 2014, sulle pagine della rivista consultabile online «Il Fatto Quotidiano», si denuncia come «segnalazione dopo segnalazione, prende piede il sospetto che anche gli aspiranti magnati della Repubblica commettano illeciti d'ogni tipo pur di diventarlo: smartphone imboscati con cui farsi dettare le risposte, tracce diffuse in anteprima da alcuni rispetto alla dettatura per tutti, codici commentati introdotti abusivamente fino al classico compito collettivo»;
          qualora tali fatti trovassero effettivo riscontro non solamente questi comporterebbero grave e palese violazione delle disposizioni di legge, ma andrebbero ad inficiare la validità stessa dell'intero concorso, data la presenza del timbro ministeriale sui testi che sarebbero stati utilizzati in violazione delle disposizioni sopra richiamate;
          quella del magistrato rappresenta, oggi più che mai, una figura centrale del nostro ordinamento e, secondo lo desso codice etico adottato dall'associazione nazionale di categoria, questi si dovrà comportare sempre con dignità, correttezza, sensibilità all'interesse pubblico, e nello svolgimento delle sue funzioni ed in ogni comportamento professionale egli dovrà ispirarsi a valori di disinteresse personale, di indipendenza e di imparzialità, valori questi tanto più importanti in sede di scelta dei soggetti che dovranno ricoprirne la carica  –:
          se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
          quali urgenti iniziative intenda assumere affinché venga garantita la regolarità del concorso a 365 posti di magistrato ordinario, così come indetto dal decreto, 30 ottobre 2013 e tenutosi nei giorni 25, 26 e 27 giugno 2014, nonché quali misure intenda disporre affinché tali eventi non possano verificarsi per gli anni successivi.
(4-05446)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


      PASTORELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 373, comma 2, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n.  495, recante «Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada», e successive modifiche, dispone l'esenzione dal pagamento del pedaggio autostradale per «i veicoli con targa C.R.I., nonché i veicoli delle associazioni di volontariato e degli organismi similari non aventi scopo di lucro, adibiti al soccorso nell'espletamento del relativo specifico servizio e provvisti di apposito contrassegno approvato con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione e del Ministro dei lavori pubblici»;
          la circolare ministeriale 5 agosto 1997, n.  3973, ha chiarito, conformemente al parere espresso dal Consiglio di Stato nell'adunanza generale del 17 maggio 1993, che l'esenzione è riconosciuta quando i veicoli siano immatricolati a nome di organizzazioni di volontariato legittimate ai sensi della legge 11 agosto 1991, n.  266 recante «legge-quadro sul volontariato», siano adibiti al soccorso con equipaggiamento ed attrezzature che ne identifichino con evidenza tale destinazione, siano impegnati nell'espletamento del relativo specifico servizio e siano muniti dell'apposito contrassegno;
          l'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2014, n.  43, recante «Attuazione della direttiva 2011/76/UE, che modifica la direttiva 1999/62/CE relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l'uso di alcune infrastrutture», prevede che «Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 373 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n.  495, e successive modificazioni, possono essere previste aliquote dei pedaggi ridotte, diritti di utenza ridotti o esoneri dall'obbligo di pagare il pedaggio o il diritto di utenza per (...) autoveicoli di pronto intervento, ivi compresi quelli effettuati mediante ambulanza per il trasporto ed il soccorso di feriti o malati»;
          la società Autostrade per l'Italia spa ha confermato la disdetta, a partire dal 1o luglio 2014, dell'accordo sottoscritto nel 1999, con ANPAS (Associazione nazionale pubbliche assistenze) e con la Confederazione nazionale delle misericordie d'Italia, per la fornitura di telepass esenti in comodato d'uso gratuito;
          i mezzi di soccorso sanitario delle associazioni di volontariato coprono il 70 per cento dei servizi di emergenza e trasporto di malati ed infermi sull'intero territorio nazionale;
          sull'argomento è stata approvata, lo scorso 4 giugno 2014, una risoluzione dalla IX Commissione trasporti della Camera, n. 8-00060, che impegna il Governo a «definire e rendere individuabili i veicoli adibiti al soccorso; a concedere telepass per l'esenzione del pedaggio autostradale in comodato d'uso gratuito senza aggravi burocratici ed organizzativi ai veicoli di soccorso delle associazioni di volontariato, modificando ed integrando le concessioni in essere su tutte le autostrade italiane, senza oneri per il bilancio dello Stato»  –:
          quali iniziative urgenti il Ministro interrogato abbia posto in essere o abbia intenzione di porre in essere al fine di garantire l'esenzione del pedaggio autostradale ai veicoli di soccorso delle associazioni di volontariato, alle associazioni di pubbliche assistenze e alle confederazioni delle misericordie dando così attuazione all'impegno assunto con la risoluzione di cui sopra. (4-05440)


      PALAZZOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la mattina di lunedì 7 luglio in Sicilia si è verificato il crollo di alcune campate del viadotto Petrulla, lungo la strada statale 626 tra Licata e Canicattì. Alla base del suddetto crollo ci sarebbe un cedimento strutturale;
          il crollo ha coinvolto due autovetture che sono precipitate a causa dello smottamento, un successivo tamponamento a catena che ha visto coinvolte diverse automobili e ha provocato il ferimento di quattro persone tra cui una donna incinta e un bambino;
          nonostante al momento non ci siano né indagati, né ipotesi di reato a parere dell'interrogante è opportuno far luce su quanto è accaduto perché la sicurezza delle nostre strade e dei cittadini che vi transitano non può essere un tema da sottovalutare;
          secondo una prima ricostruzione sembra che improvvisamente una parte del manto stradale abbia ceduto provocando un vistoso avvallamento nella parte iniziale del viadotto, proprio mentre le automobili stavano transitando, non facendo in tempo ad evitare di finire giù;
          fortunatamente il cedimento strutturale si è verificato nella parte iniziale visto che il viadotto Lauricella arriva anche a 60 metri di altezza;
          secondo quanto ha reso noto l'Anas a crollare è stata una campata del viadotto «Petrulla» (risalente alla fine degli anni settanta, lungo 492 metri e costituito da 12 campate) al km 4,350 della «Licata-Braemi», nel territorio di Licata (Agrigento). La strada è stata chiusa al traffico in entrambe le direzioni tra lo svincolo Licata Calandrino/Innesto strada statale 123 di Licata e deviato su percorsi alternativi;
          sempre secondo i tecnici dell'ANAS, la causa del crollo di una delle campate del viadotto «Petrulla», sembrerebbe imputabile a una rottura delle travi in cemento armato precompresso che sostenevano l'impalcato;
          si ritiene opportuno ricordare che nel 2009, sempre sulla statale 626, era crollato un altro viadotto denominato «Geremia II». Per la vicenda nel 2013 sono stati condannati due tecnici dal gup del tribunale, Lirio Conti. Un anno e cinque mesi per i geometri Aldo Afeltra e Bruno Flore, mentre sono stati rinviati a giudizio il direttore tecnico della società Rizzi di Rovigo, costruttrice del viadotto, Luca Manfredini in qualità di direttore dei lavori, Francesco Lombardo dell'ANAS di Palermo e Luca Rizzi, amministratore delegato della stessa azienda;
          il crollo era avvenuto sulla strada statale 626 Caltanissetta-Gela, nel territorio di Butera, il 28 maggio del 2009, appena tre anni dopo l'inaugurazione. Goffredo Polisanti, amministratore delegato in successione dell'impresa Rizzi di Rovigo, e Corrado Ciolli, componente tecnico della commissione di collaudo, sono stati giudicati in precedenza;
          il viadotto «Geremia II» ebbe un primo cedimento strutturale il 21 maggio 2009, creando un gradino di 50 centimetri contro cui finirono un poliziotto in sella alla sua moto e l'automobile di un autista da noleggio che stava accompagnando a Palermo una donna con i suoi due figli. Rimasero tutti feriti, e in particolare la donna, che subì la frattura scomposta delle vertebre cervicali. Anche l'anno scorso un altro viadotto era crollato nell'Agrigentino mentre il 2 febbraio del 2013 era franato il ponte Verdura sulla statale 115 tra Agrigento e Sciacca. In quella circostanza fortunatamente non vi furono feriti –:
          se il Ministro non intenda intervenire immediatamente affinché si proceda alla verifica di tutti gli interventi necessari atti sia a ripristinare in tempi rapidi la viabilità che a prevenire eventuali problemi sulle altre campate del viadotto;
          se il Ministro non intenda acquisire tutte le informazioni necessarie atte ad escludere che lungo il percorso alternativo individuato (deviazione sulla strada statale 115 e proseguimento sulle strade statali 576, 410 dir, 123 fino all'incrocio con la strada statale 644) non vi siano rischi di altri eventi franosi che possano mettere a rischio l'incolumità degli automobilisti;
          se il Ministro non intenda procedere ad una mappatura per quanto di competenza sullo stato della rete viaria stradale e autostradale siciliano e nazionale al fine di mettere in sicurezza le strade ed evitare così che fatti come quelli descritti in premessa non debbano più ripetersi.
(4-05445)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
          negli ultimi 40 giorni, a causa delle condizioni favorevoli del mare e del clima estivo, l'area jonica, in particolare Taranto, ha dovuto gestire l'accoglienza di numerosi profughi: quasi 6000 persone, tra uomini, donne e minori, provenienti per lo più dalla Siria, Somalia, Africa Sub-Sahariana;
          gli arrivi, molti dei quali concentratisi peraltro in pochissimi giorni, sono ricollegati all'operazione «Mare Nostrum», e hanno visto la mobilitazione di istituzioni locali e volontari impegnati ad ospitare, sfamare e curare persone disperate che fuggono da guerra, miseria e povertà, con tutte le difficoltà connesse all'elevato numero di profughi e alla carenza di strutture per gestirlo;
          non solo Taranto, ma anche alcuni comuni limitrofi, hanno offerto un'immediata risposta solidale per assicurare un'accoglienza più degna possibile – nonostante le difficoltà nelle quali si son trovati ad operare – con particolare impegno non solo dall'amministrazione, ma soprattutto dei volontari di associazioni presenti sul luogo; in aiuto ai medici ed infermieri del 118, si son resi disponibili colleghi in turno di riposo e volontari;
          l'emergenza cui è chiamato il territorio pugliese, lungi dall'avere i caratteri dell'eccezionalità, pare aver assunto un carattere «strutturale», cui il territorio non può continuare a far fronte, paventandosi un vero e proprio collasso del sistema di accoglienza;    
          basti pensare che sarebbero presenti molti minori non accompagnati rispetto ai quali, a causa del collasso delle strutture di accoglienza per minori le misure previste dalla normativa in tema sono state avviate con notevole ritardo, mentre la loro custodia è stata garantita con standard molto al di sotto di quella prevista dalla normativa vigente;
          in tale ottica appare particolarmente preoccupante l'ipotesi, che il Governo starebbe valutando, di fare del porto di Taranto l'unico «hub» di accoglienza, tanto più in considerazione della grave carenza di strutture che consentano un'assistenza adeguata;
          la gestione dell'arrivo e dall'accoglienza di così tanti migranti parrebbe quindi solo a carico delle istituzioni locali, nonché delle strutture del volontariato – seppur con un supporto del sistema della protezione civile regionale e del servizio sanitario regionale – che stanno mettendo in campo uno slancio solidale senza limiti; come evidente, la situazione richiede un immediato ripensamento della strategia nazionale intrapresa, soprattutto se il fenomeno dovesse prolungarsi ancora per molto tempo;    
          ferma restando la generosa disponibilità dei tarantini, e più in generale dei pugliesi, sarebbe quindi necessario individuare immediatamente, prima del collasso, altri porti-hub che consentano una gestione sostenibile e distribuita degli arrivi, come anche supportare il territorio di risorse umane e finanziarie decisamente più idonee rispetto a quelle oggi disponibili;
          al fine di assicurare il rispetto delle condizioni di dignità umana, vi è in particolare anche la necessità di rendere disponibili strutture in grado di ospitare un alto numero di persone e pronte all'utilizzo, quali ad esempio strutture militari usate per l'addestramento dei militari di leva, oggi in disuso;
          il decreto-legge n.  140 del 2005 recepisce la direttiva europea del 2003 su norme minime per l'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale in cui si stabilisce che i richiedenti dopo l'identificazione vengono accolti in CARA (centri accoglienza richiedenti asilo) o SPRAR. Ovviamente, con il numero alto di arrivi già nel corso della primavera 2013, le disponibilità di accoglienza sono saltate e sono stati istituiti centri di accoglienza straordinaria (CSA) senza alcuna pianificazione sul territorio italiano;
          dopo la strage di ottobre 2013 e la conseguente istituzione della missione Mare Nostrum con esiti positivi, il Governo non ha provveduto ad individuare una strategia di accoglienza e distribuzione pianificata sul territorio nazionale dei richiedenti, pur nella consapevolezza dell'alto numero di numeri di sbarchi che, l'Italia si sarebbe trovata ad affrontare;    
          ad oggi non è ancora noto un piano di distribuzione di richiedenti sul territorio nazionale; il Governo fa gravare sulle prefetture la responsabilità della collocazione dei richiedenti in sistemazioni di fortuna e assolutamente inadeguate per l'accoglienza di persone. Quasi ovunque, dalla Sicilia alla Campania, passando per Calabria e Puglia, vengono utilizzate palestre e palazzetti sportivi dismessi e privi delle adeguate strutture igieniche e di sicurezza per gli ospiti e per gli operatori professionali e volontari;
          particolare allarme desta la situazione dei minori stranieri non accompagnati. Da mesi si assiste alla loro collocazione in strutture inidonee, con la difficoltà di collocazione in strutture come previsto dalla legislatura vigente, a causa della mancanza del finanziamento dedicato. Rimane, infatti, onere del comune dove il minore viene sbarcato, sostenere i costi dell'eventuale collocazione. Di fatto ci troviamo con svariate centinaia di minori stranieri non accompagnati fermi da mesi in attesa di inserimento. Gran parte di questi decide di allontanarsi e affrontare nuovi viaggi con il rischio concreto di essere vittime di tratta. Il Governo così facendo si sottrae di fatto al dovere di protezione dei minori;
          nonostante si sia in un evidente stato di emergenza, il Governo continua a gestire la situazione senza prevedere alcun intervento strutturale a valle degli sbarchi, nonostante alcune sedi deputate ad «hub» (punto di smistamento) come Taranto siano collocate in aree militari con la presenza di diverse strutture idonee all'alloggio di persone, con un numero totale di posti superiore ai millecinquecento, immediatamente utilizzabili;
          ad avviso degli interpellanti, il Governo non può rimanere indifferente rispetto alla necessità di interventi connessi alle operazioni di salvataggio e, più in generale, al rispetto delle convenzioni internazionali sul tema dell'accoglienza  –:
          quali siano le informazioni e gli orientamenti del Ministro circa quanto riferito in premessa e, in particolare, rispetto ad interventi urgenti e indispensabili, anche a seguito di quanto ha avuto luogo negli ultimi giorni nel tarantino rispetto alla gestione dei massicci arrivi di profughi, ai fini di un'accoglienza degli stessi che sia dignitosa e rispettosa dei diritti umani;
          se il Ministro interpellato sia realmente intenzionato a rendere il porto di Taranto un hub di accoglienza e, in caso affermativo, come ritenga di riorganizzare l'intero sistema di gestione dell'accoglienza sul territorio per renderlo adeguato all'emergenza in corso.
(2-00618) «Duranti, Pannarale, Fratoianni, Matarrelli, Costantino, Melilla, Palazzotto, Piras, Ricciatti, Pellegrino».

Interrogazioni a risposta scritta:


      DANIELE FARINA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          da mesi il comune di Milano sta gestendo, pressoché in solitudine, l'emergenza profughi;
          da ottobre ad oggi sono infatti circa 12.000 le persone ospitate – tra le quali 3.600 minori – principalmente siriani ed eritrei in transito verso il Nord Europa;
          gli arrivi hanno visto la mobilitazione immediata dell'amministrazione e di volontari impegnati ad accogliere persone disperate che fuggono da miseria e povertà, con tutte le difficoltà connesse all'elevato numero di profughi e alla carenza di strutture per gestirlo;
          i centri di accoglienza sono infatti pieni e la gestione di quella che ha assunto ormai il carattere di una vera e propria emergenza è di fatto lasciata al solo impegno delle istituzioni locali, nonché delle strutture del volontariato, che stanno mettendo in campo uno slancio solidale senza limiti;
          al fine di scongiurare il collasso del sistema di accoglienza, sarebbe necessario supportare il territorio di risorse umane e finanziarie decisamente più congrue rispetto a quelle ad oggi disponibili;
          l'emergenza cui è chiamata Milano pare aver assunto un carattere ormai «strutturale», cui il territorio riesce a far fronte ormai a fatica;
          in tale contesto, non può non sottacersi il rifiuto del presidente della regione Lombardia a farsi carico anche parzialmente dell'emergenza illustrata  –:
          quali informazioni e orientamenti il Ministro interrogato intenda esprimere circa i fatti riferiti in premessa;
          se e con quali modalità ritenga di intervenire a supporto dell'amministrazione locale al fine di garantire misure immediate atte a scongiurare il collasso del sistema di accoglienza a Milano;
          se il Governo non intenda attivarsi per l'applicazione della direttiva 55/2001, recepita dal nostro Paese, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi. (4-05429)


      RIZZETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          si apprende dalla stampa delle dichiarazioni del dirigente sindacale dell'Ugl polizia del Friuli Venezia Giulia, Raffaele Padrone, che denuncia i continui tagli delle risorse alla sicurezza per combattere la criminalità che diventa sempre più minacciosa e strutturata anche rispetto all'innovazione tecnologica;
          a Pordenone verranno chiusi due presidi di polizia – posto Polfer di Casarsa della Delizia e la sezione della polizia postale di Pordenone – a seguito del progetto messo in atto dal Ministero dell'interno e dal dipartimento della pubblica sicurezza sulla razionalizzazione delle risorse e dei presidi della polizia di Stato, che prevede la chiusura di 261 uffici sul territorio nazionale, di cui 2 in provincia di Pordenone per un totale di 12 in Friuli Venezia Giulia, una situazione questa che mina seriamente il diritto dei cittadini alla sicurezza;
          si denunciano le problematiche legate alla situazione del sovraffollamento delle carceri. Su questo tema – dichiara Raffaele Padrone – vengono gravemente trascurate le condizioni lavorative degli operatori della polizia penitenziaria, sottoposti ad un quotidiano stress che spesso li porta al suicidio, già 6 i casi nei primi mesi del 2014. A riguardo, Non sembra di certo una soluzione al sovraffollamento rimettere in libertà circa diecimila detenuti, anziché costruire nuovi carceri;
          ed ancora, aspre critiche vengono rivolte all'operazione Mare Nostrum, promossa nell'ottobre dello scorso anno dal Ministro dell'interno, Angelino Alfano, per la quale l'Italia spende 9,5 milioni di euro per l'accoglienza dei clandestini, pari a 114 milioni all'anno e a fronte di tali costi, l'Europa contribuisce con soli 9 milioni di euro per l'intero anno. Meno di un dodicesimo della spesa effettiva. Inoltre, rispetto a tale operazione si denunciano le precarie condizioni igieniche sanitarie in cui sono costretti a lavorare gli operatori delle forze dell'ordine, denunciate più volte dall'Ugl polizia. Ben 5 agenti sono risultati positivi al test della tubercolosi e ciò era prevedibile visto che a Pordenone, anche durante l'ultimo arrivo di 34 clandestini, gli agenti hanno vigilato su di loro provvisti solo di guanti e mascherina;
          l'Ugl polizia del Friuli Venezia Giulia denuncia quindi un grave indebolimento della sicurezza, che mette in serio rischio non solo la tutela dei cittadini ma determina altresì condizioni lavorative inaccettabili per i lavoratori della polizia di Stato;
          si evidenzia inoltre che tra tutti i 28 Paesi membri dell'Europa, l'Italia per quanto riguarda il comparto sicurezza si distingue poiché investe poco in tecnologia e nell'incremento della presenza sul territorio, di uomini e donne delle forze dell'ordine  –:
          quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato rispetto ai fatti esposti in premessa;
          se e quali necessarie ed urgenti misure ritenga di adottare per far fronte alla grave situazione del comparto sicurezza che viene denunciata in premessa.
(4-05435)


      CATANOSO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
          così come ampiamente previsto e più volte denunciato agli organi competenti, con l'arrivo del primo caldo stagionale, la Sicilia è stata interessata da diverse emergenze incendi occorse in tutte le province della Sicilia;
          per fronteggiare le stesse, in alcuni casi, sono state chiamate ad operare in quei territori squadre provenienti da altri Comandi. Complessivamente nelle giornate del 23 e 24 giugno 2014, i vigili del fuoco hanno svolto più di 600 interventi per spegnimento incendi che hanno interessato oltre mille ettari fra boschi e macchia mediterranea. Inoltre, la mancanza di misure di prevenzione e cura del territorio si stanno acuendo le criticità sul fronte degli incendi boschivi;
          la regione siciliana non ha ancora disposto la realizzazione dei viali parafuoco a difesa dei boschi demaniali e la ripulitura delle aree perimetrali dalle erbe secche. Anche gli enti locali, purtroppo, non effettuano le opere di manutenzione di loro competenza, spesso per mancanza di risorse economiche;
          in questo quadro preoccupante, sono ancora una volta in prima linea i vigili del fuoco che affrontano gli incendi con professionalità e sacrificio;
          in alcuni casi si è dovuto ricorrere al richiamo di personale libero dal servizio, utilizzare automezzi di un parco macchine inadeguato, poiché obsoleto e non idoneo a poter operare su terreni impervi, acuendo di fatto una situazione che, di per sé, risulta ormai critica da tempo;
          è solo un piccolo anticipo di ciò che potrebbe accadere nell'immediato futuro, riteniamo opportuno e non procrastinabile una seria presa di coscienza che porti ad individuare celeri ed idonee soluzioni utili a salvaguardare gli utenti, il patrimonio demaniale e gli stessi operatori vigili del fuoco;
          anche per quest'anno, così come accaduto per quello passato, la regione Siciliana non ha rinnovato la convenzione AIB. Ciò avrebbe consentito un importante potenziamento del dispositivo di soccorso garantito dai vigili del fuoco attraverso la formazione di 16 squadre aggiuntive, utile a garantire uno standard di sicurezza più adeguato alla popolazione e alle necessità straordinarie;
          non va altresì sottovalutato l'aspetto legato alla sicurezza stessa dei vigili del fuoco chiamati inevitabilmente a fronteggiare queste emergenze, che rispondendo con il solito spirito di sacrificio ed abnegazione saranno esposti ad insopportabili affaticamenti fisici e psicofisici che potrebbero anche far abbassare pericolosamente la soglia di attenzione;
          il 17 giugno 2014, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha emesso un comunicato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n.  139 del 18 giugno 2014 relativo alle «Attività antincendio boschivo per la stagione estiva 2014 – Individuazione dei tempi di svolgimento e raccomandazioni per un più efficace contrasto agli incendi boschivi, di interfaccia ed ai rischi conseguenti»;
          a giudizio dell'interrogante e della Confsal-Vigili del fuoco sarebbe opportuna la costituzione, anche in Sicilia, di una cabina di regia al fine d'individuare soluzioni utili a salvaguardare il patrimonio faunistico siciliano e che allo stesso tempo consenta ai vigili del fuoco di poter pianificare l'utilizzo delle risorse umane presenti in regione, oltre a coordinare meglio e più efficacemente tutte le risorse in campo;
          i vigili del fuoco siciliani oltre a contrastare l'emergenza incendi, da tempo fronteggiano anche quella degli immigrati (per la gestione dalla quale vengono giornalmente distolte delle unità operative dal soccorso tecnico urgente, acuendo le già note carenze di organico) e bisogna intervenire con ogni urgenza affinché il sistema vigili del fuoco non collassi  –:
          quali provvedimenti intendano adottare i Ministri interrogati per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-05437)


