XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 616 di venerdì 29 aprile 2016

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PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

      La seduta comincia alle 9,30.

      PRESIDENTE. La seduta è aperta.
      Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

      EDMONDO CIRIELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

      PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
      (È approvato).

Missioni.

      PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione.
      I deputati in missione sono complessivamente novantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella denominazione di una componente politica del gruppo parlamentare Misto.

      PRESIDENTE. Comunico che la vicepresidente del gruppo parlamentare Misto, deputata Renata Bueno, in rappresentanza della componente politica USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani), con lettera pervenuta in data 22 aprile 2016, ha reso noto che la nuova denominazione della componente è USEI-IDEA.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,33).

      PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Intendimenti in merito alla riduzione o all'eliminazione dell'aumento delle tasse aeroportuali relativo ai diritti di imbarco per passeggero, nonché in ordine al fondo speciale per il trasporto aereo – n. 2-01348)

      PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Galgano ed altri n. 2-01348, concernente intendimenti in merito alla riduzione o all'eliminazione dell'aumento delle tasse aeroportuali relativo ai diritti di imbarco per passeggero, nonché in ordine al fondo speciale per il trasporto aereo (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
      Chiedo alla deputata Galgano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

      ADRIANA GALGANO. Sì, grazie, signora Presidente. Buongiorno, sottosegretario De Caro, la nostra interpellanza riguarda la tassa che, dal 1o gennaio 2016, è stata aggiunta alle tasse aeroportuali; questa tassa ammonta a 2,50 euro e porta a un complessivo di 9 euro le tasse aeroportuali, Pag. 2che dovrebbero essere comunali, ma che non vengono destinate ai comuni, bensì ad alimentare il fondo per gli ammortizzatori sociali per i lavoratori del comparto, appunto, aereo.
      Questa tassa è odiosa per tre motivi: il primo è che, naturalmente, pesa molto di più sui cittadini che possono pagare poco i biglietti aerei, perché pesa sui biglietti low cost, che ovviamente sono utilizzati da chi ha pochi mezzi, e quindi è una tassa che crea disparità; in secondo luogo, è una tassa non intelligente, perché modifica la competitività della nostra economia turistica, perché, se noi aumentiamo le tasse e gli altri Paesi non lo fanno – per esempio la Spagna ha stabilito che, fino al 2022, per aiutare il suo turismo non aumenterà le tasse aeroportuali –, è chiaro che le rotte verso la Spagna, le rotte spagnole – e già si è avuto un bell'esempio di questo, perché invece che venire da noi vanno ovviamente in Spagna – diventano più convenienti delle nostre; in terzo luogo, ha causato l'abbandono da parte di Ryanair di alcuni scali regionali, perché ovviamente questa tassa non può essere traslata completamente sui biglietti dei voli low cost, perché ne varia la ragione economica. E quindi abbiamo il paradosso che una tassa, utilizzata per finanziare un fondo per gli ammortizzatori sociali dei lavoratori rimasti senza lavoro, causa ulteriore disoccupazione. È stato calcolato che questa tassa produrrà una riduzione di passeggeri di 750 mila unità e una perdita di 2300 posti di lavoro.
      Tra gli scali regionali danneggiati da questa tassa c’è lo scalo di Perugia, della mia regione. Lo scalo ha una perdita, nel 2015, di 815 mila euro. È chiaro che la decisione di Ryanair di abbandonare alcune tratte del nostro scalo produrrà un peggioramento di questa situazione, con conseguente rischio, per il nostro aeroporto, di declassamento dagli aeroporti di importanza strategica nazionale. Io voglio ricordare ancora qual è la situazione dell'Umbria rispetto alla raggiungibilità: non abbiamo l'autostrada, la linea ferroviaria è esattamente uguale a quella dell'Ottocento.
      Ho interpellato più volte il Governo sulla costruzione del doppio binario in una linea particolarmente complicata e mi è stato risposto che lavori iniziati nel 2001 per 10 chilometri finiranno, a questo punto dico forse, nel 2018. Quelli che dovevano essere terminati nel 2020, sempre di raddoppio per 20 chilometri, non sono ancora iniziati e non ci sono le risorse. Per quanto riguarda la tratta di Città di Castello e Umbertide, che è stata chiusa per non soddisfacimento dei requisiti di sicurezza, abbiamo interpellato il Governo e ci è stato risposto che non si sa quando inizieranno i lavori per la sua riqualificazione perché ancora non è stato fatto il piano di fattibilità. Adesso, con questa tassa, noi rischiamo direttamente la chiusura dell'aeroporto: cioè, se volete alzarci un muro, che non è un muro fisico ma è un muro di irraggiungibilità, ditecelo, perché così ciascuno di noi prenderà delle opportune decisioni sugli strumenti di lotta verso queste decisioni che ci danneggiano pesantemente.
      Alla luce di tutti i fatti che ho esposto, io chiedo al Governo cosa intenda fare per modificare questa situazione, che è dannosa sotto tanti punti di vista e quali altre risorse intenda mettere a disposizione per il fondo per i lavoratori del comparto aereo, perché ovviamente noi riteniamo che siano da tutelare, ma non a spese della nostra economia e a spese della creazione di altri disoccupati.

      PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Umberto Del Basso De Caro, ha facoltà di rispondere.

      UMBERTO DEL BASSO DE CARO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente. Si premette che le addizionali comunali sono tasse governative istituite con legge dello Stato ed individuate in importi fissi, che sono pagate indistintamente da tutti i passeggeri in partenza dagli aeroporti nazionali, in quanto entrano nella composizione finale del prezzo del biglietto aereo venduto dalle compagnie aeree operanti in Pag. 3Italia. L'ammontare complessivo dell'addizionale, come è noto, in esito ad interventi normativi che si sono succeduti nel tempo, incide oggi per un totale di 9 euro sul prezzo del biglietto per ciascun passeggero.
      Con riferimento al caso in esame, l'ultimo incremento dell'addizionale comunale, pari oggi a 2,5 euro complessivi, si è reso necessario per la copertura di complessivi 184 milioni di euro destinati al mantenimento del fondo speciale del trasporto aereo fino a tutto il 2018, prima della trasformazione di quest'ultimo in fondo di solidarietà, ai sensi del decreto-legge 23 dicembre 2013, n.  145. Per definire un meccanismo di aggiornamento dell'importo dell'addizionale comunale atto a garantire il gettito complessivo di 184 milioni di euro l'anno, in funzione del traffico passeggeri effettivamente registrato di anno in anno, si è quindi provveduto a stimare il flusso dei passeggeri paganti per ciascuno degli anni interessati dalla norma, determinando in via previsionale l'ammontare annuo di euro 2,50 per il 2016, euro 2,42 per il 2017 ed euro 2,34 per il 2018, quale ammontare sufficiente a coprire i predetti oneri. È stato, altresì, previsto un meccanismo di aggiornamento della misura dell'addizionale, da effettuarsi di anno in anno sulla base di eventuali scostamenti dei dati di traffico effettivi rispetto alle previsioni stimate in fase di determinazione dell'importo dell'addizionale. Va, dunque, osservato che il tetto di 2,50 euro di incremento dell'addizionale non è da considerarsi una misura fissa, ma una misura destinata a scendere in base all'atteso incremento di traffico passeggeri per gli anni a venire. Segnalo inoltre che è in atto un confronto con i soggetti istituzionali coinvolti per individuare interventi finalizzati a favorire la riduzione di tale addizionale.

      PRESIDENTE. La deputata Adriana Galgano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

      ADRIANA GALGANO. Signora Presidente, io sono parzialmente soddisfatta. Prima dico che sono soddisfatta perché si sta lavorando per rivedere questa addizionale e noi esortiamo il Governo ad essere veramente veloce.
      Non sono soddisfatta della prima parte della risposta, perché si evince chiaramente che, come per tutte le norme che noi facciamo o per le tasse che noi imponiamo, non si è effettuata una valutazione di impatto. Per esempio, prendiamo il caso di Ryanair, ma di tutte le altre compagnie low cost: nel momento in cui una compagnia low cost lancia un biglietto a 10 euro o a 20 euro, è chiaro che un ammontare di tasse pari a 9 – tranne che a Fiumicino e Ciampino dove sono 10 – riduce quel biglietto ad una perdita secca per l'azienda; tuttavia, quei biglietti a 10 e a 20 euro consentono a tante persone che non potrebbero permetterselo di viaggiare e alimentano un circuito economico virtuoso.
      Noi riteniamo che questa addizionale sia una delle tante tasse: vorrei ricordare il caso della tassa sulla nautica, che ha comportato, come conseguenza, l'abbandono delle barche dai nostri porti, causando un grave danno economico. Ebbene, questa tassa è l'ennesima conseguenza di una valutazione di impatto che nel nostro Paese non si fa sulla normativa che facciamo. Io ricordo solo che l'ultima delle battaglie che ha fatto Scelta Civica in questo caso è quella relativa all'addizionale pari a 0,5 euro che abbiamo appena messo sulle bottiglie di acqua naturale. È chiaro che a un non esperto di economia, un ammontare di 0,5 euro sembra nullo, ma, in realtà, questa tassa è in grado di spostare i conti economici delle aziende.
      Quindi, auspicando che ci sia rapidità nel riconsiderare le risorse da cui trarre le risorse per il fondo per i lavoratori Alitalia, esorto il Governo a prendere in considerazione, per operazioni di questo tipo, che sono all'inizio – sperando che, poi, lo si faccia per tutte –, una valutazione seria e conseguente dell'impatto che hanno per l'economia, per evitare di danneggiare la nostra economia in un momento in cui non se lo può proprio permettere.

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(Situazione degli hotspot presenti sul territorio italiano, nel quadro delle politiche di accoglienza dei migranti – n. 2-01354)

      PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Duranti ed altri n. 2-01354, concernente la situazione degli hotspot presenti sul territorio italiano, nel quadro delle politiche di accoglienza dei migranti (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
      Chiedo alla deputata Duranti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

      DONATELLA DURANTI. Sì, grazie, signora Presidente. Signor sottosegretario questa interpellanza fa riferimento al cosiddetto hotspot della città di Taranto: l’hub di accoglienza per migranti, situato, appunto, nel porto di Taranto e operativo dal 17 marzo 2016 e, insieme a quelli aperti a Pozzallo, Lampedusa e Trapani, a cui se ne aggiunge uno «mobile», con un team in partenza da Catania, rappresenta il sistema italiano dell'accoglienza ai rifugiati e profughi, basato, appunto, sul modello degli hotspot.
      
