XVII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 444 di mercoledì 17 giugno 2015
Pag. 1PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI
La seduta comincia alle 10.
DAVIDE CAPARINI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Artini, Michele Bordo, Censore, Antimo Cesaro, Dambruoso, Dellai, Di Lello, Epifani, Garavini, Lorenzin, Losacco, Manciulli, Marotta, Morassut, Pes, Pisicchio, Rampelli, Realacci, Sanga, Sani, Turco, Valeria Valente e Zampa sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente centodue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,04).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 10,25.
La seduta, sospesa alle 10,05, è ripresa alle 10,30.
Inversione dell'ordine del giorno.
PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
Ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori la presidente della II Commissione (Giustizia), Donatella Ferranti. Ne ha facoltà.
DONATELLA FERRANTI, Presidente della II Commissione. Grazie, Presidente. Noi siamo qui per il testo unificato n. 784-A, che è noto a tutti come un provvedimento dalle implicazioni abbastanza complesse, anche alla luce degli emendamenti che sono stati presentati, e, quindi, rappresento che la Commissione ha ancora bisogno di effettuare un'analisi delle proposte emendative che sono state presentate.
Il Comitato dei nove non ha concluso i suoi lavori e la necessità di maggiore tempo è stata rappresentata dai gruppi unanimemente – dai gruppi presenti questa mattina – e anche dal relatore, ovviamente, con l'adesione del Governo.
Quindi, allo scopo di evitare di richiedere continui rinvii, perché dobbiamo trovare il tempo, tra una ripresa e l'altra, di Pag. 2convocare il Comitato dei nove, penso che sia ragionevole proporre all'Assemblea di procedere a un'inversione dell'ordine del giorno, nel senso di anteporre al seguito della discussione del testo unificato n. 784-A, l'esame dei punti 2, 3 e 4 che, recano, rispettivamente, la Relazione del Comitato Schengen sulla gestione dei flussi migratori, il seguito della discussione delle mozioni in materia di personale del Servizio sanitario nazionale e il seguito della discussione delle mozioni in materia di interventi per la prevenzione e il contrasto della minaccia terroristica di matrice jihadista.
Ovviamente, nel frattempo la Commissione cercherà di riunirsi in sede di Comitato dei nove in modo da lavorare in via definitiva.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ferranti. Non so se tutti i gruppi hanno, con attenzione, ascoltato la proposta della presidente della Commissione giustizia. Se non vi sono obiezioni potremmo considerare la sua proposta accolta, diversamente...
Mi sembra che non vi siano obiezioni, rimane così stabilito, come proposto dalla presidente Ferranti.
(Così rimane stabilito).
Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.
PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 17 giugno 2015, il deputato Ettore Rosato ha reso noto che l'assemblea del gruppo parlamentare Partito Democratico ha proceduto, in data 16 giugno 2015, alla sua elezione a presidente del gruppo, in sostituzione del deputato Roberto Speranza, dimissionario. Al collega Rosato gli auguri di buon lavoro dell'Aula (Applausi).
L'onorevole Fontana proponeva di votare, dopo un intervento a favore e uno contro, ma in questo caso non si può fare...
Seguito della discussione della Relazione, ai sensi dell'articolo 37 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sulle azioni adottate per la gestione dei flussi migratori e sull'impiego di lavoratori immigrati in Italia, nel periodo ottobre 2013-aprile 2015, approvata dal Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione (Doc. XVI-bis, n. 3) (ore 10,32).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della Relazione, ai sensi dell'articolo 37 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sulle azioni adottate per la gestione dei flussi migratori e sull'impiego di lavoratori immigrati in Italia, nel periodo ottobre 2013-aprile 2015, approvata dal Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione.
Ricordo che nella seduta del 15 giugno 2015 si è conclusa la discussione ed è stata presentata la risoluzione Ravetto n. 6-00139, che è stata successivamente sottoscritta anche dai deputati Brandolin, Ermini, Frusone, Buttiglione, Artini, Fauttilli, Campana, Distaso, Gadda e Locatelli (vedi l'allegato A – Risoluzione), sulla quale il rappresentante del Governo ha espresso parere favorevole.
(Dichiarazioni di voto – Doc. XVI-bis, n. 3)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Pia Elda Locatelli. Ne ha facoltà.
Chiederei ai colleghi della Commissione giustizia di sgomberare il banco del Comitato dei nove e lasciare che si assesti il Comitato Schengen.
PIA ELDA LOCATELLI. Signora Presidente, nella gestione di questa crisi umanitaria, Pag. 3il Governo, il Parlamento, l'Italia tutta non hanno nulla da rimproverarsi.
Al di là delle dichiarazioni e delle speculazioni di alcune forze politiche impegnate ad aizzare il malcontento della popolazione per raccogliere voti e consensi, alla prova dei fatti gli italiani hanno fatto prevalere sentimenti di solidarietà e disponibilità all'accoglienza nei confronti dei migranti, uomini e donne. Lo hanno fatto a Lampedusa nella prima accoglienza dei profughi, nelle stazioni di Roma e Milano, al confine di Ventimiglia, Bolzano e in Friuli. Dal sud al nord del Paese nessuno si è tirato indietro e nessuno ha avuto atteggiamenti di chiusura e di intolleranza.
Abbiamo fatto la nostra parte con Mare Nostrum, missione della quale dobbiamo andare fieri, che ha permesso di salvare 100 mila vite, con un costo di meno di 2 euro al giorno per ogni italiano; operazione chiusa troppo presto, nel tentativo di coinvolgere maggiormente l'Europa. Abbiamo approvato mozioni e risoluzioni per chiedere la revisione del regolamento di Dublino per facilitare la mobilità dei rifugiati, affinché possano stabilirsi anche in Paesi dell'Unione europea diversi da quelli in cui hanno effettuato la procedura di asilo, per ragioni familiari, umanitarie e di opportunità economica. Abbiamo avviato una Commissione di inchiesta sullo stato dei CIE e dei CARA per mettere fine alle vergognose condizioni di alcuni centri di accoglienza e trovare soluzioni diverse.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Locatelli. Colleghi, c’è un rumore di fondo assolutamente troppo elevato per poter ascoltare chi parla. Per favore, abbassate il tono della voce. Prego onorevole Locatelli.
PIA ELDA LOCATELLI. La ringrazio, signora Presidente. Anche oggi ci troviamo a votare la relazione del Comitato Schengen ed una risoluzione largamente condivisa, per la quale ringrazio la collega Ravetto a nome della componente socialista.
La risoluzione è volta ad impegnare il Governo a valorizzare appieno, per quanto di sua competenza, quanto previsto dall'articolo 17 del regolamento di Dublino III, promuovendo un sistema di asilo europeo che consenta un'equa ripartizione degli oneri fra Stati membri di primo ingresso e gli altri.
Noi socialisti pensiamo che su questo si giochi la tenuta ed il futuro dell'Europa, la stessa che, trent'anni fa, ebbe il coraggio, con il Trattato di Schengen, di abbattere le frontiere interne; l'Europa, che oggi rischia di naufragare assieme ai barconi dei disperati e alle speranze di milioni di convinti europeisti (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).
PRESIDENTE. È ora iscritto a parlare l'onorevole Fauttilli, che però non vedo in Aula. Questa inversione dell'ordine del giorno forse ha colto di sorpresa un po’ di colleghi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gianluca Pini. Ne ha facoltà.
GIANLUCA PINI. Grazie, Presidente. Il gruppo della Lega Nord non sosterrà il testo di questa di risoluzione, pur avendo contribuito, in sede di Comitato, attraverso il collega senatore Arrigoni, in maniera importante al dibattito riguardante una parte importante, ma non assolutamente esaustiva, di quella che è la problematica che si evidenzia drammaticamente in questi giorni, cioè l'arrivo in maniera pesante, quasi – anzi, non quasi, ma assolutamente – ormai ingestibile, di clandestini sulle coste italiane.
In questa risoluzione il tema è stato incentrato tutto su un articolo del trattato di Dublino III, che noi abbiamo contribuito, come Lega Nord, attraverso il Ministro Maroni, quando eravamo al Governo, a tentare di modificare, proprio nell'ottica di una redistribuzione delle responsabilità in seno all'Unione europea fra tutti gli Stati membri. Sulla carta ci si è riusciti, nella pratica sono sotto gli occhi di tutti le resistenze di Paesi che in sede europea evidentemente contano, che hanno un peso politico vero, e non solo Pag. 4formale, come purtroppo ha l'Italia a causa delle incapacità espresse dal Governo Renzi.
Quindi, è chiaro che il dibattito si è incentrato in sede di Comitato tutto sull'articolo 17, che nessuno disconosce, che tutti chiedono assolutamente di vedere applicato in maniera puntuale, anche perché questo ci permetterebbe effettivamente di spalmare in qualche modo l'onere di valutazione riguardante i soli richiedenti asilo.
Noi, quindi, non votiamo contro questa soluzione per un motivo di merito specifico, che in qualche modo condividiamo tutti quanti – forse proprio noi, prima di tanti altri colleghi di altri gruppi parlamentari, abbiamo chiesto che ci fosse un'Europa che condividesse le responsabilità, non che scaricasse sugli altri quelle che sono le problematiche – ma votiamo contro per una questione politica, perché affrontare in sede di Comitato Schengen solo ed esclusivamente la quota di problema – chiamiamola così – riguardante i richiedenti asilo è riduttivo ed è un esercizio, secondo noi, inutile.
Infatti, questo tipo di risoluzione può essere sì di rafforzamento in termini di dibattito in sede europea, ma non risolve l'altra grande problematica, l'altro grande tema, quello dei clandestini che arrivano da noi per ragioni economiche e non per ragioni di protezione umanitaria. Non essendoci assolutamente alcuna traccia all'interno di questa risoluzione relativa a questo problema, noi non possiamo dare un voto favorevole.
La drammaticità e anche lo scontro sociale... Chiedo scusa, Presidente, ma si fa fatica a parlare..
PRESIDENTE. Ha ragione, collega. Colleghi, non so come altro dirlo: c’è un rumore di fondo eccessivo, capisco che avete altre questioni – vedo un gruppo particolarmente acceso –, vi prego però di uscire qualora abbiate bisogno di parlare !
GIANLUCA PINI. Grazie, Presidente. Dicevo di come non vi sia traccia, all'interno di questa risoluzione, della parte più drammatica, anche in termini di costi e tensioni sociali, di problematiche di convivenza, sostanzialmente impossibili, con chi in maniera clandestina, irregolare e illegale arriva nel nostro Paese pretendendo di avere un trattamento molto più di favore rispetto ai veri poveri che vi sono in questo Paese, l'Italia, che magari con il loro lavoro, prima di averlo perso, hanno contribuito al benessere di tutti quanti.
Capisco il menefreghismo di una certa parte politica, che bada solo ai propri interessi e, quando passano questi barconi, non ci vede delle persone sopra, ma montagne di soldi da distribuire tra Caritas e varie cooperative, come si è visto a Roma. Tuttavia, ricondurre una risoluzione, per quanto ben fatta in termini tecnici, solo ed esclusivamente ad una valutazione di carattere formale sulla piena applicazione dell'articolo 17 del regolamento di Dublino III per noi non è sufficiente.
È pur vero che il nostro collega senatore Arrigoni ha in qualche modo contribuito e dato una sostanziale lettura positiva della questione specifica dei richiedenti asilo, ma, mancando tutto il resto – ripeto che, sulla base dei dati del Ministero dell'interno, oltre il 90 per cento del problema riguarda quelli che voi chiamate migranti economici, che tutti i Paesi dell'Unione, ad eccezion fatta per l'Italia evidentemente, chiedono di trattare attraverso i rimpatri o, addirittura, attraverso i respingimenti, come faceva il Ministro Maroni quando eravamo al Governo –, mancando questa parte, il nostro voto non può essere assolutamente di sostegno.
Non ci nascondiamo dietro l'ambiguità di un'astensione, ma, proprio perché manca la parte più drammatica all'interno di questa risoluzione, il gruppo della Lega Nord voterà contro. Non me ne voglia la presidente Ravetto, ma non è una questione personale, come qualcuno ha detto, bensì politica, perché è da venti anni che noi segnaliamo questo problema e, adesso che è diventato drammatico, tutti quanti a parlarne. Anche questa volta, però, se ne parla qui con una velata ipocrisia, perché si parla soltanto della parte dei richiedenti asilo, persone che possono in qualche Pag. 5modo ottenere una protezione internazionale, mentre non si parla di tutta l'altra parte di migranti che vengono qui in maniera clandestina, magari a delinquere o, magari, come dicono ormai parecchie procure di questo Paese, a fiancheggiare il terrorismo.
Noi ipocriti non lo siamo e questa risoluzione non la votiamo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Artini. Ne ha facoltà.
MASSIMO ARTINI. Grazie, Presidente. Nel limite di tempo che mi viene concesso, intervengo per esprimere la nostra dichiarazione di voto favorevole come gruppo di Alternativa Libera nei confronti della risoluzione.
L'impegno del Comitato Schengen, che in particolare va riconosciuto alla presidente Ravetto per il lavoro che sta facendo in questa legislatura, è fondamentale. L'avere focalizzato, dopo tutta una serie di studi, di audizioni e di valutazioni di tutti i componenti del Comitato, l'attenzione sull'articolo 17 del regolamento di Dublino III è fondamentalmente qualcosa che permetterà a tutti – e mi dispiace che il gruppo della Lega Nord esprimerà un voto contrario – di portare con forza anche in sede europea la volontà forte dell'Italia nei confronti dell'applicazione flessibile dell'articolo 17.
Da parte nostra, il lavoro fatto nel Comitato Schengen è robusto e importante ed ha portato a risoluzioni e atti parlamentari che effettivamente hanno avuto larga maggioranza in Parlamento. Questo tipo di spunto e questo tipo di lavoro fatto dal Comitato devono continuare anche successivamente. Signora Presidente, ribadisco il voto favorevole sulla risoluzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Dambruoso. Ne ha facoltà.
STEFANO DAMBRUOSO. Grazie Presidente, il Comitato Schengen con la propria delibera del 17 dicembre 2013 ha avviato una indagine conoscitiva con l'obiettivo, da un lato, di approfondire le problematiche connesse al massiccio afflusso di migranti sul territorio nazionale, dall'altro, di studiare dinamiche e caratteristiche dei principali flussi migratori in transito verso l'Europa. La relazione offre – e di questo abbiamo obiettivamente apprezzato il contenuto – un contributo al dibattito in corso a livello europeo davvero significativo. A distanza di oltre 5 anni dall'approvazione del cosiddetto Patto europeo per l'immigrazione e l'asilo, il Comitato Schengen ha infatti avviato una verifica della progressiva attuazione del sistema comune europeo, al fine di valutare le politiche di accoglienza dei richiedenti asilo, dei rifugiati e dei cittadini che godono di protezione umanitaria dei singoli Stati dell'Unione e di ricostruire lo stato degli accordi stipulati in materia di asilo, nella prospettiva di una loro possibile modifica a seguito dell'entrata in vigore del regolamento di Dublino III.
Un secondo tema di approfondimento che abbiamo colto con lo stesso tipo di interesse ha riguardato le prospettive di integrazione sul territorio nazionale europeo dei cittadini dei Paesi terzi, richiedenti asilo e non, a seguito delle nuove eccezionali ondate migratorie, con un'analisi di ampio raggio che, partendo dalle procedure di controllo e prevenzione di frontiera, si è concentrata sui moduli di accoglienza e sulla loro possibile revisione, per poi occuparsi dei modelli di incontro tra domanda e offerta di lavoro e delle connesse politiche di inclusione della cooperazione. Da ultimo, in considerazione dei sanguinosi conflitti in corso, soprattutto in taluni Paesi del Medio Oriente e altri, a seguito dei gravi attacchi terroristici che hanno colpito alcuni Paesi europei, il Comitato ha avvertito anche l'esigenza di comprendere nell'attività di monitoraggio del fenomeno migratorio in Europa anche la verifica di possibili violazioni di frontiera da parte di soggetti che, una volta entrati in Europa, possano trasformarsi in soggetti fiancheggiatori o supporter del terrorismo.Pag. 6
Sul versante più strettamente interno il Comitato invece ha avviato una seconda indagine conoscitiva, volta a verificare l'impiego di lavoratori immigrati nelle attività industriali, produttive e agricole e ha approfondito le situazioni di maggiore criticità sul territorio nazionale. Per esempio, ha fatto riferimento a dei distretti meno noti e meno consueti, ma sicuramente non riferibili soltanto al Sud Italia, come la zona del distretto artigianale di Prato, e di questo abbiamo colto con grande interesse anche tutto lo studio. Si è ritenuta necessaria al riguardo una verifica del livello di tutela dei diritti riconosciuti agli stranieri nel testo unico sull'immigrazione e della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale. Per affrontare, inoltre, la complessa realtà migratoria si è stabilito e comunque segnalato che occorrono reazioni adeguate alle esigenze e alle priorità di tutte le parti interessate attraverso un uso migliore degli strumenti esistenti, anche con dei partenariati per la mobilità e le norme comuni.
Nell'andare direttamente al tema tecnicamente più significativo della relazione, il cui intervento andrò a depositare, si profila importante spendere una parola, e non più di una, sull'importanza del tentativo di modificare l'articolo 17 del regolamento di Dublino con riferimento alle due clausole, quella di sovranità e quella umanitaria, che è oggetto dei lavori in corso. Su questo noi insistiamo molto come partito, perché riteniamo che davvero, solo attraverso una rivalutazione e rivisitazione di quell'articolo 17, si potrà da un lato consentire legittimamente a soggetti che transitano e che vogliono solo transitare dal nostro Paese per raggiungere i loro familiari o per raggiungere luoghi dove potranno trovare lavoro, potremmo evitare lo stazionamento e il mantenimento da parte del nostro Paese di migliaia di persone che devono rimanere qui in attesa del riconoscimento imposto da Dublino.
Una Convenzione, un Trattato, quello di Dublino, che risale ad un periodo storico in cui il fenomeno migratorio non aveva queste caratteristiche di epocalità o di significatività, quali quelle che oggi stiamo registrando, e che, invece, all'epoca era vissuto come un fatto solo emergenziale.
Tutti siamo d'accordo – e il Comitato ne ha dato atto – che Dublino deve essere superato e l'Italia sta facendo ogni sforzo per superarlo anche con quelle proposte, di cui si è sentita la segnalazione proprio da parte del Presidente del Consiglio, circa l'introduzione dei permessi di soggiorno temporanei che consentirebbe, appunto, un più veloce passaggio, da parte dei migranti, nel nostro territorio. Ma di tutto questo, appunto, abbiamo parlato nel nostro intervento, che andrò a depositare.
Inoltre, tengo a segnalare che purtroppo il profilo criminale collegato allo sfruttamento di persone deboli, quali i migranti, su cui si sono sviluppate indagini che sono apparse su tutti i media – ma soprattutto sono ancora in corso accertamenti su altri tipi di realtà del nostro territorio – non devono, però, davvero fare dimenticare l'ottimo lavoro che il nostro Paese in ogni caso sta cercando di fare e di mantenere in termini di accoglienza. Evidentemente, non è sufficiente rispetto a questa ondata migratoria, che si è creata negli ultimi tre, quattro anni, ma il nostro è senz'altro il più partecipato e più convinto tra i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, che rappresentano davvero la prima sponda, il primo approdo da parte dei migranti. Per questo anche nella Relazione del Comitato emerge un aspetto di positività che non deve essere sottaciuto, e che non è soltanto sciovinismo o autoreferenzialità nazionalistica, ma è davvero la rappresentazione del profilo positivo che dev'essere comunque valorizzato, pur mantenendo un aspetto di criticità e di osservazione attenta e severa nei confronti di tutto quello che non ha funzionato.
Andrò a depositare il nostro intervento e per noi di Scelta Civica, appunto, la Relazione rappresenta un momento importante, che va apprezzata e che voteremo con assoluta convinzione.
Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della Pag. 7seduta odierna di considerazioni integrative della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Kronbichler. Ne ha facoltà.
FLORIAN KRONBICHLER. Grazie, Presidente. Colleghi, noi diamo atto agli autori di questa Relazione di andare nella giusta direzione. Però, preannunzio subito che a noi questo adattamento del Regolamento di Dublino III non basta. Chiediamo assolutamente il superamento, l'abolizione di questo Regolamento che ha portato a delle scene deleterie, diciamo così, per come le conosciamo.
Io credo di conoscere e di essermi fatto un'idea chiara, una visione del problema dell'immigrazione e dei profughi su ambedue le parti, sia all'entrata in Italia sia alla tentata uscita da questo Paese. Quindici giorni fa, una delegazione del Parlamento italiano, condotta dalla collega Garavini, ha portato una delegazione del Bundestag tedesco a farsi un'idea. Li abbiamo portati in Sicilia, a Lampedusa, facendoli assistere anche alle operazioni di salvataggio e poi, per mia iniziativa, siamo andati a vedere la situazione all'uscita, al confine dell'Italia con l'Austria, al passo del Brennero, che è un punto nevralgico – da due anni – dove ci sono stati degli eventi che negli ultimi giorni si sono drammatizzati, portando a delle scene, diciamo così, che fanno vergogna allo Stato di diritto, ai diritti umani e che rappresentano un attentato proprio contro di questi.
Dunque, in Italia arrivano persone che l'anno scorso erano già state respinte. Abbiamo contato fin oltre 5 mila respingimenti, che quest'anno saranno tutti superati.
Però sono respingimenti che non hanno alcun difetto, sono soltanto una presa in giro, una umiliazione dei profughi che ci vanno. Infatti, proprio stamattina ho appena telefonato al questore di Bolzano, che mi conferma come sempre vengono respinti, vengono bistrattati e poi passano comunque. Da settimane la stazione di Bolzano dà l'immagine di un posto militarizzato. A ogni treno internazionale che arriva, appena si ferma, si posizionano dei soldati presso ogni porta. Inevitabilmente sono gli stessi poliziotti che lo denunciano perché non vogliono esporsi a questi sospetti. In fondo, danno un'immagine razzista. Tutte le persone di pelle nera o soltanto tendenzialmente scura vengono fermate e non possono salire. Tutto questo è l'effetto deleterio di questo regolamento Dublino III.
Questo va superato, devo dire proprio ad onore delle associazioni e anche della politica locale della provincia di Bolzano, che stanno facendo un lavoro perbene. Ci sono volontari, c’è un'associazione che si chiama Volontarius, la Caritas, non ci sono problemi umanitari di questo tipo; è un problema di diritto, di Stato di diritto anche. Addirittura l'Italia ha abdicato alla sua sovranità. Ci sono unità di polizia dell'Austria, della Germania, che non attendono solo i profughi, perché non si fidano più dell'Italia, non attendono al confine, salgono sui treni già a Verona. Dicono di dare una mano, ma in fondo è una abdicazione alla sovranità in un campo in cui ci sono di mezzo le persone, destini umanitari di donne e di bambini. Abbiamo respingimenti oramai di centinaia di minori non accompagnati.
Quindi, questa risoluzione, per quanto sia ben intenzionata, non ci basta. Sinistra Ecologia Libertà si asterrà, rinviando. Rilanciamo in altro momento con una risoluzione nostra e penso molto più efficace e più seria.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buttiglione. Ne ha facoltà.
ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie Presidente, onorevoli colleghi, mi spiace che l'onorevole Kronbichler si astenga, forse non ha letto bene la risoluzione. La risoluzione non si limita a fare appello all'articolo 17, dicendo che potremmo fare uso delle clausole di salvaguardia dell'articolo Pag. 817, dice qualcosa di più. Leggo: promuovere un sistema di asilo europeo, che consenta un'equa ripartizione degli oneri tra gli Stati membri. Quello che qui si propone non è solo il possibile appello alle clausole di salvaguardia; è un'interpretazione evolutiva di Dublino III, un'interpretazione la quale muove verso quello che è il punto di arrivo che già in Dublino III teoricamente tutti accoglievano, anche se poi sono stati posti dei limiti che lo hanno sostanzialmente ridotto. Ci vuole un sistema di asilo europeo. Oggi ci sono Paesi come la Germania che non hanno nessun confine esterno; il confine esterno è affidato tutto ad altri Paesi. Possono questi Paesi non farsi carico di partecipare alla difesa del confine, ma anche all'accoglienza che avviene sul confine ? Certo, i tedeschi diranno: ma noi abbiamo un gran numero di persone che arrivano. È vero, forse anche più che in Italia, anzi sicuramente più che in Italia, tuttavia c’è una differenza fra il profugo che ha diritto all'asilo e l'immigrato clandestino. L'immigrato clandestino arriva con l'aereo, con il visto turistico, e rimane dopo che è scaduto il visto turistico.
L'immigrato clandestino è diverso dal profugo, il profugo questo non lo può fare, perché i documenti non li ha, sta scappando per salvarsi la vita e i documenti non glieli hanno dati per potere espatriare. Questo ricade in modo del tutto particolare sui Paesi che sono alla frontiera. Allora, su questo noi dobbiamo avere una posizione ferma in vista del prossimo Consiglio europeo: andare verso un sistema di asilo europeo. Non dobbiamo nasconderci le nostre debolezze: gli ostacoli che noi incontriamo derivano, in buona parte, dal fatto che noi non siamo in grado, con chiarezza, di distinguere tra il profugo e l'immigrato illegale, e questo perché la nostra legge non funziona. Non funziona, perché i decreti di espulsione non vengono eseguiti, c’è diritto di appello alla magistratura, la magistratura ci mette un anno e mezzo e in quell'anno e mezzo colui che ha ricevuto il decreto di espulsione entra in clandestinità.
Dobbiamo fare una riflessione e dobbiamo intervenire su questo, perché non potremo avere la fiducia dei nostri partner europei per fare davvero un passo verso l'asilo comune europeo, se non mostriamo di essere capaci di distinguere tra profugo e immigrato clandestino, di non avere il controllo del nostro territorio e di non essere capaci di rimandare gli immigrati clandestini indietro, quando non hanno titolo per stare in Italia. Potremmo agire in molti modi, uno potrebbe essere di dire: il decreto di espulsione è una misura amministrativa, puoi fare appello, sì, ma prima torni al tuo Paese e poi da lì fai appello. Questo semplificherebbe moltissimo i decreti di espulsione. Oppure puoi istituire delle sezioni specializzate del tribunale che si occupano, in tempi brevi e certi, soltanto dei decreti di espulsione. Ci sono diverse modalità con le quali lo puoi fare, ma è necessario farlo, perché oggi soltanto, forse, il 25 per cento dei decreti di espulsione vengono effettivamente eseguiti. Per amor di Dio, puoi anche prendere misure incentivanti per essere più umano, che aiutino chi rimandi indietro a reinserirsi nel suo ambiente di origine, ma dobbiamo affrontare anche questo lato del problema, perché altrimenti avremo sempre un handicap nel momento in cui andremo a trattare.
Colgo l'occasione per dire che il Ministro Alfano ha ottenuto un grande successo, ottenendo nell'ultimo incontro del Consiglio dell'Unione europea con i Ministri dell'interno che passasse il principio dell'obbligatorietà dell'accoglimento, quindi della divisione tra diversi Paesi dei profughi. Bisogna completare questo adesso con cifre adeguate e procedere verso quell'interpretazione evolutiva di Dublino, di cui parlavamo, mettendo contemporaneamente le cose in ordine a casa nostra, dandoci procedure credibili di identificazione ed espulsione, e questo chiama in causa, poi, politiche più ampie.
Tornando al mio invito al collega Kronbichler a tornare indietro rispetto a un giudizio che mi sembra affrettato dico: certo, non risolve tutti i problemi, c’è tutto un aspetto di accordi da fare con gli altri Pag. 9Paesi del Mediterraneo, ma dice il Presidente Mao che ogni marcia di 10 mila miglia, comincia con un passo, questo è un passo buono.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Ravetto. Ne ha facoltà.
LAURA RAVETTO. Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, come ho ricordato nella relazione, è la prima volta, dalla sua istituzione, che il Comitato Schengen presenta una relazione al Parlamento. Voglio precisare che sono onorata oggi di poter preannunziare il voto favorevole a nome del mio gruppo sulla risoluzione che ne rappresenta un punto condiviso in seno al Comitato e che ha già avuto parere favorevole dal Governo stesso. È stato un lavoro complesso quello che ha impegnato il Comitato in questi mesi, alla ricerca di una difficile posizione condivisa su un tema così divisivo come quello dell'immigrazione, ma posso dire, a nome di quasi tutti, che ce l'abbiamo fatta, creando un'atmosfera di collaborazione e di confronto tra tutte le forze politiche e con tutti i quasi sessanta interlocutori che si sono succeduti in Commissione.
La risoluzione che questo ramo del Parlamento si accinge oggi a votare impegnerà il Governo nella riunione del Consiglio europeo del 25 e del 26 giugno, alla presenza di tutti i Capi di Stato e di Governo dell'Unione, a chiedere all'Europa di non fare più finta di niente. È una soluzione naturalmente parziale, naturalmente non unica, ma immediata, che c’è già. Bisogna dare applicazione, senza se e senza ma, all'articolo 17 del cosiddetto regolamento di Dublino III. Il Comitato è giunto, infatti, alla valutazione per cui l'applicazione di questa norma possa innanzitutto permettere all'Unione europea di superare le discrasie ancora esistenti tra i diversi sistemi di asilo previsti dagli ordinamenti nazionali, derogando, se c’è la volontà, al principio dello Stato di primo approdo portato da Dublino stesso e che tanto grava al nostro Paese. Si tratta delle cosiddette clausole di sovranità e clausola umanitaria, clausole definite dall'articolo 17 che quando saranno accolte dagli altri Stati membri permetteranno, finalmente, di superare l'ipocrisia dietro la quale si nascondono i Governi dell'Unione: attribuire all'Italia, e solo all'Italia, l'onere senza onori di accogliere migliaia di migranti.
Con la clausola di sovranità uno Stato membro, a prescindere dal regolamento di Dublino, dovrà decidere di assumere la responsabilità di esaminare una richiesta di asilo presentata in frontiera o sul territorio anche se, in base ai criteri ordinari, la competenza dovrebbe essere attribuita ad un altro Stato membro. Nello stesso modo in base alla clausola umanitaria dell'articolo 17, comma 2, del regolamento di Dublino, qualsiasi Stato membro, pur non essendo competente per l'esame della domanda secondo i criteri ordinari, lo diventerà in considerazione di esigenze familiari o umanitarie dei richiedenti asilo. Ciò riguarda tantissime situazioni che si sono dovute affrontare in Italia e che da tempo sono ben note a tutti noi: donne in stato di gravidanza che volevano raggiungere il marito che si trovava in un altro Stato membro, gravi malattie e soprattutto maggiore interesse nei confronti del minore non accompagnato, tema di enorme gravità.
Parliamoci chiaro, è stato dimostrato che l'Italia è un Paese di transito, non di destinazione. Molti, se non quasi tutti i migranti che arrivano sulle nostre coste, vogliono raggiungere altri Paesi europei. Quindi, senza modificare il regolamento di Dublino, il Governo italiano potrà e dovrà chiedere ai Governi degli altri Stati membri – che naturalmente continueranno ad avere discrezionalità su questo, ma che vogliamo vedere alla prova del negare un ricongiungimento familiare – di attivare le clausole sopraddette e insistere con i partner europei per l'applicazione di questa deroga, per sollevare il nostro Paese, le nostre regioni, i nostri comuni dalle numerose incombenze e dai gravosi costi, non solo finanziari, sinora sostenuti. Certo, molte altre potrebbero essere le Pag. 10soluzioni da adottare, le più percorribili le abbiamo indicate senza pretese in questa che è la nostra e oggi vostra relazione, ma sono posizioni che richiedono tempi lunghi di realizzazione, mentre oggi possiamo dare una risposta concreta subito, prima che la situazione continui a peggiorare.
Con la risoluzione che il Comitato Schengen sottopone a quest'Aula abbiamo voluto dare un segnale chiaro, seppur piccolo, all'Europa: volere è potere. Le soluzioni, anche se parziali, si possono trovare valicando i confini partitici e territoriali. Serve la volontà politica di iniziare a intendere la Sicilia come confine meridionale dell'Europa e attivare quelle clausole che nel Trattato di Dublino ci sono già. Siamo tutti d'accordo che il regolamento di Dublino andrebbe modificato, siamo d'accordo che è superato e antistorico: è stato pensato trent'anni fa per il sistema dei visti, ma sappiamo tutti purtroppo che, essendo stato sottoscritto recentemente, gli altri Stati membri si nascondono dietro questa, che io voglia chiamare scusa, per non modificarlo. Allora noi del Comitato Schengen abbiamo semplicemente detto: bene, almeno applichiamolo tutto, applichiamo anche questo articolo 17 che deroga al principio dello Stato di primo approdo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
La via che suggeriamo, voglio tranquillizzare il collega Pini, non è una via che pretendeva in seno al Comitato di discutere tutte le questioni di immigrazione e, per di più, farle condividere a tutti i gruppi parlamentari; anzi, ringraziamo i gruppi parlamentari perché hanno consentito al Comitato di sottrarre una piccolissima parte, una parte giuridica, alla polemica politica per poterla attuare subito in nome del bene del nostro Paese. La via che suggeriamo è una via giuridica, magari non è il piano «B» del Governo, ma naturalmente è evidente che attivare una clausola già prevista dal regolamento sarebbe la dimostrazione di un'Europa che non fa più perno su direttive, patti, regolamenti solo quando ha da chiedere, ma anche quando deve fare la sua parte e deve dare.
Questo fine mese, tra crisi greca e Consiglio europeo del 25 e 26 giugno, sarà tra i più difficili che l'Unione europea si sarà trovata ad affrontare. Ma sempre questo fine mese, se i singoli Stati avranno il coraggio di stringersi davvero in un'unica Unione, potrà essere per l'Europa l'occasione di prendere la rincorsa per creare davvero quegli Stati Uniti d'Europa che ci rimetterebbero nelle condizioni di realizzare il più grande e importante conseguimento politico della storia recente. Se così non sarà, prenderemo atto che l'Europa non è mai nata (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Frusone. Ne ha facoltà.
LUCA FRUSONE. Grazie, Presidente. Quello che accade oggi è piuttosto sintomatico di quello che il Governo fino ad ora ha fatto sul tema dell'immigrazione: questa risoluzione non fa altro che impegnare il Governo a spingere l'Europa ad aiutarci con questo problema dell'immigrazione. Parto dal fatto che noi da sempre siamo per il superamento del principio del primo approdo, previsto dal regolamento di Dublino, perché è un principio che penalizza moltissimo il nostro Paese che è calato al centro del Mediterraneo.
Quindi, dopo questa precisazione – e noi auspichiamo veramente che questo Governo si batta per il superamento di questo principio, altrimenti ci costringe ad andare noi al Governo per potere fare rispettare finalmente l'Italia – cosa fa questa risoluzione ? Attraverso quest'articolo 17 del Regolamento (UE) n. 604 del 2013, che inserisce delle clausole discrezionali proprio a questo principio del primo approdo – che ripeto deve essere superato –, si dà la possibilità allo Stato dove si trova il migrante di chiedere ad un altro Stato di occuparsi di diventare primo approdo per ricongiungimenti familiari o Pag. 11per motivi umanitari. Quindi, in poche parole, ciò potrebbe sin da subito dare una piccola boccata d'ossigeno all'Italia.
Però, per fare questo, c’è bisogno di un Governo vero, c’è bisogno di qualcuno che in Europa conti, c’è bisogno di qualcuno che non venga manovrato dall'Europa. Noi come MoVimento 5 Stelle sono mesi, è tantissimo tempo, che proviamo a spingere ad indirizzare e indicare la strada a questo Governo. Lo abbiamo fatto a dicembre con una mozione approvata e quei punti ancora non sono stati portati avanti. Abbiamo impegnato il Governo, ma il Governo non si impegna. Abbiamo chiesto quello che oggi l'Unione europea inizia a dire si dovrebbe fare. Tutte le proposte che vediamo nei talk show sono in realtà racchiuse in quella mozione, che noi già a dicembre avevamo fatto approvare, però vediamo che questo Governo è immobile su questo aspetto. Noi stiamo provando a spostare – è quello che si fa un po’ oggi – con un cucchiaino un elefante, anzi, una balena bianca, forse è più significativa la cosa. Stiamo provando in tutti i modi, ci stiamo mettendo tutta la nostra propositività, scusatemi la parola. Sono mesi e mesi che noi proviamo a fare capire a questo Governo cosa bisogna fare, ma vediamo che non ha la forza, perché questo Governo non conta, purtroppo, in Europa, dobbiamo dircelo, è chiaro. Dobbiamo anche capire che non va nella giusta direzione. Se parliamo anche, ad esempio, di rimpatri, mancano ancora moltissimi accordi con i vari Stati per potere rimpatriare chi non ha diritto ad una protezione internazionale. C’è tanto da fare. Questo problema è un problema che ormai attanaglia l'Italia. Ogni giorno si parla di questo problema, nonostante le soluzioni ci siano. Non sono facilmente praticabili – lo sappiamo – ma non vediamo proprio la volontà politica, da parte di questo Governo, di rimboccarsi le maniche e risolvere questo problema. Lo vediamo anche con il caso di Ventimiglia, dove la Francia sta rastrellando clandestini per tutto il Paese per portarli in Italia, non riportarli, perché magari non sono venuti dall'Italia, però ne approfitta comunque per sbarazzarsi di clandestini. E questo Governo che fa ? Non dice nulla, non alza minimamente la voce.
È su queste cose che si vede effettivamente l'immobilismo assurdo di questo Governo. Poi potremmo anche parlare di quelli precedenti. Anche nel 2011, quando ci fu l'emergenza migranti, anche in quel caso c'era un aspetto emergenziale del problema: è stato, tra virgolette, trattato sotto il punto di vista emergenziale. Ma con quello che avvenne anche nel 2011, con delle convenzioni fatte con chi doveva gestire quei migranti, convenzioni fatte in una maniera obbrobriosa, dove non c'era assolutamente nessun obbligo in capo alle varie cooperative e agli enti gestori e via dicendo di rendicontare i soldi che prendevano, capiamo come anche a quel tempo, in realtà, con il Governo Berlusconi e con il Ministro Maroni, c'erano una visione e un approccio dilettantistico al problema. Purtroppo l'Italia non si è mai fatta carico di questo grande problema dell'immigrazione e ora ne stiamo pagando le conseguenze.
E, ancor di più, dobbiamo riflettere su questo aspetto – sarà anche un aspetto politico –: questo Governo purtroppo, anche se nemmeno quelli precedenti hanno mai affrontato seriamente il problema, ora ha le soluzioni (mozioni, risoluzioni), ha una linea definita da atti del Parlamento e, nonostante questo, rimane immobile. È questo il dato politico che bisogna trarre oggi.
Al di là di tutti i populismi e della demagogia che fanno alcuni leader politici, il MoVimento 5 Stelle ha sempre proposto soluzioni concrete su questo aspetto. Ha sempre denunciato le situazioni come «Mafia capitale» e la gestione non trasparente dei flussi migratori e del business che c’è dietro. Ancora oggi, per l'ennesima volta, punzecchiamo, spingiamo, cerchiamo di dire al Governo che cosa deve fare. Potrebbe dare, attraverso questa risoluzione, una piccola boccata di ossigeno. Non si parla di enormi numeri. Non risolve il problema, ma potrebbe essere una piccola boccata di ossigeno.Pag. 12
Non stiamo approvando oggi l'articolo 17 del regolamento, era già in vigore. Nonostante questo, chiediamoci che cosa ha fatto prima il Governo. Perché non ha pensato prima a questo articolo 17 ? Perché non ha detto prima agli altri Stati: «Guardate che anche voi dovete occuparvi del ricongiungimento familiare, dovete diventare voi primo approdo» ? Perché non lo ha mai fatto ? Ma ci rendiamo conto che è un problema così grande ?
È un problema che non è solamente di oggi, non finirà nel prossimo anno. I flussi migratori diventeranno una costante – anche questo dobbiamo capire –, se continueranno le guerre, se continuerà l'impoverimento dell'Africa. I flussi migratori diventeranno una costante. E sinceramente sono molto preoccupato per il mio Paese, sono preoccupato per l'Italia in mano a questo dilettantismo.
Stiamo continuando – lo ripeto – con tutta la buona volontà a proporre, a proporre, a proporre, ma vediamo che dall'altra parte non c’è ascolto, non c’è una volontà politica. Questo gli italiani devono iniziare a capire. Quindi, auspico che, almeno questa volta, qualcuno batta i pugni in Europa e faccia capire veramente che l'Italia non ne può più di questa Europa, che ci chiede solo sacrifici, che non è assolutamente solidale con noi sotto questi aspetti, anzi escono fuori proprio i vari nazionalismi che dovevano essere messi da parte nell'aspetto, nella visone di un'Europa unita (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Allora, non prendeteci più in giro quando parlate di Europa unita, quando ci dite che «ce lo chiede l'Europa». Ora diciamo che noi, con questa risoluzione, chiediamo una cosa al Governo: di farsi rispettare, di applicare una norma. Allora, il Governo dovrà chiedere all'Europa di applicare questa norma. Per una volta è l'Italia che chiede una cosa all'Europa. Il Governo ha questa forza, Renzi ha questa forza ? O dovremo ancora sorbirci magre figure a livello europeo e a livello internazionale ? Lo vogliamo capire questo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Brandolin. Ne ha facoltà.
GIORGIO BRANDOLIN. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, annunciando il voto favorevole del PD alla risoluzione in esame, che è il risultato di un lavoro – penso – importante e serio che il Comitato Schengen ha svolto – ricordo che questo, per la prima volta, ha portato all'attenzione di quest'Aula una sua relazione –, vorrei porre alla vostra attenzione alcuni punti.
Il primo è che la migrazione dei popoli, ovviamente, non è un fenomeno transitorio – lo diciamo da tanto tempo ormai –, ma è qualcosa di strutturale. Da sempre, sappiamo, gli uomini si sono spostati dalle proprie terre di origine in cerca di condizioni economiche migliori o per fuggire da guerre e persecuzioni. Ricordo che negli anni Novanta l'emergenza italiana si chiamava Albania, e io l'ho conosciuta nel mio territorio. Nel 2011 si chiamava primavere arabe. Oggi si chiama Libia, Eritrea, Somalia e Siria.
