XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 427 di giovedì 14 maggio 2015

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PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

      La seduta comincia alle 10,05.

      ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

      PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
      (È approvato).

Missioni.

      PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Artini, Michele Bordo, Castelli, Antimo Cesaro, Cicchitto, D'Alia, Damiano, Dellai, Fico, Giancarlo Giorgetti, Librandi, Manciulli, Marchi, Marotta, Antonio Martino, Migliore, Palese, Pes, Pisicchio, Portas, Rampelli, Realacci, Domenico Rossi, Sanga, Tabacci, Tancredi, Turco, Valeria Valente, Vignali e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
      I deputati in missione sono complessivamente centootto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

      Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti (A.C. 2994-A); e delle abbinate proposte di legge: Caparini ed altri; Antimo Cesaro ed altri; Cimbro ed altri; Vezzali ed altri; Carfagna; Coccia ed altri; Ascani ed altri; Centemero; Paglia ed altri; Iori ed altri; Di Benedetto ed altri; Chimienti ed altri (A.C. 416-1595-1835-2043-2045-2067-2291-2524-2630-2860-2875-2975).

      PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n.  2994-A: Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti; e delle abbinate proposte di legge: Caparini ed altri; Antimo Cesaro ed altri; Cimbro ed altri; Vezzali ed altri; Carfagna; Coccia ed altri; Ascani ed altri; Centemero; Paglia ed altri; Iori ed altri; Di Benedetto ed altri; Chimienti ed altri nn.  416-1595-1835-2043-2045-2067-2291-2524-2630-2860-2875-2975.
      Ricordo che nella seduta di ieri sono state respinte le questioni pregiudiziali di costituzionalità Giancarlo Giordano ed altri n.  1, Simonetti ed altri n.  2, Simone Valente ed altri n.  3 e Rampelli ed altri n.  4.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2994-A)

      PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.Pag. 2
      Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle, Sinistra Ecologia Libertà, Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
      Avverto, altresì, che la VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente.
      Ha facoltà di intervenire la relatrice per la maggioranza, deputata Coscia.

      MARIA COSCIA, Relatrice per la maggioranza. Grazie. Signora Presidente, signora Ministro, colleghe e colleghi, oggi discutiamo di un provvedimento di cui, come sappiamo, si è molto parlato nel Paese: ci sono state proteste, in gran parte, a mio avviso, anche legate al fatto che non si è molto stati al merito del provvedimento, ma se ne è parlato spesso senza conoscere quello che nel testo del disegno di legge è contenuto e, soprattutto, il lavoro che abbiamo fatto in questo ramo del Parlamento, nella Commissione in sede referente, dove abbiamo introdotto misure importanti, non solo di miglioramento del testo, ma misure di modifiche rilevanti.
      Io sono anche contenta che finalmente la scuola ritorni al centro di una discussione ampia nel Paese, non solo all'interno delle scuole, perché spero che si allarghi la consapevolezza che la scuola è uno dei pilastri fondamentali del nostro Paese e che l'obiettivo che ci dobbiamo tutti porre non è pensare ad una scuola di questa o quella parte, ma una scuola che sia capace di rispondere alle sfide che noi abbiamo di questi tempi, che sia capace di contribuire in modo determinante a costruire un nuovo futuro per i nostri ragazzi, per le nostre ragazze e per il nostro Paese.
      Noi, nel nostro lavoro in Commissione, pur nei tempi contenuti che abbiamo avuto, abbiamo cercato, in primo luogo, di ascoltare il mondo della scuola ampiamente inteso e, quindi, certamente i rappresentanti dei lavoratori, ma anche i rappresentanti dei genitori e degli studenti. È proprio partendo da qui che abbiamo introdotto dei miglioramenti nel testo iniziale, senza però – e questo lo voglio dire con chiarezza – mettere in discussione l'impianto di questo disegno di legge, che è un impianto che vuole finalmente dare piena attuazione e sviluppo all'autonomia scolastica. Sì, a quell'autonomia scolastica che era stata prevista ben diciotto anni fa dalla legge n.  59 del 1997 e, poi, dal regolamento attuativo previsto dal successivo decreto del Presidente della Repubblica applicativo.
      Un'autonomia scolastica che ha avuto in tutti questi anni una sorta di stop and go, ossia ha avuto, ahimè, rispetto alle lungimiranti previsioni appunto di quella legge, in realtà, nel corso degli anni, soprattutto moltissime difficoltà, sia spesso per i tagli indiscriminati, che sono avvenuti nel corso degli anni e che hanno impoverito la scuola pubblica, sia perché era difficile far camminare questa profonda innovazione in una realtà che era di tipo culturale, cioè fortemente conservatrice a livello della direzione burocratica amministrativa e che lasciava le nostre scuole – sì, le nostre scuole – in tantissime difficoltà; ma, ciò nonostante, capaci – la gran parte delle scuole – di attivarsi, spesso con una capacità incredibile di passione e di volontariato dei docenti e non solo dei docenti, e di cercare di rispondere egualmente, nonostante le difficoltà, alle esigenze che i ragazzi e gli studenti ponevano come questione fondamentale, ossia quella di avere finalmente l'opportunità di sconfiggere le disuguaglianze, che ahimè ci sono, sia sociali, culturali che anche territoriali, e quindi di mettere in campo grandi esperienze innovative e, insieme, anche sperimentazioni che cercavano appunto di dare questa chance e questa opportunità alle ragazze e ai ragazzi del nostro Paese. Ma poi, in qualche modo, nel Paese, complessivamente – di questo la scuola ne ha fatto le spese – l'ascensore sociale si è bloccato, e spesso, nonostante l'evoluzione e la società globale, la scuola, lasciata da sola, non è stata in grado di fare oltremisura, perché questo gli si chiedeva, il suo ruolo; ma ciò nonostante – ripeto – tantissime scuole nel nostro Paese hanno continuato a fare Pag. 3grandissime cose. Allora, per questo la chiave dell'autonomia diventa la chiave fondamentale, proprio per valorizzare questo grande lavoro che si è costruito, nonostante tutto in questi anni, in un quadro di sistema unitario dell'istruzione del nostro Paese. L'autonomia come leva fondamentale. Per questo finalmente si rimettono in campo risorse aggiuntive (1 miliardo di euro in quest'anno scolastico e 3 miliardi stabilmente a partire dal prossimo anno), non solo per la realizzazione di un piano di assunzione straordinario ma per mettere in campo iniziative che facciano decollare importanti contenuti della legge, a partire dalla formazione in servizio degli insegnanti, l'alternanza scuola-lavoro e la scuola digitale. Ma di tutto questo poi dirò: consegnerò comunque un testo scritto per dare la possibilità ai nostri collaboratori di poter avere anche un testo più dettagliato.
      Detto questo, quindi, la cosa più importante è proprio quella di dare modo all'autonomia scolastica finalmente di decollare, di potere esprimere fino in fondo le sue potenzialità e quindi prevedere una programmazione dell'offerta formativa triennale, un organico triennale stabile, risorse triennali stabili. Organico triennale significa, in primo luogo, avere risorse di personale adeguate a realizzare quel piano dell'offerta formativa, e per questo il piano di assunzione straordinario non prevede soltanto il cosiddetto turnover ma prevede oltre 100 mila assunzioni, di cui circa la metà destinate a potenziare l'offerta formativa delle scuole. Sono risorse in più assolutamente fondamentali per sviluppare l'autonomia scolastica. Vi sono state, come dicevo all'inizio, critiche nei contenuti del disegno di legge, una delle quali ha toccato le competenze dei dirigenti scolastici. Ebbene, su questo punto abbiamo apportato miglioramenti costruttivi, in questo caso quello di prevedere che il piano dell'offerta formativa sia approvato dal consiglio di istituto, cioè per chiarire insieme quali sono i compiti del dirigente scolastico. Pensiamo che i compiti del dirigente scolastico si realizzino, dando gli strumenti per esercitare la sua responsabilità, ma in un contesto di una comunità educante, di una comunità che deve vedere la partecipazione attiva di tutte le componenti, dunque il recupero della collegialità.
      Collegialità vuol dire quindi riconoscere il ruolo fondamentale del collegio dei docenti nella elaborazione del piano dell'offerta formativa e il potere del consiglio di istituto di approvarlo. Allo stesso modo prevediamo che gli studenti possano di nuovo essere al centro dell'offerta formativa, valorizzando il curriculum degli studenti, dando loro la possibilità di fare anche scelte opzionali per alcune discipline.
      Vi è poi un'importante novità che riguarda il rapporto tra scuola e lavoro con lo specifico articolo che riguarda appunto l'alternanza scuola-lavoro e mette in campo una opportunità di generalizzare le tante esperienze positive già esistenti all'interno delle scuole con un profilo di messa a sistema e, in questo contesto, di prevedere la possibilità per i ragazzi delle superiori di fare esperienze di apprendistato nel secondo triennio, al contrario di quanto era previsto nel disegno di legge iniziale, il quale prevedeva questa possibilità per i ragazzi quindicenni. I ragazzi quindicenni hanno diritto, come i ragazzi sedicenni, a poter attivare ciò che è riconosciuto dalla nostra normativa: il diritto all'istruzione. Il diritto all'istruzione vuol dire diritto all'istruzione obbligatoria, evitando di mettere in campo misure che facciano intendere un avvio precoce al mondo del lavoro. Abbiamo quindi corretto questo tema riportandolo nella giusta direzione. Allo stesso modo vi sono misure importanti che riguardano lo sviluppo della scuola digitale, così come vi è un articolo specifico che riguarda il tema dell'organico funzionale, dell'organico dell'autonomia. Tutti i docenti di una istituzione scolastica, di una scuola devono essere considerati docenti di pari valore e tutti loro – quindi non solo c’è chi sta in cattedra e chi fa altre cose – devono in modo attivo, secondo le loro competenze professionali e le professionalità acquisite non solo per l'abilitazione all'insegnamento Pag. 4di questa o quella classe di concorso, ma per tutta l'esperienza acquisita nell'ambito della loro carriera, poter partecipare alla promozione piena dell'offerta formativa. Quindi è un organico tutto funzionale; non vi sarà chi fa le supplenze e chi invece fa il titolare di una cattedra, perché pensiamo che il valore di tutti i docenti sia fondamentale poterlo finalizzare al raggiungimento dell'autonomia.
      Insieme a questo tema vi è uno dei punti che ha fatto tanto discutere, lo accennavo all'inizio: la questione delle competenze dei dirigenti scolastici. Ripeto, abbiamo predisposto una normativa che vuole semplicemente chiarire in modo certo ed inequivocabile quali sono le competenze gestionali dei dirigenti scolastici e quali sono quelle degli organi collegiali, il cui valore non viene assolutamente messo in discussione, anzi, su questo punto voglio dire che all'articolo 21 abbiamo stralciato la norma che riguardava la delega al Governo che ridefiniva la governance del sistema scolastico, perché pensiamo che su questo punto debba essere avviata una grande discussione nelle scuole e nel paese, oltre che in Parlamento. Non vi è una modifica che riguarda le competenze degli organi collegiali, ma abbiamo voluto precisare le competenze dei dirigenti perché responsabili del buon andamento della scuola e, insieme agli organi collegiali, del raggiungimento degli obiettivi di qualità che la legge ricorda e prevede. Per questo vi è un punto che ha fatto molto discutere: la possibilità per la scuola, non per i dirigenti, nell'ambito dell'organico di rete, cioè di un numero di scuole molto più limitato di quanto non era prima, di individuare i docenti in grado di portare avanti in modo efficace il piano dell'offerta formativa. Anche su questo punto voglio chiarire in modo inequivocabile: i docenti saranno tutti assunti con contratto a tempo indeterminato dall'ufficio scolastico regionale. Quando arriveranno ad essere assegnati al livello della rete di scuole, in quel momento i dirigenti scolastici, sulla base di norme che devono garantire la massima trasparenza, possono individuare le professionalità che occorrono per realizzare il piano dell'offerta formativa.
      Ovviamente, come ripeto, ciò nell'ambito della massima trasparenza e dichiarando subito quali sono i criteri in base ai quali vengono individuati i docenti. Voglio qui fare un esempio preciso. Esiste la classe di concorso di insegnamento di italiano ma non esiste la classe di concorso per insegnare l'italiano come seconda lingua e quindi in una scuola dove c’è una forte presenza di bimbi migranti c’è bisogno di un'insegnante che sappia insegnare italiano e che sappia però anche insegnare l'italiano come seconda lingua. Quindi, l'intendimento è esattamente questo e non quello di far venir meno i diritti fondamentali dei docenti ad essere valutati per quello che sono capaci di dare.
      Vi è poi un altro tema che ha fatto molto discutere e che riguarda il piano straordinario di assunzioni. Verranno assunti tutti coloro che sono all'interno delle graduatorie ad esaurimento, con l'eccezione della scuola dell'infanzia, semplicemente perché è collegata alla delega la possibilità finalmente di avviare nel nostro paese un sistema unitario che riguarda i bambini da 0 a 6 anni, quindi è rinviata al prossimo anno, ma verranno assunti anche gli insegnanti delle scuole dell'infanzia per quanto riguarda il turn over. Pertanto, 100 mila saranno queste persone insieme a coloro che hanno vinto il concorso del 2012. Insieme a questo, voglio dire che abbiamo trovato una soluzione per gli idonei e per quanto riguarda tutti gli altri colleghi che hanno lavorato in questi anni e che non rientrano nel piano assunzionale abbiamo previsto una modalità concorsuale per titoli che tiene conto della loro esperienza professionale e del loro curriculum professionale.
      Signora Presidente, ho voluto sottolineare soprattutto gli aspetti di cui più si è discusso ma tantissime altre cose le troverete in modo dettagliato e più articolato nel testo integrale della relazione che consegno e che potrà essere quindi anche Pag. 5letta da parte dei colleghi (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

      PRESIDENTE. Ha facoltà ora di intervenire la relatrice di minoranza, la deputata Annalisa Pannarale. Ne ha facoltà.

      ANNALISA PANNARALE, Relatrice di minoranza. Signora Presidente, colleghe e colleghi, «quale è la priorità che questo paese ha nei confronti degli insegnanti ?» «Coinvolgere dal basso in ogni processo di riforma gli operatori della scuola». E ancora: «di fronte alla crisi economica non puoi non partire dalle scuole: metto a verbale che la scuola è il punto di partenza». Furono queste le parole che Matteo Renzi dedicò alla scuola nel febbraio del 2014 in occasione dell'insediamento del suo Governo. Se per questa maggioranza e per questo Governo restituire valore e centralità alla scuola significa imporre una riforma così sbagliata e regressiva, meglio sarebbe stato dedicarsi ad altre priorità. I proclami cominciati molti mesi fa sulla buona scuola tradiscono intanto una questione di fondo e molto antica. La trattazione della questione scuola come luogo di inefficienza e conservazione, un corpo malato dal quale rimuovere piaghe e patologie e così taglio dopo taglio, l'istruzione è diventata il terreno privilegiato cui applicare le austere politiche di bilancio e su cui sperimentare periodiche controriforme tutte accomunate dall'assottigliamento progressivo della sfera pubblica a vantaggio di quella privata, e dall'occultamento di quei soggetti che invece dovrebbero essere sempre al centro di ogni discorso pubblico sulla scuola: insegnanti, personale, educatori, famiglie e soprattutto bambini e studenti. Non c’è un'anima in questo disegno di legge, non c’è vita, non esiste complessità. C’è un corpo anonimo governato da criteri come flessibilità, selezione, valutazione, valorizzazione del merito come premialità o punizione. Non c’è più traccia e spazio per le differenze, per i tempi tutti diversi di apprendimento e di interiorizzazione delle conoscenze, per quelle fragilità che si fanno meno incerte solo con il tempo e con una scuola che si accorge di te. Persino nella trovata miracolosa dell'innovazione digitale manca qualunque attenzione alla processualità, sia per i docenti che devono vivere positivamente l'accesso a questi strumenti (e stiamo parlando della classe docente più vecchia di Europa), sia per i ragazzi che oggi possono accedere ad una infinità di saperi ma hanno bisogno di strumenti che sappiano selezionare, intrecciare e interpretare i saperi e dare loro un senso.
      Questo disegno di legge non risponde a nessuna delle domande della scuola. Chiunque volesse restituire dignità e prestigio al sistema scolastico pubblico dovrebbe intanto ripartire da un piano di investimenti e di risorse certe e adeguate. Nel DEF 2015 la partecipazione della scuola alla crescita del PIL è stimata da qui al 2020 di un ridicolo 0,3 per cento e su una proiezione di medio-lungo periodo la previsione di spesa in istruzione cala drasticamente, fino ad una riduzione di circa 10 miliardi. Per colmare l'enorme gap formativo col resto d'Europa servirebbero risorse continue e stabili, ma ancora una volta con questo disegno di legge si immagina una riforma sempre nell'ambito delle attuali risorse disponibili. Non solo, siccome le risorse pubbliche non potranno mai più essere sufficienti a finanziare adeguatamente la scuola pubblica, si vincola l'offerta formativa e didattica a finanziamenti privati, sponsorizzazioni o misure controverse come quella del 5 per mille, un chiaro arretramento dello Stato rispetto al suo dovere costituzionale di prendere in carico la scuola pubblica. Questo disegno di legge profila una scuola selettiva, una scuola che non si pone davvero il problema della dispersione scolastica, che moltiplica le disuguaglianze perché vincola la qualità dell'istruzione a capacità reddituali, a condizioni socio-economiche agiate di partenza, alla presenza di dinamicità aziendale in un Paese attraversato da enormi contraddizioni territoriali. Insomma nella scuola immaginata da Renzi, dove il 5 per mille alle singole scuole frammenta la preziosa unitarietà Pag. 6del sistema, se hai la sfortuna di vivere in territori desertificati dalla crisi socio-economica o dentro famiglie piegate da precarietà o disoccupazione, non potrai certo pretendere uguaglianza di accesso al diritto allo studio e mentre si nega alla scuola pubblica centralità e investimento adeguato, con disprezzo del dettato costituzionale si prevedono agevolazioni sotto forma di detrazioni per le scuole private, comprese le scuole superiori di secondo grado. E insieme alla qualità dell'istruzione pubblica, ad essere sotto attacco in questo disegno di legge è la libertà di insegnamento. L'impianto verticistico e autoritario non è stato affatto scalfito dalle modifiche in Commissione. Resta la scelta di un'autonomia affidata alla figura del dirigente scolastico che individua i docenti, li valuta e li premia, quelli ritenuti più meritevoli, sulla base di non meglio precisati criteri di misurazione della qualità della loro azione didattica. Poco incide francamente, lo dico alla maggioranza, aver concesso ai docenti di elaborare il piano, se i docenti sono gli stessi che dovranno proporsi e auto promuoversi se vorranno essere scelti dal dirigente. Come nel Jobs Act, i neoassunti hanno meno garanzie rispetto agli altri lavoratori. I docenti neoassunti non avranno più una cattedra definitiva ma incarichi triennali eventualmente rinnovabili, in una sorta di umiliante neo caporalato degli insegnanti. Dove finisce il diritto degli studenti alla continuità didattica, ad avere docenti stabili e riconosciuti ? Dove il principio costituzionale della libertà di insegnamento ? E non c’è solo l'aggressione al lavoratore dentro un quadro di attacco al lavoro più globale. C’è qualcosa di più profondo, l'attacco irreversibile alla funzione sociale del docente, al suo compito di educazione al pensiero critico, libero, consapevole. C’è l'idea di un'altra scuola, quella più adatta ad una società post democratica, ad un mercato del lavoro precarizzante e dequalificante, quella più funzionale ad un progetto di Governo che in tutte le sue riforme sta tenendo insieme sottrazione di spazi democratici, riduzione dei diritti e accentramento del potere. La scuola buona non ha niente a che fare con bassa competitività e gerarchizzazione. La scuola buona vive nella cooperazione e nella collegialità, e la collegialità, lo ripeto, o è esercizio e responsabilità tra pari oppure non è. Il nostro punto di vista su questo disegno di legge è lo stesso del vasto mondo della scuola, l'unico – lo dico alla relatrice di maggioranza – che è stato al merito in queste settimane del provvedimento. Non si può imporre con tanto disprezzo e arroganza una riforma così invasiva a chi la dovrà realizzare ogni giorno. Come abbiamo fatto in Commissione, torniamo a chiedere a maggioranza e Governo il ritiro di questo provvedimento e lo stralcio delle assunzioni. Ora che si è scelto di far slittare la riforma al 2016-2017 non ha più senso tenere bloccate le stabilizzazioni nel disegno di legge con il rischio che non ci siano più i tempi utili per farle a settembre. Si faccia un decreto urgente per le stabilizzazioni e per un piano pluriennale che risponda definitivamente all'urgenza di eliminare il precariato e gli abusi alla radice e si riscriva questo disegno di legge rimettendo in discussione le ancora troppe deleghe e ascoltando finalmente le ragioni autentiche del mondo della scuola.
      Questo mondo, lo abbiamo capito tutti, non è ricattabile, neanche davanti all'impegno di 100 mila assunzioni.
      Questo mondo non rinuncia alla critica, non rinuncia al dissenso. Ha avuto persino la determinazione, qualche anno fa, di raccogliere più di 100 mila firme intorno ad una proposta di legge di iniziativa popolare sulla scuola, oggi abbinata a questo disegno di legge. Noi tutti dovremmo essere orgogliosi di un mondo della scuola che reagisce e non cede ai ricatti, perché ci dice di una scuola solida, di una scuola aperta, di una scuola che non ha paura delle differenze e della libertà di critica e di pensiero. Un mondo così non va evitato; di un mondo così non si deve avere paura. Va, invece, tutelato, ascoltato, incoraggiato, motivato.
      Se avrete il coraggio di fermarvi dimostrerete, allora sì, forza e intelligenza. In caso contrario, se andrete avanti con la Pag. 7vostra sorda arroganza e con la vostra saccente debolezza, ci troverete sempre e soltanto al fianco della scuola, quella scuola – l'ha dimostrato e continua a dimostrarlo in queste ore – che esiste, che è buona, che nel solco della Carta costituzionale prende per mano, include, accoglie, rimuove le disuguaglianze e prepara il futuro di giovani e adulti liberi e consapevoli (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

      PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza deputato Borghesi.

      STEFANO BORGHESI, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente. Ministro, onorevoli colleghi, è triste constatare come ormai la democrazia nel nostro Paese si stia affievolendo ogni giorno di più. L'opinione pubblica, anche per colpa dei media, risulta ormai narcotizzata da notizie scelte ad arte per distogliere l'attenzione dal fatto che il Governo Renzi sta compiendo un'opera di smantellamento della nostra scuola pubblica, riducendola ad una pluralità di piccole aziende agli ordini del padroncino di turno, in questo caso il dirigente scolastico.
      Questa, dal nostro punto di vista, è una riforma della scuola di cui si parla in modo assolutamente insoddisfacente e sbagliato su televisioni e giornali. Non c’è alcuna democrazia in un provvedimento che pretende di calare dall'alto norme a nostro avviso incostituzionali, tendenti alla diffusione di un concetto diffuso di precarietà all'interno della scuola pubblica italiana, ancorché giustificate da ragioni di bilancio. Ci preoccupano molto alcuni articoli del disegno di legge in virtù di un indirizzo verticistico attribuito a pochi eletti, chiamati a decidere il futuro di docenti e di studenti italiani. Una riforma, questa, che rappresenta una vera e propria aggressione alla libertà della persona, alla sua dignità e, in generale, un attacco alla democrazia.
      La scuola è il fulcro attorno al quale si regge la democrazia di un Paese e il disegno di legge Giannini-Renzi si configura come un attacco grave a quei principi insiti nel sistema educativo italiano. Attraverso questa riforma si avvelena un organo fondamentale per garantire la democrazia, la scuola, togliendo, di fatto, la libertà di insegnamento, come garantito dall'articolo 33 della Costituzione.
      Che si tratti di una riforma autoritaristica appare chiaro alla lettura di determinati articoli. Basti guardare, infatti, l'articolo 21, fortunatamente leggermente ridimensionato dalla lettura in Commissione, e dall'ampio spettro di interventi che lo Stato si garantisce per gli anni a venire, al fine di riformare o, meglio, dal nostro punto di vista, demolire ulteriormente la scuola.
      Con questo disegno di legge le certezze del lavoro vengono a crollare e, come disposto dall'articolo 9, persino i docenti del GAE interessati dal piano di assunzioni non avranno la certezza di entrare effettivamente di ruolo. Ci sarà un periodo di prova della durata di 180 giorni in cui si verrà valutati all'improvviso, anche entrando in classe senza preavviso. Una valutazione negativa dell'aspirante docente potrà trasformarsi in dispensa dal servizio con effetto immediato. A quel punto si dovrà ripartire da zero, rifacendo un nuovo concorso per riprovare ad entrare di ruolo.
      Il testo, dopo il passaggio in Commissione, conferma l'assunzione, da quest'anno, di circa 100 mila docenti, i vincitori del concorso a cattedra del 2012 e gli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento. Rimangono fuori dal piano straordinario di assunzioni gli idonei del concorso 2012. Per loro l'assunzione arriverà non prima del 1o settembre 2016. Questa scelta presenta notevoli problemi di incostituzionalità, così come messo in luce nella nostra pregiudiziale che è stata bocciata dall'Aula.
      Uno dei principi fondamentali della riforma è il rafforzamento dell'autonomia scolastica, cioè una maggiore libertà nella gestione degli edifici, della didattica, dei progetti formativi e dei fondi a disposizione di ogni singola scuola.
      Le scuole avranno l'onere di determinare triennalmente la propria offerta formativa, Pag. 8e a questa triennalità saranno legati altri adempimenti dell'amministrazione, come gli organici, la mobilità del personale e le assunzioni.
      Le uniche modifiche rispetto al testo iniziale riguardano solo il ruolo dei presidi nell'intraprendere le strategie generali della scuola dell'autonomia, che continueranno ad essere condivise con gli organi collegiali. Non si ritiene condivisibile, nella maniera più assoluta, il fatto che non sia stata modificata la norma che permette ai dirigenti di scegliersi una parte del personale, come se si trattasse di dipendenti aziendali, e per la scelta del personale si vorrebbero far cadere le graduatorie oggettive. Il rischio, quindi, è un modello di reclutamento che favorisce il clientelismo.
      Non c’è stato alcun progresso per quanto riguarda gli altri punti del disegno di legge, che mantengono davvero troppi poteri in mano ai presidi, ad iniziare dalla scelta soggettiva dei docenti sulla base degli albi territoriali e i premi pecuniari da assegnare al personale. In pratica, i docenti potranno inviare la propria candidatura, ma in caso di graduatoria esaurita sarà poi il dirigente scolastico ad utilizzare il personale docente in classi di concorso diverse da quelle per le quali è abilitato, purché possegga titoli di studio validi per l'insegnamento della disciplina. Anche il conferimento di premi e la valutazione dei docenti rimarranno in capo al dirigente scolastico. In particolare, per quanto concerne i 200 milioni di premialità da assegnare agli insegnanti più bravi, nella scelta il dirigente scolastico sarà affiancato da un comitato di valutazione, di cui faranno parte due docenti, due rappresentanti dei genitori e, solo alle superiori, uno studente. Sempre i dirigenti scolastici potranno individuare fino al 10 per cento di docenti che lo coadiuvano nel supporto organizzativo e didattico, in modo da costituire lo staff del capo di istituto. I pochi soldi inviati agli istituti per incentivare il personale meritevole andranno, quindi, ad una nicchia di dipendenti, con il sospetto che siano per lo più vicini alle simpatie del dirigente scolastico.
      È davvero esecrabile la volontà governativa di introdurre una norma, dal nostro punto di vista illegittima, sulla scelta del personale, non più sulla base di graduatorie oggettive. Il rischio di questo nuovo modello di reclutamento è quello del nepotismo imperante, perché da sempre, in caso di esaurimento delle graduatorie, molti presidi hanno dimostrato di non conoscere la parola etica, ma di voler spesso scegliere per le supplenze persone a loro più vicine. Ora si vuole legalizzare questo scempio, che significherebbe la fine della scuola pubblica, intesa costituzionalmente come garanzia di eguali possibilità di accesso alla formazione e all'insegnamento.
      Per quanto riguarda gli abilitati TFA e PAS, anche loro esclusi dal piano di assunzioni, è stato previsto un concorso ad hoc: il concorsone dovrà essere bandito entro il 1o ottobre 2015 e vi potranno accedere, per l'assunzione a tempo indeterminato, esclusivamente i candidati in possesso del titolo di abilitazione all'insegnamento per la classe di concorso o la tipologia di posto per cui concorrono. Inoltre, è stato previsto un limite al numero di idonei: non potranno essere più del 10 per cento del numero dei posti banditi. Sempre per il futuro concorso viene previsto che costituiranno titoli valutabili in termini di maggior punteggio: aver insegnato per massimo 180 giorni con contratti a tempo e il titolo di abilitazione all'insegnamento conseguito a seguito sia dell'accesso ai percorsi di abilitazione tramite procedure selettive pubbliche per titoli ed esami sia del conseguimento di specifica laurea. Le graduatorie dureranno al massimo tre anni.
      Un ultimo accenno, infine, alla possibilità in sede di dichiarazione dei redditi, a partire dal 2016, di devolvere il 5 per mille anche alle scuole, con la possibilità di indicare uno specifico istituto a cui destinare le risorse. Da un lato, questa norma certifica il fallimento del Governo Renzi nell'intento di attribuire risorse finanziarie alla scuola, tanto sbandierato all'atto del suo insegnamento, che deve capitolare di fronte al reale stato delle Pag. 9finanze pubbliche, costringendolo, ancora una volta, a chiedere aiuto ai contribuenti italiani e, dall'altro, appare iniqua perché potrebbe dare luogo a forti squilibri tra gli istituti scolastici, perché ovviamente nelle zone più disagiate e periferiche il numero degli incapienti è certamente maggiore. Da qui la necessità di creare un fondo perequativo che, però, a nostro avviso, non servirà a ristabilire un equilibrio e a sanare le diseguaglianze. Questi sono in sintesi alcuni degli aspetti maggiormente critici che abbiamo rilevato nel corso dei lavori della Commissione e nel testo che è uscito dalla Commissione.
      Il nostro giudizio resta ampiamente negativo sul disegno di legge in esame e sul lavoro svolto. Ci auguriamo che, nel corso della discussione dell'Aula, possano essere accolti alcuni nostri emendamenti che potrebbero andare a migliorare questo testo, e quindi aspettiamo che i lavori dell'Aula, con gli emendamenti, abbiano inizio, per capire se, effettivamente, da parte della maggioranza, vi è una qualche minima volontà di apportare modifiche che, dal nostro punto di vista, andrebbero a migliorare un provvedimento che, sicuramente, così com’è, noi giudichiamo insoddisfacente.

      PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice di minoranza, la deputata Silvia Chimienti.

      SILVIA CHIMIENTI, Relatrice di minoranza. Grazie, Presidente. Oggi dovremmo essere finalmente qui per parlare di scuola, di una riforma epocale, come l'ha ribattezzata il Ministro Giannini. E, invece, siamo qui ad attendere le ultime istruzioni governative dei lavori per sancire una farsa, per assistere impotenti allo scempio dei regolamenti e di qualunque consuetudine democratica. Il tutto per permettere al Governo di apporre l'ennesima bandierina su un settore fondamentale per il Paese, un settore che, da domani, sarà peggiore, esattamente come il mondo del lavoro dopo il Jobs Act, come quello dell'ambiente dopo lo «sblocca Italia».
      Nel merito del disegno di legge scenderò articolo per articolo durante l'esame del provvedimento. Ora si rende doveroso per me approfittare di questa occasione per spiegare a tutti che idea abbia di ascolto e dialogo con il Parlamento questo Governo, che aveva annunciato l'emanazione di un disegno di legge e non di un decreto – cito testualmente le parole del Premier Renzi – «proprio perché l'Esecutivo vuole dare un messaggio al Parlamento e coinvolgere le opposizioni, nello spirito delle dichiarazioni del Presidente della Repubblica».
      Prima di tutto, per cominciare in bellezza, il disegno di legge è stato collegato al Documento di economia e finanza; dunque, emendamenti vagliati con estrema rigorosità e difficoltà di agire con interventi che prevedessero stanziamenti di risorse aggiuntive. Poi, il capolavoro democratico: la ghigliottina della ghigliottina. È stato imposto a tutti i gruppi di discutere appena cinque emendamenti per ogni articolo; dunque, un massimo di 90 emendamenti sugli oltre 700 che il MoVimento 5 Stelle aveva presentato in Commissione, e nessuno, ci tengo a dirlo, di natura ostruzionistica.
      Di fronte a questo oltraggio, noi abbiamo abbandonato i lavori: non potevamo assolutamente legittimare, con la nostra presenza, una procedura dittatoriale e una presa in giro che, contemporaneamente, veniva venduta da Renzi come dialogo con le opposizioni e apertura alle modifiche del disegno di legge. In Commissione, poi, si è consumato un meraviglioso spettacolo circense: ad ogni articolo arrivava, poche ore prima, l'emendamento del relatore che lo modificava, facendo decadere tutte le proposte emendative depositate dagli altri gruppi.
      E chi è il relatore ? Un membro del Governo ! Dunque, il Governo emenda il testo del Governo e si approva da solo le modifiche del Governo. Complimenti ! Evviva la dialettica democratica, evviva la partecipazione ! Infine, ultimo capolavoro di sadismo burocratico, il voto per l'approvazione in data certa. Dunque, a prescindere da cosa succede in Aula, dal Pag. 10merito delle obiezioni, dal contenuto delle nostre proposte migliorative, mercoledì prossimo calerà il sipario su questo disegno di legge. Eccolo qui il dialogo, eccolo l'ascolto: una vergognosa mistificazione !
      Questo Governo è riuscito nel capolavoro: ha reso un testo da cui era partito per dare spazio al Parlamento ancora più blindato di un decreto-legge in scadenza. Mai si era assistito, finora, a tutte queste forzature, tutte insieme, per impedire che le opposizioni potessero anche solo sfiorare il testo di un disegno di legge. Forse, però, anziché studiare di notte i più improbabili stratagemmi regolamentari per mettere il bavaglio alle opposizioni, il Governo avrebbe fatto meglio a tendere un orecchio fuori da questo palazzo, a concentrarsi su cosa è accaduto in queste ultime settimane nelle piazze. Invece non lo ha fatto: si è rinchiuso nelle segrete stanze per fingere di apportare qualche tocco di maquillage a un testo impresentabile.
      Un minimo di umiltà e di senso del pudore avrebbe imposto a chiunque di fermarsi un secondo a riflettere sulla portata eccezionale dell'ondata di proteste dello sciopero del 5 maggio. Invece nulla, perché questo Governo è allergico al dibattito, così come lo è il suo Presidente del Consiglio, che, in risposta ad una mobilitazione mai vista prima, registra un monologo di venti minuti con tanto di lavagna e gessetti. Questo disegno di legge è riuscito a compiere uno miracolo: ha riportato in piazza unitariamente l'intero mondo della scuola. C'erano proprio tutti: chi verrà assunto, chi resterà fuori, chi è già da tempo docente in ruolo, chi è in pensione, genitori, studenti, tutti.
      E tutti d'accordo, per una volta, – tutti d'accordo ! – a richiedere il ritiro immediato del disegno di legge. Di fronte a questa storica mobilitazione unitaria di un intero comparto, cadono, ad una ad una, tutte le accuse strafottenti del Governo «lo fanno solo per coltivare il loro orticello, hanno paura di essere valutati». Qui si è andati ben oltre il limite consentito, ma la scuola ha gli strumenti, le capacità critiche, per non bersi dei videomessaggi preconfezionati e delle slide ingannevoli. Noi lo potremo chiamare il disegno di legge delle menzogne, da quando lo scorso 3 settembre Renzi ha annunciato il dossier, la buona scuola è stato tutto un susseguirsi di clamorosi annunci: «assumeremo 150 mila precari», falso, sono 100 mila; «con 100 mila immissioni in ruolo realizzeremo comunque uno straordinario piano di assunzioni», falso, si stanziano soldi freschi solo per 48 mila nuovi docenti, gli altri 52 mila sono a costo zero e lo certifica la relazione illustrativa della Camera; «rafforziamo l'autonomia delle scuole», falso, si rafforza solo il potere del dirigente scolastico, perché l'autonomia c’è già e basterebbe finanziare le scuole; «vinceremo la supplentite» falso, l'anno prossimo si avranno ancora tra le 50 e le 70 mila supplenze annuali; «potenzieremo l'offerta formativa», falso, mancano le risorse. E poi ancora: «abbiamo fatto alcuni passi indietro, dopo aver ascoltato le categorie», falso, restano i super poteri al dirigente, restano fuori dal piano di assunzioni i docenti della seconda fascia della graduatoria di istituto, gli insegnanti vengono scelti dal preside e da lui devono essere riconfermati dopo tre anni, il 5 per mille continua ad andare alle singole istituzioni scolastiche, allargando inevitabilmente la forbice tra scuole di serie A e scuole di serie B; e potremmo andare avanti all'infinito.
      Dopo anni e anni di precariato una cosa ce la saremmo aspettata: che questi docenti sfiniti, logorati, ottenessero finalmente una valorizzazione e un riconoscimento per aver atteso così tanti anni in condizioni di precarietà lavorativa e psicologica, invece nemmeno questo. In cambio dell'assunzione saranno costretti a fare le riserve dei loro colleghi di ruolo, a fare i tappabuchi, a vedere limitata la loro libertà di insegnamento, nella speranza di essere confermati dal preside, e a rinunciare alla loro vera e unica vocazione: l'insegnamento su cattedra.
      Un disegno di legge del genere non era venuto in mente nemmeno alla Gelmini, che pure vantava fino ad oggi il titolo di peggiore Ministro dell'istruzione della nostra Pag. 11storia. E a noi spiace, sinceramente spiace, per i deputati del PD in Commissione cultura, ma anche per lo stesso Ministro Giannini, che sono costretti a difendere un piano assunzionale caotico ed iniquo, non basato sul fabbisogno, perché Renzi deve mettere la sua bandierina sull'esaurimento delle graduatorie ad esaurimento, e che cercano, devo dire con scarsi risultati, di trincerarsi dietro lo slogan dell'autonomia per difendere l'accentramento dei poteri nelle mani del preside. Ci spiace vedervi commissariati dal vostro leader, vedervi in affanno nel difendere provvedimenti che tutto sono tranne che fondati su quei valori che i vostri elettori vorrebbero veder rappresentati da voi dentro questo palazzi. I vostri candidati regionali, in molte regioni, si stanno fintamente dissociando da questo disegno di legge per non perdere voti alle prossime elezioni. Allora, anche da voi ci saremmo aspettati più coraggio, almeno su questo tema così cruciale per la società, dovevate puntare i piedi per terra e impedire a Renzi di realizzare la sua personale riforma della scuola, già voluta e già disegnata da Berlusconi e dal centrodestra. Allora, invito i rappresentanti del Partito Democratico a compiere un gesto, almeno uno, di rispetto e di dignità: al palazzo dei gruppi parlamentari, al terzo piano, c’è una sala intitolata a Enrico Berlinguer; domani mattina, in silenzio, rimuovete quella targa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. La ministra Giannini vuole prendere la parola ? Prendo atto che la Ministra Giannini si riserva di intervenire.

      ARTURO SCOTTO. Avremmo voluto ascoltare le parole della Ministra.

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ascani. Ne ha facoltà.

      ANNA ASCANI. Questa XVII legislatura, che piaccia o no, passerà alla storia come quella che più di tutte ha avuto al centro il tema della scuola, nonostante qualcuno oggi, ci sia venuto a parlare di procedure parlamentari perché, non essendo stato in Commissione non sa cosa è accaduto in Commissione, tra maggioranza e opposizione, noi lì abbiamo parlato di scuola.
      E abbiamo parlato di scuola perché non serve l'ennesima riforma, ma serve investire di più, investire meglio, migliorare la qualità dell'apprendimento. Cosa c’è dentro questo disegno di legge ? Perché noi lo difendiamo ? Non per difendere qualcuno, ma per difendere quello che c’è dentro.
      Prima di tutto ci sono le competenze dei ragazzi. Non più ore di una materia, non meno ore di un'altra, ma il sapere, il saper fare, il saper essere, quello che è la nostra scuola, perché una scuola non riempie secchi, ma accende fuochi. Una scuola non è il luogo dove si imparano le nozioni, è il luogo dove si apprende tutto questo. Per questo, all'articolo 2 di quel disegno di legge – che qualcuno probabilmente non ha letto –, si insiste sulle competenze linguistiche, sul digitale, sull'arte, la musica e l'educazione motoria. Si insiste sulle debolezze del sistema italiano registrate dall'OCSE Pisa, cioè sulle competenze matematiche e di italiano. Si insiste, al nuovo articolo 6, su un sistema duale. Mi scusi, intendevo all'articolo 4. Quindi, prima di tutto, le competenze dei ragazzi.
      Poi l'autonomia. L'autonomia è una cosa seria, non può essere liquidata così, come l'hanno liquidata i nostri colleghi. Non è arbitrio l'autonomia scolastica: è responsabilità. Ed è per questo che il dirigente scolastico, che fin qui purtroppo è stato un passacarte, adesso invece viene ad avere un ruolo, un ruolo per cui poi sarà valutato. Questo è un pezzo del lavoro della Commissione che, se i nostri colleghi fossero stati lì, avrebbero forse potuto conoscere un po’ meglio. La scuola non è più centrata sulle esigenze del MIUR: la scuola è centrata sulle esigenze dei ragazzi. Le disuguaglianze che oggi ci sono – perché la scuola di serie A e di serie B esiste oggi, non è un qualcosa che esisterà in futuro – dipendono da un Pag. 12centralismo sbagliato, dal centralismo delle circolari ministeriali, che noi con questo disegno di legge vogliamo superare.
      Competenze, autonomia: come realizziamo tutto ciò ? Mettendo nella scuola tutti i docenti di cui la scuola ha bisogno, cominciando da chi ne ha il requisito di diritto, perché chi sta nelle graduatorie ad esaurimento ha un titolo che è equiparato ai vincitori di concorso. Poi bandiamo un concorso, cioè permettiamo a tutti coloro che hanno un'abilitazione e che in questi anni hanno reso possibile il servizio scolastico di entrare finalmente in ruolo. E poi normalizziamo il modo in cui si entra a scuola: un nuovo modo per formare gli insegnanti e per dargli l'accesso al ruolo, da una corsa ad ostacoli ad un percorso che finalmente diventa gratificante.
      C’è chi ha usato negli anni passati la scuola come un bancomat. I tagli di 8 miliardi del Governo Gelmini-Tremonti-Berlusconi ce li ricordiamo molto bene. Noi invertiamo una tendenza perché pensiamo che la scuola sia il motore di questo Paese e che gli insegnanti siano la forza di questo Paese, nel momento in cui riconoscono questa responsabilità di mettere in moto il sistema Paese. Per questo in questo disegno di legge c’è un investimento sulla loro formazione. Sulla formazione strutturale ci sono 40 milioni, sulla formazione personale ce ne sono altri 200 e ce ne sono poi altri che riguardano una carta del docente, che serve anche a riconoscere loro il valore sociale, che per troppo tempo è stato loro sottratto.
      Quindi la valorizzazione del merito, da un lato, perché lavorare bene e lavorare male non è la stessa cosa da nessuna parte e non può esserlo neanche a scuola. Dall'altro lato, invece, un riconoscimento che si dà a tutti, in quanto, appunto, parte di questo grande motore del Paese che è la scuola. Pensiamo di avere risolto tutto ? No, pensiamo che questo fosse un intervento assolutamente necessario, pensiamo che fosse necessario invertire una tendenza, fare un investimento serio, che è chiaro, è scritto in legge di stabilità, è scritto nella norma finanziaria. È impossibile negare che noi stiamo mettendo risorse nel sistema scolastico, anche se qualcuno oggi ancora tenta di negarlo.
      Allora io concludo questa carrellata sulla scuola, chiedendo ai colleghi di restare al merito della scuola, perché è di questo che si deve parlare. È questo il merito che abbiamo avuto: riportarlo al centro del dibattito. Cito un proverbio cinese che dice: se vuoi fare un investimento per un mese o per un anno, pianta del riso; se vuoi farlo per venti anni, pianta un albero; se vuoi fare un investimento che duri un secolo, insegna qualcosa ad un uomo.
      Noi in questo tentativo di rimettere mano, di normalizzare, di investire sulla scuola, stiamo investendo sull'Italia che verrà e sentiamo tutta la responsabilità di questo nostro intervento. Ci vuole coraggio a farlo e lo sappiamo. Ci vuole coraggio, ma noi quel coraggio, il coraggio di essere realmente riformatori fino in fondo, anche quando si tratta di spiegare, anche quando si fa fatica a spiegare, lo sentiamo, lo abbiamo e non rinunceremo ad arrivare fino in fondo con il miglior testo possibile. Infatti questa Commissione ha avuto la funzione di migliorare un testo che di sicuro, di sicuro, esce diverso e esce migliore da quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Roberto Simonetti. Ne ha facoltà.

      ROBERTO SIMONETTI. Grazie, Presidente. Ministro, innanzitutto la ringrazio per la sua presenza, perché i suoi colleghi su provvedimenti altrettanto importanti, come il Ministro dell'interno, non si sono mai presentati in Aula a difendere i propri provvedimenti. Quindi, di questo le do un attestato di merito, che comunque le spetta.
      Tutto il discorso partì da questo volume. È da almeno un anno che sta girando questo volume; da che io sono ritornato in Parlamento l'ho trovato nella casella, l'ho letto con attenzione e immagino che lo abbiano letto con attenzione anche tutti gli insegnanti e tutti coloro che, a vario titolo, lavorano e si occupano del Pag. 13mondo della scuola. Si partì appunto da queste frasi molto importanti, che hanno fatto sognare – diciamo così – centinaia di migliaia di persone: «assumere tutti i docenti di cui la buona scuola ha bisogno». Assumere tutti i docenti: si parte da questi assiomi. È previsto che il 50 per cento dei nuovi docenti da assumere, essendo il restante 50 per cento riservato ai vincitori dei concorsi più recenti della scuola, venga attinto dalle GAE, quindi assumendo tutti coloro che sono nelle GAE.
      Insomma, si è dato spazio a un'ampia volontà, da parte del Governo, di dare soddisfazione a tutti coloro che lavorano nel mondo della scuola, per arrivare poi, da questo testo di cui parlavo, da queste promesse, al testo licenziato dal Governo. Io non so se era il suo testo. Le malelingue dicono che sia arrivato solo il 27 marzo, non i primi di marzo, perché il testo che lei aveva portato al Presidente Renzi probabilmente era quello di questo fascicolo, ma lui ci ha fatto avere il testo del disegno di legge atto Camera n.  2994. Per poi arrivare, oggi, a questo testo, di cui ogni pagina la metà è in neretto, il quale è dato – sì – dal lavoro parlamentare e di questo bisogna dare atto, io non dico che non si sia fatto un lavoro parlamentare, anzi il Parlamento ha svolto il suo lavoro.
      Ma bisogna capire perché il Parlamento, perché la maggioranza hanno accettato di modificare il testo che il Governo ha presentato alle Camere: non certo per motu proprio, ma certamente perché c’è stata una minoranza in Commissione che ha presentato riserve sul testo e ha presentato una serie di emendamenti che poi, di fatto, in buona parte sono stati anche recepiti – non completamente, ma sono stati recepiti, poi verrò su tale argomento – e soprattutto perché il Governo ha dovuto cedere alla propria previsione perché in piazza sono andati almeno 200, 300 mila insegnati, studenti, famiglie, genitori. E ancora oggi, per lo meno ieri c'era stato un incontro a Palazzo Chigi con le rappresentanze sindacali. Ieri il Presidente ha twittato che non chiude il dialogo. Pertanto, il testo, da questo rosa, a quello del Governo, a quello della Camera dei deputati, si modificherà ancora al Senato: un'evoluzione a 360 gradi di quella che era la prospettiva che questo Governo aveva portato in dibattito in Parlamento.
      Quindi, sostanzialmente non c’è il testo del Governo, c’è il testo del territorio, c’è il testo delle minoranze, che è fatto proprio dalla maggioranza che ne sbandiera la validità. È chiaro che gli emendamenti sono stati votati dalla maggioranza, ma non sono frutto del lavoro della maggioranza, perché non sono il frutto del Governo, sono il frutto dell'attività parlamentare e delle richieste dei sindacati e del mondo della scuola.
      Il piano assunzionale, secondo noi, è incompleto. È incompleto perché, nel piano straordinario di assunzioni, il fatto che non vengano contemplati i docenti iscritti nelle graduatorie di istituto e che il piano di assunzioni preveda solo due canali, tramite le graduatorie di merito e le GAE, discrimina fortemente chi si è abilitato dopo la chiusura delle SSIS. Avendo queste persone un titolo che conferisce l'abilitazione all'insegnamento del medesimo valore, potrebbero essere tentate di avviare dei contenziosi, costringendo il Ministero ad assumerli comunque per scorrimento di graduatoria, al fine di garantire le pari opportunità tra docenti con medesimi titoli, oppure a risarcirli.
      Il concorso a cattedra, pur riconoscendo per questi titoli e per il servizio un punteggio aggiuntivo, non riserva a chi è iscritto alle graduatorie di istituto lo stesso trattamento rispetto a chi è iscritto nelle GAE e nelle graduatorie di merito. Noi abbiamo presentato degli emendamenti in Aula. Vedremo poi, durante il dibattito d'Aula, quale sarà la posizione del Governo.
      E sul tema delle assunzioni, qui si parlava di 155 mila. In Commissione, mi si è detto: no, non è vero, sono 100 mila. Io qui, invece, leggo 155 mila. Il fatto è che, adesso, nel testo che è stato dato in distribuzione per il dibattito, si dice che tutto il personale docente di fatto serviva e serve. Altrimenti, infatti, non riesco a Pag. 14capire cosa significa se tutti coloro che a oggi hanno lavorato nel mondo della scuola domani devono andare a concorso. Se si tiene lo stesso numero, non capisco perché li si debba mandare a concorso e non li si assuma perché tanto di fatto si possono utilizzare quelle graduatorie e di fatto si possono assumere senza far pagare loro anche i diritti di segreteria; se, invece, il numero messo a bando sarà minore, significa che fino ad ora questi sono stati pagati per non fare niente; o una o l'altra, quindi, questo è un dato soggettivo. Io non credo che siano stati pagati per non fare nulla e non credo neanche, però si può pensare male, che ci sia la volontà solo di prendere i diritti di segreteria per far pagare loro l'esame e per farli continuare a lavorare su un posto di lavoro che hanno già avuto, alcuni anche da più di 36 mesi e alcuni anche da anni. Secondo me, si sarebbe potuto utilizzare questo metodo del triplo canale in modo tale da non fare il concorso e da farli assumere visto che attualmente di fatto lavorano.
      Tra l'altro, il piano di mobilità straordinaria previsto dalla nuova bozza del disegno di legge per l'anno scolastico 2016-2017, si potrebbe attuare, a nostro avviso, già dal 2015-2016. Posticipando il tutto, pur dando la precedenza a chi è già assunto a tempo indeterminato dal 1o settembre 2014 rispetto a chi verrà assunto al 1o settembre 2015, si costringe chi ha un contratto a tempo indeterminato, stipulato prima dell'entrata in vigore della riforma Giannini, ad essere iscritto negli albi regionali e, quindi, a rinunciare necessariamente alla titolarità presso la scuola in cui sarebbe potuto essere trasferito dall'anno scolastico 2015-2016, senza, dunque, essere iscritto negli albi regionali. Essere iscritti negli albi regionali mette i docenti nella condizione di dover temere, allo scadere di ogni triennio, uno spostamento non richiesto, ma i contratti di assunzione a tempo indeterminato stipulati prima della riforma Giannini non prevedevano questo tipo di trattamento. Anche questo potrebbe essere fonte di contenzioso.
      Guardate, oltre a tutto il percorso delle assunzioni, vi è anche tutta la parte legata alle modifiche che sono state apportate in Commissione. Infatti, il testo iniziale prevedeva una concretizzazione dell'autonomia scolastica che non passava attraverso una vera autonomia, ma passava squisitamente attraverso il potenziamento delle prerogative del dirigente scolastico che diventava sostanzialmente una figura simile a un prefetto o a un podestà, di collegamento diretto più con il Ministero, più con la parte centrale della burocrazia statale, rispetto alle reali esigenze del territorio cui lui doveva andare a rispondere. Di fatto, questo è stato modificato. E ciò lo dico perché prima la valutazione a cui era soggetto il dirigente scolastico era quella del Ministero. È chiaro che il dirigente scolastico, avendo il diritto-dovere di redigere il piano di offerta formativa e il diritto-dovere di scegliersi i professori, andava a costruire tutto questo a sua immagine e somiglianza senza avere l'obbligo, né, talvolta, la voglia e il desiderio, di soddisfare le esigenze delle periferie, degli enti locali e dei territori, ma aveva l'obbligo morale suo e, ovviamente, la sua esigenza personale di rispondere a quello che gli chiedeva il Ministero, la parte centrale, appunto la burocrazia statale. Quindi, rispondeva di più alle esigenze centrali come un prefetto rispetto alle esigenze territoriali. Mi sembrava un po’ come quei prefetti che devono ricevere tutti gli immigrati e tutti i profughi e che dicono: vabbè, me li mandate a Roma e io ve li do ai sindaci e aggiustatevi. Insomma, mi sembrava un po’ un passacarte di questo tipo. Invece, il dibattito parlamentare, che è emerso anche e soprattutto da numerosi emendamenti che noi abbiamo sottoscritto e rivendicato, porta ad avere, sì la facoltà poi di scegliersi i professori, ma, di fatto, il piano d'offerta formativa viene ad essere votato dal consiglio di istituto, sentite anche le rappresentanze e sentiti gli enti locali perché poi i sindaci di fatto, come io ho detto durante il dibattito in Commissione, sono quelli che pagano il POF; lo pagano in termini di manutenzioni Pag. 15degli edifici, in termini di strutture, in termini di azioni di supporto all'attività scolastica.
      Quindi, il dirigente deve essere autonomo, deve avere una sua peculiarità di movimento, delle peculiarità di azione propria, ma deve essere certamente collegato, anche perché il Piano dell'offerta formativa deve essere collegato al territorio, in modo tale da formare studenti e alunni che non necessariamente devono diventare tutti dipendenti pubblici, non necessariamente devono diventare tutti professori assunti dallo Stato, ma, certamente, la maggior parte di questi dovrà trovare lavoro, e speriamo che lo possano trovare nell'ambito del loro territorio di residenza.
      La delega è un altro problema che è nato, e che comunque vi è ancora: il testo del disegno di legge del Governo inizialmente doveva essere un decreto; poi, ovviamente, non è riuscito nell'operazione di rendere tale prospettiva concreta e, quindi, Renzi pensò di fare un disegno di legge in cui, sostanzialmente, nella parte descrittiva, vi erano i due articoli più importanti, cioè il 7 e l'8 – quello relativo all'autonomia, alla pseudoautonomia, e quello relativo al piano assunzionale – e, poi, tutto il resto lo aveva inserito nella delega, a cui pensava, poi, di dover ottemperare successivamente in solitaria, come è suo stile fare. Fortunatamente, la delega è stata asciugata, ma è ancora molto corposa e questo, di fatto, si può quasi considerare un decreto-legge indiretto, nel senso che il Parlamento gli dà ampia facoltà di intervenire anche su tutte le parti che, poi, sono state oggetto di dibattito, di votazione e di modifica parlamentare.
      Per quanto riguarda quello che dicevo prima sul collegamento fra il mondo della scuola e il mondo del lavoro, buona la parte legata al coinvolgimento della parte imprenditoriale nei percorsi formativi. Un appunto che io chiedo al Parlamento di rivedere è la quota minima per la costituzione degli Istituti tecnici superiori, gli ITS. I 100 mila euro, per esperienza personale, potrebbero inficiare la realizzazione e la concretizzazione di nuove fondazioni. E questo ve lo dico per esperienza personale, perché, nel mio territorio, quando ero presidente della provincia, ho dovuto, innanzitutto, litigare con il territorio per riuscire a convincerli della bontà della concretizzazione e della formazione di questi ITS. La seconda partita era quella di riuscire a trovare i fondi, che, ovviamente, sono messi da parte di chi diventerà socio di questa fondazione e che vengono tolti dalle casse dei rispettivi soci e messi in stand-by a garantire la funzionalità degli ITS, cosicché ci possa essere il riconoscimento attraverso la prefettura.
      I 100 mila euro significano che nessuno riuscirà ad arrivare a tale quota, perché adesso gli enti locali non hanno più fondi a disposizione da tenere in stand-by e, pertanto, se abbassate – come noi abbiamo previsto negli emendamenti – questa quota, molto probabilmente, maggiori fondazioni ITS si potranno costituire con tutto ciò che di benevolo questo porta.
      Sulla formazione dei professori, noi abbiamo proposto degli emendamenti – che non sono stati accolti e vedremo durante il dibattito parlamentare se verranno accolti – per dare qualcosa di maggiore concretezza agli stessi. Infatti, si dice al professore che ha 500 euro l'anno per poter andare anche ad assistere a delle mostre o a vedersi dei film al cinema: capisco che c’è tutto un mondo culturale legato a questi fattori, ma si dovrebbe dare loro la possibilità di frequentare dei corsi formativi a punteggio come fanno tutti gli ordini professionali di questo Paese. Io sono libero professionista geometra e per poter continuare ad essere iscritto devo frequentare dei corsi di formazione – per il dottore commercialista è lo stesso – che vengono certificati dalla presenza. Volerli aiutare attraverso il pagamento di queste ore, attraverso il pagamento delle spese che possono avere per accedere e frequentare questi corsi di formazione, secondo me, diventerebbe un fattore più professionale, più meritevole, rispetto a quello di dare loro 500 euro affinché possano comprarsi i biglietti del cinema o assistere a mostre museali. Pag. 16
      Io mi fermo qui, non so neanche quanto tempo abbia ancora a disposizione. Prima, giustamente, l'onorevole Ascani ha utilizzato un proverbio cinese: io volevo andare a chiudere con un'altra massima cinese, non è un proverbio, ma è un pensiero, se non sbaglio, di Mao Tse-tung, che dice che chi vuole attraversare un fiume deve dotarsi di ponti e, se non hai il ponte, non pensare ad attraversare il fiume. Mi sa che qui non ci sono ancora i ponti, se il dibattito a Palazzo Chigi è ancora in corso con le sigle sindacali. Quindi, prima di cercare di attraversare il fiume qui in Parlamento, capiamo se ci sono o non ci sono i ponti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie – Lega dei Popoli – Noi con Salvini).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Rosanna Scopelliti. Ne ha facoltà.