      SORIAL. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          a quanto consta all'interrogante davanti alla sede nazionale del Partito Democratico in via Sant'Andrea delle Fratte, a Roma, stazionerebbe una camionetta dei carabinieri;
          la criminalità dilaga a Roma, agendo quasi indisturbata soprattutto nei quartieri più periferici della Capitale, ma non solo, ridisegnando una realtà urbana che vive drammaticamente questa situazione di pericolo e disagio, come succede a Corviale, ma anche al Tuscolano, alla Magliana o nel Pigneto dove i residenti sono ormai esasperati e risale solo a pochi giorni fa l'ultimo fatto violento, l'aggressione, avvenuta in pieno giorno, di un ragazzo di 26 anni, accoltellato all'addome e a un braccio  –:
          se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti esposti in premessa e se non intenda chiarire per quali ragioni di ordine o sicurezza pubblica e con quali esatte modalità sia disposto in tal senso l'utilizzo di detto personale dell'Arma, e se, altresì, non consideri opportuno che si disponga di tali preziose risorse in zone più problematiche della città come quelle periferiche, dove la sicurezza pubblica, come è noto, è esposta a maggiori pericoli. (4-05442)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


      D'AMBROSIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          Teleperformance è un'azienda, con sedi a Roma e Taranto che, dal 1978, si occupa di telemarketing e call center;
          Teleperformance ha nell'organico più di mille lavoratori. L'azienda multinazionale dei call center, ha registrato negli ultimi anni un periodo di difficoltà dovuto alle mutate condizioni di mercato ed alla crisi economica. Dal 2010 fino al 30 luglio 2013 vi sono stati circa 330 licenziati nella sola sede romana; 785 (621 a Taranto e 164 a Roma) lavoratori posti in cassa integrazione;
          nel corso degli anni, vi sono state diverse azioni di protesta da parte dei lavoratori: manifestazione davanti il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (30 aprile 2010), protesta ai cancelli della sede tarantina (14 maggio 2011), sciopero con donazione del sangue (20 novembre 2012);
          diversi sono stati gli accordi sindacali. L'ultimo, nel 2013, prevede che i 785 cassaintegrati tornassero a lavorare allo scadere degli ammortizzatori sociali, quindi da agosto 2013 fino a dicembre 2015 l'accordo sindacale prevede un rientro al lavoro secondo il criterio di multiperiodalità: orari e turni flessibili. In questo periodo sono cancellati gli scatti di anzianità, e abbassati i rispettivi livelli pensionistici;
          l'azienda francese dei call center, dal 2008 a oggi ha goduto dei benefici previsti dalla legge per la stabilizzazione dei lavoratori. Tra questi la fruizione di circa 36 mesi di ammortizzatori sociali in deroga, dopo la sottoscrizione di un importante accordo sindacale che ha permesso all'azienda di abbattere del 12 per cento il costo del lavoro, consentendole un innegabile vantaggio competitivo nel settore. L'incentivo è riconosciuto nel limite massimo di 8 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016: diversi milioni di euro per i prossimi tre anni;
          il 2 Luglio 2014, la dirigenza di Teleperformance ha annunciato, nel corso di una conferenza stampa, di voler trasferire in Albania una commessa ricevuta da Eni. Le motivazioni proposte, non convincenti, sarebbero lamentele sul lavoro del Sindacato (che assolve al proprio dovere di tutela dei lavoratori), fondi erogati dalla regione Puglia, non nella quantità desiderata dall'azienda, la malattia dei lavoratori, la loro scarsa flessibilità;
          quali siano le azioni che si intendono porre in essere rispetto all'accertamento dell'effettivo adempimento, da parte dell'azienda, degli obblighi previsti dalla legge rispetto alla delocalizzazione e, nel caso di mancato adempimento, se non ritengano doveroso assumere iniziative per il blocco degli incentivi e finanziamenti pubblici erogati all'azienda in delocalizzazione.
(4-05447)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      MUCCI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          la Commissione europea rende noto, in data 26 giugno 2014, di aver pubblicato la Comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio concernente una consultazione sulle possibilità di pesca per il 2015 nell'ambito della politica comune della pesca COM(2014)388, aperta online dal 26 giugno al 30 settembre 2014;
          per la prima volta, la Commissione ha potuto tener conto dei pareri scientifici sullo stato degli stock nel Mediterraneo e nel Mar Nero, rilevando che mentre gli stock ittici dell'Europa settentrionale ed occidentale siano in fase di ripresa – il sovrasfruttamento è sceso dal 86 per cento nel 2009 al 41 per cento nel 2014, permangano invece gravi problemi di sovrasfruttamento del Mediterraneo pari al 96 per cento in relazione alle specie di fondale mediterranee e superiore al 71 per cento per gli stock di acque intermedie come la sardina e l'acciuga;
          nella comunicazione menzionata, si evidenzia l'opportunità di consolidare i dati scientifici e di adottare piani di pesca regionali per riportare le attività di pesca a livelli sostenibili;
          a quanto risulta all'interrogante, sembra che non vi sia alcuna comunicazione della consultazione pubblica cennata sul sito ufficiale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra riportato;
          quali provvedimenti urgenti, per quanto di competenza, il Ministro interrogato, alla vigilia del semestre europeo, intenda assumere per promuovere la tutela della pesca;
          al fine di fissare al livello opportuno il volume di catture, quali provvedimenti, il Ministro interrogato, intenda assumere per la raccolta e la diffusione di dati scientifici affidabili;
          quali misure il Ministro interrogato, per quanto di propria competenza, intenda assumere affinché la definizione di possibilità di pesca sia conforme all'obiettivo del rendimento massimo sostenibile e garantisca non solo la sostenibilità ambientale a lungo termine delle attività di pesca ma anche una gestione di queste ultime che consenta vantaggi a livello socioeconomico e occupazionale nonché contribuisca alla disponibilità dell'approvvigionamento alimentare;
          se il Ministro interrogato intenda segnalare sul portale istituzionale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali l'opportunità, per le parti interessate di partecipare alla consultazione pubblica indetta dalla Commissione europea concernente le possibilità di pesca per il 2015 nell'ambito della politica comune. (5-03179)


      TENTORI e COVA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          si apprende, anche dagli organi di stampa, che sono in corso attività di riorganizzazione delle sedi delle associazioni allevatori provinciali sull'intero territorio nazionale, in un'ottica di razionalizzazione dei costi, conseguenti anche al ridimensionamento delle risorse pubbliche stanziate;
          questo passaggio in molti casi si traduce nella chiusura e/o accorpamento delle sedi provinciali, la cui funzione principale è la raccolta dei dati produttivi, degli eventi riproduttivi e delle genealogie presso gli allevatori che si associano, nonché il ritorno ai soci delle informazioni; infatti presso di esse sono attivi gli uffici provinciali dell'ufficio centrale dei controlli e gli uffici provinciali degli uffici centrali dei libri genealogici delle razze e specie allevate dai soci;
          tali chiusure e/o accorpamenti sembrano in alcuni casi non considerare le peculiarità e la virtuosità dei territori coinvolti e le realtà con maggior numero di capi, oltre a generare preoccupazione in merito al rischio di non riuscire a mantenere la continuità dei servizi di assistenza agli allevatori, soprattutto in aree montane, e al trasferimento del personale;
          la Lombardia, ad esempio, è la regione in cui si controlla la metà dei capi italiani iscritti ai libri genealogici, dove maggiore è la presenza di bovini da latte e si effettua il numero più elevato di controlli e analisi quantitative: in Lombardia sono presenti 450.000 capi bovini controllati, pari a circa il 41 per cento del totale nazionale; 10.000 caprini, pari al 13,4 per cento; 14.300 suini, pari al 57 per cento. I controlli riguardano, inoltre, quasi 5.500 aziende e 4,1 milioni di analisi del latte; il 90 per cento del latte lombardo proviene da vacche singolarmente sottoposte a controllo con prelievo mensile;
          il Ministro interrogato in data 15 aprile 2014 ha decretato una variazione di bilancio con un aumento di 2.169.212,38 euro per le associazioni di allevatori per la tenuta dei libri genealogici e di controlli funzionali  –:
          se sia a conoscenza di quanto sopra descritto e se non ritenga opportuno fornire elementi in merito alle modalità e ai criteri in base ai quali tali contributi pubblici vengono utilizzati, verificando che sia tenuto in considerazione il lavoro svolto dalle varie realtà provinciali e che siano rispettati i principi di proporzionalità ed efficienza. (5-03180)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      BURTONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'attività di osteopatia rientra nel campo delle attività riservate alle professioni sanitarie e che quindi solo coloro in possesso di una abilitazione dello stato possono esercitare tale professione;
          l'osteopatia rientra nell'ambito delle medicine non convenzionali e che ciò comporta una diagnosi e un conseguente procedimento terapeutico;
          i professionisti sanitari interessati a tale disciplina sono sia laureati in medicina e chirurgia sia i laureati in scienze delle professioni sanitarie e che in entrambi i casi devono superare un esame di stato abilitante alla professione;
          solo i laureati in medicina e chirurgia sono abilitati ad individuare e diagnosticare malattie di prescriverne cure e somministrazione così come più volte ribadito dalla federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri;
          in base al decreto ministeriale: 2 aprile 2011 concernente la determinazione delle classi di lauree universitarie della professioni sanitarie e delle conseguenti classi delle lauree specialistiche universitarie delle professioni sanitarie per gli altri professionisti sanitari sono abilitati dallo stato solo in riferimento alla diagnosi e alle prescrizioni del medico nell'ambito delle loro competenze utilizzando terapie fisiche manuali massoterapiche e occupazionali;
          vi sono state una serie di sentenze tra cui quella della Cassazione del 6 agosto 2007 n.  34200 che tali pratiche siano una esclusiva dei medici;
          occorre un esercizio di controllo ancora più rafforzato in merito all'esercizio abusivo della professione medica  –:
          quali iniziative il Ministro intenda assumere con la massima priorità per definire nel dettaglio compiti e ruoli delle professioni sanitarie coinvolte nell'esercizio dell'osteopatia facendo riferimento alla legislazione vigente in materia sanitaria. (5-03182)


      BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          le malattie cardiovascolari e le varie patologie ad esse legate costituiscono la più frequente causa di morte nel mondo e la loro elevata e crescente prevalenza incide sulla salute pubblica, sulle risorse sanitarie ed economiche. Infatti, ogni anno le malattie cardiovascolari colpiscono più di 4,3 milioni di persone in Europa e sono causa del 48 per cento di tutti i decessi (54 per cento per le donne, 43 per cento per gli uomini). Nei Paesi membri dell'Unione europea i morti per malattie cardiovascolari sono ogni anno 2 milioni e rappresentano il 42 per cento del totale dei decessi e il dato, dal 2008, è destinato a salire;
          le cause dell'aumento dei decessi, sia in Europa che in Italia, sono molteplici: l'invecchiamento crescente della popolazione, un incongruo stile di vita come fumo, dieta, attività fisica e consumo di alcolici;
          in Italia la fibrillazione atriale colpisce un milione di persone ed è la causa del 15 per cento di tutti gli ictus cardioembolici che causano decessi, disabilità, e incrementano i costi sociali ed economici. Nello specifico, si stima che il costo medio annuo per il paziente colpito da ictus sia di circa 20 mila euro;
          per esercitare misure preventive adeguate le attuali Linee guida internazionali raccomandano l'applicazione di un efficace regime terapeutico, attraverso una terapia anticoagulante. In Italia, tuttavia, si registra un sottotrattamento dei pazienti affetti da fibrillazione atriale. Recentemente, tuttavia, sono disponibili anche nel nostro Paese nuove terapie, anticoagulanti orali (rivaroxaban, dabigatran e apixaban) più maneggevoli e sicuri, in grado di venire incontro alle esigenze di medici e pazienti. Non richiedono controlli ematici, sono somministrati a dosaggio fisso, hanno scarsissima probabilità di interazioni con alimenti e altri farmaci, presentano ridotto rischio di emorragie cerebrali rispetto alla terapia tradizionale. Queste, eviterebbero circa 11.000 casi di ictus all'anno;
          il notevole decremento di casi di ictus per anno garantirebbe a carico del Servizio Sanitario Nazionale un risparmio complessivo di circa 220 milioni di euro  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
          quali iniziative intenda assumere per prevedere facilitazioni per l'accesso ai farmaci che curano la fibrillazione atriale;
          se intenda incentivare l'innovazione e la concorrenzialità dell'industria dei farmaci e dei dispositivi medici per fare in modo che i prodotti più innovativi possano accedere al mercato in maniera rapida ed efficiente a vantaggio dei pazienti e degli operatori sanitari;
          quali misure di sua competenza intenda porre in essere al fine di favorire l'utilizzo dei nuovi farmaci anticoagulanti orali come prima ipotesi terapeutica per contrastare la fibrillazione atriale.
(5-03183)

Interrogazioni a risposta scritta:


      SORIAL, ALBERTI, COMINARDI e BASILIO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          secondo la ricerca del progetto «Respira – “Danni al Dna nelle cellule della mucosa buccale di bimbi d'età prescolare esposti ad alti livello di inquinamento urbano”», svolta a Brescia dalle facoltà di medicina e di ingegneria con fondi europei e la partecipazione della Loggia, l'aria avvelenata da polveri sottili provoca ai bimbi che vivono a Brescia alterazioni genetiche maggiori che nei minori che vivono nell'inquinatissima Calcutta, in India;
          tali alterazioni cromosomiche comportano significative probabilità di sviluppare, in età adulta, malattie tumorali;
          i danni delle polveri sottili sono ampiamente noti: dichiarate cancerogene dalla Iarc (agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), in grado di provocare malattie respiratorie e cardiache, nella Pianura Padana sono in grado di abbassare di 3 anni l'aspettativa media di vita;
          la ricerca, pubblicata nei giorni scorsi su www.plosone.org, spiega come le microscopiche particelle di Pm 10 e soprattutto Pm 2,5 (il cui diametro è un quarto di centesimo di millimetro) una volta respirate entrino nel sangue e nelle cellule e lì producano le alterazioni: veri e propri danni genetici che, se si verificano nelle prime fasi della vita, sono considerati in grado di aumentare il rischio di carcinogenesi in età adulta;
          analizzando per due inverni consecutivi le cellule della mucosa della bocca raccolte con un semplice spazzolino in 222 bambini dai tre ai a sei anni sono state indagate le formazioni di micronuclei nelle loro cellule, poiché è stato dimostrato che i micronuclei sorgono maggiormente in presenza di agenti mutageni, come l'inquinamento e per questo sono ottimi bio-marcatori per verificare e quantificare gli eventuali danni genetici;
          i campioni biologici sono stati raccolti nel gennaio-febbraio del 2012 e 2013 dopo una lunga serie di giorni con livelli di polveri sottili e ossidi d'azoto superiori ai limiti europei e i risultati dello studio hanno mostrato una elevata frequenza di micronuclei proprio nei giorni di massimo inquinamento. «Frequenza statisticamente significativa e superiore di due o tre volte rispetto ai dati disponibili nella letteratura scientifica»;
          la media dei micronuclei riscontrati a Brescia è di 0,29 per cento mentre in altre ricerche internazionali è stato stabilito che in bimbi residenti in aree non inquinate la presenza di micronuclei varia da uno 0,03 per cento ad un massimo di 0,17 per cento;
          come sottolineato, i livelli di alterazioni riscontrati nei bimbi in città sono addirittura superiori a quelli trovati nei ragazzini indiani (dai 6 ai 17 anni) di Calcutta, che, secondo una ricerca del 2000, presentavano una media dei micronuclei dello 0,22 per cento; ma il valore dei bambini bresciani supererebbero anche quello di certi giovani uomini che lavorano in officine meccaniche;
          «I bambini sono i soggetti migliori per stabilire gli effetti dell'inquinamento atmosferico — ha sottolineato il professor Francesco Donato — visto che non fumano, non lavorano in ambienti poco salubri e la loro alimentazione non prevede troppa carne alla griglia, fonte dei cancerogeni idrocarburi policiclici aromatici(Ipa)»;
          la pianura Padana è una delle aree più altamente inquinate d'Europa poiché è una zona altamente industrializzata, con un importante livello di inquinamento atmosferico connotato da una serie di fonti emissive (traffico, ma anche acciaierie ed inceneritore) e, come riportato all'attenzione del Governo dall'interrogante con una interrogazione del 5 dicembre 2014, a tutt'oggi rimasta senza risposta, a Brescia l'inquinamento atmosferico fa più vittime degli incidenti stradali, la leonessa d'Italia ha infatti il triste e preoccupante primato di essere la città della Lombardia con l'aria più inquinata  –:
          se i Ministri siano al corrente di quanto esposto in premessa e se non intendano attivarsi, nei limiti di competenze, affinché questa emergenza sanitaria e ambientale possa essere presa seriamente in considerazione e si ponga rimedio per il bene della salute di tutti i cittadini di Brescia, in primis dei più piccoli, per i quali rappresenta una terribile ipoteca sulla loro futura salute.
(4-05434)


      SORIAL, ALBERTI, COMINARDI e BASILIO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          come sottolineato dall'interrogante con una interrogazione presentata l'11 giugno 2013 tutt'ora senza risposta, nella città di Brescia esiste da anni un'emergenza sanitaria e ambientale di contaminazione diffusa da PCB (policlorobifenili) e diossine, che interessa vaste aree collocate nel comune di Brescia, limitrofe alla ex-fabbrica Caffaro, dove vivono più di 25 mila tra uomini, donne e, naturalmente anche bambini, che, sono a tutt'oggi a rischio di contaminazione da PCB e diossine;
          l'assorbimento di PCB e diossine è pressoché inevitabile visto che avviene soprattutto a mezzo dell'assunzione di alimenti di origine vegetale ed animale, prodotti nell'area interessata, e le ricerche effettuate dall'ASL di Brescia riportano, valori anche 10/20 volte maggiori quelli normali di assorbimento a carico dell'organismo umano, nei cittadini residenti presso i terreni interessati, come conseguenza diretta dei tremendi valori d'inquinamento ambientale nei terreni, superiori anche di 5000 volte quelli normali fissati dal decreto ministeriale n.  471 del 1999 (livelli per le aree residenziali pari a 0,001 mg/kg, successivamente modificato in 0,060 mg/kg), denunciati dalle ricerche effettuate dall'ARPA di Brescia su mandato del comune di Brescia;
          tale inquinamento è dovuto principalmente alle attività pregresse dello stabilimento chimico Caffaro Spa attualmente di proprietà della società Chimica Emilio Fedeli Spa, attivo dall'inizio del 1900 nella produzione di vari composti derivati dal cloro, ora in disuso, che dagli anni trenta fino a metà degli anni ’80 ha prodotto migliaia di tonnellate del pericoloso cancerogeno PCB, sversandone centinaia di tonnellate allo stato puro nell'ambiente circostante;
          nel corso della trasmissione di RaiTre «Presa Diretta» del 31 marzo 2013 sono stati riportati i dati di una recente indagine condotta da un epidemiologo di Mantova, dottor Paolo Ricci, su dati ufficiali dell'Istituto superiore di sanità, che sottolineano un significativo aumento nella popolazione bresciana rispetto al resto del Nord Italia di tumori al fegato (+58 per cento), tumori al seno (+26 per cento), linfomi non-Hodgkin (+20 per cento), aumento che, secondo l'epidemiologo, sarebbe in stretta relazione con il forte inquinamento da PCB di cui sopra;
          la pericolosità dei PCB e le loro potenzialità tossiche sono tristemente note dagli anni settanta: l'esposizione ai PCB al di sopra dei limiti evidenziati dalla ricerca medico-scientifica e definiti dal legislatore, avrebbe effetti patogeni di vario tipo: alterazioni al funzionamento di fegato e pancreas, alterazioni a carico del sistema immunitario, fino al loro grave e riconosciuto effetto cancerogeno (IARC 2013);
          il nuovo rapporto «Sentieri» dell'Istituto superiore di sanità e dell'Airtum (Associazione italiana registri tumori), che ha indagato il rapporto tra malattie e inquinamento in 44 siti di interesse nazionale, conferma l'eccesso di tumori nella popolazione del sito Brescia-Caffaro rispetto al resto del nord Italia ed evidenzia che la coerenza di fondo tra le indicazioni fornite dai dati di incidenza e di ospedalizzazione e, in misura minore, dai dati di mortalità, corrobora l'ipotesi di un contributo dell'esposizione a PCB all'eziologia di queste patologie nella popolazione di Brescia;
          nelle conclusioni dello studio «Sentieri» si afferma che: «Sempre grazie alle analisi dell'incidenza oncologica e dei ricoverati, a Brescia-Caffaro sono stati osservati eccessi per le sedi tumorali che la valutazione della IARC del 2013 associa certamente (melanoma) o probabilmente (tumore della mammella, linfomi non-Hodgkin) con i PCB (policlorobifenili), principali contaminanti nel sito» e ancora: «In alcuni SIN lo studio SENTIERI, seppure di natura descrittiva, fornisce dati sufficienti per non differire azioni di bonifica/mitigazione, come per esempio nei SIN di Biancavilla e Brescia-Caffaro.»;
          Francesco Vassallo, direttore sanitario di Asl Brescia, ha dichiarato al giornale BresciaOggi che «l'incidenza grezza è aumentata perché la popolazione è invecchiata, complice l'aumento dell'aspettativa di vita»;
          il responsabile dell'Osservatorio epidemiologico dell'Asl di Brescia, Michele Magoni ha dichiarato alla stampa come gli studi sulla correlazione tra PCB e tumori siano contrastanti. «I PCB sono sostanze tossiche la loro definizione come cancerogeni è invece più controversa ed è nel 2013 che la Iarc (l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) li ha classificati come cancerogeni certi per il melanoma; permangono quali probabili cancerogeni per il linfoma-NH e per il tumore della mammella» – dichiara Magoni e continua – «L'Asl non intende certo negare l'effetto dei PCB – afferma il responsabile dell'Osservatorio locale – ma neppure può affermare di aver trovato tali effetti quando ciò non corrisponde alla realtà»;
          il direttore dell'ASL di Brescia ha annunciato di voler istituire un nuovo osservatorio sulla situazione sanitaria del capoluogo lombardo e il dottor Paolo Ricci, a proposito di tale annuncio, ha risposto: «Dopo 15 anni è ora che vi sia un rinnovamento ai vertici dell'Asl di Brescia. (...) sarebbe opportuno fossero altri gli interlocutori locali dell'Iss per continuare il lavoro di monitoraggio e di studio del sito Caffaro. Persone che non hanno avuto nulla a che fare con la gestione di questi ultimi anni»;
          i Comitati ambientalisti che operano da anni sul territorio di Brescia (Comitato per l'Ambiente Brescia Sud, Medicina Democratica, SOS Scuola, Comitato popolare contro l'inquinamento «zona Caffaro», Rete Antinocività Brescia, Coordinamento Comitati ambientalisti Lombardia, Comitato per la Salute, la Rinascita e la Salvaguardia del Centro Storico) hanno inviato una lettera al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Presidente di ISPRA, al Ministro della salute, al presidente dell'ISS, al presidente di regione Lombardia, avente per oggetto: «Sin Brescia Caffaro – Inadeguatezza della Dirigenza dell'Asl di Brescia nella gestione del caso Caffaro: gravi omissioni e mistificazioni della “Guida al cittadino” della stessa Asl che si aggiungono alle inottemperanze, già denunciate, in relazione alle deroghe delle CSC da 10 a 80 volte senza analisi di rischio sito specifica» e hanno chiesto dunque un rinnovo dei vertici ASL, colpevoli, secondo loro, di avere sottovalutato il problema dei PCB in questi ultimi 15 anni, e di non avere istituito un comitato scientifico super partes e in cui fossero presenti i maggiori esperti, nazionali e internazionali, in tema di PCB e diossine;
          il 29 settembre 2009 veniva sottoscritto l'Accordo di programma «per la definizione degli interventi di messa in sicurezza e successiva bonifica nel sito di interesse nazionale di Brescia Caffaro», nel quale veniva disciplinato l'impiego delle predette risorse nonché individuati i soggetti attuatori dei pertinenti interventi (Enti locali territoriali. Asl di Brescia, Istituto superiore di sanità, Arpa Lombardia e Sogesid SpA, quale soggetto pubblico in house);
          in data 15 novembre 2013 il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Marco Flavio Cirillo, relazionava: «Relativamente alle problematiche connesse alla bonifica dei terreni e della falda idrica, più direttamente di competenza di questo Dicastero, valga ricordare di aver già stanziato a tali fini risorse per complessivi euro 6.752.727,00 (a valere sul decreto ministeriale n.  308 del 2006) già trasferiti alla regione Lombardia nel mese di marzo del 2011 (...) Corre l'obbligo, tuttavia, di evidenziare che le aree interessate dagli interventi di bonifica di competenza pubblica previsti nel citato Accordo costituivano solo una parte dell'intero perimetro del SIN. Tenuto conto, poi, delle problematiche legate alle limitazioni di spesa imposte dal Patto di stabilità, è stato possibile individuare in maniera definitiva i soggetti attuatori degli interventi disciplinati dal predetto Accordo di programma solo in data 25 ottobre 2012. E così, ad oggi, questa amministrazione, unitamente alla regione Lombardia, ha stipulato i previsti atti convenzionali con la Asl di Brescia, l'Istituto superiore di sanità, l'Arpa Lombardia e la Sogesid SpA. È in corso di realizzazione, altresì, l'intervento concernente la “Messa in sicurezza di emergenza e progettazione della bonifica dei terreni delle aree agricole nel comune di Brescia” la cui attuazione è stata demandata alla regione Lombardia, nonché gli ulteriori interventi previsti nei comuni di Passirano e Castegnato»  –:
          se i Ministri in indirizzo siano al corrente dei fatti esposti in premessa e se non intendano attivarsi, per quanto di competenza, affinché sia fatta chiarezza sulla gestione passata, presente e futura del SIN Brescia-Caffaro con specifico riferimento all'attività della dirigenza dell'ASL competente per territorio, per quella che è una grave emergenza sanitaria e ambientale affinché sia difeso il fondamentale diritto alla salute dei cittadini coinvolti;
          se non intendano adoperarsi per fare chiarezza su come siano stati utilizzati ad oggi gli stanziamenti trasferiti agli enti preposti e quali somme non ancora utilizzate siano a loro disposizione;
          se non considerino necessario fare luce su quali interventi necessari siano già stati effettuati e quali siano previsti in carico ad Asl di Brescia, l'Istituto superiore di sanità, l'Arpa Lombardia e la Sogesid spa e a che punto siano gli interventi concernenti la «Messa in sicurezza di emergenza e progettazione della bonifica dei terreni delle aree agricole nel comune di Brescia» nonché gli ulteriori interventi previsti nei comuni di Passirano e Castegnato;
          se non ritengano opportuno attivarsi urgentemente per fermare da subito lo sversamento degli inquinanti dallo stabilimento bresciano della ex Caffaro;
          se non si consideri, altresì, urgente attivarsi affinché sia effettuata la completa bonifica dei terreni e della falda idrica, specificando modalità e tempi di implementazione e facendo chiarezza sull'ammontare delle risorse finanziarie disponibili per la riqualificazione dei siti inquinati di interesse nazionale. (4-05444)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta immediata:


      CIPRINI, GALLINELLA, BALDASSARRE, BECHIS, CHIMIENTI, COMINARDI, RIZZETTO, ROSTELLATO e TRIPIEDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il 13 gennaio 2014 la Commissione europea ha approvato la riacquisizione da parte di ThyssenKrupp del polo siderurgico ternano. Il passaggio è avvenuto dopo un periodo di due anni per effetto della cessione della proprietà da parte della multinazionale finlandese Outokumpu, che ebbe ad acquistare la proprietà del polo dalla stessa Thyssenkrupp il 7 novembre 2012;
          successivamente alla riacquisizione, Thyssen ha annunciato lo sviluppo e la presentazione entro il mese di luglio 2014 di un nuovo piano industriale, al fine di rendere profittevole il sito di Terni, risanando i conti degli ultimi esercizi;
          come emerso dal vertice avvenuto a Bruxelles tra le organizzazioni sindacali italiane ed europee aderenti a IndustriAll e Markus Bistram, componente del board della divisione materials service della Thyssen (www.umbria24.it del 15 maggio 2014), l'intenzione della multinazionale è quella di rimettere nuovamente sul mercato le acciaierie di Terni;
          il 4 giugno 2014 è avvenuto un incontro a Palazzo Chigi, coordinato dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Graziano Del Rio, con la partecipazione del sindaco e del presidente della provincia di Terni, della presidente della regione Umbria, dell'amministratore delegato di Thyssen-Krupp Heinrich Hiesinger e del Ministro interrogato;
          il 3 luglio 2014 l'amministratore delegato di Ast, l'ingegnere Marco Pucci ha presentato le dimissioni alla vigilia della presentazione del nuovo piano industriale, generando un forte allarme nell'opinione pubblica;
          l'ingegnere Pucci, che si era speso più volte garantendo alcuni punti fermi a favore dell'acciaieria (www.giornaledellumbria.it del 3 luglio 2014), ha dichiarato che: «Il piano industriale di ThyssenKrupp non c'entra con la mia scelta (...)» (Il Giornale dell'Umbria del 5 luglio 2014); ma la decisione ha sollevato preoccupazione non solo tra i lavoratori (che temono un possibile ridimensionamento del polo siderurgico), ma anche tra le istituzioni locali e regionali per le prospettive future in vista dell'apertura di una fase complessa, soprattutto in ordine alle scelte industriali che dovrà operare la nuova gestione, che è stata affidata al neo amministratore delegato, nella persona di Lucia Morsello;
          il polo siderurgico ternano ricopre un ruolo strategico nel panorama nazionale ed europeo nella produzione di acciai speciali e Ast produce il 15 per cento del prodotto interno lordo umbro, occupando fra manodopera e indotto circa 5 mila lavoratori, e costituisce un imprescindibile pilastro economico per l'intera regione e per il Centro Italia;
          l'area ternana, infatti, si è sempre caratterizzata come distretto fortemente specializzato nei settori non solo della chimica di base e innovativa, ma anche degli acciai speciali e occupa numerosissimi dipendenti, senza considerare le tantissime imprese di manutenzione e le molteplici attività economiche di servizio che orbitano intorno all'area;
          in data 3 luglio 2014, il consiglio comunale di Terni ha approvato un documento unitario, dando mandato al sindaco Leopoldo Di Girolamo per una formale attivazione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri –:
          se il Governo intenda rapidamente convocare il tavolo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, coinvolgendo le parti sociali e le istituzioni locali e regionali, finalizzato a un confronto trasparente e serio – allargato a tutti i soggetti istituzionali rappresentativi del territorio umbro – al fine di assumere informazioni e conoscere le future scelte del piano industriale dell'azienda, anche favorendo o promuovendo iniziative per la creazione e il completamento delle infrastrutture necessarie, nonché misure volte all'abbattimento dei costi energetici, tenendo sempre in preminente considerazione il rilancio della produttività e della competitività dell'intero sito siderurgico ternano e il mantenimento dei livelli occupazionali. (3-00934)

Interrogazioni a risposta scritta:


      LATRONICO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 45 della legge 23 luglio 2009, n.  99, ha istituito il fondo per la riduzione del prezzo, alla pompa, dei carburanti ai soli recidenti nelle regioni interessate dall'estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi;
          è evidente che la norma riguarda particolarmente la Basilicata il più grande giacimento petrolifero in terra ferma d'Europa;
          purtroppo tale Fondo è stato bloccato da un ricorso della regione Veneto che ha impugnato il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, in data 12 novembre 2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.  21 del 27 gennaio 2011, con cui è stata disciplinata l'applicazione delle disposizioni previste dall'articolo 45 della legge 23 luglio 2009, n.  99;
          i giudici amministrativi non hanno considerato, ad avviso dell'interrogante, che il Fondo, in quanto alimentato esclusivamente dall'aumento delle royalty dal 7 al 10 per cento che il titolare delle concessioni di coltivazioni di idrocarburi deve annualmente, si rivolgerebbe in favore esclusivamente delle regioni che ospitano impianti di estrazione di idrocarburi liquidi o gassosi e che lo stesso articolo destinerebbe le somme del Fondo in funzione delle «produzioni» ottenute in ciascuna regione, con tale termine dovendosi intendere esclusivamente le attività estrattive e non quelle di rigassificazione;
          a questo si aggiunge il «colpo di mano» arrivato proprio dallo Stato che attingeva dal Fondo idrocarburi 10 milioni di euro all'anno per sette anni, dal 2015 al 2021 per la metanizzazione del Mezzogiorno, nel Cilento. Ciò era stato previsto inizialmente nella legge di stabilità 2014; ma poi giustamente, è stato bloccato;
          si apprende da recenti notizie di stampa che il presidente della regione Basilicata ha ottenuto attraverso una mediazione con il Ministero dello sviluppo economico lo sblocco della terza erogazione del bonus carburanti  –:
          se ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza utile a sbloccare i fondi maturati per le annualità pregresse mettendoli a disposizione dei beneficiari per evitare rischi di disimpegno o perenzione. (4-05430)


      VALIANTE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          nel frazione di Acquavella, comune di Casal Velino (SA) da circa due mesi è sospeso il servizio del portalettere a causa della mancata presenza al lavoro per malattia dell'incaricato a svolgere il servizio;
          non essendosi provveduto alla sua sostituzione è venuto così a mancare ai cittadini di Acquavella e a tutti quelli del territorio circostante che dipendono dall'ufficio postale un servizio di pubblica utilità che dovrebbe essere invece garantito, provocando pertanto seri disagi alla popolazione interessata;
          il territorio in questione presenta delle caratteristiche precipue, con una densità abitativa abbastanza importante e dove mancando le possibilità della rete internet per carenza delle caratteristiche della linea telefonica, il servizio del portalettere è di vitale importanza per ricevere e smaltire sia la posta ordinaria, che quella recante nelle abitazioni dei contribuenti tutti gli adempimenti nei confronti dello Stato  –:
          quali urgenti iniziative per quanto di competenza intenda adottare per sanare la problematica sopraesposta e ripristinare nel più breve tempo possibile l'operatività del servizio di portalettere nell'ufficio postale di Aquavella. (4-05433)

Apposizione di firme a mozioni.

       La mozione Fitzgerald Nissoli e altri n.  1-00527, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gigli.

      La mozione Dorina Bianchi e altri n.  1-00528, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Garofalo.

      La mozione Senaldi e altri n.  1-00529, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Covello, Palma, Carra.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

      L'interpellanza Zaccagnini e altri n.  2-00610, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fassina.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Murer e altri n.  5-03146, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Mariani, Tidei, Marchi.

      L'interrogazione a risposta scritta Massimiliano Bernini e altri n.  4-05418, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta 7 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gallinella.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
          interrogazione a risposta orale Molea n.  3-00189 del 9 luglio 2013;
          interpellanza Duranti n.  2-00577 del 13 giugno 2014.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Lorefice e altri n.  4-04517 del 16 aprile 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n.  5-03189.

ERRATA CORRIGE

      Interrogazione a risposta in Commissione Nicola Bianchi e altri n.  5-03168 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n.  257 del 4 luglio 2014. Alla pagina 14721, prima colonna, dalla riga diciottesima alla riga ventesima, deve leggersi: «Air Italy, controllata dalla holding Meridiana spa, anche altre società dell'est europeo tra le quali Blue Air (rumena), Air» e non «Air Italy, controllata dalla holding Meridiana spa, anche altre società dell'est europeo tra le quali Blu Air (rumena), Air», come stampato.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


      AGOSTINELLI, BUSINAROLO, MUCCI, TERZONI, GALLINELLA, SEGONI, DAGA, GAGNARLI, DE LORENZIS, CRISTIAN IANNUZZI, ZACCAGNINI, BRESCIA, L'ABBATE, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SIBILIA, SCAGLIUSI, BONAFEDE, MANTERO, D'INCÀ, FICO, COMINARDI, ALBERTI, MICILLO, DI BATTISTA e CECCONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          nel mese di marzo 2013 è scaduto il periodo quadriennale del presidente dell'autorità portuale di Ancona ed è in atto il regime di prorogatio, previsto dalla normativa, per un periodo di 45 giorni;
          ad avviso dell'interrogante, il Ministro interrogato, dimostrando sensibilità istituzionale, non ha effettuato la nomina, non solo del presidente dell'autorità portuale di Ancona, ma anche di Catania, Napoli e Palermo, rinviando le decisioni al nuovo esecutivo;
          peraltro, nel caso del presidente dell'autorità portuale di Ancona, la terna comunicata dagli enti territoriali è stata designata:
              dal sindaco di Falconara Marittima, anch'esso in scadenza tanto che il 26 e 27 maggio 2013 si svolgeranno le elezioni amministrative per il rinnovo del sindaco e del consiglio comunale di Falconara Marittima;
              dalla camera di commercio della provincia di Ancona che ha indicato, in modo inusuale ad avviso dell'interrogante, proprio il presidente dell'ente camerale;
          in sostanza, senza esprimere valutazioni di merito sui designati che in base all'articolo 8 della legge 28 gennaio 1994, n.  84, devono essere «esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia e dei trasporti», l'interrogante ritiene che le designazioni dovrebbero essere effettuate dai rappresentanti dei comuni di Ancona e Falconara Marittima che verranno eletti dai cittadini con le elezioni del 26 e 27 maggio 2013;
          non può essere sottaciuto che i due comuni si dovranno rapportare con il presidente dell'autorità portuale per l'intero prossimo quadriennio e non appare istituzionalmente sensibile che si trovino un presidente indicato, proprio negli stessi giorni, dai rappresentanti decaduti anziché da quelli eletti  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti;
          se non ritenga che, nel rispetto delle prerogative assegnate al Ministro e ai rappresentanti degli enti territoriali dalle leggi vigenti, il presidente dell'autorità portuale di Ancona debba essere designato dai titolari di rappresentanza politica dei territori di Ancona e Falconara Marittima;
          quali iniziative, intenda intraprendere affinché, nel rispetto delle prerogative assegnate al Ministro e ai rappresentanti degli enti territoriali dalle leggi vigenti, il presidente dell'autorità portuale di Ancona venga designato dai titolari di rappresentanza politica dei territori di Ancona e Falconara Marittima. (4-00304)

      Risposta. — Come evidenziato dagli interroganti il 23 marzo 2013 è scaduto il mandato del presidente dell'autorità portuale di Ancona, avvocato Luciano Canepa.
      Dall'8 maggio 2013, decorso il periodo di prorogatio, l'ente è stato affidato alla gestione di un commissario straordinario, inizialmente individuato nella persona dello stesso presidente uscente e, successivamente, terminato il previsto semestre commissariale, dal signor Rodolfo Giampieri; il nuovo commissario straordinario dell'ente è stato nominato con decreto 7 novembre 2013, n.  399, con decorrenza 9 novembre 2013 e per un periodo massimo di sei mesi, ovvero fino alla nomina del nuovo presidente.
      Per la nomina del nuovo presidente dell'autorità portuale, questo Ministero ha dato avvio alle procedure previste dall'articolo 8, comma 1, della legge n.  84 del 1994, richiedendo agli enti pubblici interessati, con nota del 13 novembre 2012, di fornire i nominativi degli esperti tra i quali individuare il nuovo vertice dell'ente in parola.
      Gli enti pubblici interessati hanno pertanto fornito le seguenti designazioni:
          Ente: Provincia; Designato: 1. Rodolfo Giampieri, Prot. Nota: n.  7670, data 14 gennaio 2013;
          Ente: Comune di Ancona; Designato: 1. Rodolfo Giampieri, prot. nota n.  105079 24 dicembre 2012; 2. Cristiano Lassandari, prot. nota n.  4509, 16 gennaio 2013;
          Ente: Comune Falconara; Designato: 1. Rodolfo Giampieri; 2. Amos Benni; 3. Giuseppe Guacci; prot. nota n.  3229, 22 gennaio 2013;
          Ente: Camera di Commercio; Designato: 1. Rodolfo Giampieri, prot. nota n.   41/ris, 21 dicembre 2012.

      Pertanto, acquisiti i nominativi, si è proceduto al completamento delle ulteriori fasi procedimentali: è stato quindi proposto il nominativo del signor Rodolfo Giampieri ai fini dell'intesa da parte della regione, come prescritta dal citato articolo 8, comma 1.
      Detta proposta è stata formalizzata alla regione Marche in data 8 novembre 2013, e da quest'ultima positivamente riscontrata con nota in pari data.
      Preso atto, dunque, dell'assenso della regione e rilevata la necessità di provvedere al ripristino della normale amministrazione presso l'ente portuale di Ancona, si è proceduto, come prescritto dalla legge 24 gennaio 1978, n.  14, alla richiesta di parere alle competenti Commissioni parlamentari di Camera e Senato, che si sono entrambe espresse favorevolmente nelle sedute del 4 dicembre 2013.
      Tuttavia, proprio presso le due Commissioni parlamentari, il dibattito sulla nomina del vertice dell'ente portuale in oggetto si è incentrato sulla nota sentenza del Consiglio di Stato n.  4768 del 26 settembre 2013 con cui l'organo di giustizia amministrativa ha disposto l'annullamento del decreto 23 settembre 2011, n.  338, di nomina del dottor Piergiorgio Massidda a presidente dell'autorità portuale di Cagliari, rilevando, tra l'altro, che «i soggetti designati debbano necessariamente essere in possesso di una specifica qualificazione culturale, teorica e pratica nelle materie indicate dalla Legge» ed aggiungendo che «in tale prospettiva, anche se l'articolo 8 della legge n.  84 del 28 gennaio 1994 non richiede né uno specifico titolo di studio e né uno specifico percorso professionale di carattere giuridico o tecnico, economico e altro è di norma necessario il possesso di una laurea connessa, affine, collegata o collegabile con la materia portuale per potersi definire esperto del settore».
      Orbene, proprio per la situazione del porto di Ancona, le Commissioni parlamentari, pur esprimendo concorde avviso sulla designazione del signor Rodolfo Giampieri, hanno fatto rilevare la carenza del titolo di studio (laurea) in capo al medesimo.
      Tale ultima circostanza può essere dunque assunta a presupposto della ragionevole prudenza adottata successivamente all'acquisizione del parere parlamentare, considerato che – pur essendo preciso dovere dell'Amministrazione assicurare il buon andamento dell'ente mediante la nomina degli organi ordinari – è altrettanto doveroso garantire, contestualmente, che i relativi provvedimenti siano salvaguardati da ogni possibile censura di legittimità e di merito, posto che, allo stato attuale, la sopra richiamata sentenza del Consiglio di Stato presenta margini di incertezza in ordine ai requisiti da prevedere per la nomina delle figure apicali degli Enti portuali e, conseguentemente, offre spunti a terzi per l'instaurazione di contenziosi dai tempi e dagli esiti imponderabili.
      In ordine a tale ultimo aspetto, e alla vicenda sopra accennata riguardante il dottor Massidda, è appena il caso di aggiungere che, proprio a seguito di denuncia presentata da un controinteressato, in qualità di Ministro sono stato destinatario di specifico addebito penale per abuso d'ufficio, poi favorevolmente risoltosi innanzi al tribunale dei ministri di Cagliari con il decreto di archiviazione, per carenza dei presupposti materiali e soggettivi, del 24 marzo 2014.
      Va parimenti considerato che la sentenza del Consiglio di Stato n.  4768 del 2013 estende i suoi effetti sulle restanti nomine presidenziali in itinere presso altre autorità portuali, alle quali non è dunque possibile dare corso senza che siano disponibili, anche a tutela dei soggetti candidati, elementi certi e definitivi sull'idoneità dei profili professionali e culturali necessari per assolvere il mandato di presidente.
      Proprio per sbloccare questa situazione di sostanziale impasse derivante dal pronunciamento della magistratura amministrativa sopra richiamato, le competenti strutture di questo Ministero hanno inteso, per un verso, promuovere il giudizio della Corte di cassazione avverso la richiamata sentenza del Consiglio di Stato n.  4768 del 2013, per motivi attinenti alla giurisdizione in modo da acquisire elementi di certezza in merito agli indirizzi del giudice amministrativo, e, per altra parte, hanno formulato apposito quesito all'avvocatura generale dello Stato per acquisire l'avviso in ordine alle linee di condotta da seguire in futuro per l'individuazione dei vertici delle autorità portuali.
      È di tutta evidenza che l'operato finora intrapreso da questo dicastero è diretto esclusivamente a perseguire i superiori principi costituzionali di buon andamento dell'azione amministrativa, in ragione dei quali si è ritenuto legittimamente di soprassedere dalla nomina del vertice dell'autorità portuale di Ancona, in attesa dei pronunciamenti sopra elencati.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Maurizio Lupi.


      AGOSTINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il presidente dell'autorità portuale di Ancona ha esaurito il mandato quadriennale dal marzo 2013 e il Ministero, dopo la proroga di rito dei 45 giorni, è ricorso al commissariamento dell'autorità portuale designando il presidente uscente invece che procedere alla nomina su indicazione delle nuove amministrazioni insediatesi dopo le elezioni del 26/27 maggio 2013;
          le settimane e i mesi passano senza che il Ministro abbia ancora ricercato l'intesa con la regione per procedere alla nomina del presidente dell'autorità portuale e al rinnovo degli organi dell'autorità;
          il porto rappresenta una tra le principali concentrazioni economiche di Ancona e delle Marche l'interrogante ritiene che la situazione commissariale deve cessare  –:
          se e quando intenda ottemperare alla legge n.  84 del 1994, ricercando l'intesa con la regione Marche e procedere alla nomina del presidente dell'autorità portuale di Ancona. (4-01746)

      Risposta. — Come evidenziato dall'interrogante il 23 marzo 2013 è scaduto il mandato del presidente dell'autorità portuale di Ancona, avvocato Luciano Canepa.
      Dall'8 maggio 2013, decorso il periodo di prorogatio, l'ente è stato affidato alla gestione di un commissario straordinario, inizialmente individuato nella persona dello stesso presidente uscente e, successivamente, terminato il previsto semestre commissariale, dal signor Rodolfo Giampieri; il nuovo commissario straordinario dell'ente è stato nominato con decreto 7 novembre 2013, n.  399, con decorrenza 9 novembre 2013 e per un periodo massimo di sei mesi, ovvero fino alla nomina del nuovo presidente.
      Per la nomina del nuovo presidente dell'autorità portuale, questo Ministero ha dato avvio alle procedure previste dall'articolo 8, comma 1, della legge n.  84 del 1994, richiedendo agli enti pubblici interessati, con nota del 13 novembre 2012, di fornire i nominativi degli esperti tra i quali individuare il nuovo vertice dell'ente in parola.
      Gli enti pubblici interessati hanno pertanto fornito le seguenti designazioni:
          Ente: Provincia; Designato: 1. Rodolfo Giampieri, prot. nota: n.  7670, data 14 gennaio 2013;
          Ente: Comune di Ancona; Designato: 1. Rodolfo Giampieri, prot. nota n.  105079 24 dicembre 2012; 2. Cristiano Lassandari, prot. nota n.  4509, 16 gennaio 2013;
          Ente: Comune Falconara; Designato: 1. Rodolfo Giampieri; 2. Amos Benni; 3. Giuseppe Guacci; prot. nota n.  3229, 22 gennaio 2013;
          Ente: Camera di Commercio; Designato: 1. Rodolfo Giampieri, prot. nota n.   41/ris, 21 dicembre 2012.