Attualmente, gli hotspot, nell'assenza di un'esplicita regolamentazione – quindi, di una base giuridica –, sono configurati come luoghi chiusi, nei quali operano le forze di polizia italiane supportate dai rappresentanti delle agenzie europee, per esempio Frontex.
      Al loro interno o, comunque, con il sistema «mobile», vengono sottoposti a rilievi fotodattiloscopici gli stranieri appena sbarcati in Italia ai fini della loro identificazione e, quindi, per poi essere distinti e qualificati come richiedenti asilo o migranti economici.
      Conseguentemente a questa che noi consideriamo una catalogazione sommaria, i migranti vengono inviati alle strutture di accoglienza per richiedenti asilo oppure sarebbero destinatari – come è avvenuto nella maggioranza dei casi osservati fino ad ora dall'apertura degli hotspot in poi – di un provvedimento di respingimento per ingresso illegale e, poi, lasciati sul territorio italiano senza alcuna misura di accoglienza, non essendo, comunque, possibile alcun rimpatrio.
      Una parte di coloro che rientrano nella prima categoria, ossia non vengono catalogati come migranti economici, vengono infine destinati alla cosiddetta relocation ovvero hanno accesso alla procedura di ricollocazione in altri Paesi membri dell'Unione europea.
      Questa procedura, ad oggi, a nostro giudizio, ha prodotto minimi effetti, con solo 530 profughi totali trasferiti verso altri Paesi dell'Unione europea.
      Con specifico riferimento al centro di Taranto, non risulta chiara la natura della struttura in cui, tra le altre cose, è stata accertata, anche attraverso visite che io stessa ho effettuato, la presenza di migranti trattenuti senza la comunicazione all'autorità giudiziaria entro le quarantotto ore, così come previsto dalla legge e, quindi, senza convalida del fermo di Polizia.
      Alcuni dei migranti che sono passati per l’hotspot di Taranto sono stati trattenuti per oltre settantadue ore, dopo le procedure di fotosegnalazione. Da quello che ci risulta, che mi risulta, è che in occasione del penultimo sbarco ci siano stati migranti trattenuti nell’hotspot, anche se con la possibilità di uscire, addirittura, per oltre una settimana. A nostro giudizio illegittimamente trattenuti e in assenza di motivi che giustificassero il trattenimento, considerato che il centro dovrebbe avere come funzione unica quella dell'identificazione, non certo, appunto, quella del trattenimento di migranti.
      Ulteriormente, dai colloqui effettuati durante le visite con i migranti trattenuti è emerso uno scarso lavoro di informativa da parte degli organi competenti sui diritti in capo ad essi prima che essi vengano preidentificati, come, del resto, è previsto dalle normative nazionali ed internazionali in materia.
      Risulta grave l'assenza di un'informativa circa il diritto di richiedere protezione internazionale, cosa che dovrebbe essere fatta prima di qualsiasi tipo di identificazione. A tal fine, è bene ricordare che ogni straniero soccorso in mare e sbarcato ha Pag. 5il diritto di ricevere informazioni complete e comprensibili sulla sua situazione giuridica e il diritto di manifestare in qualsiasi momento, anche quando si trovi già da tempo in Italia, la volontà di presentare domanda d'asilo.
      La mancata informativa o, comunque, l'informativa parziale e somministrata a persone appena sbarcate, ancora in stato di choc, risulta evidente nel più recente trasferimento all’hotspot di Taranto del 31 marzo 2016, quando persone di nazionalità marocchina, a quanto ci consta, si sarebbero viste notificare un respingimento differito – io aggiungo collettivo –, dichiarando di non essere state informate e di non aver avuto la possibilità di richiedere asilo, malgrado quanto previsto dalla circolare del prefetto Morcone del gennaio 2016. La mancata informativa sarebbe, quindi, alla base dei respingimenti differiti, eseguiti sull'accertamento della sola nazionalità.
      Il caso accertato a Taranto il 31 marzo 2016 fa il paio con quanto avvenuto con altri cittadini di nazionalità gambiana negli hotspot siciliani e portato all'attenzione del Ministro interpellato con un'altra interrogazione del 22 dicembre 2015. La pratica dei respingimenti differiti sulla sola base discriminante della nazionalità, oltre a violare la Convenzione di Ginevra, genera situazioni di estrema vulnerabilità delle persone lasciate senza alcun mezzo di sostentamento alle porte dell’hotspot, escludendole di fatto dal sistema nazionale dell'accoglienza.
      Il 1o aprile 2016, circa 250 migranti di nazionalità marocchina sono stati accompagnati alle porte dell’hotspot di Taranto e sono stati consegnati loro provvedimenti di respingimento differito. Questi migranti marocchini non avrebbero potuto fare altro che riversarsi nella stazione ferroviaria cittadina, abbandonati a loro stessi, senza denaro, senza sostegno di alcun tipo. La situazione che si è venuta a creare non solo non è conforme alla normativa vigente, ma, secondo noi, si configura come una vera e propria emergenza sociale, di cui, ovviamente, le prime vittime sono i migranti.
      Signor sottosegretario, quindi, le chiediamo, alla luce di tutto quello che abbiamo sinteticamente illustrato e alla luce della sommarietà e dell'inefficacia del sistema degli hotspot, se il Governo non ritenga di adottare iniziative per chiuderli e quali iniziative di competenza intenda adottare per supportare gli impegni straordinari degli enti locali, che devono provvedere, per le proprie competenze, a garantire condizioni dignitose in emergenza per numerosi migranti abbandonati a se stessi, come appunto è accaduto nel comune di Taranto, e, quindi, come intenda il Governo sostenere lo sforzo dei comuni che ospitano gli hotspot.

      PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

      DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Grazie, Presidente. Con l'interpellanza all'ordine del giorno, l'onorevole Duranti, unitamente ad altri deputati, nel riferirsi a una vicenda relativa al respingimento operato nei confronti di 250 cittadini marocchini transitati nell’hotspot di Taranto, a cui non sarebbero state fornite informazioni adeguate sulla normativa in materia di asilo, lamenta la carenza di disciplina giuridica degli hotspot e chiede chiarimenti in ordine alla gestione del relativo sistema, nonché iniziative per supportare gli impegni straordinari dei comuni dove insistono le suddette strutture e, quindi, chiamati a garantire condizioni dignitose ai numerosi immigrati da accogliere.
      I centri di primo soccorso e accoglienza – ovviamente lo riassumo più per me stesso che per l'Aula – contribuiscono alla realizzazione del nuovo sistema di accoglienza delineato di recente, nell'intento di gestire i flussi migratori secondo logiche di ordinarietà, strutturalità e programmazione, superando, quindi, l'approccio emergenziale a cui si è fatto ricorso in passato. Il nuovo sistema ha avuto origine con il piano operativo nazionale per la gestione dei flussi migratori, approvato dalla Conferenza unificata nella seduta del Pag. 610 luglio 2014, e ha poi trovato suggello nella copertura normativa fornita dalla nuova disciplina sull'accoglienza dei richiedenti asilo, contenuta nel decreto legislativo n.  142 del 2015, che è stato testé richiamato anche dall'onorevole interpellante.
      Questo provvedimento prevede un'accoglienza articolata su tre fasi, la prima delle quali da effettuarsi proprio nei centri di primissimo soccorso e accoglienza, nei quali gli stranieri vengono incanalati subito dopo lo sbarco sul territorio nazionale, ai fini del primissimo soccorso e assistenza e della separazione del percorso dei richiedenti asilo dai migranti che non hanno, invece, diritto a rimanere sul territorio nazionale. La permanenza in tali strutture è di regola molto breve e dura il tempo necessario all'identificazione dello straniero da parte delle forze dell'ordine. Successivamente lo straniero, che abbia manifestato la volontà di richiedere la protezione internazionale, viene ospitato nei centri governativi di prima accoglienza per il periodo di tempo, comunque non superiore ai trenta giorni, necessario alla formalizzazione della domanda di protezione internazionale. Dopodiché, è previsto il suo trasferimento nei centri di seconda accoglienza – quindi, sostanzialmente nel sistema SPRAR –, in cui si rimane fino alla decisione dell'istanza, da parte della commissione territoriale, per il riconoscimento della protezione internazionale. Preciso che per centri di seconda accoglienza intendo appunto quel sistema che ho appena citato e che rappresenta, su tutto il territorio nazionale, una rete gestita dai comuni secondo un modello condiviso con il Ministero dell'interno, che valorizza l'ospitalità diffusa e mira evidentemente ad ottenere il massimo dell'integrazione possibile. Come elemento di flessibilità del sistema è prevista la possibilità di attivare strutture temporanee di accoglienza per far fronte ad arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti asilo.
      Nella concezione europea e, di conseguenza, in quella italiana gli hotspot sono, anche se non solo, destinatari e destinati all'identificazione e al fotosegnalamento degli stranieri, ma anche al primo soccorso, sebbene l'identificazione e il fotosegnalamento costituiscano ovviamente una operazione indispensabile perché sono la precondizione per poter poi procedere alla relocation, secondo quanto stabilito negli atti europei.
      In tali strutture le autorità italiane sono supportate dai funzionari dell'EASO, Frontex ed Europol ed effettuano, anzitutto, il primo soccorso, lo screening sanitario, l'individuazione delle vulnerabilità, l'attività di informazione sui diritti, l'accertamento della volontà di richiedere la protezione internazionale, l'individuazione dei potenziali candidati alla procedura di ricollocazione, come rammentavo dianzi; il tutto impiegando personale specializzato e avvalendosi di mediatori culturali professionali che parlano le lingue maggiormente conosciute dagli stranieri. Negli hotspot sono altresì presenti le organizzazioni internazionali, in particolare ACNUR e OIM, i cui operatori, nell'ambito dei rispettivi mandati, svolgono attività di informazione ai migranti sulla normativa nazionale e comunitaria vigente in materia di asilo e sul programma di ricollocamento, segnalando anche l'individuazione delle vittime di tratta e altre eventuali situazioni di vulnerabilità. In questo senso, del resto, il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione ha proceduto con apposita circolare, che, come ho visto, è conosciuta dall'onorevole interpellante, tant’è che è stata citata.
      Questa misura costituisce un'evidente testimonianza della volontà dell'amministrazione dell'interno di intendere e di vivere gli hotspot, al pari delle altre strutture del sistema di accoglienza, come luoghi di trasparenza e di diritti.
      Per quanto attiene, invece, alla richiesta di supportare i comuni maggiormente esposti al fenomeno migratorio, faccio presente preliminarmente che le spese per l'accoglienza dei migranti nei centri governativi, compresi gli hotspot, le strutture temporanee e lo SPRAR, gravano attualmente su risorse nazionali. Inoltre, con l'ultima legge di stabilità, a titolo di ristoro per le maggiori spese sostenute dagli enti Pag. 7locali della regione siciliana impegnati nell'accoglienza di profughi e rifugiati, è stata autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per l'anno 2016. Ulteriori fondi sono previsti a beneficio dei comuni che ospitano i minori stranieri non accompagnati nelle proprie strutture e comunità di accoglienza. Questi enti locali possono fare richiesta di accedere, nei limiti delle risorse disponibili, all'apposito fondo gestito dal Ministero dell'interno, che, per l'anno in corso, presenta una dotazione finanziaria importante; si tratta di 170 milioni di euro, cioè quasi il doppio dei 90 milioni di euro assegnati per il 2015, che contribuiranno ad elevare in maniera significativa gli standard qualitativi e quantitativi dell'accoglienza. La destinazione di ulteriori risorse finanziare ai comuni che ospitano gli hotspot nel senso auspicato dagli onorevoli interpellanti richiede un mirato intervento legislativo, che dovrà farsi carico ovviamente di reperire contestualmente la relativa copertura finanziaria.
      Sui fatti riguardanti l’hotspot di Taranto, oggetto di specifiche doglianze da parte degli onorevoli interpellanti, posso dire quanto segue. Innanzitutto, posso assicurare che la permanenza dei migranti nella struttura è limitata al tempo strettamente necessario agli adempimenti a cui ho fatto prima cenno e all'individuazione delle strutture di destinazione dei migranti sul territorio nazionale secondo il piano di riparto deciso, a livello ministeriale, sulla base degli indirizzi del tavolo di coordinamento nazionale.
      Per quanto concerne, più in particolare, la vicenda che ha coinvolto un folto gruppo di cittadini marocchini, rappresento che il 30 marzo scorso sono giunti presso l’hotspot in questione 398 migranti di varie etnie, sbarcati a Reggio Calabria nella stessa giornata, dei quali appunto 269 di nazionalità marocchina. A seguito delle attività informative e delle interviste svolte con i predetti dall'ufficio immigrazione della questura di Taranto e dai funzionari dell'EASO, dell'ACNUR e dell'OIM presenti nell’hotspot, 18 cittadini marocchini hanno manifestato l'intenzione di chiedere asilo e sono stati, pertanto, avviati successivamente verso le strutture di accoglienza ad essi dedicate. Gli altri 251 hanno dichiarato, invece, di essere entrati in Italia per motivi economici, prevalentemente per trovare lavoro, e, pure informati della possibilità di richiedere la protezione internazionale, hanno deciso di non avvalersene. Pertanto, a questi ultimi è stato notificato il provvedimento di respingimento del questore, con contestuale ordine di abbandonare il territorio nazionale, stante l'impossibilità di procedere al rimpatrio immediato, in quanto privi di passaporto, nonché l'indisponibilità di posti presso i centri di identificazione e di espulsione.
      I medesimi sono stati, quindi, dimessi a piccoli gruppi dall’hotspot, confluendo successivamente presso la locale stazione ferroviaria, dove sono stati avvicinati da varie associazioni di volontariato. La mancata volontà di richiedere la protezione internazionale da parte dei suddetti 251 cittadini marocchini ha trovato, peraltro, conferma nel fatto che, nonostante l'intervento spontaneo dei vari volontari, che, con l'ausilio di proprio interpreti, hanno autonomamente prospettato la possibilità di richiedere la protezione internazionale, uno solo di essi si è successivamente avvalso di tale facoltà, venendo, quindi, inserito in una struttura di accoglienza dalla provincia, mentre i restanti 250 hanno confermato di non volersi avvalere della procedura di protezione. Questi sono i fatti, così come relazionati, dai quali emerge che i cittadini marocchini hanno avuto modo di esercitare per intero i diritti riconosciuti loro dall'ordinamento giuridico.
      Sul piano complessivo, vorrei evidenziare come l'azione svolta dall'autorità pubblica degli hotspot e, più in generale, nel campo dell'accoglienza dei migranti sia sostanzialmente in linea con i dettami della normativa nazionale, oltre che con le politiche europee e gli obblighi internazionali, pur nella consapevolezza che, nella gestione di un fenomeno così articolato e complesso, possono ovviamente verificarsi delle criticità. Anche per il futuro il nostro impegno sarà, quindi, Pag. 8rivolto all'effettivo rispetto dei diritti di tutti, specie dei soggetti più vulnerabili in adesione al principio universale di tutela della persona.

