XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 26 novembre 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 26 novembre 2015.

      Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Basilio, Bellanova, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Capelli, Casero, Castiglione, Causin, Censore, Centemero, Chaouki, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Cominelli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fava, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Frusone, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grande, Guerra, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Martella, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pes, Picchi, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Piras, Pisicchio, Portas, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sorial, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Valentini, Velo, Vignali, Vignaroli, Villecco Calipari, Zampa, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

      Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Basilio, Bellanova, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Censore, Centemero, Chaouki, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Cominelli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fava, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Frusone, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grande, Guerra, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Martella, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pes, Picchi, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Piras, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sorial, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Valentini, Velo, Vignali, Vignaroli, Villecco Calipari, Zampa, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

      In data 25 novembre 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
          PES: «Dichiarazione di monumento nazionale della Casa Museo Gramsci in Ghilarza» (3450);
          ATTAGUILE e MOLTENI: «Introduzione dell'articolo 24-bis della legge 5 febbraio 1992, n.  104, concernente l'istituzione di sportelli per le persone handicappate presso gli uffici pubblici e privati e gli esercizi commerciali di maggiori dimensioni» (3451);
          MARTELLA ed altri: «Attribuzione della gestione del sistema MOSE al sindaco della città metropolitana di Venezia» (3452);
          ZAMPA ed altri: «Disposizioni per la promozione della lettura, il sostegno delle librerie di qualità, dei traduttori nonché delle piccole e medie imprese editoriali» (3453);
          VALERIA VALENTE: «Delega al Governo per l'istituzione del sistema integrato di accoglienza, protezione sociale e sostegno del minore dal concepimento fino al terzo anno di età» (3454).

      Saranno stampate e distribuite.

Trasmissione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

      La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 19 novembre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8-ter del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n.  76, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con cui è autorizzato, in relazione a un intervento da realizzare tramite contributi assegnati in sede di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale per l'anno 2010, l'utilizzo delle economie di spesa realizzate dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania per lavori di restauro dell'Abbazia della santissima Trinità di Cava de’ Tirreni (Salerno).
      Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

      Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 24 novembre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n.  259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di Equitalia Spa, per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n.  259 del 1958 (Doc. XV, n.  331).

      Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).

      Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 24 novembre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n.  259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di Istituto Luce-Cinecittà Srl, per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n.  259 del 1958 (Doc. XV, n.  332).

      Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Ministro della salute.

      Il Ministro della salute, con lettera del 19 novembre 2015, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno DALL'OSSO ed altri n.  9/2985-A/9, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 7 luglio 2015, concernente iniziative volte ad attuare integralmente gli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, la Convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità e la carta europea dei diritti delle persone con autismo.
      La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali) competente per materia.

Trasmissione dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

      Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera del 23 novembre 2015, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data alla risoluzione conclusiva CICCHITTO ed altri n.  8/00106, approvata dalla III Commissione (Affari esteri) nella seduta del 5 maggio 2015, concernente l'impegno dell'Italia in sede multilaterale a sostegno della Tunisia.
      La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri) competente per materia.

Trasmissione dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

      Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con lettera del 23 novembre 2015, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno NICCHI ed altri n.  9/2985-A/16, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 7 luglio 2015, concernente iniziative volte a favorire la vita indipendente, percorsi di deistituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità, delle persone con disturbi dello spettro autistico.
      La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali) competente per materia.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

      La Commissione europea, in data 25 novembre 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di decisione del Consiglio concernente la conclusione dell'accordo di cooperazione relativo a un sistema globale di navigazione satellitare civile (GNSS) tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra (COM(2015) 582 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla III Commissione (Affari esteri), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Comunicazione di nomina ministeriale.

      La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 25 novembre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165, la comunicazione concernente il conferimento al dottor Paolo Puglisi, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 19, dell'incarico di livello dirigenziale generale di direttore della Direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale, nell'ambito del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze.

      Questa comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla VI Commissione (Finanze).

Richiesta di parere parlamentare su proposta di nomina.

      Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 24 novembre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n.  14, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina del professor Maurizio Ferruccio Del Conte a presidente dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL) (59).

      Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla XI Commissione (Lavoro).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

      Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 26 novembre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 21 della legge 7 agosto 2015, n.  124, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante modifica e abrogazione di disposizioni di legge che prevedono l'adozione di provvedimenti non legislativi di attuazione (249).

      Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla I Commissione (Affari costituzionali) e, per le conseguenze di carattere finanziario, alla V Commissione (Bilancio), nonché, d'intesa con il Presidente del Senato della Repubblica, alla Commissione parlamentare per la semplificazione. Le predette Commissioni dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 26 dicembre 2015.

Atti di controllo e di indirizzo.

      Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

COMUNICAZIONI DEL GOVERNO IN VISTA DELLA XXI CONFERENZA DELLE PARTI (COP 21) DELLA CONVENZIONE QUADRO DELLE NAZIONI UNITE SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI

Risoluzioni

      La Camera,
          premesso che:
              i cambiamenti climatici già in atto, determinati dall'attività umana, in particolare dall'uso dei combustibili fossili, producono impatti drammatici in ogni parte del pianeta e colpiscono direttamente o indirettamente la qualità della vita delle popolazioni e i sistemi economici, oltre che la sopravvivenza di ecosistemi naturali di primaria importanza;
              la comunità scientifica internazionale ha indicato nella soglia dei due gradi in più della temperatura globale media rispetto al periodo precedente alla rivoluzione industriale il limite da non superare, per evitare effetti catastrofici con reazioni a catena non stimabili e controllabili;
              a Parigi dal 30 novembre all'11 dicembre 2015 si terrà la XXI Sessione della Conferenza delle Parti – COP 21 dei Paesi aderenti all'United Nations Framework Convention on Climate Change – UNFCCC. Il principale obiettivo della Conferenza è la definizione di un accordo per un protocollo vincolante a livello globale che sia ambizioso, dinamico e trasparente, per affrontare la sfida posta dai cambiamenti climatici; i temi del negoziato si rivolgono alla riduzione delle emissioni di CO2; all'azione di adattamento; agli obiettivi di indennizzo dei danni subiti a causa del cambiamento climatico; al sistema di monitoraggio, analisi dei dati e valutazione; al trasferimento tecnologico; alla finanza per i Paesi in via di sviluppo; al capacity building;
              l'obiettivo dell'Unione europea – più volte ribadito, da ultimo nelle conclusioni del Consiglio del 18 settembre 2015, con cui è stata definita la posizione negoziale dell'Unione europea – è che la Conferenza di Parigi raggiunga un accordo che:
                  fissi un obiettivo globale di mitigazione a lungo termine (mantenere l'aumento della temperatura entro i 2 gradi). Per ottenere tale risultato, conformemente agli ultimi rapporti dell'IPCC, l'Unione europea sottolinea che le emissioni globali di gas a effetto serra devono stabilizzarsi al più tardi entro il 2020, ridursi entro il 2050 almeno del 50 per cento rispetto al 1990 ed essere inferiori o vicine allo zero entro il 2100;
                  sia giuridicamente vincolante e applicabile a tutte le parti, che copra sia la mitigazione sia l'adattamento ai cambiamenti climatici;
                  includa impegni equi, ambiziosi e quantificabili per tutti i Paesi, applicati in funzione delle diverse situazioni nazionali e dell'evoluzione delle realtà e capacità economiche e che non abbiano effetti di alterazione della concorrenza nei mercati globali e comprenda quindi tutti i Paesi;
                  contenga un meccanismo di monitoraggio dei risultati raggiunti e di revisione quinquennale in base al quale tutte le parti sono tenute a presentare impegni nuovi o aggiornati, che non siano inferiori ai precedenti livelli di impegno, o a ripresentare quelli esistenti;
                  contenga procedure semplificate per il rinnovo e l'adeguamento verso l'alto degli impegni di mitigazione;
              il procedimento con il quale si cerca di arrivare a questo accordo globale è fondato sui contributi (cosiddetti INDC) decisi da ciascun Paese, ovvero gli impegni e le azioni che i Governi nazionali intendono adottare per la riduzione delle emissioni globali di gas serra post-2020, per un accordo che sia fondato su basi che consentano la più ampia partecipazione possibile, superando le limitazioni del Protocollo di Kyoto, che oggi pesa in termini di emissioni solo per il 12 per cento;
              il ricorso a tale modalità di lavoro è, infatti, funzionale al superamento dello stallo che il negoziato sul clima aveva raggiunto negli ultimi tre anni e propone un approccio innovativo in cui non si fissano soglie dall'alto sulle quali cercare l'accordo di tutti, ma in cui ciascun Paese contribuisce all'obiettivo generale di riduzione con impegni chiari e vincolanti;
              tuttavia restano ancora aperte alcune questioni negoziali centrali per l'accordo relative a:
                  l'obiettivo di lungo termine di mantenere la temperatura al di sotto dei 2oC rispetto ai livelli pre-industriali e le modalità operative per indirizzare le politiche economiche verso un modello di sviluppo a basso impatto ambientale;
                  le azioni di mitigazione, ovvero gli interventi di riduzione del danno causato dai cambiamenti climatici, con l'implementazione periodica degli impegni secondo tempistiche di 5 o 10 anni e le norme di trasparenza per calcolare e verificare i risultati effettivamente raggiunti; la vertenza riguardante l'inclusione nei contributi alla lotta ai cambiamenti climatici non solo delle azioni di mitigazione ma anche di quelle di adattamento;
              le cosiddette politiche di climate financing, cioè di finanziamento delle attività sul clima, che mirano a garantire la differenziazione nell'assunzione e nella misura degli impegni, tenendo conto delle diverse realtà ambientali ed economiche e dell'evolversi delle condizioni nei vari Paesi aderenti e che mettano a disposizione dei Paesi in via di sviluppo le risorse necessarie per gli interventi di contrasto e di mitigazione;
              a questo proposito, secondo l'Unione europea, i risultati di Parigi dovrebbero inviare un segnale forte in materia di finanziamento a sostegno dei Paesi poveri e vulnerabili – il cui contributo alle emissioni di gas serra è poco rilevante ma che subiscono le conseguenze spesso disastrose dei cambiamenti climatici – e consentire la transizione verso economie resilienti a basse emissioni di gas a effetto serra;
              l'Unione europea e i suoi Stati membri sono impegnati ad aumentare gradualmente i finanziamenti per il clima, contribuendo all'obiettivo assunto dai Paesi sviluppati di mobilitare congiuntamente, entro il 2020, 100 miliardi all'anno di dollari USA (cosiddetto Fondo verde per il clima), attingendo ad un ampia varietà di fonti pubbliche e private, bilaterali e multilaterali, ad oggi le risorse effettive del Fondo sono pari a 10 miliardi di dollari;
              attualmente i Paesi che hanno inviato il proprio contributo (INDC) sono 160 e rappresentano il 96 per cento circa della produzione mondiale di gas serra; tuttavia gli impegni fino ad ora assunti non arrivano a centrare l'obiettivo che la Conferenza si pone, cioè di contenere al di sotto dei 2 gradi l'aumento di temperatura; tuttavia va rilevato che sulla base dei contributi presentati si arriva ad un aumento della temperatura media globale pari a 2,7 gradi, inferiore alla stima di aumento tra i 3,8-4,5 gradi che si avrebbe in assenza di politiche correttive;
              è assolutamente prioritario che l'Accordo di Parigi crei le basi per assicurare nel tempo ulteriori e crescenti azioni da parte di tutti, in modo da ridurre il divario che esiste tra gli impegni nazionali comunicati dai singoli Paesi e quanto sarebbe effettivamente necessario per evitare ulteriori mutamenti del clima, in primo luogo mediante meccanismi di governance in grado di rinforzare periodicamente gli impegni assunti dai Paesi, di valutarne regolarmente la portata collettiva alla luce dell'obiettivo di rimanere al di sotto dei 2oC e di adattare rapidamente tali obiettivi alle mutate situazioni socio-economiche;
              l'Italia ha già raggiunto l'obiettivo previsto dal Protocollo di Kyoto, che prevedeva l'impegno nazionale di riduzione del 6,5 per cento, nel periodo 2008-2012, mentre per quanto riguarda lo stato di attuazione degli impegni per la riduzione al 2020, ad oggi, le proiezioni emissive confermano che lo «scenario con misure» ci consente di cogliere l'obiettivo europeo di riduzione delle emissioni del 20 per cento;
              l'Unione europea, fermo restando i propri obiettivi del pacchetto 2020, in preparazione della sua partecipazione alla COP 21 di Parigi si è impegnata a ridurre di almeno il 40 per cento le proprie emissioni di CO2 al 2030 ed al raggiungimento di un target vincolante a livello europeo del 27 per cento per la produzione di energia da fonti rinnovabili ed indicativo, sempre del 27 per cento, di efficientamento energetico; impegni assunti sulla base del pacchetto clima-energia 2030 adottato dal Consiglio europeo dei capi di Stato e di Governo nell'ottobre 2014, durante il semestre di presidenza italiana. Tali obiettivi sono stati poi tradotti negli «Intended Nationally Determined Contributions» – INDCs, ovvero gli impegni che gli Stati membri hanno trasmesso al segretariato UNFCCC, lo scorso 6 marzo quale loro contributo ed impegno per il nuovo accordo;
              per favorire il raggiungimento degli obiettivi indicati, il 25 febbraio 2015 la Commissione ha presentato una strategia quadro per l'Unione dell'energia che riunisce in un'unica strategia coerente una serie di settori di intervento, concentrandosi su cinque elementi che si sostengono reciprocamente:
                  la sicurezza energetica, puntando alla diversificazione delle fonti e dei fornitori, allo sviluppo ulteriore delle risorse interne e al miglioramento delle infrastrutture di accesso a nuove fonti di approvvigionamento;
                  il rafforzamento del mercato interno dell'energia per garantire il coordinamento delle capacita a livello regionale, lo stoccaggio e una risposta più flessibile alla domanda, consentendo una partecipazione più attiva dei consumatori al mercato e scambi transfrontalieri di energia più agevoli;
                  l'efficienza energetica, quale vera e propria fonte di energia pulita, promuovendo in particolare interventi per migliorare l'efficienza energetica e la prestazione energetica nell'edilizia e nel sistema produttivo;
                  la decarbonizzazione dell'economia, puntando all'efficiente integrazione nel mercato della produzione di energia da fonti rinnovabili e accelerando la decarbonizzazione del settore dei trasporti, anche attraverso la promozione dell'elettrificazione del settore e di investimenti nella produzione di biocarburanti avanzati;
                  la ricerca, l'innovazione e la competitività, sostenendo in particolare attività di tecnologie energetiche del futuro sicure, pulite ed efficienti;
              il piano d'azione allegato alla strategia quadro illustra le misure specifiche da preparare e attuare nel corso dei prossimi anni. Alcune di esse sono già state presentate dalla Commissione il 15 luglio 2015. Si tratta in particolare:
                  della proposta di riforma del sistema di scambio delle quote di emissione dei gas ad effetto serra, che l'Unione europea ha istituito nel 2003 per affrontare i cambiamenti climatici e indirizzare l'Unione europea verso un'economia a basse emissioni di biossido di carbonio;
                  della revisione della direttiva sull'etichettatura energetica dei prodotti, a vent'anni dalla sua introduzione;
                  di una consultazione sul riassetto del mercato interno dell'energia elettrica;
                  di proposte volte a tutelare i consumatori di energia, favorendo il risparmio di denaro ed energia grazie a una migliore informazione e ad un più ampio margine di scelta in materia di partecipazione ai mercati dell'energia;
                  nella risoluzione finale del Terzo Forum Mondiale sullo sviluppo economico locale organizzato a ottobre a Torino dal UNDP, programma per lo sviluppo dell'ONU, è riportata l'importanza della promozione di partenariati pubblico-privato sempre più forti e innovativi per uno sviluppo economico inclusivo e sostenibile sotto il profilo ambientale. Partenariati che includano «nuovi» attori economici come fondazioni, imprese sociali, attori economici informali, e strumenti quali l'economia sociale e solidaria (ESS), responsabilità sociale d'impresa (RSI);
              nel corso della XIX sessione della Conferenza delle Parti di Varsavia, all'interno del preambolo del testo negoziale, è comparso un riferimento alle «future generations» tra i principi del testo, che è ancora presente nel testo discusso dal 1o all'11 giugno di questo mese nella sessione intermedia dell’Ad Hoc Working Group on the Durban Platform (ADP);
              un sistema climatico stabile è fondamentale per la sicurezza alimentare, la produzione di energia, l'approvvigionamento idrico e i servizi igienico-sanitari, le infrastrutture, il mantenimento della biodiversità e degli ecosistemi terrestri e marini nonché per la pace e la prosperità nel mondo;
              la sfida del cambiamento climatico, oltre a essere centrale sul piano politico, trascina con sé altre sfide innovative, dall'efficienza energetica allo sviluppo delle rinnovabili, ai trasporti più puliti, dallo sviluppo della green economy, alla diversa gestione del territorio e dell'agricoltura, dagli incentivi alla ricerca e all'innovazione agli interventi di ristrutturazione edilizia a fini energetici;
              la battaglia contro il riscaldamento globale è anche essenziale per contenere una delle minacce più consistenti alla sicurezza globale; sono infatti numerosi gli studi che associano a eventi meteorologici estremi il prodursi di condizioni che contribuiscono all'esplodere di conflitti; valga per tutti l'esempio della Siria colpita da una siccità eccezionale che ha portato ad una carestia indicata tra le concause della guerra civile in corso,

impegna il Governo:

          a favorire l'approvazione in occasione della prossima sessione della Conferenza delle Parti dell'UNFCCC di un accordo globale, vincolante nella forma di un protocollo, un altro strumento giuridico o un risultato concordato con forza legale e inclusivo per la riduzione delle emissioni con obiettivi determinati, scadenzati e verificabili, da attuare attraverso adeguate strategie, piani, programmi o politiche nazionali di mitigazione e adattamento;
          a sostenere la piena applicazione del principio delle responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacita, alla luce delle diverse circostanze nazionali, così come concordato alla Conferenza di Lima, in modo da iniziare a superare la tradizionale rigida differenziazione degli impegni tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo, garantendo così una partecipazione più ampia ed efficace agli impegni che verranno presi con l'accordo e più corrispondente alle realtà economiche e ambientali che cambiano;
          a favorire nell'accordo l'indicazione di un obbiettivo di lungo termine che indichi un percorso di decarbonizzazione anche al fine di inviare un chiaro e forte messaggio al settore privato per orientare gli investimenti verso tecnologie a basso contenuto di carbonio e resilienti al cambiamento climatico;
          a promuovere la natura «dinamica» dell'accordo al fine di garantire una revisione ciclica e continua degli impegni in linea con l'obbiettivo di lungo termine;
          a sostenere la definizione di una governance del processo post-Parigi che consenta al sistema delle Nazioni Unite di affrontare con successo la sfida ai cambiamenti climatici e che permetta di allineare gli impegni dei vari Paesi ad un percorso che sia coerente con l'obiettivo del contenimento dell'aumento della temperatura media globale al di sotto dei due gradi;
          a favorire l'affermazione del principio dell'equità intergenerazionale tra i principi fondanti del nuovo accordo globale come segno di visione verso il futuro nell'ottica non solo di preservazione delle risorse ma come segno per garantire uguali possibilità e opportunità alle generazioni future;
          a sostenere, nell'ambito della cooperazione internazionale, progetti di sostegno delle economie dei Paesi in via di sviluppo e a sostegno dei Paesi poveri e vulnerabili al fine di consentire la transizione verso economie resilienti a basse emissioni di gas a effetto serra;
          a proseguire in sede europea l'impegno profuso nel corso del semestre di Presidenza italiana per l'inclusione delle tematiche ambientali e climatiche nel quadro della governance nel processo di revisione della Strategia europea 2020;
          a promuovere all'interno del Consiglio europeo un'azione politica decisa affinché le conclusioni del Vertice G7 di Elmau, che indica l'obiettivo globale di medio periodo di riduzione in un range dal 40 per cento al 70 per cento delle emissioni di CO2 al 2050 rispetto il 2010, siano tradotti in sede europea con un aumento della quota parte di energia prodotta da fonti rinnovabili e ad un incremento dell'efficienza energetica, anche mediante azioni che favoriscano una crescente riduzione delle emissioni nel periodo precedente all'entrata in vigore del nuovo accordo globale, dunque prima del 2020;
          ad approvare quanto prima in Italia la ratifica del Second Commitment Period del Protocollo di Kyoto approvato nella XIX sessione della COP tenutasi a Doha nel 2012, circa gli ulteriori impegni vincolanti in materia di riduzione di gas serra;
          ad avviare una revisione della Strategia energetica nazionale, coerente con gli obiettivi ambiziosi fissati al 2030 in sede europea, attraverso la definizione di un piano clima ed energia nazionale con obiettivi a medio e lungo termine ed in linea con il processo europeo di Unione dell'Energia, in coerenza con gli obiettivi fissati al 2030 e al 2050 e con la finalità di decarbonizzazione a fine secolo ribadita nelle conclusioni del Vertice G7 di Elmau;
          ad attuare la Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, adottata dalla Conferenza Stato-Regioni lo scorso dicembre, mediante l'elaborazione di un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che ne recepisca le indicazioni definendo priorità di intervento, tempi di azione e impegni di spesa utilizzando i fondi comunitari 2014-2020, implementando un sistema di monitoraggio e valutazione dell'efficacia delle azioni intraprese e garantendo il coordinamento e il sostegno allo sviluppo dei piani di adattamento su scala regionale e locale;
          a promuovere e incentivare politiche industriali che puntino ad un uso efficiente delle risorse naturali e dell'energia nei processi produttivi e al recupero di materia, secondo i principi dell'economia circolare contenuti nella direttiva europea di prossima emanazione, al fine di sostenere una riconversione in chiave ecologica dell'economia e rafforzare la competitività del sistema produttivo europeo;
          a favorire interventi a scala locale che realizzino obiettivi di efficienza energetica, diffusione di energie rinnovabili, interventi volti all'adattamento ai cambiamenti climatici e in particolare alla messa in sicurezza del territorio, anche rafforzando l'integrazione urbana-rurale, riconoscendo il ruolo cruciale delle città, favorendo la diffusione e l'attuazione di programmi europei quali il Convenant of Mayors e il Mayors Adapt;
          a monitorare il cambiamento in atto nei vari ambiti nazionali (atmosfera-mare-ecosistemi) a supporto delle azioni e delle politiche condotte e messe in atto dalle istituzioni nazionali, regionali e locali.
(6-00174) «Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Pastorelli, Realacci, Stella Bianchi, Braga».


      La Camera,
          sentite le comunicazioni del Governo in vista della XXI Conferenza delle Parti (COP 21) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si terrà a Parigi dal 30 novembre all'11 dicembre 2015,
          premesso che:
              dall'appuntamento della Conferenza delle parti COP 21 si aspetta l'adozione di un nuovo accordo globale che includa tutti i Paesi della comunità internazionale, ossia sia quelli industrializzati, come Stati Uniti e Unione europea, sia quelli emergenti o in via di sviluppo, come Cina e India, che hanno considerevolmente aumentato le loro emissioni negli ultimi anni, rispetto all'Unione europea;
              questa volta, dalla COP 21 si attende un'adesione vincolante anche da parte di Stati che in passato si sono dimostrati negativi agli accordi internazionali, con l'obbiettivo di contenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2 gradi rispetto ai livelli precedenti alla rivoluzione industriale;
              infatti, lo sforzo dell'Unione europea, che ha ottenuto risultati positivi verso una diminuzione delle proprie emissioni gas serra del 19 per cento tra il 1990 e il 2013 con il pacchetto clima-energia 20-20-20 (riduzione delle emissioni di gas serra del 20 per cento, innalzamento al 20 per cento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e innalzamento al 20 per cento del risparmio energetico entro il 2020), avrà scarsi effetti complessivi sul clima globale se non sarà seguito dagli sforzi dei Paesi maggiormente responsabili degli incrementi dei volumi di emissione di gas serra, come gli Stati Uniti e i Paesi emergenti Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica;
              secondo l'allarme lanciato dalle conclusioni del gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc), se non si interviene in fretta, i mutamenti del clima produrranno effetti gravi, estesi e irreversibili sulla popolazione e sugli ecosistemi del mondo intero, colpendo direttamente o indirettamente quasi tutti i settori del sistema economico mondiale, modificando le condizioni di vita in moltissime aree, comportando la scarsità di risorse naturali e la modifica della resa e della qualità di numerosi prodotti alimentari, provocando lo scioglimento dei ghiacciai e l'aumento del livello del mare e aumentando la frequenza e l'intensità di fenomeni estremi (come tifoni, alluvioni, tornado, ma anche siccità); la regione del Mediterraneo si presenta particolarmente vulnerabile a tali eventi in quanto maggiormente esposta al rischio di aumento delle ondate di calore, alla diminuzione dell'estensione delle aree boschive e coltivabili, al rischio di desertificazione, all'innalzamento del livello del mare e all'intrusione salina, si tratta di impatti che sono imputabili sia a cause naturali, più volte verificatisi in passato nella storia del pianeta, sia all'azione dell'uomo, che l'umanità deve affrontare con politiche finalizzate da una parte alla riduzione delle emissioni di gas serra (politiche di mitigazione) e, dall'altra, alla minimizzazione degli impatti derivanti dai mutamenti del clima (politiche di adattamento);
              il contrasto ai cambiamenti climatici deve comunque tenere conto della sostenibilità degli obiettivi dal punto di vista economico-finanziario e con riferimento all'impatto sui sistemi produttivi; tale necessità appare tanto più evidente in considerazione degli scenari macroeconomici internazionali e della contrazione dei margini di redditività delle imprese europee, già chiamate a far fronte alla sempre più stringente concorrenza di imprese di altre aree geografiche, meno impegnate, fino ad ora, nel perseguimento degli obiettivi della lotta ai cambiamenti climatici;
              occorre adottare strategie che stabiliscano parità di condizioni concorrenziali per le imprese a livello internazionale ma anche di flessibilità, che evitino la perdita di competitività per le imprese europee, con il rischio di indurre le imprese stesse alla delocalizzazione con conseguente riduzione dell'occupazione. Tali considerazioni valgono, in particolare, per alcuni paesi, tra cui l'Italia, alla luce delle particolari caratteristiche del sistema produttivo, per la prevalenza di imprese di piccola e media dimensione, ovvero per l'incidenza nella specializzazione produttiva di comparti quali quello della siderurgia, del vetro, della ceramica o della carta;
              la tutela dell'ambiente è strettamente legata al rilancio dello sviluppo, che punta alla modernizzazione ecologica dell'economia creando crescita economica e occupazione; investimenti in innovazione tecnologica e in tecnologie pulite, in particolare nel settore delle costruzioni e automobilistico, e politiche di efficienza energetica e di mobilità sostenibile possono rappresentare notevoli opportunità di sviluppo per il mondo delle imprese, anche in considerazione che nel solo comparto delle energie rinnovabili le imprese dell'Unione europea sviluppano un fatturato di 129 miliardi di euro e producono lavoro per più di un milione di addetti,

impegna il Governo:

          a promuovere nell'ambito della prossima Conferenza di Parigi (COP 21) tra i Paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, un accordo globale vincolante per la riduzione delle emissioni con obiettivi realistici che dovranno essere rispettati da tutti i Paesi aderenti;
          a far valere fino in fondo i legittimi interessi nazionali nel negoziato sulla definizione delle misure di lotta ai mutamenti climatici, esigendo che vengano valorizzate in pieno le esperienze industriali e tecnologiche italiane di eccellenza e di qualità e chiedendo, soprattutto nell'interesse delle industrie italiane chiamate ad un impegno d investimento consistente, un'adeguata possibilità di ricorso a meccanismi flessibili, nonché a misure calibrate sulle esigenze delle piccole imprese e sul rapporto costi/benefici;
          a promuovere la libertà dei singoli Paesi nel determinare il proprio specifico mix fra efficientamento energetico e ricorso alle energie rinnovabili, ai fini del raggiungimento degli obiettivi fissati dalla COP 21 di Parigi, in considerazione delle grandi differenze esistenti anche all'interno dei Paesi dell'Unione europea sia nel mix energetico sia nel clima, sia nella struttura produttiva e nelle tecnologie edilizie;
          a promuovere investimenti per sostenere politiche innovative in favore dello sviluppo dei trasporti puliti a basse emissioni e a bassi consumi, perseguendo gli obiettivi di decarbonizzazione nel settore dei trasporti, incentivando l'uso di tecnologie innovative all'idrogeno, di biocarburanti di seconda e terza generazione e la diffusione di veicoli elettrici e ibridi;
          a promuovere gli obiettivi di decarbonizzazione nel settore agricolo, puntando a garantire un'alimentazione sostenibile e favorendo la diffusione nel mercato europeo e mondiale dei prodotti di qualità di eccellenza italiana.
(6-00175) «Grimoldi, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


