XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 23 marzo 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 23 marzo 2016.

      Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borghese, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Calabria, Caparini, Capelli, Carbone, Casero, Castiglione, Catania, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dell'Orco, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Epifani, Fedi, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garavini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Orlando, Pes, Picchi, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Pisicchio, Porta, Portas, Rampelli, Ravetto, Rigoni, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Sereni, Spadoni, Speranza, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

      Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borghese, Borletti dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Calabria, Caparini, Capelli, Carbone, Casero, Castiglione, Catania, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dell'Orco, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Epifani, Fedi, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garavini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Orlando, Pes, Picchi, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Pisicchio, Porta, Portas, Rampelli, Ravetto, Rigoni, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Sereni, Spadoni, Speranza, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

      In data 22 marzo 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
          MINARDO: «Modifiche al decreto legislativo 25 novembre 1996, n.  625, concernenti la disciplina sulle aliquote di prodotto della coltivazione degli idrocarburi dovute dai titolari delle concessioni» (3688);
          DE LORENZIS ed altri: «Istituzione dei centri per la guida sicura e modifiche all'articolo 117 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.  285, in materia di limitazioni nella guida» (3689);
          DE LORENZIS ed altri: «Disposizioni per favorire la diffusione di veicoli a trazione elettrica e la realizzazione di reti infrastrutturali per la loro ricarica» (3690).

      Saranno stampate e distribuite.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

      A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
          II Commissione (Giustizia):
      CARLONI ed altri: «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, al testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.  286, e al decreto legislativo 8 giugno 2001, n.  231, in materia di intermediazione illecita e grave sfruttamento del lavoro, nonché per il contrasto dello sfruttamento di lavoratori stranieri irregolarmente presenti nel territorio nazionale» (3580) Parere delle Commissioni I, V, X, XI, XIII e XIV;
      SCHULLIAN e GEBHARD: «Modifica all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2012, n.  247, in materia di esercizio dell'attività dell'avvocato a proprio favore» (3650) Parere della I Commissione.
          VII Commissione (Cultura):
      BORGHESE e MERLO: «Disposizioni in favore delle associazioni e fondazioni musicali popolari amatoriali e folcloristiche» (3636) Parere delle Commissioni I, V, VI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
          XI Commissione (Lavoro):
      FORMISANO: «Disposizioni per la tutela dei lavoratori del settore dello spettacolo, dell'intrattenimento e dello svago» (3624) Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissioni dal Presidente del Senato.

      Il Presidente del Senato, con lettere in data 21 marzo 2016, ha comunicato che sono state approvate, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento del Senato, le seguenti risoluzioni:
          risoluzione della 8a Commissione (Lavori pubblici) sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'uso della banda di frequenza 470-790 MHz nell'Unione (COM(2016) 43 final) (Atto Senato Doc. XVIII, n.  113), che è trasmessa alla IX Commissione (Trasporti) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
          risoluzione della 1a Commissione (Affari costituzionali) sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un documento di viaggio europeo per il rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (COM(2015) 668 final) (Atto Senato Doc. XVIII, n.  116), che è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal Presidente del Consiglio dei ministri.

      Il Presidente del Consiglio dei ministri, con lettera in data 22 marzo 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, della legge 17 maggio 1999, n.  144, la relazione del CIPE sul sistema di monitoraggio degli investimenti pubblici, riferita al primo e secondo semestre 2014 e al primo semestre 2015 (Doc. IX-bis, n.  5).

      Questa relazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissioni dal Ministro della salute.

      Il Ministro della salute, con lettere del 15 marzo 2016, ha trasmesso le note relative all'attuazione data agli ordini del giorno, accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 19 dicembre 2015, GRILLO ed altri n.  9/3444-A/205, concernente l'allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni da parte del Servizio Sanitario Nazionale con quelle rese in regime di libera professione intramuraria e, per la parte di propria competenza, all'ordine del giorno GREGORI ed altri n.  9/3444-A/93, sul riordino dell'Associazione della Croce Rossa Italiana.

      Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla XII Commissione (Affari sociali) competente per materia.

Trasmissioni dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

      Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettere del 21 marzo 2016, ha trasmesso le note relative all'attuazione data alle mozioni BINETTI ed altri n.  1/00483, CARFAGNA ed altri n.  1/00827, DAMBRUOSO ed altri n.  1/00760, GRANDE ed altri n.  1/00849, BECHIS ed altri n.  1/00856, PREZIOSI ed altri n.  1/00857, PALAZZOTTO ed altri n.  1/00859 e RAMPELLI ed altri n.  1/00862, accolte dal Governo ed approvate dall'Assemblea nella seduta del 23 settembre 2015, concernenti iniziative in sede europea e internazionale per la protezione dei perseguitati per motivi religiosi.

      Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla III Commissione (Affari esteri) competente per materia.

Trasmissioni dal Ministro della difesa.

      Il Ministro della difesa, con lettera del 22 marzo 2016, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno FUSILLI ed altri n.  9/3444-A/21, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 19 dicembre 2015, concernente la destinazione di risorse alla progettazione, sviluppo, integrazione e produzione di sistemi di guerra elettronica finalizzati al contrasto e prevenzione dei rischi derivanti dal terrorismo internazionale.

      La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla IV Commissione (Difesa) competente per materia.

      Il Ministro della difesa, con lettera in data 23 marzo 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, quinto comma, della legge 20 marzo 1975, n.  70, le relazioni sull'attività svolta, sul bilancio di previsione e sulla consistenza degli organici, rispettivamente, dell'Unione italiana tiro a segno e dell'Opera nazionale per i figli degli aviatori, riferite all'anno 2014, corredate dai rispettivi allegati.

      Queste relazioni sono trasmesse alla IV Commissione (Difesa).

      Il Ministro della difesa, con lettera in data 23 marzo 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, quinto comma, della legge 20 marzo 1975, n.  70, la relazione sull'attività svolta, sul bilancio di previsione e sulla consistenza degli organici della Lega navale italiana, riferita all'anno 2014, corredata dai relativi allegati.

      Questa relazione è trasmessa alla IV Commissione (Difesa) e alla IX Commissione (Trasporti).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

      La Commissione europea, in data 22 marzo 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
          Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Trasferimenti transatlantici di dati – Ripristinare la fiducia attraverso solide garanzie (COM(2016) 117 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite II (Giustizia) e III (Affari esteri);
          Proposte di decisione del Consiglio relative rispettivamente alla firma, a nome dell'Unione europea, e all'applicazione provvisoria nonché alla conclusione dell'accordo di partenariato per una pesca sostenibile tra l'Unione europea e il Governo delle Isole Cook e del relativo protocollo di attuazione (COM(2016) 143 final e COM(2016) 146 final), corredate dai rispettivi allegati (COM(2016) 143 final – Annexes 1 to 2 e COM(2016) 146 final – Annexes 1 to 3), che sono assegnate in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
          Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla ripartizione delle possibilità di pesca a titolo del protocollo di attuazione dell'accordo di partenariato per una pesca sostenibile tra l'Unione europea e il Governo delle Isole Cook (COM(2016) 145 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
          Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'esercizio del potere di adottare atti delegati conferito alla Commissione a norma del regolamento (UE) n.  1337/2011 relativo alle statistiche europee sulle colture permanenti (COM(2016) 158 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante fissazione del tasso di adattamento dei pagamenti diretti di cui al regolamento (UE) n.  1306/2013 per l'anno civile 2016 (COM(2016) 159 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura). Tale proposta è altresì assegnata alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 23 marzo 2016.

      La proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali nel settore della navigazione interna e che abroga la direttiva 96/50/CE del Consiglio e la direttiva 91/672/CEE del Consiglio (COM(2016) 82 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata, in data 16 marzo 2016, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla IX Commissione (Trasporti), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), è altresì assegnata alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 23 marzo 2016.

      Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 22 marzo 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n.  234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
      Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
      Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
          Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali (COM(2016) 127 final);
          Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti – Acciaio: mantenere occupazione sostenibile e crescita in Europa (COM(2016) 155 final);
          Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio – Prima relazione sulla ricollocazione e il reinsediamento (COM(2016) 165 final);
          Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio – Prossime fasi operative della cooperazione UE-Turchia in materia di migrazione (COM(2016) 166 final).

Trasmissione da un comune.

      Il sindaco del comune di Monteleone di Spoleto (Perugia), con lettera in data 16 marzo 2015, ha trasmesso un ordine del giorno, approvato dalla giunta comunale nella seduta del 3 febbraio 2016, volto a chiedere il miglioramento del servizio di trasmissione televisiva, in vista dell'inserimento del canone nella bolletta elettrica.

      Questo documento è trasmesso alla VII Commissione (Cultura) e alla IX Commissione (Trasporti).

Atti di controllo e di indirizzo.

      Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

      Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 22 marzo 2016, a pagina 5, seconda colonna, alla ventitreesima riga, le parole: «21 aprile 2014», si intendono sostituite dalle seguenti: «21 aprile 2016».

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 14 FEBBRAIO 2016, N. 18, RECANTE MISURE URGENTI CONCERNENTI LA RIFORMA DELLE BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO, LA GARANZIA SULLA CARTOLARIZZAZIONE DELLE SOFFERENZE, IL REGIME FISCALE RELATIVO ALLE PROCEDURE DI CRISI E LA GESTIONE COLLETTIVA DEL RISPARMIO (A.C. 3606-A)

A.C. 3606-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame reca la conversione in legge del decreto-legge n.  18 del 2016 disciplinando in particolare la riforma del settore bancario cooperativo, la garanzia dello Stato sulla cartolarizzazione delle sofferenze (non performing loans), la delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza, alcune semplificazioni sugli obblighi informativi relativi ai prospetti per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e le disposizioni in materia di gestione collettiva del risparmio;
              considerato che il provvedimento interviene sulla disciplina generale relativa all'imposta di registro, ipotecaria e catastale sui trasferimenti immobiliari, introducendo una disposizione agevolativa da applicare, in via transitoria, agli atti stipulati tra il 16 febbraio 2016 e il 31 dicembre 2016, stabilendo in particolare che, se i trasferimenti sono determinati da procedure di espropriazione o da procedure fallimentari si applica, in luogo dell'imposta proporzionale, l'imposta in misura fissa pari a 200 euro per ciascun tributo, applicando l'agevolazione a condizione che l'acquirente dichiari che intende trasferirli entro due anni. Si prevede inoltre che l'amministrazione finanziaria interessata verifichi l'avvenuto ulteriore trasferimento dell'immobile nei due anni successivi senza tuttavia specificare in che modo, sulla base delle risorse esistenti, debbano aver luogo le verifiche relative al trasferimento dell'immobile entro due anni dall'acquisto agevolato nonché, in caso di mancato trasferimento, delle necessarie attività di accertamento e riscossione;
              ritenuto che, con riferimento all'articolo 12, comma 2, si prevede la copertura degli oneri derivanti dal Fondo per la concessione della garanzia dello Stato, pari a 100 milioni di euro per l'anno 2016, mediante utilizzo della dotazione del Fondo da ripartire per l'integrazione delle risorse destinate alla concessione di garanzie rilasciate dallo Stato di cui all'articolo 37, comma 6, del decreto-legge n.  66 del 2014. Tali risorse sono iscritte nel capitolo 7590 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze che, come risulta da un'interrogazione effettuata al sistema informativo della Ragioneria generale dello Stato, presenta per il 2016 le necessarie disponibilità, pari a 350 milioni di euro, al lordo degli effetti del presente provvedimento e considerato che, appare comunque necessario che il Governo assicuri che l'utilizzo delle risorse del Fondo di cui all'articolo 37, comma 6, del decreto-legge n.  66 del 2014, non comprometta gli impegni che già gravano o che potrebbero gravare sul Fondo stesso a seguito dell'escussione delle garanzie ad esso imputate a legislazione vigente. Inoltre gli oneri di cui all'articolo 3, comma 1, pari a 1 milione di euro annui dal 2016 al 2019, relativi alla nomina di un soggetto qualificato avente compiti di monitoraggio, potrebbero avere effetti anche in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, mentre la relativa copertura a valere sul Fondo istituito ai sensi dell'articolo 12, comma 2, come risulta dalla relazione tecnica, presenta risorse computabili solo ai fini del saldo netto da finanziare,

impegna il Governo

a prevedere, anche in successivi interventi normativi, che i 220 milioni di euro costituenti gli oneri derivanti dalla modifica alla disciplina fiscale dei trasferimenti immobiliari nell'ambito di vendite giudiziarie e che la legge di stabilità 2016 imputa all'incremento di entrate per l'anno 2016, derivante dalla proroga di termini prevista dall'articolo 2 del decreto-legge 30 settembre 2015, n.  153, recante misure urgenti per la finanza pubblica, confluiscano nel Fondo per la tutela stragiudiziale dei risparmiatori e degli investitori di cui all'articolo 1, comma 44, capoverso «articolo 8» del decreto legislativo n.  179 del 2007, della legge di stabilità 2016 o, in alternativa, confluiscano in un Fondo di garanzia istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze destinato a prestare garanzie a prima richiesta per l'erogazione di prestiti da parte di banche autorizzate all'esercizio del credito, ai sensi del decreto legislativo n.  385 del 1993, recante Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, in favore dei sottoscrittori di strumenti finanziari subordinati emessi dalla Banca delle Marche s.p.a., dalla Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio società cooperativa, dalla Cassa di Risparmio di Ferrara s.p.a., dalla Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti s.p.a., concedendo i suddetti prestiti agevolati al tasso dello 0,5 per cento annuo a favore di investitori al dettaglio persone fisiche, imprenditori individuali o coltivatori diretti detentori di strumenti finanziari subordinati emessi dalle banche sopracitate per un importo massimo non superiore a quanto investito nei titoli di cui sopra garantiti dal suddetto Fondo.
9/3606-A/1. Baldassarre, Artini, Bechis, Segoni, Turco, Matarrelli, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Pastorino.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame reca la conversione in legge del decreto-legge n.  18 del 2016 disciplinando in particolare la riforma del settore bancario cooperativo, prevedendo la garanzia dello Stato sulla cartolarizzazione delle sofferenze e delegando il Governo a riformare la disciplina della crisi di impresa e dell'insolvenza;
              il provvedimento in esame dispone che gli atti e i provvedimenti recanti il trasferimento della proprietà o di diritti reali su beni immobili emessi, a favore di soggetti che svolgono attività d'impresa, nell'ambito di una procedura giudiziaria di espropriazione immobiliare di cui al libro III, titolo II, capo IV, del codice di procedura civile, ovvero di una procedura di vendita di cui all'articolo 107 del regio decreto 16 marzo 1942, n.  267, sono assoggettati alle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna a condizione che l'acquirente dichiari che intende trasferirli entro due anni;
              il disegno di legge in oggetto prevede che gli atti e i provvedimenti di cui al punto precedente, emessi a favore di soggetti che non svolgono attività d'impresa, sono assoggettati alle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna sempre che in capo all'acquirente ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis) all'articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n.  131. In caso di dichiarazione mendace nell'atto di acquisto, ovvero di rivendita nel quinquennio dalla data dell'atto, si applicano le disposizioni indicate nella predetta nota,

impegna il Governo:

          a prevedere, anche in successivi interventi normativi, che gli atti e i provvedimenti di cui ai punti secondo e terzo della premessa, emessi a favore di soggetti che non svolgono attività d'impresa, siano assoggettati alle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna, sempre che in capo all'acquirente ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis) all'articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n.  131, e sempre che l'immobile acquistato sia destinato a prima abitazione e, qualora il bene immobile sia rivenduto prima dei dieci anni dalla data dell'atto di acquisto, si applichino le disposizioni indicate nella predetta nota;
          a prevedere che, ove non si realizzi la condizione del ritrasferimento entro dieci anni, le imposte di registro, ipotecaria e catastale siano dovute nella misura ordinaria e si applichi una sanzione amministrativa del 30 per cento oltre agli interessi di mora di cui all'articolo 55, comma 4, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n.  131, e che dalla scadenza del decennio decorra il termine per il recupero delle imposte ordinarie da parte dell'amministrazione finanziaria.
9/3606-A/2. Pastorino, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco, Matarrelli, Brignone, Civati, Andrea Maestri.


      La Camera,
          premesso che:
              la Costituzione impegna la Repubblica a favorire l'investimento azionario collegandolo (articolo 47) alla destinazione virtuosa del «risparmio popolare», con evidente privilegiata attenzione, quindi, alle figure generalmente identificabili con la definizione di «piccoli azionisti»,
              il Testo unico sulle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF, decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.  58, e successive modificazioni), in aderenza alla normativa ed alle direttive dell'Unione europea, ha stabilito una specifica disciplina finalizzata alla agevolazione della partecipazione alle assemblee sociali degli azionisti persone fisiche – i piccoli azionisti – riconoscendo un ruolo attivo e semplificato alle loro Associazioni in materia di richiesta agli stessi di conferimento di deleghe, previe raccomandazioni ed indicazioni sul voto, supportate dalla documentazione attestante la proprietà delle azioni;
              la procedura per certificare la legittimazione all'intervento in assemblea, portata dall'anzidetto TUF, risulta particolarmente penalizzante per i piccoli azionisti in termini di onerosità operativa, dovendo essi, per ottenere la certificazione attestante il diritto a partecipare – loro diritto ed onere professionale per chi amministra il deposito titoli – accedere di persona agli uffici degli intermediari incaricati (sportelli bancari);
              hanno sortito scarsi risultati le sensibilizzazioni fatte dalle associazioni presso gli intermediari e le loro rappresentanze consociative per ottenere gli adeguamenti procedurali opportuni e comunque coerenti con l'ormai consolidata prassi operativa telematica generale. Ciò nonostante:
              gli intermediari dispongano delle tecnologie e piattaforme informatiche idonee ad effettuare – come avviene per investitori di maggiore dimensione – e rilasciare telematicamente le attestazioni prescritte;
              da un decennio, ormai, sussista l'obbligo per gli intermediari di inviare agli emittenti, mediante collegamenti telematici, comunicazione elettronica, in luogo della certificazione cartacea, contenente i dati degli azionisti richiedenti di partecipare all'assemblea dell'emittente;
          la CONSOB abbia rammentato in pubblici documenti l'utilità delle procedure informatiche ai fini della agevolazione della partecipazione assembleare;
          il Codice di autodisciplina delle società quotate, promosso ed adottato anche da tutte le grandi banche quotate, preveda l'impegno a facilitare detta partecipazione,

impegna il Governo

a sottoporre alle associazioni degli intermediari e segnatamente all'Abi, Associazione bancaria italiana, la necessità di raccomandare ai propri associati che amministrano i depositi in titoli della Clientela l'individuazione e la messa a disposizione di procedure gratuite idonee a gestire, nel rispetto dei requisiti di legge, la richiesta e il rilascio delle attestazioni in via telematica per la partecipazione in assemblea dei piccoli azionisti privati anche ad iniziativa delle loro associazioni per delega e specificamente indicate. Ciò, in coerenza con la lettera e la ratio del richiamato articolo 141 del TUF e il dettato costituzionale.
9/3606-A/3. Tabacci.


      La Camera,
          premesso che:
              il settore bancario italiano, così come i settori bancari di altri Paesi, nelle prime settimane del 2016 è stato interessato da un alto tasso di volatilità;
              la qualità degli attivi delle banche costituisce il principale fattore di vulnerabilità del sistema bancario;
              secondo quanto dichiarato dal Capo dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia nell'audizione del 9 dicembre 2015 presso la VI Commissione finanze della Camera, l'incidenza dei crediti deteriorati è passata dal 6 per cento del totale al 19 per cento, nel giugno del 2015;
              secondo quanto affermato in un comunicato del Ministero dell'economia e delle finanze, in tale contesto, il Tesoro ha inteso mettere a disposizione degli operatori uno strumento per favorire lo smaltimento delle sofferenze bancarie: la Garanzia sulla Cartolarizzazione delle Sofferenze (GACS), vale a dire una garanzia che il Tesoro, con riferimento alle sole tranche più sicure, vende agli operatori che ne fanno richiesta, nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione che abbiano come sottostante crediti in sofferenza;
              al comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge n.  18 del 2016 si autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze, fino al 16 agosto 2017 (diciotto mesi a decorrere dal 16 febbraio 2016, data di entrata in vigore del provvedimento), a concedere la garanzia statale sulle passività emesse nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione, con riferimento alle cosiddette cartolarizzazioni senior, ovvero considerate particolarmente sicure;
              al comma 2 del medesimo articolo si consente al Ministero dell'economia e delle finanze di estendere per altri diciotto mesi, con proprio decreto, il periodo di tempo nel quale può essere concessa la garanzia di cui al punto precedente, previa approvazione da parte della Commissione UE,

impegna il Governo

a prendere in considerazione l'opportunità di fare quanto di propria competenza perché sia fatto uso del potere, di cui alla premessa, di estendere di ulteriori diciotto mesi, a decorrere dal 16 agosto 2017, il periodo di tempo nel quale può essere concessa la garanzia statale sulle passività emesse nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione, previa approvazione da parte della Commissione europea.
9/3606-A/4. Gregorio Fontana.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto in esame prevede misure fiscali di favore per gli atti e provvedimenti che trasferiscono la proprietà o diritti reali su immobili sottoposti a vendite giudiziarie, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio e sia adibito a prima casa;
              come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a favorire la dismissione degli immobili oggetto di procedure esecutive rendendo più «appetibili» gli immobili posti in vendita giudiziaria;
              tuttavia, perseguendo tale finalità, non va trascurato che oltre a soddisfare l'esigenza del creditore al recupero del credito, la procedura esecutiva deve tutelare al contempo l'interesse del debitore a non vedersi depauperato (per mere logiche di profitto) il valore del patrimonio posto in esecuzione; tale interesse è meritevole di tutela quanto l'interesse del creditore alla soddisfazione del credito;
              la tutela del patrimonio del debitore trova riconoscimento nei princìpi fondamentali sanciti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo nonché in numerose pronunce della Corte costituzionale. La Corte costituzionale ha già sancito, in passato, l'illegittimità costituzionale di una disposizione (l'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  602 del 1973) in considerazione della sua irragionevolezza, la quale «discende dal fatto che la norma, nello stabilire il prezzo del trasferimento immobiliare, fissa un ammontare che prescinde da qualsiasi collegamento con il valore del bene e che può essere anche irrisorio» (Corte Cost. 281/2011);
              al fine di contemperare i contrapposti interessi senza svilire l'interesse del debitore alla preservazione del valore del proprio patrimonio, sarebbe auspicabile la riduzione al minimo del divario tra vendita forzata e vendita privatistica. La prassi delle vendite giudiziarie insegna infatti che raramente il prezzo conseguito a seguito di asta giudiziaria coincide col prezzo di mercato, con conseguente lesione del patrimonio del debitore. Andrebbero pertanto rinforzati gli strumenti volti a garantire la massima trasparenza in ordine allo svolgimento della procedura con ampliamento della platea degli offerenti, nonché introdotti meccanismi di gara che stimolino la competizione «al rialzo»,

impegna il Governo

ad introdurre misure che stabiliscano parametri di determinazione del prezzo di assegnazione dell'immobile sottoposto a vendita giudiziaria in ragionevole rapporto con il valore di mercato del bene pignorato.
9/3606-A/5. Pesco.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto in esame prevede misure fiscali di favore per gli atti e provvedimenti che trasferiscono la proprietà o diritti reali su immobili sottoposti a vendite giudiziarie, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio e sia adibito a prima casa;
              come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a favorire la dismissione degli immobili oggetto di procedure esecutive rendendo più «appetibili» gli immobili posti in vendita giudiziaria;
              sarebbe opportuno incentivare, da parte dei soggetti che acquistano immobili esecutati, tutte le operazioni, tecnologiche e gestionali, atte al conferimento di una nuova o superiore qualità prestazionale alle costruzioni esistenti dal punto di vista dell'efficienza energetica,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a prevedere, come condizione per beneficiare dell'agevolazione fiscale, che il soggetto acquirente o assegnatario dell'immobile sottoposto a vendita giudiziaria provveda alla preventiva riqualificazione energetica dell'immobile nel caso in cui sia inesistente o inferiore ai limiti di legge.
9/3606-A/6. Alberti.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto in esame prevede misure fiscali di favore per gli atti e provvedimenti che trasferiscono la proprietà o diritti reali su immobili sottoposti a vendite giudiziarie, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio e sia adibito a prima casa;
              come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a favorire la dismissione degli immobili oggetto di procedure esecutive rendendo più «appetibili» gli immobili posti in vendita giudiziaria;
              tuttavia, perseguendo tale finalità, non va trascurato che oltre a soddisfare l'esigenza del creditore al recupero del credito, la procedura esecutiva deve tutelare al contempo l'interesse del debitore a non vedersi depauperato (per mere logiche di profitto) il valore del patrimonio posto in esecuzione; tale interesse è meritevole di tutela quanto l'interesse del creditore alla soddisfazione del credito;
              al fine di contemperare i contrapposti interessi senza svilire l'interesse del debitore alla preservazione del valore del proprio patrimonio, sarebbe auspicabile la riduzione al minimo del divario tra vendita forzata e vendita privatistica. La prassi delle vendite giudiziarie insegna infatti che raramente il prezzo conseguito a seguito di asta giudiziaria coincide col prezzo di mercato, con conseguente lesione del patrimonio del debitore. Ciò anche in conseguenza della forte presenza nelle vendite giudiziarie della criminalità organizzata;
              andrebbero pertanto rinforzati gli strumenti volti a garantire la massima trasparenza e legalità in ordine allo svolgimento della procedura,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a introdurre misure preposte a limitare la partecipazione alle vendite di giudiziarie di soggetti sottoposti a procedimenti penali conclusi con condanne passate in giudicato per uno dei reati di cui all'articolo 32-quater del codice penale ovvero per i reati di cui agli articoli 648-bis e 648-ter.
9/3606-A/7. Fico.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto in esame prevede misure fiscali di favore per gli atti e provvedimenti che trasferiscono la proprietà o diritti reali su immobili sottoposti a vendite giudiziarie, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio e sia adibito a prima casa;
              come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a favorire la dismissione degli immobili oggetto di procedure esecutive rendendo più «appetibili» gli immobili posti in vendita giudiziaria;
              sarebbe altresì opportuno incentivare la destinazione degli immobili esecutati per finalità abitative,

impegna il Governo

ad adottare misure che consentano l'acquisizione e il recupero di immobili fatiscenti o da dismettere, oggetto di procedure esecutive, da destinare all’housing sociale.
9/3606-A/8. Pisano.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto in esame prevede misure fiscali di favore per gli atti e provvedimenti che trasferiscono la proprietà o diritti reali su immobili sottoposti a vendite giudiziarie, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio e sia adibito a prima casa;
              come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a favorire la dismissione degli immobili oggetto di procedure esecutive rendendo più «appetibili» gli immobili posti in vendita giudiziaria;
              sarebbe altresì opportuno incentivare la destinazione degli immobili esecutati per finalità abitative,

