XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 14 giugno 2016

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
          l'Accordo di libero scambio e investimento fra il Canada e la Unione europea (Comprehensive Economic and Trade Agreement – CETA) mira alla più ampia liberalizzazione nella storia dei negoziati commerciali dell'Unione europea, e per questo motivo le implicazioni politiche ed economiche sui Paesi membri della Unione europea sono enormi;
          in una risposta scritta a una interrogazione (n.  4-05993) presentata il 11 settembre 2014 dal deputato Plangger il sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova ha affermato che il Governo considera il CETA un contratto di natura «mista» e non di esclusiva competenza dell'Unione europea in quanto «tratta in misura rilevante questioni di competenza mista o esclusiva degli stati membri, quali la proprietà intellettuale, i trasporti, la sicurezza sul lavoro, gli investimenti – e sosterrà tale linea nelle sedi competenti»;
          pare che la settimana scorsa il Governo italiano, rappresentato dal Ministro Calenda, in sede di Unione europea abbia sottolineato la sua posizione sulla ratifica del CETA: un accordo «non misto», che non necessita quindi di alcuna verifica da parte dei parlamenti nazionali;
          tale presa di posizione contraddice la posizione del Governo espressa nel 2014 e mira ad escludere dal processo i parlamentari nazionali;
          molti parlamentari, dopo essere entrati per la prima volta nella sala di lettura del TTIP in Italia, di cui il CETA è il naturale preludio, hanno espresso gravi preoccupazioni;
          la posizione del Governo italiano è molto distante da quella di altri Paesi, come Lussemburgo e Francia, e appare come un tentativo di esautorare il ruolo di quanti, democraticamente eletti, fanno parte del Parlamento italiano;
          vantaggi commerciali promessi ma non dimostrabili ammonterebbero a circa 5,8 miliardi di euro l'anno, con un'interpellanza urgente risparmio per gli esportatori europei di 500 milioni di euro annui dovuta all'eliminazione di quasi tutti i dazi all'importazione. Sul mercato del lavoro, poi, uno studio congiunto di Unione europea-Canada ipotizza 80 mila nuovi posti di lavoro;
          i dazi sarebbero aboliti rapidamente. La maggior parte di essi sarebbero soppressi con l'entrata in vigore dell'accordo. Dopo sette anni, non vi sarebbe più alcun dazio doganale tra l'Unione europea e il Canada sui prodotti industriali;
          i dazi verrebbero aboliti in misura considerevole anche nel settore agricolo e alimentare. Quasi il 92 per cento dei prodotti agricoli e alimentari dell'Unione europea verrebbero esportati in Canada in esenzione dai dazi;
          le preoccupazioni, invece vedono l'incedere di scenari più articolati: «Con il via libera al CETA, la maggior parte delle multinazionali americane, già attive sul territorio canadese, potranno citare in giudizio nei tribunali internazionali privati le aziende europee, avvalendosi della clausola Investment court system (Ics, il sistema giudiziario arbitrale per la difesa degli investimenti), omologo dell'Isds inserito nel Ttip, che tanti Paesi Ue stanno osteggiando». Sono già 42 mila le aziende operanti nell'Unione che fanno capo a società statunitensi con filiali in Canada, con l'approvazione del Ceta queste imprese potrebbero intentare cause agli Stati per conto degli Stati Uniti senza che il Ttip sia ancora entrato in vigore, assicurano i promotori. Dopo cinque anni di negoziati, dal 2009 al 2014, per il via libera al Ceta manca solo il voto finale, e quindi la firma. In caso di approvazione entro il 2016, da parte del Consiglio e del Parlamento europeo, il Ceta potrebbe entrare in vigore all'inizio del 2017 previa approvazione dei legislatori, canadesi  –:
          quale sia la posizione del Governo in merito al necessario passaggio parlamentare viste le differenti posizioni assunte nel tempo dallo stesso;
          se il Governo non intenda rivendicare in sede di Unione europea il ruolo dei parlamenti nazionali a discutere e a votare il CETA;
          se il Governo non ritenga lesiva degli interessi italiani l'adozione di un contratto commerciale che metta in serio pericolo molte aziende italiane impegnate in produzioni di made in Italy di qualità;
          se non ritenga che l'ingresso in Italia di prodotti di largo consumo a basso controllo possa rappresentare un reale pericolo per la salute dei cittadini italiani;
          se non ritenga necessario rivedere più approfonditamente i termini dell'accordo, anche attraverso il passaggio parlamentare;
          quali iniziative intenda adottare al fine di non esporre l'Italia alle cause che le multinazionali potrebbero intentare dopo l'adozione del CETA.
(2-01398) «Kronbichler, Scotto, Marcon, Zaccagnini, Gallinella».

Interrogazioni a risposta scritta:


      RIZZO, COLONNESE, BRESCIA e LOREFICE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          con un'intesa regolata da un contratto di comodato d'uso gratuito trentennale e rinnovabile, stipulato in data 17 agosto 2001, la diocesi di Piazza Armerina affida alla Fondazione «Istituto di promozione umana “Mons. Francesco Di Vincenzo”» la responsabilità di ideare, avviare e condurre un progetto di redenzione sociale dedicato ai detenuti e alle loro famiglie presso il fondo rurale storico – 40 ettari in uno splendido contesto paesaggistico – appartenuto alla famiglia Sturzo, in contrada Russa dei Boschi alle porte di Caltagirone, di proprietà del seminario della Diocesi armerina;
          sono membri della fondazione Di Vincenzo con l'incarico di presidente onorario, il vescovo di Piazza Armerina Monsignor Pennisi e nella qualità di presidente del consiglio di amministrazione il dottor Martinez, originario di Enna, il quale ricopre medesima carica presso il comitato nazionale di servizio dell'associazione laica «Rinnovamento nello Spirito Santo»;
          il 4 ottobre 2009, a conclusione del convegno Internazionale Sturziano, il presidente Martinez ha inaugurato con l'allora Ministro della giustizia onorevole Angelino Alfano (NCD), alla presenza del Sottosegretario alle politiche della    famiglia, pro tempore senatore Carlo Amedeo Giovanardi (NCD) e del presidente della provincia di Catania pro tempore Giuseppe Castiglione (NCD), il polo di eccellenza «Mario e Luigi Sturzo» per l'accompagnamento spirituale e la professionalizzazione degli ex detenuti; si tratta di un progetto pilota nel campo del sostegno alla genitorialità, al ricongiungimento e alla ricostruzione dell'unità familiare, alla responsabilizzazione reciproca del detenuto ed ex detenuto e della famiglia, all'individuazione di un percorso di promozione umana, formazione e inserimento sociale e lavorativo da avviare proprio presso il «Fondo Sturzo»;
          tale progetto è stato avviato grazie ad un protocollo d'intesa stipulato dalla Fondazione Di Vincenzo e dal Ministro della giustizia; nell'ambito di tale protocollo è stato previsto l'avvio del progetto ANREL (Agenzia nazionale reinserimento e lavoro), con un finanziamento iniziale di 4,8 milioni di euro;
          in un rapporto sullo stato delle carceri della Onlus Antigone, venne però definito il progetto ANREL sconosciuto in campo penitenziario, suscitando notevoli polemiche tra il Martinez e il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che decise di sospendere il finanziamento presso il fondo Sturzo per via delle perplessità generate dall'entità dei fondi stanziati inizialmente (4,8 milioni di euro) e al loro complessivo utilizzo;
          il 22 febbraio 2016, su un articolo di stampa online, che s'intitolava: – Nasce in Sicilia la prima «cittadella mobile giubilare» –    si riferiva di accordi tra la diocesi di Piazza Armerina e i ministeri di difesa e interno per realizzare il primo ospedale da campo, attraverso la creazione della prima cittadella mobile che farà da città giubilare dell'accoglienza e della solidarietà, grazie anche alla collaborazione dell'ordinariato militare;
          la cittadella giubilare — ospedale da campo «Papa Francesco», sorgerà, così come riportato anche su La Sicilia del 27 maggio 2016, presso il fondo rurale storico dei fratelli Mario e Luigi Sturzo di Contrada Russa dei Boschi, per accogliere tutte le situazioni di disagio e di povertà presenti nella realtà locale siciliana;
          dalla lettura della bozza di progetto redatto dal Ministero dell'interno, si legge che gli obiettivi dell'iniziativa saranno: intercettare e assorbire le condizioni di emarginazione sociale dei soggetti svantaggiati a forte rischio di esclusione sociale, implementare azioni e attività qualificate e qualificanti per i soggetti target orientate all'integrazione e al loro reinserimento sociale e lavorativo attraverso progetti articolati di sviluppo locale e territoriale; determinare la complementarietà e l'integrazione tra le risorse economiche (finanziamenti) attraverso progetti innovativi, elaborati proposti per lo sviluppo dell'area e del territorio;
          tra i soggetti coinvolti si riferisce di «enti datoriali e di scopo già interessati preliminarmente» e tra le attività da svolgere con il dipartimento delle libertà civili e dell'immigrazione del Ministero dell'interno si riferisce di «opere di ristrutturazioni d'immobili», senza meglio identificare né con quale criterio di trasparenza saranno individuati gli enti datoriali e gli immobili stessi oggetto di ristrutturazioni;
          è notizia dell'8 giugno 2016, del grave fatto di cronaca avvenuto presso l'accampamento di San Ferdinando, alle porte di Rosarno, in cui un carabiniere reagisce ad un tentativo di aggressione di un extracomunitario ferendolo a morte con la pistola d'ordinanza. L'accampamento è una baraccopoli di braccianti che nel periodo invernale ospita migliaia di immigrati impegnati nella raccolta delle arance nella piana di Gioia Tauro;
          appare agli interroganti riscontrabile un drammatico sillogismo tra quanto avvenuto a Rosarno e l'idea di poter ospitare in un bosco centinaia di persone socialmente svantaggiate  –:
          se l'accordo siglato tra Ministero dell'interno e diocesi di Piazza Armerina per la realizzazione della «Cittadella Giubilare» sarà oggetto di finanziamenti pubblici e, in caso affermativo, secondo quali linee di finanziamento e con quali criteri di trasparenza saranno individuati gli enti datoriali e i proprietari degli immobili oggetto di ristrutturazioni richiamati nel progetto ministeriale;
          se siano in grado di chiarire come s'intende favorire l'integrazione dei soggetti beneficiari dell'iniziativa di cui in premessa ospitati in una struttura isolata dal principale centro abitato distante 15 chilometri, nonché come si vuol gestire, in un'unica struttura, il disagio, tra immigrati, detenuti e nuovi poveri;
          quanti ex detenuti siano stati integrati nella società civile, secondo quanto risulta al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero di giustizia, attraverso le attività di recupero erogate all'interno del Fondo Sturzo di Caltagirone, associazione beneficiaria di finanziamenti pubblici;
          se non s'intenda rivedere l'accordo tra Ministero dell'interno e diocesi di Piazza Armerina, anche alla luce di favorire un incontro con gli abitanti del borgo di Santo Pietro, frazione di Caltagirone, che, a quanto consta agli interroganti, vedono minacciate le possibilità di sviluppo turistico-ambientale della riserva naturale orientale «Bosco di Santo Pietro» distante solo pochi chilometri dal Fondo Sturzo;
          sulla base di quali presupposti ed elementi di valutazione si sia pervenuti all'accordo tra il Governo e la diocesi di Piazza Armerina, di cui in premessa;
          quale sarà il ruolo del Ministero della difesa e dell'ordinariato militare d'Italia nella realizzazione dell'ospedale da Campo e se avrà incidenza su capitoli di spesa del Ministero stesso. (4-13483)


      RUOCCO, ALBERTI, PESCO e VILLAROSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          in applicazione del Testo unico della finanza, la Consob – Commissione nazionale per le società e la borsa – esercita funzioni di vigilanza in delicati settori dell'economia italiana ed è dotata, per questo scopo, di ampi poteri ispettivi, applicabili nei confronti delle banche, degli altri intermediari finanziari e di tutte le società quotate;
          nella relazione del 31 marzo 2016 sull'attività svolta dalla Consob trasmessa al Ministro dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 1 della legge 7 giugno 1974, n.  216 si dà atto dell'avvio nel corso del 2015 di n.  24 «verifiche ispettive», con una riduzione del 40 per cento rispetto a quelle svolte nell'anno precedente. Nella relazione non si dà, tuttavia, conto dell'effettivo numero di soggetti ispezionati; secondo quanto appreso dagli interroganti, è frequente che, presso un unico soggetto o soggetti collegati siano compiuti una pluralità di «accertamenti» che costituiscono parti di un'unica iniziativa di vigilanza e come tali dovrebbero essere presentati. Sarebbe opportuno accertare quanti soggetti siano stati effettivamente visitati dalla Consob nel corso del 2015. Infatti, ove risultasse che siano state computate come autonome «verifiche ispettive» meri argomenti o fasi della medesima indagine presso i medesimi soggetti o soggetti collegati ne risulterebbe fortemente sovradimensionata, a parere degli interroganti, l'attività ispettiva presentata al Ministro rispetto a quella realmente svolta;
          inoltre, al fine di apprezzare l'effettività dell'azione di vigilanza svolta dalla Consob, è necessario che sia reso pubblico il rapporto fra il numero di soggetti ispezionati nell'anno e il numero dei soggetti la cui vigilanza è affidata alla Consob, per ciascuna categoria;
          infatti dalla consultazione dei bollettini periodici della Consob nell'anno 2015, emerge una pluralità di procedimenti nei confronti di promotori finanziari e intermediari, mentre non è reperibile alcuna evidenza di procedimenti fondati sullo svolgimento di ispezioni presso società quotate. La circostanza necessita di un attento approfondimento, perché indicherebbe che la vigilanza sui bilanci e sui prospetti è fondata esclusivamente su base cartolare e che la Consob non verificherebbe direttamente le informazioni fornitele dai soggetti vigilati. L'assenza di ispezioni sulle società quotate sarebbe particolarmente grave, considerato che questa è missione principale della Consob su cui si fonda la fiducia di cui necessitano il mercato e i risparmiatori;
          sarebbe opportuno conoscere il numero di dipendenti della Consob preposti alla vigilanza ispettiva, il numero di giornate impiegate nell'esercizio di tale attività nel corso dell'anno e quante ispezioni abbia condotto, nel corso del 2015, ciascun funzionario Consob preposto a tale attività. Infatti, ove si riscontrasse che pochissime risorse sono destinate all'attività ispettiva e che le stesse sono, in realtà, impegnate in ampia parte del tempo in attività burocratiche all'interno degli uffici della Consob anziché assolvere alla vigilanza ispettiva, ne deriverebbe che la Consob ha sostanzialmente abdicato ad uno dei ruoli ad essa affidati dalla legge. Secondo le notizie acquisite dagli interroganti, infatti, gli ispettori Consob svolgerebbero attività ispettiva in n.  10-20 giornate nel corso dell'anno, mentre, nel tempo restante, sono costretti in attività d'ufficio per asserite esigenze di contenimento dei costi. In realtà, considerati i limitatissimi risparmi di spesa conseguiti dalla Consob negli ultimi anni, si evidenzia che, a parere degli interroganti, è stata realizzata, piuttosto, una riallocazione di risorse dall'attività ispettiva ad altre, che di fatto arrecano meno «disturbo» ai soggetti vigilati;
          una vigilanza penetrante e sostanziale, in luogo di una burocratica e formalistica, è fondamentale per la tutela del bene costituzionale del risparmio, come le recenti crisi di alcune banche vigilate dalla Banca d'Italia e dalla Consob hanno dimostrato. Non v’è dubbio, infatti, che gravi carenze costituiscano concause degli scandali finanziari del recente passato e, in mancanza di interventi, di quelli futuri  –:
          una recentissima normativa interna adottata dalla Consob che finirebbe per disincentivare lo svolgimento di ispezioni e dissuadere i funzionari troppo «zelanti», in quanto obbliga gli ispettori a comunicare con n.  10 giorni di anticipo i propri movimenti e obbliga a farsi carico, con trattenuta diretta dallo stipendio, della modifica dei biglietti di viaggio per raggiungere i soggetti da ispezionare nei casi in cui tale modifica comporti una, maggiore spesa;
          se il Ministro sia informato di quanto sopra riportato e quali iniziative di competenza ritenga opportuno assumere presso il presidente della Consob, Vegas. (4-13484)


      FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          con deliberazione della giunta regionale n.  712 del 30 dicembre 2014, nell'ambito del piano di riprogrammazione dei fondi PAR Molise 2007-2013, è stato assegnato al comune di Termoli il contributo pubblico di 5 milioni di euro per la realizzazione di un tunnel per il raccordo stradale tra il porto di Termoli e il lungomare Cristoforo Colombo;
          con deliberazione di giunta comunale n.  50 del 17 marzo 2015 il comune di Termoli incaricava il dirigente del settore lavori pubblici, responsabile dell'ufficio tecnico comunale, di procedere rapidamente alla redazione del progetto preliminare di tipo prestazionale, per la realizzazione del collegamento sotterraneo tra il porto e il lungomare Cristoforo Colombo;
          con stessa deliberazione di giunta comunale n.  50 del 17 marzo 2015 il dirigente del settore lavori pubblici veniva nominato anche responsabile unico del procedimento (RUP) per l'intervento di che trattasi;
          con deliberazione di giunta comunale n.  161 del 25 giugno 2015 il comune di Termoli approvava in linea tecnica il progetto preliminare predisposto internamente dal dirigente comunale del settore dei lavori pubblici, per la «realizzazione del tunnel di raccordo stradale tra il porto di Termoli e il lungomare Cristoforo Colombo» per un importo totale del progetto di 11.125.094,26 euro di cui 7.391.668,45 euro di importo complessivo dei lavori ed oneri di sicurezza e di cui 3.733.425,81 euro di somme a disposizione della stazione appaltante;
          con deliberazione di giunta comunale n.  196 del 27 luglio 2015, l'amministrazione comunale di Termoli richiedeva alla regione Molise la rimodulazione dell'intervento ammesso a finanziamento pubblico di 5 milioni di euro per la realizzazione del tunnel per il raccordo stradale tra il porto di Termoli e il lungomare Cristoforo Colombo (PAR MOLISE 2007-2013 — fondo per lo sviluppo e la coesione — linea di intervento II. A — «accessibilità materiale» — azione A.2 «viabilità di convergenza regionale e interregionale»), sostenendo le ragioni dell'accorpamento, dal punto di vista tecnico e finanziario, del tunnel (già finanziato per 5 milioni di euro) al nuovo parcheggio multipiano interrato di piazza Sant'Antonio e al recupero funzionale del parcheggio multipiano di «Pozzo Dolce», attraverso il modulo della finanza di progetto al fine di poter intercettare le risorse occorrenti all'esecuzione, in forma integrata, dell'intero programma realizzativo, ritenendo le due opere (tunnel e parcheggi) complementari e strategiche per il miglioramento delle mobilità urbana;
          con deliberazione n.  417 del 3 agosto 2015, la regione Molise approvava la proposta di rimodulazione dell'intervento da «Tunnel di raccordo stradale tra il porto di Termoli ed il lungomare Cristoforo Colombo» a «Realizzazione di un tunnel di raccordo stradale tra il porto di Termoli ed il lungomare Nord con parcheggio multipiano al di sotto di Piazza Sant'Antonio e recupero funzionale dell'adiacente parcheggio multipiano area «Pozzo Dolce» per un valore complessivo di 14.967.400,00 euro, di cui 5.000.000,00 euro a valere sulle risorse del FSC 2007/2013 ed 9.967.400,00 euro da acquisire mediante finanza privata di progetto, soggetto attuatore Comune di Termoli»;
          in seguito l'amministrazione comunale di Termoli con avviso esplorativo apriva il confronto concorrenziale per la valutazione comparativa prodromica di proposte di pubblico interesse, onde pervenire all'individuazione di un soggetto promotore, cui attribuire il diritto di prelazione nella successiva fase dello sviluppo concorsuale, ai sensi dell'articolo 153, comma 19, del codice dei contratti, ponendo a base di gara il progetto preliminare del tunnel redatto dal proprio ufficio tecnico per acquisire in forma integrata il progetto preliminare per la «realizzazione di un tunnel di raccordo stradale tra il porto di Termoli ed il lungomare Nord con parcheggio multipiano al di sotto di Piazza Sant'Antonio e il recupero funzionale dell'adiacente parcheggio multipiano area «Pozzo Dolce»»;
          all'esito di questa prima fase di gara, entro il termine di scadenza indicato, perveniva una sola proposta che l'amministrazione dichiarava di pubblico interesse con deliberazione di giunta comunale n.  291 del 5 novembre 2015. Con questa stessa deliberazione la giunta dava mandato all'ufficio di procedere per l'affidamento della concessione, ai sensi del richiamato articolo 159, comma 19, del codice, nel rispetto dei termini nella deliberazione di giunta regionale n.  478 del 7 settembre 2015 per l'assunzione dell'obbligazione giuridicamente vincolante (OGV);
          con deliberazione di giunta comunale n.  291 del 5 novembre 2015, l'amministrazione comunale di Termoli dichiarava di pubblico interesse la proposta — datata 29 settembre 2015 — presentata dalla «De Francesco Costruzioni S.a.s.» per la realizzazione di un tunnel di raccordo stradale tra il porto di Termoli ed il lungomare Nord con parcheggio multipiano al di sotto di Piazza Sant'Antonio e recupero funzionale dell'adiacente parcheggio multipiano area «Pozzo Dolce» per un valore complessivo di euro 19.000.000,00 di cui euro 5.000.000,00 a valere sulle risorse del FSC 2007/2013 ed euro 14.000.000,00 da acquisire mediante finanza privata di progetto;
          con determinazione n.  1734 RG del 25 novembre 2015 il nuovo dirigente del settore dei lavori pubblici del comune di Termoli procedeva all'avvio della gara per l'affidamento della concessione per la realizzazione di un tunnel di raccordo stradale tra il porto di Termoli ed il lungomare nord con parcheggio multipiano al di sotto di Piazza Sant'Antonio e il recupero funzionale dell'adiacente parcheggio multipiano area «Pozzo Dolce» ponendo a base di gara il progetto del promotore dichiarato dall'amministrazione di pubblico interesse e approvava la documentazione costituente il bando di gara;
          in data 12 dicembre 2015 l'amministrazione comunale di Termoli pubblicava il bando di gara con procedura aperta per la progettazione e realizzazione del tunnel di raccordo stradale tra il Porto di Termoli ed il lungomare nord integrato con la progettazione, realizzazione e gestione del parcheggio multipiano al di sotto di Piazza Sant'Antonio e recupero funzionale dell'adiacente parcheggio multipiano area «Pozzo Dolce» per un valore complessivo di 15.414.000 euro, di cui 5.000.000 euro a valere sulle risorse del FSC 2007/2013 e 10.414.000 euro da acquisire mediante finanza privata di progetto;
          si ritiene opportuno far notare come l'articolo 9, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n.  207 Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.  163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE». (Gazzetta Ufficiale n.  288 del 10 dicembre 2010) prescriva: «...Il responsabile del procedimento può svolgere per uno o più interventi, nei limiti delle proprie competenze professionali, anche le funzioni di progettista o di direttore dei lavori. Tali funzioni non possono coincidere nel caso di interventi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere l) e m), ovvero di interventi di importo superiore a 500.000 euro. Il responsabile del procedimento può altresì svolgere le funzioni di progettista per la predisposizione del progetto preliminare relativo a lavori di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c), del codice.»;
          l'articolo 28 del codice «Importi delle soglie di contratti pubblici di rilevanza comunitaria», inoltre, al comma 1, lettera e), fissa la suddetta soglia per gli appalti di lavori pubblici e per le concessioni di lavori pubblici ad euro 5.278.000,00. Essendo l'importo complessivo dell'intervento per la «realizzazione del tunnel di raccordo stradale tra il porto di Termoli e il lungomare Cristoforo Colombo» al momento della delibera di approvazione del progetto preliminare di euro 11.125.094,26, quindi ben superiore alla soglia a cui fa riferimento l'articolo 9, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010 n.  207, la figura del responsabile unico del procedimento non può coincidere con quella del progettista, come risulta invece dalla deliberazione di giunta comunale n.  50 del 17 marzo 2015 adottata in violazione dall'articolo 9, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n.  207, regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163.»;
          una parte rilevante dei cittadini di Termoli si sono dimostrati fortemente contrari all'opera, tanto da aver raccolto circa 3.000 firme per l'indizione di un referendum popolare, che però l'amministrazione di Termoli non ha mai preso in considerazione;
          per altro, a quanto risulta, i lavori inizieranno dal parcheggio multipiano al di sotto di Piazza Sant'Antonio e cioè dalla parte più remunerativa per la società privata, e solo in un secondo momento si procederà alla realizzazione del tunnel. Non si comprende, però, quali garanzie abbia il comune che la ditta aggiudicatrice riesca a realizzare le due opere per intero. Si consideri, a tal riguardo, che una situazione simile è accaduta nel comune di Atessa, dove l'azienda vincitrice dopo la realizzazione dell'opera più conveniente, non è riuscita ad oggi a completare il quadro delle opere come stabilite dai provvedimenti adottati;
          si specifica, inoltre, che i gruppi di opposizione del consiglio comunale di Termoli che si oppongono all'opera hanno presentato al prefetto e alla Corte dei Conti del Molise un esposto che riporta tutte le problematiche qui rappresentate  –:
          quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per verificare il corretto utilizzo delle risorse erogate derivanti dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, affinché le stesse vengano spese nella direzione di una reale riduzione del gap infrastrutturale e sociale, privilegiando lo scopo per il quale il Fondo di sviluppo e coesione è stato istituito. (4-13489)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata:


      PICCHI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          esiste nel nostro Paese una situazione assai poco conosciuta, quella dei cosiddetti «accidental Americans», ovvero cittadini italiani che hanno acquisito anche la cittadinanza degli Stati Uniti perché nati quando i loro genitori si trovavano in transito o comunque temporaneamente nel territorio statunitense;
          agli «accidental Americans» si applicano automaticamente e pienamente la legge tributaria statunitense e, soprattutto, la normativa del Foreign account tax compliance Act, o Fatca, varato nel 2010 per colpire i cittadini americani che utilizzassero conti bancari aperti all'estero;
          in base alla legislazione attualmente in vigore negli Stati Uniti, gli «accidental Americans» debbono pagare le tasse all'erario statunitense come ogni altro cittadino americano residente all'estero;
          per effetto della normativa del Fatca, agli «Accidental americans» risulta preclusa anche la possibilità di aprire nuovi conti correnti, di chiedere mutui e di effettuare investimenti in ambito finanziario;
          sempre a causa del Fatca, sugli «accidental Americans» grava, altresì, la minaccia di chiusura dei conti correnti già aperti a loro nome;
          risultano avere problemi anche i conti intestati ad associazioni e società il cui legale rappresentante sia un «accidental American»;
          tale rischio può essere scongiurato soltanto richiedendo il codice fiscale americano;
          la richiesta, che determina l'emersione della propria posizione nei confronti dell'Irs, l'Agenzia statunitense delle entrate, costringe gli interessati ad inviare oltreoceano la propria dichiarazione dei redditi degli ultimi anni;
          le pratiche richiedono l'ingaggio di costosi quanto rari consulenti esperti in questa materia, anche perché la sede dell'Irs statunitense competente per l'Italia si trova a Parigi;
          la soggezione al fisco americano non libera gli «accidental Americans» dalle proprie obbligazioni nei confronti del fisco italiano, con l'effetto di sottoporre i malcapitati ad un gravoso regime di doppia imposizione  –:
          quali iniziative il Governo ritenga opportuno e possibile assumere per risolvere la situazione gravosa in cui si trovano i cittadini italiani che siano «accidental Americans» e perciò costretti a pagare le tasse sia all'erario statunitense che a quello italiano. (3-02317)


      LIBRANDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          nel corso degli ultimi due anni, il Governo italiano ha dato prova di una rinnovata ed efficace capacità di leadership europea, affrontando da protagonista le principali sfide all'ordine del giorno dell'Unione europea: la crisi finanziaria della Grecia, la questione dei rifugiati politici, la stabilizzazione della Libia, la modernizzazione dei parametri economici di stabilità e crescita;
          tra le questioni aperte di natura politica ed economica, su cui l'Unione europea è oggi chiamata ad esprimersi, c’è senza dubbio il rapporto con la Federazione russa, deterioratosi a seguito della crisi del 2014 tra Russia e Ucraina;
          l'annessione unilaterale della Crimea da parte della Russia e il supporto più o meno esplicito offerto ai separatisti di Donetsk e di Lugansk sono considerate dall'Unione europea delle gravi violazioni del diritto internazionale;
          la reazione dell'Unione europea e dei suoi Paesi membri è stata positiva e inequivocabile, perché ha mostrato all'opinione pubblica internazionale quanto i valori di democrazia, pace, libertà e rispetto assoluto dei diritti umani siano per gli europei un pilastro irrinunciabile ed una prospettiva a cui la stessa Russia deve tendere;
          lo strumento adottato – le misure sanzionatorie alla Russia, a cui il Governo di Mosca ha inevitabilmente reagito con delle contro-sanzioni – aveva ed ha lo scopo di indurre la Russia ad accettare il piano del dialogo e del confronto con la comunità internazionale e, in particolare, con l'Unione europea; da questo punto di vista, è molto apprezzabile la posizione del Governo italiano, che ha sempre evidenziato (da ultimo in occasione del Consiglio europeo di dicembre 2015, che ha esteso le sanzioni fino al luglio 2016) come le sanzioni non siano e non possano essere un fine in sé, ma esclusivamente un mezzo temporaneo;
          in ottica economica, è evidente come nell'ultimo biennio le sanzioni abbiano provocato danni evidenti alla produzione e all’export europeo: per l'Italia, secondo recenti stime della Cgia di Mestre, si sono persi circa 3,6 miliardi di euro di export annuale verso la Russia (da 10,7 miliardi di euro nel 2013 a 7,1 miliardi di euro nel 2015), in prevalenza nel settore manifatturiero e agroalimentare, ma anche in quelli della difesa, dell'energia e della finanza; nell'importante settore dei macchinari si è passati da quasi 2,9 miliardi di euro di esportazioni nel 2013 a 2,2 miliardi di euro nel 2015, con un calo di quasi 700 milioni; in prospettiva, per i comparti più identificativi del made in Italy, il rischio è la diffusione nel mercato russo di prodotti di imitazione, l'allentamento dei tradizionali legami tra industria italiana e russa e il consolidamento di rapporti commerciali con altri Paesi; secondo la Coldiretti, i prodotti agroalimentari italiani più colpiti dall'embargo sono stati la frutta, le carni, i formaggi e i latticini, per un valore nel 2015 stimato in 240 milioni di euro; agli effetti diretti vanno aggiunti quelli indiretti, dovuti alla mancanza di sbocchi di mercato che ha fatto crollare le quotazioni di alcuni prodotti agricoli europei nel lattiero-caseario, nella carne e nell'ortofrutta;
          da più parti è stato osservato come lo strumento delle sanzioni non abbia dimostrato particolare efficacia, soprattutto rispetto ad un Paese come la Russia unanimemente considerato determinante per garantire la sicurezza internazionale, in un quadro euro-asiatico particolarmente instabile e attraversato dai grandi rischi del terrorismo di matrice islamista;
          entro la fine di giugno 2016 l'Unione europea dovrà decidere se rinnovare le sanzioni economiche contro la Russia di ulteriori 6 mesi;
          molti Paesi europei, a cominciare dalla Francia, il cui Senato ha recentemente votato a grande maggioranza una risoluzione che impegna ad una riduzione graduale delle sanzioni, chiedono con forza una riapertura del dialogo con Mosca  –:
          quali iniziative il Governo intenda assumere, sia in ambito bilaterale con la Federazione russa che soprattutto nell'ambito dell'Unione europea, per la normalizzazione dei rapporti tra l'Unione europea e la Russia, la ripresa di una piena collaborazione politica ed economica tra le due realtà e, dunque, il superamento del regime sanzionatorio, i cui costi economici e sociali hanno purtroppo depotenziato la capacità di ripresa e di sviluppo dell'economia italiana negli ultimi due anni. (3-02318)