      La Camera,
          sentite le comunicazioni del Governo in vista della XXI Conferenza delle Parti (COP 21) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si terrà a Parigi dal 30 novembre all'11 dicembre 2015,
          premesso che:
              dall'appuntamento della Conferenza delle parti COP 21 si aspetta l'adozione di un nuovo accordo globale che includa tutti i Paesi della comunità internazionale, ossia sia quelli industrializzati, come Stati Uniti e Unione europea, sia quelli emergenti o in via di sviluppo, come Cina e India, che hanno considerevolmente aumentato le loro emissioni negli ultimi anni, rispetto all'Unione europea;
              questa volta, dalla COP 21 si attende un'adesione vincolante anche da parte di Stati che in passato si sono dimostrati negativi agli accordi internazionali, con l'obbiettivo di contenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2 gradi rispetto ai livelli precedenti alla rivoluzione industriale;
              infatti, lo sforzo dell'Unione europea, che ha ottenuto risultati positivi verso una diminuzione delle proprie emissioni gas serra del 19 per cento tra il 1990 e il 2013 con il pacchetto clima-energia 20-20-20 (riduzione delle emissioni di gas serra del 20 per cento, innalzamento al 20 per cento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e innalzamento al 20 per cento del risparmio energetico entro il 2020), avrà scarsi effetti complessivi sul clima globale se non sarà seguito dagli sforzi dei Paesi maggiormente responsabili degli incrementi dei volumi di emissione di gas serra, come gli Stati Uniti e i Paesi emergenti Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica;
              secondo l'allarme lanciato dalle conclusioni del gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc), se non si interviene in fretta, i mutamenti del clima produrranno effetti gravi, estesi e irreversibili sulla popolazione e sugli ecosistemi del mondo intero, colpendo direttamente o indirettamente quasi tutti i settori del sistema economico mondiale, modificando le condizioni di vita in moltissime aree, comportando la scarsità di risorse naturali e la modifica della resa e della qualità di numerosi prodotti alimentari, provocando lo scioglimento dei ghiacciai e l'aumento del livello del mare e aumentando la frequenza e l'intensità di fenomeni estremi (come tifoni, alluvioni, tornado, ma anche siccità); la regione del Mediterraneo si presenta particolarmente vulnerabile a tali eventi in quanto maggiormente esposta al rischio di aumento delle ondate di calore, alla diminuzione dell'estensione delle aree boschive e coltivabili, al rischio di desertificazione, all'innalzamento del livello del mare e all'intrusione salina, si tratta di impatti che sono imputabili sia a cause naturali, più volte verificatisi in passato nella storia del pianeta, sia all'azione dell'uomo, che l'umanità deve affrontare con politiche finalizzate da una parte alla riduzione delle emissioni di gas serra (politiche di mitigazione) e, dall'altra, alla minimizzazione degli impatti derivanti dai mutamenti del clima (politiche di adattamento);
              il contrasto ai cambiamenti climatici deve comunque tenere conto della sostenibilità degli obiettivi dal punto di vista economico-finanziario e con riferimento all'impatto sui sistemi produttivi; tale necessità appare tanto più evidente in considerazione degli scenari macroeconomici internazionali e della contrazione dei margini di redditività delle imprese europee, già chiamate a far fronte alla sempre più stringente concorrenza di imprese di altre aree geografiche, meno impegnate, fino ad ora, nel perseguimento degli obiettivi della lotta ai cambiamenti climatici;
              occorre adottare strategie che stabiliscano parità di condizioni concorrenziali per le imprese a livello internazionale ma anche di flessibilità, che evitino la perdita di competitività per le imprese europee, con il rischio di indurre le imprese stesse alla delocalizzazione con conseguente riduzione dell'occupazione. Tali considerazioni valgono, in particolare, per alcuni paesi, tra cui l'Italia, alla luce delle particolari caratteristiche del sistema produttivo, per la prevalenza di imprese di piccola e media dimensione, ovvero per l'incidenza nella specializzazione produttiva di comparti quali quello della siderurgia, del vetro, della ceramica o della carta;
              la tutela dell'ambiente è strettamente legata al rilancio dello sviluppo, che punta alla modernizzazione ecologica dell'economia creando crescita economica e occupazione; investimenti in innovazione tecnologica e in tecnologie pulite, in particolare nel settore delle costruzioni e automobilistico, e politiche di efficienza energetica e di mobilità sostenibile possono rappresentare notevoli opportunità di sviluppo per il mondo delle imprese, anche in considerazione che nel solo comparto delle energie rinnovabili le imprese dell'Unione europea sviluppano un fatturato di 129 miliardi di euro e producono lavoro per più di un milione di addetti,

impegna il Governo:

          a promuovere nell'ambito della Conferenza di Parigi (COP 21) tra i Paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, un accordo vincolante, un protocollo, un altro strumento giuridico o un risultato concordato con forza legale, per la riduzione delle emissioni con obiettivi realistici che dovranno essere rispettati da tutti i Paesi aderenti;
          a far valere fino in fondo i legittimi interessi nazionali nel negoziato sulla definizione delle misure di lotta ai mutamenti climatici, esigendo che vengano valorizzate in pieno le esperienze industriali e tecnologiche italiane di eccellenza e di qualità e chiedendo, soprattutto nell'interesse delle industrie italiane chiamate ad un impegno d investimento consistente, un'adeguata possibilità di ricorso a meccanismi flessibili, nonché a misure calibrate sulle esigenze delle piccole imprese e sul rapporto costi/benefici;
          a promuovere la libertà dei singoli Paesi nel determinare il proprio specifico mix fra efficientamento energetico e ricorso alle energie rinnovabili, ai fini del raggiungimento degli obiettivi fissati dalla COP 21 di Parigi, in considerazione delle grandi differenze esistenti anche all'interno dei Paesi dell'Unione europea sia nel mix energetico sia nel clima, sia nella struttura produttiva e nelle tecnologie edilizie;
          a promuovere investimenti per sostenere politiche innovative in favore dello sviluppo dei trasporti puliti a basse emissioni e a bassi consumi, perseguendo gli obiettivi di decarbonizzazione nel settore dei trasporti, incentivando l'uso di tecnologie innovative all'idrogeno, di biocarburanti di seconda e terza generazione e la diffusione di veicoli elettrici e ibridi;
          a promuovere gli obiettivi di decarbonizzazione nel settore agricolo, puntando a garantire un'alimentazione sostenibile e favorendo la diffusione nel mercato europeo e mondiale dei prodotti di qualità di eccellenza italiana.
(6-00175)
(Testo modificato nel corso della seduta)  «Grimoldi, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


      La Camera,
          premesso che:
              dal 30 novembre all'11 dicembre 2015, si terrà a Parigi la XXI Conferenza delle Parti (COP 21) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), durante la quale dovranno essere fissati gli impegni vincolanti in termini di riduzione delle emissioni e di politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, nonché dei sistemi di monitoraggio e valutazione delle emissioni e degli impegni finanziari per il mantenimento del riscaldamento globale entro i 2oC al di sopra della temperatura media pre-industriale;
              il Joint Research Center della Commissione europea, unitamente a quanto sostenuto dalla Segretaria Generale dell'UNFCCC, attraverso uno studio pubblicato a ottobre 2015, evidenzia che gli INDC presentati dalle Parti e considerati globalmente, anche qualora fossero rispettati, non raggiungerebbero l'obiettivo prefissato del contenimento del riscaldamento globale entro la soglia dei 2oC ma comporterebbero un aumento della temperatura compreso tra i 2,7oC e i 3oC;
              l'obiettivo di 2oC di riscaldamento globale rappresenta un limite rischioso e pericoloso che non eviterà le conseguenze disastrose del cambiamento climatico. L'incremento di 2oC rappresenta più appropriatamente la soglia tra cambiamento climatico «pericoloso» ed «estremamente pericoloso» (Anderson & Bows, 2011);
              un aumento di 2oC può indurre a reazioni chimiche nelle acque oceaniche portando alla mobilitazione del metano ora immobilizzato negli idrati, la fusione delle calotte polari e artiche, il rilascio di metano e terrestre dalla fusione del permafrost dell'Artico;
              a fine 2014 è stato pubblicato il quinto rapporto IPCC di valutazione sui cambiamenti climatici, secondo cui i mutamenti del clima produrranno effetti gravi, estesi e irreversibili sulla popolazione e sugli ecosistemi del mondo intero. Per evitare che la temperatura media del pianeta aumenti di oltre 2oC rispetto ai livelli pre-industriali, tutti i paesi dovranno ridurre in maniera consistente e costante le emissioni di gas a effetto serra;
              per PIPCC, solo una diminuzione drastica delle emissioni di gas serra, stimata nella riduzione del 40-70 per cento entro il 2050 e in un azzeramento entro il 2100, potrebbe avere il 50 per cento di possibilità di stabilizzare l'aumento di temperatura media terrestre al di sotto dei 2oC;
              ogni ulteriore ritardo nel correggere la traiettoria emissiva attuale comporterebbe costi economici e ambientali crescenti, come evidenziato anche dallo studio «The Emissions Gap Report 2013» dell'UNEP (United Nations Environment Program);
              l’Adaptation Gap Report 2014 elaborato dall'UNEP evidenzia gli enormi costi derivanti dall'inazione e giunge alla conclusione che i costi di adattamento ai cambiamenti climatici nei paesi in via di sviluppo saranno probabilmente il doppio o il triplo della cifra precedentemente stimata di 70-100 miliardi di dollari USA l'anno di qui al 2050, il che determinerà un divario significativo per quanto attiene ai finanziamenti destinati all'adattamento dopo il 2020, se a tale fine non saranno resi disponibili nuovi finanziamenti aggiuntivi;
              la Comunicazione della Commissione europea «Roadmap for moving to a low-carbon economy in 2050» afferma che la transizione verso un modello di sviluppo a basse emissioni non solo può essere effettuata senza compromettere la crescita e l'occupazione, ma può decisamente offrire a tutti i paesi, europei e del resto del mondo, l'opportunità di ridare slancio all'economia, generando un concomitante miglioramento del benessere pubblico;
              l'Unione europea si è impegnata a raggiungere nuovi e più ambiziosi obiettivi al 2020 («Pacchetto clima-energia»: riduzione del 20 per cento delle emissioni nel 2020 rispetto al 1990), al 2030 («2030 climate and energy goals for a competitive, secure and low-carbon EU economy»: riduzione del 40 per cento delle emissioni nel 2030 rispetto al 1990) e al 2050 («Roadmap for moving to a low-carbon economy in 2050»: riduzione del 80-95 per cento delle emissioni nel 2050 rispetto al 1990);
              il 25 febbraio 2015 la Commissione europea ha emanato la comunicazione «Pacchetto Unione dell'energia» nella quale si delinea la «Strategia quadro per un'Unione dell'energia resiliente, corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici» [COM(2015)80 final];
              il 25 febbraio 2015 la Commissione europea ha emanato la comunicazione «Il Protocollo di Parigi – Piano per la lotta ai cambiamenti climatici mondiali dopo il 2020» contenente le raccomandazioni strategiche da seguire durante i negoziati di Parigi [COM(2015)81 final];
              l'Unione europea ha approvato e inviato il 6 marzo 2015 al segretariato UNFCCC i suoi «contributi programmati e definiti a livello nazionale» (INDCs) che prevedono un impegno a ridurre le emissioni europee nel 2030 di almeno il 40 per cento rispetto al 1990;
              il protocollo di Montreal è un trattato internazionale volto a ridurre la produzione e l'uso di quelle sostanze che minacciano lo strato di ozono, firmato il 16 settembre 1987, entrato in vigore il 1o gennaio 1989;
              i composti di fluoro oggetto del Protocollo di Montreal rappresentano l'equivalente del 18 per cento dell'effetto serra totale generato dall'anidride carbonica;
              in occasione del Climate Summit tenutosi lo scorso 23 settembre a New York, è stata firmata la «Dichiarazione di New York sulle Foreste», sottoscritta da 150 attori tra cui governi, aziende, comunità indigene e ONG, che prevede di ridurre il tasso di perdita delle foreste entro il 2020, portandolo a zero entro il 2030. La Dichiarazione impegna inoltre a ripristinare 150 milioni di ettari di territori degradati e terreni boschivi entro il 2020, ai quali se ne aggiungeranno altri 200 entro il 2030;
              la Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD), firmata a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992, persegue tre obiettivi principali: la conservazione della diversità biologica, l'uso sostenibile dei componenti della diversità biologica e la giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dall'utilizzo delle risorse genetiche;
              la UNCCD (United Nations Convention to Combat Desertification) è entrata in vigore nel 1997. La Convenzione detta le linee guida per l'identificazione e la messa in opera di programmi d'azione nazionali, sub-regionali e regionali in materia di lotta alla desertificazione. L'Italia è tra i più importanti contributori;
              il Governo italiano ha promosso la definizione della Carta di Milano in occasione dell'EXP02015: un documento partecipato e condiviso che richiama ogni cittadino, associazione, impresa o istituzione ad elaborare modelli economici e produttivi legati all'alimentazione che possano garantire uno sviluppo sostenibile in ambito economico e sociale;
              il quinto rapporto dell'IPCC sulla valutazione dei cambiamenti climatici individua, a livello europeo, la regione mediterranea/sud-europea come la più vulnerabile al rischio degli effetti negativi dei cambiamenti climatici. Molteplici settori verranno impattati – quali turismo, agricoltura, attività forestali, infrastrutture, energia e salute della popolazione – a causa del forte impatto del cambiamento climatico (aumento di temperatura e riduzione di precipitazioni) sui servizi ecosistemici;
              una prima conferma alla maggiore vulnerabilità climatica della nostra nazione è stata certificata dal CNR nel rapporto del 2014. A fronte di un incremento di temperatura media terrestre pari a 0,57oC (fonte NOAA), per l'Italia l'incremento medio è stato di ~1,5oC, quindi quasi tre volte l'aumento medio globale, con punte di ~+2oC al Nord e ~+1,3oC al Sud;
              secondo il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici IPCC nei prossimi 30 anni l'agricoltura subirà un calo di resa del 50 per cento, nelle coltivazioni di riso, grano e mais, i rendimenti sono destinati a ridursi del 10 per cento per ogni grado di aumento sopra i 30 gradi; l'incremento della frequenza di ondate di calore, avrà inoltre effetti molto gravi soprattutto sulla produzione di latte bovino, determinerà un aumento dei consumi irrigui delle colture e un aumento degli attacchi parassitari;
              la penetrazione del cuneo salino causato dall'innalzamento del livello marino determinerebbe una desertificazione indotta a causa dell'aumento di salinità delle falde, cosa che comprometterebbe sia l'agricoltura che la stessa vegetazione spontanea in una larga fetta delle coste italiane, con particolare rilievo per la pianura padana orientale;
              l'agricoltura industriale incide negativamente sul cambiamento climatico, facendo uso di sistemi meccanizzati ad alta intensità energetica e a combustibili fossili e, a sua volta, ne è influenzata, visto che le monocolture geneticamente omogenee, su cui si basa, non sono resilienti; diversamente, i sistemi di gestione agroecologici – varietà di tecniche agricole, come agricoltura biologica, sinergica, sostenibile o permacultura –, basandosi sul rispetto della biodiversità, sull'efficienza dei processi biologici e sulla diversificazione dei sistemi di produzione, rappresentano un modello alternativo sostenibile, socialmente equo, resiliente ai cambiamenti climatici; con riferimento alla risorsa acqua, gli effetti più evidenti del surriscaldamento globale consistono in una progressiva riduzione delle precipitazioni accompagnata da una marcata accentuazione degli eventi estremi di breve durata con conseguente alternanza di piogge alluvionali e prolungate siccità e con tutto ciò che questo comporta per il dissesto idrogeologico e la carenza di acqua rispetto al fabbisogno;
              a causa dei frequenti quanto repentini cambiamenti delle condizioni climatiche si assiste a un progressivo intensificarsi dei fenomeni di dissesto e instabilità dei versanti (su 712.000 frane censite in Europa nel 2012, 486.000 ricadono nel territorio italiano e di cui oltre l'80 per cento è localizzato nei territori montani), con gravi problemi di sicurezza, incolumità pubblica e di tutela e mantenimento degli equilibri ecologici;
              secondo recenti studi delle Nazioni Unite i cambiamenti climatici possono intensificare o generare conflitti per risorse quali cibo, acqua, terre da pascolo, e potrebbero divenire, in un futuro non troppo remoto, la causa principale degli spostamenti di popolazione, sia all'interno che all'esterno dei confini nazionali;
              il dramma dei rifugiati climatici è sempre più preoccupante, determinato dalla stretta relazione tra degrado ambientale, mutamenti climatici e contesto socio-economico. Per il Rapporto dell'Internal Displacement Monitoring Centre pubblicato nel 2013, di oltre 32 milioni di persone costrette alla mobilità per effetto di disastri naturali, il 98 per cento sono profughi climatici provenienti da paesi poveri;
              nel 2060, il Programma delle Nazioni Unite sull'ambiente (UNEP) prevede che solo in Africa ci saranno circa 50 milioni di profughi climatici e che gli sviluppi connessi al clima in alcune aree dell'Africa potrebbero contribuire a un inasprimento della crisi dei profughi nel Mediterraneo;
              il Prodotto Interno Lordo (PIL) ha dimostrato la propria inadeguatezza come indicatore omnicomprensivo dello sviluppo umano, poiché incapace di discriminare tra attività proficue e dannose e di prendere in considerazione molti costi ambientali e sociali;
              indicatori come lo Human Development Index (UN) e il BES (ISTAT) integrano nelle proprie matrici di calcolo fattori ambientali e sociali non considerati dal prodotto interno lordo,

impegna il Governo:

          a guidare il processo di ratifica di un accordo internazionale sul clima ambizioso, vincolante, duraturo ed equo, finalizzato:
              1) nel breve periodo a mantenere la temperatura media globale entro il limite di 1.5oC, con una rapida e costante riduzione delle emissioni climalteranti verso il raggiungimento di una totale decarbonizzazione al 2050;
              2) nel medio e lungo periodo: ad implementare strategie volte a riportare il livello di CO2 atmosferico al livello preindustriale, al fine di azzerare ogni tipo di forzante antropica sul clima planetario;
          a promuovere un programma di lavoro a partire dal 2016 per definire misure di riduzione aggiuntive qualora si registrasse un divario tra il livello di ambizione dell'effetto aggregato degli INDC presentati prima di Parigi e il livello di riduzione dei gas a effetto serra necessario per contenere l'aumento delle temperature entro 1,5oC rispetto ai livelli pre-industriali;
          a sostenere una revisione completa ogni cinque anni per garantire il dinamismo del meccanismo attuato e accrescere il livello di ambizione degli impegni di riduzione in funzione dei dati scientifici più recenti;
          a invitare le parti a sostenere periodi di impegno quinquennali quale soluzione più appropriata per evitare di rimanere bloccati a un livello di ambizione ridotto, aumentare la responsabilità politica e consentire una revisione degli obiettivi per conformarli alle raccomandazioni scientifiche o a eventuali nuovi progressi in campo tecnico che possano consentire un maggior livello di ambizione;
          a chiedere alle parti di convenire, in occasione della COP 21 di Parigi, di rivedere gli attuali INDC prima del 2020 al fine di allinearli alle più recenti valutazioni scientifiche e a un bilancio globale del carbonio sicuro in linea con l'obiettivo dei 2oC;
          a sostenere la necessità che l'accordo del 2015 preveda un regime di conformità efficace applicabile a tutte le parti;
          a porre l'accento sull'esigenza che tale accordo promuova la trasparenza e la responsabilità mediante un regime comune basato sulle regole, tra cui norme di contabilizzazione e disposizioni in materia di monitoraggio, notifica e verifica;
          a sostenere un accordo che copra in modo esaustivo i settori e le emissioni e che fissi obiettivi assoluti per tutti i settori dell'economia, unitamente a bilanci di emissione che dovrebbero garantire il massimo livello possibile di ambizione;
          a sostenere un accordo che definisca un quadro globale per la contabilizzazione delle emissioni e degli assorbimenti risultanti dall'utilizzazione del suolo (attività LLUCF);
          a dare crescente supporto ai paesi in via di sviluppo, attraverso l'attivazione di specifici programmi di cooperazione internazionale finalizzati al trasferimento tecnologico e di conoscenze, affinché vengano poste le basi per la creazione di modelli di sviluppo sostenibile liberi dalla dipendenza delle fonti fossili;
          ad avviare appropriate e immediate iniziative di rimozione degli incentivi e dei sussidi diretti e indiretti all'uso di combustibili fossili, spostando gli investimenti sulla ricerca e sullo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile, sul risparmio energetico nonché sull'efficiente produzione e uso dell'energia, rivedendo a tal fine la strategia energetica nazionale, e definendo conseguentemente un piano nazionale energetico ispirato alle visioni strategiche espresse dagli indirizzi comunitari;
          a farsi promotore affinché l'Unione europea riveda al rialzo nei prossimi anni gli obiettivi del «Quadro al 2030 per le politiche climatiche ed energetiche», prevedendo: una riduzione delle emissioni di gas serra dell'Unione europea pari ad almeno il 55 per cento rispetto al 1990, il raggiungimento di una quota di energie rinnovabili sul totale dei consumi energetici pari ad almeno il 45 per cento, nonché un aumento dell'efficienza energetica di almeno il 40 per cento;
          ad attivarsi in ambito nazionale e in sede di Unione europea, affinché si adottino opportune forme di fiscalità ambientale che rivedano le imposte sull'energia e sull'uso delle risorse ambientali nella direzione della sostenibilità, anche attraverso la revisione della disciplina delle accise sui prodotti energetici in funzione del contenuto di carbonio (carbon tax), al fine di accelerare la conversione degli attuali sistemi energetici verso modelli a emissioni basse o nulle;
          ad impegnarsi ad utilizzare interamente i proventi derivanti dalla vendita all'asta dei permessi di emissioni al comparto industriale per politiche di mitigazione ed adattamento ai cambiamenti climatici;
          a promuovere una riforma sostanziale che porti alla cancellazione del sistema europeo di scambio dei titoli di emissione di gas serra (EU-ETS), concentrando gli impegni a livello nazionale ed internazionale per raggiungere il totale affrancamento dalle fonti fossili;
          a farsi promotore, tra i Paesi dell'Unione europea, del divieto di estrarre idrocarburi non convenzionali (quali tight gas, shale gas, tight oil, metano da carbone, idrati di metano) e di predisporre un'adeguata tassazione sulle importazioni di idrocarburi, basata sugli impatti ambientali prodotti durante l'intero ciclo di vita;
          a dare seguito all'approvazione della strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, elaborata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in collaborazione con la comunità scientifica nazionale, attraverso la definizione di un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici che ne recepisca le indicazioni definendone priorità, tempistiche e impegni di spesa;
          a sottoscrivere il documento denominato «Geneva Pledge», presentato durante i negoziati UNFCCC tenutisi nel febbraio 2015 a Ginevra, favorendo in tal modo il riconoscimento della stretta interconnessione fra giustizia sociale e giustizia ambientale, tra la tutela dei diritti umani e il contrasto dei cambiamenti climatici;
          nel quadro degli impatti previsti, a sostenere, in ogni sede, il principio dell'acqua come bene comune e diritto umano, affinché si affermi nel diritto internazionale e nelle costituzioni dei singoli Stati;
          ad assumere iniziative per implementare politiche migratorie pianificate e ben gestite, migrazioni sostenibili sulla base della libertà di mobilità e di migrazione prevista dalla dichiarazione universale dei diritti umani, e quindi per contrastare e prevenire ogni migrazione forzata, favorendo il riconoscimento dello status di «climate refugees»;
          a sostenere in tutte le sedi l'esistenza di una chiara correlazione tra cambiamenti climatici e diritti umani, includendo nel documento finale di Parigi, i diritti dei popoli indigeni, la loro conoscenza tradizionale, il diritto alla terra ed all'autodeterminazione, alla partecipazione diretta ed effettiva alle politiche climatiche e all'accesso diretto alle risorse finanziarie, assicurandone il rispetto e la promozione in ogni programma o progetto di mitigazione, adattamento, trasferimento di tecnologie, riduzione delle emissioni, capacity building;
          a fermare la deforestazione delle foreste naturali entro il 2030, rafforzando gli incentivi per l'investimento a lungo termine e la tutela forestale ed aumentando i finanziamenti internazionali, progressivamente legati ai risultati;
          a salvaguardare l'agricoltura, sia per la produzione alimentare, che per il ruolo fondamentale nella mitigazione dei cambiamenti climatici e dei danni naturali, promuovendo, a livello normativo e finanziario, lo sviluppo di politiche agricole più sostenibili e incoraggiando le comunità locali a gestire la produzione e il consumo delle proprie risorse nell'ottica degli obiettivi ambientali;
          a promuovere la transizione verso l'agroecologia, pratiche sostenibili, resilienti e, allo stesso tempo, efficienti e socialmente eque, in grado di sostenere le sfide ambientali e alimentari future;
          a perseguire, in linea con la predisposizione del nuovo pacchetto europeo, un modello di economia circolare, da realizzare attraverso strumenti normativi, investimenti in innovazione e ricerca finalizzati al riuso e al riciclo, l'introduzione di un indice che misuri la circolarità di prodotti, l'adozione di incentivi fiscali per prodotti ed aziende all'interno di filiere circolari, anche in modo da contribuire, tra l'altro, alla creazione di nuovi posti di lavoro;
          a mettere in atto riforme che spostino la tassazione dal lavoro verso il consumo e l'utilizzo delle risorse e ad incentivare i modelli di business orientati alla condivisione e all'erogazione di servizi rispetto ai modelli basati sulla proprietà dei prodotti;
          a esprimersi chiaramente escludendo l'uso della ingegneria climatica – geoingegneria – come soluzione alternativa o integrativa rispetto agli impegni richiesti a livello internazionale per la mitigazione del cambiamento climatico, dal momento che le conseguenze sono ancora incerte e che la geoingegneria può provocare effetti preoccupanti e non gestibili; ad avviare a tal fine, un dibattito a livello europeo ed internazionale, per prendere una posizione chiara che rifiuti l'uso della geoingegneria, promuovendo una moratoria internazionale;
          ad assumere iniziative per escludere dal «patto di stabilità» le spese dello Stato, delle regioni e degli enti locali, legate a politiche e misure di riduzione delle emissioni climalteranti, con particolare riguardo alle risorse finalizzate al risparmio energetico, efficienza energetica, energie rinnovabili, nonché a interventi volti all'adattamento ai cambiamenti climatici e in particolare alla messa in sicurezza del territorio e alla protezione civile;
          a sostenere le azioni delle regioni finalizzate ad aumentare la resilienza del territorio promuovendo le opportune sinergie tra mitigazione e adattamento, anche in collegamento con le iniziative in atto a livello europeo;
          a favorire, per quanto di competenza, lo sviluppo in modo coordinato di adeguati piani regionali e locali di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici, privilegiando le misure ad alto grado di sostenibilità ambientale, evitando impatti negativi sull'ambiente e sugli ecosistemi delle misure stesse;
          ad incentivare e promuovere, in tutti i livelli di aggregazione territoriale, lo sviluppo di infrastrutture verdi in grado di sequestrare carbonio e compensare in parte le emissioni di gas serra, soprattutto in ambito urbano;
          a favorire l'adozione di misure per fermare il consumo di suolo attraverso piani di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e, ove possibile, di ripristino delle condizioni ecosistemiche naturali dei luoghi, con particolare riferimento ai versanti montuosi oggetto di dissesto idrogeologico;
          a portare avanti con determinazione, nel dibattito e negli accordi internazionali sulla mitigazione dei cambiamenti climatici, il tema dell'alimentazione e delle scelte alimentari, riconoscendo il forte impatto ambientale legato, soprattutto, alla produzione e consumo di cibi di origine animale e dell'olio di palma;
          ad attivare misure di contrasto allo spreco alimentare in ossequio agli obiettivi enunciati nella carta di Milano, ovvero nella riduzione del 50 per cento dello spreco alimentare al 2020, definendo delle azioni precise e improrogabili, per agire a più livelli: dalla produzione agricola per evitare le eccedenze, al riutilizzo nella catena alimentare destinata al consumo umano, fino al riciclo e recupero, senza ricorrere alle discariche, per evitare l'incremento delle emissioni di metano e gas serra;
          ad adottare progressivamente indicatori di sostenibilità alternativi come il BES o il GPI capaci di misurare lo sviluppo tenendo in considerazione gli aspetti ambientali e sociali;
          a prevedere l'introduzione di specifici cicli di insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado per diffondere tra le giovani generazioni la conoscenza del fenomeno dei cambiamenti climatici, con particolare riferimento alle conseguenze socio-economiche e all'adozione di pratiche e stili di vita maggiormente compatibili con i mutamenti in atto;
          a istituire un servizio meteorologico nazionale distribuito (SMND) con compito di monitorare il cambiamento in atto nei vari ambiti nazionali (atmosfera-mare-ecosistemi) a supporto delle azioni e delle politiche condotte e messe in atto dalle istituzioni nazionali, regionali e locali;
          a promuovere e sostenere progetti volti a diffondere un'educazione alimentare che privilegi un ridotto impatto sulle risorse ambientali e sulla salute dell'individuo rispetto alle diete alimentari caratterizzate dal consumo di prodotti di origine animale;
          a favorire un dialogo strutturato e costruttivo fra governi, comunità imprenditoriale, città, regioni, organizzazioni internazionali, società civile e istituzioni accademiche in modo da mobilitare un forte impegno globale verso società a basse emissioni di carbonio e resilienti;
          a favorire l'incentivazione della bioeconomia che può fornire un contributo sostanziale alla reindustrializzazione e alla creazione di nuovi posti di lavoro nell'Unione europea e nel resto del mondo;
          a promuovere il ruolo dell'economia circolare per il raggiungimento degli obiettivi favorendo la riduzione degli sprechi alimentari e il riutilizzo delle materie prime;
          a sollecitare un impegno in termini di campagne e azioni di sensibilizzazione e informazione dell'opinione pubblica in merito ai grandi e piccoli gesti che possono contribuire a contrastare i cambiamenti climatici nei paesi sviluppati e nei Paesi in via di sviluppo.
(6-00176) «De Rosa, Busto, Sorial, Zolezzi, Daga, Mannino, Micillo, Terzoni, D'Incà, Cozzolino, Crippa, Del Grosso, Brugnerotto, Pesco, Agostinelli, Alberti, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Businarolo, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Da Villa, Dadone, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mantero, Marzana, Nesci, Nuti, Parentela, Petraroli, Pisano, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Spadoni, Spessotto, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa».