      Pertanto, acquisiti i nominativi, si è proceduto al completamento delle ulteriori fasi procedimentali; è stato quindi proposto il nominativo del signor Rodolfo Giampieri ai fini dell'intesa da parte della regione, come prescritta dal citato articolo 8, comma 1.
      Detta proposta è stata formalizzata alla regione Marche in data 8 novembre 2013, e da quest'ultima positivamente riscontrata con nota in pari data.
      Preso atto, dunque, dell'assenso della regione e rilevata la necessità di provvedere al ripristino della normale amministrazione presso l'ente portuale di Ancona, si è proceduto, come prescritto dalla legge 24 gennaio 1978, n.  14, alla richiesta di parere alle competenti Commissioni parlamentari di Camera e Senato, che si sono entrambe espresse favorevolmente nelle sedute del 4 dicembre 2013.
      Tuttavia, proprio presso le due Commissioni parlamentari, il dibattito sulla nomina del vertice dell'ente portuale in oggetto si è incentrato sulla nota sentenza del Consiglio di Stato n.  4768 del 26 settembre 2013 con cui l'organo di giustizia amministrativa ha disposto l'annullamento del decreto 23 settembre 2011, n.  338, di nomina del dottor Piergiorgio Massidda a presidente dell'autorità portuale di Cagliari, rilevando, tra l'altro, che «i soggetti designati debbano necessariamente essere in possesso di una specifica qualificazione culturale, teorica e pratica nelle materie indicate dalla legge» ed aggiungendo che «in tale prospettiva, anche se l'articolo 8 della legge n.  84 del 28 gennaio 1994 non richiede né uno specifico titolo di studio e né uno specifico percorso professionale di carattere giuridico o tecnico, economico e altro è di norma necessario il possesso di una laurea connessa, affine, collegata o collegabile con la materia portuale per potersi definire esperto del settore».
      Orbene, proprio per la situazione del porto di Ancona, le Commissioni parlamentari, pur esprimendo concorde avviso sulla designazione del signor Rodolfo Giampieri, hanno fatto rilevare la carenza del titolo di studio (laurea) in capo al medesimo.
      Tale ultima circostanza può essere dunque assunta a presupposto della ragionevole prudenza adottata successivamente all'acquisizione del parere parlamentare, considerato che – pur essendo preciso dovere dell'amministrazione assicurare il buon andamento dell'ente mediante la nomina degli organi ordinari – è altrettanto doveroso garantire, contestualmente, che i relativi provvedimenti siano salvaguardati da ogni possibile censura di legittimità e di merito, posto che, allo stato attuale, la sopra richiamata sentenza del Consiglio di Stato presenta margini di incertezza in ordine ai requisiti da prevedere per la nomina delle figure apicali degli enti portuali e, conseguentemente, offre spunti a terzi per l'instaurazione di contenziosi dai tempi e dagli esiti imponderabili.
      In ordine a tale ultimo aspetto, e alla vicenda sopra accennata riguardante Massidda, è appena il caso di aggiungere che, proprio a seguito di denuncia presentata da un controinteressato, in qualità di Ministro sono stato destinatario di specifico addebito penale per abuso d'ufficio, poi favorevolmente risoltosi innanzi al tribunale dei ministri di Cagliari con il decreto di archiviazione, per carenza dei presupposti materiali e soggettivi, del 24 marzo scorso.
      Va parimenti considerato che la sentenza del Consiglio di Stato n.  4768 del 2013 estende i suoi effetti sulle restanti nomine presidenziali in itinere presso altre autorità portuali, alle quali non è dunque possibile dare corso senza che siano disponibili, anche a tutela dei soggetti candidati, elementi certi e definitivi sull'idoneità dei profili professionali e culturali necessari per assolvere il mandato di presidente.
      Proprio per sbloccare questa situazione di sostanziale impasse derivante dal pronunciamento della magistratura amministrativa sopra richiamato, le competenti strutture di questo Ministero hanno inteso, per un verso, promuovere il giudizio della Corte di cassazione avverso la richiamata sentenza del Consiglio di Stato n.  4768 del 2013, per motivi attinenti alla giurisdizione in modo da acquisire elementi di certezza in merito agli indirizzi del giudice amministrativo, e, per altra parte, hanno formulato apposito quesito all'avvocatura generale dello Stato per acquisire l'avviso in ordine alle linee di condotta da seguire in futuro per l'individuazione dei vertici delle autorità portuali.
      È di tutta evidenza che l'operato finora intrapreso da questo dicastero è diretto esclusivamente a perseguire i superiori principi costituzionali di buon andamento dell'azione amministrativa, in ragione dei quali si è ritenuto legittimamente di soprassedere dalla nomina del vertice dell'autorità portuale di Ancona, in attesa dei pronunciamenti sopra elencati.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Maurizio Lupi.


      NICOLA BIANCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la strada statale 131 (Porto Torres – Cagliari), rappresenta un'arteria stradale fondamentale e strategica per la viabilità e l'economia regionale della Sardegna;
          essa è perennemente attraversata da un numero molto elevato di interruzioni alla viabilità;
          in data 05/07/2013 il sito Anas fornisce le seguenti informazioni relative ai lavori in corso nella strada statale 131:
              dal Chilometro 0,000 al Chilometro 50,000 – LAVORI DI RICOSTRUZIONE DELLA PORTATA DELLA SOVRASTRUTTURA IN T.S. TRA I KM 0+000 E 50+150. L'importo totale dei lavori è pari ad euro 7.745.917,82, la consegna dei lavori era prevista per il 20/12/2011 e lo stato avanzamento lavori risulta essere all'8,96 per cento con il termine lavori in corso di definizione;
              dal Chilometro 23,890 al Chilometro 32,410 – LAVORI DI AMMODERNAMENTO E DI ADEGUAMENTO DELLA strada statale 131 TRA I KM 23+885 – 32+412. (RIF. SANLURI). L'importo totale dei lavori è pari ad euro 34.314.281,47, l'ultimazione dei lavori è prevista per il 01/02/2014, ma l'avanzamento lavori è fermo al 21,8 per cento;
              dal Chilometro 32,300 al Chilometro 41,000 – LAVORI DI AMMODERNAMENTO E DI ADEGUAMENTO DELLA SS 131 TRA I KM 32+300 – 41+000 (RIF. SANLURI). L'importo totale dei lavori è pari ad euro 52.300.917,68, l'ultimazione dei lavori è prevista per il 01/09/2013, e l'avanzamento lavori è pari al 78,68 per cento;
          dal 25 aprile 2013 inoltre l'Anas ha comunicato la chiusura della strada statale 131 in entrambi i sensi di marcia tra il chilometro 193,800 (svincolo di Florinas) e il chilometro 198,200 (svincolo di Olbia), in provincia di Sassari. Il traffico è stato deviato provvisoriamente sulla viabilità alternativa, lungo le adiacenti strada provinciale 68 «Ploaghe-La Rimessa» e strada statale 597 «del Logudoro» completamente inadatte a sostenere il volume di traffico quotidiano, causando forti disservizi e disagi in tutto il nord Sardegna;
          alla disastrosa situazione viaria aggravata da lavori, deviazioni, rallentamenti e chiusure di tratti della strada statale 131 che la rendono difficilmente percorribile, si aggiunga la presenza di un manto stradale per lo più sempre disconnesso specialmente nel tratto di strada che va da Sassari ad Abbasanta;
          appare evidente che la situazione in cui versa la statale 131, ripropone in tutta evidenza il tema del rafforzamento del sistema viario della regione Sardegna, nonché la necessità che il Ministro in indirizzo vigili maggiormente affinché l'Anas intervenga efficacemente ed in tempi certi per la manutenzione della strada ed il definitivo ripristino dei tratti chiusi al traffico ormai da troppo tempo  –:
          se e quali iniziative il Governo intenda adottare nei confronti dell'Anas, affinché effettui una manutenzione effettiva della strada statale 131 specialmente nel tratto del nord Sardegna da sempre pesantemente trascurato;
          se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, intenda intervenire presso l'Anas al fine di fornire un quadro certo su quali siano i tempi di chiusura di tutti i cantieri attualmente presenti sulla strada statale 131. (4-01169)

      Risposta. — Come è noto, l'ammodernamento della strada statale «Porto Torres-Cagliari» è inserito nel primo programma di infrastrutture strategiche dell'ANAS; nello specifico, l'intervento consiste nella realizzazione di una strada extraurbana principale (categoria B), con due corsie per senso di marcia, spartitraffico centrale, intersezioni a livelli sfalsati e complanari a due corsie.
      Ad oggi, secondo quanto riportato da ANAS, lo stato di avanzamento dei lavori sulla strada statale 131 Cagliari-Porto Torres è il seguente.
      Strada statale 131 DCN «Diramazione Centrale Nuorese» – Lavori di ripristino della funzionalità portante della sovrastruttura stradale tra i chilometri 0+000 e 50+150:
      Durante le fasi di stabilizzazione della fondazione stradale sono stati rinvenuti inerti di grossa pezzatura per i quali si è resa necessaria la frantumazione (attività non prevista nel contratto di appalto).
      Per tale motivo, è stata redatta apposita perizia di variante tecnica, approvata il 10 dicembre 2013.
      L'ultimazione dei lavori è prevista per il mese di ottobre 2014.
      Lavori di ammodernamento e di adeguamento della SS 131 tra i chilometri 23+885 – 32+412.
      A causa del grave ritardo accumulato e del mancato rispetto degli obblighi contrattuali, l'ANAS ha disposto, in data 9 dicembre 2013, la risoluzione contrattuale.
      L'avanzamento dei lavori al dicembre scorso era del 26 per cento sul totale.
      Non appena ultimato lo stato di consistenza dei lavori eseguiti, si procederà alla redazione del progetto di completamento per il riappalto dell'opera.
      Si evidenzia che tutte lavorazioni interessano un tratto in variante della strada statale 131, al di fuori dell'attuale sede stradale, e pertanto non rappresentano alcun impedimento alla circolazione stradale.
      Lavori di ammodernamento e di adeguamento della strada statale 131 tra i chilometri 32+300 – 41+000.
      Ad oggi, l'effettivo stato di consistenza lavori è pari all'81 per cento.
      Si segnala, inoltre, che il 14 marzo 2014 l'ANAS ha approvato il progetto di ultimazione delle opere avviate e non ancora concluse.
      Tali opere renderanno funzionale lo svincolo di Villasanta collegandolo alla zona industriale di Sanluri-Villasanta, alla strada statale 293 «di Giba» nonché alla strada statale 197 «di San Gavino e del Flumini».
      Chiusura della strada statale 131 in entrambi i sensi di marcia tra i chilometri 193+800 (svincolo di Florinas) e 198+200 (svincolo Olbia) provincia di Sassari:
      Per quanto riguarda la chiusura della strada statale avvenuta il 25 aprile 2013, si evidenzia che il movimento franoso del versante a monte della statale ha interessato terreni al di fuori della competenza dell'ANAS.
      La regione Sardegna ha provveduto al finanziamento dei lavori per la messa in sicurezza del citato versante, affidandone l'esecuzione, in via di urgenza, al comune di Florinas, competente per territorio.
      L'ANAS, a seguito della rimozione del pericolo, ha provveduto alla riapertura della statale il 23 luglio 2013.
      Lavori di manutenzione straordinaria della strada statale 131.
      Per quanto riguarda la manutenzione della statale nel tratto tra Abbasanta e Sassari, il 4 febbraio è stata disposta l'aggiudicazione all'impresa Meloni s.r.l. dei lavori di distese generali, rafforzamento della pavimentazione stradale e opere marginali in tratti saltuari lungo la strada statale 131 «Carlo Felice» dal chilometro 77+500 al chilometro 142+500.
      A seguito dell'efficacia dell'aggiudicazione, si potrà procedere con la stipula del contratto e la successiva consegna dei lavori.
      Si segnala, infine, che gli interventi di manutenzione straordinaria sono stati completati; in particolare:
          lavori relativi a distese generali periodiche con conglomerati bituminosi, in tratti saltuari, lungo la strada statale 131, dal chilometro 142+500 al chilometro 229+84, conclusi il 20 settembre 2013;
          lavori di rafforzamento della pavimentazione stradale, in tratti saltuari, tra i chilometri 149+000 e 154+000 e tra i chilometri 170+480 e 176+300, terminati il 17 marzo 2014.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Maurizio Lupi.


      MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          nella strada statale 434 Transpolesana, importante strada statale che collega Verona a Rovigo, sono stati conclusi, già da tre settimane, i lavori di manutenzione straordinaria di alcuni essenziali tratti del percorso stradale;
          la strada, classificata come strada extraurbana principale, attraversa i comuni della bassa veronese e rappresenta un importante asse viario, indispensabile per il collegamento con Verona e le autostrade A4 e A13;
          negli ultimi anni, la crisi economica in atto, che ha comportato un generale spostamento dei flussi di traffico dalla rete autostradale a pagamento verso la viabilità statale, ha fatto registrare un sensibile incremento del traffico sulla strada statale 434;
          a causa del degrado del manto stradale si è reso necessario abbassare il limite di velocità da 110 km/h a 70 km/h, in svariati punti, in attesa dell'esecuzione dei lavori, per evitare gli incidenti stradali;
          tuttavia, nonostante i lavori siano conclusi in molti tratti stradali, inspiegabilmente, l'ANAS non ha provveduto a ripristinare i limiti di velocità precedenti sopportati dalla sezione stradale e ciò continua a creare disagi ai cittadini con gravi ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale  –:
          se il Ministro intenda adoperarsi, per quanto di propria competenza, affinché l'ANAS provveda a ripristinare i limiti di velocità propri della strada statale 434 Transpolesana, antecedenti agli abbassamenti resisi necessari per il degrado del manto stradale e per l'esecuzione dei lavori, sui tratti ove i lavori risultano già conclusi. (4-02919)

      Risposta. — La strada statale 434 «Transpolesana», nel corso dell'anno 2013, è stata interessata da notevoli ammaloramenti della pavimentazione stradale, causati dalle avverse condizioni climatiche, come abbondanti piogge e forti escursioni termiche.
      Al fine di garantire la sicurezza per gli utenti, l'ANAS ha disposto, con ordinanza compartimentale n.  11 del 7 febbraio 2013, una revisione dei limiti di velocità massima consentita, originariamente posti a 110 km/h, riducendoli a 90 km/h e, nei tratti più ammalorati, a 70 km/h.
      Nel contempo la medesima ANAS, per fronteggiare la situazione di emergenza che si era venuta a creare ha effettuato nel corso del 2013 degli interventi di somma urgenza per un importo complessivo di circa 233.000,00 euro.
      In particolare, nel dicembre 2013 sono stati realizzati due interventi di somma urgenza per il risanamento del manto stradale in tratti saltuari compresi tra il chilometro 39+550 e il chilometro 48+200 e tra il chilometro 60+950 e il chilometro 76+100. Tali lavori, totalmente a carico della società ANAS, interessano l'intero tronco stradale, per il 55 per cento ricadono nel territorio della provincia di Rovigo mentre per il restante 45 per cento ricadono nel territorio veronese.
      Si fa presente inoltre, che sulla statale traspolesana sono stati programmati altri due interventi di prossima esecuzione.
      Il primo intervento riguarda la manutenzione delle pavimentazioni stradali per 1.630.000 euro circa, di cui circa 200.000 sulla statale in questione.
      Il secondo intervento riguarda il miglioramento della sicurezza della strada statale 434 mediante rafforzamento delle pavimentazioni stradali che è stato finanziato il 24 aprile 2014, per ulteriori euro 1.500.000,00; i lavori presumibilmente verranno eseguiti entro l'autunno di quest'anno.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Maurizio Lupi.


      CARRESCIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          l'autorità portuale, disciplinata dalla legge n.  84 del 1994, ha personalità giuridica di diritto pubblico ed è dotata di autonomia amministrativa di bilancio e finanziaria. L'Autorità ha tra l'altro compiti di indirizzo, controllo e programmazione delle operazioni portuali, di manutenzione delle parti comuni e di mantenimento dei fondali del porto, nonché di affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura di servizi di interesse generale agli utenti portuali;
          l'articolo 8, commi 1 e 1-bis, della legge n.  84 del 1994 stabilisce che il presidente dell'Autorità portuale è nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti previa intesa con la regione interessata, nell'ambito di una terna di esperti designati rispettivamente da provincia, comuni e camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competenti. La terna è comunicata al Ministro tre mesi prima della scadenza del mandato ed egli, con atto motivato, può richiedere, entro trenta giorni dalla richiesta, una seconda terna di candidati nell'ambito della quale effettuare la nomina;
          la scelta deve cadere su nominativi all'interno di una terna di esperti di comprovata competenza nel settore dell'economia dei trasporti e di quella portuale;
          nel novembre 2012 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, considerato che il 23 marzo 2013 sarebbe scaduto il mandato del presidente dell'autorità portuale di Ancona, ha chiesto agli enti interessati di voler comunicare le proprie designazioni;
          gli enti suindicati hanno provveduto a comunicare le designazioni e il Ministro competente non ha richiesto, entro i trenta giorni previsti dalla legge, una seconda tema di nomi;
          il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con proprio decreto in data 7 maggio 2013 ha invece nominato l'avvocato Luciano Canepa commissario straordinario dell'autorità portuale di Ancona fino alla nomina del presidente e comunque per un periodo non superiore a sei mesi decorrenti dall'8 maggio 2013;
          il porto internazionale di Ancona ha un ruolo fondamentale per lo sviluppo della regione Marche e strategico nel contesto dei rapporti con i Paesi dei Balcani e di tutta la regione macro Adriatica;
          è sempre più necessario un governo dell'autorità portuale non più affidato alla gestione commissariale bensì agli ordinari organi previsti dalla legge;
          è importante che la scelta cada su persona inserita nella realtà socio-economica locale per definire sinergicamente con regione, provincia e comuni i progetti strategici per il rilancio del porto e per realizzare le indispensabili opere già avviate o programmate e quelle nuove per renderlo sempre più competitivo  –:
          quali siano i motivi del ritardo della nomina del presidente dell'autorità portuale di Ancona e quando il Ministro competente intenda porre fine alla gestione commissariale e procedere, ai sensi della vigente legge n.  84 del 1994, alla nomina del presidente dell'autorità portuale di Ancona. (4-01736)

      Risposta. — Come evidenziato dall'interrogante il 23 marzo 2013 è scaduto il mandato del presidente dell'autorità portuale di Ancona, avvocato Luciano Canepa.
      Dall'8 maggio 2013, decorso il periodo di prorogatio, l'ente è stato affidato alla gestione di un commissario straordinario, inizialmente individuato nella persona dello stesso Presidente uscente e, successivamente, terminato il previsto semestre commissariale, dal signor Rodolfo Giampieri; il nuovo commissario straordinario dell'ente è stato nominato con decreto 7 novembre 2013, n.  399, con decorrenza 9 novembre 2013 e per un periodo massimo di sei mesi, ovvero fino alla nomina del nuovo presidente.
      Per la nomina del nuovo presidente dell'autorità portuale, questo Ministero ha dato avvio alle procedure previste dall'articolo 8, comma 1, della legge n.  84 del 1994, richiedendo agli enti pubblici interessati, con nota del 13 novembre 2012, di fornire i nominativi degli esperti tra i quali individuare il nuovo vertice dell'ente in parola.
      Gli enti pubblici interessati hanno pertanto fornito le seguenti designazioni:
          Ente: Provincia; Designato: 1. Rodolfo Giampieri, prot. nota: n.  7670, data 14 gennaio 2013;
          Ente: Comune di Ancona; Designato: 1. Rodolfo Giampieri, prot. nota n.  105079 24 dicembre 2012; 2. Cristiano Lassandari prot. nota n.  4509, 16 gennaio 2013;
          Ente: Comune Falconara; Designato: 1. Rodolfo Giampieri; 2. Amos Benni; 3. Giuseppe Guacci, prot. nota n.  3229, 22 gennaio 2013;
          Ente: Camera di Commercio; Designato: 1. Rodolfo Giampieri, prot. nota n.   41/ris, 21 dicembre 2012.

      Pertanto, acquisiti i nominativi, si è proceduto al completamento delle ulteriori fasi procedimentali: è stato quindi proposto il nominativo del signor Rodolfo Giampieri ai fini dell'intesa da parte della regione, come prescritta dal citato articolo 8, comma 1.
      Detta proposta è stata formalizzata alla regione Marche in data 8 novembre 2013, e da quest'ultima positivamente riscontrata con nota in pari data.
      Preso atto, dunque, dell'assenso della regione e rilevata la necessità di provvedere al ripristino della normale amministrazione presso l'ente portuale di Ancona, si è proceduto, come prescritto dalla legge 24 gennaio 1978, n.  14, alla richiesta di parere alle competenti Commissioni parlamentari di Camera e Senato, che si sono entrambe espresse favorevolmente nelle sedute del 4 dicembre 2013.
      Tuttavia, proprio presso le due Commissioni parlamentari, il dibattito sulla nomina del vertice dell'ente portuale in oggetto si è incentrato sulla nota sentenza del Consiglio di Stato n.  4768 del 26 settembre 2013 con cui l'organo di giustizia amministrativa ha disposto l'annullamento del decreto 23 settembre 2011, n.  338, di nomina del dottor Piergiorgio Massidda a presidente dell'Autorità portuale di Cagliari, rilevando, tra l'altro, che «i soggetti designati debbano necessariamente essere in possesso di una specifica qualificazione culturale, teorica e pratica nelle materie indicate dalla Legge» ed aggiungendo che «in tale prospettiva, anche se l'articolo 8 della legge n.  84 del 28 gennaio 1994 non richiede né uno specifico titolo di studio e né uno specifico percorso professionale di carattere giuridico o tecnico, economico e altro è di norma necessario il possesso di una laurea connessa, affine, collegata o collegabile con la materia portuale per potersi definire esperto del settore».
      Orbene, proprio per la situazione del porto di Ancona, le Commissioni parlamentari, pur esprimendo concorde avviso sulla designazione del signor Rodolfo Giampieri, hanno fatto rilevare la carenza del titolo di studio (laurea) in capo al medesimo.
      Tale ultima circostanza può essere dunque assunta a presupposto della ragionevole prudenza adottata successivamente all'acquisizione del parere parlamentare, considerato che – pur essendo preciso dovere dell'Amministrazione assicurare il buon andamento dell'ente mediante la nomina degli organi ordinari – è altrettanto doveroso garantire, contestualmente, che i relativi provvedimenti siano salvaguardati da ogni possibile censura di legittimità e di merito, posto che, allo stato attuale, la sopra richiamata sentenza del Consiglio di Stato presenta margini di incertezza in ordine ai requisiti da prevedere per la nomina delle figure apicali degli enti portuali e, conseguentemente, offre spunti a terzi per l'instaurazione di contenziosi dai tempi e dagli esiti imponderabili.
      In ordine a tale ultimo aspetto, e alla vicenda sopra accennata riguardante il dottor Massidda, è appena il caso di aggiungere che, proprio a seguito di denuncia presentata da un controinteressato, in qualità di Ministro sono stato destinatario di specifico addebito penale per abuso d'ufficio, poi favorevolmente risoltosi innanzi al tribunale dei ministri di Cagliari con il decreto di archiviazione, per carenza dei presupposti materiali e soggettivi, del 24 marzo scorso.
      Va parimenti considerato che la sentenza del Consiglio di Stato n.  4768 del 2013 estende i suoi effetti sulle restanti nomine presidenziali in itinere presso altre autorità portuali, alle quali non è dunque possibile dare corso senza che siano disponibili, anche a tutela dei soggetti candidati, elementi certi e definitivi sull'idoneità dei profili professionali e culturali necessari per assolvere il mandato di Presidente.
      Proprio per sbloccare questa situazione di sostanziale impasse derivante dal pronunciamento della magistratura amministrativa sopra richiamato, le competenti strutture di questo Ministero hanno inteso, per un verso, promuovere il giudizio della Corte di cassazione avverso la richiamata sentenza del Consiglio di Stato n.  4768 del 2013, per motivi attinenti alla giurisdizione in modo da acquisire elementi di certezza in merito agli indirizzi del giudice amministrativo, e, per altra parte, hanno formulato apposito quesito all'avvocatura generale dello Stato per acquisire l'avviso in ordine alle linee di condotta da seguire in futuro per l'individuazione dei vertici delle autorità portuali.
      È di tutta evidenza che l'operato finora intrapreso da questo dicastero è diretto esclusivamente a perseguire i superiori principi costituzionali di buon andamento dell'azione amministrativa, in ragione dei quali si è ritenuto legittimamente di soprassedere dalla nomina del vertice dell'autorità portuale di Ancona, in attesa dei pronunciamenti sopra elencati.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Maurizio Lupi.


