XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 9 novembre 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 9 novembre 2015.

      Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amici, Artini, Baldelli, Basilio, Bellanova, Bernardo, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Centemero, Cimbro, Coppola, Costa, D'Alia, De Lorenzis, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofani, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Petrenga, Salvatore Piccolo, Pisicchio, Portas, Quintarelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sorial, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Villecco Calipari, Zanetti.

Trasmissioni dal Senato.

      In data 6 novembre 2015 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
          S. 1676. – «Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali» (approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (2093-B).

      Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di un disegno di legge a Commissione in sede referente.

      A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente disegno di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:
          VIII Commissione (Ambiente):
      S.  1676. – «Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali» (approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (2093-B) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, IX, X (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

      Il Presidente della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, con lettera in data 27 ottobre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n.  20, la deliberazione n.  8/2015, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione concernente «Destinazione e gestione dell'8 per mille: le misure consequenziali finalizzate alla rimozione delle disfunzioni rilevate».

      Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

      Il Presidente della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, con lettera in data 28 ottobre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n.  20, la deliberazione n.  9/2015, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione concernente «Destinazione e gestione del 5 per mille dell'IRPEF: le azioni intraprese a seguito delle deliberazioni della Corte dei conti».

      Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

      Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera in data 6 novembre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 19 marzo 1999, n.  80, la relazione sull'attività svolta dal Comitato interministeriale dei diritti dell'uomo nonché sulla tutela e il rispetto dei diritti umani in Italia, riferita all'anno 2014 (Doc. CXXI, n.  3).

      Questa relazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Trasmissione di delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica.

      La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 6 novembre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n.  196, le seguenti delibere CIPE, che sono trasmesse alle sottoindicate Commissioni:
          n.  76/2015 del 6 agosto 2015, concernente «Sisma regione Abruzzo – Assegnazione al Gran Sasso Science Institute (GSSI) di risorse residue di cui alle delibere n.  35/2009 e n.  23/2015 relative alla ricostruzione post-sisma nella regione Abruzzo» – alla V Commissione (Bilancio), alla VII Commissione (Cultura) e alla VIII Commissione (Ambiente);
          n.  77/2015 del 6 agosto 2015, concernente «Sisma regione Abruzzo – Interventi di edilizia pubblica – Assegnazione di ulteriori risorse e rimodulazione delle assegnazioni di cui alla delibera CIPE 135/2012 – Tabella 2» – alla V Commissione (Bilancio), alla VII Commissione (Cultura) e alla VIII Commissione (Ambiente);
          n.  79/2015 del 6 agosto 2015, concernente «Fondo sanitario nazionale 2013 – Ripartizione tra le regioni della quota accantonata per l'assistenza sanitaria agli stranieri irregolari presenti sul territorio nazionale» – alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali);
          n.  82/2015 del 6 agosto 2015, concernente «Fondo sanitario nazionale 2012 – Ripartizione tra le regioni delle risorse vincolate per l'assistenza agli hanseniani e ai loro familiari a carico» – alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali);
          n.  83/2015 del 6 agosto 2015, concernente «Fondo sanitario nazionale 2013 – Ripartizione tra le regioni delle risorse vincolate per l'assistenza agli hanseniani e ai loro familiari a carico» – alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

      Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 5 novembre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n.  234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

      Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Atti di controllo e di indirizzo.

      Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

      Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI BERGAMINI ED ALTRI N.  1-00979, CATANIA ED ALTRI N.  1-01056, ZACCAGNINI ED ALTRI N.  1-01057, FALCONE ED ALTRI N.  1-01058, PARENTELA ED ALTRI N.  1-01059, SIMONETTI ED ALTRI N.  1-01060 E DORINA BIANCHI ED ALTRI N.  1-01061 CONCERNENTI INIZIATIVE, ANCHE IN SEDE EUROPEA, PER LA TUTELA DEL SETTORE RISICOLO ITALIANO, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL'IMPORTAZIONE DEL RISO DALLA CAMBOGIA

Mozioni

      La Camera,
          premesso che:
              in Italia, la risicoltura ha sempre rivestito grande importanza economica. Le aziende agricole che coltivano riso in Italia sono circa 4.100. L'industria risiera è rappresentata da più di 100 imprese strutturate per trasformare il riso greggio in riso lavorato e sono pertanto dislocate nelle stesse zone di coltivazione del riso;
              nel nostro Paese, la maggior parte della superficie investita a riso è ubicata lungo il confine tra le regioni del Piemonte e della Lombardia. Quest'area risicola è delimitata dagli alvei dei fiumi Sesia, Ticino e Po, nelle province di Pavia, Vercelli e Novara e contorna uno dei più grandi parchi fluviali d'Europa che occupa una superficie di 91.000 ettari. La coltivazione ha una plurisecolare tradizione irrigua che ha portato alla realizzazione di complesse e capillari reti di canali, rogge e navigli in grado di provvedere alla fornitura di acqua a favore di tutti i terreni. Il sistema irriguo delle risaie svolge un ruolo plurifunzionale, fondamentale non solo per l'agricoltura, ma anche per lo sviluppo del territorio e dell'economia;
              la superficie investita a riso non è marginale rispetto alla circoscrizione territoriale di riferimento e la coltura del riso presenta delle caratteristiche economico strutturali marcatamente differenti rispetto agli altri cereali, poiché richiede un efficiente sistema irriguo ed un'alta specializzazione. In Italia l'importanza della filiera risicola risiede, pertanto, nella sua strategicità territoriale, nella necessità di salvaguardare una specializzazione di prodotto che contribuisce a mantenere alta l'immagine del «made in Italy» alimentare, ma anche nell'assicurare la stabilità socio-economica di un distretto territoriale di assoluta rilevanza;
              secondo i dati pubblicati, nel mese di ottobre 2014, nel dossier del Ministero dello sviluppo economico, le aziende risicole italiane nel 2013 hanno prodotto 485 mila tonnellate di riso greggio di qualità indica, dalla cui vendita, considerati i prezzi medi della campagna, ricaveranno circa 126 milioni di euro, con una perdita di 30 milioni di euro, tenuto conto di una stima dei costi di produzione pari a circa 156 milioni di euro. Da questo riso greggio l'industria ricaverà una disponibilità vendibile di circa 290.00 tonnellate di riso lavorato indica, diretto concorrente del riso lavorato cambogiano. Per l'industria italiana il riso lavorato indica rappresenta, a prezzi correnti, un giro d'affari di 232 milioni di euro;
              la quasi totalità del riso indica italiano viene venduto negli altri Paesi dell'Unione europea. Circa l'80 per cento viene venduto in sette Paesi dell'Unione europea: Francia, Germania, Repubblica Ceca, Belgio, Ungheria e Polonia, tra cui figurano anche i principali importatori di riso cambogiano. Secondo il citato documento del Ministero dello sviluppo economico, «nel 2013 le aziende risicole di tutti gli altri Paesi dell'Unione europea hanno prodotto circa 37.000 tonnellate di riso greggio, per un valore, a prezzi medi di mercato, di 160 milioni di euro»;
              il settore risicolo italiano sta vivendo una delicata congiuntura economica già da alcuni anni. Dal 2010, la progressiva riduzione delle aree dedicate alla coltivazione di riso non conosce sosta; nel solo 2014 le risaie destinate alla coltivazione della varietà indica si sono ridotte di oltre 15 mila ettari, corrispondenti al 22 per cento della superficie totale e nel 2015 si stimano ulteriori importanti cali della superficie dedicata alle varietà indica; il progressivo calo delle aree destinate alla produzione di riso in Italia si accompagna ad un incremento delle esportazioni di riso di qualità indica proveniente dalla Cambogia e più in generale dai Paesi meno avanzati (PMA);
              diversi studi indicano che nel primo trimestre del 2014 si è registrato un aumento record del 360 per cento delle importazioni da Paesi meno avanzati in tutta l'Unione europea, con evidenti ricadute negative in primis per i produttori italiani, in particolar modo per i coltivatori locali, che non riescono a conformare i propri prezzi di vendita a quelli importati, alla luce dei costi di produzione da sostenere, certamente superiori rispetto a quelli sostenuti dai Paesi meno avanzati; ci sono conseguenze di lungo periodo anche per i consumatori: si stanno intensificando le segnalazioni giunte al Sistema rapido di allerta per gli alimenti e i mangimi europeo (RASFF), che ha effettuato quasi una notifica a settimana per riso e prodotti derivati di provenienza asiatica per la presenza di principi attivi non autorizzati e assenza di certificazioni sanitarie;
              la Cambogia, in virtù del regime speciale a favore dei Paesi meno sviluppati, regime EBA (Everything But Arms), di cui agli articoli 17 e 18 del regolamento (UE) N. 978/2012, può esportare nell'Unione europea a dazio zero; il riso esportato deve essere originario della Cambogia ai sensi del regolamento (CEE) n.  2454/93 e viene esportato dalle industrie risiere rappresentate dalla Federation of Cambodian Rice Exporters e dalla Cambodian Rice Exports Association;
              il sistema che si è venuto a delineare non ha avvantaggiato i produttori cambogiani come si potrebbe erroneamente supporre. Infatti, molto diffusa è la cosiddetta pratica della «triangolazione», in base alla quale il riso che giunge a dazio zero dalla Cambogia non è di origine cambogiana, ma viene prodotto in altri Paesi asiatici, per poi essere importato in Cambogia ed esportato nuovamente verso l'Unione europea, beneficiando del trattamento privilegiato. In tal modo, si concretizza un utilizzo illegittimo del beneficio accordato dall'Unione europea al riso cambogiano, poiché alcuni operatori cambogiani del settore non rispettano le regole d'origine, mescolando il riso con altre qualità prodotte in Paesi limitrofi;
              secondo il rapporto dell'organizzazione per lo sviluppo dell'ONU del 2014 (UNDP 2014), l'ingresso massiccio di aziende estere nell'economia cambogiana ha fatto sorgere fenomeni di land grabbing. Secondo l'organizzazione Oxfam, si parla di land grabbing (accaparramento delle terre) quando una larga porzione di terra considerata «inutilizzata» è venduta a terzi, aziende o Governi di altri Paesi senza il consenso delle comunità che ci abitano o che la utilizzano, spesso da anni, per coltivare e produrre il loro cibo. Questo a fronte del fatto che, approssimativamente, l'80 per cento della popolazione cambogiana risiede in aree rurali ed il 71 per cento di queste è dipendente dalla risicoltura, mentre il 46,96 per cento della popolazione vive in una condizione di povertà multidimensionale;
              da fonti di stampa si è appreso che, nei giorni scorsi, il Governo italiano avrebbe avanzato presso la Commissione europea richiesta di adozione di misure di salvaguardia nei confronti dell'importazione di riso greggio cambogiano del tipo indica, di cui all'articolo 22 del regolamento (UE) n.  978/2012, per ristabilire i normali dazi della tariffa doganale comune per le importazioni di riso dalla Cambogia;
              in una recente dichiarazione, i rappresentanti di Coldiretti hanno spiegato che l'adozione delle misure di salvaguardia è giustificata dal fatto che «nelle ultime 5 campagne, le importazioni di riso dalla Cambogia nell'Unione europea sono aumentate da 5.000 a 181 mila tonnellate raggiungendo il 23 per cento di tutto l'import UE grazie alla completa liberalizzazione tariffaria avvenuta il primo settembre 2009 a favore dei Paesi beneficiari del sistema di preferenze tariffarie generalizzate di cui all'articolo 1, paragrafo, lettera c (EBA) del regolamento UE n.  987»;
              il persistente aumento delle importazioni dalla Cambogia continua a creare pressione sul mercato dell'Unione europea con conseguente ulteriore riduzione dei prezzi del riso di tipo indica e disincentivo alla coltivazione;
              il 4 agosto 2015, la Commissione europea ha diramato una nota stampa, con la quale è stata annunciata la conclusione del negoziato per un ulteriore accordo di libero scambio tra l'Unione europea e, stavolta, il Vietnam; l'accordo prevede infatti l'apertura di un contingente d'importazione pari a 80.000 tonnellate di riso vietnamita esente dal pagamento del dazio doganale;
              in conseguenza dei citati accordi, si attendono per il 2016 non meno di 500.000 tonnellate di riso asiatico esenti da dazio, una quantità pari a metà dell’import totale, che sarà commercializzata a prezzi talmente bassi da mettere a rischio le vendite di riso italiano nell'Unione europea, che ad oggi ammontano a 500 mila tonnellate all'anno, di cui 270 mila in diretta concorrenza con il riso asiatico, come segnalato, con preoccupazione da Confagricoltura,

