XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 16 luglio 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 16 luglio 2014.

      Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Bressa, Brunetta, Camani, Caparini, Capezzone, Carinelli, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Uva, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Epifani, Fava, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mattiello, Merlo, Meta, Mogherini, Orlando, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Valeria Valente, Vecchio, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Vito, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

      Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Bressa, Brunetta, Camani, Caparini, Capezzone, Carinelli, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Di Salvo, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Merlo, Meta, Mogherini, Orlando, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

      In data 15 luglio 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
          GASPARINI: «Modifiche all'articolo 37 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267, nonché agli articoli 2, 28 e 32 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n.  570, in materia di determinazione della popolazione negli enti locali» (2543);
          LA RUSSA: «Abrogazione dell'articolo 278 e modifica all'articolo 595 del codice penale, in materia di offese all'onore o al prestigio del Presidente della Repubblica» (2544);
          MANNINO ed altri: «Modifica all'articolo 1 della legge 31 ottobre 1965, n.  1261, in materia di erogazione dell'indennità parlamentare in caso di sottoposizione di un membro del Parlamento a custodia cautelare o arresti domiciliari» (2545).

      Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di disegni di legge.

      In data 15 luglio 2014 sono stati presentati alla Presidenza i seguenti disegni di legge:
          dal Ministro dell'economia e delle finanze:
      «Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2013» (2541);
      «Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2014» (2542).

      Saranno stampati e distribuiti.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

      A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

          I Commissione (Affari costituzionali):
      PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE CIVATI: «Modifiche agli articoli 50, 71, 75, 134 e 138 della Costituzione, in materia di diritto di petizione, di iniziativa legislativa popolare e di disciplina dei referendum, per la promozione della partecipazione politica dei cittadini» (2462) Parere delle Commissioni II, III, V e VI.

          II Commissione (Giustizia):
      FABBRI: «Modifiche al codice civile in materia di cognome dei coniugi e dei figli» (2517) Parere delle Commissioni I e III.

          XI Commissione (Lavoro):
      LAFORGIA ed altri: «Modifiche all'articolo 2112 del codice civile, in materia di mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di subentro di un nuovo appaltatore in attività svolte sulla base di un contratto di appalto» (2457) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V, X e XIV;
      PRATAVIERA ed altri: «Disposizioni in materia di cessione di ferie da parte dei lavoratori in favore di colleghi con figli disabili o affetti da gravi malattie» (2471) Parere delle Commissioni I, V, X e XII.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

      La Commissione europea, in data 15 luglio 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi (codificazione) (COM(2014) 466 final), corredata dai relativi allegati (COM(2014) 466 final – Annexes 1 to 4), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

      Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, con comunicazione in data 15 luglio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n.  234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
      Con la medesima comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle misure di salvaguardia previste nell'accordo tra la Comunità economica europea e il Regno di Norvegia (codificazione) (COM(2014) 304 final);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al regime comune applicabile alle importazioni (codificazione) (COM(2014) 321 final);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un regime comune applicabile alle esportazioni (codificazione) (COM(2014) 322 final);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le procedure dell'Unione nel settore della politica commerciale comune al fine di garantire l'esercizio dei diritti dell'Unione nell'ambito delle norme commerciali internazionali, in particolare di quelle istituite sotto gli auspici dell'Organizzazione mondiale del commercio (codificazione) (COM(2014) 341 final);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n.  604/2013 per quanto riguarda la determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata da un minore non accompagnato che non ha familiari, fratelli o parenti presenti legalmente in uno Stato membro (COM(2014) 382 final).

Atti di controllo e di indirizzo.

      Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI LA RUSSA ED ALTRI N.  1-00441, CARUSO ED ALTRI N.  1-00534, PIRAS ED ALTRI N.  1-00536, FIANO, DORINA BIANCHI ED ALTRI N.  1-00538, ARTINI ED ALTRI N.  1-00539, MARCOLIN ED ALTRI N.  1-00541, PALESE ED ALTRI N.  1-00545 E CAUSIN ED ALTRI N.  1-00546 IN MATERIA DI PROGRESSIONI DI CARRIERA E AUTOMATISMI RETRIBUTIVI PER IL PERSONALE DEL COMPARTO DIFESA-SICUREZZA E SOCCORSO PUBBLICO

Mozioni

      La Camera,
          premesso che:
              nel corso degli ultimi anni, in considerazione del persistere e dell'intensificarsi di forti tensioni sui mercati finanziari, sono state adottate numerose misure di contenimento della spesa pubblica;
              particolarmente incisive sono state le misure di revisione della spesa adottate nel settore della difesa, che ha cominciato a subire un trend fortemente decrescente già dal 2005, peraltro in concomitanza con il processo di professionalizzazione delle Forze armate (e quindi correlati a maggiori costi per il personale) e con l'accresciuto impiego operativo;
              in tale contesto si pone il decreto-legge n.  78 del 2010, che, proprio in considerazione della «straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il contenimento della spesa pubblica e per il contrasto all'evasione fiscale ai fini della stabilizzazione finanziaria, nonché per il rilancio della competitività economica», ha previsto l'esclusione, per l'intero triennio 2011-2013, delle retribuzioni del personale della pubblica amministrazione, tra cui rientra il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco tanto dai meccanismi di adeguamento previsti per legge, quanto dall'applicazione degli aumenti retributivi (scatti e classi di stipendio) collegati all'anzianità di ruolo, nonché, addirittura, dal riconoscimento dei benefici economici correlati alle progressioni di carriera, senza possibilità successiva di recupero e senza possibilità di attivare, comunque, una procedura di concertazione;
              in particolare, il richiamato blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali ha pregiudicato la maturazione di alcuni istituti tipici specifici del comparto sicurezza, difesa e soccorso strettamente connessi alla valorizzazione dell'anzianità di servizio e alla correlata acquisizione di crescenti competenze professionali, nonché più impegnative responsabilità di servizio, quali l'omogeneizzazione, l'assegno funzionale e gli incrementi stipendiali parametrali non connessi a promozioni;
              tale norma ha, altresì, frenato gli adeguamenti annuali indicizzati (classi, scatti stipendiali ed effetti economici) delle progressioni di carriera, tra l'altro in grande parte legate a rigide procedure di selezione e avanzamento, assolutamente definite dalla normativa vigente per le varie categorie di personale;
              già nel corso della XVI legislatura era stata approvata in Commissione difesa della Camera dei deputati la risoluzione n.  8-00151, a prima firma dell'onorevole Cirielli, che impegnava il Governo pro tempore a escludere il comparto sicurezza e difesa, per l'anno 2014, dalla possibilità di prorogare ulteriormente i tagli in questione, almeno con riferimento alla fattispecie del blocco degli effetti economici delle progressioni di carriera;
              in data 8 novembre 2011 la Commissione bilancio del Senato della Repubblica aveva poi approvato l'ordine del giorno G/2969/2/5, che impegnava il Governo, pur nell'ambito della difficile congiuntura economica e della finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare con urgenza le opportune iniziative atte a «impegnare i relativi fondi iscritti nella tabella 8 per assicurare un'interpretazione dell'articolo 9, comma 21, del decreto-legge n.  78 del 2010, nel senso che al personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nel triennio 2012-2014, sia assicurata la corresponsione integrale dei trattamenti economici connessi con l'impiego (indennità operative, indennità pensionabile, indennità di trasferimento, assegno funzionale, assegno non pensionabile dirigenziale e indennità di missione), con l'effettiva presenza in servizio e con la maturazione dei requisiti di anzianità e merito»;
              nonostante ciò e nonostante le molteplici dichiarazioni pubbliche e gli impegni presi dai vari Governi in carica circa la necessità di garantire maggiore sicurezza del territorio e nel territorio, i provvedimenti adottati nel tempo si sono mostrati indifferenti rispetto alla drammatica e insostenibile situazione degli operatori della sicurezza: dal decreto-legge n.  95 del 2012 (cosiddetta spending review), convertito, con modificazioni, dalla legge n.  135 del 2012, che ha previsto una serie di ulteriori misure di contenimento della spesa nel settore della difesa (dalla riduzione del personale militare in misura non inferiore al 10 per cento alla riduzione di spesa per l'acquisto di beni e servizi del Ministero della difesa pari a 148 milioni di euro, dalla riduzione dei contributi in favore dell'Agenzia industrie difesa alla riduzione delle spese per la professionalizzazione delle Forze armate) al decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n.  122, che, disattendendo ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo gli impegni assunti dal Governo nella XVI legislatura, ha prorogato fino al 31 dicembre 2014 le disposizioni in materia di blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti;
              un settore, come quello della sicurezza, non può essere considerato in maniera meramente ragionieristica, ma deve essere visto come un investimento per il futuro;
              occorre, infatti, pensare alla sicurezza in termini di opportunità e, quindi, prevedere più risorse in questo settore delicato e strategico per consentire a tutto l'apparato della sicurezza di agire e operare nel migliore dei modi;
              in particolare, è necessario lavorare per la difesa della dignità professionale e della specificità funzionale degli operatori del settore e per la difesa del diritto dei cittadini ad un soccorso pubblico efficiente e qualificato, all'altezza di un Paese civile;
              da ultimo, preoccupa l'ultimo piano di riforma annunciato dal Governo Renzi, che avrebbe chiesto al commissario Carlo Cottarelli tagli per miliardi di euro;
              anche in questa occasione, in un periodo di già forte tensione sociale, il comparto sicurezza farà la sua parte con un risparmio di almeno 700 milioni di euro grazie alla chiusura di centinaia di sedi, alla soppressione di interi reparti e al trasferimento degli uffici in immobili demaniali,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per sospendere, a partire dal secondo semestre 2014, il blocco degli effetti economici delle progressioni di carriera e degli automatismi retributivi per il personale del comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico, a difesa della dignità professionale e della specificità funzionale degli operatori del settore.
(1-00441) «La Russa, Giorgia Meloni, Cirielli».


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge n.  78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  122 del 2010, è stato adottato, come recita il suo preambolo, in considerazione della «straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il contenimento della spesa pubblica e per il contrasto all'evasione fiscale ai fini della stabilizzazione finanziaria, nonché per il rilancio della competitività economica»;
              nel quadro di una serie di previsioni finalizzate al contenimento ed alla riduzione della spesa pubblica si colloca l'articolo 9, relativo al contenimento delle spese in materia di pubblico impiego che, al comma 21, testualmente recita: «I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all'articolo 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165, così come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n.  448, non si applicano per gli anni 2011, 2012, 2013 ancorché a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previste dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici»;
              in applicazione del citato comma 21 dell'articolo 9 del decreto-legge n.  78 del 2010, quindi, per l'intero triennio 2011/2013, le retribuzioni del personale interessato, tra cui rientra il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, sono state pertanto escluse tanto dai meccanismi di adeguamento di cui all'articolo 24 della legge n.  448 del 1998, quanto dall'applicazione degli aumenti retributivi («scatti» e «classi» di stipendio) collegati all'anzianità di ruolo, quanto, addirittura, dal riconoscimento dei benefici economici correlati alle progressioni di carriera, senza possibilità successiva di recupero;
              l'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  111 del 2011, prevede che con uno o più regolamenti da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.  400, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione (ora Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione), e dell'economia e delle finanze sia possibile prorogare di un anno ovvero al 2014, le sopradette disposizioni restrittive;
              il Consiglio dei ministri pro tempore, in data 21 marzo 2013, ha deciso di avviare l’iter di uno specifico decreto del Presidente della Repubblica per estendere il blocco sopra citato al 2014;
              l'articolo 1 del decreto-legge 26 marzo 2011, n.  27, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2011, n.  74, ha previsto l'incremento del citato fondo di 115 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2011-2012 e 2013, ed ha esteso la destinazione del medesimo fondo al finanziamento di assegni una tantum, in favore del personale interessato alla corresponsione delle relative indennità, bloccate dall'articolo 9, commi 1 e 21, del decreto-legge n.  78 del 2010;
              l'istituzione del citato fondo è finalizzata, come emerge anche dal dibattito parlamentare relativo ai due decreti-legge sopra richiamati e dagli impegni assunti dal Governo, ad assicurare al personale interessato una compensazione economica conseguente agli effetti relativi all'applicazione del congelamento di alcuni elementi retributivi, di cui ai citati commi 1 e 21 dell'articolo 9 del decreto-legge n.  78 del 2010;
              i fondi disponibili per l'anno 2011 sono stati sufficienti per assecondare tutte le esigenze del personale, che ha maturato i requisiti per la corresponsione delle indennità cosiddette «congelate» nello stesso anno 2011, mentre le somme disponibili del sopra citato fondo sono del tutto insufficienti per gli anni 2012 (46 per cento) e 2013 (16 per cento); in merito, in sede di conversione del decreto-legge 26 marzo 2011, n.  27, il legislatore, all'articolo 1, comma 2, per reperire le somme necessarie al soddisfacimento delle esigenze, ha previsto espressamente l'impiego delle risorse utilizzabili del fondo unico per la giustizia e dei risparmi provenienti dalle missioni internazionali di pace;
              in proposito, occorre rammentare che la Corte costituzionale, in occasione di pregresse manovre economiche, recanti deroghe temporanee ai ricordati meccanismi rivalutativi di adeguamento, disposte, in particolare, in occasione dell'altrettanto grave congiuntura economica del 1992, aveva già indicato i limiti entro i quali un tale intervento potesse ritenersi rispettoso dei richiamati principi costituzionali, osservando che «norme di tale natura possono ritenersi non lesive del principio di cui all'articolo 3 della Costituzione (sotto il duplice aspetto della non contrarietà sia al principio di uguaglianza sostanziale, sia a quello della non irragionevolezza), a condizione che i suddetti sacrifici siano eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso»;
              in quel caso il sacrificio era limitato ad un anno, mentre ora, in presenza di una reiterazione a percussione di misure patrimoniali afflittive, la natura eccezionale e transitoria di una disposizione non può più essere predicata, credibilmente e plausibilmente, anche per la prevedibilità della sua reiterazione nel tempo futuro;
              gli ordinamenti del personale in argomento sono connotati da un'estrema gerarchizzazione e bloccare le progressioni economiche comporta effetti iniqui e sperequativi tra il personale stesso ed anche rispetto al restante personale della pubblica amministrazione;
              inoltre, la specificità dello status giuridico e di impiego, sancita all'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n.  183, del personale delle Forze armate, di polizia e di quello del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, caratterizzato da una mobilità e flessibilità d'impiego, sul territorio nazionale e all'estero, non riscontrabile in nessun altro settore del pubblico impiego, ha come corollario che l'assunzione di più gravose responsabilità e la sopportazione di maggiori rischi e disagi conseguenti all'avanzamento nel grado siano compensati da specifici istituti retributivi a ciò indirizzati,

impegna il Governo:

          a non assumere iniziative volte a reiterare le previsioni di cui all'articolo 9 del decreto-legge n.  78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  122 del 2010, per il comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico per l'anno 2015, in ossequio alle linee guida già approvate dal Governo l'8 aprile 2014 con il documento di economia e finanza 2014;
          a valutare la possibilità di assumere iniziative per sospendere, a partire dal secondo semestre 2014, il blocco degli effetti economici delle progressioni di carriera e degli automatismi retributivi per il personale del comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico, utilizzando le risorse già disponibili per le una tantum e quelle eventualmente recuperabili dai bilanci già consolidati dei dicasteri interessati.
(1-00534) «Caruso, Dellai, Adornato».


