XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 403 di mercoledì 1 aprile 2015

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

      La seduta comincia alle 9,30.

      DAVIDE CAPARINI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
      (È approvato).

Missioni.

      PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Alfreider, Artini, Bonafede, Bonavitacola, Michele Bordo, Carbone, Catania, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Menech, Dellai, Di Lello, Ferranti, Ferrara, Fontanelli, Galati, Gitti, Guerra, Lauricella, Losacco, Manciulli, Martella, Antonio Martino, Mazziotti Di Celso, Nicoletti, Orlando, Ravetto, Domenico Rossi, Schullian, Sisto, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Venittelli, Vignali, Villecco Calipari e Vitelli sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
      I deputati in missione sono complessivamente centododici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

      Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale (A.C. 2617-A); e delle abbinate proposte di legge: Maestri ed altri; Bobba ed altri; Capone ed altri (A.C. 2071-2095-2791) (ore 9,35).

      PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n.  2617-A: Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale; e delle abbinate proposte di legge: Maestri ed altri; Bobba ed altri; Capone ed altri, nn.  2071-2095-2791.
      Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 31 marzo 2015.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2617-A)

      PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
      Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
      Avverto, altresì, che la XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
      Ha facoltà di intervenire la relatrice per la maggioranza, onorevole Lenzi. Colleghi vi pregherei di... grazie. Prego, onorevole.

      DONATA LENZI, Relatrice per la maggioranza. Grazie Presidente, le posso chiedere il tempo a me assegnato ?

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      PRESIDENTE. Ha venti minuti come tutti i relatori... quindici, mi scusi, come tutti i relatori.

      DONATA LENZI, Relatrice per la maggioranza. Perfetto, grazie Presidente.
      Presidente e colleghi, il disegno di legge che mi appresto ad illustrare, probabilmente, almeno a nostro giudizio, è uno dei più importanti provvedimenti di questa legislatura. Il settore è molto ampio, il numero delle persone coinvolte è altissimo e, in ogni caso, questo è un ulteriore tassello di questa fase politica caratterizzata da profondo spirito riformista.
      Il percorso è iniziato il 13 marzo 2014 con la presentazione...

      PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Lenzi, mi correggo, ma avevo ragione io, ha venti minuti di tempo a disposizione, non quindici. Sappia che ha cinque minuti in più.

      DONATA LENZI, Relatrice per la maggioranza. Vede che ho fatto bene a chiedere.
      Il percorso è iniziato il 13 marzo 2014 con la presentazione, da parte del Governo, delle linee guida per la riforma del terzo settore, testo sul quale si è poi aperta una consultazione online, terminata il 13 giugno, cui hanno partecipato mille soggetti, in maggioranza esponenti e rappresentanti di organizzazioni.
      Il disegno di legge governativo del 22 agosto è stato incardinato in Commissione il 1o ottobre, sono stati auditi quarantasette soggetti, tra enti privati e pubblici; la discussione si è svolta in ventiquattro sedute, è stata lunga e approfondita, e ha sicuramente – è nostro convincimento – migliorato il testo, precisando i criteri di delega. Ricordo, infatti, che la legge delega è sempre una cessione di sovranità da parte del Parlamento all'Esecutivo e, quindi, è necessario definirne bene i confini.
      Nell'ultimo censimento dell'ISTAT, adoperando la definizione comune a livello europeo, per cui si considera no profit quello che ha il divieto di distribuzione dei profitti, la rilevazione ha censito 300.191 organizzazioni no profit in Italia, un numero elevatissimo, che impiegano 681 mila addetti, 271 mila lavoratori con contratti di collaborazione od altro, 5 mila lavoratori temporanei, 19 mila lavoratori con mandati o distaccati. Le istituzioni no profit, però, fanno soprattutto perno sull'apporto di 4 milioni 700 mila volontari, a cui si devono aggiungere 40 mila religiosi, 19 mila giovani, allora in servizio civile, numero che contiamo di triplicare.
      Il settore è, quindi, costituito prevalentemente da associazioni culturali, sportive o ricreative (quasi due terzi) e questo sfata l'opinione diffusa che il terzo settore sia solo assistenza, attività di aiuto sanitario o, comunque, sociale. L'assistenza sociale si colloca, sì, al secondo posto, con 25 mila associazioni e altre sono impegnate, invece, nel campo dell'istruzione, della ricerca, sanitario, della coesione sociale, della tutela dei diritti, della difesa dell'ambiente. Tutte sono, comunque, pesantemente presenti nel nostro settore.
      Il 38 per cento ha natura mutualistica, cioè orienta la propria attività a rispondere ai bisogni degli associati, la maggioranza è orientata al benessere collettivo della collettività. Sottolineo un dato: la stragrande maggioranza di queste associazioni – i due terzi – ha entrate inferiori ai 30.000 euro. Noi ci siamo trovati di fronte sempre al problema di tenere insieme enti che hanno in comune una vocazione sociale e la non distribuzione degli utili, ma che hanno tra di loro dimensioni molto diverse, appunto inferiori a 30.000 euro per la gran parte, mentre alcune sono grandi o grandissime.
      In coerenza con questo, il 66 per cento sono associazioni non riconosciute, il 22 per cento fondazioni, le cooperative sociali sono il 3,7 per cento. Il terzo settore quindi, non è solo assistenza, è fatto di realtà piccole o piccolissime e di alcune grandi, convivono insieme e svolgono attività produttive o non produttive, market o non market. È però un settore in crescita: rispetto al 2001 le organizzazioni non profit sono il 28 per cento in più, i dipendenti sono aumentati del 39 per Pag. 3cento – e parliamo di anni di difficoltà e di crisi – e i volontari del 43 per cento. È quindi giunto il momento di predisporre una legislazione quadro che sostenga e valorizzi questa evoluzione positiva, abbia il coraggio di vederne l'elemento unificante, non si perda – pur conoscendole – nelle mille specificità settoriali, ne colga la capacità di costruire coesione in una società sempre più divisa.
      Il primo compito che si pone alla riforma è quello di mettere ordine a fronte di una moltitudine di leggi, leggine e norme settoriali: non ho qui il tempo di elencarle tutte, mi ci vorrebbe l'intero tempo assegnatomi. Le norme – solo a citazione – vanno da quella del volontariato alla cooperazione sociale, ONG, Onlus, eccetera. Si tratta di una normativa importante, ma cresciuta disordinatamente negli anni, al di fuori di un disegno complessivo: quello che qui si vuol fare è disegnare questo quadro di riferimento.
      Ma cos’è il terzo settore ? In uno Stato liberale lo Stato deve soprattutto stare fuori dall'ambito della libertà di associazione dei cittadini, lo dice il nostro articolo 18 della Costituzione. I pochi articoli del codice civile che regolavano nel libro primo associazioni e comitati considerati residuali dal legislatore dell'epoca si sono rivelati negli anni un campo aperto per la libertà di associazione. Alcune associazioni, però, assumono una dimensione pubblica del loro agire per i vantaggi che il loro comportamento porta, per la loro capacità coesiva. Di questo si vuole occupare il disegno di legge.
      La prima cosa che abbiamo fatto è stato definire il terzo settore, in modo dare ad esso una forte identità. Dopo lunga e approfondita discussione, abbiamo detto che il terzo settore è il complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche e solidaristiche che senza scopo di lucro promuovono e realizzano attività di interesse generale, anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale, conseguiti anche attraverso forme di mutualità, in attuazione del principio di sussidiarietà, in coerenza con le finalità statutarie. Non rientrano in questa categoria i sindacati, le associazioni di categoria, i partiti politici.
      Una definizione in positivo, invece che una in negativo – settore no profit –, che cerca di definire anche un confine nel quale non a tutti e non tutti sono meritevoli di attenzione o la richiedono; quindi c’è un campo per la libertà di associazione e uno per gli enti del terzo settore che qui vengono riconosciuti.
      Tralascio quello che riguarda le procedure che sono messe in atto per il recepimento delle direttive, ricordo che la delega si occupa di quattro oggetti: la riforma del libro primo, titolo II, del codice civile; la costruzione e definizione di un codice del terzo settore; la riforma dell'impresa sociale e la riforma del servizio civile, che da servizio civile nazionale diventa servizio civile universale.
      Nell'attuale articolo 2 sono fissati come criteri generali la libertà di associazione nel rispetto dei valori costituzionali, la libertà di iniziativa economica e l'autonomia statutaria e ci si pone l'obiettivo di una semplificazione normativa, a fronte dell'ammucchiato e disorganico procedere che ho raccontato prima.
      L'articolo 3 ha per oggetto la revisione della disciplina del titolo II del libro primo del codice civile – sono tre legislature che si tenta di attuarla – in materia di associazioni, fondazioni e altre istituzioni di carattere privato senza scopo di lucro riconosciute come persone giuridiche non riconosciute.
      Si vuole superare l'attuale impianto concessorio, semplificare il procedimento, meglio disciplinare il regime della responsabilità limitata degli amministratori, garantire i diritti dei soci e intervenire ricorrendo alle norme del libro quinto del codice civile – quelle che riguardano l'impresa – quando ci si trova di fronte a fenomeni di fondazioni o associazioni che svolgano rilevanti attività imprenditoriali.
      Il nuovo articolo 4 è quello che dà i criteri per la costruzione del nuovo codice del terzo settore. In questo, il punto fondamentale che qui voglio ricordare è il superamento della molteplicità di tanti Pag. 4registri locali, comunali, regionali, provinciali, nazionali presso il Ministero dello sviluppo economico, piuttosto che presso la Protezione civile, con un unico registro del terzo settore, la cui responsabilità di gestione è posta in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Ovviamente, una gestione di una mole così rilevante di dati comporterà collaborazioni con altri soggetti pubblici, ma, in ogni caso, deve essere chiaro dove sta la responsabilità, chi determina i criteri, chi decide nelle questioni controverse.
      Quel registro diventa la porta di accesso ai benefici fiscali ed è obbligatorio per gli enti del terzo settore che si avvalgono prevalentemente o stabilmente di finanziamenti pubblici o di fondi privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni o di fondi europei o che esercitano attività in convenzione o in accreditamento con enti pubblici. Un solo codice del terzo settore, nella cui parte generale ci saranno le norme comuni a tutti e, poi, ci sarà il riconoscimento e lo spazio per ogni singola identità.
      Qui ricordo, inoltre, che, dopo lunga discussione, la Commissione ha voluto disciplinare meglio gli obblighi di controllo interno, di rendicontazione, di trasparenza e di informazione nei confronti degli associati e dei terzi, differenziando, ovviamente, in ragione alla dimensione economica dell'attività svolta; individuare modalità e criteri di verifica periodica dell'attività, e non solo, quindi, basarsi sulle dichiarazioni formali contenute negli atti statutari; inoltre, disciplina i limiti e gli obblighi di pubblicità relativi agli emolumenti, ai compensi e ai corrispettivi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti dei consigli direttivi. Il coordinamento di questa azione è posto, ovviamente, in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, essendo tanti gli enti, i soggetti e i Ministeri coinvolti.
      L'articolo 5 approfondisce e precisa meglio i criteri della delega inerenti i due campi che, nella nostra mente, sono sempre quelli a cui si pensa quando si parla di terzo settore: quindi, le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale e la loro attività. Nelle prime, rileva la gratuità; nelle seconde, soprattutto, la finalità, lo scopo sociale.
      Si delega il Governo ad intervenire per aggiornare questa normativa, armonizzarla, coordinarla. Viene, inoltre, riconfermato ed ampliato il ruolo dei centri di servizio per il volontariato previsti dalla legge n.  266 del 1991: una grande invenzione, che ha imposto alle fondazioni bancarie il versamento di un quindicesimo dei propri proventi per sostenerne la nascita e la costruzione a livello nazionale. La loro azione è orientata adesso alla formazione, al supporto e anche al sostegno delle attività sul territorio delle associazioni più piccole, in questa nostra preoccupazione di riuscire a tenere insieme sia le realtà più piccole che le realtà grandi ed imprenditoriali.
      I centri di servizio per il volontariato saranno guidati lo stesso, come attualmente è, da organi di coordinamento di livello regionale, ma qui viene chiesto di non comportare spese, come tutto quello che, in questo periodo, stiamo chiedendo a chi viene ad assumere ruoli di questo tipo.
      All'articolo 6 ci si propone l'importante obiettivo di rilanciare l'impresa sociale attualmente già presente nel nostro ordinamento e regolata dal decreto legislativo n.  155 del 2006. Questo è coerente con quanto ci chiede l'Europa, con quanto l'Europa ha voluto fare, onestamente anche su sollecitazione italiana, nella comunicazione della Commissione europea al Parlamento del 2011, nella quale si definisce l'impresa sociale come un attore dell'economia sociale, il cui obiettivo è un impatto sociale positivo; opera sul mercato producendo beni e servizi in modo imprenditoriale, ma destina i propri utili principalmente a realizzare i propri obiettivi sociali ed è gestita in modo responsabile e trasparente.
      Nel testo se ne aggiorna quindi la definizione, in modo coerente con quella europea. Si allentano gli attuali vincoli nel riparto degli utili e alla presenza di rappresentanti di aziende profit e no profit e enti pubblici nel consiglio di amministrazione, sia pure non in ruoli di direzione.Pag. 5
      Ovviamente questo è un punto sul quale abbiamo a lungo discusso, perché si tratta di una figura al confine tra il terzo settore, come lo ho definito prima, ed il mondo imprenditoriale semplicemente detto. Anche raccogliendo quello che è venuto dal parere dell'Autorità garante della concorrenza che ci ha invitato a evitare vantaggi competitivi per le imprese sociali, che falsino il mercato – mentre la Corte dei conti nella sua audizione ha considerato l'impresa sociale fuori dal settore no profit nel momento in cui distribuisca utili – la Commissione ha modificato il testo, ponendo criteri più stringenti. Quindi la distribuzione e la retribuzione degli utili potrà essere fatta solo in analogia con quanto già avviene per le cooperative a mutualità prevalente.
      Inoltre, in coerenza, la nuova formulazione dell'articolo 9, lettera m), esclude la possibilità di considerare tali enti all'interno della dimensione degli enti onlus. L'impresa sociale, come verrà chiarito anche successivamente, è comunque destinataria di un intervento dedicato e ci si augura che possa attirare stanziamenti e finanziamenti di ambito privato. Noi ci auguriamo che questo avvenga e che le condizioni che sono state create permettano ad altri soggetti di avviare un percorso imprenditoriale, magari evolvendo dalle attuali forme associative o di altro genere.
      Abbiamo poi inserito un articolo nuovo, esito della nostra attenzione su una materia, quella del controllo, che era fuori dal contesto iniziale della delega. Abbiamo previsto l'assegnazione delle competenze in materia di vigilanza, monitoraggio e controllo al Ministero del lavoro, in coerenza con l'assegnazione allo stesso Ministero della tenuta del registro unico del terzo settore, nella convinzione, però, che il primo vero controllo debba essere fatto all'interno delle organizzazioni. Quindi abbiamo previsto all'articolo 4, lettera f), il rafforzamento dei controlli interni e, per le imprese sociali e le cooperative sociali, nell'articolo 6, alla lettera g), un rafforzamento dei collegi sindacali con l'affermazione di criteri di terzietà dei sindaci nominati.
      Verificare e valutare una attività: abbiamo detto che anche questa è un'innovazione. In Europa è comune una cultura della valutazione e della valutazione d'impatto. Da noi solo la valutazione d'impatto ambientale è stata accolta nel nostro ordinamento, mentre in altri Paesi la formazione professionale, l'inserimento lavorativo e le scelte in materia di salute sono soggette a valutazione d'impatto. Abbiamo voluto allora fare un salto di qualità e abbiamo inserito una definizione della valutazione d'impatto sociale, che dovrebbe essere uno strumento in mano agli enti pubblici che finanziano attività sociali e in mano agli enti stessi per valutare e sostenere la propria attività. Quindi nel testo, per la prima volta, abbiamo definito l'impatto sociale come valutazione qualitativa e quantitativa sul breve, medio e lungo periodo degli effetti sulla comunità di riferimento delle attività che sono state svolte.
      All'articolo 8 è prevista la riforma del servizio civile. Ci auguriamo che la delega possa accogliere quello che emerge dalle diverse proposte di legge, che sono state presentate anche in questa legislatura su questo tema molto sentito. Ricordo che quest'anno partiranno in servizio civile quasi 50 mila giovani, dando veramente un segnale di svolta rispetto a quanto è accaduto negli anni precedenti. Sarà possibile, grazie ad accordi in via di elaborazione e con il contributo del sottosegretario Bobba che vi ha attentamente lavorato, anche svolgere proprio attività di servizio civile all'estero. Si definisce finalmente lo stato giuridico di chi è in servizio civile. Non è un rapporto di lavoro dipendente, non è alcun tipo di rapporto di lavoro e non deve essere soggetto a tassazione. Sono chiariti i criteri di accreditamento degli enti e semplificate le procedure.
      Con l'articolo 9 si vuole raccordare la disciplina civilistica con quella tributaria, risolvendo problemi interpretativi che negli anni hanno aumentato enormemente il contenzioso e reso spesso difficile la vita Pag. 6proprio alle associazioni dove più forte è lo spirito associativo e volontario, che si sono trovate a fare i conti con richieste per loro a volte difficilmente comprensibili.
      Con questo non si vuole assolutamente dare campo all'elusione. La chiarezza permetterà, appunto, di distinguere tra chi merita tutta la nostra attenzione e chi, invece, deve sottostare alle stesse regole di tutti gli altri. Questo settore ha già tante facilitazioni che sono censite. La Commissione Vieri Ceriani ne aveva individuate un centinaio tra detrazioni e deduzioni, per un importo pari però solo a un miliardo e 300 milioni di euro. È, quindi, anche qui necessario fare ordine e individuare ciò che veramente è meritevole e immettere trasparenza nel sistema.
      La delega, inoltre, incarica di nuovo il Governo di riformare il 5 per mille. Di nuovo, perché questo era già contenuto nella delega fiscale, la legge n.  23 del 2014. Ricordo, inoltre, che nella legge di stabilità si è proceduto ad innalzare il limite per la deducibilità e la detraibilità delle erogazioni liberali e a stanziare 500 milioni di euro proprio a sostegno del 5 per mille. Nella delega si chiede stabilità a questo importo e si indicano criteri più selettivi e un sistema più trasparente sull'uso dei fondi. Mi permetto di ricordare che questo istituto è nato per sostenere il terzo settore; è nato sotto l'egida della sussidiarietà, per lasciare al cittadino e non allo Stato la scelta sulla sua destinazione. Lo dico perché vedo in atto una tendenza, cui tutti noi potremmo essere tentati di ricorrere, a utilizzarlo per finanziare meritevolissime funzioni pubbliche, le quali dovrebbero però essere sostenute dalla fiscalità generale, il cui peso nelle tasche dei cittadini è già significativo.
      È prevista, inoltre, la costituzione di un fondo rotativo destinato a sostenere gli investimenti di questo settore pari a 50 milioni di euro. Nell'ultimo articolo si prevede l'obbligo di una relazione annuale al Parlamento. Vorremmo che non fosse un atto meramente scontato e dovrebbe permettere a questa Camera di discutere, almeno una volta l'anno, del terzo settore, di controllare l'azione del Governo, di sollecitarla e indirizzarla. Insomma, che l'attenzione verso il terzo settore, verso il volontariato, l'associazionismo, le organizzazioni non governative, verso le fondazioni, non cali. E questa riforma è un'opportunità per tutti noi di riconoscere e di investire sulla costruzione di una comunità più solidale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Rondini.

      MARCO RONDINI, Relatore di minoranza. Grazie Presidente, è l'ennesima volta che il nostro gruppo parlamentare si vede costretto a presentare una relazione di minoranza. La nostra decisione è dettata dalla valutazione dei contenuti del disegno di legge in esame che in buona parte non ci convincono.
      Anche questo disegno di legge segue il solito schema che caratterizza molti dei provvedimenti dell'Esecutivo: accentrare sempre di più il potere legislativo verso lo Stato depotenziando le competenze e le funzioni delle regioni e degli enti locali, ma, soprattutto, mettere in moto quel processo di cassa di risonanza mediatica presentando come riforma ciò che in sostanza si rivela un puro esercizio di stile gattopardiano. Risponde alla mania del signor Renzi, mosso da una volontà a servizio del proprio ego, che si appaga solo attraverso le «trombonate» amplificate dal circo mediatico.
      Prima di ogni altra argomentazione, è doveroso criticare la ratio stessa del presente disegno di legge che intende classificare come terzo settore tutto ciò che non fa parte dei primi due. I principi generali di questo provvedimento, infatti, delineano un sistema del no profit sostitutivo del settore pubblico e alimentato da agevolazioni fiscali e donazioni dei privati. È la prospettiva del welfare residuale in cui l'impresa sociale potrà intervenire anche in settori quali la formazione universitaria e l'assistenza sanitaria. In sostanza, si apriranno ancora di più le porte alla Pag. 7privatizzazione del welfare e in particolare in due settori che sino ad oggi hanno comunque mantenuto un forte impianto pubblico: la sanità e l'istruzione. Come ha reso noto anche l'autore, Giovanni Moro, nel suo libro Contro il non profit, i dati che testimoniano la mercatizzazione delle imprese cosiddette sociali sono disponibili a tutti, ma vengono ignorati più o meno volontariamente.
      La rilevanza assunta negli ultimi anni dal terzo settore per l'economia e la società italiana è nota ed è stata dimostrata anche dai risultati del censimento ISTAT sulle istituzioni no profit. Rilevante anche l'apporto di risorse umane impegnate nel settore. Le istituzioni no profit contano, infatti, sul contributo lavorativo di 4 milioni 700 mila volontari, 681 mila dipendenti, 271 mila lavoratori esterni e 5 mila lavoratori temporanei.
      Sono quattro istituzioni su cinque ad usufruire del lavoro volontario, mentre il 13,9 per cento delle istituzioni rilevate opera con personale dipendente e l'11,9 per cento si avvale di lavoratori esterni.
      Rispetto al 2001 è raddoppiato il numero di istituzioni e collaboratori esterni con un incremento del numero di collaboratori del 169,4 per cento. Si parla di quasi 80 miliardi di euro di entrate corrispondenti al 3 per cento del PIL nazionale. Si mascherano sotto l'etichetta del no profit anche organizzazioni che sono molto simili ad imprese private che approfittano dei benefici fiscali di questa classificazione accomunandosi impropriamente alle organizzazioni di volontariato che svolgono un vero servizio sociale per la collettività.
      Come avremo modo di spiegare nell'illustrazione della nostra pregiudiziale, il disegno di legge in esame presenta diversi profili di incostituzionalità. L'esercizio della funzione legislativa non può, infatti, essere delegato al Governo se non con determinazione dei principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti. In ragione della complessità della materia trattata dalla delega, i principi e i criteri direttivi alla base di tale provvedimento appaiono talmente ampi e generalistici da far presupporre l'impossibilità effettiva di rispettare la legge di delegazione, producendo nei fatti un eccesso di delega che, sottoposto al giudizio della Corte costituzionale, ne comporterebbe inevitabilmente una dichiarazione di illegittimità.
      È importante evidenziare come non sia esplicitata la effettiva portata innovativa della delega conferita al Governo, cioè se oggetto della delega sia un riordino della normativa vigente o una sua totale riforma. A nostro parere, intervenire per riformare il terzo settore in un momento storico come questo, in cui le inchieste giudiziarie, come mafia capitale, hanno fatto emergere con chiarezza una commistione tra politici corrotti, cooperative sociali e associazioni criminali, senza prevedere formule di contrasto a queste devianze del settore, appare a noi totalmente irragionevole.
      Il presente disegno di legge prevede soluzioni inadeguate, come quella di accentrare le competenze a livello statale istituendo il registro unico, coinvolgendo l'Agenzia delle entrate nell'azione di controllo sull'andamento delle attività e soluzioni di portata relativa, come aumentare il tetto massimo per le detrazioni fiscali sulle donazioni alle ONLUS o interventi disomogenei rispetto al contesto della riforma, come prevedere la trasformazione del servizio civile in servizio civile universale, senza che sia dichiarato cosa in realtà si intenda con questo aggettivo: una mera enunciazione di un significante senza che ad esso sia associato un significato univoco.
      Le disposizioni nell'ambito del servizio civile appaiono infatti sganciate dal contesto del disegno di legge delega e non organiche. A conferma di ciò, infatti, nell'articolo 2, dove sono indicati i criteri e principi direttivi generali, non si fa alcun riferimento al tema della revisione del servizio civile né vengono citati gli articoli della Costituzione 52 e 11, che rappresentano la struttura portante dell'istituto.
      Se il Governo ipotizza di esercitare questa delega in bianco per normare la partecipazione degli extracomunitari a Pag. 8questa attività, viola palesemente il rispetto della sovranità nazionale e il concetto stesso di identità che devono caratterizzare un istituto come quello del servizio civile nato dalla volontà di istituire un sistema alternativo alla leva obbligatoria.
      In conclusione, la previsione di un registro unico del terzo settore al fine di favorirne la piena conoscibilità in tutto il territorio nazionale è in contrasto con il rispetto delle prerogative delle regioni ai sensi anche della disciplina costituzionale prevista dal Titolo V.
      Ci saremmo aspettati, concludendo, una riforma del terzo settore in grado, da un lato, di restituire al terzo settore la dignità della sua missione volta, nel rispetto del principio della sussidiarietà orizzontale, ad assorbire il gap di intervento statale sulle questioni di impatto sociale e, dall'altro lato, in grado di garantire formule di controllo e vigilanza sulle degenerazioni che nel tempo hanno investito il mondo del no profit (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

      PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice di minoranza, onorevole Grillo.

      GIULIA GRILLO, Relatrice di minoranza. Grazie Presidente, inizio questa relazione anzitutto facendo due note sul metodo di lavoro. L'inizio di questo esame in Commissione è stato un po’ turbolento perché, come dirò, ci vede piuttosto contrari da un punto di vista proprio della filosofia del provvedimento.
      Tuttavia, devo dare atto dello sforzo compiuto dalla relatrice per la maggioranza, la collega Lenzi, che in qualche modo ha cercato di accogliere alcune nostre proposte, sebbene, ovviamente, ripeto, su visioni completamente opposte. Vi è stata una battuta che qualcuno ha fatto, una voce che a me è arrivata, sul fatto che la Lenzi sarebbe stata troppo buona con il MoVimento 5 Stelle; io dico, invece, che è stata abbastanza intelligente, visto che comunque rappresenta gli interessi di tutti i cittadini italiani, quindi ha semplicemente usato quello che Dio o qualcun altro le ha donato.
      Detto questo, a un buon metodo che abbiamo seguito in Commissione, devo dire che è seguito, invece, un atto di imposizione nella calendarizzazione di questo provvedimento in Aula, con modalità sinceramente a dir poco dittatoriali. Infatti, ci hanno portato a comprimere assolutamente i tempi di presentazione degli emendamenti, che secondo noi meritavano un'attenzione particolare, perché coinvolgevano tutte le altre Commissioni. Come sapete, il disegno di legge è stato calendarizzato per volontà della Boldrini; cioè, questa calendarizzazione del provvedimento per oggi non è stata votata neanche in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, e con una dura lotta, con una strenua lotta abbiamo ottenuto semplicemente di poter poi discutere con calma gli emendamenti la settimana prossima.
      Ma, ripeto, quest'atto è stato assolutamente impositivo, nel senso di imposizione, e non ha niente a che vedere con il lavoro, invece, di partecipazione e di condivisione che abbiamo cercato di fare in Commissione.
      Detto questo, vorrei un attimo riprendere quello che, secondo noi, è il pensiero che sottende questa riforma, poiché i colleghi che mi succederanno analizzeranno nel particolare tutte le fasi della riforma.
      Vorrei spiegare perché il MoVimento 5 Stelle è preoccupato non tanto da quelle parti della riforma necessarie, quindi la revisione e il coordinamento della normativa esistente eccessivamente frammentaria e a volte eccessivamente complessa, che si sovrappone in alcune parti, così come la revisione dei registri e tutta la parte del controllo. Addirittura, ieri c’è stata la battuta che questa sembra una legge grillina, perché si parla molto di verifica e controllo, ma noi pensiamo che ciò sia nell'interesse di tutti i cittadini, soprattutto per la parte del terzo settore che interverrà nel pubblico, perché, per carità, nel privato, alla fine, non dico che possono fare quello che vogliono ma è un loro diritto potere essere liberi nel modo di gestire le loro risorse; però, sicuramente, Pag. 9nel momento in cui accedono a finanziamenti e risorse pubbliche – poiché, come dirò, i finanziamenti e le risorse pubbliche sono una fetta enorme –, allora, in quel caso, crediamo che la verifica e il controllo siano una battaglia del MoVimento 5 Stelle, ma una battaglia di democrazia e di tutti. Quindi, se è un po’ grillina questa riforma, siamo anche un po’ contenti, in questo senso.
      Questa riforma prende le mosse da un tavolo di lavoro in ambito G8, che penso sia stato anche finanziato dal Governo, la task force del Social impact investment istituita in ambito G8, presieduta da Giovanna Melandri, tra gli altri, che appunto analizza questo concetto di finanza sociale.
      Fatemi dire subito che associare la parola «sociale» a «finanza» mi sembra un po’ un controsenso, perché non c’è niente di più distante dal sociale della finanza. Non si può dire «finanza sociale», è una cosa che a noi lascia molto perplessi; è un ossimoro, come mi suggeriscono.
      Di fatto, questo documento, che invito tutti a leggere – tutti coloro che hanno cercato di capire perché il MoVimento 5 Stelle fosse preoccupato da una parte di questa riforma –, apre così: siamo alla ricerca di una terra di mezzo – strana assonanza, poi – dove la struttura giuridica dell'impresa sociale fra profit e no profit è molto importante per la gestione e la scalabilità. Ora, il termine scalabilità a me ricorda solo bruttissime esperienze del panorama politico e storico italiano, del nostro Paese. Ma andiamo avanti. Questo documento analizza delle aree di aggressione finanziaria e dice che le aree di aggressione finanziaria sono: la crescente domanda di servizi da parte delle fasce più povere della società; la crescita e l'invecchiamento della popolazione; i cambiamenti climatici. Insomma, sembra un po’ che i mercati finanziari, un po’ asciutti su quelli che sono stati finora i loro principali target, vanno bramando altre aree di espansione e pare che queste aree siano state individuate proprio nei bisogni essenziali degli individui, cosa che certamente non ci può trovare favorevoli.
      Quindi, il mondo finanziario – questo mondo che poche persone conoscono, che poche persone gestiscono e a cui poche hanno vero accesso – identifica nel deficit del welfare un nuovo potenziale mercato. Pertanto, accanto alla parola welfare, abbiamo la parola mercato. Ricordo, se sbaglio qualcuno mi corregga, che la definizione di terzo settore deriva proprio dal fatto che esso dovrebbe essere equidistante dal mercato e dallo Stato, quindi è terzo. E, allora, un terzo settore che si avvicina al mercato comincio a chiedermi se può ancora definirsi tale.
      Il documento è molto lungo e merita di essere approfondito in maniera adeguata. Voglio solo fare notare che la spesa sociale pubblica italiana rappresenta quasi il 68 per cento del bilancio nazionale, si tratta di circa 509 miliardi di euro, e che addirittura, come si sostiene nel documento, il mercato potenziale è di circa 210 miliardi di euro; quindi, chi ha fatto i conti su questo tema se li è fatti bene, ha compreso che c’è una grande possibilità di investimento.
      Voglio anche fare notare che noi, essendo soprattutto preoccupati dell'aspetto socio-sanitario, come Commissione affari sociali, abbiamo chiesto quale fosse il numero delle istituzioni no profit attive nel settore: ebbene, il numero delle associazioni no profit attive è il più elevato rispetto a tutti gli altri ambiti di attività. Abbiamo, quindi, il 32 per cento di associazioni no profit in attività di assistenza sociale e protezione civile con finanziamento pubblico ed il 36 per cento di associazioni nel settore sanitario, mentre, come finanziamento privato, abbiamo il 63 per cento ed il 67 per cento. Come vedete, la sanità ed il sociale saranno sicuramente i settori oggetto di questo mercato finanziario.
      Detto questo, poiché mi rimane poco tempo, vorrei solo sottolineare che abbiamo presentato numerosi emendamenti in parte diversi rispetto a quelli già presentati in Commissione. In particolare, Pag. 10intendo soffermarmi sull'aspetto della certificazione informativa antimafia. Ci è stato detto che è troppo complicato chiedere alle società o alle imprese di chiederlo, tuttavia faccio notare che in alcune regioni vi sono stati modelli di convenzione tra la prefettura e le aziende sanitarie, tra l'altro anche nella regione Emilia Romagna da cui proviene la collega, che prevedono di chiedere obbligatoriamente, indipendentemente da quanto previsto dalle leggi, la certificazione antimafia. Pertanto, con un nostro emendamento chiediamo che le amministrazioni abbiano la facoltà di richiedere, a loro discrezione, questa certificazione. Speriamo che questo emendamento venga preso in considerazione.
      Ne abbiamo poi presentato un altro sui bilanci degli enti del terzo settore, che ad oggi non hanno degli obblighi ben precisi (non lo pensiamo solo noi, ma anche l'ordine dei dottori commercialisti), chiedendo di valutare la possibilità di applicare il modello 231/2001, visto che tali enti, non essendo pubblici, non hanno gli obblighi che ne conseguono e, non essendo imprese for profit, non hanno gli obblighi conseguenti. Insomma, qualche obbligo diamoglielo, visto che è un mercato così importante !
      L'ultimo aspetto, che verrà esaminato più approfonditamente dalla collega Giordano che parlerà in seguito, è rappresentato dagli utili. Al riguardo, noi siamo molto contrari (e abbiamo presentato molti emendamenti), perché ci chiediamo come sia possibile garantire lo stesso servizio con le stesse risorse e, nel frattempo, consentire all'impresa di fare utili. Se abbiamo uno stesso quantitativo di denaro e dobbiamo fornire un identico livello di assistenza, sociale, sanitaria o su altri aspetti, noi chiediamo che l'impresa faccia gli utili, se li vuole fare, ma con le stesse risorse e con lo stesso standard, perché allora è chiaro che qualcuno ci dovrà rimettere e non vogliamo che quel qualcuno sia il cittadino italiano.

      PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice di minoranza, onorevole Nicchi.

      MARISA NICCHI, Relatrice di minoranza. Grazie Presidente. Quando si parla di terzo settore, si parla di una grande ricchezza, innanzitutto umana e sociale, ed anche economica, che si basa, secondo i dati del censimento, sul contributo lavorativo di 4,8 milioni di volontari, di 681 mila dipendenti, di 271 mila lavoratori esterni, di 6 mila lavoratori temporanei.
      Il no profit occupa nel tessuto produttivo italiano il 6,4 per cento delle unità economiche attive, è una posizione significativa. Sempre il censimento ISTAT ha stimato che, tra il 2001 e il 2011, il no profit è il settore più dinamico del sistema produttivo italiano, con un aumento del 28 per cento degli organismi, del 39,4 per cento degli addetti, per un totale di più di circa 300 mila istituzioni no profit. È una realtà ricca, quindi una realtà complessa, che è stata oggetto di uno dei tanti, numerosi annunci del Presidente del Consiglio che, circa un anno fa, dichiarò di voler dare corso ad una riforma del terzo settore, con lo stesso metodo: grande battage pubblicitario, velocità dei tempi, evanescenza dei contenuti e forte delega di comando all'Esecutivo. Lo strumento della legge delega dunque era quello più consono a queste esigenze comunicative e politiche ma non il più utile né il più efficace. È passato quasi un anno, oggi siamo in Aula, cominciamo a discutere e, considerato tutto l'iter parlamentare – Senato, poi decreti attuativi – realisticamente i primi effetti concreti non saranno percepiti prima di due anni e mezzo circa; dunque, la legge delega non ha accelerato i tempi, ha solo sottratto poteri legislativi al Parlamento, che invece sarebbe stato la sede più giusta per la delicatezza e la complessità della materia. La legge delega non è lo strumento migliore, come si è visto anche con l'impresa sociale (è stata usata allora); il Parlamento si limita a dare delle indicazioni generali ma sarà poi il Governo a stilare i decreti attuativi e, d'altra parte, abbiamo già visto sul Jobs Pag. 11Act cosa è successo e sarà in quella sede che si giocherà la reale possibilità di innovazione a cui noi teniamo, fuori comunque dal controllo parlamentare. L'intenzione della riforma è giusta: quella di riformare e riordinare la normativa; è sicuramente lodevole e condivisibile e noi condividiamo l'intenzione di affrontare, in modo organico, una materia che coinvolge soggetti differenti che sono stati, nel corso del tempo, in continua trasformazione, senza mai una vera strategia ed un coerente assetto istituzionale. Condividiamo l'esigenza di mettere ordine in una confusione che caratterizza un puzzle di norme sedimentate al di fuori di un disegno complesso ed organico. Il lavoro che ha svolto la Commissione, collettivo, è stato certamente un passo in avanti in questa chiarezza; tuttavia, noi siamo molto critici su un punto che emerge da questa discussione, da questo confronto e da ciò che discutiamo oggi, ossia sulla virata che emerge verso una linea improntata ad una filosofia imprenditoriale e privatistica che si palesa in alcune scelte esplicite e in alcuni significativi vuoti. Allora, cominciamo dal fuoco critico, quello principale che riguarda l'impianto e che riguarda ciò che è previsto per l'impresa sociale. Noi non condividiamo le modifiche che sono state apportate in questa materia. È prevista – sia pure in una versione lievemente meno pericolosa ora, con il testo uscito dalla Commissione – la possibilità per le imprese sociali di poter ripartirsi gli utili, cosa finora vietata. Ricordiamo in proposito quanto segnalato dai sindacati durante le audizioni in Commissione: l'impresa sociale deve caratterizzarsi per l'assenza di carattere lucrativo, la non ripartizione degli utili è la più importante discriminazione tra profit e no profit, le agevolazioni fiscali e tributarie di cui gode il no profit sono finalizzate a sostenere un'attività il cui unico fine è quello di incrementare i beni e i servizi di interesse sociale anche attraverso il reinvestimento degli utili. Secondo punto, si prevede per le imprese sociali un ampliamento delle attività oltre quelle istituzionali. Terzo punto, si introduce la possibilità, finora vietata, per cui imprese private anche con fini di lucro e pubbliche amministrazioni possano assumere cariche sociali negli organi di amministrazione delle imprese sociali.
      L'unico limite è il divieto di assumere la direzione, la presidenza e il controllo dell'impresa sociale stessa e che sia rispettato il previsto decreto legislativo n.  39 del 2013. Insomma, attraverso questa revisione si apriranno ancora di più le porte alla privatizzazione del welfare. Qui si apre un varco verso un possibile modello americano di no profit. Si apre, c’è la possibilità, non è detto, però si apre, si sono create le condizioni. È un welfare sostitutivo del settore pubblico e alimentato da agevolazioni fiscali e da donazioni dei privati. Una gamba privata ricca per i più abbienti e una pubblica, residuale e compassionevole. L'aspetto più grave di questa riforma è proprio questo, cioè lo schiacciamento dell'esperienza partecipativa e sociale del terzo settore nella dimensione imprenditoriale e privatistica dei cosiddetti «mercati sociali», magari assistiti dal sistema politico.
      I rischi sono tanti e li abbiamo visti con «mafia capitale», con il management della cooperativa 29 Giugno. E qui ci vogliamo intendere: questo gruppo mai si unirà alla generalizzazione. Mentre si indigna rispetto a ciò (e al riguardo ha lavorato per una maggiore trasparenza sulla illegalità, per combattere illegalità, malaffare e malcostume), mai si unirà al coro di chi criminalizza questa ricchezza in modo generico. Le molteplici esperienze che noi conosciamo, che vogliamo riconoscere e valorizzare nel loro significato fondativo sono i soggetti di costruzione di una nuova e piena cittadinanza, in cui conta la qualità sociale data dal tenere insieme, come ci dicono molte di queste esperienze, le più significative, cosa si fa, chi siamo e come lo facciamo.
      Con questa riforma c’è il rischio di snaturare il terzo settore nel business e di spingerlo ad abbandonare la sua vocazione partecipativa e di perdere, quindi, la sua articolazione sociale. Non solo le grandi, le concentrate, ma anche quell'insieme complesso di associazionismo, di volontariato, Pag. 12di un mondo ricchissimo che noi pensiamo debba essere valorizzato. E tutto si tiene. La riforma, in linea con le politiche di precarizzazione del lavoro di Poletti, non prevede, come avevamo chiesto, chiare tutele e regole per i lavoratori del terzo settore e questo è il primo tema eluso dal testo in esame, il tema, appunto, delle tutele del lavoro che non può essere dato per scontato (tanto ci sono le leggi).
      Questo delle tutele del lavoro è il primo di una serie di vuoti che caratterizzano criticamente questo disegno. Mancano, ripeto, le maggiori tutele e voglio dire una cosa su questo punto, perché noi abbiamo presentato degli appositi emendamenti e ne faremo una questione di fondo: avevamo chiesto di disciplinare con esattezza l'applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro di riferimento e la partecipazione del volontariato alle diverse attività, ma questo non c’è. È mancato il riconoscimento delle MAG, cioè delle mutue di autogestione. Non è prevista un'autorità di controllo indipendente e di monitoraggio del terzo settore. La ribadiamo proponendo sia l’authority sia l'agenzia.
      Noi valutiamo positivamente l'istituzione del servizio civile universale, ma osserviamo che ancora non ci siamo con le coperture finanziarie. Si sono promessi 100 mila posti, ma ne stiamo garantendo solo 50 mila. Manca l'istituzionalizzazione dei corpi civili di pace; manca il riconoscimento dell'accesso al servizio civile degli stranieri, come abbiamo richiesto in tanti e come afferma il recente parere del Consiglio di Stato. Inoltre, c’è il punto dolente delle risorse scarse. Le risorse stanziate sono al di sotto.

      PRESIDENTE. La prego di concludere.

      MARISA NICCHI, Relatrice di minoranza. C’è il Fondo rotativo che noi abbiamo esteso a tutti i soggetti.
      E riguardo al 5 per cento, siamo ben favorevoli al fatto che non ci sia più il riferimento al tetto, ma rimane aperta la necessità di facilitare l'accesso e di redistribuire le risorse sulla base della qualità sociale e democratica espressa e non della capacità di marketing dei singoli soggetti.
      Concludendo, l'operazione necessaria al terzo settore non era quella di riformarlo dall'alto, ma di rendere questo settore sostenuto da politiche che sappiano garantire nuovi spazi di azione civica e una generale migliore connessione tra questo mondo e istituzioni.

      PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

      LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel corso dei lavori.

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Argentin.  Ne ha facoltà.

      ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, chiedo scusa al collega se mi sono fatta anticipare, ma effettivamente avevo un problema logistico. Vorrei ringraziare il sottosegretario e la relatrice per la maggioranza per il lavoro fatto rispetto al terzo settore, che mi sembra essere un argomento assai importante per questo Parlamento e per questo Paese. Il terzo settore, come io lo intendo e come credo debba essere inteso, è il mondo nel quale in qualche modo vengono garantite pari opportunità in situazioni di difficoltà e la possibilità di emergere in un contesto così concorrenziale e così legato a patrimoni che hanno ben poco a che vedere con gli ultimi. Ma il terzo settore non è necessariamente rappresentato dagli «ultimi», lo voglio gridare a voce alta, e mi rivolgo anche alla collega del MoVimento 5 Stelle, che giustamente diceva: no finanze legate al terzo settore. Ma lei mi insegna che se, tuttavia, non vogliamo fare un distacco netto e non vogliamo considerare come lavoratori di serie B i lavoratori sociali, dobbiamo cominciare a immaginare che anche per loro i contratti nazionali del lavoro e il business del commercio debbano essere considerati. Che cosa intendo con questo ? Io credo che questa riforma abbia il grande valore di poter fornire risposte concrete ad un mondo del no profit che, quasi sempre, si trova a combattere Pag. 13con un sistema organizzato e gestito da imprenditori che la fanno e la dicono più lunga degli altri soltanto per la forza contrattuale che hanno sul resto del mondo.
      Per cui, sì sociale, sì welfare, ma incominciamo a immaginare, anche culturalmente, per fare un passo avanti, un sociale ed un welfare che abbiano l'attenzione e la voglia di cambiare le cose senza necessariamente essere supportati da decisioni legislative in cui i controlli, i regolamenti e le cause in essere non vengono considerati. È giusto che ci siano, invece, i controlli, così come è giusto che ci sia la possibilità di vedere se c’è produttività. Io non sono una che conta la produttività, però la qualità del prodotto va considerata ed io mi auguro che, con questo provvedimento e soprattutto con i regolamenti che seguiranno, si potrà sempre di più immaginare ed arrivare anche ad un aspetto qualitativo e ad una risposta concreta del prodotto che viene, volente o nolente, per quanto ci possa piacere, inserito all'interno del mercato. Sì il mercato, perché il disagio non è fuori dal mercato, anzi è elemento di mercato fondamentale. Il 7 per cento del PIL italiano trova risposta nella disabilità. Vi faccio un esempio ed immaginiamo quanto sia tutto il resto. Quindi noi, oltre ad essere consumatori, è giusto che siamo anche artefici di un mercato in cui la nostra qualità di venditori assuma un livello di importanza analogo.
      La collega Lenzi ha fatto, a mio avviso, un ottimo lavoro, non solo cercando di tenere insieme tutto in modo difficoltoso; vi assicuro, perché quando si parla di sociale si ha sempre paura di dire dei «no» o dei «sì» eccessivi.
      Eppure, è riuscita a trovare un grande equilibrio in questo testo, che, ripeto, a mio avviso, aveva ancora bisogno di regolamenti attuativi conseguenti rispetto a certe situazioni che lo avrebbero sostenuto un po’ di più. Ma rimane un vero supporto rispetto ad un mondo che, altrimenti, dovrebbe gareggiare con un altro che, invece, proprio perché è omologato o proprio perché è più forte, va avanti con maggiore intensità.
      Una cosa che ci tenevo a precisare, importante, a mio avviso, è anche il fatto che, quando parliamo di terzo settore, non è che parliamo di purezza e di bontà. Vi è questa falsa illusione e aspettativa che tutto ciò che è debole e sfigato sia, in qualche modo, perfetto. Non è così ! Nel welfare vi è il bene e vi è il male, e questo va controllato e gestito, perché credo che, se il sottosegretario Bobba non avesse pensato ad un controllo reale, avrebbe facilitato tutto ciò a cui in questi giorni siamo andati incontro.
      Quanto a Mafia Capitale non vi è stato l'uso di gente debole, ma la scelta di personaggi principi (chiamiamoli principi: non meritano certo questo appello, ma non saprei come dire), da Buzzi a company: questa gentaccia ha utilizzato non il sociale, ma i mezzi che queste persone rappresentavano per fare il buono e cattivo tempo.
      Ma in quel caso non parliamo di cooperazione, non parliamo di realtà vere: parliamo di realtà che sono andate oltre, che non esistono. Ma tutto il resto non è così ! Io, personalmente, sono anni che vedo lavorare il mondo della cooperazione sociale e, sì, vi sono casi tremendi, per carità, e ben venga la giustizia, ma ve ne sono tanti altri che nascono dal basso e che lavorano ogni giorno per dare risposte vere e concrete.
      È vero che si sono sostituiti – voi dicevate di no – alla sanità e si sono sostituiti, tante volte, ad altre realtà, ma ricordatevi che, senza la cooperazione sociale, migliaia di persone con disabilità o, comunque, che vivono in uno stato di disagio la mattina non si potrebbero alzare dal letto. Cominciamo, quindi, a regolamentare, magari, i costi e le cifre che si devono a questi lavoratori, ma non diamo responsabilità e colpe a chi va a sollecitare e a rispondere ai bisogni di chi non è che se la canta e se la suona, ma ha realmente una grande concretezza di diritto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Silvia Giordano. Ne ha facoltà.

