XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 12 maggio 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


      La Camera,
          premesso che:
              l'ondata migratoria che nell'ultimo anno ha sconvolto l'Europa è un'emergenza sociale globale, un dramma mondiale che mostra l'orrore delle guerre e della carestia ma anche del terrorismo fondamentalista;
              senza ignorare la complessità della questione e le sfaccettature molteplici, senza nascondere la difficoltà di trovare soluzioni efficaci e lungimiranti per un fenomeno complesso, intriso di fanatismo religioso, che ha provocato reazioni di razzismo e intolleranza, questi episodi richiedono una risposta straordinaria che impegna in modo unitario la comunità internazionale e l'Europa in una comune responsabilità per una risposta forte ed immediata anche da parte del nostro Paese; con regole comuni capaci di tenere insieme accoglienza e rigore, solidarietà e intransigenza nel rispetto delle regole che valgono per tutti e sulle quali non è possibile transigere;
              il 31 dicembre 2015 a Colonia e in altre città europee si sono verificati episodi ripugnanti e intollerabili di violenza di branco contro la dignità e la libertà femminile, colpendo il corpo delle donne, violenza che ha minato ancora luoghi di convivenza, di quotidianità, di relazioni;
              si ritiene irrinunciabile e urgente difendere la libertà femminile da ogni forma di violenza sessuale, affinché non si verifichino altri episodi analoghi, in considerazione anche del fatto che il nostro Parlamento in questa legislatura è composto da un elevato numero di donne, che ha approvato la Convenzione di Istanbul, la democrazia paritaria e altre norme, seppure ancora insufficienti, ma certo significative, per sostenere e tutelare la presenza e il ruolo femminile nella società e nel lavoro;
              non si vuole consegnare nelle mani del populismo razzista una presunta difesa delle donne, laddove proprio il razzismo e il maschilismo peggiore sono connessi da un comune denominatore culturale basato sulla prevaricazione, mentre la cultura dell'accoglienza è il filo conduttore della storia biologica e culturale femminile, ma anche della storia politica delle donne, basata sui valori della solidarietà a cui non si vuole rinunciare;
              non si deve giustificare in nessun luogo, ambito o cultura la violenza contro le donne perché non si tratta mai di un fatto privato, nemmeno quando avviene in casa, e non riguarda solo le donne, ma tutta la società, poiché questi episodi provocano costi umani e sociali inaccettabili, a livello locale e mondiale, consentendo il diffondersi dell'idea di un corpo-cosa, che può essere posseduto, violato, venduto, umiliato, abusato, in una deriva dell'umano che acuisce sgomento e orrore,

impegna il Governo:

          a proseguire, attraverso le iniziative di competenza, nell'affermazione come imperativo politico urgente dell'irrinunciabile diritto fondamentale alla libertà e alla dignità femminile contro ogni violenza, sia nel privato della violenza domestica, sia in ogni altro luogo, in Italia come in ogni altra parte del mondo;
          a promuovere, nei contesti di accoglienza, anche azioni formative sui diritti delle donne, a cominciare dalle bambine, anche riguardo al dramma delle mutilazioni genitali femminili e ai matrimoni precoci, pratiche non infrequenti nei Paesi di provenienza dei flussi migratori, aumentando altresì la vigilanza e i controlli;
          a intensificare vigilanza, controllo e repressione, tramite il coinvolgimento delle forze dell'ordine e del sistema dei servizi sociali, contro i maltrattamenti in famiglia, gli stupri, la violenza assistita, lo sfruttamento della prostituzione, soprattutto minorile, la tratta, valutando la possibilità di assumere iniziative per rivedere il sistema sanzionatorio, contemplando per i cittadini stranieri extracomunitari l'applicazione della pena accessoria dell'espulsione;
          a riformulare e a rafforzare, contestualmente, i progetti di informazione e prevenzione, volti a promuovere la cultura dei diritti delle donne nei percorsi scolastici, educativi, formativi e in ogni contesto familiare, lavorativo, assistenziale o sanitario, avvalendosi anche di campagne da attivare attraverso i media.
(1-01264) «Iori, De Girolamo, Nicchi, Fitzgerald Nissoli, Locatelli, Gebhard, Mucci, Gribaudo, Rossomando, Fregolent, Di Salvo, Fabbri, Rotta, Covello, Carloni, Cenni, Zampa, Giuditta Pini, Piccoli Nardelli, Miccoli, Antezza, Patrizia Maestri, Sbrollini, Scuvera, Gadda, Moretto, Crimì, Malpezzi, Chaouki, Cova, D'Ottavio, Giuseppe Guerini, Cominelli, Schirò, Sereni, Mariani, Bruno Bossio, Mariano, Roberta Agostini, Braga, La Marca, Milanato, Giuliani, Tidei, Amato, Paola Boldrini, Piazzoni, Sgambato, Cimbro, Blazina, Iacono, Rubinato, Coccia, Carocci, Malisani, Centemero, Miotto, Valeria Valente, Pollastrini, Gnecchi, Palma, Quartapelle Procopio, Villecco Calipari, Manzi, Cinzia Maria Fontana, Bini».

Risoluzione in Commissione:


      La XIII Commissione,
          premesso che:
              l'Unione europea sostiene la produzione agricola dei Paesi della Comunità attraverso l'erogazione, ai produttori, di aiuti, contributi e premi. Tali erogazioni, finanziate da Feaga (fondo europeo agricolo di garanzia) e Feasr (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale), sono gestite dagli Stati membri attraverso gli organismi pagatori, istituiti ai sensi del regolamento (CE) n.  885 del 2006;
              con il decreto legislativo n.  165 del 1999 è stata istituita l'Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) per lo svolgimento delle funzioni di Organismo di coordinamento e di organismo pagatore fino all'istituzione ed al riconoscimento degli appositi organismi da parte delle singole regioni, ed è stata, quindi, disciplinata l'istituzione, da parte delle regioni e delle province autonome, di servizi ed organismi per lo svolgimento delle funzioni di organismo pagatore;
              la funzione di «organismo pagatore», che doveva in origine rappresentare un'attività suppletiva rispetto all'attività affidata agli istituendi organismi regionali, si è rilevata nel tempo attività principale. La funzione di «coordinamento», che la normativa europea prevede in caso di costituzione di più organismi pagatori, è tornata ad essere gestita dall'Agea, dopo un passaggio normativo che aveva attribuito tale compito direttamente al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, ed è finalizzata all'armonizzazione procedurale e di rendicontazione nei confronti della Commissione europea;
              l'Agea, quale organismo di coordinamento ha, come compiti principali, la gestione dei registri nazionali, del registro nazionale titoli e delle quote di produzione; la gestione del registro nazionale dei debiti; l'aggiornamento del sistema informativo territoriale, i controlli incrociati a livello nazionale di tutte le domande di aiuto presentate agli organismi pagatori con il Sistema integrato di gestione e controllo – SIGC – costituito secondo le norme comunitarie; l'esecuzione dei controlli tramite fotointerpretazione a video su immagini aeree o satellitari e in loco presso le aziende, a beneficio di tutti gli organismi pagatori; la rendicontazione in sede Unione europea delle somme erogate in Italia da tutti gli organismi pagatori;
              in tale funzione di organismo di coordinamento, l'Agea è, inoltre autorità incaricata: della vigilanza e del coordinamento degli organismi pagatori ai sensi del regolamento (CE) n.  1290 del 2005 del Consiglio del 21 giugno 2005; del coordinamento del Sistema integrato di gestione e controllo (SIGC), sistema dei controlli stabilito dalla riforma della politica agricola comune; dei controlli di conformità dei prodotti ortofrutticoli stabiliti dal regolamento (CE) n.  1580/2007; del coordinamento e della gestione del sistema informativo, agricolo nazionale (SIAN); nonché dell'attuazione dei controlli obbligatori ex post previsti dal regolamento (CE) n.  485 del 2008 e dall'articolo 1, comma 1048, della legge n.  296 del 2006;
              l'Agea come organismo pagatore italiano ha competenza per l'erogazione di aiuti, contributi, premi ed interventi comunitari, nonché per la gestione degli ammassi pubblici, dei programmi di miglioramento della qualità dei prodotti agricoli, per gli aiuti alimentari e per la cooperazione economica con altri Paesi;
              l'Agenzia esercita le proprie funzioni non solo mediante le proprie strutture operative, ma anche avvalendosi di proprie società controllate (Sin) S.p.A. e Agecontrol S.p.A.): la Sin S.p.A. cura per legge l'esercizio delle funzioni del Sistema informativo agricolo nazionale (Sian), è partecipata al 51 per cento dall'Agea mentre il 49 per cento delle quote è posseduto da un raggruppamento temporaneo di imprese. Il portafoglio azionario di Agecontrol S.p.a., società di controlli, è interamente posseduto dall'Agea;
              con il comma 6-bis dell'articolo 1 della legge 2 luglio 2015, n.  91, di conversione del decreto-legge n.  51 del 2015, è stato previsto dal Parlamento che, alla cessazione della partecipazione del socio privato alla società, l'AGEA provvede, in coerenza con la strategia per la crescita digitale e con le linee guida per lo sviluppo del Sian, alla gestione e allo sviluppo del Sian direttamente, o tramite società interamente pubblica, nel rispetto delle normative europee in materia di appalti, ovvero attraverso affidamento a terzi, mediante l'espletamento di una procedura ad evidenza pubblica ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, anche avvalendosi a tal fine della società Consip Spa, attraverso modalità tali da assicurare comunque la piena operatività del sistema al momento della predetta cessazione;
              nell'espletamento della sua missione istituzionale, Agea, infine, si avvale anche di altri organismi a cui sono stati delegati particolari compiti. Tra questi figurano anche i Caa (Centri di assistenza agricola) i quali svolgono le attività di supporto nella predisposizione delle domande di ammissione ai benefici comunitari e nazionali su mandato degli imprenditori interessati;
              in Italia sono stati istituiti i seguenti organismi pagatori: Artea per la regione Toscana; Agrea per la regione Emilia-Romagna; Avepa per la regione Veneto; Arcea per la regione Calabria; Arpea per la regione Piemonte; SAISA – Agenzia delle dogane – per le restituzioni alle esportazioni;
              ente nazionale risi per il riso; Regione Lombardia Agricoltura per la regione Lombardia; provincia autonoma di Bolzano – Alto Adige; Appag Trento; Agea per tutte le regioni che non hanno costituito un proprio organismo pagatore e per tutte le alte funzioni non attribuite agli altri organismi pagatori;
              annualmente l'Agenzia effettua erogazioni per la gestione dei fondi europei, di cui oltre il 70 per cento è destinato agli agricoltori, che ricevono sostegni in forme assai differenziate, polarizzate in due grandi capitoli: il premio unico aziendale e le misure previste nei piani regionali di sviluppo rurale;
              un'ulteriore quota di risorse si articola in diversi strumenti di sostegno, allargati anche all'ambito agro-industriale. Si tratta, principalmente, di aiuti per i programmi operativi ortofrutticoli, misure previste nell'ambito dell'organizzazione comune di mercato (OCM) del vino, risorse destinate alla promozione di prodotti alimentari all'estero, al miglioramento della qualità dell'olio e altro;
              nel 2015 – con un anno di ritardo – è entrata in vigore la nuova PAC 2014- 2020, il cui quadro normativo è composto da cinque regolamenti base, destinati a mobilitare risorse finanziarie complessive per circa 408,3 miliardi di euro a prezzi correnti, di cui circa 312,7 miliardi di euro per i pagamenti diretti e le misure di mercato. Per l'Italia, le risorse finanziarie disponibili ammontano, dal 2014 al 2020, a circa 52 miliardi di euro, di cui circa 27 miliardi per i pagamenti diretti, circa 20,8 miliardi per lo sviluppo rurale (compresa la quota di cofinanziamento statale e regionale, pari a circa 10,43 miliardi di euro) e 4,2 miliardi per le organizzazioni comuni di mercato;
              gli obiettivi principali della nuova PAC sono la semplificazione e lo snellimento delle procedure burocratiche e una maggiore selettività nel sostegno agli agricoltori: sia rispetto alla platea dei beneficiari, d'ora in poi ristretta ai soli «agricoltori attivi», sia rispetto alle situazioni o ai comportamenti meritevoli di sostegno, attraverso lo «spacchettamento» del vecchio pagamento unico aziendale in un menù di sette diversi possibili pagamenti, tra i quali gli Stati membri hanno scelto quali attivare e per quale ammontare;
              con il regolamento n.  1748 del 30 settembre 2015, la Commissione europea ha stabilito la possibilità per gli Stati membri di erogare – a partire dal 16 ottobre e fino al 30 novembre 2015 – attraverso gli enti nazionali preposti, un anticipo fino al 70 per cento dei pagamenti diretti spettanti a un agricoltore, disposti dalla riforma della politica agricola comune; le indicazioni presenti nel regolamento sono state recepite dalle circolari di Agea ACIU 2015.435 e ACIU 2015.464. In tali documenti è stato esplicitamente espresso che le procedure degli anticipi sono state predisposte per sostenere le numerose imprese agricole che versano in difficoltà economiche;
              alla fine di aprile 2016 oltre un quarto delle imprese aventi diritto, in particolare le imprese professionali più grandi, non ha ricevuto alcun pagamento;
              l'Agea non ha ancora risolto diversi problemi connessi all'assegnazione dei titoli necessari per la presentazione delle domande per la PAC 2016 in scadenza il 16 maggio 2016, in relazione alla qualifica di agricoltore attivo, di riserva nazionale, di pascoli, di guadagno insperato, di capping, con il rischio concreto che questo stallo procedurale impedisca la presentazione delle nuove richieste;
              problemi analoghi si sono registrati per i PAI (Piani assicurativi individuali), tanto da mettere a rischio la copertura assicurativa di molte colture;
              le cause dei problemi che si stanno verificando sono note solo in parte: da un lato, le complesse regole della PAC impongono alle nostre autorità di condurre verifiche accurate prima di effettuare i pagamenti, dall'altro, vi sono non meglio precisati problemi di natura informatica tra le diverse banche dati utilizzate, che rallentano e forse talora impediscono di effettuare i controlli, con il risultato di una applicazione poco tempestiva e ingarbugliata. Da qui i ritardi e il rimpallo delle responsabilità tra i vari enti coinvolti;
              in riferimento al sistema Agea, Sin e organismi pagatori, è necessaria una maggiore efficienza a livello nazionale e una omogeneità di procedure amministrative e informatiche a livello regionale sia per garantire maggiore operatività, sia per limitare il dispendio di risorse finanziarie;
              le basi per raggiungere l'obiettivo sono state poste affidando a Consip la gara di appalto per la gestione di Sian e con il superamento del modello pubblico-privato di Sin;
              la Conferenza Stato-Regioni il 5 maggio 2016 ha approvato le linee guida 2016 per lo sviluppo del Sian, individuando gli obiettivi, rappresentando quale deve essere il nuovo modello di servizio, tecnologico e la sua governance;
              le regioni hanno già segnalato al Governo la gravità della situazione e le criticità più rilevanti: dati incoerenti e non aggiornati nei sistemi informativi, banche dati che non dialogano tra loro, rendendo inaffidabili i controlli amministrativi, ritardo nell'aggiornamento dei dati relativi alle imprese, mancata comunicazione del valore definitivo dei titoli PAC 2014-2020, mancanza dei criteri e delle procedure operative per il calcolo della quota greening dei premi PAC, tempistica inadeguata nella gestione delle coperture assicurative, indicazioni assenti per il corretto coordinamento nella gestione delle domande, assenza di interlocuzione e/o informazione su comunicazioni e procedure, supporto informativo del tutto insufficiente nei confronti degli organismi pagatori regionali;
              la Commissione europea – in particolare la Direzione generale agricoltura (Dg Agri) – sembra abbia rilevato una serie di carenze nell'applicazione del piano di azione che Agea ha adottato per allinearsi ai nuovi requisiti che la riforma della PAC prevede per gli organismi pagatori e una mancanza di azione coordinata tra il livello locale e quello nazionale. Secondo la Commissione, le carenze riguarderebbero in particolare l'accuratezza e l'affidabilità dei dati forniti dai CAA (Centri assistenza agricola), la gestione del registro dei debitori, la supervisione dell'attività del Sin.  Inoltre la Dg-Agri constaterebbe che il rispetto dei criteri di riconoscimento dell'Agea, in particolare la gestione del debito e del registro dei debitori, non è stato conforme alle norme dell'Unione europea; da ultimo, la Commissione europea non ha liquidato i conti dell'esercizio finanziario 2015 dell'organismo pagatore Agea nella prima sessione utile del 30 aprile 2016, né lo farà entro il 30 ottobre 2016, poiché l'AGEA è stata già chiamata ad una sessione bilaterale di confronto il 3 novembre 2016;
              il malfunzionamento di Agea e degli organismi pagatori regionali sta creando una situazione insostenibile per le imprese agricole, alle prese con una serissima crisi di liquidità: nelle casse dell'ente pagatore è oggi bloccato un miliardo di euro, mentre gli agricoltori sono costretti a ricorrere al credito agrario a tassi molto alti; basti solo pensare che per l'anno 2014 il residuo pagato tra maggio e giugno era l'8 per cento del totale e che l'anno successivo era il 9,89, mentre nel 2016 arriva alla cifra record del 38 per cento del totale;
              i ritardi nei pagamenti e nella gestione delle pratiche si traducono inoltre in ritardi competitivi con le imprese degli altri Paesi europei, dove le pubbliche amministrazioni sono in grado di gestire la presentazione delle domande senza affanni e di erogare nei termini i contributi previsti dai regolamenti comunitari;
              la pesante situazione che si è venuta a creare su tutto il territorio nazionale rende urgente l'adozione di iniziative, anche organizzative, da parte del Governo;
              l'agricoltura italiana assicura sicurezza alimentare, qualità, servizi ambientali, presidio ed identità dei territori, valorizzazione del patrimonio storico-culturale del Paese. Il sistema delle imprese agricole ed agroalimentari ha potenzialità effettive per fornire un contributo essenziale alla crescita economica sostenibile del Paese, all'occupazione, allo sviluppo della bioeconomia, alla valorizzazione del paesaggio, alla difesa idrogeologica di un territorio sempre più fragile ed al «made in Italy» come «bene comune»;
              non abbiamo di fronte un'entità astratta ma una realtà di donne, uomini, aziende con storie, culture, opportunità, ma anche problemi evidenti e gravi difficoltà di reddito che necessitano di attenzione per superare la crisi, assicurare liquidità ed investimenti, rilanciare la competitività;
              le filiere agroalimentari, in molti settori, non creano valore aggiunto ed al loro interno manifestano evidenti squilibri: per ogni euro che paga il consumatore finale, solo 15 centesimi vanno all'impresa agricola, talvolta anche meno; le imprese quindi sono spesso alle prese con problemi che ostacolano fortemente il loro funzionamento, accentuano le difficoltà economiche, creano incertezza per il futuro;
              in risposta ad un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea del 28 aprile 2016, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ha affermato che nel primo anno di applicazione della PAC riformata l'obiettivo della semplificazione gestionale non è stato ancora raggiunto e che per snellire gli adempimenti burocratici e semplificare le procedure il primo passo è la riforma degli enti, indicata come azione cruciale per il rinnovamento del sistema e la tutela del settore agricolo e agroalimentare;
              il Ministro ha, poi, informato che nella prima settimana di maggio 2016, appena trascorsa Agea aveva programmato di effettuare una tranche di pagamenti per ulteriori 7 mila agricoltori per un ammontare di 35 milioni di euro, e che, entro giugno 2016 stabilirà definitivamente il completamento dei pagamenti dei saldi rimanenti, che coinvolgono 650 mila beneficiari per un ammontare complessivo di circa 550 milioni di euro. Al 28 aprile 2016 Agea aveva già provveduto al pagamento di 1,12 miliardi di euro e con i predetti saldi completerà le erogazioni, arrivando al totale di 1,75 miliardi di euro;
              Agea, inoltre, ha approvato negli stessi giorni le convenzioni che disciplinano i rapporti tecnici ed economici con gli organismi pagatori e con i centri di assistenza agricoli: un atto che contribuisce a rafforzare il quadro giuridico nel processo di informatizzazione dei dati delle imprese agricole messi a disposizione delle pubbliche amministrazioni, anche grazie alla implementazione, a partire dalla campagna 2016, delle domande di aiuto con modalità grafica, che comporta l'utilizzo di immagini per la identificazione e determinazione delle superfici aziendali eleggibili all'aiuto;
              il 29 aprile 2016 il commissario europeo all'Agricoltura Phil Hogan ha annunciato la proroga del termine di presentazione delle domande PAC e Psr 2016 al 15 giugno 2016;
              nella legislatura in corso l'agricoltura è tornata centrale nell'agenda di Governo e nello sforzo legislativo del Parlamento. Questo rilevante impegno corre il rischio di essere vanificato dalle inefficienze e dai gravi ritardi di Agea, chiamata a realizzare le misure della politica agricola comune; è necessaria una svolta, una governance nuova, che abbia obiettivi certi e che sia all'altezza delle nuove sfide;
              il complesso quadro organizzativo delineato determina rilevanti incertezze nella gestione degli importanti flussi finanziari provenienti dall'Europa e di cui l'Italia deve dar conto in ordine alla correttezza delle erogazioni effettuate;
              i diversi sistemi operativi di cui si avvalgono i singoli organismi pagatori regionali e l'Agea impongono un'attività estremamente gravosa finalizzata a rendere uniformi i dati forniti dai diversi sistemi applicativi; tutto ciò contribuisce a determinare ritardi nell'effettuazione dei pagamenti ed incertezze sulla titolarità degli aventi diritto;
              il Paese non può permettersi, in questa delicata fase di incertezza dell'economia globale e di rilevanti cambiamenti negli scenari della politica comune europea, connessi, anche, a progressive liberalizzazioni di determinati settori produttivi, di perdere o disperdere le risorse europee derivanti dai fondi europei;
              è, quindi, necessario valutare la possibilità di procedere ad una sistemazione complessiva dei soggetti chiamati a coordinare, gestire e controllare i pagamenti in esame, riconsiderando il disegno originario configurato con il decreto legislativo n.  165 del 1999;
              particolarmente rilevante, risulta, altresì, configurare un sistema informatico nazionale che dialoghi con i diversi sistemi regionali in modo che i dati trasmessi siano direttamente utilizzabili da Agea ai fini della trasmissione ai competenti organi europei e per il pagamento dei titoli, definendo, altresì, le modalità per rendere tracciabili i dati immessi nel sistema in modo da poter individuare con certezza eventuali responsabilità,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative per assicurare una maggiore efficienza a livello nazionale e una omogeneità di procedure amministrative e informatiche a tutti i livelli, sia per garantire una maggiore operatività degli organismi pagatori sia per limitare il dispendio di risorse finanziarie;
          a garantire l'applicazione operativa delle linee guida per lo sviluppo del Sian 2016, approvate dalla Conferenza Stato-regioni il 5 maggio 2016 avendo riguardo anche alle modalità di governance ivi individuate, che ne richiedono una pronta realizzazione;
          ad assumere iniziative urgenti per riformare complessivamente il sistema di Agea, in modo da delineare un chiaro quadro di riparto delle funzioni, valutando la possibilità di attribuire agli organismi pagatori regionali il ruolo gestionale ed al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali il ruolo di coordinamento, con la salvaguardia dei livelli occupazionali esistenti presso l'Agea;
          a riformare il sistema informativo agricolo nazionale in modo da rendere lo stesso compatibile e facilmente dialogante con quello adottato degli enti pagatori regionali, in modo da rendere i dati forniti immediatamente utilizzabili, evitando operazioni di conversione degli stessi dati, causa di rilevanti incertezze nelle operazioni di controllo;
          a rendere tracciabili i dati immessi nel sistema in modo da poter individuare con certezza il soggetto responsabile della correttezza dei dati immessi ed evitare incertezze in ordine ai soggetti e ai contributi ammessi, anche incrociando le informazioni fornite con quelle già in possesso delle pubbliche amministrazioni competenti;
          ad assumere iniziative per snellire gli adempimenti burocratici e semplificare le procedure, in particolare per alcuni pagamenti che si sono rilevati maggiormente problematici quali quelli riguardanti i premi accoppiati, le superfici pascolative, anche rispetto al pascolo per conto terzi, nonché per le procedure e i controlli in vari settori, quali, ad esempio quello olivicolo, zootecnico e della multifunzionalità;
          a vigilare affinché, nei tempi stabiliti dalla regolamentazione europea, siano garantiti i pagamenti (degli aiuti e contributi a tutte le imprese agricole aventi diritto;
          ad assumere iniziative per ripristinare un nuovo rapporto di fiducia con le istituzioni europee e con tutto il mondo agricolo.
(7-00993) «Antezza, Oliverio, Luciano Agostini, Capozzolo, Carra, Cova, Cuomo, Dal Moro, Falcone, Fiorio, Lavagno, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Taricco, Terrosi, Venittelli, Zanin, Vico».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


      GIANLUCA PINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          nelle prossime settimane si dovrebbe riaprire la conferenza di servizi per l'approvazione del progetto per la realizzazione dell'autostrada cispadana, dal casello di Reggiolo-Rolo, sulla A22, al casello di Ferrara sud sulla A13, nella Regione Emilia-Romagna;
          il progetto ha ottenuto il parere favorevole con prescrizioni n.  1690, del 16 gennaio 2015, della commissione VIA e VAS del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e il parere contrario espresso con nota n.  15600 del 23 giugno 2014 del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in cui tale Ministero evidenzia una serie di criticità, riservandosi di valutare diverse soluzioni progettuali;
          a causa del contrasto sorto tra i due Ministeri, la questione è stata deferita al Consiglio dei ministri, ai fini della pronuncia di compatibilità ambientale sul progetto definitivo; il Consiglio dei ministri, in attuazione della procedura ex articolo 5, comma 2, lettera c-bis della legge n.  400 del 1988, con delibera del 10 febbraio 2016, ha individuato le soluzioni progettuali che potrebbero superare il dissenso;
          i nuovi tracciati, da una parte superano l'interferenza con il sito archeologico del Castrum di Novi di Modena, per la prima variante, e dall'altra, cercano di ridurre l'interferenza con l'ansa del fiume Panaro, per la seconda variante;
          tale seconda variante, come richiesto dal Consiglio dei ministri, in corrispondenza dell'attraversamento del fiume Panaro, si sviluppa interamente in comune di Finale Emilia (Modena), ma si inserisce sul tratto autostradale che, entrando in comune di Cento (Ferrara), va ad interessare l'ambito territoriale caratterizzato dalla presenza del «Sistema dei Terreni delle Partecipanze Agrarie di Cento»;
          nella delibera del Consiglio dei ministri si dà atto, infatti, dell'intesa raggiunta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in merito alla scelta della soluzione plano-altimetrica alternativa del tratto autostradale ricadente presso l'attraversamento del Panaro ed il sistema dei terreni della «Partecipanza Agraria», nel comune di Cento denominata C2b nello Studio d'impatto ambientale relativo al progetto;
          tale tracciato alternativo passa a nord dell'abitato di Alberone, frazione di Cento (Ferrara), al di fuori dell'area tutelata e riconosciuta di notevole pregio paesaggistico, e sembra risolvere le criticità paesaggistiche evidenziate dalla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici e fatte proprie dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
          già alcuni anni fa i progettisti incaricati della costruzione dell'autostrada Cispadana prevedevano, per la zona di Cento, l'ipotesi di un tratto che sarebbe dovuto passare all'interno dell'abitato di Alberone, ipotesi successivamente scartata e ritenuta inopportuna, anche a seguito alle proteste dei cittadini;
          a quasi cinque anni dal primo tentativo si prospetta ora nuovamente l'ipotesi del passaggio della Cispadana a ridosso di Alberone, ad alcune centinaia di metri dal centro abitato;
          tale ipotesi sottoporrebbe gli abitanti di Alberone ad insormontabili impatti ambientali creando inquinamento atmosferico ed acustico, tant’è che lo stesso Consiglio dei ministri, modificando una prescrizione del parere della Commissione VIA e VAS ha chiesto uno studio, a livello del progetto esecutivo, che individui misure di mitigazione degli impatti sulle componenti ambientali sulla salute, sull'atmosfera, sul rumore, sulle vibrazioni, con particolare riferimento al centro abitato ivi presente;
          l'interrogante ritiene inammissibile l'adozione di una variante al tracciato originario dell'Autostrada Cispadana che, con il solo fine di rispettare un vincolo paesaggistico, mette in pericolo la salute dei cittadini;
          il passaggio dell'autostrada a ridosso di Alberone creerebbe inoltre situazioni paradossali che hanno creato scalpore nei media in quanto provocherebbe la demolizione di una serie edifici appena ristrutturati e ultimati con l'utilizzo delle risorse della ricostruzione post terremoto della zona colpita dal sisma del 2012;
          è significativa la storia del signor Franco Bastia, un cittadino di 66 anni, che ha appena ricostruito la propria abitazione con i contributi pubblici e ora rischia di vederla abbattuta per consentire il passaggio del nuovo tracciato della Cispadana;
          altri cittadini, come ad esempio la famiglia Rossi, si troverebbero l'autostrada tra fienile e casa; anche gli edifici in questione sono appena stati ricostruiti con i contributi della ricostruzione, poiché la zona non era interessata dall'infrastruttura, secondo il progetto originario;
          è evidente pertanto per l'interrogante lo sperpero di risorse pubbliche che provocherebbe la realizzazione della variante decisa dal Consiglio dei ministri, senza peraltro creare alcun vantaggio alla collettività, anzi producendo una serie di disagi e impatti ambientali a scapito degli abitanti di Alberone;
          il progetto è ancora in esame da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per la valutazione d'impatto ambientale delle due varianti  –:
          quali siano gli orientamenti del Governo in merito all'ipotesi del passaggio dell'autostrada Cispadana a ridosso dell'abitato di Alberone e se non intenda farsi promotore nella prossima conferenza di servizi di cui in premessa, di un'ipotesi di tracciato alternativo, viste le forti preoccupazioni, i disagi, lo sperpero di risorse pubbliche e danni alla salute dei cittadini che creerebbe la variante prospettata dal Consiglio dei ministri nel comune di Cento. (4-13162)


