XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 28 luglio 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


      L'XI Commissione,
          premesso che:
              con atto di sindacato ispettivo n.  5/03436, del 5 agosto 2014, sono stati richiesti urgenti provvedimenti al Ministro del lavoro e delle politiche sociali a tutela di 73 lavoratori di Crotone assunti con contratto a tempo indeterminato dalla società Getek Information Comunication Technology, con sito operativo a Crotone, i quali hanno perso il loro posto di lavoro a causa di un cambio di appalto;
              questi lavoratori per cinque anni hanno svolto le proprie mansioni per una commessa INPS/INAIL, svolgendo il servizio informativo al numero verde e per tale mansione hanno ricevuto una specifica formazione in materia previdenziale direttamente dai funzionari INPS. Nell'anno 2010, la gara per prestare il servizio informativo del contact center INPS/INAIL, è stata aggiudicata alla società Transcom Worldwide spa con sede legale a L'Aquila. Tuttavia, nel bando di gara non è stata inserita la clausola di salvaguardia dei posti di lavoro e, pertanto, mentre tutti gli operatori dei vari siti sono stati assorbiti nella nuova commessa, quelli di Crotone sono stati esclusi, nonostante la riconosciuta professionalità. A seguito di tale appalto gli operatori di Crotone dopo essere stati posti prima in cassa integrazione ordinaria per un anno e, successivamente, in cassa integrazione straordinaria, dal mese di ottobre 2012 sono stati messi in mobilità che, ad oggi, è ormai scaduta;
              è paradossale che, negli anni, invece di provvedere al riassorbimento dei dipendenti di Crotone, sono state formate ed assunte centinaia di persone per svolgere lo stesso servizio;
              il Sottosegretario Massimo Cassano ha dato riscontro in modo che è apparso ai firmatari del presente atto assolutamente insoddisfacente all'atto di sindacato ispettivo n.  5/03436 poiché si è limitato a ribadire l'impegno al recupero di queste maestranze, sia da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che dell'Inps, ma non ha riferito dello svolgimento di concrete azioni di ricollocamento dei lavoratori in questione. Inoltre, il Sottosegretario ha affermato che in questa vertenza non è stato richiesto dalle parti sociali alcun incontro per l'esame della situazione occupazionale, invece, tale richiesta è stata avanzata formalmente dall'UGL con missive direttamente indirizzate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 3 luglio 2014, prot. 108/2014, nonché del 2 settembre 2014, prot. 215/2014;
              successivamente, si è proceduto all'ulteriore richiesta d'intervento del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con atto di sindacato ispettivo n.  5/04389, dell'8 gennaio 2015, con il quale è stata reiterata la richiesta di adottare provvedimenti per ricollocare i 73 operatori di Crotone, evidenziando la gravità del fatto che di questa vicenda erano a conoscenza da anni il Ministro interrogato e il direttore generale dell'Inps, ma, nonostante le loro continue promesse di ricollocamento, nulla di concreto era stato mai fatto. Anche in tale sede è stata insoddisfacente la risposta resa dal Governo che tra l'altro, ancora una volta, ha rilevato che le parti sociali non hanno provveduto a richiedere un incontro per l'esame della situazione occupazionale in questione, circostanza invece di fatto smentita dalle specifiche richieste dell'Ugl e degli stessi lavoratori ex Getek inviate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche tramite il primo firmatario del presente atto;
              ebbene, si ritiene assurda la situazione in cui versano questi lavoratori, che prima hanno perso improvvisamente il posto di lavoro a causa di un cambio di appalto e poi sono stati illusi, negli anni, dalle istituzioni con promesse che prevedevano l'impegno di farsi parte attiva con le società aggiudicatarie di ulteriori appalti nel settore, per consentire il loro ricollocamento presso le stesse. Ad oggi, non è stato mai promosso alcun concreto intervento, addirittura non si è proceduto neanche a dare seguito alla richiesta più volte avanzata dal primo firmatario del presente atto di convocare un tavolo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con le parti sociali e l'Inps, al fine di individuare idonei interventi per ricollocare questi lavoratori;
              si ritiene non corretto da parte di soggetti istituzionali creare delle aspettative per poi disattendere gli impegni presi, nei confronti di persone che si trovano con le loro famiglie in grave difficoltà a causa della perdita del posto di lavoro. Nella vicenda in questione, ad avviso dei firmatari del presente atto, non solo sono state avanzate promesse di ricollocamento non mantenute, ma non risulta assolutamente compiuta una concreta e sufficiente attività istituzionale che configuri un'azione responsabile e dimostri la seria volontà di addivenire ad una soluzione di questa vertenza;
              si ribadisce, inoltre, che i connotati di questa vicenda risultano essere ancora più gravi se si pensa che nel tempo invece di ricollocare i 73 lavoratori di Crotone, la cui professionalità è stata dispersa, si è permesso che centinaia e centinaia di altre persone venissero formate e assunte per il medesimo servizio;
              non è più ammissibile il trascorrere di ulteriore tempo senza che vengano adottate idonee iniziative per ricollocare questi lavoratori,

impegna il Governo

a convocare urgentemente un tavolo di confronto presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con le parti sociali e l'Inps, al fine di individuare un piano d'intervento che preveda la concreta ricollocazione dei lavoratori in questione.
(7-00749) «Rizzetto, Barbanti, Baldassarre, Turco, Artini, Prodani, Segoni, Bechis, Mucci».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      GALLINELLA, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI e L'ABBATE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) è stata istituita attraverso gli accordi di Marrakech il 15 aprile 1994, durante l'Uruguay Round, trasformando il precedente accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio denominato GATT (General Agreement on Tariffs and Trade) in un'organizzazione internazionale dotata di personalità giuridica;
          la governance dell'OMC divide in organi amministrativi e organi decisionali, che rappresentano gli Stati membri. Gli organi istituzionali sono: la conferenza ministeriale, che si riunisce ogni due anni e ha il potere di decidere su qualsiasi questione; il consiglio generale, incaricato di svolgere le funzioni dell'Organizzazione quando la conferenza non è riunita, di risolvere le controversie e di controllare le politiche commerciali; il consiglio per la trattazione di specifici aspetti, quali il commercio e le merci, i servizi, gli aspetti attinenti alla proprietà intellettuale. A questi si affiancano sei comitati, che sono sottoposti al consiglio generale;
          nell'OMC ogni Stato membro dispone di un voto. Le decisioni in seno ai vari organi dell'OMC vengono adottate di norma per consensus. In via residuale, quando non si raggiunge il consensus, si ricorre alla maggioranza dei voti espressi;
          l'Unione europea ha aderito all'OMC dal 1o gennaio 1995, e ne fa parte contemporaneamente a tutti i suoi Stati membri. In seno all'OMC e in determinati settori la Commissione europea rappresenta tutti gli Stati membri dell'Unione, in quanto quest'ultima si caratterizza, tra le altre cose, come unione doganale;
          il 12 dicembre 2001 la Cina, a seguito di lunghe trattative, è entrata a far parte dell'OMC attraverso la sottoscrizione di un accordo di accesso. Nonostante la Cina sia stata ammessa nell'organizzazione, non ha ricevuto il riconoscimento di economia di mercato, pertanto il predetto accordo prevede, in particolare al suo articolo 15, delle restrizioni specifiche (misure antidumping) che gli altri membri dell'OMC possono applicare nei confronti di questo Stato, derogando parte degli accordi presi in seno all'OMC. Il predetto articolo 15 dell'accordo di accesso sembrerebbe prevedere, seppure con interpretazioni discordanti, che la maggior parte delle suddette deroghe dovrebbero decadere dopo 15 anni dall'ingresso della Cina nell'Organizzazione, ovvero nel dicembre 2016;
          il Regolamento (CE) n.  1225/2009 del Consiglio relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea, definisce, all'interno dell'Unione, il calcolo del dumping, la procedura relativa all'apertura e allo svolgimento successivo delle inchieste, l'istituzione di misure provvisorie e definitive, nonché la durata e il riesame delle misure antidumping. Il regolamento ha trasposto le norme antidumping contenute nell'accordo sull'applicazione dell'articolo VI dell'accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio del 1994. Il regolamento prevede che sia la Commissione europea a valutare l'esistenza di misure di dumping  –:
          se, in base a quanto esposto in premessa, non intenda attivarsi nelle opportune sedi istituzionali, nell'ambito dell'Unione europea o della partecipazione diretta o indiretta all'OMC, affinché la Cina non venga riconosciuta come economia di mercato;
          se abbia intenzione di porre in essere tutte le iniziative volte a non far venire meno le misure protettive interne all'Unione europea, in particolare per i settori chiave dell'economia italiana, che il riconoscimento della Cina quale economia di mercato comporterebbe. (5-06155)

Interrogazioni a risposta scritta:


      REALACCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          efficienza energetica e sviluppo delle rinnovabili rappresentano una scelta strategica per il Paese sia dal punto di vista ambientale sia dal punto di vista economico;
          alcune recenti agenzie di stampa e articoli on line, come ad esempio quello di Edilportale del 21 maggio 2015, riportano le seguenti dichiarazioni del Ministro Guidi: «In arrivo un nuovo conto termico e nuovi incentivi per le rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico fino alla fine del 2016»;
          in realtà, l'articolo 22 del «decreto Sblocca Italia», n.  133 del 2014, convertito dalla legge 11 novembre 2014, n.  164, prevedeva l'incentivazione degli interventi di produzione di energia termica da fonti rinnovabili e di incremento dell'efficienza energetica in impianti di piccole dimensioni e mirava a facilitare l'accesso a tali contributi per imprese, famiglie e soggetti pubblici. Detti fondi ammontano a 900 milioni di euro, annui, di cui 700 milioni di euro per i privati e 200 milioni di euro per il pubblico, e nell'attuale contingenza risultano essere importantissimi per l'economia nazionale, risultando al momento inutilizzati;
          la sopraddetta norma prevedeva altresì che l'aggiornamento del sistema di incentivi, definiti dall'attuale conto termico, che non ha centrato gli obiettivi in termini di sviluppo dell'efficienza e di utilizzo delle risorse, venisse effettuato entro il 31 dicembre 2014, semplificando le procedure e utilizzando strumenti per favorire l'accesso alle risorse stanziate;
          il 9 gennaio 2015 è stato peraltro emanato il decreto interministeriale (Ministero dello sviluppo economico e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare) che istituisce la cabina di regia per l'efficienza energetica, finalizzata al coordinamento ottimale delle misure e degli interventi di efficienza energetica, e prevista dall'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo 4 luglio 2014, n.  102, di attuazione della direttiva 2012/27/UE. Attualmente, infatti, spesso con una confusione di competenze, sono infatti molteplici gli enti e i ministeri che sono chiamati a confrontarsi con il tema dell'efficienza energetica come, ad esempio, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministero dell'economia e delle finanze e altre strutture centrali e territoriali dello Stato;
          l'importante e strategico accordo europeo del 24 ottobre 2015, sugli obiettivi «pacchetto clima-energia» al 2030, prevede ulteriori traguardi specifici anche per le rinnovabili e l'efficienza energetica al fine di abbattere le emissioni di CO2 del 40 per cento, ovvero di altri gas clima alteranti;
          è altresì importante ricordare che secondo la Consip la spesa energetica per uffici, scuole e ospedali è maggiore di 5 miliardi di euro annui e investendo in efficienza energetica questo valore si può ridurre almeno di un terzo;
          a oggi, secondo quanto risulta all'interrogante e come richiesto dal precedente atto di sindacato ispettivo n.  4/07070 più volte sollecitato, anche questo aggiornamento da parte del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non è stato effettuato e si è in attesa dell'emanazione del decreto ministeriale sul contro termico 2015  –:
          quando il Governo intenda dare seguito a quanto previsto dalla normativa vigente che fissava entro il 31 dicembre 2014 l'aggiornamento del sistema di incentivi definiti dal cosiddetto conto termico emanando il citato decreto interministeriale;
          se il Governo, sulla scorta dell'esperienza già fatta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri con la «Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche» e considerati il recente impegno comunitario e il valore economico-strategico delle politiche di efficientamento energetico, anche in vista dell'importante appuntamento sul clima della Conferenza COP21 di Parigi, intenda valutare l'istituzione di una struttura di missione per l'efficienza energetica in seno alla Presidenza del Consiglio dei ministri. (4-10013)


      FRACCARO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 26 della legge della provincia autonoma di Trento 10 febbraio 2005, n.  1, ha istituito, presso la Cooperativa provinciale garanzia fidi – società cooperativa in sigla Cooperfidi S.c. – uno specifico fondo di rotazione immobiliare a favore di imprese cooperative e agricole, alimentato anche da risorse della provincia, destinato alle operazioni di acquisto, locazione e alienazione di beni immobili o comunque di beni strumentali alla loro attività. Successivamente, con deliberazione n.  2479, del 18 novembre 2005 – da ultimo modificata con deliberazione n.  1149, del 27 maggio 2011 – la giunta della provincia autonoma di Trento, presieduta da Lorenzo Dellai, ha definito i criteri e modalità di gestione di tale fondo di rotazione stabilendo che l'intervento del fondo di rotazione immobiliare ha carattere e natura di intervento straordinario, da attivare esclusivamente nei confronti di imprese cooperative che presentano una situazione gestionale e/o economico-finanziaria di sostanziale difficoltà, in ogni caso ritenuta eccezionale, ed è subordinato alla presentazione di un piano economico-finanziario di generale risanamento;
          l'articolo 26, «Interventi per promuovere il capitale di rischio delle imprese cooperative», della legge provinciale del 12 settembre 2008, n.  16, prevede che al fine di promuovere gli investimenti in capitale di rischio nelle imprese cooperative, la provincia può destinare una quota del fondo previsto dall'articolo 34-bis, comma 1, della legge provinciale n.  6 del 1999 alla partecipazione a un fondo alimentato anche da capitali privati, costituito presso un ente che garantisca una rappresentatività adeguata delle imprese cooperative operanti in provincia di Trento. L'articolo prevede inoltre che qualora gli interventi previsti da questo articolo si configurino come aiuti di Stato ai sensi della disciplina comunitaria, l'efficacia della deliberazione per stabilire i criteri, i limiti e le modalità per la costituzione e per l'utilizzo del fondo sia subordinata, per la parte ad essi relativa, alla decisione di autorizzazione della Commissione europea prevista dall'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
          con delibera 2229 del 28 ottobre 2011, in attuazione dell'articolo 26 della legge provinciale n.  16 del 2008, la giunta provinciale presieduta da Lorenzo Dellai, sulla base di un parere legale espresso al riguardo, ha ritenuto che gli interventi oggetto della medesima deliberazione non costituiscano aiuti di Stato ai sensi del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea; in quanto riconducibili al mercato, in una logica propria di un investitore privato, non necessitando, quindi, di essere notificati alla Commissione europea. In particolare, fra gli altri requisiti, nella delibera si specifica che l'intervento del fondo è rivolto ad un numero indifferenziato di piccole o medie imprese cooperative che non si trovano in difficoltà, secondo il diritto comunitario;
          con delibera della giunta provinciale n.  2343 dell'11 novembre 2011, la giunta provinciale ha approvato, ai fini dell'individuazione dell'ente di cui al comma 1 dell'articolo 26 della legge provinciale 12 settembre 2008, n.  16, il bando di selezione del soggetto gestore del fondo partecipativo e lo schema di convenzione per la regolazione dei rapporti tra la provincia e il soggetto gestore del fondo istituito, ai sensi dell'articolo 26 della legge provinciale 12 settembre 2008, n.  16;
          a seguito di apposita procedura ad evidenza pubblica, è stata designata come gestore del Fondo Partecipativo Promocoop Trentina S.p.a., mediante determinazione n.  530 del 1o dicembre 2011 del dirigente del servizio commercio e cooperazione della provincia autonoma di Trento. Tale designazione ha permesso a Promocoop di sottoscrivere con la provincia di Trento, in data 21 dicembre 2011, una convenzione volta a regolare la gestione del Fondo Partecipativo fino al 31 dicembre 2018 con possibilità di rinnovo quinquiennale;
          dalla relazione di bilancio di Promocoop approvata il 26 aprile 2012 si apprende che il consiglio di amministrazione di Promocoop, integrato di un esperto nominato dalla provincia, con delibera di data 29 dicembre 2011, ha selezionato i progetti di sviluppo di 5 cooperative, tra cui la F.C. Valle del Chiese, e ha ripartito i finanziamenti, a titolo di conferimento nelle cooperative beneficiarie, richiesti per realizzare tali progetti. Nella fattispecie ha deliberato di concedere alla F.C. Valle del Chiese un finanziamento di euro 1.000.000, di cui euro 490.000 corrispondenti a risorse pubbliche erogate al fondo, ed euro 510.000 corrispondenti a risorse private all'interno del movimento cooperativo;
          con nota dell'8 aprile 2014 l'ente gestore del fondo di rotazione immobiliare Cooperfidi S.C. ha segnalato la previsione di un nuovo intervento a favore della F.C. Valle del Chiese S.C. per 1.500.000,00 euro;
          con deliberazione n.  1037 del 23 giugno 2014 la giunta della provincia autonoma di Trento presieduta da Ugo Rossi ha deliberato: di approvare il programma di attività per l'anno 2014 proposto dall'ente gestore (Cooperfidi s.c.) a valere sul fondo di rotazione immobiliare che ripropone alcuni interventi già individuati nel programma 2012-2013 non ancora conclusi tra i quali un intervento a favore della F.C. Valle del Chiese per un valore di 1.500.000,00 euro; di subordinare l'attivazione degli interventi approvati dalla giunta provinciale ed il precedente (n.  2817 di data 14 dicembre 2012) al completamento, da parte dell'ente gestore (Cooperfidi s.c.), dell'istruttoria tecnica ed in particolare alla verifica della sostenibilità economica del piano di risanamento proposto da ciascun ente cooperativo, anche – qualora necessario – attraverso modalità e procedure rafforzate secondo quanto previsto dall'ordinamento e successivamente verificate dalla provincia; di subordinare altresì l'attivazione dell'intervento a favore di F.C. Valle del Chiese al versamento, da parte dell'ente cooperativo, della quota di capitale sociale (dotazione pubblica) sottoscritta a valere sul fondo partecipativo di cui alla legge provinciale 12 settembre 2008, n.  16 (articolo 26);
          da notizie di stampa del 26 marzo 2015 si è appreso che la Commissione europea avrebbe manifestato preoccupazione sull'uso del fondo partecipativo, istituito al fine di intervenire nella capitalizzazione delle cooperative per realizzare progetti di sviluppo. Si tratterebbe di una forma di aiuti di Stato, concessi in contrasto con le norme sulla concorrenza. Per tali ragioni avrebbe chiesto chiarimenti agli uffici provinciali, con particolare riferimento all'intervento a valere sul Fondo partecipativo di 1 milione di euro (di cui 490.000 euro provenienti dalla provincia), a favore della F.C. della Valle del Chiese per sostenere un investimento, nonostante fosse un'azienda in difficoltà. Inoltre, la Commissione ha chiesto chiarimenti per capire le ragioni che hanno portato ad un secondo intervento, nel giugno 2014,quando la situazione della F.C. della Valle del Chiese, dopo aver chiuso in perdita i bilanci del 2010 (-126.000 euro), del 2011 (-370.000 euro) e del 2012 (-226.000 euro), era peggiorata ulteriormente nel 2013 (perdita di 132.000 euro), utilizzando il Fondo di rotazione immobiliare  –:
          se, ai sensi dell'articolo 20, paragrafo 3, del regolamento (CE) n.  659/1999, del Consiglio del 22 marzo 1999, il Governo sia stato informato dalla Commissione europea dell'attività di verifica del presunto aiuto illegale o della presunta attuazione abusiva di aiuti nell'uso del fondo partecipativo a favore di un'unica tipologia di operatori discriminando gli altri;
          se il Governo abbia proceduto, per quanto di competenza, ad acquisire elementi circa il presunto aiuto di Stato concesso alla Famiglia cooperativa della Valle del Chiese mediante fondi pubblici della provincia autonoma di Trento e la compatibilità con il mercato interno, e quali iniziative di competenza intenda adottare per la mancata notifica alla Commissione europea degli interventi contenuti nella delibera n.  2229 del 28 ottobre 2011. (4-10014)


      TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          i principi costitutivi dell'Unione europea tutelano il diritto di espressione del pensiero e il diritto di parola e ne garantiscono la loro libera diffusione;
          infatti, riprendendo i principi sanciti dall'articolo 21 della Costituzione, «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione»; sia la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, sia la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo a cui la stessa Carta fa esplicito riferimento (articolo 19 e 29), sia l'articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, sia l'articolo 11 della Carta di Nizza, tutelano e disciplinano il diritto alla libertà di espressione dei cittadini comunitari;
          nella dichiarazione universale dei diritti umani si legge «Chiunque ha il diritto alla libertà di opinione ed espressione; questo diritto include la libertà a sostenere personali opinioni senza interferenze ed a cercare, ricevere, ed insegnare informazioni e idee attraverso qualsiasi mezzo informativo indipendentemente dal fatto che esso attraversi le frontiere»;
          il 3 luglio 2015 su segnalazione di diversi utenti l'interrogante si accorgeva che un proprio post contenente un video pubblicato sul social-network «Facebook», non era più visibile dal territorio francese;
          l'interrogante chiedendo spiegazioni a Facebook, riceveva la seguente motivazione: «il video contenuto nel suo post è stato caricato per denunciare le azioni dei due combattenti che lanciano un appello alla Jihad, il post non è contrario agli standard della comunità di Facebook. Tuttavia, abbiamo reso il video inaccessibile in Francia a seguito di un ordine di rimozione proveniente dalle Autorità Francesi»;
          il video è stato diffuso dalla trasmissione televisiva «Servizio Pubblico» il 16 febbraio 2015 ed è tuttora presente nel suo sito web ufficiale della trasmissione (http://www.serviziopubblico.it) e risulta – contrariamente al post dell'interrogante – accessibile dalla Francia;
          il link postato dall'interrogante conteneva oltre al filmato anche il pensiero politico del parlamentare contro il terrorismo con un richiamo all'intervento tenuto nell'aula di Montecitorio  –:
          se il Governo non ritenga di dover chiedere spiegazioni alle autorità francesi in merito a quello che appare un evidente episodio di censura compiuto nei confronti di un parlamentare italiano, episodio tanto più ingiustificato perché rivolto esattamente a contrastare quel fenomeno del reclutamento di giovani europei da parte dell'Isis che, a parole, le stesse autorità francesi dicono di voler combattere. (4-10022)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


      REALACCI e KRONBICHLER. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il glifosato è il principio attivo più usato al mondo negli erbicidi diserbanti. Fa parte dei cosiddetti erbicidi totali — quelli che agiscono su tutte le specie vegetali, e pertanto sugli infestanti sia mono sia dicotiledoni. Il glifosato è un prodotto del gruppo americano Monsanto, che finora vende erbicidi con glifosato sotto il nome di Roundup. Nella prassi il glifosato non è usato come principio attivo unico, ma in combinazione con agenti bagnanti (tensioattivi), che aumentano in modo mirato la velenosità dell'erbicida;
          la IARC (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) il marzo 2015 ha classificato il glifosato come «probabilmente cancerogeno per l'essere umano». Per questo la ISDE (International society of doctors for environment) ha chiesto al Parlamento europeo e alla Commissione europea di bandire la produzione, il commercio e l'utilizzo di queste sostanze su tutto il territorio europeo;
          i rischi causati da questo principio attivo sono ormai noti. Al riguardo bisogna ricordare che recentemente, in Germania, si è riusciti a rilevare la presenza di glifosato e dei suoi metaboliti nella popolazione in generale — non solo nell'urina ma anche nel latte materno;
          alcuni Paesi hanno già rinunciato all'uso del glifosato. In Danimarca l'uso dei glifosati è vietato già dal 2003. In Francia la ministra francese dell'Ecologia Ségolène Royal ha vietato l'uso dell'erbicida più famoso al mondo nei giardini privati e nelle aree verdi pubbliche;
          in Italia, ancora, gli erbicidi sono acquistabili anche da clienti privati. Ciò è allarmante, considerati i succitati rischi derivanti da un loro utilizzo non professionale. Molte aziende tedesche (gruppo Rewe), ma anche centri di bricolage e catene di supermercati svizzeri (Coop e Migros) hanno deciso di non vendere più glifosati e prodotti che li contengono, a tutela dei clienti privati;
          inoltre alcuni comuni italiani usano ancora erbicidi ai margini di strade e piazze. Anche in questi casi il glifosato può contaminare i passanti ovvero le persone prive di un'adeguata protezione  –:
          se il Governo, alla luce di quanto esposto in premessa non intenda assumere iniziative per:
          a) vietare l'uso del glifosato e di prodotti contenenti glifosato su tutte le aree pubbliche e da parte di strutture pubbliche (società, associazioni, comuni, istituti di ricerca e altro);
          b) far sì che il glifosato e i prodotti contenenti glifosato non possano essere venduti a clienti privati e utenti non professionali, né possano essere da essi utilizzati. (4-10012)


      GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la laguna di Orbetello è una laguna costiera della Toscana, la cui estensione è di circa 27 chilometri quadrati;
          la laguna è un ambiente ad alto rischio a causa dello scarso apporto di acqua dal mare e dell'immissione di scarichi ricchi di nitrati e di sali di potassio, provenienti dalle colture agricole, che hanno determinato il proliferare delle alghe, e il conseguente impoverimento di ossigeno;
          per consentire la protezione della laguna sono stati emanati numerosi provvedimenti di legge ed è stato istituito un apposito commissario del Governo;
          oggi parte della laguna di Ponente è protetta nell'Oasi del WWF della riserva naturale Laguna di Orbetello di Ponente e del bosco di Patanella, e sull'area insiste anche la riserva naturale Laguna di Orbetello, in gestione alla provincia di Grosseto e la zona di protezione speciale (ZPS) «Laguna di Orbetello»;
          la regione Toscana ha affidato ad ARPAT l'attività di monitoraggio sulla Laguna, e il bollettino del mese di giugno 2015 emesso da tale ente ha evidenziato la mancanza per l'intero mese dell'introduzione di acque fresche dalle idrovore, per motivi tecnici, fatto che ha determinato un innalzamento della temperatura dell'acqua lagunare non mitigato dall'apporto di acque esterne;
          la laguna è una zona umida di importanza internazionale secondo la Convenzione di Ramsar, al cui interno nidificano o transitano di passaggio molte specie di uccelli, fra i quali si ricordano il cavaliere d'Italia, il fenicottero rosa, l'airone bianco maggiore, il falco pescatore, la spatola, l'avocetta, il cormorano e varie specie di anatre;
          è di pochi giorni fa la notizia di una estesa moria di pesci nella laguna, con migliaia di esemplari di Orata, allevati nelle acque dello stagno lagunare, che hanno cominciato a morire a causa di un mix di temperature delle acque interne elevate, di temperature marine dell'acqua in entrata nella Laguna anch'esse elevate e di una carenza di ossigeno dovuta ad alcuni fenomeni distrofici (fermentazione delle alghe) che hanno caratterizzato soprattutto lo specchio di Levante, quello dove attualmente non è funzionante il nuovo programma istituzionale di intervento;
          la laguna di Orbetello è un'importante realtà economica della zona, e alcuni giornali riportano la notizia che si sarebbe già realizzato un danno economico di oltre dieci milioni di euro  –:
          se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere in merito. (4-10020)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          le sentenze della Corte di Cassazione 14225 e 14226 pubblicate l'8 luglio 2015 escludono l'applicabilità dell'esenzione ICI ad una scuola pubblica paritaria non lucrativa in ragione della presunta natura commerciale delle modalità con la quale la medesima svolge le sue pubbliche funzioni;
          pur vedendosi in materia ICI per avvisi di liquidazioni afferenti agli anni 2004-2009, la Corte ha scelto di utilizzare, a fini della motivazione della decisione, la normativa intervenuta nel 2012 da parte del Governo Monti per superare i sollevati dubbi di non conformità alla normativa europea in materia di aiuti di Stato della disciplina delle esenzioni in materia di imposta comunale sugli immobili;
          la Corte fa menzione dell'articolo 91-bis del decreto-legge n.  1 del 2012 che aveva esteso l'esenzione limitatamente alle attività, seppure fiscalmente commerciali, ma svolte con modalità non commerciali. Il richiamo normativo è però, ad avviso degli interpellanti, del tutto incompleto: manca, ed è grave, il decreto ministeriale n.  200 del 2012. Il quale ha descritto con efficacia e nei dettagli quando un'attività didattica anche di natura fiscalmente commerciale è svolta con modalità non commerciali;
          l'articolo 4 del citato decreto dispone infatti che «Lo svolgimento di attività didattiche si ritiene effettuato con modalità non commerciali se:
              a) l'attività è paritaria rispetto a quella statale e la scuola adotta un regolamento che garantisce la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni;
              b) sono comunque osservati gli obblighi di accoglienza di alunni portatori di handicap, di applicazione della contrattazione collettiva al personale, docente e non docente, di adeguatezza delle strutture agli standard previsti, di pubblicità del bilancio;
              c) l'attività è svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con lo stesso;
          inoltre, nel modello di istruzioni delle dichiarazioni dei redditi derivanti da attività fiscalmente commerciali degli enti non commerciali, si fa riferimento con chiarezza mediante il rinvio all'indirizzo web http://hubmiur.pubblica.istruzione.it alla determinazione del costo medio studente (che non è ancora il costo standard, ma ne è il progenitore) per stabilire la modalità non commerciali dell'attività didattica. In sostanza, si stabilisce che se il corrispettivo medio è inferiore o uguale al costo medio per studente significa che l'attività didattica è svolta con modalità non commerciali e quindi non è assoggettabile ad imposizione IMU;
          di tutto questo apparato normativa non vi è traccia nelle motivazioni della Corte di cassazione. Si è saltato a piè pari e pure frettolosamente, nelle motivazioni in parola, tutto lo sforzo fatto dal legislatore al fine di definire come un'attività economica, secondo la definizione del diritto europeo, possa essere svolta con modalità non commerciale e cioè fuori da un mercato e quindi fuori da un contesto di concorrenza;
          le scuole paritarie pubbliche non lucrative certamente operano fuori dal mercato, atteso semmai che lo spazio concorrenziale è interesse delle scuole private. Le scuole pubbliche paritarie fanno servizio pubblico e lo fanno proprio laddove il pubblico statale non arriverebbe mai. Lo fanno per bambini ricchi e bambini poveri. Per bambini cattolici, valdesi, ebrei e musulmani. Lo fanno per tutti i bambini;
          di qui la necessità, tornando al caso di specie, che vi sia una corretta pronuncia da parte della commissione tributaria regionale della Toscana cui la Cassazione ha rinviato il giudizio che dovrà decidere definitivamente la vicenda tutta da valutarsi nell'ambito della visione europea;
          in verità è proprio la visione europea che detta la soluzione di fondo: lo Stato si accolla il pagamento di tutto il servizio pubblico, compreso quello paritario, mediante la individuazione del costo standard in materia di servizi pubblici essenziali quale appunto è quello dell'istruzione e con la conseguente determinazione e attribuzione della quota capitaria (ora prevista dalla delega di cui al comma 181 della legge n.  107 del 2015, «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigente») per studente da conferirsi a tutti gli istituti scolastici pubblici e quindi anche a quelli paritari;
          oggi circa un milione di studenti risulta iscritto presso uno degli oltre 13 mila istituti scolastici paritari  –:
          quali iniziative urgenti, anche di tipo normativo, intenda adottare al fine di evitare ulteriori interpretazioni non aderenti al chiaro dettato normativo citato in premessa e per accelerare l'attribuzione della quota capitaria prevista della delega di cui al comma 181 dell'articolo 1 della legge n.  107 del 2015, anche al fine di evitare conseguenze negative sul piano della tenuta dei conti pubblici, derivanti dal dover far fronte all'ingresso di circa un milione di studenti, attualmente iscritti nel sistema scolastico paritario, che potrebbero vedere le loro attuali scuole chiudere per effetto delle citate sentenze o dover pagare rette molto più alte rispetto agli attuali costi medi per studente individuati dal Ministero.
(2-01049) «Gigli, Rubinato, Sberna, Dellai».

Interrogazioni a risposta immediata:


      LUPI, BINETTI, PAGANO e CALABRÒ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          le scuole paritarie e quelle statali per legge sono parte integrante del sistema pubblico, in quanto entrambe svolgono un servizio pubblico;
          la sentenza della Corte di cassazione sul pagamento dell'imu da parte delle organizzazioni no profit, previsto da una norma del Governo Monti, segnala una difficoltà interpretativa nel caso delle scuole paritarie;
          le 13.500 scuole paritarie ospitano un milione e 300 mila studenti, su un totale di 9 milioni di studenti presenti in Italia (10 per cento della popolazione scolastica nazionale): a fronte dei 520 milioni di euro che esse ricevono, lo Stato risparmia 6 miliardi e mezzo di euro;
          il sistema scolastico italiano sopporta una spesa annua di oltre 50 miliardi di euro, con un costo per studente di circa 6.800 euro;
          ogni alunno delle paritarie, invece, costa annualmente allo Stato una cifra compresa tra 600 euro nella scuola dell'infanzia e 50 euro nella scuola di secondo grado;
          in Francia, il 17 per cento degli studenti frequenta scuole non statali, con un costo annuale per alunno di circa 3.400 euro, contro i 4.600 euro della scuola statale;
          in Spagna, grazie agli aiuti statali, la scuola paritaria (frequentata dal 30 per cento dei ragazzi) è pressoché gratuita e costa all'amministrazione spagnola circa 2.771 euro per studente, diversamente dalla pubblica che costa ne 6.657;
          il Governo italiano, a seguito di osservazioni sollevate dall'Unione europea su presunti aiuti di Stato nell'esenzione dall'imu per le scuole paritarie ed in generale per tutto il no profit, già un anno fa, attraverso un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, ha stabilito che l'imu venisse pagata soltanto se le rette superavano il costo medio per studente, fissato dallo stesso Ministero dell'economia e delle finanze, in quanto doveva quantificare i parametri entro i quali considerare come simbolica la retta pagata, evitando così possibili sanzioni europee –:
          quali iniziative il Governo intenda intraprendere a fronte della sentenza della Corte di cassazione sulle scuole paritarie (nei confronti della quale sono state sollevate da più parti critiche basate sulla convinzione che la medesima discrimini questo tipo di istituti e generi una pericolosa diseguaglianza), ripartendo quindi da quanto stabilito dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze di un anno fa e di cui all'ultimo punto della premessa. (3-01648)


      SORIAL, CASO, BRUGNEROTTO, CARIELLO, CASTELLI, COLONNESE e D'INCÀ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          sembra che a Bruxelles in questi giorni si stia discutendo dell'ipotesi di una «eurotassa», una nuova imposta che alimenti un bilancio comune dell'eurozona, promossa, come riporta il settimanale Der Spiegel, dal Ministro delle finanze tedesco Wolfang Schaeuble, e che il Ministro interrogato stia valutando con interesse tale proposta;
          il dibattito è scaturito dall'idea del Ministro Schaeuble di creare un bilancio dell'unione monetaria separato da quelli nazionali, con un superministro dell'eurozona dotato del potere di gestire il bilancio ed eventualmente di imporre un'eurotassa per alimentarlo;
          il piano di Schaeuble prevede che gli Stati dell'eurozona (eventualmente anche gli altri membri dell'Unione europea) devolvano parte delle risorse riscosse con l'iva e l'irpef a livello nazionale a un fondo europeo, oppure, non si sa se in alternativa o come operazione aggiuntiva, potrebbe essere introdotta una tassa addizionale sull'irpef, sull'iva o su altre forme di imposizione, con aliquote e criteri da decidere su basi nazionali differenziate, per finanziare appunto il nuovo fondo europeo; la gestione sovrana di queste entrate verrebbe delegata a un nuovo alto dirigente dell'Unione europea, una sorta di superministro delle finanze dell'eurozona;
          un portavoce della Commissione europea ha dichiarato che: «L'idea di un'eurotassa è interessante e vale la pena esplorarla», riferendosi anche ad un dossier più corposo, il rapporto sul futuro dell'unione monetaria dei cinque presidenti (Jean-Claude Juncker, Mario Draghi, Jeroen Dijsselbloem, Donald Tusk e Martin Schultz), che presenterebbe i «piani ambiziosi» dell'Unione europea per raggiungere un'unione monetaria completa;
          secondo Elmar Brok, veterano dei parlamentari europei della Cdu-Csu tedesca (il partito di Merkel e Schaeuble): «L'eurozona deve riflettere sulla possibile necessità di riscuotere una sua propria tassa. Occorre un nuovo meccanismo di stabilizzazione fiscale per l'area della moneta unica»;
          il Ministro interrogato ha dichiarato al Financial Times: «Dobbiamo andare diretti verso l'unione politica. Per avere una vera e propria unione economica e monetaria serve un'unione di bilancio, con una politica fiscale comune»;
          anche il Vice Ministro dell'economia e delle finanze Enrico Morando ha commentato la notizia di una possibile «eurotassa», dicendo che: «Se l'eurotassa è collegata ad un progetto di integrazione politica e soprattutto ad un effettivo progetto di integrazione sul versante della politica fiscale, allora è una proposta da prendere in considerazione», aggiungendo che «da tanto tempo invochiamo una politica fiscale a dimensione europea»;
          sembra che una commissione apposita, sponsorizzata da Schaeuble e dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, stia lavorando sulla riforma del finanziamento del budget europeo già da un anno e che a guidare tale task force di esperti, che si occuperà anche dell'eventuale introduzione dell’«eurotassa», sia l'ex Presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti –:
          se il Ministro interrogato non consideri necessario ed urgente chiarire la posizione del Governo in merito all’«eurotassa» di cui in premessa, spiegando, altresì, di cosa si tratti in maniera dettagliata e da dove eventualmente si pensi di attingere le risorse necessarie, e quali provvedimenti di propria competenza intenda adottare per scongiurare che tale manovra non costituisca una nuova vessazione fiscale ai danni dei cittadini italiani. (3-01649)


      RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, GIORGIA MELONI, NASTRI, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          negli scorsi giorni su tutti i maggiori quotidiani è stata pubblicata la notizia della proposta, avanzata dal Ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, di introdurre una tassa europea;
          secondo la proposta di Schaeuble, la Germania e gli altri Stati dell'eurozona, ma eventualmente anche gli altri membri dell'Unione europea, dovranno devolvere una parte delle risorse riscosse attraverso l'iva e l'irpef a livello nazionale a un fondo europeo, oppure introdurre una tassa addizionale, con aliquote e criteri da decidere su base differenziata per le singole nazioni;
          sempre secondo le notizie riportate dalla stampa la gestione del fondo europeo così costituito ed alimentato sarebbe delegata a un alto dirigente dell'Unione europea e, quindi, ad una personalità tecnica e non politica;
          di pari passo con il supposto rafforzamento politico che deriverebbe all'Unione europea dall'introduzione e gestione del fondo dovrebbe concretizzarsi anche un ruolo più forte di Commissione europea e Parlamento europeo;
          sarebbe già al lavoro una task force incaricata di studiare le modalità per l'introduzione dell'eurotassa –:
          di quali elementi disponga in merito alla notizia di cui in premessa e quale sia l'orientamento del Governo al riguardo.
(3-01650)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
          l'ondata di calore che costantemente, da oltre un mese, interessa l'intero territorio nazionale, sta causando gravi disagi all'interno delle strutture carcerarie, con conseguenti difficoltà fisiche dei detenuti negli spazi detentivi, dal punto di vista della vivibilità e conseguentemente anche della salute;
          al riguardo, gli interpellanti segnalano che i recenti casi di suicidio all'interno del carcere Regina Coeli di Roma di due detenuti, a cui si associa anche il decesso di un altro avvenuto nel carcere fiorentino di Sollicciano, a causa di un infarto, s'inquadrano all'interno di una serie di concause fra le quali, oltre al numero degli agenti penitenziari, sotto organico e alla presenza insufficiente di psicologi per l'assistenza dei detenuti, si segnala anche e soprattutto il perdurare dell’«emergenza caldo» che ha fatto aumentare in modo significativo le segnalazioni di sofferenza e preoccupazione da parte del detenuti, dei loro familiari e dei legali;
          gli interpellanti segnalano, altresì, come la lettera inviata dal Garante dei diritti delle persone private della libertà personale di Parma, al direttore generale dell'Ausl di Parma e al direttore degli istituti penitenziari della medesima città, nella quale sollecita misure per facilitare le condizioni di vita dei detenuti, a causa delle condizioni climatiche estremamente disagevoli, sia indicativa ed eloquente nell'evidenziare le condizioni attuali delle carceri italiane, già di per sé complesse e che possono esacerbare situazioni di forte pressione dei detenuti;
          l'adozione di misure tempestive in grado di fronteggiare le numerose criticità che investono le strutture penitenziarie italiane ed in particolare quelle legate all'eccezionale «criticità caldo», che persiste su tutte le aree geografiche della penisola, risulta pertanto, a giudizio degli interpellanti, indispensabile ed opportuna, al fine di porre rimedio ad una situazione divenuta oramai invivibile che lede la dignità umana  –:
          quali iniziative urgenti e necessarie si intendano intraprendere al fine di contrastare l'eccezionale ondata di calore che sta determinando gravissime ripercussioni sulla salute dei detenuti all'interno delle carceri italiane, il cui sovraffollamento contribuisce negativamente ad aumentare l'invivibilità degli spazi detentivi;
          se ritenga condivisibili le indicazioni contenute nella lettera del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale di Parma, in precedenza richiamata, finalizzate all'introduzione di misure volte a facilitare le condizioni di vita dei detenuti, in considerazione del perdurare dell’«emergenza caldo» e, in caso affermativo, come intenda estendere tali interventi a tutte le strutture penitenziarie del Paese.
(2-01050) «Palmizio, Brunetta, Gelmini, Longo, Riccardo Gallo».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      ZAMPA, FABBRI, LENZI e CARLO GALLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          la vicenda che ha riguardato, a cominciare dal 2011, la direttrice dell'istituto penitenziario minorile di Bologna, dottoressa Paola Ziccone, si è conclusa il 21 luglio 2015 con l'annullamento di tutte le sanzioni a carico dell'ex direttrice;
          la vicenda è stata oggetto — nel tempo — di numerose interrogazioni che segnalavano quanto stava avvenendo a Bologna. In tali atti di sindacato ispettivo veniva evidenziata l'opportunità di un intervento da parte del Ministero della giustizia al fine di evitare ulteriori danni alle casse dello Stato nonché se tale vicenda non si configurasse come una persecuzione ai danni della dottoressa Paola Ziccone e insieme come un grave danno alle istituzioni  –:
          a chi saranno imputate le spese sostenute fino ad oggi per l'azione legale condotta nei confronti della dottoressa Paola Ziccone;
          quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda utile assumere nei confronti di chi ha procurato grave danno;
          come si intenda procedere al fine di individuare i responsabili dei gravi fatti accaduti al Pratello, già accertati nel dicembre 2011 dal dipartimento di giustizia minorile a seguito di una ispezione all'istituto penitenziario minorile di Bologna che fece emergere episodi reiterati di violenze di agenti nei confronti dei detenuti, di detenuti «forti» contro detenuti «deboli» fra le quali una violenza sessuale, tutti fatti accaduti dopo la sospensione della dottoressa Ziccone il 29 agosto 2011;
          se non si ritenga necessario individuare una forma di «risarcimento morale» nei confronti della dottoressa Paola Ziccone per i gravi danni, morali e materiali subiti;
          se non si ritenga urgente reintegrare la direttrice dottoressa Paola Ziccone nel suo ruolo a capo dell'istituto penitenziario minorile di Bologna. (5-06163)

INTERNO

Interrogazione a risposta immediata:


      PISICCHIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nell'ultima tornata elettorale, così come in molte altre precedenti, è accaduto che il risultato di alcune assemblee regionali andate al voto fosse reso noto soltanto ventiquattro ore dopo la chiusura dei seggi, a causa delle lungaggini delle operazioni di scrutinio;
          né può essere trascurata la circostanza che ogni tornata elettorale, celebrata con l'arcaico sistema dell'apposizione del voto su scheda mediante matita copiativa, porti con sé strascichi polemici sulle presunte irregolarità e sugli errori materiali riscontrati nei verbali degli uffici di sezione, confermando l'opinione dell'insufficienza delle attuali procedure e della loro inidoneità a garantire la sicurezza delle operazioni di voto;
          c’è, inoltre, da considerare, l'ingente dispendio di risorse per allestire i tradizionali sistemi di voto, valutabili in diverse centinaia di milioni di euro per ogni turno  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga utile assumere iniziative per introdurre il sistema di voto elettronico presente in molti Paesi democratici. (3-01647)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      ARTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          in data 21 luglio 2015 il prefetto di Roma Franco Gabrielli ha disposto la gestione straordinaria e temporanea, ai sensi dell'articolo 32, comma 10, del decreto-legge n. 90 del 2014, con riferimento esclusivamente ai contratti pubblici di appalto in corso di esecuzione o di completamento di cui è titolare il Gruppo La Cascina;
          tra gli appalti commissariati ne spiccano 26 aggiudicati dal comune di Roma e da Roma Capitale in favore di società riconducibili al gruppo La Cascina nel periodo compreso tra il 2014 e il 2015, con la giunta del sindaco Marino;
          tali appalti hanno come data di repertorio il 2015, e precisamente: sono stati affidati da Roma Capitale Dipartimento Politiche Sociali a:
              1) Casa della Solidarietà Consorzio di Coop. Sociali e riguardano:
                  a) la Struttura di Accoglienza di via Salaria: repertorio 1544 del 30 aprile del 2015 – Servizio di vigilanza – servizio di trasporto scolastico minori residenti presso la struttura – servizio di accoglienza e pasti;
                  b) la Struttura di via Amarilli: repertorio 1544 del 30 aprile del 2015 – servizio di accoglienza per nomadi sgomberati;
                  c) la Struttura di via Torre Morena: Repertorio 1543 del 30 aprile del 2015;
                  d) il Centro via Scorticabove: repertorio 1855 del 29 maggio 2015 – servizio di accoglienza popolazione immigrata;
              2) Ati Con Domus Caritatis:
                  a) repertorio 1834 del 28 maggio del 2015 – centro accoglienza immigrati Via Domanico;
          sei di tali appalti hanno come data di repertorio il 2015, e precisamente sono stati affidati da Roma Capitale Dipartimento Politiche Sociali a: Domus Caritatis Soc. Cooperativa Sociale:
              1) centro di accoglienza immigrati Serra San Bruno: repertorio 1855 del 29 maggio 2015;
              2) centri interculturali: repertorio 2185 del 25 giugno del 2015 largo Piccola Lourdes; via Martino Martini; via Acque Salvie; via Saraceni; via San Leo;
              3) centri di accoglienza: repertorio 1834 del 28 maggio del 2015 via Casilina, via di Passolombardo;
              4) centro di accoglienza Toraldo: repertorio 1551 del 30 aprile del 2015;
              5) servizio accoglienza minori: repertori: 2099 del 19 giugno del 2015 e 1994 del 12 giugno del 2015 via della Riserva Nuova; Fosso dell'Osa;
              6) centro Alzheimer Le Betulle accoglienza, trasporto e pasti: repertorio 2113 del 19 maggio del 2015;
          uno dei suddetti appalti ha come data di repertorio il 2015, e precisamente è stato affidato da Roma Capitale Dipartimento Politiche Sociali a: Domus Caritatis in RTI con Coop. Soc. Mediterranea per il Servizio di assistenza domiciliare presso struttura Casa di Riposo Roma 3 Repertorio 2029 del 15 giugno del 2015;
          uno dei suddetti appalti ha come data di repertorio il 2015, e precisamente è stato affidato da Roma Capitale Dipartimento Politiche Sociali a Osa Mayor Coop. Sociale arl onlus per l'Accoglienza presso struttura Via Cipiriello repertorio 1552 del 30 aprile 2015;
          uno dei suddetti appalti ha come data di repertorio il 2015, e precisamente è stato affidato da Roma Capitale Dipartimento Politiche Sociali a Vivenda Spa per il Servizio di ristorazione presso strutture residenziali semiresidenziali per anziani repertorio: 1492 del 27 aprile 2015;
          dieci dei suddetti appalti hanno ad oggetto il periodo compreso tra il 7 gennaio 2014 e il 30 giugno 2017, e precisamente sono stati affidati da:
              1) Comune di Roma Dipartimento servizi educativi e sociali giovani e pari opportunità a La Cascina Global Service per il servizio per le Scuole primarie e secondarie di primo grado di Roma Capitale Periodo 07 gennaio del 2014 – 30 giugno del 2017 – Lotti 11 – Repertorio 12704 del 16 ottobre del 2014 Municipio III – Lotti aggiudicati:
              2) Comune di Roma Dipartimento servizi educativi e sociali giovani e pari opportunità a Vivenda scuole primarie e secondarie di primo grado di Roma Capitale periodo 07 gennaio del 2014 – 30 giugno del 2017 – Lotti 11 – Repertorio 12699 del 2 ottobre del 2014 Municipi II e VII – Lotti aggiudicati: 5 Municipi VIII e IX – Lotti aggiudicati: 7;
              3) Comune Di Roma dipartimento servizi educativi e sociali giovani e pari opportunità a RTI CNS/Cascina Global Service Scuole primarie e secondarie di primo grado di Roma Capitale situazione autogestioni – periodo 07 gennaio del 2014 – 30 giugno del 2017 Municipio II – 7 C.D. Montessori St. Compr. L. Settembrini St. Compr. Volsinio Mun.  III – Et. Compr. A. Sordi;
              4) Comune Di Roma Dipartimento servizi educativi e sociali giovani e pari opportunità a Coop. di Lavoro Solidarietà e Lavoro Soc. Coop./La Cascina Global Service Scuole primarie e secondarie di primo grado di Roma Capitale, situazione autogestioni – periodo 07 gennaio del 2014 – 30 giugno del 2017 Mun.  II – Ist. Compr. Fratelli Bandiera Mun.  IX – Ist. Compr. De Finetti;
              5) Comune Di Roma Dipartimento servizi educativi e sociali giovani e pari opportunità all'ATI Coop. Solidarietà e Lavoro La Cascina Global Service scuole primarie e secondarie di primo grado di Roma Capitale Situazione Autogestioni – Periodo 07 gennaio del 2014 – 30 giugno del 2017 Mun.III St. Compr. Val Maggia Mun.  IV – Ist.Compr. Via Merope Mun.  VII – Ist.Compr. Montalcini Mun.  IX – Ist. Compr. P.R.Formato Ist. Compr. D. Buzzati Mun.  X – Ist. Compr. Mar dei Caraibi;
              6) Comune Di Roma Dipartimento servizi educativi e sociali giovani e pari opportunità all'ATI Coop.Solidarietà e Lavoro/Vivenda Spa Scuole primarie e secondarie di primo grado di Roma Capitale Situazione Autogestioni – Periodo 07 gennaio del 2014 – 30.06.2017 Mun.  V – Ist. Compr. Via Ferraironi. Mun.  VII – Ist. Compr. V.le dei Consoli. Mun.  VIII – Ist. Compri Montezemolo. Mun.  XIII – IC Largo san Pio V. Mun.  XIV – IC Via Maffi IC Via F. Bonomeo;
              7) Comune Di Roma Dipartimento servizi educativi e sociali giovani e pari opportunità all'ATI Vivenda Spa/Coop. Solidarietà e Lavoro Scuole primarie e secondarie di primo grado di Roma Capitale Situazione Autogestioni – Periodo 07 gennaio del 2014 – 30 giugno del 2017 Mun.  V – Ist. Compr. Laparelli Mun.  VII d Ist. Compr. Stabilini Mun.  VIII – Ist. Compr. A. Leonori;
              8) Comune Di Roma Dipartimento servizi educativi e sociali giovani e pari opportunità al RTI Coop. Solidarietà e Lavoro/Vivenda Spa Scuole primarie e secondarie di primo grado di Roma Capitale Situazione Autogestioni – Periodo 07 gennaio del 2014 – 30 giugno del 2017 Mun.  VII – Ist. Compr. Via G. Messina Mun.  XI – Ist. Compr. Via Affogalasino IC Via Oratorio Damasiano Mun.  XIV – IC Octavia;
              9) Comune Di Roma Dipartimento servizi educativi e sociali giovani e pari opportunità all'ATI CNS/La Cascina Global Service Scuole primarie e secondarie di primo grado di Roma Capitale Situazione Autogestioni – Periodo 07.01.2014 – 30.06.2017 Mun.  V – Ist. Compr. De Cupis;
              10) Comune Di Roma Dipartimento, servizi educativi e sociali giovani e pari opportunità all'ATI La Cascina Global Service/Coop. Solidarietà e Lavoro Scuole primarie e secondarie di primo grado di Roma Capitale Situazione Autogestioni – Periodo 07 gennaio del 2014 – 30 giugno del 2017 Mun.  IX – Ist. Compr. Orsa Maggiore Mun.  X – Ist. Compr. A. Guttuso IC Via delle Azzorre;
          due dei suddetti appalti hanno come anno di repertorio il 2014 e precisamente sono stati affidati da:
              1) Roma Capitale Dipartimento Politiche Sociali all'Ati ITC Interpreti e i traduttori in Coop. e Domus Caritatis – Servizio Intermediazione interculturale repertorio 3473 del 1o settembre 2014;
              2) Roma Capitale Dipartimento Politiche Sociali alla Domus Caritatis Soc. Cooperativa Sociale – per i Centri accoglienza SPRAR: repertorio 5517 e 5518 di dicembre 2014 n.  3 centri Guidonia; via Codirossoni; via S. Alessio; Pantano; S. Antonio; Gerano; Poseidone; Grottarossa; Centro Paolo Savi  –:
          se il Ministro interrogato ritenga che sussistano i presupposti per assumere iniziative ai sensi degli articoli 141 e seguenti del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n.  267 del 2000.       (5-06165)

Interrogazioni a risposta scritta:


      LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 10 del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n.  217, stabilisce che il ruolo dei capi squadra e dei capi reparto del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è articolato in quattro qualifiche che assumono le seguenti denominazioni: a) capo squadra; b) capo squadra esperto; c) capo reparto; d) capo reparto esperto;
          gli articoli 14 e 17 del citato decreto legislativo n.  217 del 2005 dispongono che la promozione, rispettivamente dalla qualifica di capo squadra e di capo reparto, a quella superiore di «esperto» è conferita a ruolo aperto secondo l'ordine di ruolo a coloro che, alla data dello scrutinio, abbiano compiuto 5 anni di effettivo servizio nella qualifica inferiore e che, nel triennio precedente lo scrutinio medesimo, non abbiano riportato una sanzione disciplinare più grave della sanzione pecuniaria;
          in conseguenza della seduta del consiglio di amministrazione per gli affari concernenti il personale del Ministero dell'interno del 12 aprile 2012, il capo dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, con decreto n.  2027 del 13 aprile 2012, ha disposto la promozione a ruolo aperto ai sensi dell'articolo 14, del predetto decreto legislativo n.  217 del 2005, dalla qualifica di capo squadra alla qualifica superiore di capo squadra esperto, del personale divenuto capo squadra a seguito delle procedure concorsuali aventi decorrenza giuridica 1o gennaio 2006 e 1o gennaio 2007;
          analogamente, in conseguenza della seduta del consiglio di amministrazione per gli affari concernenti il personale del Ministero dell'interno del 14 febbraio 2013, il capo dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, con decreto n.  1143 del 5 marzo 2013, ha disposto la promozione a ruolo aperto ai sensi dell'articolo 14, del predetto decreto legislativo n.  217 del 2005, dalla qualifica di capo Squadra alla qualifica superiore di capo squadra esperto, del personale divenuto capo squadra a seguito delle procedure concorsuali aventi decorrenza giuridica 1o gennaio 2008;
          diverso e deteriore trattamento è stato invece riservato ai vigili del fuoco inquadrati capo squadra a seguito del decreto ministeriale n.  158 del 1o agosto 2012 (bando di concorso a n.  1268 posti di capo squadra del Corpo nazionale dei vigili del fuoco – posti disponibili al 31 dicembre 2008 decorrenza 1o settembre 2009) e del decreto ministeriale n.  159 del 1o agosto 2012 (bando di concorso a n.  660 posti di capo squadra del Corpo nazionale dei vigili del fuoco – posti disponibili al 31 dicembre 2009 – decorrenza 1o gennaio 2010), nonché a quelli inquadrati capo reparto a seguito del decreto ministeriale n.  141 dell'11 luglio 2012 (bando di concorso a n.  338 posti di capo reparto del Corpo nazionale dei vigili del fuoco – posti disponibili al 31 dicembre 2006 – decorrenza 1o gennaio 2007), del decreto ministeriale n.  142 dell'11 luglio 2012 (bando di concorso a n.  528 posti di capo reparto del Corpo nazionale dei vigili del fuoco – posti disponibili – al 31 dicembre 2007 – decorrenza 1o gennaio 2008), del decreto ministeriale n.  143 dell'11 luglio 2012 (bando di concorso a n.  363 posti di capo reparto del Corpo nazionale dei vigili del fuoco – posti disponibili al 31 dicembre 2008 – decorrenza 1o gennaio 2009) e del decreto ministeriale n.  144 dell'11 luglio 2012 (bando di concorso a n.  264 posti di capo reparto del Corpo nazionale dei vigili del fuoco – posti disponibili al 31 dicembre 2009 – decorrenza 1o gennaio 2010);
          in sintesi quindi mentre per i concorsi interni a capo squadra decorrenze 2006, 2007 e 2008 la promozione ad «esperto» è avvenuta computando i 5 anni a decorrere dalla data della rilevazione del posto vacante, con evidente disparità di trattamento, per i concorsi interni a capo reparto dal 2007 in poi e a capo squadra dal 2009 in poi, la promozione ad esperto avverrà computando i 5 anni a decorrere dalla data della promozione a capo squadra (decorrenza economica) e non più dalla data dei posti vacanti (decorrenza giuridica), come specificato nella nota del dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile prot. n.  7375 del 14 luglio 2015, inviata alle organizzazioni sindacali;
          il Conapo sindacato autonomo dei vigili del fuoco con note prot. n.  91/15 del 5 maggio 2015 e prot. n.  176/15 del 15 luglio 2015 ha contestato la differenza di trattamento ed il danno alla carriera per il personale capo squadra decorrenze dal 2009 in poi e capo reparto decorrenze dal 2007 in poi, chiedendo per detto personale misure di equiparazione e parità di trattamento rispetto ai capo squadra decorrenze 2006, 2007 e 2008, se del caso anche legislative, per sanare la grave ingiustizia;
          secondo la predetta organizzazione sindacale, infatti, la locuzione «effettivo servizio» di cui agli articoli 14 e 17 del decreto legislativo n.  217 del 2005 è da intendersi come «servizio comunque prestato» dalla «decorrenza giuridica» della promozione (e non dalla decorrenza economica), riferendosi il legislatore ad eventuali interruzioni del servizio causate da aspettative e/o sanzioni disciplinari; viceversa, non si comprende per quale finalità il legislatore abbia diversificato la «decorrenza giuridica» della promozione dalla «decorrenza economica» (commi 6 e 16 dell'articolo 12 del decreto legislativo n.  217 del 2005), posto che, con l'interpretazione del dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile di cui alla nota prot. n.  7375 del 14 luglio 2015 inviata alle organizzazioni sindacali, la «decorrenza giuridica» delle promozioni verrebbe svuotata da ogni effetto  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno promuovere un'iniziativa normativa che sani la questione ed applichi gli articoli 14 e 17 del decreto legislativo n.  217 del 2005 in maniera uniforme per il personale del Corpo, alla stessa stregua dei personale capo squadra con decorrenze 2006, 2007 e 2008, secondo i princìpi costituzionali di imparzialità e parità di trattamento. (4-10016)


      GUIDESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          come in altre zone del Paese, anche Soresina, un comune in provincia di Cremona di popolazione pari a poco più di 9 mila abitanti, sta sperimentando un sensibile degrado delle proprie condizioni di sicurezza;
          tanto le autorità locali quanto le associazioni che raggruppano i titolari di esercizi commerciali lamentano la sempre più evidente crescita delle violenze, delle intimidazioni e delle risse e chiedono un potenziamento della presenza delle forze dell'ordine, attualmente rappresentate sul territorio solo da una stazione dell'Arma dei carabinieri;
          particolare sensazione ha destato un recente episodio, riportato con dovizia di dettagli dalla stampa locale;
          nella sera del 14 luglio 2015, un cittadino rumeno di 56 anni, già visibilmente ubriaco, è entrato in un bar nella centralissima via Genala di Soresina pretendendo che gli fossero serviti ulteriori alcoolici. Al rifiuto della cameriera, una quarantenne di origini cinesi, di servirlo, il rumeno è passato alle vie di fatto, prima picchiando la barista, che ha poi avuto bisogno delle cure di un ospedale, e quindi scagliando sedie e tavoli contro le vetrine del locale, distruggendole;
          le intemperanze del rumeno sono proseguite fino all'arrivo dei carabinieri sul posto;
          un testimone dei fatti che ha realizzato un video delle violenze, postandolo successivamente sulla propria pagina Facebook, sarebbe stato destinatario di frasi dal contenuto intimidatorio sul social network;
          quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire la legalità e l'ordine almeno nel centro di Soresina, rasserenando cittadini e pubblici esercenti che ormai si sentono alla mercé dei più violenti, e in particolare se giudichi o meno opportuno rinforzare il locale presidio delle forze di polizia, al momento rappresentate soltanto da una stazione dei carabinieri. (4-10021)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
          l'articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica n.  382 del 1980 dispone che «Il personale docente universitario, e i ricercatori che esplicano attività assistenziale presso le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura anche se gestiti direttamente dalle università, convenzionati ai sensi dell'articolo 39, legge 23 dicembre 1978, n.  833, assumono per quanto concerne l'assistenza i diritti e i doveri previsti per il personale di corrispondente qualifica del ruolo regionale in conformità ai criteri fissati nei successivi comma e secondo le modalità stabilite negli schemi tipo di convenzione di cui al citato articolo 39. Dell'adempimento di tali doveri detto personale risponde alle autorità accademiche competenti in relazione al loro stato giuridico»;
          i rapporti fra servizio sanitario nazionale ed università sono disciplinati dal decreto-legge n.  517 del 1999 ed era previsto un periodo sperimentale di quattro anni;
          l'ultimo periodo del comma 16 dell'articolo 1 della legge 4 novembre 2005, n.  230, prevede che «Per il personale medico universitario, in caso di svolgimento delle attività assistenziali per conto del Servizio    sanitario nazionale, resta fermo lo speciale trattamento aggiuntivo previsto dalle vigenti disposizioni; mentre il successivo comma 18 recita: «I professori di materie cliniche in servizio alla data di entrata    in vigore della presente legge mantengono le proprie funzioni assistenziali e primarie, inscindibili da quelle di insegnamento e ricerca e ad esse complementari...»;
          il comma 13 dell'articolo 6 della legge n.  240 del 2010 prevede la possibilità di predisporre lo schema-tipo delle convenzioni con imprese o fondazioni, o con altri soggetti pubblici o privati, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge medesima al quale devono attenersi le università e le regioni per regolare i rapporti in materia di attività sanitarie svolte per conto del servizio sanitario nazionale;
          il combinato disposto del periodo sperimentale, mai iniziato, e della mancata attuazione della citata disposizione, ha creato disparità tra le regioni sulla modalità di stipula delle convenzioni tra università – facoltà di medicina e servizio sanitario nazionale per quanto attiene alla attribuzione dell'attività assistenziale per il personale universitario medico operante nelle aziende ospedaliere universitarie, determinando evidenti disparità nell'attribuzione degli incarichi assistenziali, nella retribuzione economica e nel monte orario, nonché della possibilità di espletamento delle funzioni previste dallo stato giuridico universitario; didattica, ricerca ed attività assistenziale ad esse contigua  –:
          se non ritengano di procedere rapidamente, d'intesa con le regioni, alla predisposizione dello schema-tipo delle convenzioni cui devono attenersi università e regioni come previsto dall'articolo 6, comma 13, della legge n.  240 del 2010;
          se non ritengano di adottare, altresì, iniziative, anche di rango normativo se occorre, in cui venga ribadita la centralità delle università nella formazione pre e post laurea dei laureati in medicina e nelle professioni sanitarie.
(2-01048) «Gigli, Dellai».

Interrogazioni a risposta immediata:


      CAPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il decreto legislativo 17 agosto 1999, n.  368, all'articolo 35, prevede che: «Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, tenuto conto delle relative esigenze sanitarie e sulla base di un'approfondita analisi sulla situazione occupazionale, individuano il fabbisogno dei medici specialisti da formare, comunicandolo al Ministero della sanità e dell'università (...)»;
          il medesimo articolo 35 prevede, inoltre, che «il Ministero della sanità, di concerto con il Ministero dell'università (...) e con il Ministero del tesoro (...), sentita la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, determina il numero globale degli specialisti da formare annualmente, per ciascun tipo di specializzazione»;
          il secondo comma del citato articolo 35 dispone che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, previo parere del Ministero della salute, determina il numero dei posti da assegnare a ciascuna scuola di specializzazione accreditata, tenuto conto della capacità ricettiva e del volume assistenziale delle strutture sanitarie inserite nella rete formativa della scuola stessa;
          il decreto interministeriale 4 febbraio 2015, n.  68, ha disposto il riordino delle scuole di specializzazione in area sanitaria;
          sulla base del fabbisogno individuato dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, tramite il citato articolo 35 del decreto legislativo n.  368 del 1999, con decreto del 20 maggio 2015, il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministero dell'economia e delle finanze, ha determinato nel numero di 6.000 il totale complessivo degli specialisti da formare annualmente per l'anno accademico 2014/2015;
          il medesimo decreto prevede che 5.000 contratti fossero coperti da risorse a legislazione vigente e 1.000 subordinati all'effettiva disponibilità delle risorse conseguenti all'approvazione del disegno di legge di assestamento del bilancio dello Stato per l'esercizio 2015, in quanto da coprire mediante riduzione dei capitoli di spesa dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
          con decreto ministeriale 21 maggio 2015, n.  307, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha provveduto a ripartire tra le diverse scuole di specializzazione istituite presso i singoli atenei i 6.000 contratti di formazione specialistica finanziati con risorse statali per l'anno accademico 2014/2015;
          l'articolo 5, comma 4, del decreto ministeriale 20 aprile 2015, n.  48, prevede che le università possano attivare, in aggiunta ai contratti di formazione finanziati dallo Stato, ulteriori contratti di formazione specialistica coperti con risorse derivanti da donazioni o da finanziamenti di enti pubblici o privati, purché comunicati al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca prima della pubblicazione del bando per il relativo anno accademico;
          facendo riferimento all'articolo sopra citato, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nel decreto ministeriale n.  307 del 2015 ricordato in precedenza, ha comunicato alle regioni le scuole di specializzazione che saranno effettivamente attivate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la ripartizione dei contratti nazionali, fissando, inoltre, il termine del 25 maggio 2015 per la comunicazione dei contratti aggiuntivi finanziati con risorse regionali;
          il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con decreto ministeriale 26 maggio 2015, n.  315, ha indicato i posti disponibili per l'anno accademico 2014/2015 per ciascuna scuola di specializzazione, prevedendo, in aggiunta ai posti coperti con contratti di formazione specialistica finanziati con risorse statali, l'assegnazione di posti coperti con contratti finanziati con risorse statali;
          contrariamente a quando accaduto negli anni precedenti, la regione Sardegna non compare tra quelle che finanziano contratti di formazione medico specialistica;
          come ha notato anche la sede provinciale di Cagliari dell'Associazione italiana dei giovani medici, la mancata previsione di finanziamenti regionali rischia di peggiorare la già grave crisi occupazionale dei medici sardi, costretti a lasciare la regione, se non l'Italia, per poter esercitare la professione;
          per un mero errore di copertura finanziaria, infatti, la regione Sardegna non è stata in grado di finanziare le 24 borse di studio aggiuntive previste;
          la regione è intervenuta, pur con un po’ di ritardo, per rimediare all'errore commesso stanziando i fondi necessari per le borse di studio e chiedendo al Ministro interrogato la riapertura dei termini del bando –:
          se il Ministro interrogato abbia ricevuto ulteriore richiesta da parte della regione Sardegna di riapertura dei termini del bando e, in caso affermativo, cosa intenda fare, per quanto di sua competenza. (3-01643)


      RABINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          con la circolare n.  21 del 14 marzo 2011 venivano fornite indicazioni riguardo alla mobilità dei docenti, istituendo le cosiddette «classi di concorso atipiche» per salvaguardare le dotazioni organiche di ruolo degli istituti in attesa del riordino delle classi di concorso;
          le classi di concorso atipiche sono quelle classi di concorso, come, per esempio, capita per matematica e fisica A049 e matematica A047 per i licei scientifici, che possono insegnare scambievolmente in modo flessibile ed atipico la matematica nelle varie classi del liceo scientifico;
          con le «atipicità» si consente l'insegnamento di una stessa disciplina a docenti titolari su classi di concorso differenti, per cui il titolare di matematica A047 potrebbe insegnare la matematica anche al secondo biennio o dal prossimo anno scolastico anche nelle classi terminali del liceo scientifico;
          allo stesso modo il titolare in matematica e fisica A049 potrà insegnare in verticale la matematica già dal primo biennio;
          le classi di concorso atipiche pongono sullo stesso piano docenti abilitati in graduatorie differenti e che, quindi, non hanno partecipato alle stesse prove di selezione per conseguire l'abilitazione;
          la situazione venutasi a creare sta provocando notevoli tensioni all'interno delle scuole tra i docenti, con conseguenze a discapito del diritto allo studio e all'apprendimento degli studenti;
          con la sentenza n.  4254 del 17 marzo 2015, la III sezione-bis del tribunale amministrativo regionale del Lazio ha nuovamente rilevato la non conformità alla normativa vigente della condotta del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il quale, ancora una volta e secondo le medesime modalità, accorpava classi di materia, riferendosi a docenti che avevano conseguito abilitazioni all'insegnamento secondo il previgente ordinamento disciplinato dal decreto ministeriale n.  39 del 1998 –:
          quale sia l'intenzione del Ministro interrogato riguardo a tale materia, che risulta molto delicata, tenendo conto degli obiettivi molto elevati in termini di competenze che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si attende che raggiungano gli studenti italiani e considerato, inoltre, che si rischia di non riconoscere il merito ai docenti che hanno conseguito abilitazioni che coinvolgono più discipline e che tuttora hanno carichi di lavoro e responsabilità molto elevati.
(3-01644)


      CENTEMERO, PALESE e OCCHIUTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          all'articolo 1, comma 329, della legge di stabilità per il 2015 viene previsto che, a decorrere dal 1o settembre 2015 e in considerazione dell'attuazione dell'organico dell'autonomia, funzionale all'attività didattica ed educativa nelle istituzioni scolastiche ed educative, è abrogato l'articolo 459 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n.  297, in cui è previsto l'esonero o il semiesonero dall'insegnamento;
          nella legge 13 luglio 2015, n.  107, all'articolo 1, comma 83, è previsto che il dirigente scolastico possa individuare nell'ambito dell'organico dell'autonomia fino al 10 per cento di docenti che lo coadiuvano in attività di supporto organizzativo e didattico dell'istituzione scolastica, senza maggiori oneri per lo Stato. Al comma 5 si afferma che l'organico dell'autonomia è funzionale alle esigenze didattiche, organizzative e progettuali della scuola. Pertanto, l'esonero o il semiesonero del vicario del dirigente scolastico viene inserito nell'organico dell'autonomia a valere sui posti del potenziamento. Inoltre, al comma 68 la ripartizione dell'organico dell'autonomia, ripartito tra i diversi ambiti territoriali, è prevista a partire dall'anno scolastico 2016/2017, organico che comprende l'organico di diritto e i posti per il potenziamento, l'organizzazione, la progettazione e il coordinamento dell'istituzione scolastica;
          nella legge 13 luglio 2015, n.  107, nei commi relativi al piano straordinario di assunzioni, in particolare al comma 98, lettera c), viene previsto che in posti della tabella 1 (posti per il potenziamento), che corrispondono a 48.812 posti per il potenziamento e 6.446 posti di potenziamento per il sostegno, siano assegnati con decorrenza giuridica dal 1o settembre 2015 ma durante l'anno scolastico 2015/2016. Le istituzioni scolastiche, pertanto, per l'anno scolastico 2015/2016 non disporranno dell'organico per il potenziamento e, dunque, non dispongono di docenti atti a coprire l'esonero o il semi-esonero del vicario come previsto dalla stessa legge;
          l'esigenza di affiancare il preside prima e il dirigente scolastico poi con un collaboratore è sempre stata riconosciuta, vista la complessità dei compiti e delle responsabilità assegnate al dirigente scolastico anche alla luce dell'articolo 25 del decreto legislativo n.  165 del 2001: «Nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative il dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti»;
          l'anno scolastico 2015/2016 si pone in una fase molto complessa per le istituzioni che si troveranno ad attuare la legge 13 luglio 2015, n.  107, che comporta numerosi cambiamenti organizzativi e strutturali che richiedono la presenza del collaboratore del dirigente scolastico –:
          quali provvedimenti, anche normativi, il Ministro interrogato intenda mettere in atto per garantire alle scuole e ai dirigenti scolastici di avvalersi del collaboratore designato mediante l'utilizzo dell'esonero o del semiesonero. (3-01645)


      FEDRIGA, GUIDESI, BORGHESI, ALLASIA, ATTAGUILE, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il Ministro interrogato ha promesso – in base a quanto riportato dai media – ad alcuni parlamentari di potenziare e generalizzare il consenso informato dei genitori riguardo alle attività extracurriculari introdotte dall'ormai noto comma 16 dell'articolo 1 della legge n.  107 del 2015, di riforma della scuola di recente approvata;
          i progetti ispirati al gender, infatti, potrebbero con facilità essere nascosti dietro una serie di intenzioni apparentemente buone e sarebbe estremamente pericoloso che la scuola possa proporre, ricercando o meno il consenso, teorie gravemente contrarie al bene dei nostri figli, in dispregio del milione di persone che nel mese di giugno 2015 hanno manifestato contro queste iniziative a Piazza San Giovanni;
          in realtà, il problema è più complesso, in quanto la legge rappresenta un micidiale «cavallo di Troia»; tale subdola operazione rischia di avvenire attraverso il rinvio al «Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere». In sostanza, il comma 16 dell'articolo 1 della legge sulla «buona scuola», nell'assicurare «l'attuazione dei princìpi di pari opportunità», rimanda alla legge n.  119 del 2013, che, all'articolo 5, comma 2, impone di «promuovere un'adeguata formazione del personale della scuola alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere e promuovere, nella programmazione didattica curricolare ed extracurriculare delle scuole di ogni ordine e grado, la sensibilizzazione, l'informazione e la formazione degli studenti al fine di prevenire la violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere, anche attraverso un'adeguata valorizzazione della tematica nei libri di testo»;
          il pericolo, ad avviso degli interroganti ma anche a detta di molti esperti nel settore, è nella possibilità di indottrinamento multidisciplinare, che è difficilmente controllabile. Tutti conoscono l'ormai celebre problemino di matematica di «Rosa e i suoi due papà che vanno a comprare tre lattine di the freddo al bar»: si tratta di matematica, non è quindi attività extrascolastica, e su questo la circolare non dà nessuna garanzia –:
          se il Ministro interrogato intenda prendere ufficialmente una posizione volta ad assicurare che nessuna divulgazione di ideologie di annullamento delle differenze sessuali, e di propaganda di un'idea diversa di famiglia che prescinda dall'uomo e dalla donna, venga mai effettuata nel corso delle normali attività curriculari e di assicurare, altresì, che se qualche insegnante prenderà iniziative divulgative simili verrà adeguatamente sanzionato.
(3-01646)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      LOSACCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          in data 20 luglio 2015 si è avuta notizia del decesso in Puglia di un bracciante agricolo sudanese di 47 anni indi un bracciante agricolo sudanese di 47 anni;
          il lavoratore con regolare permesso di soggiorno e che di professione faceva il bracciante sarebbe morto a causa di un malore mentre raccoglieva pomodori in una giornata in cui la temperatura raggiungeva i 40 gradi;
          la procura di Lecce ha aperto un fascicolo per verificare l'accaduto e le circostanze in cui sarebbe avvenuto il decesso;
          in questo periodo dell'anno sono tanti i braccianti impegnati nelle campagne del Mezzogiorno che sfidano temperature roventi e si confrontano con un mercato non sempre regolare in quanto condizionato da fenomeni distorsivi e pericolosi come quello del caporalato;
          sarebbe opportuno che si attivassero maggiori controlli per prevenire drammi come quello descritto che non può essere derubricato a semplice fatto di cronaca  –:
          se e quali iniziative i ministri interrogati intendano promuovere per attivare maggiori controlli e assicurare il rispetto delle regole contrattuali contrastando il caporalato e tutelando la salute dei braccianti. (5-06156)


      BORGHESI e CAPARINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          già con precedente atto di sindacato ispettivo n.  5-04489, si sottoponeva all'attenzione del Governo la crisi della Stefana spa, storica azienda di acciaierie e ferriere con quattro stabilimenti nella provincia di Brescia, due a Nave (sede legale e unità produttiva), uno a Montirone e uno a Ospitaletto, con una forza lavoro i oltre 600 dipendenti;
          in sede di risposta il 29 marzo 2015, il sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali riconosceva che l'impresa «ha dovuto affrontare, nel corso degli ultimi anni, gli effetti della crisi strutturale del settore con una crescente contrazione della produzione», rassicurando gli interroganti «in merito all'attenzione rivolta dal Ministero (...) alla situazione aziendale della Stefana Spa, tenuto anche conto degli istituti di tutela dei lavoratori finora attivati»;
          è tuttavia notizia riportata dalla stampa locale il 16 luglio 2015, quella del diniego da parte dell'Inps di Brescia di altre tredici settimane di cassa integrazione guadagni, dal 30 marzo, per gli oltre 600 dipendenti del gruppo Stefana;
          a tale rifiuto sembra aggiungersi anche la revoca di altre settimane già concordate;
          la mancata concessione non dovrebbe avere ricadute dirette sui lavoratori, ma certamente peserà sull'azienda, con la conseguenza, secondo i sindacati, di un ritardo nell'accreditamento dei contributi versati dall'impresa per l'accesso alla pensione  –:
          quali siano le ragioni del diniego e della revoca di cui in premessa;
          in quali termini il Governo intenda, nell'ambito delle proprie competenze, salvaguardare i livelli occupazionali.
(5-06157)


      BURTONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la società Calcio Catania ha annunciato il licenziamento di 10 dipendenti, tra amministrativi, addetti alla contabilità, magazzinieri, commesse, giardinieri, manutentori, su un totale di quindici addetti;
          la notizia dell'avvio della procedura di mobilità è stata comunicata ai sindacati di categoria, riguarda i lavoratori del centro sportivo «Torre del Grifo» e dei punti vendita «Catania Point» di Catania e Mascalucia;
          si tratta di una notizia grave che penalizza dieci lavoratori e dieci famiglie;
          le incertezze sul futuro della squadra di calcio del Catania non possono essere pagate da lavoratori incolpevoli;
          prima di procedere al licenziamento sarebbe opportuno verificare quali sono le prospettive della società e se vi sono davvero degli interessamenti anche rispetto a tutto ciò che in questi anni è stato realizzato interno al Calcio Catania  –:
          se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda promuovere per acquisire elementi su quanto sta accadendo ai lavoratori in questione e verificare se vi siano strumenti in grado di scongiurare il licenziamento in attesa di chiarire quale sarà il futuro della società sportiva. (5-06158)


      GRIBAUDO, ROTTA e PARIS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la regione Lazio, nel suo documento di programmazione unitaria delle risorse finanziarie per le politiche di sviluppo 2014-2020, individua 45 progetti prioritari per lo sviluppo, l'occupazione e la coesione sociale. I progetti sono finanziati attraverso un uso integrato delle risorse disponibili (Fondi europei 2014-2020, risorse nazionali, bilancio regionale) e – nelle dichiarazioni del presidente Zingaretti – «rappresenteranno delle opportunità concrete per i cittadini, le istituzioni, le associazioni e le imprese del Lazio»;
          da quanto si evince nel testo, confrontando le tipologie di lavoratori interessate dalle 45 linee di azione previste ed evidenziate sotto la dicitura «a chi è rivolto» in ciascuna scheda, i professionisti rientrerebbero soltanto in quella denominata «Azioni finalizzate alla promozione del coworking» (parte B, capitolo 8, pagina 37);
          pur comprendendo come vi siano alcune linee di azione in cui i professionisti, per la tipologia dell'attività esercitata, non potrebbero naturalmente accedere, tuttavia ve ne sarebbero altre all'interno delle quali le competenze dei professionisti sarebbero perfettamente comprese (come, ad esempio, per ciò che riguarda l'accesso al credito, l'innovazione, l'internazionalizzazione, e altro);
          nella maggior parte dei casi, si fa riferimento alle «imprese» o alle piccole e medie imprese, ciò non tiene conto che a livello europeo i lavoratori professionisti sono assimilati a queste ultime. Tale approccio è ormai consolidato negli atti della Commissione europea, che utilizza una definizione molto ampia del concetto di impresa, come ad esempio nella comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del TFUE (bozza 2013) – principi Generali – , punto 7 nella quale specifica: «la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che esercita un'attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento», proseguendo al Punto 8 in questo modo: «lo status dell'entità in questione ai sensi del diritto nazionale è ininfluente (...) L'unico criterio pertinente al riguardo è se esercita un'attività economica». Quanto alla definizione di attività economica, facendo riferimento a varie sentenze della Corte di giustizia, si intende qualunque attività consistente nell'offrire beni e servizi in un mercato;
          l'Europa fa quindi riferimento all'esercizio di attività economicamente rilevanti indipendentemente dalla forma giuridica in cui esse vengono esercitate o classificate nei singoli Paesi. In tale contesto, una volta che le azioni in parola venissero declinate tout court nei successivi bandi, risulterebbe che l'accesso a questi ultimi è regolato in base a caratteristiche soggettive che comporterebbero l'inclusione di alcuni soggetti esercenti attività economicamente rilevanti (imprese) e, allo stesso tempo, l'esclusione di altri (autonomi e professionisti);
          altre regioni, come ad esempio la regione Sardegna per bocca dell'assessore al lavoro, hanno già diversamente precisato che ogni riferimento alle piccole e medie imprese quali soggetti titolati ad accedere ai bandi, intende comprendere anche i professionisti;
          appare quindi imprescindibile che tutte le regioni, tra cui anche la regione Lazio, pur nel rispetto delle titolarità loro attribuite nella predisposizione di linee guida per l'accesso ai bandi nella programmazione 2014-2020, individuino la necessità di operare medesima precisazione, ricomprendono i professionisti nella consueta categoria piccole e medie imprese, al fine di evitare discriminazioni de facto non rispondenti ai criteri giuridici ed interpretativi prevalenti  –:
          se si intenda effettuare una ricognizione in ordine alle possibilità concesse dalle regioni italiane ai professionisti per accedere ai bandi nella programmazione ad esse spettante, secondo quanto esposto in premessa;
          quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda avviare eventualmente in sede di conferenza Stato-regioni, per le opportune precisazioni nelle linee guida e nei bandi, ciò anche valutando le positive ricadute occupazionali e l'opportunità che competenze come quelle dei professionisti possano essere messe pienamente al servizio delle azioni programmate, contribuendo così al migliore conseguimento degli obiettivi di sviluppo che le stesse pianificazioni regionali, nell'ambito della programmazione 2014-2020, individuano. (5-06164)

Interrogazione a risposta scritta:


      LAVAGNO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la Tazzetti è un gruppo internazionale leader nei business dei refrigeranti e gas speciali, e nelle tecnologie e servizi ambientali. Tazzetti opera in oltre 35 paesi attraverso una rete internazionale di vendite e distribuzione;
          nella giornata del 23 luglio 2015, all'azienda Tazzetti s.p.a di Casale Monferrato (Alessandria), intorno alle ore 9,40, si è verificata un'emissione in atmosfera di acido cloridrico pari a circa 200 chilogrammi dovuta alla rottura della manichetta di travaso utilizzata nell'impianto di confezionamento in bombole dell'acido cloridrico stesso;
          sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco. L'incidente non ha provocato feriti tra gli addetti dell'azienda e si è risolto in breve tempo con l'attivazione dei sistemi di abbattimento ad acqua posti nell'area interessata dall'incidente;
          all'esterno dell'azienda, ovvero all'interno del cimitero e nel parcheggio dedicato, aree queste confinanti con l'impianto chimico, alcune persone hanno cominciato ad accusare dei lievi malori e sono state quindi ricoverate al pronto soccorso, in via precauzionale;
          le aree esterne interessate dall'incidente sono state isolate dai vigili del fuoco ed il cimitero è stato chiuso per tutta la giornata;
          in seguito all'accaduto, l'Arpa ha attivato un sistema di monitoraggio dell'aria ambientale valutando, inizialmente con alcune misure istantanee per mezzo delle fiale dregher, se la concentrazione presente all'esterno dello stabilimento fosse ad un livello tale da poter generare ancora effetti acuti sulla popolazione;
          sono stati posizionati ulteriori quattro campionatori passivi di aria ambiente per la determinazione di acido cloridrico all'interno ed all'esterno dell'area cimiteriale atti a stimare la eventuale concentrazione ancora presente di acido cloridrico nelle successive 24 ore dall'evento;
          i risultati dei 4 campionatori passivi saranno disponibili ai primi di agosto 2015  –:
          se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se e come intenda intervenire, per quanto di competenza, per chiarire se l'azienda abbia tempestivamente avvertito le autorità competenti o se vi siano stati eventuali ritardi in questa operazione. (4-10017)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XIII Commissione:


      ZACCAGNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il fenomeno della Xylella fastidiosa «Complesso del disseccamento rapido dell'olivo» (CDRO), si è presentato nel nostro Paese nell'ottobre 2013 ed ha colpito gli ulivi del Salento nella parte sud-occidentale della provincia di Lecce e principalmente nelle campagne della costa ionica. Nell'area salentina interessata sono stati effettuati più di 16.000 campionamenti con analisi di laboratori e estirpate 104 piante infette, come voluto anche dall'Unione europea, con pesanti ripercussioni nell'attività degli operatori del settore;
          in data 12 febbraio 2015, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha annunciato la nomina del commissario delegato per la Xylella fastidiosa, Giuseppe Silletti, comandante regionale del Corpo forestale della Puglia, individuato come figura di riferimento per gli interventi conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza fitosanitaria. Cita la nota: «Con stanziamento di ulteriori 5 milioni del Fondo nazionale di solidarietà, che si aggiungono ai 2,6 milioni ed ai 6 milioni messi a disposizione rispettivamente dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e dalla regione Puglia, il commissario che opera a titolo gratuito avrà a disposizione in questa prima fase 13,6 milioni per contenere il contagio del batterio che secca gli ulivi e proseguire nell'attuazione del decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 26 settembre 2014. [...] Nello specifico il Commissario, entro 20 giorni dovrà produrre un piano da sottoporre all'approvazione del Dipartimento della protezione civile»;
          in data 19 marzo 2015 la protezione civile ha approvato e reso operativo il piano contro la diffusione del batterio killer degli ulivi salentini. Il piano, illustrato a Bari, ha previsto le operazioni di sradicamento degli alberi infetti partendo dalla provincia di Brindisi (Oria), specificando la mappatura degli interventi, attraverso la presentazione della suddivisione del territorio salentino in cinque aree, tagliate in due da una fascia di eradicazione larga 15 chilometri, dall'Adriatico allo Ionio, includendo i territori di 16 comuni leccesi e il territorio di Oria, nel brindisino;
          a gennaio 2015, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare aveva suggerito di condurre ulteriori ricerche per «contribuire a ridurre in modo sostanziale le incertezze e consentire di effettuare una valutazione più approfondita dei rischi». Da allora però, né il Governo né la regione «hanno richiesto un parere scientifico sulla eziologia della malattia», come scritto dallo stesso direttore dell'Efsa. A interpellare l'autorità è stata Peacelink, associazione che ha presentato un dossier con il quale ha ipotizzato che la Xylella fosse solo una concausa dell'essiccamento, al quale parteciperebbero in modo decisivo alcuni funghi. I sintomi della malattia sono stati infatti riscontrati anche in piante nelle quali non c'era traccia di Xylella. L'Efsa ha affermato che al momento «non ci sono evidenze scientifiche che i funghi siano la causa primaria dell'essiccamento rapido». Ma che, allo stesso tempo, occorre «continuare a indagare» sul ruolo che «agenti diversi» hanno sull'essiccamento. «Non c’è certezza sul ruolo delle concause [...] A questo punto sarebbe opportuno sospendere l'abbattimento fino a nuove indagini»;
          l'Unione europea, in data 28 aprile, diffonde la seguente nota: «Commissione europea – Comunicato stampa – Salute delle piante: gli Stati membri approvano misure rafforzate a livello di Unione europea per impedire la diffusione della Xylella fastidiosa [...] Gli esperti degli Stati membri dell'Unione europea riuniti nel comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (PAFF) hanno approvato oggi le misure rafforzate proposte dalla Commissione per prevenire l'ulteriore introduzione e la diffusione all'interno dell'Unione della Xylella fastidiosa. Il batterio è un organismo nocivo da quarantena che colpisce gli ulivi ed è potenzialmente pericoloso per molte altre piante, come la vite e gli agrumi, importanti per l'agricoltura dell'Unione europea. Le nuove misure dell'Unione europea impongono agli Stati membri di notificare la comparsa di nuovi focolai, di effettuare indagini ufficiali, e di delimitare immediatamente le zone infestate. In tali zone sono applicate misure di eradicazione rigorose che comprendono la rimozione e la distruzione delle piante infestate e di tutte le piante ospiti nel raggio di 100 metri, indipendentemente dal loro stato di salute. Le misure prevedono inoltre la possibilità per l'Italia di applicare misure di contenimento in tutta la provincia di Lecce, in cui l'eradicazione non è più possibile. In tal caso resta l'obbligo di eliminare sistematicamente tutte le piante infette e di testare tutte le piante circostanti (entro 100 metri) in una zona di 20 chilometri contigua alle province di Brindisi e Taranto. Le importazioni e la circolazione all'interno dell'Unione di determinate piante note per essere sensibili alla Xylella fastidiosa provenienti da qualsiasi paese del mondo saranno soggette a condizioni rigorose. [...]»;
          in data 8 maggio 2015 il quotidiano Il Sole 24 ore descriveva come «il Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato da 26 vivaisti salentini e ha deciso per la sospensione sia del piano messo a punto dal commissario straordinario alla Xylella, Giuseppe Silletti, sia della dichiarazione dello stato di calamità adottata nelle scorse settimane dal Consiglio dei ministri;
          in data 18 maggio 2015 è stata pubblicata la decisione di esecuzione 2015/789 della Commissione relativa alle «Misure per impedire l'introduzione nell'Unione della Xylella fastidiosa»; all'articolo 9 di detta decisione, la cui rubrica recita: «Spostamento delle piante specificate all'interno dell'Unione»; il comma 1 stabilisce che è vietato lo spostamento all'interno dell'Unione, all'interno o all'esterno delle zone delimitate, di piante specificate che sono state coltivate per almeno una parte del loro ciclo di vita in una zona delimitata stabilita ai sensi dell'articolo 4 (della stessa decisione);
          contro il Piano Siletti e gli abbattimenti degli ulivi comitati e associazioni si sono mobilitati, protestando. L'Alleanza di produttori, che fa capo alla «Voce dell'Ulivo», è pronta a chiedere la deroga all'Unione europea «sul divieto di reimpianto»;
          in data 14 luglio 2015, su «Trnews» – con un articolo dal titolo «Blitz nel Cnr e nell'Università per ascoltare due ricercatori: il docente Francesco Nigro e Maria Saponari. Contenuto top secret quello delle conversazioni messe a verbale» si descriveva come: [...] Obiettivo è capire come il batterio Xylella fastidiosa sia arrivato nel Salento, come sia stato introdotto e se gli interventi di contenimento previsti siano o meno proporzionati al conta»;
          in data 20 luglio 2015, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali attraverso il proprio portale web ha diffuso il comunicato: – «Xylella: firmato decreto stato di calamità. Via a indennizzi per agricoltori e vivaisti con primi 11 milioni di euro». Anche il presidente della regione Puglia, attraverso un comunicato stampa ha commentato la firma del decreto che dichiara lo «stato di calamità», così come riportato dall'agenzia stampa Dire. «[...] Per ora l'eradicazione è l'unica strategia che viene ritenuta dall'apparato scientifico che ci supporta come utile al contenimento della malattia. Nel frattempo sta a noi, liberando la ricerca, trovare eventuali altre soluzioni. L'eradicazione tende a frenare una malattia devastante». Emiliano dà anche merito al commissario europeo di «aver compreso cosa significa l'ulivo per i pugliesi. Eravamo timorosi che non capissero. Non c’è stato bisogno di spiegarglielo. Sta vivendo questo dramma con noi»;
          rispetto alla firma del decreto non tardano a farsi sentire le associazioni ed i comitati. In data 21 luglio 2015, la testata web «VideoAndria.com» riporta lo sfogo degli attivisti – «C’è una chiara intenzione di non fare arrivare alla Commissione europea tutto ciò che potrebbe cambiare questa strategia» – lo dichiara delusa Antonia Battaglia (rappresentante di Peacelink a Bruxelles) all'indomani dell'incontro con il lituano Andriukaitis ed il Ministro Martina, il governatore Emiliano, il commissario Silletti e le associazioni, organizzazioni ed amministrazioni comunali. Gli attivisti si dicono delusi dall'incontro, sostenendo che non vi siano prove che possano giustificare la drastica decisione dell'eradicazione degli ulivi. Nei giorni scorsi Antonia Battaglia e Alessandro Marescotti, dell'associazione Peacelink Taranto, avevano chiesto che la Commissione europea rivedesse «con la massima urgenza la decisione adottata il 28 aprile scorso dal Comitato fitosanitario» e che volesse «comunicare agli Stati Membri che la questione Xylella in Puglia non necessita di ulteriori eradicazioni, visto che il batterio non è stato riscontrato ulteriormente e che le sperimentazioni in campo hanno dato risultati ottimali», in una lettera inviata a Vytenis Andriukaitis, Commissario per la Salute e la Sicurezza Alimentare»  –:
          se il Ministro non ritenga di chiarire a che punto sia la sperimentazione sulla patogenicità della Xylella sulle piante di ulivo, quali enti di ricerca se ne stiano occupando, e se non ritenga necessario dare maggiore forza alla ricerca e alla sperimentazione, come suggerito dal Cra Oli di Rende;
          vista la carenza delle evidenze scientifiche che potevano denotare una correlazione fra la Xylella ed il disseccamento degli ulivi salentini, che sono risultate tali da non sgomberare il campo da varie altre ipotesi al vaglio della comunità scientifica. (5-06160)


      GALLINELLA, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il negoziato in corso tra l'Unione europea e gli Stati Uniti per la conclusione del Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, TTIP, è ad un punto cruciale anche a seguito dell'approvazione, l'8 luglio 2015, da parte del Parlamento europeo, della proposta di risoluzione recante raccomandazioni alla Commissione;
          la questione della protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche protette è uno dei capitoli negoziali più rilevanti soprattutto per il nostro Paese leader mondiale nella produzione di prodotti certificati;
          è indispensabile garantire che l'accordo includa disposizioni volte ad impedire l'uso illecito di denominazioni geografiche unionali ingannevoli per i consumatori e salvaguardare i regimi che contribuiscono in modo sostanziale alla loro protezione, posto che gli USA si oppongono, da sempre, alle richieste europee in tema di indicazioni geografiche;
          è altresì indispensabile che si forniscano informazioni chiare e succinte sull'origine dei prodotti e che si converga su standard comuni in tema di indicazione obbligatoria dell'origine, unica soluzione in grado, non solo di proteggere i consumatori, ma anche di porre le condizioni di una equa concorrenza tra gli operatori economici nell'accesso ai rispettivi mercati;
          da quanto si apprende a seguito di incontri ufficiali con i responsabili europei del negoziato, una delle possibili soluzioni sarà l'inserimento nel Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti di una lista di prodotti DOP ed IGP, per i quali l'esportazione nel mercato statunitense registra trend positivi ed in continua crescita, che beneficeranno del riconoscimento accordato dalla legge americana ai prodotti con marchi registrati  –:
          di quali ulteriori elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto espresso in premessa e se sia già stato predisposto, ed eventualmente in base a quali criteri, un elenco di prodotti DOP ed IGP da proporre ai prossimi tavoli negoziali per il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, affinché ad essi possa essere accordata la massima tutela anche attraverso riconoscimento riservato dalla legge statunitense ai prodotti con marchi registrati. (5-06161)


      CENNI, OLIVERIO, CARRA, TERROSI, TENTORI e ZANIN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          in data 29 novembre 2011 è stato bandito un concorso per il reclutamento di 400 allievi vice ispettori del corpo forestale dello Stato la cui graduatoria è stata approvata con decreto del capo del Corpo forestale il 24 luglio 2014 e rettificata in data 21 ottobre dello stesso anno;
          l’iter concorsuale è stato complesso e si è protratto per tre anni circa e dalla graduatoria finale di merito sono risultati 1.046 candidati idonei di cui 828 esterni e 218 interni;
          il 20 novembre 2014 è partito il corso di formazione ed addestramento della durata di 15 mesi per cui, a seguito dell'incorporazione dei 481 candidati vincitori, di rinunce e dimissioni, l'attuale graduatoria conterebbe ancora 520 candidati idonei non vincitori;
          di fatto il Corpo forestale dello Stato è destinato a confluire in altro corpo di polizia;
          comunque le competenze e le attività svolte dal Corpo forestale dello Stato in materia di salvaguardia e difesa del territorio e del patrimonio rurale e boschivo, in materia di antincendio, di contrasto alla contraffazione agroalimentare, dovranno essere garantite;
          non è chiarito come, in questo contesto, potrebbero essere utilizzate le graduatorie del concorso richiamato in premessa;
          si stima che oggi il Corpo forestale dello Stato abbia 8.000 unità di personale a fronte delle 9.360 unità previste, e 1.477 unità di ispettori a fronte delle 1.590 previste;
          le competenze in capo agli idonei potrebbero utilmente essere utilizzate tramite scorrimento della graduatoria, anche nell'ambito delle assunzioni ipotizzate per il prossimo Giubileo;
          i giovani idonei del concorso hanno dato vita ad un comitato ufficiale denominato «Comitato 400 VIsp CFS», registrato regolarmente in data 10 novembre 2014 presso l'Agenzia delle entrate, che sta seguendo l’iter del concorso e della graduatoria auspicando l'assunzione di tutti gli idonei  –:
          quali siano gli orientamenti e le intenzioni del Governo in merito alla graduatoria in essere, al suo scorrimento e all'utilizzo degli idonei, sia nell'ambito della riorganizzazione delle funzioni oggi esercitate dal Corpo forestale dello Stato, che in altre mansioni di polizia o di vigilanza che si renderanno necessarie.
(5-06162)

SALUTE

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
          l'articolo 3 della Costituzione prevede che «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale»;
          l'articolo 32 della Costituzione cita: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana»;
          l'articolo 15, comma 13, lettera c) del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.  135, intervenendo in materia di revisione della spesa pubblica, ha disposto la riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del servizio sanitario regionale, a un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie;
          l'articolo 15, comma 20, decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.  135, considera necessaria una costante azione di controllo della spesa sanitaria;
          il Ministero della salute in collaborazione con l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS) ha introdotto il programma nazionale esiti (PNE) per la valutazione degli esiti degli interventi sanitari. Tra i vari obiettivi del programma nazionale esiti vi è anche la «valutazione comparativa tra soggetti erogatori e/o tra professionisti con applicazioni possibili in termini di accreditamento, remunerazione, informazione dei cittadini/utenti, con pubblicazione dei risultati di esito di tutte le strutture per empowerment dei cittadini e delle loro associazioni nella scelta e nella valutazione dei servizi»;
          in data 10 luglio 2014 la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano con atto n.  82/CSR ha siglato l'intesa concernente il nuovo patto per la salute per gli anni 2014-2016. Quest'ultimo al punto 17 dell'articolo 5 (assistenza territoriale) prevede, al fine di ridurre i ricoveri inappropriati e i percorsi di deospedalizzazione, garantendo un'omogenea risposta assistenziale territoriale in tutto il territorio nazionale, gli ospedali di comunità. Lo stesso punto indica, inoltre, la stipula di un'intesa, entro il 31 ottobre 2014, tra lo Stato, le regioni e le province autonome, per la definizione dei requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi di tali presidi oltre che gli appropriati percorsi clinico-assistenziali, autorizzativi e tariffari, nonché gli standard dei posti letto territoriali;
          in data 13 gennaio 2015 la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano con atto N. 198/CSR ha rettificato l'atto n.  98/CSR, del 5 agosto 2014, «Intesa sullo schema di decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, concernente il regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, in attuazione dell'articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004 n.  311 e dell'articolo 15, del decreto-legge 6 luglio 2012 n.  95 convertito con modificazioni della legge 7 agosto 2012 n.  135». Quest'ultimo allegato 1, punto 10.1, prevede l'ospedale di comunità indicando una struttura con un numero limitato di posti letto (15/20) gestito da personale infermieristico, in cui l'assistenza medicale assicurata dai medici di medicina generale o dai PLS o da altri medici dipendenti o convenzionati con il servizio sanitario nazionale e la responsabilità igienico-organizzativa e gestionale fa capo al distretto che assicura anche le necessarie consulenze specialistiche. In queste strutture è prevista la presa in carico di pazienti che necessitano:
              a) di interventi sanitari potenzialmente erogabili al domicilio ma che necessitano di ricovero in queste strutture in mancanza di idoneità del domicilio (strutturale e familiare);
              b) di sorveglianza infermieristica continuativa;
          la degenza media prevedibile è di 15/20 giorni e l'accesso potrà avvenire dal domicilio o dalle strutture residenziali su proposta del medico di famiglia titolare della scelta, dai reparti ospedalieri o direttamente dal pronto soccorso;
          la regione Veneto in data 20 giugno 2012 approva la deliberazione legislativa N. 19 avente ad oggetto: Disegno di legge relativo a «Norme in materia di programmazione socio sanitarie e approvazione del piano Socio-Sanitario Regionale 2012-2016». (progetto di legge n.  190). Quest'ultimo prevede il ridimensionamento dei posti letto ospedalieri nonché la presenza, all'interno dell'assistenza territoriale, dell'ospedale di comunità;
          la regione Veneto prevede entro il 2016 la dismissione di n.  1.227 posti letto per acuti, mentre ne saranno attivati n.  1.263 presso idonee strutture intermedie, qualificate come ospedali di comunità;
          la regione Veneto ha approvato la deliberazione n.  2718 del 24 dicembre 2012 avente a oggetto «Legge regionale 29 giugno 2012 n.  23, articolo 10. Definizione delle tipologie di strutture di ricovero intermedie e approvazione dei requisiti di autorizzazione all'esercizio dell'Ospedale di Comunità e dell'Unità Riabilitativa Territoriale ai sensi della Legge regionale 16 agosto 2002 n.  22». In quest'ultima nell'Allegato A vengono riportate le caratteristiche dell'ospedale di comunità. In particolare, sono trattati i seguenti aspetti:
              a) la definizione: è una struttura atta a garantire le cure intermedie cioè le cure necessarie per quei pazienti che sono stabilizzati dal punto di vista medico, che non richiedono assistenza ospedaliera, ma sono troppo instabili per poter essere trattati in un semplice regime ambulatoriale o residenziale classico e che trattano problemi che si risolvono in un periodo limitato di tempo (indicativamente 4-6 settimane);
              b) posti letto: all'interno dei 1,2/1000 di letti di cure intermedie (0,4/1000 letteratura anglo-sassone) Indicativamente non meno di 24-25 posti letto, per un miglior uso costo-efficiente delle risorse umane;
              c) tariffazione: costo intermedio tra lungodegenza ospedaliera (cod. 60) e quello delle strutture residenziali. Il costo può essere suddiviso in una quota di rilievo sanitario (92 euro) e una alberghiera (25 euro) che è a carico dell'utente a partire dal trentunesimo giorno e che diventa di 45 euro dopo il sessantesimo giorno di presenza. Se la struttura eroga autonomamente l'assistenza medica H24, vengono aggiunti 10 euro al giorno per paziente;
          la regione Piemonte in data 19 novembre 2014 ha adottato la D.G.R. 1-600 «Adeguamento della rete ospedaliera agli standard della legge 135/2012 e del Patto per la Salute 2014/2016 e linee di indirizzo per lo sviluppo della rete territoriale» successivamente modificata con la D.G.R. 1-924 del 23 gennaio 2015. In quest'ultime è prevista la riduzione dei posti letto per acuti e per post acuti passando da 17.702 a 15.464 nonché la presenza di strutture intermedie a valenza sanitaria (CAVS) pari allo 0,3 posti letto per mille abitanti (popolazione pari a 4.436.798)  –:
          quanti siano gli attuali posti letto per acuti e post acuti nonché per l'assistenza territoriale, sul modello degli ospedali di comunità e/o di strutture intermedie, presenti nelle regioni e nelle province autonome di Trento e Bolzano, effettuando un raffronto con quelli precedenti al patto della salute 2014-2016 e al regolamento sugli standard ospedalieri (CSR/198 13 gennaio 2015);
          se risulti l'ammontare dei risparmi previsti o ottenuti per singola regione e provincia autonoma di Trento e Bolzano, suddivisi per acuti e post acuti, sulla base delle indicazioni previste nel patto della salute 2014-2016 e il conseguente regolamento sugli standard ospedalieri (CSR/198 13 gennaio 2015);
          quante siano complessivamente le strutture ospedaliere sottoposte a riconversione nonché a chiusura suddividendo il dato per regioni e province autonome di Trento e Bolzano;
          se e quale sia il soggetto che sta monitorando il rispetto delle prescrizioni previste all'interno del regolamento sugli standard ospedalieri e quali siano gli esiti di tale monitoraggio;
          in che tempi si preveda di approvare l'intesa per la definizione degli standard e delle tariffe riguardo le strutture intermedie/ospedali di comunità considerato che sono passati circa 7 mesi dalla data indicata all'Interno del patto della salute 2014-2016;
          quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato, per quanto di competenza, in merito alla definizione delle tariffe a carico dei cittadini per l'ospedalizzazione presso gli ospedali di comunità.
(2-01047) «Grillo, Baroni, Di Vita, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero».

Interrogazioni a risposta immediata:


      NICCHI, SCOTTO, PANNARALE, MARCON e MELILLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          con la legge di stabilità per il 2015, il Governo ha imposto un ennesimo pesante contributo alle regioni per il contenimento della spesa pubblica, che si è di fatto inevitabilmente tradotto, come immaginabile, in una riduzione del finanziamento complessivo del servizio sanitario nazionale di oltre 2,3 miliardi di euro, mettendo a rischio gli stessi livelli essenziali di assistenza e, quindi, l'equità nell'accesso alle prestazioni sanitarie da parte dei cittadini;
          un ennesimo onere a carico del servizio sanitario nazionale recepito, da ultimo, con l'intesa Stato-regioni del 2 luglio 2015 e fissato appunto in 2,352 miliardi di euro a decorrere dal 2015, con conseguente riduzione di pari importo del livello di finanziamento del servizio sanitario nazionale;
          questi tagli alla sanità hanno, quindi, trovato un loro collocazione all'interno del disegno di legge di conversione del decreto-legge n.  78 del 2015 sugli enti locali ora all'esame del Senato della Repubblica, dove il Governo li ha proposti come emendamenti al testo, e quindi fatti approvare. Si tratta principalmente di riduzioni di spesa per beni e servizi, per dispositivi medici e farmaci, di riduzione delle prestazioni «inappropriate», facendo pagare le eventuali inappropriatezze ai medici e agli stessi cittadini, ed altro;
          nell'intervista al quotidiano la Repubblica del 26 luglio 2015, Yoram Gutgeld, commissario alla revisione della spesa, ha ribadito che l'obiettivo della spending review riguardo alla sanità è di riuscire a «risparmiare» ben 10 miliardi di euro, attraverso una serie di misure che saranno principalmente inserite nel disegno di legge di stabilità per il 2016;
          insomma il Governo persevera con la politica dei tagli alla sanità pubblica, senza ricordare che la spesa sanitaria pubblica italiana risulta inferiore a quella dei principali Paesi europei: poco meno di 2.500 dollari pro capite nel 2012, a fronte degli oltre 3.000 spesi in Francia e Germania;
          si rammenta che la stessa Corte dei conti, nella sua «Relazione sulla gestione finanziaria per l'esercizio 2013 degli enti territoriali», ha ricordato come «ulteriori risparmi, ottenibili da incrementi di efficienza, se non reinvestiti prevalentemente nei settori dove più carente è l'offerta di servizi sanitari, come, ad esempio, nell'assistenza territoriale e domiciliare oppure nell'ammodernamento tecnologico e infrastrutturale, potrebbero rendere problematico il mantenimento dell'attuale assetto dei livelli essenziali di assistenza, facendo emergere, nel medio periodo, deficit assistenziali, più marcati nelle regioni meridionali, dove sono relativamente più frequenti tali carenze»;
          a confermare la strada dei tagli alla sanità, da troppo tempo intrapresa e che di fatto conduce a soluzioni privatistiche di uscita dalla crisi, è la ricerca Censis-Rbm salute, presentata recentemente, dal quale emerge come il servizio sanitario pubblico è sempre più «ingolfato» per le lunghe liste d'attesa e per gli italiani diventa più conveniente ricorrere alle strutture private. La scelta del privato spesso diventa un obbligo per accorciare i tempi. Così un miliardo di euro in più in un anno uscito dalle tasche degli italiani, per un totale di 33 miliardi di euro nel 2014 (+ 2 per cento rispetto al 2013). A tanto ammonta la spesa sanitaria out of pocket. Mentre la spesa sanitaria pubblica supera i 110 miliardi di euro;
          dopo l'intervista al commissario Yoram Gutgeld, il Ministro interrogato ha, quindi, dichiarato: «sono perfettamente d'accordo con la road-map indicata dal commissario alla spending Gutgeld. A me va benissimo la spending. E va benissimo utilizzare le risorse per coprire i buchi che abbiamo nella ricerca, per rendere disponibili a tutti i nuovi farmaci salvavita, e per sbloccare il turn over»;
          il Ministro interrogato ha poi confermato che non ci saranno tagli lineari: «i 10 miliardi non vengono tolti dal fondo sanitario nazionale che ha già dato in questi ultimi anni. Negli ultimi anni abbiamo dovuto fare fronte a una spesa fuori controllo che peraltro non si è trasformata in migliori servizi ai cittadini». E ancora: «dopo 25 miliardi di tagli, non c’è proprio più niente da tagliare. C’è invece la possibilità di recuperare risorse grazie a una maggiore efficienza e a una nuova organizzazione». Dimenticandosi che, almeno per una quota parte, questi tagli alla sanità che lamenta, sono avvenuti sotto la sua gestione;
          ma se da una parte il Ministro interrogato, in un'intervista all’Ansa del 26 luglio 2015, ha ancora una volta dichiarato da un lato che si batte «perché le risorse rimangano nel sistema sanitario», dall'altro ha sottolineato – sollevando una reale preoccupazione, come: «Nella prossima legge di stabilità non è previsto nessun taglio lineare alla sanità ma solo un efficientamento del sistema, che produrrà risorse da destinare al miglioramento dei servizi, anche se una parte potrebbe essere usata per il taglio delle tasse». In pratica si rischia di tagliare la sanità per coprire l'eventuale riduzione delle tasse sul lavoro, sul reddito e sulla casa. Insomma già si adombra la possibilità di ulteriori tagli alla sanità pubblica come contributo alla riduzione della pressione fiscale, contraddicendo la promessa, fatta in diverse occasioni di risparmi di spesa che rimangono all'interno del servizio sanitario nazionale;
          il messaggio «tranquillizzante», ma anche – a parere degli interroganti – fuorviante, del Governo sembra essere quello che in sanità si possa spendere molto meno, e quindi si possa risparmiare ancora, senza però toccare qualità e livello dei servizi erogati ai cittadini. Ma il fatto che l'Italia sia a livelli tra i più bassi in Europa di spesa sanitaria rispetto al prodotto interno lordo comporterà inevitabilmente che un obiettivo di riduzione di spesa sanitaria come quello prospettato da Gutgeld, e confermato dal Ministro interrogato, molto difficilmente potrà essere raggiunto senza una drastica riduzione della qualità e quantità dei livelli essenziali di assistenza garantiti ai cittadini;
          il Governo conferma ancora una volta come si sia lontani dall'uscire dal paradigma dei tagli ed entrare in quello della qualità. In questi ultimi anni, il nostro Paese è diventato più diseguale sul piano della garanzia delle cure, con territori periferici che negli anni si sono visti sottrarre servizi, tagliare prestazioni sanitarie e sociali, depauperare il sistema di protezione sociale. Con un sistema di prevenzione sempre più impoverito;
          le necessarie risorse da «liberare», al fine di un finanziamento del nostro servizio sanitario nazionale, devono infatti trovarsi in gran parte tramite una vera lotta alla corruzione, al controllo rigoroso degli accreditamenti, alle diseconomie e agli sprechi tutti interni alla sanità, piuttosto che con una riduzione dei diritti e dell'universalismo –:
          se non ritenga che la sanità pubblica non possa più sostenere ulteriori tagli nei finanziamenti e se non intenda garantire, come peraltro nel passato più volte promesso, che le risorse rinvenienti dagli ennesimi ulteriori tagli e risparmi di spesa che il Governo, ancora una volta, prospetta nel settore della sanità pubblica vengano tutti mantenuti e reinvestiti nel medesimo servizio sanitario nazionale per una sua reale difesa e riqualificazione anche attraverso lo sviluppo della rete territoriale, la prevenzione, l'assistenza domiciliare e territoriale e per poter garantire realmente, in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, la piena applicazione dei livelli essenziali di assistenza e l'appropriatezza delle prestazioni.
(3-01641)


      LENZI, AMATO, ARGENTIN, BENI, PAOLA BOLDRINI, PAOLA BRAGANTINI, BURTONE, CAPONE, CARNEVALI, CASATI, D'INCECCO, FOSSATI, GELLI, GRASSI, MARIANO, MIOTTO, MURER, PATRIARCA, PIAZZONI, PICCIONE, GIUDITTA PINI, SBROLLINI, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la vasta eco suscitata dall'annunciato piano di razionalizzazione ed efficientamento della spesa sanitaria, nel quadro di un più ampio intervento di revisione della spesa pubblica finalizzato alla riduzione del carico fiscale per cittadini e imprese e al contenimento dell'indebitamento, denota la rilevanza sociale del tema di una moderna, efficace ed omogenea assistenza sanitaria su tutto il territorio nazionale;
          un obiettivo che negli ultimi anni è stato al centro dell'azione governativa in raccordo con le regioni e che ha visto la sua concretizzazione, nel luglio 2014, con la sottoscrizione del Patto della salute 2014-2016, ovvero dell'intesa triennale, finanziaria e programmatica tra il Governo e le regioni, in merito alla spesa e alla programmazione del servizio sanitario nazionale, finalizzata a migliorare la qualità dei servizi, a promuovere l'appropriatezza delle prestazioni e a garantire l'unitarietà del sistema;
          dopo i consistenti tagli già operati nel corso degli ultimi anni, alla luce dei reciproci impegni assunti con il citato Patto della salute, i margini di revisione della spesa sanitaria, comunque possibili ed auspicabili, non possono non prodursi in un arco temporale pluriennale e, in ogni caso, dovrebbero essere finalizzati al rifinanziamento di alcuni obiettivi prioritari in materia sanitaria, quali il potenziamento della ricerca o il superamento del blocco del turn over;
          è evidente che un intervento di tale natura, per la complessità e la rilevanza dei diritti in questione, esige il più ampio coinvolgimento di tutti gli attori coinvolti, a cominciare dalle regioni e dal personale medico e sanitario –:
          quali provvedimenti siano allo studio e come si intenda garantire il mantenimento di un efficiente servizio sanitario.
(3-01642)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FAMIGLIETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          sul sito di informazione www.orticalab.it in evidenza viene riportata una testimonianza anonima di malasanità in Campania;
          il sito di informazione in un articolo racconta la vicenda di un paziente che reduce da un intervento che purtroppo certifica a seguito di esami istologici la presenza di un tumore da affrontare con una serie di radioterapie;
          per poter accedere alle cure è necessario entrare in graduatoria e tra l'iscrizione in graduatoria e l'avvio delle cure necessarie può trascorrere un lasso di tempo che ovviamente nel paziente viene vissuto con preoccupazione;
          l'articolo però riporta un elemento assolutamente inquietante e cioè che il paziente e il suo accompagnatore vengono fermati da uno strano individuo all'uscita del reparto della struttura presso la quale si sono recati;
          suddetto individuo comunica loro di essere in grado, per presunte conoscenze, di poter scalare la graduatoria e consentire al paziente di ridurre drasticamente i tempi d'attesa ma in cambio di una somma di danaro da concordare successivamente;
          il paziente, sconcertato, decide di rivolgersi ad altra struttura sempre in regione Campania ma anche qui si trova di fronte alla presunta possibilità di poter «scalare» la graduatoria mediante pagamento, in questo caso precisato nel termine di 3.000 euro;
          l'articolo riporta che il paziente non cedendo a tale richiesta si rivolge a un'altra struttura pubblica della provincia di Napoli presso la quale esegue le sue sedute di radioterapia necessarie;
          rimane lo sconcerto per una vicenda che assume aspetti drammatici e sulla quale vale la pena che le istituzioni competenti possano approfondire;
          quanto riportato dall'articolo evidenzia la necessità di verificare la presenza di «intermediatori» intorno al mondo della sanità che speculano sulla salute e sui drammi delle persone  –:
          di quali elementi disponga il Ministro in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per verificare la presenza di un fenomeno di illecite intermediazioni presso le strutture sanitarie pubbliche con tanto di tariffario nonché per debellare tale eventuale criminale malcostume garantendo ai cittadini la massima trasparenza nell'accesso alle cure per le proprie patologie. (5-06159)