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge n.  78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  122 del 2010, è stato adottato, come recita il suo preambolo, in considerazione della «straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il contenimento della spesa pubblica e per il contrasto all'evasione fiscale ai fini della stabilizzazione finanziaria, nonché per il rilancio della competitività economica»;
              nel quadro di una serie di previsioni finalizzate al contenimento ed alla riduzione della spesa pubblica si colloca l'articolo 9, relativo al contenimento delle spese in materia di pubblico impiego che, al comma 21, testualmente recita: «I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all'articolo 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165, così come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n.  448, non si applicano per gli anni 2011, 2012, 2013 ancorché a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previste dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici»;
              in applicazione del citato comma 21 dell'articolo 9 del decreto-legge n.  78 del 2010, quindi, per l'intero triennio 2011/2013, le retribuzioni del personale interessato, tra cui rientra il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, sono state pertanto escluse tanto dai meccanismi di adeguamento di cui all'articolo 24 della legge n.  448 del 1998, quanto dall'applicazione degli aumenti retributivi («scatti» e «classi» di stipendio) collegati all'anzianità di ruolo, quanto, addirittura, dal riconoscimento dei benefici economici correlati alle progressioni di carriera, senza possibilità successiva di recupero;
              l'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  111 del 2011, prevede che con uno o più regolamenti da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.  400, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione (ora Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione), e dell'economia e delle finanze sia possibile prorogare di un anno ovvero al 2014, le sopradette disposizioni restrittive;
              il Consiglio dei ministri pro tempore, in data 21 marzo 2013, ha deciso di avviare l’iter di uno specifico decreto del Presidente della Repubblica per estendere il blocco sopra citato al 2014;
              l'articolo 1 del decreto-legge 26 marzo 2011, n.  27, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2011, n.  74, ha previsto l'incremento del citato fondo di 115 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2011-2012 e 2013, ed ha esteso la destinazione del medesimo fondo al finanziamento di assegni una tantum, in favore del personale interessato alla corresponsione delle relative indennità, bloccate dall'articolo 9, commi 1 e 21, del decreto-legge n.  78 del 2010;
              l'istituzione del citato fondo è finalizzata, come emerge anche dal dibattito parlamentare relativo ai due decreti-legge sopra richiamati e dagli impegni assunti dal Governo, ad assicurare al personale interessato una compensazione economica conseguente agli effetti relativi all'applicazione del congelamento di alcuni elementi retributivi, di cui ai citati commi 1 e 21 dell'articolo 9 del decreto-legge n.  78 del 2010;
              i fondi disponibili per l'anno 2011 sono stati sufficienti per assecondare tutte le esigenze del personale, che ha maturato i requisiti per la corresponsione delle indennità cosiddette «congelate» nello stesso anno 2011, mentre le somme disponibili del sopra citato fondo sono del tutto insufficienti per gli anni 2012 (46 per cento) e 2013 (16 per cento); in merito, in sede di conversione del decreto-legge 26 marzo 2011, n.  27, il legislatore, all'articolo 1, comma 2, per reperire le somme necessarie al soddisfacimento delle esigenze, ha previsto espressamente l'impiego delle risorse utilizzabili del fondo unico per la giustizia e dei risparmi provenienti dalle missioni internazionali di pace;
              in proposito, occorre rammentare che la Corte costituzionale, in occasione di pregresse manovre economiche, recanti deroghe temporanee ai ricordati meccanismi rivalutativi di adeguamento, disposte, in particolare, in occasione dell'altrettanto grave congiuntura economica del 1992, aveva già indicato i limiti entro i quali un tale intervento potesse ritenersi rispettoso dei richiamati principi costituzionali, osservando che «norme di tale natura possono ritenersi non lesive del principio di cui all'articolo 3 della Costituzione (sotto il duplice aspetto della non contrarietà sia al principio di uguaglianza sostanziale, sia a quello della non irragionevolezza), a condizione che i suddetti sacrifici siano eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso»;
              in quel caso il sacrificio era limitato ad un anno, mentre ora, in presenza di una reiterazione a percussione di misure patrimoniali afflittive, la natura eccezionale e transitoria di una disposizione non può più essere predicata, credibilmente e plausibilmente, anche per la prevedibilità della sua reiterazione nel tempo futuro;
              gli ordinamenti del personale in argomento sono connotati da un'estrema gerarchizzazione e bloccare le progressioni economiche comporta effetti iniqui e sperequativi tra il personale stesso ed anche rispetto al restante personale della pubblica amministrazione;
              inoltre, la specificità dello status giuridico e di impiego, sancita all'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n.  183, del personale delle Forze armate, di polizia e di quello del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, caratterizzato da una mobilità e flessibilità d'impiego, sul territorio nazionale e all'estero, non riscontrabile in nessun altro settore del pubblico impiego, ha come corollario che l'assunzione di più gravose responsabilità e la sopportazione di maggiori rischi e disagi conseguenti all'avanzamento nel grado siano compensati da specifici istituti retributivi a ciò indirizzati,

impegna il Governo

a valutare, in vista della predisposizione del disegno di legge di stabilità per il 2015, l'individuazione di misure finalizzate ad assicurare al personale di tutti i comparti il recupero, nella misura compatibile con l'andamento delle finanze pubbliche, dei trattamenti economici connessi con impiego e funzione, con l'effettiva presenza in servizio e con la maturazione dei requisiti di anzianità e di merito, ripristinando meccanismi di concertazione con le organizzazioni di rappresentanza del comparto stesso, al fine di riconoscere la giusta dignità professionale per gli operatori di questo comparto fondamentale per il Paese, anche con l'obiettivo di consentire una migliore e più moderna organizzazione sul territorio.
(1-00534)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Caruso, Dellai, Adornato».


      La Camera,
          premesso che:
              il Governo Berlusconi, con il decreto-legge n.  78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  122 del 2010, in considerazione della necessità e dell'urgenza di emanare provvedimenti per il contenimento della spesa pubblica, derivante dallo stato particolarmente preoccupante nel quale versavano i conti dello Stato, dispose – per il triennio 2010-2013 – il blocco della contrattazione e delle retribuzioni, per tutto il comparto della pubblica amministrazione, sia per gli adeguamenti stipendiali che per gli aumenti retributivi collegati all'anzianità di ruolo e alle progressioni di carriera comunque denominate, escludendo ogni possibilità successiva di recupero;
              per quanto attiene al comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico, tale disposizione ha investito alcuni istituti specifici connessi al particolare servizio svolto quali l'assegno funzionale e gli incrementi parametrali non riferibili a promozioni e progressioni di carriera;
              la rappresentanza militare (Cocer Interforze), quando il Ministro della difesa pro tempore, Ignazio La Russa, espose il provvedimento ai delegati, a quanto consta ai firmatari del presente atto di indirizzo ebbe occasione di muovere diverse ed importanti obiezioni che già allora segnalarono una condizione di particolare malessere, con particolare riferimento al fatto che chi aveva maturato promozioni, progressioni di carriera comunque denominate ed anche i relativi scatti stipendiali legati alle indennità operative e di funzione prima del 2010 non avrebbe subito le conseguenze del provvedimento, né quindi avrebbe contribuito in alcuna maniera al risanamento dei conti pubblici; conseguentemente, in tale occasione, oltre che creare un danno riconducibile solo ad una parte del personale, si è anche provveduto a generare un'ulteriore ingiustizia, con l'effetto che a pagare il prezzo fossero i più giovani e quindi le nuove generazioni;
              nonostante alcuni atti parlamentari che già nella XVI legislatura chiedevano la rimozione del blocco in questione, il blocco medesimo è stato prorogato nella XVII legislatura (decreto del Presidente della Repubblica n.  122 del 2013) a tutto il 2014, con il parere negativo di ampia parte delle forze politiche della minoranza, pur in presenza di una generica rassicurazione sul superamento di questa disposizione a far data dal 1o gennaio 2015;
              la valutazione degli effetti sociali prodotti dalla decisione assunta nel 2010 assume delle caratteristiche particolarmente penalizzanti per il personale militare se si restringe il punto di osservazione al comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico, in virtù innanzitutto del fatto che – a differenza di quanto mostrerebbero le date di approvazione dei provvedimenti finora citati – l'ultimo contratto del settore risale all'anno 2009 e che, dunque, i contratti delle Forze armate, di pubblica sicurezza e del Corpo dei vigili del fuoco, sono fermi a far data da allora e che la particolare configurazione del trattamento economico dei militari si poggia, altresì, sulla naturale progressione di carriera per gradi ed anzianità: quindi, un anno doppio rispetto al restante personale del pubblico impiego derivante dalla tanto decantata ed abusata, quanto inutile «specificità»;
              si tratta quindi di cinque anni di blocco contrattuale, anni che – in termini più generali – coincidono con la fase apicale della crisi economica e sociale più lunga ed intensa che la storia della Repubblica ricordi e che ha prodotto un impoverimento generalizzato del Paese, del ceto medio e della classe lavoratrice in particolare;
              il ruolo giocato in questo senso da scelte politiche e normative di carattere depressivo come la norma sopra citata è di tutta evidenza, così come l'effetto sociale drammatico prodotto dalla stagione dei «tagli lineari», della spending review e dell'austerità in generale;
              la compressione salariale e – dunque – dei consumi e degli stili di vita consolidati delle famiglie di lavoratori ha determinato nelle Forze armate una fenomenologia già da tempo visibile e percepita nel resto del Paese, ovvero che le dinamiche interne al comparto oggi aderiscono in maniera plastica a quelle del resto della società: alla base vi è una regressione tangibile e grave nelle condizioni materiali di vita, al vertice il consolidamento di una condizione di relativo privilegio;
              la stessa legge n.  244 del 2012 di riforma e riordino dello strumento militare esplica i suoi effetti in chiave riduttiva – meno 50.000 unità in forza – principalmente sul personale – militare e civile – della difesa, in ossequio all'obiettivo dichiarato di liberare risorse per gli investimenti, già sbilanciate ben oltre la quota del 25 per cento, cui sembrerebbe volgere il disegno di legge ben considerando le risorse complessive allocate per tale esigenze tra il Ministero della difesa e il Ministero dello sviluppo economici, nello sviluppo, nella produzione ed acquisizione di sistemi d'arma. Logica conseguenza anche questa di una scelta di politica industriale orientata in maniera decisa all'implementazione dell'industria nazionale degli armamenti a discapito del valore umano delle Forze armate e del loro impiego in ambiti di civile necessità;
              allo stato attuale si assiste a uno dei più classici paradossi: da una parte, un eccesso retorico di esaltazione del ruolo e della «specificità» delle Forze armate e di pubblica sicurezza e del personale che vi opera, dall'altra, la diminuita retribuzione in termini reali, la carenza cronica di alloggi per il personale, i veicoli di servizio fermi a causa della carenza di carburante, il sacrificio operato sulle condizioni di sicurezza nelle quali questi lavoratori si trovano ad operare;
              le politiche depressive adottate in questi anni hanno prodotto il risultato di diffondere una condizione di pesante malessere, inquietudine ed incertezza sul futuro, in un settore delicatissimo come quello delle Forze armate e di pubblica sicurezza e dei vigili del fuoco, frequentemente caratterizzato da nuclei familiari monoreddito e con figli a carico;
              a questo stato di cose si aggiungano gli effetti della riforma previdenziale del 2012, dunque gli effetti sull'assegno pensionistico derivanti dal passaggio al sistema contributivo; va fatta, inoltre, l'ovvia constatazione che l'inferiore gettito contributivo derivante dal blocco degli adeguamenti stipendiali andrà ulteriormente ad influire sull'entità degli assegni medesimi;
              a dimostrazione di ciò basti citare le indicazioni riportate dalle numerose audizioni dei Cocer svoltesi in questi mesi presso la Commissione difesa della Camera dei deputati o ricordare l'originale ed educata protesta «del caffè» inscenata dai sottufficiali del ruolo sergenti affinché tale stato di malessere potesse uscire dal silenzio cui è costretto dalla cosiddetta «specificità», condizione che sta determinando anche importanti problemi sul terreno dell'operatività del comparto;
              occorre perciò ripensare e cambiare, per il comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico e, più in generale, per il pubblico impiego, le politiche fin qui adottate, operando in maniera tale da riconnettere la prospettiva della ripresa economica alla ripresa dei consumi e ad un recupero tangibile sul terreno delle condizioni di vita ed economiche dei lavoratori italiani, compresi i dipendenti militari e civili del comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico,

impegna il Governo:

          a non assumere assolutamente iniziative volte a prorogare oltre il 31 dicembre 2014 il blocco della contrattazione e degli adeguamenti stipendiali, degli effetti economici delle promozioni, delle progressioni di carriera comunque denominate e degli automatismi retributivi per il personale del comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico;
          ad assumere iniziative volte a sospendere il blocco disposto dal decreto del Presidente della Repubblica n.  122 del 2013 – a decorrere dal 1o agosto 2014 – o comunque a trovare risorse perequative, al fine di annullarne gli effetti in maniera da consentire fin da subito un primo ristoro del danno economico subito dai lavoratori del settore.
(1-00536) «Piras, Duranti, Scotto».