impegna il Governo:

          a dare seguito formale e concreto, presso la Commissione europea, alla richiesta di adozione delle clausole di salvaguardia nei confronti dell'importazione a dazio zero di riso cambogiano, nei Paesi dell'Unione europea, ai sensi dell'articolo 22 del regolamento (UE) n.  978/2012, al fine di tutelare il settore risicolo italiano che vive da alcuni anni una delicata congiuntura, e a valutare l'opportunità di richiedere l'attivazione di clausole di salvaguardia, anche per quanto riguarda le importazioni di riso dal Vietnam;
          a promuovere, a livello europeo, l'adozione di clausole di condizionalità democratica più stringenti e di precise sanzioni per il loro mancato rispetto, all'interno degli accordi siglati tra l'Unione europea e Paesi terzi relativamente alla regolazione di regimi fiscali a «dazio zero», nel settore agricolo e più in generale nel commercio, al fine di evitare che tali accordi possano essere snaturati nelle loro finalità di aiuto allo sviluppo per i Paesi destinatari;
          a promuovere e attuare, a livello nazionale, misure che prevedano puntuali obblighi di pubblicità e trasparenza nell'etichettatura del riso commercializzato in Italia, in particolar modo specificando il nome dell'azienda che utilizza riso proveniente da Paesi terzi rispetto all'Unione europea.
(1-00979)
(Nuova formulazione) «Bergamini, Occhiuto, Catanoso, Palese».


      La Camera,
          premesso che:
              la risicoltura italiana ha sempre rivestito un ruolo significativo nel comparto agro-alimentare ed il nostro Paese detiene saldamente la leadership produttiva nell'ambito dell'Unione europea;
              la coltura del riso è storicamente insediata in alcune aree del Paese, fra le quali spicca un ampio territorio posto a cavallo del Piemonte e della Lombardia, con un fulcro nelle province di Vercelli, Novara e Pavia, ove la coltivazione ha modellato il paesaggio, anche per effetto degli importanti interventi di regimentazione idrica effettuati a partire dalla metà dell'Ottocento. La produzione di riso è presente anche in alcune zone della pianura padana centro-orientale, in Sardegna, nonché, in misura minore, in altre località. La positiva valenza ambientale della coltura, con il suo caratteristico regime di sommersione, è oggi largamente riconosciuta ed apprezzata;
              ovunque venga coltivato, il riso presenta un forte rilievo per l'economia locale, trattandosi di una coltura che richiede professionalità, investimenti, mezzi tecnici, e che può garantire, in normali condizioni di mercato, un reddito idoneo. L'importanza è ovviamente ancor più rilevante in quel triangolo di province ove si situano le maggiori estensioni;
              il prodotto comporta anche un significativo ruolo industriale e in tale ambito le imprese italiane hanno saputo ritagliarsi uno spazio di rilievo sul mercato europeo. Si è dunque in presenza di una filiera agro-industriale virtuosa, che in passato ha assicurato lavoro e reddito a moltissime imprese agricole ed industriali e ai loro addetti;
              come per ogni altro prodotto agro-alimentare, il mercato del riso ed il reddito delle imprese sono fortemente condizionati dalla politica agricola dell'Unione europea;
              negli ultimi anni la situazione del comparto si è sensibilmente deteriorata, anche per effetto della politica di apertura alle importazioni extracomunitarie adottata dall'Unione europea;
              la concorrenza dei risi asiatici è particolarmente pressante per le varietà indica e le importazioni crescenti di tale prodotto (in particolare dalla Cambogia, dall'India, dal Pakistan, dal Vietnam e dalla Tailandia) stanno rendendo impossibile la prosecuzione di tali colture in Europa e minano l'equilibrio complessivo della filiera risicola italiana;
              dal 2010 al 2015 la superficie complessiva coltivata a riso si è ridotta in Italia di circa 20.000 ettari (-8 per cento) e la superficie investita a riso indica si è dimezzata dal 2013 al 2015, essendo passata da 71.000 a 35.000 ettari;
              prima della completa liberalizzazione delle importazioni decisa dall'Unione europea (1o settembre 2009) il volume di importazione dell'Unione europea dai Paesi meno avanzati (PMA, fra cui Cambogia e Myanmar) si attestava a circa 8.000 tonnellate annue, mentre il dato della campagna 2014/2015 evidenzia circa 345.000 tonnellate, il che significa un incremento del 4200 per cento;
              emergono inoltre anche motivate preoccupazioni per i consumatori, attesa la presenza di principi attivi non autorizzati su alcune partite di prodotto importato;
              in questo quadro complessivo va sottolineato in particolare il ruolo della Cambogia, che in virtù del regime speciale a favore dei Paesi meno avanzati può esportare nell'Unione europea senza alcun dazio e senza alcun limite quantitativo, e che mostra una crescita delle esportazioni assai marcata, facendo anche sospettare che una parte dei quantitativi inviati in Europa sia frutto di triangolazioni (e provenga in realtà da Paesi che non beneficiano di un regime agevolato per l’export verso l'Europa);
              ma va anche sottolineato che questo stato di cose non avvantaggia nemmeno le comunità rurali della Cambogia. Conformemente a quanto è avvenuto in situazioni analoghe, queste condizioni privilegiate di export verso l'Europa stanno producendo effetti negativi sull'economia locale. Secondo il rapporto dell'organizzazione per lo sviluppo dell'ONU del 2014 (UNDP, Human Development Report, 2014), l'ingresso massiccio di aziende estere nell'economia cambogiana ha fatto sorgere fenomeni di land grabbing, con pesanti conseguenze per la maggioranza della popolazione cambogiana, che risiede in aree rurali ed è dipendente dalla risicoltura,

impegna il Governo:

          a presentare e a sostenere, presso la Commissione europea, la richiesta di adozione delle clausole di salvaguardia nei confronti dell'importazione a dazio zero di riso cambogiano, ai sensi dell'articolo 22 del regolamento (UE) n.  978/2012, al fine di tutelare il settore risicolo italiano;
          a promuovere, a livello europeo, un approccio più equilibrato nella politica commerciale rivolta ai Paesi meno avanzati, coniugando l'esigenza di tutelare le imprese europee con le giuste aspettative di crescita dei predetti Paesi, e tenendo conto che in tale ottica assumono particolare rilievo, da un lato, l'esigenza di evitare ogni possibile fenomeno di triangolazione dei flussi commerciali e, dall'altro, l'obiettivo di assicurare reali effetti positivi sulle popolazioni rurali dei Paesi meno avanzati, scongiurando il pericolo di nuove forme di marginalizzazione e sottosviluppo;
          a rappresentare nelle sedi competenti dell'Unione europea l'esigenza di evitare nuove aperture ad importazioni agevolate di riso nel contesto del negoziato del Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP);
          ad attuare campagne di promozione per incrementare l'utilizzo del riso italiano in Italia, nell'Unione europea e nei Paesi terzi;
          a promuovere e ad attuare, a livello nazionale, misure che prevedano puntuali obblighi di trasparenza nell'etichettatura del riso commercializzato in Italia, in particolar modo specificando lo stabilimento di confezionamento e, qualora venga utilizzato riso proveniente da Paesi terzi, l'origine del prodotto.
(1-01056) «Catania, Monchiero, Catalano, Capua, Antimo Cesaro, D'Agostino, Dambruoso, Galgano, Librandi, Molea, Oliaro, Palladino, Pinna, Quintarelli, Rabino, Vargiu, Vecchio, Vezzali».