      PRESIDENTE. La deputata Donatella Duranti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

      DONATELLA DURANTI. Grazie, signora Presidente. Signor sottosegretario, no, non mi posso dire soddisfatta. Comincio dall'ultima questione che abbiamo posto nell'interpellanza urgente e quindi il riferimento alle iniziative da adottare per supportare gli impegni dei comuni che sono appunto sede degli hotspot, come appunto nel caso di Taranto. Lei ha ricordato la norma della legge di stabilità che in qualche maniera prevede risorse per supportare i comuni siciliani e in questo elenco ovviamente manca il comune di Taranto. Inoltre devo dire che nel DEF non è stato previsto nulla proprio per una motivazione specifica: una volta che i cittadini, i migranti a cui viene notificato il respingimento differito si riversano in questo caso nella città di Taranto, hanno necessità di essere sostenuti perché hanno bisogno di tutto. Intanto hanno bisogno di un tetto, hanno bisogno che qualcuno li aiuti anche per le prime necessità, per procurarsi il cibo e quindi sono i comuni, in questo caso il comune di Taranto, che si devono fare carico di questa vera e propria emergenza sociale che si determina. Sono stata alla stazione ferroviaria di Taranto quando appunto i 250 migranti marocchini si sono riversati dopo essere stati allontanati dall’hotspot: loro erano avvicinati anche da persone che sono conosciute nella città di Taranto e che hanno anche a che fare con la criminalità organizzata e quindi questi migranti vengono abbandonati e possono essere in ogni momento contattati da queste persone. Nel DEF non c’è nulla. Lei dice che sarà necessario un mirato intervento legislativo con copertura finanziaria: siamo insomma alla dichiarazione di intenti, ma nulla si dice rispetto alle risorse di cui potrebbero fare uso i comuni interessati dagli hotspot.
      Signor sottosegretario, lei mi ha confermato tutta la mia perplessità, tutti i miei dubbi rispetto appunto al sistema degli hotspot. Mi conferma che i migranti vengono trattenuti per il tempo necessario, che ci è stato riferito anche dai funzionari di polizia che sono presenti all'interno dell’hotspot, che arriva anche a 72 ore o anche oltre le 72 ore. Ma questo viola l'articolo 13 della Costituzione che dice che, dopo un trattenimento di 48 ore, che deve essere motivato esclusivamente sulla base di giustificazioni certe, bisogna comunicarlo all'autorità giudiziaria che deve convalidare il fermo. Diversamente il fermo non può andare oltre le 48 ore. I miei dubbi riguardano anche il rispetto dell'obbligo di informativa legale che è previsto dal decreto legislativo n.  142 del 2015. Ero presente la sera in cui le associazioni di tutela e le associazioni di volontariato hanno in qualche maniera interrogato i migranti, hanno stabilito con loro un confronto e un dialogo: moltissimi di loro non avevano compreso per nulla le informazioni che erano state date in maniera sommaria. Ricordo che viene somministrato un semplice foglio notizia che non garantisce certo che i migranti che in quel momento sono in stato di shock, in particolari condizioni di vulnerabilità, comprendano quali sono i loro diritti. Niente mi ha detto in riferimento alla base giuridica degli hotspot che non ci risulta siano previsti da alcuna normativa né europea né italiana. La cosa che mi preoccupa ancora di più sono le ultime dichiarazioni del Ministro Alfano che ha ribadito che l'obiettivo di Frontex è l'esternalizzazione delle frontiere, il loro spostamento verso sud e che si prevede insomma che Frontex istituisca una sorta di hotspot mobili in mare per fermare i migranti vicino alle coste dei Paesi da cui provengono.
      Secondo me questa sarebbe un'ulteriore violazione dei diritti degli uomini e delle donne che scappano dalla guerra, dalle torture, della violazione dei diritti umani ma aggiungo anche da condizioni di fame, da condizioni di tipo economico che non garantiscono loro la sopravvivenza. Pag. 9Gli hotspot sono esclusivamente questo: la distinzione, sulla base della fotosegnalazione e dell'identificazione, di migranti che avrebbero diritto alla protezione internazionale e di migranti invece – me lo ha confermato lei – cosiddetti economici che non ne avrebbero diritto. Quindi una vera propria catalogazione basata soprattutto sulla nazionalità perché è vero che i provvedimenti di respingimento differito avvengono con un foglio individuale dove viene scritto il nome e cognome della persona interessata dal respingimento differito, ma è anche certo che i respingimenti differiti avvengono per nazionalità. Tutti i marocchini e tutti coloro che non sono dentro la road map della relocation vengono catalogati a parte come migranti economici e quindi non riescono ad entrare nel sistema di accoglienza e di protezione. Confermo la necessità di chiudere gli hotspot perché anche nella sua risposta, signor sottosegretario, non mi ha indicato alcuna base giuridica degli stessi. Confermo che servono soltanto a distinguere per nazionalità chi ha diritto alla protezione internazionale e chi no; c’è un utilizzo delle risorse pubbliche che potrebbe essere indirizzato in maniera diversa proprio per sostenere un percorso di accoglienza migliore nei confronti di tutti i migranti, indipendentemente dalle ragioni per cui scappano dalle terre di origine, e sicuramente la risposta non sarà un Frontex rafforzato con la possibilità di istituire gli hotspot mobili e, quindi, in mare e, quindi, di fermare i migranti nei Paesi di origine dove spesso si verificano violazioni dei diritti umani ma bisognerebbe pensare a canali umanitari, a istituire, come è stato spesso richiesto anche delle associazioni, un Mare nostrum europeo che garantisca che i migranti arrivino in sicurezza. Da ultimo devo dire che lei ha parlato di trasparenza degli hotspot, ma credo che la trasparenza non sia assolutamente garantita nel momento in cui non è garantito l'ingresso negli hotspot, per esempio, da parte dei giornalisti, degli operatori della stampa né da parte di associazioni di tutela o associazioni di volontariato che operano sui diversi territori e che spesso si devono rivolgere ai parlamentari per poter entrare negli hotspot. Questi non sono basati su sistemi di trasparenza né sono strutture aperte proprio perché è impedito ai migranti di muoversi prima che avvenga l'identificazione e la fotosegnalazione, ed è impedito ai giornalisti e alle associazioni di tutela e di volontariato di entrare negli hotspot. L'ultima cosa che le vorrei ricordare è che in occasione dell'ultimo sbarco, che è avvenuto pochi giorni fa...

      PRESIDENTE. La invito a concludere.

      DONATELLA DURANTI. Concludo, signora Presidente, cinque egiziani, tra coloro i quali sono arrivati all’hotspot di Taranto, sono stati espulsi e rimandati nel loro Paese. L'Italia non ha un elenco di Paesi terzi sicuri e voglio denunciare questi fatti: secondo noi non è possibile che vengano espulsi migranti che provengono dall'Egitto; un Paese che oramai, anche a seguito dell'atroce assassinio di Giulio Regeni, non possiamo considerare un Paese che rispetta i diritti umani e, quindi, un Paese terzo sicuro; ciò ci riempie di sgomento.

(Gestione del personale presso l'ambasciata d'Italia a Tunisi – n. 2-01338)

      PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Romele ed altri n. 2-01338, concernente la gestione del personale presso l'ambasciata d'Italia a Tunisi (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
      Chiedo al deputato Romele se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

      GIUSEPPE ROMELE. Signora Presidente, egregio onorevole sottosegretario, nella nostra rete diplomatica, l'Ambasciata d'Italia a Tunisi è una delle sedi che possiamo definire di frontiera. La Tunisia è un Paese per noi strategicamente cruciale, come peraltro dimostra il fatto che lo stesso Presidente del Consiglio Renzi vi abbia effettuato la sua prima visita estera Pag. 10pochi giorni dopo aver assunto l'incarico di Governo. La Tunisia è un Paese che vive in prima linea la lotta al terrorismo, colpita tra il 2015 e il 2016 da ben quattro attacchi dell'Isis che conta tra le proprie fila oltre 5.500 guerriglieri terroristi di nazionalità tunisina. A noi spetta il compito di assicurare, come Paese, la massima vicinanza ma anche la più attenta vigilanza. Per questo è richiesto al personale che lavora presso questa nostra Ambasciata un'attenzione ed uno scrupolo particolare nell'affrontare il proprio lavoro in tutti i settori. Per raggiungere tale risultato è necessario che vi sia alla guida una dirigenza capace di creare un ambiente di lavoro sereno e incentivante. Al contrario, da più fonti ci sono giunte notizie e documenti che testimoniano l'instaurazione di un vero e proprio clima rigidamente autoritario e sostanzialmente coercitivo da parte dell'attuale Ambasciatore e del capo del personale della sede, alimentato attraverso numerosi procedimenti disciplinari e lettere di richiamo, disparità di trattamento con dipendenti e vessazioni che mortificano il personale invece di spingerlo a dare il meglio di se stessi. L'indifferenza verso il personale, la mortificazione dei lavoratori che non si allineano è stata anche stigmatizzata nel verbale dell'assemblea del personale del giugno del 2015, in cui possiamo leggere come, cito testualmente, «il comportamento riservato alla maggior parte di noi, oltre che mortificante, in alcuni casi è anche vessatorio». Si parla di un atteggiamento del capo del personale ritenuto frustrante ed altamente demotivante, si denuncia anche alla direzione del personale presso il Ministero la diffusa sensazione di mortificazione tra le fila di un personale che dovrebbe invece essere mantenuto coeso e incentivato a dare il massimo, come invece accaduto durante la difficile gestione della transizione dalla dittatura alla democrazia nei giorni della «rivoluzione dei gelsomini» del 2011. Si vorrebbe far passare l'immagine di un'Ambasciata di fannulloni e scioperanti, se non fosse stata effettuata con esito positivo una visita ispettiva pochi mesi prima dell'ottobre 2014. Da tale ispezione si ottiene il quadro di un'Ambasciata dai notevoli volumi di lavoro in tutti i settori ma senza particolari criticità, se non nelle tematiche dei visti. Ci si chiede allora perché, di fronte ad un personale che lavora tanto e lavora bene, ci troviamo davanti a lettere di richiamo e provvedimenti disciplinari infondati. Al contempo però la dirigenza della sede si impegna in prima persona a far ottenere passaporti di servizio a chi non ne ha diritto, ma che fanno comodo, così da permettere a costoro di evitare il fisco, sia italiano, sia tunisino, e non pagare le tasse, assieme ad altri vantaggi e privilegi. La cattiva gestione della sede da parte dell'attuale suo vertice è peraltro stato oggetto di articoli di stampa italiani ed internazionali. Agnese Blondì ha evidenziato in un articolo del settembre 2014, intitolato «l'Ambasciata d'Italia a Tunisi chiude le porte agli italiani», come la gestione De Cardona abbia peggiorato la qualità dei servizi ai nostri concittadini nel Paese, mentre a marzo 2015 l'appello di Pierangelo Maurizio su Libero ha stigmatizzato come nei giorni appena precedenti l'attentato del Bardo, in cui hanno perso la vita quattro turisti italiani, l'Ambasciatore De Cardona abbia ignorato o voluto ignorare gli alert diffusi, attraverso le rispettive pagine web, dalle altre Ambasciate nel Paese, come quella degli Stati Uniti, circa il pericolo di attentati in Tunisia, lasciando il sito dell'Ambasciata d'Italia a Tunisi completamente carente di informazioni attendibili sui seri rischi per i nostri connazionali.
      Sulla stampa tunisina invece è apparso a gennaio di quest'anno un articolo di forte critica della gestione del servizio appuntamenti per le legalizzazioni, per cui vi sono tempi di attesa, per vedersi legalizzato un documento, di circa due mesi, dopo aver toccato punte anche di tre mesi. Il servizio di cittadinanza è fermo da mesi, il personale da Roma che ottiene la sede di Tunisi rinuncia al posto oppure nemmeno presenta più la domanda per la prevista missione di un anno. Francamente non siamo convinti che tutti questi siano segnali di una buona gestione; al Pag. 11contrario, siamo di fronte a un fallimento dirigenziale in un Paese strategico per l'Italia e per l'Europa. Tale fallimento dirigenziale è culminato nelle ultime settimane nella catastrofica gestione del trasferimento dalla sede presso quella dell'ex Ambasciata tedesca; il personale a più riprese ha inviato all'Ambasciatore e agli uffici presso il MAECI dell'ispettorato della direzione del personale e dei rapporti con le organizzazioni sindacali oltre che all'azienda sanitaria locale di Roma varie e sconcertanti denunce di gravissime violazioni del decreto legislativo sulla sicurezza e sulla salute dei lavoratori. Non sono funzionanti le telecamere di sorveglianza, non ci sono i muri di protezione per l'esterno, i locali sono invasi da polvere e da sostanze chimiche che hanno portato al ricovero di un dipendente in ospedale e a vari casi di intossicazione. Le relazioni in materia di sicurezza prodotte dal personale dell'Arma dei carabinieri in servizio presso la sede sono state completamente ignorate e nessun suggerimento implementato da parte dell'Ambasciatore e del suo primo consigliere. Gli attentati sono ormai all'ordine del giorno in Europa e nel mondo e le nostre Ambasciate rappresentano un obiettivo sensibile, anche per il ruolo di guida che l'Italia vuole assumere in Libia. Come l'ambasciatore e il suo responsabile per la sicurezza possono permettere che non sia adottata alcuna misura di sicurezza per la sede ? Come si possono ignorare le denunce, le gravissime violazioni delle leggi sulla salute sul luogo di lavoro da parte dei destinatari ? Dobbiamo aspettare un attentato o l'intervento della ASL perché sia ripristinata la funzionalità degna di un'Ambasciata ? L'Ambasciata d'Italia a Tunisi richiede una guida seria ed autorevole, non autoritaria, capace di unire tutti coloro che lavorano per il nostro Paese a difendere i confini e la sicurezza contro il terrorismo. Per questo chiediamo al Governo, in particolare a lei, sottosegretario, se è al corrente del clima in essere all'interno della sede e delle denunce avanzate dal personale. Invito quindi ad una sferzata, ad un cambio di passo nella guida della sede perché finalmente possa essere gestita con efficacia e con autorevolezza.

      PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, Vincenzo Amendola, ha facoltà di rispondere.

      VINCENZO AMENDOLA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. Signora Presidente, grazie onorevole Romele per l'interpellanza che ci permette di dare risposte su alcuni interrogativi e su alcune sollecitazioni da lei poste, non sulle premesse, ovviamente politiche riguardo al valore della Tunisia, di cui questo Parlamento è largamente convinto, ma sulle questioni più tecniche nella vita della nostra sede. Proprio con riferimento alla situazione del personale in servizio presso la nostra Ambasciata a Tunisi, vorrei rispondere puntualmente alle questioni da lei sollevate. Per quanto attiene la specifica questione delle valutazioni del personale, risulta che la media delle valutazione per l'anno 2014 sia stata pari al 97,51 per cento rispetto ad una media per l'anno 2013 pari al 98,09 per cento; se è vero che vi è stata una flessione dello 0,58 per cento, è anche vero che la media delle valutazioni è rimasta elevatissima, certamente superiore alla media generale delle valutazioni del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Per quanto riguarda il tema da lei sollevato dei procedimenti disciplinari, vorrei far presente che dal 2014 sono stati conclusi quattro procedimenti, due dei quali a carico dello stesso dipendente, due multe. Nel primo caso, per ritardo ingiustificato nel rientrare al lavoro, per assenza non autorizzata dall'ufficio e per improprio utilizzo dell'autovettura di servizio; il secondo procedimento, sempre a carico dello stesso dipendente, invece ha riguardato un'errata registrazione contabile. Le altre due sanzioni sono state irrogate ad altrettanti dipendenti per irregolarità nel rilascio di visti di ingresso e per comportamento scorretto. Con riferimento poi Pag. 12alla presunta mancata informazione ai dipendenti a contratto circa il pagamento delle imposte in loco, il personale è pienamente informato degli obblighi in materia fiscale, che sono espressamente indicati nel contratto di lavoro da loro sottoscritto con l'Ambasciata. Inoltre, anche nell'attribuzione delle mansioni ai dipendenti non si ravvisano irregolarità. L'unica vicenda sollevata dal personale della sede, a tal riguardo, vede coinvolto il già citato dipendente oggetto di due procedimenti, il quale si rifiutava di stampare gli statini di fine mese degli stipendi dei colleghi della sede – da lui peraltro predisposti – sostenendo che tale atto costituisse demansionamento, laddove la normativa e la giurisprudenza confermano invece la legittimità dell'attribuzione di mansioni accessorie a quelle prevalenti proprie del profilo lavorativo d'appartenenza.
      Dal quadro che precede, pertanto, non emergono atteggiamenti scorretti né tanto meno vessatori da parte della dirigenza dell'ambasciata d'Italia a Tunisi, a fronte di illeciti disciplinari e di un comportamento conflittuale realizzati da alcuni dei collaboratori della sede. Non essendovi allo stato attuale un pregiudizio al buon funzionamento dell'ambasciata connesso a tale conflittualità, la Farnesina si è finora astenuta dal valutare eventuali spostamenti del personale per sopravvenuta incompatibilità sotto il profilo funzionale e ambientale. Resta inteso che i diretti interessati, qualora ritengano che i loro diritti siano stati lesi, possono sempre far ricorso presso le competenti autorità giurisdizionali. Per quanto riguarda l'amministrazione della Farnesina, ogni sollecito e ogni nuova predisposizione di atti o di interpellanze verranno trattate con l'efficacia e l'efficienza degli uffici predisposti alla regolare vita delle nostre sedi all'estero, soprattutto nelle considerazioni fatte in premessa che questo Parlamento condivide.

      PRESIDENTE. Il deputato Romele ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

      GIUSEPPE ROMELE. Presidente, purtroppo sono sostanzialmente insoddisfatto, innanzitutto perché l'intervento del Governo è troppo specifico e relativo a fatti molto, molto stretti, molto personali. In realtà, se questi possono aver avuto motivo di far partire una denuncia più ampia, la tematica del mio intervento è di grande e di ulteriore dimensione e non finalizzata a toccare un aspetto stretto e personale, ma inserito in un contesto molto più ampio della gestione complessiva dell'ambasciata. I temi che ho sollecitato per primi sono la gestione come tale dell'ambasciata, la logistica, la sicurezza, e una serie di altre vicende, come le grandi attese anche per le legalizzazioni, le certificazioni documentali e quant'altro. Su tutto questo ho visto purtroppo dal Governo un'assenza di risposta. Anticipo che continuerò a seguire tutto questo attentamente, mi auguro in collaborazione con il Ministero, perché non sono qui a fare una denuncia al Ministero, bensì a un organo del Ministero, che è un altro settore, un altro livello. Quindi, mi auguro, in collaborazione con il sottosegretario in particolare e con il Governo, di poter approfondire a fondo tutte le vicende che verranno avanti.

(Iniziative di competenza per una campagna informativa sulla malattia invasiva da Meningococco C in Toscana, anche al fine di evitare situazioni di allarme ingiustificato – n. 2-01305)

      PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bergamini e Brunetta n. 2-01305, concernente iniziative di competenza per una campagna informativa sulla malattia invasiva da Meningococco C in Toscana, anche al fine di evitare situazioni di allarme ingiustificato (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
      Chiedo alla deputata se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

      DEBORAH BERGAMINI. Sì, grazie, Presidente, e saluto il signor sottosegretario. Come lei anticipava, Presidente, l'oggetto Pag. 13di questa interpellanza indirizzata al Ministro della salute è particolarmente importante, perché sta causando gravi danni di immagine e rischia di avere anche conseguenze economiche per tutto l'indotto del turismo che non possiamo sottovalutare. Quando parlo della mia regione mi riferisco alla Toscana. Cosa succede ? A partire dai primi mesi del 2015 la regione è interessata da un aumento anomalo del numero dei casi di malattia invasiva da meningococco C, chiamata più semplicemente meningite. Nel 2015 sono stati segnalati al sistema di sorveglianza nazionale 31 casi attribuibili al siero gruppo C, sei dei quali hanno avuto un esito fatale. Nel 2016, a fine febbraio, erano dodici i casi riscontrati, con quattro decessi; un numero preoccupante, soprattutto se confrontato con i casi riscontrati negli anni precedenti, nel 2012 e nel 2013, dove si erano registrati rispettivamente solo due e tre casi.
      Questo aumento – questo sì, particolarmente allarmante – è concentrato in alcune zone della regione: la provincia di Firenze, di Prato, di Pistoia e di Empoli, che sono proprio le zone dell'area fiorentina allargata a maggiore densità abitativa nella regione. La cosa da sottolineare è che questo fenomeno sembra proprio circoscritto alla Toscana, perché nessuna segnalazione di casi simili è pervenuta al sistema di sorveglianza nazionale da altre regioni del nostro Paese. A fronte di questo, il Governo della regione, in accordo con il Ministero della salute e con l'Istituto superiore di sanità, ha naturalmente intrapreso sia misure di controllo immediate, comprendente chemioprofilassi dei casi e indagini epidemiologiche, sia una campagna di vaccinazione, che ha reso appunto disponibile l'offerta vaccinale a tutti, visto che, tra l'altro, i casi segnalati alla sorveglianza nazionale hanno interessato le più diverse fasce di età.
      Questa è naturalmente una situazione oggettivamente assai preoccupante, e a fronte di questa situazione, il 1o marzo scorso, il Ministero della salute ha inviato una lettera circolare che aveva proprio per oggetto il dare indicazioni per rafforzare la sorveglianza, per precisare le procedure di segnalazione e per implementare nuove strategie di controllo su questa malattia. Questa circolare, però, ha destato un forte allarme e ha avuto un grande risalto sui media, non soltanto quelli locali; perché ? Nella parte finale del testo il Ministero dice che la frequentazione di locali molto affollati per alcune ore e l'uso di alcol e l'abitudine al fumo, durante i periodi con un aumento dei casi di malattia invasiva da meningococco, potrebbero aumentare il rischio di contagio attraverso il contatto ravvicinato con potenziali portatori. Non solo, si dice nel testo della circolare che per i soggetti che si recano in Toscana per lunghi e continuativi periodi (lavoratori, studenti fuori sede) è appropriato che la regione metta a disposizione vaccini.
      Il messaggio che è passato è che chiunque vada in Toscana deve vaccinarsi, perché rischia di prendere la meningite; questo è quello che purtroppo è accaduto. E che cosa è successo ? Si è generato uno stato di allarme sanitario, sia per i cittadini toscani sia appunto per i cittadini non Toscani e i turisti che avevano intenzione di venire nella nostra regione. Il risultato è che ci sono state tantissime disdette di prenotazioni, di gite, di viaggi, di vacanze programmate per la Pasqua, e tutto questo naturalmente ha portato le associazioni di categoria a manifestare una vivissima preoccupazione, perché questo allarmismo rischia di mettere in difficoltà l'indotto turistico, che per la Toscana è uno degli indotti più importanti rispetto all'economia regionale, soprattutto nel momento in cui ci prepariamo alla stagione estiva, la stagione appunto dove le presenze turistiche della regione sono più numerose. Tra l'altro, questo tono allarmante usato dal Ministero contraddice le stesse rassicurazioni che erano state fornite sia dal presidente della regione, Enrico Rossi, che dall'assessore regionale alla sanità, Saccardi.
      A questo punto, con questa interpellanza vorrei chiedere se il Ministero della salute non ritenga opportuno predisporre e realizzare una campagna informativa chiarificatrice sulla vicenda, certamente Pag. 14attraverso i media tradizionali ma anche attraverso i social network in modo da rimediare al clima di allarme sanitario diffuso che è venuto a crearsi e che rischia di avere ripercussioni davvero pesanti su tutte le economie territoriali coinvolte proprio all'approssimarsi, come dicevo, del periodo estivo. Chiedo anche al Ministro interpellato se ritenga opportuno in futuro assolvere ai suoi compiti di informazione e di attenzione – per carità, più che legittima la prevenzione – senza tuttavia creare allarme o addirittura panico, evitando di ingigantire le reali dimensioni di un fenomeno che desta naturalmente grande preoccupazione ma che non è a livelli tali da dover scatenare il terrore di un'epidemia. Chiedo, infine, di conoscere quali iniziative di sua competenza intenda adottare il Ministro interpellato per dare ulteriore supporto all'azione della regione Toscana al fine di ridurre il rischio di contagi da meningite da meningococco di tipo C, la cui diffusione superiore alla media, come ricordavo poco fa, si protrae ormai da troppo tempo.

