XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Venerdì 27 novembre 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 27 novembre 2015.

      Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alli, Amendola, Amici, Baldelli, Baretta, Basilio, Bellanova, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Censore, Centemero, Chaouki, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Cominelli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fava, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Frusone, Garofani, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grande, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Martella, Merlo, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pes, Picchi, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Piras, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sorial, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Valentini, Velo, Vignali, Vignaroli, Villecco Calipari, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

      In data 26 novembre 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa della deputata:
          TARTAGLIONE: «Modifiche all'articolo 26-bis del codice di procedura civile, in materia di foro competente per l'espropriazione forzata di crediti di società» (3455);
          TARTAGLIONE: «Modifiche all'articolo 183 del codice di procedura civile, concernente la concessione di termini nell'udienza di trattazione» (3456);
          TARTAGLIONE: «Modifica all'articolo 91 del codice di procedura civile, in materia di condanna alle spese» (3457).

      Saranno stampate e distribuite.

Trasmissioni dal Senato.

      In data 26 novembre 2015 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza i seguenti disegni di legge:
          S. 1827. – «Ratifica ed esecuzione dei seguenti Accordi: a) Accordo aggiuntivo alla Convenzione di reciproca assistenza giudiziaria, di esecuzione delle sentenze e di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco del 12 febbraio 1971, fatto a Rabat il 1o aprile 2014; b) Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco sul trasferimento delle persone condannate, fatta a Rabat il 1o aprile 2014» (approvato dal Senato) (3458);
          S. 1945. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo federale della Repubblica di Somalia in materia di cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma il 17 settembre 2013» (approvato dal Senato) (3459);
          S. 1972. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro globale di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica socialista del Vietnam, dall'altra, fatto a Bruxelles il 27 giugno 2012» (approvato dal Senato) (3460);
          S. 1986. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione in materia di difesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Senegal, fatto a Roma il 17 settembre 2012» (approvato dal Senato) (3461).

      Saranno stampati e distribuiti.

Modifica del titolo di proposte di legge.

      La proposta di legge n.  3419, d'iniziativa dei deputati MOLTENI ed altri, ha assunto il seguente titolo: «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, n.  354, concernenti i reati di furto in abitazione e furto con strappo».

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

      A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

          I Commissione (Affari costituzionali):
      GRECO: «Delega al Governo per l'equiparazione tra i corpi di polizia locale e le Forze di polizia dello Stato e per il loro inquadramento nel comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico» (3396) Parere delle Commissioni II, V, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

          II Commissione (Giustizia):
      MOLTENI ed altri: «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, n.  354, concernenti i reati di furto in abitazione e furto con strappo» (3419) Parere delle Commissioni I e V.

          VI Commissione (Finanze):
      FORMISANO: «Modifiche al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n.  385, concernenti l'autorizzazione all'attività bancaria» (3409) Parere delle Commissioni I, II, V e XIV.

          VIII Commissione (Ambiente):
      GUIDESI ed altri: «Disposizioni per la manutenzione degli alvei dei fiumi e dei torrenti» (3399) Parere delle Commissioni I, V, VI, X e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Annunzio di sentenze della Corte costituzionale.

      La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:
          Sentenza n.  231 del 6 ottobre-11 novembre 2015 (Doc. VII, n.  538), con la quale:
              dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 32, comma 3-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n.  122, sollevate, in riferimento all'articolo 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Torino e dalla Commissione tributaria provinciale di Nuoro;
              dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 32, comma 4-bis, del decreto-legge n.  78 del 2010, sollevate, in riferimento agli articoli 3, 53 e 97 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Torino e dalla Commissione tributaria provinciale di Nuoro:
      alla VI Commissione (Finanze);

          Sentenza n.  234 del 22 settembre-19 novembre 2015 (Doc. VII, n.  540), con la quale:
              dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 159, comma 3, della legge 16 febbraio 1913, n.  89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dalla Corte d'appello di Milano:
      alla II Commissione (Giustizia);

          Sentenza n.  235 del 6 ottobre-19 novembre 2015 (Doc. VII, n.  541), con la quale:
              dichiara inammissibili il secondo e il terzo motivo del ricorso iscritto al n.  8 del registro conflitti tra enti 2014, promosso dalla regione Emilia-Romagna in relazione agli atti di contestazione di responsabilità e invito a dedurre del 5 giugno 2014 e date successive, adottati dalla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l'Emilia-Romagna;
              dichiara inammissibile il terzo motivo del ricorso iscritto al n.  1 del registro conflitti tra enti 2015, promosso dalla regione Emilia-Romagna in relazione ai tredici atti di citazione, del 3 dicembre 2014 e date successive, adottati dalla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l'Emilia-Romagna;
              dichiara che non spettava allo Stato, e per esso al Presidente della sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la regione Emilia-Romagna, inviare alla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l'Emilia-Romagna la nota n.  3660 del 10 luglio 2013, di trasmissione della deliberazione n.  249 del 2013;
              annulla, per l'effetto, la nota di trasmissione indicata al punto che precede;
              dichiara che non spettava allo Stato, e per esso alla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l'Emilia-Romagna, adottare la nota n.  5190 del 9 luglio 2014, indirizzata al Presidente del Consiglio regionale, di invito al recupero di somme;
              annulla, per l'effetto, la nota indicata al punto che precede;
              respinge per il resto il ricorso, dichiarando che spettava alla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l'Emilia-Romagna adottare i tredici atti di citazione del 3 dicembre 2014 e date successive:
      alla I Commissione (Affari costituzionali);

          Sentenza n.  236 del 20 ottobre-19 novembre 2015 (Doc. VII, n.  542), con la quale:
              dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 11, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n.  235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell'articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n.  190), in relazione all'articolo 10, comma 1, lettera c), del medesimo decreto legislativo, sollevata, in riferimento agli articoli 2, 4, secondo comma, 51, primo comma, e 97, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania:
      alla I Commissione (Affari costituzionali);

          Sentenza n.  237 del 21 ottobre-19 novembre 2015 (Doc. VII, n.  543), con la quale:
              dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 76, comma 2, e 92 del decreto legislativo 30 maggio 2002, n.  113 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia – Testo B), «riprodotti» nel decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n.  115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo e terzo comma, e 113, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento:
      alla II Commissione (Giustizia);

          Sentenza n.  238 del 3-19 novembre 2015 (Doc. VII, n.  544), con la quale:
              dichiara estinti, ai sensi dell'articolo 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale e nei limiti di cui sopra, i processi relativamente alle questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione autonoma Sardegna, dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, dalla Provincia autonoma di Bolzano, dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol;
              dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 499, della legge 27 dicembre 2013, n.  147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014), promosse dalla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste;
              dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 499, della legge n.  147 del 2013, promosse dalla Regione siciliana in riferimento all'articolo 36 del regio decreto legislativo 5 maggio 1946, n.  455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), in relazione alla normativa di attuazione di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n.  1074 (Norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), nonché in riferimento agli articoli 81, sesto comma, 97, primo comma, e 119, primo e sesto comma, della Costituzione;
              dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 499, della legge n.  147 del 2013, promossa dalla Regione siciliana in riferimento all'articolo 43 del regio decreto legislativo n.  455 del 1946:
      alla V Commissione (Bilancio);

          Sentenza n.  239 del 3-19 novembre 2015 (Doc. VII, n.  545), con la quale:
              dichiara estinti i processi relativamente alle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 526 e 527, della legge 27 dicembre 2013, n.  147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2014), promosse dalla Regione autonoma Sardegna, dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Provincia autonoma di Bolzano;
              dichiara cessata la materia del contendere sulle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 526 e 527, della legge 27 dicembre 2013, n.  147, promosse, in riferimento agli articoli 2, primo comma, lettera a), 3, primo comma, lettera f), 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.  4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta), ed agli articoli da 2 a 7 della legge 26 novembre 1981, n.  690 (Revisione dell'ordinamento finanziario della regione Valle d'Aosta), nonché in riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, in combinato disposto con l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), e ai principi di ragionevolezza e di leale collaborazione, dalla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste;
              dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 526, della legge 27 dicembre 2013, n.  147, promosse, in riferimento agli articoli 81, 97, primo comma, e 119 della Costituzione, nel testo novellato con legge costituzionale 20 aprile 2012, n.  1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), anche in riferimento all'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3, nonché agli articoli 36 e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n.  455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), e all'articolo 2, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n.  1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), dalla Regione siciliana:
      alla V Commissione (Bilancio);

          Sentenza n.  240 del 7 ottobre-26 novembre 2015 (Doc. VII, n.  546), con la quale:
              dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 464-bis, comma 2, del codice di procedura penale, sollevate, con l'ordinanza indicata in epigrafe, dal tribunale ordinario di Torino, in composizione monocratica, in riferimento agli articoli 3, 24, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'articolo 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n.  848:
      alla II Commissione (Giustizia);

          Sentenza n.  241 del 21 ottobre-26 novembre 2015 (Doc. VII, n.  547), con la quale:
              dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 81, quarto comma, del codice penale, aggiunto dall'articolo 5 della legge 5 dicembre 2005, n.  251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n.  354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dal tribunale ordinario di Macerata:
      alla II Commissione (Giustizia).

      La Corte costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.  87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):
          con lettera in data 11 novembre 2015, sentenza n.  227 del 7 ottobre-11 novembre 2015 (Doc. VII, n.  534), con la quale:
              dichiara l'illegittimità costituzionale degli articoli 1 e 2 della legge della regione Calabria 16 ottobre 2014, n.  22 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 18 luglio 2008, n.  24 e successive modificazioni e integrazioni):
      alla XII Commissione (Affari sociali);

          con lettera in data 11 novembre 2015, sentenza n.  228 del 21 ottobre-11 novembre 2015 (Doc. VII, n.  535), con la quale:
              dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 1, nel testo originario, della legge della regione Calabria 10 gennaio 2013, n.  2 (Disciplina del collegio dei revisori dei conti della Giunta regionale e del Consiglio regionale della Calabria):
      alla V Commissione (Bilancio);

          con lettera in data 11 novembre 2015, sentenza n.  229 del 21 ottobre-11 novembre 2015 (Doc. VII, n.  536), con la quale:
              dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 3, lettera b), e 4 della legge 19 febbraio 2004, n.  40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), nella parte in cui contempla come ipotesi di reato la condotta di selezione degli embrioni anche nei casi in cui questa sia esclusivamente finalizzata ad evitare l'impianto nell'utero della donna di embrioni affetti da malattie genetiche trasmissibili rispondenti ai criteri di gravità di cui all'articolo 6, comma 1, lettera b), della legge 22 maggio 1978, n.  194 (Norme per la tutela della maternità e sulla interruzione della gravidanza) e accertate da apposite strutture pubbliche;
              dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1 e 6, della legge 19 febbraio 2004, n.  40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), sollevata – in riferimento agli articoli 2 e 3 della Costituzione ed all'articolo 117, primo comma della Costituzione, in relazione all'articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n.  848 – dal Tribunale ordinario di Napoli:
      alla XII Commissione (Affari sociali);

          con lettera in data 11 novembre 2015, sentenza n.  230 del 7 ottobre-11 novembre 2015 (Doc. VII, n.  537), con la quale:
              dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n.  388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2001), nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della pensione di invalidità civile per sordi e della indennità di comunicazione:
      alla XII Commissione (Affari sociali);

          con lettera in data 19 novembre 2015, sentenza n.  233 del 21 ottobre-19 novembre 2015 (Doc. VII, n.  539), con la quale:
              dichiara l'illegittimità costituzionale degli articoli 207 e 208 della legge della regione Toscana 10 novembre 2014, n.  65 (Norme per il governo del territorio);
              dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 25, 26 e 27 della legge della regione Toscana 10 novembre 2014, n.  65, promosse, in riferimento all'articolo 117, primo comma e secondo comma, lettera e), della Costituzione:
      alla VIII Commissione (Ambiente).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

      La Commissione europea, in data 26 novembre 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
          relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Valutazione ex post relativa alle capitali europee della cultura 2014 (Umeå e Riga) (COM(2015)580 final), che è assegnata in sede primaria alla VII Commissione (Cultura);
          comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – La strategia di allargamento dell'Unione europea (COM(2015)611 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

      Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 26 novembre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n.  234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

      Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

      Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
          proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche europee in tema di gas naturale ed energia elettrica e che abroga la direttiva 2008/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica (COM(2015)496 final);
          comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Corte dei conti – Tutela del bilancio dell'Unione europea fino alla fine del 2014 (COM(2015)503 final);
          comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti – Stato dell'Unione dell'energia 2015 (COM(2015)572 final);
          comunicazione congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Riesame della politica europea di vicinato (JOIN(2015)50 final).

Atti di controllo e di indirizzo.

      Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

      Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERPELLANZE URGENTI

Elementi sulle risorse stanziate e sulle opere programmate per l'imminente Giubileo straordinario, con particolare riferimento a quelle volte a favorire l'accoglienza delle persone disabili – 2-01167

A)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
          manca poco meno di un mese all'8 dicembre 2015 quando si aprirà il Giubileo straordinario; il Giubileo della Misericordia che durerà fino alla festa di Cristo Re, il 20 novembre 2016;
          il Giubileo della Misericordia indetto da Papa Francesco è certamente uno degli eventi più attesi dei prossimi mesi. Un evento che, secondo le stime, attirerà a Roma oltre 25 milioni di visitatori tra i quali anche molti disabili;
          a più riprese il Governo ha stanziato fondi ordinari e straordinari volti ad avviare tutte quelle opere necessarie a rendere Roma pronta all'accoglienza di tutti i pellegrini;
          l'elenco dei cantieri aperti per migliorare l'accoglienza dei pellegrini non sembra tener minimamente conto di quelle fasce di popolazione fragile per le quali lo stesso Papa Francesco chiede attenzione  –:
          quanti siano ad oggi i finanziamenti stanziati per il Giubileo e quali siano i cantieri e le opere autorizzate nonché il loro stato di attuazione;
          nello specifico, quali siano le opere volte all'abbattimento delle barriere architettoniche per una piena accoglienza delle persone disabili che verranno a Roma per il Giubileo;
          se sia stato predisposto un piano speciale per l'accoglienza delle persone disabili.
(2-01167) «Argentin, Lenzi, Amato, Albini, Paola Boldrini, Grassi, Paola Bragantini, D'Incecco, Bini».


Iniziative per promuovere una revisione delle procedure autorizzative per attività di esplorazione e ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi e per favorire la produzione di energia da fonti rinnovabili – 2-01141

B)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
          l'energia, in termini di disponibilità e costi, è un elemento essenziale per la competitività del Paese e del suo sistema industriale;
          come fonte energetica, a livello globale, si consumano quantità enormi di combustibili fossili (ogni secondo 1050 barili di petrolio, 105.000 metri cubi di gas, 250 tonnellate di carbone) immettendo nell'atmosfera, oltre alle sostanze inquinanti che causano numerose malattie, 36 miliardi di tonnellate l'anno di anidride carbonica, gas serra che ha raggiunto la concentrazione di 400 parti per milione. Causa principale del progressivo riscaldamento del pianeta che sta già causando conseguenze catastrofiche;
          gli scienziati del Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), sotto l'egida dell'ONU, nel Fifth Assessment Report 2014 hanno sottolineato l'urgenza di intervenire con iniziative immediate: «senza un'azione decisa, è molto probabile che le temperature superino il limite di 2o C, limite per cui si sono impegnati i Governi nazionali. La combustione delle fonti energetiche “fossili” è la principale causa dell'aumento di temperatura. Superare il limite porterà a estreme conseguenze:
              innalzamento del livello dei mari, onde di calore, scioglimento delle calotte polari, distruzione dell'agricoltura e perdita di cibo, aumento della frequenza di tempeste e siccità»;
          uno studio del novembre 2014, commissionato dalla Commissione europea per approfondire l'entità dei sussidi diretti e indiretti e i costi delle esternalità negative di tutte le fonti energetiche fossili e rinnovabili nella produzione dell'energia elettrica, ha evidenziato come i costi delle esternalità negative – danni determinati da riscaldamento globale (innalzamento temperature e aumento frequenza fenomeni meteorologici estremi) e incremento spesa sanitaria per patologie legate ad inquinamento – generati dall'utilizzo di fonti fossili per la produzione di energia elettrica vadano da oltre 90 euro/MWh per le centrali a carbone a quasi 40 euro/MWh per le centrali a cogenerazione alimentate da gas naturale (a fronte di un prezzo all'ingrosso dell'energia elettrica di 52 euro/MWh per tutte le fonti energetiche fossili e rinnovabili). Tali costi sono oggi essenzialmente a carico del bilancio pubblico, finanziati quindi dalla fiscalità generale. Si può affermare che i costi di estrazione, stoccaggio e dispacciamento sommati ai costi delle esternalità negative prodotti dall'impiego dei combustibili fossili sono tali da rendere più conveniente l'utilizzo di energia elettrica da fonti rinnovabili, nonostante il maggior costo e la minore efficienza delle tecnologie di produzione;
          la conferenza CFCC15 (Common Future under Chinate Change), organizzata dall'UNESCO il 10 luglio 2015 in preparazione della Paris COP21, ha sollecitato ancora una volta tutti gli Stati a rendersi consapevoli della gravità della sfida per contrastare i cambiamenti climatici e ad agire di conseguenza;
          le agenzie di rating, tra cui Standard & Poor's mettono in guardia contro i rischi finanziari legati ai cambiamenti climatici e affermano che la limitazione delle emissioni è conveniente anche dal punto di vista dei profitti industriali;
          la produzione di energia da fonti rinnovabili non è più residuale: con le fonti rinnovabili oggi si produce il 22 per cento dell'energia elettrica su scala mondiale e il 40 per cento in Italia, dove il fotovoltaico da solo genera energia pari a quella prodotta da due centrali nucleari. Poiché i combustibili fossili sono in via di progressivo esaurimento, il processo di transizione alle energie rinnovabili è già avanzato in tutti i Paesi del mondo: in particolare, l'Unione europea ha messo in atto una strategia (il «Pacchetto clima energia 20 20 20», l’Energy Roadmap 2050) che nel 2050 porterà gli Stati dell'Unione a produrre almeno l'80 per cento dell'energia da fonti rinnovabili;
          di recente, l’Energy outlook 2015 dell'agenzia Bloomberg ha stimato che entro il 2040 il 56 per cento delle sorgenti energetiche primarie su scala mondiale sarà composto da fonti a emissioni zero. I sussidi alle fonti energetiche rinnovabili sono uno strumento efficace per favorire lo sviluppo e l'implementazione di nuove tecnologie e, il loro elevato costo, pari a 6.7 miliardi di euro all'anno, interamente a carico delle tariffe energetiche, è giustificato, sia dalla riduzione di esternalità, sia dalla riduzione dei costi complessivi dell'energia, cui sicuramente ha contribuito anche la maggiore disponibilità di fonti energetiche rinnovabili a costo ridotto. Con il successo e la diffusione delle fonti rinnovabili il prezzo medio dell'energia è passato da circa 100 euro/MWh a 50 euro/MWh;
          i combustibili fossili richiedono ingenti investimenti per l'estrazione, la raffinazione e la distribuzione; gran parte di questi costi – per sussidi diretti e indiretti – sono a carico dei Governi nazionali. Il Fondo monetario internazionale, in un working paper del maggio 2015, ha stimato che i sussidi ai combustibili fossili per il 2015 hanno raggiunto un nuovo record: 5.300 miliardi di dollari, ovvero oltre il 6 per cento del prodotto interno lordo mondiale, una spesa maggiore della spesa mondiale per la sanità;
          la BP Statistical Review del giugno 2015 (British Petroleum, BP Statistical Review of World Energy 2015), in accordo con i dati pubblicati dal Ministero dello sviluppo economico (riserve di idrocarburi in Italia al 31 dicembre 2014) segnala che le «total proved reserves» di petrolio in Italia ammontano a 100 milioni di tonnellate, a fronte di un consumo annuale di petrolio di 56,6 milioni di tonnellate. Le riserve accertate coprono, pertanto, meno di due anni di consumi di petrolio: se queste vengono estratte dai giacimenti nell'arco di 20 anni, sono in grado di coprire meno del 9 per cento del consumo annuale. Per il gas naturale, le «total proved reserves» ammontano a circa 50 miliardi di metri cubi, insufficienti a coprire il consumo di 1 anno che è di 56,8 miliardi di metri cubi. In 20 anni, coprirebbero il 4,4 per cento del consumo annuale. È evidente che anche lo sfruttamento integrale delle esigue riserve italiane non renderebbe il Paese indipendente da altri Paesi, dai quali si dovrebbe continuare ad importare gran parte delle esigue risorse energetiche necessarie sotto forma di combustibili costosi ed inquinanti;
          il Ministero dello sviluppo economico ha reso noto che nel 2014 lo Stato italiano ha incassato 70 milioni di euro e le regioni 182 milioni di euro di royalty. La Basilicata, a fronte di introiti per 159 milioni di euro, ha esternalità negative per inquinamento dell'aria e delle falde acquifere, con effetti devastanti sull'agricoltura e diminuzione del prodotto interno lordo regionale. Nelle altre regioni 29 milioni di euro sono andati ai comuni, di cui 450.000 euro al comune di Ravenna, una cifra decisamente inferiore ai danni causati dalle esternalità, fra le quali vanno considerati la subsidenza e i rischi per l'ecosistema marino. Nella migliore delle ipotesi, supponendo cioè che dopo esplorazioni preliminari e messa in opera degli impianti l'estrazione abbia inizio fra 5 anni e continui per i successivi 20 anni fino ad esaurimento delle riserve estraibili, a partire dal 2020 lo Stato incasserebbe 70 milioni di euro di nuove royalty all'anno;
          una recente ricerca del UK Energy Research Centre rileva che investimenti nella efficienza energetica ed energie rinnovabili generano più posti di lavoro rispetto ad investimenti in sistemi energetici intensive; secondo autorevoli studiosi, che hanno ricoperto posizioni di primo piano nell'industria petrolifera, questa non è in grado di dare risposte alle necessità impellenti di occupazione, perché, per sua natura, è ad alta intensità di capitale, ma a bassa intensità di lavoro (L. Maugeri, L'era del petrolio, Feltrinelli, 2006);
          la strategia energetica nazionale è stata definita da un decreto interministeriale dell'8 marzo 2013 e ha visto, ad avviso degli interpellanti, un coinvolgimento meramente formale del Parlamento;
          la richiesta, depositata presso la Corte di cassazione il 30 settembre 2015 dai rappresentanti di dieci regioni italiane, di referendum nazionale abrogativo per alcune parti dell'articolo 35 del decreto-legge n.  83 del 22 giugno 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  134 del 2012 cosiddetto «dl sviluppo», e dell'articolo 38 del decreto-legge n.  133 del 12 settembre 2014 convertito, con modificazioni, dalla legge n.  164 del 2014 detto «Sblocca Italia»  –:
          se non ritenga doveroso assumere iniziative per escludere dalla dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza finalizzata alla valorizzazione di risorse energetiche nazionali la prospezione e il sondaggio di idrocarburi liquidi e gassosi in mare e in terra;
          se, in base a quanto esposto in premessa, non ritenga necessario adottare iniziative volte a prevedere la sospensione delle attività sia di esplorazione che di ricerca in zone ad elevato rischio sismico, vulcanico, tettonico, accertato da indagini scientifiche preventive effettuate dagli enti di ricerca Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, Consiglio nazionale delle ricerche e Agenzia per la protezione ambientale, nonché a prevedere il blocco del rilascio di autorizzazioni in zone di particolare ripopolamento ittico, così come opportunamente indicato da indagini scientifiche preventive di supporto effettuate da Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, Consiglio nazionale delle ricerche e Agenzia per la protezione ambientale, prevedendo altresì adeguate compensazioni economiche nel caso di danni arrecati agli stock ittici esistenti;
          se non ritenga opportuno adottare iniziative per prevedere il blocco del rilascio di future autorizzazioni sia di esplorazione che di ricerca in prossimità di aree di particolare interesse turistico;
          se non ritenga opportuno, in accordo con le autorità dei Paesi che si affacciano sul mare Adriatico e in applicazione della direttiva 2013/30/UE, promuovere una conferenza congiunta dell'Adriatico per la prospezione e lo sfruttamento di giacimenti petroliferi offshore, al fine di adottare criteri analoghi per tutelare le spiagge e i territori;
          se intenda attivare un tavolo di confronto con i rappresentanti dei comuni interessati, individuati da ANCI e delle regioni, in vista della partecipazione degli enti locali e territoriali alla conferenza congiunta dell'Adriatico, nonché promuovere una revisione delle procedure di ispezione e sondaggio di idrocarburi liquidi e gassosi in mare e in terra, al fine di prevedere la valorizzazione e il rafforzamento del ruolo degli enti locali e territoriali e l'integrale e tempestiva pubblicizzazione dell’iter autorizzativo;
          se, in base a quanto esposto, non ritenga necessario e urgente integrare e modificare in tempi brevi la strategia energetica nazionale, al fine di promuovere la produzione di energia da fonti rinnovabili, riducendo, nel contempo, la produzione di energia da fonti fossili, in accordo con la prevista conferenza congiunta dei Paesi che si affacciano sul Mare Adriatico e in coerenza con l'esito delle indagini scientifiche preventive effettuate dagli enti di ricerca Istituto nazionale di geofisica e vulcanologica, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, Consiglio nazionale delle ricerche e Agenzia per la protezione ambientale che rilevino elevato rischio sismico, vulcanico e tettonico dei siti individuati;
          se non ritenga opportuno assumere iniziative per rivedere completamente gli articoli 37 e 38 del decreto-legge n.  133 del 12 settembre 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  164 del 2014 detto «Sblocca Italia», recependo le richieste di cui al secondo, terzo e sesto quesito dell'interpellanza.
(2-01141) «Bratti, Zanin, Giovanna Sanna, Vico, Giuseppe Guerini, Ginefra, Miotto, Culotta, Pes, Bargero, Boccuzzi, Bonaccorsi, Paola Bragantini, Cenni, Fontanelli, Giacobbe, Incerti, Lenzi, Mariano, Marroni, Massa, Mazzoli, Miccoli, Mongiello, Morassut, Portas, Rostan, Tullo, Marrocu, Bolognesi, Villecco Calipari, Ferranti, Piccione, Capone, Capodicasa, Amoddio».