      BARADELLO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          il 27 ottobre 2015 la Camera dei deputati ha approvato a larga maggioranza, con il parere favorevole del Governo, la mozione n.  1-01038 presentata dal gruppo Per l'Italia – Centro democratico (ora Democrazia solidale – Centro democratico), avente per oggetto la promozione di iniziative per rafforzare la cooperazione allo sviluppo internazionale, nella quale – in particolare – veniva evidenziato come assuma sempre maggiore importanza il ruolo degli enti territoriali nel contesto internazionale delle dinamiche della cooperazione allo sviluppo, anche attraverso l'assunzione di iniziative per destinare una quota delle nuove risorse a progetti di cooperazione decentrata, in cui le realtà locali definiscano azioni concrete in partenariato con associazioni, organizzazioni non governative, atenei, cooperative e imprese, in materia di politiche pubbliche locali che riguardano acqua, rifiuti, energia, trasporti, nonché politiche sociali e culturali dei Paesi africani;
          nella seduta del 19 dicembre 2015, in occasione dell'approvazione definitiva della legge 28 dicembre 2015, n.  208 (legge di stabilità per il 2016), il Governo ha, altresì, accolto l'ordine del giorno n.  9/3444-A/282, a prima firma Sereni, concernente la promozione della cooperazione territoriale in materia di sviluppo locale e il coinvolgimento di enti locali e reti territoriali nell'attività di cooperazione internazionale allo sviluppo;
          la citata legge di stabilità per il 2016 ha incrementato le risorse per l'aiuto pubblico allo sviluppo di 121 milioni di euro per il 2016, con circa il 40 per cento in più rispetto ai fondi attuali, che passano da 297 a 418 milioni di euro. A fronte di questo rinnovato impegno italiano nella cooperazione internazionale per il 2016 l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo ha aperto un bando per la candidatura di proposte progettuali aperto alla società civile e alle organizzazioni non governative;
          il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha più volte ribadito la propria consapevolezza dell'alto impegno e del potenziale degli enti territoriali nelle attività di cooperazione allo sviluppo e, in particolare, il proprio impegno a sostenerli in un'ottica di «sistema-Paese»;
          la rilevanza dei partenariati territoriali per lo sviluppo è stata, altresì, riconosciuta come strumento di lavoro dalla stessa legge 11 agosto 2014, n.  125, recante la riforma della cooperazione allo sviluppo;
          sono in via di attuazione, in questo contesto, da parte del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale iniziative per favorire la collaborazione nazionale, quella territoriale e quella delegata nell'ambito dell'Unione europea  –:
          quali ulteriori azioni intenda tempestivamente avviare per sostenere iniziative di cooperazione degli enti locali e territoriali (cosiddetta cooperazione decentrata) e per sostenere iniziative di cooperazione volte a favorire i sistemi di cooperazione territoriale (enti locali, società civile, università, organizzazioni non governative), in partenariato con attori privati (partnership pubblico e privato). (3-02319)


      QUARTAPELLE PROCOPIO, CARROZZA, CASSANO, CENSORE, CHAOUKI, CIMBRO, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI, LA MARCA, MANCIULLI, MONACO, NICOLETTI, PINNA, PORTA, RIGONI, ANDREA ROMANO, SERENI, SPERANZA, TACCONI, TIDEI, ZAMPA, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          la stabilizzazione di una nazione come la Libia è di fondamentale importanza sia per la geopolitica di un'area estremamente delicata, come quella del Mediterraneo, sia per l'Africa subsahariana; basti pensare all'insediamento dello Stato islamico determinatosi nel territorio di Sirte nel giugno del 2015, così come al flusso incessante di migranti che, dopo aver attraversato il deserto, arrivano sulle coste libiche per raggiungere l'Italia e l'Europa;
          con la dichiarazione di Vienna del 16 maggio 2016, giunta in conclusione della conferenza internazionale fortemente voluta e presieduta dall'Italia di concerto con gli Stati Uniti, è stato rafforzato il sostegno degli attori regionali e internazionali al Governo Sarraj, nonché il consenso all'unità nazionale e all'integrità territoriale della Libia, entrambi obiettivi strategici per il futuro del Paese perseguiti con lungimiranza dal Governo italiano in coordinamento con i partner libici;
          tutti i Paesi confinati con la Libia, in primis l'Egitto, ma anche l'Algeria, la Tunisia, il Niger e il Ciad, hanno sottoscritto insieme alla stessa Libia, al nostro Paese e ai membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu questo importante documento. Ciò rappresenta, come espressamente richiamato nella dichiarazione, la premessa per realizzare quella «cooperazione tra autorità libiche, Paesi vicini e Unione europea finalizzata a smantellare il business model delle reti criminali» attive nel «traffico di esseri umani»;
          altro fondamentale obiettivo della dichiarazione è il rafforzamento dell'autorità del Governo Sarraj, anche in senso militare, finalizzato al ristabilimento di un'autorità di governo di unità nazionale su tutto il territorio libico e anche alla sconfitta del cosiddetto Stato islamico, insediatosi in Libia attorno alla città di Sirte. Di qui la strada intrapresa proprio dalla conferenza di Vienna per l'eventuale alleggerimento dell'embargo sulle armi alla Libia, finalizzato all'equipaggiamento e all'addestramento della guardia presidenziale;
          vanno proprio in questa direzione le recentissime notizie che riportano i successi di un'offensiva condotta da milizie che sostengono il Governo Sarraj ai danni delle milizie terroristiche dello Stato islamico a Sirte, i cui leader sono dati in fuga nella regione desertica del Fezzan;
          le soluzioni per il consolidamento della pace e la stabilizzazione della Libia non si esauriscono però nelle sole azioni militari e necessitano del coinvolgimento di tutti i principali interlocutori interni al Paese, così come recentemente affermato dal Ministro interrogato riguardo l'importanza di concludere un'intesa con le forze del generale Haftar, fondata sul riconoscimento del Governo Sarraj;
          l'Italia ha sempre garantito il pieno sostegno politico, umanitario ed economico alla Libia, sia attraverso una costante azione diplomatica di accompagnamento del processo di mediazione per giungere a un Governo di accordo nazionale, sia attraverso incontri bilaterali: è stato difatti il primo Governo ad incontrare il nuovo Premier libico del Governo di accordo nazionale e a recarsi a Tripoli in visita ufficiale dopo l'insediamento di questo  –:
          anche alla luce dei recenti accadimenti di Sirte, quali siano le prospettive per il rafforzamento del processo di stabilizzazione e pacificazione della Libia, nell'ambito del quale il nostro Paese ha ricoperto e potrà ricoprire un ruolo sempre più propulsivo. (3-02320)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


      GAGNARLI e PAOLO BERNINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          a Ravenna, presso la pineta della frazione di Classe, sono stati individuati oltre 200 daini, una popolazione considerata dall'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale in soprannumero e per gestire la quale la provincia ravennate ha deciso di procedere all'abbattimento di 67 capi e alla conseguente svendita degli animali ai cacciatori;
          il daino, in quanto esemplare di fauna selvatica, è considerato bene indisponibile dello Stato e per questo la sua esistenza sul nostro territorio è regolamentata dalla legge n.  157 del 1992;
          la legge n.  157 del 1992, alla quale gli organi competenti si sono appellati per giustificare la scelta dell'abbattimento, pone in essere, in maniera assolutamente prioritaria rispetto a metodologie cruente, l'applicazione dei metodi ecologici. Tali strumenti, anche particolarmente moderni come la sterilizzazione, oltre che quelli più tradizionali come le reti e i dossi utili per limitare l'alta velocità degli autoveicoli nelle zone dove i limiti imposti non sono assolutamente sufficienti, devono essere applicati caso per caso, valutati ogni volta e solo se non vi è altra possibilità, si possono coinvolgere alcune figure per gli abbattimenti;
          la stessa legge vieta la detenzione privata della fauna selvatica, che quindi non può possederla, ma allo stesso tempo non limita la possibilità che, anche al fine di tutelare gli animali, essi possano essere dati in affidamento a strutture che rispondano a particolari requisiti, e che abbiano tutte le autorizzazioni in regola per poter eventualmente ospitare questi animali che resterebbero comunque patrimonio dello Stato;
          giova ricordare come nel caso del soccorso fauna, molte associazioni e volontari si prendano cura della fauna selvatica poiché risultano essere molto carenti le strutture; la fauna spesso viene affidata dalle stesse forze dell'ordine e lo stesso dicasi per animali considerati irrecuperabili alla vita selvatica;
          è senza dubbio vero che il daino, essendo considerato un animale potenzialmente pericoloso è regolamentato anche dalla legge n.  150 del 1992, che ne stabilisce i metodi di detenzione presso centri specializzati e in grado di gestirne l'esistenza tutelandone il benessere;
          il diritto alla vita degli animali, sia secondo al normativa italiana che in base ai dettami comunitari, dovrebbe essere la priorità di uno Stato civile, e a dimostrazione di questo principio sono eloquenti le molte voci che in questi giorni si sono levate a difesa dei 67 daini; dalle associazioni animaliste e ambientaliste, fino ai comuni cittadini, con centinaia di email inviate, forti proteste, raccolte firme: tra tutte la bambina della frazione di Classe che, grazie al suo amore per gli animali e ai suo coraggio, è riuscita a lanciare una petizione popolare;
          la «svendita» di tale bene ai cacciatori – i quali potranno uccidere i daini e ricomprare per uso personale la carcassa – rappresenta una sorta di privilegio mentre la maggioranza dei cittadini italiani che hanno richiesto un fermo almeno per valutare tutte le possibili soluzioni che possano salvare la vita ai daini e al contempo risolvere il presunto problema dei danni, non sia neanche ascoltata  –:
          se, nell'ambito delle proprie prerogative e al fine di garantire la tutela degli animali selvatici, quali beni indisponibili dello Stato, intenda valutare, in collaborazione con gli organi competenti quali provincia, prefettura e Corpo forestale dello Stato, la possibilità di prevedere tutte le soluzioni, alternative all'uccisione, per la gestione dei daini in sovrannumero presenti nella provincia di Ravenna, anche promuovendo soluzioni quali la cattura temporanea con sterilizzazione o il loro affidamento a oasi faunistiche o in generale altre proposte che rispondano a requisiti ben precisi;
          se non richieda opportuno, vista la situazione «emergenziale» relativamente ai presunti danni causati da animali selvatici e da ungulati, vietare con apposite iniziative normative tutti gli allevamenti e i ripopolamenti di questi animali. (4-13479)


      MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          con una prima sentenza, nel 2007, la Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) ha dichiarato che l'Italia era venuta meno, in modo generale e persistente, agli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti stabiliti dalle direttive relative ai rifiuti, ai rifiuti pericolosi e alle discariche di rifiuti;
          nel 2013, la Commissione europea ha ritenuto che l'Italia non avesse ancora adottato tutte le misure necessarie per dare esecuzione alla sentenza del 2007. In particolare, 218 discariche ubicate in 18 delle 20 regioni italiane non erano conformi alla direttiva «rifiuti»; inoltre, 16 discariche su 218 contenevano rifiuti pericolosi in violazione della direttiva «rifiuti pericolosi»; infine, l'Italia non aveva dimostrato che 5 discariche fossero state oggetto di riassetto o di chiusura ai sensi della direttiva «discariche di rifiuti»;
          nel corso della causa c-196/13, la Commissione europea ha affermato che, secondo le informazioni più recenti, 198 discariche non erano ancora conformi alla direttiva «rifiuti» e che, di esse, 14 non erano conformi neppure alla direttiva «rifiuti pericolosi». Inoltre, sarebbero rimaste due discariche non conformi alla direttiva «discariche di rifiuti»;
          nella sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 dicembre 2014, la Corte medesima ricordato, innanzitutto, che la mera chiusura di una discarica o la copertura dei rifiuti con terra e detriti non è sufficiente per adempiere agli obblighi derivanti dalla direttiva «rifiuti». Pertanto, i provvedimenti di chiusura e di messa in sicurezza delle discariche non sono sufficienti per conformarsi alla direttiva. Oltre a ciò, gli Stati membri sono tenuti a verificare se sia necessario bonificare le vecchie discariche abusive e, all'occorrenza, sono tenuti a bonificarle. Il sequestro della discarica e l'avvio di un procedimento penale contro il gestore non costituiscono misure sufficienti. La Corte ha rilevato poi che, alla scadenza del termine impartito, lavori di bonifica erano ancora in corso o non erano stati iniziati in certi siti; riguardo ad altri siti, la Corte ha contestato che non è stato fornito alcun elemento utile a determinare la data in cui detti lavori sarebbero stati eseguiti. La Corte, quindi, è arrivata alla conclusione che l'obbligo di recuperare i rifiuti o di smaltirli senza pericolo per l'uomo o per l'ambiente, nonché quello, per il detentore, o di consegnarli ad un raccoglitore che effettui le operazioni di smaltimento o di recupero di rifiuti o di provvedere egli stesso a tali operazioni, sono stati violati in modo persistente;
          la Corte è arrivata alla conclusione che l'Italia non ha adottato tutte le misure necessarie a dare esecuzione alla sentenza del 2007 e che è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del diritto dell'Unione europea. Di conseguenza la Corte ha condannato l'Italia a pagare una somma forfettaria di 40 milioni di euro. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha rilevato poi che l'inadempimento perdura da oltre sette anni e che, dopo la scadenza del termine impartito, le operazioni sono state compiute con grande lentezza; un numero importante di discariche abusive si registra ancora in quasi tutte le regioni italiane. Essa considera quindi opportuno infliggere una penalità decrescente, il cui importo è ridotto progressivamente in ragione del numero di siti che saranno messi a norma, conformemente alla sentenza, computando due volte le discariche contenenti rifiuti pericolosi. L'imposizione su base semestrale consente di valutare l'avanzamento dell'esecuzione degli obblighi da parte dell'Italia. La prova dell'adozione delle misure necessarie all'esecuzione della sentenza del 2007 deve essere trasmessa alla Commissione europea prima della fine del periodo considerato. La Corte ha condannato quindi l'Italia a versare altresì una penalità semestrale a far data dal 2 dicembre 2014 e fino all'esecuzione della sentenza del 2007. La penalità è calcolata, per quanto riguarda il primo semestre, a partire da un importo iniziale di 42.800.000 euro. Da tale importo sono detratti 400.000 euro per ciascuna discarica contenente rifiuti pericolosi messa a norma e 200.000 di euro per ogni altra discarica messa a norma. Per ogni semestre successivo, la penalità è calcolata a partire dall'importo stabilito per il semestre precedente, detraendo i predetti importi in ragione delle discariche messe a norma in corso di semestre;
          l'Italia ha pagato 40 milioni di euro come multa forfettaria, 39.800.000 e 33.400.000 di euro come multe relative al primo e secondo semestre successivo alla sentenza;
          il 2 giugno 2016 è scaduto il terzo semestre successivo alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea in merito alla causa c-196/13  –:
          quale sia l'ammontare della terza multa semestrale relativa alla causa c-196/13 e quale sia il numero delle discariche ancora non conformi alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 dicembre 2014. (4-13481)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      PRODANI e MUCCI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          l'Automobile Club Italia (Aci) è una federazione sportiva nazionale a carattere pubblico istituita all'inizio del novecento, riconosciuta dal Coni e dalla Fédération Internationale de l'Automobile (FIA), con il compito di favorire lo sviluppo dello sport automobilistico, del comparto dell'auto, di associare e tutelare gli automobilisti e di organizzare manifestazioni sportive;
          l'Aci, quale ente pubblico non economico è sottoposto alla vigilanza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, mentre, per quanto riguarda la gestione del pubblico registro automobilistico e l'acquisizione dei relativi tributi (la tassa di circolazione), è vigilato dal Ministero della giustizia;
          il pubblico registro automobilistico (PRA) è il registro che contiene tutte le informazioni relative alle vicende giuridico patrimoniali dei veicoli soggetti ad iscrizione. Fu istituito con il regio decreto-legge n.  436 del 15 marzo 1927 e affidato in gestione all'Automobile Club d'Italia mentre, con il regio decreto del 29 luglio 1927 n.  1814, ne fu approvato il regolamento di attuazione. Con la legge n.  187 del 1990 è stata avviata l'informatizzazione del PRA: oltre ad assolvere alle sue funzioni istituzionali, la versione digitale rappresenta un patrimonio informativo per quanto concerne i dati automobilistici utili per differenti finalità (mobilità, inquinamento, mercato, e altro), in un ambito di continuo sviluppo ed evoluzione;
          il regolamento di accesso alla banca dati del PRA definisce le regole attraverso le quali è consentito accedere alle informazioni contenute nel medesimo o di estrarre dati variamente aggregati, in ragione delle specifiche esigenze del richiedente;
          la legge 7 agosto 2015, n.  124, contenente «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» (nota come riforma Madia) stabilisce all'articolo 8, lettera d): «con riferimento alle amministrazioni competenti in materia di autoveicoli: la riorganizzazione, ai fini della riduzione dei costi connessi alla gestione dei dati relativi alla proprietà e alla circolazione dei veicoli e della realizzazione di significativi risparmi per l'utenza, anche mediante trasferimento, previa valutazione della sostenibilità organizzativa ed economica, delle funzioni svolte dagli uffici del Pubblico Registro Automobilistico al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con conseguente introduzione di un'unica modalità di archiviazione finalizzata al rilascio di un documento unico contenente i dati di proprietà e di circolazione di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, da perseguire anche attraverso l'eventuale istituzione di un'agenzia o altra struttura sottoposta alla vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; svolgimento delle relative funzioni con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente»;
          con tale provvedimento il Governo è stato delegato ad adottare, entro dodici mesi, uno o più decreti legislativi al fine di operare il passaggio definitivo delle funzioni svolte dal pubblico registro automobilistico al Ministero delle infrastrutture e trasporti;
          il 24 settembre 2015 l'agenzia stampa Ansa ha diramato un comunicato con quale l'Aci ha annunciato che, «a partire dal 5 ottobre, i proprietari di veicoli, motoveicoli e rimorchi potranno dire addio al certificato di proprietà (Cdp) nella sua versione cartacea» sostituito dal certificato di proprietà dematerializzato introdotto dall'Aci stessa; il 28 settembre 2015, con propria circolare, l'Aci ha informato ufficialmente gli studi di consulenza automobilistica (agenzie pratiche auto) dell'inizio del procedimento di dematerializzazione; secondo Unasca (Unione nazionale autoscuole e studi di consulenza automobilistica) il processo in questione non avrebbe portato alcun reale vantaggio ma, anzi, avrebbe aggravato il passaggio di proprietà. In data 3 dicembre 2015 Unasca ha presentato, quindi, un ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio che, il 17 maggio, ha riconosciuto le ragioni dell'associazione annullando la circolare;
          in data 20 maggio 2016 Unasca, attraverso un comunicato stampa, ha spiegato come la questione fosse stata sollevata sia per il fatto che «l'Aci, nel dettare istruzioni a seguito della introduzione del Certificato di Proprietà digitale tentasse in realtà, di modificare la disciplina sostanziale e la consegna cartacea del certificato, invocando impropriamente l'applicazione del Codice dell'Amministrazione digitale, che però non conferisce ad ACI alcun potere di effettuare la riforma oggetto della circolare», e in ultimo sia per il fatto che, sempre secondo UNASCA, attraverso il progetto Semplificauto, ACI tentasse di «precostituire il proprio ruolo prima che la riforma ne svuoti le funzioni trasferendole al Ministero»;
          la conduzione da parte dell'Aci del procedimento descritto in premessa, a detta dell'interrogante, appare poco chiara sia nei costi sostenuti per la sua realizzazione, sia in relazione agli effettivi risparmi che ne sarebbero dovuti derivare, sia alla palese non coerenza con la normativa vigente come riconosciuto dal Tar del Lazio, nonché in relazione all'annunciato trasferimento del PRA al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
          in data 18 dicembre 2015, il sito news.superscommesse.it, in relazione al futuro del Gran Premio di Formula 1 di Monza, ha riportato che: «negli ultimi anni era stato impedito all'Automobile Club Italia di finanziare il GP a causa delle limitazioni stabilite dal Governo. Tali ostacoli erano causati dall'impossibilità dell'ACI di utilizzare alcune sue risorse provenienti dalle attività di concessione delle licenze su strada, e non era chiaro quanta parte del bilancio provenisse dal settore sportivo. Le cose cambieranno con la Legge di Stabilità; il comitato di bilancio della Camera, con l'articolo 183, contenuto nella manovra economica, toglierà questa limitazione e permetterà all'ACI di finanziare il Gp anche con risorse non provenienti dalle sole attività sportive. Ricordiamo che Ecclestone chiede circa 25 milioni di euro a stagione, e il rinnovo del contratto verrà finanziato anche dalla AC Milano e dalla regione Lombardia, che ha già stanziato 70 milioni di euro per i prossimi 10 anni, che verranno utilizzati anche per ammodernare il circuito. Il presidente dell'ACI, Angelo Sticchi Damiani, intervistato dalla Gazzetta dello Sport ha dichiarato: «Quella norma ci avrebbe, nella pratica, impedito di intervenire. In un bilancio di un ente sarebbe stato assai complicato distinguere gli introiti dello sport da quello delle altre attività»;
          a parere dell'interrogante, premesso che un ente dovrebbe conoscere, in maniera chiara e puntuale, le origini delle proprie entrate, risulterebbe opportuna, contemporaneamente al trasferimento delle funzioni svolte dagli uffici del PRA al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, come previsto dalla legge 7 agosto 2015, n.  124, la completa riorganizzazione dell'Aci distinguendo la Federazione sportiva automobilistica, fermo restando l'autonoma capacità di organizzare specifici eventi sportivi con risorse proprie, dall'ente gestore di servizi pubblici;
          la legge 28 dicembre 2015, n.  208 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016), all'articolo 1, comma 341, riporta che: «In considerazione dello specifico rilievo che lo svolgimento del Gran Premio d'Italia di Formula 1 presso l'autodromo di Monza riveste per il settore sportivo, turistico ed economico, nonché per l'immagine del Paese in ambito internazionale, la Federazione sportiva nazionale - Aci è autorizzata a sostenere la spesa per costi di organizzazione e gestione della manifestazione per il periodo di vigenza del rapporto di concessione con il soggetto titolare dei diritti di organizzazione e promozione del campionato mondiale di Formula 1 a valere sulle risorse complessivamente iscritte nel proprio bilancio, anche attivando adeguate misure di contenimento dei costi generali di gestione e senza pregiudizio per gli equilibri di bilancio. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica»; la legge di stabilità, dunque, autorizza l'Aci ad utilizzare le proprie risorse e quelle provenienti dalla gestione del Pubblico registro automobilistico, quindi dalla gestione di un servizio pubblico, per finanziare il Gran Premio di Monza di Formula 1;
          in data 30 dicembre 2015 un articolo de Il Fatto Quotidiano ha riportato che «il Gran premio di Formula 1 di Monza è salvo. Gli automobilisti un po’ meno. Nessuno li ha interpellati, ma dovranno pagare lo stesso, coinvolti forzosamente nel dovere patrio di tenere alto il buon nome della tradizione motoristica italiana. Dovranno sborsare 19 milioni di dollari per ammansire sir Bernie Ecclestone, il padrone del grande circo mondiale dei bolidi. Il quale era stato perentorio: “O mi date quel che chiedo, o potete scordarvi il Gran Premio”. Messa di fronte allo stesso aut aut la Germania ha detto di no. In Italia siamo evidentemente più nazionalisti e comprensivi»;
          in relazione a quanto esposto in premessa, in un articolo de Il Fatto Quotidiano, del 19 marzo 2016, viene analizzata la trattativa tra il presidente dell'Aci Angelo Sticchi Damiani e il Patron della Formula One Management, Bernie Ecclestone; in particolare, viene ribadito come Aci avrebbe individuato nelle risorse del PRA la fonte di finanziamento per il «salvataggio» del Gran Premio d'Italia di Monza, utilizzando gli emolumenti pagati da privati cittadini per ogni trascrizione di proprietà dei veicoli. La nota stampa, infatti, dichiara: il PRA è considerato da tempo un inutile doppione della Motorizzazione civile e Carlo Cottarelli nel suo rapporto sulla «spending review» lo aveva indicato come uno spreco da tagliare per risparmiare una sessantina di milioni di euro. In extremis Sticchi Damiani era però riuscito per l'ennesima volta a evitarne la chiusura presentandolo come lo strumento indispensabile per pagare Monza. Pigliando così i due classici piccioni con una fava: salvava il Gran Premio lombardo e nello stesso tempo salvava il suo Aci»;
          appare evidente per l'interrogante che la giustificazione di «salvare» il gran premio di Monza sia stata la motivazione principale per non procedere al trasferimento della gestione del PRA dall'Aci al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti come previsto dalla legge 7 agosto 2015, n.  124;
          in data 30 maggio 2016, sul sito on line Sky Sport, l'articolo dal titolo «Accordo a un passo, Monza sarà ancora GP d'Italia» comunica dell'intesa raggiunta tra l'Aci e la Formula One Management, guidata da Ecclestone, alla quale dovrebbe seguire «la parte formale, con la stesura dei dettagli dell'accordo con i legali» per il rinnovo contrattuale delle stagioni dal 2017 al 2020;
          il 5 giugno 2016, il sito Il Cittadino, quotidiano on line di Monza e Brianza, fornisce ulteriori precisazioni in merito all'accordo citato: «La Regione Lombardia è pronta a investire fino a 5 milioni di euro già per il 2017», erano state le parole del governatore Roberto Maroni nei giorni scorsi. «Questo per facilitare la conclusione dell'accordo e rinnovare la concessione del Gp a Monza». «Una conferma, quella del Pirellone, che ribadiva la disponibilità di un investimento da 70 milioni in 10 anni nell'intero comparto autodromo-Parco-Villa reale. E che ha sollecitato nuovamente i tempi di una vicenda da chiudersi in anticipo sul prossimo 23 giugno, quando il Consiglio della Fia si riunirà per compilare il calendario 2017 della Formula 1, formulando la bozza di date e appuntamenti. Il tempo da perdere, insomma, è davvero finito»;
          quanto riportato in premessa è stato parzialmente oggetto dell'interrogazione n.  4-13350, ancora senza risposta –:
          se il Governo intenda definire chiaramente le tempistiche sul passaggio delle funzioni svolte dagli uffici del Pubblico registro automobilistico al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti come previsto dalla legge 7 agosto 2015, n.  124, nota come riforma Madia;
          se intenda chiarire i termini dell'accordo in relazione al Gran Premio di Formula 1 di Monza, tra l'Automobile Club Italia e la Formula One Management, guidata da Bernie Ecclestone, l'ammontare previsto delle spese e le risorse individuate dall'Aci, specificando da quale voce di bilancio provengano;
          quali siano le motivazioni della dichiarata impossibilità di Aci di individuare precisamente le origini delle entrate del proprio bilancio differenziando gli introiti dello sport da quelli delle altre attività come affermato dal presidente Sticchi Damiani;
          se si intendano assumere iniziative per prevedere la riorganizzazione dell'Automobile Club Italia, con la creazione di una Federazione Sportiva Automobilistica autonoma separata dall'ente pubblico non economico gestore di servizi pubblici.
(5-08901)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BASILIO, ALBERTI, COMINARDI e SORIAL. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          con un'interrogazione parlamentare datata 25 novembre 2015 (n.  4-11268), i sottoscritti interrogavano il Ministro dell'interno ed il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo in merito alla presunta compravendita privata di Villa Zanardelli, complesso immobiliare di notevole pregio sito nel territorio del comune di Toscolano Maderno, lungo le rive del Lago di Garda;
          come è noto, infatti, la predetta struttura, che prende il nome dal suo fondatore (l'insigne giurista e patriota Giuseppe Zanardelli), è costituita da una villa ottocentesca, ricca di affreschi, statue ed arredi e da un grande parco, area posta in zona protetta da vincolo paesaggistico ed a sua volta assoggettata ad ulteriore vincolo monumentale, con diritto per lo Stato di prelazione in caso di vendita;
          in particolare, con il predetto atto di sindacato ispettivo, il ancora senza risposta si chiedeva «- Se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se le trattative di compravendita privata di villa Zanardelli trovino conferma;
          se non ritengano opportuno, previa dichiarazione dell'interesse culturale di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42, destinare la Villa ed il suo parco a complesso museale, al fine di salvaguardarne il patrimonio storico, culturale ed architettonico ivi contenuto;
          se risultino quali siano i criteri adottati per la scelta del contraente nell'ambito del procedimento avente ad oggetto la compravendita di Villa Zanardelli»;
          a seguito di un incontro svoltosi nel mese di febbraio 2016 presso la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Brescia, Cremona e Mantova, gli interroganti apprendevano che nonostante la Villa fosse di pregevole livello architettonico, sussisteva in capo alla stessa un generico vincolo «ambientale»;
          viceversa, la sola casa del custode della Villa, manufatto pressoché irrilevante rispetto al restante complesso monumentale, risulterebbe vincolata, con specifico provvedimento (decreto del Ministero direzione regionale della Lombardia del 12 dicembre 2007, rep. 17489/07 trascritto alla C.R.R.I.I. di Salò il 27 febbraio 2008 n.  1018 Particolo 1535 Gen.  All. 2);
          nonostante le «rassicurazioni» ricevute dal soprintendente di Brescia, secondo cui su richiesta dell'ente proprietario della Villa (Fondazione Villa Paradiso) era già in corso il procedimento di vincolo, ad oggi non risulta ancora trascritto alcun vincolo o dichiarazione di interesse culturale, nemmeno di natura cautelare-provvisoria, a tutela di Villa Zanardelli, del suo parco e delle sue pertinenze, come risulta da un'ispezione ipotecaria del 17 maggio 2016;
          risulta, invece, già trascritto fin dal 2014 il contratto preliminare di compravendita tra la Fondazione Villa Paradiso ed una ignota società privata, operazione rispetto alla quale ogni futuro vincolo pubblicistico risulterà confliggente;
          è di tutta evidenza che una simile operazione, a vantaggio dello scopo di lucro privato, rischia di mortificare il valore, anche simbolico, di un complesso monumentale come Villa Zanardelli e di pregiudicare gli interessi di fruibilità di un bene di valore storico, architettonico e culturale per l'intera collettività  –:
          se i Ministri interrogati intendano fornire risposte chiare, esaurienti ed immediate rispetto alla questione già posta con l'atto di sindacato ispettivo n.  4-11268 del 25 novembre 2015;
          se sia in corso il procedimento amministrativo per la dichiarazione di interesse culturale di Villa Zanardelli e del suo parco ex articolo 13 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42, e quali siano i tempi per la sua conclusione;
          se si ravvisino colpevoli ritardi ed omissioni, anche rispetto all'insussistenza di vincoli cautelari provvisori, in ordine alle tempistiche per la conclusione del predetto procedimento. (4-13480)