      SILVIA GIORDANO. Grazie, Presidente. Le normative che disciplinano quello che attualmente definiamo terzo settore sono molteplici e complesse. Basti ricordare la disciplina delle associazioni di promozione sociale, quella dell'impresa sociale, quella delle ONLUS, la legge quadro sul volontariato e tante altre. Sicuramente, vi era la necessità di regolare e riordinare il quadro normativo di riferimento per il terzo settore, attualmente eccessivamente frammentario e confuso. Quindi, assolutamente fondamentale la riforma, ma assolutamente non fondamentale farla con una legge delega. Questo è il principale punto critico della riforma: il metodo prima del merito.
      Con una legge delega, il Parlamento è doppiamente spodestato della propria funzione, sia nel momento della stesura della delega, perché non può fare altro che dare dei criteri direttivi al Governo, spesso eccessivamente vaghi, sia successivamente, quando sarà chiamato ad esaminare i decreti attuativi della legge delega. Il Parlamento, infatti, sarà chiamato a esprimere un parere sul decreto attuativo, è vero, ma il parere è, per definizione, non vincolante, e quindi il Governo può non tenerne conto. Ma, in più, se entro 30 giorni il Parlamento non esprime il parere, il Governo può andare tranquillamente avanti; il Governo, espressione di un'unica forza di maggioranza.
      Sarebbe stato assolutamente più adeguato, corretto e all'altezza dell'ambito che si andava a disciplinare fare una legge di iniziativa parlamentare, condivisa almeno da tutti i membri della Commissione di competenza, visto che non vi è mai stato un atteggiamento ostruzionistico nel legiferare in tal campo. E il nostro atteggiamento propositivo lo abbiamo dimostrato anche in occasione di questa legge delega, e sarebbe stato ancora più adeguato e puntuale fare una legge quadro per le associazioni, una per le imprese sociali, una per il servizio civile, invece di unire molti campi tra loro non connessi e che hanno esigenze e problematiche diverse.
      Purtroppo, però, si è preferito fare altro, con una delega che spesso, in molti punti anche delicati, è una delega in bianco, data a un Governo scelto da un Presidente del Consiglio mai eletto. Ma la funzione legislativa, purtroppo, questo Parlamento ormai non sembra più abituato ad esercitarla.
      Comunque entriamo nel merito. Per quanto riguarda le associazioni ci sono dei punti in cui noi del MoVimento 5 Stelle ci siamo trovati d'accordo con le altre forze politiche, comprese quelle di maggioranza. Siamo assolutamente a favore, infatti, del registro unico del terzo settore, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Tale iscrizione sarà obbligatoria per gli enti del terzo settore che si avvalgono prevalentemente e stabilmente di finanziamenti pubblici, di fondi privati raccolti attraverso sottoscrizioni o di fondi europei destinati al sostegno dell'economia sociale o che esercitano attività in convenzione o in accreditamento con enti pubblici e che intendono avvalersi delle agevolazioni previste dall'articolo 9 del provvedimento in esame, ossia le misure fiscali e il sostegno economico, così appunto come recita l'articolo 4, lettera i), della legge delega.
      Siamo d'accordo anche con l'aumento dell'utilità e il rafforzamento dell'osservazione nazionale per il volontariato, prevista dalla lettera f) dell'articolo 5 della legge delega, tanto che abbiamo anche richiesto di aggiungere un ulteriore comma per chiedere di uniformare i requisiti dei registri degli osservatori nazionali con quelli regionali, cosa, peraltro, ottenuta.
      Come MoVimento 5 Stelle, tra emendamenti e subemendamenti, in Commissione affari sociali abbiamo presentato all'incirca 300 proposte emendative. Molte puntano sui controlli e sulla trasparenza e, rispetto a quello che era inizialmente il testo della legge delega presentato dal Governo, molto è stato inserito grazie anche alle nostre proposte emendative. Per quelli che dicono che è una legge grillina, perdonateci, ma molto altro si poteva fare. Pag. 15Infatti, quelle che sono state accolte sono per lo più, per quanto riguarda i controlli e la trasparenza, cose molto blande e cose molto vaghe. Poi dovremmo vedere se il Governo, che non vedo più... se il rappresentante del Governo mi ascolta, perché è vero che ci sta sentendo da quattro mesi, ma è fondamentale, visto che stiamo parlando di trasparenza e controllo...

      PRESIDENTE. Scusi, onorevole Giordano. Se il rappresentante del Governo può ... grazie. Prego, onorevole Giordano.

      SILVIA GIORDANO. Grazie, Presidente. Sono state accettate solo le cose blande, tanto che avevamo richiesto un'autorità indipendente per il terzo settore, che spesso ci è stato detto non essere voluta neanche dalle associazioni, perché va ad appesantire i controlli, va ad appesantire tutto l'iter burocratico che devono fare le associazioni, perché mette solo un ulteriore controllo, quando in realtà poi abbiamo incontrato anche noi, come penso tutte le altre forze politiche, le associazioni, che hanno proprio richiesto l'autorità indipendente del terzo settore. Infatti, anche loro sono stanche di essere associate a Mafia Capitale, alle cooperative che mangiano dietro l'Expo, alle cooperative che fanno arrestare il sindaco di Ischia e tante altre. Quindi, vogliono anche loro riuscire a lavorare bene e a far vedere il loro lavoro con un'autorità indipendente del terzo settore, cosa che non solo non è stata disciplinata come voleva il MoVimento 5 Stelle, ma non è stata proprio più prevista. C'era stato un margine di trattativa, accantonando un attimo degli emendamenti, ma all'improvviso si è scelto di dire di no.
      Quindi, la vigilanza, il monitoraggio e il controllo sul terzo settore sono stati affidati al Ministero del lavoro. Peccato, però, che sono stati dati «iso-risorse», tanto che noi abbiamo presentato degli emendamenti. Infatti, è impossibile che venga data una funzione così importante e così delicata al Ministero del lavoro senza dare, però, risorse aggiuntive. Abbiamo presentato emendamenti in tal senso, che sono stati bocciati in Commissione. Visto che riproporremo in Aula questi emendamenti, in quanto punto fondamentale per il MoVimento 5 Stelle, ma anche per tutto il terzo settore, vedremo se almeno qui in Aula ci sarà un cambio di rotta.
      Poi, andiamo alle imprese sociali. L'imprenditoria sociale è un fenomeno oggetto di interesse in tutta Europa. Sono stata, infatti, da poco ad un convegno a Riga in Lettonia, con tutti i rappresentanti degli Stati membri dell'Unione europea, proprio per discutere di impresa sociale e per confrontarci sul tema. È chiaro che questa specifica tipologia di impresa sta prendendo sempre più piede, anche per i problemi dell'economia e del settore finanziario, che hanno spinto la società civile e le autorità pubbliche a collaborare nella ricerca di nuovi modi per vincere le sfide della disoccupazione, dell'emarginazione sociale e dell'invecchiamento della società, come anche per promuovere la crescita inclusiva, la creazione di posti di lavoro dignitosi e la partecipazione sociale.
      L'Unione europea non si è accordata su una definizione comune di impresa sociale. Tuttavia, nella sua iniziativa per l'imprenditoria sociale, la Commissione sociale definisce impresa sociale l'operatore dell'economia sociale il cui obiettivo principale è quello di avere un'incidenza sociale piuttosto che ricavare profitto per i suoi proprietari e azionisti. Lo ripeto: piuttosto che ricavare profitto per i suoi proprietari e azionisti. Essa opera fornendo beni e servizi per il mercato in modo imprenditoriale e innovativo e impiega i propri profitti, in primo luogo, per perseguire obiettivi sociali.
      Questo è anche un emendamento che abbiamo presentato per l'Aula, per cambiare la definizione di «impresa sociale» e mai come adesso tale definizione – ce lo chiede l'Europa – sarebbe perfetta.
      Partendo da questa definizione, andrei un attimo ad analizzare i punti a nostro avviso più salienti di questa riforma. In questa riforma, infatti, si dà la delega al Governo per modificare poi, in futuro, con i decreti attuativi, i vari aspetti presenti nel decreto legislativo n.  155 del 2006, e, Pag. 16in particolare, si vanno a modificare le forme di remunerazione del capitale sociale e di ripartizione di utili nell'impresa sociale, il carattere privato dell'impresa sociale e la sua finalità, l'attribuzione facoltativa della qualifica di impresa sociale, i settori di attività e di utilità sociale, insieme a molti altri campi.
      In particolare, mi vorrei un attimo soffermare sulle cariche sociali. Infatti, attualmente, le imprese private con finalità lucrative e le amministrazioni pubbliche, oltre a non poter esercitare attività di direzione e detenere il controllo dell'impresa sociale, non possono nominare i soggetti che rivestono cariche nelle imprese sociali, pena la decadenza dei soggetti nominati. Con la riforma, questo divieto in parte scomparirà. Inizialmente, alla lettera f) dell'articolo 4 della riforma era prevista la possibilità, per le imprese private e per le amministrazioni pubbliche, di assumere cariche sociali negli organi di amministrazione delle imprese sociali, salvo il divieto di assumere la direzione e il controllo. Si tratta di un punto su cui noi del MoVimento 5 Stelle siamo stati assolutamente contrari e sul quale abbiamo battagliato il più possibile, anche qui per ottenere sempre e solo il miglioramento della riforma, cosa che in parte è avvenuta anche grazie a due nostri emendamenti: uno, in particolare, fondamentale, ossia l'inserimento del rispetto delle disposizioni del decreto legislativo 8 aprile 2013, n.  39, recante «Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico (...)», aspetto fondamentale che spesso viene dimenticato. È inoltre aggiunto il divieto di assumere, per le imprese private e la pubblica amministrazione, oltre alla direzione e al controllo, anche la presidenza delle imprese sociali.
      Ma la grande differenza rispetto alla legislazione vigente, nonché grande punto di contrasto critico per il MoVimento 5 Stelle, è la ripartizione degli utili. Le imprese sociali sono state sempre, fino ad ora, caratterizzate dall'assenza di scopo di lucro; è, infatti, vietato il lucro soggettivo: il profitto non dev'essere distribuito a soci, associati e partecipanti.

      PRESIDENTE. La invito a concludere.

      SILVIA GIORDANO. In particolare, attualmente la legge prevede un vincolo positivo di destinazione degli utili e il divieto di distribuzione degli utili e delle riserve anche in modo indiretto. Purtroppo, questo divieto non viene cancellato e noi siamo del tutto contrari – in parte lo ha spiegato anche la collega Grillo e lo riprenderemo anche nel corso dell'esame degli emendamenti – perché così si va a creare un profitto, nonché una concorrenza sleale, come è stato detto anche nella relazione dell’Antitrust e nel parere della Commissione attività produttive, e si va in una direzione totalmente opposta rispetto a quella che dovrebbe caratterizzare il terzo settore, tanto che anche la Corte dei conti ha detto che, aggiungendo la distribuzione e ripartizione degli utili, si va pian piano a distaccare l'impresa sociale dalla definizione che noi stessi abbiamo dato del terzo settore.

      PRESIDENTE. Deve concludere.

      SILVIA GIORDANO. Quindi, cerchiamo almeno di non andare in concorrenza e in contraddizione con l'Antitrust, con la Corte dei Conti e con il parere che tutta la maggioranza e tutto il PD hanno espresso come considerazione in un parere della Commissione attività produttive e che, comunque, non è stato preso in considerazione dalla relatrice e dalla Commissione affari sociali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

      PAOLA BINETTI. Presidente, Governo, colleghi, l'attuale disegno di legge delega al Governo per la riforma del terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale tenta una definizione del termine «terzo settore» che, in Pag. 17genere, identifica quegli enti che operano e si collocano in settori come l'ambito socio-assistenziale e l'ambito culturale, e via discorrendo. Il fenomeno, tuttavia, non si presta ad essere ricondotto a schemi rigidi, dal momento che investe una realtà sociale, economica e culturale in continua evoluzione.
      Nella categoria del terzo settore rientrano tutti quei soggetti – generalmente individuati nelle organizzazioni di volontariato, nelle cooperative sociali, nelle associazioni di promozione sociale e nelle fondazioni pro-sociali – che, facendo propri i criteri del no profit (assenza di finalità di lucro) ed agendo secondo logiche diverse da quelle delle istituzioni pubbliche e delle imprese propriamente dette, svolgono attività di varia natura nei campi dell'educazione, della sanità, dei servizi sociali e della tutela ambientale, attraverso quelle che vengono definite forme di partecipazione sociale.
      In Europa una prima definizione del terzo settore fu usata per la prima volta nel rapporto «Un progetto per l'Europa» in ambito comunitario nel 1978, dove si assegnava al terzo settore una posizione che lo separava concettualmente sia dallo Stato che dal mercato, ma nello stesso tempo riconosceva ai tre settori gli elementi strutturali di una società nel suo complesso.
      Il terzo settore si differenzia dal primo, lo Stato, che eroga beni e servizi pubblici e dal secondo, il mercato, o settore for-profit, che produce beni privati. Il terzo settore va quindi a colmare quell'area tra stato e mercato nella quale si offrono servizi, si scambiano beni relazionali, si forniscono risposte ai bisogni personali o a categorie deboli secondo approcci che non sono originariamente connotati dagli strumenti tipici del mercato, né dal puro assistenzialismo.
      Gli enti e le organizzazioni del terzo settore fornisco al benessere della società un contributo non inferiore, anche se di natura diversa, da quella dello Stato e del mercato. Vedremo come questa distinzione, anche nello sviluppo della legge e quindi anche nel dibattito che ha accompagnato la discussione sulla legge, ha perso un po’ la rigidità di questi confini o, se vogliamo dirlo in modo più positivo, il rigore di questi confini, perché nel momento in cui lo Stato diventa erogatore di sostanze economiche molto precise e molto concrete, sia in forma diretta sia in forma indiretta, alle organizzazioni no-profit è chiaro che la distinzione tra Stato e terzo settore si perde, perlomeno si diluisce dice molto. Ma nel momento in cui il terzo settore introduce il tema della distribuzione degli utili, come fa nell'articolo in cui si tratta dell'impresa sociale, è evidente che anche lì i confini tra il terzo settore e il mercato possono attenuarsi molto. Ecco, questo potrebbe essere considerato, se lo vogliamo vedere sotto un profilo positivo, un merito della legge: avere abbattuto muri di gomma, avere facilitato, secondo un'osmosi di nuova cultura, il confluire delle risorse intellettuali, operative, organizzative e anche economiche, da un settore all'altro.
      La distinzione tra primo, secondo e terzo settore non è più così rigida, ma l'importante è che se ne mantenga poi lo spirito, che se ne mantenga quello che è il cuore stesso del terzo settore che ci sta particolarmente a cuore in questo momento (perdono per il bisticcio di parole). Esiste infatti un'Italia generosa e laboriosa che tutti giorni opera silenziosamente per migliorare la qualità della vita delle persone. È l'Italia del volontariato, della cooperazione sociale, dell'associazionismo no-profit, delle fondazioni e delle imprese sociali. Lo chiamano terzo settore, ma in realtà è il primo. Lo ha affermato Matteo Renzi in quel documento che è possibile leggere sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri nella presentazione di questo disegno di legge.
      È un settore che si colloca tra lo Stato e il mercato, tra la finanza e l'etica, tra l'impresa e la cooperazione, tra l'economia e l'ecologia, che dà forma e sostanza ai principi costituzionali della solidarietà e della sussidiarietà e che alimenta quei beni relazionali che soprattutto nei momenti di crisi sostengono la coesione sociale e contrastano le tendenze verso la Pag. 18frammentazione e disgregazione del senso di appartenenza alla comunità nazionale.
      È a questo variegato universo, capace di tessere e riannodare – dice sempre il Presidente del Consiglio nel suo intervento pubblicato sul sito – i fili lacerati del tessuto sociale, alimentando il capitale più prezioso di cui dispone il Paese, ossia il capitale umano, che il disegno di legge presentato dal Governo intende rivolgersi formulando, dopo un dibattito che si trascina ormai da troppi anni, le linee guida per una revisione organica della legislazione riguardante il terzo settore.
      Per realizzare il cambiamento economico, sociale, culturale e istituzionale di cui il Paese ha bisogno, è necessario che tutte le diverse componenti della società italiane convergano in un grande sforzo comune.
      Ed è questo, forse, l'obiettivo principale che noi ci auguriamo discenda dall'approvazione di questo disegno di legge: una chiamata in causa di tutto il Paese a dare il proprio contributo specifico, ognuno a partire dalle proprie competenze professionali, dalle proprie competenze umane, dalla propria sensibilità, per la costruzione di un autentico bene comune, comune perché costruito da tutti.
      Il mondo del terzo settore, infatti, può fornire un contributo determinante a questa impresa per la sua capacità di essere motore di partecipazione e di autorganizzazione dei cittadini, per la sua capacità di coinvolgere le persone, costruire legami sociali, mettere in rete risorse e competenze e, soprattutto, sperimentare soluzioni innovative. Per questo, al terzo settore va riconosciuta una creatività, un'originalità e anche una capacità di sfidare il già definito, il già strutturato, andando oltre questi modelli per spingersi laddove finora la sensibilità sociale, la coesione sociale non è arrivata. Mi riferisco a quelle «periferie dell'esistenza» così care a tutta la predicazione di Papa Francesco.
      Nell'intergruppo per la sussidiarietà di cui faccio parte da diverse legislature, più volte, è stato affrontato il tema del rapporto tra profit e no profit, nella piena convinzione che oggi possono declinarsi in modo nuovo e complementare per rafforzare i diritti di cittadinanza attraverso la costruzione di reti solidali, nella quali lo Stato, le regioni, i comuni e le diverse associazioni ed organizzazioni del terzo settore collaborino in modo sistematico per elevare i livelli di protezione sociale, combattere le vecchie e nuove forme di esclusione e consentire a tutti i cittadini di sviluppare le proprie potenzialità. Anche questo è un titolo di merito del disegno di legge che stiamo discutendo: l'aver cercato di andare oltre la frammentazione, lo sforzo di rispettare le identità specifiche di tutti gli enti che costituiscono il terzo settore, favorendo, però, quelle possibili e positive confluenze che, da un lato, si convertono in risparmi per le piccole imprese che fanno terzo settore, perché offrono dei servizi – servizi di tipo legislativo, servizi di gestione economica, di controllo di bilancio, eccetera –, ma, nello stesso tempo, mantenendo il rispetto per le specificità di ognuno.
      Di fatto, tre sono gli obiettivi principali di questo disegno di legge: costruire un nuovo welfare partecipativo; valorizzare lo straordinario potenziale di crescita e occupazione insito nell'economia sociale e nelle attività svolte dal terzo settore; dare il giusto riconoscimento, con adeguati incentivi e strumenti di sostegno, a tutti i comportamenti donativi e, comunque, pro-sociali dei cittadini e delle imprese finalizzati a generare coesione e responsabilità sociale.
      Il terzo settore è come se facesse riferimento ad una sorta di pedagogia relazionale, che si riconosce in un modello antropologico come quello descritto da Pierpaolo Donati, in cui l'uomo è immaginato al centro di una rete di relazione che va ben oltre l'individualismo e l'egocentrismo conflittivo con cui è spesso descritta la nostra società. Il modello di uomo, che è al centro della filosofia del terzo settore e dei suoi modelli organizzativi che ne derivano, è un soggetto intrinsecamente relazionale, un soggetto che ha bisogno degli altri, un soggetto che si sente capace di contribuire a rispondere ai bisogni degli altri.Pag. 19
      Questo disegno di legge, se riuscirà a raggiungere davvero tutti i cittadini, potrà portare ad ognuno la consapevolezza di quello che non sia solo uno slogan, ma che dice: tu vali, tu puoi, il benessere degli altri ti riguarda, i problemi degli altri ti riguardano e tu puoi dare il tuo contributo, te ne puoi fare carico e lo puoi fare a partire dalla tua esperienza umana e professionale. Si colloca, infatti, nella logica del dono e della gratuità come determinanti del comportamento umano.
      Proprio nell'ottica di stimolare un welfare partecipativo, il Governo ha chiesto opinioni e proposte a tutti coloro che operano nel terzo settore, compresi gli stakeholder, i cittadini, i sostenitori e gli utenti finali degli enti no profit. Quello che potremmo criticare è che la consultazione è stata aperta per un mese – per un solo mese –, che risulta essere poco, se volessimo davvero immaginare un coinvolgimento di tutto il Paese. Si è chiusa concretamente il 13 giugno 2014 con una promessa: che a distanza di un anno, ci sarebbe stata la legge. E potrebbe anche accadere che questa promessa diventi, perlomeno qui alla Camera, un fatto concreto.
      Il testo della delega al Governo della riforma del terzo settore, dell'impresa sociale e della disciplina del servizio civile universale prevede, quindi, i criteri identificativi a cui dovranno attenersi i decreti attuativi, che concretamente consentiranno di dare vita alla riforma, con l'obiettivo di costruire un nuovo moderno di welfare partecipativo.
      In realtà non possiamo dimenticare che questa è una legge delega e che la Commissione, nel suo dibattito lungo e nelle sue audizioni, ha cercato di definire i criteri cui dovranno attenersi i decreti attuativi. Infatti, in realtà, alla fin fine, il nostro lavoro è una delega al Governo. Toccherà al Governo emanare questi decreti attuativi e ci auguriamo davvero che lo faccia nel rispetto di tutto ciò che il dibattito parlamentare ha prodotto e che in qualche modo rappresenta, per così dire, un affresco in cui vi sono dei chiaroscuri, dei punti di luce, dei punti di apprezzamento profondo, dei punti di perplessità e dei dubbi, sui quali vale la pena veramente mantenere un livello di attenzione elevato.
      Comunque, i punti cardini previsti da questo disegno di legge sono il riordino e la revisione organica della disciplina degli enti privati del terzo settore, attraverso la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale, in attuazione del principio di sussidiarietà, al fine di sostenere la libera iniziativa dei cittadini associati per perseguire il bene comune e per elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l'inclusione e il pieno sviluppo della persona, valorizzando al contempo il potenziale di crescita di occupazione del settore.
      In realtà questo è il primo punto del disegno di legge, quello in cui sono raccolte le finalità della legge. Ogni parola meriterebbe un approfondimento e ogni termine fa riferimento ad una serie di aspetti di cui i decreti attuativi dovranno veramente tenere conto.
      Quindi, il disegno di legge che stiamo discutendo parte da una rielaborazione del concetto di terzo settore, che si è sviluppata soprattutto a partire dalla crisi del welfare, quando è apparso chiaramente quanto fosse negativa la tendenza a sottovalutare la creatività, anche nella sua forma informale, che anima quella partecipazione civile che rappresenta la spinta per la nascita di organizzazioni all'interno del settore a misura dei bisogni emergenti. È un impegno – ripeto – che si colloca nella gratuità tipica del no profit, che ha sempre incuriosito gli economisti, che hanno cercato di classificare questo fenomeno per conferirgli piena dignità nell'analisi economica e di studiarne il ruolo all'interno del sistema complessivo, sia del sistema produttivo che del sistema di welfare.
      Il terzo settore, non a caso, è stato affrontato sia con un approccio di tipo sociologico che con un approccio di tipo economico. Entrambi gli approcci si riferiscono a soggetti di natura privata, ma volti alla produzione di beni e servizi di valenza pubblica o collettiva. Se volete, Pag. 20proprio questa è un'apparente contrarietà intrinseca del terzo settore, che si riferisce a soggetti di natura privata – e che quindi fa riferimento alla libera iniziativa – ma che poi esce dai confini della sua privatezza per aprirsi alla produzione del bene comune.
      L'approccio sociologico evidenzia l'orientamento altruistico delle relazioni che si instaurano all'interno del terzo settore, che implicano un coinvolgimento personale dei protagonisti e delle loro motivazioni, anche sotto il profilo culturale, valoriale ed etico dell'agire volontario delle persone nelle organizzazioni no profit. Questa libertà nel servizio prestato, rinnovata potremmo dire giorno per giorno, è la vera ricchezza del volontariato. È la sua forza ma, in alcuni momenti, può convertirsi anche nella sua debolezza, proprio perché legata a questa volontarietà personale, che nella sua gratuità richiede un rilancio profondo delle motivazioni che la guidano.
      L'approccio economico, invece, sottolinea la partecipazione a creare un benessere collettivo diverso da quello offerto dal mercato e dalle sue leggi, essendo il terzo settore per definizione privo di fini lucrativi. Molti studi economici hanno cercato di indagare sul contributo dato dal terzo settore all'economia del Paese, soprattutto in termini di servizi di cura e accudimento delle fasce deboli della popolazione. In questi ultimi anni si è cercato di mettere sempre più a fuoco quali fossero le fonti di finanziamento delle organizzazioni no profit e i flussi economici e finanziari intercorrenti tra loro e gli enti pubblici.
      Non è stato semplice definire le caratteristiche, sotto questo profilo specificatamente economico, degli enti del terzo settore, ma la norma in discussione ha tenuto a puntualizzare queste che mi piace sottolineare: l'assenza di distribuzione dei profitti; la natura giuridica privata, anche se alcune organizzazioni hanno un forte controllo pubblico; l'atto di costituzione formale con un contratto formalizzato e con un accordo esplicito tra gli aderenti; l'autogoverno; una certa quota di lavoro volontario; l'organizzazione con una base democratica e una partecipazione effettiva degli aderenti.
      Dove vediamo noi che si colloca il punto di maggiore criticità di questo disegno di legge ? Proprio in quello che riguarda l'assenza di distribuzione dei profitti. Di fatto, l'articolo 2, comma 1, lettera g), afferma: «prevede il divieto di distribuzione, anche in forma indiretta, degli utili e del patrimonio dell'ente». Però, poi, aggiunge: «fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, lettera d)». Cosa dice l'articolo 4, comma 1, lettera d) ? Prevede l'ampliamento dei settori di attività e di utilità sociale con l'individuazione dei limiti di compatibilità, dando legittimazione allo svolgimento di attività commerciali diverse da quelle di utilità sociale.
      Questo è il punto di maggiore criticità che è stato segnalato sotto vari aspetti e per il quale è fondamentale che i decreti attuativi tengano conto dei rischi; tengano conto delle possibilità di sviluppo, ma tengano conto anche dei rischi che questo comporta. Infatti, proprio per queste caratteristiche, è nata qualche riserva. I principi delineano una filosofia di un provvedimento che contiene, insieme ad alcune luci, anche le ombre e c’è questa in particolare che riguarda il nuovo ruolo dell'impresa sociale. Si tratta di una figura giuridica ibrida, che mette insieme la finalità sociale e la possibilità di distribuire utili, cioè di essere almeno in parte profit e di remunerare il capitale investito.
      Grazie a questa riforma, l'impresa sociale potrà intervenire in settori quali, ad esempio, la formazione universitaria – penso a tutti gli aspetti di housing – e l'assistenza sanitaria, aprendo ulteriormente la porta alla privatizzazione del welfare, in particolare nei due settori che fino ad oggi hanno mantenuto un forte impianto pubblico, come, appunto, la sanità e l'istruzione. La filosofia che i principi generali di questo provvedimento delineano è quella del no profit americano, che è sostitutivo del settore pubblico ed è alimentato da agevolazioni fiscali e donazioni di privati.Pag. 21
      Il rischio, quindi, di questa riforma è lo schiacciamento dell'esperienza partecipativa e sociale del terzo settore sulla dimensione imprenditoriale e privatistica dei cosiddetti mercati sociali, magari assistiti dal sistema politico. E i rischi sono tanti, fino a quelli criminali, per fortuna limitati, ma gravissimi delle vicende di «Mafia capitale» e di una parte del management della cooperativa «29 giugno».
      Il terzo settore, senza un sistema di tutele adeguate e di controlli rigorosi, rischia di oscillare tra Scilla e Cariddi, tra il parastato e il business, perdendo la sua vocazione sociale e partecipativa.
      Comunque, tra gli aspetti positivi della riforma c’è anche la riforma del servizio civile e la riforma del codice civile per la parte riguardante le associazioni, i comitati, le fondazioni, eccetera. Ma insisto che sulle norme che riguardano le imprese sociali vogliamo e chiediamo al Governo un segnale di attenzione molto forte, proprio perché non si perda quella che noi consideriamo essere l'anima del no profit, l'anima del terzo settore, che è la dimensione della gratuità declinata all'interno del principio di sussidiarietà e di solidarietà (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

      DAVIDE CAPARINI. Grazie Presidente, mi rendo conto che non è possibile farlo, ma avrei volentieri ceduto parte del mio tempo alla collega Argentin che ha tenuto argomentazioni molto interessanti e sulla base di alcune delle quali io vorrei articolare il mio breve intervento. Tranquillizzo chi viene dopo di me.
      Prima di tutto, c’è una questione di metodo che è stato utilizzato. Io credo che su un settore così nevralgico, cruciale e fondamentale per quanto riguarda la convivenza civile e sociale del Paese, uno strumento come quello che è stato adottato dal Governo...

      PRESIDENTE. Scusi, onorevole Caparini. Presidente Buttiglione, grazie.

      DAVIDE CAPARINI. ...sia per lo meno inappropriato, come hanno sottolineato parecchi interventi che mi hanno preceduto.
      Un metodo che diventa anche merito in quanto questo approccio sottende anche una sorta di primazia dal punto di vista culturale di chi ha scritto questa riforma. Tale primazia poi in qualche modo diventa nella norma un fil rouge di una visione prettamente dirigistica, centralistica alla quale noi evidentemente ci opponiamo, che vogliamo contrastare in tutti i modi, che rigettiamo al mittente. Il mio intervento si articolerà proprio su questi tre aspetti, ovvero l'accentramento che vi è all'interno di questa riforma, lo smantellamento di alcune buone pratiche esistenti e la conseguente perdita di identità e, inoltre, la mercatizzazione delle imprese sociali.
      Per quanto riguarda l'accentramento e, quindi, questa visione verticistica, credo che il simbolo stia nel registro unico nazionale. Era da tempo che non sentivamo questo tipo di nomenclature: il registro unico nazionale è paradigmatico di una impostazione che è diametralmente opposta, ad esempio, a quella che la Conferenza delle regioni ha sottoposto all'attenzione del Governo e che il Governo pare rigettare, e poi vedremo nella discussione della prossima settimana se ci sarà un ravvedimento operoso.
      Ma il punto fondamentale è che – concessa la parte di cui si è occupata anche la sentenza della Corte costituzionale n.  228 del 2004 che ha certificato la competenza nazionale per quanto riguarda la valorizzazione del servizio civile – tutto ciò che invece rimane best practice dal punto di vista delle regioni e, quindi, la valorizzazione delle esperienze locali (infatti, stiamo parlando di volontariato, stiamo parlando di terzo settore, quindi stiamo parlando di genti e territorio), tutto ciò viene cancellato con un colpo di spugna.
      Quello che veramente ci stupisce e addolora è il fatto che la risposta dello Stato centrale, la risposta del partito principale responsabile di quel verminaio che Pag. 22è stato «Mafia capitale» è quella di ricondurre tutto al centro, quindi di ricondurre nelle mani del solito dirigente ministeriale il controllo, la verifica di quello che dovrebbe essere messo nelle mani di un sistema molto più evoluto di controllo, come viene fatto in altri Paesi; mi riferisco alla trasparenza dei bandi, all'accesso agli atti, procedure assolutamente trasparenti e semplici: tutto ciò che oggi manca ed ha comportato quello che purtroppo abbiamo verificato essere nella struttura di «Mafia capitale» ma non solo.
      Allora, la richiesta che noi facciamo è diametralmente opposta alla vostra impostazione che è quella dirigistica e ministeriale, ed è esattamente contraria ovvero quella, ad esempio, di ripristinare l’Authority per il volontariato nel terzo settore che il Governo, anche con l'appoggio del Partito Democratico, ai tempi di Monti liquidò in quattro e quattr'otto, cancellando un'esperienza che aveva dato degli ottimi frutti e che noi, invece (ma non solo noi), crediamo debba continuare.
      Ricordo anche ai colleghi presenti in Aula che lo stesso assessore alle attività sociali del comune di Milano ed esponenti del terzo settore, ad esempio, hanno rivolto un appello ai parlamentari del PD lombardo per portare avanti questa istanza che poi purtroppo è stata disattesa, e non ne è nemmeno rimasta traccia all'interno del dibattito parlamentare.
      Accentramento ma anche smantellamento dell'esistente, perdita di identità. E qui c’è una preoccupazione che abbiamo più volte avuto modo di sottolineare, anche all'interno del dibattito in Commissione, ovvero l'utilizzo della delega come un rischio per introdurre surrettiziamente degli strumenti, degli elementi, per esempio per quanto riguarda il servizio civile, che nulla hanno a che fare con il servizio civile stesso. Noi abbiamo sottolineato come l'ipotesi, che è stata da alcuni paventata e che è all'interno di alcune proposte di legge, di far partecipare gli extracomunitari al servizio civile, sia assolutamente al di fuori di ogni logica. Siamo convinti che se questo deve o può avvenire, deve avvenire all'interno di un percorso di integrazione e di accettazione della cittadinanza, come molte proposte di legge sulla revisione del processo di cittadinanza, tra cui anche una a mia firma, prevedono una sorta di riconoscimento e di integrazione attraverso la condivisione di alcuni principi e di alcuni valori; ma non, come purtroppo si evince da alcune dichiarazioni di stampa o anche da alcuni atti parlamentari, come un ulteriore strumento per allargare un mercato della disperazione, dell'accoglienza, dell'integrazione, che alla fine, poi, ha provocato le storture che abbiamo visto in «Mafia capitale» ma non solo; quelle storture che purtroppo fanno diventare un legittimo e assolutamente condivisibile principio di integrazione un ulteriore strumento di spreco di denaro pubblico, un ulteriore strumento di sperpero di risorse che vengono sottratte alla collettività.
      Un altro punto – e qui concludo – è quello che riguarda la mercatizzazione delle imprese sociali. Molti interventi, da ultimo quello della collega Binetti, hanno sottolineato quella che è una preoccupazione non solo di tanti colleghi ma una preoccupazione di tutto il terzo settore, del volontariato, che proprio nel no profit, nell'immagine di un servizio alla collettività vede la remunerazione, la cifra del proprio impegno sociale.
      In questo senso, parafrasando una canzone dei Timoria: Roma non è l'America. Ricordatevelo. Non si tratta di importare tout court un modello che in altri Paesi, in altri contesti, con altre culture, quindi con altri approcci metodologici, ha funzionato. Qui stiamo parlando di un Paese, l'Italia, che ha dimostrato, nel corso degli anni, purtroppo, un'immaturità nell'approccio a dei processi come quelli che voi state oggi proponendo, anzi state imponendo.
      Quindi, da qui la nostra preoccupazione di fronte a una riforma che si propone di essere rivoluzionaria ma che, alla fine, tirate le somme, rischia semplicemente di essere un piccolo ritocco con però un pericolosissimo principio, che è appunto quello dello smantellamento di un principio che per noi è fondamentale.Pag. 23
      Ai dirigenti di Stato, alla iperburocratizzazione, al controllo dal centro, alla omologazione noi contrapponiamo un sistema che ha funzionato, quello che in Veneto, in Lombardia e in altre regioni del nord ha fatto sì che oggi i servizi vengano erogati nel migliore dei modi e su base volontaria o comunque attraverso delle pratiche che voi, purtroppo, vi proponete di cancellare, questa è la cifra della vostra riforma, o di riportare in qualche modo all'interno di una logica centralista.
      Con i nostri emendamenti noi continuiamo e continueremo a ribadire la necessità di partire dal territorio e dalle esigenze delle genti del territorio, nonché dalla volontà, dalla capacità e dall'altruismo di chi, fino ad oggi, ha dato prova di saper fare la differenza, facendolo malgrado tutto.

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gigli. Ne ha facoltà.

      GIAN LUIGI GIGLI. Presidente, signor sottosegretario, relatori, io credo che, quando si toccano temi evocativi come volontariato, come solidarietà, come servizio, come sussidiarietà, per alcune persone, ed io sono tra queste, vengono ad essere toccate le corde, forse, più sensibili della propria identità sociale e politica. Ritengo che l'argomento che oggi stiamo affrontando, per i numeri delle persone che coinvolge, per l'importanza anche dell'ammontare del valore economico che muove, per l'occupazione che genera, per la creazione di servizi che vanno al di là e oltre la logica dell'assistenzialismo e anche della logica della tradizione, diventando innovativi, ma anche per le dinamiche di tipo partecipativo e democratico che mette in gioco, sia di primaria grandezza e, addirittura, essenziale per quanto riguarda il futuro di questo nostro Paese, se immaginiamo il terzo settore come la terza gamba di un tavolo che ha bisogno di tutte e tre le gambe per stare insieme: insieme allo Stato e insieme all'area del profit, il terzo settore costituisce la terza gamba di un tavolo che, per rimanere in equilibrio e stare ordinatamente in piedi, ha bisogno appunto di un solido terzo settore. Ne sono talmente convinto che, insieme ad altri amici, non a caso, ho dato vita ad un'associazione politica che, anche nel nome, evoca questi concetti: Democrazia solidale.
      Detto tutto ciò, ritengo che il disegno di legge all'esame abbia molti meriti (che liquiderò in breve, come forse non merita), ma vorrei anche delineare alcuni elementi di preoccupazione che, nonostante tutto, mi assalgono. I meriti sono evidenti: il disegno di legge affronta argomenti quali il volontariato, la cooperazione, l'impresa sociale, il servizio civile, cercando di promuoverli, di mettere ordine, di dare loro coerenza in qualche maniera, anche normativa; per esempio attraverso l'adozione di un codice che riorganizzi tutta la materia e l'istituzione di un registro, che mi trova peraltro d'accordo in dissonanza da chi mi ha preceduto.
      Però nonostante tutti questi meriti oggettivi, che mi portano a esprimere un giudizio complessivamente assolutamente positivo, soprattutto dopo il lavoro che è stato svolto in XII Commissione e dopo i suggerimenti che la stessa XII Commissione ha in buona parte accolto, provenienti dalle altre Commissioni che hanno valutato il provvedimento, nonostante tutto questo, restano in me alcuni elementi di perplessità che vorrei con voi condividere, soprattutto con il Governo e con il relatore, affinché, se possibile, sia data un'ulteriore possibilità di aggiustamento ad un provvedimento che, proprio perché resterà nel futuro per molti anni sulla scena, ha bisogno di partire con la gamba giusta.
      Quali sono questi elementi di preoccupazione ? Io credo che, negli anni passati, siano stati troppo frequenti alcuni episodi che hanno caratterizzato – scandalosamente direi – la nostra vita pubblica. È stata già citata ripetutamente l'esperienza negativa di Mafia capitale, ma basterebbe esaminare i giornali di ieri, dell'altro ieri, di questa mattina, anche con riferimento a quello che è accaduto a Ischia per rendercene conto, ma basterebbe anche fotografare realtà più piccole: penso anche alla Pag. 24mia regione, in Friuli, a realtà come le cooperative triestine o come le cooperative carniche che sono in profonda sofferenza oggi soprattutto rispetto ai loro membri, ai cooperatori. Allora, se abbiamo presente tutto questo, io credo che dovrebbe essere un nostro dovere di parlamentari fare in modo, per quanto ci è possibile, che snaturamenti di questo genere non si verifichino più. Io ritengo che questi snaturamenti si siano verificati e continuino purtroppo a verificarsi certamente per il venir meno di alcune tensioni ideali ma altrettanto certamente perché si è determinato nei fatti uno scollamento profondo, uno iato profondo tra quello che è il mondo vero dei lavoratori dell'impresa sociale e dei cooperatori delle società cooperative, da un lato, e quello che è il mondo della direzione, del management di queste stesse strutture. Le conseguenze sono evidenti; sembra che chi lavori come cooperatore o come addetto in queste attività non abbia più quasi niente a che fare con chi gli sta sopra; non abbia più niente a che fare né con riferimento ai poteri decisionali – vorrei ricordare, come ho detto prima, che abbiamo a che fare con enti che della partecipazione popolare dovrebbero fare un must – né dal punto di vista della remunerazione stessa, a fronte di situazioni assolutamente scandalose in termini di divario retributivo tra chi appunto lavora in questi enti, talvolta ai limiti – bisogna dirlo – dello sfruttamento e chi invece da questi stessi enti trae un profitto. Le conseguenze, dicevo, sono purtroppo estremamente dannose. Sono dannose, l'abbiamo già detto, certamente per il malaffare che possono rischiare di generare, ma sono dannose anche per l'opinione pubblica negativa che generano, nei confronti di coloro che vedono appunto in maniera scandalosa questi eventi ma anche di tante imprese che, non potendo godere degli stessi finanziamenti, della stessa fiscalità di vantaggio, si trovano a dover competere sul mercato, avendo di fronte nei fatti una concorrenza sleale. Allora, io credo che sia nostro dovere stabilire alcuni correttivi, alcune limitazioni proprio perché crediamo nel terzo settore, crediamo nella bontà del sistema e dobbiamo fare in modo che esso appunto venga preservato da ulteriori scivolamenti. Qui, voglio dire, se c’è la disponibilità, per il resto basta solo la fantasia.
      Possiamo immaginare di ricondurre, per esempio, il mondo della cooperazione a dei limiti che possono essere di natura geografica; possono essere limiti di fatturato, possono essere limiti di numero di membri che lavorano nella cooperativa, possono essere limiti che riguardano, appunto, la forbice stipendiale tra gli addetti e coloro, invece, che dirigono. Ci sono diverse possibilità e qualcuna, a mio avviso, dobbiamo sceglierla, per fare in modo, appunto, che la barca possa tenersi più correttamente nel solco che vogliamo tracciarle.
      Ma anche e soprattutto direi che, per l'impresa sociale, noi dobbiamo fare in modo che tale essa resti. Ora già l'introduzione del criterio del profit, seppur parziale e non prevalente, è qualcosa che comunque va preso con delicatezza, va preso con le pinze. Ma se non fissiamo poi nemmeno un tetto a questo profit, un tetto che, a mio avviso, deve essere basso, che non può andare oltre il 25-30 per cento di quello che è l'utile dell'impresa, allora io credo che noi rischiamo di mettere le premesse, non volendo, per un ulteriore snaturamento. Si tratta in fondo di seguire, se vogliamo, anche le indicazioni che ci ha dato l'Antitrust, che ci ha dato la Corte costituzionale, che ci ha dato l'Autorità nazionale anticorruzione.
      Credo, dunque, che dovremmo affrontare questo argomento con un approccio realistico e, tuttavia, estremamente pragmatico. Abbiamo dovuto prendere atto molto tardivamente dello snaturamento di un'altra istituzione benemerita, ossia le banche popolari, e abbiamo recentemente, in questa Camera, dovuto affrontare un tema per rimettere in qualche modo in ordine l'istituto delle banche popolari, ridando al mercato completamente, all'azionariato addirittura, quelle banche che non avevano più quelle finalità popolari e cercando, invece, di preservare il buono che ci poteva essere in un'esperienza gloriosa.Pag. 25
      Io credo che oggi noi dobbiamo, molto laicamente, avere lo stesso tipo di approccio rispetto al problema delle imprese sociali. Dobbiamo avere lo stesso tipo di approccio e io vorrei – e concludo – auspicare che, da parte del Governo e del relatore, proprio perché amiamo questo istituto e questa modalità di fare cooperazione e di fare anche impresa sociale, che nel nostro Paese, lo ripeto, ha una tradizione gloriosa, si trovasse lo spazio per qualche ulteriore miglioramento e qualche ulteriore ritocco, che possa permetterci di mantenere il fenomeno nell'alveo corretto in cui deve restare.
      Ripeto: non si tratta di non apprezzare il lavoro che è stato compiuto e al quale pure ho positivamente contribuito. L'apprezziamo e siamo grati a coloro che lo hanno portato avanti. Si tratta, però, a mio avviso, di fare un piccolo passo in avanti perché l'istituzione non vada, da questo punto di vista, alla deriva.

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palmieri. Ne ha facoltà.

      ANTONIO PALMIERI. Grazie, Presidente. Presidente Giachetti, io tramite lei mi rivolgo alla collega Lenzi, al sottosegretario Bobba e ai membri della Commissione affari sociali per porgere delle scuse, perché, nel corso dei lavori della Commissione, Forza Italia non ha dato un forte contributo al lavoro che loro hanno compiuto. Questo è dovuto a motivi organizzativi, in riferimento alla presenza dei componenti del mio gruppo nella Commissione affari sociali, ma non certamente a un disinteresse per la materia, perché il nostro interesse e il nostro atteggiamento, di forte rispetto nei confronti del mondo del terzo settore, è provato dalla storia, dalla nostra storia di forza politica e dalla nostra storia di forza di Governo.
      Presidente Giachetti, lei, come me, è in quest'Aula dal lontano 2001. Nel corso, quindi, degli anni della sua presenza lei ricorderà – e credo che anche i colleghi che sono presenti come noi da tempo lo ricorderanno – che è stata approvata una serie di provvedimenti che oggi noi diamo assolutamente per scontati ma che scontati non sono e che hanno avuto un'origine precisa.
      Li vado a ricordare sinteticamente, a partire dal 5 per mille che vide la luce sotto il nostro Governo: la legge del «buon samaritano», una legge nata dalla sollecitazione di una mamma scandalizzata dallo spreco del cibo che vedeva nella scuola dei propri figli; la legge delega sull'impresa sociale, che ebbe poi attuazione durante il Governo Prodi nel 2006 e che oggi andiamo a riformare con questo provvedimento; la «più dai meno versi», che era all'interno di un decreto sviluppo del 2005, quindi anche questo è un dato importante: dentro un decreto per lo sviluppo c'era una norma importante dal punto di vista fiscale, poiché liberalizzava e sosteneva le donazioni a favore degli enti del terzo settore.
      Quindi, è in forza di questa storia che noi siamo attenti a questo provvedimento perché riteniamo che il terzo settore sia il luogo di attuazione, il luogo che incarna il principio di sussidiarietà rettamente inteso, cioè quello per il quale le forze, le persone, le associazioni, la società in una parola sola, si mettono assieme per rispondere direttamente ai propri bisogni. E da questo punto di vista non svolge una mera funzione di supplenza dello Stato, svolge tutt'altra funzione, svolge la funzione di una comunità viva, capace di prendere in mano le redini del proprio destino.
      Come è stato già ricordato, se dovessimo pensare di legiferare su questo tema, sul terzo settore, leggendo i giornali di questi giorni, noi faremmo – credo – un pessimo servizio a tutte le centinaia di migliaia di realtà del terzo settore che ci sono nel nostro Paese; faremmo un pessimo servizio se agissimo sull'onda dell'emozione; è vero – e lo dico in modo particolare ai colleghi dell'attuale maggioranza – non possiamo nasconderci dietro un dito e non possiamo passare da un'era, nella quale ci veniva allegramente imputato il conflitto di interessi, a realtà che fanno i loro interessi senza alcun conflitto, però, da questo punto di vista, credo che Pag. 26soprattutto il partito, che è temporaneamente maggioranza relativa in questo Paese, abbia non solo il dovere e il diritto, ma la convenienza a recidere una volta per tutte, definitivamente, quei legami contigui tra mondo cooperativo e mondo della politica, che ancora ci sono, come appunto oggi molti giornali tuttora ricordano.
      Ma l'attenzione da parte nostra è comunque focalizzata sul fatto che, anche se ci sono gli alberi che cadono, a noi interessa la foresta che cresce e, come già altri colleghi hanno ricordato prima di me, la foresta che cresce è fatta da donne e uomini che tutti i giorni si prendono cura di altri. Certamente non è il paradiso in terra, come ricordava la collega Argentin, ma è un tentativo generoso che noi dobbiamo sostenere con una norma adeguata.
      E vengo alla norma: il provvedimento è un tentativo di mettere ordine e di interpretare le novità che vi sono all'interno di questo settore, mettere ordine, perché la legislazione su questo ambito è stata molto ampia e si è accatastata nel corso degli anni, e guardare le novità. Io penso che sia positivo che il principio di sussidiarietà, come ho cercato di ricordare e di definire poco fa, sia sostanzialmente iscritto all'interno di questa legge delega, così come ritengo che le novità introdotte nel campo dell'impresa sociale siano un fatto positivo. Non mi scandalizza e non ci scandalizza il fatto che vi sia una finanza sociale, anzi, per fare queste iniziative, oggi più che mai, accanto alla inesauribile forza del volontariato, servono realtà strutturate, capaci di restare in piedi e capaci di fare a meno del finanziamento pubblico, cosa che peraltro riduce anche gli ambiti di opacità e di propensione all'illegalità, di cui oggi tutti abbiamo parlato.
      Da questo punto di vista, c’è un tema di fondo, però: questa legge delega conferisce una delega troppo ampia al Governo. Noi con i nostri emendamenti, con la decina dei nostri emendamenti, abbiamo cercato, dove possibile, di circoscrivere un po’ meglio questa ampiezza della delega, cercando di definire meglio alcuni passaggi, perché si dà troppa mano libera al Governo, evidentemente comprensibilmente dal punto di vista della maggioranza, ma è altrettanto evidente che servono paletti chiari per evitare anche che possano essere mossi rilievi di non costituzionalità del provvedimento.
      Da questo punto di vista, sono certo che le realtà del terzo settore, piccole e grandi, quelle consorziate, non faranno mancare la loro, chiamiamola così, «affettuosa vigilanza» su quello che farà il Governo, il quale, abbastanza curiosamente, ha previsto nella norma una clausola di autosalvaguardia, per cui, dopo un anno, possono rimettere mano ai decreti. L'ho detto sorridendo, ma trovo che sia, in realtà, una novità di buonsenso, perché si vede che cosa producono le norme che si mettono in campo e si prevede già un meccanismo di correzione.
      Concludo con l'altro punto debole: è evidente che questa è una delega non finanziata, come è già stato ricordato, per le grandi, nuove incombenze date al povero sottosegretario Bobba e al di lui Ministro, l'ex presidente della Lega cooperative, come nel caso del servizio civile. Vi è tutto un ambito di «vorrei, ma non posso», che speriamo anche noi che, nel corso del lavoro parlamentare, degli emendamenti sui quali lavoreremo in Aula, possa trovare, invece, un'apertura diversa da parte del Governo.
      Quindi, in definitiva, questo disegno di legge è più forte da un punto di vista culturale che da un punto di vista sostanziale. Il nostro auspicio – e termino davvero – è che, proprio partendo da queste considerazioni e da quelle che abbiamo fatto un po’ tutti, deputati di minoranza e di maggioranza, si possa passare dall'enunciazione del tema ad un corretto svolgimento, così come avveniva a scuola, quando eravamo piccoli.
      Voi avete scritto, direi in modo anche ragguardevole, parecchi titoli del tema; vediamo se, tutti insieme, riusciamo, in Aula, nel corso delle prossime settimane, a svolgerlo in un modo adeguato, in modo adeguato, soprattutto, alle attese di coloro i quali, fuori da quest'Aula, si attendono Pag. 27da noi e da voi (che ne avete l'onere principale, essendo maggioranza) un lavoro assolutamente ben fatto.