      La Camera,
          premesso che:
              dal 30 novembre all'11 dicembre 2015, si terrà a Parigi la XXI Conferenza delle Parti (COP 21) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), durante la quale dovranno essere fissati gli impegni vincolanti in termini di riduzione delle emissioni e di politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, nonché dei sistemi di monitoraggio e valutazione delle emissioni e degli impegni finanziari per il mantenimento del riscaldamento globale entro i 2oC al di sopra della temperatura media pre-industriale;
              il Joint Research Center della Commissione europea, unitamente a quanto sostenuto dalla Segretaria Generale dell'UNFCCC, attraverso uno studio pubblicato a ottobre 2015, evidenzia che gli INDC presentati dalle Parti e considerati globalmente, anche qualora fossero rispettati, non raggiungerebbero l'obiettivo prefissato del contenimento del riscaldamento globale entro la soglia dei 2oC ma comporterebbero un aumento della temperatura compreso tra i 2,7oC e i 3oC;
              l'obiettivo di 2oC di riscaldamento globale rappresenta un limite rischioso e pericoloso che non eviterà le conseguenze disastrose del cambiamento climatico. L'incremento di 2oC rappresenta più appropriatamente la soglia tra cambiamento climatico «pericoloso» ed «estremamente pericoloso» (Anderson & Bows, 2011);
              un aumento di 2oC può indurre a reazioni chimiche nelle acque oceaniche portando alla mobilitazione del metano ora immobilizzato negli idrati, la fusione delle calotte polari e artiche, il rilascio di metano e terrestre dalla fusione del permafrost dell'Artico;
              a fine 2014 è stato pubblicato il quinto rapporto IPCC di valutazione sui cambiamenti climatici, secondo cui i mutamenti del clima produrranno effetti gravi, estesi e irreversibili sulla popolazione e sugli ecosistemi del mondo intero. Per evitare che la temperatura media del pianeta aumenti di oltre 2oC rispetto ai livelli pre-industriali, tutti i paesi dovranno ridurre in maniera consistente e costante le emissioni di gas a effetto serra;
              per PIPCC, solo una diminuzione drastica delle emissioni di gas serra, stimata nella riduzione del 40-70 per cento entro il 2050 e in un azzeramento entro il 2100, potrebbe avere il 50 per cento di possibilità di stabilizzare l'aumento di temperatura media terrestre al di sotto dei 2oC;
              ogni ulteriore ritardo nel correggere la traiettoria emissiva attuale comporterebbe costi economici e ambientali crescenti, come evidenziato anche dallo studio «The Emissions Gap Report 2013» dell'UNEP (United Nations Environment Program);
              l’Adaptation Gap Report 2014 elaborato dall'UNEP evidenzia gli enormi costi derivanti dall'inazione e giunge alla conclusione che i costi di adattamento ai cambiamenti climatici nei paesi in via di sviluppo saranno probabilmente il doppio o il triplo della cifra precedentemente stimata di 70-100 miliardi di dollari USA l'anno di qui al 2050, il che determinerà un divario significativo per quanto attiene ai finanziamenti destinati all'adattamento dopo il 2020, se a tale fine non saranno resi disponibili nuovi finanziamenti aggiuntivi;
              la Comunicazione della Commissione europea «Roadmap for moving to a low-carbon economy in 2050» afferma che la transizione verso un modello di sviluppo a basse emissioni non solo può essere effettuata senza compromettere la crescita e l'occupazione, ma può decisamente offrire a tutti i paesi, europei e del resto del mondo, l'opportunità di ridare slancio all'economia, generando un concomitante miglioramento del benessere pubblico;
              l'Unione europea si è impegnata a raggiungere nuovi e più ambiziosi obiettivi al 2020 («Pacchetto clima-energia»: riduzione del 20 per cento delle emissioni nel 2020 rispetto al 1990), al 2030 («2030 climate and energy goals for a competitive, secure and low-carbon EU economy»: riduzione del 40 per cento delle emissioni nel 2030 rispetto al 1990) e al 2050 («Roadmap for moving to a low-carbon economy in 2050»: riduzione del 80-95 per cento delle emissioni nel 2050 rispetto al 1990);
              il 25 febbraio 2015 la Commissione europea ha emanato la comunicazione «Pacchetto Unione dell'energia» nella quale si delinea la «Strategia quadro per un'Unione dell'energia resiliente, corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici» [COM(2015)80 final];
              il 25 febbraio 2015 la Commissione europea ha emanato la comunicazione «Il Protocollo di Parigi – Piano per la lotta ai cambiamenti climatici mondiali dopo il 2020» contenente le raccomandazioni strategiche da seguire durante i negoziati di Parigi [COM(2015)81 final];
              l'Unione europea ha approvato e inviato il 6 marzo 2015 al segretariato UNFCCC i suoi «contributi programmati e definiti a livello nazionale» (INDCs) che prevedono un impegno a ridurre le emissioni europee nel 2030 di almeno il 40 per cento rispetto al 1990;
              il protocollo di Montreal è un trattato internazionale volto a ridurre la produzione e l'uso di quelle sostanze che minacciano lo strato di ozono, firmato il 16 settembre 1987, entrato in vigore il 1o gennaio 1989;
              i composti di fluoro oggetto del Protocollo di Montreal rappresentano l'equivalente del 18 per cento dell'effetto serra totale generato dall'anidride carbonica;
              in occasione del Climate Summit tenutosi lo scorso 23 settembre a New York, è stata firmata la «Dichiarazione di New York sulle Foreste», sottoscritta da 150 attori tra cui governi, aziende, comunità indigene e ONG, che prevede di ridurre il tasso di perdita delle foreste entro il 2020, portandolo a zero entro il 2030. La Dichiarazione impegna inoltre a ripristinare 150 milioni di ettari di territori degradati e terreni boschivi entro il 2020, ai quali se ne aggiungeranno altri 200 entro il 2030;
              la Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD), firmata a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992, persegue tre obiettivi principali: la conservazione della diversità biologica, l'uso sostenibile dei componenti della diversità biologica e la giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dall'utilizzo delle risorse genetiche;
              la UNCCD (United Nations Convention to Combat Desertification) è entrata in vigore nel 1997. La Convenzione detta le linee guida per l'identificazione e la messa in opera di programmi d'azione nazionali, sub-regionali e regionali in materia di lotta alla desertificazione. L'Italia è tra i più importanti contributori;
              il Governo italiano ha promosso la definizione della Carta di Milano in occasione dell'EXP02015: un documento partecipato e condiviso che richiama ogni cittadino, associazione, impresa o istituzione ad elaborare modelli economici e produttivi legati all'alimentazione che possano garantire uno sviluppo sostenibile in ambito economico e sociale;
              il quinto rapporto dell'IPCC sulla valutazione dei cambiamenti climatici individua, a livello europeo, la regione mediterranea/sud-europea come la più vulnerabile al rischio degli effetti negativi dei cambiamenti climatici. Molteplici settori verranno impattati – quali turismo, agricoltura, attività forestali, infrastrutture, energia e salute della popolazione – a causa del forte impatto del cambiamento climatico (aumento di temperatura e riduzione di precipitazioni) sui servizi ecosistemici;
              una prima conferma alla maggiore vulnerabilità climatica della nostra nazione è stata certificata dal CNR nel rapporto del 2014. A fronte di un incremento di temperatura media terrestre pari a 0,57oC (fonte NOAA), per l'Italia l'incremento medio è stato di ~1,5oC, quindi quasi tre volte l'aumento medio globale, con punte di ~+2oC al Nord e ~+1,3oC al Sud;
              secondo il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici IPCC nei prossimi 30 anni l'agricoltura subirà un calo di resa del 50 per cento, nelle coltivazioni di riso, grano e mais, i rendimenti sono destinati a ridursi del 10 per cento per ogni grado di aumento sopra i 30 gradi; l'incremento della frequenza di ondate di calore, avrà inoltre effetti molto gravi soprattutto sulla produzione di latte bovino, determinerà un aumento dei consumi irrigui delle colture e un aumento degli attacchi parassitari;
              la penetrazione del cuneo salino causato dall'innalzamento del livello marino determinerebbe una desertificazione indotta a causa dell'aumento di salinità delle falde, cosa che comprometterebbe sia l'agricoltura che la stessa vegetazione spontanea in una larga fetta delle coste italiane, con particolare rilievo per la pianura padana orientale;
              l'agricoltura industriale incide negativamente sul cambiamento climatico, facendo uso di sistemi meccanizzati ad alta intensità energetica e a combustibili fossili e, a sua volta, ne è influenzata, visto che le monocolture geneticamente omogenee, su cui si basa, non sono resilienti; diversamente, i sistemi di gestione agroecologici – varietà di tecniche agricole, come agricoltura biologica, sinergica, sostenibile o permacultura –, basandosi sul rispetto della biodiversità, sull'efficienza dei processi biologici e sulla diversificazione dei sistemi di produzione, rappresentano un modello alternativo sostenibile, socialmente equo, resiliente ai cambiamenti climatici; con riferimento alla risorsa acqua, gli effetti più evidenti del surriscaldamento globale consistono in una progressiva riduzione delle precipitazioni accompagnata da una marcata accentuazione degli eventi estremi di breve durata con conseguente alternanza di piogge alluvionali e prolungate siccità e con tutto ciò che questo comporta per il dissesto idrogeologico e la carenza di acqua rispetto al fabbisogno;
              a causa dei frequenti quanto repentini cambiamenti delle condizioni climatiche si assiste a un progressivo intensificarsi dei fenomeni di dissesto e instabilità dei versanti (su 712.000 frane censite in Europa nel 2012, 486.000 ricadono nel territorio italiano e di cui oltre l'80 per cento è localizzato nei territori montani), con gravi problemi di sicurezza, incolumità pubblica e di tutela e mantenimento degli equilibri ecologici;
              secondo recenti studi delle Nazioni Unite i cambiamenti climatici possono intensificare o generare conflitti per risorse quali cibo, acqua, terre da pascolo, e potrebbero divenire, in un futuro non troppo remoto, la causa principale degli spostamenti di popolazione, sia all'interno che all'esterno dei confini nazionali;
              il dramma dei rifugiati climatici è sempre più preoccupante, determinato dalla stretta relazione tra degrado ambientale, mutamenti climatici e contesto socio-economico. Per il Rapporto dell'Internal Displacement Monitoring Centre pubblicato nel 2013, di oltre 32 milioni di persone costrette alla mobilità per effetto di disastri naturali, il 98 per cento sono profughi climatici provenienti da paesi poveri;
              nel 2060, il Programma delle Nazioni Unite sull'ambiente (UNEP) prevede che solo in Africa ci saranno circa 50 milioni di profughi climatici e che gli sviluppi connessi al clima in alcune aree dell'Africa potrebbero contribuire a un inasprimento della crisi dei profughi nel Mediterraneo;
              il Prodotto Interno Lordo (PIL) ha dimostrato la propria inadeguatezza come indicatore omnicomprensivo dello sviluppo umano, poiché incapace di discriminare tra attività proficue e dannose e di prendere in considerazione molti costi ambientali e sociali;
              indicatori come lo Human Development Index (UN) e il BES (ISTAT) integrano nelle proprie matrici di calcolo fattori ambientali e sociali non considerati dal prodotto interno lordo,

impegna il Governo:

          a promuovere un programma di lavoro a partire dal 2016 per definire misure di riduzione aggiuntive qualora si registrasse un divario tra il livello di ambizione dell'effetto aggregato degli INDC presentati prima di Parigi e il livello di riduzione dei gas a effetto serra necessario per contenere l'aumento delle temperature entro 1,5oC rispetto ai livelli pre-industriali;
          a sostenere una revisione completa ogni cinque anni per garantire il dinamismo del meccanismo attuato e accrescere il livello di ambizione degli impegni di riduzione in funzione dei dati scientifici più recenti;
          a invitare le parti a sostenere periodi di impegno quinquennali quale soluzione più appropriata per evitare di rimanere bloccati a un livello di ambizione ridotto, aumentare la responsabilità politica e consentire una revisione degli obiettivi per conformarli alle raccomandazioni scientifiche o a eventuali nuovi progressi in campo tecnico che possano consentire un maggior livello di ambizione;
          a chiedere alle parti di convenire, in occasione della COP 21 di Parigi, di rivedere gli attuali INDC prima del 2020 al fine di allinearli alle più recenti valutazioni scientifiche e a un bilancio globale del carbonio sicuro in linea con l'obiettivo dei 2oC;
          a sostenere la necessità che l'accordo del 2015 preveda un regime di conformità efficace applicabile a tutte le parti;
          a porre l'accento sull'esigenza che tale accordo promuova la trasparenza e la responsabilità mediante un regime comune basato sulle regole, tra cui norme di contabilizzazione e disposizioni in materia di monitoraggio, notifica e verifica;
          a sostenere un accordo che copra in modo esaustivo i settori e le emissioni unitamente a bilanci di emissione che dovrebbero garantire il massimo livello possibile di ambizione;
          a sostenere un accordo che definisca un quadro globale per la contabilizzazione delle emissioni e degli assorbimenti risultanti dall'utilizzazione del suolo (attività LLUCF);
          a dare crescente supporto ai paesi in via di sviluppo, attraverso l'attivazione di specifici programmi di cooperazione internazionale finalizzati al trasferimento tecnologico e di conoscenze, affinché vengano poste le basi per la creazione di modelli di sviluppo sostenibile liberi dalla dipendenza delle fonti fossili;
          a valutare la possibilità di avviare appropriate e immediate iniziative di rimozione degli incentivi e dei sussidi diretti e indiretti all'uso di combustibili fossili, spostando gli investimenti sulla ricerca e sullo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile, sul risparmio energetico nonché sull'efficiente produzione e uso dell'energia, rivedendo a tal fine la strategia energetica nazionale, e definendo conseguentemente un piano nazionale energetico ispirato alle visioni strategiche espresse dagli indirizzi comunitari;
          ad attivarsi in ambito nazionale e in sede di Unione europea, affinché si adottino opportune forme di fiscalità ambientale che rivedano le imposte sull'energia e sull'uso delle risorse ambientali nella direzione della sostenibilità, anche attraverso la revisione della disciplina delle accise sui prodotti energetici in funzione del contenuto di carbonio (carbon tax), al fine di accelerare la conversione degli attuali sistemi energetici verso modelli a emissioni basse o nulle;
          ad impegnarsi ad utilizzare interamente i proventi derivanti dalla vendita all'asta dei permessi di emissioni al comparto industriale per politiche di mitigazione ed adattamento ai cambiamenti climatici;
          a dare seguito all'approvazione della strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, elaborata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in collaborazione con la comunità scientifica nazionale, attraverso la definizione di un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici che ne recepisca le indicazioni definendone priorità, tempistiche e impegni di spesa;
          nel quadro degli impatti previsti, a sostenere, in ogni sede, il principio dell'acqua come bene comune e diritto umano, affinché si affermi nel diritto internazionale e nelle costituzioni dei singoli Stati;
          a valutare iniziative per implementare politiche migratorie pianificate e ben gestite, migrazioni sostenibili sulla base della libertà di mobilità e di migrazione prevista dalla dichiarazione universale dei diritti umani, e quindi per contrastare e prevenire ogni migrazione forzata, favorendo il riconoscimento dello status di «climate refugees»;
          a sostenere in tutte le sedi l'esistenza di una chiara correlazione tra cambiamenti climatici e diritti umani, includendo nel documento finale di Parigi, i diritti dei popoli indigeni, la loro conoscenza tradizionale, il diritto alla terra ed all'autodeterminazione, alla partecipazione diretta ed effettiva alle politiche climatiche e all'accesso diretto alle risorse finanziarie, assicurandone il rispetto e la promozione in ogni programma o progetto di mitigazione, adattamento, trasferimento di tecnologie, riduzione delle emissioni, capacity building;
          a fermare la deforestazione delle foreste naturali entro il 2030, rafforzando gli incentivi per l'investimento a lungo termine e la tutela forestale ed aumentando i finanziamenti internazionali, progressivamente legati ai risultati;
          a salvaguardare l'agricoltura, sia per la produzione alimentare, che per il ruolo fondamentale nella mitigazione dei cambiamenti climatici e dei danni naturali, promuovendo, a livello normativo e finanziario, lo sviluppo di politiche agricole più sostenibili e incoraggiando le comunità locali a gestire la produzione e il consumo delle proprie risorse nell'ottica degli obiettivi ambientali;
          a promuovere la transizione verso l'agroecologia, pratiche sostenibili, resilienti e, allo stesso tempo, efficienti e socialmente eque, in grado di sostenere le sfide ambientali e alimentari future;
          a perseguire, in linea con la predisposizione del nuovo pacchetto europeo, un modello di economia circolare, da realizzare attraverso strumenti normativi, investimenti in innovazione e ricerca finalizzati al riuso e al riciclo, l'introduzione di un indice che misuri la circolarità di prodotti, l'adozione di incentivi fiscali per prodotti ed aziende all'interno di filiere circolari, anche in modo da contribuire, tra l'altro, alla creazione di nuovi posti di lavoro;
          a mettere in atto riforme che spostino la tassazione dal lavoro verso il consumo e l'utilizzo delle risorse e ad incentivare i modelli di business orientati alla condivisione e all'erogazione di servizi rispetto ai modelli basati sulla proprietà dei prodotti;
          a sostenere le azioni delle regioni finalizzate ad aumentare la resilienza del territorio promuovendo le opportune sinergie tra mitigazione e adattamento, anche in collegamento con le iniziative in atto a livello europeo;
          a favorire, per quanto di competenza, lo sviluppo in modo coordinato di adeguati piani regionali e locali di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici, privilegiando le misure ad alto grado di sostenibilità ambientale, evitando impatti negativi sull'ambiente e sugli ecosistemi delle misure stesse;
          ad incentivare e promuovere, in tutti i livelli di aggregazione territoriale, lo sviluppo di infrastrutture verdi in grado di sequestrare carbonio e compensare in parte le emissioni di gas serra, soprattutto in ambito urbano;
          a favorire l'adozione di misure per fermare il consumo di suolo attraverso piani di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e, ove possibile, di ripristino delle condizioni ecosistemiche naturali dei luoghi, con particolare riferimento ai versanti montuosi oggetto di dissesto idrogeologico;
          a portare avanti con determinazione, nel dibattito e negli accordi internazionali sulla mitigazione dei cambiamenti climatici, il tema dell'alimentazione e delle scelte alimentari, riconoscendo il forte impatto ambientale legato, soprattutto, alla produzione e consumo di cibi di origine animale e dell'olio di palma;
          ad attivare misure di contrasto allo spreco alimentare in ossequio agli obiettivi enunciati nella carta di Milano, ovvero nella riduzione del 50 per cento dello spreco alimentare al 2020, definendo delle azioni precise e improrogabili, per agire a più livelli: dalla produzione agricola per evitare le eccedenze, al riutilizzo nella catena alimentare destinata al consumo umano, fino al riciclo e recupero, senza ricorrere alle discariche, per evitare l'incremento delle emissioni di metano e gas serra;
          ad adottare progressivamente indicatori di sostenibilità alternativi come il BES o il GPI capaci di misurare lo sviluppo tenendo in considerazione gli aspetti ambientali e sociali;
          a prevedere l'introduzione di specifici cicli di insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado per diffondere tra le giovani generazioni la conoscenza del fenomeno dei cambiamenti climatici, con particolare riferimento alle conseguenze socio-economiche e all'adozione di pratiche e stili di vita maggiormente compatibili con i mutamenti in atto;
          a valutare la possibilità di istituire un servizio meteorologico nazionale distribuito (SMND) con compito di monitorare il cambiamento in atto nei vari ambiti nazionali (atmosfera-mare-ecosistemi) a supporto delle azioni e delle politiche condotte e messe in atto dalle istituzioni nazionali, regionali e locali;
          a promuovere e sostenere progetti volti a diffondere un'educazione alimentare che privilegi un ridotto impatto sulle risorse ambientali e sulla salute dell'individuo rispetto alle diete alimentari caratterizzate dal consumo di prodotti di origine animale;
          a favorire un dialogo strutturato e costruttivo fra governi, comunità imprenditoriale, città, regioni, organizzazioni internazionali, società civile e istituzioni accademiche in modo da mobilitare un forte impegno globale verso società a basse emissioni di carbonio e resilienti;
          a favorire l'incentivazione della bioeconomia che può fornire un contributo sostanziale alla reindustrializzazione e alla creazione di nuovi posti di lavoro nell'Unione europea e nel resto del mondo;
          a promuovere il ruolo dell'economia circolare per il raggiungimento degli obiettivi favorendo la riduzione degli sprechi alimentari e il riutilizzo delle materie prime;
          a sollecitare un impegno in termini di campagne e azioni di sensibilizzazione e informazione dell'opinione pubblica in merito ai grandi e piccoli gesti che possono contribuire a contrastare i cambiamenti climatici nei paesi sviluppati e nei Paesi in via di sviluppo.
(6-00176)
(Testo modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate)     «De Rosa, Busto, Sorial, Zolezzi, Daga, Mannino, Micillo, Terzoni, D'Incà, Cozzolino, Crippa, Del Grosso, Brugnerotto, Pesco, Agostinelli, Alberti, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Businarolo, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Da Villa, Dadone, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mantero, Marzana, Nesci, Nuti, Parentela, Petraroli, Pisano, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Spadoni, Spessotto, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa».