      PRESIDENTE. Prima di dare la parola al sottosegretario De Filippo, saluto gli alunni e le alunne dell'Istituto comprensivo statale «Via Crivelli» di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune.
      Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

      VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Grazie, Presidente. Il Ministero della salute ritiene che l'allarmismo indicato dall'onorevole Bergamini, circolato a seguito della nota «Malattia invasiva di meningococco C in Toscana – Potenziamento della segnalazione di casi e indicazione per chi si reca in Toscana» – del 1o marzo 2016, sia assolutamente ingiustificato. Con le osservazioni che faremo in questa risposta, spero potremo contribuire – anche in relazione a questo evento di attività ispettiva – a dare ulteriori indicazioni anche di tranquillizzazione.
      Con tale nota, in effetti, non si è inteso lanciare alcune «allarme meningite», bensì fornire una informazione doverosa e chiara, seppur sintetica, in merito alla situazione della Toscana e contemporaneamente dare indicazioni alle autorità sanitarie anche delle altre regioni sulla sorveglianza delle malattie batteriche invasive, coordinata dall'Istituto superiore di sanità con il supporto finanziario anche del Ministero della salute.
      Con quella circolare, il Ministero della salute ha ottemperato – ci sembra di poter dire – al proprio compito di sorveglianza, di prevenzione e di controllo delle malattie infettive e diffusive, strategiche delle politiche vaccinali, delle profilassi e della cooperazione internazionale, al fine del controllo delle malattie infettive. Inoltre, ovviamente, non sono stati sconsigliati i viaggi in Toscana, né fornite raccomandazioni peculiari ai viaggiatori che si recano in Toscana per turismo o per lavoro, proprio perché la situazione nella regione non è tale da creare questo tipo di allarmismo.
      Anche il richiamo alla frequentazione di locali molte volte affollati, quali le discoteche, l'uso dell'alcol e l'abitudine al fumo, risiede nell'attività direi quasi routinaria che il Ministero ha dato anche su altri fronti e in altri eventi, e concerne possibili fattori di rischio presenti in qualsiasi altra area geografica, non solo in Toscana, in quanto queste circostanze favoriscono tutte le malattie, il cui contagio prevede proprio un contatto stretto.
      La stessa e sola indicazione specifica che è stata fornita alle altre regioni è quella di offrire la vaccinazione antimeningococcica di tipo C ai loro residenti, domiciliati in Toscana per studio o lavoro, con le stesse modalità previste anche per la Toscana. In Toscana la vaccinazione è offerta – come è noto – gratuitamente solo ai residenti, anche adulti, mentre nel resto del Paese solo ai bambini nel corso del secondo anno di vita e agli adolescenti suscettibili. I cittadini che, pur non residenti in Toscana, sono ivi domiciliati e vi trascorrono gran parte del loro tempo, sarebbero esposti agli stessi rischi dei residenti e devono ricevere, quindi, le Pag. 15medesime prestazioni e con le medesime modalità, a garanzia del mantenimento del loro stato di buona salute.
      Riguardo alle iniziative in atto, questo Ministero assicura che la situazione viene costantemente monitorata con il supporto tecnico scientifico dell'Istituto superiore di sanità, che sta provvedendo alla conferma eziologica dei casi, per i quali vengono forniti campioni appropriati al laboratorio nazionale di riferimento e alla genotipizzazione dei ceppi isolati. Inoltre, è in corso la formalizzazione di un tavolo di coordinamento per le azioni di contrasto all'aumento di numero dei casi di malattia invasiva da meningococco di sierogruppo C in Toscana, a cui è demandato il compito di garantire un'adeguata risposta di sanità pubblica attraverso le seguenti strutturali azioni: raccogliere i dati e le evidenze disponibili sull'evento, i dati clinici dei casi, i risultati delle indagini epidemiologiche e microbiologiche, condividendoli tra le istituzioni che sono rappresentate a quel tavolo; monitorare la situazione epidemiologica e coordinare la circolazione dei risultati; verificare un'eventuale diffusione in altre regioni dello stesso clone di meningococco C; supportare, coordinare e monitorare l'andamento degli studi effettuati per identificare i possibili fattori di rischio o di associazione con le malattie, nonché la diffusione dei cloni circolanti tra i portatori sani; se necessario, definire un piano condiviso di ulteriori azioni di sanità pubblica in base alla possibile evoluzione della situazione epidemiologica; stabilire una linea di comunicazione verso gli organi di stampa, la popolazione e anche gli organismi internazionali, come chiedeva proprio l'onorevole Bergamini, un lavoro specifico che questo tavolo sta elaborando; supportare le azioni di sanità pubblica anche con il coinvolgimento di altre istituzioni nazionali ed internazionali.
      Il competente assessorato della regione Toscana ha comunicato che, a partire dal gennaio 2015, si è di fatto registrato nel territorio regionale un incremento significativo del numero di segnalazioni di malattia invasiva da meningococco, quasi esclusivamente appartenenti al sierogruppo C, un fatto anomalo che ha richiesto le misure di sanità pubblica straordinaria che stiamo descrivendo.
      Si tratta di una situazione, purtroppo, non nuova per la Toscana: già nel 2004-2005, nell'arco di diciotto mesi, si registrò un improvviso aumento dei casi di meningite dovuto al gruppo C; anche nel 2005 vi furono casi, purtroppo, mortali di sepsi. Considerata, quindi, questa situazione epidemiologica, contro il meningococco C venne introdotta la vaccinazione universale nei nuovi nati, recuperando anche le coorti da uno a sei anni e, successivamente, anche una dose vaccinale nelle coorti tra 11 e 14 anni.
      La regione Toscana fu la prima ad introdurre questo tipo di vaccinazione, poi seguita anche da altre regioni con un accordo che la Conferenza Stato-regioni approvò proprio nel febbraio 2012. Ad inizio marzo 2015, la sorveglianza ha mostrato preoccupanti variazioni: in due mesi si erano registrati undici casi di meningite, di cui otto di tipo C, con due sepsi mortali nelle aziende sanitarie di Empoli. La Commissione regionale vaccinazione ha consigliato di introdurre immediatamente una seconda dose di richiamo nell'adolescenza. La delibera della giunta regionale 30 marzo 2015 ha introdotto il richiamo con vaccino tetravalente nella fascia di età tra gli 11 e i 18 anni. Quasi contemporaneamente si è verificato un terzo caso mortale nell'ASL di Empoli e, in raccordo con la regione, la ASL ha deciso misure aggiuntive, con l'offerta anche della vaccinazione per i soggetti nelle coorti dai 19 ai 45 anni.
      È stata avviata una collaborazione immediata con l'Istituto superiore di sanità per l'avvio di studi specifici, quali un'indagine dettagliata sui casi verificatisi nell'area colpita e studi sui portatori sani, nonché le analisi di genotipizzazione. Queste ultime hanno potuto evidenziare l'appartenenza ad un unico clone (il clone ST); in particolare, sono risultati assolutamente identici i batteri che hanno causato tre decessi nei comuni dell'empolese. Sono quindi state prese misure di profilassi, rivolte a stroncare la circolazione di Pag. 16tale batterio iper virulento, con la deliberazione della giunta regionale n.  571 del 27 aprile 2015.
      L'efficacia di queste misure è costantemente ed accuratamente monitorata attraverso il laboratorio di immunologia del Meyer e il raccordo della regione con l'Istituto superiore di sanità. Le Aziende sanitarie toscane, che hanno provveduto ad effettuare tempestivamente le inchieste epidemiologiche e la ricerca attiva dei contatti per la profilassi e per la promozione della vaccinazione, hanno implementato anche l'offerta vaccinale, garantendo il flusso di monitoraggio verso tutta la regione.
      La puntuale rilevazione dei casi attraverso questo sistema di controllo ha permesso di stabilire, già a fine 2015, che il problema rilevato nella regione è da ascriversi sicuramente al solo ceppo C (31 casi), essendo l'altro ceppo, quello di tipo B, in sensibile diminuzione rispetto agli anni precedenti (solo 5 casi). Nel 2015, dopo aprile, i casi hanno continuato a manifestarsi al ritmo, purtroppo, di due o tre al mese, con la pausa del solo mese di agosto, e sono andati diminuendo nella fascia di età più giovane e, da dicembre, la fascia più colpita è stata rappresentata da soggetti sopra i 45 anni.
      Per quanto riguarda la vaccinazione, l'adesione è stata incostante: dopo una iniziale e forte richiesta, soprattutto nelle zone che avevano registrato casi e soprattutto decessi, l'afflusso presso i centri vaccinali si è andato via via attenuando, riducendosi a poche centinaia di vaccinazioni nel periodo luglio-settembre 2015. A seguito di un caso mortale a Prato, in ottobre, la richiesta ha di nuovo subito un forte incremento, specie nel mese di gennaio proprio del 2016.
      Dal 1o aprile 2015 (inizio della campagna straordinaria di vaccinazione) al 31 gennaio 2016 risultano somministrate 258.562 dosi di vaccino quadrivalente, di cui solo 139.372 nella fascia tra gli 11 e i 20 anni, che è il target prioritario dei provvedimenti urgenti.
      A fine 2015, risultavano acquistate 340 mila dosi, per una spesa di oltre 10 milioni di euro. In un anno sono state utilizzate le dosi che sarebbero servite, secondo una cronistoria statistica di valutazione, per dieci anni, in quanto il consumo annuale medio è di circa 30 mila dosi di vaccino monovalente.
      Con la delibera della giunta regionale n.  1292 del 29 dicembre 2015 è stata confermata fino al 30 giugno 2016 la prosecuzione delle misure di profilassi straordinarie a favore della popolazione nella fascia d'età tra i 20 e i 45 anni.
      La delibera n.  45 del 2 febbraio 2016 ha previsto l'estensione della gratuità della vaccinazione rivolta alla fascia d'età tra i 20 e i 45 anni a tutto il territorio regionale e non solo presso quei territori delle aziende sanitarie che avevano registrato casi di meningococco C.
      La recente delibera n.  85 del 16 febbraio 2016 ha disposto anche l'esecuzione di due indagini di monitoraggio, con l'obiettivo di definire le modalità di circolazione del batterio e di evidenziare eventuali situazioni di particolare rischio; un'indagine retrospettiva sui casi di meningite C registrati, ad oggi, nel territorio regionale dall'inizio del 2015, con la raccolta di informazioni specifiche mediante la compilazione di schede indagine predisposte con la collaborazione sempre dell'Istituto superiore di sanità e con l'Agenzia regionale della sanità della Toscana, che provvederà anche all'analisi e all'interpretazione dei dati e alla diffusione dei risultati di questa verifica; un'indagine trasversale, da effettuarsi in alcuni distretti sanitari della Toscana, mediante il tampone orofaringeo, per la ricerca di ceppi di meningococco C in persone che non sono state sottoposte ad antibioticoprofilassi da almeno trenta giorni che si recano nei centri vaccinali per eseguire una vaccinazione e, in più, l'estensione della vaccinazione agli ultimi casi rilevati, che si indirizzano verso l'estensione della vaccinazione della popolazione più adulta, in considerazione di una situazione epidemiologica che potrebbe evidenziare la circolazione del solo ceppo C-ST11 in una estensione che sarà verificata ed attuata con l'utilizzo del vaccino monovalente.Pag. 17
      Saranno utilizzati tutti i tipi di vaccino contro il meningococco C attualmente in commercio, garantendo quello quadrivalente nella fascia tra gli 11 e i 20 anni ed utilizzandolo quanto possibile per le altre fasce, in particolare per quella sopra i 45 anni. Il vaccino viene assicurato sempre gratuitamente anche agli studenti fuorisede delle università toscane.
      Ancora: una riduzione del costo della vaccinazione per i cittadini a cui non è garantita la gratuità, in considerazione della riduzione del prezzo di gara del vaccino quadrivalente; la vaccinazione in copagamento effettuata anche a persone non residenti in Toscana, ma che frequentano in modo continuativo la regione, ad esempio, per motivi di lavoro; il coinvolgimento dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta; un sistema informativo regionale di gestione della vaccinazione: già da alcuni mesi, è in fase di sviluppo una gestione informatizzata delle vaccinazioni, che consentirà di informatizzare l'intero sistema dell'acquisizione dei vaccini, con gestione del magazzino, registrazione in tempo reale da parte degli ambulatori delle aziende sanitarie e dei singoli medici convenzionati.
      Tutte queste misure messe in atto devono essere attentamente monitorate, al fine di verificare gli effetti attraverso le valutazioni della Commissione regionale vaccini, il confronto costante con il Ministero della salute ed il supporto autorevole e scientifico dell'Istituto superiore di sanità. A questo fine, proprio il 9 febbraio 2016, si è tenuta un'altra riunione a Roma, presso il Ministero della salute, con il presidente dell'Istituto superiore di sanità, il direttore dell'Agenzia italiana del farmaco e tutti i rappresentanti regionali per ulteriori verifiche ed iniziative su questa vicenda.
      In tale riunione è stata anche valutata la situazione epidemiologica, gli interventi già messi in atto e quelli in fase di implementazione ed è stato, comunque, assicurato un supporto sia economico che tecnico alla campagna di vaccinazione e un sostegno scientifico a tutte le attività di sorveglianza.
      È stato anche deciso, in quell'incontro, di istituire una vera e propria unità di monitoraggio permanente tra regione, Ministero ed Istituto superiore di sanità per seguire costantemente la situazione regionale e valutare anche eventuali problematiche al di fuori di quella regione, cioè della regione Toscana. Ci sembra che anche questa comunicazione dovrebbe offrire elementi di tranquillizzazione a quella comunità.