Iniziative in relazione alle centrali elettriche sarde, con particolare riguardo all'eventuale proroga del relativo «regime di essenzialità» dopo il 31 dicembre 2015 e iniziative in merito alla metanizzazione della Sardegna – 2-01154

C)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
          con la legge n.  41 del 22 marzo 2010 sono state introdotte misure urgenti per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento di energia elettrica in Sicilia e in Sardegna per il triennio 2010-2012 per quantità massime di 500MW per la Sardegna e 500MW per la Sicilia;
          in seguito, il Governo italiano ha fatto richiesta di proroga delle misure per il triennio 2013-2015. La Commissione europea ha ritenuto che il regime di compensazione per la fornitura di servizi d'interrompibilità istantanea nelle isole, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 1, TFUE, non costituisce aiuto di Stato e ha confermato le proprie valutazioni in merito;
          recentemente il Governo ha inviato una nota presso la Commissione europea per una seconda proroga. Le due isole, a causa della loro insularità, stanno attraversano gravi problemi di energia dovuti dagli elevati costi di approvvigionamento. Qualora tali richieste non dovessero essere prorogate si avrebbero serie e importanti ripercussioni sia produttive che occupazionali;
          nell'ottobre 2012, con delibera 400/12, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG) ha definito unità essenziali al sistema elettrico nazionale la centrale termoelettrica di Ottana Energia, la centrale di E.on Fiume Santo e quella di Enel Sulcis;
          il progetto del Galsi su cui si basava la conversione della centrale termoelettrica di Ottana è stato di fatto congelato, e la giunta regionale della Sardegna non ha potuto che adeguarsi, uscendo dalla compagnia sociale di Galsi;
          rispondendo all'interrogazione a risposta scritta n.  4-05841, a firma Capelli, presentata il 7 agosto 2014, il Vice Ministro De Vincenti l'8 aprile 2015 al riguardo affermava: «Un ulteriore rinvio della decisione di investimento da parte dell'azionista di maggioranza algerino della società Galsi, è il segnale che il ritardo della realizzazione del progetto Galsi e quindi della metanizzazione dell'isola, è da imputarsi alla crisi del mercato energetico che non favorisce e non sostiene tale investimento. Tuttavia il Ministero nell'ottica del citato progetto di metanizzazione si è attivata, su richiesta della regione, promuovendo e supportando degli incontri con la regione medesima, la società Galsi e la società Snam Rete Gas, al fine di individuare soluzioni alternative progettuali relative alla metanizzazione dell'isola»;
          è apprezzabile l'impegno del Governo ma certamente non sufficiente per sanare una situazione che nel corso del tempo è divenuta sempre più complessa;
          nel suo «Rapporto annuale in materia di monitoraggio dei mercati elettrici a pronti, a termine e dei servizi di dispacciamento. Consuntivo 2013», si osservava, infatti, che i prezzi medi su MSD (Mercato dei Servizi di Dispacciamento) nel corso del 2013 avevano fatto registrare un differenziale tra prezzi a salire e prezzi a scendere pari ad un incremento del 13 per cento per quel che riguardava il continente, mentre si riduceva sulle isole;
          in particolare, il succitato rapporto osservava che «In Sardegna la riduzione è stata del 90 per cento a seguito dell'inserimento di Ottana Energia nella lista degli impianti essenziali per la fornitura di Riserva Secondaria»;
          si trattava di un risultato importante, raggiunto proprio grazie all'inserimento di Ottana Energia nelle liste degli impianti essenziali;
          nel febbraio 2014 la regione Sardegna varava il «Piano Energetico ed Ambientale della regione Sardegna» nel quale per la centrale di Ottana era prevista una riconversione a metano «con la finalità del servizio ancillare alla rete»;
          nello stesso documento si legge, inoltre, che «In particolare la regione si pone l'obiettivo nell'ambito delle azioni interne ai distretti energetici di promuovere contestualmente con il territorio, le azioni consentite per una riconversione a metano entro il 2020 della suddetta centrale cogenerativa per il superamento dell'attuale configurazione ad olio combustibile. La regione si impegna pertanto a porre in essere in sinergia con gli enti locali interessati e lo Stato quanto necessario per raggiungere tale obiettivo»;
          la mancanza di una fornitura di gas naturale ha condizionato negativamente tutto il sistema energetico regionale, vincolando l'avvio della realizzazione della rete di trasmissione interna ed esterna, rendendo potenzialmente inefficace, in quanto non remunerativo, l'utilizzo delle reti urbane o comprensoriali di distribuzione del gas, in quanto non collegate tra loro in un'unica rete;
          dopo il ricordato congelamento del progetto Galsi, la regione Sardegna, con ordine del giorno n.  5 del 27 maggio 2014, approvava un testo volto a richiedere al Governo «l'attivazione delle disponibilità finanziarie occorrenti per il mantenimento dei regimi di essenzialità energetica attualmente vigenti in Sardegna, nonché per la perequazione, nelle more del compimento del processo di metanizzazione, dei maggiori costi energetici gravanti sulle famiglie e sulle imprese della Sardegna»;
          invece, il decreto-legge n.  90 del 2014 – «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», convertito, con modificazioni, dalla legge n.  114 del 2014, invece garantiva il sistema di essenzialità delle centrali elettriche siciliane sopra i 50 mega watt, disponendo contestualmente la cancellazione della macro-zona Sardegna-Sicilia;
          due decisioni che, unite, al blocco del progetto Galsi, hanno suscitato gravi preoccupazioni in Sardegna per una assolutamente prevedibile crisi di tutto il sistema della produzione energetica sarda;
          al riguardo, fu presentato un ordine del giorno, a prima firma Capelli, (n.  9-02568-Ar/002), accolto dal Governo, nel quale si chiedeva di valutare gli effetti applicativi delle decisioni prese, in modo da prendere iniziative per sanare «questo vero e proprio vulnus inferto a tutto il sistema energetico sardo» con la cancellazione del sistema di essenzialità;
          sempre a prima firma Capelli, come detto, era stata presentata un'interrogazione a risposta scritta (n.  4-05841), che ha avuto risposta l'8 aprile 2015 da parte dell'allora sottosegretario per lo sviluppo economico De Vincenti;
          nella risposta del Governo, inoltre, si legge tra l'altro «Nel merito, si fa presente che, secondo i dati del Gestore dei mercati energetici, il valore medio del prezzo dell'energia sul mercato del giorno prima (Mgp) nel 2013 in Sardegna si è attestato al valore di 61,52 euro/MWh, addirittura inferiore al valore del prezzo unico nazionale (Pun), il cui valore è stato 62,99 euro MWh. Occorre precisare che il prezzo dell'energia elettrica in Sardegna si è allineato al Pun solo negli ultimi due anni, infatti fino al 2011 si attestava su valori di circa 1015 euro superiori ai valori del Pun; a tal riguardo è di rilievo il ruolo del cavo Sapei, entrato in servizio nel 2012 e che ha contribuito ad allineare il prezzo della Sardegna a quello delle altre zone continentali. Discorso completamente diverso per la Sicilia, dove il mancato completamento del cavo Sorgente-Rizziconi ha lasciato immutate le condizioni che hanno determinato un prezzo medio annuo ben più elevato, che nel 2013 è stato di 92,00 euro/MWh, quindi superiore di quasi 30 euro al prezzo sardo. Si segnala, inoltre, che anche nel 2014 la Sardegna ha avuto prezzi allineati al resto delle zone continentali mentre la Sicilia si è attestata su prezzi superiori di circa 30 euro, tra cui spicca il dato di agosto 2014, quando nell'Isola è stato rilevato un prezzo di ben 102,15 euro MWh a fronte di un Pun a 47,17 euro/MWh;
          i dati appena mostrati sono utili a far evidenziare le motivazioni che hanno portato il Governo ad intervenire per cercare di contenere i prezzi dell'energia in Sicilia, ed a tal proposito si rileva il dato del mese di gennaio 2015 quando, proprio grazie alla norma citata, il gap di prezzo tra la Sicilia ed il resto delle zone si è ridotto a poco più di 10 euro/MWh. Il regime di essenzialità per gli impianti siciliani è quindi un modo che ha l'effetto di ridurre il prezzo zonale dell'energia nell'Isola, e quindi il prezzo pagato ai produttori, ma di conseguenza produce una diminuzione del prezzo sul fronte della domanda (Pun) a livello nazionale (...) prezzi continentali, ricaverà un evidente beneficio da tale norma (diminuzione del Pun). Sul fronte dell'offerta, invece, il provvedimento appare neutro nei confronti dei produttori in Sardegna, il cui prezzo zonale è ormai allineato a quello delle altre zone grazie al Sapei, appare quindi neutra per i produttori sardi anche la decisione di eliminare le macro zone Insulari»;
          appare apprezzabile la risposta, documentata, ma che non sembra cogliere i rischi che la scelta del Governo ha, invece, causato a tutto il settore della produzione di energia in Sardegna;
          con delibera dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico n.  500 del 16 ottobre 2014, la centrale di Ottana energia, così come le altre sarde dichiarate essenziali, hanno visto una proroga di tale modalità di esercizio sino all'aprile 2015, e successivamente sino al dicembre 2015;
          fonti di stampa (in particolare Il Sole 24 ore del 23 ottobre 2014) informano che gli impianti E. On Fiume Santo ed Enel Sulcis figurano tra gli impianti in possibile chiusura;
          tale possibilità potrebbe causare la perdita di interesse da parte delle grandi multinazionali per la riattivazione di grosse industrie energivore sarde, quali Alcoa;
          la chiusura di tutto il sistema della produzione energetica in Sardegna porterebbe la regione ad essere del tutto priva di impianti produttivi di potenza programmabile;
          lo stato di declino dei grandi poli industriali del Sulcis, di Porto Torres e di Ottana sono da addebitare in gran parte al deficit strutturale dell'approvvigionamento energetico, così come la diminuita competitività dell'industria ancora presente;
          inoltre, tale assetto produttivo non garantirebbe la sicurezza del sistema elettrico sardo, e comporterebbe la perdita occupativa diretta di circa 800 addetti, più indotto;
          il 2 ottobre 2015 la giunta regionale della Sardegna ha approvato la delibera 48/2013 in cui vengono approvate le linee guida del Piano Energetico Ambientale Regionale, nel quale tra l'altro si legge che «Per la metanizzazione della Sardegna l'Assessore ricorda che, a seguito dell'accantonamento del progetto GALSI, il tema ha assunto una rilevanza tale che implica un focus specifico nel PEARS con la possibilità, da valutare in sede di predisposizione dell'aggiornamento della proposta tecnica, di affrontare gli aspetti di dettaglio da un punto di vista tecnico e amministrativo attraverso la predisposizione di un piano attuativo dedicato. Tale impostazione metodologica è supportata anche dagli esiti del confronto in corso con il Governo sulle modalità di approvvigionamento di gas naturale per l'isola, nel quadro della strategia nazionale GNL»;
          risulta, che l'estensione del regime di essenzialità alle centrali siciliane di potenza superiore ai 50 mega watt dovrebbe essere esteso a tutto il primo semestre 2016;
          la cosiddetta «interrompibilità» nei fatti è il riconoscimento di un rischio energetico per le imprese sarde energivore che potrebbe essere cancellato a fine 2015;
          se fosse così, le stesse imprese – sono 19 in Sardegna – non avrebbero più i 51 milioni e mezzo di euro ottenuti finora e pagherebbero l'energia elettrica il 30 per cento in più, mettendo a fortissimo rischio, come osserva anche Confindustria, un sistema che vale 4 mila buste paghe e fattura un miliardo e mezzo, quello manifatturiero;
          l'indennizzo per l’«interrompibilità» è, come detto, riconosciuto a 19 aziende sarde, analogamente a quanto accade in Sicilia, in cambio del rischio di essere slacciate dalla rete elettrica con un minimo preavviso per evitare in caso di emergenze elettriche ed evitare black-out generalizzati;
          introdotto per la prima volta nel 2010, il regime di difesa della rete è a conclusione del secondo triennio e la scadenza è prevista per il 3 dicembre. Nonostante le diverse sollecitazioni, l'Agenzia nazionale per l'energia sembrerebbe pronta a fare marcia indietro e a cancellare i bandi pubblici con cui alle imprese è riconosciuto quello che potrebbe essere definito un bonus in costo di ogni megawattora;
          si tratta di una questione che richiede risposte urgenti, anche perché la procedura per la proroga è lunga dovrebbe passare anche al vaglio determinante dell'Unione europea;
          la mancata proroga sarebbe un colpo troppo forte per queste aziende: Portovesme srl, Italcementi, Ottana energia, BeKaert Sardegna, Syndial, Air liquide, Sugherificio Ganu, Ceramica Mediterranea, Fluorsid, Buzzi-Unicem, Simec, 3A Arborea, Matrica, Cementi centrosud, Fratelli Pinna industria casearia, Maffei silicati, Molinas, Pastificio fratelli Cellino e Telecom;
          si tratta di imprese che hanno un alto valore strategico per l'intera economia della Sardegna e i contraccolpi della fine del regime d'interrompibilità finirebbero per mettere a rischio la loro stessa sopravvivenza prima ancora della loro già difficile competitività rispetto alle concorrenti in aree meno svantaggiate  –:
          quali ulteriori iniziative di competenza il Governo intenda attuare per evitare la fermata delle centrali elettriche sarde dopo il mese di dicembre 2015, chiarendo, in particolare, se intenda prevedere la proroga del regime di «essenzialità», come previsto per la Sicilia, e quali azioni il Governo stia già intraprendendo per contribuire alla soluzione della metanizzazione della Sardegna, unica regione europea priva di tale infrastruttura fondamentale per la competitività del sistema industriale.
(2-01154) «Capelli, Dellai».


