XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 9 gennaio 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


      La Camera,
          premesso che:
              numerose fonti istituzionali, politiche e di informazione rappresentano il trasporto aereo italiano come un settore in cui i licenziamenti, la mobilità, la cassa integrazione, i contratti di solidarietà, i tagli salariali, il peggioramento delle condizioni di lavoro, il deterioramento delle condizioni di salute e di sicurezza in cui operano gli addetti e il dilagare della precarietà nella categoria sono il frutto di una crisi economica generale che strangola il comparto, determinando ineluttabili conseguenze sui lavoratori;
              purtuttavia si deve rilevare che la situazione complessiva del trasporto aereo italiano non può in alcun modo essere descritta semplicemente in questi termini, perché sotto il profilo meramente commerciale il comparto aereo-aeroportuale ed il relativo indotto sembrerebbero essere tutt'altro che in crisi;
              dal 2008 al 2013 in Italia, ovvero negli anni in cui la crisi ha attanagliato maggiormente l'industria del nostro Paese, il traffico passeggeri negli scali aeroportuali è aumentato del 10,3 per cento ed il traffico merci del 16,6 per cento;
              nonostante la lieve contrazione del traffico merci e passeggeri registrata nel 2012 sul 2011 e nel 2013 sul 2012 (complessivamente di poco meno del 3 per cento), la crescita, di fatto, è stata copiosa, anche a fronte della decrescita generalizzata del sistema industriale nostrano;
              nel 2014 sul 2013 i dati di crescita in Italia del trasporto aereo e del traffico merci sono esaltanti ad esempio e rispettivamente +4,5 per cento e +5,1 per cento e tutto questo certo non può dipendere unicamente neanche dallo sviluppo impetuoso del traffico aeroportuale low-cost;
              infatti, importanti e qualificati studi di settore elaborati da Assoaeroporti segnalano la crescita esponenziale di passeggeri sulle tratte intercontinentali ed a lungo raggio, ovvero in un segmento di mercato ove, per il momento, la concorrenza delle compagnie low-cost è meno preponderante che sul medio-corto raggio;
              nell'ambito di tale contesto di crescita, particolarmente significativo è lo sviluppo dell'intero sistema aeroportuale romano (segnatamente gli aeroporti di Fiumicino e Ciampino) per ciò che riguarda il traffico passeggeri;
              ad un'estate da dati significativi per l'Aeroporto Leonardo da Vinci può risultare utile evidenziare che agli inizi del mese di ottobre 2014 ADR (Aeroporti di Roma) ha festeggiato il transito del un milionesimo passeggero in più rispetto all'anno 2013. e che solo nel mese di ottobre 2014 su ottobre 2013 la crescita del traffico passeggeri nell'aeroporto di Fiumicino ha registrato un inequivocabile +10 per cento;
              un'estate positiva per il traffico merci è pure da annoverarsi per altri numerosi aeroporti del sud e del nord dell'Italia: Napoli, Bergamo, Venezia, Firenze, e altro;
              purtuttavia, a questa inequivocabile situazione di crescita dei dati sin qui esposti fa da contraltare una situazione eccezionalmente drammatica per il lavoro e per l'intera categoria del da sempre personale operante nel comparto aereo-aeroportuale;
              circa 15.000 lavoratori del suddetto comparto, infatti, sono stati toccati a vario titolo ed «intensità» da cassa integrazione, mobilità e contratti di solidarietà;
              il che significa che il 25 per cento della forza lavoro del comparto aereo-aeroportuale è stato interessato dall'attivazione di ammortizzatori sociali e da altri strumenti di sostegno come il Fondo speciale del trasporto aereo istituito nel 2005;
              altrettanto pesanti sono state, inoltre, le ricadute sull'indotto del settore, peraltro sprovvisto di un adeguato censimento, in grado di rendere evidente «giustizia» alla «mattanza» che i lavoratori di tale ambito produttivo (pulizie, esercizi commerciali e altro) stanno subendo dal punto di vista occupazionale, dei salari, dei diritti e delle garanzie di tutela della salute, nonché di aumento della precarietà;
              a tale proposito basti ricordare che secondo stime della regione Lazio effettuate nel 2008, all'epoca della privatizzazione di Alitalia che costò il taglio di 10.000 posti di lavoro diretti, per ogni dipendente AZ licenziato si sarebbe dovuta scontare anche la perdita occupazionale sull'indotto di circa 4,5 unità: una stima successivamente corretta al ribasso per 2,1 unità in conseguenza di un singolo licenziamento in Alitalia;
              d'altra parte le cronache giornalistiche anche più recenti evidenziano situazioni in cui i licenziamenti ed i tagli del personale rappresentano il denominatore comune di tutte le ristrutturazioni effettuate nelle aziende del comparto che hanno avuto come effetto se non addirittura scopo quello della compressione del costo del lavoro;
              l'elenco di tutte le vertenze che interessano il comparto aereo-aeroportuale sarebbe lunghissimo ed includerebbe moltissime situazioni ancora in via di definizione oppure conclusesi tragicamente per centinaia di famiglie di lavoratori;
              tra le molte ci si limita a ricordare, senza voler sottovalutare la miriade di ulteriori micro-vertenze, quanto accaduto alla ARGOL che ha licenziato 76 lavoratori dopo 20 anni di attività di contratti di appalto della compagnia Alitalia: contratti che la compagnia aeroportuale ha deciso non di rinnovare, con tutti gli effetti che si possono immaginare per i lavoratori addetti alla movimentazione del materiale aeronautico negli hangar di Fiumicino che nel 2012 furono sostituiti con personale più precario e più basso costo;
              altrettante sono le vertenze ancora in essere, molte delle quali insistono sugli aeroporti romani (in totale 41.000 dipendenti) e su quelli milanesi che, rispettivamente, rappresentano i principali poli dell'industria aeroportuale dell'Italia centro meridionale e quello dell'Italia settentrionale;
              ma veniamo ai casi più eclatanti come quello della compagnia Meridiana dove su 1634 lavoratori minacciati fino a pochi giorni fa da un licenziamento di massa, non si è ancora trovata alcuna soluzione soddisfacente, visto che dal 1o gennaio il vettore in questione si ritroverà con un organico sensibilmente ridotto visto che 275 persone hanno scelto o si sono viste comunque costrette a licenziarsi volontariamente. Una situazione in cui non c’è nulla di cui esultare, visto che già a partire da gennaio 2015 si pone il problema di affrontare altri esuberi che corrispondono a circa 1200 posti di lavoro. Eppure, solo dall'inizio della legislatura in corso, l'intero arco parlamentare è intervenuto sulla drammatica vicenda di Meridiana con ben 27 atti di indirizzo e di controllo – di cui numerosissimi peraltro presentati dal gruppo parlamentare sinistra ecologia e libertà – rispetto ai quali il Governo si è impegnato ripetutamente ad intervenire con ogni iniziativa per fronteggiare la situazione garantendo la continuità territoriale ai collegamenti da e per la Sardegna ed il rilancio della compagnia aerea Meridiana attraverso l'impiego, la tutela occupazionale e la protezione sociale dei suoi lavoratori;
              e ancora il caso di Groundcare. Come riportato dalla stampa nazionale e locale, poco prima della notte di Capodanno 2015 Groundcare, la principale società di handling aeroportuale di Fiumicino ha avviato le procedure di licenziamento per ben 450 persone. Peraltro, nonostante le rassicurazioni profuse solo lo scorso 10 dicembre dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in occasione dello svolgimento della interrogazione a risposta immediata presentata dai Deputati SEL (Sinistra Ecologia Libertà) n.  3-01214 sulla vertenza Groundcare sull'obiettivo di favorirne la tutela occupazionale, l'evoluzione della situazione perì suoi lavoratori in questione ha avuto, purtroppo, un epilogo agghiacciante. Nelle giornate tra il 30 e il 31 dicembre 2014, infatti, sono stati chiamati in massa a firmare la propria lettera di licenziamento circa 450 lavoratori su poco più di 850 complessivi in forza presso la società. Questi lavoratori si sono recati in una sala della Palazzina Epua di Fiumicino per ritirare la lettera di licenziamento, ma oltre alla firma di quella lettera è stata pure richiesta, per quanto ci risulta, anche la sottoscrizione di una liberatoria al fine di rinunciare sia al pagamento del mancato preavviso, sia all'esperimento di qualsiasi azione legale rispetto alla mancata selezione del personale da espellere. Inoltre, la firma sulla liberatoria sembrerebbe stata sollecitata con l'esplicito riferimento in forza del quale, in caso di rifiuto della sottoscrizione, oltre al mancato inserimento nel bacino di ricollocazione, il licenziamento sarebbe stato recapitato successivamente al 1o gennaio 2015, in modo da penalizzare il lavoratore nell'accesso alla mobilità che, come noto, dal 1o gennaio 2015 ha subito una drastica riduzione per effetto dell'entrata in vigore della c.d. «Legge Fornero». Per quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo, fortunatamente, qualcuno ha anche chiamato la Polizia e la liberatoria a quel punto è diventata facoltativa mentre prima veniva associata, di fatto, al rilascio della lettera di licenziamento;
              in data 8 gennaio 2015 sono oltre 200 i lavoratori della Groundcare che dalla mattina protestano all'aeroporto di Fiumicino per colpa dei licenziamenti loro notificati. La manifestazione organizzata dal Cub Trasporti è iniziata alle ore 10.00 con un presidio davanti all'ingresso del Terminal 3 partenze. I lavoratori Groundcare, Alitalia e Argol dietro agli striscioni si sono mossi muovendo lungo il perimetro dello scalo e sono arrivati al terminal T1 e sul posto si trovavano Polizia e Carabinieri. Le parole del Consigliere comunale Erica Antonelli, membro della commissione Lavoro del Comune di Fiumicino in merito al licenziamento dei lavoratori GroundCare sono state le seguenti: «In un aeroporto internazionale come quello di Fiumicino non è il lavoro ad essere carente ma piuttosto la gestione dello stesso, incapace di fornire adeguati servizi ai passeggeri e mantenere un livello occupazione nei vari segmenti capaci di rappresentare al meglio la principale porta d'ingresso in Italia. Come già richiesto dal Sindaco Montino serve un tavolo interistituzionale sul lavoro aeroportuale, ma non solo visto anche il recente fallimento della Romana recapiti. Chiederò al Presidente della Commissione Attività Produttive e Lavoro del Comune di Fiumicino una audizione, anche con le parti sociali, per approfondire quanto appena accaduto in aeroporto»;
              in Alitalia, come noto sono stati 2251 gli esuberi derivanti dal fallimento della privatizzazione del 2008 della compagnia: una gabella ingiustificabile, pagata sull'altare del passaggio di CAI dalle mani della cordata di «prenditori» italiani agli arabi-anglosassoni di Etihad, senza contare l'ulteriore taglio salariale destinato ad abbattersi su chi è rimasto in servizio tutto ciò è inaccettabile se si considera che solo nel mese di maggio 2014, mentre Etihad entrava in Alitalia e venivano annunciati imminenti sacrifici, ivi compresi gli esuberi, in nome dell'interesse generale, in Alitalia erano presenti in servizio oltre 1600 lavoratori precari, concentrati nei settori di terra operativi (scalo, carico-scarico bagagli, rampa, e altro), necessari per far fronte all'atavico sottorganico esistente nella ex-Compagnia di Bandiera italiana. Ma non solo: mentre si consegnavano le lettere di licenziamento ad oltre 1600 dipendenti, in una stanza attigua, alcuni rappresentanti della dirigenza si accingevano ad assumere 200 lavoratori a tempo determinato. Ma la desertificazione delle attività di terra della ex-compagnia di bandiera prosegue nei giorni successivi con le esternalizzazioni delle attività;
              l'attività informatica dell'Alitalia viene spezzata in due grandi tronconi (attività applicative ed attività operative) pur di favorirne la dismissione. Da subito Alitalia procede con la cessione ad IBM di circa 70 lavoratori inseriti nelle liste degli esuberi e minacciati da un licenziamento che tutti sanno che non potrà concretizzarsi senza un grave pregiudizio dell'attività dei sistemi della compagnia ma brandito pur di evitare che cresca l'opposizione dei lavoratori a cui lo spettro della disoccupazione farà «digerire» il passaggio delle attività. L'altro grande spezzone dell'informatica Alitalia di circa 200 dipendenti, sarà invece al momento mantenuto nella compagnia per essere poi ceduto in un secondo momento. Pesantissimo anche il disegno che incombe su quanto resta delle attività di manutenzione degli aeromobili della compagnia, al momento concentrate nella divisione tecnica di Alitalia (ormai meno di 2000 dipendenti contro gli oltre 5000 degli inizi degli anni 2000) e in AMS (Alitalia Maintenance Systems), una società partecipata AZ che si occupa della revisione dei motori, creata nel 2008 ed ormai in liquidazione. L'annuncio della reinternalizzazione delle attività di manutenzione pesante degli aeromobili, ceduta dai patrioti di CAI alla israeliana BEDEC, dovrebbe essere gestita da Atitech che in parte, secondo gli annunci, utilizzerebbe parte dei 200 operai delle manutenzioni licenziati a novembre 2014;
              attualmente, tuttavia, della realizzazione del progetto Atitech non si sa nulla. In realtà le manutenzioni Alitalia continuano a subire nel silenzio generale quel pesante ridimensionamento, avviato con la privatizzazione del 2009 di Alitalia, che ha prodotto di fatto lo smantellamento del polo della meccanica che nell'ambito dell'aviazione costituiva una delle più importanti eccellenze esistenti su Fiumicino;
              sono rilevanti, ovviamente, le responsabilità delle istituzioni che si sono avvicendate nelle ultime legislature sia in termini generali per ciò che sta accadendo nel settore, sia in termini più specifici per ciò che, solo per fare alcuni esempi, succede per i due ambiti citati (informatica e manutenzioni): con un minimo di lungimiranza industriale le suddette incontestabili eccellenze avrebbero potuto costituire la base della costruzione di segmenti di riferimento nell'ambito della più generale industria dei trasporti, consentendo l'aggregazione di segmenti produttivi che avrebbero consentito la concentrazione e la gestione di strategiche attività, oggi frammentate in mille rivoli, con costi esorbitanti di esercizio e spesso con scadenti risultati in termini di qualità del servizio offerto;
              si segnala, inoltre, che con riferimento alla situazione di Alitalia, più recentemente, una quarantina di operai licenziati sono stati ricollocati solo a dicembre 2014, con contratti da 25 giorni e segnatamente dal 4 al 28 dicembre 2014, per le manutenzioni dei velivoli Air Berlin. E ciò appare quanto mai deprecabile, se non addirittura allucinante, considerato che la precarizzazione dei licenziati rappresenta una vera e propria beffa dei diritti dei lavoratori e la chiara dimostrazione che il lavoro in Alitalia c'era;
              infine, si segnala come 500 lavoratori di Sea Handling siano stati agevolati all'uscita dalla società di gestione degli aeroporti milanesi (Linate e Malpensa) e, di fatto, sostituiti da lavoratori interinali e precari, nel passaggio delle attività dalla citata azienda ad Airport Handling, la neonata impresa, sorta a fronte del fallimento pilotato della prima in seguito alle sanzioni dell'Unione europea, inflitte per il presunto passaggio di denaro dalla Sea alla stessa Sea Handling;
              moltissime altre sarebbero le vertenze da raccontare per descrivere il soffocamento occupazionale che caratterizza il comparto aereo-aeroportuale;
              tutte, però, evidenziano l'enorme contraddizione esistente tra lo sviluppo del mercato del trasporto aereo e le ricadute che sul piano della tutela e della protezione sociale si stanno riflettendo sul mondo del lavoro;
              paradossale appare pure che in tale contesto la spesa pubblica sia concentrata al solo fine di assicurare un sistema di ammortizzatori sociali al personale espulso dalla produzione: un investimento pubblico a perdere, sperperato anche per finanziare la ristrutturazione delle imprese del comparto che espellono forza lavoro precedentemente più garantita al fine di sostituirla con personale precario e a basso costo, quasi a voler investire denaro pubblico per evitare l'esplosione di un dissenso sociale la cui deflagrazione, senza, i dovuti interventi, potrà essere solo rinviata;
              si evidenzia, infine, come più volte siano stati invocati dagli stessi addetti operanti presso il comparto ereo-aeroportuale interventi della magistratura e degli organismi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché delle strutture sanitarie atte a rilevare le condizioni di igiene e sicurezza dei lavoratori. Alcuni lavoratori hanno segnalano altresì l'opportunità che venga aperta al più presto una inchiesta da parte della Commissione antimafia sulla assegnazione degli appalti nel settore e negli aeroporti italiani, perché le irregolarità, se non addirittura le infiltrazioni della malavita organizzata sembrerebbero essere piuttosto evidenti sia negli aeroporti romani sia in quelli milanesi, come in altri aeroporti italiani. A Fiumicino, ormai, l'evidenza è stata per altro messa in luce anche certificata dalla cronaca giudiziaria, con gli arresti di responsabili della Meridional, azienda che ha gestito fino all'anno scorso un appalto delle pulizie all'aeroporto di Fiumicino. Ma è evidente che questa potrebbe rappresentare solo la punta di un iceberg enorme che dovrebbe essere preso in esame dalle autorità competenti,