      La Camera,
          premesso che:
              i cambiamenti climatici stanno diventando un argomento d'interesse e di attualità nell'agenda politica italiana e sarebbe importante se l'Italia convertisse il proprio sistema di sviluppo verso modelli sostenibili in modo da diventare punto di riferimento nel mondo;
              il rapporto dell'Agenzia europea dell'ambiente «Climate change, impacts and vulnerability in Europe 2012», pubblicato nel novembre del 2012, fornisce una comprensiva base scientifica di riferimento sugli impatti ambientali ai cambiamenti climatici a livello europeo, i cui principali risultati sono:
                  a) il decennio (2002-2011) è stato il periodo storicamente più caldo in Europa, con temperature sulle aree emerse di 1,3 gradi superiori rispetto al livello preindustriale, contemporaneamente le ondate di calore sono aumentate in frequenza e durata, provocando migliaia di morti nell'ultimo decennio;
                  b) la precipitazione media sta diminuendo in Europa meridionale e sta aumentando in Europa settentrionale: le proiezioni climatiche indicano che tale trend continuerà anche in futuro, così che si verificherà un aumento di inondazioni fluviali a causa dell'intensificazione del ciclo dell'acqua causato dalle temperature più alte;
                  c) i fenomeni di siccità stanno diventando più intensi e frequenti in Europa meridionale, mentre si prevede la diminuzione delle portate fluviali minime estive;
                  d) l'area dell'Artico si sta riscaldando più velocemente delle altre aree europee: la fusione dei ghiacciai continentali della Groenlandia è raddoppiata dagli anni ’90. Inoltre, dal 1850 i ghiacciai alpini hanno perso circa 2/3 del loro volume;
                  e) il livello medio marino sta crescendo, causando un aumento del rischio di inondazioni costiere. Il livello medio globale marino è cresciuto di 1,7 millimetri all'anno nel XX secolo e di 3 millimetri all'anno negli ultimi decenni;
                  f) la disponibilità di risorse idriche per l'agricoltura nell'Europa meridionale sta drasticamente diminuendo;
                  g) i cambiamenti climatici hanno anche un ruolo nella trasmissione di malattie che provocano impatti rilevanti sulla salute umana;
                  h) molti sono i cambiamenti nella biodiversità: fioriture anticipate di piante e di fitoplancton e zooplancton, migrazioni di piante e animali a latitudini più settentrionali o ad altitudini più elevate. Studi mostrano un rischio potenziale di future estinzioni;
              le principali fonti scientifiche di riferimento (rapporti di IPCC2,3 e EEA4, APAT/ISPRA5, ENEA6, FEEM7, CMCC8) concordano nel sostenere che, nei prossimi decenni, la regione europea e mediterranea dovrà far fronte ad impatti dei cambiamenti climatici particolarmente negativi, i quali, combinandosi agli effetti dovuti alle pressioni antropiche sulle risorse naturali, fanno dell'Europa meridionale e del Mediterraneo le aree più vulnerabili d'Europa. In Italia, nei prossimi decenni, si andrà incontro ad un innalzamento eccezionale delle temperature (soprattutto in estate), ad un aumento della frequenza di eventi meteorologici estremi (ondate di calore, siccità ed episodi di precipitazioni piovose intense), ad una riduzione delle precipitazioni annuali medie e dei flussi fluviali annui, all'erosione e all'inondazione delle zone costiere (con conseguente alterazione degli ecosistemi marini), alla possibile perdita di una rilevante parte del patrimonio storico-artistico-culturale. Nel complesso, si assisterà all'aumento inesorabile del rischio di disastri ambientali, all'aumento dello stress idrico (con conseguente drastica riduzione delle risorse idriche), alla riduzione della sicurezza alimentare, alla riduzione dei diritti alla salute, all'inasprimento dello sfruttamento delle risorse naturali, all'aumento delle ineguaglianze e delle marginalizzazioni sociale ed economica, dei conflitti e delle migrazioni;
              l'Italia, ad oggi, non ha raggiunto l'impegno di riduzione previsto dal Protocollo di Kyoto (6,5 per cento di riduzione delle emissioni nel periodo 2008-2012 rispetto al 1990); la riduzione delle emissioni osservata in questo periodo è stata dovuta prevalentemente alla crisi economica in corso che ha ridotto consumi e produzione;
              quello della mitigazione e dell'adattamento ai cambiamenti climatici è un problema che necessita di un approccio multisettoriale, multidisciplinare e multisistemico, che impatta, in particolare, l'ambiente, le attività produttive, l'agricoltura, i rischi meteorologici e idrogeologici, la società, le politiche energetiche, i flussi migratori;
              l'industria del carbone è la più grande fonte di emissioni di anidride carbonica, il gas serra che sta cambiando il clima del pianeta e che rischia di innescare una serie di impatti devastanti per la vita della Terra così come la si conosce;
              secondo BankTrack e gli altri promotori dell'appello/petizione «Banks, do the Paris pledge to quit coal», «Siamo in grado di porre fine alla nostra dipendenza dal carbone, ma dobbiamo farlo in fretta. Un modo per raggiungere questo obiettivo è che le banche la smettano di finanziare questa industria». Il problema è che, come scriveva già a maggio scorso Rinnovabili.it, il 20 per cento dei 170 milioni di euro necessari per organizzare la Conferenza delle parti, della Convenzione quadro delle Nazioni Unite ai cambiamenti climatici (Unfccc) di Parigi arriverà da finanziamenti privati e che la Francia ha già stilato una prima lista di queste aziende partner «amiche», tra le quali ci sono Engie (ex Gdf Suez), Edf, Renault-Nissan, Suez environment, Air France, Fesr, Axa, Bnp Paribas, Lvmh, Ikea. Alcune di queste multinazionali vendono o utilizzano abbondantemente combustibili fossili, «brand che negli anni sono diventati un simbolo dell'inquinamento e della violazione dei diritti», scrive Rinnovabili.it;
              le banche che la maggioranza delle persone utilizza ogni giorno stanno alimentando la crisi climatica, canalizzando centinaia di miliardi di dollari per un settore che è ormai in crisi e, se è vero che il carbone è in crisi in molti Paesi, dal 2000 la produzione mondiale è cresciuta del 69 per cento, 7,9 miliardi di tonnellate all'anno, cosa che ha portato anche ad un aumento dei finanziamenti (a volte nascosti) da parte delle banche;
              nel recente rapporto «Boom and bust – Tracking the global coal plant pipeline» Coalswarm e Sierra club spiegano che, dal gennaio 2010, nel mondo è stata proposta la costruzione di 2.177 impianti a carbone e molti sono in corso di progettazione o in fase di costruzione. Se queste centrali a carbone entreranno in servizio grazie ai finanziamenti bancari, la COP 21 UNFCCC di Parigi è destinata al fallimento;
              BankTrack ritiene che, proprio per il ruolo centrale che hanno, le banche dovrebbero aiutare finanziariamente la transizione energetica, «spostando rapidamente il loro portafoglio energetico dai combustibili fossili al finanziamento dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili, transizione che deve iniziare con un impegno pubblico lasciando perdere il carbone»;
              secondo la conclusione a cui è giunto di recente il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), se non s'interviene in fretta i mutamenti del clima produrranno effetti gravi, estesi e irreversibili sulla popolazione e sugli ecosistemi del mondo intero;
              per evitare che la temperatura media del pianeta aumenti pericolosamente di oltre due gradi rispetto ai livelli preindustriali (il cosiddetto obiettivo dei due gradi), tutti i Paesi dovranno ridurre in maniera consistente e costante le emissioni di gas a effetto serra;
              questa transizione verso un mondo a basse emissioni non solo può essere effettuata senza compromettere la crescita e l'occupazione, ma può decisamente offrire a tutti i Paesi, europei e del resto del mondo, l'opportunità di ridare slancio all'economia;
              tutti i Paesi devono agire in fretta e insieme ed è questa la sfida raccolta fin dal 1994 dalle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici in nome della quale oltre 90 Paesi, sia sviluppati, sia in via di sviluppo, hanno annunciato il proposito di ridurre le loro emissioni entro il 2020. Tali propositi non sono stati però sufficienti a raggiungere l'obiettivo dei due gradi e, nel 2012, la Conferenza delle parti dell'Unfccc ha avviato i negoziati per giungere a un nuovo accordo giuridicamente vincolante e applicabile a tutte le parti, grazie al quale il mondo potrà incamminarsi sulla buona strada per raggiungere tale obiettivo, accordo del 2015 che dovrà essere definitivamente concluso a Parigi per essere applicato a partire dal 2020;
              i passi avanti compiuti in occasione della recente Conferenza sul clima di Lima hanno gettato le premesse per la conclusione a Parigi dei suddetto accordo, ma la decisione più importante adottata a Lima riguardava le modalità con cui i Paesi avrebbero dovuto formulare e comunicare gli obiettivi di riduzione delle emissioni da essi proposti con largo anticipo rispetto alla Conferenza di Parigi;
              molto prima della Conferenza di Lima, l'Unione europea ha dato prova di leadership e di determinazione nella lotta ai cambiamenti climatici a livello mondiale: al vertice europeo di ottobre 2014 i Capi di Stato e di Governo hanno convenuto che l'Unione europea deve intensificare gli sforzi e entro il 2030 ridurre le proprie emissioni di almeno il 40 per cento rispetto ai livelli del 1990, decisione a cui hanno fatto eco gli annunci della Cina e degli Stati Uniti;
              a Lima, gli Stati membri dell'Unione europea hanno annunciato il proposito di versare circa la metà della capitalizzazione iniziale di 10 miliardi di dollari del Fondo verde per il clima per assistere i Paesi in via di sviluppo e, all'interno dell'Unione europea, stato poi adottato un nuovo piano di investimenti, mediante il quale, nell'arco dei prossimi tre anni (2015-17), si sbloccheranno investimenti pubblici e privati nell'economia reale, pari ad almeno 315 miliardi di euro, che consentiranno di modernizzare e «decarbonizzare» l'economia dell'Unione europea;
              una delle priorità è quella di costruire un'unione dell'energia resiliente, con politiche lungimiranti in materia di cambiamenti climatici, con lo scopo di tradurre la decisione presa al vertice europeo di ottobre 2014 nell'obiettivo per le emissioni proposto dall'Unione europea, ossia il suo contributo stabilito a livello nazionale (Indc – intended nationally determined contribution), che sarebbe dovuto essere presentato entro la fine del primo trimestre del 2015;
              sarebbe stato necessario proporre che tutte le parti dell'Unfccc avessero presentato i loro Indc con ampio anticipo rispetto alla Conferenza di Parigi, la Cina, gli Stati Uniti e altri Paesi del G20, così come i Paesi a reddito medio e alto, avrebbero dovuto farlo entro il primo trimestre del 2015, mentre ai Paesi meno sviluppati si sarebbe dovuto accordare maggiore flessibilità;
              è fondamentale, nella sede di COP 21, tracciare le linee di un accordo trasparente, dinamico e giuridicamente vincolante che contenga impegni equi e ambiziosi di tutte le parti, stabiliti in base a una situazione geopolitica ed economica mondiale in costante evoluzione;
              l'impegno che bisognerebbe prendere a livello europeo e che tutti i singoli Paesi dell'Unione europea dovrebbero ottemperare, dovrebbe essere quello di ridurre le emissioni mondiali di almeno il 60 per cento entro il 2050 rispetto ai livelli del 2010. Se il livello di ambizione fissato a Parigi non fosse sufficiente a raggiungere questo obiettivo, occorrerebbe stilare un programma di lavoro, da avviare nel 2016 in stretta collaborazione con il Fondo verde per il clima, per individuare altre misure di riduzione delle emissioni;
              le grandi economie, in particolare l'Unione europea, la Cina e gli Stati Uniti, dovrebbero dar prova di leadership politica, aderendo al protocollo il più presto possibile, accelerandone in tal modo l'entrata in vigore, che dovrebbe avvenire non appena sia ratificato dai Paesi che insieme rappresentano attualmente l'80 per cento delle emissioni mondiali. Nell'ambito del nuovo protocollo, i finanziamenti, lo sviluppo e il trasferimento di tecnologia, come pure la costituzione di capacità a supporto dell'azione per il clima, dovrebbero favorire la partecipazione di tutti i Paesi e agevolare un'attuazione efficace ed efficiente delle strategie di riduzione delle emissioni e di adattamento agli effetti negativi dei cambiamenti climatici;
              è necessario incoraggiare uno sviluppo sostenibile resiliente ai cambiamenti climatici, promuovendo la cooperazione internazionale e sostenendo politiche che rendano i Paesi meno vulnerabili e più capaci di adeguarsi agli effetti dei cambiamenti climatici, promuovendo un'attuazione e una cooperazione efficienti ed efficaci, incoraggiando l'adozione di politiche che stimolino il settore pubblico e quello privato a effettuare controlli di tutti i settori economici e di tutte le fonti di emissione, compresa l'agricoltura, la silvicoltura e altri usi del suolo;
              l'adattamento basato sugli ecosistemi, oltre a ridurre il rischio di alluvioni e l'erosione del suolo, è in grado di migliorare la qualità dell'acqua e dell'aria e la transizione verso economie a basse emissioni e resilienti ai cambiamenti climatici e sarà possibile solo trasformando a fondo i modelli d'investimento;
              bisognerebbe promuovere gli investimenti in programmi e politiche a basse emissioni, impegnando tutti i Paesi a creare contesti più favorevoli a investimenti rispettosi del clima, utilizzando le risorse in modo efficace per raggiungere vari obiettivi, concordati a livello internazionale, in materia di clima e sviluppo sostenibile; i Paesi in grado di farlo dovrebbero mobilitare un sostegno finanziario a favore delle parti del protocollo ammesse a beneficiarne;
              alla Conferenza di Parigi si dovrebbe anche decidere di proseguire il programma di lavoro inteso a individuare misure di mitigazione supplementari nel 2016, in stretta collaborazione con il Fondo verde per il clima ed altri istituti finanziari; si tratta di un programma che assumerà particolare importanza se sarà riscontrato un divario tra il livello complessivo di ambizione degli impegni di mitigazione e le emissioni che occorre ridurre per conseguire l'obiettivo dei due gradi;
              secondo molte ricerche scientifiche, i cambiamenti climatici in atto stanno determinando un intensificarsi di eventi meteorologici estremi e relativi rischi idrogeologici. Ad oggi, in Italia non è attivo un servizio meteorologico nazionale distribuito, mentre il servizio geologico nazionale appare sottodimensionato in relazione alla complessità geologica del territorio italiano. Risultano, invece, avviati i lavori su proposte di legge di iniziativa parlamentare relativi alla riforma delle agenzie ambientali (atto Senato n.  1458) e alla riorganizzazione della protezione civile (discussione in Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati delle proposte di legge atti Camera nn.  2607, 2972 e 3099);
              in vista della Conferenza delle Parti (COP 21), dove tutte le nazioni si siederanno ad un tavolo per cercare di decidere cosa fare riguardo a questo clima in evidente mutamento, anche in Italia il dibattito si sta accendendo, dopo una partenza che già era stata incoraggiante;
              dall'enciclica «Laudato sii» di Papa Francesco, nei mesi scorsi, era arrivato un veemente messaggio sui temi dell'ambiente, dei mutamenti climatici e dello sviluppo umano, promuovendo l'obiettivo di non compromettere l'ambiente, patrimonio collettivo dell'umanità che ci porta a sperare di avere presto un mondo a energia rinnovabile, senza combustibili fossili;
              durante questa legislatura, alla Camera e al Senato, è stato attivato un intergruppo parlamentare, Globe Italia, composto da esponenti di tutte le forze politiche, nel tentativo di far squadra contro i cambiamenti climatici e il Governo aveva incaricato, Italiasicura, l'Unità di missione per il contrasto al dissesto idrogeologico, di occuparsi anche dei cambiamenti climatici;
              messe in rete, le diverse realtà coinvolte tra cui Ministeri, Regioni e Comuni, imprese e associazioni, il 22 giugno 2015 si sono tenuti gli «Stati generali sul clima» per rendere edotti i cittadini delle azioni che l'Italia dovrebbe mettere in atto;
              alla Camera dei deputati sono state discusse risoluzioni inerenti la strategia da adottare per gli adattamenti climatici e mozioni più ampie concernenti la lotta al Global Warming in generale e, più specificatamente, alla riduzione dei gas serra;
              l'interesse delle forze politiche è divenuto quasi trasversale, come era prevedibile, visto il continuo susseguirsi ed intensificarsi di eventi climatici quali alluvioni, trombe d'aria, nubifragi, crisi idriche, desertificazione, e, dal punto di vista dell'allevamento, mucche che non producono più latte, pesci che bollono nell'acqua delle lagune e degli allevamenti, malattie e parassiti tropicali, per non parlare dei migranti in fuga dalla siccità ed altre calamità connesse ai cambiamenti climatici;
              tali episodi devono costituire uno stimolo per agire speditamente con il piano di mitigazione ed adattamento, fornendo aiuti urgenti al tessuto economico in crisi per risollevarsi e riconvertirsi verso modelli di sviluppo più sostenibili, che saranno quelli che domineranno il mondo tra qualche decennio;
              sulla lotta al cambiamento climatico dal Governo italiano finora sono state espresse soltanto delle buone intenzioni, ma nei fatti si incontrano difficoltà nel fare proposte concrete e vengono rimandate scelte importanti che possono cambiare il nostro sistema Paese in un modello più sostenibile;
              la riduzione delle emissioni di CO2 sembrava essere una priorità per il Governo in carica, ma, nei fatti, non è stato così, pur avendo sempre annunciato, questo, di voler contrastare i cambiamenti climatici, dimostrando tuttavia un comportamento miope non prendendo in considerazione il suggerimento dei promotori del presente atto di indirizzo di iniziare a finanziare la strategia nazionale di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici già con questa legge di stabilità;
              all'intergruppo parlamentare Globe, è stata invece accettata la proposta del gruppo parlamentare, di cui la prima firmataria del presente atto di indirizzo fa parte, di presentare, congiuntamente una serie di emendamenti inerenti il contrasto e l'adattamento ai cambiamenti climatici, permettendo con ciò di portare avanti le proposte dell'intergruppo in maniera trasversale, aumentando la possibilità che possano venire approvate;
              non è soltanto un sogno avere un'Italia capofila mondiale per la riduzione delle emissioni di CO2, avendone le potenzialità e apportando il nostro prezioso contributo ad un «progetto comune» che speriamo si possa affermare anche a Parigi;
              il cambiamento climatico in atto è la più grave minaccia della nostra epoca. Senza nuovi interventi, i trend attuali delle emissioni di gas serra porterebbero a un aumento medio della temperatura terrestre di 3,7- 4,8oC rispetto al periodo preindustriale: un aumento ben oltre i 2oC – ritenuto sostenibile, benché non privo di conseguenze negative – che avrebbe ripercussioni ambientali, sociali ed economiche disastrose. Prevenire un esito disastroso del cambiamento climatico è ancora possibile, dimezzando le emissioni mondiali di gas serra entro il 2050, rispetto a quelle del 2010. Le capacità, le tecnologie e gli strumenti per conseguire un tale obiettivo sono disponibili, a costi sostenibili e con possibilità di attivare nuove occasioni di sviluppo;
              il Consiglio nazionale della green economy e le imprese firmatarie, in vista della COP 21 di Parigi, hanno lanciato un appello ai decisori politici dagli Stati Generali della Green Economy in svolgimento a Ecomondo-Key Energy-Cooperambiente, a Rimini. L'appello, aperto alle sottoscrizioni, è stato presentato nel corso di una tavola rotonda, alla quale hanno partecipato rappresentanti di alcune tra le più importanti aziende nazionali ed è basato sulle seguenti sette proposte:
                  1. Promuovere un efficace accordo internazionale e attuare significative misure nazionali di mitigazione e di adattamento;
                  2. Adottare target legalmente vincolanti, in linea con l'obiettivo dei 2oC, basati su criteri di equità;
                  3. Varare una riforma della fiscalità ecologica, introducendo una carbon tax ed eliminando i sussidi dannosi per l'ambiente;
                  4. Sfruttare l'enorme potenziale di efficienza energetica in tutti i settori: edifici, trasporti, agricoltura, industria e servizi;
                  5. Accelerare l'uscita dalle fonti fossili e la crescita delle energie rinnovabili;
                  6. Promuovere modelli di gestione del suolo più sostenibili, puntando su un ruolo attivo dell'agricoltura per la mitigazione e l'adattamento al cambiamento climatico;
                  7. Puntare sull'eco-innovazione e sull'economia circolare, fattori chiave della transizione;
              una rapida transizione verso un'economia a basse o nulle emissioni di carbonio richiede significativi cambiamenti del sistema energetico e di quello economico e industriale. Questa transizione rappresenta una sfida importante anche per le imprese, che non rappresenta soltanto un impegno necessario per il nostro futuro, ma deve rappresentare anche una concreta opportunità di nuovo sviluppo basato sulle tecnologie pulite, sull'efficienza e il risparmio energetico, sulla mobilità sostenibile e mezzi di trasporto a basse emissioni, sulle fonti rinnovabili, sul riciclo e su produzioni di beni e servizi di elevata qualità ecologica,

impegna il Governo:

          a farsi promotore di accordi sul clima vincolanti e duraturi finalizzati a:
              a) contenere la variazione della temperatura media globale entro il limite di 1,5 gradi;
              b) raggiungere, progressivamente, sul medio e lungo periodo, una decarbonizzazione;
              c) sostenere l'accordo di Lima sui cambiamenti climatici, approvato al termine dell'ultima sessione della Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici;
              d) perseguire, a livello internazionale, obiettivi ambientali ambiziosi, coerenti con un modello di sviluppo sostenibile;
          a promuovere l'adozione di una fiscalità ambientale basata sull'impronta ecologica, sull'analisi del ciclo di vita e sull'emissione di carbonio, in modo da favorire la conversione degli attuali sistemi energetici ed industriali verso modelli a basse emissioni;
          a promuovere programmi di partenariato con Paesi poveri o emergenti in modo da raggiungere il duplice obiettivo di emancipare il loro sviluppo da fonti energetiche fossili e di favorire la diffusione e penetrazione nel mercato globale di tecnologie e know-how made in Italy nel settore delle energie rinnovabili;
          a favorire il riconoscimento dello status di «climate refugees», nell'ottica della gestione sostenibile delle politiche migratorie e compatibilmente con la Dichiarazione universale dei diritti umani, evidenziando come il problema dei cambiamenti climatici sia un problema anche di stabilità politica e di sicurezza internazionale;
          a farsi promotore affinché l'Unione europea riveda al rialzo nei prossimi anni gli obiettivi del «Quadro al 2030 per le politiche climatiche ed energetiche», prevedendo una riduzione delle emissioni di gas serra dell'Unione europea pari ad almeno il 45 per cento rispetto al 1990, il raggiungimento di una quota di energie rinnovabili sul totale dei consumi energetici pari ad almeno il 40 per cento, nonché un aumento dell'efficienza energetica di almeno il 35 per cento;
          a promuovere iniziative di rimozione degli incentivi e dei sussidi diretti e indiretti all'uso di combustibili fossili;
          a favorire politiche compatibili con un abbattimento di emissioni climalteranti e della decarbonizzazione dell'economia, con particolare riferimento al settore delle politiche energetiche e a quello dei trasporti, e favorendo il recupero della materia in luogo del recupero energetico all'interno del ciclo dei rifiuti;
          a promuovere colture agrarie che possano intervenire nella mitigazione dei cambiamenti climatici, ovvero le colture a ridotto consumo di energia, acqua e sostanze chimiche, favorendo lo sviluppo di un tessuto agricolo resiliente in cui la produttività non pregiudichi la biodiversità e favorendo il mantenimento e l'ulteriore sviluppo di opere e tecniche agrarie utili alla stabilizzazione dei versanti e alla regimazione delle acque meteoriche;
          a promuovere, allo scopo di incrementare la quantità di carbonio fissato in manufatti ad elevata durabilità e di limitare la deforestazione, filiere ecosostenibili per la gestione delle foreste e la commercializzazione del legname;
          a raggiungere i seguenti obiettivi, indipendentemente dagli accordi raggiunti in sede della prossima COP 21:
              a) individuare e destinare al più presto, finanziamenti significativi, con importi certi e crescenti nel tempo, per l'attuazione di un piano di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici, da definire sulla base della strategia elaborata dal MATTM, considerando le strategie di adattamento e mitigazione come un settore prioritario per il rilancio dell'economia, per la creazione di occupazione, su cui investire in ricerca scientifica e per cui competere per ottenere una posizione di leadership mondiale;
              b) impiegare tutti i proventi derivanti dalla vendita all'asta dei permessi di emissioni (ETS) al finanziamento del sopra citato piano di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici;
              c) avviare immediate iniziative di rimozione degli incentivi e dei sussidi diretti e indiretti all'uso di combustibili fossili, anche attraverso la riduzione degli investimenti statali nelle industrie legate all'estrazione di nuovi prodotti fossili nel territorio nazionale, spostando gli investimenti sulla ricerca e sullo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile, sul risparmio energetico nonché sull'efficiente produzione, accumulo e uso dell'energia, rivedendo a tal fine la strategia energetica nazionale e definendo conseguentemente un vero e proprio piano energetico nazionale;
              d) predisporre con urgenza dei piani per affrancare le isole minori dalla dipendenza energetica da gasolio, considerandole per conformazione e per peculiari caratteristiche geografiche e sociali dei laboratori sperimentali prioritari per lo sviluppo di energie rinnovabili ecosostenibili, smart grid e sistemi di accumulo;
              e) subordinare lo sconto in bolletta per i cosiddetti impianti energivori all'adozione di misure concrete per l'efficientamento energetico di detti impianti, prevedendo particolari agevolazioni per le aziende che si dotano di certificazione energetica e che mettono in atto piani per abbassare la propria impronta ecologica ed energetica;
              f) assumere, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, iniziative per stabilizzare lo sgravio fiscale riconosciuto per gli interventi di riqualificazione energetica eventualmente modificando il perimetro di interventi ammessi e il beneficio ad essi riconosciuto;
              g) ad adoperarsi, indipendentemente dagli accordi raggiunti in sede di COP, per raggiungere a livello nazionale obiettivi ancora più ambiziosi, in modo di farsi promotore a livello mondiale di un nuovo modello di sviluppo sostenibile e divenendone una delle economie trainanti.
(6-00177) «Segoni, Artini, Baldassarre, Bechis, Matarrelli, Turco, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Pastorino».