Interrogazioni a risposta scritta:


      COMINARDI, ALBERTI e SORIAL. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il prodotto fitosanitario, ai fini dell'applicazione del decreto legislativo 17 aprile 2014, n.  69, in attuazione della disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (CE) n.  1107/2009 relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari, si riferisce «al prodotto destinato all'impiego in ambito agricolo, contenente o costituito da sostanze attive, antidoti agronomici, sinergizzanti, o coadiuvanti» (articolo 1, comma 2);
          la normativa relativa all'immissione nel mercato di prodotti fitosanitari, disciplinata dal regolamento (CE) N. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009, che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE, riconoscono – al considerando n.  7 – che «prodotti fitosanitari possono tuttavia anche avere effetti non benefici sulla produzione vegetale. Il loro uso può comportare rischi e pericoli per gli esseri umani, gli animali e l'ambiente, soprattutto se vengono immessi sul mercato senza essere stati ufficialmente testati e autorizzati e se sono utilizzati in modo scorretto». Inoltre, per quanto concerne il principio di precauzione e il ruolo dell'industria il regolamento ha lo scopo di «assicurare un livello elevato di protezione sia della salute umana e animale sia dell'ambiente, salvaguardando nel contempo la competitività dell'agricoltura della Comunità. Particolare attenzione dovrebbe essere prestata alla tutela dei gruppi vulnerabili della popolazione, tra cui donne incinte, neonati e bambini. Il principio di precauzione dovrebbe essere applicato e il presente regolamento dovrebbe assicurare che l'industria dimostri che le sostanze o i prodotti fabbricati o immessi sul mercato non hanno alcun effetto nocivo sulla salute umana o degli animali o alcun impatto inaccettabile sull'ambiente» (considerando n.  8);
          a giudizio dell'interrogante, la normativa comunitaria in materia di fitosanitari prevede la possibilità che tali prodotti possano avere effetti non benefici sulla produzione vegetale, comportando rischi per gli esseri umani, per l'ambiente e per gli animali, soprattutto se utilizzati in modo scorretto e riconoscendo in capo all'industria coinvolta nella produzione di tali prodotti l'onere di dimostrare l'assenza di effetti nocivi sulla salute umana, sugli animali e l'assenza d'impatto inaccettabile sull'ambiente. Tuttavia, a giudizio degli interroganti, tali disposizioni potrebbero ritenersi ancora non sufficienti per la piena tutela dei cittadini europei e italiani a stretto contatto con tali prodotti fitosanitari di natura chimico – sintetica, soprattutto nell'ambito dell'attività agricola e dell'attività viticola;
          secondo quanto riportato dal sito internet «il giorno.it», articolo del 20 luglio 2015, dal titolo «Franciacorta, acque delle rogge troppo inquinate: a rischio le colture», in alcuni paesi della Franciacorta, dove i campi sono irrigati dalle acque delle rogge Seriola Nuova, Chiari e Castrina, le produzioni agricole potrebbero essere sottoposte ad un rischio per la salute. Secondo quanto riportato nell'articolo, il rapporto Ispra 2014 evidenzierebbe che nei punti di prelievo di Rovato per la Seriola Nuova, di Chiari e di Cazzago San Martino per la roggia Castrina, i livelli di contaminazione sarebbero superiori al limite consentito per legge e «Disciolti nell'acqua, sono presenti “pesticidi e fitofarmaci – prosegue – dovuti all'uso intensivo che ne è stato fatto in passato nei vigneti e che ancora si fa nelle altre coltivazioni”. Nel mirino, in particolare, il Glifosate, che per la salute “è particolarmente pericoloso e che potrebbe causare problemi neurologici, gastrointestinali e persino dare dei problemi allo sviluppo dei neonati”. [...] “Se il rapporto Ispra può considerarsi datato perché è del 2014 e analizza la situazione del 2012 – rimarca Parzanini – sono dei giorni scorsi il monito dell'Asl di Brescia a non fare il bagno nell'Oglio e le conseguenti ordinanze di divieto di balneazione emesse dai sindaci di Capriolo, Palazzolo sull'Oglio e Paratico”». Tra l'altro, nel rapporto nazionale pesticidi nelle acque del 2014, relativo ai dati del 2011 – 2012, realizzato dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), presente sul sito http://www.isprambiente.gov.it, si legge a pagina n.  40 che «Il glifosate è un erbicida non selettivo impiegato sia su colture arboree che erbacee e aree non destinate alle colture agrarie (industriali, civili, argini, scoline, ecc.). È una delle sostanze più vendute a livello nazionale e la sua presenza nelle acque è ampiamente confermata anche da dati internazionali ma il suo monitoraggio è tuttora effettuato solo in Lombardia, dove la sostanza è presente nel 31,8 per cento dei punti di monitoraggio delle acque superficiali e il suo metabolita, AMPA, nel 56,6 per cento. Glifosate e AMPA sono fra le sostanze che più determinano il superamento degli SQA nelle acque superficiali: AMPA in 155 punti (56,6 per cento del totale), glifosate in 85 punti (31 per cento del totale). Meno frequente è la presenza nelle acque sotterranee, dove il glifosate è presente oltre il limite in 2 pozzi e l'AMPA in 5 pozzi»;
          a giudizio dell'interrogante, appare preoccupante la presenza di glifosate, pesticidi e fitosanitari nelle rogge di Seriola Nuova, Chiari e Castrina. Tra l'altro, relativamente all'area della provincia di Brescia e della Franciacorta, l'argomento della tutela della salute pubblica era stata oggetto da parte dell'interrogante dell'atto di sindacato ispettivo 4-06927, con cui si evidenziava che «nella provincia di Brescia persiste da anni un'emergenza sanitaria ed ambientale dovuta ad un'elevata concentrazione di inquinanti; in data 3 agosto 2013, appariva sul quotidiano brescia.corriere.it, la notizia che secondo l'Osservatorio epidemiologico dell'Asl di Brescia, nella provincia i tumori sono la prima causa di mortalità, pari al 34 per cento dei decessi complessivi; su tutti i 12 distretti sanitari (esclusa la Valcamonica), lo studio mostra come, a livello provinciale, il distretto sanitario di Monte Orfano, che comprende una buona fetta di Franciacorta (da Adro ad Erbusco e da Palazzolo a Pontoglio) registra un più 4,7 per cento, per tutti i tumori, un eccesso del 4,5 per cento anche per i distretti di Brescia Ovest (da Castegnato a Castelmella, da Rodengo Saiano ad Ospitaletto) e per quello di Brescia città». A giudizio degli interroganti, si rende opportuno richiedere ai Ministeri interrogati se vi sia stata la possibilità di accertare, mediante i soggetti istituzionali competenti, un eventuale nesso causale tra i livelli dei prodotti fitosanitari e del glifosate, e comunque dei pesticidi in generale, e i rischi tumorali presenti nella zona della Franciacorta;
          a giudizio degli interroganti, è opportuno un intervento da parte dei Ministri competenti al fine di valutare se possa sussistere, o se sussista, un rischio per la salute dei cittadini presenti nella zona della Franciacorta, vista la competenza dei predetti Ministeri con riferimento al decreto interministeriale del 22 gennaio 2014 relativo all'adozione del piano di azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo 14 agosto 2012, n.  150 nonché tenuto conto della possibilità di adottare misure specifiche per la tutela dell'ambiente acquatico e dell'acqua potabile nonché la riduzione dell'uso dei prodotti fitosanitari o dei rischi in aree specifiche ai sensi degli articolo 14 e 15 del decreto legislativo 14 agosto 2012, n.  150;
          inoltre, gli interroganti intendono evidenziare che in merito alla possibilità di vietare l'utilizzo dei prodotti chimici, quale è il «glifosate», almeno nelle operazioni di pulizia delle scarpate stradali, delle massicciate ferroviarie e di tutte le attività non destinate all'attività agricola, è stata presentata dal Movimento Cinque Stelle la proposta di legge n.  1560, a prima firma Terzoni. Relativamente ai limiti dell'impiego di sostanze diserbanti chimiche, nella relazione illustrativa alla proposta di legge citata si evidenziava che «Gli stessi dati pubblicati dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) rilevano la presenza del glyphosate e dell'AMPA (acido aminometilfosfonico, derivante dalla degradazione del glyphosate) tra le sostanze inquinanti più presenti nelle acque superficiali (dati ripetutamente confermati per il periodo 2008-2010, relativi alle ultime rilevazioni effettuate in Lombardia)»;
          come riportato dal sito «comune-info.net», articolo del 22 novembre 2014, dal titolo «Comune a pesticidi zero. Forza Malles !», l'interrogante evidenzia come anche a livello comunale i cittadini stiano ricorrendo all'utilizzo di strumenti di democrazia diretta, quali il referendum comunale per la modifica dello statuto comunale, al fine di prevedere un divieto di uso di sostanze fitosanitarie chimico-sintetiche velenose e dannose alla salute e all'ambiente, come accaduto nel Comune di Malles in provincia di Bolzano, referendum tenutosi a settembre 2014 che ha visto la partecipazione del 69 per cento degli abitanti aventi diritto, di cui il 75 per cento ha votato «sì» per l'introduzione di tale divieto. A livello dei Paesi membri, la Francia ha recentemente approvato la proposta di legge n.  2014-110 del 6 febbraio 2014, in vigore dal 2015, con cui sono stati regolamentati alcuni divieti di usare prodotti fitosanitari sul territorio nazionale, a partire dal 2020;
          in conclusione, gli interroganti ritengono necessario un intervento tempestivo del Governo volto a regolamentare e a limitare con interventi stringenti l'utilizzo dei prodotti fitosanitari di origine chimico sintetica ed in particolare del glifosate, anche in virtù dei dati emersi dai rapporti Ispra sopra citati relativamente alla zona della Franciacorta  –:
          se i Ministeri interrogati intendano promuovere tutte le azioni necessarie al fine di accertare, mediante i soggetti istituzionali competenti, se sussista o meno una corrispondenza o comunque un eventuale nesso causale tra i livelli dei prodotti fitosanitari e del glifosate, e comunque dei pesticidi in generale nell'area della Franciacorta e le incidenze tumorali presenti nella medesima area e, in caso di esito positivo, adottare tutti le iniziative necessari previsti dalla normativa vigente al fine di tutelare e salvaguardare la salute pubblica;
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti riportati in premessa e se intendano proporre soluzioni, per quanto di competenza, anche mediante l'avvio di un tavolo di confronto con tutte le istituzioni e i soggetti interessati nella zona della Franciacorta, al fine di salvaguardare l'igiene, la salute pubblica e la qualità delle acque di balneazione e, più in generale, delle acque utilizzate anche per l'irrigazione agricola;
          se i Ministri interrogati non intendano porre in essere le iniziative necessarie, per quanto di loro competenza, al fine di accertare ed irrogare le relative sanzioni riguardanti le violazioni di cui al decreto legislativo 17 aprile 2014, n.  69;
          se i Ministri interrogati siano stati informati in merito alle eventuali misure adottate dagli enti locali e dalle regioni relative alle riduzione del rischio ai sensi degli articoli 14 e 15 di cui al decreto legislativo 14 agosto 2012, n.  150;
          se i Ministri interrogati non ritengano urgente e necessario adottare iniziative normative finalizzate a prevedere, nell'ordinamento giuridico italiano, interventi stringenti volti a limitare l'utilizzo dei prodotti fitosanitari chimico – sintetici e in particolare del glifosate, tenuto conto dell'orientamento a, livello legislativo assunto da altri Paesi dell'Unione europea, quali la Francia. (4-10015)


      GELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          nei giorni scorsi la pubblica opinione nazionale è rimasta molto colpita dalle immagini dei maltrattamenti ai danni di poveri anziani inermi da parte di alcuni dipendenti della residenza sanitaria assistenziale di Narvali in provincia di Prato;
          si tratta di immagini scioccanti emerse dall'indagine che ha coinvolto 17 dipendenti della residenza sanitaria assistenziale;
          occorre verificare sui sistemi di vigilanza istituzionali e sulle lacune sul sistema di controllo che hanno consentito il perpetrarsi di simili orrende vessazioni  –:
          di fonte a simili episodi, se e quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare anche in sede di Conferenza Stato-regioni per evitare che situazioni analoghe possano verificarsi. (4-10018)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


      MANTERO, SIMONE VALENTE e BATTELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          in data 30 dicembre 2011, la società Bit Savona scrl presenta all'autorità portuale di Savona-Vado istanza per la realizzazione di un deposito di bitume da situarsi all'interno dell'area portuale di Savona;
          tale deposito, destinato all'esportazione del bitume, è composto da 9 serbatoi dalla capacità totale di 39.000 metri cubi ed è sito a pochi metri dalla zona residenziale (tra l'altro di lusso) all'interno della darsena del porto e vicinissimo alla storica fortezza del Priamar, nonché all'interno dell'area specialmente protetta di interesse mediterraneo nota come Santuario dei Cetacei;
          il bitume verrà stoccato a 160/180 gradi, temperature in cui avviene il rilascio di una serie di sostanze potenzialmente nocive per l'ambiente, la salute e la sicurezza dei cittadini, tra cui l'acido solfidrico, caratterizzato da una bassa soglia olfattiva e dal riconoscibilissimo odore tipico di «uovo marcio», indicato dalla regione Liguria come estendibile in un raggio di 3 chilometri dall'impianto;
          con l'entrata in vigore del decreto-legge 5 febbraio 2012, n.  5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n.  35, noto come decreto «semplificazione e sviluppo», l’iter autorizzativo è passato dalla regione Liguria al Ministero dello sviluppo economico, in quanto, a norma dell'articolo 57 del suddetto decreto, il deposito di bitume è stato individuato quale deposito strategico, poiché riferibile ad un deposito di «oli minerali», come definito dall'articolo 52, del codice della navigazione e dall'articolo 1, comma 8, lettera c) della legge n.  239 del 2004;
          con decreto dirigenziale 12 novembre 2012, n.  4099, la regione ha dichiarato la non assoggettabilità alla procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) ai sensi dell'articolo 10 della legge regionale n.  38 del 1998, a condizione che vengano rispettate una serie di prescrizioni, tra cui una serie di interventi volti a verificare il disturbo olfattivo provocato entro il raggio di 3 chilometri dall'impianto;
          la provincia di Savona, con nota inoltrata al Ministero dello sviluppo economico in data 25 marzo 2013, sottolinea l'incidenza del problema olfattivo e la mancanza di dettagli tecnici con cui l'azienda ha promesso di intervenire per mitigare la dispersione degli agenti odoriferi;
          la sostanza che provocherebbe il caratteristico odore di «uovo marcio» è l'acido solfidrico (H2S) che ad alte concentrazioni paralizza il nervo olfattivo rendendo impossibile la percezione del suo sgradevole odore e può causare incoscienza nell'arco di pochi minuti, inibendo la respirazione mitocondriale;
          un'esposizione a bassi livelli produce irritazione agli occhi e alla gola, tosse, accelerazione del respiro e formazione di fluido nelle vie respiratorie. A lungo termine può comportare affaticamento, perdita dell'appetito, mal di testa, disturbi della memoria e confusione;
          0,0047 ppm è la soglia di riconoscimento, la concentrazione a cui il 50 per cento degli esseri umani può percepire il caratteristico odore del solfuro di idrogeno, normalmente descritto come odore di uova marce;
          l'acido solfidrico ha una soglia di pericolosità riportata come segue:
              10-20 ppm è il limite oltre il quale gli occhi vengono irritati dal gas;
              50-100 ppm causano un danno oculare;
              100-150 ppm paralizzano il nervo olfattivo dopo poche inalazioni, impedendo di sentire l'odore e quindi di riconoscere il pericolo;
              320-530 ppm causano edema polmonare con elevato rischio di morte;
              530-1000 ppm stimolano fortemente il sistema nervoso centrale e accelerano la respirazione, facendo inalare ancora più gas e provocando iperventilazione;
              800 ppm è la concentrazione mortale per il 50 per cento degli esseri umani per 5 minuti di esposizione (DL50);
          concentrazioni di oltre 1000 ppm causano l'immediato collasso con soffocamento, anche dopo un singolo respiro («colpo di piombo dei bottinai», chiamato così perché vittime ne erano gli addetti alle botti utilizzate nella concia delle pelli);
          sebbene la pericolosità di questi agenti odorigeni sia scientificamente comprovata, la difficoltà principale resta la rilevazione di tali esalazioni, in quanto la caratteristica bassa soglia olfattiva rende impossibile, al giorno d'oggi, misurare concentrazioni sotto 1 ppm, concentrazione che è presente nelle immediatissime vicinanze dell'impianto. Non a caso gli operatori che trattano bitume devono indossare una serie di DPI quali elmetto con visiera (i normali occhiali protettivi non bastano), protezione per il retro del collo, guanti ignifughi, tuta ad alta visibilità;
          le difficoltà di rilevamento dell'odore rendono quindi impossibile provare con precisione il grado di inquinamento prodotto dall'acido solfidrico, causando disturbi olfattivi a una grossa fetta di cittadini, in special modo quando il vento soffia dai quadranti meridionali, che potrebbe estendere la portata delle esalazioni;
          tra i maggiori fattori di rischio inoltre vi è senz'altro l'estrema vicinanza sul mare, in quanto il deposito è sito sull'orlo della banchina di Punta Sant'Erasmo, nello stesso esatto punto in cui qualche anno fa un'onda anomala recò diversi danni di grave rilevanza al porto. Il bitume infatti a contatto con l'acqua «esplode» violentemente, iniziando a «bollire» e causando diversi getti incontrollati. Questo mette a rischio potenziale anche gli altri operatori portuali e le attività economiche nelle immediate vicinanze;
          Savona risulta essere tra i primi quattro scali crocieristici d'Italia e il secondo del Nord, avvicinandosi quasi a un milione di transiti passeggeri l'anno. La città risulta essere un'importante meta turistica anche per i cittadini torinesi e milanesi, che nei weekend e nel mese di agosto riempiono le spiagge, portando benessere agli esercizi commerciali. La darsena inoltre oggi è una zona residenziale di lusso, cuore della movida e zona più frequentata della città, grazie agli interventi di recupero degli anni passati, che hanno ridato vita alla città e portato via le attività industriali pericolose; vi sono inoltre una serie di edifici di lusso, senza dimenticare la presenza di un noto albergo;
          in tale contesto pare quindi non concepibile la presenza di un deposito di bitume a pochi metri da questa importante zona, senza dimenticare i danni economici che gli operatori potrebbero subire dalla fuga di turisti, in quanto essendo il turismo legato a filo diretto con l'immagine di una città, il collegamento Savona-cattivi odori porterà sicuramente ad un calo di turisti nel corso dei prossimi anni  –:
          quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano intraprendere al fine di avviare le opportune verifiche sui potenziali impatti sulla salute e sull'ambiente che potrebbero derivare dalla prossimità del sopracitato deposito al centro abitato di Savona;
          se il Governo non ritenga opportuno, anche attraverso iniziative normative, determinare dei metodi oggettivi e dei parametri di valutazione del disturbo olfattivo e dell'impatto sullo stato di benessere della popolazione. (4-10019)

Apposizione di una firma ad una mozione.

      La mozione Locatelli e altri n.  1-00553, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carnevali.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta scritta D'Ottavio n.  4-09854, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 luglio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bueno.

Pubblicazione di un testo riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Quaranta n.  4-09933, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n.  467 del 23 luglio 2015.

      QUARANTA, PASTORINO, TULLO, BASSO, CAROCCI, GIACOBBE e OLIARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          lunedì 13 luglio 2015 esce sulla Gazzetta del lunedì, settimo numero del Corriere Mercantile, l'appello del direttore Mimmo Angeli dal titolo «Così muore un giornale», dove il direttore denuncia la gravissima situazione in cui versa la testata genovese che rischia a breve di chiudere per sempre;
          il Corriere Mercantile è una delle testate storiche di Genova, nato nel 1824 ha avuto tra le sue firme scrittori e giornalisti come Montale, Prezzolini, Dickens, Melville e Zola e ancora oggi la sua cronaca locale è una delle più puntuali nel panorama cittadino. Nel 1978 diventa autonomo e i giornalisti fondano la cooperativa «Giornalisti e Poligrafici»;
          nel 2000 la crisi dell'editoria si fa sentire, e si passa nel giro di dieci anni, da circa sessanta unità (tra giornalisti, poligrafici e amministrativi) che lavoravano per la realizzazione del giornale, agli attuali 14 giornalisti e tre poligrafici;
          la boccata di ossigeno portata dalla vendita in abbinamento con il quotidiano La Stampa, viene a mancare il 1o marzo 2015 quando La Stampa interrompe il lungo sodalizio con il Corriere Mercantile, dopo avere dato vita, nell'agosto del 2014, con il Secolo XIX a un nuovo gruppo editoriale, Italiana Editrice;
          ad oggi ci sono giornalisti che non percepiscono lo stipendio (dodici mensilità) da gennaio 2015. Da maggio 2015 è stata attivata la cassa integrazione e in tribunale è stata aperta una procedura di concordato in bianco: se entro il 6 settembre non si trova una soluzione, il giornale chiuderà;
          La Giornalisti e Poligrafici Coop r.l., editrice delle testate Corriere Mercantile e Gazzetta del Lunedì rientra tra i soggetti destinatari dei contributi diretti concessi a favore delle imprese editrici di giornali quotidiani e periodici ai sensi dell'articolo 3, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n.  250 e successive modificazioni, ad oggi, il credito che la cooperativa dichiara di vantare dallo Stato è pari a 2.319.679,64 euro;
          fino al 2010 il diritto soggettivo ne garantiva l'erogazione, ed è in virtù di questo principio che La Giornalisti e Poligrafici Coop r.l. editrice dovrebbe poter contare sul credito residuo del 2010 che non è ancora stato incassato, pari a 225.430.89 euro, mentre il credito degli anni 2011, 2012 e 2013 è invece ancora totalmente da incassare e si tratta di 795.263,66 euro per il 2011, 538.836,05 euro per il 2012 e 760.149,04 euro per il 2013  –:
          se il Governo sia a conoscenza che la mancata erogazione dei contributi del fondo nazionale dell'editoria negli anni sopraindicati ha notevolmente contribuito alla crisi che il giornale e i lavoratori stanno vivendo e se sia al corrente che il Governo per quanto riguarda il 2014 e il 2015, non si è ancora espresso, generando un'ulteriore grave incertezza;
          se sia a conoscenza che nel 2014 la Giornalisti e Poligrafici Coop r.l. ha richiesto un finanziamento al Governo pari a 1.351.489,71 euro, a cui ad oggi ancora il Governo non ha dato risposta;
          se non ritenga doveroso garantire i fondi per sostenere il Corriere Mercantile/La Gazzetta a fronte della disponibilità dei soci a rilanciare la cooperativa assieme a nuovi soggetti che apportino capitale e competenze, al fine di tutelare una voce indipendente, oggi in sofferenza per la crisi generale che sta vivendo il comparto editoriale, in un contesto dove ormai l'informazione è gestita da grandi gruppi che tendono a omologare ogni genere di notizia. (4-09933)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
          interrogazione a risposta orale Rabino n.  3-01467 del 4 maggio 2015;
          interrogazione a risposta scritta Capelli n.  4-09665 del 2 luglio 2015;
          interrogazione a risposta scritta Sandra Savino n.  4-09714 del 7 luglio 2015;
          interrogazione a risposta scritta Molteni n.  4-09737 dell'8 luglio 2015;
          interrogazione a risposta in commissione Duranti n.  5-06079 del 16 luglio 2015;
          interrogazione a risposta in commissione Latronico n.  5-06131 del 23 luglio 2015;
          interrogazione a risposta scritta Palmizio n.  4-09957 del 23 luglio 2015.

ERRATA CORRIGE

      Nell'Allegato B ai resoconti della seduta n.  468 del 24 luglio 2015, alla pagina 27573 le righe dalla nona alla tredicesima si intendono soppresse.

TESTO AGGIORNATO AL 30 LUGLIO 2015

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


      CARRESCIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n.  246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n.  880, all'articolo 1 prevede che «Chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento»;
          l'articolo 17 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214, prevede che le società e le imprese, nella relativa dichiarazione dei redditi, debbano indicare il numero di abbonamento speciale alla radio o alla televisione e la categoria di appartenenza, ai fini della verifica del pagamento del canone di abbonamento radiotelevisivo speciale;
           si assiste alla ennesima ripresa di una massiccia campagna condotta dalla Rai nei confronti delle imprese, iniziata successivamente all'entrata in vigore dell'articolo 17, con cui la concessionaria pubblica esige il pagamento del canone speciale per la detenzione di uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive al di fuori dall'ambito familiare, indipendentemente dall'uso al quale gli stessi vengono adibiti, ivi compresi gli impianti di videosorveglianza;
          con nota del 22 febbraio 2012 il dipartimento delle comunicazioni ha precisato che cosa debba intendersi per «apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni» ai fini dell'insorgere dell'obbligo di pagare il canone radiotelevisivo ai sensi della normativa vigente;    
          la cifra da versare, a seconda della tipologia dell'impresa, può variare da un minimo di 200 ad un massimo di 6.000 euro all'anno;
          la martellante campagna di richieste indiscriminate e reiterate più volte nei confronti delle imprese – non riferite alla circostanza oggettiva del possesso di un apparecchio per cui è dovuto il pagamento del canone speciale, ma basate su una mera presunzione – assume ad avviso dell'interrogante quasi caratteristiche persecutorie  –:
          se il Governo ritenga opportuno intervenire, anche attraverso la promozione di una specifica modifica normativa, per stabilire definitivamente ed in modo inequivocabile che non sono tenuti al pagamento del canone di abbonamento speciale di cui agli articoli 1 e 27 del regio decreto-legge del 21 febbraio 1938, n.  246 e dall'articolo 2 del decreto-legge n.  21 dicembre 1944, n.  458, coloro che detengono uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive in esercizi pubblici, in locali aperti al pubblico o comunque fuori dell'ambito familiare che siano utilizzati per scopi strettamente connessi alle attività lavorative, di impresa o professionali e comunque diversi dall'intrattenimento, ovvero che non rientra nell'obbligo del pagamento del canone l'occasionale fruizione di trasmissioni radiotelevisive attraverso detti apparecchi. (4-05468)

      Risposta. — Come è noto, il Ministero con nota del 2012, peraltro richiamata nell'interrogazione in esame, ha individuato le apparecchiature atte o adattabili alla ricezione del segnale radiotelevisivo, di cui al regio decreto-legge n.  246 del 1938, la cui detenzione, a prescindere dall'uso che se ne fa, comporta l'obbligo del pagamento del canone di abbonamento RAI.
      Nella medesima nota è stato, infatti, evidenziato che sono da ritenersi tali, quindi soggetti a canone, le apparecchiature effettivamente dotate di sintonizzatori radio. Ne deriva, quindi, che solo gli apparecchi privi di sintonizzatori radio, operanti nelle bande destinate al servizio di radiodiffusione (ad esempio: PC senza sintonizzatore, i monitor per computer, e quanto altro) sono da ritenersi né atti, né adattabili alla ricezione, non sono, pertanto, assoggettati.
      Ciò posto, sulla base della normativa vigente, le società e le imprese, come individuate dall'articolo 16 della legge 23 dicembre 1999, n.  488, che utilizzano apparecchi dotati di sintonizzatori, pur se non utilizzati per la ricezione delle trasmissioni radiotelevisive, sono pertanto, in base alla formulazione della norma, assoggettate al pagamento del canone, il cui importo viene determinato con decreto, distinguendo fra cinque diverse tipologie di utenti cui corrispondono differenti importi.
      In merito alle comunicazioni che la RAI ha inviato alle imprese corredate di bollettini precompilati, devo riferire che l'azienda ha comunicato che il contenuto si sostanzia, non in una indebita pressione, ma nella mera informativa circa gli obblighi che per legge conseguono all'eventuale detenzione di apparecchi televisivi. Più nel dettaglio, ha precisato la RAI, in nessun passaggio della lettera tale detenzione è presunta, al contrario, in essa testualmente si invita il destinatario ad effettuare il pagamento solo nel caso in cui detenga l'apparecchio. Più chiaramente ancora della lettera inviata, nel sito istituzionale della RAI si rintraccia la norma con una spiegazione più chiara.
      Si sottolinea infine che nel disegno di legge ora in discussione al Senato, è prevista la delega al Governo a riformare il canone RAI. Nell'ambito di questa riforma si intendono, tra gli altri, superare i problemi relativi l'attuale definizione degli apparecchi atti o adattabili alla ricezione dei programmi TV.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Antonello Giacomelli.


      ANTIMO CESARO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          con decreto dell'allora Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Massimo Bray, il 19 luglio 2013 è stata istituita la Commissione per la revisione del codice dei beni culturali e del paesaggio allo scopo di analizzare le principali questioni controverse riguardanti l'applicazione dell'attuale normativa (Codice dei beni culturali e del paesaggio decreto legislativo 42 del 2004) e di proporre soluzioni adeguate alle criticità riscontrate;
          il Codice dei beni culturali e del paesaggio costituisce il principale riferimento legislativo che attribuisce al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo il compito di «tutelare, conservare e valorizzare il patrimonio culturale del nostro Paese»;
          il lavoro della Commissione sarebbe dovuto essere funzionale alla complessiva riforma del testo normativo, sulla base di una legge di delega del Parlamento che permettesse al Governo di far proprie le conclusioni della Commissione, attribuendovi valore normativo attraverso gli strumenti della legislazione delegata;
          la Commissione (presieduta dal professore Salvatore Settis e composta da Giuseppe Severini, Consigliere di Stato, da Paolo Carpentieri, capo dell'ufficio legislativo del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, da Gino Famiglietti, direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici del Molise, e da Maria Laura Maddalena, magistrato del Tar) ha svolto regolarmente la propria attività, anche attraverso la partecipazione di rappresentanti del Ministro e dei Sottosegretari, durante la seconda metà dell'anno 2013 (insediandosi, per la precisione, il 9 agosto 2013) e l'inizio del 2014, giungendo ad affrontare tutte le questioni aperte riguardanti gli strumenti della tutela del patrimonio culturale (titolo II del codice) e paesaggistico (titolo III del codice), ed iniziando a discutere della disciplina in materia di valorizzazione dei beni storico-artistici e paesaggistici;
          nel febbraio 2014, a seguito delle dimissioni del Governo Letta ed all'insediamento del nuovo Ministro Dario Franceschini, la Commissione non si è più riunita, ed ha pertanto interrotto il proprio lavoro pur in assenza di qualunque provvedimento, da parte del nuovo rappresentante del Governo, che ne determinasse la caducazione ufficiale, mancando, peraltro, ogni decisione da parte delle Assemblee parlamentari sulla legge di delega che avrebbe dovuto essere alla base del programma di revisione del Codice dei beni culturali  –:
          quali misure intende adottare nei confronti della succitata Commissione per la revisione del Codice dei beni culturali e del Paesaggio. (4-08753)

      Risposta. — Nell'atto ispettivo indicato in oggetto, l'interrogante chiede quali iniziative si intende adottare nei confronti della Commissione per la revisione del codice dei beni culturali e del paesaggio che, istituita dal Ministro Massimo Bray con proprio decreto del 19 luglio 2013, dopo una prima fase di attività, ha interrotto i propri lavori e non si è più riunita dal febbraio 2014.
      La Commissione per la revisione del codice dei beni culturali e del paesaggio fu istituita dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Massimo Bray, il 19 luglio 2013 allo scopo di analizzare le principali questioni controverse riguardanti l'applicazione della normativa di tutela contenuta nel decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) e di proporre opportune soluzioni.
      La Commissione era presieduta dal professor Salvatore Settis e composta dal professor Giuliano Amato (dimessosi in data 13 settembre 2013 per incompatibilità conseguente alla sua nomina a giudice costituzionale), dal Cons. Paolo Carpentieri, dal dottor Gino Famiglietti e dalla Cons. Maria Luisa Maddalena.
      L'iniziativa per la sua costituzione era nata dall'esigenza, a distanza di numerosi anni dagli ultimi decreti correttivi e integrativi del 2008, di apportare al codice dei beni culturali e del paesaggio, pur nella conferma dell'impianto generale del sistema di tutela in esso compiutamente compendiato, taluni affinamenti e aggiornamenti legati alla sopravvenuta evoluzione della normativa comunitaria, nonché all'esigenza di snellimento delle procedure, alla necessità di coordinare il dettato di alcuni articoli con le pronunce della Corte costituzionale in materia di potestà legislativa esclusiva dello Stato e di rendere più coerenti con il sistema alcuni mutamenti normativi introdotti in maniera episodica negli ultimi anni.
      Come ha giustamente ricordato l'interrogante, il lavoro della commissione avrebbe dovuto essere funzionale alla emanazione di decreti correttivi del codice, sulla base di una delega del Parlamento che era, originariamente, inserita nel disegno di legge di riforma della pubblica amministrazione presentato dal Governo Letta (articolo 5 dell'atto Senato 958, presentato dal Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione D'Alia il 23 luglio 2013), il cui esame in Commissione peraltro si è arrestato nel gennaio 2014.
      L'ipotesi di una nuova norma di delega, nonostante successive riproposizioni in altre sedi normative da parte del Ministero, da ultimo lo scorso anno, non ha avuto allo stato ulteriore corso.
      La Commissione aveva invero dato avvio ai suoi lavori pur in assenza della delega, che – con i suoi principi e criteri direttivi – rappresentava il presupposto logico e giuridico per l'emanazione dei decreti correttivi del codice.
      Tuttavia la mancata adozione della norma di delega ha determinato la sospensione dei lavori della Commissione, che del resto non avrebbero potuto utilmente essere proseguiti in assenza – come detto – di precisi princìpi e criteri direttivi. La Commissione, nel periodo di attività, ha comunque compiuto un lavoro istruttorio e di studio, procedendo anche a varie audizioni, su cui ha tenuto informato il Ministro pro tempore e che potrà certamente rivelarsi utile nella prospettiva di una ripresa dei lavori per l'aggiornamento del Codice.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Ilaria Carla Anna Borletti dell'Acqua.