      BARGERO, BORGHI, CAROCCI, BOCCUZZI, FIORIO, PORTAS, TULLO e BASSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il nostro Paese è esposto a grandi rischi naturali, essendo caratterizzato da terreni argillosi e sabbiosi incoerenti e/o malamente ancorati alla roccia dura e stabile che rende l'Italia tra i Paesi più franosi del mondo (486.000 delle 700.000 frane in tutta l'Ue, dicono i geologi, sono italiane);
          tale stato di dissesto si intreccia con una carenza pianificatoria di superficie, con la quasi scomparsa delle manutenzioni, con abusi del suolo, con la scarsa percezione della dimensione dei pericoli e con la scarsa conoscenza dei fenomeni;
          per ovviare a tale fenomeno ed accelerare la messa in sicurezza del territorio è stata istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche, con la finalità di imprimere un'accelerazione agli interventi volti a contrastare il dissesto;
          con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 maggio 2015 sono stati individuati i criteri e le modalità per stabilire la priorità di ripartizione delle risorse per gli interventi finalizzati alla mitigazione del dissesto in seguito al quale le regioni hanno emanato decreti delle giunte regionali con le specifiche tecniche per l'inserimento dei progetti nella piattaforma informatica Rendis, progetti che devono essere validati dalle regioni stesse o dalle autorità di bacino competenti;
          molti progetti presentati dai comuni non hanno ancora le caratteristiche della cantierabilità ritenuta elemento determinante per acquisire maggior punteggio come si evince dalla tabella allega al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 maggio 2015;
          la redazione dei progetti, (come minimo in forma preliminare) meglio se in forma esecutiva e/o definitiva, per acquisire maggior punteggio richiede allo stato attuale un'esposizione finanziaria che sia i comuni che le unioni dei comuni non possono sostenere;
          ad oggi non è stato ancora previsto alcun finanziamento per consentire che le progettazioni possano essere redatte con un grado di definizione tale da permettere la cantierabilità in tempi brevi  –:
          se non si ritenga opportuno assumere iniziative per assegnare alla struttura di missione una dotazione finanziaria da ripartire tra le regioni del Centro-nord (che non possono accedere ai fondi di Coesione) destinata alla progettazione esecutiva degli interventi volti a mitigare il dissesto idrogeologico. (4-13164)


      MINARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 marzo 2015, attuativo delle disposizioni di cui al decreto-legge, n.  101 del 2013, convertito dalla legge n.  125 del 30 ottobre 2013, prevede che gli enti del servizio sanitario nazionale possano bandire, entro il 31 dicembre 2018, procedure concorsuali riservate, per titoli ed esami, per assunzioni a tempo indeterminato di personale con contratto di lavoro a tempo determinato, tenuto conto del fabbisogno e nel rispetto dei vincoli assunzionali previsti dalla legislazione vigente;
          tali soggetti devono essere in possesso dei requisiti di cui all'articolo 1, commi 519 e 558, della legge 27 dicembre 2006, n.  296, e all'articolo 3, comma 90, della legge 24 dicembre 2007, n.  244, nonché aver maturato alla data del 30 ottobre 2013, negli ultimi cinque anni, almeno tre anni di servizio, anche non continuativo con contratto di lavoro a tempo determinato anche presso enti del medesimo ambito regionale diversi da quelli che indicono la procedura;
          ai sensi del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, pertanto, non è requisito per l'ammissione l'essere in servizio ad una determinata data, ma l'essere in servizio solo in particolari periodi, anche non continuativi. È comunque da sottolineare come il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri citato ammette alla selezione di personale soggetti con requisiti diversi previsti dalla disciplina in materia di stabilizzazioni eventualmente approvata dalle regioni in attuazione delle suddette norme statali;
          sulla base della normativa citata sembrerebbe essere escluso dalla stabilizzazione tutto il personale ausiliario di categoria A di cui l'azienda ospedaliera n.  7 di Ragusa si è avvalsa esercitando le facoltà riconosciute dall'articolo 49, comma 3, della legge n.  15 del 5 novembre 2004;
          infatti, il suddetto personale, assunto periodicamente con rapporto di lavoro a tempo determinato, per quattro mesi, non avrebbe maturato, alla data del 30 ottobre 2013, il requisito di tre anni di servizio, anche non continuativo, negli ultimi cinque anni;
          quindi, se è vero che l'applicazione della legge n.  15 del 5 novembre 2004, ha consentito all'azienda n.  7 di formare un gruppo di lavoro specializzato, di cui avvalersi periodicamente è altrettanto vero che, né la citata legge n.  5 del 2004 nell'attuale quadro normativo nazionale e regionale, ha previsto una specifica assunzione per il predetto personale  –:
          se non sia necessario chiarire se il personale, assunto periodicamente con rapporto di lavoro a tempo determinate per quattro mesi, abbia i requisiti per essere ammesso al concorso riservato di cui in premessa;
          in caso di risposta negativa, se non sia opportuno adottare iniziative normative dirette ad assumere personale con quello ausiliario di categoria A, di cui sopra, che ha svolto mansioni rilevanti con grande professionalità presso l'azienda ospedaliera n.  7 di Ragusa, che si è avvalsa della facoltà di assunzione riconosciuta dall'articolo 49, comma 3, della legge n.  15 del 5 novembre n.  2004.
(4-13178)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MANLIO DI STEFANO, SIBILIA, SPADONI, GRANDE, DEL GROSSO, SCAGLIUSI e DI BATTISTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          si apprende da organi di stampa che la Commissione affari costituzionali del Parlamento della Turchia, su pressione del Presidente della Repubblica Erdogan, ha già avviato il procedimento per togliere l'immunità parlamentare ai deputati dell'HDP (Partito democratico del popolo);
          il Governo dell'AKP (Partito della giustizia e sviluppo di matrice islamista) mira a togliere l'immunità parlamentare dei deputati e delle deputate dell'HDP che di fatto rappresentano tutte le aree e i gruppi della società, compresi i curdi, turchi, armeni, assiri, yezidi, aleviti, cristiani e altri;
          nei giorni scorsi il presidente del Parlamento, esponente di spicco del partito di governo, ha dichiarato di voler superare la laicità nel Paese e di scrivere una nuova Costituzione basata sull'Islam politico e considera l'HDP – partito plurietnico, laico e pluriconfessionale – un grosso ostacolo per raggiungere questo obiettivo;
          la sessione plenaria del Parlamento affronterà questo argomento il 16 giugno 2016. Se dovesse essere approvata la risoluzione, 46 (di 59) deputati e deputate dell'HDP perderanno la loro immunità e saranno incarcerati. Se accadrà ciò, il conflitto già intenso nella regione curda della Turchia rischierà di inasprirsi ulteriormente, degenerando in una guerra civile aperta con il rischio di causare la fuga di milioni di persone;
          la violazione dei valori democratici e dei diritti umani in Turchia, come Stato membro del Consiglio d'Europa, della NATO e candidato a far parte dell'Unione europea, non possono essere ulteriormente tollerate;
          lo stesso Ministro interrogato, nel corso della sua visita in Turchia del 16 febbraio 2016, ha avuto un colloquio con Zelahatin Demirtas, leader del partito curdo presente in Parlamento, un gesto che ha sottolineato un'attenzione anche per l'opposizione in un Paese dove le maglie nei confronti del dissenso si fanno sempre più strette. In particolare il Ministro interrogato ha sottolineato, in una dichiarazione stampa, l'importanza fondamentale della richiesta turca a Bruxelles di aprire i capitoli 23 e 24 (quelli che riguardano le libertà democratiche e i diritti umani) del negoziato di adesione: «Noi non manchiamo mai di sollevare con Ankara i temi della libertà di opinione e di espressione, ma crediamo che il contesto migliore sia proprio quello del processo negoziale con la Ue»;
          in un appello rivolto ai Parlamenti dei Paesi dell'Unione europea proprio da Zelahatin Demirtas e dalla copresidente dell'HDP, Figen Yuksekdag, si parla di «svolta totalitaria che il sistema politico turco ha preso di recente, dove chiunque sia critico rispetto al blocco Erdogan-AKP viene etichettato come "terrorista" o "sostenitore del terrorismo", la chiusura della rappresentanza parlamentare all'opposizione politica renderà i curdi e altri popoli marginalizzati della Turchia anche più vulnerabili a gravi forme di violenza di Stato e repressione. Da come stanno le cose, la tutela dell'esecutivo sul potere giudiziario ha incoraggiato il Presidente Erdogan persino a chiedere di revocare la cittadinanza dei suoi critici politici, dai deputati dell'HDP e sindaci curdi eletti ai giornalisti, accademici per la pace e utenti dei social media. Per timore che Parlamento non venga messo sotto il controllo dell'esecutivo, sospettiamo che la prossima mossa di Erdogan sarà di chiudere «uno Stato senza cittadini»; già in passato, nel 1994, furono arrestati i parlamentari curdi, tra i quali la premio Sakarov per la pace, Leyla Zana, e questa prospettiva non può non preoccupare o lasciare indifferente l'Unione europea  –:
          se non reputi necessario un puntuale e univoco intervento dell'Italia e dell'Unione europea per evitare l'arresto e la decadenza dei parlamentari dell'HDP e quali iniziative di competenza intenda assumere affinché questa grave decisione non si ripercuota sull'attuazione del recente accordo stipulato dalla Unione europea con la Turchia (che prevede copiosi finanziamenti in cambio di accoglienza dei profughi). (5-08675)

Interrogazione a risposta scritta:


      TOTARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          dal sito www.gaiaitalia.com, si apprende che secondo la stampa iraniana, l'ufficiale di polizia iraniano Ali Moayyedi, avrebbe affermato che l'Italia è pronta ad aumentare la cooperazione con l'Iran nel settore della lotta al narcotraffico. In particolare, il generale ha affermato che il nostro Paese è pronto a sostenere la polizia iraniana con mezzi di sorveglianza contro i trafficanti (The Iran Project);
          di cooperazione nel settore anti-droga, tra l'altro, ha anche parlato a New York il Ministro della giustizia italiano Orlando, con il Ministro dell'interno iraniano Rahmani Fazli (Fars News);
          in Iran, vi è un tragico ricorso alla pena di morte per combattere il narcotraffico, come evidenziano anche i dati di Nessuno tocchi Caino, secondo i quali delle almeno 970 persone giustiziate nel 2015, almeno 632 (pari al 65,2 per cento), sono state impiccate per casi relativi alla droga, mentre delle almeno 60 esecuzioni registrate dall'Iran Human Rights Documentation Center nel 2016, al 23 marzo, almeno 34 sono state effettuate per droga, di cui 17 annunciate dal regime iraniano;
          la repressione del narcotraffico attraverso la pena di morte è una linea politica rivendicata dalle autorità iraniane, come risulta anche da un commento pubblico, rilasciato il 13 novembre 2015, dal Presidente Hassan Rouhani che ha sostenuto che l'Iran ha impiccato centinaia di criminali colpevoli di reati legati alla droga per prevenire il traffico di droga verso l'Europa. In un'intervista rilasciata al Corriere della Sera, Rouhani ha osservato che «la maggior parte delle esecuzioni in Iran riguardano il traffico illecito di droghe», e ha avvertito che «se abolissimo la pena di morte, aumenterebbe il traffico di droga verso i Paesi europei e questo sarebbe dannoso per voi»;
          la legge iraniana prevede la pena di morte per il possesso di più di 30 grammi di eroina o di 5 chili di oppio ed i reati legati alla droga sono processati in tribunali rivoluzionari, che normalmente procedono ben al di sotto degli standard internazionali sul giusto processo. I processi si svolgono a porte chiuse e, spesso, senza un'adeguata difesa legale. I giudici hanno la facoltà di limitare a pochi casi l'assistenza legale degli imputati durante le indagini preliminari. In base all'articolo 32 della legge anti-narcotici, i condannati a morte per droga non hanno il diritto di presentare ricorso. Solo il procuratore generale o il capo della Corte suprema possano impugnare la sentenza capitale per reati di droga;
          osservatori sui diritti umani ritengono che molti di quelli giustiziati per questo tipo di reato possano essere in realtà oppositori politici e a salire sul patibolo sono molto spesso piccoli spacciatori, quasi mai implicati in azioni armate e molti sono membri delle minoranze etniche iraniane, ragazzi emarginati a cui resta solamente il narcotraffico per sopravvivere, mentre spesso sono gli stessi servizi di sicurezza iraniani ad essere implicati nel narcotraffico, poiché sono i Pasdaran a gestire l'intero mercato nero iraniano, compresa una parte del traffico di droga. Proprio per questo motivo, nel 2012 il dipartimento del tesoro USA mise nella lista delle sanzioni il generale iraniano Gholamreza Baghbani, comandante della Forza Qods (unità speciale dei Pasdaran). Non solo: il traffico di droga è uno dei primi mezzi di sostentamento del gruppo terrorista libanese Hezbollah, particolarmente in America Latina (The Business Insider);
          inoltre, l'uso della pena di morte per contrastare il traffico di droga si pone in violazione dei trattati internazionali poiché il Patto internazionale sui diritti civili e politici, che pure ammette un'eccezione al diritto alla vita universalmente garantito per quei Paesi che ancora non hanno abolito la pena di morte, fissa il limite ai «reati più gravi». La giurisprudenza si è evoluta al punto che gli organismi delle Nazioni Unite sui diritti umani hanno dichiarato i reati di droga non ascrivibili alla categoria dei «reati più gravi». Il limite dei «reati più gravi» per l'applicazione legittima della pena di morte è sostenuto anche dagli organismi politici delle Nazioni Unite i quali chiariscono che per «reati più gravi» s'intendono solo quelli «con conseguenze letali o estremamente gravi». Pertanto, le esecuzioni per reati di droga violano le norme internazionali sui diritti umani;
          l'Italia è il Paese riconosciuto internazionalmente per la battaglia a favore della moratoria universale delle esecuzioni capitali ed una nuova risoluzione sarà votata quest'anno dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite  –:
          se sia vero che l'Italia intende cooperare con l'Iran nel settore della lotta al narcotraffico, ed in caso affermativo, in cosa consista questo programma di cooperazione;
          in particolare, se sia vero quanto affermato dal generale Ali Moayyedi per il quale l'Italia sosterrà la polizia iraniana con mezzi di sorveglianza contro i trafficanti;
          se e come intenda il Governo affrontare con le autorità iraniane il problema del ricorso alla pena di morte per combattere il narcotraffico coerentemente con l'impegno a sostegno della moratoria universale delle esecuzioni capitali. (4-13176)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


      VACCA, COLLETTI e DEL GROSSO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          da notizie di stampa si apprende che secondo inchiesta della procura di Potenza sull'Eni di Viggiano, sarebbero partite 13482 tonnellate di rifiuti liquidi provenienti dalle attività di estrazione del 2013 e del 2014 che sarebbero state trasportate nell'impianto della società Depuracque srl a Chieti, in località San Martino;
          secondo il Forum H2O «il cuore dell'inchiesta riguarda proprio la classificazione dei rifiuti provenienti dall'impianto lucano, che l'Eni dichiarava “non pericolosi” mentre la Procura di Potenza li ritiene “pericolosi”»;
          da maggio del 2015 diversi cittadini residenti vicino la zona in cui insiste l'impianto di Depuracque srl, hanno denunciato i fortissimi cattivi odori;
          secondo le notizie di stampa agli atti degli inquirenti «ci sono intercettazioni in cui si parla di problemi di cattivi odori provenienti dai rifiuti che avrebbero interessato diversi impianti in cui venivano smaltiti i rifiuti prodotti dalle estrazioni, tra cui quello chietino. Secondo la ricostruzione degli inquirenti la questione dei cattivi odori era diventata un problema per gli indagati tanto che uno di loro avrebbe usato un tono di minaccia per l'impianto teatino in cui si sarebbero verificate problematiche odorigene causate dal rifiuto. In un'intercettazione, infatti, si parla chiaramente della Depuracque e dell'intento di togliergli il subappalto qualora le lamentele fossero continuate e se non avessero accettato 10 carichi al giorno»;
          la società Depuracque srl, non indagata dalla procura di Potenza, invece risulta coinvolta in una inchiesta della procura de L'Aquila che indaga sul traffico illecito di rifiuti e disastro ambientale in quanto esiste il sospetto che molte sostanze e fanghi sono stati sversati direttamente nel fiume; secondo le notizie di stampa, la procura aquilana nell'avviso di garanzia consegnato agli indagati ha scritto che «pur essendo a conoscenza dell'inquinamento che provocano le acque reflue rilasciate dall'impianto di depurazione consortile di San Martino, gli indagati continuano dolosamente a sversare nell'area circostante liquidi inquinanti interessando, oltre le acque superficiali, anche le acque sotterranee e persino l'interramento dei fanghi»;
          infatti, secondo notizie di stampa risalenti a dicembre 2015, nel decreto di perquisizione emanato dalla procura distrettuale antimafia de L'Aquila, si leggono accuse pesanti, seppure ancora da dimostrare: «Emergono gravi indizi in merito a reati commessi negli impianti della Depuracque srl e del Consorzio di Bonifica Centro in via Mazzolari» di Chieti. I reati contro l'ambiente potrebbero essere stati commessi «Falsificando le analisi dei rifiuti, compilando o modificando i formulari dopo alcuni giorni, prendendo rifiuti provenienti da terzi senza conoscerne l'effettiva natura e non provvedendo ad un corretto ciclo di smaltimento degli stessi conferiti da terzi e dei fanghi prodotti»  –:
          di quali elementi disponga il Ministro interrogato circa le modalità con le quali sono stati trattati i rifiuti pervenuti dalla Basilicata a Chieti nell'impianto di Depuracque srl, ovvero se siano stati trattati come rifiuti pericolosi, e quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano assumere per interrompere il presunto sversamento nell'area circostante l'impianto di Depuracque srl e il consorzio di bonifica. (3-02255)

Interrogazioni a risposta scritta:


      PLACIDO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          le gravissime vicende attinenti all'inquinamento ambientale in Basilicata, recentemente emerse con particolare clamore in relazione ad indagini giudiziarie, destano particolare preoccupazione anche alla luce di un quadro di informazioni che, almeno allo stato, appare all'interrogante quantomeno contraddittorio, o che comunque rischia di prefigurare carenze o inadempienze anche da parte di organi – dello Stato o di enti territoriali;
          in tale quadro, si ricorda tra l'altro che la ex senatrice Magda Negri, già membro della Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, nel fare riferimento alla recente inchiesta condotta dalla direzione distrettuale antimafia di Potenza e dal NOE ha dichiarato recentemente (3 aprile 2016) quanto segue:
          «Sono molto stupita per questa inchiesta in Basilicata sugli scarti/reflui pericolosi dell'Eni, forse della Total che deve ancora incominciare ad operare. Dico questo, perché quando nella XVI legislatura io sono stata membro della Commissione Bicamerale per l'indagine della criminalità collegata alla raccolta dei rifiuti, mi sono occupata personalmente – e ho firmato un lungo lavoro durato più di tre anni – della Basilicata. Con grandi tecnici sono stata insieme ad altri in Basilicata e abbiamo sentito proprio tutti: gli amministratori, i Carabinieri del Noe, tutti i magistrati. Il problema che sembrava allora predominante era la sicurezza dei rifiuti atomici provenienti da una vecchia dismissione di materiale che proveniva dalla guerra dell'Iraq e dai rifiuti atomici degli ospedali[...]Per ciò che riguarda specificatamente i fanghi derivanti dagli idrocarburi c'erano state sì qualche protesta di qualche comitato, ma gli impianti Eni specialmente sembravano nella massima sicurezza. Specialmente il NOE, i Carabinieri, l'Arpab e i magistrati in Basilicata non ci sollevarono pressoché nessun problema»;
          tra il 13 e il 14 marzo 2012 la Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati ha svolto una missione in Basilicata, svolgendo una serie di audizioni presso la prefettura di Potenza  –:
          se il Governo non intenda avviare, nell'ambito delle proprie competenze, iniziative per verificare se sul piano amministrativo vi siano state incompletezze ed omissioni in relazione ai fatti che sono risultati oggetto delle vicende recenti richiamate in premessa. (4-13175)


      COSTANTINO, RICCIATTI e DURANTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          dal 2011 le coste calabresi sono sprovviste del servizio di «pulizia e recupero delle acque marine superficiali costiere»;
          il servizio era stato effettuato ogni anno, per più di quindici anni, attraverso la dislocazione di una flotta, in altrettanti porti della regione, di quattordici battelli dotati di attrezzature in grado di ripulire l'acqua marina di fronte alle coste di competenza di altrettanti porti della Calabria;
          nel 2012 l'annuale gara è andata deserta e da quel momento niente più si è fatto per garantire un servizio pensato per sopperire alle croniche inefficienze della depurazione terrestre delle acque reflue e alle conseguenze degli scarichi abusivi, ma anche per contrastare situazioni eccezionali e difficilmente controllabili e gestibili da terra come ad esempio fenomeni più o meno naturali come la presenza di alghe e mucillagini o inquinamento proveniente da altri territori o derivante dalle mareggiate invernali;
          anche per quanto riguarda la flotta nazionale, di competenza ministeriale, vi è stata una penalizzazione per la Calabria essendo scomparso da qualche anno il natante di stanza nel porto di Roccella Jonica, lasciando completamente sguarnito uno dei tratti più a rischio inquinamento non solo di provenienza terrestre. Inquinamento che, oltre a pregiudicare la salute pubblica e quella degli organismi marini, è concausa dell'abbassamento della qualità dell'offerta turistica che vede nella balneazione una delle principali fonti d'attrazione della regione;
          la nave «Punta Izzo» era stata individuata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al fine di presidiare la costa Jonica della Locride e era volta quindi alla tutela del mare e dell'ambiente marino in generale, ciò dopo il disastro verificatosi nella stagione estiva 2010, che aveva causato enormi danni al turismo locale;
          l'urgenza va sottolineata oggi, all'indomani della chiusura del primo filone di indagini per inquinamento ambientale che vede coinvolto il sistema depurativo dei comuni di Bovalino, Benestare e Casignana, in provincia di Reggio Calabria, il cui conclamato inquinamento delle coste era stato segnalato dalla Guardia costiera e dai rilievi e dalle diffide alla balneazione da parte dell'Arpacal, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente in Calabria;
          stessa attenzione è stata dedicata al depuratore per le acque reflue del comune di Staiti, in provincia di Reggio Calabria, a cui sono stati posti i sigilli, per mancata manutenzione e cattivo funzionamento;
          i 700 chilometri di coste calabresi, oltre ai monitoraggi ambientali dovuti dagli enti locali avrebbero bisogno di una flotta che sia non del tutto sostitutiva, ma quantomeno complementare, anche se l'intero sistema di depurazione terrestre fosse efficiente;
          molte organizzazioni hanno sollecitato il dipartimento ambiente della regione, ma il servizio di flotta regionale non è stato ancora ripristinato, nonostante per più di un decennio la spesa sostenuta per la presenza della flotta navale di controllo sia stata relativamente irrisoria e finanziata con fondi europei, con un ottimo ritorno in materia di qualità della vita e di turismo  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda promuovere per garantire una capillare flotta in Calabria, anche alla luce della mancanza di una flotta regionale, e avendo il Ministero la competenza a inviare navi, si intenda assumere iniziative per far ritornare anche a Roccella Jonica il provvidenziale natante della flotta d'intervento nazionale in modo da garantire ritorni inestimabili sia in termini di salute pubblica che di qualità ambientale, con tutto ciò che ne può derivare a livello di redditività sociale e turistica. (4-13181)


      REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          a Vicenza, nel quartiere di «Borgo Berga», a pochi passi dal centro storico e dalla villa palladiana de «La Rotonda», è in via di completamento un enorme complesso edilizio che include diversi edifici commerciali, direzionali e residenziali, compreso il nuovo palazzo di giustizia berico;
          detto complesso edilizio sorge a ridosso dei fiumi Retrone e Bacchiglione, in un'area inquinata e mai oggetto di bonifica, e certamente instabile dal punto di vista idrogeologico;
          a seguito di numerosi esposti e denunce, presentati sin dal 2013, la procura di Vicenza ha recentemente contestato alla proprietà il reato di lottizzazione abusiva, emettendo 17 avvisi di garanzia a carico di privati e pubblici funzionari, anche se al momento non sembrerebbero essere stati ancora notificati; anche l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e la procura presso la Corte dei Conti hanno aperto dei procedimenti rispettivamente per violazione del codice degli appalti pubblici e per danno erariale;
          l'impianto accusatorio è stato confermato dal GIP che il 2 novembre 2015, accogliendo la richiesta della procura, ha disposto il sequestro preventivo di un lotto dove i lavori non sono iniziati; non sono stati oggetto della richiesta di sequestro, invece, i lotti dove sono tuttora in corso i lavori di completamento degli edifici. A proposito scrive il GIP: «è però un fatto che sussista l'illegittimità del piano di lottizzazione, e dunque dei permessi a costruire rilasciati, concernenti la complessiva edificabilità dell'area siccome prevista dal Piano.»;
          gli edifici risultano peraltro in violazione della necessaria fascia di rispetto fluviale prevista dall'articolo 96 del regio decreto n.  523 del 1904, «Testo unico sulle opere idrauliche», che prevede per le costruzioni una distanza minima inderogabile di 10 metri dai corsi d'acqua;
          il sequestro preventivo ex articolo 321 c.p.p. di parte dell'area in questione ha avuto come scopo quello di evitare che il «reato venga portato alle estreme conseguenze» e di evitare che chi abbia violato la legge possa continuare a trarne beneficio a causa dell'illecito posto in essere, ad esempio, vendendo o affittando a terzi gli immobili presunti abusivi in via di costruzione;
          a quanto risulta all'interrogante non è stato richiesto il sequestro degli edifici in via di completamento. Di più, è stato autorizzato il passaggio nel lotto sequestrato dei mezzi pesanti che possono così raggiungere l'adiacente cantiere dove sono in corso i lavori edilizi abusivi;
          numerose associazioni ambientaliste vicentine, in primis Legambiente Vicenza, con istanza del 30 marzo 2016, hanno chiesto al tribunale l'allargamento del sequestro a tutti gli immobili in via di costruzione e non ancora in uso, proprio per evitare che l'illecita attività del privato, concernente anche la vendita o la stipulazione di contratti di affitto, possa continuare;
          a questo riguardo, si apprende da stampa nazionale e locale che l'Agenzia delle entrate, potrebbe essere trasferita dal centro della città in uno degli edifici della contestata lottizzazione abusiva di Borgo Berga, in forza di un contratto di locazione stipulato recentemente tra l'Agenzia delle entrate e la società Sviluppo Cotorossi s.p.a.;
          l'Agenzia delle entrate sostiene che il palazzo settecentesco situato in corso Palladio, attuale sede degli uffici dell'Agenzia delle entrate, di proprietà dell'Agenzia del demanio, presenta problemi di sicurezza e logistici a causa della sua vetustà;
          il trasferimento, previsto nel mese di aprile 2017, quando i lavori edilizi verranno ultimati, secondo quanto riferito dal citato articolo di stampa, «genererà per l'Agenzia delle entrate un risparmio di circa 179 mila euro l'anno» (Il Giornale di Vicenza, dell'11 marzo 2016);
          con la stipula del suddetto contratto, all'Agenzia delle entrate potrebbe essere contestata la presunta violazione di disposizioni della legge finanziaria 2010, legge 23 dicembre 2009, n.  191, la quale prevede una puntuale procedura che ogni ente pubblico avente la necessità di prendere in locazione un immobile, deve obbligatoriamente espletare;
          in particolare, l'articolo 2, comma 222, prevede che «A decorrere dal 1o gennaio 2010, le amministrazioni dello Stato (...) incluse (...) le agenzie, anche fiscali, comunicano annualmente all'Agenzia del demanio, entro il 31 gennaio, la previsione triennale: a) del loro fabbisogno di spazio allocativo; b) delle superfici da esse occupate non più necessarie. Le predette amministrazioni comunicano altresì all'Agenzia del demanio, entro il 31 gennaio 2011, le istruttorie in corso per reperire immobili in locazione. L'Agenzia del demanio (...) a) accerta l'esistenza di immobili da assegnare in uso fra quelli di proprietà dello Stato (...) b) verifica la congruità del canone degli immobili di proprietà di terzi (...), individuati dalle predette amministrazioni tramite indagini di mercato; c) stipula i contratti di locazione ovvero rinnova, qualora ne persista il bisogno, quelli in scadenza sottoscritti dalle predette amministrazioni (...) d) (...) È nullo ogni contratto di locazione di immobili non stipulato dall'Agenzia del demanio»;
          per quanto sopraddetto, mentre sono pendenti procedimenti penali e procedimenti, presso la Corte dei Conti e l'ANAC, di cui la stampa locale e nazionale hanno riportato la notizia, un ente pubblico, quale l'Agenzia delle entrate, decide di stipulare un contratto di locazione per un edificio appartenente alla contestata lottizzazione abusiva e, come sembra, in violazione delle procedure previste dalla legge nonostante il fatto che a Vicenza ci siano altri edifici pubblici che possono ospitare gli uffici delle Agenzie delle entrate come, ad esempio, quello dove aveva prima sede il tribunale e che risulta attualmente disponibile;
          le associazioni ambientaliste vicentine hanno inviato in data 14 marzo 2016 all'Agenzia delle entrate di Roma e al Ministro delle dell'economia e delle finanze una lettera di protesta    per chiedere l'annullamento del contratto di affitto, senza ottenere alcuna risposta;
          l'intera vicenda è già stata oggetto di altri atti di sindacato ispettivo promossi in Parlamento da diversi gruppi politici e anche di un recente articolo pubblicato dal Corriere del Veneto, edizione Vicenza – Bassano del Grappa del 10 maggio 2016, che paventa di togliere il riconoscimento UNESCO alla Città di Vicenza e alle Ville Palladiane a causa di un susseguirsi di interventi troppo impattanti nel territorio vicentino  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza di tali fatti accaduti nel territorio di Vicenza a pochi passi dalla villa palladiana «La Rotonda»;
          quali iniziative di competenza si intendano assumere, anche per il tramite dell'ufficio territoriale del Governo, per tutelare la popolazione interessata considerando il rischio idraulico che potrebbe porsi in relazione alle opere di cui in premessa;
          se non si ritenga viste le indagini in corso da parte della procura della Repubblica sull'intero complesso edilizio, di adottare le opportune iniziative di competenza, affinché si proceda all'immediata sospensione dell'esecuzione del contratto di locazione stipulato dall'Agenzia delle entrate con la società Sviluppo Cotorossi, nonché alla verifica della sussistenza dei presupposti per l'annullamento del contratto stesso, per il supposto mancato rispetto della procedura prevista dalla legge finanziaria del 2010 per la stipulazione dei contratti di locazione da parte di enti pubblici;
          se si intenda verificare, per quanto di competenza e in nome di una sensata politica di risparmio della pubblica amministrazione, la possibilità di rendere idoneo all'uso l'attuale edificio settecentesco che ospita gli uffici dell'Agenzia delle entrate o altri edifici di proprietà demaniale presenti nella città di Vicenza come, ad esempio, quello che ospitava il tribunale prima del suo recente trasferimento a Borgo Berga. (4-13192)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CIVATI, BRIGNONE, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          con decreto ministeriale del 23 dicembre 2015, n.  597, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha adottato il codice di comportamento dei dipendenti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che integra e specifica il codice di comportamento dei dipendenti pubblici previsto dal decreto del Presidente della Repubblica del 16 aprile 2013, n.  62 e il codice etico del Ministero del 27 luglio 2011;
          dai contenuti del codice di comportamento del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo si evince che gli stessi rappresentano i principi fondamentali cui s'ispira il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
          a seguito della pubblicazione e diffusione del codice, in data 1o febbraio 2016 il soprintendente speciale per il Colosseo, il Museo nazionale romano e Area archeologica di Roma, architetto Francesco Prosperetti, ha emanato una circolare indirizzata a tutto il personale dipendente inerente al codice di comportamento dei dipendenti pubblici. La circolare, in particolare, richiama l'articolo 3 comma 8 del codice: «il dipendente – fatto salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali e dei cittadini – si – astiene da dichiarazioni pubbliche, orali e scritte che siano lesive dell'immagine e del prestigio dell'Amministrazione e informa il dirigente dell'ufficio dei propri rapporti con gli organi di stampa»;
          nella circolare suindicata, si legge quanto segue: «Le modalità di comunicazione agli organi di informazione (giornali, radio, tv) relative ad attività istituzionali dovranno essere preventivamente sottoposte al Dirigente, per il tramite dell'addetto stampa dr. Luca Del Frà e/o delle strutture istituzionali Ufficio Stampa e Ufficio Comunicazione o, in caso urgente, direttamente al Dirigente. Ogni iniziativa presa autonomamente dal personale dipendente in maniera difforme è ritenuta non consona al disposto dell'articolo 3 comma 8 del Codice di comportamento. Quanto sopra, al ripetersi di quanto recentemente apparso in più occasioni sulla stampa, darà luogo ad azioni disciplinari nei confronti del dipendente ritenuto responsabile»;
          contrariamente a quanto affermato, l'articolo 3 comma 8 del codice di comportamento dei dipendenti del Ministero non fa alcun riferimento ai presupposti indicati nella circolare del soprintendente speciale per il Colosseo;
          infatti, l'articolo 3, comma 8, non richiede in alcun modo di sottoporre «preventivamente» al dirigente le modalità di comunicazione agli organi di stampa relativi alle attività istituzionali ma semplicemente di informare il dirigente dei propri rapporti con la stampa;
          l'interpretazione data dal soprintendente al codice etico, secondo gli interroganti impone a qualunque archeologo o dipendente della soprintendenza di sottoporsi in caso di rapporti con gli organi di stampa al vaglio preventivo dell'incaricato per l'ufficio stampa, che peraltro è un esterno, avendone così il completo controllo;
          solleva profonde perplessità che l'emanazione della circolare da parte del soprintendente arrivi a poca distanza di tempo dalle proteste dei lavoratori nei confronti della riforma del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
          la circolare del soprintendente architetto Prosperetti, vietando di fatto ai dipendenti di rilasciare ai giornalisti dichiarazioni o interviste che non siano autorizzate nega a giudizio degli interroganti loro la libertà di espressione e risulta in palese conflitto con l'articolo 21 della Costituzione  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e, in particolare, del contenuto della circolare emanata dal soprintendente speciale per il Colosseo, architetto Prosperetti, richiamata sopra;
          come l'interpretazione del codice di comportamento data dal soprintendente speciale del Colosseo si concili con la tutela del principio costituzionale della libertà di espressione;
          se non ritenga necessario adoperarsi tempestivamente per fornire una corretta interpretazione del codice di comportamento dei dipendenti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo al fine di non ledere la loro dignità personale e il loro diritto alla libertà di espressione anche al fine di evitare il ripetersi di eventuali interpretazioni errate formulate da altri funzionari di pubbliche amministrazioni;
          se non ritenga necessario assumere ogni iniziativa di competenza per il ritiro immediato della circolare emessa dal soprintendente speciale per il Colosseo il 1o febbraio 2016. (5-08673)