      La Camera,
          premesso che:
              l'Italia è il primo produttore europeo di riso con il 50 per cento del totale dell'Unione europea, la coltivazione è concentrata principalmente nelle regioni Piemonte e Lombardia, nel triangolo Vercelli- Novara-Pavia. Viene inoltre coltivato in provincia di Mantova ed in Emilia-Romagna in particolare nel basso ferrarese, in Veneto nella bassa veronese, in Sardegna nella valle del Tirso e in Calabria nella Piana di Sibari;
              la fase agricola della filiera del risone (riso grezzo) è composta da 4.093 aziende, che rappresentano 220 mila ettari coltivati con una produzione di 1.386.092 di tonnellate raccolte nel 2014 con un valore di 359 milioni di euro. La fase industriale della filiera del riso lavorato è costituita da 95 riserie (industrie di trasformazione) con 850.478 tonnellate prodotte nel 2014, il cui fatturato è stato di 1.100 milioni di euro. L’export del riso italiano nel 2014 è stato di 751 mila tonnellate, il cui valore è stato di 527 milioni di euro con un surplus della bilancia risicola nazionale di 412 milioni di euro;
              la risicoltura italiana è organizzata per distretti agroindustriali e la dimensione media aziendale è molto più elevata rispetto a quella dell'agricoltura italiana (54 ettari contro 8 ettari). Le prime cinque province (Vercelli - 68 mila ettari, Pavia - 77 mila ettari, Novara - 32 mila ettari, Milano - 12 mila ettari, Alessandria - 8 mila ettari) concentrano il 90 per cento delle superfici e il 74 per cento delle riserie;
              in Italia si coltivano oltre 140 varietà di riso. Le varietà principali sono:
                  a) Selenio, Centauro (risi tondi);
                  b) Vialone nano (risi medi);
                  c) Loto, Baldo, Carnaroli, Arborio, Volano, Ariete, Roma, S. Andrea (risi lunghi A);
                  d) Gladio, Sirio (risi lunghi B);
              sono circa 2000 gli ettari destinati alla coltivazione di risi a denominazione protetta (riso DOP di Baraggia Biellese e Vercellese, riso IGP Vialone nano veronese, riso IGP Delta del Po). Le varietà preferite dagli italiani, con un consumo pro capite di 5,5/6 chilogrammi, sono quelle appartenenti al gruppo medio e lungo A che rappresentano il 60 per cento del consumo totale, mentre le varietà preferite dai mercati comunitari sono quelle appartenenti al gruppo lungo B che rappresentano il 45 per cento dell’export totale;
              l’export del riso lavorato è di 638 mila tonnellate con un valore di 449 milioni di euro (dati 2014) e gli sbocchi commerciali del riso italiano nell'Unione europea sono: la Germania (19 per cento), la Francia (17 per cento), il Regno Unito (10 per cento) e la Repubblica Ceca (4 per cento), invece i primi sbocchi commerciali extra Unione europea sono la Turchia (8 per cento), il Libano (2 per cento) e la Svizzera (2 per cento);
              l'andamento dei prezzi ha fortemente condizionato le scelte varietali. Coerentemente al calo dei prezzi negli ultimi mesi e al crescente aumento dell’import dai Paesi meno avanzati (PMA), nel 2015 i risi lunghi B hanno perso 20 mila ettari e i risi lunghi A ne hanno guadagnato più di 21 mila ettari; nel complesso le superfici seminate in Italia ammontano a 227.329 ettari (+3,5 per cento);
              i competitor sui mercati esteri dell'Italia sono: in Germania, i Paesi Bassi, la Cambogia e il Belgio; nel Regno Unito i Paesi Bassi, la Thailandia, gli Stati Uniti e la Spagna; in Francia, la Thailandia, il Belgio, la Cambogia e i Paesi Bassi. Mentre i principali fornitori dell'Unione europea nel 2014 sono stati l'India con un 5 per cento, la Spagna con un 6 per cento, i Paesi Bassi con un 9 per cento, il Belgio con un 10 per cento, la Cambogia con un 10 per cento, la Thailandia con un 11 per cento, l'Italia con un 24 per cento e altri Paesi con un 25 per cento. È opportuno ricordare che la quota di mercato dell'Italia nel 2009 era del 34 per cento e quella della Cambogia dell'uno per cento;
              in data 1o settembre 2009 è stato concesso alla Cambogia la liberalizzazione tariffaria con il sistema di preferenze generalizzate, istituito nel 1971 per aiutare la crescita dei Paesi in via di sviluppo. È lo strumento con il quale l'Unione europea accorda un accesso preferenziale al proprio mercato ad alcuni Paesi mediante la concessione di una tariffa preferenziale dei dazi applicabili all'atto dell'importazione. Il sistema comprende il cosiddetto regime EBA, Everything but arms, che concede l'accesso senza dazi e contingentamenti a tutti i prodotti provenienti dai Paesi meno sviluppati (Least Developed Country – LDC), senza limitazioni quantitative e senza dover pagare alcuna tariffa, eccezion fatta per le armi e le munizioni;
              il regolamento (UE) n.  978/2012, relativo all'applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate, stabilisce che, a partire dal 1o gennaio 2014, in presenza di aumenti delle importazioni di prodotti esenti da dazi e provenienti da Paesi meno sviluppati che possano causare o rischiare di causare gravi difficoltà, i normali dazi della tariffa doganale comune possono essere ripristinati per detto prodotto, in dettaglio la clausola di salvaguardia all'articolo 22 recita che: «(...) qualora un prodotto originario di un paese beneficiario di uno dei regimi preferenziali di cui all'articolo 1, paragrafo 2, sia importato in volumi e/o a prezzi tali da causare o rischiare di causare gravi difficoltà ai produttori dell'Unione di prodotti simili o direttamente concorrenti, i normali dazi della tariffa doganale comune possono essere ripristinati per detto prodotto». Il regolamento specifica che se esistono sufficienti elementi provanti al riguardo, «(...) la Commissione avvia un'inchiesta per determinare se è necessario ristabilire i normali dazi della tariffa doganale comune (...)»; inoltre, il regolamento (UE) n.  1083/2013 consente l'apertura d'ufficio dell'inchiesta da parte della Commissione qualora vi siano «(...) elementi di prova sufficienti a dimostrare che sono soddisfatte le condizioni di istituzione della misura di salvaguardia di cui all'articolo 22, paragrafo 1, del regolamento del sistema delle preferenze generalizzate, SPG»;
              da un dossier della Coldiretti del 2014 emerge che le importazioni agevolate dalla Cambogia e dalla Birmania hanno fatto segnare un aumento del 754 per cento nei primi mesi del 2014 rispetto al 2013 con un grave rischio per la salute dei consumatori con il Sistema rapido di allerta per gli alimenti e i mangimi europeo (RASFF) che ha effettuato una notifica a settimana per riso e prodotti derivati di provenienza asiatica per la presenza di pesticidi non autorizzati e assenza di certificazioni sanitarie. Tale trend delle importazioni ha comportato nel 2014 una riduzione di 15.446 ettari (-21,6 per cento) di riso di varietà indica (riso lungo gruppo B);
              sempre secondo il dossier l'insediamento di multinazionali in Paesi meno avanzati hanno prodotto un'incetta di terreni e il riso viene coltivato senza adeguate tutele del lavoro e con l'utilizzo di prodotti chimici vietati da decenni in Italia e in Europa. Il riso di varietà indica lavorato cambogiano arriva in Italia ad un prezzo riferito al grezzo inferiore ai 200 euro a tonnellata, pari a circa la metà di quanto costa produrlo in Italia nel rispetto delle norme sulla salute, sulla sicurezza alimentare e ambientale, con rischi alti per i consumatori perché la produzione straniera può essere spacciata come nazionale, non essendo obbligatorio indicare in etichetta l'origine (provenienza) nelle confezioni di vendita. Questo atteggiamento si configura a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo come concorrenza sleale nei confronti della filiera risicola italiana e di quelle oltre diecimila famiglie che lavorano all'interno della stessa;
              nel luglio del 2014 il Ministero dello sviluppo economico, unitamente all'Ente nazionale risi, ha predisposto un dossier sull'esportazioni della Cambogia che è stato consegnato alla Commissione europea al fine di applicare la clausola di salvaguardia per le produzioni italiane. Nel dossier si legge che: «(...) le importazioni a dazio zero di riso lavorato dalla Cambogia hanno raggiunto livelli tali da creare gravi turbative di mercato; la produzione di riso greggio indica non è più remunerativa per l'azienda risicola italiana; la produzione di riso greggio indica non può essere sostituita da varietà di tipo japonica; l'abbandono delle superfici a riso causerà gravi danni all'ambiente e alla biodiversità; i consumatori comunitari potranno acquistare riso indica esclusivamente di origine extraeuropea e conseguentemente diminuiscono le garanzie di approvvigionamento del mercato (food security); l'industria di trasformazione italiana non potrà più disporre di riso greggio indica da trasformare; tutto ciò creerà un dissesto economico, finanziario e sociale delle imprese industriali e agricole (...)». Il dossier sostiene anche che: «(...) i prezzi del riso greggio indica non sono stati remunerativi per gli agricoltori per tutta la campagna, scoraggiando il mantenimento della coltura; le scorte invendute sono aumentate; è diminuito il quantitativo lavorato dalle industrie italiane, in particolare di quelle che forniscono riso alla rinfusa alle industrie che confezionano in nord Europa (...)». Il documento prevede che, nell'eventualità in cui proseguano le importazioni di riso cambogiano a dazio zero, già in questa campagna «(...) le superfici seminate a riso indica caleranno del 21 per cento rispetto alla campagna precedente; ci sarà un aumento delle superfici seminate a japonica, premessa della creazione di una eccedenza in questo segmento di mercato e di una conseguente probabile diminuzione di remuneratività anche del riso japonica nella campagna 2014/15; si verificherà una perdurante inadeguatezza dei prezzi del riso greggio indica. Guardando alla primavera del 2015, se l'Europa non porrà rimedio, si avrà l'ulteriore e drastica contrazione delle superfici seminate con inevitabili ripercussioni a livello economico, sociale e ambientale e dall'autunno 2015 riscontreremo una ulteriore minore disponibilità iniziale di riso greggio indica per l'industria; la difficoltà di quest'ultima di stipulare contratti con la grande distribuzione organizzata europea con conseguente riduzione del giro d'affari; la diminuzione del personale occupato nelle industrie risiere e la “crisi dell'indotto economico”, fino al “rischio di chiusura impianti” e al “rischio di fallimenti dell'industria”, a partire da quelle che si sono specializzate nel segmento indica da vendersi in Europa. Il dossier precisa anche che ai prezzi della campagna corrente il rischio di fallimento è reale, in quanto le quotazioni del riso greggio indica sono “stabilmente” al di sotto dei costi di produzione agricoli» e i risicoltori sono disincentivati a seminare riso;