      CIRIELLI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          a distanza di un anno dalla morte di Hugo Chavez, il presidente Nicolàs Maduro fatica a contenere un malcontento sempre più diffuso e le proteste sono riprese pesantemente, dopo l'arresto del leader d'opposizione Leopoldo Lopez;
          da quando gli studenti hanno deciso di scendere in piazza per protestare contro il Governo del presidente, che appare sempre più incapace di garantire il minimo necessario per dare un significato alla parola «governare», il Venezuela sta vivendo giorni drammatici;
          nel Paese imperversano violenti scontri con morti, arresti di massa e persone scomparse e il bilancio degli scontri continua a salire di giorno in giorno;
          alla luce dell'ondata di proteste che si stanno registrando, in Venezuela, destinazione di una forte emigrazione italiana, la democrazia e lo Stato di diritto sembrano all'interrogante essere inesistenti;
          la guerriglia si sta svolgendo in semiclandestinità ed è emersa solo grazie alla presenza dei media stranieri e dei social network;
          su Twitter e Facebook, unico veicolo informativo, rimbalzano foto e racconti raccapriccianti di studenti e oppositori picchiati, torturati e seviziati;
          tra i tanti protestanti, il 3 febbraio 2014 è stato arrestato anche un concittadino italiano, Giuseppe Di Fabio, che avrebbe semplicemente partecipato ad una manifestazione in opposizione al partito chavista del presidente Nicolas Maduro;
          le accuse contro Di Fabio, figlio di emigranti abruzzesi, consigliere comunale di opposizione a Maneiro, sulla cui situazione di detenzione non si hanno più notizie da giorni, sono di associazione a delinquere, istigazione alla violenza e resistenza al pubblico ufficiale;
          il giovane italiano, che si professa innocente, sembrerebbe essere una vittima del regime, capro espiatorio di tutta questa vicenda;
          la situazione nel Venezuela diventa sempre più grave e tutto ciò sta accadendo in un quadro di completa indifferenza delle istituzioni e della società in generale  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative ritenga opportuno adottare in favore del nostro connazionale, vittima di abuso e di violenza, e se intenda chiedere chiarimenti e spiegazioni plausibili alle autorità venezuelane, onde evitare il reiterarsi di casi così spiacevoli e tutelare la libertà del cittadino italiano Di Fabio, residente in Venezuela. (4-03739)

      Risposta. — Il signor Giuseppe Di Fabio, cittadino italo-venezuelano, è stato arrestato il 3 febbraio 2014 a seguito di alcune proteste antigovernative sull'isola di Margherita, con l'accusa di associazione a delinquere, istigazione alla violenza e resistenza a pubblico ufficiale. È stato detenuto nel carcere di Puente Ayala, città di Barcelona, a circa 300 chilometri da Caracas.
      Il caso è stato seguito da vicino dall'ambasciata e dal consolato generale a Caracas, in costante contatto con la famiglia ed il legale del connazionale. Subito dopo l'arresto, l'ambasciata d'Italia ha richiesto alle autorità locali l'autorizzazione ad effettuare una visita consolare al connazionale. Tale visita non si è più svolta in quanto il 22 febbraio è stata revocata la misura di privazione della libertà a carico del signor Di Fabio che ha, pertanto, lasciato il penitenziario.
      Il signor Di Fabio continua ad essere indagato per i reati sopra indicati, con obbligo di presentazione ogni 30 giorni presso le competenti autorità.
      Nel contesto della crisi venezuelana, il Governo continuerà a monitorare la situazione del signor Di Fabio e a seguire gli sviluppi della vicenda, ascoltando innanzitutto le voci che vengono dalla importante collettività italo-venezuelana, la cui tutela costituisce una delle massime priorità. La prima responsabilità dell'Italia è infatti difendere le sue comunità in una situazione di grande instabilità mantenendosi in costante contatto con le autorità venezuelane.
      Come ha avuto modo di sottolineare anche il Ministro degli esteri Mogherini nel corso della sua recente visita negli Stati Uniti, continueremo a sostenere questo difficile sforzo di dialogo nazionale, garantendo, attraverso consolato e ambasciata, tutta l'assistenza possibile ai casi che coinvolgono cittadini italiani.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Mario Giro.


      D'INCECCO, DONATI, LA MARCA, MARCO DI MAIO, DE MENECH, MISIANI, BOCCUZZI, GELLI, BOBBA, BONACCORSI e MARCO CARRA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          Giuseppe Di Fabio, consigliere comunale d'opposizione a Maniero, nell'isola di Margarita, originario di Corvara (Pescara), all'inizio del mese di febbraio è stato arrestato dalla polizia nell'ambito delle manifestazioni politiche scoppiate in Venezuela;
          secondo le accuse del procuratore Erarthy Salazar, Di Fabio, militante del partito di opposizione a quello chavista del presidente Nicolas Maduro, avrebbe partecipato alle proteste di fronte all'Hotel Venetur, dove alloggiava la squadra cubana di baseball che partecipava alla «Serie del Caribe». Le accuse sono: associazione per delinquere, istigazione alla violenza e resistenza al pubblico ufficiale;
          i legali del giovane politico abruzzese protestano sostenendo che Di Fabio in quel momento si trovava altrove. La notizia è stata data dal tg online del quotidiano italiano in Venezuela La Voce d'Italia, che, però, definisce Di Fabio italo-venezuelano;
          la sorella di Di Fabio, Rosalia Isabel, nata a Porlamar, che attualmente vive in Italia, a Castiglione a Casauria (Pescara), in un'intervista ha reso noto che il fratello è stato arrestato con altre sei persone e che sono tenuti in una cella piccola a pane e acqua e dormono per terra;
          Rosalia Di Fabio sostiene di avere le prove che la mattina di domenica 2 febbraio 2013 il fratello non era all'Hotel Venetur di Margarita a protestare contro la squadra cubana di baseball ospite, ma a centinaia di chilometri di distanza;
          in un'intervista Rosalia Di Fabio ha dichiarato: «mio fratello è partito per Cantaura (nel continente, vicino Puerto la Cruz) giovedì 30 gennaio con il volo delle 12 ed è tornato a Margarita domenica sera del 2 alle 22». Giuseppe Di Fabio, 26 anni, ha partecipato alla fiera di Cantaura, dove è stato pure intervistato la sera del 1° febbraio da una tv venezuelana, come si vede da un video pubblicato da Youtube;
          Giuseppe è il terzo intervistato e dice in spagnolo: «Buona sera, mi chiamo Giuseppe Di Fabio, rappresentante dello Stato di Nuena Esparta (di cui fa parte l'isola di Margarita), orgoglioso di essere qui, orgoglioso di essere in questa terra di Cantaura, in questa fiera che sicuramente è una delle migliori del Venezuela e sicuramente continueremo contando col sostegno a questo sport nazionale, lo sport dei «toros coleados» (rodeo), dando tutto il sostegno necessario. Andremmo dovunque per continuare praticare questo sport, continuando a portare in alto il nome dello Stato Nueva Esparta, anche se questo sport è un po’ in crisi ma noi continuiamo a uscire e continuare a conquistare altri spazi»;
          sono ormai passati diversi giorni dall'arresto e non si hanno più notizie sul caso di Di Fabio e sullo stato della sua detenzione;
          i familiari di Giuseppe Di Fabio sono molto preoccupati e stanno vivendo in un profondo stato di angoscia  –:
          quali iniziative il Ministro intenda adottare presso il Governo venezuelano per la scarcerazione di Giuseppe Di Fabio. (4-03674)

      Risposta. — Il signor Giuseppe Di Fabio, cittadino italo-venezuelano, è stato arrestato il 3 febbraio 2014 a seguito di alcune proteste antigovernative sull'isola di Margherita, con l'accusa di associazione a delinquere, istigazione alla violenza e resistenza a pubblico ufficiale. È stato detenuto nel carcere di Puente Ayala, città di Barcelona, a circa 300 chilometri da Caracas.
      Il caso è stato seguito da vicino dall'ambasciata e dal Consolato Generale a Caracas, in costante contatto con la famiglia ed il legale del connazionale. Subito dopo l'arresto, l'Ambasciata d'Italia ha richiesto alle autorità locali l'autorizzazione ad effettuare una visita consolare al connazionale. Tale visita non si è più svolta in quanto il 22 febbraio è stata revocata la misura di privazione della libertà a carico del signor Di Fabio che ha, pertanto, lasciato il penitenziario.
      Il signor Di Fabio continua ad essere indagato per i reati sopra indicati, con obbligo di presentazione ogni 30 giorni presso le competenti autorità.
      Nel contesto della crisi venezuelana, il Governo continuerà a monitorare la situazione del signor Di Fabio e a seguire gli sviluppi della vicenda, ascoltando innanzitutto le voci che vengono dalla importante collettività italo-venezuelana, la cui tutela costituisce una delle massime priorità. La prima responsabilità dell'Italia è infatti difendere le sue comunità in una situazione di grande instabilità mantenendosi in costante contatto con le Autorità venezuelane.
      Come ha avuto modo di sottolineare anche il Ministro degli esteri Mogherini nel corso della sua recente visita negli Stati Uniti, continueremo a sostenere questo difficile sforzo di dialogo nazionale, garantendo, attraverso consolato e ambasciata, tutta l'assistenza possibile ai casi che coinvolgono cittadini italiani.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Mario Giro.


      DI BATTISTA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          l'interrogante è venuto a conoscenza che il signor Emad Haggag, cittadino egiziano in possesso della carta di soggiorno a tempo indeterminato, coniugato e convivente con una cittadina italiana e padre di una bimba di due anni nata in Italia, in data 22 agosto 2013 si trovava all'aeroporto del Cairo nel tentativo di riprendere l'aereo di ritorno per Torino, dove vive con la sua famiglia, quando le autorità aeroportuali lo sottoponevano a fermo;
          dopo una custodia cautelare di circa venti giorni, a quanto risulta dalla segnalazione pervenuta all'interrogante, il fermo veniva confermato e veniva di conseguenza disposto l'arresto per una durata di tre mesi in un non meglio specificato istituto di detenzione;
          la moglie di Emad Haggag, signora Milena Vale, provvedeva a contattare l'ambasciata egiziana in Italia chiedendo informazioni sulle sorti del marito, quando le veniva risposto che era in stato di fermo imposto dalle autorità egiziane, ma che non potevano riferire in ordine alle ragioni dello stato di detenzione;
          anche l'interrogante provvedeva a richiedere informazioni sulla vicenda in un primo momento all'Ambasciata d'Italia al Cairo, che dava riscontro – con comunicazione del 27 gennaio 2014 prot. n.  144 – evidenziando di non avere titolo a chiedere conto di un provvedimento adottato dalle autorità egiziane nei confronti di un loro cittadino;
          in un secondo momento l'interrogante chiedeva notizie del signor Emad Haggag anche all'ufficio consolare generale d'Egitto che dava riscontro esponendo di contattare l'ambasciata italiana a Il Cairo;
          gli articoli 37 e 45 del decreto del Presidente della Repubblica n.  18 del 1967, stabiliscono che tra le funzioni delle missioni diplomatiche e degli uffici consolari è prevista quella di proteggere gli interessi nazionali e tutelare i cittadini e i loro interessi;
          seppur il provvedimento dell'autorità egiziana abbia ad oggetto la privazione della libertà personale di un cittadino straniero, è evidente che, di riflesso, alla luce del rapporto di coniugio e di filiazione con due cittadine italiane, detto provvedimento dell'autorità straniera va a toccare un interesse, costituzionalmente garantito agli articoli 29 e 30 Cost., di due nostre connazionali;
          inoltre, in ogni caso, ai sensi dell'articolo 27 del decreto legislativo n.  71 del 2011 l'ufficio consolare deve prestare assistenza anche ai non cittadini ai sensi delle vigenti disposizioni e che l'articolo 56 del decreto del Presidente della Repubblica n.  18 del 1967 prevede che: «la missione diplomatica e l'ufficio consolare prestano, su istruzioni del Ministro, o d'iniziativa, nei casi di urgente e necessità, assistenza, nei limiti delle norme internazionali e degli usi locali, a persone che non abbiano la cittadinanza italiana e non godano sul posto di altra protezione diplomatica o consolare»  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in narrativa;
          se e con quali modalità il Ministro intenda attivarsi al fine di chiedere informazioni in merito allo stato di detenzione del signor Emad Haggag ed in ordine ai motivi che hanno portato al provvedimento di privazione della libertà personale da parte dell'autorità egiziane;
          se e con quali modalità intenda, eventualmente anche ai sensi dell'articolo 27 del decreto legislativo n.  71 del 2011, prestare assistenza al signor Emad Haggag ricorrendone i presupposti. (4-04113)

      Risposta. — Il caso del cittadino egiziano Emad Haggag, detenuto in Egitto dal 22 agosto 2013, è stato segnalato dall'interrogante all'ambasciata a Il Cairo lo scorso 22 gennaio. Come ricorda lo stesso onorevole Di Battista, la nostra rappresentanza ha risposto chiarendo in primo luogo di non poter chiedere conto ai propri interlocutori locali di un provvedimento adottato dalle autorità egiziane nei confronti di un cittadino di quel Paese. Quanto indicato dall'ambasciata è conseguenza del principio previsto dalla convenzione di Vienna del 1963 sulle relazioni consolari secondo il quale destinatari della funzione di assistenza consolare sono i cittadini dello stato d'invio, ovvero di quello che ha stabilito una propria rappresentanza consolare nel territorio di un altro stato (Stato di residenza).
      La stessa convenzione di Vienna prevede altresì, in presenza di specifiche condizioni, l'esercizio di funzioni consolari a favore dei cittadini di uno Stato terzo, diverso cioè tanto dallo Stato cui appartiene la rappresentanza consolare che da quello in cui la stessa si trova. In questa prospettiva vanno lette le disposizioni richiamate dall'interrogante, di cui all'articolo 56 del decreto del Presidente della Repubblica n.  18 del 1967, in forza delle quali è possibile prestare assistenza anche ai cittadini che «non godano sul posto di altra protezione diplomatica o consolare», ovvero ai cittadini di Paesi terzi non altrimenti rappresentati nel luogo in cui si trovano. Non diversa è la previsione contenuta nell'articolo 27 del decreto legislativo n.  71 del 2011, secondo la quale l'Ufficio consolare «presta assistenza» anche «ai non cittadini, ai sensi delle vigenti disposizioni» e quindi secondo la prospettiva appena segnalata.
      Nel caso in parola, la richiesta di assistenza va piuttosto riferita alla tutela degli interessi della coniuge e della figlia del signor Haggag, cittadine italiane, e come tale è stata tempestivamente riscontrata dall'ambasciata. Per i motivi accennati, un intervento tendente ad assumere informazioni sui motivi della detenzione o a prestare assistenza a un detenuto in possesso della sola cittadinanza egiziana avrebbe incontrato un ostacolo insuperabile, dato che non vi sono regole internazionali (sia consuetudinarie che pattizie) invocabili a tal fine dalla nostra rappresentanza. L'Ambasciata a Il Cairo ha quindi suggerito alla moglie del signor Haggag di avvalersi di un legale di sua fiducia, abilitato in Egitto, cui affidare la cura degli interessi del congiunto nei suoi rapporti con le autorità locali. Per aiutare a individuare un professionista in tal senso l'ambasciata ha fornito, a titolo indicativo, una lista di legali di riferimento, suggerendo al tempo stesso il coinvolgimento di un legale anche in Italia, che possa entrare in rapporto con le autorità diplomatico-consolari egiziane nel nostro Paese.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Mario Giro.


      MANLIO DI STEFANO, SPADONI, SIBILIA, GRANDE, SCAGLIUSI, DI BATTISTA e DEL GROSSO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
          il decreto-legge 31 agosto 2013, n.  101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n.  125, prevede al suo articolo 4, comma 3, che la pubblica amministrazione non può procedere all'avvio di un nuovo concorso pubblico se prima non abbia verificato che quanti hanno superato un concorso pubblico, qualificandosi quindi come idonei, vengano prioritariamente assunti, e solo successivamente si procede a un nuovo bando;
          ciò per una duplice ragione: da un lato l'esigenza di razionalizzare la spesa pubblica, atteso che l'avvio di nuove procedure selettive comporta un esborso di danaro pubblico; dall'altro, l'esigenza di tutelare la posizione giuridica di quegli idonei che, dopo aver superato un regolare concorso pubblico, hanno più volte assistito alla frustrazione delle proprie aspettative;
          la nuova disposizione novella e risolve l'annosa questione relativa all'alternativa tra scorrimento delle graduatorie e indizione di un nuovo concorso, su cui più volte la giurisprudenza ha mutato orientamento. Con la nota adunanza plenaria n.  14/2011, il Consiglio di Stato aveva già affermato un generico favor per l'utilizzo delle graduatorie, vera e propria «regola», essendo invece l'avvio di un nuovo concorso qualificabile come «eccezione». Tuttavia, individuava alcune categorie di concorsi che potevano essere esentate dallo scorrimento, permanendo un margine di discrezionalità in capo all'amministrazione;
          come detto, la questione è stata risolta dal legislatore stesso, che ha inteso eliminare ogni margine di discrezionalità in capo all'amministrazione, imponendo il previo scorrimento delle graduatorie vigenti. Tale obbligo, che configura una vera e propria attività vincolata della pubblica amministrazione, è esteso, per espressa previsione di legge, a tutte le amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo. Che non vi siano eccezioni è facilmente desumibile sia dal testo della normativa sia dalla circolare esplicativa alla stessa, segnatamente al quadro sinottico «C»;
          gli obblighi del citato decreto-legge possono recedere, quindi, soltanto di fronte a norme speciali di settore che risultino incompatibili con lo scorrimento delle graduatorie. Esse non sussistono nel caso del concorso per segretario di legazione in prova della carriera diplomatica, il cui regolamento rinvia anzi alle norme generali;
          nel caso della carriera diplomatica esiste solamente una legge di autorizzazione all'avvio del concorso per il quinquennio 2010-2014 (articolo 4, comma 3, del decreto-legge 1° gennaio 2010 n.  1), che non fissa un numero esatto di posti da porre a concorso. Che tale legge sia compatibile con lo scorrimento della graduatoria è dimostrato pacificamente dall'avvenuto scorrimento dell'anno 2010, già vigendo la legge di autorizzazione, quando sei idonei in graduatoria venivano assorbiti e il contingente di unità per il concorso 2011 veniva ridotto;
          nel 2010 il Ministero degli affari esteri provvedeva allo scorrimento della graduatoria pur non essendovi tenuto, ma secondo la propria discrezionalità, dimostrando così l'assenza di norme ostative allo stesso scorrimento. In presenza delle stesse, infatti, tale avvenimento sarebbe risultato impossibile. Gli idonei assorbiti non hanno avuto alcun problema di progressione di carriera;
          in data 11 aprile 2014 il Ministero degli affari esteri ha provveduto all'indizione di una nuova procedura selettiva per 35 posti di segretario di legazione in prova della carriera diplomatica, senza provvedere al previo scorrimento delle graduatorie;
          nel bando di concorso non si fa il minimo riferimento alla novella normativa, e si fa anzi riferimento a provvedimenti giurisdizionali (TAR Lazio n.  03558/2014 del 1° aprile 2014 e il parere consultivo 526/2014 del Consiglio di Stato dell'8 gennaio 2014) riferiti a contesti normativi in cui la nuova legge comportante l'obbligo di scorrimento non esisteva, neppure. Tali provvedimenti escludono l'obbligo di scorrimento proprio perché non esisteva, al tempo, alcuna legge che lo imponeva, vigendo ancora il regime di discrezionalità che oggi, pacificamente, risulta esaurito;
          il concorso bandito è assolutamente identico, per quanto riguarda le prove d'esame, compresa la prova attitudinale, a quello conclusosi appena sei mesi prima;
          con tutta probabilità il nuovo bando di concorso verrà impugnato innanzi al giudice amministrativo per violazione di legge, instaurando l'ennesimo contenzioso al riguardo, con le prevedibili conseguenze in punto di esborso di danaro pubblico e di lentezza della giustizia per la pluralità dei ricorsi pendenti;
          l'impugnazione del bando di concorso potrebbe tradursi, in caso di accoglimento in fase cautelare, nella sospensione della procedura selettiva, con conseguente impossibilità di provvedere all'urgente e tempestivo invio di personale in previsione degli impegni in sede di Unione europea e in relazione all'EXPO descritti nel bando. Sotto questo profilo, lo scorrimento della graduatoria, a norma di legge, sarebbe stato assai più idoneo allo scopo  –:
          se non si ritenga di procedere allo scorrimento della graduatoria vigente, ovviando alla lesione dei diritti soggettivi provocati dall'emissione del nuovo bando viziato, ad avviso degli interroganti, da chiara illegittimità, anche a tutela della trasparenza e dal buon andamento dell'azione amministrativa, e del rispetto delle posizioni giuridiche coinvolte;
          se non si intenda ritirare o modificare il bando in autotutela al fine di garantire l'assunzione degli idonei, così da eliminare il contenzioso e soddisfare al contempo l'esigenza di efficienza e trasparenza dell'azione amministrativa;
          quali iniziative urgenti intendano assumere, nell'ambito delle rispettive competenze, per dare piena attuazione al decreto-legge n.  101 del 2013 in materia di scorrimento delle graduatorie, con riferimento al concorso diplomatico in atto, oltre che per le altre amministrazioni, atteso che la normativa non risulta essere ancora stata applicata da tutti i destinatari. (4-04551)