impegna il Governo:

          a porre in essere ogni iniziativa, anche normativa, tesa ad affrontare in modo efficace la gravissima crisi occupazionale che sta interessando l'intero comparto aereo e aeroportuale di cui i casi Alitalia, Meridiana, Groundcare, Sea-handling e Argol rappresentano solo alcuni di quelli più eclatanti, anche considerata l'enorme contraddizione esistente con lo sviluppo del mercato del trasporto aereo italiano;
          a porre in essere ogni iniziativa, anche normativa, finalizzata a consentire una moratoria dell'esercizio provvisorio e della licenza di Groundcare in attesa della definizione del sistema aeroportuale romano;
          ad adoperarsi affinché la vertenza Meridiana si risolva con la possibile garanzia del mantenimento dei livelli occupazionali ad oggi esistenti, al fine di impedire che si disperdano forze lavoro qualificate come quelle operanti nella suddetta compagnia nel quadro della necessità di avviare urgentemente un tavolo di confronto con il Governo sulla questione sarda basilare per la messa in campo di un necessario e quanto mai urgente piano per la rinascita economica e sociale della Sardegna che, secondo gli ultimi dati diffusi dall'Inps, conta circa 350.000 persone al di sotto della soglia di povertà relativa e 138.588 pensionati in situazione di povertà assoluta, considerato pure che) secondo i dati ISTAT in Sardegna ci sono 119.000 disoccupati e 130.000 sfiduciati e ammonterebbe a circa 16.000 il numero dei lavoratori in mobilità;
          ad avviare un'indagine conoscitiva sulla situazione produttiva e occupazionale del comparto aeroportuale italiano, con specifico riferimento ai temi dell'emergenza e della condizione di precarietà che caratterizza il personale operante in tale settore, al fine di approfondire, in particolare, i fattori che incidono sulla capacità del sistema aeroportuale di garantire e incentivare il lavoro, valorizzando altresì l'occupazione delle giovani generazioni;
          a farsi promotore di ogni iniziativa di competenza tesa all'accertamento della presenza di eventuali irregolarità sotto il profilo della sicurezza e della tutela igienico-sanitaria dei lavoratori operanti nel comparto aero-aeroportuale, nonché a svolgere le verifiche di competenza sugli appalti con specifico riguardo a quanto esposto in premessa;
          a salvaguardare e rilanciare il patrimonio industriale del trasporto aereo italiano in considerazione delle grandi potenzialità e delle prospettive che l'intero settore del trasporto e del turismo offrono al nostro Paese, promuovendo con sollecitudine un piano di sviluppo nazionale per il reimpiego e la valorizzazione dei lavoratori del comparto in possesso di know how e di risorse estromesse dal ciclo produttivo sin dal 2008;
          a porre in essere ogni atto di competenza finalizzato a chiarire i tempi e le modalità attraverso le quali il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e l'ENAC intendano definire i criteri di selezione del bacino costituito dal personale licenziato da cui dovranno attingere le aziende per le future assunzioni e per l'attivazione dei contratti di ricollocazione, così come definiti dalla legislazione vigente e avviati in forma sperimentale nel comparto del trasporto aereo.
(1-00694) «Scotto, Airaudo, Placido, Zaratti, Piras, Ricciatti, Ferrara, Marcon, Duranti, Fratoianni, Melilla, Quaranta, Franco Bordo, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Matarrelli, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Sannicandro, Zaccagnini».


      La Camera,
          premesso che:
              la fatturazione elettronica verso la pubblica amministrazione è stata prevista dalla legge n.  244 del 2007 (legge finanziaria per l'anno 2008), con cui si è stabilito che l'emissione, la trasmissione, la conservazione e l'archiviazione delle fatture emesse verso le Amministrazioni dello Stato deve essere effettuata esclusivamente in forma elettronica e che l'Amministrazione interessata ha il divieto di pagare fatture non pervenute con tale modalità;
              i due decreti attuativi, emanati nel marzo 2008 e nell'aprile 2013, ne hanno definito le modalità tecniche di realizzazione, e i relativi tempi di attuazione;
              il predetto progetto è considerato, insieme a quello sull'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), strategico per la modernizzazione della pubblica amministrazione e, in particolare, per la sua evoluzione in chiave digitale, visto che potrebbe favorire un positivo processo di sviluppo in questa direzione anche delle imprese italiane che con essa hanno rapporti economici;
              l'Agenzia delle entrate e la Ragioneria generale dello Stato sono i soggetti che governano i domini di intervento della fatturazione elettronica, mentre spetta a SOGEI spa, nella sua qualità di partner tecnologico di entrambe le amministrazioni, la progettazione e la realizzazione del sistema di interscambio, che è l'autostrada telematica sulla quale viaggiano le fatture elettroniche;
              la SOGEI, spa è il partner tecnologico anche del Ministero dell'interno per la realizzazione dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), che si pone l'obiettivo di costituire un'anagrafe centralizzata della popolazione residente in Italia e della popolazione italiana residente all'estero, da considerare essenziale al fine di favorire il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione e di miglioramento dei servizi al cittadino;
              l'utilizzo del formato di fattura elettronica è diventato obbligatorio per i fornitori di beni e servizi delle amministrazioni centrali dello Stato e degli enti previdenziali e assistenziali dal 6 giugno 2014;
              da marzo 2015, la fatturazione elettronica sarà estesa anche ai rapporti con gli enti locali e le aziende sanitarie locali;
              sulla base del disposto dell'articolo 9 della legge n.  23 del 2014 si potrebbe in futuro prevedere l'estensione della fatturazione elettronica anche alle operazioni commerciali tra imprese private e tra queste ultime e i consumatori;
              la fatturazione elettronica una volta a regime potrà garantire la tracciabilità di tutta l'attività di acquisizione di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni, facilitando il processo di semplificazione amministrativa e tributaria in atto;
              tale modalità di fatturazione consentirà di disporre di una base dati oggettiva e documentata, anche per l'analisi del ciclo della spesa, così da consentire un più efficace monitoraggio della spesa pubblica e migliorare e velocizzare i processi di controllo da parte dell'Amministrazione finanziaria, migliorando al contempo anche l'efficacia e l'efficienza con cui viene effettuato il controllo di gestione da parte dello Stato;
              nel corso delle numerose audizioni svolte sul tema dalla Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria sono emerse talune criticità, che riguarderebbero: 1) la dematerializzazione e conservazione delle fatture, e, in particolare, la loro conservazione sostitutiva da parte delle imprese, che a tal fine debbono assolvere a una serie di obblighi previsti nel decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 17 giugno 2014 e che, comunque, comporteranno degli oneri non solo amministrativi, ma anche economici, a loro carico, visto il costo sul mercato dei software di conservazione sostitutiva; 2) il processo di preparazione dei sistemi informativi non solo della pubblica amministrazione, ma anche di tutte le imprese che con essa hanno rapporti, che sembrano necessitare di ulteriori perfezionamenti specie per i profili attinenti agli strumenti di controllo e monitoraggio della spesa pubblica; 3) il mancato obbligo per l'amministrazione ricevente di dare comunicazione all'impresa emittente la fattura dell'avvenuta ricezione di quest'ultima, nonché dell'esito della stessa dopo la verifica del documento;
              sia la fatturazione elettronica, sia l'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR) dovrebbero favorire una sempre maggiore standardizzazione dei dati e delle modalità del loro trattamento, considerata la potenziale interoperabilità dei dati gestiti attraverso questi processi con le informazioni contenute nelle altre banche dati pubbliche;
              così rilevanti processi di innovazione tecnologica della pubblica amministrazione rendono necessario implementare le risorse a disposizione della SOGEI, spa, partner tecnologico anche di altre amministrazioni pubbliche nella realizzazione di altri progetti parimenti strategici per lo sviluppo del Paese,

impegna il Governo:

          ad individuare una soluzione che, considerato il vigente quadro normativo sull'obbligo di conservazione da parte dell'emittente della fatture emesse verso la pubblica amministrazione, permetta a SOGEI spa di sviluppare un software che, connesso al sistema di fatturazione elettronica, consenta anche la conservazione e archiviazione della fatture in appositi archivi dedicati a ciascun emittente e gestiti attraverso i suoi server, evitando così che gli oneri relativi a queste operazioni restino a carico delle imprese o dei professionisti;
          ad assumere iniziative per modificare le procedure adottate prevedendo che l'amministrazione ricevente la fattura elettronica dia comunicazione all'impresa o al professionista emittente non solo della sua avvenuta ricezione, ma anche del suo esito;
          a mettere in campo tutte le azioni necessarie a garantire la interoperabilità delle banche dati dei Ministeri, delle Agenzie fiscali e degli enti nazionali di previdenza e assistenza, al fine di facilitare lo scambio delle informazioni in esse contenute ed evitare sovrapposizioni e duplicazioni di dati, che implichino ulteriori e superflui oneri aggiuntivi a carico dei cittadini con aggravi di costi e minore efficienza di gestione anche per le pubbliche amministrazioni;
          a localizzare, nella prospettiva di una razionalizzazione e di un'ottimizzazione della spesa pubblica, tutti i settantotto datacenter delle predette amministrazioni presso la sede di SOGEI spa;
          ad implementare le risorse economiche a disposizione della SOGEI spa, al fine di consentirle di realizzare e gestire l'infrastruttura informatica di supporto alla gestione di tutti i servizi diretti ai cittadini;
          ad assumere iniziative per espungere la SOGEI spa dall'elenco ISTAT delle amministrazioni pubbliche, in cui è stata recentemente inserita, atteso il rilevante ruolo da essa svolto nell'attuazione di progetti strategici per l'innovazione della pubblica amministrazione, la cui realizzazione richiede modelli operativi e gestionali propri più di una società per azioni vera e propria che di una pubblica amministrazione;
          ad avvia con la massima urgenza uno studio, da concludere entro novanta giorni, sulla possibilità di procedere ad un trasferimento delle funzioni attualmente attribuite all'Agenzia per l'Italia digitale a SOGEI spa che diventerebbe quindi il referente unico per l'informatizzazione di tutte le amministrazioni dello Stato;
          a valutare la possibilità di attribuire alla Presidenza del Consiglio dei ministri la definizione dei progetti strategici prioritari per l'Agenda digitale italiana e alla SOGEI spa il compito di svilupparli e realizzarli sul piano infrastrutturale.
(1-00695) «Pagano, Pelillo, Ruocco, Portas, Petrini, Dorina Bianchi».