Interrogazioni a risposta scritta:


      PRODANI e MUCCI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          il Porto Vecchio di Trieste (Punto Franco Nord), realizzato nell'ultimo trentennio dell'800 su una superficie di 67 ettari prospicienti il centro città, e comprendente cinque moli, banchine di carico e scarico e raccordi ferroviari, è riconosciuto quale uno tra gli ambiti di archeologia industriale marittima più rilevanti del Mediterraneo: i magazzini, posti al suo interno, che contano una cubatura di oltre un milione di metri, appartengono alla classificazione disciplinata dalle regole costruttive specifiche dei lagerhauser dei porti del Nord Europa;
          negli ultimi decenni, il Porto Vecchio ha subito, da un punto di vista produttivo, un parziale e progressivo abbandono. Sono stati recuperati, negli ultimi dieci anni, i varchi doganali, il magazzino 1 sul molo IV e, quali esempi di archeologia industriale-portuale, il magazzino 26, l'edificio della centrale idrodinamica e l'edificio della sottostazione elettrica, ancora oggi sedi di macchine generatrici di energia conservate nella loro interezza nell'edificio originario. Questi due ultimi edifici sono stati restaurati e riutilizzati (come Polo museale del Porto dal 2012), su iniziativa di Italia Nostra e grazie a un protocollo di intesa tra Autorità Portuale, regione Friuli Venezia Giulia e Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con utilizzo di fondi pubblici ed europei;
          la legge 23 dicembre 2014, n.  190, (legge di stabilità 2015) ha stabilito la sdemanializzazione di gran parte dei 60 ettari del Porto Vecchio, sancendo la fine della pubblica utilità dell'area nonché, in capo al commissario di Governo del Friuli Venezia Giulia, il trasferimento del regime di Punto Franco ad altre aree da individuare. In particolare, la legge stabilisce anche il passaggio del Porto Vecchio al patrimonio disponibile del Comune di Trieste, che dovrà occuparsi della vendita dell'area e del trasferimento «dei relativi introiti all'Autorità Portuale di Trieste per gli interventi di infrastrutturazione del Porto Nuovo e delle nuove aree destinate al regime internazionale di Punto Franco»;
          il 5 novembre 2015 il comune di Trieste ha pubblicato il bando per «un'indagine esplorativa di mercato finalizzata all'individuazione di un operatore cui affidare l'incarico per la redazione di linee guida per l'impostazione e la redazione delle linee guida del Piano Strategico di valorizzazione delle aree facenti parte del Porto Vecchio di Trieste». Come riportato da Il Piccolo del 25 gennaio 2016, la commissione aggiudicatrice ha vagliato le dodici offerte pervenute ed ha affidato l'incarico a Ernst&Young financial business advisor Milano per un importo di 170 mila euro;
          il 27 gennaio 2016, come riportato da Il Piccolo, Walter Toniati, responsabile del procedimento e responsabile dell'ufficio progetti strategici del comune di Trieste, durante una conferenza pubblica ha spiegato come «con l'intavolazione di Magazzini e fabbricati a favore del Comune, l'amministrazione dovrà sobbarcarsi il pagamento di imposte e tasse, quote di assicurazione, vigilanza, manutenzioni ordinarie e straordinarie. Non solo, dovrà anche provvedere all'infrastrutturazione dell'area (allacciamenti fognari, idrici, elettrici, informatici, eccetera) che non potrà essere a carico dei futuri investitori. C’è già un progetto con una stima dei costi e una spesa prevista di 9 milioni di euro per una porzione di 100 mila metri quadrati; per 600 mila quadrati non si può moltiplicare per sei perché vi sono economie di scala, ma comunque si tratterà di spendere alcune decine di milioni di euro»;
        Il Piccolo del 3 marzo 2016 riferisce che Toniati, «il responsabile dell'Ufficio progetti strategici del Comune costituito dal sindaco Roberto Cosolini in particolare per seguire il processo di sdemanializzazione del Porto Vecchio, ha chiesto e ottenuto quattro anni di aspettativa dal ruolo di dipendente comunale e già dal primo marzo ha assunto la carica di direttore generale dell'Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale»;
          l'associazione Italia Nostra da molti anni è impegnata fattivamente per il recupero e la tutela dell'area di Porto Vecchio. Una missiva del 24 dicembre 2013 (Prot 009951) indirizzata da Giangiacomo Martines, Direttore Regionale per i beni culturali e paesaggistici per il Friuli Venezia Giulia, all'allora Ministro Bray, nel rimarcare il pregio architettonico e monumentale di Porto Vecchio, ha sottolineato la necessità, indicata da Italia Nostra, di intervenire con urgenza per la messa in sicurezza ed il restauro leggero degli edifici del Porto Vecchio, anche al fine del suo riutilizzo in termini economici, turistici e culturali. La missiva indica che il citato restauro era stato proposto attraverso l'elaborazione di un Masterplan, che meritava la massima attenzione da parte del Ministero, ampiamente condiviso con l'Autorità Portuale, la Provincia e l'Università degli Studi ed attraverso dei finanziamenti europei, opportunamente individuati dall'associazione;
          l'8 aprile 2014 il Direttore del Servizio II Tutela del Patrimonio Architettonico del Mibact, Stefano D'Amico ha risposto (Prot. 009372) al Gabinetto del Ministro e alla Direzione Regionale dei Beni Culturali per il Friuli-Venezia Giulia che, «esaminato il “dettagliato e accurato Masterplan per il Porto vecchio 2013 ritiene pregevole, oltre che necessario, il progetto di riqualificazione di Italia Nostra attraverso il rinnovo del Protocollo d'intesa scaduto nel 2010”» e attraverso il ricorso agli strumenti finanziari europei;
          successivamente, il 3 luglio 2014 (n.  prot.16709) Francesca Gandolfo, Direttore del Servizio II Tutela del Patrimonio Architettonico del Mibact, ha scritto al Gabinetto del Ministro, alla Direzione regionale Friuli-Venezia Gilia e alla Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici del Friuli-Venezia Giulia (con riferimento alla nota di Gabinetto del 23 giugno 2013 e alla lettera della Direzione regionale FVG del 24 dicembre 2013) di aver già espresso parere positivo sul progetto di Italia Nostra per il Porto vecchio e di ritenere utile e opportuno predisporre un secondo sopralluogo in Porto vecchio «a patto che sia garantita la partecipazione fattiva di tutti i soggetti interessati, al fine di giungere ad un'effettiva condivisione degli scopi, degli obiettivi, e delle priorità degli interventi». Obiettivo ormai raggiunto nel corso del 2015 e condiviso da tutti gli enti coinvolti;
          il 5 novembre 2015 l'Arch. Francesco Scoppola, Direttore Generale delle Belle Arti e del Paesaggio del Mibact (Prot. 27064), nel ribadire il proprio giudizio favorevole ad iniziative che tutelino e valorizzino il patrimonio storico monumentale dell'importante distretto portuale di Trieste, ivi compresa l'organizzazione di un workshop internazionale, ha comunicato che «per i necessari sopralluoghi è stata interessata la Soprintendenza territorialmente competente»;
          Italia Nostra, come riportato da una nota pubblicata su Il Piccolo del 23 agosto 2015, ha già criticato le notizie relative alla ricerca, da parte del comune di Trieste, di un advisor, a cui «affidare le decisioni essenziali sullo sviluppo di tutta l'area, senza che si siano già dettate le linee guida generali da rispettare, ed alle quali vorremmo partecipare anche noi con nostre proposte, al di là dell'esclusività dell'azione politica». Il comunicato ribadisce che «Siamo sicuramente preparati, con le professionalità all'interno dell'associazione prosegue la nota — ad affrontare tutti i problemi, che conosciamo benissimo ed a dare il nostro contributo alla loro soluzione, e non si può correre il rischio, come è già successo in passato, di affidare ad un unico «terzo» scelte fondamentali, attraverso intermediazioni, che alla fine hanno creato più che altro contrasti e polemiche, evidenziandone la debolezza»;
          secondo un comunicato stampa diffuso lo scorso 2 marzo 2016 dalla sezione di Trieste di Italia Nostra «sarebbe stato più opportuno e confacente lasciare la ricerca dell’advisor ad un secondo tempo, organizzando sin da subito un Workshop ad alto livello istituzionale, onde individuare insieme ad esperti internazionali i criteri e le modalità migliori per il riuso del Porto Vecchio. Italia Nostra aveva già patrocinato e reso disponibile pubblicamente un Comitato scientifico internazionale per il Porto, che avrebbe potuto procedere anche in accordo con l'AIPAI (Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale): ma tutte le nostre segnalazioni e le richieste (inviate anche via PEC) al riguardo sono state completamente ignorate, come quella più recente di un sollecito incontro con il Sindaco. Eppure, dopo il Masterplan redatto a cura dall'Associazione (con la collaborazione di professionisti ed esperti) che pur illustrava le sostanziali linee guida e le opportunità di sviluppo e di riqualificazione dell'area del Porto vecchio, nonché i molti convegni organizzati da Italia Nostra sul tema, un Workshop con il contributo di questi esperti avrebbe certamente costituito una straordinaria occasione a costi quasi nulli. Inesplicabile è dunque perché non si è voluto approfittare di un lungo ed accurato lavoro già svolto, che avrebbe consentito ancor prima il reperimento di validi obiettivi strategici e di investitori»;
          Il Piccolo del 20 febbraio 2016 riporta dell'invio al Governo, da parte del comune di Trieste, di due documenti tecnici accompagnati dalla bozza di un protocollo d'intesa per la richiesta di investimenti statali finalizzati alla riqualificazione dell'area. Il primo conterrebbe uno stralcio per la opera di infrastrutturazione dell'area tra il Molo Quarto e Molo Terzo, mentre il secondo il progetto di realizzazione di un museo del mare all'interno del magazzino 26 per un totale complessivo quantificato in 18 milioni di euro;
          in data 1o maggio 2016, il comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe), ha approvato il Piano Cultura e Turismo proposto dal Ministro dei beni e attività culturali e del turismo. Da una nota stampa del 12 maggio del Ministro dei beni e attività culturali e del turismo, si legge: «Il Piano che stanzia un miliardo di euro del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020 per la realizzazione di 33 interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e di potenziamento del turismo culturale risponde a una visione che considera strategico il ruolo del patrimonio culturale nelle politiche nazionali di sviluppo sostenibile e vede nella cultura un importante fattore di confronto, dialogo, scambio di idee e valori, oltre che uno strumento di promozione dell'immagine dell'Italia nel mondo. Il Piano mira al rilancio della competitività territoriale del Paese attraverso l'attivazione dei potenziali di attrattività turistica, l'integrazione tra turismo e cultura e il potenziamento dell'offerta turistico-culturale»;
          il piano cultura e turismo, si legge nella nota stampa succitata, prevede, tra i vari interventi da attuare nelle regioni italiane, «50 milioni per il restauro e la valorizzazione del Porto Vecchio di Trieste, destinato a divenire un grande attrattore culturale transfrontaliero»;
          il 2 maggio, nel corso della presentazione alla stampa del piano #UnMiliardoperlacultura, il Ministro Franceschini ha dichiarato che «Portovecchio è una delle sfide più importanti che il Paese dovrà affrontare nei prossimi anni. È un posto incredibile, era il porto degli Asburgo, e può diventare una delle operazioni più importanti in Europa di riqualificazione di un'intera città. Questi 50 milioni sono destinati ad interventi importanti che apriranno anche il tema della destinazione di quest'area, con una discussione a livello nazionale»;
          a parere dell'interrogante, le parole del Ministro confliggerebbero con il mandato attribuito dal comune di Trieste all’advisor Ernst&Young, al quale è stata attribuita la funzione di consulenza per la redazione delle linee guida in merito all'approvazione del piano strategico per la valorizzazione del Porto Vecchio, individuando modelli funzionali e operativi per il raggiungimento degli obiettivi previsti;
          in data 3 maggio 2016, un articolo del quotidiano Il Piccolo, riporta che «Il documento presentato di recente agli uffici della Presidenza del Consiglio dopo che il 10 febbraio un primo dossier era già stato consegnato a Lotti stima per i primi interventi infrastrutturali funzionali a quelli successivi (comprensivi però anche di specifiche ristrutturazioni) un fabbisogno complessivo di 53.700.000 euro. (...)»;
          l'articolo, in riferimento agli interventi da attuare nel Porto Vecchio, afferma che: «(...) presumibilmente l'apertura dei primi cantieri avverrà prima della fine del 2017. Si partirà dalle bonifiche e in particolare dal torrente Chiave che sbocca in mare nel tratto in concessione a Greensisam. Verrà fatta la pulizia del tratto finale del torrente e dei detriti (6.500.000 euro di spesa) e del cono di deiezioni a mare con smaltimento dei detriti (altri 5 milioni di euro la spesa). Dovrà anche essere risolta la problematica relativa ai miasmi. Sul Rio Martesin, gli interventi del costo di 4 milioni di euro tenderanno a risolvere le problematiche connesse all'immissione diretta delle portate di piena del torrente internamente al bacino. I primi interventi sulle infrastrutture riguarderanno le reti elettrica, fognaria, idrica e del gas. Con un milione di euro verrà effettuato il potenziamento dei sottoservizi a rete nelle aree esterne funzionali alle infrastrutturazioni di tutto il Porto vecchio, mentre con 9.500.000 euro verranno realizzate le nuove reti di sottoservizi nell'area Greensisam. Per quanto riguarda invece le infrastrutture viarie si interverrà per la sistemazione e la messa in sicurezza di una viabilità provvisoria che colleghi il Polo museale (Centrale idrodinamica, Sottostazione, elettrica, Magazzino 26) nella direzione dalla città verso il Polo e da viale Miramare verso il Polo. In particolare, con una spesa di 2.200.000 euro saranno create la viabilità di collegamento, un collegamento ciclabile, un percorso pedonale, una rotatoria di regolazione dei flussi su viale Miramare oltre alla realizzazione della rete di illuminazione pubblica. Grazie allo stanziamento statale però potranno essere realizzati anche alcuni dei primi insediamenti. Si partirà dalla creazione del nuovo Museo del mare (...) che, in virtù della raccolta di patrimoni pubblici e privati e ipotizzando un impiego museale tradizionale integrato da workshop e attività estensive potrebbe occupare 14 mila metri quadrati del Magazzino 26, i costi per l'adeguamento architettonico e per l'allestimento sono stati stimati in 8 milioni. Ventimila metri quadrati dello stesso magazzino dovrebbero invece essere occupati dalla nuova sede dell'Icgeb, l'Istituto di ingegneria genetica e biotecnologia. In questo caso la spesa dovrebbe arrivare a 12 milioni. Infine, (...) 5 milioni e mezzo di euro dovrebbero essere impiegati nel restauro con la collocazione anche di un ascensore e di una piattaforma panoramica della grande gru galleggiante Ursus(...)»;
          a quanto si apprende esclusivamente da notizie stampa, la destinazione specifica delle risorse sarebbe orientata principalmente alle opere di infrastrutturazione che Walter Toniati, come riportato, considerava a carico dell'amministrazione comunale. Nessuna risorsa sarebbe destinata alle urgenti opere di messa in sicurezza e di restauro leggero di cui le strutture del Porto Vecchio necessitano  –:
          se intenda fornire un piano dettagliato degli interventi, le relative priorità e le specifiche per ogni singola opera da realizzare nell'area di cui in premessa;
          se confermi l'intervento    di potenziamento dei sottoservizi dell'area in concessione novantennale alla Greensisam, per la cui vendita sarebbero in corso delle trattative come confermato da notizie stampa;
          se intenda chiarire le modalità e le tempistiche necessarie all'erogazione dei finanziamenti statali per gli interventi nell'area in questione e, quale ente ne risulterà assegnatario e quale fungerà da stazione appaltante;
          attraverso quali modalità intenda affrontare il tema della destinazione complessiva dell'area del Porto Vecchio quale «attrattore culturale transfrontaliero» e come si concili, tale operazione con l'incarico che il comune di Trieste ha affidato all’advisor Ernst&Young. (4-13166)


      PRODANI, MUCCI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la Fondazione FS italiane è stata costituita nel 2013 da Ferrovie dello Stato Italiane, Trenitalia e Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) allo scopo di valorizzare e preservare il patrimonio storico, tecnico, ingegneristico e industriale del gruppo Ferrovie dello Stato italiane;
          con una nota stampa congiunta del 11 aprile 2015, Fondazione Fs Italiane e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo hanno comunicato la nascita di «una piattaforma di nuove strategie per un turismo sostenibile, motore di crescita sociale, economica e culturale, con un progetto che vedrà il Mibact insieme alla Fondazione FS Italiane, nella promozione e valorizzazione di una parte del patrimonio culturale per lo più sconosciuto al turismo di massa. Obiettivo prioritario del progetto è quello di valorizzare e promuovere, attraverso l'emozione concreta di un viaggio su binari d'altri tempi, l'affascinante scoperta di un territorio, con i suoi incantevoli borghi, parchi, castelli, itinerari inconsueti da raggiungere in treno, da percorrere poi a piedi o in bicicletta, con proposte culturali e artistiche di alto livello. (...) Locomotive a vapore, diesel ed elettriche, carrozze in legno dei primi del ’900 e "Littorine" per condurre i viaggiatori sulle linee ferroviarie che collegano borghi e paesi nascosti nel verde, spesso custodi di antichi monumenti, opere d'arte e vivaci tradizioni: un vero e proprio "museo dinamico" alla portata di tutti (...)»,
          in data 16 dicembre 2015, Dario Franceschini, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ha svolto, presso la Commissione trasporti della Camera dei deputati, l'audizione nell'ambito dell'esame in sede referente della proposta di legge recante «Disposizioni per l'istituzione di ferrovie turistiche mediante il reimpiego di linee in disuso o in corso di dismissione situate in aree di particolare pregio naturalistico o archeologico». Nell'audizione medesima, Franceschini, ha dichiarato: «Siamo disponibili a dare il nostro – contributo e il nostro sostegno in tutte le forme possibili. Questo è un tema centrale nelle strategie del Mibact per lo sviluppo di un turismo lento e sostenibile e il fatto che ci sia una proposta di legge sul riuso di quasi 800 chilometri di linee ferroviarie dismesse in posti incantevoli del nostro Paese è davvero un fatto importante»;
          per perseguire tale obiettivo, in data 3 dicembre 2015, il Mibact ha concluso il percorso d'ingresso all'interno della Fondazione Ferrovie dello Stato. Gli obiettivi principali vedono come protagonista lo sviluppo del turismo ferroviario con treni d'epoca sulle linee ferroviarie più paesaggistiche della penisola, la valorizzazione del Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa, il riordino del fondo degli archivi delle Ferrovie in Italia dall'800 ad oggi;
          Il museo ferroviario di Trieste Campo Marzio è un museo, dedicato alla storia delle ferrovie del Friuli e della Venezia Giulia, e ai relativi mezzi di locomozione, personale, sistemi di manutenzione e gestione. Il numero degli oggetti esposti nel museo, inizialmente limitato, è aumentato con le donazioni di reperti da parte di appassionati della storia delle ferrovie, fino a giungere a una collezione che, per quantità e qualità, rappresenta una vera «testimonianza storica» di un periodo che va dalla prima metà dell'800 alla prima metà del ’900;
          il museo, ospitato in una porzione della Trieste Staatsbahnhof edificata tra il 1901 e il 1906, su progetto dell'architetto Robert Seelig, venne aperto al pubblico nel 1984 su iniziativa dei volontari del Dopolavoro ferroviario, che ne curano ancora oggi la gestione, la manutenzione e la fruibilità. Più volte, nel corso degli anni, il museo ha corso il rischio di chiusura e la contestuale dispersione delle raccolte del museo. Di recente, la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia ha imposto tre vincoli che hanno sancito stazione e museo quali beni indissolubili: il vincolo architettonico per l'edificio, il vincolo sulla collezione e sul mantenimento del legame con il contesto in cui si trova attualmente e il vincolo sui binari che collegano il museo con la rete ferroviaria;
          nel 2007 la giunta regionale del Friuli Venezia Giulia ha provveduto ad approvare la revisione della classificazione dei musei pubblici del Friuli Venezia Giulia riconoscendo il museo ferroviario con la qualifica di «Museo medio» mentre nel 2009 la stipula di una convenzione, rinnovata recentemente, con il comune di Trieste ha inserito il museo ferroviario nell'ambito dei civici musei;
          da un articolo del Il Piccolo, del 3 gennaio 2016, l'ingegnere Roberto Carollo, direttore del museo ferroviario ha dichiarato che «nel 2015 abbiamo registrato oltre 6 mila visitatori, un record assoluto, considerando che l'anno prima erano stati circa 5 mila. Sono numeri importanti, visto che – sottolinea – il museo si regge grazie al lavoro dei volontari e per questo è aperto solo tre mezze giornate a settimana, ma l'impegno è davvero grande e riusciamo a organizzare visite guidate, open day, pubblicazioni, mostre e altri eventi in grado di far conoscere sempre più il museo. I visitatori sono arrivati da ogni parte del mondo, il 50% sono stranieri, alcuni anche da molto lontano, e in generale 1'80% sono da fuori città. (...) la maggior parte dei musei ferroviari sono ospitati in depositi, ex magazzini o aree dismesse, il nostro invece si trova in una stazione di testa e in pieno centro cittadino, inoltre i binari sono ancora funzionanti e questo fattore rappresenta una grande potenzialità. Qui potrebbero partire o arrivare direttamente i treni turistici (...) Mi piacerebbe ci fosse una Fondazione per l'archeologia industriale di Trieste che unisca tre siti, la Centrale Idrodinamica, l'Ursus e il Museo Ferroviario, perché il legame tra porto e ferrovie fa parte della storia della nostra città. In questo modo si potrebbero creare sinergie utili e un lavoro di promozione in rete, penso ad esempio a giri turistici ad hoc»;
          dal sito www.fs.italiane.it si apprende del «bilancio fortemente positivo per i viaggi turistici in treno storico organizzati in Italia dalla Fondazione FS Italiane. Crescono i numeri dei viaggiatori trasportati e degli eventi alla scoperta della bella provincia italiana, organizzati anche in occasione di manifestazioni culturali e enogastronomiche locali (...) Con ben 68 treni storici trainati, le locomotive a vapore, tra i rotabili d'epoca più suggestivi e affascinanti, rappresentano il mezzo di trazione maggiormente utilizzato. Seguono le locomotive diesel (44), elettriche (34) e le automotrici (20). Nel 2015 si è consolidato il grande successo del progetto di riapertura a scopi turistici di alcune linee dismesse caratterizzate da un alto valore storico e paesaggistico per la bellezza dei territori attraversati dai tracciati e per gli arditi manufatti che vi insistono (...). Sui soli "Binari senza tempo" sono stati organizzati 86 eventi che hanno accolto a bordo più di 32 mila turisti»;
          il recupero e la valorizzazione del museo ferroviario di Campo Marzio sarebbero un obiettivo che vedrebbe impegnati Ferrovie dello Stato (FS), attraverso la sua Fondazione, la regione Friuli Venezia Giulia ed il comune di Trieste. In data 28 febbraio 2016, una nota stampa della regione Fvg, riferisce di un incontro su questo tema tra la presidente del FVG Debora Serracchiani, il direttore della Fondazione FS Luigi Cantamessa e il sindaco di Trieste Roberto Cosolini. La nota riporta che «l'obiettivo è stato quello di riqualificare il Museo ma anche quello di utilizzare i binari, mantenendoli allacciati alla rete, a scopo turistico, in particolare per quanto concerne il collegamento ferroviario con il polo Museale di Miramare, come già ipotizzato anche con il Ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Dario Franceschini, andando nel contempo a valorizzare la suggestiva stazione voluta a ridosso del parco dallo stesso Massimiliano d'Asburgo»;
          nella stessa giornata, un articolo de Il Piccolo riporta le parole del sindaco di Trieste, Roberto Cosolini, secondo il quale «l'obiettivo è che l'intervento venga realizzato in tempi stretti, anche se non sono pochi i lavori da effettuare. L'immobile, (...) richiede urgentemente un'operazione di recupero che tenga conto dei vincoli architettonici. La priorità, però, sembra essere quella di individuare un progetto di riutilizzo dell'intera area (...); i tempi per la realizzazione di un protocollo di intesa con la Regione e le Ferrovie dovrebbero essere brevi. Abbiamo davanti un interlocutore forte, che per la prima volta ha dimostrato di credere nella valorizzazione e nello sviluppo di Campo Marzio»;
          un articolo del Il Piccolo del 1o aprile 2014 ha comunicato che la linea che dalla stazione di Campo Marzio raggiunge Opicina via Rozzol e Guardiella – la cosiddetta linea «Transalpina» – sia stata chiusa a causa di "un cedimento strutturale nella galleria Revoltella e di alcuni guasti sui binari»; (...) l'ufficio stampa regionale delle Fs fa sapere che «la tratta della Transalpina che collega la stazione di Campo Marzio con quella di Opicina resterà inagibile almeno fino al 2016». Non è dato sapere all'interrogante se e quali interventi siano stati realizzati o siano in corso per la riattivazione della linea  –:
          se, alla luce dell'impegno annunciato con Fondazione Fs, si intenda promuovere, per quanto di competenza, lo sviluppo del museo ferroviario di Trieste, la cui collezione è stata dichiarata dalla Soprintendenza di eccezionale valore storico ed etnografico, e secondo quali modalità e tempistiche;
          se si intendano assumere iniziative per quanto di competenza, per sostenere il potenziamento del museo ferroviario di Trieste, e in particolare l'acquisto, il recupero, il restauro e la riattivazione dei beni conservati nel museo, nonché l'adeguamento degli arredi e dell'edificio museale;
          come intenda, per quanto di competenza, valorizzare la struttura richiamata in premessa, secondo quale formula e secondo quale tipologia gestionale;
          quali chiarimenti e informazioni possa fornire circa l’iter e le tempistiche del protocollo d'intesa sulla stazione di Campo Marzio tra Fondazione FS, regione Friuli Venezia Giulia e comune di Trieste annunciato il 28 febbraio 2016;
          come intenda intervenire il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, presso Trenitalia e Rete ferroviaria italiana, al fine di riattivare la linea «Transalpina» per favorire lo sviluppo del turismo ferroviario del territorio e l'eventuale collegamento per merci e persone dalla città all'Altipiano. (4-13168)


      TANCREDI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          come è noto il Comitato interministeriale per la programmazione economica ha approvato il piano cultura e turismo proposto dal Ministro interrogato, stanziando un miliardo di euro del fondo sviluppo e coesione 2014-2020 per realizzare 33 interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e di potenziamento del turismo culturale, di cui 170 milioni per il completamento di rilevanti interventi di interesse nazionale del patrimonio culturale;
          già dal 2009 – con atto del 22 dicembre – si formalizzavano intese tra la regione Abruzzo, la provincia di Teramo, il comune di Teramo, la direzione regionale del Ministero dei beni e delle attività culturali, la Soprintendenza per i beni archeologici dell'Abruzzo e la Fondazione Tercas per la definizione di un procedimento concordato per assicurare una tempistica certa e la ricerca di idonee risorse per la realizzazione di un progetto di recupero funzionale dell'area del teatro romano sita nel comune di Teramo;
          successivamente, in data 24 novembre 2010 veniva sottoscritto un protocollo di intesa tra i medesimi soggetti per il recupero del citato teatro romano e, parallelamente, si avviava in consiglio e in giunta del comune di Teramo l’iter finalizzato all'approvazione dello studio di fattibilità per realizzare tale valorizzazione;
          le intese proseguivano in prospettiva regionale con le sottoscrizioni – autenticate in data 13 settembre 2012 e 22 novembre 2012 – del protocollo per il coordinamento degli interventi di conservazione, restauro e valorizzazione del patrimonio culturale regionale da parte del Ministero, della regione Abruzzo, della Fondazione Cassa di Risparmio della provincia de L'Aquila, della Fondazione Pescara Abruzzo, della Fondazione Tercas e la Fondazione Cassa di Risparmio Provincia di Chieti;
          l'interesse artistico culturale del teatro romano del comune di Teramo ed il suo potenziale di attrattività turistica venivano riconosciuti altresì durante un incontro tenutosi presso il Ministero in data 4 luglio 2015 alla presenza, tra l'altro, del Ministro interrogato e del sindaco di Teramo Maurizio Brucchi, ma, nonostante le successive lettere di sollecito – del 28 luglio 2015 e del 26 novembre 2015 – le intese raggiunte non trovavano seguito;