      La Camera,
          premesso che:
              i comparti difesa-sicurezza e soccorso pubblico sono, di fatto, oggetto di un blocco contrattuale dal 2006, nonché del congelamento di tutte le prerogative connesse ai diritti spettanti agli operatori, a partire dall'adeguamento economico attribuito per progressione di carriera, dell'assegno di funzione, compresi, quindi, gli scatti di anzianità, e finanche di un riordino delle carriere che sarebbe decisamente auspicabile;
              è evidente, pertanto, la discriminazione che si è venuta a determinare nel corso di questi anni nei confronti del personale dei comparti che, nonostante vanti sia requisiti professionali che di anzianità, non ha visto riconosciuti i diritti ad esso spettanti sotto il profilo contrattuale, nonché giuridico costituzionale;
              la situazione si è ulteriormente aggravata con il decreto-legge n.  78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  122 del 2010, che ha previsto l'esclusione, per l'intero triennio 2011-2013 – tanto dai meccanismi di adeguamento previsti per legge, quanto dall'applicazione degli aumenti retributivi (scatti e classi di stipendio) collegati all'anzianità di ruolo, nonché, addirittura, dal riconoscimento dei benefici economici correlati alle progressioni di carriera – delle retribuzioni del personale della pubblica amministrazione, tra cui rientra il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, senza la possibilità di recuperarli successivamente;
              tali disposizioni, come è noto, sono state prorogate fino al 31 dicembre 2014 dal successivo decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n.  122;
              il richiamato blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali, in assenza di procedure di concertazione, ha pertanto pregiudicato la maturazione di alcuni istituti propri dei comparti difesa-sicurezza e soccorso pubblico, strettamente connessi alla valorizzazione dell'anzianità di servizio e alla correlata acquisizione di crescenti competenze professionali, nonché più impegnative responsabilità di servizio, quali l'omogeneizzazione, l'assegno funzionale e gli incrementi stipendiali parametrali non connessi a promozioni;
              tali disposizioni hanno, inoltre, determinato anche il blocco degli adeguamenti annuali indicizzati (classi, scatti stipendiali ed effetti economici) delle progressioni di carriera, che sono in gran parte legate a rigide procedure di selezione e avanzamento, assolutamente definite dalla normativa vigente per le varie categorie di personale;
              particolarmente problematiche si sono rivelate, in tal senso, le previsioni dell'articolo 66, comma 9-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto del 2008, n.  133, per gli anni 2010-2011, e il successivo blocco parziale del turnover fissato al 20 per cento per il triennio 2012-2014, al 50 per cento per l'anno 2015, e al 100 per cento a decorrere dal 2016; solo con la legge di stabilità 2014, poi, la facoltà assunzionale è stata in parte elevata al 55 per cento a decorrere dall'anno 2014, con la previsione di elevare ulteriormente tale percentuale fino al 70 per cento per l'anno 2015. Si è determinato così un repentino e deciso innalzamento dell'età media di tutti gli operatori del settore, che supera i 45 anni di età ed è, ad oggi, tra le più alte d'Europa, con conseguenze tutt'altro che trascurabili che incidono: sull'immissione di personale nelle carriere iniziali dei vari ruoli, sul piano dell'efficienza in generale, su quello dell'efficacia degli interventi operativi delle forze dell'ordine, sul piano della lievitazione dei costi necessari per fronteggiare le esigenze di servizio sia per le attività militari che per quelle relative all'ordine e sicurezza pubblica, poste da un personale con un'età così elevata che, se scorporata nelle qualifiche (gradi) intermedie (ispettori e marescialli) o apicali (funzionari-dirigenti e ufficiali), ha superato da tempo i 50 anni;
              va, inoltre, analizzata la circostanza che il susseguirsi degli effetti dei vari interventi normativi succedutisi nel tempo, spesso sulla base di decretazione d'urgenza, ha determinato un diverso trattamento economico tra soggetti che ricoprono le stesse funzioni, con decorrenze o provenienze diverse;
              nonostante la legge di stabilità 2014 abbia dato qualche segnale di inversione di tendenza per quanto attiene sia alla formazione e all'addestramento del personale, sia alla manutenzione e all'efficienza dei mezzi e degli equipaggiamenti a garanzia della piena funzionalità dello strumento militare, permane tuttavia un'evidente situazione di oggettiva difficoltà vissuta da chi opera nel settore;
              gran parte degli operatori, uomini e donne, del comparto percepisce trattamenti economici medio-bassi che dovrebbero essere migliorati e, anche se nei confronti di una piccola parte di tali operatori il cui trattamento economico non supera i 25 mila euro annui lordi è intervenuto il decreto-legge n.  66 del 24 aprile 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  89 del 2014, con il bonus di 80 euro, la situazione generale rimane assolutamente compromessa;
              appare, pertanto, ineludibile ripensare un nuovo modello di sicurezza per il nostro Paese che, ferme restando le esigenze e gli obiettivi di bilancio, ne ridisegni obiettivi, funzioni e organizzazione, anche al fine di rendere più efficace ed efficiente il lavoro svolto dagli operatori del comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico, e dotandolo delle risorse necessarie a perseguire gli obiettivi istituzionali che rimangono cura primaria dello Stato,

impegna il Governo:

          a presentare al Parlamento, entro tre mesi, una relazione dettagliata sulle condizioni professionali e retributive degli operatori, sugli organici e sulle dotazioni di cui dispongono i diversi corpi e specialità e sulla dislocazione sul territorio dei diversi presidi del comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico al fine di valutarne l'idoneità e l'efficacia, quantitativa e qualitativa, per il raggiungimento degli obiettivi affidati dalla legge alla sicurezza nazionale, nonché a presentare un'analisi del quadro normativo esistente, sia a livello centrale, che a livello regionale e locale (compreso il sistema della polizia locale), che tenga conto in particolare degli effetti prodotti sul comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico dalle disposizioni di legge entrate in vigore dopo la legge n.  121 del 1981;
          a presentare al Parlamento, entro gli stessi termini temporali, una relazione descrittiva della situazione retributiva del personale delle Forze armate, distinguendo per le varie posizioni di ruolo, grado e categoria di appartenenza la quota parte relativa al trattamento stipendiale, alle indennità specifiche e al trattamento accessorio;
          a valutare, in vista della predisposizione del disegno di legge di stabilità per il 2015, l'individuazione di misure finalizzate ad assicurare al personale di tutti i comparti il recupero, nella misura compatibile con l'andamento delle finanze pubbliche, dei trattamenti economici connessi con impiego e funzione, con l'effettiva presenza in servizio e con la maturazione dei requisiti di anzianità e di merito, ripristinando meccanismi di concertazione con le organizzazioni di rappresentanza del comparto stesso, al fine di riconoscere la giusta dignità professionale per gli operatori di questo comparto fondamentale per il Paese, anche con l'obiettivo di consentire una migliore e più moderna organizzazione sul territorio.
(1-00538) «Fiano, Dorina Bianchi, Scanu, Scopelliti, Roberta Agostini, Cuperlo, D'Attorre, Marco Di Maio, Fabbri, Famiglietti, Ferrari, Gasparini, Giorgis, Gullo, Lattuca, Lauricella, Marco Meloni, Naccarato, Piccione, Pollastrini, Richetti, Rosato, Sammarco, Francesco Sanna, Aiello, Bolognesi, D'Arienzo, Ferro, Fioroni, Fontanelli, Carlo Galli, Garofani, Gregori, Lorenzo Guerini, Marantelli, Massa, Moscatt, Salvatore Piccolo, Giuditta Pini, Stumpo, Valeria Valente, Villecco Calipari, Zanin».


      La Camera,
          premesso che:
              i comparti difesa-sicurezza e soccorso pubblico sono, di fatto, oggetto di un blocco contrattuale dal 2006, nonché del congelamento di tutte le prerogative connesse ai diritti spettanti agli operatori, a partire dall'adeguamento economico attribuito per progressione di carriera, dell'assegno di funzione, compresi, quindi, gli scatti di anzianità, e finanche di un riordino delle carriere che sarebbe decisamente auspicabile;
              è evidente, pertanto, la discriminazione che si è venuta a determinare nel corso di questi anni nei confronti del personale dei comparti che, nonostante vanti sia requisiti professionali che di anzianità, non ha visto riconosciuti i diritti ad esso spettanti sotto il profilo contrattuale, nonché giuridico costituzionale;
              la situazione si è ulteriormente aggravata con il decreto-legge n.  78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  122 del 2010, che ha previsto l'esclusione, per l'intero triennio 2011-2013 – tanto dai meccanismi di adeguamento previsti per legge, quanto dall'applicazione degli aumenti retributivi (scatti e classi di stipendio) collegati all'anzianità di ruolo, nonché, addirittura, dal riconoscimento dei benefici economici correlati alle progressioni di carriera – delle retribuzioni del personale della pubblica amministrazione, tra cui rientra il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, senza la possibilità di recuperarli successivamente;
              tali disposizioni, come è noto, sono state prorogate fino al 31 dicembre 2014 dal successivo decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n.  122;
              il richiamato blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali, in assenza di procedure di concertazione, ha pertanto pregiudicato la maturazione di alcuni istituti propri dei comparti difesa-sicurezza e soccorso pubblico, strettamente connessi alla valorizzazione dell'anzianità di servizio e alla correlata acquisizione di crescenti competenze professionali, nonché più impegnative responsabilità di servizio, quali l'omogeneizzazione, l'assegno funzionale e gli incrementi stipendiali parametrali non connessi a promozioni;
              tali disposizioni hanno, inoltre, determinato anche il blocco degli adeguamenti annuali indicizzati (classi, scatti stipendiali ed effetti economici) delle progressioni di carriera, che sono in gran parte legate a rigide procedure di selezione e avanzamento, assolutamente definite dalla normativa vigente per le varie categorie di personale;
              particolarmente problematiche si sono rivelate, in tal senso, le previsioni dell'articolo 66, comma 9-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto del 2008, n.  133, per gli anni 2010-2011, e il successivo blocco parziale del turnover fissato al 20 per cento per il triennio 2012-2014, al 50 per cento per l'anno 2015, e al 100 per cento a decorrere dal 2016; solo con la legge di stabilità 2014, poi, la facoltà assunzionale è stata in parte elevata al 55 per cento a decorrere dall'anno 2014, con la previsione di elevare ulteriormente tale percentuale fino al 70 per cento per l'anno 2015. Si è determinato così un repentino e deciso innalzamento dell'età media di tutti gli operatori del settore, che supera i 45 anni di età ed è, ad oggi, tra le più alte d'Europa, con conseguenze tutt'altro che trascurabili che incidono: sull'immissione di personale nelle carriere iniziali dei vari ruoli, sul piano dell'efficienza in generale, su quello dell'efficacia degli interventi operativi delle forze dell'ordine, sul piano della lievitazione dei costi necessari per fronteggiare le esigenze di servizio sia per le attività militari che per quelle relative all'ordine e sicurezza pubblica, poste da un personale con un'età così elevata che, se scorporata nelle qualifiche (gradi) intermedie (ispettori e marescialli) o apicali (funzionari-dirigenti e ufficiali), ha superato da tempo i 50 anni;
              va, inoltre, analizzata la circostanza che il susseguirsi degli effetti dei vari interventi normativi succedutisi nel tempo, spesso sulla base di decretazione d'urgenza, ha determinato un diverso trattamento economico tra soggetti che ricoprono le stesse funzioni, con decorrenze o provenienze diverse;
              nonostante la legge di stabilità 2014 abbia dato qualche segnale di inversione di tendenza per quanto attiene sia alla formazione e all'addestramento del personale, sia alla manutenzione e all'efficienza dei mezzi e degli equipaggiamenti a garanzia della piena funzionalità dello strumento militare, permane tuttavia un'evidente situazione di oggettiva difficoltà vissuta da chi opera nel settore;
              gran parte degli operatori, uomini e donne, del comparto percepisce trattamenti economici medio-bassi che dovrebbero essere migliorati e, anche se nei confronti di una piccola parte di tali operatori il cui trattamento economico non supera i 25 mila euro annui lordi è intervenuto il decreto-legge n.  66 del 24 aprile 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  89 del 2014, con il bonus di 80 euro, la situazione generale rimane assolutamente compromessa;
              appare, pertanto, ineludibile ripensare un nuovo modello di sicurezza per il nostro Paese che, ferme restando le esigenze e gli obiettivi di bilancio, ne ridisegni obiettivi, funzioni e organizzazione, anche al fine di rendere più efficace ed efficiente il lavoro svolto dagli operatori del comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico, e dotandolo delle risorse necessarie a perseguire gli obiettivi istituzionali che rimangono cura primaria dello Stato,

impegna il Governo:

          a presentare al Parlamento, entro tre mesi, una relazione dettagliata sulle condizioni professionali e retributive degli operatori, sugli organici e sulle dotazioni di cui dispongono i diversi corpi e specialità e sulla dislocazione sul territorio dei diversi presidi del comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico, nonché a presentare un'analisi del quadro normativo esistente, sia a livello centrale, che a livello regionale e locale (compreso il sistema della polizia locale), che tenga conto in particolare degli effetti prodotti sul comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico dalle disposizioni di legge entrate in vigore dopo la legge n.  121 del 1981;
          a presentare al Parlamento, entro gli stessi termini temporali, una relazione descrittiva della situazione retributiva del personale del comparto della difesa e sicurezza e del soccorso pubblico, distinguendo per le varie posizioni di ruolo, grado e categoria di appartenenza la quota parte relativa al trattamento stipendiale, alle indennità specifiche e al trattamento accessorio;
          a valutare, in vista della predisposizione del disegno di legge di stabilità per il 2015, l'individuazione di misure finalizzate ad assicurare al personale di tutti i comparti il recupero, nella misura compatibile con l'andamento delle finanze pubbliche, dei trattamenti economici connessi con impiego e funzione, con l'effettiva presenza in servizio e con la maturazione dei requisiti di anzianità e di merito, ripristinando meccanismi di concertazione con le organizzazioni di rappresentanza del comparto stesso, al fine di riconoscere la giusta dignità professionale per gli operatori di questo comparto fondamentale per il Paese, anche con l'obiettivo di consentire una migliore e più moderna organizzazione sul territorio.
(1-00538)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Fiano, Dorina Bianchi, Scanu, Scopelliti, Roberta Agostini, Cuperlo, D'Attorre, Marco Di Maio, Fabbri, Famiglietti, Ferrari, Gasparini, Giorgis, Gullo, Lattuca, Lauricella, Marco Meloni, Naccarato, Piccione, Pollastrini, Richetti, Rosato, Sammarco, Francesco Sanna, Aiello, Bolognesi, D'Arienzo, Ferro, Fioroni, Fontanelli, Carlo Galli, Garofani, Gregori, Lorenzo Guerini, Marantelli, Massa, Moscatt, Salvatore Piccolo, Giuditta Pini, Stumpo, Valeria Valente, Villecco Calipari, Zanin».