Tuttavia, a causa di una forte instabilità libica e dell'acuirsi dei conflitti – penso, ad esempio, soltanto all'azione vergognosa di Boko Haram nel centro Africa –, situazioni che ovviamente aumentano l'instabilità geopolitica dell'intero continente africano, costringendo molto alla partenza, negli ultimi quattro anni i principali Paesi di origine degli arrivi via mare in Italia sono sempre stati i Paesi colpiti da gravi crisi umanitarie.
Dal 2012 e ancora oggi nel 2015 Siria, Somalia, Eritrea e Mali sono risultate tra le principali nazionalità degli arrivi via mare, spesso contando da sole ben oltre il 50 per cento del totale. A testimoniare l'aggravarsi della situazione è il fatto che sono sempre più nuclei familiari a partire rispetto al passato quando ad imbarcarsi erano soprattutto e solo giovani. Dopo il naufragio del 19 aprile scorso, ricordo l'ennesimo, quando persero la vita circa 900 migranti, l'Europa ha sentito finalmente l'esigenza di rispondere ad un'emergenza non più ignorabile con una Pag. 13serie di misure di indirizzo rivolte a tutti gli Stati europei. Il 23 aprile si è riunito il Consiglio europeo straordinario e qualche giorno più tardi il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione in cui si anticipano le decisioni dell'Agenda adottata dalla Commissione europea. Il 13 maggio la Commissione ha adottato l'Agenda europea sulla migrazione; Agenda che è una risposta europea che combina la politica interna ed estera, sfrutta al meglio l'Agenzia e gli strumenti esistenti europei e coinvolge tutti: gli Stati membri, le istituzioni, le organizzazioni internazionali, la società civile, le autorità locali e i Paesi terzi.
La Commissione ha previsto un piano di intervento di breve e di lungo periodo. Nel breve periodo: prima di tutto, triplicare la capacità e i mezzi delle operazioni congiunte di Frontex, Triton e Poseidon nel 2015 nel 2016. È stato adottato oggi un bilancio, ratificato per il 2015, che assicura i fondi necessari per un totale di 89 milioni di euro comprensivi di 57 milioni di euro per il Fondo asilo, migrazione e integrazione e 5 milioni di euro per il Fondo per la sicurezza interna in finanziamenti di emergenza destinati agli Stati, come l'Italia, in prima linea, mentre a breve sarà presentato il nuovo piano operativo di Triton; secondo, proporre per la prima volta l'attivazione del sistema di emergenza previsto dall'articolo 78 del testo unico per aiutare gli Stati membri interessati da un afflusso improvviso di migranti. A breve, la Commissione proporrà un meccanismo temporaneo di distribuzione delle persone con evidente bisogno di protezione internazionale. Entro la fine del 2015 seguirà una proposta di sistema permanente UE di ricollocazione in situazione emergenziale di afflusso massiccio; terzo, proporre, entro fine giugno, un programma di reinsediamento UE per offrire ai rifugiati con evidente bisogno di protezione internazionale in Europa 20 mila posti distribuiti su tutti gli Stati membri grazie a un finanziamento supplementare di 50 milioni di euro per il 2015 e il 2016; quarto, preparare un'eventuale operazione di politica di sicurezza e di difesa comune nel Mediterraneo, volta a smantellare le reti dei trafficanti e contrastare il traffico di migranti e nel rispetto del diritto internazionale.
Nel lungo periodo – perché questa è la nostra missione: guardare il futuro – l'Agenda europea sulla migrazione sviluppa gli orientamenti politici della Presidenza Juncker. Si tratta di una serie di iniziative coerenti e coese basate su quattro pilastri per gestire al meglio il fenomeno delle migrazioni in ogni suo aspetto. Primo, ridurre gli incentivi all'immigrazione irregolare, in particolare distaccando funzionari di collegamento europei per la migrazione presso le delegazioni della stessa Europa nei Paesi terzi strategici, modificando la base giuridica di Frontex per potenziarne il ruolo in materia di rimpatrio, varando un nuovo piano di azione con misure volte a trasformare il traffico di migranti in un'attività ad alto rischio e a basso rendimento e affrontando le cause profonde nell'ambito della cooperazione allo sviluppo e all'assistenza umanitaria. Secondo, gestire le frontiere, salvare vite umane e rendere sicure le frontiere esterne soprattutto rafforzando il ruolo e la capacità di Frontex, contribuendo al consolidamento delle capacità dei Paesi terzi di gestire le loro frontiere, aiutandoli e intensificando, se e quando è necessario, la messa in comune di alcune funzioni di guardia costiera a livello europeo o di controllo dei confini. Terzo, onorare il dovere morale di proteggere una politica comune europea di asilo forte. La priorità è garantire l'attuazione piena e coerente del sistema europeo comune di asilo promuovendo su base sistematica l'identificazione e il rilevamento delle impronte digitali con tanto di sforzi per ridurre gli abusi e rafforzando le disposizioni sul Paese di origine sicuro in base alla direttiva procedure, valutando ed eventualmente riesaminando il regolamento di Dublino III. Quarto, una nuova politica di immigrazione legale. L'obiettivo è che l'Europa, nel suo declino demografico, come i dati ISTAT di questi giorni dimostrano con l'invecchiamento progressivo Pag. 14della nostra comunità, resti una destinazione allettante anche per i migranti, di cui abbiamo bisogno.
Sono più di 5 milioni i lavoratori regolari nel nostro Paese e rappresentano una parte importante del PIL del nostro Paese. Bisognerà quindi rimodernare e strutturare il sistema carta blu, ridefinire le priorità delle nostre politiche d'integrazione, aumentare al massimo i vantaggi della politica migratoria per le persone nel Paese di origine, anche rendendo meno costosi, rapidi e sicuri i trasferimenti. In Italia, al contrario di quello che è stato appena affermato, è già in corso un dialogo con il Paese di transito per aprire gli uffici per le richieste di asilo da parte dei transitanti. Lunedì scorso il Ministro degli esteri Paolo Gentiloni ha firmato l'accordo con la Macedonia per favorire il rimpatrio dei migranti irregolari dopo averlo fatto con altri Paesi dell'Africa. Questa doppia azione dimostra che il nostro Governo sta affrontando il tema su più fronti. Di fronte, invece, alle titubanze dell'Europa e alle frontiere chiuse per chi vuole andare via dall'Italia, il nostro Governo sta giocando una partita importante che, secondo noi, meriterebbe di essere condivisa da tutte le forze politiche – alcune di queste le abbiamo sentite questa mattina – tra le quali una oggi, invece, vorrebbe affossare il Governo e preferirebbe costringere l'Italia all'isolamento. Mi riferisco alla Lega che da mesi combatte una crociata mediatica contro l'immigrato utilizzando parole come ruspe, fucili e poi però quando c’è da votare a Strasburgo – lo ricordo a tutti – un pacchetto di soluzioni europee si sfila e non vota (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
L'emergenza immigrazione favorisce sì la propaganda e così forse gli immigrati finiscono per far comodo anche alla Lega o ad altre forze politiche. Zaia e Maroni, che abbiamo ascoltato proprio in questi giorni, si oppongono all'accoglienza di nuovi immigrati nelle loro regioni. Dovrebbero ricordarsi di aver votato il piano nazionale dell'accoglienza lo scorso anno e confermato appena un anno fa. Ricordo, inoltre, che il Ministro Maroni nel 2008 ha sottoscritto lui le regole di Dublino che oggi critica e nel 2011, di fronte all'esodo tunisino della primavera araba, aveva fatto appello a tutte le regioni di accogliere. Oggi non vuole accogliere. La protesta messa in atto dalla Lega e anche dal neogovernatore Toti finisce per trasformarsi in una lotta intestina al tessuto regionale dove alcuni cittadini sono chiamati a sopperire all'incapacità di altri. Mi auguro che nell'incontro di questa sera di tutti i presidenti delle regioni con il Ministro Alfano ci sia una presa di posizione condivisa attiva e risolutiva.
La risoluzione in discussione che noi voteremo convintamente, come avete sentito, chiede di attivare l'articolo 17, la cosiddetta clausola di salvaguardia rispetto alla sovranità e umanitaria che afferma che ciascuno Stato membro può decidere di esaminare la domanda anche se tale esame era di un altro Stato. Si tratta una decisione completamente lasciata alla discrezione degli Stati. Si tratta di una soluzione di impiego immediato che potrebbe alleggerire la nostra situazione di Paese di sbarco. Possono essere subito messe in campo azioni che superano di fatto le maglie strette del regolamento. Credo tuttavia – concludo – che vogliamo rigettare con forza le provocazioni di chi in queste ultime ore ha pensato di poter chiudere le frontiere sull'esempio della Francia. Sarebbe la negazione stessa del concetto di Europa unita, il tradimento dei nostri valori costituzionali e di quelli che nel 1957 hanno portato sei Stati alla firma e lo dice uno che ha vissuto sulla sua pelle un confine innaturale tra la città di Gorizia e di Nuova Gorizia...
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Brandolin.
GIORGIO BRANDOLIN. Dobbiamo invece continuare la nostra azione nelle sedi europee e l'atto che ci accingiamo a votare getta proprio le basi del lavoro del prossimo Consiglio europeo. Dobbiamo convincere l'Europa della necessità di queste quote.
PRESIDENTE. Grazie.
Pag. 15GIORGIO BRANDOLIN. Finisco. Ma per vincere la sfida europea...
PRESIDENTE. No, onorevole Brandolin, ha finito il suo tempo, ha già sforato.
GIORGIO BRANDOLIN. ...abbiamo bisogno di presentarci uniti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Sono così concluse le dichiarazioni di voto.
(Votazione – Doc. XVI-bis, n. 3)
PRESIDENTE. Avverto che la risoluzione Ravetto ed altri n. 6-00139 è stata sottoscritta dalla deputata Garavini. Passiamo ai voti. Prego i colleghi di prendere posto. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Ravetto, Brandolin, Ermini, Frusone, Buttiglione, Artini, Fauttilli, Campana, Distaso, Gadda, Locatelli e Garavini n. 6-00139, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Aspettiamo perché è la prima votazione, però prego i colleghi di prendere posto rapidamente. Sì, aspettiamo però fateli entrare nei posti. Ci sono colleghi che sono al posto e che non riescono a votare ? Non alzate la mano se non siete ai posti perché tanto..., Di Battista, Vacca..., ma stanno tutti votando, questi stanno arrivando ora, ci sono altri colleghi che non riescono a votare ? C’è Marilena Fabbri, Bianconi, Causin...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 433
Votanti 411
Astenuti 22
Maggioranza 206
Hanno votato sì 387
Hanno votato no 24).
(Il deputato Scuvera ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).
Sull'ordine dei lavori (ore 11.35).
FRANCESCA BUSINAROLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCESCA BUSINAROLO. Grazie. Presidente, chiedo che venga fissata urgentemente una Conferenza dei presidenti di gruppo, perché nell'ultima riunione che è stata fatta avevamo chiesto che il Presidente Renzi venisse a riferire in Aula sulla questione Mafia Capitale 2 e non è stata prevista la sua audizione in Aula; piuttosto, è andato a fare la relazione, ieri sera, da Vespa. Ma sinceramente preferirei che venisse in Aula e in Parlamento a riferire sui fatti di Mafia Capitale 2 (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Seconda questione, non meno importante: diverse forze politiche, compreso il MoVimento 5 Stelle, avevano fatto richiesta di una «mozione di sfiducia» – non è il termine tecnico esatto, ma questo è il senso – di Castiglione, sempre in Conferenza dei presidenti di gruppo, lo avevamo richiesto la settimana scorsa. Ieri, abbiamo fatto una richiesta ufficiale di reitero delle richieste e non è stata data risposta. Ora, chiedo anche in sede di Aula di fissare immediatamente una Conferenza dei presidenti di gruppo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
ROCCO PALESE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Presidente, anche il gruppo di Forza Italia si associa alla richiesta di convocazione della Conferenza dei presidenti di gruppo, tanto più urgente Pag. 16anche perché, per lunedì 22, da calendario, era fissata la proposta di legge sul conflitto di interessi che, però, è oltremodo ufficiale che non giungerà in Aula, perché la Commissione e il gruppo di lavoro costituito stanno lavorando sul provvedimento. Quindi, penso che, oltre alle cose che sono già state sollecitate e i profili che erano già stati, peraltro, evidenziati e decisi dalla precedente Conferenza dei presidenti di gruppo, c’è anche questo ulteriore elemento da parte della collega Businarolo.
GUIDO GUIDESI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GUIDO GUIDESI. Presidente, condivido e condividiamo la richiesta della presidente Businarolo anche in funzione di come si era svolta l'ultima Conferenza dei presidenti di gruppo. Il Governo e la maggioranza avevano espresso delle disponibilità anche rispetto alle urgenze e, quindi, rispetto alla discussione sulla questione accoglienza e rispetto alle dimissioni o alla «sfiducia» del sottosegretario Castiglione. Per cui noi ci aspettiamo che questa disponibilità venga confermata.
ARTURO SCOTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ARTURO SCOTTO. Grazie Presidente, l'ultima Conferenza dei presidenti di gruppo, lo diceva prima anche il collega della Lega, aveva visto richieste molteplici e diverse tra di loro da parte delle opposizioni rispetto a una materia estremamente delicata e incandescente. Parliamo di quello che sta accadendo in queste ore a Ventimiglia, di quello che è accaduto nei giorni scorsi sul CARA di Mineo, ivi compresa una mozione di censura – questo è il termine corretto, collega Businarolo – nei confronti del sottosegretario Castiglione. C'era una disponibilità da parte del Governo e da parte, anche, dei gruppi di maggioranza ad arrivare a una discussione rapida su questo punto.
Io non so quando sarà e se sarà. Un'esigenza l'avverto, l'abbiamo posta ieri a fine seduta: qualcuno del Governo venga a discutere con noi, in quest'Aula, rispetto ai temi rilevantissimi che in questo momento vedono il nostro Paese impegnato in una discussione delicata con il resto dell'Europa e che, in qualche modo, vede alcune forze politiche costruire pezzi di campagna elettorale su questioni delicatissime come il tema dell'accoglienza. Allora, credo che sia arrivato il momento di farla: facciamola presto e facciamola bene (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. Grazie. Penso di poter raccogliere le richieste dei presidenti di gruppo che hanno parlato e di riferire alla Presidente questa esigenza e questa richiesta.
Seguito della discussione delle mozioni Grillo ed altri n. 1-00767, Miotto ed altri n. 1-00899, Calabrò ed altri n. 1-00900, Nicchi ed altri 1-00904, Palese e Fucci n. 1-00905, Vargiu ed altri n. 1-00907 e Rondini ed altri n. 1-00908 concernenti iniziative di competenza in merito al personale del Servizio sanitario nazionale, al fine di assicurare i livelli essenziali di assistenza (ore 11,35).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Grillo ed altri n. 1-00767, Miotto ed altri n. 1-00899, Calabrò ed altri n. 1-00900, Nicchi ed altri 1-00904, Palese e Fucci n. 1-00905, Vargiu ed altri n. 1-00907 e Rondini ed altri n. 1-00908 concernenti iniziative di competenza in merito al personale del Servizio sanitario nazionale, al fine di assicurare i livelli essenziali di assistenza (Vedi l'allegato A – Mozioni).
Ricordo che nella seduta di lunedì 15 giugno 2015 si è conclusa la discussione sulle linee generali. Pag. 17
Avverto che in data odierna è stata presentata la mozione Gigli ed altri n. 1-00909 (Vedi l'allegato A – Mozioni). Il relativo testo è in distribuzione.
(Intervento e parere del Governo)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.
VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Presidente, onorevoli, il tema posto nelle mozioni oggetto di discussione è un tema molto rilevante, che ha visto negli ultimi mesi una serie di importanti iniziative, sia legislative sia all'interno nel Patto per la salute, che cambiano anche la prospettiva rispetto ad una consolidata normativa soprattutto di verifica, di controllo e di blocco, puntando, nel corso del tempo, anche a processi di valorizzazione di questo mondo, che è quello del personale del sistema sanitario nazionale, che è uno degli asset che permette che il nostro sistema produca nel futuro ulteriori elementi di innovazione e di cambiamento. Quindi, non soltanto una difesa della sostenibilità del nostro sistema ma anche processi di valorizzazione del personale del sistema sanitario. In quasi tutte le mozioni, per le quali darò immediatamente il parere, sono contenuti elementi che vanno nella direzione che ho sinteticamente descritto e per questa ragione il Governo si appresta a dare un parere diffusamente favorevole su quasi tutti i punti delle mozioni.
Presidente, procedo. Sulla mozione Grillo ed altri n. 1-00767, il parere del Governo è favorevole se viene accolta la seguente riformulazione: nel primo capoverso del dispositivo della mozione, la data «30 aprile 2015», indicata nel primo capoverso, deve essere sostituita con le seguenti parole: «entro il corrente anno». Il parere è favorevole se viene accolta questa riformulazione; tutto il resto va bene.
Sulla mozione Miotto ed altri n. 1-00899, il parere del Governo è favorevole, a condizione che venga accolta la seguente riformulazione: al primo capoverso del dispositivo della mozione, l’incipit deve essere sostituito con le parole «a valutare di predisporre...», eccetera.
Sulla mozione degli onorevoli Calabrò ed altri n. 1-00900 il parere del Governo è favorevole, sia sulle premesse che sull'impegno contenuto.
Sulla mozione Nicchi ed altri n. 1-00904 il parere del Governo è favorevole se i proponenti sono disposti le seguenti riformulazioni: devono essere espunti il terzo capoverso delle premesse indicante il sistema sanitario a due binari, il sesto capoverso indicante le riduzioni per i servizi ed il personale, il nono capoverso indicante la politica dei tagli al Servizio sanitario nazionale, il diciannovesimo capoverso che tratta della dequalificazione del lavoro come conseguenza della politica di blocco del turnover; per quanto riguarda la parte dell'impegno si dovrebbe inserire all'incipit del terzo capoverso le parole «valutare di avviare iniziative per una reale riqualificazione», mentre al sesto ed ultimo impegno sempre all'incipit inserire le parole «a valutare la possibilità di». Con queste riformulazione il Governo esprimerebbe parere favorevole.
Sulla mozione Palese e Fucci n. 1-00905 il parere è favorevole a condizione che ai due capoversi dell'impegno proposti venga inserito l'incipit «a valutare di», mentre il terzo capoverso delle premesse deve essere espunto.
Sulla mozione Vargiu ed altri n. 1-00907 il parere è favorevole a condizione che nelle premesse sia espunto il nono capoverso riguardante la crisi del processo di aziendalizzazione e che nel primo capoverso del dispositivo siano inserite all'inizio le parole «a valutare di».
Sulla mozione Rondini ed altri n. 1-00908 il parere è favorevole a condizione che venga espunto il settimo capoverso delle premesse relativo al blocco del turnover, che all'inizio del primo e del secondo capoverso dell'impegno siano inserite le parole «a valutare la possibilità di» e che il terzo capoverso dell'impegno venga espunto.
Da ultimo sulla mozione Gigli ed altri n. 1-00909, presentata questa mattina, il Pag. 18parere è favorevole con una riformulazione del primo capoverso dell'impegno: dopo le parole «ad assumere iniziative» aggiungere le parole «nel rispetto delle disposizioni vigenti».
(Dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gigli. Ne ha facoltà.
GIAN LUIGI GIGLI. Signora Presidente, quello del personale delle strutture sanitarie sta diventando un problema di grande drammaticità in alcune zone. Il blocco del turnover e l'invecchiamento della popolazione medica, stanno portando alcune strutture in oggettive difficoltà sul piano operativo e questo si traduce ovviamente in carenze dal punto di vista della efficienza dei servizi. I cittadini lamentano queste difficoltà, gli operatori lamentano lo stress che si sta determinando e tutto questo richiede ormai un metodo diverso di affronto che non può essere semplicemente quello di dire conteniamo la spesa bloccando le assunzioni. Occorre avere il coraggio di contrarre la spesa, eliminando gli sprechi, programmare i servizi, ma, una volta programmati, occorre avere il coraggio di dire che determinate cose, come la sostituzione del personale per un servizio programmato, devono essere effettuate in condizioni di automatismo per evitare appunto di danneggiare sia gli operatori della salute che i cittadini.
Ora, noi auspichiamo che, attraverso queste mozioni, che sono state presentate da diversi gruppi, compreso il nostro, e che il Governo ha ritenuto opportuno di accogliere sia possibile effettivamente cambiare strada, sia nel senso di garantire le risorse al sistema sanitario, sia nel senso di evitare di fare finti risparmi attraverso il ricorso all’outsourcing, che è un metodo indegno di aggirare il problema della limitazione del personale, sia evitando quello che per alcuni versi era stato paventato, cioè di ricorrere alla manovalanza a buon mercato degli specializzandi per tappare i buchi del personale di ruolo della dirigenza medica.
Noi ci auguriamo che gli impegni presi dal Governo possano tradursi in realtà efficaci e riteniamo che, se si accompagnano ad una minore invasività della politica, portando finalmente a piena applicazione le modalità di selezione per gli apicali della dirigenza medica, previste dal decreto Balduzzi e ancora sottoapplicate, e poi, in prospettiva, con la riforma Madia, arrivando ad una selezione dei manager delle aziende sanitarie che non sia più quella dell'occhietto strizzato alla politica, noi riteniamo che queste modalità possano contribuire a far sì che ci sia un risanamento generale e che soprattutto nelle regioni che hanno sfondato e che sono sottoposte a piani di rientro a pagare le spese non debbano essere i cittadini e non debbano essere gli operatori della salute.
Quindi, da parte nostra voteremo a favore non solo della nostra mozione, ma a favore anche delle altre per le quali il Governo ha espresso parere favorevole, ma ci auguriamo soprattutto che gli impegni oggi assunti dal Governo possano andare al di là della carta che depositiamo e possano tradursi in realtà operosa a favore del Servizio sanitario nazionale, il quale certamente ha bisogno di una continua manutenzione e ne avrà bisogno ancora di più per i cambiamenti legati all'invecchiamento della popolazione e al mutamento della epidemiologia e che, tuttavia, noi continuiamo a immaginare come un servizio universalistico, del quale il nostro Paese deve andare fiero e che deve mettere in condizione di non essere qualcosa che costringe la gente a emigrare da una regione all'altra per quanto riguarda l'offerta sanitaria o, peggio ancora, a dover ricorrere a prestazioni esterne, perché di fatto quelle del Servizio sanitario non sono accessibili.
Auspichiamo che questo sia un momento, quindi, di ripensamento e di rivalutazione corale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rondini. Ne ha facoltà.
MARCO RONDINI. Grazie, Presidente. Molto brevemente, preannuncio che accettiamo la riformulazione proposta dal Governo, anche se non possiamo non soffermarci su almeno un paio di passaggi che abbiamo sottolineato con la nostra mozione e anche sull'impegno che, per accettare la nostra mozione, il Governo chiede di stralciare.
Noi sappiamo – e ce lo dicono i rapporti della Ragioneria generale dello Stato e della Corte dei conti – che le spese della sanità hanno avuto lievi contrazioni, ma i numeri attestano che, per raggiungere tali risultati, si è operato spesso sul blocco del turnover e degli incrementi retributivi che hanno agito pesantemente sul contenimento della spesa per il personale dipendente, mentre le spese relative, magari, ai farmaci ospedalieri hanno registrato tassi di crescita sostenuti.
Ora, riteniamo che questo agire sul turnover per contenere la spesa vada a discapito della qualità che il Servizio sanitario può offrire ai cittadini e in più noi sappiamo ancora che i dati presentati da tutti gli organismi interessati dimostrano come siano in difficoltà anche le regioni virtuose, in particolare le regioni virtuose i cui conti in ambito sanitario sono sempre stati in ordine, razionalizzando i costi della spesa del personale e riuscendo a garantire livelli di assistenza di assoluta eccellenza, a tal punto che il blocco del turnover comporta un inesorabile peggioramento dei livelli assistenziali.
Ecco che noi, allora, chiedevamo al Governo, anche in particolare con la parte di impegno che è stata stralciata, di valutare la necessità di assumere iniziative per rafforzare l'autonomia regionale in merito alle assunzioni del personale, salvaguardando però gli equilibri di bilancio ed assumendo iniziative per rivedere le norme che oggi, invece, tenderebbero ad uniformare la sanità regionale, di fatto penalizzando le regioni virtuose.
Ci auguriamo e speriamo che basti, per andare incontro alle richieste di quelle regioni virtuose, l'avere accolto la parte precedente dell'impegno, e cioè quella che impegna il Governo, in qualche modo, ad assumere iniziative per la rimozione del blocco del turnover per quelle regioni i cui bilanci in materia sanitaria raggiungono obiettivi di sostenibilità e di efficienza, invece di penalizzarle con costanti tagli finalizzati al ripiano dei deficit dei bilanci di regioni che, per gestioni poco oculate, rischiano il dissesto finanziario.
Per questo, come dicevo all'inizio, accettiamo comunque la riformulazione del Governo, sperando che il Governo voglia presto adottare, magari, il principio del meccanismo dei costi standard per uniformare la spesa in ambito sanitario da parte delle regioni, e valuti veramente il Governo delle iniziative per andare incontro a quelle regioni virtuose che, invece, purtroppo, spesso, come dicevo, vengono penalizzate per ripianare, magari, i debiti accumulati da quelle regioni che in materia sanitaria operano un'azione poco curata.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vargiu. Ne ha facoltà.
PIERPAOLO VARGIU. Grazie, Presidente. Chiedo scusa, non ho assistito ai primi interventi che ci sono stati per quanto attiene alle mozioni che oggi sono in discussione in Aula, ma credo che sia utile dare comunicazione all'Aula del motivo per cui non l'ho fatto.
Nella sala delle conferenze stampa, oggi veniva presentato il report di un'attività di prevenzione che è stata ieri fatta, qui, alla Camera, e che non è neutra rispetto al ragionamento che ci accingiamo a fare: era l'attività di prevenzione nei confronti del melanoma e dei tumori alla pelle.
Ci sono stati degli illustri dermatologi che, per tutta la giornata di ieri, sono stati a disposizione dei colleghi parlamentari per un'attività di screening sui tumori della pelle.
In particolare, sul melanoma che, come forse molti di voi sanno, è un tumore che, Pag. 20se non diagnosticato precocemente, è un tumore killer.
Ebbene, circa cento parlamentari si sono sottoposti, a seguito anche di pressanti richieste per essere testimonial dell'iniziativa, a questa attività. È possibile immaginare che, se cento parlamentari si sottopongono a un'iniziativa di screening apparentemente semplice, come quella legata alla valutazione dei tumori della pelle, ci siano cento casi negativi. Purtroppo, abbiamo riscontrato, anzi, i colleghi dermatologi che hanno svolto quest'attività hanno riscontrato tre casi di melanoma, tra i cento parlamentari che si sono sottoposti all'attività di screening, e altri due casi di tumori della pelle.
Questo lo voglio dire perché anche tra una popolazione, che è quella dei parlamentari, particolarmente sensibile, certamente particolarmente raffinata culturalmente e anche con facilità totale di accesso alle attività di prevenzione, si riscontrano dei numeri che sono davvero impressionanti e che, nella loro complessità, ci segnalano quanto oggi il nostro sistema sanitario abbia delle sofferenze. Ha delle sofferenze sicuramente nelle attività di screening e di prevenzione, che oggi sono molto sottodimensionate rispetto alle esigenze, molto al di sotto di quel 5 per cento rispetto al totale del Fondo sanitario nazionale che l'organizzazione mondiale della sanità auspica essere il benchmark di riferimento economico per le dotazioni di riserva per le attività di prevenzione.
Ma è in sofferenza in mille altri settori come, ad esempio, in quello che è stato oggetto della mozione odierna e, cioè, quello del personale del sistema sanitario nazionale, personale che, colleghi parlamentari, non è una palla al piede del sistema per il suo consumo di risorse, ma è una delle risorse fondamentali del sistema, perché la presenza di una competenza scientifica, di una competenza assistenziale, di una competenza diretta alla soluzione dei problemi del paziente, con un trasferimento di know-how che sia costante tra le generazioni che sono venute prima e quelle che sono destinate a succedere nella gestione dei servizi sanitari è, a detta di tutti e comprensibilmente, uno dei momenti fondanti e uno dei momenti più importanti del funzionamento del sistema.
La domanda è: oggi in Italia questo funziona bene ? Sicuramente no ! Gli ospedali italiani sono ormai pieni di risorse umane, di personale sanitario, che con la sua abnegazione tiene elevato il livello qualitativo della risposta sanitaria, ma che anagraficamente inizia ad avere un'età che non aiuta a pensare che possano essere un investimento per il futuro. Nella nostra mozione abbiamo dato i numeri: noi abbiamo un insieme di professionisti che sta tra i cinquanta e i sessantacinque anni che è pari quasi ai due terzi dei professionisti che oggi sono ancora al lavoro all'interno del sistema pubblico italiano.
È evidente che questo comporta che se, da una parte, si sta esaurendo l'attività professionale della gran parte dei medici che vengono da quella che era un tempo definita «la pletora medica del sistema sanitario italiano», dall'altra parte, è necessario programmare in maniera adeguata, concreta e puntuale, l'accesso delle nuove risorse.
A questo punto, dunque, entra prepotentemente in gioco tutto il ragionamento sugli accessi universitari che riguardano le professioni sanitarie non mediche, quelle delle cosiddette lauree brevi, con i successivi master di specializzazione. Ma si tratta soprattutto dell'accesso nel mondo medico e, in particolare, dell'accesso alle scuole di specializzazione, dove oggi si entra soltanto con un contratto di formazione e l'accesso e il termine della scuola di specializzazione sono le precondizioni indispensabili per poi potere accedere al sistema sanitario nazionale.
È ovvio, allora, che non potremmo mai più fare, dentro questo Parlamento, il ragionamento sul numero dei contratti di formazione insufficienti, perché se noi sappiamo che ogni anno le facoltà di medicina fanno uscire 8 mila medici e sappiamo che la precondizione per l'accesso al sistema di questi medici è la specializzazione, non possiamo tarare il Pag. 21numero delle scuole di specializzazione e dei contratti nelle scuole con unità che sono la metà o che sono i due terzi rispetto al numero degli studenti che escono dalla facoltà di medicina.
E sul tipo di specializzazione dobbiamo porci ulteriormente dei problemi. Perché ? Intanto perché ci sono alcune scuole di specializzazione che iniziano ad essere desertificate.
Parlo, in particolar modo, delle scuole chirurgiche e, in particolar modo, delle scuole chirurgiche complesse, laddove il rischio sanitario è diventato elevatissimo e dove l'impegno professionale di chi lavora è pesante. Chi svolge attività chirurgica, infatti, sa bene quanto importante sia il suo ruolo, ma anche quanto faticoso dentro le sale sia il solo ruolo. Ebbene, in questi casi in Italia la presenza di un'alea, di rischio e di un sistema che non protegge in alcun modo né il paziente né chi esercita la sua attività sul paziente stanno determinando la desertificazione di specializzazioni, a partire da neurochirurgia, cardiochirurgia, ma anche otorinolaringoiatria, ortopedia, ginecologia, e se non vi è un numero sufficiente di specialisti diventa un problema per l'intero Paese. In secondo luogo, il sistema di centralizzazione dei concorsi, anch'esso utilissimo, determina, tuttavia, come conseguenza il fatto che, nelle scuole di specializzazione, entrino con più facilità concorrenti che provengono da quelle parti del Paese in cui il livello scolastico e universitario è più elevato e, per contro, ritornino in quelle aree del Paese in cui la remunerazione dell'attività del professionista è più elevata e le opportunità professionali per il professionista sono più elevate. E anche in questo caso arriviamo alla desertificazione, per specialità e per area geografica, proprio di quelle parti del Paese che soffrono di più della loro marginalità. Io ho bene in mente il caso della Sardegna, dove l'assenza di contratti di formazione dedicati a medici che poi operano in Sardegna anche dopo la specializzazione sta creando un vero e proprio collasso di alcune specialità, in particolare chirurgiche, e sta creando delle mancanze settoriali di professionalità, che saranno ancora più gravi man mano che i colleghi più anziani vanno in pensione. Ma non è il caso solo della Sardegna, basta ricordare la regione Puglia, dove la ASL di Brindisi, dopo aver tentato per due volte un concorso per specialisti in pronto soccorso e in rianimazione, ha inviato il bando successivo alle ambasciate dei Paesi dell'Albania, della Libia, dell'India, ad indicare che il futuro del Paese, per quanto riguarda l'assistenza sanitaria, rischia, come già si è visto in altri Paesi europei (abbiamo l'Inghilterra come punto di riferimento) di passare attraverso una formazione professionale medica che non è transitata nelle nostre università, ma è passata attraverso altri canali ben più difficili da verificare dal punto di vista della qualità dell'offerta formativa. Io credo siano questi i problemi principali che le mozioni all'ordine del giorno pongono all'attenzione, con sottolineature – lo dico come ultima sottolineatura – sulla premialità dell'attività aziendale, nel senso che tutte queste azioni e tutte queste attività si sostengono se questo Parlamento crede sul serio nell'aziendalizzazione, nello spirito che l'aziendalizzazione ha retto; quindi, se crede sul serio nel fatto che le best practice, le attività positive delle aziende sanitarie e delle professioni sanitarie debbano in qualche modo essere riconosciute e, in qualche modo, essere premiate. Senza meritocrazia, la nostra sanità non va da nessuna parte. È bene che ciascuno di noi ce l'abbia in testa, perché questa è la sfida della sostenibilità e della qualità del nostro sistema (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Nicchi. Ne ha facoltà.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 12,05).
MARISA NICCHI. Grazie Presidente, affrontiamo nella discussione di queste Pag. 22mozioni un punto critico del sistema sanitario pubblico, che è il costante disinvestimento nel lavoro che si è affermato nel corso degli ultimi anni, disinvestimento sul fattore principale della sanità. Allora, questo intervento lo inizio, ringraziando tutte le operatrici e gli operatori sanitari del sistema pubblico, che, in questi anni di sciagurate politiche di definanziamento del sistema sanitario, hanno garantito comunque le cure in condizioni di lavoro peggiorate e sempre più gravose, privati di prospettive professionali ed economiche. Non mancano certo nel sistema disfunzioni, diseconomie, fenomeni di lassismo e, pur tuttavia, se il sistema ancora funziona, soprattutto in alcune aree del Paese, è per il carico in più che in tanti e tanti operatori si sono sobbarcati per garantire il servizio.
Un processo denunciato dai sindacati, dalle associazioni. Un processo perseguito con il blocco dei contratti da sei anni (blocco dei contratti che non ha solo implicazioni economiche, ma impedisce la possibilità di contrattare anche nuove forme di organizzazione e di qualificazione dei servizi), con il blocco del turnover; con la compressione degli standard per la definizione di organici più ridotti, con il ricorso al precariato, alle esternalizzazioni, per usare personale a basso costo e con l'utilizzo del personale in convenzione. Una parola si può introdurre in modo più familiare in questo mondo, la parola «demansionamento», legittimato dal Jobs act e già ampiamente praticato nel sistema sanitario pubblico, quando, per sopperire alle carenze di organico e anche alle disorganizzazioni, si ricorre, si fa un uso improprio o distorto della professionalità, oltre ogni ragionevole flessibilità, per far fronte alle cure, per dare assistenza, perché è un dovere che molti operatori ed operatrici sentono al di là della loro stretta mansione, della loro stretta professionalità. Questo per l'evidente dimagrimento del personale sanitario. Dal 2009, con la crisi, al 2013, gli occupati del servizio sanitario nazionale sono diminuiti di oltre 23 mila unità rispetto al 2012 e si è registrato un calo di 3 mila unità, meno 0,5 per cento. Il blocco del turnover per il personale impedisce il ricambio generazionale e ha fatto sì che circa un terzo del totale del personale abbia tra i 51 e i 59 anni, mentre i carichi di lavoro, sempre più usuranti, si ripercuotono ovviamente sull'assistenza sanitaria, in particolare in alcune aree più esposte, penso al pronto soccorso, che per definizione sono attività stressanti e, comunque, da garantire ventiquattr'ore su ventiquattro. Siamo davanti a linee di dequalificazione del lavoro, visto sempre più come un costo, come un'opportunità di risparmio e non come un investimento, come occasione di cambiamento e di riforma dell'organizzazione del lavoro, per migliorare la qualità dei servizi sociali e sanitari erogati. È un impoverimento che investe tutte le figure professionali, per i turni massacranti, per la burocratizzazione di tante mansioni e tutto questo ha ricadute negative sempre più evidenti sulla possibilità di garantire i livelli essenziali di assistenza. La «decapitalizzazione» del lavoro, così è stata definita, è un importante pezzo dei tagli al sistema sanitario nazionale, la cui spesa risulta inferiore a quella dei principali Paesi europei. Il nostro sistema in sanitario è uno di quelli che costa meno, ma questo non ha disinnescato politiche di disinvestimento del sistema sanitario che, insieme ai ticket, rendono competitive le prestazioni private e mettono in crisi i diritti alla cure sanitarie per larghe fasce della popolazione. Cito la ricerca recente del Censis che individua l'ingolfamento delle liste di attesa come un fattore che rende più conveniente il ricorso al privato. Alla conclusione di questa ricerca, si dice «pagare diventa per tutti, anche per le persone con redditi bassi, la condizione per accedere alle prestazioni in tempi realistici» Si può dire che il diritto alla salute nel nostro Paese, seppure con tanti obiettivi centrati, oggi è messo a rischio, anche perché le stime dicono che almeno 9 milioni di persone escono, per ragioni economiche, dalle cure pubbliche.
Nel documento economico del Governo per i prossimi anni si è previsto che la spesa sanitaria sia inferiore a quella del Pag. 23PIL, con un progressivo calo del rapporto tra spesa sanitaria e prodotto lordo, che passa da 6,8 per cento del 2015 al 6,5 del 2019. Lo ribadisco, si sta programmando l'impoverimento del sistema sanitario. E poi aggiungiamo i tagli: i tagli al Fondo sanitario nazionale stabilito dall'intesa Stato-regioni e quelli al Fondo per l'edilizia sanitaria.
È chiaro dove si va a parare, e non più silenziosamente, siamo di fronte ad un'evidente manifestazione. Vede, mentre lei ci chiede di togliere alcuni pezzi della nostra premessa, che ho riassunto nel mio intervento, c’è chi parla con naturalezza, direi con spudoratezza, di rilanciare il sistema sanitario a universalismo selettivo.
Io credo che invece bisogna ribadire quello che il sottosegretario ha chiesto a questo gruppo, di togliere dalle premesse della nostra mozione: in realtà si sta sempre più andando verso un sistema sanitario a due binari, uno pubblico sempre meno efficiente e non adeguato, destinato a chi non è abbiente, ed un sistema misto pubblico e privato, compreso il privato sociale ridisegnato dalla delega in discussione oggi al Senato a questo scopo, un sistema misto pubblico e privato finanziato con assicurazioni sanitarie private e di categoria e con prestazioni spesso qualitativamente e quantitativamente migliori per la parte più abbiente del nostro Paese. Questo è il disegno e noi, lo ribadiamo, lo contestiamo.
La Ministra della salute, Beatrice Lorenzin, rispetto a questi dati così duri invece annuncia – perché questa è una tendenza del Governo, il Governo degli annunci – che c’è bisogno nel sistema sanitario di più innovazione, di più investimenti in ricerca e personale, ci dà ragione. Noi siamo d'accordo con questa affermazione della Ministra Lorenzin e allora siamo coerenti e non fermiamoci.
Io credo che con queste mozioni, che centrano in modo unitario alcuni obiettivi, si possa modificare questa tendenza, che comunque noi teniamo a ribadire, perché vogliamo denunciare questo disegno di riorganizzazione silenziosa e qualche volta annunciata. I punti sono: sblocco del turnover prioritariamente, laddove il blocco mette in discussione la garanzia dei LEA, i livelli essenziali di assistenza, oppure impedisce una riorganizzazione che migliora qualitativamente i servizi; stabilizzazione del personale precario. È stato giustamente posto, anche se in modo contraddittorio dal Governo, il tema della stabilizzazione del personale della scuola, e questo è un giusto diritto. Noi vogliamo aggiungerci la stabilizzazione del personale sanitario, perché diritto alla scuola pubblica e diritto alla salute sono due diritti fondamentali che sono garantiti dalla nostra Costituzione.
Vogliamo ribadire la riqualificazione della spesa sanitaria prevedendo che quei risparmi perseguiti con la spending review rimangano nel sistema sanitario per investimenti sul personale e sui servizi. Vogliamo favorire la mobilità regionale contrattata e condivisa dal personale, razionalizzare la rete ospedaliera ed individuare, questo sì, migliori e maggiori risorse nella prossima legge di stabilità. Chiediamo una inversione di rotta perché, e concludo, i lavoratori e le lavoratrici del sistema sanitario sono una risorsa su cui investire e non comprimere (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Calabrò. Ne ha facoltà.
RAFFAELE CALABRÒ. Grazie, Presidente. La necessità di rivedere le norme sul blocco del turnover è uno di quei pochi temi che in questo Paese mette d'accordo gruppi politici diversi e istituzioni varie.
In questi anni si sono moltiplicate indagini nei rapporti che hanno dedicato interi capitoli al tema, quello sanitario, che in questi anni ha dovuto soprattutto razionalizzare e subire tagli lineari, che in alcune realtà hanno penalizzato l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e, soprattutto, tutto questo, per le carenze del personale.
La Corte dei conti nel rapporto 2015, pubblicato recentemente, ha sottolineato Pag. 24che i conti della sanità pubblica sono migliorati, ma la vera sfida è garantire la sostenibilità dei servizi, perché un nuovo welfare sarà possibile solo riscrivendo le regole, senza rischiare di aggravare le ripercussioni che il risanamento finanziario sta producendo in termini di qualità dei servizi resi.
La scorsa settimana è toccato alla Commissione salute del Senato, nell'indagine sulla sostenibilità del Sistema sanitario nazionale, votata peraltro all'unanimità, ricordare che i molteplici vincoli imposti alla spesa e alla dotazione del personale stanno indebolendo il servizio sanitario in tutte le regioni, demotivando e destrutturando la principale risorsa su cui può contare un sistema di servizi alla persona. Preoccupa l'uso intensivo della forza lavoro, con turni sempre più massacranti, largo impiego di precariato, penalizzazioni economiche e di carriera, fenomeni rilevati anche dall'Europa e dalla Corte di giustizia europea.