      La Camera,
          sentite le comunicazioni del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
          premesso che:
              il 30 novembre si aprirà, a Parigi, la 21esima Conferenza delle parti della convenzione ONU sui cambiamenti climatici, che vedrà cooperare 195 soggetti aderenti nel tentativo di produrre un accordo vincolante sulle azioni globali di contrasto al mutamento del clima;
              l'accordo emerso dalla COP3 del 1997, conosciuto anche come Protocollo di Kyoto, entrato in vigore nel 2005 con la ratifica della Russia e mai sottoscritto dagli Stati Uniti, prevedeva un vincolo per i Paesi industrializzati di riduzione delle emissioni di gas serra del 5,2 per cento nel periodo 2009-2012 rispetto al 1990;
              il Protocollo, pur essendo indubbiamente uno strumento utile per il controllo delle emissioni, ha imposto una concezione del clima quale bene economico, misurabile e commerciabile, attraverso il meccanismo dello scambio di quote di emissioni;
              l'attenzione mondiale che si è raccolta attorno a questo momento è elevatissima e giunge al termine di un percorso molto complesso che, negli ultimi anni, ha condotto a continui passi in avanti e colpevoli interruzioni nel processo di abbattimento delle emissioni di gas a effetto serra (GHG), responsabili dell'innalzamento delle temperature sul globo terrestre; nell'immaginario collettivo, la COP21 viene, correttamente, individuata come l'ultima possibilità per la comunità internazionale di arrestare un processo che comporterebbe un aumento delle temperature tale da sconvolgere la vita sul nostro pianeta;
              il quinto rapporto dell'IPCC, il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici, ha lanciato lo scorso anno un allarme di eccezionale gravità, sottolineando come i livelli delle emissioni di gas serra abbiano raggiunto i livelli più alti degli ultimi 800 mila anni, e siano dovuti, con tutta probabilità (95 per cento), ad attività umane collegate all'utilizzo di combustibili fossili;
              in particolare, l'IPCC individua un valore soglia di innalzamento delle temperature, rintracciato nei 2oC, al di sopra del quale le conseguenze del cambiamento climatico saranno devastanti; secondo i dati attuali, il trend di emissioni di gas serra asseconda lo scenario peggiore configurato dal Comitato, che prevede un innalzamento medio delle temperature di 3,7o;
              per contenere il livello della temperatura al già elevato valore dei 2o, che produrrà in ogni caso conseguenze poco prevedibili sulle condizioni climatiche globali, è necessario un abbattimento drastico delle emissioni GHG e, dunque, un arresto o riconversione dei processi da cui vengono prodotti: l'utilizzo dei combustibili fossili per le attività umane e, in primis, di carbone e petrolio;
              i 2o, si ricorda, vengono considerati dagli esperti come un valore limite tra un cambiamento climatico pericoloso e uno molto pericoloso, che comporterebbe lo scioglimento dei ghiacci in Groenlandia ed Antartico occidentale, una siccità e una desertificazione molto estese in vaste aree del globo (Africa, Australia, Europa Mediterranea, Stati Uniti) e la conseguente estinzione di molte specie animali e vegetali;
              gli Stati occidentali, si ricorda, mantengono un debito imponente nei confronti del resto della comunità internazionale per quanto concerne le emissioni di gas serra; nel corso degli ultimi due secoli, l'Occidente ha esternalizzato e scaricato sul resto del mondo i danni di una crescita incontrollata, saccheggiando le risorse del Sud del Mondo e producendo livelli di emissioni che, ancora oggi, sono superiori alla media mondiale. L'impronta ecologica, ossia il consumo di risorse rispetto alla capacità del pianeta di rigenerarle, attribuibile a Paesi come gli Stati Uniti, il Giappone, la Francia, la Gran Bretagna e, oggi, anche la Cina, supera infatti di gran lunga il 100 per cento;
              numerosi studi (University College of London; Agenzia governativa australiana Commissione per il Clima; Nature) hanno sottolineato la necessità che, per elaborare politiche credibili ed efficaci di contrasto al cambiamento climatico, sia necessario che tra il 60 e l'80 per cento dei combustibili fossili ancora disponibili venga lasciato sottoterra. In particolare, è necessario che si rinunci a un terzo del petrolio, a metà del gas e all'80 per cento del carbone;
              è necessario, dunque, pianificare un abbandono graduale di tali risorse e procedere a una riconversione del settore energetico, edilizio, agricolo, zootecnico, dei trasporti che consenta di raggiungere la neutralità emissiva nel più breve tempo possibile, con l'orizzonte limite del 2100;
              l'atteggiamento della maggior parte dei governi principali dello scenario internazionale è stato, sino a questo momento, decisamente altalenante;
              se, infatti, da un lato si registrano investimenti importanti nel settore delle energie rinnovabili, considerate come la più importante opzione in grado di coniugare l'abbattimento delle emissioni con ritmi di crescita soddisfacenti, gli impegni sinora assunti non sono assolutamente in grado di rispondere alla drammaticità dell'attuale situazione, e rappresentano, secondo il Climate Action Tracker, circa il 5 per cento di quelli necessari a mettere in atto un reale cambio di rotta;
              in tal senso, si ricorda come gli Stati Uniti e l'Unione Europea stiano negoziando un accordo negoziale di libero scambio sin dal 2013, (il Transatlantic Trade and Investment Partnership), che comporterà un allineamento della normativa ambientale comunitaria a quella, ben meno ambiziosa, degli Stati Uniti, sotto la pressione di un accorato appello delle imprese euroamericane alla competitività;
              alcune stime dei Paesi OPEC, inoltre, prevedono da un terzo a un raddoppio del consumo energetico mondiale entro il 2040, che verrà soddisfatto ancora principalmente dai combustibili fossili;
              in senso inverso possono essere letti, invece, gli impegni presi da Stati Uniti e Cina nell'accordo del novembre 2014, attraverso il quale i primi si sono posti l'obiettivo del taglio del 26-28 per cento delle emissioni entro il 2025 (rispetto ai dati 2005), mentre la Cina ha annunciato il raggiungimento del picco delle emissioni entro il 2030;
              allo stesso modo, l'Unione Europea, da sempre protagonista nella scena ambientale in materia di diritto e politiche ambientali, ha adottato sulla base del pacchetto per il clima e l'energia 2020 (che, si ricorda, prevedeva una riduzione delle emissioni di almeno il 20 per cento, un aumento del 20 per cento della quota delle energie rinnovabili e un miglioramento dell'efficienza energetica del 20 per cento), un ulteriore quadro di impegno, che prevede l'obiettivo vincolante di ridurre entro il 2030 le emissioni nel territorio dell'Unione europea di almeno il 40 per cento rispetto ai livelli del 1990 e una di energie rinnovabili ed efficienza energetica pari al 27 per cento. L'obiettivo generale dell'Unione europea è il taglio delle emissioni dell'80-95 per cento entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990;
              il Parlamento europeo, nel conferire all'Unione il mandato per la Conferenza di Parigi, si è ulteriormente espresso attraverso una risoluzione, che prevede una riduzione del 40 per cento delle emissioni di gas a effetto serra, il 40 per cento di efficienze energetica e il 30 per cento di energie rinnovabili. Il Parlamento ha richiesto anche che venga prodotto un accordo giuridicamente vincolante, che preveda l'eliminazione delle emissioni di carbonio entro il 2050 e periodi di impegno quinquennali per valutare le azioni delle parti e le eventuali misure correttive. Tra le varie misure, il Parlamento richiede che vengano adottati impegni soprattutto per ciò che concerne i finanziamenti (100 miliardi di dollari entro il 2020) e per il taglio delle emissioni nel settore dei trasporti aerei e marini, già dal 2016;
              l'Unione europea ha istituito con la direttiva 2003/87/CE un sistema per lo scambio di quote di emissione dell'Unione con l'obiettivo di promuovere la riduzione delle emissioni secondo criteri di efficacia ed efficienza economica anticipando l'entrata in vigore dell’Emission trading internazionale prevista per il 2008. Alcuni interventi normativi successivi (tra cui la direttiva 2004/101/CE che ha riconosciuto i meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto) e, soprattutto, la riforma del sistema di cui si discute attualmente, mettono in luce le difficoltà a basare la riflessione sul cambiamento climatico su meccanismi di puro mercato;
              da più parti si levano appelli per un rafforzamento della fiscalità ambientale, al fine di internalizzare i costi derivanti dall'utilizzo dei combustibili fossili: la cosiddetta carbon tax è stata invocata anche da numerose compagnie petrolifere, ed è uno strumento che necessita di un accordo in ambito internazionale per non incrinare gli equilibri di mercato;
              su questo si innesta l'annoso contrasto relativo alla questione delle responsabilità comuni ma differenziate che, a partire dalla Conferenza di Rio de Janeiro del 1992, dispone: «in considerazione del differente contributo al degrado ambientale globale, gli Stati hanno responsabilità comuni ma differenziate. I Paesi sviluppati riconoscono la responsabilità che incombe loro nel perseguimento internazionale dello sviluppo sostenibile date le pressioni che le loro società esercitano sull'ambiente globale e le tecnologie e risorse finanziarie di cui dispongono.». Il principio, nel tentativo di ridurre la contraddizione tra obiettivi di taglio delle emissioni e necessità di crescita dei Paesi in via di sviluppo, ha attribuito una responsabilità maggiore ai Paesi sviluppati, creando un precedente che ha più volte compromesso l'esito delle Conferenze sul clima;
              un esempio su tutti di tale criticità è stato il sostanziale fallimento del vertice di Copenaghen, la COP15 del 2009, che, a dispetto della fiducia attribuita al nuovo Presidente Barack Obama, non riuscì a produrre nessun reale accordo sul taglio delle emissioni, e che vide come unico risultato di rilevanza l'istituzione del Green Climate Fund, il quale prevedeva il finanziamento di 100 miliardi di dollari da parte dei Paesi industrializzati per quelli in via di sviluppo al fine di incrementare le loro azioni nella riduzione delle emissioni, nell'utilizzo delle rinnovabili e delle tecnologie pulite e nell'adattamento ai cambiamenti climatici;
              anche il Green Climate Fund, tuttavia, non ha visto un effettivo impegno delle parti, e arriva ora a 10 miliardi a fronte dei 100 che i Paesi industrializzati avevano promesso di mobilitare entro il 2020;
              il G7 di Elmau del giugno 2015 ha previsto tra i suoi obiettivi il contenimento dell'aumento della temperatura globale nei 2oC, riducendo le emissioni di gas serra dal 40 al 70 per cento entro il 2050 rispetto ai livelli del 2010, impegnandosi a mobilitare i 100 miliardi di dollari previsti a Copenaghen attraverso fondi sia pubblici che privati;
              in questo contesto internazionale, l'Italia sta registrando un trend di aumento pari a più del doppio di quello globale, con un aumento di 1,4 gradi rispetto al trentennio 1971-2000 e di 2,4 gradi rispetto alla media 1880-1909;
              il nostro paese ha ratificato il Protocollo di Kyoto attraverso la legge n.  120 del 2002, che recava anche alcune misure per il raggiungimento degli obiettivi di abbattimento delle emissioni;
              l'Italia ha, tuttavia, un atteggiamento discontinuo, con enormi progressi nel settore delle energie rinnovabili e, di contro, il devastante effetto del cosiddetto Sblocca Italia, che definisce le attività di prospezione, ricerca ed estrazione degli idrocarburi attività strategiche, indifferibili e urgenti, in linea con la Strategia Energetica Nazionale ma in totale contrasto con gli obiettivi di progressivo abbandono dei combustibili fossili;
              sono ancora ferme in Parlamento la legge sul consumo di suolo, rimandata a calendario da definirsi, e il collegato alla legge di stabilità 2014 (collegato ambientale), che necessiterebbero invece di approvazione immediata;
              le due grandi questioni dei cambiamenti climatici e dell'emissione di gas serra prodotte da combustibili fossili sono origine, già oggi, di una grande quantità di eventi catastrofici, che richiedono una seria assunzione di responsabilità ed un immediato intervento per non vedere moltiplicati esponenzialmente i propri tragici effetti;
              l'Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio catastrofi ha stimato che, negli ultimi 20 anni, circa il 90 per cento delle grandi catastrofi planetarie è stato strettamente connesso con eventi climatici, ed ha causato enormi perdite umane (606 mila persone; 4,1 miliardi di feriti) ed economiche (tra i 250 e i 300 miliardi di dollari);
              oltre a questi dati, va attualmente considerato quello relativo ai profughi e rifugiati di natura ambientale e climatica, che nel 2013 arrivava a 22 milioni di persone, e che, secondo le stime del Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente, raggiungerà i 250 milioni nel 2050;
              nonostante gli appelli delle associazioni, delle Organizzazioni non Governative e dei giuristi, ancora oggi lo status di rifugiato climatico non viene riconosciuto a livello internazionale, ed impedisce a milioni di persone la protezione giuridica necessaria alla propria sopravvivenza e al proprio sviluppo;
              nell'ambito della Conferenza di Parigi, il Presidente Hollande ha comunicato di voler presentare una Déclaration universelle de droits et de devoirs de l'humanité, che costituiscono i diritti delle generazioni presenti e future;
              un ulteriore elemento trascurato nel corso delle discussioni internazionali sul tema dei cambiamenti climatici e delle politiche ambientali è quello della partecipazione dei cittadini e delle comunità alle decisioni in materia di ambiente, nonostante il Principio 10 della Dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992 reciti: «Il modo migliore di trattare le questioni ambientali è quello di assicurare la partecipazione di tutti i cittadini interessati, ai diversi livelli»,

impegna il Governo:

          in ambito internazionale:
              a sollecitare e favorire l'approvazione di un accordo vincolante globale con obiettivi determinati, monitorabili e aggiornati con frequenza quinquennale, che imponga la riduzione e il progressivo azzeramento delle emissioni di gas a effetto serra;
              a imporsi, nella discussione della COP21, per l'attivazione di misure che pongano come limite massimo di innalzamento delle temperature la soglia di 1.5 gradi per contenere gli effetti sul clima del nostro pianeta, scarsamente prevedibili e riconosciuti già ora come pericolosi;
              ad adoperarsi per l'abbandono totale delle fonti di energia fossili e il contestuale raggiungimento del 100 per cento di energia proveniente da fonti rinnovabili entro il 2050, in modo da garantire neutralità emissiva entro quella data;
              ad adoperarsi per una riforma del principio delle responsabilità differenziate, anche considerando i profondi mutamenti nel ruolo e nello sviluppo di alcuni Paesi come la Cina e l'India;
              a favorire il finanziamento immediato di 100 miliardi di dollari per il fondo verde per il clima con la previsione di ulteriori investimenti futuri, che consentano ai Paesi meno sviluppati di accedere agli strumenti e alle tecnologie necessari ad uno sviluppo fondato sulle energie rinnovabili e la sostenibilità ambientale, attraverso mezzi e competenze adeguati;
              a favorire, nel nuovo accordo, obiettivi concernenti l'economia circolare, in linea con il processo attualmente in atto in ambito comunitario del pacchetto «economia circolare», considerato che tale impostazione presuppone un approccio completamente diverso alla crescita e allo sviluppo: obiettivi ambiziosi in tal senso sono uno strumento essenziale per l'abbattimento delle emissioni e la lotta al cambiamento climatico;
              ad adoperarsi per la previsione di finanziamenti e risorse che leghino i temi della lotta e dell'adattamento ai cambiamenti climatici con il lavoro, attraverso cosiddetti green jobs e la pianificazione di interventi negli Stati che rispondano a esigenze quali, ad esempio, la rigenerazione e riqualificazione dei centri abitati, l'ammodernamento delle reti energetiche alle fonti rinnovabili, la manutenzione del territorio nel contrasto al dissesto idrogeologico, la manutenzione delle reti idriche;
              a favorire misure di fiscalità ambientale quali la carbon tax, per cui la sede internazionale risulta necessaria a contrastare comportamenti da free riders da parte di molti Paesi;
              ad adoperarsi per vincolare le parti ad obiettivi di consumo di suolo nel contesto di un progressivo arresto dello stesso, da realizzare nell'immediato nei Paesi industrializzati;
              a imporsi per l'introduzione del riconoscimento della figura di rifugiato climatico o ambientale, in modo da garantire tutela giuridica a decine di milioni di individui destinati ad aumentare esponenzialmente, per i quali è impossibile la permanenza nel territorio di provenienza;
              a sollecitare particolare attenzione per l'istituzione, in ogni Paese, di forme di controllo popolare e pianificazione partecipati degli interventi in grado di incidere sulle politiche ambientali, la pianificazione del territorio, i cambiamenti climatici;
              ad assumere iniziative per escludere la possibilità di sviluppare la cosiddetta geoingegneria o ingegneria climatica, una tecnica che consentirebbe la cattura e lo stoccaggio del carbonio attraverso una vera e propria manipolazione del clima, di cui sono ignoti gli effetti su larga scala;
              a impegnarsi per l'inserimento di un esplicito riferimento all'eliminazione di qualsiasi minaccia connessa con una guerra nucleare all'interno della succitata Déclaration universelle de droits et de devoìrs de l'humanité;
              a proporre l'elaborazione di una definizione giuridica universale di ecocidio, e della contestuale costituzione di una Corte internazionale sui crimini ambientali;

          in ambito nazionale:
              a implementare a livello nazionale e regionale la Strategia di adattamento ai cambiamenti climatici attraverso indicazioni concrete e interventi pianificati di diversa natura;
              a introdurre ulteriori misure di fiscalità ambientale che predispongano l'azzeramento di qualsiasi tipo di facilitazione o sussidio alle fonti fossili, a favore di investimenti nel settore delle energie rinnovabili e della lotta al dissesto idrogeologico;
              a proporre in sede europea e a prevedere in ambito nazionale l'esclusione delle spese a favore della tutela ambientale, della manutenzione del territorio e del contrasto ai cambiamenti climatici dalle politiche di austerità e del patto di stabilità;
              a prevedere, anche unilateralmente come ha da poco annunciato il Regno Unito per la decarbonizzazione, obiettivi scadenzati che conducano al totale abbandono dei combustibili fossili quali fonti energetiche, adottando una politica energetica ambiziosa in grado di raggiungere la neutralità emissiva entro il 2050.
(6-00178) «Zaratti, Pellegrino, Scotto, Duranti, Marcon, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini».


      La Camera,
          sentite le comunicazioni del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
          premesso che:
              il 30 novembre si aprirà, a Parigi, la 21esima Conferenza delle parti della convenzione ONU sui cambiamenti climatici, che vedrà cooperare 195 soggetti aderenti nel tentativo di produrre un accordo vincolante sulle azioni globali di contrasto al mutamento del clima;
              l'accordo emerso dalla COP3 del 1997, conosciuto anche come Protocollo di Kyoto, entrato in vigore nel 2005 con la ratifica della Russia e mai sottoscritto dagli Stati Uniti, prevedeva un vincolo per i Paesi industrializzati di riduzione delle emissioni di gas serra del 5,2 per cento nel periodo 2009-2012 rispetto al 1990;
              il Protocollo, pur essendo indubbiamente uno strumento utile per il controllo delle emissioni, ha imposto una concezione del clima quale bene economico, misurabile e commerciabile, attraverso il meccanismo dello scambio di quote di emissioni;
              l'attenzione mondiale che si è raccolta attorno a questo momento è elevatissima e giunge al termine di un percorso molto complesso che, negli ultimi anni, ha condotto a continui passi in avanti e colpevoli interruzioni nel processo di abbattimento delle emissioni di gas a effetto serra (GHG), responsabili dell'innalzamento delle temperature sul globo terrestre; nell'immaginario collettivo, la COP21 viene, correttamente, individuata come l'ultima possibilità per la comunità internazionale di arrestare un processo che comporterebbe un aumento delle temperature tale da sconvolgere la vita sul nostro pianeta;
              il quinto rapporto dell'IPCC, il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici, ha lanciato lo scorso anno un allarme di eccezionale gravità, sottolineando come i livelli delle emissioni di gas serra abbiano raggiunto i livelli più alti degli ultimi 800 mila anni, e siano dovuti, con tutta probabilità (95 per cento), ad attività umane collegate all'utilizzo di combustibili fossili;
              in particolare, l'IPCC individua un valore soglia di innalzamento delle temperature, rintracciato nei 2oC, al di sopra del quale le conseguenze del cambiamento climatico saranno devastanti; secondo i dati attuali, il trend di emissioni di gas serra asseconda lo scenario peggiore configurato dal Comitato, che prevede un innalzamento medio delle temperature di 3,7o;
              per contenere il livello della temperatura al già elevato valore dei 2o, che produrrà in ogni caso conseguenze poco prevedibili sulle condizioni climatiche globali, è necessario un abbattimento drastico delle emissioni GHG e, dunque, un arresto o riconversione dei processi da cui vengono prodotti: l'utilizzo dei combustibili fossili per le attività umane e, in primis, di carbone e petrolio;
              i 2o, si ricorda, vengono considerati dagli esperti come un valore limite tra un cambiamento climatico pericoloso e uno molto pericoloso, che comporterebbe lo scioglimento dei ghiacci in Groenlandia ed Antartico occidentale, una siccità e una desertificazione molto estese in vaste aree del globo (Africa, Australia, Europa Mediterranea, Stati Uniti) e la conseguente estinzione di molte specie animali e vegetali;
              gli Stati occidentali, si ricorda, mantengono un debito imponente nei confronti del resto della comunità internazionale per quanto concerne le emissioni di gas serra; nel corso degli ultimi due secoli, l'Occidente ha esternalizzato e scaricato sul resto del mondo i danni di una crescita incontrollata, saccheggiando le risorse del Sud del Mondo e producendo livelli di emissioni che, ancora oggi, sono superiori alla media mondiale. L'impronta ecologica, ossia il consumo di risorse rispetto alla capacità del pianeta di rigenerarle, attribuibile a Paesi come gli Stati Uniti, il Giappone, la Francia, la Gran Bretagna e, oggi, anche la Cina, supera infatti di gran lunga il 100 per cento;
              numerosi studi (University College of London; Agenzia governativa australiana Commissione per il Clima; Nature) hanno sottolineato la necessità che, per elaborare politiche credibili ed efficaci di contrasto al cambiamento climatico, sia necessario che tra il 60 e l'80 per cento dei combustibili fossili ancora disponibili venga lasciato sottoterra. In particolare, è necessario che si rinunci a un terzo del petrolio, a metà del gas e all'80 per cento del carbone;
              è necessario, dunque, pianificare un abbandono graduale di tali risorse e procedere a una riconversione del settore energetico, edilizio, agricolo, zootecnico, dei trasporti che consenta di raggiungere la neutralità emissiva nel più breve tempo possibile, con l'orizzonte limite del 2100;
              l'atteggiamento della maggior parte dei governi principali dello scenario internazionale è stato, sino a questo momento, decisamente altalenante;
              se, infatti, da un lato si registrano investimenti importanti nel settore delle energie rinnovabili, considerate come la più importante opzione in grado di coniugare l'abbattimento delle emissioni con ritmi di crescita soddisfacenti, gli impegni sinora assunti non sono assolutamente in grado di rispondere alla drammaticità dell'attuale situazione, e rappresentano, secondo il Climate Action Tracker, circa il 5 per cento di quelli necessari a mettere in atto un reale cambio di rotta;
              in tal senso, si ricorda come gli Stati Uniti e l'Unione Europea stiano negoziando un accordo negoziale di libero scambio sin dal 2013, (il Transatlantic Trade and Investment Partnership), che comporterà un allineamento della normativa ambientale comunitaria a quella, ben meno ambiziosa, degli Stati Uniti, sotto la pressione di un accorato appello delle imprese euroamericane alla competitività;
              alcune stime dei Paesi OPEC, inoltre, prevedono da un terzo a un raddoppio del consumo energetico mondiale entro il 2040, che verrà soddisfatto ancora principalmente dai combustibili fossili;
              in senso inverso possono essere letti, invece, gli impegni presi da Stati Uniti e Cina nell'accordo del novembre 2014, attraverso il quale i primi si sono posti l'obiettivo del taglio del 26-28 per cento delle emissioni entro il 2025 (rispetto ai dati 2005), mentre la Cina ha annunciato il raggiungimento del picco delle emissioni entro il 2030;
              allo stesso modo, l'Unione Europea, da sempre protagonista nella scena ambientale in materia di diritto e politiche ambientali, ha adottato sulla base del pacchetto per il clima e l'energia 2020 (che, si ricorda, prevedeva una riduzione delle emissioni di almeno il 20 per cento, un aumento del 20 per cento della quota delle energie rinnovabili e un miglioramento dell'efficienza energetica del 20 per cento), un ulteriore quadro di impegno, che prevede l'obiettivo vincolante di ridurre entro il 2030 le emissioni nel territorio dell'Unione europea di almeno il 40 per cento rispetto ai livelli del 1990 e una di energie rinnovabili ed efficienza energetica pari al 27 per cento. L'obiettivo generale dell'Unione europea è il taglio delle emissioni dell'80-95 per cento entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990;
              il Parlamento europeo, nel conferire all'Unione il mandato per la Conferenza di Parigi, si è ulteriormente espresso attraverso una risoluzione, che prevede una riduzione del 40 per cento delle emissioni di gas a effetto serra, il 40 per cento di efficienze energetica e il 30 per cento di energie rinnovabili. Il Parlamento ha richiesto anche che venga prodotto un accordo giuridicamente vincolante, che preveda l'eliminazione delle emissioni di carbonio entro il 2050 e periodi di impegno quinquennali per valutare le azioni delle parti e le eventuali misure correttive. Tra le varie misure, il Parlamento richiede che vengano adottati impegni soprattutto per ciò che concerne i finanziamenti (100 miliardi di dollari entro il 2020) e per il taglio delle emissioni nel settore dei trasporti aerei e marini, già dal 2016;
              l'Unione europea ha istituito con la direttiva 2003/87/CE un sistema per lo scambio di quote di emissione dell'Unione con l'obiettivo di promuovere la riduzione delle emissioni secondo criteri di efficacia ed efficienza economica anticipando l'entrata in vigore dell’Emission trading internazionale prevista per il 2008. Alcuni interventi normativi successivi (tra cui la direttiva 2004/101/CE che ha riconosciuto i meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto) e, soprattutto, la riforma del sistema di cui si discute attualmente, mettono in luce le difficoltà a basare la riflessione sul cambiamento climatico su meccanismi di puro mercato;
              da più parti si levano appelli per un rafforzamento della fiscalità ambientale, al fine di internalizzare i costi derivanti dall'utilizzo dei combustibili fossili: la cosiddetta carbon tax è stata invocata anche da numerose compagnie petrolifere, ed è uno strumento che necessita di un accordo in ambito internazionale per non incrinare gli equilibri di mercato;
              su questo si innesta l'annoso contrasto relativo alla questione delle responsabilità comuni ma differenziate che, a partire dalla Conferenza di Rio de Janeiro del 1992, dispone: «in considerazione del differente contributo al degrado ambientale globale, gli Stati hanno responsabilità comuni ma differenziate. I Paesi sviluppati riconoscono la responsabilità che incombe loro nel perseguimento internazionale dello sviluppo sostenibile date le pressioni che le loro società esercitano sull'ambiente globale e le tecnologie e risorse finanziarie di cui dispongono.». Il principio, nel tentativo di ridurre la contraddizione tra obiettivi di taglio delle emissioni e necessità di crescita dei Paesi in via di sviluppo, ha attribuito una responsabilità maggiore ai Paesi sviluppati, creando un precedente che ha più volte compromesso l'esito delle Conferenze sul clima;
              un esempio su tutti di tale criticità è stato il sostanziale fallimento del vertice di Copenaghen, la COP15 del 2009, che, a dispetto della fiducia attribuita al nuovo Presidente Barack Obama, non riuscì a produrre nessun reale accordo sul taglio delle emissioni, e che vide come unico risultato di rilevanza l'istituzione del Green Climate Fund, il quale prevedeva il finanziamento di 100 miliardi di dollari da parte dei Paesi industrializzati per quelli in via di sviluppo al fine di incrementare le loro azioni nella riduzione delle emissioni, nell'utilizzo delle rinnovabili e delle tecnologie pulite e nell'adattamento ai cambiamenti climatici;
              anche il Green Climate Fund, tuttavia, non ha visto un effettivo impegno delle parti, e arriva ora a 10 miliardi a fronte dei 100 che i Paesi industrializzati avevano promesso di mobilitare entro il 2020;
              il G7 di Elmau del giugno 2015 ha previsto tra i suoi obiettivi il contenimento dell'aumento della temperatura globale nei 2oC, riducendo le emissioni di gas serra dal 40 al 70 per cento entro il 2050 rispetto ai livelli del 2010, impegnandosi a mobilitare i 100 miliardi di dollari previsti a Copenaghen attraverso fondi sia pubblici che privati;
              in questo contesto internazionale, l'Italia sta registrando un trend di aumento pari a più del doppio di quello globale, con un aumento di 1,4 gradi rispetto al trentennio 1971-2000 e di 2,4 gradi rispetto alla media 1880-1909;
              il nostro paese ha ratificato il Protocollo di Kyoto attraverso la legge n.  120 del 2002, che recava anche alcune misure per il raggiungimento degli obiettivi di abbattimento delle emissioni;
              sono in via di approvazione in Parlamento la legge sul consumo di suolo e il collegato alla legge di stabilità 2014 (collegato ambientale), che necessitano di approvazione immediata;
              le due grandi questioni dei cambiamenti climatici e dell'emissione di gas serra prodotte da combustibili fossili sono origine, già oggi, di una grande quantità di eventi catastrofici, che richiedono una seria assunzione di responsabilità ed un immediato intervento per non vedere moltiplicati esponenzialmente i propri tragici effetti;
              l'Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio catastrofi ha stimato che, negli ultimi 20 anni, circa il 90 per cento delle grandi catastrofi planetarie è stato strettamente connesso con eventi climatici, ed ha causato enormi perdite umane (606 mila persone; 4,1 miliardi di feriti) ed economiche (tra i 250 e i 300 miliardi di dollari);
              oltre a questi dati, va attualmente considerato quello relativo ai profughi e rifugiati di natura ambientale e climatica, che nel 2013 arrivava a 22 milioni di persone, e che, secondo le stime del Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente, raggiungerà i 250 milioni nel 2050;
              nonostante gli appelli delle associazioni, delle Organizzazioni non Governative e dei giuristi, ancora oggi lo status di rifugiato climatico non viene riconosciuto a livello internazionale, ed impedisce a milioni di persone la protezione giuridica necessaria alla propria sopravvivenza e al proprio sviluppo;
              nell'ambito della Conferenza di Parigi, il Presidente Hollande ha comunicato di voler presentare una Déclaration universelle de droits et de devoirs de l'humanité, che costituiscono i diritti delle generazioni presenti e future;
              un ulteriore elemento da rafforzare nel corso delle discussioni internazionali sul tema dei cambiamenti climatici e delle politiche ambientali è quello della partecipazione dei cittadini e delle comunità alle decisioni in materia di ambiente, nonostante il Principio 10 della Dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992 reciti: «Il modo migliore di trattare le questioni ambientali è quello di assicurare la partecipazione di tutti i cittadini interessati, ai diversi livelli»,