      MARCON. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          il consiglio comunale di Nervesa della Battaglia (TV) il 26 febbraio 2015 ha messo a gara l'affidamento in concessione della progettazione esecutiva, del restauro conservativo, del recupero architettonico e della gestione del complesso dell'abbazia di S. Eustachio (insediamento monastico del XI secolo);
          il piano finanziario posto a base di gara conferma la sostenibilità dell'operazione solo nella configurazione temporale massima di 80 anni;
          alcuni cittadini, ravvisando tale piano finanziario superficiale e lacunoso e preoccupati per la «perdita» della disponibilità del bene per un periodo così ampio, hanno presentato un esposto all'ANAC;
          l'Autorità (fascicolo 5068/2015) ha sostanzialmente accolto i loro rilievi: «....pervenire ad un termine di ben 80 anni, oltre 2,5 volte quello stabilito dalla norma appare una operazione di dubbia legittimità e ancora “la scelta dell'amministrazione come evidenziato dagli esponenti di fatto comporta la rinuncia per un lunghissimo periodo di tempo alla effettiva disponibilità di un bene tra l'altro acquisito alla proprietà comunale proprio in ragione del valore culturale e storico dello stesso”»;
          il comune ha comunque deciso (22 aprile 2016) di proseguire, determinando l'affidamento definitivo all'unico soggetto partecipante alla gara. Lo stesso nominativo era stato citato ben 14 mesi prima in un intervento di un consigliere comunale e verbalizzato nella seduta consigliare del 26 febbraio 2015. Il consigliere prefigurava una ipotesi di reato. Lo stesso consigliere ha confermato tali accuse con una segnalazione all'ANAC (25 novembre 2015);
          in data 1o maggio 2016 La Tribuna di Treviso riporta come un esposto avente ad oggetto anche la gara dell'abbazia sia stato presentato presso la procura di Treviso  –:
          se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga necessario intervenire esercitando i poteri di competenza per il tramite della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici al fine di riequilibrare la situazione creatasi;
          quali iniziative di competenza, intenda porre in essere per permettere i necessari lavori di restauro conservativo mantenendo nel contempo la fruibilità pubblica dell'abbazia;
          se, per salvaguardare l'interesse pubblico non sia preferibile assumere iniziative volte a rendere disponibili fonti di finanziamento statali destinate alla tutela e valorizzazione del patrimonio storico e artistico. (4-13490)


      SIMONE VALENTE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riferiscono alcune fonti di stampa locale ligure, a distanza di oltre dieci anni dalla presentazione dei progetto preliminare stanno per essere avviati i lavori per la realizzazione di una autorimessa sotterranea di sei piani a Genova in piazza Dante (nei dintorni della Casa di Colombo e di Porta Soprana) che prevede circa 375 posti auto e 500 posti moto a pagamento per un investimento complessivo pari a 15 milioni di euro;
          il progetto nasce formalmente nel 2010, anche se la sua progettazione originaria risale al 2007, ed è stato bloccato per diversi anni non solo a causa di un ricorso al Tar ma anche per via di lungaggini tra regione, provincia e comune;
          nel 2011 la provincia di Genova si esprime in merito alla natura del rio sottostante piazza Dante definendolo non pericoloso in quanto tombato; a quel punto i lavori si sarebbero dovuti avviare ma rimangono bloccati a causa del succitato ricorso amministrativo e per via di un insieme di pareri e di autorizzazioni che dovevano essere rilasciate dagli uffici tecnici della regione;
          nelle more della convocazione di una nuova conferenza dei servizi deliberante che dovrà stabilire l'esecutività del progetto definitivo (e quindi l'avvio dei lavori) non si possono ignorare le numerose criticità;
          innanzitutto, sul piano della sicurezza idrogeologica non sembra convincente la realizzazione di tale opera, considerato che sotto il cuore della città scorrono rii che ad ogni intervento cambiano percorso e proprio nell'area dove dovrebbe sorgere il parcheggio scorre il rio Torbido sul quale non pare siano state al momento condotte ispezioni tecniche da parte del comune di Genova al fine di escludere che questo non possa rappresentare un pericolo;
          in secondo luogo, gli esperti in materia di beni storici e culturali hanno segnalato una possibile presenza di necropoli preromane e romane, oltre a possibili reperti risalenti all'età medievale e moderna perché già alla fine dell'ottocento furono ritrovati in quella zona resti della necropoli preromana risalente al V secolo avanti Cristo; e in effetti, alla luce di tali rilievi non sono tardate le prescrizioni da parte della sovrintendenza ai beni culturali che, in occasione della conferenza dei Servizi del 3 luglio 2015, ha dato al comune indicazioni molto precise rispetto agli scavi, paventando il rischio di un aumento dei costi e un rallentamento dei lavori dovuti al possibile rinvenimento di reperti archeologici;
          più specificatamente e in considerazione della posizione degli scavi in prossimità di beni di notevole interesse storico e artistico e sottoposti a tutela (quali Porta Soprana, la casa di Colombo, il chiostro di Sant'Andrea, la sede della Banca d'Italia), nella nota del 7 dicembre 2005 la soprintendenza aveva già rilevato che dovevano essere prese tutte le precauzioni per evitare danni di qualsiasi natura ad edifici e beni circostanti che in qualche modo potevano essere interessati dall'intervento;
          sempre in occasione della conferenza dei servizi, la soprintendenza è tornata sulla questione, chiedendo che venissero effettuate preliminarmente tutte le verifiche necessarie volte ad assicurare che le opere previste non creassero danni agli edifici circostanti;
          l'importanza di effettuare studi preliminari consiste non solo nell'evitare danni alle strutture che potrebbero risultare irreversibili ma anche per evitare sospensioni dei lavori a scavi iniziati che comporterebbero ripercussioni e danni notevoli alla cittadinanza;
          la soprintendenza ai beni culturali rileva, inoltre, la necessità di ottenere il parere e la conseguente autorizzazione da parte della sovrintendenza archeologica prima dell'avvio dei lavori e al termine degli stessi dispone che dovrà essere trasmessa una documentazione fotografica dello stato dei manufatto prima durante e dopo l'intervento;
          altra criticità di rilievo riguarda il settore della mobilità urbana; le autorimesse realizzate all'interno di un quartiere storico di una città generalmente non riducono il traffico anzi lo attirano e in una visione lungimirante strategica devono trovare collocazione in luoghi idonei e non nel cuore del centro cittadino come nel caso di piazza Dante; a confermarlo un parere espresso in sede di conferenza dei servizi del 5 luglio 2015 da A.M.T., l'azienda che gestisce il trasporto pubblico genovese, che rileva come «la realizzazione della rampa di accesso al park interrato presumibilmente genera un ulteriore aumento dei veicoli in transito con possibili fenomeni di saturazione dei flussi e conseguenti prevedibili ripercussioni negative sulla puntualità e regolarità delle frequenze di transito programmate per le linee»;
          così come nella stessa conferenza dei servizi non sono da sottovalutare le perplessità avanzate dalla società che gestisce l'erogazione del gas e la manutenzione dei condotti, la quale evidenzia l'esistenza di importanti interferenze tra rete esistente nell'area e le opere previste a progetto;
          ad oggi inoltre, non risulterebbero pervenute la valutazione di impatto ambientale e una attenta analisi dei costi correlati ai possibili benefici che ne derivano, tanto da rendere dubbie le ricadute economiche che la realizzazione del parcheggio potrà avere per le imprese e il tessuto produttivo genovese;
          a ciò si aggiungono anche le perplessità derivanti dalla società siciliana (Final Spa) che si è aggiudicata la gara per la realizzazione del maxi parcheggio che risulta coinvolta nell'inchiesta antimafia denominata «Iblis» che metteva in luce affari e collusioni tra mafia, politica ed imprenditoria;
          alla luce delle consistenti criticità espresse nelle premesse sarebbe opportuno proseguire con una certa prudenza perché il ritrovamento dei reperti archeologici (circostanza non improbabile) potrebbe comportare uno stallo dei lavori, per non parlare dei rischi di tipo idrogeologico legati allo scorrimento del rio;
          la presenza di acque sotterranee dovrà essere accuratamente studiata e l'opera dovrà di conseguenza essere progettata e realizzata secondo criteri tecnico-costruttivi coerenti con la situazione dei luoghi e nel rispetto della vigente normativa in materia di tutela delle acque  –:
          se il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo non ritenga opportuno verificare, per quanto di competenza, che i lavori per la realizzazione del parcheggio di cui in premessa, siano svolti nel rispetto dei criteri di tutela di cui al decreto legislativo n.  42 del 2004 (codice dei beni culturali);
          quali iniziative il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di scongiurare qualunque rischio di dissesto idrogeologico (circostanza purtroppo frequente nel territorio ligure), nell'area di cui in premessa, considerato il notevole impatto che l'opera sopra richiamata avrà sul territorio. (4-13493)


      COZZOLINO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          La fondazione biennale di Venezia, iscritta al registro delle istituzioni pubbliche, secondo il Codice Etico, promuove la fruizione dell'arte, non è una società a scopo di lucro, deve offrire a tutti i lavoratori medesime opportunità di crescita professionale, provvedendo a selezionare, assumere, formare, retribuire e gestire i dipendenti senza alcuna discriminazione; beneficia di fondi e plessi pubblici ad uso gratuito da parte del comune di Venezia, parte dei quali vengono affittati a terzi;
          negli anni, ci furono vari tentativi di taglio del personale, spesso evitati grazie ad azioni da parte dei lavoratori; si segnala in proposito l'interrogazione della deputata Luana Zanella (XIV legislatura);
          fino al 2010 la Biennale si è avvalsa di un centinaio di persone tra guardasala e presidio (personale di controllo nei periodi di chiusura degli spazi espositivi) assunte a tempo determinato per un periodo di circa 6 mesi, formandolo direttamente o per iniziativa del comune di Venezia o di società di somministrazione del personale; nel 2010 il personale viene all'incirca dimezzato e, a seguito di un accordo con le organizzazioni sindacali e con l'amministrazione comunale, inserito in un elenco composto da 60 lavoratori per procedere alle assunzioni stagionali per tramite delle agenzie interinali di volta in volta coinvolte;
          in sostituzione del personale tagliato sono state successivamente inserite, a quanto consta all'interrogante figure non professionali quali per esempio studenti laureandi con il ruolo di mediatori culturali e giovani volontari, a parere dell'interrogante tali sostituzioni, oltre a sminuire il ruolo professionale dei 60 lavoratori, dimostrano l'effettiva carenza di personale; considerato infatti il costante aumento dei visitatori presso gli spazi espositivi si ritiene che a tutela delle opere e del patrimonio pubblico veneziano, vada considerata la possibilità di assunzione di nuovo personale competente, da affiancare all'attuale elenco stagionale;
          a novembre 2015, a conclusione della mostra, la fondazione Biennale comunicò al sindacato che tutto sarebbe rimasto invariato che si sarebbe quindi proceduto con la riassunzione 60 lavoratori in lista, come da accordi sindacali e con l'amministrazione comunale; ma, a quanto consta all'interrogante, tali assunzioni, non sarebbero avvenute;
          il comune di Venezia, nel tentativo di risolvere il problema, ha convocato le commissioni congiunte lavoro e cultura invitando i rappresentanti CGIL dei 60 lavoratori e il rappresentante di Biennale, che non presentatosi ha inviato una lettera che attesta:
              la Biennale non risulterebbe avere alle dipendenze nessun lavoratore stagionale;
              la Biennale invece coinvolge ogni anno un cospicuo numero di maestranze che si occupano di tutti i servizi attraverso imprese selezionate. La guardiania è una componente minoritaria di lavoratori che non hanno mai avuto un rapporto di dipendenza con la Biennale perché somministrati;
              la Biennale vuole innovare sostanzialmente il servizio rivolto al pubblico delle proprie mostre in funzione di una assistenza più qualificata ed efficiente attraverso 30 operatori, al 4o livello inquadrati direttamente, che collaboreranno alla visita con assistenza parlata e visione/ricerca di contenuti tramite tablet e catalogo;
          le restanti funzioni di presidio e accessi esterni, per esigenze di sicurezza legate ai recenti eventi saranno assicurate con 20 unità di guardie armate;
          dei 60 disoccupati ex guardasala, quelli in possesso di titolo di laurea richiesta per lo svolgimento dei nuovi e inediti ruoli, potranno partecipare al concorso pubblico per i restanti lavoratori la biennale si farà promotrice di incontri da parte delle organizzazioni sindacali con i soggetti terzi coinvolti nei servizi accessori (padiglioni stranieri, appalti per le pulizie, movimentazioni, ristorazione, e altro) operanti all'interno, al fine di attivare un percorso di verifica di eventuali esigenze lavorative e del possibile impiego del personale, precedentemente somministrato, direttamente in capo ad essi;
          nell'aprile 2016 Biennale indice nel sito www.labiennale.org alla pagina «lavora con noi» il bando di concorso pubblico per guide/facilitatori multilingue, al quale hanno fatto domanda di partecipazione 1800 persone per 30 posti a tempo determinato; il termine per l'invio della candidatura è stato anticipato al 15 aprile 2016 (10 giorni prima della sua scadenza) e non dava possibilità di partecipazione ai cittadini extraeuropei;
          a giudizio degli interroganti il bando ha concepito una figura professionale ibrida di guida/guardasala facilitatore, con laurea triennale, in luogo delle due figure di guida (con laurea) e guardasala (con diploma) previste dalla Carta nazionale delle professioni museali redatta dall'ICOM-Italia; la Carta nazionale ne definisce i ruoli, tra loro incompatibili, tra chi è addetto al controllo delle opere e chi addetto ad istruire i visitatori, e che richiedono altresì titoli di studio differenti; quindi la nuova figura professionale delineata può solo aggiungersi e non sostituirsi a quelle istituzionalmente riconosciute;
          la nuova figura professionale richiesta (guide/facilitatori multilingue) potrebbe far decadere il diritto di precedenza sul lavoratore a tempo determinato; si consideri che l'articolo 31 del contratto dei somministrati, clausola sociale per l'appalto pubblico, prevede che, nel caso di cessazione di appalti pubblici nei quali l'ente appaltante proceda ad una nuova aggiudicazione ad Agenzia anche diversa dalla precedente, l'Agenzia è tenuta a garantire il mantenimento in organico di tutti i lavoratori già utilizzati in precedenza, compatibilmente con i numeri richiesti dal bando e per tutta la durata dello stesso. Nel contratto di somministrazione di lavoro il numero di lavoratori somministrati in una azienda non deve superare il 20 per cento dei lavoratori interni a tempo indeterminato; tale percentuale potrà essere oggetto di modifica da parte della contrattazione collettiva con il sindacato;
          si rende noto che, ogni anno, il sindacato ha concesso la suddetta deroga;
          si ritiene che il requisito «essere cittadino italiano o cittadino di uno dei Paesi dell'Unione europea» previsto dal bando d http://www.labiennale.org/it/biennale/lavora-con-noi/posizioniaperte.html – sia pregiudizievole e discriminatorio;
          inoltre il requisito «laurea di primo livello preferibilmente in Architettura. Storia dell'arte, Ingegneria, Lettere, Lingue e letterature straniere, Conservazione dei beni culturali, Filosofia, Dams, Scienze politiche, Mediazione culturale o corsi equipollenti con votazione minima di 90/110», pare all'interrogante sovradimensionato rispetto al ruolo, tagliando fuori dalla possibilità di partecipazione tutti i precedenti lavoratori non laureati, che avrebbero diritto a mantenere il proprio posto di lavoro, come previsto dalle norme dell’International council of Museum;
          si ritiene inoltre che le guardie giurate non siano professionalmente adeguate per sostituire i guardasala addetti agli accessi, infatti, in tutti i musei esse vengono posizionate di supporto e non in sostituzione;
          la Biennale di Venezia è una fondazione onlus non a scopo di lucro, con bilancio in attivo, i cui profitti sono cresciuti negli anni; il numero di visitatori ha confermato il successo degli eventi organizzati e sono previsti per i dirigenti cospicui stipendi nonché premi di produzione. I contributi pubblici ammontano attualmente a circa 20 milioni di euro all'anno dallo Stato e 600 mila euro dalla regione Veneto; a parere dell'interrogante lo scopo principale della fondazione dovrebbe essere quello di fornire un ottimale fruizione di espressioni artistiche contemporanee e non quello di seguire logiche di mercato a scapito dei lavoratori e dei servizi di assistenza e controllo che l'ente deve fornire;
          in risposta all'interrogazione n.  4-07241 del deputato Emanuele Cozzolino, la Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo Ilaria Carla Anna Borletti Dell'Acqua, afferma che ulteriori risorse del fondo unico per lo spettacolo, per un importo di 7,4 milioni di euro per il 2014, sono state assegnate, come contributo, alla fondazione la biennale di Venezia per l'organizzazione della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. Tale finanziamento è riferibile a tutta una serie di attività (esempio selezione delle opere filmiche destinate alle varie sezioni di concorso e fuori concorso, organizzazione logistica, proiezioni filmiche, rilascio accrediti cura dei singoli eventi eccetera) necessarie per la promozione e valorizzazione del cinema, fine ultimo della mostra veneziana. Per il 2014 il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha, pertanto, tramite la direzione generale per il cinema, confermato la grande attenzione per la mostra internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia che rappresenta l'evento cinematografico di maggior rilievo in Italia, oltre che uno dei più importanti festival a livello internazionale. Si sottolinea peraltro che il contributo ordinario per l'edizione 2014 è superiore sia a quello corrisposto nel 2013 (7,1 milioni di euro), sia a quello relativo al 2012, pari a sette milioni di euro;
          il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha poteri di vigilanza sulla gestione della Fondazione e, in particolare, agli atti previsti dal decreto legislativo di natura prettamente gestionale, con esclusione delle scelte e degli indirizzi riguardanti l'organizzazione delle mostre o delle manifestazioni, nonché le attività stabili di studio, ricerca e sperimentazione, competenza esclusiva del consiglio di amministrazione così costituito:
              il presidente della fondazione designato dal Ministro della cultura (riconfermato per la terza volta Paolo Baratta);
              il sindaco di Venezia che assume la carica di vicepresidente;
              il presidente della regione Veneto;
              il delegato del Ministero dei beni culturali e del turismo (attualmente Gianluca Comin);
          relativamente al ruolo di presidente si ricorda che, per ben tre volte, è stato riconfermato Paolo Baratta, nel 2015 a seguito di apposita modifica dello statuto della Fondazione, che prevedeva due soli mandati  –:
          quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere affinché sia rispettato l'accordo sindacale che prevede la riassunzione annuale dei 60 guardasala (categoria creata per il corretto svolgimento delle mostre e la sicurezza interna), al fine di garantire una continuità lavorativa a chi ha prestato con regolare servizio le proprie attività, mettendo fine alla politica discrezionale di Biennale di Venezia;
          quali iniziative di competenza intenda assumere affinché siano rispettate le normative ICOM che definiscono i ruoli nei musei e distinguono la guida dal guardasala, e affinché le nuove figure multifunzionali di guida/guardasala siano riconosciute come accessorie e non sostitutive alle precedenti figure previste dalla Carta nazionale delle professioni museali;
          quali iniziative di competenza intenda assumere affinché sia evitata la ricollocazione in appalti esterni dei 60 lavoratori alla Biennale con conseguenti demansionamenti e riduzioni di stipendio, nonché la sostituzione della figura del guardasala con la guardiania armata con funzione di sicurezza (in possesso esclusivamente di titolo di studio della scuola dell'obbligo che risulta in contraddizione sia con i requisiti richiesti dal bando online che con le norme ICOM);
          quali iniziative intenda assumere relativamente al bando di concorso pubblico per guide/facilitatori multilingue, affinché sia garantita la regolarità procedurale e il controllo sui requisiti richiesti, a tutela degli aventi diritto;
          quali iniziative di competenza intenda assumere affinché la possibilità di deroga al superamento del numero di lavoratori a tempo determinato possa essere determinata con il coinvolgimento del sindacato;
          se intenda verificare l'opportunità dei premi di produzione considerato che questi, per l'interrogante, appaiono non consoni per una fondazione non a scopo di lucro;
          e se intenda adoperarsi per rendere obbligatoria la pubblicazione completa del bilancio annuale di Biennale di Venezia.
       (4-13494)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