      PRESIDENTE. Saluto i ragazzi dell'Istituto omnicomprensivo statale Cerreto di Spoleto-Sellano (Perugia), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
      La deputata Bergamini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

      DEBORAH BERGAMINI. Grazie, Presidente. No, non posso rimanere soddisfatta dell'esito di questa interpellanza, non peraltro per la premessa che ha voluto fare il signor sottosegretario, vale a dire che i dati che ho esposto raccontano un allarme che, a parere del Ministero, è un allarme ingiustificato.
      Purtroppo, si può avere la volontà di credere in quello che si vuole, ma i dati sono la realtà. E i dati ci raccontano – basterebbe scorrere una qualunque rassegna stampa degli ultimi mesi per quello che riguarda le cronache della Toscana – che l'allarme suscitato è tutt'altro che ingiustificato e che sta producendo dei danni, anche economici, che non possono essere sottovalutati o liquidati come, appunto, ingiustificati. Mi limito a ricordare che sono un dato oggettivo le numerose disdette di prenotazioni in Toscana giunte agli operatori del settore, che, infatti, le hanno denunciate, anche e soprattutto per il periodo di Pasqua, che ricordavo. In Valdinievole, in Versilia, a Lucca sono saltate numerosissime prenotazioni; a Montecatini è stato cancellato l'arrivo di numerosi pullman di studenti in gita scolastica; si sono annullate prenotazioni sotto le Apuane; sono state annullate prenotazioni provenienti non soltanto dall'Italia, Pag. 18ma anche da altri Paesi. Questi sono dati oggettivi.
      Cosa significa ? Significa che la comunicazione di quanto sta avvenendo in Toscana in relazione alla meningite è stata una comunicazione che ha prodotto questi risultati. Non possiamo ignorarli, non possiamo dire «no, non è vero»: è vero ed è certificato.
      Sicuramente, apprezzo le parole del signor sottosegretario per quanto riguarda il lunghissimo e dettagliatissimo resoconto delle iniziative di monitoraggio e di intervento che sono state svolte dal Ministero della salute. Ci mancherebbe altro, le apprezziamo, ma è nell'ordine delle cose. Ciò su cui ci stiamo concentrando è un altro elemento: come gestire, in termini di comunicazione e, dunque, per non creare allarmismi eccessivi, pur intervenendo con la determinazione che il signor sottosegretario ha ricordato, questi mesi difficili: perché è all'ordine quotidiano delle cronache regionali toscane il fatto che ci sia una fortissima preoccupazione anche da parte di chi non risiede in Toscana. Dunque, aver mandato il messaggio che per chi volesse andare in Toscana per periodi prolungati sarebbe opportuno vaccinarsi, non si può certamente dire che non possa suscitare un allarme ingiustificato. L'ha suscitato, eccome.
      Pertanto, io mi riservo, da deputato rappresentante della regione Toscana, di monitorare ulteriormente l'andamento delle operazioni che il sottosegretario ci ha dettagliato nel corso della sua risposta e di ritornare con un'altra interpellanza sul tema, qualora – naturalmente, non è certo il nostro auspicio – questo stato di allarme dovesse protrarsi, con tutti i rischi in termini di ricaduta economica che ho delineato.

(Iniziative a favore dell'Istituto mediterraneo di ematologia, con particolare riferimento alla salvaguardia delle professionalità e dell'attività clinica e di ricerca – n. 2-01324)

      PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Galgano e Monchiero n. 2-01324, concernente iniziative a favore dell'Istituto mediterraneo di ematologia, con particolare riferimento alla salvaguardia delle professionalità e dell'attività clinica e di ricerca (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
      Chiedo alla deputata Galgano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

      ADRIANA GALGANO. Sì, grazie, signora Presidente. Buongiorno, sottosegretario De Filippo, la nostra interpellanza riguarda l'Istituto mediterraneo di ematologia e fa seguito ad un precedente atto di sindacato ispettivo a cui aveva risposto la Ministra Lorenzin.
      La nostra interpellanza intende sottolineare al Governo l'importanza di salvaguardare l'attività dell'IME.
      Infatti, noi siamo stati d'accordo sul fatto che, per problemi gestionali, l'istituto venga chiuso, però pensiamo che l'attività che svolge a favore della cura di bambini talassemici, che è considerata un'eccellenza nel mondo, vada salvaguardata. La Ministra Lorenzin, in quest'Aula, aveva rassicurato sul fatto che sarebbero state prese iniziative – cito le sue parole – per preservare la grande expertise dell'istituto. A tutt'oggi, quello che ci risulta è che sia stato nominato un commissario, Nando Minnella, e che, però, non sia ancora stato fatto nulla relativamente al fatto di preservare le professionalità, anche con la collaborazione, eventualmente, di altri istituti, dove queste professionalità potrebbero andare ad operare.
      Chiediamo, quindi, al Governo cosa intende fare perché questo effettivamente accada e, quindi, si dia seguito alle parole che la Ministra Lorenzin ha pronunciato in quest'Aula, per evitare che una grande eccellenza italiana debba andare all'estero per operare.

      PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, De Filippo, ha facoltà di rispondere.

      VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Grazie, Presidente. Pag. 19Dall'avvio della procedura liquidatoria, che è avvenuta in data 1o febbraio 2016, e a seguito di una fase preliminare volta a consentire al commissario liquidatore di comprendere le caratteristiche e le peculiarità nonché le criticità dell'attività della fondazione, sono state messe in campo, in questi due mesi, tutta una serie di azioni che si sono svolte essenzialmente su due fronti. Da un lato, il primo fronte, grazie anche alla piena disponibilità manifestata dal Policlinico di Tor Vergata (PTV), è stata data prosecuzione ai rapporti precedentemente interrotti con il Policlinico medesimo, consentendo così all'IME e ai suoi dipendenti di lavorare, continuando a svolgere la normale attività di laboratorio all'interno del Policlinico di Tor Vergata, che – si rammenta – viene eseguita anche a favore di altri importanti ospedali che si avvalgono dell'operato dell'IME, di utilizzare la sala operatoria del Policlinico di Tor Vergata e di eseguire l'attività clinica, sempre nei medesimi spazi, tanto che, nei prossimi due mesi, verranno ricoverati, trapiantati e assistiti altri quattro giovanissimi pazienti.
      Dall'altro lato, invece, anche grazie ad una interlocuzione fitta e continua con le istituzioni coinvolte, che sin da subito hanno mostrato grande interesse e disponibilità a farsi parte attiva nella ricerca di una soluzione positiva, si è lavorato per cercare una idonea collocazione del personale e dell'importante know-how sviluppato presso quella fondazione. L'esigenza di non disperdere le competenze acquisite nel corso di oltre dieci anni di attività ha indotto ad una serrata ricerca di un soggetto istituzionale adeguato, sia dal punto di vista organizzativo che dal punto di vista scientifico, che possa accogliere conoscenze mediche di così rilevante livello, come quelle espresse proprio dall'IME.
      Grazie anche al supporto di istituzioni, è stato possibile avviare importanti interlocuzioni con i direttori e i presidenti di alcuni dei principali ospedali di Roma. In alcuni casi si è in una fase iniziale di manifestazione di interesse e le prossime settimane ci consentiranno di approfondire meglio le intenzioni di queste controparti. Invece, in altri casi si è in una fase già più operativa e si stanno cominciando a mettere su carta le prime ipotesi concrete di soluzione e di accordo. Ad oggi, in aggiornamento alla precedente interpellanza che citava l'onorevole, sono questi gli elementi che possiamo offrire alla vostra valutazione.

      PRESIDENTE. La deputata Galgano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

      ADRIANA GALGANO. La ringrazio per la risposta. Per il momento siamo soddisfatti, nel senso che apprendiamo con soddisfazione il fatto che si stia facendo di tutto per continuare le cure e che quattro piccoli pazienti entreranno nell'IME e anche dei contatti che sono stati avviati. Quindi interpelleremo di nuovo per conoscere l'esito di questi contatti.
      Una cosa importante che voglio dire è che noi riteniamo che l'attività dell'IME vada salvaguardata nella sua interezza. Quindi, occorre fare il possibile perché venga concordato con questi istituti il trasferimento dell'attività e non, eventualmente, dei singoli reparti o dei singoli medici. Infatti, ovviamente tutta la expertise maturata funziona quando queste persone lavorano in gruppo. La ringrazio e, quindi, ci aggiorniamo su questo argomento.

(Iniziative di competenza in relazione ai casi di malasanità emersi recentemente presso i reparti di ostetricia e ginecologia, di neonatologia e di anestesia degli Ospedali riuniti di Reggio Calabria – n. 2-01356)

      PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Costantino ed altri n. 2-01356, concernente iniziative di competenza in relazione ai casi di malasanità emersi recentemente presso i reparti di ostetricia e ginecologia, di neonatologia e di anestesia degli Ospedali riuniti di Reggio Calabria (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).Pag. 20
      Chiedo alla deputata Costantino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

      CELESTE COSTANTINO. Grazie, Presidente. Dalle indagini della polizia e della Guardia di finanza nei reparti di ostetricia e ginecologia, di neonatologia e di anestesia degli Ospedali riuniti di Reggio Calabria emerge un quadro inquietante di copertura di errori commessi in interventi su gestanti, pazienti e neonati per evitare di essere perseguiti penalmente. È stato accertato finora il decesso di due neonati, in due casi distinti; lesioni irreversibili su un neonato attualmente dichiarato invalido al 100 per cento; traumi e crisi epilettiche di una partoriente; il procurato aborto, senza consenso dei futuri genitori, ordinato da un primario nei confronti della sorella, eseguito con la complicità del primario facente funzioni. Sono numerosi i professionisti interessati all'interdizione dell'esercizio della professione medica per più di un anno e sono coinvolti ginecologi, neonatologi, ostetriche, anestesisti e primari. Si tratta di un enorme sistema che coinvolge una parte consistente del reparto sanitario degli Ospedali riuniti, attuato attraverso l'occultamento di numerose cartelle cliniche e la loro manomissione per evitare di incorrere in sanzioni giudiziarie, a seguito di palesi errori commessi.
      Dall'inchiesta emerge testualmente l'esistenza di una serie di gravi negligenze professionali e di assoluta freddezza e indifferenza verso il bene della vita, che, di contro, dovrebbero essere sempre abiurate dalla nobile e primaria funzione medica chiamata a salvare gli altri e non se stessi. Il sistema sanitario calabrese è al collasso e, a quanto pare, la diffusa presenza di corruzione e incompetenza, nonostante la presenza di un commissario ad acta, nominato direttamente dalla Presidenza del Consiglio, mette a repentaglio la salute non solo delle gestanti e dei neonati della città di Reggio Calabria, violando, come nell'accertato caso dell'aborto indotto, le scelte riproduttive della donna, ma anche di coloro che abitano in quel bacino territoriale e che si rivolgono a una grande struttura, come quella degli Ospedali riuniti, a causa dell'assenza di servizi sanitari nelle proprie località di appartenenza.
      Chiediamo, quindi, se non ritenga necessario rafforzare l'impianto sanzionatorio nei casi di violenza sulle partorienti e nei casi di violazione dei diritti dei neonati, e se non ritenga necessario valutare l'introduzione di una specifica fattispecie di reato penale volta a punire la violenza ostetrica e quale bilancio fa di questo commissariamento e come intenda ripristinare le condizioni di legalità e di servizi sanitari degli Ospedali riuniti.

      PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

      VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Ringrazio gli onorevoli che hanno sollevato la questione in esame, perché mi consente di fornire le dovute informazioni sulle iniziative che sono state già poste in essere sui fatti narrati con l'interpellanza in esame, che – lo intendo sottolineare – il Ministero della salute ha appreso, peraltro, con profondo sgomento, proprio dagli organi di stampa.
      Ciò premesso, riferisco innanzitutto le informazioni ricevute dalla struttura commissariale della regione Calabria. In data 21 aprile 2016 è stata notificata al direttore generale dell'azienda ospedaliera «Bianchi Melacrino Morelli» («BMM» da ora in poi) di Reggio Calabria l'ordinanza di richiesta di applicazione delle misure cautelari, emessa in data 18 aprile 2016 dal tribunale di Reggio Calabria, sezione del giudice per le indagini preliminari. In conseguenza di questa ordinanza, ai sensi degli articoli 273, 274, 275, 280 e 287 del codice di procedura penale, è stata disposta la misura cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di tre dirigenti medici in servizio presso l'azienda e di un ex dirigente medico, nonché la misura interdittiva della sospensione dall'esercizio della professione medica e/o sanitaria per la durata di dodici mesi nei confronti di tre dirigenti medici, di un'ostetrica in servizio presso l'azienda, nonché di altri tre ex dirigenti medici.Pag. 21
      I fatti contestati agli imputati, risalenti all'anno 2010 e in un caso addirittura all'anno 2007, riguardano l'attività di dirigenti medici e sanitari in servizio presso quelle unità operative complesse di ostetricia e ginecologia, di neonatologia e di anestesia. La direzione strategica aziendale nell'immediatezza ha provveduto, con le deliberazioni n.  367 e n.  368 del 22 aprile 2016, alla sospensione dal servizio dei dipendenti colpiti rispettivamente da provvedimenti cautelari ed interdittivi disposti dall'autorità giudiziaria con riserva di adozione di eventuali successivi provvedimenti in relazione proprio agli sviluppi del procedimento giurisdizionale in corso e ha inoltre aperto provvedimenti disciplinari nei confronti di tutti i soggetti imputati. Il dipartimento regionale tutela della salute in data 22 aprile 2016 ha comunicato all'azienda ospedaliera «BMM» di Reggio Calabria di aver costituito una commissione d'inchiesta integrata da due dipendenti dell'azienda ospedaliera interessata per verificare tutte le procedure organizzative in atto alla data degli eventi avversi, oggetto dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria, nonché l'eventuale responsabilità individuale e l'adeguatezza delle procedure in materia anche di risk management. L'azienda ospedaliera «BMM» di Reggio Calabria con la deliberazione n.  381 del 27 aprile 2016 ha provveduto altresì autonomamente alla costituzione di una commissione d'indagine preposta alla verifica dei fatti oggetto dei provvedimenti cautelari ed interdittivi disposti dall'autorità giudiziaria nei confronti dei dipendenti aziendali incaricata della redazione in tempi ristretti di una dettagliata relazione e di correlate proposte operative finalizzate alla tutela dell'immagine dell'azienda gravemente lesa da quanto accaduto. Giova altresì precisare che la direzione strategica, sin dalla data del suo insediamento e precisamente il 2 aprile 2015, ha chiesto alla struttura commissariale per il piano di rientro le autorizzazioni urgenti per l'espletamento delle procedure concorsuali per la copertura dei posti di direttore di struttura complessa tra i quali anche quella di ostetricia e ginecologia autorizzata con decreto commissariale n.  87 del 2015. Il vincitore proveniente dall'ospedale San Filippo Neri di Roma ha preso servizio proprio in data 18 aprile 2016. Allo stato attuale quella unità operativa continua la sua attività senza problematiche rilevanti grazie ad una sinergia con le aziende calabresi del sistema sanitario intervenute a supporto. Inoltre la struttura commissariale, con decreto n.  40 del 21 aprile 2016, ha autorizzato in deroga e fino al 31 ottobre 2016, l'assunzione di altri sette dirigenti medici, quattro ostetriche, cinque infermieri per la unità operativa di ostetricia e ginecologia e tre dirigenti medici per l'unità operativa di neonatologia con rapporto di lavoro a tempo determinato proprio ai sensi di una norma che abbiamo introdotto nella legge di stabilità di quest'anno che consente questo tipo di arruolamento anche transitorio in casi di emergenza sul fronte del personale.
      Svolte le informazioni sulle iniziative avviate a livello regionale, vorrei cogliere questa occasione per comunicare che la gravità dei fatti riportati dalla cronaca ha imposto l'attivazione immediata da parte del Ministero della salute che ha ritenuto doveroso chiedere alla struttura regionale responsabile della corretta erogazione delle cure e della sicurezza delle medesime tutti gli elementi relativi ai fatti accaduti con lo specifico intento di accertare un'eventuale carenza organizzativa. È di tutta evidenza comunque che quando si riscontrano danni a pazienti è indispensabile individuare se questi eventi siano correlati a colpa, a dolo, a lacune organizzative ovvero a singoli eventi casuali in modo da poter attivare le corrette modalità di intervento. Nell'interpellanza urgente in esame spesso ricorre anche il riferimento al cosiddetto fenomeno della corruzione. Ritengo pertanto opportuno ricordare brevemente le iniziative messe in campo proprio dal Ministro della salute per contrastare il fenomeno della corruzione in sanità.
      La sezione sanità del Piano nazionale anticorruzione, com’è noto, è stata introdotta con la determinazione n.  12 del 28 Pag. 22ottobre 2015 dell'Anac con cui il piano è stato aggiornato e, per la prima volta, contiene una specifica sezione dedicata alla sanità. Si tratta di un vero e proprio manuale delle procedure anticorruzione che è stato messo a disposizione delle singole realtà sanitarie per combattere e prevenire questo fenomeno. La sezione è frutto di una sinergia e di una collaborazione tra il Ministero della salute, l'Anac e l'Agenas.
       Il Protocollo d'intesa tra Anac e Ministero della Salute sulle attività di verifica e di controllo in ordine alla predisposizione ed attuazione dei piani di prevenzione della corruzione, contenuti nella sezione sanità dell'aggiornamento 2015 del piano, rappresenta un'altra importante tappa del programma per la salvaguardia e l'integrità del nostro sistema sanitario da rischi corruttivi e da episodi di disordine amministrativo da realizzare mediante la conduzione, condivisa e congiunta, di attività di verifica, di controllo e di valutazione che riguardano le strutture del Servizio sanitario nel nostro Paese. Pertanto non abbiamo più soltanto il Piano nazionale anticorruzione specifico per il settore sanità ma abbiamo anche un concomitante sistema di controllo e di monitoraggio e di organizzazione al fine di verificare l'effettiva attuazione e l'implementazione delle misure organizzative che lo stesso Piano nazionale ha indicato alle aziende per la costruzione dei rispettivi piani aziendali.
       È prevista la revisione dei criteri anche per il conferimento degli incarichi apicali negli enti del Sistema sanitario al fine di realizzare la prevenzione delle situazioni che possono determinare i conflitti d'interesse e, di conseguenza, anche episodi di corruzione. Tale prevenzione passa necessariamente anche attraverso la riduzione dell'interferenza di una valutazione e di una scelta politica nelle scelte gestionali di maggior rilievo. La legge n.  124 del 2015, che reca delega in materia di riforma della pubblica amministrazione, per i profili di interesse sanitario conferisce una delega al Governo per l'emanazione di uno o più decreti legislativi in materia di dirigenza pubblica. In particolare l'articolo 11, comma 1, lettera p) detta specifici principi e criteri direttivi per la riforma delle procedure di nomina dei direttori generali amministrativi e sanitari degli enti del Servizio sanitario nazionale che sono stati specificamente adottati anche dalla Conferenza Stato-regioni in un'ultima riunione nella quale questa delega è stata definita concretamente con uno specifico provvedimento normativo.
      Da ultimo quanto alle iniziative che venivano richieste dall'interpellante anche con riferimento all'apparato sanzionatorio del vigente ordinamento e alla richiesta di rafforzare proprio l'impianto sanzionatorio per i casi di violenza sulle partorienti e per i casi di violazione dei diritti dei neonati, mi rimetto anche in questo caso alle ulteriori possibili e annunciate iniziative che il Parlamento vorrà avviare, ricordando però comunque che la famosa legge n.  194 del 1978, all'articolo 18, punisce con la reclusione da quattro a otto anni il delitto di procurato aborto e che la pena è la reclusione addirittura da otto a sedici anni, se dal fatto deriva la morte della donna. A ciò si aggiunga che, secondo la giurisprudenza di legittimità, l'omicidio volontario della donna in stato di gravidanza concorre con quello di procurato aborto che non costituisce quindi una norma speciale. Analogamente la condotta diretta a sopprimere il prodotto del concepimento, dice la norma, se posta in essere dopo il distacco del feto dall'utero materno configura comunque il delitto di omicidio volontario proprio ai sensi degli articoli 575 e 577 del nostro codice penale. C’è un impianto normativo abbastanza rigoroso che ovviamente potrà essere ulteriormente aggravato con specifiche iniziative del Parlamento a cui guardiamo con grande attenzione.

      PRESIDENTE. La deputata Costantino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

      CELESTE COSTANTINO. Signora Presidente, se avessero ucciso mio figlio o gli avessero procurato malformazioni permanenti o se mi avessero sfondato la vagina, Pag. 23come è successo, o se l'avessero sfondata a sua moglie, sottosegretario, a sua sorella, cercando di occultare tutto, come è stato fatto, sarebbe stato soddisfatto della risposta che mi ha appena dato ? Io credo di no e io non sono soddisfatta. Esiste il lavoro della magistratura, ma esiste anche il lavoro della politica e la risposta che ho appena ascoltato è del tutto insufficiente. Ci sono territori che necessitano di maggiore attenzione e non si possono apprendere casi di questa gravità dai giornali, come lei ci ha appena detto in quest'Aula. Reggio Calabria è stata la prima città capoluogo ad essere sciolta per mafia, sappiamo come le mafie – l'ha detto anche lei – sono presenti dentro la sanità pubblica, vedremo se la ’ndrangheta c'entra qualcosa con tutto quello che è avvenuto negli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, ma una cosa è certa: in un ambiente così a rischio, il Governo – e quindi non solo la regione – ha maggiori responsabilità. Qui si intrecciano varie questioni, da una parte c’è la corruzione e il malcostume. Le intercettazioni che abbiamo letto in questi giorni sono da brivido, medici che si raccontano quello che hanno fatto e che ridono mentre se lo raccontano, cioè ridono e gioiscono del fatto di avere sfondato una vagina, di vedere il sangue zampillare, di avere fatto manovre sbagliate sui bambini, di avergli procurato queste malformazioni, cose di una gravità inaudita, che non permettono di dormire la notte se poco poco si pensa che appunto queste cose possono avvenire a persone vicine a noi. Dall'altra parte c’è un Sistema sanitario totalmente deficitario e non lo scopriamo oggi a seguito di un caso così enorme e così grave. Le donne tra l'altro sono quelle che in assoluto pagano maggiormente le conseguenze di questo sistema. Non ho sentito una parola sull'ampliamento, per esempio, del Sistema sanitario in una città come Reggio Calabria, non ci sono consultori, non esistono punti nascita, niente che vada incontro alle proprie esigenze. In una città in cui praticamente nessuno denuncia, fortunatamente c’è stato qualcuno che l'ha fatto, che ha avuto il coraggio di non abbassare la testa. Grazie alla denuncia sono partite le indagini e quindi noi arriviamo sempre dopo, sempre e comunque dopo della magistratura, e il debito che abbiamo nei confronti di queste donne è doppio: uno per il torto che hanno subito, per il danno estremo che hanno subito, e poi per il coraggio di non aver subito in silenzio. Questo non è un aspetto di poco conto. Allora la risposta deve essere all'altezza davanti a tutto questo e secondo me non lo è stata, come forse non lo è stata nemmeno quella del comunicato, che ho letto, dell'Ordine dei medici di Reggio Calabria, che erano così preoccupati a dover difendere la propria categoria da non spendere nemmeno una parola per le vittime che hanno subito tutto questo. Siamo in presenza di uno stato d'eccezione e quando si è davanti ad uno stato d'eccezione si deve rispondere con degli strumenti straordinari, non si può rispondere con un'ordinaria amministrazione, non si può rispondere con dei tagli ma bisogna rispondere con degli impegni seri e quello che ho ascoltato è solo su una minima parte di quello di cui invece la complessità di quel sistema avrebbe bisogno. Io mi auguravo che ci fosse – chiaramente non voglio mancare di rispetto al ruolo del sottosegretario – la Ministra Lorenzin oggi, perché, se come c’è stato detto, si è appreso con sgomento dai giornali di questa situazione, forse anche la dignità di dare una risposta che in questo momento non è una risposta a Sinistra Italiana, non è la risposta alla parlamentare Celeste Costantino, ma è la risposta a queste vittime e a tutti i cittadini e le cittadine calabresi che in questo momento hanno paura di andare in un ospedale, hanno paura di farsi curare, hanno paura di denunciare perché probabilmente denunciare può anche significare venire perseguiti da forze diverse da quelle che invece ci dovrebbero difendere. Quindi io non solo non sono soddisfatta ma penso che oggi non abbiamo dato, nemmeno sul piano simbolico, la giusta risposta che la politica invece deve dare ad una società civile.

Pag. 24

      PRESIDENTE. Prima di passare alla successiva interpellanza, ammesso che arrivi il rappresentante del Governo, salutiamo gli studenti e gli insegnanti dell'istituto comprensivo statale Buttigliera Alta-Rosta di Buttigliera Alta, in provincia di Torino, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Il Ministro Galletti non è qui e quindi siamo costretti ad interrompere la seduta per qualche minuto.

      La seduta, sospesa alle 11,20, è ripresa alle 11,25.