Persino l'ISTAT, nel rapporto del 20 maggio scorso, ha evidenziato che il processo di rientro dal debito, cui hanno dovuto fare fronte numerose regioni, associato alla difficile congiuntura economica, ha avuto come conseguenza una riduzione dell'equità nell'accesso alle cure, a cui si ispira il nostro sistema sanitario. Il fatto che alcune delle regioni sotto piano di rientro non riescano ad assicurare i livelli essenziali di assistenza, erogando volumi di prestazione al di sotto degli standard ritenuti adeguati, testimonia la difficoltà del settore. Cito ancora l'ISTAT: è stato effettuato un confronto tra la geografia della salute, la mappa della dotazione del personale sanitario e la mappa del finanziamento al sistema sanitario e il confronto mette in luce lo squilibrio e il gradiente esistente tra nord e sud, tra i bisogni potenziali di assistenza sanitaria, i criteri allocativi delle risorse adottate e le risorse umane impiegate.
Relazioni, rapporti ed indagini che si possono sintetizzare in due frasi: da una parte, la sanità non può più essere pronunciata soltanto con una logica contabile; dall'altra, senza personale adeguato non c’è qualità nell'assistenza sanitaria. E ciò vale ancora di più per le regioni sottoposte al piano di rientro dal disavanzo sanitario.
Ciò premesso veniamo al nocciolo della mozione. Noi chiediamo un impegno al Governo, un impegno molto realistico. Avremmo preferito forse lo sblocco totale del turnover, ma senza soldi – si sa – non c’è sblocco possibile. Ma poniamo una questione di metodologia, che rappresenta senz'altro un buon inizio. Criteri stabiliti a livello nazionale consentirebbero di agevolare regioni e aziende nelle assunzioni, ponendo fine ad uno sfiancante iter burocratico che vede un rimbalzo tra regioni ed aziende sanitarie, da un lato, e tra Governo e regioni dall'altro. Decidere una volta per tutte, anche alla luce del regolamento sugli standard ospedalieri, di quanto personale ha bisogno un'unità operativa in rapporto al volume di attività, ai posti letto e alla tipologia dei servizi offerti, è un primo e decisivo passo.
Soltanto se ci saranno criteri chiari e certi, il personale da assegnare ad un'unità operativa risponderà esclusivamente ai bisogni del paziente, ai bisogni epidemiologici. Solo così non ci saranno diseguaglianze o preferenze nell'assegnazione della dotazione organica. Un reparto, un'azienda, avrà le risorse umane necessarie a garantire il diritto alla salute dei propri utenti, a prescindere dalle conoscenze e pressioni del direttore o del primario di turno. Questa è l'organizzazione sanitaria efficiente che i cittadini ci chiedono.
Certo, l'uniformità e la parità che tutti auspichiamo devono tenere conto delle differenze o meglio di alcune specificità. Non si può trattare in maniera uguale ciò che è diverso. Non è sufficiente ragionare sulle specialità in generale, ma bisogna sapere entrare nelle sottospecialità, nelle specificità di alcuni settori. Le pongo un esempio. Un'unità di radiologia ad alta specificità tecnologica, che garantisce TAC, radiografie, ecografie, PET, radiologia interventista e quant'altro, avrà bisogno senz'altro di medici e personale sanitario e tecnico su cui contare. Sono differenze giustificate, che naturalmente il Governo Pag. 25deve monitorare e valutare, facendo sì che ci sia omogeneità e uniformità anche nella correttezza delle scelte compiute a livello regionale, perché non ci siano più disuguaglianze e preferenze tra i diversi reparti o aziende ospedaliere, perché la salute è un bene di tutti.
Onorevoli colleghi c’è un altro impegno che chiediamo con forza al Governo, ovvero quello di adottare misure volte a realizzare la mobilità interregionale del personale sanitario.
Non è più pensabile costringere i nostri medici e i nostri infermieri a lavorare e a vivere lontani dalle proprie famiglie, con gravi conseguenze familiari ed economiche. Bisogna identificare forme che facilitino la mobilità interregionale del personale, cercando di limitare il peso del diniego o dell'assenso da parte delle aziende di provenienza. È un problema di equilibrio di risorse, ma è anche un problema di equilibrio sociale e di equilibrio familiare.
Il nostro è un convinto «sì» anche alle altre mozioni accolte dal Governo, che vanno tutte in un'unica direzione positiva per il personale del nostro sistema sanitario e per i nostri pazienti (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, il Parlamento oggi è chiamato di nuovo, in questa sede, a discutere e ad esprimersi su mozioni che riguardano il Servizio sanitario nazionale. Si tratta di mozioni che, in maniera specifica, pongono un problema in riferimento all'assicurazione che dovremmo dare, come Servizio sanitario nazionale, di garantire lo stesso livello di prestazioni sanitarie sull'intero territorio nazionale, nelle varie regioni.
Ed è fin troppo evidente – e questa è l'ennesima dimostrazione – che il Parlamento, spesso e volentieri anche con altri provvedimenti e decreti-legge e quant'altro, ma anche con altre mozioni, periodicamente torna su questo argomento. Il Parlamento è stato impegnato di recente anche in un'indagine conoscitiva, che ha visto coinvolte, con un lavoro di diversi mesi, sia la Commissione salute sia la Commissione bilancio, in riferimento al rapporto che riguardava risorse e sostenibilità stessa del Servizio sanitario nazionale, sempre relativamente all'assicurazione di livelli di assistenza e di prestazione uniformi sull'intero territorio nazionale.
Ed è fin troppo evidente che la scelta politica principale del nostro Paese in merito a tutto ciò è stata effettuata con la legge n. 833 del 1978 – una grande conquista di civiltà per il nostro Paese –, che riguarda l'accesso universalistico alle prestazioni sanitarie da parte di tutti. Ora, a trentasette anni dall'introduzione e dall'istituzione del Servizio sanitario nazionale, noi ci troviamo in grande difficoltà rispetto alla gestione della sanità. Ci troviamo in grande difficoltà nonostante l'attuazione di numerose leggi. Mi limito a quelle specifiche che riguardano la grande riforma che c’è stata a partire dalla legge n. 833 del 1978, cioè il decreto legislativo n. 502 del 1992, a seguito della legge delega n. 421 del 1992, che riformò, nel nostro Paese, i quattro assi portanti collegati direttamente al bilancio dello Stato e alla finanza pubblica (la sanità, la previdenza, la finanza territoriale e il pubblico impiego).
Ora, davanti a una situazione del genere, io penso che è fin troppo evidente che, nonostante l'articolazione che c’è stata con il decreto legislativo n. 229 del Ministro Bindi e poi, a seguire, con tantissime altre riforme, sia arrivato forse il momento di mettere un punto fermo sul Servizio sanitario nazionale. Infatti, non esiste più provvedimento che riguarda la finanza pubblica che non tratti le restrizioni anche rispetto al Fondo sanitario nazionale, non esiste più provvedimento, decreto-legge, riforme e quant'altro, sulla pubblica amministrazione che non riguardi anche il personale all'interno del Servizio sanitario nazionale, vuoi per blocchi, Pag. 26vuoi per trasferimenti, vuoi per mobilità, vuoi anche per la situazione previdenziale, come di recente è stata varata, e così via.
In riferimento alle tante e tante leggi, si parla del personale. C’è da porre una domanda: ma il Servizio sanitario nazionale solo adesso è in blocco rispetto al turnover ? La risposta è «no», non è che è in blocco solo adesso. È stato il primo settore all'interno della pubblica amministrazione, tra i dipendenti pubblici, a subire un blocco totale.
Infatti, dopo l'istituzione del Servizio sanitario nazionale, la legge n. 12 del 1982 partì proprio con il blocco delle assunzioni di ogni ordine e grado, anche di quelle temporanee, delle unità sanitarie locali. Successivamente, poi, con l'articolo 19, ultimo comma, della legge n. 730 del 1983 si iniziò con le deroghe al blocco delle assunzioni. Noi siamo in un contesto in cui la spesa sanitaria, solo di risorse pubbliche, rappresenta la seconda voce nel bilancio dello Stato. Infatti, noi abbiamo la prima che è la previdenza, la seconda è la sanità e la terza è poi il servizio del debito, che riguarda pure una grande fetta, che per fortuna che negli ultimi tempi si è ridotta. Ma la sanità rappresenta 110 miliardi di euro all'anno di risorse pubbliche. Ma non è solo questo il finanziamento, questo è solo una parte, la parte pubblica, perché se noi poi aggiungiamo la parte privata, dei ticket, delle addizionali e quant'altro, noi arriviamo a circa 160 miliardi di euro all'anno.
Il problema è come viene gestita questa grande partita, come vengono spesi i soldi in riferimento al finanziamento dei servizi sanitari regionali. Intanto, noi abbiamo troppi centri decisionali. Ecco perché, rappresentante del Governo, sottosegretario e caro Presidente, è giunto il momento forse di fare il punto. Nella sanità una delle cose che sicuramente crea disagio e dispersione del contesto delle decisioni è che ci sono troppi centri decisionali, non solo quelli di spesa, ma proprio troppi centri decisionali. C’è il Governo, c’è il Parlamento, che rivendica la sua autonomia e legifera; ci sono le regioni, che rivendicano la loro autonomia e legiferano; ci sono i direttori generali delle ASL, che fanno le loro scelte e decidono. Poi anche qui noi abbiamo il clou del clou: ci sono i TAR, il Consiglio di Stato, la Corte costituzionale, la Cassazione e, poi, si è aggiunto adesso il giudice ordinario e quant'altro, e chi più ne ha più ne metta. Alla fine, il problema è che la tasca è sempre una ed è quella della ASL che eroga le prestazioni. Ma i pagatori delle prestazioni sono i cittadini italiani.
In riferimento, poi, anche alla spesa sanitaria, io concordo con il problema che è stato posto quasi al centro di tutte le mozioni: blocco del turnover che deve essere superato, la mobilità intraregionale e interregionale che deve essere attivata, le regioni sul piano di rientro che hanno maggiori difficoltà nel cercare di assicurare i servizi e quant'altro. Ma noi abbiamo mai monitorato il livello delle regioni, il livello di riorganizzazione e di modello organizzativo funzionale che hanno del sistema sanitario ? L'hanno veramente ottimizzato tutto questo ? Questo, infatti, è un grande problema. È vero o non è vero che anche all'interno della gestione della sanità esiste un altissimo grado di fenomeni di corruzione con gravissime colpe anche nell'ambito della mancanza di controlli a livello regionale ? È vero o non è vero che la politica ha le mani in pasta all'interno della gestione della sanità come in nessun'altra parte del mondo ? Così com’è vero pure che molte regioni hanno il blocco delle assunzioni per legge, soprattutto per la parte finanziaria, per responsabilità nei confronti della Corte dei conti, e un po’ meno rispetto alla paura e alla deterrenza della parte penale. Infatti, rispettano il blocco perché altrimenti ne rispondono direttamente per danno erariale. Ma è pur vero che all'interno della sanità nascono partecipate, nascono società in house e quant'altro dove poi si fa un doppio danno: il danno di assunzioni a livello clientelare, ma peggio ancora senza meritocrazia perché non c’è selezione, né niente.
Sono tutte queste le cose che non vanno e chi ne fa le spese ? A farne le spese è la parte qualificata: gli operatori Pag. 27all'interno delle corsie, gli infermieri professionali, il personale specializzato di pronto soccorso e dei settori di urgenza, i medici. Quelli sì che sono messi sotto stress perché per tutto il resto l'acquisizione di beni e servizi continua ad essere fuori controllo, totalmente fuori controllo dappertutto. E ci sono un Parlamento e un Governo che a tutt'oggi non riescono a stabilire almeno l'obbligatorietà di Consip e l'obbligatorietà delle centrali uniche di acquisto. Dobbiamo guardare tutti insieme se vogliamo veramente assumere una posizione che possa assicurare, sì livelli di prestazione essenziali di assistenza un po’ dappertutto, ma anche e soprattutto l'ottimizzazione dell'utilizzo delle risorse della sanità.
Accolgo con favore la riformulazione proposta dal Governo per quello che riguarda la nostra mozione. Noi voteremo tutte le mozioni perché sono tutte da votare dal momento che riguardano la denuncia di un problema ma mi auguro che, così com’è stato fatto nel 1978 con la legge n. 833, con il decreto legislativo n. 502 del 1992 con l'aziendalizzazione, che è tutta da rivedere ed è sostanzialmente fallita, con il regionalismo che non riesce a gestire per bene questo grande settore, il Governo si faccia carico di questo bene pubblico che è la salute con tutto il resto per mettere un punto fermo e per cercare di mettere ordine e di pensare di più ad una sanità che curi la salute e non la politica e i partiti, come avviene quasi in tutte le regioni indipendentemente dal colore politico (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grillo. Ne ha facoltà.
GIULIA GRILLO. Grazie, Presidente. Oggi parliamo di salute e di sanità. In due anni di Parlamento questa è praticamente la prima mozione che tratta questo tema. Allora poco fa, mentre ascoltavo gli interventi dei colleghi, mi sono chiesta come mai si parla così poco di sanità in un'Aula del Parlamento e secondo me ci sono due ordini di motivi. Il primo motivo è molto pratico, molto semplice: si parla poco di sanità perché le persone veramente competenti in materia di sanità sono pochissime, quelle veramente competenti ed oneste sono pochissime e quelle competenti, oneste e senza conflitti di interessi in sanità sono praticamente inesistenti e questo è il problema di ordine pratico.
Poi c’è un problema di ordine politico che riassumo in questa parola: non è vero che la sanità sia una spesa. La sanità è un bancomat e lo è per la trojka, è un bancomat per i partiti, ed è un bancomat per i corrotti e adesso vi spiego perché. È un bancomat per la trojka perché la ricetta della trojka, quella che ha ucciso il paziente Grecia, è una ricetta che si basa sulla riduzione della spesa pubblica, sulla svalutazione dei salari e sulla privatizzazione. La riduzione della spesa pubblica ovviamente colpisce la sanità e la colpisce in una maniera, secondo noi, da totali incompetenti perché riduce i costi della sanità principalmente con due manovre: riduzione dei posti letto e blocco del turnover. Mi sono chiesta se il Ministro Balduzzi, quando ha voluto ridurre il numero dei posti letto, avesse fatto un conteggio economico relativo a quanto corrispondeva ridurre i posti letto ovviamente riducendo i servizi e i diritti ai cittadini e non ho trovato questo dato da nessuna parte. Quindi è giusto che i cittadini italiani oggi sappiano che i loro ospedali stanno chiudendo perché un Ministro della Repubblica, il Ministro Balduzzi, per obbedire a Monti, che ha ubbidito alla trojka, ha deciso che uno degli strumenti doveva essere il taglio dei posti letto senza neanche calcolare quanto questo risparmio avrebbe inciso sulla famosa spending review. E questa è la competenza che sta dietro a queste scelte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) come quella sul blocco del turn over. Ed è una scelta incompetente quella del blocco del turn over tanto che è che ci ha sanzionato anche la Commissione europea perché i nostri medici e i nostri infermieri Pag. 28ovviamente, siccome sono pochi, sono costretti a fare il lavoro che avrebbero voluto fare altri medici e altri infermieri che avrebbero dovuto essere assunti. Ed infine incompetenza anche perché, quando si parla di soldi, questi emissari della trojka che poi vengono in qualche modo inseriti all'interno dei Governi sono pure scadenti perché, quando noi abbiamo un'incidenza nella spesa italiana per i morti e per i malati da inquinamento di 97 miliardi di dollari che sono quasi quanto costa il Servizio sanitario nazionale, mi chiedo: ma una politica efficiente, onesta e che lavora al servizio dei cittadini non avrebbe dovuto incidere su quella risorsa, su quella spesa invece di prevedere semplicemente tagli lineari, riduzione dei posti letto, blocco del turnover, blocco di tutto ? Ovviamente no, ma siamo il bancomat della trojka.
Siamo anche il bancomat dei partiti perché dal 1992 si è deciso che le figure apicali delle aziende sanitarie dovevano essere di nomina politica e i risultati di questa lottizzazione politica della sanità li stiamo vedendo perché, signori, bloccare il turn over e bloccare la mobilità interregionale significa che i direttori generali possono fare i contratti, possono fare contratti ai medici, possono fare i contratti agli infermieri, possono fare contratti alle cooperative e, guarda caso, ogni volta prima delle elezioni c’è una valanga di contratti. Quindi è chiaro che c’è un'attenzione ad attingere dal punto di vista elettorale a tutti questi bei contratti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Poi è un Bancomat dei partiti, ovviamente, anche sulla partita degli appalti e, in particolare, sulla partita dell'edilizia sanitaria. Allora, io ho girato, ultimamente, in occasione di queste elezioni, tutta l'Italia e ho visto una cosa assurda. Da una parte chiudiamo gli ospedali, però, dall'altra parte ne costruiamo di nuovi, senza risorse. Allora, come li facciamo i nuovi ospedali ? Li facciamo in project financing e, così, spuntano otto ospedali in Veneto in project financing, spuntano quattro ospedali in Toscana in project financing, ma anche in Puglia, poverini, anche loro vanno a costruire nuovi ospedali, mentre chiudono quelli vecchi, perché, ovviamente, la sanità è il Bancomat della politica che fa affari con le aziende e quindi è giusto finanziare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), perché, poi, quando vai a Mestre e vedi un megaospedale bellissimo, costruito come se fosse un bel centro commerciale, poi scopri che nella rete di imprese c’è il consorzio Venezia Nuova, quelle del Mose, quindi, il cerchio si chiude.
È poi il Bancomat dei corrotti perché – lo dobbiamo dire, ovviamente non lo ha detto nessuno – ieri c’è stata un'altra retata della guardia di finanza per rimborsi indebiti al San Raffaele, primari e dirigenti indagati per truffa, leggo online: ospedale San Raffaele, fondi per oltre 28 milioni di euro – lo ripeto, 28 milioni di euro – coinvolte nove persone tra cui Alberto Zangrillo, il medico di Berlusconi – qua c’è scritto – e l'amministratore delegato del gruppo Nicola Bedin. Quindi, abbiamo completato l'operazione di Bancomat.
Adesso, oltre che parlare di Bancomat, voglio parlare di diritti, perché questa mozione parte proprio dai diritti e parte dai diritti dei cittadini che hanno il diritto di vedere garantito il proprio Servizio sanitario nazionale e il proprio diritto alla salute. Non esiste l'universalismo selettivo, De Filippo, perché o è universalismo o è selettivo; quindi, o diamo il servizio sanitario a tutti oppure non lo diamo, non è che ci può essere un'esenzione; poi facciamo come per i pazienti con l'epatite C che vanno avanti solo quelli che hanno i medici nei centri che gli fanno somministrare i farmaci, ma quello è un altro aspetto. I cittadini hanno diritto a essere curati, hanno diritto a trovare medici in ospedale che li curino, che non abbiano fatto 48 ore di servizio e che, magari, dopo 48 ore devono cominciare a fare un intervento alla testa, come fanno i neurochirurghi che non hanno colleghi che gli diano il cambio.
E hanno diritto i medici, perché i medici li avete fatti diventare, veramente, Pag. 29dei tappetini per i piedi, perché questi medici che una volta si facevano i loro bei concorsi – c'erano pure i raccomandati –, che entravano ed erano legittimati a lavorare in quella maniera, adesso, si devono zerbinare per avere un posto di lavoro al politico di turno, ovviamente, con il venire meno del merito, perché poi non è che vanno avanti i più bravi, vanno avanti quelli che si zerbinano meglio, da una parte, e, dall'altra, quelli che hanno vinto i concorsi e che se ne sono andati lontani dalle loro famiglie, non possono ritornare perché quei furbastri dei direttori generali non accettano le procedure di mobilità, perché guai a liberarsi di un posto che possono far occupare con un contratto che poi gli serve per avere lo scambio elettorale, questa è la verità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
Ma noi non possiamo assistere a questo scempio, ed è assurdo che il Ministro Lorenzin faccia i tweet: istituiamo il tavolo di questo, istituiamo il tavolo di quest'altro, ma tavoli di che cosa ? Guardi che gli unici tavoli che si istituiscono qui sono quelli delle aziende che si stanno spartendo gli appalti in tutta Italia, da quelli delle protesi per i nomenclatori a quelli dell'edilizia sanitaria, quelli sì che li fanno i tavoli, mentre noi stiamo a chiacchierare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Allora, sottosegretario De Filippo, io le chiedo, veramente, che questa non rimanga una delle ennesime mozioni carta straccia che, poi, magari, ci potremo rivendere in televisione come abbiamo fatto con quella sull'immigrazione, dove abbiamo dimostrato il nostro impegno e la nostra serietà, ma qui ci sono i diritti di medici, di infermieri, di cittadini e questo Parlamento deve difendere i diritti di tutti i cittadini, non solamente di quelli associati a varie congreghe e che sono amici più o meno vostri o più o meno di altri.
Quindi vi chiediamo l'impegno di sbloccare il turn over perché non ha una ratio economica, a meno che lei non mi fornisca i numeri e i dati, vi chiediamo di sbloccare la mobilità interregionale, perché questo atteggiamento papistico dei direttori generali non è più tollerabile e vi chiediamo di sbloccare la mobilità e lo sblocco del turn over, perché i cittadini hanno bisogno di tutela dei diritti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Federico Gelli. Ne ha facoltà.
FEDERICO GELLI. Grazie Presidente, colleghi, oggi stiamo parlando di un grande patrimonio dell'intera collettività del nostro Paese, il sistema sanitario pubblico.
Il sistema sanitario pubblico italiano viene considerato a livello internazionale uno dei migliori sistemi sanitari pubblici, rispettando classifiche scientifiche, non valutazioni di natura politica; un sistema sanitario pubblico che sicuramente è il frutto di un lavoro importante della storia repubblicana, della storia di questo Paese, di un percorso che ha visto battaglie importanti per l'affermazione di un diritto che è sancito appunto dalla Costituzione. Ma questo grande patrimonio si incentra prevalentemente sulla ricchezza delle competenze e delle professionalità dei tanti operatori che lavorano in questo sistema. Noi abbiamo bellissimi ospedali, abbiamo grandi centri clinici, ma la vera ricchezza e il vero patrimonio stanno nelle competenze e nelle professionalità che in questi anni si sono affermate e si sono accresciute nel nostro Paese. Sono oltre 700 mila questi operatori: sono medici, infermieri, operatori sociali; sono 1 milione complessivamente, considerando anche gli operatori delle strutture convenzionate e dell'indotto che si muove intorno alla sanità. Vogliamo considerare tutto questo grande patrimonio, che garantisce un diritto fondamentale, che è il diritto alla salute, solo come spesa, oppure vogliamo considerarlo, invece, come un grande patrimonio di investimenti, di occupazione, di sviluppo e di dinamismo per questo Paese ? Perché oggi stiamo parlando proprio di questo, stiamo parlando proprio di questa grande opportunità. Eppure, Pag. 30l'asse fondamentale su cui si regge il nostro sistema è proprio il personale, gli operatori, che in questi anni purtroppo sono stati bistrattati, umiliati, potremmo dire anche offesi, perché si è pensato giustamente a razionalizzare i costi, a risparmiare, a rendere più efficiente il sistema. Giusto ! Giusto unificare i centri di acquisto, giusto razionalizzare la rete ospedaliera, giusto efficientare il sistema, giusto eliminare gli sprechi, giusto eliminare le decisioni della politica in un settore dove la politica deve restare molto lontana, ma purtroppo è stato colpito anche questo grande cuore del nostro sistema. È stato risparmiato negli ultimi anni intorno a 1 miliardo di euro, grazie ad operazioni sul blocco del turnover, in maniera particolare nelle sette regioni con piano di rientro, a un blocco dei trattamenti accessori della retribuzione, a un blocco delle procedure contrattuali. Insomma, tutto questo è stato in qualche modo ottenuto, purtroppo, penalizzando quello che appunto dicevo prima: una delle grandi ricchezze del nostro Paese. Tutto questo che cosa ha prodotto e che cosa potrà produrre nel prossimo futuro ? Una riduzione e una diminuzione alla risposta dei bisogni della popolazione, una riduzione, purtroppo, della qualità della risposta che noi potremmo dare ai nostri cittadini, al bisogno della domanda di salute di questo Paese.
Allora, la politica a questo punto deve intervenire, non può rimanere a considerare e valutare il sistema sanitario del nostro Paese solo come fonte di spesa; deve guardare con atteggiamento diverso, deve porsi in un atteggiamento diverso rispetto al prossimo futuro. Ecco perché noi proponiamo nella nostra mozione – ed è una proposta comune anche ad altre mozioni – una revisione dei vincoli imposti per la gestione del personale del sistema sanitario, perché possano favorire un giusto ricambio generazionale; perché solo attraverso un corretto percorso formativo e un corretto ricambio generazionale possiamo dare prospettive e futuro alla nostra qualità dei servizi. Siamo per garantire quelle assunzioni a tempo indeterminato in strutture molto sensibili del sistema, a partire dai pronto soccorso, dai centri trapianti, dalle terapie intensive, insomma in tutti quei luoghi dove non è ammissibile che si possa far ricorso al precariato, perché il precariato, che è ovviamente una risorsa importante quando c’è da sostituire un titolare, non può essere la risposta definitiva; può essere una soluzione tampone e certo non utilizzabile in questi settori particolarmente delicati. Ovviamente invitiamo il Governo a far sì che ci sia una limitazione del blocco del turnover, proprio per limitare l'uso di forme di precariato e di esternalizzazione delle risposte ai bisogni, perché sappiamo che alla fine questo ricorso e questa risposta producono ugualmente un costo, che è molto simile e paragonabile al costo effettivo del personale titolare, del personale ovviamente a contratto a tempo indeterminato; ed è qui l'elemento di sostanza sul quale noi vorremmo che il Governo intervenisse.
Insomma, rimuovere tutti quei lacci e lacciuoli, quegli ostacoli che in questi anni sono stati un elemento di risparmio e che oggi possono diventare elemento di impoverimento e di difficoltà del sistema. Abbiamo ovviamente inserito anche il tema della mobilità regionale, perché non è spiegabile come ancora oggi si possano considerare i confini di una Azienda sanitaria in una logica ormai di pianificazione e programmazione che è almeno su base regionale.
Dobbiamo allora concedere altre possibilità e altre opportunità, perciò abbiamo inserito un altro tema fondamentale che ci viene richiesto con forza dagli operatori. Ad esempio, una iniziativa importante potrebbe essere quella di inserire una distinta area negoziale della dirigenza del sistema sanitario pubblico. D'altronde nell'idea della riforma del decreto Madia si parla di un ruolo unico della dirigenza delle regioni e allora, visto che l'ottanta per cento della dirigenza delle regioni è composta proprio dal comparto sanitario, non si capisce perché all'interno non si possa pensare ad un'area contrattuale e Pag. 31negoziale autonoma, vista anche la specificità del settore e le modalità di reclutamento.
Tutte queste risposte, a nostro avviso, sono solo all'inizio di un percorso difficile che dovremo fare nei prossimi mesi. Con il nuovo patto della salute sono inseriti argomenti importanti di risposta. Ad esempio, lo sblocco del turnover nelle regioni con piani di rientro che dimostrano una capacità di verifica e di uscita dal blocco e dal piano di rientro. È questo un primo segnale di attenzione, una prima possibilità di risposta in quelle regioni dove questo tema è ancora più importante rispetto alle altre. Una valorizzazione del ruolo del personale sanitario è inserita nell'articolo 22 del patto della salute, dove si definisce la possibilità di una legge delega che possa aiutare a valorizzare e, in qualche modo, migliorare il lavoro interdisciplinare tra le varie figure professionali del sistema.
Stiamo discutendo da anni della responsabilità professionale, è un altro nostro punto importante. In XII Commissione, insieme alla Presidente, stiamo lavorando su questo in maniera proficua, perché sappiamo che questa risposta non è solo una risposta da dare agli operatori professionali, per arrivare ad un contingentamento delle risorse e a risparmi sul tema della medicina difensiva che alcuni stimano addirittura in decine di miliardi e che a nostro avviso riguarda non solo la sicurezza degli operatori, ma anche quella dei cittadini.
Insomma, insieme ad altre misure, questo Governo e questa maggioranza stanno cambiando la pelle di questo sistema, garantendo le radici profonde del sistema sanitario pubblico, ma valorizzando le grandi importanti novità. Siamo noi, questa maggioranza e questo Governo, ad aver introdotto ad esempio la impossibilità dei Presidente di regione a continuare a svolgere il ruolo di commissari nei piani di rientro. Un messaggio importante per dare una forza più rilevante al Governo, al ruolo centrale, nel sostegno e nell'aiuto ad uscire dalle condizioni di difficoltà. Attraverso il decreto Madia abbiamo inserito il tema dell'albo nazionale dei direttori generali. Veniva detto prima dal rappresentante del MoVimento 5 Stelle, come la politica sia invasiva anche nel mondo della sanità, io non credo che il sistema sanitario pubblico possa essere considerato alla stessa stregua di un luogo del malaffare o dove tutti i nostri 700 mila operatori sono stati assunti perché amici di qualche politico di turno. Sarebbe un'offesa all'intelligenza di tanti bravi professionisti che operano in maniera dignitosa e hanno fatto i loro concorsi pubblici per poter essere assunti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Credo allora che in risposta a questo noi dobbiamo operare in profondità, ecco perché l'albo nazionale dei direttori regionali, l'albo dei direttori regionali e amministrativi. Un albo trasparente, fruibile da tutti i cittadini, dove sappiamo quali saranno i manager che verranno scelti dai Presidente delle regioni.
Infine, noi crediamo che questa battaglia debba in qualche modo dare una risposta alle migliaia di giovani specializzandi, precari, operatori sanitari che tutti i giorni, senza guardare il proprio orologio o l'ingresso e l'uscita, ma mettendosi al servizio con lo spirito grande, che anima tutti gli operatori sanitari, di offrire un servizio verso il prossimo che soffre. A questi operatori dobbiamo una risposta.
Lo abbiamo pensato per la scuola, dobbiamo pensarlo ora per il nostro sistema sanitario pubblico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
(Votazioni)
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Grillo ed altri n. 1-00767, come riformulata Pag. 32su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Su colleghi che abbiamo diverse votazioni. Santelli.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 449
Votanti 445
Astenuti 4
Maggioranza 223
Hanno votato sì 444
Hanno votato no 1
La Camera approva (Vedi votazioni).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Miotto ed altri n. 1-00899, come riformulata su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Polidori. Russo. Lomonte. Piccoli. Chimienti. Onorevole Bragantini, provi a votare.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 446
Votanti 442
Astenuti 4
Maggioranza 222
Hanno votato sì 442
La Camera approva (Vedi votazioni).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Calabrò ed altri n. 1-00900, per quanto non assorbita da precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Bolognesi, Dall'Osso. Colonnese. Costantino. Maestri. Provi a votare con il dito: le garantisco che è un'esperienza bellissima; funziona. Onorevole Dorina Bianchi, la aspettiamo.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 454
Votanti 415
Astenuti 39
Maggioranza 208
Hanno votato sì 414
Hanno votato no 1
La Camera approva (Vedi votazioni).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Nicchi ed altri n. 1-00904, su cui avverto che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e pertanto il parere del Governo s'intende essere contrario sulla mozione nella sua interezza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 450
Votanti 426
Astenuti 24
Maggioranza 214
Hanno votato sì 144
Hanno votato no 282.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Palese e Fucci n. 1-00905, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Piepoli, Cozzolino, Tancredi, Ciracì...
Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 33
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 449
Votanti 368
Astenuti 81
Maggioranza 185
Hanno votato sì 368).
Passiamo alla votazione della mozione Vargiu ed altri n. 1-00907. Il MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare il secondo capoverso del dispositivo distintamente dalla restante parte della mozione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Vargiu ed altri n. 1-00907, ad eccezione del secondo capoverso del dispositivo, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Bueno, Marti, Colletti, Alberti, Archi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 453
Votanti 425
Astenuti 28
Maggioranza 213
Hanno votato sì 364
Hanno votato no 61).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Vargiu ed altri n. 1-00907, limitatamente al secondo capoverso, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Cozzolino, Pilozzi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 451
Votanti 448
Astenuti 3
Maggioranza 225
Hanno votato sì 360
Hanno votato no 88).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rondini ed altri n. 1-00908, come riformulata su richiesta del Governo, sulla quale il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Piepoli, Archi, Di Lello, Gigli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 450
Votanti 385
Astenuti 65
Maggioranza 193
Hanno votato sì 361
Hanno votato no 24).
Passiamo alla votazione della mozione Gigli ed altri n. 1-00909. Avverto che il gruppo del MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare il primo capoverso del dispositivo distintamente dalla restante parte della mozione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Gigli ed altri n. 1-00909, ad eccezione del primo capoverso del dispositivo, sul quale il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dall'Osso.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 451
Votanti 417
Astenuti 34
Maggioranza 209
Hanno votato sì 415
Hanno votato no 2).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Gigli ed altri n. 1-00909, limitatamente al primo capoverso come riformulato su richiesta del Governo, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Colonnese, Ragosta, Malpezzi. Prego, onorevole Malpezzi, esperisca un tentativo di voto; bene, è andato a buon fine.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 455
Votanti 433
Astenuti 22
Maggioranza 217
Hanno votato sì 364
Hanno votato no 69).
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
La seduta, sospesa alle 13, è ripresa alle 15.
Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno i Ministri dell'interno, dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali e delle infrastrutture e dei trasporti.
(Intendimenti del Governo in merito ad iniziative in sede europea per far fronte all'emergenza immigrazione, anche alla luce della situazione in atto nell'area di Ventimiglia – n. 3-01545)
PRESIDENTE. L'onorevole Ravetto ha facoltà di illustrare l'interrogazione Brunetta ed altri n. 3-01545, concernente intendimenti del Governo in merito ad iniziative in sede europea per far fronte all'emergenza immigrazione, anche alla luce della situazione in atto nell'area di Ventimiglia (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria, per un minuto.
LAURA RAVETTO. Signor Presidente, Ministro, l'11 giugno scorso, a nostro avviso, la Francia ha violato il trattato di Schengen, ripristinando di fatto i controlli alle frontiere, senza averne dato comunicazione né al Governo italiano né alla Commissione. Siamo rimasti basiti dalla risposta del Ministro dell'interno francese, il quale avrebbe motivato questa violazione adducendo presunte violazioni da parte dell'Italia del regolamento di Dublino. Crediamo che non si possa rispondere ad una presunta violazione di un trattato violandone un altro di natura diversa e sottoscritto anche da Paesi diversi. Siamo a chiedere che azioni sono state intraprese a Ventimiglia e, soprattutto, quali siano i risultati dei suoi incontri con i Ministri dell'interno francese e tedesco, considerato che notizie di stampa ci dicono di tali hotspots sulle nostre coste ancora però, che ci lasciano temere che ancora l'Italia dovrà sì magari avere una compartecipazione europea per ciò che riguarda i profughi, ma avrà sul suo territorio ancora tutti quelli che profughi non sono, al contrario di quello che riteniamo dovrebbe fare l'Europa, e cioè aiutarci nei rimpatri e anche negli accordi di riammissione.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Angelino Alfano, ha facoltà di rispondere.
ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, comincio la risposta al quesito dell'onorevole Ravetto, iniziando dal suo «soprattutto», cioè soprattutto cosa è stato fatto a Lussemburgo anche in relazione agli incontri avuti con il collega tedesco e con il collega francese. Vale la pena ricordare, innanzitutto, che l'agenda Juncker sull'immigrazione nasce da un Consiglio straordinario, nato dopo Pag. 35l'ultima strage e voluto fortemente da questo Governo. Si è svolto un Consiglio straordinario, è nata un'agenda, l'agenda Juncker sul tema dell'immigrazione, quell'agenda ha avuto uno sviluppo, ieri vi è stato il Consiglio dei Ministri dell'interno a livello europeo, la partita si chiuderà con l'incontro, come prevede peraltro la procedura, al Consiglio europeo con i Capi di Stato e di Governo. Tempi certi per la realizzazione dell'agenda. Questo è il primo risultato, ossia entro luglio si deve chiudere la partita.
Secondo risultato: si comincia a rompere il muro di Dublino, la vicenda delle riallocazioni fa venire meno il muro di Dublino, non del tutto ovviamente, e noi non siamo ancora del tutto soddisfatti della cifra, cioè 24 mila in due anni, dunque, continueremo a lavorare, dicendo che quella cifra non ci rende del tutto soddisfatti, ma non possiamo non riconoscere che si tratta di una rottura del principio di Dublino.
Terzo risultato: noi abbiamo ottenuto ieri un riconoscimento diffuso sul fatto che Dublino è superato. Quel regolamento, che ha avuto due aggiornamenti e io ne ho sottoscritto uno che lo rendeva più elastico peraltro, è un regolamento figlio di un altro tempo, ormai, della storia e dobbiamo prenderne atto tutti che non possiamo rimanere in modo miope legati a quel regolamento.
Altro obiettivo raggiunto, e mi riferisco al quarto: il meccanismo della riallocazione non deve e non può avvenire su base volontaria, ma deve essere vincolante.
L'altro pilastro dell'agenda Juncker, sul quale noi puntiamo molto, è quello dei rimpatri; è la chiave di volta. Se noi dobbiamo distinguere i migranti economici da quelli che hanno bisogno di protezione umanitaria, è indispensabile rimpatriare i migranti economici che non hanno bisogno di protezione umanitaria. Per rimpatriarli, li dobbiamo identificare e trattenere in luoghi da cui poi vanno fatti ripartire. Ed è indispensabile in questo senso che sia l'Europa protagonista di politiche di riammissione e di accordi di riammissione, ed è al tempo stesso indispensabile che la procedura venga fortemente avallata a livello europeo. Questi hotspots, questi centri, devono essere, a nostro avviso, dei centri sui quali interviene anche finanziariamente l'Europa.
E poi vi è un elemento, che è quello con cui concludo, che è quello politico: una grande democrazia, la più grande area di democrazia al mondo come l'Europa, non può immaginare di non affrontare il tema delle frontiere e il tema delle migrazioni. Noi abbiamo un protagonismo che non avevamo mai avuto su questo argomento. Stiamo ottenendo dei risultati, non sono esattamente tutti quelli che noi avremmo voluto avere, speriamo che al vertice dei Capi di Stato e di Governo si possa completare positivamente questo quadro di risultati.
PRESIDENTE. L'onorevole Biasotti, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.
SANDRO BIASOTTI. Ministro, le auguro che questi obiettivi che lei vede, questi risultati, li potremo ottenere, però, ad oggi, obiettivamente, con tutto il rispetto per la sua figura, vedo solo che prendiamo dei grandi schiaffoni dall'Europa; un'Europa che è egoista, che non capisce che bisogna avere solidarietà, che deve essere una vera unione. Vedo che questo è anche acuito dalla totale incapacità e inadeguatezza del Governo Renzi, che è tosto e che è che duro solo nei talk show, forse con la sua minoranza o con qualche sindaco che è già abbacchiato, ma credo che in Europa sia fondamentalmente debole e insignificante.
L'errore storico è, forse, quello di avere voluto nominare la Mogherini commissario europeo, che ha dimostrato tutta la sua inadeguatezza. Lei ha incontrato i ministri di Francia e Germania, proprio due nazioni che dimostrano, ancora di più, egoismo. La Francia ha chiuso, sostanzialmente, le frontiere con Ventimiglia, creandoci veramente dei problemi, però questo è un fatto recente.
Ma io le ricordo che è da due anni che la Germania e l'Austria hanno chiuso le Pag. 36frontiere al Brennero, con una posizione di militarizzazione della frontiera; addirittura – ce lo hanno confermato questa mattina in una risoluzione che abbiamo votato – salgono sui treni a Verona, e quindi si permettono di sindacare anche sul nostro territorio.
Noi siamo i secondi o terzi contribuenti dell'Unione europea e continuiamo a prendere ceffoni, dalla Francia soprattutto, che è quella che ha causato questi problemi, bombardando Gheddafi e rompendo, sì, quella diga, non di Dublino, ma quella diga che impediva questa immigrazione di massa. Quindi, signor Ministro, mi auguro e le auguro che ci possano essere degli obiettivi, che, in questo momento, veramente non vedo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
(Iniziative volte alla convocazione di un tavolo interministeriale relativo alla vertenza della società Teleperformance – n. 3-01546)
PRESIDENTE. L'onorevole Duranti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01546, concernente iniziative volte alla convocazione di un tavolo interministeriale relativo alla vertenza della società Teleperformance (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.
DONATELLA DURANTI. Grazie, signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, con questo atto di sindacato ispettivo del gruppo di Sinistra Ecologia Libertà, a mia prima firma, chiediamo al Governo di attivarsi immediatamente per convocare un tavolo nazionale interministeriale e affrontare e risolvere la situazione gravissima in cui versano i lavoratori e le lavoratrici di Teleperformance a Taranto, e porre rimedio, così, ad una sottovalutazione, che noi consideriamo colpevole da parte del Governo, della situazione, nonostante l'allarme lanciato da tempo dalle organizzazioni sindacali.
Ritengo che il Governo debba impegnarsi subito, a maggior ragione dopo essere venuta a conoscenza dell'esito negativo dell'incontro che si è tenuto oggi presso Confindustria tra organizzazioni sindacali e dirigenza di Teleperformance.
Mi risulta che l'unica opzione offerta dall'azienda, a questo punto, sia la chiusura della sede di Taranto, a meno che non si accettino le condizioni poste sulla riduzione dell'orario di lavoro, e quindi sulla retribuzione dei lavoratori e delle lavoratrici. Per cui, chiediamo l'immediata convocazione di un tavolo per risolvere questa gravissima situazione.
PRESIDENTE. La Ministra dello sviluppo economico, Federica Guidi, ha facoltà di rispondere per tre minuti.