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge n.  78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  122 del 2010, in relazione alla «straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il contenimento della spesa pubblica e per il contrasto all'evasione fiscale ai fini della stabilizzazione finanziaria, nonché per il rilancio della competitività economica», ha previsto che, per l'intero triennio 2011-2013, le retribuzioni del personale della pubblica amministrazione – tra cui rientra il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco – fossero escluse tanto dai meccanismi di adeguamento previsti per legge, quanto dall'applicazione degli aumenti retributivi (scatti e classi di stipendio) collegati all'anzianità di ruolo, nonché, addirittura, dal riconoscimento dei benefici economici correlati alle progressioni di carriera, senza possibilità successiva di recupero e senza possibilità di attivare comunque una procedura di concertazione;
              tali disposizioni sono state da ultimo prorogate fino al 31 dicembre 2014 dal decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013 n.  122. Sul relativo schema di regolamento la Commissione difesa della Camera dei deputati, in data 18 giugno 2013, ha espresso rilievi;
              il richiamato blocco ha pregiudicato la maturazione di alcuni istituti tipici specifici del comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico strettamente connessi alla valorizzazione dell'anzianità di servizio e alla correlata acquisizione di crescenti competenze professionali, nonché più impegnative responsabilità di servizio, quali l'omogeneizzazione, l'assegno funzionale e gli incrementi stipendiali parametrali non connessi a promozioni. Inoltre, tale norma ha bloccato anche gli adeguamenti annuali indicizzati (classi, scatti stipendiali ed effetti economici) delle progressioni di carriera, tra l'altro in gran parte legate a rigide procedure di selezione e avanzamento, assolutamente definite dalla normativa vigente per le varie categorie di personale;
              tale normativa ha avuto incidenze negative in modo devastante sia sulla funzionalità sia sulla motivazione del personale. Si pensi, in particolare, a coloro che, promossi e magari anche trasferiti in relazione a nuove e ben più rilevanti funzioni da assumere, non sono poi stati remunerati con il previsto trattamento economico;
              al fine di mitigare gli effetti del richiamato blocco, il Governo pro tempore aveva previsto l'istituzione di un fondo di 80 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011-2012, per il finanziamento di misure «perequative» per il personale del comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico interessato alle suindicate penalizzazioni, con la volontà espressa di sterilizzarne gli effetti nel triennio in questione;
              con il decreto-legge n.  27 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  74 del 2011, il richiamato fondo è stato incrementato con 115 milioni di euro annui, sottraendoli peraltro alle disponibilità assegnate per il riordino dei ruoli dall'articolo 3, comma 155, del decreto-legge n.  350 del 2003;
              con tale decreto-legge, peraltro, sono state denominate «assegni una tantum» le misure perequative da concedere ed è stato legittimato il ricorso al fondo anche per compensare la mancata corresponsione, per effetto del tetto salariale di omogeneizzazione, di assegni funzionali e incrementi stipendiali e parametrali non connessi a promozioni;
              il richiamato fondo è stato incrementato, relativamente all'anno 2014, di 100 milioni di euro dall'articolo 1, comma 446, della legge n.  147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014), ma è evidente che, come è avvenuto negli anni passati, tale somma sia insufficiente a perequare quanto è stato danneggiato dal protrarsi del blocco delle retribuzioni;
              si auspica, infine, che per tutti i dipendenti della pubblica amministrazione, in particolare le fasce salariali più basse, termini il regime di blocco degli aumenti contrattuali, adeguando il loro potere di acquisto al costo della vita,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative per far cessare le previsioni di cui all'articolo 9 del decreto-legge n.  78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  122 del 2010, entro il 31 dicembre 2014;
          ad assumere iniziative per prevedere, a far data dal 1o settembre 2014, l'adeguamento alla retribuzione che, senza gli effetti dell'articolo 9 del decreto-legge n.  78 del 2010, spetterebbe ad oggi al personale appartenente al comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico;
          ad assumere iniziative per prevedere, in sede di incremento del fondo di cui all'articolo 8, comma 11-bis, del decreto-legge n.  78 del 2010, la congrua dotazione, finalizzata alla ripartizione dell'ammontare dei mancati adeguamenti salariali, maturati dal personale appartenente alle Forze armate e di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per un terzo nel 2015, un terzo nel 2016 e la parte rimanente nel 2017, da corrispondere su base mensile, per gli importi già non perequati da precedenti assegni una tantum previsti dal fondo in questione;
          in sede di riparto delle risorse di cui alla dotazione del fondo di cui all'articolo 8, comma 11-bis, del decreto-legge n.  78 del 2010, destinato a finanziare le misure perequative in favore del personale appartenente al comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico interessato dall'applicazione dell'articolo 9, commi 1 e 21, del richiamato decreto-legge e a corrispondere, in favore del medesimo personale, assegni una tantum, ad assicurare con le risorse disponibili per l'anno 2014, in via prioritaria, al personale appartenente alle carriere iniziali delle Forze armate e di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, la corresponsione di assegni una tantum nell'entità commisurata al 50 per cento dell'importo non corrisposto per il medesimo anno, in relazione alla sospensione degli effetti economici dovuti all'applicazione del comma 21 dell'articolo 9 del decreto-legge n.  78 del 2010;
          ad assumere iniziative per assicurare a far data dal 1o gennaio 2015, anche per tutti i dipendenti della pubblica amministrazione interessati dal decreto legge n.  78 del 2010, procedure per il progressivo riallineamento dei salari.
(1-00539) «Artini, Rizzo, Paolo Bernini, Basilio, Corda, Frusone, Tofalo, Nuti, Rostellato».


      La Camera,
          premesso che:
              è necessario prendere atto degli effetti negativi dispiegati dalle misure di contenimento della spesa pubblica sull'efficienza e l'efficacia delle Forze armate, dell'ordine e del soccorso tecnico urgente;
              in particolare occorre sottolineare che, le conseguenze delle disposizioni introdotte dal il decreto-legge n.  78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  122 del 2010, che hanno determinato non soltanto il blocco degli adeguamenti stipendiali previsti dalla normativa preesistente ma, altresì, quello degli aumenti retributivi connessi all'avanzamento dell'anzianità di ruolo e persino degli scatti derivanti dalla progressione delle carriere nel comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico, generando significative situazioni di diseguaglianza tra persone appartenenti agli stessi livelli gerarchici o addetti al disbrigo delle medesime mansioni;
              tali situazioni di disallineamento si ripercuotono non soltanto sulle motivazioni dei singoli individui, già penalizzati da percorsi professionali che comportano trasferimenti improvvisi ed esposizione a gravi rischi, ma altresì sulle strutture e la coesione interna della difesa, delle Forze dell'ordine e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
              in materia son anche intervenuti atti d'indirizzo votati dal Parlamento, che hanno stigmatizzato la situazione, impegnando il Governo pro tempore alla correzione, come la risoluzione n.  8-00151, approvata dalla Commissione difesa della Camera dei deputati nella XVI legislatura ed il successivo ordine del giorno G/2969/2/5, approvato dalla Commissione bilancio del Senato della Repubblica in data 8 novembre 2011;
              a tali misure ne hanno fatto seguito altre, dalla spending review varata dal decreto-legge n.  95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  135 del 2012, alla «riforma Di Paola», che hanno determinato forti contrazioni nella consistenza degli organici dipendenti dal Ministero della difesa e dal Ministero dell'interno, disponendo il blocco parziale del turn over, che avviene ora in proporzioni inferiori al 100 per cento, con la conseguenza di assottigliare i presidi delle Forze dell'ordine ed invecchiare notevolmente il personale di truppa delle Forze armate;
              l'esistenza teorica di una prospettiva di integrazione europea estesa al campo delle Forze armate e l'appartenenza del nostro Paese ad alleanze internazionali potenti e credibili come la Nato consentono risparmi nell'area della funzione difesa che è invece impossibile immaginare nell'area sicurezza interna e soccorso tecnico, posto che non si può affidare all'Unione europea o all'Alleanza atlantica la tutela della legalità e della pubblica incolumità nel nostro Paese,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative volte a definire nel minor tempo possibile misure che reintegrino il turn over al 100 per cento del personale in uscita dalle Forze dell'ordine e dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in modo tale da frenarne la riduzione e l'invecchiamento degli organici, se necessario impiegando a tale scopo anche le risorse risparmiate tramite l'eventuale ridimensionamento o rimodulazione di alcuni programmi pluriennali di acquisizione di armamenti;
          ad assumere iniziative volte a sospendere fin dal secondo semestre del 2014 l'efficacia delle disposizioni che bloccano gli avanzamenti di retribuzione connessi alla progressione delle carriere e all'anzianità di ruolo in tutto il comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico;
          a permettere fin dal 2015 la ripresa della concertazione e della contrattazione nel comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico, prevedendo, altresì, un margine per il recupero almeno parziale degli aumenti retributivi non scattati e non goduti nelle more del blocco, in quanto possibile.
(1-00541) «Marcolin, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini, Simonetti».


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112, convertito, con modificazioni dalla legge n.  133 del 2008, pur applicando tagli lineari ai Ministeri, delineava alcune eccezioni per le Forze dell'ordine e le Forze armate. In particolare, il comma 6-bis dell'articolo 74 disponeva, in favore delle strutture del comparto sicurezza, delle Forze armate e dei Vigili del fuoco, una deroga all'obbligo, posto per tutte le pubbliche amministrazioni, di ridimensionare gli assetti organizzativi e di ridurre le dotazioni organiche; l'articolo 70 escludeva al comma 1 dall'applicazione della disciplina relativa alla soppressione del trattamento economico aggiuntivo per causa di servizio del dipendente, il personale del comparto sicurezza e difesa; l'articolo 71, al comma 5-bis, escludeva dall'applicazione della disciplina relativa ai disincentivi economici per assenze per malattia e per permesso retribuito dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni il personale del comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico;
              in data 12 marzo 2009 è stata approvata la mozione n.  1-00126 del gruppo parlamentare Popolo della Libertà, che recava nel dispositivo l'impegno ad avviare una nuova stagione di attenzione ai problemi della difesa affinché quanto prima si potessero trovare soluzioni ai numerosi e seri problemi che affliggono il comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico e si giungesse al pieno riconoscimento della professionalità e specificità del personale delle Forze armate al fine di assicurarne prospettive di crescita e sostegno anche sotto il profilo del trattamento economico;
              l'articolo 19 della legge n.  183 del 2010 ha riconosciuto, per la prima volta da un punto di vista normativo, la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, disponendo che ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, fosse riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad esse appartenenti, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti e che la disciplina attuativa dei principi e degli indirizzi fosse definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si doveva provvedere altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie;
              l'articolo 19 della legge n.  183 del 2010 ha riconosciuto, inoltre, al Consiglio centrale della rappresentanza militare (Cocer) il compito di partecipare, in rappresentanza del personale militare, alle attività negoziali svolte in attuazione del principio di specificità concernenti il trattamento economico del medesimo personale;
              il decreto-legge n.  27 del 2011, recante misure urgenti per la corresponsione di assegni una tantum al personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, convertito in legge n.  74 del 2011, ha previsto la corresponsione di assegni una tantum al citato personale interessato dal blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo e degli automatismi stipendiali disposti con la legge n.  122 del 2010 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica;
              i Governi succedutisi dal novembre del 2011, nonostante le dichiarazioni pubbliche e gli impegni presi a proposito della necessità di garantire la sicurezza del territorio, hanno adottato provvedimenti che hanno ulteriormente peggiorato la situazione degli operatori della sicurezza;
              il decreto-legge n.  95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  135 del 2012, ha previsto una serie di ulteriori misure di contenimento della spesa nel settore della difesa e della sicurezza ed i tagli del bilancio della difesa, conseguenti ai recenti provvedimenti di revisione della spesa pubblica, hanno inciso profondamente sul settore della difesa, non solo riducendo le risorse destinate allo strumento militare, ma anche limitando riconoscimenti economici al personale impiegato in questo delicato settore, comprese le progressioni di carriera e i nuovi arruolamenti;
              il decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n.  122, ha prorogato fino al 31 dicembre 2014 le disposizioni in materia di blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, compreso il comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico;
              la necessità di garantire lo svolgimento in sicurezza di eventi internazionali, soprattutto a fronte del necessario incremento della presenza delle forze dell'ordine nelle città protagoniste di tali manifestazioni, non deve pregiudicare il livello di sicurezza nelle altre aree del Paese;
              le esigenze di razionalizzazione delle risorse finanziarie, contenute all'interno del «Piano Cottarelli», predisposto dal commissario straordinario per la previsione della spesa pubblica, comportano una riorganizzazione del comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico sul territorio e la dismissione di un considerevole numero di presidi;
              il Ministro dell'interno, Angelino Alfano, nell'ambito dell'incontro con i Ministri della giustizia e affari interni degli stati membri dell'Unione europea dell'8 luglio 2014 a Milano, ha affermato che obiettivo del semestre italiano è quello di compiere una «revisione della strategia per la sicurezza interna dell'Unione europea», indicando come le priorità di tale revisione siano: «tutela del mercato legale contro la criminalità organizzata; affrontare il tema della corruzione; contrasto al terrorismo; giusto equilibro tra esigenza di sicurezza e rispetto dei diritti fondamentali»,

impegna il Governo:

          ad avallare con atti concreti l'intenzione di rivedere la strategia di sicurezza interna, invertendo l'attuale trend di continui tagli ai fondi per la sicurezza che annullano e mortificano la professionalità degli operatori di sicurezza in Italia;
          a prevedere, nell'ambito dei prossimi provvedimenti normativi, adeguate iniziative, volte a sospendere, a partire dal primo semestre del 2015, per il comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico, il blocco degli effetti economici delle progressioni di carriera e degli automatismi retributivi.
(1-00545) «Palese, Laffranco, Palmizio».


      La Camera,
          premesso che:
              la proroga al 2014 del «blocco» delle retribuzioni del personale del comparto difesa-sicurezza e del connesso fenomeno delle cosiddette «promozioni bianche», in atto oramai dal 2011, sta incidendo in maniera significativa sulla qualità della vita del personale delle Forze armate e di tutto il comparto difesa-sicurezza, ripercuotendosi anche sul futuro trattamento pensionistico;
              nonostante le numerose prese di posizione, fino a livello ministeriale, intese alla necessità di porre ordine alla problematica così generatasi e legata specificatamente al personale del comparto difesa-sicurezza, non sono stati ancora definiti tempi e modi per il suo «sblocco», causando incertezza nel personale e nelle loro famiglie;
              i tagli lineari degli ultimi anni hanno complessivamente ridotto di oltre 4 miliardi di euro gli stanziamenti economici destinati al funzionamento e all'efficacia del sistema di sicurezza e protezione sociale del Paese, compromettendo l'efficienza degli apparati e diminuendo sensibilmente la capacità di intervento delle Forze di polizia e dei vigili del fuoco sul territorio;
              si tratta di tagli, originati dalla necessità, ma che hanno avuto delle gravi ripercussioni sulle funzioni attribuite ad un settore così delicato della pubblica amministrazione, quotidianamente impegnato a garantire la protezione della collettività e la salvaguardia dello sviluppo sociale del Paese, con conseguenze davvero pesanti che hanno prodotto un ulteriore peggioramento delle già precarie condizioni di lavoro e di vita degli operatori interessati, alle prese con crescenti mole di lavoro, da affrontare con minori risorse umane e strumentali a disposizione e con tutele sempre più ridotte;
              la situazione contrattuale del comparto difesa-sicurezza, già bloccata dal 2006, ha subito un ulteriore aggravio per effetto del decreto-legge n.  78 del 2010, prevedendo al comma 21 dell'articolo 9 l'esclusione, per l'intero triennio 2011-2013, tanto dai meccanismi di adeguamento disposti per legge, quanto dall'applicazione degli aumenti retributivi (scatti e classi di stipendio), collegati all'anzianità di ruolo, e dei benefici economici correlati alle progressioni di carriera delle retribuzioni di tutto il personale della pubblica amministrazione. Il decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n.  122, ha prorogato dette disposizioni fino al 31 dicembre 2014;
              successivamente, nel documento di economia e finanze del 2014 il Governo ha messo in conto lo sblocco di alcune delle misure di congelamento stabilite dall'articolo 9 del decreto-legge n.  78 del 2010, in particolare il tetto individuale (comma 1) e alcuni effetti economici delle promozioni (comma 21, terzo e quarto periodo);
              tuttavia, la Corte costituzionale, con la sentenza n.  154 del 2014, ha fornito la sua interpretazione con riferimento agli automatismi stipendiali del personale del comparto difesa-sicurezza: sono tutti bloccati dal comma 21, secondo periodo, dell'articolo 9 del decreto-legge n.  78 del 2010 e non dal comma 1 dello stesso articolo; dunque, il quadriennio 2011-2014 non ha valenza giuridica ai fini della maturazione degli automatismi stipendiali comunque denominati e non solo per le «classi e scatti» del personale dirigente. Tutto ciò a grave danno del personale del comparto difesa-sicurezza, che, nonostante siano riconosciuti professionalità e impegno nello svolgimento dei compiti di istituto, non ha visto rispettati i propri diritti contrattuali, nonché quelli giuridico-costituzionali;
              nel corso della XVI legislatura, diverse sono state sia le proposte di legge, sia gli atti di sindacato ispettivo prodotti e condivisi che hanno evidenziato l'opportunità di avviare una serie di iniziative volte a favorire la funzionalità ed operatività dello strumento militare, con particolare riferimento alla salvaguardia della funzionalità e delle capacità operative di intervento;
              uno degli obiettivi considerati prioritari e individuati a larga maggioranza attraverso gli atti di indirizzo approvati dalla Camera nella XVI legislatura, in occasione dell'esame delle mozioni 1-00093, 1-00126 e 1-00128, è quello di destinare in via prioritaria le risorse della difesa ai settori del reclutamento e dell'addestramento e ad assicurare, nel tempo, stabilità e coerenza all'assegnazione delle risorse per il comparto difesa;
              il «collegato lavoro» (legge 4 novembre 2010, n.  183), all'articolo 19, ha disposto in merito alla specificità, riconoscendo il ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché lo stato giuridico del personale ad esse appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti;
              il decreto-legge n.  27 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  74 del 2011, recante misure urgenti per la corresponsione di assegni una tantum al personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, attingendo a risorse finanziarie già stanziate per il comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico, ha previsto la corresponsione di assegni una tantum al citato personale interessato dal blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo e degli automatismi stipendiali disposti con il decreto-legge n.  78 del 2010;
              le iniziative normative positive, purtroppo, si sono alternate ad iniziative che non ne hanno permesso una tempestiva realizzazione. Il decreto-legge n.  95 del 2012 (cosiddetto spending review), attraverso misure di contenimento della spesa, quali la riduzione del personale militare in misura non inferiore al 10 per cento e la riduzione di spesa per l'acquisto di beni e servizi del Ministero della difesa pari a 148 milioni di euro, ha dilazionato nel tempo l'attuazione degli impegni precedentemente assunti, in merito all'assegnazione di risorse adeguate per il comparto difesa-sicurezza e alle disposizioni in materia di blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti,