impegna il Governo

a prevedere tra le condizioni per beneficiare dell'agevolazione fiscale di cui al comma 1 dell'articolo 16, che gli immobili acquisiti o assegnati alle imprese siano destinati ad alloggi e servizi abitativi a prezzi contenuti per cittadini con reddito medio basso.
9/3606-A/9. Ruocco.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto in esame prevede misure fiscali di favore per gli atti e provvedimenti che trasferiscono la proprietà o diritti reali su immobili sottoposti a vendite giudiziarie, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio e sia adibito a prima casa;
              come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a favorire la dismissione degli immobili oggetto di procedure esecutive rendendo più «appetibili» gli immobili posti in vendita giudiziaria;
              tuttavia, perseguendo tale finalità, non va trascurato che oltre a soddisfare l'esigenza del creditore al recupero del creditoria procedura esecutiva deve tutelare al contempo l'interesse del debitore a non vedersi depauperato (per mere logiche di profitto) il valore del patrimonio posto in esecuzione; tale interesse è meritevole di tutela quanto l'interesse del creditore alla soddisfazione del credito;
              la tutela del patrimonio del debitore trova riconoscimento nei principi fondamentali sanciti dalla Convenzione europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo nonché in numerose pronunce della Corte costituzionale. La Corte costituzionale ha già sancito, in passato, l'illegittimità costituzionale di una disposizione (l'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  602 del 1973) in considerazione della sua irragionevolezza, la quale «discende dal fatto che la norma, nello stabilire il prezzo del trasferimento immobiliare, fissa un ammontare che prescinde da qualsiasi collegamento con il valore del bene e che può essere anche irrisorio» (Corte costituzionale n.  281 del 2011);
              al fine di contemperare i contrapposti interessi senza svilire l'interesse del debitore alla preservazione del valore del proprio patrimonio, sarebbe auspicabile la riduzione al minimo del divario tra vendita forzata e vendita privatistica. La prassi delle vendite giudiziarie insegna infatti che raramente il prezzo conseguito a seguito di asta giudiziaria coincide col prezzo di mercato, con conseguente lesione del patrimonio del debitore. Andrebbero pertanto rinforzati gli strumenti volti a garantire la massima trasparenza in ordine allo svolgimento della procedura con ampliamento della platea degli offerenti, nonché introdotti meccanismi di gara che stimolino la competizione «al rialzo»,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a introdurre misure preposte a stimolare le «offerte al rialzo» nelle aste giudiziarie al fine di salvaguardare il valore di mercato del bene pignorato da eccessive e irragionevoli svalutazioni.
9/3606-A/10. Villarosa.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto in esame prevede misure fiscali di favore per gli atti e provvedimenti che trasferiscono la proprietà o diritti reali su immobili sottoposti a vendite giudiziarie, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio e sia adibito a prima casa;
              come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a favorire la dismissione degli immobili oggetto di procedure esecutive rendendo più «appetibili» gli immobili posti in vendita giudiziaria,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a limitare la possibilità di beneficiare dell'agevolazione fiscale di cui alla norma in premessa ai soggetti che abbiano riportato sentenze penali di condanna, passate in giudicato, per uno dei reati tributari di cui al decreto legislativo n.  74 del 2000.
9/3606-A/11. Caso.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto in esame prevede misure fiscali di favore per gli atti e provvedimenti che trasferiscono la proprietà o diritti reali su immobili sottoposti a vendite giudiziarie, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio e sia adibito a prima casa;
              come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a favorire la dismissione degli immobili oggetto di procedure esecutive rendendo più «appetibili» gli immobili posti in vendita giudiziaria,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a limitare la possibilità di beneficiare dell'agevolazione fiscale di cui alla norma in premessa ai soggetti che abbiano posto in essere evasioni fiscali, anche non costituenti reato, accertate in atti e provvedimenti amministrativi o giudiziari divenuti definitivi.
9/3606-A/12. Brugnerotto.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto in esame prevede misure fiscali di favore per gli atti e provvedimenti che trasferiscono la proprietà o diritti reali su immobili sottoposti a vendite giudiziarie, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio e sia adibito a prima casa;
              come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a favorire la dismissione degli immobili oggetto di procedure esecutive rendendo più «appetibili» gli immobili posti in vendita giudiziaria,

impegna il Governo

ad estendere il beneficio di cui al comma 2-bis della norma in premessa, anche ai soggetti privati che acquistano l'immobile per destinarlo all'esercizio di una attività professionale o d'impresa, fermo l'obbligo di non rivendere o trasferire il bene entro il quinquennio dall'acquisto.
9/3606-A/13. Cariello.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto in esame prevede misure fiscali di favore per gli atti e provvedimenti che trasferiscono la proprietà o diritti reali su immobili sottoposti a vendite giudiziarie, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio e sia adibito a prima casa;
              come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a favorire la dismissione degli immobili oggetto di procedure esecutive rendendo più «appetibili» gli immobili posti in vendita giudiziaria,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di estendere il beneficio di cui al comma 2-bis della norma in premessa, anche ai soggetti privati che acquistano l'immobile per destinarlo all'esercizio di una attività professionale o d'impresa, fermo l'obbligo di non rivendere o trasferire il bene entro il quinquennio dall'acquisto.
9/3606-A/13.    (Testo modificato nel corso della seduta) Cariello.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto in esame prevede misure fiscali di favore per gli atti e provvedimenti che trasferiscono la proprietà o diritti reali su immobili sottoposti a vendite giudiziarie, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio e sia adibito a prima casa;
              come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a favorire la dismissione degli immobili oggetto di procedure esecutive rendendo più «appetibili» gli immobili posti in vendita giudiziaria;
              tuttavia, perseguendo tale finalità, non va trascurato che oltre a soddisfare l'esigenza del creditore al recupero del credito, la procedura esecutiva deve tutelare al contempo l'interesse del debitore a non vedersi depauperato (per mere logiche di profitto) il valore del patrimonio posto in esecuzione; tale interesse è meritevole di tutela quanto l'interesse del creditore alla soddisfazione del credito;
              al fine di contemperare i contrapposti interessi senza svilire l'interesse del debitore alla preservazione del valore del proprio patrimonio, sarebbe auspicabile la riduzione al minimo del divario tra vendita forzata e vendita privatistica. La prassi delle vendite giudiziarie insegna infatti che raramente il prezzo conseguito a seguito di asta giudiziaria coincide col prezzo di mercato, con conseguente lesione del patrimonio del debitore. Ciò anche in conseguenza della forte presenza nelle vendite giudiziarie della criminalità organizzata,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a introdurre un limite di valore, rapportato all'ammontare del debito residuo, al di sotto del quale non è consentita la vendita all'asta, tutelando il patrimonio del debitore da eccessive e irragionevoli svalutazioni.
9/3606-A/14. D'Incà.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 1, comma 629, della legge 27 dicembre 2013, n.  147 (la legge di Stabilità per il 2014) ha sostituito l'articolo 120 del testo unico bancario (t.u.b.) che consentiva la produzione di interessi sugli interessi passivi maturati nei contratti bancari;
              l'attuale articolo 120 t.u.b. prevede che «Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale»;
              a far data dall'entrata in vigore della legge n.  143 del 2013 è stato fatto divieto a tutte le banche di applicare interessi sugli interessi maturati;
              con l'articolo 17-bis del decreto in esame, introdotto nel corso dell'esame in commissione, è stato modificato nuovamente l'articolo 120 T.U.B. Con la modifica, si introduce una disposizione poco chiara e soprattutto priva di una previsione che escluda l'applicazione di interessi ulteriori agli interessi periodicamente capitalizzati;
              appare chiaro che la nuova formulazione della disposizione rischia di comprimere la valenza del divieto di anatocismo, soprattutto in considerazione della posizione debole del consumatore nel rapporto con l'istituto bancario o finanziario,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a prevedere la nullità ex lege di ogni patto contrario o volto ad aggirare il divieto di anatocismo.
9/3606-A/15. Sorial.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 1, comma 629, della legge 27 dicembre 2013, n.  147 (la legge di Stabilità per il 2014) ha sostituito l'articolo 120 del testo unico bancario (t.u.b.) che consentiva la produzione di interessi sugli interessi passivi maturati nei contratti bancari;
              l'attuale articolo 120 t.u.b. prevede che «Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale»;
              a far data dall'entrata in vigore della legge n.  143 del 2013 è stato fatto divieto a tutte le banche di applicare interessi sugli interessi maturati;
              con l'articolo 17-bis del decreto in esame, introdotto nel corso dell'esame in commissione, è stato modificato nuovamente l'articolo 120 T.U.B. Con la modifica, si introduce una disposizione poco chiara e soprattutto priva di una previsione che escluda l'applicazione di interessi ulteriori agli interessi periodicamente capitalizzati;
              appare chiaro che la nuova formulazione della disposizione rischia di comprimere la valenza del divieto di anatocismo, soprattutto in considerazione della posizione debole del consumatore nel rapporto con l'istituto bancario o finanziario,

impegna il Governo

a valutare gli effetti che potrebbero derivare dalla norma in commento in relazione all'aggiramento del divieto di anatocismo attraverso abusive condizioni contrattuali, in considerazione della posizione debole del consumatore nel rapporto con l'istituto bancario o finanziario.
9/3606-A/16. Nuti.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 1, comma 629, della legge 27 dicembre 2013, n.  147 (la legge di Stabilità per il 2014) ha sostituito l'articolo 120 del testo unico bancario (t.u.b.) che consentiva la produzione di interessi sugli interessi passivi maturati nei contratti bancari;
              l'attuale articolo 120 t.u.b. prevede che «Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale a far data dall'entrata in vigore della legge 143/2013 è stato fatto divieto a tutte le banche di applicare interessi sugli interessi maturati;
              con l'articolo 17-bis del decreto in esame, introdotto nel corso dell'esame in commissione, è stato modificato nuovamente l'articolo 120 T.U.B. Con la modifica, si introduce una disposizione poco chiara e soprattutto priva di una previsione che escluda l'applicazione di interessi ulteriori agli interessi periodicamente capitalizzati;
              appare chiaro che la nuova formulazione della disposizione rischia di comprimere la valenza del divieto di anatocismo, soprattutto in considerazione della posizione debole del consumatore nel rapporto con l'istituto bancario o finanziario,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a introdurre specifici ed adeguati obblighi informativi alla clientela in relazione agli effetti connessi alla possibile scelta del cliente di autorizzare l'addebito sul conto degli interessi maturati.
9/3606-A/17. Cecconi.


      La Camera

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a introdurre specifici ed adeguati obblighi informativi alla clientela in relazione agli effetti connessi alla possibile scelta del cliente di autorizzare l'addebito sul conto degli interessi maturati.
9/3606-A/17.    (Testo modificato nel corso della seduta) Cecconi.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 1, comma 629, della legge 27 dicembre 2013, n.  147 (la legge di Stabilità per il 2014) ha sostituito l'articolo 120 del testo unico bancario (t.u.b.) che consentiva la produzione di interessi sugli interessi passivi maturati nei contratti bancari;
              l'attuale articolo 120 t.u.b. prevede che «Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale»;
              a far data dall'entrata in vigore della legge n.  143 del 2013 è stato fatto divieto a tutte le banche di applicare interessi sugli interessi maturati;
              con l'articolo 17-bis del decreto in esame, introdotto nel corso dell'esame in commissione, è stato modificato nuovamente l'articolo 120 T.U.B. Con la modifica, si introduce una disposizione poco chiara e soprattutto priva di una previsione che escluda l'applicazione di interessi ulteriori agli interessi periodicamente capitalizzati;
              appare chiaro che la nuova formulazione della disposizione rischia di comprimere la valenza del divieto di anatocismo, soprattutto in considerazione della posizione debole del consumatore nel rapporto con l'istituto bancario o finanziario,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a introdurre misure preposte a evitare che la facoltà concessa al cliente di autorizzare l'addebito sul conto degli interessi maturati, venga di fatto trasformata dagli istituti di credito in condizione propedeutica alla stipula del contratto.
9/3606-A/18. Dieni.


      La Camera

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a introdurre misure preposte a evitare che la facoltà concessa al cliente di autorizzare l'addebito sul conto degli interessi maturati, venga di fatto trasformata dagli istituti di credito in condizione propedeutica alla stipula del contratto.
9/3606-A/18.    (Testo modificato nel corso della seduta) Dieni.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 1, comma 629, della legge 27 dicembre 2013, n.  147 (la legge di Stabilità per il 2014) ha sostituito l'articolo 120 del testo unico bancario (t.u.b.) che consentiva la produzione di interessi sugli interessi passivi maturati nei contratti bancari;
              l'attuale articolo 120 t.u.b. prevede che «Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale»;
              a far data dall'entrata in vigore della legge n.  143 del 2013 è stato fatto divieto a tutte le banche di applicare interessi sugli interessi maturati;
              con l'articolo 17-bis del decreto in esame, introdotto nel corso dell'esame in commissione, è stato modificato nuovamente l'articolo 120 T.U.B. Con la modifica, si introduce una disposizione poco chiara e soprattutto priva di una previsione che escluda l'applicazione di interessi ulteriori agli interessi periodicamente capitalizzati;
              appare chiaro che la nuova formulazione della disposizione rischia di comprimere la valenza del divieto di anatocismo, soprattutto in considerazione della posizione debole del consumatore nel rapporto con l'istituto bancario o finanziario,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a introdurre adeguate misure di vigilanza in merito all'utilizzo della clausola con la quale il cliente potrà autorizzare l'addebito sul conto degli interessi maturati, al fine di evitare abusi ed elusioni del divieto di anatocismo da parte degli istituti di credito.
9/3606-A/19. D'Ambrosio.


      La Camera

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a introdurre adeguate misure di vigilanza in merito all'utilizzo della clausola con la quale il cliente potrà autorizzare l'addebito sul conto degli interessi maturati, al fine di evitare abusi ed elusioni del divieto di anatocismo da parte degli istituti di credito.
9/3606-A/19.    (Testo modificato nel corso della seduta) D'Ambrosio.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto in esame prevede misure fiscali di favore per gli atti e provvedimenti che trasferiscono la proprietà o diritti reali su immobili sottoposti a vendite giudiziarie, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio e sia adibito a prima casa;
              come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a favorire la dismissione degli immobili oggetto di procedure esecutive rendendo più «appetibili» gli immobili posti in vendita giudiziaria;
              tuttavia, perseguendo tale finalità, non va trascurato che oltre a soddisfare l'esigenza del creditore al recupero del credito, la procedura esecutiva deve tutelare al contempo l'interesse del debitore a non vedersi depauperato (per mere logiche di profitto) il valore del patrimonio posto in esecuzione; tale interesse è meritevole di tutela quanto l'interesse del creditore alla soddisfazione del credito,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a prevedere che nei casi di assegnazione dell'immobile allo Stato non è pregiudicata la possibilità che il medesimo immobile sia assegnato in uso alle persone esecutate.
9/3606-A/20. Toninelli.


      La Camera

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a prevedere che nei casi di assegnazione dell'immobile allo Stato non è pregiudicata la possibilità che il medesimo immobile sia assegnato in uso alle persone esecutate.
9/3606-A/20.    (Testo modificato nel corso della seduta) Toninelli.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto in esame prevede misure fiscali di favore per gli atti e provvedimenti che trasferiscono la proprietà o diritti reali su immobili sottoposti a vendite giudiziarie, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio e sia adibito a prima casa;
              come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a favorire la dismissione degli immobili oggetto di procedure esecutive rendendo più «appetibili» gli immobili posti in vendita giudiziaria;
              tuttavia, perseguendo tale finalità, non va trascurato che oltre a soddisfare l'esigenza del creditore al recupero del credito, la procedura esecutiva deve tutelare al contempo l'interesse del debitore a non vedersi depauperato (per mere logiche di profitto) il valore del patrimonio posto in esecuzione; tale interesse è meritevole di tutela quanto l'interesse del creditore alla soddisfazione del credito;
              la tutela del patrimonio del debitore trova riconoscimento nei principi fondamentali sanciti dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo nonché in numerose pronunce della Corte costituzionale. La Corte costituzionale ha già sancito, in passato, l'illegittimità costituzionale di una disposizione (l'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  602 del 1973) in considerazione della sua irragionevolezza, la quale «discende dal fatto che la norma, nello stabilire il prezzo del trasferimento immobiliare, fissa un ammontare che prescinde da qualsiasi collegamento con il valore del bene e che può essere anche irrisorio» (Corte Cost. n.  281 del 2011),

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a introdurre misure volte a rafforzare i vigenti strumenti di risanamento del debito.
9/3606-A/21. Ferraresi.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto in esame prevede misure fiscali di favore per gli atti e provvedimenti che trasferiscono la proprietà o diritti reali su immobili sottoposti a vendite giudiziarie, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio e sia adibito a prima casa;
              come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a favorire la dismissione degli immobili oggetto di procedure esecutive rendendo più «appetibili» gli immobili posti in vendita giudiziaria;
              tuttavia, perseguendo tale finalità, non va trascurato che oltre a soddisfare l'esigenza del creditore al recupero del credito, la procedura esecutiva deve tutelare al contempo l'interesse del debitore a non vedersi depauperato (per mere logiche di profitto) il valore del patrimonio posto in esecuzione; tale interesse è meritevole di tutela quanto l'interesse del creditore alla soddisfazione del credito;
              la tutela del patrimonio del debitore trova riconoscimento nei principi fondamentali sanciti dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo nonché in numerose pronunce della Corte costituzionale. La Corte costituzionale ha già sancito, in passato, l'illegittimità costituzionale di una disposizione (l'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  602 del 1973) in considerazione della sua irragionevolezza, la quale «discende dal fatto che la norma, nello stabilire il prezzo del trasferimento immobiliare, fissa un ammontare che prescinde da qualsiasi collegamento con il valore del bene e che può essere anche irrisorio» (Corte Cost. n.  281 del 2011),

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a introdurre misure che consentano la sospensione della procedura di vendita forzata finalizzata al risanamento del debito da parte del debitore.
9/3606-A/22. Bonafede.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto in esame prevede misure fiscali di favore per gli atti e provvedimenti che trasferiscono la proprietà o diritti reali su immobili sottoposti a vendite giudiziarie, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio e sia adibito a prima casa;
              come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a favorire la dismissione degli immobili oggetto di procedure esecutive rendendo più «appetibili» gli immobili posti in vendita giudiziaria;
              tuttavia, perseguendo tale finalità, non va trascurato che oltre a soddisfare l'esigenza del creditore al recupero del credito, la procedura esecutiva deve tutelare al contempo l'interesse del debitore a non vedersi depauperato (per mere logiche di profitto) il valore del patrimonio posto in esecuzione; tale interesse è meritevole di tutela quanto l'interesse del creditore alla soddisfazione del credito;
              la tutela del patrimonio del debitore trova riconoscimento nei principi fondamentali sanciti dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo nonché in numerose pronunce della Corte costituzionale. La Corte costituzionale ha già sancito, in passato, l'illegittimità costituzionale di una disposizione (l'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  602 del 1973) in considerazione della sua irragionevolezza, la quale «discende dal fatto che la norma, nello stabilire il prezzo del trasferimento immobiliare, fissa un ammontare che prescinde da qualsiasi collegamento con il valore del bene e che può essere anche irrisorio» (Corte Cost. n.  281 del 2011),

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a introdurre misure per prevedere la possibilità di sospendere la procedura esecutiva, su accordo con i creditori procedenti, presentando un piano di rientro dell'esposizione debitoria da sottoporre alla valutazione e approvazione del giudice dell'esecuzione.
9/3606-A/23. Agostinelli.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto in esame prevede misure fiscali di favore per gli atti e provvedimenti che trasferiscono la proprietà o diritti reali su immobili sottoposti a vendite giudiziarie, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio e sia adibito a prima casa;
              come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a favorire la dismissione degli immobili oggetto di procedure esecutive rendendo più «appetibili» gli immobili posti in vendita giudiziaria;
              tuttavia, perseguendo tale finalità, non va trascurato che oltre a soddisfare l'esigenza del creditore al recupero del credito, la procedura esecutiva deve tutelare al contempo l'interesse del debitore a non vedersi depauperato (per mere logiche di profitto) il valore del patrimonio posto in esecuzione; tale interesse è meritevole di tutela quanto l'interesse del creditore alla soddisfazione del credito;
              la tutela del patrimonio del debitore trova riconoscimento nei principi fondamentali sanciti dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo nonché in numerose pronunce della Corte costituzionale. La Corte costituzionale ha già sancito, in passato, l'illegittimità costituzionale di una disposizione (l'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  602 del 1973) in considerazione della sua irragionevolezza, la quale «discende dal fatto che la norma, nello stabilire il prezzo del trasferimento immobiliare, fissa un ammontare che prescinde da qualsiasi collegamento con il valore del bene e che può essere anche irrisorio» (Corte Cost. n.  281 del 2011),

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a introdurre misure preventive che consentano, in presenza di situazioni eccezionali che hanno determinato lo stato di indebitamento, di sospendere o limitare temporaneamente la procedura esecutiva al fine di valutare la capacità del debitore di rientrare dall'esposizione debitoria.
9/3606-A/24. Colletti.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto in esame prevede misure fiscali di favore per gli atti e provvedimenti che trasferiscono la proprietà o diritti reali su immobili sottoposti a vendite giudiziarie, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio e sia adibito a prima casa;
              come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a favorire la dismissione degli immobili oggetto di procedure esecutive rendendo più «appetibili» gli immobili posti in vendita giudiziaria;
              tuttavia, perseguendo tale finalità, non va trascurato che oltre a soddisfare l'esigenza del creditore al recupero del credito, la procedura esecutiva deve tutelare al contempo l'interesse del debitore a non vedersi depauperato (per mere logiche di profitto) il valore del patrimonio posto in esecuzione; tale interesse è meritevole di tutela quanto l'interesse del creditore alla soddisfazione del credito;
              la tutela del patrimonio del debitore trova riconoscimento nei principi fondamentali sanciti dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo nonché in numerose pronunce della Corte costituzionale. La Corte costituzionale ha già sancito, in passato, l'illegittimità costituzionale di una disposizione (l'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  602 del 1973) in considerazione della sua irragionevolezza, la quale «discende dal fatto che la norma, nello stabilire il prezzo del trasferimento immobiliare, fissa un ammontare che prescinde da qualsiasi collegamento con il valore del bene e che può essere anche irrisorio» (Corte Cost. n.  281 del 2011),

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a introdurre misure per prevedere la possibilità di sospendere la procedura esecutiva di vendita giudiziaria nel caso in cui emerga la possibilità per il debitore di procedere alla vendita privata del bene con garanzia di un maggiore realizzo, tutelando l'interesse alla preservazione del patrimonio del debitore e l'interesse alla soddisfazione dei crediti.
9/3606-A/25. Sarti.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto in esame prevede misure fiscali di favore per gli atti e provvedimenti che trasferiscono la proprietà o diritti reali su immobili sottoposti a vendite giudiziarie, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio e sia adibito a prima casa;
              come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a favorire la dismissione degli immobili oggetto di procedure esecutive rendendo più «appetibili» gli immobili posti in vendita giudiziaria;
              tuttavia, perseguendo tale finalità, non va trascurato che oltre a soddisfare l'esigenza del creditore al recupero del credito, la procedura esecutiva deve tutelare al contempo l'interesse del debitore a non vedersi depauperato (per mere logiche di profitto) il valore del patrimonio posto in esecuzione; tale interesse è meritevole di tutela quanto l'interesse del creditore alla soddisfazione del credito;
          la tutela del patrimonio del debitore trova riconoscimento nei princìpi fondamentali sanciti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo nonché in numerose pronunce della Corte costituzionale. La Corte costituzionale ha già sancito, in passato, l'illegittimità costituzionale di una disposizione (l'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  602 del 1973) in considerazione della sua irragionevolezza, la quale «discende dal fatto che la norma, nello stabilire il prezzo del trasferimento immobiliare, fissa un ammontare che prescinde da qualsiasi collegamento con il valore del bene e che può essere, anche irrisorio» (Corte cost. 281/2011),

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a introdurre, nei casi di eccessiva sproporzione tra valore dell'immobile e debito residuo, uno specifico obbligo di preavviso del debitore dell'avvio della procedura di vendita, con attribuzione di un termine non inferiore a 90 giorni per provvedere all'estinzione del debito e della procedura esecutiva.
9/3606-A/26. Di Battista.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto in esame prevede misure fiscali di favore per gli atti e provvedimenti che trasferiscono la proprietà o diritti reali su immobili sottoposti a vendite giudiziarie, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio e sia adibito a prima casa;
              come chiarito nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a favorire la dismissione degli immobili oggetto di procedure esecutive rendendo più «appetibili» gli immobili posti in vendita giudiziaria;
          tuttavia, perseguendo tale finalità, non va trascurato che oltre a soddisfare l'esigenza del creditore al recupero del credito, la procedura esecutiva deve tutelare al contempo l'interesse del debitore a non vedersi depauperato (per mere logiche di profitto) il valore del patrimonio posto in esecuzione; tale interesse è meritevole di tutela quanto l'interesse del creditore alla soddisfazione del credito;
              la tutela del patrimonio del debitore trova riconoscimento nei princìpi fondamentali sanciti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo nonché in numerose pronunce della Corte costituzionale. La Corte costituzionale ha già sancito, in passato, l'illegittimità costituzionale di una disposizione (l'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  602 del 1973) in considerazione della sua irragionevolezza, la quale «discende dal fatto che la norma, nello stabilire il prezzo del trasferimento immobiliare, fissa un ammontare che prescinde da qualsiasi collegamento con il valore del bene e che può essere anche irrisorio» (Corte Cost. 281/2011),

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta ad estendere le misure che consentono il risanamento del debito anche ad eventuali terzi acquirenti dell'immobile ipotecato.
9/3606-A/27. Grande.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 1, comma 629, della legge 27 dicembre 2013, n.  147 (la legge di stabilità per il 2014) ha sostituito l'articolo 120 del testo unico bancario (t.u.b.) che consentiva la produzione di interessi sugli interessi passivi maturati nei contratti bancari;
              l'attuale articolo 120 t.u.b. prevede che «Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale»;
              a far data dall'entrata in vigore della legge n.  143 del 2013 è stato fatto divieto a tutte le banche di applicare interessi sugli interessi maturati;
              con l'articolo 17-bis del decreto in esame, introdotto nel corso dell'esame in Commissione, è stato modificato nuovamente l'articolo 120 del t.u.b. Con la modifica, si introduce una disposizione poco chiara e soprattutto priva di una previsione che escluda l'applicazione di interessi ulteriori agli interessi periodicamente capitalizzati;
              appare chiaro che la nuova formulazione della disposizione rischia di comprimere la valenza del divieto di anatocismo, soprattutto in considerazione della posizione debole del consumatore nel rapporto con l'istituto bancario o finanziario,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a vietare l'applicazione di interessi ulteriori agli interessi periodicamente capitalizzati.
9/3606-A/28. Scagliusi.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a non stabilire nuovi tributi per far fronte alle nuove o maggiori spese a carico dello Stato derivanti dalla suddetta garanzia pubblica concessa dal Ministero dell'economia e delle finanze.
9/3606-A/29. Sibilia.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di assumere ulteriori iniziative volte a disporre che la società capogruppo del gruppo bancario cooperativo sia partecipata esclusivamente da banche di credito cooperativo.
9/3606-A/30. Spadoni.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a disattivare le clausole di salvaguardia relative a IVA e accise o comunque a evitare la loro attivazione a causa di nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica connessi alla concessione delle garanzie di cui in premessa.
9/3606-A/31. Frusone.


      La Camera

impegna il Governo

a disattivare le clausole di salvaguardia relative a IVA e accise o comunque a evitare la loro attivazione a causa di nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica connessi alla concessione delle garanzie di cui in premessa.
9/3606-A/31.    (Testo modificato nel corso della seduta) Frusone.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che la società capogruppo del gruppo bancario cooperativo possa revocare i membri degli organi di amministrazione e controllo delle banche di credito cooperativo appartenenti al gruppo previa autorizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze.
9/3606-A/32. Basilio.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che la società capogruppo del gruppo bancario cooperativo possa revocare i membri degli organi di amministrazione e controllo delle banche di credito cooperativo appartenenti al gruppo previa autorizzazione del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio.