          è stata, infine, vana l'ennesima sollecita azione del sindaco Brucchi, intrapresa all'indomani dell'esortazione del Presidente del Consiglio Renzi – rivolta a tutti i primi cittadini d'Italia – per produrre la documentazione necessaria per l'aggiudicazione delle risorse previste nel bando di un miliardo di euro per la cultura – Piano strategico turismo e cultura provenienti dal fondo sviluppo e coesione 2014-2020  –:
          quale sia l'orientamento del Governo, per quanto di competenza, in merito all'urgenza di avviare le opere di recupero funzionale del teatro romano di Teramo, nell'ambito dell'intrapresa strategia di valorizzazione del patrimonio culturale;
          se il Ministro interrogato non consideri l'opera in questione un'iniziativa di rilancio della competitività del territorio di riferimento, volta al potenziamento dell'offerta turistico-culturale, necessaria per la regione Abruzzo;
          se l'intervento in questione possa essere ricompreso tra quelli di interesse nazionale più rilevanti per i quali sono state stanziate risorse con il citato piano cultura e turismo recentemente proposto, da ripartire con successivo provvedimento. (4-13171)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


      PATRIZIA MAESTRI, ROMANINI, GNECCHI, GALPERTI, GIACOBBE, PAOLA BOLDRINI e ALBANELLA. — Al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          le organizzazioni sindacali Filcams Cgil e Fisascat Cisl hanno proclamato per il 3 maggio 2016 una giornata di sciopero delle lavoratrici dipendenti della società appaltante il servizio di pulizia presso le sedi di Parma dell'Aeronautica militare;
          la vertenza prende le mosse dal mancato pagamento di diverse mensilità (giugno, luglio e agosto 2016) da parte dell'impresa nonché del TFR e delle competenze di fine rapporto conseguenti all'uscita dell'impresa dall'appalto ad agosto 2015 e fino a febbraio 2016 quando la stessa sarebbe subentrata nuovamente nella commessa;
          il rientro della medesima impresa nell'appalto avrebbe determinato nuovamente l'arresto nella corresponsione delle retribuzioni alle sette lavoratrici in servizio;
          sulla base delle informazioni acquisite dagli interroganti, situazioni analoghe si starebbero determinando in diverse sedi della Difesa sul territorio nazionale, con ritardi nei pagamenti delle retribuzioni, mancato rispetto delle regole contrattuali e delle relazioni sindacali  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione sopradescritta e di quali iniziative, per quanto di competenza, intendano farsi promotori al fine di assicurare il regolare assolvimento degli obblighi delle imprese appaltanti, in special modo, nei servizi di pulizia nelle sedi del Ministero della difesa, nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori, nonché degli obblighi contrattuali nei confronti delle stazioni appaltanti. (4-13186)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


      VACCA, COLLETTI e DEL GROSSO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'Agenzia delle entrate si avvale di società esterne per l'esecuzione di alcuni servizi, tra i quali la gestione degli archivi documentali presso il Centro operativo di Pescara;
          il Consorzio CSA era l'assegnatario originario dell'appalto di servizio dell'Agenzia delle entrate, come da avviso di appalto aggiudicato con prot. n.  2012/76558;
          i lavoratori hanno svolto, in qualità di lavoratori subordinati della società Ma.Doc. srl (Consorzio CSA), con sede a Roma, mansioni di impiegati archivisti presso l'Agenzia delle entrate centro operativo di Pescara pur essendo stati assunti dalla stessa società appaltatrice come fattorini, VI livello contributivo del contratto collettivo di lavoro commercio;
          alcuni lavoratori hanno contestato, alla società Ma.Doc. srl, il giusto inquadramento retributivo rispetto alle mansioni effettivamente svolte, nonché l'omesso pagamento, mediante artifici contabili, di una parte dello stipendio. Tale rivendicazione è stata notificata alla società Ma.Doc. srl, al consorzio C.S.A. e all'Agenzia delle entrate con la raccomandata del 23-27 novembre 2012, ma ad oggi, resta ancora priva di riscontro;
          in seguito a ciò, nel mese di luglio 2013, i lavoratori ricorrono al giudice del lavoro del tribunale di Pescara per ottenere il giusto inquadramento retributivo. L'udienza di discussione del ricorso viene fissata per il giorno 5 novembre 2013;
          nel tempo intercorso tra la notifica del ricorso al giudice del lavoro e la sentenza, l'Agenzia delle entrate in data 21 novembre 2013 comunica alla società appaltante — Consorzio C.S.A. –, attraverso il direttore De Gennaro, la necessità di ridurre le ore di lavoro nel settore data entry in termini di 32 ore lavorative a partire dal 2 dicembre 2013. Sembra che questa decisione abbia determinato la sospensione unilaterale dal lavoro con decorrenza immediata di alcuni lavoratori della Ma.Doc. srl. A giudizio degli interroganti, però, appare strano che fra i lavoratori sospesi dal servizio vi siano dipendenti che avevano fatto ricorso contro il mancato e corretto inquadramento retributivo. Questa azione ha indotto i lavoratori a rivolgersi nuovamente al giudice del lavoro per ottenere il rispetto dei propri diritti. In particolare i lavoratori hanno contestato la legittimità del provvedimento di sospensione dal rapporto di lavoro chiedendo che la società venisse condannata a corrispondere la retribuzione maturata dalla data della sospensione fino all'epoca del deposito introduttivo del giudizio, e perciò sino al mese di febbraio 2014, oltre a quelle che sarebbero maturate anche successivamente sino alla data di effettiva riemissioni in servizio con interessi e rivalutazione monetaria;
          con nota datata 28 gennaio 2014 n.  prot. 39 la committente Agenzia delle entrate di Pescara ha comunicato alle società Ma.doc srl e al Consorzio CSA la necessità di attivare il servizio di gestione degli archivi documentali presso l'articolazione della stessa, sita in Reggio Calabria con decorrenza dal 10 febbraio 2014;
          successivamente, con nota del 28 gennaio 2014 la Ma.Doc. srl comunicava ai ricorrenti la ripresa dell'attività lavorativa a partire dal 10 febbraio 2014, con contestuale trasferimento presso la sede di Reggio Calabria;
          nel mese di gennaio 2014 i ricorrenti vengono trasferiti presso la sede dell'Agenzia delle entrate di Reggio Calabria. Ad avviso degli interroganti è alquanto anomalo che vengano trasferiti i ricorrenti, mentre alcun trasferimento o sospensione viene fatta per altri lavoratori, compresi quelli che sono entrati in servizio successivamente ai ricorrenti al tribunale del lavoro;
          anche contro il trasferimento viene avanzato un ricorso alla magistratura del lavoro senza giungere ad una sentenza, in quanto si risolve con una conciliazione di controversia di lavoro che stabilisce una riduzione dell'orario di lavoro dei tre, con conseguente rinuncia da parte della azienda al trasferimento presso la sede di Reggio Calabria;
          con la sentenza n.  99 del 2015, n.  777 del 2014 e n.  103 del 2014 del giudice del lavoro di Pescara la società Medoc srl, nonché il Consorzio CSA e l'Agenzia delle entrate sono state condannate a corrispondere la somma di euro 3000 circa a tre lavoratori che hanno presentato il ricorso sull'inquadramento professionale;
          secondo i giudici del lavoro di Pescara, l'Agenzia delle entrate ha una responsabilità solidale in qualità di appaltante come deriva dalla disciplina di cui all'articolo 29 del decreto legislativo n.276 del 2003 e comunque dalla normativa generale posta dell'articolo 1376 del codice civile, mentre non può ritenersi operante la deroga in favore degli enti pubblici introdotta dall'articolo 9 del decreto-legge n.  76 del 2013;
          nonostante le sentenze del giudice del lavoro la società appaltatrice ha concluso il proprio contratto con l'Agenzia delle entrate senza che, a quanto risulta agli interroganti, quest'ultima avviasse alcun provvedimento formale nei confronti della società per il mancato inquadramento secondo le norme di legge dei lavoratori;
          nell'articolo 11 del contratto tra la società datrice di lavoro e l'Agenzia delle entrate, nel rispetto dello standard allegato al capitolato d'appalto era stabilito che «la Società si impegna, assumendo a proprio carico tutti gli oneri relativi, compresi quelli assicurativi e previdenziali, ad ottemperare, nei confronti del personale proprio, a tutti gli obblighi, nessuno escluso, derivanti da disposizioni legislative e regolamentari in materia di lavoro e di assicurazione sociali, ivi inclusi i contratti di lavoro e degli atti amministrativi. La società si obbliga, altresì, ad applicare nei confronti dei suddetti soggetti, condizioni normative e retributive non inferiori a quelle risultanti dai Contratti Collettivi di Lavoro applicabili alla categoria e nelle località in cui si svolgono le prestazioni stesse ed, in generale, ad ogni altro contratto collettivo, successivamente stipulato per la categoria, applicabile nella località, anche nel caso in cui la società non sia aderente alle associazioni stipulanti o recedesse da esse...»;
          a scadenza del contratto, l'Agenzia delle entrate, anziché fare una nuova gara di appalto, ha provveduto ad avviare una procedura in economia mediante cottimo fiduciario ai sensi dell'articolo 125, comma 10, lettera c), e comma 11 del decreto legislativo del 12 aprile 2006, n.  163, per l'affidamento del servizio di gestione di attività documentali, mentre la precedente procedura era stata avviata ai sensi dell'articolo 55 della stessa norma;
          il servizio è stato assegnato alla società Archiviando di Rosa Anna Abela & C. sas di Castrolibero (Cosenza) pur avendo presentato un'offerta economica che appare anomala, in quanto la stessa avrebbe dichiarato, a quanto risulta agli interroganti, la volontà di assumere personale inquadrato con contratto collettivo commercio e servizi impiegati di VI livello con retribuzione pari a 1100,00 euro, nonostante i minimi dello stesso contratto collettivo nazionale siano di 1232,00 euro per il VII livello, ovvero un livello inferiore rispetto al VI, mentre secondo il citato contratto gli impiegati di V livello percepiscono una retribuzione lorda pari a 1.445,67 euro;
          «la sentenza del giudice del lavoro in ordine al contenzioso tra Angelo di Febo e la Ma.Doc srl aveva già condannato la ditta appaltatrice nonché in solido anche il Consorzio CSA e la stessa Agenzia delle entrate affermando che il lavoro svolto, per quel tipo di appalto, corrispondeva al quinto livello retributivo del contratto commercio e non al VI livello, per cui non sono chiare le motivazioni che avrebbero indotto l'Agenzia delle entrate ad accogliere un'offerta con un inquadramento che appare sbagliato rispetto a quello che era già stato stabilito dal giudice dichiarando ammissibile un'offerta economica di euro 1100,00 non corrispondente all'importo lordo che deve spettare ad ogni lavoratore»;
          la causa di sospensione dal lavoro si conclude con la condanna dell'azienda stessa, chiamata a risarcire il lavoratore delle ore non retribuite e delle relative spese legali;
          gli addetti delle società esterne timbrano nel marcatempo dell'Agenzia delle entrate, la quale certifica, attraverso il direttore dell'Agenzia, le ore effettivamente svolte ai fini della fatturazione alle società appaltatrici  –:
          per quale motivo l'Agenzia delle entrate non abbia avviato alcuna azione nei confronti della società appaltatrice, anche alla luce delle sentenze del tribunale del lavoro di Pescara sull'errato inquadramento retributivo, e in considerazione del fatto che tali irregolarità avrebbero comportato, di conseguenza, un esborso minore di oneri previdenziali e fiscali da parte della società Ma.Doc. srl, con eventuali irregolarità fiscali e contributive ai danni delle casse dello Stato;
          per quale motivo, per l'aggiudicazione dello stesso servizio, l'Agenzia delle entrate abbia deciso di non ricorrere più alla procedura di affidamento con gara di appalto, ai sensi dell'articolo 55, comma 10, del decreto legislativo del 12 aprile 2006, n.  163, bensì alla procedura del cottimo fiduciario ai sensi dell'articolo 125, comma 10, lettera c), e comma 11, del decreto legislativo del 12 aprile 2006, n.  163;
          come si spieghi l'aggiudicazione dello stesso servizio a fronte di un'offerta che sarebbe di gran lunga inferiore rispetto alle reali mansioni del lavoratore, anche alla luce di quanto già accertato dal tribunale del lavoro di Pescara circa l'inquadramento;
          se si intenda verificare se le società che attualmente svolgono servizi per l'Agenzia delle entrate di Pescara abbiano contrattualizzato regolarmente i propri dipendenti, ed in particolare se è stato rispettato il giusto inquadramento retributivo e se ci sia corrispondenza tra le ore effettive di servizio di tali lavoratori e quanto risulta dal contratto di lavoro e dalle buste paga. (3-02256)

Interrogazioni a risposta scritta:


      NASTRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          in un recente dossier la Confedilizia, rileva come, nell'ambito della tassazione sugli immobili, la legge di stabilità per il 2016 ha introdotto una serie di misure per il settore immobiliare, dal contenuto condivisibile, anche per il significato di inversione di tendenza delle politiche fiscali che esse hanno rappresentato;
          ciononostante, evidenzia la Confederazione italiana proprietà edilizia, tali segnali di attenzione al settore perderebbero gran parte degli effetti benefici che si proponevano, se l'azione di riduzione del carico tributario, non trovasse conferma nei prossimi interventi legislativi;
          al riguardo, la suesposta Associazione di secondo grado, ritiene prioritario la necessità d'interventi con misure di riduzione, fiscale, sugli immobili non abitativi locati, in considerazione del fatto che la situazione di questo comparto, risulta molto grave e peraltro acuita dalla presenza di una legislazione vincolistica oramai superata, che impedisce a proprietari e inquilini, di concordare liberamente gli elementi essenziali del contratto, non consentendo l'incontro di domanda ed offerta, in particolare in caso di apertura di nuove attività da parte di giovani;
          le imposte, statali e locali, che secondo la Confedilizia risultano essere addirittura 7, raggiungono un livello tale da erodere fino all'80 per cento del canone di locazione, anche per via della irrisoria deduzione Irpef per le spese, pari al 5 per cento, la cui percentuale di imposizione arriva a sfiorare il 100 per cento se alle tasse si aggiungono, le spese (di manutenzione, assicurative) alle quali il proprietario locatore deve comunque far fronte e a cui si aggiunge l'eventuale indennità di avviamento (senza considerare il rischio morosità);
          il documento della Confedilizia, segnala inoltre, come da diverso tempo vi sia l'esigenza di procedere ad una significativa detassazione degli immobili locati ad uso non abitativo, in assenza della quale, il commercio è destinato a subire una profonda crisi, che peraltro prosegue da anni, a causa del protrarsi degli effetti della crisi economica, che persiste nel tessuto economico e sociale del Paese;
          le suddette richieste sono state peraltro recentemente condivise anche dalle più importanti organizzazioni dei commercianti, che ha o compreso come l'unico modo per creare disponibilità, a costi il più possibile contenuti, di locali per negozi e botteghe, consista’ nel restituire un minimo di redditività all'investimento in immobili commerciali;
          una delle possibili soluzioni da percorrere (evidenzia ancora il dossier in precedenza richiamato) è quella dell'estensione anche al comparto non abitativo della cedolare secca sugli affitti, ovvero l'imposta sostitutiva attualmente applicabile solo a una parte delle locazioni abitative;
          a tal fine, la Confedilizia ricorda come nel 2015 la cedolare secca abbia fatto registrare un aumento di gettito del 17,9 per cento rispetto al 2014 (2 miliardi e 12 milioni di euro contro un miliardo e 706 milioni), i cui effetti positivi in termini di gettito d'imposta, nel campo degli affitti abitativi confermano positivamente, la scelta di introdurre un sistema di tassazione proporzionale e semplificato per i redditi derivanti da un bene già gravato da imposte di natura patrimoniale (attualmente, IMU e TA-SI), con il quale tanti risparmiatori garantiscono la disponibilità di abitazioni in affitto in Italia;
          i suesposti dati dovrebbero far riflettere sulla necessità di estendere il più possibile questo regime virtuoso di imposizione, in particolare prevedendo l'applicabilità della cedolare anche agli affitti di negozi e uffici, eventualmente inquadrando tale misura in un sistema di contrattazione analogo a quello attualmente previsto per le locazioni abitative (legge n.  431 del 1998);
          a giudizio dell'interrogante, le suesposte osservazioni risultano condivisibili in maniera completa, in considerazione del fatto che i gravissimi effetti derivanti dalla crisi economica, si sono manifestati in particolare nel settore del commercio anche e soprattutto dal punto di vista dell'elevata tassazione sugli immobili locati che hanno costretto la cessazione di un numero elevatissimo di attività, a causa della contrazione dei consumi delle famiglie;
          prevedere interventi prioritari, connessi alla riduzione della tassazione sugli immobili abitativi non locati, risulta pertanto, a giudizio dell'interrogante, urgente e necessaria, attraverso le sollecitazioni evidenziate dalla Confedilizia, attraverso l'estensione anche al comparto non abitativo della cedolare secca sugli affitti, consistente nell'imposta sostitutiva attualmente applicabile solo a una parte delle locazioni abitative;
          gli effetti positivi in termini di crescita del prodotto interno lordo, a parere dell'interrogante, sarebbero indubbiamente rapidi e tangibili, in considerazione del fatto che la locazione non abitativa costituisce oggettivamente un ostacolo nelle dinamiche di crescita economica della produttività, nuocendo evidentemente ai bilanci delle famiglie e delle imprese e rallenta ogni tentativo di ripresa economica che stenta a decollare  –:
          quali orientamenti il Ministro interrogato, intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
          se condivida le osservazioni della Confedilizia in precedenza richiamate con riferimento alla necessità di ridurre la tassazione sugli immobili abitativi non locati, attraverso l'estensione anche al comparto non abitativo della cedolare secca sugli affitti;
          in caso affermativo, quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di introdurre la misura fiscale predetta, il cui impatto, a giudizio dell'interrogante, determinerebbe effetti favorevoli per l'economia del Paese. (4-13163)


      GALGANO, CATALANO e RIBAUDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          con delibera n.  19283 del 30 luglio 2015, la Consob ha applicato sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti di Poste Italiane s.p.a. (a titolo di responsabile in solido) e di primari esponenti aziendali della società stessa, avendo accertato plurime violazioni dell'articolo 21 del decreto legislativo n.  58 del 1998 e relative disposizioni di attuazione;
          in particolare, la Consob ha «ravvisato la sussistenza di violazioni attinenti al mancato rispetto delle norme che regolano: 1) i conflitti di interesse e la correttezza della condotte; 2) la materia della valutazione di adeguatezza degli investimenti», evidenziando, tra l'altro, il compimento di operazioni di switch svolte a tutto vantaggio della società medesima, senza curarsi dell'interesse dei clienti-investitori vittime di tali operazioni;
          sono stati sanzionati, in quanto ritenuti responsabili a vario titolo delle violazioni accertate, Massimo Sarmi (amministratore delegato dal 29 maggio 2008 al 2 maggio 2014), il signor Paolo Martella (responsabile BancoPosta dal 1o gennaio 2012 al 22 luglio 2014), il signor Paolo Marchese (responsabile mercato privati dal 3 ottobre 2008 al 23 maggio 2014 (riconfermato con ordine di servizio n.  31/14), il signor Dario Sciacca (responsabile commerciale privati dal 23 dicembre 2008), la signora Francesca Sabetta (responsabile prodotti finanziari dal 16 novembre 2004) e altri due soggetti la cui identità non risulta rivelata nel citato documento pubblico;
          all'esito dei suoi accertamenti, la Consob ha specificamente individuato le seguenti carenze: «i) la mancanza di presidi volti ad intercettare eventuali incongruenze nelle risposte rese dai clienti in fase di profilatura della clientela che hanno consentito il verificarsi di comportamenti operativi irregolari anche nella Filiale Milano 1, oggetto di specifica indagine ispettiva; ii) l'assenza di meccanismi idonei a ricostruire le modalità di relazione tra operatore e cliente nell'ambito del servizio di consulenza; iii) la mancata introduzione della verifica di adeguatezza anche sui disinvestimenti, in quanto presunti sempre ad iniziativa del cliente»;
          la questione è stata ampiamente trattata dalla stampa (v. ex pluribus Il Fatto Quotidiano del 17 ottobre 2015), che ha criticato il basso importo delle sanzioni irrogate, per questo asseritamente prive di efficacia dissuasiva e sproporzionate rispetto ai danni subiti dai risparmiatori, nonché il rifiuto da parte della Consob di fornire più dettagliate informazioni, invocando il segreto d'ufficio;
          già con l'interrogazione n.  4-12625, tuttora senza risposta, l'interrogante ha chiesto informazioni in merito a significative criticità dell'attività Poste Italiane, denunciate nell'ambito territoriale siciliano, in materia di MIFID e profilazioni  –:
          se quanto premesso corrisponda al vero e di quali notizie disponga il Governo;
          se risulti quali eventuali iniziative la società Poste Italiane abbia adottato nei confronti dei dipendenti di cui in premessa a seguito dell'accertamento della Consob;
          se risulti al Governo che le carenze indicate dalla Consob nella delibera n.  19283 del 30 luglio 2015 siano state affrontate e corrette, e con quali interventi. (4-13173)


      D'ARIENZO, NARDUOLO e SBROLLINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          in data 6 maggio 2016 su proposta della Banca d'Italia è stato firmato dal Ministro interrogato il decreto di liquidazione coatta di Crediveneto a poche ore dalla assemblea dei soci di Crediveneto convocata per le ore 9,30 di domenica 8 maggio 2016;
          nel confronto tra organizzazioni sindacali e controparti a livello aziendale, regionale e nazionale sono scaturite gravi responsabilità del gruppo dirigente di Crediveneto che in tutti gli incontri di confronto con le organizzazioni sindacali ha proposto il licenziamento di 80 dipendenti su un totale complessivo di 199 come unica soluzione per i problemi di Crediveneto;
          gli interroganti ritengono imprescindibile tutelare i clienti, i soci e i dipendenti che in questa situazione di difficoltà continuano a svolgere con professionalità la propria attività lavorativa;
          il management bancario non si è dimostrato all'altezza dei compiti da svolgere creando un potenziale danno anche dal punto di vista sociale per il ruolo che la banca Crediveneto, essendo una Banca di Credito Cooperativo dovrebbe avere nel territorio di radicamento e presenza  –:
          quali iniziative di competenza intenda avviare per garantire, anche in relazione ai risvolti sul piano occupazionale e sul tessuto produttivo, la continuità e la presenza di una banca con uno spirito cooperativistico e mutualistico quale era Crediveneto in un territorio nel quale da quasi un secolo, la BCC ha svolto un ruolo fondamentale dal punto di vista sociale, culturale e soprattutto dello sviluppo economico delle comunità insediate nel territorio stesso. (4-13189)


      PESCO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SPESSOTTO, LIUZZI, NICOLA BIANCHI, ALBERTI, RUOCCO, VILLAROSA, COMINARDI e DE LORENZIS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          si richiamano in toto le interrogazioni n.  5-08225 e n.  5-08513 e la relativa risposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che, oltre a risultare secondo gli interroganti del tutto insufficienti e inadeguate, hanno di fatto indicato il Ministero dell'economia e delle finanze come interlocutore competente per molte delle domande;
          dalla comunicazione della Federazione autonoma trasporto aereo (F.A.T.A) del 9 maggio 2016 (protocollo 023/16) avente oggetto «“Che cosa ti è successo, Europa paladina a dei diritti dell'uomo, della democrazia e della libertà ? ... ” Papa Francesco» si apprende «..da FATA CISAL a fronte di una serie di domande anche sulla vertenza Enav rivolte alle massime cariche dello Stato attraverso Lettera Aperta e un Documento al MIT, ad oggi pur essendo appartenente ad una Confederazione che rappresenta oltre 1.700.000 associati, non ha ricevuto nessuna risposta... Fortunatamente qualcuno ha avuto il “coraggio” di far sue le nostre domande, bypassando le finte scaramucce alle quali assistiamo quotidianamente da parte di alcuni dei “nostri” parlamentari. Abbiamo recuperato il documento che risponde ai nostri quesiti, nonostante non ci sia pervenuto direttamente: lo stesso sarà pubblicato contestualmente al comunicato alla Ns. voce «Rapporti con le Istituzioni»;
          in merito a tale documento ed alle opportunità enunciate da Enav, riguardo la partecipazione alla società Aireon, realizzata in modo «singolare» attraverso la creazione di una controllata in Delaware denominata Enav North Atlantic LLC, si rammentano di seguito alcuni dei benefici dichiarati in proposito pubblicamente da Enav S.p.A.:
              disponibilità per i fornitori di servizi alla navigazione aerea di un sistema di sorveglianza globale del traffico aereo, senza lo sviluppo di nuove infrastrutture, con conseguente possibilità di ottimizzare le infrastrutture per il controllo del traffico aereo e di creare nuove opportunità di business;
              disponibilità di rotte più efficienti (in termini di distanze percorse, altitudini reali, e altro) con riduzione delle emissioni di gas serra e del consumo di carburante;
          è nostra opinione che entrambe le anzidette considerazioni non siano purtroppo riferibili alla realtà italiana, in quanto il nostro spazio aereo e oggi abbondantemente coperto da sistemi di sorveglianza già installati a terra (radar, ADS-B, multilaterazione, e altro), senza necessità di essere posizionati a bordo di un satellite come per gli oceani ed i poli. Pertanto, l'investimento nella tecnologia satellitare offerta da Aireon, che per sua vocazione è orientata a quella parte del globo non coperta da alcun tipo di sorveglianza (vedi gli oceani), sembra essere del tutto ridondante e non necessario per l'Italia e per l'Europa;
          per altro si fa presente che Enav e già impegnata nel progetto satellitare europeo Egnos (unitamente agli altri service provider europei in coordinamento con l'Agenzia Spaziale Europea e la Commissione EU). Enav, eventualmente, avrebbe potuto investire ed utilizzare l'infrastruttura satellitare europea (vedi progetto ESA: http://www.ses.com/21222603/2015-05-21 Satellite-ADS-Btakes-off-with-SES-Techcom-Service-and-DLR) nel segmento satellitare per i servizi della navigazione aerea, probabilmente con costi minori rispettando, a nostra opinione, le proprie previsioni statutarie ed i propri obblighi di Società Pubblica, senza aprire una società in Delaware, e senza impedire o eludere così qualsivoglia possibilità/opportunità effettiva di controllo e vigilanza pubblica;
          sarà perché siamo semplici lavoratori, non apparteniamo alla «classe dirigente» di questo Paese, forse siamo anche un po’ ignari, probabilmente anche per la carenza di risposte in merito, ma a noi tutto questo risulta come un «pessimo affare», anche in considerazione del fatto che dal trattamento dei dati attesi da Aireon sembrerebbe siano stati già concessi in esclusiva a NAV Canada e NATS (il primo fornitore canadese ed il secondo inglese, per i servizi di navigazione aerea);
          quale sia stata la strategia internazionale degli ultimi anni per Enav, purtroppo per il sindacato tutto questo è un enigma: non siamo neanche a conoscenza se, per l'aggiudicazione di importanti commesse, si sia usato il sistema della gara europea o altro...
          a noi risulterebbe che lo sviluppo dei sistemi di controllo delle torri aeroportuali italiane sia stata assegnato alla società NAV Canada nell'ultimo periodo, la medesima società che detiene la quota di maggioranza in Aireon ... È forse un'altra informazione sbagliata questa ?
          inoltre sembra che uno dei più importanti fornitori tecnologici dei Service Providers NAV Canada, sia la società Italiana Ingegneria Dei Sistemi-IDS S.p.A .... Anche questo e sbagliato ?
          ci risulta, da una vecchia interrogazione parlamentare, che l'allora Amministratore Unico di Enav, il Signor Massimo Garbini, sia stato successivamente il Vice Presidente e Rappresentante in CANSO di IDS. Probabilmente anche quest'ultima informazione risente di una manchevole chiarezza nei confronti del pianeta sindacale e dei lavoratori tutti, a tal punto che ancora oggi non riusciamo a venire a conoscenza di chi sia l'Amministratore di Enav North Atlantic LLC e quale impatto avranno gli accordi operativi programmi di questa Società sui Gruppo Enav S.p.A.. (...)»;
          dal sito de il sole 24 ore in merito al Delaware si apprende in un articolo dell'8 aprile 2016: «Ora il problema è capire in quanto tempo le barriere fiscali costruite attorno agli Stati “canaglia” delle tasse si trasformeranno in opportunità per altri. (...) I capitali in fuga dalle “terre emerse” stanno cercando (e trovando) rifugio altrove: in paesi ad alto rischio (dall'Angola a Tonga) fuori dallo spettro del Crs; o in paesi più evoluti dove possono trovare riparo e accoglienza in porti franchi (come Delaware a cui alludeva ieri Hervè Falciani) o sotto schermi giuridici innovativi su cui gli scienziati della pianificazione fiscale aggressiva sono già al lavoro.»  –:
          se Enav abbia consegnato alla Consob, a Borsa Italiana, ed ai Ministeri vigilanti l'operating agreement di Enav North Atlantic LLC, documento ad oggi, ancora non conosciuto, in modo da appurare chi sia l'amministratore e se vi siano patti o beneficiari occulti;
          chi siano i primari advisor che hanno svolto le analisi per la decisione di acquisto della quota di Aireon e quali siano i documenti, relazioni tecniche ed economiche a supporto del loro parere;
          chi all'interno della società Enav abbia deciso l'investimento e chi nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze abbia dato l'autorizzazione in tal senso e dove sia possibile acquisire la documentazione necessaria per un simile investimento;
          a fronte di un impegno finanziario superiore ai 60 milioni di dollari, se si possa fornire il prospetto economico atto a valutare gli aspetti tesi a definire il ritorno economico nel medio-lungo periodo;
          se il Ministero dell'economia e delle finanze abbia interpellato gli altri Ministeri competenti in merito alla sicurezza nazionale, visto che la gestione del traffico aereo affidato a terzi senza le dovute garanzie di trasparenza e accesso completo ai dati, in modo indipendente, può mettere a repentaglio la sicurezza del Paese;
          sulla base di quali accordi la Aireon LCC potrà in futuro accedere ai dati di volo degli aeromobili transitanti, diretti o in partenza, sui cieli nazionali/europei;
          dati il regime fiscale e la riservatezza garantiti dallo Stato del Delaware, quale sia il modo per garantire trasparenza negli appalti/commesse della Aireon LCC nello sviluppo del sistema Iridium Next;
          quali motivi abbiano spinto il Ministero dell'economia e delle finanze ad aprire una nuova società, con ovvi costi aggiuntivi, in uno Stato che garantisce anonimato a società di diritto non statunitense, per partecipare al progetto Aireon;
          se il Ministro, al posto di consentire la creazione di società in Paesi famosi per essere veri e propri paradisi fiscali, non intenda trarre spunto, ad esempio dalle presunte attività della Aireon riferite al sistema di sorveglianza globale del traffico aereo per tentare di porre in essere un sistema di sorveglianza globale dei capitali. (4-13190)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      ZAMPA, IORI, LENZI, ARLOTTI, PATRIZIA MAESTRI, PAOLA BOLDRINI, ROMANINI e GANDOLFI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il presidente del tribunale per i minorenni dell'Emilia Romagna, a causa della carenza di organico, è stato costretto a chiudere la cancelleria un giorno a settimana;
          il garante regionale per i diritti dei minori della regione ha lanciato l'allarme sottolineando che centinaia di provvedimenti di giustizia minorile rischiano di restare lettera morta, evidenziando che, tuttavia, la decisione ha costituito un passaggio obbligato in relazione al numero di magistrati e cancellieri che si attesterebbe intorno alle dieci unità per una popolazione che conta 4,5 milioni di abitanti. È evidente che in una tale situazione si rischia il collasso;
          in questo quadro, l'impossibilità di trattare i provvedimenti di giustizia minorile rischia di vanificare anche gli sforzi profusi per aumentare il numero dei procedimenti definiti ed eliminare conseguentemente il pregresso  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda;
          se non ritenga opportuno assumere ogni iniziative di competenza per l'incremento di organico di cancelleria e di magistrati presso il tribunale per i minorenni dell'Emilia Romagna, al fine di consentire il quotidiano regolare servizio della struttura, nell'esclusivo interesse dei minori. (5-08665)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      RICCIATTI, FRANCO BORDO, SCOTTO, QUARANTA, PIRAS, MELILLA, FERRARA, AIRAUDO, PLACIDO, SANNICANDRO, LUCIANO AGOSTINI e MARCHETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la testata Il Corriere Adriatico in data 11 maggio 2016 riporta la notizia della cancellazione del treno Intercity 541 Ancona-Roma delle ore 15,32 a causa di un problema tecnico;
          la cancellazione del treno suddetto è stata annunciata dopo tre ore di attesa dei passeggeri;
          da quanto si apprende dall'articolo di stampa citato, il treno avrebbe dato segnali di mal funzionamento già alcune ore prima, nella tratta tra Terni e Spoleto, in direzione opposta, quando è stato necessario l'intervento di un «multetto» per portare il convoglio a destinazione nella stazione di Ancona, dalla quale sarebbe dovuto ripartire alla volta di Roma;
          in mancanza della corsa ai passeggeri è stato proposto di prendere, in sostituzione del treno cancellato, un treno diretto a Bologna e da lì la coincidenza per Roma, o, in alternativa, il treno regionale per Roma delle ore 18,25;
          la cancellazione del treno ha evidentemente causato gravi disagi ai viaggiatori, in particolare ai pendolari, scatenando legittime proteste, anche per la presenza di diversi viaggiatori con varie disabilità;
          la tratta Ancona-Roma è una delle tratte con maggiori criticità, considerato che solo nel 2015 il treno in questione è stato costretto a fermarsi senza giungere a destinazione per 5 volte, tra giugno e settembre; mentre nel 2016 si contano già diversi episodi di ritardo significativo;
          la tratta citata risulta essere di primaria importanza sia per chi si sposta per ragioni di lavoro sia per chi si reca nella Capitale o nel capoluogo marchigiano per ragioni di salute per sostenere visite mediche, oltre per chi viaggia per turismo, dando una pessima immagine del Paese;
          i ritardi e le criticità della tratta Ancona-Roma sono stati segnalati in diverse occasioni da diversi atti di sindacato ispettivo, presentati da membri di entrambi i rami del Parlamento  –:
          quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per far fronte alla problematica riportata in premessa;
          se sia in grado di chiarire quali fattori incidono sull'elevato numero di ritardi o malfunzionamenti sulla tratta indicata;
          se non intenda intervenire tempestivamente, per quanto di competenza, anche alla luce delle numerose segnalazioni avanzate sulla vicenda. (5-08667)