Orientamenti e iniziative in merito alla «Nota interpretativa sull'indicazione di origine delle merci provenienti dai territori occupati da Israele dal giugno 1967» della Commissione europea dell'11 novembre 2015, nonché su eventuali iniziative, in sede europea, per l'adozione di provvedimenti analoghi in relazione a merci provenienti da altri Stati – 2-01175

D)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
          la Commissione europea ha pubblicato, l'11 novembre 2015, la cosiddetta «Nota interpretativa sull'indicazione di origine delle merci provenienti dai territori occupati da Israele dal giugno 1967»;
          la nota era stata sollecitata con lettera del 13 aprile 2015 indirizzata all'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini da 16 ministri degli esteri di Stati membri dell'Unione;
          a firmare la missiva erano stati i rappresentanti dei Governi di Italia, Francia, Gran Bretagna, Spagna, Belgio, Svezia, Malta, Austria, Irlanda, Portogallo, Slovenia, Ungheria, Finlandia, Danimarca, Paesi Bassi e Lussemburgo;
          nella lettera si richiamava una precedente missiva sullo stesso argomento inviata esattamente due anni prima all'ex Alto rappresentante Catherine Ashton e si affermava che «la continua espansione degli insediamenti illegali israeliani nei territori palestinesi occupati, e negli altri territori occupati da Israele fin dal 1967, minaccia la prospettiva di un accordo di pace giusto e definitivo» ed ancora che «la corretta e coerente attuazione della tutela dei consumatori dell'Ue e della legislazione inerente l'etichettatura è necessaria per garantire che i consumatori non siano tratti in inganno da false informazioni»;
          Catherine Ashton non aveva dato seguito alla missiva inviatale nell'aprile 2013 su richiesta del Segretario di Stato statunitense John Kerry che stava cercando di far ripartire il dialogo di pace tra israeliani e palestinesi;
          l'etichettatura con l'indicazione d'origine è obbligatoria, secondo le regole generali del commercio nell'Unione europea, per i prodotti alimentari ed in alcuni casi anche per le altri merci;
          in base all'accordo di associazione tra Israele e Unione europea, i beni prodotti nei territori occupati dal 1967 in Cisgiordania e nel Golan sono esclusi dai benefici doganali;
          Gran Bretagna, Belgio e Danimarca avevano già anticipato l'obbligo di etichettatura;
          il volume del commercio tra Ue ed Israele è nell'ordine di circa 30 miliardi di euro l'anno (17 miliardi di export europeo verso Israele, 13 miliardi di import nella direzione opposta);
          l'obbligo di etichettatura ricade sull'intera filiera: dal produttore all'importatore fino al dettagliante;
          è lasciata ai singoli Paesi la scelta della dizione da adottare, ma dovrà essere indicato chiaramente che il prodotto in questione viene da un «insediamento israeliano»;
          un provvedimento del genere potrebbe portare ad atteggiamenti di boicottaggio contro le merci etichettate secondo le nuove disposizioni;
          tale boicottaggio colpirebbe le aziende con sede negli insediamenti israeliani, aziende che spesso sono invece esempio di coesistenza e collaborazione tra israeliani e palestinesi;
          una di queste aziende, la Lipski (produttrice di plastica) è stata fatta visitare ai giornalisti europei dal Ministro degli esteri israeliano Tzipi Hotovely e, in tale azienda, il 60 per cento dei dipendenti è palestinese ed il 40 per cento israeliano;
          non risulta che la Commissione europea abbia preso provvedimenti simili verso altri territori contesi;
          il pesce pescato nelle acque territoriali del Sahara occidentale, occupato dal Marocco in sfregio ai diritti del popolo Saharawi non viene etichettato in maniera particolare;
          i prodotti provenienti dal Tibet, occupato fin dalla fine degli anni ’40 dalla Cina, non ricevono un trattamento analogo a quello che sarà riservato ai prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani  –:
          se il Governo condivida la scelta della Commissione europea contenuta nella nota interpretativa dell'11 novembre 2015;
          con quale dicitura saranno etichettati in Italia i prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani sulle Alture del Golan ed in Cisgiordania;
          se il Governo intenda proporre alla Commissione l'adozione di provvedimenti simili in relazione a merci provenienti da territori occupati da altri Stati come ad esempio il Tibet ed il Sahara occidentale.
(2-01175) «Parisi, Abrignani, Borghese, Bueno, D'Alessandro, Faenzi, Galati, Merlo, Mottola, Francesco Saverio Romano, Pisicchio».


Iniziative volte ad assicurare il servizio postale universale, alla luce delle operazioni di quotazione in borsa di Poste Italiane spa – 2-01142

E)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          è notizia recente che l'amministratore delegato di Poste Italiane Francesco Caio, avendo depositato nel mese di settembre 2015 domanda di ammissione per la quotazione, con contestuale richiesta alla Consob di autorizzazione del prospetto informativo, ha lasciato nel mese di ottobre 2015 l'offerta di azioni di Poste Italiane per la quotazione in borsa, preparando così il debutto a Piazza Affari nei primi giorni di novembre. Secondo stime accreditate, il valore complessivo del gruppo Poste Italiane si aggira tra i 6 e gli 11 miliardi di euro e sul mercato pare arriverà fino al 40 per cento del capitale per un valore complessivo compreso tra i 2,4 e i 4,4 miliardi di euro direttamente nelle casse dello Stato. Il gruppo Poste Italiane ha chiuso l'esercizio 2014 con un fatturato di oltre 29 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 26 miliardi del 2013. Essendosi però l'utile netto ridotto in un anno di circa il 79 per cento, passando da più di 1 miliardo di euro a 212 milioni, lo stesso amministratore delegato nei mesi scorsi avrebbe ipotizzato un piano di ristrutturazione che, per non far perdere redditività al gruppo, prevedrebbe una serie di restrizioni tra cui l'aumento delle tariffe, la consegna della corrispondenza a giorni alterni sul 25 per cento del territorio nazionale, la soppressione di 455 piccoli sportelli, un taglio al personale per 3.500 unità, sfruttando anche pensionamenti e prepensionamenti. Giova ricordare però che Poste Italiane rappresenta un unicum nel panorama economico nazionale: un'infrastruttura sociale e amministrativa che assicura il servizio postale universale, il principale gruppo logistico italiano, gruppo di servizi di gestione del risparmio e assicurativi nonché servizi universali di pagamento a cittadini e imprese. Spesso, inoltre, costituisce sportello della pubblica amministrazione e di frequente, in molte località, l'unico, così come rilevantissimo risulta essere il patrimonio immobiliare e tecnologico accumulato. La quotazione in borsa potrebbe portare alla riduzione dei servizi nelle zone rurali e marginali favorendone lo spopolamento o un consistente aumento dei prezzi dei servizi  –:
          quale contributo concreto intenda dare il Ministro interpellato e quali specifici impegni abbia deciso di intraprendere alla luce di tali considerazioni, per scongiurare i rischi sopracitati insopportabili per un'economia già molto provata quale quella italiana.
(2-01142) «Valiante, Borghi, Bonomo, Luciano Agostini, Arlotti, Carra, Ciprini, Ciracì, Cuomo, D'Attorre, De Menech, Famiglietti, Fauttilli, Fioroni, Giancarlo Giordano, Gribaudo, Tino Iannuzzi, Manfredi, Marchetti, Marguerettaz, Misiani, Narduolo, Fitzgerald Nissoli, Paris, Pastorelli, Preziosi, Romanini, Rubinato, Sgambato, Valeria Valente, Benamati».


Iniziative normative per la revisione della disciplina di cui al decreto-legge n.  133 del 2014, cosiddetto «Sblocca Italia», al fine di tutelare le aree particolarmente fragili dal punto di vista ambientale rispetto alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi – 2-01159

F)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
          la regione Veneto è stata interessata nel recente passato da fenomeni di subsidenza dovuti alla sovrapposizione di diverse cause con ricadute sull'assetto idraulico, geomorfologico e territoriale tali da richiedere forti iniziative volte al controllo ed al contrasto attivo di tali fenomeni;
          la subsidenza è un fenomeno presente su gran parte del territorio della pianura padana ed è causata da vari processi naturali, quali quelli di origine geodinamica e tettonica e da processi di compattazione naturale dei sedimenti, ma la causa più rilevante è di origine antropica ed è dovuta all'estrazione di acque sotterranee e di idrocarburi che genera ed acuisce criticità territoriali già particolarmente evidenti;
          difatti, la planimetria quotata attuale mostra che il territorio bassopolesano è totalmente sotto il livello del mare mediamente di 2 metri con punte fino a 4,30 metri;
          altro problema causato dalla subsidenza è rinvenibile nelle coltivazioni: la subsidenza provoca la risalita dell'acqua di mare sul fondo dell'alveo lungo i tratti terminali dei fiumi;
          il fenomeno chiamato cuneo salino rientra nell'ampia problematica rappresentata dall'espandersi della salinità dei territori costieri, che comprende anche il depositarsi i sali nelle falde acquifere sotterranee ed interessa i rami del delta del Po, i tratti terminali del Po di Levante, del Po di Volano, dell'Adige, del Brenta, del Piave e del Tagliamento. Negli ultimi decenni il cuneo salino ha assunto una dinamica sempre più preoccupante per la progressiva intrusione verso l'interno dei corsi d'acqua;
          è per questo motivo che la regione del Veneto ha mantenuto una costante attenzione sulle aree particolarmente fragili del proprio territorio e ha promosso azioni tese ad approfondire le conoscenze, sia ai fini di salvaguardia che di individuazione degli interventi di contrasto;
          infatti, la regione Veneto, come altre regioni, ha avanzato una proposta referendaria con l'obiettivo di cassare parte del decreto-legge 12 settembre 2014, n.  133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
          tale provvedimento nato per favorire lo sviluppo delle risorse energetiche nazionali, consentire il raggiungimento degli obiettivi della strategia energetica nazionale, garantire una maggiore sicurezza in termini di approvvigionamenti di gas naturale e di petrolio e sbloccare gli ingenti investimenti privati in programma da anni nel settore, rischia seriamente di mettere in pericolo la regione Veneto per quanto riguarda il rischio concreto di subsidenza che si potrebbe venire a creare a seguito delle estrazioni. Risulta quindi urgente la necessità di tutelare il territorio della pianura così come quello lagunare e costiero dal rischio di subsidenza e quindi anche dai conseguenti pericoli di eventi alluvionali, di erosione dei litorali, dell'aumento di forze distruttive delle onde, della risalita del cuneo salino, che invece risultano favoriti dalle attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi;
          da ultimo, in data 20 ottobre 2015, il consiglio regionale ha approvato, all'unanimità, il progetto di legge presentato dal consigliere del Pd Graziano Azzalin che, modificando l'articolo 30 della legge istitutiva del Parco del Delta del Po, rende impossibile la ricerca «con ogni mezzo» di idrocarburi nei comuni compresi nell'area del Parco, impedendo di fatto ogni possibile tentativo di sfruttamento nel mare che fronteggia il Polesine;
          l'approvazione di tale legge regionale, essendo essa sottordinata a quella nazionale, non «cancella» quanto previsto dal decreto-legge «Sblocca Italia» varato dal Governo, provvedimento che nel definire «strategiche» per il sistema Paese tutte le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, centralizza a Roma sia l'individuazione delle aree che delle opere strumentali, oltre al rilascio dei titoli minerari;
          già l'articolo 26 della legge 31 luglio 2002 n.  179, recante disposizioni relative a Venezia e Chioggia, dispone il divieto di prospezione, ricerca e la coltivazione di idrocarburi nelle acque del Golfo di Napoli, del Golfo di Salerno e delle Isole Egadi, nonché nelle acque del Golfo di Venezia, nel tratto di mare compreso tra il parallelo passante per la foce del fiume Tagliamento e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po  –:
          se i Ministri interpellati non intendano, alla luce di quanto esposto in premessa, considerando anche l'approvazione della legge regionale e quanto stabilito dal richiamato articolo della legge 31 luglio 2002, n.179, assumere iniziative per rivedere le disposizioni contenute nel decreto-legge «sblocca Italia» per le zone particolarmente fragili dal punto di vista ambientale, apportando le modifiche sostanziali auspicate dai promotori del referendum in questione.
(2-01159) «Crivellari, Rostellato, Crimì, Casellato, Ginato, D'Arienzo, Naccarato, Narduolo, Mognato, Camani, Miotto, Zoggia, Zardini, De Menech, Zan, Rubinato, Martella, Sbrollini, Pastorelli, Moretto, Rotta, Dallai, Nardi, Cova, Pierdomenico Martino, Brandolin, Zanin, Giuseppe Guerini, Tacconi, Albini, Gianni Farina, Manzi, Cominelli, Mura, Mauri, Tullo, Minnucci, Castricone».