FEDERICA GUIDI, Ministra dello sviluppo economico. Grazie, signor Presidente. Rispondo dicendo che certamente esiste un problema di settore, e quindi in relazione al sistema anche di affidamento di appalti attraverso il meccanismo delle gare cosiddette «al massimo ribasso». Vorrei qui ribadire che il Ministero dello sviluppo economico si è attivato già da tempo, attraverso la costituzione uno specifico tavolo call center, e, tra le iniziative valutate nell'ambito di questo tavolo, ricordo anche un'ipotesi di intervento normativo volto a prevedere la prevalenza dell'offerta tecnica rispetto all'offerta economica.
Quindi, in buona sostanza, al momento dell'affidamento dell'appalto, i committenti, oltre al prezzo, dovrebbero tenere in debita considerazione altri importanti elementi, quali, ad esempio, la qualità e anche il pregio tecnico dell'offerta. Parimenti, noi stiamo valutando l'introduzione anche di opportune tutele a vantaggio dei lavoratori delle aziende che perdono le gare stesse.
Nel frattempo, naturalmente, auspichiamo anche che le pubbliche amministrazioni aderiscano, comunque, alla filosofia dell'offerta economicamente più vantaggiosa, che noi stiamo, in qualche modo, supportando. Nello specifico, per quello Pag. 37che riguarda il caso che l'onorevole interrogante ricordava, in merito alla questione riguardante l'azienda Teleperformance, siamo assolutamente consapevoli dell'importanza che questa ricopre per il territorio pugliese e laziale, impiegando un totale di circa 2.300 addetti.
Quindi, io confermo qui, in questa sede, la totale disponibilità del Governo alla convocazione in tempi rapidissimi di un tavolo di crisi, naturalmente previa richiesta, che per il momento non ancora pervenuta, delle parti interessate e, naturalmente, di verificare le condizioni necessarie allo scopo di cercare di risolvere, evidentemente, la situazione di crisi, soprattutto preservando e garantendo gli attuali livelli occupazionali.
PRESIDENTE. L'onorevole Duranti ha facoltà di replicare, per due minuti.
DONATELLA DURANTI. Grazie, signor Presidente. Io, ovviamente, ringrazio la signora Ministra, però ho necessità di dirle alcune cose. Intanto, risulta anche a me che sia stato aperto un tavolo che affronta le difficoltà del settore dei call center nel nostro Paese, ma mi risulta anche che questo tavolo sono diversi mesi che non viene più riconvocato. Credo che, invece, vada risolto e affrontato complessivamente il tema che riguarda i call center che, voglio ricordare, impiegano nel nostro Paese diverse migliaia di lavoratori e lavoratrici.
Signora Ministro, glielo dico così: penso che non sia sufficiente l'auspicio che le pubbliche amministrazioni non utilizzino il regime del massimo ribasso, io penso che il Governo e il Parlamento debbano assumere un provvedimento perché venga cambiato il regime del massimo ribasso negli appalti. Per cui, insomma, siamo ancora al livello degli auspici, delle dichiarazioni di auspici e disponibilità. Mi risulta che proprio in questi minuti le organizzazioni sindacali stanno facendo una richiesta esplicita, ufficiale, di convocazione di un tavolo. Voglio ricordarle, sommessamente, che questa richiesta è già avvenuta, seppure in maniera non formale, da più parti. Io stessa, insieme ad altri parlamentari ionici, ho inviato una lettera, ormai credo dieci giorni fa, nella quale chiedo al Governo di aprire e di convocare immediatamente un tavolo.
Chiudo, Presidente, ricordando, a chi magari non abbia esattamente chiaro di che cosa stiamo parlando, che stiamo parlando della seconda realtà produttiva del territorio ionico, subito dopo l'ILVA di Taranto. Una realtà produttiva nella quale lavorano molte donne il cui reddito è l'unico reddito, l'unica fonte di reddito familiare, una realtà produttiva nella quale i lavoratori e le lavoratrici, in questi anni, hanno fatto grandi sacrifici in termini di riduzione dell'orario del lavoro e di riduzione delle retribuzioni, a fronte di sovvenzionamenti e finanziamenti cospicui che l'azienda ha ricevuto (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
(Misure per il rilancio della produttività del sistema industriale italiano, anche attraverso forme di cooperazione tra pubblico e privato nell'ambito della definizione dei piani operativi dei fondi strutturali – n. 3-01547)
PRESIDENTE. L'onorevole Bini ha facoltà di illustrare l'interrogazione Taranto ed altri n. 3-01547, concernente misure per il rilancio della produttività del sistema industriale italiano, anche attraverso forme di cooperazione tra pubblico e privato nell'ambito della definizione dei piani operativi dei fondi strutturali (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria, per un minuto.
CATERINA BINI. Grazie, Presidente. Il Governo si sta apprestando a mettere in campo tutta una serie di azioni per rilanciare la produttività e colmare il gap tecnologico. Tra queste, vi sono le questioni riguardo al bando dell'agenda digitale, al bando dell'industria sostenibile, così come anche le domande per l'agevolazione e per lo sviluppo dell'artigianato Pag. 38digitale e la manifattura sostenibile, su cui sono stati investiti diversi milioni di euro. Sembrerebbe anche imminente la pubblicazione del decreto attuativo sul credito d'imposta per l'attività di ricerca e sviluppo, introdotto dalla legge di stabilità 2015. A queste si aggiunge il rapporto industria 4.0, che prevederebbe per l'Europa di tornare a rappresentare il 20 per cento di valore aggiunto nel settore manifatturiero. Anche alla luce di questo rapporto, immaginando che ci serva una digitalizzazione di tutto il sistema manifatturiero, chiediamo al Governo quali siano al riguardo, per i fondi strutturali 2014-2020, le azioni che si vogliono intraprendere.
PRESIDENTE. La Ministra dello sviluppo economico, Federica Guidi, ha facoltà di rispondere.
FEDERICA GUIDI, Ministra dello sviluppo economico. Grazie, Presidente. Io rispondo agli onorevoli interroganti che, certamente, il rilancio della manifattura, della promozione, dell'innovazione e della digitalizzazione dei processi produttivi, sono certamente tra le principi priorità per il Governo e per il Paese.
In particolare stimolare anche un'evoluzione nel nostro settore manifatturiero, nella direzione di una cosiddetta Industria 4.0, è uno degli asset strategici dell'azione di questo Governo. A questo scopo noi abbiamo costituito con il Ministero dello sviluppo economico una task force e, in esito ai suoi lavori, presto pubblicheremo anche un documento di posizionamento strategico nazionale. Stiamo anche inoltre predisponendo una strategia nazionale di ricerca e innovazione per sfruttare al meglio proprio il nuovo ciclo di programmazione dei fondi europei per il 2014-2020 anche attraverso azioni coordinate con tutte le amministrazioni coinvolte, a partire da quelle regionali.
Abbiamo individuato cinque aree tematiche di un'economia sull'industria intelligente e sostenibile. Il Governo sta predisponendo anche uno specifico programma a valere sul fondo sviluppo e coesione, nel quale sono previsti anche interventi, destinati a stimolare innovazione tramite la domanda pubblica. Il programma operativo nazionale «Imprese e competitività 2014-2020», in via di approvazione da parte della Commissione europea, concorre per circa 1,2 miliardi di euro al perseguimento degli obiettivi di ricerca, sviluppo e innovazione. In tale ambito rientrano ad esempio salute, sicurezza e qualità della vita, alimentazione e benessere, agenda digitale, smart communities, sistemi di mobilità intelligente, ecologia integrata, patrimonio culturale, design, made in Italy e industria della creatività, aerospazio e difesa.
Sempre in tema di innovazione, lo scorso 28 maggio, è stato firmato il decreto che disciplina il credito di imposta per ricerca e sviluppo che in questo momento è all'esame della Corte dei conti per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Abbiamo inoltre finanziato con 300 milioni di euro progetti di ricerca e sviluppo nei settori tecnologici individuati nell'ambito di Horizon 2020 e, con il medesimo approccio, ne destineremo ulteriori 400 milioni alle imprese che investono in grandi progetti di ricerca e sviluppo.
Con provvedimento del 28 maggio abbiamo chiarito termini e modalità per la presentazione delle istanze e i criteri di valutazione per i bandi Industria sostenibile e ICT-Agenda digitale. Le istanze potranno essere presentate a partire dal prossimo 25 giugno. Sui temi, infine, dell'artigianato digitale e della manifattura sostenibile, a partire dal 1o luglio, potranno essere presentate le domande per la concessione di agevolazioni in favore di aggregazioni di imprese, volte a promuovere attività innovative. I termini e le modalità per la presentazione delle domande e anche i criteri di valutazione sono stati definiti già con decreto dell'11 maggio 2015.
PRESIDENTE. Il deputato Taranto ha facoltà di replicare.
Pag. 39 LUIGI TARANTO. Grazie Presidente. Signora Ministro, desidero anzitutto manifestare la soddisfazione degli interroganti tutti per la risposta ricevuta, soddisfazione perché ne emerge la conferma della consapevolezza del ruolo cruciale delle politiche di accompagnamento e di impulso all'innovazione del nostro sistema produttivo, ruolo cruciale, perché come ha avuto modo di osservare tra l'altro il governatore Visco nelle considerazioni finali di quest'anno, non vi è dubbio che il ritorno ad una crescita che sia in grado di generare nuova occupazione richiede, tra l'altro, la prosecuzione degli impegni di innovazione per adeguarsi alle nuove tecnologie e alle nuove regole della competizione globale.
Da questo punto di vista, l'Internet delle cose e dei servizi sta generando la prospettiva della realizzazione di un modello di manifattura, di nuova manifattura, che viene contraddistinta appunto dalla sigla Industria 4.0 oppure, come anche si dice in maniera forse un po’ enfatica, dal modello della quarta rivoluzione industriale. In buona sostanza si tratta dell'applicazione integrale del processo di digitalizzazione all'intera filiera industriale, secondo un modello in grado di generare nuove piattaforme produttive e nuovi modelli di business.
Bene, dunque, i passi che si muovono in questa direzione, bene l'apertura della fase operativa dei nuovi bandi per agenda digitale e per industria sostenibile. Ed è importante, per così dire, la conclusione del procedimento che porterà alla pubblicazione del decreto in materia di credito di imposta per ricerca e sviluppo. Ma non vi è dubbio che occorre accelerare, accelerare con il documento di posizionamento strategico che ella, signor Ministro, ha testé ricordato, ma accelerare anche in direzione di una rafforzata capacità di collaborazione tra pubblico e privato, anche particolarmente con riferimento all'utilizzazione delle risorse europee. Torno ancora una volta alle considerazioni del governatore Visco, che anche da questo punto di vista ha segnalato un certo ritardo del sistema imprenditoriale italiano e della capacità di fare sistema proprio sul versante dell'innovazione.
(Tempi e modalità di adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo della disposizione della legge di stabilità per il 2015, in materia di sostegno economico alle famiglie con un numero di figli minori pari o superiore a quattro – n. 3-01548)
PRESIDENTE. Il deputato Sberna ha facoltà di illustrare, per un minuto, l'interrogazione Sberna e Gigli n. 3-01548, concernente tempi e modalità di adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo della disposizione della legge di stabilità per il 2015, in materia di sostegno economico alle famiglie con un numero di figli minori pari o superiore a quattro (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).
MARIO SBERNA. Grazie, Presidente. Grazie, signor Ministro. Mi verrebbe quasi voglia di dire, come si dice in Commissione, «la do per letta», perché è la terza volta, dal 2014, che chiedo l'attuazione di questa norma che era prevista nell'articolo 1, comma 130, della legge di stabilità, per le famiglie numerose con almeno quattro figli minori – stiamo parlando di poche decine di migliaia di famiglie –, sotto gli 8.500 euro di reddito, la metà di quelle che ho citato prima. Quindi, stiamo parlando di pochissime famiglie. Sono quelle che soffrono di più. In un Paese con un decremento demografico spaventoso, come quello che stiamo vivendo, invece di aiutarle con buoni per l'acquisto di beni e servizi, ritardiamo – almeno l'ultima volta in Commissione mi è stato detto così – perché non era stata ancora raccolta abbastanza certificazione ISEE per capire il costo. Io credo che, arrivati a giugno, le certificazioni ISEE sono arrivate. Signor Ministro, attuiamo questa norma con un decreto ?
PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.
Pag. 40 GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Ringrazio l'onorevole Sberna per l'interrogazione. Appunto, la legge di stabilità per il 2015 contiene una serie di misure a sostegno delle famiglie, tra le quali quella sui buoni per l'acquisto di beni e servizi per contribuire alle spese per il mantenimento dei figli, in favore delle famiglie con un numero di figli minori pari o superiore a quattro. Per ottenere questo beneficio, la legge prevede il possesso di una situazione economica corrispondente al valore ISEE non superiore a 8.500 euro annui.
Per poter simulare gli oneri connessi a questa misura, determinarne l'importo e conseguentemente adottare il decreto attuativo di questa provvidenza, è stato necessario aspettare un numero congruo di dichiarazioni presentate dai cittadini, ai fini del calcolo del nuovo ISEE. Dalle evidenze di monitoraggio sui primi tre mesi di attuazione del nuovo ISEE è emerso che sono circa 72 mila le famiglie che potranno beneficiare della misura in parola. Si precisa che questa platea è stata ottenuta utilizzando come parametro di riferimento le famiglie con almeno quattro figli minori che nel 2014 hanno beneficiato dell'assegno al nucleo familiare concesso dal comune e liquidato dall'INPS, ex articolo 65 della legge n. 448 del 1998. Questo assegno è concesso alle famiglie con almeno tre figli, in possesso di un indicatore ISEE pari a 8.555 euro per il 2015, sostanzialmente coincidente a quello previsto per l'ottenimento della misura richiamata nell'odierna interrogazione parlamentare.
Al fine di garantire efficacia, efficienza e celerità dell'azione amministrativa, sono in corso le necessarie interlocuzioni tra INPS e Ministero del lavoro per verificare la possibilità di utilizzare, anche per la misura in parola, le procedure operative di corresponsione dell'assegno al nucleo familiare, per evitare di dover montare un'altra procedura. Si sta, altresì, valutando la possibilità che la misura in parola venga corrisposta entro la fine dell'anno attraverso l'erogazione in un'unica soluzione di una somma di denaro e senza gravare le famiglie dell'onere di presentare un'ulteriore domanda.
Conseguentemente, a seguito della valutazione del fenomeno, come emerge dalle informazioni appena rese, confermo che il DPCM è in fase di predisposizione e sarà rapidamente approvato.
PRESIDENTE. L'onorevole Sberna ha facoltà di replicare.
MARIO SBERNA. Io mi auguro, signor Ministro – la ringrazio ovviamente per la risposta –, che effettivamente ci si renda conto che il dato che lei ci ha fornito è proprio corretto. Sono quelle, sono 139 mila in Italia, secondo i dati ANCI, le famiglie con almeno quattro figli e, evidentemente, sono 70 mila quelle al di sotto degli 8.500 euro di reddito. Quindi, il dato, da questo punto di vista, forse lo avevamo già anche prima.
L'unico problema che mi pongo, in base a quello che ho capito, è aspettare la fine dell'anno, quando, per esempio, i quaderni scolastici, le biro, i libri eccetera si acquistano a settembre. Oltretutto, sei, sette, otto mesi sono già passati e io la pregherei che questo DPCM venga approvato e realizzato davvero nel più breve tempo possibile. Queste famiglie – lo ripeto – sono le più povere in Italia e sono quelle più brave, perché hanno messo in piedi il futuro del Paese. Sono le uniche che hanno messo in piedi il futuro del Paese, perché senza figli non c’è futuro.
(Iniziative in ordine alla disciplina delle società cooperative, anche al fine di garantire l'allineamento retributivo dei dipendenti delle cooperative ai dipendenti di aziende dello stesso settore – n. 3-01549)
PRESIDENTE. L'onorevole Borghesi ha facoltà di illustrare per un minuto l'interrogazione Guidesi ed altri n. 3-01549 concernente iniziative in ordine alla disciplina delle società cooperative, anche al fine di garantire l'allineamento retributivo dei dipendenti delle cooperative ai dipendenti di Pag. 41aziende dello stesso settore (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.
STEFANO BORGHESI. Grazie Presidente, Ministro, visti i numerosi e recenti fatti di cronaca, dai quali sono emersi gravi episodi di corruzione, episodi che hanno al centro il sistema cooperativo, utilizzato da delinquenti come strumento per i loro affari, a causa dei vantaggi fiscali e contributivi ad esso riconosciuti da una normativa ormai palesemente non idonea a prevenire e a combattere illegalità, malaffare e corruzione dilaganti, le chiediamo se il Governo non ritenga doveroso intervenire celermente sulla vigente disciplina delle cooperative, al fine di rimediare alle distorsioni di mercato, alla concorrenza sleale di fatto operata e per garantire l'allineamento retributivo dei dipendenti delle cooperative ai dipendenti di aziende dello stesso settore.
PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.
GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Presidente, grazie onorevole per l'interrogazione, ben prima dei fatti di cronaca a cui ci si riferisce, il Governo ha assunto iniziative volte a contrastare il fenomeno delle cosiddette false cooperative o cooperative spurie, in ciò sostenuto dalle stesse associazioni di rappresentanza della base cooperativa che hanno tutto l'interesse a contrastare quelle pratiche di abuso che producono effetti distorsivi della concorrenza e un grave danno di immagine del settore. È attivo a questo proposito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'Osservatorio nazionale della cooperazione che, insieme agli osservatori istituiti a livello provinciale presso le direzioni territoriali del lavoro, rappresentano gli strumenti volti all'attività di contrasto delle cooperative spurie che alterano il mercato danneggiando la buona cooperazione e incidendo in maniera negativa sui diritti dei lavoratori dipendenti.
Altresì, dobbiamo dare informazione che la programmazione annuale per il 2015 dell'attività di vigilanza in ambito cooperativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali prevede il rafforzamento e il potenziamento dell'attività di contrasto alle forme di impiego di manodopera irregolare o in nero, così come dei fenomeni di dumping che vengono denunciati, determinati dall'applicazione di contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni sindacali prive di rappresentatività e volti alla riduzione del costo del lavoro attraverso l'inosservanza degli adempimenti retributivi e contributivi prescritti dalla legge. Da questo punto di vista, dobbiamo sottolineare anche che, di fronte a questa norma contestata, la Corte costituzionale, con sentenza n. 51 del 1o aprile 2015, ha dichiarato l'infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 4, che prevede, appunto, questa norma anti dumping, con la conseguenza che l'accredito contributivo è proporzionale a quello degli altri contratti. Nella direzione di quanto espresso dalla Corte, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una lettera circolare del 28 aprile 2015, ha fornito specifiche direttive agli uffici del territorio richiedendo al personale ispettivo, in caso di applicazione da parte delle società cooperative di un diverso contratto rispetto a quello stipulato fra organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale della categoria, di procedere al recupero delle differenze retributive mediante l'adozione della diffida accertativa.
Per quanto riferito, poi, alla richiesta sulla situazione normativa, posso informare che il Ministero dello sviluppo economico, che è competente in materia, ha reso noto che nei giorni scorsi è stato oggetto di diramazione alla Presidenza del Consiglio lo schema del disegno di legge annuale in tema di PMI che presenta una sezione dedicata proprio alla riforma del sistema della vigilanza cooperativa e al contrasto delle cooperative spurie. Il Pag. 42piano, quindi, potrà formare oggetto a breve dell'attenzione e dell'intervento del Parlamento.
PRESIDENTE. L'onorevole Borghesi, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare, per due minuti.
STEFANO BORGHESI. Presidente, grazie Ministro, reputiamo insufficiente la sua risposta in quanto noi troviamo che sia strano che in questo Paese chi vuole delinquere trovi nelle cooperative purtroppo uno strumento da poter utilizzare per realizzare i suoi scopi criminali. Purtroppo, di episodi ne possiamo citare a decine: dal business dell'immigrazione clandestina, con cooperative di accoglienza e assistenza a presunti profughi, alla gestione dei campi nomadi, all'inchiesta sul gas, a Ischia, all'alta velocità di Firenze. Noi riteniamo che qualcosa in questo sistema oggi non vada. Riteniamo che la normativa dovrebbe essere più stringente, al fine di eliminare quei vantaggi fiscali e contributivi che stanno alla base della scelta del modello cooperativo da parte di questi delinquenti. Noi riteniamo che per tutelare le cooperative oneste – lei è anche stato presidente nazionale della Lega delle cooperative – dovrebbe essere ulteriormente implementato un sistema di controlli e potenziato al fine di eliminare le false cooperative che creano distorsioni di mercato e fanno concorrenza sleale. Quanto lei ci ha detto è dal nostro punto di vista assolutamente insufficiente e con la sua risposta lei dimostra una mancanza, per come la vediamo noi, di volontà o un'incapacità, da parte di questo Esecutivo, di affrontare uno dei problemi, il modello cooperativo così com’è strutturato oggi, che stanno purtroppo alla base di alcuni dei più grandi episodi di corruzione e di malaffare di questo Paese.
Quindi noi riteniamo che le misure da voi annunciate o quelle già prese, come l'osservatorio nazionale delle cooperative appena citato, siano insufficienti e inadeguate a gestire il fenomeno e soprattutto a combattere l'illegalità, il malaffare e la corruzione che si è verificata soprattutto in questi ultimi mesi.
(Intendimenti del Governo in merito alla sospensione o alla revoca, a partire dal secondo semestre 2015, del blocco della contrattazione nazionale del pubblico impiego – n. 3-01550)
PRESIDENTE. L'onorevole Chimienti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01550 concernente intendimenti del Governo in merito alla sospensione o alla revoca, a partire dal secondo semestre 2015, del blocco della contrattazione nazionale del pubblico impiego (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata) per un minuto.
SILVIA CHIMIENTI. Grazie, Presidente. Ministro, quando è un organo costituzionale come la Consulta a dover intervenire sulle cattive leggi approvate a suon di maggioranza dai Governi di turno, significa che la politica non ha fatto il suo dovere, non ha legiferato secondo Costituzione e ciò è tanto più grave quando queste leggi impongono diminuzione di diritti, stravolgono in peggio la vita dei cittadini per poi essere dichiarate illegittime solo dopo molti anni. Il silenzio assordante della politica sul tema del blocco dei contratti di ben 3,3 milioni di dipendenti pubblici fermi al palo ormai dal 2010 è vergognoso. Doveva essere una misura eccezionale per fronteggiare la crisi ma è divenuta strutturale e, secondo alcune stime, ha causato per il personale della pubblica amministrazione una perdita pro capite di 4.000 euro annui, pari al 15 per cento del salario reale. Se a questo si aggiungono il blocco del turn over e la spesa in rapporto al PIL più bassa d'Europa e il fatto che l'Italia è l'unico Paese europeo in cui negli ultimi dieci anni sono diminuiti i dipendenti pubblici e la spesa complessiva per i salari si ottiene un quadro desolante. Viviamo ancora in uno Stato di diritto ? E allora il Governo revochi il blocco economico della contrattazione Pag. 43per consentire il recupero degli aumenti retributivi che spettano ai lavoratori.
PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.
GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. La ringrazio. Premetto che la materia oggetto di questa interrogazione esula dalle competenze specifiche del mio Dicastero o del Dicastero che rappresento e che pertanto fornisco elementi di risposta in vece del Ministro della semplificazione e della pubblica amministrazione sulla base degli elementi che ci sono pervenuti da questo Ministero.
Come è noto il Governo in carica ha ereditato le precedenti e numerose misure di contenimento della spesa pubblica derivanti da un difficile contesto economico e dalle esigenze di risanamento della finanza pubblica che hanno comportato sacrifici anche per i dipendenti pubblici. Sin dal suo insediamento questo Governo ha prima di tutto deciso di sostenere chi non ha un lavoro, chi rischia di perderlo e chi è economicamente svantaggiato. Quindi ha previsto senza distinzione tra lavoratori pubblici e privati l'erogazione di 80 euro mensili per i detentori di redditi bassi di cui ha beneficiato peraltro un lavoratore pubblico ogni quattro lavoratori destinatari della misura, ha incrementato il sostegno agli ammortizzatori sociali e ha promosso la riduzione del costo del lavoro. Al contempo il Governo nella sua collegialità ha ritenuto di confermare il blocco della contrattazione collettiva economica per il pubblico impiego prorogato al 2015 ma parzialmente compensato da un periodo di bassa inflazione. È evidente tuttavia che il blocco dei contratti non può essere la normalità e per questo l'auspicio è di riaprire il prima possibile una normale contrattazione. Questo tema però andrà affrontato in maniera collegiale dal Consiglio dei ministri in occasione dell'esame della prossima legge di stabilità al fine di verificare le condizioni per la ripresa di una dialettica normale sui contratti pubblici.
PRESIDENTE. L'onorevole Cominardi, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.
CLAUDIO COMINARDI. Grazie, Presidente. Non siamo assolutamente soddisfatti perché sappiamo già che questo Governo ha prorogato ancora lo sblocco dei contratti con il decreto-legge Madia. Ha detto che non riusciva a reperire 4 miliardi di euro. Si è detto che in situazioni di difficoltà economica ci si è ritrovati a dover fare questo blocco degli stipendi ma ogni volta si va a toccare sempre nelle tasche dei sempre più poveri cittadini perché è stato fatto con Monti per i pensionati, ora i dipendenti pubblici che, ricordiamo, sono 3 milioni e 300 mila e, comprese le loro famiglie, si parla di circa 10 milioni di persone. Bisogna tenere conto che, secondo dei conti, sono 4.000 euro i soldi che vengono sottratti all'anno in media a questi dipendenti pubblici. Poi dobbiamo tener conto anche di un altro aspetto che siamo in attesa delle sentenze della Corte costituzionale. La prima, che in realtà è della Corte europea di giustizia, riguarda i precari della scuola e per questo siamo stati sanzionati e adesso bisogna porre rimedio ma non si è posto rimedio come si doveva fare.
Ora con la sentenza n. 70 sulla mancata indicizzazione delle pensioni ecco un'altra batosta e il 23 giugno ne arriverà un'altra, sempre per i dipendenti pubblici. Quindi, conviene fare delle azioni concrete e prevenire le sentenze della Corte costituzionale, perché non si può governare in questo modo, veramente ha del ridicolo, perché si viola l'articolo 3 sul principio di uguaglianza, l'articolo 36 sul diritto a una retribuzione che sia proporzionale, l'articolo 53 sul fatto che ogni cittadino deve concorrere alle spese pubbliche sulla base della propria capacità contributiva e la pubblica amministrazione viene sempre utilizzata come esperimento per poi applicare Pag. 44la stessa cosa a tutti nel mondo privato. Quindi, dobbiamo fare attenzione a questa cosa.
(Chiarimenti in merito al completamento del collegamento autostradale Asti-Cuneo, con particolare riferimento al territorio di Alba – n. 3-01551)
PRESIDENTE. L'onorevole Monchiero ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01551 concernente chiarimenti in merito al completamento del collegamento autostradale Asti-Cuneo, con particolare riferimento al territorio di Alba (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.
GIOVANNI MONCHIERO. Signor Presidente, signor Ministro, non sto a raccontare la vicenda della Asti-Cuneo essendole arcinota, è un'autostrada che non è stata completata e per la quale manca proprio il tratto centrale, quello che va da Alba a Cherasco. In quest'Aula, nove mesi fa, il suo predecessore prese l'impegno ad attivarsi affinché questi lotti mancanti venissero conclusi e, in particolare, con il decreto «sblocca Italia» venne anche prevista una procedura con la quale i concessionari potevano rivedere i contratti in essere, per cercare di reperire le risorse necessarie a terminare l'opera. Da allora ad oggi, però, pare che non sia successo molto, tant’è che, proprio in questi giorni, il presidente dell'Unione industriali di Cuneo ha affidato ai giornali una sua memoria nella quale, fra l'altro, si danno anche notizie, che spero siano infondate, relativamente a giudizi espressi negativamente da codesto Ministero. Ecco, la nostra interrogazione ha soltanto lo scopo di sapere qual è lo stato attuale dei fatti e di verificare, signor Ministro, l'attualità degli impegni presi in quest'Aula nove mesi fa.
PRESIDENTE. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio, ha facoltà di rispondere.
GRAZIANO DELRIO, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Grazie Presidente, onorevole Monchiero; relativamente allo stato del rapporto concessorio della Asti-Cuneo, con particolare riferimento al piano degli investimenti, voglio rappresentare che la società aveva già richiesto, in data 26 maggio 2014, la revisione del piano finanziario, motivando una alterazione delle condizioni di equilibrio economico-finanziario e la nuova proposta contemplava una revisione del programma di investimento e l'erogazione di un contributo pubblico. In alternativa, sempre con la stessa richiesta, è stata presentata una proposta di piano finanziario che confermava gli investimenti assentiti e l'equilibrio economico era, invece, ripristinato tramite le ipotesi di accorpamento della concessione con altre tratte autostradali, A4 e A21.
Questa proposta, come è stato riferito dal mio predecessore, il Ministro Lupi, è stata trasmessa poi al Ministero dell'economia e delle finanze in data 1o luglio e, in data 4 agosto, il Governo italiano ha presentato, in sede comunitaria, come è doveroso, ai sensi dell'articolo 108, un piano che prevede l'obbligo, a carico di alcune società concessionarie, di assicurare la realizzazione di ulteriori investimenti, senza oneri per la finanza pubblica, con la previsione di incrementi tariffari solo dell'1,5 per cento, ai fini della tutela dell'utenza. Nella notifica del cosiddetto articolo 5 del decreto sblocca Italia rientrava anche il tema della Asti-Cuneo, appunto, al fine di evitare lo stanziamento di contributi pubblici che non erano, al momento, disponibili.
La prenotifica alla Commissione europea ha determinato una serie di osservazioni e di critiche da parte della Commissione stessa con cui siamo in contatto costante; anche la settimana scorsa abbiamo avuto degli incontri. La Commissione europea ha chiarito che, per quanto riguarda il prolungamento delle concessioni, bisogna attenersi strettamente alle regole stabilite in sede europea e cioè che il diritto a prolungamenti importanti delle concessioni è consentito solo in presenza di motivazioni stringenti ed efficaci e non in presenza di previsioni già contenute in Pag. 45precedenti piani economico-finanziari, oppure in società che lavorano in house, completamente in house, oppure, appunto, caso per caso, valutando se veramente l'accorpamento, a patto che sia limitato a periodi ridotti, consenta un miglioramento delle prestazioni di investimento.
A seguito di queste osservazioni, appunto, stiamo valutando e stiamo discutendo la questione con i servizi della Commissione europea, per cui abbiamo chiesto ulteriori approfondimenti alla società concessionaria in data 5 giugno e stiamo attendendo che la società concessionaria ci inoltri una nuova proposta più aderente alla normativa europea di settore.
Quindi, ogni valutazione è in questo momento prematura, rispetto anche alle possibili conseguenze di disimpegno, di cui io non ho avuto notizia né comunicazione. Ma, in ogni caso, sul tema delle concessioni autostradali, in sede di disegno di legge di riforma del codice degli appalti e delle concessioni, sono state proposte anche delle modifiche normative, come lei sa, che saranno presto all'esame di quest'Aula. Il nostro impegno è quello di riportare tutto il tema delle gare e delle concessioni nell'ambito di una coerenza stringente con le direttive europee.
PRESIDENTE. L'onorevole Mariano Rabino, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare, per due minuti.
MARIANO RABINO. Presidente, Ministro, anche a nome dell'onorevole Monchiero le esprimo naturalmente il ringraziamento per essere venuto a rispondere così tempestivamente su un tema così importante per il nostro territorio, però ci dichiariamo parzialmente soddisfatti. Capiamo i tempi degli avvicendamenti anche politico-esecutivi tra il Ministro Lupi ed il suo importante incarico, però quello che davvero non comprendiamo, come parlamentari, come espressione del potere legislativo ma anche e soprattutto le istituzioni locali, i sindaci, le imprese, le rappresentanze delle imprese in senso lato e soprattutto la cittadinanza, le comunità del cuneese in particolare, di Alba, Bra, Langhe e Roero, non comprendono perché debba essere necessario tutto questo tempo per discutere con la Commissione europea, per trattare con la concessionaria, quando stiamo parlando di date che ormai risalgono ad un anno fa. Presentazione, candidature diverse, prenotifiche: siamo a metà dell'anno. Avevamo interloquito anche con il Ministero, con i livelli funzionariali e dirigenziali del Ministero, con l'ingegner Coletta, responsabile del Ministero a livello funzionariale, che era stato anche sul territorio per incontrare i sindaci; c'era un impegno e un'aspettativa, una prospettiva di inizio cantieri dopo l'estate e rischiamo di dover dire al nostro territorio che questo «dopo l'estate» è assolutamente ad nutum, nel senso che non c’è alcuna certezza sui tempi. Questo è davvero incomprensibile, dopo così tanti anni di attesa. Lei consideri anche che, nelle opere complementari all'autostrada Asti-Cuneo, c'era la strada fondamentale di adduzione al nuovo ospedale di Verduno: questo ospedale si sta per concludere e noi rischiamo di non avere la strada che porta all'ospedale, che doveva essere un'opera accessoria e complementare all'Asti-Cuneo. Questo davvero non è più accettabile.
(Iniziative per il ripristino della viabilità ordinaria sull'autostrada A3 a seguito della vicenda del crollo del viadotto Italia – n. 3-01552)
PRESIDENTE. L'onorevole Barbanti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01552 concernente iniziative per il ripristino della viabilità ordinaria sull'autostrada A3 a seguito della vicenda del crollo del viadotto Italia (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.
SEBASTIANO BARBANTI. Grazie, Presidente. Ministro, ad oggi sono trascorsi 108 giorni dal crollo e quindi dalla relativa chiusura dell'autostrada A3. Sono 108 giorni che la Calabria è tagliata fuori Pag. 46dall'Italia, senza vie di collegamento, visto che anche le vie ferroviarie sono davvero in situazioni disastrose: ci sono due «Frecce» che salgono e due che scendono, per non parlare della situazione ionica. Le imprese subiscono un nuovo danno (sono tagliate fuori dall'economia e quel poco di esportazione ovviamente va a farsi benedire); i cittadini vivono l'ennesimo disagio e pericolo, perché la viabilità secondaria è stretta, poco sicura, piena di curve e si incrocia il traffico immenso dell'autostrada, fatto di TIR e di autobus. Soprattutto, abbiamo una stagione balneare alle porte, che è l'unica vera boccata d'ossigeno per la nostra economia. Dalle fonti di stampa apprendiamo che, dopo che la magistratura darà il benestare, ci vorranno circa 40 giorni (così è stimato anche dall'ANAS, appunto da fonti di stampa) per la ricostruzione. Abbiamo visto che un lavoro del genere in altri casi può essere fatto in meno tempo, come 25 giorni, tanto più se è vero che ad Osaka sono stati costruiti 100 chilometri in dieci giorni. Per questo, le chiedo di dare una rassicurazione a tutto il popolo calabrese, soprattutto agli imprenditori e a coloro che hanno investito in Calabria, per questa situazione.
PRESIDENTE. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio, ha facoltà di rispondere.
GRAZIANO DELRIO, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Grazie, Presidente, e grazie all'onorevole Barbanti, che ci consente di fare il punto sul grave fatto accaduto a seguito del crollo della campata del viadotto Italia. Come sapete, la procura di Castrovillari ha posto sotto sequestro l'intero viadotto, ed è una disposizione tuttora vigente. Questo è uno degli elementi che ovviamente limita l'azione completa da parte di ANAS.
Le gravi difficoltà del territorio, la mancanza di collegamenti e la mancanza di alternative ci sono noti, abbiamo incontrato il Presidente della regione, i sindaci e i dirigenti di Anas fin da subito. Siamo quotidianamente in contatto con i responsabili di Anas di tutta la Calabria e, come sapete, dopo questo lavoro intenso, a partire dal 27 maggio scorso, solamente pochi giorni fa, è stata autorizzata la rimozione delle macerie a seguito del grave incidente in cui purtroppo, come sapete, ha perso la vita l'operaio.
Dopo ciò è partita la contestuale prosecuzione di accertamenti tecnici e la possibilità per gli operatori di proporre alla procura un progetto di ricostruzione, di rimodulazione, di messa in sicurezza dell'altra carreggiata. Durante l'incontro del 3 giugno ho assunto degli specifici impegni circa il finanziamento anche della viabilità alternativa. Nel piano pluriennale Anas abbiamo stanziato 27 milioni di euro per potere modificare la viabilità alternativa. È in corso di studio avanzato il tavolo per rendere di nuovo nazionale la strada statale 19 che si trova in uno stato di abbandono e che pure potrebbe rappresentare un'alternativa, così come stiamo valutando la possibilità di trasferire merci, come sa, su treno e su nave per evitare i disagi dovuti al trasporto con automezzi su gomma.
Il 12 giugno, pochi giorni fa, Anas, accelerando molto le pratiche, ha consegnato la documentazione tecnica che la procura ha richiesto e che è in corso di esame da parte dei periti e dovrebbe concludersi in queste ore. Ovviamente la possibile riapertura resta subordinata al lavoro della magistratura che ha mostrato comunque grande sensibilità e attenzione alle esigenze complessive del territorio e che credo che in un colloquio costruttivo con Anas potrà probabilmente autorizzare la ripresa dei lavori non appena i periti di parte della procura avranno terminato la valutazione.
Mi preme far presente che l'impegno del Governo a favore della strada nazionale calabrese prevede 890 milioni di euro per la messa in sicurezza, come lei sa, del tracciato storico della Jonica, 610 milioni per i due macrolotti della nuova autostrada, 2 miliardi 300 milioni per il completamento della Salerno-Reggio Calabria, nonché oltre 335 milioni per il completamento dell'itinerario della SS 182 «Trasversale Pag. 47delle Serre», perché conosciamo appunto la grave situazione viabilistica della Calabria.
PRESIDENTE. L'onorevole Barbanti ha facoltà di replicare.
SEBASTIANO BARBANTI. Grazie, Presidente. Ministro, prendo atto del suo impegno e spero che fatta salva la separazione dei poteri – da rispettare per carità – e ovviamente anche i giusti presidi per quanto riguarda la sicurezza spero davvero che si intervenga con efficacia, tempestività ed efficienza perché alcuni appuntamenti sono già stati persi, anche se si dovessero rispettare i tempi molto ridotti. Il vero snodo è quello del primo esodo di agosto che porterà un ingentissimo flusso di turisti e avvierà tutta la macchina turistica calabrese. Alcuni eventi dicevo sono stati persi, mi riferisco in particolare ad alcune kermesse organizzate in giugno o in luglio sulle nostre coste. A luglio, come lei ben sa, vi è addirittura un evento mondiale a Gizzeria per quanto riguarda il kitesurf, dove la nostra terra ha vinto su altre più stimate megalopoli come San Francisco, Dubai e Abu Dhabi, si attendono 100 mila persone che non si sa come arriveranno sulle nostre coste.
Ben vengano i numeri che ha snocciolato prima. Ne snocciolo qualcuno anche io e le faccio una preghiera: sinora sono stati spesi (fonte Anas) circa 8 miliardi di euro per l'A3, eppure Banca d'Italia ha rilevato che l'attività economica in Calabria è calata nonostante questi investimenti. Sa perché ? Perché le imprese calabresi che lavorano nell'autostrada A3 sono pari a zero e circa il 60 per cento dei lavoratori viene «da fuori», dalle imprese del Nord che portano i loro operai (fonte Cassa edile). Devono essere spesi ancora 2 o 3 miliardi per un'altra decina di interventi. La preghiera che le farei è quella di valorizzare il tessuto imprenditoriale, economico e produttivo della Calabria. Abbiamo grandi e buone imprese, grandi operai in questa fattispecie e le vorrei chiedere un'attenzione particolare verso la valorizzazione delle nostre imprese. Abbiamo anche tutti i presidi di sicurezza nel caso qualcuno facesse illazioni per quanto riguarda infiltrazioni. Vi sono protocolli ben stabiliti dal Governo e dai Ministeri competenti e quindi sotto questo punto di vista dovremmo essere tranquilli.
(Iniziative volte a colmare il divario infrastrutturale tra le regioni del Sud e del Nord Italia – n. 3-01553)
PRESIDENTE. L'onorevole Rampelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01553, concernente iniziative volte a colmare il divario infrastrutturale tra le regioni del Sud e del Nord Italia (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.
FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, Ministro, senza alcuna ilarità vorrei dare queste informazioni ufficiali al Governo. In primo luogo, il 21 giugno, tra quattro giorni, entra l'estate; in secondo luogo, il Sud ha una prevalente economia turistica che si sviluppa prevalentemente esattamente tra il mese di giugno e il mese di settembre. Vorrei ricordare che questa economia andrebbe adeguatamente sostenuta da parte del Governo attraverso un piano di infrastrutture che invece tarda a venire e, quando va bene, si incaglia in piani che non prendono mai una forma e non sono mai operativi. Nel settentrione sono stati realizzati tratti dell'alta velocità piuttosto che viadotti, trafori, dorsali, dighe, autostrade, porti, aeroporti, talvolta anche aeroporti sbagliati e poi le opere straordinarie, il Mose piuttosto che l'Expo. Al Sud non solo non si sente più parlare del ponte sullo stretto di Messina, ma pare non vi sia spazio neanche più per le strade comunali. C’è qualcosa che non funziona, vorremmo capire cosa intenda fare il Governo per colmare questo divario.
PRESIDENTE. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio, ha facoltà di rispondere.