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Monchiero. Ne ha facoltà.

      GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, Presidente. Questo disegno di legge, che conferisce ampia delega al Governo per rivedere le multiformi normative che disciplinano l'attività degli enti del terzo settore, risponde ad un'effettiva esigenza di riordino. Spesso ci siamo chiesti che cosa abbiano in comune una situazione di volontariato, che, magari, assiste gratuitamente i pazienti di un ospedale, e una cooperativa che fattura milioni di euro, che cosa unisca un centro di fitness e una mensa per i poveri, o una società sportiva per disabili e una clinica privata.
      Che cosa accomuna strutture così diverse per finalità perseguite, risorse amministrate, valore sociale ed economico delle prestazioni rese ? È un unico elemento: è estremamente probabile che tutte queste organizzazioni non abbiano scopo di lucro, e quindi che rientrino nel macrocosmo del terzo settore. Grande è la confusione sotto il cielo, e non solo nel nostro Paese !
      La crescita vertiginosa del no profit in tutto l'Occidente non è stata accompagnata da altrettanta chiarezza nelle definizioni teoriche e negli assetti normativi. Questo disegno di legge si propone proprio di colmare questa lacuna. Il testo licenziato dalla XII Commissione, che ci ha lavorato a fondo e, direi, bene, amplia e migliora sensibilmente quello del disegno di legge originario. Aggiungo solo che sarebbe stata auspicabile una maggiore chiarezza, che evitasse ogni equivoco sulle tipologie delle organizzazioni che possono beneficiare degli incentivi economici e delle normative fiscali di favore; misure, queste, condivisibili e dolorose per enti che operano in contesti di effettivo interesse sociale.
      Le cronache ci riferiscono, purtroppo, episodi sconcertanti, che non devono indurci a fare di ogni erba un fascio; nondimeno, ci chiedono di affinare la nostra capacità di discernimento e di normazione, e in questo senso vanno gli emendamenti, i pochi emendamenti, proposti dal nostro gruppo, che auspicano proprio una più netta distinzione fra tipologie di enti del terzo settore, con una specifica tutela delle associazioni di volontariato e una più netta e invalicabile distinzione fra Onlus e impresa sociale.
      Noi non abbiamo alcun pregiudizio negativo sull'esistenza dell'impresa sociale che sia una società di capitali e che possa anche distribuire degli utili. Ma è chiaro che tutte le norme di favore che valgono per le altre strutture del terzo settore devono essere ridimensionate per l'impresa sociale.
      Con queste precisazioni il nostro giudizio è complessivamente positivo, con l'auspicio naturalmente che il Governo sappia fare un uso tempestivo e corretto della delega e produca decreti legislativi che realmente contribuiscano a migliorare un corpo di norme che oggi è confuso e contraddittorio (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mantero. Ne ha facoltà.

      MATTEO MANTERO. Signor Presidente, come già molti miei colleghi hanno avuto modo di dire, abbiamo apprezzato il dibattito in Commissione, che ha permesso di ottenere un testo che noi riteniamo molto migliorato rispetto al testo originario – non me ne voglia, sottosegretario –, anche se lo riteniamo ancora migliorabile. Ci dispiace molto, invece, la velocità e quello che riteniamo il tentativo di castrazione del dibattito in Aula, probabilmente perché il Partito Democratico ha paura della sua stessa opposizione interna, visto che chiude in questa maniera i tempi del dibattito.
      Io, visto che si è parlato ampiamente di impresa sociale, vorrei, invece, soffermarmi su altri articoli, per la precisione sull'articolo 8, ovvero quello in cui si parla di servizio civile universale. Noi abbiamo più volte ribadito in Commissione che Pag. 28riteniamo che questo tema sia slegato rispetto agli altri argomenti della legge delega, anche perché il servizio civile sicuramente in parte si incrocia con il terzo settore, ma solo in parte. Infatti, molti dei volontari non sono impiegati in Onlus o in associazioni, ma sono impiegati nella pubblica amministrazione.
      Quindi, riteniamo che questo argomento avrebbe dovuto essere affrontato a parte rispetto a questa legge delega, magari, per una volta, proprio attraverso una legge di natura parlamentare finalmente. La relatrice Lenzi ha detto che ci sono diverse proposte di legge, perché non affrontare il tema, per una volta, tramite le prerogative del Parlamento e non sempre attraverso deleghe al Governo e attraverso decreti ?
      Ci fa un po’ sorridere il termine «universale». Avete chiamato questo servizio civile «universale» senza dare una definizione di quello che vuol dire per voi «universale». A questo punto avremmo potuto chiamarlo servizio civile «intergalattico» oppure, per essere un po’ più modesti, servizio civile «mondiale». A nostro avviso, «universale» vuol dire che deve essere aperto a tutti. Ma in realtà, viste le limitate dotazioni economiche che sono destinate al servizio civile, per l'appunto, proprio «universale» non sarà. Nel 2015 probabilmente riusciremo ad arrivare a 47 mila giovani, ma solamente grazie al fatto che ci sono contributi delle regioni, contributi di garanzia ai giovani e qualcosina anche da enti privati, perché i contributi dati dal Governo sono limitati. Per il 2016 e per gli anni successivi riusciremo ad arrivare appena a 25-27 mila giovani, facendo i conti della serva, quindi meno dei 100 mila che avete sbandierato. Perciò, vi comunico che mancate di 70 mila persone. Pertanto, «universale» proprio non ci sembra.
      Tra l'altro, riusciamo a lavorare sul servizio civile senza rimediare alle due procedure di infrazione europee proprio rispetto al servizio civile, ovvero quella riguardante la direttiva n.  38 del 2004, relativa alla circolazione dei cittadini e dei lavoratori, e quella riguardante la direttiva n.  109 del 2003, relativa agli stranieri soggiornanti per lungo periodo e ai beneficiari di protezione internazionale. Rispetto a queste l'Europa contesta la normativa italiana e all'articolo 8 della delega non affrontiamo questo problema, a cui almeno avremmo potuto rimediare.
      Inoltre, si continua a legare il concetto di servizio civile a quello obsoleto della difesa non armata, facendo riferimento agli articoli 11 e 52 della nostra Costituzione. Il concetto di difesa non armata poteva andare bene venti anni fa, quando il servizio civile era considerato un'alternativa al servizio militare obbligatorio, adesso la valenza del servizio civile dovrebbe essere un'altra, a nostro avviso. Noi infatti presentiamo un emendamento in cui facciamo riferimento all'articolo 2 e all'articolo 4, secondo comma, della Costituzione: secondo noi, la finalità del servizio civile doveva essere proprio legata alla formazione sociale dei giovani e all'accrescimento materiale e spirituale della nostra società. Il servizio civile serve per la formazione dei giovani, per l'inclusione sociale di questi soggetti e non deve essere visto – come ci sembra – come una forma di ammortizzatore sociale: abbiamo tanti disoccupati, vediamo di occuparne un po’ attraverso il servizio civile.
      Inoltre quello che si evince dai criteri della delega – che peraltro all'articolo 8 sono più ampi – è che si cerca di trovare manodopera gratuita per le associazioni. Proprio per questo, abbiamo presentato un altro emendamento in cui chiediamo una reale compartecipazione delle associazioni alla spesa, questo proprio per responsabilizzarle, ovvero per evitare che le associazioni più grandi facciano richiesta di un numero eccessivo di giovani rispetto alle loro esigenze, perché tanto sono gratis, tanto paga Pantalone. Se dovranno avere un minimo, una percentuale di contributo diretto, saranno responsabilizzate rispetto alla richiesta. Probabilmente questo sarà un vantaggio per le piccole associazioni che invece hanno più difficoltà ad accedere ai volontari del servizio civile.Pag. 29
      Un altro punto interessante è quello relativo alla lettera c) dell'articolo 9, ovvero l'istituto del 5 per mille. È stato divertente il dibattito in Commissione, in cui da una parte il Governo in questo disegno di legge delega voleva mettere un tetto per l'erogazione del cinque per mille, mentre si andava nella direzione opposta per la delega fiscale, in cui si dice che il cinque per mille verrà stabilizzato e verrà tolto il tetto, ovvero si cercherà di fare modo che le scelte dei cittadini siamo effettivamente espresse; si stabilisce un tetto e se il 5 per mille dell'IRPEF destinato supera quel tetto non si ha una scelta reale. Questo siamo riusciti ad ottenerlo in Commissione, ma rispetto a questo abbiamo presentato altri due emendamenti che riteniamo importanti: l'uso legittimo delle somme destinate al 5 per mille – ovvero, se si scoprirà che alcune associazioni fanno un uso improprio di queste somme, esse non potranno eccedere a questo istituto – ed evitare che il 5 per mille vada a fondazioni bancarie e alle imprese sociali, perché le imprese sociali hanno anche la possibilità di spartire gli utili e non riteniamo che debbano anche usufruire di questo istituto.
      Ancora, vorrei tornare sul tema dei controlli. Tutte le volte che abbiamo cercato di aumentare i controlli e la trasparenza ci avete accusato di fare di tutta un'erba un fascio e di trattare tutto il terzo settore come se fosse negativo. Invece quello che abbiamo sempre detto e che il nostro tentativo è quello di valorizzare il molto di buono che c’è nel terzo settore, impedendo gli abusi e parlando con le associazioni è emerso che abbiamo punti diversi, ad esempio con gli imprenditori sociali, ad esempio sulla spartizione degli utili, ma sul controllo e sull'agenzia del terzo settore andiamo nella stessa direzione. Sono le stesse associazioni che ci chiedono di aumentare i controlli, proprio perché le associazioni che fanno bene il terzo settore, il volontariato e così via hanno bisogno di essere distinte rispetto a chi ne abusa.

      PRESIDENTE. La invito a concludere.

      MATTEO MANTERO. Concludo, dicendo che quello che non ci piace di questa delega è l'intento, ovvero, con la scusa che lo Stato è inefficiente, chiediamo ai privati di sostituirlo e diamo la possibilità di ripartire gli utili proprio per attirare capitale.

      PRESIDENTE. Deve concludere.

      MATTEO MANTERO. Riteniamo che se lo Stato è inefficiente va efficientato, prima di tutto – concludo –, partendo da una vera legge anticorruzione e da una legge sul conflitto di interessi. Lo Stato deve continuare ad avere il suo ruolo di Stato sociale e le associazioni devono continuare ad avere il loro ruolo di affiancare lo Stato, e non di sostituirlo.

      PRESIDENTE. Saluto gli alunni e i docenti del Liceo classico «Valsalice», di Torino, gli alunni e i docenti dell'Istituto d'istruzione superiore «Don Bosco», di Padova e gli alunni e i docenti del Liceo «Parini», di Seregno, in provincia di Monza e Brianza, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Grazie per seguire i nostri lavori.
      È iscritto a parlare l'onorevole Patriarca. Ne ha facoltà.

      EDOARDO PATRIARCA. Signor Presidente, colleghi e colleghe, sottosegretario Bobba, un anno fa, il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, annunciava l'intenzione del Governo di presentare un disegno di legge delega di riforma del terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale.
      Nel giugno dell'anno scorso, come ricordava la collega Lenzi, sono state presentate le linee guida e, dopo una vasta consultazione pubblica, che ha visto il contributo di più di ottocento interventi di organizzazioni ed esperti, nell'agosto 2014, il Governo presenta il disegno di legge delega. Un intenso lavoro in XII Commissione, con il saggio governo della relatrice Donata Lenzi, ha portato alla stesura del testo che oggi discuteremo in Aula.Pag. 30
      Mi preme qui ribadire alcuni punti di valore, se così possiamo chiamarli, che mi fanno dire che questo passaggio parlamentare rappresenti per la società civile italiana e, in particolare, per le organizzazioni del terzo settore, una riforma che ha la consistenza, la densità di una vera e propria riforma costituzionale, che riguarda proprio la proposta di una nuova infrastrutturazione di quella società civile anch'essa parte integrante della nostra Repubblica e riconosciuta tale dagli articoli 2 e 118 della Carta. In particolare, l'articolo 118 afferma che: «Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività d'interesse generale sulla base del principio di sussidiarietà».
      Non è un disegno di legge delega che vuole semplicemente fotografare l'attuale terzo settore: sarebbe un'operazione troppo semplice, si presenterebbe come un'operazione di basso profilo, poco ambiziosa, forse inutile per il Paese. È una riforma che guarda avanti, una riforma che intende fornire gli strumenti necessari affinché i cittadini possano svolgere responsabilmente una cittadinanza attiva e operosa per il bene comune.
      Le organizzazioni di terzo settore sono una vera e propria dorsale strategica del nostro Paese – così la definì il Presidente Ciampi in un incontro con il Forum del terzo settore –, senza la quale questo difficile momento che stiamo attraversando, di crisi economica, di sfiducia diffusa, di poca visione del futuro, di una povertà e di disuguaglianza sociale tra famiglie e territori sempre più accentuata, senza questa rete di organizzazioni solidali diffuse sul territorio, questo tempo sarebbe stato segnato da forti tensioni sociali e non potremmo oggi dire che, forse, stiamo uscendo, seppur faticosamente, da una lunga recessione.
      Coesione sociale, manutenzione delle reti comunitarie, premura per le persone più bisognose, attenzione alle «periferie esistenziali» – una dizione cara a Papa Francesco –, impegno di cittadinanza attiva e responsabile, spirito di servizio, gratuità, sono i tratti fondativi di questo vasto mondo chiamato terzo settore.
      È una legge che vuole allargare e potenziare lo spazio pubblico, popolandolo di una pluralità di soggetti che assumono una responsabilità condivisa nella gestione dei beni comuni, i beni di tutti, assieme alle amministrazioni pubbliche, soprattutto quelle locali più prossime ai cittadini e che si trovano nella condizione di dovere rispondere e rendere conto del proprio operato quasi quotidianamente.
      Dunque, crediamo e ritengo si apra una rinnovata stagione di coprogettazione e di coproduzione a livello territoriale, nella quale la funzione svolta dalle pubbliche amministrazioni diventa ancor più determinante del passato, per uscire dalla logica emergenziale o paternalistica, spesso utilizzata nel rapporto con il mondo del volontariato, e per misurarsi sulla capacità concreta di rispondere alla domanda di più sociale, di più legami, di più innovazione, che proviene dalle persone e dalle famiglie. Non una privatizzazione, come taluni presagiscono, ma un rinnovato impegno pubblico, nel quale le pubbliche amministrazioni con gli enti di terzo settore, secondo lo spirito della legge n.  328 di riforma dei servizi sociali oramai dimenticati, riaprono assieme una stagione nuova di investimento sociale ed economico nei beni comuni.
      È in virtù di quest'assunzione di responsabilità pubblica che alle organizzazioni di terzo settore, come definite nella legge delega, vengono concessi benefici fiscali e assegnati loro i doveri della trasparenza, della rendicontazione, della pubblicazione dei bilanci e di tutte le informazioni utili ai cittadini e alle pubbliche amministrazioni per valutare per davvero l'impatto sociale delle iniziative intraprese.
      Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in collaborazione con altri ministeri e anche con enti di terzo settore, sarà attivata una struttura per il controllo e la vigilanza, a tutela della fede pubblica, e un registro unico per tutte le organizzazioni di terzo settore. Vigilanza e Pag. 31controllo, per l'appunto, nei confronti di un mondo che noi crediamo composto da organizzazioni per la grandissima parte oneste e trasparenti. Il falso terzo settore va perseguito e punito, ma non possiamo accettare l'equivalenza «corruzione-ruberia uguale terzo settore».
      Il testo della legge delega propone la stesura di un codice del terzo settore, non un'omologazione, ma la definizione di una cornice certa e condivisa, dentro la quale dovranno continuare a vivere le varie forme organizzative che animano il terzo settore, in primis il mondo delle organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, pilastri del terzo settore italiano, e poi l'impresa sociale, tra queste le cooperative, che avranno il compito di produrre servizi e beni in un settore ad alto tasso occupazionale e con un grande potenziale di sviluppo. I beni culturali e archeologici, il patrimonio ambientale, il welfare, il microcredito, e l’housing sociale saranno i settori sui quali davvero investire nell'intrapresa sociale.

      PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Patriarca.

      EDOARDO PATRIARCA. Le agevolazioni fiscali, la stabilizzazione del 5 per mille – mi avvio alla conclusione, Presidente – e il riordino della fiscalità agevolata per stimolare comportamenti donativi vanno collocati nella voce investimenti proprio per la capacità potente e forte di questo settore di moltiplicare le risorse che in esso vengono investite, soprattutto per ridurre per quanto possibile, soprattutto in alcuni settori, una dipendenza dal finanziamento pubblico oggi sempre più ridotto.
      Infine – e davvero mi avvio alla conclusione – mi consenta Presidente una battuta sul servizio civile: è un grande investimento sulle future generazioni. L'obiettivo che ci siamo dati sono 100 mila giovani nel 2017, che entreranno in quest'esperienza, che è un'esperienza educativa e formativa, una grande leva civica per fare sì che le nuove generazioni incontrino esperienze di cittadinanza attiva e pratichino quel valore fondamentale che è la sussidiarietà e l'impegno per gli altri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Beni. Ne ha facoltà.

      PAOLO BENI. Grazie Presidente, la delega che stiamo discutendo è quell'intervento organico, atteso da tempo, da tanto tempo, da tante organizzazioni sociali, una riforma tanto più opportuna alla luce dell'importanza crescente del terzo settore nel nostro Paese sul piano economico e occupazionale e della dimensione organizzativa e dell'iniziativa degli enti.
      Come è stato detto, si tratta di oltre 300 mila enti, quasi 5 milioni di volontari e 1 milione di lavoratori, l'unico settore che negli anni della crisi ha continuato a crescere, sia nel fatturato che negli addetti.
      Ci sono interi segmenti del sistema di welfare che non esisterebbero se non fosse per l'iniziativa e la progettualità del terzo settore: dai servizi di assistenza, alle opportunità di aggregazione sociale, di accesso alla cultura, allo sport per tutti, alla cura dell'ambiente. Associazioni, gruppi di volontariato, cooperative sociali nascono dall'autonoma iniziativa di cittadini che scelgono di porre le proprie esperienze e competenze al servizio del bene comune, impegnandosi in attività di utilità sociale. Non perseguono il profitto, ma l'interesse di tutti; sono un argine alla frammentazione sociale; promuovono partecipazione e cittadinanza attiva; offrono risposte ai bisogni della parte più debole della società; contribuiscono all'innovazione economica, sociale, culturale di questo Paese. Ma è proprio la crescente rilevanza di questo mondo che rende necessario aggiornare le norme di riferimento, sia per tutelare l'identità, l'autonomia e la trasparenza delle formazioni sociali, sia per incentivarne l'azione con idonei strumenti di sostegno.
      La delega delinea un ampio intervento. Il corposo insieme di leggi che oggi norma gli enti del terzo settore, disomogeneo e in Pag. 32parte non più adeguato, andrà aggiornato alla luce di nuove esigenze e di vecchie lacune. La Commissione ha svolto un lavoro approfondito sul testo, avvalendosi anche di molte audizioni e del positivo confronto con gli enti, che sarà bene proseguire, aggiungo, in vista anche dell'emanazione dei decreti.
      Fondamentale credo per la coerenza dell'intera riforma è la definizione di terzo settore che noi diamo all'articolo 1. Sappiamo che questo termine, ormai di uso comune, non ha un preciso riscontro sul piano giuridico. Ebbene, per la prima volta in un testo di legge si definiscono natura, finalità, campi di attività degli enti del terzo settore, nonché i principi e i vincoli che ne ispirano l'azione. Si traccia, così, quel perimetro che delimita e identifica questi enti nel più vasto ambito dei soggetti non lucrativi riconducibili al Libro I del codice civile.
      Penso che la delega sciolga in modo convincente, a mio parere, anche un nodo spesso discusso, cioè se si debba disciplinare il terzo settore in base alla natura degli enti o piuttosto alle loro attività. Ebbene, la nuova disciplina dovrà tenere nel giusto conto, sia la forma costitutiva e il possesso dei requisiti degli enti, che le attività da essi svolte e la loro coerenza con i fini statutari.
      In altre parole, per definirti ente di terzo settore non conta soltanto chi sei, ma anche cosa fai, perché lo fai e come lo fai. Devi dimostrare la coerenza fra le finalità che dichiari e le tue azioni e devi rendere conto dell'impatto sociale che producono. Per farlo, è chiaro che servono solidi parametri di riferimento, perché il campo dei soggetti è molto diverso per attività, forma giuridica, dimensioni. Tutti stanno nel perimetro del terzo settore con pari dignità, ma ciascuno va collocato al posto giusto, valorizzandone i tratti peculiari. Io penso che con questo approccio si debba affrontare anche il tema dell'impresa sociale. È del tutto positivo che nel terzo settore crescano esperienze con una più marcata vocazione imprenditoriale, capaci di attrarre investimenti anche in una proficua relazione fra profit e no profit, purché venga salvaguardato il carattere non speculativo e la preminente vocazione sociale di queste imprese.
      Un aspetto che merita una particolare attenzione è poi quello delle grandi differenze esistenti tra le associazioni per dimensione economica, struttura organizzativa, numero di aderenti. Squilibri che impongono di differenziare vincoli e oneri. Pur nel quadro di principi unitari, non possono valere le stesse regole per i grandi e per i piccoli. Nel riordino fiscale andrà fatta chiarezza sulla definizione di ente non commerciale e sul trattamento di quelle attività economiche accessorie connesse ai fini istituzionali. Questa è una questione rilevante, perché quelle attività sono il mezzo con cui tante associazioni autofinanziano le proprie iniziative sociali lodevoli, pur senza attingere in nessun modo a risorse pubbliche. Servono vincoli stringenti, quindi, e soprattutto servono regole più chiare, perché non va bene che chi si impegna per il bene comune rischi di incorrere in qualche inadempienza solo perché le norme spesso sono di complessa lettura.
      Quindi semplificare, poche regole ma chiare, comprensibili a tutti, e verifiche rigorose.
      Giustamente, su questo, l'articolo 7, che noi abbiamo introdotto in Commissione, è dedicato proprio ai compiti di vigilanza e controllo. Serve una struttura dotata di adeguate risorse umane e finanziarie, ma anche capace di garantire un costante confronto con il mondo del terzo settore, attraverso i suoi organismi rappresentativi.
      Ritengo – concludo, signor Presidente – che questa riforma sarà tanto più efficace se investirà sulla responsabilizzazione delle formazioni sociali in un rapporto leale e trasparente con le istituzioni e saprà mobilitare tante più energie se sceglierà di investire sulle potenzialità economiche di questi enti ma anche sulla loro vocazione solidaristica, su quella dimensione partecipativa e popolare che rappresenta da sempre il valore aggiunto del Terzo settore italiano nel contesto europeo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baroni. Ne ha facoltà.

      MASSIMO ENRICO BARONI. Grazie Presidente, delega quasi in bianco a questo Governo e a questo Ministro del lavoro, anche chiamato il re delle cooperative. È come mettere il lupo a guardia di un gregge di pecore.
      Questa delega, impatta su 10 milioni di italiani, ovvero un italiano su sei. Questo Ministro del lavoro e il Governo non meritano questa delega; uno, perché dinanzi a «Mafia capitale» non ha ritenuto neanche opportuno rispondere all'interpellanza urgente che chiedeva conto degli appalti di pulizia dati dal suo Ministero alla cooperativa di Buzzi, al centro dello scandalo romano, per il tramite del CNS di Bologna. Il consorzio è oggi commissariato dall'Anac che nel suo provvedimento ci ricorda quanto riportato nell'ordinanza «mondo di mezzo» ovvero che l'organizzazione «gestisce, per il tramite di una rete di cooperative, le attività economiche dell'associazione nei settori della raccolta e smaltimento dei rifiuti, dell'accoglienza dei profughi e rifugiati, della manutenzione del verde pubblico e, negli altri settori oggetto delle gare pubbliche aggiudicate anche con metodo corruttivo, si occupa della gestione della contabilità occulta dell'associazione e dei pagamenti ai pubblici ufficiali corrotti»; inoltre, Buzzi è «titolare di ruoli di gestione e controllo delle cooperative che costituiscono lo strumento imprenditoriale attraverso cui viene realizzata l'attività del sodalizio nel settore economico, con precipuo riguardo ai rapporti con la pubblica amministrazione, un gruppo di indiscutibile potenza economica evidenziata dai 60 milioni di euro di fatturato consolidato».
      Due: questo Ministro non merita questa delega perché in chiaro ed evidente conflitto di interessi perché è cresciuto e pasciuto proprio nel terzo settore, senza avere avuto neanche una blanda capacità di riconoscere la pericolosità mafiosa di chi (il signor Buzzi) gli sedeva accanto nelle tavole conviviali e nella gestione cooperativa ovvero nella indebita appropriazione di soldi pubblici. E proprio questo conflitto di interessi non gli ha permesso di intervenire in maniera imparziale e indipendente in tutti i problemi emergenti di questo settore: come potevamo sperare che avesse l'imparzialità necessaria per fare una riforma adeguata ? La risoluzione del conflitto di interessi è la madre di tutte le battaglie per chi voglia veramente combattere la corruzione.
      Tre: questo Ministro non merita questa delega perché non ha sentito impellente e necessario, alla luce dei gravissimi fatti di corruzione emersi in questi mesi, inserire in questo disegno di legge una chiara previsione di disposizioni volte a garantire la trasparenza e la prevenzione della corruzione. Bastava semplicemente estendere la legge anticorruzione sui decreti delegati anche a tutti quegli enti del Terzo settore che garantiscono servizi pubblici e sociali con almeno il 30 per cento di fondi pubblici e con un tetto. Non merita questa delega perché il Ministro non ha saputo prevedere chiaramente una semplice e basilare distinzione tra chi è realmente no profit e chi fa finta di esserlo ovvero l'impresa sociale. Anzi, in questa delega si può individuare un chiaro potenziamento dell'impresa sociale: o fai socialità o fai impresa. Non si è stati capaci di inibire qualsiasi forma di partecipazione a società con scopi di lucro: abbiamo cooperative che, a loro volta, partecipano a società commerciali, Srl se non addirittura Spa. È un sistema di scatole cinesi che va bloccato immediatamente e da qui l'impossibilità o la criticità di delineare un univoco inquadramento fiscale e giuridico come rilevato anche dalla Corte dei conti.
      Non si è stati capaci di chiarire, già in questa delega, che coloro che hanno dei vantaggi fiscali da parte dello Stato o beneficiano del 5 per mille, ad esempio, devono obbligatoriamente allestire una sezione trasparenza sui loro siti web ove sia puntualmente rendicontato l'impiego di tali benefici.
      Non merita questa delega, in quinto luogo, perché tra i suoi contenuti non ha saputo immaginare di istituire un'autorità indipendente deputata al controllo e non Pag. 34ha saputo e voluto cercare un confronto anche con l'Autorità garante della concorrenza, che pure, immaginiamo, avrebbe tanto da dire sull'argomento, tenuto conto che il no profit oggi opera nel mercato con un fare sleale di tipo emblematico. Ha lasciato alla politica questo controllo, ovviamente al lordo del conflitto di interessi che le appartiene.
      Non merita questa delega perché in questa delega manca un elemento fondamentale: il cittadino. O meglio, è presente nei limiti di una finanziarizzazione dei bisogni, per essere relegato in una guerra tra poveri, dove, da un lato, c’è il cittadino, che non vede garantita la sua salute e dove ogni servizio è esternalizzato a cooperative, e, dall'altro, c’è il lavoratore della sanità, che vive in uno stato di precarietà permanente. Per tutto questo, diciamo al Ministro Poletti: lei e il suo Governo non meritate questa delega (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Carnevali. Ne ha facoltà.

      ELENA CARNEVALI. Grazie, Presidente. Sottosegretario Bobba, onorevoli colleghi, il provvedimento che quest'Aula si accinge ad esaminare rappresenta un passaggio di fondamentale importanza, non solo per l'ambito specifico che si ha l'ambizione di riformare ma per l'intero sistema Paese, data l'indiscutibile centralità ed importanza che il terzo settore ed il no profit hanno assunto sul piano della produzione di servizi collettivi, del pluralismo istituzionale, dell'occupazione e della coesione sociale.
      Nonostante la gravissima crisi finanziaria degli ultimi anni abbia inciso fortemente sulla tenuta economica e sociale del Paese, il terzo settore si è confermato sempre più rilevante, riuscendo a muovere l'economia e, soprattutto, a promuovere l'occupazione, nella consapevolezza di poter diventare un nuovo modello di promozione di responsabilità verso i beni comuni, di democrazia, di partecipazione e di senso civico. Lo testimoniano i dati che molti colleghi hanno già detto e che hanno fotografato il decennio 2001-2011 e il no profit come il settore più dinamico del sistema produttivo italiano. Dati e numeri che nascono dall'incontro di più volontà individuali, dall'impegno e dal tempo messo a disposizione da coloro che, uomini e donne, scelgono di operare al servizio di un fine sociale, per la valorizzazione e il sostegno della persona e della comunità, per servire il Paese attraverso il servizio civile.
      Il cuore del provvedimento è, dunque, rappresentato dalla volontà di costruire condizioni favorevoli per un pieno riconoscimento del terzo settore, sostenuto e promosso come attore strategico, politico, sociale ed economico. Condizioni favorevoli che possono svilupparsi partendo solo da una revisione e da una profonda riorganizzazione della normativa sul Terzo settore, cresciuta disordinatamente negli anni, al di fuori di un disegno complessivo e che oggi, in ogni caso, non è in grado di rispondere o fatica a rispondere alle condizioni economiche e sociali.
      Bisogna, inoltre, considerare come una situazione di proliferazione delle fonti e di confusione normativa possa favorire zone d'ombra, opacità e il rischio di un ricorso strumentale a forme giuridiche che permettono agevolazioni che possono essere immotivate.
      Il disegno di legge di riforma del terzo settore presentato dal Governo parte proprio da questa consapevolezza, affrontando per la prima volta, come richiesto a gran voce dai soggetti e dagli operatori coinvolti attraverso un procedimento aperto di consultazione, tutte le questioni con una visione organica, d'insieme, volta a superare il frammentato quadro delle norme vigenti.
      Il testo, poi, è stato oggetto di un lavoro intenso in Commissione, a cui va il nostro forte ringraziamento e riconoscimento, così come al sottosegretario Bobba e alla relatrice Lenzi, per aver compiuto un confronto intenso, dentro e fuori la sede parlamentare, con tutti i soggetti coinvolti, e per il proficuo lavoro ed il clima tra i componenti della Commissione.Pag. 35
      Ciò ha prodotto importanti modifiche, che hanno portato a chiarire la semplificazione nell'ambito delle deleghe e ad adottare una disciplina di maggiore trasparenza e a risolvere alcune delle questioni che avevano suscitato anche perplessità.
      Viene così, per la prima volta, introdotta la definizione di normativa del terzo settore, con cui si intende quel complesso di enti privati costituiti con finalità civiche e solidaristiche che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività di interesse generale, anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale conseguiti anche attraverso forme di mutualità, e in adeguamento al principio costituzionale di sussidiarietà.
      Si intende, inoltre, favorire quella che abbiamo chiamato l'autonomia di iniziativa dei cittadini, singoli o associati, richiamata dall'articolo 118 della Costituzione, articolo largamente disapplicato e spesso contraddetto, come più volte il sottosegretario Bobba ci ha ricordato.
      Si procede, quindi, alla revisione della disciplina del Codice civile in materia di associazioni e altre istituzioni senza scopo di lucro, con la finalità di rivedere e di semplificare il procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica, prevedendo però fondamentali obblighi di trasparenza ed informazione, anche soprattutto verso i terzi, attraverso forme di pubblicità degli atti fondamentali degli enti, a partire dai bilanci.
      Viene così ribadita la necessità che le nuove norme garantiscano i diritti degli associati con riguardo ai diritti di informazione, partecipazione ed impugnazione degli atti deliberativi e la certezza dei rapporti con i terzi, specie di natura economica.
      Ugualmente viene previsto il riordino della normativa speciale inerente il terzo Settore, stabilendo l'individuazione delle attività solidaristiche e di interesse generale che devono caratterizzare gli enti e il cui svolgimento vincola l'accesso a qualsiasi forma agevolativa. Allo stesso modo, le forme di organizzazione e amministrazione, che devono ispirarsi ai principi di democrazia, eguaglianza, pari opportunità, efficacia ed efficienza, partecipazione degli associati e dei lavoratori, sono imprescindibilmente legate al rispetto dei criteri di trasparenza, correttezza ed economicità.
      Si prevede la riorganizzazione del sistema di registrazione degli enti e dei loro atti di gestione, anche in questo caso secondo criteri di semplificazione, attraverso la previsione di un Registro Unico del terzo settore, a cui è resa obbligatoria l'iscrizione per tutti quegli enti che intendono avvalersi di finanziamenti pubblici o agevolazioni, dei fondi europei per il sociale, o che esercitino attività in convenzione o accreditamento con lo Stato e con gli enti pubblici. Trasparenza, dunque, e controllo, esercitato attraverso le norme anticorruzione – e al riguardo, mi dispiace non vedere più in Aula i colleghi del Movimento 5 Stelle – nei confronti di chi accede al ricorso delle risorse pubbliche, attraverso l'attività del Ministero, con l'Agenzia delle entrate, le forme di autocontrollo che hanno una forte valenza di prevenzione e di vigilanza del Ministero e verso terzi.
      Viene riconosciuto, quindi, il ruolo del terzo settore nella fase di programmazione territoriale dei servizi socio-assistenziali e nella tutela del patrimonio culturale; insomma, vengono poste le basi per una compiuta revisione della disciplina dell'impresa sociale, già ampiamente normata in Europa e finanziata con Programmi (EaSI) e Fondi (Eusef), tenendo conto del principio della destinazione degli utili in misura prevalente al raggiungimento degli obiettivi sociali e dell'ampliamento di settori di attività verso aree di sostegno particolarmente sensibili, come poi è stato previsto in questa proposta di delega.
      In conclusione, con questa legge di riforma, consegniamo al Governo, che si merita, una delega che ha principi, finalità, criteri ben definiti e non si tratta di una delega in bianco, prevedendo la possibilità di realizzare una delle più importanti opere pubbliche, che si colloca nell'ambito dei principi costituzionali e sussidiari, con l'obiettivo di promuovere ed operare una compiuta coesione sociale ed Pag. 36una cittadinanza piena di quello che, giustamente, abbiamo definito il primo settore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fossati. Ne ha facoltà.

      FILIPPO FOSSATI. Presidente, colleghi, noi oggi diamo una definizione ad un mondo oggi non definito, o definito per esclusione: esistono il settore pubblico, il settore privato e poi vi è il terzo. Nel codice civile vi sono associazioni, comitati, fondazioni e poi vi sono le associazioni non riconosciute, che sono centinaia di migliaia di fatti veri.
      Ora, definire è importante, perché rappresenta la base per le buone politiche, e noi diciamo: solidarietà, mutualità, interesse generale sono le finalità degli enti del terzo settore unite all'assenza di scopo di lucro. Diamo una definizione.
      Rispettiamo e ribadiamo la grande libertà associativa garantita dalla Costituzione, ma, quando entro in contatto con lo Stato, allora, tutti mi devono conoscere e, allora, bene la proposta del registro nazionale. Prevediamo poi un sistema di controllo, di monitoraggio e di valutazione delle attività affidato al Governo, ma con la collaborazione e la partecipazione delle associazioni stesse.
      Io vorrei dire ai colleghi del MoVimento 5 Stelle: organizziamoci per avere in questo campo un controllo di sostanza, il terzo settore è gente conosciuta, vera, andiamo a vedere, ma non pensiamo che, anche in questo campo, si debba costruire una serie di controlli di carta che abbiamo visto poi non essere non solo risolutivi ma anche controproducenti; chi fa il malaffare ha sempre le carte in regola. Si mette al sicuro il finanziamento nella delega attraverso una quota liberamente disposta delle imposte versate, il famoso 5 per mille, si apre a tutto il terzo settore l'accesso alle risorse derivanti dalla quota dei profitti delle fondazioni bancarie, anche questo è un fatto assai importante. Si aspetta nella fase dei decreti legislativi un contestuale investimento di risorse dello Stato per finanziare le buone pratiche di un settore che costruisce capitale sociale, fornisce occasione di lavoro e soprattutto organizza la socialità e la solidarietà nei nostri territori. Si rilancia nella delega la forma dell'impresa sociale e questo ha fatto discutere molto. Io lo dico così, ci sono due tendenze che vediamo, perché stanno espandendosi nella società. In primo luogo, l'impresa di capitali, i capitali sono disponibili e interessati a dirigersi verso campi nuovi: assistenza socio-sanitaria, inclusione sociale e lavorativa dei soggetti svantaggiati, l’housing sociale, il commercio equo e solidale, i campi in cui il successo dell'attività sta soprattutto nella crescita della socialità, della salute, della relazione fra le persone più che nell'aumento del profitto. Questa impresa sa che le regole del gioco sono diverse in quei campi, che i dividendi sono bassi e il capitale deve crescere poco e sa soprattutto che c’è un requisito: la valutazione dell'impatto sociale, che deve essere positivo, molto positivo. Qui è il tema non risolto: misurare questo impatto sociale, perché non si capisce dal numero dei pezzi o delle prestazioni scambiati e venduti bene; io do dei vantaggi a un capitale che vuole misurarsi su questo terreno se gli anziani da te assistiti stanno davvero meglio e se per farli stare meglio non produrrai effetti collaterali negativi sul lavoro, sull'ambiente esterno e sulla vita della comunità. Complicatissimo, ma molto interessante, l'Europa sta costruendo molte esperienze e io credo che, anche in questo Paese, si debba aprire la porta, in questo modo complesso e affascinante, a questa volontà del capitale. Seconda tendenza: il nuovo associazionismo nel nostro Paese si sta diffondendo in un modo incredibile; nato attorno alla riscoperta dei beni comuni, dell'acqua, della terra agricola, degli spazi e dei piani urbani collettivi, la salute, la salute delle relazioni umane, è un associazionismo partecipativo basato sull'economia della condivisione e del dono. Ciò che si investe è il proprio tempo e la propria responsabilità e ci si aspetta in cambio la possibilità di vivere in una comunità solidale, in Pag. 37uno spazio recuperato al godimento e al servizio di tutti e ciascuno, senza barriere onerose o accessi esclusivi. Ora, noi saremmo stati folli se, di fronte all'impresa capitalista, che chiede di misurarsi sulla responsabilità sociale, avessimo chiesto di rinunciare ai capitali, e di fronte all'associazionismo volontario, che ci chiede di uscire dall'economia capitalista, avessimo detto: insomma, devi diventare un soggetto imprenditoriale for profit. Non lo abbiamo fatto, abbiamo cercato di intervenire su un altro punto e concludo; quando l'attività solidaristica, espressa attraverso produzione e scambio di beni e servizi e, aggiungo, quando c’è un lavoro dipendente, investimenti importanti, indebitamento, importanti rapporti commerciali con terzi, allora è più proprio...

      PRESIDENTE. Concluda.

      FILIPPO FOSSATI. ...più efficace assumere una veste degli obblighi di trasparenza e di rendiconto dei comportamenti che sono propri delle imprese, estendendo ciò che già esiste per la cooperazione sociale, una limitatissima e regolata possibilità di redistribuire una piccola parte degli utili e di remunerare il capitale investito. Questa è l'intenzione – sia chiaro – vedremo i passi successivi, per questo il testo è oggi sostenibile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Capone. Ne ha facoltà.

      SALVATORE CAPONE. Grazie, signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghe e colleghi. Il testo di legge delega di riforma del terzo settore, dell'impresa sociale e del servizio civile universale rappresenta senza dubbio alcuno una svolta epocale nel merito e nel metodo, nell'ambito di un settore vitalissimo e ormai strategico del nostro Paese, elemento cardine per asset strategici del Paese come la salvaguardia e la tutela ambientale, la promozione culturale, la produzione di qualità immateriale sui territori, ed eccezionale punto di forza di quel welfare dal basso, divenuto ormai indispensabile, se veramente abbiamo a cuore la dignità delle persone, il diritto alla salute e la tenuta sociale delle nostre comunità.
      Stiamo parlando di un settore, l'ambito dell'economia italiana così è stato definito, divenuto oggetto delle rilevazioni ISTAT, per la prima volta, nel 2013 con dati diffusi nel luglio 2014, che confermano pienamente come quel ventaglio di attività costituisca – è l'affermazione della Corte costituzionale – proprio un paradigma dell'azione sociale. Un settore che crea impiego, quindi reddito, quindi ricchezza, possibilità di crescita sociale ed economica e, se Lombardia, Veneto o altre regioni del centro-nord si confermano regioni con la presenza più consistente di imprese, anche nel sud le percentuali indicano una crescita interessante, dinanzi alle preoccupanti flessioni di altri segmenti considerati trainanti fino a un decennio fa, e soprattutto un'enorme potenzialità.
      Da tempo lo sappiamo e abbiamo avvertito con forza l'urgenza di un'azione legislativa che ricomponesse e riordinasse una materia così vasta, dalla definizione di terzo settore ad un vero e proprio codice, definito proprio «Primo settore» dal Presidente del Consiglio, Renzi, nel presentare il testo di legge delega a cui si legasse l'istituzione di un registro unico presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Un passaggio di non poco conto per due ordini di motivi: parlare di definizione del terzo settore, di codice del terzo settore, di registro unico significa riconoscere sostanzialmente legittimità, piena legittimità e rilevanza a questo settore specifico e, contestualmente, affermare la rilevanza e l'interesse pubblico: una riforma vera. Non è un azzardo affermare che la riforma del terzo settore è una delle più grandi riforme del nostro Paese ed è importante evidenziare fin da subito come il testo di legge che giunge oggi alla nostra attenzione sia stato definito grazie all'importante e puntuale lavoro svolto nella Commissione affari sociali, dopo una consultazione pubblica e numerose audizioni, Pag. 38che hanno consegnato un testo notevolmente ampliato e puntualizzato, che risponde pienamente, non solo alle esigenze del legislatore, quanto – e direi che questo è un eccezionale punto di forza della riforma stessa – alle esigenze proprio del settore, alle sue intime dinamiche, alla sua capacità di produrre incessantemente innovazione, nell'esigenza di interloquire pienamente con i segmenti di utenza a cui si rivolge. È un particolare tipo di innovazione forse non adeguatamente monitorata e rilevata, ma evidentissima ed essenziale proprio nel produrre in continuazione modelli coerenti e capaci di rispondere pienamente alle esigenze sociali diffuse. Penso alle attività delle organizzazioni di volontariato, alle associazioni di promozione sociale e di mutuo soccorso; penso, tra le altre norme, al valore della legge quadro sul volontariato del 1991 e, per un attimo, alla grande rete dei CSV, alla loro capacità di rimodellarsi con questa riforma, andando ad investire anche su nuovi settori di attività, in relazione alle dinamiche sociali delle realtà in cui sono pienamente inseriti e alle loro capacità di farsi interpreti di nuovi e più compiuti bisogni di cittadinanza attiva. Penso all'immensa rete delle realtà specializzate in servizi alla persona, capaci di assumere per intero un bisogno sociale in costante aumento. A comprovarlo, è sufficiente assumere come dato la curva di crescita delle nuove povertà e, allo stesso tempo, la diminuzione sempre più evidente del margine di manovra economica possibile per le pubbliche amministrazioni, soprattutto quelle comunali. Penso al volontariato laico e cattolico, alle organizzazioni non governative di cooperazione internazionale e al ruolo strategico della cosiddetta diplomazia dal basso, che spesso porta a risultati eccezionali laddove le burocrazie e le diplomazie degli Stati a volte falliscono. Ma penso anche a una semplice verità, confermata e rilanciata dalla fotografia dell'ISTAT, con la prima rilevazione nazionale delle attività di volontariato in Italia, ovvero quelle attività e quell'impegno continuativo e gratuito a favore di persone in difficoltà per la tutela della natura e per la salvaguardia e valorizzazione del patrimonio ambientale, per la conservazione del patrimonio artistico e culturale, per fini di solidarietà e promozione. Numeri di enorme interesse quelli condensati nella ricerca, perché si permettono di guardare uno spaccato del nostro Paese ancora poco conosciuto.
      Insomma, uno spaccato rilevante della società, che porta ad affermare come questa fertile disseminazione sui nostri territori, da nord a sud del nostro sistema Paese, di soggetti culturali e plurali e di progetti produca, ogni giorno, non solo azioni per la qualità sociale e territoriale, quella qualità immateriale sempre più determinante anche nella competizione virtuosa tra sistemi territoriali, ma anche economie ed economie virtuose.
      E non a caso l'articolo 1 del testo evidenzia quel carattere di bene comune che definisce l'orizzonte paradigmatico dell'impegno delle realtà del terzo settore. Una definizione, quella di bene comune, che appassiona ormai da tempo la comunità dei giuristi ed è espressione di una non semplice definizione. Faccio riferimento proprio a quella definizione con cui il cardinal Martini, in relazione a quanto esplicitato nel concilio Vaticano II, mette insieme le condizioni di vita di una società...

      PRESIDENTE. Deve concludere.

      SALVATORE CAPONE. ...che favoriscono – e concludo – il benessere e il progresso umano di tutti i cittadini. Bene comune è, ad esempio, la democrazia; bene comune sono tutte le condizioni che promuovono il progresso culturale, spirituale, morale ed economico di tutti, nessuno escluso...

      PRESIDENTE. Grazie...

      SALVATORE CAPONE. ...e concludo veramente...

      PRESIDENTE. No, deve concludere. Siamo fuori da tutti i tempi !

Pag. 39

      SALVATORE CAPONE. Ecco perché non è fuori luogo – e concludo – che si possa parlare di sistema epocale. Da lungo tempo è attesa questa riforma e penso che ...

      PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Capone.
      È iscritta a parlare l'onorevole Bonomo. Ne ha facoltà.

      FRANCESCA BONOMO. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sottosegretari, oggi penso che si stia svolgendo veramente una rivoluzione epocale per il nostro Paese perché, grazie all'impegno del Governo e del Parlamento, finalmente si attribuisce sostegno e sviluppo ad un settore che, come giustamente il nostro Presidente del Consiglio ha detto, è stato definito come il terzo ma è il primo proprio perché, come ci siamo detti, anche dal punto di vista economico, oramai rappresenta il 10 per cento del PIL del nostro Paese.
      La cosa rivoluzionaria, però, è che si tratta di una riforma che parte dal basso, una riforma che, però, cerca di mettere insieme diversi aspetti di questo settore, a partire da una riorganizzazione e da una semplificazione che da tempo si stavano attendendo, passando per un rilancio dell'impresa sociale e incentrandosi anche su una riforma che da tempo era attesa, ossia la riforma, appunto, del Servizio civile nazionale, che passa attraverso questa delega, che non è in bianco ma che fornisce degli indirizzi ben chiari al Governo, indirizzi che sono stati anche enucleati nei diversi aspetti che riguardano la riorganizzazione del cosiddetto «codice del terzo settore», che verrà creato, e anche rispetto agli strumenti di controllo. Ma non si tratta solo di questo, perché anche rispetto al Servizio civile si forniscono degli indirizzi ben chiari al Governo.
      Onorevoli colleghi, io penso che quest'oggi veramente si apra una fase fondamentale per il nostro Paese, soprattutto per quanto riguarda anche il rilancio dello strumento del Servizio civile nazionale, che viene reso uno strumento universale. Uno strumento che potrà dare l'opportunità a 100 mila giovani all'anno, a partire dal 2017, di fare un'esperienza formativa, di difesa della patria, di fare un'esperienza veramente utile per la comunità alla quale i nostri giovani appartengono.
      Questa riforma, proprio in ordine al Servizio civile universale, ha associato, da un lato, l'importanza e il voler dare qualcosa alla storia del Servizio civile, che come noi sappiamo – e rispondendo così anche alla sollecitazione del MoVimento 5 Stelle – è diverso da altri strumenti, perché non è un contratto di lavoro, non è lavoro, non è volontariato: il Servizio civile nazionale appunto nasceva nel 2001, come concorrente rispetto alla difesa armata. Quindi, una difesa non armata della nostra patria, che è insita proprio anche nel popolo italiano, che è sempre stato restio nell'intendere la difesa della patria attraverso l'uso delle armi e della violenza. Infatti, sin dal 1861, dopo l'unità d'Italia e l'introduzione, appunto, dell'obbligo della leva, la coscrizione militare incontrò una grandissima resistenza tra la nostra popolazione, che non ne capiva i motivi e che era costretta anche a subirla forzatamente.
      Da allora, diciamo, vi fu sempre la risposta dello Stato con una massiccia repressione, anche attuata con la forza. Il malcontento si ampliò e toccò anche il culmine durante la guerra del 1915-1918, quando furono addirittura 470 mila i processi per renitenza alla leva e oltre un milione per altri reati militari, come diserzione, procurata infermità, disobbedienza aggravata, ammutinamento. Nell'agosto del 1917 gli operai di Torino, città dalla quale provengo, si rivoltarono contro l'assurdità della guerra e la repressione fu durissima, con decine di morti. La radice quindi del movimento non violento risale ancora a prima, ai secoli dopo Cristo, e infatti il primo grande obiettore di coscienza sul quale proprio l'istituto del servizio civile si fonda – e noi vogliamo confermarlo, per cui si hanno notizie – è proprio Massimiliano Di Tebessa. Secondo quanto fu stabilito, infatti, nella legge romana nel II secolo, il servizio militare era obbligatorio per tutti i figli dei graduati. Pag. 40Massimiliano, pur essendo figlio del veterano Fabio Vittore, si rifiutò di arruolarsi nell'esercito romano e, per tale ragione, il 12 marzo del 295 d.C. venne condannato dal proconsole Dione e anche giustiziato. Lui aveva venti anni, tre mesi e diciotto giorni. Vi dico questo solo per rappresentarvi quanto sia radicato veramente nella coscienza del nostro popolo il pensiero del movimento non violento e quanto, da allora fino ad oggi, migliaia di uomini e donne nel nostro Paese hanno creduto che, per difendere il proprio popolo e la propria patria, possano essere compiuti anche degli atti che non devono ricorrere alla forza. Ed è qua che ha origine il servizio civile e lo strumento del servizio civile, ed è per questo che si differenzia da una mera esperienza di volontariato o di attitudine alla socialità. Però la concezione di patria che si ha adesso è la concezione di comunità, quindi l'essere vicini alla propria comunità vuol dire prima di tutto stare vicini alle persone più deboli, vuol dire prima di tutto essere attenti alla coesione sociale, vuol dire prima di tutto proteggere i beni comuni, a partire dall'ambiente, ma anche per quanto riguarda i beni culturali.
      Noi pensiamo che in questa rivoluzione culturale, alla quale adesso hanno partecipato, dal 2001 al 2014, 335 mila 718 giovani, adesso invece debba essere una rivoluzione culturale alla quale possono partecipare 100 mila giovani all'anno, mettendosi al servizio della propria patria e attraverso dei progetti. E noi sappiamo – e in questo abbiamo innovato lo strumento – che è necessario dare ai giovani l'opportunità di vedere riconosciute delle competenze, ed è questo che noi faremo con un riconoscimento non solo nazionale, ma andando verso un riconoscimento europeo delle competenze che questi giovani acquisiscono. Ma non solo, noi sappiamo che oramai la patria non è più solo la patria Italia, ma è la patria Europa, ed è per questo che daremo l'opportunità a questi giovani di fare anche un'esperienza di scambio a livello europeo ed è per questo che stiamo anche lavorando per un servizio civile europeo. Ed in più, l'altra cosa che ci preme anche, proprio perché al centro deve esserci l'educazione dei nostri giovani, è quello di renderlo flessibile rispetto alle loro esigenze. Ecco, quindi, io penso che questo vivaio, come l'ha definito il sottosegretario Bobba, che è di 100 mila giovani all'anno ci sarà nei diversi anni, sicuramente sarà anche bene impiegato proprio nel terzo settore, che è quello che staremmo rilanciando.