Elementi e iniziative di competenza in merito al rispetto del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, in particolare in relazione al fenomeno del «caporalato» – 2-01161

G)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro dell'economia e delle finanze per sapere – premesso che:
          in data 4 settembre 2015, così come riportato da più organi di stampa, si è tenuta a Foggia una manifestazione di protesta dei braccianti agricoli, i quali hanno denunciato le condizioni di sfruttamento sia a sfondo lavorativo che razzista cui i lavoratori sono sottoposti;
          la rete che si è mobilitata ha dichiarato che: «... i responsabili di questa situazione sono i commercianti all'ingrosso e al dettaglio e le industrie agroalimentari favorite dalle istituzioni. È da loro che pretendiamo risposte. Per questo oggi siamo scesi in piazza, uniti senza distinzione di nazionalità, per dire no allo sfruttamento in agricoltura. Non è possibile che un lavoratore debba guadagnare appena 3 euro a cassone (300 kg) di pomodori, e per raggiungere un salario dignitoso ne deve riempire almeno 25. L'indice di sfruttamento è altissimo. Ecco perché noi chiediamo alle istituzioni di far rispettare il contratto collettivo nazionale, introducendo il pagamento a ore e non a cottimo. Diciamo no al caporalato e chiediamo il rilascio dei permessi di soggiorno...»;
          «... un chilo di pomodori raccolto in Puglia viene pagato meno di 8 centesimi al chilo. Non coprono i costi di produzione e di raccolta, ma alimentano una catena dello sfruttamento che occorre spezzare...». È la denuncia del presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, che indica le priorità da seguire nella lotta allo sfruttamento del lavoro agricolo: «... condanna assoluta del caporalato e confronto serio su costi di produzione e prezzi (...) benvenute tutte le norme per sconfiggere il caporalato – aggiunge il presidente della Coldiretti – ma il ragionamento dei prezzi, costi di produzione e ciò che si deve riconoscere ai produttori, è parallelo per sconfiggere il caporalato»;
          in tema di sfruttamento dei braccianti agricoli vi è da portare all'attenzione dei Ministri interpellati un fatto particolare: la questura di Foggia da più di un anno richiede proprio la residenza per poter rinnovare il permesso di soggiorno, nonostante non sia un requisito previsto dalla normativa (articolo 7 commi 7 e 8 TUI, decreto legislativo n.  286 del 1998). Di conseguenza, accade che diverse centinaia di persone che si trovano nella provincia foggiana hanno perso e stanno perdendo un valido titolo di soggiorno e vengono così costrette alla marginalizzazione e all'illegalità. La rete di autorganizzazione dei braccianti afferma che: «...la legge italiana prevede in questo caso l'iscrizione anagrafica come senza fissa dimora. Per questo chiediamo che tutti i comuni della provincia di Foggia istituiscano un indirizzo fittizio e applichino la normativa...»;
          sarebbe quantomai necessario verificare nelle filiere di prodotto agroalimentare la presenza di «cartelli» finalizzati a fissare un bassissimo prezzo all'origine  –:
          se i Ministri interpellati non reputino opportuno assumere iniziative affinché la questura di Foggia faccia rispettare il testo unico sull'immigrazione (articolo 7, commi 7 e 8, del decreto legislativo n.  286 del 1998), che non obbliga alla fissa dimora ai fini dell'ottenimento del permesso di soggiorno, e se nell'agire della questura di Foggia non intravedano il rischio di incrementare il mercato dello sfruttamento della manodopera straniera, in quanto sprovvista di permesso di soggiorno, quindi maggiormente soggetta a fenomeni di marginalizzazione e caporalato;
          se i Ministri interpellati non reputino di fare proprie le rivendicazioni di associazioni, braccianti agricoli e sindacati circa l'applicazione del contratto collettivo nazionale così come descritto in premessa, e se non ritengano necessario un intervento pubblico per un riequilibrio del prezzo del prodotto all'origine in favore dei produttori;
          se non reputino di dover effettuare i dovuti controlli fiscali presso le grandi imprese della produzione e della distribuzione di prodotti agricoli, al fine di procedere su più fronti d'azione per destrutturare una delle componenti che favorisce il fenomeno del caporalato nella sua complessità;
          se non ritengano necessario attivare forme di intermediazione legale attraverso la «Rete del lavoro agricolo di qualità», implementandola con il collocamento pubblico e il trasporto pubblico dei braccianti, in modo da sostituire il servizio di reperimento di manodopera a basso costo che il caporalato svolge in determinati territori e stagioni;
          se i Ministri interpellati siano in grado di fornire i dati relativi a quali e quante prefetture abbiano rilasciato o stiano rilasciando i permessi di soggiorno a chi non è munito di residenza utilizzando il nuovo sistema di autocertificazione come già previsto dal testo unico sull'immigrazione (articolo 7, commi 7 e 8, del decreto legislativo n.  286 del 1998).
(2-01161) «Zaccagnini, Scotto».


Iniziative per potenziare la dotazione di personale dell'ufficio doganale del porto di Palermo e per l'acquisto della strumentazione necessaria ad assicurare efficaci controlli di sicurezza dei passeggeri – 2-01176

H)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
          il porto di Palermo, sia per flusso di merci che di passeggeri, è uno tra i principali porti italiani e dell'intero mar Mediterraneo: infatti, nel 2014, sono transitate merci per oltre 6,2 milioni di tonnellate, mentre il numero dei passeggeri è arrivato a circa 1,8 milioni;
          la posizione di Palermo all'interno del bacino mediterraneo rende questo porto di particolare rilevanza nei collegamenti tra Europa e Africa, offrendo frequenti collegamenti settimanali con porti nordafricani;
          in virtù di ciò e dell'innalzamento del livello delle esigenze di sicurezza dovuto alla recente attività del terrorismo internazionale, in particolare di matrice islamica, secondo gli interpellanti, il porto di Palermo dovrebbe essere oggetto di un rinnovato impegno sui fronte della sicurezza e dei controlli, sia dei passeggeri sia delle merci;
          dopo gli attacchi terroristici del 13 novembre 2015 a Parigi, nonché dopo le ripetute minacce da parte dell'Isis rivolte ai nostro Paese, il rischio di infiltrazione terroristiche è aumentato esponenzialmente, tant’è che è stato innalzato lo stato di allerta al livello 2, ed è avvenuta la fissazione del livello di prevenzione al massimo grado;
          tuttavia, secondo quanto emerge da recenti denunce pubbliche, fatte da svariate sigle sindacali operanti all'interno del porto medesimo, non vengono garantiti nemmeno i livelli minimi di sicurezza, in riferimento al servizio traghetti che collega stabilmente il porto di Palermo con la Tunisia, in special modo a causa del numero ridotto del personale preposto ai controlli, che dunque vengono effettuati sommariamente o a campione, e dell'assenza di strumentazione idonea, quale metal detector, scanner e di aree dedicate ai controlli;
          più nello specifico, come documentato da articoli di giornale e vari servizi televisivi, nonché come testato in due verifiche di parlamentari e deputati dell'assemblea regionale in data 20 settembre e 22 novembre 2015, i controlli sul traffico di persone sono quasi assenti, inclusi quindi anche quelli sui relativi bagagli, così come i controlli nei confronti delle autovetture risultano essere inadeguati e a campione;
          secondo gli interpellanti, dunque, nulla impedirebbe a potenziali terroristi di accedere tranquillamente nel territorio italiano tramite l'utilizzo di un regolare servizio traghetti che collega Tunisi con il porto di Palermo, ovvero ad esponenti della criminalità organizzata di tipo mafioso di condurre liberamente i propri interessi economici illegittimi;
          l'inadeguatezza delle misure di sicurezza è ancor più evidente se si considera che il decreto del Ministero dell'interno n.  154 del 2009, a parere degli interpellanti inattuato riguardo al porto di Palermo, ha espresso la necessità di equiparare le misure di sicurezza da adottare nei porti a quelle già in essere negli aeroporti, come ad esempio la presenza di un'area sterile adibita al controllo per le navi provenienti da «No Schengen countries»;
          nonostante queste vistose mancanze in merito alla sicurezza del porto di Palermo, l'autorità portuale ha dichiarato che «il porto di Palermo è dotato dei piani di security degli impianti portuali e delle aree comuni, debitamente approvati dalla Prefettura» e che «il porto di Palermo è in regola con gli standard internazionali di security e le strutture in atto esistenti sono in corso di potenziamento»;
          alcuni anni fa i funzionari dell'ufficio doganale per l'intera provincia di Palermo risultavano essere circa 150, una cifra che secondo i sindacati di categoria era in linea con gli standard di altri uffici di analoga portata e dimensione nel resto del Paese: a causa del blocco delle assunzioni e di svariati pensionamenti, tale numero è sceso vertiginosamente a meno di 70 unità, raggiungendo il record negativo in assoluto di un funzionario doganale ogni 18.222 abitanti, proporzione che continua a peggiorare per il susseguirsi dei pensionamenti;
          tuttavia, l'attuale dotazione organica, elaborata alcuni mesi fa, semplicemente limitandosi a fotografare lo stato dell'arte del personale di allora, aveva fissato le unità in organico a 80; dunque, anche se il numero di funzionari necessario per garantire un servizio efficiente potrebbe essere sensibilmente maggiore rispetto alle 80 unità dichiarate, ad oggi la dotazione reali del personale appare addirittura sensibilmente inferiore;
          la criticità della situazione è ancor più grave se si pensa che attualmente pochi funzionari doganali rimasti in servizio in provincia di Palermo, oltre a controllare il già affollatissimo porto di Palermo, devono suddividersi anche tra il porto di Termini Imerese, l'aeroporto internazionale Falcone Borsellino, gli uffici centrali, nonché vari attracchi marittimi minori, per un totale di oltre 6,5 tonnellate di flusso merci e circa 6,2 milioni di flusso passeggeri;
          in altre realtà italiane ove si registrano flussi passeggeri e merci nettamente inferiori a quelli registrati in provincia di Palermo, invece, la dotazione organica risulta essere uguale o persino maggiore: nel complesso ben 38 uffici delle dogane hanno più personale dell'ufficio delle dogane di Palermo, oltre agli uffici centrali di Roma, i quali, nonostante il già abbondante numero di funzionari presenti, hanno usufruito di una procedura di interpello per ricerca di ulteriore personale interno all'amministrazione;
          inoltre, quantunque vi sia un numero sufficiente di addetti, l'assenza di strumentazione adeguata, come nel caso del porto di Palermo, renderebbe particolarmente difficoltosa l'attività di controllo;
          già attualmente, come più volte denunciato, i funzionari dell'ufficio doganale di Palermo hanno non poche difficoltà nello svolgere le proprie funzioni essenziali ed ulteriori imminenti pensionamenti rischierebbero di bloccare letteralmente le dogane palermitane;
          infine, nel territorio palermitano è storicamente ben radicata la principale organizzazione criminale mafiosa italiana, «Cosa Nostra», la quale sarebbe ben infiltrata all'interno del porto, come dimostrerebbero recenti sequestri; la progressiva paralisi incontro alla quale sta andando questo ufficio doganale non farebbe altro che facilitare ulteriormente, a giudizio degli interpellanti, l'attività criminale all'interno del porto;
          secondo gli interpellanti, un aumento del personale, ancorché costituisca per le finanze pubbliche un maggior costo, garantirebbe innanzitutto livelli minimi di sicurezza e legalità e, inoltre, potrebbe assicurare ulteriori entrate derivanti da un rafforzato controllo sul flusso delle marci e dalla contestazione delle relative irregolarità  –:
          se il Governo non intenda, per le parti di competenza, intraprendere iniziative volte a risolvere l'attuale situazione di crisi in cui versa l'ufficio doganale di Palermo, aumentando il personale del suddetto ufficio, almeno sino al raggiungimento delle unità stabilite nella dotazione organica anche tramite lo strumento della procedura per interpello riservata ai dipendenti della stessa Agenzia delle dogane;
          se il Governo non intenda attivarsi, per le parti di competenza, al fine di finanziare l'acquisto della strumentazione necessaria per garantire un'adeguata attività di controllo del flusso dei passeggeri;
          quali ulteriori iniziative intendano intraprendere, per le parti di competenza, per ridurre i rischi connessi ad eventuali sbarchi all'interno del porto di Palermo di soggetti appartenenti a organizzazioni terroristiche internazionali, nonché al fine di prevenire e contrastare infiltrazioni mafiose.
(2-01176) «Nuti, Di Benedetto, Di Vita, Liuzzi, Lupo, Mannino, Cozzolino, Dadone, D'Ambrosio, Cecconi, Toninelli, D'Incà».