Risoluzione in Commissione:


      La VII Commissione,
          premesso che:
              in armonia con quanto previsto dal diritto comunitario, da diversi decenni, in Italia l'accesso alla facoltà di medicina e chirurgia è subordinato al superamento di una selezione preliminare che si propone di garantire una formazione di qualità, grazie all'ottimale rapporto studenti/docenti, di regolamentare gli ingressi alla luce delle difficoltà di inserimento dei laureati nel mondo del lavoro, consentendo agli studenti più meritevoli di frequentare con profitto il corso di studi prescelto;
              il decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n.  85, «Modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea e laurea magistrale a ciclo unico ad accesso programmato a livello nazionale a.a. 2014-15» stabiliva che la prova di ammissione ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia e in odontoiatria e protesi dentaria consisteva in 60 domande a risposta multipla da risolvere in 100 minuti, vertenti sulle seguenti materie: logica e cultura generale (27 quesiti), biologia (15 quesiti), chimica (10 quesiti), matematica e fisica (8 quesiti);
              il rapporto sullo stato del sistema universitario e della ricerca 2013, pubblicato dall'Agenzia nazionale per la valutazione dell'università e della ricerca (ANVUR), ha evidenziato che i corsi ad accesso programmato presentano gli indicatori migliori in tutto il percorso degli studi con bassi tassi di abbandono, un'elevata quota di laureati regolari e un minor numero di iscritti fuori corso;
              il numero di iscritti alle facoltà di medicina negli ultimi anni si aggira intorno ai 10.000 a fronte di un numero di borse per specializzazioni pari a 5.000 per l'anno accademico 2014-2015 e circa mille borse per i corsi di medico di medicina generale, contratti necessari per potere entrare a lavorare nel Servizio sanitario nazionale;
              attualmente molti atenei stanno incontrando notevoli difficoltà logistiche, economiche e didattiche per far fronte in maniera adeguata all'immatricolazione di circa 5 mila studenti, precedentemente esclusi, e subentrati in seguito al ricorso al Tribunale amministrativo regionale;
              il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca per ovviare alle criticità dell'attuale sistema di selezione ha manifestato intento adottare il modello francese in vigore dal 2010 il quale prevede l'accesso libero al primo anno di studi dei corsi dell'area medica, PACES (Première année commune aux etudes de santé), posticipando i test di selezione alla fine del primo semestre e al termine del secondo semestre. Il sistema prevede la possibilità di ripetere il primo anno solo una volta;
              secondo i dati forniti dalle università francesi, dei circa 55 mila studenti che si iscrivono al primo anno di medicina soltanto il 20 per cento degli iscritti al primo anno riesce ad accedere al secondo. La stessa Commissione degli affari sociali dell'Assemblea nazionale francese, nella seduta del 3 aprile 2013 si è pronunciata così: «I primi bilanci disponibili mostrano che l'avviamento del PACES non ha consentito di rendere il primo anno di studi realmente formativo e nemmeno di rimediare al tasso di fallimento nelle prove selettive organizzate alla fine dell'anno»;
              il modello «alla francese» appare foriero di insidie per lo studente e la sua famiglia per la perdita di un anno di studi e lo spreco di sforzi organizzativi ed economici, per le università che dovrebbero affrontare un ingente aggravio di costi per la mancanza di strutture e docenti in grado di formare le numerosissime matricole del primo anno di corso, oltre all'inevitabile degrado della qualità della didattica, il rischio di perdere la graduatoria su base nazionale e di ridurre l'imparzialità dei risultati e l'equità della selezione,

impegna il Governo:

          a mantenere il sistema di accesso per l'immatricolazione in medicina e chirurgia, in medicina veterinaria, in odontoiatria e protesi dentaria, architettura e scienze infermieristiche, di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 2 agosto 1999, n.  264, prevedendo prove d'ingresso selettive che abbiano ad oggetto esclusivamente elementi generali inerenti ai corsi di laurea prescelti;
          a prevedere per i corsi di laurea con prove selettive di ingresso, lo svolgimento delle prove d'ingresso nel mese di settembre di ciascun anno;
          a predisporre la pubblicazione da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di testi di preparazione sugli argomenti che saranno oggetto dei quesiti al test nazionale che sarà somministrato alla fine del primo semestre dell'ultimo anno della scuola secondaria;
          a rafforzare l'attività di orientamento nella scelta della facoltà, attraverso test e colloqui attitudinali da svolgersi durante il terzo e quarto anno della scuola secondaria superiore, a carattere assolutamente non vincolante.
(7-00561) «Roccella, Calabrò».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
          per rifiuti radioattivi si comprendono diverse categorie di rifiuti, fra loro molto diverse, tra cui quelli provenienti dai reattori di ritrattamento del combustibile nucleare, quelli prodotti dallo smantellamenti di vecchi impianti, e gli elementi di combustibile esauriti;
          le scorie nucleari possono essere prodotte nelle centrali nucleari (per la maggior parte), in medicina, e nei siti industriali per le analisi produttive di parti metalliche;
          secondo le norme vigenti è previsto che entro il 31 dicembre 2014 venga definito il sito unico nazionale per lo stoccaggio delle scorie nucleari;
          il 2 gennaio 2015, la Sogin (la società statale per lo smantellamento degli impianti nucleari italiani e la gestione del rifiuti radioattivi) ha consegnato a Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) la Carta delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nazionale per i rifiuti radioattivi;
          il deposito nazionale, infrastruttura di superficie dove mettere i rifiuti radioattivi, consentirà la sistemazione definitiva di circa 75 mila metri cubi di rifiuti di bassa e media attività e lo stoccaggio temporaneo di circa 15 mila metri cubi di rifiuti ad alta attività;
          dei circa 90 mila metri cubi di rifiuti radioattivi, ricorda Sogin, il 60 per cento deriverà dalle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari, mentre il restante 40 per cento dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca, che continueranno a generare rifiuti anche in futuro;
          la pubblicazione della Carta e quella contestuale del progetto preliminare, spiega la Sogin, «apriranno una fase di consultazione pubblica e di condivisione, che culminerà in un Seminario Nazionale, dove saranno invitati a partecipare tutti i soggetti coinvolti ed interessati»;
          nella mappa realizzata dalla «Sogin», dalle aree considerate sono escluse le aree vulcaniche attive o quiescenti, le località a 700 metri sul livello del mare o ad una distanza inferiore a 5 chilometri dalla costa, le aree a sismicità elevata, a rischio frane o inondazioni e le «fasce fluviali», dove c’è una pendenza maggiore del 10 per cento, le aree naturali protette, che non siano ad adeguata distanza dai centri abitati, quelle a distanza inferiore di un chilometro da autostrade e strade extraurbane principali e ferrovie;
          la Sardegna secondo tutti i piani connessi e richiamati non rientra in alcun modo nelle priorità di esclusione;
          le simulazioni geosatellitari confermerebbero che la Sardegna sarebbe l'unica regione d'Italia a corrispondere a questi criteri individuati;
          sono concrete le possibilità per cui il governo nazionale possa chiedere disponibilità alla Sardegna come sede del «deposito nazionale di scorie nucleari», considerata la ampia presenza di aree non urbanizzate ed a bassa densità abitativa;
          la mappa consegnata dalla Sogin all'Ispra è inspiegabilmente secretata, a tutti i livelli istituzionali, negando così la possibilità ai governi regionali e ai livelli parlamentari di poter sapere quali territori sono stati individuati in via preliminare per la costruzione del deposito nazionale;
          in Sardegna grava il 60 per cento delle servitù militari delle servitù militari italiane, con i tre poligoni militari più grandi d'Europa, depositi sotterranei di armi e munizioni, polveriere e aree militari delimitate in tutti i territori;
          l'assessore regionale all'ambiente Donatella Spano e il presidente della regione Sardegna Francesco Pigliaru hanno già fatto sapere di essere fermamente contrari all'ipotesi della costruzione del deposito nazionale di scorie nucleari in Sardegna, così come tutte le principali forze politiche rappresentate nel parlamento nazionale e nel consiglio regionale della regione autonoma della Sardegna;
          il 15 e 16 maggio del 2011, i sardi si sono espressi attraverso un referendum consultivo popolare che chiedeva al popolo di esprimersi sulla presenza in Sardegna di centrali nucleari e siti di stoccaggio di scorie radioattive: il referendum ha raggiunto un quorum del 60 per cento (887.347 sardi al voto) che per il 97,1 per cento, (848.691 sardi) ha detto NO a centrali nucleari e siti di stoccaggio di scorie nell'isola;
          i sardi, attraverso il voto popolare e la democrazia diretta, hanno quindi deciso di non mettere a disposizione la loro terra, che vivono e lavorano quotidianamente, per la costruzione di impianti di stoccaggio o depositi di scorie nucleari;
          sono tantissime le aree in Sardegna individuate anche dal governo nazionale da sottoporre a bonifica e riconversione ambientale, per cui sarebbe incomprensibile aggiungere ulteriori servitù inquinanti  –:
          se il Governo, non ritenga quanto prima rendere pubblici e consentire l'accesso agli atti consegnati da Sogin a Ispra il 2 gennaio 2015;
          se non si intenda chiarire in via formale il fatto che la Sardegna, che ha deciso di non accettare depositi e centrali nucleari con referendum popolare, sarà esclusa da qualsiasi ipotesi di destinazione di rifiuti nucleari radioattivi.
(2-00802) «Piras, Pellegrino, Zaratti, Ricciatti, Ferrara».

Interrogazioni a risposta scritta:


      TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, DE ROSA, ALBERTI, PESCO e TONINELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          in data 4 dicembre 2014, sul sito web di notizie quibrianza.it, è stata pubblicata la notizia riguardante l'iniziativa spontanea denominata «drappo bianco», nata in provincia di Como da poco più di un anno e che si è allargata anche alla provincia di Monza e Brianza. Tale iniziativa, nata come gesto di denuncia e protesta civile da parte di imprenditori e cittadini, consiste nell'esporre un lenzuolo bianco listato a lutto sui cancelli delle aziende delle province indicate, come rappresentazione del dramma vissuto dalle migliaia di artigiani che quotidianamente si trovano a dover fronteggiare la drammatica situazione economica in cui versa la gran parte delle micro, piccole e medie imprese comasche e brianzole, molte delle quali costrette alla chiusura a causa di tasse ed imposte troppo elevate;
          l'iniziativa ha trovato anche il sostegno dell'Unione artigiani Monza e Brianza che, tramite il suo segretario generale, Marco Accornero, ha sottolineato la sofferenza e la solitudine degli artigiani di fronte al peso insostenibile e assurdo di fisco e burocrazia e che ha confermato, tramite diversi sondaggi condotti con la collaborazione degli associati, che sono proprio tasse ed adempimenti burocratici le reali fonti di indebolimento delle aziende che inducono molti imprenditori alla chiusura;
          il trend di crisi in via di peggioramento di tutto il settore delle aziende, non solo quelle artigianali, della provincia di Monza e Brianza, è riscontrabile dai dati forniti dall'ufficio studi della camera di commercio di Monza e Brianza su dati registro imprese. Le 115 aziende che a fine 2008 avevano dichiarato lo stato di procedura concorsuale, sono aumentate a 211 a fine 2011. Dall'inizio dell'anno 2012, sempre nella stessa provincia, le aziende che avevano dichiarato fallimento erano 189; al 30 novembre 2014, sono diventate 225;
          a giudizio dell'interrogante, l'andamento complessivo in continua ascesa dei fattori di crisi che riguardano il comparto aziendale della provincia di Monza e Brianza, deve destare forti preoccupazioni in chi governa il Paese, ancor più quando si va a considerare il caso emblematico della provincia di Monza e Brianza, da sempre riconosciuta come tra le più produttive d'Italia  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti e dei dati sopra esposti;
          considerato che appare molto grave il fatto che una provincia come quella di Monza e Brianza, tra le più produttive dell'intero Paese, stia da anni attraversando una situazione drammatica legata al continuo aumento delle chiusure delle aziende, quali provvedimenti concreti e urgenti intendano adottare per invertire tale tendenza;
          quali siano i piani del Governo atti a ridurre la pressione fiscale e l'eccessiva burocratizzazione applicata alle aziende italiane, riconosciuta dagli imprenditori come tra i principali punti di sofferenza economica delle aziende stesse. (4-07464)


      LUIGI DI MAIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nella seduta del 29 settembre 2014, le Commissioni (riunite I e II) della Camera dei deputati hanno approvato, nel testo riformulato, l'emendamento Luigi Di Maio ed altri 8.8 all'AC 2616 recante il disegno di legge di conversione del decreto-legge 22 agosto 2014, n.  119, cosiddetto «stadi»;
          grazie all'approvazione di tale proposta emendativa, è stato inserito il comma 1-ter all'articolo 8;
          tale comma recita: «Sono assegnate, previa valutazione di convenienza, alle forze del comparto della pubblica sicurezza le automobili di proprietà delle amministrazioni pubbliche statali dismesse o da dismettere. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro dell'interno, d'intesa con i Ministri competenti, effettua la ricognizione delle automobili di cui al presente comma e illustra alle Camere le risultanze di tale ricognizione»;
          sono trascorsi quasi novanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione  –:
          quale sia il risultato della ricognizione di cui al comma 1-ter dell'articolo 8 del decreto-legge n.  119 del 2014 e quale sia il risultato dell'attuazione della predetta norma. (4-07471)