impegna il Governo

ad adottare concrete ed immediate iniziative normative finalizzate a rimuovere il blocco stipendiale per il comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico, anche attraverso la predisposizione di misure, compatibilmente con le esigenze di bilancio, volte al recupero dei trattamenti economici che tengano conto dei differenti impieghi e funzioni, sin dalla legge di stabilità per l'anno 2015.
(1-00546) «Causin, Antimo Cesaro, Molea, Matarrese».


      La Camera,
          premesso che:
              la proroga al 2014 del «blocco» delle retribuzioni del personale del comparto difesa-sicurezza e del connesso fenomeno delle cosiddette «promozioni bianche», in atto oramai dal 2011, sta incidendo in maniera significativa sulla qualità della vita del personale delle Forze armate e di tutto il comparto difesa-sicurezza, ripercuotendosi anche sul futuro trattamento pensionistico;
              nonostante le numerose prese di posizione, fino a livello ministeriale, intese alla necessità di porre ordine alla problematica così generatasi e legata specificatamente al personale del comparto difesa-sicurezza, non sono stati ancora definiti tempi e modi per il suo «sblocco», causando incertezza nel personale e nelle loro famiglie;
              i tagli lineari degli ultimi anni hanno complessivamente ridotto di oltre 4 miliardi di euro gli stanziamenti economici destinati al funzionamento e all'efficacia del sistema di sicurezza e protezione sociale del Paese, compromettendo l'efficienza degli apparati e diminuendo sensibilmente la capacità di intervento delle Forze di polizia e dei vigili del fuoco sul territorio;
              si tratta di tagli, originati dalla necessità, ma che hanno avuto delle gravi ripercussioni sulle funzioni attribuite ad un settore così delicato della pubblica amministrazione, quotidianamente impegnato a garantire la protezione della collettività e la salvaguardia dello sviluppo sociale del Paese, con conseguenze davvero pesanti che hanno prodotto un ulteriore peggioramento delle già precarie condizioni di lavoro e di vita degli operatori interessati, alle prese con crescenti mole di lavoro, da affrontare con minori risorse umane e strumentali a disposizione e con tutele sempre più ridotte;
              la situazione contrattuale del comparto difesa-sicurezza, già bloccata dal 2006, ha subito un ulteriore aggravio per effetto del decreto-legge n.  78 del 2010, prevedendo al comma 21 dell'articolo 9 l'esclusione, per l'intero triennio 2011-2013, tanto dai meccanismi di adeguamento disposti per legge, quanto dall'applicazione degli aumenti retributivi (scatti e classi di stipendio), collegati all'anzianità di ruolo, e dei benefici economici correlati alle progressioni di carriera delle retribuzioni di tutto il personale della pubblica amministrazione. Il decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n.  122, ha prorogato dette disposizioni fino al 31 dicembre 2014;
              successivamente, nel documento di economia e finanze del 2014 il Governo ha messo in conto lo sblocco di alcune delle misure di congelamento stabilite dall'articolo 9 del decreto-legge n.  78 del 2010, in particolare il tetto individuale (comma 1) e alcuni effetti economici delle promozioni (comma 21, terzo e quarto periodo);
              tuttavia, la Corte costituzionale, con la sentenza n.  154 del 2014, ha fornito la sua interpretazione con riferimento agli automatismi stipendiali del personale del comparto difesa-sicurezza: sono tutti bloccati dal comma 21, secondo periodo, dell'articolo 9 del decreto-legge n.  78 del 2010 e non dal comma 1 dello stesso articolo; dunque, il quadriennio 2011-2014 non ha valenza giuridica ai fini della maturazione degli automatismi stipendiali comunque denominati e non solo per le «classi e scatti» del personale dirigente. Tutto ciò a grave danno del personale del comparto difesa-sicurezza, che, nonostante siano riconosciuti professionalità e impegno nello svolgimento dei compiti di istituto, non ha visto rispettati i propri diritti contrattuali, nonché quelli giuridico-costituzionali;
              nel corso della XVI legislatura, diverse sono state sia le proposte di legge, sia gli atti di sindacato ispettivo prodotti e condivisi che hanno evidenziato l'opportunità di avviare una serie di iniziative volte a favorire la funzionalità ed operatività dello strumento militare, con particolare riferimento alla salvaguardia della funzionalità e delle capacità operative di intervento;
              uno degli obiettivi considerati prioritari e individuati a larga maggioranza attraverso gli atti di indirizzo approvati dalla Camera nella XVI legislatura, in occasione dell'esame delle mozioni 1-00093, 1-00126 e 1-00128, è quello di destinare in via prioritaria le risorse della difesa ai settori del reclutamento e dell'addestramento e ad assicurare, nel tempo, stabilità e coerenza all'assegnazione delle risorse per il comparto difesa;
              il «collegato lavoro» (legge 4 novembre 2010, n.  183), all'articolo 19, ha disposto in merito alla specificità, riconoscendo il ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché lo stato giuridico del personale ad esse appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti;
              il decreto-legge n.  27 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  74 del 2011, recante misure urgenti per la corresponsione di assegni una tantum al personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, attingendo a risorse finanziarie già stanziate per il comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico, ha previsto la corresponsione di assegni una tantum al citato personale interessato dal blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo e degli automatismi stipendiali disposti con il decreto-legge n.  78 del 2010;
              le iniziative normative positive, purtroppo, si sono alternate ad iniziative che non ne hanno permesso una tempestiva realizzazione. Il decreto-legge n.  95 del 2012 (cosiddetto spending review), attraverso misure di contenimento della spesa, quali la riduzione del personale militare in misura non inferiore al 10 per cento e la riduzione di spesa per l'acquisto di beni e servizi del Ministero della difesa pari a 148 milioni di euro, ha dilazionato nel tempo l'attuazione degli impegni precedentemente assunti, in merito all'assegnazione di risorse adeguate per il comparto difesa-sicurezza e alle disposizioni in materia di blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti,

impegna il Governo

a valutare, in vista della predisposizione del disegno di legge di stabilità per il 2015, l'individuazione di misure finalizzate ad assicurare al personale di tutti i comparti il recupero, nella misura compatibile con l'andamento delle finanze pubbliche, dei trattamenti economici connessi con impiego e funzione, con l'effettiva presenza in servizio e con la maturazione dei requisiti di anzianità e di merito, ripristinando meccanismi di concertazione con le organizzazioni di rappresentanza del comparto stesso, al fine di riconoscere la giusta dignità professionale per gli operatori di questo comparto fondamentale per il Paese, anche con l'obiettivo di consentire una migliore e più moderna organizzazione sul territorio.
(1-00546)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Causin, Antimo Cesaro, Molea, Matarrese».


TESTO UNIFICATO DEI PROGETTI DI LEGGE: GARAVINI ED ALTRI; NICCHI ED ALTRI; CARFAGNA E BERGAMINI; D'INIZIATIVA DEL GOVERNO; GEBHARD ED ALTRI: DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ATTRIBUZIONE DEL COGNOME AI FIGLI (A.C. 360-1943-2044-2123-2407-A)

A.C. 360-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n.  2.

A.C. 360-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.
(Introduzione dell'articolo 143-quater del codice civile, in materia di cognome del figlio nato nel matrimonio).

      1. Prima dell'articolo 144 del codice civile è inserito il seguente:
      «Art. 143-quater.(Cognome del figlio nato nel matrimonio). – I genitori coniugati, all'atto della dichiarazione di nascita del figlio, possono attribuirgli, secondo la loro volontà, il cognome del padre o quello della madre ovvero quelli di entrambi nell'ordine concordato.
      In caso di mancato accordo tra i genitori, al figlio sono attribuiti i cognomi di entrambi i genitori in ordine alfabetico.
      I figli degli stessi genitori coniugati, nati successivamente, portano lo stesso cognome attribuito al primo figlio.
      Il figlio al quale è stato attribuito il cognome di entrambi i genitori può trasmetterne al proprio figlio soltanto uno, a sua scelta».

A.C. 360-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 2.
(Modifica dell'articolo 262 del codice civile, in materia di cognome del figlio nato fuori del matrimonio).

      1. L'articolo 262 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 262. – (Cognome del figlio nato fuori del matrimonio). – Al figlio nato fuori del matrimonio e riconosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori si applicano le disposizioni dell'articolo 143-quater.
      Se il riconoscimento è fatto da un solo genitore, il figlio ne assume il cognome.
      Quando il riconoscimento del secondo genitore avviene successivamente, il cognome di questo si aggiunge al cognome del primo genitore. A tale fine sono necessari il consenso del genitore che ha effettuato per primo il riconoscimento e quello del minore che abbia compiuto i quattordici anni di età.
      Le disposizioni del terzo comma si applicano anche quando la paternità o la maternità del secondo genitore è dichiarata giudizialmente.
      Nel caso di riconoscimento di entrambi i genitori, se uno di loro ha due cognomi, ne trasmette al figlio soltanto uno, a sua scelta.
      In caso di più figli nati fuori del matrimonio dai medesimi genitori, si applica quanto previsto dall'articolo 143-quater, terzo comma.
      Al figlio al quale è attribuito il cognome di entrambi i genitori si applica quanto previsto dall'articolo 143-quater, quarto comma».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 2 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 2.
(Modifica dell'articolo 262 del codice civile, in materia di cognome del figlio nato fuori del matrimonio).

      Al comma 1, capoverso Art. 262, sopprimere il quinto comma.
2. 100.(versione corretta) La Commissione.
(Approvato)

A.C. 360-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 3.
(Modifiche agli articoli 299 del codice civile e 27 della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di cognome dell'adottato).

      1. L'articolo 299 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 299. – (Cognome dell'adottato). – L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio. Nel caso di adottato con due cognomi, a norma dell'articolo 143-quater, egli indica quale dei due cognomi intende mantenere.
      Se l'adozione avviene da parte di coniugi, essi possono decidere concordemente il cognome da attribuire ai sensi dell'articolo 143-quater. In caso di mancato accordo, si segue l'ordine alfabetico».
      2. All'articolo 27 della legge 4 maggio 1983, n.  184, e successive modificazioni, il primo comma è sostituito dai seguenti:
      «Per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio degli adottanti.
      All'adottato si applicano le disposizioni dell'articolo 143-quater del codice civile».

A.C. 360-A – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 4.
(Cognome del figlio maggiorenne).

      1. Il figlio maggiorenne, al quale è stato attribuito il solo cognome paterno o il solo cognome materno sulla base della normativa vigente al momento della nascita, può aggiungere al proprio il cognome materno o il cognome paterno con dichiarazione resa, personalmente o con comunicazione scritta recante sottoscrizione autenticata, all'ufficiale dello stato civile, che procede all'annotazione nell'atto di nascita.
      2. Il figlio nato fuori del matrimonio non può aggiungere al proprio il cognome del genitore che non abbia effettuato il riconoscimento ovvero la cui paternità o maternità non sia stata dichiarata giudizialmente.
      3. Nei casi previsti dal comma 1, non si applicano le disposizioni previste dal titolo X del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n.  396, e successive modificazioni.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 4 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 4.
(Cognome del figlio maggiorenne).

      Al comma 1, sostituire le parole da: Il figlio maggiorenne fino a: o il cognome paterno con le seguenti: Al compimento della maggiore età, il figlio può modificare il cognome che gli è stato attribuito inizialmente, sostituendolo con il cognome dell'altro genitore o con i cognomi affiancati di entrambi, nell'ordine che ritenga,
4. 1. Nicchi, Daniele Farina, Sannicandro, Scotto, Di Salvo, Marazziti.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1143 – RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO DI COOPERAZIONE TRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA E IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA DEL NIGER IN MATERIA DI SICUREZZA, FATTO A NIAMEY IL 9 FEBBRAIO 2010 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2272)

A.C. 2272 – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

      1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo di cooperazione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Niger in materia di sicurezza, fatto a Niamey il 9 febbraio 2010.

A.C. 2272 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

      1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 15 dell'Accordo stesso.