Iniziative urgenti nelle aree di crisi di Piombino, Livorno e Massa Carrara, oggetto di accordi di programma tra il Governo e la regione Toscana, al fine di favorire il reinserimento lavorativo dei cittadini interessati dalla particolare fase di emergenza economico-sociale – 2-01165

I)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
          con delibera n.  199 del 2 marzo 2015, la giunta della regione della Toscana ha formalmente riconosciuto come aree di crisi Piombino, con i comuni del polo siderurgico di Campiglia Marittima, San Vincenzo, Sassetta e Suvereto; Livorno, con i comuni di Livorno, Collesalvetti e Rosignano Marittimo; Massa Carrara, con i comuni compresi nella provincia;
          in tutti questi casi gli interventi si inseriscono nell'ambito di altrettanti accordi di programma con l'esecutivo che sono stati firmati nel mese di maggio 2015;
          l'obiettivo di tali accordi è la reindustrializzazione e la riqualificazione di questi territori, l'attrazione di nuovi investimenti ma, soprattutto, il rilancio dello sviluppo e dell'occupazione;
          infatti, questi territori sono stati duramente colpiti dalla crisi ed appare quantomai necessario coordinare interventi mirati al sostegno delle politiche occupazionali;
          soprattutto nelle aree di Piombino e di Livorno si registrano i casi più drammatici: infatti, da dicembre 2015, in mancanza di una riforma della normativa, almeno un migliaio di lavoratori di Livorno e alcune centinaia dell'indotto di Piombino si troveranno senza alcuna forma di sostegno al reddito;
          il 27 ottobre 2015 il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, ha scritto al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, per chiedere l'estensione dei tempi degli ammortizzatori sociali ed in particolare della mobilità ai lavoratori che rientrano nelle «aree di crisi complessa»;
          in queste aree, riconosciute con decreti del Ministero dello sviluppo economico, sono in atto progetti di riconversione e riqualificazione industriale, che però hanno tempi più lunghi rispetto al termine degli ammortizzatori sociali;
          in questo senso il presidente ha ravvisato l'estrema urgenza che, almeno nelle realtà riconosciute come aree di crisi complessa ai sensi della normativa nazionale, si possano attivare tempi di copertura degli ammortizzatori, in particolare della mobilità, più ampi di quelli previsti in via generale, proprio per permettere che gli effetti dei progetti di riconversione possano produrre effetto positivo per questi lavoratori;
          il prefetto di Livorno Tiziana Costantino nella relazione inviata al Governo ha evidenziato la gravità del problema  –:
          quali iniziative urgenti si intendano promuovere nelle zone in cui sono stati firmati i suddetti accordi di programma per accompagnare i lavoratori verso il reinserimento lavorativo e sostenere le istituzioni locali in questa drammatica fase di emergenza economico-sociale.
(2-01165) «Rocchi, Bersani, Bossa, Martelli, Pollastrini, Ermini, Peluffo, Braga, Simoni, Pierdomenico Martino, Ferro, Minnucci, Giacobbe, Blazina, Terrosi, Carocci, Argentin, Bini, Parrini, Manciulli, Scanu, Cinzia Maria Fontana, Albanella, Vico, Becattini, Fiorio, Ghizzoni, Rostan, Malisani, Coccia, Sani, Gelli, Bratti, Mariani, Coscia».


Iniziative per il riconoscimento dello status di sordocieco a tutte le persone che presentino entrambe le minorazioni e per garantirne i relativi diritti – 2-01173

L)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
          la legge 24 giugno 2010, n.  107, ha provveduto, sulla base degli indirizzi contenuti nella dichiarazione scritta del Parlamento europeo del 12 aprile 2004, a riconoscere i diritti delle persone sordocieche, prevedendo la possibilità di definire misure specifiche di integrazione sociale e di assistenza individuale. In particolare, secondo quanto disposto dall'articolo 2 della legge, le persone sordocieche percepiscono in forma unificata le indennità previste dalla legislazione vigente in materia di sordità, e cecità civile, oltre ad eventuali ulteriori prestazioni erogate dall'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS);
          malgrado l'articolo 1o della legge riconosca la sordocecità come «disabilità specifica unica», l'articolo 2 definisce come sordocieche le persone «cui siano distintamente riconosciute entrambe le minorazioni, sulla base della legislazione vigente, in materia di sordità civile e cecità civile», marcando un'evidente discrasia con le finalità della legge. Il riconoscimento della sordocecità come la sommatoria di due distinte minorazioni ha inoltre escluso dal regime di tutela stabilito dalla legge una parte della platea di persone che ne sono affette. Infatti, la legge 26 maggio 1970, n.  381, e successive modificazioni, considera sorde esclusivamente le persone con una minorazione congenita o acquisita durante l'età evolutiva tale da aver compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato. Alla luce di questa definizione, non sono considerate sordocieche le persone che, pur essendo non vedenti, siano diventate sorde dopo il dodicesimo anno d'età;
          l'accertamento della sordocecità è demandato alla commissione medica dell'azienda sanitaria locale competente territorialmente, che nel corso di un'unica visita verifica la compresenza dei requisiti necessari al riconoscimento di entrambe le minorazioni. Sebbene con messaggio n.  21724 del 25 agosto 2010 l'INPS abbia reso noto che erano in corso le necessarie modifiche alla procedura telematica, al fine di consentire alle persone sordocieche la presentazione on-line delle domande di accertamento dello stato invalidante, allo stato gli interpellanti riscontrano la mancata predisposizione della modulistica necessaria, con chiare implicazioni per le persone sordocieche e le rispettive famiglie;
          negli ultimi anni alcuni enti specializzati hanno istituito centri di eccellenza nei trattamenti sanitari, residenziali e sociosanitari in favore delle persone sordocieche. Gli utenti e le famiglie che intendono usufruirne sperimentano, tuttavia, difficoltà crescenti qualora si renda necessario accedere ai servizi erogati da un altro servizio sanitario regionale. Da una parte, si riscontrano, anche nel caso di pazienti di minore età, resistenze da parte delle aziende sanitarie locali nel rilascio delle impegnative di ricovero in centri situati in regioni diverse da quella di residenza. Dall'altra, le regioni fanno spesso leva sulla propria normativa per corrispondere le rette previste per prestazioni non sempre assimilabili ai trattamenti specifici erogati in centri di eccellenza in regime di mobilità;
          è necessario garantire, in ottemperanza all'articolo 32 della Costituzione e della giurisprudenza consolidata della Corte costituzionale, l'accesso da parte delle persone sordocieche a trattamenti sanitari che assicurino standard qualitativi appropriati  –:
          se i Ministri interpellati siano a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire, anche attraverso le opportune iniziative normative, il riconoscimento dello status di sordocieco a tutte le persone che presentino contemporaneamente entrambe le minorazioni, estendendo quindi il regime di tutela a quanti sono stati finora esclusi dalla definizione di sordocecità;
          se i Ministri interpellati ritengano necessario avviare un'interlocuzione con l'INPS, al fine di garantire la predisposizione della modulistica per la presentazione della domanda di accertamento dello stato invalidante da parte delle persone sordocieche;
          come il Governo intenda garantire il diritto delle persone sordocieche a ricevere trattamenti appropriati, anche se erogati in regime di mobilità sanitaria interregionale;
          quali strumenti il Governo intenda predisporre, anche di concerto con le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, affinché le persone sordocieche possano accedere a misure di sostegno e di integrazione sociale adattate ai loro bisogni.
(2-01173) «Carrescia, D'Incecco, Morani, Bazoli, Borghi, Manzi, Benamati, Casati, Preziosi, Iori, Patriarca, Vezzali, Oliverio, Berretta, Carloni, De Menech, Realacci, Zan, Fedi, Capone, Narduolo, Zardini, Senaldi, Carella, Donati, Giovanna Sanna, Capozzolo, Martella, Cinzia Maria Fontana».


Elementi e iniziative di competenza in relazione alle attività di monitoraggio del Governo volte a verificare l'adeguamento delle regioni al decreto-legge n.  78 del 2015 – 2-01160

M)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
          l'intesa n.  82 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 10 luglio 2014 (patto della salute 2014-2016), riguarda in particolare:
              all'articolo 1, la determinazione del fabbisogno del servizio sanitario nazionale e dei fabbisogni regionali, costi-standard e LEA;
              all'articolo 5, commi 24 e 25, l'emergenza urgenza territoriale;
              all'articolo 23, l'assistenza farmaceutica;
              all'articolo 24, i dispositivi medici;
              la stessa intesa precisa, all'articolo 30, comma 2, che in caso di modifiche e normative sostanziali e/o degli importi di cui all'articolo 1, l'intesa dovrà essere oggetto di revisione;
              l'intesa n.  98 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano che nella seduta del 5 agosto 2014 ha approvato l'intesa sullo schema di decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, concernente il regolamento di definizioni degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera. In proposito, si rammenta l'atto di rettifica n.  198 effettuato nella seduta del 13 gennaio 2015 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano riguardo l'intesa n.  98 del 5 agosto 2014 indicata precedentemente;
              il comma 398 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015 (legge n.  190 del 23 dicembre 2014), il quale, nel modificare l'articolo 46, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014 n.  66, dispone, alla lettera c), che «Per gli anni 2015-2018 il contributo delle regioni a statuto ordinario, di cui al primo periodo, è incrementato di 3.452 milioni di euro annui in ambiti di spesa e per importi complessivamente proposti, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, in sede di autocoordinamento dalle regioni da recepire con intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 gennaio 2015. A seguito della predetta intesa sono rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato. In assenza di tale intesa entro il predetto termine del 31 gennaio 2015, si applica quanto previsto al secondo periodo, considerando anche le risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale»;
              il comma 400 e seguenti dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015 (legge 190 del 23 dicembre 2014) recante norme per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano che stabiliscono che le regioni e province autonome medesime, in conseguenza dell'adeguamento dei propri ordinamenti ai principi di coordinamento della finanza pubblica per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018, un contributo aggiuntivo alla finanza pubblica, in termini di indebitamento netto e in termini di saldo netto da finanziare pari a 467 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 e a 513 milioni di euro per l'anno 2018;
              il comma 414 dell'articolo 1, della legge di stabilità 2015 (legge 190 del 23 dicembre 2014) dispone che le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano assicurino il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza come eventualmente ai sensi dei commi da 398 a 417;
              l'intesa n.  37 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in data 26 febbraio 2015, reca disposizioni in merito all'attuazione della legge di stabilità (legge 190 del 23 dicembre 2014);
              il decreto ministeriale n.  70 del 2 aprile 2015, regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, prevede in particolare:
              al comma 2 del articolo 1, che: «Le regioni provvedono entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ad adottare il provvedimento generale di programmazione di riduzione della dotazione dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del Servizio sanitario regionale, ad un livello non superiore a 3,7 posti letto (p.l.) per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, nonché i relativi provvedimenti attuativi, garantendo, entro il triennio di attuazione del patto per la salute 2014-2016, il progressivo adeguamento agli standard di cui al presente decreto, in coerenza con le risorse programmate per il Servizio sanitario nazionale (SSN) e nell'ambito della propria autonomia organizzativa nell'erogazione delle prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA), di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, e successive modificazioni»;
              al punto 2.1 dell'Allegato 1 che: «La programmazione regionale provvede alla definizione delle rete dei posti letto ospedalieri per acuti, attribuendo ai presidi ospedalieri pubblici e privati accreditati le relative funzioni entro il limite di 3 posti letto per mille abitanti (...)»;
          l'Intesa n.  113 del 2 luglio 2015 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in data 2 luglio 2015, concerne la manovra sul settore sanitario. Quest'ultima sancisce e conviene di verificare e di rivedere il patto della salute 2014-2016 secondo i punti A; B; C; D; E; F; G; H; I; J presenti nell'intesa medesima. In particolare:
          il punto G. Rideterminazione Livello Finanziamento Ssn prevede:
      «1. Ai fini del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica cui all'articolo 46, comma 6 del decreto-legge 24 aprile 2014, n.  66, convertito, con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n.  89 e in attuazione di quanto stabilito dall'Intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano in data 26 febbraio 2015, prevista dall'articolo 1, comma 398, della legge 23 dicembre 2014, n.  190, il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale a cui concorre lo Stato, come stabilito dall'articolo 1, comma 556, della legge 23 dicembre 2014, n.  190, è ridotto dell'importo di 2.352 milioni di euro a decorrere dal 2015. Conseguentemente per l'anno 2015 le risorse disponibili per il Servizio Sanitario Nazionale sono pari a 109.715 miliardi di euro e per l'anno 2016 sono pari a 113.097 miliardi di euro, che saranno ripartiti in base agli attuali criteri previsti dal decreto legislativo 6 maggio 2011, n.  68.
      2. Le Regioni a seguito di quanto convenuto al Punto E) dell'Intesa del 26 febbraio 2015, in relazione alla previsione di rideterminazione del livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale ivi contenuta, hanno iniziato a porre in essere azioni di contenimento ed efficientamento della dinamica della spesa dei propri SSR”;
          il punto H. Misure Alternative prevede:
      «1. Governo e regioni convengono che, al fine di salvaguardare i livelli essenziali di assistenza, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono comunque conseguire l'obiettivo economico-finanziario di cui alla presente Intesa adottando misure alternative, purché assicurino l'equilibrio del bilancio sanitario con il livello di finanziamento ordinario»;
          il decreto-legge 19 giugno 2015, n.  78, convertito con modificazioni, dalla legge n.  125 del 2015, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali all'articolo 9-bis prevede:
          «1. In attuazione della lettera E. dell'intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in data 26 febbraio 2015, e dell'intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in data 2 luglio 2015, si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 9-ter a 9-octies»;
          l'impatto economico della manovra per il 2015 è così riassumibile:
          beni e servizi: rinegoziazione dei contratti di acquisto dei beni e servizi (778 milioni di euro);
          rinegoziazione dei contratti di acquisto dei dispositivi medici (550 milioni di euro);
          farmaceutica: revisione del prontuario (a partire dal 30 settembre); rinegoziazione prezzo farmaci biotecnologici con brevetto scaduto (importo indicato nell'Intesa n.  111 del 2 luglio 2015 stimato in «almeno 500 milioni di euro l'anno»);
          inappropriatezza: riduzione delle prestazioni inappropriate di specialistica ambulatoriale (106 milioni di euro); riduzione dei ricoveri di riabilitazione ad altro rischio di inappropriatezza (89 milioni di euro);
          farmaceutica: effetto automatico pay-back derivante dal mancato incremento del livello di finanziamento (308 milioni di euro);
          regolamento ospedaliero: riduzione dei ricoveri delle strutture con meno di 40 posti letto (12 milioni di euro); riduzione delle spesa di personale a seguito della razionalizzazione della rete ospedaliera (68 milioni di euro); riorganizzazione della rete assistenziale di offerta pubblica e privata (130 milioni di euro);
          investimenti finanziati con contributo in c/esercizio (300 milioni di euro);
          il quadro sinottico del settore «salute e politiche sociali» della segreteria della Conferenza delle regioni in merito al decreto-legge 19 giugno 2015 n.  78, recante disposizioni urgenti in enti territoriali prevede tre colonne comprendenti il testo della legge, l'Intesa della Conferenza Stato-regioni n.  113, e le osservazioni;
          con la determinazione n.  1.252 del 25 settembre 2015 l'Agenzia italiana del farmaco ha individuato i nuovi prezzi di rimborso dei medicinali biotecnologici, non indicando, tranne che per un farmaco, alcuna informazione riguardo agli esiti della negoziazione;
          con la determinazione n.  1267 del 6 ottobre 2015, l'Agenzia italiana del farmaco ha individuato nuovi prezzi di rimborso dei medicinali per uso umano a carico del servizio sanitario nazionale. Le informazioni contenute nel provvedimento non permettono l'individuazione delle efficienze effetto della negoziazione. Inoltre, le classi terapeutiche presenti, oggetto della rinegoziazione, non sono tutte quelle presenti nell'Osservatorio nazionale sull'impiego dei medicinali Osmed-Aifa 2014, sezione 6, consumi e spesa per classe terapeutica e dati epidemiologici;
          nella risposta all'interpellanza urgente n.  2-01118, riguardo alla gestione della spesa farmaceutica territoriale ed ospedaliera, a prima firma della parlamentare Giulia Grillo, durante la seduta del 23 ottobre 2015, il Governo ha riferito come, complessivamente, la manovra porterà un risparmio per il servizio sanitario nazionale su base annuale di 314,3 milioni di euro, corrispondente ad un risparmio di 701,1 milioni di euro fino al 31 dicembre 2017;
          nell'audizione della Corte dei Conti del 3 novembre 2015, durante l'esame del disegno di legge di stabilità per l'anno 2016, è stata prodotta documentazione che dà conto, per singole regioni, di una verifica del tetto alla spesa per i dispositivi medici nel 2014  –:
          se e quali attività di monitoraggio il Governo abbia avviato al fine di verificare l'adeguamento delle regioni al decreto-legge 19 giugno 2015, n.  78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n.  125;
          quali siano gli esiti delle attività di monitoraggio suddivisi per singola regione nonché per le province autonome di Trento e Bolzano;
          quali iniziative intenda intraprendere il Governo in caso di mancata aderenza al decreto-legge 19 giugno 2015, n.  78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n.  125, da parte di una regione o provincia autonoma;
          se e con quali iniziative il Governo, abbia sollecitato l'Agenzia italiana per il farmaco a rispettare quanto previsto dalle misure ai punti D1, D2, D3 dell'Intesa n.  113 del 2 luglio 2015 conclusa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
          quali siano state le eventuali misure alternative messe in atto, così come ipotizzato al punto H, misure alternative dell'Intesa n.  113 del 2 luglio 2015 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
          se le manovre citate in premessa siano da considerarsi strutturali, ossia anche per gli anni a venire.
(2-01160) «Grillo, Silvia Giordano, Baroni, Colonnese, Di Vita, Lorefice, Mantero, Chimienti, Ciprini, Colletti, Cominardi, Corda, Cozzolino, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Rosa, Del Grosso, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Dieni, D'Uva, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Zolezzi».