(Chiarimenti in merito alla concessione della compatibilità ambientale per le piattaforme petrolifere Vega A e Vega B nel Canale di Sicilia – n. 2-01345)

      PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Mannino ed altri n. 2-01345, concernente chiarimenti in merito alla concessione della compatibilità ambientale per le piattaforme petrolifere Vega A e Vega B nel Canale di Sicilia (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
      Chiedo alla deputata Mannino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

      CLAUDIA MANNINO. Presidente, illustrerò brevemente la mia interpellanza, perché il quesito è anche abbastanza eloquente: si tratta semplicemente di una concessione petrolifera data ad Edison nel 1984 ed entrata in funzione nel 1987, su cui vi è un procedimento penale in corso che coinvolge sia gli operatori sulle piattaforme che ovviamente l'amministratore delegato di Edison, per attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. Il procedimento riguarda lo smaltimento illecito di acque di strato, acque di lavaggio e acque di sentina – per le quali la normativa prevede appunto uno smaltimento opportuno e secondo precise modalità – avvenuto dal 1989 al 2007; si tratta di un procedimento che riguarda quindi sia la piattaforma Vega A che Vega B, ma anche il conferimento presso la piattaforma Vega 6 di rifiuti smaltiti illecitamente e provenienti anche da attività esterne.
      Inoltre, il pozzo Vega 6, che è il pozzo su cui è stato conferito lo smaltimento illecito, non poteva, tra l'altro, neanche essere utilizzato come punto di reimmissione di questi prodotti – così come prevede la normativa, gli aggiornamenti della normativa, in particolare il Testo unico sull'Ambiente – proprio perché il pozzo Vega 6 non è mai stato un pozzo produttivo e quindi, secondo la normativa, comunque, anche con l'aggiornamento normativo, non poteva essere utilizzato. Inoltre, il rapporto ISPRA evidenzia che, a causa della notevole profondità di immissione e della vastità di inquinamento causato da questo evento, è praticamente impossibile il ripristino dello stato dei luoghi e quindi, di fatto, si è di fronte ad un danno ambientale che è stato fatto corrispondere al costo di smaltimento che la Edison non ha effettuato, cioè alla modica cifra di 70 milioni di euro. Bene, cosa è successo e qual è l'oggetto di questa interpellanza ? L'oggetto di questa interpellanza è che la Edison, nel 2012, ha depositato presso il Ministero dell'ambiente una domanda di compatibilità ambientale. La Ministro Guidi, o comunque il Ministero dello sviluppo economico guidato appunto dal Ministro pro tempore Federica Guidi, ha confermato che la società istante ha ottemperato nei termini di buona gestione del giacimento e, di fatto, nell'aprile 2015 è stata rilasciata la compatibilità ambientale alla società Edison e alle piattaforme Vega per un periodo ulteriore di dieci anni. Sul procedimento penale che è in corso c’è da dire che il Ministero si è anche costituito parte civile, quindi riconoscendo il danno o il rischio che comunque questa attività può causare all'ambiente che il Ministero dell'ambiente è preposto a difendere. Quindi, l'interpellanza urgente chiede secondo quali criteri sia stata concessa la compatibilità ambientale, anche se con prescrizioni alle strutture Vega A e Vega B, rilasciata appunto ad aprile 2015, sebbene nel 2010 lo stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del Pag. 25territorio e del mare, attraverso un rapporto ISPRA, certificava l'elevato danno ambientale non ripristinabile e generato appunto dall'attività di illecito smaltimento di rifiuti provenienti dal campo Vega, tanto da costituirsi quindi parte civile nel processo per richiedere un risarcimento danni pari a 70 milioni di euro.

      PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Galletti, ha facoltà di rispondere.

      GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Presidente, in riferimento all'interpellanza presentata dall'onorevole Mannino, relativa appunto all'attività e alla gestione del sito destinato alla coltivazione e produzione di idrocarburi, campo minerario denominato Vega, si rappresenta quanto segue. Nel periodo compreso fra il 1989 ed il 2007, all'interno del campo in parola è stato effettuato un illecito smaltimento di rifiuti prodotti (acque di strato, acque di lavaggio ed acque di sentina) a seguito del prelievo di idrocarburi dal sottosuolo marino, per cui è stato avviato un procedimento penale che vede imputati alcuni soggetti, i quali, in concorso tra loro, a diverso titolo, contribuivano alla gestione del campo minerario Vega. A questi ultimi viene addebitato il reato di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, previsto attualmente dall'articolo 260 del decreto legislativo n.  152 del 2006, il famoso codice dell'ambiente. L'illecito che viene addebitato è per avere concorso allo smaltimento di elevatissimi quantitativi di rifiuti nel sottosuolo marino tramite il pozzo recettore Vega 6. Il procedimento penale, instaurato presso il tribunale di Modica, risulta attualmente pendente dinanzi al tribunale di Ragusa, in seguito alla soppressione degli uffici giudiziari di Modica; la prossima udienza di trattazione dibattimentale risulta fissata per il giorno 5 maggio 2016. L'attività illecita in questione, secondo quanto riportato dall'ISPRA, ha determinato una fonte di inquinamento che ha prodotto un danno dell'ambiente che ha assunto le forme sia di una contaminazione dell'area, della formazione geologica recettrice dello scarico, sia, attraverso il trasferimento degli inquinanti, di una contaminazione su vasta area che ha interessato altre porzioni di sottosuolo, comprese le riserve di acqua dolce in esso presenti e presumibilmente le acque marine di sedimenti.
      Con specifico riferimento al risarcimento del suddetto danno ambientale, si evidenzia che, come previsto dalla normativa vigente, nell'impossibilità di effettuare le riparazioni primarie, come nel caso di specie, secondo quanto accertato dall'ISPRA il risarcimento del danno deve essere effettuato per equivalente patrimoniale nei confronti dello Stato. In termini monetari tale risarcimento può essere rappresentato dai costi di smaltimento dell'intero quantitativo di rifiuti che gli imputati hanno illecitamente smaltito nel corso degli anni, per un totale di 69.470.380 euro. Al riguardo, si fa presente che questo Ministero si è costituito parte civile nel procedimento penale sopra citato, per il quale ha inoltre recentemente richiesto all'avvocatura distrettuale di fornire informazioni sullo stato. Si comunica altresì l'intenzione dello stesso Ministero di avviare successivamente anche l'azione civile nei confronti del responsabile dell'evento che ha causato danni nell'ambiente così come quantificati dall'ISPRA.
      Tanto premesso, con specifico riferimento alla piattaforma Vega A, essa è stata realizzata sulla base della concessione del 1987. In via generale, qualora l'intervento non sia soggetto a valutazione di impatto ambientale, il Ministero dell'ambiente, d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico, può autorizzare le attività di reiniezione a scarico a mare e a terra delle acque risultanti dalle estrazioni di idrocarburi liquidi o gassosi nelle unità geologiche profonde da cui gli stessi sono stati estratti, così come previsto dall'articolo 104 del codice ambientale. In particolare, si precisa che l'esistente piattaforma Vega A non ha autorizzazioni in corso alla reiniezione a scarico in mare delle acque di strato prodotte dalle attività Pag. 26estrattive. Per quanto concerne invece le valutazioni di impatto ambientale effettuate sul campo Vega B e in particolare le attività poste in essere per la coltivazione del campo Vega, si fa presente che è stato sottoposto a procedura di impatto ambientale, conclusasi con provvedimento favorevole di AIA con prescrizioni, il 16 aprile 2015; esclusivamente è stato sottoposto a VIA il progetto relativo allo sviluppo del campo Vega B concessione di coltivazione. Inoltre, al riguardo si fa presente che lo stesso decreto di VIA, per quanto concerne le immissioni in acqua, prevede una specifica disciplina di regolamentazione degli scarichi, nonché un sistema di controllo degli stessi, la cui verifica deve essere effettuata secondo le modalità indicate nel piano di monitoraggio e controllo. Conseguentemente, verranno effettuate le attività di monitoraggio previste dalla normativa vigente in materia. Detto progetto consiste nella realizzazione di una nuova piattaforma satellitare fissa, denominata Vega B, di tipo non presidiato, posta circa sei chilometri dall'esistente piattaforma Vega A e alla quale sarà collegata tramite due condotte sottomarine. La realizzazione di detta piattaforma Vega B era già prevista nel programma dei lavori approvato contestualmente al conferimento della concessione con decreto dell'allora Ministro dell'industria e del commercio e dell'artigianato in data 24 febbraio 1994.
      Le attività relative al progetto «Sviluppo del campo Vega B – concessione di coltivazione», infatti, non rientrano tra i divieti introdotti dall'articolo 2, comma 3, lettera h) del decreto legislativo 29 giugno 2010, n.  128: è quello relativo all'inibizione dell'attività di ricerca e prospezione di idrocarburi entro la fascia di 12 miglia dalla costa e dalle aree marine protette, poiché, sulla base di quanto successivamente stabilito dell'articolo 38 della legge 11 novembre 2014, n.  164, tale divieto non riguarda i titoli abilitativi o le istanze esistenti alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo n.  128 del 2010.
      Pertanto, la Commissione VIA/VAS, nel proprio parere, ha preso in considerazione le aree SIC e ZPS più prossime alle coordinate dal punto in cui verrà realizzata la piattaforma Vega B, concludendo che, stante la considerevole distanza da esso, non erano previste interferenze. Stesse considerazioni valgono anche per il SIC, fondali della foce del fiume Erminio, citato dall'onorevole interpellante, sebbene istituito successivamente alla presentazione dell'istanza di VIA.
      Inoltre, con riferimento alla concessione di coltivazione a largo delle coste siciliane, il Ministero dello sviluppo economico ha rappresentato che la proroga richiesta per completare il programma dei lavori già approvato in sede di conferimento del titolo minerario, è stata concessa dal suddetto Ministero nel novembre 2015, ai sensi dell'articolo 18, secondo comma, della legge 11 gennaio 1957, n.  6. Cito testualmente: «Il concessionario ha diritto ad una proroga di dieci anni se ha eseguito i programmi di coltivazione e di ricerca e se ha adempiuto a tutti gli obblighi derivanti dalla concessione». Avendo riscontrato che la società istante ha ottemperato a tutti gli obblighi previsti dall'originario decreto di conferimento del titolo minerario e che la prosecuzione dell'attività di produzione e di sviluppo del campo rispondono al pubblico interesse dell'approvvigionamento interno delle risorse energetiche.
      Ad ogni modo, il Ministero continuerà a tenersi informato e a svolgere l'attività di monitoraggio relativa.

      PRESIDENTE. La deputata Claudia Mannino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

      CLAUDIA MANNINO. Guardi, Ministro, io sinceramente non posso minimamente ritenermi soddisfatta, perché qui non stiamo parlando con il Ministero delle attività produttive o dello sviluppo economico, quindi per valutare se l'impianto è di interesse per l'approvvigionamento energetico.
      Qui stiamo parlando di un danno ambientale, causato e riconosciuto dall'ISPRA Pag. 27e avallato anche dal Ministero dell'ambiente in termini di costituzione di parte civile per 70 milioni di euro di danni !
      Ma, al di là del fatto che il riferimento normativo è del 1957 – e, quindi, come dire, lo considererei sufficientemente datato, visto che ci sono anche dei provvedimenti successivi più adeguati allo stato attuale delle cose – resto stupita, ovviamente, del fatto che il Ministero dell'ambiente qui mi venga a rispondere che le motivazioni energetiche giustifichino una non attività di autotutela, di prevenzione e di intervento diretto e puntuale nei confronti di una società – Edison – che ha evidentemente causato un danno ambientale non recuperabile, non bonificabile.
      Io mi sarei aspettata una risposta in autotutela, visto che, anche con una sospensione della concessione appena rilasciata, anche alla luce dei purtroppo notevoli e noti alla cronaca fatti giudiziari che coinvolgono proprio il soggetto che ha rilasciato la concessione o, comunque, la compatibilità ambientale, comunque ci tengo a ribadire, qui, la domanda: qual è il criterio con cui il Ministero dell'ambiente ha riconosciuto la compatibilità ambientale di questa piattaforma, quando atti giudiziari e documenti dell'ISPRA dicono l'esatto opposto ?
      Capisco che dobbiamo fare anche, come il Ministero fa, come dire, la burocrazia, la cronologia degli atti, detta la linea, però qui stiamo parlando del Ministero dell'ambiente e 70 milioni di euro di danno ambientale non recuperabile.

      PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

      PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

      Lunedì 2 maggio 2016, alle 16:

      1. – Discussione sulle linee generali delle mozioni Lorefice ed altri n. 1-00698, D'Incecco ed altri n. 1-01229 e Binetti ed altri n. 1-01235 concernenti iniziative finalizzate al riconoscimento dell'endometriosi come malattia invalidante e al potenziamento delle prestazioni sanitarie e delle misure di sostegno economico e sociale per le donne affette da tale patologia.

      2. – Discussione sulle linee generali delle mozioni Baradello ed altri n. 1-01188 e Polverini e Occhiuto n. 1-01236 concernenti iniziative per valorizzare i cosiddetti lavoratori maturi nel quadro del prolungamento della vita lavorativa.

      3. – Discussione sulle linee generali dei disegni di legge:
          Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione tra il Governo della Repubblica italiana e il Regno hashemita di Giordania in materia di lotta alla criminalità, fatto ad Amman il 27 giugno 2011. (C. 3285-A)
      — Relatore: Porta.
          S. 1750 – Ratifica ed esecuzione dell'accordo quadro di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Mongolia, dall'altra, fatto a Ulan-Bator il 30 aprile 2013 (Approvato dal Senato). (C. 3301)
      — Relatore: Censore.
          Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Armenia sulla cooperazione e sulla mutua assistenza in materia doganale, fatto a Yerevan il 6 marzo 2009. (C. 3511-A)
      — Relatore: Censore.
          Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Panama per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Roma e a Città di Panama il 30 dicembre 2010. (C. 3530-A)
      — Relatore: Porta.

      La seduta termina alle 11,40.

Pag. 28

ERRATA CORRIGE

      Nel resoconto stenografico della seduta del 27 aprile 2016:

          a pagina 121, prima colonna, ventitreesima riga, le parole «proposte di legge» devono intendersi sostituite dalle seguenti: «progetti di legge».

Pag. 29 Pag. 30