A.C. 2272 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

      1. Agli oneri derivanti dalla presente legge, per quanto concerne le spese di missione di cui agli articoli 2, 5, 6 e 7 dell'Accordo di cui all'articolo 1, valutati in euro 31.346, e le rimanenti spese di cui agli articoli 5, 6 e 7 del medesimo Accordo, pari a euro 25.500, a decorrere dal 2014, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
      2. Ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, per le spese di missione di cui agli articoli 2, 5, 6 e 7 dell'Accordo di cui all'articolo 1, il Ministro dell'interno provvede al monitoraggio degli oneri di cui alla presente legge e riferisce in merito al Ministro dell'economia e delle finanze. Nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 1, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dell'interno, provvede con proprio decreto alla riduzione, nella misura necessaria alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dall'attività di monitoraggio, delle dotazioni finanziarie destinate alle spese di missione e di formazione nell'ambito del programma «Contrasto al crimine, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica» e, comunque, della missione «Ordine pubblico e sicurezza» dello stato di previsione del Ministero dell'interno. Si intendono corrispondentemente ridotti, per il medesimo anno, di un ammontare pari all'importo dello scostamento, i limiti di cui all'articolo 6, commi 12 e 13, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce senza ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause degli scostamenti e all'adozione delle misure di cui al comma 2.
      4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

A.C. 2272 – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative a tutela dei diritti dei lavoratori nell'ambito del recente accordo firmato da Alitalia e alcune organizzazioni sindacali – 3-00943

      AIRAUDO, PLACIDO, SCOTTO, PANNARALE, ZARATTI, FERRARA, FRATOIANNI, PIRAS e QUARANTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          con riferimento all'annosa vicenda relativa ad Alitalia, in un comunicato diffuso da Filt-Cgil dal titolo «Accordo separato in Alitalia – Stracciate le regole» emerge che la trattativa svolta per 4 giorni in sede ministeriale ha avuto un epilogo molto negativo. Si è conclusa, infatti, da poco con un accordo – firmato da Cisl, Uil e Ugl e dalle rispettive federazioni di categoria – che Filt-Cgil ha valutato come impossibile da sottoscrivere;
          l'azienda Alitalia avrebbe confermato sin dall'inizio la ferma volontà di procedere a licenziamenti, volontà ribadita più volte, arrivando a rifiutare una proposta di mediazione avanzata dal Ministro interrogato. Una proposta, quella del Ministro interrogato, nata dalle considerazioni avanzate dalla delegazione Filt-Cgil al tavolo guidata dal Segretario generale Susanna Camusso, che si è opposta all'inaccettabile posizione che l'azienda ha voluto imporre al tavolo;
          Alitalia, infatti, per quanto risulta agli interroganti, ha ricercato fin dall'inizio i licenziamenti, negando il diritto disponibile all'ammortizzatore sociale conservativo e difensivo dell'occupazione;
          Filt-Cgil ha, invece, sostenuto sin dall'inizio l'esigenza di evitare licenziamenti attraverso la riduzione degli esuberi e l'utilizzo della cassa integrazione;
          l'azienda, per quanto risulta agli interroganti, ha portato il confronto fino alla serata del 12 luglio 2014, facendo finta di negoziare, per poi presentarsi con un testo già preconfezionato, distruttivo dei diritti utile alla gestione incontrollata dei processi di mobilità;
          i diritti delle persone vengono così calpestati attraverso l'utilizzo di una recente disposizione di legge (il nuovo comma 4-bis dell'articolo 47, comma 4-bis, della legge n.  428 del 1990), che presenta, ad avviso del sindacato Filt-Cgil, seri problemi di legittimità;
          ad oggi, visto lo stato disastroso dei conti aziendali ed il fallimento prossimo, l'unica alternativa che azienda e Governo sono stati in grado di costruire è stata l'intesa con la compagnia aerea Etihad, che ha imposto condizioni draconiane per l'ingresso nel capitale sociale;
          di queste condizioni imposte dal socio fanno parte i contenuti dell'intesa che negano le tutele che i lavoratori hanno a disposizione nel nostro Paese;
          si determina, ad avviso di Filt-Cgil, il licenziamento di ben 1.635 lavoratori in Italia e di 52 lavoratori all'estero;
          a questi lavoratori si offrirebbe, infatti, l'incerta prospettiva del reimpiego fuori da Alitalia per 681 unità, tutte da verificare e senza alcuna garanzia in assenza di accordi (allo stato inesistenti) con le imprese che dovrebbero assumerli;
          il resto dei lavoratori ha davanti a sé, nell'arco di pochi mesi, la prospettiva disastrosa della mobilità e della successiva disoccupazione. Tra le numerose negatività dell'accordo viene perfino ridotta, a partire dal 31 dicembre 2014, la copertura degli ammortizzatori sociali definiti con gli accordi pregressi;
          si porrebbero, inoltre, le basi per un tentativo che potrebbe determinare le condizioni per l'abbattimento delle prestazioni a favore dei 12.000 addetti del settore sostenuti dal fondo;
          era possibile ed è ancora possibile un accordo che tenga insieme le tutele e i diritti dei lavoratori e la salvaguardia dell'azienda di fronte al possibile fallimento –:
          quali elementi il Ministro interrogato intenda fornire al Parlamento alla luce di quanto descritto in premessa e quali iniziative urgenti intenda adottare per confermare il ripristino dei diritti violati dei lavoratori di Alitalia, nella denegata ipotesi in cui l'accordo siglato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nei giorni scorsi con Cisl, Uil e Ugl e le rispettive federazioni di categoria dovesse comportare realmente, come denunciato da Filt-Cgil, il licenziamento di ben 1.635 lavoratori in Italia e di 52 lavoratori all'estero.
(3-00943)


Iniziative per la salvaguardia dei livelli occupazionali nello stabilimento Ideal Standard di Orcenico (Pordenone) – 3-00944

      RIZZETTO, TRIPIEDI, ROSTELLATO, BALDASSARRE, CIPRINI, COMINARDI, CHIMIENTI e BECHIS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          si avvicina il termine previsto per la chiusura dello storico insediamento industriale di Ideal Standard ubicato ad Orcenico (Pordenone);
          qualora non venga trovata una soluzione all'ipotesi di chiusura, che sembra ormai certezza, i 450 lavoratori del predetto stabilimento si troveranno senza lavoro. Dunque, 450 famiglie a breve vedranno gravemente peggiorata la propria situazione economica;
          a nulla sono serviti in questi anni di crisi aziendale i sacrifici di questi lavoratori, finalizzati alla promessa di salvaguardia dei posti di lavoro;
          la gestione di questa crisi aziendale non risolta ha evidenziato, ancora una volta, a parere degli interroganti, l'incapacità del Governo che non appare in grado di adottare adeguate iniziative per salvaguardare i lavoratori, consentendo un sostanziale abuso degli ammortizzatori sociali e il non rispetto dei piani industriali intercorsi;
          è stata permessa un'inaudita arroganza dei vertici della società, che, senza alcun rispetto per i lavoratori e le istituzioni, si sono avvalsi di fondi pubblici e degli ammortizzatori sociali non per risollevare le sorti dello stabilimento di Orcenico, ma quali strumenti che hanno costituito l'anticamera della chiusura dello stesso e quindi dei licenziamenti  –:
          quali iniziative intenda in extremis intraprendere il Ministro interrogato per salvaguardare gli attuali livelli occupazionali, scongiurando la chiusura dello stabilimento che avrebbe un gravissimo impatto sul comparto industriale friulano.
(3-00944)


Tempi di erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga per l'anno 2014 e iniziative per il riassetto di tale strumento di sostegno al reddito – 3-00945

      MARTELLA, GNECCHI, ALBANELLA, BARUFFI, BOCCUZZI, CASELLATO, DELL'ARINGA, FARAONE, CINZIA MARIA FONTANA, GIACOBBE, GREGORI, GRIBAUDO, INCERTI, MAESTRI, MARTELLI, MICCOLI, PARIS, GIORGIO PICCOLO, ROTTA, SIMONI, ZAPPULLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali – Per sapere – premesso che:
          i lavoratori sotto copertura di ammortizzatori in deroga si trovano da mesi in una condizione di oggettiva difficoltà;
          in molte regioni i pagamenti sono fermi al 2013 e da oltre 7 mesi non ricevono alcun contributo di sostegno al reddito;
          dopo i primi 400 milioni di euro stanziati il 22 gennaio 2014, si è in attesa della firma del Ministero dell'economia e delle finanze per sbloccare ulteriori 400 milioni che dovrebbero servire alle regioni per pagare le ultime mensilità del 2013 e avviare il pagamento delle prime mensilità del 2014;
          le citate risorse sono quelle previste dalla legge di stabilità che ammontano a circa 1 miliardo e 600 milioni di euro per l'anno 2014;
          le regioni avevano inizialmente siglato accordi con le organizzazioni sindacali, che avevano come data ultima quella del 30 giugno 2014, ma in diversi casi alcune regioni, come, ad esempio, il Veneto, hanno convenuto con le organizzazioni sindacali di prorogare fino al 31 agosto 2014 gli ammortizzatori che scadevano il 30 giugno 2014, e così anche Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Friuli Venezia Giulia;
          su tutti questi accordi pende l'emanazione del decreto interministeriale di riordino dei criteri di concessione degli ammortizzatori in deroga, in vista del superamento di tale strumento a partire dal 2016 disposto dalla «riforma Fornero»;
          la situazione economica non consente facile ottimismo in relazione a possibili riassorbimenti delle unità lavorative attualmente beneficiarie degli ammortizzatori in deroga;
          decine di migliaia di lavoratori sono in oggettiva difficoltà, non ricevendo da mesi il beneficio dell'ammortizzatore sociale;
          questi ritardi, tra l'altro, penalizzano doppiamente i lavoratori, perché, non percependo con regolarità l'ammortizzatore sociale, possono essere esclusi dal beneficio degli incentivi presenti per eventuali nuove assunzioni, in quanto rischiano di non figurare iscritti nelle liste di mobilità  –:
          quali siano i tempi di erogazione degli ammortizzatori in deroga per l'anno 2014 e quali iniziative intenda assumere in merito al futuro di tale strumento.
(3-00945)


Misure a favore dei nuclei familiari in condizioni di povertà – 3-00946

      BINETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali – Per sapere – premesso che:
          secondo quanto comunicato ieri dall'Istat, in Italia 3 milioni e 230 mila famiglie sono sotto la soglia di povertà relativa: ciò significa che quei nuclei, se composti di due persone, spendono meno di quanto avvenga nella media pro capite del Paese, cioè 972,52 euro mensili. Per la precisione, la loro spesa media nel 2013 è stata di 764 euro mensili, in calo dai 793,32 del 2012. Un dato che scende nel Mezzogiorno a 744 euro;
          va ancora peggio al 7,9 per cento dei nuclei, che sono sotto la soglia di povertà assoluta, che non riescono a sostenere la spesa minima necessaria per acquistare quei beni e servizi «considerati essenziali per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile»;
          la conclusione della ricerca è che in Italia circa una famiglia su cinque è povera, coinvolgendo oltre 10 milioni di persone, mentre quelle in povertà assoluta sono oltre 6 milioni 20 mila (9,9 per cento);
          la povertà assoluta è aumentata tra le famiglie con tre (dal 6,6 all'8,3 per cento), quattro (dall'8,3 all'11,8 per cento) e cinque o più componenti (dal 17,2 al 22,1 per cento). Peggiora la condizione delle coppie con figli: dal 5,9 al 7,5 per cento se il figlio è uno solo, dal 7,8 al 10,9 per cento se sono due e dal 16,2 al 21,3 per cento se i figli sono tre o più, soprattutto se almeno un figlio è minore. Nel 2013 1 milione 434 mila minori sono poveri in termini assoluti (erano 1 milione 58 mila nel 2012);
          le maggiori difficoltà, dunque, si registrano tra le famiglie con figli, soprattutto in quelle numerose, tanto che anche nuclei familiari con 3-4 figli, apparentemente fuori dalle soglie di povertà, sono in realtà non autosufficienti e questa situazione rischia di accentuare ancor di più quello che comunemente viene definito l'inverno demografico del Paese;
          migliora, invece, la condizione dei single non anziani nel Nord (l'incidenza passa dal 2,6 all'1,1 per cento, in particolare se con meno di 35 anni), seppur a seguito del ritorno nella famiglia di origine o della mancata formazione di una nuova famiglia da parte dei giovani in condizioni economiche meno buone;
          si tratta di una fotografia impietosa che avvicina il nostro Paese a degli standard da terzo mondo più che da Paese del G8 e che, stante la tendenza, rischia di peggiorare nel corso del 2014 –:
          se non ritenga di adottare iniziative urgenti per fare fronte a questa emergenza sociale, che colpisce, in particolare, le famiglie con figli e residenti nel Mezzogiorno, prevedendo innanzitutto un incremento degli stanziamenti statali dei fondi sociali, in particolare del fondo per la non autosufficienza, a partire dalla legge di stabilità per il 2015. (3-00946)


Misure per il rilancio occupazionale in Calabria – 3-00947

      RAMPELLI, CIRIELLI, CORSARO, LA RUSSA, MAIETTA, GIORGIA MELONI, NASTRI, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la Calabria sta vivendo una crisi dell'occupazione particolarmente significativa, con un'emorragia costante di posti di lavoro, che condanna la regione al record europeo di disoccupazione giovanile;
          i dati ufficiali dicono, infatti, che nella regione il 65 per cento dei giovani sotto i 25 anni non trova lavoro, contro la media nazionale del 26,2 per cento ed europea del 17 per cento, che il tasso di disoccupazione femminile è al 41 per cento, mentre il dato relativo alla disoccupazione totale è pari al 17,3 per cento, con un incremento annuo di quasi il 6 per cento;
          la regione Calabria detiene anche il triste record del lavoro nero e irregolare, che sfiora il 28 per cento;
          la crisi economica ha colpito la Calabria in maniera più dura rispetto ad altre realtà regionali, anche a causa delle particolarità del suo territorio, pesantemente infiltrato dalla criminalità, con un tessuto occupazionale più debole e con una finanza regionale dissestata;
          a questi elementi si aggiunge un tasso di abbandono scolastico particolarmente elevato, che si attesta quasi al 9 per cento dei bambini e ragazzi in età scolare;
          le risorse destinate dallo Stato e dall'Unione europea al contrasto della disoccupazione nella regione devono essere soggette ad un attento monitoraggio, al fine di verificare che esse siano effettivamente impiegate per i fini previsti e non siano disperse;
          occorre, inoltre, valorizzare le risorse naturali della regione, impedendo la cementificazione selvaggia delle coste, al fine di rilanciare il turismo e la produzione ed il commercio dei prodotti tipici –:
          quali provvedimenti intenda assumere al fine di garantire il rilancio occupazionale della regione. (3-00947)


Iniziative per l'applicazione dell'accordo sottoscritto tra la regione Lombardia e le parti sociali riguardante l'estensione della mobilità in deroga a favore di 800 lavoratori esodati – 3-00948