      PRESIDENTE. Onorevole Bonomo deve concludere. Ci sono sette iscritti del PD, se tutti sforano di un minuto, io ho dei problemi.

      FRANCESCA BONOMO. Concludo. Adesso sappiamo che il 40 per cento dei ragazzi che fanno questo tipo di esperienza vengono impiegati solitamente in questo settore; noi pensiamo che da questo possa partire questo nuovo vivaio e questa nuova coscienza civica di appartenenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Matarrelli. Ne ha facoltà.

      TONI MATARRELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, il 13 maggio dello scorso anno, il Presidente del Consiglio annunciò di voler procedere alla riforma del terzo settore, riconoscendo ad esso un ruolo fondamentale per lo sviluppo del nostro Paese, e presentò le principali linee guida sulle quali il Governo si sarebbe mosso. Dopo una consultazione pubblica durata un mese con le associazioni, gli operatori ed i soggetti interessati dalla riforma, nel mese di luglio il Consiglio dei ministri approvò un disegno di legge delega, poi approdata alla Camera verso la fine di agosto.
      Da quel primo annuncio sono già trascorsi dieci mesi e, tenendo conto dei tempi necessari all'approvazione in Parlamento del disegno di legge e dei successivi 12 mesi concessi al Governo per i relativi decreti legislativi, si può realisticamente considerare come i primi effetti concreti non saranno percepibili prima di almeno due anni.Pag. 41
      Ai fini di questa discussione sulle linee generali, è necessario partire da una disamina delle linee di azione recepite dalla legge delega in esame, che in breve sono: la revisione e il riordino della disciplina in materia di associazioni, fondazioni e altre istituzioni senza scopo di lucro, con il riordino delle disposizioni vigenti, anche di carattere tributario, e della normativa sulle ONLUS; la revisione delle norme relative all'impresa sociale; una nuova disciplina del Servizio civile universale; una rivisitazione delle misure di sostegno delle organizzazioni no profit, a partire dalla disciplina del 5 per mille.
      Pare anche a noi necessario e non più differibile l'obiettivo del riordino e della revisione della disciplina in oggetto, stante che, ad oggi, sono 12 i provvedimenti legislativi che regolano questo settore, un numero, di per sé, sovradimensionato, peraltro oggetto di norme che si sono andate a sommare disordinatamente nel tempo, al di fuori di un disegno complessivo ed organico.
      Proprio a tal fine, il nostro gruppo parlamentare si sente impegnato in un confronto positivo con tutti i soggetti interessati ad una discussione che valuti il merito delle proposte e ad offrire il proprio contributo e il proprio punto di vista. Ciò su cui, tuttavia, avvertiamo di non poter convenire è la decisione di adottare lo strumento della legge delega, negli anni rivelatosi debole e fallace.
      Con esso, infatti, si sottrae al Parlamento la discussione di merito, delegandola al Governo, senza, peraltro, avere alcun vantaggio effettivo, neanche in termini di tempo. Il punto che più ha richiamato l'attenzione pubblica è quello del Servizio civile universale. A leggere con attenzione le linee guida che hanno preceduto la proposta si scopre, però, che, in realtà, universale non è affatto, essendo rivolto, per i primi tre anni, solo fino ad un massimo di 100 mila giovani tra i 18 e i 29 anni, in relazione alla copertura prevista di anno in anno.
      Vogliamo ricordare che, quando fu varato il Servizio civile attualmente in vigore, all'epoca del Governo Prodi, furono coinvolti oltre 70 mila giovani, grazie ad un finanziamento di oltre 300 milioni di euro. I Governi che poi si sono succeduti hanno operato ripetuti tagli, fino ad arrivare agli attuali 18 mila giovani, con un finanziamento di soli 70 milioni di euro. Il vero tema è allora, semmai, il rifinanziamento di una misura voluta ed introdotta ai tempi dell'Ulivo. Noi siamo pienamente d'accordo. Si chiarisca quanto si vuole investire, dove si prendono i soldi e quando partire; se si vuole, lo si può fare subito, senza attendere l'esito di una legge delega omnibus, i cui esiti rischiano di essere lunghi e niente affatto scontati.
      Occorrerà, però, risolvere una vistosa incongruenza, dato che per il Servizio civile l'ultima legge di stabilità ha stanziato solo 50 milioni di euro per l'anno 2015, 140 milioni per l'anno 2016 e 190 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017: cifre assolutamente inadeguate, risorse sufficienti per inserire in enti e associazioni che ne hanno fatto richiesta appena 30 mila giovani, dai calcoli che abbiamo fatto noi; molto lontani dai 50 mila di cui parla il Governo.
      Dunque, la strada verso l'impegno di avviare al Servizio civile 100 mila giovani all'anno è ancora lunga, anzi, lunghissima. Anche su un altro punto dirimente sollecitiamo il Governo ad una maggiore attenzione: i cittadini italiani non sanno che il 5 per mille che loro, negli ultimi anni, hanno generosamente destinato alle associazioni del terzo settore è stato puntualmente sottoposto a tagli e sottrazioni da parte del Governo, nei fatti riducendosi molto.
      La misura del 5 per mille è sottoposta ad un tetto annuale, amministrata con impressionanti ritardi nelle erogazioni dovute e viene concentrata negli effetti, a vantaggio esclusivo, direi quasi, delle realtà con maggiore visibilità e capacità di marketing sociale. In questo caso sarebbe di più utile immediatezza eliminare il tetto e consentire una maggiore facilità di accesso.
      Sull'impresa sociale, poi, si ipotizza un passaggio per noi sensibilmente critico, il venir meno dell'assenza dello scopo di Pag. 42lucro, del cosiddetto no profit, che caratterizza a livello globale questa realtà, introducendo una previsione di forme di remunerazione del capitale sociale e di ripartizione di utili nel rispetto di condizioni e limiti prefissati. Il punto delicato e particolarmente rilevante riguarda la scelta tra l'ampliamento e il rafforzamento ed il sostegno del no profit o la sua ibridazione con il mondo del profit. Noi siamo certamente a favore della prima opzione e riteniamo che la seconda sia sbagliata e dannosa.
      Poi ci sono i vuoti, i non detti. Può una riforma così rilevante non dire una sola parola sul lavoro nel no profit, sul suo status e sui suoi diritti ? Il problema di fondo, su cui allo stato il testo del Governo non si è pronunciato, è verso quale direzione si intende spingere il terzo settore nel nostro Paese. Dal 2008 le dieci principali voci di investimento sociale, da quella per l'aiuto agli affitti a quella per i servizi dell'infanzia e così via, hanno subito l'80 per cento dei tagli. Lo stesso termine «riforma del welfare» è stato cancellato, anzi sostituito in questi anni dalla voce «tagli alla spesa sociale».
      Può il terzo settore rinunciare, di fronte all'ennesima promessa di soldi in cambio di servizi, a dire la propria su come va il mondo, su quali siano, a suo parere e in piena autonomia, le cause delle disuguaglianze crescenti e dell'esplodere sempre più evidente di drammatiche contraddizioni sociali ? Questo passaggio per noi è fondamentale. Se l'attenzione del Governo è orientata alla finalità economica del terzo settore, l'impresa sociale tenderà ad assimilarsi ad un'impresa profit. Ma attraverso tale trasformazione si ridisegna più o meno esplicitamente lo stesso welfare, favorendo la privatizzazione di fette di mercato sociale su cui lo Stato, per le politiche di austerità, si sta disimpegnando e sta tagliando in maniera evidente gli investimenti.
      Un meccanismo analogo fu avviato negli anni scorsi in Gran Bretagna, quando la retorica sulla big society fu utilizzata per nascondere i pesanti tagli al welfare e, in particolare, alle pensioni, alla sanità e all'educazione. Ad oggi la funzione e il contributo del terzo settore, dopo la stagione costituente, sono stati oggettivamente marginalizzati; questo proprio nel momento in cui le ragioni che hanno dato vita al terzo settore su scala globale sono diventate, dal nostro punto di vista, sempre più forti ed evidenti.
      Democrazia partecipata contro il populismo plebiscitario; inclusione contro povertà ed esclusione sociale; servizi e lavoro di cura contro abbandono e logiche risarcitorie; accoglienza e integrazione contro discriminazione e razzismo; cooperazione internazionale contro esportazione della democrazia con le armi; commercio equo e solidale contro mercato ineguale; tutela ambientale, energie rinnovabili, risparmio ed efficienza energetica contro consumo di territorio e spreco delle risorse: sono solo alcuni degli snodi al centro dei quali sono spesso collocati i soggetti del terzo settore, su cui costruire un nuovo modello sociale e di sviluppo e una diversa qualità della vita.
      Gli aspetti ancora irrisolti sono diversi e significativi. È mancato di prevedere l'istituzione dei corpi civili di pace, per i quali la legge di stabilità aveva un programma sperimentale. Non siamo riusciti a far accogliere l'emendamento con il quale si proponeva che al servizio civile potessero essere ammessi anche gli stranieri residenti.
      Non si è riusciti ad ottenere un maggior controllo su appalti e affidamenti, prevedendo piena trasparenza e un più efficace controllo e monitoraggio dell'attività svolta, delle finalità perseguite e delle risorse impiegate; non è stato previsto alcun controllo del settore attraverso la costituzione di un'autorità indipendente, utile e anzi necessaria, sopratutto per quei soggetti più grandi, come dimostrano le tristi vicende di Mafia capitale. Al contrario, la cosiddetta agenzia delle Onlus, vittima della spending review del Governo Monti, è stato dapprima riproposta dall'attuale Governo e poi velocemente cancellata, sostituendola con un'apposita struttura di missione presso la Presidenza del consiglio.Pag. 43
      Noi avevamo proposto sia l'istituzione di un'Authority indipendente con funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo sull'attività degli enti, lasciando alla Presidenza del Consiglio il coordinamento delle politiche di Governo e delle azioni di indirizzo, sia la ricostituzione di una agenzia per il Terzo settore.
      E infine, ma non per ultimo, è mancata una più alta attenzione ai diritti del lavoro dei dipendenti del Terzo settore. Nei nostri emendamenti avevamo chiesto di disciplinare con esattezza l'applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro di riferimento e la partecipazione del volontari del volontario alle diverse attività, distinguendo le funzioni e i compiti dei lavoratori dipendenti da quelli svolti dal personale volontario. E ciò per evitare abusi che purtroppo persistono in questo ambito (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Crippa. Ne ha facoltà.

      DAVIDE CRIPPA. Grazie Presidente, io intervengo nel merito del provvedimento riferendomi, per i minuti che ho a disposizione, soltanto ai contenuti che sono stati anche ripresi dal parere della X Commissione, attività produttive. Un breve excursus su come quel parere è stato redatto, perché, di fatto, il Movimento cinque stelle ha chiesto al presidente Epifani di poter audire, come soggetto strettamente interessato, l'Antitrust per capire se i contenuti all'interno di questo provvedimento potessero in qualche modo andare a intaccare la libertà di concorrenza e la disparità di trattamento di imprese operanti nel medesimo settore. Questo perché ci sembrava opportuno che l'Antitrust si potesse esprimere nel merito. Ci è stata negata questa possibilità, l'abbiamo ripresentata anche alla Commissione affari sociali, che anche lì ha ribadito, con il suo presidente, la non volontà di sentire nel merito l'Autorità, allora il Movimento cinque stelle ha avanzato una richiesta formale all'Antitrust, che poi ha trasmesso le proprie osservazioni alle Commissioni Affari sociali e Attività produttive.
      Cosa segnala l'Antitrust ? Innanzitutto che nella definizione di impresa sociale non si rappresenta una figura nuova o una nuova forma giuridica nell'ambito del sistema normativo nazionale. Oggi per impresa sociale si configura un'operatività nel settore di utilità sociale con l'inserimento in organico di almeno il trenta per cento di svantaggiati o disabili, assenza di scopo di lucro, divieto di distribuire gli utili, per lo speculare sul tema. Oggi rimane il limite degli utili e mutualità prevalente dopo gli emendamenti approvati in Commissione all'interno del provvedimento.
      Attenzione, è importante ricordare che le imprese sociali, quando hanno un patrimonio maggiore di 20 mila euro, è previsto che rispondano soltanto del loro patrimonio, e non di coloro che hanno agito per conto dell'impresa; questa è già una diversificazione importante nel ruolo che una forma societaria possa comportare all'interno del medesimo ambito operativo e quindi ci saranno imprese sociali che potranno operare rispondendo soltanto del capitale sociale e altre che, non essendo imprese sociali, dovranno rispondere con il capitale anche personale dei soci.
      Questa è già una differenziazione che, con riferimento ai consumatori ed anche alle pubbliche amministrazioni che, poi, si possono avvalere di queste figure, di queste forme societarie, rappresenta una discriminante abbastanza rilevante.
      L'Antitrust sottolinea un'altra questione: che le agevolazioni finanziarie previste debbano configurarsi per il fine sociale e, quindi, qui stride – ed è ancora così, ahimè, ad oggi, dopo la fase emendativa – con il concetto di svolgere attività commerciali e distribuire utili, perché la Corte dei conti recita il divieto di lucro soggettivo per imprese di Terzo settore. E questo ve l'ha detto in audizione.
      Con tutte queste premesse che non sono state scritte dal MoVimento 5 Stelle, ma sono opinioni e pareri, da un lato, dell'Autorità, dall'altro, della Corte dei Pag. 44conti, io credo che sia importante sottolineare come oggi il provvedimento presenti queste lacune.

      PRESIDENTE. La invito a concludere.

      DAVIDE CRIPPA. Un'ultima parte, Presidente, è quella anche riferita alle agevolazioni fiscali. Le agevolazioni fiscali possono rappresentarsi come aiuti di Stato ? Perché, di fatto, l'Antitrust segnala questo. Con riferimento alle esenzioni fiscali delle società cooperative – c’è una sentenza dell'8 settembre 2011 – segnala questa possibilità, che siano aiuti di Stato. Allora, si rende necessario intervenire al fine di non conferire vantaggi competitivi ingiustificati: questa è la conclusione del parere dell'Antitrust.
      Noi siamo per chiedervi di intervenire chiaramente ed evitare di discriminare ambiti operativi, che potranno essere delle imprese sociali, ma anche di imprese aventi forma giuridica diversa. Allora, se stiamo parlando dello stesso tipo di servizio, non possiamo avere società di serie A e società di serie B: tutta la forma giuridica deve essere la medesima e anche le forme di agevolazioni devono essere le stesse.
      Concludo, Presidente, con una chiosa solamente riferita al controllo. Questo è segnalato anche da numerose associazioni del settore: il controllo, specie delle società che operano veramente in questo settore, deve essere regolamentato in maniera seria e non è possibile, a mio avviso, attribuirlo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Deve esserci un'autorità terza per evitare che chi fa forma societaria di impresa sociale veramente non venga mischiato con chi lo fa in maniera speculativa. Questo lo chiedono loro: le società operanti nel settore.

      SALVATORE CAPONE. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      SALVATORE CAPONE. Signor Presidente, chiedo semplicemente di essere autorizzato a consegnare il testo completo del mio intervento.

      PRESIDENTE. Perfetto. Diciamo che è autorizzato lei e anche gli altri colleghi che, eventualmente, non sono riusciti a parlare fino alla fine: sono autorizzati a consegnare, ove ne facciano richiesta, per il resoconto stenografico il testo integrale del loro intervento sulla base dei criteri costantemente seguiti. (La relatrice di minoranza Nicchi e la deputata Carnevali ne fanno richiesta).
      Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 2617-A)

      PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore di minoranza, onorevole Rondini, non è in Aula e, dunque, rinunzia alla replica, così come non è in Aula e rinunzia alla replica la relatrice di minoranza, onorevole Grillo, che aveva altresì consumato i tempi, così come la relatrice di minoranza, onorevole Nicchi. Quindi, non c’è possibilità di replicare neanche per la relatrice per la maggioranza, onorevole Lenzi, che penso non abbia intenzione di replicare sempre per lo stesso motivo.
      Ha facoltà di replicare, perché si era riservato di parlare in replica, il rappresentante del Governo, sottosegretario Bobba.

      LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, colleghi, prima di tutto, voglio rivolgere un ringraziamento non formale alla Commissione, in particolare al presidente e alla relatrice Lenzi, per il lavoro che è stato fatto in questi mesi. È vero, c’è stato un tempo non banale, circa sei mesi di tempo dal 1o di ottobre quando il provvedimento è stato iscritto in Commissione, ma è anche vero che questi sei mesi dimostrano che la tesi che è stata esposta da diversi colleghi parlamentari non è assolutamente vera: ovvero, si è fatto un lavoro approfondito con un tempo più che sufficiente per arrivare ad un testo significativamente integrato, emendato, corretto, Pag. 45arricchito, proprio dal lavoro di Commissione. Basta solo scorrere il fascicolo con i due testi a fronte per vedere come questo risultato sia sotto gli occhi di tutti.
      Quindi, l'obiezione che viene fatta mi sembra un'obiezione, per così dire, meramente ideologica, che non corrisponde alla realtà.
      Ma oltre a questo lavoro, per così dire, di tecnica legislativa e anche di indirizzo politico, credo che questi mesi, a partire dalla consultazione che il Governo ha aperto, come ha ricordato l'onorevole Lenzi, nel mese di giugno, siano stati l'occasione per un approfondimento culturale di tutta la materia. Infatti, come ha scritto Francesco Occhetta su La civiltà cattolica, questa norma, più che una scelta tecnica e politica, rappresenta per l'Italia una svolta culturale. Credo che quest'aspetto, che diversi di voi che sono intervenuti hanno sottolineato, rappresenti il centro di questo provvedimento, un provvedimento che si presenta come una delle importanti riforme che il Governo nel suo insieme vuole realizzare nel programma che si è dato, non una «riformetta» o un optional, non un qualcosa di aggiuntivo, ma qualcosa di cruciale per il cambio di direzione e di marcia del Paese.
      In più vorrei ricordare, ai tanti che hanno fatto rappresentazioni un po’ caricaturali del terzo settore, che proprio l'ISTAT nel suo censimento ci descrive già come il mondo e le realtà siano cambiati, siano al di là delle stesse leggi che noi abbiamo. Prima di tutto si pensa che queste attività, queste associazioni, queste realtà organizzate vivano di risorse pubbliche. È vero il contrario: i due terzi delle risorse dei bilanci di questi soggetti sono di natura privata. Si pensa che questi soggetti, pur svolgendo preminentemente attività associative e volontarie, non abbiano attività commerciali. Non è vero: il 47 per cento gestisce anche attività commerciali. C’è stata una, per così dire, concentrazione attorno al tema dei controlli, in particolare da parte del MoVimento 5 Stelle, ma vorrei ricordare che i due terzi di queste organizzazioni hanno bilanci sotto i 30 mila euro e, dunque, più che di controlli, ci sarebbe bisogno di cercare di aiutarle a fare le cose bene. Non credo che sia lì il problema.
      Ancora, queste organizzazioni non hanno oggi un riconoscimento, non hanno oggi una personalità giuridica e, dunque, sono prevalentemente soggetti, appunto, senza un riconoscimento giuridico.
      Nonostante l'accento che è stato posto da tanti interventi sul tema del welfare, vorrei ricordare che questa legge non è una riforma del welfare. Queste organizzazioni per più del 60 per cento operano nel campo turistico, culturale e sportivo. Bisogna quindi che pensiamo la legge, pensando a quella che è la realtà, altrimenti rischiamo di fare una legge al di fuori della realtà.
      Secondo punto: ci sono tre principi basilari, con i quali andiamo ad individuare questi soggetti, a normarli, a sostenerli, a incoraggiarli e anche a esercitare la forma di controllo. I tre principi basilari contenuti nella legge sono: la finalità non lucrativa; scopi e attività di utilità generale; e anche il concetto innovativo, che la relatrice ha ben ricordato, di impatto sociale, reale e positivo. Sono tre concetti che, se li utilizzeremo bene sia nella dimensione normativa, sia nella dimensione promozionale, sia nella dimensione di vigilanza e controllo, ci consentiranno di mettere in campo un'operazione ambiziosa, che cambierà in qualche modo la direzione di marcia del modo con cui queste realtà diventano e sono parte integrante della vita del Paese.
      Infatti, l'affermazione del Presidente Renzi: «questo non è il terzo, ma il primo» era un modo di dire che esattamente queste realtà sono parte integrante del DNA del Paese. In questo senso, la promozione, il sostegno e il favore che le istituzioni pubbliche devono avere nei confronti di questi soggetti, come ha ricordato l'onorevole Patriarca citando l'articolo 118 della Carta costituzionale, non significa che le istituzioni pubbliche non debbano più svolgere i loro compiti. È vero il contrario: queste realtà crescono laddove c’è una buona amministrazione pubblica e Pag. 46vivono meglio laddove c’è un'amministrazione pubblica che funziona. E se c’è un compito della legge, è quello di accrescere, di migliorare, di qualificare l'iniziativa sociale, non contrapposta alla dimensione pubblica, ma complementare alla dimensione pubblica. Ma è assolutamente necessario mettere risorse, iniziative, energie per rafforzare l'iniziativa sociale se non vogliamo che molti degli ambiti della vita, della socialità, della cura, dell'assistenza, della promozione, della qualità del vivere siano colonizzati unicamente, da un punto di vista culturale e anche economico, da organizzazioni con una finalità privata e di carattere di profitto. Se non ci accorgiamo di questo, descriviamo un mondo che non esiste e non ci accorgiamo che, invece, è proprio l'iniziativa sociale che può diventare un anticorpo alla colonizzazione del quotidiano da parte di una cultura meramente individualistica.
      Terzo punto. Vorrei dire un po’ anche a coloro che hanno evidenziato un rischio dello schiacciamento della partecipazione, un rischio di mettere in discussione i valori chiave di queste realtà, che, in effetti, quello che sta dentro la legge è un percorso che credo abbia trovato, soprattutto dopo il lavoro della Commissione, un equilibrio importante tra una famiglia di soggetti che è oggettivamente plurale e diversificata e in riferimento alla quale è compito del legislatore dare delle regole che non cancellino la specificità di ciascuno, ma che abbiano anche un disegno d'insieme. Quello che è mancato negli anni passati è questo disegno d'insieme. Ma vorrei anche dire a coloro che hanno evocato paure e fantasmi, pensando che l'ibridazione tra forme diverse sia un pericolo da arginare in ogni modo, che se in altri campi avessimo fermato l'ibridazione, saremmo ancora alla fame e alla pellagra. Dunque, è necessario, invece, creare delle ibridazioni, anche tra soggetti diversi, portando anche nel campo della dimensione economica dei valori e delle finalità che sono tipicamente sociali.
      Non so se l'onorevole Grillo è ancora in Aula, ma ha citato i disastri della finanza e ha detto che questa finanza, grazie alla presente legge, entrerebbe con i suoi carri armati dentro al mondo dell'associazionismo e del volontariato. Io rivendico con orgoglio nella mia storia il fatto di essere stato uno dei soci fondatori di Banca Etica. Quella che appare un ossimoro è invece diventata una realtà importante nel Paese. Proprio ieri l'attuale presidente di Banca Etica ha lanciato un tweet che voglio appunto dedicare all'onorevole Grillo. Il tweet è il seguente: «La finanza è veloce, liquida, monopolista e massimizza il profitto. Noi la vogliamo paziente, solida, democratica ed efficiente sul piano sociale». Ecco, in fondo dentro questo tentativo che c’è anche nella legge, c’è il modo di forzare dei confini, come sono stati già forzati quando il Parlamento nel 1991 ha approvato una legge sulla cooperazione sociale. Anche allora ci fu uno sfondamento perché dal principio di mutualità costitutivo delle cooperative venne assunto anche il principio di solidarietà e di valore sociale aggiunto che la cooperativa andava a produrre, non solo per la sua compagine sociale e per i suoi soci, ma anche per la comunità di riferimento.
      Dunque abbandoniamo queste paure e cerchiamo anche delle strade nuove per contaminare anche il mondo economico partendo proprio da quei valori che sono contenuti nelle esperienze di queste realtà. Due ultime considerazioni per rispondere a obiezioni puntuali che sono state fatte.
      La prima: è stato detto dall'onorevole Matarrelli e anche da altri, riguardo al servizio civile e a questo obiettivo dei 100 mila, che 100 mila è una pura declamazione, una trombonata di Renzi. Vorrei ricordare che quest'anno il Governo ingaggerà, attraverso forme diverse, che la relatrice Lenzi ha ricordato, circa 50 mila giovani. Onorevole Matarrelli, circa i dati che lei ha dato sul Governo Prodi – anch'io ero parlamentare dell'Ulivo a quel tempo – quest'ultimo ingaggiò 46 mila giovani nel 2006 e 43 mila nel 2007; quindi non so da dove abbia preso il dato dei 70 mila e i 50 mila di quest'anno sono in effetti il numero maggiore che si ha nella storia pur breve del servizio civile. In questo senso ritengo utile lo sforzo che Pag. 47faremo anche con le dotazioni finanziarie necessarie – quelle che ci sono in effetti sono ancora inadeguate per gli anni a venire – per raggiungere questo obiettivo a cui diamo un'importanza straordinaria perché consideriamo il servizio civile un grande vivaio vocazionale per rafforzare tutti quei soggetti che promuovono iniziativa sociale, che promuovono solidarietà, inclusione, qualità del vivere, responsabilità e impegno civico. Circa i corpi civili di pace è vero che il Governo è in ritardo, ma adesso il decreto è stato approvato e siamo in attesa solo della registrazione della Corte dei conti e, quindi, procederemo sollecitamente a dare attuazione alla norma che il Parlamento ha approvato alla fine del 2013.
      Come elemento conclusivo vorrei ricordare, sui tempi di realizzazione del disegno di legge, a proposito dell'obiezione fatta dall'onorevole Nicchi, che, non so, forse lei invocava che il Governo facesse tutto questo con un decreto-legge. Certamente abbiamo i tempi parlamentari che sono quelli che richiedono l'approfondimento necessario. Sicuramente se il Parlamento riuscirà entro l'estate a concludere l'esame del disegno di legge il Governo è impegnato ad utilizzare anche un tempo più breve di quello che è indicato nella legge stessa, per dare attuazione ai decreti legislativi. Il lavoro è già in corso nella messa a punto delle linee di attuazione della delega e credo che vi sia una grande attesa perché non perdiamo tempo. Io ho fatto in questi mesi moltissimi incontri in tutto il nostro Paese e ho verificato non solo una straordinaria attenzione ma anche capacità propositiva di costruzione.
      Chiudo veramente dicendo che questo disegno di legge delega è un'occasione per mettere a punto un cambiamento essenziale nella vita del Paese, e questo cambiamento è oggi possibile. Sta a noi, sta al Parlamento renderlo oggi una norma e poi, dalla norma, tradurlo in pratica. C’è la possibilità di farlo, non rinunciamoci (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. La ringrazio. Come previsto dall'ordine del giorno, il seguito dell'esame del provvedimento, previo esame e votazione della questione pregiudiziale di costituzionalità presentata, è rinviato alle ore 16.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

      PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 31 marzo 2015, l'onorevole Barbara Saltamartini, già iscritta al gruppo parlamentare Misto, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Lega Nord e Autonomie. La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

      Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15, per lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

      La seduta, sospesa alle 13,15, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

      PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro della salute, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e il Ministro dell'economia e delle finanze.

(Problematiche e iniziative relative al decreto del Ministro della salute dell'8 agosto 2014 in materia di certificati medici per l'attività sportiva non agonistica – n. 3-01401)

      PRESIDENTE. Il deputato Molea ha facoltà di illustrare la sua interrogazione Pag. 48n. 3-01401 concernente problematiche e iniziative relative al decreto del Ministro della salute dell'8 agosto 2014 in materia di certificati medici per l'attività sportiva non agonistica (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata) per un minuto.

      BRUNO MOLEA. Signor Presidente, signor Ministro, con il decreto emanato l'8 agosto 2014 sono state indicate le linee guida in materia di certificazione medica per coloro che svolgono attività sportiva sia essa agonistica oppure amatoriale. Questo decreto, pur avendo individuato tutta una serie di linee guida, tra cui anche la necessità di fare un accertamento diagnostico e l'elettrocardiogramma nella fattispecie, ha messo in campo, a mio avviso, due grosse lacune. La prima è proprio la richiesta dell'elettrocardiogramma normale. Da più parti è stato detto che un accertamento di questo tipo non è esaustivo dal punto di vista della salute delle persone e, dall'altro lato, è stata evidenziata anche la mancanza di chiarezza nella distinzione tra attività agonistica e attività amatoriale che determina poi la necessità o meno di alcuni accertamenti. Le chiedo come il Ministero intenda dirimere questa problematica che sta creando grossissimi problemi alle società sportive...

      PRESIDENTE. Concluda.

      BRUNO MOLEA. ...facendo sì – concludo – che molti, per stare dalla parte dei bottoni come si suol dire, talvolta chiedano la certificazione medica anche laddove non è necessaria con un aggravio di spesa per i cittadini.

      PRESIDENTE. La Ministra della salute, Beatrice Lorenzin, ha facoltà di rispondere per tre minuti; può rimanere anche seduta.

      BEATRICE LORENZIN, Ministra della salute. Grazie signor Presidente. Sono consapevole che l'attività sportiva vada promossa e sostenuta ma sono altrettanto convinta che vada praticata in totale sicurezza. Ecco perché ho ritenuto opportuno istituire, d'accordo con la Conferenza delle regioni, nel mese di luglio 2014 presso il Ministero della salute un gruppo di lavoro costituito da rappresentanti del Ministero e delle regioni per approfondire i molteplici aspetti della materia. Nel mese di agosto 2014, sulla base di una proposta della Federazione nazionale dell'ordine dei medici e dei chirurghi, sentito il Consiglio superiore di sanità e con il supporto del citato gruppo di lavoro, abbiamo adottato le linee guida di indirizzo in materia di certificati medici per l'attività sportiva non agonistica. In estrema sintesi le linee guida sono volte a superare una serie di difficoltà interpretative e attuative che anche lei qui oggi ci ha rappresentato determinate dal succedersi di disposizioni normative che, dal settembre 2012 a ottobre 2013, hanno a più riprese innovato la materia. Le linee guida hanno il merito di aver chiarito quali sono le attività sportive non agonistiche, quindi soggette ad obbligo di certificazione, tenuto conto che è stato soppresso l'obbligo della certificazione per chi pratica attività ludico-motoria; quali sono i medici che possono certificare; quali sono i controlli sanitari da effettuare e per tale specifico aspetto ricordo che l'elettrocardiogramma è un accertamento sanitario già previsto per legge tra i predetti controlli. Quanto alla necessità segnalata dall'onorevole interrogante di intervenire per garantire uniformità di trattamento su tutto il territorio nazionale con specifico riguardo alle attività sportive svolte nell'ambito delle associazioni iscritte al CONI rispetto a quelle, invece, svolte presso associazioni non iscritte, comunico che il citato gruppo di lavoro ha predisposto già dal mese di gennaio una bozza di circolare esplicativa volta ad individuare le attività sportive che, in ragione di determinate caratteristiche, possono essere esentate dall'obbligo della certificazione anche se praticate presso le associazioni iscritte al CONI in modo tale da chiarire questi punti. In ordine a tale specifico aspetto, tuttavia, la commissione salute della Conferenza delle regioni ha ritenuto Pag. 49non necessario tale chiarimento atteso che la normativa vigente con riguardo all'attività sportiva non agonistica non si presterebbe a dubbie interpretazioni. La predetta nota contiene ulteriori indicazioni che saranno valutate al fine di poter adottare al più presto la circolare esplicativa.
      Quanto ai costi delle certificazioni per la pratica dell'attività sportiva non agonistica, evidenzio che tali certificati sono esclusi dai LEA e rilasciati in base a tariffe determinate dalle Regioni con oneri a carico dei richiedenti. Pertanto il rilascio in forma gratuita di un certificato di idoneità per attività sportiva non agonistica a favore di disabili e minori integra un livello ulteriore di assistenza che solo le regioni possono garantire.

      PRESIDENTE. Il deputato Molea ha facoltà di replicare per due minuti.

      BRUNO MOLEA. Signor Presidente, signor Ministro, la ringrazio per la sua risposta, ma devo evidenziare alcune situazioni che non sono così chiare. Intanto, come dicevo prima, non è fatta chiarezza in modo definito circa l'attività che deve essere sottoposta a certificazione specifica e quale no. L'altro elemento è quello dell'elettrocardiogramma: lo ripeto, fare un elettrocardiogramma una volta nella vita non risolve il problema di un atleta che potrebbe vedere l'insorgere di patologie, soprattutto se parliamo di soggetti giovani, da un mese all'altro, quindi questo tipo di accertamenti vanno cadenzati sicuramente con maggiore puntualità, così come va chiarito in termini specifici che cosa si intende per attività ludico-motoria, perché su questa cosa il confine è molto breve e c’è una grande confusione. Si è creata una grande confusione che si aggiunge poi anche a una diversa interpretazione che le regioni hanno dato e quindi hanno diversamente legiferato nel territorio italiano, creando ulteriore confusione e disparità di giudizio e di trattamento. Di questo stiamo parlando. Non tutte le regioni, per esempio, rendono gratuite le visite mediche per i minori, questa è un'altra sperequazione non di poco conto, quindi le chiedo veramente, signor Ministro, di rimettere al tavolo di quella Commissione il problema, chiedendo, in modo chiaro, una volta per tutte, di specificare quali sono quelle attività sportive ricadenti all'interno della prevista certificazione medica e quali invece riconducibili all'attività motoria, e ciò per uscire da questa situazione di stallo che, per garantire poi i titolari delle società sportive, fa sì che tutti quanti chiedano la certificazione medica. Ripeto, qui si tratta anche, oltre che della salute dei cittadini, che è importantissima, e nei confronti della quale non mi pronuncio, di non pesare sulle tasche dei cittadini, perché queste cose sono diventate costosissime e richieste a tutto campo. Gli stessi pediatri oggi chiedono immediatamente il certificato medico per un'attività ludico-motoria dei bambini. Ecco quindi...

      PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

      BRUNO MOLEA. ...credo che vi sia la necessità – concludo – veramente di ritornare a fare chiarezza con quella circolare esplicativa cui lei faceva riferimento nello specifico su tali questioni.

(Tempi per l'adozione dei decreti attuativi della direttiva europea n.  62/2011 in materia di vendita e acquisto di farmaci attraverso siti web autorizzati – n. 3-01402)

      PRESIDENTE. Il deputato Bernardo ha facoltà di illustrare l'interrogazione Dorina Bianchi ed altri n. 3-01402, concernente tempi per l'adozione dei decreti attuativi della direttiva europea n.  62/2011 in materia di vendita e acquisto di farmaci attraverso siti web autorizzati (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), che ha sottoscritto in data odierna. Ha un minuto.

      MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, signora Ministro, contando sulla sua sensibilità, il quesito che le vogliamo rivolgere è riferito proprio, come diceva il Pag. 50Presidente, alla vendita di prodotti farmaceutici attraverso i siti on line e facendo riferimento alla direttiva n.  62 del 2011, che prevede l'attuazione dei decreti che porteranno ad una definizione delle farmacie on line, ad un attestato di riconoscimento a livello europeo, un riconoscimento ad hoc che si chiamerà «pharmacy» che porti comunque a tutelare la salute al di là di quello che, purtroppo, ahinoi, accade in Italia in materia di contraffazione e circolazione di farmaci, attraverso siti ovviamente non legali, non ufficializzati. Ecco a questo punto vorremmo sapere l'attuazione e, di conseguenza, tutelare i nostri concittadini.

      PRESIDENTE. La Ministra della salute, Beatrice Lorenzin, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

      BEATRICE LORENZIN, Ministra della salute. Signor Presidente, come è noto, in attuazione della direttiva 2011/62 dell'Unione europea recepita con il decreto legislativo n.  17 del 2014, è stata prevista anche in Italia la facoltà per le farmacie e gli esercizi commerciali di vendere on line medicinali senza l'obbligo di prescrizione, previa specifica autorizzazione rilasciata dalla Regione o dalla provincia autonoma. Resta tuttavia vietata la vendita on line di medicinali con obbligo di prescrizione medica. Il sito web della farmacia o dell'esercizio commerciale dedicato alla vendita di medicinali dovrà contenere i recapiti dell'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione, un collegamento ipertestuale verso il sito web del Ministero della salute, il logo comune realizzato in conformità con le direttive e le raccomandazioni dell'Unione europea che identifichi ogni farmacia o esercizio commerciale autorizzato a mettere in vendita medicinali a distanza.
      Il sito web del Ministero dovrà contenere un collegamento ipertestuale verso un apposito sito creato dall'Agenzia europea dei medicinali, che fornisce le informazioni sulla finalità del logo comune e sui rischi connessi ai medicinali forniti illegalmente al pubblico.
      La vendita on line dei medicinali potrà essere effettuata a decorrere dal 1o luglio 2015, ovvero da un anno dopo la data di pubblicazione del regolamento di esecuzione, nel quale sono indicati i requisiti del logo comune. Ad oggi, il Ministero ha stipulato un accordo con la direzione generale sanità e sicurezza alimentare della Commissione europea per l'utilizzo del logo comune personalizzato con la bandiera nazionale. Il sopracitato decreto legislativo prevede un sistema nazionale antifalsificazione gestito dall'AIFA con la partecipazione del Ministero della salute, dell'ISS, del NAS, dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli e di altre autorità istituzionali. Questo è stato uno dei temi principali: evitare ogni rischio di contraffazione della vendita on line. In sintesi, il sistema nazionale antifalsificazione comprende la ricezione e la gestione delle segnalazioni che inducono a ritenere che si tratti di medicinali falsificati e di medicinali con difetti di qualità, i richiami di medicinali ad opera delle aziende farmaceutiche o i ritiri di medicinali dal mercato, disposti dall'AIFA presso tutti i soggetti della catena di distribuzione, il ritiro di tali medicinali anche presso i pazienti che li hanno ricevuti. Noi abbiamo voluto applicare alle vendite on-line le stesse misure di cautela che si hanno ovviamente nella farmacia.
      Il Ministero della salute, su proposta dell'AIFA, può disporre, con provvedimento motivato, anche in via d'urgenza, la cessazione di pratiche commerciali di offerta a distanza di farmaci, accertate come illegali, ovvero emanare disposizioni per impedire l'accesso agli indirizzi internet corrispondenti a siti web rei di pratiche illegali.
       Da ultimo, evidenzio che il più volte citato decreto legislativo prevede sanzioni personali e patrimoniali per i titolari di farmacie ed esercizi commerciali che mettono in vendita al pubblico a distanza medicinali soggetti a prescrizione medica per i soggetti non autorizzati alla vendita di medicinali al pubblico a distanza e infine per coloro che fabbricano, distribuiscono, Pag. 51importano o esportano, commerciano o vendono a distanza medicinali falsificati.

      PRESIDENTE. Il deputato Bernardo, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare per due minuti.

      MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, ringrazio il Ministro Lorenzin della risposta, che – devo dire – va a conforto dei nostri concittadini e della tutela della salute dei singoli. Dall'altro lato, riconosce alle farmacie quel momento importante nel tessuto socio-economico e della tutela per la salute come primo presidio sul territorio. Ulteriormente, si tutelano anche le aziende, soprattutto nella direzione del mondo del lavoro, quindi, nei giusti tempi e con le giuste risposte, si elimina un problema che purtroppo viene diversificato e affronta argomenti diversi, ma soprattutto la tutela dei singoli cittadini e delle famiglie in un momento così delicato, dal momento in cui una crisi economica, come quella che viviamo, per quanto si accenni talvolta alla ripresa, porta ad utilizzare questi siti e a risparmiare, immaginando però che la tutela passi in secondo piano. Quindi, grazie per la risposta.

(Orientamenti ed eventuali iniziative del Governo in merito all'introduzione di una disciplina volta a regolamentare il «fine vita» – n. 3-01403)

      PRESIDENTE. La deputata Marisa Nicchi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01403, concernente orientamenti ed eventuali iniziative del Governo in merito all'introduzione di una disciplina volta a regolamentare il «fine vita» (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

      MARISA NICCHI. Grazie, Presidente. È improcrastinabile avviare in Parlamento un confronto nel rispetto di tutte le posizioni sul ruolo che deve avere lo Stato e la legislazione rispetto alle decisioni individuali che riguardino la propria vita, per riconoscere a ciascun individuo la possibilità di scegliere le modalità di interruzione della propria esistenza proprio nei casi di patologia non curabile in fase terminale.
      È stata presentata una proposta di legge di iniziativa popolare a settembre a questo riguardo, altre iniziative parlamentari ci sono, ma il tema langue, è fermo e bloccato.
      Noi crediamo che invece questo debba essere affrontato e chiediamo al Governo quali sono i suoi orientamenti e quali le iniziative che intende prendere.

      PRESIDENTE. La Ministra della salute, Beatrice Lorenzin, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

      BEATRICE LORENZIN, Ministra della salute. Grazie, Presidente. Onorevole Nicchi, la complessità e la delicatezza della materia, riconducibile al testamento biologico, comunemente definito «fine vita», per gli oggettivi ed evidenti profili etici che lo caratterizzano mi inducono, senza riserva alcuna, a ritenere che la tematica sia di esclusiva prerogativa parlamentare e, come tale, necessiti di un approfondito confronto e dibattito in tale sede. Ciò in coerenza con gli indirizzi che il Governo sta seguendo qualora si tratti di introdurre disposizioni relative a temi etici.
      Ricordo, a titolo di esempio, che questo è l'orientamento che il Governo ha seguito in relazione all'attuazione della nota sentenza con la quale la Corte costituzionale ha fatto venire meno il divieto al ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita eterologa e questa è stata una questione che mi ha anche riguardato direttamente. Mi rimetto, pertanto, alle sovrane valutazioni del Parlamento.
      Per quanto attiene agli specifici profili di interesse sanitario e per quanto possa giovare, ricordo che il Ministero della salute svolge una continua funzione di monitoraggio e coordinamento, finalizzata a garantire sul territorio nazionale la compiuta attuazione della legge n.  38 del 2010, recante disposizioni per garantire l'accesso Pag. 52alle cure palliative e alla terapia del dolore. È noto, infatti, che la legge n.  38 del 2010 è finalizzata alla tutela della dignità e dell'autonomia del malato fino al termine della vita. Pertanto, le cure palliative sono una prestazione rivolta alla rimozione di quegli ostacoli, primo fra tutti il dolore, che impediscono la piena realizzazione della persona sino al confine ultimo della vita.
      Al proposito, ricordo che, in occasione del semestre di presidenza italiana dell'Unione europea appena concluso, le cure palliative e la terapia del dolore sono state tra i temi prioritari e sono state avviate iniziative di condivisione tra gli Stati membri delle migliori pratiche nella gestione di condizioni patologiche che i progressi della medicina rendono di grande attualità. In particolare, il nostro Paese ha condiviso la propria esperienza con gli altri Stati membri, promuovendo un percorso di sviluppo sempre teso al soddisfacimento degli specifici bisogni di assistenza dei pazienti fragili e ciò anche grazie alla posizione di avanguardia che nel merito viene da sempre riconosciuta all'Italia.
      Da ultimo, anticipo che nello schema di DPCM di aggiornamento dei LEA, attualmente all'esame delle regioni, è prevista, all'articolo 31, l'assistenza alle persone nella fase terminale della vita. In particolare, è previsto che il Servizio sanitario nazionale, nell'ambito della rete locale di cure palliative, garantisca alle persone nella fase terminale della vita – affette da malattie progressive in fase avanzate e in rapida evoluzione a prognosi infausta – il complesso integrato delle prestazioni mediche specialistiche, infermieristiche, riabilitative e psicologiche, gli accertamenti diagnostici, l'assistenza farmaceutica e la fornitura di preparati per nutrizione artificiale, le prestazioni sociali, tutelari e alberghiere nonché di sostegno spirituale.

      PRESIDENTE. La deputata Nicchi ha facoltà di replicare.

      MARISA NICCHI. Grazie, Presidente. L'interrogazione a risposta immediata voleva richiamare non solo il tema dell'assistenza della salute dei pazienti, cosa rispetto a cui lei ha fatto riferimento, ma soprattutto un altro tema, che è quello del rispetto del malato, delle sue decisioni in ogni fase della sua vita. Lo dobbiamo questo, questo rispetto della decisione del malato, anche all'appello che ha fatto Emma Bonino, alla sua forza, al fatto che proprio lei parla al cuore, vuole parlare dal cuore della politica a partire dal corpo malato per rimettere al centro la decisione, la propria libertà, il proprio diritto a mettere fine alla propria esistenza secondo una propria concezione di vita.
      Il che vuol dire che è giusto, per coloro che desiderano ricorrere agli atti medici, ai presidi terapeutici, poter allungare artificialmente la loro vita. È giusto. Ma è giusta anche l'altra scelta, ossia che chi questo non lo vuole fare possa farlo in determinate situazioni di dolore, di sofferenza, di condizione irreparabile.
      Il nodo va sciolto per noi. Certamente il Parlamento è chiamato in questo momento a rompere un silenzio, a rompere un'incapacità di affrontare questo problema. Ce lo chiede la nostra Costituzione, all'articolo 32, e ce lo chiedono tanti casi di sofferenza e, quindi, noi vorremmo fare questo.
      Certamente il Parlamento è chiamato in prima linea, ma l'orientamento del Governo è molto importante, tant’è che in altre occasioni l'orientamento del Governo su temi etici è intervenuto, anche nel rispetto delle prerogative...

      PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

      MARISA NICCHI. ...ma certamente ha espresso una propria posizione.

(Chiarimenti in merito alla presentazione della relazione del Ministro della salute sull'attuazione della legge n.  194 del 1978 in materia di tutela sociale della maternità e interruzione volontaria della gravidanza – n. 3-01404)

      PRESIDENTE. La deputata Bechis ha facoltà di illustrare la sua interrogazione Pag. 53n. 3-01404, concernente chiarimenti in merito alla presentazione della relazione del Ministro della salute sull'attuazione della legge n.  194 del 1978 in materia di tutela sociale della maternità e interruzione volontaria della gravidanza (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

      ELEONORA BECHIS. Signor Presidente, signora Ministro, la legge n.  194 del 1978, contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria di gravidanza, prevede che il suo Ministero presenti una relazione sull'attuazione della stessa entro il mese di febbraio. Ad oggi, a distanza di oltre un mese, tale relazione non è ancora stata presentata. Le chiedo, quindi, le motivazioni dettagliate per cui non abbia ancora provveduto ad ottemperare agli obblighi di legge poc'anzi menzionati.