      FRUSONE, RIZZO, BASILIO, TOFALO, CORDA e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          nelle scorse settimane la stampa indiana, tra cui il settimanale India Today, ha rivelato che la nave ausiliaria INS Deepak della Marina Indiana, costruita dalla società Fincantieri a seguito di una gara internazionale indetta nel 2009, durante la navigazione dalla Russia all'India nel dicembre 2013 avrebbe sviluppato delle profonde crepe nello scafo in acciaio;
          a seguito di ciò la nave sarebbe stata costretta a fare scalo nel porto di Lisbona per le necessarie riparazioni fatte dalla stessa Fincantieri, secondo quanto riporta il giornale;
          in un articolo intitolato «L'ombra della truffa AgustaWestland si sposta sul mare» il settimanale citato riporta le dichiarazione del vice admiral Shekhar Sinha, all'epoca dell'incidente comandante in capo del comando navale occidentale, che parla di una lesione piuttosto grande aggiungendo che «siamo giunti alla conclusione che non sarebbe probabilmente successo se fosse stato usato acciaio di classe militare nella costruzione della nave»;
          l'ammiraglio si riferisce ad una denuncia del Comptroller and Auditor General indiano secondo il quale la INS Deepak e una nave gemella realizzate da Fincantieri sarebbero state costruite con acciaio, DH 36, di qualità inferiore a quello, DMR 249, richiesto nel bando di gara originale;
          la riduzione delle specifiche per i materiali di costruzione delle navi, sottolinea il quotidiano, sarebbero un favore fatto dal partito allora al Governo, la United Progressive Alliance presieduto da Sonia Gandhi, alle aziende italiane;
          la vicenda, come d'altronde sottolinea nel titolo lo stesso giornale, si innesta sulla forte polemica politica scatenatasi in India a seguito delle tangenti che sarebbero state pagate dalla società AgustaWestland per la fornitura di elicotteri al Governo di Nuova Delhi, accuse a seguito delle quali la fornitura è stata annullata e, nei giorni scorsi, è stato annunciato il bando totale di qualsiasi ulteriore fornitura di materiale militare da parte italiana all'India  –:
          se il Governo sia a conoscenza della vicenda relativa alla nave INS Deepak e quali siano i suoi orientamenti;
          se, di fronte al ripetersi di vicende di sospetta corruzione per una delle quali, la vendita di elicotteri al Governo indiano, l'ex amministratore delegato di Finmeccanica è stato condannato, il Ministro dell'economia e delle finanze in qualità di azionista di controllo sia di Finmeccanica che di Fincantieri abbia intrapreso iniziative nei confronti del management delle due aziende per evitare il ripetersi di vicende che impattano sull'immagine del Paese e su tutto il sistema produttivo.
(4-13485)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata:


      RUOCCO, PESCO, ALBERTI, VILLAROSA, PISANO e CASTELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          con le interrogazioni a risposta immediata in Commissione n.  5-07057, n.  5-07446 e n.  5-06816 gli interroganti hanno richiesto al Ministro interrogato se, di concerto con la Banca d'Italia e la Commissione nazionale sulle società e la borsa (Consob), intendesse assumere iniziative volte a reintrodurre gli scenari probabilistici nella documentazione informativa sugli strumenti finanziari che – così come sostengono gli esperti del settore e le associazioni dei consumatori – consentono un'adeguata ed oggettiva valutazione del grado di rischio e fino al 2010 hanno contribuito con successo a tutelare gli interessi dei risparmiatori;
          negli elementi di risposta forniti il 18 febbraio 2016 (all'interrogazione a risposta immediata in Commissione n.  5-07817) il Vice Ministro Casero, sentita la Consob, ha affermato: «l'inserimento degli scenari probabilistici non risulta più coerente con il quadro normativo di riferimento» e che il quadro prescrittivo comunitario in materia di prospetti delle obbligazioni (ivi incluse le subordinate) esclude «ogni possibilità per le autorità di vigilanza nazionali di “esigere” in via generale e astratta l'inserimento nella documentazione d'offerta di elementi informativi non previsti dagli “schemi” di cui al regolamento n.  809/2004». Nei medesimi elementi di risposta si legge anche che la disciplina comunitaria sui prospetti consente all'autorità di vigilanza di richiedere «caso per caso» l'inserimento nel prospetto di ulteriori informazioni che si rendano necessarie;
          dalla consultazione del sito istituzionale della Consob è emerso che la documentazione di offerta relativa a talune emissioni obbligazionarie in alcuni casi reca elementi informativi non presenti negli «schemi» di prospetto previsti dalla normativa comunitaria;
          dall'inchiesta svolta dalla trasmissione televisiva Report e andata in onda sui Rai3 il 5 giugno 2016 si sono apprese diverse informazioni rilevanti circa la materia di cui trattasi che non erano contenute negli elementi di risposta forniti agli interroganti il 18 febbraio 2016. Tra le informazioni omesse vi era innanzitutto il fatto che il 2 marzo 2009 la Consob ha adottato una comunicazione, tuttora in vigore, sui prodotti finanziari illiquidi (incluse, quindi, le subordinate delle 4 banche di cui al decreto-legge 22 novembre 2015, n.  183), nella quale al paragrafo 1.5 si raccomanda esplicitamente l'inserimento degli scenari di probabilità nella scheda-prodotto che l'intermediario-distributore deve consegnare agli investitori al momento della vendita;
          nonostante tale esplicita raccomandazione, agli interroganti risulta che dal 2011 (anno di insediamento in Consob del presidente Vegas) gli scenari di probabilità siano sistematicamente assenti dalla scheda-prodotto dei prodotti illiquidi, comprese le obbligazioni subordinate di Cassa di risparmio di Ferrara, Banca delle Marche, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio e Cassa di risparmio di Chieti;
          dalla citata trasmissione televisiva Report del 5 giugno 2016 si è appreso anche dell'esistenza di una nota informativa del 3 maggio 2011 (protocollo numero 11038690) da cui risulta che il presidente Vegas avrebbe dato – sulla base di determinazioni da lui assunte unilateralmente e in contrasto con le delibere della Commissione – indicazioni agli uffici per non far inserire gli scenari probabilistici nei prospetti e per farne richiedere l'eliminazione nel caso in cui le banche li avessero inseriti di propria iniziativa;
          l'articolo 1 del decreto-legge n.  95 del 1974, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  216 del 1974 (istitutiva della Consob), non attribuisce al presidente poteri di deliberazione monocratica, dovendo le deliberazioni essere adottate collegialmente. In virtù della medesima disposizione il presidente ha esclusivamente il compito di sovrintendere all'attività istruttoria e curare l'esecuzione delle deliberazioni;
          nella nota di replica del presidente Vegas alla redazione di Report pubblicata sul sito istituzionale della Consob il 7 giugno 2016 si legge che in una seduta del 27 ottobre 2009 (prima dell'insediamento di Vegas in Consob) la Commissione aveva disposto che gli uffici raccomandassero agli emittenti l'inserimento degli scenari. Queste disposizioni sono in linea con quanto ricostruito da Report nella puntata del 5 giugno 2016;
          nella medesima nota di replica il presidente Vegas smentisce verbalmente (ma senza riscontri documentali fattuali) i contenuti della suddetta nota informativa del 3 maggio 2011, asserendo di non aver «dato indicazioni di alcun tipo, né formali né informali, affinché gli uffici richiedessero l'eliminazione degli scenari probabilistici dai prospetti informativi, qualora fossero stati inclusi volontariamente dalle società»;
          in seguito agli eventi riportati il Vice Ministro dell'economia e delle finanze Enrico Zanetti ha richiesto le dimissioni del presidente Giuseppe Vegas. Anche il Ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda sostiene che la Consob abbia fatto «gravi errori» nell'esercizio delle proprie competenze, in particolar modo nel vigilare sulla vendita di strumenti finanziari ad alto rischio a famiglie e pensionati, ma, rispetto al Vice Ministro Zanetti, non si è espresso sulle dimissioni del presidente Giuseppe Vegas. Sarebbe opportuno, viste le peculiari circostanze, che il Governo assuma una posizione ufficiale e definitiva;
          si precisa che nelle competenti sedi europee risultano in corso i lavori sulla direttiva europea Priips (relativa ai rischi sui prodotti finanziari cosiddetti impacchettati) ed in materia Mifid (collocamento dei prodotti finanziari). Nell'ambito dei suddetti lavori non risulta – dalle informazioni pubblicate ed in base alle segnalazioni dei parlamentari europei del MoVimento 5 Stelle – che la Consob abbia portato all'attenzione delle istituzioni europee l'istituto degli scenari probabilistici con una compiuta presentazione. Qualora tale circostanza dovesse essere confermata formalmente, è evidente, ad avviso degli interroganti, che il presidente della Consob Giuseppe Vegas avrebbe abusato del proprio potere, confermando un'impostazione della vigilanza – e dell'esercizio dei poteri della Consob – non coerente con la comunicazione n.  9019104 del marzo 2009 e, quindi, non funzionale alla tutela del pubblico risparmio;
          da fonti stampa si apprende che il Ministro interrogato abbia mostrato opinione positiva nei confronti degli scenari probabilistici e della relativa utilità al fine di garantire, nel miglior modo possibile, la tutela del risparmio dei cittadini;
          ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge n.  95 del 1974 il Presidente del Consiglio dei ministri può proporre lo scioglimento della Consob e la nomina di un commissario straordinario per l'esercizio dei poteri e delle attribuzioni della commissione  –:
          se il Ministro interrogato, di concerto con la Consob e sentita la Banca d'Italia, intenda assumere iniziative, anche in sede europea, volte ad assicurare che venga effettivamente applicato quanto previsto dalla comunicazione Consob n.  9019104 del 2 marzo 2009 laddove si raccomanda l'indicazione degli scenari probabilistici nella scheda-prodotto destinata agli investitori, che i medesimi scenari vengano ripristinati, laddove necessari, anche nei prospetti conformemente ai margini consentiti dal legislatore comunitario e se, sulla base delle considerazioni di cui in premessa, intenda assumere iniziative volte a proporre la revoca della presidenza della Consob a Giuseppe Vegas, segnalando all'autorità giudiziaria competente i possibili profili di violazione di norme di legge. (3-02312)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CRIPPA, VALLASCAS, DA VILLA, DELLA VALLE e FANTINATI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il comma 511 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n.  208, disciplina il riequilibrio, anche con riferimento ai contratti in corso, dei contratti pubblici relativi a servizi e forniture ad esecuzione continuata o periodica stipulati da un soggetto aggregatore, per l'adesione dei singoli soggetti contraenti;
          la disposizione si applica ai contratti ivi indicati, in cui la clausola di revisione e adeguamento dei prezzi sia collegata o indicizzata al valore di beni indifferenziati, qualora si sia verificata una variazione nel valore dei predetti beni che abbia determinato una variazione del prezzo complessivo in misura non inferiore al 10 per cento e tale da alterare significativamente l'originario equilibrio contrattuale. Viene inoltre stabilito che la citata condizione sia accertata dall'autorità indipendente di regolazione del settore relativo allo specifico contratto o, in mancanza, dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
          nell'applicazione di tale disposizione, a livello nazionale, beneficiaria è un'unica società, Gala spa che il 31 dicembre 2015 ha presentato istanza all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico per accertare se vi sia stata una riduzione, dovuta al drastico calo delle quotazioni del Brent, del prezzo complessivo delle forniture retail prestate oltre la soglia del 10 per cento; se tale riduzione del prezzo abbia alterato l'equilibrio contrattuale originario e richiesto all'Autorità di fornire indicazioni utili per il ripristino dell'equilibrio contrattuale;
          è da notare, infatti, che tutti e 10 i lotti geografici in cui era suddivisa la gara «convenzione CONSIP Energia Elettrica (EE)12» sono stati aggiudicati a Gala con ribassi — rispetto alla base d'asta — compresi fra il 32,5 per cento e il 21,8 per cento, equivalenti a risparmi compresi fra il 10,3 per cento e il 37,6 per cento rispetto al prezzo medio del «servizio di salvaguardia»;
          per questa convenzione, aperta dal 12 novembre 2014 al 5 dicembre 2015 e tuttora in corso per quanto riguarda la consegna dell'energia, la società Gala non ha considerato adeguatamente le possibili variazioni del prezzo dell'energia, indicizzato da Consip sulla base dei valori attribuiti alle quotazioni dei prodotti petroliferi, crollate nel 2015, e ha così avviato un contenzioso per vedersi riconoscere un aumento del prezzo applicato, minacciando anche il blocco delle forniture;
          con la delibera 308/2016 del 10 giugno 2016 l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico ha dato il via libera a Gala spa e a Consip per la revisione dei prezzi della convenzione EE12. In una nota dello stesso giorno, da quanto riportato sulla stampa specializzata, Gala e Consip concludono un accordo adeguando il prezzo a quello disciplinato dalle convenzioni Consip EE13 (dove Gala si è aggiudicata solo 2 lotti). Le nuove condizioni sono efficaci rispetto a tutte le fatture emesse dal 1o gennaio 2016 e, dunque, a decorrere dalle forniture eseguite dal mese di dicembre 2015 (incluse) e ciò aiuterà certamente i risultati 2016, a fronte di un risultato netto negativo per euro 58,2 milioni per il 2015, come presentato il 10 e 11 giugno 2016;
          la stessa strada è stata seguita dalla Edison spa in forza della convenzione stipulata con la centrale di committenza regionale per la Lombardia (ARCA), per cui l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, con delibera 18 febbraio 2016 n.  62/2016/E/eel ha avviato un procedimento per l'accertamento, ai sensi dell'articolo 1, comma 511, della legge n.  208 del 2015  –:
          a quanto ammontino le risorse finanziarie pubbliche impegnate ai sensi dell'articolo 1, comma 511 della legge 28 dicembre 2015 n.  208, e quante altre imprese potrebbero inoltrare istanza all'autorità di regolazione di settore, o in mancanza all'autorità garante della concorrenza e del mercato ai sensi della predetta norma. (5-08902)