impegna il Governo:

          in ambito internazionale:
              a sollecitare e favorire l'approvazione di un accordo vincolante, un protocollo, un altro strumento giuridico o un risultato concordato con forza legale, che imponga la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra;
              a imporsi, nella discussione della COP21, per l'attivazione di misure che pongano come limite massimo di innalzamento delle temperature la soglia di 2 gradi per contenere gli effetti sul clima del nostro pianeta, scarsamente prevedibili e riconosciuti già ora come pericolosi;
              ad adoperarsi per la riduzione delle fonti di energia fossile;
              ad adoperarsi per una riforma del principio delle responsabilità differenziate, anche considerando i profondi mutamenti nel suolo e nello sviluppo di alcuni Paesi come la Cina e l'India;
              a favorire il raggiungimento dell'obiettivo di 100 miliardi di dollari al 2020 per la finanza per il clima, compreso il fondo verde per il clima con la previsione di ulteriori investimenti futuri, che consentano ai Paesi meno sviluppati di accedere agli strumenti e alle tecnologie necessari ad uno sviluppo fondato sulle energie rinnovabili e la sostenibilità ambientale, attraverso mezzi e competenze adeguati;
              a favorire obiettivi concernenti l'economia circolare, in linea con il processo attualmente in atto in ambito comunitario del pacchetto «economia circolare», considerato che tale impostazione presuppone un approccio completamente diverso alla crescita e allo sviluppo: obiettivi ambiziosi in tal senso sono uno strumento essenziale per l'abbattimento delle emissioni e la lotta al cambiamento climatico;
              ad adoperarsi per la previsione di finanziamenti e risorse che leghino i temi della lotta e dell'adattamento ai cambiamenti climatici con il lavoro, attraverso cosiddetti green jobs e la pianificazione di interventi negli Stati che rispondano a esigenze quali, ad esempio, la rigenerazione e riqualificazione dei centri abitati, l'ammodernamento delle reti energetiche alle fonti rinnovabili, la manutenzione del territorio nel contrasto al dissesto idrogeologico, la manutenzione delle reti idriche;
              a favorire misure di fiscalità ambientale quali la carbon tax, per cui la sede internazionale risulta necessaria a contrastare comportamenti da free riders da parte di molti Paesi;
              ad adoperarsi per vincolare ad obiettivi di consumo di suolo nel contesto di un progressivo arresto dello stesso, da realizzare nell'immediato nei Paesi industrializzati;
              a favorire il riconoscimento della figura di rifugiato climatico o ambientale, in modo da garantire tutela giuridica a decine di milioni di individui destinati ad aumentare esponenzialmente, per i quali è impossibile la permanenza nel territorio di provenienza;
              a sollecitare particolare attenzione per l'istituzione, in ogni Paese, di forme di controllo popolare e pianificazione partecipati degli interventi in grado di incidere sulle politiche ambientali, la pianificazione del territorio, i cambiamenti climatici;
              ad assumere iniziative per considerare gli impatti della cosiddetta geoingegneria o ingegneria climatica, una tecnica che consentirebbe la cattura e lo stoccaggio del carbonio attraverso una vera e propria manipolazione del clima, di cui sono ignoti gli effetti su larga scala;
              a impegnarsi per l'inserimento di un esplicito riferimento all'eliminazione di qualsiasi minaccia connessa con una guerra nucleare all'interno della succitata Déclaration universelle de droits et de devoìrs de l'humanité;
              a proporre l'elaborazione di una definizione giuridica universale di ecocidio, e della contestuale costituzione di una Corte internazionale sui crimini ambientali;

          in ambito nazionale:
              a implementare a livello nazionale e regionale la Strategia di adattamento ai cambiamenti climatici attraverso indicazioni concrete e interventi pianificati di diversa natura;
              a introdurre ulteriori misure di fiscalità ambientale che predispongano la progressiva riduzione di qualsiasi tipo di facilitazione o sussidio alle fonti fossili, a favore di investimenti nel settore delle energie rinnovabili e della lotta al dissesto idrogeologico;
              a proporre in sede europea e a prevedere in ambito nazionale l'esclusione delle spese a favore della tutela ambientale, della manutenzione del territorio e del contrasto ai cambiamenti climatici dalle politiche di austerità e del patto di stabilità;
              a prevedere, anche unilateralmente come ha da poco annunciato il Regno Unito per la decarbonizzazione, obiettivi scadenzati che conducano al totale abbandono dei combustibili fossili quali fonti energetiche, adottando una politica energetica ambiziosa in grado di raggiungere la neutralità emissiva entro il 2050.
(6-00178)
(Testo modificato nel corso della seduta)  «Zaratti, Pellegrino, Scotto, Duranti, Marcon, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini».


      La Camera,
          premesso che,
              al fine di favorire lo sviluppo di politiche attive climatico-ambientali tese al raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio climatico è indispensabile perseguire progetti di integrazione energetico ambientale attraverso piani strategici di riforestazione e lotta alla desertificazione tese anche a valorizzare le caratteristiche paesaggistico-naturalistiche;
              è indispensabile promuovere azioni tese ad estendere nella misura massima, gli incentivi energetico ambientali, per quanto riguarda lo Stato italiano quelli di cui all'articolo 2, commi da 143 a 150, della legge 24 dicembre 2007, n.  244, e successive modificazioni, relativi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ai progetti di ripristino endogeno-forestale e di forestazione produttiva funzionali alla «produzione di ossigeno» e alla produzione di biomasse forestali;
              è indispensabile definire politiche di incentivazione attraverso criteri e parametri che comparino gli incentivi per eolico, fotovoltaico eccetera all'impatto della forestazione sul bilancio climatico-ambientale-energetico;
              si ritiene necessario perseguire azioni tese a promuovere incentivi energetico ambientali tesi a valorizzare l'impatto ambientale climatico della forestazione, devono essere estesi all'intera filiera della produzione di «ossigeno da forestazione» produttiva del ciclo delle biomasse, compresa la specifica filiera agricola;
              è indispensabile che lo Stato proponga nel consesso internazionale azioni tese a favorire lo sviluppo della forestazione e delle biomasse, anche attraverso la concessione delle aree demaniali e di proprietà, comprese le aree militari, degradate e desertificate, per progetti di forestazione ambientale e di gestione produttiva delle biomasse,

impegna il Governo:

          a proporre nel consesso internazionale meccanismi di incentivazione delle politiche di forestazione e lotta alla desertificazione da equiparare agli incentivi energetico ambientali;
          a proporre azioni tese ad individuare la forestazione, la riforestazione e la lotta alla desertificazione, con particolare riferimento all'area del Mediterraneo, come elemento imprescindibile delle politiche climatiche e della loro incentivazione;
(6-00179) «Pili».


      La Camera,
          premesso che:
              è sotto gli occhi di tutti il progressivo ed inquietate deterioramento del clima in tutto il pianeta su cui sono ormai innegabili gli effetti negativi prodotti dall'attività umana, a partire dalla rivoluzione industriale e cioè da quando si è iniziato a bruciare su larghissima scala, dapprima il carbone fossile e poi soprattutto petrolio e gas naturale determinando l'emissione di grandissime quantità di gas serra;
              l'aumento della temperatura media dell'aria, il ripetersi sempre più frequente di eventi atmosferici estremi, la riduzione della superficie delle calotte polari e dei ghiacciai montani, l'innalzamento del livello del mare sono tutti fenomeni che non possono non preoccuparci profondamente anche perché se non ci sarà in tempi brevi una inversione di rotta, su scala mondiale, nel campo delle emissioni di gas serra assisteremo ad un peggioramento grave delle condizioni climatiche globali;
              a livello scientifico si indica la soglia di due gradi di aumento della temperatura globale media, rispetto al periodo precedente all'inizio della rivoluzione industriale come limite da non superare per evitare effetti molto gravi e non chiaramente prevedibili sul clima;
              è in questa situazione ed in un clima di maggiore consapevolezza dei gravi problemi sul tappeto che si inserisce l'imminente l'apertura della XXI Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si svolgerà a Parigi dal prossimo 30 novembre all'11 dicembre;
              nell'ambito di tale Conferenza dovranno essere chiaramente ridefiniti gli obiettivi di contenimento e riduzione delle emissioni di gas serra e si dovranno definire con maggiore chiarezza, rispetto al passato, gli impegni vincolanti per i singoli paesi aderenti;
              su questo terreno l'Unione europea ha fatto da battistrada ottenendo risultati positivi per la riduzione delle proprie emissioni con il pacchetto clima energia 20-20-20 (riduzione dei gas serra del 20 per cento, innalzamento del 20 per cento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili risparmio energetico del 20 per cento il tutto entro il 2020). Ora l'Europa si presenta alla Conferenza di Parigi con l'obiettivo a lungo termine di limitare l'aumento della temperatura globale media entro 2 gradi rispetto al periodo preindustriale e per ottenere tali risultati l'Unione europea sottolinea che le emissioni di gas serra dovranno stabilizzarsi entro il 2020 e ridursi almeno del 50 per cento entro il 2050;
              l'Italia, grazie anche alla sensibilità ed all'impegno del governo Berlusconi è riuscita a ridurre in misura significativa le emissioni di gas serra rispettando l'obiettivo del Protocollo di Kyoto che prevedeva per il nostro paese l'impegno nazionale di riduzione del 6,5 per cento delle emissioni nel periodo 2008-2012 e c’è la concreta prospettiva di raggiungere l'obiettivo europeo di ridurre le emissioni del 20 per cento entro il 2020. Questo risultato è stato ottenuto grazie alla modernizzazione dei processi produttivi in generale ed alla migliorata efficienza dei sistemi di produzione ed utilizzazione dell'energia elettrica che ha portato a risparmi nei consumi;
              il nostro paese ha anche, in linea con gli obiettivi europei, avviato l'impiego su larga scala delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica prevedendo incentivi consistenti per i produttori di energia verde;
              di conseguenza abbiamo le carte in regola per ricordare che la riduzione su scala mondiale delle emissioni di gas serra, non è ancora sufficiente per determinare gli effetti necessari sul clima se ad effettuare tali azioni virtuose in campo ambientale sono solo i paesi, peraltro prevalentemente appartenenti all'Unione europea. Oggi finalmente anche i paesi che sono responsabili dei maggiori volumi di emissioni di gas serra come: gli Stati Uniti, la Cina, l'India, il Brasile, e le tigri del sud est asiatico mostrano una diversa consapevolezza e disponibilità a contenere le proprie emissioni e questo rappresenta una grande speranza per la Conferenza di Parigi;
              un altro deprecabile fenomeno di cui bisogna tenere conto e che bisogna fronteggiare, ai fini del mantenimento dell'equilibrio climatico, è la progressiva riduzione della superficie delle foreste pluviali equatoriali e questo per effetto dello sfruttamento eccessivo che sta aggredendo il «polmone verde» del pianeta; tutto questo avviene in misura allarmante in: Brasile, India, Indonesia, Africa centrale e sud est asiatico;
              la sfida del cambiamento climatico investe anche lo sviluppo della green economy una diversa gestione del territorio e dell'agricoltura e degli incentivi di ristrutturazione edilizia ai fini energetici,

impegna il Governo:

          a far sì che l'imminente Conferenza di Parigi tra i paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, consenta di arrivare ad un accordo globale e vincolante per la riduzione delle emissioni di gas serra, con obiettivi realistici e opportunamente cadenzati e verificabili;
          ad adoperarsi affinché vengano introdotte sanzioni credibili per i paesi aderenti che non rispetteranno gli impegni assunti per la riduzione delle emissioni di gas serra in quanto in caso contrario gli sforzi dei pochi paesi virtuosi, tra cui l'Italia, avrebbero poco effetto sul piano globale;
          a favorire sia in seno alle Nazioni Unite, sia nell'ambito dell'Unione europea, sia sul piano nazionale politiche di contenimento delle emissioni di gas serra serie e realistiche e che consentano di contrastare efficacemente l'aumento della temperatura media dell'aria.
(6-00180) «Prestigiacomo, Occhiuto».


      La Camera,
          premesso che:
              è sotto gli occhi di tutti il progressivo ed inquietate deterioramento del clima in tutto il pianeta su cui sono ormai innegabili gli effetti negativi prodotti dall'attività umana, a partire dalla rivoluzione industriale e cioè da quando si è iniziato a bruciare su larghissima scala, dapprima il carbone fossile e poi soprattutto petrolio e gas naturale determinando l'emissione di grandissime quantità di gas serra;
              l'aumento della temperatura media dell'aria, il ripetersi sempre più frequente di eventi atmosferici estremi, la riduzione della superficie delle calotte polari e dei ghiacciai montani, l'innalzamento del livello del mare sono tutti fenomeni che non possono non preoccuparci profondamente anche perché se non ci sarà in tempi brevi una inversione di rotta, su scala mondiale, nel campo delle emissioni di gas serra assisteremo ad un peggioramento grave delle condizioni climatiche globali;
              a livello scientifico si indica la soglia di due gradi di aumento della temperatura globale media, rispetto al periodo precedente all'inizio della rivoluzione industriale come limite da non superare per evitare effetti molto gravi e non chiaramente prevedibili sul clima;
              è in questa situazione ed in un clima di maggiore consapevolezza dei gravi problemi sul tappeto che si inserisce l'imminente l'apertura della XXI Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si svolgerà a Parigi dal prossimo 30 novembre all'11 dicembre;
              nell'ambito di tale Conferenza dovranno essere chiaramente ridefiniti gli obiettivi di contenimento e riduzione delle emissioni di gas serra e si dovranno definire con maggiore chiarezza, rispetto al passato, gli impegni vincolanti per i singoli paesi aderenti;
              su questo terreno l'Unione europea ha fatto da battistrada ottenendo risultati positivi per la riduzione delle proprie emissioni con il pacchetto clima energia 20-20-20 (riduzione dei gas serra del 20 per cento, innalzamento del 20 per cento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili risparmio energetico del 20 per cento il tutto entro il 2020). Ora l'Europa si presenta alla Conferenza di Parigi con l'obiettivo a lungo termine di limitare l'aumento della temperatura globale media entro 2 gradi rispetto al periodo preindustriale e per ottenere tali risultati l'Unione europea sottolinea che le emissioni di gas serra dovranno stabilizzarsi entro il 2020 e ridursi almeno del 50 per cento entro il 2050;
              l'Italia, grazie anche alla sensibilità ed all'impegno dei vari Governi è riuscita a ridurre in misura significativa le emissioni di gas serra rispettando l'obiettivo del Protocollo di Kyoto che prevedeva per il nostro paese l'impegno nazionale di riduzione del 6,5 per cento delle emissioni nel periodo 2008-2012 e c’è la concreta prospettiva di raggiungere l'obiettivo europeo di ridurre le emissioni del 20 per cento entro il 2020. Questo risultato è stato ottenuto grazie alla modernizzazione dei processi produttivi in generale ed alla migliorata efficienza dei sistemi di produzione ed utilizzazione dell'energia elettrica che ha portato a risparmi nei consumi;
              il nostro paese ha anche, in linea con gli obiettivi europei, avviato l'impiego su larga scala delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica prevedendo incentivi consistenti per i produttori di energia verde;
              di conseguenza abbiamo le carte in regola per ricordare che la riduzione su scala mondiale delle emissioni di gas serra, non è ancora sufficiente per determinare gli effetti necessari sul clima se ad effettuare tali azioni virtuose in campo ambientale sono solo i paesi, peraltro prevalentemente appartenenti all'Unione europea. Oggi finalmente anche i paesi che sono responsabili dei maggiori volumi di emissioni di gas serra come: gli Stati Uniti, la Cina, l'India, il Brasile, e le tigri del sud est asiatico mostrano una diversa consapevolezza e disponibilità a contenere le proprie emissioni e questo rappresenta una grande speranza per la Conferenza di Parigi;
              un altro deprecabile fenomeno di cui bisogna tenere conto e che bisogna fronteggiare, ai fini del mantenimento dell'equilibrio climatico, è la progressiva riduzione della superficie delle foreste pluviali equatoriali e questo per effetto dello sfruttamento eccessivo che sta aggredendo il «polmone verde» del pianeta; tutto questo avviene in misura allarmante in: Brasile, India, Indonesia, Africa centrale e sud est asiatico;
              la sfida del cambiamento climatico investe anche lo sviluppo della green economy una diversa gestione del territorio e dell'agricoltura e degli incentivi di ristrutturazione edilizia ai fini energetici,

impegna il Governo:

          a far sì che l'imminente Conferenza di Parigi tra i paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, consenta di arrivare ad un accordo globale, un protocollo, un altro strumento giuridico o un risultato concordato con forza legale, per la riduzione delle emissioni di gas serra, con obiettivi realistici e opportunamente cadenzati e verificabili;
          ad adoperarsi affinché vengano introdotti sistemi sanzionatori credibili per i paesi aderenti che non rispetteranno gli impegni assunti per la riduzione delle emissioni di gas serra in quanto in caso contrario gli sforzi dei pochi paesi virtuosi, tra cui l'Italia, avrebbero poco effetto sul piano globale;
          a favorire sia in seno alle Nazioni Unite, sia nell'ambito dell'Unione europea, sia sul piano nazionale politiche di contenimento delle emissioni di gas serra serie e realistiche e che consentano di contrastare efficacemente l'aumento della temperatura media dell'aria.
(6-00180)
(Testo modificato nel corso della seduta)     «Prestigiacomo, Occhiuto».


      La Camera,
          premesso che,
              dal 30 novembre all'11 dicembre del 2015 a Parigi avrà luogo la XXI Conferenza delle Parti (COP 21) che riunirà più di 190 leader dei Paesi del mondo, con l'obiettivo di concludere, per la prima volta in oltre venti anni di mediazione da parte delle Nazioni Unite, un accordo vincolante e universale sul clima, accettato da tutte le Nazioni;
              l'aggravarsi del surriscaldamento è in buona parte imputabile all'accumulazione di emissioni presenti e passate, che la biosfera terrestre non è ormai più in grado di smaltire, in virtù di fenomeni come deforestazione e acidificazione degli oceani;
              l'aumento delle concentrazioni di gas serra in atmosfera è la maggiore causa dell'intensificazione dei fenomeni legati al cambiamento climatico che porta con sé conseguenze enormi per quanto riguarda l'impatto ambientale e la vivibilità dei territori;
              dal 1861 ad oggi la temperatura media della Terra è aumentata di 0.6 gradi centigradi e di quasi 1oC nella sola Europa, e gli scienziati prevedono per i prossimi decenni un ulteriore aumento della temperatura tra 1,4 e 5,8 gradi centigradi;
              tale riscaldamento determina da un lato l'aumento del rischio di desertificazione, posto che già oggi un quarto della superficie terrestre ne è interessato e che l'inaridimento caratterizzato da carenza di piogge e da alte temperature riguarda circa il 47 per cento delle terre emerse, e, dall'altro lato, la diminuzione dei ghiacciai e delle nevi perenni, tanto che oggi quasi nove ghiacciai su dieci si stanno sciogliendo;
              ancora, tra le conseguenze dei cambiamenti climatici si annoverano la crescita del livello del mare, aumentato nell'ultimo secolo di 10-25 cm e che sembra possa aumentare di altri 88 cm entro il 2100, la perdita di biodiversità perché molte specie animali non saranno in grado di adattarsi ai cambiamenti del clima con la rapidità necessaria, una maggiore diffusione di malattie e problemi nella produzione alimentare;
              piogge eccessive e caldo intenso mettono a rischio le colture, provocando carestie e malnutrizione, e la FAO ha rilevato che entro il 2080 ci sarà una perdita di oltre il dieci per cento dei terreni coltivabili nei Paesi in via di sviluppo, con riduzione della produzione di cereali e il conseguente aumento della fame nel mondo;
              tra le conseguenze dei cambiamenti climatici può essere annoverata anche la crescente frequenza nell'ultimo decennio di eventi catastrofici, quali il verificarsi di lunghi periodi di siccità, piogge improvvise e di straordinaria intensità, alluvioni, ondate di caldo e di freddo eccessivo;
              le sfide che il cambiamento climatico ci impone di affrontare sono molteplici e tra esse troviamo i cambiamenti dei sistemi ecologici e forestali, le modifiche degli ambienti marino costieri, le ridotte disponibilità di acqua, e le ripercussioni sul sistema socio-economico, non solo per le mutate condizioni di sviluppo economico, ma anche per le mutate opportunità di lavoro e di occupazione delle nuove generazioni e per i maggiori rischi sanitari della popolazione più vulnerabile agli effetti dei cambiamenti del clima;
              nel contrasto ai cambiamenti climatici dopo il fallimentare incontro di Copenaghen nel 2009, quando i leader mondiali non riuscirono a trovare un'intesa su un nuovo trattato che sostituisse il Protocollo di Kyoto del 1997, sono stati raggiunti solo piccoli risultati attorno ad una serie di impegni volontari per ridurre le emissioni entro il 2020;
              il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC) ha evidenziato che, al fine di eliminare gli effetti più gravi del cambiamento climatico, i Paesi industrializzati devono ridurre le proprie emissioni dal 25 al 40 per cento, rispetto ai livelli registrati nel 1990, entro il 2020, e devono finalmente dimezzare le emissioni globali entro il 2050;
              gli Stati Uniti e la Cina hanno raggiunto nel novembre del 2014 un accordo per ridurre su base volontaria le emissioni di gas serra, finalizzato a diminuire i danni dell'inquinamento e favorire la firma di un nuovo trattato globale per rinnovare il Protocollo di Kyoto, al vertice in programma l'anno prossimo a Parigi;
              in base all'intesa bilaterale annunciata da Obama e Xi Jinping, Washington si impegna a ridurre entro il 2025 le sue emissioni di gas serra di una quantità compresa fra il 26 e il 28% rispetto al livello del 2005;
              la Cina ha promesso di raggiungere il massimo delle sue emissioni intorno al 2030, con l'intenzione di arrivare a questa soglia anche prima; dal 2030 in poi il suo inquinamento comincerà a scendere, puntando sull'obiettivo di produrre il 20% della propria energia con fonti alternative non fossili entro quella data;
              insieme Stati Uniti e Cina sono responsabili di circa un terzo delle emissioni globali di gas serra, e quindi il loro accordo ha un doppio valore: sul piano pratico la riduzione dell'inquinamento, mentre su quello diplomatico offre una forte spinta alle trattative in corso per rinnovare il protocollo di Kyoto;

il bollettino dell'organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) pubblicato nel 2014 ha rivelato che «il livello di gas serra nell'atmosfera ha raggiunto un nuovo picco nel 2013, a causa del rialzo accelerato delle concentrazioni di biossido di carbonio», e ha sottolineato «la necessità di un'azione internazionale concertata di fronte all'accelerazione dei cambiamenti climatici, i cui effetti potrebbero essere devastanti»;
              di fatto la Terra e il suo clima non sono più in grado di sostenere i livelli di consumo e di produzione della società moderna, industrializzata e globalizzata senza presentarci un conto che rischia di avere conseguenze profonde e forse irrimediabili sulle aspettative di vita nostre e del pianeta,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative per approvare a Parigi un accordo globale vincolante, il che significa completo di incentivi per Paesi in via di sviluppo e sanzioni per chi non lo sottoscrive o non lo rispetta;
          ad assumere iniziative per affiancare all'incremento delle fonti rinnovabili sia l'efficienza energetica sia il risparmio;
          ad assumere iniziative per approvare in Italia la ratifica della seconda fase del protocollo di Kyoto sugli impegni ulteriori per la riduzione di gas serra;
          ad assumere iniziative per uscire da generici impegni programmatici e cronologici e definire quelle attività antropiche che contribuiscono, direttamente o indirettamente, all'incremento delle temperature con chiari indirizzi per una loro graduale diminuzione: centrali elettriche a carbone o a olio combustibile, incenerimento dei rifiuti anche legati alla produzione di energia, trasporto su gomma, riscaldamenti con combustibili fossili, deforestazione, consumo del territorio in particolare attraverso l'espansione delle città.
(6-00181) «Rampelli, Giorgia Meloni, Taglialatela, Cirielli, La Russa, Maietta, Nastri, Totaro».