9/3606-A/33. Paolo Bernini.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che la società capogruppo del gruppo bancario cooperativo possa opporsi alla nomina dei membri degli organi di amministrazione e controllo delle banche di credito cooperativo appartenenti al gruppo previa autorizzazione del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio.
9/3606-A/34. Corda.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a introdurre la facoltà delle banche di credito cooperativo di trasformarsi in banche popolari anche nell'ipotesi di recesso dal gruppo bancario cooperativo.
9/3606-A/35. Rizzo.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a introdurre la facoltà delle banche di credito cooperativo di trasformarsi anche in banche popolari nell'ipotesi di esclusione dal gruppo bancario cooperativo.
9/3606-A/36. Tofalo.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve al fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n.  662.
9/3606-A/37. Vacca.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione istituiti ai sensi dell'articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n.  59.
9/3606-A/38. Marzana.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve al Fondo Unico di Giustizia.
9/3606-A/39. Brescia.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve all'incremento delle risorse destinate alla lotta alla contraffazione.
9/3606-A/40. Di Benedetto.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve al Fondo per l'ammodernamento delle strutture idriche.
9/3606-A/41. D'Uva.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve al Fondo per il trasporto pubblico locale.
9/3606-A/42. Luigi Gallo.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve al Fondo per la mobilità dolce.
9/3606-A/43. Simone Valente.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve al Fondo unico investimenti per la difesa del suolo e la tutela ambientale.
9/3606-A/44. Terzoni.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve al Fondo per il finanziamento del piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli elettrici.
9/3606-A/45. Busto.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve al Fondo nazionale per l'efficienza energetica.
9/3606-A/46. Daga.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa volta a consentire di costituire una società capogruppo di un gruppo bancario cooperativo anche in forma di consorzio costituito su base regionale con un requisito di patrimonio netto di 500 milioni di euro.
9/3606-A/47. De Rosa.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa volta a consentire la costituzione di una società capigruppo di un gruppo bancario cooperativo anche informa di consorzio costituito su base regionale.
9/3606-A/48. Mannino.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni Introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa volta a consentire la costituzione di una società capogruppo di un gruppo bancario cooperativo anche in forma di consorzio costituito su base regionale i cui organi di amministrazione e controllo siano costituiti da un esponente delegato da ogni singola Banca di credito cooperativo aderente al Consorzio.
9/3606-A/49. Micillo.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa volta a consentire la costituzione di una società capogruppo di un gruppo bancario cooperativo anche in forma di Consorzio costituito su base regionale i cui organi di amministrazione e controllo siano costituiti da un esponente delegato da ogni singola Banca di credito cooperativo aderente al Consorzio e preposto ad indicare gli atti che le Banche di credito cooperativo siano tenute ad adottare al fine di assicurare la sana e prudente gestione delle medesime banche.
9/3606-A/50. Zolezzi.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa volta a consentire la costituzione di una società capogruppo di un gruppo bancario cooperativo anche in forma di consorzio costituito su base regionale preposto ad indicare gli atti che le Banche di credito cooperativo siano tenute ad adottare al fine di assicurare la sana e prudente gestione delle medesime banche.
9/3606-A/51. De Lorenzis.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a concedere una garanzia pubblica anche su tutti i conti correnti e libretti di risparmio aperti presso le filiali delle banche aventi sede legale in Italia e presso le succursali di banche estere nel territorio della Repubblica italiana con qualsiasi valore di giacenza media annua.
9/3606-A/52. Liuzzi.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a prevedere che l'esclusione di una banca di credito cooperativo da un gruppo bancario cooperativo sia disposta solo previa autorizzazione della Banca d'Italia e del Ministero dell'economia e delle finanze.
9/3606-A/53. Nicola Bianchi.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a prevedere che l'esclusione di una banca di credito cooperativo da un gruppo bancario cooperativo sia disposta solo previa autorizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze.
9/3606-A/54. Carinelli.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a prevedere che l'esclusione di una banca di credito cooperativo da un gruppo bancario cooperativo sia disposta solo previa autorizzazione del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio.
9/3606-A/55. Paolo Nicolò Romano.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve all'implementazione del processo telematico.
9/3606-A/56. Spessotto.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve a iniziative preposte alla diffusione della mobilità sostenibile.
9/3606-A/57. Vallascas.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve a iniziative miranti l'implementazione della banda larga gratuita a tutti i cittadini su tutto il territorio nazionale.
9/3606-A/58. Cancelleri.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 120-duodecies dello schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/17/UE, stabilisce che la valutazione degli immobili, ai fini della concessione del credito garantito da ipoteca, debba essere eseguita secondo standard affidabili (articolo 19 della direttiva MCD);
              nel momento in cui la valutazione è effettuata da soggetti diversi dal finanziatore, quest'ultimo dovrebbe porre comunque in garanzia che in sede di valutazione siano adottati gli stessi standard;
              la valutazione, condotta da professionisti competenti ed indipendenti, è documentata su supporto cartaceo o su altro supporto durevole;
              la valutazione degli immobili, ai fini della concessione del credito garantito da ipoteca, dovrebbe essere eseguita secondo standard affidabili (articolo 19 della direttiva MCD) quali le versioni più aggiornate degli International Valutation Standards (IVS), European Valuation Standards (EVS) ovvero la norma UNI 11612 Stima del valore di mercato degli immobili;
              l'attività valutativa dovrebbe essere condotta da professionisti competenti e indipendenti e dovrebbe essere riconosciuta un'essenziale opera intellettuale per un corretto ed affidabile processo di erogazione del credito e pertanto ad essa dovrebbe essere concesso sia l'adeguato tempo di sviluppo sia il giusto compenso professionale in linea con i compensi mediamente praticati nel libero mercato per attività valutative simili,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile al fine di garantire l'attività valutativa degli immobili secondo gli standard affidabili descritti in premessa in particolare la regolamentazione delle valutazioni degli immobili, valutando la loro esecutibilità ai soli soggetti certificati da organismi accreditati (ai sensi del regolamento comunitario n.  765 del 2008 o firmatari degli accordi internazionali di mutuo riconoscimento) in base alla norma UNI 11558 relativa al Valutatore immobiliare.
9/3606-A/59. Crippa.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve a iniziative miranti la messa in sicurezza di siti a rischio idrogeologico.
9/3606-A/60. Da Villa.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve a iniziative miranti la messa in sicurezza di siti a rischio vulcanico.
9/3606-A/61. Della Valle.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve a iniziative miranti la messa in sicurezza di siti a rischio sismico.
9/3606-A/62. Fantinati.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve ad iniziative miranti l'implementazione delle risorse a disposizione per la ricerca universitaria.
9/3606-A/63. Ciprini.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve a iniziative miranti l'implementazione delle risorse destinate all'edilizia scolastica.
9/3606-A/64. Chimienti.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve a iniziative miranti l'implementazione delle risorse a favore del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche.
9/3606-A/65. Cominardi.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve a iniziative miranti l'implementazione delle risorse destinate alle aree protette.
9/3606-A/66. Dall'Osso.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve a iniziative miranti l'implementazione delle risorse destinate alla bonifica dell'amianto.
9/3606-A/67. Lombardi.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa volta a consentire la costituzione di una società capogruppo di un gruppo bancario cooperativo anche in forma di Consorzio partecipato esclusivamente dalle banche di credito cooperativo aderenti al gruppo.
9/3606-A/68. Tripiedi.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa volta a vietare la destinazione al mercato retail ed agli investitori non professionisti dei titoli e delle obbligazioni emessi nell'ambito delle procedure di cartolarizzazione.
9/3606-A/69. Grillo.


      La Camera

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa volta a vietare la destinazione al mercato retail ed agli investitori non professionisti dei titoli e delle obbligazioni emessi nell'ambito delle procedure di cartolarizzazione.
9/3606-A/69.    (Testo modificato nel corso della seduta) Grillo.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

ad assumere ogni genere di iniziativa volta a disporre che i titoli e le obbligazioni emessi nell'ambito delle procedure di cartolarizzazione siano destinati esclusivamente ad investitori istituzionali non interessati alla cessione delle sofferenze.
9/3606-A/70. Silvia Giordano.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 17-quinquies del decreto in esame prevede che l'articolo 202, comma 1, primo e secondo periodo, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.  285, si interpreta nel senso che, per i pagamenti diversi da quelli in contanti o tramite conto corrente postale, l'effetto liberatorio del pagamento si produce se l'accredito a favore dell'amministrazione avviene entro due giorni dalla data di scadenza del pagamento;
              l'articolo 202 del codice della strada si riferisce ai casi di definizione agevolata delle sanzioni amministrative accertata con pagamento in misura ridotta entro i termini previsti dalla disposizione,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta a prevedere che il mancato rispetto del termine di due giorni per causa non imputabile al pagatore non comporta la perdita del beneficio concesso dall'articolo 202 del codice della strada.
9/3606-A/71. Baroni.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a ridurre l'ammontare del debito pubblico italiano.
9/3606-A/72. Colonnese.


      La Camera

impegna il Governo

a ridurre l'ammontare del debito pubblico italiano.
9/3606-A/72.    (Testo modificato nel corso della seduta) Colonnese.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a prevedere la nullità del rilascio della garanzia nei casi di conclamata corruzione.
9/3606-A/73. Di Vita.


      La Camera

impegna il Governo

a prevedere la nullità del rilascio della garanzia nei casi di conclamata corruzione.
9/3606-A/73.    (Testo modificato nel corso della seduta) Di Vita.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a prevedere la nullità del rilascio della garanzia nei casi di conclamato conflitto di interesse.
9/3606-A/74. Lorefice.


      La Camera

impegna il Governo

a prevedere la nullità del rilascio della garanzia nei casi di conclamato conflitto di interesse.
9/3606-A/74.    (Testo modificato nel corso della seduta) Lorefice.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit,

impegna il Governo

a porre in essere qualsiasi iniziativa volta ad una equa e corretta rinegoziazione dei crediti in sofferenza nei confronti di soggetti interessati.
9/3606-A/75. Mantero.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit,

impegna il Governo

a valutare l'impatto negativo sul debito pubblico della concessione di garanzie pubbliche sulle passività emesse nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione ed a evitare che tale impatto si trasformi in disservizi nei confronti dei cittadini.
9/3606-A/76. L'Abbate.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma dei settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti derivanti dall'applicazione dell'articolo 16 del decreto in esame.
9/3606-A/77. Gagnarli.


      La Camera

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti derivanti dall'applicazione dell'articolo 16 del decreto in esame.
9/3606-A/77.    (Testo modificato nel corso della seduta) Gagnarli.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti derivanti dall'applicazione dell'articolo 14 del decreto in esame.
9/3606-A/78. Benedetti.


      La Camera

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti derivanti dall'applicazione dell'articolo 14 del decreto in esame.
9/3606-A/78.    (Testo modificato nel corso della seduta) Benedetti.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti derivanti dall'applicazione dell'articolo 15 del decreto in esame.
9/3606-A/79. Massimiliano Bernini.


      La Camera

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti derivanti dall'applicazione dell'articolo 15 del decreto in esame.
9/3606-A/79.    (Testo modificato nel corso della seduta) Massimiliano Bernini.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che la valutazione di cui all'articolo 15 venga condotta da un professionista indipendente nominato dal Tribunale su incarico di Banca d'Italia.
9/3606-A/80. Gallinella.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 17-quinquies del decreto in esame prevede che l'articolo 202, comma 1, primo e secondo periodo, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.  285, si interpreta nel senso che, per i pagamenti diversi da quelli in contanti o tramite conto corrente postale, l'effetto liberatorio del pagamento si produce se l'accredito a favore dell'amministrazione avviene entro due giorni dalla data di scadenza del pagamento;
              l'articolo 202 dei codice della strada si riferisce ai casi di definizione agevolata delle sanzioni amministrative accertata con pagamento in misura ridotta entro i termini previsti dalla disposizione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti che deriverebbero dalla norma in relazione al termine concesso per il pagamento in misura ridotta, che rischia di fatto di essere compresso dalla disposizione in commento.
9/3606-A/81. Parentela.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effettivi derivanti dall'applicazione dell'articolo 3 del decreto in esame.
9/3606-A/82. Luigi Di Maio.


      La Camera

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effettivi derivanti dall'applicazione dell'articolo 3 del decreto in esame.
9/3606-A/82.    (Testo modificato nel corso della seduta) Luigi Di Maio.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti derivanti dall'applicazione dell'articolo 4 del decreto in esame.
9/3606-A/83. Fraccaro.


      La Camera

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti derivanti dall'applicazione dell'articolo 4 del decreto in esame.
9/3606-A/83.    (Testo modificato nel corso della seduta) Fraccaro.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti derivanti dall'applicazione dell'articolo 5 del decreto in esame.
9/3606-A/84. Nesci.


      La Camera

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti derivanti dall'applicazione dell'articolo 5 del decreto in esame.
9/3606-A/84.    (Testo modificato nel corso della seduta) Nesci.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure, che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti derivanti dall'applicazione dell'articolo 6 del decreto in esame.
9/3606-A/85. Petraroli.


      La Camera

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti derivanti dall'applicazione dell'articolo 6 del decreto in esame.
9/3606-A/85.    (Testo modificato nel corso della seduta) Petraroli.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure, che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a destinare le eventuali maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria per affrancare le riserve al Fondo di Kyoto per i cambiamenti climatici.
9/3606-A/86. Vignaroli.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure, che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti derivanti dall'applicazione dell'articolo 7 del decreto in esame.
9/3606-A/87. Dell'Orco.


      La Camera

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti derivanti dall'applicazione dell'articolo 7 del decreto in esame.
9/3606-A/87.    (Testo modificato nel corso della seduta) Dell'Orco.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure, che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti derivanti dall'applicazione dell'articolo 8 del decreto in esame.
9/3606-A/88. Castelli.


      La Camera

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti derivanti dall'applicazione dell'articolo 8 del decreto in esame.
9/3606-A/88.    (Testo modificato nel corso della seduta) Castelli.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure, che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti derivanti dall'applicazione dell'articolo 11 del decreto in esame.
9/3606-A/89. Battelli.


      La Camera

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti derivanti dall'applicazione dell'articolo 11 del decreto in esame.
9/3606-A/89.    (Testo modificato nel corso della seduta) Battelli.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure, che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti sulla stabilità sistemica del settore bancario cooperativo derivanti dall'applicazione degli articoli 1 e 2 del decreto in esame.
9/3606-A/90. Cozzolino.


      La Camera

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti sulla stabilità sistemica del settore bancario cooperativo derivanti dall'applicazione degli articoli 1 e 2 del decreto in esame.
9/3606-A/90.    (Testo modificato nel corso della seduta) Cozzolino.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del settore bancario cooperativo introduce l'obbligo per le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario che di fatto priva le banche aderenti al relativo contratto di coesione dell'autonomia e della libertà di gestire il medesimo istituto di credito, infatti, alla società capogruppo vengono attribuiti poteri di direzione e coordinamento ed in particolar modo la facoltà di opporsi alla nomina o di revocare uno o più membri degli organi di amministrazione e controllo. La capogruppo può altresì sottoscrivere azioni di finanziamento con diritti amministrativi e patrimoniali in deroga ai tradizionali limiti previsti dall'articolo 2526 del codice civile posti a tutela della cooperazione. Il contratto di coesione prevede criteri e condizioni di adesione e soprattutto criteri di diniego all'adesione o di esclusione dal gruppo. La mancata adesione al gruppo bancario implica la trasformazione della banca in società per azioni ovvero, in caso contrario, la liquidazione della medesima. Le disposizioni introdotte dalla riforma in esame violano, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 45 della Costituzione poste a tutela e promozione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata;
              il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere una garanzia pubblica sulle passività nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione. Questa previsione viola, ad avviso del presentatore, le disposizioni di cui all'articolo 81 della Costituzione volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio dello Stato. In particolar modo lo Stato provvederà a prestare garanzie su titoli caratterizzati da crediti deteriorati il cui grado di inesigibilità è elevato e porterà con molta probabilità all'escussione della garanzia pubblica con un conseguente impatto sul debito pubblico e sul deficit;
              sul piano fiscale, il decreto in esame consente alle banche di credito cooperativo di rilevante dimensione (con patrimonio netto superiore a 200 milioni) di evitare la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di un'imposta straordinaria (pari al 20 per cento delle riserve), con conseguente affrancamento delle riserve, ledendo, ad avviso del presentatore, in tal modo il principio della indivisibilità e intangibilità delle riserve e l'obbligo di devoluzione a finalità di interesse pubblico (nel rispetto dell'articolo 45 della Costituzione che «riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»);
              gli articoli 14 e 15 introducono invece ulteriori misure fiscali di favore per gli enti sottoposti alle procedure di risoluzione prevedendo la detassazione dei contributi «volontari» percepiti a qualsiasi titolo nonché la non rilevanza fiscale delle minusvalenze e plusvalenze derivanti dalla cessione di cessione di diritti, attività e passività;
              l'articolo 16 prevede infine misure, che tendono a favorire la dismissione degli immobili sottoposti a vendite giudiziarie prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro a condizione che l'immobile, se acquistato da imprese, venga ceduto nei due anni successivi ovvero, se acquistato da privati, venga posseduto per almeno un quinquennio,

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti sulla stabilità del sistema bancario e finanziario nel suo complesso derivanti dall'applicazione degli articoli 1 e 2 del decreto in esame.

9/3606-A/91. Del Grosso.


      La Camera

impegna il Governo

a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti sulla stabilità del sistema bancario e finanziario nel suo complesso derivanti dall'applicazione degli articoli 1 e 2 del decreto in esame.

9/3606-A/91.    (Testo modificato nel corso della seduta) Del Grosso.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge 14 febbraio 2016, n.  18, reca principalmente interventi volti ad affrontare la problematica dei crediti deteriorati iscritti nei bilanci degli istituti bancari;
              tale problematica si è acuita nel corso del tempo a causa della grave crisi economica internazionale che ha comportato il deterioramento della situazione economico-finanziaria di numerose imprese, con conseguente difficoltà da parte di queste ultime di rispondere agli impegni assunti nei confronti non solo del sistema bancario, ma anche del fisco;
              in questo quadro, numerose imprese, nonostante abbiano beneficiato di piani di rateizzazione fiscale disposti in conformità alla normativa vigente, non sono riuscite a far fronte al pagamento delle rate secondo le scadenze previste;
              per tali imprese, ove non venissero adottate misure che consentano loro di proseguire il piano di rateizzazione, si aprirebbe la strada alla dichiarazione di insolvenza, stante l'impossibilità di far fronte al pagamento di interessi e sanzioni nei confronti dell'erario e a fortiori, di onorare gli impegni assunti nei confronti del sistema bancario;
              a questo riguardo, come riportato sul quotidiano Il Sole 24 Ore del 10 marzo 2016, l'amministratore delegato di Equitalia S.p.A., Ernesto Maria Ruffini, nel corso della sua audizione presso la Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria ha sostenuto l'opportunità di introdurre una disposizione che consenta a cittadini ed imprese decaduti, indipendentemente dalla data in cui è stato concesso il piano di rateizzazione e da quella in cui si è verificato o si verificherà eventualmente la decadenza, di poter riottenere il beneficio della rateizzazione;
              si pone pertanto la necessità di un intervento urgente, anche di carattere legislativo, che, come già avvenuto in passato, consenta alle imprese di poter proseguire nell'attuazione del piano di rateizzazione fiscale precedentemente autorizzato e di provvedere al pagamento delle rate arretrate,

impegna il Governo

ad adottare le conseguenti iniziative, anche di carattere legislativo, volte a consentire alle imprese di poter proseguire nell'attuazione del piano di rateizzazione fiscale precedentemente autorizzato e di provvedere al pagamento delle rate arretrate.
9/3606-A/92. Palese.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 1 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n.  3, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2015, n.  33, reca interventi di riforma delle banche popolari, introducendo una serie di modifiche al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo n.  385 del 1993, che contiene agli articoli da 28 a 32 la disciplina delle banche popolari;
              il citato articolo 1, prevede, tra l'altro l'introduzione di limiti dimensionali per l'adozione della forma di banca popolare, stabilendo che l'attivo non può superare 8 miliardi di euro, nel qual caso si deve provvedere alla trasformazione in società per azioni o alla liquidazione;
              nello specifico, l'articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge n.  3 del 2015, modificando l'articolo 29 del TUB, pone degli specifici limiti quantitativi, riferiti dalle norme all'attivo, per consentire l'applicazione agli istituti della speciale normativa delle banche popolari. A tal fine, l'attivo di una banca popolare non può superare gli 8 miliardi di euro. Se la banca è capogruppo di un gruppo bancario, il limite è determinato a livello consolidato. In caso di superamento di tale limite, se entro un anno l'attivo non viene ridotto al di sotto della soglia e non viene deliberata la trasformazione in società per azioni o la liquidazione, la Banca d'Italia può: a) adottare il divieto di intraprendere nuove operazioni ai sensi dell'articolo 78 TUB; b) adottare i provvedimenti in materia di amministrazione straordinaria previsti nel titolo IV, capo I, sezione I del TUB; c) proporre alla Banca centrale europea la revoca dell'autorizzazione all'attività bancaria e al Ministro dell'economia e delle finanze la liquidazione coatta amministrativa;
              il comma 2 dell'articolo 1 del medesimo decreto-legge n.  3 del 2015 prevede, in sede di prima applicazione, un termine di diciotto mesi per consentire alle banche popolari di adeguarsi alla nuova disciplina sui limiti all'attivo introdotta dall'articolo 29 del TUB (come modificato dal decreto-legge n.  3 del 2015), che decorre dalla data di entrata in vigore delle disposizioni di attuazione emanate dalla Banca d'Italia,

impegna il Governo:

          a valutare l'opportunità di elevare il limite dell'attivo, al superamento del quale la banca popolare deve provvedere alla sua trasformazione in società per azioni o alla sua liquidazione, da 8 miliardi a 30 miliardi di euro, al fine di allineare tale soglia a quella prevista dalla Comunità europea;
          a valutare l'opportunità di concedere alle banche popolari un termine più lungo per adeguarsi alla nuova disciplina sui limiti all'attivo, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 29, commi 2-bis e 2-ter, del decreto legislativo 1o settembre 1993, n.  385.
9/3606-A/93. Sottanelli.


      La Camera,
          premesso che:
              la eccezionale gravità della recessione in atto dal 2008 ha inciso profondamente su crediti deteriorati e sofferenze bancarie e sugli stessi attivi delle banche italiane che costituiscono il principale fattore di vulnerabilità del sistema;
              il Capo II del provvedimento in esame reca misure volte a definire un meccanismo per smaltire i crediti in sofferenza presenti nei bilanci bancari mediante la concessione di garanzie dello Stato nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione (Garanzia cartolarizzazione crediti in sofferenza-GACS);
              tali misure rientrano in una più ampia politica di consolidamento del settore bancario, attraverso la riforma delle maggiori banche popolari (attuata con il decreto-legge n.  3 del 2015 convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2015, n.  33), la riforma delle fondazioni bancarie e quella delle banche di credito cooperativo, operata al Capo I del decreto-legge in esame;
              le suddette norme si affiancano alle disposizioni che hanno consentito la riduzione dei tempi di recupero dei crediti ed in particolare del decreto-legge n.  83 del 2015 convertito con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2015, n.  132 che, nelle more della riforma della legge fallimentare, ha introdotto una prima revisione delle procedure concorsuali finalizzata a migliorare il prezzo potenziale dei crediti deteriorati in caso di cessione;
              tra le iniziative non legislative intraprese negli ultimi anni per far fronte all'elevata consistenza dei prestiti deteriorati, nel biennio 2012-13 la Banca d'Italia ha condotto numerose ispezioni sul livello di svalutazione dei crediti anomali (la cosiddetta campagna del provisioning), mentre nel corso del 2013-14 i prestiti delle banche sono stati analizzati in profondità attraverso la asset quality review (AQR) condotta a livello europeo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito di una più ampia riforma dell'intero settore bancario volta a sostenere i requisiti patrimoniali prescritti per lo svolgimento dell'attività bancaria e per il ruolo che quest'ultima riveste sull'andamento dell'economia reale, la dismissione delle partecipazioni in essere nelle società bancarie da parte delle fondazioni e di collocarle sul mercato entro un periodo non superiore a quattro anni dall'approvazione del provvedimento in esame.
9/3606-A/94. Vargiu.


      La Camera,
          premesso che:
              l'approvazione del nuovo testo unico in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n.  385, ha rivoluzionato l'intera struttura del sistema bancario, eliminando la distinzione introdotta nel 1936 e passando da una regolamentazione rigorosa a un concetto di «banca universale»;
              l'articolo 10, del Testo unico, infatti, prevede che «Le banche esercitano, oltre all'attività bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse o strumentali»;
              una delle principali cause della crisi del nostro sistema bancario è da ricercare nella logica di «massimizzazione del profitto» che ispira le grandi banche sistemiche e le spinge a dedicarsi, in prevalenza, ad attività puramente speculative anziché investire nella tradizionale attività di prestiti alla clientela;
              la logica della «massimizzazione del profitto» e la ricerca di guadagni a breve termine e speculativi riducono la funzione di credito tradizionale a cittadini e imprese che, ormai, offre rendimenti piuttosto contenuti a fronte di costi elevati;
              questa scelta, drammaticamente negativa per l'economia reale e lesiva dei più elementari principi di salvaguardia dei presupposti sociali ed etici dell'economia, è resa possibile dalla grande dimensione delle banche sistemiche e dalla commistione, nel medesimo soggetto bancario, dell'attività di intermediazione creditizia tradizionale con quella delle banche d'affari e del trading speculativo proprietario;
              il provvedimento in esame reca la riforma delle banche di credito cooperativo;
              la previsione recata dalla proposta di legge in esame relativa alla fusione delle banche di credito cooperativo all'interno di soggetti bancari di dimensioni maggiori le allontana dalla loro funzione mutualistica e, di fatto, priva i territori di un ulteriore soggetto lontano dalla logica del profitto deputato all'erogazione del credito,

impegna il Governo

ad adottare le opportune modifiche normative volte alla separazione tra banche commerciali e banche d'affari.

9/3606-A/95. Rampelli, Giorgia Meloni, Maietta.


      La Camera,
          premesso che:
              il drammatico epilogo del crack finanziario di Banca delle Marche, Banca popolare dell'Etruria, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti, che ha travolto le aspettative e la buona fede di decine di migliaia di risparmiatori, dimostra come da tempo oramai il mondo della finanza ha distolto l'attenzione da famiglie ed imprese, concentrandosi quasi esclusivamente su prodotti finanziari e speculativi più remunerativi;
              di contro, la gravità della situazione finanziaria che ha posto come emergenza il tema della povertà relativa, della esclusione finanziaria e della disoccupazione, ha ridato impulso, dopo anni di emarginazione legata al suddetto modello finanziario ultraliberista, ad intermediari finanziari, come la finanza etica, che investe, invece, in un modello economico di benessere sobrio e solidale, grazie ad un meccanismo finanziario virtuoso con il quale le comunità locali costruiscono e sostengono le imprese dell'economia solidale investendo i propri risparmi per soddisfare bisogni di credito delle micro imprese, delle persone fisiche singole e delle famiglie che rientrano nella categoria definita col triste eufemismo di «soggetti non bancabili»;
              la finanza etica, dunque, propone un vero e proprio approccio alternativo al concetto classico di finanza, senza però ripudiarne i meccanismi di base quali l’ intermediazione, la raccolta ed il prestito, ma riformulandone i valori di riferimento, e cioè la persona e non il capitale, l'idea e non il patrimonio, l'equa remunerazione dell'investimento e non la speculazione. La stessa mira ad introdurre come parametri di riferimento, oltre al rischio ed al rendimento, anche il riflesso dell'investimento sull'economia reale oltre che a modificare i comportamenti finanziari in senso più sociale e a finanziare tutte le attività che si muovono in un'ottica di sviluppo umanamente ed ecologicamente sostenibile, tra cui quelle tradizionali del cosiddetto settore non-profit come la cooperazione sociale e internazionale, l'ecologia, la tutela dei diritti umani, le attività culturali e artistiche, sia quelle più di frontiera come il commercio equo e solidale, l'agricoltura biologica, la produzione eco compatibile e più in generale tutte quelle attività imprenditoriali che producono sul territorio un beneficio sociale e/o ambientale;
              la finanza etica, inoltre, propone di selezionare gli investimenti oltre che sulla base delle analisi delle performances aziendali e dei rendimenti economici anche in considerazione dell'impatto sociale ed ambientale del progetto realizzato, ragioni per cui ha avuto, nel corso degli ultimi vent'anni una forte evoluzione;
              il provvedimento all'esame dell'Aula contiene numerose disposizioni di modifica al decreto legislativo 1° settembre 1993, n.  385 (Testo unico bancario);
              sarebbe opportuno adottare un provvedimento legislativo volto ad introdurre nel Testo unico bancario una disposizione che definisca quali operatori bancari di finanza etica le banche che:
          a) svolgono una valutazione anche di carattere sociale ed ambientate per i finanziamenti erogati a persone giuridiche;
          b) dei finanziamenti erogati a persone giuridiche danno evidenza pubblica, anche via web, con riferimento almeno a: ragione sociale dei beneficiari, attività svolta, importo del finanziamento erogato, sede di attività;
          c) dedicano ad organizzazioni non profit o imprese sociali almeno il 30 per cento del proprio portafoglio crediti;
          d) non distribuiscono profitti, ma li reinvestono nella propria attività;
          e) sono caratterizzati da governance a forte orientamento democratico e partecipativo;
          f) hanno politiche retributive tese a contenere al massimo la differenza tra la remunerazione maggiore e quella media della banca, il cui rapporto comunque non potrà superare il valore di 10.
              sarebbe inoltre opportuno prevedere un regime incentivante e premiale per gli operatori di finanza etica,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a dare attuazione a quanto previsto, in particolare, negli ultimi due capoversi delle premesse.
9/3606-A/96. Marcon, Scotto, Paglia, Fassina, Nicchi, Duranti.