      SPESSOTTO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, LIUZZI, NICOLA BIANCHI e BUSTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          con la risoluzione in Commissione n.  7-00939, presentata dalla prima firmataria del presente atto, dopo aver evidenziato, in accordo anche con la recente relazione dell'Istituto superiore di sanità, i rischi per la salute umana e l'ambiente legati al funzionamento dei motori diesel e, in particolare, dei filtri antiparticolato (Fap), si formulava un impegno al Governo volto all'assunzione di iniziative atte ad una verifica urgente sulla effettiva correttezza delle procedure adottate negli ultimi anni dalle strutture ministeriali competenti al rilascio dell'omologazione per i dispositivi antiparticolato, nonché ad un'eventuale revisione delle suddette procedure autorizzative;
          nelle more della discussione della citata risoluzione e considerata l'estrema attualità della problematica in questione, la prima firmataria del presente atto presentava altresì un'interrogazione a risposta immediata in Commissione (n.  5-08110), i cui elementi di risposta forniti dal Sottosegretario di stato alle infrastrutture e ai trasporti Umberto Del Basso De Caro, non possono però essere considerati esaurienti;
          in particolare, in quella sede, il Sottosegretario ha affermato che la campagna dei test delle emissioni inquinanti è stata avviata nel mese di gennaio 2016, vale a dire un mese prima dell'emanazione del decreto dirigenziale che stabilisce le modalità e le procedure per la campagna di prove sui veicoli, con un'evidente discrasia temporale anche in relazione alla convenzione, peraltro già in atto, ancora prima della pubblicazione del decreto del 26 febbraio 2016;
          gli interroganti sollevano poi alcune perplessità in merito alle categorie di veicoli elencate all'articolo 2 del decreto dirigenziale del 26 febbraio – cui fa riferimento il Sottosegretario De Caro nella sua risposta – e interessate alle verifiche sul tipo omologato, in cui rientrerebbero anche i ciclomotori, i motocicli e i rimorchi, nonostante l'ambito di applicazione delle disposizioni si riferisca ai veicoli M1 (trasporto fino a 8 persone) e N1 (trasporto merci fino a 3,5 T);
          in merito agli elementi di risposta forniti durante il question time con riguardo alle politiche di mobilità a basso impatto ambientale, si rileva come le risorse disponibili richiamate dal Sottosegretario siano relative al capitolo di spesa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e non a quello del Ministero dell'infrastrutture e dei trasporti e come il programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile, nonostante sia previsto dalla legge n.  221 del 2015 in vigore a partire dal 2 febbraio 2016, non sia ancora operativo;
          si rileva altresì una certa confusione normativa su quale sia l'organismo che debba intendersi come effettivamente incaricato ad operare le opportune verifiche, se la stessa direzione generale o piuttosto gli istituti specializzati richiamati nella disposizione, considerato che per la campagna prove sui veicoli, attuata con il richiamato decreto dirigenziale del 26 febbraio 2016, vengono indicati, all'articolo 4, i soggetti incaricati alle verifiche, effettuate dalla direzione generale motorizzazione, «attraverso i propri uffici centrali e periferici, anche avvalendosi di istituti specializzati e di idonei laboratori»;
          con riferimento alle azioni di mobilità sostenibile e a basso impatto ambientale, si fa presente come il decreto ministeriale del 2 febbraio 2016, con cui è stata prevista l'estensione di tali finanziamenti a tasso agevolato anche a coloro i quali operano nei settori delle infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici e per l'erogazione di combustibili alternativi, trasporto collettivo e condiviso, e in generale mobilità sostenibile, non sia stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale  –:
          se il Ministro interrogato possa chiarire quale sia l'organismo indipendente individuato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti quale ente responsabile atto a realizzare le azioni considerate necessarie a verificare l'effettiva consistenza delle emissioni inquinanti dei veicoli diesel Euro 5b presenti sul mercato nazionale;
          con riferimento alla convenzione stipulata il 14 dicembre 2015, tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e un organismo indipendente non meglio identificato, se il Ministro interrogato possa indicare quale sia il soggetto che è stato incaricato di effettuare le suddette verifiche sulle emissioni inquinanti, nonché i criteri di individuazione del medesimo soggetto, i costi dell'operazione, le scadenze temporali entro cui l'organismo individuato dovrà dare riscontro dell'attività svolta e l'eventuale pubblicità che sarà data alle risultanze delle prove e alla relativa reportistica;
          per quanto riguarda l'aspetto sanzionatorio, se il Ministro intenda chiarire l'effettiva possibilità per il Governo, come riportato nel decreto ministeriale del 26 febbraio 2016, di applicare le sanzioni previste all'articolo 77 del codice della strada, per i soggetti che producono o mettono in commercio veicoli non conformi al tipo omologato. (5-08669)


      BRANDOLIN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il nodo ferroviario di Gorizia – Nova Gorica – Šempeter-Vrtojba è attualmente costituito dalla linea di Rete ferroviaria italiana Trieste-Gorizia-Udine (Venezia) a doppio binario elettrificata, dalla linea 70 delle Ferrovie Slovene Sežana-Jesenice (Ferrovia Transalpina), a binario unico non elettrificata con uno scarso traffico passeggeri e merci, e dalla linea ferrovia internazionale (di circa 8 chilometri) sempre gestita da Rete ferroviaria italiana oggi declassata e percorsa solo da alcune tradotte merci, mentre l'attuale configurazione consente ai treni il solo instradamento unidirezionale «verso settentrione», con conseguenti perdite di tempo e aumento di costi;
          essendo uno dei due valichi ferroviari esistenti tra Italia e Slovenia (e quindi con l'Europa orientale e la Penisola Balcanica) e trovandosi a ridosso dell'intersezione tra le due direttrici della Rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) note come corridoio «Adriatico – Baltico» e Corridoio «Mediterraneo» (già corridoio 5), potrebbe svolgere per i due corridoi un rilevante ruolo di supporto e complemento, sia nella fase di realizzazione degli stessi sia quando giungeranno a regime, consentendo un'ulteriore intersezione tra direttrice est-ovest e direttrice nord-sud;
          per il suo sviluppo esistono già due progetti finanziati con 4 milioni di euro, ovvero l’«Adria A-Accessibility and Development for the Re-launch of the Inner Adriatic Area» per il trasporto passeggeri, e il « Tip – Transborder Integrated Platform» per le merci, mentre e in corso pure l'elaborazione dell'idea-progetto «Ferrovia Transalpina-corridoio turistico tra Italia, Slovenia e Austria», mirata su una linea ferroviaria riconosciuta tra le più pittoresche a livello internazionale;
          la progettazione «Tip», già costata 1,2 milioni di euro, sostenuta dal GECT GO e comportante una spesa di 4,7 milioni di euro, prevede la realizzazione di due raccordi ferroviari (lunette) per ultimare il collegamento tra la rete ferroviaria italiana e quella slovena, la parziale elettrificazione del nodo ferroviario, la realizzazione di un'asta di binario lunga circa 800 metri parallela alla linea Gorizia-Monfalcone destinata al ricovero di un convoglio merci, e un collegamento tra il terminal intermodale della SDAG e le linee slovene che si sviluppano dalla vicina stazione di Vrtojba, consistente in circa 700 metri di binario parallelo alla linea ferroviaria internazionale volto a consentire l'accesso e l'uscita dal terminal verso la Slovenia in modo diretto, senza la necessità di effettuare le manovre di inversione di marcia e cambio locomotiva nella stazione di Gorizia Centrale;
          la realizzazione del progetto TIP ben si raccorda con i programmi strategici della regione Friuli Venezia Giulia, anzi al «Nodo ferroviario di Gorizia – Nova Gorica – Šempeter-Vrtojba» va riconosciuto una rilevanza strategica, in quanto valico ferroviario tra Italia e Slovenia e quindi con l'Europa orientale e la penisola balcanica, necessario per garantire la continuità dei traffici in caso di interruzioni d'esercizio che dovessero interessare l'altro valico di Trieste-Villa Opicina, nonché parte di un sistema di trasporto pubblico ad elevata sostenibilità ambientale, indispensabile per cogliere l'opportunità di costituire un corridoio turistico tra Italia, Slovenia e Austria per valorizzare l'intermodalità passeggeri treno bici, e inoltre fondamentale anche per il terminal SDAG attualmente del tutto sottoutilizzato per le difficoltà di manovra dei treni, per il quale si sono già realizzate opere costate 5,5 milioni euro (investimenti finanziati dai programmi Interreg 3A Italia-Slovenia 2000-2006 e Docup Obiettivo 2 2000-2006);
          il nodo ferroviario, per poter svolgere appieno tali ruoli, necessita di importanti interventi di rivitalizzazione, tra i quali rientrano sicuramente l'elettrificazione della tratta ferroviaria Nova Gorica – Sežana e la realizzazione delle lunette ferroviarie di collegamento tra Italia e Slovenia  –:
          quali siano le iniziative che il Ministero interrogato intende intraprendere, a livello nazionale e soprattutto europeo, per sostenere la realizzazione dell'infrastruttura, per la quale esiste già una progettazione e una previsione di spesa, e che risulta di importanza fondamentale non solo per il Nord-est ma per l'intero sistema di collegamenti tra l'Italia e l'Europa Orientale. (5-08670)

Interrogazioni a risposta scritta:


      MARCO DI STEFANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          nel nostro Paese – alla luce del quarto pacchetto ferroviario che definisce il nuovo contesto regolatorio dell'Unione europea, che implica una riorganizzazione del mercato ferroviario e degli obblighi di servizio pubblico – diventa non più rinviabile una seria riflessione sull'assetto, l'efficienza e la competitività della rete e dei servizi ferroviari regionali includendo fra questi anche quelli delle ferrovie ex-concesse;
          queste ultime, che assommano a circa 3.500 chilometri di rete, pari quasi a un quarto dell'intera rete ferroviaria nazionale, non sono state sottoposte alle regole della riforma ferroviaria comunitaria;
          nella regione Lazio, secondo l'interrogante, com’è noto, due ferrovie concesse in particolare operano nel trasporto pubblico locale: la Roma Lido la cui infrastruttura è compresa all'interno dei confini del comune di Roma e la Roma Viterbo che va oltre i confini del comune di Roma e serve diversi comuni delle province di Roma e di Viterbo;
          quest'ultima, inoltre, vive una diversa realtà istituzionale, trattandosi di una, ferrovia concessa connessa, compresa perciò nell'elenco di cui al decreto ministeriale del 5 agosto 2005, con obblighi e norme sulla sicurezza e sull'assegnazione dalla capacità da rispettare come previsto dall'articolo 3 dello stesso decreto. Obblighi e norme che prevedevano che le regioni dovevano recepire nel proprio ordinamento i contenuti del decreto legislativo n.  188 del 2003 e dovevano perciò individuare i gestori di ciascuna rete, i soggetti responsabili dell'assegnazione della capacità, l'organismo di regolazione e, nettamente separato, il soggetto per il servizio di trasporto pubblico. Questi da individuare normalmente attraverso gara;
          la regione Lazio, secondo l'interrogante, ha disatteso le indicazioni di legge e si è limitata, invece, ad assegnare le due concesse alla gestione dell'Atac, azienda di trasporto di proprietà del comune di Roma, per svolgere insieme le funzioni di gestore della rete e del servizio di trasporto con i pessimi risultati da più parti lamentati;
          l'assessore ai trasporti della regione Lazio Civita ha denunciato in diverse occasioni, ed (anche recentemente, anche l'incapacità dell'Atac di spendere i fondi assegnati per le infrastrutture delle due ferrovie concesse;
          la ferrovia Roma Lido, come è noto, è stata recentemente fatta oggetto di una proposta di project financing da parte di alcune imprese riunite in Consorzio, fra queste la francese Ratp capofila insieme all'Ansaldo;
          la regione Lazio ha richiesto, giuste le dichiarazioni rese dal presidente Zingaretti, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di poter attingere ai fondi FAS per una somma di 200 milioni di euro per poter intervenire sulla infrastruttura oggetto della proposta di project financing;
          nel bilancio di previsione 2016-2018 della regione Lazio sono previsti, tra l'altro, investimenti per un importo di 150 milioni di euro per la linea ferroviaria regionale Roma Viterbo;
          il Ministro Delrio in occasione della presentazione dell'aggiornamento 2015 del contratto di programma Ministero delle infrastrutture e dei trasporti-Ferrovie dello Stato italiana-Rete ferroviaria italiana per gli investimenti nel settore ferroviario ha riferito di altri 8 miliardi di euro di investimento che saranno presto oggetto dell'aggiornamento 2016 e ha espresso interesse e disponibilità a farsi carico delle richieste della regione Lazio riguardanti le due ferrovie concesse;
          la regione Lazio, aveva bandito una gara europea per il raddoppio della tratta Riano Sant'Oreste poi annullata con il cambio della maggioranza politica del governo regionale che ha ritenuto di impiegare in modo diverso le relative risorse finanziarie; dal che si deduce che vi sono tutte le condizioni per procedere rapidamente alla gara qualora si volesse dar seguito alle rinnovate intenzioni della regione Lazio;
          la regione Lazio non ha dato seguito, inoltre, alla gara europea, già aggiudicata, per l'individuazione dei servizi minimi su ferro e ad oggi non è provvista degli strumenti necessari e indispensabili per la definizione degli elementi contrattuali al fine dell'effettuazione delle eventuali gare per il servizio di trasporto pubblico locale nelle due ferrovie concesse;
          la città di Roma oltre a svolgere la funzione di capitale della Repubblica, si è candidata ad accogliere le prossime Olimpiadi del 2024, con la conseguente esigenza di dar corso rapidamente alla razionalizzazione delle infrastrutture su ferro. In particolare, deve essere definita in tempi rapidi, oltre alla chiusura dell'anello ferroviario a nord e all'implementazione della rete tranviaria, sia la scelta del collegamento con Tor Vergata, sede di importanti avvenimenti delle olimpiadi oltre che del Campus Universitario, decidendo se far raggiungere dalla linea A o dalla linea C della metropolitana, sia la sorte della linea C dopo il raggiungimento della Stazione Fori Imperiali-Colosseo  –:
          se il Governo non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a:
              a) agevolare l'acquisizione di Rete ferroviaria italiana delle due ferrovie concesse Roma Lido e Roma Viterbo al fine dell'ammodernamento e della messa in sicurezza delle infrastrutture ferroviarie e delle relative stazioni convogliando al riguardo tutte le risorse a vario titolo ad esse destinate ivi comprese quelle eventualmente disponibili nell'integrazione prevista dalla legge di stabilità e dal decreto-legge «Sblocca Italia» per gli investimenti ferroviari;
              b) attivare tramite le strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti competenti per materia, un'attenta verifica della necessità del mantenimento della connessione della Roma-Viterbo alla rete nazionale, di cui al decreto 5 agosto 2005, e quindi delle eventuali funzioni cargo della linea stessa con la rivisitazione del progetto approvato dalla regione Lazio per l'ammodernamento della linea;
              c) verificare i presupposti per partecipare in mancanza degli strumenti adeguati da parte della regione Lazio, alla definizione degli schemi dei bandi delle gare al fine di poter svolgere una regolare competizione fra imprese per il mercato del trasporto pubblico locale nelle due ferrovie ex concesse, ciò anche alla luce dei nuovi ulteriori compiti che il Governo vuole assegnare all'ART;
              d) sperimentare nella circostanza, al fine di promuovere una più larga partecipazione alla gara, il ricorso per la disponibilità del materiale rotabile, di cui le due linee hanno urgente necessità, al «ROSCÒs» della cui istituzione si è dato conto nel corso della conferenza stampa di presentazione degli investimenti nel settore ferroviario di cui in premessa;
              e) favorire l'acquisizione da parte di Rete ferroviaria italiana di tutte le altre ferrovie concesse che a livello nazionale possano rappresentare un ulteriore contributo al miglioramento delle condizioni di trasporto per i pendolari e per il trasporto merci su ferro che costituiscono secondo gli intendimenti del Governo, più volte dichiarati, una scelta strategica di grande rilievo;
              f) far sì che i vari livelli istituzionali interessati alla definizione delle scelte delle opere ferroviarie menzionate in premessa che riguardano la Capitale facciano chiarezza in un quadro di razionalizzazione delle risorse a vario titolo impegnate, superando il caos che si sta verificando nella città di Roma che vede cantieri fermi, operai messi in mobilità, vaste aree della città impegnate da lavori di cui non si conoscono più i tempi di esecuzione e le finalità. (4-13183)


      MARCO DI STEFANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          l'assessore ai trasporti della regione Lazio Michele Civita, nel corso dell'audizione presso il Senato della Repubblica riguardante la linea ferroviaria concessa Roma Lido ha affermato che è in preparazione un nuovo accordo di programma con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la utilizzazione dei fondi europei per ammodernare la ferrovia Roma-Lido;
          l'assessore ai trasporti della regione Lazio ha inoltre reso noto che, per quanto a lui risulta, allo stato non esistono all'uopo progetti o ipotesi concrete per la Roma Lido. L'ATAC concessionaria della linea, seppure in scadenza di contratto, non ha risposto infatti alle sollecitazioni della regione; dal che si deduce che non esistano progetti pronti;
          l'assessore ha quindi riferito che esiste un consorzio di imprese, i cui capofila sono Ansaldo e RATP, che ha proposto un project financing per la riqualificazione e per la trasformazione della linea in metropolitana a tutti gli effetti, con un treno ogni sei minuti nelle ore di punta e un intervallo minimo garantito di 15 minuti. Il project financing prevede la concessione dell'infrastruttura e dei servizi per un periodo di 25 anni, il rinnovo pressoché totale del parco rotabile con l'arrivo di nuovo materiale per una cifra totale pari a 447 milioni di euro, di cui 219 sarebbero contributi pubblici a carico della regione, oltre a un canone che la stessa regione dovrebbe versare pari a 44 milioni di euro per i primi tre anni e 78 milioni per i restanti anni della concessione;
          l'assessore Civita ha inoltre informato che la conferenza di servizi per esaminare il project financing è ancora in corso, ma ha anche aggiunto che «il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sostiene tecnicamente che non vi siano le condizioni per la trasformazione della linea in metropolitana» e ciò sia per il diradamento delle stazioni, sia per il grado di riempimento che non giustificherebbero questa diversa qualificazione;
          per la Roma Lido, sempre secondo le dichiarazioni dell'assessore Civita, esisterebbe al momento solo uno studio, non un progetto, effettuato dalla regione Lazio che richiederebbe un impegno di risorse pari a 180 milioni di euro, ma che si tratterebbe di una proposta tutta da verificare;
          nel corso dell'audizione presso il Senato della Repubblica l'assessore Civita ha poi riferito che la regione sta lavorando per la definizione di un nuovo contratto di servizio da sottoscrivere con ATAC per la gestione della ferrovia concessa Roma Lido. Il contratto in essere è ormai scaduto e l'ipotesi sul tavolo è quella di rinnovare fino al 2019 con previsione di rescissione con preavviso di sei mesi;
          la ferrovia Roma Lido continua, intanto, a registrare una situazione di totale abbandono, con continue interruzioni del servizio, corse soppresse, ritardi di oltre mezz'ora, treni che si fermano di continuo che costringono i pendolari a usare bus sostitutivi con le conseguenze facilmente immaginabili sopportate anche da chi ha un orario di lavoro da rispettare;
          la valutazione del Ministero sulla impossibilità tecnica della trasformazione della Roma Lido in metropolitana esclude in maniera definitiva la possibilità di accedere ai fondi europei per il project financing presentato dal Consorzio di imprese  –:
          in relazione alla competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in materia di vigilanza sulle condizioni di sicurezza delle infrastrutture ferroviarie e dei treni delle ferrovie concesse, se siano stati fatti controlli e quanti e quali iniziative siano state assunte per risolvere le continue interruzioni di servizio sulla linea riguardanti sia l'infrastruttura che il materiale rotabile, anche al fine di assicurare condizioni di sicurezza per gli utenti e i lavoratori;
          se non ritenga, visto il rinnovato    interesse del Governo per la cosiddetta «cura del ferro» e segnatamente per la ferrovia concessa Roma Lido e considerata la conclamata mancanza di un progetto pronto, di intervenire mettendo a disposizione le strutture tecniche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti o di Rete ferroviaria italiana al fine di predisporre in tempi rapidi un progetto di ammodernamento della Roma Lido per poi impegnare le risorse europee FSC;
          se non ritenga, d'accordo con la regione Lazio, di assumere iniziative per l'acquisizione da parte di Rete ferroviaria italiana delle linee ferroviarie concesse Roma Lido e Roma Viterbo, al fine di progettare e realizzare il loro ammodernamento e consentire così in breve tempo di poter offrire, tramite gara, ai cittadini un servizio degno della Capitale, tenendo conto che ciò supererebbe ogni intenzione di rinnovare l'affidamento all'ATAC sia della gestione dell'infrastruttura, che del servizio di trasporto i cui pessimi risultati sono ormai di pubblico dominio. (4-13184)


      PAGANI. —Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          esistono macchinari salvavita che non possono essere trasportati nella stiva degli aerei. Nello specifico, l'apparecchiatura elettromedicale per la dialisi peritoneale è un macchinario molto delicato che deve necessariamente essere trasportato in cabina come bagaglio speciale;
          il macchinario in questione è un bagaglio fuori misura sia per dimensione (70x60x22), sia per peso (21kg), del quale molte compagnie aeree come Iberia, British Airways e Ryanair, consentono il trasporto in cabina a titolo gratuito con semplice, preavviso di 48 ore;
          un passeggero, a quanto risulta all'interrogante, avrebbe segnalato che Alitalia chiede che venga pagato un biglietto anche per il trasporto del suddetto macchinario salvavita in cabina, come bagaglio speciale;
          il paziente in dialisi peritoneale dipende, per la propria sopravvivenza, da questa apparecchiatura, che sostituisce la funzione renale e che viene utilizzato ogni notte per almeno 8 ore. Saltare una notte, significa avere delle grossissime ripercussioni sulla salute, dunque è assolutamente necessario che il macchinario viaggi sempre con il paziente. La terapia può essere interrotta solo in caso di trapianto, nei casi in cui il trapianto è possibile  –:
          se il Ministro sia a conoscenza del fatto che Alitalia richiede il pagamento di un biglietto per il trasporto di macchinari salvavita;
          quali iniziative di competenza possano adottare, con la massima urgenza, affinché si garantisca la gratuità del trasporto di tali macchinari. (4-13185)


      GAGNARLI e SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          le segreterie regionali toscane delle sigle CUB, CAT e USB, sindacati di base dei ferrovieri, hanno presentato un esposto alla procura di Firenze sollevando un peggioramento degli standard di sicurezza del trasporto ferroviario nei treni Jazz, Swing e Minuetto in doppia composizione, anche noti come «treni doppi», cioè formati da due treni con due motrici, di cui una trainata, non fisicamente comunicanti tra di loro, sui quali è previsto un solo capotreno;
          i cosiddetti treni doppi sono una realtà nazionale; oltre alla Toscana viaggiano anche nel Veneto, in Umbria, in Sicilia e nel Lazio con il Leonardo Express da Termini a Fiumicino;
          secondo gli stessi ferrovieri dotare questi convogli di un solo capotreno, che in base ad una direttiva interna di pochi giorni fa deve stare nelle carrozze di testa salvo necessità di servizio, non basterebbe a coprire le zone isolate delle carrozze posteriori, oltre a rappresentare anche un problema di salvaguardia del personale;
          i sindacati di base hanno pertanto chiesto l'utilizzo di treni comunicanti tra loro o il raddoppio del personale, ricordando gli episodi successi negli ultimi mesi, come la mancata apertura delle porte nella parte posteriore, la sosta di un convoglio in galleria per oltre 20 minuti, ed in particolare il caso del regionale Lucca – Aulla accaduto a gennaio 2016: il convoglio si era fermato sulla linea per un guasto ai freni ed era dovuta intervenire la protezione civile, accorsa per soccorrere alcuni passeggeri con malori nelle carrozze di coda, senza che il capotreno avesse potuto raggiungerli perché lo Swing era in composizione multipla;
          Trenitalia ha tuttavia ribattuto alle accuse sostenendo che i «treni doppi» sarebbero perfettamente sicuri, perché dotati di citofono tra un convoglio e l'altro, ricordando che le corse fatte in doppia rappresenterebbero poco più del 2 per cento degli 800 viaggi fatti ogni giorno in Toscana e che i «treni doppi» sarebbero comunemente utilizzati anche nel resto d'Europa, dove addirittura in alcuni casi viaggerebbero senza la figura del capotreno;
          il paragone con gli altri Stati europei avrebbe maggior valore se effettuato sul livello generale delle condizione di sicurezza ed efficienza del trasporto ferroviario;
          l'azienda ha anche disposto che in caso di criticità, qualora il macchinista non possa arrestare il treno in zona idonea e tempestiva, e/o contestualmente il capotreno non sia nelle condizioni di poter scendere dal primo convoglio e passare al secondo, lo stesso dovrà attivarsi al fine di adempiere agli obblighi di "gestione tempestiva della sicurezza ai viaggiatori" solamente chiamando i soccorsi esterni alla ferrovia (VVFF, protezione civile, 118) ed attendere il loro arrivo e conseguente intervento, abbassando in maniera sostanziosa il livello di sicurezza d'esercizio in ambito ferroviario;
          nella lettera inviata dai sindacati dei ferrovieri in procura si legge, altresì, che l'azienda si sarebbe adoperata sul personale con atteggiamenti deterrenti e ritorsivi nei riguardi dei lavoratori che avrebbero tentato di opporsi, utilizzando pretesti per aumentare la pressione disciplinare sanzionatoria, intimando riqualificazioni professionali senza fondamento e minacciando conseguenze lavorative  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica legata alla categoria dei treni in composizione multipla e se non ritenga opportuno affrontare più approfonditamente la questione con i vertici di Trenitalia spa, al fine di tutelare il personale di bordo ed il livello di sicurezza dei passeggeri in tali tipologie di convogli. (4-13187)


      MATTIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          come riportato dagli organi di stampa, a far data dalle ore 01.00 del 12 aprile 2016, la Compagnia delle Isole s.p.a. (CDI) ha ceduto il ramo d'azienda preposto all'erogazione dei servizi di collegamento marittimo (ex SIREMAR) alla Società di Navigazione Siciliana spa (SNS);
          la Compagnia delle isole, società, presieduta dall'armatore Salvatore Lauro e di cui è azionista la Mediterranea holding il cui capitale di maggioranza è nelle mani della regione siciliana, rilevò Siremar grazie a una fideiussione della regione, di circa 30 milioni di euro;
          con sentenza passata in giudicato n.  2351/2015, il Tar Lazio ordinava al Ministero dello sviluppo economico di riavviare la procedura dismissiva del ramo, a partire dalla lettera di invito del 29 settembre 2011 e di portarla a termine nel termine di 120 giorni, nonché di assumere le necessarie determinazioni aventi ad oggetto il contratto di cessione del ramo d'azienda poiché la fideiussione della regione era da ritenere alla stregua di un aiuto di Stato e dunque lesivo della libertà di concorrenza tra privati;
          la citata sentenza non è stata ottemperata nei termini previsti dalla stessa (scadenza giugno 2015);
          il contratto di transazione ha permesso l'aggiudicazione del ramo di azienda Siremar a seguito del giudicato sopramenzionato, aggiudicazione avvenuta dopo 350 giorni;
          risulta all'interrogante che la regione siciliana (assessorato infrastrutture e mobilità) ha erogato alla Compagnia delle Isole sanzioni per diverse migliaia di euro;
          nell'ambito della complessa procedura di aggiudicazione sono stati limitati i versamenti dovuti dal Ministero dello sviluppo economico per i servizi che Compagnia delle Isole aveva svolto regolarmente, determinando nella società una difficoltà finanziaria tale da costringere Compagnia delle Isole ad accettare di fatto le condizioni della transazione;
          per realizzare «a tutti i costi» la procedura di aggiudicazione, pur essendo abbondantemente scaduti i termini di ottemperanza del giudicato, sono state sanate le citate sanzioni in capo alla gestione Compagnia delle Isole di Siremar, accordando di fatto uno sconto di circa il 10 per cento alla Società di Navigazione Siciliana evenienza questa che potrebbe, ad avviso dell'interrogante, anche dar luogo a un danno erariale;
          tale danno economico per la regione è aggravato dalla perdita di valore della quota detenuta in Compagnia delle Isole attraverso Mediterranea Holding, a causa delle perdite registrate nel 2013;
          la procedura che ha portato al perfezionamento della transazione in molte parti si è dimostrata lacunosa e contraddittoria per non dire altro: a tal riguardo, per esempio nell'arco di 12 ore la regione siciliana, assessorato regionale infrastrutture, ha emanato un decreto per condizionare la propria rinuncia alle sanzioni solo dopo la valutazione della Corte dei conti ed un altro per abrogare il primo, ambedue provvedimenti adottati nella stessa data;
          in tutta la trattativa prima e dopo la transazione ci sono particolari che, ad avviso dell'interrogante, si possono definire inquietanti;
          Società di Navigazione Siciliana è una nuova compagine societaria di cui fa parte la «Caronte&Tourist» al 50 per cento, e l'altra metà è della «Ustica Lines»;
          dai certificati camerali delle seguenti società: Ustica Lines S.p.a. (o anche UL), Navigazione Generale Italiana s.p.a. (o anche NGI), Caronte & Tourist s.p.a. (o anche C&T), Società Navigazione Siciliana risulta chiaramente che trattasi di una «identità economica commerciale finanziaria» unica riconducibile totalmente alle famiglie Franza, Morace, Matacena, La Cava, Genovese di Francantonio, come peraltro abbondantemente scritto su autorevole stampa quotidiana;
          lo Stato eroga a Siremar un contributo annuo di circa 55 milioni di euro;
          la regione siciliana già eroga a Ustica Lines contributi annui pari a circa 90 milioni di euro per servizi sovrapponibili a quelli che effettua Siremar;
          la regione, siciliana già eroga a Navigazione Generale Italiana contributi pari a circa 10 milioni di euro annui per servizi sovrapponibili a quelli che effettua Siremar;
          gli effetti della sopramenzionata transazione faranno entrare nelle casse di Società di Navigazione Siciliana in 9 anni circa 560 milioni di euro di contributi statali, e 300 milioni di euro di incassi da vendite dirette;
          è notorio che il signor Amedeo Matacena (per lui viene contestato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa) ed il signor Genovese (per lui la procura messinese ha ipotizzato anche i reati di concussione e riciclaggio) hanno una posizione pesante dal punto di vista giudiziario;
          il signor Vittorio Morace è stato recentemente rinviato a giudizio dall'autorità giudiziaria di Trapani per interruzione di pubblico servizio;
          le società riconducibili ai Franza hanno subito nel passato diverse condanne da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
          a parere dell'interrogante, considerati gli svariati milioni che la Società di Navigazione Siciliana incasserà nei prossimi anni, alla luce anche dei diversi precedenti in linea giudiziaria dei soggetti e delle società riconducibili al gruppo sarebbe stato quanto meno prudente verificare meglio la posizione dei singoli soci e delle singole società;
          l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (conosciuta anche come Autorità antitrust) nel provvedimento n.  23023 del 23 novembre 2011, relativo all'acquisizione del ramo d'azienda costituito dalle attività operative in amministrazione straordinaria con marchio Siremar, servizi regolati da una convenzione stipulata con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti da parte di Compagnia delle Isole s.p.a. e appartenente alla società Tirrenia di Navigazione s.p.a., esaminata la composizione societaria della stessa Compagnia delle Isole, deliberava nel senso che l'ingresso di Compagnia delle Isole sul mercato non avrebbe determinato una posizione dominate nel mercato;
          quindi con riferimento alla precedente aggiudicazione (oggi annullata dai sopramenzionati giudicati) l'Autorità antitrust si era pronunciata favorevolmente in maniera preventiva;
          recentemente, la stessa Autorità antitrust ha aperto un'istruttoria per accertare e nel caso sanzionare un abuso di posizione dominante contro CIN e MOBY nel mercato dei trasporti marittimi della Sardegna  –:
          se il Governo non ritenga necessario, per quanto di competenza, fornire chiarimenti in merito a come sia stata gestita la transazione sopra menzionata, i cui effetti sembrano configurare, a giudizio dell'interrogante, un gravissimo danno per le finanze pubbliche;
          quali iniziative di competenza, ad oggi, il Governo intenda adottare per superare le criticità esposte in premessa circa il mercato dei servizi di collegamento marittimo in Sicilia e per garantire la piena affermazione dei principi della concorrenza, in una situazione che vede, di fatto e di diritto, tutto il trasporto marittimo siciliano affidato a un solo soggetto finanziato interamente con ingentissimi fondi pubblici. (4-13194)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


      LOSACCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          in data 10 maggio 2016 la direzione distrettuale antimafia di Bari ha effettuato un'operazione antiterrorismo nel capoluogo pugliese che ha portato all'arresto di due persone ed altre tre risultano essere ricercate;
          in manette sono finiti il 23enne afghano Hakim Nasiri, accusate di terrorismo internazionale, domiciliato presso il Cara (centro di accoglienza per richiedenti asilo) di Bari-Palese, con lo status di protezione sussidiaria riconosciuto il 5 maggio 2016 e il 29enne afghano Gulistan Ahmadzai, accusato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, domiciliato presso Borgo Libertà a Cerignola (Foggia), con lo status di protezione umanitaria riconosciuto nel settembre 2011;
          altri tre soggetti, due accusati di terrorismo e uno di immigrazione clandestina, sono attualmente ricercati;
          secondo le indagini coordinate dalla direzione distrettuale antimafia di Bari, i fermati progettavano attentati in Italia e in Inghilterra e farebbero parte di una associazione per delinquere con «finalità di terrorismo internazionale, in Italia e all'estero, realizzando anche in Italia (oltre che in Francia, in Belgio) un'associazione criminale – costituente articolazione o comunque una rete di sostegno logistico di una organizzazione eversiva sovranazionale di matrice confessionale funzionalmente collegata all'organizzazione terroristica internazionale denominata Isis, all'emirato Islamico dell'Afghanistan e di Al Qaeda;
          gli indagati secondo l'accusa hanno compiuto atti a sostegno di soggetti disponibili a compiere azioni suicide o azioni combattenti nell'ambito di Paesi stranieri, ed in particolare in Iraq e Afghanistan con modalità di combattimento;
          le indagini sono partite il 16 dicembre 2015 quando i carabinieri sono intervenuti presso l'Ipercoop di Santa Caterina a Bari per la segnalazione di 4 stranieri sospetti. Uno di loro stava facendo un video del centro commerciale con il cellulare. Dall'analisi dei dati contenuti nel suo telefono, poi sequestrato, gli investigatori hanno trovato anche un video dell'area interna dell'aeroporto di Bari-Palese;
          la cellula terroristica – si legge nel provvedimento di fermo – diffondeva l'ideologia della guerra santa e le tecniche di combattimento (manuali operativi, manuali di fabbricazione di esplosivi) mediante lo strumento di internet;
          secondo la direzione distrettuale antimafia, l'organizzazione predisponeva, mediante la preventiva ispezione dello stato dei luoghi (anche con documentazione fotografica e video), attentati terroristici presso aeroporti, porti, mezzi delle forze dell'ordine, centri commerciali, alberghi, oltre che altri imprecisati attentati terroristici in Italia e Inghilterra;
          è evidente che tali premesse necessitano di un'adeguata risposta nel rafforzamento dei protocolli di sicurezza da adottare sul territorio pugliese ed in particolare a Bari  –:
          quali iniziative intenda adottare il Ministro, alla luce di quanto esposto in premessa, per rafforzare tutti i dispositivi di sicurezza e se intenda valutare l'opportunità di assumere le iniziative di competenza per un ulteriore incremento degli organici delle forze dell'ordine e della magistratura in servizio sul territorio pugliese per le attività antiterrorismo. (3-02253)


      ANZALDI e BURTONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          in data 10 maggio 2016 a Roma è stato sgomberato dalle forze dell'ordine con il supporto della polizia municipale, a seguito di una ordinanza del tribunale, il campo rom di Via Giuseppe Mirri, allestito presso l'ex deposito Cotral, nel quartiere di Casalbertone al cui interno vivevano circa 400 persone;
          diversi bambini frequentavano la scuola elementare Randaccio presso il quartiere e non è vero che non vi era alcun frequentante come erroneamente riportato da alcuni organi di informazione;
          la scuola non è un posto qualunque, ma il luogo principale dove attivare politiche di integrazione;
          quei bambini accettando di frequentare la scuola hanno mostrato con le loro famiglie di voler rispettare le regole dello Stato, quello stesso Stato allontanandoli con la forza da quel campo, senza un'alternativa almeno per consentire ai minori di continuare a frequentare la stessa scuola, ha precluso agli stessi la possibilità di mantenere un rapporto di fiducia;
          è davvero triste che questo sgombero sia avvenuto a meno di un mese dalla chiusura dell'anno scolastico;
          non si comprende perché, quando si effettuano tali operazioni, non si cerchi di valutare le situazioni caso per caso;
          per qualcuno di quei bambini continuare a frequentare quella scuola può significare avere un futuro diverso, così invece li si condanna senza alcuna possibilità di riscatto;
          bisogna interrogarsi anche sui sentimenti di quei bambini e sul rancore che proveranno verso le istituzioni che li hanno allontanati dalla loro scuola, dalle loro maestre, dai loro compagni;
          si rischia anche uno spreco economico per un'integrazione scolastica che viene annullata improvvisamente e per il conseguente costo sociale di bambini indirizzati verso una forma di repulsione sociale, i cui effetti sono facilmente prevedibili  –:
          di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per consentire ai bambini di continuare a frequentare la scuola Randaccio e di proseguire l'anno scolastico, scongiurando il rischio di vanificare i risultati di integrazione conseguiti attraverso il lavoro degli insegnanti. (3-02254)

Interrogazioni a risposta scritta:


      CAPARINI, FEDRIGA e GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          in data 5 maggio 2016, il CONAPO, Sindacato autonomo dei vigili del fuoco, ha proclamato lo stato di agitazione nazionale del personale appartenente al Corpo, preannunciando l'intenzione di indire lo sciopero nazionale della categoria unitamente ad altre manifestazioni di piazza;
          lo stato di agitazione è finalizzato ad ottenere l'equiparazione delle retribuzioni e delle pensioni dei vigili del fuoco a quelle degli altri corpi dello Stato, ponendo rimedio ad alcune evidenti sperequazioni tuttora in essere con specifico riferimento alle forze di polizia ad ordinamento civile, Corpo forestale dello Stato incluso;
          sul piano retributivo, ad esempio, i vigili del fuoco risultano subire una sperequazione mediamente pari a 300 euro mensili;
          i vigili del fuoco del CONAPO chiedono il loro pieno inserimento nel comparto sicurezza mediante l'estensione dei meccanismi di equiparazione retributiva previsti dagli articoli 16, 43 e 43-ter della legge n.  121 del 1981;
          in subordine, peraltro, i vigili del fuoco del CONAPO si dichiarano disponibili ad accettare anche alcune norme specifiche di equiparazione retributiva e pensionistica;
          si segnalano fra gli obiettivi dei vigili del fuoco del CONAPO in stato di agitazione, lo scatto dell'assegno funzionale ai 17, 27 e 32 anni di servizio; la perequazione di tutti gli importi delle indennità di rischio; l'estensione al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco dei sei scatti aggiuntivi sull'importo della pensione, già riconosciuti al personale delle forze di polizia ad ordinamento civile sin dal 1987; l'introduzione per i vigili del fuoco dell'aumento di servizio ai fini pensionistici, nella misura pari ad un anno ogni cinque, come capita già al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile sin dal 1977; l'introduzione per il personale direttivo e dirigente dei vigili del fuoco di aumenti retributivi rispettivamente al 13o e al 23o anno di servizio ed al 15o e 25o anno di servizio, come già succede dal 1981 al personale delle forze di polizia ad ordinamento civile delle corrispondenti qualifiche;
          a fondamento giuridico delle richieste avanzate dai vigili del fuoco del CONAPO vi è l'articolo 19 della legge n.  183 del 2010, significativamente rubricato «specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco»  –:
          in che modo il Governo intenda rispondere alla giusta rivendicazione di parità di trattamento da parte del personale dei vigili del fuoco aderente al CONAPO;
          se, in particolare, il Governo intenda aprire una trattativa con il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e le sue rappresentanze al fine di tradurre in fatti concreti l'equiparazione con le forze dell'ordine sancita formalmente dalla legge e poi di fatto disattesa in termini di remunerazione e trattamento pensionistico. (4-13165)


      FEDRIGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nel territorio comunale di Codognè, in provincia di Treviso, si trova una struttura della Caritas deputata all'accoglienza degli immigrati irregolari richiedenti asilo;
          la struttura di Codognè ospita donne, soprattutto di origine nigeriana, della cui presenza il sindaco di Codognè è stato inizialmente informato nel mese di ottobre 2015, tramite dichiarazioni di ospitalità che non sarebbero state corredate da documenti identificativi, firmate dal responsabile della Caritas;
          la ricezione delle dichiarazioni di ospitalità determinava la scelta dell'amministrazione comunale di Codognè di attivare procura della Repubblica, prefettura, questura ed Asl, affinché disponessero l'effettuazione di accertamenti relativi alle condizioni sanitarie delle ospiti nigeriane;
          in seguito alla segnalazione da parte delle autorità comunali di Codognè, il responsabile igiene e sanità pubblica della Asl territorialmente competente riscontrava un caso di scabbia, immediatamente trattato;
          la prefettura ha altresì successivamente comunicato la presenza di due richiedenti asilo nella struttura ubicata a Codognè, in realtà risultati essere poi quattro, circostanza che determinava la reazione delle autorità comunali, incentrata sia sulla difformità dei numeri rispetto a quelli comunicati che sulla mancata interazione tra organo del Governo ed autonomia locale;
          a richiesta del sindaco di Codognè, la prefettura inviava peraltro i titoli di soggiorno delle richiedenti asilo;
          nel mese di dicembre 2015, la struttura di Codognè veniva poi raggiunta da altre donne, senza che l'autorità ne venisse preventivamente informata. Questa volta, inoltre, la richiesta dell'autonomia locale di ricevere i documenti identificativi dei migranti veniva respinta dalla prefettura, che affermava di non essere tenuta né ad anticipare l'arrivo di nuove immigrate richiedenti asilo né a trasmettere alle autorità comunali alcun dato identificativo ad esse relativo;
          la prefettura sottolineava altresì come l'autorità comunale territorialmente competente non avesse sostanzialmente alcun interesse concreto e diretto a ricevere dati ed informazioni, trasmessi una prima volta soltanto a titolo di cortesia;
          si pone conseguentemente la questione dei poteri e delle garanzie dell'autonomia locale rispetto all'accoglienza sul proprio territorio dei migranti stranieri richiedenti asilo  –:
          se alle autonomie locali ed in particolare alle autorità comunali preposte all'amministrazione di un territorio coinvolto nell'accoglienza degli immigrati richiedenti asilo sia riconosciuto o meno un diritto all'informazione da parte del Governo e quali limiti tale diritto incontri, o se le autonomie locali non abbiano alcuna facoltà di essere informate su chi alloggi sul loro territorio. (4-13172)


      NACCARATO, MIOTTO, CAMANI, NARDUOLO, ROSTELLATO e ZAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          Ecofficina Cooperativa Sociale è una società cooperativa con sede legale a Battaglia Terme in via Roma 32, costituita nell'agosto 2011;
          dal maggio 2014 ha iniziato ad occuparsi dell'accoglienza dei richiedenti asilo e, nei primi mesi del 2015, la cooperativa ha mutato ragione sociale ed è stata denominata Ecofficina Educational Cooperativa Sociale Onlus;
          attualmente la cooperativa gestisce strutture di accoglienza in diverse province del Veneto: in particolare, ha in gestione oltre 500 profughi nella provincia di Venezia, 150 in quella di Vicenza e circa 80 in provincia di Rovigo;
          in provincia di Padova, Ecofficina gestisce presso l’ex caserma Prandina nel comune di Padova un numero di richiedenti asilo che oscilla tra 350 (agosto 2015) e 98 (aprile 2016), circa 100 profughi nel comune di Battaglia Terme, 40 a Torreglia, 30 a Due Carrare, 60 a Monselice, 48 a Este, 95 a Montagnana;
          l'assegnazione alla cooperativa Ecofficina di un numero rilevante di appalti per la gestione dell'accoglienza profughi in provincia di Padova ha suscitato perplessità per la rapidità con cui l'impresa ha conquistato la supremazia nel settore;
          sulla stessa cooperativa gli interroganti hanno già interrogato il Ministro in data 6 aprile 2016;
          in questi giorni la procura della Repubblica di Padova ha aperto un'inchiesta sull'assegnazione del bando per la gestione dell'accoglienza dei richiedenti asilo nel comune di Due Carrare alla Cooperativa Ecofficina;
          le indagini riguardano i reati di truffa e falso in atto pubblico rispetto alla gara del febbraio 2016 per il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (in seguito SPRAR) nel comune di Due Carrare in provincia di Padova;
          dai documenti presentati dalla cooperativa per l'appalto emerge un'irregolarità evidente; tra i requisiti per partecipare, il bando prevedeva lo svolgimento in modo continuativo dell'attività di accoglienza dei migranti per un periodo di due anni;
          la cooperativa per aggiudicarsi l'appalto ha depositato una dichiarazione attestante l'esistenza di una convenzione con la prefettura di Padova, in data 6 gennaio 2014, e l'inizio dell'attività di accoglienza profughi in data 8 gennaio 2014;
          va ricordato che nel gennaio 2014 non esisteva ancora l'emergenza profughi e che in quel periodo Ecofficina non si occupava ancora dell'accoglienza dei richiedenti asilo;
          inoltre dalla convenzione siglata dalla cooperativa con la prefettura il 14 maggio 2014 emerge che Ecofficina ha iniziato l'attività di accoglienza profughi soltanto nel mese di maggio 2014;
          dalle prime ricostruzioni sembra che i documenti presentati per partecipare alla gara siano stati falsificati;
          ad aggravare la situazione si aggiunge il fatto che molte delle convenzioni per le assegnazioni dei bandi vinti da Ecofficina sarebbero state autorizzate da una dipendente della prefettura di Padova, la cui figlia avrebbe prestato servizio in più occasioni proprio per la cooperativa Ecofficina;
          se questa circostanza venisse confermata sarebbe evidente un conflitto di interessi tra la dipendente e la cooperativa che potrebbe avere condizionato le procedure di assegnazione  –:
          se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti;
          se trovi conferma che alcune convenzioni stipulate dalla prefettura di Padova siano state condizionate da conflitto di interessi tra una dipendente della prefettura stessa e una collaboratrice della cooperativa Ecofficina;
          quali iniziative di competenza intenda adottare per verificare se la prefettura di Padova abbia adeguatamente controllato le procedure per il bando SPRAR del comune di Due Carrare e per i bandi per l'accoglienza dei profughi nella provincia di Padova. (4-13179)


      NUTI, DI VITA, DI BENEDETTO, LUPO e MANNINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          ad inizio del mese di maggio 2016, il gip del tribunale di Palermo, su richiesta della direzione distrettuale antimafia, ha emesso 10 mandati di arresto nei confronti di esponenti della famiglia mafiosa di Borgetto; nell'ambito dell'inchiesta è indagato anche Giuseppe Maniaci, direttore dell'emittente televisiva « Telejato», che, secondo l'accusa, avrebbe ricevuto somme di denaro e agevolazioni dai sindaci di Partinico e Borgetto;
          secondo gli investigatori, le famiglie mafiose di Borgetto avrebbero pilotato appalti pubblici e persino le elezioni amministrative al comune di Borgetto. «Tutti soggetti accusati – si legge in una nota – a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione e intestazione fittizia di beni. Le attività tecniche – scrivono gli investigatori – hanno consentito di documentare l'interesse della compagine mafiosa a condizionare le scelte amministrative del Comune di Borgetto, con particolare riguardo all'esecuzione di alcuni lavori pubblici»;
          Giuseppe Maniaci è stato intercettato casualmente dai carabinieri i quali stavano indagando su presunti legami tra il sindaco del comune di Borgetto, in provincia di Palermo, Gioacchino De Luca, e Cosa Nostra locale: nel febbraio del 2015, Maniaci vantava la conoscenza di una presunta relazione in possesso del precedente prefetto di Palermo, sua amica, per chiedere lo scioglimento del comune di Borgetto, oltre a presunti legami tra il sindaco, i membri della giunta e del consiglio comunale, con personaggi delle locali famiglie mafiose;
          nello specifico, si riportano le intercettazioni in cui Maniaci, parlando con Gioacchino De Luca, dice: «Il Prefetto ha una relazione pronta per mandarla al Ministero dell'interno per mandarvi tutti a casa [...] Tu hai grosse inclusioni di persone che sono state attenzionate, c’è una proposta del Tribunale che viene dal Prefetto con la relazione dell'ufficio della Polizia per qualche Consigliere Comunale e qualche Assessore [...] Il problema è che Riina è con te, non con me»;
          situazione simile è stata registrata con riferimento all'assessore pro-tempore al comune di Borgetto, Gioacchino Polizzi, il quale, stando alle intercettazioni, avrebbe relazioni di parentela con esponenti locali di Cosa Nostra;
          a prescindere dagli eventuali sviluppi giudiziari riguardanti Giuseppe Maniaci, dalle intercettazioni, secondo l'interrogante, emergerebbero chiari elementi di presunte infiltrazioni mafiose all'interno del comune di Borgetto e dei suoi organi di governo  –:
          di quali elementi disponga in ordine a quanto emerge dalle intercettazioni e se la prefettura di Palermo ma in possesso, dal febbraio 2015, di una relazione volta a chiedere lo scioglimento del comune di Borgetto;
          se non intenda comunque attivare la procedura di cui agli articoli 143 del testo unico sugli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267, al fine di procedere, ove ne ricorrano i presupposti, allo scioglimento del comune di Borgetto. (4-13180)


      PALESE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la recente operazione dell'Antimafia barese che ha portato a sgominare una cellula terroristica che, presumibilmente, da Bari pianificava attentati anche nel resto d'Italia e all'estero per conto dell'Isis, riporta a galla l'antica questione del porto di Bari, fin dagli anni ‘80 soprannominato «colabrodo» e come tale crocevia di ogni tipo di traffico illecito anche da parte della criminalità organizzata;
          non è una novità, a leggere la stampa neanche per inquirenti ed intelligence, che dal porto del capoluogo pugliese da sempre transitino regolarmente personaggi di spicco del terrorismo internazionale che riescono a mimetizzarsi spesso tra i turisti e, ancora più spesso e facilmente, tra le migliaia di immigrati che giungono, non sempre legalmente, nel nostro Paese e poi chiedono asilo o ottengono permessi di soggiorno;
          con queste modalità, secondo quanto si apprende dalla stampa, sarebbero passati da Bari nell'ultimo periodo almeno diciotto possibili «foreign fighters», per non parlare degli attentatori di Parigi che da Bari sono passati indisturbati anche più di una volta;
          i potenziali terroristi individuati nell'ultima operazione del 10 maggio 2016, peraltro, pare fossero tranquillamente domiciliati al centro accoglienza per richiedenti asilo di Bari dove è ormai chiaro che non vi sono solo disperati in fuga dalle guerre e che giustamente vengono accolti ed assistiti in attesa del disbrigo delle pratiche di richiesta d'asilo;
          nel centro accoglienza per richiedenti asilo di Bari, stazionano evidentemente anche cellule terroristiche che, mentre lo Stato italiano paga loro vitto, alloggio e trasporto, pianificano atti di distruzione e di morte dei cittadini anche italiani;
          negli stessi giorni in cui veniva scoperta questa cellula terroristica, nella città di Bari, nel pieno della festa patronale, la criminalità organizzata sfidava lo Stato a viso aperto minacciando sindaco e forze dell'ordine e scatenando una guerriglia urbana che ha terrorizzato e messo a rischio le migliaia di uomini, donne, bambini, turisti, che affollavano il lungomare durante la festa di S. Nicola;
          sempre nelle stesse giornate, sempre nel Barese, a Gioia del Colle, veniva sequestrato mezzo chilo di tritolo pare destinato alla camorra che voleva compiere un attentato ai danni del procuratore capo di Napoli, il barese Giovanni Colangelo. Stando a ricostruzioni di stampa, a rivelare la preparazione di questo attentato sarebbe stato un pentito della Sacra Corona Unita originario di Napoli;
          risulta evidente anche a chi non è esperto di criminalità organizzata o di terrorismo internazionale, che in Puglia ed in particolare a Bari per la sua posizione di centralità nel Mediterraneo, la criminalità locale e le organizzazioni criminali radicate nelle regioni del Sud Italia, hanno stretto prima un patto tra loro, poi hanno tessuto alleanze con la criminalità dei Paesi dell'est dalla quale si approvvigionano regolarmente di armi e droga che arrivano insieme agli immigrati clandestini o ai richiedenti asilo e riforniscono le piazze di mezza Italia. Ciò, peraltro, avviene da sempre come dimostrato a fine anni ’90 dalla stagione dell’«Operazione Primavera». Oggi, in queste dinamiche criminali mai del tutto debellate, trovano terreno fertile e facile copertura anche i terroristi;
          il passaggio degli attentatori francesi dal porto di Bari, i piani dei tre presunti terroristi scoperti il 10 maggio, ma anche la scoperta del tritolo a Gioia del Colle, sembrano essere stati scoperti solo casualmente, i primi due fatti grazie a cittadini che, allarmati dal contesto internazionale, si sono insospettiti nel vedere che questi soggetti si fotografano in luoghi inconsueti, il secondo grazie alle rivelazioni di un pentito  –:
          se il Ministro non ritenga che, alla luce di quanto riassunto in premessa, non sia arrivato il momento che l'Italia, pur continuando a credere fortemente nei valori dell'accoglienza e della solidarietà cominci in autotutela ad operare delle distinzioni su chi accogliere e chi no, assumendo ogni iniziativa in sede europea per proteggere i propri cittadini non costruendo muri di confine per evitare di accogliere i disperati, ma, ad esempio, proponendo nelle zone più a rischio come quelle già oggetto di scoperta di cellule terroristiche, di accogliere ed ospitare nei centri di accoglienza solo donne e bambini;
          se il Ministro non ritenga indispensabile ed urgente che lo Stato «torni» pesantemente a Bari e in Puglia militarizzando il porto di Bari e gli altri porti pugliesi, non solo con la presenza ma anche con la possibilità di azione da parte degli uomini dell'Esercito, passando al setaccio quotidianamente il centro accoglienza per richiedenti asilo di Bari;
          se il Governo, alla luce del pericolo che ogni giorno corrono i nostri cittadini anche in zone non prettamente a rischio di attentati come Bari e la Puglia, non ritenga opportuno chiudere parzialmente i rubinetti della tolleranza per troppo tempo lasciati aperti e fare, in grande, quel che coraggiosamente in piccolo ha fatto nei giorni scorsi il sindaco di Bari, scendendo in strada al fianco dei suoi uomini e dello Stato, nonostante le minacce alla sua incolumità personale, per opporsi alla prepotenza della criminalità organizzata. (4-13188)