GRAZIANO DELRIO, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Signor Presidente, Pag. 48grazie onorevole Rampelli, siamo a conoscenza del grave divario infrastrutturale di cui soffrono le regioni del Sud, il nostro Mezzogiorno. Gli strumenti che noi abbiamo a disposizione sono vari e, come ho già ripetuto più volte in quest'Aula, tutti a disposizione. Vi sono da spendere ancora diversi miliardi, oltre 16 miliardi di Fondo sviluppo e coesione 2007-2013, vi sono da spendere 44 miliardi più 10 e 54 di Fondo sviluppo e coesione per il settennato 2014-2020, vi sono 2 miliardi e mezzo di fondi europei del programma 2014-2020 che stiamo cercando di fare approvare in queste ore, vi sono diversi investimenti in corso, come è stato ricordato. Solo sulla rete ferroviaria vorrei ricordare che vi sono 4 miliardi 300 milioni di lavori in corso sulla Napoli-Bari-Taranto e che vi sono oltre 3 miliardi e mezzo sulla Messina-Catania-Palermo, solo di investimenti ferroviari. Abbiamo completato il raddoppio della Bari-Taranto, stiamo investendo in maniera importante sulla velocizzazione dell'adriatica per poter permettere a chi vuole raggiungere Bari di raggiungerla non in 7 ore, 7 ore e un quarto come oggi avviene, ma con due ore di meno e per questo da settembre, come ha confermato l'amministratore delegato Elia, su mia richiesta verranno previsti due nuovi Frecciarossa esattamente sulla linea adriatica. È evidente che il divario è un divario infrastrutturale importante, ma non è dovuto alla mancanza di risorse o alla mancanza di pianificazione quanto alla mancanza di efficienza di questi piani. Sono molte le risorse a disposizione dei porti del Sud, oltre 900 milioni che attualmente devono essere spesi. Vi sono quindi difficoltà molto forti nell'esecuzione dei lavori e per questo nella nostra interlocuzione con la Commissione europea e con la Comunità europea nell'approvazione dei nuovi piani, nell'approvazione della nuova programmazione FSC, insistiamo molto sui piani di rafforzamento amministrativo, su progetti unitari, non frazionati. Il precedente FSC si divideva in oltre ventimila progetti e noi vorremmo portare questa programmazione a non più di 100-150 grandi progetti di territorio che diano origine a uno sviluppo auto-sostenibile e auto-propulsivo e non assistito. Quanto poi al turismo ci è molto nota questa cosa, tant’è vero che proprio recentemente, grazie allo sforzo che abbiamo condotto nell'ultimo anno, abbiamo concluso con il Ministro Franceschini il Programma operativo nazionale cultura per il Sud, che porta 500 milioni per la promozione della cultura del turismo al Sud e nelle principali città del Sud. Vorrei anche dare una notizia buona: nel 2014 i bandi pubblici, i bandi dell'amministrazione pubblica nel Mezzogiorno, sono aumentati del 44 per cento dopo diversi anni in cui calavano di oltre il 15 per cento. Questa è una notizia che speriamo venga confermata anche nel 2015, dove rimangono da spendere 9 miliardi di vecchia programmazione.
PRESIDENTE. L'onorevole Rampelli ha facoltà di replicare, per due minuti.
FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, vorrei cominciare da alcuni dati perché altrimenti non si sa di cosa si parla. Nel febbraio scorso il Governo ha presentato alla Commissione europea un piano di interventi composto da 71 progetti di infrastrutture di cui una minima parte è collocata nel Mezzogiorno d'Italia.
Ma voglio ancora essere più preciso. Per ciò che attiene, per esempio, al sistema degli aeroporti, noi abbiamo l'impossibilità di praticare l'aeroporto di Foggia semplicemente perché manca l'allungamento della pista. A Crotone, la società che gestisce l'aeroporto pare essere fallita e addirittura c’è difficoltà nella conferma del contratto di servizio con l'ENAV con tutti i rischi del caso. Per ciò che attiene alle ferrovie dello Stato, ovvero a Trenitalia, c’è un'altra distrazione da parte del Governo: si dà il caso che, soltanto per quel che attiene alla Sicilia, sono stati soppressi tutti gli intercity diurni da Palermo e Siracusa verso Milano. Si viaggia cioè solo la notte. Altre destinazioni obbligatorie vedono come tappa necessaria e indispensabile la fermata Messina, dopodiché bisogna attraversare lo stretto a Pag. 49piedi ed esattamente non so in quale altra era geologica si faceva questo tipo di viaggio ed in questa maniera. Per quanto attiene alle strade – lasciamo perdere tutto il resto che riguarda l'ammodernamento della rete ferroviaria – il Sud, da questo punto di vista, è sempre stato penalizzato ed i Governi non sono mai stati capaci di porre quel minimo di attenzione necessaria per consentire che il Sud fosse nella partita dello sviluppo e quindi anche della crescita economica. Abbiamo ascoltato poco fa del crollo, di 108 giorni fa, del viadotto Italia in Calabria, del distacco tra la Calabria e il rimanente Meridione d'Italia rispetto al Nord e della incredibile questione che riguardava anche il viadotto crollato qualche tempo fa in Sicilia. In pieno periodo estivo noi non riusciamo, in buona sostanza, a garantire una fluida percorrenza delle strade e di tutte le altre misure alternative di viaggio per alimentare la nostra economia turistica.
Un ultimo spunto, Presidente, voglio darlo al Ministro per quel che attiene allo sviluppo del Sud. La Germania, quando si è unificata con la Germana dell'est, ha investito e ha fatto un piano straordinario di infrastrutture e ha coinvolto il privato in questo piano di infrastrutture. Quando arriverà il momento di sconfiggere la mafia attraverso una massiccia presenza dello Stato con un piano straordinario di infrastrutture che coinvolga anche le imprese del Nord ?
(Iniziative in ordine all'infrastrutturazione delle regioni meridionali, con particolare riferimento alla rete viaria e al corretto utilizzo delle risorse disponibili – n. 3-01554)
PRESIDENTE. L'onorevole Garofalo ha facoltà di illustrare l'interrogazione Dorina Bianchi e altri n. 3-01554, concernente iniziative in ordine all'infrastrutturazione delle regioni meridionali, con particolare riferimento alla rete viaria e al corretto utilizzo delle risorse disponibili (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario, per un minuto.
VINCENZO GAROFALO. Grazie, Presidente. Signor Ministro, anche noi dobbiamo intervenire su quello che è il differenziale delle infrastrutture nel Mezzogiorno d'Italia e lo facciamo mettendo in evidenza tre semplici esempi, ma gravi esempi, che sono il crollo del viadotto Italia, in Calabria, l'interruzione per crollo di un pilone dell'autostrada A19 tra Palermo e Catania, le condizioni in cui versa la strada statale 106 Reggio Calabria-Taranto, per citare soltanto tre esempi.
Il tema vero qual è ? Che con questi casi si dimostra ciò che da tempo noi sottolineiamo, ossia che c’è un divario enorme e lo si dimostra: proprio nel momento in cui crolla oppure si interrompe una di queste infrastrutture, si generano dei blackout totali. Si creano queste condizioni proprio perché l'attenzione che è stata data al Mezzogiorno e agli investimenti non è stata adeguata e non è la stessa che viene messa in campo per le regioni del Nord. Rispetto a questo, vorremmo avere rassicurazioni da lei.
PRESIDENTE. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio, ha facoltà di rispondere.
GRAZIANO DELRIO, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Ringrazio gli onorevoli Garofalo, Dorina Bianchi e Piso per l'interrogazione.
Effettivamente noi dobbiamo continuare a mettere al centro della nostra attenzione i problemi di connessione dell'Italia meridionale, anche perché – come è stato detto anche in precedenza – vi è un'esigenza di potenziare l'industria turistica. Per esempio, solo il 15 per cento dei turisti scende sotto Roma e quindi questa è una grande potenzialità che viene persa.
Come sapete e come ho già detto, sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria, noi abbiamo immediatamente messo in moto un gruppo di lavoro, un gruppo di monitoraggio con ANAS, per accelerare il più possibile le procedure per la rimozione Pag. 50delle macerie e per collaborare con la procura, per costruire un nuovo piano sia delle alternative viarie, sia della ricostruzione del viadotto stesso per evitare che anche qui come, del resto, per il viadotto Himera vi fossero fratture che compromettevano tutta l'estate.
Per tutte queste attività abbiamo anche stanziato importanti somme – come sapete – e abbiamo fatto inserire nel contratto di programma diverse somme che avevo già citato anche prima.
Quindi – lo ribadisco – sono stati messi 800 milioni nel piano ANAS per la messa in sicurezza, per esempio, del tratto autostradale A19 e abbiamo previsto l'esenzione del pedaggio autostradale, appunto, proprio in Sicilia per i motivi della gravità e della difficoltà che voi avete sottolineato.
Inoltre, faremo una scelta molto forte sul nuovo contratto di programma ANAS, il contratto pluriennale che da diversi anni non viene fatto, stanziando a favore del Sud oltre 2,5 miliardi, solo su questi territori, e ribadisco gli stanziamenti già fatti per la Ionica e gli 800 milioni per la A19.
Noi pensiamo con questi investimenti massicci di poter riuscire a colmare il gap infrastrutturale. Molti di questi investimenti sono in corso: ho già ricordato in quest'Aula la nuova stazione alta velocità di Afragola; ho ricordato poco fa gli investimenti sulla Napoli-Bari-Taranto, gli investimenti sulla Messina-Catania-Palermo, sul raddoppio della Messina-Palermo nella zona nord.
Abbiamo anche il tema, che abbiamo già riconosciuto e su cui ci impegniamo – e voglio garantire anche questo –, del sistema aeroportuale. È già stato riconosciuto che l'aeroporto di Crotone ha valenza di interesse nazionale e, quindi, le difficoltà che sono state sollevate nell'aiuto all'aeroporto certamente verranno affrontate insieme alla Corte dei conti. Voglio assicurare tutto il nostro impegno, proprio perché siamo convinti che dalle connessioni, dal rafforzamento delle connessioni in ordine alla raggiungibilità dei nostri bellissimi siti del Meridione possa giungere anche una buona notizia per l'economia, in un contesto così difficile.
Ma certamente il Governo è pronto a rafforzare questo impegno, che già è fatto sia con i fondi europei, con i fondi di sviluppo e coesione, sia con i nuovi stanziamenti del contratto di programma ANAS e del contratto RFI, oltre che del piano aeroporti di cui, come sapete, è in discussione la conclusione presso le Commissioni competenti.
PRESIDENTE. L'onorevole Garofalo ha facoltà di replicare per due minuti.
VINCENZO GAROFALO. Grazie, Presidente. Signor Ministro, non possiamo che riconoscere l'impegno che lei ha voluto sottolineare nel suo intervento nei confronti del Sud, anche facendo un elenco abbastanza ampio di interventi. Vorremmo, però, sottolineare alcune cose: per troppo tempo si è pensato al Sud come a un territorio che chiede investimenti soltanto per il piacere di chiederli. La dimostrazione sono questi investimenti, quegli investimenti e quelli che ancora non sono stati fatti e su cui lei giustamente oggi dice: «siamo in campo per farli» erano e sono utili. Lo dimostrano, dunque, proprio questi fatti che abbiamo citato nella nostra interrogazione: mancano alternative e purtroppo, ahimè, tutte le infrastrutture esistenti sono già abbastanza vecchie da necessitare grandi e importanti manutenzioni.
Ma è ancora più importante quello che lei ha voluto sottolineare e riconoscere al Sud – e di questo io non posso che ringraziarla –, cioè che il Sud ce la può fare da solo se ha questo tipo di investimenti, se ha questa attenzione. Ogni volta che si impiegano dei miliardi – perché di questo si tratta – al Nord non c’è un'amarezza, perché c’è un investimento utile al Nord; ma se quei miliardi servono a risparmiare solo cinque minuti, in un percorso che è già fatto in due ore e mezza, è chiaro che il resto d'Italia si indigna, perché i percorsi nel resto d'Italia sono ben più lunghi e molto meno efficienti Pag. 51i sistemi di collegamento rispetto a quelle parti d'Italia.
Noi riteniamo che l'Italia debba essere uniformemente e omogeneamente servita dalle stesse infrastrutture. L'attenzione è un interesse del Paese, non è interesse del Mezzogiorno. L'Italia ce la fa a superare la crisi se il Sud aggancia, anche lui, un rilancio economico.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16,15 con la discussione della relazione al Parlamento predisposta ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
La seduta, sospesa alle 16,05, è ripresa alle 16,20.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Alfreider, Artini, Boccia, Michele Bordo, Caparini, Catania, Dambruoso, Dellai, Di Lello, Epifani, Fico, Giancarlo Giorgetti, La Russa, Manciulli, Migliore, Pes, Pisicchio, Ravetto, Realacci, Rosato, Sanga, Tabacci e Valeria Valente sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente centodue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Discussione della relazione al Parlamento predisposta ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Doc. LVII-bis, n. 3).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione al Parlamento predisposta ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
Ricordo che all'esame della relazione in oggetto si applica la procedura di cui all'articolo 118-bis, commi 2 e 4, del Regolamento.
Avrà quindi luogo un dibattito limitato, con l'intervento di un deputato per ciascun gruppo e per ciascuna componente del gruppo Misto, nonché dei deputati che intendano esprimere posizioni dissenzienti dai rispettivi gruppi.
Le eventuali risoluzioni alla relazione dovranno essere presentate nel corso della discussione, ai sensi del comma 2 del richiamato articolo 118-bis del Regolamento.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 10 giugno 2015.
(Discussione – Doc. LVII-bis, n. 3)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione. Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Tancredi.
PAOLO TANCREDI, Relatore. Grazie Presidente, è bene in premessa chiarire il senso di questo passaggio parlamentare, di come esso sia perfettamente inquadrato nell'ordinamento vigente, in particolare nelle previsioni contenute nel comma 6 dell'articolo 10-bis della legge n. 196 del 2009, la legge di contabilità e finanza pubblica, ma di come, allo stesso tempo, lo stesso abbia un grande valore sostanziale di trasparenza verso i nostri partner europei e i nostri creditori nel quadro del coordinamento delle politiche economiche e di bilancio nell'Unione europea.
Ferma restando, infatti, la presentazione entro il 20 settembre di ogni anno della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, il Governo è tenuto a presentare al Parlamento una relazione qualora, per finalità analoghe a quelle della Nota, ovvero per il verificarsi di eventi eccezionali, intenda aggiornare gli Pag. 52obiettivi programmatici di finanza pubblica indicati nel DEF. Tale relazione deve contenere le ragioni dell'aggiornamento. Identica procedura è, altresì, prescritta nel caso di scostamenti rilevanti degli andamenti di finanza pubblica, tali da rendere necessari interventi correttivi. In tal caso, si dovranno riportare le ragioni degli scostamenti e l'indicazione degli interventi correttivi.
In questo caso particolare, il Governo deve dare conto alle Camere degli effetti prodotti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 2015 sul quadro di finanza pubblica per il medesimo anno e per quelli successivi, illustrando nel contempo l'intervento operato dal decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65, finalizzato a ridurre appunto l'impatto della sentenza medesima sui conti pubblici. Com’è noto, tale impatto deriva dalla declaratoria di incostituzionalità affermata dalla Corte in ordine al blocco per il biennio 2012-2013 dell'indicizzazione delle pensioni di importo complessivamente superiore a tre volte il trattamento minimo INPS, che – è bene ricordarlo – era pari a 468,35 euro nel 2011 e nel 2014 a 500,88 euro. Stiamo parlando delle pensioni superiori a 1.500 euro lordi circa. Sulla base delle vigenti regole contabili gli effetti di una sentenza vanno imputati all'anno di applicazione della stessa, quindi nell'anno corrente risulterebbero iscritti gli oneri relativi sia al pagamento degli arretrati dal 2012 al 2014 sia quelli concernenti gli esborsi relativi al 2015, mentre per gli anni dal 2016 e successivi verranno iscritti gli oneri maturati con riferimento a ciascuna annualità. Per il 2015 la maggiore spesa da sostenere – ormai è un dato certo dopo tanto dibattito anche nella pubblica opinione –, se si applicasse la sentenza senza correttivi, sarebbe quindi di 17,6 miliardi di euro – voglio precisare – al netto degli oneri fiscali; di questi 4,5 miliardi sarebbero di competenza 2015, con un carattere strutturale anche per gli anni successivi, anche se con una leggera tendenza calante: 4,37 miliardi nel 2016, 4,1 miliardi nel 2019.
È evidente l'effetto immediato sui saldi, in particolare sull'indebitamento netto tendenziale che con un peggioramento dell'1,1 per cento, quindi 17 miliardi, rispetto alla previsione del DEF di 2,5 per cento, schizzerebbe al 3,6 per cento, sforando così il noto 3 per cento, famigerato tetto imposto dalle regole europee per il deficit per il 2015.
Ma anche per gli anni successivi ci sarebbe un aggravio dell'indebitamento netto dello 0,3 per cento in rapporto al PIL, con uno scostamento significativo dagli andamenti previsti dal DEF, mettendo a rischio il conseguimento degli obiettivi di medio termine e il rispetto della regola del debito. Sarebbe, quindi, inevitabile l'apertura di una procedura di infrazione, che, tra l'altro, metterebbe a rischio anche l'applicazione della clausola delle riforme strutturali, invocata dal Governo per il 2016, che sappiamo fondamentale anche per riparare alle clausole di salvaguardia imposte dalla legge di stabilità.
In questo contesto, il Governo è intervenuto con il decreto n. 65, teso a contemperare l'attuazione della sentenza con la necessità di mantenere il percorso di risanamento e consolidamento dei conti pubblici prefigurato nel quadro di finanza pubblica riportato nel DEF 2015, percorso che, anche se con fatica, sta dando i suoi frutti. Il decreto, infatti, limita l'entità dei rimborsi rispetto alla sentenza a una spesa pari allo 0,13 per cento del PIL nel 2015 e allo 0,03 per cento negli anni successivi, consentendo di ricondurre l'indebitamento tendenziale a valori prossimi a quelli esposti dal DEF.
La Relazione al Parlamento di cui oggi ci occupiamo conferma gli obiettivi programmatici del DEF su tutto il periodo di programmazione espressi in termini di rapporti al PIL. Vi è da dire che sono sempre misurati alla precisione di un decimale. Il quadro descritto evidenzia che nel 2015 il margine di miglioramento tendenziale 2015 rilevato nel DEF – il cosiddetto tesoretto –, anziché essere destinato al finanziamento di provvedimenti da definire, Pag. 53venga utilizzato per far fronte alle maggiori spese risultanti dall'applicazione del decreto.
Per gli anni successivi, gli oneri del decreto, pari a circa 500 milioni annui, pur non trovando evidenza, sempre per l'approssimazione al primo decimale, nei tendenziali in termini di quota del PIL, implicano, comunque, di fatto, una riduzione, a parità di altre condizioni, del margine a disposizione per nuove politiche.
Per quanto riguarda la convergenza dell'obiettivo a medio termine, il livello del saldo strutturale nel 2015 migliorerebbe, poiché la maggiore spesa derivante dal pagamento degli arretrati maturati nel triennio 2012-14 non rientrerebbe nel calcolo in quanto di natura una tantum, a differenza dell'utilizzo del margine di miglioramento tendenziale ipotizzato nel DEF, che, invece, ha una caratteristica a regime.
L'aggiustamento del saldo risultante per il 2015 sarebbe quindi pari a 0,3 per cento, superiore, addirittura, all'obiettivo dello 0,25 per cento. Nel 2016 non sarebbe conseguito alcun aggiustamento, circostanza in linea con l'obiettivo, in quanto l'Italia per quell'anno ha chiesto l'applicazione della flessibilità a causa della clausola delle riforme strutturali. La conferma dell'indebitamento netto nominale programmatico nell'arco di tempo considerato consentirebbe, infine, il rispetto della regola del debito.
Il Governo, intervenuto in Commissione, ha chiarito, a domanda del relatore, come la conferma dell'obiettivo programmatico 2015 sia conseguita con l'utilizzo del margine di miglioramento del tendenziale dell'anno per un valore pari allo 0,13 per cento del PIL. In realtà, sia nel DEF sia nell'interlocuzione con la Commissione, ripeto, si fa riferimento alla sola prima cifra decimale; quindi, compare uno 0,1 per cento.
Altro chiarimento fornito opportunamente dal Governo nell'esame in Commissione è la conferma della disaggregazione tra spese strutturali e spese una tantum riferita alla situazione successiva all'emanazione del decreto-legge. Questo porterebbe a quel miglioramento sul 2015. Infine, Presidente, credo sia opportuna una breve riflessione su un aspetto fondamentale, anche se non legato strettamente al dibattito odierno, ma credo che molti colleghi si concentreranno su questo.
Da più parti, infatti, si mette in discussione la congruità del decreto rispetto al dettato della sentenza della Corte costituzionale. È evidente – non spetta a me – che la differenza consistente sulla spesa tra prima e dopo l'applicazione del decreto potrebbe generare forti dubbi, ma, in realtà, al di là delle quantità complessive in gioco, noi crediamo che si sia operato tenendo conto dei criteri solidaristici del sistema previdenziale e dei principi di adeguatezza e proporzionalità enunciati dalla Corte.
Infatti, se si osserva con attenzione l'eccellente lavoro dell'Ufficio parlamentare di bilancio, si vede, innanzitutto, come il 70 per cento delle pensioni erogate dallo Stato, cioè quelle al di sotto, per intenderci, di 1.500 euro lordi, sono preservate dalla mancata indicizzazione. Quindi, il 70 per cento dei soggetti in pensione non sono interessati dal provvedimento di mancata indicizzazione.
Inoltre, per un pensionato medio con una classe di importo pensionistico da tre a quattro volte il minimo (per intenderci: 1.600-1.700 euro), la perdita per la mancata indicizzazione, dopo la restituzione disposta dal decreto, non supera, nel peggiore dei casi, il 3 per cento del suo valore annuo, per crescere poi su soggetti con pensioni più alte.
In ogni caso, la parte preponderante della restituzione andrebbe ai pensionati con reddito più basso – naturalmente, più basso della platea presa in considerazione che, ricordo, è solo il 30 per cento della patria intera pensionistica – tra quelli colpiti dalla mancata indicizzazione. In particolare, il 67,5 per cento delle risorse reperite, e che verranno restituite, dal Governo, andrebbero a beneficiare le pensioni inferiori ai 2.100 euro lordi, cioè solo Pag. 54il restante 33 per cento. Tra l'altro, le pensioni sopra i 3 mila euro non verrebbero beneficiate dalla restituzione.
Tale situazione che testimonia l'adeguatezza e la proporzionalità dell'intervento del Governo è illustrata, in maniera eccellente, nel focus dell'Ufficio parlamentare di bilancio che invito i colleghi, che sono interessati, a leggere.
Per tutte queste ragioni, in conclusione, Presidente, esprimo una valutazione favorevole sulla relazione in esame.
PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
È iscritto a parlare il deputato Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Grazie, signora Presidente. Noi voteremo la risoluzione di maggioranza, perché riteniamo che gli adeguamenti che sono stati realizzati dopo la sentenza della Corte costituzionale vanno, appunto, nella direzione dell'adeguatezza e della proporzionalità, come giustamente spiegava poco fa il relatore, e che, quindi, determinano una condizione solidaristica. Il problema, però, che si pone, e che io credo dobbiamo porre, a questo Parlamento, è che in tempi successivi, ma abbastanza brevi, credo sia necessario parlare di pensioni, ridiscutere delle pensioni, fare in modo, in buona sostanza, che ci sia una chiarezza su quello che è il sistema retributivo e il sistema contributivo, per evitare che si arrivi ad un conflitto generazionale all'interno nostro Paese. È, quindi, opportuno che, nel prossimo futuro, parliamo delle pensioni.
Detto questo, presumo sia stato doveroso e necessario fare il ragionamento che è stato fatto da parte del Governo, mantenendo l'adeguatezza e la proporzionalità perché, nel caso in cui fossero stati impegnati 17 miliardi di euro, noi avremmo sforato quelli che potevano essere, essenzialmente, i dati di finanza pubblica. Soprattutto avremmo avuto quell'indebitamento netto che si sarebbe potuto aggirare sul 3,6 per cento. Il Governo ha mantenuto l'indebitamento netto programmato, cosa questa che noi riteniamo obiettivamente necessaria e possibile. Voteremo a favore di questa risoluzione perché mantenendo l'indebitamento netto secondo quella che è stata la programmazione eviteremo soprattutto quegli interventi che riguardano le clausole di salvaguardia. Questo è un fatto importante e credo sia doveroso sottolinearlo. Per questo, ripeto, voteremo a favore della risoluzione di maggioranza.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tabacci. Ne ha facoltà.
BRUNO TABACCI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, come ha detto il relatore, il Governo dà conto alle Camere delle implicazioni della sentenza della Corte costituzionale in tema di rivalutazione delle pensioni e del decreto-legge n. 65 del 2015, successivamente intervenuto sul tema per opera del Governo.
L'applicazione integrale della sentenza avrebbe portato, con il carico di 17,6 miliardi per il 2015, all'indebitamento netto tendenziale della pubblica amministrazione dal 2,5 al 3,6. Ci saremmo, quindi, prestati di nuovo all'apertura di una procedura per deficit eccessivo. Il Governo è quindi intervenuto con il decreto-legge n. 65 del 2015, cogliendo il principio redistributivo suggerito dalla Corte, ma spostandone gli effetti sui redditi da pensione più bassi, evitando così una generalizzazione che sarebbe stata oltremodo ingiusta oltre che insostenibile.
Il focus dell'ufficio parlamentare di bilancio, ieri, in audizione alle Commissioni bilancio riunite di Camera e Senato ha dato conto degli effetti sul rapporto programmatico tra indebitamento netto e PIL 2015 che con queste iniziative del Governo si riporta al 2,6 per cento. Ora i fatti sono questi. Vorrei semplicemente aggiungere che la riforma avviata del sistema previdenziale casomai va consolidata e non demolita.
Le condizioni che si sono determinate nel 2011 erano il risultato di pressioni economiche anche frutto di speculazioni sui mercati internazionali, ma poggiavano Pag. 55su dati reali incontrovertibili: l'Italia stava e sta ancora invecchiando rapidamente con un tasso di fecondità molto al di sotto della media e con una speranza di vita tra le più alte dell'OCSE. Per fortuna, mi sembra anche giusto rimarcare questo fatto, il fatto che si viva di più. E, però, questo determina delle conseguenze.
Il rapporto tra la popolazione over 65 e quella in età attiva è sceso. Nel 1980 era 4,2, nel 2014 è sceso al 2,8 e nel 2050 sarà 1,5. Quindi, invecchiamo e si determina un rapporto tra popolazione in pensione e popolazione in età lavorativa che è del tutto rovesciato rispetto a quello che, ad esempio, è stato alla base del grande processo di sostegno dal punto di vista previdenziale che ha creato le condizioni per la moderna previdenza del nostro Paese.
In più la spesa per le pensioni è diventata tra le più alte dell'area OCSE. Gli effetti economici congiunti della crisi del 2008 e di quella dell'Eurozona ha portato al tracollo nell'agosto 2011, registrato dai mercati finanziari con la nota vicenda della tensione sullo spread e la conseguenza di riforme tanto rapide e profonde, quanto parzialmente contraddittorie.
Ora, evitare oggi di considerare le condizioni nelle quali quelle riforme sono avvenute, facendo finta che il problema potesse essere affrontato in maniera più approfondita, appare come un fuor d'opera. Si poteva probabilmente fare anche meglio, tant’è che siamo alle prese con le conseguenze di taluni aspetti di quelle manovre che certamente devono essere corretti. Ma è assolutamente sbagliato guardare ora a quelle riforme con l'ottica di un impossibile ritorno all'indietro.
Altra cosa è affrontare i delicati problemi di transizione, come quelli posti ad esempio dagli esodati, cui il Parlamento è stato chiamato a dare risposta nei mesi trascorsi. Qualunque aggiustamento non può minare la sostenibilità così faticosamente raggiunta.
A livello strategico queste riforme erano giuste e indispensabili, casomai erano in ritardo. E qui si apre un problema che riguarda la sentenza della Corte, che non può avviare, secondo la mia opinione, un percorso di dissociazione tra diritti, da un lato, e doveri e responsabilità, dall'altro. Il che non vuol dire ridurre il potere d'iniziativa della Corte, perché va preservato in tutta la sua intangibilità, ma l'idea che in questo Paese vi possano essere alcuni che sono dedicati alla difesa dei diritti ed altri che, invece, si dedicano ai doveri e alle responsabilità è qualche cosa che non quadra.
Il principio di collaborazione istituzionale fa sì che questo percorso debba riguardare tutti: il Parlamento, il Governo, la Corte costituzionale e tutti gli organi che sono abilitati ad occuparsi di queste cose.
Guardate, se non è così, non solo si arriva a una profonda dissociazione sul terreno generazionale, ma si ha una conseguenza molto pratica, ossia che perfino l'aspetto politico non troverà più un suo degno riferimento, perché se alcuni possono pensare di avere il consenso in quanto vanno in una direzione che è dai più considerata come auspicabile... D'altro canto, se noi ragionassimo dicendo o chiedendo ai cittadini italiani – gli italiani sono molto affezionati alla mamma – se vogliono bene alla mamma, è normale che essi rispondano positivamente. Ma il punto è che bisogna tener conto delle compatibilità. Questa è la funzione essenziale di una capacità di Governo. Diversamente, invece di governare, si rincorrono delle pulsioni che non portano a risultati puntuali, che non ci possiamo permettere.
Conclusivamente, mi pare che l'adesione e il sostegno del nostro gruppo Per l'Italia – Centro Democratico alla risoluzione di maggioranza è un fatto assolutamente scontato ed è legato all'apprezzamento che viene fatto dal Governo di avere agito con tempestività, evitando che la situazione potesse sfuggire di mano (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia - Centro Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Roberto Simonetti. Ne ha facoltà.
Pag. 56 ROBERTO SIMONETTI. Grazie, signor Presidente. La relazione che ci ha fornito il Governo e su cui il relatore ha espresso il suo commento va a definire quali sono le implicazioni economiche relative alla sentenza della Corte costituzionale che ridà parziale dignità a una legge che aveva tolto dignità a una grande fetta di italiani, che è quella dei pensionati.
Quella riforma delle pensioni della professoressa Fornero ha creato anche molti altri disagi. Però la Corte costituzionale non ha voluto, in altra sede, su altro fatto politico e istituzionale, dare corso alla stessa procedura. Mi riferisco, per esempio, alla nostra raccolta di firme per il referendum per l'abrogazione della legge Fornero. Per motivi inerenti all'esito della sentenza della Corte costituzionale che oggi voi cercate di soddisfare e di risolvere, la stessa Corte costituzionale aveva dato parere negativo affinché i cittadini italiani si potessero esprimere sulla nostra raccolta di firme.
La sentenza ridà dignità all'indicizzazione, per gli anni 2012 e 2013, delle pensioni, che era stata cancellata dal comma 25 dell'articolo 24 del decreto-legge «Salva Italia». Voi ci dite sostanzialmente che, per soddisfare le richieste della Corte costituzionale, non andate a verificare quale è stato il danno economico per i cittadini italiani, ma andate a verificare sostanzialmente che ci sia una tenuta dei conti in funzione dei parametri di Maastricht, appunto dei parametri economici e macroeconomici dell'Unione europea, che sono la causa dell'austerità che ha creato la crisi economica del continente europeo.
Piuttosto che andare a risolvere la causa, voi intervenite sull'effetto, nel senso che, invece che criticare il muro del 3 per cento, invece che criticare le procedure di deficit eccessivo di cui il Paese potrebbe essere passibile... Solo l'Italia è sempre soggetta alle procedure di deficit eccessivo. Solo l'Italia può ricevere dalla Commissione europea gli avvertimenti. Infatti, la Francia non li riceve, la Germania non li riceve mai, la Spagna non li riceve mai, benché questi stessi Stati nazionali hanno problemi simili ai nostri. La Francia ha un rapporto tra deficit e PIL al 4,1 per cento, ma nessuno le dice niente. Quello della Spagna è al 4,5 per cento, ma nessuno le dice niente. La Germania ha un avanzo commerciale che ammazza l'economia del continente, ma nessuno le dice niente.
Addirittura usa i fondi della sua cassa depositi e prestiti per fare una sorta di dumping per le proprie imprese, sia pubbliche, che private, ma nessuno le dice niente. Solo noi dobbiamo sempre sottostare a questa regola del 3 per cento e del 60 per cento del rapporto debito-PIL perché, altrimenti, abbiamo paura che la Merkel venga a dettarci nuovamente le regole.
Io credo che in una situazione di questo tipo non sia interessante rispettare pienamente il quadro delle regole europee, ma, invece, è necessario prendere un'occasione come questa per andare in Europa e dire di cambiare queste regole e di tornare, quindi, a un sistema di competitività, a un sistema che non si rifaccia all'austerità, ma si rifaccia alla crescita.
Noi in Europa, purtroppo, avevamo avuto un'occasione, quella del semestre europeo, però in questa occasione il nostro Presidente, il vostro Presidente Renzi ha fatto di tutto tranne che rendere competitivo lo Stato nazionale che rappresenta. Quindi, nessuna politica di intervento per i fenomeni dell'immigrazione, nessun intervento per l'agricoltura nazionale, per l'industria nazionale, per i problemi energetici nazionali, che avrebbero potuto aumentare il PIL e così riuscire a risolvere il rapporto deficit-PIL. Infatti, noi cerchiamo sempre di diminuire i debiti, ma mai di aumentare il PIL. Non si aumenta il PIL in questo Paese e il dato ce lo dà l'ISTAT: in un mese, da marzo ad aprile, il PIL nazionale è di meno 0,4 per cento, perché le vostre politiche di austerità – e questa sarà un'altra politica di austerità – fanno sì che non ci sia liquidità da spendere, non ci siano, appunto, risorse per poter far riprendere l'economia; tant’è che quel barlume di ripresa era dipeso da tutto tranne che da politiche di riforma endogena, ma tutte derivanti da fattori esogeni quali, per Pag. 57esempio, il rapporto dell'euro sul dollaro, il quantitative easing e, poi, dopo, ovviamente, il discorso del costo del barile di petrolio. Tutti fattori che non c'entrano niente con le vostre azioni politiche, istituzionali e di Governo. Tutti fattori esterni che, ovviamente, noi adesso stiamo pagando e pagheranno naturalmente i cittadini che non si vedranno indicizzato il pieno delle loro pensioni perché voi volete rispettare quel parametro del 3 per cento che, ovviamente, non riuscite a garantire perché il PIL non aumenta.
Come dicevo prima, le politiche appunto di rapporto fra il Paese e l'Europa sono a dir poco di soccombenza. C'era la possibilità di mettere un'altra figura certamente più preparata a livello istituzionale delle altre che sono state poi inserite. Noi avevamo probabilmente la possibilità di avere Enrico Letta Presidente del Consiglio europeo, che è quell'istituzione europea che stabilisce l'agenda politica dell'Unione, fatta dai Capi di Stato di Governo. E, invece, avete preferito inserire l'onorevole Mogherini a fare lady PESC in una situazione, ovviamente, dove non gliene frega niente a nessuno, né in Europa, né in Italia. All'Italia non serve e sarebbe servita secondo noi certamente in maniera maggiore una figura che avrebbe potuto cambiare appunto le politiche di questa Unione europea in termini economici, in termini industriali, in termini energetici, in termini appunto di aiuti all'agricoltura nazionale. Invece, per politiche interne al partito, per pesi e contrappesi vostri interni, avete deciso di prendere una casella totalmente inutile da un punto di vista strategico e, purtroppo, anche coperta da una figura che si sta rendendo completamente inutile perché sul tema dell'immigrazione vediamo quanto sia l'incidenza del nostro Governo all'interno della compagine europea: praticamente zero. Abbiamo un'invasione in piedi e sia la Germania, che la Francia, l'Austria, l'Inghilterra e tutti gli altri Stati europei con noi confinanti e, comunque, potenti all'interno della compagine europea, ci dicono che il problema è nostro e ce lo dobbiamo risolvere autonomamente.
Quindi, dicevo del debito. Il debito è un altro problema vostro, nostro, e c’è il rapporto del debito sul PIL. Il PIL non aumenta, però il debito aumenta. Siamo al guinness dei primati del Governo Renzi: più 10 miliardi di euro in un mese.
Stiamo toccando la soglia dei 2200 miliardi di debito pubblico ma tutto va bene, anzi bisogna andare a colpire i pensionati e far quadrare i bilanci dello Stato nazionale. Queste politiche di austerità, come dicevo prima, penalizzano lo sviluppo, penalizzano la crescita.
Voi fate girare i bilanci dello Stato nazionale attraverso le semplificazioni. Mi spiego meglio: voi cercate di far quadrare i rapporti attraverso il taglio dei trasferimenti agli enti locali, state facendo pagare il pareggio di bilancio ai pensionati attraverso il taglio delle loro indicizzazioni, state facendo pagare questo raggiungimento dei parametri europei ai cittadini attraverso una tassazione esagerata che i sindaci, i presidenti di provincia e i presidenti di regione sono obbligati a fare a seguito dei tagli indiscriminati che voi avete previsto in tutte le leggi finanziarie che si sono susseguite da Monti in avanti.
Guardate che il debito pubblico, l'aumento dei 10 miliardi di questo mese di debito pubblico, è tutto debito derivante dai Ministeri perché gli enti locali non hanno debito, anzi hanno ridotto lo scorso anno del 16,7 per cento il loro debito locale. Infatti, la spesa pubblica è spesa nazionale. Il 72 per cento della spesa è dello Stato centrale. Solo il resto è diviso tra regioni, province e comuni. Le province hanno l'1 per certo, i comuni l'8 per cento e le regioni il 19 per cento di spesa pubblica.
Invece voi, anziché tagliare lo Stato centrale e la burocrazia statale qui a Roma, andate a colpire i più deboli, andate sempre a colpire le fasce più deboli. Voi siete sempre succubi e proni alle volontà dei forti, ma volete fare i forti con i deboli. Però i deboli si stanno organizzando, i deboli non ne possono più e a queste elezioni i deboli vi hanno dato un Pag. 58grande segnale, i cittadini vi hanno dato un grande segnale, gli enti locali vi hanno dato un grande segnale...
PRESIDENTE. Concluda per favore.
ROBERTO SIMONETTI. Grazie Presidente. Concludo dicendo che le elezioni amministrative hanno dato un chiaro segnale che è quello di mandare a casa questo Governo che è inefficiente e sta creando danni economici e politici al Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie – Lega dei popoli – Noi con Salvini).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Librandi. Ne ha facoltà.
GIANFRANCO LIBRANDI. Grazie Presidente, illustrissimo sottosegretario, onorevoli colleghi, all'indomani dell'emanazione della sentenza della Corte costituzionale sul blocco della rivalutazione delle pensioni, non pochi hanno richiamato alla mente l'articolo 3 della Carta fondamentale della Repubblica Italiana, che reca un principio dedicato all'eguaglianza formale e sostanziale di tutti i cittadini. «È compito della Repubblica – si legge al secondo comma dell'articolo – rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
Come tanti altri cittadini, anche io mi sono chiesto se la sentenza della Corte avesse considerato o meno che nel principio di uguaglianza di tutti i cittadini va ricompresa anche l'equità tra le generazioni, il dovere che noi oggi abbiamo di non compromettere l'effettiva partecipazione degli italiani di domani all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese che verrà.
Se nel 2011 – peraltro con il voto favorevole di molti che oggi siedono in quest’ Aula – si seguì la via difficile e un po’ forte del blocco delle rivalutazioni, la ragione era evidente a tutti: si stava salvando l'Italia da un destino terribile, il default, il fallimento dello Stato e la sua conseguente impossibilità di onorare i propri impegni con i cittadini, inclusi i pensionati.
Si preferì chiedere un sacrificio a chi aveva una pensione più che dignitosa, in anni in cui, oltre al resto, l'inflazione è stata nulla o addirittura negativa, per consolidare l'intero sistema pensionistico italiano e le prestazioni a favore dei meno abbienti. La Corte ha deciso che quella scelta fu incostituzionale e alle sentenze della Corte costituzionale ci si adegua, anche quando politicamente non le si condivide completamente.
In una democrazia avanzata ogni potere è autonomo dagli altri, guai a chi non se ne ricorda.
È evidente a tutti che se la Corte ha statuito l'incostituzionalità della misura del decreto «salva Italia» del 2011, non ha stabilito che l'unica via possibile per rispettare la Carta è la reintroduzione dello status quo ante. Sbaglia quindi chi, nel commentare il decreto-legge n. 65 del 21 maggio 2015, grida all'incostituzionalità o alla sentenza tradita. La necessità era quella, da una parte, di rispettare i deliberata della Corte costituzionale, ma, dall'altra, di definire delle soluzioni eque che permettessero di evitare un impatto devastante sui conti pubblici.
La relazione presentata dal Governo che oggi è in discussione riporta numeri inequivocabili: considerato che sulla base delle vigenti regole contabili gli effetti della sentenza vanno imputati all'anno di applicazione della stessa legge, la banale reintroduzione dell'iniqua legge del 2011 avrebbe comportato una spesa aggiuntiva pari a 17,6 miliardi di euro. Tale maggiore spesa avrebbe, quindi, determinato un peggioramento dell'indebitamento netto tendenziale dell'1,1 per cento, passando dal 2,5 per cento indicato dal Documento di economia e finanza al 3,6 per cento, un dato che ci avrebbe sensibilmente allontanato dal rispetto delle regole europee.
L'intervento correttivo, attuato con il decreto-legge n. 65 del 2015 sventa questo Pag. 59pericolo, permettendo al nostro Paese di proseguire in un percorso di risanamento e consolidamento dei conti pubblici, prevedendo però una serie di misure che rispettano la decisione della Corte, essendo definite sulla base di criteri solidaristici del sistema previdenziale e dei principi di adeguatezza e proporzionalità enunciati dalla Corte stessa. Si è così deciso di peggiorare programmaticamente il deficit del 2015 e degli anni a venire, per riconoscere ai beneficiari una rivalutazione una tantum degli assegni pensionistici e si è calcolato poi l'effetto di questa rivalutazione per gli anni a venire.
Tutto assolutamente corretto, tutto assolutamente condivisibile da parte del gruppo di Scelta Civica. Ciò detto, mi sia consentito di ampliare politicamente il discorso. Quella necessità di equità tra le generazioni è ancora profondamente attuale. Viviamo in un Paese che invecchia, che pone la contribuzione alle spese del welfare soprattutto sulle spalle dei nostri giovani. Un Paese che invecchia è un Paese dove sempre meno giovani saranno chiamati a sostenere con il loro lavoro le pensioni di sempre più anziani. Per questo, sono molti i cittadini aventi diritto a quel rimborso che pensano sia sbagliato scaricare un costo ulteriore sul futuro e su chi lo vivrà. Il rimborso della rivalutazione finirà per aumentare ancora di più la differenza tra i contributi da lavoro effettivamente versati dagli attuali pensionati e gli assegni di cui oggi godono. Basta assumere decisioni a svantaggio dei giovani ! Quel rimborso – lo stanno dicendo tanti cittadini di ogni età – è un diritto, ma non un obbligo. Personalmente ho promosso una proposta di legge e con alcuni colleghi ho lanciato un'iniziativa pubblica dal titolo «Rivalutiamo il futuro – NO al rimborso». Proponiamo che ai beneficiari della rivalutazione sia consentito di destinare tale rimborso o all'abbattimento del debito pubblico, attraverso il versamento delle somme dovute da parte dell'INPS al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, o al sostegno dell'occupazione giovanile, attraverso il versamento delle somme dovute da parte dell'INPS al Fondo Garanzia Giovani.