      La Camera,
          premesso che:
              la perdurante crisi economica ha messo a dura prova le capacità di rimborso di crediti da parte di famiglie ed imprese, producendo un esponenziale aumento d'insolvenze, e quindi di procedure coatte di esecuzione su immobili intraprese dal sistema bancario e dagli agenti della riscossione, prima fra tutti Equitalia, tanto che la cronaca consegna casi drammatici di episodi consequenziali alle espropriazione della casa di abitazione ed al suo pignoramento, azioni che spesso vengono avviate senza preliminarmente valutare, anche in caso di indigenza comprovata, le reali condizioni personali e finanziarie del debitore;
              il sistema bancario, dal canto suo, sentitosi spinto, sotto la scure del progressivo e costante aumento dei cosiddetti non-performing loans, verso livelli di esposizione non più sostenibili, avendo registrato nell'aprile del 2015 sofferenze lorde per 191,5 miliardi di euro per crediti deteriorati complessivi superiori ai 350 miliardi di euro, ha chiesto al Governo l'emanazione di nuove e più stringenti regole finalizzate all'accorciamento dei tempi necessari per il completo recupero delle somme prestate, alcune delle quali contenute anche nel provvedimento all'esame dell'Aula;
              la suddetta crisi economica è sconfinata in una forma di disagio che ha aggravato, a sua volta, quell'emergenza abitativa già presente da tempo nel nostro Paese, con picchi rilevanti nelle grandi aree urbane;
              aumentano le famiglie e le fasce di popolazione che non riescono ad accedere al bene casa. Negli ultimi 10 anni infatti il numero di dette famiglie è cresciuto ad un tasso tre volte superiore alla crescita della popolazione;
              come evidenziato da un'indagine realizzata da Nomisma in collaborazione con Federcasa, solo 700 mila famiglie italiane, cioè circa un terzo di quelle che si trovano in condizione di disagio abitativo, ha accesso a una casa popolare. Al di fuori dell'edilizia residenziale pubblica esiste un disagio economico che ha coinvolto nel 2014, ben 1,7 milioni di nuclei familiari in affitto. Famiglie che, versando oggi in una condizione di disagio abitativo, e che corrono un concreto rischio di scivolamento verso forme di morosità e di possibile marginalizzazione sociale. A fronte della portata del problema le risposte pubbliche, evidenziano gli analisti di Nomisma e Federcasa, «sono state fino qui complessivamente inadeguate»;
              anche a fronte di questa situazione si confermano del tutto insufficienti le risorse stanziate dal decreto legge n.  47 del 2014 a favore del Programma di recupero di immobili e alloggi di edilizia residenziale pubblica;
              come ha confermato il sottosegretario rispondendo il 29 ottobre 2015, ad una interrogazione del Gruppo SI-SEL della Camera, «i fondi attualmente disponibili renderanno possibile intervenire su circa 4400 alloggi con interventi di lievi entità e su oltre 18.000 alloggi con interventi di ripristino di alloggi di risulta e di manutenzione straordinaria. Ciò posto, è intenzione del MIT rafforzare l'intervento sull'edilizia residenziale pubblica con il rifinanziamento del programma di recupero mediante il reperimento di nuove risorse»;
              il Governo peraltro, nonostante l'emergenza abitativa, e le categorie dei cittadini coinvolti, che sono le più deboli ed esposte, ha deciso di non rifinanziare il Fondo locazioni, né di prorogare il blocco degli sfratti, né di aumentare le risorse a favore del Fondo morosità incolpevole e provvedendo a superare le criticità legate all'utilizzo di questo fondo;
              il Governo ha deciso di non rifinanziare più da quest'anno il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione (istituito dalla legge n.  431 del 1998), uno degli strumenti più importanti a favore degli enti locali per sostenere le famiglie più svantaggiate e per contrastare il disagio abitativo;
              ricordiamo che detto Fondo, consente una integrazione economica per quella famiglie con redditi bassi. Attraverso questo fondo, i comuni erogano i contributi direttamente alle famiglie disagiate per poter pagare canoni spesso incompatibili con il reddito percepito;
              peraltro, oltre ad essere stato azzerato, questo Fondo ha mostrato in questi anni delle difficoltà di utilizzo delle risorse assegnate;
              il 21 gennaio 2016, in risposta in Commissione ambiente all'interrogazione 5-07463 a prima firma Zaratti, il sottosegretario alle infrastrutture ha risposto, riguardo proprio al Fondo locazioni, che «al 30 aprile 2015, il monitoraggio mostra che sulla disponibilità complessiva per il biennio 2014-2015, pari ad oltre 324 milioni di euro (di cui 200 statali), le risorse assegnate dalle regioni ai comuni ammontano a 93,7 milioni di euro e quelle effettivamente trasferite dalle stesse a circa 75 milioni», evidenziando così delle forti criticità nell'effettiva capacità di utilizzo del medesimo Fondo,

impegna il Governo

a destinare i maggiori introiti derivanti al bilancio dello Stato dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 2, comma 3-ter, dell'AC 3606-A, al Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione istituito dalla legge n.  431 del 1998, attualmente azzerato; al «Fondo per la morosità incolpevole», per sostenere quei proprietari che si sono visti pignorare il proprio immobile adibito ad abitazione principale a causa della loro insolvenza legata ad oggettive e temporanee difficoltà economiche; ad interventi volti alla manutenzione ed al recupero di immobili ed alloggi di edilizia residenziale pubblica.
9/3606-A/97. Zaratti, Pellegrino, Paglia, Fassina.


      La Camera,
          premesso che:
              il primo «Piano di Chicago» di Henry Simons negli anni ’30 portò alla famosa legge «Class-Steagall Act» che separò le banche commerciali da quelle di investimento, finché con la Presidenza Clinton negli anni ’90 tale separazione fu abolita. Fu Bill Clinton nel 1999, come ultimo atto formale prima di lasciare la Casa Bianca, a promulgare la legge Gramm-Leach-Bliley Act con cui abrogò le disposizioni della Legge Glass-Steagall;
              l'abrogazione ha permesso la costituzione di gruppi bancari che al loro interno hanno consentito di esercitare sia l'attività bancaria tradizionale sia l'attività di banca d'investimento e assicurativa;
              in Italia riuscimmo ad anticipare gli USA con il Testo unico bancario del 1993 che ha, di fatto, rimesso in piedi una pericolosa commistione fra banche commerciali e banche d'affari, abolendo la Legge bancaria del 1936 con cui fu introdotto in Italia lo standard americano della Legge Glass-Steagall;
              attualmente la finanza privata crea oltre il 90 per cento della moneta circolante. Come è noto agli economisti, contrariamente al senso comune, la stragrande maggioranza del denaro in circolo viene creato dal nulla – perché lo Stato glielo consente – dalle banche private nel momento in cui concedono prestiti, accreditando l'ammontare sul deposito del richiedente. Si potrebbe aggiungere che oltre ai trilioni di dollari, sterline ed euro creati dal nulla dalle banche sotto forma di depositi, circolano nel mondo, al di fuori delle piattaforme regolamentate, centinaia di trilioni di derivati dalle innumeri denominazioni (ABCP, ABS, CDO, CLO, CDS, MBS...), pure essi creati dalle banche private;
              una riforma finanziaria la quale in qualche modo riduca drasticamente il potere delle banche private di creare denaro è la maggiore riforma politica di cui ci si dovrebbe occupare per salvare l'Unione e i paesi europei. Le riforme bancarie di cui si parla nella Commissione (il rapporto Liikanen), nell'Ecofin (l'Unione Bancaria), in alcuni parlamenti (Regno Unito, Francia, Germania), sono al di sotto delle misure minime da porre in essere per evitare il ripresentarsi di crisi finanziarie come quella – se non peggiore – che abbiamo conosciuto nel 2008. Soltanto una forte riduzione del potere «creativo» delle banche può fare uscire i governi Ue dal moto subalterno al potere finanziario che attualmente svolgono;
              ad 8 anni dall'inizio della crisi i governi, infatti, si sono limitati a raccomandare, esaminare e riflettere in tema di riforma del sistema finanziario. Sul tavolo di Bruxelles è arrivato il 2 di ottobre del 2012 il rapporto elaborato da un gruppo di esperti guidati da Erkki Liikanen (presidente della banca centrale della Finlandia), il mandato era stato affidato dalla stessa Commissione nel novembre 2011 per valutare l'opportunità di riforme strutturali del sistema bancario europeo alla luce dell'acceso dibattito già sviluppatosi anche negli USA e nel Regno Unito (si pensi alla Volcker rule, al Dodd-Frank Act e al report della Independent Commission on Banking o «Vickers Report»);
              il rapporto Liikanen si pone qui come una terza via tra la ricetta Usa e quella inglese rivedendo l'architettura delle banche attraverso cinque raccomandazioni principali:
                  1) la separazione legale dalle attività della banca del trading proprietario e di altre attività di trading significative sopra una certa soglia;
                  2) la necessità che le banche disegnino e mantengano in funzione realistici ed efficaci piani di resolution (interventi per la gestione delle crisi e la riorganizzazione degli asset bancari ndr), come proposto dalla Direttiva sulla risoluzione e sul risanamento delle banche elaborata dalla Commissione Europea (Brr);
                  3) il deciso sostegno all'uso di strumenti di bail-in. Le banche dovrebbero costruire un ammontare di debito che può confluire nel bail-in sufficientemente largo e chiaramente definito. Questo debito dovrebbe essere detenuto al di fuori del sistema bancario e aumenterebbe la capacità complessiva di assorbimento delle perdite, diminuirebbe gli incentivi a prendere rischi e aumenterebbe la trasparenza e la percezione del rischio;
                  4) l'applicazione di maggiori pesi per il rischio nella determinazione del capitale minimo e modelli interni di trattamento dei rischi più coerenti tra le banche europee;
                  5) la necessità di aumentare le riforme esistenti sulla corporate governance con misure specifiche in tema di: rafforzamento del board e del management; promuovere la funzione di risk management; tenere sotto stretto controllo i compensi del management e dei dipendenti delle banche; aumentare la disclosure sui rischi; rafforzare i poteri sanzionatori;
              ben poco del Rapporto è stato poi effettivamente raccolto dagli organismi europei. Anzi, ora si punta al «Capital market union» (CMU), un ulteriore liberalizzazione di tale mercato. La Capital Markets Union ha lo scopo di sviluppare ulteriormente il finanziamento market-based (chiamato anche «sistema bancario ombra») in Europa. È però improbabile che la CMU crei posti di lavoro e crescita sostenibile. Essa si concentra sull'aumento dell'offerta di credito e non affronta le cause della mancanza di domanda aggregata;
              le nuove regole sulla vigilanza prudenziale (Mifid) hanno obbligato le banche a detenere maggiori scorte di capitale, maggiore liquidità e un grado più basso di leva finanziaria, ponendo vincoli più stringenti alle banche a maggiore rischio sistemico, la cui crisi può minare la stabilità complessiva del sistema finanziario, un ulteriore sforzo richiesto appositamente per attivare quei meccanismi anticiclici a salvaguardia dell'intero sistema economico nelle fasi recessive. Ma la fragilità del sistema bancario e la sua intrinseca pericolosità permangono;
              negli anni passati, prima della crisi finanziaria globale, ma anche dopo, per mancanza di una seria riforma e di regole più stringenti, l'intero sistema bancario ha giocato con la speculazione. Sono stati inventati innumerevoli strumenti finanziari tra i più «esotici» che hanno messo, e mettono, a rischio l'intero sistema bancario ed anche quello economico e produttivo. Il problema più grave è stato il coinvolgimento delle banche di deposito, che hanno «giocato» anche con i soldi dei risparmiatori partecipando ad operazioni finanziarie tra le più rischiose;
              inoltre, uno dei problemi più pericolosi per le banche è quello del leverage, cioè della capacità di ottenere credito o di creare debito in rapporto al proprio capitale. Ad esempio, se le corporation economiche più grandi hanno un rapporto 50 a 50 tra il capitale proprio e il debito sottoscritto, per il sistema bancario il tasso è di 5 a 95, senza contare i debiti fatti e tenuti fuori bilancio;
              la conseguenza dell'abrogazione del principio di Glass-Steagall ha portato dritti alla catastrofe odierna, dal momento che l'esplosione della bolla dei derivati (gli strumenti iper-speculativi che ormai sono completamente slegati dagli investimenti produttivi) ha determinato il rischio del fallimento delle grandi banche, conseguentemente governi e banche centrali hanno pensato di coprire i problemi con una serie di salvataggi emergenziali, anziché intervenire con nuova regolazione. Pertanto, mancando l'impegno politico a riformare il sistema finanziario, oggi assistiamo all'emissione di fiumi di denaro a tassi irrisori a favore delle banche, anche se queste poi non si impegnano a sostenere l'economia reale di aziende e famiglie;
              la ratio dell'introduzione di una netta separazione tra attività bancaria tradizionale e attività bancaria di investimento prevista dalla legge Glass-Steagall era quella di evitare che il fallimento dell'intermediario comportasse altresì il fallimento della banca tradizionale: in questo modo, si impediva, di fatto, che l'economia reale fosse direttamente esposta al pericolo di eventi negativi prettamente finanziari. Per via della sua successiva abrogazione nel 1999, nella crisi del 2007 è accaduto proprio questo, quando l'insolvenza nel mercato dei mutui subprime, iniziata nel 2006, ha scatenato una crisi di liquidità che si è trasmessa immediatamente all'attività bancaria tradizionale, in quanto quest'ultima è in commistione con l'attività di investimento, in questo caso immobiliare;
              nel 1999 il Congresso, a maggioranza repubblicana, approvò una nuova legge bancaria promossa dal Rappresentante Jim Leach e dal Senatore Phil Gramm, promulgata il 12 novembre 1999 dal Presidente Bill Clinton, nota con il nome di Gramm-Leach-Bliley Act. La nuova legge ha abrogato le disposizioni del Glass-Steagall Act del 1933 che prevedevano la separazione tra attività bancaria tradizionale e investment banking;
              anche importanti istituzioni finanziarie come la Consob, preposta all'attività di controllo sulla trasparenza in borsa, sono intervenute a favore della separazione bancaria. Durante un'audizione alla Commissione Finanze della Camera dei deputati, il presidente Giuseppe Vegas ha ribadito che «la risposta più efficace alla persistente finanziarizzazione dell'economia e alla prevenzione dei rischi sistemici è quella di implementare con convinzione un modello di separazione tra i diversi comparti dell'attività di intermediazione finanziaria, impedendo commistioni tra l'attività di banca commerciale e quella di banca d'investimento». Per la Consob «ciò ridurrebbe gli effetti di contagio, legati ad una eccessiva assunzione di rischi, verso il settore bancario tradizionale, preservandone la capacità di trasferire risparmio all'economia reale e di sostenere la crescita delle imprese»;
              la separazione bancaria infatti dovrebbe favorire le condotte più orientate al mercato e sollecitare maggiore creazione di credito bancario a favore del sistema produttivo. Dovrebbe anche impegnare le banche di deposito ad aumentare il volume del credito erogato a favore del sistema produttivo, anche incentivando l'apertura del mercato dei capitali alle medie e piccole imprese e favorendo nel contempo lo sviluppo di nuovi strumenti di credito produttivo, quali i mini bond e altri fondi di investimento;
              le banche commerciali devono concentrare le loro attività verso il credito a imprese e famiglie, mentre le banche d'affari potranno svolgere la vendita dei prodotti finanziari. Per le banche commerciali vanno stabiliti dei limiti qualitativi e quantitativi per gli strumenti finanziari che possono essere utilizzati;
              va sancito il divieto di detenere partecipazioni, da parte delle banche commerciali, in banche d'investimento, società d'intermediazione mobiliare e, in generale, in tutte le società finanziarie che non sono autorizzate ad effettuare la raccolta di depositi tra il pubblico oltre a non detenere partecipazioni industriali. Così come va stabilito il divieto di coprire cariche direttive e di detenere posizioni di controllo nelle banche commerciali, da parte dei rappresentanti, dei direttori, dei soci di riferimento e degli impiegati delle banche d'affari;
              occorre separare una volta per tutte le attività di trading da quelle di credito. Questa divisione dovrebbe riguardare l'attività di compravendita in proprio, i derivati, prestito ed esposizione non garantite verso gli hedge fund, investimenti strutturati e in private equity,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative, anche legislative, al fine di stabilire la separazione tra le banche commerciali e le banche d'affari, tutelando le attività finanziarie di deposito e di credito inerenti l'economia reale e differenziando tali attività da quelle legate all'investimento e alla speculazione sui mercati finanziari nazionali e internazionali.
9/3606-A/98. Scotto, Paglia, Fassina.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 17 disciplina la procedura e le condizioni per la concessione diretta di crediti, a soggetti diversi da consumatori, da parte di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) attraverso remissione di fondi di investimento alternativi e speculativi (hedge funds), di fondi di private equity, di venture capital immobiliari, di materie prime, infrastrutturali e di altri tipi di fondi istituzionali;
              la recente crisi dei mercati accanto agli eclatanti casi di «risparmio tradito» (Cirio, Parmalat, Argentina, ecc.) ed all'epilogo del crack finanziario delle quattro banche italiane recentemente sottoposte a risoluzione che ha mandato in fumo circa 780 milioni di euro di obbligazioni subordinate, oltre la metà delle quali in tasca a piccoli risparmiatori, hanno messo a nudo tutta la serie di rischi che si nascondono dietro la scarsa trasparenza del settore ed in cui possono incorrere i risparmiatori quando investono in maniera poco consapevole e senza valutare attentamente la rischiosità dei propri investimenti;
              mentre, infatti, l'offerta di prodotti finanziari, spesso su scala globale, si è consolidata e si è diffusa anche tra le categorie di soggetti in precedenza poco avvezzi ad operazioni di investimento, non è di pari passo cresciuta la conoscenza da parte dei risparmiatori delle regole, delle caratteristiche e dei rischi connessi alle diverse tipologie di investimento molto spesso complessi e di difficile comparazione;
              le conseguenze dell'assunzione di rischi imprevisti e di perdite da parte dei consumatori può essere devastante dato che gli investimenti spesso costituiscono il fulcro dei risparmi di una vita;
              è pertanto diventato prioritario migliorare la qualità e la comprensibilità di tutte le informazioni fornite ai consumatori al momento dell'analisi da parte loro di eventuali investimenti;
              nell'anno 2011 la Consob ha eliminato l'obbligo, fino allora in capo agli istituti di credito, di inserire nei prospetti di vendita gli scenari probabilistici relativi alle singole emissioni di obbligazioni subordinate emesse degli stessi. Qualora tale obbligo fosse stato vigente, rispetto, ad esempio, all'operazione di emissione di Banca Etruria relativa al periodo 2013-2023 sarebbe stato possibile per il risparmiatore conoscere che acquistando il titolo avrebbe avuto il 63 per cento di probabilità di perdere il 46 per cento del capitale investito;
              con riferimento alla disposizione di cui all'articolo 1, Capo I-bis, articolo 120-quaterdecies, rubricato «Finanziamento denominati in valuta estera», dello schema di decreto legislativo n.  256 che ha recentemente acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari e che disciplina l'offerta di contratti di credito in valuta estera prevedendo che il consumatore abbia in qualsiasi momento e in determinate condizioni il diritto di convertire il contratto di credito in una valuta alternativa, non si è scelta la strada di prevedere l'obbligo di inserire nel contratto di finanziamento in valuta alcuni meccanismi volti a limitare il rischio di cambio a cui il consumatore può essere esposto, con la conseguenza di far conflagrare il sistema finanziario di altri Paesi membri dell'Unione europea così come avvenuto in passato anche in Italia;
              inoltre, nel 2011 lo European Systemic Risk Board ha adottato una raccomandazione sui finanziamenti in valuta estera (CERS/2011/1) al fine di prevenire una serie di rischi manifestatesi in alcuni paesi dell'Unione europea. Fra gli accorgimenti raccomandati agli Stati membri vi è quello di richiedere agli intermediari finanziari di attirare l'attenzione della clientela sui rischi tipicamente connessi a questa tipologia di operazioni, con specifico riguardo a possibili oscillazioni sfavorevoli del tasso di cambio e di quello di interesse, fornendole esemplificazioni utili per comprendere il possibile impatto di tali rischi sulle somme che la stessa dovrà ripagare. Tale sollecitazione non è rintracciabile all'interno della disposizione di cui all'articolo 1, Capo I-bis, articolo 120-quaterdecies, del citato schema di decreto legislativo n.  256,

impegna il Governo:

          ad adottare opportune iniziative legislative, al fine di accrescere la capacità dei consumatori di prendere autonomamente decisioni informate e responsabili in materia di accensione di prestiti, gestione del debito ed acquisto di strumenti di gestione collettiva del risparmio, atte a:
              1) ripristinare l'obbligo, soppresso dalla CONSOB nel 2011, di inserimento nei prospetti di vendita degli scenari probabilistici relativi alle singole emissioni di obbligazioni subordinate;
              2) prevedere espressamente con riferimento ai finanziamenti denominati in valuta estera di cui all'articolo 1, Capo I-bis, articolo 120-quaterdecies, dello schema di decreto legislativo n.  256 che i prospetti informativi dedicati alla clientela, oltre a illustrare i rischi di cambio e di interesse nella sezione dedicata ai rischi tipici dell'operazione, forniscano esemplificazioni chiare ed utili per comprendere il possibile impatto di tali rischi sulle somme che il debitore dovrà ripagare;
                  3) modificare l'articolo 42, comma 3, lettera a) del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.  58, prevedendo che ai fini delle informazioni da fornire alla clientela nell'ambito della commercializzazione delle quote di fondi collettivi di risparmio, si tenga conto che qualora l'offerta sia rivolta ad un pubblico di consumatori a questi deve essere garantita la massima trasparenza in merito alla rischiosità dell'investimento.
9/3606-A/99. Fassina, Paglia, Placido, Marcon, Melilla.


      La Camera,
          premesso che:
              due fra i più rilevanti problemi che, sul piano economico e sociale, il nostro Paese è chiamato a risolvere sono rappresentati da un lato dalla condizione dei crediti detenuti dal sistema bancario, che ha visto fino ad oggi il progressivo e costante aumento dei non-performing loan, che lascia prefigurare soluzioni di sistema che debbano coinvolgere le pubbliche istituzioni, e, dall'altro, lo stato del mercato immobiliare e, in particolare, l'esclusione di quote crescenti della popolazione dall'accessibilità alle locazioni così come all'acquisto della prima casa, in un quadro che vede l'assoluta inefficienza delle politiche abitative pubbliche e l'insufficienza dell'offerta di patrimonio residenziale pubblico;
              una soluzione che garantirebbe la contestuale liberazione del sistema bancario da crediti in sofferenza e l'aumento a favore dei ceti meno abbienti dell'offerta residenziale pubblica, è rappresentata dalla istituzione presso la Cassa depositi e prestiti Spa di un apposito fondo destinato ad acquisire dal sistema bancario i crediti immobiliari, assistiti da ipoteca di primo grado, in sofferenza, fino a un valore massimo del 50 per cento del valore residuo iscritto a bilancio. Lo stesso Fondo offrirebbe al debitore ceduto una rinegoziazione del proprio debito, con scadenza rideterminata fino a un massimo di venti anni ed a un tasso pari a quello applicato dalla Cassa depositi e prestiti Spa ai mutui agli enti locali di pari durata, aumentato di 50 punti base;
              a seguito della suddetta rinegoziazione, il debitore dovrebbe rinunciare per tutta la durata del contratto ad ogni diritto sull'immobile, che resterebbe nella piena disponibilità del fondo per essere affittato, secondo criteri dettati dal comune di ubicazione dello stesso, a canone agevolato a soggetti bisognosi;
              le relative entrate derivanti dai canoni della suddetta locazione sarebbero destinate a garantire la corretta manutenzione dell'immobile e, per la parte eccedente, alla ricapitalizzazione del fondo. Al termine dei venti anni, in caso di regolare rispetto del piano di ammortamento, il bene sarebbe destinato a tornare nella piena disponibilità del proprietario, mentre, in caso contrario, verrebbe escussa l'ipoteca con diritto di prelazione da parte del Fondo sull'immobile gravato;
              è evidente l'interesse pubblico all'operazione, che potrebbe risolversi nell'acquisizione, a fini sociali, di immobili residenziali ad un prezzo nettamente inferiore a quello di mercato, o, in caso di rispetto del piano di ammortamento, in una significativa plusvalenza, mentre l'interesse del sistema bancario a partecipare all'operazione potrebbe ravvisarsi nella necessità di liberarsi di una buona quota di crediti in sofferenza, condizione, quest'ultima, particolarmente acuta nella fase attuale;
              inoltre, anche il debitore vedrebbe realizzato il suo interesse a rinegoziare a tassi e in tempi vantaggiosi un debito verso cui ha già dimostrata la difficoltà di rientro,

impegna il Governo

a risolvere il problema esposto in premessa, anche al fine di garantire la tenuta sociale e finanziaria del nostro Paese, attraverso l'istituzione presso la Cassa depositi e prestiti Spa di un apposito fondo destinato ad acquisire dal sistema bancario i crediti immobiliari in sofferenza assistiti da ipoteca di primo grado, fino a un valore massimo del 50 per cento del valore residuo iscritto a bilancio, secondo le modalità e le condizioni di operatività esposte in premessa.
9/3606-A/100. Paglia, Fassina, Pellegrino, Zaratti.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge di conversione, articolato in quattro parti, prevede nell'ambito delle misure d'intervento previste dal Capo IV, l'articolo aggiuntivo 17-bis, che modifica la norma del TUB (articolo 120 del decreto legislativo n.  385 del 1993) che assegna al CICR (comitato interministeriale per il credito e il risparmio) il compito di stabilire le modalità e i criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, al fine di vietare il meccanismo di capitalizzazione degli interessi (anatocismo);
              la citata disposizione è stata modificata nel corso dell'esame in sede referente, a seguito di una nuova riformulazione della proposta emendativa, sulla quale il Governo si è espresso favorevolmente;
              la disposizione in oggetto prevede che, nei rapporti di conto corrente, di conto pagamento e nei finanziamenti con carte di credito (come ad esempio quelle di tipo revolving che consentono di effettuare spese, nei limiti del fido accordato, rimborsabili ratealmente con l'addebito di interessi che a giudizio del sottoscrittore del presente atto, risultano elevati, spesso oltre la soglia prevista), gli interessi, debitori o creditori, si calcolano annualmente e non più ogni tre mesi come avviene attualmente da parte degli istituti di credito;
              a giudizio del sottoscrittore del presente atto, la suesposta decisione legislativa, oggetto peraltro d'interventi giurisprudenziali da parte di numerosi Tribunali (che hanno sostanzialmente affermato, che attualmente l'anatocismo bancario risulterebbe del tutto eliminato dal citato articolo 120, indipendentemente quindi dall'emanazione della disciplina secondaria da parte del CICR dall'altro lato e che inoltre la norma non può essere considerata operativa prima della delibera del CICR), ripristina nuovamente il calcolo dell'anatocismo, con la differenza che il calcolo diventa annuale e non più trimestrale; la norma stabilita all'interno dell'articolo 17-bis, del decreto-legge n.  18 del 2016, infatti se da un lato prevede il divieto di calcolo di ulteriori interessi, su quelli debitori, dall'altro esclude, tuttavia gli «interessi di mora», che sono proprio quelli che agiscono sul complesso calcolo dell'anatocismo, specificando inoltre, che al momento dell'apertura del conto corrente, il cliente può «autorizzare preventivamente» l'addebito degli interessi debitori sul conto o sulla carta di credito trascorsi 60 giorni dal calcolo; a giudizio del sottoscrittore del presente atto, le modifiche contenute all'articolo 120 del TUB, relative alla decorrenza delle valute e al calcolo degli interessi, indicate dall'articolo 17-bis, del decreto-legge in precedenza indicato, in termini concreti, ripristinano a tutti gli effetti il sistema dell'anatocismo nei confronti dei correntisti, che non sono in grado di pagare gli interessi passivi, che a loro volta si aggiungeranno al capitale, determinando a tutti gli effetti il contrario di quanto invece la finalità della disposizione intende prevedere;
              la necessità di modificare la citata disposizione, considerando che l'attuale formulazione prevede che la quota interessi maturati produce interessi di mora in contrasto con la giurisprudenza della Cassazione (che ritiene che anche gli interessi di mora, debbano essere calcolati solo sul capitale), risulta urgente e necessaria, se si valuta come, secondo le stime delle associazioni dei consumatori, tra il 2014 e il 2015, gli istituti di credito hanno accumulato oneri illegittimi per circa 4 miliardi di euro e che inoltre, la citata norma lascia ampi margini ad incertezze e confusione alimentando i contenziosi legali a livello nazionale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere gli interventi previsti dall'articolo 17-bis del decreto-legge 14 febbraio 2016, n.  18 considerando che, per come è formulato il medesimo articolo gli interessi di mora potranno produrre ulteriori interessi, peraltro in contrasto con le consolidate sentenze di Cassazione, e che inoltre con il consenso preventivo richiesto dalle banche ai consumatori, gli interessi passivi rischiano di diventare capitale, se non pagati entro 60 giorni dal 31 dicembre di ogni anno, garantendo pertanto ulteriori interessi passivi, ai danni dei consumatori.
9/3606-A/101. Nastri.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento approvato contiene la conversione in legge del decreto-legge n.  18 del 2016, recante misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio;
              le misure dedicate a rafforzare il sistema del credito cooperativo si collocano nel quadro di un più ampio intervento di riforma del settore bancario;
              le disposizioni contenute all'articolo 1, comma 6, del provvedimento, dispongono che le banche con patrimonio netto superiore a duecento milioni di euro possano uscire dal gruppo bancario cooperativo, versando all'erario un'imposta straordinaria pari al venti per cento delle proprie riserve;
              tale previsione incide sui principi generali della cooperazione mutualistica poiché esime gli istituti che esercitano l'opzione di uscita dal gruppo bancario cooperativo dall'obbligo di devolvere il patrimonio ai fondi mutualistici per la cooperazione;
              ciò andrebbe valutato alla luce del regime di agevolazioni fiscali di cui il sistema cooperativo beneficia, poiché appare controversa la conformità alla disciplina europea degli aiuti di Stato, volta a garantire il rispetto del principio di concorrenza tra imprese,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di adottare eventuali iniziative volte a accertarne la conformità alla disciplina europea degli aiuti di Stato in particolare procedendo alla notifica della disposizione alla Commissione europea di cui all'articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

9/3606-A/102. Matarrelli, Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Pastorino, Segoni, Turco.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento all'esame dell'Aula opera una riforma del settore del credito cooperativo introducendo nell'attuale sistema giuridico l'obbligo, per quelle BCC che non rispondono a determinati requisiti patrimoniali, di fare parte di un unico gruppo cooperativo;
              l'articolo 1, comma 5, capoverso articolo 37-bis, comma 3, nello specifico, detta quelle previsioni, quelle condizioni e quei criteri di adesione al suddetto gruppo che deve contenere il contratto di coesione che, a sua volta, è chiamato a disciplinare la direzione ed il coordinamento da parte della banca capogruppo, senza però fare alcun riferimento a quali dovranno essere le modalità di relazione e le reciproche competenze tra la stessa e le altre banche aderenti al gruppo bancario cooperativo;
              il medesimo articolo al comma 5, capoverso articolo 37-bis, ai commi 7 e 7-bis, delega il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, a dettare le disposizioni di attuazione con riferimento al numero minimo di banche di credito cooperativo di un gruppo bancario cooperativo; alla soglia di partecipazione delle banche di credito cooperativo al capitale della società capogruppo diversa a quella indicata nel decreto ovvero anche inferiore al 51 per cento, ai requisiti minimi organizzativi ed operativi della capogruppo, al contenuto minimo del contratto di coesione, alle caratteristiche della garanzia, al procedimento per la costituzione del gruppo e all'adesione al medesimo ai requisiti specifici, compreso il requisito minimo di patrimonio netto della capogruppo, relativi ai gruppi bancari cooperativi;
              in sede di esame referente presso la commissione Finanze è stata introdotta una previsione che permette alla holding di commissariare i livelli di governo delle singole BCC non più in casi motivati ed eccezionali, come previsto in origine dal testo presentato dal Governo, ma semplicemente adducendo una motivazione, senza però prevedere, come contrappeso, che il contratto di coesione garantisse alle banche aderenti al gruppo un grado elastico di autonomia rapportato alla capacità di ognuna di esse di mantenere solida la propria situazione patrimoniale e redditizia, la propria attività corrente, facendo in tal modo perdere loro progressivamente autonomia a mano a mano che si dovessero verificare fenomeni di non corretta gestione;
              tale meccanismo può nella realtà generare un sistema che trasformerà le BCC aderenti al gruppo cooperativo in filiali di una banca unica,

impegna il Governo

a prevedere in sede di attuazione delle disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 del provvedimento che dal contratto di coesione venga garantita alle banche che debbano o che decidano di aderire al gruppo unico cooperativo la massima autonomia di gestione.