      DIENI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il 29 aprile 2016 a Montebello Ionico (RC), nel corso di un consiglio comunale, nonostante l'ordine del giorno della seduta non ne prevedesse la trattazione, grazie ad un'interpellanza presentata dal consigliere di minoranza Fabio Macheda e ad altre, si è potuto ugualmente discutere della richiesta che la ditta «Diano Cementi Spa» ha presentato alla regione Calabria per la valutazione di impatto ambientale (VIA) relativa ad un progetto, da sviluppare presso gli impianti aziendali localizzati all'interno dell'Area Ex Liquichimica di Saline Ioniche e consistente «nella modifica gestionale dell'impianto di macinazione cemento per attività di recupero di quantitativi superiori a 10 tonn/giorno, di rifiuti speciali non pericolosi per la produzione di cemento e leganti idraulici»;
          va premesso che il consigliere Fabio Macheda già il 29 aprile 2016 chiedeva tramite missiva al responsabile del settore urbanistica, lavori pubblici e servizi del comune di Montebello Ionico e per conoscenza al sindaco il rilascio urgente di copia dei seguenti atti depositati presso il comune di Montebello Ionico, relativi alla «richiesta di valutazione impatto ambientale (VIA) della regione Calabria» presentata dalla Diano Cementi Spa in data 29 marzo 2016, senza ottenere risposta;
          la Diano Cementi Spa, società avente sede legale in via Nazionale, 113 Lazzaro di Motta SG, (RC), presentava infatti formale richiesta di valutazione di impatto ambientale, ai sensi del decreto legislativo n.  152 del 2006, in data 29 marzo 2016 alla regione Calabria per il sopra citato progetto consistente in «attività di recupero di rifiuti speciali non pericolosi per la produzione di cemento e leganti idraulici»;
          i rifiuti che essa intende utilizzare sono costituiti da: «ceneri leggere di carbone o biomassa derivanti dalla produzione di energia elettrica – Gesso chimico di desolforazione» e quindi materiali di scarto di centrali elettriche;
          il progetto, secondo la richiesta, come sopra anticipato, «è localizzato in località Saline Joniche del Comune di Montebello Ionico» presso gli impianti dell'azienda, insistenti sull'area industriale Ex Liquichimica, già fortemente impattata da precedenti insediamenti industriali ed ancora oggi interessata dalle controversie legate alla vertenza della centrale termoelettrica a carbone SEI;
          la notizia, che ha destato non poca preoccupazione nella cittadinanza montebellese, circolava ormai da giorni ed era stata diffusa da alcune testate giornalistiche;
          secondo quanto è possibile desumere da un articolo apparso sulla stampa locale, durante i lavori consiliari il sindaco, Ugo Suraci, ha inteso rispondere alle interpellanze proposte argomentando circa il fatta che era venuto a conoscenza del progetto, in via informale, soltanto il 18 di aprile e che successivamente, interpellando gli uffici comunali al riguardo, ha ottenuto risposte poco chiare e discordanti;
          soltanto il 26 di aprile 2016, – secondo quanto dichiarato dallo stesso Suraci – si è avuto finalmente un riscontro formale dove si comunicava che la documentazione relativa alla valutazione di impatto ambientale era stata trasmessa al comune di Montebello Ionico, che si componeva di 16 allegati e che risultava essere stata acquisita agli atti col n.  di prot. 3953 in data 1o aprile 2016;
          a tutt'oggi, a quanto ha affermato il primo cittadino nelle sue dichiarazioni, all'ufficio del sindaco non è stata trasmessa nessuna documentazione da parte degli uffici interessati;
          il sindaco, che comunque si è dichiarato nettamente contrario all'ipotesi progettuale della Diano Cementi Spa, non ha inteso dichiarare null'altro riguardo ai motivi dei ritardi registratisi, e tuttora in atto, nelle comunicazioni tra i vari uffici e il suo;
          risoluta contrarietà al progetto è stata espressa oltre che da Macheda, anche da parte di numerosi altri consiglieri di tutti gli schieramenti, che hanno accolto favorevolmente la proposta del sindaco Suraci riguardante l'indizione di un consiglio ad hoc sull'argomento, preceduto da una riunione informale di preconsiglio, e finalizzata a stilare un documento unitario di contrarietà all'ipotesi progettuale;
          con una nota il Consigliere Macheda lamentava la mancata pubblicazione dell'avviso relativo alla Diano Cementi; il sindaco di Montebello Jonico rispondeva con lettera che «l'avviso pubblico alla Diano Cementi» «è rimasto affisso per il periodo di 15 giorni dal 4 aprile al 19 aprile 2016»;
          non si può, non rimarcare tuttavia quella che l'interrogante giudica una omissione degli uffici del comune di Montebello Jonico degli obblighi di legge, anche relativi all'accesso agli atti dei consiglieri comunali, specie a fronte di un progetto che potrebbe contenere profili di rischio per ciò che attiene alla tutela dell'ecosistema, alla sicurezza e alla salute dei cittadini  –:
          se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, alla luce di quanto descritto, non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per potenziare gli obblighi di trasparenza previsti dalla legge nei confronti dei comuni, con particolare riferimento a quelli relativi alla pubblicità della documentazione in materia di valutazione di impatto ambientale. (4-13191)


      SANTELLI e OCCHIUTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la dichiarazione di presentazione delle liste dei candidati al consiglio comunale e delle collegate candidature alla carica di sindaco, per ogni comune, deve essere sottoscritta, a norma dell'articolo 3 della legge 25 marzo 1993, n.  81, e successive modificazioni da un determinato numero di elettori stabilito in base ai risultati pervenuti dell'ultimo censimento sulla popolazione del medesimo comune;
          la firma degli elettori, a norma dell'articolo 28, secondo comma, e dell'articolo 32, terzo comma, del testo unico 16 maggio 1960, n.  570 e successive modificazioni, deve essere apposta su appositi moduli riportanti il contrassegno di lista, il nome, cognome, luogo e data di nascita di ciascuno dei candidati, nonché il nome, cognome, luogo e data di nascita di ognuno dei sottoscrittori;
          ai sensi dell'articolo 14 della legge 21 marzo 1990, n.  53, e successive modificazioni, la firma di ogni sottoscrittore deve essere autenticata da notaio, giudice di pace, cancelliere e collaboratore delle cancellerie delle corti d'appello, dei tribunali o delle sezioni distaccate dei tribunali, segretario delle procure della Repubblica, presidente della provincia, sindaco, assessore comunale, assessore provinciale, presidente del consiglio comunale, presidente del consiglio provinciale, presidente del consiglio circoscrizionale, vice presidente del consiglio circoscrizionale, segretario comunale, segretario provinciale, funzionario incaricato dal sindaco, funzionario incaricato dal presidente della provincia nonché consigliere provinciale o consigliere comunale che abbia comunicato la propria disponibilità, rispettivamente, al presidente della provincia o al sindaco;
          nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, la dichiarazione di presentazione di lista deve contenere anche l'indicazione di due delegati, incaricati di assistere alle operazioni di sorteggio delle liste, di designare i rappresentanti di lista presso ogni seggio elettorale e presso l'Ufficio centrale (articolo 32, settimo comma, numero 4), del testo unico 16 maggio 1960, n.  570). La facoltà di indicazione dei delegati è prevista anche nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti, ai fini della loro assistenza alle operazioni di sorteggio delle liste e della designazione dei rappresenti di lista presso ogni seggio elettorale (articolo 30, ultimo comma, del testo unico 16 maggio 1960, n.  570 e successive modificazioni, e articolo 16, comma 3, della legge 21 marzo 1990, n.  53);
          nell'ambito della competizione elettorale che interessa il comune di Cosenza per il turno amministrativo 2016, risulta agli interroganti che siano state denunciate palesi irregolarità dalle liste concorrenti che hanno avuto accesso agli atti. È stato infatti rilevato che nella documentazione della lista «Oltre i colori», l'atto relativo alle firme dei sottoscrittori risulta essere palesemente fotocopiato e sul medesimo atto non originale è stato apposto il timbro di autentica;
          altre palesi irregolarità risultano su diverse liste, sempre collegate al medesimo candidato a sindaco: una lista risulta mancante dell'atto principale essendo stato depositato, come evidenziato dal verbale, dopo la scadenza del termine previsto per la presentazione mentre in un'altra lista manca l'indicazione del luogo dell'autentica in tutti gli atti secondari. Un'altra lista con diverso candidato a sindaco indica, invece, la data di autentica antecedente di un mese alla data delle sottoscrizioni;
          nonostante le evidenzi irregolarità riguardanti la presentazione delle candidature, la commissione elettorale ha proceduto all'ammissione delle liste sopra citate  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se sia valido un documento che, mirante ad attestare l'autenticità delle firme dei sottoscrittori di una lista, risulti essere una fotocopia a colori su cui è stato apposto il timbro di validazione;
          se risulti se la commissione elettorale, rilevata la presenza di un atto che appare palesemente falso come l'autentica di una serie di firme applicata su fotocopia, abbia provveduto ad inviare gli atti alla procura della Repubblica competente. (4-13193)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FABBRI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          le scuole materne statali, oggi denominate scuole dell'infanzia, sono state istituite in Italia nel 1968 con la legge n.  444. Le scuole dell'infanzia statali sono amministrate da una direzione didattica, che provvede a garantire il personale docente e ausiliario, a garantire il funzionamento educativo del servizio. Ai comuni compete la fornitura dell'edificio, degli arredi e delle attrezzature, le spese di funzionamento e i servizi di trasporto e di mensa. In diversi comuni italiani molte sezioni non sono nel tempo transitate nella gestione statale ma rimaste nella gestione diretta comunale;
          nel corrente anno scolastico ha preso avvio nel territorio dell'Unione dei comuni Reno Galliera (BO), un processo di statalizzazione nonché di ampliamento dell'offerta formativa di scuola dell'infanzia che ha interessato i comuni di San Giorgio di Piano, di Galliera e di Castello D'Argile;
          nei suddetti comuni è infatti presente la seguente situazione:
              a) scuola dell'infanzia comunale paritaria di S. Giorgio di Piano: sono presenti 5 sezioni di cui 1 a gestione diretta con personale comunale, 2 in appalto alla cooperativa Dolce, 1 con insegnanti statali e 1 mista con personale comunale e statale;
              b) scuola dell'infanzia comunale paritaria di Galliera: sono presenti 2 sezioni di cui 1 mista con personale statale e comunale, e 1 sezione tutta in capo all'Unione Reno Galliera gestita con appalto alla cooperativa Dolce;
              c) scuola dell'infanzia parrocchiale di Venezzano (Castello d'Argile): sono presenti 1 sezione di 26 bambini (medi/grandi), 1 sezione di 12 bambini (piccoli);
          le sezioni paritarie prevedono il pagamento di una retta, mentre quelle a gestione statale sono gratuite per gli utenti ad eccezione degli eventuali servizi di trasporto e di refezione scolastica fruiti;
          le note difficoltà delle entrate economiche finanziarie dei comuni ed il calo di iscrizioni alle scuole dell'infanzia paritarie, pari al 30 per cento rispetto allo scorso anno, vanno a gravare su una situazione economica già difficile;
          da questo quadro, a detta dei sindaci dei rispettivi comuni, emergerebbero numerose criticità:
              a) due situazioni a «gestione mista» (Galliera e S. Giorgio di Piano) avrebbero determinato un trattamento differenziato da punto di vista della contribuzione economica degli utenti a seconda della qualità della sezione frequentata, pur all'interno dello stesso plesso, con possibili ripercussioni sulla coerenza pedagogica e della qualità dell'offerta formativa;
              b) le gestioni miste hanno richiesto inevitabilmente la rivisitazione delle rette con esiti che aggravano ulteriormente i bilanci comunali. Il comune di Galliera ha introdotto una riduzione della retta per entrambe le sezioni e il comune di S. Giorgio di Piano ha introdotto una differenziazione della retta dal momento che risultava insostenibile omogeneizzare tutte le rette al solo costo del pasto per 5 sezioni:
              c) si registra la difficile sostenibilità economica della situazione della scuola parrocchiale di Venezzano;
              d) si assiste a un disagio economico tangibile per molte famiglie che non riescono ad affrontare l'onere economico della retta scolastica delle paritarie con il conseguente ingresso alla scuola primaria senza alcuna scolarizzazione;
          si riscontrano: promiscuità del personale; trattamenti economici nonché orari di lavoro differenti per il personale scolastico, disparità di trattamento per i cittadini (chi paga la retta e chi non la paga perché il servizio è gratuito in quanto statale);
          favorire il processo in atto di statalizzazione della scuola d'infanzia, a parere dell'interrogante, produrrebbe un vantaggio economico per le amministrazione comunali, privandole così dell'esborso dovuto al sostegno economico del corpo docente ed ausiliario, che verrebbe trasferito allo Stato e che potrebbe essere investito per ampliare il servizio scolastico (apertura di nuove sezioni laddove sussistano liste d'attesa) e per offrire alla cittadinanza-utenza l'utilizzo del servizio scolastico in forma gratuita;
          la statalizzazione della scuola dell'infanzia eviterebbe, inoltre, delle disparità tra un territorio e un altro visto che molti comuni limitrofi hanno intrapreso questo processo. Dal punto di vista economico, infatti, per le molte famiglie, anche senza lavoro, farebbe un'enorme differenza;
          visto lo stato finanziario in cui versano i comuni, congiuntamente agli oneri che gli stessi devono continuare a sostenere in un generale contesto economico di aumentata criticità, l'attuazione del processo di statalizzazione suddetto produrrebbe un maggiore grado di integrazione scolastica, funzionale all'accrescimento del beneficio ottenibile dagli utenti dei comuni fruitori dei servizi scolastici in questione  –:
          se sia a conoscenza della situazione citata in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per uniformare l'offerta scolastica dell'infanzia sul territorio in questione nell'ambito di un processo di statalizzazione. (5-08666)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
          il 15 febbraio 2013, Renata Polverini, allora presidente della regione Lazio, firma la delibera per l'adozione del programma integrato di intervento e riqualificazione urbanistica della località «Divino Amore», in variante al piano regolatore del comune di Marino, proposto dalla società Eco Village srl, e già adottato dalla stessa amministrazione comunale pochi mesi prima;
          l'urbanizzazione dell'area «Divino Amore» viene decisa dal comune di Marino nel 2011: cinquanta ettari confinanti con il parco dell'Appia Antica per un giro di affari di oltre un miliardo di euro;
          il comune di Marino non è nuovo a iniziative di cementificazione selvaggia. Già per l'area di Santa Maria delle Mole, in assenza delle «misure di salvaguardia» al piano regolatore, a partire dagli anni 2000, vengono rilasciate concessioni edilizie innalzando al massimo gli indici di fabbricabilità fondiaria. Quando finalmente il comune decide di annullare le concessioni edilizie, diversi costruttori presentano ricorso al Tribunale amministrativo regionale e lo vincono;
          nell'aprile del 2011 il presidente della regione Lazio, Renata Polverini, e il sindaco di Marino, Adriano Palozzi, firmano un protocollo d'intesa in cui si prende atto della situazione di «congestione» edilizia di Santa Maria delle Mole e della necessità di una sua riqualificazione. Come diretta conseguenza del protocollo d'intesa, nel 2011, il Comune approva provvedimenti per l'urbanizzazione di aree limitrofe a Santa Maria delle Mole, tra i quali il citato «Programma integrato» relativo all'area del «Divino Amore»;
          la società promotrice del programma di sviluppo integrato e urbanizzazione del «Divino Amore» risulta essere la Eco Village Srl, che fa capo, tra gli altri, alla Parsitalia del costruttore romano Luca Parnasi. La società, al momento della firma della delibera regionale (febbraio 2013), non risultava essere proprietaria dei terreni da urbanizzare nell'area in oggetto, con conseguente situazione di assoluto rischio di insolvenza;
          la EcoVillage srl si è presentata alla firma della convenzione presso il comune di Marino, registrata all'Agenzia delle entrate il 31 luglio del 2013, con un'altra società: la Eco Village Tre. Per entrambe, l'amministratore risultava essere lo stesso. Si rileva che la EcoVillage Tre non è mai stata legittimata a sottoscrivere atti negoziali di natura edilizia o urbanistica in quanto estranea alle iniziative che hanno determinato l'adozione da parte della regione Lazio del «Programma per lo sviluppo integrato»;
          anche della Eco Village Tre, nel tempo, si sono perse le tracce. Oggi nell'operazione è coinvolta la società Idea Fimit, partecipata al 29 per cento dall'INPS-Istituto nazionale di previdenza sociale, che avrebbe acquistato l'intera area;
          da articoli di stampa risalenti a dicembre 2013 si apprende che il coinvolgimento dell'INPS nell'operazione «Eco Village» era stato caldeggiato, già nel 2013, dall'allora presidente dell'ente Antonio Mastrapasqua, attraverso la permuta di un palazzo di proprietà dell'INPS in via Pianciani a Roma, con una quota del progetto EcoVillage. Perplessità sull'affare furono manifestate da altri vertici dell'Istituto che parlarono di «elevati profili di rischio» dell'intera operazione;
          oggi, il coinvolgimento dell'INPS attraverso Idea Fimit nell'affare di urbanizzazione del «Divino Amore» risulta praticamente certo (vedi sito ufficiale della società). È IdeaFimit, infatti, che ha dato inizio ai lavori di bonifica dei terreni nel marzo 2016. La ditta appaltatrice è, a quanto risulta agli interroganti, la Parsitalia Generale Contractor srl;
          al momento pendono davanti al tribunale amministrativo del Lazio diversi ricorsi per la sospensione in via cautelare di ogni attività urbanistica ed edilizia nell'area «Divino Amore». Ai ricorsi dei comitati dei cittadini – Argine Divino Amore – e di alcune associazioni ambientaliste, si è aggiunto quello della Città metropolitana di Roma Capitale;
          tale operazione immobiliare interessa un'area di alto pregio e interesse paesaggistico confinante con il parco dell'Appia Antica e meriterebbe altresì l'attenzione e la vigilanza delle strutture del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo  –:
          per quale motivo l'INPS partecipi a questa discutibile operazione immobiliare, non risultando tale partecipazione tra i compiti istituzionali dell'ente previdenziale, e quali iniziative abbia assunto o intenda assumere il Ministro interrogato al riguardo.
(2-01372) «Scotto, Fassina, Zaratti».

Interrogazione a risposta scritta:


      FEDRIGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          già con precedente atto di sindacato ispettivo n.  5-02420, tuttora privo di risposta, l'interrogante richiamava l'attenzione del Governo sulla vicenda della Wartsila;
          è notizia pubblicata su Il Piccolo di Trieste del 10 maggio 2016 quella delle dimissioni del presidente e amministratore delegato della Wartsila, ex Grandi Motori, poi privatizzata, passata per Fincantieri, maggiore dispensatrice di lavoro nel territorio triestino (1.050 diretti e circa 400 indotti);
          sebbene il dimissionario manager, Sergio Razeto, abbia precisato che la sua decisione non deriva dal piano di esuberi manifestato dalla proprietà finlandese, i sindacati non credono alla concomitanza dei fatti, alla luce dell'aspra vertenza sui 90 tagli all'organico, con la dismissione del settore ricerca e sviluppo;
          preoccupano, invero, l'interrogante, le dichiarazioni del successore alla guida aziendale, Guido Barbazza, in merito alle intenzioni manifestate da Helsinki: «È un piano pensato in una prospettiva internazionale, perché anche la Finlandia subisce tagli, e in un'ottica di riduzione dei costi. Queste dolorose operazioni vanno fatte quando l'azienda è ancora sana»; con riguardo alla questione del settore ricerca e sviluppo ha inoltre affermato: «La vera ricerca è stata fatta in Finlandia e la competenza direzionale è sempre stato in carico alle strutture finlandesi»  –:
          se e quali iniziative nell'ambito delle proprie competenze, il Governo intenda adottare per frenare il processo di crisi industriale triestina, che – si ricorda – ha colpito nei recenti anni la Seturbi, la Ferriera di Servola ed ora anche la Wartsila;
          se e quali iniziative il Governo intenda porre in essere per garantire la copertura reddituale dei 90 esuberi, posto che la riforma degli ammortizzatori sociali operata il Jobs act non offre più ai lavoratori coinvolti da processi di cessazione di attività, in caso di esubero, il paracadute della cassa integrazione guadagni straordinaria, ma solo la mobilità per dodici o diciotto mesi a seconda dell'anzianità contributiva. (4-13167)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


      TERZONI, GAGNARLI, BUSTO, DAGA, MICILLO, MANNINO, DE ROSA, ZOLEZZI, VIGNAROLI e SPESSOTTO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          da qualche anno si sta diffondendo in tutta la nostra penisola il fenomeno preoccupante dei bocconi avvelenati distribuiti nei luoghi più frequentati dai cani: parchi per cani, giardini pubblici, zone di campagna, aree verdi che confinano con le abitazioni, boschi e zone montane come tartufaie, addirittura anche i giardini privati delle abitazioni;
          l'Aidaa (Associazione italiana difesa animali e ambiente), descrivendo la situazione parla di 17.800 segnalazioni di cani avvelenati lo scorso anno con bocconi avvelenati, con un incremento di quasi quattromila segnalazioni rispetto al 2014 (+27 per cento, quando furono circa 14.000 le segnalazioni. Gli animali morti in seguito all'avvelenamento sono il 30 per cento;
          anche per i primi mesi del 2016 l'Aidaa registra un sensibile incremento del fenomeno delle morti degli animali di affezione per avvelenamento;
          sono in forte crescita anche gli avvelenamenti di gatti di colonia e privati. Nella zona del Bresciano la situazione è diventata davvero preoccupante ed i proprietari hanno paura ad uscire di casa con i propri cani;
          in Italia ci sono 60 milioni di animali domestici: il cane è presente nelle case del 55,6 per cento degli italiani;
          la prima legge italiana a definire punibile l'utilizzo, l'abbandono, la preparazione e/o la mera detenzione di esche o bocconi avvelenati è addirittura il regio decreto n.  1265 del 1934;
          nel caso di morte di animali per avvelenamento, vale anche quanto sancito dall'articolo 544-ter del codice penale;
          nel 2009 è stata emessa un'ordinanza del Ministero della salute (Norme sul divieto di utilizzo e detenzione di esche o bocconi avvelenati), che dispone tra le altre cose l'obbligo di autopsia da parte degli istituti zooprofilattici, se un medico veterinario riscontra anche solo il sospetto che un animale sia stato vittima di un avvelenamento. Esiste per questo anche l'obbligo per il proprietario dell'animale in questione di sporgere denuncia alle autorità;
          il Ministero della salute con decorrenza dal 2 marzo 2015 ha prorogato di un anno l'ordinanza di divieto di utilizzo e di detenzione di esche e bocconi avvelenati del 14 gennaio 2014;
          le esche di cui sopra rappresentano un pericolo anche per l'incolumità dei bambini soprattutto quando queste vengono lasciate nei parchi pubblici;
          attualmente è in corso sul sito change.org una petizione con la quale si chiede «che venga modificato l'articolo 544-bis del Codice Penale con un comma che preveda, nel caso di avvelenamento doloso di animali, che il reato venga considerato Animalicidio preterintenzionale con aggravante della premeditazione e che abbia una pena detentiva non inferiore ai 10 anni ed una sanzione pecuniaria non meno di 50.000 euro»;
          nella petizione si legge ancora «chiediamo che ai colpevoli di tale reato venga contestata come ulteriore aggravante anche la pericolosità sociale ai sensi degli articoli 202 e 203 del Codice Penale, poiché un soggetto che arriva a spargere esche e bocconi per avvelenare un animale, potrebbe sicuramente fare la stessa cosa anche ad una persona, il passo è breve;
          chiediamo inoltre che venga regolamentata la vendita di questi veleni attraverso un sistema di controllo delle vendite al dettaglio e che la Polizia Postale faccia maggiori controlli nelle vendite online di queste sostanze soprattutto dai siti esteri, oscurando se necessario detti portali»;
          la petizione ha superato le 30 mila adesioni  –:
          se il Ministro della salute alla luce dei dati diffusi dall'Aidaa riportati in premessa, non ritenga necessario prorogare la validità dell'ordinanza di divieto di utilizzo e di detenzione di esche e bocconi avvelenati;
          se i Ministri interrogati non ritengano, di assumere iniziative per avviare nelle scuole primarie e secondarie dei percorsi di sensibilizzazione e formazione al fine di educare le nuove generazioni al rispetto per gli animali;
          se non si ritenga di dover assumere iniziative normative    per inasprire le pene previste nei confronti di chi si rende responsabile della produzione, detenzione e posizionamento delle esche e se, in generale, non si ritenga di dover accogliere le richieste formulate nel testo della petizione ricordata in premessa. (3-02252)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      LENZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 1 della legge n.  189 del 2012, e il patto per la salute 2014-2016 propongono una configurazione strutturale dell'assistenza primaria e delle funzioni del medico in rapporto di convenzionamento con il Servizio sanitario nazionale finalizzate ad una diversa organizzazione del sistema sanitario territoriale, in un contesto di appropriatezza, qualificazione ed omogeneità dei servizi resi al cittadino, sostenibilità economica ed integrazione delle diverse attività professionali sanitarie;
          l'attuazione di tali moduli comporta la revisione e riorganizzazione dei processi assistenziali e di accesso alle prestazioni mediante il coordinamento dell'attività dei medici convenzionati e degli altri professionisti sanitari, anche con il supporto e lo sviluppo di strumenti informatici e telematici, salvaguardando la diffusione capillare degli studi medici ed il rapporto di fiducia medico-paziente in un contesto nel quale devono essere assicurati gli obiettivi di salute definiti dalla regione in coerenza con gli indicatori epidemiologici delle aziende territorialmente competenti;
          il documento integrativo dell'atto di indirizzo per la medicina convenzionata deliberato in data 12 febbraio 2014 e approvato dalle regioni il 13 aprile 2016 prevede una nuova aggregazione funzionale territoriale (AFT) dei medici di cure primarie ed i pediatri di libera scelta affinché questi assicurino l'accessibilità di tutti gli assistiti articolando l'apertura degli studi dalle 8,00 alle 20,00, dei giorni feriali dal lunedì al venerdì. I medici di cure primarie a rapporto orario, nell'ambito dell'organizzazione distrettuale assicurano prioritariamente la loro attività tutti i giorni dalle ore 20,00 alle ore 24,00 e nei giorni di sabato e festivi dalle ore 8,00 alle ore 20,00, al fine di realizzare pienamente la continuità dell'assistenza in favore di tutta la popolazione e per garantire ai cittadini un riferimento preciso cui rivolgersi quando lo studio del proprio medico è chiuso. Nella successiva fascia oraria l'assistenza è assicurata dal servizio di emergenza urgenza-118;
          con questa nuova organizzazione si avranno grandi gruppi di medici di famiglia che lavoreranno insieme, talvolta proprio nella stessa sede (avviene già in 800 strutture), per essere in grado di dare assistenza continua per 16 ore ai cittadini;
          nel contempo, però, la cancellazione della guardia medica notturna scarica direttamente sui pronti soccorsi e sul 118 assistenza sanitaria notturna;
          non tutti i sindacati medici approvano questa nuova organizzazione asserendo che così si danneggia la qualità dell'assistenza ai cittadini, il lavoro dei medici; vi sarebbe un uso improprio del 118 in quella fascia oraria che non si occuperebbe più solo dell'emergenza e urgenza, servizio che oltretutto ha organici sottodimensionati. Si tenga conto che sono oltre 3 milioni gli interventi all'anno della guardia medica;
          secondo i sindacati medici di Cgil, Cisl e Uil «Se tale progetto dovesse essere attuato, i medici del 118 dovrebbero occuparsi anche di febbre, mal di pancia, mal di schiena, con il rischio di lasciare scoperto quel paziente a cui il 118 può salvare la vita. Inoltre per qualunque malore notturno il cittadino rischia di andare al pronto soccorso»  –:
          se il Ministro condivida la nuova organizzazione proposta, quali iniziative urgenti intenda adottare, per quanto di competenza, per garantire che questa nuova organizzazione della medicina territoriale non sia lesiva del diritto alla salute dei cittadini per quanto attiene alla assistenza notturna, e come intenda sostenere sul piano delle risorse umane e finanziarie, i pronti soccorsi e i servizi di 118 chiamati, senza ascoltarli, a svolgere ulteriori funzioni. (5-08676)

Interrogazioni a risposta scritta:


      GIUDITTA PINI, PATRIZIA MAESTRI, GIULIANI, BARUFFI, RAMPI, ROSTAN, ZAN, VERINI, MARZANO, IORI, D'ARIENZO, MUCCI, TULLO, MALPEZZI, ARGENTIN, DE MARIA, MARANTELLI, LENZI, CAUSI, LACQUANITI, BONACCORSI, COCCIA, LAVAGNO, RACITI, PIAZZONI, GUERRA, MICCOLI, CARLONI, NACCARATO, MURA, QUARTAPELLE PROCOPIO, COMINELLI, BOCCUZZI, BARGERO, MISIANI, ORFINI, BRUNO BOSSIO e LAFORGIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          secondo il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d'Europa «in alcuni casi, considerata l'urgenza delle procedure richieste, le donne che vogliono un aborto possono essere forzate ad andare in altre strutture (diverse da quelle pubbliche) in Italia o all'estero, o a mettere fine alla loro gravidanza senza il sostegno o il controllo delle competenti autorità sanitarie, oppure possono essere dissuase dall'accedere ai servizi di aborto a cui hanno invece diritto in base alla legge 194/78»;
          secondo il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d'Europa questo tipo di situazioni può «comportare notevoli rischi per la salute e il benessere delle donne interessate, il che è contrario al diritto alla protezione della salute»; aggiunge il comitato che le strutture sanitarie «non hanno ancora adottato le misure necessarie per rimediare alle carenze nel servizio causate dal personale che invoca il diritto all'obiezione di coscienza, o hanno adottato misure inadeguate»;
          il legislatore nazionale ha appena cambiato le disposizioni in materia di sanzioni per l'aborto clandestino (decreto legislativo n.  8 del 2016 in materia di depenalizzazioni) prevedendo, all'articolo 1 del decreto legislativo che, tra i comportamenti per i quali è prevista la sola pena della multa o dell'ammenda, rientri quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 19 della legge n.  194 del 1978 sull'aborto clandestino entro i primi 90 giorni della gravidanza;
          tale disposizione ha inasprito in maniera nettissima l'eventuale multa da pagare portandola da 51 euro ad una cifra compresa tra 5000 e 10000 euro;
          il decreto legislativo n.  8 del 2016 ad avviso degli interpellanti ignora le ragioni per cui la pena prevista per la donna all'epoca dell'approvazione della 194 del 1978 era di sole 100.000 lire (poi diventati 51 euro con l'entrata in circolazione della nuova valuta);
          in base alle nuove disposizioni diventa ancora più urgente garantire la piena applicazione della legge 194 del 1978 sulla facoltà di abortire legalmente proprio in ragione del notevolissimo aumento della sanzione amministrativa prevista dal decreto legislativo 8 del 2016, poiché tali disposizioni potrebbero rivelarsi discriminatorie anche rispetto alla condizione sociale della donna che volesse praticare l'interruzione di gravidanza;
          i dati sull'obiezione di coscienza in Italia sono coerenti con i rischi denunciati dal Consiglio d'Europa, data la media nazionale di obiettori attorno al 70 per cento del personale, con alcune situazioni specie nel Meridione dove la percentuale del personale obiettore è pari quasi al 100 per cento del personale  –:
          quali iniziative di competenza amministrative e/o normative il Ministro interpellato abbia intenzione di assumere per garantire in tutte le strutture sanitarie – nel rispetto delle competenze regionali in materia di sanità – la piena applicazione della legge n.  194 del 1978 sull'interruzione volontaria di gravidanza, specificamente riguardo la presenza adeguata di personale non obiettore;
          come intenda garantire, il Ministro interpellato – considerate le novelle alla legge 194 del 1978 del decreto legislativo 8 del 2016 e le competenze regionali in materia di sanità – la lotta agli aborti clandestini, la reale accessibilità alla metodica farmacologica, il rafforzamento delle politiche di educazione alla contraccezione, l'accesso alla contraccezione sicura, l'ampliamento ed il miglioramento ed una comunicazione più efficace della rete dei consultori sul territorio nazionale. (4-13161)