      PELLEGRINO, PALAZZOTTO, KRONBICHLER, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, AIRAUDO, ANZALDI, DURANTI, FRANCO BORDO, COSTANTINO, DANIELE FARINA, FERRARA, GIUSEPPE GUERINI, LAFORGIA, MARCON, MATARRELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PANNARALE, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RIBAUDO, RICCIATTI, SANNICANDRO, SCHIRÒ, SCOTTO, ZARATTI e ZACCAGNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          è di queste settimane l'appello dell'Associazione Gherush92, Committee for human rights, e dell'Accademia di belle arti di Brera, per il mantenimento del memoriale italiano nel Blocco 21, elemento integrante dell'opera, che rischia di essere trasferito dalla sua sede naturale per volontà e decisione del museo di Auschwitz, del governo polacco;
          il Memoriale Italiano è una delle più importanti opere d'arte italiana del Novecento, il cui valore artistico, educativo e di testimonianza diretta, è riconosciuto, fra gli altri, dall'Accademia di Brera, ed è stato realizzato contestualmente alla dichiarazione di Auschwitz sito Unesco 1979, ne fa parte integrante e, pertanto, è patrimonio mondiale dell'umanità;
          il Memoriale ricorda e celebra tutti gli italiani, donne e uomini ebrei, rom, omosessuali, dissidenti politici, deportati nei campi di concentramento nazisti, fra i quali gli stessi autori dell'opera d'arte;
          strappare il Memoriale dal suo contesto naturale, il campo di sterminio di Auschwitz, per trasferirlo altrove coincide con la distruzione dell'opera e del suo significato;
          come sottolineato dal suddetto appello, i motivi ideologici e politici, che hanno portato alla censura e alla chiusura del Memoriale e che spingono verso la sua rimozione, sono anacronistici ed inammissibili: con essi si cancellano dati e responsabilità storiche, incontrovertibili, dello sterminio e della liberazione, di cui il Memoriale stesso è un documento;
          la rimozione del Memoriale comporta una violazione dei diritti umani, del diritto Internazionale, del diritto di proprietà intellettuale e della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo nonché una violazione della Convenzione internazionale per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale dell'UNESCO e un crimine di distruzione di beni culturali ed artistici  –:
          quali iniziative urgenti si intendano assumere affinché il Memoriale non venga rimosso dal Blocco 21 del campo di sterminio di Auschwitz, sua parte integrante, e affinché venga immediatamente riaperto al pubblico, restaurato e integrato con apparati didattici esplicativi e congrui.
(4-07473)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      PARENTELA e NESCI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          nel comune di Crotone, in località Capo Colonna, sorge l'omonima area archeologica, distante poco più di 10 chilometri dal centro cittadino;
          l'area comprende 30 ettari di terreno adibito a scavi e 20 ettari di bosco e macchia mediterranea;
          l'intera area e i resti che vi si trovano sono legati alla storia della colonia greca di Kroton, l'odierna Crotone, fondata alla fine dell'VIII secolo a.C. Sul promontorio di Capo Colonna sorgeva infatti una tra le aree sacre più importanti dell'intero bacino Mediterraneo, il santuario dedicato a Hera Lacinia, moglie e sorella di Zeus;
          nel parco archeologico di Capo Colonna sono attualmente in corso di esecuzione alcuni lavori sulla base del progetto definitivo per l'intervento denominato «Spa 2.4 Capocolonna (KR) – Ampliamento delle conoscenze della realtà archeologica e messa in sicurezza delle strutture archeologiche riportate in luce», progetto finanziato con fondi FAS per 2,5 milioni di euro e avviato nel luglio scorso;
          con lettera del 29 settembre 2014, inviata dalle associazioni culturali crotonesi «Gettini di Vitalba» e «Sette Soli», al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e ai responsabili degli uffici periferici calabresi, nonché al sindaco di Crotone e al dirigente dell'urbanistica, si chiedeva conto della «pavimentazione in cotto riquadrata da lastre in materiale lapideo» con cui, a leggere il progetto definitivo, s'intende coprire l'intera area antistante la chiesa di Capo Colonna (lunghezza massima metri 30; larghezza massima metri 15), sita nel cuore dell'abitato romano superstite all'estremità Nord del promontorio omonimo, per farne un parcheggio, con ogni evidenza sovradimensionato rispetto alle esigenze dell'utenza, nascondendo alla vista le strutture archeologiche sottostanti;
          con successiva lettera (datata 27 dicembre 2014) inviata dalle citate associazioni ai medesimi destinatari, si ribadisce la sconsideratezza dell'intervento che dovrebbe coprire il piazzale antistante la Chiesa dal momento che gli scavi preliminari di settembre-dicembre, già frettolosamente ricoperti, hanno accertato la presenza, in quell'area, di resti di costruzioni monumentali attribuibili ad uno spazio pubblico, forse il foro della colonia romana fondata nel 194 avanti Cristo;
          a dispetto di questa notevolissima scoperta, e delle finalità grazie alle quali è stato ottenuto il cospicuo finanziamento europeo, risulta agli interroganti che allo stato attuale i tecnici coinvolti non intendano rimodulare la progettazione in modo da tener conto e valorizzare le importanti novità emerse;
          a questo si aggiunge il fatto che poco distante è cominciato lo scavo – meccanico e mediante trivellazione profonda – degli scassi necessari alla dislocazione dei sei plinti in calcestruzzo su pali metallici con diametro di 60 cm che, tre per ciascun lato corto, dovranno ancorare al suolo la copertura in acciaio, lunga circa 21 metri e larga circa 10, con cui vorrebbero proteggere le due stanze dell'edificio delle terme romane (in latino balneum) del I secolo avanti Cristo dotate di pavimenti a mosaico;
          tale soluzione tecnica appare sovradimensionata, invasiva e potenzialmente dannosa, sia in considerazione delle dimensioni dei sei plinti – quadrati di calcestruzzo con lato da 1,2 metri e altezza pari a 1 metro –, sia perché impone l'esecuzione di trivellazioni della roccia spinte sino a -8,30 metri dalla superficie, svolte ad Est a pochi centimetri dal muro perimetrale corrispondente dei due vani (già realizzate) e ad Ovest dentro l'edificio stesso (da realizzare). La copertura prevista ha infatti una campata pressoché pari alla larghezza del balneum ma le due file di plinti distano poco meno di 15 metri l'una dall'altra, distanza insufficiente a consentire che quelli del lato corto occidentale cadano all'esterno del balneum;
          detta copertura, ancorata a plinti inutilmente possenti, è appena sufficiente a sovrapporsi alle due stanze con pavimentazione musiva, al punto da potersi già figurare che sul versante Nord, il più esposto alle intemperie invernali, il cosiddetto mosaico di Paolo Orsi, prezioso e delicatissimo, scoperto nel 1910 e «ritrovato» solo nel 2003, sarà raggiunto agevolmente da pioggia e vento nonostante la prevista protezione;
          al momento, inoltre, il progetto SPA 2.4 non prevede interventi di consolidamento e restauro degli intonaci di rivestimento delle pareti e delle pavimentazioni del balneum, deteriorati da dieci anni di esposizione all'aria aperta e mancata manutenzione, oltre che, si teme, dalle trivellazioni suddette, pertanto è molto probabile che l'installazione della contestata copertura non sarà seguita immediatamente dalla restituzione dei mosaici alla fruibilità pubblica – l'obiettivo dichiarato –, mentre la copertura stessa deturperà da subito l'edificio termale, sposandosi tuttavia alla perfezione con la pavimentazione del vicino piazzale, perché entrambe sono concepite come strutture di servizio adatte, ad esempio, ad un centro commerciale, ma non certo ad un parco archeologico  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
          se reputi congruo che l'area antistante la chiesa di Capo Colonna, nel cuore dell'abitato romano superstite al centro del parco archeologico, venga occupata da un parcheggio e se sia in grado di riferire circa la effettiva ricopertura dei resti di costruzioni monumentali attribuibili ad uno spazio pubblico, forse il foro della colonia romana, emerse durante gli scavi preliminari condotti tra settembre e dicembre 2014;
          se, soprattutto, non ritenga doveroso porre in essere le opportune iniziative anche ispettive di propria competenza, volte a vigilare, verificare ed eventualmente impedire ogni evidenza di deterioramento eventualmente causato da vibrazioni e/o interventi maldestri svolti all'interno dell'edificio termale del parco archeologico di Capo Colonna;
          se non reputi opportuno, a seguito di tali iniziative, provvedere affinché si pervenga ad una rimodulazione del progetto, che tenga conto della tutela e della valorizzazione dell'area archeologica, dell'integrità del paesaggio, anche attraverso il superamento dell'utilizzo di scelte tecniche obsolete e inadeguate quali quelle attuali. (5-04408)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      TERROSI, CENNI, FIORIO, TENTORI e CARRA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          nell'anno 2013 i terreni agricoli sono stati esentati dall'IMU sulla base del decreto-legge n.  102 del 2013, per la prima rata, e del decreto-legge n.  133 del 2013 per la seconda rata, che ha esentato dal pagamento della seconda rata dell'IMU solo gli Imprenditori Agricoli Professionali (IAP) e i coltivatori diretti; per tali soggetti è stato previsto il pagamento della cosiddetta «mini IMU», entro gennaio 2014, nei comuni che hanno innalzato le aliquote rispetto alle misure di base previste dalla legge;
          ai sensi delle disposizioni citate risultavano, in sostanza, esenti da imposta – anche per l'anno 2014 – tutti i terreni agricoli di valore pari o inferiore a 6000 euro, nelle condizioni previste dalla legge (possesso e conduzione da parte di coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali);
          il decreto-legge n.  66 del 2014, con l'articolo 22, commi 2 e 2-bis ha disposto una limitazione dell'esenzione dall'IMU dei terreni agricoli ricadenti in aree montane e di collina prevista dalla lettera h), comma 1, articolo 7 del decreto legislativo n.  504 del 1992; il medesimo decreto ha rinviato ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze l'individuazione dei comuni nei quali a decorrere dal periodo di imposta 2014, si applica l'esenzione sulla base dell'altitudine (riportata nell'apposito elenco ISTAT), diversificando tra terreni posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti alla previdenza agricola; tali disposizioni dovrebbero generare un maggior gettito complessivo annuo non inferiore a 350 milioni di euro a decorrere dal 2014 a fronte di corrispondente riduzione delle quote assegnate del Fondo di solidarietà comunale;
          il decreto ministeriale 28 novembre 2014 in attuazione di quanto previsto dall'articolo 22 del decreto-legge n.  66 del 2014 stabilisce che sono esenti i terreni agricoli dei comuni ubicati a un'altitudine di 601 metri e oltre, individuati sulla base dell’«elenco comuni italiani», pubblicato sul sito internet dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), tenendo conto dell'altezza riportata nella colonna «Altitudine del centro (metri)»; il medesimo decreto prevede inoltre l'esenzione per i terreni agricoli in possesso di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti nella previdenza agricola, nei comuni ubicati a un'altitudine compresa fra 281 metri e 600 metri individuati sulla base dell'elenco ISTAT;
          il decreto ministeriale conferma l'esenzione dell'IMU per i terreni ad immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che, in base al decreto ministeriale, non ricadono nelle esenzioni delle zone montane e di collina;
          l'allegato A del citato decreto ministeriale riporta sia gli importi da recuperare sui comuni, sia gli importi da rimborsare ai comuni che subiscono una perdita di gettito per effetto delle modifiche del perimetro applicativo dell'esenzione;
          i soggetti obbligati al versamento dell'IMU per l'anno 2014 sulla base di detto decreto erano tenuti ad effettuarlo in un'unica rata entro il 16 dicembre 2014;
          il 16 dicembre 2014 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto-legge n.  185 del 2014, che, all'articolo 1, ha disposto la proroga al 26 gennaio 2015 del termine – già fissato al 16 dicembre 2014 – per il versamento dell'IMU relativa all'anno 2014 sui terreni agricoli situati in zone montane e collinari; l'imposta, dovuta sui terreni non più esenti a seguito della ridefinizione del perimetro delle esenzioni operata dal decreto ministeriale 28 novembre 2014, deve essere calcolata ad aliquota base (0,76 per cento) salvo che non siano state approvate dagli enti per i terreni agricoli specifiche aliquote;
          tali norme risultano ora trasposte nella legge di stabilità 2015 all'articolo 1, commi 692-693 e 701;
          i terreni assoggettabili all'imposta sono stati individuati in base al criterio della quota altimetrica del centro del comune di riferimento indicata nell'Elenco comuni italiani, pubblicato sul sito internet dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT);
          tale disposizione ha sollevato notevoli perplessità in seno al mondo agricolo che si è espresso in maniera univoca chiedendo una revisione del provvedimento;
          con numerosi atti parlamentari di indirizzo e di sindacato ispettivo e lettere indirizzate ai Ministri competenti, è stata sollecitata un'immediata revisione dei criteri e lo slittamento della data ultima prevista per il pagamento;
          le ANCI regionali di Abruzzo, Liguria, Umbria, Veneto, Sardegna e Lazio hanno presentato ricorso al TAR del Lazio in considerazione del ritardo con cui sono stati resi noti i criteri per l'applicazione dell'IMU agricola rispetto alla scadenza prevista per il pagamento, e in relazione al taglio del fondo di solidarietà comunale intervenuto a bilanci chiusi, con gravi difficoltà per i Comuni stessi; la pronuncia del TAR è prevista per il 21 gennaio 2014;
          il maggior prelievo IMU sui terreni agricoli interviene in un momento di particolare difficoltà per il settore, colpito dalla crisi economica e da ricorrenti eventi alluvionali legati ai cambiamenti climatici  –:
          se intenda rivedere i criteri di definizione delle aree svantaggiate e montane per l'esenzione dall'IMU dei terreni agricoli, individuando una griglia di criteri definiti sulla base delle caratteristiche pedoclimatiche, per tener conto delle difficoltà oggettive di coltivazione, e sulla base delle caratteristiche socio-economiche delle aree interessate, per tener conto degli indici di infrastrutturazione e di organizzazione delle filiere agricole, nonché delle dimensioni e del reddito aziendale;
          se intenda istituire un tavolo di confronto con le organizzazioni agricole e con gli enti locali per l'individuazione degli indici più rappresentativi dei criteri suddetti;
          se intenda assumere iniziative per prorogare la data di scadenza del pagamento oltre il termine previsto del 26 gennaio 2014, fino alla definizione dei suddetti criteri, tenuto conto dell'esito dei ricorsi pendenti dinanzi al Tar del Lazio. (5-04410)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      IORI e VERINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          la formazione al lavoro dei detenuti e lo svolgimento continuativo e strutturato è uno degli strumenti più potenti per allontanare dalla criminalità, pertanto investendo nel lavoro in carcere si migliorano le condizioni dei detenuti, si determina un risparmio per lo Stato e si favorisce la sicurezza di tutta la società;
          nel 2004 il DAP, dipartimento amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, ha avviato una sperimentazione, con durata prevista di dieci anni, in dieci penitenziari italiani, affidando la gestione delle cucine degli istituti di pena a un gruppo di cooperative (Ecosol a Torino, Divieto di sosta a Ivrea, Campo dei miracoli a Trani, L'Arcolaio a Siracusa, La Città Solidale a Ragusa; Men at Work e Syntax Error a Rebibbia, ABC a Bollate, Pid a Rieti, Giotto a Padova) attraverso le quali i detenuti hanno avuto modo di formarsi professionalmente e lavorare all'interno del carcere, trasformando i cosiddetti lavori domestici svolti a turno negli istituti penitenziari, poco qualificanti e privi di un effetto formativo, professionalizzante ed educativo, in lavori veri e propri, con regolari stipendi allineati ai contratti collettivi nazionali di lavoro;
          l'esperienza, che dal 2009 è sovvenzionata non più dal dipartimento amministrazione penitenziaria ma dalla Cassa delle ammende, quale ente del Ministero della giustizia che finanzia i programmi di reinserimento in favore di detenuti, determinò, sin da subito, innegabili vantaggi quali l'incremento della qualità dei pasti e dell'igiene nelle strutture, ma, ancora più importante, centinaia di detenuti ebbero la possibilità di imparare un lavoro tramite periodi di formazione, affiancamento a professionisti, studio e gestione dell'attività con criteri di efficienza e rispetto degli standard, di qualità e sicurezza previsti dalle normative in vigore;
          la remunerazione dei detenuti con un regolare stipendio, oltre a rappresentare la congrua retribuzione per l'opera prestata, con le evidenti conseguenze positive sul piano educativo, permetteva agli stessi di pagare il soggiorno in carcere, il sopravvitto, le spese legali, le tasse ed i risarcimenti alle vittime dei reati, con evidente vantaggio per l'intera collettività;
          le cooperative coinvolte hanno dunque determinato un risparmio per lo Stato in termini di paghe dei detenuti, spese di mantenimento, acquisto di prodotti e manutenzione delle strutture, ma il guadagno più importante è riscontrabile in termini «trattamentali», ossia nella possibilità di offrire un vero e proprio percorso di responsabilizzazione e riabilitazione grazie all'insegnamento di una professione e alla remunerazione, rendendo possibile un valido reinserimento dei detenuti nella società al termine della pena, sostenendo altresì le famiglie degli stessi e il loro ruolo di genitori e di coniugi;
          il successo del progetto è stato tale che nelle medesime carceri, accanto alle mense, sono nati altri reparti di produzione: panettoni a Padova, taralli a Trani e dolci tipici a Siracusa e Ragusa; inoltre l'esito positivo dell'esperienza è certificato dagli stessi direttori delle carceri i quali il 28 luglio 2014, definiscono «oltremodo positiva l'esperienza» in una comunicazione al Ministro della giustizia. «I detenuti assunti dalle cooperative», scrivono i direttori, «hanno avuto modo di sperimentare rapporti lavorativi “veri” che li hanno portati ad acquisire competenze e professionalità decisive per il loro reinserimento sociale»;
          anche il dipartimento amministrazione penitenziaria si è dimostrato soddisfatto dei risultati raggiunti e l'ex capo del dipartimento Giovanni Tamburino il 17 marzo 2014, dopo un incontro con i direttori delle dieci carceri, dichiarava: «Bisogna confrontarsi con l'oggettività che danno i direttori, che vedono le cose concrete, pratiche, quotidiane. Il giudizio è fortemente positivo: non si torna indietro, anzi si va avanti»; appariva dunque chiaro l'intento di passare dalla fase sperimentale a un strutturale e di diffondere l'iniziativa anche in altri istituti; la stessa commissione voluta dal Ministro pro tempore Cancellieri giungeva alle medesime conclusioni, sostenendo la necessità di passare dalla fase di sperimentazione alla messa a sistema del servizio;
          ben dieci anni di risultati (poiché i dati rilevati nella sperimentazione evidenziano un calo della recidiva dal 70 per cento al 2 per cento) rischierebbero di essere persi, insieme alla possibilità di estendere l'iniziativa su tutto il territorio nazionale, in quanto la sperimentazione scadrà il 15 gennaio 2015, termine prorogato al 31 gennaio del medesimo anno;
          è palese come la cessazione dell'esperienza sia controproducente per la qualità del servizio, per la riabilitazione dei detenuti, per la sicurezza sociale e, infine, per le casse dello Stato, in quanto la gestione delle cucine da parte delle cooperative e tramite il lavoro dei dipendenti ha un costo inferiore rispetto ad altre forme di servizio mensa;
          anche qualora si sostenesse che la Cassa delle ammende non è finalizzata a finanziare progetti continuativi, rimane comunque di tutta evidenza la necessità di proseguire ed estendere l'esperienza positiva garantendo i necessari finanziamenti pubblici; il ritorno della gestione delle mense in capo al dipartimento amministrazione penitenziaria determinerebbe inoltre una ripresa del lavoro a mercede, inidoneo a formare una professionalità, a riabilitare i detenuti, a ridurre la recidiva e a educare il reo alla cultura del lavoro;
          ad oggi sono circa 25 mila i detenuti che hanno svolto lavori domestici nelle carceri con retribuzioni ferme agli anni Novanta e comunque non in linea con i contratti collettivi nazionali di lavoro; non deve essere dimenticato che nel 2013 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha affermato che il detenuto in esecuzione di pena va retribuito come il lavoratore libero; si presenta dunque una concreta possibilità di una condanna dell'Italia da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo; sul punto, anche la corte di appello di Roma si è espressa in tal senso con una sentenza del 25 marzo 2013, condannando il Ministero della giustizia a rifondere a due detenuti le differenze retributive fra quanto percepito come mercede e quanto, invece, previsto dal Ccnl di categoria, l'indennità sostitutiva per le ferie non godute ed il trattamento di fine rapporto  –:
          se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative per rinnovare alle cooperative sociali tuttora operanti l'appalto delle cucine, per preservare così il lavoro dei detenuti negli istituti di pena già coinvolti nella sperimentazione, per estendere tale esperienza positiva anche agli altri istituti di pena del Paese, a fronte degli indubbi vantaggi conseguiti in termini di qualità del servizio, riabilitazione dei detenuti, sicurezza sociale, e risparmio economico, nonché per garantire ai lavoratori detenuti retribuzioni in linea con i contratti collettivi nazionali di lavoro e con quanto affermato dalla giurisprudenza italiana ed europea;
          in caso di cessazione, alla scadenza stabilita, del finanziamento da parte della Cassa delle ammende, quali iniziative saranno adottate per la gestione delle cucine negli istituti coinvolti nella sperimentazione, anche al fine di garantire la possibilità ai detenuti coinvolti di continuare a svolgere un lavoro vero e proprio. (5-04409)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      SPESSOTTO, LIUZZI, BUSINAROLO e DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la      legge recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilità 2015), approvata in via definitiva alla Camera il 22 dicembre 2014, ha fissato i tempi e le procedure necessarie per il perfezionamento dell'acquisizione della rete elettrica di proprietà di Ferrovie dello Stato da parte di Terna spa gestore del sistema di trasmissione nazionale di energia elettrica;
          in particolare, la norma prevede che le risorse finanziarie derivanti dalla cessione della rete, limitatamente al valore dei contributi pubblici, già erogati dallo Stato e utilizzati negli anni per investimenti nella rete elettrica funzionale a quella ferrovia, siano destinate alla copertura di investimenti sulla rete ferroviaria nazionale previsti dal contratto stipulato tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la Rete ferroviaria italiana;
          a norma della suddetta previsione, al fine di migliorare l'efficienza della rete di trasmissione nazionale di energia elettrica e di assicurare lo sviluppo della rete, ferroviaria nazionale, entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge di stabilità, Ferrovie dello Stato Italiane spa dovrà fornire all'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico i dati e le informazioni necessarie affinché l'Authority nei successivi 30 giorni, definisca la Rab, cioè il capitale investito netto riconosciuto, della rete oggetto del trasferimento;
          la rete elettrica di trasmissione nazionale, che costituisce un'infrastruttura di oltre 9 mila chilometri di alta tensione verrà ceduta a Terna, secondo indiscrezioni, per un importo complessivo pari a un miliardo di euro, mentre Fs potrà continuare a usufruire dei contributi pubblici destinati alla manutenzione della rete stessa – come previsto dal contratto di programma – trasferendo i 100 milioni di euro circa che ogni anno lo Stato devolve a suo favore, su altri capitoli di spesa;
          come denunciato da numerose associazioni di categoria e diversi organi di stampa, per la manutenzione della rete elettrica Terna dovrà quindi versare 100 milioni di euro all'anno, con inevitabili ricadute in termini di aumento del prezzo dell'energia elettrica e rincari delle bollette per i consumatori, costretti a pagare due volte la stessa rete, avendola in parte già finanziata con le loro tasse attraverso i trasferimenti alle Ferrovie italiane;
          l'ipotesi di cessione della rete elettrica di proprietà di Ferrovie dello Stato a Terna spa sembra inoltre presentare alcuni profili di incompatibilità con riferimento alla normativa comunitaria che considera tutti gli impianti ed elementi per la trasformazione e il trasporto dell'energia elettrica per la trazione dei treni quali elementi essenziali dell'infrastruttura ferroviaria;
          inoltre, la direttiva europea 2012/34/UE che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico, all'articolo 31, paragrafo 3, esclude la remunerabilità del capitale investito negli elementi di rete indispensabili per erogare il pacchetto minimo di accesso, tra cui rientrano quelli necessari per l'erogazione della corrente di trazione  –:
          se il Ministro interrogato possa chiarire se, nella nozione di «rete di trasmissione nazionale di energia elettrica» di cui alla legge di stabilità 2015, debbano ricomprendersi, oltre alle linee di connessione tra le centrali elettriche e la rete ferroviaria, anche le linee aeree delle tratte elettrificate che permettono l'erogazione dell'energia ai treni, e in caso di risposta affermativa, quale sarà l'ente adibito alla manutenzione delle stesse linee aeree;
          qualora l'ipotesi di cessione della rete elettrica da parte di FS ricomprenda le linee aeree di contatto, quali iniziative il Ministro intenda inoltre adottare per evitare che venga remunerato un asset che le norme comunitarie vietano esplicitamente di remunerare;
          alla luce delle considerazioni esposte in premessa, se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro ritenga di poter adottare per scongiurare gli effetti negativi che la cessione della rete elettrica da parte di Ferrovie dello Stato a Terna determinerà su piccole imprese e famiglie, a partire dal 2015, con inevitabili aumenti del costo dell'energia elettrica per i consumatori. (5-04405)