              il Ministero dello sviluppo economico nel dossier presenta quest'analisi di scenario: «(...) l'Unione Europea consuma 2,5 milioni di tonnellate di riso lavorato e non è autosufficiente. Otto Paesi dell'Unione europea sono produttori di riso e soddisfano questo fabbisogno per solo 1,7 milioni di tonnellate. L'Italia è il primo produttore nell'UE con circa 0,9 milioni di tonnellate. Il consumo di riso lavorato nell'Unione Europea è diviso in due grandi segmenti: 1 milione di tonnellate di riso lavorato tondo, medio e lungo A (japonica) e di cui l'UE è autosufficiente; 1,5 milioni di tonnellate di riso lavorato lungo B (Indica). L'Unione Europea soddisfa in parte questa domanda con 700 mila tonnellate di riso lavorato ottenute da 1,1 milioni di tonnellate di riso greggio prodotto dalle aziende agricole europee. Da rilevare che la coltivazione del riso indica in Europa è stata introdotta alla fine degli anni ’80 grazie a specifici aiuti UE per incentivare la coltivazione di questo tipo di riso, gradito dal consumatore europeo, riducendo la dipendenza dal riso d'importazione. In pochi anni la coltivazione di tali varietà in Italia è cresciuta, sia grazie all'apprezzamento dei consumatori e all'allargamento della UE, fino a superare i 70.000 ettari negli ultimi anni. La concorrenza esercitata dal riso lavorato cambogiano riguarda il riso lavorato non parboiled e parboiled ricavato dal riso greggio indica coltivato nell'Unione Europea (...)». Quindi, il dossier prodotto dall'Ente nazionale risi per il Ministero dello sviluppo economico rammenta che «(...) nelle ultime cinque campagne le importazioni di riso lavorato dalla Cambogia nell'Unione europea sono aumentate da 5 mila a 181 mila tonnellate, raggiungendo il 23 per cento di tutto l'import UE, grazie alla completa liberalizzazione tariffaria (...)»; ed ancora: «(...) l'evoluzione delle importazioni a dazio zero dalla Cambogia ha assunto proporzioni che compromettono il corretto funzionamento dell'organizzazione comune di mercato. La concorrenza cambogiana ha di fatto ridotto i prezzi di mercato del riso greggio di tipo indica prodotto nell'Unione Europea al di sotto dei costi di produzione, provocando, di conseguenza, una prima sensibile contrazione delle superfici seminate nel 2014 (circa 22 per cento in meno). Il persistente aumento delle importazioni dalla Cambogia, oltre che dal Myanmar, continua a creare pressione sul mercato UE con conseguente ulteriore riduzione dei prezzi del riso greggio e disincentivo a coltivare questo tipo di riso. Senza l'urgente attivazione delle misure di salvaguardia, le industrie italiane (e quelle dei Paesi produttori dell'UE), non potranno più approvvigionarsi di riso greggio indica e perderanno il mercato del riso lavorato indica, acquisito nell'ultimo decennio grazie a importanti investimenti in corso di ammortamento. Ciò causerà un irreversibile deterioramento dell'equilibrio economico e finanziario del settore industriale al quale sarà impossibile porre rimedio a posteriori, con conseguente crisi occupazionale e serio rischio di fallimenti. Il consumo comunitario tenderà a dipendere sempre più dalle importazioni. Poiché il riso è un prodotto estremamente sensibile per molti Paesi, in particolare dell'estremo Oriente, la sicurezza degli approvvigionamenti di riso per il mercato comunitario sarà a rischio (si vedano le misure protezionistiche adottate in anni recenti dall'India, dall'Egitto e dalla Thailandia). In considerazione della peculiarità della coltura, un drastico calo delle superfici determinerà difficoltà di approvvigionamento e aumento del costo dell'acqua per le aziende agricole che continueranno a coltivare riso japonica; conseguenze ambientali irreversibili nel medio periodo, tra cui lo sconvolgimento della biodiversità; l'abbassamento della falda freatica con conseguenze per l'approvvigionamento idrico anche per uso domestico e industriale (...)»;
              alla quinta World Rice Conference svoltasi a Hong Kong il rappresentante degli esportatori cambogiani ha evidenziato l'intenzione di continuare la rapida espansione delle esportazioni anche nei prossimi anni. A fronte delle 328 mila tonnellate di riso lavorato esportate nella campagna 2012-2013 (di cui 181 mila nell'Unione europea), i rappresentanti cambogiani hanno indicato come obiettivo dei prossimi anni un surplus esportabile di 3,35 milioni di tonnellate di riso greggio, pari a 2,08 milioni di tonnellate di riso lavorato (superiore all'intero consumo dell'Unione europea di 1,5 milioni di tonnellate di riso indica);
              dal giugno del 2013 (con effetto retroattivo dal 2012) il Myanmar ha potuto aderire al regime EBA, Everything But Arms, che gli consente di poter esportare in Europa a dazio zero rappresentando un ulteriore serio pericolo per il mercato del riso e sull'applicazione delle norme in materia sanitaria e sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, non prevedendo, tale regime, alcuna clausola di reciprocità sugli standard fitosanitari;
              il 5 agosto del 2015 è stato firmato un accordo di libero scambio con il Vietnam, che prevede, tra i beni e servizi oggetto dell'accordo, il libero accesso all'importazione a dazio zero per 76 mila tonnellate di riso di varietà indica all'anno;
              la risicoltura italiana rischia di essere fortemente ridimensionata, mettendo in pericolo un vasto territorio e tutta la filiera del comparto, con gravi ripercussioni economiche ed occupazionali, va inoltre riconosciuta la valenza ambientale delle coltivazioni di riso e la loro importanza vitale per il regime delle acque superficiali e sotterranee dell'intera pianura padana. Una risicoltura ridimensionata esplicherebbe i suoi effetti anche sui consorzi irrigui e sul territorio, in quanto i risicoltori non avrebbero più interesse a mantenere quella rete irrigua che, fino ad oggi, ha salvaguardato il territorio dai dissesti idrogeologici e dalle alluvioni che con sempre maggiore frequenza si manifestano in altre zone;
              secondo notizie di stampa si apprende che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, con la collaborazione di Ismea e dell'Ente nazionale risi, avvierà una campagna di promozione del riso italiano con un contributo del solo Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di 130 mila euro;
              a distanza di un anno rispetto al 2014 l'Italia ha perso circa 30 mila ettari di riso indica e da settembre 2014 ad aprile del 2015 l'Unione europea ha già importato quasi 205 mila tonnellate di riso lavorato dai Paesi meno avanzati,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative volte alla tutela del sistema risicolo italiano, riprendendo il dossier sul riso che la Commissione europea ha accantonato, al fine di far attivare in tempi rapidissimi la clausola di salvaguardia prevista dall'articolo 22 del regolamento (UE) n.  978/2012;
          a chiedere in sede comunitaria la sospensione temporanea del regime EBA, Everything but arms, affinché nell'ambito degli scambi commerciali extra Unione europea che attengono a prodotti agroalimentari vengano introdotti criteri e prescrizioni cogenti che tengano conto, quale punto di riferimento, dei disciplinari di produzione del riso vigenti nell'Unione europea, a fronte del fatto che il Sistema rapido di allerta per gli alimenti e i mangimi europeo (RASFF) ha effettuato una notifica a settimana per riso e prodotti derivati di provenienza asiatica per la presenza di pesticidi non autorizzati e assenza di certificazioni sanitarie;
          ad assumere iniziative per investire il Commissario europeo all'agricoltura, Phil Hogan, della grave alterazione dell'organizzazione comune del mercato europeo, in merito alle importazioni a dazio zero provenienti dai Paesi asiatici citati in premessa, stimolando l'avvio di azioni di politica agricola tese a riequilibrare il comparto della risicoltura nell'organizzazione comune del mercato;
          a sostenere in ambito comunitario l'obbligo di etichettatura del riso rispetto alla provenienza della materia prima e non all'indicazione del Paese di origine del prodotto che si identifica con il luogo dove il prodotto ha subito la sua ultima trasformazione sostanziale perché tale indicazione è in via generale facoltativa (regolamento (UE) n.  1169/2011) e non obbligatoria;
          ad assumere iniziative per rimuovere il segreto e a rendere pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall'estero, al fine di far conoscere ai consumatori italiani i nomi delle aziende che usano ingredienti stranieri che, in verità, dopo la trasformazione vengono venduti come prodotti made in Italy;
          ad avviare con maggiori risorse una campagna promozionale che illustri le caratteristiche nutrizionali delle varietà italiane di riso, l'importanza storica, sociale e ambientale del sistema delle risaie e del suo complesso sistema irriguo, l'importanza nel consumare riso e suoi derivati per chi è celiaco;
          a valorizzare il ruolo del marchio collettivo «Riso italiano», registrato dall'Ente nazionale risi, che fornisce al consumatore un'indicazione certa circa l'origine nazionale del riso e dell'inestimabile patrimonio varietale italiano che conta ben 200 varietà di riso iscritte al registro varietale;
          a promuovere l'istituzione di un'unica borsa merci nazionale per il settore risicolo, oltre ad un registro unico dove vengano elencate le caratteristiche merceologiche utilizzate per la classificazione delle nuove varietà.
(1-01057) «Zaccagnini, Franco Bordo, Scotto, Pellegrino, Zaratti, Nicchi».