Interrogazione a risposta scritta:


      SBERNA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la crisi economica e finanziaria degli ultimi anni ha fortemente colpito i redditi delle famiglie e delle imprese italiane. Se da una parte, infatti, il rapporto annuale dell'Istat sottolinea come stiamo lentamente uscendo dalla recessione, dall'altra esso tratteggia il volto di un Paese in cui la distribuzione del reddito è meno democratica di prima, un Paese dove la disuguaglianza aumenta e dove non a tutti sono date le stesse opportunità;
          a pagare il prezzo più alto di questa situazione sono ovviamente le categorie più fragili, come ad esempio i minori, la cui quota di povertà relativa, che tra il 1997 e il 2011 oscillava tra l'11 e il 12 per cento, nel 2014 è salita al 19 per cento;
          secondo gli ultimi dati del «Rapporto sulla povertà in Italia» presentati dall'Istat risulta che un milione e 470 mila famiglie residenti in Italia vivono in condizioni di povertà assoluta;
          sono inoltre tristemente noti gli studi demografici che dichiarano il progressivo e sostanziale invecchiamento del nostro Paese. Senza dubbio la crisi economica ha inciso in maniera significativa sulla struttura familiare italiana: nel periodo 2011-2014, infatti, le famiglie con un solo componente sono aumentate (+5,8 per cento) mentre le coppie con figli sono risultate in calo (-0,9 per cento);
          le trentenni di oggi sono protagoniste di quella che gli esperti chiamano la prossima e vicina «trappola demografica», nella quale — secondo le previsioni di alcuni studi — l'Italia rischia di perdere una «potenziale madre» ogni cinque. E questo mentre i nati nel 2015 sono stati solo 478 mila, nuovo minimo storico dall'Unità d'Italia;
          sarebbe quindi assolutamente necessario riuscire ad invertire questa tendenza e mettere in campo strategie e politiche davvero efficaci per sostenere la maternità e la paternità;
          da questo punto di vista, il nostro sistema di protezione sociale è, secondo il citato Rapporto Istat, fra quelli europei, uno dei meno efficaci e ciò è dovuto — sempre secondo il rapporto Istat – alla preponderanza della spesa pensionistica. In Italia, infatti, si spende meno che nel resto d'Europa per la protezione sociale dei gruppi della popolazione più deboli (persone con disabilità, famiglie e infanzia, esclusione sociale, senza tetto): la quota di spesa pubblica ad essi destinata è di circa dieci punti inferiore a quelle di Francia e Germania e alla media europea;
          il sistema di tassazione dei redditi in Italia, inoltre, è ritagliato su misura dei singoli, sposati o meno, e non come avviene in Francia, Olanda e Germania dove la tassazione delle persone fisiche viene calcolata a livello di nucleo familiare;
          quanto sopra detto comporta una evidente iniquità in materia di carichi fiscali tanto che la stessa Corte costituzionale è intervenuta più volte sulla questione, sottolineando la necessità di eliminare gli effetti discorsivi del nostro sistema tributario;
          già con la sentenza del 24 luglio 1995, n.  358, la Corte costituzionale ha ritenuto «che l'attuale trattamento fiscale della famiglia penalizza i nuclei monoreddito e le famiglie numerose con componenti che non producono o svolgono lavoro casalingo. Queste famiglie infatti che dovrebbero essere agevolate ai sensi dell'articolo 31 della Costituzione sono tenute a corrispondere un'imposta sui redditi delle persone fisiche notevolmente superiore rispetto ad altri nuclei familiari composti dallo stesso numero di componenti e con lo stesso reddito, ma percepito da più di uno dei suoi membri»;
          proprio in materia fiscale, dalle testate giornalistiche di alcuni giorni fa risulta dimostrata la situazione di disagio e di difficoltà in cui versano le famiglie numerose che, oltre ad essere maggiormente colpite dalla crisi economica – il numero delle coppie con tre o più figli che si sono ritrovate sotto la soglia di povertà è aumentato del 9,3 per cento negli anni 2011-2014 – sono anche quelle che sopportano il maggiore carico fiscale;
          un recente studio della Fondazione nazionale dei commercialisti, sulla base dell'analisi degli ultimi dati diffusi da Istat e Banca d'Italia sui redditi, i consumi e il carico fiscale delle famiglie, ha rilevato — infatti — che per le famiglie numerose il carico fiscale è aumentato di 0,3 punti percentuali a causa soprattutto dell'aumento delle imposte locali, in quanto in questi ultimi anni sono aumentate le addizionali comunali e regionali, l'imposta sostitutiva sulle attività finanziarie e le imposte sui redditi a tassazione separata. Trattandosi di tasse calcolate quasi sempre sul numero dei componenti di un nucleo familiare è evidente il paradosso: single e coppie senza figli subiscono una pressione fiscale minore;
          il rapporto tra imposte correnti pagate dalle famiglie e reddito disponibile lordo delle stesse famiglie ha raggiunto, nel 2015, il livello più alto degli ultimi anni: un paradosso, quest'ultimo, difficile da accettare se si considera che, nel 2015, per la prima volta dopo quattro anni si registra una generale flessione della pressione fiscale  –:
          alla luce delle considerazioni sopra esposte in relazione alla penalizzazione fiscale delle famiglie, in particolare delle famiglie numerose, quali tempestive iniziative il Governo intenda adottare al fine di ristabilire il principio dell'equità fiscale nei loro confronti, in ossequio — altresì — a quanto previsto dall'articolo 31 della Costituzione. (4-13477)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


      FRACCARO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          nella primavera del 2016 gli organi di stampa della provincia di Bolzano hanno affrontato a più riprese la vicenda processuale relativa ai fondi riservati, i cosiddetti Sonderfonds, che vede imputato l'ex presidente della provincia autonoma di Bolzano dal 1989 al 2014 ed ex leader carismatico della SVP (Südtiroler Volkspartei), Luis Durnwalder, per aver utilizzato risorse pubbliche a fini personali. La richiesta del pubblico ministero è stata di tre anni di reclusione per peculato aggravato per l'utilizzo dei fondi in maniera non trasparente e per fini non istituzionali;
          in data 13 aprile 2016 è stata ufficializzata la nomina di Luis Durnwalder, residente a Falzes, a collaboratore del consiglio di amministrazione della Sad trasporto locale spa, società concessionaria di numerose linee di bus, treni e funivie del trasporto pubblico locale nella provincia autonoma di Bolzano;
          l'amministratore delegato e azionista di maggioranza di Sad trasporto locale spa è Ingemar Gatterer, anch'egli residente a Falzes, subentrato al padre Joseph nell'azienda di trasporti nata nel 1953, mentre il presidente è l'avvocato Perathoner Christoph, presidente della sezione dell'SVP di Selva Val Gardena;
          il collegio giudicante del tribunale di Bolzano chiamato ad esprimersi sugli esiti del dibattimento processuale relativo ai fondi riservati « Sonderfonds» è costituito dal presidente della sezione dibattimentale dell'area penale dottor Carlo Busato e dai giudici a latere dottor Stefan Tappeiner e dottor Ivan Perathoner, quest'ultimo fratello del succitato-avvocato Christoph Perathoner, il quale, come evidenziato nei paragrafi precedenti, si trova a collaborare a stretto contatto con l'imputato Luis Durnwalder nell'ambito dell'attività del consiglio di amministrazione di Sad trasporto locale spa;
          in data 4 ottobre 2013, il periodico online Stol.it Perathoner & Partner Anwaltssozietät mit viel Prominenz eröffnet» – http://www.stolit/PR/PR-Tipps-und-Events/Perathoner-PartnerAnwaltssozietaet-mit-viel-Prominenz-eroeffnet), ha dato notizia dell'inaugurazione dello studio legale Perathoner. Tra i presenti alla festa vi erano sia il giudice Ivan Perathoner, fratello del titolare dello studio dell'avvocato Christoph Perathoner, sia lo stesso Durnwalder;
          in data 11 giugno 2016 è stata pronunciata la sentenza di assoluzione nei confronti dell'imputato Durnwalder per il capo d'accusa di peculato e per tutti gli altri capi d'accusa relativi ai reati prospettati nel procedimento penale « Sonderfonds»;
          il codice di procedura penale prevede una dettagliata normativa in materia di astensione e ricusazione, volta a garantire l'esercizio corretto e imparziale delle funzioni giurisdizionali; da tale normativa si evince che il giudice, al fine di esercitare correttamente le proprie funzioni, non deve avere nessun interesse personale che lo coinvolga direttamente o indirettamente nella vicenda processuale sulla quale è tenuto a pronunciarsi; laddove, invece, sussista tale interesse, egli ha l'obbligo di astenersi. In particolare, l'articolo 36 del codice di procedura penale, prevede che il giudice abbia l'obbligo di astenersi, tra l'altro, in presenza di gravi ragioni di convenienza, ipotesi che nel caso di specie sembrerebbe all'interrogante configurabile, considerati i legami esistenti tra il fratello del magistrato e l'imputato;
          è opinione dell'interrogante che i fatti sopra descritti, rappresentando elementi di potenziale conflitto tra l'interesse pubblico generale alla legalità e l'interesse personale, avrebbero dovuto indurre il giudice Ivan Perathoner ad astenersi nel cosiddetto procedimento « Sonderfonds»;
          secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, la mancata astensione del giudice, pur non costituendo causa di nullità della sentenza, può comportare conseguenze disciplinari per il magistrato che non si è astenuto (ex multis, Cassazione penale, Sezione Seconda, 12 marzo 2014, n.  11843)  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti illustrati in premessa e quali eventuali iniziative di competenza intenda assumere, in particolare valutando la sussistenza dei presupposti per promuovere iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari di Bolzano. (4-13495)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
          la società Ferrovie del sud-est e servizi automobilistici srl, il cui socio unico è il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è stata commissariata ai sensi dell'articolo 1, comma 867, della legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n.  208), a seguito di un grave dissesto finanziario che ammontava a circa 310 milioni di euro. Al tempo stesso, la norma disponeva il finanziamento straordinario di 70 milioni di euro finalizzati all'adozione di un piano di risanamento dell'azienda; secondo quanto disposto dalla citata legge di stabilità, il Ministro interrogato, con decreto 12 gennaio 2016, ha nominato il commissario nella persona di Andrea Viero, già a guida del consiglio di amministrazione fino al 30 dicembre 2015. Con lo stesso atto a Viero sono stati aggiunti due subcommissari: Domenico Mariani e Angelo Mautone, anch'essi presenti nel consiglio di amministrazione fino a fine 2015;
          a distanza di un paio di settimane, nel decreto-legge n.  210 del 2015 «Milleproroghe 2016» convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2016, n.  21, si dispone la proroga per ulteriori trenta giorni del termine per la presentazione da parte del commissario delle Ferrovie del sud-est del piano industriale di risanamento, facendo così slittare il termine alla fine di aprile del 2016. Nel contempo, al medesimo articolo 7, comma 9-ter, del decreto-legge 30 dicembre 2015, n.  210, si disponeva che, entro lo stesso termine, i creditori non potessero intraprendere alcuna azione nei confronti dell'azienda;
          nel corso dei primi mesi dell'anno, a seguito di verifiche fiscali e di indagini condotte dalla Guardia di finanza, sarebbero emerse una serie di irregolarità e reati riguardanti l'impiego delle risorse dell'azienda attraverso giri di consulenze, inutili e in taluni casi dagli importi eccessivi, spese legali e evasione fiscale, a carico dell'ex manager Luigi Fiorillo e di altri indagati. Secondo fonti di stampa lo stesso Fiorillo, in carica fino a novembre 2015, avrebbe goduto nel corso degli anni della fiducia dei vari Governi succedutisi dal 2001 in poi;
          tra aprile e maggio 2016 il commissario, dottor Viero, per far fronte all'indebitamento della società, avrebbe richiesto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti almeno altri 100 milioni di euro;
          nelle ultime settimane risulta che Ferrovie dello Stato Italiane spa sarebbe interessata, per il tramite della società Trenitalia, a rilevare le Ferrovie del sud-est. Secondo quanto riportato da La Gazzetta del Mezzogiorno del 21 maggio 2016, infatti, si sarebbe, già tenuto almeno un incontro formale tra i vertici di Ferrovie dello Stato Italiane spa e Trenitalia con il commissario, dottor Viero, al fine di imbastire l'acquisizione che vedrebbe il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti favorevole;
          a giudizio degli interpellanti, in tal modo il Governo avallerebbe un metodo che appare non scevro da criticità e opacità considerando che si sarebbe trattato, alla luce delle disposizioni anche finanziarie contenute nell'ultima legge di stabilità, di un tentativo di salvataggio per mezzo di denaro pubblico di una società che andrebbe poi a finire in un colosso del trasporto ferroviario nonché infrastrutturale, qual è Ferrovie dello Stato Italiane spa, in procinto di essere in parte privatizzato;
          da fonti stampa del Quotidiano di Puglia del 24 maggio 2016 si apprende che, dopo un vertice tenuto in data 23 maggio 2016, le possibilità che Ferrovie dello Stato Italiane possa assorbire le Ferrovie sud-est è l'ipotesi principale, ma vi si sono anche altre due alternative: la creazione di una newco, scaricando i debiti nella «bad company»; oppure il versamento da parte del Ministero di circa 100 milioni di euro nelle casse di Ferrovie sud-est, con successivo risanamento e il passaggio di proprietà alla regione Puglia  –:
          in merito alle responsabilità della gestione fallimentare precedente al commissariamento, chi siano i dirigenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti responsabili di aver validato, sottoscrivendoli, i bilanci di Ferrovie del sud-est, con riferimento agli stessi bilanci, se siano stati pubblicati e in caso contrario, perché non siano ancora pubblici;
          con riferimento alle disposizioni di cui al comma 867 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 richiamato in premessa, se il piano industriale di risanamento sia stato predisposto e comunicato e, nel caso, se sia già in fase di attuazione e in quale modo, al momento siano stati impiegate le risorse assegnate dalla legge di stabilità 2016; se il commissario abbia provveduto alla ricognizione contabile ed eventualmente attivato le procedure per la ristrutturazione dei debiti; se il Ministro sia a conoscenza della mancata pubblicazione on line della relazione commissariale e, nel caso, quali siano le ragioni di quella che appare agli interpellanti una elusione delle disposizioni di legge;
          se il Ministro interpellato, in quanto socio unico, sia a conoscenza e possa riferire di quali e quante figure apicali della società già coinvolte nella gestione dell'amministratore Fiorillo, ricoprano anche nella gestione attuale ruoli dirigenziali o comunque nodali con l'eventuale rischio di intralciare ulteriormente il percorso di efficientamento e rilancio di Ferrovie del sud-est e quali siano le ragioni di tali scelte;
          se il Ministro interpellato, sia a conoscenza, alla data del 31 maggio 2016, dell'ammontare delle spese sostenute per il funzionamento della struttura commissariale, comprensivo di eventuali rimborsi e ogni altro tipo di emolumento e, nel caso, a quanto ammonterebbero; se, al pari, sia a conoscenza degli importi che eventualmente spetterebbero ai componenti della struttura commissariale al termine del loro mandato e se, a fronte della gestione del commissario, il Ministro intenda comunque erogare la parte variabile del compenso, stabilito dal decreto di nomina, nei confronti del commissario medesimo e dei due sub-commissari;
          nel caso di acquisizione da parte di Ferrovie dello Stato Italiane, con quali risorse la stessa società intenda ripianare il debito di Ferrovie del sud-est e se, per il medesimo fine, il Ministro possa escludere che verranno impiegate risorse economiche destinate a garanzia del servizio universale;
          se il Governo intenda assumere iniziative tese ad evitare che, nell'eventuale alienazione o trasferimento societario, segmenti di Ferrovie del sud-est vengano acquisiti da società di diritto privato non controllate da enti pubblici e, nel caso di creazione di una nuova società, secondo quali criteri e modalità sarà affidata la proprietà e chi dovrà materialmente pagare il debito di Ferrovie sud-est e come si intenda garantire la corretta gestione, la trasparenza, il controllo pubblico nonché i livelli di servizio ferroviario e il rilancio di investimenti in ambito infrastrutturale, in discontinuità con quanto avvenuto finora;
          se la regione Puglia abbia comunicato un'eventuale disponibilità all'acquisizione della proprietà delle Ferrovie sud-est, a quali condizioni e con quali garanzie finanziarie;
          se sia stata valutata la possibilità, e quali ne siano gli esiti, di annettere esclusivamente la rete infrastrutturale delle Ferrovie sud-est alla società Rete ferroviaria italiana;
          se il Ministro interpellato possa escludere riduzioni del personale ed intenda fornire garanzie relativamente ai livelli occupazionali;
          se il Ministro interpellato sia a conoscenza delle motivazioni per cui non risultino pubblicati sul sito web della società Ferrovie sud-est i dati inerenti alla dotazione organica con i relativi uffici e contatti, il personale non a tempo determinato, i tassi di assenza, gli incarichi conferiti e autorizzati ai dipendenti;
          se il Ministro sia a conoscenza delle motivazioni per cui non risultino pubblicati sul sito web della società Ferrovie sud-est i dati inerenti ai premi di produzione, alle consulenze e alle altre spese soggette a obbligo di trasparenza e di pubblicazione;
          se il Ministro sia a conoscenza delle motivazioni per cui è stato effettuato un bando di assunzioni in assenza del piano industriale di risanamento;
          se il Ministro sia a conoscenza del numero delle controversie giudiziarie, e delle risorse impegnate per tale finalità, nei confronti dei lavoratori che si sono risolte con un accordo tra le parti nel periodo in cui il consiglio di amministrazione era presieduto dal dottor Viero e nel successivo periodo commissariale e quante ancora siano in atto;
          quali siano le iniziative utili che il Ministro intenda adottare al fine di garantire la trasparenza, la gestione pubblica e partecipata, nonché la proprietà pubblica delle Ferrovie sud-est.
(2-01397) «De Lorenzis, Liuzzi, Nicola Bianchi, Carinelli, Dell'Orco, Paolo Nicolò Romano, Spessotto, Luigi Gallo, Grande, L'Abbate, Lupo, Mannino, Marzana, Micillo, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pisano, Rizzo, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spadoni, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».