      Risposta. — L'esercizio concorsuale del Ministero degli affari esteri per l'accesso alla carriera diplomatica è da sempre improntato alla ricerca di funzionari con il più alto livello di preparazione ed aggiornamento, in linea con il prioritario principio di massima efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa.
      Il raggiungimento di tale obiettivo poggia su di uno strumento indispensabile per la sopravvivenza stessa della macchina ministeriale e del suo funzionamento; la cadenza annuale del concorso diplomatico.
      Solo in rarissime e specifiche occasioni l'amministrazione ha fatto ricorso all'assorbimento di idonei non vincitori di graduatorie vigenti, ad esempio nel 2010 per esigenze legate a sopravvenute e straordinarie necessità di risorse umane, visto che – è bene specificarlo – nell'anno precedente (2009) non si era tenuto alcun concorso diplomatico.
      Il modus operandi concorsuale del Ministero degli affari esteri è oggi legittimato in maniera inoppugnabile sia sotto il profilo legislativo che giurisprudenziale.
      Come ricordato dagli interroganti, l'articolo 4.3 del decreto-legge n.  101 del 2013, convertito in legge n.  125 del 2013, tra le altre cose subordina l'avvio di nuove procedure concorsuali all'esistenza di una specifica autorizzazione.
      Nel caso dell'amministrazione degli affari esteri tale autorizzazione esiste già, e risiede nella normativa speciale di cui al decreto-legge n.  101 del 2010 che, come noto, in deroga al blocco del turn-over nella pubblica amministrazione, legittima il Ministero degli affari esteri non solo a bandire annualmente «concorsi ma anche ad assumere segretari di legazione in prova per la carriera diplomatica sino ad un numero di 35 unità per il quinquennio 2010-2014.
      In altre parole, la normativa del 2013 non ha aggiunto alcunché rispetto alle determinazioni del legislatore del 2010 sulla legittimità dell'indizione di nuovi concorsi da parte del Ministero degli affari esteri.
      In parallelo con il riscontro di tipo normativo, la legittimità dell'azione ministeriale è stata ribadita a più riprese anche dalla giustizia amministrativa che, oggi, attraverso le sue ripetute determinazioni ha oramai prodotto un orientamento consolidato a favore del Ministero degli affari esteri.
      Il Consiglio di Stato (con l'adunanza plenaria n.  14 del 2011, e successivamente con sentenze del 2013 e del 2014) e il TAR (con sentenza del 2014) – nel quadro di una serie di determinazioni a favore del Ministero degli affari esteri relative a ricorsi (respinti) presentati da idonei non vincitori dei concorsi 2010, 2011 e 2012 – hanno ripetutamente confermato la specialità normativa del Ministero degli affari esteri (non solo relativa al decreto-legge n.  1 del 2010 ma altresì dell'ordinamento stesso dell'amministrazione degli affari esteri, decreto del Presidente della Repubblica n.  18 del 1967), legandola alle peculiarità proprie della carriera e dei meccanismi specifici di crescita professionale in essa previsti.
      Da notare che la suddetta specialità – che proprio ai sensi dell'adunanza plenaria 14/2011 del Consiglio di Stato citata dagli interroganti, impone al Ministero degli affari esteri l'obbligo primario di bandire nuovi concorsi prima di un eventuale assorbimento di idonei non vincitori – è stata ribadita dalla giustizia amministrativa nel 2014 nelle due sentenze menzionate dagli interroganti: quindi successivamente all'entrata in vigore della legge n.  125 del 2013, a dimostrazione e riprova che con quest'ultima normativa non vi è stata alcuna novella sostanziale se non la conferma implicita della completa legittimità dell'azione dell'amministrazione.
      Infine, per completezza di informazione, dal momento che gli idonei non vincitori dei concorsi 2010, 2011 e 2012 con le sentenze succitate hanno già visto giudizialmente respinte le proprie istanze di assunzione, non si capisce come l'organizzazione di un nuovo concorso diplomatico nel 2014 potrebbe comportare una mancata razionalizzazione della spesa pubblica, come pure affermato dagli interroganti.
      In via puramente ipotetica, se vi fosse anche una qualche pretesa assunzionale da tutelare in capo ai restanti idonei non vincitori del concorso diplomatico 2013 (e sia normativamente che giurisprudenzialmente, come ribadito e dimostrato, tale pretesa è inesistente), l'amministrazione si sarebbe trovata comunque ad organizzare il concorso diplomatico del 2014 (si ripete, autorizzato con normativa speciale, decreto-legge n.  1 del 2010) e quindi a bandire ed assumere non più 35 unità bensì un numero appena leggermente inferiore; elemento, questo, che certo non rileva in termini di risparmio finanziario per l'esercizio concorsuale incipiente, per il quale sono comunque necessari specifici costi logistico-organizzativi, non certo legati alla differenza di poche unità dei posti banditi.
Il Viceministro degli affari esteri: Lapo Pistelli.


      FEDI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          rispondendo a precedenti interrogazioni il Ministero degli affari esteri ha assunto l'impegno a dare soluzione al problema del versamento delle spettanze previdenziali previste dal regime australiano per i lavoratori a contratto locale assunti presso la nostra rete diplomatico-consolare;
          con decorrenza 1° gennaio 2013, infatti, l'amministrazione degli affari esteri ha disposto la piena applicazione per tutto il personale a contratto a legge italiana e a legge locale, residente in Australia, delle norme della convenzione tra la Repubblica italiana e l'Australia per evitare le doppie imposizioni e prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito, firmata a Canberra il 14 dicembre 1982, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n.  145 del 21 giugno 1985 ed entrata in vigore il 5 novembre 1985;
          la normativa locale australiana prevede che il sostituto d'imposta, oltre alle ritenute fiscali da versare all’Australian Taxation Office, sia contemporaneamente responsabile anche dei versamenti obbligatori ai fondi previdenziali e della copertura assicurativa per malattia e infortuni e tale obbligo si applica a tutto il personale a contratto italiano e a contratto locale e riguarda i regimi denominati rispettivamente «superannuation» e «workers compensation»;
          negli ultimi mesi è emersa la volontà da parte dell'amministrazione di procedere unilateralmente, dopo acquisizione di parere da parte dell'Avvocatura generale dello Stato, a convertire i contratti a legge italiana in contratti regolati dalla legge locale;
          la volontà manifestata dall'Amministrazione rispetto alla modifica della natura dei contratti non corrisponde al quadro normativo di riferimento e, ovviamente, alle legittime aspettative dei titolari di contratti di lavoro individuali regolati da sempre dalla legge italiana;
          analoga problematica si è già verificata in Canada garantendo la copertura locale senza alcuna modifica del regime contrattuale;
          l'articolo 158 del decreto del Presidente della Repubblica n.  18 del 1967, come modificato dal decreto legislativo n.  103 del 2000, prevede che la tutela previdenziale venga assicurata nelle forme previste dalla normativa locale, ovvero, quella del Paese di residenza, ivi comprese le convenzioni e gli accordi internazionali in vigore  –:
          quali immediate iniziative si intendano intraprendere per disporre il passaggio dal regime previdenziale italiano INPS a quello locale facente capo alla «superannuation» di tutto il personale a contratto (nazionale italiano e locale) in servizio presso la rete diplomatico consolare in Australia;
          quali urgenti ed immediate iniziative si intendano adottare per garantire la tutela di diritti e garanzie ancorati alla tipologia stessa del contratto di lavoro nazionale italiano. (4-03826)

      Risposta. — Nel merito giova precisare che, al fine di delineare un quadro chiaro sulla situazione australiana, occorre tenere distinti gli aspetti fiscali da quelli previdenziali in quanto disciplinati da due fonti normative diverse.
      Il regime fiscale del personale a contratto in servizio in Australia si conforma alla convenzione bilaterale per evitare le doppie imposizioni (ratificata dall'Italia con legge n.  292 del 1985), che prevede l'assoggettamento di tutto il personale a contratto al regime fiscale locale. Dal primo gennaio 2013, come è noto, le sedi diplomatiche e consolari sono tenute ad agire in qualità di sostituto d'imposta in base alla legge australiana.
      Diversamente, il regime previdenziale resta disciplinato dalla formulazione dei contratti di impiego. Nel caso del personale a contratto a legge locale, in conformità all'articolo 154 del decreto del Presidente della Repubblica n.  18 del 1967, come novellato dal decreto legislativo n.  103 del 2000, i contratti recepiscono la normativa australiana in materia previdenziale.
      I problemi si registrano per un limitato numero di impiegati tuttora regolati dal contratto a legge italiana, ai quali si applicano le norme italiane sopra richiamate e quelle della contrattazione collettiva. L'articolo 2, comma 3, del decreto sopra richiamato ha stabilito la perdurante validità delle «disposizioni dei contratti di impiego del personale relative alle assicurazioni per invalidità, vecchiaia e superstiti, nonché all'assistenza per malattia», ovvero l'iscrizione all'Inps, all'Inail e al sistema sanitario nazionale. Si verifica quindi un contrasto tra una norma italiana ed una locale, non superabile con il dettato normativo, il quale non prevede la verifica di conformità dei contratti a legge italiana rispetto alla normativa locale né ammette la modifica dei contratti per recepire norme imperative locali. Ciò risponde al principio di specialità di questi contratti, la cui coerenza interna è data dal fatto che essi sono interamente regolati dalla legge italiana e dai contratti collettivi applicabili, fatta salva l'esistenza di convenzioni internazionali che prevalgono sulla normativa nazionale.
      Riassumendo, quindi, ai fini previdenziali è possibile individuare tre diverse posizioni del personale impiegato all'estero: impiegati a contratto regolato dalla legge locale ed assicurati ai sensi della normativa previdenziale del Paese dove prestano servizio; impiegati a contratto regolati dalla legge locale che abbiano optato per l'Inps; impiegati a contratto regolati dalla legge italiana e, dunque, iscritti di diritto presso la gestione previdenziale Inps.
      Si fa presente che l'amministrazione non intende procedere unilateralmente alla conversione dei contratti a legge italiana in contratti a legge locale. Sono in realtà gli stessi dipendenti a rivendicare l'introduzione di alcuni istituti regolati dal diritto australiano (non solo per gli aspetti previdenziali ma anche per quelli assicurativi) in un contratto interamente regolato dalla legge italiana, così mettendo in discussione la coerenza dell'impianto contrattuale.
      La verifica di conformità dei contratti a legge italiana alla legge locale non potrebbe essere limitata ai soli aspetti di interesse del personale, dovrebbe viceversa riguardare tutti gli istituti, tra cui vi è sicuramente quello della copertura sanitaria e dei congedi straordinari. Le eventuali modifiche da introdurre sarebbero così incisive da determinare, in definitiva, la sostanziale conversione del contratto disciplinato dalla legge italiana in uno regolato dalla legge locale. Questi problemi erano stati segnalati al personale interessato già nello scorso giugno.
      L'irrigidimento delle autorità australiane, non disponibili a negoziare deroghe o a mettere in discussione la preminenza del diritto locale, ha spinto l'amministrazione a richiedere un parere all'avvocatura generale dello Stato per conoscere quali siano le possibili soluzioni in materia, delle quali si avrà cura di informarne il personale interessato.
      Da ultimo la situazione australiana e quella canadese non sono tra di loro compatibili, in quanto l'assoggettamento del personale a contratto a legge italiana alla previdenza canadese discende dalla vigente convenzione bilaterale in materia di sicurezza sociale, che a differenza del caso australiano, prevale sulla normativa italiana.
Il Viceministro degli affari esteri: Lapo Pistelli.


      GAGNARLI e BALDASSARRE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in una nota dell'assessorato alle infrastrutture per la mobilità, logistica, viabilità e trasporti della regione Toscana si legge che Trenitalia ha deciso per la soppressione degli Intercity 586 (Roma-Trieste) e 587 (Roma Termini-Milano C.le), cui farà seguito la deviazione, a partire dal mese di giugno 2014, della Freccia bianca 9762 dalla dorsale tirrenica;
          l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti ha dichiarato nei mesi scorsi (http://iltirreno.geolocal.it) che trattandosi di vettori che non rientrano nel «contratto di servizio con lo Stato» (non sono fra i treni sostenuti dai fondi pubblici, ma si mantengono solo con i biglietti e sono quindi treni a mercato), se i passeggeri non coprono «il rischio di impresa», la società chiude il servizio;
          la regione Toscana ha più volte manifestato e formalizzato la sua contrarietà a questa scelta giudicandola penalizzante per i pendolari e per gli utenti toscani in genere, che si vedrebbero privati di un servizio comunque importante e complementare a quello regionale. Il servizio Intercity è, infatti, fondamentale per garantire il livello «intermedio» fra i servizi AV ed i servizi regionali, in particolare per quei centri e quei territori non serviti dall'alta velocità;
          Trenitalia ha già preannunciato al Governo e alle regioni l'intenzione di cancellare dall'orario estivo le residue 5 coppie di intercity delle 6 rimaste attive. Tale decisione avrebbe ripercussioni gravissime sul servizio per centinaia di utenti toscani;
          per evitare tale decisione, il gestore del servizio chiede al Governo risorse pari a 30 milioni di euro al fine di compensare le perdite che oggi deriverebbero dalla programmazione di tali treni. Tali risorse, secondo quanto comunicato dal Governo alle regioni, non sarebbero al momento disponibili;
          l'articolo 21, comma 4, del decreto-legge n.  98 del 2011, ha introdotto un sovrapprezzo al canone dovuto per l'esercizio dei servizi di passeggeri su linee ad alta velocità, da destinare al sostegno dei servizi a media e lunga percorrenza;
          la determinazione del sovrapprezzo di cui sopra dovrà essere effettuata con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, senza compromettere la redditività economica del servizio di trasporto su rotaia, e sarà soggetta ad aggiornamento triennale;
          ancora oggi si attende il previsto decreto attuativo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che potrebbe contribuire in modo concreto a superare le difficoltà a mantenere in servizio i treni Intercity  –:
          se il Ministro interrogato possa illustrare i motivi del ritardo nell'emanazione del decreto attuativo previsto all'articolo 21, comma 4, del decreto-legge n.  98 del 2011. (4-04094)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
      Occorre premettere che la maggior parte dei treni Intercity rientra nei «Servizio Universale», comprendente quei treni di media-lunga percorrenza che, per poter essere effettuati, necessitano di un corrispettivo, definito nell'ambito di un contratto di servizio, in quanto presentano un conto economico negativo. Pertanto è lo Stato che copre con un corrispettivo la differenza tra i ricavi da traffico previsti ed i costi ammessi a remunerazione.
      La quota di intercity operati «a mercato», che percorrono principalmente la linea dorsale tra Roma e Firenze e servono varie destinazioni, da Milano, Trieste/Venezia sino a Roma/Napoli/Salerno, sono collegamenti che svolgono spesso, per buona parte, un servizio di cabotaggio, servendo flussi pendolari che li utilizzano per tratte limitate, sostanzialmente paragonabile a quello del trasporto ferroviario locale gestito dalle regioni.
      Questi treni presentano un rapporto costi/ricavi fortemente negativo, con perdite rilevanti pari a circa 29 milioni di euro l'anno pertanto, considerata l'insostenibilità di tale situazione, Trenitalia ha comunicato a questo Dicastero l'intenzione di sospenderne l'effettuazione in regime di mercato, evidenziando l'opportunità di inserirli nel cosiddetto «servizio universale» in modo da essere compresi nell'ambito del contratto di servizio in essere tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero dell'economia e delle finanze e Ferrovie dello Stato, sostenendone l'onere, analogamente a quanto avviene per gli altri intercity aventi le medesime caratteristiche.
      In effetti, come evidenziato dagli interroganti, due di questi Intercity (la coppia 586/587 in partenza da Roma alle ore 9.40 con arrivo a Milano alle 16,15 e in partenza da Milano alle 10.50 con arrivo a Roma alle 17.20) – che registravano uno scarso utilizzo da parte della clientela pendolare – sono stati soppressi dallo scorso 1o marzo.
      In merito, Trenitalia ha fatto presente di aver provveduto ad informarne il tavolo tecnico istituito presso questo Dicastero, cui partecipano le Regioni, le quali hanno valutato come riassorbibili, in termini di impatto sulla clientela pendolare, le soppressioni già operate.
      Per quanto attiene, poi, alla possibilità che le restanti coppie di Intercity, non compresi nel perimetro sovvenzionato dal citato contratto di servizio con lo Stato, non effettuino più il servizio, si assicura che questo Dicastero è impegnato a individuare tutte le possibili soluzioni, che sia sotto il profilo tecnico che economico consentano il mantenimento in attività dei servizi in argomento oltre il prossimo mese di giugno 2014.
      Proprio in quest'ottica, i competenti uffici di questo Ministero hanno chiesto a Trenitalia ulteriori dettagli per poter valutare i maggiori costi sottesi al contratto qualora tali collegamenti venissero riconosciuti come servizi di utilità sociale al pari di quelli che, nelle stesse direttrici, sono già sovvenzionati. Tutto ciò dovrà ovviamente avvenire in un quadro di invarianza delle risorse attualmente disponibili e pertanto sarà necessario individuare eventuali rimodulazioni degli altri servizi inclusi nel citato perimetro sovvenzionato.
      Per quanto riguarda le disposizioni dell'articolo 21 del decreto-legge n.  98 del 2011, si evidenzia che tale norma avrebbe riflessi soltanto indiretti sul trasporto pendolare in quanto la stessa prevede l'introduzione di un sovrapprezzo al canone dovuto per l'esercizio dei servizi di trasporto passeggeri a media e lunga percorrenza, non forniti nell'ambito di contratti di servizio pubblici per la parte espletata su linee appositamente costruite per i collegamenti ferroviari, alta velocità, con velocità pari o superiore a 250 chilometri orari, destinato interamente al finanziamento degli oneri dei servizi universali di trasporto ferroviario di interesse nazionale, oggetto di contratto di servizio pubblico.
      Di contro, l'introduzione del sovrapprezzo in questione determinerebbe impatti rilevanti sulla concorrenza, compromettendo così la redditività economica del segmento alta velocità, considerato che l'extra-canone interverrebbe su tariffe medie tra le più onerose in Europa.
      Si evidenzia, inoltre, che tale norma va letta in combinato disposto con l'articolo 15 del decreto legislativo n.  188 del 2003, che stabilisce il principio del tendenziale equilibrio dei conti del Gestore dell'infrastruttura tra, da un lato, i ricavi derivanti dalla riscossione dei canoni ferroviari e dei corrispettivi per la fornitura dei servizi, le eccedenze provenienti da altre attività commerciali e i contributi pubblici definiti nel contratto di programma e, dall'altro lato, i costi relativi alla gestione dell'infrastruttura al netto degli ammortamenti.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Maurizio Lupi.


      GIULIETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          già in data 24 luglio 2013, nella seduta n.  59, l'interrogante ha presentato un'interpellanza urgente sul tema della soppressione degli intercity nel tracciato che riguarda l'Umbria;
          già dal mese di ottobre scorso si era ventilata l'ipotesi della riduzione dei servizi a mercati di alcune coppie di IC che interessano anche l'Umbria, si apprende dalla stampa che il gestore Trenitalia Spa – divisione passeggeri N/I, avrebbe confermato le succitate intenzioni con la soppressione, a partire dal prossimo mese di giugno di cinque coppie di servizi ferroviari Intercity (oltre a quelli già soppressi da marzo) che attualmente servono le stazioni ferroviarie umbre di Orvieto e Chiusi;
          soppressioni, volute da Trenitalia, troverebbero giustificazioni nel non raggiungimento dell'equilibrio economico tra costi e ricavi di questi servizi ferroviari, in quanto non contribuiti perché non ricompresi del contratto di servizio con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
          se questa ipotesi di soppressione dovesse realmente verificarsi, questa regione sarebbe ancor più penalizzata di quanto non lo è già, considerato che attualmente non è possibile intercettare l'alta velocità solo mediante i sopracitati servizi ferroviari Intercity; questi servizi inoltre sono sistematicamente utilizzati dai cittadini umbri per i loro spostamenti casa-lavoro-studio verso Roma e verso Firenze;
          in tale contesto la paventata soppressione degli Intercity è assolutamente inaccettabile e inaccoglibile, è opportuno e doveroso che il Ministero competente e l'Agenzia Trenitalia pongano particolare attenzione e più sensibilità verso queste problematiche attivando qualsivoglia misura per la loro soluzione;
          iniziative il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti intenda mettere in campo per il mantenimento dei servizi Intercity rafforzandoli in virtù del diritto alla mobilità che è necessario garantire ai passeggeri, tutti indistintamente, anche in applicazione di quanto previsto nel merito dall'attuale normativa comunitaria.
(4-04327)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
      La maggior parte dei treni Intercity rientra nel «Servizio Universale», comprendente quei treni di media-lunga percorrenza che, per poter essere effettuati, necessitano di un corrispettivo definito nell'ambito di un contratto di servizio in quanto presentano un conto economico negativo. Pertanto è lo Stato che copre con un corrispettivo la differenza tra i ricavi da traffico previsti ed i costi ammessi a remunerazione.
      La quota di Intercity operati «a mercato», che percorrono principalmente la linea dorsale tra Roma e Firenze e servono varie destinazioni, da Milano, Trieste/Venezia sino a Roma/Napoli/Salerno, sono collegamenti che svolgono spesso, per buona parte, un servizio di cabotaggio, servendo flussi pendolari che li utilizzano per tratte limitate, sostanzialmente paragonabile a quello del trasporto ferroviario locale gestito dalle Regioni.
      Questi treni presentano un rapporto costi/ricavi fortemente negativo, con perdite rilevanti pari a circa 29 milioni di euro l'anno pertanto, considerata l'insostenibilità di tale situazione, Trenitalia ha comunicato a questo Dicastero l'intenzione di sospenderne l'effettuazione in regime di mercato, evidenziando l'opportunità di inserirli nel cosiddetto «servizio universale» in modo da essere compresi nell'ambito del contratto di servizio in essere tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero dell'economia e delle finanze e Ferrovie dello Stato, sostenendone l'onere, analogamente a quanto avviene per gli altri Intercity aventi le medesime caratteristiche.
      In effetti, come evidenziato dall'interrogante, due di questi, intercity (la coppia 586/587 in partenza da Roma alle ore 9.40 con arrivo a Milano alle 16,15 e in partenza da Milano alle 10.50 con arrivo a Roma alle 17.20) – che registravano uno scarso utilizzo da parte della clientela pendolare – sono stati soppressi dallo scorso 1o marzo.
      In merito, Trenitalia ha fatto presente di aver provveduto ad informarne il tavolo tecnico istituito presso questo Dicastero, cui partecipano le Regioni, le quali hanno valutato come riassorbibili, in termini di impatto sulla clientela pendolare, le soppressioni già operate.
      Per quanto attiene, poi, alla possibilità che le restanti coppie di intercity non compresi nel perimetro sovvenzionato dal citato contratto di servizio con lo Stato, non effettuino più il servizio, si assicura che questo Dicastero è impegnato a individuare tutte le possibili soluzioni, che sia sotto il profilo tecnico che economico consentano il mantenimento in attività dei servizi in argomento oltre il prossimo mese di giugno 2014.
      Proprio in quest'ottica, i competenti uffici di questo Ministero hanno chiesto a Trenitalia ulteriori dettagli per poter valutare i maggiori costi sottesi al contratto qualora tali collegamenti venissero riconosciuti come servizi di utilità sociale al pari di quelli che, nelle stesse direttrici, sono già sovvenzionati. Tutto ciò dovrà ovviamente avvenire in un quadro di invarianza delle risorse attualmente disponibili e pertanto sarà necessario individuare eventuali rimodulazioni degli altri servizi inclusi nel citato perimetro sovvenzionato.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Maurizio Lupi.


      LODOLINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 8 della legge n.  84 del 1994, in tema di riordino della legislazione in materia portuale, stabilisce le procedure per la nomina del presidente dell'autorità portuale e che, nella fattispecie riferita all'autorità portuale di Ancona, tale figura viene nominata con decreto del Ministero dei trasporti e della navigazione (oggi Ministero delle infrastrutture e dei trasporti), d'intesa con la regione Marche, nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale, designati dai comuni di Ancona e Falconara Marittima, dalla provincia di Ancona e dalla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Ancona;
          il presidente dell'autorità portuale, a norma dell'articolo 8, comma 2, della citata legge 28 gennaio 1994, n.  84, e successive modificazioni ed integrazioni, resta in carica 4 anni e può essere riconfermato una sola volta;
          la nota protocollare n.  0039999 – 13 novembre 2012 con cui il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dando atto che il 23 marzo 2013 sarebbe giunto a scadenza il mandato del presidente dell'autorità portuale di Ancona ed ai fini della nomina del nuovo titolare ha richiesto agli enti interessati di voler comunicare le proprie designazioni corredate dei curricula dei candidati proposti;
          il 23 marzo 2013 è giunto, pertanto, a scadenza il secondo mandato del presidente dell'autorità portuale di Ancona, avvocato Luciano Canepa;
          gli enti interessati, ai sensi dell'articolo 8 della legge n.  84 del 1994, hanno, entro i termini previsti, inviato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti le designazioni di competenza per la nomina a presidente dell'autorità portuale di Ancona;
          la Camera di commercio di Ancona, il comune di Ancona, il comune di Falconara Marittima, la provincia di Ancona, ai fini della nomina, hanno tutti designato una medesima personalità, nell'ambito della terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuali;
          tutti gli enti interessati hanno, pertanto, dimostrato unità d'intenti e, dunque, condivisione relativamente alla proposta di una personalità che, oltre a possedere i requisiti richiesti per la designazione, dispone di una notevole conoscenza delle problematiche e delle questioni strategiche che riguardano lo sviluppo del porto di Ancona;
          il mandato del presidente dell'autorità portuale è scaduto il 23 marzo 2013 e dopo il periodo di prorogatio di 45 giorni si dovrà provvedere alla nomina di un commissario;
          il porto internazionale di Ancona rappresenta l'industria più grande delle Marche ed elemento fondamentale per far tornare a crescere il sistema produttivo marchigiano;
          vi sono scelte urgenti da compiere per il futuro di un'area così importante, strategica e al tempo stesso delicata, dalle grandi potenzialità e dalle grandi opportunità economiche, sociali e culturali;
          il brusco peggioramento dell'economia rende ancor più grave la situazione nella quale si trova l'Italia e sempre più stringente l'urgenza di dare risposte anche a livello locale senza perder tempo;
          l'incremento di aziende produttive e commerciali che nel Paese, purtroppo, chiudono ogni giorno, spesso strozzate da una crisi di liquidità dovuta all'asfissia del credito;
          la mancanza degli organismi di governo dell'autorità portuale rischiano di contribuire a determinare l'inasprimento della crisi commerciale, la riduzione dei servizi portuali  –:
          quali iniziative il Governo intenda assumere per attivare celermente le procedure necessarie alla nomina del presidente dell'autorità portuale di Ancona, ai sensi della vigente legge n.  84 del 1994 onde consentire l'ordinario funzionamento dell'ente. (4-00189)

      Risposta. — Come evidenziato dall'Onorevole Interrogante il 23 marzo 2013 è scaduto il mandato del Presidente dell'Autorità portuale di Ancona, avvocato Luciano Canepa.
      Dall'8 maggio 2013, decorso il periodo di prorogatio, l'ente è stato affidato alla gestione di un commissario straordinario, inizialmente individuato nella persona dello stesso presidente uscente e, successivamente, terminato il previsto semestre commissariale, dal signor Rodolfo Giampieri; il nuovo commissario straordinario dell'ente è stato nominato con decreto 7 novembre 2013, n.  399, con decorrenza 9 novembre 2013 e per un periodo massimo di sei mesi, ovvero fino alla nomina del nuovo Presidente.
      Per la nomina del nuovo presidente dell'Autorità portuale, questo Ministero ha dato avvio alle procedure previste dall'articolo 8, comma 1, della legge n.  84 del 1994, richiedendo agli enti pubblici interessati, con nota del 13 novembre 2012, di tornire i nominativi degli esperti tra i quali individuare il nuovo vertice dell'ente in parola.

Gli enti pubblici interessati hanno pertanto fornito le seguenti designazioni:
          Ente: Provincia; Designato: 1. Rodolfo Giampieri, Prot. Nota: n.  7670, data 14 gennaio 2013; Ente: Comune di Ancona; Designato: 1. Rodolfo Giampieri, prot. nota n.  105079 24 dicembre 2012; 2. Cristiano Lassandari prot. nota n.  4509, 16 gennaio 2013; Ente: Comune Falconara; Designato: 1. Rodolfo Giampieri; prot. nota n.  3229, 22 gennaio 2013; 2. Amos Benni, prot. nota n.  3229, 22 gennaio 2013; 3. Giuseppe Guacci, prot. nota n.  3229, 22 gennaio 2013; Ente: Camera di Commercio; Designato: 1. Rodolfo Giampieri, prot. nota n.   41/ris, 21 dicembre 2012.

      Pertanto, acquisiti i nominativi, si è proceduto al completamento delle ulteriori fasi procedimentali: è stato quindi proposto il nominativo del signor Rodolfo Giampieri ai fini dell'intesa da parte della regione, come prescritta dal citato articolo 8, comma 1.
      Detta proposta è stata formalizzata alla regione Marche in data 8 novembre 2013, e da quest'ultima positivamente riscontrata con nota in pari data.
      Preso atto, dunque, dell'assenso della regione e rilevata la necessità di provvedere al ripristino della normale amministrazione presso l'ente portuale di Ancona, si è proceduto, come prescritto dalla legge 24 gennaio 1978, n.  14, alla richiesta di parere alle competenti commissioni parlamentari di Camera e Senato, che si sono entrambe espresse favorevolmente nelle sedute del 4 dicembre 2013.
      Tuttavia, proprio presso le due commissioni parlamentari, il dibattito sulla nomina del vertice dell'Ente portuale in oggetto si è incentrato sulla nota sentenza del Consiglio di Stato n.  4768 del 26 settembre 2013 con cui l'organo di giustizia amministrativa ha disposto l'annullamento del decreto 23 settembre 2011, n.  338, di nomina del dottor Piergiorgio Massidda a presidente dell'autorità portuale di Cagliari, rilevando, tra l'altro, che «i soggetti designati debbano necessariamente essere in possesso di una specifica qualificazione culturale, teorica e pratica nelle materie indicate dalla Legge» ed aggiungendo che «in tale prospettiva, anche se l'articolo 8 della legge n.  84 del 28 gennaio 1994 non richiede né uno specifico titolo di studio e né uno specifico percorso professionale di carattere giuridico o tecnico, economico ecc. ecc. è di norma necessario il possesso di una laurea connessa, affine, collegata o collegabile con la materia portuale per potersi definire esperto del settore».
      Orbene, proprio per la situazione del porto di Ancona, le commissioni parlamentari, pur esprimendo concorde avviso sulla designazione del signor Rodolfo Giampieri, hanno fatto rilevare la carenza del titolo di studio (laurea) in capo al medesimo.
      Tale ultima circostanza può essere dunque assunta a presupposto della ragionevole prudenza adottata successivamente all'acquisizione del parere parlamentare, considerato che – pur essendo preciso dovere dell'amministrazione assicurare il buon andamento dell'ente mediante la nomina degli organi ordinari – è altrettanto doveroso garantire, contestualmente, che i relativi provvedimenti siano salvaguardati da ogni possibile censura di legittimità e di merito, posto che, allo stato attuale, la sopra richiamata sentenza del Consiglio di Stato presenta margini di incertezza in ordine ai requisiti da prevedere per la nomina delle figure apicali degli enti portuali e, conseguentemente, offre spunti a terzi per l'instaurazione di contenziosi dai tempi e dagli esiti imponderabili.
      In ordine a tale ultimo aspetto, e alla vicenda sopra accennata riguardante il dottor Massidda, è appena il caso di aggiungere che, proprio a seguito di denuncia presentata da un controinteressato, in qualità di Ministro sono stato destinatario di specifico addebito penale per abuso d'ufficio, poi favorevolmente risoltosi innanzi al Tribunale dei Ministri di Cagliari con il decreto di archiviazione, per carenza dei presupposti materiali e soggettivi, del 24 marzo scorso.
      Va parimenti considerato che la sentenza del Consiglio di Stato n.  4768/2013 estende i suoi effetti sulle restanti nomine presidenziali in itinere presso altre autorità portuali, alle quali non è dunque possibile dare corso senza che siano disponibili, anche a tutela dei soggetti candidati, elementi certi e definitivi sull'idoneità dei profili professionali e culturali necessari per assolvere il mandato di presidente.
      Proprio per sbloccare questa situazione di sostanziale impasse derivante dal pronunciamento della magistratura amministrativa sopra richiamato, le competenti strutture di questo Ministero hanno inteso, per un verso, promuovere il giudizio della Corte di cassazione avverso la richiamata sentenza del Consiglio di Stato n.  4768/2013, per motivi attinenti alla giurisdizione in modo da acquisire elementi di certezza in merito agli indirizzi del giudice amministrativo, e, per altra parte, hanno formulato apposito quesito all'avvocatura generale dello Stato per acquisire l'avviso in ordine alle linee di condotta da seguire in futuro per l'individuazione dei vertici delle autorità portuali.
      È di tutta evidenza che l'operato finora intrapreso da questo dicastero è diretto esclusivamente a perseguire i superiori principi costituzionali di buon andamento dell'azione amministrativa, in ragione dei quali si è ritenuto legittimamente di soprassedere dalla nomina del vertice dell'Autorità portuale di Ancona, in attesa dei pronunciamenti sopra elencati.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Maurizio Lupi.


      MERLO e BORGHESE. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          nel 1921, in occasione dei festeggiamenti del primo centenario dell'indipendenza argentina, la comunità italiana come segno di gratitudine per la generosità di questa terra nell'averli accolti fece, dono alla città di Buenos Aires, di un monumento raffigurante Cristoforo Colombo;
          il monumento, di pregiatissimo marmo di Carrara realizzato dall'artista Arnaldo Zocchi, rappresenta, da circa un secolo, il simbolo di amicizia tra i due Paesi;
          il Parlamento della città autonoma di Buenos Aires ha solennemente dichiarato che il monumento a Cristoforo Colombo fa parte del patrimonio storico ed artistico della città;
          recentemente il Governo argentino ha deciso di spostare il monumento, collocato da sempre alle spalle della Casa Rosada, sede della presidenza argentina, nella città di Mar del Plata. Ciò per far posto, in questo posto simbolo, ad una statua della leader della guerriglia anti spagnola Juana Azurrduy, donata dal Governo boliviano;
          nonostante le vibrate proteste dell'intera comunità italiana il Governo argentino, con il preteso di dover procedere ad un restauro del monumento a Cristoforo Colombo, 29 giugno del 2013, lo fece rimuovere;
          tutto ciò, oltre ad essere stato oggetto di numerose manifestazioni e interventi sui mass-media locali, nazionali ed internazionali, ha interessato anche i competenti organi giurisdizionali;
          il tribunale federale, aveva già accolto il ricorso contro lo spostamento concedendo una sospensione di 90 giorni;
          a seguito di tanto giustificato clamore, della decisa opposizione della Federazione delle Associazioni italiane del distretto di Buenos Aires (Fediba) e dei Comites locali è stato deciso di accantonare il progetto di trasferire il monumento a Cristoforo Colombo a Mar del Plata;
          secondo le informazioni date dalla stampa Argentina, la temporanea rimozione avvenuta il 29 giugno      2013 avrebbe prodotto ulteriori danni e questo ora necessiterebbe di un vero e proprio intervento di restauro;
          se il Governo sia a conoscenza dei fatti espressi in premessa e quali siano i suoi orientamenti al riguardo;
          se non si ritenga di dover intraprendere, in considerazione del valore artistico, culturale e simbolico del monumento a Cristoforo Colombo, tutte le iniziative atte a conservare nel miglior stato possibile tale opera, concordando, ove fosse possibile, con le autorità locali e nazionali un sollecito piano di restauro conservativo. (4-03385)

      Risposta. — Il Governo è a conoscenza dallo scorso anno dell'intenzione della Presidenza della Repubblica argentina di rimuovere il monumento raffigurante Cristoforo Colombo situato in Piazza Colón a Buenos Aires e che fu donato dalla collettività italiana residente in Argentina in occasione delle celebrazioni per il centenario della rivoluzione di maggio.
      Sin dall'emergere delle prime indiscrezioni relative al progetto di trasferimento del monumento, l'ambasciata a Buenos Aires si è tenuta in contatto con i rappresentanti della collettività (Presidenti Feditalia, Fediba, Comites di Buenos Aires, Intercomites) al fine di favorire il dialogo con il Governo della città di Buenos Aires e la Presidenza della Nazione.
      Il Governo italiano ha quindi costantemente seguito l'evoluzione dei colloqui tra i rappresentanti della collettività e i rappresentanti della presidenza e del governo della Città di Buenos Aires sostenendo l'individuazione di una soluzione rispettosa del valore simbolico e affettivo del monumento per la collettività italiana.
      Le istanze rappresentative della collettività hanno in particolare indirizzato nel gennaio scorso una lettera alla presidenza ed al governo della città di Buenos Aires in cui invitavano le parti ad intensificare il dialogo per raggiungere nel più breve tempo possibile un accordo reciprocamente vantaggioso per risolvere la questione.
      In questo quadro, la presidenza e il governo della città di Buenos Aires hanno recentemente firmato un accordo sullo spostamento del monumento (pubblicato nel Boletìn Oficial il 7 maggio 2014) che prevede l'assunzione dei costi di trasferimento e restauro dell'opera da parte del governo nazionale e la presa in carico del monumento da parte della Città che sarà responsabile della sua manutenzione e salvaguardia.
      L'accordo, in fase di ratifica da parte del parlamento nazionale e della legislatura di Buenos Aires, non indica la nuova ubicazione del monumento la cui individuazione spetterà al governo della città di Buenos Aires anche sulla base di studi tecnici del suolo resisi necessari in considerazione del peso del monumento (623 tonnellate). Secondo le indicazioni fornite ai rappresentanti della collettività il monumento potrebbe essere collocato nella «plazoleta Hidroavión» situata in prossimità dell'aeroporto «Jorge Newbery» sulle rive del Rio de la Plata.
      Si informa, infine, che al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in base a quanto segnalatoci, non risultano richieste di consultazione in merito ad interventi di conservazione o restauro del monumento in questione.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Mario Giro.


      MOLTENI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          da mercoledì 23 aprile 2014 la situazione della strada statale 340 – Regina è nel caos totale a causa delle code interminabili che intrappolano pendolari, residenti, commercianti e turisti, presenti in massa nella zona per le festività di questi giorni;
          si tratta di una vera paralisi mai verificata prima; infatti, a seguito dell'ennesima chiusura del traffico alla strada statale 36, questa volta provocata dalla frana di San Martino, il traffico proveniente dalla Valtellina si è riversato tutto sulla Regina, sommandosi a quello abituale;
          la prefettura di Como ha istituito un'unità di crisi, costantemente in contatto con quella di Lecco e sono stati potenziati i servizi della polizia, specialmente nel tratto più critico tra Colonno e la Tremezzina;
          nella strettoia di Colonno, uno dei punti della Regina dove si verificano i maggiori problemi, la polizia locale, d'intesa con le amministrazioni comunali ha istituito un senso unico alternato per favorire lo smaltimento delle code evitando pericolosi incidenti;
          si tratta di una serie di misure palliative che hanno contribuito a ridurre i disagi ma senza tuttavia risolvere alla base i problemi;
          è difficile ipotizzare la gravità di quanto potrà succedere il prossimo fine settimana del primo maggio che porterà altre migliaia di turisti sul lago;
          i sindaci dei comuni che si affacciano sul lago sono tutti sul piede di guerra, esasperati per il continuo peggioramento della situazione;
          infatti, nonostante l'impegno delle comunità locali e gli interventi migliorativi già realizzati, risulta impellente e determinante il finanziamento degli interventi già programmati sulla strada statale 340, prima di tutto quello della variante della Tremezzina, in quanto la strada statale 340-Regina è un asse fondamentale per il collegamento Italia – Svizzera, oltre ad essere una via di accesso importante alla Valchiavenna e alla Valtellina e l'unica via di collegamento dei paesi del lago, ed è sempre gravata da un intenso traffico turistico e commerciale;
          in particolare il tratto della Tremezzina è diventato ormai del tutto inadeguato sia come dimensioni sia come substrato strutturale, anche per i cedimenti di carattere idrogeologico del sedime spondale, situazione che determina lunghi periodi di chiusura della strada e necessità di ripetuti interventi di emergenza, con provvedimenti tampone che non risolvono i problemi di fondo;
          in data 30 luglio 2007 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ANAS, la regione Lombardia, la provincia e la camera di commercio di Como, è stata sottoscritta una convenzione recante impegni per la progettazione ed il successivo finanziamento della cosiddetta variante della Tremezzina della strada statale 340, tratto Colonno-Griante, e in data 8 giugno 2012 ANAS spa ha approvato il progetto preliminare dell'intervento;
          in data 6 febbraio 2013 tra gli stessi enti è stato sottoscritto un atto aggiuntivo della Convenzione che definisce impegni, modalità e tempistica della progettazione definitiva dell'opera, nonché impegni per il suo inserimento tra le opere di interesse statale prioritarie nella programmazione ANAS e per il reperimento delle risorse necessarie alla sua realizzazione;
          il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si è impegnato ad attivare ogni azione utile per il reperimento delle risorse occorrenti per il finanziamento dell'intervento, anche in relazione alla programmazione pluriennale ANAS, e ad indire ed espletare la Conferenza di servizi sul progetto definitivo ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n.  383 del 1994;
          la regione Lombardia ha inserito la variante della Tremezzina tra le opere infrastrutturali prioritarie del piano regionale di sviluppo;
          occorre rimuovere con forza ogni ostacolo burocratico, finanziario e tecnico che possa ostacolare la realizzazione delle opere;
          la realizzazione della variante della Tremezzina significa per la comunità comasca un traguardo di spinta all'economia locale e nazionale, di propulsione per il turismo locale e internazionale, di immagine positiva per l'intero Paese, poiché il lago di Como rappresenta spesso, anche a livello mediatico, un'immagine dell'intera nazione;
          durante la discussione della legge di stabilità 2014, il Governo pro-tempore ha accolto un ordine del giorno firmato anche dal sottoscritto, ordine del giorno 9/01865-A/275, che, oltre ad esporre puntualmente la cronistoria degli impegni presi dai vari soggetti firmatari della convenzione, impegnava il Governo «a dare seguito agli impegni assunti con gli atti convenzionali richiamati in premessa, anche attraverso la promozione di una verifica congiunta con gli enti sottoscrittori finalizzata a concordare tempistica, modalità procedimentali e di reperimento delle risorse necessarie alla realizzazione dell'opera»  –:
          quali provvedimenti urgenti il Ministro intenda porre in atto per rimuovere ogni ostacolo burocratico, finanziario e tecnico che possa ostacolare la realizzazione delle opere urgenti sulla strada statale 340 – Regina e dare attuazione agli impegni assunti con la convenzione sottoscritta il 30 luglio 2007, come aggiornata il 6 febbraio 2013, per la realizzazione della variante della Tremezzina. (4-04683)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
      Il tracciato della strada statale 340 «Regina», in particolare la parte che attraversa i centri abitati di Colonno, Sala Comacina, Ossuccio, Lenno, Mezzegra, Tremezzo e Griante, presenta caratteristiche geometriche inadeguate all'attuale flusso veicolare.
      Come riferito anche dall'interrogante nel luglio 2007 questo dicastero, l'Anas, la regione Lombardia, la provincia e la Camera di commercio di Como hanno sottoscritto una convenzione (aggiornata e integrata con gli atti aggiuntivi del 21 settembre 2009 e del 6 febbraio 2013), relativa alla progettazione e al finanziamento della cosiddetta «variante di Tremezzina», esterna ai centri abitati della statale «Regina», tra Colonno e Griante.
      Tale intervento si sviluppa per circa 9,9 chilometri con una sezione stradale di categoria C2 (strada extraurbana secondaria con una corsia per senso di marcia e banchine laterali).
      In base agli impegni assunti con la sopraccitata convenzione, la provincia di Como ha presentato il progetto preliminare, approvato dall'Anas con delibera n.  182 dell'8 giugno 2012, e ha in corso di redazione il progetto definitivo e lo studio d'impatto ambientale, da sottoporre all’iter procedurale previsto dalla normativa vigente (valutazione di impatto ambientale e localizzazione dell'opera ai fini urbanistici).
      L'infrastruttura, inserita nel piano degli investimenti Anas 2007-2011, ha un costo complessivo presunto di 330 milioni di euro; circa il reperimento delle risorse necessarie per la realizzazione si assicura che esse saranno individuate nell'ambito dei futuri contratti di programma tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società Anas.
      Per completezza d'informazione in merito alla situazione attuale della viabilità sono state assunte dettagliate informazioni presso la società Anas che ha comunicato quanto segue.
      Nel tratto della strada statale 340, compreso tra Como ed Argegno, sono presenti alcune strettoie (Colonno, Sala Comacina, Ossuccio, Lenno e Argegno) che costringono il passaggio veicolare, a senso unico alternato, nel caso di transito contemporaneo, in senso opposto, di due mezzi pesanti.
      A seguito di numerose riunioni tecniche tenutesi presso la prefettura di Como, si è convenuto di gestire la viabilità nelle strettoie di Colonno, Sala Comacina e Ossuccio con «semafori intelligenti», installati e gestiti dalla provincia di Como, che si attivano al transito di uno o più autocarri.
      Per regolamentare la circolazione stradale ed evitare blocchi e/o rallentamenti nel tratto interessato, il 9 aprile 2013, d'intesa con gli enti territoriali, le Istituzioni locali e la prefettura di Como, è stata emanata l'ordinanza sperimentale compartimentale n.  32, concernente la regolamentazione del traffico pesante lungo la statale 340 da aprile ad ottobre 2013.
      Considerato l'esito soddisfacente dell'esperienza, il 16 aprile 2014 si è tenuto un tavolo tecnico presso la prefettura di Como, alla presenza degli enti locali, delle associazioni di categoria degli autotrasportatori e della Camera di commercio locale, con lo scopo di valutare la possibilità di rinnovare, per il periodo aprile-ottobre del corrente anno, l'ordinanza sperimentata nel corso della passata stagione turistica.
      Pertanto, il 18 aprile 2014 è stata emanata l'ordinanza n.  56 in base alla quale «la circolazione dei veicoli o complessi di veicoli con lunghezza superiore a 8,60 metri, che non effettuano trasporto di persone e/o merci con origine o destinazione compresa tra Argegno e Menaggio, avvenga, in via sperimentale e per il periodo compreso tra il 22 aprile 2014 ed il 18 ottobre 2014, con le seguenti modalità:
          dalle ore 6,30 alle ore 14,00 circolazione consentita nel senso di marcia Colonno – Ossuccio, tra il chilometro 20+062 e il chilometro 23+470;
          dalle ore 14,00 alle ore 19,30 circolazione consentita nel senso di marcia Ossuccio – Colonno tra il chilometro 23+470 e il chilometro 20+062;
          in fascia oraria 19,30 – 06,30, invece, la circolazione sarà libera per tutte le categorie di veicoli».