      La Camera,
          premesso che:
              il mondo della risicoltura attraversa una fase di cambiamento di notevole portata, recenti studi sul comparto del riso, sulle prospettive e sugli sviluppi tanto del mercato interno quanto di quello estero evidenziano una tendenza all'accorpamento della proprietà e all'aumento delle proporzioni delle superfici a disposizione delle singole aziende;
              il comparto del riso, tuttavia, appare per certi versi vulnerabile a causa di un paventato e progressivo venir meno della protezione offerta dalle politiche integrative della Politica agricola comune e per l'aumento progressivo delle importazioni a dazio zero dai paesi che hanno aderito all'accordo EBA, Everything But Arms;
              nel contempo gli scenari internazionali confermano un quadro molto fluido e di grandi trasformazioni, il mercato tende a farsi ancora più globale, livellato e allo stesso tempo aperto. Questo processo reca con sé rischi, difficoltà e importanti opportunità: all'interno di un mercato senza confini, sempre secondo gli analisti, si consolida e si definisce un'area di mercato ampia che chiede qualità;
              l'Italia è il primo produttore nell'Unione europea con oltre il cinquanta per cento della produzione e più di 14 milioni di quintali l'anno. Il primato nazionale nella produzione spetta al Piemonte, con più di 120 mila ettari di risaia e una produzione totale di 8 milioni e 500 mila quintali;
              quanto all’export l'Italia è il sesto tra i principali Paesi esportatori al mondo e per oltre dieci anni la filiera risicola italiana ha rafforzato la propria leadership nell'Unione europea, passando dalla vendita del prodotto primario alle industrie del nord alla consegna del prodotto confezionato direttamente alle catene commerciali;
              dopo anni di recessione, nel 2015, si è invertita la tendenza e le risaie italiane sono tornate a crescere: da settembre 2014 a marzo 2015, in base agli ultimi aggiornamenti dell'Istat, le esportazioni italiane di risi, tra greggi, semilavorati e lavorati, hanno sfiorato le 455.000 tonnellate, facendo segnare una crescita del 9 per cento su base annua. Nell'Unione europea, con 370.000 tonnellate circa, le spedizioni sono però cresciute a un tasso più contenuto del 5,2 per cento, così come, nell'Unione europea dei 28 Paesi, l’export che dall'84 per cento della scorsa campagna è sceso nei primi mesi dell'anno all'81 per cento;
              due fattori tra tutti – l'introduzione in Europa del riso a dazio zero proveniente da Cambogia e Myanmar e la prossima approvazione del Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) – possono mettere in discussione il primato italiano in un settore produttivo simbolo della qualità agroalimentare italiana, per qualità, tipicità e sostenibilità;
              i risicoltori italiani temono anche un'altra minaccia che richiede una maggiore difesa del riso made in Italy: le importazioni dall'estero di prodotto spacciato come italiano, attività di contraffazione rese possibili dalla mancanza di un sistema trasparente di etichettatura che obblighi ad indicare la provenienza del prodotto; il prodotto importato è meno controllato dal punto di vista sanitario e gode pertanto di una notevole facilitazione competitiva sui prezzi rispetto alle produzioni italiane;
              il sistema di preferenze generalizzate – istituito fin dal 1971 per aiutare la crescita dei Paesi in via di sviluppo – è lo strumento con il quale l'Unione europea accorda un accesso preferenziale al proprio mercato ad alcuni Paesi mediante la concessione di una tariffa preferenziale dei dazi, o a dazio zero, applicabili all'atto dell'importazione;
              il riso è uno dei prodotti che stanno maggiormente risentendo degli effetti di questo sistema; in particolare, le importazioni di riso a basso prezzo dai Paesi asiatici stanno schiacciando i produttori nazionali, che devono invece affrontare costi che superano ampiamente i ricavi per alcune varietà di riso;
              inoltre, il Sistema rapido di allerta per gli alimenti e i mangimi europeo (RASFF) – istituito in ambito europeo per la notifica in tempo reale dei rischi diretti o indiretti per la salute pubblica connessi al consumo di alimenti o mangimi – ha registrato nel primo semestre del 2014 quasi una notifica a settimana per riso e prodotti derivati di provenienza asiatica per la presenza di pesticidi non autorizzati o che superano i limiti ammessi di residui e assenza di certificazioni sanitarie;
              il Sistema delle preferenze tariffarie generalizzate prevede in ogni caso meccanismi di sorveglianza e di salvaguardia, che consentono anche di ripristinare i normali dazi della tariffa doganale comune qualora un prodotto originario di un Paese beneficiario di uno dei regimi preferenziali sia importato in volumi o a prezzi tali da causare o rischiare di causare gravi difficoltà ai produttori dell'Unione europea di prodotti simili o direttamente concorrenti. In particolare, nel regime ora vigente, sono considerati anche i prezzi tra i fattori tali da causare o da minacciare di causare serie difficoltà ai produttori comunitari e anche il deterioramento della condizione economica e finanziaria delle imprese dell'Unione europea costituisce causa efficiente per configurare la «seria difficoltà». Ulteriori disposizioni di salvaguardia sono poi specificamente dettate per i prodotti agricoli;
              l'Italia, già nel 2014, ha avviato un'iniziativa a Bruxelles, insieme ad altri Paesi europei, per l'attivazione della clausola di salvaguardia nei confronti dell'importazione di riso greggio cambogiano del tipo indica ed ha inviato un documento tecnico sull'impatto delle importazioni a dazio zero alla Commissione europea;
              rispetto alle nuove sfide del mercato, per quanto riguarda la filiera del riso, prendono forma i primi tentativi di creare rapporti tra gli attori della filiera; il comparto sembra puntare, anche se per ora con molta prudenza, sulla filiera corta e sulla produzione biologica certificata che rappresenta un'opportunità per le aziende di straordinario valore dal punto di vista del mercato e una necessità per ridurre l'impatto ambientale dei processi colturali nell'ambito della cura del territorio;
              alla necessità di conoscere la provenienza della materia prima si aggiunge la richiesta, da parte del consumatore, di una serie di informazioni che determinano l'identità del prodotto e i contenuti di cui il prodotto stesso è portatore; questo processo è ormai avviato e in fase di consolidamento e costituisce uno strumento di fondamentale importanza per l'accesso al target di livello alto e medio-alto che premia l'eccellenza e la qualità, tipiche delle produzioni italiane;
              la visione più suggestiva di quale potrebbe essere il rapporto tra consumatore e distribuzione nei prossimi anni è stata fornita dal Future Food District di EXPO 2015, dove Coop ha aperto un supermercato nel quale i visitatori possono esplorare e conoscere una catena alimentare più etica e trasparente, resa possibile dall'uso delle nuove tecnologie;
              una delle eredità più significative di Expo 2015 è proprio la diffusione, nel mercato globale e in quello interno, della consapevolezza che i temi della sostenibilità ambientale – sia per quanto concerne la salvaguardia dei suoli e della risorsa idrica, sia per quanto concerne la qualità e la salubrità delle produzioni – sono una sfida competitiva globale sulla quale il made in Italy può esercitare un'influenza importante promuovendo ed incoraggiando una nuova cultura di impresa;
              nel comparto del riso sia l'indicazione della varietà, sia, più in generale, la tracciabilità del prodotto sono limitate alla certificazione dell'approvvigionamento del seme e di poche fasi del conferimento del prodotto al trasformatore, generando uno squilibrio tra risaia e risiera, cioè tra produttore e trasformatore;
              la tracciabilità del riso non è riducibile alla sola indicazione del seme e non può essere confinata all'autocertificazione nella maggior parte delle fasi del processo produttivo; occorre quindi incentivare metodi scientifici e tecnologie per dare supporto, coerenza e continuità alla ricerca che si sta facendo in questi settori;
              per quanto riguarda l'indicazione varietale del riso essa è un primo fondamentale passo verso la tutela dell'eccellenza e del made in Italy; tale indicazione deve essere estesa a tutti gli altri attori della filiera, nel processo che porta dal produttore al consumatore finale, garantendo a quest'ultimo l'accessibilità alle notizie riguardanti tutte le fasi del processo di produzione, dal campo alla grande o piccola distribuzione;
              l'Ente nazionale risi ricopre un ruolo di grande valore per quanto riguarda la tutela, la ricerca e il supporto alla filiera; tuttavia, in questa stagione è quanto mai necessario concentrare il massimo degli sforzi su scala europea ed internazionale per comunicare e promuovere la qualità delle produzioni italiane anche in relazione agli alti livelli di tutela ambientale, della salute, del lavoro e dei processi produttivi garantiti dalle produzioni di riso nazionale;
              il Parlamento è già impegnato nella riforma della legislazione vigente sul mercato interno del riso con l'articolo 25 del collegato agricolo (A.C. 3119) che reca una delega al Governo per il sostegno del settore del riso,