      ROSANNA SCOPELLITI. Presidente, signora Ministro, da molti anni il Paese attendeva la riforma del nostro sistema scolastico, una riforma che lo avesse messo al passo con i tempi, un'operazione di aggiornamento che avesse consentito a questo fondamentale settore della nostra società di affrontare adeguatamente le grandi questioni poste da una democrazia moderna ed in costante evoluzione. Il Governo, con il provvedimento oggi al nostro esame, ha inteso rispondere a tale ineludibile esigenza, e lo ha fatto, evitando il dannoso ricorso a qualsiasi criterio ideologico, assicurando, invece, il massimo spazio al merito, alla didattica, all'autonomia, all'alternanza scuola-lavoro, all'equità sociale, e rispondendo, infine, all'avvertita necessità di un'ampia pluralità formativa. La qualità del servizio educativo, infatti, deve essere il solo criterio di valutazione di una «buona scuola»: scuole pubbliche statali e pubbliche paritarie non devono contrapporsi ma collaborare, nel contesto di una leale e proficua competizione che avvantaggi la qualità dell'offerta formativa e che vada incontro agli studenti e alle famiglie.
      Nell'attuare questo tipo di programma, sicuramente ambizioso quanto necessario, il Governo, checché se ne dica, ha proceduto attraverso il confronto e l'ascolto di chi vive e frequenta la scuola ogni giorno: studenti, docenti, dirigenti scolastici, personale d'istituto. Il risultato di questo lavoro è dunque una riforma che non è stata calata dall'alto ma che, invece, ha usufruito del contributo di tutti gli attori in campo e che si esprime in un testo equilibrato ed adeguato alle esigenze di una scuola che aveva perso il treno del cambiamento per tanti e troppi anni. Il gruppo di Area Popolare valuta positivamente il testo così come licenziato dai lavori di Commissione. Proprio grazie all'approvazione di nostri emendamenti, il testo al nostro esame riconosce, a distanza di settant'anni, la libertà di scelta educativa. Le famiglie dei giovani che frequentano le scuole superiori paritarie avranno infatti diritto ad una detrazione fino a 400 euro di retta l'anno, con un risparmio fiscale di 80 euro a figlio. Sempre a seguito dell'approvazione di un altro nostro emendamento, le scuole statali dell'infanzia e le elementari potranno restare aperte, a richiesta delle famiglie, nei mesi di giugno e luglio, come nei centri estivi, perché la scuola, in fondo, appartiene ai cittadini. Di grande significato l'ulteriore aggiunta di un fondo di 50 milioni per il 5 per mille destinato alle scuole. Di concerto con il Governo, ci siamo poi impegnati su un punto centrale della riforma, attribuendo un ruolo essenziale al preside contro chi intendeva svilirne la funzione; elemento, quest'ultimo, essenziale per assegnare al merito e alla valutazione obiettiva un valore importante nel contesto della gestione del sistema educativo. Uno dei punti qualificanti della riforma riguarda poi il raggiungimento di alti livelli qualitativi. Proprio per pervenire a tale risultato, crediamo fermamente nella necessità di un meccanismo di competizione che, superando gli schemi di standard uniformi e burocraticamente imposti, liberi le qualità, l'impegno, le volontà di quanti operano a diverso titolo nel settore scolastico. In questo quadro, assume particolare significato l'assunzione di 100.700 precari ed il fatto che per i docenti non ci saranno più Pag. 17tempi di attesa: con un concorso nel 2016, infatti, verrà reso stabile un lavoro che è essenziale per la nostra società. Passando in termini più specifici al testo di cui stiamo discutendo, desideriamo sottolineare come il disegno di legge al nostro esame intenda disciplinare l'autonomia delle istituzioni scolastiche, dotando le scuote delle necessarie risorse umane e finanziarie e degli strumenti necessari a realizzare le proprie scelte organizzative e formative. Infatti, le disposizioni previste dal provvedimento sono volte a valorizzare l'autonomia dei singoli istituti, attraverso un uso ottimale delle risorse, delle strutture, anche con l'introduzione di tecnologie innovative. Infatti, le disposizioni previste si occuperanno fondamentalmente anche di questo. Una particolare importanza è poi dedicata alla figura del dirigente scolastico, a cui viene assegnata una maggiore autonomia, soprattutto nella scelta dei docenti. Per svolgere al meglio tale compito, infatti, è necessario attribuirgli responsabilità e valutazioni, perché, insieme al collegio dei docenti ed al consiglio d'istituto, possa decidere ed effettuare le scelte migliori e più opportune nell'ambito del piano triennale dell'offerta formativa. Non un «preside sceriffo», come molti erroneamente hanno definito, ma un dirigente che sia responsabile e consapevole del proprio importante ruolo, che gli consentirà di scegliere un docente sulla base dei curricula a disposizione e dell'esperienza professionale maturata nel corso degli anni. Quindi, sceglierà chiunque considererà più indicato a lavorare in un determinato tipo di scuola, che, tra l'altro, mi sembra lecito, a questo punto.
      Per la prima volta il merito entrerà in pianta stabile nel sistema educativo: ed è per questo motivo che si è deciso di impiegare ben 200 milioni di euro come premio ai docenti che dimostreranno di lavorare al meglio delle proprie possibilità. Ma la scuola non può e non deve favorire esclusivamente la teoria a discapito della pratica: uno dei maggiori problemi degli studenti, alla fine dei propri percorsi formativi, è quello di ritrovarsi del tutto carenti di pratica una volta entrati nel mondo del lavoro. Il provvedimento introduce, pertanto, una previsione di durata minima dei percorsi di alternanza scuola-lavoro negli ultimi tre anni di scuola secondaria di secondo grado. Prevede, inoltre, la possibilità di stipulare convenzioni anche con gli ordini professionali, disponendo che l'alternanza possa essere svolta, durante la sospensione delle attività didattiche, anche all'estero. L'obiettivo del Governo, alla fine, è proprio questo: permettere ai ragazzi, in particolare agli studenti degli istituti tecnici e professionali, di acquisire già al termine della loro carriera scolastica i principi fondamentali di pratica che consentano loro di affrontare non da sprovveduti un contesto lavorativo sempre più esigente, competitivo e globalizzato.
      Un ulteriore tratto innovativo che emerge dal disegno di legge al nostro esame, è sicuramente quello relativo alla libertà di scelta educativa delle famiglie, ne abbiamo parlato prima ricordando le paritarie. Il sistema delle scuole paritarie, infatti, entra oggi a pieno titolo nel Sistema nazionale di valutazione, previsto fin dal 2013. È, questo, un segnale decisamente positivo perché gli istituti statali e non statali costituiscono due facce della stessa medaglia e appartengono al sistema scolastico nazionale senza differenziazioni.
      Parliamo di una rivoluzione culturale che l'Italia aspettava da sempre, che finora non era mai riuscita ad ottenere e che, grazie anche al nostro impegno, è stata finalmente realizzata.
      Il provvedimento al nostro esame autorizza poi il Ministero dell'istruzione ad attuare, per l'anno scolastico 2015-2016, un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente, rivolto ai vincitori del concorso del 2012 ed agli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, che determinerà per il medesimo anno scolastico, l'attribuzione di un incarico annuale. Inoltre, durante l'esame in Commissione, è stata approvata una norma che prevede l'assunzione a tempo indeterminato, con decorrenza settembre 2016, degli idonei del concorso del 2012, nel limite dei posti vacanti e disponibili.Pag. 18
      È prevista, altresì, l'indizione entro il primo ottobre 2015 di un concorso per titoli di esami per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente, con previsione di attribuzione di un maggior punteggio, per alcune categorie di docenti.
      Successivamente, il reclutamento dei docenti, anche se a me non piace chiamarlo in questo modo, avverrà mediante concorsi pubblici, come stabilito dall'articolo 97 della Costituzione.
      Riassumendo, la riforma della «Buona Scuola» si ispira a criteri necessari se davvero vogliamo un sistema educativo al passo con i tempi: mi riferisco all'integrazione tra apprendimento teorico e pratico, all'orientamento delle attività scolastiche a risultati verificabili, alla valutazione delle scuole e dei docenti, al potere organizzativo dei dirigenti scolastici, all'inserimento nell'organico dei docenti effettivamente necessari che hanno maturato il relativo diritto, oltre alla piena libertà delle scelte educative.
      Una riforma, dunque equilibrata e al passo con i tempi, che finalmente supera ogni criterio ideologico e dà spazio al merito ed alla didattica. Una riforma coraggiosa di cui si sentiva il bisogno da svariati anni e alla quale Area Popolare ha dato il suo contributo nella convinzione che rappresenti un salto di qualità rispetto al passato ed una base solida per il futuro del sistema scolastico (Applausi dei deputati dei gruppi Area Popolare (NCD-UDC) e Partito Democratico).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giancarlo Giordano. Ne ha facoltà.

      GIANCARLO GIORDANO. Grazie, signora Presidente. Sembra di essere atterrati direttamente in «Alice nel paese delle meraviglie», ascoltando alcuni degli interventi svolti sinora, mentre questa più che una discussione legata ad alcune favole, come ascoltato, è una discussione che avrebbe meritato ben altra attenzione e ben altri tempi da parte di questo Parlamento. È di fatto una discussione di rango costituzionale, in alcuni passaggi ridotta ad una discussione interna a qualche sezione di qualche partito. Francamente, cose che hanno ferito anche la dignità di organismi costituzionali, come le Commissioni che hanno avuto l'onere dell'analisi.
      Spero che non si debba ritornare a leggere gli articoli 3, 33 e 34 della Costituzione.
      Anche se debbo dire le distanze si accentuano da parte di chi fino a ieri, rispetto alle parole che ho ascoltato nell'ultimo intervento, parole coerenti e sincere, non sente più la distanza, la cifra culturale, la diversità. Scuole private elevate a obiettivo raggiunto, da premiare. Ricordate quel «senza oneri per lo Stato» ? È ancora scritto lì, in quella Carta che tutti citiamo e che pochi di noi continuano a difendere con coerenza.
      Ricordate la libertà di insegnamento ? Il diritto allo studio ? L'eguaglianza ? Concetti enormi che i padri costituenti hanno scolpito nella nostra Carta e che, secondo noi, oggi sono sotto attacco. Serviva più tempo, serviva maggiore applicazione ad un testo che è arrivato pasticciato e monco ed il lavoro fatto in Commissione, prevalentemente addirittura di natura correttiva, grammaticale oserei dire (prevalentemente questo), non è nemmeno lontano parente del testo che avete sottoposto a quella strana forma di partecipazione che vi siete inventati via Internet come se il confronto fosse legato ad un tweet piuttosto che ad un click. Onestamente, quella è stata la prima offesa al mondo della scuola che vi ha risposto, riempiendo piazze e svuotando un meccanismo che lo ha escluso di fatto da una partecipazione vera.
      Serviva più tempo al Parlamento, lo dico alla relatrice: voi andate di corsa e di proverbi ne sono stati detti tanti, quindi non dirò quello dei gattini ciechi. Tuttavia, è evidente che, se si corre, lo si fa a discapito della qualità delle riforme che si fanno. Perché si corre ? E andiamo al merito. Si corre perché ci sono da fare le assunzioni. Dite la verità, questo è il tema, un tema vero, giusto, che noi vi abbiamo suggerito di risolvere in altro modo rispetto a come avete scelto voi. Vi abbiamo Pag. 19proposto di dividere il piano assunzionale per dare una risposta ai precari e anche una boccata di ossigeno ad una scuola che ne ha molto bisogno, ma vi abbiamo detto, dividetelo dal piano della riforma vera e propria, quella del pensiero lungo, delle scelte di fondo che hanno bisogno di più tempo, di più attenzione e anche di più prudenza nel formarsi in termini di decisione. Invece no, l'una cosa deve tirare l'altra perché – diciamoci la verità – voi le scelte di fondo le avete fatte e riempite le piazze contro di voi perché anche quei 100 mila (come ormai è stato detto e i numeri rotondi in questo Stato non esistono: 50 mila sul turn over e 50 mila di nuove assunzioni) sono scesi in piazza contro un modello di scuola gerarchico e autoritario, perché è in quella scuola che entreranno, diversi da chi ci sta già dentro.
      Vi abbiamo chiesto: fermatevi e stralciate il piano assunzionale, programmiamo un piano pluriennale di assunzione, facciamo questo con un decreto e il resto con il tempo che ci serve per applicare tutte le nostre qualità riformatrici ad un settore e vorrei dire al corpo vivo dello Stato, addirittura, a quella che per anni per la sinistra è stata l'impalcatura della democrazia in questo Paese. Invece no, si è passati per finzioni, per finte aperture e si passa anche per il mancato ascolto di un Governo, assente in questo momento. Spero che la Ministra possa essere...

      PRESIDENTE. Sì, Ministra, prego.

      GIANCARLO GIORDANO. ...possa essere coadiuvata da qualche sottosegretario...

      ARTURO SCOTTO. Almeno un sottosegretario !

      PRESIDENTE. Sì.

      GIANCARLO GIORDANO. Spero che possa essere coadiuvata da qualche sottosegretario troppo zelante...

      FILIBERTO ZARATTI. Venga la Ministra Boschi, visto che si occupa di tutto (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico)... noi siamo sempre educati, voi siete maleducati !

      PRESIDENTE. Scusate, colleghi, però non così. Allora, prego, continui l'intervento.

      FILIBERTO ZARATTI. Ci si passa sotto e ci si insulta !

      GIANCARLO GIORDANO. Ci sto provando. Spero che il Ministro possa essere coadiuvato in questi lavori da qualche sottosegretario troppo zelante nello scrivere tweet e meno applicato al lavoro da fare (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
      Voi non avete cambiato nulla, presa la decisione principale, quella che le cose dovevano andare insieme avanti, siete stati cocciuti nell'andare avanti, avete fatto qualche finta riunione, qualche finto cambiamento e avete di fatto – e lo fate ancora, perché vi interessa il potere e vi interessa il consenso – promesso cose che non manterrete, cioè un confronto aperto e vero, perché un confronto aperto e vero non si fa in dieci giorni con il mondo della scuola e non si fa né sulla sede di un partito né attraverso i video un po’ pagliacceschi di Renzi o di qualche senatore, si fa a viso a viso, nel merito, come dite voi, questa parola magica che risolve tutto nel vostro provvedimento. E nel merito vediamo, già si è parlato del caporalato scolastico, quello per cui un dirigente sceglie: tu sì, tu no, tu mi piaci, forse no, vediamo il curriculum, forse quel mio amico ha un curriculum che ha un titolo di meno però in fin dei conti è amico mio e può andar bene lo stesso. Questo meccanismo, cioè il ruolo del dirigente scolastico, voi l'avete fatto con un'idea in mente, con una precisa idea, che è quella – secondo me sbagliata – che il corpo docente della nostra scuola sia assolutamente contrario o allergico, diciamo così, alla valutazione. Intanto già la fa, la subisce, la esercita, ma c’è un'idea vendicativa Pag. 20dietro questa convinzione, un'idea che si fa convinzione che si fa controriforma, quella che c’è un corpo docente che deve essere assoggettato al potere autoritario di un preside perché sennò non lavora. Scusate ma fino ad oggi la scuola come si è tenuta in piedi ? Prima riflessione. Seconda riflessione, voi dite: vogliamo investire nell'autonomia scolastica. Dell'autonomia scolastica ovviamente fa parte anche la libertà di insegnamento e fa parte anche la capacità dei docenti di esercitare diritti negli organi collegiali. Ora ditelo voi a me perché probabilmente io non ci arrivo, ma se un dirigente scolastico può scegliere e sceglie, ma non solo può scegliere, può premiare e premia chi dice lui, può punire e punisce chi dice lui, può trasferire dopo tre anni perché non ti riprende, gli organi collegiali l'autonomia dove l'hanno lasciata nel frattempo ? Chi, sottoposto ad un rapporto di subordinazione può scegliere veramente ? E un docente che dopo tre anni può essere mandato dovrà spiegare il perché al preside che lo dovrà prescegliere. Vedremo quante ne accadranno. Guardate poi c’è un'altra spia del cedimento culturale che fa abbastanza impressione in questo provvedimento ed è la vicenda del 5 per mille, cedimento culturale pieno perché è evidente che voi intanto utilizzate le risorse della scuola per finanziarla e per cercare di non metterla in competizione con le ONLUS, quindi sottraete allo Stato risorse per farle gestire ai privati e dire le può mandare lì, lì e lì, dopodiché si introduce – non perché è una misura di basso impatto economico ovviamente – quell'elemento che voi testardamente volete introdurre in questa riforma, cioè un elemento di sperequazione e competizione, come ci ha suggerito la collega Scopelliti, che deve diventare l'orizzonte della nuova scuola renziana.
      Tutto questo lo fate senza ascoltare le centinaia di migliaia di «squadristi inconsapevoli», perché chi non è d'accordo con voi, o lo è perché non ha letto o lo è perché non ha capito (guardate un po’).

      PRESIDENTE. La prego di concludere.

      GIANCARLO GIORDANO. O perché non ha letto o perché non ha capito. Io – e concludo, chiedendo scusa alla Presidenza – vorrei farvi una domanda, perché una cosa non l'ho capita nemmeno io e ve la pongo così, con grande sincerità, la pongo al Partito Democratico perché noi ci siamo candidati insieme, scrivendo altre cose sulla scuola: ci spiegate, per piacere, come ci si sente ad essere del PD e a fare la riforma della scuola della destra (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) ?

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Milena Santerini. Ne ha facoltà.

      MILENA SANTERINI. Grazie, signora Presidente. Signora Ministro, colleghi, l'iter del disegno di legge è stato molto tortuoso, lo sappiamo. A settembre, un documento di linee guida piuttosto ampio, con molti obiettivi, forse troppi, che comunque aveva dichiaratamente al centro le assunzioni, un grande piano di stabilizzazione dei precari; a marzo, un disegno di legge che sembrava aprire, in vari momenti, la prospettiva di uno stralcio del decreto, come era stato poi chiesto dai sindacati fino a pochi giorni fa, ma è stato poi condotto a termine in tappe serrate in Commissione. È chiaro che questo disegno di legge sconta la difficoltà di ridisegnare la scuola attraverso obiettivi che hanno avuto un'evoluzione.
      Il lavoro in VII Commissione, a mio parere, è stato molto positivo. Perché ? Perché sono stati accolti vari emendamenti, almeno nello spirito di quelli che erano fatti dalle diverse forze politiche, certo sempre riformulati dalla relatrice e questo ha generato sintesi in alcuni casi valide, anche se si è avuta naturalmente l'impressione, ma non è la prima volta, che il provvedimento volesse assorbire e fondere gli apporti dei parlamentari ma, allo stesso tempo, attutirne la portata migliorativa.
      Non saremo noi certamente a rivendicare un protagonismo politico se, comunque, si è ottenuto di modificare il provvedimento. Vorrei fare soltanto un esempio: Pag. 21l'articolo 1, che a oggi è profondamente modificato rispetto all'introduzione, diciamo alla cornice del testo precedente. Oggi accoglie parole chiave come «competenze», «dispersione», disuguaglianze”. Certo, ci chiediamo: i restanti articoli sono fedeli a questi principi ? La mia risposta è: gli effetti li verificheremo col tempo, se riusciremo davvero a coordinare queste politiche scolastiche con quello che l'esperienza delle scuole, l'esperienze delle ricerche, a livello nazionale e internazionale, ci dicono e che noi non utilizziamo abbastanza.
      Quindi, abbiamo dato fiducia al metodo di lavoro in Commissione, soprattutto anche dopo la sollevazione popolare del mondo della scuola, che aveva atteso fino al 5 maggio. Lo sciopero massiccio di quel giorno segna una svolta: certamente la sconfitta della tradizionale contrattazione. Forse, qualcuno ha detto, riporta il primato della politica nella definizione dello status professionale ed economico degli insegnanti perché, sappiamo, viene chiesto il rinnovo del contratto, maggiori fondi, anziché questo tipo di misure che il Governo ha proposto.
      È stata chiesta, però, giustamente anche maggiore collegialità. Certo, forse si nasconde dietro ad alcuni slogan un timore della valutazione, della chiamata diretta, del giudizio, che ci riporta a vecchie patologie della scuola italiana, per cui alcune richieste della piazza sono motivate, molte altre confuse e, in particolare, ci si chiede se non ci sia il timore della valutazione, dietro questa frustrazione espressa dalla piazza.
      Il boicottaggio delle prove Invalsi è un segnale molto preoccupante, rivela il timore della valutazione tout court e mi sorprende che un'opposizione responsabile possa appoggiare questo tipo di veteroconservatorismo. Certo, d'altra parte, sarebbe imprudente sottovalutare il disagio di studenti e insegnanti, che hanno protestato certamente senza tener conto delle modifiche fatte in Commissione, ma che spesso hanno manifestato non solo per quello che nel disegno di legge c’è, ma per quello che nel disegno di legge non c’è. In realtà, noi lo sappiamo, una riforma vera e propria con la «R» maiuscola, ammesso che sia possibile in un organismo complesso e invecchiato come quello della scuola italiana, una riforma se vogliamo chiamarla così, nel senso pieno del termine, avrebbe dovuto avere al centro un concetto, cioè quella che viene chiamata la ragione sociale della scuola: l'apprendimento, niente altro che l'apprendimento, cioè l'innalzamento delle competenze degli studenti, il superamento delle diseguaglianze tra le scuole e, naturalmente, il contrasto a quella gravissima patologia del sistema italiano che è la dispersione. Come sappiamo bene, avendo promosso un'indagine conoscitiva in VII Commissione: più del 17 per cento, se prendiamo in considerazione i ragazzi che tra i quindici e i diciannove anni non sono né a scuola né al lavoro, molti di più in alcune regioni, quasi fino al 28-29 per cento, se calcoliamo la differenza tra chi si iscrive al primo anno della secondaria e chi la termina. Quasi tre milioni di ragazzi negli ultimi quindici anni non sono mai arrivati al diploma. Io vorrei dire che la dispersione non è una forma di disagio individuale, come purtroppo è stato inserito nel disegno di legge, accanto al bullismo. Non è una forma di disagio da trattare; è una disfunzione strutturale del sistema scolastico italiano, non è una colpa del singolo studente e, quindi, va affrontata in modo deciso, forse a partire da questo disegno di legge, forse non abbastanza ancora in questo. Allora, avrei concentrato, avremmo potuto forse di più concentrare, l'attenzione, per esempio, su un punto, che non si pensi essere un punto sessantottino o da nostalgici di Don Milani. Vi faccio l'esempio di un emendamento che, purtroppo, non è stato approvato, cioè quello di sperimentare, ad esempio, nel primo biennio – sperimentare, quindi non applicare in tutto il territorio nazionale – una possibilità di valutare di limitare la non ammissione all'anno successivo. Limitare le bocciature. Lo dice un veteroconservatore sessantottino ? No. Sapete chi lo dice ? È la prima raccomandazione del rapporto dell'OCSE 2012 su equità e qualità in educazione, che Pag. 22chiede assolutamente di, letteralmente, eliminare le ripetenze, in nome dei costi economici e sociali che l'abbandono e le ripetenze comportano. È un esempio per dire da dove dobbiamo partire: dall'apprendimento, dalle competenze, dalle disuguaglianze, dai ragazzi che la scuola perde. Abbiamo, però, centrato l'attenzione sull'autonomia. Va benissimo. Anzi, scusate, concludo il discorso sulla dispersione, facendo un altro esempio, quello sull'apprendistato, che ho dimenticato, che è stato giustamente soppresso, come diceva la relatrice prima, in nome del diritto all'istruzione. Cioè un apprendistato così, tra l'altro non armonizzato sufficientemente con le norme del Jobs Act, avrebbe portato ad una precoce espulsione dal mondo dell'istruzione e dalla scuola. Quindi, noi vogliamo più lavoro nella scuola, non lavoro al posto dell'istruzione o al posto della scuola. E questa è stata sicuramente una delle modifiche migliorative del disegno di legge. Ma dicevo che al centro adesso abbiamo l'autonomia. Quale autonomia ? Chiediamocelo. Io vedo qui degli insegnanti. L'autonomia – si diceva – viene da lontano, è un itinerario che viene dagli anni Novanta, ha avuto diverse tappe, non le sottolineo, ma vorrei dire che di autonomia abbiamo varie visioni. La prima è quella che appunto negli anni Novanta è nata come una nuova cultura amministrativa, sostanzialmente decentrata, del decentramento funzionale.
      Qui abbiamo un esempio nel Ministero Berlinguer e capisco che qui, per esempio, il mondo delle paritarie lo veda favorevolmente, senza anatemi da parte dell'opposizione, perché è un primo passo verso un sistema nazionale di istruzione che preveda una libertà di insegnamento e di educazione.
      Ma questa cultura amministrativa, diciamo più decentrata, che, ripeto, come è stato detto, ha 20 anni, ormai ha più di 15 anni, non basterebbe, se non avessimo un'altra visione dell'autonomia, che è altrettanto importante e forse più importante, che è l'autonomia come innovazione, cioè quella componente culturale delle scuole, delle sperimentazioni, delle innovazioni spontanee, dei progetti, del curriculum, che oggi rende ancora buona la scuola italiana; già buona, cerchiamo di non peggiorarne la qualità, già buona, perché questa cultura dell'innovazione è la migliore cultura dell'autonomia.
      Ma, allora, dico, l'autonomia si accompagna a valutazione. Quando il sistema era centralista, che bisogno c'era di valutazione ? Non avremmo potuto dare responsabilità ai dirigenti o agli insegnanti, se tutto era deciso dal MIUR. Ma l'autonomia dovrà accompagnarsi, come faccia della stessa medaglia, alla valutazione, cioè dobbiamo dare più libertà alle scuole, dobbiamo valutare studenti, insegnanti e le scuole stesse. In questo senso, bene che si avvii il processo di autovalutazione, che, peraltro, era stato avviato già da Profumo, bene valutare, bene dare autonomia, ma dare autonomia per una rendicontazione sociale degli esiti; altrimenti, l'autonomia, da sola, non basterebbe.
      In questo senso, noi abbiamo chiesto, per esempio, più ispettori; non ispettori vecchio stile, ma ispettori come quelli che accompagnano il cambiamento, che si affiancano agli insegnanti a scuola. E, naturalmente, vogliamo, però, segnalare un problema, un pericolo dell'autonomia: quello di aumentare la disuguaglianza tra le scuole.
      Ritengo che uno dei più grandi problemi in Italia sia l'Italia a due velocità, nord e sud, ma anche tra le regioni, ma anche dentro le stesse regioni, ma anche dentro le stesse città, vi sono scuole profondamente diverse. Se noi crediamo o, almeno, teniamo in considerazione un pochino la ricerca, questa, a livello nazionale e internazionale, ci parla, ad esempio, dell’«effetto istituto» e ci dice che ha un'enorme incidenza sul rendimento. Stare in uno stabilimento di serie A o di serie B non è la stessa cosa, per quello che viene percepito essere di serie A o di serie B.
      La domanda che ci dobbiamo fare, che faccio a tutti noi, è: questo tipo di misure, che oggi approviamo, come andrà a migliorare o a peggiorare questo aspetto ? Qui dovremo lavorare molto seriamente, Pag. 23perché l'autonomia è libertà, l'autonomia è responsabilità, ma l'autonomia potrebbe essere, ahimè, approfondimento dei solchi tra le differenze già esistenti. In questo senso, trovo anche questo un aspetto su cui lavorare in futuro. Certamente, mi opporrei a togliere gli incentivi al merito dei docenti, perché, invece, è una piccola grande leva. Qualcuno ha proposto: togliamo gli incentivi ai docenti e diamoli alle scuole del sud. Ritengo che più fondi alle scuole del sud debbano essere dati per gli studenti e per le scuole, non per gli insegnanti.
      Perché lo dico ? Lo dico per un esempio che ho fatto: nel decreto-legge Carrozza, il n.  104 del 2013, avevo inserito un articolo, approvato dal Parlamento, che diceva una cosa molto semplice, ad esempio: per gli insegnanti di sostegno la distribuzione deve essere uguale in tutte le regioni italiane. Volete sapere che ancora non è così ? Non è avvenuto così perché in Italia si preferisce, purtroppo, andare avanti per inerzia, e quindi sono stati aumentati in base al numero che già hanno, cioè molto sproporzionato tra le regioni: alcune regioni ne hanno troppi, alcune regioni ne hanno meno.
      Ma i bambini disabili sono gli stessi in tutte le regioni, e quindi non possiamo favorire, in questo modo, il clientelismo professionale in alcune regioni e non in altre. Diamo di più alle scuole del sud, ma non necessariamente creiamo l'assistenzialismo di dare più insegnanti al sud. Perché, i bambini disabili di altre regioni varrebbero meno ? E qui andiamo al punto delle assunzioni, che è un aspetto delicato.
      Certamente io sono consapevole dei limiti di bilancio, quindi è inutile chiedere la luna. Sono state fatte delle modifiche anche, secondo me, migliorative. Soprattutto nelle ultime ore, quello che il mio gruppo, Per l'Italia – Centro Democratico, ha chiesto è un'attenzione particolare, non a categorie che fanno riferimento ad un certo gruppo politico – no, no ! –, ma alle categorie che hanno avuto una formazione organica per l'insegnamento. Noi abbiamo i TFA e abbiamo la scienza della formazione primaria, persone a cui lo Stato ha detto «iscriviti a questa laurea, fai questo corso, perché qui tu diventerai insegnante», a loro dobbiamo, ovviamente, dare un'attenzione privilegiata, perché questo è il sistema che noi stessi abbiamo proposto loro e che, purtroppo, potrebbe vedere un passo indietro nell'emendamento che abbiamo approvato all'attuale articolo 23 sulla formazione iniziale. Perché lo dico ? Perché noi, in Europa e nel mondo, assistiamo ad un'evoluzione positiva della formazione dell'insegnante, che è una formazione che nasce nell'università, che nasce con il tirocinio, perché se noi crediamo veramente che si apprenda attraverso il fare, questo deve valere anche per gli insegnanti, si apprende attraverso il fare, con il tirocinio. Un'università rinnovata, un'università che forma e che poi, come invece abbiamo previsto nell'articolo 23, dopo un concorso, vede di nuovo una specializzazione a scuola. Io ritengo che non sia sufficiente dare una specializzazione a scuola solo dopo il concorso, se abbiamo lasciato, per quanto riguarda l'insegnamento della secondaria, i corsi di laurea esattamente come erano. Abbiamo rinunciato ad un'occasione che era quella di dare una formazione organica, «fare e sapere» «tirocinio e corsi», una riflessione sulle didattiche, un sapere che si applica alle situazioni concrete. Purtroppo, abbiamo perso un'occasione di fare in modo che questa formazione, più organica, più specializzata, iniziasse già nell'università. Quindi, questo è il motivo per cui noi abbiamo appoggiato scienza della formazione primaria e TFA, perché semplicemente è lo Stato stesso che gli ha detto «fai questo percorso e diventi insegnante».

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 11,55)

      MILENA SANTERINI. Per questo motivo abbiamo sempre chiesto più formazione per i neoassunti. Noi stiamo inserendo Pag. 24nella scuola, sanando un'antica piaga, 100 mila persone ? I numeri li vedremo. Stiamo stabilizzando persone che, da tempo, certamente lo Stato teneva in uno stato di subordinazione inaccettabile, ma dobbiamo anche vedere che tipo di competenze hanno per andare a fare quello che faranno. In questo senso noi abbiamo chiesto più inglese, abbiamo chiesto più formazione, perché altrimenti rischiamo di tornare indietro e di immettere persone che hanno dei diritti, ma che gli stessi studenti hanno diritto a vedere ben formati. Voglio dire che inserire o assumere non basta se andremo indietro nelle competenze che questi insegnanti dovranno mostrare quando insegneranno.
      Qui c’è un punto della riforma che è una liberalizzazione interessante che deve non preoccupare, ma che dobbiamo monitorare e che è, lo dico in modo – scusate – sommario, «tutti che insegnano tutto», perché abbiamo inserito la possibilità di insegnare, di fare insegnare anche a quelli della secondaria nella primaria, abbiamo detto che per risolvere il problema delle supplenze lo potranno fare anche quelli che hanno delle conoscenze specifiche anche se non hanno l'abilitazione. Questo è un inserimento di flessibilità nella scuola, certamente, che possiamo anche definire come mettere alla pari tutti i docenti tra di loro, ma che potremmo – attenzione – pagare. Da una parte c’è una sottovalutazione della cultura psicopedagogico-didattica, è evidente, ma non lo dico io, lo dice il fatto che insegnare a un bambino di tre anni non è la stessa cosa di farlo con uno di 16, c’è una formazione specifica che va avanti nel mondo e noi ci stiamo rinunciando. «Se io so la storia, se io so la matematica, la so insegnare a uno di 3 e ad uno di 16 anni»; impossibile, non è così, non avviene così.
      Pensiamo soltanto a quello che le neuroscienze ci dicono sulla specificità della mente adolescente. La mente adolescente subisce una vera e propria bufera neuronale, prima ancora che ormonale, nell'età appunto tra i 14 e i 17 anni, che dobbiamo tenere in considerazione per l'apprendimento. Allora non è così semplice e scontato che tutti insegnino tutto.
      A questo proposito aggiungo l'aspetto della formazione. Noi abbiamo sempre chiesto molta formazione in servizio. La formazione in servizio prevista dal disegno di legge è una formazione che ha varie facce. Naturalmente la maggiore quantità di fondi li abbiamo messi sulla carta elettronica (381 milioni) e molti meno sulla formazione, per così dire, tradizionale. La formazione tradizionale, quella standardizzata, non ha funzionato ? Certamente. Quindi per questo motivo gli diamo soltanto 40 milioni ? Mentre la carta servirà ad ogni insegnante ad acquistare ciò che vuole, ovvero a «assumere», tra virgolette, culturalmente i prodotti che gli servono ? Certamente, è un punto di vista abbastanza accettabile. Però, attenzione, non stiamo rinunciando soltanto ad una formazione standardizzata, in nome di una formazione individuale. Stiamo rinunciando alla formazione tra gli insegnanti, ovvero a quello che le comunità di pratica, le comunità di esperienze hanno garantito in questi anni di latitanza dello Stato – questo anche grazie ad una posizione retriva del sindacato ma anche grazie ad un'inerzia dello Stato – sulla formazione obbligatoria dei docenti. La mancanza di formazione in servizio ha dato luogo, almeno, per così dire, a delle forme di auto-formazione tra i docenti, che sono un valore enorme. Non possiamo sostituirle soltanto con una carta con cui io personalmente vado al museo o al cinema.
      Concludo dicendo che queste misure di flessibilità e di liberalizzazione – chiamiamole così – riguardano anche il finanziamento. Qui si è scatenata molta ideologia. Noi vediamo con favore ovviamente l'emendamento che per esempio prevedeva il 5 per mille alle scuole. Non abbiamo chiesto di sopprimerlo. Perché ? Perché non volevamo che la nostra posizione si confondesse con quella di quanti non volevano i fondi alle scuole, ma li volevano solo alla «scuola», cioè al Ministero. Noi abbiamo chiesto invece di finanziarlo in Pag. 25più, ma con altri fondi. Sono stati stanziati 50 milioni in più e ovviamente segnaliamo una grande preoccupazione: non solo i fondi devono essere chiaramente aggiuntivi – qui per il momento sono presi dalle risorse della scuola e tra due anni saranno soldi freschi veri – ma soprattutto devono potere essere messi in alternativa con quelli destinati al terzo settore. Ricordo il terzo settore: beni culturali e ricerca nel campo delle malattie. Questo 5 per mille lo abbiamo appena stabilizzato pochi mesi fa, con la legge di legge di stabilità 2015 di dicembre, e già andiamo in qualche modo a mettere in competizione il sociale con lo scolastico. Sarebbe un risultato che non ci possiamo permettere.
      Sui dirigenti naturalmente è stato detto. Noi vediamo, come ho detto, con favore che il Parlamento abbia modificato in modo sostanziale il ruolo del docente: non una leadership solitaria, ma un maggiore, di nuovo, concorso del collegio docenti. Uno dei punti, che scandalizza di più e che a me non sembra affatto scandaloso, è razionalizzare l'individuazione all'interno degli ambiti territoriali dei docenti che servono alla scuola. È un primo passo, non mi pare che sia la chiamata diretta, mi sembra un timido passo che comunque va in una direzione volta a rispondere finalmente ai bisogni delle scuole e non soltanto ai bisogni degli insegnanti. Certamente bisognerà stare attenti ai favoritismi. In questo penso che la trasparenza sia un modo di limitare la possibile autocrazia del dirigente in provincia che fa il bello e il cattivo tempo. Quindi i meccanismi che abbiamo proposto sono sia la correzione di una collegialità, sia la trasparenza, cioè la pubblicità di questi dati, che quindi dovrebbero scoraggiare. Poi se non scoraggeranno, io non so se ha ragione il Presidente del Consiglio a dire « ma fidiamoci», dico solo: creiamo dei meccanismi che naturalmente scoraggino possibili meccanismi di favoritismo.
      Attenzione, qui segnaliamo che un dirigente da solo... Ad esempio, noi abbiamo soppresso la possibilità di dare esoneri ai collaboratori dei presidi nella legge di stabilità. Naturalmente noi abbiamo in Italia ben 1.500 scuole a reggenza, sapete che vuol dire ? Vuol dire che non c’è un dirigente. Se siamo così convinti che il dirigente è una figura centrale, la devono avere tutte le scuole. Allora, per esempio, rivediamo bene la norma sui collaboratori dei dirigenti, lo staff, che è previsto attualmente, con la modifica che abbiamo fatto alla Camera, come il 10 per cento. Ma, naturalmente, attenzione al fatto che possano anche essere esonerati almeno parzialmente dall'insegnamento, altrimenti questo aiuto al dirigente in questo enorme compito verrebbe meno.
      Io chiudo con un tema che in realtà andava messo all'inizio; l'ho messo alla fine apposta, perché è in realtà quello che mi interessa di più ed è quello dell'immigrazione, cioè la scuola del futuro, la scuola di domani. Io devo dire che uno dei pochi emendamenti che è stato approvato e che abbiamo anche firmato – e ne sono fiera – è quello sull'immigrazione e sull'intercultura. Tanto per sottolineare che sono due cose diverse, l'integrazione degli immigrati vuol dire tutte le misure speciali, specifiche per favorire l'insegnamento dell'italiano L2 – su questo si è battuta molto il Ministro – agli immigrati, cioè agli allofoni e così via; l'intercultura è rivolta a tutti, agli italiani, ed è la capacità di convivere tra diversi. Sfido chiunque a dire che non sia importante nel mondo di oggi. Allora, ci vuole l'integrazione degli immigrati e ci vuole l'educazione interculturale, e questo non con parole vuote, ma neanche cestinando o censurando le parole vecchie del passato, perché non sono parole del passato. Allora, ben vengano i laboratori specifici per gli immigrati, più italiano L2, ma ben venga anche una educazione alla cittadinanza complessiva che consideri il fatto che, appunto, a scuola abbiamo più della metà di ragazzi di seconda generazione, di ragazzi nati e cresciuti qui. In questo caso, ovviamente, speriamo che il Parlamento presto approvi la legge che sana questo vulnus terribile di ragazzi italiani che non sono riconosciuti tali dalla legge.
      Ma soprattutto è la scuola di domani la scuola dell'immigrazione. Quindi, non censuriamo Pag. 26questo tema, ma non facciamolo neanche diventare un tema di pedagogia speciale, da una parte mettiamo i dispersi, i bulli e gli stranieri. Ma non è questo, la nostra scuola è fatta di ragazzi tutti uguali e tutti diversi e l'intercultura è la chiave per capire la scuola di domani (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia - Centro Democratico).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Marzana. Ne ha facoltà.

      MARIA MARZANA. Grazie, Presidente. Con l'inizio dell'esame del disegno di legge sulla scuola in Aula, è arrivata puntuale la vuota propaganda, di mussoliniana memoria, di questo Governo.
      Io voglio ricordare che già ci siamo dovuti sorbire i pomposi annunci sulla buona scuola, poi la consultazione farsa sulla rete, a seguire l'incontro con gli insegnanti, prima corteggiati, poi traditi, in questi giorni i ridicoli tavoli con i sindacati. Mancava solo la paradossale lettera di spiegazione, anzi di «ripetizione» del Governo agli insegnanti per indorare un testo che per tutto il mondo della scuola era, e rimane, un'amara pillola.
      È doveroso smontare, allora, ancora una volta, il castello propagandistico di ogni punto di questa lettera. Renzi scrive: vogliamo smetterla con i tagli per investire più risorse sulla scuola. I docenti rispondono: a partire da quando ? Il miliardo di euro che Renzi mette sulla scuola è il risultato di tagli che questo Governo ha operato alla stessa scuola con l'ultima legge di stabilità, con l'eliminazione delle supplenze brevi e di più di 2 mila posti del personale ATA e i disagi, Ministra, sono sotto gli occhi di tutti.
      Renzi scrive: vogliamo restituire centralità all'educazione e prestigio sociale all'educatore. I docenti rispondono: nella scuola del Governo al centro c’è solo il dirigente, lo studente sparisce – con buona pace dei principi pedagogici di Maria Montessori – e l'insegnante sarà in balia della discrezionalità e arbitrarietà del dirigente.
      Ancora la propaganda di Renzi dice: vogliamo che il posto dove studiano i nostri figli sia quello trattato con più cura da chi governa.
      Signora Ministra, l'onestà, la competenza e la passione dei docenti rispondono: con cura voi trattate solo le scuole private, che oltre ai quasi 500 milioni di euro l'anno, potranno contare sul 5 per mille e sugli sgravi per le iscrizioni. Alle compromesse strutture della scuola pubblica statale, invece, siete stati capaci di destinare solo gli stanziamenti del precedente Governo. E per il funzionamento continuate a contare sui contributi, tutt'altro che volontari, delle già tartassate famiglie.
      Ancora, la propaganda del Presidente del Consiglio «Mento a Terzi» dice: assumiamo oltre 100 mila precari. E non è vero che ce l'ha imposto la Corte di giustizia. Beh, l'onestà dei cittadini risponde: due bugie in un sol colpo. Già ogni anno la scuola assume più di 100 mila precari con contratto a termine per il suo buon funzionamento. Dunque, nessun organico aggiuntivo sarà a disposizione delle scuole. Anzi, questo personale non riuscirà a coprire nemmeno l'intero fabbisogno delle scuole, anche perché la preparazione dei docenti che saranno assunti è difforme da quella richiesta dalle scuole. Per quanto riguarda la sentenza della Corte di giustizia europea, ricordo che l'Italia è stata condannata proprio per l'abuso della contrattazione a termine. E voi che fate ? Impedite ai precari di lavorare oltre i 36 mesi per evitare di assumerli, creando una nuova categoria di esodati. Complimenti !
      Immancabile poi l'espressione «vogliamo discutere nel merito del futuro della nostra scuola». È ovvio che si mente spudoratamente. E, allora, Renzi risponda almeno ai ragazzi dell'istituto «Fermi» di Sciacca, simbolo degli studenti italiani, che più di tutti sanno interpretare il futuro della nostra scuola, e che mi scrivono di dire al Presidente: «Signor Presidente, vorremmo ricordarle il ruolo che svolgono la scuola e i suoi studenti, spesso considerati solo voti e numeri. Nel nostro Paese, come lei ben sa, vige la democrazia. Ma cos’è la democrazia se non partecipazione alla vita politica da parte di tutto il Pag. 27popolo ? Ovviamente, vita politica intesa come servizio reso alle persone per elevarne la qualità dell'esistenza. Pertanto, sorge un'altra domanda: come può sussistere partecipazione se non fornite i mezzi necessari all'elaborazione del pensiero ? Si tratta semplicemente di essere liberi e autonomi grazie ad una mens sana preparata e sviluppata grazie alla scuola. Quest'ultima – scrivono ancora i ragazzi – da decenni subisce continui ridimensionamenti, tagli, decreti tappabuchi improduttivi, per arrivare, ad oggi, al collasso della buona scuola pubblica statale e all'aumento dei contributi alla scuola privata. Vuole attuare la meritocrazia tra i professori mantenendo, però, bassi i loro stipendi ? Ma – scrivono ancora – con voi, con lei, chi lo fa ? Molti, dentro il Parlamento e il Governo, non operano come dovrebbero, eppure il loro stipendio rimane sempre più di 10 mila euro al mese. È inutile affannarsi a rimanere aggrappati alle poltrone – aggiungono – perché prima o poi sarete costretti a lasciarle. Dedicatevi alla vera politica allora, quella che risponde ai cittadini, e che può dare vita alla vera riforma della nostra scuola».
      Presidente, concludo riportando ancora un altro elemento di propaganda, quando Renzi dice: questa proposta non è prendere o lasciare. Siamo pronti a confrontarci. L'ennesima bugia. Infatti, l'onestà, competenza e la passione dei docenti rispondono: questo è quanto di più falso è stato affermato: gli esiti della consultazione sono stati ignorati, le osservazioni delle decine di soggetti auditi in Commissione sono rimaste lettera morta, le proposte di modifica avanzate dai parlamentari sono state cestinate, il grido della più grande protesta della scuola realizzata negli ultimi venticinque anni è rimasto inascoltato. L'onestà, Presidente, continuerà a gridare qui dentro e là fuori anche martedì 19 alle ore 11, in piazza Montecitorio, al fianco dei docenti, personale ATA, educatori, genitori, studenti, presidi e di tutti i cittadini che amano davvero la scuola italiana (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Molea. Ne ha facoltà.

      BRUNO MOLEA. Grazie, Presidente. Colleghi, signor Ministro, «l'istruzione è la più valida difesa della libertà»: questa è una citazione che è stata tratta dal pensiero di Carlo Cattaneo, figura di grande rilevanza del XIX secolo, che dedicò gran parte del suo lungo impegno alla politica e alla vita sociale dell'epoca e, tuttavia, offre ancora spunti di riflessione circa un argomento che resta sempre e, comunque, di grande attualità. Da sempre l'uomo riconosce la grande importanza e il potere della cultura.
      Spostando il discorso in una dimensione più vicina a noi, possiamo certamente affermare che questo potere non è stato in alcun modo intaccato dal trascorrere del tempo, ma si è, sotto certi aspetti, consolidato. Al giorno d'oggi, il diritto all'istruzione è senza dubbio una delle basi più solide sulla quale poggiano la nostra Costituzione e la nostra società ed è un punto di riferimento imprescindibile.
      Il disegno di legge oggi in esame prova a costruire un sistema di governance della scuola. L'obiettivo principale che si propone è quello di attuare il principio dell'autonomia, un'autonomia sancita dalla nostra normativa tanti anni fa, a partire dal 1997. Nel corso di tutti questi anni, ci sono state fasi positive in direzione dell'attuazione dell'autonomia, ma anche molte difficoltà e momenti di blocco o, addirittura, sono stati fatti passi indietro. I problemi principali sono stati, da un lato, il permanere di una visione culturale centralista e burocratica e, dall'altro, il problema delle risorse, sia del personale che finanziarie.
      Con il provvedimento in esame si avvia una fase nuova, una forte spinta verso la piena attuazione dell'autonomia così a lungo perseguita. Le scuole avranno un organico potenziato, un organico che sarà garantito a partire dal prossimo anno scolastico attraverso un piano straordinario di assunzioni, che consentirà di coprire tutte le cattedre vacanti, rispondere alle nuove esigenze didattiche, organizzative e Pag. 28progettuali; consentirà di potenziare l'offerta formativa, di fronteggiare la dispersione scolastica, rendere la scuola più inclusiva, eliminare le supplenze dannose, che, anno dopo anno, hanno inciso sulla continuità della didattica.
      Le scuole, d'ora in poi, potranno indicare il loro fabbisogno di docenti e strumenti per attuare i Piani dell'offerta formativa. I Piani diventeranno triennali e saranno predisposti dai dirigenti scolastici, sentiti gli insegnanti, il consiglio di istituto e le realtà territoriali. I presidi potranno scegliere la loro squadra, individuando i nuovi docenti che ritengono più adatti per realizzare i Piani dell'offerta formativa, all'interno di appositi albi territoriali costituiti dagli uffici scolastici regionali. Negli albi confluiranno i docenti assunti nel primo anno attraverso il piano straordinario di assunzioni e, poi, tramite concorso.
      Il disegno di legge dà il via libera ad un piano straordinario di assunzioni per il 2015-2016. Per coprire le cattedre vacanti e creare l'organico dell'autonomia, oltre 100 mila insegnanti saranno assunti. Inoltre, si torna ad assumere solo attraverso concorso.
      Il disegno di legge prevede il potenziamento delle competenze linguistiche, in particolare, l'italiano per gli studenti stranieri e l'inglese per tutti, anche attraverso materie generalistiche insegnate in lingua. Vengono potenziate, poi, arte, musica, diritto, economia, discipline motorie. Nella «buona scuola» viene dato più spazio all'educazione, ai corretti stili di vita e si guarda al futuro attraverso lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti: pensiero computazionale, utilizzo critico e consapevole del social network e dei media. Alle superiori il curriculum diventa flessibile: le scuole attiveranno materie opzionali per rispondere alle esigenze degli studenti.
      Si introduce, inoltre, il sistema nazionale di valutazione delle scuole, con lo scopo di valutare scuole, docenti e presidi. La valutazione degli insegnanti dovrebbe basarsi su performance degli studenti in classe, verifiche dell'insegnamento frontale, giudizi di genitori e di alunni. Si propone di valutare anche i dirigenti scolastici sulla base delle scelte effettuate.
      Arriva la Carta per l'aggiornamento e la formazione del docente, un voucher di 500 euro da utilizzare per l'aggiornamento professionale attraverso l'acquisto di libri, testi, strumenti digitali, iscrizioni a corsi, ingresso a mostre ed eventi culturali. La formazione in servizio diventa, quindi, obbligatoria e coerente con il Piano triennale dell'offerta formativa della scuola e con le priorità indicate dal Ministero.
      Viene istituito il bonus annuale delle eccellenze destinato ai docenti. Ogni anno, il dirigente scolastico, sentito il consiglio di istituto, assegnerà il bonus al 5 per cento dei suoi insegnanti per premiare chi si impegna di più. Peseranno la qualità dell'insegnamento, la capacità di utilizzare metodi didattici innovativi, il contributo dato al miglioramento complessivo della scuola.
      Per il bonus vengono stanziati 200 milioni all'anno. L'articolo 4 intende rafforzare il collegamento fra la scuola e il mondo del lavoro. In particolare, introduce una previsione di durata minima dei percorsi di alternanza scuola-lavoro negli ultimi tre anni di scuola secondaria di secondo grado (almeno 400 ore negli istituti tecnici e 200 in quelli professionali, a fronte di una media attuale di 95); prevede la possibilità di stipulare convenzioni per lo svolgimento di percorsi in alternanza anche con gli ordini professionali e con enti che svolgono attività afferenti al patrimonio artistico, culturale e ambientale, e dispone che l'alternanza può essere svolta durante la sospensione delle attività didattiche e anche con la modalità dell'impresa formativa simulata. Grazie ad alcune modifiche, questa alternanza potrà svolgersi anche all'estero o nei musei. Viene istituito un portale unico dei dati della scuola con la pubblicazione di tutti i dati relativi al sistema di istruzione: bilanci delle scuole, anagrafe dell'edilizia, piani dell'offerta formativa, dati dell'osservatorio tecnologico, curriculum vitae degli insegnanti, incarichi di docenza. Il 5 per mille potrà essere destinato anche alle Pag. 29scuole. Con lo school bonus, chi farà donazioni a favore delle scuole per la costruzione di nuovi edifici, per la manutenzione, per la promozione di progetti dedicati all'occupabilità degli studenti, avrà un beneficio fiscale (credito di imposta al 65 per cento) in sede di dichiarazione dei redditi. Cambia l'approccio all'investimento sulla scuola: ogni cittadino viene incentivato a contribuire al miglioramento del sistema scolastico. Scatta poi la detraibilità delle spese sostenute dalle famiglie i cui figli frequentano una scuola paritaria dell'infanzia o del primo ciclo. Il disegno del legge prevede un bando per la costruzione di scuole altamente innovative dal punto di vista architettonico, impiantistico, tecnologico; scuole green, caratterizzate da nuovi ambienti di apprendimento digitali. L'osservatorio per l'edilizia scolastica, istituito presso il Ministero dell'istruzione, coordinerà strategie e risorse per gli interventi. Vengono recuperate risorse precedentemente non spese da investire sulla sicurezza degli edifici e sono stanziati 40 milioni per finanziare indagini diagnostiche sui controsoffitti delle scuole. L'articolo 21 del testo assegna, infine, una delega al Governo a legiferare in materia di: semplificazione del Testo unico della scuola, valutazione degli insegnanti, riforma dell'abilitazione all'insegnamento, del diritto allo studio, del sostegno e degli organi collegiali, nonché creazione di un sistema integrato di educazione e di istruzione da 0-6 anni.
      L'esame del disegno di legge in Commissione cultura è stato molto approfondito, e molte sono state le modifiche al testo originario pur salvaguardandone comunque l'impianto originario. Tra le modifiche più significative, sono da segnalare le materie potenziate per l'offerta formativa, quali educazione musicale, educazione fisica e lingue, alla scuola primaria; lingue, cittadinanza attiva e laboratori alle medie, arte, diritto ed economia, alle superiori. Per il piano straordinario di assunzioni, si prevede l'assunzione di 100 mila docenti per l'anno 2015-2016, per coprire appunto le cattedre vacanti e creare l'organico dell'autonomia. Dal 2016 partiranno a regime gli ambiti territoriali sub-provinciali e le reti di scuole; queste potranno utilizzare gli stessi docenti e accorpare le segreterie amministrative. Gli ambiti territoriali a regime dall'anno scolastico 2016-2017 saranno definiti in base a tali criteri: la popolazione scolastica, la vicinanza delle istituzioni scolastiche e le caratteristiche del territorio. Il conferimento dei premi e la valutazione dei docenti rimangono in capo al dirigente scolastico. Arriva con la riforma il comitato di valutazione per i docenti. Il comitato rimarrà in carica per tre anni e sarà presieduto dal dirigente scolastico e composto da due docenti della scuola e due rappresentanti dei genitori, per la scuola dell'infanzia e la primaria; da un rappresentante degli studenti e uno dei genitori, per le superiori. Lo stipendio degli insegnanti aumenterà in base all'anzianità. Sono previsti 500 euro per l'aggiornamento professionale attraverso l'acquisto di libri, testi, strumenti digitali. La figura del dirigente scolastico assume un ruolo di rilievo all'interno della riforma. Egli potrà scegliere i docenti più adatti, i quali potranno autocandidarsi e gli incarichi affidati saranno resi pubblici. Altro capitolo affrontato dal disegno di legge oggi all'esame di quest'Aula è quello riguardante le scuole paritarie. Le spese per l'iscrizione saranno detraibili, con la possibilità di devolvere il 5 per mille ad un preciso istituto. Durante l'esame in Commissione in sede referente, sono state tagliate alcune deleghe previste dall'articolo 21 del disegno di legge.
      In pratica il Governo non legifererà più su alcuni temi quali: il rafforzamento dell'autonomia scolastica, i poteri del preside per la scelta e la valutazione dei docenti e l'ampliamento delle competenze amministrative della scuola, il riordino degli organi collegiali e la governance, e le norme sul digitale nelle scuole.
      Si tratta, quindi, di un provvedimento di grande respiro. Un serio e coraggioso tentativo di riforma del sistema d'istruzione a 360 gradi. Con tale provvedimento si intende disciplinare l'autonomia delle istituzioni scolastiche, dotando le scuole Pag. 30delle risorse umane, materiali e finanziarie, nonché della flessibilità necessarie a realizzare le proprie scelte formative e organizzative. Con il provvedimento in esame si avvia una fase nuova con una forte spinta verso la piena attuazione di quella autonomia fino ad ora inattuata.
      Per concludere, noi di Scelta Civica riteniamo che conoscenza e competenza sono dei punti fermi dai quali partire per potersi inserire ed imporre nella società moderna e nel mondo lavorativo. Ecco allora che l'istruzione diventa così anche libertà di poter decidere del proprio futuro, l'impulso e la base per la crescita personale e collettiva (Applausi dei deputati del gruppo di Scelta Civica per l'Italia).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Centemero. Ne ha facoltà.