      FEDRIGA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          purtroppo il sistema dell'emergenza a Trieste continua a registrare episodi di malasanità;
          l'ultimo in ordine temporale è il grave caso della donna morta in casa poche ore dopo l'intervento del 118, ora oggetto di indagine in procura;
          secondo quanto riportato dalle cronache di stampa (Il Piccolo — cronaca di Trieste – 11-13 aprile 2016) alla donna settantenne sarebbe stata diagnosticata una semplice influenza; stando all'autopsia, invece, si sarebbe trattato di un aggravamento della cardiopatia di cui soffriva;
          l'esternalizzazione del servizio di emergenza compiuto dall'azienda sanitaria ha portato in sofferenza il servizio sanitario regionale;
          a soccorrere la donna, infatti, non è stata un'ambulanza del servizio sanitario regionale, bensì un mezzo di una delle tante società che lavorano in appalto;
          le criticità che caratterizzano il servizio di soccorso triestino (carenza di mezzi e/o di strumenti all'interno degli stessi, inidoneità, approssimazione, e altro) seguitano oramai da troppo tempo, a scapito della salute e della sicurezza dei cittadini  –:
          se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Ministro interrogato intenda urgentemente adottare per assicurare la qualità dei servizi per la tutela della salute dei cittadini e i livelli essenziali di assistenza, a garanzia del fatto che episodi come quello riportato in premessa non accadano più. (4-13177)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      CIPRINI, TRIPIEDI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO e LOMBARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la competenza in materia di vigilanza sulla cooperazione, per quanto concerne specificatamente l'attività di revisione ordinaria e di ispezione straordinaria delle cooperative, spetta al Ministero dello sviluppo economico;
          alle associazioni di rappresentanza è affidata l'attività di vigilanza ordinaria sulle cooperative loro associate e al Ministero dello sviluppo economico quella sulle cooperative non associate. Le associazioni, che sono soggette a riconoscimento da parte del Ministero dello sviluppo economico e dal medesimo controllate, svolgono detta vigilanza nell'interesse generale;
          la vigilanza ordinaria, svolta dal Ministero dello sviluppo economico, si esplica attraverso la revisione cooperativa di norma biennale; oltre alla vigilanza ordinaria viene svolta anche un'attività di tipo ispettivo, svolta esclusivamente dallo Stato con i propri ispettori;
          secondo quanto si apprende da www.ilfattoquotidiano.it del 10 maggio 2016 «Le ispezioni sulle cooperative effettuate dal Mise nel biennio 2015-2016 biennio coprono una percentuale del 63 per cento. Nel 2015, in conseguenza dell'abbattimento delle risorse, sono state effettuate solo 5 mila revisioni, dato che non copre neanche il 10 per cento». A spiegarlo è Simonetta Moleti, direttore generale della direzione per la vigilanza sugli enti, il sistema cooperativo e le gestioni commissariali del ministero dello sviluppo economico, in audizione davanti alla commissione industria del Senato. Altro che «ispezioni straordinarie» promesse dall'ex ministro Federica Guidi all'indomani dell'inchiesta Mafia Capitale. Nel dicembre 2014, quando ha emanato il decreto con gli stati di previsione della spesa degli altri ministeri, il Tesoro ha quasi azzerato in un colpo solo le somme a disposizione di Via Veneto per formare e pagare revisori e ispettori e versare il dovuto ai commissari liquidatori delle cooperative rimaste senza denaro in cassa. «Il numero delle ispezioni effettuate dal ministero è passato dalle 20 mila del biennio 2009-2010 alle 33 mila del biennio 20112012, alle 36 mila del biennio 2013-2014». Poi il crollo del 2015, con il numero di controlli che è sceso a quota 5mila. Anche se, riferisce Moleti, «nel 2016 la situazione è un po’ migliorata ritornando ai livelli dei bienni precedenti dal momento che lo stanziamento dovrebbe arrivare intorno a 6,5 milioni e sicuramente non superare il 50 per cento del versato dalle cooperative»;
          eppure il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, rispondendo alla interpellanza urgente dell'interrogante n.  2/01344 del 22 aprile 2016, dopo aver illustrato la costituzione nel 2015 di un tavolo di lavoro finalizzato alla predisposizione di un programma straordinario di ispezioni, inteso a monitorare le cosiddette cooperative spurie, con il coinvolgimento di diversi attori istituzionalmente competenti nel settore, affermava che: «...non posso che ribadire il massimo impegno del Ministero che rappresento a rafforzare nell'ambito delle proprie competenze la necessaria attività di vigilanza per contrastare il fenomeno delle cooperative spurie a difesa dei diritti dei lavoratori, della libertà della concorrenza, ed anche delle tante cooperative che operano regolarmente sul mercato»;
          i dati esposti, a parere degli interroganti, dimostrano, invece, l'insufficienza delle misure e delle risorse e che è necessario viceversa potenziare e rendere sempre più penetranti i meccanismi di sorveglianza sulle cooperative e rendere certe le risorse assegnate per le finalità di controllo e revisione delle cooperative, che rappresentano una tipologia societaria molto importante ma di cui si è troppo spesso abusato  –:
          se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e come intenda garantire in maniera efficiente l'attività di ispezione e revisione sulle società cooperative in assenza di idonei stanziamenti;
          se il Governo non ritenga, alla luce di quanto esposto in premessa, indispensabile e urgente assumere iniziative per garantire che l'attività di revisione e ispezione venga svolta a tappeto, tempestivamente e su tutte le cooperative, rifinanziando il fondo del Ministero dello sviluppo economico per le attività revisionali e di ispezione e vietando la possibilità di utilizzare le risorse assegnate per altre finalità. (5-08668)


      BURTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          secondo alcune notizie riportate anche dagli organi di stampa in sede locale l'Hotel degli Argonauti di Marina di Pisticci rischia di non aprire i battenti per l'imminente stagione estiva;
          l'Hotel Argonauti è un albergo a 4 stelle di circa 500 posti e 145 alloggi;
          la proprietà è della società Nettis, mentre la gestione è affidata al gruppo Eden Viaggi operatore qualificato nel settore delle vacanze che ha contribuito alla promozione e all'affermazione della struttura;
          solo nella stagione 2015 da fine maggio a settembre si sono raggiunte 60 mila presenze;
          attualmente la collaborazione tra Nettis ed Eden Viaggi sembra essere interrotta e questo rischia di compromettere l'avvio della stagione;
          bisogna tenere inoltre nella dovuta considerazione che la struttura dà lavoro a circa 80 persone e comunque crea un indotto importante;
          attualmente non risulta possibile prenotare on line e questo costituisce un ulteriore elemento di preoccupazione;
          la mancata apertura, ove confermata, costituirebbe un ulteriore durissimo colpo per l'economia territoriale, considerato anche il caso della chiusura del Club Med, su cui l'interrogante ha in precedenza presentato un altro atto di sindacato ispettivo a cui non è ancora pervenuta risposta;
          si sa che la voce del turismo può rappresentare una importante occasione di rilancio dell'economia del Mezzogiorno e anche il contesto di crisi internazionale può aumentare la potenzialità attrattiva delle nostre località;
          risulterebbe inspiegabile e disastrosa una chiusura di una struttura qualificata come quella degli Argonauti  –:
          se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda promuovere, con la massima urgenza, per scongiurare la chiusura della struttura ricettiva e per assicurare una riapertura in tempi rapidi per evitare conseguenze drammatiche dal punto di vista occupazionale. (5-08671)


      GIULIETTI e LODOLINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          in riferimento alla vicenda dell'azienda ex Merloni, JP Industries, sono trascorsi oltre 6 mesi da quando la Corte di cassazione ha dato ragione, relativamente alle modalità di cessione, all'imprenditore Marchigiano Porcarelli, ma da allora nulla è cambiato e la tanta auspicata ripresa produttiva degli ex stabilimenti A. Merloni ancora non è avvenuta;
          sulla tematica ci sono stati una serie di incontri e di interrogazioni parlamentari e la presentazione di un piano industriale della proprietà al Ministero dello sviluppo economico, alle regioni, al sistema del credito, alle organizzazioni sindacali;
          inoltre dopo un accordo tra banche ed azienda, sembra che non si riesca a sciogliere il nodo sull'accesso al credito;
          pertanto, l'evolversi della situazione rischia di rallentare se non addirittura fermare definitivamente la produzione e, vista la mancata certezza di una ripresa produttiva, tutti gli sforzi profusi dalla proprietà e dei dipendenti in questi ultimi 4 anni, rischiano di mettere in discussione gli accordi tra azienda e clienti, rendendo inutile quanto fino ad ora fatto  –:
          quale sia la reale situazione di JP Industries a seguito del piano industriale presentato e cosa stia facendo il Ministero dello sviluppo economico per una positiva conclusione della vicenda che riguarda centinaia di lavoratori ed un territorio particolarmente penalizzato dalla crisi. (5-08672)


      MOGNATO, MARTELLA, MURER, ZOGGIA e MORETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          secondo una recente rilevazione di Confesercenti, in Italia esistono 627 mila locali commerciali chiusi per mancanza di imprese che vi operino, pari a circa il 25 per cento del totale dei locali adibiti a tale destinazione d'uso;
          la ragione principale di tale dato preoccupante rinviene principalmente alla continua crescita dei canoni di locazione per le attività commerciali e artigianali, le quali devono contemporaneamente fare fronte agli effetti di una lunga durata della crisi, in particolare per quanto riguarda i consumi interni del nostro Paese;
          molto spesso le attività commerciali e artigianali collocate nei centri e nelle periferie delle città devono fronteggiare, oltre alle spese eccessive di locazione, la concorrenza di grandi catene internazionali del commercio;
          è ormai comprovato il legame che esiste tra il depauperamento del tessuto commerciale di prossimità e il degrado urbano, tanto da inserire a pieno titolo la rete del commercio di vicinato all'interno delle politiche attiva di sicurezza integrata;
          la X Commissione della Camera dei deputati (Attività commerciali, commercio e turismo) ha votato in data 3 novembre 2015, con parere favorevole del Governo e all'unanimità, una risoluzione che impegna lo stesso esecutivo «a valutare possibili iniziative per alleviare la chiusura di esercizi commerciali e laboratori artigianali a causa delle dinamiche del "caro affitti" anche mediante l'attivazione di un tavolo di consultazione cui partecipino il Ministero dello sviluppo economico, gli enti locali e le associazioni di categoria del commercio, dei proprietari e dei gestori degli immobili», in grado di favorire il confronto tra i diversi soggetti interessati  –:
          se il tavolo di consultazione sia stato attivato e, in caso negativo, per quali motivi dopo oltre 6 mesi lo stesso non sia stato convocato; quali iniziative il Ministro intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, per elaborare proposte in grado di contrastare la progressiva chiusura degli esercizi commerciali ed artigianali operanti in ambito urbano a causa dei fitti eccessivi, alla luce del prorogarsi e aggravarsi di tale situazione, anche avvalendosi della convocazione del tavolo di consultazione di cui alla risoluzione della X Commissione citata in premessa. (5-08674)

Interrogazioni a risposta scritta:


      FEDRIGA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il canone di abbonamento Rai è un'imposta dovuta per la semplice detenzione di un apparecchio televisivo, indipendentemente da quanto lo si usa o dalla possibilità di ricevere i canali nazionali;
          viene quindi chiamato canone di abbonamento al servizio radiotelevisivo pubblico, quello che in realtà si configura come un'imposta sul possesso della tv, dichiarata tale anche dalla Corte Costituzionale;
          la stessa Corte Costituzionale ha inoltre chiarito come non sussista alcuna relazione diretta tra le entrate che derivano dal canone e quelle che poi vengono effettivamente destinate alle reti Rai, dal momento che il maggiore beneficiario dell'imposta non è la Rai, bensì lo Stato;
          per i portatori di handicap indicati all'articolo 3 della legge n.  104 del 1992 lo Stato prevede giustamente numerose agevolazioni fiscali, fra cui quelle sugli acquisti degli ausili tecnici e informatici che possono facilitare le attività giornaliere migliorando le condizioni di vita;
          con l'avanzare del progresso tecnologico, oggi in commercio ci sono molte apparecchiature elettroniche di consumo che possono essere utilizzate come ausilio per le persone diversamente abili, come ad esempio gli apparecchi che hanno come principale caratteristica l'integrazione di funzioni e di servizi legati a internet all'interno di apparecchi televisivi;
          per le persone con grave disabilità, che non sono nelle condizioni di poter utilizzare strumenti informatici, la televisione rappresenta spesso il principale mezzo di informazione e di compagnia, pertanto gli interventi e i programmi relativi ai servizi pubblici, che la legge n.  104 del 1992 prevede vengano determinati con priorità per le situazioni riconosciute gravi, dovrebbero prevedere anche la gratuità dell'accesso al servizio radiotelevisivo;
          è doveroso sviluppare progetti a sostegno delle persone diversamente abili con l'obiettivo prioritario di migliorare il più possibile la loro qualità di vita e quella delle loro famiglie: è necessario pensare alle persone non autosufficienti in termini di centralità del bisogno per fornire risposte efficaci  –:
          in virtù del ruolo che l'apparecchio televisivo riveste nella vita delle persone diversamente abili sia come strumento tecnologico in grado di facilitare le comunicazioni col mondo esterno sia come strumento ricreativo, se il Governo non ritenga doveroso assumere iniziative per prevedere specifiche esenzioni dal pagamento del canone di abbonamento alla concessionaria radiotelevisiva pubblica per i portatori di handicap indicati all'articolo 3 della legge n.  104 del 1992. (4-13169)


      PAGLIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          in data 17 dicembre 2014 veniva firmato al MISE un accordo relativo al futuro produttivo di Bredamenarinibus e stabilimento ex-Irisbus di Avellino;
          esso in particolare prevedeva la costituzione della società Fabbrica Italiana Autobus, partecipata all'80 per cento da King Long Italia e al 20 per cento da Finmeccanica, precedentemente detentrice del 100 per cento di Bredamenarinibus;
          già al momento della definizione del progetto potevano essere nutriti seri dubbi per la sostenibilità dello stesso, data quelle che all'interrogante è apparsa l'inconsistenza finanziaria di King Long Italia, il manifesto desiderio di disimpegno di Finmeccanica, il mancato coinvolgimento di King Long Ltd;
          doveva infatti apparire chiaro che il colosso cinese di produzione di autobus non interveniva nell'operazione, né finanziariamente né con accordi industriali, mantenendo semplicemente una partnership commerciale con King Long Italia, che deteneva accordi per l'importazione e l'assemblaggio in loco di mezzi;
          l'operazione tuttavia godeva dell'esplicito supporto del Mise e delle istituzioni locali, a partire da regione Emilia Romagna e comune e area metropolitana di Bologna, e fu in questo contesto che sindacati e lavoratori diedero il via libera all'accordo, nonostante l'evanescenza del piano industriale;
          È infatti evidente che la dipendenza del settore dalle commesse pubbliche, unito al coinvolgimento come socio di minoranza di un'azienda di Stato come Finmeccanica, potevano indurre a ritenere che esistessero garanzie implicite sulla solidità dell'operazione, che non potevano essere riscontrate sul piano strettamente aziendale;
          non si può nemmeno dimenticare che quando l'accordo fu trovato erano in scadenza gli ammortizzatori sociali per Valle Ufita e che solo una nuova prospettiva poteva giustificarne l'estensione ulteriore;
          l'attività di Fabbrica Italiana Autobus tuttavia non riesce a decollare, al punto che già nell'ottobre 2015 le organizzazioni sindacali denunciano pubblicamente e alle istituzioni locali il pesante disallineamento fra previsioni produttive e risultati, nonché la precarietà dell'equilibrio finanziario;
          nel frattempo King Long Ltd con lettera aperta aveva già comunicato di non intrattenere alcun tipo di relazione con King Long Italia e di non voler procedere ad alcun tipo di impegno finanziario nel progetto;
          in data 8 maggio 2016 si viene a sapere che Fabbrica Italiana Autobus dichiara fra i 42 e i 46 licenziamenti nel sito di Bologna, a fronte di 184 lavoratori, tradendo così gli impegni iniziali relativi alla continuità occupazionale e confermando i dubbi sulla serietà dell'impianto del piano industriale;
          lo stabilimento ex-Irisbus a sua volta persiste in condizione di cassa integrazione, in attesa dello sblocco dei finanziamenti di Invitalia, arrivati in queste ore per 19 milioni di euro, di cui 7 a fondo perduto, presumibilmente a fronte di un piano industriale strutturato  –:
          come si intenda intervenire per garantire l'integrale rispetto degli accordi alla base della nascita di Fabbrica Italiana Autobus, firmati al cospetto delle istituzioni nazionali e locali;
          se intenda attivarsi perché il socio di minoranza Finmeccanica rinnovi e rafforzi il proprio impegno nella società, a tutela dell'occupazione e dello sviluppo industriale;
          se sia confermato l'impegno del Governo ad attivare a breve risorse per il rinnovo del parco autobus circolante;
          se non si ritenga di dover condizionare l'attivazione del finanziamento da parte di Invitalia, certamente positivo, al pieno rispetto degli accordi del 2014, compresa la garanzia dei livelli occupazionali.
(4-13170)


      LATRONICO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          l'Hotel degli Argonauti fa parte dell'omonimo grande complesso turistico alberghiero realizzato dalla Nettis Resort a Marina di Pisticci (MT) nel 1997. È una struttura modernissima, baricentrica nella piana del Metapontino, distante circa 25 chilometri da Pisticci, 38 chilometri da Matera Capitale della cultura 2019 e da Taranto;
          il complesso turistico Hotel degli Argonauti di Pisticci Marina (MT) è un albergo a quattro stelle che conta circa 500 posti con 150 unità abitative. La struttura è inserita nel verde a due passi dal mare, non distante dal porto turistico, con villette a più piani, teatro all'aperto, impianti sportivi attrezzati, una grande piscina lagunare di oltre 6.000 metri quadri e di un centro benessere che di solito apre da fine maggio sino a tutto settembre;
          la gestione di Hotel Argonauti è affidata ad Eden Viaggi, operatore importante nel settore delle vacanze che ha contribuito ad affermare nel tempo la proposta turistica del complesso di marina di Pisticci e nel 2015 ha raggiunto 60.000 mila presenze durante la stagione;
          secondo alcune indiscrezioni giornalistiche tale struttura, dopo un lungo periodo di proficuo ed ottimo funzionamento al servizio dell'area del metapontino, rischia di non aprire per l'imminente stagione estiva e i dipendenti sarebbero già stati avvisati da Eden Viaggi della situazione e, sul sito dell'operatore, fra le proposte di Hotel and Resort gestite direttamente, la struttura di Marina di Pisticci non compare;
          la mancata riapertura della struttura ricettiva Hotel degli Argonauti mette a rischio oltre un centinaio di lavoratori fra staff dirigenziale, personale assunto direttamente da Eden ed unità operative impiegate nell'ambito di appalti a ditte esterne. Sono numerosi i lavoratori del luogo che, almeno per quattro o cinque mesi all'anno, trovano impiego nell'ambito delle figure richieste dal settore fra reception, bar, camere, manutenzione, giardinaggio, piscine, pulizia e gestione delle navette;
          se la notizia della mancata apertura fosse confermata il tessuto occupazionale del comparto turistico estivo subirebbe un altro duro colpo, considerato che la costa ionica è un territorio a vocazione turistica rilevante dove negli ultimi anni si è registrato un notevole aumento dei flussi turistici con forti benefici per l'economia e lo sviluppo dell'area  –:
          se i Ministri    interrogati siano a conoscenza della situazione descritta in premessa relativa alla struttura ricettiva di Marina di Pisticci e quali iniziative intendano intraprendere per verificare quali siano le intenzioni e i programmi della proprietà in merito al futuro dell'Hotel Resort Argonauti di Marina di Pisticci alla luce dei risvolti occupazionali;
          se non ritengano necessario assumere ogni utile iniziativa di competenza, convocando un tavolo di confronto con proprietà e la società di gestione per individuare rapidamente le più opportune soluzioni per salvare la stagione 2016 e i posti di lavoro. (4-13174)


      VICO, BENAMATI, GINEFRA, BASSO, BARGERO, PELILLO, TULLO, BOCCIA, MICHELE BORDO, GRASSI, CASSANO, MONGIELLO, MARIANO, CAPONE, MASSA, LOSACCO e BINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il 15 febbraio 2016 si è svolta a Bruxelles la conferenza di Alto livello sull'acciaio e le industrie energivore organizzata dalla Commissione europea, incentrata sulla situazione di grande sofferenza in cui versa il settore siderurgico e manufatturiero europeo a causa delle pratiche commerciali scorrette da parte di alcuni Paesi, in particole la Cina, che vendono i loro prodotti a prezzi troppo bassi per le imprese europee, inferiori a quelli praticati nel loro mercato nazionale (dumping);
          lo stesso giorno, nella città belga oltre cinquemila operatori del settore siderurgico e di altri settori esposti alla concorrenza sleale cinese, come il comparto del vetro e della ceramica, hanno manifestato contro la concessione dello status di economia di mercato alla Cina, che dovrebbe avvenire entro la fine del 2016, secondo il protocollo dell'Organizzazione mondiale del Commercio (OMC), e che comporterebbe la soppressione dei vigenti dazi per le esportazioni dei prodotti cinesi;
          la conferenza e la manifestazione seguono di pochi giorni la trasmissione alla Commissione europea di una lettera firmata congiuntamente dai Ministri competenti di 7 Paesi dell'Unione europea tra cui, in prima fila, l'Italia, con la quale sono state invocate maggiori misure per il settore siderurgico e manufatturiero europeo, «a rischio di collasso», sia mediante strumenti di difesa commerciale, sia mediante il sostegno all'innovazione e alla modernizzazione;
          per garantire la concorrenza leale, l'Unione Europea può imporre misure antidumping che consistono generalmente in dazi ad valorem, ossia una percentuale del valore dell'importazione del prodotto interessato, oppure in dazi specifici, ossia un valore fisso per una determinata quantità di merci, oppure ancora in un impegno da parte di un esportatore a rispettare i prezzi minimi all'importazione;
          le procedure per l'imposizione di misure antidumping nell'Unione europea sono disciplinate dal Regolamento (CE) n.  1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di Paesi non membri della Comunità europea;
          l'organo competente per le attività di indagine sulle accuse di pratiche di dumping è la Commissione europea, che svolge inchieste sia su richiesta dei produttori comunitari sia di propria iniziativa;
          recentemente la Commissione europea ha formalmente chiesto alla Cina di ridurre le esportazioni della propria sovrapproduzione di acciaio verso l'Europa e ha annunciato l'apertura di tre nuove indagini antidumping nel settore dell'acciaio, nonché l'aumento dei dazi sui prodotti laminati a freddo provenienti dalla Cina (dal 13,8 per cento al 16,8 per cento) e dalla Russia (dal 19,8 per cento al 26,2 per cento);
          attualmente sono in vigore nell'Unione europea 37 dazi a tutela dell'acciaio, di cui 21 riguardano la Cina, sebbene recentemente l'OMC abbia deciso di invalidare alcune misure antidumping adottate dalla Commissione europea contro specifici prodotti in acciaio di provenienza cinese;
          l'Italia è da sempre in prima linea nella lotta alle pratiche commerciali sleali e in particolare nel settore dell'acciaio, di cui è il secondo produttore europeo;
          notevoli sforzi si stanno compiendo per il rilancio del gruppo Ilva, il cui stabilimento di Taranto costituisce il maggior complesso industriale per la lavorazione dell'acciaio in tutta Europa, e per tutelare migliaia di posti di lavoro;
          il settore siderurgico è stato oggetto del Consiglio competitività il 29 febbraio 2016  –:
          quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per sostenere il settore siderurgico e manufatturiero italiano contro le croniche pratiche commerciali sleali in questa delicata fase di ripresa, in particolare attraverso strumenti atti a stimolare la crescita e la modernizzazione;
          se e con quali ulteriori iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda continuare a promuovere, a livello europeo, la prosecuzione di tutte le misure antidumping attualmente in corso, nonché l'adozione di ogni altra azione utile al contrasto delle pratiche di concorrenza sleale incompatibili con le economie di mercato. (4-13182)

Apposizione di una firma ad una mozione.

      La mozione D'Incecco e altri n.  1-01229, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 aprile 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rubinato.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

      L'interpellanza urgente Rostellato e altri n.  2-01362, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lacquaniti.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Tripiedi e altri n.  5-07477, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 gennaio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vallascas.

      L'interrogazione a risposta orale Galgano n.  3-02246, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Gnecchi, Vezzali, Marzano, Rostellato, Miotto.

      L'interrogazione a risposta scritta Nesci n.  4-13110, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Parentela, Silvia Giordano, Lorefice, Chimienti.

      L'interrogazione a risposta scritta Gregori e Fassina n.  4-13145, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Nicchi, Scotto, Paglia, Fava, Piras, Fratoianni, Ricciatti, Kronbichler, Pannarale, Melilla, Franco Bordo, Daniele Farina, Palazzotto, Placido, Martelli, Airaudo, Marcon, Folino, D'Attorre, Zaratti.

Pubblicazione di testi riformulati.

      Si pubblica il testo riformulato dell'interpellanza urgente Quaranta n.  2-01360, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n.  617 del 2 maggio 2016.

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
          nel 2011 viene istituito, dal Ministero dello sviluppo economico, il registro delle opposizioni, la cui gestione viene affidata alla Fondazione Ugo Bordoni. Scopo del registro è tutelare la privacy dei cittadini;
          dalla sua istituzione al 31 dicembre 2015 sono state circa 20 mila le segnalazioni di utenti che lamentano la violazione della propria privacy ad opera di aziende di telemarketing (le più attive, quelle di telefonia, luce, gas, tv) e sono stati erogati circa 2,6 milioni di euro di multa;
          ad oggi, gli iscritti al registro delle opposizioni, sono 1,44 milioni e per iscriversi è necessario essere sull'elenco telefonico. Ma non basta l'iscrizione per non essere più chiamati. Come si rileva dall'articolo di A. Longo, «La nostra battaglia (persa) contro le telefonate moleste», pubblicato su La Repubblica dell'8 gennaio 2016, iscrivendosi al registro delle opposizioni si vieta alle aziende di telemarketing solo di usare il proprio numero se lo hanno trovato nell'elenco. Se lo hanno avuto in un altro modo possono chiamare comunque, a patto di avere ottenuto il consenso che spesso è estorto con l'inganno;
          Calogero Pepe, presidente di Federconsumatori Liguria più volte ha espresso preoccupazione per una situazione che diventa di giorno in giorno più grave, soprattutto per quanto riguarda i cittadini più anziani, spesso vittime di vere e proprie truffe telefoniche. La maggior parte dei cittadini che si rivolgono alla associazione chiedono come difendersi dal telemarketing; insieme alle associazioni dei consumatori è anche il segretario generale del Garante per la privacy, Giuseppe Busia, ad affermare che le regole sono sbagliate, il registro non basta; bisogna aumentare per legge le responsabilità degli operatori in caso di abusi delle aziende di telemarketing cui si affidano per le campagne e bisogna istituire un registro delle opposizioni universali che vieti ogni tipo di chiamata pubblicata ai numeri iscritti;
          in altri Paesi europei esiste un registro delle opposizioni universale i cui iscritti non possono mai essere chiamati a scopo di telemarketing, anche se dovesse risultare che in precedenza avevano dato il loro consenso all'utilizzo dei propri dati a fini promozionali –:
     se il Ministro interpellato sia al corrente della situazione e cosa intenda fare, per quanto di competenza, per rispondere alle giuste sollecitazioni pervenute dai cittadini e dallo stesso Garante della privacy.
(2-01360)
«Quaranta, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Claudio Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zaratti, Zaccagnini».

      Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta scritta Gregori n. 4-13145, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n.  622 dell'11 maggio 2016.

      GREGORI e FASSINA. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
          nel mese di aprile 2016 si sono aperte le procedure di mobilità del personale dell'ex ente pubblico della Croce rossa italiana (Cri), attraverso l'utilizzo del portale predisposto dal dipartimento della funzione pubblica;
          da una prima lettura – e dalle centinaia di segnalazioni pervenute dai lavoratori – ci si è resi immediatamente conto che la struttura del portale, così come è stata concepita, non permette una scelta consapevole e ponderata, ingenerando, inoltre, sconcerto e confusione negli stessi lavoratori;
          alla consegna delle credenziali di accesso ci si attendeva, dal portale, una serie di informazioni complementari che avrebbero dovuto condurre il lavoratore a individuare, con maggiore accuratezza, il nuovo luogo di lavoro. Così non è stato;
          le evidenti difficoltà, infatti, si riscontrano principalmente per l'assenza delle indicazioni circa le sedi di lavoro ed, eventualmente, anche per i servizi a cui dovrebbero essere indirizzati, coloro i quali esprimessero una o più preferenze;
          non è difficile credere, che le amministrazioni che hanno messo a disposizione offerte di mobilità, non siano state in grado di specificare le sedi di lavoro e, appunto, anche i servizi a cui destinare il personale proveniente dalla Croce rossa;
          le criticità, purtroppo, non si fermano qui. Per semplicità e per sintesi, di seguito si evidenziano ulteriori problematiche emerse al momento dell'accesso al portale: a dispetto di quanto era lecito attendersi, i cosiddetti «agganci» tra gli offerenti e il personale della Cri, sono avvenuti esclusivamente sulla base delle posizioni economiche e non sulle reale qualifica di appartenenza (amministrativo, tecnico, informatico e socio-sanitario), non permettendo una confacente individuazione del profilo professionale; in particolare, il personale appartenente al profilo socio-sanitario (medici, biologi ed infermieri), pur essendo destinatario (apparentemente) di numerosi «agganci», non è in grado di individuare se dietro una offerta di mobilità ci sia realmente, la necessità di impiegare le proprie professionalità; per le professionalità sopra indicate, le regioni, le aziende ospedaliere, le Asl, continuano a predisporre bandi di concorso e assunzioni in contrasto con quanto previsto dalla legge di stabilità 2016, senza che il Governo, seppur messo a conoscenza, sia mai intervenuto a tutela dei previsti processi di mobilità dei dipendenti ex Cri  –:
          se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, con coinvolgimento delle regioni, affinché sia favorito il ricollocamento delle lavoratrici e dei lavoratori della Croce Rossa. (4-13145)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
          interpellanza urgente Vico n. 2-01294 del 1o marzo 2016;
          interpellanza urgente Giuditta Pini n. 2-01340 del 12 aprile 2016;
          interpellanza urgente Scotto n.   2-01361 del 3 maggio 2016.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
          interrogazione a risposta in Commissione Marco Di Stefano n.  5-07942 del 29 febbraio 2016 in interrogazione a risposta scritta n.  4-13183;
          interrogazione a risposta in Commissione Marco Di Stefano n.  5-08179 del 17 marzo 2016 in interrogazione a risposta scritta n.  4-13184;
          interrogazione a risposta in Commissione Pagani n.  5-08187 del 18 marzo 2016 in interrogazione a risposta scritta n.  4-13185.