      Nel periodo compreso tra ottobre ed aprile vigono, invece, le ordinanze n.  133 del 20 dicembre 2007 e n.  96 del 6 maggio 2011, che prevedono un senso unico alternato, a fasce orarie, nel tratto compreso tra gli abitati di Argegno e Lenno, con una limitazione di lunghezza per gli autocarri che percorrono il tratto compreso tra Como e Menaggio.
      Oltre ai provvedimenti di tipo amministrativo sopraccitati, nel corso del 2011, l'Anas ha eseguito un intervento volto all'allargamento della sede viabile in località Ossuccio e ha installato 7 pannelli a messaggio variabile per dare informazioni all'utenza in caso di blocchi o rallentamenti della circolazione stradale.
      Tali disposizioni hanno complessivamente migliorato, nel quotidiano, la fluidità della circolazione stradale sulla statale in questione.
      Si comunica, inoltre, che il 9 maggio 2014 si è tenuta, presso la prefettura di Como, una riunione al fine di valutare le opportune soluzioni per migliorare la fluidità della circolazione stradale nel tratto della statale che attraversa il territorio della Tremezzina.
      Alla presenza del rappresentante di questo dicastero, della regione Lombardia, degli enti locali, della Camera di commercio, dei comandanti delle forze dell'ordine e della polizia locale comunali, si è convenuto di integrare i semafori intelligenti, posizionati a monte e a valle della strettoia, con un sistema radar in grado di bloccare l'attivazione del verde semaforico, qualora, nel senso opposto, sia fermo un mezzo pesante all'interno del restringimento, fino a che la strettoia non ritorni libera.
      Tale progetto, proposto dalla regione Lombardia, ha un costo di circa 160 mila euro da suddividere tra la regione Lombardia, l'Anas e la Camera di commercio di Como.
      Sarà, poi, compito dell'Anas provvedere all'installazione e alla gestione dei sistemi tecnologici.
      In attesa delle opportune verifiche finanziarie per l'attuazione dell'intervento, la regione Lombardia dovrà trasmettere all'Anas il progetto sopradescritto, onde valutare la compatibilità dello stesso con gli attuali sistemi, software e hardware, in funzione presso la sala operativa compartimentale.
      Il    progetto in esame prevede il posizionamento di 4 sistemi radar, da realizzarsi a step successivi (una strettoia per volta).
      Da ultimo si fa presente che si è stabilito, nel corso dell'ultimo incontro con i rappresentanti degli enti interessati, di attuare una prima verifica entro settembre 2014, con la valutazione e la condivisione del progetto tra l'Anas, la regione Lombardia e la provincia di Como nel corso del mese di giugno 2014.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Maurizio Lupi.


      PORTA, LA MARCA, GIANNI FARINA, FEDI e GARAVINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          tra l'Italia e il Brasile, nel quadro delle relazioni bilaterali di cooperazione culturale, il 23 ottobre 2008 è stato stipulato a Roma un accordo di coproduzione cinematografica volto a regolamentare e ad incentivare lo sviluppo di questa forma di collaborazione in un settore di ampia sensibilità culturale e sociale;
          tale accordo in Brasile è stato già ratificato dal Senato in data 15 dicembre 2010 e successivamente approvato anche dal Parlamento; in Italia, invece, non è stato ancora presentato alle Camere, nonostante siano passati oltre cinque anni dalla sua stipula;
          nel frattempo resta operante il precedente accordo firmato a Roma il 9 novembre 1970 ed entrato in vigore il 4 luglio 1974, vale a dire in un momento ancora lontano dalla sensibile evoluzione nei rapporti tra i due Paesi e dallo sviluppo economico-sociale e culturale intervenuto in particolare nella società brasiliana;
          l'aggiornamento dell'accordo di coproduzione cinematografica del Brasile, oltre a concorrere in generale al miglioramento dei rapporti tra l'Italia e uno dei più importanti e dinamici interlocutori in un'area cruciale come quella dell'America latina, favorirebbe il confronto interculturale e darebbe slancio ad attività destinate ad avere effetti positivi sul piano della produzione immateriale e dell'occupazione;
          esso consentirebbe agli operatori, inoltre, di beneficiare dei vantaggi previsti per i film nazionali da entrambi i Paesi, con ricadute benefiche sul rafforzamento delle attività cinematografiche e dell'indotto ad esse collegato;
          l'obbligo della traduzione in doppia lingua e della sottotitolazione previsto per i film in coproduzione rappresenta, inoltre, un incentivo alla pratica del plurilinguismo in realtà che negli ultimi anni hanno visto un incremento della presenza dei rispettivi cittadini nell'altro Paese –:
          quali siano le ragioni della mancata presentazione alle Camere del disegno di legge per la ratifica dell'accordo di coproduzione cinematografica a circa sei anni dalla stipula e quali siano i tempi prevedibili perché lo stesso accordo possa diventare operante a beneficio di entrambi i Paesi e degli operatori di un settore importante come quello cinematografico. (4-03761)

      Risposta. — Come ricordato dall'interrogante, l'Accordo di coproduzione cinematografica Italia-Brasile, firmato a Roma il 23 ottobre 2008, non ha potuto essere finalizzato negli anni scorsi a causa delle limitate risorse finanziarie a disposizione sulla tabella A della Farnesina che, come noto, offre copertura finanziaria per i costi delle ratifiche degli accordi internazionali.
      In considerazione dell'importanza che il nostro Paese annette ai rapporti con il Brasile, unito all'Italia da molteplici e profondi vincoli storici, sociali ed economici nonché dalla volontà condivisa di rafforzare la collaborazione anche nel settore culturale, questo Ministero ha di recente dato un nuovo impulso alla concertazione interministeriale sul disegno di legge di ratifica dell'accordo affinché possa ora essere approvato dal Consiglio dei ministri in tempi rapidi.
      Si auspica che la ratifica di tale intesa bilaterale possa poi avere un rapido iter in Parlamento quale ulteriore tassello nel rinnovato quadro di collaborazione con il Brasile e più in generale con l'America Latina.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Mario Giro.


      ROSATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          da notizie di stampa emerge che con l'entrata in vigore del nuovo orario di Trenitalia per la stagione estiva, sarebbero a rischio cancellazione alcuni collegamenti Intercity Firenze – Roma, Milano – Napoli, e Trieste – Roma;
          la nuova offerta andrebbe, quindi, a ridurre i collegamenti del trasporto interregionale low cost lungo la direttrice nord-sud, obbligando l'utenza a ricorrere a nuove opzioni molto più costose ed a soluzioni con cambi;
          nel dettaglio, per quanto riguarda la linea Trieste – Roma, l'attuale offerta prevede una coppia di collegamenti diurni in andata e ritorno per la e dalla Capitale con partenze alle 7,21 e alle 13,01 dalla stazione di Trieste centrale e alle 10,30 e alle 15,40 dalla stazione di Roma Termini;
          questi due collegamenti sono gli unici diretti che collegano il Friuli Venezia Giulia con la Capitale, eccezione fatta per i Frecciargento da e per Trieste e Udine che però hanno orari di partenza e di arrivo concentrati in alcune particolari fasce della giornata (partenze da Udine e Trieste, rispettivamente, alle 6,55 e alle 6,45, e partenze da Roma Termini alle 16,50 e alle 16,34);
          per l'intera giornata, quindi, l'unica opzione valida per raggiungere Roma è rappresentata dalla soluzione con cambio a Venezia Mestre che, ad un costo notevolmente superiore, comunque richiede nel complesso quasi lo stesso tempo del collegamento Intercity, visti i tempi di attesa nello snodo ferroviario veneto;
          va tuttavia evidenziato che l'utenza degli Intercity è diversa da quella dei Frecciargento: posto che i prezzi delle Frecce sono di molto superiori, questi treni si pongono come soluzioni di trasporto su rotaia low cost; inoltre, questi collegamenti sono utilizzati anche per tratte brevi finanche dall'utenza pendolare;
          se la società confermasse le soppressioni in programma, durante le ore del giorno il Friuli Venezia Giulia rimarrebbe isolato dal resto d'Italia in quanto gli Intercity in questione garantiscono collegamenti diretti anche con città importanti, quali Padova, Bologna e Firenze;
          l'interrogante segnala, inoltre, che gli stessi sono anche gli unici collegamenti low cost lungo la direttrice Roma – Firenze – Bologna – Venezia e sottolinea l'importanza che gli Intercity ricoprono nel servire, con collegamenti diretti, alcune stazioni minori altrimenti escluse dai percorsi delle Frecce;
          come ha confermato il Ministro nella risposta all'interrogazione n.  5-01305, questi collegamenti, che innegabilmente presentano un rapporto costi/ricavi fortemente negativo, assicurano «il diritto alla mobilità sul territorio nazionale» sancito dalla Costituzione;
          in quest'ottica, è importante quindi che il Governo continui a finanziare questa gamma di servizi universali, ed è altrettanto importante che Trenitalia, società a partecipazione statale, esca da logiche meramente di mercato ma assolva al compito che le è stato affidato, tutelando tutte le tipologie di utenza: chi abita nei centri minori e chi ha maggiore difficoltà economica e non può accedere ai servizi delle Frecce;
          da ultimo, vista l'utenza pendolare, si ricorda che le regioni nella programmazione delle tratte regionali hanno considerato la presenza dei collegamenti intercity, quindi una loro soppressione costringerebbe le regioni a rimodulare la programmazione con evidente diminuzione dei servizi: a titolo esemplificativo, nel caso della soppressione dell'IC 592 si creerebbe un vuoto di servizio di tre ore tra Venezia Mestre e il basso Friuli (Latisana e Cervignano) peraltro in una fascia d'orario importantissima proprio per l'utenza pendolare (19.53 –22.53);
          infine, in merito alla soppressione del treno sulla tratta Milano – Napoli, stupisce che in vista dell'esposizione universale di Milano 2015, Trenitalia abbia deciso di andare a ridurre l'offerta di treni diretti con destinazione proprio la città che ospita l'evento  –:
          se trovino conferma gli intendimenti di Trenitalia che sono apparsi sulla stampa circa la volontà di cancellare i collegamenti intercity;
          quali misure ed iniziative il Ministro abbia avviato o intenda promuovere nel breve e lungo periodo per salvaguardare gli attuali collegamenti intercity e garantire la prosecuzione del servizio anche in futuro, tenuto conto, a tal proposito, che già in passato Trenitalia aveva minacciato la cancellazione di simili collegamenti interregionali, rimediando poi con una retromarcia, da ultimo nel dicembre 2013;
          quali iniziative il Ministro intenda assumere, in alternativa, per ovviare, nello specifico, al «taglio» dei collegamenti Intercity da e per Trieste centrale. (4-04344)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
      La maggior parte dei treni Intercity rientra nei «Servizio Universale», comprendente quei treni di media-lunga percorrenza che, per poter essere effettuati, necessitano di un corrispettivo definito nell'ambito di un contratto di servizio in quanto presentano un conto economico negativo. Pertanto è lo Stato che copre con un corrispettivo la differenza tra i ricavi da traffico previsti ed i costi ammessi a remunerazione.
      La quota di Intercity operati «a mercato», che percorrono principalmente la linea dorsale tra Roma e Firenze e servono varie destinazioni, da Milano, Trieste/Venezia sino a Roma/Napoli/Salerno, sono collegamenti che svolgono spesso, per buona parte, un servizio di cabotaggio, servendo flussi pendolari che li utilizzano per tratte limitate, sostanzialmente paragonabile a quello del trasporto ferroviario locale gestito dalle regioni.
      Questi treni presentano un rapporto costi/ricavi molto negativo, con perdite rilevanti pari a circa 29 milioni di euro l'anno; pertanto, considerata l'insostenibilità di tale situazione, Trenitalia ha comunicato a questo dicastero l'intenzione di sospenderne l'effettuazione in regime di mercato, evidenziando l'opportunità di inserirli nel cosiddetto «servizio universale» in modo da essere compresi nell'ambito del contratto di servizio in essere tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero dell'economia e delle finanze e Ferrovie dello Stato, sostenendone l'onere, analogamente a quanto avviene per gli altri Intercity aventi le medesime caratteristiche.
      In effetti, come evidenziato dall'interrogante, due di questi Intercity (la coppia 586/587 in partenza da Roma alle ore 9.40 con arrivo a Milano alle 16,15 e in partenza da Milano alle 10.50 con arrivo a Roma alle 17.20) – che registravano uno scarso utilizzo da parte della clientela pendolare – sono stati soppressi dallo scorso 1o marzo 2014.
      In merito, Trenitalia ha fatto presente di aver provveduto ad informarne il tavolo tecnico istituito presso questo dicastero, cui partecipano le regioni, le quali hanno valutato come riassorbibili, in termini di impatto sulla clientela pendolare, le soppressioni già operate.
      Per quanto attiene, poi, alla possibilità che le restanti coppie di Intercity non compresi nel perimetro sovvenzionato dal citato contratto di servizio con lo Stato, non effettuino più il servizio, si assicura che questo dicastero è impegnato a individuare tutte le possibili soluzioni, che sia sotto il profilo tecnico che economico consentano il mantenimento in attività dei servizi in argomento oltre il prossimo mese di giugno 2014.
      Proprio in quest'ottica, i competenti uffici di questo Ministero hanno chiesto a Trenitalia ulteriori dettagli per poter valutare i maggiori costi sottesi al contratto qualora tali collegamenti venissero riconosciuti come servizi di utilità sociale al pari di quelli che, nelle stesse direttrici, sono già sovvenzionati. Tutto ciò dovrà ovviamente avvenire in un quadro di invarianza delle risorse attualmente disponibili e pertanto sarà necessario individuare eventuali rimodulazioni degli altri servizi inclusi nel citato perimetro sovvenzionato.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Maurizio Lupi.


      SIBILIA, SCAGLIUSI, SPADONI, MANLIO DI STEFANO, DEL GROSSO e GRANDE. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          in base a molte segnalazioni ricevute da parte di cittadini non comunitari residenti in Irlanda che intendono ottenere il visto per l'Italia la relativa procedura risulta macchinosa ed onerosa;
          sul sito on line dell'Ambasciata d'Italia a Dublino è testualmente riportato che «l'ufficio visti riceve per appuntamento. L'appuntamento va fissato con largo anticipo rispetto alla partenza per l'Italia chiamando il numero 1570 787 661 (numero a pagamento) oppure il numero 6642312»;
          già la modalità dell'appuntamento rappresenta un dispendio di tempo tanto più che, in un'epoca come la nostra, questo servizio potrebbe e dovrebbe essere attivato per via telematica;
          al numero ordinario 6642312 il più delle volte non risponde nessuno e, quindi, l'interessato è indotto a chiamare il numero a pagamento, che ha una tariffazione di 1.75 euro/minuto;
          anche per i pochi minuti necessari a fissare l'appuntamento o a ricevere informazioni l'interessato spende una considerevole somma che potrebbe essergli risparmiata con un'implementazione del centralino ordinario o l'attivazione di un servizio sostitutivo on line  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di questa disfunzione nella procedura di richiesta del visto per l'Italia in danno dei cittadini non comunitari residenti in Irlanda e se intenda porre in essere iniziative di sua competenza per garantire un servizio efficace ed efficiente per coloro che intendono visitare il nostro Paese. (4-04195)

      Risposta. — La collaborazione con fornitori esterni di servizi rientra fra le misure espressamente contemplate dall'articolo 43 comma 6 del «Regolamento (CE) n.  810/2009 – Codice Visti», con l'obiettivo di velocizzare le procedure e i tempi di rilascio dei visti. Tali fornitori esterni, a tariffe disciplinate dalla normativa Schengen e concordate con le singole sedi, possono gestire le richieste di appuntamento (per via telefonica o telematica) ed effettuare servizi al pubblico quali: il ricevimento delle domande di visto, la raccolta della documentazione, l'acquisizione delle impronte digitali e la restituzione dei passaporti.
      Tutti i nostri principali uffici consolari, al pari degli altri partner Schengen, ricorrono ormai a fornitori esterni di servizi, i quali in nessun caso intervengono sul processo decisionale che è competenza esclusiva delle singole rappresentanze diplomatiche.
      L'ambasciata d'Italia a Dublino, in particolare, dispone di un addetto di ruolo al settore consolare e visti. Al fine di integrare tale servizio la sede si avvale da alcuni anni del sostegno di un fornitore esterno di servizi, selezionato a seguito di un'apposita gara. Tale scelta è stata effettuata con l'obiettivo, indicato dall'interrogante, di assicurare un servizio il più efficace ed efficiente possibile a coloro che intendano visitare il nostro Paese.
      Si precisa che i richiedenti visto a Dublino hanno la facoltà di scegliere se domandare informazioni o prenotare l'appuntamento rivolgendosi al numero a pagamento o direttamente all'ambasciata. A tale riguardo sono state stabilite fasce orarie al di fuori dell'orario di ricezione del pubblico per rispondere alle chiamate dirette al numero dell'ambasciata dedicato ai visti. Sul sito web della sede sono reperibili tutte le informazioni necessarie.
      A soli fini statistici si specifica che il numero di visti rilasciati dall'ambasciata d'Italia a Dublino a favore di cittadini non comunitari è stato pari a: 1688 nel 2013, 1774 nel 2012 e 1700 nel 2011.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Mario Giro.


      TACCONI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          il Bilancio di previsione per l'anno 2014 del Ministero degli affari esteri di cui alla tabella 6, capitolo 3153, «Contributi in denaro, libri e materiale didattico e relative spese di spedizione ad enti, associazioni e comitati per l'assistenza educativa, scolastica, culturale, ricreativa e sportiva dei lavoratori italiani all'estero e delle loro famiglie» recava inizialmente un'autorizzazione di competenza e di cassa pari ad euro 9.811.517;
          nel corso dell’iter parlamentare della legge di bilancio, a seguito di un emendamento approvato al Senato, il capitolo in questione veniva incrementato di 1.000.000 euro, portandone la dotazione finanziaria a complessivi euro 10.811.517, e si attestava così ai livelli del 2013;
          dalle informazioni recentemente diramate tramite i consolati agli enti gestori dei corsi di lingua e cultura italiana risulterebbero contributi per l'anno in corso per un importo complessivo di euro 9.792.600, vale a dire per oltre 1.000.000 in meno rispetto alla dotazione del capitolo 3153;
          in particolare per gli enti gestori nella sola Svizzera si assisterebbe ad un taglio di 249.000 euro, pari al 13,86 per cento rispetto ai contributi erogati nel 2013 e ciò in concomitanza con la chiusura di diverse sedi consolari che inevitabilmente produrranno una contrazione dei servizi al cittadino;
          la materiale erogazione dei contributi ministeriali agli enti gestori dei corsi di lingua e cultura italiana avviene con incomprensibili ritardi, presumibilmente ascrivibili a lungaggini burocratiche che mal si giustificano in presenza di un'autorizzazione di spesa certa, e tali ritardi costringono i suddetti enti a ricorrere a prestiti bancari, con conseguente aggravio sui rispettivi bilanci  –:
          come il Ministro interrogato intenda utilizzare l'importo ancora disponibile sul capitolo in questione e se non intenda procedere all'immediata erogazione dei contributi annunciati agli enti interessati in maniera che gli stessi non debbano ricorrere ad onerosi prestiti bancari.
(4-04291)

      Risposta. — Lo stanziamento in legge di bilancio sul capitolo n.  3153/2014 (contributi, per corsi di lingua e cultura italiana di cui al decreto legislativo n.  297 del 1994), inizialmente pari a euro 9.811.517, è stato integrato per euro 1.000.000 a seguito dell'approvazione dell'emendamento parlamentare avvenuta in sede di legge di stabilità 2014, portando la disponibilità complessiva dello stesso a euro 10.811.517. Successivamente, in data 24 e 29 gennaio 2014, il Ministero dell'economia e delle finanze (Mef) ha disposto due successivi accantonamenti sul capitolo in questione rendendo indisponibile la somma complessiva di euro 940.810, in conseguenza di ciò la disponibilità sullo stesso è stata ridotta a euro 9.870.707. Nel mese di maggio è stato disposto dal Mef un altro accantonamento pari ad euro 21.307 rendendo così indisponibile la somma complessiva di euro 962.117; in conseguenza dei predetti accantonamenti la disponibilità definitiva sullo stesso è stata ridotta a euro 9.849.400.
      All'inizio del mese di febbraio 2014, pertanto, si è provveduto a comunicare alle sedi interessate le assegnazioni di contributo per gli enti gestori operanti nelle rispettive circoscrizioni consolari. La celerità di tale tempistica è stata particolarmente apprezzata in occasione dell'ultimo Comitato di presidenza del Consiglio generale degli italiani all'estero da diversi consiglieri.
      Complessivamente nel 2014 sono stati attribuiti contributi per euro 9.825.500: come negli anni passati, si è deciso di non assegnare immediatamente una ridottissima parte dello stanziamento, pari a euro 45.107, per avere la possibilità di venire incontro ad eventuali specifiche e documentate esigenze delle sedi in corso d'anno.
      Completata la suddetta procedura di assegnazione dei contributi ministeriali agli enti gestori, è stato avviato il procedimento di erogazione degli stessi ai sensi della normativa vigente.
      Anche quest'anno, come nei precedenti, è stata rispettata la tempistica relativa alla decretazione degli impegni di spesa e al pagamento, entro il 30 aprile 2014, degli anticipi (effettuabile per i soli contributi totali maggiori di 30.000 euro).
      L'erogazione dei contributi in unica soluzione e quella dei saldi, invece, è possibile solo dopo l'espletamento delle seguenti fasi: trasmissione al Ministero degli affari esteri (Mae) dei bilanci consuntivi relativi all'esercizio finanziario precedente degli enti gestori interessati, loro esame da parte degli uffici competenti del Mae e del Mef, validazione dei relativi pagamenti ad opera del Mef.
      Si ricorda che i fondi a valere sul Cap. 3153 hanno natura di contributo e non di finanziamento, configurandosi pertanto quale supporto alle attività autonomamente poste in essere dagli enti gestori, peraltro incoraggiati a più riprese a sviluppare capacità di autofinanziamento.
      Non risulta in ogni caso a questo Ministero alcuna lamentela da parte degli enti gestori in merito agli asseriti ritardi nell'erogazione dei contributi. Né risulta che la chiusura di uffici consolari in Svizzera abbia minimamente inciso sull'operatività degli enti gestori che operano su tale territorio, i quali si trovano unicamente ad avere un diverso referente istituzionale.
      Infine, in relazione a quanto osservato dall'interrogante in merito al taglio intervenuto rispetto all'anno precedente per gli enti gestori operanti in Svizzera, si fa presente che l'assegnazione dei contributi è avvenuta, come per tutti gli altri enti gestori, sulla base delle proposte della rete consolare e dell'Ambasciata ed a seguito di un puntuale e documentato controllo sulle attività scolastiche effettivamente svolte dagli enti gestori, realizzato con la massima trasparenza dai competenti uffici ministeriali con l'ausilio dei dirigenti scolastici in servizio presso la rete diplomatico-consolare.
      Si sottolinea al riguardo che anche per il 2014 la Svizzera è il secondo Paese al mondo in termini di entità di contributi per gli enti gestori ed il primo in relazione al numero di docenti «ministeriali», a testimonianza del carattere assolutamente prioritario che per l'amministrazione riveste la diffusione della lingua e cultura italiana in quel Paese.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Mario Giro.