      ELENA CENTEMERO. Grazie signor Presidente. Signora ministra, da quando sono entrata in Parlamento sono intervenuta più volte in questa Aula sul tema della scuola, perché in questi anni si sono succeduti parecchi interventi legislativi che, a torto o a ragione, hanno avuto l'avventura di essere definiti riforme.
      Forza Italia ha deciso di non presentare una relazione di minoranza, ma ha deciso di ripresentare tutti gli emendamenti che sono stati presentati già in Commissione, proprio perché il nostro intento era quello di contribuire ad un processo di cambiamento migliorativo del testo che ci è arrivato dal Governo. Devo dire che in Commissione il dibattito è stato molto interessante e ha permesso a tutti i commissari e a tutte le forze politiche di parlare, anche in modo approfondito e soprattutto con passione, di scuola, forse perché i membri della Commissione Cultura e gli altri parlamentari che hanno partecipato sono persone che sanno e vivono di scuola, e questo, permettetemi fa una grandissima differenza.
      Sono emersi, ovviamente, degli aspetti positivi, come è giusto, ma anche molte criticità. Permettetemi anche di fare un piccolo accenno ad una notizia: ho appena letto un'agenzia di stampa del Garante che annunciava la precettazione per la minaccia, condannandola e ritenendola negativa, da parte dei sindacati del blocco degli scrutini. Ritengo questa minaccia un fatto molto grave in quanto si tratta di interruzione di pubblico servizio nel momento clou dell'anno scolastico: quello degli scrutini, con studenti che non solo stanno terminando l'anno scolastico, ma devono affrontare gli esami conclusivi del primo ciclo o gli esami di Stato conclusivi del secondo ciclo.
      Credo che fare una minaccia del genere sulla pelle degli studenti e delle famiglie sia un atto molto grave per chi insegna e vuole fare l'insegnante, per chi ha questo ruolo così complesso e delicato nella società.
      Dicevo prima che vi sono alcuni aspetti su cui vorrei soffermarmi: l'autonomia, sicuramente è un aspetto importante, la valutazione, il ruolo del dirigente, la libertà di scelta educativa delle famiglie, la parità, l'alternanza scuola-lavoro, che in Commissione è stata ulteriormente modificata e migliorata rispetto al disegno di legge del Governo.
      Per quanto riguarda le criticità che abbiamo già rilevato in Commissione, sono relative innanzitutto al piano straordinario di assunzioni, in modo particolare abbiamo visto risolta parzialmente la questione degli idonei al concorso del 2012. In questo piano assunzionale vediamo che vengono assunti più di 100 mila precari, collegandoli all'organico dell'autonomia, in modo particolare alla parte dell'organico funzionale.
      Il punto che noi vorremmo sottolineare qui è il fatto che l'organico dell'autonomia (l'abbiamo proposto più volte in vari emendamenti) debba essere strettamente collegato ai bisogni formativi delle scuole, al fabbisogno rilevato e monitorato in modo chiaro da parte delle scuole, con la responsabilità del dirigente, e soprattutto sui bisogni formativi degli studenti o le indicazioni che vengono dalle famiglie e non su altri, permettetemi, intenti meno nobili e chi conosce la scuola sa a cosa mi riferisco.Pag. 31
      Altro aspetto piuttosto critico per noi è l'eccesso di deleghe. È vero che ne sono state tolte alcune, ma rimangono ancora moltissime deleghe e ci preoccupa in modo particolare la formazione iniziale. Poi alcuni miei colleghi hanno sottolineato la criticità, come ho già sentito prima, della carta di formazione per i docenti. In alternativa, noi abbiamo proposto un piano nazionale di formazione che riguardasse tutte le scuole e in cui si indicassero in modo preciso delle priorità a livello nazionale, in modo particolare, priorità che vanno dai bisogni educativi speciali, quindi dall'inclusione dei disabili, all'integrazione degli stranieri, ma anche ad un tema che è molto sensibile nelle scuole perché la riforma che il Governo Berlusconi fece nel 2010 delle scuole superiori ha introdotto il CLIL che è uno degli elementi più critici che noi abbiamo all'interno delle istituzione scolastiche ad oggi.
      Il mio intervento parte proprio dal tema dell'autonomia, didattica e organizzativa, ma quella che noi troviamo all'interno di questo provvedimento è un'autonomia monca perché manca il suo vero motore, l'autonomia finanziaria. Devo dire una cosa: a me personalmente piaceva molto di più l'articolo 1 così come era arrivato alla Camera nel disegno originario del Governo perché, senza tanti giri di parole, in quello che io definisco una lingua, il didattichese, andava all'essenza e al cuore dell'autonomia, mettendo in luce come il suo senso fosse di garantire la flessibilità e la diversificazione, come anche l'efficienza e l'efficacia del servizio scolastico. Garantire integrazione e il miglior utilizzo delle risorse delle strutture, garantire l'introduzione di tecnologie e il coordinamento con il contesto territoriale, che altro non sono che gli strumenti per portare gli studenti al successo formativo e dare a loro veramente una pari opportunità di formazione. Infatti, autonomia significa costruire un percorso formativo che abbia al centro lo studente, dove quindi al centro del piano dell'offerta formativa triennale ci deve essere lo studente, con il percorso di formazione, legato anche alla personalizzazione, elemento che introdusse per la prima volta la ministra Moratti all'interno del sistema scolastico. Tuttavia, autonomia non significa aumentare a dismisura il tempo scuola, come appare – purtroppo, ahimè – dalla lettera b), del comma secondo dell'articolo 1, che abbiamo chiesto di sopprimere.
      Significa programmare un'offerta formativa triennale, coerente con il profilo educativo culturale e professionale degli studenti, significa usare non come c’è scritto «anche», ma solamente le quote di flessibilità e di autonomia, perché il potenziamento, la personalizzazione, le materie opzionali, devono rientrare nelle quote di autonomia e flessibilità e devono utilizzare quelle quote di autonomia e di flessibilità previste dalla normativa vigente e non «anche» perché allora significa che noi andiamo oltre le quote di autonomia e di flessibilità. Voglio ricordare che fu proprio nel 2010 sempre con la riforma degli istituti tecnici, professionali e dei licei che vennero introdotte le materie opzionali e facoltative e quindi questo aspetto, questa personalizzazione e questo curriculum dello studente rientra nell'alveo delle scelte anche dei nostri governi.
      Il tassello che manca, come vi dicevo, è proprio l'autonomia finanziaria, questa è la parte che manca fondamentalmente e che è il vero motore dell'autonomia. Noi abbiamo presentato degli emendamenti chiaramente molto innovativi che non ci aspettavamo che il Governo facesse propri, ma sono una forma di riflessione proprio su questo aspetto.
      Autonomia finanziaria significa trasferire alle scuole le risorse finanziarie necessarie per la realizzazione del piano triennale dell'offerta formativa, compreso il pagamento del personale scolastico, attraverso il principio della quota capitaria, cioè del costo standard. Credo che questo sia il futuro nella nostra scuola per le forme di finanziamento della nostra scuola oltre a delle forme chiaramente innovative che abbiamo trovato anche all'interno di questo provvedimento. Noi – lo abbiamo fatto fin dal mese di luglio con Pag. 32una nostra proposta che si chiamava «patto per la scuola» – riteniamo che ci debbano essere nelle scuole questi tre principi cardine: autonomia, costo standard come principi di efficienza della scuola pubblica, più volte l'abbiamo messo nei nostri emendamenti, e il principio della parità. Si tengono insieme questi elementi. Parità che significa un principio fondamentale sancito anche dalla nostra Costituzione all'articolo 30, dove si dice che le famiglie sono i primi responsabili dell'educazione dei figli, parità come libertà di scelta educativa delle famiglie. Sicuramente da questo punto di vista nel provvedimento c’è un principio innovativo che è quello della detrazione, è stato esteso in Commissione anche alle scuole superiori ma la consistenza di questa detrazione – è una detrazione fino a 400 euro, detrazione al 19 per cento, quindi sono 76 euro per figlio – credo che parli da sé e che in questa direzione dobbiamo continuare a lavorare, chi crede nella libertà di scelta educativa deve continuare a lavorare in questa direzione e mi fa piacere che anche il Partito Democratico, che ha osteggiato per tanto tempo le scuole paritarie, una parte del Partito Democratico ha osteggiato e continua ad osteggiare questo aspetto, abbia invece cambiato idea e ci stia seguendo, stia seguendo le forze di centrodestra, le forze liberali in questa direzione. È una direzione che noi abbiamo in tutta Europa, noi siamo l'unico Paese a non garantire alle scuole paritarie, alle scuole pubbliche – lo ripeto questo termine – pubbliche paritarie un finanziamento adeguato. Eravamo favorevoli e l'abbiamo detto all'organico funzionale quindi siamo favorevoli all'organico dell'autonomia che lo comprende, se però – è a condizione, lo dicevo anche prima – è veramente legato ai bisogni formativi degli studenti e al potenziamento di conoscenze e competenze che devono essere individuate dalle scuole e nelle scuole, e non dal centro. Perché dico questo ? Perché all'articolo 2 abbiamo assistito in Commissione – un po’ tutte le persone che sono appassionate di scuola, tutti i commissari che sono appassionati di scuola hanno voluto dare il loro contributo positivo al potenziamento dell'offerta formativa – all'articolo 2 per fortuna abbiamo introdotto la parola «priorità», cioè il fatto che le scuole individuano in tutto quel vastissimo elenco che arriva fino alla lettera «q», non mi ricordo neanche, che è lievitato all'interno dell'analisi in Commissione e che a mio giudizio va profondamente semplificato, ecco per fortuna abbiamo introdotto grazie a un nostro emendamento la parola «priorità», cioè le scuole potranno scegliere prioritariamente fra quell'elenco vastissimo, e lo ripeto ancora, eccessivamente lievitato quali sono le priorità però sempre legate al fabbisogno della scuola. Le priorità che secondo noi dovevano essere inserite all'interno di questo potenziamento sono, oltre al potenziamento dello studio dell'inglese, che è fondamentale e su questo veramente appoggiamo in pieno la scelta della Ministra e del Governo, noi stessi fino dal 2001 abbiamo, nelle famose tre «I», inglese, informatica e impresa, l'inglese per noi rimane fondamentale e vorremmo che ci fossero veramente per le scuole gli strumenti per poter dare queste conoscenze, questa competenza che sarà fondamentale per il futuro dei nostri figli, sarà fondamentale per i nostri studenti, perché noi viviamo in un mondo globalizzato, in un mondo in cui la conoscenza della lingua inglese diventa il prerequisito fondamentale non solo per vivere in questo mondo globalizzato, ma per lavorare in questo mondo globalizzato.
      Poi abbiamo chiesto – e a tal proposito siamo stati scarsamente ascoltati – il fatto che si potesse potenziare – non solo potenziare, ma anche sviluppare – lo studio di alcune materie. Ad esempio, nei licei non viene studiata l'economia, non viene studiato il diritto, c’è solo una materia, che si chiama «cittadinanza e Costituzione», il cui studio è abbastanza limitato.
      Noi parliamo non solo di conoscenze, ma parliamo di competenze, quindi è importantissimo e chiediamo che, non solo venga potenziata, ma venga sviluppata la conoscenza delle regole fondamentali dell'economia, Pag. 33che credo sia fondamentale nel mondo in cui viviamo. Noi non diamo ai nostri studenti la possibilità di comprendere il mondo in cui è in corso una fortissima crisi economica, una fortissima ridefinizione della società, proprio a partire da una crisi economica e finanziaria, non diamo ai nostri studenti questa conoscenza e questa competenza fondamentale. La conoscenza del diritto e la conoscenza della nostra Costituzione, in un momento in cui stiamo riformando profondamente la Costituzione, deve essere una priorità e poi giustamente delle competenze di cittadinanza attiva, che sono contenute all'interno della lettera d) dell'articolo 2 sono importantissime, perché uno non deve soltanto avere conoscenze, ma deve avere competenze di cittadinanza attiva, se noi vogliamo proiettare i nostri studenti in uno sviluppo e in futuro di partecipazione alle istituzioni, alla cittadinanza attiva e alla vita politica di questo Paese. Quindi questo è un punto importante.
      Abbiamo potenziato – questo era un nostro emendamento – le attività e le metodologie laboratoriali perché noi pensiamo che questa sia una strada importante. Condividiamo il potenziamento dell'integrazione dei disabili, dei ragazzi con bisogni educativi speciali, l'alfabetizzazione e il perfezionamento della lingua L2 per la quale anche la Ministra si è molto battuta. Noi abbiamo chiesto anche i laboratori territoriali. Molto importante anche in un'epoca di grande violenza, come questa – nei confronti non solo delle donne, ma in generale – e di odio è l'educazione e il contrasto a tutte le forme di violenza. Questi sono punti importanti. Poi, abbiamo anche ottenuto – e questo è un punto importante – la ridefinizione del sistema di orientamento. Il sistema di orientamento diventa fondamentale per i nostri ragazzi, perché permette veramente loro – e questa dovrebbe essere una priorità nelle scuole – di fare delle scelte che li motivano innanzitutto e li portano a frequentare dei percorsi formativi motivati e soprattutto li indirizzano in una prospettiva di inserimento nella vita sociale e nella vita lavorativa di questo Paese. Credo che sia fondamentale.
      Nel condividere la scelta per l'autonomia, ho detto in Commissione e dico ancora oggi al Governo e alla Ministra, che l'autonomia è responsabilità e deve essere fondata su principi di qualità. Merito e qualità sono due principi che noi avalliamo profondamente e che fanno parte della nostra visione di scuola. Deve entrare nella nostra visione che la scuola è un servizio, un servizio pubblico, un servizio pubblico speciale perché tratta di educazione, ma è pubblico e dunque deve rispettare i principi di efficienza e di efficacia.
      Abbiamo proposto il principio, inascoltato ovviamente, per cui l'ampliamento dell'offerta formativa debba essere basato sulla rilevazione dei bisogni come più volte ho espresso, rilevazione di cui è responsabile il dirigente. Deve essere poi attuata una progettazione e nella progettazione del piano dell'offerta formativa, chiaramente nelle mani dei docenti, si deve poi attuare un monitoraggio, perché è giusto vedere quali obiettivi e quali risultati si sono raggiunti; è giusto farlo vedere e vederlo proprio all'interno della scuola nell'ottica di un piano di miglioramento della scuola ed è giusto che gli studenti e le famiglie conoscano questo aspetto.
      Per questo, abbiamo chiesto che nel piano dell'offerta formativa, che è triennale, venisse inserito anche il piano di miglioramento che tutte le scuole sono tenute a fare dopo il rapporto di autovalutazione che quest'anno, in base al decreto del Presidente della Repubblica n.  80 faranno. È un punto fondamentale. La scuola deve essere una realtà che educa, ma deve avere degli obiettivi da raggiungere in termini formativi e in termini di servizio.
      Valutazione: la valutazione è sempre stata un nostro punto importantissimo e io stessa, prima di fare il dirigente, quando ero docente di latino e greco, avrei tanto voluto essere valutata. Avrei tanto voluto essere valutata perché vedevo una forte differenza all'interno delle scuole.Pag. 34
      È inutile chiuderci in visioni ideologiche e dire che tutti siamo bravi, che tutti gli insegnanti sono bravi: non è così. È inutile dire che tutti gli insegnanti che sono nelle graduatorie sono capaci di insegnare: non è così. Allora, con responsabilità e con umiltà anche – e lo dico ai tanti insegnanti – non dobbiamo avere paura della valutazione. Ci poniamo di fronte ad un principio che in tutte le amministrazioni esiste: esiste nel mondo del privato ed esiste nel mondo del pubblico. Non dobbiamo aver paura, perché gli insegnanti bravi, gli insegnanti, che possono migliorare non solo la loro preparazione ma anche il loro insegnamento, possono, dalla valutazione, avere degli input positivi. Quindi, io reputo la valutazione non solo degli insegnanti ma la valutazione – io sono diventata un dirigente – dei dirigenti sia fondamentale. È fondamentale e regge tutto l'impianto che noi abbiamo: valutazione dei dirigenti, valutazione degli insegnanti, valutazione dell'istituzione scolastica. Per questo mi auguro che siano fatti propri quei progetti che sono stati sperimentati, perché in questi anni non è che non abbiamo fatto niente, ma in questi anni abbiamo fatto dei progetti sperimentali di valutazione, fin dai nostri Governi – VSQ, Valorizza, Vales – i cui risultati dovrebbero essere fatti propri in questa direzione.
      Abbiamo chiesto anche che, però, nel comitato di valutazione, che magari potrebbe essere comitato di valutazione dei docenti e dell'istituzione scolastica, fosse inserita una persona terza, cioè un ispettore tecnico. Gli ispettori tecnici non devono essere utilizzati, secondo noi, solo per la valutazione dei dirigenti, ma anche nelle scuole, perché rappresentano una terzietà, una garanzia per tutti e una forma di controllo anche da parte delle amministrazioni regionali.
      Dopo la valutazione, c’è il punto centrale che noi condividiamo, che io condivido, in modo particolare, che è quello della modalità con cui verranno individuati, da ora in poi, i docenti. Devo dire che è stato fatto un uso e una lettura strumentale di quanto è scritto. Il testo è migliorato ed io mi riferisco al testo uscito dalla Commissione, perché il testo è stato migliorato dalla Commissione che ha reso esplicite delle cose che erano nei fatti. Innanzitutto, il dirigente non può mai agire da solo in una scuola. Chi fa il dirigente sa benissimo che deve avere una leadership educativa, una leadership diffusa e, quindi, deve contare sulla collaborazione e sulla cooperazione non solo del suo staff ma anche dei docenti. Sa benissimo cosa vuol dire andare in un collegio dei docenti. Quindi, il dirigente scolastico non è mai e non sarà mai un uomo solo al comando. È giusto, però, che siano stati introdotti dei contrappesi, come quello del consiglio d'istituto, dove siedono i genitori, finalmente.
      Dunque, nella scelta diciamo una cosa: innanzitutto, che i docenti sono assunti a tempo indeterminato e in questo momento, di grave crisi economica, io reputo il fatto di essere assunti a tempo indeterminato una grande fortuna. Gli assunti a tempo indeterminato verranno individuati dal dirigente scolastico. Noi abbiamo chiesto che questo avvenga secondo dei criteri nazionali, secondo dei criteri, e il dirigente scolastico – questo punto forse dovrebbe essere un po’ più esplicito – dovrebbe essere affiancato dal suo staff, visto che abbiamo parlato di staff del 10 per cento. In questo dovrebbe essere affiancato da uno staff.
      Io, come dirigente scolastico, anche se non è scritto qui, lo farei e farei sì che forse sui criteri – c’è un criterio qui che non è un criterio, perché stabilire che l'incarico triennale è un criterio mi fa ridere – bisognerebbe un po’ rivederli. Ma come dirigente scolastico la prima cosa che farei – e magari il Ministero potrebbe dare un'indicazione, perché questo è un punto migliorativo – è di far condividere con il collegio dei docenti, con il consiglio d'istituto, i criteri che portano all'individuazione del personale, che reputo, però, un passo in avanti notevole. Reputo che sia un principio liberale, dato che sono un principio e una modalità attuati in tutta Europa. Prima si parlava, appunto, dei vari favoritismi, di cose che possono succedere, Pag. 35ma ricordo che il dirigente viene valutato, il dirigente ha già incarichi triennali e il dirigente, nel momento in cui farà cose di questo genere e ci sarà un esperto esterno, un incaricato esterno del Ministero che valuterà queste cose, potrà benissimo smettere di fare il dirigente.
      Quindi, io credo che noi dobbiamo dare fiducia ai dirigenti.
      La scuola è un'organizzazione, è un'organizzazione che deve avere una guida, una guida affiancata ovviamente dai docenti e dal consiglio di istituto, ma la scuola deve avere una guida, non può essere, come è stata fino adesso. Noi abbiamo la responsabilità ed è una responsabilità molto grande secondo me, che è quella di portare la scuola fuori dall'autoreferenzialità, di portare la scuola fuori dal luogo fermo, dallo spazio, dal tempo fermo. A volte entro nelle scuole e mi sembra di essere ancora rimasta agli anni Settanta. Per questo è importantissimo e noi vorremmo che si discutesse molto, perché noi l'abbiamo fatto, abbiamo fatto proposte per tanti anni, della riforma degli organi collegiali. È un elemento molto importante, è stato tolto dalla delega, e io credo che su questo si debba giocare il futuro organizzativo della scuola. Noi abbiamo fatto anche una proposta alternativa per l'assunzione degli insegnanti, che è quella dell'assunzione su reti di scuola, con piano formativo dell'offerta di reti di scuola. È un progetto molto innovativo, in Lombardia le reti funzionano, in altre regioni un po’ meno, però salutiamo con favore – e forse c’è uno spiraglio – il fatto che sia stato introdotto in Commissione – noi abbiamo presentato tanti emendamenti sulla questione delle reti – proprio lo sviluppo in futuro di reti di scuola, e ci auguriamo che quando – perché noi l'abbiamo presentato come emendamenti – si parla, non per il prossimo anno scolastico, ma per quello 2016-2017, di ridefinire gli albi provinciali, gli ambiti provinciali o di città metropolitane, in ambiti più ristretti, si possa pensare o ai distretti o, soprattutto, all'ambito della rete, che eliminerebbe tutta una serie di criticità.
      Del dirigente vi ho parlato. Il dirigente ha una grande responsabilità e, quindi, quando si hanno responsabilità, e sono enormi, è giusto che si abbia anche la conduzione di una scuola, perché se no il dirigente cosa conduce ?
      Veniamo al punto critico del piano assunzionale. Non dobbiamo nasconderci: le 100 mila assunzioni sono conseguenti a quella che è stata una sentenza della Corte europea, e mi dispiace che noi dal 2013 abbiamo continuato, fin dal decreto Carrozza, a presentare degli emendamenti dicendo al Governo (anche quando eravamo al Governo) di assumere su tutti i posti vacanti disponibili. Se ci avessero ascoltato, ancora una volta, non saremmo in questa condizione. Non saremmo qui. Quindi dobbiamo essere, come dire, oculati ed attenti: per quanto riguarda il contenimento della spesa pubblica, noi parliamo di 100 mila assunzioni, 100 mila assunzioni, di cui 50 mila – più o meno dai dati, perché i dati non li abbiamo con certezza, e mi piacerebbe che la Ministra si impegnasse a darci dati certi dal Ministero – sono sui posti vacanti disponibili; gli altri sono sull'organico aggiuntivo, l'organico dell'autonomia sul potenziamento, e un principio che Forza Italia ha sempre portato avanti è quello del contenimento della spesa pubblica.
      Quindi, la spesa pubblica è un dovere per la politica, ma soprattutto ciò che è un dovere per la politica, e che abbiamo cercato di fare, è la riqualificazione efficiente della spesa. Una riqualificazione efficiente della spesa vuol dire che, se noi spendiamo, dobbiamo avere una rendicontazione certa di quello che viene speso. Non solo: dobbiamo capire se quello che viene speso viene speso realmente per il raggiungimento degli obiettivi e se quegli obiettivi sono stati raggiunti. Non dobbiamo gonfiare ulteriormente la spesa pubblica. Questa è una nostra preoccupazione. Il piano delle assunzioni ha parecchie criticità. Io reputo positivo il fatto che si cambi il sistema di reclutamento. All'interno di questo disegno di legge ci sono, secondo me, due vere innovazioni. Una è la scelta liberale del dirigente che individua Pag. 36all'interno dell'albo e dell'ambito territoriale i docenti, in base al loro curriculum, che è un principio di qualità, e poi c’è un altro aspetto che è importante, il fatto che, come abbiamo sempre detto, finalmente – speriamo dal prossimo anno scolastico – le assunzioni avvengano solo sulla base di un concorso pubblico, perché così dice la Costituzione. Però quali sono le criticità ? Allora, per fortuna è stata superata in parte quella degli idonei; avete lasciato fuori dalle assunzioni all'origine gli idonei del concorso 2012, che hanno tutti i diritti di entrare.
      Siamo certi che le graduatorie ad esaurimento verranno veramente chiuse, che tutti quelli che sono nelle graduatorie ad esaurimento verranno assunti ? Tutti quelli che sono nelle graduatorie ad esaurimento sono in grado di poter insegnare ?

      PRESIDENTE. Concluda.

      ELENA CENTEMERO. Cosa succederà di chi ha fatto dei percorsi di formazione altamente qualificanti, che sono stati dequalificati dai PAS, come i TFA ? Facciamo fare un concorso riservato solo per abilitati ? Sono convinta del fatto che un conto sia l'abilitazione, un conto sia il reclutamento, e questi due momenti debbano essere tenuti, con serietà, distinti e divisi, però dobbiamo riflettere. Noi avevamo proposto quote di riserva nel concorso, altri colleghi hanno, addirittura, proposto un reclutamento a triplo canale. Vi sono tante proposte che potete considerare, insomma.

      PRESIDENTE. Deve concludere.

      ELENA CENTEMERO. Concludo, dicendo solo una cosa: io vengo dal mondo della scuola, come vi ho detto, e, da dirigente, quando sono diventata dirigente – i dirigenti nella scuola sono insegnanti – non ho mai smesso di essere un'insegnante. Quindi, reputo sbagliate le polemiche che abbiamo visto fino adesso sul ruolo del dirigente (mi riferisco al dirigente così come lo abbiamo modificato in Commissione).

      PRESIDENTE. Concluda, onorevole Centemero.

      ELENA CENTEMERO. Permettetemi di dire una cosa: il testo è stato modificato, vi sono alcuni aspetti migliorativi, ma ha bisogno di una profonda revisione, perché è diventato elefantiaco, vi è dentro un po’ di tutto...

      PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Centemero.

      ELENA CENTEMERO. Concludo, dicendo...

      PRESIDENTE. Deve essere fulminea, deve concludere.

      ELENA CENTEMERO. ...che la scuola è un bene di tutti, la formazione è ciò che vi è di più prezioso per il Paese e per le famiglie, e quindi l'educazione e l'istruzione sono il vero patrimonio che noi lasciamo ai nostri figli; per cui, credo che tutti quanti, politici e sindacati, dobbiamo guardare a questo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Malpezzi. Ne ha facoltà.

      SIMONA FLAVIA MALPEZZI. Grazie, Presidente, buongiorno, signora Ministra. In questa mattina abbiamo sentito tante parole ricorrenti: una tra tutte, quella dell'autonomia. Finalmente, con questo disegno di legge, riusciamo a realizzare qualcosa che era un sogno dei Governi di centrosinistra: l'autonomia scolastica. Infatti, per fare autonomia, non bastano le norme. Le norme le abbiamo viste, ci sono di già. Ci vogliono le risorse: ci vogliono risorse materiali, noi le mettiamo, e ci vogliono risorse umane, e noi mettiamo anche quelle.
      Le mettiamo perché, all'interno di questo disegno di legge, in quello che è stato, forse, uno degli articoli più controversi e discussi, l'articolo 8, che adesso si è trasformato, con tutte le modifiche, in articolo Pag. 3710, abbiamo presentato ed emendato il cosiddetto piano assunzionale. Infatti, per dare gambe all'autonomia, ci vogliono risorse e ci vogliono risorse umane. Bisogna trasformare la scuola in qualcosa di stabile, bisogna garantire ai nostri ragazzi la continuità didattica, e questo processo lo si attua solo attraverso le assunzioni. Ora, assumere chi ?
      In Italia ci troviamo con tre tipologie di cosiddette graduatorie, tre fasce: le cosiddette graduatorie ad esaurimento, la seconda fascia e la terza fascia. Ogni fascia è diversa, non per bravura e preparazione degli insegnanti, ma per il titolo che questi insegnanti hanno. In Italia si entra di ruolo nella pubblica amministrazione per concorso: lo dice un articolo della Costituzione, l'articolo 97, che recita che negli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si entra mediante concorso, salvo i casi previsti della legge. Noi queste persone ce le abbiamo lì, le abbiamo nelle graduatorie ad esaurimento, non le abbiamo scelte. Ci sono: hanno superato un concorso o ci sono stati casi, previsti dalla legge, che hanno consentito a queste persone di entrare in queste graduatorie. Non abbiamo fatto una scelta. Perché dico questo ? Perché, nella grandissima campagna di ascolto, che è partita dal mese di settembre, oltre al lavoro fatto dal Ministero, vi è stato tutto un lavoro del Partito Democratico di ascolto sui territori e di incontro proprio dei precari di quella seconda fascia e terza fascia che non erano previsti, e non sono previsti, in maniera così diretta, nel piano assunzionale. Con queste persone si è creato un rapporto, abbiamo tenuto i contatti, sappiamo quali sono le loro necessità e sappiamo anche che, per anni, loro hanno sostenuto la scuola.
      L'hanno sostenuta perché i Governi che si sono succeduti hanno distrutto quel piano che avevamo fatto partire nel 2006, quando avevamo detto «graduatorie ad esaurimento che devono essere chiuse e poi si va avanti, solo ed esclusivamente, con i concorsi». Concorsi che non sono stati fatti e che hanno creato questa continua stratificazione. C'erano – certo – i corsi abilitanti, il cosiddetto TFA, il tirocinio formativo attivo, qualificante. Le persone che l'hanno fatto, hanno superato degli esami, ma – ahimè – lo diceva il bando stesso che non attribuivano titolo concorsuale. Questo lo dobbiamo dire chiaramente, perché la norma non è norma solo quando ci serve, è norma sempre e chi ha affrontato i TFA, superando delle prove assolutamente selettive, indubbiamente selettive, non aveva, però, un titolo di valore concorsuale. Il Partito Democratico aveva cercato anche di intervenire nella scorsa legislatura a sostegno di altri docenti, di quelli che, sempre per mancanza dello Stato, avevano prestato il loro servizio per anni senza poter fare i concorsi. Avevamo dato loro la possibilità di fare i percorsi abilitanti speciali, perché anche l'anzianità di servizio è un valore, non l'unico rispetto alla qualità, ma è un valore. L'esperienza si fa anche attraverso la pratica e noi abbiamo insegnanti validissimi che hanno superato i percorsi speciali, i cosiddetti PAS. Noi abbiamo gli insegnanti abilitati che magari – non esprimo un giudizio, ma dico: magari – sono migliori di quelli che ci sono nelle graduatorie ad esaurimento o viceversa – ripeto, non è questa la questione – ma i titoli che hanno sono diversi. Noi non potevamo fare altrimenti, il disegno di legge lo dice chiaramente: si assumono quelli che noi possiamo assumere e sono quelli che si trovano nelle graduatorie ad esaurimento, per gli altri viene previsto il concorso, riconoscendo a loro i titoli, riconoscendo il percorso che hanno fatto e dicendo, una volta per tutte, che i concorsi verranno fatti solo per abilitati. Quindi, l'abilitazione è il primo step che consentirà, poi, tutto quel percorso che permetterà, finalmente, l'immissione in ruolo.
      Non ricordiamo solo i più di 100 mila che noi andremo ad assumere con questo disegno di legge dal 1o settembre, quindi con l'inizio del prossimo anno scolastico, ma andiamo anche a ribadire che ce ne sono altri 60 mila che verranno assunti attraverso concorso, nei prossimi anni. Non è poco, non stiamo scherzando con i numeri. I numeri che avevamo all'interno Pag. 38del primo testo della buona scuola, di quelle graduatorie, non consideravano ancora le sovrapposizioni tra le diverse classi di concorso; quando abbiamo avuto la possibilità di guardare attentamente, e nei dettagli, quelli sono i numeri che sono emersi. Sono emersi dei numeri che ci dicono di cosa la scuola ha bisogno, e non sono emersi semplicemente per la sentenza della Corte europea, perché le sentenze, oltre che accolte, vanno lette, e la sentenza penalizza l'Italia per aver reiterato dei contratti su posti vacanti e disponibili, significa più di 4000 mila docenti in tutta Italia; vacanti e disponibili. Noi ne assumiamo 100 mila, non stiamo correndo incontro alla sentenza, stiamo facendo un gesto che ci consentirà, finalmente, di trasformare quelle che per noi, sulla carta, erano questioni fondamentali, come l'autonomia, dal prossimo settembre, in una realtà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Paglia. Ne ha facoltà.

      GIOVANNI PAGLIA. Grazie, Presidente. Io vorrei iniziare questo mio intervento ringraziando tutti gli insegnanti che ho avuto nella mia vita: le maestre, le professoresse, i professori. Ne ho avuti tanti, come credo tutti noi, in quei 13 anni che ho passato nelle aule scolastiche. Alcuni erano molto competenti, poi ce ne erano altri che erano molto bravi ad insegnare, altri molto bravi ad ascoltare, c'era anche quello, forse è capitato anche ad altri, disposto a prendere la macchina alle 2 di notte per andare in aiuto di un messaggio di soccorso che gli arrivava da un suo alunno. Quindi, io non saprei fare una gerarchia di merito tra gli insegnanti che ho avuto.
      Quello che so è che ho imparato molto da tutti, anche da quelli che in fin dei conti non mi hanno insegnato nulla, perché ho imparato dalla scuola nel suo complesso, non dai singoli insegnanti. Ho imparato soprattutto ad imparare, ho imparato lo spirito critico, ho imparato tutte quelle cose che mi sono servite a diventare un cittadino in questo Paese. Queste cose che sto dicendo, se ci pensate bene, probabilmente le direste tutti voi. L'esperienza scolastica che avete avuto, che abbiamo avuto, da questo punto di vista è simile.
      Eppure non è di questo che noi stiamo parlando oggi. Stiamo parlando di altro. Stiamo parlando come se questo tipo di esperienza non fosse servita a nulla. Io non credo di essere stato particolarmente fortunato con i miei insegnanti. Sono stato, invece, per esempio, particolarmente fortunato a non incappare in quella clamorosa sciocchezza chiamata test Invalsi, che io giustamente credo gli studenti, molti studenti di questo Paese, hanno boicottato negli scorsi giorni.
      Anche qui ho assistito ad un dibattito che non condivido assolutamente. C’è un ritorno di un pensiero conservatore che proprio non va bene. A me non piace sentir dire che gli studenti e i ragazzi di questo Paese devono imparare che una legge, anche se è sbagliata, va comunque rispettata, perché ci insegnava John Locke, all'alba del pensiero liberale dello Stato di diritto, che esiste prima di tutto un dovere e un diritto alla ribellione contro la legge ingiusta. Nasce lì la democrazia, nasce dal diritto alla ribellione contro la legge ingiusta, non dal dovere all'obbedienza sempre e comunque.
      I nostri studenti stanno imparando qualcosa anche nel conflitto e gli insegnanti di questo Paese stanno insegnando loro qualcosa nel riappropriarsi delle piazze e nella partecipazione che c’è stata contro questa riforma. Qui c’è un problema vero di democrazia in Italia. Infatti, se davanti al fatto che si riempiono le piazze italiane, se davanti al fatto che l'80 per cento, forse più, degli insegnanti di questo Paese entrano in sciopero e chiedono ascolto, chiedono che venga stralciata una parte di questo disegno di legge, quella sulle assunzioni e chiedono di discutere di tutto il resto nei tempi corretti, se davanti a tutto questo la risposta che danno la maggioranza, il Governo e la politica è di chiusura, c’è una rottura democratica nella tradizione di questo Pag. 39Paese. Infatti se le istituzioni danno al popolo che rappresentano il messaggio che partecipare, mobilitarsi e scioperare è inutile, siamo da un'altra parte che io fatico a chiamare democrazia, almeno per come io l'ho conosciuta e per com’è scritta nella nostra Costituzione.
      Io ringrazio e ringrazierò però sempre gli insegnanti che hanno scioperato in questo Paese. Io ringrazio sempre i lavoratori che scioperano e sono disposti a mettere in gioco parte del loro salario. E in questo caso l'hanno fatto per una cosa che si chiama libertà. Siamo davanti ad un Governo – e anche ieri, il Presidente del Consiglio – che alla fine, quando deve difendere questa riforme, dice sempre e solo una cosa: vi ho dato dei soldi; vi ho dato 500 euro, vi ho dato qualche risorsa; cosa volete di più se io vi ho dato soldi.
      Esistono cose che non si comprano, esiste una cosa che si chiama libertà di insegnamento, che è più importante di un qualsiasi salario, persino per una categoria abituata, in questo Paese, a lavorare con salari scandalosi. Questo è il punto vero per cui tutti dovremmo ringraziare i nostri insegnanti. Questo Governo pecca di hybris, di arroganza. Questo Governo corre, ma correre senza ascoltare lo porterà contro un muro, a farsi molto male. L'importante è che il Paese sia sceso prima dal carro di questo Governo, perché vorremmo evitare che, assieme a sé stesso, schianti anche il Paese il Governo Renzi.
      A proposito di partecipazione noi avevamo portato qui dentro una legge di iniziativa popolare, che forse non era il meglio – anzi era sicuramente perfettibile – però diceva alcune cose significative. Parlava di obbligo fino ai 18 anni, parlava di 6 per cento delle risorse destinate per legge al sistema di istruzione. Il 6 per cento significa quella che è la media dei Paesi avanzati di questo continente, Paesi avanzati di cui in teoria noi ci dovremmo gloriare di fare parte, anche se forse con un eccesso di ottimismo. Era una legge che dava molta attenzione all'integrazione dei ragazzi e dei bambini disabili e a quella di emigranti, che stabiliva un organico stabile per la scuola con classi al massimo di 22 alunni, non le classi pollaio di oggi.
      Stabiliva un criterio vero di autovalutazione per gli insegnanti e le scuole e un principio di partecipazione. Stabiliva molte cose, ma soprattutto, appunto, nasceva da una scrittura collettiva da parte del mondo della scuola e dalla sottoscrizione di oltre 100 mila persone.
      La legge di iniziativa popolare avrebbe meritato un po’ più di attenzione da parte di questo Parlamento, non fosse altro che per riconoscere il lavoro fatto da chi la scuola la vive tutti i giorni, anziché essere immediatamente accantonata per andare avanti con questo disegno di legge assolutamente ricattatorio, buttato così, buttato nella discussione parlamentare facendo finta che sia un disegno di legge, ma con i tempi, di fatto, di un decreto-legge.
      Allora, io voglio dire che su una cosa si può essere d'accordo con il Presidente del Consiglio: sul fatto che la scuola è la base del Paese e che nella scuola c’è il futuro dell'Italia. Noi in questo momento stiamo dicendo anche che futuro immaginiamo per questo Paese, ma anche cosa pensiamo dell'Italia oggi.
      Io credo che in questo momento l'Italia sia affogata e stia affogando in un abisso di disuguaglianza. Questo è il problema di fondo: disuguaglianza fra territori, disuguaglianza tra classi sociali, disuguaglianza anche all'interno della stessa città, tra quartiere e quartiere. La domanda che ci dobbiamo fare davanti a questa realtà, fotografata da tutti gli uffici di statistica, da tutti i centri studi, da noi stessi riconosciuta, è: questo disegno di legge è adatto ? Io dico che questo disegno di legge opera esattamente per favorire le disuguaglianze.
      Guardate solo quello che avete fatto sul 5 per mille e quello che avete fatto sul credito d'imposta. Sul 5 per mille è stato detto tutto. È chiaro che qualsiasi genitore italiano darà il 5 per mille alla scuola dei propri figli, siamo d'accordo su questo ? Non c’è genitore italiano che non lo farà. Dopodiché, siamo d'accordo che ci sono aree e scuole di questo Paese che hanno Pag. 40un certo tipo di reddito medio e altre che hanno un altro tipo di reddito medio ? Siamo d'accordo ? Questo introduce un elemento forte di divisione. Noi avremmo voluto che le risorse fossero date ad un fondo nazionale, non perché siamo semplicemente egualitari – anche –, ma per un criterio di giustizia.
      Ma il credito d'imposta al 65 per cento è ancora peggio, è ancora peggio, perché io posso andare dal dirigente scolastico, di fatto, a contrattare quanto voglio donare alla scuola di mio figlio per il progetto che pare a me e, se questo accetterà, io non solo darò lì le mie risorse, ma, con il credito d'imposta, sto sottraendo quelle risorse a qualcun'altro. Per dare 100 alla scuola di mio figlio, tolgo 65 al fisco generale. Quindi, attraggo sulla mia scuola più ricca anche quei soldi che sarebbero stati necessari alle scuole più sfigate – scusate il termine – di questo Paese. Questa cosa è inaccettabile, totalmente inaccettabile.
      Vedo che si scuote la testa. Se si scuote la testa significa che non si sa assolutamente nulla di quello che è un sistema fiscale e sarebbe, invece, importante studiare un po’, studiare un po’ prima di parlare e soprattutto prima di legiferare, almeno capire quello che si sta facendo. Voi state facendo una scuola che parte da un principio molto base e molto semplice: in questo Paese non c’è futuro per tutti, c’è futuro per una parte e per quella parte, supposta meritevole, si devono creare scuole d’élite e tutti gli altri vadano. Infatti, dato che per il 50 per cento dei giovani di questo Paese non c’è futuro, c’è solo disoccupazione, forse per quelli non è nemmeno necessario investire in istruzione vera. Quelli possono essere abbandonati altrove e le poche risorse disponibili possono essere messe a disposizione di chi già ha un futuro. Per questo dico che con questa riforma non si cura la disuguaglianza, con questa riforma si fa esattamente il contrario.
      Per tacere delle risorse messe a disposizione anche delle scuole private. Molto è stato detto. Mi fa piacere che venga riconosciuto, con un emendamento, che forse sia il caso almeno di andare a fare una valutazione di merito. Chissà se verrà fatta, almeno sulla bontà di queste scuole private. Ma, in un quadro del genere, persistere in una patente violazione della Costituzione e incentivare ulteriormente, andare oltre, mettere altre risorse a disposizione delle scuole private attraverso la scelta delle famiglie non è libertà. Questo è il contrario della libertà.
      Noi non abbiamo molto altro da dire oggi. Diremo molto nei prossimi giorni. Noi continueremo a batterci fino alla fine per la scuola della Repubblica e per la scuola della Costituzione. Lo facciamo per una ragione molto semplice: è un dovere morale che abbiamo nei confronti del Parlamento e del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

      PAOLA BINETTI. Presidente, è stata una mattinata intensa, in cui si sono sentite tante cose molto interessanti; forse non tutte condivisibili, ma tutte con un grande segnale di speranza da parte nostra per essere riusciti a mettere, per la prima volta dopo tanto tempo, la scuola al centro del dibattito pubblico. Forse avremmo idee diverse, forse faremmo delle scelte diverse, ma tutti coloro che sono intervenuti stamattina, e penso anche coloro che continueranno ad intervenire più tardi, tutti siamo convinti che il futuro è nelle nuove generazioni e il futuro delle nuove generazioni è nella loro formazione e la loro formazione passa attraverso la scuola.
      L'obiettivo di questo disegno di legge, quello di riformare compiutamente l'intera disciplina riguardante il sistema nazionale di istruzione, avendo lo scopo di disciplinare l'autonomia delle istituzioni scolastiche attraverso la dotazione di risorse umane, materiali e finanziarie, nonché la flessibilità necessaria a realizzare scelte formative e organizzative, è un obiettivo realmente molto, molto, molto ambizioso. Come è stato detto più volte, il termine «autonomia», da un lato sottolinea Pag. 41– abbiamo sentito adesso il collega –, la libertà di scelta dei genitori del tipo di scuola e di modello educativo che vogliono per i figli e la libertà del docente di scegliere tra le diverse opzioni che il disegno di legge rende possibili, anche dal punto di vista dell'impianto didattico e formativo; mentre, quindi, la libertà riesce a trovare un punto forte per recuperare la propria creatività, dall'altra parte, il riferimento costante e continuo è a quello della responsabilità. Mi riferisco, per esempio, a un sistema che è molto diffuso in questo momento nell'università, ossia il cosiddetto sistema AVA, laddove all'autonomia corrisponde la valutazione e, soltanto una volta che c’è stata valutazione, di fatto c’è un accreditamento. Questo è un modello che già le nostre università, pur con le necessarie differenze e difficoltà, stanno cercando di rendere attuabile. E, seguendo questo dibattito, io pensavo che stiamo andando in questa direzione: autonomia, valutazione e, quindi, in terzo luogo, molto in terzo luogo, ma realmente anche tutto quello che significa accreditare risorse alle persone, alle scuole e alle famiglie.
      Certo, ogni disegno di legge si interfaccia con l'opinione pubblica, più attraverso le dinamiche comunicative che lo accompagnano, che non per quanto c’è effettivamente scritto e che spesso poche persone hanno effettivamente letto. In questi giorni Internet in primo luogo, con il corteo dei social media, la stampa, la TV, con i suoi talk-show, convegni, manifestazioni di piazza, scioperi inclusi, tutto ha contribuito a ridurre un complesso disegno di legge ad una sommatoria di slogan, alcuni dei quali condivisibili, altri decisamente fuorvianti. Il primo test che dovremmo fare – mi è capitato di farlo in occasione di un incontro con gli insegnanti – è proprio chiedere: ma tu l'hai letta la legge ? Ma tu sai che cosa c’è scritto ? Il primo test di valutazione dovrebbe essere quello del rigore e della serietà nello studio e nell'approfondimento. Lo stesso Premier ha elaborato una sua strategia della persuasione che va oltre i mezzi abituali, come Twitter e Facebook, che comprende un video, con tanto di lavagna su cui erano scritto le parole chiave, i famosi key concept, e una lettera inviata ai docenti che, in questi giorni, sono entrati in agitazione, scendendo anche nelle strade, occupando molte volte gli spazi che sono gli spazi tipici della protesta. Li abbiamo avuti qui, in piazza Montecitorio, ripetutamente.
      Tra le argomentazioni a cui Renzi ha fatto riferimento per difendere questo disegno di legge, ce ne sono tre che meritano un'attenzione particolare. La prima è quella che dice: l'Italia sta ripartendo. Sottolinea come il PIL italiano torna a crescere e dice che dovremmo essere felici dopo anni di recessione e che, quindi, c’è l'opportunità di costruire un futuro di opportunità per i nostri figli. È un atteggiamento interessante perché è un atteggiamento che parte da qualcosa che non è autoreferenziale rispetto alla scuola. Infatti, parte dal miglioramento del contesto sociale, però lo pone come orizzonte di senso anche per la scuola. Poi dice: «Il Governo è pronto a discutere entrando nel merito, ma senza paura di cambiare». E, poi, un'affermazione che mi è sembrata particolarmente importante: «La buona scuola c’è già. La buona scuola siete voi». Però, poi, subito dopo ridimensiona questo concetto e dice: «O meglio, siete molti di voi, ma non tutti voi».
      Questa è una consapevolezza che dobbiamo avere: siamo tutti uguali per dignità, siamo tutti uguali e dobbiamo desiderare di avere le stesse opportunità, ma non c’è dubbio che proprio la libertà e l'autonomia poi ci spingono a giocarci in modo diverso queste stesse opportunità. Il passaggio che ha fatto il Premier subito dopo è ancora una volta interessante da sottolineare: «è necessario restituire prestigio e rispetto alla scuola». Stiamo provando a farlo, ma purtroppo, le polemiche, le tensioni, gli scontri verbali sembrano più forti del merito delle cose che proponiamo di cambiare. Questa dovrà essere una campagna veramente importante, che lo stesso Ministro, con tutti i suoi collaboratori, dovrà mettere in gioco. Dovrà avere quella funzione pedagogica della Pag. 42legge, che si spiega e che spiega le cose, e che non si ferma finché non è certo che l'alunno o l'interlocutore abbia davvero capito di che cosa si tratta. L'Italia non sarà mai una superpotenza demografica, disgraziatamente (sappiamo che siamo ai minimi storici, in realtà, della demografia), e nemmeno una superpotenza militare (ma di questo ci rallegriamo; non ci viene niente da piangere, non siamo ad invocare risorse eccedenti anche le nostre necessità per giocare a fare la superpotenza militare), ma siamo una superpotenza culturale. Questo è l'orgoglio italiano, un orgoglio serio, un orgoglio che fa sì che il nostro Paese costituisca una sorta di museo en plein air; basta andare in giro per le strade di Roma e vedere la bellezza. Non abbiamo ancora discusso un disegno di legge – ma lo abbiamo firmato quasi tutti – di una collega di SEL, la quale, in un certo senso, voleva che nel primo articolo della Costituzione si facesse riferimento alla bellezza come valore, alla bellezza come valore di questo Paese. È vero che è così, ma questa bellezza non è soltanto qualcosa che ci è stata data, non è soltanto la bellezza delle nostre montagne, la bellezza dei nostri mari, la bellezza delle nostre campagne, è anche la bellezza dell'arte, la bellezza di quelle straordinarie manifestazioni di arte in cui l'intelligenza umana, a cominciare dai tempi del Rinascimento ma ovviamente anche da prima, hanno fatto dell'Italia il Paese di riferimento per tutti gli altri. Ma quel Rinascimento, come sappiamo, non era nato per caso: aveva le sue scuole, aveva le sue botteghe, aveva il suo lavoro e i ragazzi andavano a bottega molto piccoli per poter imparare.
      Questo progetto della «buona scuola» ha molti passaggi che citerò solo velocemente, perché su questo già si sono fermati molti colleghi. Non mi soffermerò sul tema delle assunzioni, perché condivido l'idea che occorra stabilizzare coloro che già lavorano nella scuola, sottrarli alla loro precarietà, ma garantire, per coloro che si stabilizzano e strutturano in un posto come l'Italia, che rappresenta una sorta di garanzia a tempo indeterminato, che ci sia anche quella naturale selezione che nasce da una motivazione forte e dal sapere che l'orizzonte che bisogna raggiungere è fatto da obiettivi molto elevati. So che sono stati stanziati 4 miliardi di euro sull'edilizia scolastica: questo ci fa grande piacere per la sicurezza dei nostri ragazzi; so che sono state «sfaccettate» in maniera abbastanza particolare le risorse economiche per gli insegnanti, le cui modalità mi farebbe piacere sottolineare: 40 miliardi di euro, per la loro formazione; 500 euro netti a testa, per la «carta del professore»; 200 milioni, per la valutazione del merito. È evidente che dietro ognuna di queste cifre c’è un discorso, c’è una scelta, ma ancora una volta c’è il riconoscimento all'insegnante della sua autonomia: scegli i mezzi di formazione che ritieni più adatti e più idonei a completare il tuo processo di formazione personale. È un bel gesto, un bel gesto di fiducia, perché siamo certi che ognuno lavorerà a migliorare se stesso. Mi è sembrata interessante l'idea dell'alternanza scuola-lavoro proprio per ridurre il 44 per cento della disoccupazione giovanile ed il preoccupante tasso di dispersione scolastica. Mettere i giovani accanto a un'esperienza di lavoro significa rimotivare anche le loro competenze specifiche, quelle competenze generalistiche, quelle competenze trasversali a cui fa riferimento oggi la formazione, che, ce lo ricordiamo, sono il problem solving, il pensiero critico, la capacità di comunicazione, tutte questioni che si apprendono se si risolvono problemi. Troppe volte i problemi che sottoponiamo agli studenti sono problemi lontani dalla loro esperienza umana, lontani dalla loro sensibilità, lontani dalla loro passione.
      Esponiamoli al contatto con la vita, chiediamogli di misurarsi con le difficoltà e vedremo che hanno delle risorse, di intelligenza, di genialità e creatività che, probabilmente, ad un approccio eccessivamente conservativo o burocratizzato potrebbero sfuggire. Ci sono, però, poi tre passaggi che mi hanno convinto particolarmente e tre passaggi su cui per me sussistono delle perplessità.Pag. 43
      Il primo passaggio, che, non c’è dubbio, anche la mia storia personale di alunna e di insegnante, anche universitario, mi porta a dire: bene la libertà delle famiglie, bene le famiglie che possono scegliere qualunque tipo di scuole, stiamo parlando di scuole paritarie, il che significa anche parità di opportunità, parità di vincoli, ma ciò significa per le famiglie anche la possibilità di una detrazione, che se volete è incipiente, ma rappresenta davvero un punto totalmente innovativo nel sistema italiano.
      Un'altra delle cose che mi ha riempito di gioia è la molteplicità dei passaggi con cui ci si prende cura degli studenti che presentano disabilità, fino a giungere a quella sorta di teledidattica che possa permettere al ragazzo che presenta una disabilità grave, ma anche al ragazzo che transitoriamente, perché si è rotto una gamba o ha dovuto affrontare un'operazione difficile, di portare la scuola in casa, in camera, sul tavolo, utilizzando le risorse per valorizzare le capacità dei ragazzi. Su questo devo dire complimenti veramente ! Anche perché non è soltanto una scelta tecnologica, ma una scelta che trascina la forza della formazione e con la forza della formazione dei docenti trascina anche una responsabilità etica importante. Tutti noi sappiamo che il docente fa l'insegnante di sostegno in attesa di opportunità forse migliori, forse più brillanti o più facili. Il vincolare il docente di sostegno ad una continuità, utilizzando un termine medico, assistenziale, ma in questo caso vi è proprio una continuità formativa e didattica. Ben venga questo. Il riferimento al valore positivo del lavoro – si va a scuola anche perché ci si prepara ad affrontare il proprio lavoro – mi sembra molto positivo.
      Le perplessità: non sarei onesta con il ministro se non le mettessi in evidenza. La prima è l'autonomia delle scuole ha un valore, la valutazione delle scuole è un valore, è interessante però che questo non comporti una dispersione. Il disegno di legge parla troppo spesso di educazione alimentare, di educazione sportiva, di educazione stradale – il Premier ieri sera diceva: vorrei più latino – corriamo il rischio che vi sia un po’ di supermercato (un po’ di questo e di questo e di questo e di questo), il che non fa la formazione quanto piuttosto un'infarinatura, come si dice, mentre noi vogliamo la formazione.
      In secondo luogo sono totalmente convinta che dobbiamo trovare gli strumenti per valutare il merito. L'esperienza che si sta facendo adesso con il mondo universitario sta cercando di mettere a fuoco strumenti di valutazione del merito. Ci sono tutti gli indicatori di Dublino (Dublino 1, Dublino 2) a cui possiamo attingere per ricavare una serie di indicatori.
      Infine, vi è un passaggio che mi è sembrato interessante, che è quello dell'educazione affettiva nelle scuole, che è quello di aiutare i ragazzi nella lotta contro il cyberbullismo, nella lotta alle discriminazioni, quella intesa e quella capacità di collaborazione tra i ragazzi e le ragazze. Va tutto bene, purché quando si fanno delle iniziative che possono toccare temi delicati e sensibili non si prescinda mai dal consenso esplicito e informato dei genitori. I genitori restano i primi educatori e sono loro che delegano alla scuola la funzione educativa. Ringrazio tutti e mi auguro che possa davvero essere un buon disegno di legge.