      CIRACÌ. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          veniva pubblicato sul BURP n.  88 del 27 giugno 2013 il bando pubblico per la presentazione di domande di aiuto nell'ambito del Programma di sviluppo rurale della regione Puglia per il periodo 2007 – 2013 e relative all'ASSE III «Qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione dell'economia rurale», Misura 313 «Incentivazione di attività turistiche», AZIONE 1 – Creazione di itinerari naturalistici, enogastronomici (strade del gusto e delle tradizioni, della transumanza, di turismo equestre – ippovie, ciclo – turismo) ed AZIONE 3 – Realizzazione di sentieristica e di cartellonistica compatibile con l'ambiente naturale che permetta l'accesso alle aree naturali e alle piccole strutture ricettive;
          con Deliberazione n.  132 del 18 giugno 2013 la giunta comunale di Ceglie Messapica (BR) ha inteso partecipare al bando in oggetto con Determinazione n.  463 del 12 luglio 2013 affidava l'incarico della progettazione esecutiva e del coordinamento della sicurezza in fase di progettazione dei lavori «Itinerario turistico enogastronomico tra Foggia Vetere, Castello Ducale e Scuola Internazionale di Gastronomia (Chiostro San Domenico) di Ceglie Messapica» relativo agli interventi previsti con deliberazione G.C. n.  132 del 18 giugno 2013;
          con deliberazione di giunta regionale n.  1435 del 2 agosto 2013, pubblicata nel BURP n.  108 del 6 agosto successivo, la regione Puglia, in attuazione delle specifiche disposizioni del «Codice dei beni culturali e del paesaggio», ha adottato il Piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR);
          con deliberazione n.  176 del 4 settembre 2013 la giunta comunale di Ceglie Messapica (BR) approvava il progetto esecutivo trasmesso in data 2 settembre 2013 e prendeva atto delle prescrizioni espresse dalla commissione locale per il paesaggio nella seduta del 2 settembre 2013 giusto verbale n.  2 cui ha fatto seguito la proposta di autorizzazione paesaggistica n.  14/2013 (prot. n.  22226 del 3 settembre 2013) e trasmessa in pari data alla Soprintendenza per i beni Architettonici e paesaggistici per le province di Lecce, Brindisi e Taranto, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 146, comma 8, del decreto legislativo 42 del 2004, con nota prot. comunale n.  22228;
          con provvedimento n.  2009/13 del 05 novembre 2013 il GAL Alto Salento ha concesso al comune di Ceglie Messapica (BR) un contributo a valere sul Programma di sviluppo rurale – Puglia 2007-2013, Misura 313 «Incentivazione di attività turistiche», di cui euro 250.000,00 a valere sull'Azione 1 «Creazione di itinerari naturalistici, enogastronomici (strade del gusto e delle tradizioni, della transumanza, di turismo equestre ippovie, ciclo – turismo). CUP: J14B13000360009;
          la zona interessata dall'intervento rientra nel piano particolareggiato della zona A.5 approvato con deliberazione del consiglio comunale n.  3 del 23 gennaio 1982 piani particolareggiati zone A.5 e A.6.1. – Piano approvato e mai attuato per mancato convenzionamento;
          la successiva variante al suddetto piano particolareggiato, redatto dal commissario ad acta, non è stato mai perfezionata per via dei pareri negativi espressi sia della regione che della soprintendenza vista la valenza paesaggistica dell'area interessata da decreto ministeriale 1 agosto 1985 di tutela del cosiddetto Colle di Ceglie;
          è stato reso «parere favorevole con prescrizioni alla realizzazione delle opere» da parte della Soprintendenza nell'atto protocollo 0015852 del 3 ottobre 2013 – Cl. 34.19.04/111 «Ceglie Messapica (BR) – Proposta di Autorizzazione paesaggistica n° 14/2013 – Località area pubblica Fg-50 p.lle 353-761-763-1335-1337 – Progetto di itinerario turistico enogastronomico tra Foggia Vetere al Castello Ducale – Programma di Sviluppo rurale della Regione Puglia PSL GAL Alto Salento Scarl 2007-2013 – Asse III – Azione 1 – Misura 313» il parere è stato espresso ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo n° 42 del 22 gennaio 2004 e successive modifiche ed integrazioni – decreto ministeriale 1 agosto 1985 (in allegato); tale autorizzazione presenta evidenti elementi contraddittori in quanto nonostante nelle premesse siano riportate le seguenti osservazioni «... omissis ...la proposta progettuale, così come descritta, può essere accolta, perché ritenuta compatibile con i peculiari caratteri paesaggistici del sito, solo per quanto attiene alla sistemazione dei terrazzamenti che dovranno seguire per quanto possibile gli attuali margini di contenimento, limitando inoltre le aree pavimentate alle scale ed alle eventuali rampe per il superamento dei dislivelli. Le restanti superfici dovranno conservare l'assetto naturale, prevedendo la piantumazione di essenza cespugliose e di alberature tipiche dell'agro salentino, salvaguardando la vegetazione esistente ... omissis. ..» ed ancora «... omissis ...conservare il più possibile l'assetto naturalistico del sito e del lotto interessato, che costituisce elemento di mediazione fra l'insediamento urbano e l'agro circostante. Non si condivide invece l'estesa pavimentazione delle porzioni più a valle, e la realizzazione della cavea, valutando detta soluzione del tutto incongrua con la natura dei luoghi, che va invece salvaguardata nella sua caratterizzazione di terrazzamento naturale... omissis. ..» le prescrizioni al parere rilasciato sono solo in parte in linea con dette osservazioni in particolare «... omissis. .. Non sia realizzata la vasta area a valle del lotto, e la cavea, che determinerebbero grave alterazione dei peculiari caratteri paesaggistici del sito. Sia invece confermata la copertura con manto erboso, con eventuale, contenuto rimodellamento del piano. La cavea potrà essere limitata a massimo 3 gradoni con contenimento in pietra a secco e piano erboso, seguendo un andamento meno artificiale di quello proposto... omissis. ..»;
          nella parte finale del medesimo parere si richiede che: «... omissis. .. dovrà essere meglio precisata, in fase di progettazione esecutiva, la soluzione di contenimento del salto di quota in corrispondenza del confine con l'area occupata dal Palazzo Municipale, ora consistenti in un terreno in forte declivio, atteso che nella proposta progettuale esaminata sembrerebbe sostituito da un alto muro (vedi rendering) eccessivamente incombente sull'area da valorizzare... omissis. ..»   –:
          quale sia la ragione per la quale il comune di Ceglie Messapica abbia dato inizio ai lavori nell'area citata senza che la progettazione esecutiva sia stata sottoposta nuovamente al parere della competente soprintendenza anche ai fini della valutazione del contenimento del salto di quota presente in corrispondenza del confine con l'area occupata dal palazzo municipale e quale sia la ragione per la quale la citata soprintendenza sia ad oggi inerte rispetto a un suo preciso dovere. (4-05858)

      Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo, indicato in oggetto, con il quale si chiede quale sia la ragione per la quale il comune di Ceglie Messapica abbia dato inizio ai lavori relativi «all'itinerario turistico enogastronomico tra Foggia Vetere, Castello Ducale e Scuola internazionale di gastronomia di Ceglie Massapica», senza che la progettazione esecutiva fosse stata sottoposta alla competente soprintendenza, si comunica quanto segue.
      Con nota n.  15852 del 3 settembre 2013, il comune di Ceglie Messapica trasmetteva alla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Lecce, Brindisi e Taranto, la proposta di autorizzazione paesaggistica relativa al progetto di itinerario turistico enogastronomico da Foggia Vetere al Castello Ducale – programma di sviluppo rurale della regione Puglia PSL GAL Alto Salento Scarl 2007-2013 – Asse III – Azione 1 – Misura 313.
      La citata soprintendenza, con nota 15852 del 3 ottobre 2013, esprimeva parere favorevole al progetto, prescrivendo alcune condizioni che, di seguito, si riassumono:
          i terrazzamenti dovranno essere limitati da muri di contenimento a secco, seguendo gli attuali andamenti discontinui;
          le superfici pavimentate dovranno essere limitate a tracciati di dimensioni minime, in ghiaietto o stabilizzato;
          dovranno essere messe a dimora piante cespugliose ed alberature tipiche dell'agro salentino, salvaguardando la vegetazione esistente;
          non vengano realizzate la vasta area pavimentata a valle del lotto, e la cavea, che determinerebbero grave alterazione dei peculiari caratteri paesaggistici del sito. Sia invece confermata la copertura con manto erboso, con eventuale, contenuto rimodellamento del piano. La cavea potrà essere limitata a massimo tre gradoni con contenimento in pietra a secco e piano erboso, seguendo un andamento meno artificiale di quello proposto;
          non venga realizzato il palco in legno, elemento del tutto avulso dal contesto. Eventuali allestimenti potranno essere di tipo mobile, da montare all'occorrenza sul piano erboso;
          le componenti in ferro siano limitate agli eventuali corrimano lungo le scale e le rampe;
          dovrà essere meglio precisata in fase di progettazione esecutiva, la soluzione di contenimento del salto di quota in corrispondenza del confine con l'area occupata dal palazzo municipale, ora consistente in un terreno in forte declivio, atteso che nella proposta progettuale esaminata sembrerebbe sostituito da un alto muro eccessivamente incombente sull'area da valorizzare.

      In riferimento alla contraddittorietà del citato parere, asserita nell'interrogazione in oggetto, si rappresenta che la sopra citata nota 15852 del 3 ottobre 2013 della competente soprintendenza, nell'esprimere la non condivisione della realizzazione della cavea, indicava, attraverso le succitate prescrizioni, una soluzione alternativa, nello spirito di leale collaborazione che dovrebbe sempre contraddistinguere i rapporti fra istituzioni. Di fatto, il progetto originario proponeva la realizzazione di sei gradoni, a valle dell'area interessata, totalmente pavimentati, che interrompevano la configurazione naturale del terreno, introducendo un segno architettonico nel paesaggio agrario del tutto alieno per forma, dimensioni, caratteristiche materiche e costruttive. Nelle succitate prescrizioni impartite dalla citata soprintendenza veniva indicata una soluzione alternativa, che appare essere stata intesa come elemento contraddittorio da parte dell'interrogante. Al riguardo, la citata soprintendenza ha suggerito di ipotizzare una sistemazione con tre terrazzamenti aventi caratteristiche del tutto analoghe a quelli già presenti a monte dell'area. Tale prescrizione è stata formulata con la seguente espressione «la cavea potrà essere limitata a massimo tre gradoni con contenimento in pietra a secco e piano erboso, seguendo un andamento meno artificiale di quello proposto». Il termine «cavea» può aver determinato qualche incertezza, ma il parere della soprintendenza presuppone la rielaborazione del progetto sullo specifico punto e non costituisce certo presupposto a realizzare l'opera secondo il progetto originario, di cui si è chiesta la modifica.
      A quanto sopra, va aggiunto che, con nota n.  11930 dell'11 agosto 2014, la citata soprintendenza, proprio a seguito della segnalazione dell'interrogante, ha invitato il comune di Ceglie Messapica a voler sospendere ogni eventuale opera in corso non conforme alle su esposte prescrizioni e a trasmettere, con la massima urgenza, il progetto esecutivo con le modifiche e le soluzioni di dettaglio riferite alle condizioni esplicitate, atteso che la stessa non risultava essere stata mai trasmessa per le valutazioni di competenza.
      In data 19 agosto 2014, il comune di Ceglie Messapica trasmetteva alla citata soprintendenza il progetto esecutivo, rielaborato sulla scorta delle prescrizioni impartite dalla soprintendenza e sopra elencate.
      In data 20 agosto 2014, la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Lecce, Brindisi e Taranto, ha comunicato al comune di Ceglie Massapica (BR) di aver esaminato il progetto esecutivo, constatando che teneva conto in massima parte delle osservazioni e prescrizioni a suo tempo impartite dalla medesima soprintendenza.
      In particolare si accertava quanto segue:
          i terrazzamenti seguivano prevalentemente gli andamenti naturali;
          le superfici pavimentate erano state notevolmente ridotte, a favore di sistemazioni meglio legate alla natura dei luoghi;
          la cavea è stata ridotta a tre gradonate. Per quest'ultimo aspetto del progetto si dovrà tener conto dei risultati riferiti alle prime opere di rimozione del materiale di riporto e dell'indagine archeologica in corso, che hanno già fatto emergere elementi strutturali quali cisterne, muri di contenimento, canalizzazioni che potranno giustificare varianti al progetto principale.

      Con particolare riferimento al muro al confine con il palazzo di città, è stata valutata favorevolmente la sistemazione a verde tappezzante. Tuttavia, non risultando sufficientemente documentate le modalità di esecuzione, la citata soprintendenza ha espressamente richiesto che gli interventi da operare in corrispondenza di detto muro venissero esplicitati in corso d'opera, con elaborati tecnici di dettaglio che tenessero anche conto dei primi esiti della indagine archeologica, tuttora in corso. Pertanto, analogamente a quanto avverrà per le gradonate, dovrà essere valutata l'opportunità di apportare varianti al progetto, da concordare, ad indagine conclusa, anche con la competente soprintendenza archeologica della Puglia.
      A tale ultimo riguardo, a seguito di un ulteriore sopralluogo e degli esiti della campagna di indagini archeologiche, si è accertato che, al di sotto di più recenti strati di terra e di materiale vario accumulatosi negli anni, sono presenti tracciati e terrazzamenti con muri di contenimento in parte ancora integri. Alla luce di quanto sopra, pertanto, l'amministrazione comunale di Ceglie dovrà sottoporre al parere della competente soprintendenza una variante del progetto che preveda la conservazione di quanto messo in luce dalla campagna di scavo.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Ilaria Carla Anna Borletti dell'Acqua.


      LUIGI DI MAIO, DI BENEDETTO, D'UVA, SIBILIA e TOFALO. — Al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro per i beni e delle attività culturali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          con delibera n. 128 del 21 novembre 2011, la giunta comunale di Marigliano (Napoli) ha chiesto alla regione Campania la revoca per tutti i Regi Lagni, che attraversano il territorio comunale e che assolvono la funzione di raccolta delle acque sotterranee locali e delle acque piovane e sorgive provenienti dal Somma – Vesuvio e dalle prime propaggini del Partenio e del Lauretano, «dell'attribuzione formale della qualificazione di bellezza naturale»;
          i Regi Lagni, realizzati nel XVI secolo – in epoca vicereale – e potenziati dai Borbone, oltre a rappresentare un'importante opera storica, ambientale e paesaggistica di ingegneria idraulica, costituiscono, ancora oggi, un baluardo ambientale che ha mitigato e mitiga il rischio di alluvioni e dissesti idrogeologici per una vasta zona del territorio nolano-vesuviano;
          la revoca della qualifica di bellezza naturale se avallata anche dalla regione Campania farebbe di fatto decadere i vincoli di rispetto per cui si innescherebbe una ulteriore corsa alla speculazione incontrollata che comprometterebbe ogni pianificazione urbanistica regionale e provinciale ed esporrebbe il territorio a numerosi e imprevedibili pericoli idrogeologici;
          l'abrogazione della fascia di rispetto, inoltre, porterebbe come conseguenza la scomparsa della diversificazione dei microambienti e della morfologia degli alvei e delle fasce riparie, la fine dei rapporti idrodinamici fra i corsi d'acqua e l'ambiente circostante, sancendo la perdita dei valori paesaggistici, faunistici, agricoli e tradizionali con l'impossibilità di attuare nuovi processi di fruizione e sviluppo sostenibile;
          l'annullamento della qualifica di bellezza naturale, infine, metterebbe anche a rischio le fondamenta stesse del progetto «risanamento ambientale e valorizzazione del corridoio ecologico dei Regi Lagni» che recentemente ha avuto l'approvazione della Commissione europea con un corposo finanziamento comunitario di oltre 50 milioni di euro  –:
          se le procedure e i provvedimenti adottati siano compatibili con i criteri di tutela del codice dei beni culturali e del paesaggio e della legislazione in materia;
          se questa politica territoriale a giudizio degli interroganti dissennata, possa compromettere la futura pianificazione ambientale e idrogeologica del territorio campano;
          di quali elementi disponga il Governo in merito agli effetti della revoca sul sistema idrico e sul potenziamento della sostenibilità ambientale dell'aria;
          se sia a rischio l'intero progetto della regione Campania finanziato dall'Unione europea e cofinanziato dallo Stato relativo al «Corridoio Ecologico dei Regi Lagni» finalizzato al risanamento ambientale dei Regi Lagni attraverso la bonifica del territorio e la promozione di un progetto idraulico di canalizzazione e sistemazione idraulica, nonché alla rivalorizzazione e riqualificazione dell'intero bacino idrografico a partire proprio da Marigliano dove il sistema di canali aveva origine;
          se risultino finora impiegati fondi statali e contributi europei per studi di fattibilità e progetti sovracomunali da parte della regione Campania, dell'Arpac e del consorzio di bonifica del basso Volturno: atti che appaiono agli interroganti inutili e contraddittori, quindi, rispetto all'ostinazione delle amministrazioni locali nel delineare indirizzi di gestione incoerenti e nell'uso improprio del territorio.
(4-01043)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che le questioni trattate esulano, in gran parte, dalle competenze di questo Ministero. Sulla base degli elementi acquisiti, si comunica quanto segue.
      In relazione alla richiesta alla regione Campania, da parte del comune di Marigliano, finalizzata ad ottenere una dichiarazione di irrilevanza ai fini paesaggistici dei corsi d'acqua tutelati, la competente soprintendenza territoriale non ha ricevuto alcuna determinazione formale da parte della regione, ai sensi dell'articolo 142, comma 3, del decreto legislativo n.  42 del 2004, per quanto di competenza.
      Si precisa, altresì, che, ai sensi dell'articolo 142, comma 1, lettera c), del codice dei beni culturali e del paesaggio, non tutto il sistema dei corsi d'acqua nel territorio nazionale è sottoposto per legge a tutela paesaggistica, ma la norma individua solo i corsi d'acqua «iscritti negli elenchi» previsti dal Testo Unico sulle acque dell'11 dicembre 1933, n.  1775.
      In particolare, per quanto riguarda il territorio del comune di Marigliano, i corsi d'acqua iscritti nell'elenco ufficiale delle acque pubbliche sono i seguenti:
          canale principale dei Regi Lagni e i suoi controfossi, decreto reale del 9 dicembre 1909 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.  45 del 24 febbraio 1910, dove i limiti entro i quali si ritiene pubblico il corso d'acqua (da valle verso monte) definiscono il tratto compreso dallo sbocco alle bocchette di Nola;
          canale Frezza, decreto reale del 9 dicembre 1909 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.  45 del 24 febbraio 1910, dove i limiti entro i quali si ritiene pubblico il corso d'acqua (da valle verso monte) definiscono il tratto compreso tra il Ponte delle Tavole e quello dei Cani.

      Sui citati beni, pertanto, sussiste a tutti gli effetti il vincolo paesaggistico che comporta, in caso di interventi da realizzarsi nell'ambito della fascia di rispetto dei 150 metri, l'attivazione delle procedure autorizzative previste dal codice dei beni culturali e del paesaggio. Pertanto, nel condividere le articolate e motivate considerazioni formulate dall'interrogante in merito all'esigenza di non far decadere i vincoli di rispetto sull'importante opera storica, ambientale e paesaggistica rappresentata dai Regi Lagni, si conferma che gli stessi sono tuttora validi ai sensi del citato codice dei beni culturali e del paesaggio.
      Si rappresenta, infine, che la soprintendenza belle arti e paesaggio per il comune e la provincia di Napoli, ad oggi, non ha ricevuto alcuna notizia in merito a progetti della regione Campania, finanziati dall'Unione europea, finalizzati alla bonifica dei Regi Lagni, con la rivalorizzazione e riqualificazione dell'intero bacino idrografico.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Ilaria Carla Anna Borletti dell'Acqua.


      FEDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il regime previdenziale australiano prevede l'obbligo congiunto del versamento della ritenuta fiscale, del pagamento dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro ed il versamento dei contributi al fondo «Superannuation»;
          il datore di lavoro e sostituto d'imposta non può assolvere un compito senza rispondere dei restanti, considerati parte integrante del regime fiscale e previdenziale australiano;
          le autorità fiscali australiane hanno più volte richiesto, attraverso la nostra ambasciata di Canberra, di conformare l'intero regime retributivo alla stringente normativa previdenziale locale, mediante il versamento della «Superannuation», anche per gli impiegati a contratto a legge italiana;
          l'ufficio VII della DGRI del Ministero degli affari esteri ribadiva l'obbligo di iscrivere all'INPS il personale titolare di un contratto regolato dalla legge italiana;
          in considerazione di questi oggettivi limiti normativi, le autorità fiscali australiane avevano concesso, in deroga alla norma, di superare l'obbligo del versamento della «Superannuation» a condizione che i dipendenti fossero consultati ed esprimessero un parere positivo attraverso un accordo;
          le autorità australiane rinunciavano, inoltre, a rivalersi, sia nei confronti dei singoli dipendenti che nei confronti del datore di lavoro, dei contributi pregressi e ad ogni rivalsa nei confronti del personale impiegato;
          il personale a contratto a legge italiana, dopo ampia e approfondita consultazione al proprio interno, faceva presente all'ambasciatore che avrebbe potuto rinunciare ai versamenti «Superannuation» qualora la ritenuta alla fonte sulle retribuzioni fosse stata effettuata solo sulla base imponibile italiana, come da CUD  –:
          se non si ritenga assolutamente prioritario condurre a soluzione questa vicenda per quanto attiene al versamento della «Superannuation» per il personale impiegato a contratto nazionale italiano;
          se non si ritenga urgente assicurare che il fisco australiano non sia costretto ad assumere azioni di rivalsa nei confronti del personale locale impiegato a contratto nazionale italiano;
          se non si ritenga infine di dover portare a conclusione questa vicenda accettando le soluzioni proposte sia dal fisco australiano che dal personale dipendente. (4-07773)

      Risposta. — Si fa innanzitutto presente che gli obblighi in materia fiscale e previdenziale non possono essere considerati in maniera congiunta, in quanto traggono origine da fonti normative poste su piani differenti.
      Tutti gli impiegati a contratto, sia a legge locale che a legge italiana, in servizio in Australia, sono tenuti al versamento delle imposte in loco sulla base della Convenzione bilaterale del 1985 per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e prevenire le evasioni fiscali. Le imposte devono essere calcolate sulla base della normativa australiana e non di quella italiana. Eventuali sgravi fiscali, per poter essere applicati, sono quelli previsti dalla normativa locale.
      Mentre in un primo tempo ciascun impiegato provvedeva individualmente ai propri oneri fiscali, a partire dal gennaio 2013 l'ambasciata e i consolati hanno assunto il ruolo di sostituto d'imposta, calcolando gli oneri sull'intero stipendio, come richiesto dalla normativa locale imperativa accertata con l’Australian taxation office (ATO) e il legale di fiducia di sede. Non vi è stata una modifica del regime fiscale ma unicamente delle modalità di calcolo e di versamento delle imposte.
      La questione previdenziale è totalmente disgiunta dalla prima ed è nata su impulso degli impiegati a legge italiana, che hanno improvvisamente chiesto di passare al sistema previdenziale locale, in contrasto con quanto previsto dal contratto da loro liberamente sottoscritto e successivamente confermato in occasione della riforma prevista dal decreto legislativo n.  103 del 2000, quando la legge aveva previsto la possibilità di un'opzione per un contratto a legge locale.
      La legge italiana non prevede la possibilità di introdurre delle modifiche al contratto regolato dalla legge nazionale e, in ogni caso, si renderebbe necessario effettuare una verifica completa della perdurante conformità del contratto a legge italiana rispetto alla normativa australiana, non solo quindi per le questioni previdenziali. Tale impostazione è stata confermata dall'avvocatura generale dello Stato secondo la quale, in caso di accertamento di norme imperative locali incompatibili con l'attuale contratto, si potrebbe procedere alla conversione del contratto in uno interamente regolato dalla legge locale.
      La proposta avanzata dai dipendenti a legge italiana, consistente nel ritorno al versamento delle imposte sul 50 per cento della retribuzione in cambio del mantenimento del regime previdenziale INPS, renderebbe questa amministrazione complice di evasione fiscale nei confronti del Governo australiano e per tale ragione deve essere fermamente rigettata.
      Come già indicato in precedenti risposte sull'argomento, l'amministrazione è consapevole che esiste un contrasto tra diverse normative e si ritiene che le soluzioni praticabili e rispettose della normativa dei due Paesi, siano:
          a) un accordo «ad hoc» con le autorità locali volto a mantenere invariata l'attuale formulazione dei contratti regolati dalla legge italiana, con particolare riguardo alla questione previdenziale;
          b) una modifica del contratto a legge italiana in uno regolato dalla legge locale, che recepisca quindi tutte le norme imperative locali, con efficacia a decorrere dalla stipula. In tal caso, come indicato dall'INPS, «eventuali periodi di contribuzione in Italia potranno essere utilizzati, attraverso l'istituto della totalizzazione, espressamente previsto dall'accordo, al fine del conseguimento del diritto alle prestazioni pensionistiche».

      Per il tramite dell'ambasciata a Canberra, tali opzioni sono state da tempo sottoposte all'attenzione dei dipendenti a legge italiana presso le sedi diplomatiche, consolari e istituti di cultura in Australia. Tuttavia, ad oggi non vi è stato alcun riscontro formale.
Il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Lapo Pistelli.
(Risposta del Governo del 1o giugno 2015).


      GARAVINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          fra i compiti affidati alla Commissione per la cinematografia istituita presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MIBACT) e alle relative sottocommissioni e sezioni c’è quello di attribuire il riconoscimento dell'interesse culturale ad opere cinematografiche;
          il riconoscimento dell'interesse culturale a un'opera cinematografica consente alla produzione di ottenere sensibili sgravi fiscali;
          la Commissione può concedere finanziamenti alla realizzazione delle opere cinematografiche in preparazione riconosciute d'interesse culturale, attraverso contributi fino a un milione di euro per ciascun film;
          lo scorso anno hanno acquisito la qualifica di «film di interesse culturale» o quella di «film d'essai», cioè film di notevole valore artistico e culturale, opere di autori e registi di film commerciali, in alcuni casi anche di film di Natale, i cosiddetti «cinepanettoni»;
          ancora lo scorso anno, il criterio adottato per l'attribuzione del riconoscimento dell'interesse culturale, e dunque per concedere i finanziamenti e gli sgravi fiscali, ha premiato le grandi produzioni e gli autori già affermati, lasciando fuori quasi del tutto una serie di giovani autori apprezzati dalla critica, in competizione con progetti innovativi;
          così come riportato sul sito web del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ai sensi dell'articolo 2 del decreto ministeriale 27 settembre 2004, i componenti della Commissione e delle relative sottocommissioni e sezioni devono essere «esperti altamente qualificati nei vari settori delle attività cinematografiche»;
          nella sottocommissione per il riconoscimento dell'interesse culturale – sezione opere prime e cortometraggi siedono interlocutori le cui competenze in materia di critica cinematografica sembrano essere all'interrogante del tutto opinabili;
          anche nella sottocommissione per il riconoscimento dell'interesse culturale – sezione lungometraggi, siedono referenti le cui competenze in materia di critica cinematografica sembrano all'interrogante essere del tutto opinabili. Inoltre, alcuni dei componenti si trovano in situazioni che appaiono all'interrogante di vistoso conflitto di interessi  –:
          se ritenga opportuno il Ministro interrogato che all'interno di organi del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo incaricati di giudicare il valore artistico e culturale di opere cinematografiche e di concedere finanziamenti e sgravi fiscali corrispondenti al valore di diversi milioni di euro siedano persone che, contrariamente a quanto stabilito per decreto dello stesso Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, non posseggono i requisiti di esperti «altamente qualificati nei vari settori delle attività cinematografiche» oppure si trovino in posizioni di potenziale conflitto di interesse, lavorando essi per gruppi attivi nel campo della produzione cinematografica o ricoprendo funzioni dirigenziali in enti di Paesi stranieri;
          se non intenda il Ministro interrogato adottare adeguati provvedimenti per impedire che in futuro vengano nominate componenti della Commissione persone che non posseggano i requisiti di «esperti altamente qualificati nei vari settori delle attività cinematografiche» e che si trovino in posizione di potenziale conflitto di interesse, nonché per revocare gli attuali componenti che non rientrano nella suddetta categoria di «esperti altamente qualificati» o si trovino in posizione di potenziale conflitto di interesse. (4-04311)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, con la quale l'interrogante chiede chiarimenti in ordine ai requisiti che devono possedere i componenti della Commissione per la cinematografia ed alle iniziative che questo Ministero intende adottare per assicurare che in tale commissione operino persone altamente qualificate nei vari settori dell'attività cinematografica e che non si trovino in posizione di potenziale conflitto di interessi, si comunica quanto segue.
      Nell'interrogazione si afferma che il riconoscimento dell'interesse culturale di un'opera cinematografica consente alla società che ha curato la produzione del film di ricevere sensibili sgravi fiscali.
      Si ritiene opportuno precisare che il tax credit «interno», introdotto con decreto attuativo del 7 maggio 2009 «Disposizioni applicative dei crediti d'imposta concessi alle imprese di produzione cinematografica in relazione alla realizzazione di opere cinematografiche, di cui alla legge n.  244 del 2007» costituisce un beneficio fiscale a favore delle imprese del settore cinematografico che producano film nel rispetto dei canoni di eleggibilità culturale, secondo parametri indicati nel citato decreto.
      Non è richiesto, quindi, che l'opera filmica sia riconosciuta di interesse culturale o spettacolare ai sensi del decreto legislativo n.  28 del 2004 (cosiddetta «legge cinema») dalla commissione per la cinematografia, sezione per il riconoscimento dell'interesse culturale, di cui all'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n.  28 del 2004. Al riguardo, si rappresenta che tale ultima qualifica presuppone requisiti di «culturalità» del progetto tipologicamente diversi, senza dubbio più severi rispetto a quelli necessari per la concessione del beneficio fiscale del tax credit.
      Sempre in ordine alla normativa sul tax credit «interno», appare utile precisare che soltanto in due casi non si ricade in automatismi di legge, ma è richiesta l'attività valutativa, di tipo discrezionale, della commissione per la cinematografia.
      Si tratta dei cosiddetti film difficili, laddove non già individuati dalla normativa (articolo 1, comma 5, decreto ministeriale 7 maggio 2009) e dei film con risorse finanziarie modeste (articolo 1, comma 6, del medesimo decreto ministeriale), ossia film dal budget non superiore a 1,5 milioni di euro.
      La normativa, infatti, riconosce automaticamente come film difficili le opere prime e seconde, i documentari, i cortometraggi e le opere prodotte dalle scuole di cinema riconosciute dallo Stato italiano. Oltre questi casi indicati espressamente dalla legge, la commissione per la cinematografia è competente a poter qualificare come «film difficile» un film riconosciuto di interesse culturale ai sensi della citata «legge cinema» e che, al contempo, sia incapace di attrarre risorse finanziarie significative, ovvero penalizzato nel raggiungere un pubblico vasto. La commissione è anche chiamata ad esperire i controlli relativi alle opere cinematografiche il cui costo complessivo di produzione non superi 1,5 milioni di euro per l'attribuzione della qualifica di film con risorse finanziarie modeste.
      Un film difficile o un film con risorse finanziarie modeste può utilizzare risorse pubbliche sino alla soglia dell'80 per cento dell'intero budget di produzione, anziché la soglia del 50 per cento comunemente prevista per gli altri film.
      Nel 2013, l'ammontare del credito d'imposta riconosciuto per investimenti da parte dei produttori cinematografici (tax credit interno) è stato di circa 33,4 milioni di euro.
      Il credito d'imposta, in sostanza, è un sostegno di carattere indiretto connotato da una ratio completamente diversa rispetto al contributo diretto alla produzione di progetti di opere filmiche riconosciute di interesse culturale o spettacolare dalla commissione per la cinematografia.
      In relazione, invece, ai contributi assegnati ai sensi del citato decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  28, si rappresenta quanto segue.
      Nel 2013, la commissione per la cinematografia – sezione riconoscimento dell'interesse culturale – ha deliberato per la produzione di opere filmiche contributi diretti complessivi per euro 22.050.000,00 (euro 13.800.000,00 per progetti di film di lungometraggi ossia di registi già affermati, euro 6.900.000,00 per progetti di opere prime e seconde, euro 900.000,00 per cortometraggi). Tali contributi ministeriali non sono a fondo perduto, ma costituiscono un prestito agevolato da restituire, una volta coperti i costi di produzione, tramite una percentuale sugli incassi del film riconosciuta allo Stato.
      La qualifica di interesse culturale attribuita ad un progetto filmico dal direttore generale per il cinema, su conforme parere della commissione per la cinematografia, interviene a conclusione di una procedura altamente selettiva e di tipo concorsuale, con un'attività valutativa di alto profilo.
      Oltre che al citato decreto legislativo n.  28 del 22 gennaio 2004 la procedura è regolata in particolare dai due decreti ministeriali dell'8 febbraio 2013 «Composizione ed attività della commissione per la cinematografia e valutazione dell'interesse culturale» e «Modalità tecniche di sostegno alla produzione ed alla distribuzione cinematografica».
      Tale procedura è cadenzata in tre sessioni annuali, con relative delibere, graduatorie dei progetti ed assegnazione delle relative risorse ai progetti partecipanti risultati più alti nel punteggio conseguito. Ogni fase della procedura, oltre ad essere gestita per via telematica, è divulgata sul sito web della direzione generale per il cinema.
      La legge indica i criteri di valutazione del progetto filmico, siano essi discrezionali (qualità artistica intesa come valore del soggetto e della sceneggiatura, qualità tecnica, intesa come valore delle componenti tecniche e tecnologiche, coerenza delle componenti artistiche e di produzione del progetto filmico intesa come completezza e realizzabilità del progetto produttivo) o connessi in parte ad automatismi, nel caso di valutazione di opere di registi non esordienti.
      Venendo, poi, alle richieste formulate in merito alla composizione della commissione, si precisa che essa, da ultimo istituita con decreto ministeriale 2 novembre 2011, è giunta, nel 2013, alla sua naturale scadenza. Nel corso di questi anni i membri della commissione, nominati, ai sensi del decreto ministeriale 27 settembre 2004 e del successivo decreto ministeriale 18 aprile 2012, per due terzi dal Ministro pro tempore dei beni e delle attività culturali e per un terzo dalla conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stati individuati, ai sensi della citata normativa, tra esperti del settore cinematografico, con particolare riferimento a registi, sceneggiatori, critici e professionisti del settore. Al riguardo, nel corso di questi anni non si sono registrati casi di incompatibilità denunciati alla magistratura ed i commissari di volta in volta nominati, nella prima seduta di ogni anno, hanno sottoscritto una autocertificazione in tal senso.
      La nuova Commissione, articolata nella sezione consultiva per i film e nella sezione per la promozione, è stata istituita con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo del 25 luglio 2014. Essa è composta da 12 commissari, di cui quattro di nomina regionale, e dura in carica per due anni. La composizione dell'organo e tutti i nominativi dei suoi componenti sono indicati sul sito internet della direzione generale per il cinema.
      Si rappresenta, inoltre, che, per effetto dell'articolo 3, commi 1 e 2, del decreto- legge 8 agosto 2013, n.  91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n.  112, recante «Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione ed il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo» (cosiddetto decreto «valore cultura») e del decreto ministeriale del 10 febbraio 2014, recante «Disposizioni relative alla composizione e rideterminazione dei componenti degli organismi collegiali operanti presso le direzioni generali per il cinema e per lo spettacolo dal vivo» (cfr. Comunicato nella Gazzetta Ufficiale – Serie generale n.  84 del 10 aprile 2014), la Commissione per la cinematografia di nuova nomina, oltre ad operare senza onere alcuno per lo Stato (come, peraltro, già accade dall'8 ottobre 2013), è stata ridotta nel numero dei componenti.
      La sezione consultiva per i film, presieduta di diritto dal direttore generale per il cinema, si avvale di otto esperti di comprovata esperienza nel settore della cinematografia (sei nominati dal Ministro dei beni delle attività culturali e del turismo e due di nomina regionale).
      Per la prima volta, rispetto al passato, la scelta dei componenti di nomina ministeriale è stata effettuata con una procedura pubblica di acquisizione delle candidature e sulla base della valutazione dei curricula e delle competenze professionali funzionali all'incarico di componente.
      I curricula professionali dei componenti della Commissione, con particolare riferimento alla sezione consultiva per i film, sono pubblicati sul sito internet della direzione generale cinema, alla pagina http://www.cinema.beniculturali.it/direzionegenerale/112/consulenti-e-collaboratori/.
      Le modalità di funzionamento sono state improntate ancor di più alla massima snellezza, trasparenza e rapidità operativa, con previsione di ampio utilizzo di strumenti telematici, inclusa la video conferenza.
      Ad una procedura trasparente di definizione della composizione della commissione, si unisce il massimo grado possibile di autonomia decisionale in ordine alla valutazione della qualità artistica dei progetti filmici da esaminare. Al riguardo, si rappresenta che, oltre alla previsione di modalità di valutazione e votazione idonee ad assicurare efficienza, tempestività, imparzialità e trasparenza dell'attività consultiva, il decreto ministeriale 10 febbraio 2014 prevede esplicitamente che «il direttore generale non esprime voto in ordine alla qualità artistica delle domande esaminate».
      Tanto precisato in ordine al secondo quesito posto dall'interrogante, si ritiene che, per quanto attiene al primo quesito non vi debbano essere situazioni di incompatibilità nella composizione della commissione e si assicura che, qualora si registrassero puntuali segnalazioni in tal senso, il Ministero procederà ad un'attenta verifica, al fine di porre in essere gli idonei provvedimenti di propria competenza.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Ilaria Carla Anna Borletti Dell'Acqua.


      GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          con decreto dirigenziale n.  255 del 7 giugno 2013, pubblicato sul BURC n.  39 del 22 luglio 2013 la regione Campania ha autorizzato «la società ALISEA s.r.l. Uni-personale con sede in Roma alla Via del Corso n.  75/10 – CAP 00186, C.F. e P.IVA 01588460996, fatti salvi i diritti di terzi, ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo n.  387/2003 (Gazzetta Ufficiale 31 gennaio 2004, n.  25. S.O.):
              1. alla costruzione e all'esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica mediante tecnologia eolica da realizzarsi nel comune di Lacedonia, in località Macchialupo, di potenza complessiva massima fino a 47,5 Mw per un numero di 19 aerogeneratori;
              2. all'allacciamento alla rete di distribuzione tramite collegamento in antenna a 150 kV su una nuova stazione elettrica di smistamento a 150 kV in doppia sbarra da inserire in doppia antenna a 150 kV sulla sezione a 150 kV della stazione a 380 kV di Bisaccia, come da allegato tecnico che costituisce parte integrante e sostanziale del presente;
              4. di disporre l'opposizione del vincolo preordinato all'esproprio del diritto di proprietà e degli altri diritti reali necessari alla costruzione dell'impianto ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 10 co. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 327/01 sui terreni riportati al Catasto come di seguito esplicitato ...»;
          i cittadini dei comuni di Bisaccia (Avellino) e Lacedonia (Avellino), costituiti in comitati «Nessuno tocchi Piani San Pietro» e «No Alta tensione» a difesa dei territori, dell'ambiente e della salute dei cittadini si oppongono alla realizzazione dell'elettrodotto, hanno chiesto che lo stesso fosse interrato al fine di arrecare minor danno all'ambiente e alla salute dei cittadini, ma la società oppone l'impossibilità ad interrare l'opera perché i costi sarebbero eccessivi;
          stante l'indisponibilità dalla società ALISEA srl unipersonale ad accogliere le richieste dei comitati in riunioni svoltesi presso le sedi comunali e a Roma presso il Ministero i comitati «Nessuno Tocchi Piani San Pietro» di Bisaccia (Avellino), «No alta tensione» di Lacedonia (Avellino) e «V.O.R.I.A.» di Vallata (Avellino) visto il mancato accoglimento della richiesta di interrare l'opera hanno denunciato alla regione Campania, ai comuni di Bisaccia e Lacedonia, al commissariato agli usi civici della Campania e del Molise, la circostanza che l'elettrodotto da 150 kV, come risulta dallo stesso piano particellare grafico descrittivo di esproprio allegato al progetto, interessa le particelle 7 e 19 del foglio 53 e la particella 510 del foglio 48 in agro del comune di Lacedonia (Avellino) particelle che appartengono al demanio civico categoria A;
          la complessa materia degli usi civici trova la sua completa disciplina nella legge n.  1766 del 16 giugno 1927 (che ha convertito in legge il regio decreto 22 maggio 1924 n.  751) e nel successivo regolamento di esecuzione approvato con il regio decreto n.  332 del 26 febbraio 1928. Gli usi civici, nella definizione normativa, sono quindi i diritti d'uso che spettano a coloro che compongono una determinata collettività e tale uso si manifesta in attività relative al godimento di un determinato bene quale: godere del pascolo, fare legna o usare dei prodotti del bosco, seminare terreni, e altro;
          il legislatore (articolo 11) ha distinto, per ciò che concerne i terreni facenti parte dei demani pubblici, tra terreni utilizzabili come bosco o pascolo (categoria A) e terreni utilizzabili per la coltura agraria. (categoria B). Detta distinzione, lungi dall'essere meramente descrittiva, è alla base di un differente regime di circolazione dei terreni suddetti in quanto, mentre per quelli utilizzabili come bosco o pascolo non è prevista alcuna alienazione o cambio di destinazione senza preventiva autorizzazione ministeriale (ora regionale), viceversa i terreni utilizzabili per la coltura sono destinati ad essere ripartiti mediante assegnazione (cosiddetta quotizzazione dei terreni demaniali);
          l'articolo 12, comma 2, legge 1766 del 1927 stabilisce che le terre collettive continuano ad essere soggette ad un regime d'indisponibilità e di destinazione vincolata alle primarie esigenze della comunità, salvo casi particolari e specifici. Pertanto, i terreni su cui insistono usi civici sono sottoposti a vincolo di indisponibilità, di inalienabilità e di destinazione (cfr. ex multisCass. Civ.,sez III, 3.2.2004, n.  1940; sez. V, n.  11993 dell'8 agosto 2003);
          alla luce delle disposizioni normative e dell'orientamento giurisprudenziale costante si può pertanto affermare che fino a quando non avvenga l'assegnazione a categoria il bene è assolutamente incommerciabile. A seguito della suddetta assegnazione, invece, qualora l'immobile rientri nella categoria A (boschi e pascoli), esso sarà destinato per sempre a restare di proprietà pubblica; l'unica ipotesi di commerciabilità pertanto sarà circoscritta al caso di compravendita per esigenze di pubblico interesse, opportunamente adottata dal comune ed approvata dalla regione. Viceversa l'assegnazione del terreno a categoria B (coltura agraria) comporterà il diritto di enfiteusi a favore del singolo il che comporta che potranno essere compiuti atti unilaterali di disposizione della proprietà, siano essi di natura privatistica che di natura espropriativa, soltanto dopo l'affrancazione del canone enfiteutico;
          dall'analisi della certificazione storico catastale inerente le particelle 7 e 19 del foglio 53 e la particella 510 del foglio 48 emerge che le stesse sono appartenenti al demanio civico categoria A;
          l'articolo 1 della legge n.  431 del 1985 (legge Galasso), sottopone a vincolo paesistico tutti i terreni di uso civico vincolo ribadito dal decreto legislativo 490 del 1999 e, successivamente, dal decreto legislativo 22 gennaio 2004 n.  42 (codice dell'ambiente), modificato con i decreti legge 24 maggio 2006 n.  156 e 157, il quale ultimo, all'articolo 142 lettera h) indica «di interesse paesaggistico» e come tali sottoposti alla disciplina del vincolo «le aree assegnate alle Università Agrarie e le zone gravate da usi civici»;
          la pratica, largamente diffusa in regione Campania, di autorizzare la realizzazione di opere su demanio civico a portato alla presentazione in regione Campania di una proposta di legge «Regime urbanistico dei terreni di Uso Civico» (Reg. Genn.  513 – ad iniziativa dei Consiglieri Consoli, Cobellis, Iacolare, e Mocerino depositata in data 24 marzo 2014) che potrebbe divenire l'ennesima «sanatoria» agli scempi ambientali e dei conseguenti «disastri» su cui tardivamente recriminare nella vana ricerca di individuarne i responsabili;
          da ultimo la regione Campania, incalzata dai Comitati, è stata «costretta» con nota prot. 2014.0731325 del 3 novembre 2014 a firma del dirigente dell'UOD Foreste, a riconoscere che i terreni in agro di Lacedonia «Foglio 53, particelle 7 e 19, tuttora sono gravate dal vincolo di Uso civico»  –:
          se il Ministro sia a conoscenza di tale situazione e cosa intenda fare per tutelare le aree gravate da usi civici che risultano sottoposti a vincolo paesaggistico ex lege.
(4-06850)

      Risposta. — Si fa riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante chiede se questo Ministero sia a conoscenza della situazione venutasi a creare nei territori di Bisaccia e Lacedonia, in provincia di Avellino, a seguito dell'autorizzazione rilasciata dalla regione Campania alla costruzione e all'esercizio di un impianto di energia elettrica mediante tecnologia eolica, con relativo allacciamento alla rete di distribuzione.
      Al riguardo, si rappresenta quanto segue.
      Il procedimento di autorizzazione unica per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili è regolato dal decreto 10 settembre 2010 «linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili». Nel corso del procedimento unico, la competente soprintendenza esprime il proprio parere nel ai sensi dell'articolo 14, punto 14.9, delle linee guida. Nei casi previsti dall'articolo 17, comma 3, lettera n), del decreto del Presidente della Repubblica n.  233 del 2007, qualora l'intervento interessi la competenza di più soprintendenze di settore, il parere viene espresso dalla competente direzione regionale.
      Nel caso specifico si precisa quanto segue:
          la società proponente ha presentato il progetto, acquisito al protocollo n.  24037 in data 8 settembre 2009, relativo alla costruzione ed esercizio di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile costituito da trenta aerogeneratori della potenza complessiva di settantacinque MW e relative opere connesse, con allegato certificato, rilasciato dal comune di Lacedonia protocollo n.  1127 del 26 febbraio 2009, nel quale veniva riportato l'elenco delle particelle catastali interessate dall'intervento, comunicando che non vi erano vincoli ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio.