Già in tanti, signori del Governo, hanno mostrato interesse alla nostra iniziativa, dichiarandosi disponibili a rinunciare a un diritto che considerano un sopruso ai danni dei giovani. È il segno che c’è un'Italia che ha ormai profondamente innovato la sua mentalità, scegliendo le leve della responsabilità e dell'equità. Questa vicenda, che vede l'Italia della responsabilità contrapposta ad alcuni che scelgono invece la demagogia e la conservazione, sia una lezione per il futuro. Se, illudendosi di comprare facile consenso, si aumenta il peso delle pensioni attuali sul PIL e sul totale della spesa sociale, si finisce solo per sottrarre risorse a usi produttivi, anche sul fronte del welfare o degli incentivi alla crescita e al lavoro. L'insostenibilità sociale del sistema previdenziale è a danno dei lavoratori più giovani, che si sentono costretti a pagare contributi obbligatori altissimi, per finanziare i costi delle pensioni presenti, senza avere alcuna garanzia sulle prestazioni che riceveranno tra venti o trent'anni.
Occorre invece che le pensioni presenti non gravino ulteriormente sui redditi che servono a costruire le pensioni future. Le pensioni sono la più grande questione giovanile del nostro tempo e del nostro Paese ed è compito di questa classe politica evitare una frattura tra generazioni. Dobbiamo difendere le pensioni del futuro, come diceva quell'antico detto «dobbiamo impegnarci per lasciare il mondo un po’ migliore di come l'abbiano trovato» vale anche in questo caso. Annuncio pertanto il voto favorevole di Scelta Civica per l'Italia alla relazione del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).
PRESIDENTE. La ringrazio. È iscritto a parlare il deputato Giulio Marcon. Ne ha facoltà.
GIULIO MARCON. Grazie signora Presidente, signor sottosegretario, colleghi e colleghe, la relazione con la quale il Governo Pag. 60ci ha informato dell'andamento dei conti pubblici e degli interventi necessari a far fronte alle conseguenze della recente sentenza della Corte Costituzionale sull'illegittimità del blocco dell'indicizzazione nel biennio 2012-2013 dei trattamenti pensionistici di importo superiore a tre volte il minimo, evidenza, nella sua brevità, grandi elementi di contraddizione e di iniquità sociale e giuridica. La soluzione trovata nel decreto 65 è molto parziale ed è ingiusta, ricordo che riguarda 5 milioni e 200 mila pensionati, si dà una risposta simbolica, una tantum, modesta agli effetti della misura presa dal Governo Monti nel 2011. Quel Governo usò le pensioni per fare cassa e pagare pegno alla trojka, il Governo Renzi invece di rimediare a quella lesione, continua a lucrare su una misura incostituzionale e iniqua. La Corte è stata chiara, sono stati intaccati i diritti fondamentali legati alla proporzionalità e all'adeguatezza del trattamento previdenziale. Il Governo ha messo una toppa, una piccola toppa, un bonus solo per una platea assai limitata utilizzando un tesoretto che ancora non c’è, soldi tutti virtuali, di cui dovremmo avere certezza nell'assestamento di bilancio. Una toppa pericolosissima, perché la vostra modesta misura aprirà la strada a nuovi ricorsi, lasciando la patata bollente ai futuri governi. Tempo fa il politologo Giovanni Sartori ha dichiarato che i diritti economici e sociali sono un fondo di capitolo di bilancio. I diritti sono tali se costano poco, se costano un po’ di più allora sono un problema, i diritti così sono a geometria variabile a seconda di quanto si spende. Ed è profondamente e culturalmente di destra la posizione come quella di alcuni esponenti del partito democratico e della maggioranza di chi dice che i diritti vanno subordinati al principio, io direi all'ideologia, alla pratica del pareggio di bilancio e ai vincoli europei. Così si butta a mare il riformismo economico e sociale a favore dell'ideologia di quella che Carpolani avrebbe definito una società di mercato, dove tutto si piega al profitto e alla logica di mercato, diritti, relazioni sociali, umanità, rispetto delle persone. Al Senato addirittura esponenti del Partito Democratico hanno presentato una barbarica proposta di legge che mette sotto tutela e vincola la Corte costituzionale a consultare gli uffici parlamentari di bilancio prima di prendere una decisione in modo che sia compatibile con le regole della contabilità pubblica. E il Ministro dell'economia Padoan, io dire con scarso senso istituzionale, ha bacchettato la Corte perché prima di emettere quella sentenza avrebbe dovuto valutarne l'impatto finanziario. Ministro Padoan, cari senatori del PD a questo punto perché non proponete che le sentenze della Corte abbiano la bollinatura della Ragioneria così facciamo prima, trasferiamo direttamente la Corte a via XX settembre e cartolarizziamo il palazzo della Consulta così risparmiamo anche qualche euro. (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). Si tratta di una deriva di destra, nel dopoguerra la sinistra riformista europea ci disse che la cittadinanza era indissolubilmente fatta di diritti politici, civili e sociali. Con il neoliberismo e la Thatcher i diritti sociali sono diventati non solo non esigibili ma eventuali, eventuali per il mercato, per il profitto, per il pareggio di bilancio. E voi vi siete piegati a questa logica, come si vede dai commenti di questi giorni, quando dite che la Corte ha sbagliato a fare sentenze sui diritti senza tener conto del loro impatto economico. Non è che non si fanno le elezioni perché costano tanto, così come non si toglie un diritto a un pensionato violando il suo presupposto costituzionale perché bisogna fare cassa. I diritti, ed in particolare i cosiddetti diritti esigibili costituzionalmente fondati, non sono a discrezione delle scelte del potere esecutivo.
Se la Costituzione dice che la Repubblica istituisce per tutti scuole pubbliche di ogni ordine e grado, lo deve fare e i soldi li deve trovare. Se una legge dello Stato ci dice che ogni disabile ha diritto all'assistenza per l'integrazione scolastica, lo Stato deve trovare i soldi, e basta ! Se si ha diritto ad un certo trattamento pensionistico, lo Stato non può ledere questo diritto e poi opporsi ad una sentenza della Pag. 61Corte costituzionale che ripristina il diritto lesionato. Si dice – qualcuno di voi l'ha detto – che la Corte ha deciso sulla base di una maggioranza risicata (sette a sei) e questo toglierebbe legittimità a quella decisione, ma la democrazia è fatta di procedure e di regole, e queste non sono meno valide quando si subisce una decisione sgradita. Voi dite che la Corte ha fatto una sentenza su una misura, quella del «salva Italia», che voi ora dite di non condividere, ma quel Governo l'avete sostenuto voi del PD insieme a Forza Italia e la «manovra Fornero» l'avete votata voi, non noi.
Si dice: non ci sono soldi e non possiamo fare altro debito. Non è vero. Intanto, per rispettare la sentenza della Corte, potevate arrivare fino al 3 per cento del rapporto deficit/PIL; poi i soldi potevate prenderli da qualche altra parte: dalle agevolazioni fiscali alle imprese, dagli F-35 e dalla spesa militare, dalla TAV; potevate rateizzare la restituzione dell'importo dovuto. Perché non si poteva agire con gradualità ? Perché non si poteva concertare con le organizzazioni sindacali una strada sostenibile dell'applicazione della sentenza della Corte ? Perché nessuno si straccia le vesti se dobbiamo pagare decine di miliardi per sanare dei fasulli contratti capestro dei derivati siglati dalle amministrazioni pubbliche e per giustificare la violazione dei diritti delle persone, invece, invocate i principi del pareggio di bilancio ? Perché si possono togliere i diritti ai pensionati e non si possono intaccare i lauti guadagni di chi lucra sui derivati ? I soldi non ci sono non perché la Corte è irresponsabile, ma perché vi siete piegati ai diktat dell'austerità e della finanza.
Voi dite: non si possono difendere le pensioni più alte. È vero. Anche noi siamo contro le pensioni d'oro e la Corte ha comunque dichiarato l'illegittimità sul blocco della rivalutazione dei trattamenti più bassi, oggetto della misura. Ma le pensioni tre, quattro volte il minimo non sono delle pensioni d'oro. E poi, se volete che chi più ha di più contribuisca, invece di farlo con misure una tantum incostituzionali e inapplicabili, oggetto di ricorso, avete una altra strada, ben più lineare: una riforma del sistema fiscale che accentui la progressività del prelievo, aumentando le aliquote sugli scaglioni più alti e andando a colpire i redditi e i trattamenti pensionistici più alti, così come noi abbiamo proposto e come voi non volete fare.
Questa relazione del governo sul DEF e la risoluzione della maggioranza ci confermano la completa subalternità all'ideologia del pareggio di bilancio e al fiscal compact, la totale arrendevolezza ai falchi europei dell'austerità, la deriva di destra all'ideologia dei diritti derubricati ad un fondo di capitolo di bilancio, per dirla con Sartori. E poi c’è un punto: quale effetto avrebbero avuto sulla crescita della domanda e dei consumi quelle risorse restituite ai pensionati defraudati dei loro diritti ? Perché costruite i romanzi elettorali e post elettorali sull'impatto positivo sul PIL degli 80 euro e non fate nemmeno un aforisma sugli effetti di una somma superiore 3-4 volte gli 80 euro sulla nostra economia, quali le somme restituite ai pensionati colpiti dal Governo Monti ?
In conclusione, la relazione del Governo e la risoluzione della maggioranza ci danno la grave conferma di un'impostazione sbagliata, neoliberista e di destra di questo Governo: i diritti economici e sociali non vengono rispettati, si violano i diritti costituzionali, si continua a fare cassa sulla previdenza dando ragione alla Fornero, si seguono in modo obbediente le politiche di austerità, si subisce in modo ideologico il pareggio di bilancio e ci si allinea disciplinatamente ai falchi isterici del liberismo europeo. Voi avete abdicato ad una linea economica riformista e progressiva, alternativa all'impostazione economica dominante in Europa, che è regressiva e antisociale.
Anche questa relazione e la risoluzione della maggioranza ci confermano che non si cambia rotta in Italia, non si ribalta il paradigma fallimentare di una politica europea che ci sta portando a sbattere e si continua a pensare ai diritti economici e sociali come all'ultimo punto all'ordine del giorno, come fossero le «varie ed eventuali» Pag. 62di un'agenda politica ed economica disastrosa. Al primo posto della vostra agenda continuano ad esserci le stupide politiche di rigore e di tagli alla spesa e di risparmio con il sacrificio dei diritti, nessun investimento pubblico, nessuna politica della domanda. Questa è una politica di destra e neoliberista che noi rifiutiamo. Per questo annunciamo il voto contrario alla risoluzione della maggioranza e proponiamo alla Camera di votare la risoluzione di SEL, che chiede di applicare integralmente la sentenza della Corte costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pizzolante. Ne ha facoltà.
SERGIO PIZZOLANTE. Signora Presidente, ricordo che noi stiamo parlando di un provvedimento straordinario in un momento di crisi per l'Italia e per tutta l'Europa. In quel momento in discussione c'era la tenuta dei conti pubblici, la possibilità di non collocare il nostro debito sui mercati, lo spread era sopra i 500 punti e ci siamo trovati di fronte anche al rischio di non pagare gli stipendi e le pensioni. Altri Paesi nelle stesse nostre condizioni hanno fatto scelte ben più drastiche, si è intervenuti sulle pensioni, ci sono state corpose riduzioni degli stipendi e anche licenziamenti in alcuni Paesi. Noi no, questo non l'abbiamo fatto, abbiamo fatto altri interventi. Cosa avrebbe fatto, mi dico, la Corte costituzionale se noi ci fossimo trovati nella stessa condizione degli altri Paesi, che intervento avrebbe fatto e che peso questo avrebbe avuto sui conti pubblici ma anche sulla tenuta democratica del Paese ? Dopodiché la Corte costituzionale contesta che gli interventi siano stati fatti senza un criterio di proporzionalità e adeguatezza. Io ricordo che il Governo Monti intervenne azzerando l'indicizzazione sugli anni 2012-2013-2014 per pensioni sopra tre volte il minimo, cioè per pensioni sopra i 1.500 euro, quindi chi prendeva meno di 1.500 euro non è stato mai toccato da nessun provvedimento e stiamo parlando del 70 per cento dei pensionati italiani, stiamo parlando di quasi dieci milioni di pensionati. Se noi oggi in base alla sentenza della Corte fossimo intervenuti su tutte le pensioni l'operazione ci sarebbe costata al lordo 24 miliardi come è stato detto, al netto quasi 18 miliardi, questo sarebbe stato un costo insostenibile, avrebbero messo in discussione le riforme, il programma delle riforme sul quale noi stiamo lavorando ma anche ci avrebbe messi nelle condizioni di incorrere in una procedura europea per lo sforamento del 3 per cento del deficit. Si è intervenuti invece in maniera proporzionale e selettiva. Noi restituiamo 2,8 miliardi, si chiede un sacrificio ulteriore, ce ne dispiace, per le pensioni e i pensionati oltre i 3 mila euro e non mi sembra che questa sia un'operazione, come è stato detto dai colleghi di SEL e da altri, come dire, ultraliberista e di destra. Invece noi restituiamo 2 miliardi circa a chi guadagna fra i 1.500 e i 2 mila euro, che sono il 67 per cento dell'intera cifra, e circa 800 milioni a chi guadagna fra i 2 mila euro e i 3 mila euro. In questo modo noi rispettiamo il concetto di proporzionalità e adeguatezza della Corte, ma comunque mi permetto di dire di considerare molto discutibile e anche invadente rispetto alle prerogative del Parlamento, perché il Parlamento non può essere messo nelle condizioni di non fare scelte in momenti drammatici del Paese, scelte anche dolorose, difficili, ma che sono fatte per il bene supremo e superiore del Paese. Si è rispettato quindi il criterio di proporzionalità.
Noi, oggi, con questo provvedimento e con altri provvedimenti, dopo due anni di buon governo – lo voglio sottolineare: dopo due anni di buon governo, nonostante quello che dicono tanti disfattisti in questo Paese – possiamo permetterci, oltre a fare le riforme, oltre a restare dentro il 3 per cento del deficit e rispettare i parametri europei, questa restituzione che coinvolge circa il 90 per cento dei pensionati, 10 milioni di pensionati che non sono stati mai toccati e quasi quattro milioni di Pag. 63pensionati che sono interessati al provvedimento di cui stiamo parlando oggi, di questi giorni.
Noi possiamo permetterci, grazie a due anni di buon governo, di restituire soldi ai pensionati e possiamo anche permetterci – io penso e io credo – di intervenire sulla modifica della riforma Fornero sulle pensioni, che ricordo abbiamo votato sempre in quel momento drammatico di crisi, portando il sistema pensionistico italiano da una condizione, quella precedente, che era una delle più favorevoli in Europa, ad un'altra condizione che è una delle condizioni più sfavorevoli in Europa.
Oggi noi stiamo lavorando anche per rivedere la legge Fornero e quindi per andare verso una flessibilità in uscita delle pensioni e penso e spero anche alla possibilità di ricucire la carriera e il percorso previdenziale dei lavoratori italiani e non soltanto dei lavoratori dipendenti italiani. Noi stiamo lavorando anche su questo ed è grazie – ripeto – a quello che sta facendo il Governo e a questi due anni di buon governo che noi oggi possiamo anche superare alcune storture e alcune rigidità della riforma Fornero con la flessibilità in uscita. Flessibilità in uscita – lo dico con grande determinazione – che non si può e non si deve ottenere con il ricalcolo delle pensioni per i 14 milioni di pensionati italiani. Noi non consentiremo mai un intervento che permetta la flessibilità in uscita attraverso il costo del ricalcolo delle pensioni, checché ne dica il presidente dell'INPS che è chiamato a fare il presidente dell'INPS e non certo il Ministro ombra di questo Governo (Deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC) battono ritmicamente le mani sui banchi).
PRESIDENTE. Questi rumori non sono degli applausi; sarebbe meglio evitarli, per favore.
È iscritto a parlare il deputato Palese. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Grazie, signora Presidente. In tempi normali quello al nostro esame sarebbe stato un provvedimento d'ordinaria amministrazione. Sempre in tempi normali, il Governo non si sarebbe visto costretto a taglieggiare i pensionati, negando loro diritti che sono stati riconosciuti dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 70 del 2015. Un precedente estremamente pericoloso, perché nega in radice le ragioni di giustizia che sono alla base del nostro ordinamento. Si corre, infatti, il rischio di mettere in moto un preoccupante contenzioso. Una spola continua tra il diritto dei singoli, che ricorreranno inevitabilmente contro un decreto-legge, che ha caratteristiche espropriative, e le successive sentenze della Consulta, che dovrà verificare se i contenuti del nuovo provvedimento rispondano o meno alle caratteristiche della sentenza appena emanata. A prescindere da quelli che saranno i risultati finali, non è comunque un bel vedere. Tanto più che altre sentenze della Consulta, come quelle sul primo contributo di solidarietà sempre sulle pensioni, hanno tracciato una strada che il Governo si ostina a non voler seguire.
Che almeno si abbia il pudore di dire le cose come stanno. Il Governo, invece, ha parlato di un bonus a favore dei pensionati. Quel bonus ci sarà anche, ma ha un contenuto negativo. La beffa oltre il danno a carico di milioni di cittadini, che rappresentano la categoria più indifesa della società italiana. Contro queste tecniche non degne di un Paese civile, l'opposizione di Forza Italia sarà forte e chiara, per ragioni di equità oltre che per considerazioni di natura più generale. È infatti evidente che, se non si blocca questa deriva, le ipotesi di contenimento della spesa pubblica non avranno come bersaglio il grande spreco della pubblica amministrazione, ma penalizzeranno coloro che, nella loro vita, hanno avuto il torto di versare i contributi richiesti, nel rispetto della legislazione vigente, pagando, ovviamente, le relative imposte.
Si tratta di difendere un principio, quello del «legittimo affidamento» che, secondo la legislazione europea, rappresenta uno dei cardini fondamentali delle regole comunitarie. Secondo numerose Pag. 64sentenze della Corte di giustizia, infatti, il cittadino che, in buona fede, ha seguito i precetti legislativi esistenti non può essere colpito da interventi retroattivi, volti a modificare lo status conseguito. Principio che il decreto-legge, annunciato dal Governo, colpisce in radice.
Le giustificazioni addotte, del resto, non sono convincenti dal punto di vista giuridico, ancor prima che da quello economico-finanziario. Non esiste alcun legame meccanico tra il rispetto dell'articolo 81 della nostra Costituzione e l'intervento a carico dei pensionati italiani. A partire dai numeri presentati nella relazione al Parlamento, il Governo ha quantificato la maggiore spesa in 17,6 miliardi, ma si tratta di una spesa lorda, che non tiene conto del prelievo fiscale che un eventuale aumento della rendita pensionistica dovrebbe determinare, fattore tutt'altro che trascurabile se posto in relazione alla grande evasione fiscale che caratterizza il nostro Paese e dalla quale, per definizione, i pensionati italiani non contribuiscono in alcun modo.
Di questo elemento bisognerebbe tenere conto nel dibattito, un po’ lunare, di chi ipotizza nuovi interventi sul sistema pensionistico italiano rivolti a fare cassa. Quando si affronta un tema così complesso bisognerebbe ragionare al netto e non al lordo, perché la spesa pensionistica, a differenza di altre tipologie, ha come contropartita un prelievo fiscale certo, che incide pesantemente sui titolari della relativa rendita e in forme particolarmente pesanti. Per i trattamenti più elevati, tra tasse e contributo di solidarietà, si arriva ad un'aliquota marginale che sfiora il 60 per cento, un peso così elevato da non trovare corrispondenza in nessun altra categoria o ceto sociale. Peggio ancora va alle pensioni al di sotto di 3 mila euro lordi. Questo limite non può essere ulteriormente superato, ricorrendo ad artifici linguistici che cercano solo di mascherare la reale natura del prelievo, come del resto ha più volte rilevato la stessa Corte costituzionale.
Il rispetto delle regole di bilancio, pertanto, deve avvenire seguendo vie diverse e, anzi, l'unica strada possibile è quella della riduzione del perimetro di uno Stato le cui inefficienze non solo sono sotto gli occhi di tutti, ma sono la vera origine di quel diffondersi della corruzione che alligna nella giungla amministrativa, che quella dilatazione ha comportato, e per arginare la quale non basta la buona volontà dell'Autorità presieduta da Raffaele Cantone o le varie leggi del falso in bilancio fino all'antiriciclaggio, che rischiano soprattutto di rendere ancora più difficile il mestiere del fare impresa, l'unica vera risorsa a disposizione del Paese per uscire dalla sua drammatica crisi.
Purtroppo, questo rimane un terreno vergine. Nei 15 mesi del Governo Renzi non è stata avanzata alcuna proposta seria di spending review: solo parole e vaghe promesse, per un tempo futuro; cambi di commissari, da Cottarelli ai due che sono stati individuati, mentre incombono le clausole di salvaguardia che dovrebbero determinare un ulteriore aumento della pressione fiscale. Se questo dovesse avvenire, l'ulteriore caduta dei consumi interni, che rappresenta la vera palla al piede dell'economia italiana, avrebbe un effetto pernicioso sulle prospettive di sviluppo, rendendo ancora più precaria l'intera situazione del Paese. Questo è il contesto che non rende ordinaria la nostra discussione sulla relazione presentata in Parlamento.
Consentitemi una citazione, tratta da un recente paper della Banca d'Italia. Vi si legge: tra il 2008 ed il 2013 l'economia italiana ha dovuto affrontare due recessioni consecutive, con una perdita del 9 per cento rispetto al punto di massimo relativo: lo shock più violento che ha colpito l'economia italiana, in tempo di pace, fin dal 1861. È storia del passato ? Le prospettive a cinque anni, delineate dal Fondo monetario internazionale, prevedono, per il nostro Paese, un sentiero di crescita che è pari a poco più della metà della media dell'Eurozona. Se questa fosse la realtà, l'Italia, tra i 19 Paesi che compongono quest'area monetaria, occuperebbe stabilmente l'ultimo posto, peggio di Pag. 65Cipro o della Grecia, senza contare, poi, quali potrebbero essere le conseguenze del possibile default di quest'ultimo Paese.
Come dice il governatore della BCE, Mario Draghi, rischiamo di navigare in acque sconosciute, con un'unica certezza: l'affiorare di scogli che sarà difficile, per l'Italia, evitare. Sorprendono, pertanto, le parole del Presidente del Consiglio quando afferma che l'Italia si candida alla guida dell'Europa, come se davanti ai nostri occhi vi fosse un sentiero luminoso, invece del pericolo di un possibile naufragio. Attenti, quindi, alla metafora del Titanic: anche in quest'Aula risuona la musica che accompagnava i naviganti prima di quel terribile impatto. Esserne consapevoli, al di là delle strumentalizzazioni politiche, è solo segno di saggezza.
Se questo è il Paese vero, che sta di fronte ai nostri occhi, è evidente che occorre una riflessione seria, ma di questo non si vede traccia. La retorica di «un uomo solo al comando» impedisce qualsiasi confronto dialettico e riduce il dibattito, nelle stesse Aule parlamentari, ad una liturgia burocratica. Un de minimis, come dimostra la relazione di cui stiamo discutendo. Vi partecipiamo per senso di responsabilità, consapevoli, tuttavia, della sua totale inutilità. Comunque, non ci arrenderemo. Se il Governo vuole continuare a fare come gli struzzi, intervenga il Parlamento: riscopra il senso profondo della sua missione, come luogo della sovranità popolare; si avviino quelle iniziative indispensabili per riporre al centro dell'attenzione il reale stato dell'economia nazionale, con la necessità di una ricerca che lasci intravedere le possibili soluzioni.
Gli strumenti sono quelli consentiti dal Regolamento.
La nostra proposta è che si costituisca, in seno alla Commissione bilancio, una sorta di unità di crisi con il compito di fornire una radiografia realistica dello stato delle cose al fine di poter giungere a quella diagnosi che è il presupposto di ogni cura successiva. Il Parlamento ha una grande facoltà di interlocuzione. La utilizzi. Si chiamino al capezzale del malato tutti coloro che sono in grado di offrire il loro contributo e si giunga alla fine alla definizione di un documento d'indirizzo in cui siano delineate le possibili opzioni, per dare corpo ad una politica economica al momento solo rinunciataria, nella speranza che dall'estero possano venire quegli impulsi in grado di spingere una malandata navicella italiana oltre le Colonne d'Ercole. È solo un'illusione, come mostrano tutti i dati della situazione economica. Si faceva affidamento sulla caduta del prezzo del petrolio, sulla situazione che riguardava il cosiddetto spread, sulla rivalutazione del dollaro, ma quel trend, che alcuni ipotizzavano lineare, si sta dimostrando molto più frastagliato di quanto, a prima vista, potesse apparire. Gli spread sui titoli italiani hanno superato i 150 punti base. Le perdite di chi aveva dato fiducia allo Stato italiano, investendo i propri risparmi sui titoli a media e lunga scadenza, sono rovinose, con minusvalenze che sfiorano il 10 per cento. Il dollaro che, secondo le previsioni del DEF, doveva attestarsi su valori pari a 1,081 quota, invece, 1,12, rendendo più difficili le nostre esportazioni. Lo stesso quantitative easing, a causa degli incagli e delle sofferenze bancarie, non ha quell'effetto leva che pure era negli auspici di molti. Resta una leggerissima ripresa del mercato immobiliare, ma essa è del tutto insufficiente per invertire il trend negativo dell'effetto ricchezza, che è uno dei presupposti della ripresa dei consumi. La verità è che, senza una politica economica, senza una visione adeguata, l'Italia non torna a crescere, nonostante un ottimismo ostentato che suona solo stucchevole. Lo dimostrano gli ultimi dati sulla produzione industriale, con quel crollo congiunturale, nel mese di aprile, dello 0,3 per cento, che fa regredire l'intero profilo trimestrale a un meno 0,1 per cento. Il che dimostra quanto illusorie erano quelle prese di posizioni che parlavano, sull'onda dei risultati dei primi tre mesi dell'anno, di un'Italia che riparte. Non si è voluto vedere, accecati dal demone della propaganda, quello che era facilmente percepibile. Quel piccolo rimbalzo tecnico era solo dovuto alla ripresa delle scorte, con un più 0,5 per cento di Pag. 66contributo alla crescita del PIL, subito ridimensionato dalla caduta dei consumi interni e dall'eccesso delle importazioni sulle esportazioni. Ricostituite le scorte, la produzione industriale ha nuovamente subito una flessione. Era prevedibile, come ha fatto notare recentemente Giorgio Squinzi, il Presidente di Confindustria. Inutile sollecitare nuovi investimenti. Se non c’è domanda, investire e non sapere dove mettere le produzioni ovviamente non ha senso. Ma è proprio il buon senso che sembra oggi difettare. Il che spiega perché insistiamo su un'iniziativa parlamentare capace di svolgere un ruolo di supplenza. È capitato più volte nella storia italiana, a dimostrazione del fatto che, quando la crisi incalza, quando tutto sembra perduto, è ancora sulla forza della democrazia che bisogna contare, su quel canale sempre aperto con quella parte del popolo italiano che non si rassegna, ma è pronto a lottare per un destino migliore.
Per tutte queste considerazioni, è fin troppo ovvio, signora Presidente, che il voto di Forza Italia sulla relazione presentata dal Governo e sulla risoluzione è negativo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cariello. Ne ha facoltà.
FRANCESCO CARIELLO. Grazie Presidente, noi crediamo che si debbano dare maggiori spiegazioni ai cittadini italiani rispetto a quanto scritto nella relazione del Governo. Qui non si tratta di parlare di bonus o di quello che Renzi ha comunicato all'intero Paese, qui stiamo parlando di una restituzione, ma di una restituzione parziale, perché il Governo lo deve dire a gran voce: stiamo restituendo 2 miliardi, a fronte di 24 miliardi dovuti ai pensionati italiani. Quindi, smettiamola di parlare di bonus intanto. E poi va detto perché il Governo ha dovuto presentare una relazione al Parlamento. Perché ha aspettato che la Corte costituzionale si pronunciasse su una legge fatta dal Governo Monti. Ma io mi chiedo: un Governo responsabile non deve aspettare che la Corte costituzionale si esprima in merito a questo; poteva anche pensarci prima il Governo, visto che ci ha pensato con altri bonus, con altre forme di immissione di liquidità nella nostra nazione. E questa era l'occasione per farlo. Questo tipo di relazioni, come quella in discussione oggi, sono obbligatorie proprio perché la legge di contabilità dello Stato, nel caso di eventi che ne determinano scostamenti rilevanti nella finanza pubblica, impongono al Governo di relazionare. L'evento quale è stato: la sentenza n. 70 del 2015 della Corte costituzionale.
Ci chiediamo: ancora una volta questo Governo è stato impreparato, è stato tardivo, è stato insufficiente nel risolvere una questione rilevante della finanza pubblica ? E un cenno va fatto anche alla legge che è stata definita incostituzionale; una legge emanata dal Governo Monti, che, badate bene, si chiamava «Salva Italia» e che oggi la Consulta definisce incostituzionale.
Direi che, visto anche il modo con cui quel Governo fu creato, possiamo affermare che l'intero Governo era incostituzionale, come siamo incostituzionali tutti quanti, vista la legge. Questo è un Paese che si basa sulla Costituzione e continuiamo a definire incostituzionale tutto.
Cosa dice la sentenza ? Dice che la mancata indicizzazione delle pensioni superiori a 3 volte il minimo, operata per merito – per merito ! – del decreto «Salva Italia», è lesiva dei diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, che si fonda su parametri costituzionali quali la proporzionalità del trattamento e l'adeguatezza.
Da questa sentenza sono derivati maggiori oneri per le finanze pubbliche, ovvero 17,6 miliardi. Il Governo che fa ? Invece che rispettare la sentenza, emana un decreto che, praticamente, degli oltre 17 miliardi ne paga solo 2. Ma qui dobbiamo chiarire una volta per tutte: dov’è la sovranità di questo Paese ? È ancora la Costituzione la norma primaria di questo Paese o abbiamo ceduto definitivamente la sovranità ad un organo che non è nemmeno eletto dai cittadini europei, cioè la Commissione europea, che applica un Pag. 67patto, il Patto di stabilità e crescita, che non è stato nemmeno ratificato nei Trattati ?
Ovviamente, la posizione del Governo è quella del rispetto delle regole europee, sempre ! Ma quelle italiane, vedi in ambito locale, vedi in ambito nazionale, a volte si possono pure infrangere. Candidati impresentabili, regole per gli appalti infrante, però le regole europee le dobbiamo rispettare sempre (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Mai che si metta in discussione la regola che viene dai nostri partner europei !
Per il MoVimento 5 Stelle, l'unica regola da rispettare è la Costituzione, e pertanto nella nostra risoluzione proponiamo il rispetto della sentenza della Corte. Noi vogliamo restituire il 100 per cento degli arretrati a tutti coloro che hanno una pensione da 3 a 4 volte il minimo, da pagarsi subito. Poi, proponiamo sempre il 100 per cento del pagamento degli arretrati per le pensioni oltre 4 volte e fino a 8 volte il minimo, dilazionando il pagamento in 5 anni, per non gravare sui saldi di bilancio. Alla copertura finanziaria ci abbiamo pensato: sono 13 miliardi per l'intervento da noi proposto; chiediamo che sia attuato un serio programma di razionalizzazione della spesa pubblica, non quello fatto dai commissari del Governo.
Una proposta è contenuta nella nostra mozione sulla spending review, che prevede che sia il Parlamento ad occuparsi del processo di revisione della spesa con le Commissioni bilancio competenti in materia, e non il Governo con le sue strutture o tramite la nomina di commissari a tempo, che non hanno mai prodotto nulla di concreto.
Infine, dobbiamo dire un'altra verità ai cittadini: questo Governo avrebbe potuto utilizzare tutto il margine dell'indebitamento netto fino al 3 per cento per il pagamento degli arretrati; invece, ha utilizzato solo il famoso «tesoretto», di cui si è tanto discusso qualche settimana fa per illudere soltanto, ancora una volta, gli italiani.
A nostro avviso, si può andare anche oltre il 3 per cento per pagare l'intera restituzione degli arretrati, perché trattasi di una misura una tantum e, soprattutto, perché la norma che ha determinato la sospensione delle rivalutazioni è avvenuta in condizioni eccezionali, e quindi, stando alle stesse regole europee a cui si fa riferimento, in casi eccezionali è anche permesso il superamento del limite.
Lo hanno fatto anche altri Paesi in ambito europeo, ma ben oltre il 3 per cento; parliamo di misure fatte al 4,4 e al 4,5 per cento. Non vedo perché non lo possiamo fare noi. In tal senso, abbiamo interpellato anche l'Ufficio parlamentare di bilancio e la risposta è stata questa: non bisogna solo guardare al limite dell'indebitamento netto, ma bisogna tenere presente anche il processo di avvicinamento all'obiettivo di medio termine, un altro risultato del Patto di stabilità e crescita, ovvero il famoso pareggio del saldo strutturale.
In realtà, come si legge dalla stessa relazione dell'Ufficio parlamentare di bilancio, le misure una tantum non vengono conteggiate nel calcolo del saldo strutturale. Quindi, si tratterebbe soltanto di superare la regola del 3 per cento sull'indebitamento netto.
Allora le domande sono spontanee: perché non restituiamo tutto ? In fondo, in base ai calcoli, si sforerebbe dello 0,6 per cento, per un evento, tra l'altro, considerato eccezionale. In passato altri Stati, lo abbiamo già detto, hanno sforato il limite del 3 per cento. Questo a dimostrazione che il nostro Paese non ha più sovranità. Ma soprattutto, ferma restando la regola, perché non si è sfruttato l'intero margine del 3 per cento ? Perché si è mantenuto il programmatico del 2,6 per cento ? Ci siamo anche chiesti come mai in questa occasione ci si è dimenticati di enfatizzare anche gli effetti sulla domanda aggregata che avrebbero significato il pagamento delle intere restituzioni, visto l'enorme potere d'acquisto della platea a cui ci si riferisce ? Ricordiamo che nell'occasione del bonus fiscale, del bonus degli 80 euro, si sono molto enfatizzati gli effetti sulla Pag. 68domanda aggregata dell'immissione di quella liquidità, si è ricamato, si sono fatte intere puntate di talk show per rappresentare quanto il PIL si sarebbe mosso in virtù del bonus degli 80 euro. Invece, in questo caso, nulla, nemmeno l'Ufficio parlamentare di bilancio ha fornito una stima di quelli che sono gli effetti sulla domanda aggregata.
A nostro avviso l'intera Europa si sta avvitando in una spirale di crisi multiple che assumeranno sempre una forma diversa. È di qualche giorno fa un articolo su Il Sole 24 Ore che traduce un altro articolo sul Financial Times scritto da Paul Krugman in cui viene rappresentato un Paese, la Finlandia, che ha i conti in ordine eppure non riesce a determinare uno sviluppo sostenibile della sua economia. In questo articolo Krugman dice: «I problemi dell'euro, in altre parole, non sono stati causati da un'orgia di irresponsabilità nella gestione dei conti pubblici, che non si ripeterà se solo riusciremo a ridurre all'obbedienza i greci. I problemi non sono nati neppure, in definitiva, da un afflusso di capitali che non torneranno più. Tutto il progetto della moneta unica era sbagliato fin dal principio, e continuerà a generare nuove crisi anche se l'Europa, in qualche modo, dovesse riuscire a superare questa». Queste non sono parole del MoVimento 5 Stelle, comincia ad essere un po’ ampia la platea di chi mette in discussione l'euro e il Patto di stabilità e crescita.
Quindi, una produttività in discesa ormai ovunque che dimostra come l'accanirsi sulle regole di bilancio non produce sviluppo, lo dimostrano tutti i limiti dei Paesi che non si sviluppano. Ormai la disoccupazione attanaglia l'intera Europa.
A nostro avviso, con gli effetti della sentenza, si è persa, ancora una volta, l'occasione per rilanciare la domanda aggregata con l'immissione nel sistema economico di quella liquidità che, invece, si tenta di iniettare in altro modo, tramite l'acquisto da parte della BCE dei titoli di Stato e dei titoli delle banche. Quando si tratta di restituire i soldi ai cittadini, però, troviamo sempre mille scuse per non farlo, ma in questo caso l'occasione per la ripresa era a portata di mano. Invece, si cerca sempre di salvaguardare i creditori internazionali, per il rispetto delle regole europee, che vorrebbero semplicemente la garanzia del pagamento degli interessi sul nostro debito, non c’è nient'altro dietro queste manovre. Quindi, vi invito veramente a valutare la nostra risoluzione e annunzio il voto contrario alla risoluzione di maggioranza da parte del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marchi. Ne ha facoltà.
MAINO MARCHI. Grazie, Presidente. La relazione al Parlamento da parte del Governo sull'andamento dei conti pubblici a seguito della sentenza n. 70 del 2015 della Corte costituzionale sulle pensioni e i provvedimenti conseguenti del Governo (il decreto-legge che viene esaminato ora dalla Commissione lavoro e che poi verrà in Aula) vertono su questioni molto delicate e complesse, molto serie. In gioco vi sono aspetti di grande rilievo, questioni relative ai diritti soggettivi di una parte dei pensionati, circa il 30 per cento, perché per il 70 per cento la rivalutazione non è stata colpita ed è il 70 per cento, con le pensioni più basse, quelli più indifesi tra i pensionati.
Vi è poi la retroattività di tali diritti in quanto la sentenza, a differenza di altre, non ha effetti solo per il futuro, ma anche per il passato e sarebbe stato ben strano un intervento del Governo prima della sentenza. Vi sono poi i rischi per gli equilibri di finanza pubblica, che non sono un elemento astratto, ma la condizione per fare fronte agli altri diritti già previsti dalla legislazione vigente e ai bisogni sociali nuovi ed emergenti.
La questione pertanto richiede a tutti, maggioranza e opposizione, un'assunzione di responsabilità, perché il problema riguarda il Paese e non solo Governo e maggioranza. Non posso tacere sul fatto che invece nel dibattito su questi aspetti non sono certo mancati elementi di populismo, Pag. 69per così dire, un leggero populismo, a trecentosessanta gradi. Per certi interventi verrebbe da pensare che la Corte abbia sentenziato su provvedimenti di questo Governo, del Governo Renzi. Ricordo a tutti che sono provvedimenti del Governo Monti, non sostenuto solo dalle forze che oggi sostengono il Governo Renzi, ma anche da Forza Italia, allora Popolo della Libertà. E non è che con quel Governo precedente, il Governo Popolo della Libertà e Lega Nord, si sia stati teneri sul tema pensioni. Chi ha creato un dramma sui ricongiungimenti ? Chi è intervenuto portando i 40 anni, di fatto, a 42 ? Chi ha spostato in avanti le pensioni delle donne del pubblico impiego ?
La Lega Nord non era sulla Luna quando si è fatto questo, era al Governo, Lega alla quale adesso pare piaccia Enrico Letta. Ma, quando Letta era Presidente del Consiglio dei ministri, era all'opposizione, quindi allora non gli piaceva. Da parte delle stesse forze si afferma che la sentenza va applicata al 100 per cento. Ma poi, come fa il collega Palese di Forza Italia non si perde occasione per ricordare che aumenta il debito pubblico – lo ha ricordato anche l'onorevole Simonetti della Lega – cosa del tutto normale fino a quando avremo un deficit annuale, seppure tra i più bassi in Europa, oppure che si spende troppo per la previdenza – e non mi pare che rivalutando al 100 per cento anche le pensioni più alte spenderemmo meno – o reclamando la spending review, quando proprio questa sentenza, che è intervenuta su uno degli ambiti, le pensioni, dove più energicamente si è operata la spending review, ovvero si è intervenuto sui meccanismi di formazione della spesa, ci dice – la sentenza – come il percorso della spending review non sia esente da pericoli e difficoltà. Oppure la Lega anch'essa chiede di dare tutto e non solo una parte e poi, magari, come ha fatto ieri nell'audizione dell'Ufficio parlamentare di bilancio, fa le pulci sulle risorse individuate per fare fronte alla parte che viene data ai pensionati, che è appunto è l'11-12 per cento del tutto.
Chi dice che va dato tutto ha il dovere di dire anche come, senza scassare i conti pubblici. E questo lo dico a tutte le forze di opposizione, perché magari si chiede di dare tutto anche ai pensionati con le pensioni più alte – perché questo vorrebbe dire – e poi un giorno sì e l'altro pure si denunciano i privilegi delle pensioni più alte. Lo dico in particolare a MoVimento 5 Stelle e SEL, discorso che vale anche con una restituzione rateizzata, che hanno proposto qui SEL e MoVimento 5 Stelle, che però sul deficit o indebitamento netto non avrebbe effetti positivi perché su questo piano, a differenza del debito, il calcolo si fa per competenza e non per cassa e quindi verrebbe tutto calcolato sul 2015, compresi gli arretrati.
SEL dice che i soldi si devono trovare da altre parti. Poi però si dice spesso, quasi sempre, che tagliamo troppo sulla spesa pubblica oppure non si considera il livello di pressione fiscale già così alto in Italia. Allora, quando si dice «si trova da altri parti» o si deve tagliare oppure si devono aumentare le entrate. Nel dibattito non mancano anche posizioni che prendono in considerazione un solo elemento degli equilibri di finanza pubblica, quello sul deficit, proponendo di adottare provvedimenti di attuazione della sentenza che lo portino al 3 per cento, facendo finta di non sapere o non valutando che sono più di uno i parametri da considerare e le relative conseguenze che deriverebbero da un mancato rispetto di tali parametri.