Iniziative per la revoca della deliberazione del Consiglio dei ministri del 30 luglio 2015 relativa alla nomina del commissario e del sub-commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria – 2-01172

N)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
          il commissariamento della regione Calabria per il rientro dal disavanzo sanitario è stato disposto ai sensi dell'articolo 4 della legge n.  159 del 2007, con deliberazione del Consiglio dei ministri del 30 luglio 2010;
          la succitata norma di legge è richiamata nella deliberazione del Consiglio dei ministri del 12 marzo 2015, con la quale l'ingegnere Massimo Scura e il dottor Andrea Urbani sono stati nominati, rispettivamente, commissario ad acta e sub-commissario per l'attuazione del piano di rientro;
          la succitata norma prevede che ove «si prefiguri il mancato rispetto da parte della regione degli adempimenti previsti dai medesimi Piani (di rientro) (...) il Presidente del Consiglio dei ministri, con la procedura di cui all'articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n.  131, (...) diffida la regione ad adottare entro quindici giorni tutti gli atti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi previsti nel Piano»;
          la stessa norma stabilisce che soltanto «ove la regione non adempia alla diffida di cui al comma 1, ovvero gli atti e le azioni posti in essere, valutati dai predetti Tavolo e Comitato, risultino inidonei o insufficienti al raggiungimento degli obiettivi programmati, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, nomina un commissario ad acta per l'intero periodo di vigenza del singolo piano di rientro»;
          è opportuno evidenziare che, ai sensi dell'articolo 4 della legge n.  159 del 2007, la nomina del commissario ad acta è prevista «per l'intero periodo di vigenza del singolo piano», ossia, stando alla prima deliberazione del Consiglio dei ministri, del 30 luglio 2010, per tutta la vigenza del piano di rientro 2010-2012;
          va rimarcato che la legge non contempla alcuna proroga al riguardo, con la conseguenza, che già al 1o gennaio 2013, essendo terminato primo piano di rientro, i cosiddetti «Piani operativi in prosecuzione del Piano di rientro per il periodo 2013-2015» dovevano rientrare nella gestione ordinaria della regione Calabria, alla quale avrebbe potuto fare seguito un altro commissariamento, stando al citato articolo 4 della legge n.  159 del 2007, soltanto a condizione che «nel procedimento di verifica e monitoraggio dei singoli Piani di rientro, effettuato dal Tavolo di verifica degli adempimenti e dal Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza» si fosse prefigurato «il mancato rispetto da parte della regione degli adempimenti previsti dai medesimi Piani», e comunque solo previa nuova diffida e successivo inadempimento regionale;
          l'articolo 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009 n.  191, sancisce che a «seguito dell'approvazione del nuovo piano cessano i commissariamenti, secondo i tempi e le procedure definiti nel medesimo piano per il passaggio dalla gestione straordinaria commissariale alla gestione ordinaria regionale», con il che è legalmente comprovata la decadenza del commissariamento al termine di ogni singolo piano di rientro (o piano operativo);
          il predetto articolo afferma, ancora, che «si applicano le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n.  311» nella sua formulazione vigente;
          anche quest'ultima norma, lungi dal prevedere una «ultravigenza» del commissariamento disposto in relazione ad ogni piano operativo, afferma esattamente il contrario, poiché stabilisce: «La regione, ove si prospetti sulla base del monitoraggio trimestrale una situazione di squilibrio, adotta i provvedimenti necessari. Qualora dai dati del monitoraggio del quarto trimestre si evidenzi un disavanzo di gestione a fronte del quale non sono stati adottati i predetti provvedimenti, ovvero essi non siano sufficienti, con la procedura di cui all'articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n.  131, il Presidente del Consiglio dei ministri diffida la regione a provvedervi entro il 30 aprile dell'anno successivo a quello di riferimento. Qualora la regione non adempia, entro i successivi trenta giorni il Presidente della regione, in qualità di commissario ad acta, approva il bilancio di esercizio consolidato del Servizio sanitario regionale»;
          la prefata ipotesi, relativa alla gestione ordinaria regionale, è indicativa poiché prevede sempre che l'intervento sostitutivo debba essere di regola affidato con provvedimento espresso e all'organo regionale nella persona del suo presidente, nel rispetto dell'autonomia fissata in costituzione e senza sovrapposizione dell'autorità governativa dello Stato;
          a parere degli interpellanti, dunque, l'originario commissariamento doveva intendersi cessato per legge il 31 dicembre 2012, cioè col termine del primo Piano di rientro;
          a parere degli interpellanti, non essendo per legge previste delle proroghe, tutte le competenze in materia sanitaria dovevano essere restituite alla regione Calabria e, prima ancora di dare nuova applicazione al richiamo articolo 4 della legge n.  159 del 2007, era indispensabile una preventiva ricognizione su eventuali inadempienze della regione tali da mettere a rischio i LEA o gli equilibri finanziari;
          a seguito della riferita ricognizione, in caso affermativo si doveva diffidare la regione a porre rimedio e solo all'esito, in seguito, all'accertata inadempienza si poteva nominare un commissario ad acta per il successivo piano di rientro (rectius: piano operativo in prosecuzione del piano di rientro) 2013-2015;
          per quanto finora riassunto, a parere degli interpellanti già la prosecuzione del commissariamento con i poteri commissariali conferiti al presidente della regione pro tempore, all'epoca Giuseppe Scopelliti, doveva ritenersi illegittima, data la mancanza del preventivo accertamento di possibili inadempienze ai tavoli di verifica, della diffida governativa alla regione volta ad evitare le inadempienze e dell'effettivo inadempimento della regione;
          a parere degli interpellanti è dunque illegittima anche la nomina di commissario operata a suo tempo nella persona del gen.  Luciano Pezzi, come la nomina dell'ingegnere Scura, poiché entrambe effettuate sull'errato presupposto di sostituire un commissario ad acta legittimamente operante;
          a parere degli interpellanti le ricordate nomine sono illegittime in quanto travalicano i limiti dell'articolo 2, comma 88, della legge n.  191 del 2009, poiché non si è dato atto della decadenza del commissario ad acta e non è stata restituita alla regione la gestione ordinaria della sanità;
          la ricordata illegittimità è, a parere dell'interpellante, cagionata dall'omissione delle procedure e dallo sconfinamento dei limiti stabiliti dall'articolo 4 della legge n.  159 del 2007;
          a parere dell'interpellante è illegittimo lo stesso provvedimento dal quale l'attuale commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal deficit della sanità calabrese trae la sua legittimazione e i suoi poteri;
          in quanto trascorsi i sessanta giorni per un'impugnativa del provvedimento da parte della regione innanzi al Tar del Lazio ed essendo decorsi i 120 giorni per impugnare il medesimo provvedimento con ricorso straordinario al Capo dello Stato, ad oggi il provvedimento di nomina, benché illegittimo, è valido ed efficace;
          l'attuale commissariamento, in quanto per legge disposto «per l'intero periodo di vigenza del singolo piano» deve cessare, a parere degli interpellanti, con la chiusura del piano operativo in prosecuzione del Piano di rientro 2013-2015, cioè alla data del 31 dicembre 2015, con la conseguenza che con il 1o gennaio 2016 tanto il commissario ad acta quanto il sub-commissario decadono di diritto dalla carica e le funzioni di specie tornano ex lege alla gestione ordinaria della regione Calabria;
          al commissario ad acta competono strettamente le funzioni e i compiti espressamente indicati nella deliberazione del Consiglio dei ministri del 12 marzo 2015;
          tali poteri e funzioni devono essere interpretati ed attuati in senso restrittivo, cosicché, ad esempio, gli interventi di «razionalizzazione e contenimento della spesa per il personale» e di «razionalizzazione e contenimento della spesa per l'acquisto di beni e servizi», di cui ai punti 5 e 6 del mandato commissariale, devono intendersi come competenza all'emanazione di atti di indirizzo, regolamentazione o programmazione generale in materia e/o autorizzazioni alla spesa, ma non possono comprendere il conferimento di incarichi o l'indizione e/o l'espletamento di bandi di gara per l'affidamento di contatti pubblici o di bandi di concorso, in quanto attività non espressamente menzionate nella declaratoria delle funzioni demandate al commissario ad acta:
          se così è, particolare rilevanza assume, dunque, l'esercizio dei poteri commissariali in materia di autorizzazione e accreditamento delle strutture sanitarie e socio-sanitarie che, nella sostanza, non pare conforme a quanto prevede il punto n.  10 della deliberazione del Consiglio dei ministri del 12 marzo 2015;
          la citata deliberazione del Consiglio dei ministri, infatti, stabilisce espressamente che al commissario ad acta è affidato il compito di dare «attuazione della normativa statale in materia di autorizzazioni e accreditamenti istituzionali, mediante adeguamento della vigente normativa regionale», con una chiara e testuale limitazione delle competenze del commissario ad acta alla modifica dell'assetto normativo e senza cenno alcuno a poteri gestionali diretti in materia di autorizzazione e accreditamento;
          a parere degli interpellanti non vi è ragionevole motivazione o argomentazione giuridica che giustifichi l'emanazione da parte del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro di provvedimenti che attengano non già all'assetto normativo delle autorizzazioni e dell'accreditamento, bensì alla normale gestione ordinaria concernente l'adozione di provvedimenti di rilascio, modifica e revoca dell'autorizzazione sanitaria e/o dell'accreditamento della strutture sanitarie e/o socio-sanitarie della regione Calabria;
          dell'anzidetta competenza, si ricorda, non vi è cenno nella delibera di nomina del commissario che, dunque, di fatto sta esercitando con modalità di dubbia legittimità poteri che rientrano nella competenza regionale, come dalla prima firmataria del presente atto segnalato in modo esplicito nell'interrogazione a risposta scritta n.  4-10161, del 5 agosto 2015;
          tali segnalati comportamenti del commissario ad acta costituiscono, a parere degli interpellanti, un'illegittima, indebita e forzosa modifica dell'assetto dei poteri, delle competenze e delle responsabilità fissate dalla legge in materia, posto che in materia di emanazione dei provvedimenti di concessione, modifica e revoca di autorizzazione sanitaria all'esercizio e di accreditamento delle strutture sanitarie e/o socio-sanitarie, in forza dell'articolo 11, comma 6, della legge regionale della Calabria n.  24 del 2008, ricadono espressamente nella competenza del dirigente generale del dipartimento «tutela della salute e politiche sanitarie», e dunque, in ultima analisi, della regione Calabria, essendo tutti atti e provvedimenti che non costituiscono «attuazione della normativa statale in materia di autorizzazioni e accreditamenti istituzionali, mediante adeguamento della vigente normativa regionale» di cui al punto n.  10 della deliberazione del Consiglio dei ministri del 12 marzo 2015, bensì ordinarie attività gestionali che non sono in alcun modo riconducibili a tale funzione commissariale;
          a riprova di quanto detto rileva il fatto che se attualmente le suddette competenze fossero state già in capo al commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal deficit, in forza del proprio mandato commissariale, per costui non vi sarebbe stato motivo di prevedere una norma che li attribuisse espressamente ex novo con una legge regionale, come invece si evince dall'articolo 24, comma 3, del disegno di legge commissariale sulla nuova disciplina in materia di autorizzazioni sanitarie e accreditamento, di cui al decreto del commissario ad acta n.  83 del 21 luglio 2015, il eguale prevede che per «tutta la prosecuzione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Calabria in conformità ai Programmi Operativi, i procedimenti che, ai sensi della presente legge, rientrano iella competenza della Giunta regionale, del dirigente generale del dipartimento “tutela della salute e politiche sanitarie”, ovvero di altro dirigente del medesimo Dipartimento, sono adottati con Decreto del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della regione Calabria, salva diversa indicazione della struttura commissariale»  –:
          se intenda promuovere l'immediata revoca della deliberazione del Consiglio dei ministri del 30 luglio 2010 relativa alla nomina del commissario e del sub-commissario per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria e la conseguente restituzione di tutte le competenze in materia sanitaria alla medesima regione e, ove non ritenesse illegittima e contra legem la predetta deliberazione, se non si intenda verificare, per revocarli, tutti quei decreti commissariali che, come il n.  83 del 2015, dispongono, a giudizio degli interpellanti, al di fuori dei poteri e delle competenze assegnate al commissario ad acta con la citata deliberazione del Consiglio dei ministri del 12 marzo 2015.
(2-01172) «Nesci, Dieni, Parentela, Gallinella, Luigi Gallo, Grande, L'Abbate, Lombardi, Lupo, Mannino, Marzana, Micillo, Nuti, Pesco, Petraroli, Pisano, Rizzo, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spadoni, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vignaroli, Villarosa».