9/3606-A/103. Melilla, Paglia, Fassina, Scotto.


      La Camera,
          premesso che:
              al fine di tutelare e ristorare coloro che avevano investito in modo inconsapevole i propri risparmi in strumenti finanziari subordinati emessi dalle quattro banche poste in risoluzione alla fine di novembre 2015 (Banca delle Marche, Banca popolare dell'Etruria, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti), i commi da 855 a 861 dell'articolo 1, della legge n.  208 del 2015 (legge di stabilità 2016), istituiscono un Fondo di solidarietà alimentato dal Fondo interbancario di tutela dei depositi-FIDT, con una dotazione di 100 milioni di euro che opererà, in conformità con la normativa europea in tema di aiuti di Stato, soltanto nel limite di spesa della stessa. Le stesse disposizioni, poi, rimandano a provvedimenti di rango secondario (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e decreti ministeriali) la definizione delle modalità di gestione del Fondo e delle condizioni di accesso al rimborso, tenendo conto della vulnerabilità socioeconomica dei danneggiati, dei rendimenti ottenuti nel tempo e del tasso dei prodotti sottoscritti;
              la dotazione del Fondo, pur essendo di per sé considerevole, è comunque pari a meno di un terzo del totale delle perdite subite dai sottoscrittori dei bond subordinati: infatti secondo stime presentate in Parlamento il valore azzerato nel settore retail sfiora i 350 milioni di euro così distribuiti: 150 milioni di euro in capo ai 4.700 obbligazionisti di Banca Etruria, per un importo medio pro-capite di 31.900 euro; 49 milioni di euro in capo ai 4.150 obbligazionisti di Carife, per un importo medio pro-capite di 11.800 euro; 26 milioni di euro in capo ai 718 obbligazionisti di Carichieti, per un importo pro-capite di 36.200, infine 105 milioni di euro in capo a 930 obbligazionisti di Banca Marche, per un importo medio pro-capite pari a 112.900 euro;
              il 21 gennaio 2016 il Sottosegretario all'Economia e Finanze, Enrico Zanetti, rispondendo ad un question-time in commissione Finanze, ha dichiarato che: «qualora dovesse emergere che la stima delle perdite sia stata effettuata in termini eccessivamente prudenziali ed emergessero plusvalenze finali ulteriori rispetto all'impegno finanziario sostenuto dal Fondo di risoluzione, il Governo si impegna, nel rispetto della vigente normativa nazionale e comunitaria, a intraprendere ogni utile iniziativa affinché le eventuali plusvalenze possano essere destinate a coprire in parte le obbligazioni subordinate, ed in caso di ulteriore surplus, a soddisfare anche gli azionisti». Nella medesima occasione il Sottosegretario, interrogato sul motivo per il quale il Governo si fosse rifiutato di inserire in una norma di rango primario, cioè in sede di esame della legge di stabilità 2016, una disposizione che avesse stabilito con chiarezza quanto si era appena impegnato a fare attraverso un atto normativo di rango secondario, ha ritenuto sufficiente richiamare il principio generale stabilito dal decreto legislativo n.  180 del 2015, il quale afferma che, nel caso di applicazione di una procedura di risoluzione di banche, agli azionisti e agli obbligazionisti non si può applicare un trattamento peggiorativo rispetto a quello che sarebbe spettato loro nel caso di liquidazione coatta amministrativa della banca interessata;
              non è possibile con norme di rango secondario, quali sono i decreti ministeriali o i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, aumentare i livelli di rimborso già stabiliti da una norma di rango primario, nella fattispecie dalle disposizioni di cui ai citati commi da 855 a 861 dell'articolo 1, della legge n.  208 del 2015 (legge di stabilità 2016). Secondo il principio di legalità, infatti, essi devono essere pienamente conformi alla legge dalla quale discendono;
              il Governo aveva manifestato pubblicamente l'intenzione di inserire la definizione più puntuale delle modalità di rimborso e della composizione del collegio arbitrale proprio nel decreto-legge 14 febbraio 2016, n.  18 (AC. 3606-A) il quale si limita solo a prevedere solo un particolare trattamento fiscale ai fini Ires e Irap da applicare alle operazioni di cessione di diritti, attività e passività di un ente bancario sottoposto a risoluzione ad un ente ponte, trattamento che viene equiparato a quello attualmente previsto in caso di fusioni o di scissioni;
              persisterebbe pertanto la volontà del Governo di non elevare i livelli di rimborso, limitandone il quantum alle sole risorse, pari ai 100 milioni di euro previsti dalla legge di stabilità 2016, quale dotazione del Fondo di solidarietà alimentato dal Fondo interbancario di tutela dei depositi, stanziamento del tutto inadeguato a soddisfare l'intera platea dei danneggiati,

impegna il Governo

          ad adottare con urgenza un provvedimento normativo al fine di:
              1) far confluire nel Fondo di solidarietà di cui all'articolo 1, comma 856 della legge 28 dicembre 2015, n.  208, tutti gli eventuali maggiori ricavi derivanti dalla cessione dei prestiti non performanti e delle partecipazioni al capitale o dei diritti degli istituti bancari soggetti alla procedura di risoluzione di cui al comma 842 del medesimo articolo, al fine di garantire a tutti i danneggiati un rimborso pieno, senza costringere il collegio arbitrale a dover agire nei limiti della dotazione finanziaria prevista dal medesimo comma;
              2) riconoscere agli investitori di cui al comma 842 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n.  208, in alternativa alle procedure giudiziali ed extragiudiziali previste dai commi da 855 a 858 del medesimo articolo, la facoltà di richiedere, in ragione del credito vantato nei confronti delle banche poste a risoluzione, l'emissione di warrant che diano diritto alla sottoscrizione delle azioni degli enti-ponte di cui al medesimo comma 842.

9/3606-A/104. Ferrara, Ricciatti, Paglia, Fassina.


      La Camera,
          premesso che:
              il Governo, prendendo atto che quattro istituti di credito (Carife, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, Banca delle Marche, CariChieti) in difficoltà non potevano essere salvati dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, ha emanato, il 22 novembre 2015, il decreto «Salva banche» (decreto-legge n.  183 del 2015) poi assorbito dalla legge di stabilità 2016 (legge n.  208 del 2015 – articolo 1 commi 842-854 e con i commi 855-861 aggiunti rispetto al testo del decreto legge per quanto concerne il Fondo di solidarietà a favore dei risparmiatori), per fronteggiarne la crisi;
              di fronte alle legittime proteste dei risparmiatori, il Governo è dovuto, infatti, correre ai ripari istituendo il Fondo di solidarietà (non previsto nel Decreto cosiddetto «Salva banche») per i possessori di obbligazioni subordinate delle 4 banche fallite (legge n.  208 del 2015 – Stabilità 2016 – articolo 1, commi 855-861). Sono stati così stanziati 100 milioni. Il Fondo di solidarietà è alimentato, sulla base delle esigenze finanziarie connesse alla corresponsione delle prestazioni e sino ad un massimo di 100 milioni di euro, dal Fondo interbancario di tutela dei depositi;
              il comma 857 della legge di stabilità 2016 prevede che «con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti:
                  a) le modalità di gestione del Fondo di solidarietà;
                  b) le modalità e le condizioni di accesso al Fondo di solidarietà, ivi inclusi le modalità e i termini per la presentazione delle istanze di erogazione delle prestazioni;
                  c) i criteri di quantificazione delle prestazioni, determinate in importi corrispondenti alla perdita subita, fino a un ammontare massimo;
                  d) le procedure da esperire, che possono essere in tutto o in parte anche di natura arbitrale;
                  e) le ulteriori disposizioni per l'attuazione dei commi da 855 a 858»;
              l'accesso alle prestazioni è riservato agli investitori che siano persone fisiche, imprenditori individuali, nonché imprenditori agricoli o coltivatori diretti;
              i 90 giorni previsti dal citato comma 857 scadono il prossimo 1o aprile 2016;
              inoltre, la legge di stabilità prevede (comma 859) che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentite le competenti Commissioni parlamentari, siano nominati gli arbitri, scelti tra persone di comprovata imparzialità, indipendenza, professionalità e onorabilità, ovvero possano essere disciplinati i criteri e le modalità di nomina dei medesimi e siano disciplinate le modalità di funzionamento del collegio arbitrale, nonché quelle per il supporto organizzativo alle procedure arbitrali, che potrà essere prestato anche avvalendosi di organismi o camere arbitrali già esistenti;
              il 13 gennaio scorso, il presidente dell'ANAC, Raffaele Cantone, aveva annunciato che il decreto per i rimborsi agli obbligazionisti subordinari sarebbe stato emanato entro la fine di gennaio 2016;
              a tutt'oggi non risultano emanati ne il decreto ministeriale con i criteri per i rimborsi agli obbligazionisti nè il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la nomina degli arbitri,

impegna il Governo

a rispettare rigorosamente la scadenza prevista dal comma 857 della legge n.  208 del 2015 per l'emanazione del decreto ministeriale per la determinazione dei criteri per i rimborsi agli obbligazionisti subordinati dei quattro istituti di credito citati in premessa.

9/3606-A/105. Ricciatti, Fassina, Paglia, Scotto, Melilla, Marcon, Sannicandro.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma di cui agli articoli 1 e 2 del decreto all'esame della Camera ridisegna il sistema del credito cooperativo, considerata la sua attuale fragilità, introducendo nell'ordinamento nazionale gli strumenti per rispettare gli elevati standard patrimoniali e di governance richiesti dal quadro normativo nazionale ed europeo;
              il nodo centrale della riforma consiste nell'obbligo per le banche di credito cooperativo (BCC) di entrare a far parte di un gruppo bancario cooperativo che abbia come capogruppo una società per azioni che svolgerà attività di direzione e di coordinamento sulle BCC aderenti in base ad accordi contrattuali chiamati «contratti di coesione»;
              l'intensità dei poteri della capogruppo – e il relativo margine di autonomia delle BCC aderenti al gruppo – sarà funzione del grado di rischiosità della singola BCC (misurato sulla base di parametri individuati in modo oggettivo), della necessità di assicurare il raggiungimento dei requisiti e dei benefici prudenziali cui il gruppo è soggetto e della necessità di rispettare la normativa vigente in materia bancaria, finanziaria e contabile;
              in particolare, all'articolo 1, comma 1, la lettera b) sostituisce il comma 3 dell'articolo 33 del Testo unico bancario (TUB), mantenendo in capo all'assemblea dei soci di ciascuna BCC il potere di nomina dei membri degli organi di amministrazione e controllo, ma innovando tale previsione con l'introduzione di specifiche eccezioni disciplinate dagli articoli 150-ter e 37-bis, comma 3, dello stesso TUB, rispettivamente, con riferimento ai casi di sottoscrizione di azioni di finanziamento o di esercizio, e ai casi in cui la capogruppo può nominare, opporsi alla nomina o revocare uno o più componenti, fino a concorrenza della maggioranza, degli organi di amministrazione e controllo delle banche aderenti al gruppo in virtù del contratto di coesione;
              per effetto delle modifiche apportate in sede referente la facoltà di cui all'articolo 37-bis, comma 3 del TUB non è più prevista in casi eccezionali, ma diventa una ordinaria facoltà della capogruppo e resta fermo che l'esercizio di tale potere deve comunque essere motivato: la capacità di esercitare poteri di intervento nella composizione degli organi è uno dei parametri chiave per la sussistenza di una situazione di controllo in base ai prìncipi contabili internazionali (IFRS 10) così come richiesta dallo stesso decreto;
              il contratto di coesione deve inoltre specificare: le ipotesi di esclusione di una banca dal gruppo in caso di gravi violazioni degli obblighi previsti dal contratto e, in relazione alla gravità della violazione, le altre misure sanzionatorie previste; con riferimento all'attività comune, i criteri di compensazione e l'equilibrio nella distribuzione dei benefici connessi a tale attività;
              la disciplina relativa al sistema del credito cooperativo risulta dunque fortemente innovata da questa riforma, che consente comunque di preservare le finalità mutualistiche proprie del sistema, confermando il valore del modello cooperativo per il settore bancario nazionale, anche grazie alla possibilità di costituire sottogruppi territoriali al fine di tener conto delle specificità territoriali del Paese e dell'arricchimento che esse potranno fornire al gruppo cooperativo;
              perché la riforma possa conseguire gli obiettivi di rafforzamento del sistema nel suo complesso e di miglioramento degli attuali assetti di governance è necessario, nella delicata fase di attuazione, contrastare il timore di pregiudizio alla loro autonomia da parte delle BCC intenzionate ad aderire al gruppo;
              spetta alla Banca d'Italia, al fine di assicurare la sana e prudente gestione, la competitività e l'efficienza del gruppo bancario cooperativo, nel rispetto della disciplina prudenziale applicabile e delle finalità mutualistiche, il compito di dettare disposizioni degli articoli 37-bis e 37-ter del TUB, con particolare riferimento al contenuto minimo del contratto di coesione,

impegna il Governo

per quanto di propria competenza a dare attuazione in tempi rapidi alle previsioni del comma 7 del nuovo articolo 37-bis del TUB introdotto dal provvedimento in esame.
9/3606-A/106. Lodolini.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge 14 febbraio 2016, n.  18 contiene la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e misure per la concessione di crediti alle imprese da parte dei fondi di investimento alternativi;
              il provvedimento, si articola in quattro parti: la riforma delle BCC, la garanzia sulle cartolarizzazioni delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi, la gestione collettiva del risparmio e che, più nel dettaglio, gli articoli 1 e 2 sono volti a riformare il settore bancario cooperativo prevedendo che, l'esercizio dell'attività bancaria in forma di banca di credito cooperativo (BCC) è consentito solo alle imprese bancarie cooperative che siano parte di un gruppo bancario cooperativo;
              il cardine della riforma della Banche di Credito Cooperativo è il «gruppo bancario cooperativo» introdotto con il nuovo articolo 37-bis del TUB, in base al quale il gruppo avrebbe al vertice una capogruppo bancaria costituita in forma di società per azioni e con un patrimonio netto di almeno 1 miliardo. E a valle, farebbero parte del gruppo sia le BCC affiliate alla capogruppo attraverso un «contratto di coesione» volto ad assicurare l'unità finanziaria e di governance del gruppo nel suo insieme, sia le altre società bancarie, finanziarie e strumentali, diverse da BCC, controllate dalla capogruppo;
              il nuovo articolo 2-bis. (Fondo temporaneo delle banche di credito cooperativo), introdotto nel corso del precedente esame della VI Commissione finanze della Camera, in sede referente, prevede che: «Durante la fase di costituzione di gruppi bancari cooperativi, gli obblighi di cui all'articolo 33, comma 1-bis, del decreto legislativo 1o settembre 1993, n.  385, introdotto dal presente decreto, sono assolti, anche ai sensi e per gli effetti di cui al comma 3 dell'articolo 2 del presente decreto, e fino alla data di adesione della banca di credito cooperativo ad un gruppo bancario cooperativo, dall'adesione della stessa a un Fondo temporaneo delle banche di credito cooperativo, promosso dalla Federazione italiana delle banche di credito cooperativo-casse rurali ed artigiane, mediante strumento di natura privatistica;
              nel corso degli anni, le Banche di Credito Cooperativo sono riuscite a sopperire alle lacune intrinseche alle loro piccole dimensioni, anche grazie al supporto, sempre costante ed essenziale, delle strutture associative della Categoria;
              anche nella prossima e delicata fase di transizione al Gruppo Bancario Cooperativo, è di particolare importanza che venga garantito – in continuità con l'attuale assetto organizzativo del credito cooperativo – il fondamentale ruolo di servizio, outsourcing, assistenza tecnico-professionale, accompagnamento e rappresentanza svolto delle strutture associative della categoria, e quindi anche la funzione essenziale della componente associativa nel garantire la coerenza con le finalità mutualistiche del Credito Cooperativo (responsabilità delegata in materia di vigilanza cooperativa da parte del Ministero dello sviluppo economico alle Associazioni specializzate di categoria),

impegna il Governo:

          a prevedere che l'associazione nazionale del credito cooperativo e le strutture federative del territorio ad essa associate, oltre a continuare a svolgere la funzione di revisione cooperativa ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n.  220, continuino altresì ad assicurare il proprio ruolo di servizio e assistenza tecnica altamente specializzata oltreché di rappresentanza istituzionale alle banche di credito cooperativo loro aderenti, e che – in particolare – siano poste nelle condizioni di esercitare:
              a) i compiti assegnati da disposizioni legislative e regolamentari, verificando, in particolare, il mantenimento delle finalità mutualistiche del credito cooperativo;
              b) i poteri di rappresentanza territoriale anche nei confronti dei gruppi bancari cooperativi costituiti ai sensi del decreto legislativo 1o settembre 1993, n.  385, nell'interesse delle banche di credito cooperativo aderenti;
          per le strutture federative operanti nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di cui all'articolo 116, primo e secondo comma della Costituzione, vengano fatte salve le funzioni previste dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione.
9/3606-A/107. Barbanti.


      La Camera,
          premesso che:
              con l'articolo 15, commi 4 e 5, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n.  179, recante «Misure urgenti per la crescita del Paese», convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n.  221, si è introdotto l'obbligo del pagamento elettronico per le prestazioni professionali. La disciplina prevede che «a decorrere dal 30 giugno 2014, i soggetti che effettuano l'attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito». Il decreto ministeriale, così come stabilito dal decreto-legge, ha successivamente stabilito a 30 euro, l'importo minimo oltre il quale si rende obbligatorio per gli esercenti accettare il pagamento elettronico da parte del cliente;
              la legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015) ne ha ulteriormente esteso l'applicazione, con il comma 4-bis del suddetto articolo 15, prevedendo l'obbligo per i commercianti e i professionisti di accettare pagamenti elettronici anche per i pagamenti di importo contenuto, ovvero quelli di importo inferiore a 5 euro, prevedendo anche delle sanzioni, a partire dall'aprile del 2016, per coloro che non si adegueranno alla nuova normativa; a tal fine, il 4-bis prevedeva anche l'emanazione entro il 1° febbraio 2016, a cui non si è mai provveduto, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze di un decreto per assicurare l'attuazione del regolamento (UE) n.  751/2015 del Parlamento e del Consiglio europeo;
              suddetto regolamento, in vigore dall'8 giugno 2015, stabilisce l'uniformazione delle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento operate con carta stabilendo l'applicazione di massimali uniformi di commissioni interbancarie sulle transazioni nazionali e transnazionali effettuate nei Paesi dell'Unione europea;
              in Italia, però, non essendo stato ancora emanato il decreto di attuazione del regolamento (UE) n.  751/2015, la previsione dell'articolo 15 ha soltanto aggravato ulteriormente gli esercenti, senza alcun particolare vantaggio per i consumatori, la maggior parte dei quali, secondo ripetute stime, non sente la necessità di dover cambiare le proprie abitudini di pagamento;
              infatti, mentre, per i consumatori, normalmente, non sono previste commissioni, non è così per gli esercenti che sono costretti a versare alle banche delle esose commissioni, quasi fosse un'imposta aggiuntiva gravante su questa parte di contribuenti. La percentuale di commissioni da versare agli istituti di credito, calcolata sugli importi incassati mediante carta di credito o di debito, è infatti pari a: in caso di bancomat, dallo 0,5 per cento allo 0,7 per cento e, in caso di carte di credito o prepagate, dall'1 per cento fino al 4 per cento. A questi costi si devono poi sommare la spesa per l'affitto del POS per un costo totale che raggiunge del 2-3 per cento del fatturato;
              secondo il regolamento (UE) n.  751/2015, invece, a decorrere dal 9 dicembre 2015, è previsto un limite all'applicazione delle commissioni interbancarie pari allo 0,3 per cento del valore della singola transazione per le carte di credito e allo 0,2 per cento per le carte di debito e prepagate;
              il disegno di legge in oggetto prevede, l'esclusione della tassazione dei contributi percepiti a titolo di liberalità da soggetti per i quali risultino attivate procedure concorsuali, specie per le banche poste in amministrazione straordinaria o procedure di risoluzione;
              la disposizione dell'articolo 16 prevede inoltre l'applicazione dell'imposta di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa a 200 euro sui trasferimenti di immobili nell'ambito di vendite giudiziarie, effettuati dalla data di entrata in vigore del provvedimento fino al 31 dicembre 2016, ma solo per coloro che dichiarano l'intenzione di trasferirli entro due anni;
              tali disposizioni, quindi, costituiscono, ancora una volta, un favore alle banche e, stavolta, anche agli speculatori immobiliari, a sostegno, dunque, dei poteri economici del Paese;
              al contrario, il Governo, resta incurante delle problematiche ricadenti sulle piccole e medie imprese, sui commercianti e i professionisti in generale, anche di fronte alle gravi difficoltà economiche che questi si sono trovati a dover affrontare;
              se da un lato, sembra sia opportuno prevedere delle norme per aiutare il sistema bancario in sofferenza, dall'altro, è altrettanto opportuno tutelare i consumatori ed evitare che i costi di gestioni avventate e negligenti ricadano ingiustamente sui loro risparmi, facendo pagare a tanti i costi esosi del profitto di pochi privilegiati;
              nonostante le proteste degli esercenti e delle loro rappresentanze (Confesercenti ha infatti subito stimato una spesa aggiuntiva per le PMI pari a 5 miliardi di euro ogni anno), i Governi che si sono succeduti dal 2012 ad oggi, e questo in particolare, sono sempre rimasti impassibili di fronte alle difficoltà che questi hanno sollevato nei confronti dei maggiori oneri a cui sono stati sottoposti, continuando a ritenere tali misure come strumenti adeguati per la lotta all'evasione, mentre invece sembra essere più una normativa molto vantaggiosa per il settore bancario che in questo modo aumenta in modo certo i propri profitti;
              questo Governo infatti non ha ancora proceduto all'emanazione del decreto ministeriale di cui al comma 4-bis dell'articolo 15 del decreto-legge n.  179 del 2012, come novellato dall'ultima legge di stabilità, nonostante anche l'approvazione, da parte di questa Camera, di alcune mozioni, in data 10 giugno 2015, riguardanti la circolazione del denaro contante,

impegna il Governo

a prevedere, una revisione della disciplina in merito alle commissioni bancarie e alla spese di liquidazione trimestrale al fine di imporre al sistema bancario una normativa più equa e garantista nei confronti dei clienti, assicurando l'azzeramento o almeno la netta riduzione delle commissioni per i pagamenti elettronici e il relativo costo del dispositivo per commercianti e professionisti, provvedendo, contestualmente, all'emanazione del decreto ministeriale di applicazione regolamento (UE) n.  751/2015 sulle commissioni interbancarie di cui in premessa.
9/3606-A/108. Allasia, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              al mare magnum delle commissioni pagate dai clienti agli istituti bancari si aggiungono gli adempimenti e gli oneri a cui si è sottoposti anche solo per aprire un conto corrente o i mille artifizi che le banche riescono a scovare per gravare i clienti di ulteriori spese. Si pensi, ad esempio, alla disciplina degli sconfinamenti, per cui i clienti sono costretti a pagare, oltre il legittimo tasso di interesse, anche una commissione;
              tra questi balzano sicuramente all'occhio le commissioni dovute per i servizi in home banking che, a ben vedere, non avrebbero alcuna ragione di esistere: le operazioni, infatti, essendo svolte in proprio dal cliente e attuate in pieno automatismo telematico dovrebbero essere esenti da qualsiasi costo;
              le eventuali spese di gestione del sito dovrebbero infatti essere assorbite dai considerevoli «balzelli» che un sistema piegato al potere delle banche ha permesso di imporre, anche preater legem;
              incurante di ciò, l'attuale Governo persevera nel sostenere i poteri economici del Paese, alla luce di questo decreto-legge, ma anche dei recenti provvedimenti nel settore creditizio, indifferente alle problematiche ricadenti sulle piccole e medie imprese, sui commercianti e i professionisti in generale, perfino di fronte alle gravi difficoltà economiche che questi si sono trovati a dover affrontare;
              il disegno di legge in oggetto prevede, l'esclusione della tassazione dei contributi percepiti a titolo di liberalità da soggetti per i quali risultino attivate procedure concorsuali, specie per le banche poste in amministrazione straordinaria o procedure di risoluzione e la disposizione dell'articolo 16 prevede l'applicazione dell'imposta di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa di 200 euro sui trasferimenti di immobili nell'ambito di vendite giudiziarie, effettuati dalla data di entrata in vigore del provvedimento fino al 31 dicembre 2016, ma solo per coloro che dichiarano l'intenzione di trasferirli entro due anni;
              le disposizioni contenute nel disegno di legge, quindi, costituiscono, ancora una volta, un favore alle banche e, stavolta, anche agli speculatori immobiliari, a sostegno, dunque, dei poteri economici del Paese;
              se da un lato, sembra sia opportuno prevedere delle norme per aiutare il sistema bancario in sofferenza, dall'altro, è altrettanto opportuno tutelare i consumatori ed evitare che i costi di gestioni avventate e negligenti ricadano ingiustamente sui loro risparmi, facendo pagare a tanti i costi esosi del profitto di pochi privilegiati,