      PRESIDENTE. La Ministra della salute, Beatrice Lorenzin, ha facoltà di rispondere.

      BEATRICE LORENZIN, Ministra della salute. Signor Presidente, la relazione annuale al Parlamento sull'attuazione della legge n.  194 del 1978, recante norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria della gravidanza, è uno strumento istituzionale basato sulle evidenze del sistema di sorveglianza, volto ad indirizzare in modo coerente le iniziative di sanità pubblica, centrali, ma soprattutto regionali, per correggere e risolvere eventuali criticità, pianificare gli interventi più adeguati di prevenzione e raccomandare le procedure più appropriate in termini di maggiore tutela della salute della donna.
      Come è noto, l'articolo 16 della legge prevede che, entro il mese di febbraio, a partire dall'anno successivo a quello dell'entrata in vigore della presente legge, il Ministro della sanità presenta al Parlamento una relazione sull'attuazione della legge stessa e sui suoi effetti, anche in riferimento al problema della prevenzione. Le regioni sono tenute a fornire le informazioni necessarie entro il mese di gennaio di ciascun anno, sulla base di questionari predisposti dal Ministero.
      Questo Ministero ha già avuto modo di segnalare, anche in occasione delle precedenti relazioni inviate al Parlamento sull'attuazione della legge in questione, che risulta particolarmente difficile, se non proprio impossibile, rispettare la scadenza prevista dalla norma sopra citata, e cioè il mese di gennaio per le regioni che raccolgono i dati e il mese di febbraio per l'Istituto superiore di sanità, che si occupa della rilevazione ed elaborazione dei dati in oggetto e, quindi, di conseguenza, per il Ministero della salute, in considerazione dell'oggettiva complessità dell'acquisizione del dato relativo al numero reale di aborti effettuati, nonché dell'analisi del fenomeno.
      Inoltre, i tempi necessari per acquisire dati sufficientemente accurati e completi vanno aggiunti a quelli per l'acquisizione di quelli relativi alle popolazioni di riferimento, donne in età feconda e i nati vivi dell'anno in oggetto forniti dall'ISTAT. Voglio, comunque, rassicurare gli onorevoli interroganti che, non appena sarà completata la fase in corso di acquisizione, il controllo dei dati relativi all'anno 2014, sarà mia cura trasmettere immediatamente la relazione al Parlamento.
      Questo dato, onorevole, relativo al fatto che nella norma c’è scritto febbraio, che in realtà mai è stato rispettato, è oggettivo. È una procedura e in questo caso razionalità vorrebbe che o cambiamo la data della presentazione o continuiamo nella prassi. Io ho sollecitato più volte gli uffici competenti, l'importante è comunque che, sempre entro l'estate, riusciamo a fare una relazione completa, accurata e dettagliata nei minimi particolari.

      PRESIDENTE. La deputata Bechis ha facoltà di replicare.

      ELEONORA BECHIS. Signor Presidente, grazie signora Ministro, effettivamente avessimo l'opportunità di cambiare la data sicuramente non incorreremmo in questi intoppi, anche perché le ultime Pag. 54stime che noi abbiamo dell'Istituto superiore di sanità sono del 2012, in cui si dice che il numero di aborti clandestini sarebbe stato stimato per le donne italiane tra i 12 mila e i 15 mila, mentre per le donne straniere tra 3 mila e 5 mila. Sono numeri sbalorditivi, se si pensa che c’è una legge per poterlo fare legalmente. Ma sono coerenti comunque con il richiamo del Consiglio d'Europa del 10 settembre 2013, attraverso il suo Comitato per i diritti sociali, che ha dichiarato l'Italia colpevole del mancato rispetto del diritto alla salute delle donne, a causa proprio dell'elevato numero di medici, anestesisti e personale sanitario che, in forza dell'articolo 9 della legge n.  194 del 1978, sollevano obiezione di coscienza e sono perciò esonerati dalle procedure abortive.
      La tutela delle motivazioni etiche che spingono all'obiezione dei professionisti sanitari non può più andare a discapito delle donne, che si vedono negato, oltre al diritto alla salute, anche il diritto all'autodeterminazione individuale. Lo scarso rispetto della legge, in questo caso della legge n.  194 del 1978, conferma, purtroppo, la sensazione che siamo ancora lontani dal livello minimo di tutela dei diritti delle donne.

(Chiarimenti in merito all'importazione, detenzione e manipolazione per uso di ricerca di materiale infetto da agenti patogeni, con particolare riferimento alla sperimentazione sulla coltura della vite – n. 3-01405)

      PRESIDENTE. Il deputato L'Abbate ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01405, concernente chiarimenti in merito all'importazione, detenzione e manipolazione per uso di ricerca di materiale infetto da agenti patogeni, con particolare riferimento alla sperimentazione sulla coltura della vite (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

      GIUSEPPE L'ABBATE. Grazie, Presidente. Nell'ambito delle attività svolte dal progetto Cost 873, nel luglio 2010, l'Istituto agronomico mediterraneo di Bari è stato indicato come sede di incontro e di attività di ricerca per la definizione dei protocolli di diagnosi dei patogeni da quarantena xylella fastidiosa.
      Al fine di procedere all'ordine del materiale, l'Istituto ha richiesto al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, settore fitosanitario, l'autorizzazione temporanea all'introduzione, detenzione e manipolazione di materiale infetto dai suddetti patogeni per uso di ricerca.
      Nel documento di richiesta è fatto riferimento a quattro ceppi importati, ma non è specificata la sub-specie, né il numero di identificazione della coltura. Chiediamo al Ministro perché nell'autorizzazione all'introduzione, detenzione e manipolazione di materiale infetto dal patogeno xylella fastidiosa non si è specificata né la subspecie, né il numero identificativo del ceppo, indispensabili a garantire che le operazioni di ricerca si svolgessero in condizioni di assoluta sicurezza, evitando ogni qualsiasi rischio di contaminazione.

      PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Maurizio Martina, ha facoltà di rispondere.

      MAURIZIO MARTINA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, l'Istituto agronomico mediterraneo di Bari ha fatto richiesta di introduzione, detenzione e manipolazione di cinque isolati di xylella fastidiosa, per un totale di venti piastre, due vasi di piante di vite inoculate, quattro rami secchi di vite infetti dall'Olanda e quattro ceppi di xylella fastidiosa dal Belgio. Al riguardo, preciso che il ceppo di xylella fastidiosa riscontrato in Puglia su olivi e altri ospiti è stato interamente sequenziato dal CNR di Bari e identificato come nuovo ceppo batterico, geneticamente vicino alla subspecie «pauca», originaria del Costarica.
      Il materiale introdotto a scopi sperimentali appartiene, invece, ad altre subspecie: quello proveniente dall'Olanda era originario del Nord America, mentre Pag. 55quello belga apparteneva alla collezione dell'Università di Gent. La ricerca per la quale è stato richiesto il suddetto materiale era mirata alla definizione dei protocolli di diagnosi dei patogeni da quarantena xylella fastidiosa e candidatus liberibacter.
      L'indagine è stata condotta da batteriologi in condizioni di sicurezza, mediante inoculazione su piante di vite tenute costantemente in ambiente confinato di laboratorio, nella pertinente sede dell'Istituto, non accessibile a personale non autorizzato. Risulta che le fasi delle predette attività si siano svolte alla presenza degli ispettori del servizio fitosanitario della regione Puglia, inclusa la distruzione del materiale infetto e degli isolati patogeni mediante autoclavazione a fuoco.
      L'analisi è stata mirata alla definizione delle metodiche diagnostiche per xylella fastidiosa quale agente causale della malattia di Pierce sulla vite. Risulta, altresì, che le procedure autorizzative siano state portate a termine nel rispetto della normativa vigente. I test di patogenicità avviati hanno fino ad oggi confermato che il ceppo batterico presente nella provincia di Lecce non è in grado di svilupparsi nelle piante di vite. A conferma di ciò, le analisi di laboratorio effettuate su circa 400 campioni di vite prelevati nell'area del leccese, fortemente colpite, come si sa, dalla batteriosi, hanno dato esito negativo.

      PRESIDENTE. Il deputato L'Abbate ha facoltà di replicare per due minuti.

      GIUSEPPE L'ABBATE. Grazie, Presidente. Ministro, quello che dice non può essere confermato, perché in questi documenti, che ho ricevuto facendo un accesso agli atti all'Osservatorio fitosanitario regionale, vi è scritto che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha dato la possibilità di importare quattro ceppi di xylella fastidiosa senza specificare la subspecie, né il numero identificativo della coltura.
      Per cui nessuno oggi è in grado di dire che la xylella fastidiosa, che ha colpito gli ulivi del Salento, è la stessa importata dallo IAM. Nessuno, anche perché lo IAM gode di un'immunità tale che non permette neanche alla procura, che sta tra l'altro indagando, di ottenere i dati. Tutto ciò è vergognoso. L'incompetenza del Ministero è gravissima !
      Come possiamo noi adesso fidarci dei piani predisposti per limitare e per risolvere il problema della xylella fastidiosa in Salento ? Qui sono in gioco 9 milioni di ulivi, c’è in ballo il 35 per cento della produzione di olio d'Italia e il 10 per cento mondiale. Non è possibile trattare questo argomento con questa leggerezza ! Tra l'altro, non si sa come sono stati importati in Italia i quattro ceppi, trattandosi di batterio da quarantena, ci sono misure ben precise: deve essere spedito tramite corriere e il corriere deve sapere che subspecie trasporta, perché deve mettere in atto tutte quelle misure di sicurezza necessarie; qui, da questi documenti, non risulta niente.
      Ministro, lei si deve assumere la responsabilità e risolvere questo problema, perché non voglio che lei resti nella storia della Repubblica italiana come il Ministro dell'agricoltura che ha consentito l'introduzione dell'IMU agricola, sta smantellando il Corpo forestale dello Stato e adesso cancellerà, definitivamente, anche l'olivicoltura italiana (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e del deputato Palese).

(Chiarimenti ed iniziative in ordine alle autorizzazioni di alcune varietà di vite resistenti alle malattie – n. 3-01406)

      PRESIDENTE. Il deputato Gigli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01406, concernente chiarimenti ed iniziative in ordine alle autorizzazioni di alcune varietà di vite resistenti alle malattie (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

      GIAN LUIGI GIGLI. Grazie, Presidente. Signor Ministro, come parlamentare eletto in Friuli e come professore dell'Università Pag. 56di Udine, ho raccolto il grido proveniente da una delle eccellenze italiane: i vivai di Rauscedo, una realtà di eccellenza che fattura circa 70 milioni di euro in barbatelle e ne esporta circa il 47 per cento, quindi una realtà importante della nostra economia. Questa realtà aveva sviluppato, come lei sa, dei ceppi, selezionati insieme all'Istituto di genomica applicata dell'Università di Udine, che hanno permesso di selezionare delle varietà resistenti alla peronospora e all'oidio, che avrebbero grandi vantaggi, sia dal punto di vista della possibilità di resistenza, e quindi anche dal punto di vista commerciale, ma anche dal punto di vista dell'ambiente, perché richiederebbero minore invasività di trattamenti chimici. Io le chiedo come mai, a due anni di distanza dalla domanda di riconoscimento di queste varietà nel registro nazionale delle varietà, questa domanda non sia stata ancora accolta.

      PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Martina, ha facoltà di rispondere.

      MAURIZIO MARTINA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Grazie, Presidente. Onorevoli deputati, l'iscrizione delle varietà di vite al registro nazionale avviene sulla base di quanto prescritto dal decreto ministeriale 6 ottobre 2004, in attuazione della direttiva 2004/29/CE, che fissa i caratteri e le condizioni minime per l'esame delle varietà di vite. Le richieste di iscrizione, corredate dai dati previsti dalla citata normativa, sono sottoposte alla valutazione di esperti indipendenti, al fine di verificare l'attendibilità e la validità dei dati contenuti nei dossier, nonché la correttezza delle condizioni di prova.
      Nel caso delle varietà ottenute dall'Università di Udine, a dicembre del 2013 la regione Friuli Venezia Giulia ha presentato la richiesta di iscrizione al registro nazionale delle varietà di vite per dieci nuove selezioni. In generale, alcune denominazioni proposte non soddisfano il regolamento del Consiglio (CE) n.  2100/94, del 27 luglio 1994, concernente la privativa comunitaria per ritrovati vegetali, in quanto prevede che la denominazione non induca in errori o crei confusione circa le caratteristiche e il valore e l'identità della varietà. A questo proposito è necessario precisare che l'ufficio comunitario varietà vegetali non ritiene ammissibili denominazioni varietali costituite da semplici richiami a caratteristiche differenziali rispetto a varietà note, che non siano effettivamente dimostrate da prove comparative ufficiali.
      Il predetto ufficio, interpellato sulle denominazioni proposte – vale a dire Early Sauvignon, Sauvignon Dorè, Petit Sauvignon, Petit Cabernet e Petit Merlot – ha sottolineato la non ammissibilità di tali denominazioni, ai sensi dell'articolo 63.3.B del suddetto regolamento, perché causerebbero confusione negli utilizzatori.
      A seguito dell'ulteriore istruttoria (dicembre 2014), la regione Friuli Venezia Giulia ha inviato le integrazioni richieste, ribadendo però la volontà di mantenere le denominazioni proposte, nonostante fosse stato segnalato che il riferimento a varietà note, cui veniva aggiunto un aggettivo tipo «early» o «petit», non rispondesse al citato regolamento e alle linee guida dell'ufficio comunitario varietà vegetali. Per trovare una soluzione condivisa è stata convocata una riunione tra gli uffici tecnici del Dicastero e quelli della regione Friuli Venezia Giulia proprio il prossimo 17 aprile.
      Per quanto riguarda le varietà resistenti di origine tedesca, faccio presente che sono state iscritte al registro nazionale delle varietà, in seguito a richieste adeguatamente supportate dalle rispettive amministrazioni provinciali e regionali, intenzionate ad avviare le prove di idoneità alla coltivazione, ai sensi dell'accordo Stato-regioni del 25 luglio 2002.

      PRESIDENTE. Il deputato Gigli ha facoltà di replicare.

      GIAN LUIGI GIGLI. Grazie Presidente. Signor Ministro, io ero consapevole di ciò che lei ha detto e, tuttavia, le chiedo come mai il nome del parentale – appunto come Pag. 57si chiama in gergo – sia stato consentito per esempio per le varietà tedesche da lei richiamate, che a me risulta si chiamino con esattezza Cabernet Cortis e Cabernet Carbon, che sono già registrate in Italia.
      Allora, se ci vogliamo fare del male da soli, facciamocelo pure. È già accaduto in Friuli che a un vitigno, universalmente noto come Tocai, abbiamo dovuto cambiare il nome, perché qualcuno protestava in Ungheria. E adesso noi stiamo commercializzando anche in Italia delle varietà, che hanno selezionato i tedeschi e che presentano lo stesso problema di identificazione con il vitigno parentale, a cui lei faceva riferimento, per le varietà selezionate dall'università di Udine.
      Allora io credo che su questo tema bisognerebbe decidere con estrema urgenza. O è uguale per tutti – ma mi risulta che la Repubblica Ceca abbia 40 di varietà di questo tipo con un nome che fa riferimento al parentale storico – ovvero abbiamo una disposizione uguale per tutti, oppure il rischio di fare i primi della classe finirà per danneggiare l'economia nazionale ed una rete di viti e viticoltori, che sono estremamente presenti sul territorio e che realizzano una forte crescita economica del territorio stesso. Andiamo veramente a fare loro del male, perché verranno subissati dalle produzioni di altri Paesi, che hanno, non si sa come, non si sa perché, potuto realizzare lo stesso obiettivo, pur avendo di fronte, almeno in teoria, le stesse riserve.

(Intendimenti in merito alla riforma complessiva della professione di guida turistica e all'affidamento dei servizi aggiuntivi presso i siti museali, alla luce del recente decreto ministeriale del 29 giugno 2015 – n. 3-01407)

      PRESIDENTE. Il deputato Grimoldi ha facoltà di illustrare, per un minuto, la sua interrogazione n. 3-04107, concernente intendimenti in merito alla riforma complessiva della professione di guida turistica e all'affidamento dei servizi aggiuntivi presso i siti museali, alla luce del recente decreto ministeriale del 29 giugno 2015 (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

      PAOLO GRIMOLDI. Grazie Presidente. Lo scorso 29 gennaio il Ministro ha firmato un decreto, in cui stabilisce i criteri generali di accesso alla professione di guida turistica. Per le guide già abilitate con regolari esami pubblici, iscritte in regolari elenchi pubblici regionali o provinciali, si richiede di sostenere esami per poter estendere la validità delle abilitazioni ad altri siti cosiddetti protetti, in cui solo le guide fornite di questa ulteriore specializzazione potranno esercitare.
      Guarda caso l'associazione dei tour operator europei ha sempre sostenuto tali posizioni. Interessi analoghi sono sostenuti dalle società di servizi aggiuntivi, alle quali vengono concessi in affido i servizi di biglietteria, pulizia, vendita di libri e quant'altro. E guarda caso il mercato dei servizi aggiuntivi, cioè la gestione delle biglietterie e dei bookshop dei principali siti archeologici del nostro Paese, è appannaggio di pochissimi operatori, guarda caso cooperative.
      Tra l'altro, arriviamo addirittura ad avere qualche perplessità nel sapere che il direttore generale per la valorizzazione del patrimonio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo si chiama Anna Maria Buzzi, che è la sorella di Salvatore Buzzi, il capo della coop 29 giugno, coinvolta nello scandalo di «mafia capitale».

      PRESIDENTE. Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, ha facoltà di rispondere.

      DARIO FRANCESCHINI, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Signor Presidente, il tema delle guide turistiche è stato oggetto di una modifica normativa l'anno scorso, nel cosiddetto decreto «Art Bonus», attraverso cui questo Parlamento ha introdotto la possibilità di rendere applicabili le eccezioni per alcuni siti culturali che richiedono una preparazione specifica rispetto a una liberalizzazione Pag. 58totale della guida turistica, in recepimento delle direttive europee, approvate dal precedente Governo con la legge n.  97 del 2013.
      Quindi, sulla base di quella norma di legge, siamo passati all'individuazione dell'eccezione dei siti culturali che richiedono una preparazione specifica, un riconoscimento specifico. Il 25 febbraio la Conferenza unificata, su proposta del Ministero, ha consentito la riserva in ben oltre 3 mila siti culturali, in cui potranno esercitare la professione di guida turistica solo chi conseguirà una particolare abilitazione prevista dal decreto ministeriale 29 gennaio 2015. L'abilitazione sarà rilasciata dalle regioni. Stiamo discutendo con le guide turistiche sulle modalità di svolgimento di questo esame: titoli o esami e titoli.
      Questa è l'unica strada per non cadere in procedura di infrazione. Infatti, se non procedessimo su questa strada, l'effetto sarebbe esattamente opposto a quello che le guide vogliono. Scatterebbe il principio della totale liberalizzazione, per cui una guida turistica con un riconoscimento ottenuto nel proprio Paese potrebbe esercitare la professione su tutto il territorio nazionale.
      Stiamo – ripeto – ragionando con le guide, con le associazioni delle guide. Ma quello che deve essere tenuto presente è che noi abbiamo la sola possibilità di operare tra il rispetto delle direttive europee e un'applicazione la più possibile di tutela del patrimonio di professionalità e di esperienza delle guide turistiche italiane, ma senza andare in procedura di infrazione.
      Sui servizi aggiuntivi risponderò alla successiva interrogazione, che è sullo stesso tema, perché ho finito il tempo.
      Sulla direttrice generale a cui faceva riferimento l'interrogante, l'informazione di cui è in possesso non è esatta, perché dopo le nuove nomine non ha più la direzione generale della valorizzazione.

      PRESIDENTE. Il deputato Grimoldi ha facoltà di replicare.

      PAOLO GRIMOLDI. Vede, signor Ministro, lei sostanzialmente ci ha risposto che, siccome lo vuole l'Europa, le guide italiane avranno difficoltà a svolgere la loro funzione, con la differenza che le guide italiane, però, hanno fatto dei corsi, sono preparate, hanno avuto un iter e questo è anche riconosciuto e con la differenza che il patrimonio artistico, culturale, storico del nostro Paese è un po’ particolare, perché partiamo dalla preistoria, arriviamo all'età moderna e penso che abbiamo il record mondiale di siti archeologici. Quindi, non si capisce per quale motivo noi dobbiamo fare concorrenza sleale alle guide italiane, avvantaggiando le guide del resto del mondo, o comunque le altre guide comunitarie.
      Le sottolineo, tra l'altro, che il regime fiscale iniquo costringe alla chiusura di molte partite IVA delle nostre guide, o comunque dei nostri operatori in tale ambito, mentre gli stranieri che non pagano le tasse in Italia si avvantaggiano anche delle leggi in sfavore degli stessi cittadini italiani, venendo qua sul nostro territorio a fare concorrenza sleale.
      Ora, io capisco che per voi è facilissimo tutte le volte raccontarci la solita barzelletta che «Andiamo in infrazione» e «Ce lo chiede l'Europa», ma per una volta potreste anche tirar fuori un ottavo di testicolo e dire all'Europa: «No, noi preferiamo tutelare i cittadini italiani, invece che far sempre loro concorrenza sleale rispetto agli stranieri che vengono qua sul nostro territorio e se ne avvantaggiano».
      Non bastasse, con questo regime i tour operator che vengono avvantaggiati sono comunque, in un caso, quelli spinti dall'Europa o, nell'altro, quella serie di cooperative, tanto chiacchierate sulle quali anche in queste ore sui giornali vi sono gli ultimi scandali emersi nelle ultime ore con le intercettazioni. Quanto meno capisce che – a pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca – qualche sospetto noi ce lo abbiamo rispetto a questa gestione che voi state perorando.
      La verità, signor Ministro, è che lei dovrebbe ripensare l'ultimo decreto varato, che mette ulteriormente in difficoltà Pag. 59il settore, che avvantaggia grandi gruppi o comunque gruppi stranieri e che sicuramente non va nella direzione delle guide turistiche italiane e della tutela del nostro patrimonio artistico, culturale, storico...

      PRESIDENTE. Concluda.

      PAOLO GRIMOLDI. ... sotto il profilo appunto dell'avvantaggiare la nostra gente.

(Tempi e modalità dell'annunciata collaborazione con la Consip in relazione allo svolgimento dei servizi aggiuntivi presso i siti museali – n. 3-01408)

      PRESIDENTE. La deputata Malisani ha facoltà di illustrare l'interrogazione Piccoli Nardelli ed altri n. 3-01408, concernente tempi e modalità dell'annunciata collaborazione con la Consip in relazione allo svolgimento dei servizi aggiuntivi presso i siti museali (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria, per un minuto.

      GIANNA MALISANI. Grazie Presidente, signor Ministro, avendo appreso che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha annunciato l'avvio di una collaborazione con la Consip, mirata ad assicurare meccanismi trasparenti ed efficienti per gli affidamenti dei servizi da svolgere nei nuovi musei autonomi e nei poli museali regionali, con l'obiettivo di realizzare un servizio di biglietteria, prenotazione e prevendita a livello nazionale, e rilevato, altresì, che alcuni operatori dei servizi aggiuntivi esprimono il timore che possa essere bandita una gara nazionale avente ad oggetto il solo servizio di biglietteria per tutti i siti culturali, servizio che verrebbe, in questo modo, ad essere separato dalle attività di valorizzazione da affidare in concessione, privando, di fatto, il concessionario di una fondamentale leva finanziaria e commerciale che costituisce uno dei pilastri del marketing culturale, parte integrante di un servizio completo che è rischioso parcellizzare, le chiediamo con quali tempi e modalità il Ministro intenda procedere alla sottoscrizione dell'annunciato accordo con la Consip.

      PRESIDENTE. Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, ha facoltà di rispondere.

      DARIO FRANCESCHINI, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Presidente, la riforma del sistema museale italiano, che è in parte realizzata con l'applicazione dei nuovi principi del DPCM e la creazione di una direzione musei, è un'operazione che punta a valorizzare, non soltanto i grandi musei, che avranno autonomia amministrativa e contabile e un direttore scelto con una procedura pubblica, ma tutti i musei e i luoghi della cultura statale. Un pezzo di questo percorso di valorizzazione passa attraverso una maggiore efficienza e offerta di servizi aggiuntivi, moderni, che rendano il percorso museale un dato esperienziale in modo dinamico e aperto. I servizi aggiuntivi dei musei dello Stato sono quasi tutti da tempo in proroga. È una situazione che andava profondamente corretta, cercando di introdurre al contempo, sia una maggiore efficienza dei servizi, che maggiori entrate da parte dello Stato, quando i servizi sono dati in concessione, che una trasparenza e un'efficienza nelle gare. Per questo, secondo le indicazioni generali del Governo, abbiamo avviato un percorso con Consip, molto approfondito, che ha richiesto qualche mese, perché evidentemente non tutti i servizi museali sono equiparabili a servizi a cui si può applicare unicamente il criterio del prezzo. E, quindi, in questo accordo, che è già stato annunciato, già praticamente definito e che sottoscriveremo con Consip entro il mese di aprile, abbiamo distinto tre blocchi. Un blocco è sui servizi gestionali, ossia i servizi comuni (edile, impiantistica, pulizia), per cui viene fatta una gara secondo le normali regole Consip. Un secondo servizio è il servizio biglietteria. E voglio tranquillizzare l'onorevole Malisani che si tratta di un servizio integrativo. Ciò è del tutto evidente. Pensiamo che uno possa acquistare il biglietto Pag. 60di qualsiasi museo dello Stato con un servizio di biglietteria online che va a integrare il servizio di biglietteria che viene offerto dal museo sul sito. Ma che ci sia la possibilità, prenotandosi un viaggio anche dall'estero, di prenotare il biglietto, magari integrativo di tutti i musei o di un singolo museo. Quindi, è un meccanismo integrativo e non sostitutivo. Per i servizi culturali in concessione, che sono molto legati all'attività scientifica del museo (il bookshop, il laboratorio audiovisivi, la parte didattica, le mostre), anche in questo caso ci affideremo a Consip, ma le gare Consip le farà museo per museo, di quelli autonomi, o polo museale per polo museale regionale, sulla base di un progetto scientifico scritto dal museo stesso o dal polo regionale stesso. In questo modo, riportiamo l'indirizzo scientifico e il progetto culturale all'interno del museo, com’è giusto che sia, e, poi, su quel progetto viene fatta la gara in modo trasparente e pubblico attraverso Consip.

      PRESIDENTE. La deputata Narduolo, cofirmataria dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

      GIULIA NARDUOLO. Presidente, ringrazio il Ministro per la risposta, per la quale esprimo la soddisfazione mia e dei colleghi firmatari dell'interrogazione. I timori che avevamo raccolto in merito alla gara da parte di alcuni operatori sono stati effettivamente fugati con la spiegazione che il nuovo servizio nazionale di biglietteria online sarà integrativo delle biglietterie dei diversi musei e siti culturali e che la gestione di queste ultime non sarà separata dalle attività culturali e di valorizzazione, che saranno oggetto di un'altra gara. Questa iniziativa del Ministro va ad aggiungersi all'azione di rilancio del settore museale e dei luoghi della cultura italiana, anche grazie alle aperture straordinarie gratuite.
      In questa occasione, ricordo che domenica ricorre proprio l'appuntamento mensile delle domeniche al museo, in cui tutti gli ingressi ai siti nazionali sono, appunto gratuiti. Come dicevo, anche grazie a queste aperture straordinarie gratuite, i musei e i siti di cultura italiani stanno dimostrando tutta la loro attrattività. Bene, quindi, la spinta verso una maggiore digitalizzazione del sistema delle prenotazioni ai musei e ai siti culturali, anche perché non è nemmeno più il caso di parlare di nuove tecnologie, ma si tratta di essere contemporanei nella fornitura di servizi di qualità, promuovendo così il nostro Paese soprattutto a livello internazionale.
      Concludo, dicendo che è il caso di sottolineare come, in tutto il mondo, la gestione integrata pubblico-privato in campo culturale risulta estremamente positiva, se ben regolamentata e gestita in modo trasparente. Credo che anche noi saremo in grado di fare altrettanto.

(Iniziative volte alla tutela e alla valorizzazione degli immobili di interesse storico-artistico di proprietà di Eur Spa, in relazione al prospettato piano di alienazione – n. 3-01409)

      PRESIDENTE. Il deputato Rampelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01409, concernente iniziative volte alla tutela e alla valorizzazione degli immobili di interesse storico-artistico di proprietà di Eur Spa, in relazione al prospettato piano di alienazione (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

      FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, Ministro Franceschini, l'intero Parlamento ha chiesto al suo Governo di bloccare la vendita degli edifici di architettura razionalista studiati in tutto il mondo e ricadenti nel quartiere romano dell'Eur. Insieme a noi, tutti i partiti di questa Camera hanno chiesto, con atti parlamentari ufficiali, di ripristinare i fondi stanziati nella prima stesura della legge di stabilità per ricapitalizzare la società Eur e bollinati dalla Ragioneria generale dello Stato. Pag. 61Possibile che in democrazia non basti ? Vendere solo un edificio di pregio, anche fosse ad un soggetto pubblico, significherebbe non poter più garantire la valorizzazione unitaria prevista nella legge nazionale istitutiva della società Eur né i doveri di tutela prescritti anche dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui lei è garante.
      Spero che lei non dia risposte burocratiche e spero che sia possibile celebrare in maniera bipartisan un incontro con quei parlamentari che si sono impegnati per provare a trovare una soluzione. Non chiudeteci la porta in faccia.

      PRESIDENTE. Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, ha facoltà di rispondere.

      DARIO FRANCESCHINI, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Signor Presidente, onorevole Rampelli, veramente non voglio dare una risposta burocratica, ma cercare di andare alla sostanza delle cose. La sostanza delle cose è prendere atto della situazione debitoria della società Eur Spa – sulla quale ha risposto già il Ministro Padoan al question time dello scorso 18 febbraio e, quindi, sull'ipotesi di ricapitalizzazione –, ma, soprattutto, capire che cosa succede di quegli edifici che, concordo con lei, hanno un alto valore storico, artistico, dimostrano un pezzo di architettura italiana importante, in un quartiere che è assolutamente intenzione del mio Ministero – e, devo dire, avendo avuto alcuni incontri, anche dell'amministrazione comunale di Roma – rivalutare, rivitalizzare, soprattutto, dal punto di vista della possibilità di ospitare un polo museale che abbia capacità attrattive di turismo molto più di quanto non ne abbia oggi.
      Per fare queste cose, è evidente che quegli immobili devono restare destinati all'utilizzo che hanno oggi – Archivio di Stato e alcuni musei dello Stato e del comune – e devono restare nell'ambito del perimetro pubblico della proprietà. Per questo, gli immobili che sono già stati dichiarati di interesse culturale con provvedimenti del 29 marzo 2004 sono oggetto, in questo momento, in questi giorni, da parte degli uffici del mio Ministero territorialmente competenti della notifica di un ulteriore vincolo che è teso a proteggere non soltanto il valore artistico, ma la destinazione d'uso di quegli immobili, in base ad una norma del Codice dei beni culturali e del paesaggio, in quanto sono da molto tempo destinati o a musei o a sede dell'Archivio centrale dello Stato. Questo vincolo garantirà che quegli immobili restino, comunque, destinati a questo utilizzo, a questa destinazione d'uso.
      In alcuni incontri che abbiamo fatto con il comune di Roma, con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministero guidato dal sottoscritto abbiamo chiarito che non ci può essere un'ipotesi di alienazione a privati, ma che, in ogni caso, gli immobili devono restare nell'ambito di proprietà del perimetro pubblico: ci sono diverse modalità perché questo avvenga.
      Io credo che noi, proprio raccogliendo il suo invito, dobbiamo badare alla sostanza: la sostanza è che quegli immobili restino proprietà, se non dello Stato, proprietà pubblica, e che, comunque, la destinazione sia una destinazione che garantisca non soltanto la loro tutela, ma anche il loro utilizzo a musei e a sede dell'Archivio centrale dello Stato.

      PRESIDENTE. Il deputato Rampelli ha facoltà di replicare.

      FABIO RAMPELLI. Io spero, Ministro, lo dico anche in presenza del Ministro Padoan, che già ha seguito la vicenda, che ci sia ancora un margine per negoziare, perché se la proprietà dovesse passare comunque dall'Eur a un'altra società pubblica questo non garantirebbe affatto la possibilità e la capacità di gestire, valorizzare e promuovere, come prevede la legge istitutiva, il patrimonio architettonico dell'Eur e tutte le questioni che lei ha citato: il palazzo delle arti e delle tradizioni popolari, la scienza universale piuttosto che l'arte moderna, piuttosto che l'agricoltura e le bonifiche, piuttosto che l'archivio dello Stato. Parliamo di gioielli Pag. 62autentici, storici e artistici che dovremmo preservare e se dovessimo, casomai, cederli all'INAIL, che si occupa di infortuni sul lavoro e di malattie professionali, piuttosto che alla Cassa depositi e prestiti, che è di fatto una banca quindi non ha alcuna competenza al riguardo, piuttosto che allo stesso Invimit, che si dovrebbe occupare di fondi immobiliari e che comunque è una struttura ancora in fieri e non ha una sua solidità, noi non riusciremmo a garantire quello che è accaduto nel corso dei decenni dietro le nostre spalle...

      PRESIDENTE. Deputato Rampelli, concluda.

      FABIO RAMPELLI. ... cioè la possibilità di dare alle generazioni future la godibilità di questi beni. Io vorrei anche ricordarle – e concludo – Ministro Franceschini, che questa partita è una partita importante. L'Eur ha totalizzato fino a venti milioni di euro di dividendi per i soci e sinceramente non si capisce la ragione per la quale quando lo Stato (perché il MEF è proprietario per il novanta per cento della società Eur) ha deciso di realizzare il nuovo centro congressi, e quindi la cosiddetta nuvola di Fuksas, non ha anche stabilito di pagarsela: il Guggenheim Museum, piuttosto che il Centre Pompidou a Parigi sono delle opere importantissime e originali che non possono essere certamente accollate dal punto di vista economico, della realizzazione e della gestione da un piccolo ente territoriale qual è la società Eur. Noi cosa vogliamo fare ? Vogliamo buttare il bambino con l'acqua sporca ? Vogliamo annullare e cancellare un patrimonio di conoscenze, di know how e di professionalità che ha avuto la possibilità di dare un utile allo Stato, ma soprattutto di consegnarci degli immobili di pregio che sono di fatto...

      PRESIDENTE. Dovrebbe concludere...

      FABIO RAMPELLI. ... ancora oggi in piedi a regola d'arte nella loro gestione, nella loro fruizione e nella loro valorizzazione.

(Iniziative volte a garantire piena trasparenza in merito ai contratti derivati stipulati dallo Stato italiano – n. 3-01410)

      PRESIDENTE. Il deputato Brunetta ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01410, concernente iniziative volte a garantire piena trasparenza in merito ai contratti derivati stipulati dallo Stato italiano (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

      RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, signor Ministro, venerdì scorso, in un'interpellanza urgente, le ho rivolto trenta domande per avere la total disclosure sui derivati, tutti i derivati sottoscritti dal suo Ministero degli anni passati. Lo stesso giorno ho inviato al suo Ministero una richiesta di accesso agli atti, anch'essa riferita ai contratti derivati. Purtroppo, un'analoga richiesta da parte del MoVimento Cinque Stelle è stata rigettata in maniera illegittima, perché non c’è alcuna legge che vieti l'accesso agli atti per tali documenti. Io oggi qui le chiedo, sinceramente, semplicemente, si o no: consente l'accesso agli atti ? Realizza la total disclosure sui derivati della Repubblica sottoscritti dal suo Ministero nel corso degli anni ? Vorrei una risposta chiara, evangelica, se sì, sì, se no no, e su questo poi ci sarà la mia reazione.

      PRESIDENTE. Il Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan, ha facoltà di rispondere.

      PIER CARLO PADOAN, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, si fa riferimento all'interrogazione con la quale si chiede l'attuazione di una total disclosure sui contratti derivati dello Stato italiano mediante pubblicazione in versione integrale di tutti i contratti derivati in essere, al fine di rendere note informazioni in merito al contenuto, controparti, importi e clausole. Si chiede, inoltre, di sapere quando sarà dato accesso alla richiesta formale di accesso agli atti formulata dai parlamentari del gruppo Forza Italia.Pag. 63
      Vorrei innanzitutto dire che con la documentazione pubblicata sul sito Internet del Ministero, compresa la tabella che aggrega i contratti esistenti, e gli interventi della dottoressa Cannata nell'audizione presso la Commissione finanze della Camera si è fornito un quadro esaustivo del portafoglio derivati in essere.
      In relazione al richiamato combinato disposto dell'articolo 1 con l'articolo 23 del decreto legislativo n.  33 del 2013 in materia di pubblicità, trasparenza, diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, il Consiglio di Stato, con sentenza n.  5515 del 20 novembre 2013, ha chiarito che le nuove disposizioni disciplinano situazioni non ampliative né sovrapponibili a quelle che consentono l'accesso ai documenti amministrativi, ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge n.  241 del 7 agosto 1990. Con particolare riferimento all'articolo 23 del succitato decreto legislativo rubricato: obblighi di pubblicazione concernenti provvedimenti amministrativi, è stabilito che le pubbliche amministrazioni pubblicano e aggiornano ogni sei mesi gli elenchi dei provvedimenti amministrativi adottati dagli organi di indirizzo politico e dai dirigenti, con particolare riferimento ai provvedimenti finali dei procedimenti di autorizzazione o concessione, scelta del contraente per l'affidamento dei lavori e forniture di servizi, concorsi e prove selettive per l'assunzione di personale e progressioni di carriera, accordi stipulati dall'amministrazione con soggetti privati o con altre amministrazioni pubbliche. La corretta interpretazione della disposizione invocata dall'interrogante impone di ritenere che essa si riferisca, nell'utilizzare la parola «accordi», agli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento amministrativo di cui all'articolo 11 della legge n.  241 del 1990, ovvero agli accordi tra pubbliche amministrazioni.
      Sulle base delle argomentazioni che emergono dal testo dell'interrogazione, la richiesta fatta da parlamentari in ragione solo del loro mandato appare preordinata a un controllo generalizzato dell'operato della pubblica amministrazione nella materia e non sembra rispondere alla soddisfazione di una esigenza conoscitiva personale e diretta. In tal senso si è espressa la commissione per l'accesso ai documenti amministrativi istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri nei pareri deliberati in data 15 maggio 2003 e 12 maggio 2009. Inoltre, la giurisprudenza ha stabilito che il diritto di accesso non può esser utilizzato da parlamentari per esercitare il controllo dell'operato del Governo, essendo previsti a tal fine gli strumenti di sindacato ispettivo.
      Nella sostanza, si rileva che il livello di disclosure già fornito come sopra specificato è particolarmente ampio, in linea con le migliori pratiche adottate dagli emittenti sovrani; il livello di dettaglio richiesto appare non accoglibile, in quanto la divulgazione di tali contratti avrebbe riflessi pregiudizievoli sulle attività in derivati, poiché determinerebbe uno svantaggio competitivo dello Stato nei riguardi delle controparti e di altri emittenti sovrani che fanno uso di questi strumenti. Inoltre, porrebbe in svantaggio competitivo anche le controparti stesse del Tesoro nei confronti degli altri operatori del mercato, pregiudicando in tal modo la disponibilità ad applicare condizioni favorevoli con ripercussioni negative sull'intera gestione del debito pubblico. È per queste ragioni che i singoli contratti derivati sono sottratti al diritto d'accesso, anche ai sensi del regolamento ministeriale in materia, articolo 3 del decreto del Ministero del tesoro del 13 ottobre 1995 n.  561, tuttora vigente.

      PRESIDENTE. Il deputato Renato Brunetta ha facoltà di replicare.

      RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, sono molto deluso, signor Ministro, dalla sua risposta in perfetto stile burocratese, che lei ha letto senza metterci un minimo della sua scienza e coscienza. Lei ci ha detto, nella sostanza – lo semplifico –, che i derivati sono sotto secretazione perché comporterebbero, se conosciuti, uno svantaggio competitivo per il nostro Paese. Ma dove sta scritto tutto questo ? Pag. 64Chi glielo ha detto tutto questo ? Siamo in un ambito di mercato; questi sono contratti che lo Stato italiano contrae con delle banche, con delle istituzioni bancarie, e lei mi dice che la loro pubblicazione potrebbe essere di nocumento all'interesse del Paese per svantaggi competitivi ? Non riconosco più il professor Padoan, da questo punto di vista ! Le sue affermazioni in stile burocratese non stanno né in cielo né in terra, perché il Consiglio di Stato, nonché la legge, non prevede il diniego dell'accesso agli atti. La dottoressa Cannata ha già spiegato nel suo lessico semplificato che la «granulare disclosure» non la dà nessuno: questo è falso, perché in molti Paesi europei vengono pubblicate singole operazioni su ogni derivato, la strategia perseguita, gli strumenti utilizzati, il loro valore nozionale, la vita residua dei derivati. E poi ci troviamo con Morgan Stanley che reclama la sua clausola di salvaguardia, 2,6 miliardi, che vengono messi in un decreto-legge per pagare un abomini di quel tipo ! E dopo di che abbiamo un processo in corso a Trani ! Ci rivedremo tutti al processo, signor Ministro ! Signor Governo, ci ritroveremo tutti al processo di Trani ! In ogni caso, la richiesta di total disclosure va avanti: ci sarà pure un giudice a Berlino (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

      PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
      Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 16,10, con il seguito dell'esame del disegno di legge recante delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale.

      La seduta, sospesa alle 16,05, è ripresa alle 16,15.

Missioni.

      PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Gianluca Pini e Rossomando sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
      I deputati in missione sono complessivamente centoquattordici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

      PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il deputato Ivan Catalano, già iscritto alla componente politica Partito Socialista Italiano (PSI)-Liberali per l'Italia (PLI) del gruppo Misto ha chiesto di aderire al gruppo Scelta Civica per l'Italia.
      La Presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Per un richiamo al Regolamento (ore 16.17).

      SIMONE VALENTE. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      SIMONE VALENTE. Signor Presidente, mi richiamo all'articolo 72, comma 3. Intervengo perché, nel corso dell'odierna seduta antimeridiana, è stata annunciata l'assegnazione alla VII Commissione in sede referente del disegno di legge recante la riforma del sistema di istruzione e formazione. L'Atto Camera è il 2994. Com’è noto si tratta di una proposta governativa complessa ed ambiziosa, un disegno di legge che da un lato contiene una sostanziale modifica del sistema nazionale di istruzione, anche attraverso la delega al Governo dell'esercizio della funzione legislativa su ben quattordici distinti e cruciali oggetti e dall'altra tampona situazioni emergenziali per lo più relative alle imminenti immissioni in ruolo del personale Pag. 65docente. Come MoVimento 5 Stelle abbiamo già avuto modo di criticare la scelta del Governo di far convergere quindi due temi, le diverse esigenze delle immissioni in ruolo e della riforma della scuola e abbiamo chiesto al Governo l'opportunità di adottare due testi autonomi: un complesso e articolato con vari provvedimenti sull'istruzione, che certamente quindi necessita di un'istruttoria completa che passi per un ampio dibattito parlamentare, cosa che a vedere il calendario della VII Commissione non si prospetta e il secondo testo relativo pertanto alle sole immissioni in ruolo. Non vogliamo credere che il Governo e la sua maggioranza...

      PRESIDENTE. Collega, faccia la richiesta perché vorrei riuscire a capire al dunque cosa si chiede.

      SIMONE VALENTE. Arrivo al punto, signor Presidente. Non vogliamo che il Governo voglia utilizzare questo come un ricatto da cui noi chiediamo di smarcarci. Abbiamo già chiesto in ufficio di presidenza della VII Commissione di separare i due atti, però anticipiamo anche alla Presidenza la richiesta di valutare una diversa assegnazione delle parti del testo che riguardano il reclutamento dei docenti. Questa è la richiesta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. La Presidenza prende atto.

Seguito della discussione del disegno di legge: Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale (A.C. 2617-A) e delle abbinate proposte di legge: Maestri ed altri; Bobba ed altri; Capone ed altri (A.C. 2071-2095-2791) (ore 16,19).

      PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale (A.C. 2617-A) e delle abbinate proposte di legge: Maestri ed altri; Bobba ed altri; Capone ed altri. (A.C. 2071-2095-2791).
      Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è conclusa la discussione sulle linee generali e il rappresentante del Governo è intervenuto in sede di replica, mentre i relatori vi hanno rinunciato.

(Esame di una questione pregiudiziale – A.C. 2617-A)

      PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della questione pregiudiziale di costituzionalità Rondini ed altri n.  1 (Vedi l'allegato A – A.C. 2617-A).
      Ricordo che, a norma del comma 3 dell'articolo 40 del Regolamento, la questione pregiudiziale può essere illustrata per non più di dieci minuti da uno solo dei proponenti. Potrà altresì intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 16,20).

      PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione del disegno di legge n.  2617-A.

(Ripresa esame di una questione pregiudiziale – A.C. 2617-A)

      PRESIDENTE. Il deputato Marco Rondini ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n.  1.

      MARCO RONDINI. Signor Presidente, il disegno di legge in esame per noi è manifestamente incostituzionale. Vi sono Pag. 66diversi profili di incostituzionalità che possono essere riscontrati in questo disegno di legge con riferimento al disposto di cui all'articolo 76 della Costituzione. L'esercizio della funzione legislativa non può infatti essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.
      In ragione della complessità della materia trattata dalla delega, i principi e criteri direttivi alla base di tale provvedimento appaiono talmente ampi e generalistici da far presupporre l'impossibilità effettiva del Governo di rispettare la legge di delegazione, producendo nei fatti un eccesso di delega che, se sottoposto al giudizio della Corte costituzionale, ne comporterebbe inevitabilmente una dichiarazione di illegittimità. Soltanto a titolo esemplificativo, in merito alle disposizioni di cui all'articolo 5, si è di fronte alla enunciazione di un «significante» senza che ad esso sia associato un significato univoco. L'esempio è il termine servizio, è quello del servizio civile, che è sempre associato all'aggettivo «universale», senza che mai sia dichiarato cosa si intende dire con questo aggettivo.
      Taluni principi e criteri direttivi sono poi formulati con espressioni che fanno riferimento a eventualità o opzioni alternative selezionabili dal Governo delegato; al riguardo la Corte costituzionale ha rilevato che il libero apprezzamento del legislatore delegato non può mai assurgere a principio o a criterio direttivo, in quanto agli antipodi di una legislazione vincolata, quale è, per definizione, la legislazione su delega. Non è esplicitata l'effettiva portata innovativa della delega conferita al Governo, cioè se oggetto della delega sia un riordino della normativa vigente o una sua riforma. Il termine per l'esercizio della delega appare privo di univocità. Appare manifestamente incostituzionale, ai sensi del disposto di cui agli articoli 114 e 117 della Costituzione, che nel testo non vengano specificate le materie sulle quali si rende necessario acquisire l'intesa della Conferenza unificata ai fini dell'adozione dei decreti legislativi.
      La delega al Governo al completamento della riforma dell'istituto della destinazione del cinque per mille si intreccia in parte con un'altra recente disposizione di delega, sulla quale il provvedimento finisce per incidere in modo non coordinato: si tratta della legge 11 marzo 2014, n.  23, la delega fiscale, la quale fra l'altro delega il Governo ad introdurre norme dirette a ridurre, eliminare o riformare le spese fiscali che appaiono, in tutto o in parte, ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche ovvero che costituiscono una duplicazione. Inoltre è necessario sottolineare come il tema del servizio civile (che non si sviluppa soltanto ed esclusivamente nel terzo settore) appare completamente sganciato dal contesto del disegno di legge delega rendendo il testo dell'articolato privo di omogeneità...

      PRESIDENTE. Prego di liberare i banchi del Governo, per favore. Collega, per favore, i banchi del Governo.

      MARCO RONDINI. ... dicevo, rendendo il testo dell'articolato privo di omogeneità e organicità. A conferma di ciò, quello che era contenuto nell'articolo 2, ove sono indicati i criteri e i principi direttivi generali, non si fa alcun riferimento al tema della revisione del servizio civile, né vengono citati gli articoli della Costituzione, 52 e 11, che rappresentano la struttura portante dell'istituto.
      Il testo in esame viola inoltre l'articolo 81 della Costituzione, infatti, pur nella consapevolezza della difficoltà di stimare gli effetti finanziari derivanti dalle previsioni contenute nel disegno di legge, trattandosi di principi e criteri di delega, è innegabile che nell'articolato siano presenti disposizioni con effetti onerosi ben più ampi rispetto alla copertura finanziaria prevista.
      Ed infine la previsione di un registro unico del terzo settore, anche al fine di favorirne la piena conoscibilità in tutto il territorio nazionale, oltre ad apparire in contrasto con il rispetto delle prerogative delle regioni ai sensi anche della disciplina Pag. 67costituzionale prevista dal Titolo V, appare anche inopportuna nel definire la natura giuridica dell'iscrizione, se abbia cioè effetti meramente conoscitivi o anche costitutivi, e quale sia l'ambito soggettivo degli enti obbligati alla registrazione.
      Ed è per questo che noi chiediamo all'Aula di deliberare a non procedere all'esame del disegno di legge oggi in esame qui alla Camera e crediamo infine che questo disegno di legge di delega al Governo risponda sostanzialmente e unicamente alla mania del signor Renzi, mosso da una volontà al servizio del proprio ego, che si appaga soltanto attraverso le trombonate amplificate dal circo mediatico.