      INVERNIZZI, FEDRIGA, GIANCARLO GIORGETTI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, GRIMOLDI, GUIDESI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA, RONDINI e SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali – Per sapere – premesso che:
          già con precedente atto di sindacato ispettivo n.  5-02359, ad oggi privo di risposta, la Lega Nord poneva l'attenzione del Governo sull'operazione di salvaguardia di circa 800 lavoratori lombardi esodati da parte della regione Lombardia;
          in particolare, la regione Lombardia ha sottoscritto nel novembre 2013 con le parti sociali un accordo per estendere la mobilità in deroga fino al raggiungimento dei requisiti necessari per l'accesso alla pensione a quanti avrebbero terminato la mobilità senza raggiungere i requisiti pensionistici per mancanza di qualche giorno o qualche settimana, in virtù del fatto che la vigente normativa, nel prevedere la salvaguardia dei lavoratori collocati in mobilità a condizione che maturino i requisiti utili alla pensione ante decreto-legge n.  201 del 2011 durante il periodo di godimento dell'indennità di mobilità, non specifica se ordinaria o in deroga;
          nonostante già nel gennaio 2014 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia convalidato l'interpretazione regionale, l'Inps ancora oggi tentenna sul dare seguito all'accordo, adducendo quale motivazione il mancato rilascio da parte della direzione generale dell'istituto previdenziale e dei Ministeri vigilanti di ufficiali «indicazioni in merito al percorso operativo per l'applicabilità dell'accordo siglato da regione Lombardia in materia di mobilità in deroga e salvaguardia del diritto a pensione»;
          l'assenza di procedure normative da parte dell'Inps ha, di fatto, creato una situazione di stallo dell'applicabilità dell'accordo da oltre sette mesi, per via della mancata comunicazione alla regione da parte dell'Inps dei nominativi e dei periodi di mobilità in deroga da coprire per i lavoratori esodati rientranti nell'accordo medesimo;
          con il messaggio Inps n.  372 del 9 gennaio 2014, successivo all'accordo regionale, è stato comunicato che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con nota n.  4332 del 16 dicembre 2013, nelle more dell'entrata in vigore dei nuovi criteri per il riconoscimento degli ammortizzatori sociali in deroga per il 2014, ha invitato le regioni e le province autonome a non concedere cassa integrazione guadagni in deroga o mobilità in deroga superiori a 6 mesi per i periodi di competenza 2014;
          facendo seguito al predetto messaggio l'Inps, con successivo messaggio n.  5787 del 3 luglio 2014, ha precisato che lo stesso Ministero, con riferimento ai periodi concedibili di mobilità in deroga ha invitato le regioni e le province autonome a non superare i limiti previsti nell'emanando decreto che, per l'anno 2014, sono i seguenti:
              a) per i lavoratori che alla data di decorrenza del trattamento abbiano già beneficiato di prestazioni di mobilità in deroga per almeno tre anni, anche non continuativi, per un periodo temporale, che, unitamente ai periodi già concessi per effetto di accordi stipulati prima della data di entrata in vigore del presente decreto, non superi complessivamente cinque mesi nell'anno 2014, non ulteriormente prorogabili, più ulteriori tre mesi nel caso di lavoratori residenti nelle aree di cui al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n.  218;
              b) per i lavoratori, che alla data di decorrenza del trattamento abbiano beneficiato di prestazioni di mobilità in deroga per un periodo inferiore a tre anni, il trattamento può essere concesso per ulteriori sette mesi, non ulteriormente prorogabili, più ulteriori tre mesi nel caso di lavoratori residenti nelle aree di cui al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n.  218. Per tali lavoratori il periodo di fruizione complessivo non può comunque eccedere il periodo massimo di tre anni e cinque mesi, più ulteriori tre mesi nel caso di lavoratori residenti nelle aree di cui al citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n.  218;
          i predetti messaggi Inps, in quanto successivi alla sottoscrizione dell'accordo, non consentirebbero ai lavoratori rientranti nell'accordo di raggiungere i requisiti o, ancor peggio, qualora i lavoratori interessati ottenessero la mobilità in deroga anche solo per pochi giorni, sarebbero esclusi dalla platea della cosiddetta sesta salvaguardia già approvata da questo ramo del Parlamento ed ora all'esame del Senato della Repubblica;
          il 10 marzo 2014 – si ricorda – il coordinamento lombardo lavoratori esodati, insieme al consigliere regionale della Lega Nord, Pietro Foroni, ed al segretario nazionale del partito, Matteo Salvini, hanno organizzato un presidio davanti alla sede Inps di via Pola a Milano, per protestare contro le lungaggini burocratici dell'Inps e chiedere la tempestiva applicazione del provvedimento regionale –:
          se corrisponda al vero che l'Inps Lombardia non ha ancora dato seguito all'accordo di cui in premessa per mancate indicazioni da parte della direzione generale dell'Inps e dei Ministeri vigilanti e, in tal caso, quali siano le motivazioni di tale ritardo, ovvero se non si intenda verificare prontamente presso l'istituto previdenziale vigilato le reali ragioni che ad oggi hanno impedito l'applicabilità dell'accordo, atteso che il medesimo aveva già ricevuto riconoscimento di validità da parte dello stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali, chiarendo, altresì, la portata dei messaggi Inps citati in premessa, per non colpire gli 800 lavoratori lombardi esodati interessati. (3-00948)


Iniziative per garantire un'adeguata internazionalizzazione del sistema formativo italiano di livello universitario, con particolare riferimento all'utilizzo della lingua inglese nei corsi di laurea – 3-00949

      LIBRANDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          la legge 30 dicembre 2010, n.  240, all'articolo 2, comma 2, lettera l), fa riferimento a: «rafforzamento dell'internalizzazione anche attraverso una maggiore mobilità dei docenti e degli studenti, programmi integrati di studio, iniziative di cooperazione interuniversitaria per attività di studio e di ricerca e l'attivazione, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, di insegnamenti, di corsi di studio e di forme di selezione svolti in lingua straniera»;
          il processo di Bologna del 1999 tra i suoi obiettivi cita:
              a) promozione della mobilità (per studenti, docenti, ricercatori e personale tecnico-amministrativo) mediante la rimozione degli ostacoli al pieno esercizio della libera circolazione;
              b) promozione di un'indispensabile dimensione europea dell'istruzione superiore: sviluppo dei piani di studio, cooperazione fra istituzioni universitarie, programmi di mobilità, piani di studio integrati, formazione e ricerca;
          il comunicato di Bucarest del 2012 e, in particolare, il punto 5 del capitolo 8 «Adotteremo misure per eliminare gli ostacoli alla mobilità ancora esistenti» recita: «Sosteniamo l'insegnamento delle lingue straniere a tutti i livelli, a partire dall'istruzione primaria, in quanto prerequisito per la mobilità e l'internazionalizzazione. Inoltre, sosteniamo fortemente il miglioramento delle capacità linguistiche dei docenti»;
          inoltre, va segnalata la recente approvazione da parte del Parlamento europeo del programma quadro per la ricerca e l'innovazione Horizon 2020 attraverso il quale almeno la metà dei fondi strutturali e d'investimento europei deve essere dedicata alla ricerca (70,2 miliardi di euro stanziati in totale), per cui il sistema italiano dovrà necessariamente attrezzarsi soprattutto dal punto di vista della ricettività internazionale, accentuando la dimensione europea del programma nazionale per la ricerca, coinvolgendo, oltre alle regioni, le amministrazioni centrali, le imprese, in primo luogo le università e gli enti di ricerca;
          la sentenza del tribunale amministrativo regionale della Lombardia (sentenza n.  01348/2013), che annulla la delibera adottata in data 21 maggio 2012 dal senato accademico del Politecnico di Milano, riguardante le linee strategiche di ateneo 2012-2014, nella parte in cui ha approvato la mozione sull'adozione della lingua inglese per i corsi di laurea magistrale e di dottorato di ricerca a partire dall'anno accademico 2014-2015, ritenendola in contrasto con l'articolo 271 del regio decreto 31 agosto 1933, n.  1592, recante l'approvazione del testo unico delle leggi sull'istruzione superiore, che prevede che «la lingua italiana è la lingua ufficiale dell'insegnamento e degli esami in tutti gli stabilimenti universitari»;
          il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in persona del Ministro pro tempore, e il Politecnico di Milano, in persona del rettore pro tempore, entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, hanno presentato appello al Consiglio di Stato (n.r.g. 5151/2013) avverso la sentenza del tribunale amministrativo regionale della Lombardia (sentenza n.  01348/2013);
          in un panorama accademico e lavorativo ormai globalizzato, l'internazionalizzazione è un obiettivo prioritario grazie al quale l'Italia potrà continuare a garantire nel futuro un livello formativo competitivamente adeguato alle esigenze degli studenti e la stessa internazionalizzazione formativa, per essere efficace, deve essere accompagnata da un'internazionalizzazione linguistica, riconoscendo in modo trasversale, che quella inglese, oltre a essere una delle lingue ufficiali dell'Unione europea, è la lingua più utilizzata nel mondo e mezzo più comunemente utilizzato per l'espressione dei concetti del sapere scientifico;
          proprio alla luce dei già citati accordi del processo di Bologna, un percorso formativo universitario, in particolare se di carattere tecnico-scientifico, potrà essere efficacemente svolto nei primi tre anni in lingua italiana e nei due successivi anni del percorso specialistico integralmente in lingua inglese, in Italia o in un altro Paese europeo;
          infine, una delle modalità più efficaci per il sistema universitario italiano di essere attrattivo per i migliori studenti del resto del mondo è proprio quella di offrire percorsi formativi in lingua inglese, così come avviene nelle migliori università dell'Unione europea e del mondo; infatti, nel caso del Politecnico di Milano, con l'attuazione delle nuove regole e l'introduzione dei corsi di laurea magistrale del medesimo ateneo in lingua inglese, ben 7.150 studenti internazionali hanno proposto domanda di iscrizione, dei quali i migliori 2.562 sono stati ammessi; tali studenti eccellenti, per effetto del procedimento contenzioso in atto, rischiano di non vedere avviato il corso di laurea per il quale hanno domandato l'iscrizione e per cui stanno programmando il proprio arrivo nel nostro Paese, con evidenti conseguenze negative per la credibilità dell'Italia proprio nel corso del semestre italiano di Presidenza dell'Unione europea  –:
          quali iniziative intenda mettere in atto affinché, da un lato, si risolva l'evidente antinomia tra l'articolo 271 del regio decreto 31 agosto 1933, n.  1592, «Testo unico delle leggi sull'istruzione superiore», e i testi normativi e di indirizzo sopra citati, e, dall'altro, si risponda all'esigenza di internazionalizzazione del sistema formativo italiano di livello universitario e di svolgimento ordinato dei corsi di laurea magistrali ai quali molte migliaia di studenti, italiani e stranieri, si sono già iscritti. (3-00949)


Intendimenti in merito alla riforma della professionalità del docente, anche alla luce di recenti dichiarazioni di esponenti del Governo sull'orario di lavoro nelle scuole – 3-00950

      CENTEMERO e PALESE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          è stata annunciato un forte cambiamento della scuola italiana dal Governo Renzi, che, a nome del Sottosegretario Reggi sulle pagine di un quotidiano nazionale, ha annunciato un nuovo orario di servizio per tutti i docenti, in base al quale verranno impegnati per 36 ore a settimana con auspicabili aumenti di stipendio;
          si vorrebbero tenere aperte le scuole dalle 7 alle 22 e 11 mesi su 12, prevedendo un incremento del lavoro degli insegnati, ma non quantificando il conseguente aumento di stipendio e senza far riferimento all'ulteriore utilizzo del personale ausiliario, tecnico e amministrativo per l'apertura delle scuole;
          come ha precisato anche il Sottosegretario per l'istruzione, l'università e la ricerca Roberto Reggi, agli insegnanti verrà richiesta una disponibilità a lavorare di più nella giornata e nell'anno scolastico per la formazione, per le attività organizzative e amministrative, i corsi di recupero, attività finora non riconosciute, attraverso la formalizzazione e la contrattualizzazione di un orario di servizio differente dalle 18 alle 24 ore o di un monte ore annuale per le attività in oggetto, il tutto prevedendo, anche per i docenti, come per tutti i dipendenti pubblici, un orario lavorativo pari a 36 ore settimanali;
          il Sottosegretario Reggi ha, inoltre, semplicemente affermato che chi darà maggiore disponibilità avrà un premio maggiore, così come funziona per le altre professioni, senza far nessun riferimento alla qualità della formazione degli studenti, alla valutazione e al monitoraggio dei progetti e delle attività svolte dai docenti nelle sopraddette attività, ai fini della reale efficacia dei servizi;
          non è dato sapere se le 36 ore in oggetto includano le ore funzionali all'insegnamento previste dall'articolo 29 del contratto e che i docenti già impiegano per le attività non strettamente legate alla lezione frontale, quali la progettazione e la programmazione di lezioni, la correzione dei compiti, il supporto all'organizzazione scolastica, attraverso una diversa modulazione del monte ore annuale legato alla funzione docente, e se le sopra citate 36 ore comprendano le supplenze brevi;
          la scuola deve incentrare la propria azione formativa sugli studenti e sugli insegnanti, che, con la qualità del loro insegnamento, concorrono e contribuiscono alla formazione degli alunni;
          è necessario puntare sulla qualità della formazione, sull'innovazione, sulla valorizzazione della professionalità di docenti e dirigenti, prevedendo una valutazione dei requisiti di competenza nell'esplicazione dell'attività scolastica e nella capacità di insegnare, raggiungendo gli obiettivi previsti dalle indicazioni nazionali e dalle linee guida, come delineate nel piano dell'offerta formativa di ciascuna istituzione scolastica;
          la formazione dei docenti è riservata alle università, mentre i processi di selezione e di assunzione del personale sono competenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e, secondo l'articolo 97 della Costituzione, si accede ai pubblici uffici mediante concorso;
          il decreto del Presidente della Repubblica n.  249 del 2010 ha previsto i tirocini formativi attivi, come percorsi di formazione e di individuazione dei docenti per le scuole secondarie, che sono oggi al II ciclo, e contemporaneamente il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha bandito i percorsi abilitanti speciali, come sanatoria per il personale privo di abilitazione che aveva prestato servizio nelle istituzioni scolastiche per 3 anni, ma senza una reale valutazione dell'idoneità all'insegnamento;
          è necessaria e fondamentale una valutazione delle istituzioni scolastiche e alla luce di standard individuati a livello nazionale, per favorire il miglioramento continuo dell'offerta formativa e della qualità del processo di insegnamento-apprendimento, e non soltanto tramite l'Invalsi, ma anche mediante un'azione degli ispettori e mediante un organo di valutazione professionale, all'interno della scuola, che sia garanzia dello sviluppo della professione e che sappia escludere con i mezzi e le tutele opportuni coloro che non possono essere definiti insegnanti;
          il contratto collettivo nazionale di lavoro del 2006-2009 non è stato rinnovato e prevede all'articolo 26 la funzione docente, all'articolo 27 il profilo professionale del docente, all'articolo 28 le attività di insegnamento, all'articolo 29 le attività funzionali all'insegnamento e all'articolo 30 le attività aggiuntive e le ore eccedenti;
          il progetto di ampliare l'orario degli insegnanti dovrebbe essere previsto attraverso un nuovo contratto di lavoro e non può prescindere dall'individuazione di un nuovo stato giuridico dei docenti, che va definito per legge, deve affermare i valori e i principi su cui fondare la professionalità del docente a tutti i livelli e deve affermare una carriera articolata su più livelli e fondata sulla professionalità raggiunta e sulle competenze certificate;
          sarebbe opportuno che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca fornisse dati aggiornati che comparino lo stato giuridico, il carico di lavoro, la retribuzione e la valutazione dei docenti italiani in rapporto ai loro colleghi degli Stati membri dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa –:
          come e in che tempi il Governo intenda attivarsi per realizzare una riforma complessiva della professionalità del docente – dalla formazione, al reclutamento, allo stato giuridico – che abbia come obiettivo e che garantisca la qualità del livello d'istruzione nelle scuole con riferimento agli standard nazionali.
(3-00950)


Iniziative per l'immissione in ruolo dei docenti presenti nelle graduatorie di merito del concorso a cattedra indetto con decreto del direttore generale n.  82 del 24 settembre 2012 – 3-00951