impegna il Governo

a prevedere una revisione della disciplina in merito alle commissioni bancarie, al fine di imporre al sistema bancario una normativa più equa e garantista nei confronti dei clienti, assicurando la previsione del divieto di imporre commissioni per le operazioni svolte in proprio in home banking.
9/3606-A/109. Attaguile, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del credito bancario cooperativo contenuto in questo disegno di legge di conversione si connette con la riforma delle banche popolari attuata lo scorso anno attraverso il decreto-legge n.  3 del 2015;
              fin dalla loro nascita, le banche popolari, come quelle di credito cooperativo, hanno svolto un insostituibile ruolo di sostegno alle famiglie e alle imprese, specie le PMI, con evidenti ricadute positive in termini di utilità sociale per il territorio;
              la funzione sociale di queste banche, che ha permesso loro di diventare degli insostituibili strumenti di sviluppo economico e sociale per il territorio locale, si è esplicitata inconfutabilmente in questi ultimi anni in cui il nostro Paese ha attraversato, e sta ancora attraversando, una gravosa congiuntura economica;
              la crisi ha colpito soprattutto le famiglie e le PMI, le quali, in difficoltà di liquidità, hanno trovato aiuto e riferimento quasi esclusivamente in questi istituti di credito, mentre il Governo smantellava il welfare e ha continuato ad infliggere ai cittadini draconiane misure di austerity. Le popolari, invece, nel solo periodo 2008-2014, hanno erogato finanziamenti alle PMI per un ammontare pari a 250 miliardi di euro, mentre le cooperative, secondo le stime effettuate dal Fiscal Sustainability Report 2015, vantano un credito erogato che, per le banche di medie e piccole dimensioni, si attesta tra i 156 e 178 miliardi di euro e presentano soltanto 17 miliardi di euro di sofferenze a fronte dei 39 miliardi delle banche più grandi e dei 133 miliardi delle prime cinque banche;
              già l'obbligo di trasformazione in spa per le banche popolari che superano un attivo di 8 miliardi è suonato come un disincentivo per questi istituti che, invece di essere premiati per la buona gestione, sono stati obbligati a cambiare forma giuridica con il pericolo, ancora esistente, di far entrare nella compagine sociale investitori stranieri senza scrupoli il cui unico fine è il profitto senza alcun riguardo per il territorio, le famiglie o le nostre PMI;
              con questo decreto si prevede, inoltre, che soltanto le banche di credito cooperativo con un capitale netto superiore a 200 milioni di euro possano trasformarsi in spa senza dover ottemperare agli obblighi di devoluzione dell'intero patrimonio ai Fondi mutualistici, così com’è stato fin'ora previsto dall'articolo 17 della legge finanziaria 2001;
              dunque, con il pagamento di un'imposta straordinaria del 20 per cento del patrimonio netto, queste potranno affrancare le proprie riserve, mentre per le restanti banche di credito cooperativo saranno ancora validi gli obblighi di devoluzione del citato articolo 17;
              seppur durante l'esame in commissione è stato variato l'importo dell'imposta straordinaria – che nel testo originario del decreto era calcolata sulle riserve e non sul patrimonio netto – non risulta chiaro come sia stato scelto il limite dei 200 milioni, se non in ragione di motivazioni politiche;
              questo, infatti, oltre a contrastare con il richiamato articolo 41 della Costituzione, viola ad avviso dei presentatori anche il principio della tutela e promozione della cooperazione di cui all'articolo 45 della Carta e fa nascere forti dubbi sulla disparità di trattamento tra le due forme bancarie: è infatti consentito il passaggio da banca di credito cooperativo, ossia da una banca a mutualità prevalente, ad ordinaria società commerciale con relativa possibilità di affrancamento, ma è esclusa invece tale possibilità se la società risultante è costituita in forma di banca popolare, banca sempre cooperativa, a mutualità non prevalente;
              nel testo del decreto, infatti, sembrerebbe opportuno prevedere anche una modifica al limite degli 8 miliardi oltre le quali la banca popolare deve trasformarsi in spa, prevedendo, più coerentemente, di adottare la soglia di 30 miliardi che è quella utilizzata ai fini della quantificazione delle banche come «significative» dell'articolo 6(4) del Regolamento UE n.  1024/2013 che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi,

impegna il Governo

a prevedere, una modifica del limite di 8 miliardi, oltre il quale le banche popolari devono trasformarsi in spa, adottando la soglia di 30 miliardi, in coerenza con la quantificazione operata dall'articolo 6(4) del Regolamento UE n.  1024/2013 in riferimento alle banche «significative», per i fini di equità tra banche popolari e banche cooperative come sopra esposto.
9/3606-A/110. Borghesi, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del credito bancario cooperativo contenuto in questo disegno di legge di conversione si connette con la riforma delle banche popolari attuata lo scorso anno attraverso il decreto-legge n.  3 del 2015;
              fin dalla loro nascita, le banche popolari, come quelle di credito cooperativo, hanno svolto un insostituibile ruolo di sostegno alle famiglie e alle imprese, specie le PMI, con evidenti ricadute positive in termini di utilità sociale per il territorio;
              la funzione sociale di queste banche, che ha permesso loro di diventare degli insostituibili strumenti di sviluppo economico e sociale per il territorio locale, si è esplicitata inconfutabilmente in questi ultimi anni in cui il nostro Paese ha attraversato, e sta ancora attraversando, una gravosa congiuntura economica;
              la crisi ha colpito soprattutto le famiglie e le PMI, le quali, in difficoltà di liquidità, hanno trovato aiuto e riferimento quasi esclusivamente in questi istituti di credito, mentre il Governo smantellava il welfare e ha continuato ad infliggere ai cittadini draconiane misure di austerity. Le popolari, invece, nel solo periodo 2008-2014, hanno erogato finanziamenti alle PMI per un ammontare pari a 250 miliardi di euro, mentre le cooperative, secondo le stime effettuate dal Fiscal Sustainability Report 2015, vantano un credito erogato che, per le banche di medie e piccole dimensioni, si attesta tra i 156 e 178 miliardi di euro e presentano soltanto 17 miliardi di euro di sofferenze a fronte dei 39 miliardi delle banche più grandi e dei 133 miliardi delle prime cinque banche;
              già l'obbligo di trasformazione in spa per le banche popolari che superano un attivo di 8 miliardi è suonato come un disincentivo per questi istituti che, invece di essere premiati per la buona gestione, sono stati obbligati a cambiare forma giuridica con il pericolo, ancora esistente, di far entrare nella compagine sociale investitori stranieri senza scrupoli il cui unico fine è il profitto senza alcun riguardo per il territorio, le famiglie o le nostre PMI;
              con questo decreto si prevede, inoltre, che soltanto le banche di credito cooperativo con un capitale netto superiore a 200 milioni di euro possano trasformarsi in spa senza dover ottemperare agli obblighi di devoluzione dell'intero patrimonio ai Fondi mutualistici, così com’è stato fin'ora previsto dall'articolo 17 della legge finanziaria 2001;
              dunque, con il pagamento di un'imposta straordinaria del 20 per cento del patrimonio netto, queste potranno affrancare le proprie riserve, mentre per le restanti banche di credito cooperativo saranno ancora validi gli obblighi di devoluzione del citato articolo 17;
              seppur durante l'esame in commissione è stato variato l'importo dell'imposta straordinaria – che nel testo originario del decreto era calcolata sulle riserve e non sul patrimonio netto – non risulta chiaro come sia stato scelto il limite dei 200 milioni, se non in ragione di motivazioni politiche;
              questo, infatti, oltre a contrastare con il richiamato articolo 41 della Costituzione, viola ad avviso dei presentatori anche il principio della tutela e promozione della cooperazione di cui all'articolo 45 della Carta e fa nascere forti dubbi sulla disparità di trattamento tra le due forme bancarie: è infatti consentito il passaggio da banca di credito cooperativo, ossia da una banca a mutualità prevalente, ad ordinaria società commerciale con relativa possibilità di affrancamento, ma è esclusa invece tale possibilità se la società risultante è costituita in forma di banca popolare, banca sempre cooperativa, a mutualità non prevalente;
              nel testo del decreto, infatti, sembrerebbe opportuno prevedere anche una modifica al limite degli 8 miliardi oltre le quali la banca popolare deve trasformarsi in spa, prevedendo, più coerentemente, di adottare la soglia di 30 miliardi che è quella utilizzata ai fini della quantificazione delle banche come «significative» dell'articolo 6(4) del Regolamento UE n.  1024/2013 che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di elevare il limite di 8 miliardi, oltre il quale le banche popolari devono trasformarsi in spa, adottando la soglia di 30 miliardi, in coerenza con la quantificazione operata dall'articolo 6(4) del Regolamento UE n.  1024/2013 in riferimento alle banche «significative», per i fini di equità tra banche popolari e banche cooperative come sopra esposto.
9/3606-A/110.    (Testo modificato nel corso della seduta) Borghesi, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              fin dalla loro nascita, le banche di credito cooperativo, hanno svolto un insostituibile ruolo di sostegno alle famiglie e alle imprese, specie le PMI, con evidenti ricadute positive in termini di utilità sociale per il territorio;
              la funzione sociale di queste banche, che ha permesso loro di diventare degli insostituibili strumenti di sviluppo economico e sociale per il territorio locale, si è esplicitata inconfutabilmente in questi ultimi anni in cui nostro Paese ha attraversato, e sta ancora attraversando, una gravosa congiuntura economica;
              la crisi ha colpito sopratutto le famiglie e le PMI, le quali, in difficoltà di liquidità, hanno trovato aiuto e riferimento quasi esclusivamente in questi istituti di credito, mentre il Governo smantellava il welfare e ha continuato ad infliggere ai cittadini draconiane misure di austerity;
              nonostante le ragioni di riforma avanzate dal Governo in tema di instabilità del credito cooperativo, individuate nelle loro supposte «debolezze strutturali» derivanti dal modello di attività (focalizzato sulla tradizionale attività di vendita al dettaglio e dunque particolarmente esposto all'andamento dell'economia reale nelle aree di riferimento), dagli «assetti organizzativi» e dalla «dimensione ridotta», le banche di credito cooperativo vantano 364 unità, con il 14,8 per cento degli sportelli bancari italiani, una quota di mercato della raccolta da clientela (comprensiva di obbligazioni) del 7,7 per cento e impieghi economici pari a 134 miliardi di euro, di cui impieghi economici erogati alle imprese pari a 84,3 miliardi (compreso il credito cooperativo);
              le cooperative, inoltre, secondo le stime effettuate dal Fiscal Sustainability Report 2015, vantano credito erogato che, per le banche di medie e piccole dimensioni, si attesta tra i 156 e 178 miliardi di euro e presentano soltanto 17 miliardi di euro di sofferenze a fronte dei 39 miliardi della banche più grandi e dei 133 miliardi delle prime cinque banche;
              dallo stesso documento, inoltre, emerge che, nelle banche minori, le sofferenze bancarie siano del 9,5 per cento, contro il 10,8 per cento dei cinque maggiori gruppi; che i crediti deteriorati nelle banche minori sono pari al 18,1 per cento, mentre sono del 18,4 per cento nelle prime cinque banche e, ugualmente, che il tasso di copertura sui crediti deteriorati diversi dalla sofferenze sia del 20,9 per cento nelle banche minori, rispetto al 27,6 per cento delle prime cinque;
              tutto ciò sembra dimostrare come le ridotte dimensioni non impediscano affatto una vigilanza esaustiva ed adeguata e che, sopratutto, la supposta dipendenza delle banche di credito cooperativo dall'economia reale non sia affatto una possibile causa di fragilità del sistema;
              considerando che le ultime crisi economiche, e sopratutto l'ultima del 2007 con i suoi effetti devastanti, hanno avuto origini di natura finanziaria,

impegna il Governo

ad adottare tutti gli interventi normativi necessari affinché, nonostante sotto diversa forma giuridica, le banche cooperative non siano completamente snaturate del loro carattere di mutualità e utilità sociale e che continuino a favorire l'accesso al credito per le famiglie e le PMI, così come è stato fino ad oggi, senza divenire mere esecutrici delle disposizioni centrali provenienti dalla capogruppo che, costituita in forma di spa, sarà prevalentemente assoggettata alle logiche del mercato finanziario globale.
9/3606-A/111. Bossi, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge in oggetto prevede un'estensione delle deroghe già previste per i soci finanziatori, aggiungendo anche la deroga all'obbligo di assegnazione del voto capitario;
              simile deroga all'articolo 2526, secondo comma, terzo periodo, del codice civile, era già prevista in passato, ma per i possessori di strumenti finanziari, i quali potevano vedersi attribuiti anche più di 1/3 dei voti spettanti all'insieme dei voti spettanti o rappresentati in assemblea;
              a questa si è aggiunta la possibilità, in deroga non solo ai limiti previsti dall'articolo 2526, secondo comma, terzo periodo, del codice civile, ma anche all'articolo 34, comma 3 del Testo unico bancario, che i diritti patrimoniali e amministrativi spettanti ai soci finanziatori siano stabiliti dallo statuto e che ad essi spetti comunque «il diritto di designare uno o più componenti dell'organo amministrativo ed il presidente dell'organo che svolge la funzione di controllo»;
              con una deroga così forte si rischia di snaturare la caratteristica mutualistica delle banche di credito cooperativo, tale che potrebbero non risultare tutelate le legittime aspettative delle quote degli azionisti e di chi ha affidato i propri risparmi a queste banche scegliendo di investire in istituti di credito che ora verranno coattivamente obbligati a modificare le proprie forme organizzative e gestionali, con il concreto rischio di ritrovarsi in situazioni giuridiche e patrimoniali completamente differenti rispetto a quelle originarie, indipendentemente dalla loro volontà,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative volte a prevedere una minore estensione alla deroga del principio al voto capitario, consentendo che le eccezioni all'articolo 34, comma 3 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n.  385 e all'articolo 2526, secondo comma, terzo periodo, del codice civile, siano consentite soltanto ove i soci finanziatori detengano il 50 per cento + 1 del capitale sociale.

9/3606-A/112. Fedriga, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              con questo decreto si prevede che soltanto le banche di credito cooperativo con un capitale netto superiore a 200 milioni possano trasformarsi in Spa senza dover ottemperare agli obblighi di devoluzione dell'intero patrimonio ai Fondi mutualistici, così com’è stato fin'ora previsto dall'articolo 17 della legge finanziaria 2001;
              dunque, con il pagamento di un'imposta straordinaria del 20 per cento del patrimonio netto, queste potranno affrancare le proprie riserve, mentre per le restanti banche di credito cooperativo saranno ancora validi gli obblighi di devoluzione del citato articolo 17;
              seppur durante l'esame in Commissione è stato variato l'importo dell'imposta straordinaria – che nel testo originario del decreto era calcolata sulle riserve e non sul patrimonio netto – non risulta chiaro come sia stato scelto il limite dei 200 milioni, se non in ragione di motivazioni politiche;
              sembra, infatti, che la soglia dei 200 milioni di CN è stata determinata in modo del tutto arbitrario, in funzione della consistenza delle Banche di credito cooperativo toscane, vicine all'attuale primo ministro è ad altri membri del Governo, insieme a esponenti della nuova maggioranza, che si volevano, evidentemente, salvaguardare, assolvendole dall'obbligo di aderire al gruppo bancario cooperativo;
              l'articolo 1 della legge 20 luglio 2004, n.  215, recante norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi, il quale prevede che «i titolari di cariche di Governo, nell'esercizio delle loro funzioni, si dedicano esclusivamente alla cura degli interessi pubblici e si astengono dal porre in essere atti e dal partecipare a deliberazioni collegiali in situazione di conflitto d'interessi»;
              nell'ultimo anno, però, l'operato del Governo in carica non sembra aver rispettato la normativa già vigente in materia di conflitto di interesse: già all'inizio del 2015, con la vicenda del decreto-legge sulle banche popolari e, da ultimo, due mesi fa, con la questione della procedura di risoluzione delle quattro banche Cariferrara, Banca Etruria, Banca Marche e Carichieti, con il decreto legge 22 novembre 2015, n.  183 trasposto poi nella legge di stabilità;
              dunque non soltanto si è proceduto a due importanti interventi legislativi attraverso la decretazione d'urgenza che, come noto, non rende possibile quell'attenta valutazione d'impatto che invece si può operare attraverso il normale iter legislativo, ma sembrerebbe anche che la presenza, all'interno della compagine di Governo, di un membro molto vicino agli ambienti interessati dai due provvedimenti, potrebbe far profilare la mancata osservanza del disposto della legge n. 215 del 2004, così come in futuro potrebbe comportare la violazione delle nuove violazioni del provvedimento in esame, alla luce del fatto che interventi governativi in ambito bancario sono ancora in itinere;
              ad esempio, per il caso della Banche popolari, già il Presidente della Commissione nazionale per la società e la borsa (Consob), Giuseppe Vegas, in sede di audizione svoltasi presso le Commissioni riunite della Camera VI e X, aveva denunciato operazioni potenzialmente anomale sui titoli di comparto delle banche popolari prima del 16 gennaio 2015, precedentemente quindi a qualsiasi annuncio sulla riforma;
              anche volendo ammettere che il legame parentale fra la Ministra Boschi e il consigliere Boschi (dal 2011 nel consiglio di amministrazione e da maggio 2013, tre mesi dopo che sua figlia entrasse nel Governo, vicepresidente della Banca Etruria) non abbia compromesso la riservatezza di informazioni che dovevano rimanere assolutamente private per non sconvolgere gli equilibri di mercato, non si può negare, ad avviso dei presentatori, il coinvolgimento personale, sia pure indiretto, di un membro del Governo nella vicende legate alla Banca Etruria;
              il disegno di legge in oggetto prevede, l'esclusione della tassazione dei contributi percepiti a titolo di liberalità da soggetti per i quali risultino attivate procedure concorsuali, specie per le banche poste in amministrazione straordinaria o procedure di risoluzione;
              la disposizione dell'articolo 16 prevede inoltre l'applicazione dell'imposta di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa a 200 euro sui trasferimenti di immobili nell'ambito di vendite giudiziarie, effettuati dalla data di entrata in vigore del provvedimento fino al 31 dicembre 2016, ma solo per coloro che dichiarano l'intenzione di trasferirli entro due anni;
              le disposizioni contenute nel disegno di legge, quindi, costituiscono, ancora una volta, un favore alle banche e, stavolta, anche agli speculatori immobiliari, a sostegno, dunque, dei poteri economici del Paese,

impegna il Governo

ad agire nel rispetto della volontà parlamentare di introdurre norme più stringenti riguardanti il conflitto di interessi, con particolare riferimento ai rapporti con il settore bancario, superando nei modi e nei termini che ritiene più opportuni qualsiasi dubbio che possa inficiare il trasparente operato del Governo in relazione alla consequenzialità tra gli interessi personali dei singoli membri dell'esecutivo e le scelte programmatiche e politiche intraprese e da intraprendere.

9/3606-A/113. Giancarlo Giorgetti, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              la pesante crisi economico-finanziaria che ha investito l'economia finanziaria nel 2007 per poi riversarsi gravemente sull'economia reale ha aperto la discussione sulla patrimonializzazione degli istituti di credito e sugli eccessivi livelli di rischio che questi ultimi assumono, facendo emergere il drammatico problema dell'abuso delle leve finanziarie e della qualità degli strumenti finanziari detenuti dalle banche stesse;
              il problema della ricapitalizzazione delle banche si è così proposto anche in sede europea in cui, in seguito alla sopravvenuta necessità di interventi statali di salvataggio degli istituti di credito, si è proposta l'introduzione del principio del bail-in, ossia di un principio che regoli il risanamento e la risoluzione degli enti creditizi in un quadro di sorveglianza armonizzato che sia in grado di limitare il più possibile il ricorso a finanziamenti pubblici per il salvataggio degli istituti che, però, tradotto nel nostro Paese, ha causato delle conseguenze inaspettate anche sui piccoli investitori non professionisti;
              a fianco della riforma della banche di credito cooperativo, il Capo II del decreto di oggetto in esame reca norme per la garanzia sulle operazioni di cartolarizzazione di crediti in sofferenza e il Capo III reca norme sul regime fiscale agevolato relativo a procedure di crisi;
              la disciplina, come si evince dalla stessa relazione governativa, si è resa necessaria, da un lato, a causa della crisi finanziaria che ha causato un numero pericoloso di sofferenze bancarie nel nostro sistema bancario, dall'altro, per aiutare quest'ultimo a superare indenne la crisi finanziaria appena trascorsa e le relative conseguenze, ancora pericolose, che questa ha lasciato in termini di titoli tossici presenti nei bilanci delle banche italiane e di situazioni patrimoniali a rischio di crisi;
              in realtà la responsabilità dell'attuale situazione è imputabile anche, e in buona parte, alla gestione negligente di alcuni vertici che, nell'impunità e nell'irresponsabilità più totale, hanno contribuito ad aggravare la situazione patrimoniale delle banche da loro gestite, consapevoli che poi i rischi sarebbero ricaduti sui risparmiatori, non risparmiando neanche le fasce più deboli;
              sembrerebbe quindi ugualmente necessario prevedere una riorganizzazione del sistema creditizio che stabilisca la separazione tra le banche commerciali e le banche d'affari, ossia tra le banche che raccolgono e distribuiscono credito ad imprese e famiglie e le banche che operano nei mercati finanziari con attività speculative ad alto rischio;
              l'effetto di una riorganizzazione del sistema bancario, attraverso precise distinzioni delle partecipazioni azionarie e un diverso trattamento fiscale che avvantaggi le banche commerciali, comporterebbe una consistente immissione di liquidità che potrebbe risollevare l'economia reale e la situazione economica di imprese e famiglie colpite duramente da tutti questi anni di crisi;
              se il principio della separazione fosse stato introdotto prima si sarebbero potute contenere tutte le drammatiche conseguenze che i nostri cittadini hanno scontato: da un lato, le continue ricapitalizzazioni degli istituti di credito e il credit crunch che hanno innescato una grave carenza di liquidità delle imprese; dall'altro, la crisi dei debiti sovrani e le conseguenti politiche di austerità che hanno portato a manovre economiche procicliche ed aumentato la pressione fiscale diretta ed indiretta, causando l'aumento indiscriminato dei prezzi, anche dei prodotti di prima necessità, con una significativa perdita di potere d'acquisto da parte delle famiglie;
              da ultimo, si sarebbero potute anche evitare le procedure di risoluzione che hanno interessato le quattro banche Cariferrara, Banca Etruria, Banca Marche e Carichieti, i cui oneri sono ricaduti pesantemente anche sui risparmiatori, tra cui pensionati e fasce economicamente meno agiate, che hanno visto svanire i loro piccolo capitale accumulato con enorme fatica,

impegna il Governo

a prevedere, in opportuni provvedimenti, una riorganizzazione del sistema bancario al fine di introdurre un principio attraverso il quale venga valorizzato il modello di banca tradizionale che raccoglie depositi ed eroga credito alle famiglie e al sistema produttivo rispetto alle banche d'affari che attuano operazioni finanziarie ad alto rischio, prevedendo altresì delle agevolazioni fiscali a favore delle prime, tenuto conto della loro attività a sostegno dell'economia reale e in particolar modo in favore delle piccole e medie imprese, come specificato in premessa.

9/3606-A/114. Grimoldi, Busin.


      La Camera

impegna il Governo

a prevedere, in opportuni provvedimenti, una riorganizzazione del sistema bancario al fine di introdurre un principio attraverso il quale venga valorizzato il modello di banca tradizionale che raccoglie depositi ed eroga credito alle famiglie e al sistema produttivo rispetto alle banche d'affari che attuano operazioni finanziarie ad alto rischio, prevedendo altresì delle agevolazioni fiscali a favore delle prime, tenuto conto della loro attività a sostegno dell'economia reale e in particolar modo in favore delle piccole e medie imprese, come specificato in premessa.

9/3606-A/114.    (Testo modificato nel corso della seduta) Grimoldi, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              è noto come l'attuale crisi finanziaria, generata dal crollo dei mutui sub-prime nell'estate del 2008 che portò al fallimento a catena di alcune banche d'affari, tra cui la celeberrima Lehman Brothers, si sia poi riversata sull'economia reale del mondo intero, e in particolare, in Europa, del nostro Paese, con ripercussioni gravissime sui livelli occupazionali, sull'attività delle imprese, soprattutto delle piccole e medie, e sullo stato di salute dei bilanci pubblici;
              la bolla finanziaria che ha portato alla conseguente crisi mondiale è stato il risultato di una ripetuta e globale pratica di speculazione finanziaria ad elevata rischiosità dovuta ad un utilizzo spropositato di alte leve finanziarie associate alla compravendita di titoli tossici, al fine di moltiplicare i profitti di investitori desiderosi di accumulare immensi guadagni a fronte di un investimento minimo di capitale;
              tra gli strumenti finanziari maggiormente usati si ritrovano i derivati, associati a leve finanziarie elevate, oggetto di contrattazione in molti mercati, soprattutto in quelli al di fuori dei centri borsistici ufficiali, ossia in mercati non regolamentati, i cosiddetti OTC, creati da istituzioni finanziarie e da professionisti tramite reti telematiche, secondo il principio dell'incontro tra la domanda e l'offerta, in maniera slegata rispetto all'andamento delle Borse Mondiali;
              la tanto decantata autoregolamentazione del mercato si è rivelata fallimentare e rischiosa in quanto il sistema finanziario, sottratto ad ogni tipo di controllo istituzionale, ha lasciato il passo a prassi speculative rischiosissime, in cui gli operatori si sono sottratti a qualsiasi responsabilità di ordine debitorio ed etico;
              in caso di fallimento di uno solo di questi soggetti, l'elevata interconnessione del sistema bancario speculativo espone al rischio di default l'intero sistema finanziario e bancario di un Paese, con ripercussioni anche internazionali, e richiede la necessità di un intervento statale con giganteschi piani di salvataggio e ricapitalizzazione, così come è avvenuto negli Stati Uniti d'America;
              la ricapitalizzazione pubblica delle banche è uno strumento di salvataggio estremamente iniquo nei confronti dei cittadini su cui lo Stato che stanzia i fondi per la ricapitalizzazione scarica il peso di debiti accumulati da un sistema finanziario pensato per far incassare dei profitti elevatissimi a pochi speculatori senza scrupoli, socializzando però il passivo in caso di perdita;
              l'Unione europea, infatti, dopo anni di crisi e ricapitalizzazioni pubbliche gravanti sui cittadini, si è risolta all'introduzione, nell'ambito dell'opera di armonizzazione dei modelli bancari, del principio del bail-in nella risoluzione delle crisi bancarie, che, però, tradotto nel nostro Paese, ha causato delle conseguenze inaspettate anche sui piccoli investitori non professionisti;
              a questo proposito, sembrerebbe altresì necessaria la previsione di ulteriori misure che possano perfezionare, ovviamente nel rispetto della legislazione europea, il quadro degli strumenti prudenziali al fine di contenere l'abuso degli strumenti finanziari, la deflagrazione delle conseguenti crisi e le loro inevitabili ripercussioni sull'economia reale, come anche sui debiti sovrani. Il tutto al fine di non far ricadere il peso economico di questi fenomeni sui cittadini e sulle imprese;
              il compito dello Stato, soprattutto in una fase di congiuntura economica così grave, è quello di porre in essere una politica economica espansiva al fine di creare degli ammortizzatori sociali ed economici in modo da tutelare i propri cittadini e le proprie imprese e non quello di salvaguardare lo status quo di istituti bancari e finanziari che senza alcun riguardo etico praticano attività di speculazione rischiose nella convinzione che le eventuali ripercussioni negative saranno poi pagate dalla società civile;
              in una ottica di necessaria esigenza di eticità che deve informare gli enti della Pubblica Amministrazione si ritiene giusto e adeguato l'intervento della Legge di stabilità 2014 (Legge n.  147 del 2013) nella parte in cui ha profondamente innovato la normativa riguardante il ricorso a strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali, rendendo permanente il divieto per detti enti di ricorrere a tali strumenti, salvo le ipotesi espressamente consentite dalla legge;
              tra il 1998 e il 2008, il nostro Paese ha fatto un ingente uso di strumenti finanziari, in particolare di cross-currency swap e di interest rate swap, ma anche di cessioni di crediti in cartolarizzazioni a cui si è parallelamente accompagnata un'implementazione normativa volta a snellire le procedure e a favorire la crescita dei mercati finanziari. Ma, se fino al 2008 lo Stato ne aveva guadagnato un ricavo di 8 miliardi, con l'arrivo della crisi il trend si è invertito;
              in questa spirale di debiti sono coinvolti i principali Comuni italiani, tra cui Milano, Torino, Genova, Reggio Calabria, Firenze, Teramo, Pisa, Benevento e Pistoia, così come le regioni del Lazio, del Piemonte e della Toscana, per un ammontare debitorio di difficile stima;
              già le leggi finanziarie del 2007 e del 2008 avevano, rispettivamente, limitato l'utilizzo di strumenti finanziari derivati da parte di regioni ed enti locali e improntato la sottoscrizione dei contratti a criteri di massima trasparenza, anche alla luce dei debiti accumulati dai diversi enti della Pubblica Amministrazione, compresa l'amministrazione sanitaria e pubblica e le agenzie di trasporto, che hanno utilizzato fondi pubblici per acquisire strumenti derivati e simili titoli finanziari;
              a fianco della riforma della banche di credito cooperativo, il Capo II del decreto di oggetto in esame reca norme per la garanzia sulle operazioni di cartolarizzazione di crediti in sofferenza e il Capo III reca norme sul regime fiscale agevolato relativo a procedure di crisi;
              la disciplina, come si evince dallo stessa relazione governativa, si è resa necessaria, da un lato, a causa della crisi finanziaria che ha causato un numero pericoloso di sofferenze bancarie nel nostro sistema bancario, dall'altro, per aiutare quest'ultimo a superare indenne la crisi finanziaria appena trascorsa e le relative conseguenze, ancora pericolose, che questa ha lasciato in termini di titoli tossici presenti nei bilanci delle banche italiane e di situazioni patrimoniali a rischio di crisi;
              in realtà, la responsabilità dell'attuale situazione è imputabile anche, e in buona parte, alla gestione negligente di alcuni vertici che, nell'impunità e nell'irresponsabilità più totale, hanno contribuito ad aggravare la situazione patrimoniale delle banche da loro gestite, consapevoli che poi i rischi sarebbero ricaduti sui risparmiatori, non risparmiando neanche le fasce più deboli,