      Si precisa che, da una verifica effettuata a seguito della segnalazione, nell'elenco delle particelle del su citato certificato non erano menzionate le particelle indicate nell'interrogazione parlamentare.
      In data 9 settembre 2010, la società proponente ha trasmesso il progetto definitivo dell'impianto per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile costituito da trenta aerogeneratori della potenza di settantacinque MW, nonché il progetto relativo all'elettrodotto corredato da relazione paesaggistica; al progetto del 2010 veniva anche allegato il parere della commissione per il paesaggio nonché la relazione tecnico-illustrativa, ai sensi dell'articolo 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio, da parte del responsabile del paesaggio del comune di Lacedonia, reiterando il già citato certificato del 26 febbraio 2009. Tale relazione non evidenziava la presenza di usi civici tra le particelle interessate, riportando solo marginali interferenze, attraversamenti in via aerea di corsi d'acqua e di aree boscate, tra le aree assoggettate a tutela e l'impianto.
      Con nota protocollo n.  20620 del 9 settembre 2010, la competente soprintendenza ha richiesto ai comuni di Bisaccia e Aquilonia di comunicare la presenza di aree assoggettate a tutela sui territori interessati dall'elettrodotto. Con nota protocollo n.  20623 dello stesso giorno, la medesima soprintendenza ha richiesto al comune di Lacedonia di verificare la distanza dalle aree assoggettate a tutela sul territorio interessato dall'impianto.
      In data 1o giugno 2011 veniva indetta la prima conferenza dei servizi presso la regione Campania, nel corso della quale il rappresentante del settore regionale beni culturali e ambientali ha dichiarato «la non competenza in quanto i fogli catastali interessati dal progetto non sono gravati da usi civici».
      A seguito dei pareri endoprocedimentali trasmessi alla direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania, con nota n.  14110 del 26 maggio 2011, la medesima direzione regionale ha ribadito la propria incompetenza sul procedimento in quanto l'intervento non riguardava la competenza di più soprintendenze, con l'indicazione che rimaneva in capo alla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Salerno e Avellino l'espressione del parere.
      Con nota n.  26172 del 14 ottobre 2011 la società trasmetteva il progetto definitivo dell'impianto eolico ed opere connesse.
      La soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Salerno e Avellino, con nota n.  30222 del 25 novembre 2011, preso atto della situazione vincolistica, così come rappresentata dalla relazione tecnico- illustrativa redatta dal comune di Lacedonia e dal parere della commissione del paesaggio, esaminati gli elaborati presentati, considerato che relativamente al parco eolico non risultavano esserci aree assoggettate a tutela, mentre per le opere connesse risultavano essere sottoposti a tutela solo corsi d'acqua e aree boschive che sono interessati da attraversamenti aerei dell'elettrodotto, ha espresso parere favorevole per quanto di competenza.
      Si ribadisce che la citata soprintendenza, all'epoca dell'espressione del proprio parere, non era a conoscenza dell'esistenza di particelle gravate da usi civici inserite nel progetto di cui si tratta, non essendo stata, in nessuna fase del procedimento, evidenziata tale problematica.
      Da una verifica degli elaborati agli atti della soprintendenza, effettuata a seguito dell'interrogazione parlamentare, si è riscontrato che le particelle oggetto dell'interrogazione, e precisamente le nn.  7 e 19 del F.53, sono interessate solo dal passaggio aereo del cavo dell'elettrodotto. La particella 510 del foglio 48 non è, invece, interessata dal passaggio dell'elettrodotto.
      In data 7 maggio 2015, con il decreto dirigenziale (DD) n.  1 del 7 gennaio 2015 del dipartimento 52 – salute e risorse naturali – direzione generale 6 – politiche agricole, alimentari e forestali avente per oggetto «comune di Lacedonia (AV). Mutamento temporaneo di destinazione di terre gravate da usi civici per la realizzazione dell'impianto eolico di cui all'autorizzazione unica rilasciata con decreto dirigenziale n.  225 del 7 giugno 2013, riguardante porzione delle particelle 7 e 19 del foglio 53 di Lacedonia – sito in località “MACCHIALUPO”» pubblicato sul Bollettino Ufficiale regione Campania n.  20 del 20 aprile 2015, è stato accertato che effettivamente le particelle 7 e 19 del foglio 53 di Lacedonia sono soggette al gravame degli usi civici, come disposto col decreto commissariale del 30 dicembre 1937.
      In data 8 maggio 2015, la citata soprintendenza, con nota 3621 indirizzata alla regione Campania, in relazione al progetto di che trattasi e tenuto conto del parere già espresso, di quanto riportato dall'interrogante e del contenuto del citato decreto dirigenziale n.  1 del 7 gennaio 2015, ed in considerazione del fatto che le suddette particelle sono interessate per il solo sorvolo della linea aerea RTN, costituente l'elettrodotto opere elettriche connesse al progetto di parco eolico, ha confermato il parere già espresso in conferenza dei servizi, ritenendo che quanto accertato nel succitato decreto dirigenziale non modifichi le considerazioni che hanno portato all'emanazione del parere, trattandosi di interessamento solo aereo delle particelle vincolate.
      Si rappresenta, infine, che, tenuto conto dei numerosi provvedimenti emessi dalla regione Campania a favore della società proponente, anche in relazione alle molteplici variazioni apportate al progetto, la soprintendenza belle arti e paesaggio di Salerno e Avellino ha richiesto all'amministrazione regionale di verificare se le modifiche apportate durante l’iter autorizzativo abbiano interessato aree assoggettate a tutela ai sensi dell'articolo 142, comma 1, lettere da a) ad m), del codice dei beni culturali e del paesaggio (beni tutelati ex lege), precisando che, in caso affermativo, sarà necessario, in via di autotutela, esprimere un nuovo parere alla luce della mutata situazione vincolistica.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Ilaria Carla Anna Borletti dell'Acqua.


      GRANDE. – Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. – Per sapere – premesso che:
          in data 18 luglio 2014 è stata presentata e resa pubblica, attraverso il sito istituzionale dello stesso Ministero, le linee guida della riforma del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo le quali presentano, tra le novità sicuramente più rilevanti, l'istituzione, su tutto il territorio nazionale, di venti musei e poli museali considerati di particolare rilievo e rappresentativi dell'identità culturale italiana;
          da una analisi delle linee guida sopra citate non si rileva riferimento alcuno che riconduca alla cultura etrusca;
          se tale riforma venisse confermata verrebbe ad essere oscurato un periodo importante della storia italiana, che ha lasciato testimonianze uniche al mondo in un territorio di straordinaria valenza paesaggistica, caratterizzato dalle grandi città dell'Etruria tra cui Cerveteri, Tarquinia, Vulci e Veio;
          la rilevanza della civiltà etrusca viene comunque riconosciuta, anche internazionalmente, attraverso i due siti UNESCO di Cerveteri e Tarquinia, nonché a livello italiano dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, l'unico specificatamente dedicato agli Etruschi e che conserva la più importante collezione esistente al mondo di testimonianze di questa cultura ed al quale fanno capo ben 10 musei nazionali strettamente connessi tra loro;
          a dieci anni dai riconoscimenti dell'UNESCO, il nostro Paese, implementando la citata riforma, invierebbe al mondo della cultura un segnale chiaramente in controtendenza rispetto alle certezze acquisite dall'opinione pubblica internazionale sui programmi italiani di tutela dei nostri beni;
          l'interesse per il mondo etrusco ha prodotto, attraverso fruttuose sinergie fra i responsabili dei siti ed il Ministero, afflussi straordinari di visitatori raggiungendo nel 2013 all'incirca 330.000 visitatori italiani e stranieri per quello che può globalmente essere definito POLO ESPOSITIVO ETRUSCO;
          tale successo è stato anche reso possibile dalla presenza di un interlocutore specifico e cioè la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Etruria Meridionale, una delle più antiche Soprintendenze d'Italia costituita nel 1939 e che tale bozza vorrebbe sopprimere –:
          se non si intenda rivedere la decisione di inserire il Polo Museale Etrusco, comprendente la rete dei Musei e delle Aree archeologiche della Tuscia (sito. Unesco di Cerveteri e Tarquinia, Civitavecchia, Civita Castellana, Tuscania, Viterbo, Vulci) con capofila il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma (legato fin dal momento della sua istituzione all'intero territorio etrusco), nell'elenco degli Istituti dotati di autonomia speciale di rilevante interesse nazionale, alla stregua di Paestum e del Museo Nazionale Romano, anche quest'ultimo costituito da diverse strutture museali;
          quali siano le motivazioni che hanno portato il Ministero alla soppressione della soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Etruria Meridionale e se non si intenda rivedere tale decisione. (4-05895)

      Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in oggetto, con il quale l'interrogante chiede se questo Ministero intenda prevedere la costituzione di uno specifico polo museale etrusco nonché la ricostituzione della soprintendenza per i beni archeologici dell'Etruria meridionale, si rappresenta quanto segue.
      Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n.  171 del 2014, recante «Regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, degli uffici della diretta collaborazione del Ministro e dell'Organismo indipendente di valutazione della performance, a norma dell'articolo 16, comma 4 del decreto-legge 24 aprile 2014, n.  66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n.  89», e con i successivi provvedimenti attuativi, questo Ministero, nel recepire le previsioni in materia di riduzione della spesa, ha colto l'occasione per ridisegnare la propria organizzazione in modo innovativo e in linea con le misure già adottate con il decreto-legge 31 maggio 2014, n.  83, contenente «Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo», convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n.  106.
      L'adeguamento ai numeri della spending review è divenuto, così, l'opportunità per intervenire sull'organizzazione del Ministero, porre rimedio ad alcune criticità e rendere la sua azione di tutela e valorizzazione del patrimonio più efficiente ed efficace.
      Tra i punti affrontati della riforma vi è la sotto-valutazione dei musei: numerosissimi sul territorio nazionale, ma quasi sempre articolazioni delle soprintendenze, non inseriti in un disegno unitario, e non adeguatamente valorizzati, anche in chiave di promozione turistica.
      La riforma ha voluto mutare radicalmente questo aspetto, assicurando al contempo il legame dei musei con il territorio e con le soprintendenze e fatte salve le prioritarie esigenze di tutela. Sono state quindi previste, da una parte, una nuova direzione generale musei, cui è affidato il compito di attuare politiche e strategie di fruizione a livello nazionale, favorire la costituzione di poli museali anche con regioni ed enti locali, svolgere i compiti di valorizzazione degli istituti e dei luoghi della cultura, dettare le linee guida per le tariffe, gli ingressi e i servizi museali e, dall'altra, la creazione, in ogni regione, di poli museali, articolazioni periferiche della direzione generale musei, incaricati di promuovere gli accordi di valorizzazione previsti dal codice e di favorire la creazione di un sistema museale tra musei statali e non statali, sia pubblici, sia privati.

      Considerando il livello regionale quale ambito ottimale di riferimento, sono stati attivati diciassette poli museali regionali e, in questo quadro, il Museo nazionale etrusco di Villa Giulia di Roma è stato assegnato al polo museale del Lazio, chiamato a mettere a sistema gli istituti e luoghi della cultura della regione ad esso affidati, potenziandone la valorizzazione e la pubblica fruizione.
      Nel disegno della riorganizzazione del Ministero si è intervenuti altresì allo scopo di razionalizzare la struttura e semplificare le linee di comando. L'amministrazione periferica è stata dunque ripensata, mantenendo il livello regionale quale dimensione di riferimento, ridefinendo e semplificando la linea di comando tra amministrazione centrale e soprintendenze: le soprintendenze archeologiche sono articolazioni periferiche della relativa direzione centrale; quelle miste, belle arti e paesaggio, lo sono della relativa direzione e nel rispetto della distribuzione territoriale, e sono, quindi, accorpate le soprintendenze per i beni storico-artistici con quelle per i beni architettonici, come già avveniva in diversi casi e come già era e rimarrà al centro, con una sola direzione centrale.
      Tale disegno, pur nel contesto delle previsioni dettate dalla spending review, è stato condotto tenendo presente la specificità dei territori e le esigenze del patrimonio: come nelle altre regioni, anche in Lazio è stata prevista una unica soprintendenza archeologia, la soprintendenza archeologia del Lazio e dell'Etruria meridionale.
      Si rappresenta che essa rappresenta peraltro l'unico caso in cui l'ambito di competenza è stato articolato oltre la semplice indicazione della regione di riferimento, indicando esplicitamente uno specifico territorio: la denominazione stessa dell'ufficio conferma dunque la piena consapevolezza del valore e dell'unicità del patrimonio della civiltà etrusca distribuito sul territorio dei circa 90 comuni ricadenti nella provincia di Viterbo e nella parte nord della provincia di Roma, dove questa civiltà è fiorita tra il IX secolo a.C. e l'età romana.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Ilaria Carla Anna Borletti dell'Acqua.


      GRIMOLDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          nel novembre 2014 il comune brianzolo di Ceriano Laghetto ha deliberato di intitolare una sua piazza ai «Martiri di Odessa», con ciò intendendo onorare non soltanto la memoria delle vittime dell'Olocausto ma anche quella di coloro che persero la vita negli scontri occorsi nella rinomata città ucraina tra governativi ed autonomisti filo-russi nel maggio 2014;
          stando alla stampa locale brianzola, tale iniziativa avrebbe determinato la reazione dell'ambasciatore ucraino in Italia, Yevhen Perelygin, che in un'intervista avrebbe ipotizzato di intervenire nella vicenda rivolgendosi sia al Governo nazionale che alla prefettura territorialmente competente;
          l'ambasciatore capo missione dell'Ucraina in Italia intenderebbe contestare al comune di Ceriano Laghetto l'accostamento improprio tra i diversi eventi richiamati nella motivazione addotta per l'intitolazione della piazza ed imputare alle sue autorità l'aver passivamente accettato un punto di vista giudicato come l'esito di una manipolazione di parte;
          sembra piuttosto ravvisarsi nella scelta del comune di Ceriano Laghetto la volontà di esprimere una chiara condanna di tutte le forme di ricorso alla violenza nel perseguimento di obiettivi politici ed in particolare nei confronti di quelle che sfociano nella morte di civili innocenti  –:
          se il Governo giudichi appropriata la reazione prospettata alla stampa dall'ambasciatore ucraino in Italia o non ritenga invece di potervi ravvisare gli estremi di un'ingerenza che lo dovrebbe rendere «persona non grata»;
          quale posizione il Governo intenda in concreto assumere nei confronti di eventuali lagnanze dell'ambasciatore Yevhen Perelygin nei confronti delle scelte toponomastiche fatte dalle autorità comunali di Ceriano Laghetto. (4-07782)

      Risposta. — In riferimento al tragico episodio a cui si fa riferimento nell'interrogazione, è anzitutto opportuno ricordare come, sin dal suo verificarsi, l'Italia abbia colto ogni occasione propizia per manifestare profondo rispetto e sincero cordoglio per le vittime di Odessa. In raccordo con i partner europei (sia in ambito Unione europea che in seno al Consiglio d'Europa), il Governo italiano ha a suo tempo sensibilizzato le autorità ucraine affinché si facesse piena luce sugli eventi, identificando le relative responsabilità ed assicurando alla giustizia i colpevoli di un atto riprovevole, che non ha giovato, lungo il filo della complessa crisi in corso, alla restaurazione della fiducia fra il Governo centrale e le popolazioni sud-orientali ucraine.
      È facile reperire traccia formale di queste costanti sollecitazioni nel testo delle conclusioni dei Consigli affari esteri UE che si sono susseguiti dai tragici fatti di Odessa, come anche in quello delle conclusioni della Presidenza della 125 esima sessione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 19 maggio 2015.
      Cosciente della necessità di ricostruire una verità oggettiva, esente dai condizionamenti negativi derivanti dalla perdurante crisi, il Governo italiano ha altresì sostenuto fin dal principio razione di monitoraggio affidata all’International Advisory Panel del Consiglio d'Europa, che vigila sulle indagini condotte dall'autorità ucraine sul dramma di Odessa, al fine di garantirne trasparenza e indipendenza. Proprio in occasione dell'ultima sessione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa si è preso atto del lavoro del Panel, recependone le assicurazioni rispetto ad una conclusione delle indagini sugli eventi occorsi ad Odessa entro il prossimo autunno.
      Ciò premesso, si sottolinea come la dinamica dei fatti occorsi ad Odessa continui tuttora a distinguersi per i suoi tratti opachi e controversi e come ogni valutazione affrettata e non suffragata da evidenze oggettive rischi di ingenerare strumentalizzazioni parziali che il Governo italiano rigetta. È infatti nostro convincimento che sia necessario lasciare agli organi nazionali d'inchiesta ucraini, nel rispetto della loro autonomia ed indipendenza, la prosecuzione di indagini che auspichiamo rapide ed esaustive per i chiarimenti richiesti anche a livello internazionale.
      Quanto al riconoscimento delle autorità di Kiev, la loro indiscussa legittimazione deriva fra l'altro da due tornate elettorali nazionali – le presidenziali del 25 maggio e le politiche del 26 ottobre – che hanno avuto luogo nel rispetto degli standard occidentali e che sono state giudicate dalle missioni internazionali di monitoraggio presenti come le più libere e democratiche nella storia del Paese.
      La particolare delicatezza del contesto in cui si situa l'intenzione del comune di Ceriano Laghetto è stata ravvisata anche dalle altre autorità coinvolte per gli aspetti di relativa competenza; in particolare dalla prefettura di Monza e Brianza la quale, in una lettera indirizzata il 2 febbraio al sindaco di Ceriano Laghetto, ha sottolineato come, in base alla normativa vigente in materia di toponomastica (regio decreto-legge 10 maggio 1923, n.  1158, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n.  473, e della legge 23 giugno 1927, n.  1188), nessuna denominazione possa essere attribuita senza la preventiva autorizzazione del prefetto e come le intitolazioni non possano essere riferite a persone che non siano decedute da almeno dieci anni (salvo casi eccezionali di individui che hanno bene meritato per la nostra Nazione), rafforzando pertanto, anche sul piano del rispetto della legislazione nazionale, l'inopportunità di un riferimento ad accadimenti recenti, ancora al vaglio delle autorità giudiziarie di un Paese straniero amico.
      Alla luce di quanto precede, non si può che convenire circa la natura oggettivamente controversa di un'iniziativa che, pur comprensibile per i sentimenti di cordoglio verso le vittime innocenti di un tragico episodio cui non abbiamo difficoltà ad associarci, rischia di risultare non scevra di incoerenze rispetto all'attuazione delle linee di politica estera in un contesto assai fluido, oltre che palesemente in violazione di norme in vigore sul piano interno.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


      GULLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la comunicazione è uno dei pilastri della nostra società;
          nella storia, il principale strumento di comunicazione è la lettera;
          normalmente, per garantire l'effettiva possibilità di accesso alla comunicazione gli Stati hanno gestito direttamente il sistema postale;
          dopo l'unità d'Italia le poste inglobarono le aziende di servizi postali dei regni annessi e si costituirono in ente nazionale con legge 5 maggio 1862 n.  604;
          oggi Poste italiane s.p.a. è una Società per azioni posseduta al 100 per cento dal Ministero dell'economia;
          le carte valori postali hanno la funzione di essere il corrispettivo per il servizio reso e al contempo possono trasmettere un messaggio e/o un'informazione storica, artistica culturale;
          i collezionisti hanno contribuito e contribuiscono alla diffusione di tali messaggi e alla maggiore conoscenza della storia delle comunicazioni;
          negli ultimi anni la filatelia in Italia sta subendo un calo a causa dello scarso ricambio generazionale;
          in molti altri paesi la filatelia non è in calo;
          risulta difficile reperire i francobolli commemorativi presso molti uffici postali, nonostante le tirature siano alte in proporzione all'uso effettivo delle carte valori postali;
          il codice postale italiano prevede che i francobolli debbano essere distribuiti in tutti gli uffici;
          gli uffici postali preferiscono usare i cosiddetti ptlabel e non i francobolli, soprattutto quelli commemorativi, non contribuendo al messaggio socio-culturale che attraverso il francobollo si vuole trasmettere;
          le buste che vengono affrancate con commemorativi sono poche, limitando, così, il messaggio sociale, culturale e/o artistico che con le diverse emissioni si vuole veicolare;
          Poste italiane non consente che alcune tipologie di spedizioni siano affrancate con francobolli (Raccomandata 1, posta celere, pacco celere 1 e pacco celere 3);
          i tabaccai, che per legge devono vendere i francobolli pena il ritiro della licenza, spesso non sono adeguatamente riforniti dalle Poste e, peraltro, per acquistare i francobolli devono fare la fila come un qualsiasi altro utente;
          in seguito ai diversi mutamenti tariffari Poste italiane non ha fornito gli uffici di tagli di francobolli complementari per raggiungere le affrancature più comuni (ad esempio nel passaggio tariffario delle lettere da 0,60 a 0,70 centesimi era difficile trovare francobolli da 0,05 o 0,10 per affiancarli a quelli da 0,60 in possesso dei privati o presenti negli uffici postali stessi);
          il programma di emissioni filateliche viene ogni anno approvato solo a dicembre e/o viene integrato e/o modificato durante il corso dell'anno;
          le date di emissione di francobolli spesso vengono spostate, anche senza preavviso;
          al Poligrafico dello Stato non viene dato un tempo necessario per lavorare agevolmente alle emissioni;
          le tematiche scelte dalla consulta filatelica non sempre incontrano l'interesse dei collezionisti Italiani e stranieri;
          le modalità di composizione della consulta appaiono poco orientate verso il collezionista, facendo prevalere soggetti interni a Poste italiane e soggetti che poco conoscono il settore;
          alcuni componenti sono presenti solo raramente alle sedute;
          è stato aumentato il numero degli sportelli filatelici senza consultare la Federazione tra le società filateliche e senza tenere conto dei circoli filatelici esistenti;
          in particolare si sono eliminati sportelli filatelici in città di grande tradizione filatelica (come ad esempio nella città di Marsala in provincia di Trapani dove nel 2012 si è svolta una delle 4 semifinali nazionali del campionato cadetti ed è attivo il circolo siciliano con il maggior numero di soci dell'isola), sono stati istituiti sportelli dove già ne esistono altri nelle vicinanze e non ne sono stati creati lì dove esistono circoli filatelici attivi (come ad esempio nella città di Patti in provincia di Messina dove esiste un circolo da 10 anni e viene organizzata almeno una mostra filatelica con relativo annullo speciale ogni anno);
          il Presidente della Federazione tra le Società filateliche italiane ha più volte segnalato le molteplici problematiche inerenti il settore ed indicato possibili soluzioni e/o modalità di intervento;
          al di là degli impegni di facciata Poste italiane e il Ministero sembrano aver fatto poco per invertire tale tendenza;
          dalla recente risposta del Viceministro Catricalà sembra che il Ministero dello sviluppo economico:
              si limiti solo a prendere atto della diminuzione dei giovani filatelisti, facendo riferimento a molteplicità di interessi tra i giovani, alla nascita di altri settori di collezionismo e da numerosi stimoli cognitivi portatori di cultura al pari della Filatelia;
              ritenga il francobollo non debba rispondere a logiche commerciali;
              creda, comunque, di rispondere agli interessi dei filatelisti attraverso le scelte operate dalla consulta filatelica;
              pensi di risolvere la questione della non omogenea diffusione dei commemorativi presso tutti gli uffici postali  –:
          quali misure urgenti si intendano assumere per:
              a) favorire la diffusione del messaggio culturale veicolato attraverso il francobollo;
              b) far trovare effettiva applicazione al codice postale italiano che prevede la distribuzione di ogni emissione in tutti gli uffici;
              c) organizzare l'attività di programmazione ed emissione filatelica in modo da elaborare il programma filatelico definitivo entro la fine dell'anno precedente a quello di emissione;
              d) rendere la composizione della consulta filatelica più aderente al mondo della filatelia;
              e) prevedere e/o disporre in caso di assenze continuative la decadenza e/o la sostituzione dei componenti della consulta filatelica;
              g) far sì che Poste italiane rivedano e correggano l'ubicazione degli sportelli filatelici in modo più congruente alla presenza di circoli filatelici. (4-05298)

      Risposta. — Ai sensi della vigente normativa, di cui all'articolo 32 del Testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n.  156, e dell'articolo 212 e seguenti del regolamento di esecuzione dei libri I e II del Codice postale, le carte-valori postali dello Stato sono emesse dal Ministero dello sviluppo economico.
      Inoltre, ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione postale universale, le carte-valori postali sono una manifestazione di sovranità nazionale. In tale ottica, al Ministro dello sviluppo economico o suo delegato, in qualità di autorità di riferimento, spetta il compito eminentemente politico di interpretare il sentimento della comunità nazionale e di rispondervi nelle forme e con i mezzi che gli sono propri, disponendo in via esclusiva e discrezionale circa il programma di emissione delle carte-valori.
      In tale contesto, è necessario precisare che lo scopo unico e precipuo delle carte-valori è quello di rappresentare una affrancatura per l'accesso al servizio postale universale, assicurato dall'operatore designato dallo Stato ai sensi della vigente normativa. Quest'ultimo, vale a dire l'operatore pro tempore Poste italiane s.p.a., è incaricato della distribuzione e della commercializzazione delle carte-valori su tutto il territorio nazionale, conformemente a quanto stabilito dalla normativa di riferimento, cui ha l'obbligo di attenersi.
      La concessionaria, ricevute le carte-valori postali di nuova emissione dal Ministero dell'economia e delle finanze (che ai sensi della vigente normativa le riceve a sua volta dallo stampatore IPZS s.p.a.), provvede ad effettuare la distribuzione sull'intera rete degli uffici postali, come previsto dall'articolo 215 del regolamento di esecuzione del Codice postale, di guisa che ciascuna carta-valore emessa dallo Stato venga inviata a ciascun ufficio postale del Paese, assicurandone la diffusione capillare.
      In tale ottica, la tiratura delle singole carte-valori postali commemorative, celebrative e tematiche viene definita dal Ministero dello sviluppo economico, su proposta della concessionaria, avuto riguardo alla necessità di garantirne la massima distribuzione e circolazione, a prescindere dal mercato del collezionismo.
      Ai sensi dell'articolo 78 del regolamento di esecuzione della legge 22 dicembre 1957, n.  1293, sulla organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio, decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1958, n.  1074, la vendita delle carte-valori postali da parte degli spacciatori di generi di monopolio (cosiddetti «tabaccai») costituisce obbligo, di guisa che al pari degli uffici postali, i rivenditori devono essere sempre riforniti di francobolli necessari a comporre le tariffe e i prezzi di ogni servizio assicurato dalla concessionaria.
      Ove dovessero pervenire segnalazioni circostanziate da parte dell'utenza in merito a presunte carenze, il Ministero dello sviluppo economico attiva i controlli del caso.
      I programmi annuali di emissione delle carte-valori postali sono definiti in via esclusiva dal Ministero dello sviluppo economico, anche acquisito il parere della consulta per l'emissione delle carte-valori postali e la filatelia, avuto riguardo ai criteri di massima adottati dall'autorità politica e sinteticamente illustrati nelle pagine dedicate alla filatelia del sito internet del Ministero.
      Relativamente alla consulta per l'emissione delle carte-valori postali e la filatelia, appare opportuno precisare che il ruolo dell'organismo tecnico-consultivo ministeriale è quello di fornire un qualificato supporto consultivo nella definizione del programma annuale delle emissioni filateliche, esprimendo il proprio parere sulla bozza di programma annuale elaborata in via esclusiva dagli uffici ministeriali, avanzando anche proprie proposte. Essa, pertanto non ha alcun potere né decisionale né di indirizzo. Invero, la presenza in consulta di esperti del mondo del collezionismo filatelico, oltre naturalmente ai rappresentanti di varie amministrazioni, enti e organizzazioni, è di grande ausilio all'autorità politica, poiché le proposte ed i pareri formulati contribuiscono a meglio interpretare il sentimento della comunità nazionale e di rispondervi nelle forme e con i mezzi che gli sono propri.
      Per la natura di organo tecnico-consultivo, che peraltro si riunisce due volte l'anno, non è stato previsto un meccanismo di decadenza e surroga dei componenti della consulta che non intervengano alle riunioni.
      Il Ministero dello sviluppo economico – consapevole del momento di difficoltà che il settore attraversa, non solo in Italia ma su scala internazionale, a motivo del costante calo del numero dei collezionisti e del mancato ricambio generazionale, dovuto essenzialmente alla naturale evoluzione degli interessi giovanili a discapito delle varie forme di collezionismo – continua ad avvalersi del supporto del proprio organo tecnico-consultivo, esaminando le proposte e le istanze che pervengono dalle varie componenti del panorama filatelico italiano, mantenendo tuttavia sempre fermo il concetto che la carta-valore postale rappresenta per lo Stato un mezzo di affrancatura della corrispondenza e, pertanto, è avulsa da ogni logica di natura commerciale.
      Il francobollo, pertanto, non rappresenta uno strumento di marketing né per lo Stato, che lo emette, né per la società concessionaria del servizio universale, che lo vende esclusivamente come strumento di affrancatura della corrispondenza.
      Il programma di emissione viene sempre definito dal Ministero dello sviluppo economico entro l'anno precedente a quello di riferimento. Eventuali integrazioni in corso d'anno, numericamente limitate, sono tuttavia sempre possibili al fine di corrispondere a esigenze, talvolta di natura istituzionale, emerse successivamente alla definizione del programma ed alle quali non si intende venire meno. Analogamente, le date di emissione possono subire modifiche in relazione a necessità contingenti di varia natura. Il programma, così come ogni sua modifica o integrazione, viene tempestivamente notificato alla concessionaria ed all'Istituto poligrafico e zecca dello Stato s.p.a. per gli adempimenti di rispettiva competenza.
      Per quanto concerne, infine, l'auspicata rivisitazione e correzione dell'ubicazione degli sportelli filatelici in relazione alla presenza sul territorio di circoli e associazioni filateliche, appare opportuno segnalare che la materia afferisce in via esclusiva alle strategie interne della citata concessionaria, fermo restando il richiamato obbligo per la stessa di assicurare la fornitura di ciascuna nuova carta-valore postale indistintamente a ciascun ufficio postale del territorio nazionale.
      Con riferimento alle misure urgenti che si intendano assumere per favorire la diffusione del messaggio culturale veicolato attraverso il francobollo, il Ministero ha rivisitato nel corso del 2013 le serie tematiche in cui sono articolati i programmi annuali, con lo specifico intento di meglio interpretare il sentimento della comunità nazionale e di avvicinare lo strumento «francobollo» alla sensibilità di tutta l'utenza.
      A partire dal corrente anno sono in vigore, pertanto, nuove serie tematiche, condivise dalla consulta per l'emissione delle carte valori postali e la filatelia, che strutturano le emissioni ordinarie come segue:
          «il Patrimonio naturale e paesaggistico», che comprende le emissioni dedicate alle «bellezze» da sempre considerate peculiari del nostro Paese e che lo caratterizzano nell'immaginario collettivo, nonché i consueti francobolli a soggetto turistico;
          «il Patrimonio artistico e culturale italiano», serie volta a promuovere l'immenso patrimonio del nostro Paese, dando spazio alle differenti arti e alle istituzioni che le custodiscono e valorizzano;
          «le Eccellenze del sapere», serie tesa a dare risalto sia alle grandi Istituzioni culturali italiane di tipo umanistico ovvero dedite alla ricerca scientifica e tecnologica, sia all'oggetto della ricerca stessa;
          «le Eccellenze del sistema produttivo ed economico», che intende promuovere la capacità professionale e imprenditoriale italiana. In tale ambito rientrano le emissioni di francobolli dedicati a singole categorie merceologiche e, in via eccezionale, francobolli dedicati a singoli marchi commerciali particolarmente rappresentativi del nostro Paese, sempre e comunque in occasione di significativi anniversari che celebrino almeno il centenario della fondazione dell'azienda;
          «il Senso civico», che mira a promuovere un atteggiamento positivo verso la comunità di appartenenza ed il rispetto delle regole che ne disciplinano la convivenza, dando risalto ad atteggiamenti, azioni e scelte caratterizzate da attenzione verso il prossimo e verso l'ambiente che ci ospita;
          «lo Sport», che celebra i grandi eventi che si svolgono in Italia e i successi italiani nelle diverse discipline in ragione dell'alto valore formativo riconosciuto unanimemente alle attività sportive;
          «le Festività», serie che si propone di celebrare i più importanti appuntamenti, religiosi e laici, che ogni anno scandiscono la vita della comunità nazionale.

      Per quanto riguarda invece le misure urgenti che si intendano assumere per organizzare l'attività di programmazione ed emissione filatelica in modo da elaborare il programma filatelico definitivo entro la fine dell'anno precedente a quello di emissione, il Ministero già ha disposto quanto richiesto.
      In particolare è già previsto che le proposte avanzate da chiunque sia interessato e che pervengono entro il 31 maggio di ogni anno siano raccolte ed esaminate ai fini della definizione del programma filatelico dell'anno successivo entro il mese di luglio. Eventuali, ulteriori proposte inoltrate al Ministero dello sviluppo economico entro il 31 ottobre dello stesso anno, laddove ritenute meritevoli, costituiscono la base per una limitata integrazione al programma filatelico già definito.
      La società Poste italiane, ha comunicato a riguardo che, in concomitanza dell'ultima manovra tariffaria, risalente al mese di Gennaio 2013, ha stampato decine di milioni di cosiddetta «spezzature» filateliche, per consentire alla clientela, in possesso di francobolli con vecchie tariffe, di comporre agevolmente l'importo delle nuove.
      Con riferimento ai prodotti postali menzionati nell'atto in esame (Raccomandata 1, Posta Celere, Pacco Celere 1 e Pacco Celere 3) il fornitore designato del servizio universale ha fatto presente che questi risultano gravati da IVA e come tali, per la normativa vigente, non possono essere affrancati con francobolli.
      Inoltre, la medesima società al fine di agevolare lo smaltimento dei francobolli «fuori tariffa», ha adottato l'ulteriore iniziativa di rendere gratuita, nell'ambito degli uffici postali, l'integrazione tariffaria con macchina affrancatrice.
      Ha reso inoltre noto che, a partire dal 4 luglio 2014 è stata varata una nuova articolazione della rete degli portelli filatelici che, pur lasciandone inalterato il numero complessivo, pari a 500, ne ha rivisto la precedente diffusione territoriali, secondo precisi criteri.
      In base alla nuova ripartizione territoriale, ad esempio, è stata privilegiata la presenza di sportelli filatelici presso gli uffici postali di medio-grandi dimensioni, ne è stata conservata la presenza presso le diverse sedi istituzionali e sono stati riattivati gli sportelli in precedenza disattivati, presso i comuni ove si trovino dei circoli filatelici o nei capoluoghi di provincia, sedi delle principali manifestazioni filateliche.
      L'azienda ha precisato infine che i francobolli «commemorativi», nell'imminenza del giorno di emissione, vengono normalmente distribuiti nella maggioranza degli uffici Postali e che, in ogni caso, i collezionisti possono ordinarli presso tutti gli uffici postali. Si rende inoltre noto che i francobolli «commemorativi», nell'imminenza del giorno di emissione, vengono normalmente distribuiti nella maggioranza degli uffici Postali e che, comunque, i collezionisti possono ordinarli presso tutti gli uffici Postali.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Antonello Giacomelli.


      LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          a seguito della soppressione dall'ambasciata d'Italia a Santo Domingo (Repubblica dominicana), a partire dal 12 febbraio 2015 i servizi consolari a favore della comunità residente sono espletati dall'ambasciata italiana a Panama, che garantisce anche i servizi consolari per altri paesi di secondario accreditamento, come Haiti, Antigua e Barbuda, Saint Kitts e Nevis;
          con una nota pubblicata sul sito ufficiale, l'ambasciata italiana a Panama spiega come verranno erogati, a partire dal 12 febbraio, i servizi consolari ai connazionali residenti nella Repubblica dominicana, per quanto riguarda il rilascio dei passaporti, gli atti di stato civile, le certificazioni personali e le legalizzazioni, l'iscrizione all'AIRE, la ricostruzione della cittadinanza, i visti, la dichiarazione di valore dei titoli di studio, e altri atti di interesse per i cittadini italiani;
          per alcune importanti operazioni, quali il rilascio dei passaporti e la ricostruzione della cittadinanza, è prevista la presenza diretta dell'interessato presso la cancelleria consolare dell'ambasciata d'Italia a Panama, mentre per il caso di smarrimento del passaporto, ai soli fini del rientro in Italia, nei Paesi di secondario accreditamento ci si può presentare nell'ambasciata di un qualsiasi altro paese europeo per l'emissione del rispettivo ETD-Emergency Travel Document, che comunque non è di immediato rilascio;
          sono previsti un contatto preventivo e la fissazione di un appuntamento con l'ambasciata di Panama, ma di fatto non si riescono ad acquisire informazioni telefoniche certe, ricevere risposte via email, fissare appuntamenti così da evitare di soggiornare inutilmente e onerosamente a Panama;
          è stato di recente sperimentato il sistema del funzionario itinerante per un totale di circa nove ore di disponibilità al pubblico, e tuttavia gli utenti si sono lamentati del fatto di avere dovuto attendere in condizioni disagiate il proprio turno, che per molti non è mai arrivato;
          la richiesta di atti di stato civile, di iscrizione all'AIRE, di legalizzazione e certificazione può essere presentata in teoria anche agli uffici dei consoli onorari, che provvedono all'inoltro all'ambasciata di Panama, ma ai fini dell'implementazione del servizio si è tuttora in attesa del previsto assenso da parte delle autorità della Repubblica dominicana, ai sensi delle competenti disposizioni delle Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche e consolari, alla prevista rimodulazione della rete consolare onoraria operante in Santo Domingo;
          per quanto riguarda la richiesta di visti, in attesa dell'esito della gara per affidare ad una società di outsourcing gestione della presentazione delle domande di visto a Santo Domingo, gli interessati per il rilascio di un visto (sia nazionale che Schengen) dovranno presentarsi direttamente presso la cancelleria consolare dell'ambasciata, e una difficoltà ancora maggiore incontrano i parenti di concittadini di nazionalità non italiana;
          la dichiarazione di valore dei titoli di studio, soprattutto se si tratta di titoli rilasciati da istituti scolastici o università italiane, va ugualmente richiesta alla cancelleria consolare dell'ambasciata di Panama;
          in sostanza, a distanza di quattro mesi dalla chiusura della sede consolare di Santo Domingo, la sola opzione di fronte alla quale molti cittadini italiani residenti a Santo Domingo si trovano è quella di recarsi a Panama per il disbrigo delle pratiche consolari;
          per raggiungere Panama e l'ambasciata italiana gli utenti devono programmare un viaggio lungo e costoso, senza peraltro avere la certezza di risolvere con un solo viaggio il proprio problema, il che per molti diventa talvolta insostenibile considerando l'ampia presenza nella comunità italiana di pensionati e, in genere, di persone con redditi non elevati;
          sono ormai numerose e insistenti le richieste di aiuto che giungono da parte di uomini e donne che non riescono raggiungere i rispettivi coniugi o conviventi e i propri figli, di imprenditori che non riescono ad esercitare compiutamente la propria attività, di persone malate, e di altri concittadini a cui, di fatto, non vengono riconosciuti diritti fondamentali, quali quello di curarsi, di raggiungere i propri familiari, di partecipare alla nascita e alla vita dei loro figli e altro  –:
          quali iniziative urgenti intenda promuovere per fare in modo che ai cittadini italiani residenti nella Repubblica dominicana e ai loro famigliari vengano riconosciuti alcuni diritti essenziali come poter ottenere in tempi certi un passaporto o un visto, senza doversi spostare per migliaia di chilometri ed affrontare spese di permanenza per molti proibitive;
          quali indicazioni intenda dare affinché il servizio assicurato dal funzionario itinerante sia reso adeguato alla domanda reale dell'utenza e sia prestato in condizioni di normale e civile fruibilità;
          quali misure intenda adottare per fare in modo che, in attesa dell'assegnazione della gara per i servizi consolari in outsourcing, venga garantito un servizio di prenotazioni e di disbrigo pratiche certo e efficiente. (4-09046)

      Risposta. — Alla luce dell'importanza di assicurare un'efficace fornitura di servizi consolari a favore della collettività italiana residente in Repubblica dominicana, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e l'ambasciata d'Italia a Panama hanno intrapreso una serie di iniziative volte ad agevolarne l'erogazione a seguito della chiusura dell'Ambasciata d'Italia a Santo Domingo.
      Sul piano organizzativo, la Farnesina ha già provveduto a riordinare la presenza istituzionale nel Paese, creando presso la delegazione dell'Unione europea una struttura diplomatica distaccata, guidata da un incaricato d'affari dipendente dall'ambasciata a Panama. Ciò a garanzia della migliore continuità del dialogo con il Governo di Santo Domingo e dell'ulteriore sviluppo dei rapporti bilaterali, a tutela degli interessi nazionali, anche sul piano economico. La summenzionata sezione distaccata a Santo Domingo risulta già istituita ed operativa.
      Al contempo, il nuovo assetto diplomatico consolare nella Repubblica dominicana prevede, nel settore dell'assistenza consolare, l'istituzione di un consolato generale onorario competente per l'area di Santo Domingo, che permetterà di erogare i servizi consolari a favore dei connazionali ivi residenti.

      Il ritardo delle autorità della Repubblica dominicana nel dare il proprio assenso alla rimodulazione della rete consolare onoraria, ai sensi della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche e consolari, non consente per il momento di avviare le attività del consolato generale onorario nella capitale, e quindi rafforzare la rete onoraria nel suo complesso.
      Nonostante le difficoltà derivanti da tale impossibilità temporanea, l'ambasciata d'Italia a Panama – compatibilmente con le risorse umane e finanziarie a disposizione – sta effettuando uno sforzo significativo per rispondere alle richieste dell'utenza residente in Repubblica dominicana, riscontrando tutte le comunicazioni scritte e telefoniche che lì giungono quotidianamente. Tale impegno è stato oggetto di apprezzamento nel corso della prima riunione del neoeletto COMITES di Panama, presso cui siedono anche rappresentanti della collettività italiana di Santo Domingo.
      Onde garantire un'idonea informativa all'utenza di riferimento, l'ambasciata d'Italia a Panama ha pubblicato sul proprio sito internet una nota informativa che illustra compiutamente le modalità operative adottate per assicurare l'erogazione dei servizi consolari a favore dei residenti in Repubblica Dominicana.
      Con particolare riferimento alle istanze di rilascio dei passaporti, è necessario che gli interessati si rechino personalmente presso l'Ufficio emittente per i relativi adempimenti, tra cui il prelievo delle impronte digitali in linea con le disposizioni di legge.
      Per ridurre i disagi conseguenti alla chiusura della nostra rappresentanza diplomatica a Santo Domingo, la sede a Panama ha fatto ricorso al cosiddetto «funzionario itinerante»: un istituto che consiste nell'invio periodico di personale dell'amministrazione nelle località lontane dalle Sedi diplomatico-consolari e caratterizzate da un'elevata presenza di connazionali, con compiti di captazione, attraverso l'utilizzo di una postazione mobile, delle impronte digitali necessarie per il rilascio dei passaporti. I dati biometrici raccolti vengono riversati nel sistema informatico della sede di riferimento che procede all'emissione del passaporto, mentre il connazionale, ove i servizi postali locali lo consentano, può ricevere il documento di viaggio direttamente presso il proprio domicilio.
      Nel corso delle ultime settimane, l'ambasciata d'Italia a Panama si è già avvalsa della procedura in parola, che rappresenta una «buona pratica» per gli uffici consolari. È stato infatti possibile raccogliere le impronte digitali di circa 70 connazionali, soddisfacendo le richieste finora pervenute da tutti gli iscritti all'AIRE che avevano preventivamente concordato l'appuntamento, ferma restando la previsione di ulteriori, future missioni del «funzionario itinerante» nell'area di riferimento.
      Si segnala inoltre che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha di recente avviato un progetto sperimentale che prevede l'estensione ai consoli onorari della facoltà di captare i dati biometrici dei connazionali richiedenti il passaporto, per il successivo rilascio dei documenti in questione da parte delle ambasciate o dei consolati di prima categoria della circoscrizione consolare di competenza.
      La suddetta procedura potrà essere presa in considerazione anche con riferimento all'istituendo consolato generale onorario a Santo Domingo, per assicurare l'erogazione del servizio della raccolta dei dati biometrici su base più strutturata.
      Onde evitare che i connazionali debbano recarsi di persona nel Paese di accreditamento primario, è previsto che la fruizione dei servizi connessi con lo stato civile avvenga avvalendosi della rete consolare onoraria operante nella Repubblica dominicana, presso cui gli interessati presentano gli atti di stato civile per il successivo inoltro alla competente ambasciata d'Italia a Panama. Anche in questo caso, l'assenza del consenso delle autorità dominicane alla riorganizzazione della rete consolare onoraria è all'origine dei disagi rilevati dalla comunità italiana ivi residente.
      Per quanto attiene alla trattazione delle istanze connesse alla ricostruzione della cittadinanza italiana, questa amministrazione, d'intesa con la sede a Panama, ha ritenuto che occorra procedere con la presentazione di persona delle pratiche in questione, in considerazione della delicatezza della materia. In alternativa, si rammenta che gli interessati possono sempre presentare le predette istanze per il tramite di terze persone munite di apposita delega.
      Con riguardo ai visti, unico servizio consolare che questo Ministero ha ritenuto di poter in parte affidare a soggetti privati terzi, si è in attesa dell'esito della procedura in atto per l'affidamento in outsourcing della raccolta delle domande di visto a Santo Domingo, tenuto conto che la precedente gara non è stata assegnata.
      Da ultimo, si precisa che, grazie all'impegno dell'ambasciata d'Italia a Panama e della Farnesina, le autorità panamensi hanno concesso un percorso agevolato per l'emissione dei visti a favore di cittadini dominicani parenti di connazionali, così da permettere agli stessi di recarsi a Panama per lo svolgimento delle pratiche consolari.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Mario Giro.


      MARCHETTI e MORANI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          con gli interventi di spending review attuati da ultimo con il decreto legge n.  66 del 2014 si sta provvedendo alla riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MIBACT), in base al quale esso è tenuto a dotarsi di un nuovo regolamento di organizzazione che recepisca le riduzioni di pianta organica. Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo adempie a tale obbligo e ridisegna se stesso in modo innovativo, riducendo le figure dirigenziali;
          l'adeguamento ai numeri della spending review può essere per tale settore un'opportunità per intervenire sull'organizzazione del Ministero e porre rimedio ad alcuni problemi che da decenni segnano l'amministrazione dei beni culturali e del turismo in Italia;
          il Ministro interrogato ha presentato la proposta di riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che prevede importanti innovazioni per tutto il settore e tenta di risolvere disfunzioni e lacune riconosciute ed evidenziate dagli addetti ai lavori come:
              a) la assoluta mancanza di integrazione tra i due ambiti di intervento del Ministero, la cultura e il turismo;
              b) la eccessiva moltiplicazione delle linee di comando e le numerose duplicazioni tra centro e periferia;
              c) il congestionamento dell'amministrazione centrale, ingessata anche dai tagli operati negli ultimi anni;
              d) la cronica carenza di autonomia dei musei italiani, che ne limitano grandemente le potenzialità;
              e) il ritardo del Ministero nelle politiche di innovazione e di formazione;
          è positivo che il Governo voglia risolvere l’«ingorgo» burocratico venutosi a creare negli anni a causa della moltiplicazione delle linee di comando e dei frequenti conflitti tra direzioni regionali e soprintendenze, ripensando l'amministrazione periferica e mantenendo, secondo quanto previsto dall'ipotesi di riforma dell'amministrazione centrale, il livello regionale quale ambito ottimale di riferimento;
          nel decreto, nel rispetto della distribuzione territoriale, si prevede che vengano quindi accorpate le soprintendenze per i beni storico-artistici (quale è Urbino) con quelle per i beni architettonici e paesaggistici (quale è Ancona);
          la Galleria nazionale delle Marche non è stata inclusa tra i 20 siti museali ai quali è stato riconosciuto lo status amministrativo di «musei di rilevante interesse nazionale», né di prima fascia né di seconda fascia e verranno creati a livello regionale dei poli museali regionali, articolazioni periferiche della direzione generali Musei  –:
          cosa intende fare il Governo per valorizzare la città di Urbino, ad oggi patrimonio dell'umanità dell'Unesco, prevedendo magari l'introduzione della Galleria nazionale delle Marche tra i 20 musei di interesse nazionale ovvero se intenda individuare l'ubicazione dell'unica soprintendenza della regione nella città di Urbino. (4-05666)

      Risposta. — Si fa riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede quali siano state le valutazioni relative alla città di Urbino nel disegno della riorganizzazione del Ministero delle attività culturali e del turismo. Al riguardo si rappresenta quanto segue.
      Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n.  171 del 2014, recante «Regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, degli uffici della diretta collaborazione del Ministro e dell'Organismo indipendente di valutazione della perfomance, a norma dell'articolo 16, comma 4 del decreto-legge 24 aprile 2014, n.  66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n.  89», cui è seguito, successivamente, il decreto ministeriale del 27 novembre 2014, contenente «Articolazione degli uffici dirigenziali di livello non generale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo», questo Ministero, nel recepire le previsioni in materia di riduzione della spesa, ha colto l'occasione per ridisegnare la propria organizzazione in modo innovativo e in linea con le misure già adottate con il decreto-legge 31 maggio 2014, n.  83, contenente «Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo», convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n.  106.
      L'adeguamento ai numeri della spending review è divenuto, così, l'opportunità per intervenire sull'organizzazione del Ministero e porre rimedio ad alcune sue criticità, tra cui, in particolare, la carenza di autonomia dei musei italiani, che ne limita grandemente le potenzialità. L'articolo 30 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri individua alcuni musei di rilevante interesse nazionale, dotati di autonomia speciale e prevede la possibilità di individuare, con successivo decreto del Ministro, eventuali altri organismi istituiti come autonomi.
      Tutto ciò premesso, si rappresenta che la Galleria nazionale delle Marche è stata compresa tra i musei di rilevante interesse nazionale dotati di autonomia speciale, sede di ufficio dirigenziale di livello non generale, proprio alla luce della considerazione della rilevanza dell'istituto.
      Il direttore della Galleria sarà individuato attraverso la procedura di selezione pubblica internazionale, attualmente in corso; egli svolgerà altresì la funzione di direttore del Polo museale regionale.
      Quanto all'accorpamento delle soprintendenze, occorre considerare che tale decisione, in ottemperanza di quanto previsto in tema di riduzione di spesa, riguarda tutte le regioni: la collocazione delle sedi, attentamente valutata tenuto conto delle specificità dei territori, non andrà, in alcun modo, a detrimento della efficace azione di tutela del patrimonio affidato loro.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Ilaria Carla Anna Borletti dell'Acqua.


      MELILLA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo intende adottare una proposta di semplificazione della organizzazione dei beni archivistici, prevedendo che i direttori degli archivi di Stato delle città capoluogo di regione, tutti dirigenti di II fascia dipendenti dalla direzione generale centrale archivi, svolgano anche le funzioni di sovrintendente archivistico, avvalendosi dei direttori degli archivi di Stato non dirigenziali;
          praticamente si aboliscono le soprintendenze archivistiche e finisce l'attività di tutela sul territorio degli archivi non statali: un'eccellenza italiana che il mondo invidia al nostro Paese;
          non è infatti possibile che gli archivi di Stato possano assolvere contemporaneamente le funzioni di soprintendenze con efficacia;
          il modello organizzativo proposto è stato già sperimentato in Italia, nei primi decenni dopo l'Unità e non ha funzionato  –:
          se non ritenga utile riconsiderare questa scelta che penalizzerebbe l'organizzazione dei beni archivistici. (4-05562)

      Risposta. — Si fa riferimento all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante chiede elementi in merito all'ipotizzata unificazione delle funzioni di direttore di Archivio di Stato e soprintendente archivistico nell'ambito del disegno di riorganizzazione del Ministero del beni e delle attività culturali e del turismo.
      Al riguardo si rappresenta che, rispetto alle prime bozze di decreto circolate, sono intervenute alcune modifiche allo schema di riorganizzazione, una delle quali riguarda proprio il mantenimento, nell'organizzazione periferica del Ministero, delle due separate strutture di Archivio di Stato e soprintendenza archivistica, ai fini di garantire l'efficace svolgimento delle attività di tutela, conservazione, valorizzazione dell'inestimabile patrimonio archivistico del Paese.
      Nel complessivo disegno di riorganizzazione del Ministero, l'amministrazione dei beni archivistici non ha subito ridimensionamenti, ma è stata razionalizzata e le funzioni della direzione generale Archivi, nonché quelle delle soprintendenze archivistiche e degli archivi di Stato, sono state meglio definite e arricchite. In particolare, non è stata introdotta alcuna distinzione tra archivi nazionali e provinciali; gli archivi di Stato mantengono autonomia tecnico-scientifica e gestionale, svolgendo le funzioni di tutela e valorizzazione dei beni archivistici in loro consegna, assicurandone la pubblica funzione, nonché le funzioni di tutela degli archivi correnti e di deposito dello Stato; le soprintendenze archivistiche, articolazioni della direzione generale Archivi, uffici di livello dirigenziale non generale, a loro volta, provvedono alla tutela e alla valorizzazione dei beni archivistici nel territorio di competenza.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Ilaria Carla Anna Borletti dell'Acqua.


      MERLO e BORGHESE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          con il decreto-legge 24 aprile 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n.  89, è stato introdotto, a partire dall'8 luglio 2014, il pagamento di una tassa consolare equivalente a 300 euro per la trattazione delle pratiche di riconoscimento della cittadinanza italiana presentate, a qualsiasi titolo, da soggetti maggiori di anni 18;
          l'introduzione di diritti consolari per tale servizio è stata decisa proprio in considerazione della complessità delle operazioni di ricostruzione jure sanguinis della cittadinanza;
          come è noto, soprattutto in Sudamerica, dove si registra la più grande comunità di discendenti italiani, tale processo può estendersi a volte oltre la sesta generazione, richiedendo adempimenti molto onerosi per gli uffici consolari in termini di risorse umane e strumentali;
          il suddetto tributo aggiuntivo, qualora non comporti un miglioramento in termini di accelerazione del procedimento amministrativo per il riconoscimento certo della cittadinanza o, in generale, della qualità dei servizi consolari resi agli utenti, si limita a configurarsi come l'ennesimo taglio alle già esigue risorse destinate alla rete consolare, non avendo alcuna altra ratio tale da giustificarne la sussistenza a fini di ottimizzazione amministrativa. Pertanto, l'applicazione di un tributo aggiuntivo troverebbe una sua giustificazione qualora le risorse da esso derivate venissero veicolate dal Ministero dell'economia e delle finanze ai relativi capitoli di spesa del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in ragione di un non trascurabile principio di coerenza amministrativa  –:
          in che modo vengano distribuite ed adoperate le somme prelevate per la trattazione delle pratiche di riconoscimento della cittadinanza italiana all'estero e trattenute presso Ministero dell'economia e delle finanze;
          se non ritenga urgente la necessità di riallocare integralmente alle stesse strutture consolari i diritti che riscuotono rafforzando e migliorando i servizi agli utenti;
          quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato affinché il contributo di 300 euro possa essere destinato all'azzeramento delle pesanti liste di attesa accumulatesi, soprattutto in America Latina, e al rafforzamento dei servizi consolari nelle circoscrizioni dove si concentra elevatissimo numero di cittadini italiani. (4-08723)

      Risposta. — L'introduzione nel 2014 della tariffa di 300 euro per il trattamento della domanda di riconoscimento della cittadinanza ha garantito un introito annuo aggiuntivo che allo stato attuale si stima in almeno 10 milioni di euro per l'anno 2015, anche in considerazione dell'elevato numero delle richieste di riconoscimento della cittadinanza italiana degli ultimi anni.
      In precedenza, la tariffa consolare allegata al decreto legislativo n.  71 del 2011 aveva mantenuto nell'area della totale gratuità gli atti di riconoscimento della cittadinanza italiana. Questi ultimi tuttavia, in virtù del fatto che la cittadinanza medesima si estende senza limiti di generazioni, implicano spesso, soprattutto nelle Americhe, ricostruzioni estremamente lunghe e complesse, risalenti nel tempo, che si traducono in adempimenti gravosi per gli uffici consolari all'estero, con conseguenze particolarmente onerose in termini di risorse umane e strumentali. L'introduzione di diritti consolari per tale servizio è stata, quindi, decisa proprio in considerazione della complessità della relativa procedura.
      A fronte dei maggiori diritti riscossi con l'introduzione della tariffa sul riconoscimento della cittadinanza, è stato possibile richiedere la riassegnazione alle sedi interessate di almeno una parte del differenziale positivo delle entrate che si è così determinato. La legge finanziaria 2007 e successive integrazioni stabiliscono, infatti, che una quota delle maggiori entrate riscosse annualmente dagli uffici consolari all'estero venga riassegnata sul bilancio del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. La riassegnazione viene disposta in sede previsionale a favore del capitolo destinato al funzionamento della rete estera, sul quale sono appunto erogate le dotazioni finanziarie degli uffici all'estero, che confluiscono nel bilancio di sede, come dotazioni di parte corrente per le spese di funzionamento.
      In tale contesto, si segnala infine l'auspicio, già espresso peraltro in sede parlamentare, per l'individuazione delle modalità più idonee affinché le nuove risorse provenienti dalla trattazione degli atti di riconoscimento della cittadinanza possano affluire direttamente in fondi di gestione presso le singole sedi diplomatico-consolari, senza ricorrere all'attivazione di onerosi meccanismi di riallocazione da parte delle amministrazioni centrali. Tali misure potrebbero inoltre essere finalizzate, in un contesto di maggiori risorse a disposizione della rete, a garantire un ulteriore miglioramento dei servizi consolari e delle condizioni di vita delle comunità italiane all'estero.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Mario Giro.


      NASTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto risulta da un rapporto dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni dello scorso luglio e pubblicato dal quotidiano Il Corriere della Sera il 22 agosto, nel nostro Paese il 37,2 per cento degli utenti non ha mai potuto connettersi ad internet, contro una media europea del 22,4 per cento, mentre per coloro che riescono a collegarsi, secondo i dati Akamai, (società sui cui server informatici, transitano quotidianamente dal 20 al 30 per cento del traffico mondiale), l'Italia risulta all'ultimo posto in Europa per velocità media delle connessioni ad internet, con appena 4,4 megabit al secondo, contro i 5,2 di Francia e Spagna, i 6,9 della Germania, i 7,9 del Regno Unito, fino ai 10,1 della Svizzera;
          l'articolo pubblicato dal quotidiano suesposto, attribuisce i ritardi dell'Italia, nella velocità di connessione ad internet, rispetto agli altri Paesi europei, al divario digitale interno, ovvero alla differenza esistente tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell'informazione (in particolare personal computer e internet) e chi ne è escluso, in modo parziale o totale;
          il Ministero dello sviluppo economico, riporta il medesimo articolo, avrebbe inoltre individuato in 2,8 milioni gli italiani che attualmente non potrebbero attivare una connessione a banda larga (satellite escluso) e che degli oltre 8 mila comuni, per quasi un quarto (1.700), soltanto il 3 per cento della popolazione può accedere all'adsl ovvero la linea telefonica libera anche durante la connessione ad internet;
          l'interrogante rileva che in considerazione di quanto precedentemente esposto, i recenti provvedimenti legislativi, introdotti nell'ambito del potenziamento delle fibre ottiche e dell'agenda digitale, sia dal precedente Governo che da quello in carica, siano stati complessivamente insufficienti e superficiali dal punto di vista del potenziamento effettivo dei servizi di connessione ad internet ed in particolare nella velocità di collegamento;
          la riduzione dei fondi da 150 a 130 milioni di euro, avvenuta recentemente, per favorire il cosiddetto digital divide, conferma a giudizio dell'interrogante, come il dossier pubblicato dal quotidiano Il Corriere della Sera, sia condivisibile e necessiti adeguati interventi  –:
          quali orientamenti, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
          se intenda confermare i rilievi critici ed i ritardi, che caratterizzano negativamente il nostro Paese nell'ambito della connessione ad internet e del mancato sviluppo delle cosiddette «autostrade digitali»;
          quali iniziative infine intenda intraprendere al fine di potenziare l'intero sistema di connessione ad internet e della banda larga a livello nazionale, le cui insufficienze ed i ritardi, determinano inevitabili conseguenze anche sul livello di competitività del sistema-Paese. (4-01716)

      Risposta. — Numerosi investimenti sono stati fatti per azzerare il divario digitale del Paese, implementando le reti a banda larga nelle aree a fallimento di mercato.
      Come è noto, in ottemperanza a quanto disposto con legge n.  69, del 18 giugno 2009, è stato definito un piano nazionale banda larga che è stato autorizzato dalla Commissione europea e finanziato con le risorse nazionali, e le risorse provenienti dal Fondo europeo per lo sviluppo regionale e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale.
      Quanto alla decurtazione dei fondi destinati al piano banda larga di circa 20 milioni di euro, cui fa cenno l'interrogante, si evidenzia che tale riduzione era stata disposta dall'articolo 61 comma 1 lettera c) del decreto-legge 21 giugno 2013, n.  69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013 n.  98.
      Successivamente, la legge 27 dicembre 2013, n.  147 ha disposto, all'articolo 1 comma 97, che «per il completamento del Piano nazionale banda larga, definito dal Ministero dello sviluppo economico – Dipartimento per le comunicazioni e autorizzato dalla Commissione europea [aiuto di Stato n.  SA. 33807(2011/N) – Italia], è autorizzata la spesa di 20,75 milioni di euro per l'anno 2014».
      Ciò consentirà il corretto e rapido completamento del piano.
      Si evidenzia, inoltre, che il Ministero dello sviluppo economico, oltre ad essere impegnato nel raggiungimento del primo obiettivo fissato dalla comunicazione della Commissione europea (COM-(2010)245) relativo all'attuazione di «un'agenda digitale europea», ha altresì definito, ai sensi dell'articolo 30 del decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.  111, il «Progetto Strategico Agenda Digitale Italiana», consistente nell'implementazione delle infrastrutture di rete.
      Il citato progetto, approvato dalla Commissione europea con decisione C(2012)9833 del 18 dicembre 2012, si pone come obbiettivo quello di massimizzare la diffusione delle reti di nuova generazione NGA, assicurando una copertura capillare sul territorio italiano per offrire a tutte le famiglie entro il 2020 una connettività a banda ultra-larga. Il progetto è già in fase di attuazione in Calabria, Campania, Molise, Sicilia, Puglia, Abruzzo, Lombardia e Toscana. Lo stesso sarà realizzato in tutte le regioni italiane che potranno attuarlo autonomamente o con il supporto del Ministero dello sviluppo economico, così come previsto nell'accordo di partenariato con la Commissione europea per l'utilizzo dei fondi comunitari 2014-20.
      Oltre a ciò si evidenziano ulteriori misure che il Governo ha posto in essere per velocizzare ulteriormente lo sviluppo della banda larga e ultralarga al fine di raggiungere con certezza gli obiettivi dell'Agenda digitale europea concernenti il diritto di accesso a internet per tutti i cittadini «ad una velocità di connessione superiore a 30 Mb/s» e, per almeno il 50 per cento della popolazione, «al di sopra di 100 Mb/s». In particolare lo scorso 3 marzo sono state approvate due strategie nazionali una per la banda ultra larga ed una per la digitalizzazione del sistema paese entrambe al fine di assicurare il necessario coordinamento tra gli interventi nazionali e locali nel rispetto delle norme nazionali ed europee per lo sviluppo dei servizi e delle infrastrutture a banda ultralarga.
      La strategia messa in campo dal Governo ha individuato in 12,3 miliardi di euro il fabbisogno complessivo per raggiungere gli obiettivi dell'agenda digitale europea. Di questi circa 5 miliardi saranno messi in campo dal Governo a livello nazionale attraverso il fondo sviluppo e coesione mentre le regioni con i propri fondi europei di sviluppo assegnati concorreranno per circa 2 miliardi.
      Il piano operativo nazionale imprese e competitività inoltre concorrerà per circa 230 milioni di euro per la digitalizzazione e lo sviluppo tecnologico del tessuto industriale.
      Il Governo inoltre sta lavorando ad un ulteriore pacchetto di norme agevolative per la diffusione della banda ultralarga fissa e mobile che si andranno ad aggiungere a quanto già emanato lo scorso 12 settembre 2014 con il decreto-legge n.  133 (Gazzetta Ufficiale 11 novembre 2014) altresì noto con il nome di Sblocca Italia.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Antonello Giacomelli.


      PESCO, ALBERTI, TRIPIEDI e CIPRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il TTIP, il Trattato transatlantico sugli investimenti definito «vitale» dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che Europa e Stati Uniti stanno negoziando da diversi mesi, le cui trattative sono avvolte da riserbo e massima segretezza con la finalità di creare la più grande area di libero scambio del mondo, senza più dazi e confini commerciali tra i due continenti, sembra nascondere pericoli seri per la salute e la sicurezza garantita da standard legislativi conquistati in Europa anche con le battaglie legali e le pronunce dei tribunali;
          le indiscrezioni sulla bozza del trattato suggeriscono preoccupanti limitazioni circa le leggi che i Governi partecipanti potrebbero adottare per regolamentare diversi settori economici, in particolare banche, assicurazioni, commercio, telecomunicazioni e servizi postali; si introdurrebbero, in particolare, norme in grado di consentire alle multinazionali americane di intentare cause per «perdita di profitto» contro i Governi dei Paesi europei, qualora questi portassero avanti legislazioni a tutela dell'ambiente (per esempio, contro la diffusione degli OGM), o a favore dei diritti sociali;
          sarebbe ammessa la libera circolazione dei lavoratori in tutte le nazioni firmatarie, e sembra esser stata proposta l'ammissibilità, per i soggetti economici privati, di muovere azioni legali contro i Governi le cui legislazioni prevedano la tutela dello stato sociale e dei diritti inviolabili della persona. Un ulteriore pericolo potrebbe essere rappresentato dal ribasso dei salari, dal momento che per la libertà di circolazione, le imprese di un Paese potranno applicare in un altro Paese i salari vigenti nel proprio generando un vantaggio solo per le imprese statunitensi, posto che i salari dei lavoratori europei sono più elevati di quelli americani. Anche i diritti sindacali europei, se saranno confermate le indiscrezioni, non avranno valore se contrari alle norme sul libero scambio e libera circolazione contenuti nel TTIP, senza possibilità per i lavoratori vessati, di rivolgersi al giudice del lavoro locale. Anche in questo caso, il lavoratore europeo dovrà rivolgersi a una corte arbitrale statunitense;
          qualora un'azienda americana volesse iniziare un'attività considerata pericolosa in Europa (come una centrale nucleare o l'estrazione dello shale gas), nessun tribunale locale potrebbe opporsi, con le stesse multinazionali agroalimentari americane che potrebbero fare incetta di terreni acquistati a poco prezzo dagli agricoltori locali per impiantarvi piantagioni OGM, al posto delle coltivazioni dell'agricoltura tradizionale, smantellando così il principio di precauzione relativamente agli organismi geneticamente modificati previsto dalla legislazione italiana ed europea;
          tra i rischi concreti che ciò comporterebbe, c’è anche l'ingresso di merci e alimenti di cattiva qualità prodotti dalle multinazionali americane, come vegetali e carne OGM, o prodotti imbottiti di ormoni e fitormoni; contro tali rischi le leggi nazionali e le comunità locali non potranno opporsi in quanto le leggi e i regolamenti devono sottostare al trattato. Anche le sentenze dei giudici europei non potrebbero essere opposte in relazione ai prodotti statunitensi perché il TTIP obbligherebbe i cittadini europei, singoli e in associazione, a rivolgersi, non al giudice nazionale, ma a un organo di natura privata per tentare un arbitrato volto a contrastare a proprie spese gli staff legali delle multinazionali, gettando così i cittadini europei, le piccole imprese locali e gli agricoltori, in balia dello strapotere delle grandi corporation americane;
          assieme alle barriere tariffarie salterebbero anche altri ostacoli quali regole, controlli e standard minimi richiesti per la circolazione della merce, norme sulle sostanze chimiche tossiche, leggi sanitarie, prezzi dei farmaci, libertà di internet e la privacy dei consumatori, l'energia, i brevetti ed i copyright;
          l'articolo 41 della Costituzione sancisce che «l'iniziativa economica privata è libera», ma che la stessa «non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana»;
          l'articolo 3 della Costituzione dispone che: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Da quanto indicato si desume l'impraticabilità e l'inopportunità di accordi tenuti segreti ai cittadini, che di fatto ostacolerebbero e limiterebbero lo sviluppo personale a parità di condizioni economico-sociali, favorendo proprio quei soggetti a conoscenza dei dettagli di questi accordi e delle relative modalità operative;
          l'articolo 80 della Costituzione recita «Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi»;
          l'articolo 11 della Costituzione italiana, nei princìpi fondamentali, recita «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo»  –:
          se il Governo sia al corrente della specificità di tali trattative e se intenda chiarire i contenuti specifici delle stesse e lo stato dei lavori concernenti il citato accordo TTIP, rassicurando sulla costituzionalità di eventuali cessioni di sovranità, previste solo in caso di conflitti o se indispensabili per la pace tra le Nazioni tutte. (4-08454)

      Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame, si rappresenta, per la parte di competenza, quanto segue.
      L'atto in questione riporta una serie di considerazioni critiche e timori in merito al negoziato attualmente in corso tra l'Unione europea e il Governo degli Stati Uniti per la conclusione di un Partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti (da ora TTIP).
      Come premessa generale va ricordato innanzitutto che il lancio del negoziato TTIP è stato sostenuto da tutti gli Stati membri dell'Unione europea e che, dopo l'annuncio formale delle trattative da parte del Presidente degli USA Obama nel febbraio 2013, i Paesi europei hanno proceduto a valutare le opportunità economiche offerte dal partenariato transatlantico.
      Nel considerare l'opportunità di un accordo, da parte dell'Italia, si è fatto ricorso ad una valutazione d'impatto sulle risultanze economiche che da esso sarebbero derivate. Lo studio commissionato a Prometeia s.p.a. ha confermato quanto già indicato da altri autorevoli centri studi internazionali, aditi dalla Commissione europea e da altri Stati membri UE, evidenziando i benefici economici per l'Unione e per il nostro Paese. In particolare, tale studio ha rimarcato che l'Italia sarebbe tra i Paesi UE che maggiormente guadagnerebbero, in termini industriali, dal buon esito delle negoziazioni TTIP, con effetti molto positivi per l'industria dei mezzi di trasporto, cioè per le produzioni automotive nel loro insieme, ma soprattutto per i principali settori di specializzazione del nostro Paese nel commercio mondiale: meccanica, sistema moda, agroalimentare e bevande.
      In particolare, gli interroganti avanzano una serie di preoccupazioni in merito agli esiti che l'accordo con gli Stati Uniti potrebbe avere in relazione a diversi ambiti oggetto di negoziazione.
      Al riguardo, va evidenziato come il negoziato TTIP non sia un negoziato «segreto», ma un negoziato cui l'Unione europea partecipa secondo le consuete modalità formali. Come previsto espressamente dall'articolo 207 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea: «i negoziati sono condotti dalla Commissione, in consultazione con un comitato speciale designato dal Consiglio per assisterla in questo compito e nel quadro delle direttive che il Consiglio può impartirle. La Commissione riferisce periodicamente al Comitato speciale e al Parlamento europeo sui progressi dei negoziati».
      In merito alla tutela della salute e della sicurezza garantite in Europa e che sarebbero messe in pericolo dal negoziato TTIP bisogna ribadire che queste non sono in alcun modo messe in discussione dal negoziato. Il TTIP – come indicato nel mandato negoziale conferito dal Consiglio dell'Unione europea alla Commissione e reso pubblico durante il semestre di Presidenza italiana, lo stesso punta a favorire il mutuo riconoscimento di aspetti regolamentari di carattere tecnico che possano favorire un più agevole flusso degli scambi commerciali con implicazioni positive per la crescita economica e l'occupazione; ed in nessun caso gli aspetti relativi alla salute ed alla sicurezza, tra gli altri dei consumatori e dei lavoratori, attualmente vigenti nell'UE, potranno essere modificati o scalfiti in nome della liberalizzazione del commercio.
      Si vuole aggiungere, inoltre, che i trattati dell'Unione e le costituzioni degli Stati membri, tra cui quella italiana, proteggono il diritto degli Stati a regolamentare nell'interesse generale, e contengono capitoli specifici dedicati alla promozione e tutela dei diritti dei lavoratori, così come alla tutela internazionale dell'ambiente. Per le norme in materia di lavoro e per gli standard di legge per la sicurezza dei prodotti nonché per la tutela dei consumatori, della salute, dell'ambiente e altro il negoziato – come indicato nel mandato – non potrà derogare ai livelli europei né limitare il diritto di regolamentare proprio dell'Unione e dei suoi Stati membri.
      Circa i princìpi dello stato sociale e dei diritti inviolabili della persona sono principi cardine dell'ordinamento italiano (tutelati costituzionalmente) e dell'ordinamento dell'Unione europea, protetti anche dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. L'accordo TTIP non può derogare, pertanto, a questi.
      Il negoziato TTIP, in tema di controversie tra investitori privati e Stato, come paventato, non intende puntare all'esclusione o alla limitazione della giurisdizione degli Stati medesimi e della Corte di giustizia europea. Tuttavia, nell'accordo potrà esserci un meccanismo arbitrale «Investor State Disputer Settlement» (ISDS) nell'ambito del capitolo della protezione degli investimenti, in linea con quanto già esiste in tutti i trattati bilaterali sugli investimenti sottoscritti dallo Stato italiano (cosiddetti BIT) ed attualmente in vigore. Il meccanismo ISDS nel TTIP dovrà, comunque, contemplare il diritto degli Stati di poter regolamentare in materia di pubblico interesse.
      Per quanto riguarda il principio di precauzione si ricorda che esso è parte integrante dell’acquis comunitario e come tale, viene sempre pienamente rispettato, sia nell'ambito del funzionamento del mercato interno, sia nell'ambito delle negoziazioni con i Paesi terzi da parte dell'Unione europea. Esso consente, infatti, di adottare diverse misure preventive, laddove si ravvisi un possibile pericolo per la salute umana, animale o vegetale o per la protezione dell'ambiente e i dati scientifici non consentano una valutazione completa del rischio.
      In materia di agricoltura, ed in particolare, di misure sanitarie e fitosanitarie (SPS) – tra cui rientrano le questioni OGM – è esplicitamente sancito nel mandato negoziale che si applicherà il principio della valutazione del rischio scientifico e, qualora questo non apparisse sufficiente, si ricorrerà al principio di precauzione, così come viene applicato oggi all'interno dell'Unione europea. La legislazione nazionale ed Unione europea continuerà ad essere applicata come prima dell'Accordo, così come continueranno ad essere competenti i giudici nazionali e europei. Nei casi arbitrali eventualmente iniziati da investitori privati in base al meccanismo ISDS, precedentemente illustrato, si tratterà esclusivamente del riconoscimento di un giusto indennizzo per i privati nelle ipotesi di espropriazione diretta e indiretta, nazionalizzazioni (misure per definizione a tutela di interessi pubblici e generali), e misure discriminatorie ed arbitrarie. Indennizzi di carattere monetario in tali casi sono previsti anche dal nostro ordinamento, dall'ordinamento dell'Unione, dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, e dal diritto internazionale generale, incorporato nel nostro ordinamento tramite l'articolo 10 della Costituzione.
      Si ribadisce, pertanto, che lo scopo dell'accordo non è quello di procedere ad una deregulation nei settori più delicati (leggi sanitarie, prezzi dei farmaci, libertà di internet e la privacy dei consumatori, l'energia, ambiente, i brevetti ed i copyright) bensì l'armonizzazione ed il mutuo riconoscimento degli standards, aspetto che avvantaggerebbe grandemente le Pubbliche amministrazioni italiane ed europee rispetto alle multinazionali ed imprese di grandi dimensioni che dispongono di linee di produzione separate in base ai diversi mercati.
      Si rassicura, inoltre, che il Parlamento ed il Governo italiano sono costantemente informati dell'andamento e dei contenuti del negoziato TTIP tra Unione europea e gli Stati Uniti d'America attraverso i tradizionali canali istituzionali di informazione nonché attraverso periodiche riunioni informative ad hoc, organizzate dal Ministero dello sviluppo economico ed estese anche a tutti gli esponenti della società civile.
      Infine, riguardo ad «eventuali cessioni di sovranità» si ribadisce che tutti i negoziati attualmente in corso, compreso il negoziato TTIP, si basano giuridicamente sull'articolo 207 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), che riguarda l'insieme della politica commerciale comune (comprensiva, cioè, non solo della liberalizzazione commerciale dei beni, ma anche di servizi, appalti pubblici e da ultimo, ai sensi del trattato di Lisbona, del settore degli investimenti).
      Si tratta di ambiti che sono tutti di competenza esclusiva dell'Unione europea e, ai sensi del citato trattato di Lisbona, componente essenziale della dimensione esterna dell'Unione europea. I negoziati commerciali non riguardano, pertanto, se non in casi di importanza residuale (cosiddetta competenze ancillari) materie di competenza degli Stati membri.
Il Viceministro dello sviluppo economico: Carlo Calenda.


      PETRAROLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          la Valle Camonica è una delle valli più estese delle Alpi centrali, nella Lombardia orientale, lunga circa 90 chilometri. Inizia dal Passo del Tonale, a 1883 metri sul livello del mare e termina alla Corna Trentapassi presso Pisogne, sul lago d'Iseo. Ha una superficie di circa 1518,19, chilometri quadrati e 140.992 abitanti. È attraversata in tutta la sua lunghezza dall'alto corso del fiume Oglio, che nasce a Ponte di Legno entra nel Sebino tra Pisogne e Costa Volpino per poi uscirne a Sarnico, andando a sfociare successivamente nel Po;
          diversi sono i siti archeologici presenti sul territorio: il più importante è il Parco nazionale delle incisioni rupestri di Naquane a Capo di Ponte, sito UNESCO dal 1979, che è una tra le migliori collezioni di arte rupestre della Valle Camonica, dove si trovano incisioni rupestri databili al neolitico, anche se la maggior parte delle raffigurazioni si riferiscono all'età del ferro. Tra gli altri parchi archeologici si segnalano il parco archeologico nazionale dei Massi di Cemmo, il parco archeologico comunale di Seradina-Bedolina a Capo di Ponte, il parco archeologico di Asinino-Anvòia ad Ossimo, il parco archeologico comunale di Luine a Darfo Boario Terme, il parco archeologico comunale di Sellero, il parco archeologico comunale di Sonico e la riserva naturale Incisioni rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo a Nadro;
          la gestione dei parchi, che dev'essere orientata ad un'agevole fruizione dei turisti, è alquanto frastagliata, non c’è sinergia tra gli stessi e, attualmente, non è facile per i turisti orientarsi negli 8 parchi camuni. Manca un unico interlocutore capace di gestire con efficienza gli 8 parchi e fornire un servizio adeguato alle esigenze dei turisti. Spesso l'unica risposta che gli avventori ricevono è che la visita andava «prenotata il giorno prima»;
          il sito web www.vallecamonicaunesco.it, che dovrebbe promuovere la Valle Camonica ed i suoi parchi, risulta poco chiara per gli utenti. Il sito ha una versione in inglese, ma l'aver raggruppato in un'unica pagina gli otto parchi amplifica la confusione. Non c’è una gerarchia delle diverse aree e neppure una serie di percorsi già tracciati, ogni parco ha orari diversi e quindi bisogna pianificare tutto prima di partire;
          il sito Unesco, come il parco dei Massi di Cemmo, è aperto cinque ore al giorno. Inutile tentare di dirigersi in paese, al museo della Preistoria (Mupre), in quanto la domenica il museo non apre tutto il giorno;
          sulla statale 42 che scorre lungo il fiume Oglio la «Valle dei Segni» è ben segnalata ma non esiste un infopoint sulla superstrada, che risulterebbe utilissimo per catturare l'attenzione delle migliaia di sciatori che salgono verso Ponte di Legno. Attualmente bisogna uscire a Darfo e recarsi all'ufficio turistico;
          nessun pannello pubblicitario nemmeno sulla trafficata A4 così come alla stazione delle Ferrovie dello Stato di Brescia  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e quali iniziative intenda adottare per rendere maggiormente fruibile ai turisti i siti archeologici della Valcamonica;
          se il Ministro interrogato intende promuovere adeguatamente gli 8 siti archeologici presenti, sia sulla rete internet che sulle strade statali e nelle stazioni ferroviarie. (4-07734)

      Risposta. — Nell'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, l'interrogante, con riguardo ai siti archeologici presenti in Valcamonica, chiede di sapere quali iniziative il Ministro intenda adottare per renderli maggiormente fruibili ai turisti e per promuoverli adeguatamente.
      La valle Camonica possiede uno straordinario complesso di raffigurazioni incise sulle rocce, in gran parte risalenti alla preistoria, famoso in tutto il mondo. Il patrimonio di arte rupestre, che costituisce il complesso più esteso d'Europa, è stato iscritto nel 1979, quale primo sito italiano, nella lista del patrimonio mondiale dell'Unesco (sito n.  94 – «Arte Rupestre della Valle Camonica») per le sue caratteristiche di diffusione (è presente in trentatré dei quarantadue comuni della Valle), di estensione cronologica (tra la fine del Paleolitico superiore, 13.000-10.000 anni da oggi e l'età del Ferro, I millennio avanti Cristo, con persistenze fino al XX secolo) e di iconografia (molteplicità dei soggetti incisi).
      Come tutti i siti Unesco, a seguito della «Dichiarazione di Budapest» del 2002 e su richiesta del Comitato del patrimonio mondiale, anche la Valle Camonica si è dotata di un piano di gestione (d'ora in poi PdG), per garantire la tutela e la conservazione del bene per le future generazioni, e, al contempo, per individuare le strategie per approfondirne la conoscenza e promuoverne la valorizzazione, con ricadute positive anche sullo sviluppo sociale, culturale ed economico della Valle.
      Il PdG è stato elaborato nei 2005 dall'allora Ministero per i beni e le attività culturali (ora Ministero dei beni e delle attività culturali e dei turismo – MIBACT), con il coordinamento della soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia e la collaborazione degli enti locali, che il 20 dicembre 2004 avevano sottoscritto la dichiarazione di intenti con la quale sono stati individuati gli attori principali del «gruppo di Lavoro per la stesura del PdG»: soprintendenza (d'intesa con la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia), provincia di Brescia, comunità montana della Valle Camonica, consorzio dei comuni del Bacino imbrifero montano della Valle Camonica (BIM), comuni di Capo di Ponte, di Darfo Boario Terme, di Sellerò, di Sonico, consorzio per le incisioni rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo.
      Il PdG è stato adottato dagli enti locali l'8 luglio 2005 e, successivamente, il 21 luglio 2006, a Breno, è stato sottoscritto il «Protocollo d'intesa per l'attuazione del piano di gestione del sito Unesco n.  94 “Arte Rupestre della Valle Camonica”», tra gli enti locali e la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia, con l'istituzione di un gruppo istituzionale di coordinamento (Gic), che opera tuttora come cabina di regia. Agli enti iniziali si sono, di recente, aggiunti altri tre comuni della Valle: Borno, Edolo e Ossiuro che hanno in corso progetti di valorizzazione di aree con arte rupestre.
      Il Gic, dal 2006 ad oggi, ha condiviso e messo in atto con la soprintendenza e con gli altri enti territoriali numerose azioni di conoscenza, tutela, promozione e valorizzazione del sito Unesco.
      Tra tutte: l'attività di monitoraggio dello stato di conservazione delle rocce incise (attuato anche grazie ai fondi della legge 26 febbraio 2006, n.  77, recante «Misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella “lista del patrimonio mondiale”, posti sotto la tutela dell'Unesco»), gli interventi per la realizzazione di nuovi parchi, le azioni per l'adeguamento strutturale di quelli già attivi, la valorizzazione in rete per promuovere la diffusione della conoscenza della valle Camonica anche attraverso le moderne tecnologie, tra cui la realizzazione dell'applicazione informatica Valcamonica Rock Art e del sito web ufficiale: www.vallecamonicaunesco.it.
      I parchi d'arte rupestre in cui si possono conoscere e ammirare le incisioni sono attualmente otto e ad essi, nel tempo, si sono aggiunti anche due siti archeologici, segno dell'attenzione dedicata al patrimonio culturale da una valle che ha riscoperto nella valorizzazione turistica delle risorse del territorio un'importante prospettiva di sviluppo socio-economico: 1. Parco nazionale delle incisioni rupestri a Capo di Ponte, istituito nel 1955; 2. Parco archeologico nazionale dei Massi di Cemmo a Capo di Ponte, istituito nel 2005; 3. Riserva regionale delle incisioni rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo, istituita nel 1983; 4. Parco comunale di Luine a Darfo Boario Terme, istituito nel 1973; 5. Parco archeologico comunale di Seradina-Bedolina a Capo di Ponte, istituito nel 2005; 6. Parco comunale di Sellerò, istituito nel 2009; 7. percorso pluritematico del «Còren de le Fate» a Sonico, istituito nel 1990 e riallestito nel 2007 (Parco dell'Adamello); 8. Parco archeologico comunale di Ossimo-Anvòia (con calchi), istituito nel 2005; 9. sito archeologico dei Corni Freschi-Darfo Boario Terme, istituito nel 2009 (a gestione comunale); 10. sito archeologico di Borno-Valzel de Undine, istituito nel 2013 (a gestione comunale).
      Proprio per assicurare una maggiore sinergia tra i diversi enti e per dare maggiore visibilità ai parchi e ai siti archeologici, nel 2012, la soprintendenza e gli enti gestori dei parchi hanno realizzato il sito web www.vallecamonicaunesco.it, che contiene tutte le informazioni utili ai visitatori per organizzare una visita in Valle. I parchi e i siti sono presentati su base topografica, partendo da sud verso nord, e per ciascuno di essi sono evidenziate le caratteristiche peculiari. La valle ospita un ricco patrimonio culturale, diffuso per circa novanta chilometri; il sito permette ai visitatori di orientarsi nella vasta gamma di possibilità e opportunità che la Valcamonica offre, consentendo loro la possibilità di scegliere all'interno del ricco patrimonio d'arte rupestre carmino, cosa visitare.
      Il museo nazionale della preistoria della valle Camonica (Mupre) costituisce il punto di forza del PdG: si pone al centro dei percorsi di visita ai parchi d'arte rupestre esistenti nel comune di Capo di Ponte e costituisce il fulcro di raccordo e di illustrazione dell'intero sito Unesco n.  94, rappresentato dai parchi sopra citati e da oltre centottanta siti d'arte rupestre distribuiti in trentatré comuni della valle, tutti sottoposti alla tutela del Mibact, tramite la soprintendenza archeologia della Lombardia. Il Mupre, ospitato nell'antico edificio di Villa Agostani nel centro storico di Capo di Ponte (edificio di proprietà parrocchiale dato in affitto allo Stato), integra, con l'esposizione dei reperti, il patrimonio di immagini incise sulle rocce e ricompone, in un insieme inscindibile, l'espressione identitaria della valle Camonica.
      I lavori per la realizzazione del Mupre, avviati nei 1997 dalla soprintendenza, si sono conclusi con l'inaugurazione in data 10 maggio 2014.
      L'apertura del Mupre è garantita da personale del Mibact, attualmente costituito da 17 unità, di cui due verranno poste in quiescenza nel corso dell'estate. L'incremento dell'offerta culturale (un museo e due parchi nazionali) ha necessariamente comportato la revisione degli orari delle tre strutture, ora organizzate su un solo turno di apertura, secondo la seguente articolazione ordinaria: il Parco nazionale delle incisioni rupestri, in località Naquane e il Parco archeologico nazionale dei Massi di Cemmo sono aperti dal martedì alla domenica, dalle ore 8,30 alle ore 13,30 (lunedì non festivo chiuso); il Mupre, Museo nazionale della Preistoria della valle Camonica è aperto dal lunedì al sabato, dalle ore 14,00 alle ore 19,00 (domenica e festivi chiuso).
      Il parco nazionale in località Naquane, comunque, non è mai completamente chiuso per la presenza della strada comunale Capo di Ponte-Nadro che lo attraversa e che deve essere resa accessibile; pertanto, anche negli orari di chiusura, un numero minimo di personale è in servizio per garantirne la percorribilità.
      Allo scopo di ampliare, in futuro, gli attuali orari di apertura dei parchi nazionali e del Mupre, la soprintendenza ha aderito al progetto Servizio Civile Nazionale. Protocollo d'intesa tra Mibact e Ministero del lavoro e Servizio Civile Nazionale «Educazione e promozione culturale», stipulato in data 27 novembre 2014 che consentirà, attraverso l'impiego di giovani volontari, di aumentare gli orari di visita. Il progetto, però, non è stato ancora attivato.
      In attesa della sua attivazione, per dare concreta risposta ai turisti e agli abitanti della valle Camonica e per ampliare gli orari di visita nel periodo dell'Expo di Milano, la soprintendenza e il comune di Capo di Ponte hanno stipulato, in data 29 aprile 2015, un'intesa finalizzata a consentire l'ampliamento degli orari di apertura del parco nazionale delle incisioni rupestri, località Naquane e del Mupre, ubicati a Capo di Ponte. L'accordo prevede che, nel periodo maggio-giugno 2015, in attesa dell'assegnazione di unità del Servizio civile nazionale, il comune di Capo di Ponte metterà a disposizione della soprintendenza quattro persone che affiancheranno, per 30 ore settimanali, il personale di vigilanza del Mibact, al fine di incrementare gli orari di apertura pomeridiana del parco e del museo.
      In virtù dell'accordo di cui sopra, nel periodo maggio-giugno 2015, gli orari di apertura risultano essere i seguenti: il lunedì e la domenica, dalle ore 14,00 alle ore 19.00; dal martedì al sabato dalle ore 8,30 alle ore 19.00.
      Tutti gli orari di apertura sono ampiamente pubblicizzati attraverso i tradizionali canali di comunicazione (ad es. dépliant in lingua italiana e in inglese) nonché sui siti web ufficiali e sulle pagine facebook dedicate al sito Unesco.
      Per quanto riguarda la bigliettazione, al momento, in tutta la valle Camonica essa risulta attiva solo per i parchi nazionali, il Mupre e il museo della riserva naturale di Ceto, Cimbergo e Paspardo.
      Dal primo gennaio 2015 il costo del biglietto, come comunicato con largo anticipo sui dépliant distribuiti ai visitatori, sui siti web ufficiali e sulle pagine facebook, è fissato in 6 euro per il biglietto intero e in 3 euro per quello ridotto.
      La bigliettazione è attivata con la seguente modalità: il visitatore che accede al Mupre riceve un biglietto valido trenta giorni, con il quale ha la possibilità di visitare anche il parco nazionale in località Naquane; allo stesso modo, al visitatore che si reca dapprima al parco nazionale, è consentito con lo stesso biglietto, sempre nell'arco di 30 giorni, di visitare anche il Mupre.
      Va poi sottolineato che dal 1o maggio al 31 ottobre 2015, in concomitanza con Expo 2015, i possessori di biglietto Expo e di CardEXPO possono accedere gratuitamente al Mupre e ai parchi nazionali.
      L'ordinaria attività di collaborazione della soprintendenza con la regione Lombardia è stata intensificata in questo ultimo periodo, nell'ambito dei progetti legati a Expo e alla promozione dei siti Unesco lombardi, tra cui anche il sito Unesco n.  94. La soprintendenza ha fornito, autorizzandone l'uso, immagini fotografiche (tra cui la «rosa camuna») per l'allestimento del padiglione Lombardia, all'interno del padiglione Italia, per la pubblicazione Meravigliosa Lombardia, curata dalla presidenza della regione e ha autorizzato le riprese video di tutti i siti Unesco lombardi di propria competenza, per realizzare il film documentario I patrimoni Unesco di regione Lombardia, promosso dalla regione e realizzato dal Centro sperimentale di cinematografia-Scuola nazionale di Cinema, sede Lombardia.
      Sempre al fine di promuovere la conoscenza del sito Unesco n.  94, la soprintendenza opera in stretta collaborazione con la comunità montana di Valle Camonica che, a breve, realizzerà quattro dépliant (in italiano e in inglese), per illustrare il sito, gli eventi che verranno realizzati, fino ad ottobre, in concomitanza con Expo e i percorsi cicloturistici nei parchi d'arte rupestre.
      È in corso di stampa la guida sulla valle Camonica nella collana della serie I Tesori d'Italia e l'Unesco della Sagep editore (in lingua italiana e inglese), cui ha collaborato anche la soprintendenza.
      Con riguardo alla questione della segnaletica stradale e turistica, in particolare quella lungo la superstrada e nella stazione ferroviaria di Brescia, il parco dell'Adamello ha compiuto una attenta e puntuale ricognizione della cartellonistica presente lungo la strada statale n.  42, procedendo al suo riordino secondo standard definiti.
      Circa l'istituzione di infopoint sulla superstrada, l'attuale viabilità non offre spazi fisici adeguati ad accogliere nuove strutture che sarebbe, peraltro, complesso mantenere e gestire. Si è ritenuto più utile attivare collaborazioni con quelle già esistenti, chiedendo di accogliere espositori per prodotti promozionali. A riguardo si segnala che lungo la strada statale 42, presso l'area di servizio La Sosta di Esine (BS), presso il Mercato dei sapori, punto di vendita di prodotti tipici locali, già esiste uno spazio informativo con materiali pubblicitari e promozionali, periodicamente integrati.
      Riguardo, invece, alla promozione nelle stazioni ferroviarie della Rete ferroviaria italiana e di Ferrovie nord, sono stati acquisiti preventivi di spesa per la videocomunicazione digital signage for moving people e per totem presso le stazioni di Cadorna (Milano) e di Brescia Ferrovie Nord, che evidenziano, però, costi insostenibili per gli enti locali e per la soprintendenza.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Ilaria Carla Anna Borletti dell'Acqua.


      QUARANTA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          per garantire l'efficienza del servizio postale e la copertura su tutto il territorio nazionale, lo Stato ha siglato con Poste italiane spa un contratto che vale 330 milioni anno. L'accordo è subordinato alla qualità del servizio, verificato dall'AGCOM attraverso rilevamenti della Società di analisi IZI Spa che riceve dal committente 1,2 milioni di euro per «verificare se Poste si comporta in modo conforme al contratto»;
          su Il Fatto Quotidiano del 16 marzo viene pubblicato un articolo intitolato «Vi racconto come le Poste truccano i dati sulla puntualità». Nell'articolo viene riportata la testimonianza di Roberto Peruzzi, dirigente postale che ha lavorato nell'azienda dal 1978 al 2010 fino a diventare capo dell'area recapiti per le zone di Pescara, L'Aquila e Teramo dove denuncia come l'azienda manipoli i dati riguardanti la qualità del servizio;
          nell'articolo si legge che «più sono rispettati i parametri di puntualità concordati nel contratto di ”servizio universale” tra i capi delle Poste e lo Stato italiano, più corposa è la ricompensa pubblica: dai 300 ai 360 milioni di euro l'anno, 2 miliardi e 394 milioni dal 2006 al 2012»;
          l'azienda ha il compito di controllare percorso e tempo di consegna della corrispondenza inviata come test. Tutto dovrebbe accadere nel più stretto riserbo, invece denuncia Peruzzi sulle pagine del quotidiano: «All'interno delle Poste funziona una rete apposita e capillare per intercettare le lettere chiamate in gergo ”civetta” [...]. Una volta individuate le lettere vengono fatte viaggiare come schegge su una corsia di consegna preferenziale e superveloce, un binario parallelo che non ha niente a che vedere con i sistemi e i tempi di consegna consueti»;
          questo accade perché Poste conosce i «dropper», chi imbuca la lettera e i «receiver», chi la riceve utilizzati dalla Izi. Peruzzi descrive il sistema utilizzato: «La Izi organizza i test avvalendosi di una rete di collaboratori su tutto il territorio nazionale. [...] Gli elenchi della rete di collaboratori Izi vengono aggiornati periodicamente proprio con l'intento di tutelare l'anonimato dei collaboratori e garantire la segretezza dell'operazione. Questo a livello ufficiale. Nella pratica le cose vanno in altro modo. La segretezza dei dropper e receiver non esiste: Poste li conosce uno ad uno»;
          IZI spa in base alla legge è pagata dalle poste, circa un milione e 200 mila euro l'anno;
          il responsabile della qualità postale, Gianluca Celotto, sentito dal giornalista ha dichiarato: «escludo l'esistenza di un'organizzazione per l'alterazione dei dati»  –:
          se il Ministro interrogato non intenda acquisire, per quanto di competenza, elementi al fine di accertare i fatti esposti in premessa;
          quali iniziative siano state intraprese per garantire l'efficienza del servizio postale. (4-04242)

      Risposta. — In merito alle problematiche evidenziate nell'interrogazione in esame la società Poste italiane ha rappresentato quanto segue.
      Il controllo della qualità del servizio postale è realizzato dalla IZI spa, società selezionata attraverso una procedura ad evidenza pubblica indetta dall'autorità di regolamentazione, ed è finalizzato alla misurazione dei livelli di qualità della posta prioritaria. Detta società procede alla valutazione della qualità del servizio mediante la spedizione di almeno 89.300 lettere test all'anno, su 893 direttrici di traffico.
      Poste italiane, nel ribadire che tali lettere test delle quali non sono noti né i mittenti né i destinatari non sono in alcun modo distinguibili dalle altre spedizioni, ha confermato le dichiarazioni del competente responsabile aziendale, riportate nell'interrogazione in esame, circa l'esclusione dell'esistenza di un'organizzazione in grado di alterare i dati riguardanti la qualità del servizio postale, evidenziando, quindi, l'impossibilità di selezionare in modo sistematico e simultaneo le cosiddette lettere test, utilizzate per il controllo.
      La società ha, inoltre, sottolineato, a conferma dell'impossibilità di condizionare l'esito delle rilevazioni, che da un semplice raffronto dei volumi complessivi di posta prioritaria con il numero di lettere test spedite nell'anno 2012, si evince che queste ultime costituiscono lo 0,015 per cento dei volumi totali (101.896 lettere test su 694.800.000 invii annui complessivi). Pertanto, alla luce del rapporto numerico riportato, una lettera test viene lavorata, in media, ogni 6.819 invii prioritari e, di conseguenza, per individuarne una sola (il che, peraltro, non inficerebbe il sistema statistico), bisognerebbe esaminare quasi 7.000 lettere, negli stringenti tempi di lavorazione del prodotto che, peraltro, si avvale di processi completamente automatizzati.
      In merito, invece, agli aspetti di natura regolamentare contenuti nell'articolo riportato su «Il Fatto Quotidiano», citato nell'interrogazione in esame, si rappresenta che il servizio postale universale è disciplinato dal decreto legislativo 22 luglio 1999, n.  261, così come modificato dal decreto legislativo n.  58 del 2011 e dal contratto di programma fra Poste italiane ed il Ministero dello sviluppo economico.
      L'articolo 3, comma 12, del citato decreto legislativo n.  261 del 1999, stabilisce che l'onere del servizio postale universale, affidato a Poste italiane spa, è finalizzato attraverso trasferimenti posti a carico dello Stato i cui importi sono quantificati nel contratto di programma ed afferiscono a fattori diversi riconducibili ai ricavi ed ai costi della gestione del servizio, all'inflazione ed agli incentivi all'efficienza della gestione aziendale, attraverso il meccanismo del Subsidy Cap (articolo 9 del contratto di programma).
      Per quanto concerne, in particolare, la qualità del servizio universale, l'articolo 12, ultimo comma del decreto legislativo n.  261 del 1999 stabilisce che l'Autorità di regolamentazione (AGCOM) controlla la qualità del servizio, effettuando «verifiche su base campionaria delle prestazioni con regolarità avvalendosi di un organismo specializzato indipendente selezionato dall'autorità di regolamentazione nel rispetto della normativa in vigore. Gli oneri inerenti alla verifica ed alla pubblicazione dei risultati sono a carico del Fornitore del servizio universale. I risultati sono pubblicati almeno una volta l'anno e, ove necessario, sono prese misure correttive».
      Per quanto riguarda i contributi statali erogati a Poste italiane spa, si precisa che l'eventuale mancato rispetto dei previsti
standard di qualità non comporta una riduzione di tali trasferimenti, ma determina l'applicazione di una penale nei confronti del fornitore del servizio universale graduata in funzione dei punti percentuali non conseguiti, secondo il meccanismo specificato dettagliatamente nell'articolo 5, comma 7, del contratto di programma.
      Poste italiane ha, altresì, evidenziato che in data 14 marzo 2013, l'AGCOM ha pubblicato un bando di gara, in ambito comunitario, per la selezione di tale organismo, per il monitoraggio nel triennio 10 luglio 2013-30 giugno 2016. La procedura si è conclusa con la relativa aggiudicazione a favore della società IZI spa. A tale riguardo, Poste italiane ha comunicato di aver ricevuto il contratto stipulato tra l'appaltante e l'aggiudicatario, in versione «copia omissata», il giorno 14 novembre 2013, al solo scopo di consentire l'esecuzione degli adempimenti posti a suo carico, tra cui il pagamento delle prestazioni in contratto a favore del soggetto aggiudicatario.
      Poste italiane ha, poi, precisato che tali fatture sono alla stessa intestate
ex lege e sono inviate contestualmente anche all'autorità, che ne quantifica contrattualmente il complessivo importo e che ne può impedire, entro 30 giorni, la corresponsione, ove eccepisca eventuali rilievi sull'operato dell'organismo di rilevazione, mentre nessun dettaglio di natura tecnica operativa circa le modalità di esecuzione delle verifiche e del monitoraggio viene comunicato al fornitore del servizio universale.
      In relazione, infine, a quanto dichiarato dal signor Peruzzi, alle dipendenze di Poste italiane dal settembre 1980 al marzo 2010, di cui si fa cenno nell'atto in argomento, la società ha comunicato che quest'ultimo non ha mai ricoperto funzioni dirigenziali e che nel marzo 2010 è stato licenziato per giusta causa, come riconosciuto dal giudice del lavoro che ha confermato il provvedimento espulsivo, sia in prima istanza che in appello, a seguito della contestazione di reiterati illeciti, riguardanti episodi di appropriazione indebita di denaro depositato su libretti di risparmio.
      In ogni caso, si rende noto che i temi sollevati nell'interrogazione, sia sotto il profilo della verifica della qualità del servizio e della tutela dell'utenza, sono già stati e sono oggetto di una più ampia attività di vigilanza da parte dell'AGCOM, incentrata sull'attività di monitoraggio della qualità del servizio postale che svolge la società IZI e su quanto affermato dalla società Poste Italiane in merito alla ricostruzione puntuale e circostanziata delle vicende descritte nell'articolo pubblicato su «Il Fatto Quotidiano» citato nell'interrogazione in esame.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Antonello Giacomelli.


      RAMPELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          da notizie di stampa si apprende risulta che l'Italia da cinque anni non paga il contributo alla fondazione del museo di Auschwitz e che il suo padiglione al memoriale è chiuso;
          dal 1980 sino a pochi anni fa il padiglione italiano ospitava un'opera collettiva concepita dal gruppo BBPR che sarebbe ora destinata ad essere esposta a Firenze;
          l'esposizione è rimasta attiva sino al 2011, quando il padiglione è stato chiuso dalla direzione del museo, a seguito dell'entrata in vigore, nel 2007, delle nuove linee guide approvate dal museo che richiedevano allestimenti di taglio pedagogico-illustrativo;
          ne è seguito un contenzioso con i vari Governi italiani che si sono succeduti alla guida del Paese, senza però che si trovasse un'intesa, fino alla chiusura d'autorità dalla direzione museale «perché non corrispondeva più agli standard»;
          l'Italia risulta essere l'unico Paese assente dall'esposizione museale, uno sfregio alla memoria delle migliaia di ebrei italiani deportati, con grande sconcerto dei visitatori  –:
          se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza affinché si provveda con urgenza sia alla realizzazione di una nuova installazione che rispetti le nuove linee guida, sia alla corresponsione alla Fondazione del museo di Auschwitz di un congruo contributo finanziario, nel rispetto della memoria di tutte le vittime italiane della shoah. (4-07719)

      Risposta. — Si riscontra nell'interrogazione in esame, con il quale l'interrogante, con riferimento a notizie di stampa secondo cui l'Italia non versa contributi alla fondazione del museo di Auschwitz-Birkenau e all'assenza dell'Italia dall'esposizione museale dovuta alla chiusura d'autorità del padiglione italiano, in quanto non rispondente alle nuove linee guida approvate dalla direzione del museo, chiede quali iniziative si intenda assumere per la realizzazione di una «nuova installazione» che rispetti le linee guida e per corrispondere un «congruo contributo finanziario» alla fondazione del museo.
      Nell'atto cui si risponde, l'interrogante fa riferimento al memoriale italiano ospitato dal 1980 nel «Blocco 21», destinato a padiglione italiano.
      Il memoriale italiano è un'opera concepita per conto dell'associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti (ANED) dallo studio BBPR, cui hanno concorso Lodovico Belgiojoso, Luigi Nono, Pupino Samonà, Primo Levi, di proprietà della stessa ANED.
      Il memoriale italiano è un'opera d'arte multimediale, di alto valore artistico e culturale e di grande impatto emotivo, che riflette l'atmosfera dell'epoca in cui fu realizzata. Pertanto, a seguito del mutato contesto storico avviatosi all'inizio degli anni ’90, la direzione del museo di Auschwitz ha ritenuto, e più volte segnalato come, a suo giudizio, il memoriale non sia rispondente ai nuovi indirizzi emanati dalla stessa direzione, concernenti le linee da seguire nell'allestimento degli spazi nazionali del museo stesso, a cui altri Paesi europei si sono da tempo conformati.
      Il memoriale non è in alcun modo modificabile nella sua originaria configurazione, concepita unitariamente dai suoi autori, e non può essere mantenuto nella sua attuale collocazione, peraltro in uno stato di abbandono che rischia di comprometterne gravemente l'integrità.
      Da parte della direzione del museo di Auschwitz e dallo stesso Governo polacco sono giunti reiterati richiami per procedere senza ulteriori indugi al trasferimento del memoriale – pena la sua rimozione da parte delle autorità museali – ed al nuovo allestimento del «Blocco 21» che, in assenza dell'adeguamento richiesto, non è fruibile dai visitatori poiché è stato chiuso su disposizione della direzione del museo, con conseguente degrado dell'opera.
      L'ANED, di fronte all'impossibilità di mantenere l'opera artistica e storica nel luogo per il quale era stata concepita e costruita, dopo una ponderata riflessione, con risoluzione assunta il 30 novembre 2014, ha acconsentito al richiesto trasferimento dell'opera in Italia, a condizione di una sua adeguata valorizzazione.
      Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MIBACT), in attuazione degli indirizzi del Governo espressi in materia nella seduta della Camera dei deputati dell'11 febbraio 2015, si è adoperato per definire le modalità di smontaggio, trasporto, ricollocazione e restauro nella nuova sede dell'opera. Tra le diverse ipotesi esplorate di collocazione in città italiane, la scelta, condivisa con l'ANED, è caduta sulla sede proposta dal comune di Firenze, con il sostegno della regione Toscana, presso la struttura denominata EX3, posta in viale Donato Giannotti 81/83/85, ritenuta idonea a consentire la conservazione e la valorizzazione del memoriale stesso.
      In particolare, il MIBACT ha messo a disposizione le competenze dei suoi istituti di eccellenza nel campo del restauro – l'istituto superiore per la conservazione ed il restauro (ISCR) e l'opificio delle pietre dure di Firenze – per assicurare che lo smontaggio, il trasporto, l'eventuale temporaneo immagazzinamento e i successivi rimontaggio e restauro nella nuova sede avvengano secondo i più rigorosi criteri e con ogni garanzia.
      Conseguentemente, il MIBACT, la regione Toscana, il comune di Firenze e l'ANED, il 20 maggio 2015, hanno sottoscritto un protocollo d'intesa per definire le modalità del trasferimento del memoriale a Firenze e per la sua successiva valorizzazione. In tale protocollo, in sintesi, le parti si impegnano, ciascuna negli ambiti di competenza propri, nel comune intento a sviluppare tutte le azioni necessarie per restituire alla fruibilità ed alla memoria pubblica il memoriale, nella pluralità dei suoi significati storici, artistici e di memoria civile.
      In particolare, il MIBACT espleterà le procedure per l'individuazione del soggetto cui affidare le operazioni di documentazione, messa in sicurezza, smontaggio e trasporto del memoriale dalla collocazione attuale nel museo di Auschwitz a Firenze, e di successivo trasporto e rimontaggio nella nuova sede, nel presupposto che a tali fini sia resa disponibile una parte dei fondi di cui al citato decreto-legge n.  248 del 31 dicembre 2007, in esito a specifica convenzione che sarà sottoscritta con la Presidenza del Consiglio; coordinerà le operazioni di cui sopra attraverso l'istituto superiore per la conservazione ed il restauro (ISCR) e l'opificio delle pietre dure di Firenze ed avvierà le procedure per la dichiarazione del memoriale opera di interesse culturale ai sensi della normativa vigente in materia di diritto d'autore. Il MIBACT si impegna, inoltre, a esercitare attivamente, in coordinamento con l'associazione proprietaria e gli enti sottoscrittori dell'intesa, le proprie funzioni, per la migliore tutela e valorizzazione del memoriale, in conformità ai princìpi del codice dei beni culturali e del paesaggio.
      Il comune di Firenze individuerà e destinerà uno spazio adeguato al temporaneo ricovero del memoriale per il tempo strettamente necessario alle operazioni di trasformazione dell'intero immobile denominato EX3 e alla funzionalizzazione della porzione destinata ad accogliere l'opera; curerà la progettazione esecutiva e la realizzazione delle opere di trasformazione dell'immobile denominato EX3, che dovranno essere condivise con i sottoscrittori del protocollo; infine, garantirà la fruizione pubblica del monumento nella sede individuata.
      L'ANED promuoverà le opportune intese per consentire l'accesso all'archivio storico del memoriale per l'acquisizione di tutte le informazioni storico-critiche necessarie e appronterà e finanziera, secondo propri criteri e possibilità, l'apparato storico-documentario a corredo del memoriale nel suo nuovo allestimento e i materiali di promozione e informazione.
      Il nuovo allestimento verrà corredato da un apparato storico-documentario che favorisca la più ampia fruibilità culturale, formativa e didattica; la comprensione storico-critica del memoriale nel suo aspetto originario e documentale di testimonianza artistica multidisciplinare della deportazione razziale e politica nell'universo concentrazionario; la comprensione della storicità acquisita dal memoriale come documento significativo delle forme di rappresentazione e costruzione della memoria pubblica in Italia.
      La regione Toscana si è impegnata a riorientare le politiche della memoria aggregando intorno al memoriale le attività di ricerca, formazione, diffusione di conoscenze su leggi razziali, deportazioni, sterminio e di costruzione di memoria civile. Contribuirà a sostenere la mediazione e valorizzazione culturale del memoriale, anche favorendo accordi con quei soggetti che sul territorio regionale operano sui temi della memoria della deportazione, ad iniziare dalla Fondazione museo della deportazione di Prato, e concorrerà al sostegno finanziario delle attività di promozione, valorizzazione e comunicazione del memoriale.
      Ciò premesso, essendo imprescindibile la necessità di garantire la conservazione della memoria della tragica pagina della storia italiana relativa alla persecuzione nazi-fascista e, quindi, l'esecuzione degli interventi necessari per ricollocare il Memoriale italiano e riallestire il «Blocco 21», l'articolo 50, comma 7-
bis, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n.  248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n.  31, ha disposto uno stanziamento di 900.000,00 euro, in favore della Presidenza del Consiglio dei ministri.
      A seguito di contatti fra tutti i soggetti coinvolti, si è convenuto che una parte della predetta somma sarà destinata alle operazioni di smontaggio, imballaggio, trasporto in Italia, rimontaggio e restauro del memoriale.
      Per quanto riguarda invece il nuovo allestimento museale del «blocco 21», nel museo di Auschwitz-Birkenau, si fa presente che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 marzo 2015, è stata istituita presso la Presidenza del Consiglio la «Commissione per il restauro del blocco 21 del Museo di Auschwitz-Birkenau e per il nuovo allestimento del percorso espositivo italiano», con il compito di proporre al Presidente del Consiglio «un progetto completo ed organico per il restauro del blocco 21». La Commissione è presieduta dal Sottosegretario alla Presidenza, o un suo delegato, ed è composta da due dirigenti della Presidenza del Consiglio, due del Ministero degli affari esteri, due dell'istruzione e due del Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo, nonché da due rappresentanti ciascuno dell'ANED, dell'Unione delle comunità ebraiche italiane (UCEI) e della Fondazione centro di documentazione ebraica contemporanea (CDEC). La composizione della Commissione è in corso di definizione.
      In conclusione, si fa presente che, al fine di conservare l'intero complesso museale e lasciare alle future generazioni il simbolo del genocidio compiuto nel secolo scorso, la Fondazione Auschwitz-Birkenau ha previsto la costituzione di un Fondo perpetuo che dovrebbe raggiungere i 120 milioni di euro entro il 2015. Gli interessi derivanti, pari a 4/5 milioni di euro annui, andrebbero a coprire i costi della conservazione, lasciando invariato l'ammontare del fondo.
      Nel febbraio del 2009 il Governo polacco ha chiesto un contributo finanziario per la copertura dei costi di conservazione del sito di Auschwitz-Birkenau, cui hanno già aderito, oltre a enti e organizzazioni internazionali, anche Germania (60 milioni di euro tra Governo federale e
Länder), USA (15 milioni), Polonia (15 milioni), Francia (5 milioni) e Regno Unito (2 milioni), Israele (con un contributo di un milione di dollari, molto apprezzato per il suo valore simbolico) e, di recente, il Vaticano (100.000 euro).
      Per quanto riguarda il contributo finanziario del Governo italiano alla fondazione del museo di Auschwitz-Birkenau, si precisa che la legge 23 dicembre 2014, n.  190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)» ha disposto uno stanziamento, per l'esercizio finanziario 2015, dell'ammontare di 1 milione di euro quale «contributo volontario alla fondazione Auschwitz-Birkenau finalizzato al mantenimento della struttura dell'ex campo di sterminio», sul capitolo 4507 della tabella 6, relativa al ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Ilaria Carla Anna Borletti dell'Acqua.