XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 1 aprile 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


      La Camera,
          premesso che:
              a partire dal 2016, come stabilito dall'articolo 1, comma 153, della legge 28 dicembre 2015, n.  208 (legge di stabilità 2016), il canone Rai verrà addebitato sulla bolletta elettrica con l'aggiunta, rispetto al passato, che d'ora in poi sarà presunta la detenzione dell'apparecchio nel caso in cui esista un'utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo in cui un soggetto ha la sua residenza anagrafica;
              l'articolo 1, comma 153, della legge 28 dicembre 2015, n.  208 interviene modificando l'articolo 1, comma 2, del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n.  246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n.  880, stabilendo che, ai fini della corresponsione del canone di abbonamento alla televisione per uso privato, «la detenzione di un apparecchio si presume altresì nel caso in cui esista un'utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo in cui un soggetto ha la sua residenza anagrafica»;
              tale presunzione contrasta secondo i firmatari del presente atto di indirizzo con la ratio affermata nel citato regio decreto-legge, in base al quale l'imposta si applica solo a chi effettivamente, e non presuntivamente, possieda un apparecchio adibito alla ricezione di radioaudizioni televisive nel territorio italiano;
              il citato articolo 1, comma 153, della legge di stabilità 2016, prevede anche che: «Allo scopo di superare le presunzioni di cui ai precedenti periodi, a decorrere dall'anno 2016 è ammessa esclusivamente una dichiarazione rilasciata ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.  445, la cui mendacia comporta gli effetti, anche penali, di cui all'articolo 76 del medesimo testo unico. Tale dichiarazione è presentata all'Agenzia delle entrate – Direzione provinciale I di Torino – Ufficio territoriale di Torino I – Sportello S.A.T., con le modalità definite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, e ha validità per l'anno in cui è stata presentata»;
              si fa, quindi, riferimento ad un'autocertificazione, una dichiarazione sostitutiva, con la quale il cittadino deve certificare di non possedere alcun apparecchio atto o adattabile alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive;
              la possibilità data agli utenti di poter presentare, con cadenza annuale, un'autocertificazione, in cui si dichiari il non possesso di alcun apparecchio radiotelevisivo inverte indebitamente il principio dell'onere della prova di cui all'articolo 2697 del codice civile, secondo il quale «chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento»;
              risulta decisamente spropositata e draconiana secondo i firmatari del presente atto la previsione della sanzione penale, ex articolo 76 del citato decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.  445, a fronte di autocertificazioni mendaci relative al possesso del televisore;
              l'Agenzia delle entrate, con il provvedimento pubblicato il 24 marzo 2016, ha definito, in termini che a loro volta presentano per i firmatari del presente atto di indirizzo numerosi profili di quantomeno dubbia legittimità, le modalità e i termini di presentazione della dichiarazione sostitutiva relativa al canone di abbonamento alla televisione per uso privato ai sensi del richiamato articolo 1, comma 153, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n.  208, e approvazione del relativo modello;
              il legislatore ha espressamente stabilito, all'articolo 1, comma 154, della legge di stabilità 2016, che «con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, da adottare entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti termini e modalità per il riversamento all'Erario, e per le conseguenze di eventuali ritardi, anche in forma di interessi moratori, dei canoni incassati dalle aziende di vendita dell'energia elettrica»;
              il 15 febbraio 2016 è scaduto il termine fissato dall'esecutivo, senza che sia stato, ancora oggi, emanato il decreto ministeriale che dovrebbe definire nel dettaglio termini e modalità di riscossione del canone Rai;
              da recenti notizie di stampa, si apprende che il decreto ministeriale in questione sarebbe stato trasmesso dal governo all'attenzione del Consiglio di Stato;
              la nuova normativa sull'esazione del canone Rai, all'articolo 1, comma 156, della legge 28 dicembre 2015, n.  208, al fine di individuare gli intestatari delle bollette e gli esenti, prevede che siano incrociate le banche dati dell'Anagrafe tributaria, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, l'Acquirente unico spa, il Ministero dell'interno, i comuni, nonché non meglio identificati «altri soggetti pubblici o privati» che, peraltro, saranno anche autorizzati allo scambio e all'utilizzo di queste informazioni;
              l'incrocio delle banche dati di innumerevoli soggetti pubblici e privati ed il continuo flusso di informazioni sensibili costituisce un problema di privacy per molte famiglie e singoli cittadini, ed aumenta notevolmente il rischio di commettere errori nell'identificazione dei soggetti intestatari delle bollette del canone radiotelevisivo;
              inoltre, le cosiddette domiciliazioni bancarie sono state spesso oggetto di controversie, causate da problemi tecnici, talvolta piuttosto significativi, relativi a difficoltà di comunicazione e di connessione tra i sistemi informatici della banca di riferimento del consumatore e quella della società energetica, con ritardi o inadempienze nell'aggiornamento dei database di quest'ultima;
              la disposizione in questione ha poi previsto che gli importi del canone Rai e dell'energia elettrica, seppur nella stessa fattura, restino distinti e separati, ma, contrariamente a questo principio, stabilisce anche, di fatto e sin da subito, un pagamento unico di entrambi gli importi, ponendo gli utenti nella condizione di subire, già dalla prima bolletta, un prelievo automatico delle somme relative al canone radiotelevisivo e, in caso di contestazioni, dover tentare di rientrare in possesso di tali importi solo in una fase successiva, con tutte le oggettive difficoltà che questo comporta;
              la sentenza della Corte costituzionale n.  284 del 26 giugno 2002 e la sentenza della Corte di cassazione del 3 agosto 1993 n.  8549 hanno acclarato che il canone tv ha natura di imposta il cui pagamento è dovuto in ragione della mera detenzione dell'apparecchio atto alla ricezione e in misura indipendente dalla quantità e qualità del relativo utilizzo;
              se il canone Rai rappresenta un'imposta e non una tariffa per un servizio, come stabilito dalla Consulta, esso si configura però per i firmatari del presente atto di indirizzo come una sorta di «imposta espropriativa», dal momento che la corresponsione dell'importo annuo stabilito in 100 euro, genererebbe un effetto paradossale: in pochi anni, l'imposta supererebbe il valore stesso del bene tassato;
              l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nel parere del 28 ottobre 2015, espresso in tema di inserimento del canone Rai nell'utenza elettrica ha precisato che, se da un lato il servizio pubblico può essere finanziato da una combinazione di risorse pubbliche e proventi commerciali, dall'altro occorre «certamente evitare che le risorse pubbliche siano utilizzate per il finanziamento di attività commerciali, situazione che determinerebbe un'evidente distorsione concorrenziale»;
              tuttavia, la Rai, in quanto «soggetto ibrido» coniuga obiettivi pubblicistici e commerciali a loro volta finanziati sia da risorse pubbliche (il canone) sia da attività commerciali. La Rai, inoltre, a differenza delle altre tv europee si finanzia attraverso risorse pubblicitarie molto consistenti, anche rispetto alle altre televisioni pubbliche europee; circa il 46 per cento delle risorse Rai provengono dagli introiti pubblicitari, contro il 13 per cento di pubblicità della tv pubblica tedesca Zdf-Adr, mentre la tv pubblica inglese Bbc, non manda in onda pubblicità;
              la prima rata del canone Rai, inclusa nella bolletta elettrica sarà emessa a partire dal 1 luglio 2016, ma ancora oggi sono molte le criticità per i cittadini circa i termini e le modalità di riscossione del canone. Il gruppo Forza Italia, attraverso una serie di atti di sindacato ispettivo depositati a prima firma dell'onorevole Simone Baldelli, e sottoscritte dal capogruppo e dai deputati membri delle Commissioni attività produttive e finanze della Camera dei deputati, ha già avuto modo di sollevare le diverse questioni poste dall'introduzione della nuova normativa in materia di riscossione del canone Rai, che non hanno ancora trovato una risposta compiuta da parte del Governo;
              tali criticità, abbinate alla poca chiarezza e all'esasperazione fiscale che già grava sui contribuenti, rischiano di creare un ulteriore cortocircuito nel rapporto tra cittadini e fisco, con conseguenti ripercussioni dannose anche dal punto di vista erariale,

impegna il Governo:

          a valutare gli effetti applicativi della nuova normativa, anche alla luce della necessaria tutela della privacy che deve essere garantita agli utenti e contribuenti, attraverso la protezione dei dati sensibili;
          a fornire, senza ulteriori ritardi, i chiarimenti necessari, attraverso il decreto del Ministero dello sviluppo economico, tali da definire, in modo esaustivo, quali apparecchi sono soggetti al pagamento del tributo, escludendo dall'imposizione quelli il cui uso è destinato a finalità differenti dalla visione dei programmi televisivi;
          ad adottare ogni opportuna iniziativa volta ad evitare il rischio di eventuali cortocircuiti del sistema di domiciliazione bancaria, e di ogni altro effetto che possa ripercuotersi negativamente su consumatori e contribuenti, con particolare riferimento alle ipotesi di errori o ritardi nel riversamento all'Erario delle somme incassate da parte delle imprese elettriche e alle eventuali indebite conseguenze negative, compreso l'onere della prova o vario genere di aggravi, sugli utenti consumatori;
          ad assumere iniziative normative per definire specifici mezzi a disposizione degli utenti per tutelarsi in caso di errori, abusi o comportamenti contrari al codice del consumo nell'ambito della riscossione del canone Rai in bolletta elettrica;
          a riferire, attraverso una specifica relazione alle Camere, in merito ai dati e all'applicazione della nuova normativa in materia di riscossione del canone Rai, e, alla luce del quadro rilevato, a valutare il superamento della previsione normativa contenuta all'articolo 1, comma 153, della legge 28 dicembre 2015, n.  208, attraverso il ripristino dello status quo precedente alle disposizioni contenute nella legge n.  208 del 2015, ovvero attraverso l'individuazione di un nuovo meccanismo di riscossione del canone, che superi le criticità organizzative e fiscali riscontrate, e che non ravvisi profili di rischio per la necessaria tutela degli utenti e contribuenti.
(1-01206) «Brunetta, Baldelli, Occhiuto, Gelmini, Polidori, Giammanco, Squeri, Sandra Savino, Giacomoni, Laffranco».

Risoluzione in Commissione:


      La VII e la XI Commissione,
          premesso che:
              la cultura e la formazione rivestono un ruolo molto importante per il futuro delle nuove generazioni e, in società allargate, come quella che ci si appresta a governare, aumenta l'esigenza di una formazione permanente, soprattutto perché l'Europa, come auspica l'agenda di Lisbona, deve divenire una società più dinamica e competitiva del mondo, e questo può avvenire solo se i cittadini saranno in grado di affrontare nuove sfide e se avranno informazioni e competenze necessarie per risolvere i problemi e la capacità critica per valutare la complessità delle situazioni;
              i cittadini saranno veramente tali, consapevoli dei loro diritti, capaci di scegliere e di partecipare attivamente alla costituzione di società avanzate e plurali, se sapranno capire il mondo che li circonda e convivere e dialogare con civiltà, culture, tradizioni, religioni diverse, a patto che le diverse peculiarità e differenze possano essere conosciute, valutate e apprezzate;
              la globalizzazione ha portato a preferire la comunicazione telematica, sovente superficiale, limitate a informazioni essenziali, molto sintetiche con effetti negativi quali: l'omologazione alla lingua unica infarcita di terminologia straniera che penalizza il principio «unità della diversità» che l'Europa promuove e la prevalenza di una cultura sulle altre;
              stessa sorte capita alla legislazione nazionale in nome di quella semplificazione che rischia di penalizzare proprio quelle specificità che, invece, andrebbero valorizzate e difese e che rappresentano la storia e le tradizioni meglio di altre e che uniscono al di là delle parole;
              il linguaggio universale dell'arte, infatti, di cui il nostro Paese è leader nel mondo, sta subendo una grave ingiustizia. Contribuisce da secoli a produrre cultura e rappresenta una unicità che è globalmente riconosciuta, eppure rischia una retrocessione di trenta anni rispetto alle conquiste che il settore AFAM (alta formazione artistica e musicale) aveva ottenuto con l'approvazione della legge n.  508 del 1999 e sue modificazioni;
              l'eccellenza artistica, quella che tutto il mondo invidia all'Italia è stata penalizzata dai sedici anni trascorsi in attesa dei decreti attuativi mai prodotti e che, di fatto, hanno compromesso nella sua efficacia, proprio la tanto attesa legge di riforma (508/99) che aveva riconosciuto alle istituzioni AFAM i titoli di studio «accademici» di primo e secondo livello (al pari delle università), nonché i titoli di secondo livello abilitanti all'insegnamento di discipline musicali nella scuola secondaria;
              le storiche istituzioni dell'arte, valorizzate nel resto d'Europa, penalizzate in Italia, con la riforma cosiddetta Madia rischiano di perdere l'autonomia e il prestigio che si sono meritatamente conquistate nonché il livello universitario, contrariamente a quanto avviene a livello internazionale;

impegnano il Governo:

          ad adottare tempestive iniziative che garantiscano la competitività degli artisti affinché nel settore dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, l'attuazione del decreto legislativo n.  150 del 2009 della legge 124/2015, non azzeri anni di faticose conquiste e si riconosca a questo settore ciò che merita;
          ad assumere iniziative per superare la disparità di trattamento economico tra i professori dell'Afam e i colleghi universitari, ad avviso della firmataria del presente atto ingiusta e incostituzionale;
          ad assumere iniziative per modificare il comma 6 dell'articolo 2 della legge n.  508 del 1999 affinché il trattamento economico e giuridico del personale docente delle istituzioni sia equiparato a tutti gli effetti a quello del personale docente universitario.
(7-00954) «Vezzali, Palladino».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      BECHIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          la Commissione per le adozioni internazionali (CAI) garantisce che le adozioni di bambini stranieri avvengano nel rispetto dei principi stabiliti dalla Convenzione dell'Aja del 29 maggio 1993 sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale;
          la Commissione per le adozioni internazionali, che opera presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, è l'autorità centrale del nostro Paese in materia di adozioni internazionali rispetto al Segretariato dell'Aja;
          il presidente della Commissione trasmette al Parlamento una relazione biennale sullo stato delle adozioni internazionali, sullo stato della attuazione della Convenzione e sulla stipulazione di accordi bilaterali anche con Paesi non aderenti alla stessa;
          la Commissione agisce al fine di assicurare l'omogenea diffusione degli enti autorizzati sul territorio nazionale e delle relative rappresentanze nei Paesi stranieri, favorendone il coordinamento, nonché la fusione al fine di ridurne complessivamente il numero e migliorarne l'efficacia e la qualità;
          all'albo degli enti autorizzati sono iscritti 62 enti, di cui due iscritti a Euradopt, associazione europea che riunisce 20 enti autorizzati di 14 Paesi europei diversi;
          dal 2000, dopo la ratifica della Convenzione dell'Aja, l'Italia ha prodotto dei rapporti annuali con statistiche molto dettagliate, ma l'ultimo rapporto statistico disponibile sul sito della Commissione è il «rapporto della Commissione per le adozioni internazionali sui fascicoli dal 1o gennaio al 31 dicembre 2013»;
          l'Italia è il secondo Stato al mondo per numero di bambini accolti dopo gli Stati Uniti, con 2825 adozioni internazionali realizzate nel 2013;
          l'interrogante ritiene che, valutato il considerevole peso dei dati forniti dal nostro Paese al fine di monitorare il fenomeno delle adozioni internazionali, la mancanza dei dati relativi al 2014 rappresenti una grave inadempienza relativa agli impegni assunti dall'Italia con la sottoscrizione della Convenzione de L'Aja del 29 maggio 1993  –:
          se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti intenda assumere il Presidente del Consiglio dei ministri al fine di provvedere alla tempestiva pubblicazione dei dati statistici relativi ai fascicoli dal 1o gennaio al 31 dicembre 2014 delle adozioni internazionali.
(5-08294)


      DI VITA, SILVIA GIORDANO, MANTERO, LOREFICE, GRILLO, BARONI e COLONNESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
          la legge n.  190 del 2012, al comma 50, lettera b) dell'articolo 1, dispone che il Governo, nell'attuazione della delega, preveda «in modo esplicito, ai fini della prevenzione e del contrasto della corruzione, i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali, adottando in via generale il criterio della non conferibilità per coloro che per un congruo periodo di tempo, non inferiore ad un anno, antecedente al conferimento, abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato sottoposti a controllo o finanziati da parte dell'amministrazione che conferisce l'incarico», la medesima legge delega prevedeva inoltre che nella disciplina fossero compresi gli incarichi di direttore generale, sanitario e amministrativo delle aziende sanitarie locali e delle    aziende ospedaliere;
          il decreto legislativo n.  39 del 2013, attuativo della legge delega innanzi citata, prevede specifiche cause di inconferibilità e di incompatibilità e segnatamente, all'articolo 5, prevede che «gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che, nei due anni precedenti, abbiano svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dal servizio sanitario regionale»;
          non di rado accade che le nomine di direttori generali, sanitari e amministrativi delle aziende sanitarie locali ricadano invece su soggetti che, nei due anni precedenti, abbiano ricoperto cariche o incarichi in enti di diritto privato che, in presenza o meno di controllo pubblico, sono di fatto regolati o finanziati dal servizio sanitario regionale;
          dinanzi a questi casi di presunta inconferibilità, come segnalati anche all'Anac, emerge un «affanno interpretativo» che appare concentrarsi sulla distinzione tra «enti regolati o finanziati» ed «enti in controllo pubblico» oppure, in altri casi, su quali siano le cariche o gli incarichi inconferibili, con particolare riferimento alla presenza o meno di poteri gestionali;
          questo «affanno interpretativo» si evince in diversi pareri, orientamenti e segnalazioni dell'Anac medesima che, come più volte ha richiesto anche al Parlamento, necessita di un sostegno del legislatore nella corretta ed autentica interpretazione delle norme sulla prevenzione della corruzione, anche al fine di rendere rispondenti i principi e criteri direttivi della delega con i susseguenti decreti legislativi emanati;
          si cita, a titolo di esempio comunque non esaustivo, il caso di alcuni amministratori o dirigenti della la S.E.U.S. Scpa (Sicilia emergenza-urgenza sanitaria), che sono stati nominati, anche a distanza di pochi mesi, direttori sanitari o generali nelle aziende del servizio sanitario regionale; la S.E.U.S. Scpa è una società consortile per azioni a capitale interamente pubblico, costituita tra la regione Siciliana, socio pubblico di maggioranza, e le aziende del servizio sanitario regionale e, nell'ambito delle convenzioni sottoscritte finalizzate a fornire personale e mezzi per la gestione del servizio di trasporto nell'ambito del servizio di emergenza-urgenza territoriale 118, è senza dubbio finanziata dal servizio sanitario regionale;
          nell'ambito quindi dei presunti profili di inconferibilità riguardo gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo, come segnalati anche da alcuni deputati del M5S, è emersa da parte dell'Anac la necessità di accertare, prioritariamente, la sussumibilità della Seus Scpa quale «ente di diritto privato regolato e finanziato da pubbliche amministrazioni», oppure quale «ente di diritto privato in controllo pubblico», discrimine che, a parere dell'Anac, rende sussistente o meno la causa d'inconferibilità come definita all'articolo 5 del decreto legislativo n.  39 del 2013; tale discrimine invece non sembra rinvenirsi nei principi e criteri direttivi della legge delega sopra richiamata che, all'articolo 1, comma 50, lettera b), parla di esplicita inconferibilità per coloro che «abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato sottoposti a controllo o finanziati da parte dell'amministrazione»;
          non si può non rilevare che l'articolo 5 del decreto n.  39 del 2013 fa riferimento ad enti finanziati dal servizio sanitario regionale (e non già o non solo dalla pubblica amministrazione conferente) quasi a rilevare una peculiarità che ben potrebbe esse inclusiva tanto degli enti in controllo pubblico quanto degli enti che non lo siano;
          con due successive delibere (n.  163 del 17 febbraio 2016 e n.  211 del 2 marzo 2016), l'Anac ha quindi ritenuto non sussistenti le inconferibilità segnalate, giacché le norme statutarie della Seus Scpa portano ad individuare tale società come un «ente di diritto privato in controllo pubblico», peraltro esprimendo un diverso avviso od orientamento rispetto, a quanto la stessa previgente autorità di vigilanza dei contratti pubblici, con la deliberazione n.  87 nell'adunanza del 6 ottobre 2011, riguardo alla Seus Scpa, ebbe ad asserire ovvero che «... nello statuto sociale non si riscontrano tutti i presupposti per configurare un'ipotesi di in house providing, come delineati dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale», le deliberazioni dell'Anac del 2016 risultano esprimere inoltre, a quanto consta agli interroganti, un orientamento contrario a quello espresso anche dal Tar della Sicilia, sez. 1 Palermo (13 gennaio 2012 n.  44) ovvero che «Nel caso di specie (ndr Seus Scpa), infatti, non sussiste il requisito del controllo analogo a causa della vocazione commerciale della società affidataria»;
          nell'ottica di semplificare, e non certamente stravolgere, e nell'intento di risolvere le lamentate incongruenze riguardo una efficace interpretazione e applicazione da parte dell'Anac delle norme riferibili alla trasparenza e alla prevenzione della corruzione, nonché riordinare anche il complesso e variegato mondo delle società partecipate, la legge 7 agosto 2015, n.  124 recante «deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», prevede:
              all'articolo 7, la delega per la revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, nel rispetto dei principi e criteri direttivi stabiliti dall'articolo 1, comma 35, della legge 6 novembre 2012, n.  190;
          all'articolo 18, la delega per il riordino della disciplina delle partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche, al fine prioritario di assicurare la chiarezza della disciplina, la semplificazione normativa e la tutela e promozione della concorrenza;
          inoltre, nell'ottica di rafforzare la legislazione relativa all'anticorruzione e la lotta a questa tipologia di reati, il Governo, già con il decreto-legge 24 giugno 2014, n.  90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, intendeva dare massima funzionalità ed efficacia alle misure di prevenzione della corruzione e aveva scelto di far confluire l'Avcp, l'autorità preposta alla vigilanza del settore dei contratti e degli appalti pubblici, nell'Anac, l'Autorità nazionale anticorruzione;
          l'auspicio del legislatore era che tale unificazione potesse in qualche maniera armonizzare, in una visione d'insieme, le norme che regolano sia i contratti pubblici e sia la prevenzione della corruzione che ha, come corpus dominante, anche la risoluzione del conflitto d'interesse, ovvero delle cause d'inconferibilità e d'incompatibilità in capo agli amministratori pubblici;
          a seguito dell'assorbimento dell'Avcp, l'Anac gode quindi di poteri estremamente ampi di vigilanza e intervento volti a garantire la trasparenza nell'ambito dei contratti pubblici, delle amministrazioni pubbliche, delle società partecipate e sottoposte a controllo pubblico, nonché a prevenire tutti i rischi di corruzione connessi anche alle diverse cause, d'inconferibilità e d'incompatibilità;
          in tal senso, come riportato da diverse fonti giornalistiche del 25 febbraio 2016, hanno peraltro destato particolare preoccupazione alcune dichiarazioni rilasciate dallo stesso presidente Cantone che, in sintesi, ha affermato che l'Autorità nazionale anticorruzione sconterebbe una rigidità della spesa tale da non permettere il corretto svolgimento delle sue funzioni, ora notevolmente implementate;
          in proposito preme ricordare che già nel 2014 il gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle non esitò a lanciare un allarme in merito alla non adeguatezza delle risorse a disposizione dell'Anac denunciando in particolare come tale circostanza denotasse un chiaro segnale di quanto scarso fosse l'interesse delle istituzioni verso il fenomeno endemico della corruzione e chiedendo espressamente che l'Anac venisse dotata delle risorse umane e delle competenze necessarie per svolgere il suo difficile compito a pieno regime  –:
          quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere per una efficace interpretazione ed estesa attuazione delle norme in materia di trasparenza e di prevenzione della corruzione, e per superare tutte le incongruenze o comunque le difficoltà interpretative che finiscono per generare un'applicazione parziale di principi che sono diretta attuazione dell'articolo 97 della Costituzione;
          quali iniziative normative urgenti intenda porre in essere per garantire la disponibilità di adeguate risorse e, dunque, la piena funzionalità dell'Autorità nazionale anticorruzione, in particolare in virtù dei nuovi compiti ad essa affidati per legge. (5-08296)


      VEZZALI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          è stato riconosciuto che lo sport ha un enorme valore nello sviluppo psicofisico dei bambini e che attraverso la pratica sportiva si matura una consapevolezza della salute fisica che passa anche attraverso l'educazione alimentare e riduce rischi di malattie importanti nell'età adulta;
          lo sport ha un importante valore educativo (rispetto delle regole, impegno costante, lealtà, gruppo); è un valido mezzo di integrazione visto che la pratica sportiva non fa distinzione fra colore, religione, genere; rappresenta uno strumento di pace e legalità;
          grazie alla pratica sportiva, in molte periferie degradate, si è evitato l'abbandono scolastico e si è impedito a intere generazioni di essere coinvolte in attività illecite da parte della criminalità;
          la maggior parte delle attività sportive è praticata in strutture di fortuna, da società sportive dilettantistiche che si autofinanziano; esse hanno beneficiato di agevolazioni fiscali, possono partecipare ai finanziamenti regionali per realizzare progetti; ma fanno fatica a trovare sponsor;
          buona parte degli edifici scolastici è privo di palestra o ne ha una non adeguata;
          il cofinanziamento pubblico-privato ha dato buoni risultati nel recupero del patrimonio architettonico, delle aree di interesse artistico, nella valorizzazione museale e in altri settori;
          l'impiantistica sportiva ha costi notevoli che i comuni non possono sostenere da soli;
          occorre incoraggiare un settore che ottiene risultati nonostante l'inadeguatezza delle risorse su cui può contare  –:
          se non ritengano che sia necessario assumere iniziative per:
              a) prevedere misure che favoriscano investimenti privati nell'impiantistica sportiva attraverso bonus fiscali o concessione di finanziamenti agevolati;
              b) incoraggiare con finanziamenti ad hoc i comuni o consorzi di comuni alla sistemazione e valorizzazione di aree dismesse da destinare alla pratica sportiva e alla organizzazione di aree verdi per favorire le attività fisiche all'aperto;
              c) concedere, nei termini consentiti dalla legge, ordine di priorità alle domande presentate da enti, federazioni e società sportive, in occasione di bandi o iniziative poste in essere da enti pubblici volte a dismettere il patrimonio immobiliare;
              d) predispone misure a favore delle società sportive dilettantistiche tali da incoraggiarle ad autofinanziare impiantistica conforme alle norme di sicurezza per ospitare il maggior numero di giovani e avviare i più dotati all'agonismo;
              e) estendere misure quali l’art bonus o le detrazioni nella raccolta pubblicitaria per l'editoria; anche alle sponsorizzazioni sportive per favorire quelle società non professionistiche che a fatica riescono a garantirsi la continuità nell'attività, al fine di stimolare un reale mecenatismo sportivo che possa apportare benefici all'intero e complesso movimento sportivo nazionale;
          f) ampliare almeno a 500 euro l'importo massimo detraibile, quale somma destinata all'attività sportiva, visto che i costi per praticare attività sportiva dilettantistica ricadono completamente sulle famiglie degli atleti (soprattutto minorenni) che per incoraggiare e seguire i figli sono costretti a fare enormi sacrifici.
(5-08298)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


      SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          la discarica comprensoriale dei rifiuti solidi urbani sita in Contrada Pozzo Bollente, a Vittoria (Rg), nata nel 1995 e di proprietà del comune, pensata come una discarica a piano di campagna, è stata chiusa nel 2010 per mancanza di capacità ricettiva, dopo essere giunta agli attuali 12 – 13 metri fuori suolo;
          con ordinanza del commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque del 30 dicembre 2003, pubblicata in Gazzetta Ufficiale della regione siciliana 27 febbraio 2004 n.  9, sono state determinate le tariffe di smaltimento dei rifiuti non pericolosi in discariche pubbliche finanziate dal commissario delegato, tra cui quelle per la gestione post mortem della discarica;
          nel 2006 è stato concordato tra il comune di Vittoria e l'ATO Ragusa Ambiente spa che la discarica venisse gestita esclusivamente dall'ATO, gestione iniziata nei primi mesi del 2007 e per questi tre anni le fatturazioni sono state emesse con il relativo accantonamento delle risorse per il post mortem e la messa in sicurezza;
          con la legge regionale 8 aprile 2010, n.  9, è stata dettata una nuova disciplina della gestione integrata dei rifiuti e della bonifica dei siti inquinati. In particolare, con questa legge è stata prevista la liquidazione delle società d'ambito (ATO Ragusa Ambiente spa) e sono state create le cosiddette SRR (società per la regolamentazione del servizio di gestione dei rifiuti), costituite dalla provincia e dai comuni che fanno parte dell'ambito territoriale ottimale, ma ad oggi non operative;
          la discarica di Pozzo Bollente dal 2010 satura e inattiva non è stata ancora messa in sicurezza, un'intera comunità di cittadini, da anni, è costretta a vivere in condizioni di pericolo e di estremo disagio ambientale, all'ombra di una montagna di rifiuti affioranti in superficie alta circa 12 metri, a soli 400 metri di distanza dalle attività produttive commerciali ed artigianali della città. Infatti, al momento della chiusura si sono rilevate le gravi omissioni dell'ente gestore (ATO Ragusa Ambiente spa) che non si è adoperato a tal fine, né predisponendo un adeguato progetto di bonifica dopo la chiusura della discarica né rispettando le prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale emesse dall'assessorato territorio e ambiente durante la gestione;
          da fonti stampa si apprende che i recenti sopralluoghi delle autorità e degli addetti ai lavori al sito hanno fatto gridare al disastro ecologico e all'orrore ambientale, poiché a tutt'oggi non si sarebbe proceduto a nessuna azione di messa in sicurezza, per come si evince dai rifiuti affioranti in superficie, né il telo impermeabilizzante di chiusura della parte superiore sarebbe stato saldato a quello di fondo vasca, consentendo, così, alle acque piovane di infiltrarsi fra i rifiuti causando una produzione eccessiva del percolato che dovrà essere in ogni caso smaltito per evitare l'inquinamento della falda acquifera sottostante. Mentre il centro di raccolta ingombranti sarebbe stracolmo di vari materiali che non vengono smaltiti, ivi comprese diverse tonnellate di copertoni, lastre di amianto, oli esausti, monitor, tv e frigoriferi, e il centro per il trattamento della frazione dell'umido risulterebbe incompleto e abbandonato con all'interno attrezzature per svariati milioni di euro, tanto da subire atti vandalici, pur essendoci un servizio di guardiania;
          nonostante siano stati consegnati i primi lavori per la messa in sicurezza della discarica di Contrada Pozzo Bollente (che prevedono la copertura provvisoria dell'area con un telo in polietilene, la creazione di trentaquattro pozzi di captazione e lo smaltimento del biogas e la realizzazione di canalette perimetrali per evitare infiltrazioni piovane) alla ditta 2G Costruzioni srl di Agrigento (con un ribasso del 37 per cento si è aggiudicata la gara per i lavori) la condizione ambientali, di sicurezza dell'igiene pubblica e l'integrità della falda acquifera dell'intera area sono a rischio di forte inquinamento;
          l'assessorato regionale dell'energia e dei servizi di pubblica utilità, chiamato a dirimere la vicenda, si è più volte espresso affermando di non avere i fondi per sostituirsi agli enti (per mettere in sicurezza la discarica si stima una cifra di circa 6/7 milioni di euro), e che i fondi andrebbero ricercati nelle cifre fatturate dall'ATO Ragusa Ambiente spa a tutti i comuni che conferivano i rifiuti solidi urbani nella discarica  –:
          se, in nome della sicurezza ambientale, il Ministro interrogato non reputi doveroso avviare, anche per il tramite del Comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente, un accertamento sullo stato dei luoghi, verificando se il biogas e il percolato vengano attualmente smaltiti regolarmente secondo i piani di post-operatività, e se le analisi alle acque dei pozzi vengano effettuate regolarmente e con quale risultato. (4-12715)


      PRODANI, MUCCI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la Ferriera di Servola (Trieste) è uno stabilimento industriale dedito principalmente alla produzione di ghisa, destinata ai settori metalmeccanico e siderurgico, passato, nel 2014, dalla Lucchini in A.S. alla Siderurgica Triestina S.r.l., società del gruppo Arvedi; le vicende relative alla Ferriera, alla luce delle numerose criticità di natura industriale, ambientale e sanitaria legate all'impianto, sono state esaminate e sollevate dall'interrogante in diversi atti di sindacato ispettivo;
          il 27 luglio 2015, durante una conferenza stampa organizzata a Trieste, sono stati presentati i dati relativi ad un'indagine di microscopia elettronica effettuata su alcuni campioni di polvere depositatasi in due diverse zone del rione di Servola, commissionata dal primo firmatario del presente atto e dal senatore Lorenzo Battista alla Nanodiagnostics srl. La dottoressa Gatti, nel presentare i risultati delle analisi, ha confermato, in funzione della specifica composizione chimica degli elementi individuati, la chiara origine siderurgica delle polveri: «Per composizione, morfologia e dimensione, le polveri raccolte hanno caratteristiche tali da farle risalire quanto ad origine alla fabbrica di ghisa sita nel quartiere triestino di Servola. Nella totalità dei casi le particelle hanno mostrato di contenere ferro, elemento sempre unito ad altri come avviene di regola per i materiali usati nelle fonderie. Polveri simili, se disperse nell'ambiente e, in particolare, in aria, sono potenzialmente patogene per chi ne è esposto. Quelle di diametro aerodinamico pari o inferiore ai 10 micron sono normate dalle leggi comunitarie, mentre quelle di diametro aerodinamico pari o inferiore ai 2,5 micron sono classificate come cancerogeni di classe 1, cioè cancerogeni certi, dallo IARC, l'ente dell'OMS che si occupa di cancro»;
          l'Arpa Friuli Venezia Giulia nel mese di luglio 2015 ha prodotto uno studio relativo alle analisi in microscopia elettronica a scansione (SEM) e di caratterizzazione chimica di un campione di polveri prelevato nel maggio precedente in una residenza privata sita a Servola. Il testo (prot. 023307 del 14 luglio 2015) riporta che «sulla base delle evidenze analitiche riportate, si ritiene di attribuire l'origine siderurgica del materiale esaminato. In particolare si segnala la contestuale presenza di elevate concentrazioni di ferro e la presenza di importanti concentrazioni ponderali di idrocarburi policiclici aromatici»; si conclude indicando che «in merito alle valutazioni di rischio sanitario, si fa presente che lo scrivente non è titolato ad esprimersi in merito» e che «tali valutazioni sono di stretta competenza dell'Autorità Sanitaria»;
          il 20 luglio 2015, in concomitanza con la visita ed un ciclo di audizioni organizzate a Trieste dalla Commissione ambiente del Senato, il dottor Valentino Patussi, Direttore del dipartimento prevenzione dell'Azienda per l'assistenza sanitaria n.  1 Triestina, ha inoltrato al sindaco e all'assessore all'ambiente del comune di Trieste una comunicazione nella quale riporta che «stante la provenienza di una quota rilevante delle polveri dallo stabilimento siderurgico di via di Servola 1, in parte derivante dall'altoforno (particelle ferrose), in parte dalla cokeria e dai parchi (Ipa e carbon fossile), visti i rilievi delle deposizioni, sulla base delle segnalazioni dei cittadini, relative alla rilevante diffusione di polveri dallo stabilimento, provocante grave disturbo, si ritiene che, indipendentemente dalle rilevazioni delle centraline, la situazione in essere, associata al contesto stagionale, quali le ondate di calore subentranti, che fanno si che elementari misure di difesa, quali il tenere chiuse le finestre nei momenti più critici, siano impossibili da adottare, comporti un importante problema di salute della popolazione, sulla base della stessa definizione che ne dà l'OMS (uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia od infermità)». La comunicazione si conclude con: «Tanto si segnala per l'adozione, da parte di codesto Ente di azioni mirate a ridurre la situazione di inquinamento segnalata»;
          l'interrogante, in data 30 ottobre 2015, ha depositato l'interrogazione n.  4-10928, ancora, senza risposta, con la quale ha chiesto al Ministero della salute una valutazione sulla situazione sanitaria e quali iniziative urgenti intenda adottare, anche di concerto con la regione Friuli Venezia Giulia, per tutelare la salute dei lavoratori e dei cittadini di Trieste e limitare l'aumento delle malattie collegate all'inalazione delle polveri sottili derivanti dagli impianti della Ferriera di Servola;
          l'interrogazione a risposta orale 3-02375 presentata dal Senatore Lorenzo Battista il 17 novembre 2015, ancora senza risposta, ha chiesto l'attivazione dei Ministri interrogati, «affinché si istituiscano dei regolamenti in materia di controlli, norme comportamentali e smaltimento delle polveri inquinanti che ricadono sull'abitato e sui cittadini, anche in ragione della forte carenza di interventi risolutori conseguenti ai monitoraggi effettuati, a cui si devono i tanti episodi di contaminazione e violazioni di legge»;
          il 17 marzo 2016, il giornale on line Trieste Prima ha pubblicato un comunicato stampa del consiglio della VII circoscrizione del comune di Trieste nel quale l'organo «ritiene doveroso, come da mozione approvata, informare la cittadinanza delle precauzioni da adottare nella pulizia domestica, rilevata la pericolosità delle polveri che si depositano nella zona di Servola e limitrofe. Si raccomanda che vengano utilizzati idonei sistemi aspiranti dotati di filtro Hepa cui far seguire se necessario, una pulizia ad umido con l'adozione di comuni detergenti. Nelle operazioni di pulizia più impegnative nelle quali si devono rimuovere deposizioni di lunga data, si raccomanda l'utilizzo di guanti in gomma e maschere per polveri di tipo usa e getta. Le informazioni sopra dichiarate sono tratte da una risposta fornita dall'ing. Umberto Laureni e dal dott. Valentino Patussi ad una cittadina residente a Trieste, la quale chiedeva informazioni su come comportarsi nella quotidiana pulizia della propria abitazione;
          tali precauzioni da adottare nella pulizia domestica non appaiono agli interroganti compatibili con lo stato di completo benessere fisico, mentale e sociale che dovrebbe essere garantito alla totalità della cittadinanza  –:
          se i Ministeri interrogati siano al corrente di quanto esposto in premessa;
          se, alla luce degli esiti delle analisi di cui in premessa, della comunicazione dell'azienda sanitaria e delle precauzioni comunicate dal consiglio circoscrizione, sia intenzione dei Ministri interrogati assumere iniziative per chiarire, per quanto di competenza, e in accordo con gli enti locali in maniera puntuale le corrette pratiche che i residenti devono adottare nelle pulizie domestiche, alla luce dell'acclarata pericolosità delle polveri in questione;
          se, alla luce delle risultanze delle analisi effettuate, intendano chiarire come debbano essere considerate, classificate e, dunque, trattate le polveri che i residenti raccolgono sulle proprie pertinenze.
(4-12716)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


      MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          in data 14 gennaio 2016 è stata trasmessa una nota del comando generale dell'Arma dei carabinieri all'Ispettorato generale del Corpo forestale dello Stato;
          la nota, avente come oggetto «Uniformi per le guardie forestali della Repubblica di Macedonia» tratta della richiesta con la quale l'addetto per la difesa dell'ambasciata d'Italia di Skopje chiede di «valutare la possibilità di cedere alla Guardia Forestale Macedone – a titolo gratuito – uniformi che, nella prospettiva della riorganizzazione delineata dall'articolo 8 della legge 124 del 7 agosto 2015, dovessero risultare esuberanti rispetto alle esigenze di codesta Amministrazione.»;
          benché il testo dell'articolo 8 della legge n.  124 del 7 agosto 2015 parli, riguardo la riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato, di un «eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di polizia», non è specificato in quale tra quelle presenti esso verrà assorbito;
          il contenuto della suddetta nota suscita molte perplessità, oltre che all'interrogante, anche agli organi di stampa, tanto che alcuni di essi non esitano a titolare «Forestali, corpo ancora non è cancellato. Ma le divise sono già "prenotate" dalla Macedonia  –:
          se siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa;
          se il Governo possa fornire elementi utili in merito all'avanzamento del processo di accorpamento del Corpo forestale dello Stato in altra forza di polizia.
(4-12713)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


      TANCREDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          nell'ambito del vasto settore delle telecomunicazioni, dell'innovazione tecnologica e del digitale, l'azienda statunitense Google Inc. occupa una posizione dominante nell'offerta di servizi on line ed in particolare, tra i principali, fornisce un motore di ricerca per internet (Google search), il sistema operativo Android – software per smartphone e tablet – e la piattaforma Youtube che consente la condivisione e la visualizzazione di video in rete;
          il gigante del web è stato da più parti accusato di detenere tale posizione dominante mediante la realizzazione di vantaggi fiscali indebiti, potendo offrire gratuitamente i propri servizi in rete, in virtù degli enormi utili a fronte dei quali l'azienda non avrebbe corrisposto tutte le imposte dovute;
          tale sistematica evasione fiscale compromette in maniera evidente la concorrenza in un settore, come quello tecnologico, che necessita di una competizione sana e di una efficace regolamentazione dei mercati;
          sono state diffuse dai principali mezzi di informazione notizie riguardo a una possibile decisione del fisco francese di chiedere alla multinazionale in questione una penalità da un miliardo e seicento milioni di euro per gli arretrati dovuti a titolo di imposizione sugli esercizi 2011, 2012 e 2013 (cifra raggiunta a causa di penalità sui ritardi di pagamento e ulteriori ammende); sono recenti altresì le dichiarazioni del Ministro delle finanze francese Michel Sapin che ha, affermato che su questo fronte non vi saranno trattamenti di favore e nessun negoziato;
          anche il Governo britannico ha recentemente raggiunto un accordo transattivo con Google di 172 milioni di euro;
          sono continue le voci e le smentite su un possibile accordo anche in Italia per la definizione del contenzioso con incertezza sulla determinazione delle somme dovute  –:
          quale sia l'orientamento del Governo, per quanto di competenza, in merito alla questione e alle sue ripercussioni sulla regolamentazione della concorrenza e sulla competitività degli investimenti nel settore del digitale;
          se i Ministri interrogati condividano le valutazioni espresse dai Governi di molti Stati membri dell'Unione europea, in riferimento alla presunta analoga situazione di mancato rispetto della legislazione fiscale italiana;
          se il Governo intenda definitivamente affrontare la questione fiscale relativa a Google Inc. ponendo in essere iniziative, per quanto di competenza, atte a superare quello che l'interrogante ritiene l'attuale stato di dubbia legittimità;
           se ritengano opportuno assumere, in fase ascendente, iniziative al riguardo che incidano sul processo di formazione delle decisioni della Unione europea in merito a tale tema e, in particolare, relativamente ad una regolamentazione comunitaria atta a contrastare la distorsione del mercato e della concorrenza nel settore digitale e dell'innovazione tecnologica. (4-12714)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


      ROCCELLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          la surrogazione di maternità è sanzionata dalla legge n.  40, articolo 12 comma 6, che recita: «Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro»;
          nonostante la legge vigente, questa pratica non viene sanzionata dai tribunali italiani, che finora non hanno agito contro chi vi fa personalmente ricorso (si assiste frequentemente a trasmissioni televisive in cui si racconta di tale pratica effettuata all'estero, sia da parte di cittadini comuni, sia di persone con ruoli istituzionali di rilievo), e neppure nei confronti di coloro che organizzano dall'Italia questo mercato, nonostante denunce circostanziate e nonostante la facilità di verificare le violazioni della legge n.  40 in merito alla maternità surrogata attraverso le pubblicità e gli annunci su Internet;
          come recentemente affermato anche in una recente mozione approvata dal Comitato nazionale per la bioetica «l'ipotesi di commercializzazione e di sfruttamento del corpo della donna nelle sue capacità riproduttive, sotto qualsiasi forma di pagamento, esplicita o surrettizia, è in netto contrasto con i principi bioetici fondamentali» e «la maternità surrogata è un contratto lesivo della dignità della donna e del figlio sottoposto come un oggetto a un atto di cessione»;
          le ipotesi di maternità surrogata a scopo puramente altruistico sono smentite dai contratti tra le parti; nei Paesi ove il pagamento è formalmente vietato, in genere si parla genericamente di «rimborsi», ma la conferma del fatto che si tratta di gravidanza dietro compenso è confermata dall'esistenza del contratto, e dal fatto che l'ovocita femminile appartiene sempre a una donna diversa dalla madre gestante, costringendo due donne diverse, entrambe fertili, a sottoporsi a trattamenti farmacologici inappropriati (perché destinati a donne infertili) e spesso pericolosi per la salute fisica e psichica; se si trattasse di un «dono» la necessità di questa scissione, che serve a garantire il committente da eventuali contenziosi, verrebbe meno;
          la donna che fornisce i propri ovociti viene in genere scelta in base a criteri con connotazioni razziste, cioè al fenotipo (pelle bianca, colore occhi e capelli, aspetto gradevole) e alle capacità intellettive (possibilmente con grado elevato di istruzione), e viene pagata di conseguenza, mentre quella che porta avanti la gravidanza deve solo godere di buona salute, e solitamente appartiene a Paesi terzi da cui non vengono esportati ovociti (India, Guatemala, Nepal) perché l'aspetto fisico di donne di queste etnie non corrisponde agli standard richiesti dal mercato; come recentemente riportato da un'inchiesta su questo fenomeno del periodico « Vanity Fair»: «Per risparmiare, facciamo così. Siccome la maggior parte della gente vuole bambini bianchi, facciamo l'inseminazione negli Stati Uniti, trasportiamo gli embrioni congelati in Israele e poi li portiamo in Nepal, dove abbiamo creato una clinica. Le madri vengono quasi tutte dall'India, dove c’è grande disponibilità. I vantaggi sono i costi bassi e la maggior velocità, perché in Nepal non c’è la burocrazia contrattuale che c’è in America»;
          se si trattasse di «dono del grembo», e non di utero in affitto, potrebbe essere un'unica donna a contribuire con i propri ovociti e con la gravida a, cedendo il figlio alla nascita in modalità analoghe a quelle che in Italia sono note come «parto anonimo»; si ricorda che modalità di adozione concordate prima della nascita sono legittime in diversi stati, anche nei confronti di coppie omosessuali;
          anche nei Paesi dove formalmente la surroga è gratuita, sono presenti, come abbiamo detto, forme di pagamento surrettizie mascherate da rimborsi spese, come è facile constatare attraverso gli annunci su Internet e le inchieste giornalistiche, ad esempio quella già menzionata di « Vanity Fair», in cui si legge: «In realtà nessuna lo fa gratis, nemmeno in Canada dove le forme di compenso vengono registrate come rimborso spese»;
          la «cessione» di bambini al di fuori dei percorsi adottivi è considerata reato, in quanto tratta di esseri umani, in tutti i Paesi del mondo  –:
          quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato perché siano implementate le sanzioni previste per il reato di surrogazione di maternità e sia quindi tutelata la dignità delle donne e dei bambini, e se, nelle more, intenda avvalersi del dispositivo dell'articolo 9 del codice penale che prevede, per reati commessi all'estero da cittadini italiani, per i quali la legge italiana stabilisce una pena restrittiva della libertà personale di durata minore di tre anni, che il colpevole sia punito «a richiesta del Ministro della giustizia». (4-12706)


      CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          i decreti legislativi n. 155 e n. 156 del 2012 hanno dato il via a un non condivisibile piano di riordino degli uffici giudiziari sul territorio nazionale, con la soppressione di 30 tribunali, 38 procure, 220 sedi distaccate e 674 uffici del giudice di pace;
          il 30 giugno 2015, al termine del Consiglio dei ministri, il Presidente del Consiglio e il Ministro della giustizia presentavano in conferenza stampa i 12 punti da cui partire per la riforma del sistema giudiziario italiano, tra i quali, al punto 11, «misure per l'ulteriore razionalizzazione della geografia giudiziaria»;
          come si legge sul sito dello stesso    Ministero, «La riforma della geografia giudiziaria del 2012 ha soppresso 30 tribunali e i corrispondenti uffici di Procura, ma ha dovuto realizzarsi negli angusti confini della legge di delega originaria[...]. Pertanto, occorre por mano al necessario superamento di quelle condizioni e, dunque: a) abbandonare la regola che ha imposto di mantenere almeno tre tribunali per ogni distretto di corte di appello; b) rimuovere il divieto di soppressione dei tribunali con sede nei capoluoghi di provincia, a prescindere dalla conformità ad altri parametri funzionali.»;
          a breve il Governo dovrebbe adottare un decreto che, come quelli del 2012, prevedrà nuovi ed ulteriori tagli alla geografia giudiziaria: saranno ridotte le corti di appello e i tribunali primo grado;
          secondo le prime notizie trapelate, entro fine mese, la commissione incaricata di predisporre il nuovo testo sull'organizzazione degli uffici giudiziari, rilascerà la bozza del provvedimento che poi verrà discusso e approvato dal Consiglio dei ministri;
          già l'intervento legislativo di quattro anni fa era stato un vero e proprio terremoto, che aveva determinato la protesta, rimasta inascoltata, di molti avvocati stabiliti presso le sedi soppresse;
          ora arriva la nuova pretesa «cura dimagrante» in linea, peraltro, con il preteso intento dello Stato non solo di ridurre i fascicoli arretrati sulle scrivanie dei giudici e ancora non definiti, ma lo stesso «potenziale» contenzioso, stimolando le forme di contrattualizzazione della giustizia e portando fuori dai tribunali la soluzione delle liti;
          in particolare, il nuovo testo sembrerebbe aver preso principalmente di mira le Corti d'appello al fine di istituire, in linea tendenziale, una sola corte d'appello per regione, cancellando tutte le sezioni distaccate; inoltre, si starebbe tentando di ridurre «mediante attribuzione di circondari o porzioni di circondari di tribunali appartenenti a distretti limitrofi, il numero delle Corti di appello esistenti, secondo i criteri oggettivi dell'indice delle sopravvenienze, dei carichi di lavoro, del numero degli abitanti e dell'estensione del territorio, tenendo comunque conto della specificità territoriale del bacino di utenza»;
          attualmente solo sei distretti di corte d'appello superano i 4 milioni di abitanti (Milano, Roma, Venezia, Napoli, Torino e Bologna), ossia il 20 per cento del totale; solo 4 distretti (Firenze, Brescia, Bari e Palermo) superano i 2 milioni di abitanti amministrati e nove distretti superano un    milione di abitanti (Catania, Genova, Ancona, Catanzaro, Trieste, L'Aquila, Lecce, Cagliari e Salerno);
          con i medesimi criteri dovrebbero avvenire i tagli dei tribunali e, pertanto, essi saranno interessati da una riduzione «tenendo di mira l'efficienza e la specializzazione delle funzioni e dei risparmi di spesa»;
          in ultimo, viene predisposto un ruolo speciale di magistrati, sia giudicanti, sia requirenti, da destinare con delibera del Consiglio superiore della magistratura, per un periodo non superiore a 5 anni, agli uffici in maggiore sofferenza;
          tale impostazione, a giudizio dell'interrogante, disegna, se mai ce ne fosse stato bisogno, uno Stato che arretra sulla giustizia e sulla possibilità di perseguire il crimine e, conseguentemente, uno Stato che arretra nei servizi al cittadino e che rende sempre meno accessibile la giustizia con sempre maggiori oneri a carico degli italiani, trasformando la giustizia da diritto a privilegio di pochi;
          quella che all'interrogante appare una incosciente indifferenza riservata dalle istituzioni alla situazione di grave emergenza della giustizia su tutto il territorio nazionale condurrà all'implosione del sistema giustizia e, nel settore penale, alla compressione dei diritti fondamentali assicurati dagli articoli 24 e 111 della Carta costituzionale  –:
          se il    Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, in considerazione di una possibile paralisi generale della macchina giudiziaria, se non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per mantenere i presidi giudiziari necessari o, almeno, valutare l'opportunità di una soluzione alternativa che non lasci i territori ed i cittadini sforniti di un presidio di giustizia. (4-12708)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