impegna il Governo:

          ad intervenire nelle competenti sedi comunitarie a tutela del mercato italiano del riso, in particolare affinché sia attivata la clausola di salvaguardia prevista dal Sistema delle preferenze tariffarie generalizzate in ragione della delicata situazione determinatasi con l'aumento progressivo delle importazioni a dazio zero dai Paesi aderenti all'accordo EBA, Everything But Arms;
          ad intervenire a livello europeo per l'attivazione di adeguate misure di controllo e di garanzia in relazione ai modelli di produzione dei Paesi terzi con particolare riguardo al rispetto dei diritti sociali, alla salvaguardia ambientale ed alla sicurezza e salubrità dei prodotti;
          ad adottare le iniziative necessarie in sede europea per rendere immediatamente applicabile al riso e ai prodotti a base di riso la normativa sull'etichettatura di origine dei prodotti agroalimentari;
          ad assumere iniziative per innovare la normativa nazionale vigente disciplinando sistemi di etichettatura volti ad indicare la varietà del riso e dei prodotti a base di riso e, più in generale, ad identificare tali prodotti attraverso una vera e propria «carta di identità», anche incentivando l'adozione di tecnologie informatiche e telematiche da parte degli operatori;
          ad adottare idonee iniziative normative volte ad introdurre sanzioni accessorie affinché siano resi noti e pubblici i riferimenti degli operatori eventualmente coinvolti in pratiche commerciali ingannevoli, fraudolente o scorrette, finalizzate ad immettere sui mercati finti prodotti made in Italy, nonché i dati dei traffici illeciti accertati;
          ad avviare un programma di comunicazione, su scala europea ed internazionale, sulla qualità del riso italiano valorizzando le peculiarità di sostenibilità ambientale e di salubrità delle produzioni italiane.
(1-01058) «Falcone, Lavagno, Taricco, Fiorio, Ferrari, Oliverio, Sani, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Capozzolo, Carra, Cova, Dal Moro, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Tentori, Terrosi, Venittelli, Zanin».


      La Camera,
          premesso che:
              l'Italia è il principale produttore di riso dell'Unione europea, con oltre il 50 per cento della produzione e delle superfici investite; dei 475 mila ettari che in Europa sono dedicati alla risicoltura, circa 220 mila ettari sono in Italia (dati 2015 Ente nazionale risi, nel 2011 si contavano 247.653 ettari); la filiera italiana produce circa 1 milione e 400 mila tonnellate di riso greggio, raggiungendo anche un massimo di 1 milione e 500 mila tonnellate, dal quale si ottiene 1 milione di tonnellate di riso lavorato e un fatturato, rispettivamente di 500 milioni e 1,55 miliardi di euro;
              le aziende risicole italiane sono 4090, ancora tantissime ma, di sicuro, in forte calo rispetto al 2010, in cui se ne contavano oltre 4700; vi sono 107 aziende di trasformazione e 70 aziende che trasformano solo la propria produzione, per un totale di 10 mila addetti ai lavori;
              l'Italia è l'unico Paese europeo e mondiale che, per la sua lunga tradizione, ha creato e migliorato la varietà originale, in modo da adattarla al territorio e alle tradizioni locali, basti pensare che l'areale risicolo italiano si contraddistingue come il territorio più a Nord (circa 45 gradi di latitudine nord). Le regioni in cui si coltiva la maggior parte del riso italiano sono Piemonte, Lombardia, che rappresentano il 92 per cento del totale delle superfici risicole italiane, e poi Veneto, Emilia-Romagna e alcune zone tipiche della Sardegna, Calabria e Toscana;
              il settore risicolo nazionale sta vivendo una delicata congiuntura economica già da alcuni anni; dal 2010 al 2015 la superficie coltivata a riso si è ridotta di circa 20.000 ettari (-8 per cento) e la superficie investita a riso indica si è dimezzata dal 2013 al 2015, essendo passata da 71.000 a 35.000 ettari;
              la crisi del settore risicolo nazionale è divenuta sempre più urgente e allarmante nel corso degli ultimi anni quando, a seguito dell'iniziativa cosiddetta EBA – «Everything But Arms» l'Unione europea, nel quadro del sistema di preferenze generalizzate adottato con i Paesi in via di sviluppo, ha concesso ad alcuni prodotti provenienti da questi Paesi, specie Vietnam e Cambogia, l'accesso nel mercato interno senza limitazioni quantitative e senza dazio, eccezione fatta per le armi e le munizioni;
              alla data del 30 giugno 2014 le importazioni di riso lavorato dai Paesi meno avanzati (PMA) sono passate da 10.094 tonnellate a 236.687 tonnellate (quantitativo destinato ad aumentare nei mesi di luglio ed agosto) di cui 166.966 tonnellate in piccole confezioni. Degno di nota è il fatto che delle 236 mila tonnellate importate, 200 mila tonnellate circa provengono solamente dalla Cambogia e 27 mila circa dal Myanmar;
              quanto sopra evidenziato ha comportato un aumento, nell'attuale campagna, delle importazioni di riso lavorato anche in Italia pari a 29.144 tonnellate (+43 per cento) rispetto ad un anno fa, dovuto quasi esclusivamente all'incremento delle importazioni di riso lavorato dai Paesi meno avanzati, una riduzione delle consegne del riso lavorato italiano verso il mercato dell'Unione europea di meno 24.827 tonnellate, nonché una riduzione della coltivazione di riso di tipo indica, nel 2014, per oltre 15.000 ettari;
              l'eccesso di offerta provoca un drastico ridimensionamento della risicoltura, specialmente italiana, con un significativo abbassamento dei prezzi di mercato dei risoni di varietà di tipo indica e conseguentemente una contrazione dei redditi dei risicoltori;
              la revisione della normativa di settore è pertanto indispensabile al fine di assicurare la tutela delle varietà tipiche italiane, oltre un centinaio, Carnaroli, Arborio, Roma-Baldo, Ribe, Vialone Nano, Sant'Andrea e Thaibonnet. Ognuna di queste varietà possiede caratteristiche specifiche, legate ai luoghi e alle tecniche con cui avviene la coltivazione, per questo preservare e difendere l'esistenza di tali varietà è importante anche per custodire una lunga tradizione agricola, nonché per riconoscere le caratteristiche legate alla trasformazione ed alla lavorazione in cucina, del prodotto e preservarne le tipicità della tradizione gastronomica che così fortemente caratterizza la coltura e la ricchezza italiana nel mondo;
              la riorganizzazione del mercato del riso dovrebbe, pertanto, andare nella duplice direzione di valorizzare le varietà e le produzioni, anche quelle nuove, e di fornire al consumatore informazioni reali sulle caratteristiche del prodotto che sta acquistando e consumando;
              è fondamentale quindi, a tutela della tipicità, adottare un sistema di etichettatura e tracciabilità efficace, anche attraverso l'indicazione obbligatoria dell'origine, al fine di consentire ai consumatori di poter scegliere, sulla base di una corretta ed esaustiva informazione, le varietà di riso e la sua provenienza;
              è evidente che l'importanza della filiera risicola italiana risiede nella strategicità territoriale e nella necessità di salvaguardare una specializzazione ed una specificità ad una agro-biodiversità di prodotto che contribuisce a mantenere alta l'immagine del made in Italy alimentare, ma anche assicurare la stabilità socio-economica di un complesso territoriale di assoluta rilevanza. Nelle regioni Piemonte e Lombardia la coltura del riso rappresenta il motore trainante dell'economia,

impegna il Governo:

          ad intervenire, presso le competenti sedi comunitarie, per richiedere l'attivazione della clausola di salvaguarda di cui all'articolo 22 del regolamento (UE) n.  978/2012, al fine di evitare che il riso originario di alcuni dei Paesi beneficiari dei regimi preferenziali sia importato in volumi e/o prezzi tali da causare gravi difficoltà ai produttori unionali, anche in considerazione della recente conclusione dell'accordo bilaterale Unione europea- Vietnam che prevede, nel corso dei prossimi tre anni, il completo azzeramento dei dazi in entrata, o in alternativa, a valutare l'opportunità di assumere iniziative per introdurre un dazio proporzionato per l'importazione di un prodotto fondamentale per l'economia agroalimentare italiana come il riso;
          ad attuare campagne di promozione per incrementare l'utilizzo del riso italiano in Italia, nell'Unione europea e nei Paesi terzi;
          a promuovere e attuare, a livello nazionale, misure che prevedano puntuali obblighi di pubblicità e trasparenza nell'etichettatura del riso commercializzato in Italia, in particolar modo specificando lo stabilimento di confezionamento e, qualora venga utilizzato riso proveniente da Paesi terzi, l'origine del prodotto;
          ad assumere iniziative per rendere più trasparente l'informazione sulle nomenclature specifiche delle varietà sulle confezioni di riso vendute in Italia con l'indicazione, oltre delle varietà capofila o delle caratteristiche generali del riso (tondo, medio, lungo A e lungo B), di tutte le specificità e le cultivar dei risi utilizzati per confezionare un determinato prodotto;
          ad assumere iniziative per regolamentare in maniera stringente la miscelazione di più risi all'interno della stessa confezione, sempre con l'obiettivo di fornire la massima trasparenza al consumatore e maggiore qualità ai fini dell'utilizzo;
          a valorizzare il prodotto coltivato in Italia, escludendo qualsiasi forma di miscelazione con risi o risoni importati dall'estero, anche se di tipologia equiparabile;
          ad assumere iniziative per escludere dall'attuale regolamentazione il riso prodotto e lavorato direttamente dagli agricoltori (oppure in delega a laboratori terzi), immesso nel mercato locale tramite una filiera diretta ed una vendita «in sede», attraverso agriturismi (o equiparabili), oppure nei circuiti di vendita associativi, in modo da preservare l'identità e la tipicità della filiera locale tra produttore e prodotto;
          a mettere in atto tutte le azioni necessarie per non disperdere, pur nella chiara ottica di una semplificazione del sistema di etichettatura dei prodotti, mossa da esigenze unionali e di mercato, la particolare tradizione della coltura risicola italiana;
          ad assumere iniziative per prevedere una normativa specifica per il risone (riso greggio) ai fini della valorizzazione e della tutela del coltivatore di riso italiano.
(1-01059) «Parentela, Busto, L'Abbate, Gagnarli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gallinella, Lupo, De Rosa, Mannino».


      La Camera,
          premesso che:
              nonostante l'Italia sia leader europeo del riso, grazie alla sua lunga tradizione, sul mercato italiano entra il 25 per cento di riso importato dai Paesi dell'Unione europea;
              la coltura del riso è particolarmente danneggiata dalla concorrenza del riso lavorato, quasi tutto di tipo indica, proveniente dai Paesi meno avanzati (PMA), in particolare da Cambogia e Myanmar, che entra nell'Unione europea a dazio zero, potendo beneficiare del regime speciale previsto dal regolamento (UE) n.  978/2012 relativo all'applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate;
              il suddetto regolamento stabilisce che, a partire dal 1o gennaio 2014, se si registrano incrementi delle importazioni di un prodotto esente da dazi e proveniente da Paesi meno sviluppati, come potrebbe essere il caso del riso di tipo indica, che comportino gravi difficoltà per i produttori dell'Unione europea di prodotti simili o direttamente concorrenti, i normali dazi della tariffa doganale comune possono essere ripristinati per quel prodotto specifico;
              il nostro Paese, a livello europeo, è il primo produttore di riso con 227.329 ettari (55 per cento del totale comunitario), con oltre 4 mila aziende agricole, 107 industrie di trasformazione e più di 10.000 famiglie impiegate; ciò è dovuto al contributo di Piemonte e Lombardia – concentrate nelle province di Vercelli, Biella, Novara e Pavia – che, da sole, producono il 92 per cento del riso nazionale, seguite poi da Veneto e Emilia Romagna ed alcune zone tipiche della Sardegna, Calabria e Toscana;
              la coltivazione del riso affonda le radici nella storia italiana e si riverbera nelle tradizioni, nelle ricette e nella cultura popolare. In Italia si coltivano oltre 140 varietà di riso e su 227 mila ettari coltivati, circa 2 mila sono destinati alla coltivazione di risi a denominazione protetta, quali riso DOP di Baraggia Biellese e Vercellese, riso IGP Vialone Nano Veronese e riso IGP Delta del Po;
              specie in Piemonte la risicoltura rappresenta l'identità socioeconomica e la tradizione dei territori vercellesi e novaresi. I dati piemontesi del settore sono, infatti, importanti: la superficie coltivata è di 70 mila ettari e sono oltre mille le aziende sul territorio. La produzione complessiva è di oltre 5 milioni di quintali e la produzione lorda vendibile ammonta a 200 milioni di euro;
              indubbiamente le caratteristiche del riso italiano sono qualitativamente superiori ad altre produzioni a livello mondiale. La coltivazione del riso fa parte della storia e del paesaggio italiano ed è un comparto che caratterizza specifici territori della macroregione agricola settentrionale. Difendere la produzione locale significa, quindi, non solo tutelare un comparto produttivo di qualità, ma anche salvaguardare il territorio e proteggere il consumatore;
              nella campagna 2013/2014, l'Unione europea ha importato dai Paesi meno avanzati ben 281.000 tonnellate di riso lavorato, tutte in esenzione dal dazio, il che significa 35 volte il volume importato da tali Paesi (8 mila tonnellate) prima della completa liberalizzazione – avvenuta il 1o settembre 2009 – mentre per la campagna 2014/2015 il dato è aumentato considerevolmente, arrivando a 345.000 tonnellate;
              parallelamente, per effetto della concorrenza esercitata dal riso lavorato importato dai Paesi meno avanzati, la superficie impiegata a riso in Italia si è ridotta di circa 20.000 ettari (-8 per cento) e quella a riso di tipo indica si è ridotta da 71.000 ettari del 2013, ai 55.000 ettari del 2014 e nel 2015 si è attestata a 35.000 ettari, più del 50 per cento in meno rispetto al 2013;
              l’import del riso lavorato dai Paesi meno avanzati determina effetti negativi che si concretizzano in una marcata riduzione delle superfici investite; tant’è che i produttori italiani registrano una forte caduta dei margini reddituali della coltivazione. Per attutire questo impatto negativo, sostituiscono il riso di tipo indica, che, come ribadito più volte, subisce la concorrenza diretta del prodotto importato dai Paesi meno avanzati, con quello di tipo japonica;
              con la riduzione della superficie investita a riso di tipo indica l'industria italiana avrà a disposizione meno prodotto di tipo indica da immettere sui mercati dell'Unione europea, dove l'Italia colloca i 2/3 della propria produzione (di cui la metà è rappresentata proprio da riso di tipo indica). Al contempo, la maggior produzione di riso di tipo japonica saturerà i mercati tradizionali nazionali e dell'Unione europea, a causa della rigidità della domanda. I prezzi, nel breve periodo, subiranno giocoforza una notevole riduzione (domanda/offerta), in particolare quelli praticati al produttore. Ne consegue che la coltivazione si ridurrebbe ulteriormente, determinando una situazione socio-economica ed agro-ambientale di difficile soluzione;
              in tale scenario, diventa oltremodo difficoltoso anche l'identificazione delle disastrose conseguenze idrogeologiche, considerata la complessità e la specificità degli ecosistemi interessata alla coltivazione di riso. È necessario, quindi, e ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo non più rinviabile, attivare tutte le sinergie operative ed amministrative, nonché politiche, al fine di tutelare le produzioni agricole italiane. Non è possibile ridimensionare un comparto, come quello del riso, di grande valenza culturale e, sul piano prettamente economico, strategico per l'intero Paese. È doveroso garantire alla filiera italiana il mantenimento della preferenza comunitaria;
              il riso proveniente dall'estremo Oriente che arriva in Italia viene mischiato con quello locale e imbustato come «Carnaroli» pur non essendo unicamente di tale tipologia;
              il riso – si ricorda – nasce solo dopo la lavorazione che avviene nelle risiere. In questi stabilimenti il risone perde il rivestimento e si trasforma in riso, quindi il riso è il prodotto degli stabilimenti di trasformazione, mentre gli agricoltori producono il risone, la materia prima;
              il risone dipende dalla varietà seminata: se si coltiva Carnaroli, si produce risone Carnaroli; per contro si può ricavare riso Carnaroli raffinando anche risone di varietà Carnise o Carnise precoce, o Karnak o Poseidone;
              secondo la normativa vigente, il riso venduto può essere chiamato con il nome della varietà da cui deriva il risone oppure con uno dei nomi della varietà che appartengono alla stessa categoria agricola;
              ogni anno con un decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali viene stabilito quali siano gli abbinamenti possibili permettendo così a chi produce riso partendo dal risone Karnak di chiamarlo Carnaroli;
              la questione è che il consumatore non è a conoscenza del fatto che quello che sta acquistando è una qualità di riso diversa da quella indicata sulla confezione;
              il riso Carnaroli autentico si trova, così, a dover competere sui mercati con un riso che si chiama anch'esso Carnaroli ma che in realtà deriva da una raffinazione di varietà diverse, spesse volte più facili da coltivare;
              il consumatore deve essere informato in maniera chiara su cosa acquista e sulle materie prime che compongono gli alimenti che consuma;
              il regolamento (UE) n.  1169/2011, entrato in vigore il 12 dicembre 2014, ha fissato nuove disposizioni circa le informazioni contenute nelle etichette dei prodotti alimentari allo scopo di realizzare una base comune per regolamentare le informazioni sugli alimenti e consentire ai consumatori di compiere scelte consapevoli. Tra le informazioni obbligatorie importanti, purtroppo, non viene menzionata l'indicazione dello stabilimento di produzione e di confezionamento della merce. La normativa interna italiana, che invece ne prevedeva l'obbligo, a seguito di questo regolamento, è stata abrogata e quindi ora l'indicazione rimarrà solo facoltativa per il produttore. La non obbligatorietà dell'indicazione dello stabilimento di produzione comporta un grave danno al made in Italy;
              oltre alle indicazioni obbligatorie contenute nel regolamento, circa l'origine e sugli altri elementi obbligatori da inserire in etichetta, gli Stati membri, possono comunque introdurre disposizioni relative ad ulteriori indicazioni obbligatorie con particolare riferimento al Paese d'origine o al luogo di provenienza di alimenti, solo ove esista un nesso comprovato tra talune qualità dell'alimento e la sua origine o provenienza e ciò sia ritenuto rilevante per i consumatori,