Aggiungo che le presunzioni di effetti rilevanti sul PIL e sui consumi, con una maggiore destinazione di risorse per questa materia, non considerano che, soprattutto tra i pensionati, con pensioni oltre cinque volte il minimo, che sono l'8,2 per cento dell'insieme dei pensionati, ma il 27,6 per cento dei potenziali beneficiari della sentenza, per questi pensionati la propensione marginale al consumo non è certo elevatissima. Diversi di costoro hanno redditi più alti dei beneficiari degli 80 euro. Quindi, l'effetto di aumento dei consumi sarebbe certamente minore rispetto a quello provocato da quella misura, soprattutto per gli arretrati elargiti Pag. 70in un solo anno, che non vengono spesi tutti in consumi. La misura degli 80 euro, invece, – lo ricordo rispetto al dibattito svolto complessivamente in questa sede – sta dando sempre più un contributo alla crescita dei consumi, come ha recentemente confermato anche la Banca d'Italia.
Ho richiamato queste posizioni, emerse anche nell'audizione di ieri dell'Ufficio parlamentare di bilancio, per dire che ovviamente sono tutte posizioni legittime – per carità ! –, purché sia chiaro che non tendono tanto a risolvere il problema, quasi non li riguardasse, mentre tutti dovrebbero sentirlo loro, visto che quasi tutti – il quasi, è riferito solo a SEL – ambiscono a governare. Ma sono posizioni, invece, che cercano la facile speculazione politica sul problema.
La posizione del Governo, condivisa dalla maggioranza, è la posizione più seria. Tende a contemperare, a tenere insieme il rispetto della sentenza e il rispetto degli equilibri di finanza pubblica. Vanno, innanzitutto, considerati gli effetti della sentenza se applicata al 100 per cento, per tutte le classi di importo delle pensioni.
I conti il Governo li ha fatti, precisi. Ricordo: 17,6 miliardi di euro al netto degli effetti fiscali per il 2015, comprendendo il 2015 e gli arretrati, e 4,4 miliardi di euro nel 2016 e poi negli anni seguenti, al netto, onorevole Palese, perché al lordo sarebbero 24 i miliardi di euro, non 17. E questo conto ce lo abbiamo già, non è che possiamo scherzare. Sono cifre precise, validate dall'Ufficio parlamentare di bilancio.
Sono cifre enormi, spero non si dica il contrario. C’è qualcuno che può affermare che sono cifre sostenibili per la finanza pubblica, senza effetti su altre esigenze, al di là del rispetto delle regole europee, dei parametri europei ? Facciamo finta che quelle regole non ci siano, che non esistano. Davvero pensate che 17 miliardi di euro siano spendibili senza nessun problema ? C’è qualcuno che può affermare che sarebbe il modo più equo e giusto di spendere 17 miliardi di euro quest'anno e 4 miliardi e mezzo di euro nel 2016 ? Registriamo un aumento preoccupante della povertà: questi sono i più indifesi. A questo tema non andrebbe nulla dei 17 e dei 4 miliardi e mezzo di euro in discussione. Quindi, non è questa la spesa giusta e la spesa buona.
Il Governo ha evidenziato gli effetti sulla finanza pubblica, anch'essi validati dall'Ufficio parlamentare di bilancio. L'indebitamento netto tendenziale passerebbe dal 2,5 per cento al 3,6 per cento nel 2015, superando nettamente il 3 per cento, e dall'1,4 per cento all'1,7 per cento nel 2016.
Questo, però, non è l'unico parametro da considerare. Infatti, come ha evidenziato sempre l'Ufficio parlamentare di bilancio, anche andando al 3 per cento e, quindi, al limite di questo parametro, come risulta già evidente dalla relazione che stiamo esaminando, si pregiudicherebbe il percorso di avvicinamento all'obiettivo di medio termine. Infatti, più deficit non è solo più deficit, ma ha anche altre implicazioni: non sarebbe possibile conseguire la riduzione richiesta dall'ordinamento comunitario relativamente al criterio del debito – e noi siamo tra quelli che hanno il debito più alto –; peggiorerebbe e non migliorerebbe l'indebitamento netto strutturale; non sarebbe, conseguentemente, possibile usufruire della clausola delle riforme.
Cosa vogliono dire tutte queste cose ? Una montagna di guai, un disastro, non tanto per il Governo, ma per il Paese. Per evitarlo, come sempre ieri ha sottolineato l'Ufficio parlamentare di bilancio, occorre rimanere su un indebitamento programmatico al 2,6 per cento nel 2015, utilizzando quel margine di 0,1 per cento rispetto al tendenziale, denominato da varie parti «tesoretto», che doveva servire ad altro, ma che è l'unica via seriamente percorribile.
E come va confermato anche qua l'obiettivo per il 2015, così vanno confermati anche quelli per gli anni futuri come definiti dal DEF. Questo per utilizzare tutti gli elementi di flessibilità delle regole Pag. 71europee che ha conquistato e ottenuto questo Governo. Mentre, quando governava la Lega, quelle regole le abbiamo accettate e sottoscritte e in modo più pesante per l'Italia rispetto agli altri Paesi. Il Governo ha assunto decisioni che condividiamo, che tengono insieme, come ribadisco, esigenze di finanza pubblica e criteri solidaristici all'interno del sistema previdenziale e principi di adeguatezza, gradualità e proporzionalità enunciati dalla stessa Corte, prevedendo modifiche alla disciplina della rivalutazione automatica delle pensioni.
Vorrei sottolineare alcuni elementi sul versante dell'equità. Poi si può sempre far meglio, però dobbiamo innanzitutto considerare che le pensioni più basse non sono oggetto della sentenza. Sono quelle fino a tre volte il minimo. Qui vi è il 70 per cento dei pensionati. Certo, hanno già avuto la rivalutazione piena, ma sono anche quelli che hanno più bisogno e se a loro non va nulla, mi pare equo che a tutti gli altri vada non più del 12 per cento di quanto perso. Questa cifra, giustamente, il Governo la concentra verso coloro che hanno meno tra quelli potenzialmente beneficiari della sentenza, cioè i pensionati con pensioni da tre a quattro volte il minimo.
Sono il 13,9 per cento del complesso dei pensionati, ma soprattutto il 46,7 per cento dei beneficiari. Per loro la mancata indicizzazione pesava per il 4,8 per cento rispetto all'intera pensione e, dopo il decreto-legge, peserà per il 3,8 per cento, recuperando l'1 per cento, cioè sostanzialmente un quinto, il 20 per cento, di quel 4,8 per cento che avevano perso. La mancata indicizzazione per loro pesava per il 33 per cento dei risparmi complessivi, mentre beneficeranno del 67,5 per cento delle risorse per l'attuazione della sentenza. Invece, a chi ha la pensione oltre sei volte il minimo, non va nulla. Sono il 4,7 per cento di tutti pensionati e il 15,8 per cento dei potenziali beneficiari. Per loro, un sacrificio nel segno della solidarietà all'interno del sistema previdenziale e anche più complessivamente è certamente più sostenibile. Per i pensionati con pensioni da quattro a cinque volte il minimo e da cinque a sei volte si procede con gradualità. Hanno perso entrambi il 4,9 per cento della pensione e recuperano, i primi lo 0,5 per cento e i secondi lo 0,3 per cento. L'insieme determina un'equità complessiva tra sistema previdenziale e sistema Paese e dentro il sistema previdenziale. Dire che questo è subordinazione al liberismo, colleghi di SEL, vuol dire fare molta confusione...
PRESIDENTE. Colleghi, si può abbassare il tono della voce ? È veramente difficile seguire il collega che sta parlando. Per favore !
MAINO MARCHI. Dicevo che dire che questa è subordinazione al liberismo, colleghi di SEL, vuol dire fare molta confusione su ciò che è davvero di destra e ciò che è davvero di sinistra. Mentre certamente va rivisto il sistema previdenziale per la flessibilità in uscita rispetto all'attuale sistema post riforma Fornero. E su questo c’è l'impegno del Governo.
Infine, l'uso dello 0,1 per cento tra indebitamento tendenziale e indebitamento programmatico. Nella risoluzione al DEF dicevamo: «disponendo prudenzialmente, in attesa di registrare tale margine con la presentazione del disegno di legge di assestamento, l'accantonamento di corrispondenti risorse nel bilancio dello Stato». Si pensava ad interventi nuovi, da assumere dopo la discussione del DEF, quindi già in maggio. Ora il quadro è diverso, non solo per la destinazione delle risorse, ma anche perché, pur essendo il decreto-legge già in vigore, i pagamenti avverranno il 1o agosto. Entro quella data interverrà la proposta di assestamento del Governo e, quindi, la predisposizione di tutti i documenti contabili che sono necessari. Conseguentemente, anche i tempi, oltre ai conti, tornano.
Per questo insieme di motivazioni, quindi, approviamo la relazione del Governo al Parlamento come da risoluzione di maggioranza che abbiamo presentato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
(Annunzio di risoluzioni e parere del Governo – Doc. LVII-bis, n. 3)
PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Cariello ed altri n. 6-00140, Marchi, Tancredi, Fauttilli, Librandi, Di Gioia e Alfreider n. 6-00141, Rizzetto ed altri n. 6-00142 e Scotto ed altri n. 6-00143 (Vedi l'allegato A – Risoluzioni), che sono in distribuzione.
Invito ora il rappresentante del Governo, il sottosegretario Zanetti, a dichiarare quale risoluzione intenda accettare atteso che, a norma dell'articolo 118-bis, comma 2, del Regolamento, verrà posta in votazione per prima la risoluzione accettata dal Governo che, in caso di approvazione, precluderà tutte le altre.
ENRICO ZANETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Grazie Presidente, il Governo esprime parere favorevole sulla risoluzione Marchi, Tancredi, Fauttilli, Librandi, Di Gioia, Alfreider n. 6-00141.
(Votazione – Doc. LVII-bis, n. 3)
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Marchi, Tancredi, Fauttilli, Librandi, Di Gioia, Alfreider n. 6-00141, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Bolognesi... Dellai... Dall'Osso... Pastorelli... Santelli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 402
Votanti 401
Astenuti 1
Maggioranza 201
Hanno votato sì 273
Hanno votato no 128.
La Camera approva (Vedi votazioni).
(La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).
Sono precluse pertanto le risoluzioni Cariello ed altri n. 6-00140, Rizzetto ed altri 6-00142, Scotto ed altri 6-00143.
Prima di passare al successivo punto all'ordine del giorno procediamo ad una breve sospensione della seduta di dieci minuti per consentire alla Commissione bilancio di riunirsi qui al piano aula ed esprimere il parere sugli emendamenti riferiti al testo unificato delle proposte di legge n. 784-A ed abbinate.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 18,10.
La seduta, sospesa alle 18, è ripresa alle 18,10.
Seguito della discussione delle mozioni Dambruoso, Fiano, Cicchitto, Gigli e Mazziotti Di Celso n. 1-00771 e Artini ed altri n. 1-00906 in materia di interventi per la prevenzione e il contrasto della minaccia terroristica di matrice jihadista.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Dambruoso, Fiano, Cicchitto, Gigli e Mazziotti Di Celso n. 1-00771 e Artini ed altri n. 1-00906 in materia di interventi per la prevenzione e il contrasto della minaccia terroristica di matrice jihadista (Vedi l'allegato A – Mozioni).
Ricordo che nella seduta di lunedì 15 giugno 2015 si è conclusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Avverto che in data odierna sono state presentate le mozioni Gianluca Pini ed altri n. 1-00910 e Brunetta ed altri n. 1-00911 (Vedi l'allegato A – Mozioni). I relativi testi sono in distribuzione.
(Intervento e parere del Governo)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo che esprimerà altresì il parere sulle mozioni presentate.
Pag. 73 GABRIELE TOCCAFONDI, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Grazie Presidente, ringrazio gli onorevoli che hanno presentato le quattro mozioni e coloro che sono voluti intervenire nella discussione sulle linee generali. Tali mozioni riguardano un tema di particolare attualità come la formazione specialistica degli operatori scolastici finalizzata alla prevenzione della radicalizzazione dei fenomeni terroristici.
Per quanto riguarda i pareri, sulla mozione Dambruoso, Fiano, Cicchitto, Gigli e Mazziotti Di Celso n. 1-00771, il parere è favorevole sulle premesse e favorevole sul dispositivo finale.
Sulla mozione Artini ed altri n. 1-00906 il parere è favorevole sulle premesse e favorevole sul dispositivo finale, riformulandolo nel seguente modo: «a valutare l'avvio dei programmi di dialogo e avvicinamento interculturale rivolti ai giovani immigrati e italiani, anche tramite specifici programmi da condurre nelle scuole e nelle università, e a valutare iniziative di facilitazione all'inserimento sociale, sfruttando anche risorse già disponibili».
Sulla mozione Gianluca Pini ed altri n. 1-00910 il parere è contrario sulle premesse. Per quanto riguarda il dispositivo finale, sul primo capoverso il parere è favorevole, sul secondo capoverso il parere è favorevole con la seguente riformulazione: sostituire la parola «presidi», con la seguente: «controlli». Sul terzo capoverso il parere è favorevole, sul quarto capoverso il parere è favorevole, sul quinto capoverso il parere è favorevole. Sul sesto capoverso il parere è favorevole con la seguente riformulazione: premettere le seguenti parole: «a considerare l'opportunità», e sostituire le parole «soltanto limitatamente», con le seguenti: «con particolare riguardo».
Sulla mozione Brunetta ed altri n. 1-00911 il parere è contrario sulle premesse. Sul primo capoverso del dispositivo finale il parere è favorevole con riformulazione, sostituendo le parole «quali stazioni ferroviarie, metropolitane, porti ed aeroporti, luoghi di culto e grandi siti archeologici, stanziando a tal fine risorse finanziarie adeguate», con le seguenti: «individuati dalle autorità provinciali di pubblica sicurezza, nel rispetto dei vincoli di bilancio». Sul secondo capoverso il parere è favorevole con la seguente riformulazione: premettere le seguenti parole: «a valutare la possibilità di». Sul terzo capoverso il parere è favorevole. Sul quarto capoverso il parere è favorevole.
(Dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gian Luigi Gigli. Ne ha facoltà.
GIAN LUIGI GIGLI. Grazie, Presidente. I fatti di terrorismo accaduti a più riprese in Europa, il più grave dei quali quello riguardante l'attentato al settimanale francese Charlie Hebdo, ma anche numerosi altri, peraltro, hanno dimostrato il coinvolgimento di giovani nati, educati, cresciuti nelle società occidentali e che, tuttavia, erano imbevuti di estremismo, di radicalismo di tipo islamista; erano giovani che, forse, in maniera confusa ed esasperata stavano cercando una loro identità, un'identità che, evidentemente, non avevano trovato o non avevano potuto riconoscere all'interno della nostra società.
Accanto a questo, il fenomeno dei foreign fighters, che nella nostra Italia è ancora, per fortuna, relativamente ridotto nelle sue dimensioni, ma che ha assunto ben altra consistenza in altri Paesi, come l'Inghilterra o la Francia, mostra anch'esso per altra via il problema dell'integrazione rispetto ai valori fondanti delle società occidentali.
Mi riferisco ai valori della democrazia, della tolleranza, della possibilità di convivenza di esperienze e di credi diversi. Tale fenomeno mostra come tutto questo, purtroppo, non sia stato raggiunto se non da fasce più o meno ampie di queste comunità, ma certamente non dalla loro totalità e nemmeno, ancora una volta, da ragazzi cresciuti e nati all'interno dei nostri Paesi.Pag. 74
Di qui l'esigenza, nel mentre che le misure di sicurezza si fanno più forti, si fanno più stringenti per limitare questi fenomeni, per ridurre le possibilità di terrorismo, per evitare il contagio e il proselitismo da parte dei reduci e dei cosiddetti foreign fighters, accanto a questo, la necessità di dispiegare uno sforzo educativo che coinvolga sempre più le scuole innanzitutto, le famiglie, le comunità perché il processo di integrazione possa realizzarsi, certamente senza spegnere le identità perché esse sono un valore, ma riconoscendo quello che è il terreno di gioco comune che è irrinunciabile per le nostre società; il terreno appunto, come dicevo, della democrazia, del rispetto, della tolleranza, della possibilità per ognuno di esprimere le sue idee senza estremizzarle e senza pretendere che esse costituiscano un qualcosa a cui tutti gli altri debbano adattarsi.
Per questo le iniziative come quelle richiamate nella mozione, che ha come primo firmatario l'onorevole Dambruoso, le iniziative che hanno a che fare appunto con la prevenzione sia di carattere generale, quale il dialogo interreligioso e i programmi a favore dell'integrazione, ma anche quelle mirate alle sacche più esposte al rischio di radicalizzazione, quelle dedicate al recupero e al reinserimento dei soggetti che manifestano già segni di radicalizzazione e quelle destinate anche al recupero, alla deradicalizzazione, come è stato detto, proprio dei casi più estremi che sono costituiti da questi foreign fighters probabilmente, non possono che essere dal nostro gruppo approvate, sottoscritte ed auspicate con forza.
E ci auguriamo che il nostro Paese, il nostro Governo, la nostra scuola in particolare metta in atto tutte le misure possibili perché questo confronto di identità, talora di civiltà, possa avvenire in maniera pacifica, possa avvenire mostrando tutto quello che è il bello di un sistema che l'Europa con fatica ha costruito e che ci auguriamo possa pian piano essere assimilato anche da altri.
Crediamo che, per questa via, sia possibile svolgere un'efficace opera di prevenzione che non esclude naturalmente lo sforzo per la sicurezza, che non esclude naturalmente il lavoro di intelligence, che non esclude naturalmente il contrasto a tutte le iniziative di terrorismo, ma che certamente afferma ancora una volta il primato dell'educazione, senza la quale non è possibile pensare a lungo termine di vincere la battaglia contro l'integralismo, contro il radicalismo, contro il terrorismo di matrice islamista. È un fenomeno con il quale le nostre società dovranno sempre più attrezzarsi per convivere nel futuro ed è quindi bene che già dalla scuola parta un processo appunto di questo tipo.
E ci auguriamo che questa avvenga pian piano accanto all'altra misura per noi importante che è quella della cittadinanza, che ci auguriamo appunto, al termine dei percorsi scolastici, al termine di un processo anche qui di integrazione che metta in grado questi ragazzi di confrontarsi a pieno con il nostro sistema educativo e scolastico, possa portare ad una maggiore integrazione, possa portare ad una convivenza più pacifica.
Per questo il nostro gruppo voterà convintamente a favore della mozione che abbiamo sottoscritto e presentata dall'onorevole Dambruoso.
PRESIDENTE. La ringrazio, deputato Gigli.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Artini. Ne ha facoltà.
MASSIMO ARTINI. Grazie, Presidente. Gli ultimi eventi degli ultimi mesi hanno chiaramente dimostrato come la risposta al fenomeno del jihadismo di stampo salafita non possa essere esclusivamente militare.
L'azione della coalizione internazionale a guida statunitense non è riuscita, in quasi un anno di bombardamenti, a piegare l'ISIS, che, anzi, recentemente ha ottenuto degli importanti successi come la riconquista di Ramadi. I circa 12 mila miliziani dell'ISIS rimasti uccisi nei bombardamenti della coalizione e nei combattimenti terrestri con Iraq e Siria sono stati rimpiazzati da un flusso quasi costante di Pag. 75nuove reclute, in gran parte provenienti da Stati esteri.
Si stima che siano circa 15 mila i cosiddetti foreign fighters che si sono uniti all'ISIS, consentendogli di fatto di raddoppiare le proprie forze rispetto a quanto stimato un anno fa, nonostante le notevoli perdite subite sui campi di battaglia. Non si tratta solo dell'ISIS: circa altri 7 mila foreign fighters sarebbero attivi in Iraq e Siria in seno ad altri gruppi estremisti; 6.500 sarebbero in Afghanistan e diverse centinaia in Yemen, Libia, Pakistan e Somalia.
Secondo le ultime stime, sarebbero quasi 5 mila i foreign fighters provenienti dall'Europa, che si sarebbero quasi tutti uniti all'ISIS o a gruppi ad esso associati. I jihadisti italiani già identificati sarebbero circa 65, come venne rilevato anche durante la trattazione del «decreto missioni e antiterrorismo», ma è probabile che siano molti di più e che comunque questo numero continui ad aumentare.
Appare, quindi, evidente come il tema dello jihadismo debba essere affrontato anche e soprattutto da un punto di vista culturale. Il successo dell'ISIS e degli altri gruppi, infatti, è basato anche su una efficacissima campagna propagandistica, rivolta soprattutto a immigrati o a figli di immigrati, giovani marginalizzati che sentono di non avere prospettive nei nostri Paesi, nei quali vivono, e tendono dunque a seguire dinamiche di radicalizzazione in opposizione a una società che purtroppo percepiscono come ostile.
Sfruttando il risalto dato dai mass media alle gesta più efferate e, soprattutto, le opportunità offerte dal web per avvicinare i simpatizzanti trasformandoli in volontari della jihad, il Califfato e gli altri gruppi jihadisti stanno vincendo una battaglia forse più importante di quella combattuta sul terreno. A fronte di una semplice azione di censura – era quello che peraltro affermavamo anche durante la trattazione del «decreto missioni e antiterrorismo», è necessario combatterli sul medesimo campo di battaglia culturale.
È per questo motivo che nella mozione chiediamo al Governo – anche se vi è una proposta di riformulazione, però chiediamo al Governo attenzione –, nella parte iniziale del dispositivo, quella che è stata «cassata», di valutare la possibilità di elaborare ed attuare un piano di azione nazionale di contro-propaganda impiegando i canali già disponibili come la scuola e i mass media, per contrastare in tempi brevi gli effetti dell'attività propagandistica condotta dall'ISIS e dagli altri gruppi jihadisti. In più, di valutare l'avvio di programmi di dialogo e di avvicinamento interculturale rivolti ai giovani immigrati e anche agli italiani, con specifiche iniziative da condurre nelle scuole, nelle università e negli altri contesti ritenuti idonei. Infine – anche per questa parte vi è una proposta di riformulazione –, di valutare iniziative di facilitazione all'inserimento sociale, sfruttando anche risorse già disponibili quali ad esempio il servizio civile nazionale.
Il ragionamento – chiedo l'attenzione del Governo – è sulla prima parte del dispositivo, che è stata totalmente «cassata»: chiedo magari un'eventuale riformulazione inserendo la formula «a valutare l'elaborazione di un piano», perché è molto simile all'impegno della mozione del collega Dambruoso; nella parte finale chiediamo una valutazione del perché non utilizzare eventualmente anche parti non prettamente per così dire istituzionali ma che non sono mirate ad altri tipi di istituzioni, magari più complesse e più mirate alla parte di difesa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pini. Ne ha facoltà.
GIANLUCA PINI. Grazie Presidente. Innanzitutto, come gruppo della Lega Nord, annuncio che accettiamo la proposta di riformulazione su alcuni dei sei punti presentati come dispositivo nella nostra mozione. Prendiamo questa proposta del Governo come un segno di buona volontà, visto che gli altri documenti depositati non erano effettivamente esaustivi di tutte quelle che potevano essere appunto le azioni da porre in essere per Pag. 76cercare di contrastare questa radicalizzazione del sentimento jihadista o addirittura – chiamiamolo pure così – anticristiano o comunque contro l'Occidente.
Non a caso, visto che siamo in dichiarazione di voto, noi non voteremo a favore comunque del testo di maggioranza firmato dal collega D'Ambrosio e da tutti i vari rappresentanti della maggioranza, ci asterremo sul testo della mozione presentata dal collega Artini ed altri colleghi che fanno parte della componente del gruppo Misto, voteremo invece a favore della mozione presentata dal collega Brunetta, però c’è da dire obiettivamente, ripeto, al netto di quelle che possono essere le posizioni politiche distanti e divise, capisco anche il parere contrario sulle premesse, però sono premesse che anche qui devono far parte del dibattito politico e proprio per questo motivo poi noi chiederemo a questo punto la votazione per parti separate del dispositivo rispetto alle premesse. Però quello studio, quella ricerca da noi citato in premessa da parte del CENASS, che è un centro di studi strategici, una sorta di think tank, presieduto dall'ex ambasciatore Maiolini, che è stato presentato poco meno di tre mesi fa all'attenzione del Centro di alti studi della difesa, evidenzia un dato che non può non rappresentare un campanello d'allarme gravissimo, cioè sono di fatto, statistiche alla mano, molti più i musulmani europei che corrono un rischio maggiore di sviluppare delle tendenze radicali jiadiste dei loro coetanei residenti nel Medio Oriente o in Africa. Questo è un dato assodato, non solo da questo tipo di ricerca, questa è l'ultima in ordine di tempo che ha evidenziato questo rischio, rischio poi purtroppo confermato dal numero elevatissimo di foreign fighters che sono andati a combattere in Siria e Iraq provenienti dalla Danimarca, dal Belgio, da altri Paesi del nord Europa, ma rischio che non viene assolutamente depotenziato dalle politiche cosiddette di depolarizzazione che sono poste in essere, politiche tra l'altro costosissime, politiche che non riescono a essere inclusive all'interno della società di questi soggetti che spesso e volentieri sono emigrati di seconda o terza generazione, emigrati regolari di seconda o terza generazione che evidentemente non riescono assolutamente a conciliare l'aspetto secolare della nostra civiltà europea occidentale in generale rispetto a quelli che sono i dettami e pilastri dell'Islam. Questa è una sfida chiaramente che altre mozioni in qualche modo hanno affrontato in maniera più specifica e lasciamo quella parte lì, soprattutto quella del collega Brunetta, la eventuale proposta di risoluzione del problema. Noi invece volevamo affrontare, e da qui, ripeto, arriva l'inaspettato, devo dire, apprezzamento per l'apertura che il sottosegretario ha dimostrato nei confronti della nostra mozione, proprio perché sono al di là delle politiche che si ricordava di depolarizzazione, delle politiche inclusive che vengono fatte a livello di società civile e di organizzazione, anche e soprattutto a livello scolastico, che noi riteniamo però, ripeto, assolutamente insufficienti. C'erano anche altri temi da porre all'attenzione, li abbiamo elencati e non sto a ripeterli. Sono tutti temi che anticipano in qualche modo tutte quelle politiche che riguardano la parte scolastica, la parte sociale, la parte culturale perché prima di arrivare a quel punto lì è chiaro che deve essere spiegato a questi signori che qui esistono delle regole che non possono essere sovrapponibili e non devono essere sovrapposte a un credo religioso proprio perché comunque sia al netto della nostra cultura cristiana qui la società è laica e ha regole di convivenza civile nel rispetto massimo della questione religiosa. Quindi, detto ciò, ripeto, accettiamo la riformulazione su una parte dei sei punti del dispositivo, perché alcuni sono stati accettati senza alcun tipo di richiesta di riformulazione.
Manteniamo il nostro voto contrario rispetto alla posizione espressa dalla maggioranza, ma prevalentemente, anche qui, più per la lunga premessa che snatura un po’ l'origine del rischio di questo fanatismo e che, quindi, non ci può trovare concordi.Pag. 77
Siamo abbastanza in linea con alcune valutazioni – ma non tutte – sulla mozione Artini ed altri n. 1-00906, su cui, quindi, ci asterremo.
Infine, voteremo a favore, chiaramente, oltre che sul dispositivo e sulla premessa della nostra mozione, anche sulla mozione presentata dal collega Brunetta e da altri colleghi del gruppo di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Stefano Dambruoso. Ne ha facoltà.
STEFANO DAMBRUOSO. Grazie, Presidente. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto vorrei ringraziare il Governo per avere accolto favorevolmente, nella parte in cui ha deciso di accoglierla, questa nostra mozione nonché tutti i colleghi della maggioranza per averla condivisa e sottoscritta. Su questi temi è davvero indispensabile assumere una posizione politica chiara e in grado di dare risposte tempestive non solo in chiave repressiva, come d'altronde abbiamo già fatto con la recente approvazione del «decreto antiterrorismo», ma, anche e soprattutto, sul piano sociale e dell'integrazione.
I recenti episodi, verificatisi in Europa e in diversi Paesi dello scacchiere mediorientale, hanno evidenziato l'innalzamento della minaccia terroristica di matrice jihadista e gli interventi messi in campo dal Governo italiano, con il decreto-legge 18 febbraio 2015 n. 7, si ispirano proprio al principio secondo cui la lotta al terrorismo internazionale va realizzata in maniera unitaria, senza fare distinzione tra sicurezza interna ed esterna, come dimostrano proprio tutte quelle considerazioni normative che abbiamo fatto sul fenomeno dei cosiddetti foreign fighter.
In questo preoccupante contesto le scuole e gli educatori si confrontano ogni giorno con realtà sociali sempre più complesse, che derivano spesso da un'esasperata ricerca di identità o da percorsi di integrazione non riusciti. Gli attacchi di Parigi contro la redazione di Charlie Hebdo, i due attacchi in Danimarca e la recente adesione di ragazzi occidentali, con un buon livello di istruzione (molti di loro), al cosiddetto Stato islamico sono solo alcuni esempi della difficile sfida educativa che gli studenti, da un lato, ma soprattutto gli insegnanti, dall'altro, devono affrontare.
Gli educatori svolgono, pertanto, un ruolo fondamentale per l'individuazione del disagio e per la prevenzione del rischio di radicalizzazione dei nostri ragazzi e occorre una vera e propria rete sociale che, partendo proprio dalla scuola, coinvolga famiglie, associazionismo, istituzioni e accompagni i bambini, sin dai primi anni di vita, nel loro percorso di sviluppo del pensiero critico e di rifiuto di ogni forma di estremismo.
Nel 2010 l'Unione europea ha adottato una strategia di sicurezza interna, tra i cui obiettivi è incluso quello della prevenzione del terrorismo e del contrasto alla radicalizzazione. La maggior parte dei Paesi dell'Unione europea ha promosso politiche nazionali contro la radicalizzazione, dirette a quelle sacche di popolazione particolarmente esposte al rischio di radicalizzazione, ma anche misure mirate al recupero e al reinserimento di soggetti che manifestano segni di radicalizzazione, inclusi i cosiddetti «foreign fighters di ritorno». Tali attività sono incentrate sulla cooperazione della società civile, che viene considerata parte fondamentale nell'opera di prevenzione alla radicalizzazione, e svolgono una funzione complementare, benché non sostitutiva, su quelle che noi riteniamo essere le primarie misure repressive tradizionali.
Come già accennato nella discussione sulle linee generali di ieri, un progetto di grande interesse è stato elaborato da oltre 90 educatori, provenienti da tutti gli Stati membri dell'Unione europea, in occasione della conferenza RAN sulla radicalizzazione e l'istruzione, svoltasi a Manchester il 3 e il 4 marzo 2015, e questo progetto è oggi all'attenzione di tutti i ministri dell'istruzione europea.Pag. 78
Tra i vari interventi esaminati in quella sede, i più significativi riguardano la formazione specializzata e il supporto psicologico degli educatori, favorendo la cooperazione tra gli istituti scolastici e le best practice in essi sperimentate, la definizione di una vera e propria strategia contro la radicalizzazione e l'estremismo, anche via web, nonché il contributo delle organizzazioni non governative, che operano in territori di guerre, per offrire testimonianze, anche attraverso il coinvolgimento di ragazzi provenienti da quelle aree geografiche in vesti di ambasciatori della gioventù e di veri e propri consiglieri antipregiudizi.
Ciò premesso, prendiamo atto, con soddisfazione, dell'impegno assunto dal Governo e diamo convintamente il nostro voto favorevole affinché l'Esecutivo adotti, nel più breve tempo possibile, una strategia nazionale contro la radicalizzazione, mediante la formazione di operatori qualificati e una campagna di prevenzione che coinvolga la società civile e le istituzioni a tutti i livelli.
Per esperienza diretta, Presidente, cari colleghi, posso davvero testimoniare che la repressione che va svolta non basta per addivenire, nel medio e lungo periodo, ad una prevenzione definitiva di quella che è la cultura della violenza e dell'aggressione che si simula dietro il manto della religiosità, islamista in questo caso. Abbiamo bisogno davvero di un coinvolgimento, il più convinto possibile, della società civile, perché i cittadini che sono diventati foreign fighters sono cittadini europei, sono quindi parte stessa di questa società civile a cui stiamo chiedendo un contributo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palazzotto. Ne ha facoltà.
ERASMO PALAZZOTTO. Signora Presidente, io voglio dare il merito all'onorevole Dambruoso di avere portato in quest'Aula una discussione sul tema del contrasto al terrorismo per la prima volta sul piano culturale e non solo securitario. Io credo che questo sia un momento importante, perché le radici del fondamentalismo e del terrorismo affondano nell'incultura e nell'emarginazione sociale e culturale, in cui ampie fasce di popolazione si vengono a trovare, qui e altrove. L'ISIS, il terrorismo di matrice jihadista, è potuto proliferare e rafforzarsi in questi anni di guerra al terrorismo proprio perché noi abbiamo affrontato il tema del contrasto al terrorismo, anche fuori dai confini del nostro Paese, solo sul piano militare e non abbiamo mai considerato il piano della cooperazione un terreno, invece, strategico su cui investire. E le nostre scelte militari sono quelle che hanno prodotto le condizioni per cui una banda di criminali terroristi, come l'ISIS, potesse crescere e diffondersi lì in quelle zone del mondo che noi abbiamo contribuito, con scelte di politica estera sbagliata, a devastare sotto il piano sociale e culturale. Noi abbiamo distrutto le istituzioni culturali di quei Paesi attraverso la guerra, perché la guerra distrugge anche questo, e questi sono i frutti che raccogliamo. Ma torniamo a noi, torniamo al fatto che quello che è accaduto nel cuore dell'Europa, gli attentati di Charlie Hebdo, quelli di Copenaghen, sono stati compiuti non da pericolosi terroristi jihadisti venuti da oriente, ma sono stati messi in campo da cittadini europei, sono stati messi in campo dai figli di quell'Europa che li ha cresciuti nelle banlieue, che ha costruito le condizioni dell'emarginazione sociale su cui poi l'odio ha fatto il resto. E allora noi oggi ci troviamo davanti ad una mozione che per la prima volta pone il tema del contrasto al terrorismo proprio su questo punto, sul terreno della deradicalizzazione con progetti culturali, con l'idea di coinvolgere le istituzioni culturali del Paese, con l'idea di coinvolgere le istituzioni scolastiche e il nostro sistema della formazione, che è uno dei primi punti di contatto con le nuove generazioni di nuovi italiani che si affacciano al nostro Paese, che spesso vengono tenuti in una condizione di marginalità, dove una propaganda di tipo jihadista può facilmente attecchire. E poi abbiamo l'altro tema fondamentale, cioè il coinvolgimento della società civile. Per la prima Pag. 79volta dentro una discussione che riguarda il contrasto alle forme di terrorismo si tiene in considerazione il potenziale enorme che la società civile italiana può avere dentro forme di integrazione che sottraggono soggetti potenzialmente radicalizzabili alle organizzazioni che invece diffondono l'odio, cioè oggi per la prima volta in questo Parlamento noi discutiamo esattamente di come il terrorismo sia un fenomeno complesso che non può esser affrontato solo sul piano della sicurezza o solo sul piano militare, ma che richiede invece una complessità di misure da mettere in campo, che possono aggredire il cuore e la radice dell'odio e del fondamentalismo, che poi producono le organizzazioni di natura terroristica. Io penso che noi dobbiamo partire esattamente da questo. Non basta perché ovviamente c’è tutto il tema del contrasto alla marginalità sociale ed economica, che produce anche lì sacche di odio e che in questo Paese hanno anche alimentato uno scontro spesso più ideologico che fattivo.
Noi abbiamo bisogno, oggi, di mettere in campo una complessità di azioni nel contrasto al terrorismo, e lo dico perché, da questo punto di vista, se non mettiamo in campo questo tipo di iniziative, qualunque altra iniziativa sarà inutile e costosa, qualunque iniziativa che provi a contrastare solo sul piano securitario sarà inutile e costosa.
Lo dico anche rispetto a quella che è stata, per esempio, in questo Paese, la lotta e il contrasto alle mafie. Noi possiamo sconfiggere le mafie sul piano dell'organizzazione criminale cento o mille volte: quella organizzazione criminale si rigenererà finché non affronteremo il terreno della matrice culturale su cui le mafie sono cresciute. In questo senso, il lavoro che è stato svolto nelle scuole, che è stato svolto dalla società civile, da organizzazioni come Libera, è stato un lavoro fondamentale per uscire da una condizione in cui ci trovavamo.
Penso che, da questo punto di vista, ancora una volta, il terreno del contrasto al terrorismo e del contrasto alle mafie si trovi ad avere punti di contatto importanti. Credo che noi, oggi, dobbiamo ripartire da qui ed è per questo che, a nome del gruppo Sinistra Ecologia Libertà, daremo un voto favorevole alla mozione Dambruoso, così come ad altre mozioni, come quella del collega Artini, che pone sullo stesso terreno di iniziativa culturale il tema del contrasto al terrorismo, e daremo, invece, un voto negativo a quelle mozioni che, ancora una volta, chiudono gli occhi sulla realtà della complessità di questo fenomeno e pensano di affrontarlo solo sul piano securitario, sul piano militare, e non, invece, sul piano culturale (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Causin. Ne ha facoltà.
ANDREA CAUSIN. Grazie, Presidente. La mozione che stiamo discutendo è una delle poche occasioni che questo Parlamento ha di discutere del gravissimo problema del fondamentalismo jihadista e di quello che sta capitando a pochissime miglia marittime del nostro mare, che sta capitando in Libia, in Siria, e che sta incendiando gran parte del Medio Oriente. All'interno dell'Assemblea parlamentare della NATO, anche se, per la verità, si parla molto poco della questione del terrorismo di matrice fondamentalista e si parla molto più del rapporto e della crisi con la Federazione russa, si è fatta una fotografia, di recente, di una guerra che stiamo progressivamente perdendo.
L'ISIS, infatti, in queste settimane e in questi mesi, ha acquistato più territorio, ha una maggiore disponibilità di risorse economiche, che derivano dal traffico di stupefacenti e dal traffico di petrolio, che derivano dai rapimenti e da ogni tipo di attività illecite; ha una maggiore capacità di reclutamento dei militanti all'interno dei Paesi, dell'area e del territorio che domina; ha una maggiore disponibilità di combattenti che provengono anche da reclutamento su estero.
È, quindi, una fotografia di una guerra che stiamo perdendo, nonostante le numerose Pag. 80incursioni aeree della coalizione internazionale, nonostante vi siano moltissimi Paesi dell'area NATO e moltissimi Paesi del Golfo che sono impegnati al contrasto dell'ISIS, ma è sicuramente la fotografia di una guerra che l'Occidente sta perdendo.
È una situazione drammatica, una situazione pericolosa che sta accadendo alle nostre porte, che, con troppa superficialità, i Paesi occidentali e i Paesi laici del Golfo, i Paesi laici del Medio Oriente, stanno sottovalutando. E, soprattutto, vi è una sottovalutazione che deriva da una lettura sbagliata che si fa spesso anche in Italia, quasi il fondamentalismo islamico fosse un'azione di guerra ai danni dell'Occidente.
Non è così: vi è un confronto durissimo, oggi, tra sciiti e sunniti e l'Occidente è il terreno di propaganda di questa guerra, il terreno di reclutamento di questa guerra. È un terreno di reclutamento che avviene attraverso le azioni eclatanti, attraverso gli attentati a cui siamo esposti; attentati che spesso vengono sventati da una grandissima cooperazione, da una sempre migliore cooperazione dei servizi, ma dai quali noi non siamo assolutamente al riparo.
Non sono attentati per minare l'Occidente, ma sono attentati per rafforzare la propaganda e il reclutamento, soprattutto da parte dell'ISIS, nei confronti di una guerra aperta e ultimativa che si sta facendo con i Paesi che hanno una matrice, invece, di tipo sciita.
Le mozioni che sono presentate oggi in Parlamento rappresentano una delle modalità, parallele e alternative, al conflitto armato. Se, infatti, noi pensassimo in questo momento di poter combattere la minaccia fondamentalista islamica soltanto attraverso le incursioni aeree e soltanto attraverso interventi armati, probabilmente non ne avremmo mai ragione, perché questa minaccia nei confronti dell'Occidente grava da decine e decine di anni e da decine e decine di anni sta crescendo ed è sempre più pericolosa, nonostante siano stati fatti interventi in Afghanistan, in Iraq e nonostante l'impegno della coalizione in Siria. Allora, bisogna colpire il terreno del reclutamento. Nell'area MENA, Medio Oriente e Nord Africa, il 70 per cento della popolazione di quei Paesi vive sotto la soglia di povertà e c’è un'organizzazione terroristica che ha una dimensione statuale e globale, attraverso il controllo di una grande porzione di territorio, attraverso un network con altre organizzazioni terroristiche e centinaia e centinaia di gruppi armati, che riesce a pagare i soldati del terrore fino a 500, 600 dollari al mese, cifra che è un'enormità in Paesi dove il 70 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Di 35 mila combattenti (sono i dati che vengono forniti dalle organizzazioni e dalle agenzie internazionali) il 35 per cento sembrano essere i combattenti stranieri, i foreign fighters, quelli di cui noi abbiamo maggiore paura, perché ne temiamo il rientro nei Paesi occidentali. Temiamo che queste persone, come è accaduto in Francia ed in altri Paesi, possano poi compiere delle azioni eclatanti.