Chiarimenti ed iniziative di competenza in merito all'immissione in commercio di farmaci innovativi per la cura dell'epatite C, nonché per scongiurare disparità di accesso alle terapie su base territoriale – 2-01178

O)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
          l'infezione da virus della epatite C (HCV) è la più comune causa di malattia cronica epatica; l'evoluzione della malattia è generalmente lenta, dell'ordine di decenni (10-20 anni). Gli esiti a lungo termine sono molto variabili, e vanno da alterazioni istologiche minime, fino alla cirrosi epatica e all'epatocarcinoma;
          negli ultimi 3 anni si è assistito a un radicale cambiamento delle prospettive terapeutiche per i malati di epatite C con l'introduzione degli anti virali diretti (direct-acting antiviral, DAA); se pure con percentuali diverse di successo in base al genotipo virale e all'entità del danno epatico, il loro utilizzo sembrerebbe determinare in una elevata percentuale di casi l'eradicazione del virus dopo 3-6 mesi di trattamento;
          la determinazione Aifa n.  1353/2014 del 12 novembre 2014, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.  283 del 5 dicembre 2014, attiene alla specialità medicinale «Sovaldi», mentre la determinazione Aifa n.  544/2015 dell'8 maggio 2015, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.  109 del 13 maggio 2015, attiene alla specialità medicinale «Harvoni»;
          sono stati stipulati in data 29 gennaio 2015 gli accordi negoziali tra AIFA e la società titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio per le specialità medicinali «Sovaldi» e «Harvoni», in cui si prevede l'applicazione di un meccanismo prezzo/volume alle condizioni ivi specificate;
          l'Agenzia italiana del farmaco è stata chiamata a riferire in Commissione igiene e sanità del Senato sulla sostenibilità delle nuove costose cure che permettono l'eradicazione del virus HCV; il dottor Pani, il 29 luglio 2015, ha affermato che solo un terzo dei malati di epatite C ha avuto accesso ai nuovi farmaci salvavita, ovvero 14.000 su circa 50.000 considerati più gravi. Un numero che continua a salire, ma è ancora basso e, soprattutto, risente di drammatiche disparità regionali;
          ad avere maggiormente accesso alle cure sono infatti i malati che risiedono al Nord, dove l'incidenza dei contagiati è inferiore. Il dottor Pani ha descritto le difformità di comportamento delle diverse regioni nella gestione dei farmaci innovativi per la cura dell'epatite C, segnalando le anomalie registrate in tale ambito: a fronte di un payback pari a 41 milioni di euro, le regioni con prevalenza percentuale massima che avrebbero dovuto trattare più pazienti, e quindi arrivare prima agli scaglioni progressivi di sconto e ottenere un rimborso maggiore, sono viceversa quelle che hanno trattato meno pazienti, con le intuibili conseguenze mediche, etiche ed economico-sociali;
          quanto all'accordo sul prezzo d'acquisto, il dr. Pani ritiene improprio qualificarlo in termini di segretezza: si tratta piuttosto di un accordo di carattere confidenziale, i cui contenuti non sono stati rivelati pubblicamente per non incorrere in una inadempienza contrattuale che avrebbe impedito di raggiungere importanti obiettivi di risparmio. In ogni caso, il direttore generale di Aifa ha rimarcato che tutte le regioni hanno ricevuto comunque una documentazione esaustiva sui termini di tale accordo, avendo AIFA trasmesso il 3 dicembre 2014 a tutti gli assessorati regionali, in via confidenziale, un documento denominato «Linee di indirizzo AIFA relative all'accesso ed erogazione a carico del SSN del medicinale Sovaldi», finalizzato ad indirizzare ad una corretta programmazione dell'accesso e dell'erogazione del medicinale in questione. Inoltre – ha precisato – alle suddette linee di indirizzo era allegata una tabella in cui era elencato, per ogni regione, il numero di pazienti per ogni scaglione di sconto. Invita poi a considerare che, in sostanza, i termini dell'accordo sono stati rivelati dalla stampa specializzata, che rese noto che «L'accordo è stato trovato con una sorta di gradualità al ribasso con prezzi che vanno da 37 mila euro a terapia fino ai circa 4 mila euro delle ultime dosi»; le regioni hanno evidenziato all'Agenzia italiana del farmaco nel loro parere al programma di attività 2014 e 2015 presentato il 31 luglio in Conferenza Stato regioni che l'Aifa non ha fatto chiarezza sui prezzi dei farmaci per l'epatite, tanto più grave quando i farmaci in commercio sono più di uno. Non conoscendo il prezzo al netto degli sconti e dei pay back dei farmaci in commercio e a fronte di più farmaci, considerati da numerosi clinici esperti del tutto sovrapponibili, non è possibile indirizzare le scelte verso il farmaco meno costoso, scelta che consentirebbe di trattare il numero più ampio di pazienti;
          le regioni, inoltre, chiedono con forza ad Aifa di esprimersi sulla sovrapponibilità ed equivalenza dei farmaci in commercio per consentire di attivare gare in regime di concorrenza;
          con la determinazione dell'Aifa n.  982/2015 del 17 luglio 2015 pubblicata in Gazzetta Ufficiale n.  169 del 23 luglio 2015, avente ad oggetto «Attività di rimborso alle regioni in attuazione del meccanismo prezzo/volume», l'Aifa comunica che in applicazione dei termini dell'accordo confidenziale sottoscritto ad esito della negoziazione del prezzo e della rimborsabilità dei medicinali Sovaldi e Harvoni con la ditta Gilead, è stato raggiunto il primo scaglione di sconto al SSN, previsto dall'accordo prezzo/volume. La Ditta Gilead ha comunicato che provvederà a restituire sottoforma di pay-back alle regioni l'importo di 41.161.785 euro, con le modalità e la tempistica previste nella determinazione;
          con la determinazione dell'Aifa n.  142/2015 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.  264 del 12 novembre 2015 avente ad oggetto «Attività di rimborso alle regioni in attuazione del meccanismo prezzo/volume», l'Aifa comunica che in applicazione dei termini dell'accordo confidenziale sottoscritto ad esito della negoziazione del prezzo e della rimborsabilità dei medicinali Sovaldi e Harvoni con la ditta Gilead, è stato raggiunto il secondo scaglione di sconto al SSN, previsto dall'accordo prezzo/volume;
          è stata adottata nella seduta del 30 settembre-1o ottobre 2015 la decisione del Comitato prezzi e rimborso dell'AIFA, di accettare le restituzioni previste sulla base dell'accordo prezzo/volume di «Sovaldi» e «Harvoni» tramite emissione di note di credito, anziché tramite payback, già consentito ed attuato con determinazione AIFA n.  982/2015;
          la ditta Gilead, in accordo con AIFA, a fronte di decisione del Comitato prezzi e rimborso, provvederà a restituire attraverso emissione di note di credito alle regioni, anziché tramite payback come previsto da precedente determinazione, l'importo di 193.780.597 euro, con le modalità e la tempistica indicate dalla determinazione dell'Aifa n.  1.42/2015 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.  264 del 12 novembre 2015 avente ad oggetto «Attività di rimborso alle regioni in attuazione del meccanismo prezzo/volume»;
          si registra la presenza sul mercato, grazie all'autorizzazione di immissione in commercio da parte dell'Aifa, di farmaci per l'eradicazione del virus dell'epatite C nonché la possibilità di nuovi farmaci in arrivo come testimoniato dall'articolo «Epatite C. Due molecole in una pillola, in dirittura di arrivo la nuova chance terapeutica per combattere la malattia» pubblicato in data 17 novembre dal quotidiano on line quotidianosanità.it  –:
          se il Ministro interpellato abbia autorizzato la variazione dei termini dell'accordo con la società Gilead in merito alla restituzione dello sconto, tenendo conto della determinazione AIFA di cui in premessa, e abbia valutato la possibilità di chiedere anche un parere preventivo all'Autorità garante della concorrenza e del mercato e all'Autorità nazionale anticorruzione in merito alla variazione dei termini dell'accordo stesso;
          se il Ministro abbia valutato, per quanto di competenza, i possibili squilibri di cassa che i bilanci regionali potranno subire a causa della mancata liquidità prevista dal payback pari a 193.780.597 euro;
          se e come intenda intervenire al fine di scongiurare disparità di accesso alla terapia su base territoriale e garantire il diritto alla salute in modo uniforme su tutto il territorio nazionale;
          se abbia avviato una razionale e mirata ripartizione del fondo per i farmaci innovativi, tenendo anche conto della prevalenza di malati di epatite C a livello regionale, e se possa indicare le cifre eventualmente stanziate alle singole regioni;
          se non ritenga opportuno assumere iniziative affinché l'Aifa si esprima sulla sovrapponibilità ed equivalenza dei farmaci in commercio, al fine di indirizzare le scelte dei medici prescrittori verso il farmaco meno costoso con il conseguente ampliamento del numero dei possibili beneficiari delle cure.
(2-01178) «Mantero, Grillo, Silvia Giordano, Baroni, Colonnese, Lorefice, D'Incà».