      RICCARDO GALLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          l'interrogante rileva come le condizioni complessive legate al sistema della viabilità nella regione Sicilia continuano ad essere estremamente precarie ed inadeguate, nonostante le rassicurazioni da parte dell'Anas, gestore della manutenzione delle rete stradale rassicurazioni che evidentemente non trovano riscontro nella realtà e che si ripetono da numerosi anni anche a seguito dei molti avvenimenti di cronaca legati a dissesti dei collegamenti stradali;
          al riguardo, l'interrogante evidenzia, altresì, come il percorso della strada statale 189 Agrigento-Palermo, importante asse di collegamento regionale, sia contrassegnato da numerose interruzioni, tra semafori e deviazioni, il cui transito regolare, non è consentito a causa della mancata conclusione dei lotti, i cui lavori di ammodernamento risalgono addirittura al 2001;
          il sindaco di Raffadali in provincia di Agrigento, a tal fine, ha segnalato, in diverse occasioni, le numerose difficoltà e i disagi quotidiani che subisce l'intera comunità locale (inclusi i pendolari che si spostano per motivi professionali o di studio, all'interno e fuori dell'isola), a causa dei ritardi inaccettabili con i quali i lavori di adeguamento e di ripristino delle normali condizioni stradali, procedono lungo l'asse stradale in precedenza richiamato per la conclusione dei lotti;
          a giudizio dell'interrogante, la situazione di estrema lentezza e difficoltà, con i quali procedono da troppi anni i lavori dei cantieri stradali lungo la strada statale 189 Agrigento-Palermo, oltre a mortificare l'intera comunità agrigentina e siciliana, aumentando i numerosi problemi socioeconomici legati alla mobilità, conferma l'evidente e costante disattenzione da parte del Governo, nei riguardi del Mezzogiorno, la cui mancanza di politiche infrastrutturali ed economiche, efficienti e concrete, in particolare nei confronti della regione siciliana, alimenta il distacco ed i ritardi cronici con il resto del Paese e le altre regioni del Mediterraneo;
          le denunce del sindaco di Raffadali (rimaste evidentemente disattese), che ha evidenziato in diverse occasioni, la situazione di estrema gravità e lentezza, con la quale l'Anas conduce da anni i lavori lungo la strada statale 189 finalizzati alla conclusione dei lotti previsti, a parere dell'interrogante, confermano una scarsa attenzione da parte del Governo nel vigilare attentamente sull'andamento dei lavori ed eventualmente nell'adottare le iniziative di competenza per rimediare alle difficoltà connesse ai ritardi nella conclusione delle opere stradali  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione esistente di estrema precarietà lungo l'asse della strada statale 189 Agrigento-Palermo;
          quali siano i motivi dei ritardi con i quali procedono da anni i lavori nei cantieri della medesima tratta stradale, considerato che la lentezza nelle attività di manutenzione e di ripristino previste dai vari lotti (alcuni di essi peraltro ultimati, benché la percorrenza risulti inspiegabilmente non consentita), determina numerose interruzioni e deviazioni dei percorsi, alimentando confusione e disagio nella percorrenza dell'itinerario in questione;
          quali iniziative urgenti e necessarie, nell'ambito delle proprie competenze, il Ministro intenda adottare al fine di velocizzare il completamento dei lotti della strada statale 189 Agrigento-Palermo e garantire pertanto il completamento definitivo delle opere, atteso da tempo dalla comunità agrigentina e dell'intera isola siciliana. (4-12707)


      PRODANI e MUCCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la legge n.  84 del 1994, nel riformare il settore portuale italiano, ha istituito le autorità portuali quali enti di diritto pubblico con personalità giuridica dotati di autonomia amministrativa ed organizzativa;
          l'articolo 8 della citata legge stabilisce sia le funzioni ed i compiti del presidente dell'autorità portuale, sia i criteri di nomina «previa intesa con la Regione interessata, con decreto del Ministro dei Trasporti e della Navigazione, nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale designati rispettivamente dalla Provincia, dai Comuni e dalle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, la cui competenza territoriale coincide, in tutto o in parte, con la circoscrizione di cui all'articolo 6, comma 7»;
          il successivo articolo 9 definisce la composizione ed i compiti del comitato portuale, in particolare l'adozione dei piano operativo triennale concernente le strategie di sviluppo e gli interventi volti a garantire il rispetto degli obiettivi prefissati, e le deliberazioni, su proposta del presidente, in ordine alle autorizzazioni e alle concessioni di cui agli articoli 16 e 18 di durata superiore ai quattro anni, determinando l'ammontare dei relativi canoni»;
          l'articolo 6, comma 12, al fine di mantenere le specificità del porto di Trieste derivante dai trattati internazionali sottoscritti dal Governo italiano, fa «salva la disciplina vigente per i punti franchi compresi nella zona del Porto Franco di Trieste. Il Ministro dei Trasporti e della Navigazione, sentita l'Autorità Portuale di Trieste, con proprio decreto stabilisce l'organizzazione amministrativa per la gestione di detti punti franchi». Tale decreto, però, a 22 anni di distanza non ha mai visto la luce determinando una colpevole mancanza nello sfruttamento della piena potenzialità del porto triestino e lasciando nell'incertezza applicativa gli operatori e le istituzioni territoriali interessate;
          in data 17 febbraio 2015, con decreto n.  58 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Zeno D'Agostino è stato nominato, per la durata di 6 mesi, commissario straordinario dell'autorità portuale di Trieste «nelle more del perfezionamento del procedimento di rinnovo della Presidenza dell'Autorità stessa e per il lasso temporale strettamente connesso al completamento delle relative procedure»;
          il 20 agosto 2015, il decreto n.  298 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ritenuto che «il 24 agosto 2015 scade il periodo di commissariamento di cui sopra e che entro tale data non sarà ancora possibile perfezionare il provvedimento di nomina del nuovo Presidente dell'Ente» ha provveduto a rinominare Zeno d'Agostino commissario straordinario dell'Autorità Portuale di Trieste «per un periodo di massimo 6 mesi»;
          il 25 febbraio 2016, considerato che «il 25 febbraio 2016 scade il periodo di commissariamento di cui sopra e che entro tale data non sarà ancora possibile perfezionare il provvedimento di nomina del nuovo Presidente dell'Ente», il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con decreto n.  49 ha provveduto a rinominare Zeno d'Agostino commissario straordinario dell'autorità Portuale di Trieste «per un periodo di massimo 6 mesi»;
          a parere degli interroganti, risulta evidente come il reiterare la nomina del commissario non sia assolutamente opportuno né permetta una programmazione e un'operatività che il porto di Trieste, anche alla luce del processo di sdemanializzazione e di trasferimento del punto franco nord, necessiterebbe, Per ovvi motivi, rendere definitiva la nomina del presidente dell'autorità portuale di Trieste dovrebbe rappresentare una priorità;
          il 20 gennaio 2016 il Consiglio dei ministri ha approvato, in esame preliminare, il testo del decreto della riforma portuale. L'Articolo 5 istituisce le autorità di sistema portuale, in luogo delle autorità portuali, quali «ente pubblico non economico» di rilevanza nazionale a ordinamento speciale dotati di autonomia amministrativa, organizzativa, regolamentare, di bilancio e finanziaria.». Per quanto concerne lo scalo triestino, figura nella lista l'AdSP di Trieste; all'articolo 5, comma 13, viene «fatta salva la disciplina vigente per i punti franchi compresi nella zona del porto franco di Trieste, nonché quella vigente per punti franchi esistenti in altri ambiti portuali. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'AdSP territorialmente competente, con proprio decreto stabilisce l'organizzazione amministrativa per la gestione di detti punti»;
          l'articolo 8 stabilisce che «Il Presidente è nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il Presidente della regione interessata», mentre l'articolo 9 definisce, in sostituzione del comitato portuale, la composizione e le attribuzioni del comitato di gestione;
          un articolo de Il Piccolo del 30 marzo 2016, riporta la notizia secondo la quale, scaduto il quadriennio di durata del comitato portuale di Trieste, sia iniziata una fase di proroga tecnica di massimo 45 giorni di durata durante la quale si dovrebbe, nel mese di aprile, provvedere all'approvazione del bilancio consuntivo 2015. Secondo il quotidiano, visto il continuo slittamento dell'entrata in vigore della riforma portuale e la conseguente incertezza in merito al futuro del Comitato portuale, ed alla luce delle risposte fornite dal Ministero ad altre authority, secondo le quali i ministeri, le associazioni di categoria, i sindacati dovranno rinominare i propri rappresentanti ed eventualmente sostituirli, mentre non potranno essere indette, per quanto riguarda i rappresentanti dei lavoratori, nuove elezioni, il segretario generale Mario Sommariva avrebbe inviato un interpello al Ministero per definire in maniera chiara la procedura da adottare  –:
          se il Ministro interrogato intenda fornire una previsione temporale sull'entrata in vigore della riforma portuale;
          se il Ministro, alla luce dell'importanza e della centralità del ruolo, concordi sull'inopportunità del continuo ricorso alla proroga del commissariamento straordinario dell'autorità portuale di Trieste e sulla necessità di una nomina stabile alla presidenza e quando preveda di procedere in tal senso;
          se il Ministro intenda chiarire modalità e tempistiche relativamente al proseguimento dell'attività dei comitati portuali e alla fase di transizione tra questi ultimi ed i comitati di gestione previsti dalla riforma;
          se trovi conferma quanto riportato dal quotidiano il Piccolo in merito alla comunicazione, fornita dal Ministero ad altre autorità portuali, sulla differenziazione, per i componenti del comitato portuale eventualmente prorogato, tra i soggetti indicati dai ministeri, dalle associazioni di categoria e dai sindacati, e quelli individuati dai rappresentanti dei lavoratori;
          se il Ministro interrogato intenda chiarire in maniera dettagliata le tempistiche previste per l'emanazione del decreto relativo all'organizzazione amministrativa dei punti franchi del porto di Trieste e se reputi opportuno valutare se sussistano i presupposti per demandare all'autorità portuale di Trieste, di concerto con gli organi territoriali del Ministero dell'economia e delle finanze, l'individuazione e la definizione degli specifici provvedimenti amministrativi in ottemperanza alla peculiare fonte normativa dei punti franchi triestini. (4-12717)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BUSINAROLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          le cronache recenti (vedasi articolo pubblicato su il fattoquotidiano.it del 16 marzo 2016) hanno portato all'attenzione dell'opinione pubblica un caso che ha destato enorme scalpore nella città di Verona e che ha avuto come protagonista l'ufficiale di polizia, dottoressa Margherita Taufer, rimossa in data 26 giugno 2014 dal suo incarico di responsabile della polizia giudiziaria presso la procura di Verona, dal procuratore capo di Verona Mario Giulio Schinaia. In seguito, l'allora questore di Verona, Danilo Gagliardi, ha disposto il trasferimento d'ufficio della dottoressa Taufer presso la polizia di frontiera aerea (Polaria), presso cui risulta attualmente impiegata in veste di sostituto commissario con delega a pratiche amministrative;
          come riportato dall'articolo succitato risulta che la dottoressa Taufer, in qualità di responsabile della polizia giudiziaria, per dodici anni è stata a capo di diverse indagini di particolare importanza, riguardanti soprattutto episodi di corruzione verificatisi nel capoluogo scaligero;
          la vicenda che ha coinvolto la dottoressa Taufer è legata, in particolar modo, alle indagini, autorizzate dal p.m. veronese Beatrice Zanotti, condotte nei confronti di Vito Giacino (Fi), ex vicesindaco dell'amministrazione comunale guidata dal sindaco Flavio Tosi e della moglie Alessandra Lodi, sfociate poi nell'arresto di Giacino, con una condanna nel 2014 per un giro di tangenti nel campo dell'edilizia;
          oltre all'indagine su Giacino, il sostituto commissario, nel corso della sua carriera, si è occupata di indagini molto delicate, anche nei confronti di alcuni colleghi, come nel caso dei poliziotti accusati di aver ridotto in fin di vita, nel 2015, a Verona, il tifoso del Brescia Paolo Scaroni, o di alcuni ufficiali indagati per reati di corruzione e truffa;
          successivamente a questi fatti, relativamente al trasferimento della Taufer alla Polaria, l'allora questore di Verona fece riferimento proprio alle tensioni nei rapporti con i colleghi a causa «... dell'atteggiamento sprezzante estrinsecatosi, in particolare, nello svolgimento delle attività delegate nei confronti dei dipendenti e di alcuni uffici di questa Questura»;
          insieme alla lettera di trasferimento lo stesso allegava alcuni articoli di giornale riguardanti il duro scontro sulle intercettazioni tra i pm e gli avvocati veronesi durante l'inchiesta su Giacino nel 2014;
          dopo aver chiesto una copia dei «brogliacci» delle intercettazioni sull'ex vicesindaco e la moglie, i difensori del politico e la camera penale veronese avevano iniziato una clamorosa protesta. Dai brogliacci erano infatti emersi colloqui intercettati tra difensori e indagati e alcune espressioni poco lusinghiere utilizzate dagli agenti per indicare le persone sottoposte alle intercettazioni telefoniche;
          il questore Gagliardi, in una lettera inviata al Viminale il 25 luglio 2014, riferendosi a tale vicenda ne sottolineò l'enorme scalpore suscitato, che aveva comportato un rilevante danno per l'immagine della, polizia;
          secondo quanto deposto dalla dottoressa Taufer nel corso di un'udienza avvenuta l'8 marzo 2016, «... dopo la perquisizione a casa di Giacino, nell'ottobre 2013, il questore asserì che segnavo straordinari quando ero in ferie e mi fece la deplorazione»;
          secondo la commissione di disciplina della corte di appello di Venezia, che dal gennaio 2015 ha assolto i poliziotti, i comportamenti degli investigatori coordinati dal sostituto commissario Margherita Taufer, non erano illeciti;
          ad oggi è intervenuta la sentenza del Tar del Veneto (sezione I), n.  00278/2016 Reg. Prov. Coll. N. 00174/2015 Reg. Ric., che ha annullato il provvedimento di trasferimento per le «macroscopiche carenze e illogicità», rilevando tra l'altro che la poliziotta «... era effettivamente al lavoro dalle ore 5 o 6 del mattino fino alle 7 di sera e in ogni caso il suo impiego in procura non poteva essere oggetto di valutazioni o di rilievo da parte del questore»;
          l'articolo de il fattoquotidiano.it sopra citato riporta, tra l'altro, che durante una testimonianza resa in aula dall'imprenditore Alessandro Leardini, accusatore di Giacino, la dottoressa Taufer avrebbe spiegato di essere stata definita «un ingranaggio impazzito per le troppe indagini» a cui si dedicava dall'ex questore Gagliardi;
          sempre secondo quanto si apprende dalle summenzionate notizie di cronaca, la decisione della rimozione assunta dal procuratore capo Schinaia provocava un duro scontro tra lo Schinaia e i suoi sostituti, i quali firmarono una lettera di «non condivisione», ritenendo che il trasferimento dell'investigatrice «andrà a rendere monca l'attività degli inquirenti in materia di reati contro la pubblica amministrazione»;
          la dott.ssa Taufer è venuta a conoscenza della sua rimozione dagli uffici investigativi della procura veronese solo in seguito alla pubblicazione di detta notizia sulla stampa locale  –:
          se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda assumere, per quanto di competenza concrete iniziative, con i modi e i mezzi che riterrà più opportuni, per chiarire i fatti esposti;
          se non si intendano assumere iniziative per una revisione del provvedimento del questore che ha disposto il trasferimento d'ufficio e provvedere, per quanto di competenza, al reintegro immediato della dottoressa Taufer nell'incarico precedentemente ricoperto;
          se ritenga opportuno intervenire, e in che modo, al fine di contrastare il protrarsi di un sistema corruttivo e clientelare, come quello emerso dalla vicenda sopra esposta, e di tutelare la dignità umana e professionale della dottoressa Margherita Taufer che, in questa vicenda, a giudizio dell'interrogante è stata ingiustificatamente penalizzata, pur avendo svolto in maniera regolare ed ineccepibile il proprio lavoro. (5-08300)