      La Camera,
          premesso che,
              dal 30 novembre all'11 dicembre del 2015 a Parigi avrà luogo la XXI Conferenza delle Parti (COP 21) che riunirà più di 190 leader dei Paesi del mondo, con l'obiettivo di concludere, per la prima volta in oltre venti anni di mediazione da parte delle Nazioni Unite, un accordo vincolante e universale sul clima, accettato da tutte le Nazioni;
              l'aggravarsi del surriscaldamento è in buona parte imputabile all'accumulazione di emissioni presenti e passate, che la biosfera terrestre non è ormai più in grado di smaltire, in virtù di fenomeni come deforestazione e acidificazione degli oceani;
              l'aumento delle concentrazioni di gas serra in atmosfera è la maggiore causa dell'intensificazione dei fenomeni legati al cambiamento climatico che porta con sé conseguenze enormi per quanto riguarda l'impatto ambientale e la vivibilità dei territori;
              dal 1861 ad oggi la temperatura media della Terra è aumentata di 0.6 gradi centigradi e di quasi 1oC nella sola Europa, e gli scienziati prevedono per i prossimi decenni un ulteriore aumento della temperatura tra 1,4 e 5,8 gradi centigradi;
              tale riscaldamento determina da un lato l'aumento del rischio di desertificazione, posto che già oggi un quarto della superficie terrestre ne è interessato e che l'inaridimento caratterizzato da carenza di piogge e da alte temperature riguarda circa il 47 per cento delle terre emerse, e, dall'altro lato, la diminuzione dei ghiacciai e delle nevi perenni, tanto che oggi quasi nove ghiacciai su dieci si stanno sciogliendo;
              ancora, tra le conseguenze dei cambiamenti climatici si annoverano la crescita del livello del mare, aumentato nell'ultimo secolo di 10-25 cm e che sembra possa aumentare di altri 88 cm entro il 2100, la perdita di biodiversità perché molte specie animali non saranno in grado di adattarsi ai cambiamenti del clima con la rapidità necessaria, una maggiore diffusione di malattie e problemi nella produzione alimentare;
              piogge eccessive e caldo intenso mettono a rischio le colture, provocando carestie e malnutrizione, e la FAO ha rilevato che entro il 2080 ci sarà una perdita di oltre il dieci per cento dei terreni coltivabili nei Paesi in via di sviluppo, con riduzione della produzione di cereali e il conseguente aumento della fame nel mondo;
              tra le conseguenze dei cambiamenti climatici può essere annoverata anche la crescente frequenza nell'ultimo decennio di eventi catastrofici, quali il verificarsi di lunghi periodi di siccità, piogge improvvise e di straordinaria intensità, alluvioni, ondate di caldo e di freddo eccessivo;
              le sfide che il cambiamento climatico ci impone di affrontare sono molteplici e tra esse troviamo i cambiamenti dei sistemi ecologici e forestali, le modifiche degli ambienti marino costieri, le ridotte disponibilità di acqua, e le ripercussioni sul sistema socio-economico, non solo per le mutate condizioni di sviluppo economico, ma anche per le mutate opportunità di lavoro e di occupazione delle nuove generazioni e per i maggiori rischi sanitari della popolazione più vulnerabile agli effetti dei cambiamenti del clima;
              nel contrasto ai cambiamenti climatici dopo il fallimentare incontro di Copenaghen nel 2009, quando i leader mondiali non riuscirono a trovare un'intesa su un nuovo trattato che sostituisse il Protocollo di Kyoto del 1997, sono stati raggiunti solo piccoli risultati attorno ad una serie di impegni volontari per ridurre le emissioni entro il 2020;
              il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC) ha evidenziato che, al fine di eliminare gli effetti più gravi del cambiamento climatico, i Paesi industrializzati devono ridurre le proprie emissioni dal 25 al 40 per cento, rispetto ai livelli registrati nel 1990, entro il 2020, e devono finalmente dimezzare le emissioni globali entro il 2050;
              gli Stati Uniti e la Cina hanno raggiunto nel novembre del 2014 un accordo per ridurre su base volontaria le emissioni di gas serra, finalizzato a diminuire i danni dell'inquinamento e favorire la firma di un nuovo trattato globale per rinnovare il Protocollo di Kyoto, al vertice in programma l'anno prossimo a Parigi;
              in base all'intesa bilaterale annunciata da Obama e Xi Jinping, Washington si impegna a ridurre entro il 2025 le sue emissioni di gas serra di una quantità compresa fra il 26 e il 28% rispetto al livello del 2005;
              la Cina ha promesso di raggiungere il massimo delle sue emissioni intorno al 2030, con l'intenzione di arrivare a questa soglia anche prima; dal 2030 in poi il suo inquinamento comincerà a scendere, puntando sull'obiettivo di produrre il 20% della propria energia con fonti alternative non fossili entro quella data;
              insieme Stati Uniti e Cina sono responsabili di circa un terzo delle emissioni globali di gas serra, e quindi il loro accordo ha un doppio valore: sul piano pratico la riduzione dell'inquinamento, mentre su quello diplomatico offre una forte spinta alle trattative in corso per rinnovare il protocollo di Kyoto;

il bollettino dell'organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) pubblicato nel 2014 ha rivelato che «il livello di gas serra nell'atmosfera ha raggiunto un nuovo picco nel 2013, a causa del rialzo accelerato delle concentrazioni di biossido di carbonio», e ha sottolineato «la necessità di un'azione internazionale concertata di fronte all'accelerazione dei cambiamenti climatici, i cui effetti potrebbero essere devastanti»;
              di fatto la Terra e il suo clima non sono più in grado di sostenere i livelli di consumo e di produzione della società moderna, industrializzata e globalizzata senza presentarci un conto che rischia di avere conseguenze profonde e forse irrimediabili sulle aspettative di vita nostre e del pianeta,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative per l'approvazione di un accordo globale vincolante, un protocollo, un altro strumento giuridico o un risultato concordato con forza legale;
          ad assumere iniziative per affiancare all'incremento delle fonti rinnovabili sia l'efficienza energetica sia il risparmio;
          ad assumere iniziative per approvare in Italia la ratifica della seconda fase del protocollo di Kyoto sugli impegni ulteriori per la riduzione di gas serra;
          ad assumere iniziative per uscire da generici impegni programmatici e cronologici e definire quelle attività antropiche che contribuiscono, direttamente o indirettamente, all'incremento delle temperature con chiari indirizzi per una loro graduale diminuzione: centrali elettriche a carbone o a olio combustibile, incenerimento dei rifiuti anche legati alla produzione di energia, trasporto su gomma, riscaldamenti con combustibili fossili, deforestazione, consumo del territorio in particolare attraverso l'espansione delle città.
(6-00181)
(Testo modificato nel corso della seduta)     «Rampelli, Giorgia Meloni, Taglialatela, Cirielli, La Russa, Maietta, Nastri, Totaro».


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Chiarimenti in merito all'utilizzo del fondo finalizzato a garantire il funzionamento dei consultori familiari, ai fini della prevenzione dell'aborto per cause socio-economiche – 3-01870

      GIGLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la legge 22 maggio 1978, n.  194, recante «Norme per la tutela sociale della maternità e sulla interruzione volontaria della gravidanza (IVG)», riconosce all'articolo 1 il valore sociale della maternità ed afferma la tutela della vita umana dal suo inizio, oltre a stabilire che l'interruzione volontaria della gravidanza non è mezzo per il controllo delle nascite;
          la stessa legge, all'articolo 2, per evitare il ricorso all'aborto, prevede, oltre ad idonei strumenti d'informazione, anche l'attuazione diretta da parte dei consultori familiari di speciali interventi quando la gravidanza o la maternità creino problemi per i risolvere i quali non basti l'informazione sui diritti e sui servizi offerti dalle strutture operanti nel territorio;
          nello stesso articolo 2 si prevede anche che possa essere attivata, sulla base di regolamenti o convenzioni apposite, la collaborazione con idonee formazioni sociali di base e associazioni del volontariato per aiutare la maternità difficile anche dopo la nascita;
          la sopracitata legge n.  194 del 1978 prevedeva di aumentare il fondo per il funzionamento dei consultori familiari, previsto dall'articolo 5 della legge 29 luglio 1975, n.  405, attraverso l'assegnazione di 50 miliardi di lire annue, da ripartirsi tra le regioni per l'adempimento degli ulteriori compiti assegnati dalla legge stessa ai consultori familiari;
          il Ministro interrogato è tenuto a presentare annualmente al Parlamento una dettagliata relazione sull'attuazione della legge stessa, secondo quanto previsto all'articolo 16, «anche in riferimento al problema della prevenzione»  –:
          per quanto di sua competenza, quale sia stata l'effettiva utilizzazione del fondo previsto di 50 miliardi di lire annue, ai fini della prevenzione dell'aborto per cause socio-economiche. (3-01870)


Intendimenti circa la possibilità di derogare alla disciplina in materia di durata massima dell'orario di lavoro e riposo giornaliero al fine di garantire la piena funzionalità dei servizi delle aziende sanitarie – 3-01871

      MONCHIERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 14 della legge n.  161 del 30 ottobre 2014, pubblicata il 10 novembre in Gazzetta Ufficiale («Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013-bis»), abroga con effetto dal 25 novembre 2015 il comma 13 dell'articolo 41 del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.  133, («Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria») che recita: «Al personale delle aree dirigenziali degli Enti e delle Aziende del Servizio sanitario nazionale, in ragione della qualifica posseduta e delle necessità di conformare l'impegno di servizio al pieno esercizio della responsabilità propria dell'incarico dirigenziale affidato, non si applicano le disposizioni di cui agli artt. 4 e 7 del decreto legislativo n.  66 dell'8 aprile 2003» (durata massima dell'orario di lavoro e riposo giornaliero);
          le disposizioni che da oggi entrano in vigore sono due: la durata media dell'orario di lavoro non potrà in ogni caso superare, per ogni periodo di 7 giorni, le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario; inoltre, è previsto il diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore;
          secondo unanime previsione di sindacati, direzioni aziendali ed esperti del settore, l'applicazione delle nuove norme potrebbe condurre alla paralisi ampi settori di asl ed ospedali, specie per quanto attiene i servizi di emergenza;
          da notizie di stampa emerge che il Governo sarebbe intenzionato a presentare un'iniziativa normativa finalizzata all'assunzione di 3-4 mila medici, la metà dei quali attraverso nuove assunzioni, il resto attraverso la stabilizzazione dei precari;
          la stabilizzazione dei precari è un provvedimento pienamente condivisibile sotto il profilo dell'equità, ma non aggiunge risorse umane a quelle attualmente disponibili;
          la misura appare, quindi, quantitativamente inadeguata alle necessità (le organizzazioni sindacali stimano un numero ben più elevato) e non tiene conto delle carenze di personale infermieristico;
          sempre in base a notizie di stampa l'intervento non sarebbe attualmente sostenuto da specifica copertura finanziaria, ma si limiterebbe a derogare dalla attuale disciplina vincolistica in tema di personale del Servizio sanitario, lasciando a regioni ed aziende sanitarie il compito di reperire le risorse necessarie all'interno dei trasferimenti loro assegnati;
          l'espletamento delle relative procedure richiederà, comunque, un periodo temporale non breve, durante il quale le direzioni aziendali, i capi dipartimento e i direttori di struttura complessa saranno esposti al rischio (ma sarebbe meglio dire, secondo l'interrogante, «certezza») di pesanti sanzioni amministrative, sempre che la magistratura non ritenga che il mancato rispetto delle norme in materia di orario di lavoro configuri, invece, illecito penale  –:
          se non ritenga opportuno adottare iniziative per prevedere uno specifico finanziamento delle nuove assunzioni e un meccanismo di deroghe, parziali e temporanee, alla normativa comunitaria che consenta alle aziende sanitarie di non essere costrette ad interrompere o limitare i servizi nei settori segnati da carenze di organico. (3-01871)


Chiarimenti in ordine alle prospettive del settore aeronautico civile di Finmeccanica, alla luce dell'annunciato riassetto del gruppo – 3-01872

      MATARRELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          dalla nomina del dottore Mauro Moretti ad amministratore delegato di Finmeccanica nell'aprile 2014, e dalla sua prima audizione al Senato della repubblica nell'ottobre successivo – occasione in cui egli stesso definiva la governance di Finmeccanica «antiquata» – sembra ormai in dirittura di arrivo una sorta di rivoluzione societaria con la nascita della nuova one company che suddividerà l'azienda in settori e divisioni, con l'eventuale assunzione di una nuova denominazione societaria, finalizzata alla penetrazione di nuovi mercati perché scevra dalla fama degli scandali internazionali degli anni passati;
          in questa sede non si intende entrare nel merito dell'organizzazione societaria, prerogativa spettante a chi se ne è vista affidare la responsabilità, tuttavia non sono chiare quali prospettive avrà la nuova azienda a partire dal primo gennaio 2016, considerato che molti stabilimenti hanno ordini in scadenza e i lavoratori ancora oggi sono all'oscuro del loro futuro lavorativo né sono evidenti quali siano i nuovi programmi ed i nuovi contratti già stipulati o in via di formulazione da parte dell'amministratore delegato;
          il futuro di questa azienda non può essere concentrato soltanto nel settore militare al Nord, ma dovrebbe essere orientato a investire anche al Sud nel settore civile, se la continuità e lo sviluppo degli insediamenti industriali nel Mezzogiorno rappresentano ancora per la «nuova Finmeccanica» una priorità;
          si devono tener presenti gli stabilimenti all'avanguardia nel settore civile, come quelli pugliesi di Brindisi e Grottaglie che garantiscono occupazione a migliaia di lavoratori, comprese le centinaia di aziende subfornitrici e dell'intero indotto che insistono nel settore aeronautico  –:
          quali siano le prospettive del settore aeronautico civile, industria strategica per il Paese e che annovera nel Mezzogiorno poli industriali di primaria importanza, oggetto – fino alla scorsa decade – di cospicui investimenti. (3-01872)


Iniziative volte a salvaguardare i livelli produttivi e occupazionali della Sangalli Vetro Manfredonia s.p.a. – 3-01873

      CERA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il gruppo Sangalli opera nel settore del vetro attraverso quattro stabilimenti produttivi: Sangalli Vetro Manfredonia, Sangalli Vetro Porto Nogaro, Sangalli Vetro Satinato, Sangalli Vetro Magnetronico;
          tale importante impresa è insediata da più di dieci anni nel territorio pugliese grazie allo strumento del contratto d'area dando lavoro mediamente a 200 lavoratori, oltre all'indotto (circa 200 operai). La Sangalli è arrivata a produrre in Puglia circa 600 tonnellate al giorno di vetro, fino alla conquista del 35 per cento del mercato italiano del settore;
          le società del gruppo, in particolare la Sangalli Vetro Manfredonia, già Manfredonia Vetro, hanno ricevuto contributi pubblici sulla base di tre protocolli al contratto d'area di Manfredonia. Ulteriori risorse economiche sono state stanziate dalla regione Puglia;
          la Sangalli Vetro Manfredonia spa ha annunciato la progressiva fermata degli impianti di produzione di vetro float dello stabilimento di Macchia nel comune di Monte Sant'Angelo nel novembre 2014. In quell'occasione l'azienda ha diffuso un comunicato che recitava: «Viste le difficili condizioni in cui versa il mercato del vetro piano in Italia, il Gruppo Sangalli si sta adoperando per ridurre la propria capacità produttiva mantenendo un livello di produzione in linea con le esigenze dei nostri clienti»;
          numerosi sono stati gli incontri presso il Ministero dello sviluppo economico circa la situazione di crisi aziendale del gruppo. Da sottolineare come in data 7 gennaio 2015 si è tenuto, presso il Ministero, un incontro tecnico nazionale riguardante le problematiche di tutti gli stabilimenti in Italia del gruppo Sangalli. In tale riunione l'azienda ha illustrato un piano concordatario (che risultava non ancora presentato all'autorità giudiziaria) che disponeva la liquidazione della Sangalli Vetro Manfredonia, mantenendo in vita la Sangalli Vetro Magnetronico, la Sangalli Vetro Satinato a Monte Sant'Angelo e la Sangalli Vetro Porto Nogaro a San Giorgio di Nogaro;
          in data 1o aprile 2015 si è svolto a Roma, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un incontro per l'esame della richiesta di cassa integrazione per i lavoratori della Sangalli Vetro Manfredonia. In quella sede veniva dichiarata l'impossibilità di concedere il sussidio economico ai lavoratori a causa della mancata presentazione di ammissione al concordato preventivo da parte della società. I responsabili dell'azienda venivano, pertanto, invitati a procedere alla presentazione di tale atto al tribunale di Treviso insieme alla documentazione necessaria per un piano di ripresa delle attività produttive;
          secondo notizie di stampa il 24 luglio 2015 il tribunale di Treviso avrebbe ammesso la Sangalli Vetro Manfredonia spa alla procedura di concordato preventivo liquidatorio. Il piano concordatario prevederebbe di coprire gli oltre 90 milioni di euro di debito attraverso la cessione di beni mobili e immobili della società. L'adunanza dei creditori è stata fissata per il 4 novembre 2015 presso la sezione fallimentare del tribunale di Treviso. Con la presentazione definitiva del piano concordatario i possibili investitori potranno conoscere i dati ufficiali del passivo delle società (che per Manfredonia ammonterebbe, sempre secondo notizie riportate dalla stampa, a circa 50 milioni di euro);
          in un tavolo tecnico al Ministero dello sviluppo economico, il commissario giudiziario avrebbe riferito che non è era stato possibile trovare soluzioni che contemplassero la cessione aggregata dei beni societari nella loro interezza e senza parcellizzazioni, come invece auspicato al fine di mantenere la continuità delle attività e dell'occupazione degli impianti della Sangalli Vetro Manfredonia spa, della Sangalli Vetro Magnetronico srl e della Sangalli Vetro Satinato srl. Le uniche richieste presentate all’ ufficio commissariale riguarderebbero l'interesse verso l'acquisizione disgiunta dei beni Sangalli;
          l'avvocato che rappresentava la proprietà Sangalli avrebbe confermato che la proprietà aveva ricevuto dagli imprenditori unicamente offerte che riguardavano la cessione atomistica dei beni. In sede del citato tavolo tecnico il rappresentante del Ministero dello sviluppo economico avrebbe ricordato che lo stesso Ministero aveva avviato da mesi, attraverso alcuni advisor, un lavoro di ricerca di soluzioni imprenditoriali per la cessione degli stabilimenti di Manfredonia nella loro interezza, al fine di rilanciare la produttività garantendo la tutela dell'occupazione. Il rappresentante del Ministero avrebbe, inoltre, ribadito che il Governo chiederà ai due advisor incaricati della ricerca di soluzioni imprenditoriali di proseguire la propria attività fino alla fine del 2015 per la ricerca di soluzioni imprenditoriali per il recupero dell'azienda di Manfredonia;
          il 4 agosto 2015 è stato firmato l'accordo per la concessione della cassa integrazione guadagni ai dipendenti della Sangalli Vetro Manfredonia;
          appare necessario pertanto un intervento a tutti i livelli istituzionali per consentire, in considerazione anche dei contributi ottenuti in passato dalla Sangalli Vetro, di rilanciare i comparti produttivi della stessa azienda che costituisce un elemento di sviluppo fondamentale per la zona di Manfredonia già colpita da una grave crisi economica. Infatti, la situazione socioeconomica del territorio pugliese desta profonda preoccupazione a causa della crisi produttiva che provoca continue drammatiche chiusure di aziende. Il conseguente perdurante aumento della disoccupazione, soprattutto quella giovanile, costringe, infatti, una parte della popolazione di questo territorio a vivere in condizioni di disagio e di sofferenza, ogni giorno sempre più insostenibili;
          è necessario, pertanto, offrire delle alternative concrete per dare un futuro alle famiglie di circa 400 operai dello stabilimento di Manfredonia e dell'indotto, che subiscono la crisi di un'azienda che ha già goduto di contributi da parte dello Stato e che risulta strategica per l'intero territorio della Capitanata e del centro-sud del nostro Paese  –:
          quali iniziative urgenti intenda adottare, fornendo anche informazioni circa la situazione attuale della Sangalli Vetro di Manfredonia e le possibili prospettive che la riguardano, per garantire la ripresa dell'attività della Sangalli Vetro Manfredonia, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali. (3-01873)


Iniziative di competenza per interrompere l'esportazione di armi verso l'Arabia Saudita e verso tutti i Paesi che violano i principi della legge n.  185 del 1990 sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento – 3-01874

      MANLIO DI STEFANO, SIBILIA, SPADONI, DI BATTISTA, SCAGLIUSI, DEL GROSSO e GRANDE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          dal 26 marzo 2015 il regno dell'Arabia Saudita, coadiuvato da altri otto Paesi arabi (Egitto, Marocco, Sudan, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Qatar e Bahrain) con armi fornite dall'Occidente, sta conducendo massicci, incessanti bombardamenti e attacchi indiscriminati contro le infrastrutture civili, in particolare le strutture sanitarie e le scuole, di città e villaggi yemeniti, azione militare avviata senza autorizzazione da parte dell'Onu; si tratta di crimini di guerra come evidenziato anche da un rapporto di Amnesty International datato 7 ottobre 2015; anche il Consiglio europeo si è dichiarato estremamente preoccupato per l'impatto devastante delle ostilità in corso in Yemen;
          ad aggravare tale già disastrosa situazione si apprende che il Governo italiano avalla, di fatto, il conflitto nello Yemen: infatti, nella mattinata del 19 novembre 2015, risulta essere atterrato in Arabia Saudita un cargo carico di bombe MK-80 fabbricate in Sardegna, partite nei giorni scorsi dall'aeroporto di Cagliari Elmas, con il rischio concreto di trasformare l'isola in un bersaglio terroristico; si tratterebbe della seconda spedizione nel giro di tre settimane, in palese violazione della legge n.  185 del 1990 sull’export di armi;
          tutto ciò conferma ampiamente che il nostro Paese, in maniera sempre più discutibile e sempre meno trasparente, continua a difendere e coprire il traffico di armi verso il Nord Africa e il vicino e Medio Oriente, destinatari del 28 per cento delle armi italiane nel 2014, in concomitanza con l'acuirsi dei conflitti in Siria o Iraq;
          l'Italia, dunque, continua a vendere armi e sistemi di arma italiani (bombe, caccia, missili) al regno dell'Arabia Saudita, a oggi il primo acquirente con quasi 300 milioni di euro di esportazioni autorizzate nel 2013, nonostante le ripetute e palesi violazioni dei diritti umani in questo Paese; tra i Paesi dell'Unione europea, è di gran lunga il primo fornitore di sistemi militari dello Stato israeliano, con un volume di vendite che è oltre il doppio di quello totalizzato da Parigi o Berlino; secondo i documenti ufficiali dell'Unione europea e i dati resi disponibili dal Campaign Against Arms Trade (CAAT), l'Italia è il primo partner europeo per le spese militari del regime di Bashar al Assad. Dal 2001 la Siria ha acquistato in licenza armi nel vecchio continente per 27 milioni e 700 mila euro e, di questi, quasi 17 milioni di euro arrivano dal nostro Paese; dal 2005 al 2012 l'Italia, battuta nell'Unione europea solo dalla Francia, ha autorizzato 375,5 milioni di euro di esportazioni belliche in Libia, 177,5 milioni di euro le consegne effettive;
          si legge in un documento congiunto di Rete Italiana per il Disarmo, Amnesty International e Osservatorio permanente sulle armi (Opal) di Brescia che «ordigni inesplosi del tipo di quelli inviati dall'Italia, come le bombe MK84 e Blu109, sono stati ritrovati in diverse città dello Yemen bombardate dalla coalizione saudita e il Ministero interrogato non ha mai smentito che le forze militari saudite stiano impiegando anche ordigni prodotti in Italia in questo conflitto»;
          sulla questione sono stati depositati anche dal gruppo parlamentare Movimento 5 Stelle diversi atti di sindacato ispettivo e di indirizzo cui non è giunta ancora risposta né calendarizzazione  –:
          se non ritenga improcrastinabile assumere iniziative finalizzate a interrompere immediatamente la vendita di armi all'Arabia Saudita e a tutti gli altri Paesi che violano i principi della legge n.  185 del 1990 che vieta di esportare armamenti verso regimi che non rispettano i diritti umani e a farsi promotore, in sede europea, di ogni iniziativa utile a bloccare l’export di armi verso la monarchia saudita. (3-01874)


Chiarimenti circa il ruolo dell'Italia, in ambito europeo e internazionale, in ordine alla formazione di una coalizione contro il terrorismo – 3-01875

      AMENDOLA, QUARTAPELLE PROCOPIO, CARROZZA, CASSANO, CENSORE, CHAOUKI, CIMBRO, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI, LA MARCA, MANCIULLI, MONACO, NICOLETTI, PORTA, RACITI, RIGONI, ANDREA ROMANO, SERENI, SPERANZA, TACCONI, ZAMPA, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          gli attacchi di Parigi di venerdì 13 novembre 2015 dimostrano come l'Europa intera sia sotto attacco di un gruppo terroristico che propugna il radicalismo islamico e intende mettere in discussione il nostro stile di vita e i nostri valori. Purtroppo in questo contesto nessun Paese può considerarsi completamente al sicuro dal rischio di un attacco terroristico;
          in virtù di tutto ciò, della gravità della minaccia alla sicurezza dei nostri cittadini, appare indispensabile che la comunità internazionale unisca gli sforzi, i mezzi e coordini le azioni militari e diplomatiche per contrastare in modo efficace il terrorismo e sconfigga il sedicente Stato islamico, che rivendica la paternità delle azioni terroristiche, nei territori in cui si è insediato;
          si tratta della stessa richiesta avanzata dal Presidente francese Hollande, nel corso di un importante discorso davanti al Parlamento francese riunito in via straordinaria subito dopo i gravissimi fatti di Parigi, con la quale si sottolineava la necessità di coinvolgere nell'azione di contrasto prioritaria al Daesh tutti gli attori, dalla Russia all'Iran, accomunati dal medesimo obiettivo di contrasto del terrorismo, anche superando distinzioni e distinguo in altri campi o altri quadranti geografici;
          in questo senso, occorre sottolineare come l'atteggiamento dell'Italia nei confronti della crisi siriana, ispirato alla prudenza e capace da subito di individuare con realismo l'ordine di priorità delle questioni, attribuendo a tutti gli attori regionali, a partire da Iran e Russia, il ruolo che è indispensabile riconoscergli, si è rivelato corretto così come corretta è stata l'impostazione politica sulla transizione in Siria e il superamento di condizionalità e pregiudiziali che hanno allontanato l'avvio di una soluzione politica alla guerra civile in quel Paese;
          se si era giunti alla conclusione di lavorare per unire gli sforzi di tutti gli attori regionali contro la minaccia dell'Isis e per la formazione di una coalizione in questo senso, se gli incontri di vertice del nostro stesso Primo ministro in sede G20 suggerivano la necessità di un ampliamento del novero dei partner per garantire la soluzione del conflitto siriano e la sconfitta di Daesh, in gravissimo ed evidente contrasto con tale strategia della comunità internazionale si pone l'abbattimento dell'aereo militare russo da parte dell'aviazione della Turchia vicino alla frontiera siriana, avvenuto martedì 24 novembre 2015 per una presunta violazione dello spazio aereo;
          tanto più grave è tale incidente perché attribuibile a uno Stato membro della Nato e in una fase nella quale l'offensiva contro importanti città occupate dalle milizie terroriste stava portando i suoi frutti  –:
          quale sia il ruolo che l'Italia sta svolgendo, o intende svolgere, a livello sia europeo che internazionale nel contribuire alla costruzione della coalizione contro il terrorismo o comunque al coordinamento degli sforzi di contrasto contro il sedicente stato islamico. (3-01875)