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Luigi Gallo. Ne ha facoltà.

      LUIGI GALLO. Grazie, Presidente. Signora ministra, lei non merita alcuna fiducia, lei e i suoi capetti Faraone e Renzi siete un trio di mentitori seriali.
      Più si avvicinano le elezioni regionali e più reiterate le vostre bugie in tutti i media che avete a disposizione. Il vostro impianto si fonda sulla più grossa e principale menzogna, quella che voi, figli della trojka, tornate ad investire nel mondo dell'istruzione. A smentirvi non è il MoVimento 5 Stelle, ma sono i dati e le parole dei vostri stessi atti. Prendiamo il vostro documento di economia e finanza del 2015, depositato ad aprile alla Camera dei deputati. A pagina 81 scrivete che «la previsione della spesa per istruzione in rapporto al PIL presenta una sostanziale Pag. 44stabilità fino al 2016, poiché le misure di contenimento della spesa per il personale, previste dalla normativa vigente, trovano compensazione nelle risorse stanziate dalla legge di stabilità per gli interventi di riforma del settore». Vi è chiaro cosa significa, signora Ministro, quello che scrivete ? Significa che voi risparmiate e tagliate sul personale e con i soldi che recuperate create il fondo per questa controriforma governativa della scuola. Questo al mio Paese, che è ancora l'Italia, si chiama zero investimenti ed è il primo diktat della trojka a cui obbedite.
      Alla pagina successiva del documento di economia e finanza – pagina 82, per chi vuole andare a verificare – troviamo la tabella 4.4, con i dati della spesa pubblica per istruzione, dove dal 3,7 per cento di spesa pubblica in rapporto al PIL nel 2015, si passa nel 2020 ad un 3,5 per cento. Quindi, il secondo diktat della trojka è rispettato: produrre delle riforme che produrranno tagli strutturali a lungo termine nel comparto istruzione.
      Ma almeno nel 2016 investite 3 miliardi ? No, anche questi verranno mangiati dai tagli al settore, come si evince dal quadro generale riassuntivo del bilancio di competenza triennale 2015-2017. I numeri dicono chiaramente che il Partito Democratico è semplicemente la trojka mascherata. Siete dei perfetti distrattori di massa, parlate di dialogo, fate inviti e organizzate tavoli a uso e consumo di una comunicazione di massa. A voi non interessa confrontarvi con nessuno né dentro, né fuori dal Parlamento. Non avete fatto alcuna apertura. A voi interessa trasmettere a milioni di italiani l'immagine di un governo democratico, esattamente quello che non siete. Gli unici che dissentono da questa visione sono la Lega e Forza Italia e non a caso stiamo parlando della Riforma Gelmini, atto secondo.
      Ma è vero che con qualcuno dialogate seriamente e dialogate con Confindustria, con la Fondazione Agnelli e le multinazionali ed obbedite alla trojka. Per questo avete peggiorato il testo in Commissione, non solo avete lasciato in piedi la chiamata diretta dei presidi, i finanziamenti privati per creare scuole di serie A e di serie B, l'esclusione delle assunzioni del personale abilitato, ma avete definito la mannaia dei tagli. È incredibile come tutto quello che tocca il Partito Democratico si trasforma in sterco.
      Avete snaturato il concetto di rete di scuole. Le reti nascono in modo spontaneo per affinità tra istituti, per specifici progetti e percorsi educativi. Voi lo trasformate in un sistema per tagliare le risorse della scuola e basta andare all'articolo 8, comma 10, per scoprire i vostri intenti. Non frego gli italiani con i gessetti colorati ma vi riporto integralmente il testo dell'articolato di legge che dice, articolo 8 «al fine di razionalizzare gli adempimenti amministrativi a carico degli istituti scolastici le istruttorie sugli atti relativi a cessazione dal servizio, pratica in materia di contributi e pensione, progressione e riconoscimento di carriera, trattamento di fine rapporto del personale della scuola, nonché sugli ulteriori atti e non strettamente connessi alla gestione della singola istituzione scolastica, può essere svolta dalla rete di scuola in base a specifici accordi». Ciò significa che voi create una rete per fare una razionalizzazione e trovate così le risorse dei 4 miliardi per il 2015 e 2016. Dopo i 2.000 posti del personale tecnico ed amministrativo delle scuole vi è un piano straordinario di tagli di questo personale.
      Voi non conoscete le scuole e non ve ne frega nulla, ve ne infischiate di un personale amministrativo che ha un carico di lavoro fra i più sovraccaricati del settore pubblico. Era meglio quando nel testo iniziale ignoravate la categoria perché ora che la prendete in considerazione è solo per fare danni. Vi fermate qui ? No. Vediamo gli altri provvedimenti migliorativi che avete introdotto all'interno della Commissione. Introducete il Jobs Act nelle scuole, questo ascoltatelo bene voi della stampa: il primo concorso pubblico per assunzione a tempo determinato. Cioè l'insegnante verrà assunto attraverso un concorso pubblico, però a tempo determinato per tre anni, con un contratto di apprendistato: 100 euro a insegnante al mese – perché farà l'apprendistato – e così recuperiamo Pag. 45altri soldi perché non dobbiamo pagare più l'insegnante che faceva le supplenze e veniva pagato a tempo pieno ma avrà un contratto di apprendistato. Bloccate gli scatti stipendiali per i prossimi tre anni, questi sono investimenti ? Allora continuate poi nel frattempo ad essere offensivi verso i cittadini perché ognuno che dissente da voi, che protesta, non ha capito niente, non entra nel merito, non si è letto il testo, cioè 100 mila persone pazze abbiamo avuto il 5 maggio che sono scese in piazza e hanno regalato 42 milioni di risparmio allo Stato perché ci hanno messo di tasca propria il loro dissenso. Un po’ di rispetto per gente che è plurilaureata e tanti hanno titoli specialistici e dottorati, dire che loro non capiscono bene la riforma è veramente un'offesa. Dobbiamo subire il segretario del PD che si mette in cattedra invece di mettersi dietro la lavagna con il cappello da asino e dice che tutti non capiamo niente. L'autonomia è un'altra parola falsa che viene utilizzata all'interno di questo provvedimento di legge, perché i dirigenti potranno scegliere i loro docenti solo e specificamente da una graduatoria ad esaurimento, dove non ci sono tutte le competenze e le professionalità necessarie alla scuola, quindi in sostanza è come se volessimo fare la macedonia solo con le banane. Cosa introducete ? Introducete in sostanza delle leve di comando direttamente dal Ministero – altro articolo aggiuntivo che avete introdotto in Commissione – prendete i vostri dirigenti tecnici del Ministero e li fate diventare ispettori che valutano il merito del dirigente. Questa è autonomia ? Queste sono leve di comando che dal Ministero vanno verso il dirigente e dal dirigente poi verso i docenti. Fate diventare i dirigenti procacciatori di soldi sul territorio, le scuole diventano prodotti sul mercato, non è autonomia questa. Allora il PD si vanta tanto di aver eliminato la delega sulla governance dopo che in questo disegno di legge in sostanza è stato svuotato il ruolo degli organi collegiali. Non è un caso che quindi si parla di valutazione e merito a sproposito, la valutazione – se la dobbiamo fare seria – deve essere svolta da un ente terzo, invece chi fa la valutazione ? La farà il dirigente con il comitato di valutazione che però sono comunque docenti all'interno di quell'istituto e al dirigente rimane sempre un potere discrezionale per poter decidere chi premiare e le persone a cui non rinnovare il contratto, perché diciamo anche questo: è vero, nessuno nega che le persone che sono nel piano straordinario di assunzione sono persone che verranno assunte a tempo indeterminato, ma saranno precari a vita. Voi avete creato il primo dipendente pubblico che non ha più una sede, non ha più una sede di lavoro ma è distribuito su una rete di scuole.
      Diventa una palla da flipper che gira da un istituto all'altro e la sua vita sarà precaria: ogni tre anni cambierà sede, ogni tre anni potrà cambiare rete di scuole.
      Sui testi Invalsi: non sono indecenti i genitori, gli studenti e i docenti che li respingono; è indecente lei, Ministro Giannini, e il Partito Democratico, che ha trasformato uno strumento di misurazione, che serviva per le classifiche OCSE-Pisa in uno strumento di valutazione. Eppure, il test Invalsi è un quiz a crocette sulle competenze linguistiche e matematiche. Possiamo valutare gli studenti che hanno talenti creativi, artistici, di tutt'altro tipo, complessivi – si parla di intelligenza emotiva e di intelligenze multipla – possiamo valutare gli studenti, i docenti e i dirigenti sulla base di una valutazione del test Invalsi ?
      Con l'alternanza scuola-lavoro ancora non ho capito cosa volete fare, cioè ho capito la vera intenzione, però dite cose diverse. Noi vogliamo una scuola che forma cittadini o lavoratori ? Io sono un docente che pensa che uno studente che fa un'esperienza di alternanza scuola-lavoro deve svolgere un'esperienza formativa, deve conoscere altri ambienti, deve conoscere altri stimoli; non deve prepararsi per il mondo del lavoro. L'alternanza scuola-lavoro deve creare quelle competenze, sempre di cittadinanza, che deve avere uno studente. Ma non è questa la vostra visione perché voi, con l'alternanza scuola-lavoro di oggi, che non è un'alternanza di Pag. 46buona qualità, in pratica raddoppiate le ore, ma proporzionalmente le risorse restano le stesse, quindi faremo il doppio dell'alternanza scuola-lavoro, sempre di pessima qualità.
      Sugli studenti, un'ultima cosa: voi parlate sempre in questo disegno di legge di tasso di occupabilità e quindi è evidente che voi siete interessati a creare dei lavoratori subito dopo la scuola e non dei cittadini, mentre non c’è mai un riferimento ai tassi di iscrizione all'università.
      Non dobbiamo incentivare l'istruzione post diploma ? Con questo disegno di legge sembra di no, sembra che non dobbiamo incentivarla. Bisogna fare politiche del lavoro attivo: il reddito di cittadinanza, che propone il MoVimento 5 Stelle, è una misura di politica e di lavoro attivo, invece voi scaricate sulla scuola quello che non riuscite a fare nel Paese per produrre la necessaria ricchezza e il lavoro per i cittadini.
      La democrazia diretta nella scuola: questo noi vorremmo, non il consiglio di istituto, nell'ambito del quale si delega un unico rappresentante dei genitori e un unico rappresentante degli studenti. Esistono degli strumenti proprio dati dall'autonomia, ma voi non volete applicare quelli, quelli con i quali è possibile che attraverso una votazione si possano decidere delle cose e quindi coinvolgere i genitori e gli studenti a votare – perché no ? – delle proposte da inserire nell'offerta formativa.
      I dirigenti: pensate che i dirigenti siano tutti contenti di questo disegno di legge ? Assolutamente no; ci sono categorie di dirigenti che hanno scioperato forse per la prima volta, chiudendo la scuola. Perché non sono contenti ? Perché hanno capito, in primo luogo, che l'autonomia è una farsa e quindi saranno delle leve di comando del Ministero; in secondo luogo, hanno capito che i dirigenti scolastici passeranno la loro vita in tribunale perché, quando io prendo una persona e la scelgo, tutti gli altri docenti che magari pensano di aver subito un torto, faranno ricorso, così come sull'assegnazione dei premi, e avremo un dirigente che passerà, anziché a scuola, la sua vita nei tribunali.
      La privatizzazione: la Commissione europea ha detto che dobbiamo privatizzare.
      Ieri ha inviato le raccomandazioni e voi l'avete bene attuate in questo disegno di legge. Ormai, è da tempo che state – con i Governi precedenti e con questo – eliminando i titoli professionali e, in sostanza, appaltate ai privati la formazione privata e la capacità di avere un titolo professionale. L'avete fatto con i nautici e lo fate adesso anche con altri soggetti, con altri corsi di diploma. Così gli istituti professionali privati entrano nel sistema d'istruzione. Allargate le detrazioni alle private superiori, alias «diplomifici», mentre noi abbiamo una proposta seria, depositata da tanto tempo, a prima firma di Gianluca Vacca, che chiede un serio intervento per bloccare i «diplomifici» ma non c’è niente da fare. Inoltre, i privati li fate entrare direttamente con gli incentivi alla contribuzione e con la sponsorizzazione, il che significa pubblicità nelle scuole, senza però porvi il problema del condizionamento: gli studenti prima diventeranno consumatori in erba e, poi, lavoratori precari, ancora prima di terminare la scuola.
      Io sono un docente che lavora in un istituto professionale su un territorio che vive molto il problema della disoccupazione e le problematiche relative alla povertà che vivono tutte le famiglie. Gli studenti, in queste aree, già oggi cercano di trovare dei lavori saltuari, magari estivi. Voi gli togliete anche questa possibilità, perché in estate mettete l'alternanza scuola-lavoro da svolgere come orario obbligatorio nella scuola.
      Poi va affrontato il tema delle deleghe. C’è una delega sul Testo unico, una delega sull'autonomia, sui conflitti, sulla formazione, sul reclutamento, sul riordino delle classi, sulla disabilità, sugli istituti professionali. E della riforma del 2006 che cosa avete modificato ? Avete abrogato la parola «statale» – bravi ! – e i testi digitali, testi digitali perché voi non volete applicare quella norma del 2013 e volete ancora riscrivere le norme sui testi digitali.Pag. 47
      Penso che il mio tempo sia concluso. Non voglio rifarmi ai proverbi cinesi, ma preferisco rifarmi a un educatore importante, don Milani, che è stato prima citato nella «Buona Scuola» di Renzi e poi calpestato con questo disegno di legge. Don Milani diceva: «L'obbedienza non è più una virtù» e spero che il Partito Democratico presto ritornerà a valutare questo insegnamento di don Milani.

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Ottavio. Ne ha facoltà.

      UMBERTO D'OTTAVIO. Grazie, Presidente. So che ho solo sei minuti e, così come hanno fatto i miei colleghi, stiamo cercando e cercherò rapidamente anche io di dare a questa discussione il senso che deve avere, cioè riportare ad un rilievo positivo il provvedimento di cui stiamo parlando, sapendo che ovviamente ci siamo presi una responsabilità e, cioè, che stiamo accettando una sfida complicata, che è quella di cambiare la scuola.
      Perché è complicata ? Perché il mondo della scuola è un mondo molto complesso. Infatti, io vorrei partire da una questione molto piccola per qualcuno, ma per me molto importante. Sono molto contento, per esempio, che la Commissione abbia approvato di inserire all'articolo 3, sulla questione che riguarda il piano dell'offerta formativa, un capoverso che parla anche dell'educazione degli adulti. Noi in Italia abbiamo, purtroppo, il più basso numero di adulti in formazione e c’è un grandissimo analfabetismo di ritorno. Questo provvedimento dice che entro 60 giorni il Ministero dovrà mettere mano al regolamento che regola, appunto, i centri provinciali per l'istruzione degli adulti, affidando ed integrando possibilmente tutte le loro competenze, perché il tema dell'istruzione degli adulti è un tema che riguarda adesso migliaia e migliaia di cittadini in formazione e che per un Paese come il nostro diventerà – e lo deve diventare – un tema di grande importanza, perché crediamo davvero nella formazione permanente e continua.
      L'altro argomento che vorrei affrontare è un argomento per il quale mi permetto di partire, anche qui, rapidamente da un aneddoto, diciamo così: sapete come e chi decide il nome di una scuola ? C’è una concertazione enorme intorno alla decisione di intitolare una scuola. Interviene il comune, interviene il Ministero, interviene la prefettura, decide il collegio dei docenti. E poi noi abbiamo delle scuole che si intitolano a Gramsci, Rodari, Calvino, Marie Curie. Sapete, per esempio, che abbiamo dieci scuole dedicate ad Enzo Ferrari e soltanto due dedicate a Cavour ? Io ho sempre pensato che intitolare una scuola ad un grande della cultura o della scienza fosse molto più che dedicare loro una statua e, se potessimo adesso vedere magari qualche slide di queste scuole, molto spesso vedremmo che alcune di queste all'esterno hanno ponteggi di sicurezza o aule chiuse per inagibilità. Ovvio abbiamo anche delle situazioni di scuole perfette, dove tutto funziona. Oggi, però, i comuni e le province e, purtroppo, anche le nuove città metropolitane ci dicono che non ce la fanno più a fare la manutenzione delle scuole. Ecco perché io sono molto contento che quello che è diventato l'articolo 21 di questo provvedimento dice una cosa molto chiara: lo Stato ritorna a farsi carico dell'edilizia scolastica, innanzitutto rilanciando l'osservatorio, completando il percorso per l'anagrafe dell'edilizia scolastica, dando un ruolo all'unità di missione di fare un programma nazionale di intervento. Guardate, noi abbiamo bisogno di questo, abbiamo bisogno di un programma nazionale di intervento sull'edilizia scolastica. Sono molto contento che in Commissione sia passato l'emendamento che consente di ampliare l'osservatorio alla partecipazione di associazioni che staranno con il fiato sul collo anche alla signora Ministro, ma anche a noi Parlamento. Cittadinanzattiva, Legambiente ci ricorderanno sempre le cose che dobbiamo fare. Io credo che da questo punto di vista sia importante l'idea di istituire una giornata nazionale per la sicurezza delle scuole, non fatta, come dire, come una cosa qualunque, ma anche perché i primi ad essere consapevoli della sicurezza devono essere innanzitutto gli Pag. 48utenti. Io ribadisco che le scuole insicure vanno chiuse, ecco perché è importante quell'articolo che parla delle indagini diagnostiche. Noi abbiamo fatto una campagna di rilevazione dello stato dell'edilizia scolastica facendo dei controlli visivi, invece con questo provvedimento stanziamo 40 milioni di euro per poter fare indagini vere e proprie e conoscere lo stato di sicurezza dei nostri 42 mila edifici.
      C’è poi un articolo molto importante che è quello delle scuole nuove. Qui c’è anche una sfida da lanciare alle nostre categorie professionali, ai nostri ingegneri e architetti; c’è bisogno che si lancino anche nello studiare soluzioni tecniche nuove. Lo school bonus: questa cosa forse nessuno l'ha letta, ma qui si parla di sostenere la manutenzione degli edifici. Io devo dire che negli altri Paesi l'idea che qualche mecenate restituisca un po’ della ricchezza nel valorizzare il patrimonio edilizio non è una cosa strana. Solo da noi sembra una cosa strana, facciamola questa cosa, speriamo di avere tanti che contribuiscano, magari come se sostenessero un monumento, a sostenere la propria scuola.

      PRESIDENTE. La prego di concludere.

      UMBERTO D'OTTAVIO. Concludo, Presidente. La scuola dell'autonomia è di un'autonomia incompiuta. Noi vogliamo rovesciare l'impostazione: non è lo studente che si adatta alla scuola. Questa è la vecchia concezione autoritaria di istituzione. Noi abbiamo bisogno di una scuola che si adatta allo studente, che lo accoglie, lo fa crescere e lo rende un cittadino autonomo e capace (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Sgambato. Ne ha facoltà.

      CAMILLA SGAMBATO. Signor Presidente, signora Ministra, onorevoli colleghi, il provvedimento all'esame di quest'Aula rappresenta sicuramente una delle riforme più importanti che questo Parlamento sta affrontando, una sfida complicata accolta da critiche anche aspre, comprensibili forse, perché il mondo della scuola ha subito nel corso degli anni troppe riforme devastanti.
      Ma stavolta è diverso: se affrontiamo la discussione nel merito, senza pregiudizi e senza paura di cambiare, ci accorgiamo che oggi nel progetto vi è l'autonomia, così come definita dalla legge Berlinguer e che, per una serie di ragioni, si era incagliata nelle secche della burocrazia, vi è l'apertura delle scuole al territorio, vi è l'apprendimento per competenze, vi è la centralità dello studente, che evidenzia il pensiero lungo che vi è nella riforma, ma vi sono, soprattutto, tante risorse – quattro miliardi solo per l'edilizia scolastica – sia economiche che umane, con un piano assunzionale mai visto negli ultimi anni, nei quali si sono visti sempre e solo tagli.
      In queste settimane, con il costante contributo in Commissione del Partito Democratico, il testo è stato senz'altro migliorato, pur nel rispetto dell'impianto originario, che rimodula la scuola sulle esigenze di una democrazia complessa. Abbiamo lavorato giorni e giorni, noi, per ore, nell'assenza e nel silenzio incomprensibile dei deputati del MoVimento 5 Stelle, che si sono sottratti al confronto.
      Abbiamo lavorato per settimane per portare in Aula una riforma che fosse condivisa, che recepisse le istanze provenienti dal mondo della scuola, dagli insegnanti, dai dirigenti scolastici, dalle famiglie e dagli studenti. Quello che è venuto fuori è decisamente un progetto innovativo, coraggioso, in grado di offrire al nostro Paese la scuola di cui ha bisogno. E velocemente, perché già è stato detto tutto questa mattina dai colleghi che mi hanno preceduto, sulle novità più importanti, frutto del lavoro della Commissione.
      Il piano triennale dell'offerta formativa: rispetto alla prima versione, è stata introdotta una procedura secondo la quale il dirigente formula gli indirizzi, ma è il collegio dei docenti che lo elabora ed è il consiglio di istituto, dove siedono insieme studenti, famiglie e docenti, che lo approva. È, quindi, valorizzata la collegialità, in cui noi crediamo fermamente e che il mondo della scuola ci chiedeva.Pag. 49
      L'alternanza scuola-lavoro: non dico nulla su questo, perché è già stato detto, tranne il fatto – è la novità che noi abbiamo introdotto – che anche i musei e gli istituti pubblici e privati operanti nel settore del patrimonio e delle attività culturali, artistiche e musicali potranno ospitare l'alternanza. Anche in questo modo siamo riusciti, quindi, a coniugare l'esigenza di avvicinare il mondo della scuola a quello del lavoro con quella dell'educazione all'arte e alla bellezza. Per la didattica innovativa, la Commissione ha previsto che in ogni istituzione scolastica si individuano, e non semplicemente si possono individuare, docenti che coordinano le attività del Piano nazionale scuola digitale. Questo significa che la didattica innovativa sarà coordinata da docenti formati ad hoc e capaci di fungere da riferimento per i colleghi sugli obiettivi del Piano.
      Gli ambiti territoriali, che tanto spaventano i docenti: vi sono docenti neoassunti con contratto a tempo indeterminato. È grave che l'onorevole Gallo non conosca il testo. Saranno di dimensioni provinciali e poi di reti di scuola, e definiti sulla base della popolazione scolastica, della prossimità delle istituzioni scolastiche e delle caratteristiche del territorio. È stato chiarito il fatto che il personale già in ruolo conserva la propria titolarità ed i sovrannumerari a richiesta confluiscono in un ambito territoriale. Niente arbitrio, dunque, e, soprattutto, nessun pericolo di licenziamento.
      La valutazione dei dirigenti, come contrappeso alla loro discrezionalità: sarà obbligatoria, attribuita agli ispettori, coerente con l'incarico triennale, con il profilo professionale e connessa alla retribuzione legata al risultato. Permettetemi una parentesi per quanto riguarda i dirigenti scolastici. Nel nuovo testo del disegno di legge è stato stabilito che i posti autorizzati per l'assunzione di dirigenti scolastici possano essere attribuiti, previo parere dell'ufficio scolastico regionale di destinazione, agli idonei inclusi nelle graduatorie regionali del concorso per dirigente scolastico nel limite massimo del 20 per cento.
      Questo rappresenta un piccolo, ma fondamentale, risultato per i dirigenti scolastici, in particolare della regione Campania, ai quali, ad oggi, non è stata concessa l'interregionalità. Ma, oltre a questi aspetti, senz'altro importanti e che ho brevemente illustrato, vi sono aspetti sui quali vorrei soffermarmi, in quanto fondamentali per le regioni complicate del Meridione d'Italia. Mi soffermo velocemente su questi punti, voluti fortemente dal Partito Democratico, per far luce su un'altra critica infondata rivolta alla riforma, questa volta dai colleghi di SEL, circa la trazione nordista che la ispirerebbe. Niente di più falso !
      Infatti, tra gli obiettivi della riforma, troviamo quello di realizzare una scuola aperta che rappresenti un laboratorio permanente di ricerca, sperimentazione ed innovazione didattica, di partecipazione e di educazione alla cittadinanza attiva. Troviamo quello di garantire il diritto allo studio e alle pari opportunità di successo formativo per gli studenti e l'educazione permanente per tutti i cittadini. Troviamo quello di innalzare il livello di istruzione e le competenze delle studentesse e degli studenti, quello di contrastare le diseguaglianze socioculturali e territoriali, di prevenire e recuperare l'abbandono e la dispersione scolastica, maggiormente diffusa nel Mezzogiorno.

      PRESIDENTE. Concluda.

      CAMILLA SGAMBATO. Abbiamo previsto, all'articolo 3, che nei periodi di sospensione dell'attività didattica, le istituzioni scolastiche e gli enti locali, anche in collaborazione con le famiglie interessate, le realtà associative del territorio, del terzo settore, promuovono attività educative, ricreative, culturali, artistiche e sportive, da svolgersi presso gli edifici scolastici. Anche qui c’è tutta la vision di una scuola che si apre al territorio, nella consapevolezza che proprio la scuola è il più importante o in alcune realtà, addirittura, l'unico presidio di legalità.Pag. 50
      Tra l'altro, anche per quanto riguarda l'organico dell'autonomia per l'attuazione dei piani triennali dell'offerta formativa, si tiene conto della presenza di aree montane e di piccole isole. Come non riconoscere, dunque, la forte attenzione che permea tutta la riforma rispetto ai temi essenziali per le comunità del Mezzogiorno, perché nessuna resti più indietro ?
      E come non apprezzare la delega al Governo (articolo 23) ad istituire un sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni, costituito dai servizi educativi per l'infanzia e dalle scuole dell'infanzia, al fine di garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali, nonché ai fini della conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei genitori, della promozione della qualità dell'offerta educativa e della continuità tra i vari servizi educativi e scolastici e la partecipazione delle famiglie.
      Anche qui è del tutto evidente l'intenzione di colmare il divario di offerta tra le diverse regioni.
      Un altro aspetto, e concludo, riguarda il cinque per mille. A partire dal 2016, in sede di dichiarazione dei redditi, il cinque per mille potrà essere destinato anche alle singole scuole in base alle scelte delle famiglie ma venti per cento del flusso sarà destinato a quelle che hanno ricevuto di meno.
      In sostanza, il Fondo di perequazione sale dal dieci per cento (previsto dal testo originario del disegno di legge) al venti per cento che sarà ripartito tra le scuole che non raggiungeranno una soglia minima di risorse.
      Si dice, è poco ! Ma comunque è già un segnale.
      Come si può vedere, allora, siamo davanti ad un ambizioso progetto attraverso cui finalmente realizzare la Buona Scuola che vogliamo e di cui il Paese ha assolutamente bisogno.
      Credo in questa riforma a cui ho dato il mio modesto, ma convinto apporto e lo faccio non solo come parlamentare, ma anche come genitore e come insegnante, e pertanto ho contribuito con tutta l'esperienza e l'emozione che 30 anni a contatto con i giovani mi hanno regalato.
      D'altronde ribadiamo che molti tra i membri della VII Commissione vengono dal mondo della scuola e quindi conoscono esattamente la realtà che stanno cambiando, a differenza di quanto affermano i detrattori della riforma.
      Mi auguro, nel pieno rispetto della libertà di sciopero, che non si arrivi ad azioni eclatanti ed illegittime che danneggerebbero solo gli studenti.
      Credo che questo sia senso di responsabilità da parte di tutti.
      Il Parlamento ed il Governo lo hanno mostrato mettendo in atto grande capacità di ascolto.
      E allora io invito tutti, anche i più critici, a guardare a questa riforma con uno sguardo di fiducia e di speranza, lasciando la diffidenza che è frutto di riforme sbagliate.
      Grazie a questa riforma, grazie alla Buona Scuola stiamo cambiando l'Italia rendendola migliore !
      Grazie !

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Coccia. Ne ha facoltà.

      LAURA COCCIA. Grazie, Presidente. Signora Ministro, qualche tempo fa sul giornale la Repubblica è apparsa la lettera di una madre che raccontava di suo figlio che non era stato accolto in un liceo artistico, perché avendo una tetraparesi spastica, non sarebbe stato in grado di fare un naso di argilla perfetto, esattamente come avrebbero potuto fare i suoi compagni di classe. Ecco, una delle cose importanti che sono all'interno di questo disegno di legge è la delega sul sostegno. Una delega che è stato fortemente incanalata dagli emendamenti e che sarà volta ad individuare le abilità residue dei ragazzi con disabilità ovvero non sarà più importante se quel ragazzo sarà in grado di fare un naso di argilla perfetto, l'importante è che lo sappia fare a suo modo ed impari a trovare la sua strada per Pag. 51migliorarsi e per arrivare ai suoi livelli di apprendimento migliori, affinché il livello di alfabetizzazione dei giovani disabili possa crescere ancora e sempre di più.
      Da questo punto di vista, sarà sempre più importante il ruolo degli insegnanti di sostegno. Una figura a cui la nostra legislazione, già avanzatissima a livello mondiale attribuisce il compito fondamentale di creare, all'interno della comunità educante che è la classe, una sorta di collante, di persona che ha la capacità di aiutare e di indirizzare anche gli insegnanti di ruolo a costruire quello che è il percorso più indicato, non solo per il singolo alunno, ma per l'intera collettività scolastica. Ed è per questo che si introduce, anche grazie a un mio emendamento, un criterio un pochino più rigido: diventerà insegnante di sostegno solamente colui o colei che ha fatto, ha scelto, il percorso di specializzazione sul sostegno, e che potrà e dovrà concludere un ciclo di studi insieme alla classe con l'alunno con disabilità che gli verrà affidato.
      Su questo punto c’è stata un po’ di polemica, perché è stato percepito come se fosse un vincolo imposto e calato dall'alto agli insegnanti di sostegno. Credo che una persona che ha scelto di fare la specializzazione per il sostegno e, quindi, ha scelto liberamente un percorso, non voglia lasciare questo percorso a metà, ma voglia continuare a costruire, insieme a quella classe, un percorso di inclusione, che, appunto, valga per tutta la classe, per tutta la comunità. Quindi nessun vincolo: semplicemente la possibilità di dare ad un percorso che si intraprende un inizio e una fine, nel rispetto di quelli che sono gli equilibri anche degli studenti con disabilità. Infatti uno studente con disabilità, che a un certo punto si vede interrompere il rapporto con gli insegnanti curricolari e con l'insegnante di sostegno, perde uno dei punti di riferimento essenziali. Allora è importante e fondamentale che vi sia questo ruolo e questa figura costante nel processo di crescita.
      Voglio ricordare che la scuola è il primo luogo e la prima comunità dove il bambino con disabilità arriva. Infatti, quando un bambino con disabilità nasce, tutti i sogni, che i genitori si sono costruiti nei nove mesi di gravidanza, improvvisamente crollano, perché si pensa inizialmente che non potrà mai diventare avvocato, architetto o ingegnere. E invece no ! Noi, la scuola e anche le leggi che facciamo qui dentro, dovremmo dare la possibilità ai genitori, agli alunni con disabilità e agli insegnanti, di continuare a sognare e a credere nei sogni. È importante farlo, proprio partendo da ciò che i bambini e i ragazzi con disabilità sanno fare. Infatti non c’è nessuno che non sa fare niente. Dobbiamo puntare su quello che i nostri ragazzi sanno fare e dargli valore. È per questo che sono fondamentali le rivoluzioni che stiamo apportando con l'inserimento delle nuove materie nella scuola primaria. Penso ad esempio all'inserimento della musica e dell'arte, ovvero l'espressività, l'espressione, la possibilità di comunicare attraverso mezzi non convenzionali, non attraverso la parola, non attraverso la scrittura, ma attraverso l'arte e la musica, quindi dando a tutti la possibilità di comunicare secondo le proprie di possibilità.
      Poi una rivoluzione che il nostro Paese attendeva da più di quarant'anni è l'introduzione del laureato in scienze motorie nella scuola primaria. Una vera e propria rivoluzione, che io ed altri colleghi avevamo proposto. Una semplice proposta di legge, che poi avevo portato in giro per l'Italia, ha raccolto più di 4 mila firme e l'adesione ovviamente delle facoltà di scienze motorie. È una rivoluzione importante, perché un laureato in scienze motorie, una persona che ha studiato, saprà dare a tutte le classi e ai nostri bambini la capacità di sapersi muovere e di apprendere dei movimenti corretti, non per diventare campioni, ma per diventare sé stessi e cittadini consapevoli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rampi. Ne ha facoltà.

      ROBERTO RAMPI. Signor Presidente, signora Ministro, signori colleghi, quando Pag. 52parliamo di scuola, parliamo di uno dei nuclei essenziali di una democrazia, perché la conquista della scuola è il primo tassello della conquista della democrazia. L'utopia della democrazia è questa: pensare che i cittadini possano scegliere. Per scegliere devono avere gli strumenti culturali per farlo. Allora io rivendico il diritto di crederci. Lo dico a tutti i colleghi di tutti i gruppi. Credo che il Partito Democratico, che è un grande partito plurale, che contiene tante idee diverse e tante persone e tante culture, abbia investito da anni, come idea centrale, su questo pensiero di democrazia. Ha lavorato per mesi a questo progetto.
      È stato citato quasi da tutti in Aula addirittura un documento, andando a vedere le differenze, se i conti tornavano, se non tornavano. Questo, però, vuol dire che quel progetto esiste, è circolato, è stato discusso non solo in rete, come ha detto qualcuno, anche se non rifugiamo dalla rete. Fa anche un po’ paradosso sentire qualcuno che dice che le consultazioni in rete sarebbero qualche cosa di falso, perché, insomma, sono gli stessi che poi lo fanno un po’ su tutto, ma non fa niente. È stato discusso nelle classi, è stato discusso nelle scuole, è stato discusso nei circoli, è stato discusso nelle assemblee pubbliche, in continui confronti dallo scorso autunno.
      E questa discussione è andata avanti in queste ore, con tutti gli strumenti. Molti di noi sono stati nella scuola l'ultima volta nella breve pausa di questa settimana, perché poi siamo stati qui a lavorare in Commissione anche negli ultimi due fine settimana.
      Perché dico questo, collega ? Perché nel merito sono già entrati diversi colleghi del Partito Democratico, cinque ne sono intervenuti oggi, molti ne sono intervenuti in Commissione, molti interverranno nei prossimi giorni: sono donne e uomini che nella scuola hanno giocato tutta la loro vita, come insegnanti, come studenti, come rappresentanti degli studenti, come amministratori locali, come assessori, come madri e padri e come studenti in un certo tempo. E ci credono e credono di star facendo il bene della scuola. Noi possiamo anche sbagliare su questo, però abbiamo il diritto di crederci, abbiamo il diritto di provarci.
      Rispetto alle manifestazioni di questi giorni, noi le guardiamo non solo con rispetto, non solo senza paura, ma anche con una certa ammirazione. È stato detto che gli insegnanti non cedono e difendono la libertà. Io credo che sia così, io so che in quelle piazze c'erano tanti insegnanti che condividono parte di questa riforma, tanti che non ne condividono nulla, altri hanno deciso questa volta, magari per la prima volta, di non scioperare. Noi non crediamo che quegli insegnanti verranno messi in difficoltà se viene chiarito o specificato un potere, una responsabilità di un preside, non lo crediamo.
      Noi non vediamo sceriffi in giro, gli sceriffi piacciono ad altri, non vediamo podestà in giro. Noi vediamo autonomia e responsabilità e persone che finalmente potranno fare la loro parte e rispondere delle scelte che fanno. Questo è il modello a cui crediamo noi. E non vediamo l'ingresso dei privati nella scuola, i famigerati privati. Io vedo un nonno che regala una LIM, come lo ha già fatto oggi, e può detrarre dalle tasse questo investimento che decide di fare. E vedo anche un'impresa che lo può fare e non vedo che questo succederà solo al nord e non vedo che questo succederà solo nelle zone più ricche. Ma anche su questo posso sbagliare.
      Ma dobbiamo parlarci con rispetto in questo. Ho ascoltato tanti colleghi, li ho ascoltati tutti. Si parla molto di ascolto in queste ore, ecco qualche volta l'ascolto dovrebbe anche essere l'ascolto degli altri, non sempre l'ascolto solo dell'eco della propria voce, perché tanti qui dentro hanno parlato di ascolto e sono usciti e non hanno ascoltato nessun altro. Questo diciamocelo, Presidente. Ma fa nulla. Noi vogliamo avanti ad ascoltare, ma vogliamo anche assumerci la responsabilità di decidere e magari di correggere e magari di sbagliare. Sarebbe una sciagura fermarsi.
      Ho sentito che i tempi sono brevi. Io non credo che siano brevi. Noi, appunto, Pag. 53politicamente stiamo discutendo da questo autunno, ma sono settimane che stiamo discutendo in quest'Aula. Abbiamo scelto un disegno di legge che ha permesso di intervenire su tanti elementi, anche aggiungendo molti aspetti, perché non è un decreto-legge quello che abbiamo utilizzato. Qualcuno ha evocato il decreto-legge, il decreto-legge aveva un limite da questo punto di vista.
      Molti hanno detto che sarebbe arrivata la censura, che sarebbe arrivata la tagliola, con tutte queste immagini che si evocano. Non è così. Certo, ci siamo dati dei tempi, perché la democrazia è anche darsi dei tempi, dei tempi per discutere, dei tempi per confrontarsi, dei tempi per comprendere che si hanno idee diverse e dei tempi per decidere che una di queste idee, magari non una sola, prevale.
      Perché dico non una sola ? Perché in questo disegno di legge ci sono molte idee del Partito Democratico, ce ne sono molte, ma ce ne sono molte diverse, ce ne sono molte diverse in questa maggioranza, che è una maggioranza composita, fatta da Scelta Civica, fatta da Area Popolare, cioè da realtà che hanno sostenuto idee diverse nella scorsa campagna elettorale. E poi ce ne sono altre che sono state accolte, lo hanno riconosciuto alcuni colleghi in questo dibattito. Molti emendamenti in Commissione sono stati accolti.
      Questo testo è molto cambiato, è molto cambiato, ma non è stato stravolto. Sarebbe grave in democrazia se un testo che entra nel Parlamento come un progetto venisse stravolto. Sarebbe grave in democrazia se un testo entra blindato e non viene più corretto. Questo è quello che è successo in occasione di questo provvedimento.
      Vede – e vado a concludere su questo –, io credo che gli studenti che noi abbiamo ascoltato in questi giorni ci hanno rappresentato alcuni temi.
      Se li si va a vedere uno a uno, questi temi che ci hanno rappresentato, molti sono contenuti in questo disegno di legge; altri sono stimoli per il futuro, ad esempio intervenire di più sul diritto allo studio e, ad esempio, intervenire di più sulla dispersione scolastica. Sono impegni che ci prendiamo. C’è il tema della scuola dell'infanzia e del «Progetto 0-6», un altro impegno che ci prendiamo. C’è anche un grande tema, una vertenza sindacale di natura salariale. C’è una vertenza giusta e importante, ma che non attiene a questo provvedimento. È un'altra questione. Allora, se noi mettiamo tutte queste vicende sul tavolo, noi diciamo che finalmente si è tornati ad investire sulla scuola; che finalmente c’è una scommessa sull'autonomia; che finalmente crediamo di giocare la nostra partita per il futuro. Siamo pronti davvero ad ascoltare e ad ascoltarci e non finisce qui, non finisce domani, non finisce mercoledì quando si voterà in Aula e non finisce neanche quando si voterà in Senato e quando ci saranno i decreti attuativi, ma è un lungo percorso che abbiamo davanti perché questa è davvero una sfida che riguarda le generazioni future e la nostra idea di democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ghizzoni. Ne ha facoltà.

      MANUELA GHIZZONI. Grazie signor Presidente, signora Ministra, per questioni di tempo chiedo subito di consegnare il testo completo per la pubblicazione in calce al resoconto.

      PRESIDENTE. E io le dico subito che la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

      MANUELA GHIZZONI. Grazie. So di avere pochi minuti e, pertanto, mi concentrerò su un unico aspetto, un tema, che è quello della formazione iniziale e dell'accesso alla professione, che ritengo essere strategici per costruire una buona scuola. E li tengo insieme, la formazione iniziale e l'accesso, o, come diciamo noi, il reclutamento, perché avere separato queste due fasi, come abbiamo fatto finora, ha creato danni e problemi enormi, per esempio il precariato, da una parte, e la discontinuità didattica, dall'altra. E, allora, io li tengo insieme perché, per fare una Pag. 54buona scuola, non c’è dubbio che occorrano dei buoni e motivati insegnanti. E come si fanno buoni e motivati insegnanti ? Li si prepara bene, li si forma bene, li si recluta, insomma, li si sceglie in base al merito e alle attitudini e, poi, si sostiene il loro aggiornamento continuo. E questi aspetti, nella buona scuola, in questo provvedimento, nel disegno di legge in esame, ora sono inseriti in una delega che noi abbiamo fortemente voluto, circoscritto, delimitato con precisi principi e criteri direttivi perché l'obiettivo è molto ambizioso. Da oltre vent'anni noi sappiamo che l'immissione in ruolo ha avuto scadenza assolutamente instabile e così si è creata una platea enorme di lavoratori precari. Eppure, moltissimi di loro, la stragrande maggioranza, ha il titolo abilitativo per l'insegnamento, però resta stabilmente fuori dalla scuola, stabilmente fuori. Un ossimoro, ma è così. Perché ? Perché scontano due problemi. Uno, più recente, il taglio dei posti, delle cattedre. Non ne parla più nessuno, ma io me lo ricordo molto bene perché ho contestato questo piano di riduzione dei posti di 85 mila cattedre che ha voluto il Governo Berlusconi, a cui questo provvedimento è la prima risposta concreta perché è il primo reale ampliamento di organico. Non lo dice nessuno, quindi ripetiamolo, perché questa è una verità. È una verità conclamata. Dall'altra parte, scontano però anche un sistema erroneo, sbagliato, che li ha prima formati, però poi non ha provveduto a trovare una modalità che li mettesse immediatamente in ruolo, come è stato, per esempio, il TFA. Così ha voluto la Ministra Gelmini, che ha voluto il TFA fortemente selettivo, molto costoso per chi l'ha affrontato, ma non ha connesso a questo TFA una modalità concorsuale o di altro tipo, ma comunque con valore concorsuale, per immetterli in ruolo. E oggi non se la può cavare dicendo che ci dobbiamo pensare noi, che ci devono pensare altri. Ha una responsabilità precisa su questi aspetti. Questi errori non vanno replicati per il futuro e noi ci proviamo a farlo. E come facciamo ? Proponendo un modello nuovo, sistemico, che tiene conto di un fatto: un insegnante è un intellettuale, uno studioso e soprattutto un ricercatore e, quindi, fin dalla sua formazione iniziale noi dobbiamo lavorare molto; dobbiamo lavorare perché conosca molto bene la propria disciplina e deve, però, essere molto preparato. E in questo pensiamo a due momenti in ambito universitario perché possa anche conoscere poi le discipline professionalizzanti, quindi la pedagogia, la didattica, la valutazione, le competenze psicologiche e relazionali, l'innovazione digitale, eccetera.
      Un sistema che esclude gli insegnanti che vogliono fare o che pensano di fare questo lavoro soltanto come ultima spiaggia; un sistema anche che esclude quelli che vogliono dedicarci pochissimo tempo della loro attività professionale; un sistema, quindi, peraltro, che non creerà nuovo precariato. Perché è davvero avvilente, come sta accadendo adesso, arrivare a ruolo dopo vent'anni di precariato: ci si arriva svuotati di energia, proprio demotivati e questa è un'assoluta e conclamata ingiustizia.
      In dettaglio – anche se ho pochi minuti, me ne rendo conto –, il sistema prevede il conseguimento di una laurea magistrale o di un diploma accademico, il conseguimento anche di crediti formativi nel campo delle discipline antro-psico-pedagogiche, che possono essere acquisiti come crediti curricolari o come crediti aggiuntivi. Una volta in possesso di questi titoli, si può affrontare un concorso nazionale, vinto il quale si accede ad un contratto triennale di formazione, quindi, retribuito adeguatamente, e si viene assegnati ad una scuola.
      In questi tre anni, ci si continua a formare, essendo pagati – evidentemente, vi piacciono i precari o vi piace il TFA che deve essere pagato a spese del candidato –, si continua l'approfondimento e, mano a mano, si acquisiscono delle competenze circa la propria professione. Quindi, si viene misurati, provati, testati, ci si misura noi stessi, i candidati con l'attività futura, che è difficilissima, che è quella dell'insegnante.Pag. 55
      Se le valutazioni saranno positive, alla fine del terzo anno, si entra in ruolo: può accadere a trent'anni, senza aver fatto un giorno di precariato. È questo che non piace al MoVimento 5 Stelle ? Ce lo dicano, perché, francamente, noi non abbiamo capito: evidentemente, vi piacciono i precari, vi piace che loro paghino la loro stessa formazione. Certo, avremmo potuto parlare di queste cose se foste venuti in Commissione, ma, evidentemente, vi siete sottratti a questo confronto su un tema che è strategico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. La invito a concludere.

      MANUELA GHIZZONI. Ho concluso, me ne rendo conto, Presidente, le cose da dire erano molte e, quindi, le consegno il mio testo. Io penso che questa cosa piccola sia una piccola rivoluzione dolce, di cui ha bisogno la scuola italiana e di cui ha bisogno questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ghizzoni. Ripeto che è autorizzata a consegnare il suo intervento.
      È iscritto a parlare l'onorevole Rampelli. Ne ha facoltà.

      FABIO RAMPELLI. Grazie, Presidente. Colleghi e deputati, Ministro Giannini, in questi giorni, il Presidente del Consiglio...

      PRESIDENTE. Scusi, onorevole Rampelli. Onorevole Galli... gentilmente, grazie. Prego.