Interrogazioni a risposta scritta:


      ZARATTI e SCOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          da fonti di stampa si apprende che nel comune di Ferentino si chiedono tasse anche per la propaganda elettorale per il referendum del 17 aprile 2016, limitando così la libertà di espressione per il prossimo referendum del 17 aprile 2016, sulla trivellazione in mare;
          ciò è stato segnalato dal comitato per il SI (referendum 17 aprile) che si sta attivando per la tutela e la conservazione dei mari e delle coste contro i pericoli derivanti dalle trivelle, che ha portato a conoscenza sia il prefetto sia i servizi elettorali del Ministero dell'interno di un fatto increscioso avvenuto nel comune di Ferentino che viola le norme in materia di propaganda elettorale del referendum del 17 aprile 2016;
          il Comitato locale NO TRIV ha ricevuto una richiesta di pagamento dalla concessionaria sulla pubblicità (Tre Esse) del comune di Ferentino per la distribuzione di volantini referendari; dalla stessa i promotori si erano recati per informazioni e nonostante avessero espresso all'ufficio competente che l'attività riguardasse la propaganda elettorale, tanto è che nella ricevuta è descritta chiaramente la motivazione, ovvero, «referendum 17 aprile comitato per il SI», si sono visti richiedere un pagamento giornaliero. La data di pagamento, 22 marzo, e quella dell'effettiva attività di propaganda elettorale, 26 marzo, sono date rientranti nel periodo di campagna elettorale per il referendum (30 giorni prima) e il regime delle imposte sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni (articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n.  639 del 1972 e successive modificazioni e integrazioni) prevede esplicitamente che in periodo di elezioni sia esente dall'imposta sulla pubblicità la propaganda elettorale in qualunque forma effettuata in conformità alla legge n.  212 del 1956, e successive modificazioni e integrazioni;
          ad iniziare dal giorno della pubblicazione del manifesto di convocazione dei comizi, ogni forma di propaganda elettorale che non sia esplicitamente vietata dalla legge n.  212 del 1956 e successive modificazioni, è esente dal pagamento della imposta sulla pubblicità. È allarmante a parere degli interroganti che un soggetto affidatario di servizi pubblici da parte di un ente locale come il comune di Ferentino non sia a conoscenza delle suddette normative in materia elettorale, ponendo così dei dubbi sulla gestione dello stesso servizio;
          si tratta di una pretesa di pagamento errata che può indurre altri soggetti interessati alla propaganda elettorale per il referendum del 17 aprile a versare somme di denaro non dovute, oppure cosa ancor peggiore a farli desistere da attività di propaganda elettorale per motivi economici, così di fatto limitando la libertà di espressione e il pluralismo democratico. La questione è stata sollevata, anche durante il consiglio comunale del 23 marzo, ma, a quanto risulta agli interroganti, né il sindaco né l'assessore ai tributi hanno ritenuto opportuno rispondere;
          questo atteggiamento, a giudizio degli interroganti, vessatorio verso le campagne informative potrebbe portare i cittadini a disertare le urne elettorali e a non recarsi numerosi al voto inficiando il risultato del referendum che è l'unico mezzo di democrazia diretta previsto nella Costituzione; è necessario non solo informarsi ma esprimere una propria scelta, visto che si sta parlando di un bene inestimabile come il mare  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga necessario assumere ogni iniziativa di competenza volta a confermare l'esenzione dall'imposta sulla pubblicità di tutte le forme di propaganda per la campagna referendaria e a garantire il corretto svolgimento della consultazione democratica del referendum del 17 aprile 2016. (4-12712)


      LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 8-bis del decreto legislativo 12 maggio 1995, n.  195, rubricato «Consultazione delle rappresentanze del personale» prevede che le organizzazioni sindacali delle forze di polizia ad ordinamento civile e le sezioni del COCER delle forze di polizia ad ordinamento militare e delle forze armate «sono convocate presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri in occasione della predisposizione del documento di programmazione economico-finanziaria e prima della deliberazione del disegno di legge di bilancio per essere consultate»;
          non è invece prevista analoga consultazione delle organizzazioni sindacali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
          con interrogazione a risposta scritta al Ministro dell'interno n.  4-03787 presentata il 4 marzo 2014 nella seduta n.  182 della Camera dei deputati l'interrogante aveva già evidenziato tale anomala esclusione, chiedendo che «analoga attenzione debba essere riservata anche alle rappresentanze sindacali del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco» e se «il Ministro interrogato non ritenga di dover promuovere un'iniziativa normativa che riconosca analogo diritto di consultazione anche alle rappresentanze del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco»;
          nella risposta scritta a firma del sottosegretario Bocci, pubblicata in data 13 gennaio 2015 nell'allegato B della seduta n.  361 della Camera dei deputati, è stato riconosciuto che «effettivamente il quadro normativo non prevede la partecipazione delle organizzazioni sindacali rappresentative del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ad alcun processo di consultazione in fase di predisposizione del predetto documento di programmazione» in conclusione di risposta, il rappresentante del Governo, in riferimento a tale argomento, ha affermato che «nel prosieguo (...) potrà essere presa in considerazione anche l'opportunità di un'iniziativa legislativa volta a equiparare il Corpo nazionale dei vigili del fuoco ai corpi del comparto sicurezza e difesa anche sotto il profilo segnalato dall'interrogante»;
          secondo quanto si apprende da rappresentanti sindacali del Conapo sindacato autonomo dei vigili del fuoco, il Governo starebbe valutando di proporre alcune modifiche al decreto legislativo 13 ottobre 2005, n.  217 riguardante l'ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ma la bozza della proposta consegnata alle organizzazioni sindacali non contiene tale previsione di equiparazione normati va nonostante l'auspicata modifica normativa non abbia alcun onere  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga di dover dare seguito a quanto prefigurato nella risposta all'atto di sindacato ispettivo citato in premessa, prendendo in considerazione l'opportunità di assumere iniziative per estendere sin da subito anche alle organizzazioni sindacali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco le previsioni di cui all'articolo 8-bis del decreto legislativo n.  195 del 1995, soprattutto, alla luce della prossima modifica del decreto legislativo n.  217 del 2005, attualmente che sarebbe allo studio del Governo, ponendo così fine ad una delle tante disparità di trattamento di cui soffrono i Vigili del fuoco rispetto agli altro Corpi dello Stato. (4-12718)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      SGAMBATO, BOSSA, PALMA, CARLONI, TINO IANNUZZI e CAPOZZOLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il decreto ministeriale 20 aprile 2001, n.  66 «Procedure di stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili», ha previsto la stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa in favore di circa 900 lavoratori negli istituti scolastici; dal 1o luglio 2001, per decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, i suddetti lavoratori diventano ufficialmente collaboratori coordinati e continuativi;
          gli stessi lavoratori con funzioni e mansioni ATA di assistente amministrativo, in servizio presso le scuole statali della Campania, della Sicilia, della Puglia, del Lazio, della Calabria, dell'Abruzzo e della Sardegna, da circa 15 anni prestano lavoro su posto accantonato in organico (al 50 per cento del posto libero) per 30-36 ore settimanali con la forma contrattuale della collaborazione coordinata e continuativa che li penalizza da diversi punti di vista ed, in particolare, da quello pensionistico considerando che non hanno garantito il minimo contributo dovuto ai fini previdenziali;
          a questo va aggiunto il depauperamento dallo stipendio lordo a seguito del progressivo aumento delle aliquote contributive che negli anni sono passate dal 14 per cento circa al 32 per cento circa;
          pur avendo coperto i posti nelle amministrazioni scolastiche, sono stati sempre esclusi da tutte le procedure concorsuali, di contro riguardo alla mobilità sono considerati come se fossero di ruolo  –:
          quali iniziative intenda adottare in relazione alla questione di questi lavoratori con contratti di collaborazione coordinata e continuata ex Lsu al fine di tutelare i livelli occupazionali e di garantire un definitivo processo di assunzione presso gli istituti scolastici. (5-08293)


      RUBINATO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 15, comma 1, lettera i-octies) del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.  917, e successive modificazioni, contempla la possibilità di detrarre per un importo pari al 19 per cento degli oneri sostenuti dal contribuente le erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, statali e paritari senza scopo di lucro appartenenti al sistema nazionale di istruzione di cui alla legge 10 marzo 2000, n.  62, e successive modificazioni;
          l'articolo 1, comma 151 della legge 13 luglio 2015, n.  107, cosiddetto «buona scuola» ha modificato il succitato testo unico delle imposte sui redditi, e introdotto, al medesimo articolo 15, con la lettera e-bis), una detrazione IRPEF per le “spese per la frequenza di scuole dell'infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di istruzione di cui all'articolo 1 della legge 10 marzo 2000, n.  62 e successive modificazioni, per un importo annuo non superiore a 400 euro per alunno o studente";
          in riferimento all'attuazione delle suddette disposizione e al combinato disposto della lettera i-octies) e la lettera e-bis) l'Agenzia delle entrate con circolare ministeriale n.  3/E/2016 ha interpellato il Ministero competente per sapere: «(...) quali siano i criteri per distinguere le spese per la frequenza scolastica, ammesse in detrazione ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera e-bis), del TUIR nel limite massimo di spesa di 400 euro, e le erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici, già ammesse in detrazione ai sensi della successiva lettera i-octies) senza limite di importo (...)»;
          l'amministrazione interpellata (Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca) ha precisato – e tale precisazione è riportata nella predetta circolare ministeriale n.  3/E/2016 in ordine al quesito 1.15 – che alla luce del combinato disposto delle lettere e-bis) e i-octies) dell'articolo 15, «i contributi volontari consistenti in erogazioni liberali finalizzate all'innovazione tecnologica (es. acquisto di cartucce stampanti), all'edilizia scolastica (es. pagamento piccoli e urgenti lavori di manutenzione o di riparazione), all'ampliamento dell'offerta formativa (es. acquisto di fotocopie per verifiche o approfondimenti) rientrano nell'ambito di applicazione della lettera i-octies). Invece, le tasse, i contributi obbligatori, nonché i contributi volontari e le altre erogazioni liberali, deliberati dagli istituti scolastici o dai loro organi e sostenuti per la frequenza scolastica ma non per le finalità di cui alla lettera i-octies) rientrerebbero nella previsione della lettera e-bis)»;
          pervengono segnalazioni di dubbi interpretativi da parte di amministrazioni comunali e di caf in quanto l'Agenzia delle entrate non sembra aver fornito una risposta definitiva sulla specifica detraibilità della mensa scolastica, avendo solo interpellato il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca riportando poi sulla circolare il chiarimento inviato dal Ministero stesso (in questo senso v. portale Caf Acli); anche da parte di responsabili di Caf Cgil sono stati sollevati dubbi sull'applicazione operativa della nuova disposizione riportati anche sulla stampa locale: «Quali sono i criteri distintivi che consentono di definire una spesa quale costo sostenuto per la frequenza scolastica a fronte di miriadi di diverse spese che i genitori sostengono per l'istruzione dei propri figli ? Qual è l'ente che deve certificare la spesa ? Ad esempio, per i contributi d'iscrizione è ovvio pensare all'istituto scolastico, ma se si parla della mensa la questione si complica poiché in genere la mensa non gestita dalla scuola, ma dal Comune o dalla cooperativa alla quale il Comune ha appaltato il servizio e i versamenti vengono effettuati al gestore del servizio con i metodi più disparati» (si veda L'Eco di Bergamo del 24 marzo 2016);
          va considerata la rilevanza sociale connessa all'attuazione della nuova disposizione di cui alla lettera e-bis) dell'articolo 15 del Tuir e la circostanza che la mensa fa parte dell'offerta formativa e del progetto educativo  –:
          se il Governo non ritenga urgente, al fine di assicurare la piena ed effettiva attuazione dell'agevolazione fiscale a favore delle famiglie introdotta dalla «Buona Scuola», precisare o comunque ribadire che tra gli ambiti applicativi della succitata norma rientrano sicuramente le spese del servizio mensa anche se non deliberate dagli istituti scolastici quando il servizio di refezione è organizzato – sulla base dei pof – dalle amministrazioni comunali o dai soggetti a cui il comune lo abbia affidato. (5-08297)


      VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          pochi giorni prima della pubblicazione del bando è stato modificato l'assetto delle classi di concorso, che sono state ridotte e riformulate e illustrate nel nuovo decreto;
          gli abilitati in ex A071 (che potevano insegnare tecnologie e tecniche di rappresentazione grafica), si ritrovano abilitati anche in A016 (costruzioni e tecniche di costruzione) e A072 (topografia) in quanto tutti confluiti nella classe di concorso A37;
          queste materie, però, sono distanti tra loro e quasi tutti gli ex A071 non le hanno mai studiate nel loro percorso sia universitario che scolastico;
          potevano avere accesso alla ex A071: laureati in ingegneria meccanica, industriale, elettronica, edile, civile e i laureati in architettura (bacino molto ampio); alla ex A016: laureati in ingegneria edile, civile e i laureati in architettura; alla ex A072: laureati in ingegneria civile a pieno titolo e i laureati in ingegneria edile o in architettura solo se avevano nel programma almeno 12 crediti formativi universitari di topografia (dato che questa materia la si studia solo in civile);
          si evince che solo i laureati in ingegneria civile hanno la formazione interscambiabile, mentre gli altri (soprattutto meccanici e industriali) rispondono per formazione a una sola specifica classe (oggi ex) di concorso;
          la partecipazione al concorso che, peraltro, sarà tra qualche settimana, diventa penalizzante per gli abilitati in ex A071 che saranno esaminati sui contenuti delle nuove materie anche attraverso prove pratiche;
          dimostrare competenze discutendo un progetto multidisciplinare, il quale richiede non solo le conoscenze delle materie, ma anche la capacità di attuarle in concreto, equivale a chiedere agli abilitati ex A071 di studiare in un mese come se dovessero conseguire altre due lauree  –:
          se non ritenga di dover intervenire per evitare la palese discriminazione che si è creata con l'accorpamento delle classi di concorso che, nello specifico, eviterebbe agli abilitati ex A071 di essere valutati su materie che non hanno studiato;
          se intenda valutare l'opportunità (avendo unificato percorsi formativi diversi) di diversificare le prove, magari con una scelta fra tre tracce (ciascuna rispettosa delle peculiarità delle classi di concorso per cui sono abilitati i candidati) al fine di ristabilire equità ed evitare ai candidati che si vedrebbero costretti a partecipare a prove non conformi alla loro formazione inutili e costose azioni legali.
(5-08299)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          dalla relazione annuale della Corte dei Conti su «Determinazione e relazione della Sezione del Controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) per l'esercizio 2012», depositata in data 27 novembre 2013, emergevano notevoli criticità già illustrate dall'interrogante con l'interrogazione a risposta in Commissione n.  5-01771;
          dalla relazione annuale della Corte dei Conti su «Determinazione e relazione della Sezione del Controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) per gli esercizi 2013 e 2014», depositata in data 10 febbraio 2016, emergono ancora notevoli criticità in merito alla governance dell'Istituto previdenziale;
          a parere dell'interrogante si denota che niente è cambiato per quel che concerne le criticità espresse dalla stessa Corte dei conti, con particolare attenzione all'accentramento di potere nelle mani di un solo soggetto a capo dell'Istituto;
          a pagina 18 della suddetta relazione si legge: «la soppressione dei Cda è stata oggetto, nei precedenti referti, di reiterati rilievi e osservazioni della Corte dei conti che ha rimarcato soprattutto l'accentramento di poteri nel Presidente che cumula le attribuzioni sia di rappresentanza legale che di indirizzo amministrativo con rischi di alterazione del meccanismo di contrappesi proprio dell'assetto duale»; e ancora: «È da rilevare che la mancata costituzione del Cda, porta ad una eccessiva concentrazione di poteri e di responsabilità in capo al Presidente e alla contestuale assenza di apporti di qualificate conoscenze e di esperienze settoriali, nonché di confronti e dibattiti finalizzati al perseguimento dei migliori risultati decisionali...»;
          a pagina 175 della suddetta relazione si legge: «L'attuale governante dell'Istituto, ispirata al cosiddetto sistema duale, che separa le funzioni di indirizzo politico da quelle gestionali, vede ora affidate quelle di indirizzo politico al Civ e ad un organo monocratico, il presidente dell'Istituto» e inoltre: «(...) a determinare possibili sovrapposizioni e conflitti tra i due organi, fa venire meno in uno di essi, il presidente, il carattere della collegialità e della dialettica di interessi propria dell'organo Consiglio di Amministrazione»;
          a parere dell'interrogante risulta ormai improcrastinabile una riforma della governance dell'Inps, richiesta in varie occasioni anche dallo stesso presidente Boeri, esistendo altresì varie proposte di legge depositate alla Camera dei deputati tra le quali una a prima firma Baldassarre concernente la «Modifica dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n.  479, concernente l'ordinamento e la struttura organizzativa dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, nonché delega al Governo per il riordino degli organi collegiali territoriali dell'Istituto nazionale della previdenza sociale» – n.  2210, presentata il 20 marzo 2014, annunziata il 21 marzo 2014  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suddetti e, per quanto di competenza, quali iniziative intendano intraprendere al fine di sopperire alle criticità denunciate nella relazione della Corte dei conti;
          se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non ritengano di dover riconsiderare l'opportunità di assumere iniziative per una riforma della governance dell'Istituto con particolare attenzione alle criticità espresse in premessa e più volte denunciate nelle relazioni annuali della Corte dei conti;
          se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non ritengano doveroso considerare le molteplici criticità che vengono esposte nelle relazioni annuali della Corte dei conti e se non ritengano necessario proporre delle soluzioni alle stesse, anche in maniera autonoma, senza aspettare l'intervento di terzi che pongono l'attenzione sulle singole questioni. (5-08301)


      LABRIOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          l'Ilva è una società per azioni, attualmente in amministrazione straordinaria, che si occupa prevalentemente della produzione e trasformazione dell'acciaio, nata dalla dismessa Italsider con il nome della originaria azienda fondata nel 1905, derivante dal nome latino dell'isola d'Elba, dalla quale era estratto il minerale di ferro che alimentava i primi altiforni costruiti in Italia a fine Ottocento;
          le numerose problematiche legate allo stabilimento di Taranto sono state affrontate dall'interrogante in diversi atti di sindacato ispettivo nel corso della corrente legislatura e numerosi sono stati gli interventi legislativi volti a sanare gli effetti devastanti da esse derivanti;
          negli ultimi giorni si è tornati a parlare di Ilva a seguito di due ulteriori incidenti avvenuti la notte del 30 marzo 2016: secondo quanto pubblicato dalla testata on line «tarantobuonasera» si sarebbe verificato un incidente nei pressi dell'altoforno 1, ove un operaio (caposquadra) di 42 anni sarebbe rimasto ustionato ad un piede mentre utilizzava la fiamma ossidrica, ed un secondo incidente nel reparto Cava, dove un meccanico avrebbe riportato fratture sospette alle dita di una mano;
          inoltre, dall'articolo si appende che l'Usb avrebbe chiesto di fare chiarezza su una serie di incidenti di minore entità avvenuti negli ultimi tempi e le cui notizie sarebbero state fornite esclusivamente dalla stampa;
          da un articolo, pubblicato il 28 marzo 2016 dal quotidiano on line repubblica.it, si apprende che il giorno di pasquetta si sia verificato un incendio all'interno dello stabilimento nei pressi di una torretta di un nastro trasportatore, nella zona agglomerato, nell'impianto di omogeneizzazione;
          secondo quanto riportato dall'articolo l'incendio si sarebbe verificato in una parte dell'impianto vicino alla strada provinciale per Statte e al quartiere Tamburri e a dare l'allarme sarebbero stati proprio gli abitanti del quartiere e gli automobilisti in transito sulla strada;
          l'incendio avrebbe sprigionato una fitta coltre nera, contribuendo ad aumentare l'inquinamento dell'atmosfera e l'ambiente circostante già fortemente penalizzato; non si conosce l'entità del danno, soprattutto in considerazione delle ultime dichiarazioni rilasciate nel mese di febbraio 2016 da un operaio dell'Ilva che ha denunciato l'esistenza di materiale altamente inquinante di diversa natura riversato nel terreno situato sotto l'impianto;
          nel mese di novembre 2015 si è verificato un altro incedente mortale all'interno dello stabilimento. La vittima, come riporta il quotidiano on line «IlFattoquotidiano.it» in un articolo del 17 novembre, è Cosimo Martucci, 49enne di Massafra (Taranto), operaio della ditta d'appalto Pitrelli. L'incidente sarebbe avvenuto nel reparto agglomerato a seguito di lavori di smontaggio di una canna fumaria;
          inoltre, il sito www.inchiostroverde.it ha pubblicato il 18 novembre 2015 un articolo in cui si segnala che dopo l'incidente del giorno prima, presso l'Ilva di Taranto, nel reparto Cco1 (colata continua) si sia verificato un ulteriore incidente, durante la fase di colaggio, consistente in un'esplosione con fuoriuscita di un certo quantitativo di acciaio fuso;
          i reparti di colata continua del complesso siderurgico non sono nuovi ad incidenti, infatti, l'8 giugno 2015, presso l'altoforno 2, aveva perso la vita, quattro giorni dopo l'accaduto, l'operaio Alessandro Morricella che, a seguito di una fiammata mentre era intento a misurare la temperatura della ghisa, lo aveva ustionato gravemente;
          come si legge da un articolo de «il Sole 24 Ore», pubblicato il 16 giugno, la procura della Repubblica di Taranto avrebbe avviato un'inchiesta per omicidio colposo a carico di ben 10 responsabili d'area, di reparto e tecnici;
          la procura avrebbe aperto una doppia inchiesta, una riguardante l'altoforno 2, una per cercare di capire cosa abbia determinato l'incidente, e l'altra relativa all'accertamento delle caratteristiche e dell'idoneità degli indumenti di protezione usati dal personale Ilva addetto ai piani di colata degli altiforni;
          inoltre, si evidenzia che commissari dell'Ilva, Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi, hanno diffuso dati relativi alla gestione dell'azienda nel periodo che va dal 21 gennaio 2015 al 30 aprile scorso: per gli infortuni invalidanti l'indice degli infortuni sarebbe passato da 34 del 2014 a 28 del 2015, mentre l'indice sarebbe stato di 39 nel 2013 e di 42 nel 2012; per gli infortuni indennizzati l'indice del 2015 sarebbe di 24 contro il 27 del 2014, il 30 del 2013 ed il 33 del 2012. Infine, l'indice di gravità, secondo i dati forniti, risulterebbe dello 0,8 per cento nel 2015 contro l'1 per cento del 2014 e l'1,1 per cento del 2012;
          un ulteriore articolo, pubblicato il 9 luglio 2015 su Repubblica.it, riporta che, presso l'altoforno 1 dell'impianto di Taranto, sia avvenuto un altro incidente, il secondo in un mese dalla morte dell'operaio Morricella, a danno di un operaio della ditta appaltatrice Losa, impegnata per conto della Paul Wurth nelle attività per il rifacimento dell'altoforno. L'operaio avrebbe riportato ustioni di primo e secondo grado al viso causate da un getto di vapore fuoriuscito da un automezzo su cui stava lavorando;
          è opinione dell'interrogante che gli incidenti avvenuti all'interno dell'azienda e riportati dalla stampa mettano in evidenza un notevole problema relativo alla sicurezza e alla salute degli operai dell'intero impianto e che sia fortemente penalizzanti in termine di inquinamento e conseguentemente per la salute dei cittadini di Taranto  –:
          se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e di quali ulteriori dati siano in possesso;
          quali iniziative urgenti di competenza intendano adottare per salvaguardare la salute degli operai dello stabilimento e dei cittadini di Taranto ed in che modo intendano intervenire;
          se non ritengano, anche di concerto con gli enti locali, inviare ispettori per valutare la reale situazione di sicurezza degli impianti e    chiarire, per quanto di competenza, eventuali responsabilità.
(5-08302)

Interrogazione a risposta scritta:


      PLACIDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          in considerazione delle vigenti funzioni medico legali attribuite all'Inps per gli adempimenti sanitari di competenza delle Unità operative complesse (UOC) e delle unità operative semplici (UOS) territoriali, di cui alla legge n.  104 del 1992 e alla legge n.  68 del 1999, lo stesso istituto ha provveduto, con avviso di selezione pubblica, pubblicato sul proprio sito istituzionale il 15 dicembre 2015, all'affidamento, su base regionale, di 341 incarichi professionali ad operatori sociali/esperti ratione materiae;
          lo stesso bando prevede che la partecipazione alla selezione è dedicata a tutti coloro che risultino iscritti agli albi professionali degli assistenti sociali, degli psicologi e dei medici chirurghi ed odontoiatri;
          sul fronte del trattamento economico, per l'incarico è riconosciuto un compenso orario lordo pari a 50 euro quale «gettone di presenza» alle singole sedute di commissione. Al singolo professionista incaricato viene pertanto riconosciuto un trattamento economico rapportato non al numero di pazienti valutati o alle ore di effettivo lavoro svolto, ma alla quantità di sedute di commissione effettuate nell'arco di un mese;
          lo stesso suddetto avviso pubblico prevede che la stessa commissione esaminatrice, per potersi considerare tale, dovrà durare un tempo superiore a tre ore. Lo stesso avviso non stabilisce in maniera altrettanto chiara quale sia la durata massima della stessa, quando la stessa debba essere considerata terminata o comunque quando si possa ritenere di trovarsi in «seduta pomeridiana», con relativo riconoscimento del doppio del compenso. Infatti, il bando prevede che, a seduta, antimeridiana o pomeridiana, è riconosciuta una retribuzione pari a 50 euro a seduta aumentabile sino ad euro 100,00 giornaliere nel caso in cui la seduta antimeridiana si protragga anche in orario pomeridiano, con impegno lavorativo non inferiore a tre ore per ogni sessione;
          tale mancata definizione sulla durata massima della Commissione esaminatrice mette i professionisti nella condizione di fatto di lavorare mediamente 5 ore al giorno, con un compenso lordo pari a 10 euro l'ora corrisposto in regime preferibilmente di partita IVA;
          di contro, alla figura professionale medica è riservato un trattamento economico del tutto diverso. La stessa figura professionale, infatti, oltre ad essere contemplata dal suddetto bando, è anche richiamata da un precedente bando (per 900 incarichi) che riconosce ai medici facenti parte delle stesse commissioni una retribuzione oraria pari a euro 32,27;
          tale trattamento differenziato, nonostante lo stesso Inps si sia preoccupato di differenziare apparentemente le mansioni tra i due bandi, ha portato alcune regioni, tra le quali ad esempio la Basilicata, a scegliere le figure professionali attingendo a psicologi ed assistenti sociali necessariamente dal bando a loro dedicato, mentre per quanto riguarda i medici dal bando a loro rivolto, che stabilisce per gli stessi una retribuzione superiore;
          il bando di selezione per soli medici è totalmente generico nella definizione delle mansioni che gli stessi professionisti dovranno svolgere per conto dell'istituto e non si capiscono le ragioni per cui il corrispettivo dallo stesso previsto per il lavoro svolto da un medico pari a 32,27 euro all'ora, si debba trasformare, nell'altro bando (quello per medici, psicologi ed assistenti sociali) in un compenso decisamente più svantaggioso ed assimilabile al «gettone di presenza»;
          in forza di tale quadro regolatorio, nella pratica di una giornata lavorativa presso la pubblica amministrazione per una cosiddetta partita Iva accade che ritmi, tempi e modalità di lavoro non sono più decisi dal professionista esterno incaricato, ma dallo stesso Inps, al quale spetta inoltre la comunicazione del calendario delle visite, che non può in alcun modo essere discusso da parte del professionista che, per questo, si troverà costretto semplicemente a rispettarlo;
          tale disparità di trattamento comporta di fatto a parere dell'interrogante, che le figure dello psicologo e dell'assistente sociale non siano considerate adeguatamente per la valutazione del quadro complessivo della persona bisognosa di aiuto, elemento che determina una svalutazione di queste stesse figure professionali, e che rivela un approccio perlopiù medicalizzante della condizione di vita della persona;
          l'interrogante, inoltre, paventa che dietro la giustificazione di un contenimento dei costi, si nasconda in realtà una visione politica ben precisa che da una parte considera inutile il cosiddetto welfare sociale, e che, dall'altra, fa assumere valore alla patologia psicologica o psichiatrica solo se la si considera malattia;
          di più, con il ricorso all'istituto dell'aggiornamento dei suddetti incarichi alle figure iscritte negli albi professionali sopra descritte sembra all'interrogante che non si vogliono tutelare alcuni diritti riconosciuti ai lavoratori (maternità, malattia e ferie) da dover, diversamente, riconoscere nel caso in cui lo stesso incarico fosse ricoperto da un dipendente contrattualizzato;
          quella fin qui rappresentata è una delle tante realtà che si prospetta ai nostri neolaureati in cerca di lavoro  –:
          se siano a conoscenza delle palesi disparità di trattamento che derivano dall'applicazione e dalla operatività dei due bandi dell'Inps in premessa e quali iniziative di competenza ritengano di dover assumere per rimuoverli. (4-12711)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


      FRANCO BORDO e DANIELE FARINA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 3-ter, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.  502, e successive modifiche stabilisce che il collegio sindacale delle aziende sanitarie dura in carica tre anni ed è composto da tre membri, di cui uno designato dalla regione, uno dal Ministro dell'economia e delle finanze, uno dal Ministro della salute;
          i componenti del collegio sindacale sono scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia, ovvero tra i funzionari del Ministero dell'economia e delle finanze, che abbiano esercitato per almeno tre anni le funzioni di revisori dei conti o di componenti dei collegi sindacali;
          la mancata nomina di uno dei tre membri del collegio sindacale ne impedisce la costituzione e lo svolgimento delle funzioni;
          tra le varie funzioni del collegio sindacale vi sono la verifica della regolare tenuta della contabilità, la corrispondenza del rendiconto generale annuale delle risultanze delle scritture contabili e dei registri obbligatori, le verifiche intese ad accertare la consistenza di cassa, l'esame degli atti di bilancio, la relazione, almeno ogni sei mesi, sull'andamento dell'azienda, attività di vigilanza ed ispezione;
          appare evidente l'importanza del collegio sindacale, poiché emergono, attraverso gli organi di stampa e le indagini notificate dalla magistratura, continui scandali legati alla sanità in Lombardia;
          ad oggi non risultano pervenute le designazioni dei revisori di competenza del Ministero della salute nelle aziende ospedaliere della Lombardia i cui collegi sindacali risultano decaduti nel 2015 e non risultano nemmeno pervenute quelle delle ASST, che sarebbero dovute avvenire nel gennaio 2016;
          la nomina del collegio sindacale non risponde solo ad una disposizione di legge, ma anche alla necessaria trasparenza che dovrebbe riguardare la gestione della sanità pubblica;
          la spesa per la sanità riguarda circa l'80 per cento della voce di bilancio di regione Lombardia, da cui si evince quanto sia strategico il comparto e quanti interessi economici ruotino intorno a tale voce  –:
          quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere per ovviare alla gravissima mancanza esposta in premessa. (4-12719)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      VEZZALI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          secondo l'Aran (dati riferiti all'anno 2014) nella pubblica amministrazione ci sono 79.691 lavoratori con contratto a termine, la quasi totalità dei quali ha un contratto con una durata superiore o pari a 36 mesi e ai quali vanno aggiunti i precari della scuola;
          la sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione prevede rimborsi automatici per i precari della pubblica amministrazione con pesanti ricadute sui bilanci delle amministrazioni;
          la sentenza prevede, infatti, per quei lavoratori con contratto a tempo determinato che si protraggono da più di 36 mesi e senza onere della prova a carico del dipendente, un risarcimento forfettario tra le 2,5 e le 12 mensilità; indennizzo che può, se si dovesse analizzare ogni singolo caso, divenire molto più consistente  –:
          se non ritengano che l'esclusione dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa e il blocco del turn over a partire dal 1o gennaio 2017 produrranno una perdita enorme di posti di lavoro;
          visto che l'articolo 97 della Costituzione prevede l'accesso tramite concorso ai ruoli della pubblica amministrazione, se sia possibile e con quali iniziative arrivare a una eventuale stabilizzazione del personale attualmente in servizio. (5-08295)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


      PALESE, ALTIERI, BIANCONI, CAPEZZONE, CHIARELLI, CIRACÌ, CORSARO, DISTASO, FUCCI, LATRONICO e MARTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il gruppo vetrario Sangalli, che produce 1.300 tonnellate di vetro al giorno, impiega oltre 400 dipendenti, possiede siti produttivi a Monte Sant'Angelo (FG) e San Giorgio di Nogaro (UD) e copre una quota di mercato pari al 30 per cento, versa oggi in grave crisi finanziaria;
          tutte le società del gruppo (in particolare Sangalli Vetro Manfredonia – già Manfredonia Vetro, Sangalli Vetro, Sangalli Vetro Porto Nogaro, Sangalli Vetro Satinato) hanno ricevuto nel tempo ingenti contributi pubblici in conto capitale (e non);
          lo stabilimento di Monte Sant'Angelo (FG), di proprietà della Vetro Manfredonia spa, alle porte del Gargano ha una capacità produttiva di circa 600 tonnellate lorde al giorno pari a più di 200.000 tonnellate lorde annue;
          oltre ai finanziamenti di cui sopra, a fine 2013, Sangalli Vetro Manfredonia spa è stata beneficiaria di ulteriori agevolazioni dalla regione Puglia per euro 6.889.323,60 per il rifacimento del forno float;
          oggi, il gruppo mostra rilevanti sofferenze finanziarie se non addirittura di insolvenza, con valori dell'indebitamento molto elevati e perdite di esercizio rilevanti;
          il 2 dicembre 2014 si è svolto il primo incontro tecnico nazionale riguardante le problematiche del gruppo Sangalli presso il Ministero dello sviluppo economico;
          nel corso delle riunioni tenute presso il Ministero dello sviluppo economico si è preso atto che la situazione aziendale attuale è molto critica e, soprattutto, che la curatela fallimentare non è in grado di assicurare le risorse necessarie al proseguimento delle attività;
          lo stabilimento della Sangalli Vetro Manfredonia spa è l'unico impianto di produzione del vetro in tutto il sud dell'Italia;
          la regione Puglia ha dichiarato nel corso delle riunioni la disponibilità a finanziare iniziative che hanno come obiettivo quello di garantire la continuità operativo dello stabilimento di Manfredonia al fine di garantire la continuità reddituale ed occupazionale dei lavoratori  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza della descritta situazione in seno al gruppo industriale e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intendano assumere per promuovere per la salvaguardia della produzione e dei livelli occupazionali, anche al fine di evitare le ingenti ripercussioni in seno al comparto vetrario italiano. (4-12709)


      REALACCI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'efficienza energetica deve essere vista alla stregua di un'attività infrastrutturale che, per l'impatto economico, sociale e ambientale che produrrà, è altamente strategica e, inoltre, «autoliquidante», in quanto il risparmio energetico ed economico che genera permette di ripagare l'investimento iniziale;
          il principale effetto, che l'attuazione concreta di tale normativa comporta, ha sia valenza economica, poiché si riducono i costi del sistema energetico dello Stato, che occupazionale, in quanto derivano immediati incrementi del numero dei posti di lavoro, oltre che ambientali per la riduzione delle emissioni dei gas climalteranti in atmosfera;
          l'efficienza energetica, vista la peculiarità sia degli interventi (che producono risparmio economico solo se utilizzati), sia dei soggetti beneficiari degli stessi (che devono garantire l'utilizzo dei beni ai livelli, nei modi e nei tempi previsti contrattualmente), sia dei soggetti che li realizzano (preminentemente le Energy Service Company che, però, sono tipicamente poco patrimonializzate e capitalizzate, ma che si devono assumere la responsabilità tecnica del loro operato), per essere concretamente e massivamente sviluppata, deve prevedere il supporto pubblico attraverso un sistema adeguato di garanzie economiche;
          il ritardo nell'avvio del fondo previsto dall'articolo 15 del decreto legislativo n.  102 del 2014 sta producendo il mancato sviluppo dell'efficienza energetica e, conseguentemente, il mancato rilancio dell'economia nazionale, e sta pregiudicando il raggiungimento degli obiettivi al 2020  –:
          con quali tempi saranno adottati i decreti previsti dal decreto legislativo n.  102 del 2014, articolo 15, comma 5, al fine di individuare le priorità, i criteri, le condizioni e le modalità di funzionamento, di gestione e di intervento del Fondo, nonché le modalità di articolazione per sezioni, di cui una dedicata in modo specifico al sostegno del teleriscaldamento, e le relative prime dotazioni;
          con quali tempi il Ministro dell'economia e delle finanze emanerà il decreto previsto dal decreto legislativo n.  102 del 2014, articolo 15, comma 7, al fine di individuare criteri, condizioni e modalità della garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza. (4-12710)

Apposizione di firme ad una mozione e modificata dell'ordine dei firmatari.

      La mozione Vargiu ed altri n.  1-01191, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 9 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dalle deputate D'Incecco e Binetti e, costestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme si intende così modificato: Vargiu, D'Incecco, Binetti, Matarrese, Galgano, Capua, Quintarelli, D'Agostino, Bombassei, Catania, Librandi, Vezzali.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta orale Baldelli ed altri n.  3-02126, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Squeri, Sandra Savino, Giacomoni, Laffranco.

      L'interrogazione a risposta orale Baldelli e altri n.  3-02127, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Squeri, Sandra Savino, Giacomoni, Laffranco.

      L'interrogazione a risposta orale Baldelli e altri n.  3-02128, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Squeri, Sandra Savino, Giacomoni, Laffranco.

      L'interrogazione a risposta orale Baldelli e altri n.  3-02129, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Squeri, Sandra Savino, Giacomoni, Laffranco.

      L'interrogazione a risposta orale Baldelli e altri n.  3-02130, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Squeri, Sandra Savino, Giacomoni, Laffranco.

      L'interrogazione a risposta orale Baldelli e altri n.  3-02131, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Squeri, Sandra Savino, Giacomoni, Laffranco.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta immediata in Assemblea Roccella n.  3-02143 del 30 marzo 2016.