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Silvia Giordano. Ne ha facoltà.

      SILVIA GIORDANO. Grazie, Presidente. Ci sono vari aspetti e punti da tenere in considerazione per quanto riguarda questa pregiudiziale: il fatto che il metodo sia stato portato avanti dal Governo, dal nostro punto di vista, in un modo del tutto sbagliato, e sia stato del tutto sbagliato lo abbiamo detto più volte in Commissione e in Aula, questa mattina, durante la discussione sulle linee generali e adesso lo ripetiamo in occasione dell'esame di questa questione pregiudiziale presentata dalla Lega.
      D'altronde, la delega è stata veramente molto ampia e il fatto che, dal punto di vista della costituzionalità, non venga rispettato l'articolo 76 della Costituzione ormai è chiaro e palese, visto che, oltretutto, abbiamo chiaramente dimostrato...

      PRESIDENTE. Colleghi, per favore, vi prego di abbassare il tono della voce. Prego, deputata.

      SILVIA GIORDANO. Grazie, Presidente. Abbiamo chiaramente dimostrato che cosa vuol dire fare il proprio lavoro perché quello che è stato portato in Commissione dal Governo è stato un testo, per quanto riguarda la nostra opinione, l'opinione del MoVimento 5 Stelle, inaccettabile e assolutamente non condivisibile, che solo grazie al lavoro della Commissione, al lavoro delle opposizioni e ovviamente ai nostri continui emendamenti è stato migliorato, almeno con dei punti in comune e con un certo compromesso comune per cercare di raggiungere l'obiettivo di tutti, che era quello di riformare un campo che necessita di un riordino, che purtroppo, a causa anche di un certo rallentamento negli anni passati della funzione legislativa, non si è avuto.
      Quindi, siamo favorevoli su alcuni punti presentati dalla Lega nella questione pregiudiziale, come il fatto che il metodo non rispetti il principio della funzione legislativa assegnata al Parlamento e quindi l'articolo 76 della Costituzione; siamo anche d'accordo sul fatto che non è presente una composizione organica in quanto la delega, questa riforma di legge delega unisce aspetti diversi tra loro con esigenze diverse e problemi diversi; ha previsto ad esempio il servizio civile, che poteva essere tranquillamente inserito in un altro provvedimento e sviluppato in un secondo momento, tanto che noi abbiamo chiesto la soppressione dell'intero articolo, in quanto non è assolutamente conforme a tutto il resto che viene previsto nella delega. Ci sono oltretutto delle deleghe in bianco, arrivati a un certo punto, e soprattutto molto poco chiare e troppo vaghe, che quindi non rispettano i principi di delega che vengono regolamentati all'interno della Camera. Un esempio che adesso mi viene in mente è proprio un punto all'articolo 6, che prevede il coordinamento della disciplina delle imprese con quella delle ONLUS, senza dire e specificare quale delle due si allinei all'altra, se quella dell'impresa sociale con le ONLUS, o se quella delle ONLUS con quella delle imprese sociali, visto che hanno due discipline molto diverse. Le ONLUS hanno una disciplina normativa molto più restrittiva e non si capisce quale disciplina si allinei all'altra ed è fondamentale, per chi ne va poi ad usufruire, ma soprattutto per chi dovrà decidere e quindi tutte le forze politiche all'interno di questo Parlamento, prima di andare a Pag. 68votare e a discutere, capire cosa si sta votando e quale delega si sta dando a un Governo che rappresenta un'unica forza di maggioranza, oltretutto un Governo nominato da un Presidente del Consiglio che non è mai stato eletto.
      Quindi, noi su questo non siamo assolutamente d'accordo, tuttavia siamo un'opposizione alquanto responsabile e abbiamo impiegato più di quattro mesi per cercare di svolgere la nostra funzione e il nostro lavoro, cercando di togliere quella funzione della quale ha cercato di appropriarsi in tutti i modi il Governo e quindi la funzione legislativa. Abbiamo cercato di fare il possibile per raggiungere l'obiettivo che ci chiedono tutte le associazioni e tutte le imprese sociali, che è quello di chiarire e dare uniformità a questa disciplina normativa che non esiste attualmente e che è troppo frammentaria.
      Quindi, non ce la sentiamo di votare favorevolmente sulla questione pregiudiziale perché non vogliamo interrompere questo iter legislativo, tuttavia il comportamento del Governo è stato inaccettabile. Cercasse ogni tanto di lasciar fare al Parlamento il proprio lavoro.

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la collega Miotto. Ne ha facoltà.

      ANNA MARGHERITA MIOTTO. Presidente, mi dispiace in premessa rilevare come sia stata sollevata la questione pregiudiziale di costituzionalità dai colleghi della Lega, facendo riferimento ad un testo della legge delega per la riforma del terzo settore, che appare diverso da quello all'esame dell'Aula.
      Ciò in quanto prescinde dall'ampio e proficuo lavoro svolto dalla Commissione referente, facendo torto così al significativo ruolo del Parlamento, svolto anche in questa circostanza, e finendo così per mettere in luce la debolezza delle argomentazioni espresse nella questione pregiudiziale.
      Un esempio è costituito dai rilievi contenuti nella questione pregiudiziale con riferimento al servizio civile. Il supposto mancato collegamento tra il significante e il significato, così come il supposto deficit del richiamo alle norme costituzionali, non trovano riscontro nell'articolato approvato dalla Commissione XII, laddove si consideri che, al riguardo, la lettera a), del comma 1, dell'articolo 8 – e non dell'articolo 5, come erroneamente voi scrivete nel testo della questione pregiudiziale – specifica che l'istituzione del servizio civile universale è propriamente finalizzata «alla difesa non armata, ai sensi degli articoli 52, primo comma, e 11 della Costituzione, e a promuovere attività di solidarietà, inclusione sociale, cittadinanza attiva (...)», come prevede l'articolo 8.
      Ma veniamo ai rilievi centrali della presunta incostituzionalità. Si sostiene la violazione del dettato dell'articolo 76 della Costituzione e, in particolare, viene denunciata la insussistenza dei necessari criteri e principi direttivi. Anche su questo punto non è così, cari colleghi. Al fine di recepire alcuni rilievi del Comitato per la legislazione, volti a precisare più puntualmente i criteri direttivi, la XII Commissione ha modificato l'articolato, giungendo ad approvare undici articoli, dei quali ben sette, oltre al comma 2 dell'articolo 1, sono destinati proprio alla definizione di criteri e principi direttivi generali e specifici, in ragione dei diversi ambiti oggetto della delega.
      Si invoca, poi, a supporto dell'ipotizzata indeterminatezza dell'oggetto della delega e dei principi direttivi la giurisprudenza dell'alta Corte, che viene piegata, senza successo peraltro, a favore delle tesi sostenute, senza ricordare l'estrema prudenza con cui la Corte è intervenuta per stigmatizzare i comportamenti del legislatore delegato, tenendo conto che, sino ad oggi, sembrano registrarsi casi del tutto eccezionali di accertamento d'incostituzionalità, uno dei quali, forse il più importante, risale al 2004.
      Ciò non esime, evidentemente, dall'obbligo di esaminare, con attenzione ed accortezza, la giurisprudenza della Corte e a questo proposito vale la pena ricordare quanto contenuto in una delle ultime sentenze, la n.  230 del 2010, ove sono riassunti i principi ispiratori del percorso che Pag. 69la Corte ha effettuato in questa delicata materia. La Corte dice: «La delega legislativa non esclude ogni discrezionalità del legislatore delegato, che può essere più o meno ampia in relazione al grado di specificità dei criteri fissati nella legge delega». E più avanti: «L'articolo 76 della Costituzione non osta, infatti, all'emanazione di norme che rappresentino un ordinario sviluppo e se del caso un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante». Ed ancora più avanti, la Corte accenna ad una «fisiologica attività di riempimento che lega i due livelli normativi».
      E veniamo al rilievo di presunta incostituzionalità sotto il profilo del rispetto delle competenze stabilite negli articoli 114 e 117 della Costituzione. Il disegno di legge, delegando il Governo a riformare la disciplina della costituzione, dell'organizzazione, delle forme di governo e del ruolo degli enti diretti a promuovere e a realizzare finalità solidaristiche e di interesse generale, in quanto parte dell'ordinamento civile, appare riconducibile prevalentemente alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera 1), della Costituzione.
      Viene, comunque, previsto espressamente nel testo che, ove necessario in relazione alle singole materie, sarà acquisita l'intesa con la Conferenza unificata, oltre all'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti. Si tratta, dunque, di una norma di salvaguardia volta ad assicurare che, ove in sede di attuazione della delega si incidesse su specifici ambiti riconducibili alla competenza delle regioni, sarà acquisita l'intesa, in sede di Conferenza unificata, in ossequio al principio di leale collaborazione.
      Viene, inoltre, denunciato un presunto difetto di omogeneità del contenuto della delega. Così non è perché il Comitato per la legislazione ha dichiarato chiaramente che il contenuto è omogeneo. Poi, ci sono molti altri rilievi che andrebbero derubricati, perché sono considerazioni della Lega Nord più che profili di incostituzionalità. Li cito soltanto. Penso alla portata innovativa della delega che non si ravvisa, e devo dire che è così evidente che balza all'occhio anche dalla discussione di questa mattina. Vi è il presunto difetto di univocità del termine per l'esercizio della delega...

      PRESIDENTE. La prego di concludere.

      ANNA MARGHERITA MIOTTO. Concludo, Presidente. Vi è poi il presunto difetto di coordinamento con la legge fiscale.
      Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento, dove sono documentati gli orientamenti anche in ordine a questi punti che, ripeto, non hanno profili di incostituzionalità (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).
      Signor Presidente, per questi motivi ritengo che la pregiudiziale presentata al disegno di legge che abbiamo all'esame non sia fondata e, pertanto, annuncio che ci apprestiamo a respingerla (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Bernardo. Ne ha facoltà.

      MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, sottosegretario Bobba, il mio intervento è per esprimere il pensiero del nostro gruppo su un tema delicato, per segnalare la posizione che abbiamo contro la pregiudiziale, e perché si possa procedere, consentendo lo sviluppo del dibattito, ma anche in maniera veloce, per giungere poi, nel corso della settimana prossima e rispetto alle previsioni del calendario, all'approvazione di un testo tanto atteso nel nostro Paese.
      I temi del terzo settore, dell'impresa sociale, del servizio civile, come dicevo all'inizio, è da tempo che attendevano di avere una certa uniformità e di poter avere anche dei punti di riferimento all'interno dell'ordinamento nazionale, che avesse un riscontro anche rispetto a quello Pag. 70che a livello europeo è accaduto nel corso del tempo. Come voi sapete e come sa chi si è impegnato nell'elaborazione di questo testo, il riferimento anche costituzionale, l'idea che lo Stato e le amministrazioni locali alimentano nei nostri concittadini l'idea di svolgere un'attività che diventa complementare, secondo quel principio di sussidiarietà nella sfera e nell'ambito del volontariato, ma che acquisisca anche una dimensione diversa, quali sono i termini dell'impresa sociale, è la giusta direzione.
      Credo che la preoccupazione che alcuni hanno manifestato nel corso del dibattito anche in Commissione, di arrivare a immaginare che vi sia una regia e una propensione a quello statalismo, che è contrario anche al nostro modello culturale, di fatto, non si verifichi, anche perché sappiamo bene che le leggi delegate portano le regioni in particolare, nell'uniformità che si deve avere su tutto il territorio, ad avere e a svolgere un ruolo fondamentale all'interno dei propri perimetri. Di qui, anche l'istituzione di un albo, per un verso, e, dall'altro, di un registro che fornisca appunto quella necessaria omogeneità nelle regole per le regole che vengono richieste, perché ci si possa identificare in quelle attività sociali di cui certamente sentiamo il bisogno, non solo nel campo della salute, in particolare modo, ma in un sistema cooperativistico, di volontariato e di impresa sociale, necessario al nostro sistema e a quella che è l'impalcatura del sistema socio-economico italiano. Ebbene, in quella logica, anche l'avere uniformità di intendimenti e, allo stesso tempo, un registro, che tenga conto anche delle esperienze periferiche regionali e che vada nella direzione di soddisfare e dare delle risposte ai nostri concittadini, diventa fondamentale. Ecco perché esprimiamo, come gruppo, la contrarietà alla proposta, da parte di un altro gruppo parlamentare, in relazione a questa pregiudiziale, perché si possa andare avanti e, dopo diversi anni, possa arrivare a vedere la luce una legge delega così importante, che vada incontro alle esigenze di oggi del nostro Paese su un campo così delicato.

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Rizzetto. Ne ha facoltà.

      WALTER RIZZETTO. Signor Presidente, sottosegretario, noi diremmo che è ampia la prassi delineata dal Regolamento rispetto agli esiti dei voti proprio sulle pregiudiziali di incostituzionalità, nello specifico anche rispetto ad una legge delega. L'abbiamo provato anche all'epoca della legge delega sulla riforma del mercato del lavoro, Jobs Act. È altrettanto vero che l'articolo 76 della Costituzione dice che la legge delega deve essere limitata da principi e criteri relativi alla legge da emanare, deve essere contenuta entro limiti di tempo determinati e deve riguardare oggetti definiti.
      La nostra posizione, la posizione di Alternativa Libera, sottosegretario, è questa: stiamo svolgendo, per l'ennesima volta, un mero esercizio di stile. Tutti noi sappiamo che non siamo giudici della Corte costituzionale, siamo dei deputati, e, al netto di eventuali ricorsi fatti in seconda battuta alla stessa Corte costituzionale rispetto a un'incostituzionalità della legge delega, ci sentiamo di dirle che la costituzionalità di un provvedimento non deve arrivare in Aula e poi, eventualmente, alla Corte costituzionale, ma, secondo noi, dovrebbe essere fatto un vaglio preventivo rispetto a questo tipo di provvedimenti dalla stessa Corte costituzionale, per poi non incorrere in errori o in tempistiche tali per cui, una volta non votata, evidentemente, l'incostituzionalità di tali provvedimenti, essi possano andare avanti anche molti anni, creando degli altrettanto evidenti problemi.
      Quindi, la nostra posizione, la posizione della componente Alternativa Libera, sarà quella di astensione su questo voto.

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Paglia. Ne ha facoltà.

      GIOVANNI PAGLIA. Grazie, Presidente. Uno dei principi fondamentali, che va sempre ricordato, dello Stato di diritto è quello per cui la funzione legislativa Pag. 71appartiene in via esclusiva al Parlamento. Lo ricordo sempre, tanto più in una legislatura che ci ha abituato ad invasioni di campo frequenti e anche molto forti da parte del Governo, e quindi dell'Esecutivo, in quello che dovrebbe essere un campo da cui dovrebbe trattenersi dall'intervenire, appunto la funzione della scrittura delle leggi.
      La Costituzione, in particolar modo, introduce, con l'articolo 76, un rapporto molto stretto e anche io ritengo, molto importante, fra Parlamento e Governo, introducendo la possibilità della legge delega, quella che stiamo, in qualche modo, provando a praticare oggi. Perché è molto importante ? Perché si ritiene che, su argomenti particolarmente complessi, che hanno la necessità di un coordinamento normativo molto forte, poiché vanno a normare e ad intervenire su un intero corpus, vi sia la possibilità per il Parlamento di rinunciare, in qualche modo, alla propria funzione legislativa in ultima istanza a favore del Governo, ed è ciò che, in qualche modo, ci apprestiamo a fare anche questa volta, come altre nel corso di questa legislatura.
      Ma, proprio perché è una rinuncia forte, questa ultima istanza, la Costituzione prevede che noi, il Parlamento, nel farla, dovremmo stringere molto le maglie, dovremmo definire con grande precisione in quali ordinamenti, con quali direttive, in quale direzione il Governo debba muoversi nell'esercitare, poi, con i decreti, la funzione legislativa.
      Allora, la domanda che ci dobbiamo fare davanti a questa legge delega è se questi paletti, se questo vincolo sia stato stretto abbastanza dal Parlamento o se, invece, si vada per l'ennesima volta, in questa legislatura, a proporre una delega in bianco; lo abbiamo già visto con il Jobs Act, ci apprestiamo a vederlo con la riforma della scuola. Questi sono tutti casi in cui è assolutamente evidente che la delega è troppo larga, che il Parlamento è costretto e forzato dalla maggioranza a dare pieni poteri al Governo in un campo che non gli compete.
      È questo il caso anche della legge delega sul terzo settore. Noi abbiamo molto criticato, anche questa mattina, l'eccesso di delega.

      PRESIDENTE. Colleghi, per favore, il tono della voce !

      GIOVANNI PAGLIA. Non tanto l'eterogeneità della materia, che, in qualche modo, noi non riscontriamo, ma l'eccesso di delega questo sì. Vi sono troppi punti in cui il Parlamento e la maggioranza hanno rinunciato ad indirizzare a sufficienza il Governo. Questo, dal nostro punto di vista, dovrebbe essere sufficiente a votare questa pregiudiziale di costituzionalità ?
      Ecco, questo non lo crediamo, ma non lo crediamo, sostanzialmente, per un'apertura di credito, nel senso che riconosciamo che, anche se si è arrivati ad un esito per noi non totalmente condivisibile, ci si è arrivati attraverso un percorso parlamentare, questo sì, ampio, in cui è stato possibile per tutte le forze politiche, compresa la nostra, portare avanti le proprie istanze, anche se dobbiamo ammettere che molto di rado sono state accolte pienamente, e quindi permane, dal nostro punto di vista, un giudizio di insoddisfazione, in questo momento, su questo decreto, che speriamo di modificare, poi, con gli emendamenti.
      Quindi, ci asterremo su questa questione di costituzionalità, non ritenendola sufficiente e come segno estremo di buona volontà. Mi si permetta solo, in conclusione, di dire un'ultima cosa. Nella questione pregiudiziale presentata dai colleghi della Lega ancora una volta è richiamato, giustamente, l'articolo 81 della Costituzione, perché si dice, ancora una volta, che non si rispetta la Costituzione sul pareggio di bilancio, ovvero anche in questo caso non vi è la possibilità di avere la certezza fin da subito che quelle che saranno le uscite determinate alla fine del percorso legislativo abbiano copertura sufficiente.
      Approfitto solo, per l'ennesima volta, per ripetere in quest'Aula che qui il problema però, dal nostro punto di vista, non è della delega, ma è nell'articolo 81, che Pag. 72costringe evidentemente il legislatore a mentire continuamente a se stesso, perché il pareggio di bilancio è una tale sciocchezza normativa, una tale sciocchezza logica, è un tale affronto alla democrazia, che il legislatore, per difendere se stesso e la democrazia, è costretto ogni volta a raccontare delle balle (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

      PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi.
      Passiamo ai voti.
      Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione pregiudiziale di costituzionalità Rondini ed altri n.  1.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Folino, Manfredi, Fontanelli, Donati, De Mita, Zan, Albanella, Gigli, D'Agostino, Lombardi, Chaouki, Parrini, Prestigiacomo, Iacono, Fitzgerald Nissoli, Sorial, Amoddio...
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

            (Presenti     415            
            Votanti     321            
            Astenuti       94            
            Maggioranza     161            
                Hanno votato
      56                
                Hanno votato
no     265).                

      (Il deputato Tripiedi ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi).

(Esame degli articoli – A.C. 2617-A)

      PRESIDENTE. Essendo stata testé respinta la questione pregiudiziale di costituzionalità Rondini ed altri n.  1, passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge nel testo della Commissione.
      Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri, che sono in distribuzione (Vedi l'allegato A – A.C. 2617-A).
      In particolare, il parere della Commissione bilancio reca tre condizioni volte a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione, che sono in distribuzione e che saranno poste in votazione ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
      Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare. A tal fine i gruppi MoVimento 5 Stelle, Sinistra Ecologia Libertà e Lega Nord e Autonomie sono stati invitati a segnalare gli emendamenti da porre comunque votazione.

(Esame dell'articolo 1 – A.C. 2617-A)

      PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 2617-A).
      Nessuno chiedendo di parlare, invito i relatori ed il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle proposte emendative riferite all'articolo 1.

      DONATA LENZI. Relatrice per la maggioranza. Presidente, le posso chiedere di controllare i numeri man mano, perché i segnalati sono un po’ difficili da seguire ?

      PRESIDENTE. Assolutamente, non c’è problema.

      DONATA LENZI, Relatrice per la maggioranza. Grazie. Esprimo parere contrario sull'emendamento Bonomo 1.407
      Parere favorevole con riformulazione sull'emendamento Fossati 1.406 e parere contrario sugli emendamenti Crippa 1.408, Palmieri 1.409...

Pag. 73

      PRESIDENTE. Mi scusi, ma qual è la riformulazione dell'emendamento Fossati 1.406 ?

      DONATA LENZI, Relatrice per la maggioranza. Dopo le parole «in coerenza con», sopprimere le parole «le finalità stabilite nei». Quindi risulta: «in coerenza con i rispettivi statuti».
      La Commissione esprime poi parere contrario sugli emendamenti Palmieri 1.410 e 1.411.
      Invito al ritiro, altrimenti il parere contrario, sull'emendamento Gigli 1.412.
      La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Bonomo 1.413 e Palmieri 1.414.

      PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento Grillo 1.415 non è segnalato e che l'emendamento Binetti 1.401 è stato ritirato.

      DONATA LENZI, Relatrice per la maggioranza. La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Baroni 1.42 e Gebhard 1.402.
      Parere favorevole sull'emendamento Bonomo 1.417.
      Parere contrario sull'emendamento Binetti 1.404.
      Parere favorevole sull'emendamento Silvia Giordano 1.53 con la seguente riformulazione: dopo le parole «corredati di relazione tecnica» aggiungere le parole « di cui all'articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n.  196».
      La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Grillo 1.418, Monchiero 1.14 e Monchiero 1.419.

      PRESIDENTE. La ringrazio. Adesso invito il relatore di minoranza del gruppo Lega Nord e Autonomie ad esprimere il parere. Prego deputato Rondini.

      MARCO RONDINI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, sull'emendamento Bonomo 1.407...

      PRESIDENTE. L'emendamento Bonomo 1.407 è stato appena ritirato.

      MARCO RONDINI, Relatore di minoranza. Va bene. Parere contrario sugli emendamenti Fossati 1.406, Crippa 1.408. Parere contrario anche sugli emendamenti Palmieri 1.409 e 1.410.
      Ci rimettiamo all'Aula sull'emendamento Palmieri 1.411. Parere contrario sugli emendamenti Gigli 1.412, Bonomo 1.413 e Palmieri 1.414.
      Parere favorevole sull'emendamento Baroni 1.42.

      PRESIDENTE. Mi dicono che anche l'emendamento Bonomo 1.413 è stato appena ritirato.

      MARCO RONDINI, Relatore di minoranza. Parere contrario sugli emendamenti Gebhard 1.402 e Bonomo 1.417.
      Parere favorevole sugli emendamenti Binetti 1.404, Silvia Giordano 1.53 e Grillo 1.418.
      Parere contrario sugli emendamenti Monchiero 1.14 e 1.419.

      PRESIDENTE. Invito la relatrice di minoranza del gruppo MoVimento 5 Stelle ad esprimere il parere. Prego collega Grillo.

      GIULIA GRILLO, Relatrice di minoranza. Grazie Presidente. Parere favorevole sugli emendamenti Fossati 1.406 e Crippa 1.408. Parere contrario sull'emendamento Palmieri 1.409.
      Esprimo parere contrario sull'emendamento Palmieri 1.410. Mi rimetto all'Aula sull'emendamento Palmieri 1.411. Esprimo parere contrario sull'emendamento Gigli 1.412. Esprimo parere contrario sull'emendamento Palmieri 1.414. Esprimo parere favorevole sull'emendamento Baroni 1.42. Esprimo parere contrario sull'emendamento Gebhard 1.402. Mi rimetto all'Aula sull'emendamento Bonomo 1.417. Esprimo parere favorevole sugli emendamenti Binetti 1.404, Silvia Giordano 1.53, Grillo 1.418, Monchiero 1.14 e 1.419.

      PRESIDENTE. Relatrice Nicchi ?

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      MARISA NICCHI, Relatrice di minoranza. Esprimo parere favorevole sull'emendamento Fossati 1.406. Esprimo parere contrario sugli emendamenti Crippa 1.408, Palmieri 1.409 e 1.410. Esprimo parere favorevole sull'emendamento Palmieri 1.411. Esprimo parere contrario sugli emendamenti Gigli 1.412, Palmieri 1.414, Baroni 1.42 e Gebhard 1.402.

      PRESIDENTE. L'emendamento Gebhard 1.402 è stato appena ritirato.

      MARISA NICCHI, Relatrice di minoranza. Esprimo parere contrario sugli emendamenti Bonomo 1.417 e Binetti 1.404. Esprimo parere favorevole sull'emendamento Silvia Giordano 1.53. Esprimo parere contrario sugli emendamenti Grillo 1.418, Monchiero 1.14 e 1.419.

      PRESIDENTE. Il Governo ?

      LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Il parere del Governo è conforme a quello della relatrice per la maggioranza, tranne che sull'emendamento Silvia Giordano 1.53, su cui il Governo si rimette all'Aula.

      PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Fossati 1.406. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dalla relatrice per la maggioranza.
      Passiamo ai voti.
      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fossati 1.406, nel testo riformulato, con il parere favorevole della Commissione, del Governo, della relatrice del MoVimento 5 Stelle e della relatrice di SEL e con il parere contrario del relatore della Lega Nord.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Malisani, Tripiedi, D'Incecco, Sorial, Brugnerotto, Tancredi, Verini.
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:

            Presenti     421            
            Votanti     412            
            Astenuti         9            
            Maggioranza     207            
                Hanno votato     393                
                Hanno votato no   19.

      La Camera approva (Vedi votazioni).

      A questo punto, gli emendamenti Crippa 1.408, Palmieri 1.409, 1.410, 1.411, e Gigli 1.412 sono preclusi per l'approvazione dell'emendamento Fossati 1.406. L'emendamento Bonomo 1.413 è stato ritirato.
      Passiamo alla votazione dell'emendamento Palmieri 1.414.
      Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palmieri. Ne ha facoltà.

      ANTONIO PALMIERI. Grazie Presidente, mi rivolgo alla relatrice per la maggioranza onorevole Lenzi e al sottosegretario.

      PRESIDENTE. Colleghi, per favore il tono della voce. Lasciamo esprimere il collega Palmieri.

      ANTONIO PALMIERI. Grazie. Questo emendamento riprende una delle osservazioni del parere favorevole della Commissione cultura perché, all'interno di questo ampio disegno di legge delega, comunque l'intero mondo delle associazioni sportive dilettantistiche non viene mai nominato e, quindi, resta fuori da quello che è previsto in questa norma. È evidente, nell'esperienza di ciascuno di noi, che queste associazioni fanno parte a pieno titolo del terzo settore, a partire da quelle che operano negli oratori, che operano nelle periferie delle nostre città, che non hanno evidentemente alcun profilo di natura professionistica. E, quindi, l'unico punto dove, a nostro avviso, è possibile agganciare, per come è venuto fuori il testo dal lavoro della Commissione, è in questo punto dell'articolo 1 perché, altrimenti, come Pag. 75ripeto, terminando, non vi è spazio per le associazioni sportive dilettantistiche all'interno del terzo settore.

      DONATA LENZI, Relatrice per la maggioranza. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      DONATA LENZI, Relatrice per la maggioranza. Presidente, ringrazio dell'intervento che mi permette di spiegare un attimo. Noi stiamo regolamentando tutto il terzo settore, di cui le associazioni sportive sono un terzo: sono 92 mila su 300 mila. Sono a pieno titolo dentro, ma noi, come peraltro nella proposta iniziale del Governo, non possiamo elencare tutte le tipologie settoriali. Dovrei aggiungere le ONG, le associazioni della Protezione civile, quelle dei donatori di sangue, quelle di materia ambientale, le pro loco. Tutte sono dentro il terzo settore. In particolare, le associazioni sportive, poi, hanno obbligatoriamente forma di APS, cioè di associazioni di promozione sociale, e sono regolate, quindi, nell'articolo 5 di questo disegno di legge e sono a pieno titolo componenti essenziali del terzo settore.

      PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Palmieri 1.414. Ricordo che i pareri sono tutti contrari.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Bolognesi, Naccarato, Tancredi, Bianconi, Cera, Letta...
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:

            Presenti     432            
            Votanti     429            
            Astenuti         3            
            Maggioranza     215            
                Hanno votato       37                
                Hanno votato no     392.

      La Camera respinge (Vedi votazioni).

      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Baroni 1.42, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della relatrice di minoranza di Sinistra Ecologia Libertà e con il parere favorevole del relatore di minoranza della Lega Nord e Autonomie e della relatrice di minoranza del MoVimento 5 Stelle.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Bolognesi, Vacca, Taricco, Molea...
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:

            Presenti     430            
            Votanti     428            
            Astenuti         2            
            Maggioranza     215            
                Hanno votato     102                
                Hanno votato no     326.

      La Camera respinge (Vedi votazioni).

      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bonomo 1.417, con il parere favorevole della Commissione e del Governo, con il parere contrario del relatore di minoranza Rondini e della relatrice di minoranza Nicchi e sul quale la relatrice di minoranza Grillo si rimette all'Assemblea.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Cani. Chi altro non ha votato ? Simone Valente.
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:

            Presenti     436            
            Votanti     356            
            Astenuti       80            
            Maggioranza     179            
                Hanno votato     274                
                Hanno votato no     82.

      La Camera approva (Vedi votazioni).

Pag. 76

      Passiamo direttamente alla votazione dell'emendamento Silvia Giordano 1.53, perché l'emendamento Binetti 1.404 è stato precluso dall'approvazione dell'emendamento Bonomo 1.417.
      Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione dell'emendamento Silvia Giordano 1.53, sul quale vi è il parere favorevole della Commissione, purché riformulato.
      Passiamo, dunque, ai voti.
      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Silvia Giordano 1.53, nel testo riformulato, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Archi. Chi altro non riesce a votare ? Librandi.
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:

            Presenti e votanti     436            
            Maggioranza     219            
                Hanno votato     431                
                Hanno votato no     5.

      La Camera approva (Vedi votazioni).

      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Grillo 1.418, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della relatrice di minoranza di Sinistra Ecologia Libertà e con il parere favorevole del relatore di minoranza della Lega Nord e Autonomie e della relatrice di minoranza del MoVimento 5 Stelle.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Ciracì, Amato, D'Agostino, Piepoli, Palma. Chi altro non riesce a votare ? Berlinghieri, Fantinati.
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:

            Presenti     432            
            Votanti     400            
            Astenuti       32            
            Maggioranza     201            
                Hanno votato     103                
                Hanno votato no     297.

      La Camera respinge (Vedi votazioni).

      Passiamo alla votazione dell'emendamento Monchiero 1.14, a pagina 10 del fascicolo.
      Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Monchiero. Ne ha facoltà.

      GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, Presidente, vorrei chiarire le ragioni di questo emendamento e di quello successivo, che non fanno altro che recepire o, meglio, che mi consentono di chiedere all'Aula di recepire un parere che, reiteratamente, il Comitato per la legislazione ha espresso in merito alla clausola di stile che viene inserita quasi sempre negli atti con i quali si conferisce delega al Governo: quell'ultimo periodo dell'attuale sesto comma dell'articolo 1 riprende questa clausola di stile.
      È chiaro che il parere del Comitato per la legislazione, che fa presente sempre – l'ha fatto anche in questa circostanza – che questa clausola consente lo scorrimento della delega, secondo me, dovrebbe essere preso nella dovuta considerazione da parte dell'Aula. Per questa ragione, suggerisco di eliminare questa clausola (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Lenzi. Ne ha facoltà.

      DONATA LENZI, Effettivamente il parere del Comitato per la legislazione che ci siamo sforzati di recepire in altri punti era un parere articolato e complesso. Su questo punto invitava a non prevedere un ulteriore periodo per il Governo di verifica sulla possibilità di correggere quello che è stato fatto nei decreto legislativi in 12 mesi di tempo. Ricordo che questa mattina nel suo intervento l'onorevole Palmieri aveva Pag. 77invece espresso un apprezzamento per questa norma e in una materia così complessa e articolata come questa, dove noi ci troviamo di fronte forse a una ventina di leggi che dovranno essere accorpate in un testo unico, ritengo invece che questa previsione possa essere utile e ci permetta di lavorare meglio e di avere un testo migliore.

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Grillo. Ne ha facoltà.

      GIULIA GRILLO, Grazie Presidente, noi abbiamo dato parere favorevole a questo emendamento e lo vorremmo anche sottoscrivere, in realtà, perché condividiamo la preoccupazione del collega Monchiero, anche perché sinceramente non condividiamo quanto appena detto dalla relatrice Lenzi. Poiché già è previsto che questa legge delega sarà espletata attraverso numerosi decreti legislativi, delle due l'una: se diciamo che già avremo tanti decreti legislativi, allora cerchiamo di lavorare con quella previsione senza riservarci ancora la possibilità di intervenire sempre con questo strumento. Lo ripeto, tra l'altro, è un parere dato da un organo di questo Parlamento. Quindi, tutti i membri della Commissione affari sociali del MoVimento Cinque Stelle sottoscrivono l'emendamento Monchiero.

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Palmieri. Ne ha facoltà.

      ANTONIO PALMIERI. Presidente, io sono un ragazzo di periferia, ma gentiluomo, quindi rispetto alla sollecitazione della relatrice Lenzi non posso che confermare quello che questa mattina ho detto nell'intervento a nome e per conto di Forza Italia. Ma perché lo confermo ? Perché siccome uno dei punti deboli di questo disegno di legge è che la delega è talmente ampia e indistinta, il fatto che si preveda la possibilità di rimettere mano un anno dopo, visto effettivamente in azione le deleghe e i decreti attuativi, è un fatto – che io ho definito, con il sorriso sulle labbra, una clausola di salvaguardia – che ha un suo perché (ripeto e chiudo) proprio in una delle debolezze di questa proposta.

      PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Monchiero 1.14.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Piccoli Nardelli... Ermini... Fanucci...
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:

            Presenti     433            
            Votanti     432            
            Astenuti         1            
            Maggioranza     217            
                Hanno votato     112                
                Hanno votato no     320                

      La Camera respinge (Vedi votazioni).

      Passiamo alla votazione dell'emendamento Monchiero 1.419.
      Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Monchiero. Ne ha facoltà.

      GIOVANNI MONCHIERO. Questo emendamento propone una formulazione diversa di quella frase, di quel periodo di prima. Fra l'altro, vorrei far presente che il periodo predetto non si riferisce alla potestà riconosciuta al Governo di correggere successivamente i decreti che emana, ma si riferisce allo scorrimento della delega per l'adozione della prima volta del decreto. Non si riferisce, quindi, al caso su cui è intervenuto il collega Palmieri.
      Con questa nuova formulazione, noi proponiamo invece di vincolare il Governo a mandare alla Camera la bozza, lo schema di decreto prima, in modo che la Camera abbia il tempo per esercitare, per fare le proprie valutazioni entro il termine di trenta giorni previsto e di consentire che il decreto venga pubblicato nel termine della delega.Pag. 78
      Quindi, si tratta di una riformulazione che tende, appunto, a correggere la prassi attuale e a renderla più sollecita e più corretta.

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Grillo. Ne ha facoltà.

      GIULIA GRILLO. Grazie Presidente, come per l'emendamento di poco fa, tutti noi, membri del MoVimento 5 Stelle della Commissione affari sociali, sottoscriviamo questo emendamento. In realtà, mi sembra anche puntuale l'intervento del collega Monchiero, perché noi abbiamo già detto, in diverse occasioni, che questa delega secondo noi è eccessivamente ampia e, quindi, il Governo si prende la responsabilità, poi, di fare tutti i decreti legislativi che saranno necessari, se non sono già pronti, naturalmente. Comunque, ci auguriamo in ogni caso che questa tempestività, di cui appunto parla il collega Monchiero, venga tenuta in considerazione e che il Parlamento possa trovarsi nelle condizioni, almeno in quella fase, di esprimere il proprio parere e, quindi, di esercitare la funzione per la quale, oggi, siamo qui tutti noi. Quindi, tutti i membri del MoVimento 5 Stelle della Commissione affari sociali sottoscrivono l'emendamento Monchiero 1.419.

      PRESIDENTE. Non mi pare ci siano altri interventi su questo emendamento. Quindi, passiamo ai voti.
      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Monchiero 1.419, con il parere contrario della Commissione, del Governo e dei relatori di minoranza della Lega Nord e Autonomie e di Sinistra Ecologia e Libertà e con il parere favorevole della relatrice di minoranza del MoVimento 5 Stelle.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      DONATA LENZI, Relatrice per la maggioranza. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Revoco l'indizione della votazione.
      Prego, relatrice Lenzi, non l'avevo vista. Ne ha facoltà.

      DONATA LENZI, Relatrice per la maggioranza. Signor Presidente, in conseguenza della discussione, il parere della Commissione cambia e diventa favorevole.

      PRESIDENTE. Ovviamente lo dice a nome della Commissione. Bene, a questo punto il parere della Commissione cambia.
      Il Governo ?

      LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Il parere del Governo è concorde a quello espresso dalla relatrice per la maggioranza, considerando che il termine di 12 mesi è sufficientemente ampio e, quindi, le osservazioni del collega Monchiero possono essere recepite.

      PRESIDENTE. Passiamo, quindi, ai voti.
      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Monchiero 1.419, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Tancredi, Nardi...
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:

            Presenti     432            
            Votanti     411            
            Astenuti       21            
            Maggioranza     206            
                Hanno votato     389                
                Hanno votato no     22.

      La Camera approva (Vedi votazioni).

Pag. 79

      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Segoni...
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:

            Presenti     436            
            Votanti     362            
            Astenuti       74            
            Maggioranza     182            
                Hanno votato     340                
                Hanno votato no     22.

      La Camera approva (Vedi votazioni).

(Esame dell'articolo 2 – A.C. 2617-A)

      PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 2617-A).
      Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito la relatrice per la maggioranza ad esprimere il parere della Commissione.

      DONATA LENZI., Relatrice per la maggioranza. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Silvia Giordano 2.217, Ruocco 2.402, Silvia Giordano 2.222, Rondini 2.207.
      Sugli emendamenti Di Vita 2.228, Grillo 2.327, Di Vita 2.77, Lorefice 2.76, Binetti 2.401, Grillo 2.403 e Monchiero 2.405 il parere è contrario.

      PRESIDENTE. La ringrazio. Relatore Rondini ?

      MARCO RONDINI, Relatore di minoranza. Presidente, sull'emendamento Silvia Giordano 2.217 ci rimettiamo all'Assemblea. Sull'emendamento Ruocco 2.402 il parere è contrario. Sugli emendamenti Silvia Giordano 2.222, Rondini 2.207, Di Vita 2.228 e Grillo 2.327 il parere è favorevole. Sull'emendamento Di Vita 2.77 il parere è contrario. Sugli emendamenti Lorefice 2.76, Binetti 2.401, Grillo 2.403 e Monchiero 2.405 il parere è favorevole.

      PRESIDENTE. La ringrazio. Adesso la relatrice Grillo.

      GIULIA GRILLO, Relatrice di minoranza. Presidente, sugli emendamenti Silvia Giordano 2.217, Ruocco 2.402, Silvia Giordano 2.222, Rondini 2.207, Di Vita 2.228, Grillo 2.327, Di Vita 2.77 e Lorefice 2.76 il parere è favorevole.
      Sull'emendamento Binetti 2.401 il parere è contrario. Sugli emendamenti Grillo 2.403 e Monchiero 2.405 il parere è favorevole.

      PRESIDENTE. Adesso la relatrice Nicchi.

      MARISA NICCHI, Relatrice di minoranza. Presidente, sull'emendamento Silvia Giordano 2.217 il parere è contrario. Sugli emendamenti Ruocco 2.402 e Silvia Giordano 2.222 il parere è favorevole. Sugli emendamenti Rondini 2.207 e Di Vita 2.228 il parere è contrario. Sugli emendamenti Grillo 2.327, Di Vita 2.77 e Lorefice 2.76 il parere è favorevole. Sull'emendamento Binetti 2.401 il parere è contrario. Sull'emendamento Grillo 2.403 il parere è favorevole. Sull'emendamento Monchiero 2.405 il parere è contrario.

      PRESIDENTE. Il Governo ?

      LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore per la maggioranza.

      PRESIDENTE. La ringrazio. Passiamo ai voti.
      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Silvia Giordano 2.217, con il parere contrario della Commissione e del Governo, con il relatore Rondini che si rimette all'Assemblea, il parere favorevole Pag. 80del relatore di minoranza del MoVimento 5 Stelle e il parere contrario del relatore di minoranza di SEL.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 17,20).

      Massa, Lavagno.
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:

            Presenti     422            
            Votanti     402            
            Astenuti       20            
            Maggioranza     202            
                Hanno votato     116                
                Hanno votato no     286.

      La Camera respinge (Vedi votazioni).

      Passiamo alla votazione dell'emendamento Ruocco 2.402, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza del gruppo Lega Nord e Autonomie e con il parere favorevole dei relatori di minoranza dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà.
      Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Silvia Giordano. Ne ha facoltà.

      SILVIA GIORDANO. Grazie Presidente, con questo emendamento cerchiamo di andare a sostituire la lettera b) dell'articolo 2, che recita: «riconoscere e favorire l'iniziativa economica privata, svolta senza finalità lucrative, diretta a realizzare in via principale la produzione o lo scambio di beni o servizi di utilità sociale o d'interesse generale, anche al fine di elevare i livelli di tutela dei diritti civili e sociali». Ecco noi in questo momento con l'articolo 2 andiamo a dettare i criteri generali che dobbiamo dare poi al Governo per i principi e criteri direttivi in generale di tutto il terzo settore, per cui andare a scrivere in questa parte «riconoscere e favorire l'iniziativa economica privata» è un qualcosa che noi del MoVimento 5 Stelle non condividiamo, perché in realtà il terzo settore, come obiettivo, non dovrebbe avere come principio e criterio direttivo generale quello di riconoscere e favorire l'iniziativa economica privata, ma al massimo quello di riconoscere e favorire l'iniziativa privata degli enti del terzo settore o comunque l'iniziativa degli enti del terzo settore, volendo anche escludendo «privata», visto che sono comunque enti così per natura giuridica. Tanto che poi, oltre all'emendamento Ruocco 2.402, ne abbiamo fatto anche un altro, simile e presegnalato, l'emendamento Silvia Giordano 2.222, che va proprio in questa direzione, perché, ripeto, riconoscere e favorire l'iniziativa economica privata non è un qualcosa propria del terzo settore ma dovrebbe avere il terzo settore il riconoscimento e quindi il Governo dovrebbe emanare i decreti attuativi anche per dare il riconoscimento all'iniziativa e all'associazionismo presenti nel terzo settore, ma non quello economico. Oltretutto aggiungiamo l'assenza di scopo di lucro sia diretto che indiretto anche se, capiamo bene, il parere negativo della relatrice e del Governo, visto che l'assenza di scopo di lucro qui sta diventando un mero ricordo. Ancora, altro punto fondamentale che riprendiamo anche in altri emendamenti, è la parte finale dove affermiamo «anche al fine di contribuire ai livelli di tutela dei diritti civili e sociali». L'associazionismo e il terzo settore in generale dovrebbe avere il compito di aiutare e affiancare lo Stato, ma non di sostituirsi allo Stato. Quello che deve avere come obiettivo è quello di aiutare ad essere uno Stato che non riesce a raggiungere determinati obiettivi e a dare determinate tutele, ma deve essere pur sempre lo Stato a tutelare i diritti civili e sociali, non il terzo settore, non le associazioni. Il compito di elevare, così come è recitato nell'attuale testo così com’è uscito dalla Commissione, «anche al fine di elevare i livelli di tutela dei diritti civili e sociali», è compito dello Stato e non del terzo settore, che al massimo deve contribuire giustamente con le sue funzioni e le sue capacità.Pag. 81
      Quindi principalmente vogliamo togliere «iniziativa economica privata» e cercare di rimettere «assenza di scopo di lucro diretto e indiretto» e soprattutto rifar prendere allo Stato la sua funzione di tutela dei diritti civili e sociali senza delegarli al terzo settore.

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Beni. Ne ha facoltà.

      PAOLO BENI. Grazie Presidente, semplicemente per fare questa osservazione rispetto all'intervento fatto ora dalla collega su questo emendamento, ma poi in realtà anche su quelli che seguono, perché il tema è lo stesso. Io non credo che ovviamente dal punto di vista puramente linguistico i concetti espressi e i principi e i criteri direttivi espressi in queste quattro lettere in cui si articola l'articolo 2 potrebbero essere scritti in altri 10 modi diversi, ma nel merito della sostanza e dei contenuti io non credo che siano inopportuni questi riferimenti, anzi io ritengo che sia particolarmente importante averlo fatto questo articolo aggiuntivo.
      Come vi sarete accorti, rispetto al testo iniziale prodotto dal Governo, l'articolo 2 è stato ampliato ed articolato in sezioni diverse, nel senso che abbiamo ritenuto di dover dividere in due articoli diversi i principi che sono legati all'intervento su tutti gli enti del libro I del codice civile e quelli sugli enti del terzo settore, che rappresentano un insieme più ristretto regolato da specifiche leggi.
      Ma abbiamo ritenuto anche di precedere questi due articoli, che sono quelli che seguiranno, il 3 e il 4, con questo 2, che si limita a mettere in fila, in sostanza, principi e criteri generali che addirittura vanno oltre, cioè esulano dalle specifiche normative che riguardano una singola particolarità di ente o figura giuridica. Ciò nel senso che noi affermiamo dei principi generali, che credo siano sacrosanti; innanzitutto, il principio della libertà di associazione, facendo riferimento agli articoli della Costituzione in cui questo principio è incardinato; dentro questo principio della libertà associativa, noi ribadiamo l'autonomia degli enti dal punto di vista statutario e la necessità di individuare quegli ambiti di attività che caratterizzano la finalità sociale degli enti e anche la valorizzazione dell'iniziativa economica privata che persegue queste finalità. Non è un caso che, quando parliamo di iniziativa economica nella stessa lettera, parliamo di obiettivo di elevare i livelli di tutela dei diritti civili e sociali. Di questo stiamo parlando, non di iniziativa economica finalizzata al profitto, non di iniziativa economica finalizzata ad alcuna speculazione.
      Io credo che questo articolo 2, con le quattro lettere in cui si elencano questi principi, vada vista in relazione con la definizione di terzo settore che diamo al primo comma dell'articolo 1. Noi dobbiamo mettere in relazione il senso di questi contenuti con la lettera della definizione che cerchiamo di dare e vorrei aggiungere semplicemente questo: ritengo particolarmente importante che noi sappiamo che il terzo settore è un termine di uso comune, ma sappiamo anche che non ha un preciso riferimento giuridico. Questa è la prima legge che prova a dare una definizione della natura, delle finalità, degli scopi, delle attività, dei vincoli e dei principi a cui si ispira l'azione degli enti del terzo settore. Noi potremmo dire che questi enti nascono dalla libera iniziativa e dalla libera scelta di cittadini che decidono di mettere insieme le proprie esperienze e competenze non per perseguire uno scopo di profitto, ma per perseguire il bene comune e un obiettivo di interesse generale della comunità. In quest'ottica – e concludo – va inquadrata anche la valorizzazione dell'iniziativa economica dei cittadini che si associano (Applausi del deputato Cuperlo).

      MARCO RONDINI, Relatore di minoranza. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      MARCO RONDINI, Relatore di minoranza. Signora Presidente, intervengo semplicemente Pag. 82per modificare il parere su questo emendamento e quindi per esprimere parere favorevole.

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marcon.  Ne ha facoltà.

      GIULIO MARCON. Signora Presidente, non condivido tutte le argomentazioni della collega del MoVimento 5 Stelle, però ci sono delle ragioni nella sua proposta emendativa, che riguarda un aspetto specifico, cioè un comma, quello sull'iniziativa economica privata, che non può essere letto isolatamente dal resto del testo di questa legge delega, ma, in particolare, va letto insieme all'articolo 6, quello sull'impresa sociale. Quindi, non ho le stesse ambizioni argomentative del collega Beni, però c’è un problema molto concreto e molto specifico che riguarda quanto previsto da questo comma rispetto a quello che si prevede all'articolo 6 sull'impresa sociale e quindi il rischio che questa attività economica privata venga sostanzialmente ad essere utilizzata in parte, soprattutto nell'esperienza delle imprese sociali, per finalità che proprio non sono di carattere sociale.
      Quindi, anche la proposta che la collega del MoVimento 5 Stelle fa con il suo emendamento, cioè di prevedere l'assenza di distribuzione degli utili, mi sembra che sia una proposta molto, molto sensata. È per questo motivo che noi voteremo favorevolmente su questo emendamento.

      PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ruocco 2.402, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole dei relatori di minoranza.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Hanno votato tutti i colleghi ? Mi pare di sì...
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:

            Presenti     429            
            Votanti     428            
            Astenuti         1            
            Maggioranza     215            
                Hanno votato     126                
                Hanno votato no     302.