Chiarimenti in merito alla proroga delle sanzioni contro la Federazione Russa concordata in occasione del vertice del G20 in Turchia – 3-01876

      GIANLUCA PINI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          stando a quanto riportato dalla stampa internazionale – ed in particolare dall'agenzia Reuters il 22 novembre 2015 – al margine del vertice del G20 svoltosi recentemente ad Antalya, in Turchia, nel corso di una riunione ristretta ad un limitato numero di leader occidentali, sarebbe stata concordata la proroga fino al mese di luglio 2015 delle sanzioni in vigore contro la Federazione Russa;
          alla riunione ristretta avrebbero partecipato, tra gli altri, il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama; la Cancelliera della Repubblica Federale di Germania, Angela Merkel; il Premier britannico, David Cameron; il Ministro degli esteri francese, Laurent Fabius, in rappresentanza del Presidente François Hollande, trattenuto in patria dalla grave situazione creata dai recenti attentati dell'Isis, e il Presidente del Consiglio dei ministri del nostro Paese, Matteo Renzi;
          in altre parole, il Presidente del Consiglio dei ministri italiano parrebbe aver accettato la proroga del regime sanzionatorio anti-russo, malgrado gli atti di indirizzo approvati dalle Camere che hanno impegnato il Governo del nostro Paese a battersi in tutte le sedi competenti per ottenerne la cancellazione o rimodulazione;
          non è in effetti chiaro cosa il Presidente del Consiglio dei ministri italiano abbia fatto, se cioè abbia accettato, condividendoli, o piuttosto subito passivamente gli orientamenti altrui emersi nel corso della riunione ristretta sopramenzionata;
          nel frattempo, l'aeronautica militare russa è stata vittima di quella che appare agli interroganti un'imboscata tesa alla frontiera turco-siriana dall'aviazione di Ankara, che avrebbe reagito ad uno sconfinamento brevissimo in modo incompatibile con le regole d'ingaggio previste per queste circostanze nell'ambito dell'Alleanza Atlantica, stando almeno a quanto ha rilevato l'ex Capo di Stato maggiore delle forze aeree del nostro Paese, Leonardo Tricarico;
          alla luce di quanto precede, non pare né opportuno né desiderabile punire ulteriormente la Federazione Russa, anche in ragione del contributo che sta dando alla soluzione del conflitto civile siriano  –:
          quali ragioni hanno convinto il Governo a condividere l'impegno a rinnovare le sanzioni alla Russia emerso nel corso della riunione ristretta svoltasi al margine del G20, generalizzata in premessa.
(3-01876)


Orientamenti del Governo circa possibili iniziative nei confronti della Turchia, in sede europea e in sede Nato, in relazione alla lotta al terrorismo – 3-01877

      PALAZZOTTO, SCOTTO, DURANTI, PIRAS, FAVA e ZACCAGNINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          il 24 novembre 2015 un aereo militare russo è stato abbattuto al confine turco-siriano da caccia F-16 del Governo di Ankara;
          l'ordine di abbattere il caccia russo pare sia arrivato direttamente dal Primo ministro della Repubblica turca, Ahmet Davutoglu, informato della presunta violazione dello spazio aereo dal Capo di Stato maggiore, Hulusi Akar;
          secondo il Governo di Ankara il caccia russo avrebbe sconfinato nello spazio aereo turco e si è cercato un contatto per dieci volte prima dell'abbattimento. Fonti del Pentagono hanno fatto sapere che, secondo i dati in loro possesso, lo sconfinamento sia durato probabilmente non più che una «manciata di secondi», prima che la Turchia abbattesse il velivolo;
          senza entrare sulla dinamica dell'incidente – e quindi se l'aereo stesse sorvolando la Siria o la Turchia – permane la non secondaria circostanza che non si abbatte un jet militare di un Paese amico se non, a giudizio degli interroganti, per creare un caso internazionale;
          l'abbattimento del jet russo secondo gli interroganti è solo l'ultimo degli atti irresponsabili di un Governo, quello turco, che ha dimostrato non poche ambiguità rispetto al contrasto al terrorismo;
          atti di questo tipo rischiano di far saltare il processo di pace e favorire ancora una volta il terrorismo, strategia a cui il Governo turco sembra sempre più interessato evidentemente;
          in questi mesi è stata da più parti documentata la responsabilità del Governo turco e delle forze di intelligence turche nell'aver permesso che membri di Daesh e altri gruppi jihadisti entrassero in Turchia e potessero muoversi liberamente nel Paese, così come sono note le responsabilità della Turchia nell'aver aperto i valichi di frontiera ai terroristi; nell'aver permesso il rifornimento di armi, munizioni e supporto logistico; nell'aver permesso che membri di Daesh fossero portati in Turchia per essere curati;
          la Turchia quindi, nostro alleato e membro della Nato, ha favorito in questi anni il passaggio di migliaia di foreign fighters europei in funzione anti Assad ed ha un ruolo strategico nel contrabbando che genera notevoli introiti a Daesh con la vendita del petrolio a basso costo;
          allo stesso tempo conduce una guerra contro le organizzazioni Curde in Siria e in Iraq che sono tra le poche forze che hanno causato una serie di sconfitte a Daesh e che hanno dato vita ad una esperienza di convivenza pacifica tra curdi, arabi, assiri, caldei, aramaici, turcomanni, armeni e ceceni e altre minoranze;
          pubblicamente il Governo turco ha dichiarato guerra a Daesh ed è un alleato della coalizione internazionale, in realtà continua a supportarlo e invece di combattere ha iniziato una guerra contro le opposizioni democratiche e le minoranze presenti nel Paese, imponendo il coprifuoco in numerose città e colpendo i suoi stessi civili; la Turchia sta conducendo attacchi aerei anche in altri Stati, come in Siria e Iraq, al fine di combattere il PKK e le forze di autodifesa Unità di protezione del popolo (YPG) e Unità di difesa delle donne (YPJ), producendo centinaia di vittime tra la popolazione di civile e mettendo a rischio ulteriormente l'intero Medio Oriente;
          desta, infine, molta preoccupazione il silenzio dei Governi degli Stati europei sull'accaduto ed in particolare la recentissima deliberazione della Commissione europea che ha deliberato lo stanziamento di 3 miliardi di euro per la gestione dei campi profughi in territorio turco  –:
          se il Governo non intenda adottare le iniziative di competenza per richiamare con forza il Governo turco alle sue responsabilità e in particolare quali iniziative intenda adottare in sede europea e in sede Nato nei confronti della Turchia.
(3-01877)


DISEGNO DI LEGGE: S. 2132 – RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO SUL TRASFERIMENTO E LA MESSA IN COMUNE DEI CONTRIBUTI AL FONDO DI RISOLUZIONE UNICO, CON ALLEGATI, FATTO A BRUXELLES IL 21 MAGGIO 2014, CON PROCESSO VERBALE DI RETTIFICA, FATTO A BRUXELLES IL 22 APRILE 2015 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 3449)

A.C. 3449 – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

      Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 3.9, 3.10, 3.11, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 3449 – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

      1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo di risoluzione unico, con Allegati, fatto a Bruxelles il 21 maggio 2014, con processo verbale di rettifica, fatto a Bruxelles il 22 aprile 2015.

A.C. 3449 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

      1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1 a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 11 dell'Accordo stesso.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 2.

      Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:
      1-bis. Il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio e le competenti Commissioni parlamentari valutano gli effetti dell'esecuzione dell'Accordo di cui all'articolo 1.
2. 10.    Pesco.

      Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:
      1-bis. Il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio e le competenti Commissioni parlamentari valutano gli effetti dell'esecuzione dell'Accordo di cui all'articolo 1 sulla stabilità del sistema bancario e finanziario.
2. 11.    Pesco.

      Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:
      1-bis. Le competenti Commissioni parlamentari valutano gli effetti dell'esecuzione dell'Accordo di cui all'articolo 1 sulla stabilità del sistema bancario e finanziario.
2. 12.    Pesco.

      Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:
      1-bis. Il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio e le competenti Commissioni parlamentari valutano gli effetti dell'esecuzione dell'Accordo di cui all'articolo 1 sulla tutela del risparmio dei cittadini.
2. 13.    Pesco.

      Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
      1-bis. Il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio elabora una relazione annuale sugli effetti dell'esecuzione dell'Accordo di cui all'articolo 1 in particolar modo in relazione alle possibili conseguenze sulla tutela del risparmio dei cittadini e sulla stabilità del sistema bancario e finanziario.
2. 14.    Pesco.

      Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
      1-bis. Il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio elabora una relazione annuale sugli effetti dell'esecuzione dell'Accordo di cui all'articolo 1 in particolar modo in relazione alle possibili conseguenze sulla tutela del risparmio dei cittadini.
2. 15.    Pesco.

      Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
      1-bis. Il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio valuta gli effetti derivanti dall'esecuzione del presente Accordo.
2. 16.    Pesco.

      Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
      1-bis. Il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio valuta gli effetti derivanti dall'esecuzione del presente Accordo e provvede ad assumere tutte le opportune iniziative anche di carattere normativo al fine di informare correttamente i cittadini della Repubblica italiana.
2. 17.    Pesco.

A.C. 3449 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Clausola di invarianza finanziaria).

      1. Agli oneri eventualmente discendenti dal considerando n.  13 e dall'attuazione dell'articolo 15 dell'Accordo di cui all'articolo 1, si fa fronte con apposito provvedimento legislativo.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 3.

      Sostituire le parole: con apposito provvedimento legislativo con le seguenti: esclusivamente con apposita legge.
3. 2.    Pesco.

      Sostituire le parole: apposito provvedimento legislativo con le seguenti: apposita legge.
3. 3.    Sibilia.

      Dopo le parole: con apposito provvedimento legislativo aggiungere le seguenti: soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni.
3. 4.    Pesco.

      Al comma 1, dopo le parole: provvedimento legislativo aggiungere le seguenti:; in caso di delega legislativa, il relativo schema di decreto dovrà essere sottoposto al parere preventivo e vincolante della Corte dei conti.
3. 5.    Manlio Di Stefano.

      Al comma 1 dopo le parole: provvedimento legislativo aggiungere le seguenti:; in caso di delega legislativa, il relativo schema di decreto dovrà essere sottoposto al visto della Corte dei Conti.
3. 6.    Sibilia.

      Al comma 1 dopo le parole: provvedimento legislativo aggiungere le seguenti:; in caso di delega legislativa, il relativo schema di decreto dovrà essere sottoposto al parere consultivo della Corte dei Conti.
3. 7.    Manlio Di Stefano.

      Al comma 1 dopo le parole: provvedimento legislativo aggiungere le seguenti:; in caso di delega legislativa, il relativo schema di decreto dovrà essere sottoposto al parere vincolante della Corte dei conti.
3. 8.    Manlio Di Stefano.

      Al comma 1 dopo le parole: provvedimento legislativo aggiungere le seguenti: senza l'introduzione di nuove entrate a carattere tributario.
3. 9.    Sibilia, Gianluca Pini.

      Al comma 1 dopo le parole: provvedimento legislativo aggiungere le seguenti: senza oneri per i cittadini.
3. 10.    Battelli.

      Al comma 1 dopo le parole: provvedimento legislativo aggiungere le seguenti: ed attraverso riduzioni di spesa.
3. 11.    Manlio Di Stefano, Gianluca Pini.

      Al comma 1, aggiungere in fine, previa tempestiva verifica, qualora le parti contraenti siano interessate da una particolare azione di risoluzione, della fornitura di trasferimenti temporanei provenienti da fonti nazionali o dal meccanismo europeo di stabilità (MES) in linea con le procedure concordate.
3. 12.    Sibilia.

      Al comma 1, aggiungere in fine: previa tempestiva verifica della effettiva parità di condizioni con gli Stati membri che non partecipano né al meccanismo di vigilanza unico né al meccanismo di risoluzione unico.
3. 13. Sibilia.

      Al comma 1, aggiungere in fine: previa tempestiva verifica della effettiva parità di trattamento tra le parti contraenti che partecipano al meccanismo di vigilanza unico e al meccanismo di risoluzione unico.
3. 14. Manlio Di Stefano.

      Al comma 1, aggiungere in fine: previa tempestiva verifica della disponibilità delle parti contraenti delle procedure che consentano loro di far fronte in maniera tempestiva a qualsiasi richiesta di finanziamenti ponte.
3. 15. Sibilia.

      Al comma 1, aggiungere in fine: previa tempestiva verifica, durante il periodo transitorio, della effettiva elaborazione delle misure comuni di sostegno al fine di facilitare l'assunzione di prestiti da parte del Fondo.
3. 16. Sibilia.

      Al comma 1, aggiungere in fine: previa tempestiva verifica della immediata accessibilità dei contributi ex post per coprire i necessari importi aggiuntivi.
3. 18. Sibilia.

      Al comma 1, aggiungere in fine: previa tempestiva verifica della sufficiente disponibilità dei mezzi nel Fondo per l'azione di risoluzione.
3. 19. Manlio Di Stefano.

      Aggiungere infine il seguente periodo: previa verifica del calcolo dei pagamenti effettuato dalla commissione europea.
3. 20. Pesco.

      Al comma 1, aggiungere in fine: in caso di delega legislativa, il relativo schema di decreto dovrà essere sottoposto al parere vincolante delle Commissioni competenti.
3. 21. Manlio Di Stefano.

      Aggiungere in fine il seguente periodo: Qualora si rientri nella procedura di indennizzo di cui all'articolo 15 dell'Accordo, si provvede preventivamente alla verifica preventiva della perfetta corrispondenza dell'autorizzazione di spesa con la decisione della Commissione europea in merito all'entità dell'indennizzo.
3. 23. Pesco.

      Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:
      «2. Il Ministero dell'economia e delle finanze presenta una relazione annuale con la quale informa le Camere sugli effetti finanziari derivanti dall'attuazione dell'Accordo.
3. 24. Sibilia.

      Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:
      Dall'attuazione del precedente comma non deve conseguire l'istituzione di nuovi tributi.
3. 25. Sibilia.

      Dopo l'articolo 3 aggiungere il seguente:
      3-bis. Entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge ogni operatore bancario e finanziario operante nel territorio nazionale deve provvedere ad esporre presso tutte le proprie sedi e sportelli aperti al pubblico una nota esplicativa dei contenuti dell'accordo oggetto di ratifica.
3. 01. Gianluca Pini.

      Dopo l'articolo 3 aggiungere il seguente:
      3-bis. Gli istituti bancari che abbiano capitale sociale inferiore ai 100 milioni di euro non contribuiscono al fondo di cui al presente accordo.
3. 02. Gianluca Pini.

A.C. 3449 – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 4.

      Dopo il comma 1 aggiungere il seguente comma:
      1-bis) dell'entrata in vigore della presente legge ne viene data comunicazione attraverso i canali radiotelevisivi pubblici per almeno 60 minuti al giorno, per i successivi 120 giorni all'entrata in vigore della presente legge senza aggravio per le finanze pubbliche.
4. 2. Battelli.

      Dopo il comma 1 aggiungere il seguente comma:
      1-bis) l'entrata in vigore della presente legge e gli effetti che ne conseguono vengono indicati su tutti i prospetti informativi e condizioni contrattuali sottoscritti tra le banche e gli intermediari finanziari con i rispettivi clienti.
4. 3. Battelli.

      Dopo il comma 1 aggiungere il seguente comma:
      1-bis) i consigli comunali della Repubblica italiana sono tenuti a organizzare presso le proprie sedi almeno 6 incontri pubblici nei successivi 6 mesi all'entrata in vigore della presente legge al fine di palesare ai cittadini gli effetti dell'entrata in vigore della presente legge senza nessun aggravio per le finanze pubbliche.
4. 4. Battelli.

      Aggiungere il seguente comma:
      2. Entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge l'Accordo è sottoposto al parere della Corte dei conti in merito ai profili finanziari.
4. 7. Pesco.

      Dopo il comma 1 aggiungere il seguente;
      2. Il Ministero dell'economia e delle finanze informa annualmente le Camere in merito nell'attuazione della presente legge.
4. 8. Pesco.

      Dopo il comma 1 aggiungere il seguente comma:
      1-bis) La Banca d'Italia è autorizzata a revocare l'autorizzazione all'esercizio delle attività bancarie alle banche e agli intermediari finanziari che non danno pubblicità degli effetti dell'entrata in vigore della presente legge ai propri clienti attraverso i propri canali informativi.
4. 9. Pesco.

A.C. 3449 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al Fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a valutare, ai fini dell'attuazione dell'Accordo, l'applicazione delle pertinenti definizioni di cui all'articolo 3 del regolamento SRM.
9/3449/1. Grillo.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a valutare la congruità del termine di trasferimento dei contributi ex ante corrispondenti a ciascun anno, fissato al 30 giugno 2016.
9/3449/2. Parentela.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario,

impegna il Governo

a valutare la congruità del termine di trasferimento dei contributi ex ante corrispondenti a ciascun anno, fissato al 30 giugno 2016.
9/3449/2.    (Testo modificato nel corso della seduta) Parentela.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al Fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione al fine di adottare le iniziative di competenza volte a promuovere nelle opportune sedi una modifica dell'Accordo per trasferire al Fondo i contributi raccolti ex articoli 103 e 104 della direttiva BRR entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dell'Accordo, se successiva al 30 giugno 2016.
9/3449/3. Benedetti.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a vigilare che l'applicazione dell'Accordo in titolo, ogni qualvolta i propri enti vengono sottoposti al meccanismo di vigilanza unico e al meccanismo di risoluzione unico, sia conforme alle pertinenti disposizioni, rispettivamente del regolamento n.  1024/2013 e del regolamento SRM.
9/3449/4. Brugnerotto.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario,

impegna il Governo

a vigilare che l'applicazione dell'Accordo in titolo, ogni qualvolta i propri enti vengono sottoposti al meccanismo di vigilanza unico e al meccanismo di risoluzione unico, sia conforme alle pertinenti disposizioni, rispettivamente del regolamento n.  1024/2013 e del regolamento SRM.
9/3449/4.    (Testo modificato nel corso della seduta) Brugnerotto.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a relazionare alla Commissione competente ogni qualvolta che, in base all'articolo 7 dell'Accordo in titolo, l'Italia, come parte contraente, richieda al Comitato di risoluzione unico di impiegare temporaneamente la parte dei mezzi finanziari, non ancora messa in comune, disponibili nei comparti del Fondo corrispondenti alle altre parti contraenti.
9/3449/5. Ruocco.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a relazionare alla competente Commissione ogni qualvolta, in base all'articolo 1, comma 1, lettera a) dell'Accordo in esame, l'Italia trasferisce i contributi raccolti a livello nazionale a norma della direttiva BRR al Fondo di risoluzione unico.
9/3449/6. Pisano.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a relazionare alla competente Commissione ogni qualvolta, in base all'articolo 1, comma 1, lettera a) dell'Accordo in esame, l'Italia trasferisce i contributi raccolti a livello nazionale a norma del regolamento SRM al Fondo di risoluzione unico.
9/3449/7. D'Incà.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

ad avviare, per quanto di competenza, nel rigoroso rispetto delle prerogative ordinamentali, le iniziative anche legislative affinché i cittadini siano chiamati a esprimersi, per il tramite di un referendum consultivo, sull'opportunità di demandare a Organi europei non elettivi le decisioni in materia di tutela del risparmio, bancaria e finanziaria, anche considerando la medesima procedura già adottata nel 1989 per sentire il parere popolare sul conferimento o meno di un mandato costituente al Parlamento europeo che veniva eletto nella stessa occasione.
9/3449/8. Cariello.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica;
          in particolare si ritiene che la Dichiarazione n. 2 allegata all'accordo in oggetto che impegna gli Stati contraenti a rendere pienamente operativo entro il 1o gennaio 2016 il meccanismo stesso sia lesiva delle prerogative parlamentari di ogni singolo Stato,

impegna il Governo

a sottoscrivere i futuri accordi specificando espressamente nelle dichiarazioni d'intenti che i processi di ratifica debbano avvenire consentendo tempi congrui per la discussione parlamentare e nel pieno rispetto dei regolamenti parlamentari degli Stati membri.
9/3449/9. Da Villa.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a relazionare ogni sei mesi alle competenti Commissioni parlamentari sullo stato dei rimborsi di indennizzo agli Stati membri non partecipanti, di cui all'articolo 15 comma 2 dell'Accordo in oggetto, agli Stati membri non partecipanti.
9/3449/10. Della Valle.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a relazionare ogni sei mesi alle competenti Commissioni parlamentari sullo stato dei rimborsi di indennizzo agli Stati membri non partecipanti di cui all'articolo 15 comma 1 dell'Accordo in oggetto agli Stati membri non partecipanti.
9/3449/11. Dieni.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a presentare anche al Parlamento dettagliata relazione sull'attuazione dell'Accordo in titolo, prevista dal comma 1 dell'articolo 16 dell'Accordo stesso.
9/3449/12. Fantinati.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a far si che l'Accordo in oggetto sia pubblicato, oltre che nella lingua di cui al comma 2 dell'articolo 16 dell'Accordo stesso, anche nella lingua dei Paesi che abbiano un accordo di associazione con l'Unione europea.
9/3449/13. Nuti.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

affinché la valutazione prevista dall'articolo 16, comma 2, dell'esperienza di attuazione contenuta nelle relazioni elaborate dal Comitato sia trasmessa alle competenti Commissioni parlamentari.
9/3449/14. Vallascas.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

ad avviare, per quanto di competenza, nel rigoroso rispetto delle prerogative ordinamentali, le iniziative anche legislative affinché i cittadini siano chiamati a esprimersi, per il tramite di un referendum consultivo, sull'opportunità della trasformazione dell'Unione monetaria in un'effettiva unione dotata di propri organi aventi un assoluto potere decisionale, anche considerando la medesima procedura già adottata nel 1989 per sentire il parere popolare sul conferimento o meno di un mandato costituente al Parlamento europeo che veniva eletto nella stessa occasione.
9/3449/15. Villarosa.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a relazionare alle competenti Commissioni in merito all'interpretazione dell'Accordo conformemente alla normativa dell'Unione sulla risoluzione degli enti.
9/3449/16. Silvia Giordano.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a valutare, nell'ambito delle proprie competenze, la compatibilità delle norme di attuazione dell'Accordo con le competenze dell'Unione relativamente al mercato interno.
9/3449/17. Lorefice.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a relazionare al Parlamento in merito al trasferimento al Fondo dei contributi raccolti dagli enti autorizzati nei rispettivi territori.
9/3449/18. D'Ambrosio.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a trasferire, in modo irrevocabile, al Fondo i contributi raccolti dagli enti autorizzati nei rispettivi territori.
9/3449/19. Cecconi.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi dell'accordo al fine di adottare nelle opportune sedi le iniziative di competenza per modificare l'accordo con particolare riferimento alla congruità del termine di trasferimento dei contributi ex ante corrispondenti a ciascun anno, fissato al 30 giugno dello stesso anno.
9/3449/20. Colonnese.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a relazionare in merito all'applicazione dell'Accordo conformemente ai Trattati su cui si fonda l'Unione europea.
9/3449/21. Mantero.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a relazionare alle Camere in merito al trasferimento al Fondo dei contributi raccolti dagli enti autorizzati nei rispettivi territori in conformità agli articoli 4 e 10 dell'Accordo.
9/3449/22. Baroni.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa da proporre ai competenti organi nazionali ed europei al fine di individuare analiticamente i profili di rischio delle entità interessate dalla risoluzione di cui all'articolo 5 dell'Accordo e le modalità con le quali possono coordinarsi con i criteri di cui all'articolo 105, paragrafo 5, della direttiva BRR.
9/3449/23. Battelli.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a predisporre misure volte ad utilizzare le risorse del Fondo prima dell'applicazione del bail-in.
9/3449/24. Bonafede.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a predisporre misure volte a dare comunicazione dell'entrata in vigore della presente legge, del relativo Accordo e degli effetti che ne conseguono attraverso i canali radiotelevisivi pubblici per almeno 60 minuti al giorno e per successivi 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica.
9/3449/25. Pesco.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a predisporre misure volte ad inserire nei prospetti informativi e nelle condizioni contrattuali degli strumenti finanziari e dei contratti sottoscritti tra i clienti e le banche ed intermediari finanziari sia dell'entrata in vigore della presente legge e del relativo Accordo sia degli effetti che ne conseguono.
9/3449/26. Alberti.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a predisporre misure volte a redigere annualmente una relazione inviata al Parlamento ed alle competenti Commissioni parlamentari con la quale si delucida il saldo finanziario dei diversi comparti di cui all'articolo 4 dell'Accordo e le relative modalità di funzionamento nelle ipotesi di ricorso al Fondo.
9/3449/27. Di Battista.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a predisporre misure volte a redigere annualmente una relazione dalla quale sia possibile desumere tutti i contributi nazionali trasferiti al Fondo.
9/3449/28. Manlio Di Stefano.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a predisporre misure volte a coordinare le attività tra il Fondo di cui all'Accordo ed il Fondo di garanzia dei depositanti
9/3449/29. Scagliusi.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a predisporre ogni genere di iniziativa da proporre ai competenti organi nazionali ed europei al fine di individuare analiticamente le asimmetrie tra la ripartizione dei costi fra i comparti di cui all'articolo 5 dell'Accordo e le modalità con le quali possono coordinarsi con i criteri di cui all'articolo 105, paragrafo 5, della direttiva BRRD.
9/3449/30. Nesci.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a trasferire inizialmente i contributi ex ante al Fondo entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dell'Accordo, se successiva al 30 giugno 2016.
9/3449/31. Micillo.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a trasferire i contributi raccolti ex articoli 103 e 104 della direttiva BRR al più tardi entro il 30 giugno 2016.
9/3449/32. Carinelli.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a predisporre misure volte a coordinare le attività tra il Fondo di cui all'Accordo ed il Fondo interbancario di tutela dei depositi.
9/3449/33. Liuzzi.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre 2015, ha il fine di ratificare e rendere esecutivo l'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo unico di risoluzione, fatto a Bruxelles il 21 gennaio 2014;
              il suo contenuto essenziale è rappresentato dall'obbligo per gli Stati membri di trasferire le contribuzioni delle banche aventi sede nel proprio territorio al fondo unico di risoluzione, che diventa lo strumento per intervenire a livello comune sulle eventuali crisi del sistema bancario;
              gli accordi e i trattati sottoscritti dall'Italia devono, per buona norma, essere visionati e approvati dal Parlamento italiano, in quanto rappresentante del popolo italiano, con un tempo congruo anche perché questo è l'unico modo che il Parlamento ha di interagire nella costruzione di un'Europa democratica,

impegna il Governo

a valutare che, con riferimento agli oneri previsti dall'articolo 3 del disegno di legge in esame, si provveda utilizzando le risorse derivanti dal risparmio conseguente all'abolizione delle province e con la decurtazione delle indennità corrisposte a ex parlamentari condannati in via definitiva.
9/3449/34. De Lorenzis.


      La Camera,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative affinché ogni operatore bancario e finanziario operante nel territorio nazionale provveda entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge ad esporre presso tutte le proprie sedi e sportelli aperti al pubblico una nota esplicativa dei contenuti dell'accordo oggetto di ratifica.
9/3449/35. Gianluca Pini.