      FABIO RAMPELLI. In questi giorni, il Presidente del Consiglio, tra lo stupore degli italiani, che pensavano ci fosse qualche piccolissima emergenza a cui dedicarsi con maggiore efficacia, ha trovato il tempo di scrivere agli insegnanti. Fortunatamente, ha scelto di non farlo uno per uno: ne sarebbe stato capace. Ha scritto una lettera, spedendola, a spese nostre, a ciascuno delle centinaia di migliaia di insegnanti che svolgono la loro attività didattica negli istituti. Lo ha fatto per non voler discutere con i corpi intermedi, ignorati completamente nella fase di gestazione di questa riforma e snobbati nella parte operativa, in cui, la stessa, dal Consiglio dei ministri è approdata in Parlamento.
      E così, movimenti, associazioni di genitori, studenti, sindacati di ogni specie e di ogni colorazione politica, aggiungo, sono stati volutamente ignorati. Per questo, si sono ritrovati in piazza, una piazza oceanica, anzi, tante piazze stracolme di persone in ogni angolo dello stivale. Mi domando se il Presidente Renzi e il Ministro Giannini le abbiano viste. Domanda lecita, perché sembra quasi che nessuno si sia accorto della protesta diffusa e spontanea che ha anticipato lo sciopero generale degli operatori della scuola. Non è un dettaglio che una protesta mastodontica e spontanea anticipi una manifestazione sponsorizzata dai sindacati. Presidente Renzi, non è che lei ha subdolamente voluto ignorare quel fenomeno nel quale era impossibile non si imbattesse un Governo patologicamente attento all'immagine e al consenso, per poter, poi, ingaggiare lo scontro con i sindacati, consapevole che questo non è proprio il loro momento migliore e avrebbe tratto cinicamente un'utilità da un ulteriore braccio di ferro con loro ? A pensare male si fa peccato, ma, a volte, ci si prende.
      Abbiamo osservato i video e ci ha stupito la natura di quei dissensi. Una moltitudine di gente, dicevo, composta, che ha riempito Piazza di Spagna, fin sopra tutta la scalinata di Trinità dei Monti, a Roma.
      Non c'era la bandiera di un solo sindacato, né di un partito, solo centinaia di migliaia di persone in silenzio, con un lumicino in mano che, prima di sciogliersi, ha intonato il cantico degli italiani, l'inno di Mameli. Stesso spettacolo a Piazza Pretoria a Palermo, a Piazza Bra davanti all'Arena di Verona, a Piazza del Plebiscito a Napoli, a Piazza Gae Aulenti a Milano, a Piazza Castello a Torino, a Piazza De Ferrari a Genova, a Piazza della Signoria a Firenze, eccetera, potrei andare oltre. Le avete viste, Presidente, Ministro, o avete preferito ignorare questo movimento, bello Pag. 56perché non strumentalizzato, calcolando, come ho accennato prima, che vi sarebbe stato più congeniale inscenare, come è accaduto per la riforma del lavoro, e noi la chiamiamo in italiano, da buoni patrioti (siamo ostinati al riguardo), mettere in onda la replica del film «Renzi domina i sindacati parassiti» ? Se così fosse, sareste davvero senza cuore, senza sensibilità e forse, quel che è peggio, senza senso dello Stato, interpreti meno spaventevoli di quei leninisti che antepongono il pragmatismo, il conseguimento di un dato risultato alla giustizia, al bene comune, ai bisogni della comunità. Avete scavalcato di fatto i movimenti per gettare la palla in tribuna e perseguire il vostro terribile disegno senza rendere conto a nessuno. Potremmo dire, tiranni con le paillettes, ecco cosa ci sembrate. Provo a immaginare cosa sarebbe capitato se il Presidente del Consiglio di un Governo guidato dal centrodestra avesse scritto a ciascun insegnante ignorando i corpi intermedi e le loro legittime preoccupazioni: deriva plebiscitaria, rischio totalitarismo, aggressione all'autonomia scolastica, pasticcio istituzionale, squadristi che non sanno gestire la cosa pubblica. A proposito di squadristi, Ministro Giannini, gliel'ho già fatto pervenire questo messaggio qualche giorno fa: quella battuta contro chi protestava le è uscita proprio male. Ma peggio di quell'insulto è stato, a mio giudizio, il silenzio che ne è seguito. Lei può commettere errori, come tutti, siamo uomini e donne, siamo imperfetti per definizione, ma, se vuole ascoltare un consiglio, cerchi di non seguire i cattivi maestri. Renzi è uno che sbaglia e non chiede scusa. Non faccia come lui, è sintomo di arroganza e maleducazione. Sia fedele al suo stile, non lo mischi con quello che noi simpaticamente definiamo del «bulletto di Firenze». Chieda scusa al mondo della scuola per quel florilegio, anche a due settimane dalla sua uscita. Meglio tardi che mai.
      Ma, Presidente Renzi, visto che scrive una lettera ai professori, dedicandogli anche un video di venti minuti, noi scriviamo una lettera a lei. Anzi, per estensione, alla sua famiglia.
      Gentilissimo signor Matteo e gentilissima signora, non ve la prenderete se scriviamo a entrambi, non tiriamo in ballo la signora per legami di parentela ma unicamente per il suo ruolo d'insegnante, precaria fino a giugno e poi stabilizzata anche in seguito alla nota sentenza della Corte di giustizia europea. Persona quindi competente sulle vicende della scuola che avrà a cuore il miglioramento del sistema dell'istruzione statale e anche la soluzione al flagello del precariato, di cui è personalmente vittima. La scuola italiana, da qualche decennio, ha un problema serio: cade a pezzi. Le famiglie la tengono in piedi togliendosi dalle tasche altri soldi, oltre alle tasse che pagano e a quelli che spendono per diari, zaini, libri, righe, compassi, matite e penne, talvolta insieme a taluni insegnanti che si fanno carico di mettere i 5 euro per consentire a un alunno indigente di partecipare a una gita scolastica. Solo nell'ultimo anno, tanto per dare una quota, le famiglie hanno versato 390 milioni di euro circa sotto forma di contributo volontario o donazione di materiali e beni, hanno dipinto intonaci, pulito corridoi e aule, scartavetrato infissi, disinfettato banchi e sedie, acquistato gessetti e cancellini, proprio quelli che ha utilizzato Renzi poche ore fa, mentre nulla possono fare su tetti pericolanti, amianto, funzionamento di palestre, inesistenti o fatiscenti. Questi sono solo alcuni dei dati dell'undicesimo rapporto su sicurezza, qualità e accessibilità alla scuola, diffusi da Cittadinanzattiva. Gentilissimi signori Renzi, certamente ne siete al corrente, così come dovreste esserlo rispetto alla smania autentica riformatrice che ha animato finora i Governi.
      Dalla Falcucci alla Giannini; se fossero state buone riforme – vedremo questa come andrà – o semplicemente riforme necessarie, la scuola sarebbe stata oggi un gioiello, una macchina di precisione. La verità è che i Presidenti del Consiglio e i Ministri competenti smaniano dal desiderio di diventare famosi, sulla pelle della scuola, e dalla vanagloriosa possibilità di Pag. 57mettere il proprio nome in calce a una riforma. Esattamente lo stesso virus che ha colpito l'attuale Governo, contribuendo con questo pastrocchio a creare altra confusione.
      Da un monitoraggio di Cittadinanzattiva svolto su 213 scuole da nord a sud, 14 regioni, 22 province, 49 città, 71mila studenti coinvolti, di cui 1.600 con disabilità, e 7.374 docenti e 2.000 addetti non docenti emerge: il 65 per cento si trova su territorio sismico e non ha provveduto agli adempimenti per le norme, ma il dato nazionale ufficiale è del 54 per cento, non siamo quindi molto distanti. Il 41 per cento di edifici sono stati realizzati tra il 1941 e il 1974, il 29 per cento tra il 1975 e il 1990, il 5 per cento tra il 1991 e il 2000, tra il 2001 e il 2012 un altro 5 per cento scarso.
      Abbiamo avuto trentasette morti bianche di studenti a scuola dal 1994 a oggi. Nessuno ne ha parlato. Secondo l'INAIL ogni anno 89 mila studenti sono vittime di infortuni a scuola. Nessuno ne ha parlato. Ventinove sono state le tragedie sfiorate, nessuno ne ha parlato. Meno della metà degli istituti hanno palestre. L'anagrafe scolastica istituita nel 1996 con legge nazionale non è mai entrata a regime, nessuno ne parla, quindi dei circa 41 mila edifici scolastici che non si hanno, ad oggi, mentre voi vi apprestate a varare l'ennesima riforma: censimento, certificazione agibilità statica, adeguamento sismico, igienico-sanitaria, prevenzione incendi; mancano le mappature delle barriere architettoniche e dell'amianto. E vai con la prossima riforma !
      Alla richiesta al Ministero avanzata da parte di Cittadinanzattiva per avere queste notizie, il Miur ha risposto che la competenza non gli appartiene perché sarebbe delle regioni e dei comuni. Ovviamente, ricorso immediato e vittorioso al TAR. Quindi non so quanto tempo ancora ci vorrà affinché ci possiate dare questa mappatura in modo da fornire agli utenti, alle famiglie, oltre che agli insegnanti e al personale non docente, la realtà dei fatti.
      Sono state presentate 4.400 domande al Governo per ristrutturazioni, riqualificazioni, messa in sicurezza, nuovi impianti d'energia o realizzazione di nuove scuole: risposta affermativa per 400, meno del dieci per cento. Di fronte a questi dati vergognosi, al rischio sicurezza per decine di migliaia di creature e di persone che abitano la scuola, l'unica cosa che avrebbe dovuto fare il Governo è trovare un meccanismo che eviti alle famiglie di portare la carta igienica da casa, di acquistare anche semplici risme di carta o di fuggire, non per scelta ma per necessità, nelle scuole private, perché questo avviene in buona parte dello stivale, soprattutto nelle aree più depresse. Nella speranza che questi due elementi non siano collegati maldestramente tra loro. Invece qui si preconizza la possibilità di strutturare le donazioni attraverso la logica del 5 per mille indirizzato al proprio istituto, non alla scuola in quanto tale, ma alla propria scuola, di fatto creando un'altra disparità anticostituzionale tra scuole ricche e povere, a seconda dell'area geografica dove ricadono, del tessuto socio-produttivo di cui sono espressione e del tenore sociale degli utenti. Non lo valutate ? Soluzione iniqua e in quanto tale inaccettabile. Si sarebbero potuti coinvolgere i privati, per esempio, nell'uso degli spazi in orario extrascolastico, soprattutto per ciò che attiene alla costosa realizzazione di strutture sportive. La metà delle scuole non ha una palestra; è un bollettino di guerra. Per noi avrebbe dovuto indurre il Governo a scendere in campo con un provvedimento ad hoc, non a filosofeggiare. Invece c’è la nota vicenda del dirigente scolastico.
      I dirigenti scolastici già oberati di mansioni e con evidenti problemi di risorse che vengono caricati di ulteriori responsabilità, tra cui la più spinosa e rischiosa per il sistema scolastico: quella di assumere e di licenziare dal proprio istituto gli insegnanti. No, dico, ricordate le inchieste giornalistiche sulle università italiane ? Corsi di laurea per un solo studente, tanto per dare una cattedra, livelli qualitativi sotto zero, concorsi vinti da amici, parenti e conoscenti, l'esplosione del cosiddetto Pag. 58sistema delle baronie e dei famigli. Ve la ricordate ? È di ieri, non è passata una era geologica.
      E noi vogliamo mettere a rischio l'unico sistema della pubblica amministrazione che funziona, secondo Cottarelli ? Lo ha dichiarato Cottarelli, non Rampelli (fa rima, ma non siamo la stessa persona). E tutto questo lo volete consegnare nelle braccia del clientelismo ? È vero che, dopo le discussioni animate, si è deciso di edulcorare questa decisione e la sinistra, notoriamente contraria agli autoritarismi (a chiacchiere), si è spaventata di sé stessa, ma a mio giudizio le modifiche hanno peggiorato questa decisione. Infatti, non sarà solo il preside sceriffo a decidere la sorte degli insegnanti ma un apposito Comitato di cui fanno parte tutti, insegnanti, genitori, studenti, il caos. Intanto, gli studenti, che dovrebbero a mio giudizio avere un potere decisamente maggiore nella scuola – sono o non sono i fruitori finali del prodotto scuola ? – vengono scaraventati in questo Comitato dove si troveranno magari a giudicare la qualità di un professore che gli ha messo quattro o lo ha bocciato. Un evidente conflitto di interessi, che mette in difficoltà lo studente e comunque non lo fa decidere sulle cose che contano all'interno di una scuola e stessa cosa potremmo dire per i genitori.
      Non vorremmo che il passaggio dalla responsabilità monocratica a quella presuntamente democratica portasse con se il germe della lottizzazione, dal podestà alla prima repubblica: vai con la spartizione, anche perché l'unica cosa, tra tante indecenze che non compare da nessuna parte, è quali dovrebbero essere i requisiti di un insegnante. Il fatto che sarà visionato il curriculum professionale non è di alcuna garanzia: È condizione necessaria ma non sufficiente per dimostrare il valore professionale di una persona.
      Non vorremmo scuole per professori giovani e lampadati, scuole con modelli estetici inoppugnabili, scuole con tutti uomini o con tutte donne. Il modello è incompleto ed è pericoloso e sarebbe davvero opportuno, in nome della scuola, tornare sui propri passi e non manipolare ulteriormente un concetto che, diciamolo francamente, vi è uscito male, malissimo. Per non parlare del violato articolo 33 della Costituzione sulla libertà di insegnamento, cui noi abbiamo aggiunto la libertà di apprendimento. Il combinato disposto di questi diritti, la somma di queste libertà può fare una buona scuola.
      Gentilissimo Renzi, che esista un universo di precari poliedrico, originale e sterminato è solo la constatazione di una triste realtà. La dimostrazione di aver avuto Governi e ministri inadeguati, che hanno ciascuno creato dal nulla una graduatoria di insegnanti con la legittima aspirazione ad esser assunti in ruolo, per poi coccolarli e tenerli sulla graticola, casomai a bagnomaria, come si dice in gergo. L'universo degli acronimi fa impallidire: SIS, GAE, TFA di prima fascia, TFA di seconda fascia, PAS e chi più ne ha più ne metta. Essendo stato lei, presidente Renzi, segretario in carica del Partito Democratico, grande condottiero delle battaglie contro le leggi ad personam siamo sicuri che mai cadrà nella trappola della lex ad mulierem. Quando questa riforma uscirà da Montecitorio, sono pronto a scommetterci, che nel capitolo stabilizzazione dei precari (perché c’è anche questo ed è una misura rilevante), sarà scritto che tutti gli insegnanti precari aventi diritto, e quindi anche gli abilitati con corsi imposti dal MIUR (e pagati migliaia di euro in sostituzione di concorsi pubblici che lo Stato aveva deciso di non fare), avranno riconosciuto il loro diritto. Ci si sta lavorando ? Bene, ma ci si lavori però con serietà e senza pregiudizi, evitando di essere travolti dai ricorsi all'italica maniera per aver adottato mostruose sperequazioni o discriminazioni che dir si voglia tra lavoratori equipollenti all'interno di una medesima categoria, quella dei precari.
      Tutti coloro che risultino abilitati e abbiano superato prove richieste dallo Stato e che lo Stato ha utilizzato fin qui, fino a oggi, fino a ora e sta utilizzando per tenere in piedi la scuola, devono essere considerati sullo stesso livello. Ecco perché questo a nostro giudizio è Pag. 59un testo accozzaglia, costringe anche noi a passare di palo in frasca, non ha organicità, non è carne né pesce, non vira verso la scuola aziendalista come avrebbero voluto gli estensori del progetto originario, chiaramente ispirati da questa tentazione e poi subito pronti a fare mezzo passo, ma solo mezzo, indietro. Non ha una visione, non s'incardina in una prospettiva. Per noi la scuola è una comunità educante, non sarà mai un'azienda, l'efficienza si misura nel risultato formativo che non prevede solo progressioni nozionistiche e nemmeno preparazioni tecnicistiche. Per noi la scuola è identità, capacità di preservare ciò che di diverso e profondo ci contraddistingue e di trasmetterlo alle generazioni future con la giusta dose di modernizzazione. È la civiltà occidentale con il suo bagaglio di valori e di bellezze. Per noi la scuola è bellezza, dei numeri di Archimede e Pitagora, dei versi di Leopardi e D'Annunzio, delle magie dialettiche di Dante Alighieri, dell'impareggiabile creatività di Marconi e Meucci, del tratto morbido di Giotto e Cimabue, della velocità ruvida – che plasma la materia – di Balla e Boccioni, dello stoicismo di Marco Aurelio e del diritto romano, del Medioevo, del Risorgimento, del Rinascimento, del Razionalismo. Quest'Occidente un po’ egoista, lo abbiamo potuto verificare, ci piaccia o meno, nasce da qui, da Roma e da Atene, da Socrate e Platone e diventa un turbine, un focolaio di passioni con Nietzsche, Marx, Marcuse e la filosofia del martello. Nostro compito è anche dare un'anima alla scuola. Non c’è un'anima in questo provvedimento. Con il confronto critico tra culture differenti, per esempio, senza indottrinamenti, con l'abrogazione del libro di testo obbligatorio, la scuola identitaria, comunitaria e plurale, che sappia raccontare della breccia di Porta Pia come delle insorgenze antiunitarie, della guerra di liberazione come di El Alamein e del fronte russo. Una somma di valori intorno all'idea unificante della patria, dalle ideologie del Novecento all'ideologia italiana. Le parole comunità e identità in questo testo, lungo decine di pagine e di articoli, non compaiono mai. Per voi la scuola è tecnocratica, per noi no. Sono la comunità e l'identità a sintetizzarsi con i nuovi linguaggi e con l'evoluzione della società. Non è mai il contrario. In una comunità organica tutte le componenti della scuola interagiscono per incarnare valori non negoziabili: il senso del sacro, la tutela della vita, la centralità della persona, l'intangibilità del creato, il gusto per la solidarietà e la compassione, l'esistenza come servizio, la libertà come imperativo, la tradizione come radice, il progresso come conquista sociale, l'etica pubblica come stella polare per costruire il bene comune. Presidente Renzi, noi la nostra impronta su questa ennesima riforma senza soldi non ce la lasciamo. Vedremo nel corso del dibattito, nell'approfondimento degli emendamenti, nei pareri che verranno resi dal Governo alle proposte di modifica che cosa accadrà, ma se dovesse essere questa la proposta finale, per noi la scuola non è uno spinello, né una tirata di coca. La riduzione del danno, che non funziona nemmeno nella lotta alle droghe, fallisce di fronte alla sua grandezza. Volevate volare alto, ma senza tensione interiore a nostro giudizio l'uomo è tirato giù inequivocabilmente dalla forza di gravità. Noi parteciperemo criticamente ma costruttivamente a questo dibattito e questa fase dei nostri lavori parlamentari e ce la metteremo tutta per apportare tutte le modifiche del caso e migliorare questo provvedimento, ci auguriamo che il Governo riesca a essere non sensibile, ma a mostrare capacità di ascolto reale, non quella che si annuncia ai telegiornali per poi fare un minuto dopo esattamente il contrario di quello che si è detto. Pensiamo che ci possa essere un margine per migliorare questo provvedimento, pensiamo che ci possa essere un margine soprattutto per cancellare odiose sperequazioni che si intravedono in alcuni articoli di questo dispositivo.
      Ci affidiamo non soltanto al Governo – giammai – ma alla capacità dell'Aula e del Parlamento di mettere i propri paletti e di Pag. 60indurre il Governo a ragionare per evitare che, per l'ennesima volta, una ennesima riforma mal fatta prenda alla gola la scuola italiana.

      PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 2994-A)

      PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice di minoranza Pannarale rinunzia alla replica. I relatori di minoranza Chimienti e Borghesi non sono in Aula. La relatrice per la maggioranza, Coscia, ha concluso il tempo a sua disposizione; potrei darle un minuto, ma prendo atto che rinunzia alla replica.
      Ha facoltà di replicare la Ministra Giannini.

      STEFANIA GIANNINI, Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Grazie, signor Presidente, onorevoli deputati, gentili deputate, il disegno di legge che è stato intensamente discusso quest'oggi alla Camera dei deputati ha sostanzialmente dato corpo a un lungo e intenso lavoro, che è durato un anno, che ha coinvolto le forze di maggioranza, che ha coinvolto in questa fase, e non solo, le opposizioni, che ha portato nel Paese, come tema centrale, inusitato nella storia recente del nostro Paese, il tema dell'istruzione.
      Chi lo ha contestato con animosità ha espresso la stessa passione di chi intende, con questa norma, presentare un nuovo progetto educativo per l'Italia, per rendere la scuola italiana migliore, la stessa passione. Con questo disegno di legge – ci ha detto uno dei giovani studenti che abbiamo ricevuto non ritualmente negli incontri fatti ieri a palazzo Chigi – il Governo si sforza – e ha messo in rilievo, come tutti, luci e ombre – di portare la scuola italiana dal Novecento a questo secolo. Ce lo ha detto con quella semplicità che deriva dall'essere a scuola, in quel caso, ormai all'università – e dal cogliere la complessità di questo mondo, la complessità che ha richiesto un coraggio – è la parola che mi viene in mente pensando allo sforzo comune – che è il coraggio di affrontare un enorme, inestricabile complessità, fatta di leggi e di regolamenti, che si sono stratificati negli anni, insieme anche a molte aspettative e anche a molte aspettative che sono diventate nel frattempo frustrazioni, ma che non hanno spento le speranze di chi vive e lavora quotidianamente negli oltre 40 mila istituti scolastici del nostro Paese. E questo coraggio è un coraggio umile, è il coraggio di analizzare questa complessità, di affrontarla, consapevoli appunto della difficoltà di trovare un principio unificante, di spiegarla e anche di rispondere a questa complessità e alle aspettative che essa sottende.
      Il mondo della scuola, dal mio punto di vista, non ammette né semplicismi, né semplificazioni, ma esige in ogni suo passaggio un'analisi accurata e una visione d'insieme che la superi. Quindi, si può definire riforma, si può definire provvedimento legislativo – tutte e due le cose hanno una rispondenza, non solo semantica, ma anche fattuale a quello che stiamo facendo – ma io preferirei parlare di una visione di insieme che affronta una serie di questioni che sono state enunciate sia da chi ha difeso il provvedimento, sia da chi in sede di opposizione, ne ha messo in rilievo, talvolta con molte inesattezze, ma comunque legittimamente, i punti deboli.
      Il precariato scolastico l'abbiamo affrontato – perché questo è uno dei punti, certamente non l'unico – non con la fretta di chi vuole scansare un problema, ma con l'urgenza di chi vuole rimuoverlo per sempre, senza rinviare ad altri, come è stato fatto negli ultimi vent'anni in questo Paese, ma anche cercando di capire quali sono gli strumenti reali per porre una riga definitiva e per inaugurare una nuova stagione.
      Nel fare questo, abbiamo individuato un metodo, un metodo innovativo, che ha anche scardinato le aspettative di molti proprio perché innovativo, cioè portare il Pag. 61dibattito sulla scuola non solo dentro il mondo della scuola, ma nella società.
      Questo è il senso della consultazione, questo è il senso della trasformazione, dell'evoluzione, del miglioramento e del perfezionamento di questo testo. Questo è il senso della scelta di farne un disegno di legge e di portarlo nelle Aule parlamentari. L'evoluzione del testo non è un sintomo di una sorta di aggiornamento e di modifica di una tela di Penelope di idee, ma è la prova certificata del fatto che il Governo e il Parlamento stanno lavorando per un progetto importante, direi fondamentale, per il futuro del Paese.
      E, allora, ci siamo chiesti come vogliamo che sia la nostra scuola, quindi il futuro del sapere dei nostri ragazzi da qui ai prossimi vent'anni e, quindi, quali competenze, quali saperi, quali metodi didattici, quali insegnanti, quali criteri di aggiornamento e di formazione in servizio dei nostri insegnanti. Soprattutto, la domanda di fondo, quella che non è ancora emersa – mi sembra – nelle parole che ho ascoltato con estrema attenzione da tutti voi, quali cittadini noi vogliamo che escano dalla scuola italiana.
      Io non so se collego naturalmente il dibattito di oggi, che giustamente è stato molto concentrato su questi temi anche tecnici, come è giusto che sia, ad eventi di altro tipo, ma che hanno lo stesso sfondo. Tuttavia, pensavo in queste ore che quando abbiamo assistito agli eventi drammatici che la Francia ha subito – e l'Europa con essa – nel febbraio scorso, che gli assassini di Charlie Hebdo hanno frequentato la scuola in Europa e a me viene in mente, quindi, in questo momento, nella responsabilità alta e forte, importante e delicatissima che rivesto, non tanto di chiedermi se in una lista delle supplenze ci sarà un errore, perché potrà anche esserci ed è mio compito occuparmene, ma mi viene da chiedermi se ieri mattina, se oggi stesso, che è giorno di scuola, se domani mattina la scuola di cui rispondo saprà estirpare quel germe di violenza che ha portato alcuni dei ragazzi nati, cresciuti ed educati in Europa a quegli eventi e se saprà, al tempo stesso, iniettare un embrione di tolleranza, di inclusività, di conoscenza dell'altro, di capacità di essere il luogo, come è stato ben detto in alcuni interventi, della convivenza, il primo luogo della convivenza, il primo luogo in cui si può esprimere ciò che si è al di là dei diversi talenti e al di là dei diversi obiettivi. E la stessa cosa mi viene in mente quando assisto alle cronache drammatiche di femminicidio o di altre forme di discriminazione e di violenza. E, allora, il nostro obiettivo è chiederci come fare perché i nostri insegnanti possano dare il miglior modello per quei ragazzi affinché domani, auspicabilmente, non cadano in questi errori.
      Noi abbiamo, quindi, tracciato, in questo lungo anno, un fabbisogno di sapere e di educazione che sullo sfondo ha i cittadini dell'Italia di domani e siamo partiti da qui per costruire lentamente – perché un anno è lungo per parlare di un argomento, pur delicato, importante e centrale come quello dell'istruzione – un disegno di legge che ne riassuma i principi fondanti. L'abbiamo fatto immaginando di assumere – e questa è la prova che lo faremo con le risorse assegnate – tutti i docenti di cui la scuola italiana ha bisogno, di modificare e/o potenziare gli insegnamenti d'istruzione e, quindi, quella che tecnicamente è l'offerta formativa della nostra scuola, là dove serve, come serve, con un concetto di flessibilità che entra, per la prima volta, nella reale autonomia della scuola italiana, portando innovazione, che non è solo innovazione nel senso più stretto e più – se mi consentite – banale del termine, legata, quindi, al necessario adeguamento ad una società che attinge dati ormai da molte fonti, oltre e fuori dalle aule scolastiche, ma innovazione epistemologica, e soprattutto aprendo la scuola al lavoro, al territorio, al contesto, alla società.
      Si è parlato di comunità educante. Questo disegno di legge pensa a una città educante, di cui la scuola sia il centro sostanziale.
      Partendo sempre tutto questo da una presa d'atto, e cioè che le certezze e le garanzie da offrire ai nostri figli non sono Pag. 62più le stesse che i nostri genitori hanno cercato, talvolta con fatica – parlo della mia generazione – e con sofferenza di garantire a noi. Fino a trent'anni fa la certezza di un genitore da offrire ai propri figli era la casa su cui non si pagava l'ICI, d'ora in avanti assicurare una certezza ai nostri figli è garantirgli conoscenza e competenze adeguate al ruolo che dovranno trovare nella vita, non solo sul luogo del lavoro, ma nella vita; conoscenza e competenze, dottrina e metodo, qualcuno ha detto molto bene – mi pare da quella parte – imparare ad imparare. E allora io credo che, se noi siamo convinti che il protagonismo dei futuri cittadini nascerà da quello che sapranno e non da quello che avranno e nemmeno da quello che saranno in grado di produrre, allora siamo anche convinti che c'era veramente bisogno di immaginare un nuovo progetto educativo per l'Italia di oggi e per quella che sarà domani. E allora è per questo che la scuola è diventata nel Governo Renzi, di cui mi onoro di far parte, il primo punto cardine di una scelta politica e culturale. E allora è per questo che noi vogliamo, e siamo convinti che ciò sarà, che la scuola torni ad essere quello strumento di mobilità sociale che è stata in altre stagioni, alcune remote, anche differenti culturalmente e storicamente, ai tempi di Giolitti, quando sconfisse il primo grande male del nostro Paese, l'analfabetismo, e ai tempi della media unificata, la cui riforma ebbe pure un contrasto politico molto aspro, senza la quale la metà, non certo i più giovani, ma sicuramente la metà dei membri di questo autorevole Parlamento, non avrebbero lo strumento del sapere, quella che Don Milani, in una delle letture a me più care definiva: la lingua che dobbiamo restituire a tutti e che tutti fa eguali.
      Allora, noi lavoriamo con questo disegno di legge, come è stato molto ben detto nella relazione introduttiva della relatrice, ma anche in molti degli interventi che si sono succeduti, perché la nostra scuola possa generare inclusione e integrazione, ma anche competitività nelle conoscenze acquisite, mobilità nelle stesse conoscenze, dinamismo intellettuale e culturale, quindi possa indirettamente generare sviluppo. Il Governo ha già fatto provvedimenti di respiro; ne cito uno, che è particolarmente significativo dell'azione politica di questo Governo: la riforma del lavoro, se vogliamo ispirarci all'italianismo non illegittimo testé citato dall'onorevole Rampelli, o il Jobs Act, se vogliamo citare la definizione tecnica che è stata data a questo provvedimento. Con questo provvedimento il Governo non ha deciso cosa contro-lottare nel mondo del lavoro, ha deciso, ha spiegato e ha condiviso nel Parlamento, come oggi facciamo, che mondo del lavoro vuol dare al nostro Paese, e il Parlamento ha fatto la sua scelta e ha deciso in questo che la normalità del mondo del lavoro doveva tornare ad essere il contratto a tempo indeterminato, cioè la stabilità, il diritto alla stabilità e alla permanenza nel lavoro che si è scelto o che si è riusciti a conquistare, talvolta dopo percorsi molto faticosi.
      Con la scuola abbiamo lo stesso obiettivo intanto: ricostituire la normalità che decenni di scelte mancate hanno fatto scomparire e a cui – diciamolo pure – ci siamo anche tutti molto abituati, anche da genitori, anche da cittadini; la normalità di un processo per cui chi lavora nella scuola sia scelto sulla base del fabbisogno della scuola stessa e sia selezionato attraverso un concorso pubblico nazionale, che ritorna al ripristino, anch'esso naturale, per quanto scomparso dal nostro orizzonte da molti anni, della Costituzione italiana, con l'articolo 97, come è stato prima citato. E per decenni abbiamo risposto a questa rinuncia alla normalità innalzando – non noi, ma molti prima di noi, con discontinuità di colore politico, ma con continuità di azione governativa e parlamentare – una Babele di graduatorie, che hanno alimentato una gigantesca macchina – l'ho detto prima e lo ripeto – di aspettative legittime e di frustrazioni e che sembrava in qualche momento accontentare qualcuno e che, invece, alla fine, ha deluso tutti ed è costata anche un patrimonio di risorse.
      Il costo della precarietà – lasciatemi dire – è su tre livelli: economico, culturale Pag. 63e sociale. Economico perché le centinaia di milioni spesi ogni anno nelle supplenze, quelle sui famosi posti vacanti e disponibili, su cui questo provvedimento fa un intervento che non è chirurgia estemporanea, ma è definitiva soluzione del problema, sono, forse, il peggior modo di allocare le risorse nel mondo della scuola. Sfioriamo il miliardo, sfioriamo il miliardo !
      Un costo culturale perché un personale appeso, come è stato detto con questo ossimoro originale, a una «precarietà stabile» è, forse, potenzialmente il meno motivato e il meno, potenzialmente almeno, ideale per creare un'offerta di valore, una motivazione e una continuità di messaggio per i nostri ragazzi.
      E un costo sociale perché, se questa instabilità lavorativa è forzata e prolungata nei decenni, impedisce anche a chi la subisce di costruire un progetto di vita, e, per chi la subisce, è un diritto riconquistare la stabilità ed è un dovere per lo Stato, che se ne deve far carico, anche se ci vuole coraggio, perché la complessità è stata detta e denunciata in una selva – cito dagli interventi che mi hanno preceduto – di sigle che non sto a rievocare, perché a molti di voi sono note e non ci servono adesso per trovare la soluzione, che è contenuta in questo disegno di legge.
      Ma quello che serve, invece, è ricostituire, con fatica, con consapevolezza e con umiltà, la normalità di una selezione per concorso basata sul fabbisogno, quindi riconsegnare uno dei grandi processi sociali del nostro Paese alla sua fisiologia e alla sua naturalezza. E, quando parlo di normalità, permettetemi, lo faccio con un briciolo anche di orgoglio, perché sono stati molti i ministri, i membri di Governo, che si sono fatti esplicitamente paladini dei precari, senza, però, affrontare mai il tema fino in fondo e senza risolverlo, anzi, alimentandolo. Noi non siamo paladini dei precari, ma poniamo termine al precariato, per uscire da questa immagine di una scuola accampata in quella che definirei una terapia intensiva continua.
      E, allora, fissare il paradigma di una buona scuola, gentili onorevoli, non significa ritenere che la scuola italiana sia una cattiva scuola, tutt'altro. Con tutti i limiti e anche le sofferenze che conosciamo, che chi opera nel mondo la scuola, ma anche chi ha figli che in essa studiano, conosce, la scuola italiana resta una scuola di ottimo livello, perché fondata su quei principi che nei gradi successivi di istruzione, nell'istruzione superiore, il grande filosofo e studioso Von Humboldt definiva l'unità del sapere, cioè una miscela di competenze e di conoscenza che mette sullo stesso livello il sapere umanistico e le discipline scientifiche, e deve oggi, però, aprirsi al rinnovamento, trasformando e riuscendo a trasformare questo solido bagaglio di conoscenza in competenze applicate.
      Questo è il senso del secondo articolo, in cui si danno i fondamenti dell'apparato di conoscenze e di sapere che i nostri studenti potranno avere nei prossimi anni. Questa, quindi, che non è una cattiva scuola, questa di oggi, però non sarà buona, e non sarà buona fino in fondo finché non lo diventa per tutti e ovunque, per tutti e ovunque.
      È ancora molto discontinua, è ancora molto diseguale, è ancora molto vittima di molte difficoltà in alcune aree del Paese, e non necessariamente facendo una divisione geografica tra il nord, il centro e il sud, ma anche tra le diverse aree, quelle interne e quelle meno centrali, i centri delle grandi città e le periferie, in cui la scuola talvolta è in sofferenza, e chi l'ha visitata, come io personalmente e molti di noi hanno fatto quest'anno, passo passo, in tutta Italia, per parlare di scuola, ne ha visto i segni tangibili.
      Allora questa scuola, affinché possa essere buona per tutti, cioè diventare strumento fondamentale di eguaglianza, di crescita e di sviluppo della coscienza critica – quindi produrre cittadini –, va aperta, migliorata impreziosita, resa libera e autonoma, europea, multiculturale, quindi, degna di un Paese come il nostro, che è, come è stato ricordato – e io sono molto d'accordo, un gigante culturale per quel che riguarda il passato, ma protagonista e responsabile di dinamiche molto Pag. 64più complesse per quello che riguarda il presente e il futuro, soprattutto in area mediterranea.
      Dopo anni di tagli e di cambiamenti senza visione, direi alla cieca, noi oggi invertiamo completamente con questo disegno di legge questa tendenza. Lo facciamo con un piano ambizioso, che viene dalla politica, dall'amministrazione e dalla società e che nel suo sviluppo e nella sua attuazione, per andare oltre i limiti di questo disegno di legge – come in tutto anche questo ovviamente è un primo passo –, ha bisogno di politica, di amministrazione e di società.
      I cardini li avete ricordati tutti, chi criticandoli, chi elogiandoli. Li ripeto solo per punti anche perché mi avvio ovviamente alla conclusione: merito, eguaglianza, valutazione, formazione costante. Se c’è un pregio – permettetemi di dire – non è nel mio, ma nel vostro e nel complessivo lavoro, un pregio che nessun editoriale riesce a scardinare e che nessuna dichiarazione – anche talvolta giustamente aspra perché politicamente connotata – può mettere in discussione, è il fatto che dietro l'etichetta di «buona scuola», che questo Governo ha presentato e continua a presentare, ora al Parlamento, prima al Paese, c’è la visione di un progetto educativo. Può essere condiviso o non condiviso, può essere condiviso in parte o contestato in parte, ma c’è la visione di un progetto educativo.
      L'esempio che faccio, quello che è stato anche oggetto di discussioni anche molto forti e molto aspre in qualche caso in questi giorni, è quello della valutazione. La valutazione può essere migliore, se qualitativamente fondata e se scientificamente fondata. Quella che portiamo nella scuola italiana lo è, quella che abbiamo portato molti anni fa, più di dieci anni nell'università italiana, lo è. Può e deve essere costantemente migliorabile, deve miscelare criteri quantitativi con criteri qualitativi, tuttavia, peggio della valutazione c’è solo la non valutazione. È quello che non possiamo più tollerare, è quello di cui non possiamo più permetterci lo spreco.
      Questa che è una parola che era un po’ un tabù nel mondo della scuola – ma non solo in quella italiana – noi vorremmo che diventasse il punto di svolta di una cultura che si diffonda dalla scuola nella società. Come ho detto in altre occasioni, non significa redigere graduatorie di vincitori e di sconfitti, non significa fare una lista dei bravi e una lista dei cattivi, magari sulla lavagna. No ! Significa semplicemente – ma crucialmente – capire, diagnosticare e individuare quali sono i punti di forza del lavoro dell'individuo e della collettività e come trovare successivamente e subito gli strumenti per intervenire e per trasformare i punti di debolezza in miglioramento costante e i punti di forza nello strumento di successo del progetto di quell'istituto scolastico o di quella classe o di quell'insegnante.
      Questo principio di valutazione Invalsi è uno strumento, non è la valutazione della scuola. È uno strumento che va a certificare competenze molto specifiche. Ma la valutazione nella sua complessità serve, di fatto, a rimuovere quegli ostacoli che impediscono l'uguaglianza, perché è lo strumento per arrivare all'uguaglianza qualitativa. Noi siamo fieri che in questo anno, oltre a parlarne, si siano fatte delle cose, che la valutazione stia diventando qualcosa di diffuso nella scuola italiana, che vi siano molti insegnanti – qualcuno l'ha detto da insegnante – che non sono soltanto lieti di poterla vivere e di poterla trasmettere come valore ai propri studenti, ma che sono cresciuti e vogliono trasmettere questo valore nella cultura del merito e dell'analisi consapevole, umile e accurata del risultato del lavoro svolto.
      Io credo in questa, come in altre innovazioni importanti... si è parlato – e mi fa piacere ricordarlo – del rapporto tra scuola, lavoro e territorio, della combinazione sincronica e simultanea della conoscenza teorica con la conoscenza applicativa – sapere e saper fare –, che non era assolutamente purtroppo diffusa nella nostra scuola, e di altre importanti innovazioni. Parlo del capitolo sull'innovazione digitale, che non significa solo strumenti infrastrutturali, ma significa prendere atto e trasferire nel mondo della scuola che Pag. 65non basta più un metodo frontale ed asimmetrico di insegnamento, ma che si deve arrivare alla combinazione di più metodi con la stessa classe e con gli stessi bambini e con gli stessi alunni e, quindi, personalizzare il percorso di apprendimento, perché – è stato molto ben detto – ciascuno ha un talento e nessuno è incapace di fare qualcosa.
      Veramente concludo. Ci è stato detto che tutto questo lo abbiamo fatto troppo in fretta, lo facciamo con il carattere dell'urgenza. Non so se sia urgenza, sicuramente non è emergenza. È quella rapidità che serve alla società, di cui un Governo responsabile deve farsi carico. È quella rapidità che si coniuga con un dialogo costante, che non è affatto singolare che continui in queste ore, in cui dalla Camera dei deputati si passerà al Senato della Repubblica e in cui, quindi, questo operoso lavoro di perfezionamento del progetto educativo che è contenuto in questo disegno di legge sarà il risultato veramente di un'operazione comune, importante.
      Quindi – e davvero, Presidente, concludo –, la scuola non è una periferia per il Governo Renzi, la scuola è il centro della società. Questo forse è anche ciò che ha scatenato l'animosità, di cui parlavo all'inizio, del dibattito, perché non si era abituati a questo. Di solito di scuola si parlava nella scuola e tra gli addetti al mondo della scuola, oppure, legittimamente, tra gli addetti del mondo della scuola e chi della scuola rappresenta le istanze di lavoro e di organizzazione. Invece, adesso è un tema centrale nella nostra riflessione.
      Allora, noi lavoriamo perché tutti i ragazzi che entreranno nella scuola, nella buona scuola italiana, che facciano nasi d'argilla perfetti o esprimano la loro identità, il loro patrimonio di conoscenze e il loro punto di vista sul mondo, siano veramente stati resi eguali da questo complesso processo che si chiama insegnare e che non è un caso che in molte lingue del mondo abbia esattamente la stessa radice etimologica della parola che significa apprendere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
      Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15,30 per lo svolgimento della discussione sulle linee generali della proposta di legge in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio.

      La seduta, sospesa alle 15,10, è ripresa alle 15,30.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

Missioni.

      PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Catania, Causin e Rossomando sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
      I deputati in missione sono complessivamente centocinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione della proposta di legge: S. 19-657-711-810-846-847-851-868 – di iniziativa dei senatori: Grasso ed altri; Lumia ed altri; De Cristofaro ed altri; Lumia ed altri; Airola ed altri; Cappelletti ed altri; Giarrusso ed altri; Buccarella ed altri: Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (A.C. 3008) e delle abbinate proposte di legge: Ferranti ed altri; Realacci; Colletti ed altri; Colletti ed altri; Civati ed altri; Ferranti ed altri; Ferranti ed altri; Dorina Bianchi; Dorina Bianchi; Formisano (A.C. 330-675-1194-1205-1871-2164-2165-2771-2774-2777) (ore 15,32).

      PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già Pag. 66approvata in un testo unificato dal Senato, n.  3008, di iniziativa dei senatori: Grasso ed altri; Lumia ed altri; De Cristofaro ed altri; Lumia ed altri; Airola ed altri; Cappelletti ed altri; Giarrusso ed altri; Buccarella ed altri: Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio, e delle abbinate proposte di legge Ferranti ed altri; Realacci; Colletti ed altri; Colletti ed altri; Civati ed altri; Ferranti ed altri; Ferranti ed altri; Dorina Bianchi; Dorina Bianchi; Formisano nn.  330-675-1194-1205-1871-2164-2165-2771-2774-2777.
      Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 13 maggio 2015. Avverto che prima della discussione sulle linee generali è stata presentata la questione pregiudiziale di costituzionalità Santelli ed altri n.  1 che, non essendo stata preannunciata nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo contestualmente alla predisposizione del relativo calendario, sarà esaminata e posta in votazione prima di passare all'esame degli articoli.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3008)

      PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
      Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari del Partito Democratico e del MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento. Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.

      DONATELLA FERRANTI, Presidente della II Commissione. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      DONATELLA FERRANTI, Presidente della II Commissione. Presidente, chiedo cinque minuti di sospensione perché stiamo aspettando il testo della relazione.

      PRESIDENTE. Va bene. La seduta sarà sospesa per cinque minuti e riprenderà alle ore 15,40. La seduta è sospesa.

      La seduta, sospesa alle 15,35, è ripresa alle 15,40.

      PRESIDENTE. Ha facoltà intervenire il relatore per la maggioranza Ermini.

      DAVID ERMINI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Assemblea della Camera avvia oggi l'esame del cosiddetto testo anticorruzione, approvato dal Senato dopo un lungo ed approfondito esame e confermato dalla Commissione giustizia dopo aver svolto un'istruttoria che possiamo definire sicuramente qualitativamente significativa grazie alla audizioni svolte. A questo proposito sono stati sentiti il dottor Raffaele Cantone, presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, il dottor Francesco Greco, coordinatore del dipartimento di diritto penale dell'economia, affari civili e societari e reati fallimentari presso la procura della Repubblica di Milano, il professor Tullio Padovani, ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, i rappresentanti dell'Unione nazionale degli avvocati amministrativi, di Transparency International Italia e di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Il provvedimento è volto a contrastare la corruzione attraverso una serie di misure che vanno dall'adeguamento delle sanzioni penali, comprese quelle accessorie, alla riformulazione di alcuni reati come quelli che puniscono il falso in bilancio per delimitare l'eventuale area di non punibilità. Il testo, composto di 12 articoli, si divide sostanzialmente in due parti. La prima riguarda i reati contro la pubblica amministrazione e disposizioni sempre relative a tali reati, la seconda parte invece ha per oggetto i diritti di false comunicazioni sociali. L'attenzione sul fenomeno corruttivo in Italia non si limita all'opinione Pag. 67pubblica ma coinvolge anche gli organismi internazionali europei. Questo provvedimento mira a dare una risposta anche a tali organismi. Il 3 febbraio 2014 la Commissione europea ha pubblicato la prima relazione dell'Unione europea sulla lotta alla corruzione. La relazione illustra lo stato della corruzione nei vari Stati membri, indicando le misure anticorruzione esistenti, valutandone l'efficacia e suggerendo gli spunti per un miglioramento dell'attività di contrasto a tale fenomeno. Secondo la Commissione la questione interessa tutti gli Stati membri e costa all'economia europea circa 120 miliardi di euro all'anno. La relazione espone anche i risultati di due sondaggi Eurobarometro sulla percezione della corruzione tra i cittadini e le imprese europee. Da tali rilevazioni tra l'altro risulta che la percezione della diffusione della corruzione in Italia registra il dato del 97 per cento che è il più alto nell'Unione europea dopo quello della Grecia. Nel capitolo dedicato al nostro Paese la Commissione ripete il dato indicato dalla Corte dei conti secondo il quale i costi diretti totali della corruzione ammonterebbero a 60 miliardi di euro l'anno, pari a circa il 4 per cento del PIL. Secondo la relazione il 92 per cento delle imprese italiane partecipanti al sondaggio Eurobarometro 2013 sulla corruzione nel mondo imprenditoriale ritiene che favoritismi e corruzione impediscano la concorrenza commerciale in Italia contro una media UE del 73 per cento; il 90 per cento pensa che la corruzione e le raccomandazioni siano spesso il modo più facile per accedere a determinati servizi pubblici contro una media UE del 69 per cento; mentre per il 64 per cento le conoscenze politiche sono l'unico modo per riuscire negli affari contro una media UE del 47 per cento. Secondo il report The Global Competitiveness 2013-2014 la distrazione di fondi pubblici dovuta alla corruzione e il favoritismo dei pubblici ufficiali e la progressiva perdita di credibilità etica della classe politica agli occhi dei cittadini sono le note più dolenti della governance in Italia. La Commissione europea rileva, tuttavia, che l'adozione nel 2012 della legge anticorruzione rappresenta un significativo passo in avanti nella lotta contro la corruzione in Italia, in particolare sul lato delle politiche della prevenzione. La Commissione suggerisce le seguenti misure per la riduzione del fenomeno: il rafforzamento del regime di integrità delle cariche elettive e di Governo nazionali, regionali e locali attraverso codici etici, strumenti di rendicontazione, sanzioni dissuasive in caso di violazione, il potenziamento del quadro giuridico istituzionale sul finanziamento dei partiti, l'eliminazione delle lacune circa il regime di prescrizione; il rafforzamento dei poteri e delle capacità dell'Autorità nazionale anticorruzione, già Civit; un quadro uniforme per i controlli interni con l'affidamento della revisione contabile della spesa pubblica a controllori esterni, indipendenti a livello regionale e locale soprattutto in materia di appalti pubblici; un sistema uniforme, indipendente sistematico di verifica del conflitto di interessi e delle dichiarazioni patrimoniali dei pubblici ufficiali con relative sanzioni deterrenti; una maggiore trasparenza nel settore degli appalti pubblici ad esempio ponendo l'obbligo per tutte le strutture amministrative di pubblicare on line conti e bilanci annuali, insieme alla ripartizione dei costi per i contratti pubblici di opere, forniture e servizi in linea con la normativa anticorruzione.
      In tale ambito, la Commissione suggerisce anche di conferire alla Corte dei conti il potere di effettuare controlli senza preavviso, nonché di garantire il pieno recepimento ed attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato. Come si diceva, il provvedimento in esame si può considerare una risposta – naturalmente, non l'unica – alle richieste che provengono dall'Europa, affinché il fenomeno corruttivo in Italia possa sensibilmente diminuire.
      In merito ai delitti contro la pubblica amministrazione, all'articolo 1 si è proceduto ad un innalzamento delle pene in maniera coordinata, andando ad incidere sui delitti di corruzione per l'esercizio Pag. 68della funzione, di corruzione per un atto contrario ai doveri dell'ufficio, di corruzione in atti giudiziari, di induzione indebita a dare o promettere utilità o di peculato.
      L'esigenza di un inasprimento sanzionatorio è nata dal reato di corruzione, per il quale si è ritenuto di innalzare sia il minimo che il massimo, portandoli da quattro a otto anni, come previsto dalla normativa vigente, a sei e dieci anni. Una volta innalzata tale pena, si è reso necessario per ragioni di coordinamento un intervento anche su altri reati contro la pubblica amministrazione, come è stato già sottolineato nel corso dei lavori preparatori del Senato.
      L'inasprimento della pena del reato di corruzione non deve essere letto unicamente in un'ottica di prevenzione, essendo ben chiaro che la prevenzione non si ottiene unicamente attraverso le pene più severe, ma anche e, soprattutto, rendendo più trasparente l'azione della pubblica amministrazione o con strumenti premiali, come, ad esempio, apposite circostanze attenuanti. Come vedremo, queste misure sono presenti nel testo in esame.
      Ritornando all'aumento di pena per i reati di corruzione, l'esigenza di procedere in tal senso deve essere ricondotta al profilo retributivo della pena. Rispetto alla gravità del fatto corruttivo, la pena attualmente prevista appare troppo esigua. La pena di quattro anni prevista come pena minima non corrisponde assolutamente all'alto grado di disapprovazione sociale del fenomeno corruttivo. La stessa considerazione vale per la pena massima di anni otto.
      L'innalzamento della pena massima ha, poi, un effetto indiretto, che non possiamo considerare secondario: l'innalzamento dei termini di prescrizione. Non è questa l'occasione per soffermarci sui tempi di prescrizione del reato, considerato che il tema, anche con particolare riferimento ai reati di corruzione, è oggetto di una proposta di legge approvata dalla Camera e che ora si trova all'esame del Senato, tuttavia, non possiamo non segnalare come i termini vigenti troppo spesso portano alla prescrizione dei reati di corruzione, i cui processi, soventemente, iniziano a pochi anni dalla scadenza della prescrizione, in quanto vi è una concreta difficoltà a far emergere il fatto corruttivo che è celato dal patto tra corrotto e corruttore.
      Una volta individuata in sei e dieci anni la pena minima e massima del reato di corruzione propria, sono state declinate le pene previste per gli altri reati sopra citati. A titolo di esempio, la corruzione in atti giudiziari viene punita, sulle ipotesi base, con la pena da sei a dodici anni, anziché da quattro a dieci, mentre la pena minima di ipotesi aggravate è stata portata da sei a otto anni.
      Come si è accennato, sono state inasprite anche le pene accessorie connesse ai reati contro la pubblica amministrazione. In questo caso, il profilo preventivo ha sicuramente una maggiore valenza. In particolare, è stato portato da tre a cinque anni il termine massimo di durata del periodo in cui vi è l'incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione; è stato, invece, portato da tre a due anni il periodo della condanna di reclusione per reati contro la pubblica amministrazione che determina l'estinzione del rapporto di lavoro e di impiego.
      Nel testo vi sono altre misure preventive, come, ad esempio, l'articolo 7, che prevede a carico del pubblico ministero che esercita l'azione penale per delitti contro la pubblica amministrazione l'obbligo di informare il presidente dell'Autorità anticorruzione.
      Anche l'articolo 8, che attiene ai compiti dell'Autorità nazionale anticorruzione, ha una natura prevalentemente preventiva. In particolare, intervenendo sulla cosiddetta legge Severino, si attribuisce all'Autorità nazionale anticorruzione l'esercizio della vigilanza e del controllo sui contratti esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione del codice dei contratti pubblici: ad esempio, contratti secretati o che esigono particolari misure di sicurezza, appalti aggiudicati in base a Pag. 69norme internazionali, particolari contratti di servizi, di cui agli articoli 17 e seguenti del codice degli appalti.
      Si prevedono, inoltre, specifici obblighi informativi presso l'Autorità nazionale anticorruzione, prevedendo che, in riferimento ai procedimenti di scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, le stazioni appaltanti debbano trasmettere all'Autorità nazionale anticorruzione una serie di informazioni relative all'appalto.
      Nell'ottica dell'articolo 7 si prevede che, nelle controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi o forniture svolti da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica, il giudice amministrativo trasmetta all'Autorità nazionale anticorruzione ogni informazione o notizia rilevante emersa nel corso del giudizio che, all'esito di una sommaria valutazione, ponga in evidenza condotte o atti contrastanti con le regole della trasparenza. Su tali disposizioni si è soffermato il presidente dell'ANAC, dottor Cantone, in sede di audizione, esprimendo un giudizio assolutamente positivo.
      Quanto alla modifica dell'articolo 129, comma 3, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale prevista dall'articolo 7 della proposta di legge che sostanzialmente consente all'Autorità nazionale anticorruzione di avere notizia dell'esistenza di procedimenti penali, il dottor Cantone ne ha sottolineato l'utilità per la possibilità di esercitare sia la funzione di vigilanza con riferimento agli appalti previsti dal codice degli appalti, di cui al decreto legislativo n.  163 del 2006, sia le funzioni riferite ai possibili commissariamenti previsti dall'articolo 32 del decreto-legge n.  90 del 2014, sia le funzioni di controllo previste dalla legge n.  190 del 2012 sul rispetto dei piani anticorruzione.
      Con riferimento alle modifiche che sono state introdotte all'articolo 8 della proposta di legge la valutazione è stata positiva, in quanto esse ampliano il livello di conoscenza dell'Autorità nazionale anticorruzione.
      Ha poi espresso particolare interesse per l'introduzione della lettera f-bis) del comma 2 dell'articolo 1 della legge n.  190 del 2012 che, di fatto, estende la possibilità che l'Autorità nazionale anticorruzione possa svolgere attività di vigilanza, in particolare sui contratti secretati, scelta molto opportuna e anche molto coraggiosa. Valuta, inoltre, molto positivamente la norma contenuta nel comma 3 del medesimo articolo, la quale prevede che anche le controversie dinanzi al giudice amministrativo possano essere note all'ANAC.
      Sempre durante la stessa audizione, con riferimento all'assetto generale dell'impianto normativo del procedimento è stata, inoltre, considerata positivamente la scelta di reintrodurre una norma che penalizzi in modo concreto e serio l'ipotesi del falso in bilancio, considerando una scelta concreta quella di individuare una diversa tipologia della sanzione, in relazione alle società che hanno un diverso meccanismo di pubblicità e di impatto sul mercato.
      Riguardo all'introduzione della fattispecie della concussione del soggetto incaricato di pubblico servizio è stato, inoltre, osservato che si tratta di una scelta opportuna resa necessaria dai problemi che erano emersi a seguito dello spacchettamento previsto dalla legge Severino.
      Una disposizione di natura preventiva contenuta nell'articolo 1, la cui efficacia appare di tutta evidenza, è la modifica dell'articolo 323-bis del codice penale, avente ad oggetto le circostanze attenuanti. In particolare, si prevede per alcuni delitti contro la pubblica amministrazione una diminuzione della pena da un terzo a due terzi «per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite». La formulazione utilizzata riprende, pur con alcune variazioni, quella di altre attenuanti per collaborazione Pag. 70previste dalle disposizioni vigenti. Specialmente nei reati caratterizzati dal patto corruttivo questa scriminante potrà essere molto, molto utile quale stimolo per la rottura di tale patto.
      Il fenomeno corruttivo viene affrontato dal provvedimento anche sotto il profilo economico costituendo un grave danno economico per il Paese. In questo ambito deve essere inserito l'articolo 2 diretto a modificare l'articolo 165 del codice penale relativo agli obblighi a cui deve sottostare il condannato per potere accedere all'istituto della sospensione condizionale della pena. In particolare, viene subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena al condannato per alcuni delitti contro la pubblica amministrazione anche alla condizione specifica della riparazione pecuniaria nei confronti dell'amministrazione lesa, in caso di corruzione in atti giudiziari nei confronti del Ministero della giustizia. Tale riparazione, che è sempre stata ordinata al condannato per un delitto contro la pubblica amministrazione in base all'articolo 322-quater del codice penale, consiste in una somma equivalente al profitto del reato, ovvero all'ammontare di quanto indebitamente percepito.
      L'articolo 4, in particolare, disciplina la riparazione pecuniaria nei confronti dell'amministrazione lesa, stabilendo, in caso di condanna per il delitto contro la pubblica amministrazione, che al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio colpevole debba essere ordinato anche il pagamento di una somma equivalente al profitto del reato, ovvero all'ammontare di quanto indebitamente percepito.
      La riparazione pecuniaria è in favore dell'amministrazione di appartenenza; nel caso di corruzione in atti giudiziari, in favore dell'amministrazione della giustizia. Si tratta di disposizioni che hanno una valenza sia simbolica che concreta, considerato che la corruzione ha gravi effetti anche sull'economia del Paese.
      In quest'ottica si muove anche l'articolo 6, che modifica la disciplina del patteggiamento, prevedendo che quando si procede...

      PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

      DAVID ERMINI, Relatore per la maggioranza. Sì, allora salto velocemente...

      PRESIDENTE. È già fuori di una trentina di secondi.

      DAVID ERMINI, Relatore per la maggioranza. Faccio solo riferimento all'altra ipotesi, che ho citato anche prima, sul falso in bilancio, però mi riporto sostanzialmente alla relazione, signor Presidente, che consegno. Pertanto chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

      PRESIDENTE. È autorizzato.
      Ha facoltà di intervenire la relatrice di minoranza Jole Santelli. Chiedo scusa, ho sbagliato: prima Colletti, poi Santelli.

      ANDREA COLLETTI, Relatore di minoranza. Prima le donne.

      PRESIDENTE. Come vuole. Va bene, prima la relatrice di minoranza Santelli.

      JOLE SANTELLI, Relatrice di minoranza. Grazie, Presidente, grazie collega. Colleghi, signora presidente della Commissione, signor Viceministro, credo che lo stesso iter di questa proposta di legge che oggi stiamo esaminando in quest'Aula la dica abbastanza lunga sulla peculiarità della stessa.
      Questa proposta di legge arriva in Senato presentata dall'attuale Presidente del Senato, Piero Grasso, e viene incardinata in Commissione giustizia, dove se ne discute a sprazzi, ma si discute molto di questo provvedimento sulla stampa. Soprattutto, esso recepisce in grande parte quelle che sono state le richieste fatte da tutta una serie di magistrati noti, di noti articolisti e giornalisti, su quello che è il «fenomeno della corruzione» e su come combatterlo.
      Poi accade qualcosa di particolare, cioè un'inchiesta che scuote il Paese, la cosiddetta inchiesta di «mafia capitale». La Pag. 71peculiarità di quell'inchiesta era che, per la prima volta, ad un fenomeno corruttivo veniva agganciata l'ipotesi accusatoria dell'articolo 416-bis. Quindi, apertamente una delle procure italiane sposava la tesi, fatta propria da molti magistrati, per cui corruzione e associazione di tipo mafioso camminavano insieme. Il Governo immediatamente varò il proprio disegno di legge, parlando di emergenza. Il Presidente del Consiglio immediatamente convocò il Consiglio dei ministri parlando inizialmente di decreto-legge, poi qualche forza politica della sua stessa maggioranza gli ricordò che, tutto sommato, i decreti-legge in materia penale era più opportuno evitarli, quindi si passò a un semplice disegno di legge.
      Quello che veniva rivendicato era che finalmente si risolveva il problema in Italia della corruzione perché venivano aumentate le pene. I titoli di allora, del 14 dicembre, erano: «Mafia capitale, Renzi vara il DDL anticorruzione: pene più alte, prescrizione più lunga». Poi annunciava con molto vigore che il Parlamento si sarebbe dovuto affrettare a decidere, oppure il Premier avrebbe posto la fiducia immediatamente su questo provvedimento. Il Senato, a quel punto, ha fatto in fretta, anche perché i tempi erano scanditi non tanto dai tempi parlamentari quanto da un orologio su Sky che segnava le ore e i giorni che il Senato impiegava ad esaminare questo provvedimento. Lunedì, poi, è arrivato alla Camera.
      Io non so il relatore di maggioranza cosa intenda per «un approfondito dibattito in Commissione». Per quanto mi riguarda, l'approfondito dibattito in Commissione non è ascoltare degli esperti ma è dibattere di politiche e assumere delle scelte. Abbiamo ascoltato molti esperti, lunedì a mezzogiorno è scaduto il termine per gli emendamenti e oggi siamo qui in Aula a discutere il testo, ovviamente senza discutere assolutamente nulla, ma prendendo a scatola chiusa ciò che è stato già fatto.
      Vado al punto essenziale. Mi preoccupa che questo disegno di legge – continuo a chiamarlo disegno di legge perché è partito dal Senato – questa proposta è un passo indietro pesante del Parlamento e della politica rispetto all'aggressione alla corruzione. Qui non ci sono forze politiche che combattono la corruzione e forze politiche che non la combattono: ci si distingue su quali siano gli strumenti.
      La scorsa legislatura il Governo Berlusconi varò un disegno di legge che, per la prima volta, si preoccupò di una grande opera di prevenzione alla corruzione e il dottor Cantone ha dato atto, nella Commissione, nella propria audizione – c’è qui il presidente Brunetta, allora Ministro della funzione pubblica, che è stato l'autore di quella parte – che l'Italia ha oggi il codice forse più all'avanguardia tra tutte le legislazioni europee e occidentali. Per la prima volta, quindi, la politica si assumeva il compito di combattere essa stessa la corruzione. Come si combatte ? Si combatte con la sburocratizzazione, si combatte con scelte pesanti sugli appalti, unificando le stazioni appaltanti, in altre parole con l'evitare e stanare i posti dove si annida la corruzione; non si combatte delegando il tutto alla magistratura, cosa che con molta facilità anche questo testo fa. È facile aumentare qualche pena: aumentiamo di due anni, di sei mesi, addirittura si ritoccano delle misure interdittive che sono state aumentate nel 2012; non abbiamo avuto neanche il tempo di esaminare qual è il risultato, ma già ci precipitiamo ad aumentarle. È più facile, più veloce.
      Ci sono tre termini di cui ho paura: il termine fenomeno, il termine emergenza (e, in questo caso, si riparla di fenomeno e si riparla di emergenza) e il termine supplenza. Ci sono tutti e tre: c’è fenomeno, c’è emergenza e c’è supplenza. C’è di nuovo il fenomeno corruzione, c’è di nuovo un'emergenza corruzione, che dal 1992 continuamente ripetiamo, e di nuovo c’è la supplenza della magistratura cui affidiamo non si sa che cosa.
      Concludendo dico una cosa che veramente è determinante. Noi qui stiamo dicendo che, violando veramente qualsiasi principio giuridico, la corruzione equivale e ha bisogno...