      La Camera respinge (Vedi votazioni).

      Passiamo alla votazione dell'emendamento Silvia Giordano 2.222, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole dei tre relatori di minoranza.
      Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Grillo. Ne ha facoltà.

      GIULIA GRILLO. Presidente, questo emendamento si ricollega un po’ al discorso che stavamo facendo prima. Io ricordo che noi stiamo votando l'articolo 2. L'articolo 2 di questo disegno di legge delega indica i principi e i criteri direttivi generali a cui si dovrà ispirare il Governo per scrivere i decreti legislativi. Noi troviamo incongrua l'indicazione, appunto, tra i principi e i criteri direttivi generali del terzo settore, e su questo punto un pochino veramente io vorrei correggere – o, meglio, non vorrei correggere, per carità, ma vorrei specificare – quanto è stato detto nell'intervento del collega Beni, perché noi troviamo scritto che tra i principi e i criteri direttivi bisogna riconoscere e favorire l'iniziativa economica privata.
      Allora, io dico che se è vero che gli enti del terzo settore hanno una natura non lucrativa, quindi no profit, se poi noi scriviamo, nel principio e criterio direttivo generale, che vogliamo favorire l'iniziativa economica privata, la mia domanda è: ma, allora, non vogliamo favorire tutte le altre iniziative degli enti del terzo settore ? Cioè, ci sono enti del terzo settore che, svolgendo attività di puro volontariato, non fanno niente di economico.Pag. 83
      Allora, noi cosa abbiamo pensato ? Magari possiamo anche rimetterci insieme... Noi abbiamo voluto sostituire le parole: «l'iniziativa economica privata» con le parole: «l'attività degli enti privati del terzo settore (...)». Questo non snatura assolutamente la definizione che noi diamo, nell'articolo 1, di terzo settore, che rimane quella che è, mentre ampliamo la possibilità e in un certo senso non escludiamo le altre attività non economiche degli enti del terzo settore.
      Secondo noi, dire che dobbiamo favorire solo quelle attività sinceramente mi fa venire il dubbio che sia una definizione troppo stringente. Noi abbiamo semplicemente cambiato e abbiamo scritto «l'attività»; dunque, l'attività degli enti del terzo settore si può esplicare in tutte le direzioni, appunto da parte dell'ente che fa parte di quel terzo settore. Sarà economica, sarà puramente di volontariato, sarà di qualunque altro tipo. Ci sembra più corretto, anche da un punto di vista linguistico, sostituire questa piccola frase che, però, credo – lo ripeto, e contradditemi se volete – non snaturi completamente l'essenza di quello che noi abbiamo detto.
      Quindi, vorrei invitare il Governo, ed eventualmente la relatrice, ad esprimersi in merito, perlomeno sui timori che abbiamo che, in un certo senso, possa essere favorito di più un aspetto delle attività degli enti del terzo settore piuttosto che tutta l'attività degli enti del terzo settore.
      Concludo, se ho ancora qualche secondo. In risposta al collega Beni, voglio precisare che quando è intervenuta la mia collega Silvia Giordano noi non abbiamo in alcun modo parlato della libertà e dell'autonomia delle associazioni, che per noi è sacrosanta. Diciamo che il nostro intervento era proprio specifico e, anzi, cerchiamo anche di difendere la libertà e l'autonomia delle associazioni.
      Quindi il nostro intervento era specifico su questo aspetto dell'iniziativa economica, che abbiamo esplicato meglio in questo emendamento, sulla parte relativa ai fini di lucro e, quindi, ai fini di non lucro, e poi c’è la parte relativa al contribuire ai livelli, quindi con la differenza che c’è tra elevare i livelli di cittadinanza e contribuire ai livelli, che è una differenza molto sottile, ma è una differenza politica a cui noi tenevamo molto. Quindi, non vogliamo assolutamente toccare la libertà degli enti del terzo settore, che per noi deve rimanere un pilastro di questa riforma.

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Mantero. Ne ha facoltà.

      MATTEO MANTERO. Grazie Presidente, questo emendamento tradisce qual è la vera volontà del Governo, ovvero noi chiediamo semplicemente di sostituire le parole: «iniziativa economica», come diceva anche la collega, con: «attività degli enti privati del terzo settore». Quindi, se la volontà del Governo è effettivamente, come è la nostra, quella di stimolare l'associazionismo, di stimolare il volontariato, di stimolare l'azione mutualistica e assistenziale di questi enti privati, allora non vedo perché non possa cambiare parere su questo emendamento, che va assolutamente in quella direzione. Se invece si insiste con il voler parlare di attività economica, è evidente, come è evidente anche dalla volontà di ripartire gli utili che ci sarà più avanti, che quello che vuole fare il Governo è trasformare il terzo settore da no profit a profit e, quindi, permettere di fare lucro con l'assistenza e l'associazionismo.

      PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Silvia Giordano 2.222, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole dei tre relatori di minoranza.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Tancredi, Pilozzi, Sgambato, Nardi, Ciracì, Covello...Pag. 84
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:

            Presenti     429            
            Votanti     428            
            Astenuti         1            
            Maggioranza     215            
                Hanno votato     126                
                Hanno votato no     302                

      La Camera respinge (Vedi votazioni).

      Passiamo alla votazione dell'emendamento Rondini 2.207, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza del gruppo Sinistra Ecologia Libertà, e con il parere favorevole degli altri due relatori di minoranza.

      MARISA NICCHI, Relatrice di minoranza. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      MARISA NICCHI, Relatrice di minoranza. Vorrei cambiare il parere in favorevole.

      PRESIDENTE. D'accordo. Passiamo, dunque, ai voti.
      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Rondini 2.207, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole di tutti e tre i relatori di minoranza.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Fitzgerald Nissoli, Marantelli, Bergonzi, Fanucci...
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:

            Presenti     424            
            Votanti     392            
            Astenuti       32            
            Maggioranza     197            
                Hanno votato     121                
                Hanno votato no     271                

      La Camera respinge (Vedi votazioni).

      (La deputata Pellegrino ha segnalato che non è riuscita a esprimere voto favorevole).

      Passiamo alla votazione dell'emendamento Di Vita 2.228, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza del gruppo Sinistra Ecologia Libertà, e con il parere favorevole degli altri due relatori di minoranza.
      Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Silvia Giordano. Ne ha facoltà.

      SILVIA GIORDANO. Grazie Presidente, solo per ripetere nuovamente il concetto espresso anche prima, in occasione della dichiarazione di voto sull'emendamento Ruocco 2.402. Il concetto è che vogliamo evitare di correre il rischio che il terzo settore si sostituisca allo Stato, o meglio che lo Stato deleghi in determinati campi il terzo settore.
      Io capisco che siamo in un momento di crisi generale e spesso il terzo settore è l'unico che realmente riesce ad arrivare a determinate fasce dei cittadini e della popolazione, ma questo non deve creare un alibi allo Stato per delegare ad enti che comunque, giustamente – non per noi, ma secondo la maggioranza – il PD definisce come enti privati, e quindi con un terzo settore a cui, oltretutto, si va a dare come obiettivo quello di promuovere l'iniziativa economica privata.
      Onestamente, non ci sentiamo di continuare in questa direzione, ma vorremmo che il terzo settore sia unicamente un contributo allo Stato, che è un lavoro comunque fondamentale e importantissimo, ed è quello che è stato fatto fino adesso dal terzo settore. Ma abbiamo paura che in questa delega, in questa riforma, si stia dando troppa delega, in determinati ambiti, alle associazioni, e comunque al terzo settore in generale.
      Ed è per questo che continuiamo ad emendare dicendo «affiancare lo Stato», «contribuire a elevare i diritti e la tutela dei diritti civili e sociali»; è un continuo Pag. 85affiancamento, ma non deve mai essere una sostituzione, perché, nel momento in cui vado in regione Campania e vado a chiedere qualcosa alla ASL, e la ASL mi dice: «No, non te lo dobbiamo dare noi, ma rivolgiti all'associazione», io, fino a ieri, potevo arrabbiarmi, dicendo: «No, questo è che un compito che devono svolgere la ASL e la sanità pubblica».
      Dopo questa riforma e gli eventuali decreti attuativi, non so se posso ancora arrabbiarmi, e quindi non so se la sanità pubblica resterà tale, se la tutela e l'elevazione della tutela dei diritti civili resterà pubblica, e quindi dello Stato, resterà statale e neanche pubblica, o se, invece, starà tutto in mano alle associazioni e al terzo settore. Il terzo settore, così, secondo me, viene anche abbastanza relegato ad uno scopo dello Stato che deve avere unicamente lo Stato, e non il terzo settore.
      Ed è per questo che continueremo a presentare questi emendamenti e continueremo a mettere il punto su questo, come abbiamo fatto in Commissione, in sede di discussione sulle linee generali e anche adesso, però non avendo alcun riscontro, perché, evidentemente, si vuole cercare di dare questo compito alle associazioni e al terzo settore in generale, perché lo Stato non ce la fa.
      È un alibi che a noi non sta bene, e quindi continueremo a chiedere che il terzo settore si «limiti» ad affiancare le istituzioni nella tutela dei diritti umani, civili e sociali, ma non a sostituirle.

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palmieri. Ne ha facoltà.

      ANTONIO PALMIERI. Grazie, signora Presidente. Questo è realmente un punto dirimente: la collega Giordano ha chiarito, per l'ennesima volta, quello che divide la nostra concezione dalla loro, nel senso che il terzo settore è realmente primo, da questo punto di vista, in forza del principio di sussidiarietà.
      Vale a dire, laddove le persone si mettono liberamente insieme per risolvere e dare una risposta ai bisogni che hanno, non svolgono semplicemente e meramente una funzione suppletiva rispetto allo Stato, perché lo Stato non ce la fa. È esattamente il rovescio: lo Stato deve solo accogliere, riconoscere e sostenere questa forma di vitalità della società, questa forma di auto-organizzazione delle comunità e della singola comunità.
      Per questo, su questo emendamento daremo parere contrario, come su tutti quegli emendamenti del MoVimento 5 Stelle o di altre forze politiche che mostrino di intendere il principio di sussidiarietà completamente al rovescio o, peggio ancora, di non averlo affatto compreso (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente e Area Popolare (NCD-UDC)).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buttiglione. Ne ha facoltà.

      ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signora Presidente. Intervengo per annunciare il voto contrario del nostro gruppo su questo emendamento. Guardate, vi è una questione di principio, vi è una questione di visione della società: ma voi pensate davvero che lo Stato sia onnisciente, che lo Stato veda tutti i problemi dell'uomo e poi trovi la soluzione per tutti questi problemi ? Noi no, non è vero ! E, se fosse vero, sarebbe terribile, perché sarebbe uno Stato totalitario. L'idea del terzo settore è che i problemi dell'uomo li vede l'altro uomo e comincia a darsi da fare per affrontare e risolvere quei problemi.
      Lo fa senza aspettare che sia lo Stato ad intervenire e lo fa non pensando che egli sta facendo un'azione di supplenza allo Stato. No, sta vivendo come un giusto e normale essere umano. Infatti, noi non vogliamo uno Stato totalitario: vogliamo una società solidale.
      Lo Stato quando interviene ? Lo Stato interviene successivamente, quando dice: guarda, quello lì ha visto una cosa che c'era davvero e ha messo in piedi un intervento che magari funziona, allora lo Pag. 86sostengo e lo aiuto. Opporre l'iniziativa privata, anche economica, ai compiti dello Stato è sbagliato, è come dire che lo Stato può affrontare i sui compiti soltanto attraverso strutture burocratiche che lui gestisce e questo genera la divisione in due della società. Da una parte, i burocrati, i dipendenti dello Stato, che hanno l'interesse ad aumentare il carico fiscale perché in questo modo aumenta la loro possibilità di migliorare le loro retribuzioni, o di ampliare la loro sfera d'azione. Dall'altro, quelli che stanno, invece, sul mercato. No, cosa vieta allo Stato di assolvere anche ai suoi compiti, facendo uso di strumenti di mercato, creando delle situazioni nelle quali esiste un incentivo da parte di privati a trovare soluzioni ? Vi faccio, un esempio, in Germania, di recente, è stata fatta una legge sulle cosiddette Tagesmutter, le mamme di giorno, che ha avuto un grande successo. Invece di fare degli asili, diamo alle mamme la possibilità di spendere dei soldi: lo Stato paga, per conto della mamma, quello che è un sostegno per il suo bambino, che sceglie la mamma. Questo ha fatto nascere tanti asili a costi minori per lo Stato, in condizioni migliori per le mamme, che hanno avuto la possibilità di trattare più direttamente e più facilmente orari e tutte le questioni che tutte le mamme sanno che riguardano la custodia e anche l'educazione dei figli nei tempi in cui la mamma lavora. In questo, lo Stato è venuto meno al suo compito ? No, ha esercitato il suo compito meglio, in modo più efficace e a costi minori.
      Se noi vogliamo riformare lo Stato sociale, piuttosto che tagliarlo o abolirlo, noi dobbiamo sempre più lavorare con il sistema delle famiglie e con il terzo settore, trovando delle soluzioni che abbiano natura non burocratica e questo vuol dire non attraverso la gestione diretta da parte dello Stato o dell'ente pubblico, naturalmente salvo quei casi in cui esistono evidenti vantaggi a favore della gestione diretta. Ma l'idea che la gestione diretta sia la norma e tutto il resto sia supplenza per quello che la gestione diretta non riesce a fare è sbagliato, com’è sbagliato dire che lo Stato coincide con l'apparato burocratico che gestisce direttamente i servizi. Non è così, lo Stato è anche l'espressione di una comunità solidale che agisce allocando risorse a quelli che lavorano per affrontare i bisogni e nel far questo fanno uso anche di strumenti di mercato. L'iniziativa economica che, se sono enti che non hanno finalità di lucro, verrà destinata, non a distribuire dividendi, ma a migliorare le prestazioni o ad ampliare l'ambito delle prestazioni (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Patriarca. Ne ha facoltà.

      EDOARDO PATRIARCA. Presidente, vorrei svolgere due riflessioni alla luce anche dell'intervento della collega Giordano. Una, è rammentare un po’ qui, a tutti noi, questo grande filone, questa grande esperienza culturale che anima l'Europa da secoli ormai, che riguarda il tema dell'economia sociale. È una vicenda nata nel Quattrocento nel nostro Paese, un'economia privata che si è orientata, passo dopo passo, sempre di più crescendo, proprio per gestire beni comuni, per animare lo spazio sociale. Non vorrei mai che il terzo settore fosse, in qualche modo ridotto, mi si passi questa parola, soltanto ad attività solidaristiche, pure importanti e pure gratuite. La solidarietà, la prossimità verso gli altri, è storia ormai, anche nostra e dell'Europa, e si manifesta anche nella forma economica privata, perché gli enti del terzo settore sono enti privati. È sbagliato sottovalutare, non animare, questa forma di economia sociale, perché aiuterà persino la stessa economia capitalistica, mi si consenta questo termine, a meglio raggiungere gli obiettivi che si vuole dare un'economia. Quindi, economia sociale ed economia del terzo settore sono strettamente legate ed è chiaro nel nostro testo della legge delega dove si dice con estrema chiarezza: attività economiche dirette a realizzare prioritariamente la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale e di interesse generale, Pag. 87anche al fine di elevare i livelli di tutela dei diritti civili e sociali.
      Questo è il primo punto.
      Il secondo punto: noi non stiamo affatto pensando o immaginando una destrutturazione dei compiti che sono assegnati allo Stato e alle pubbliche amministrazioni. Non stiamo per nulla pensando a una sorta di privatizzazione silenziosa, in cui lo Stato arretra rispetto ai suoi compiti. Per nulla, non è questo il disegno che abbiamo dentro e che è scritto in questa legge delega. Abbiamo semplicemente evocato e sostenuto il principio di sussidiarietà, così come viene in qualche modo citato dalla Carta costituzionale, che semplicemente è un richiamo alla responsabilità di tutti i soggetti che partecipano alla costruzione del bene comune, dentro il quale ciascuno svolge il proprio compito. Il terzo settore svolgerà il proprio compito e lo Stato e le pubbliche amministrazioni avranno il compito e il dovere, ancora più di prima, di tutelare i diritti, la qualità dei diritti e l'accesso ai diritti. Quindi, non stiamo pensando ad un arretramento, né a un più né a un meno, ma semmai a un più più: un buon terzo settore che fornisca servizi degni e di qualità ed uno Stato, una Repubblica, una pubblica amministrazione, che controllerà, ancor più di prima, quello che in qualche modo la rete come funzione agisce sul territorio.
      Quindi, è una sussidiarietà direi positiva, non del più e del meno – ribadisco – ma piuttosto di un più più. Non a caso – e mi avvio alla conclusione Presidente – abbiamo ricordato la legge n.  328. La legge n.  328 è una legge di riforma dei servizi sociali che è stata ampiamente disattesa e che nella legge delega viene nuovamente rievocata, per dire ancora una volta che coprogettazione e coproduzione, quest'alleanza strategica nei territori tra pubbliche amministrazioni e terzo settore, diventa rilevante per far sì che il nostro welfare, universalistico e aperto a tutti, si mantenga e si rafforzi. Quindi non è un arretramento, ma un rafforzamento delle alleanze sui territori che veda le pubbliche amministrazioni esercitare a pieno titolo il loro compito di tutela dei diritti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Grillo. Ne ha facoltà.

      GIULIA GRILLO. Grazie Presidente, intervengo per riportare un attimo alla verità delle parole, perché le parole in italiano hanno un significato. Noi abbiamo proposto un emendamento con cui chiediamo di sostituire la parola «elevare» con la parola «affiancare». Allora rispondo ai colleghi Palmieri e Buttiglione che non stiamo dicendo che gli enti del terzo settore non devono intervenire nel migliorare la tutela dei diritti civili, ma stiamo dicendo una cosa molto importante, che non è di secondo piano, ovvero che devono affiancare lo Stato.
      Lungi dalla visione, insomma, sinceramente anacronistica, per non dire leggermente forzata, del collega Buttiglione, che dice che noi abbiamo un'idea dello Stato totalitaria, noi semplicemente vogliamo che lo Stato garantisca eguali diritti a tutti i cittadini. Allora io vorrei che i colleghi Palmieri e Buttiglione mi spiegassero come può fare un'impresa che vuole fare utili a garantire tutti i cittadini senza fare utili. Non è possibile ! C’è lo Stato che serve per questo. Allora noi diciamo «affiancare», perché comunque quell'atto deve essere fatto dallo Stato. Il terzo settore ben venga, ma c’è lo Stato che protegge i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Mantero. Ne ha facoltà.

      MATTEO MANTERO. Grazie Presidente, vorrei inventare il collega Buttiglione a leggere gli emendamenti prima di sproloquiare perché sennò rischia di andare fuori tema, come in questo caso. Invece mi conforta l'intervento del collega Palmieri, che dice esattamente quello che diciamo noi. Ci spiega che loro non vogliono Pag. 88sostituire lo Stato, perché i livelli essenziali di assistenza devono essere garantiti dallo Stato e non da enti privati, anche perché essendo enti privati un domani possono fallire, visto che gli facciamo esercitare un'attività economica. Possono chiudere e possono essere arrestati – come succede ad esempio a Buzzi per la cooperativa – quindi questi enti privati possono mancare. E se questi enti privati sono quelli che devono garantire i livelli di assistenza, questa mancherà.
      Ma noi non diciamo, come ha detto la collega Grillo, che gli enti privati non ci devono essere, ma che devono affiancare le istituzioni nella tutela dei diritti umani, civili e sociali, quindi esattamente nella direzione in cui diceva il collega Palmieri prima. Quindi, non vedo perché la relatrice e il Governo non possano cambiare parere, se è vero come dice il collega Palmieri che la direzione è la stessa, ovvero nel senso di affiancare lo Stato e non di sostituirlo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Argentin.  Ne ha facoltà.

      ILEANA ARGENTIN. Grazie, Presidente. Intervengo per ribadire che noi non intendiamo affiancare, come in una situazione per cui si delega tutto al terzo settore. Noi intendiamo, però, una regolamentazione del terzo settore, che va a rispondere e, quindi, a raggiungere mancate situazioni. Infatti, è innegabile che ad oggi, senza il terzo settore, il mondo dello svantaggio non andrebbe avanti. Se noi vogliamo far finta che il terzo settore è una roba relativa lo possiamo fare. Ma effettivamente lo Stato oggi ha l'impegno e la responsabilità, ma non è in grado senza il terzo settore. Pertanto, io vi dico: attenzione, perché se oggi o domani il terzo settore non dovesse essere più supportato dallo stesso Stato, io credo che il pericolo sarebbe enorme.

      PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Vita 2.228, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della relatrice di minoranza di SEL e con il parere favorevole dei relatori di minoranza del MoVimento 5 Stelle e della Lega Nord.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Rabino, Locatelli, Palma, Gebhard.
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:

            Presenti     415            
            Votanti     413            
            Astenuti         2            
            Maggioranza     207            
                Hanno votato       97                
                Hanno votato no     316.

      La Camera respinge (Vedi votazioni).

      Passiamo alla votazione dell'emendamento Grillo 2.327, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole dei relatori di minoranza.
      Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Grillo. Ne ha facoltà.

      GIULIA GRILLO. Io vorrei continuare il discorso che stavo facendo poco fa e che non ho potuto completare perché avevo solo un minuto.
      Stavamo cercando di ristabilire un attimo di verità e, nel ristabilire questa verità, il MoVimento 5 Stelle cercava di spiegare all'Aula la differenza che c’è tra elevare i livelli di tutela dei diritti e contribuire ai livelli di tutela dei diritti. Io sinceramente sorrido quando sento dire dal collega del PD che non si vogliono privatizzare dei servizi pubblici, diciamo così, perché non si può dire privatizzare lo Stato.
      Mi viene da sorridere perché in realtà basta leggere il lavoro della task force sulla finanza di impatto sociale, che è un tavolo di lavoro richiamato dalla legge. Non è che Pag. 89noi del MoVimento 5 Stelle, siamo super studiosi – ma siamo super attenti –, siamo andati a guardare questo documento perché era indicato nella relazione. Quando io vado a leggere quello che c’è scritto e quando leggo che, per esempio, il mondo finanziario identifica nel welfare un nuovo mercato potenziale, scusatemi, ma mi sembra chiaro che ci sono i privati che ci vogliono mettere le mani sopra, non è che ci vuole un'ispirazione divina.
      Ma vi potrei citare migliaia di frasi. Si dice anche che i policy maker – poi dovremmo capire anche chi sono questi policy maker, perché teoricamente dovrebbero essere, credo, anche gli eletti in Parlamento – si individuano nel partenariato, collega, pubblico-privato, non è che lo dice il MoVimento 5 Stelle.
      È scritto nero su bianco, nella relazione del tavolo di lavoro, presieduto da Giovanna Melandri, incaricata dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, insieme ad altri Paesi che hanno costituito il tavolo del G8. Questi Paesi, tutti insieme, hanno detto: sapete che c’è ? C’è questo bel welfare, ci sono tanti bei soldini. Secondo loro, le tasse che noi paghiamo sono evidentemente insufficienti a coprire le disfunzioni dello Stato; disfunzioni che, certo, non sono attribuibili ai cittadini che quelle tasse le pagano. Questo mi sembra chiaro, no ? Allora, il cittadino continua a pagare le tasse, però, nel frattempo, abbiamo questi luminari che si riuniscono e dicono: va bene, il mercato finanziario ha bisogno di trovare altri sbocchi. E dove li trova gli altri sbocchi ? Ed è questo il motivo per cui il MoVimento 5 Stelle è fortemente contrario a questo disegno di riforma perché ipotizza che questi nuovi sbocchi del mercato debbano essere i bisogni dei cittadini. Il fatto che il mio bisogno, quando sarò novantenne e non mi posso alzare, di qualcuno che mi aiuta fisicamente, o il bisogno di indossare un pannolone o il bisogno di un malato che non si può alimentare da solo, devono finire sul mercato, per noi è aberrante. Scusate se è poco, no ? Scusate (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
      Sinceramente non condivido quello che poi mi dice il collega Buttiglione, rispetto, poi, alla grandezza del tema di cui stiamo discutendo. Io capisco che il Governo si vuole intascare questo provvedimento perché, guardate, che questo provvedimento, per chi l'ha pensato, è eccitante. Infatti, cosa fanno ? Cambiano completamente il paradigma della società. Si cambia il paradigma sociale. Cambia completamente il sociale: da pubblico, concepito come pubblico, diventa un sociale concepito come privatizzabile, come aggredibile e, per usare un termine che è scritto in questa relazione, «scalabile» Allora, il termine «scalabilità», se non ricordo male, si usava solamente per le aziende o per le banche, ma non si può usare per il sociale, per i bisogni dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questo è quello che per noi è veramente inaccettabile.
      Io prego un attimino i colleghi, però, di essere un po’ più onesti con se stessi, ossia, se voi credete che questa visione politica sia corretta, ma difendetela, però non ditemi che non è così perché è così e l'avete scritto voi incaricando la Melandri di fare questo tavolo di lavoro. Collega Palmieri, noi siamo d'accordo che le imprese private devono guadagnare, però non siamo d'accordo che debbano lucrare con i bisogni dei cittadini. Mi dispiace, questo non lo possiamo accettare nella maniera più assoluta perché, come ripeto, se io devo lucrare e se io da quella cosa non ci lucro, io quel cittadino lo lascio là, mica l'aiuto. Non so se mi sono spiegata, grazie.

      LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Presidente, volevo solo fare un chiarimento rispetto a questa questione visto che è stato tirato in ballo il Governo. Prima di tutto, vorrei ricordare alla collega Grillo Pag. 90che l'incarico a Giovanna Melandri è stato dato, non da questo Governo, ma da quello precedente. Secondo, che qui stiamo discutendo, non il rapporto sul social impact financing, che era oggetto di quell'incarico all'interno del G8, poi diventato G7, ma stiamo discutendo il testo di questa riforma del Terzo settore. Terza questione: se la collega Grillo è conseguente alle sue affermazioni, anche quelle precedenti, dovrebbe, anziché chiedere, come ha chiesto, al Governo una rapida stabilizzazione del 5 per mille, chiederne la soppressione. Infatti, se questi enti sono semplicemente un qualcosa che interviene come un optional quando si può e quando capita l'occasione, allora non ha senso che ci sia una legge che destina una parte rilevante delle risorse che vengono destinate a questi enti – 500 milioni di euro, come è scritto nella legge di stabilità – secondo un principio di sussidiarietà. Quarto punto: forse dovreste ricordare negli articoli della Costituzione anche l'ultimo comma dell'articolo 118 che impegna programmaticamente le istituzioni a favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini nello svolgimento di attività di interesse generale. Quinto ed ultimo punto: vorrei che aveste chiara la distinzione fra no profit e not for profit, cioè fra attività che non producono alcun utile e alcun lucro e attività che producono un utile, ma che viene destinato a una finalità sociale.
      Se non si fa questa distinzione, alla fine, si va a sbattere contro un muro e non si capisce più di cosa parliamo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buttiglione. Ne ha facoltà.

      ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, Presidente, solo per ricordare a me stesso e, poi, magari, anche alla collega Grillo che oggi, in Italia, lo Stato svolge un gran numero di compiti di grande rilievo attraverso privati, facendo uso di convenzioni, facendo uso di diversi strumenti, allocando risorse e, a volte, anche non collocando risorse, semplicemente offrendo una cornice normativa a persone le quali svolgono attività che realizzano anche il mantenimento degli standard fondamentali. Prima vi ho fatto l'esempio delle Tagesmutter in Germania: non è un servizio pubblico che viene reso ? Viene reso un servizio pubblico. Viene reso dallo Stato ? Certo, chi paga ? Paga lo Stato. Tuttavia, questo servizio pubblico è reso attraverso privati ? È reso attraverso privati. È reso attraverso privati senza fini di lucro ? Bene, ma, a volte, è reso anche attraverso privati, i quali lavorano non con il fine del lucro, ma lavorano producendo un profitto che viene reinvestito nelle loro attività.
      Questa è sempre più la frontiera nuova, ma non lo dice uno come me, che ha visitato la George Mason university, a Fairfax, in Virginia, da cui è nata la scuola della public choice – e ricordo Gary Becker, il premio Nobel, perché non sono cose tanto vecchie come qualcuno suppone, direi che sono all'avanguardia del pensiero di oggi –, questo non lo dico soltanto io: lo dice Tony Blair, lo dice Schröder. La riforma che hanno fatto dello Stato sociale in Germania o in Inghilterra su che base l'hanno fatta ? Malamente secondo me, in modo non sufficientemente deciso, ma anche la cosiddetta nuova sinistra, quella lì, ha lavorato con questi concetti, che sono gli unici che consentono un riordino dello Stato sociale e che, tra l'altro, sono perfettamente in sintonia con una grande tradizione di volontariato in Italia e con i principi della nostra Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palmieri. Ne ha facoltà.

      ANTONIO PALMIERI. Grazie, signora Presidente, intervengo molto succintamente per interloquire ancora con i colleghi del MoVimento 5 Stelle, con la collega Grillo e con gli altri colleghi che sono intervenuti, perché è interessante il dibattito da un punto di vista culturale e, Pag. 91dunque, politico. Nel principio di sussidiarietà ci sta il fatto che pubblico è il servizio, non chi lo eroga. Allora, in base a questo principio, in base all'applicazione per la quale, appunto, pubblico è il servizio e non chi lo eroga, c’è la sanità privata, ci sono le scuole paritarie, c’è tutto quell'insieme di attività che le comunità, come prima ho detto, liberamente creano, perché – lo dico, lo ribadisco per l'ultima volta – pubblico è il servizio, non chi lo eroga (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Silvia Giordano. Ne ha facoltà.

      SILVIA GIORDANO. Grazie, Presidente, sottosegretario Bobba, io veramente la ascolto sempre estasiata, perché ha una capacità di capire altro rispetto a quello che noi diciamo veramente unica, e lo apprezzo per questo, sul serio. Prima di tutto, il rapporto della Melandri non lo abbiamo inventato noi, non lo abbiamo cercato noi, ma è stato inserito nella relazione che c’è in allegato: quindi, se reputavate che non c'entrasse con la riforma del terzo settore, come lei ha voluto insinuare, a questo punto, non la mettevate neanche qui all'interno. Ma, a parte questo: si può sapere chi ha detto che noi siamo contrari all'associazionismo, a quello che prevede la Costituzione sulla libera associazione dei cittadini o, comunque, sull'iniziativa privata ? Il MoVimento 5 Stelle non l'ha mai detto, e smettetela di risponderci in questo modo, perché non è così (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      Poi, in risposta anche alla collega Argentin, noi siamo certi e così sicuri che il terzo settore ha aiutato talmente tante volte uno Stato soccombente, che vorremmo che continuasse a fare questo senza prendersi l'onere di sostituirsi allo Stato, cosa che questa riforma sta cercando di fare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      E non mi venga a dire il collega Patriarca che non è così, perché il problema di questa riforma – ed era l'unica cosa che apprezzavo della pregiudiziale di Rondini e della Lega – è che non si sa che cosa dice, è questo il problema. Avete avuto la capacità di cambiare la definizione di impresa sociale mettendola nel terzo settore quando la stessa Corte dei conti vi ha detto che con quella definizione nel terzo settore non c'entra praticamente più nulla, quindi potete avere la capacità di fare qualunque altra cosa. Per questo vi dico che l'elevare la tutela dei diritti sociali e civili semplicemente non dovrebbe spettare al terzo settore, che deve avere il compito di contribuire invece a questa elevazione dei diritti affiancando lo Stato, punto. Che poi si vogliono associare noi glielo garantiamo, glielo permettiamo e lo tuteliamo, semplicemente determinati ambiti devono rimanere statali, questo è quanto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Dall'Osso. Ne ha facoltà.

      MATTEO DALL'OSSO. Presidente, prima ho sentito parlare qualche onorevole di Scelta civica, Popolari per l'Italia, non ho neanche ben capito di che partito sia o dove abbia cambiato; siede alla mia sinistra, probabilmente è di destra, non lo so. Ha fatto citazioni dotte su studi universitari esteri, americani eccetera. Io nel mio piccolo, quando ero ricercatore in Germania, oppure quando sono stato a Stanford, a Berkeley..., sa, posso citare anch'io fonti rinomate. Quello che posso suggerire alla collega e onorevole Argentin è di fare molta attenzione a ciò che voterà adesso, perché io lo so che lei è in buona fede, ma proprio perché è in buona fede non si deve far rubare l'idea di tasca, perché gliela stanno rubando, davvero, davvero collega Argentin, guarda che ti stanno veramente usando, ti stanno usando, davvero, te lo dico con il cuore e te lo dico da invalido, davvero, fai molta attenzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Pag. 92

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Argentin.  Ne ha facoltà.

      ILEANA ARGENTIN. Presidente, prima di tutto credo che il collega si doveva rivolgere a lei e non a me in questo, ma sono qui per dire che non è mia abitudine farmi usare da nessuno e credo che sia doverosa una scusa, soltanto per aver messo in discussione la mia intelligenza su questo punto. Perché la carrozzina non rappresenta Ileana Argentin, Ileana Argentin viene prima del suo stato di disabilità e mi dispiace che Dall'Osso, che era una persona che stimavo – perché persona e non perché invalido – abbia oggi messo in discussione il fatto che io prima di essere Ileana Argentin sono quella usata perché invalida. Probabilmente tutto questo porta anni luce indietro la cultura della disabilità (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Area Popolare (NCD-UDC), Scelta Civica per l'Italia e Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

      PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Grillo 2.327, i pareri li ho già dati ma li ricordo, contrario di Commissione e Governo, favorevole dei tre relatori di minoranza.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Spadoni...
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:

            Presenti     388            
            Votanti     387            
            Astenuti         1            
            Maggioranza     194            
                Hanno votato     115                
                Hanno votato no     272                

      La Camera respinge (Vedi votazioni).

      (Il deputato De Rosa ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Vita 2.77, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza della Lega Nord e Autonomie e con il parere favorevole degli altri due relatori di minoranza.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Zan...
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:

            Presenti     389            
            Votanti     387            
            Astenuti         2            
            Maggioranza     194            
                Hanno votato       96                
                Hanno votato no     291.

      La Camera respinge (Vedi votazioni).

      Passiamo alla votazione dell'emendamento Lorefice 2.76, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole dei tre relatori di minoranza.
      Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lorefice, chiedo scusa, la deputata Lorefice. Ne ha facoltà.

      MARIALUCIA LOREFICE. Grazie Presidente, noi con questo emendamento andiamo a intervenire su due concetti che abbiamo ribadito più volte essere particolarmente importanti che sono l'assenza di scopo di lucro e il divieto diretto e indiretto della distribuzione degli utili e del patrimonio. In pratica, noi che cosa vorremo ? Vorremmo cercare di mettere bene in evidenza la distinzione che deve esserci tra gli enti del terzo settore e gli enti che invece non appartengono al terzo settore e, quindi, distinguere questi enti del terzo settore che si devono contraddistinguere per l'assenza dello scopo di lucro da tutte quelle attività commerciali il cui principale Pag. 93scopo è invece proprio il lucro, il guadagno. A differenza, infatti, di questi ultimi, gli enti dei quali noi ci occupiamo si contraddistinguono soprattutto per il fatto di essere delle organizzazioni di utilità sociale e, quindi, anche per la caratteristica solidaristica che li dovrebbe contraddistinguere.
      Ora, essendo degli enti che, secondo noi, sono senza scopo di lucro, gli utili dovrebbero essere reinvestiti interamente per scopi organizzativi. Per questo motivo noi vorremmo che oltre all'assenza di lucro venisse messo in evidenza il divieto diretto e indiretto di distribuzione degli utili e del patrimonio. In pratica, vi invitiamo a riflettere sull'importanza di questo emendamento, perché crediamo che attraverso questo emendamento si possa anche ripristinare l'essenza stessa del terzo settore che, invece, con il provvedimento che noi stiamo affrontando, viene completamente snaturato della sua essenza. Quindi, vi invitiamo a riflettere e a votare favorevolmente a questo nuovo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Binetti. Ne ha facoltà.

      PAOLA BINETTI. Grazie Presidente, questo punto credo che emergerà con molta forza quando commenteremo l'articolo 4. Però mi sembra che ci sia un equivoco di fondo che andrebbe sciolto ed è questo: evidentemente tutti noi quando pensiamo a tutti gli enti che si occupano di terzo settore pensiamo a enti che lo fanno con quella – chiamiamola così – autonomia economica, che è quella capacità di controllare entrate e uscite a favore degli obiettivi che si vogliono difendere, penso a tutte le iniziative di fund raising che si mettono in piedi, penso a tutte le molteplici forme con cui si cerca di trovare finanziamenti per soddisfare i fini che si vogliono raggiungere. È chiaro che l'obiettivo è quello di una raccolta fondi che torni, nel caso di un bilancio positivo a favore delle iniziative che si stanno portando avanti, ma non a favore di quelli che potrebbero essere i soggetti che, di fatto, dirigono, o in qualche modo sostengono, queste iniziative.
      La distinzione tra un ente no profit e un ente che non è for profit è una distinzione abbastanza importante in questo momento. Nessuno di noi vuole che il terzo settore, in qualche modo utilizzando delle risorse positive, utilizzando anche nell'immaginario pubblico quella che è la dimensione del servizio sociale, quella che è la dimensione della solidarietà e della sussidiarietà, di fatto rastrelli fondi per obiettivi che sono tutt'altro. Distinguere queste cose, che mi pare che nell'articolo 2 sono abbastanza ben distinte, ci creerà qualche problema quando arriveremo all'articolo 4. Però, in questo momento mi sembra che il principio così com’è espresso dal disegno di legge sia molto chiaro nel dire che non c’è distribuzione di utili.

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Mantero. Ne ha facoltà.

      MATTEO MANTERO. Presidente, le associazioni del terzo settore sono associazione molto diverse tra di loro; ci sono associazioni di volontariato, ci sono le ONLUS, le associazioni di promozione sociale, le imprese sociali e così via: tutte queste associazioni sono accomunate da un'unica cosa, ovvero l'assenza di scopo di lucro, che non vuol dire, come diceva giustamente prima il sottosegretario, che non debbano fare utili, ma che quegli utili devono essere reinvestiti per gli scopi sociali dell'ente. Queste associazioni, proprio per questo motivo, hanno tutta una serie di vantaggi, costitutivi, fiscali e così via. Quello che ribadiamo con questo emendamento è esattamente questo, ovvero che quelle associazioni possono fare utile, ma che quell'utile lo devono reinvestire per i fini sociali dell'ente. Altrimenti, se andiamo nella direzione intrapresa dal Governo, si rischia di avere associazioni e imprese sociali che hanno una serie di vantaggi rispetto alle imprese normali e che potranno anche fare investimenti e Pag. 94dividersi gli utili. Si profila così una concorrenza sleale di queste imprese rispetto alle imprese non sociali. Di fatto, state trasformando il no profit in profit. Quello che ribadiamo con questo emendamento è esattamente il fatto che il profitto di queste associazioni deve essere reinvestito nelle finalità sociali dell'ente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Baroni. Ne ha facoltà.

      MASSIMO ENRICO BARONI. Grazie, Presidente. All'articolo 2 dei principi e criteri direttivi del disegno di legge delega per il terzo settore – delega al Governo, praticamente in bianco – c’è una parte che bianca non ci sembra, ma ci sembra molto scura, molto torbida, ed è una dichiarazione di intenti, ed è l'ennesima liberalizzazione. Di cosa ? Di uno dei pochi settori su cui in Italia si potrebbe fare un ragionamento parlamentare, un ragionamento per coinvolgere i cittadini italiani, perché questo emendamento della mia collega Lorefice prevede espressamente l'assenza di scopo di lucro e il divieto diretto e indiretto di distribuzione degli utili e del patrimonio in merito all'assicurazione e nel rispetto delle norme che prevedono l'autonomia statutaria degli enti, al fine di consentire il pieno conseguimento delle finalità e la tutela degli interessi coinvolti. Al di là della tautologia della dichiarazione di intenti, noi prevediamo una direzione molto, molto chiara, molto lineare, Presidente, e questa direzione significa che siamo contrari all'ennesima finanziarizzazione dei bisogni. E anche lei, collega Argentin, cerchi di chiarire su questo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lorefice 2.76.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Lodolini, Abrignani, Fanucci, Malpezzi.
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:

            Presenti     374            
            Votanti     373            
            Astenuti         1            
            Maggioranza     187            
                Hanno votato     110                
                Hanno votato no     263.

      La Camera respinge (Vedi votazioni).

      Passiamo alla votazione dell'emendamento Binetti 2.401, sul quale vi è il parere contrario della Commissione, del Governo, del relatore di minoranza del MoVimento 5 Stelle e il relatore di minoranza di SEL e il parere favorevole del relatore di minoranza della Lega Nord e Autonomie.

      PAOLA BINETTI. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      PAOLA BINETTI. Presidente, ritiro l'emendamento.

      PRESIDENTE. D'accordo. Andiamo avanti.
      Passiamo alla votazione dell'emendamento Grillo 2.403, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole dei tre relatori di minoranza.
      Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Grillo. Ne ha facoltà.

      GIULIA GRILLO. Signora Presidente, intervengo ovviamente in favore dell'emendamento e per cercare anche di spiegarlo, perché in questo emendamento c’è tutto il ragionamento che noi abbiamo fatto e che ho condiviso anche con alcuni colleghi della mia Commissione, non solo del MoVimento 5 Stelle. Allora, Presidente, il MoVimento 5 Stelle si è posto una domanda quando ha visto che questa riforma darà la possibilità alle imprese sociali e quindi anche alle cooperative sociali che diventeranno automaticamente Pag. 95imprese sociali di distribuire gli utili anche non reinvestibili in finalità istituzionali. Allora noi ci siamo chiesti: ma nel momento in cui queste imprese dovranno svolgere dei servizi pubblici, come per esempio quelli socio-assistenziali, abbiamo detto a parità di risorse, se io ci devo guadagnare, cosa succede ? Che il servizio che erogo si riduce ? Perché è chiaro che se io con le stesse risorse devo fare le stesse cose che facevo prima e in più ci devo guadagnare, allora delle due l'una, o ci devo mettere più risorse o il servizio erogato sarà di qualità inferiore, cioè io non riesco a capire come si dovrebbe fare. Allora questo è un emendamento provocatorio, perché è un emendamento in cui io ti dico: ok, vuoi fare tu il servizio pubblico, va bene, fallo tu, però sappi che io ti do gli stessi soldi che avrei utilizzato io e tu mi devi dare la stessa qualità del servizio che avrei erogato io, o anche superiore, per carità, sicuramente non inferiore; poi, come tu riesci a guadagnarci, saranno fatti tuoi, però certamente, signori, noi non possiamo ipotizzare o immaginare che le imprese del terzo settore che dovranno guadagnare con i servizi pubblici che verranno trasferiti a queste imprese poi erogheranno meno servizi, oppure graveranno di più sullo Stato. Questo per noi è inimmaginabile, allora con questo emendamento vogliamo dire questo: lanciate la sfida, noi l'accettiamo, però l'accettiamo e nel contempo trovate voi il modo di fare lo stesso servizio pubblico a parità di risorse.

      PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Grillo 2.403.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Turco...
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:

            Presenti     365            
            Votanti     364            
            Astenuti         1            
            Maggioranza     183            
                Hanno votato     105                
                Hanno votato no     259.

      La Camera respinge (Vedi votazioni).

      (Le deputate Covello e Terzoni hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole).

      Colleghi, io ho ancora un emendamento e la votazione dell'articolo 2, se mi concedete un minuto, finiamo per lo meno l'esame dell'articolo 2. Possiamo fare questa concessione ? Sì ? Vi ringrazio...

      CARLO SIBILIA. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      CARLO SIBILIA. Grazie Presidente, non vorrei fare il guastafeste, però, dal momento che abbiamo stabilito la chiusura alle 18,30, se in questo momento (Commenti)... se mi fate parlare...

      PRESIDENTE. Prego, prego, vada avanti.

      CARLO SIBILIA. Se in questo momento cominciamo a discutere, evidentemente potremmo anche ritrovarci davanti a un emendamento particolare che potrebbe richiedere anche più di cinque minuti, più di dieci minuti per una discussione sana e corretta. Quindi la mia proposta è quella di rimandare al rientro, grazie.

      PRESIDENTE. Va bene. Cercavo solo di addivenire a una chiusura naturale, mancando un emendamento, ma se non c’è la disponibilità di tutti i gruppi, c’è l'impegno in Conferenza dei presidenti di gruppo di chiudere alle 18,30 e giustamente dobbiamo attenerci all'impegno preso in Conferenza dei presidenti di gruppo.

Pag. 96

Trasferimento a Commissioni in sede legislativa della proposta di legge n.  219 (ore 18,35).

      PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'assegnazione di una proposta di legge ad una Commissione in sede legislativa.
      Propongo alla Camera l'assegnazione in sede legislativa della seguente proposta di legge, della quale le sotto indicate Commissioni hanno chiesto il trasferimento in sede legislativa, ai sensi dell'articolo 92, comma 6, del Regolamento:
          alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e VIII (Ambiente): Matteo Bragantini ed altri: «Modifiche all'articolo 17 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.  163, in materia di contratti segretati o che esigono particolari misure di sicurezza» (219) (Le Commissioni hanno elaborato un nuovo testo).

      Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
      (Così rimane stabilito).

Su un lutto del deputato Francesco Saverio Romano.

      PRESIDENTE. Comunico che il collega Francesco Saverio Romano è stato colpito da un grave lutto: la perdita del padre.
      La Presidenza della Camera ha fatto pervenire al collega le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidero ora rinnovare anche a nome dell'intera Assemblea.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

      PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il deputato Tommaso Currò, già iscritto al gruppo parlamentare Misto, ha dichiarato di aderire al gruppo Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Applausi polemici dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza.

      PRESIDENTE. Comunico di aver chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza il deputato Giuseppe Romanini, in sostituzione della deputata Michela Marzano, dimissionaria.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 18,40).