impegna il Governo

          a prevedere gli opportuni provvedimenti al fine di:
              escludere i soggetti bancari e finanziari che esercitano attività di speculazione ad alto rischio, intendendosi per queste utilizzo di alte leve finanziarie ed emissione di titoli tossici, dalla partecipazione alle procedure di gare d'appalto bandite dalla Pubblica Amministrazione per l'affidamento di servizi bancari e finanziari;
              estendere permanentemente a tutti gli enti della Pubblica Amministrazione il divieto di ricorso a strumenti finanziari derivati, come già stabilito dalla Legge di stabilità 2014 che però prevede un tale divieto solo per gli enti territoriali.
9/3606-A/115. Invernizzi, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              in tema di imposta di bollo l'articolo 13, 2-ter, del decreto del Presidente della Repubblica n.  642 del 1972, nell'attuale formulazione introdotta con effetto dal 1o gennaio 2012 dall'articolo 3, comma 13, decreto-legge 2 marzo 2012, n.  16, prevede che le comunicazioni alla clientela relative ai prodotti e agli strumenti finanziari, anche non soggetti ad obbligo di deposito, ad esclusione dei fondi pensione e dei fondi sanitari, siano soggette ad imposta di bollo nella misura del 2 per mille per ogni esemplare, sul complessivo valore di mercato o, in mancanza, sul valore nominale o di rimborso;
              la disposizione prevede, nel rispetto del principio costituzionale di capacità contributiva, che l'imposta di bollo sia applicata sul valore effettivo dei titoli presenti nel deposito del contribuente al 31.12 di ogni anno, facendo esplicito riferimento al valore di mercato o, in mancanza, sul valore nominale o di rimborso;
              nel caso di depositi titoli relativi ad azioni Banche Popolare di Vicenza, l'applicazione dell'imposta di bollo non pare essere stata effettuata sulla base di una corretta interpretazione dell'articolo 13, 2-ter, del decreto del Presidente della Repubblica n.  642 del 1972: ad oggi, infatti, i titoli azionari della BPVI non sono quotati in alcun mercato regolamentato e sono iscritti nel deposito titoli degli azionisti al valore di 48 euro, che corrisponde ad una valorizzazione presuntiva assegnata dal Consiglio di Amministrazione della Banca in relazione al bilancio di esercizio al 31 dicembre 2014, secondo un meccanismo tipico della banche popolari non quotate;
              tale importo non può in alcun caso essere considerato un «valore di mercato» funzionale all'applicazione dell'imposta di bollo al 31 dicembre 2015, perché, innanzitutto, è necessario evidenziare che tale valore non è stato fissato dal mercato e dunque non può, di principio, essere definito quale «valore di mercato» del titolo;
              inoltre, le azioni della Banca Popolare di Vicenza non sono in concreto negoziabili, neppure a valori significativamente più bassi dell'importo di 48 euro, peraltro determinato sulla base di valori di bilancio non solo riferiti al 31 dicembre 2014 (e dunque non alla data di riferimento per il conteggio dell'imposta di bollo), ma integralmente disconosciuti del bilancio semestrale di Banca Popolare di Vicenza al 30 giugno 2015, che riporto una perdita di esercizio di oltre un miliardo di euro, ed ancor più dal bilancio di esercizio al 31,12.2015 che, dalla comunicazione rilasciate dalla Banca, risulta in perdita per oltre 1,4 miliardi di euro;
              appare evidente che il valore di 48 euro per azione non può essere considerato «di mercato» per i titoli della Banca Popolare di Vicenza non essendo determinato in un'ottica di mercato, non rappresentando in nessun caso un valore realizzabile dall'azionista ed, inoltre, non tenendo conto di perdite per oltre 1,4 miliardi di euro maturate dalla Banca nel corso del 2015;
              la valorizzazione dei titoli di cui trattasi nella comunicazioni periodiche degli istituti di credito depositari di cui all'articolo 13, 2-ter, del decreto del Presidente della Repubblica n.  642 del 1972 deve dunque basarsi sul valore nominale di rimborso;
              il valore nominale delle azioni della Banca Popolare di Vicenza è pari ad euro 3,75, mentre il valore di rimborso può essere individuato in un ammontare pari al valore di recesso stabilito in euro 6,3 dal Consiglio di Amministrazione dell'istituto sulla base dei dati di bilancio al 31 dicembre 2015;
              a fronte di una applicazione che si ritiene manifestamente errata dell'imposta di bollo sui depositi titoli in cui sono depositate le circa 100.100.000 azioni della Banca Popolare di Vicenza si può stimare – in assenza di disponibilità di dati in merito alla precisa tipologia dei soci della Banca un onere fiscale non dovuto per i soci della Banca Popolare di Vicenza di oltre 8 milioni di euro (stimato nell'importo del 2 per mille sul differenziale fra 48 euro ed il valore di recesso di 6,3 euro);
              è di tutta evidenza che tale prelievo di natura fiscale – che se confermato risulterebbe verosimilmente contrario anche al principio di capacità contributiva di cui all'articolo 53 della Costituzione – ha ulteriormente aggravato la posizione di numerosissimi piccoli risparmiatori;
              il provvedimento interviene in diversi ambiti della materia bancaria al fine di ristrutturare non soltanto il credito cooperativo, ma anche di rinforzare il sistema bancario nel suo complesso, attraverso la composizione degli interessi gravitanti intorno alla preoccupante presenza, nelle banche italiane, di crediti in sofferenza. Simile composizione degli interessi non può certo escludere la tutela dei risparmiatori: quest'ultimi, infatti, già ampiamente sfiduciati, se non nuovamente incoraggiati attraverso effettive garanzie, potrebbero creare seri pregiudizi alla stabilità del sistema bancario nel suo complesso;
              nel decreto in oggetto si prevedono inoltre specifiche disposizioni di regime fiscale sulle procedure di crisi e, in particolare, l'articolo 16 prevede un particolare regime di imposta per l'imposta di bollo ipotecaria e di registro, sui trasferimenti di immobili nell'ambito di vendite giudiziarie;
              stante gli elementi sopra esposti, appare necessario che sì proceda ad una correzione del calcolo dell'imposta di bollo erroneamente effettuato dagli istituti di credito secondo una non condivisibile interpretazione della norma in esame,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad inserire, a fini di equità, una norma di interpretazione relativa agli istituti di credito popolari non quotati, per il calcolo dell'imposta di bollo sui depositi titoli, al fine di rendere valida esclusivamente la tariffa, di cui all'articolo 13, comma 2-ter della tariffa, parte I, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.  642, applicata nella misura del 2 per mille per ogni esemplare, sul valore nominale delle azioni rilevato nel bilancio al 31 dicembre 2015, o, in seconda istanza, sul valore di recesso stabilito, con conseguente rimborso diretto di quanto prelevato in eccesso a tale titolo dai conti correnti dei soci dell'istituto.
9/3606-A/116. Molteni, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              la Banca popolare di Vicenza è stata, appena un anno fa, dichiarata «sana» da parte di Bankitalia, ma alla fine di agosto dello scorso anno, il suo presidente ha ammesso di aver necessità di altri 1,5 miliardi di euro per evitare il fallimento o il commissariamento a fronte di irregolarità negli aumenti di capitale, rilevati dalla BCE (e non dalla Banca d'Italia), e di una perdita di 1 miliardo registrata nei primi sei mesi del 2015;
              la perdita di 1,05 miliardi si è accumulata in seguito alla combinazione di diversi fattori contabili: la riduzione di 269 milioni di euro del valore di avviamento che ha fatto seguito ad un'altra del valore di 600 milioni, per una riduzione totale dell'81,5 per cento in 18 mesi, nonostante i tassi in discesa; la perdita di 119 milioni di euro dovuta alla riclassificazione del valore di alcune partecipazioni in fondi Sicav per un valore totale di –55 per cento in 6 mesi, nonostante il rialzo dei mercati azionari; la perdita di 703 milioni dovuta ad un aumento dell'indice di copertura dei crediti deteriorati, passando in 6 mesi dal 35,1 per cento al 39,6 per cento, nonostante i segnali di miglioramento del mercato del credito italiano;
              a ciò si aggiunge il rilievo da parte della BCE, a seguito della sua ispezione dell'ottobre 2015, di una riserva di capitale inflazionata artificialmente, perché derivante da aumenti di capitale effettuati a prestito e in parte mediante l'interposizione di un soggetto terzo;
              tali aumenti di capitale realizzati nel 2013 e nel 2014 per quasi 1 miliardo di euro, infatti, sono avvenuti a fronte della concessione di prestiti a clienti e soci della banca, in molti casi con metodi «persuasivi» ai limiti del vero e proprio «ricatto»;
              ancor più grave rilevare il fatto che la vendita sia avvenuta ad un prezzo irragionevolmente alto, di 62,50 euro per azione, anche nell'imminenza della svalutazione avvenuta di lì a poco, facendo difficilmente credere che i vertici della Banca non conoscessero la sua reale consistenza patrimoniale quando hanno venduto a «prezzo pieno» azioni che poco dopo, nella primavera di quest'anno, lo stesso consiglio di amministrazione ha svalutato del 23 per cento, portandole al valore unitario di 48 euro (prezzo che il mercato comunque non riconosce, rendendo di fatto illiquide le azioni);
              con l'ultima Assemblea dei soci si è dato avvio all'iter di trasformazione della popolare Veneto Banca in S.p.a.;
              attualmente, la quotazione delle azioni di Veneto Banca di chi vorrà avvalersi del diritto di recesso è di 7 euro e 30 centesimi, indicativa del valore che avranno le azioni una volta che la società sarà quotata in Borsa, contro un valore di oltre 39 euro toccato solo ad aprile 2015;
              il valore più realistico delle azioni di Veneto Banca si dovrebbe attestare tra i 18,45 e i 21,21 euro;
              gli oltre 75 mila azionisti della Veneto Banca, in caso di quotazione a 7,30 euro, si troveranno quindi depauperati di ingenti somme, in taluni casi di tutto il risparmio, che era stato investito nella «banca del territorio»;
              ad aggravare la situazione vi sono inoltre numerosi clienti della Banca che hanno effettuato investimenti, dietro sollecitazione al risparmio, senza i benché minimi requisiti di informazione sul livello di rischiosità dei medesimi, così come previsti dalla vigente normativa;
              il provvedimento interviene in diversi ambiti della materia bancaria al fine di ristrutturare non soltanto il credito cooperativo, ma anche di rinforzare il sistema bancario nel suo complesso, attraverso la composizione degli interessi gravitanti intorno alla preoccupante presenza, nelle banche italiane, di crediti in sofferenza. Simile composizione degli interessi non può certo escludere la tutela dei risparmiatori: quest'ultimi, infatti, già ampiamente sfiduciati, se non nuovamente incoraggiati attraverso effettive garanzie, potrebbero creare seri pregiudizi alla stabilità del sistema bancario nel suo complesso;
              nel decreto in oggetto si prevedono inoltre specifiche disposizioni di regime fiscale sulle procedure di crisi e, in particolare, l'articolo 16 prevede un particolare regime di imposta per l'imposta di bollo ipotecaria e di registro, sui trasferimenti di immobili nell'ambito di vendite giudiziarie;
              si rende necessario l'affrancamento contabile delle azioni emesse dalle banche sottoposte da ultimo a procedura di risoluzione e dalle due banche in evidente stato di difficoltà a causa, anche, di npl presenti nel loro patrimonio,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative volte a prevedere, una deroga ai criteri di valutazione previsti dall'articolo 2426 del codice civile per i soggetti investitori non istituzionali che alla data del 31 dicembre 2015 siano proprietari di azioni emesse dalle Banche poste in risoluzione di cui al comma 842 della legge 28 dicembre 2015, n.  208, dalla Banca popolare di Vicenza o da Veneto Banca, iscritte a bilancio tra le immobilizzazioni finanziarie ovvero nell'attivo circolante, al fine di dare facoltà di iscrivere la svalutazione delle medesime a seguito dell'adeguamento al valore di mercato, in un apposita voce degli oneri pluriennali da ammortizzare in un arco temporale di 5 esercizi.

9/3606-A/117. Busin, Guidesi.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in oggetto prevede una riforma complessiva delle banche di credito cooperativo secondo un nuovo modello in cui è consentito svolgere attività bancaria soltanto se facenti parte di un gruppo bancario cooperativo;
              la disciplina prevede inoltre che il gruppo bancario debba essere guidato da una capogruppo;
              in particolare, la società per azioni capogruppo autorizzata all'esercizio dell'attività bancaria, alla quale sono attribuiti contrattualmente poteri di direzione e coordinamento del gruppo sulla base del contratto di coesione, deve detenere un patrimonio netto è di almeno 1 miliardo di euro;
              in questo modo si rischia di annullare la valenza territoriale del sistema mutualistico, postulando necessariamente la creazione di un'unica grande holding nazionale, governata in modo verticistico, con l'ovvia conseguenza di forte condizionamento da parte del gruppo sulla libertà di azione e sull'autonomia delle BCC in sede locale;
              anche gli stessi promotori della riforma sostengono infatti che si debbano comunque preservare le identità e le autonomie di specifici territori, al fine di tutelarne le «particolari forme di coesione ed organizzazione a livello territoriale»;
              in sede di esame referente in Commissione VI, l'unica territorialità riconosciuta e che resta dunque protetta è stata quella delle province autonome di Trento e Bolzano, per le quali, si consente alle banche di credito cooperativo aventi sede legale in queste province di costituire autonomi gruppi bancari cooperativi composti solo da banche aventi sede e operanti esclusivamente nella medesima province autonome, tra cui la corrispondente banca capogruppo, il cui limite patrimoniale sarà stabilito dalla Banca d'Italia;
              in questo modo, però, si ignorano le altre peculiarità, linguistiche, socioeconomiche, culturali, che rappresentano, invece, un importante valore aggiunto dell'intero Paese: seppur riconosciuta la necessità di salvaguardare specificità culturali e linguistiche, non si comprende perché le stesse non debbano essere riconosciute a tutti le regioni e province italiane,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a diminuire, il limite di 1 miliardo di euro per il patrimonio netto che la società bancaria deve detenere per costituirsi quale capogruppo del gruppo bancario cooperativo, in modo che più banche di credito cooperativo possano avere la possibilità di candidarsi come capogruppo, difendendo in questo modo la territorialità dei sistema mutualistico, come specificato in premessa.

9/3606-A/118. Gianluca Pini, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              nella parte relativa alla riforma del credito cooperativo, il provvedimento in esame prevede l'innalzamento del numero minimo di soci da 200 a 500 e del valore nominale della partecipazione detenibile da ciascun socio dagli attuali 50.000 euro a 100.000 euro;
              una simile previsione snatura di gran lunga la caratteristica territoriale e localistica intrinseca nel sistema mutualistico delle cooperative: la prima misura, infatti, impedisce che restino in vita le piccole banche di credito cooperativo territoriali; la seconda, al netto delle necessità di ricapitalizzazione degli istituti in difficoltà, si rende suscettibile di pregiudicare fortemente la partecipazione di coloro che sono già soci;
              le disposizioni, quindi, potrebbero non tutelate le legittime aspettative delle quote degli azionisti e di chi ha affidato i propri risparmi alle banche di credito cooperativo scegliendo di investire in istituti di credito che ora potrebbero modificare la propria forma giuridica e le relative forme organizzative e gestionali, con il concreto rischio di ritrovarsi in situazioni giuridiche e patrimoniali completamente differenti rispetto a quelle originarie, indipendentemente dalla loro volontà,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere in ribasso l'innalzamento del numero minimo di soci e del valore nominale della partecipazione detenibile da ciascun socio, al fine di tutelare la territorialità delle banche di credito cooperativo, come esposto in premessa.
9/3606-A/119 Rondini, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              la disposizione dell'articolo 16 prevede l'applicazione dell'imposta di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa a 200 euro sui trasferimenti di immobili nell'ambito di vendite giudiziarie, effettuati dalla data di entrata in vigore del provvedimento fino al 31 dicembre 2016, ma solo per coloro che dichiarano l'intenzione di trasferirli entro due anni (pena l'imposta dovuta nella misura ordinaria del 9 per cento e una sanzione amministrativa del 30 per cento oltre agli interessi di mora);
              le disposizioni contenute nel disegno di legge, costituiscono, ancora una volta, un favor alle banche e, stavolta, anche agli speculatori immobiliari, a sostegno, dunque, dei poteri economici del Paese, nonostante, in sede referente sia stato chiarito che tale agevolazione è emessa a favore di soggetti che svolgono attività d'impresa e, dopo le forti proteste delle opposizioni (anche contestuali allo schema di decreto legislativo riguardante il patto commissorio sui mutui ipotecari), sia stato inserito il comma 2-bis, ai sensi del quale i trasferimenti immobiliari nell'ambito di vendite giudiziarie emessi a favore di soggetti che non svolgono attività d'impresa sono anch'essi assoggettati alle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro, ove ricorrano i requisiti richiesti dalla legge per usufruire dell'agevolazione fiscale «prima casa»;
              suddetta disciplina, se sommata infatti all'atto del Governo n.  265, non fa altro che avvantaggiare in maniera del tutto sproporzionata e ingiusta il sistema bancario;
              nonostante la manifestata intenzione di modifica del noto articolo 120-quinquiesdecies dello schema di decreto, si continua a prevedere che, in caso di ritardato pagamento del rateo, lo snellimento e l'abbreviazione delle procedure nel caso di inadempimento del debitore si attuino attraverso l'espunzione dell'obbligo al ricorso alle procedure esecutive giudiziali;
              poco cambierà, infatti, se il numero delle rate ritardate che daranno il via libera alle banche di prendere il pieno possesso dell'immobile posto in garanzia del mutuo saranno 18 e non più 7, quando si elimina l'unico mezzo di tutela del risparmiatore, ossia quello giudiziale, di fronte ad una parte contrattuale così forte;
              il Governo, quindi, resta incurante delle problematiche ricadenti sulle piccole e medie imprese, sui commercianti e i professionisti in generale, anche di fronte alle gravi difficoltà economiche che questi si sono trovati a dover affrontare;
              se da un lato, sembra sia opportuno prevedere delle norme per aiutare il sistema bancario in sofferenza, dall'altro, è altrettanto opportuno tutelare i consumatori ed evitare che i costi di gestioni avventate e negligenti ricadano ingiustamente sui loro risparmi, facendo pagare a tanti l'esoso costo del profitto di pochi privilegiati,

impegna il Governo

a rivedere, attraverso ulteriori iniziative normative, l'agevolazione in misura fissa a 200 euro per l'imposta di registro, ipotecaria e catastale, in modo che possa riguardare l'intera platea di potenziali acquirenti, siano essi anche semplici cittadini, spinti presumibilmente da bisogni primari quali l'acquisto di un'abitazione, per sé o per i propri familiari, piuttosto che da intenti speculativi, come specificato in premessa.
9/3606-A/120. Guidesi, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              la legge 28 dicembre 2015, n.  208 (legge di stabilità 2016), ai commi 842 e seguenti, ha recepito il contenuto del decreto-legge 22 novembre 2015, n.  183 recante disposizioni urgenti per ¡1 settore creditizio, attraverso cui sono state applicate in Italia le nuove regole europee (appena recepite con il decreto legislativo 16 novembre 2015, n.  180) per il salvataggio bancario delle quattro banche Cariferrara, Banca Etruria, Banca Marche e Carichieti;
              Governo e Banca d'Italia hanno dichiarato che: «La soluzione adottata assicura la continuità operativa delle banche e il loro risanamento, nell'interesse dei territori in cui esse sono insediate; tutela i risparmi di famiglie e imprese investiti nella forma di depositi, conti correnti e obbligazioni ordinarie, preserva tutti i rapporti di lavoro in essere; non utilizza denaro pubblico»: poiché non si fa ricorso al bail-in, e quindi si preservano i titolari di depositi superiori a 100 mila euro, l'intero onere del salvataggio è stato – formalmente – posto a carico del sistema bancario italiano grazie alla liquidità garantita al Fondo di risoluzione attraverso Intesa-San Paolo, Unicredit e Ubi-Banca, a cui si aggiungono gli altri istituti italiani, chiamati a contribuire con una rata annua di 600 milioni;
              in realtà, l'onere è invece ricaduto anche sugli azionisti e sui titolari delle obbligazioni subordinate delle quattro banche: ciò ha quindi coinvolto circa 140 mila persone che hanno visto andare in fumo i risparmi di una vita e in difesa delle quali si sono schierate Federconsumatori e Adusbef che accusano il Governo di aver messo in campo «un bail-in mascherato per salvare i quattro istituti»;
              molti risparmiatori affermano, infatti, di non essere stati sufficientemente informati dai loro istituti circa la pericolosità delle azioni e delle obbligazioni che sono stati invitati a sottoscrivere;
              in mancanza di regole stringenti sul diritto di informazione, ma anche di comportamenti spesso poco trasparenti degli intermediari finanziari che si rendono responsabili della vendita di prodotti poco sicuri anche ai piccoli risparmiatori, si rende dunque necessario porre in essere una più ampia tutela degli investitori non istituzionali che non hanno le competenze e le conoscenze adeguate per giudicare l'affidabilità e la rischiosità delle diverse tipologie di titoli presenti sul mercato;
              l'articolo 8, comma 3 del provvedimento in esame, prevede il divieto di acquisto di titoli junior o mezzanine allo Stato, alle amministrazioni pubbliche e alle società direttamente o indirettamente controllate da amministrazioni pubbliche,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso ulteriori iniziative normative, che sia vietata la vendita di titoli junior o mezzanine anche agli investitori non istituzionali.
9/3606-A/121. Picchi, Busin.


      La Camera

impegna il Governo

a prevedere, attraverso ulteriori iniziative normative, che sia vietata la vendita di titoli junior o mezzanine anche agli investitori non istituzionali.
9/3606-A/121.    (Testo modificato nel corso della seduta) Picchi, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              la legge 28 dicembre 2015, n.  208 (legge di stabilità 2016), ai commi 842 e seguenti, ha recepito il contenuto del decreto-legge 22 novembre 2015, n.  183 recante disposizioni urgenti per il settore creditizio, attraverso cui sono state applicate in Italia le nuove regole europee (appena recepite con il decreto legislativo 16 novembre 2015, n.  180) per il salvataggio bancario delle quattro banche Cariferrara, Banca Etruria, Banca Marche e Carichieti;
              Governo e Banca d'Italia hanno dichiarato che: «La soluzione adottata assicura la continuità operativa delle banche e il loro risanamento, nell'interesse dei territori in cui esse sono insediate; tutela i risparmi di famiglie e imprese investiti nella forma di depositi, conti correnti e obbligazioni ordinarie, preserva tutti i rapporti di lavoro in essere; non utilizza denaro pubblico»: poiché non si fa ricorso al bail-in, e quindi si preservano i titolari di depositi superiori a 100 mila euro, l'intero onere del salvataggio è stato – formalmente – posto a carico del sistema bancario italiano grazie alla liquidità garantita al Fondo di risoluzione attraverso Intesa-San Paolo, Unicredit e Ubi-Banca, a cui si aggiungono gli altri istituti italiani, chiamati a contribuire con una rata annua di 600 milioni;
              in realtà, l'onere è invece ricaduto anche sugli azionisti e sui titolari delle obbligazioni subordinate delle quattro banche: ciò ha quindi coinvolto circa 140 mila persone che hanno visto andare in fumo i risparmi di una vita e in difesa delle quali si sono schierate Federconsumatori e Adusbef che accusano il Governo di aver messo in campo «un bail-in mascherato per salvare i quattro istituti»;
              molti risparmiatori affermano, infatti, di non essere stati sufficientemente informati dai loro istituti circa la pericolosità delle azioni e delle obbligazioni che sono stati invitati a sottoscrivere;
              in mancanza di regole stringenti sul diritto di informazione, ma anche di comportamenti spesso poco trasparenti degli intermediari finanziari che si rendono responsabili della vendita di prodotti poco sicuri anche ai piccoli risparmiatori, si rende dunque necessario porre in essere una più ampia tutela degli investitori non istituzionali che non hanno le competenze e le conoscenze adeguate per giudicare l'affidabilità e la rischiosità delle diverse tipologie di titoli presenti sul mercato;
              a fianco della riforma delle banche di credito cooperativo, il Capo II del decreto di oggetto in esame reca norme per la garanzia sulle operazioni di cartolarizzazione di crediti in sofferenza e il Capo III reca norme sul regime fiscale agevolato relativo a procedure di crisi;
              la disciplina, come si evince dalla stessa relazione governativa, si è resa necessaria, da un lato, a causa della crisi finanziaria che ha causato un numero pericoloso di sofferenze bancarie nel nostro sistema bancario, dall'altro, per aiutare quest'ultimo a superare indenne la crisi finanziaria appena trascorsa e le relative conseguenze, ancora pericolose, che questa ha lasciato in termini di titoli tossici presenti nei bilanci delle banche italiane e di situazioni patrimoniali a rischio di crisi;
              se da un lato, sembra sia opportuno prevedere delle norme per aiutare il sistema bancario in sofferenza, dall'altro, è altrettanto opportuno tutelare i consumatori ed evitare che i costi di gestioni avventate e negligenti ricadano ingiustamente sui loro risparmi, facendo pagare a tanti l'esoso costo del profitto di pochi privilegiati,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso ulteriori iniziative normative un sistema di tutela più ampio dei risparmiatori investitori non professionisti, stabilendo che sul sito internet della Banca d'Italia siano pubblicati annualmente, in un'apposita sezione informata ai principi della più ampia trasparenza e comprensibilità affinché anche gli utenti investitori non istituzionali possano conoscere e comprendere in maniera chiara, i dati informativi indicanti la solidità di tutti di istituti bancari e finanziari che operano sul territorio nazionale secondo un punteggio crescente di rischio di sottoposizione a procedure di risoluzione o gestione della crisi da 1 a 10.