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      PRESIDENTE. Colleghi, per favore.

      JOLE SANTELLI, Relatrice di minoranza. ...ha bisogno di norme speciali come quelle previste per i fenomeni associativi. Signor relatore, la norma sulla collaborazione non è una norma preventiva, ma una norma di premialità ed è prevista per le associazioni criminali ed è esclusivamente rivolta a rompere il sodalizio che è alla base delle associazioni criminali. La corruzione è semplicemente uno dei tanti reati previsti dal codice della legge italiana a concorso necessario.
      Questo è un disegno di legge palesemente incostituzionale. Se magari ci fosse un altro tipo di pubblico ministero che avesse la propria responsabilità sulle scelte mi andrebbe bene, perché se ne assumerebbe la responsabilità politica come accade altrove, ma questa non è l'Italia e abbiamo già sperimentato altre cose.
      Ricordiamoci che questo è un Paese in cui anche le misure cautelari sono state utilizzate spesso per chiamate in correità o altro. Mi spaventa ogni qualvolta si parla di leggi speciali.
      Mi chiedo cosa c'entrino le leggi speciali e le associazioni criminali con un particolare tipo di reato. Nulla. Concludo, poi avremo modo tanto di parlare sui singoli emendamenti, con l'altra incostituzionalità palese, che è quella relativa al falso in bilancio, alle norme sul falso in bilancio. Qualcuno dovrà illustrarci com’è possibile che venga scritta una norma penale in bianco, perché è una norma penale in bianco, difatti «fatti materiali rilevanti» non significa niente. D'altronde, mi chiedo quali potrebbero essere i fatti immateriali previsti da un bilancio di una società, cosa significa fatti rilevanti, come si legano con il canone della tenuità del fatto. Lasciare al giudice, quindi all'interprete, l'interpretazione e la definizione di una norma, è incostituzionale per la legge italiana. L'ultima cosa, Presidente, se consente, noi aggiungeremo sicuramente alcuni emendamenti che possano combattere la corruzione, ma saranno esclusivamente emendamenti di tipo preventivo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

      PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Colletti.

      ANDREA COLLETTI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, per analizzare questo provvedimento dobbiamo partire ormai da lontano, da più di due anni fa. Infatti, questo provvedimento è il frutto di una proposta di legge presentata a marzo 2013, oggi siamo a maggio 2015, due anni e due mesi, dal senatore Grasso, oggi Presidente del Senato, nonché da altre proposte di legge presentate da giugno 2013 dal MoVimento 5 Stelle, sia qui alla Camera che al Senato.
      Perché, però, si è arrivati solo oggi, a maggio 2015, alla discussione qui alla Camera ? Semplicemente perché la maggioranza e il Governo hanno sempre voluto bloccare fino ad ora la discussione della legge in Senato. Ricordo che a giugno 2014, quindi un anno fa, doveva essere votato il disegno di legge Grasso nell'Aula del Senato, il 23 giugno 2014 se non sbaglio. Guarda caso qualche giorno prima il Governo, in persona del Presidente Renzi e del Ministro Orlando, hanno deciso di bloccare tutto in attesa di un loro provvedimento. Peccato che poi non c’è stato in realtà un provvedimento del Governo e tutti l'aspettavamo e, nonostante le nostre continue insistenze al Senato e anche alla Camera, cercando di dare un veicolo più veloce, questa proposta è stata votata in prima lettura solo il 2 aprile 2015, parliamo di un mese e mezzo fa. È da comparare un mese e mezzo fa con i due anni che ci sono voluti per la prima lettura del Senato. Quindi, questa è un'esclusiva colpa del Governo e della maggioranza che appoggia questo Governo. Allora, perché tutta questa fretta in questo momento ? Perché dieci giorni per votare ? Perché deve essere approvata, come ci ha spiegato il relatore Davide Ermini in Commissione, entro il 31 maggio ? Semplice, il 31 maggio ci sono le elezioni regionali ed amministrative e Renzi ha bisogno di fare un titolo su un Pag. 73giornale o un tweet dicendo: fatta la legge anticorruzione. Peccato che le stesse cose vennero dette nel 2012, quando fu approvata la legge Severino e tutti a dire finalmente una vera legge anticorruzione. Ci ritroviamo adesso dopo tre anni, sono cambiate le facce dei nostri governanti, sono cambiate molte facce qui nel Parlamento, ma la sostanza è sempre la stessa, serve uno spot, serve utilizzare questa legge come un fenomeno di marketing solo ai fini delle elezioni.
      Ma cosa prevede questo testo molto rimaneggiato e molto depurato, per così dire, rispetto al testo Grasso, che ha sostituito interamente quello che era stato presentato ? Tre cose: un inasprimento delle pene per alcuni reati contro la pubblica amministrazione, e su questo siamo anche d'accordo, ma basta questo per contrastare la corruzione ? Purtroppo no, servono varie cose per combattere la corruzione, in primis la prevenzione. Ma come si attua la prevenzione ? Con la massima trasparenza degli atti della pubblica amministrazione ed il controllo diffuso da parte dei cittadini, da parte dei comitati e da parte delle imprese. C’è qualcosa previsto in questa legge sulla trasparenza amministrativa ? Purtroppo no, nulla.
      Oltre alla prevenzione, serve un serio conflitto di interessi, che porti a verificare i casi di sviamento dei poteri della pubblica amministrazione. Come si fa ? Da un certo punto di vista, favorendo i ricorsi contro gli appalti illegittimi e, attualmente, con i costi assurdi dei ricorsi in tema di appalti, oramai sotto il milione di euro, non c’è più alcun interesse per le imprese concorrenti ad impugnare gli appalti illegittimi.
      Questo significa in realtà che la corruzione, che si annida soprattutto in questi tipi di appalti, è favorita dallo Stato, che chiede una sorta di pizzo molto alto per tutelare i propri diritti.
      Negli altri Paesi i ricorsi contro appalti illegittimi sono gratuiti o costano poche centinaia di euro. Da noi si paga da 2.000 ad oltre 12.000 euro.
      Secondo punto: le norme sul falso in bilancio. Dopo anni e anni, si ripristina la funzione penale del reato di falso in bilancio. Ricordiamo che questo è stato depenalizzato da una parte dell'attuale maggioranza e da colui che adesso è Ministro del Governo Renzi, Ministro dell'interno, Angelino Alfano. Quindi, l'attuale maggioranza o parte dell'attuale maggioranza dice...

      PRESIDENTE. Per favore, liberare i banchi del Governo.

      ANDREA COLLETTI. Relatore di minoranza. È positiva la norma ? Sì, è positiva, in parte è positiva; peccato che siano state inserite delle locuzioni all'interno della norma che rischiano di scardinare la stessa legge, come spiegherò più avanti.
      Per quanto concerne i reati di mafia, dopo anni, vengono finalmente inasprite le sanzioni sui reati di mafia, parificandole a quelle previste per i reati contro le organizzazioni che smerciano droga. E questo è l'unico punto interamente positivo.
       Ma arriviamo alla posizione del MoVimento 5 Stelle. Perché presentiamo all'incirca 50 emendamenti su questo testo ? Perché, purtroppo, questo testo non è abbastanza. Ci permetteranno di migliorare e di rendere davvero utile questo testo ? No, semplicemente perché serve – come detto prima – una «norma manifesto», per dire che la maggioranza vuole lottare davvero contro la corruzione. Purtroppo, senza i nostri emendamenti, ciò non sarà vero o pienamente vero. Purtroppo, la politica attuale si abitua sempre al meno peggio, piuttosto che al meglio. Piuttosto che fare qualcosa di meglio, ci accontentiamo di quello che abbiamo.
      Ma andiamo a verificare quali sono i punti critici della legge ed i punti che vogliamo migliorare. Noi proponiamo quello che era stato soprannominato, un po’ impropriamente, il Daspo per i corrotti. Ve lo ricordate il tweet di Renzi ? Il Daspo per i corrotti è l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e l'incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione.Pag. 74
      Se si è danneggiata la pubblica amministrazione una volta, con una sentenza passata in giudicato, secondo noi non si può più far parte di quella pubblica amministrazione; è solo una norma di buon senso. Cosa fa questo Governo e questa maggioranza ? Votano contro la nostra proposta, per dire che, a parole, dicono una cosa, ma nei fatti fanno il contrario. In generale, noi riallineamo, con le nostre proposte, le sanzioni penali per le varie fattispecie, recuperando la logica delle sanzioni penali del codice penale, con la cessazione anticipata della decorrenza della prescrizione e con l'applicazione perpetua dell'interdizione dai pubblici uffici e dell'incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione.
      Vorremmo che sia finalmente sancita l'estinzione del rapporto di lavoro del pubblico dipendente infedele; attualmente, la legge prevede che, sotto i tre anni, non ci sia l'estinzione automatica. Questa norma prevede che sotto i due anni non ci sia l'estinzione automatica. Ma una persona condannata per corruzione, anche se condannata a otto mesi di reclusione, non deve fare più parte della pubblica amministrazione. Questo è solo buon senso.
      Prevediamo anche altri aumenti di pena, ma soprattutto vorrei parlare di un reato, il reato di traffico di influenze illecite, che è stato inserito dalla legge Severino del 2012, che è un fenomeno emerso soprattutto nelle ultime vicende Expo. Vi ricordate Greganti, Frigerio, questi personaggi, già condannati, già attenzionati dalla magistratura ? Sono ritornati dopo quindici anni. Per il reato di traffico di influenze illecite, che si ha sostanzialmente quando un mediatore media, cercando di deviare la pubblica amministrazione, dietro un corrispettivo pagato da un privato, si prevede una pena da uno a tre anni. Un reato quasi gemello, che è il millantato credito, viene sanzionato da uno a cinque anni. Qual è la differenza tra il traffico di influenze illecite e il millantato credito ? Nel millantato credito, la persona, il mediatore non ha nessuna possibilità di manovrare la pubblica amministrazione; nel traffico di influenze illecite sì e, stranamente, qui noi prevediamo per il reato di traffico di influenze illecite una sanzione minore rispetto a quella prevista per il millantato credito. È meno grave se tu riesci davvero a deviare la pubblica amministrazione da una corretta amministrazione.
      Quindi, abbiamo depenalizzato il millantato credito quando c'era la possibilità di deviare. Abbiamo un po’ l'assurdo.
      Vorrei parlare, però, anche del falso in bilancio. Attualmente, la norma va più o meno bene ma, come è detto, ci sono alcune fattispecie che vanno modificate. Innanzitutto, ci sono gli avverbi, di cui noi siamo sempre pieni nelle nostre norme penali. Si tratta dell'avverbio «consapevolmente». Ora, a dire la verità, il falso in bilancio è un reato con il dolo, quindi l'avverbio «consapevolmente» non serve a nulla. Cosa sarebbe ? Un dolo ulteriore ?
      Ma, soprattutto, c’è una norma che parla di fatti materiali rilevanti. Ebbene, nella vecchia formulazione si parlava di fatti o informazione di fatti, ancorché oggetto di valutazione. Questo perché ? Faccio un esempio: rischieremmo con l'interpretazione – perché ci dobbiamo affidare solo all'interpretazione invece di fare una norma seria ? – che se io, impresa, ho in magazzino mille penne, teoricamente se do a queste mille penne un valore di un milione di euro, ciò è una valutazione e, quindi, non è un fatto materiale; quindi, se invece di un milione di euro valgono cento euro, teoricamente non è un falso in bilancio. Capite l'assurdità del sistema ? E capite anche perché noi dobbiamo davvero scrivere delle norme che possono essere intelligibili da tutti e non possiamo aspettare che la Cassazione dica una cosa, l'altra sezione dica il contrario e poi, fra dieci anni, ci sia l'intervento delle sezioni unite.

      PRESIDENTE. La prego di concludere.

      ANDREA COLLETTI, Relatore di minoranza. E proprio per questo motivo chiediamo alla maggioranza, così come per il provvedimento sugli ecoreati, che è stato trasposto al Senato per cambiarlo, di migliorare Pag. 75questo provvedimento. Votiamo una decina di emendamenti per rendere davvero utile questo provvedimento e al Senato in una settimana ce ne liberiamo. Così fate votare a favore anche noi, perché se una norma è utile per il Paese noi votiamo volentieri a favore, ma se una norma è solo un manifesto per fare un tweet, mi dispiace ma non saremo con voi.

      PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in un altro momento del dibattito.

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Alessia Morani. Ne ha facoltà.

      ALESSIA MORANI. Grazie, Presidente. Oggi iniziamo la discussione sulle linee generali di un provvedimento che costituisce, per il Partito Democratico, un risultato straordinario nella lotta al malaffare, alla corruzione e alle mafie. Presidente, a differenza di quello che ha appena affermato il collega Colletti, la nostra azione contro la corruzione parte da lontano e quello di oggi è certamente l'approdo finale e più qualificante della nostra azione politica ed istituzionale. Dicevo che parte da lontano, poiché uno dei primissimi atti che questo gruppo parlamentare, il Partito Democratico, ha promosso è stata la introduzione, nel nostro codice penale, del nuovo reato di scambio politico-mafioso, quello che viene conosciuto come articolo 416-ter, realizzando, dopo più di vent'anni, la volontà espressa dal giudice Falcone nel 1992.
      Oggi il nostro codice penale ha una nuova fattispecie di reato che qualifica come delitto lo scambio tra voti ed altre utilità che, sappiamo benissimo, essere posti di lavoro, appalti, concessioni; tutte fattispecie che, ahimè, in questi anni, a causa della mancanza di un reato scritto bene, non sono state punite.
      Ma non ci siamo fermati lì e, anzi, solo pochi mesi fa abbiamo introdotto il reato di autoriciclaggio, dopo che per anni tutti gli organismi internazionali ci chiedevano di introdurre questo reato. E poi l'Anac, con la nomina di Raffaele Cantone, con i nuovi poteri che gli sono stati attributi, cioè poteri che garantiscono la trasparenza nelle pubbliche amministrazioni e la prevenzione della corruzione.
      Un lavoro straordinario, quello di Raffaele Cantone e dell'Autorità anticorruzione, che ha garantito la realizzazione dell'Expo, di cui siamo estremamente orgogliosi, dopo gli scandali solo di un anno fa. Ci avevano detto – i cosiddetti professionisti del catastrofismo – che non saremmo riusciti in questa impresa. Oggi, invece, siamo fieri di avere consentito la realizzazione di uno degli eventi che costituisce, per noi, uno dei più grandi appuntamenti mondiali e una grande opportunità economica per il Paese.
      Quindi, dicevo, Presidente, introduzione dell'articolo 416-ter, nuovi poteri all'Anac, autoriciclaggio e oggi discutiamo – e la settimana prossima approveremo – il provvedimento, che è in discussione, che costituisce una vera svolta storica per il Paese nella lotta alla corruzione e alle organizzazioni criminali.
      Perché la definisco una svolta storica ? Perché intanto questo provvedimento aumenta le pene dei reati, sia quelle accessorie che quelle principali. Le pene accessorie, come l'innalzamento dell'incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione o il licenziamento per l'impiegato della pubblica amministrazione infedele, e le pene principali, nel minimo e nel massimo per la corruzione propria, impropria e in atti giudiziari, arrivando a dieci anni per l'una e a dodici anni per l'altra. E poi abbiamo reintrodotto come autore del reato per la concussione l'incaricato di pubblico servizio, ritornando alla fattispecie ante legge Severino.
      Ed abbiamo introdotto un principio sacrosanto, di cui siamo particolarmente orgogliosi, e cioè la possibilità di avere la sospensione condizionale della pena solo se si restituisce quello che viene definito il maltolto, ossia la somma equivalente al profitto del reato o all'ammontare di quanto percepito. In più – e questa è un'altra importantissima innovazione – con la condanna ad un reato contro la Pag. 76pubblica amministrazione verrà ordinato di pagare il quantum del reato, ossia il prezzo o il profitto, e questo credo che per i nostri cittadini sia davvero importante, poiché, mentre prima l'onorevole Santelli ha definito incostituzionale questo provvedimento, io definisco incostituzionali i soldi pubblici che si rubano, perché i soldi pubblici che si rubano a discapito delle scuole, degli ospedali o delle grandi o delle piccole infrastrutture, quelli sì, sono incostituzionali.
       Abbiamo introdotto una nuova circostanza attenuante, uno sconto di pena per chi collabora, con la finalità di agevolare la magistratura per poter scoprire i reati di corruzione, ed abbiamo previsto anche nuovi obblighi informativi per l'Autorità nazionale anticorruzione, per inaugurare davvero una stagione di grande collaborazione tra Autorità nazionale anticorruzione, pubblica amministrazione ed autorità giudiziaria. Ma la cosa che ci rende particolarmente orgogliosi di questo provvedimento è finalmente l'introduzione di un reato di falso in bilancio degno di questo nome.
      Qualche giorno fa in Commissione noi abbiamo audito il dottore Greco e il dottor Cantone, che si sono espressi in maniera molto favorevole rispetto alla scrittura di questo reato e si sono quasi complimentati per come lo abbiamo scritto. Perché quello che viene definito reato di falso in bilancio spesso ai più non è chiaro, perché il falso in bilancio è esattamente l'antefatto della corruzione, poiché negli scandali più importanti che abbiamo visto, in particolare il Mose, il falso in bilancio viene utilizzato per creare quella zona grigia dentro i bilanci in cui si ricavano i denari con cui poi si commette il reato di corruzione. Ed avere introdotto un falso in bilancio per tutte le imprese senza soglie e con una pena che, tra l'altro, è una pena che arriva fino a otto anni, la più alta in Europa, credo che per il Partito Democratico sia veramente un grande elemento di orgoglio e di fierezza.
      Ma è un falso in bilancio intelligente, però, considerata la crisi economica del momento e considerata la crisi in cui versano le imprese. Intelligente perché non qualifica i meri errori materiali come reato, dando una differenza sostanziale tra quello che è il falso in bilancio, che ho spiegato poc'anzi, e quelli che sono invece errori che non causano questa fattispecie di reato. Però, Presidente, non ci fermiamo qui. Ho sentito l'onorevole Colletti criticarci dicendo che la nostra è una norma di marketing per il Governo, quando pochi minuti prima si era lamentato per la lentezza con cui siamo arrivati all'approvazione di questo provvedimento. Io credo che ora dobbiamo avere fretta di approvare questo provvedimento, ma non per la campagna elettorale – non ce ne importa nulla – ma perché lo dobbiamo al Paese questo provvedimento. E non ci fermiamo qui, poiché, dopo la settimana prossima, con cui approveremo questo provvedimento, continueremo nella nostra opera, sia preventiva che repressiva, nei confronti del fenomeno della corruzione, della lotta alle mafie, ma anche del malaffare in generale. E noi continueremo con l'approvazione delle nuove norme sulla prescrizione in Senato, ma soprattutto per quello che riguarda la prevenzione, e di questo voglio informare l'onorevole Colletti, che evidentemente non è informato.
      Noi, in Senato, abbiamo appena concluso l'iter in Commissione di un provvedimento particolarmente importante, che riguarda le nuove norme in materia di appalti. Nuove norme che riguardano la semplificazione delle norme, poiché l'onorevole Santelli ci ha raccontato di una grande sburocratizzazione fatta dal Governo Berlusconi, di cui, però, nessuno si è accorto, tant’è che dobbiamo mettere mano alle norme e semplificarle, anche attraverso un nuovo testo unico sugli appalti. Ma, dicevo, quello che è importante in questo provvedimento che verrà approvato in Senato è che riscrive norme importanti, come la riduzione delle stazioni appaltanti, come nuove norme sulle varianti in corso d'opera, che sono uno dei veri mali di questo Paese, poiché troppe volte si iniziano opere, prevedendone un certo costo, per poi fare varianti che Pag. 77prevedono il doppio, il triplo, il quadruplo dei costi. Nuove regole sul massimo di ribasso, perché, anche su questo, occorre una riflessione e che ci si dica la verità: che, forse, quelle regole che, fino ad oggi, hanno costituito, forse, un risparmio, poi, di fatto, un risparmio vero non lo sono.
      Norme che prevedono anche una tutela per i lavoratori di queste imprese che, purtroppo, troppo spesso, a causa della farraginosità di queste norme, falliscono. Quindi, dicevo, più pubblicità e più trasparenza per gli appalti sotto le soglie europee e nuove norme sul general contractor, che tanto ha fatto discutere anche con gli ultimi scandali che sono venuti alle cronache.
      Insomma, Presidente, e concludo qui il mio intervento, credo che oggi davvero siamo di fronte ad una svolta storica e il Partito Democratico si fa carico responsabilmente dell'introduzione di queste nuove norme, che saranno norme efficaci nella lotta alla corruzione, nella lotta alle mafie, ma, soprattutto, renderanno giustizia nei confronti di tutte quelle persone e di tutti quei cittadini che guardano alla politica, la guardano anche con un occhio spesso critico – ma, dico, anche giustamente critico –, ma, finalmente, noi arriveremo all'approvazione di un provvedimento che sarà davvero una rivoluzione e una svolta storica per questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Sannicandro. Ne ha facoltà.

      ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente, egregi colleghi, è stato già spiegato a cosa si è accompagnato l'iter di questa proposta di legge: all'enfasi mediatica che ne ha sostenuto i passi in avanti. Però, questo non significa che, in effetti, il fenomeno della corruzione non sia grave, diffuso, così come il relatore ha descritto. Il relatore ha ricordato le statistiche, basate, soprattutto, non soltanto su quello che c’è, ma su quello che i cittadini avvertono.
      Ha descritto, praticamente, una società in cui non vi è servizio pubblico che non sia inficiato da questo grave virus, che, oltre a minare la coesione sociale, rappresenta un grave handicap per lo sviluppo del Paese. Il relatore ha anche elencato quali iniziative si dovrebbero prendere, di natura legislativa o regolamentare, per fronteggiare questo fenomeno; però, la verità è che quanto egli ha elencato non vi è in questa proposta di legge, che alcuni, in modo errato, definiscono, addirittura, una riforma.
      Anzi, la collega Morani l'ha definita una svolta, una proposta di legge che realizza una svolta storica nella lotta alla corruzione. Mi permetto di dire che la montagna ha partorito il topolino, ed è, d'altra parte, un topolino già conosciuto, nel senso che altre volte si è intervenuti nella stessa maniera, cioè semplicemente affidando all'aumento delle pene un'improbabile sconfitta del fenomeno.
      Noi aumentiamo, un po’ anche disordinatamente, le pene principali e le pene accessorie, se non ho sbagliato i conti, di tutti i reati contro la pubblica amministrazione, nella misura di dieci reati. Abbiamo il peculato, la corruzione per l'esercizio, si dice oggi, di una funzione per atto proprio, la corruzione per atto contrario al dovere d'ufficio, la corruzione per atti contrari alla funzione in atti giudiziari. Aumentiamo le pene per l'induzione indebita a dare o promettere utilità, cioè la concussione.
      Poi, dopo, poiché non dobbiamo dimenticarcene, interveniamo anche sulle pene accessorie: incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione, licenziamenti dei dipendenti che si siano resi responsabili di reati contro la pubblica amministrazione, sospensione dell'esercizio di una professione o di un'arte. C’è praticamente un armamentario – scusate l'espressione – di strumenti e di norme che già esistono e che sono sempre esistiti, praticamente quasi tutti.
      Solo che noi aumentiamo le pene ! Laddove è scritto, per esempio, da quattro a dieci anni, noi aumentiamo la pena da quattro a «dieci anni e sei mesi». Questa è la norma che più mi ha impressionato. Voi immaginate una persona che commette Pag. 78peculato, pur sapendo che la pena prevista per il reato va da quattro a dieci anni, e che oggi dovrebbe arrestarsi nel suo disegno criminoso perché la pena passa da quattro anni a dieci anni e sei mesi. È una norma veramente bislacca. Adesso abbiamo cominciato anche a frazionare l'anno. Non ho mai visto e non ho mai letto, veramente, una sanzione penale fatta così, a fette, con l'anno fatto a fette.
      Noi affidiamo sostanzialmente alla sanzione penale la soluzione del problema. Questo è tutto. Quindi molti – e anche sui giornali l'ho letto – dicono: si sta realizzando la riforma per combattere la corruzione. Ma illeciti penali e sanzioni penali già esistevano. Sono sempre esistiti. Il fenomeno della corruzione, d'altra parte, è antico, come sa chi ha esperienza del mondo latino e greco. Potremmo citare famosi processi che nell'antica Roma e nell'antica Grecia sono stati celebrati proprio per la corruzione dei governatori delle province romane, Cicerone insegna. Allora il problema non è tanto di pene, che pure vanno mantenute indubitabilmente e vanno previste. Il problema innanzitutto è di spirito pubblico, che talvolta è intenso in una comunità e talvolta è fievole, flebile e si disperde in questa attuale società, in cui sin da piccoli i bambini vengono educati al valore della cosa e non del sentimento o del pensiero, al valore del giocattolo griffato, al valore del bene di consumo. È evidente che, man mano che questo martellamento delle culture e delle coscienze si fa intenso, le barriere individuali si affievoliscono e, di conseguenza, lo stipendio non basta più.
      Faccio riferimento alla corruzione spicciola, alla concussione spicciola, che si può verificare in qualunque ambito, senza andare a scomodare le grandi opere. Infatti se la corruzione in Italia è di tale misura, come è stato ricordato dal relatore, non è perché è tutta concentrata nelle grandi opere, ma parte dal negozio, parte dallo scontrino per quanto attiene l'evasione fiscale, parte dall'ufficio più sperduto del comune, dall'ufficio più basso nella gerarchia comunale, dal messo comunale, dal portiere se volete, e poi sale su per i rami fino ai rami alti.
      Ora il problema è approntare mezzi idonei non solo per punire i corrotti e coloro che si rendono responsabili di delitti contro la pubblica amministrazione. Il problema, che è del tutto trascurato da almeno vent'anni, è di riuscire ad approntare misure di prevenzione. Questo Parlamento, con la modifica del Titolo V della Costituzione deliberata nel 2001, ha addirittura cancellato dalla Costituzione italiana il principio del controllo sugli atti degli enti locali, che rappresentano, economicamente parlando, una buona parte della spesa pubblica. Gli enti locali non potevano adottare una delibera che non andasse prima a un controllo preventivo di legittimità, badate, non di merito. Esisteva un organismo, il Comitato regionale di controllo, a cui venivano inviate le delibere del consiglio e della giunta comunale dai comuni più piccoli fino ai comuni più grandi. E il controllo di legittimità era anche previsto per le province e per le regioni, in quanto vi era il commissario di Governo. E a lato vi era anche, in verità, il controllo di merito. Si poteva ben dire ad un consiglio regionale o ad una giunta, non soltanto che la delibera adottata era illegittima per vizio di potere, per incompetenza, per sviamento di potere, eccetera, ma si poteva anche dire: guarda, che forse nel merito questa delibera è pure sbagliata. Solo che in questo caso, qualora il consiglio comunale o la giunta riadottavano il provvedimento, la sezione di controllo doveva prendere atto di quel provvedimento. Ma nel caso in cui si fosse violata una norma, quindi nel caso in cui si fossero rilevati dei vizi di legittimità, la delibera veniva annullata e non si procedeva all'appalto o non si procedeva all'appalto mai più in quella maniera. Bisognava rifare gli atti.
      Ora, non è che con questo sistema la corruzione sia stata debellata nel passato, però comunque era uno strumento. Io ho citato anche un altro strumento in un'altra occasione parlando della funzione di controllo dei consiglieri comunali. Io mi riferisco Pag. 79ai comuni perché ho una lunghissima esperienza di vita nell'ente locale essendo stato consigliere comunale per 35 anni e ne ho viste di tutti i colori. Quando un consigliere comunale riscontrava dei vizi in una delibera, non aveva bisogno di andare dai carabinieri, che, tra l'altro, su questa materia molto spesso sono incompetenti, perché non c’è un illecito penale, ma c’è soltanto un illecito amministrativo. Non aveva bisogna di andare al TAR, ma si rivolgeva esattamente al Co.Re.Co. Quindi, noi sul territorio nazionale avevamo un esercito di controllori della legalità, ed erano i consiglieri comunali. Questo esercito, con le riforme sulla composizione dei consigli comunali, è stato falcidiato. Abbiamo 8 mila comuni in Italia, come ho detto in un'altra occasione. Moltiplicate 8 mila per tre o quattro consiglieri in meno, tanti quanti le riforme ne hanno eliminati, e voi vedete quale esercito è stato messo fuori gioco. Oggi, se si constata che un atto di un comune, di una provincia o di una regione è illegittimo, che si fa ? Oggi perlomeno è rimasta la magistratura amministrativa, oltre che la Corte dei conti, però con la magistratura amministrativa, se ci si va, bisogna pagarsi un avvocato e bisogna pagare le spese di giustizia, chiamiamole così, ossia quell'obolo che tecnicamente si chiama il contributo unificato, quando si inscrive una causa a ruolo. Però il contributo unificato è di varie migliaia di euro. Per un appalto di un milione di euro, per esempio, bisogna sborsare 6 mila euro. Ma voi lo immaginate un consigliere comunale di un comune qualsiasi, pure del comune di Roma, che sborsa 6 mila euro per fare dichiarare illegittimo dal TAR del Lazio un atto del consiglio comunale di Roma ?
      E quindi, con l'ostacolo di natura economica, si è impedito ai cittadini che volessero far dichiarare una norma come illegalmente assunta dall'amministrazione comunale di accedere alla magistratura e il cerchio si è chiuso. Io ho sempre dichiarato che, se scoppia una seconda Tangentopoli, sarà di gran lunga più estesa, più profonda, più grave di quella che scoppiò nel 1992 per il semplice motivo che i controllori sono stati messi fuori gioco, il sistema è stato reso molto più attraversabile.
      Vorrei sottolineare che qualcuno, ad esempio la collega Morani, ha ricordato che al Senato si sta rivedendo la norma sugli appalti. Ma sapete quante volte si è rivista la normativa sugli appalti ? Dopo Tangentopoli la prima cosa che si fece fu di riformare la legislazione sugli appalti. Nel giro di tre-quattro anni, man mano che ci si allontanava dal clamore, dalla passione, dal dramma di quegli anni di Tangentopoli, quelle norme furono riviste – la prima volta, la seconda, la terza, la quarta – e i regolamenti attuativi tardavano. Ma su che cosa si concentrò l'attenzione ? Si concentrò sui punti oscuri della legislazione o, meglio, su quelli che erano i fori della gruviera attraverso cui topi si potevano inserire e mangiarsi il formaggio e quindi sui progetti e sul modo in cui venivano affidati, quindi tutta la disciplina sull'affidamento, sulla scelta del professionista, poi tutta la disciplina su come venivano elaborati i progetti. Oggi si parla tanto di opere inutili, ma quelle opere inutili, a rigore di legge, non potevano essere deliberate, neanche iniziate, tali che poi restassero opere inutili od opere incomplete, nonostante tutta una legislazione su questo punto che è stata orchestrata, attrezzata ed elaborata in maniera tale da impedire che ciò avvenga. Per cui si ritorna sempre al fatto che alla fine le leggi camminano sulle gambe degli uomini: questo non bisogna mai dimenticarlo. Si pensi quindi alla legislazione riguardante le modalità di elaborazione ed esecuzione dei progetti. Si diceva che si deve dare in appalto un progetto esecutivo dove ogni dettaglio dell'opera pubblica deve essere previsto in maniera tale che non possa accadere che in corso d'opera si facciano delle varianti e così discutendo e così analizzando.
      La verità, come le cronache di questi anni dimostrano, è che le opere inutili si continuano a fare e che si registrano a iosa opere incompiute sul territorio italiano. Quindi, alla luce di tutto questo, è evidente che noi non possiamo ritenerci Pag. 80soddisfatti di questo mero aumento delle pene principali e delle pene accessorie. E guardate che a forza di aumentare le pene c’è veramente il rischio di incorrere alla fine in una questione di costituzionalità perché, badate, ormai mi sono reso conto che in questi due anni avremmo aumentato o, meglio, implementato il codice penale di una trentina di reati. L'altro giorno almeno in una materia particolare ne abbiamo varati una ventina. La settimana scorsa non mi ricordo quanti altri e, a procedere in questo modo episodico, si rischia di far saltare il sistema perché poi il sistema deve essere tenuto insieme. Non può accadere, come accade in questa proposta di legge, che l'omicidio venga punito meno dell'adesione all'associazione mafiosa: non lo dico io, l'ha detto un emerito professore che abbiamo avuto in audizione in Commissione – mi riferisco all'articolo 5 – è chiaro che il sistema si deve tenere. Non è che si può tanto procedere con il sistema della specialità della norma per la specialità dell'interesse disciplinato.
      È vero che c’è sempre la scappatoia della Corte costituzionale, per cui, talvolta, è una scelta politica e, quindi, la Corte non può intervenire, ma fino ad un certo punto. Menti più raffinate su questo punto potrebbero anche contrastare, con dovizia di particolari e di argomenti, questo che sta diventando un luogo comune. Infatti, anche per quanto riguarda tutto il resto – il patteggiamento, eccetera – c’è da rifletterci sopra, ma, come è stato detto, una riflessione vera non è più consentita in questo Parlamento.
      Come anche io guardo con favore alle norme contenute negli articoli 7 e 8, che prevedono il rafforzamento dell'Autorità nazionale anticorruzione. Però, anche qui, facciamo un passo indietro: questa norma, anzi, l'articolo 7 e l'articolo 8, cosa dice sostanzialmente ? Sostanzialmente, dice che il pubblico ministero deve trasmettere, deve informare il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione quando procede ed esercita l'azione penale per i reati contro la pubblica amministrazione, dando notizia dell'imputazione.
      L'articolo 8 prevede che anche i giudici amministrativi devono fare sostanzialmente altrettanto; poi, l'articolo 8 prevede ancora che l'Autorità anticorruzione possa mettere il naso – mi si consenta l'espressione – sui cosiddetti contratti secretati della pubblica amministrazione. Tuttavia, non è che possiamo gravare l'Autorità nazionale di tante carte, come è stato detto da qualcuno, e di tante incombenze, perché, poi, alla fine, se la soma viene appesantita può darsi che chi la porta può anche morire schiacciato e, quindi, ritorniamo alla paralisi. In ogni caso, questa norma di coordinamento dei poteri dell'Autorità nazionale anticorruzione è una cosa a cui guardiamo con favore.
      Così come guardiamo con favore alla reintroduzione, dovrei dire, del reato, del delitto di falso in bilancio. È inutile qui ripetere cose ben note, semmai è bene far presente all'Aula che alcuni giuristi auditi hanno messo in risalto – in evidenza cioè – le improprietà di linguaggio che sono usate in questi articoli; così come improprietà di linguaggio sono state ravvisate anche a proposito di articoli precedenti: a proposito della sospensione condizionale della pena, a proposito della sanzione pecuniaria connessa alla condanna penale per chi viene condannato e, ugualmente, nel caso del patteggiamento. In altri termini, si prevede una sanzione pecuniaria, ma definita diversamente e non ugualmente praticabile dai soggetti interessati. C’è un po’ di confusione da questo punto di vista. La nostra Commissione è una Commissione molto attenta, però bisogna anche che qualcuno ci consenta, o consenta alla Commissione, di non lavorare con tempi predefiniti e sia lasciata la libertà alla Commissione, come anche al Parlamento, di lavorare così come ritiene che debba farsi e come è utile che ciò avvenga.
      Io condivido molto quello che ha detto il collega che mi ha preceduto sul fatto che, ormai, la nostra legislazione risente molto della necessità di essere tradotta in twitter – come si chiama ? Io non uso questi mezzi –, in slide, in mezzi di comunicazione veloce, dove l'approfondimento Pag. 81non serve. In effetti, se io guardo indietro a questi due anni, mi rendo conto che non facciamo altro rincorrere le esigenze della comunicazione; come anche questa, io dico, volgarità di denominare le leggi «salva Italia», «sfonda Italia», «sparti Italia», «riparti Italia», a proposito delle quali, proprio a livello istituzionale, si dovrebbe avere un certo decoro, che, ormai, è venuto a mancare.
      D'altra parte non può che essere così, perché se il maleducato di talento, come è stato definito efficacemente, è venuto qui facendo la prima cosa che gli è venuta in mente da borgataro, e cioè di mettere le macchine su eBay, le auto blu su eBay – non so se ci rendiamo conto o se ce lo ricordiamo – ebbene, questa è una cifra che non si può dimenticare. Io fui molto colpito, lo ripeto, fui molto colpito, perché conosco dei politici locali di paese che operano in questa maniera dove il merito non ha diritto di cittadinanza, dove bisogna vincere e non convincere, dove si riscopre l'importanza di ripetere mille volte. Come diceva Goebbels: una sciocchezza, una menzogna se la dici una volta non ti crede nessuno, se la dici cento volte non ti crede ancora nessuno, ma se la ripeti per un milione di volte diventa una verità.
      Ecco, noi stiamo procedendo in questa maniera. Con ciò non voglio dire che al di là di questo non vi siano delle scelte anche precise da parte di questo Governo e le scelte precise sono quelle che sono dettate dalla Confindustria, questo lo vediamo tranquillamente in materia di lavoro, lo vediamo in materia di scuola. Oggi, ho ascoltato dei dibattiti molto seri da ambo le parti, ma che non potevano nascondere un fatto di verità e cioè che il modello è l'uomo solo al comando ovunque, ovunque nel posto di lavoro, nella scuola e anche in Italia. Ora, si ricordi che questa storia l'abbiamo già vissuta, e finì a piazzale Loreto; oggi non è più il caso di rievocare queste scene truculenti, delle quali, tra l'altro, ho provato anche un certo disgusto, però, guardate, noi stiamo avvicinandoci a una ristrutturazione dell'Italia senza passare attraverso le formalità costituzionali che sono dovute in questo caso. Quindi, in modo strisciante, come fu cambiato lo Statuto Albertino, così stiamo anche noi, qui, cambiando la Costituzione italiana, di fatto.
      Tutto si tiene, dal Jobs Act alla riforma costituzionale, alla riforma elettorale e, anche alla lotta alla corruzione; si ingannano i cittadini; aumentando le pene, si ingannano i cittadini, perché si dice che questo è l'unico mezzo che abbiamo, poi si aumenta la prescrizione, perché non ce la facciamo a fare i processi, si ingolfano i tribunali e, alla fine, tutto resta così come sta. Cantone, proprio, se non ricordo male, nelle audizioni disse che non basta scrivere le norme, ma poi bisogna, anche, che i processi si facciano e che le conseguenze si vedano, ma noi non credo che stiamo su questa strada (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

      ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie Presidente, signor viceministro, onorevoli colleghi, l'arrivo di questa proposta di legge alla Camera è importante, l'abbiamo aspettata per parecchio tempo, perché la discussione al Senato è durata moltissimo, e è sicuramente un fatto importante per Scelta Civica perché i temi della moralità pubblica, dell'etica, della pubblica amministrazione e della politica sono stati fin dall'inizio al centro della nostra attenzione. Quando sono state formate le nostre liste la scelta è stata quella di non includere nessuno che avesse problemi penali di qualsiasi tipo e questo, non perché l'approccio fosse un approccio, come qualcuno ha detto, giustizialista, forcaiolo e così via, ma semplicemente per tutela delle istituzioni.
      Questo era particolarmente importante in un momento nel quale il tema della corruzione – non ripeterò i dati e le citazioni di organismi internazionali e così via – era sotto gli occhi di tutti ed era anche sotto gli occhi di tutti il fatto che la normativa italiana sui problemi dell'etica della pubblica amministrazione e anche Pag. 82delle imprese, parlo delle norme sul falso in bilancio, era sicuramente insufficiente.
      Noi avevamo presentato una serie di disegni di legge, sia sulla prescrizione sia sul falso in bilancio: quello sulla prescrizione è stato sostanzialmente riflesso in grandissima parte in quello del Governo, perché avevamo preso degli spunti che il Governo ha ritenuto di considerare, e adesso lo stesso vale per quello sul falso in bilancio. Quindi, è un passaggio sicuramente positivo e non possiamo che essere soddisfatti di questo, perché la proposta di legge contiene varie norme positive. Ne citerò alcune, citando anche alcune cose che, dal nostro punto di vista, potevano essere trattate meglio. Dico subito che non abbiamo presentato emendamenti, perché in questo momento è importante che il provvedimento passi così com’è e passi velocemente, non tanto, come si è detto, per motivi elettorali o perché il tema sia quello di parlarne in campagna elettorale – anche perché credo che oramai siamo agli sgoccioli –, ma perché credo che il vero problema sia quello di non ricominciare l'esame al Senato, dove questo provvedimento è stato per troppo tempo a languire.
      Partirei da una delle norme importanti, come, per esempio, andando nell'ordine, quella sulle modifiche delle pene accessorie, che è sicuramente importante.
      Sulla modifica della norma sulla cessazione di diritto del rapporto di lavoro del pubblico dipendente che abbia commesso reati contro la pubblica amministrazione, mi sento di fare un commento che ancora una volta sarà accusato di essere troppo severo e giustizialista: si è detto che se arriva una condanna, che prima era di durata superiore a tre anni ora superiore a due anni, il rapporto di lavoro cessa di diritto. Come in un'azienda privata, dove tendenzialmente, se qualcuno viene trovato a rubare viene licenziato, non vedo perché ci debba essere un limite di durata o una sorta di soglia oltre la quale cessa il rapporto di lavoro per un dipendente pubblico che è stato preso e condannato in via definitiva per corruzione o per altro reato contro la pubblica amministrazione. In tal caso la cessazione dovrebbe essere automatica, salvo eccezioni. Il fatto che ci sia una norma di questo motivo tipo lo trovo irragionevole. Era irragionevole prima e si poteva fare sicuramente di più anche questa volta. Su altre norme, come ad esempio sulla condizionale, si è previsto che della condizionale si possa usufruire soltanto se si è restituito il profitto del reato. Cosa giusta, ovviamente; il punto è che mentre per l'imprenditore restituire il profitto del reato significa restituire anche sostanzialmente il danno subito dalla pubblica amministrazione, perché è un profitto ingiusto, ottenuto magari per ottenere un indebito vantaggio, per il corrotto restituire il profitto del reato non è un grande sforzo, perché è la restituzione della tangente presa. Questo non mi sembra chiedere moltissimo, e anche in relazione al patteggiamento, che contiene norme analoghe, il principio è: se restituisci il maltolto puoi ottenere il patteggiamento o puoi ottenere la condizionale. A mio modo di vedere, il modo giusto di intervenire era prevedere anche l'obbligo di risarcire il danno, perché senza quello il trattamento diventa sicuramente non così punitivo per il corrotto. Positiva è sicuramente l'estensione del reato di concussione anche all'incaricato di pubblico servizio, perché era un'esclusione che risaliva alle ultime norme e che si è dimostrata, oltre che inefficace, fonte di confusioni, quindi credo che sia stato giusto ritornare alla vecchia norma.
      Nel complesso, gli interventi sulla pubblica amministrazione sono sicuramente interventi condivisibili e credo che anche lo stesso innalzamento delle sanzioni, che è stato molto contestato, forse può avere qualche giustificazione nei massimi, che in alcuni casi sono forse eccessivi – sicuramente non nell'innalzamento dei minimi, che erano indubbiamente troppo bassi –, ed equiparavano i reati ad altri reati ad allarme sociale molto più basso. Ho trovato abbastanza stupefacente l'intervento che ho sentito prima da parte della collega di Forza Italia, che ha annunciato una pregiudiziale di costituzionalità – che peraltro Pag. 83ho avuto modo di vedere – che si basa sostanzialmente su una serie di valutazioni di merito sulle sanzioni, che sono o meno troppo alte, e sulla riflessione strisciante che in fondo si parla anche di reati non così gravi.
      Anche il fatto di aver contestato la possibilità di applicare meccanismi premiali a chi aiuta a scoprire il reato l'ho trovato altrettanto discutibile, perché ho sentito dire che questo non è un reato associativo e quindi sarebbe incostituzionale l'equiparazione ad altri meccanismi premiali. Questo non si tratta di un reato associativo ma la ragione per cui si introducono i meccanismi premiali non è la natura associativa o meno del reato, ma il fatto se esiste un interesse comune di tutti i partecipanti al reato che è necessario scardinare. Infatti, in tutti i reati, tipicamente, quello che si verifica è di avere una situazione in cui esiste l'interesse della vittima a denunciare il reato. Nei reati associativi, da una parte, e nei reati come la corruzione, dall'altra, invece, esiste una tale comunità di interessi che, anche una volta che il reato è partito, può restare un interesse comune a non fare emergere altri reati, magari commessi precedentemente, a non far sapere dove sono finiti i proventi del reato e cose di questo tipo. In quel caso, esistono tutte le motivazioni per prevedere meccanismi premiali perché l'interesse dello Stato e della comunità non è soltanto quello di punire ma anche quello di scardinare questi meccanismi. Credo che quello abbiamo visto in quest'anno è proprio che i meccanismi di corruzione sono talmente ramificati da arrivare in alcuni casi, addirittura, a integrare, secondo le interpretazioni della magistratura, dei fenomeni di tipo mafioso, ma anche se non si arriva a configurare l'associazione mafiosa, l'organizzazione criminale, anche se non si arriva a quel livello sicuramente esiste un substrato associativo da associazione a delinquere in alcuni casi, ma anche in alcuni casi di semplicemente di consorterie di diversi soggetti che magari non commettono lo stesso reato sempre insieme ma che operano in maniera più o meno contemporanea. Questa situazione si può scardinare proprio con i meccanismi premiali che per questo riteniamo positivi.
      Per quel che riguarda la parte della legge che ha innalzato le sanzioni in materia di reati di mafia, lì credo che qualcuna delle considerazioni che ho sentito fare dall'onorevole Sannicandro sia abbastanza fondata. In questo senso, credo che continuare ad alzare le pene in maniera sistematica non sia sempre la soluzione migliore, che alzare quella minima per l'associazione mafiosa sia stato giusto e che portare da 24 a 26 anni la pena massima sull'associazione armata sia stato – quello si – un intervento che ci si poteva risparmiare perché dubito esistano molti mafiosi che cambiano idea sulla loro azione perché la condanna è 24 anziché 26 anni o viceversa.
      Però la realtà è che sono stati interventi dettati da un momento in cui indubbiamente si è presa l'abitudine di intervenire con l'innalzamento della pena. Credo che la vera riflessione che deve fare questo Parlamento è che la vera deterrenza si ottiene con la certezza della pena. Qui c’è la norma sulla condizionale che limita la condizionale tranne che non sia stato restituito il profitto. Credo che un Parlamento che voglia essere severo e ottenere dei risultati forti in termini di deterrenza della pena dovrebbe pensare a come assicurare, non tanto le condanne a termini di reclusione lunghissimi, quanto la certezza del fatto che chi commette determinati reati vada effettivamente incontro alla reclusione. Noi oggi abbiamo troppe norme penali che prevedono uno spettro di sanzioni amplissimo tra il minimo e il massimo e che poi non portano quasi mai all'applicazione di una effettiva pena detentiva.
      Passano alle norme sull'autorità anticorruzione quelle sono norme sicuramente condivisibili, così come sono condivisibili quelle sul falso in bilancio. Noi avevamo una situazione che con i capolavori delle passate legislature dei governi Berlusconi ci aveva portato ad avere delle norme sul falso in bilancio risibili e inapplicabili. È chiaro che si deve evitare che queste Pag. 84norme diventino applicabili o vengano applicate in maniera eccessiva e troppo severa a situazioni poco importanti.
      Voglio dire che il tipo di testo che è uscito dal Senato è sicuramente anche garanzia del fatto che non si potranno fare azioni insensate. C’è un riferimento ai fatti materiali rilevanti che sono condizione perché il reato venga commesso, oltre a tutte le altre condizioni, ed è paradossale che la pregiudiziale di costituzionalità presentata da Forza Italia sostenga che il riferimento e il condizionamento del reato all'esistenza di fatti materiali rilevanti è incostituzionale perché è vago.
      Ricordo che la legge preesistente diceva che il reato non era punibile se non c'era una sensibile alterazione della rappresentazione dei dati, che non mi sembra un concetto molto più specifico; l'unica differenza è che qui determina la condanna il fatto rilevante, lì l'alterazione non sensibile determinava la non punibilità, quindi è semplicemente un pregiudizio favorevole alla non punibilità, che posso anche capire, ma dal punto di vista della costituzionalità non c'entra assolutamente niente.
      Quindi, l'impianto normativo complessivo che esce da questa riforma è comunque, a nostro giudizio, molto positivo. Pensiamo, però, che, perché si possa davvero ridurre il fenomeno della corruzione nel nostro Paese, gli interventi siano, come è stato detto da vari colleghi, anche altri. In particolare, gli interventi che devono essere portati avanti nei prossimi mesi sono, da un lato, la riforma del codice degli appalti di cui si parla moltissimo (tutti presentano bozze, tutti presentano ipotesi ma è una cosa che non va mai avanti), dall'altro, bisogna ridurre il numero di centri decisionali discrezionali che in questo Paese è sterminato. E, in questo senso, la riforma della pubblica amministrazione è un fatto importante.
      Io vorrei rispondere a quello che ha detto prima l'onorevole Sannicandro sull'uomo solo al comando. Io sono convinto che, in alcuni casi, ci sia magari un eccesso di personalizzazione. Penso, però, che nella nostra pubblica amministrazione si ridurrebbe molto la corruzione se ci fossero un po’ più di uomini soli a prendere decisioni nel senso di ridurre i centri decisionali, perché oggi noi in ogni percorso amministrativo incontriamo tre, quattro, cinque, sei diversi punti e diversi luoghi in cui vengono prese le decisioni ed è evidente che questo moltiplica la corruzione. La resistenza furibonda di quasi tutto il Parlamento alle centrali di acquisto, secondo me, è anche un segno di non voler intervenire su questo argomento perché è evidente che più io fraziono i centri decisionali e più la possibilità di corruzione e di una corruzione anche di prossimità – e, cioè, il fatto che il corruttore sia molto più vicino al soggetto che prende le decisioni – aumenta.
      Quindi, io credo che gli interventi sulla pubblica amministrazione siano fondamentali e che sia fondamentale ridurre il numero di società pubbliche – l'abbiamo detto mille volte – che, a loro volta, dovrebbero essere stazioni appaltanti e diventano dei centri di corruzione e di malaffare senza controllo. Poi tocca anche a noi adottare un approccio più severo nelle selezioni perché la selezione delle amministrazioni spesso passa per la classe politica ed è indubbio che non tutta la classe politica fa la stessa attenzione con la stessa severità quando si tratta di fare quelle scelte.
      Noi pensiamo che nelle scelte degli amministratori, dei candidati, dei rappresentanti al Governo, dei rappresentanti designati nelle partecipate, in tutti questi ruoli il compito della politica è di non indicare mai più persone che abbiano avuto o abbiano problemi di questo tipo.
      È chiaro che, in questo modo, magari si lascerà fuori qualcuno che meriterebbe di starci e che magari non ha colpe gravissime, è evidente; ma è evidente che, con questo argomento e, cioè, con l'argomento di un garantismo molte volte interessato, si è promossa la corruzione in questo Paese. La si è lasciata estendersi, crescere in una maniera che oramai è diventata quasi incontrollabile. Sono convinto del fatto che si debba essere estremamente garantisti quando si parla del Pag. 85diritto penale. Noi recentemente non abbiamo votato le norme sugli eco-reati perché erano troppo vaghe e rischiavano di portare e porteranno, secondo noi, a indagini su comportamenti che non dovrebbero essere sanzionati penalmente.
      Quindi, garantisti sul diritto penale, ma severi quasi oltre il necessario quando si tratta della gestione della cosa pubblica.
      Su questo doppio binario si può muovere la repressione della corruzione. Noi di Scelta Civica continueremo a sostenere tutti gli interventi che possono portare a una moralizzazione della nostra pubblica amministrazione e la moralizzazione si ottiene con l'efficienza e con una severità estrema nella selezione dei propri rappresentanti nelle istituzioni e nella pubblica amministrazione.

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Dorina Bianchi. Ne ha facoltà.