Interrogazioni a risposta scritta:


      ZARATTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          come accade periodicamente oramai da anni, anche in queste ultime settimane sulla stampa locale del Sud Pontino si è acceso il dibattito sulla presenza del pontile petroli ENI in pieno centro urbano a Gaeta, con tutti i gravi rischi per la popolazione in caso di possibili incidenti connessi con le attività di carico/scarico di prodotti petroliferi;
          in tale ultima occasione ha destato grande clamore il caso del licenziamento in tronco, da parte della società Rimorchiatori Napoletani, del comandante Gianluigi Spinosa, che aveva allertato le istituzioni e l'opinione pubblica sui rischi conseguenti all'emanazione da parte della locale Autorità marittima dell'ordinanza n.  75 del 2014. Infatti, a differenza del passato, con tale atto si autorizza il rimorchiatore – in assistenza per la sicurezza della petroliera durante le operazioni di carico-scarico – ad allontanarsi per lo svolgimento di altri servizi nell'ambito del porto, determinando così un notevole abbassamento della sicurezza in caso d'incidente per i preziosi minuti necessari al reintegro del mezzo di assistenza;
          pertanto, contrariamente a quanto da sempre assicurato dai vertici dell'autorità portuale di Civitavecchia – la cui circoscrizione di competenza fu estesa nel 2002 al porto commerciale di Gaeta, includendo l'intero Golfo – anziché provvedere alla delocalizzazione del pontile petroli, al fine di assicurare lo svolgimento delle operazioni commerciali in condizioni di massima sicurezza, tanto per l'ecosistema marino e costiero quanto e soprattutto per la popolazione in considerazione della prossimità dell'abitato e delle attività umane, si vedono abbassare sensibilmente i livelli di sicurezza;
          quest'ultima vicenda segue, a distanza solo di qualche mese, a un altro acceso confronto tra comune di Formia, comune di Gaeta e autorità portuale di Civitavecchia in relazione al paventato spostamento del pontile petroli nell'ambito del porto commerciale, così come previsto nelle linee guida per la variante al piano regolatore portuale, adottate con delibera n.  12 del 17 febbraio 2014 del comitato portuale dall'autorità portuale;
          tale ipotesi, successivamente liquidata dall'autorità portuale quale «refuso» della delibera approvata, aveva suscitato forti proteste da parte dell'amministrazione formiana, di operatori turistici e balneari e di associazioni di cittadini del comprensorio, in quanto la nuova ubicazione risultava in prossimità della spiaggia di Vindicio, con tutti i conseguenti rischi e pericoli che non si andavano a eliminare ma solamente a trasferire;
          oltre a ciò, veniva fatto notare come la nuova localizzazione prescelta risultasse sempre essere nell'ambito dell'area sensibile individuata dalla regione Lazio ai sensi della direttiva 91/271/CEE del 21 maggio 1991 e del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152. Pertanto, oltre a non risolvere i rischi legati alla salvaguardia della sicurezza e dell'ambiente, la sua realizzazione avrebbe comportato costi maggiori dovendo soddisfare requisiti ben più stringenti;
          per contro, è stato ritenuto da più parti che la soluzione ottimale, capace di contemperare le esigenze di natura economica e commerciale con la sicurezza e la salvaguardia dell'ambiente, poteva essere lo spostamento del terminal petrolifero off-shore a una congrua distanza di sicurezza dalla costa ed al di fuori dell'area sensibile, proprio come avviene da sempre nel porto di Fiumicino – anch'esso amministrato dall'autorità portuale di Civitavecchia – e come di recente delocalizzato nel porto di Civitavecchia, analogamente a quanto avviene in altre parti d'Italia e del mondo;
          infine, a suo tempo, alle forti perplessità sollevate da parte della comunità gaetana rispetto all'annessione del porto commerciale e del golfo di Gaeta all'autorità portuale di Civitavecchia – ipotesi non contemplata dalla legge n.  84 del 1994, e che pertanto non garantiva un'adeguata rappresentanza e partecipazione del territorio agli organi ed ai processi decisionali dell'ente –, si contrapponevano argomentazioni legate ai benefici che sarebbero derivati dall'essere amministrati da un ente più snello, concepito appositamente per gestire i porti e dotato di specifiche risorse finanziarie così da garantire la risoluzione di annosi problemi – tra i quali la delocalizzazione del pontile petroli – oltreché l'ammodernamento infrastrutturale ed il conseguente sviluppo di un settore strategico per l'economia del territori  –:
          se non si intendano assumere iniziative a distanza di oltre 10 anni dall'annessione del porto commerciale di Gaeta all'autorità portuale di Civitavecchia – per la delocalizzazione del pontile petroli di Gaeta in un luogo più sicuro, conformemente alla normativa in materia di sicurezza, al fine di garantire, compatibilmente alle esigenze di natura economica e commerciale, anche la salute, la sicurezza e l'incolumità del cittadini. (4-07459)


      GAROFALO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il viadotto Scorciavacche 2, sulla strada statale Palermo-Agrigento, inaugurato il 23 dicembre 2014 e costato 13 milioni di euro, è crollato il 1o gennaio 2014: infatti metà della careggiata è sprofondata e la restante parte presenta una profonda spaccatura;
          i lavori concernenti il viadotto Scorciavacche 2 dovevano essere consegnati a marzo 2015 invece il raggruppamento di imprese che li ha eseguiti era riuscito a rendere fruibile il tratto stradale dal 23 dicembre 2013;
          dopo le verifiche sull'opera l'Anas aveva dato via libera alla circolazione sottolineando anche come il programma fosse stato rispettato. Ma il 30 dicembre 2014, in presenza dei primi segni di cedimento dell'asfalto del citato viadotto, la stessa Anas ha fatto chiudere il tratto di strada prima che si potessero verificare incidenti e prima e soprattutto che si aprisse una crepa profonda sulla strada;
          la parte interessata dal crollo è stata posta sotto sequestro dalla procura di Termini Imerese che ha aperto un'inchiesta, mentre l'Anas ha annunciato un'indagine interna per accertare le eventuali responsabilità della ditta costruttrice e della direzione dei lavori che aveva autorizzato l'agibilità provvisoria, riservandosi di avviare nei loro confronti un'azione legale;
          si tratta, pertanto, di un fatto che desta grandi perplessità e sul quale è necessario accertare le responsabilità sia di chi ha costruito la strada che poi ha ceduto, sia di chi non ha controllato che i lavori fossero eseguiti con la dovuta diligenza;
          il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha chiesto all'Anas una relazione dettagliata sull'appalto, sui lavori e sulla commissione di collaudo  –:
          quali iniziative urgenti intenda adottare, nell'ambito delle sue competenze, per accertare le responsabilità sul piano amministrativo e disciplinare di quanti hanno partecipato alla preparazione ed alla realizzazione dell'opera pubblica. (4-07462)


      FORMISANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il 1o gennaio 2015 è crollato un tratto di strada di accesso al Viadotto Scorciavacche sulla strada statale 121 Palermo – Agrigento, ad appena otto giorni dalla sua inaugurazione, avvenuta in data 23 dicembre 2014;
          per assoluto caso non transitava in quel momento alcuna autovettura, per cui non vi sono state vittime;
          l'ANAS ha deciso di chiudere al traffico la predetta strada statale, tra il chilometro 226 e 227  –:
          quali procedure abbia attivato il Ministro interrogato per accertare le responsabilità correlate a tale accadimento ed, in special modo, se sia stata chiesta all'Anas, e da quest'ultima fornita, una relazione dettagliata sull'appalto, sui lavori e anche sulla commissione di collaudo. (4-07463)


      REALACCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          secondo quando riportato dai maggiori media nazionali e locali il rilevato stradale in prossimità del viadotto «Scorciavacche 2», sulla Palermo-Agrigento, inaugurato il 23 dicembre 2014 e costato 13 milioni di euro, è crollato alcune settimane fa per lavori non eseguiti a regola d'arte. Per una fortunata coincidenza non vi sono state vittime o danni a cose e persone;
          quanto accaduto in Sicilia ha nuovamente richiamato l'attenzione dell'opinione pubblica e del Governo sulla questione della qualità, della legalità, dei costi e dei tempi di realizzazione delle opere pubbliche nel nostro Paese, specie in corrispondenza di terreni fragili dal punto di vista geologico;
          per quanto sopradetto il Consiglio nazionale dei geologi, unitamente al suo presidente Gian Vito Graziano, così commentava la notizia: «[...] I geologi invocano il buon senso del Ministro Maurizio Lupi nell'approvazione definitiva della revisione alle Norme Tecniche per le Costruzioni, affinché, siano restituite dignità ed importanza agli studi geologici. Purtroppo in Italia siamo alle solite. Siamo in grado di progettare e realizzare grandi opere di rilevante impegno ingegneristico e strutturale, dalle gallerie, ai viadotti alle dighe, ma continuiamo a trascurare il contesto territoriale e geologico entro cui l'opera si inserisce. Il rilevato appena inaugurato che crolla è solo una delle tante testimonianze di questa anomalia nella filiera della progettazione e dell'esecuzione dei lavori, che evidenzia quanto sia importante che ciascuna professionalità, con umiltà e spirito di servizio, accolga i suggerimenti provenienti da settori disciplinari adiacenti ed in parte sovrapposti. La progettazione è un passaggio tecnico troppo importante per non avere regole rigide e forme di controllo altrettanto rigide. L'esecuzione dei lavori è l'atto materiale con cui un progetto diventa opera dell'uomo e, in quanto tale, deve essere rigorosissima e lasciare spazi minimi ad errori o omissioni. Realizzare una qualsiasi opera infrastrutturale senza aver analizzato con attenzione la storia evolutiva del versante sul quale essa si imposta è un errore progettuale grave, che può essere commesso solo se gli studi specialistici geologici non sono stati compiuti con il dovuto rigore o se il progettista delle opere non ha tenuto conto delle risultanze degli studi stessi»  –:
          se il Ministro sia a conoscenza della questione e se non ritenga utile valutare l'opportunità di una revisione delle norme tecniche per le costruzioni affinché vengano meglio definiti i contenuti minimi della relazione geologica ed affinché la programmazione e la direzione lavori della campagna di indagine geognostica, da cui si definisce nel merito il modello geologico e quello geotecnico relativo alla specifica opera da realizzare, siano concertate dal progettista (ingegnere, architetto, geometra) con il consulente geologo. (4-07465)


      PRATAVIERA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          negli ultimi giorni si sono accese alcune polemiche sui mass media circa l'utilità e funzionalità delle conche di navigazione della laguna di Venezia, connesse al sistema MoSE;
          sembra che la conca di navigazione di Malamocco funzionerebbe solo con le navi medio piccole, o comunque con navi fino ad una lunghezza di 280 metri e una larghezza di 39 metri, escludendo le navi di ultima generazione;
          da quanto si apprende dal Gazzettino dell'8 gennaio 2014, sembra che al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti siano state depositate formali richieste di intervento correttivo, perché il complesso conca e lunata di protezione non consente il corretto allineamento delle navi soprattutto in entrata;
          le perplessità sono avanzate anche da parte dell'autorità portuale di Venezia che dichiara che i limiti delle conche erano evidenti da tempo e per questo è stato concepito il porto offshore; indipendentemente quindi dalle necessità di correggere il difetto di allineamento, la conca è stata progettata negli anni ‘90 per le navi allora esistenti e non sarebbe funzionale per le navi di oggi di lunghezza superiore a 300 metri;
          il Consorzio Venezia Nuova replica che durante la posa dei cassoni sono passate un centinaio di navi, fino a 218 metri, dimostrando la funzionalità dell'opera, e che il consorzio ha realizzato l'opera così come era stata progettata e approvata, rendendosi comunque disponibile per eventuali migliorie  –:
          se il Ministro intenda verificare se l'autorità portuale di Venezia abbia presentato osservazioni in fase di progettazione del MoSE ovvero nell'ambito dell'istruttoria per l'approvazione delle opere connesse, che mettessero in rilievo dubbi sulla piena utilità delle conche di navigazione. (4-07466)


      LODOLINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          l'aeroporto di Ancona-Falconara rappresenta una parte fondamentale della piattaforma logistica ed una infrastruttura strategica per le Marche, per la sua economia industriale e turistica, per i marchigiani che vogliono recarsi all'estero e per le persone che dal mondo raggiungono le Marche;
          occorre mettere le basi per una nuova fase di crescita del citato scalo, sviluppare sinergie con le altre importanti infrastrutture marchigiane, a partire dal porto e dall'interporto, ma anche con gli altri soggetti che si occupano di trasporti e di mobilità, Società Autostrade e Rete ferroviaria italiana, e rafforzare, infine, la dimensione marchigiana in un orizzonte Sistema Italia e in una proiezione europea e mondiale;
          in questo quadro va segnalato che l'attuale management di Aerdorica spa ha avviato una strategia di riorganizzazione, di riduzione dei costi e di consolidamento finanziario che dovrebbe portare al risultato di una riduzione dell'esposizione debitoria della società; va aggiunto che con l'accordo siglato nella primavera scorsa con le maestranze si è prevista la riduzione dei salari e degli stipendi di tutto il personale  –:
          di quali elementi disponga il Governo in relazione alla situazione e alle prospettive di sviluppo e di crescita dell'infrastruttura aeroportuale di Ancona-Falconara, anche sotto il profilo della continuità produttiva e della solidità economico-finanziaria delle società operanti nel settore nonché del mantenimento dei livelli occupazionali;
          quali siano i dati concernenti il traffico aereo dello scalo marchigiano e, in particolare, se nell'anno 2014 si sia registrato un aumento del traffico medesimo relativo sia ai passeggeri sia all'attività cargo, al netto dei voli charter. (4-07470)


      MARCOLIN e ATTAGUILE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il 30 dicembre scorso, sulla statale 121 Palermo-Agrigento, si è verificato un cedimento di circa 3 metri di strada a ridosso del viadotto Scorciavacche, su un tratto di 1,3 chilometri inaugurato il 23 dicembre 2014;
          il crollo è avvenuto una settimana soltanto dopo l'inaugurazione dell'opera e ha lasciato sconcertati e preoccupati per la propria sicurezza e incolumità i cittadini che regolarmente attraversano la strada;
          in conseguenza del crollo del viadotto, che era stato ultimato con anticipo di tre mesi rispetto al cronoprogramma dei lavori, è stata ordinata la chiusura al traffico della statale 121 «Catanese», nel tratto compreso tra il chilometro 226 e il chilometro 227, nei pressi di Mezzojuso, con deviazione del traffico veicolare sulla strada provinciale 55;
          la procura di Termini Imerese ha sequestrato l'area, affidando una consulenza tecnica ai periti; la variante sulla strada statale 121, costata all'ANAS spa 13 milioni di euro, costituisce un passo importante verso la realizzazione dell'intero itinerario, che è strategico per tutta la Sicilia, perché costituisce l'unico collegamento diretto tra le province di Palermo e Agrigento;
          occorre salvaguardare l'incolumità delle migliaia di cittadini che giornalmente percorrono quella strada, già oggetto di numerosi incidenti nel corso degli anni, molti dei quali mortali;
          occorre un'apposita inchiesta da parte del Ministro interrogato, nei confronti dell'ANAS spa e della ditta costruttrice, al fine di accertare in tempi rapidi, quali siano i motivi dello sprofondamento avvenuto sul tratto stradale interessato e verificare la procedura dell'appalto, dei lavori eseguiti e dei collaudi che, evidentemente, non sono stati adeguatamente compiuti;
          secondo gli ingegneri responsabili dell'esecuzione dell'opera del consorzio Bolognetta scpa, ditta costruttrice dell'opera, il viadotto sarebbe crollato a causa di un cedimento del terreno di fondazione del corpo stradale con innesco di uno scivolamento verso valle di parte del rilevato;
          da notizie emerse in data 6 gennaio 2015 su «il Giornale» parrebbe che tra le ditte partecipanti al consorzio c’è anche chi abbia avuto già in passato controversie legali in seguito all'esecuzione di taluni lavori;
          il presidente dell'Anas, Pietro Ciucci, eseguendo una ricognizione nei luoghi interessati all'infrastruttura, ha confermato che il cedimento è stato conseguenza di un errore di progettazione o esecuzione dell'opera e ha annunciato l'avvio di un'inchiesta interna per individuare i responsabili, definendo «grave» l'accaduto e annunciando che il danno è quantificato in 200 mila euro e che la strada verrà ripristinata dalla società che ha eseguito i lavori con risorse proprie  –:
          se il Ministro abbia messo in atto tutte le azioni opportune al fine di fare luce su quanto accaduto lungo la strada statale 121 «Catanese», nel tratto compreso tra il chilometro 226 e il chilometro 227, e individuare i veri responsabili;
          se sul tratto del terreno interessato dal crollo fossero state effettuate adeguate indagini geologiche e geotecniche;
          se allo stato attuale sia garantita l'incolumità delle migliaia di cittadini che giornalmente percorrono quella strada;
          se il Ministro intenda procedere in tempi celeri al ripristino della viabilità ordinaria nel tratto di strada che collega le province di Palermo e Agrigento;
          quali provvedimenti si intendano adottare per prevenire il verificarsi in futuro di simili inaccettabili situazioni che mettono a rischio la vita dei cittadini e recano sconcerto sui sistemi di approvazione e controllo della realizzazione delle opere pubbliche nel Paese. (4-07474)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


      SANDRA SAVINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto risulta da un articolo pubblicato dal quotidiano Il Messaggero Veneto il 29 novembre 2014, nel comune di San Daniele del Friuli in provincia di Udine si è verificato l'ennesimo caso di violenza sulle donne, provocato da un cittadino extracomunitario marocchino, il quale ha percosso per diversi mesi, in maniera estremamente violenta la moglie, rinchiudendola all'interno dell'abitazione in cui vivono, divenuta una sorta di prigionia;
          il tragico episodio, che ripropone il fenomeno della violenza sulle donne, ha determinato l'intervento dei carabinieri che hanno arrestato il violentatore per i maltrattamenti e le violenze effettuate ai danni della compagna, una connazionale di 24 anni, arrivata in Italia lo scorso aprile;
          il suesposto quotidiano, riporta inoltre che l'operazione di soccorso, è avvenuta a seguito della disperata richiesta di soccorso via Skype, da parte della giovane moglie, rivolta ai genitori in Marocco, i quali successivamente sono riusciti ad allarmare le forze dell'ordine, con la richiesta di pronto soccorso avanzata direttamente in Italia;
          a giudizio dell'interrogante, tale vicenda conferma nuovamente, come sia inutile spendere risorse pubbliche in campagne pubblicitarie di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne, nel momento in cui l'interpretazione della legge che ha consentito la scarcerazione del violentatore marocchino non avrebbe dovuto prevederne l'uscita dal carcere;
          sarebbe stato opportuno maggiore rigore e severità nell'applicazione della disciplina normativa;
          a tal fine, a parere dell'interrogante, occorre una maggiore attenzione giuridica e sociale, nei confronti di un fenomeno di particolare gravità che ha assunto nel nostro Paese dimensioni allarmanti, in particolare, da parte degli extracomunitari che soggiornano in Italia, i quali spesso per fanatismo, legato alla propria religione, esercitano un'aggressività spropositata, anche a causa di un sistema normativo inaccettabile, che determina addirittura la scarcerazione dopo soli due giorni dall'avvenuto maltrattamento;
          il suesposto episodio impone in definitiva, a giudizio dell'interrogante, una rapida accelerazione nell'introduzione di norme di carattere penale più stringenti e rigorose, finalizzate a garantire una maggiore certezza della pena da scontare negli istituti detentivi, per coloro che in Italia effettuano maltrattamenti e violenze alle donne; occorrono altresì ulteriori iniziative di carattere sociale e culturale, finalizzate ad incrementare i livelli di rispetto e tolleranza nei riguardi del sesso femminile, in particolare nei confronti degli extracomunitari, il cui comportamento spesso esageratamente violento, esige rapide iniziative normative da parte del Governo  –:
          quali orientamenti intendano esprimere, per quanto di competenza, e se, in considerazione di quanto esposto in premessa, non ritengano opportuno prevedere specifiche iniziative, finalizzate ad inasprire le pene detentive in caso di violenza e maltrattamenti sulle donne e soprattutto a garantire che il reato sia interamente scontato all'interno delle strutture carcerarie ed evitare casi come quello accaduto a San Daniele del Friuli, in cui il violentatore marocchino è stato scarcerato soltanto pochi giorni dopo l'avvenuta aggressione. (4-07458)


      FORMISANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
          come riportato da numerosi organi di stampa e confermato anche dai vertici del Governo, il 31 dicembre 2013, l'83 per cento dei vigili urbani di Roma si è assentato dal servizio;
          le motivazioni addotte variano dalla malattia alla licenza per donazione di sangue, fino a numerose richieste di ferie;
          se si tiene conto del personale in ferie e anche se le assenze per malattia sono solo il 30 per cento del totale delle stesse, tale comportamento ha messo in evidenza una totale carenza organizzativa del servizio, tra i più importanti ed essenziali per i cittadini della capitale, carenza che necessita di un immediato accertamento delle cause e delle relative responsabilità che devono essere prontamente sanzionate;
          quanto sopra descritto ha inoltre comportato un duplice effetto negativo per la collettività ed ha esposto a gravi rischi la sicurezza dei cittadini, considerato che:
              i vigili urbani sono organo di polizia locale e, unitamente alle altre forze di polizia, svolgono funzione di ordine pubblico sul territorio comunale e la loro assenza di massa dal servizio ha messo a rischio la tutela dell'ordine pubblico e la pubblica incolumità;
              i vigili urbani sono dipendenti della pubblica amministrazione, retribuiti con fondi pubblici provenienti anche dai trasferimenti dello Stato al comune; l'assenza dal servizio ha provocato un danno economico all'ente;
          si aggiunga, inoltre, che tale intollerabile comportamento si è verificato nel momento più buio per la capitale colpita da gravissimi fatti di mafia e corruzione, e risulta incredibile pensare che il corpo dei vigili urbani – fatta ovviamente eccezione per il 17 per cento dei componenti che si è regolarmente presentato in servizio – possa essere utilizzato per contrastare il fenomeno criminale  –:
          se i Ministri interrogati, anche a seguito della visita ispettiva promossa dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, siano a conoscenza delle azioni poste in essere dal comune di Roma per tutelare l'interesse pubblico, l'ordine pubblico e in particolare se siano state disposte verifiche al fine di accertare le responsabilità del comandante del Corpo dei vigili urbani e di ogni altro soggetto, a qualsiasi livello, coinvolto nella vicenda;
          se i Ministri interrogati ritengano, per le loro rispettive competenze, di assumere iniziative, anche normative, dirette a prevenire ed evitare tali intollerabili situazioni. (4-07461)


      FORMISANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          l'imprenditrice palermitana Valeria Grasso è testimone di giustizia dall'anno 2007, cioè da quando denunciò le estorsioni subite dal clan di Resuttana a Palermo;
          la signora Grasso, dopo essere stata per tre anni in una località protetta, ha fatto rientro a Palermo ove ha ripreso la propria attività imprenditoriale consistente nell'esercizio di una palestra ginnica e per fitness, ubicata in quella città;
          la signora Grasso è stata negli ultimi tempi soggetta a diversi eventi intimidatori, di seguito sommariamente descritti, da lei doverosamente e puntualmente denunciati alle opportune sedi, dalla procura della Repubblica di Palermo alla stazione dei carabinieri di Partanna Mondello, oltre che comunicati al prefetto dottor Rabuano, componente della Commissione    antimafia nazionale, il quale ne ha subito informato il prefetto di Palermo, dottoressa Cannizzo;
          la sera del 23 agosto 2014, non appena rientrata a casa intorno alle ore 23, la signora Grasso si accorgeva, in presenza dei militari di scorta, che porte e finestre della sua abitazione erano aperte e che tutte le luci interne erano accese: nell'occasione riscontrava anche che nel corridoio di ingresso si trovava una pozza d'acqua e che il suo cane, che solitamente veniva da lei lasciato libero nel giardino, si trovava invece nel salone. I militari di scorta, ovviamente allarmati, avevano subito chiesto ai colleghi della vigilanza dinamica se avessero visto dei movimenti e quale fosse stato l'orario della loro ultima sosta di controllo, ottenendo come risposta che sino alle ore 22,30 la casa era regolarmente chiusa con le luci spente. I militari hanno rigorosamente fatto all'autorità una relazione sull'accaduto, da loro stessi definito, «molto serio ed inquietante»;
          i quotidiani Catania Today del 4 gennaio e Sicilia 24H del 5 gennaio 2015 hanno dato notizia che la targa della palestra della signora Grasso, ubicata a S. Lorenzo in via dell'Olimpo 30, era stata piegata e danneggiata da ignoti nel cuore della notte, mettendo in evidenza, oltre le solidarietà espresse, anche la gravità del messaggio intimidatorio;
          tra questi due episodi si inserisce una serie di fatti allarmanti quale quello riferitole da un collaboratore della palestra che si era accorto, intorno alle ore 21 di un giorno, della presenza sulla strada, nelle vicinanze della palestra, di un furgone bianco (la cui targa purtroppo non era stata rilevata) all'interno del quale si trovavano due uomini che guardavano insistentemente all'interno dei locali. Il collaboratore aveva ritenuto opportuno uscire in strada ed osservare i due predetti uomini (che poco dopo si erano allontanati) non prima di avere cautelativamente protetto, facendoli ritirare in una stanza all'interno della palestra, la figlia della signora Grasso, Margherita, ed il suo fidanzato, il quale aveva anche lui osservato insieme al collaboratore la presenza dei due uomini all'interno del furgone;
          è stato pure fatto osservare all'autorità competente che il signor Salvatore Lo Cricchio (membro della famiglia Madonia), detenuto perché condannato alla pena di otto anni di reclusione in seguito alla denuncia della signora Grasso, da circa otto mesi si trovava nuovamente in stato di libertà e frequentava costantemente il noto ristorante denominato «Pace e Bene» ubicato a poca distanza dalla palestra in questione, dove era stato ripetutamente visto dalla signora Grasso, dai suoi familiari ed anche dai carabinieri;
          una così preoccupante situazione, chiaro segno del non gradimento da parte della mafia del rientro a Palermo della testimone di giustizia per la portata dirompente della denuncia dell'estorsione da lei subita e della sua attività di incoraggiamento – attraverso dibattiti e convegni – alla ribellione dei cittadini alla mafia, rende manifesta la gravità dell'esposizione della persona della signora Grasso, oltre che di quelle dei suoi figli, ad un serio ed imminente pericolo di vita  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se pertanto non ritenga doveroso impartire le opportune disposizioni affinché siano predisposte più rigorose misure di controllo dei luoghi e di protezione della signora Grasso. (4-07468)


      LA RUSSA, GIORGIA MELONI e RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la gestione dei richiedenti lo stato di asilo politico è tematica quantomai delicata sia per le sue implicazioni umanitarie, sia per le ricadute che può generare sui territori in casa di malagestione;
          nelle ultime settimane si è avuta notizia della volontà delle istituzioni preposte di istituire un cosiddetto «centro di smistamento profughi» in località Mombello di Limbiate (Mb), nell'area della «ex Verniciatura» di proprietà della provincia di Monza e Brianza;
          tale notizia, non suffragata da elementi di ufficialità, ha alimentato preoccupazione e disagio tra i cittadini residenti;
          il sindaco di Limbiate e l'amministrazione comunale non hanno risposto alle interrogazioni poste dai consiglieri di minoranza, e tuttora non spiegano alla cittadinanza entità e natura dell'intervento, e anche il presidente della provincia di Monza e Brianza, all'uopo interrogato, ha fornito versioni vaghe e discordanti;
          il sindaco di Limbiate, rispondendo a una lettera inviatagli dal locale circolo di Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale ha dichiarato che «su richiesta del Comune di Limbiate i profughi non saranno più di 10-12 alla settimana» e che «rimarranno nella struttura il tempo necessario al disbrigo delle pratiche per poi essere smistati in altri centri»;
          il comune di Limbiate sembra abbia assicurato che il centro sarà operativo per un periodo di pochi mesi;
          l'emergenza immigrazione, in particola dall'inizio dell'operazione «Mare nostrum», è stata gestita secondo gli interroganti con approssimazione, scaricando sui territori l'incapacità gestionale dello Stato centrale  –:
          se corrispondano al vero le notizie di cui in premessa, o se sia comunque prevista l'istituzione di un centro per lo smistamento dei profughi nella zona;
          quante persone saranno ospitate nel centro e per quanto tempo, quale sarà il loro status giuridico, dove saranno inviate queste persone al termine del periodo di soggiorno nel Centro di smistamento, se le persone in arrivo saranno già state sottoposte alle procedure di identificazione e agli opportuni controlli sanitari, quali sarebbero i costi a carico della collettività e da quali enti verranno sostenuti, con quali procedure sarà selezionato il soggetto gestore del centro, e se sia possibile chiedere che tale operatore renda pubblici i bilanci e relazioni periodicamente sull'attività svolta, e, infine, quali misure di sicurezza verranno adottate per limitare l'eventuale impatto negativo di questa struttura sui territori. (4-07472)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


      DELLAI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          sono 73 i lavoratori della società Getek Ict Srl di Crotone (facente parte del Consorzio Postelink di Poste Italiane Spa), attualmente in mobilità e prossimi alla disoccupazione;
          questi lavoratori hanno svolto un delicato servizio di contact center per il numero verde INPS/INAIL e la loro professionalità è stata riconosciuta dagli stessi enti INPS ed INAIL;
          nel settembre del 2010 la nuova gara per il servizio di contact center INPS/INAIL è stata aggiudicata alla società Transcom Worldwide Spa con sede a L'Aquila, ma, a differenza degli operatori degli altri siti che sono stati reinseriti nella nuova commessa, i lavoratori della Getek sono stati esclusi da tale reinserimento;
          sembrerebbe, addirittura, che mentre i lavoratori Getek sono stati posti prima in cassa integrazione guadagni ordinaria e poi in cassa integrazione guadagni straordinaria, ed oggi in mobilità, gli operatori di altri siti sono stati formati ed assunti dal 2010 ad oggi per lo stesso servizio;
          la situazione occupazionale nel territorio crotonese in particolare e calabrese in generale è drammatica e questi lavoratori sono capifamiglia monoreddito con figli a carico  –:
          se non ritenga opportuno convocare un tavolo tecnico per tentare di dare soluzione ad una vicenda che si trascina da troppo tempo, affinché non vada disperso un capitale professionale riconosciuto e, soprattutto, per dare risposte alle aspettative di tante famiglie crotonesi che si interrogano su quale sarà il loro futuro. (3-01238)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      TRIPIEDI, COMINARDI, ALBERTI, CASO, CARINELLI, TONINELLI, PESCO, PETRAROLI, MANLIO DI STEFANO, SORIAL, DE ROSA, BASILIO e ZOLEZZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          in data 15 dicembre 2014, veniva pubblicata sul quotidiano online «il Cittadino MB», la notizia riguardante i dati diffusi dalla Fiom-Cgil della Lombardia che evidenziavano che da gennaio a novembre 2014, 6238 metalmeccanici operanti in aziende della regione Lombardia abbiano perso il posto di lavoro; di questi, 771 nel solo mese di novembre 2014;
          nella provincia di Monza e Brianza, 920 è il numero degli operai del settore metalmeccanico ad aver perso il posto di lavoro nei primi undici mesi dell'anno 2014; 94 nel solo mese di novembre 2014;
          sempre nella stessa provincia, ad ottobre 2014 è stato il mese con il dato annuale peggiore con 270 operai metalmeccanici ad aver perso il posto, dato negativo più alto di tutta la Lombardia;
          la Lombardia, da sempre è riconosciuta come regione tra le prime d'Italia come numero di impiegati nel settore metalmeccanico;
          a parere degli interroganti, i dati negativi che attanagliano il comparto metalmeccanico lombardo con i conseguenti ed inevitabili licenziamenti degli operai del settore, mettono in risalto la debolezza strutturale dell'apparato industriale creata da atteggiamenti che appaiono agli interroganti sin troppo elusivi nel cercare di risolvere il problema da parte del Governo, a cui va aggiunta la mancanza di programmazione di un reale piano industriale volto al rilancio del settore metalmeccanico ed atto a tutelare il mantenimento dei posti di lavoro;
          i numeri drammaticamente sopra riportati confermano inoltre come la crisi iniziata nel 2008, sopra analizzata per la sola regione Lombardia, non sia ancora finita ma, al contrario, sia ancora fin troppo evidente  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei dati sopra indicati e quali politiche abbia previsto per la ripresa del settore metalmeccanico nella regione Lombardia e se intenda attivare un tavolo di lavoro con le parti sociali e le istituzioni competenti per materia per contrastare questa grave crisi occupazionale del settore. (5-04406)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FERRARESI, GRILLO, MICILLO, TOFALO, MANNINO, DAGA, DE ROSA e ZOLEZZI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la legge n.  130, del 30 marzo 2001, fornisce disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri, ma l'articolo 8, che prevedeva che: «Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della sanità, ... sono definite le norme tecniche per la realizzazione dei crematori, relativamente ai limiti di emissione, agli impianti e agli ambienti tecnologici, nonché ai materiali per la costruzione delle bare per la cremazione», è rimasto inattuato, si è quindi in presenza di un vuoto normativo;
          gli impianti di cremazione rappresentano una tipologia impiantistica che si sta diffondendo, pur in carenza di norma specifica che ne definisca gli aspetti tecnologici di costruzione, gestione e controllo;
          l'utilizzo intensivo della cremazione è una caratteristica dei Paesi cosiddetti evoluti; in diversi Paesi europei la percentuale di cremazioni è nell'ordine del 50 per cento sul totale dei deceduti; anche nelle nostre regioni del nord la percentuale ha già superato in diversi casi il 20 per cento, con un trend crescente; in regione Lombardia un quarto dei morti vengono cremati;
          la cremazione risponde ad esigenze della collettività diverse, sotto il profilo igienico-sanitario, culturale, di servizio sociale ed economico:
              igienico sanitario, in quanto è una pratica migliorativa rispetto alla tumulazione;
              culturale, soprattutto dopo che anche la Chiesa cattolica ha rimosso impedimenti di ordine religioso, riconoscendo la libera scelta in merito;
              sociale, in quanto la cremazione è una pratica richiesta da un numero sempre maggiore di cittadini;
              economico, per le famiglie, risparmiando soprattutto per il mancato costo per l'estumulazione programmata; per i comuni, dato dalla riduzione dei costi di gestione, dei cimiteri, degli spazi, delle costruzioni, degli aspetti sanitari;
          sulla materia della cremazione e dispersione delle ceneri la potestà legislativa è esercitata, in modo concorrente, anche dalle regioni; ciascuna di esse ha emanato leggi regionali che regolano la materia sino a livello provinciale e comunale; ciascun comune emana poi un proprio Regolamento; in maniera spesso disomogenea;
          le norme che vengono normalmente tenute a riferimento, in assenza di specifica, sono principalmente quelle contenute nel decreto legislativo n.  152 del 2006 (codice ambiente) in particolare:
              a) la parte IV «Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati» dove nella classificazione dei rifiuti urbani rientrano anche «i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), e) ed e).» (articolo 184, comma 1, lettera f));
              b) l'allegato IV della parte II, punto 7, lettera r), «impianti di smaltimento di rifiuti urbani non pericolosi, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno (operazioni di cui all'Allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, della parte quarta del decreto legislativo del 14 aprile 2006, n.  152)»;
          i forni della cremazione sono equiparati agli inceneritori industriali che funzionano con modalità continuativa nell'arco della giornata e dell'anno;
          durante la cremazione viene emessa una grande quantità di inquinanti atmosferici; oltre a polvere, monossido di carbonio, ossidi di azoto, ossidi di zolfo e idrocarburi, vengono prodotte anche sostanze altamente problematiche come le diossine, i furani o i metalli pesanti; per limitare la loro emissione è necessario che i forni crematori siano dotati di impianti di trattamento specifico dei fumi;
          il funzionamento dei forni avviene normalmente solo nelle ore diurne; l'accensione e lo spegnimento hanno ricadute, in termine di emissione di inquinanti nell'unità di tempo, particolarmente gravose, dovute alla variabilità delle temperature interne ed esterne all'impianto; i dati del monitoraggio vengono poi però amalgamati nel dato medio giornaliero misurato;
          è nel metodo di controllo e di misura dell'inquinante che consiste la noxa patogena, un metodo continuo applicato ad un processo discontinuo con, inoltre, carenza di raccolta dato su tutto il campionario di sostanze prodotte dalla combustione (esempio diossina e metalli pesanti); una metodica anomala al contesto, in quanto viene ricondotta alla gestione di un inceneritore tradizionale, con cui i forni crematori per struttura ed impiego non possono essere assimilati  –:
          se non si ritenga necessaria l'emanazione del decreto ministeriale di cui all'articolo 8 della legge n.  130 del 2001, in modo tale da disciplinare con una chiara disposizione normativa quanto rappresentato nelle premesse, allo scopo di evitare così rischi per la salute della popolazione e per l'ambiente. (5-04407)