      DAVIDE MATTIELLO. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      DAVIDE MATTIELLO. Grazie, Presidente. Domani in molti da tutta Italia ci troveremo a Pizzolungo, vicino Trapani. Lo faremo per ricordare una mamma, Barbara Asta, e i suoi due bambini di 6 anni, Giuseppe e Salvatore. Sono stati uccisi il 2 aprile 1985. Sono stati uccisi per sbaglio, perché la mafia aveva preparato un'autobomba per uccidere il giudice Carlo Palermo, ma proprio quando arrivava la macchina del giudice Carlo Palermo lì in mezzo si è infilata per sbaglio l'autovettura con quella mamma e i suoi due bambini.
      Noi siamo soliti dire che la memoria è ortopedica, nel senso che fare memoria ci insegna dove mettere i piedi. Commemorare dopo trent'anni la strage di Pizzolungo è un modo per tutti noi per ricordarci almeno una cosa: che la mafia non ha onore, che la mafia non ha mai avuto un codice di rispetto dei bambini, delle donne, degli innocenti, che la mafia è Pag. 97soltanto una montagna di violenza, di avidità e di arroganza e che mai bisogna cedere alla suggestione culturale delle mafie che, invece, vanno costantemente combattute.
      Domani 2 aprile, trent'anni dopo, in tanti ci ritroveremo per darci manforte in questo impegno che continua (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      MARIA COSCIA. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      MARIA COSCIA. Grazie, Presidente. Voglio dare all'Aula la notizia, non bella, della morte, avvenuta ieri, del maestro Albino Bernardini, che era proprio un maestro, cioè un maestro di scuola elementare e che è stato anche scrittore.
      Lui nacque a Siniscola nel 1917, ma noi lo ricordiamo ancora, appunto, come un maestro giovane, nonostante l'età con cui ci ha lasciato. In modo particolare, voglio ricordare, tra i suoi tanti libri, un primo libro, che era Le bacchette di Lula, dove appunto lui era nato e dove ha avuto la prima esperienza di maestro elementare, della Lula del dopoguerra, povera e ignorante, in cui lui ha sostenuto l'idea di una pedagogia capace di dare ascolto a tutti i bambini e a tutte le bambine.
      Una pedagogia capace, cioè, di dare a tutti i bambini e a tutte le bambine il diritto all'istruzione, valorizzando la loro creatività, la loro fantasia e la loro esperienza. Quindi, l'idea di una scuola attiva, di una scuola aperta, di una scuola democratica, perché si batté così come tanti insegnanti in quegli anni, negli anni Settanta, sui decreti delegati e l'idea della partecipazione dei genitori, delle famiglie, alla scuola aveva grande potenza educativa. Poi lui si trasferì in quegli anni a Bagni di Tivoli e, in modo particolare, insegnò in un quartiere popolare di Roma, il quartiere di Pietralata e anche su quell'esperienza scrisse un libro, il libro: Un anno a Pietralata, da cui si trasse, tra l'altro, uno sceneggiato televisivo che ebbe un grandissimo successo, circa 12 milioni di spettatori ogni domenica. Quindi, anche su quell'esperienza ha scritto una storia esemplare, che è stata importantissima e si muoveva tra gli innovatori di quegli anni con un insegnamento straordinario; penso a Don Milani, a Rodari ed a tanti altri. Quindi, io volevo ricordare il maestro Bernardini come un grande che noi dobbiamo ricordare, che ci ha lasciati, ma ci ha lasciato un grande patrimonio educativo e didattico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      RICCARDO NUTI. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      RICCARDO NUTI. Grazie Presidente, circa una settimana fa un servizio andato in onda a Le Iene denunciava un caso di tangenti a palazzo Chigi. Ma 400 giorni fa avevamo presentato un'interrogazione a mia prima firma. Questa interrogazione parlava già di questo caso; è la n. 4-03699, che ha avuto ben otto solleciti e nella quale descrivevamo come fra Bisignani e un ex componente dell'Arma dei carabinieri, Ragusa, che lavorava presso la Presidenza del Consiglio, c'erano dei casi di appalti e di vicende molto strane che avvenivano all'interno della Presidenza del Consiglio. Chiedevamo alla Presidenza del Consiglio delle risposte chiare sugli appalti che venivano dati, sugli appalti diretti e su eventuali appalti truccati. A distanza di 400 giorni ancora non abbiamo ricevuto risposta. Vista anche la denuncia pubblica effettuata dal programma Le Iene, forse è ora che il Governo inizi a rispondere a queste interrogazioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      ALESSANDRO DI BATTISTA. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      ALESSANDRO DI BATTISTA. Presidente, oggi è il 1o aprile e qualcuno potrebbe pensare che alcune frasi che tra poco pronuncerò siano scherzi. Vediamo un po’ se sono scherzi.Pag. 98
      Renzi: «Siamo fuori dalla crisi economica». Non è un pesce d'aprile; l'ha detto veramente. Il dramma è che, mentre in Europa la disoccupazione cala, in Italia quella giovanile ha toccato il 42,6 per cento e quella generale il 12,7 per cento.
      Poletti: «Ci sono sintomi per un milione di nuovi posti di lavoro». Non è un pesce d'aprile; l'ha detto veramente. Poletti, negli ultimi dodici mesi il numero dei disoccupati è cresciuto di 67 mila unità, 67 mila, come gli abitanti di Cosenza o di Carpi.
      Orfini, che è in Aula (Orfini, eccomi !): «Chi chiede le dimissioni di Marino si comporta come la mafia», hai detto. Purtroppo non è un pesce d'aprile. L'ha detto veramente Orfini, dando di fatto degli pseudo mafiosi a otto romani su dieci che detestano politicamente Marino. Chapeau ! Complementi, Orfini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      D'Alema: «Le intercettazioni sono vergognose». L'ha detto veramente, non è un pesce d'aprile. Il problema per il PD non sono i ladri – ormai ve ne arrestano uno al giorno – ma le intercettazioni. Le stesse intercettazioni che ci hanno fatto comprendere quanto Lupi fosse inadeguato a ricoprire quel ruolo.
      L'ultima, Gasparri: «I 5 Stelle usano metodi intimidatori, ci filmano in Aula». Non è un pesce d'aprile; l'ha detto veramente. Oggi li abbiamo pizzicati ancora una volta che facevano i pianisti, votavano per alcuni loro colleghi assenti e Gasparri si è giustificato dicendo che fare video in Aula è illegale. Tutto questo non è uno scherzo e non è nemmeno uno scherzo il fatto che questa gente governi l'Italia. Buon 1o aprile a tutti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PAOLO PARENTELA. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      PAOLO PARENTELA. Grazie, Presidente. In data 11 febbraio 2014, quindi più di un anno fa, ho presentato un'interrogazione, la n. 5-02107, in merito al progetto di riqualificazione del castello Carlo V di Crotone. Nell'interrogazione esprimevo più di qualche perplessità in merito al progetto, che avrebbe mutato completamente e irrimediabilmente il volto del castello.
      I lavori di ristrutturazione sarebbero dovuti essere finanziati dai fondi europei denominati «Fondi attrattori»: da allora nulla si è fatto e i fondi sono scaduti. È notizia di pochi giorni fa che la Commissione europea avrebbe espresso parere positivo ad un progetto del comune di Crotone, rifinanziando i lavori di riqualificazione con dieci milioni di euro. A nessuno, però, è dato sapere quale sia il progetto approvato in sede europea: se, dunque, si sia nuovamente chiesto un finanziamento per il vecchio progetto, oggetto, quindi, dell'interrogazione parlamentare, o se il comune abbia proposto una diversa proposta di riqualificazione.
      Ad oggi, quindi, appare più che mai urgente sollecitare la risposta alla mia vecchia interrogazione, anche perché le diverse richieste di accesso agli atti presso il comune di Crotone non hanno sortito l'effetto sperato. Il nostro auspicio è che, nel riqualificare la struttura, venga mantenuto il volto originario del castello e che non vi siano interventi che possano minare l'importanza storica, anche dal punto di vista strettamente estetico, che il castello riveste.
      Non so per quale motivo, Presidente, e concludo, il Ministro dei beni e delle attività culturali stia tentando in tutte le maniere di smembrare le più importanti attività attrattive storiche della città di Crotone, stabilendo, insieme a quanto fatto per Capo Colonna, di nasconderne l'importanza o di devastarne la bellezza. Spero che lei si faccia portavoce della richiesta e di una veloce risposta alla nostra interrogazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      ALESSANDRO PAGANO. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 99

      ALESSANDRO PAGANO. Grazie, Presidente. Soltanto due ore fa è morto un ragazzo di 16 anni, uno scout, mentre attraversava sulle strisce pedonali, investito dall'ennesimo pirata della strada. È successo a Monza, ma non è l'unico caso: sono decine, ogni mese, le persone che vengono uccise a causa di questi pirati della strada. È evidente, ormai, che l'attenzione mediatica e istituzionale su questo argomento deve essere totale, anche perché non possiamo consentire che cittadini ignari rischino la vita solo per fare quello che si fa normalmente tutti i giorni e che potrebbe capitare a ciascuno di noi.
      Il dato diventa ancora più sconvolgente se si scopre che queste persone che si macchiano di omicidio sono, il più delle volte, tossicodipendenti o, comunque, persone con grossi problemi da un punto di vista psicologico e psicofisico. È evidente, quindi, che l'attenzione a cui accennavo poc'anzi deve essere totale, e quindi chiedo espressamente, sin da oggi, che per le vie istituzionali – lei è la prima che so molto sensibile sull'argomento – ci si muova in questa direzione.
      Il sottoscritto, sicuramente, opererà al più presto, attraverso gli strumenti che questa Assemblea mette a disposizione da un punto di vista regolamentare, per far sì che l'iter procedurale che è stato già immaginato attraverso un disegno di legge del Ministro dell'interno possa finalmente trovare degna conclusione.

      MASSIMO ENRICO BARONI. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      MASSIMO ENRICO BARONI. Grazie, Presidente. Come dichiarano oggi gli organi di stampa, alcuni parlamentari, alcuni senatori del MoVimento 5 stelle sono stati denunciati per attentato alle istituzioni, per avere fatto ostruzionismo in Aula. Ecco, chiedo questo, Presidente: io ho preso 42 giorni di sospensione e credo di essere, nella storia della Camera dei deputati, tra i più sospesi, quanto meno nella XVII legislatura.
      I senatori denuncianti sono gli stessi senatori che, in pratica, hanno fatto parte della Giunta per le elezioni e le immunità e che hanno salvato, ieri, quattro senatori incompatibili, in quanto seduti su poltrone di presidenza degli ordini professionali e, contemporaneamente, parlamentari, e ciò è vietato dalla legge n. 60 del 1953; questa Giunta per le elezioni li ha salvati, ieri, in merito alla incompatibilità, contra legem.
      In più, la maggior parte di questi senatori che hanno salvato i loro stessi amici e compagni, sono quelli che hanno denunciato i senatori del MoVimento 5 Stelle per attentato alle istituzioni. Ecco, io volevo sapere, Presidente, se lei si volesse aggiungere ai senatori, essendo io il più espulso della Camera dei deputati, se volesse denunciare anche a me per attentato alle istituzioni, così continuiamo ad avere chiaro chi sta dalla parte della legalità e chi, invece, della legalità se ne fa beffe.

Ordine del giorno della prossima seduta.

      PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

      Mercoledì 8 aprile 2015, alle 9,30:

      (ore 9,30, con eventuale prosecuzione al termine delle votazioni)

      1.  –  Discussione sulle linee generali della mozione Speranza, Dellai ed altri n. 1-00769 concernente iniziative in merito alla cosiddetta Carta di Milano, in relazione ad Expo 2015.

      2.  –  Discussione sulle linee generali della mozione Spessotto ed altri n. 1-00531 concernente la realizzazione del corridoio di viabilità autostradale dorsale Civitavecchia-Orte-Mestre.

      3.  –  Discussione sulle linee generali della mozione Scotto ed altri n. 1-00694 Pag. 100concernente iniziative in merito alla situazione occupazionale e produttiva del comparto aereo-aeroportuale.

      (ore 12)

      4.  –  Seguito della discussione del disegno di legge:
          Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale (C. 2617-A).
          e delle abbinate proposte di legge: MAESTRI ed altri; BOBBA ed altri; CAPONE ed altri (C. 2071-2095-2791).
      — Relatori: Lenzi, per la maggioranza; Rondini, Grillo e Nicchi, di minoranza.

      La seduta termina alle 18,50.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DELLA DEPUTATA MARISA NICCHI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2617-A.

      MARISA NICCHI, Relatrice di minoranza. Un annuncio lungo due anni e forse più.
      Quando si parla di terzo settore si parla di una grande ricchezza innanzitutto umana e sociale ed anche economica che si basa sul contributo lavorativo di 4,8 milioni di volontari, 681 mila dipendenti, 271 mila lavoratori esterni e 6 mila lavoratori temporanei, il non profit occupa tessuto produttivo italiano il 6,4 per cento delle unità economiche attive. Una posizione significativa, Il 9o Censimento Istat ha stimato, nel decennio 2001-2011, il non profit come il settore più dinamico del sistema produttivo italiano, con un aumento del 28 per cento degli organismi e del 39,4 per cento degli addetti, per un totale di più di trecentomila (301.191) istituzioni non profit. Una realtà complessa oggetto di uno dei tanti annunci del Presidente del Consiglio che circa un anno fa dichiarò di voler dar corso ad una Riforma del terzo Stesso metodo: grande battage pubblicitario, velocità dei tempi, evanescenza dei contenuti, forte delega di comando all'esecutivo.
      Lo strumento della legge delega dunque era quello più consono a queste esigenze comunicative e politiche. Ma non è il più utile, né il più efficace.
      È passato quasi un anno oggi siamo in aula alla Camera e considerato l'intero iter parlamentare e di Governo, realisticamente i primi effetti concreti non saranno percepibili prima di due anni. Dunque la legge delega non ha accelerato i tempi, ha solo sottratto poteri legislativi al Parlamento che invece sarebbe stata la sede più giusta per la delicatezza e la complessità della materia.
      La legge delega non è lo strumento migliore come si è visto anche con l'impresa sociale che oggi si vuole riformare.
      Il Parlamento si limita a dare solo le indicazioni generali, ma sarà poi il Governo a stilare i decreti attuativi e sarà lì che si giocherà la possibilità reale di innovazione. Fuori dal controllo parlamentare.
      L'intenzione di una riforma che riordini la normativa e dia nuovo slancio al terzo settore è lodevole e condivisibile.
      Condividiamo l'intenzione di affrontare in modo organico una materia che coinvolge soggetti diversi in continua trasformazione senza però una vera e propria strategia ed un coerente assetto istituzionale.
      Condividiamo l'esigenza di mettere ordine in una confusione che caratterizza il puzzle di norme sedimentate negli anni al di fuori di un disegno complessivo e organico.
      Il lavoro della Commissione ha certamente in questo ha fatto un passo in avanti.
      Siamo molto critici, tuttavia, sulla virata che emerge verso una linea improntata ad una filosofia imprenditoriale e privatistica che si palesa in alcune scelte esplicite e in alcuni significativi vuoti.
      Punti critici e aspetti non risolti (un'occasione mancata).Pag. 101
      Innanzitutto, il fuoco critico principale dell'impianto riguarda ciò che è previsto per l'impresa sociale.
      Non condividiamo le modifiche, significative apportate.
      È prevista (seppure in una versione lievemente meno «pericolosa» di quella iniziale), la possibilità per le imprese sociali di poter ripartirsi gli utili. Cosa finora vietata. Ricordiamo in proposito quanto segnalato dai sindacati, durante le audizioni in Commissione: «l'impresa sociale deve caratterizzarsi per l'assenza del carattere lucrativo. La non ripartizione degli utili è la più importante discriminazione tra profit e non profit. Le agevolazioni fiscali e tributarie di cui gode il non profit sono finalizzate a sostenere un'attività il cui unico fine è quello di incrementare i beni e servizi di interesse sociale anche attraverso il reinvestimento degli utili».
      Si prevede per le imprese sociali un ampliamento delle attività oltre a quelle istituzionali. I futuri decreti delegati, consentiranno infatti alle imprese sociali di allargare le loro attività anche ad attività commerciali, con il rischio di situazioni di concorrenza sleale (come sottolineato anche dall'Antitrust).
      Si introduce la possibilità, finora vietata, per cui imprese private (anche con fini di lucro) e pubbliche amministrazioni possono assumere cariche sociali degli organi di amministrazione delle imprese sociali. L'unico limite è il divieto di assumere la direzione, la presidenza e il controllo dell'impresa sociale stessa, e che sia rispettato quanto previsto dal decreto legislativo n.  39 del 2013.
      Insomma attraverso questa revisione si apriranno ancora di più le porte alla privatizzazione del welfare.
      Qui si apre un varco verso il no profit americano: sostitutivo del settore pubblico e alimentato da agevolazioni fiscali e donazioni dei privati.
      Una gamba privata e ricca per i più abbienti, e una pubblica residuale e compassionevole.
      L'aspetto grave di questa riforma è proprio questo: lo schiacciamento dell'esperienza partecipativa e sociale del terzo settore sulla dimensione imprenditoriale e privatista dei cosiddetti «mercati sociali», magari assistiti dal sistema politico.
      E i rischi sono tanti, fino a quelli criminali (per fortuna limitati, ma gravissimi) delle vicende di «mafia capitale» e di una parte del management della Cooperativa 29 giugno.
      Intendiamoci non si possono generalizzare questi casi di illegalità, malaffare e malcostume.
      Questo gruppo non cadrà mai in questa criminalizzazione perché ha ben presente la ricchezza di queste molteplici esperienze da riconoscere e valorizzare nel suo significato fondativo: soggetti di costruzione di una nuova e piena cittadinanza in cui conta la qualità sociale data dal tenere insieme «cosa si fa, chi siamo e come lo facciamo».
      Con questa riforma c’è il rischio di snaturare il terzo settore nel business e di spingerlo ad abbandonare la sua vocazione partecipativa a perdere la sua articolazione sociale.
      E tutto si tiene, la riforma – in linea con le politiche di precarizzazione del lavoro di Poletti – non prevede chiare tutele e regole per i lavoratori del terzo settore.
      Questo è il primo importante tema eluso dal testo in esame. Il tema delle tutele nel lavoro non può essere dato per scontato.
      È il primo di una serie di vuoti che rappresentano delle occasioni mancate.
      Mancano maggiori tutele del lavoro.
      Avevamo chiesto di disciplinare con esattezza l'applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro di riferimento, e la partecipazione del volontario alle diverse attività, distinguendo le funzioni e i compiti dei lavoratori dipendenti da quelli svolti dal personale volontario. E questo per evitare abusi che purtroppo esistono in questo ambito.
      È mancato il riconoscimento delle MAG (Mutue auto gestione). Abbiamo proposto il riconoscimento delle MAG (Mutue auto gestione), che da alcuni decenni si occupano Pag. 102di Finanza Etica Mutualistica e Solidale, svolgendo un ruolo sociale importante per le collettività di riferimento, non solo per le migliaia di soci compartecipi e di finanziamenti effettuati, ma anche sotto il profilo della formazione, della mutualità, della cultura e dell'assistenza tecnica all'avvio ed allo sviluppo di realtà non profit (Cooperative, Mutue, Associazioni, ecc.).
      Non è prevista un'autorità indipendente di controllo e monitoraggio del terzo settore.
      Nelle Linee guida del Governo prevedeva espressamente la «istituzione di una Authority del terzo settore».
      Il testo in esame dopo la discussione in commissione esclude la costituzione di un'Autorità indipendente, e neppure dell'Agenzia per il terzo settore, come esisteva fino al marzo 2012 e poi soppressa con il decreto-legge n.  16 del 2012, trasferendo tutte le funzioni al Ministero del lavoro.
      Il testo in esame, riporta in capo al Ministero del lavoro le competenze di vigilanza, monitoraggio e controllo degli Enti del terzo settore, mentre assegna alla Presidenza del Consiglio il coordinamento delle politiche di governo e delle azioni di indirizzo delle attività degli Enti del terzo.
      Noi riproponiamo sia l'istituzione di una Authority indipendente con funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo sull'attività degli Enti, sia la riproposizione di un'Agenzia per il terzo settore lasciando alla Presidenza del Consiglio il coordinamento delle politiche di governo e delle azioni di indirizzo.
      È da valutare positivamente l'istituzione del servizio civile universale.
      Osserviamo però che Le Linee Guida del Governo di un anno fa, promettevano di poter svolgere il Servizio civile universale, fino ad un massimo di 100.000 giovani all'anno per il primo triennio dall'istituzione del Servizio.
      Le risorse stanziate dall'ultima legge di stabilità 2015, sono del tutto inadeguate, e appena sufficienti a far partire 30 mila giovani. Non certo i «100 mila giovani all'anno» come promesso dalle Linee guida di Renzi.
      Per ogni euro pubblico investito nel servizio civile c’è un ritorno fra 3 e 4 euro, secondo le stime effettuate da soggetti indipendenti oltre che dati dei rapporti annuali della (Conferenza Nazionale Enti di Servizio Civile)
      Le risorse pubbliche per il servizio civile universale sono un investimento, non un costo e dunque sono necessarie maggiori risorse finanziarie.
      Manca l'istituzionalizzazione dei Corpi civili di pace.
      Abbiamo proposto – nell'ambito delle norme sul servizio civile universale – anche la previsione dell'istituzione di contingenti di Corpi civili di pace. Non è stata accolta.
      Incomprensibile visto che la legge di stabilità 2014 ha avviato una sperimentazione dei Corpi civili di pace, con la finalità di promuovere: la prevenzione dei conflitti armati, la pace.
      Manca il riconoscimento dell'accesso al servizio civile degli stranieri residenti.
      Richiesto da tutti gli auditi, come afferma il recente parere del Consiglio di Stato (n. 1091/2014).
      Inoltre il punto dolente delle risorse scarse.
      Le risorse stanziate da questo disegno di legge per la riforma del terzo settore e della disciplina del servizio civile sono insufficienti e non adeguate a sostenere e garantire efficacemente la riforma stessa.
      Il Governo aveva promesso l'attivazione di un fondo per le imprese sociali.
      Il disegno di legge in esame prevede invece solamente 50 milioni di euro per il 2015 finalizzati a finanziare il Fondo rotativo per investimenti in beni strumentali materiali e immateriali a cui possono attingere le imprese sociali e, grazie ad un nostro emendamento accolto, anche tutti gli enti del terzo settore.
      Ulteriori risorse sono rimandate alle future Leggi di Stabilità.
      Riguardo al 5 per mille consideriamo positivo l'aver soppresso di fatto in questa legge delega il riferimento al tetto di spesa annuale (in linea con quanto chiesto anche da un ns. emend.) ma anche qui ci sono seri problemi di risorse adeguate e rimane Pag. 103comunque aperta la necessità di facilitare l'accesso e redistribuire le risorse sulla base della qualità sociale e democratica espressa dai soggetti e non solo per capacità di marketing.
      Concludendo.
      L'operazione necessaria al terzo settore a cui è chiamato il governo non è come dice erroneamente il titolo della legge delega «riformare il terzo settore».
      Il terzo settore che si autoriforma è quello che contribuisce ad aprire nuovi spazi di azione civica, cittadinanza attiva, e a generare migliori connessioni tra attivismo sociale, auto-imprenditorialità e istituzioni.
      Questa è la grande sfida.

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI ELENA CARNEVALI E SALVATORE CAPONE IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2617-A.

      ELENA CARNEVALI. Grazie Presidente. Sottosegretario Bobba, onorevoli colleghi, il provvedimento che quest'Aula si accinge ad esaminare rappresenta un passaggio di fondamentale importanza, non solo per l'ambito specifico che si ha l'ambizione di riformare, ma per l'intero sistema Paese, data l'indiscutibile centralità ed importanza che il terzo settore ed il «non profit» hanno assunto sul piano della produzione di servizi collettivi, del pluralismo istituzionale, dell'occupazione e della coesione sociale.
      Nonostante la gravissima crisi finanziaria degli ultimi anni abbia inciso fortemente sulla tenuta economico sociale del nostro Paese, il terzo settore si è confermato sempre più rilevante, riuscendo a muovere l'economia e, soprattutto, a promuovere l'occupazione, nella consapevolezza di poter diventare un nuovo modello di promozione di responsabilità verso i beni comuni, di democrazia, di partecipazione di senso civico.
      Lo testimoniano i dati del 9o Censimento ISTAT, che hanno fotografato, per il decennio 2001-2011, il «non profit» come il settore più dinamico del sistema produttivo italiano, Dati e numeri che nascono dall'incontro di più volontà individuali, dall'impegno e dal tempo messo a disposizione da coloro che, uomini e donne, scelgono di operare al servizio di un fine sociale, per la valorizzazione e sostegno della persona e della comunità, per servire il paese attraverso il servizio civile.
      Il cuore del provvedimento è dunque rappresentato dalla volontà di costruire condizioni favorevoli per un pieno riconoscimento del terzo settore, sostenuto e promosso come attore strategico politico, sociale ed economico, condizioni favorevoli che possono svilupparsi solo partendo da una revisione e profonda riorganizzazione della normativa sul terzo settore, cresciuta disordinatamente negli anni, al di fuori di un disegno complessivo e che, in ogni caso, non è più in grado di rispondere alle mutate condizioni economico sociali. Bisogna inoltre considerare come una situazione di proliferazione delle fonti e di confusione normativa favorisca zone d'ombra, opacità ed il rischio di un ricorso strumentale a forme giuridiche che permettono agevolazioni immotivate.
      Il disegno di legge di riforma del terzo settore presentato dal Governo parte proprio da questa consapevolezza, affrontando per la prima volta, come richiesto a gran voce dai soggetti e dagli operatori coinvolti attraverso un procedimento aperto di consultazione, tutte le questioni con una visione organica, d'insieme, volta a superare definitivamente il frammentato quadro delle norme vigenti.
      Un testo che è stato poi oggetto di un lavoro intenso in Commissione, a cui va il forte ringraziamento al sottosegretario Bobba, alla relatrice Lenzi per il confronto intenso dentro e fuori la sede parlamentare, con tutti i soggetti coinvolti e per il lavoro proficuo dei componenti della Commissione.
      Ciò ha prodotto importanti modifiche che hanno portato a chiarire e semplificare l'ambito delle deleghe, a dotare la Pag. 104disciplina di maggiore trasparenza e a risolvere alcune delle questioni che avevano suscitato maggiori perplessità.
      Viene così per la prima volta introdotta la definizione normativa di terzo settore, con cui si intende il complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche e solidaristiche che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d'interesse generale, anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale, conseguiti anche attraverso forme di mutualità, e l'adeguamento al principio costituzionale di sussidiarietà.
      Si procede alla revisione della disciplina del Codice Civile in materia di associazioni e altre istituzioni senza scopo di lucro, con la finalità di rivedere e di semplificare il procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica, prevedendo però fondamentali obblighi di trasparenza ed informazione, anche e soprattutto verso i terzi, attraverso forme di pubblicità degli atti fondamentali degli enti, a partire dai bilanci.
      Così come viene ribadita la necessità che le nuove norme garantiscano i diritti degli associati con riguardo ai diritti di informazione, partecipazione ed impugnazione degli atti deliberativi, e la certezza dei rapporti con i terzi, specie quelli di natura economica.
      Ugualmente viene previsto il riordino della normativa speciale inerente il terzo settore, stabilendo l'individuazione delle attività solidaristiche e di interesse generale che devono caratterizzare gli enti e il cui svolgimento vincola l'accesso a qualsiasi forma agevolativa. Allo stesso modo, le forme di organizzazione e amministrazione, che devono ispirarsi ai principi di democrazia, eguaglianza, pari opportunità, efficacia ed efficienza, partecipazione degli associati e dei lavoratori, sono imprescindibilmente legate al rispetto di criteri di trasparenza, correttezza ed economicità.
      Si provvede alla riorganizzazione del sistema di registrazione degli enti e dei loro atti di gestione, anche in questo caso secondo criteri di semplificazione, trasparenza e pubblicità, attraverso la previsione di un Registro Unico del terzo settore, a cui è resa obbligatoria l'iscrizione per tutti quegli enti che intendono avvalersi di finanziamenti pubblici o agevolazioni, dei fondi europei per il sociale, o che esercitino attività in convenzione o accreditamento con lo Stato ed altri enti pubblici. Trasparenza dunque e controllo esercitato attraverso l'adempimento alle norme anticorruzione, l'attività del Ministero del lavoro, con l'agenzia delle entrate e le forme di autocontrollo a forte valenza di prevenzione.
      Si provvede al riordino e alla revisione organica della disciplina in materia di volontariato, promozione sociale e di mutuo soccorso.
      I decreti attuativi dovranno ispirarsi a principi e criteri direttivi quali: armonizzazione delle diverse discipline vigenti in materia di volontariato e promozione sociale; promozione della cultura del volontariato tra i giovani e valorizzazione delle esperienze filantropiche tra le organizzazioni; riconoscimento e valorizzazione delle reti associative; revisione del sistema dei Centro Servizi Volontariato; razionalizzazione e revisione Osservatorio nazionale per il volontariato e per l'Associazionismo di promozione sociale, uniformando i requisiti dei registri (degli osservatori) nazionali con quelli regionali; previsione di un regime transitorio volto a disciplinare lo status giuridico di Società di mutuo soccorso.
      Viene quindi riconosciuto il fondamentale ruolo degli enti del terzo settore nella fase di programmazione territoriale dei servizi socio-assistenziali e nella tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale predisponendo l'individuazione di criteri per l'affidamento agli enti dei servizi d'interesse generale e per la valutazione dei risultati ottenuti, valorizzando il principio di sussidiarietà verticale ed orizzontale, che non sostituisce l'impiego pubblico, ma rafforza quel patto cittadinanza tra cittadini e corpi intermedi orientato al bene comune.
      Vengono poste le basi per una compiuta revisione della disciplina dell'impresa sociale già ampiamente normata in Europa e finanziata con Programmi (EaSI) Pag. 105e Fondi (Eusef) tenendo fermo il principio della destinazione degli utili in misura prevalente al raggiungimento di obiettivi sociali ed ampliando i settori di attività verso aree di sostegno particolarmente sensibili nel momento attuale, come quelle dell'inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati, dell'alloggio sociale, dell'erogazione del microcredito, del commercio equo e solidale. Quanto alla questione della distribuzione degli utili, posto che il rispetto della «socialità» dell'impresa non è garantita unicamente dal divieto di distribuzione degli stessi, è stata ribadita l'impossibilità di usufruire delle agevolazioni fiscali previste per quelle imprese che procedono alla distribuzione degli utili dalla normativa delle ONLUS.
      Un ruolo estremamente positivo assume la delega al Governo per la riforma del servizio civile nazionale, affinché sempre più giovani (tra i 18 e 28 anni di età) possano partecipare attivamente a questa fondamentale esperienza di impegno civile e di crescita personale, introducendo un meccanismo di programmazione pluriennale (triennale) che renda stabile e certo il finanziamento, realizzando finalmente l'universalità dello stesso.
      Centrale importanza nel disegno complessivo di riforma occupano le disposizioni che dettano criteri e principi per l'introduzione di misure di sostegno fiscale ed agevolativo, riconoscendo finalmente al terzo settore una soggettività anche economica, incentrata completamente attorno a precisi obblighi di trasparenza e introducendo precise funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo sugli enti, ivi comprese le imprese sociali, finalizzate a garantire l'uniformità e la corretta applicazione della relativa disciplina.
      In conclusione, con questa legge di riforma consegniamo al Governo una delega per la realizzazione di una delle più importanti opere pubbliche, si compie così il processo di cambiamento e innovazione richiesto da oltre vent'anni, attraverso l'introduzione di una disciplina di settore completa, che si colloca tra i principi costituzionali e sussidiari con obiettivo di promuovere e operare per una compiuta coesione sociale ed una cittadinanza piena.

      SALVATORE CAPONE. Signor Presidente, Onorevoli Colleghi, il testo di legge delega di riforma del terzo settore, dell'impresa sociale e del servizio civile universale rappresenta, senza dubbio alcuno, una svolta epocale, nel merito e nel metodo, nell'ambito di un settore vitalissimo e ormai strategico nel nostro paese, elemento cardine per asset strategici del paese come la salvaguardia e la tutela ambientale, la promozione culturale, la produzione di qualità immateriale sui territori, ed eccezionale punto di forza di quel welfare dal basso, divenuto ormai indispensabile, se veramente abbiamo a cuore la dignità delle persone, il diritto alla salute, la tenuta sociale delle nostre comunità.
      Stiamo parlando di un settore – l'ambito dell'economia italiana così è stato definito – divenuto oggetto delle rilevazioni Istat per la prima volta nel 2013 con dati, diffusi nel luglio 2014, che confermano pienamente come quel ventaglio di attività costituisca, è affermazione della Corte Costituzionale, un «paradigma dell'azione sociale». Che rappresenta il 6,4 per cento dell'economia nazionale, con il 3,4 per cento degli addetti, dipendenti riconosciuti, con 361 enti no profit ogni 100 imprese e 418 addetti no profit ogni 100 addetti nelle imprese. Un settore che crea impiego, quindi reddito, quindi ricchezza, quindi possibilità di crescita sociale ed economica. E se Lombardia e Veneto si confermano le regioni con la presenza più consistente di imprese, anche nel Sud le percentuali indicano una crescita interessante, dinanzi alle preoccupanti flessioni di altri segmenti considerati trainanti fino a un decennio fa, e soprattutto una enorme potenzialità.
      Da tempo, lo sappiamo, era avvertita con forza l'urgenza di un'azione legislativa che ricomponesse e riordinasse una materia così vasta, dalla definizione di terzo settore ad un vero e proprio Codice del terzo settore – definito primo dal Presidente del Consiglio Renzi nel presentare il Pag. 106testo di legge delega – cui si legasse l'istituzione di un Registro unico presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Un passaggio di non poco conto. Per due ordini di motivi: parlare di definizione del terzo settore, di Codice del terzo settore e di Registro Unico presso il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, significa riconoscere piena legittimità e rilevanza a questo settore specifico e, contestualmente, affermarne e rilevarne l'interesse pubblico.
      Una riforma vera.
      Non è un azzardo affermare che la riforma del terzo settore è una delle più grandi riforme nel nostro Paese ed è importante evidenziare fin da subito come il testo di legge che giunge oggi alla nostra attenzione sia stato definito grazie all'importante e puntuale lavoro svolto nella Commissione Affari sociali, dopo una consultazione pubblica e numerose audizioni che hanno consegnato un testo notevolmente ampliato e puntualizzato, che risponde pienamente, non solo alle esigenze del legislatore, quanto – e direi che questo è un eccezionale punto di forza della riforma stessa – alle esigenze proprie del Settore, alle sue intime dinamiche, alla sua capacità di produrre incessantemente innovazione nell'esigenza di interloquire pienamente con i segmenti di utenza cui si rivolge.
      E un particolare tipo di innovazione, forse non adeguatamente monitorata e rilevata ma evidentissima ed essenziale proprio nel produrre in continuazione modelli coerenti e capaci di rispondere pienamente ad esigenze sociali diffuse.
      Penso alle attività delle organizzazioni di volontariato, alle associazioni di promozione sociale e di mutuo soccorso, penso tra le altre norme al valore della legge quadro sul volontariato del 1991 e, per un attimo, alla grande rete dei CSV, alla loro capacità di ri-modellizzarsi con questa riforma, andando a investire anche nuovi settori di attività, in relazione alle dinamiche sociali delle realtà in cui sono pienamente inseriti, alla loro capacità di farsi interpreti di nuovi e più compiuti bisogni di cittadinanza attiva. Penso alla immensa rete delle realtà specializzate in servizi alla persona, capaci di assumere per intero un bisogno sociale in costante aumento – a comprovarlo è sufficiente assumere come dato la curva di crescita delle nuove povertà – e allo stesso tempo la diminuzione sempre più evidente del margine di manovra economica possibile per le pubbliche amministrazioni, soprattutto quelle comunali. Penso al volontariato cattolico e laico, alle Organizzazioni non Governative di cooperazione internazionale e al ruolo strategico nella cosiddetta diplomazia dal basso, che spesso porta a risultati eccezionali lì dove le burocrazie e le diplomazie degli Stati a volte falliscono.
      Ma penso anche ad una semplice verità, confermata e rilanciata dalla fotografia dell'Istat con la prima rilevazione nazionale sulle attività di volontariato in Italia, ovvero quelle attività e quell'impegno continuativo e gratuito a favore di persone in difficoltà, per la tutela della natura e per la salvaguardia e valorizzazione del patrimonio ambientale, per la conservazione del patrimonio artistico e culturale, per fini di solidarietà e promozione. Numeri di enorme interesse, quelli condensati nella ricerca, perché ci permettono di guardare uno spaccato del nostro Paese ancora poco conosciuto e scandagliato, ossatura fortissima di un tessuto di relazioni e di sostegno ancor più rilevante in un periodo di crisi come l'attuale. Senza l'opera dei volontari noi non avremmo conosciuto le reti di welfare dal basso, essenziali per migliaia e migliaia di nostre e nostri concittadini spesso in situazioni di estrema solitudine o di grave o gravissima difficoltà economica, non potremmo godere l'ambiente e il patrimonio naturale come possiamo goderli oggi nella consapevolezza di un loro ruolo insostituibile nella qualità territoriale. Uno spaccato rilevante della nostra società che porta ad affermare come questa fertile disseminazione sui nostri territori da nord a sud, nel nostro sistema-paese, di soggetti sociali plurali e di progetti produca, ogni giorno, non solo azioni per la qualità sociale e territoriale, quella qualità immateriale e sempre più Pag. 107determinante anche nella competizione virtuosa tra sistemi territoriali, ma anche economie, ed economie virtuose.
      Non a caso il testo all'articolo 1 evidenzia quel carattere di bene comune che definisce l'orizzonte paradigmatico dell'impegno delle realtà del terzo settore. Una definizione, quella di bene comune, che appassiona ormai da tempo la comunità dei giuristi ed è espressione di non semplice definizione. Faccio riferimento al cardinale Carlo Maria Martini, in relazione anche a quanto esplicitato nel Concilio Vaticano II come l'insieme delle condizioni di vita di una società che favoriscono il benessere, il progresso umano di tutti i cittadini.
      Bene comune è, ad esempio, la democrazia; bene comune sono tutte quelle condizioni che promuovono il progresso culturale, spirituale, morale, economico di tutti, nessuno escluso.
      Ci accorgiamo allora, affermava Martini, di quanto sia importante e prezioso questo «bene comune». Previo al costituirsi di una società (perché esso consiste nella realtà dei rapporti ben stabiliti tra le persone), e nello stesso tempo esito dell'impegno di tutti e non solo di alcuni. Una traccia di pensiero che peraltro trova un paradigma anche nell'articolo 43 della nostra Costituzione, laddove si parla della possibilità di affidare a comunità di lavoratori o di utenti la gestione di servizi essenziali, dove il punto cardine diviene non la proprietà del bene, ma la sua gestione.
      Naturalmente siamo chiamati ad approvare un testo di legge delega, e aspettiamo di poterci pronunciare sulla puntualità dei decreti attuativi, anche in ordine alla revisione di tutte le normative esistenti, sicuri della necessità di semplificazione della normativa vigente, garantendone coerenza giuridica, logica e sistematica, quando si specifica più precisamente, con il nuovo articolo 4 l'ambito di riordino e revisione della disciplina del terzo settore e del Codice, non esclusa l'indicazione esplicita dell'obbligatorietà di iscrizione al Registro unico per gli enti del terzo settore che si avvalgono prevalentemente o stabilmente di finanziamenti pubblici, ecc. Indicazioni evidentemente «politica» come quella della modalità di valutazione dei risultati ottenuti, o come quanto contenuto all'articolo 6 in tema di impresa sociale. E ancora, quando si puntualizza l'azione di revisione del sistema dei Centri di Servizio per il volontariato e si istituiscono, con l'articolo 7, come dicevo prima, in capo al Ministero del Lavoro, l'azione di vigilanza, monitoraggio, controllo.
      Infine, il servizio civile universale, che il testo di legge delega considera parte integrante della riforma del terzo settore. Chiunque di noi abbia amministrato realtà territoriali piccole e piccolissime è perfettamente consapevole del ruolo svolto dalle ragazze e dai ragazzi del Servizio civile in ambiti strategici quali la tutela ambientale, la promozione culturale, i servizi alla persona. La legge delega di riforma del terzo settore interpreta il servizio civile universale come una esperienza formativa finalizzata alla difesa non armata, e dunque – e ancora una volta – una formazione a servizio della pace e della gestione delle relazioni di conflitto, di cittadinanza attiva e di inclusione e solidarietà sociale.
      Ecco perché non è fuor di luogo parlare di riforma epocale. Da lungo attesa e, di fatto, germinata nei luoghi dove quotidianamente gli operatori e le operatrici del no profit, volontarie e volontari, cittadini e cittadine che mettono alla prova se stessi, il proprio sapere, la propria capacità di incidere nelle dinamiche sociali, trasformandole profondamente e spesso irreversibilmente in strumenti per una comunità nazionale più solidale e più forte.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DELLA DEPUTATA ANNA MARGHERITA MIOTTO IN SEDE DI ESAME DELLA QUESTIONE PREGIUDIZIALE DI COSTITUZIONALITÀ SUL DISEGNO DI LEGGE N. 2617-A.

      ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, dispiace in premessa rilevare come sia stata sollevata la pregiudiziale di Pag. 108costituzionalità facendo riferimento ad un testo della legge delega per la riforma del terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio Civile universale, che appare diverso da quello all'esame dell'aula, in quanto prescinde dall'ampio e proficuo lavoro svolto dalla Commissione referente, facendo torto così al significativo ruolo del Parlamento, svolto anche in questa circostanza, e finendo così per mettere in luce la debolezza delle argomentazioni espresse nella pregiudiziale.
      Un esempio è costituito dai rilievi contenuti nella pregiudiziale con riferimento al servizio civile, disciplinato dall'attuale articolo 8 e non più dall'articolo 5, attualmente dedicato all'Attività di volontariato, di promozione sociale e di mutuo soccorso. Ma, aldilà di questo errore di riferimento, preme chiarire che il supposto mancato collegamento tra il «significante» con il «significato», così come il supposto deficit del richiamo alle norme costituzionali, non trovano riscontro nell'articolato approvato dalla Commissione XII, laddove si consideri che al riguardo la lettera a), del comma 1, del citato articolo 8 specifica che l'istituzione del servizio civile universale è propriamente finalizzato «alla difesa non armata, ai sensi degli articoli 52, primo comma, e 11 della Costituzione, e a promuovere attività di solidarietà, inclusione sociale, cittadinanza attiva, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale della nazione e sviluppo della cultura dell'innovazione e della legalità nonché a realizzare un'effettiva cittadinanza europea e a favorire la pace tra i popoli».
      Ma veniamo ai rilievi centrali della presunta incostituzionalità: si sostiene la violazione del dettato dell'articolo 76 della Costituzione e, in particolare, viene denunciata la insussistenza dei necessari criteri e principi direttivi. Non è così: anche al fine recepire alcuni rilievi del Comitato per la legislazione volti a precisare più puntualmente i criteri direttivi la XII Commissione ha modificato l'articolato giungendo ad approvare 11 articoli, dei quali ben 7, oltre al comma 2 dell'articolo 1, sono destinati proprio alla definizione di criteri e principi direttivi generali e specifici, in ragione dei diversi ambiti oggetto di delega: l'articolo 2, l'articolo 3, che concerne la revisione del titolo II del libro primo del codice civile; l'articolo 4 che prevede il riordino e revisione della disciplina del terzo settore ed il Codice del terzo settore; l'articolo 5, che riguarda le attività di volontariato, di promozione sociale e di mutuo soccorso; l'articolo 6, che detta i principi e criteri direttivi per il riordino dell'Impresa sociale; l'articolo 8 che elenca i criteri direttivi per la revisione della disciplina del servizio civile universale e l'articolo 9 che elenca i principi ed i criteri direttivi per il riordino delle misure fiscali e di sostegno economico.
      Inoltre, si invoca a supporto dell'ipotizzata indeterminatezza dell'oggetto della delega e dei principi direttivi, la giurisprudenza dell'Alta Corte, che viene piegata, senza successo peraltro, a favore delle tesi sostenute, senza ricordare l'estrema prudenza con cui la Corte è intervenuta per stigmatizzare i comportamenti del legislatore delegato, tenendo conto che, sino ad oggi sembrano registrarsi casi del tutto eccezionali di accertamento d'incostituzionalità, uno dei quali, forse il più importante, risale al 2004. Ciò non esime evidentemente dall'obbligo di esaminare con attenzione ed accortezza la giurisprudenza della Corte e a questo proposito vale la pena ricordare che secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, la determinazione dei «principi e criteri direttivi» non è finalizzata ad eliminare ogni discrezionalità nell'esercizio della delega, ma soltanto a circoscriverla; a tal fine, le norme deleganti debbono essere comunque idonee ad indirizzare concretamente ed efficacemente l'attività normativa del Governo, non potendo esaurirsi in mere enunciazioni di finalità né in disposizioni talmente generiche da essere riferibili a materie vastissime ed eterogenee (sentenza n.  156/1987).
      La successiva sentenza n.  224 del 1990 sottolinea che i «principi e criteri direttivi» presentano nella prassi una fenomenologia estremamente variegata, che Pag. 109oscilla da ipotesi in cui la legge delega pone finalità dai confini molto ampi e sostanzialmente lasciate alla determinazione del legislatore delegato a ipotesi in cui la stessa legge fissa «principi» a basso livello di astrattezza, finalità specifiche, indirizzi determinati e misure di coordinamento definite o, addirittura, pone principi inestricabilmente frammisti a norme di dettaglio disciplinatrici della materia o a norme concretamente attributive di precise competenze. E per finire con una delle più recenti sentenze, la n.  230 del 2010, sono ben riassunti i principi ispiratori del percorso che la Corte ha effettuato su questa delicata materia. La Corte dice: «La delega legislativa non esclude ogni discrezionalità del legislatore delegato, che può essere più o meno ampia in relazione al grado di specificità dei criteri fissati nella legge delega». E più avanti: «l'articolo 76 della Costituzione non osta, infatti, all'emanazione di norme che rappresentino un ordinario sviluppo e se del caso un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante». E ancora più avanti, la Corte accenna ad una «fisiologica attività di riempimento che lega i due livelli normativi».
      E veniamo al rilievo di presunta incostituzionalità sotto il profilo del rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, ai sensi degli articoli 114 e 117. Il disegno di legge in esame, delegando il Governo a riformare la disciplina della costituzione, dell'organizzazione, delle forme di governo e del ruolo degli enti diretti a promuovere e realizzare finalità solidaristiche e di interesse generale, in quanto parte dell'ordinamento civile, appare riconducibile prevalentemente alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
      Viene comunque previsto espressamente nel testo che, ove necessario in relazione alle singole materie, sarà acquisita l'intesa con la Conferenza unificata, oltre all'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti. Si tratta dunque di una norma di salvaguardia volta ad assicurare che, ove in sede di attuazione della delega si incidesse su specifici ambiti riconducibili alla competenza legislativa delle regioni, sarà acquisita l'intesa in sede di Conferenza unificata, in ossequio al principio di leale collaborazione richiamato dalla giurisprudenza costituzionale.
      Viene inoltre denunciato un presunto difetto di omogeneità del contenuto della delega: come evidenziato nel parere reso l'11 dicembre scorso dal Comitato per la legislazione sul testo del disegno di legge, – al quale è stato sottoposto in quanto reca norme di delegazione legislativa al Governo – il disegno di legge reca un contenuto omogeneo, trattando in un unico contesto normativo, attraverso il conferimento di deleghe al Governo, il «terzo settore», al quale afferiscono – come si deduce dall'articolo 2 del provvedimento – gli «enti privati che, con finalità ideale e senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d'interesse generale, di valorizzazione della partecipazione e di solidarietà sociale, ovvero producono o scambiano beni o servizi di utilità sociale, anche attraverso forme di mutualità con fini di coesione sociale», ossia le attività di utilità sociale rivolte, in termini generali, a finalità sociali e non di mercato, svolte da soggetti giuridici collettivi privati che operano senza scopo di lucro; la delega riferita al servizio civile universale si connota per la sua autonomia concettuale e giuridica rispetto alle altre deleghe, pur essendo comunque riconducibile alla materia.
      Va inoltre evidenziato che la giurisprudenza della Corte Costituzionale (cfr. sentenze n.  171 del 2007 e n.  128 del 2008) richiede l'omogeneità di contenuto come un requisito dei decreti-legge – la cui insussistenza può far dubitare la ricorrenza dei presupposti di necessità ed urgenza – e non già dei disegni di legge, come quello in esame.
      La pregiudiziale infine contiene altri rilievi che andrebbero meglio derubricati al livello di considerazioni in quanto non Pag. 110attengono ai profili di costituzionalità del disegno di legge in esame.
      Si tratta del tema dell'effettiva portata innovativa della delega, e del presunto difetto di univocità del termine per l'esercizio della delega.
      La delega ha un'effettiva portata innovativa essendo finalizzata ad una razionalizzazione e revisione della disciplina vigente in tema di terzo settore e deve essere esercitata entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge, salva la possibilità di adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi entro un anno dall'entrata in vigore di ciascuno di essi. La lamentata mancanza di univocità del termine per l'esercizio delle deleghe, appare del tutto infondata, tenendo conto che l'arco temporale per l'emanazione dei decreti delegati è puntualmente specificato e che, l'ipotizzato e regolamentato differimento di detto termine è previsto – da prassi ormai consolidata – per garantire, in ogni caso, il pieno esercizio delle prerogative parlamentari, ovvero, proprio a garanzia delle funzioni del legislatore delegante.
      Anche il presunto difetto di coordinamento tra il testo del disegno di legge e la legge n.  23 del 2014 (cosiddetta delega fiscale) non attiene alla costituzionalità del disegno di legge.
      Non appare in contrasto con le competenze legislative regionali la previsione del Registro unico del terzo settore allo scopo di assicurarne la conoscibilità su tutto il territorio nazionale. Come sopra evidenziato, infatti, la materia «ordinamento civile» è riconducibile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Quanto «alla natura giuridica dell'iscrizione e all'ambito soggettivo degli enti obbligati alla registrazione», ciò che non viene puntualmente definito dal legislatore delegante potrà essere chiarito meglio in sede di emanazione dei decreti legislativi.
      Signor Presidente, per questi motivi ritengo che la pregiudiziale di costituzionalità avanzata sul disegno di legge che abbiamo all'esame non sia fondata ed a nome del Gruppo del Partito Democratico annuncio che ci apprestiamo a respingerla.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE  ELENCO  N.  1  DI  2  (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O  G  G  E  T  T  O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 2617-A e ab.-quest.preg.cost.1 415 321 94 161 56 265 103 Resp.
2 Nom. Ddl 2617-A e ab.- em. 1.406 rif. 421 412 9 207 393 19 99 Appr.
3 Nom. em. 1.414 432 429 3 215 37 392 98 Resp.
4 Nom. em. 1.42 430 428 2 215 102 326 97 Resp.
5 Nom. em. 1.417 436 356 80 179 274 82 97 Appr.
6 Nom. em. 1.53 rif. 436 436 219 431 5 96 Appr.
7 Nom. em. 1.418 432 400 32 201 103 297 96 Resp.
8 Nom. em. 1.14 433 432 1 217 112 320 96 Resp.
9 Nom. em. 1.419 432 411 21 206 389 22 96 Appr.
10 Nom. articolo 1 436 362 74 182 340 22 96 Appr.
11 Nom. em. 2.217 422 402 20 202 116 286 97 Resp.
12 Nom. em. 2.402 429 428 1 215 126 302 97 Resp.
13 Nom. em. 2.222 429 428 1 215 126 302 97 Resp.

F  =  Voto favorevole (in votazione palese). – C  =  Voto contrario (in votazione palese). – V  =  Partecipazione al voto (in votazione segreta). – A  =  Astensione. – M =  Deputato in missione. – T  =  Presidente di turno. – P  =  Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. – X  =  Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE  ELENCO  N.  2  DI  2  (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 19)
Votazione O  G  G  E  T  T  O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. em. 2.207 424 392 32 197 121 271 97 Resp.
15 Nom. em. 2.228 415 413 2 207 97 316 97 Resp.
16 Nom. em. 2.327 388 387 1 194 115 272 96 Resp.
17 Nom. em. 2.77 389 387 2 194 96 291 95 Resp.
18 Nom. em. 2.76 374 373 1 187 110 263 95 Resp.
19 Nom. em. 2.403 365 364 1 183 105 259 96 Resp.