      DORINA BIANCHI. Grazie, Presidente. Questo testo che oggi iniziamo a discutere in Aula, noi lo riteniamo sicuramente sia un testo equilibrato nell'impostazione, sia anche efficace nel realizzare gli obiettivi che si pone. C’è un aumento delle pene equilibrato e uno sconto a chi fa scoprire la verità collaborando con la giustizia. Noi crediamo che questo sia un buon provvedimento, a patto che – come avrò modo poi di chiarire anche dopo – venga rispettato l'impegno di coordinarlo e di armonizzarlo con altri interventi ugualmente importanti in materia di giustizia.
      Noi siamo convinti che il fenomeno della corruzione, non soltanto contrasti con il principio di legalità, ma rappresenti un vero e proprio ostacolo all'opportunità dello sviluppo del nostro Paese, con un costo enorme, stimato dalla Corte dei conti in 60 miliardi, ma giudicato anche sicuramente una cifra troppo ottimistica rispetto alla realtà.
      Proprio per assicurare che i rapporti tra la pubblica amministrazione, le imprese e i cittadini si svolgano in un sistema socioeconomico sano e trasparente, il provvedimento prevede un inasprimento sanzionatorio sia delle pene principali, sia di quelle accessorie, con riferimento ai delitti contro la pubblica amministrazione e, in particolare, alla corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, alla corruzione in atti giudiziari e all'indebita induzione al peculato.
      Non vi è dubbio che il testo introduca novità importanti rispetto al passato. Si prevede, ad esempio, di portare la condanna minima che determina l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego dai tre ai due anni; inoltre, la sospensione dell'esercizio della professione e di un'arte, che non può essere inferiore a tre mesi, né superiore ai tre anni, è altrettanto significativa, impedendo al condannato di esercitare durante questa sospensione la stessa professione prima svolta.
      Merita, tra l'altro, poi di essere segnalata l'equiparazione in materia di concussione tra pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio, con contestuale aumento della pena da sei a dodici anni. Si è deciso, anche in tale contesto normativo, di dare al Paese prova di sensibilità riguardo alla piaga della criminalità di tipo mafioso, introducendo un ulteriore inasprimento delle pene. Siamo convinti che indubbiamente non sia questo il motivo principale per cui chi delinque, soprattutto dal punto di vista mafioso, smetterà di delinquere, ma sicuramente dalla nostra parte c’è la volontà di dare una sensazione di maggiore, ulteriore gravità rispetto a questa problematica.
      Accanto all'aspetto sanzionatorio, avremmo auspicato indubbiamente una maggiore attenzione per quanto riguarda il profilo preventivo, che pure non manca in talune innovazioni. Il provvedimento, infatti, si fa carico dell'esigenza di coordinare strumenti previsti dal nostro sistema per contrastare i fenomeni corruttivi, prevedendo scambi informativi tra il pubblico ministero e l'autorità anticorruzione, fissando obblighi informativi in capo alle stazioni appaltanti, in modo che l'autorità possa verificare costantemente la trasparenza delle procedure.
      L'attenzione si è soffermata anche sulle ipotesi di contenzioso amministrativo in materia di appalti pubblici.Pag. 86
      Il giudice deve trasmettere alla Commissione per la trasparenza dei pubblici appalti le eventuali anomalie riscontrate nelle procedure, questo naturalmente con l'obiettivo di venire a conoscenza di maggiori elementi riguardanti reati contro la pubblica amministrazione.
      Si prevede, poi, l'attenuante della collaborazione, riconosciuta a coloro che abbiano reso una collaborazione tale da consentire un risultato efficace per l'indagine (è un po’ quello che dicevo all'inizio). Sicuramente questo noi lo giudichiamo un buon provvedimento, proprio perché equilibra l'inasprimento delle pene per i corrotti con lo sconto, invece, per chi decide di fare scoprire realmente la verità e, quindi, di assicurare alla giustizia i corrotti.
      Formalmente innovativo è anche il meccanismo della riparazione del danno, fissata in un'entità corrispondente a quanto indebitamente ricevuto, che deve essere versata a vantaggio dell'amministrazione di appartenenza, il che rappresenta una sanzione per l'infedeltà del pubblico ufficiale e per il danno cagionato all'amministrazione di appartenenza, con spiccata funzione dissuasiva.
      Rilevante, inoltre, è la previsione che lega il patteggiamento della pena alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato di corruzione. Ciò significa che chi corrompe dovrà restituire quello di cui si è impossessato indebitamente e, al contempo, la sospensione condizionale della pena viene subordinata al pagamento di una somma equivalente al profitto derivante dal reato, cosa, diciamo la verità, innovativa nel nostro Paese rispetto a quello che si è sempre verificato.
      La seconda parte del provvedimento riguarda le false comunicazioni sociali, a sottolineare il legame con i delitti contro la pubblica amministrazione nello stesso momento in cui il denaro procurato mediante il falso in bilancio può essere utilizzato per il pagamento delle tangenti. Le norme sul tema contenute nel testo al nostro esame sono il frutto di un intenso lavoro dell'altro ramo del Parlamento volto a punire i fatti rilevanti, cioè le condotte dotate del necessario requisito dell'offensività, nella logica di chiarire la sfera operativa della punibilità in relazione alla vita delle imprese, il che avviene in coerenza con la scelta di predisporre una circostanza attenuante. Il fatto di lieve entità, infatti, è punito con una pena che va da uno a tre anni di reclusione, mentre l'ipotesi tipica è punita con una pena che va da uno a cinque anni di reclusione.
      Questa scelta armonizza la disciplina del delitto di false comunicazioni sociali rispetto all'intervento relativo alla tenuità del fatto, in modo da offrire al sistema una disciplina coerente. Vi è, dunque, l'articolo 2621 del codice civile che disciplina l'ipotesi generale, con la pena della reclusione da uno a cinque anni; la circostanza attenuante della lieve entità è prevista dall'articolo 2621-bis del codice civile, con la specificazione aggiuntiva che sono di lieve entità tutti quei fatti che riguardano le imprese escluse dalla disciplina della legge fallimentare, mentre l'articolo 2622 opera in relazione alle società quotate. In questo caso le false comunicazioni sociali sono punite con la pena della reclusione da tre a otto anni.
      Queste innovazioni, naturalmente, troveranno e hanno trovato, in questo lungo iter parlamentare, il convinto sostegno di Area Popolare. Tale sostegno si fonda sulla convinzione che stiamo approvando un tassello – e qui siamo soltanto all'inizio – di un mosaico che, però, è molto più grande ed è anche molto più ambizioso e che per funzionare correttamente ha bisogno di un insieme coerente di interventi.
      Del resto, ciò è parte di un preciso impegno che ha assunto il Governo, volto a realizzare una riforma della prescrizione che garantisca finalmente un effettivo rispetto dell'articolo 111 della Costituzione, di cui troppo spesso si è parlato in materia di giusto processo. È giusto usare la massima severità nei confronti della corruzione, ma occorre che i processi si svolgano in tempi ragionevoli.
      In questo non c’è nessuna vena di polemica da parte nostra, ma c’è la consapevolezza di dover offrire a chi va sotto processo una giustizia che abbia un tempo Pag. 87certo e la necessità che le indagini non diventino, a loro volta, un processo preventivo. Non si può, infatti, non tenere in considerazione che il 60 per cento delle prescrizioni si verificano nella fase delle indagini ed è questo un dato che a noi sembra eccessivo e su cui bisogna andare ad agire.
      A fronte di ciò, non si può concepire e non ci può convincere una riforma della prescrizione basata sulla necessità di allungare, comunque, la durata, ma si deve al contrario dare vita ad un sistema razionale virtuoso che leghi l'operatività della prescrizione alle fasi del processo e che accerti la verità processuale in tempi certi. Il cittadino ne ha il diritto e certo non può attendere decenni, magari poi per ricevere delle inutili scuse dal sistema della giustizia. Questa è una cosa che noi non possiamo permetterci, noi abbiamo la necessità di condannare chi è colpevole, ma di farlo in tempi giusti. Ecco perché ribadiamo l'esigenza di coordinare le norme anticorruzione con il testo sulla prescrizione e ci aspettiamo che si dia seguito all'impegno di modificare le parti che non ci convincono.
      Le stesse esigenze di offrire al Paese una riforma della giustizia attesa e sistematica suggeriscono di ricordare, in questo momento, la necessità di procedere quanto prima a riequilibrare il rapporto tra diritto di cronaca e diritto alla riservatezza, realizzando una seria disciplina dello strumento delle intercettazioni. Su questi temi, con la consueta lealtà e con altrettanta fermezza sui principi, Area Popolare continuerà a dare il proprio contributo per far progredire il nostro sistema verso forme adeguate di civiltà giuridica. E vorrei rivolgere anche un ringraziamento al Viceministro Costa, che oggi è qui in Aula e che con il Governo ha dato una buona prova, pur partendo sicuramente da basi diverse.

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Occhiuto. Ne ha facoltà.

      ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, io intervengo per rappresentare in discussione sulle linee generali la posizione del mio gruppo, del gruppo di Forza Italia, ma anche perché vorrei dichiarare il fatto che io rifiuto l'idea e la rappresentazione che, in molti casi, in molti organi di informazione, ma anche in molti interventi da parte dei dirigenti politici di altri partiti, si dà di un gruppo, un partito, quello di Forza Italia, che in qualche modo è contrario ad interventi che vanno nella direzione di contrastare le attività contro la corruzione.
      Io rifiuto l'idea che attorno ad un provvedimento, ad un provvedimento come questo, un provvedimento sbagliato, si possa costruire il confine tra chi vuole la lotta alla corruzione e chi non la vuole. Si può lottare contro la corruzione e, al tempo stesso, contrastare provvedimenti inutili, provvedimenti spot, che rischiano di ridurre le garanzie per i cittadini onesti, perché anche ai cittadini onesti può capitare di incappare in vicende giudiziarie, e che non risolvono il problema di ridurre gli elementi che determinano un odioso incremento della corruzione nel nostro Paese. Il provvedimento che oggi si esamina rappresenta, secondo noi, l'ennesima manifestazione di quell'atteggiamento, per la verità molto spesso praticato da questo Governo, ma anche dagli ultimi Governi nel nostro Paese, negli anni scorsi, per il quale si insegue quella che è l'opinione prevalente, che va costruendosi nella pubblica opinione, ma non si cerca di costruire un percorso legislativo che dia una risposta concreta alla legittima irritazione dei cittadini, nel caso di specie per il dilagare dei fenomeni corruttivi.
      Di fronte all'incapacità degli organi dello Stato di contrastare efficacemente i vari fenomeni criminosi, tra i quali quello della corruzione, per l'appunto, si ricorre alla scorciatoia demagogica dell'inasprimento continuo delle pene, da dare in pasto alla pubblica opinione per coprire l'incapacità e le inefficienze di chi ha il compito di contrastare i delitti, tra cui, evidentemente, anche quelli contro la pubblica amministrazione. Diceva bene qualcuno che è intervenuto prima di me, prima, con un'opinione, evidentemente, Pag. 88opposta alla mia, quando affermava che la deterrenza della pena si consolida attraverso la certezza della pena e che l'inasprimento delle pene non è sempre il percorso legittimo e giusto perché vi sia la deterrenza della pena.
      Queste pene, irrazionalmente inasprite, somigliano molto alle grida manzoniane, in quanto sono, secondo noi, inadatte, e quindi inefficaci, ai fini del contrasto dei fenomeni delittuosi in generale e della corruzione in particolare. Vi è, innanzitutto, da rilevare che gli inasprimenti di pena che si intendono introdurre determinano un forte squilibrio con le pene previste dal codice penale per reati di pari gravità o che provocano un simile allarme sociale.
      Per cui, il sistema sanzionatorio del nostro ordinamento risulterebbe stravolto, e questo farebbe emergere profili di incostituzionalità per l'evidente violazione del principio di ragionevolezza. Queste considerazioni, come ho detto già prima, non significano affatto che noi non riteniamo molto grave e assolutamente deprecabile il fenomeno della corruzione, anzi. Questo è un fenomeno che, oltre ad essere inaccettabile sotto il profilo etico, distorce la concorrenza, danneggia gli imprenditori onesti e più efficienti, e quindi non favorisce la crescita economica.
      Se, infatti, gli appalti e le pubbliche forniture se li accaparrano gli imprenditori disonesti, quelli privi di scrupoli, saranno penalizzate proprio le imprese più efficienti e più innovative, cioè quelle che, consapevoli della propria forza e della loro capacità competitiva, non puntano sulla corruzione per poter lavorare con la pubblica amministrazione.
      Un altro effetto, pesantissimo e sotto gli occhi di tutti, della corruzione nei pubblici appalti è l'enorme ed assolutamente inaccettabile lievitazione dei costi delle opere pubbliche, soprattutto di quelle di grandi dimensioni, rispetto alle previsioni iniziali. È qui, nelle numerosissime varianti in corso d'opera, che denotano, in ogni caso, una cattiva qualità della progettazione, che si annida la corruzione, che rende proibitivo per le finanze pubbliche la realizzazione di quelle infrastrutture che sarebbero assolutamente indispensabili per modernizzare e per rendere più efficiente il nostro sistema Paese.
      Non è assolutamente accettabile che nel nostro Paese il costo al chilometro per le ferrovie ad alta velocità o ad alta capacità, per le metropolitane e per le autostrade come la Salerno-Reggio Calabria sia fortemente superiore a quello che si registra negli altri Paesi europei. Di fronte a questa situazione scoraggiante, è evidente che occorra un'opera profonda di prevenzione, rendendo semplici e assolutamente trasparenti le procedure per l'aggiudicazione degli appalti pubblici e per l'assegnazione delle commesse delle pubbliche amministrazioni centrali, regionali e locali.
      In parallelo occorre quella drastica riduzione del numero delle stazioni appaltanti e dei centri di spesa, come tante volte annunciata dal Governo nell'ambito della spending review ma mai realizzata fino in fondo, a causa delle fortissime resistenze politiche e burocratiche che troppi soggetti – che gestiscono centri di spesa e che vogliono mantenere il loro potere politico e soprattutto economico in danno delle pubbliche finanze e degli interessi reali dei cittadini contribuenti – mettono in campo.
      È questo il terreno ideale che favorisce la crescita del fenomeno della corruzione, situazione peraltro ben nota ai più. Ma, per non intervenire su centri di potere amici, il Governo e la maggioranza, che li sostengono, preferiscono distrarre la pubblica opinione, accontentandola e assecondandola con inasprimenti draconiani delle pene per alcuni reati specifici contro la pubblica amministrazione. Inasprimenti che, però, sono del tutto inutili ai fini del raggiungimento dell'obiettivo del contrasto ai fenomeni corruttivi. Infatti – sia chiaro – se l'inasprimento della pena potesse essere la via attraverso la quale contrastare efficacemente fenomeni corruttivi, nessuno in quest'Aula, neanche noi, avrebbe da ridire. Il punto è che questo non è in alcun modo utile e non è la via per contrastare questi fenomeni.
      L'inutilità è dimostrata dal fatto che recentemente le pene per tali reati sono Pag. 89state appesantite a più riprese, da ultimo proprio con la legge Severino, senza che gli scandali, anche quelli eclatanti, siano stati rallentati, come dimostrano i fatti relativi al Mose, all'Expo o a Mafia capitale. Ma la legittima irritazione della pubblica opinione viene ora falsamente assecondata con questo giro di vite sulle pene che, con ogni probabilità, non produrrà risultati utili. Così facendo la sinistra rinuncia al ruolo tipico di ogni classe dirigente degna di questo nome, che non deve farsi trascinare dal populismo e dalla volontà della piazza, ma deve compiere scelte politiche e legislative nell'interesse del Paese, non per soddisfare esigenze elettoralistiche, come sembra fare questo Governo, che vuole approvare questo provvedimento prima delle elezioni regionali per potere dire che ha attaccato anche questa medaglia sulla giacca del Presidente del Consiglio dei ministri.
      I provvedimenti si fanno per risolvere i problemi, si fanno per evitare che i problemi si determinino e non perché c’è da assecondare ciò che l'opinione pubblica chiede. Infatti, l'opinione pubblica chiede la soluzione del problema attraverso la via più appropriata.
      Siamo di fronte ad una proposta di legge che, oltre ad essere inutile, è anche tecnicamente mal costruita, in quanto, in primo luogo, come ho già sottolineato, stravolge l'assetto del sistema sanzionatorio nel nostro codice penale e, soprattutto, presenta diversi profili di incostituzionalità, anche gravi.
      Innanzitutto gli articoli 9, 10 e 11, che descrivono gli articoli 2621 e 2622 del codice civile riguardanti il falso in bilancio, utilizzano ripetutamente la troppo vaga definizione di «fatti materiali rilevanti» come fondamento della fattispecie penale. Ma che vuol dire fatti materiali rilevanti ? Questo, secondo noi, rappresenta una palese violazione dei principi costituzionali di determinatezza della fattispecie penale, in particolare dell'articolo 3, primo comma, e dell'articolo 25, secondo comma, della Costituzione, nonché della sentenza della Corte costituzionale n.  247 del 1989.
      Ancora più evidente e grave è la violazione della Costituzione che si riscontra: all'articolo 1, alla lettera i) del primo comma, sulle attenuanti; all'articolo 2, sulla sospensione condizionale della pena; all'articolo 6 sul patteggiamento nella proposta di legge in esame. Viene, infatti, introdotta una disciplina fortemente differenziata per alcuni reati contro la pubblica amministrazione specificatamente individuati. Solo per tali reati sono previste forti riduzioni di pena per gli imputati che collaborino con la giustizia.
      E soprattutto è prevista la condizione preliminare della restituzione integrale alla pubblica amministrazione lesa del prezzo o del profitto del reato di corruzione prima dell'ammissione alla condizionale e al patteggiamento. Si può comprendere parzialmente l'obiettivo del legislatore, ma va comunque rilevato che siamo di fronte ad una palese violazione dell'articolo 3 della Costituzione. Infatti, se il danneggiato è la pubblica amministrazione, l'imputato deve restituire il maltolto prima di accedere ai benefici della sospensione condizionale della pena o del patteggiamento, mentre se la vittima del reato, anche predatorio come il furto o come la rapina, è un cittadino, il reo può usufruire della condizionale o del patteggiamento anche se non restituisce quanto rubato o rapinato. Per fare un esempio, è come se uno scippatore che ha rapinato una vecchietta della sua pensione all'ufficio postale, per questa rapina potesse usufruire della condizionale o del patteggiamento anche senza dover restituire la borsetta e il contenuto alla vittima. Se, invece, si tratta della pubblica amministrazione, questa deve essere integralmente risarcita. Se questa fattispecie deve esserci, è giusto che ci sia per la pubblica amministrazione, ma anche per i cittadini vittime di reati.
      Come si vede, siamo di fronte ad un vero e proprio obbrobrio giuridico e anche per questo e per tutte le considerazioni esposte noi ribadiamo il nostro giudizio negativo su questo provvedimento, che non è un risultato straordinario, come diceva l'onorevole Morani, della maggioranza e Pag. 90del Governo. Non lo è per nessuno, nemmeno per noi che, come l'onorevole Morani, riteniamo insopportabile che soldi pubblici vengano rubati e sottratti al Paese, ai cittadini e allo sviluppo. Noi riteniamo, invece, che si debba fare di più proprio nella direzione di sburocratizzare le procedure. Lo diceva bene l'onorevole Santelli nella sua relazione di minoranza: il Governo Berlusconi fece qualcosa in questa direzione, qualcosa di estremamente utile, proprio con la riforma della pubblica amministrazione di Brunetta. E non è vero – lo dico rispondendo a chi nel PD è intervenuto prima di me – che nessuno se n’è accorto perché Cantone lo ha riconosciuto e non è che si può celebrare ciò che dice Cantone a fasi alterne, solo quando conviene. Occorreva proseguire con maggiore incisività e con maggiore determinazione su quella strada, sulla strada della sburocratizzazione, della riduzione delle stazioni appaltanti, dell'aumento della trasparenza e dell'efficienza nella pubblica amministrazione e dell'aumento dei controlli procedurali perché è evidente che gli eccessi di potere nella burocrazia determinano le precondizioni perché si generi corruzione. In molti casi, in alcune pubbliche amministrazioni si generano effetti corruttivi semplicemente perché un'impresa possa vedere soddisfatto il suo legittimo pagamento da parte della pubblica amministrazione perché c’è un eccesso di potere lungo la catena proprio del controllo procedurale e burocratico.
      Ecco, su questi temi andava espressa e manifestata l'incisività del Governo, la sua volontà di intervenire per contrastare la corruzione e non attraverso provvedimenti che forse servono a far prendere qualche voto in più in prossimità delle elezioni regionali, ma che non risolvono il problema, anzi lo lasciano assolutamente intatto come i cittadini, invece, non vorrebbero. I cittadini chiedono norme che servano e non norme spot, manifesto, che occorrono soltanto nelle fasi elettorali per dimostrare un'assunzione di responsabilità che, per quanto ci riguarda invece, da parte della maggioranza e del Governo, non c’è.

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Vazio. Ne ha facoltà.

      FRANCO VAZIO. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, la percezione da parte dei cittadini del nostro Paese di una strisciante e diffusa illegalità chiamava da anni le istituzioni, ed in primo luogo il Governo ed il Parlamento ad uno sforzo eccezionale, per invertire la rotta, per accendere una luce di speranza.
      A questa domanda questo Parlamento e questo Governo hanno dato risposte chiare ed inequivocabili, hanno approvato leggi che da anni il Paese attendeva, hanno assunto una forte iniziativa nella direzione di costruire istituzioni trasparenti.
      In questa Legislatura sono state approvate leggi che da decenni venivano richieste da quella parte dell'Italia che crede che la legalità sia un valore e che solo su di essa si possa costruire competitività e ricchezza.
      A me piace ricordare, e ne sono orgoglioso, che questo Parlamento ha voluto il nuovo 416-ter che punisce il voto di scambio politico mafioso, ha voluto il reato di autoriciclaggio; che questo Parlamento e questo Governo hanno voluto la modifica delle norme in materia di prescrizione del reato e che hanno costruito un'Autorità anticorruzione, fornendole strumenti veri e norme efficaci. Non possiamo però dire di aver esaurito il nostro compito. Il fenomeno della corruzione, infatti, in questi anni non ha subito pause d'arresto, benché altri la pensino diversamente. Né possiamo dimenticare che la corruzione non è solo un fatto criminale che deve essere represso perché così è statuito nel codice penale, ma anche, ed oggi soprattutto, per i riflessi che tale fenomeno, produce all'economia ed alle relazioni internazionali del Paese.
      Il contesto in cui si fa impresa incide infatti in modo sostanziale sulla possibilità di aumentare la produttività, di allocare Pag. 91risorse verso comparti e imprese più competitive. È evidente che un sistema efficiente, in cui la legalità assuma un significato pregnante e reale, favorisce innovazione, imprenditorialità e rimuove rendite di posizione e restrizioni alla concorrenza.
      Come ha avuto modo di ribadire in più circostanze anche il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco: «la criminalità organizzata, la corruzione e l'evasione fiscale non solo indeboliscono la coesione sociale, ma hanno anche effetti deleteri sull'allocazione delle risorse finanziarie e umane e sull'efficacia delle riforme in atto. Rendono impossibile la costituzione di un ambiente favorevole all'attività d'impresa, e quindi all'occupazione, e riducono le possibilità di crescita dell'economia.»
      Un europeo su dodici afferma di essere stato oggetto o testimone di casi di corruzione nella vita quotidiana. Tre quarti dei cittadini europei sono propensi a considerare che la corruzione sia un fenomeno particolarmente diffuso e che essa e le raccomandazioni siano il mezzo più semplice per accedere a determinati servizi pubblici e anche l'Italia non si sottrae a questa valutazione.
      Non vi è dubbio che per affrontare tutto ciò non siano sufficienti solo norme repressive, ma ad esse devono accompagnarsi politiche di controllo e di prevenzione particolarmente incisive.
      Dando seguito a tali ragionamenti servono politiche preventive forti, che includano norme etiche e di sensibilizzazione, meccanismi di controllo sia esterni che interni, una trasparenza vera, che sia propria delle istituzioni e che consenta di avere piena ed immediata conoscenza dei processi amministrativi e di affidamento degli appalti pubblici; meccanismi di controllo di sostanza, non di forma.
      A proposito di ciò mi sento di affermare che, sebbene via sia ancora molta strada da percorre, molti passi importanti nella giusta direzione sono stati fatti ed il provvedimento oggi all'esame dell'Aula costituisce un ulteriore e decisivo passo nella giusta direzione.
      Infatti guardando a quello che abbiamo fatto, se è vero che legge n.  190 del 2012, rappresenta un provvedimento legislativo che contiene in sé principi e norme di contrasto e di indirizzo forti, è altrettanto vero che è con il decreto-legge n.  90 del 2014 che si è provveduto ad affinare gli strumenti di controllo e di prevenzione.
      È con esso che il Governo ed il Parlamento hanno definito le funzioni dell'Autorità nazionale anticorruzione, oggi guidata da Raffaele Cantone. Era importante però che la politica e le istituzioni non si fermassero credendo di aver esaurito il proprio compito. Non ci siamo fermati. Noi eravamo e siamo ben consapevoli infatti che la criminalità, la mafia e la corruzione sono fenomeni che tra di loro interagiscono e si integrano.
      Tra mafia e corruzione esiste un forte nesso di collegamento ed è noto che la mafia ritiene un suo interesse prioritario essere presente all'interno del sistema dei pubblici poteri; e noi sappiamo che quanto più i pubblici poteri sono vulnerabili, tanto più le mafie hanno gioco facile.
      In questo contesto è evidente, quindi, che ascoltare e, quindi, intervenire tempestivamente rispetto a metodologie criminali sempre più sofisticate ed in continua fase di evoluzione, è assolutamente decisivo.
      Il provvedimento oggi all'esame dell'Aula rafforza i poteri e gli strumenti dell'Autorità nazionale anticorruzione e pur non potendo esaurire tutte le tematiche in discussione, costituisce certamente la naturale evoluzione legislativa degli sforzi posti in essere in questo periodo dal Parlamento e dal Governo. Il relatore, ha con chiarezza spiegato che il provvedimento «(...) è volto a contrastare la corruzione attraverso una serie di misure che vanno dall'adeguamento delle sanzioni penali, comprese quelle accessorie, alla riformulazione di alcuni reati, come quelli che puniscono il falso in bilancio, per delimitare l'eventuale area di non punibilità (...)».
      L'inasprimento delle pene non può e non deve essere letto solo in un'ottica di prevenzione, ma anche ricondotto al profilo Pag. 92retributivo della pena. Rispetto alla gravità del fatto corruttivo, per le ragioni di cui ho parlato in precedenza e per le conseguenze che tali fatti reato riverberano nei rapporti socio-economici, le pene attualmente previste appaiono troppo miti e non corrispondono assolutamente all'alto grado di disapprovazione sociale di tale fenomeno delittuoso.
      Non possiamo non considerare l'effetto secondario, inoltre, che tale inasprimento produce con riferimento alla prescrizione di tali reati. Voglio ricordare, per esempio, che il reato di corruzione sovente viene scoperto dopo anni, magari casualmente nell'ambito di indagini svolte in altro procedimento penale e che, quindi, su tali fatti, troppo spesso, si abbatte come una scure l'istituto della prescrizione. Non era e non è tollerabile che fatti gravissimi possano cadere in prescrizione senza nemmeno porsi il problema che tutto ciò ferisce a morte il comune sentire del cittadino onesto, che, invece, si aspetta un giudizio ed una sentenza su tali fatti. Non è il caso di approfondire oltre il tema, anche perché a noi è noto che è all'esame dell'altro ramo del Parlamento il testo già approvato dalla Camera in tema di prescrizione.
      Meritano una particolare attenzione, invece, le previsioni contenute negli articoli 2 e 6. Da un lato, l'articolo 2 definisce gli obblighi cui deve sottostare il condannato per poter accedere all'istituto della sospensione condizionale della pena: infatti, per alcuni delitti contro la pubblica amministrazione la sospensione condizionale della pena sarà subordinata anche alla condizione specifica della riparazione pecuniaria nei confronti dell'amministrazione lesa. Dall'altro lato, l'articolo 6, che modifica la disciplina del patteggiamento, prevedendo che per alcuni delitti contro la pubblica amministrazione, l'accesso a questo rito speciale e premiale sia subordinato alla restituzione del prezzo o del profitto conseguito. Come giustamente ha sottolineato chi mi ha preceduto, tutto ciò ha una valenza sia simbolica che concreta e, nello stesso tempo, ha una forte efficacia preventiva, in quanto tali norme possono servire a dissuadere colui che intende commettere atti corruttivi.
      La seconda parte del provvedimento riguarda il falso in bilancio, un reato che noi sappiamo essere in un rapporto di stretta propedeuticità con il reato di corruzione: falsificare i bilanci, al fine di creare bilanci in nero. La riforma del 2002 aveva sostanzialmente determinato la depenalizzazione del reato, nonostante il fatto che non si fosse assistito ad una diminuzione del fenomeno prima di allora punito. Il testo trasmesso dal Senato è il risultato dell'approvazione di un emendamento del Governo e supera questa situazione di sostanziale depenalizzazione. Si tratta di una materia estremamente delicata in quanto si contrappongono estremismi e pericoli. Da un lato, vi è l'estremismo nel quale è caduta la riforma del 2002 e, cioè, quella che ha di fatto depenalizzato il reato e, dall'altro, vi è il pericolo per le imprese e la stessa economia di punire penalmente anche violazioni delle regole di bilancio del tutto formali e sostanzialmente irrilevanti. Mi pare di essere nel giusto se affermo che il testo in esame non cade in nessuno dei due estremismi, trovando un punto di equilibrio tra tutte le esigenze che stanno alla base del reato di falso in bilancio.
      Queste mie considerazioni trovano forza nelle audizioni svolte innanzi alla Commissione giustizia, in quanto raccolgono testimonianze autorevoli ed indipendenti circa la bontà del provvedimento di cui oggi discutiamo. Valutazioni, a cui mi richiamo, considerazioni che non rispondono ad un bisogno di apparire o di favorire l'una o l'altra parte politica in campo.
      Siccome abbiamo ascoltato, in Commissione ed anche in Aula, le incomprensibili contrarietà manifestate dalle opposizioni e, in particolare, dal MoVimento 5 Stelle e da Forza Italia, credo che sia opportuno ricordare all'Aula le parole chiare e definitive che alcuni auditi – persone del Pag. 93calibro di Raffaele Cantone, presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, e di Francesco Greco, coordinatore del dipartimento di diritto penale presso la procura della Repubblica di Milano – hanno, appunto, detto.
      Diceva Cantone che i poteri amministrativi dell'Autorità nazionale anticorruzione, che sono contenuti negli articoli 7 e 8, hanno un giudizio assolutamente positivo.
      Riteniamo – diceva Cantone – particolarmente utile e opportuna la modifica dell'articolo 129, comma 3, che sostanzialmente consente all'Autorità nazionale anticorruzione di avere notizia dell'esistenza di procedimenti penali, quantomeno dopo la fase dell'avvio dell'esercizio della stessa azione penale. Si trattava di una carenza normativa – diceva Cantone – e, quindi, la valutazione è particolarmente positiva. Noi valutiamo molto positivamente anche le modifiche che sono state introdotte all'articolo 8, perché ampliano il livello di conoscenza dell'Autorità nazionale anticorruzione.
      Se mi è consentito – diceva ancora Cantone – di esprimere un giudizio generale sull'impianto, io credo che sia positiva la scelta di reintrodurre una norma che finalmente penalizza in modo concreto e serio l'ipotesi del falso in bilancio. Ritengo che la scelta di individuare una diversa tipologia a seconda anche di società che hanno un diverso meccanismo di pubblicità e di impatto sia una scelta concreta.
      Ancora Francesco Greco ci diceva che formula un giudizio complessivamente positivo su questa proposta di legge e che non crede che sia particolarmente necessario ulteriormente intervenire con delle modifiche. La normativa sul falso in bilancio è necessaria, e questo mi pare evidente, non solo per combattere la corruzione, ma – diceva appunto Francesco Greco – per avere delle società trasparenti e contendibili e per un discorso di trasparenza nell'economia, che è sempre stata un volano di sviluppo. Tutte le volte che le società si sono ripulite e hanno sbiancato le perdite o i fondi neri, sono andate economicamente meglio e sono state sul mercato molto meglio di quanto non ci stessero in precedenza. Pertanto, il falso in bilancio è necessario reintrodurlo per questo motivo, in primis. È una di quelle norme che servono a contrastare il declino di questo Paese.
      Presidente, onorevoli colleghi, mi avvio alle conclusioni sicuro di aver sostenuto una proposta di legge forte, equa ed efficace. Questo provvedimento di legge rappresenta il segno di come alle parole noi facciamo seguire i fatti, di come si risponda con fermezza a gravi fenomeni delittuosi che minano anche la credibilità internazionale del nostro Paese, e soprattutto di come con la prevenzione e la trasparenza si possa restituire la speranza di vivere in un Paese che faccia della legalità la regola e non l'eccezione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 3008)

      PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, deputato Andrea Colletti, che non vedo in Aula.
      Ha facoltà di replicare la relatrice di minoranza, deputata Jole Santelli, che non vedo in Aula.
      Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza, deputato David Ermini, che non mi pare di vedere in Aula.
      Prendo atto, infine, che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
      Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

      PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Pag. 94

      Venerdì 15 maggio 2015, alle 10:

      Seguito della discussione del disegno di legge:
          Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti (C. 2994-A).
          e delle abbinate proposte di legge: CAPARINI ed altri; ANTIMO CESARO ed altri; CIMBRO ed altri; VEZZALI ed altri; CARFAGNA; COCCIA ed altri; ASCANI ed altri; CENTEMERO; PAGLIA ed altri; IORI ed altri; DI BENEDETTO ed altri; CHIMIENTI ed altri (C. 416-1595-1835-2043-2045-2067-2291-2524-2630-2860-2875-2975).
      — Relatori: Coscia, per la maggioranza; Pannarale, Borghesi e Chimienti, di minoranza.

      La seduta termina alle 18.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DELLA DEPUTATA MARIA COSCIA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2994-A ED ABBINATE

      MARIA COSCIA, Relatrice per la maggioranza. Onorevoli colleghi ! Il provvedimento oggi all'esame dell'Assemblea realizza una riforma della scuola di grande respiro, lungamente discussa sia dentro che fuori le Aule del Parlamento, che rende effettiva l'autonomia delle istituzioni scolastiche. L'opera di affinamento del testo, svolta dalla VII Commissione in sede referente – dopo aver audito circa novanta soggetti protagonisti di questo strategico settore del Paese – lo ha reso più adeguato e funzionale ad una scuola proiettata verso il futuro e la piena occupazione delle giovani generazioni. Ciò è stato realizzato rispettando l'autonomia didattica dei docenti e la collegialità delle decisioni più importanti prese dalle istituzioni scolastiche, con la valorizzazione della figura del dirigente scolastico, il quale si fa promotore e garante delle attività svolte dalle singole scuole e della gestione di tutte le relative risorse umane, finanziarie, e materiali delle stesse.
      Andando a descrivere l'articolato del provvedimento in esame, ampiamente modificato – come ricordato – nel corso dell'esame in sede referente, ricordo che questo si compone di 8 Capi, per complessivi 27 articoli (rispetto ai 24 nel testo originario).
      Do ora conto sinteticamente del contenuto di ciascun articolo, evidenziando le modifiche più significative intervenute durante l'esame parlamentare.
      Il Capo I del testo, composto solo dall'articolo 1, individua l'oggetto della legge. In particolare, la nuova formulazione precisa che l'obiettivo di dare piena attuazione all'autonomia delle istituzioni scolastiche (di cui all'articolo 21 della legge n.  59 del 1997) è finalizzato, fra l'altro, all'innalzamento delle competenze degli studenti, alla prevenzione e al recupero di abbandono e dispersione scolastica, nonché alla garanzia del diritto allo studio per tutti gli studenti e dell'educazione permanente per tutti i cittadini. In tale contesto, si richiamano le forme di flessibilità dell'autonomia didattica e organizzativa consentite alle scuole in base al decreto del Presidente della Repubblica n.  275 del 1999.
      Il Capo II è composto dagli articoli 2-7.
      In particolare, l'articolo 2, modificato, affida al dirigente scolastico (di cui il disegno di legge originario prevedeva un rafforzamento delle funzioni), la garanzia di un'efficace ed efficiente gestione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche e materiali, richiamando esplicitamente il rispetto delle competenze degli organi collegiali. Inoltre, confermando la novità dell'istituzione dell'organico dell'autonomia, precisa che lo stesso è istituito sull'intera istituzione scolastica o istituto comprensivo e che tutti i docenti che ne fanno parte concorrono alla realizzazione del Piano triennale dell'offerta formativa con attività di insegnamento, potenziamento, sostegno, organizzazione, progettazione e coordinamento.Pag. 95
      Sempre in base alle modifiche intervenute durante l'esame in sede referente, il (nuovo) Piano triennale dell'offerta formativa (che sostituisce l'attuale Piano annuale – POF) è predisposto (già) conoscendo le risorse finanziarie e di organico disponibili (determinate con decreto, rispettivamente, ministeriale e, ai sensi del successivo articolo 8, comma 2, interministeriale): in conseguenza di tale novità, è eliminata la verifica da parte del Ministero sui singoli piani, ai fini della conferma delle risorse e della dotazione organica effettivamente disponibili e la conseguente, eventuale, necessità di aggiornamento degli stessi da parte delle istituzioni scolastiche, prevista dal testo originario. Ora si prevede che la proposta di Piano sia verificata dall'Ufficio scolastico regionale in termini di compatibilità economico finanziaria e (solo) gli esiti della verifica sono trasmessi al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
      Sempre durante l'esame in sede referente è stato previsto che il Piano triennale sia rivedibile annualmente ed elaborato (non più dal dirigente scolastico, ma) dal collegio dei docenti, sulla base degli indirizzi e delle scelte di gestione e amministrazione definiti dal dirigente scolastico, ed approvato infine dal consiglio di circolo o di istituto.
      Inoltre, è stato specificato che il Piano contiene – oltre che l'indicazione del fabbisogno di posti nell'organico dei docenti e la programmazione dell'offerta formativa ad essi riferita – anche le stesse previsioni per il personale cosiddetto ATA.
      L'individuazione del fabbisogno di posti nell'organico dei docenti è finalizzata al raggiungimento di obiettivi formativi che durante l'esame in sede referente sono stati ampliati, includendovi, fra l'altro, il potenziamento dell'insegnamento linguistico in altre lingue comunitarie (oltre che in italiano e inglese), nello spettacolo dal vivo e nella storia dell'arte, l'alfabetizzazione al cinema, il potenziamento delle attività laboratoriali, la prevenzione del bullismo e del cyberbullismo, l'educazione alla parità di genere, il potenziamento del tempo scuola, la definizione di un sistema di orientamento.
      L'articolo 2 reca, inoltre, disposizioni sull'insegnamento, nella scuola primaria, di inglese, musica ed educazione motoria e prevede l'incremento del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche per 126 milioni di euro annui dal 2016 al 2021.
      Durante l'esame in sede referente, infine, sono stati introdotti ulteriori contenuti, relativi: all'utilizzo degli edifici scolastici nei periodi di sospensione dell'attività didattica per lo svolgimento di attività educative, culturali, artistiche e sportive; all'istruzione degli adulti; al riconoscimento delle diverse modalità di comunicazione per l'insegnamento a studenti con disabilità; all'equipollenza dei titoli rilasciati da scuole e istituzioni formative di rilevanza nazionale operanti nei settori di competenza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ai titoli di studio universitari; all'incremento delle risorse da destinare al funzionamento amministrativo e didattico delle istituzioni statali dell'Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM); alla efficacia degli atti adottati dal MIUR in assenza del parere del Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale (CNAM) nelle more della ridefinizione delle procedure per la sua rielezione.
      L'articolo 3, modificato, prevede l'attivazione, (solo) nel 2o biennio e nell'ultimo anno delle scuole secondarie di secondo grado (invece che nell'intero percorso secondario di secondo grado), di insegnamenti opzionali a scelta degli studenti, anche utilizzando la quota di autonomia e gli spazi di flessibilità. Gli stessi insegnamenti possono essere attivati anche da reti di scuole e possono essere individuati docenti cui affidare il coordinamento delle relative attività.
      Inoltre, istituisce il curriculum dello studente – di cui, come previsto a seguito dell'esame in sede referente, si tiene conto durante il colloquio dell'esame di Stato – Pag. 96che, oltre a documentare il percorso di studi, attesta lo svolgimento di esperienze formative in ambito extrascolastico.
      Questo articolo dispone, altresì, che il dirigente scolastico, di concerto – come previsto durante l'esame parlamentare – con gli organi collegiali, può individuare percorsi formativi e iniziative diretti a una valorizzazione del merito scolastico e dei talenti, utilizzando anche finanziamenti esterni, compresi quelli derivanti da sponsorizzazioni.
      Ulteriori contenuti, inseriti durante l'esame in sede referente, riguardano lo sviluppo della conoscenza delle tecniche di primo soccorso nelle scuole secondarie e il sostegno di eventuali problematiche riguardanti gli studenti di origine straniera nelle attività e nei progetti di orientamento per la prosecuzione degli studi o l'accesso al mondo del lavoro.
      L'articolo 4, modificato, intende rafforzare il collegamento fra scuola e mondo del lavoro. In particolare, esso introduce una previsione di durata minima dei percorsi di alternanza scuola-lavoro negli ultimi 3 anni di scuola secondaria di secondo grado (almeno 400 ore negli istituti tecnici e professionali e almeno 200 ore nei licei); prevede la possibilità di stipulare convenzioni anche con gli ordini professionali e dispone che l'alternanza può essere svolta durante la sospensione delle attività didattiche – nonché, in base alle modifiche apportate durante l'esame in sede referente, all'estero – e anche con la modalità dell'impresa formativa simulata.
      Per le finalità indicate, nonché per l'assistenza tecnica e il monitoraggio dell'attuazione delle stesse, viene autorizzata la spesa di 100 milioni di euro annui dal 2016.
      Durante l'esame in sede referente, è stata soppressa la previsione in base alla quale, a decorrere dall'anno scolastico successivo alla data di entrata in vigore della legge, gli studenti potevano svolgere, a partire dal secondo anno della scuola secondaria di secondo grado, periodi di formazione in azienda attraverso la stipulazione di contratti di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale.
      È stata, invece, prevista la costituzione presso le Camere di commercio, a decorrere dall'anno scolastico 2015/2016, del registro nazionale per l'alternanza scuola-lavoro.
      Inoltre, sono state introdotte disposizioni volte a una maggiore integrazione fra i percorsi di istruzione secondaria di secondo grado e i percorsi di istruzione e formazione professionale di competenza regionale.
      In particolare è stato previsto, da una parte, che le istituzioni formative accreditate dalle regioni per la realizzazione dei percorsi di istruzione e formazione professionale possono concorrere al potenziamento e alla valorizzazione delle conoscenze e delle competenze degli studenti del secondo ciclo di istruzione e, dall'altra, che l'offerta formativa dei percorsi regionali di istruzione e formazione professionale sia sostenuta sulla base di piani di intervento: questi ultimi devono essere adottati, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, e, al fine di garantire agli studenti iscritti ai relativi percorsi pari opportunità rispetto agli studenti iscritti ai percorsi di istruzione secondaria di secondo grado, gli stessi tengono conto, nel rispetto delle competenze delle regioni, delle disposizioni recate dalla legge.
      Il nuovo articolo 5, poi, novella l'articolo 135 del decreto legislativo n.  297 del 1994, riguardante l'insegnamento relativo alla scuola primaria negli istituti penitenziari. Le novità principali rispetto alla legislazione vigente sono individuabili nella previsione di una disciplina transitoria per l'accesso al già previsto ruolo speciale e nella specifica che i docenti di tale ruolo speciale sono incardinati nei Centri provinciali per l'istruzione degli adulti.
      Il nuovo articolo 6 riguarda gli Istituti tecnici superiori (ITS). A seguito della sua introduzione è stata soppressa, all'articolo 21 del testo iniziale (ora, articolo 23), Pag. 97comma 2, la lettera h), che recava una delega nella stessa materia. In particolare, l'articolo 6 riprende in forma dispositiva, con modifiche, alcuni dei principi direttivi previsti per l'esercizio della delega, mentre per altri – anche in tal caso con alcune modifiche – prevede l'intervento di regolamenti ministeriali, ovvero di linee guida da adottare con decreti interministeriali, d'intesa con la Conferenza unificata. Introduce, inoltre, nuovi contenuti riguardanti le attività di certificazione energetica degli edifici e le imprese abilitate all'esercizio degli impianti posti al servizio degli edifici.
      Il nuovo articolo 7 (ex articolo 5 del disegno di legge iniziale) prevede che il MIUR adotti il Piano nazionale scuola digitale, in coerenza con il quale le scuole promuovono le attività. Durante l'esame in sede referente sono stati ricondotti agli obiettivi del Piano i principi e criteri direttivi previsti dall'articolo 21 (ora, 23), comma 2, lettera m), per l'esercizio di una delega (con conseguente soppressione della stessa lettera m), tra i quali la definizione delle finalità dell'identità e del profilo digitale di studenti e personale della scuola e delle relative modalità di gestione.
      Al riguardo, la I Commissione ha segnalato, nel suo parere sul testo, l'opportunità di prevedere il parere del Garante per la protezione dei dati personali.
      Lo stesso articolo 7 dispone, inoltre, che, per favorire lo sviluppo della didattica laboratoriale, le scuole possono dotarsi di laboratori territoriali per l'occupabilità. Durante l'esame in sede referente, in particolare, sono stati aggiunti gli enti pubblici e le Camere di commercio fra i soggetti che possono partecipare, anche in qualità di cofinanziatori, alla costituzione dei laboratori ed è stato specificato che la responsabilità relativa alla sicurezza e al mantenimento del decoro degli spazi fa capo ai soggetti esterni che usufruiscono dell'edificio scolastico.
      Per l'attuazione delle finalità indicate, nel 2015 si utilizzano 90 milioni di euro delle risorse impegnate nel 2014 a valere sul Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche e, dal 2016, è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro.
      Il Capo III del testo in esame è composto dagli articoli 8-15.
      In particolare, il nuovo articolo 8 (già articolo 6 del disegno di legge, ampiamente modificato), prevede che l'organico dell'autonomia sia costituito da posti comuni, posti per il sostegno e posti per il potenziamento dell'offerta formativa ed assegnato alle scuole sulla base del fabbisogno espresso nel medesimo piano triennale, nel limite delle risorse finanziarie disponibili.
      Dall'anno scolastico 2016/2017, l'organico dell'autonomia è determinato con cadenza triennale su base regionale, con decreti interministeriali, sentita la Conferenza unificata, comunque nel limite massimo delle risorse finanziarie disponibili. Il testo indica i criteri per il riparto dei posti comuni e per il potenziamento fra le regioni.
      Prevede, inoltre, che i ruoli del personale docente sono regionali, articolati in ambiti (e non più in albi) territoriali, suddivisi in sezioni separate per gradi di istruzione, classi di concorso, tipologie di posti. Nel corso dell'esame è stato previsto che l'ampiezza degli stessi ambiti è definita entro il 31 marzo 2016 dagli uffici scolastici regionali, su indicazione del MIUR e sentiti le regioni e gli enti locali e sono stati indicati i criteri da seguire. È stato, inoltre, previsto che, per l'anno scolastico 2015/2016 – che rappresenta un anno di transizione – gli ambiti hanno estensione provinciale.
      L'organico dell'autonomia è quindi ripartito fra gli ambiti territoriali con decreto del direttore dell'ufficio scolastico regionale. Per l'anno scolastico 2015/2016, esso comprende l'organico di diritto, l'organico di fatto e quello per il potenziamento, che deve includere il fabbisogno per progetti e convenzioni di particolare rilevanza didattica e culturale espresso da reti di scuole o per progetti a rilevanza nazionale.
      Un'ulteriore novità, intervenuta durante l'esame in sede referente, riguarda la costituzione, entro il 30 giugno 2016, di Pag. 98reti fra scuole dello stesso ambito territoriale, sulla base di linee guida emanate dal MIUR entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. In particolare, gli accordi di rete individuano i criteri e le modalità per l'utilizzazione dei docenti nella rete e i piani di formazione del personale scolastico.
      Sempre durante l'esame in sede referente è stato chiarito che i docenti già assunti in ruolo a tempo indeterminato, alla data di entrata in vigore della legge, conservano la titolarità presso la scuola di appartenenza. È stato, inoltre, previsto che il personale docente che risulta in esubero o in soprannumero nell'anno scolastico 2016/2017 è assegnato, a domanda, ad un ambito territoriale e che, dall'anno scolastico 2016/2017, la mobilità territoriale e professionale del personale docente opera fra gli ambiti territoriali.
      Ulteriori previsioni riguardano le scuole con lingua di insegnamento slovena e/o con insegnamento bilingue sloveno-italiano del Friuli-Venezia Giulia e la salvaguardia delle diverse determinazioni della Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
      Il nuovo articolo 9 (ex articolo 7 del testo originario, ampiamente modificato), reca disposizioni inerenti le competenze dei dirigenti scolastici, in particolare con riferimento al conferimento di incarichi triennali ai docenti. Al riguardo, l'elemento di maggiore novità derivato dall'esame in sede referente è costituito dalla previsione secondo cui la proposta di incarico per la copertura dei posti assegnati alla scuola è rivolta ai docenti di ruolo assegnati all'ambito territoriale di riferimento, anche tenendo conto delle candidature presentate dagli stessi docenti. Inoltre, il nuovo testo precisa meglio che, nel caso di più proposte di incarico, è il docente a dover optare; che gli incarichi sono conferiti con modalità che valorizzino il curriculum, le esperienze e le competenze professionali. A tal fine, si fa riferimento anche allo svolgimento di colloqui; che, l'Ufficio scolastico regionale provvede alle assegnazioni nei confronti dei docenti che non abbiano ricevuto o accettato proposte e, comunque, in caso di inerzia dei dirigenti scolastici; che l'utilizzo di personale docente in classi di concorso diverse da quelle per le quali è abilitato è possibile purché il docente possegga titoli di studio validi per l'insegnamento della disciplina da impartire, abbia seguito percorsi formativi e sia in possesso di competenze professionali coerenti. Per questi ultimi, si intenderebbe che la valutazione di coerenza è affidata a ciascun dirigente scolastico.
      Si conferma, inoltre, che il dirigente scolastico utilizza il personale docente dell'organico dell'autonomia per la copertura delle supplenze temporanee fino a 10 giorni. Scompare, invece, la previsione secondo cui il personale dell'organico dell'autonomia «è tenuto ad assicurare prioritariamente la copertura dei posti vacanti e disponibili» (quarto periodo del comma 3 dell'articolo 6 del disegno di legge).
      Ulteriore novità è stata costituita dalla previsione che il dirigente scolastico può individuare nell'ambito dell'organico dell'autonomia fino al 10 per cento di docenti (anziché fino a 3 docenti, come previsto dal testo originario), che lo coadiuvano.
      Altre novità hanno riguardato gli incrementi del Fondo unico nazionale per la retribuzione di posizione e di risultato dei dirigenti scolastici e l'individuazione di alcune soluzioni in relazione a contenziosi pendenti riferiti a precedenti procedure concorsuali per dirigente scolastico. È stato, inoltre, previsto che la valutazione degli stessi dirigenti da parte del Nucleo per la valutazione (articolo 25 del decreto legislativo n.  165 del 2001) debba essere coerente con l’«incarico triennale» e con il profilo professionale del dirigente scolastico e connessa alla retribuzione di risultato. Conseguentemente, è stata soppressa la lettera d) dell'articolo 21 (ora, articolo 23), comma 2, del disegno di legge, che recava una delega al Governo in materia analoga.
      Occorre, a questo punto, svolgere una riflessione per valutare se fissare esplicitamente in tre anni, in via legislativa, la durata degli incarichi dei dirigenti scolastici.Pag. 99
      Ricordo, infatti, che l'articolo 11 del CCNL personale Area V della Dirigenza – quadriennio normativo 2002-2005, primo biennio economico 2002-2003 (sottoscritto 1'11 aprile 2006), mantenuto in vita dal CCNL quadriennio normativo 2006-2009, primo biennio economico 2006-2007 (sottoscritto il 15 luglio 2010), ha disposto – in conformità con quanto prevede l'articolo 19 del decreto legislativo n.  165 del 2001 – che gli incarichi hanno la durata minima di 3 anni e massima di 5.
      Il nuovo articolo 10 (articolo 8 del disegno di legge, ampiamente modificato) autorizza, anzitutto, il MIUR ad attuare, per l'anno scolastico 2015/2016, un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente, rivolto ai vincitori del concorso del 2012 e agli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, che determinerà, per il medesimo anno scolastico, l'attribuzione di un incarico annuale. Ai fini del piano straordinario, il numero dei posti per il potenziamento dell'offerta formativa – che riguardano solo la scuola primaria e secondaria – deve essere determinato (si intenderebbe: dal MIUR) entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sulla base delle indicazioni dei dirigenti scolastici.
      Inoltre, confermando (in generale) la previsione del disegno di legge secondo cui l'accesso ai ruoli del personale docente della scuola statale avverrà esclusivamente mediante concorsi pubblici, durante l'esame in sede referente è stato previsto che per il personale docente della scuola dell'infanzia e primaria e per il personale educativo continua ad applicarsi, fino a totale scorrimento delle relative graduatorie ad esaurimento (che non perderanno più efficacia dal 1o settembre 2015, come, invece, previsto per quelle relative alla scuola secondaria), la disposizione secondo cui l'accesso ha luogo per il 50 per cento mediante concorsi per titoli ed esami e per il restante 50 per cento attingendo alle graduatorie citate (articolo 399, comma 1, del decreto legislativo n.  297 del 1994).
      Per lo svolgimento dei concorsi sono state modificate alcune regole. In particolare, i concorsi – che continueranno a essere per titoli ed esami – saranno nazionali e banditi su base regionale, con cadenza triennale. Potranno accedere alle procedure solo i candidati in possesso di abilitazione all'insegnamento.
      Conseguiranno la nomina i candidati che si collocheranno in una posizione utile in relazione al numero di posti messi a concorso (non vi è più, dunque, il riferimento ai «posti eventualmente disponibili»). Il numero degli idonei non vincitori non potrà superare il 10 per cento del numero dei posti banditi. Le graduatorie avranno validità al massimo triennale (con decorrenza dall'anno scolastico successivo a quello di approvazione delle stesse) e perderanno comunque efficacia all'atto della pubblicazione delle graduatorie del concorso successivo.
      Sempre durante l'esame in sede referente, sono intervenute due ulteriori novità. Anzitutto, è stata prevista l'assunzione a tempo indeterminato, con decorrenza dal 1o settembre 2016, ferma restando la procedura di autorizzazione (articolo 39, della legge n.  449 del 1997) degli idonei non vincitori del concorso del 2012 (non già assunti), nel limite dei posti vacanti e disponibili nell'organico dell'autonomia.
      Inoltre, è stata prevista l'indizione, entro il 1o ottobre 2015, di un concorso per titoli ed esami per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente, con previsione di attribuzione di un maggior punteggio: al titolo di abilitazione all'insegnamento conseguito a seguito sia dell'accesso ai percorsi di abilitazione tramite procedure selettive pubbliche per titoli ed esami, sia del conseguimento di specifica laurea magistrale o a ciclo unico (potenziali destinatari dovrebbero essere gli iscritti nella II fascia delle graduatorie di circolo e di istituto, comprendente gli aspiranti non inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, ma forniti di specifica abilitazione, nonché i soggetti che hanno frequentato i tirocini formativi attivi o i percorsi speciali abilitanti e quanti hanno conseguito il titolo di laurea in scienze della formazione primaria); al servizio Pag. 100prestato a tempo determinato per un periodo continuativo non inferiore a 180 giorni.
      Il nuovo articolo 11 (articolo 9 del disegno di legge, modificato) concerne il periodo di formazione e prova del personale docente ed educativo, cui è subordinata l'effettiva immissione in ruolo. In sede referente è stato previsto che il dirigente scolastico – cui il testo del disegno di legge affida la valutazione del periodo – debba sentire, a tal fine, il Comitato di valutazione dei docenti di cui all'articolo 11 del decreto legislativo n.  297 del 1994 – come modificato dall'articolo 13 del testo in commento – e, conseguentemente, sono stati eliminati il coinvolgimento del collegio dei docenti e del consiglio di istituto, nonché la possibilità di prevedere verifiche e ispezioni in classe. I criteri della valutazione sono individuati con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
      Il nuovo articolo 12 (articolo 10 del disegno di legge, modificato) prevede l'istituzione della Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle scuole di ogni ordine e grado, da utilizzare per acquisti o iniziative di carattere culturale. Prevede, inoltre, l'adozione, ogni tre anni, di un Piano nazionale di formazione, sulla cui base le scuole definiscono le attività di formazione, che sono obbligatorie.
      Il nuovo articolo 13 (articolo 11 del testo iniziale, modificato), prevede l'istituzione nello stato di previsione del MIUR, a decorrere dal 2016, di un nuovo fondo, dotato di uno stanziamento di 200 milioni di euro annui, destinato alla valorizzazione del merito del personale docente di ruolo delle scuole di ogni ordine e grado. Il fondo è ripartito con decreto ministeriale e assegnato dal dirigente scolastico sulla base dei criteri individuati dal Comitato per la valutazione dei docenti (anziché sentito il Consiglio di istituto) ed effettuando una motivata valutazione.
      Con riferimento al Comitato, in particolare, si prevede una durata per tre anni scolastici (anziché per uno), l'ingresso di rappresentanti dei genitori e degli studenti, l'individuazione dei membri da parte del Consiglio di istituto, l'integrazione con il tutor per l'espressione del parere sul superamento del periodo di formazione e prova.
      Il nuovo articolo 14 (articolo 12 del disegno di legge, modificato), relativo al termine massimo di durata dei contratti a tempo determinato su posti vacanti e disponibili relativi al personale scolastico ed educativo, è stato modificato durante l'esame in sede referente prevedendo che i 36 mesi, anche non continuativi, riguardino solo i contratti stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge.
      Inoltre, l'articolo 14 istituisce il Fondo per i pagamenti in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto il risarcimento dei danni conseguenti alla reiterazione di contratti a termine per una durata complessiva superiore a 36 mesi, anche non continuativi, su posti vacanti e disponibili, con la dotazione di euro 10 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016.
      Il nuovo articolo 15 (articolo 13 del testo iniziale, modificato) prevede la possibilità, per il personale della scuola che si trovi in posizione di comando, distacco, o fuori ruolo alla data di entrata in vigore della legge, di transitare, a seguito di una procedura comparativa, nei ruoli dell'Amministrazione di destinazione, previa valutazione delle esigenze organizzative e funzionali dell'Amministrazione medesima e nel limite delle facoltà assunzionali.
      Durante l'esame in sede referente, inoltre, è stato confermato, anche per l'anno scolastico 2015/2016, il contingente di 300 unità di docenti e dirigenti scolastici collocati fuori ruolo per compiti connessi con l'attuazione dell'autonomia scolastica, di cui l'amministrazione scolastica centrale e periferica può avvalersi, in deroga al limite di 150 unità previsto dall'articolo 26, comma 8, primo periodo, della legge n.  448 del 1998.
      Il Capo IV è poi costituito dal nuovo articolo 16 (articolo 14 del disegno di legge, modificato), che prevede l'istituzione del Portale unico dei dati della scuola, nonché, a decorrere dall'anno scolastico Pag. 101successivo alla data di entrata in vigore della legge, di un progetto sperimentale per la realizzazione di un servizio di assistenza alle scuole nella risoluzione di problemi connessi alla gestione amministrativa e contabile.
      Durante l'esame parlamentare è stato inoltre previsto che, con decreto interministeriale MIUR-MEF, da adottare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, si provvede a modificare il regolamento sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche (di cui al decreto interministeriale 1o febbraio 2001, n.  44), allo scopo di incrementare l'autonomia contabile delle scuole statali e di semplificare gli adempimenti amministrativi e contabili.
      Conseguentemente, è stata soppressa la lettera b) dell'articolo 21 (ora, articolo 23), che reca una delega in materia di rafforzamento dell'autonomia scolastica e ampliamento delle competenze gestionali, organizzative e amministrative delle istituzioni scolastiche.
      A questo proposito, occorre valutare l'opportunità di specificare che si provvede ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n.  400 del 1988.
      Il Capo V è quindi costituito dagli articoli 17-19, recanti agevolazioni fiscali.
      In particolare il nuovo articolo 17 (articolo 15 del disegno di legge, modificato) include le istituzioni scolastiche statali, a decorrere dal 2016, tra i destinatari del 5 per mille IRPEF. Durante l'esame parlamentare sono state previste apposite risorse per la liquidazione del cinque per mille in favore delle istituzioni scolastiche, nella misura di 50 milioni di euro annui a partire dal 2017.
      Il nuovo articolo 18 (articolo 16 del testo iniziale, modificato) istituisce, sul modello dell'Art-Bonus, un credito d'imposta del 65 per cento per il 2015 e il 2016 e del 50 per cento per il 2017 per chi effettua erogazioni liberali in denaro per la realizzazione di nuove scuole, la manutenzione e il potenziamento di quelle esistenti e il sostegno a interventi per l'occupabilità degli studenti. Il credito non è cumulabile con altre agevolazioni previste per le medesime spese.
      Il nuovo articolo 19 (già articolo 17, modificato) introduce una detrazione ai fini IRPEF, per un importo annuo non superiore a 400 euro per studente, per le spese sostenute per la frequenza delle scuole paritarie dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, nonché, a seguito delle modifiche apportate in sede referente, delle scuole secondarie (anche statali) di secondo grado.
      Il Capo VI è costituito dagli articoli 20-22, riguardanti l'edilizia scolastica.
      In particolare, il nuovo articolo 20 (articolo 18 del disegno di legge, modificato) prevede che il MIUR, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, pubblica un avviso pubblico rivolto a professionisti, per l'elaborazione di proposte progettuali, «previa acquisizione delle manifestazioni di interesse rappresentate dagli enti locali alle Regioni»; le proposte sono sottoposte a una commissione di esperti, cui partecipa anche la Struttura di missione per l'edilizia scolastica istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, che esamina e coordina le stesse, anche attraverso un coinvolgimento delle Regioni; l'esame e il coordinamento è finalizzato a individuare almeno una soluzione progettuale per regione di scuole altamente innovative; la stessa Commissione (sembrerebbe) «individua i beneficiari sulla base delle risorse assegnate dal MIUR».
      Il nuovo articolo 21 (già articolo 19, modificato) prevede il rafforzamento delle funzioni dell'Osservatorio per l'edilizia scolastica – al quale, in particolare, saranno affidati compiti di indirizzo e di programmazione degli interventi e compiti di diffusione della cultura della sicurezza – e la redazione di un piano del fabbisogno nazionale 2015-2017, al quale sono destinate risorse già stanziate e non utilizzate, ovvero economie realizzate. Prevede, inoltre, l'accelerazione di alcune procedure, la riduzione delle sanzioni per gli enti locali che non hanno rispettato gli obiettivi del patto di stabilità 2014 e hanno Pag. 102sostenuto, in tale anno, spese per l'edilizia scolastica, nonché alcune modifiche alla disciplina dell'utilizzo della quota dell'otto per mille a diretta gestione statale destinata all'edilizia scolastica.
      Durante l'esame in sede referente, in particolare, è stato aumentato (da 40) a 50 milioni di euro l'importo dei contributi pluriennali previsti dall'articolo 10 del decreto-legge n.  104 del 2013 (convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n.  128 del 2013) per la stipula, da parte delle regioni, di mutui per interventi straordinari di ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico, efficientamento energetico di immobili scolastici, universitari e AFAM, ed è stata estesa alle stesse Istituzioni AFAM la possibilità di essere autorizzate (direttamente) alla stipula dei mutui.
      Il nuovo articolo 22 (articolo 20 del disegno di legge, modificato) prevede lo stanziamento di 40 milioni di euro per il 2015 per il finanziamento di indagini diagnostiche dei solai e dei controsoffitti degli edifici scolastici.
      Il Capo VII è composto solo dall'articolo 23 (già articolo 21, modificato), che delega il Governo ad adottare, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, decreti legislativi finalizzati alla riforma di differenti aspetti del sistema scolastico, nonché alla redazione di un nuovo testo unico delle disposizioni in materia di istruzione. Segnalo che durante l'esame in sede referente sono state soppresse – oltre le deleghe di cui già si è dato conto (autonomia scolastica, dirigenti scolastici, ITS, ausili digitali per la didattica) anche quelle concernenti la governance della scuola e gli organi collegiali.
      Inoltre, è stata profondamente modificata la delega concernente l'accesso all'insegnamento nella scuola secondaria. In particolare – a fronte della previsione del disegno di legge di includere il percorso abilitativo all'interno di quello universitario (con superamento dell'attuale percorso di tirocinio formativo attivo) e di svolgere, all'interno del percorso abilitativo, un periodo di tirocinio professionale – è stato previsto l'accorpamento della fase della formazione iniziale con quella dell'accesso alla professione. Più specificamente, il percorso si articola: in un concorso nazionale riservato a chi possieda un diploma di laurea magistrale o, per le discipline artistiche e musicali, un diploma accademico di secondo livello, coerente con la classe disciplinare di concorso; nella stipula con i vincitori di un contratto retribuito di formazione e apprendistato professionale a tempo determinato, di durata triennale; nel conseguimento, nel primo anno di contratto, di un diploma di specializzazione all'insegnamento secondario; nell'effettuazione, nei due anni successivi al conseguimento del diploma, di tirocini formativi e graduale assunzione della funzione docente; alla conclusione del periodo di formazione e apprendistato professionale, valutato positivamente, sottoscrizione del contratto di lavoro a tempo indeterminato. Il percorso descritto deve divenire gradualmente l'unico per accedere all'insegnamento nella scuola secondaria statale e, dunque, si prevede l'introduzione di una disciplina transitoria in relazione ai percorsi formativi e abilitanti e alla disciplina del reclutamento previsti attualmente.
      Altre modifiche intervenute durante l'esame in sede referente hanno riguardato la delega relativa agli studenti con disabilità e bisogni educativi speciali. In particolare, è stato previsto che la revisione delle modalità e dei criteri relativi alla certificazione deve essere volta a individuare le abilità residue; che occorre rivedere i criteri di «inserimento nei ruoli per il sostegno didattico», al fine di garantire che lo studente con disabilità abbia per l'intero ordine o grado di istruzione il medesimo insegnante di sostegno; che occorre garantire l'istruzione domiciliare per i minori con disabilità soggetti all'obbligo scolastico, qualora siano temporaneamente impediti per motivi di salute a frequentare la scuola.
      Con riferimento alla delega relativa al sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni, è stato previsto che lo stesso sia riferito ai servizi Pag. 103educativi per l'infanzia e a tutte le scuole dell'infanzia (invece che alle sole scuole dell'infanzia statali).
      Inoltre, è stato specificato che la revisione delle modalità di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti riguarda il primo ciclo e che la revisione delle modalità di svolgimento degli esami riguarda sia il primo che il secondo ciclo.
      È stata, infine, introdotta una delega per la promozione e la diffusione della cultura umanistica, la valorizzazione del patrimonio e della produzione culturale, musicale, teatrale, coreutica e cinematografica, il sostegno della «creatività connessa alla sfera estetica».
      Con riferimento alla procedura per l'adozione dei decreti legislativi, è stato previsto il coinvolgimento della Conferenza unificata (anziché della Conferenza Stato-regioni).
      Il Capo VIII, infine, è composto dagli articoli 24-27.
      Il nuovo articolo 24 (già articolo 22, modificato) prevede deroghe, in particolare, in materia di pareri dell'organo collegiale consultivo nazionale della scuola (in relazione all'adozione degli atti attuativi della legge) e delle Commissioni parlamentari (in relazione ai parametri per la determinazione dell'organico dell'autonomia per l'anno scolastico 2015/2016). Dispone, inoltre, che le previsioni contrattuali contrastanti con quanto previsto dalla legge sono inefficaci.
      Il nuovo articolo 25 (già articolo 23, non modificato) abroga alcune disposizioni vigenti incompatibili con le novità proposte.
      Il nuovo articolo 26 (già articolo 24, modificato) reca disposizioni finanziarie ed in particolare la copertura finanziaria del provvedimento.
      Il nuovo articolo 27 reca la clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano.
      Dispone, inoltre, l'entrata in vigore della legge il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
      Apprezzando l'impianto della predetta riforma, così come licenziata dalla VII Commissione, resto comunque in attesa delle vostre valutazioni, e dei contributi che vorranno apportare tutti i gruppi e il Governo: li ringrazio quindi tutti anticipatamente per l'impegno profuso sinora, e per le eventuali indicazioni che vorranno fornire, al fine di un eventuale ulteriore miglioramento del testo.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DELLA DEPUTATA MANUELA GHIZZONI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2994-A ED ABBINATE