9/3606-A/122. Saltamartini, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              la legge 28 dicembre 2015, n.  208 (legge di stabilità 2016), ai commi 842 e seguenti, ha recepito il contenuto del decreto-legge 22 novembre 2015, n.  183 recante disposizioni urgenti per il settore creditizio, attraverso cui sono state applicate in Italia le nuove regole europee (appena recepite con il decreto legislativo 16 novembre 2015, n.  180) per il salvataggio bancario delle quattro banche Cariferrara, Banca Etruria, Banca Marche e Carichieti;
              Governo e Banca d'Italia hanno dichiarato che: «La soluzione adottata assicura la continuità operativa delle banche e il loro risanamento, nell'interesse dei territori in cui esse sono insediate; tutela i risparmi di famiglie e imprese investiti nella forma di depositi, conti correnti e obbligazioni ordinarie, preserva tutti i rapporti di lavoro in essere; non utilizza denaro pubblico»: poiché non si fa ricorso al bail-in, e quindi si preservano i titolari di depositi superiori a 100 mila euro, l'intero onere del salvataggio è stato – formalmente – posto a carico del sistema bancario italiano grazie alla liquidità garantita al Fondo di risoluzione attraverso Intesa-San Paolo, Unicredit e Ubi-Banca, a cui si aggiungono gli altri istituti italiani, chiamati a contribuire con una rata annua di 600 milioni;
              in realtà, l'onere è invece ricaduto anche sugli azionisti e sui titolari delle obbligazioni subordinate delle quattro banche: ciò ha quindi coinvolto circa 140 mila persone che hanno visto andare in fumo i risparmi di una vita e in difesa delle quali si sono schierate Federconsumatori e Adusbef che accusano il Governo di aver messo in campo «un bail-in mascherato per salvare i quattro istituti»;
              molti risparmiatori affermano, infatti, di non essere stati sufficientemente informati dai loro istituti circa la pericolosità delle azioni e delle obbligazioni che sono stati invitati a sottoscrivere;
              in mancanza di regole stringenti sul diritto di informazione, ma anche di comportamenti spesso poco trasparenti degli intermediari finanziari che si rendono responsabili della vendita di prodotti poco sicuri anche ai piccoli risparmiatori, si rende dunque necessario porre in essere una più ampia tutela degli investitori non istituzionali che non hanno le competenze e le conoscenze adeguate per giudicare l'affidabilità e la rischiosità delle diverse tipologie di titoli presenti sul mercato;
              a fianco della riforma della banche di credito cooperativo, il Capo II del decreto di oggetto in esame reca norme per la garanzia sulle operazioni di cartolarizzazione di crediti in sofferenza e il Capo III reca norme sul regime fiscale agevolato relativo a procedure di crisi;
              la disciplina, come si evince dallo stessa relazione governativa, si è resa necessaria, da un lato, a causa della crisi finanziaria che ha causato un numero pericoloso di sofferenze bancarie nel nostro sistema bancario, dall'altro, per aiutare quest'ultimo a superare indenne la crisi finanziaria appena trascorsa e le relative conseguenze, ancora pericolose, che questa ha lasciato in termini di titoli tossici presenti nei bilanci delle banche italiane e di situazioni patrimoniali a rischio di crisi;
              se da un lato, sembra sia opportuno prevedere delle norme per aiutare il sistema bancario in sofferenza, dall'altro, è altrettanto opportuno tutelare i consumatori ed evitare che i costi di gestioni avventate e negligenti ricadano ingiustamente sui loro risparmi, facendo pagare a tanti l'esoso costo del profitto di pochi privilegiati,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso ulteriori iniziative normative, un sistema di tutela più ampio dei risparmiatori investitori non professionisti, stabilendo che sul sito internet della Banca d'Italia siano pubblicati annualmente, in un'apposita sezione informata ai principi della più ampia trasparenza e comprensibilità affinché anche gli utenti investitori non istituzionali possano conoscere e comprendere in maniera chiara, l'elenco di tutti i titoli, le obbligazioni e gli strumenti finanziari emessi ed offerti da ciascun istituto bancario e finanziario in cui è indicato il livello di rischio secondo un ordine crescente di rischio da 1 a 10.
9/3606-A/123. Simonetti, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              immediatamente dopo la grande crisi del 1929 il Presidente degli Stati Uniti F. D. Roosevelt per arginare la speculazione nel 1933 con il Glass-Steagall Act separò le attività bancarie tradizionali da quelle di investimento. Sessantasei anni dopo il Congresso Usa a maggioranza repubblicana e il democratico Clinton promuovono la Controriforma che ha generato i motivi delle crisi finanziare dell'inizio di questo millennio;
              è necessario rivalutare il modello del Glass-Steagall Act prevedendo da una parte le banche tradizionali a supporto alla produzione di beni e servizi dedite alla raccolta del risparmio e all'erogazione prestiti alle PMI che godono della garanzia statale, dall'altra parte le banche di investimento libere di speculare ma senza la garanzia pubblica;
              Francia, Germania e Regno Unito dopo la crisi economica del 2008 hanno intrapreso un importante processo di riforme incentrato sui controlli e sulla separazione bancaria,

impegna il Governo

a procedere ad intraprende un progetto di riforma del sistema bancario che preveda la netta separazione delle banche commerciali e di supporto alle imprese da quelle di investimento.
9/3606-A/124. Caparini, Guidesi.


      La Camera,
          premesso che:
              il Capo II del provvedimento in esame reca misure volte a definire un meccanismo per smaltire i crediti in sofferenza presenti nei bilanci bancari da attuare mediante la concessione di garanzie dello Stato nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione che abbiano come sottostante crediti in sofferenza (Garanzia cartolarizzazione crediti in sofferenza – GACS);
              oggetto della garanzia dello Stato sono solo le cartolarizzazioni cd. senior, ossia quelle considerate più sicure, in quanto sopportano per ultime eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese;
              al fine del rilascio della garanzia, i titoli devono avere preventivamente attenuto un rating uguale o superiore all'investment grade da un'agenzia di rating indipendente e inclusa nella lista delle agenzie accettate dalla BCE secondo i criteri che le agenzie stesse sono tenute ad osservare;
              sarebbe stato opportuno definire, nell'ambito della disciplina di attuazione delle disposizioni del decreto-legge in esame, una serie di parametri oggettivi per la valutazione preventiva dei crediti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare specifiche iniziative, concordate in sede europea, volte ad introdurre parametri oggettivi per la valutazione preventiva dei crediti di cui in premessa, utile al fine del rilascio della garanzia.
9/3606-A/125. Laffranco.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 3 del provvedimento prevede la concessione della garanzia statale su titoli cartolarizzati aventi come sottostanti i crediti in sofferenza delle banche con sede in Italia. La misura in esame viene sottoposta ad una valutazione della Commissione dell'Unione europea, all'esito positivo della quale sarà individuato un soggetto qualificato e indipendente, avente il compito di verificare la conformità del rilascio della garanzia alle norme italiane ed al parere dell'Unione europea;
              il testo prevede che il MEF abbia un lasso di tempo di 18 mesi (prorogabili per ulteriori 18 e decorrenti dall'entrata in vigore del decreto stesso) per concedere la garanzia di Stato sulle obbligazioni Senior emesse nell'ambito delle operazioni di cartolarizzazione;
              in considerazione del montante dei crediti in sofferenza attualmente in pancia alle banche nonché dalle tempistiche necessarie a comprendere l'iter per la richiesta della concessione della garanzia (incluso il tempo necessario per ottenere il rating) sarebbe stato opportuno concedere al MEF almeno ventiquattro mesi di tempo, prorogabili di ulteriori ventiquattro,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, e valutare l'opportunità di adottare iniziative volte ad assicurare al Ministero dell'economia e delle finanze più tempo per concedere la garanzia di Stato sulle obbligazioni senior emesse nell'ambito delle operazioni di cartolarizzazione.
9/3606-A/126. Occhiuto.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge n.  18 del 2016 reca la riforma delle banche di credito cooperativo, prevedendo che l'esercizio dell'attività bancaria in forma di banca di credito cooperativo è consentito solo alle BCC appartenenti ad un gruppo bancario cooperativo; parallelamente vengono innalzati i limiti al numero minimo di soci (500) e al valore nominale della partecipazione detenibile da ciascun socio (100 mila euro) in una BCC. Si stabilisce, inoltre, che la BCC esclusa da un gruppo bancario cooperativo possa continuare l'attività bancaria solo a seguito di un'autorizzazione della Banca d'Italia e trasformazione in S.p.A.;
              nella imminente e delicata fase di transizione al Gruppo Bancario Cooperativo, è necessario garantire il fondamentale ruolo di accompagnamento e rappresentanza svolto dalle strutture associative dalla categoria, in continuità con l'attuale e storico assetto organizzativo del credito cooperativo, confermando il ruolo essenziale della componente associativa nella garanzia delle finalità mutualistiche dello stesso,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa volta a valorizzare ad implementare il ruolo delle strutture associative della categoria, garantendo un ruolo di accompagnamento e rappresentanza, a piena tutela delle finalità mutualistiche del Credito Cooperativo.
9/3606-A/127. Crimi.


      La Camera,
          premesso che:
              il testo in esame consente alle banche di credito cooperativo aventi sede legale nelle province autonome di Trento e Bolzano di costituire autonomi gruppi bancari cooperativi composti solo da banche aventi sede e operanti esclusivamente nella medesima provincia autonoma, tra cui la corrispondente banca capogruppo, la quale adotta la forma di società per azioni o di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata. Il requisito minimo di patrimonio netto è stabilito dalla Banca d'Italia;
              la possibilità di costituire autonomi gruppi bancari cooperativi composti da banche operanti a livello locale è stata invece esclusa per le altre regioni a statuto speciale;
              è evidente come, al pari delle province autonome citate, le Regioni a statuto speciale abbiano chiari e riconosciuti compiti in materia di promozione e vigilanza del comparto cooperativo, a partire dalla Regione Friuli Venezia Giulia, le cui norme statutarie, approvate con legge costituzionale, e le relative disposizioni regionali di attuazione, sono molto chiare sul punto;
              l'esclusione delle Regioni a statuto speciale da questo ambito di autonomia già appositamente riconosciuto, costituisce quindi una violazione della specialità delle regioni, tutelata dall'articolo 116 della Costituzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a consentire alle BCC-CR aventi sede nei territori delle regioni a statuto speciale ed operanti nel territorio, al pari di quelle aventi sede nelle province autonome di Trento e Bolzano, la costituzione di eventuali gruppi bancari cooperativi autonomi, anche al fine di evitare possibili eccezioni di incostituzionalità.
9/3606-A/128. Sandra Savino.


      La Camera,
          premesso che:
              si continua a registrare una continua e persistente occupazione del sistema bancario a tutti i livelli, anche attraverso le fondazioni, da parte della politica;
              visti i casi del Banco di Sardegna e della stessa Fondazione;
              visti i casi in tante banche ad ogni livello che risultano la sistemazione di esponenti politici pensionati o fuoriusciti dal sistema politico in ruoli di primo piano e collegati,

impegna il Governo

a predisporre e proporre apposito provvedimento anche legislativo che preveda la totale incompatibilità, per almeno 10 anni dalla cessazione dal mandato istituzionale, di parlamentari nazionali o europei, consiglieri regionali o sindaci di città sopra i 10.000 abitanti con ruoli nei consigli di amministrazione e presidenze e qualsiasi altro organismo di banche ad ogni titolo.
9/3606-A/129. Pili.


      La Camera,
          premesso che:
              il credito cooperativo, attraverso le prime casse rurali nate alla fine del XIX secolo in Italia, è stata la prima e concreta opportunità per la gente comune di utilizzare i servizi finanziari;
              in oltre 100 anni esso ha permesso a milioni di piccoli agricoltori, artigiani, operai, imprenditori, professionisti, operatori del sociale e alle loro famiglie di ricevere fiducia, di ottenere credito, di migliorare le proprie condizioni di vita;
              queste piccole banche amiche, caratterizzate dalla loro prossimità fisica a coloro che hanno bisogno di risorse economiche e dalla solidarietà che deriva dalla comune vita nel medesimo territorio, hanno consentito di realizzare aspirazioni, di costruire prosperità, di far crescere le comunità locali e quindi l'Italia;
              il credito cooperativo ha introdotto nel mondo bancario i concetti e le prassi della responsabilità, della mutualità, ossia dell'auto-aiuto e dell'impegno collettivo a vantaggio del bene comune, con l'obiettivo di promuovere nel mondo della finanza principi differenti rispetto a quello del «più si ha, più è facile avere», riuscendo quindi nell'intento di «includere» migliaia di persone nella vita economica e sociale;
              il decreto in esame porta da 200 a 500 il numero minimo dei Soci delle Banche di Credito Cooperativo;
              in diversi territori italiani insistono BCC piccole (dal punto di vista del numero dei soci) ma virtuose che potrebbero rischiare di scomparire venendo meno ai principi in premessa,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad escludere le BCC autorizzate alla data di entrata in vigore del presente decreto dall'adeguamento previsto dall'articolo 34, comma 1 del decreto legislativo 1o settembre 1993 n.  385.
9/3606-A/130. Culotta, Ribaudo, Cardinale, Zoggia.


      La Camera,
          tenendo conto che le Banche di credito cooperativo si sono costituite fin dal 1864 nel nord d'Italia, la zona più ricca e sviluppata del Paese ed hanno avuto una rapida diffusione arrivando a superare il numero di 100 nel 1872 e di 200 nel 1882, per diffondersi, successivamente, anche in altre regioni del Paese, fino ad essere, all'inizio del Novecento, quasi 700;
          ricordando come le Banche cooperative di piccole dimensioni, rivolte ai bisogni del commercio e dell'industria di piccole e medie dimensioni, ma anche delle famiglie e guidate dai principi di cooperazione, localismo, solidarietà e sussidiarietà, si trovano a dover supplire, di fatto, alle gravi carenze del sistema bancario del Paese e, diventano, in pochi anni, banche di dimensioni medie e solo, in alcuni casi, di maggior dimensione;
          non dimenticando che il movimento cooperativo italiano si è trovato a dover supplire all'assenza di altre istituzioni e, anche per questo, si è strutturato con una notevole diversificazione al proprio interno assumendo una dimensione di capitale e un volume di affari superiore ai limiti del mutualismo riservato agli artigiani e ai piccoli imprenditori;
          la mancanza storica di un vero e proprio sistema bancario strutturato ha fatto delle banche di credito cooperativo un luogo di aggregazione e di confronto, oltre che di sostegno e di aiuto concreto, contribuendo a diffondere una vera e propria cultura economica, anche nei livelli più semplici della popolazione impegnata nella produzione e nella commercializzazione dei beni prodotti;
          come recita l'articolo 1 dello statuto della loro associazione erano impegnate: «raccogliere e pubblicare dati statistici diretti a far meglio note tali istituzioni fra loro e il pubblico... aiutare e promuovere moralmente le fondazioni di nuovi istituti di credito popolare autonomi mutui nelle varie parti d'Italia, tutelare e difendere i legittimi interessi del credito popolare... esaminare e discutere le questioni economiche amministrative e legislative riguardanti l'ordinamento del credito popolare»,

impegna il Governo

a valutare in che modo si possa valorizzare il Credito Popolare, perché resti fedele alla sua mission fondativa al servizio dei più semplici tra gli artigiani, garantendone i diritti fin dall'inizio della loro attività produttiva, soprattutto tra i giovani, sostenendone lo spirito di iniziativa e garantendone la qualità del lavoro.
9/3606-A/131. Binetti.


      La Camera,
          premesso che:
              la crisi finanziaria scoppiata sui finire del 2007 ha avuto effetti devastanti sull'economia e sull'occupazione. In Italia abbiamo registrato una caduta del prodotto che ha rarissimi precedenti e un aumento della disoccupazione, specie giovanile, che ha raggiunto livelli insostenibili, in questa particolare congiuntura storica l'economia e l'occupazione, seppur ancora lentamente, mostrano segnali di ripresa;
              tra i principali prerequisiti per consolidare la ripresa economica figura la stabilità del settore finanziario. Sia in Europa che in Italia il settore bancario gioca un ruolo fondamentale nel finanziamento dell'economia reale, essendo il principale veicolo di finanziamento degli investimenti infrastrutturali e delle PMI;
              per fronteggiare la crisi del settore creditizio, sia a livello europeo che a livello nazionale, sono state adottate importanti riforme. Certamente le riforme introdotte a livello di Unione europea, relative alla vigilanza unica, al meccanismo di risoluzione delle crisi e, quella in itinere, sulla garanzia dei depositi, rappresentano un segnale importante sia sotto il profilo della vigilanza, con riferimento alle banche significative la vigilanza è demandata direttamente alla BCE, sia per il consolidamento patrimoniale delle banche, fattore necessario a comprimere la propensione al rischio (moral hazard) degli istituti. Non da ultimo le riforme del settore bancario ingenerano effetti di non secondaria importanza sulla fiducia delle imprese e dei risparmiatori. In Italia il processo riformatore ha riguardato le più significative tra le banche popolari. L'approvazione della legge 24 marzo 2015, n.  33 di conversione del decreto-legge n.  3 del 2015 è intervenuta sulle banche popolari necessaria al fine di migliorare i livelli di trasparenza, di gestione e di offerta del credito;
              l'esigenza di assicurare al risparmio una particolare protezione trova pieno riconoscimento nell'articolo 47 della Costituzione. La tutela del risparmio riveste, pertanto, particolare importanza in quanto, unitamente all'esercizio del credito, costituisce uno dei fattori fondamentali a garanzia dell'equilibrio economico;
              la tutela del risparmio, inoltre, costituisce un elemento di non poco conto per il consolidamento ed il rafforzamento della fiducia dei risparmiatori nel settore bancario, con evidenti vantaggi che ciò reca sullo sviluppo delle attività economiche e produttive del Paese;
              il fallimento di quattro istituti di credito di rilevanza territoriale ha indotto il Governo ad intervenire, nel rispetto della normativa europea sul salvataggio interno delle banche (cd. Bail in), seguendo una procedura compatibile con quella europea sugli aiuti di Stato. Nella sostanza l'intervento del Governo prevede l'istituzione di un Fondo con una dotazione pari a 100 milioni di euro e le procedure da esperire, che possano essere in tutto o in parte anche di natura arbitrale, da definirsi con decreto ministeriale, finalizzata a consentire ai risparmiatori inconsapevoli dei profili di rischio degli strumenti finanziari subordinati emessi dalla Banca delle Marche Spa, dalla Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa, dalla Cassa di risparmio di Ferrara Spa e dalla Cassa di risparmio della provincia di Chieti Spa acquistati di recuperare per intero, o parzialmente, il capitale investito;
              nonostante la solidità del sistema del credito italiano sia stata appurata dalle istituzioni di vigilanza, nazionali e europee, non è escluso che in futuro casi simili a quelli suesposti non possano riaccadere. La fiducia dei risparmiatori è strettamente connessa con il buon funzionamento dei mercati finanziari e la stabilità del sistema bancario, pertanto, se necessario agire affinché il rischio di un crollo della fiducia sia reso, se non impossibile, quanto meno fortemente limitato;
              negli Stati Uniti, il Congresso per fronteggiare la gravissima crisi finanziaria scaturita, principalmente, da un sistema finanziario privo di una supervisione adeguata, efficace ed efficiente, ha approvato una riforma ambiziosa del settore finanziario. Nel 2010 il Governo ha firmato una legge, nota come «Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act». Con tale provvedimento è stata creata un'apposita istituzione pubblica, il Consumer Financial Protection Bureau, che ha il compito precipuo di garantire il rispetto delle leggi in materia di tutela del credito e dei risparmiatori, costituendo la prima istituzione preposta alla tutela del risparmiatore, finalizzata a disciplinare e regolamentare l'accesso ai mercati e prodotti finanziari, nonché a vietare l'esercizio di atti e pratiche sleali, ingannevoli, o abusive in relazione a prodotti e servizi finanziari ai consumatori;
              prima della nascita del Consumer Financial Protection Bureau negli Stati Uniti esistevano sette istituzioni responsabili a vario titolo della protezione finanziaria dei risparmiatori. Nessuna di esse disponeva di poteri e strumenti specifici e idonei a regolamentare il settore in modo trasparente e rigoroso. Con l'istituzione del Consumer Financial Protection Bureau gli Stati Uniti si sono dotati di una autorità pubblica di regolazione esclusivamente concentrata alla tutela del risparmiatore;
              nel nostro ordinamento le due istituzioni che assumono poteri di vigilanza e controllo sono riconosciute nella Banca d'Italia e nella Consob, Mentre la prima ha compiti legati fondamentalmente ad assicurare la stabilità monetaria e la stabilità finanziaria, la seconda, pur avendo competenze in materia di vigilanza sulla trasparenza e la correttezza dei comportamenti dei soggetti che operano sui mercati finanziari e in materia di regolamentazione e controllo, non ha poteri concentrati esclusivamente sulla protezione finanziaria dei risparmiatori;
              l'istituzione di una autorità pubblica avente come unico obiettivo la salvaguardia finanziaria dei risparmiatori può assommare un duplice vantaggio. Invero, il conferimento di un singolo obiettivo comporta una maggiore efficacia ed incisività nella tutela, del risparmio e rende immediatamente riconoscibile l'individuazione di responsabilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire, attraverso ulteriori iniziative normative, al fine di proporre l'istituzione di una autorità pubblica con specifici poteri e competenze ed avente il chiaro obiettivo di garantire la protezione finanziaria dei risparmiatori.
9/3606-A/132. Tidei.


PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE: GELLI ED ALTRI: MODIFICHE ALLA DELIBERAZIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI 17 NOVEMBRE 2014, RECANTE ISTITUZIONE DI UNA COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUL SISTEMA DI ACCOGLIENZA E DI IDENTIFICAZIONE, NONCHÉ SULLE CONDIZIONI DI TRATTENIMENTO DEI MIGRANTI NEI CENTRI DI ACCOGLIENZA, NEI CENTRI DI ACCOGLIENZA PER RICHIEDENTI ASILO E NEI CENTRI DI IDENTIFICAZIONE ED ESPULSIONE (DOC. XXII, N. 62-A)

Doc. XXII, n. 62-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti riferiti al Doc. XXII, n.  62-A.

Doc. XXII, n. 62-A – Articolo unico

ARTICOLO UNICO DELLA PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.

      1. All'articolo 1 della deliberazione della Camera dei deputati 17 novembre 2014 sono apportate le seguenti modificazioni:
          a) al comma 1:
              1) le parole: «per la durata di un anno» sono sostituite dalle seguenti: «per la durata della XVII legislatura»;
              2) le parole: «e di identificazione» sono sostituite dalle seguenti: «, di identificazione ed espulsione»;
             3) le parole: «nei centri di accoglienza (CDA), nei centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) e nei centri di identificazione ed espulsione (CIE)» sono sostituite dalle seguenti: «e sulle risorse pubbliche impegnate»;
          b) al comma 2:
              1) alla lettera a), le parole: «nei CDA, nei CARA e nei CIE» sono sostituite dalle seguenti: «nei centri di accoglienza e di trattenimento dei migranti»;
              2) alla lettera b), le parole: «nei CDA, nei CARA e nei CIE» sono sostituite dalle seguenti: «nei centri di accoglienza e di trattenimento dei migranti»;
              3) alla lettera d), le parole: «nei CDA e nei CARA e» sono sostituite dalla seguente: «nonché» e la parola: «CIE» è sostituita dalle seguenti: «centri di identificazione ed espulsione (CIE)»;
              4) alla lettera e), le parole: «trattenute all'interno di ciascun CIE e di quelle ospitate all'interno di ciascun CDA e di ciascun CARA» sono sostituite dalle seguenti: «nei centri di accoglienza e di trattenimento dei migranti» e le parole: «altri CIE, CDA e CARA» sono sostituite dalle seguenti: «altri centri di accoglienza e di trattenimento»;
              5) alla lettera g), le parole: «dei CDA, dei CARA e dei CIE» sono sostituite dalle seguenti: «dei centri di accoglienza e di trattenimento»;
              6) alla lettera i), le parole: «nei CDA, nei CARA e nei CIE» sono sostituite dalle seguenti: «nei centri di accoglienza e di trattenimento»;
          c) dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:
      «2-bis. La Commissione, in relazione ai compiti di cui al comma 2:
          a) accerta le modalità di svolgimento della procedura di identificazione e il rispetto delle garanzie di accesso alla procedura di richiesta di protezione internazionale, nonché l'efficacia del sistema di esame e valutazione delle domande di protezione internazionale, in relazione agli obblighi di protezione umanitaria e alle esigenze di sicurezza del territorio e della popolazione nazionale;
          b) verifica le misure adottate in tema di profilassi e assistenza sanitaria, a tutela della salute dei migranti e della popolazione residente;
          c) valuta l'attuale sistema dei centri di accoglienza, sia in relazione alla loro distribuzione nel territorio nazionale, sia in termini comparativi con altri possibili modelli organizzativi, nonché le procedure per l'affidamento degli appalti relativi ai servizi di gestione dei medesimi centri, con particolare riguardo ai requisiti previsti per la partecipazione alla procedura, agli strumenti di gestione contabile e al sistema dei controlli sulla gestione finanziaria e sulla qualità del servizio, anche acquisendo, con la collaborazione delle regioni e degli enti locali interessati, i documenti, le informazioni e gli elementi per valutare le ricadute di carattere sociale;
          d) svolge una specifica indagine sulle modalità di protezione dei minori stranieri non accompagnati e delle altre categorie di soggetti vulnerabili;
          e) accerta il rispetto della normativa vigente riferita alle misure di trattenimento dei migranti nei CIE e valuta le opportune modifiche volte a rendere più efficienti il meccanismo di rimpatrio e l'esecuzione dei provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale;
          f) indaga sulla gestione e verifica l'entità delle risorse pubbliche e dei fondi dell'Unione europea destinati e stanziati, in maniera distinta, per il sistema di accoglienza, di trattenimento e di rimpatrio dei migranti, accertando eventuali irregolarità nell'uso delle risorse e nell'esercizio della funzione di controllo.

      2-ter. La Commissione acquisisce dalle amministrazioni pubbliche e da agenzie o enti non governativi dati ed evidenze statistiche sul sistema di accoglienza e di identificazione, anche ai fini della diffusione pubblica dei dati non coperti da riservatezza, con le modalità individuate dall'ufficio di presidenza della Commissione medesima».

      2. All'articolo 2, comma 5, della deliberazione della Camera dei deputati 17 novembre 2014 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Entro il 31 dicembre di ogni anno la Commissione presenta alla Camera una relazione sull'attività svolta e sui risultati dell'inchiesta. Per l'attività svolta fino al 31 gennaio 2016 la Commissione presenta alla Camera una relazione entro il 30 aprile 2016».
      3. All'articolo 5, comma 5, della deliberazione della Camera dei deputati 17 novembre 2014, le parole: «nel limite massimo di 100.000 euro, di cui 10.000 euro per l'anno 2014 e 90.000 euro per l'anno 2015,» sono sostituite dalle seguenti: «nel limite massimo di 90.000 euro annui».
      4. Al titolo della deliberazione della Camera dei deputati 17 novembre 2014 sono apportate le seguenti modificazioni:
          a) le parole: «e di identificazione» sono sostituite dalle seguenti: «, di identificazione ed espulsione»;
          b) le parole: «nei centri di accoglienza, nei centri di accoglienza per richiedenti asilo e nei centri di identificazione ed espulsione» sono sostituite dalle seguenti: «e sulle risorse pubbliche impegnate».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO UNICO DELLA PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

ART. 1.

      Al comma 1, lettera a), numero 2), sostituire le parole: ed espulsione con le seguenti:, espulsione e rimpatrio.

      Conseguentemente, al comma 4, lettera a), sostituire le parole: ed espulsione con le seguenti:, espulsione e rimpatrio.
1. 1. Rondini.

      Al comma 1, lettera a), dopo il numero 2), aggiungere il seguente:
      2-bis) la parola: «migranti» è sostituita dalle seguenti: «richiedenti protezione internazionale e dei cittadini di Paesi terzi irregolari».

      Conseguentemente:
          al comma 1, lettera
b):
              numero 1), sostituire la parola: migranti con le seguenti: richiedenti protezione internazionale e dei cittadini di Paesi terzi irregolari;
              numero 2), sostituire la parola: migranti con le seguenti: richiedenti protezione internazionale e dei cittadini di Paesi terzi irregolari;
              numero 4), sostituire la parola: migranti con le seguenti: richiedenti protezione internazionale e dei cittadini di Paesi terzi irregolari;

          al comma 4, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:
          a-bis) la parola: «migranti» è sostituita dalle seguenti: «richiedenti protezione internazionale e dei cittadini di Paesi terzi irregolari».
1. 2. Rondini.

      Al comma 1, lettera a), numero 3), aggiungere, in fine, le parole: per fronteggiare il fenomeno migratorio.

      Conseguentemente, al comma 4, lettera b), aggiungere, in fine, le parole: per fronteggiare il fenomeno migratorio.
1. 20. Rondini.

      Al comma 1, lettera b), numero 4), dopo le parole: altri centri di accoglienza e di trattenimento aggiungere le seguenti:, le misure di sicurezza adottate,.
1. 6. Rondini.

      Al comma 1, lettera c), capoverso 2-bis, lettera e), dopo le parole: il rispetto aggiungere le seguenti: e la congruità.
1. 7. Rondini.

      Al comma 1, lettera c), capoverso 2-bis, lettera e), sostituire la parola: migranti con le seguenti: cittadini di Paesi terzi irregolari.
1. 8. Rondini.

      Al comma 1, lettera c), capoverso 2-bis, lettera e), dopo le parole: nei CIE aggiungere le seguenti:, verifica il numero e il funzionamento degli attuali accordi di riammissione con i Paesi terzi in essere e propone eventuali nuove intese bilaterali necessarie.
1. 9. Rondini.

      Al comma 1, lettera c), capoverso 2-bis, lettera e), sostituire la parola: modifiche con le seguenti: soluzioni di carattere legislativo e amministrativo, tra cui l'istituzione di un centro di identificazione ed espulsione (CIE) in ogni Regione,.
1. 10. Rondini.

      Al comma 1, lettera c), capoverso 2-bis, lettera e), aggiungere, in fine, le parole:, in applicazione delle disposizioni previste dalla direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008, per un'efficace azione di prevenzione e di contrasto all'immigrazione clandestina.
1. 11. Rondini.

      Al comma 1, lettera c), capoverso 2-bis, lettera f), dopo la parola: irregolarità aggiungere le seguenti: nella destinazione e.
1. 12. Rondini.

      Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
      1-bis. All'articolo 2, comma 4, della deliberazione della Camera dei deputati 17 novembre 2014, dopo la parola: «presidente» sono aggiunte le seguenti: «, da scegliersi tra i componenti appartenenti ai gruppi parlamentari di opposizione,».
1. 14. Rondini.