impegna il Governo:

          ad intervenire presso le istituzioni dell'Unione europea affinché sia attivata, nel più breve tempo possibile, la clausola di salvaguardia prevista dall'articolo 22 del regolamento (UE) n.  978/2012, a tutela della filiera risicola italiana, con il ripristino dei normali dazi della tariffa doganale comune per le importazioni di riso lavorato proveniente dalla Cambogia e da altri Paesi meno avanzati;
          ad attivarsi con gli appositi strumenti normativi affinché sull'etichetta sia specificata l'origine, in particolare se proveniente da Paese terzo, della materia prima e soprattutto l'indicazione del nome della varietà di riso effettivamente contenuta nella confezione, nonché la sede dello stabilimento di confezionamento, al fine di garantire la tracciabilità del percorso produttivo e commerciale del prodotto, di modo che il consumatore sia a conoscenza di ciò che sta acquistando, fornendogli la massima informazione possibile, e di preservare l'immagine d'eccellenza del made in Italy.
(1-01060) «Simonetti, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


      La Camera,
          premesso che:
              la risicoltura in Italia, secondo i dati Ismea, vanta una filiera agroindustriale ben integrata ed efficiente che coinvolge oltre 4 mila aziende agricole e 95 industrie di trasformazione (riserie) a forte connotazione territoriale, che ricadono, per il 74 per cento delle riserie e per il 90 per cento delle superfici investite, nei primi cinque distretti produttivi (Pavia, Vercelli, Novara, Milano, Alessandria), determinando una contiguità geografica tra la fase agricola ed industriale che non ha eguali nel settore cerealicolo nazionale;
              sul fronte della dimensione media aziendale la risicoltura risulta un caso a sé, con una superficie di 54 ettari per azienda contro gli 8 ettari dell'agricoltura italiana nel suo complesso, che fa dell'Italia, tra l'altro, il primo produttore europeo di riso, con un quantitativo che nel 2014 ha superato le 850 mila tonnellate per un controvalore di 1,1 miliardi di euro;
              l'Italia ospita il 51 per cento della superficie totale coltivata a riso dell'Unione europea, con una superficie assai rilevante che, in buona parte, non può essere convertita ad altre colture;
              in Italia la coltivazione del riso si è sviluppata sia in termini di superficie che di innovazione tecnologica per rispondere alle esigenze dei consumatori europei;
              nell'Unione europea il consumo del riso è stabile nelle ultime campagne e l'Italia colloca su tale mercato circa il 90 per cento della propria produzione, riservando il restante 10 per cento all'esportazione verso i Paesi terzi;
              la risicoltura riveste ed ha sempre rivestito una grande importanza per l'Italia e che sono trascorsi più di 500 anni da quando si è iniziato a coltivare riso nella pianura padana;
              la coltivazione del riso costituisce una realtà sociale e produttiva unica nel panorama agricolo italiano ed europeo, che continua oggi ad essere fonte di occupazione e di lavoro per migliaia di persone;
              la risicoltura risulta, altresì, determinante per l'ambiente, con i suoi canali, le rogge, i fossi e i fontanili, assicurando il mantenimento dell'acqua per un lungo periodo dell'anno ed in una stagione, quella estiva, nella quale essa tende a ridursi in natura, costituendo il naturale rifugio per molte specie avicole destinate, diversamente, a migrare in altri ambienti. La risaia, pertanto, costituisce un importante ecosistema artificiale. La sua grande varietà e ricchezza di forme viventi contribuisce alla salvaguardia della biodiversità;
              il settore risicolo del nostro Paese sta vivendo una fase di crisi che desta particolare allarme per le conseguenze negative che incidono in modo grave sull'occupazione e sulla redditività dei risicoltori, anche a causa di un considerevole aumento delle importazioni di riso nell'Unione europea dai Paesi meno avanzati, con ricadute negative per i produttori italiani e anche per i consumatori per la presenza nel riso importato di principi attivi non autorizzati e per l'assenza di certificazioni sanitarie;
              si rileva un calo delle aree destinate alla produzione di riso in Italia e un incremento delle importazioni di riso di qualità indica proveniente dalla Cambogia, che è passata da 5 mila a 181 mila tonnellate, raggiungendo il 23 per cento di tutto l’import dell'Unione europea grazie alla completa liberalizzazione tariffaria, avvenuta il 1o settembre 2009, a favore dei Paesi beneficiari del sistema di preferenze tariffarie generalizzate di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera c), del regolamento (UE) n.  978/2012;
              è da sottolineare che la coltivazione in Europa del riso indica è stata introdotta alla fine degli anni ’80 grazie a specifici aiuti comunitari per incentivare la coltivazione di questo tipo di riso, gradito dal consumatore europeo, riducendo la dipendenza dal riso d'importazione e in pochi anni la coltivazione di tale varietà in Italia è cresciuta grazie all'apprezzamento dei consumatori e in virtù dell'allargamento dell'Unione europea, fino a superare i 70 mila ettari negli ultimi anni;
              la concorrenza cambogiana ha di fatto ridotto i prezzi del mercato del riso greggio di tipo indica prodotto nell'Unione europea al di sotto dei costi di produzione, provocando, di conseguenza, una prima sensibile contrazione delle superfici seminate nel 2014 (circa il 22 per cento in meno);
              il considerevole aumento delle importazioni dalla Cambogia continua a creare pressione sul mercato dell'Unione europea, con conseguente riduzione dei prezzi del riso greggio;
              senza l'attivazione delle misure di salvaguardia, le industrie italiane e dell'Unione europea non potranno più approvvigionarsi di riso greggio indica e perderanno il mercato del riso lavorato indica, acquisito nell'ultimo decennio grazie ad importanti investimenti in corso di ammortamento, fattore che contribuirà a un irreversibile deterioramento dell'equilibrio economico e finanziario del settore industriale al quale sarà impossibile porre rimedio in futuro con conseguente crisi occupazionale e rischio di fallimenti, che condurrà il consumo comunitario a dipendere sempre di più dalle importazioni;
              la situazione delle importazioni a dazio zero dalla Cambogia è allarmante, atteso che tale Paese ha ancora una grande possibilità di espandere la propria produzione ed aumentare l'eccedenza esportabile;
              alla 5oWorld rice conference, svoltasi ad Hong Kong nel novembre 2013, il rappresentante degli esportatori cambogiani ha manifestato l'intenzione di continuare la rapida espansione delle esportazioni anche nei prossimi anni, atteso che nella campagna 2012-2013 l'Unione europea ha assorbito il 55 per cento del volume totale esportato dalla Cambogia, passando al 64 per cento nella campagna 2013-2014;
              i produttori italiani sono i primi interessati dalla concorrenza del riso cambogiano importato in esenzione dai dazi, poiché garantiscono il 43 per cento di tutta la produzione di riso greggio indica coltivato nell'Unione europea, con un giro d'affari di circa 232 milioni di euro; pertanto, la diminuzione della produzione di riso greggio indica delle aziende agricole italiane provocherà una drastica riduzione della produzione dell'industria italiana, con serie conseguenze di carattere economiche, finanziarie e sociali;
              da fonti di stampa si è appreso che il Governo italiano avrebbe avanzato presso l'Unione europea la richiesta di adozione di misure di salvaguardia nei confronti dell'importazione di riso greggio cambogiano del tipo indica, di cui all'articolo 22 del regolamento (UE) n.  978/2012, per ristabilire i normali dazi della tariffa doganale comune per le importazioni di riso dalla Cambogia: la clausola di salvaguardia, infatti, prevede la possibilità di ripristinare i diritti della tariffa doganale comune per i prodotti la cui importazione provoca o può provocare gravi difficoltà per i produttori europei di prodotti simili o direttamente concorrenti,

impegna il Governo:

          ad attivarsi presso la Commissione europea per dare seguito alla richiesta di adozione delle clausole di salvaguardia nei riguardi dell'importazione a dazio zero di riso cambogiano, nei Paesi dell'Unione europea, in virtù dell'articolo 22 del regolamento (UE) n.  978/2012, al fine di ristabilire i normali dazi della tariffa doganale comune per le importazioni di riso dalla Cambogia;
          a valutare l'opportunità di attivare iniziative dirette ad indicare in etichetta la provenienza del riso e a fare conoscere i nomi delle industrie che utilizzano riso proveniente dai Paesi terzi dell'Unione europea.
(1-01061) «Dorina Bianchi, Binetti, Piccone».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).