      MANUELA GHIZZONI. Signora Presidente, signora Ministra, il provvedimento al nostro esame è vasto e complesso, come vasti e complessi sono i problemi della scuola italiana. Molti aspetti meriterebbero di essere analizzati e discussi in un tema così importante per il futuro del nostro Paese.
      Preferisco però concentrarmi, nel breve tempo a mia disposizione, su uno solo di questi – quello della formazione iniziale e dell'accesso alla professione – perché lo ritengo assolutamente cruciale. Non che non lo siano, ad esempio, l'autonomia esercitata nella responsabilità e sottoposta a valutazione, oppure le misure per contrastare il precariato o quelle che rendono un'esperienza di lavoro adeguato ad un ambiente educativo e formativo – tutti temi affrontati nel provvedimento, ma sono altresì convinta che non possa esserci una buona scuola senza buoni insegnanti. E tengo volutamente insieme la formazione e il reclutamento perché tenere separate queste due fasi come è accaduto fino ad ora ha prodotto enormi problemi – basti pensare al precariato e alla discontinuità didattica – che stiamo tentando di aggredire anche con questo disegno di legge.
      Dicevo che non può esserci buona scuola senza buoni insegnanti. E per avere buoni insegnanti occorre formarli bene, reclutarli in base al merito e alle attitudini Pag. 104e poi sostenerli nel corso della loro vita professionale affinché aggiornino e perfezionino continuamente conoscenze, competenze e metodologie didattiche.
      E nel disegno di legge questi aspetti, per la scuola secondaria, sono finalmente oggetto di un intervento profondamente riformatore in senso evolutivo.
      Non esito a parlare di una «rivoluzione dolce», a proposito di una questione fondamentale su cui per decenni si è dibattuto senza esserne mai venuti veramente e definitivamente a capo, mentre oggi lo si fa con coraggio innovativo, grazie ad una delega al governo con precisi principi e criteri direttivi che ne delineano e chiariscono gli ambiziosi obiettivi.
      È passato molto tempo da quando l'immissione in ruolo dei professori avveniva mediante concorsi per esami e titoli, svolti periodicamente con grande regolarità. Per un intreccio di motivi che qui non mi è possibile ricordare perché ho poco tempo a disposizione ma che il legislatore non deve dimenticare se non vuole ripetere gli errori già commessi, quel sistema è stato progressivamente abbandonato per lasciare posto ad un'immissione in ruolo assai irregolare nel tempo, che ha creato una platea via via crescente di docenti precari.
      Di questi – tutti incolpevoli – a migliaia si sono dovuti sfibrare sull'accumulo annoso di punteggi per le graduatorie, altrettanti hanno potuto coprire una cattedra in virtù del solo titolo di laurea e quindi privi – almeno all'inizio della loro esperienza – di una minima formazione professionale, infine ad altre migliaia ancora è stato chiesto di affrontare il selettivo e costoso corso di abilitazione privo però di qualsiasi meccanismo di connessione con l'accesso al ruolo. Ed è abbastanza incredibile che l'ex ministro, responsabile di questo erroneo impianto, invece di chiedere scusa per la propria personale incapacità di previsione e per aver deliberatamente scelto di cancellare 85000 cattedre, oggi si limiti solo a chiedere con arroganza all'attuale governo di rimediare, sottraendosi alle proprie precise responsabilità.
      Voglio essere molto chiara: non può essere messa in dubbio l'esperienza professionale che si matura sul campo. Ma negli ultimi decenni, la scuola e gli stessi precari coinvolti hanno risentito pesantemente della mancanza di un vero e proprio sistema unitario e coordinato che legasse organicamente la formazione iniziale, l'assunzione in ruolo e la formazione in servizio.
      Anche le soluzioni di formazione iniziale più avanzate, come le SSIS e più recentemente il TFA, hanno scontato il fatto di essere slegate dalle procedure di assunzione, pertanto i loro frequentatori sono rimasti vittime di un transitorio continuamente cangiante e di regole e scadenze instabili: in vent'anni non si è mai creato un sistema organico, anzi si è finito col generare una situazione sempre più frammentata, del tutto inefficace rispetto al miglioramento della scuola.
      È invece profondamente nuovo e sistemico il modello che si intende introdurre, mossi dalla volontà non di rattoppare ma di riformare alla base e di innovare profondamente i meccanismi di formazione e di immissione in ruolo.
      Il principale obiettivo è la valorizzazione del ruolo culturale e sociale degli insegnanti fin dalla fase di esordio della professione docente, grazie ad una formazione iniziale approfondita di alto livello e ad una rapida assunzione per concorso delle persone più preparate e più interessate all'insegnamento.
      Un insegnante, infatti, è un intellettuale, uno studioso, un ricercatore, non un impiegato. Ecco perché la funzione docente va costruita fin dall'inizio, dagli studi universitari, unendo all'irrinunciabile accurata e profonda preparazione nella propria disciplina e alla maturazione di una specifica intelligenza critica anche una preparazione altrettanto accurata e aggiornata sulle discipline professionalizzanti: pedagogia, didattica, valutazione, competenze psicologiche e relazionali, innovazione digitale e sperimentazione. Solo se in possesso di tutti questi strumenti, da aggiornare continuamente, gli insegnanti saranno in grado di guidare gli studenti Pag. 105con consapevolezza e competenza nell'apprendimento e nella crescita culturale in un mondo in incessante turbinoso cambiamento.
      Insegnanti più giovani, più preparati, più motivati: ecco la chiave di lettura più chiara. Abbiamo bisogno di insegnanti che non scelgano questa professione come ultima spiaggia, né che, per alcune discipline, vi dedichino spazi residuali dei loro impegni professionali. Vogliamo dire basta ai lunghi e stressanti anni di precariato, agli inseguimenti di punteggi per risalire sterminate graduatorie, a formazioni patchwork tra una supplenza e l'altra: si arriva spesso all'agognato ruolo svuotati di energie, speranze, progetti. Non è giusto per una professione tra le più importanti e strategiche, che deve essere assolutamente rivalutata perché è in gioco il futuro della nostra società.
      In dettaglio, il nuovo sistema di formazione iniziale e assunzione degli insegnanti prevede che si consegua innanzitutto una laurea magistrale o un diploma accademico e che si maturino almeno 36 crediti formativi nel campo delle discipline antropo-psico-pedagogiche all'interno del corso di laurea magistrale come crediti curricolari o liberi, oppure, come crediti aggiuntivi.
      In possesso di questi titoli di studio gli interessati affronteranno direttamente gli esami – basati sia sulle competenze disciplinari, sia su quelle psico-pedagogiche e trasversali – del concorso nazionale di assunzione con contratto triennale, retribuito. di formazione e apprendistato professionale. I vincitori saranno assegnati ad una scuola o ad una rete di scuole perché i posti messi a bando saranno, in questo modello, conteggiati realmente al fabbisogno futuro delle scuole.
      Nel triennio di contratto completeranno la loro formazione pedagogica e didattico-disciplinare e si misureranno in un serio tirocinio professionale, senza le frettolosità odierne e comunque con le spalle coperte da una retribuzione e dalle connesse prestazioni previdenziali e assicurative, come pure dagli ammortizzatori sociali previsti per questo tipo di contratti a tempo determinato.
      La parte formativa consisterà in un corso di specializzazione universitaria di durata annuale, mentre i restanti due anni del contratto saranno appunto destinati ai tirocini e alla graduale assunzione della funzione docente, anche in sostituzione di insegnanti temporaneamente assenti.
      Al termine del triennio, sulla base del conseguimento del diploma di specializzazione e di una valutazione positiva del lavoro svolto, il contratto sarà trasformato nella immissione in ruolo.
      Una tale procedura può risultare efficace non solo per formare un buon insegnante a tutto tondo ma anche per attrarre alla professione docente persone giovani, brillanti, motivate, appassionate, cioè persone di cui la scuola ha disperato bisogno per crescere continuamente e divenire luogo di fermento culturale e di crescita civile per le nuove generazioni.
      Sarebbe comunque sciocco nascondersi i problemi sottesi a questo schema, come a qualunque altro, e infatti il testo di delega cerca di affrontarli con chiarezza.
      Innanzitutto la legge punta a coordinare e bilanciare le esigenze, talora contrastanti, dei principali attori in questo campo, vale a dire il mondo dell'università, sia sul versante dei contenuti disciplinari che su quello dei contenuti psico-pedagogici, e il mondo della scuola. Lo fa responsabilizzandoli in collaborazione tra loro per la realizzazione e la valutazione della fase triennale post-concorso.
      A questo proposito è previsto che, accanto al riordino delle classi concorsuali di insegnamento atteso da molti anni, si svolga anche, ove necessario, un parziale riordino dei curricula delle lauree magistrali, in particolare di quelle connesse a discipline tipiche dell'insegnamento secondario, in modo da favorire un'opportuna coerenza tra i curricula universitari e le prove concorsuali di accesso al ruolo docente nella scuola.
      Inoltre, il nuovo schema è perfettamente accoppiato con quell'organico funzionale o dell'autonomia che era atteso da Pag. 106molti anni e che è stato introdotto da un altro articolo del disegno di legge. Anzi, ne potenzia significato ed effetti perché, sostituendo gradualmente e definitivamente il sistema precedente, cancella ogni forma di precariato e di abilitazione: si starà nella scuola italiana esclusivamente per concorso, anche per sostituire insegnanti temporaneamente assenti.
      Non ci saranno più costosi corsi abilitanti a carico degli aspiranti ma privi di concrete prospettive di ingresso nella scuola. Non ci saranno più precari, mentre si potranno misurare e mettere realmente alla prova sul campo capacità e attitudini degli aspiranti docenti nei primi esordi della carriera. A università e scuole sarà affidata la responsabilità di valutare se l'aspirante docente è (e sarà) un bravo insegnante, confermandolo nel ruolo prima dei 30 anni, dopo aver investito sulla sua motivazione, sul suo talento.
      Scelte appunto coraggiose e innovative, come dicevo all'inizio. Scelte difficili, certo, soprattutto per la gestione della fase transitoria che, nella scuola, rappresenta sempre il punto più controverso. La delega non manca quindi di prevedere una disciplina transitoria tra gli attuali percorsi formativi e abilitanti e il nuovo modello di formazione e reclutamento, disciplina che deve consentire di valutare pienamente ai fini dell'assunzione, con opportune misure di accompagnamento, la competenza e la professionalità maturate da coloro che hanno conseguito già l'abilitazione.
      La forma della delega permetterà di verificare e affinare strada facendo i dettagli ma, con principi e criteri direttivi enunciati in modo molto netto, il Parlamento offre al Governo una guida sicura per stendere i decreti applicativi e per svolgere immediatamente nella scuola quell'opera di precisazione e condivisione degli obiettivi senza la quale nessuna riforma è in grado di attecchire e dare frutti. Riformare non può far sempre rima con tagliare e punire. Stavolta fa rima con investire e premiare.
      Il modello non sarebbe però completo senza un forte impegno nella formazione continua e nell'aggiornamento professionale degli insegnanti in servizio, che è infatti presente nel testo in modo collegato con il resto. Infatti la formazione in servizio è destinata non solo a integrare e migliorare continuamente le competenze disciplinari e pedagogiche dei docenti, elemento indispensabile e connaturato alla loro professionalità, ma anche a renderla più flessibile a beneficio dell'organizzazione scolastica mediante il possibile ampliamento, dopo adeguata specifica formazione, delle discipline che ciascun docente può insegnare, valorizzando così capacità, interesse e impegno culturale dei migliori insegnanti.
      Non dovrebbe inoltre essere dimenticato che i migliori insegnanti sono anche dei veri ricercatori nel loro campo. La loro capacità di produrre nuova conoscenza nelle discipline professate e nella loro didattica non va sottovalutata e andrebbe anzi riconosciuta proprio nella fase della formazione in servizio e della valutazione professionale.
      C’è forse un unico modo per riassumere concisamente il significato profondo dell'intervento legislativo che ho fin qui illustrato e discusso. Ed è un modo confortante dopo tanti interventi di segno contrario: lo Stato investe di nuovo nei suoi insegnanti come parte cruciale della ripresa degli investimenti nella scuola. Li retribuisce anche nella fase iniziale di formazione e apprendistato dopo una selezione per concorso e mette loro a disposizione occasioni e risorse per lo sviluppo continuo della loro professionalità. È proprio una rivoluzione dolce su cui l'Italia e la scuola italiana intendono scommettere.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO DAVID ERMINI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 3008 ED ABBINATE.

      DAVID ERMINI, Relatore per la maggioranza. L'Assemblea della Camera avvia oggi l'esame del cosiddetto «testo anticorruzione» approvato dal Senato dopo un Pag. 107lungo ed approfondito esame e confermato dalla Commissione giustizia dopo aver svolto una istruttoria che possiamo definire sicuramente qualitativamente significativa grazie alle audizioni svolte. A questo proposito sono stati sentiti il dottor Raffaele Cantone, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, il dottor Francesco Greco, coordinatore del dipartimento di diritto penale dell'economia, affari civili societari e reati fallimentari presso la Procura della Repubblica di Milano, il professor Tullio Padovani, ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa, i rappresentanti dell'Unione nazionale avvocati amministrativisti, di Transparency International Italia e di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie.
      Il provvedimento è volto contrastare la corruzione attraverso una serie di misure che vanno dall'adeguamento delle sanzioni penali, comprese quelle accessorie, alla riformulazione di alcuni reati, come quelli che puniscono il falso in bilancio, per delimitare la eventuale area di non punibilità.
      Il testo, composto di 12 articoli si suddivide sostanzialmente in due parti: la prima riguarda i reati contro la pubblica amministrazione e disposizioni sempre relative a tali reati, la seconda parte invece ha per oggetto i delitti di false comunicazioni sociali.
      L'attenzione sul fenomeno corruttivo in Italia non si limita all'opinione pubblica ma coinvolge anche gli organismi internazionali europei. Questo provvedimento mira a dare una risposta anche a tali organismi.
      Il 3 febbraio 2014 la Commissione europea ha pubblicato la prima relazione dell'Unione europea sulla lotta alla corruzione. La relazione illustra lo stato della corruzione nei vari Stati membri, indicando le misure anticorruzione esistenti, valutandone l'efficacia, e suggerendo gli spunti per un miglioramento dell'attività di contrasto a tale fenomeno.
      Secondo la Commissione, la corruzione interessa tutti gli Stati membri e costa all'economia europea circa 120 miliardi di euro all'anno. La relazione espone anche i risultati di due sondaggi Eurobarometro sulla percezione della corruzione tra i cittadini e le imprese europei. Da tali rilevazioni tra l'altro risulta che la percezione della diffusione della corruzione in Italia registra il dato del 97 per cento, che è il più alto nell'Unione europea dopo quello della Grecia.
      Nel capitolo dedicato al nostro Paese, la Commissione ripete il dato indicato dalla Corte dei conti secondo il quale costi diretti totali della corruzione ammonterebbero a 60 miliardi di euro l'anno (pari a circa il 4 per cento del PIL). Secondo la Relazione, il 92 per cento delle imprese italiane partecipanti al sondaggio Eurobarometro 2013 sulla corruzione nel mondo imprenditoriale ritiene che favoritismi e corruzione impediscano la concorrenza commerciale in Italia (contro una media UE del 73 per cento), il 90 per cento pensa che la corruzione e le raccomandazioni siano spesso il modo più facile per accedere a determinati servizi pubblici (contro una media UE del 69 per cento), mentre per il 64 per cento le conoscenze politiche sono l'unico modo per riuscire negli affari (contro una media UE del 47 per cento). Secondo il Global Competitiveness Report 2013-2014, la distrazione di fondi pubblici dovuta alla corruzione, il favoritismo dei pubblici ufficiali e la progressiva perdita di credibilità etica della classe politica agli occhi dei cittadini sono le note più dolenti della governance in Italia. La Commissione europea rileva tuttavia che l'adozione nel 2012 di una legge anti-corruzione rappresenta un significativo passo avanti nella lotta contro la corruzione in Italia, in particolare sul lato delle politiche di prevenzione.
      La Commissione suggerisce le seguenti misure per la riduzione del fenomeno: il rafforzamento dei regime di integrità delle cariche elettive e di governo nazionali, regionali e locali, attraverso codici etici, strumenti di rendicontazione, sanzioni dissuasive in caso di violazione; il potenziamento del quadro giuridico e istituzionale sul finanziamento dei partiti; l'eliminazione delle lacune circa il regime di prescrizione; Pag. 108il rafforzamento dei poteri e della capacità dell'autorità nazionale anticorruzione CIVIT; un quadro uniforme per i controlli interni con l'affidamento della revisione contabile della spesa pubblica a controllori esterni indipendenti a livello regionale e locale, soprattutto in materia di appalti pubblici; un sistema uniforme, indipendente e sistematico di verifica del conflitto di interessi e delle dichiarazioni patrimoniali dei pubblici ufficiali, con relative sanzioni deterrenti; una maggiore trasparenza nel settore degli appalti pubblici, ad esempio ponendo l'obbligo per tutte le strutture amministrative di pubblicare online i conti e i bilanci annuali, insieme alla ripartizione dei costi per i contratti pubblici di opere, forniture e servizi, in linea con la normativa anticorruzione. In tale ambito la Commissione suggerisce anche di conferire alla Corte dei conti il potere di effettuare controlli senza preavviso, nonché di garantire il pieno recepimento ed attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato.
      Come si diceva, il provvedimento in esame si può considerare una risposta, naturalmente non l'unica, alle richieste che provengono dall'Europa affinché il fenomeno corruttivo in Italia possa sensibilmente diminuire.
      In merito ai delitti contro la pubblica amministrazione, all'articolo 1 si è proceduto ad un innalzamento delle pene in maniera coordinata andando ad incidere sui delitti di corruzione per l'esercizio delle funzioni, di corruzione per atto contrario ai doveri dell'ufficio, di corruzione in atti giudiziari, di induzione indebita a dare o promettere utilità e di peculato.
      L'esigenza di un inasprimento sanzionatorio è nata dal reato di corruzione per il quale si è ritenuto di innalzare sia il minimo che il massimo, portandoli da 4 a 8 anni, come previsto dalla normativa vigente, a da 6 a 10 anni. Una volta innalzata tale pena si è reso necessario, per ragioni di coordinamento, un intervento anche su altri reati contro la pubblica amministrazione. Come è stato già sottolineato nel corso dei lavori preparatori del Senato, l'inasprimento della pena del reato di corruzione non deve essere letto unicamente in una ottica di prevenzione, essendo ben chiaro che la prevenzione non si ottiene unicamente attraverso pene più severe, ma anche e soprattutto rendendo più trasparente l'azione della pubblica amministrazione o con strumenti premiali, come ad esempio apposite circostanze attenuanti. Come vedremo, queste misure sono presenti nel testo in esame. Ritornando all'aumento di pena per il reato di corruzione, l'esigenza di procedere in tal senso deve essere ricondotta al profilo retributivo della pena: rispetto alla gravità del fatto corruttivo la pena attualmente prevista appare troppo esigua. La pena di quattro anni prevista come pena minima non corrisponde assolutamente all'alto grado di disapprovazione sociale del fenomeno corruttivo. La stessa considerazione vale per la pena massima di 8 anni. L'innalzamento della pena massima ha poi un effetto indiretto che non possiamo considerare secondario: l'innalzamento dei termini di prescrizione. Non è questa l'occasione per soffermarci sui tempi di prescrizione del reato, considerato che il tema, anche con particolare riferimento ai reati di corruzione, è oggetto di una proposta di legge approvata dalla Camera che ora si trova all'esame del Senato, tuttavia non posso non segnalare che i termini vigenti troppo spesso portano alla prescrizione dei reati corruzione, i cui processi soventemente iniziano a pochi anni dalla scadenza della prescrizione, in quanto vi è una concreta difficoltà a far emergere il fatto corruttivo che è celato dal patto tra corrotto e corruttore.
      Una volta individuate in 6 e 10 anni la pena minima e massima del reato di corruzione propria, sono state declinate le pene previste per gli altri reati sopra citati. A titolo di esempio, la corruzione in atti giudiziari viene punita, nella ipotesi base, con la pena da 6 a 12 anni anziché da 4 a 10, mentre la pena minima di ipotesi aggravate è stata portata dea 6 ad 8.
      Come si è accennato, sono state inasprite anche le pene accessorie connesse ai Pag. 109reati contro la pubblica amministrazione. In questo caso il profilo preventivo ha sicuramente una maggiore valenza. In particolare, è stato portato da 3 a 5 anni il termine massimo di durata del periodo in cui vi è l'incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione. È stato invece portato da 3 a 2 anni il periodo della condanna di reclusione per reati contro la pubblica amministrazione che determina l'estinzione del rapporto di lavoro od impiego.
      Nel testo vi sono altre misure preventive, come ad esempio l'articolo 7 che prevede a carico del pubblico ministero che esercita l'azione penale per delitti contra la pubblica amministrazione l'obbligo di informare il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione.
      Anche l'articolo 8, che attiene ai compiti dell'Autorità nazionale anticorruzione, ha una natura prevalentemente preventiva. In particolare, intervenendo sulla cosiddetta legge Severino si attribuisce all'Autorità nazionale anticorruzione anche l'esercizio della vigilanza e del controllo sui contratti esclusi in tutto o in parte dall'ambito di applicazione del codice dei contratti pubblici (ad esempio contratti segretati o che esigono particolari misure di sicurezza; appalti aggiudicati in base a norme internazionali, particolari contratti di servizi) di cui agli articoli 17 e seguenti del Codice degli appalti (D.Lgs. 163 del 2006). Si prevedono altresì specifici obblighi informativi verso l'Autorità nazionale anticorruzione, prevedendo che, in riferimento ai procedimenti di scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, le stazioni appaltanti debbano trasmettere all'Autorità nazionale anticorruzione una serie di informazioni relative all'appalto (la struttura proponente; l'oggetto del bando; l'elenco degli operatori invitati a presentare offerte; l'aggiudicatario; l'importo di aggiudicazione; i tempi di completamento dell'opera, servizio o fornitura; l'importo delle somme liquidate).
      Nell'ottica dell'articolo 7, si prevede che nelle controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica, il giudice amministrativo trasmette all'Autorità nazionale anticorruzione ogni informazione o notizia rilevante emersa nel corso del giudizio che, anche in esito a una sommaria valutazione, ponga in evidenza condotte o atti contrastanti con le regole della trasparenza.
      Sul tali disposizioni si è soffermato il Presidente dell'ANAC, dott. Cantone, in sede di audizione esprimendo un giudizio assolutamente positivo. Quanto alla modifica dell'articolo 129, comma 3, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, prevista dall'articolo 7 del disegno di legge, che sostanzialmente consente all'Autorità nazionale anticorruzione di avere notizia dell'esistenza di procedimenti penali, il dottor Cantone ne ha sottolineato l'utilità per la possibilità di esercitare sia le funzioni di vigilanza con riferimento agli appalti previsti dal codice degli appalti di cui al decreto legislativo n.  163 del 2006, sia le funzioni riferite ai possibili commissariamenti previsti dall'articolo 32 del decreto-legge n.  90 del 2014, sia le funzioni di controllo previste dalla legge n.  190 del 2012, sul rispetto dei piani anticorruzione. Con riferimento alle modifiche che sono state introdotte dall'articolo 8 del disegno di legge la valutazione è stata positiva in quanto esse ampliano il livello di conoscenza dell'Autorità nazionale anticorruzione. Il dottor Cantone ha dichiarato particolare interesse per l'introduzione della lettera f-bis) del comma 2 dell'articolo 1 della legge n.  190 del 2012, che di fatto estende la possibilità che l'Autorità nazionale anticorruzione possa svolgere attività di vigilanza in particolare sui contratti segretati, scelta molto opportuna e anche molto coraggiosa e valuta molto positivamente la norma contenuta nel comma 3 del medesimo articolo, la quale prevede che anche le controversie dinanzi al giudice amministrativo possano essere rese note all'ANAC.Pag. 110
      Inoltre, il dottor Cantone, con riferimento all'assetto generale dell'impianto normativo del provvedimento, ha considerato positivamente la scelta di reintrodurre una norma che penalizzi in modo concreto e serio l'ipotesi del falso in bilancio, considerando una scelta concreta quella di individuare una diversa tipologia della sanzione in relazione alle società che hanno un diverso meccanismo di pubblicità e di impatto sul mercato. Riguardo all'introduzione, nella fattispecie della concussione, del soggetto incaricato di pubblico servizio, il dottor Cantone ha osservato che si tratta di una scelta opportuna, resa necessaria dai problemi che erano emersi a seguito dello spacchettamento previsto dalla legge Severino.
      Una disposizione di natura preventiva, contenuta nell'articolo 1, la cui efficacia appare di tutta evidenza, è la modifica dell'articolo 323-bis del codice penale avente ad oggetto le circostanze attenuanti. In particolare, si prevede per alcuni delitti contro la pubblica amministrazione una diminuzione della pena da un terzo a due terzi per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite. La formulazione utilizzata riprende, pur con alcune variazioni, quella di altre attenuanti per collaborazione previste dalle disposizioni vigenti.
      Specialmente nei reati caratterizzati dal patto corruttivo questa scriminante potrà essere molto utile quale stimolo per la rottura di tale patto.
      Il fenomeno corruttivo viene affrontato dal provvedimento anche sotto il profilo economico, costituendo un grave danno economico per il Paese. In questo ambito deve essere inserito l'articolo 2, diretto a modificare l'articolo 165 del codice penale, relativo agli obblighi cui deve sottostare il condannato per potere accedere all'istituto della sospensione condizionale della pena. In particolare, viene subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena al condannato per alcuni delitti contro la pubblica amministrazione anche alla condizione specifica della riparazione pecuniaria nei confronti dell'amministrazione lesa (in caso di corruzione in atti giudiziari, nei confronti del Ministero della giustizia).
      Tale riparazione – che è sempre ordinata al condannato per un delitto contro la pubblica amministrazione in base all'articolo 322-quater c.p. (introdotto dall'articolo 4 della proposta di legge) – consiste in una somma equivalente al profitto del reato ovvero all'ammontare di quanto indebitamente percepito. L'articolo 4, in particolare, disciplina la riparazione pecuniaria nei confronti dell'amministrazione lesa stabilendo, in caso di condanna per delitto contro la pubblica amministrazione, che al pubblico ufficiale, o all'incaricato di un pubblico servizio, colpevole debba essere ordinato anche il pagamento di una somma equivalente al profitto del reato ovvero all'ammontare di quanto indebitamente percepito. La riparazione pecuniaria è in favore dell'amministrazione di appartenenza e, nel caso della corruzione in atti giudiziari, in favore dell'amministrazione della giustizia.
      Si tratta di disposizioni che hanno una valenza sia simbolica che concreta, considerato che la corruzione ha gravi effetti anche sull'economia del paese.
      In questa ottica si muove anche l'articolo 6 che modifica la disciplina del patteggiamento, prevedendo che quando si procede per alcuni delitti contro la pubblica amministrazione, l'accesso a questo rito speciale sia subordinato alla restituzione del prezzo o del profitto conseguito.
      Queste ultime disposizioni di profilo economico hanno sicuramente una forte efficacia preventiva, in quanto possono servire a dissuadere colui che intende commettere atti corruttivi.
      L'articolo 3 estende l'ambito della qualifica soggettiva del reato di concussione all'incaricato di pubblico servizio: al pubblico ufficiale viene infatti aggiunto anche l'incaricato di un pubblico servizio.
      Originariamente, infatti, il codice penale Rocco non prevedeva tra i possibili Pag. 111autori del reato l'incaricato di un pubblico servizio, ma solo il pubblico ufficiale. Con la legge n.  86 del 1990 è stato aggiunto il riferimento anche all'incaricato di un pubblico servizio, poi da ultimo espunto dal codice dalla recente legge Severino, che ha anche escluso da questo reato la fattispecie per induzione (collocata all'articolo 319-quater e imputabile tanto al pubblico ufficiale quanto all'incaricato di un pubblico servizio).
      La Corte di cassazione (SSUU, sentenza n.  12228 del 24/10/2013) ha chiarito che l'abuso costrittivo dell'incaricato di pubblico servizio, prima dell'entrata in vigore della legge n.  190 del 2012 sanzionato dall'articolo 317 c.p., è attualmente un illecito estraneo allo statuto dei reati contro la pubblica amministrazione ed è punibile, a seconda dei casi concreti, in base alle disposizioni incriminatrici dell'estorsione, della violenza privata o della violenza sessuale, fattispecie tutte che si pongono in rapporto di continuità normativa con la precedente norma di cui all'articolo 317 cod. pen., con la conseguenza che, in relazione ai fatti pregressi, sarà compito del giudice verificare in concreto quale norma contiene la disposizione più favorevole da applicare.
      La reintroduzione dell'incaricato di un pubblico servizio tra i possibili autori del delitto di concussione è così motivata dalla relazione illustrativa dell'originario disegno di legge S.  19 (Grasso e altri): «perché non ha senso punire soltanto il primo [pubblico ufficiale], quando lo stesso comportamento può essere posto in essere da un concessionario di un servizio pubblico (RAI, ENI, personale sanitario, eccetera) con effetti parimenti devastanti sull'etica dei rapporti».
      Prima di passare al cosiddetto falso in bilancio, occorre soffermarsi sull'articolo 5 che incrementa la pena di un delitto estraneo ai delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, ma che spesso è connesso con questi: il delitto di associazione di stampo mafioso.
      In particolare la disposizione, alla lettera a), interviene sul primo comma dell'articolo 416-bis c.p. elevando la pena per la partecipazione all'associazione, che passa nel minimo da 7 a 10 anni e nel massimo da 12 a 15 anni.
      La lettera b) della disposizione interviene sul secondo comma dell'articolo 416-bis, aumentando la pena detentiva da comminarsi a coloro che promuovono o dirigono o organizzano l'associazione. Tali condotte, attualmente sanzionate con la reclusione «da 9 a 14 anni» vengono punite con una pena detentiva «da 12 a 18 anni» La lettera c), infine, modifica il quarto comma dell'articolo 416-bis, innalzando le pene ivi previste per la fattispecie incriminatrice di associazione armata: per colui che vi partecipa, la pena – attualmente prevista da 9 a 15 anni di reclusione – è portata a 12 anni nel minimo e a 20 anni nel massimo; per colui che la promuove, dirige, organizza, la pena – attualmente prevista da 12 a 24 anni – è portata a 15 anni nel minimo e a 26 anni nel massimo.
      Come si è detto, la seconda parte del provvedimento attiene alla materia del falso in bilancio. La connessione con la prima parte del provvedimento è nel rapporto di propedeuticità tra la falsificazione dei bilanci al fine di creare bilanci in nero ed il fenomeno corruttivo.
      La riforma del 2002 aveva sostanzialmente determinato la depenalizzazione del reato che vedeva, per così come formulato, una scarsa applicazione, nonostante che il fenomeno dei bilanci in nero non fosse diminuito.
      Il testo trasmesso dal Senato, che è il risultato dell'approvazione di un emendamento del Governo, supera questa situazione di sostanziale depenalizzazione facendo cadere le soglie di non punibilità, prevedendo sempre, salvo un caso particolare, la perseguibilità d'ufficio, profilando un doppio binario di sanzioni legato al volume d'affari della società e parificando le società quotate ad altre società che pur non essendo quotate hanno medesima rilevanza economica.
      La materia è estremamente delicata in quanto il rischio di estremismi è alto: da un lato vi è l'estremismo nel quale è caduta la riforma del 2002 che ha di fatto Pag. 112depenalizzato il reato, dall'altro vi è l'estremismo opposto altamente pericoloso per le imprese e la stessa economia che consiste nel punire penalmente anche le violazioni del tutto formali e sostanzialmente irrilevanti delle regole di bilancio. Il testo trasmesso dal Senato non cade in nessuno dei due estremismi trovando un punto di equilibrio tra tutte le esigenze che stanno alla base del reato di falso in bilancio.
      Preliminarmente ci si soffermerà sulla struttura data dal Senato al reato di falso in bilancio, per poi procedere ad una illustrazione più dettagliata della normativa.
      La scelta di fondo fatta nel testo, come risulta dai lavori preparatori del Senato, è quella di considerare che i delitti di falso hanno una struttura unitaria e che il falso in bilancio non è altro che una ipotesi particolare di manifestazione dei reati di falso.
      Si tratta di un reato proprio, estendibile a soggetti diversi da quelli previsti come soggetti attivi attraverso il meccanismo del concorso di persone, caratterizzato dal dolo specifico («al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto») e dal fatto che le informazioni e le comunicazioni sociali oggetto del reato sono solo quelle tipicamente previste dalla legge, nel rispetto del principio costituzionale di determinatezza. Oggetto di esposizione falsa o di omessa esposizione sono solo i «fatti materiali rilevanti», affinché sia rispettato anche un altro principio costituzionale: l'offensività del reato. I fatti inoffensivi sono irrilevanti.
      Sempre in relazione al principio di offensività occorre tenere conto che il Senato si è fatto carico della concomitante riforma della tenuità del fatto. da un alto si è prevista, salvo per le società quotate e parificate, una circostanza attenuante e, dall'altro, si è fatta una specificazione, anche in questo caso con l'esclusione delle le società quotate e parificate, sui criteri che il giudice deve valutare per applicare l'istituto della non punibilità per particolare tenuità, di cui all'articolo 131-bis del codice penale, stabilendo che il criterio prevalente da valutare debba essere quello dell'entità del danno cagionato a società soci o creditori.
      La struttura è, quindi, la seguente: l'ipotesi generale prevista dall'articolo 2621; la circostanza attenuante della lieve entità prevista dal primo comma dell'articolo 2621-bis; la previsione, nel successivo comma, di una presunzione ex lege di lieve entità per tutti quei fatti relativi alle società di cui al comma 2 dell'articolo 1 del regio decreto n.  267 del 1942, (la legge fallimentare), qualora quelle società ricadano entro determinati limiti quantitativi legati all'attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo, ai ricavi lordi ed all'ammontare di debiti (in questi casi il reato è perseguibile a querela); una speciale ipotesi di particolare tenuità del fatto prevista dall'articolo 2621-ter che privilegia il dato relativo all'entità del danno rispetto agli altri parametri individuati dall'articolo 131-bis del codice penale. che già caratterizzano per l'appunto quella speciale tenuità di cui all'articolo 131-bis del nostro codice penale.
      Questa struttura complessa non è stata riprodotta per le società quotate e parificate, che sono oggetto dell'articolo 2622. In questo ambito vi rientrano quelle società che operano all'interno di mercati regolamentati, ovvero che si trovano in una delle quattro situazioni ritenute equivalenti dal secondo comma dell'articolo 2622. Si tratta di falsità che determinano un danno maggiore rispetto a quello relativo alle società che rientrano nell'ambito dell'articolo 2621, per cui si prevede una sanzione più grave (da tre a otto anni, anziché da uno a cinque anni) e l'inapplicabilità delle ipotesi previste dagli articoli 2621-bis e 2622-ter sui fatti di lieve entità e di particolare tenuità.
      A questo punto vorrei richiamare l'audizione del dottor Francesco Greco, coordinatore del dipartimento di diritto penale dell'economia, affari civili societari e reati fallimentari presso la Procura della Repubblica di Milano, che è comunemente riconosciuto come uno dei massimi esperti della materia, in quanto in tale audizione sono stati fatti dei chiarimenti che sono Pag. 113molto utili per sgombrare il campo da dubbi interpretativi che secondo alcuni potrebbero determinare una restrizione significativa del campo applicativo del reato con particolare riferimento alle cosiddette valutazioni false.
      In primo luogo, il dottor Greco ha formulato un giudizio complessivamente positivo sul disegno di legge, ritenendo che non sia necessario intervenire con delle modifiche su di esso in quanto gli aspetti che possono sembrare più critici possono essere agevolmente superati attraverso l'attività dell'interprete. In merito al delitto di falso in bilancio, il dottor Greco ha concentrato l'attenzione sull'unico punto che potrebbe essere considerato veramente critico, rappresentato dalla formula «fatti materiali rilevanti» introdotta con il disegno di legge. Tra l'altro, la questione ha una certa delicatezza perché il nuovo testo subentra a quello attualmente vigente, nel quale viene fatto riferimento a «fatti materiali, ancorché oggetto di valutazione». Il dottor Greco ha ricorda come nell'articolo 2621 del codice del 1942, relativo al falso in bilancio applicato fino al 2002, si parlasse di «fatti non rispondenti al vero» e che pertanto il concetto di fatto non è nuovo al sistema. A questo proposito è stato ricordato che il termine materiale è stato mutuato dall'inglese (material fact). In inglese material significa rilevante. La nozione di «fatto materiale rilevante» non si contrappone a quella di «fatto immateriale».. D'altro canto, la semplice lettura delle disposizioni del codice civile, dagli articolo 2423 e seguenti, che fissano i parametri fondamentali per la redazione del bilancio, dello stato patrimoniale e del conto economico, chiarisce che tutte le voci e poste importano la traduzione, in grandezze convenzionali, di elementi necessariamente fattuali.
      Sulle altre disposizioni in materia di falso in bilancio il dottor Greco ha affermato di essere sostanzialmente d'accordo sulla struttura della norma e anche sulla gradualità delle pene, con l'indicazione che il fatto che l'articolo 2621 abbia una pena fino a cinque anni, in modo da escludere le intercettazioni telefoniche, lo vede sostanzialmente indifferente, in quanto le indagini su fatti di falso in bilancio non richiedono, sulla base della sua esperienza, l'utilizzo di questore strumento di prova.
      Si passa ora alla descrizione della normativa approvata dal Senato.
      L'articolo 9 riformula l'articolo 2621 del codice civile – la cui rubrica rimane inalterata – sul falso in bilancio in società non quotate. Prevede che le false comunicazioni sociali, attualmente sanzionate come contravvenzione, tornino ad essere un delitto, punito con la pena della reclusione da 1 a 5 anni. Nulla cambia in relazione ai soggetti in capo ai quali la responsabilità è ascritta (amministratori, direttori generali, dirigenti addetti alla predisposizione delle scritture contabili, sindaci e liquidatori). Nel nuovo articolo 2621 c.c., la condotta illecita consiste nell'esporre consapevolmente fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero od omettere consapevolmente fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo concretamente idoneo a indurre altri in errore; per il reato è confermata la procedibilità d'ufficio.
      Oltre al passaggio da contravvenzione a delitto, i principali elementi di novità del nuovo reato falso in bilancio di cui articolo 2621 del codice civile sono i seguenti: scompaiono le soglie di non punibilità (previste dal terzo e quarto comma dell'articolo 2621); è modificato il riferimento al dolo (in particolare, permane il fine del conseguimento per sé o per altri di un ingiusto profitto, ma viene meno «l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico» mentre è esplicitamente introdotto nel testo il riferimento alla consapevolezza delle falsità esposte); è eliminato il riferimento all'omissione di «informazioni» sostituito da quello all'omissione di «fatti materiali rilevanti» (la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene); è introdotto l'elemento oggettivo ulteriore Pag. 114della «concreta» idoneità dell'azione o omissione ad indurre altri in errore.
      L'articolo 10 introduce nel codice civile due nuove disposizioni dopo l'articolo 2621: gli articoli 2621-bis (Fatti di lieve entità) e 2621-ter (Non punibilità per particolare tenuità).
      L'articolo 2621-bis c.c. disciplina l'ipotesi che il falso in bilancio di cui all'articolo 2621 sia costituito da fatti «di lieve entità», salvo che costituiscano più grave reato.
      Tale fattispecie, punita con la reclusione da sei mesi a tre anni (fatta salva la non punibilità per particolare tenuità del fatto, v. ultra, nuovo articolo 2621-ter c.c.) viene qualificata dal giudice tenendo conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta.
      Il nuovo articolo 2621-ter del codice civile prevede che, ai fini della non punibilità prevista dall'articolo 131-bis del codice penale per particolare tenuità dell'illecito (disposizione introdotta dal recente d.lgs. 16 marzo 2015, n.  28), il giudice valuta, in modo prevalente, l'entità dell'eventuale danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori dal falso in bilancio di cui agli artt. 2621 e 2621-bis.
      L'articolo 11 del disegno di legge modifica l'articolo 2622 del codice civile, attualmente relativo alla «fattispecie di false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori».
      Tale fattispecie viene sostituita dal delitto di «false comunicazioni sociali delle società quotate» – individuate dal nuovo articolo 2622, primo comma, come le società eminenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese della UE – sanzionato con la pena della reclusione da tre a otto anni.
      Attualmente quindi, l'articolo 2622 sanziona il falso in bilancio nelle società quotate con la reclusione da uno a quattro anni. L'aumento di pena, nel massimo, da quattro ad otto anni previsto dalla nuova fattispecie rende possibile nelle relative indagini l'uso delle intercettazioni.
      Anche in questo caso, i soggetti attivi del reato sono gli stessi di cui all'attuale articolo 2622 ovvero amministratori, direttori generali, dirigenti addetti alla predisposizione delle scritture contabili, sindaci e liquidatori, con la differenza che qui si tratta di ruoli ricoperti in società quotate.
      La condotta illecita per il falso in bilancio nelle società quotate consiste nell'esporre consapevolmente fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettere fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene in modo concretamente idoneo a indurre altri in errore sulla situazione economica della società.
      I principali elementi di novità del nuovo falso in bilancio delle società quotate di cui articolo 2622, primo comma, del codice civile – che parzialmente coincidono con quelli di cui all'articolo 2621 – sono i seguenti: la fattispecie è configurata come reato di pericolo anziché (come ora) di danno; scompare, infatti, ogni riferimento al danno patrimoniale causato alla società; le pene sono aumentate (reclusione da tre a otto anni, anziché da uno a quattro anni); scompaiono, come nel falso in bilancio delle società non quotate, le soglie di non punibilità (previste dai commi 4 ss. del vigente articolo 2622); è modificato il riferimento al dolo (permane il fine del conseguimento per sé o per altri di un ingiusto profitto, ma viene meno «l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico» mentre è esplicitamente introdotto nel testo il riferimento alla consapevolezza delle falsità esposte); è eliminato il riferimento all'omissione di «informazioni», sostituito da quello all'omissione di «fatti materiali rilevanti» (la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene); è introdotto come nell'articolo 2621 l'elemento oggettivo ulteriore Pag. 115della «concreta» idoneità dell'azione o omissione ad indurre altri in errore.
      11 comma 2 del nuovo articolo 2622 c.c. equipara alle società quotate in Italia o in altri mercati regolamentati dell'UE, ai fini dell'integrazione della fattispecie penale di false comunicazioni sociali delle società quotate, le seguenti tipologie societarie: le società emittenti strumenti finanziari per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'Unione europea (ovvero quelle società che, pur non essendo ancora quotate, hanno avviato le procedure necessarie); le società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un sistema multilaterale di negoziazione italiano; le società che controllano società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'Unione europea; le società che fanno appello al pubblico risparmio (cd. Società aperte, che possono essere anche non quotate ma le cui azioni sono diffuse in modo rilevante tra il pubblico secondo i parametri sanciti dalla Consob) o che comunque lo gestiscono.
      La disciplina sanzionatoria, ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 2622 del codice civile, trova anche applicazione con riguardo alle falsità o omissioni riguardanti beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.
      L'articolo 12 modifica l'articolo 25-ter del D. Lgs. 231 del 2001 (responsabilità amministrativa delle persone giuridiche), il quale reca una disciplina dei criteri di imputazione della responsabilità degli enti valevole per i reati societari.
      In particolare, la lettera a) del comma 1 dell'articolo modifica l'alinea del comma 1 dell'articolo 25-ter citato, intervenendo sui criteri soggettivi di imputazione della responsabilità e che comporta l'applicazione di sanzioni pecuniarie (per quote). La norma, nella formulazione vigente, limita per i reati societari la cerchia dei possibili autori del fatto a soggetti che ricoprono specifici ruoli nella compagine organizzativa dell'ente (amministratori, direttori generali, liquidatori o persone sottoposte alla loro vigilanza). Tale limitazione viene ora superata dalla soppressione del riferimento ai citati ruoli di vertice. La lettera b) interviene sulla lettera a) del comma 1 del citato articolo 25-ter, da un lato, sostituendo il riferimento al reato contravvenzionale con quello al «delitto di false comunicazioni sociali» di cui all'articolo 2621 c.c. e, dall'altro, elevando il limite massimo edittale della relativa sanzione pecuniaria da trecento a quattrocento quote. La lettera c) introduce una ulteriore lettera a-bis), al comma 1 dell'articolo 25-ter in conseguenza dell'introduzione del nuovo articolo 2621-bis (falso in bilancio di lieve entità) nel codice civile. In relazione a tale fattispecie la norma prevede la sanzione pecuniaria da cento a duecento quote. La lettera d) del comma 1 dell'articolo 12 della p.d.l. sostituisce la lettera b) dell'articolo 25-ter, prevedendo per tale delitto la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote (attualmente, la sanzione va da trecento a seicentosessanta quote). La lettera e) del comma 1 dell'articolo 11 del disegno di legge abroga infine la lettera c) dell'articolo 25-ter citato che, a legislazione vigente, prevede per il delitto di false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori nelle società quotate (articolo 2622, terzo comma, c.c.), la sanzione pecuniaria da quattrocento a ottocento quote.