      DI LELLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          in riferimento al concorso a cattedra indetto con decreto del direttore generale n.  82 del 24 settembre 2012 ed alle graduatorie di merito da esso scaturite, con decreto ministeriale n.  356 del 23 maggio 2014 il Ministro interrogato, raccogliendo le sollecitazioni anche dell'interrogante, ha positivamente disposto lo scorrimento delle stesse oltre i posti messi a bando;
          in alcune regioni, tra le quali Sicilia, Lazio e Toscana, la pubblicazione delle graduatorie di merito risale a pochi giorni fa;
          nelle regioni del Sud è presente nelle graduatorie di merito gran parte dei 13.000 idonei al concorso e c’è un divario con le effettive disponibilità proprio in quelle regioni;
          applicando le aliquote del 2013, in alcune regioni e per alcune classi di concorso, presumibilmente il citato decreto ministeriale potrà essere funzionale non prima di qualche anno;
          a partire dal 2004, con l'articolo 3-bis del decreto-legge n.  97 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  143 del 2004, è stata creata una graduatoria di specializzati nel sostegno presenti nelle graduatorie di merito concorsuali, come da decreti direttoriali 31 marzo 1999 e 1o aprile 1999, da utilizzare, in subordine agli specializzati che abbiano dichiarato il titolo all'atto del concorso, qualora la graduatoria di questi ultimi fosse esaurita; gli uffici scolastici regionali si stanno comportando in maniera differenziata nei riguardi dell'estensione di questa norma all'ultimo concorso 2012, concorso che, evidentemente, non poteva essere previsto da una disposizione scritta precedentemente alla sua indizione, disposizione estesa, peraltro, al concorso del 1990 non esplicitamente individuato all'interno dalla stessa legge, facendo ritenere automatica questa estensione;
          chiunque abbia superato un concorso pubblico ha diritto ad essere immesso in ruolo, indipendentemente dalla regione di appartenenza e dalla classe di concorso per la quale è risultato idoneo;
          fino al concorso antecedente a quello del 2012, cioè quello del 1999, chiunque avesse superato le prove concorsuali era automaticamente abilitato ed è poi entrato di diritto nelle ex graduatorie permanenti, ora graduatorie ad esaurimento, avendo così l'immissione in ruolo garantita, mentre per il concorso del 2012 nessuna delle due cose è stata prevista;
          il bando concorsuale, come da decreto del direttore generale n.  82 del 24 settembre 2012, prevede il conferimento dell'abilitazione a seguito dell'immissione in ruolo, prescrizione che appare anacronistica nel momento in cui quest'ultima sia stata slegata dai numeri presenti a bando;
          la paventata chiusura a docenti non abilitati delle future selezioni concorsuali lederebbe il diritto dei docenti che hanno superato un concorso pubblico, eventualmente ancora residualmente presenti nelle graduatorie, a partecipare alle successive selezioni, generando la possibilità di contenziosi su cui sembra ragionevole porre preventivo rimedio;
          risulta in via di definizione il pensionamento in data 1o settembre 2014 dei docenti appartenenti alla cosiddetta «quota 96», operazione che permetterebbe l'incremento delle assunzioni di docenti previste per l'imminente anno scolastico –:
          quali azioni intenda intraprendere il Governo per garantire l'immissione in ruolo di tutti i presenti nelle graduatorie di merito del concorso a cattedra indetto con decreto del direttore generale n.  82 del 24 settembre 2012 e dare, dunque, piena attuazione, nel più breve tempo possibile, indipendentemente dalla regione o dalla classe di concorso di appartenenza, al decreto ministeriale n.  356 del 23 maggio 2014, richiamato in premessa, anche in relazione al numero di immissioni in ruolo previste per i prossimi anni scolastici, al riconoscimento dell'abilitazione ai docenti che abbiano superato le selezioni concorsuali ed alla creazione ed utilizzo della graduatoria aggiuntiva sul sostegno relativa a questa procedura concorsuale.
(3-00951)


Problematiche riguardanti la formazione tecnico-pratica degli studenti assegnatari dei contratti di specializzazione in medicina per l'anno accademico 2013/2014 – 3-00952

      CALABRÒ. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          come si è appreso durante una recente audizione del Ministro interrogato al Senato della Repubblica, il bando per accedere alle scuole di specializzazione in medicina sarà pubblicato entro il 31 luglio 2014 e le prove di ammissione si svolgeranno nel mese di ottobre 2014;
          per l'anno accademico 2013-2014 gli studenti universitari, in maniera del tutto anomala, accederanno alle scuole ad anno già concluso;
          con la legge n.  147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014) e con il decreto-legge n.  90 del 2014 sono stati stanziati fondi necessari a coprire i 5 mila contratti –:
          come si intenda articolare la formazione tecnico-pratica per gli studenti assegnatari dei contratti per l'anno accademico 2013/2014, considerando anche il necessario inizio in tempi brevi del successivo anno accademico 2014/2015.
(3-00952)


PROPOSTA DI LEGGE: DISTASO ED ALTRI: ISTITUZIONE DEL «PREMIO BIENNALE DI RICERCA GIUSEPPE DI VAGNO» E DISPOSIZIONI PER IL POTENZIAMENTO DELLA BIBLIOTECA E DELL'ARCHIVIO STORICO DELLA FONDAZIONE DI VAGNO, PER LA CONSERVAZIONE DELLA MEMORIA DEL DEPUTATO SOCIALISTA ASSASSINATO IL 25 SETTEMBRE 1921 (A.C. 1092-A)

A.C. 1092-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n.  1.

A.C. 1092-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

Sull'emendamento 4.50, in quanto suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 1092-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.
(Istituzione del «Premio biennale di ricerca Giuseppe Di Vagno»).

      1. È istituito, a partire dall'anno 2014, il «Premio biennale di ricerca Giuseppe Di Vagno», di seguito denominato «Premio Di Vagno», intitolato alla memoria del deputato vittima del fascismo, caduto per affermare ideali di democrazia, di libertà, di giustizia, di solidarietà, di pace e contro la violenza politica.
      2. Il Premio Di Vagno è conferito il 25 settembre di ogni biennio, alla presenza di un delegato della Presidenza del Consiglio dei ministri; la prima assegnazione è fissata il 25 settembre 2014.
      3. Per l'organizzazione del Premio Di Vagno è individuata quale ente responsabile per la redazione del bando, che dovrà ispirarsi a criteri, procedure e modalità basati sui princìpi di meritocrazia e trasparenza, e per ogni altra formalità connessa la Fondazione Giuseppe Di Vagno, che agisce d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri e sotto la vigilanza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
      4. I vincitori del Premio Di Vagno sono selezionati dalla giuria di cui all'articolo 3. Al fine di favorire il rispetto dei princìpi di trasparenza, imparzialità e meritocrazia, le valutazioni svolte e i criteri adottati per la selezione dei vincitori sono resi pubblici, anche con la pubblicazione nel sito internet del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
      5. L'ammontare del Premio Di Vagno è fissato in 40.000 euro. Alla Fondazione Giuseppe Di Vagno è comunque attribuita la facoltà di decidere se ripartire tale somma in più premi erogabili secondo criteri di merito.
       6. A valere sulle risorse di cui all'articolo 4, alla Fondazione Giuseppe Di Vagno è concesso un contributo straordinario una tantum, per l'anno 2014, pari a 100.000 euro per la riorganizzazione, la redazione degli inventari, il potenziamento, l'automazione, l'informatizzazione e la dotazione di risorse umane, nonché per la definitiva e permanente apertura al pubblico della biblioteca e dell'archivio storico della memoria democratica pugliese, collocati nella sede della Fondazione. La Fondazione Giuseppe Di Vagno adotta ogni strumento per garantire l'accessibilità totale, anche attraverso la pubblicazione on line, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell'organizzazione, dell'utilizzo delle risorse per il perseguimento delle finalità di cui al precedente periodo, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei princìpi di buon andamento e di trasparenza.
      7. I componenti del Comitato scientifico e della giuria di cui agli articoli 2 e 3 non percepiscono compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.
(Istituzione del «Premio biennale di ricerca Giuseppe di Vagno»).

      Sopprimere il comma 5.

      Conseguentemente, all'articolo 4, comma 1, primo periodo sostituire le parole da: 140.000 fino alla fine del periodo, con le seguenti: 100.000 euro per l'anno 2014.
1. 23. Marzana, Battelli, Luigi Gallo, Brescia, Vacca, Simone Valente, Di Benedetto, D'Uva.

      Al comma 5, primo periodo, sostituire le parole: 40.000 euro con le seguenti: 4.000 euro.

      Conseguentemente, all'articolo 4, comma 1, primo periodo:
          sostituire le parole:
140.000 euro con le seguenti: 104.000 euro;
          sostituire le parole: 40.000 euro con le seguenti: 4.000 euro.
1. 24. Brescia, Vacca, Simone Valente, Di Benedetto, D'Uva, Marzana, Battelli, Luigi Gallo.

      Al comma 5, primo periodo, sostituire le parole: 40.000 euro con le seguenti: 5.000 euro.

      Conseguentemente:
          al medesimo articolo, comma 6, primo periodo, sostituire le parole:
100.000 euro con le seguenti: 25.000 euro;
          all'articolo 4, comma 1, primo periodo sostituire le parole da: 140.000 fino a: 40.000 con le seguenti: 30.000 euro per l'anno 2014 e di 5.000.
1. 50. Simonetti.

      Al comma 5, sostituire il secondo periodo con il seguente: La Fondazione Giuseppe Di Vagno, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ripartisce tale somma in più premi erogabili secondo criteri di merito.
1. 26. D'Uva, Marzana, Battelli, Luigi Gallo, Brescia, Vacca, Simone Valente, Di Benedetto.

      Al comma 6, primo periodo, sostituire le parole: 100.000 euro con le seguenti: 10.000 euro.

      Conseguentemente, all'articolo 4, comma 1, primo periodo sostituire le parole: 140.000 euro con le seguenti: 50.000 euro.
1. 29. Luigi Gallo, Brescia, Vacca, Simone Valente, Di Benedetto, D'Uva, Marzana, Battelli.

      Al comma 6, primo periodo, dopo le parole: 100.000 euro aggiungere le seguenti:, non cumulabile con il contributo ordinario annuale dello Stato, che la Fondazione riceve,.
1. 30. Vacca, Luigi Gallo, Brescia, Simone Valente, Di Benedetto, D'Uva, Marzana, Battelli.

A.C. 1092-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 2.
(Comitato scientifico).

      1. Su proposta della Fondazione Giuseppe Di Vagno, il Presidente del Consiglio dei ministri nomina, con proprio decreto, il Comitato scientifico del Premio Di Vagno, composto da tre studiosi di chiara fama di storia contemporanea o di scienza politica.
      2. Il Comitato scientifico decide, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri, per ogni edizione, il tema del Premio Di Vagno, ispirandosi alle seguenti tematiche:
          a) il socialismo nel XXI secolo in Italia e nel mondo;
          b) conflitti sociali e lotte politiche tra passato e futuro;
          c) socialismo e Mezzogiorno;
          d) cambiamenti istituzionali regionali e locali avvenuti nel Mezzogiorno d'Italia nel XX secolo e previsioni per il XXI secolo;
          e) studio del fenomeno della violenza politica, sia verbale che fisica, del suo sviluppo, delle sue forme, degli strumenti per combatterla;
          f) ideali di giustizia, di solidarietà e pace in Italia e nel mondo.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 2.
(Comitato scientifico).

      Al comma 1, sopprimere le parole: Su proposta della Fondazione Giuseppe Di Vagno,.
2.  3. Simone Valente, Di Benedetto, D'Uva, Marzana, Battelli, Luigi Gallo, Brescia, Vacca.

      Al comma 1, sostituire la parola: tre con la seguente: cinque.
2. 5. Marzana, Battelli, Luigi Gallo, Brescia, Vacca, Simone Valente, Di Benedetto, D'Uva.

      Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Al fine di favorire il rispetto dei principi di trasparenza e imparzialità, le valutazioni svolte e i criteri adottati per le nomine di cui al precedente periodo sono resi pubblici, anche con la pubblicazione sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri.
2. 4. Brescia, Vacca, Simone Valente, Di Benedetto, D'Uva, Marzana, Battelli, Luigi Gallo.

      Al comma 2, dopo la lettera f), aggiungere la seguente:
          g) cultura sociale e ambientale nel Mezzogiorno.
2. 15. Brescia, Vacca, Simone Valente, Di Benedetto, D'Uva, Marzana, Battelli, Luigi Gallo.

      Al comma 2, dopo la lettera f), aggiungere la seguente:
          g) le trasformazioni storiche, culturali e politiche del Mezzogiorno d'Italia nel XX secolo e prospettive per il XXI secolo.
2.  16. Battelli, Luigi Gallo, Brescia, Vacca, Simone Valente, Di Benedetto, D'Uva, Marzana.

      Al comma 2, dopo la lettera f), aggiungere la seguente:
          g) il ruolo storico del Mezzogiorno d'Italia nell'occidente.
2. 17. Marzana, Battelli, Luigi Gallo, Brescia, Vacca, Simone Valente, Di Benedetto, D'Uva.

      Al comma 2, dopo la lettera f), aggiungere la seguente:
          g) riformismo e democrazia nel Mezzogiorno d'Italia.
2. 19. Di Benedetto, D'Uva, Marzana, Battelli, Luigi Gallo, Brescia, Vacca, Simone Valente.
(Approvato)

A.C. 1092-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 3.
(Giuria).

      1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, comma 5, secondo periodo, il vincitore o i vincitori del Premio Di Vagno sono individuati da un'apposita giuria costituita da sei componenti di cui:
          a) il presidente della giuria, scelto dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo tra studiosi di chiara fama di scienze politiche;
          b) un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri e uno della Presidenza della regione Puglia;
          c) tre studiosi di chiara fama di storia contemporanea.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 3.
(Giuria).

      Sostituirlo con il seguente:
      Art. 3. – (Giuria). – I vincitori del Premio Di Vagno sono individuati da un'apposita giuria, composta da 5 componenti scelti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri tra studiosi di chiara fama di storia contemporanea. Al fine di favorire il rispetto dei princìpi di trasparenza e imparzialità, le valutazioni svolte e i criteri adottati per la scelta dei componenti la giuria sono resi pubblici, anche con la pubblicazione sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri.
3. 5. Vacca, Simone Valente, Di Benedetto, D'Uva, Marzana, Battelli, Luigi Gallo, Brescia.

A.C. 1092-A – Articolo 4

ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 4.
(Copertura finanziaria).

      1. Per l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 1 è autorizzata la spesa di 140.000 euro per l'anno 2014 e di 40.000 euro ad anni alterni a decorrere dall'anno 2016. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 4.
(Copertura finanziaria).

      Dopo il comma 2, aggiungere i seguenti:
      3. Il contributo alla Biblioteca italiana per ciechi «Regina Margherita» di Monza di cui all'articolo 1 della legge 13 novembre 2002, n.  260, è incrementato di un importo pari a 2.700.000 euro per l'anno 2015 e 3.000.000 euro annui a decorrere dall'anno 2016.
      4. All'onere derivante dall'attuazione del comma 3, pari a 2.700.000 euro per l'anno 2015 e 3.000.000 euro annui a decorrere dall'anno 2016, si provvede a valere sulle disponibilità del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica (Fondo Ispe) istituito dall'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n.  282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n.  307, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, missione «Politiche economico-finanziarie e di bilancio», capitolo 3075.
4. 50. Grimoldi, Simonetti.
(Inammissibile)