Interrogazione a risposta scritta:


      ATTAGUILE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          con il decreto del Ministero della sanità del 27 agosto 1999, n.  332, è stato emanato il «Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale: modalità di erogazione e tariffe», che individua, nel dettaglio, le categorie di persone che hanno diritto all'assistenza protesica, le prestazioni che comportano l'erogazione dei dispositivi riportati negli elenchi 1, 2 e 3 del nomenclatore tariffario e le modalità di erogazione;
          l'articolo 11 del medesimo regolamento stabilisce che «Il nomenclatore è aggiornato periodicamente, con riferimento al periodo di validità del Piano sanitario nazionale e, comunque, con cadenza massima triennale, con la contestuale revisione della nomenclatura dei dispositivi erogabili»;
          dal 1999 il nomenclatore tariffario è in attesa di revisione, che, secondo lo stesso decreto ministeriale n.  322 del 1999, sarebbe dovuta avvenire entro il 31 dicembre 2001 (così modificato dall'articolo 1 del decreto ministeriale 31 maggio 2001, n.  321);
          l'aggiornamento previsto non è mai stati effettuato e, da ormai 15 anni prezzi, tecnologie e presidi sono rimasti sostanzialmente invariati;
          la mancanza di tale aggiornamento ha provocato un danno sia per i disabili sia per le aziende erogatrici di dispositivi ortoprotesici poiché ha generato nel tempo una distorsione del libero mercato; le aziende, infatti, sono costrette a produrre e vendere componenti ortopedici sottocosto, i disabili non possono permettersi alcune nuove tecnologie non riconducibili ai «codici» generici e l'incertezza sui rimborsi provoca diffusi disagi e inefficienze; si genera inoltre una condizione di disparità sociale poiché solo le famiglie con maggiori disponibilità economiche sono in grado di accedere ad ausili tecnologicamente più avanzati perché in grado di sostenere la differenza di spesa del presidio;
          l'aggiornamento periodico del nomenclatore è indispensabile perché esso deve essere in linea con il progresso tecnologico che, da un lato, migliora la qualità di protesi e ausili e fornisce ai disabili le migliori condizioni possibili e, dall'altro, porta a un cambiamento di prezzi che in alcuni casi si abbassano e in altri aumentano;
          il decreto-legge n.  158 del 13 settembre 2012, recante «Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute» convertito, con modificazioni, dalla legge n.  189 dell'8 novembre 2012 ha stabilito all'articolo 5, comma 2-bis, che «il Ministro della Salute procede entro il 31 maggio 2013 all'aggiornamento del nomenclatore tariffario di cui all'articolo 11 del regolamento del Ministro della sanità 27 agosto 1999, n.  332»;
          rispondendo ad un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea nel mese di luglio 2014 il Ministro interrogato ha affermato che all'interno del patto per la salute 2014-2016 è previsto l'aggiornamento del nomenclatore che avrebbe avuto attuazione entro il 31 dicembre del 2014  –:
          quali siano i tempi reali per l'attesissimo aggiornamento del nomenclatore dato che non risulta all'interrogante che alla data stabilita si sia proceduto al suo aggiornamento. (4-07460)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


      SPESSOTTO e DE LORENZIS. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          come noto, dal primo dicembre 2014 è entrato in vigore l'adeguamento tariffario di alcuni servizi di corrispondenza e pacchi di Poste Italiane spa in conformità ai criteri definiti dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) nella delibera 728/13/CONS;
          gli adeguamenti tariffari hanno riguardato la posta affrancata con francobollo o inviata dall'ufficio postale, la posta raccomandata e i pacchi ordinari nazionali e internazionali, con significativi incrementi sia per la posta prioritaria, che ha subito un aumento di 10 centesimi – da 70 a 80 centesimi – sia per la posta raccomandata passata da 3,60 a 4 euro, con un incremento complessivo di 40 centesimi;
          questo aumento generalizzato sulle affrancature per la corrispondenza postale, che riguarda tutti gli scaglioni di peso, gli analoghi servizi internazionali nonché l'avviso di ricevimento, segue, a distanza di poco meno di due anni, un ulteriore aumento delle tariffe postali, approvato con la delibera dell'Agcom n.  640/12, che aveva portato il costo della posta prioritaria da 60 a 70 centesimi e quello della posta raccomandata da 3,30 a 3,60;
          tale aumento tariffario sta creando pesanti disagi sia agli esercenti – molti tabaccai e alcuni uffici postali non hanno infatti ancora ricevuto la pezzatura da 0,80 euro – sia alla clientela dal momento che è ancora molto difficile, se non quasi impossibile in alcuni comuni italiani, reperire i francobolli di tale pezzatura;
          come denunciato in questi giorni da diversi organi di stampa, da quando sono scattati gli aumenti tariffari e durante tutto il periodo delle feste natalizie, i francobolli sono diventati pressoché introvabili in molte città italiane ed oggetto di una vera e propria caccia  –:
          se il Governo sia a conoscenza della grave situazione di disagio arrecata ai cittadini dalla variazione delle tariffe postali in assenza della concomitante emissione dei nuovi francobolli e quali urgenti iniziative intenda assumere per rispondere alle difficoltà create agli utenti del servizio postale dalla mancata dotazione presso uffici postali e tabaccherie dei necessari francobolli;
          alla luce dei fatti esposti in premessa, se il Governo non ritenga che le difficoltà denunciate dagli utenti del servizio postale nel reperimento dei francobolli e l'inevitabile conseguente ritardo nell'affrancatura e quindi nell'invio della corrispondenza, si pongano in contrasto con il carattere di servizio postale universale affidato in gestione a Poste spa ai sensi ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo n.  261 del 1999, e disciplinato dalle condizioni generali di servizio per l'espletamento del servizio universale postale, approvate con delibera 385/13/CONS.
(4-07457)


      PETRAROLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
          il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 maggio 2009 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale 25 maggio 2009, n.  119) dà attuazione all'articolo 16-bis, «Misure di semplificazione per le famiglie e per le imprese», del decreto-legge 29 novembre 2008, n.  185, in cui si stabilisce al comma 5, che «Per favorire la realizzazione degli obiettivi di massima diffusione delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni, previsti dal codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n.  82, ai cittadini che ne fanno richiesta è attribuita una casella di posta elettronica certificata. L'utilizzo della posta elettronica certificata avviene ai sensi degli articoli 6 e 48 del citato codice di cui al decreto legislativo n.  82 del 2005, con effetto equivalente, ove necessario, alla notificazione per mezzo della posta. Le comunicazioni che transitano per la predetta casella di posta elettronica certificata sono senza oneri»;
          da mercoledì 17 dicembre 2014 sulla «Home Page» del sito di posta certificata elettronica (PEC) www.postacertificata.gov.it, dal quale i cittadini possono controllare e inviare comunicazioni certificate da/per le pubbliche amministrazioni, compare una comunicazione di sospensione progressiva del servizio;
          il servizio è svolto in concessione da Poste italiane, Telecom Italia e Postecom spa e l'attivazione è gratuita per l'utente;
          con la comunicazione si informa l'utenza sulla tempistica della sospensione del servizio voluto per far convergere tutte le comunicazioni di posta certificata su sistemi di PEC standard, abitualmente utilizzati nelle comunicazioni tra cittadini, professionisti e imprese;
          dal 18 marzo 2015 al 17 luglio 2015 le caselle saranno mantenute attive solo in modalità di ricezione e sarà consentito agli utenti l'accesso alle stesse solo ai fini della consultazione e del salvataggio dei messaggi ricevuti, sempre dal 18 marzo 2015 tutti gli utenti CEC-PAC potranno richiedere una casella PEC, gratuita per un anno, inviando un’e-mail all'indirizzo richiestapec@agid.gov.it;
          dalla comunicazione si evince che dal secondo anno a seguire il servizio PEC sarà a pagamento. Sul sito web dell'Agenzia per l'Italia digitale www.agid.gov.it, in area di difficile accesso per l'utenza, vengono spiegate le motivazioni che hanno spinto alla chiusura del servizio, ovvero confusione sull'uso, sovrapposizione del servizio CEC-PAC alla PEC e il mancato invio di e-mail nell'82 per cento delle caselle attive;
          dal sito web dell'Agid non è possibile conoscere i nuovi costi che saranno a carico degli utenti che richiederanno la PEC inviando la mail all'indirizzo richiestapec@agid.gov.it  –:
          se il Ministro sia a conoscenza di tale ulteriore «balzello» a carico dei cittadini e quali provvedimenti intenda adottare per mantenere la gratuità del servizio PEC, che rappresenta un utile strumento per le comunicazioni certificate che la cittadinanza effettua nei confronti delle pubbliche amministrazioni. (4-07467)


      FERRO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il Soratte Outlet è una struttura presente nel comune di S. Oreste in provincia di Roma che ha iniziato la sua attività commerciale nel 2008;
          Outlet Center Soratte è una società del gruppo CESI – Cooperativa Edile stradale Imola, proprietaria del complesso immobiliare a destinazione commerciale sito nel comune di Sant'Oreste (RM), località Saletti, all'interno del quale di collocano le attività dell'Outlet Center Soratte;
          in data 8 luglio 2014 la CESI è stata messa in liquidazione coatta amministrativa, mettendo di fatto tutte le aziende di proprietà o partecipate in maggioranza dal gruppo nella stessa situazione;
          fra le ditte di proprietà del Gruppo CESI figurano, nel settore del commercio, Parcor, proprietaria di Parma Retail ed Outlet Center Soratte;
          il passivo di quest'ultima società ammonta a 92.000.000 di euro nel 2013, più un debito con le banche per 94.000.000;
          a sorprendere è però l'aggiornamento del valore dell'intervento immobiliare, stimato in 114,9 milioni nel 2012 e crollato a 33,7 nel 2013;
          il Soratte Outlet ha iniziato la sua attività commerciale il 26 novembre del 2008 e, attualmente, soltanto una settantina di unità risultano attive, cioè meno della metà della superficie disponibile;
          i visitatori non mancano, anzi crescono sensibilmente: nel 2013 sono stati 1.215.000 (+ 31,20 per cento), così come cresce anche il fatturato dei negozi (30,8 milioni di euro, + 6,09 per cento);
          l'amministrazione degli spazi è data alla società Soratte Gestione, con cinque dipendenti;
          dai dati sull'attività di Soratte Gestione risulta che i clienti dell'Outlet spendono in media troppo poco per costi di gestione estremamente ingenti, determinando canoni di affitto degli, spazi commerciali eccessivamente alti rispetto al fatturato dei negozi;
          a dimostrazione di questo stato di cose sono già tre i decreti ingiuntivi arrivati nel 2014 alla società, più un titolo esecutivo;
          tutto ciò significa chiaramente che il Soratte Outlet, realtà strutturata sul commercio con notevoli potenzialità intrinseche derivanti dalla sua collocazione geografica e con un ottimo bacino d'utenza, sta languendo a causa di innumerevoli errori di gestione;
          non si può comprendere perché si sia deciso, ad uno stato ancora incompleto di avviamento del primo stralcio, la realizzazione del secondo: la nuova parte del complesso, infatti, ha aumentato i costi di una struttura già debole, aggravandone la situazione;
          a peggiorare la precaria situazione del Soratte Outlet è intervenuto il contesto di estrema incertezza generato dal commissariamento della CESI: da quel momento, infatti, i gestori delle attività commerciali non hanno più avuto, di fatto, figure di riferimento alle quali far presente la situazione di grave disagio che si è venuta a creare negli ultimi mesi;
          in un momento di crisi acuta come quello presente perdere delle attività all'interno dell'Outlet significa non poterle più rimpiazzare nel breve periodo e andare, di conseguenza, verso il completo abbandono della struttura;
          la crisi del Soratte Outlet è dimostrata dalla fine di alcuni servizi essenziali al funzionamento delle attività, quali la pulizia degli spazi comuni, la gestione delle aree verdi, la promozione: ciò ha generato le proteste dei gestori delle attività commerciali, che minacciano di non pagare più i canoni di locazione;
          si deve anche sottolineare che la conferenza dei servizi che ha permesso l'attuazione dell'accordo di programma sottoscritto fra enti pubblici e privati per la realizzazione del Soratte Outlet aveva disposto la cessione di una delle unità commerciali al comune di Sant'Oreste a fini di promozione turistica e di valorizzazione dei prodotti del territorio: tuttavia l'ente pubblico preposto ad avviare l'iniziativa non si è fatto carico di tale obbligazione;
          il rischio di chiusura del centro è forte: per evitare che questo avvenga, con gran perdita di denaro da parte dei creditori e di posti di lavoro da parte del territorio, si dovrà riuscire a superare il concetto di rendita immediata per investire nel medio periodo, impostando un piano di promozione tale da attrarre attività emergenti ed al tempo stesso trainanti; questo permetterà alla società proprietaria del centro di diminuire i costi di gestione, di non investire denaro per completare o terminare gli spazi ancora sfitti o inutilizzati, di spalmare i costi di gestione su un numero maggiore di attività insediate e di tornare ad incassare i canoni di affitto dalle imprese attualmente locatarie che saranno incentivate a rimanere  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione in premessa;
          se, nell'ambito delle sue funzioni istituzionali, il Ministero voglia occuparsi di scongiurare la chiusura del centro per mantenere la struttura viva e garantire i circa 400 dipendenti che vi lavorano, anche attivando un tavolo di trattative. (4-07469)

Apposizione di firme ad interpellanze.

      L'interpellanza Airaudo e altri n.  2-00793, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 dicembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pellegrino.

      L'interpellanza urgente Valiante e altri n.  2-00795, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 gennaio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Benamati, Amendola, Bazoli.