Chiaramente le condizioni di reclutamento devono essere rimosse anche con un impegno a sostenere la ricostruzione delle infrastrutture statuali di quei Paesi che sono stati interessati dal fondamentalismo islamico, di quei Paesi che sono stati interessati recentemente da interventi bellici anche della NATO, anche dell'Occidente. Penso all'Afghanistan, penso all'Iraq, penso a quei Paesi che hanno oggi una grandissima potenzialità di esplosione, per esempio l'Algeria, la Tunisia, che rappresentano una minaccia diretta, qualora dovessero saltare, per l'Occidente, in modo particolare per l'Italia. Quindi, ci vuole un grandissimo sostegno dal punto di vista finanziario, della cooperazione militare, della cooperazione del sistema giudiziario e dei servizi e non da ultimo, secondo quanto viene esposto nelle mozioni che oggi andiamo a presentare, dell'educazione. Noi, da questo punto di vista, sosteniamo, abbiamo sottoscritto e votiamo convintamente la mozione Dambruoso, perché questa mozione impegna il Parlamento e il Governo italiano ad agire su Pag. 81uno degli aspetti che è quello dell'educazione delle persone che sono in questo Paesi di religione islamica, che provengono da quei Paesi e molto spesso sono quelle persone che facevano parte di quel 70 per cento che vive sotto la soglia di povertà, che vengono nei Paesi occidentali, che serbano rancore per questa condizione e che imputano questa condizione, per ragioni dirette o indirette, ai Paesi occidentali, alla cultura occidentale, al modello economico occidentale. Da questo punto di vista, ci auguriamo che la mozione presentata da Dambruoso, e le altre mozioni che hanno una richiesta similare, possano rappresentare un tassello, anche culturale, di una nuova politica di prevenzione del reclutamento. È soltanto uno degli aspetti della lotta al terrorismo, ma io credo che sia uno dei più importanti (Applausi dei deputati dei gruppi Area Popolare (NCD-UDC) e Scelta Civica per l'Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI. Grazie Presidente. Credo che, nell'affrontare questo tema, dovremmo partire innanzitutto dal presupposto che è ormai dal settembre 2001 che tutto il mondo occidentale – e anche ovviamente questo Parlamento – si interroga sul modo con cui affrontare la tematica non solo del terrorismo internazionale, ma anche di come porsi dinanzi ad un fenomeno nuovo, che è quello di un mondo arabo diverso, una cultura diversa ed un mondo che si palesa e si è palesato: alcune di queste persone si palesavano come nemici aperti.
Ora cosa abbiamo imparato, di fatto, in questi anni ? Questa io credo sia la domanda essenziale che ci dobbiamo porre. Nel 2001 si chiamava Al Qaeda. Ci sono state guerre, combattimenti, morti e sono stati presi alcuni dei capi fondamentalisti di Al Qaeda. Sembrava sconfitta una parte, oggi si chiama nuovo Califfato. Cosa abbiamo imparato in questi anni ? Cosa abbiamo imparato da questa esperienza ? Ci ritroviamo nelle stesse vicende, ci ritroviamo a parlare di Paesi di cui spesso ignoriamo le realtà, che sono i Paesi dell'altra sponda del Mediterraneo. Ci ritroviamo a parlare di nostri concittadini europei, che vivono nei nostri Paesi, che sembravano integrati, che hanno magari la cittadinanza francese, olandese, inglese e che tali non si sentivano o hanno dimostrato di non sentirsi tali.
Ora sarebbe, secondo me, banale e riduttivo dire esclusivamente che c’è qualcuno in Francia che è vittima delle banlieue o vittima di un degrado sociale e che, sentendosi ospite dello Stato francese, a un certo punto, per rabbia, si unisce al terrorismo jihadista, perché si riconosce in qualche modo come figlio di un'altra cultura. Non è questa la storia. Questi anni di terrorismo islamico non ci dicono questo. Molti dei terroristi, questi occidentali che si sono uniti al terrorismo islamico, erano persone perfettamente integrate nella società, erano persone laureate, che svolgevano professioni anche elevate. Quindi, va bene la cultura, ma quale cultura ? Probabilmente non stiamo facendo attenzione, perché guardare sempre con i nostri occhi alle vicende altrui ci può condurre a strade estremamente sbagliate. E io mi chiedo: oggi questo Parlamento di cosa si dovrebbe occupare ? Qual è oggi il pericolo più grande che il nostro Paese corre ? Il nostro Paese corre il pericolo l'invasione, l'invasione totale di persone provenienti dalla Libia, Paese oggi conquistato in grande parte dal Califfato. Questo pericolo oggi corre il nostro Paese e non solo corre questo pericolo. Arrivano con i gommoni, ma anche con le splendide navi degli altri Paesi stranieri europei che l'Europa ci ha consegnato, gli altri Paesi europei che, per aiutare l'Italia, prendono i clandestini a bordo. Li prendono dai gommoni, a bordo delle loro navi, e li portano sulle coste italiane. Questo è l'aiuto che all'Italia danno ! Questo è il problema che questo Governo italiano dovrebbe affrontare e fa finta di non vedere. Questo è il problema che questo Parlamento dovrebbe affrontare. Questo è il problema italiano oggi. Ce Pag. 82ne vogliamo accorgere oggi o ce ne accorgiamo quando succederà – e mi auguro che non succeda – qualcosa ?
Perché dico succede ? Io mi auguro di no, ma le minacce sono verso l'Occidente, le minacce sono contro l'Europa, le minacce sono soprattutto contro l'Italia come sede della cristianità. Allora quello che chiedo è: vogliamo fare uno sforzo sui controlli di sicurezza ? Vogliamo dare soldi alle Forze di polizia fuori da qualsiasi bilancio ? Vogliamo fare dei controlli veri ? Controlli diversi, perché ce lo insegna l'onorevole Dambruoso che è stato il primo a lavorare su questa materia. È una materia difficile su cui lavorare.
È difficile fare i controlli. Vogliamo lavorare bene, con l’intelligence, su queste cose o vogliamo crogiolarci ancora a speculare su altre vicende ?
Io ricordo ancora – e concludo su questo – quando questo Parlamento, parlando sempre in termini di mozioni, plaudiva in maniera entusiasta la cosiddetta primavera islamica e qualcun altro ancora cercava di mettere il dubbio e diceva: «Siete sicuri che sia una primavera islamica ? Siete sicuri che ci sia tutta questa voglia di libertà da parte di qualche studente motivato da Internet ? O dietro non c’è qualcosa di molto più drammatico ? Siete sicuri che la Francia abbia tutta questa voglia di libertà, per andare a controllare finalmente e a combattere il regime del cattivo Gheddafi e che il signor Berlusconi, Presidente del Consiglio italiano, vuole solo difendere il suo amico Gheddafi ?».
Forse in quel caso avevamo proprio ragione noi. Forse quella guerra non andava fatta. Forse in questo momento ci conveniva avere qualcuno dall'altra parte che bloccasse tante situazioni. Oggi forse ci converrebbe, più che fare demagogia, stare un attimo più attenti e guardare con attenzione i problemi veri che – credo – si affacciano alle porte. Poi avremo anche problemi di cultura, di civiltà e di educazione. Ce li poniamo e ce li porremo. Ma guardiamo anche i problemi che sono più immediati, se la casa rischia di bruciare nell'immediato.
Per quanto riguarda le proposte del Governo, che accettiamo, chiedo al signor sottosegretario quanto segue. Nella proposta di riformulazione del primo capoverso, laddove è prevista una serie di obiettivi, questo elenco non è effettivamente un punto di merito. Egli ci chiede di lasciare la scelta di questi obiettivi alle autorità provinciali, al comitato di ordine pubblico e sicurezza. Accediamo a questa richiesta. Io le chiedo se è possibile mantenere, però, anche questo elenco tra parentesi, non per altro, ma per far vedere che questo Parlamento mantiene e, nella sua unanimità, vota anche una serie di punti. Siccome sono considerati anche i siti archeologici e cose diverse da quelli che di solito sono considerati gli obiettivi classici, credo che sarebbe importante mantenere, anche solo a titolo di esempio e tra parentesi, l'elenco sopra indicato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Manciulli. Ne ha facoltà.
ANDREA MANCIULLI. Presidente, colleghi, in pochi hanno scritto nel nostro Paese di un episodio avvenuto dopo l'attentato di Parigi. Il Presidente della Repubblica francese decretò un minuto di silenzio in tutte le scuole francesi e, purtroppo, in molte scuole ci furono casi di bambini che non vollero osservare quel minuto di silenzio. Questa mozione che esaminiamo oggi non può essere spiegata meglio che raccontando questo episodio e il valore profondo che è in questa, purtroppo incredibile, occasione.
Io credo che non bisogna mettere in alternativa la parte di contrasto al terrorismo che si esegue con le forze di polizia e con le scelte che abbiamo fatto e questa parte, altrettanto necessaria, di contrasto culturale a un fenomeno molto serio. E credo che l'iniziativa del collega Dambruoso, seguita anche dall'onorevole Fiano e da altri colleghi, sia un interessante punto di partenza.
In Germania si è approvata una legge che ha come centro gli enti locali e che Pag. 83lavora, appunto, sul contrasto della radicalizzazione. Lì non si pensa soltanto alle scuole, si pensa molto anche alla vita nei quartieri. Questo fenomeno in Italia, anche per l'esiguità della casistica, ancora è meno diffuso, ma sta dando risultati molto positivi.
In Francia, il Presidente della Repubblica ha incaricato un prefetto importante di coordinare il lavoro sulla deradicalizzazione. È stato fatto anche un manuale. Il centro di quell'iniziativa legislativa sono le prefetture. In Italia, abbiamo deciso di partire dalla scuola e mi pare un fatto molto positivo, anche perché affonda, a mio avviso, di più le radici nel merito di ciò di cui ci stiamo occupando.
Vedete, il fenomeno dei foreign fighters non è un fenomeno recente. I foreign fighters c'erano anche durante tutta la fase della guerra in Afghanistan, ma erano figure molto diverse. Si trattava di persone mature, avevano una trentina d'anni d'età, erano fortemente islamizzate e la loro islamizzazione era avvenuta nelle scuole coraniche e nelle moschee. Era un fenomeno, fra virgolette, più di élite, meno diffuso, meno compenetrato con la natura sociale dell'Occidente.
Oggi siamo di fronte a un fenomeno terribilmente diverso perché i foreign fighters, che sono più numerosi e si sono sviluppati più rapidamente, hanno un'età che sta fra i 16 e i 25 anni e spesso hanno un'islamizzazione molto approssimativa. C’è stato un caso di un ragazzo inglese, arrestato poco tempo fa, che aveva in tasca il bignami del giovane islamico, cioè stava apprendendo le nozioni per le quali andava a combattere in una maniera furtiva e occasionale. Mentre, invece, questi nuovi foreign fighters sono foreign fighters che si nutrono della rete, che spesso incrociano, perché è così, lo si vede nelle indagini, la loro militanza islamica con altri fenomeni di ribellismo. Sono attratti da entrambi. Affondano di più le radici nell'Occidente. È un motivo in più per capire che oggi qualsiasi misura di contrasto più energica non funziona se non c’è anche un contrasto ideale, se insieme non si affermano i motivi e i valori della democrazia.
Vedete, lo Stato Islamico ha scompaginato il quadro dei movimenti radicali perché a movimenti che vivevano nell'astrazione – si deve pensare alle immagini di Bin Laden in quelle montagne con il mitra accanto –, ma che erano più un richiamo internazionalista della jihad, ha unito il miraggio costante di uno Stato che si crea, che chiama le persone ad andare là, che è un miraggio costante della lotta radicale e della jihad. In questo momento, questo faro è evidente che parla globalmente e parla anche all'Occidente, affondando le radici, come dice nelle sue prediche violente Al-Suri, nelle contraddizioni sociali dell'Europa e anche in quelle di tutto l'Occidente.
Per contrastare questo, noi dobbiamo aprire questo nuovo capitolo; lo facciamo con questa mozione e io credo che dovremmo farlo anche con atti legislativi del Governo per i quali il Partito Democratico è profondamente a disposizione. Ma non bisogna farsi illusioni: non ci sono scorciatoie demagogiche, non ci può essere la predica di nessuno. Nessuno può approfittarsi dell'essere insidioso di questo messaggio. Bisogna farsi carico di questo problema con serietà e senza cedere alla demagogia.
In conclusione, se uno legge «Dabiq», la rivista dello Stato Islamico, e vede questi bambini vestiti di nero che fanno le esecuzioni, che studiano il modo in cui si crea lo Stato della sharia, non c’è una risposta, se non quella di affermare che l'Occidente combatte il terrorismo e lo combatte anche nel contrasto di ogni forma di nichilismo, senza accettare mai che un omosessuale venga gettato dal terzo piano di un palazzo o che si possa mostrare un'esecuzione in piazza e qualcuno possa vederci motivo di riscatto.
È una battaglia profonda che noi abbiamo cominciato a combattere con il decreto antiterrorismo e della quale il Partito Democratico vuole essere protagonista fino in fondo e cercherà di farlo insieme agli altri perché questo è un tema Pag. 84che deve unire il Paese e che deve avere nell'Italia un Paese del quale si è fieri nella lotta al terrorismo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
GABRIELE TOCCAFONDI, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GABRIELE TOCCAFONDI, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Grazie Presidente. Intervengo brevemente per modificare il parere sulla mozione Artini ed altri n. 1-00906: il Governo esprime parere favorevole sul dispositivo finale purché sia riformulato premettendo: «a valutare l'opportunità di», mentre resta invariata la premessa iniziale.
Allo stesso modo il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Brunetta ed altri n. 1-00911 purché sia riformulato il primo capoverso del dispositivo finale nel modo seguente: sostituire le parole «quali stazioni ferroviarie, metropolitane, porti ed aeroporti, luoghi di culto e grandi siti archeologici, stanziando a tal fine risorse finanziarie adeguate» con le seguenti: «individuati dalle autorità provinciali di pubblica sicurezza quali, ad esempio, stazioni ferroviarie, metropolitane, porti ed aeroporti, luoghi di culto e grandi siti archeologici nel rispetto dei vincoli di bilancio».
PRESIDENTE. Quindi, il parere sulla premessa della mozione Brunetta ed altri n. 1-00911 è favorevole ?
GABRIELE TOCCAFONDI, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. No, il parere sulla premessa resta contrario. È favorevole solo sul primo capoverso del dispositivo finale.
PRESIDENTE. D'accordo. Prendo atto che i presentatori della mozione Artini n. 1-00906 accettano la riformulazione proposta dal Governo.
Chiedo ai presentatori della mozione Brunetta n. 1-00911 se accettino la riformulazione proposta dal Governo.
ROCCO PALESE. Noi chiederemo la votazione per parti separate..
PRESIDENTE. Ma la riformulazione viene accettata ?
ROCCO PALESE. La riformulazione va bene.
PRESIDENTE. Sta bene.
(Votazioni)
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Dambruoso, Fiano, Cicchitto, Gigli e Mazziotti Di Celso n. 1-00771, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Ravetto... Dall'Osso... Carrozza... Castelli... Pannarale... Frusone... Artini... Toninelli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 380
Votanti 324
Astenuti 56
Maggioranza 163
Hanno votato sì 287
Hanno votato no 37.
La Camera approva (Vedi votazioni).
(La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a esprimere voto favorevole).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Pag. 85Artini ed altri n.1 -00906, come riformulata su richiesta del Governo e sulla quale il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 379
Votanti 306
Astenuti 73
Maggioranza 154
Hanno votato sì 289
Hanno votato no 17.
La Camera approva (Vedi votazioni).
(La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a esprimere voto favorevole).
Passiamo alla votazione della mozione Gianluca Pini ed altri n. 1-00910. Avverto che ne è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare la premessa distintamente dal dispositivo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Gianluca Pini ed altri n. 1-00910, limitatamente alla premessa, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Palma, Bragantini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 378
Votanti 318
Astenuti 60
Maggioranza 160
Hanno votato sì 37
Hanno votato no 281.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
(La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a esprimere voto contrario).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Gianluca Pini ed altri n. 1-00910, limitatamente al dispositivo, come riformulato su richiesta del Governo, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Tidei, Ottobre...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 380
Votanti 323
Astenuti 57
Maggioranza 162
Hanno votato sì 297
Hanno votato no 26.
La Camera approva (Vedi votazioni).
(La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a esprimere voto favorevole).
Passiamo alla votazione della mozione Brunetta ed altri n. 1-00911. Avverto che ne è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare la premessa distintamente dal dispositivo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Brunetta ed altri n. 1-00911 limitatamente alla premessa, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Sibilia, Tartaglione, Brescia...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 380
Votanti 320
Astenuti 60
Maggioranza 161
Hanno votato sì 39
Hanno votato no 281.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Pag. 86(La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a esprimere voto contrario).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Brunetta ed altri n. 1-00911, limitatamente al dispositivo, come riformulato su richiesta del Governo, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 383
Votanti 322
Astenuti 61
Maggioranza 162
Hanno votato sì 297
Hanno votato no 25.
La Camera approva (Vedi votazioni).
(La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a esprimere voto favorevole).
Colleghi questa era l'ultima votazione.
Sui lavori dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Avverto che, con lettera trasmessa in data odierna, il presidente della Commissione Affari Costituzionali ha fatto presente che la Commissione non ha ancora concluso l'esame in sede referente del disegno di legge n. 3098, recante «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», previsto in Assemblea a partire da lunedì 22 giugno, con la clausola «ove concluso dalla Commissione».
La Commissione non ha potuto, altresì, concludere l'esame della proposta di legge n. 9 e abbinate di modifica alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme in materia di cittadinanza e della proposta di legge n. 275-A/R, recante disposizioni in materia di conflitti di interessi, progetti di legge previsti, rispettivamente, a partire da lunedì 22 giugno e martedì 23 giugno.
L'esame di tali provvedimenti non sarà pertanto previsto nell'ambito delle sedute della prossima settimana.
Avverto altresì che, a seguito del rinvio del disegno di legge n. 3098, in materia di riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni, all'ordine del giorno della seduta di domani, giovedì 18 giugno, non sarà più iscritta la discussione delle questioni pregiudiziali di costituzionalità riferite al provvedimento e preannunciate a norma dell'articolo 40, comma 2, del Regolamento.
Sull'ordine dei lavori (19,15).
ANDREA COLLETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA COLLETTI. Grazie Presidente, è emerso oggi da notizie di stampa che ieri sera è uscita un'interessante sentenza della Cassazione che riguarda il falso in bilancio, il falso in bilancio così come era stato modificato da questo Governo e da questa maggioranza il mese scorso, prima delle elezioni regionali.
Ebbene secondo questa sentenza, a seguito della modifica normativa, che il PD ha portato avanti con tanto vigore, il falso bilancio risulta sostanzialmente depenalizzato. Infatti, la sentenza ha mandato assolto l'ex sondaggista di Berlusconi, Luigi Crespi, condannato in primo grado e in appello sia per falso in bilancio sia per bancarotta susseguente a falso in bilancio. E l'ha mandato assolto proprio perché questo Parlamento ha modificato la norma sul falso in bilancio, tanto che togliendo i fatti oggetto di valutazioni, si desume che d'ora in avanti il 95 per cento delle ipotesi di falso in bilancio non saranno semplicemente più reato.
Ebbene il Governo Renzi e il Ministro Orlando sono andati ben al di là di quello che ha mai approvato il Governo Berlusconi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e vorrei ricordare, Presidente, perché sia chiaro, che nelle Pag. 87prime settimane del Governo Renzi è stata modificata anche un'altra norma molto importante, lo scambio elettorale politico-mafioso e, guarda caso, dopo qualche mese è andato assolto un politico dell'UdC condannato in appello proprio perché a causa del cambio di legge voluto dal Governo Renzi e dal PD, ormai lo scambio elettorale politico-mafioso è un reato che non esiste più. Ci dobbiamo rendere conto, Presidente, che questo Governo e questa maggioranza sono riusciti a fare una politica penale più criminogena del Governo Berlusconi, che va a vantaggio di corrotti, mafiosi e politici in combutta con mafiosi. Prima se ne rendono conto, prima forse si dovrebbero dimettere o almeno chiediamo le dimissioni del Ministro Orlando per completa incapacità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
MASSIMILIANO BERNINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMILIANO BERNINI. Grazie, Presidente. Oggi davanti alla sede del TAR del Lazio si è tenuta una manifestazione pacifica organizzata dal comitato spontaneo «No IMU sui terreni agricoli», un comitato costituito da agricoltori, imprenditori agricoli, coltivatori diretti, eccetera. Manifestavano sotto la sede del TAR in attesa della prima udienza in merito agli oltre 400 ricorsi contro il provvedimento dell'IMU agricola, sostenuti dalle diverse ANCI regionali, dalle regioni e da associazioni e comitati spontanei. Anche alcuni deputati e senatori del MoVimento 5 Stelle e di altre forze politiche hanno sottoscritto il ricorso che, ripeto, chiede una cosa molto semplice: l'annullamento del provvedimento inerente il versamento dell'IMU sui terreni agricoli. Tra l'altro, il 16 giugno scadeva il termine per il pagamento della prima rata per il 2015 e molti agricoltori non sono stati in grado di pagarla. Ieri in Aula è stato convertito il decreto-legge n. 51 del 2015, riguardante il sostegno agli agricoltori colpiti da varie calamità e fitopatie: ebbene, il Governo si è dimenticato di intervenire sull'ultima e grave emergenza e calamità che ha colpito il mondo agricolo, che va sotto il nome di IMU sulla terra. Infatti, Renzi, con la sua IMU sulla terra, sua e della sua maggioranza, costringerà molti agricoltori italiani a pagare anche 200 euro ad ettaro, questo indipendentemente dal fatto che abbiano realizzato un reddito o meno. Siamo sicuri che la magistratura amministrativa renderà giustizia a tutto il popolo agricolo italiano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
SILVIA GIORDANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SILVIA GIORDANO. Grazie, Presidente. Oggi durante le votazioni delle mozioni concernenti iniziative di competenza in merito al personale del servizio sanitario nazionale, come MoVimento 5 Stelle avevamo chiesto di votare per parti separate la mozione Vargiu ed altri n. 1-00907. Durante la votazione c’è stato un errore di comprensione delle frasi del Presidente – non avevamo ben sentito – e abbiamo votato erroneamente – abbiamo sbagliato a votare – durante una votazione. Tenevamo a sottolineare e a lasciare agli atti che tutto il MoVimento 5 Stelle era favorevole alle premesse e ai punti della mozione a prima firma Vargiu, ad eccezione del secondo impegno, sul quale poi, con la votazione per parti separate, abbiamo successivamente votato in modo contrario.
DAVID ERMINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DAVID ERMINI. La ringrazio, signora Presidente. Stamani un articolo del Corriere della Sera parlava del reato di falso in bilancio. Sento che qualcuno conosce le sentenze della Cassazione ancora prima che siano pubblicate – a me non è mai successo –, però credo sia un dovere spiegare quella che è la verità dei fatti. Il falso in bilancio è stato reintrodotto da questo Governo dopo che era stato cancellato. Pag. 88Il falso in bilancio è stato voluto da questa maggioranza. Il nuovo reato di falso in bilancio non è stato votato né da Forza Italia né dal MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Se il falso in bilancio adesso è tornato legge è grazie al Partito Democratico e alla maggioranza che sostiene questo Governo. Bastava – e dico bastava, visto che molti siamo avvocati e molti sanno anche come si fa ad interpretare una legge – leggere, invece di fare polemiche, qualche volta veramente ormai noiosa, inutile, inutile come sono certi comportamenti e certe presenze qui in Aula, i lavori preparatori per capire che le cosiddette «valutazioni» sono parte integrante dei fatti materiali. Bastava leggere questo (Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Non c’è bisogno di innervosirsi, perché spesso la verità fa male mentre l'ignoranza duole. Allora, basterebbe soltanto documentarsi e aspettare che le sentenze della Cassazione facciano il loro corso. Vengono depositate e poi si discutono, perché a sapere, sapere, sapere sempre più degli altri, qualche volta, poi alla fine, si va a scoprire che siamo degli asini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
DIEGO DE LORENZIS. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DIEGO DE LORENZIS. Signora Presidente, io intervengo ancora per sollecitare dei chiarimenti in merito alle direttive che sono state date dai Ministeri, penso dalla Presidenza del Consiglio, quando ci sono dei tavoli, delle vertenze aziendali, dove appunto è impedita la presenza dei parlamentari. Questa prassi era in vigore nelle passate legislature e, guarda caso, da questa legislatura, da quando noi presenziamo in quei tavoli, c’è stato un cambio di rotta.
Ora, questo lo dico perché oggi si teneva un altro tavolo tecnico, il terzo dell'azienda Terminal Container di Taranto, che è un'azienda che dà da lavorare a 570 famiglie. I lavoratori erano qui fuori a Montecitorio e non hanno alcuna notizia di quello che le parti sociali, il Governo e i sottosegretari presenti, insieme ovviamente all'azienda, si sono detti a quei tavoli. Noi riteniamo inaccettabile che non si possa essere presenti a quei tavoli, almeno in qualità di uditori, per riportare poi all'esterno, in maniera neutra, quello che viene detto, e quindi poterlo comunicare ai lavoratori che aspettano fuori dalle istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
ALFONSO BONAFEDE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALFONSO BONAFEDE. Grazie Presidente. Intervengo riguardo a quello che è stato detto dal collega Ermini, il quale sostanzialmente afferma che dobbiamo aspettare di leggere le motivazioni della sentenza della Corte di cassazione sul falso in bilancio, e dice che le nostre obiezioni sono addirittura inutili.
Allora, primo punto, non ci sono dubbi sul fatto che la Corte di cassazione abbia atteso l'entrata in vigore di questa legge perché favoriva il reo e, quindi, non ci sono dubbi sul fatto che la sentenza sia più favorevole ai falsificatori di bilancio proprio perché la Corte di cassazione ha applicato il favor rei (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Quindi, la verità è una: che, fino a tre giorni fa, la Corte di cassazione avrebbe applicato una pena e una condanna più severa con il falso in bilancio di Silvio Berlusconi; oggi, con il falso in bilancio approvato dal Governo Renzi, la Corte di cassazione emette una sentenza che è sicuramente più favorevole.
Quindi, pensate a cosa siamo arrivati: oggi il falso in bilancio del PD è un falso in bilancio che agevola chi i bilanci li falsifica, questa è una verità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
Secondo, sul fatto che le nostre obiezioni sarebbero inutili, voglio sottolineare Pag. 89che, dopo il 416-ter, voto di scambio politico-mafioso che è reso inapplicabile, e dopo l'anticorruzione e il falso in bilancio che, secondo la Corte di cassazione e non secondo il MoVimento 5 Stelle – Ermini potrà andare a fare una protesta davanti alla Corte di cassazione – sono norme inapplicabili, io direi che l'unica cosa inutile qui sono le leggi che il PD fa contro i criminali, perché anziché essere contro i criminali, i criminali li agevola (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
ANGELO CERA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANGELO CERA. Signor Presidente, volevo ricordare che lo scorso anno lo Stato, il Governo, per l'IMU agricola alla fonte, sul conto solidarietà nazionale ha tolto al mio comune 364 mila euro, alla fonte, sull'IMU agricola. Dei 364 mila euro previsionali ne abbiamo incassati 46. Quest'anno già alla fonte lo Stato ha ripetuto la stessa operazione: 365 mila euro già alla fonte sul fondo di solidarietà nazionale, sarebbero i soldi, oramai le mancette che lo Stato, bontà sua, manda ai comuni.
Volevo chiedere: visto e considerato che del 2014 abbiamo già l'esatto saldo di quanto i comuni hanno incassato, è possibile che lo Stato possa rivedere questa bruttissima e schifosissima legge sull'IMU agricola che ha penalizzato solo ed essenzialmente alcuni comuni ?
Si può andare a rivedere un qualcosa senza rappresentare responsabilità a nessuno, perché quando le cose si fanno alla sans façon, come le hanno fatte nel caso specifico di questa legge, bisogna ritornare indietro. Immagini, Presidente, e io so che lei ride...
PRESIDENTE. No, no...
ANGELO CERA. C’è da ridere, anzi io direi che c’è da piangere. Nel bilancio del mio comune, che sta sulla soglia del fallimento, noi abbiamo 700 mila euro, per l'esercizio 2014-2015, che non ci ha più dato per l'IMU agricola. Il fallimento del mio comune, dato che probabilmente il comune di San Marco in Lamis andrà in default, lo devo attribuire, in massima parte, anche a questa sciagurata idea dell'IMU agricola.
PRESIDENTE. Deputato Cera, non era per mancarle di rispetto. Annuivo perché capisco la problematica che lei stava sollevando. Quindi, è al contrario.
DAVIDE CRIPPA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DAVIDE CRIPPA. Grazie, Presidente. Mi riferisco a un intervento di fine seduta che ieri è stato svolto da una collega del PD, in cui, di fatto, si riportava un parere dell'Antitrust sulla condizione dell'ex Viceministro Lapo Pistelli in riferimento alla sua nuova carica di vicepresidente dell'ENI.
Io faccio presente che in quel parere l'Antitrust dice sostanzialmente che «sotto il profilo dell'esistenza di rapporti giuridici ed economici con la società interessata, dalle informazioni in possesso dell'Autorità, non si ha evidenza di rapporti giuridici ed economici costituiti nell'ambito delle attribuzioni svolte dal soggetto». Questo vorrebbe dire che di fatto, secondo l'Antitrust, non si deve neanche lontanamente ipotizzare che rispetto a un Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che peraltro spesso è stato il referente di numerosissimi trattati – e in qualche modo, ahimè, sappiamo tutti che nei trattati spesso vengono trattate tematiche in materia di energia – ci sia questa correlazione, pesante e intrinseca, di favore verso accordi internazionali dell'ENI stessa.
Io credo che qui non debba essere chiesto un parere all'Antitrust, perché l'Antitrust, di fatto, fa altro di mestiere, ma sostanzialmente qui noi dobbiamo analizzare la situazione dell'opportunità politica della situazione, in primis, e soprattutto il fatto di lasciare una poltrona, quando è ancora calda, per sedere su Pag. 90un'altra, dove teoricamente stai facendo un altro tipo di mestiere, che è quello di un'impresa privata e che non è, invece, quello per cui teoricamente i cittadini ti hanno eletto.
In attesa di ricevere, secondo quanto dichiarato, le sue dimissioni, anche la Giunta delle elezioni dovrà esprimersi (ma ancora oggi non lo ha fatto). Quindi, se il suo incarico di vicepresidente dell'ENI è effettivo, io credo che la Giunta delle elezioni debba, in maniera urgente, valutare questa necessità su cui, teoricamente, a mio avviso sussiste un profilo di incompatibilità.
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Giovedì 18 giugno 2015, alle 9,30:
Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
BOSSA ed altri; CAMPANA ed altri; MARZANO ed altri; SARRO; ANTIMO CESARO ed altri; ROSSOMANDO e VALERIA VALENTE; BRAMBILLA; SANTERINI ed altri: Disposizioni in materia di accesso del figlio adottato alle informazioni sulle proprie origini e sulla propria identità (C. 784-1343-1874-1901-1983-1989-2321-2351-A).
— Relatore: Berretta.
La seduta termina alle 19,35.
CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO STEFANO DAMBRUOSO SUL DOC. XVI-BIS N. 3
STEFANO DAMBRUOSO. Onorevole Presidente, onorevoli Colleghi, il Comitato Schengen con propria delibera del 17 dicembre 2013, ha avviato un'indagine conoscitiva con l'obiettivo da un lato di approfondire le problematiche connesse al massiccio afflusso di migranti sul territorio nazionale, e dall'altro di studiare dinamiche e caratteristiche dei principali flussi migratori in transito verso l'Europa. La relazione oggi in esame offre un importantissimo contributo al dibattito in corso a livello europeo e le proposte in essa formulate rappresentano delle buone linee guida su cui il Governo può indirizzare la difficile negoziazione con gli altri stati dell'Unione.
A distanza di oltre cinque anni dall'approvazione del cosiddetto patto europeo per l'immigrazione e l'asilo il Comitato Schengen ha, infatti, avviato una verifica della progressiva attuazione del sistema comune europeo, al fine di valutare le politiche di accoglienza dei richiedenti asilo, dei rifugiati e dei cittadini che godono di protezione umanitaria nei singoli stati dell'Unione, e di ricostruire lo stato degli accordi stipulati in materia di asilo, nella prospettiva di una loro possibile modifica a seguito dell'entrata in vigore del noto Regolamento di Dublino III.
Un secondo tema di approfondimento ha riguardato poi le prospettive di integrazione sul territorio nazionale ed europeo dei cittadini dei Paesi terzi – richiedenti asilo e non – a seguito delle nuove, eccezionali ondate migratorie, con un'analisi ad ampio raggio che, partendo dalle procedure di controllo e prevenzione alle frontiere, si è concentrata sui moduli di accoglienza e sulla loro possibile revisione, per poi occuparsi dei modelli di incontro tra domanda e offerta di lavoro e delle connesse politiche di inclusione e cooperazione. Da ultimo, in considerazione dei sanguinosi conflitti in corso – soprattutto in taluni Paesi del Medio Oriente e dell'Africa – e a seguito dei gravi attacchi terroristici che hanno colpito alcuni Paesi europei, il Comitato ha avvertito l'esigenza di ricomprendere nell'attività di monitoraggio del fenomeno migratorio in Europa anche la verifica di possibili violazione delle frontiere da parte di soggetti che, una volta entrati in Europa, possano trasformarsi in terroristi o loro fiancheggiatori.Pag. 91
Sul versante più strettamente interno il Comitato ha avviato una seconda indagine conoscitiva volta a verificare l'impiego di lavoratori immigrati nelle attività industriali, produttive e agricole, e approfondire le situazioni di maggiore criticità sul territorio nazionale come quelle legate al distretto artigianale di Prato (in particolar modo dopo il tragico incendio verificatosi il lo dicembre 2013), in cui il diffuso ricorso alla manodopera straniera, spesso clandestina, unitamente alle modalità di conduzione delle aziende e di insediamento delle comunità sul territorio pongono, in primo luogo, seri problemi di ordine e sicurezza, con implicazioni inerenti la filiera produttiva, i fenomeni della contraffazione delle merci e quelli connessi all'inquinamento della concorrenza imprenditoriale e dei flussi finanziari.
Si è ritenuta necessaria, al riguardo, una verifica del livello di tutela dei diritti riconosciuti agli stranieri dal testo unico sull'immigrazione anche alla luce della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, firmata a Strasburgo nel 1992 dai Paesi membri del Consiglio d'Europa e ratificata dall'Italia con la legge n. 203 del 1994, che garantisce agli stranieri residenti ampi diritti di espressione, riunione e associazione, e prevede, soprattutto nelle realtà sociali con significative presenze di stranieri, il diritto di costituire organi consultivi e rappresentativi a livello locale.
A fronte dei recenti massicci arrivi di migranti sulle coste italiane e alla prospettiva del perdurare di una crisi umanitaria di vaste proporzioni, il Comitato ha poi ribadito nella relazione in esame la necessità di richiedere alle istituzioni europee, Commissione europea e Consiglio, la piena applicazione della direttiva 2001155/CE che stabilisce una tutela immediata e transitoria delle persone sfollate con distribuzione dei profughi tra i vari Stati membri in base alla disponibilità accordata da ciascuno Stato. L'istituzione di un regime di questo tipo potrebbe essere, infatti, accompagnata dalla creazione di corridoi umanitari, ossia da misure di evacuazione dei destinatari della protezione, senza che essi debbano affidarsi a trafficanti e scafisti per raggiungere il territorio dell'Unione europea.
La sostituzione di Mare Nostrum con Triton e le ennesime tragedie verificatesi all'inizio di marzo 2015 nel Canale di Sicilia, hanno dimostrato peraltro che l'Italia rimane ancora troppo sola nel gestire questa emergenza umanitaria che non ha più carattere frontaliero o europeo ma registra una mobilità internazionale in forte aumento. Al riguardo anche in questa sede un ringraziamento particolare va rivolto a chi opera ogni giorno nell'ambito di quelle operazioni umanitarie: penso alle forze dell'ordine e ai nostri militari della marina che con onore hanno portato in salvo, migliaia di vite umane, dimostrando ancora una volta l'alto livello di professionalità e il valore che da sempre contraddistingue il loro impegno !
Per affrontare, quindi, la complessa realtà migratoria occorrono azioni adeguate alle esigenze e alle priorità di tutte le parti interessate, attraverso un uso migliore degli strumenti esistenti, anche per esempio i partenariati per la mobilità e le norme comuni in materia di visti; potenziando, laddove possibile, la partecipazione di tutti gli Stati membri all'applicazione delle politiche comunitarie in tema di immigrazione e asilo, posto che tali fenomeni, se gestiti bene, offrono autentici vantaggi a tutte le parti coinvolte, sia ai migranti, sia ai Paesi di destinazione. Si profila pertanto la necessità di adottare il principio del mutuo riconoscimento delle decisioni di asilo all'interno dell'Unione europea, con ciò completando quanto già previsto dal Regolamento di Dublino che all'articolo 17 prevede due clausole importanti che andrebbero puntualmente applicate: la prima è la clausola di sovranità in virtù della quale ogni Stato membro può esaminare una richiesta di asilo presentata in frontiera o sul territorio, anche se, in base ai criteri ordinari, la competenza dovrebbe essere attribuita ad altro Stato membro, e la seconda attiene la clausola umanitaria per cui qualsiasi Stato membro, pur non essendo competente per l'esame della domanda secondo Pag. 92i criteri ordinari, può diventarlo in considerazione di esigenze familiari o umanitarie del richiedente asilo.
Ovviamente queste misure da sole non sono risolutive, ma rappresentano certamente il primo passo, demandato alla volontà politica degli Stati membri, per la realizzazione di un più articolato progetto presentato dalla Commissione nell'Agenda europea in materia di immigrazione e di asilo. Occorre ricordare, infatti, che queste due clausole non comportano alcun obbligo per gli Stati membri, in quanto sottoscritte su base volontaria, e solo la collaborazione e la disponibilità dei nostri partners europei possono dare al regolamento di Dublino III quella flessibilità indispensabile per il perseguimento di un'azione più ampia ed efficace.
D'altronde l'Agenda europea sui temi dell'immigrazione riprende il documento adottato a Lussemburgo sotto il semestre di Presidenza italiana in tutti gli obiettivi e in tutte le azioni specifiche proposte, e ciò ha fatto sì che per la prima volta la Commissione europea sostenesse in toto la posizione dell'Italia, invitando gli Stati membri ad applicare le clausole relative alla riunificazione familiare e a fare un ampio e regolare uso delle clausole discrezionali, di cui all'articolo 17, per alleviare la pressione sugli Stati membri di frontiera.
L'efficace attuazione di norme comuni in materia di criteri e procedure relative al controllo e alla sorveglianza delle frontiere esterne, rende pertanto necessario un maggiore coordinamento della cooperazione operativa tra gli Stati membri, anche al fine di contribuire alla lotta contro l'immigrazione clandestina, il contrabbando di migranti e la tratta di esseri umani spesso, purtroppo, gestiti da organizzazioni criminali. Analogamente, è opportuno ripercorrere la conclusione di accordi di partenariato con alcuni Paesi del nord Africa in cui sia possibile contare su una maggiore stabilità politica e, laddove questa difetti, creare comunque una cabina di regia nazionale per il coordinamento delle azioni necessarie a fronteggiare l'emergenza immigratoria verso l'Europa, attraverso l'Italia.
È stata da ultimo indicata dal Comitato l'opportunità di richiedere alle istituzioni europee il rafforzamento delle azioni volte a contrastare l'ingresso di flussi irregolari, nonché di sostenere finanziariamente i Paesi più esposti nelle politiche di contrasto e di accoglienza: si favorirebbe così una redistribuzione più equa tra gli Stati membri di coloro che hanno i requisiti per ottenere lo status di beneficiari di protezione internazionale, riuscendo così a prevenire le situazioni di maggiore criticità anziché intervenire ex post con misure emergenziali.
Alla luce di quanto premesso, Scelta Civica, voterà compatta in favore della risoluzione in esame per portare in sede europea, in occasione della riunione del Consiglio del 25 e 26 giugno prossimi, la nostra proposta di maggiore adesione degli stati membri alle clausole previste dall'articolo 17 del cosiddetto Regolamento Dublino III, e promuovere finalmente un vero sistema comune europeo di asilo e di contrasto all'immigrazione clandestina che consenta un'equa ripartizione degli oneri tra gli Stati membri di primo ingresso e gli altri.
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | Doc. XVI-bis, n.3 – Ris. 6-139 | 433 | 411 | 22 | 206 | 387 | 24 | 83 | Appr. |
2 | Nom. | Moz. Grillo e a. 1-767 rif. | 449 | 445 | 4 | 223 | 444 | 1 | 78 | Appr. |
3 | Nom. | Moz. Miotto e a. 1-899 rif. | 446 | 442 | 4 | 222 | 442 | 78 | Appr. | |
4 | Nom. | Moz. Calabro’ e a. 1-900 | 454 | 415 | 39 | 208 | 414 | 1 | 78 | Appr. |
5 | Nom. | Moz. Nicchi e a. 1-904 | 450 | 426 | 24 | 214 | 144 | 282 | 78 | Resp. |
6 | Nom. | Moz. Palese e a. 1-905 rif. | 449 | 368 | 81 | 185 | 368 | 78 | Appr. | |
7 | Nom. | Moz. Vargiu e a. 1-907 p.I | 453 | 425 | 28 | 213 | 364 | 61 | 78 | Appr. |
8 | Nom. | Moz. Vargiu e a. 1-907 p.II | 451 | 448 | 3 | 225 | 360 | 88 | 78 | Appr. |
9 | Nom. | Moz. Rondini e a. 1-908 | 450 | 385 | 65 | 193 | 361 | 24 | 78 | Appr. |
10 | Nom. | Moz. Gigli e a. 1-909 p.I | 451 | 417 | 34 | 209 | 415 | 2 | 78 | Appr. |
11 | Nom. | Moz. Gigli e a. 1-909 p.II | 455 | 433 | 22 | 217 | 364 | 69 | 78 | Appr. |
12 | Nom. | Doc. LVII-bis, n. 3 – ris. 6-141 | 402 | 401 | 1 | 201 | 273 | 128 | 90 | Appr. |
13 | Nom. | Moz. Dambruoso e a. 1-771 | 380 | 324 | 56 | 163 | 287 | 37 | 86 | Appr. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). – C = Voto contrario (in votazione palese). – V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). – A = Astensione. – M = Deputato in missione. – T = Presidente di turno. – P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. – X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.
INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 18) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
14 | Nom. | Moz. Artini e a. 1-906 rif. | 379 | 306 | 73 | 154 | 289 | 17 | 86 | Appr. |
15 | Nom. | Moz. Pini G. e a. 1-910 I p. | 378 | 318 | 60 | 160 | 37 | 281 | 86 | Resp. |
16 | Nom. | Moz. Pini G. e a. 1-910 rif. II p. | 380 | 323 | 57 | 162 | 297 | 26 | 86 | Appr. |
17 | Nom. | Moz. Brunetta e a. 1-911 I p. | 380 | 320 | 60 | 161 | 39 | 281 | 86 | Resp. |
18 | Nom. | Moz. Brunetta e a. 1-911 rif. II p | 383 | 322 | 61 | 162 | 297 | 25 | 86 | Appr. |