Interrogazione a risposta immediata:


      GAROFALO, LUPI e BOSCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          un'indagine dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha dimostrato come i servizi relativi al trasporto pubblico locale siano gestiti in base a contratti in esclusiva affidati direttamente ad imprese partecipate degli enti locali o, nel caso di trasporti su ferro, a Trenitalia;
          lo stesso rapporto dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha rilevato come la gestione di un servizio efficiente e di qualità dei trasporti dipenda non tanto dalla proprietà pubblica o privata delle imprese, quanto dalla presenza di meccanismi, come quelli adottati tramite gare, che stimolano le imprese a comportarsi in modo virtuoso;
          il trasporto pubblico locale è la seconda voce di spesa per le regioni dopo la sanità e, in questo momento, è indiscutibile che lo stesso abbia gravi criticità. Il settore, tra l'altro, impegna 7 miliardi di euro di fondi statali e ne genera quasi 11 di ricavi, con la vendita dei biglietti che copre appena il 30 per cento dei costi;
          è innegabile che uno sviluppo del trasporto pubblico locale potrebbe generare effetti molto positivi per la mobilità sostenibile e per ridurre la cogestione soprattutto nei grandi centri urbani, con innegabili benefici per l'ambiente, la salute e la qualità della vita;
          la rete ad alta velocità riveste un'importanza fondamentale nei piani di sviluppo della ferrovia italiana e, in genere, per un sistema di trasporti più sostenibile. In particolare, l'alta velocità ha implementato la quantità e la qualità dell'offerta ferroviaria italiana, oltre che l'integrazione con la rete europea. Inoltre, essa ha contribuito al riequilibrio dei trasporti nazionali, oggi fortemente squilibrati a favore del trasporto su strada. Da ultimo, essa ha migliorato la concorrenza nel settore dei trasporti, incidendo positivamente sulle tariffe applicate agli utenti;
          in tale contesto, peraltro, l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, nel corso di un'audizione tenutasi in Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati, ha sottolineato l'attenzione che Ferrovie dello Stato ha nei riguardi del trasporto pubblico della capitale. A tal proposito, egli ha confermato un'interlocuzione con il comune di Roma relativamente al futuro dell'azienda Atac;
          è, inoltre, da notare come l'indagine dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato evidenzi che nei centri urbani vi sia un'offerta di trasporto pubblico con diverse criticità ed addirittura, nonostante l'esborso di notevoli risorse economiche, l'offerta risulti peggiore nelle zone frequentate dagli utenti con redditi minori;
          emergono, inoltre, notevoli squilibri strutturali come investimenti insufficienti in infrastrutture e parco rotabile molto vecchio. In particolare, si registra che nelle regioni centro-meridionali il settore del trasporto pubblico locale ha servizi di qualità peggiori a fronte del pagamento di prezzi non inferiori a quelli praticati nel Nord del nostro Paese  –:
          quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per garantire un servizio di trasporto pubblico locale che, aprendosi al mercato ed alla concorrenza, risulti maggiormente efficiente ed efficace, in modo da garantire un servizio di qualità che permetta al cittadino di esercitare in modo effettivo il diritto alla mobilità.
(3-02316)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BURTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          dal prossimo 12 giugno le città di Potenza e Matera disporranno del nuovo «Freccialink», ovvero un collegamento diretto con i treni ad alta velocità in partenza e in arrivo presso la stazione di Salerno, terminale ultimo dell'Alta Velocità;
          il servizio di Trenitalia prevede quattro corse al giorno complessive dai due centri (due all'andata e due, al ritorno) con un bus da 16 posti;
          due corse partiranno da Matera, alle ore 5,55 e alle ore 13,55, e due da Potenza, alle ore 7,30 e 15,30 verso Salerno, e due corse partiranno dal centro campano in direzione Potenza, con arrivo alle 13,30 e alle 22,20 e due per Matera con arrivo nella città dei sassi alle 15,10 e mezzanotte;
          si tratta di una iniziativa sicuramente importante che accresce l'offerta da parte di Trenitalia, una offerta che però, va ribadito, continua purtroppo, ad essere assolutamente insufficiente;
          il nuovo servizio, peraltro, non prevede fermate intermedie e questo rappresenta un grave limite;
          in particolare sarebbe stato opportuno prevedere secondo l'interrogante, una fermata presso la Stazione di Ferrandina che non solo è di fatto la stazione di accesso alla città di Matera, ma è anche la stazione che apre sul Metapontino, area che, con le sue strutture turistiche è sicuramente interessata ad un rafforzamento del servizio di collegamento con Salerno;
          sarebbe stato più utile un servizio strutturato con un treno di prova o con bus, in grado di collegare le stazioni di Metaponto, Ferrandina e Grassano con il terminale di Salerno  –:
          quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di verificare con Trenitalia la possibilità di sperimentare, nell'ambito dei servizio «Freccialink», che è entrato in servizio il 12 giugno 2016, la fermata intermedia presso la stazione di Ferrandina, per collegarsi con il terminale di Salerno dell'alta velocità ampliandone l'offerta. (5-08894)

Interrogazioni a risposta scritta:


      RICCIATTI, FRANCO BORDO, PIRAS, QUARANTA, SCOTTO, DURANTI, PANNARALE, SANNICANDRO, NICCHI, MELILLA, KRONBICHLER e FRATOIANNI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il nuovo orario estivo di Trenitalia presenta la soppressione della fermata del freccia rossa nella città di Pesaro in favore del prolungamento della stessa linea fino a Lecce;
          il treno freccia rossa 9593-9594 da Milano per Ancona prolunga la sua corsa fino in Puglia ma non fermerà più da domenica prossima alla fermata di Pesaro come nelle precedenti stagioni estive (2013-2015);
          la risposta ufficiale di Trenitalia riguardo al taglio è incentrata sul fatto che la fermata di Pesaro è considerata non remunerativa e rallenta il viaggio del treno;
          il sindaco di Pesaro Matteo Ricci ha recentemente dichiarato che il turismo ha avuto un significativo incremento nell'anno 2015 pari a circa il 15 per cento in più di presenze;
          la fermata di Pesaro serviva un'utenza proveniente da Milano oltre ai turisti e il percorso previsto attualmente con il treno freccia bianca allunga il viaggio di un'ora, mentre passando da Rimini si impiegheranno altri 40 minuti e da Ancona addirittura un'ora e mezza  –:
          se non ritenga di attivarsi, per quanto di competenza, affinché Trenitalia riconsideri la programmazione estiva delle fermate reintroducendo la fermata di Pesaro del frecciarossa;
          se non sia strategica per il turismo dell'area di Pesaro la permanenza della fermata del treno frecciarossa anche per la stagione estiva 2016;
          quali iniziative si intendano intraprendere per favorire trasporti più rapidi ed efficaci in vista della stagione estiva in arrivo e in considerazione della determinante importanza del settore turistico della zona di Pesaro. (4-13482)


      TINO IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il servizio ferroviario lungo la linea Sicignano degli Alburni-Lagonegro fu sospeso nel marzo del 1987 con l'introduzione di autoservizi sostitutivi su gomma;
          tale linea, che ha una lunghezza di circa 78,4 chilometri, interessa un bacino di 22 comuni, con circa 9.000 abitanti;
          questi comuni sono tutti nella provincia di Salerno, ad eccezione di Lagonegro situato in provincia di Potenza;
          negli anni successivi la linea non è stata ripristinata;
          peraltro, nel corso degli anni sono stati realizzati studi tecnici ed economici per il ripristino dell'esercizio ferroviario sulla linea Sicignano-Lagonegro, particolarmente atteso dalle comunità e dalle amministrazioni locali e rilevante per il sistema dei collegamenti nella intera zona;
          nella legge 29 dicembre 2003, n.  376, è stata prevista l'erogazione di un contributo triennale (per complessivi 18 milioni di euro) in favore delle Ferrovie dello Stato spa per gli interventi finalizzati al ripristino della tratta ferroviaria Sicignano-Lagonegro;
          in ogni caso tale tratta non risulta mai essere stata formalmente dismessa, attraverso lo specifico procedimento previsto e tipizzato dalla normativa vigente;
          è da ritenersi, invece, che questa linea ferroviaria è stata interrotta, sia pure da diversi anni, in attesa di decisioni definitive;
          la questione di tale tratta ferroviaria è già stata sollevata dall'interrogante nella XVI legislatura con la interrogazione n.  5-01635 del 15 luglio 2009, con risposta del rappresentante del Governo pro tempore il successivo 12 novembre;
          una nuova interrogazione n.  5-00118 è stata presentata, il 14 maggio 2013, dall'interrogante nell'attuale legislatura;
          in risposta a tale ultimo atto di sindacato ispettivo, il Sottosegretario per le infrastrutture e i trasporti pro tempore, nella seduta della IX Commissione dell'11 luglio 2013, ha affermato che «nello scorso mese di maggio REI ha avviato un nuovo studio di fattibilità che sarà completato entro il prossimo mese di ottobre»;
          sembra che RFI spa abbia commissionato tale nuovo studio di fattibilità per valutare l'intervento da effettuare con il minor costo possibile, al fine di ripristinare la tratta ferroviaria Sicignano-Lagonegro, come hanno sollecitato tutti i sindaci del comprensorio con specifici atti deliberativi e come da tempo stanno facendo tanti cittadini riuniti anche in un comitato molto attivo e determinato;
          ulteriore interrogazione n.  5-01402 è stata presentata dall'interrogante in data 7 novembre 2013, in risposta alla quale il Sottosegretario Del Basso De Caro ha sostenuto che RFI non aveva allo stato programmato «un servizio su ferro dai tempi e dai costi convenienti»;
          successivamente il «Comitato per il ripristino della Sicignano-Lagonegro», che da anni si batte con impegno su questa tematica, ha formalmente sollecitato il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che ha fatto pervenire una nota con la quale inopinatamente si preannunzia l'avvio della «procedura di dismissione formale» della linea ferroviaria Sicignano-Lagonegro;
          questa decisione è sbagliata e da rimuovere, anche perché sono in corso contatti ed iniziative delle regioni Basilicata e Campania per verificare ipotesi e progetti di riattivazione di tale linea, nel rapporto istituzionale con RFI e Ministero  –:
          quale sia l'effettiva situazione della linea ferroviaria Sicignano-Lagonegro interrotta dal 1987, quale sia l'intenzione del Ministero in merito e quali iniziative si intendano attivare per definire un progetto adeguato, ma dai costi contenuti, per ripristinare questa linea ferroviaria così rilevante per tutte le comunità interessate. (4-13487)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:


      SCOTTO, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, ZARATTI e ZACCAGNINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          un videoreportage pubblicato dal sito d'informazione Fanpage.it l'8 giugno 2016 mostra alcune evidenti irregolarità e possibili brogli avvenuti all'esterno di alcuni seggi elettorali; in particolare si mostrano persone che sembrerebbero essere state pagate per l'ottenimento del voto;
          dal video appare chiaro come alcune figure all'esterno dei seggi cercassero di far entrare del materiale non meglio identificato all'interno delle sezioni elettorali ed avessero elenchi di persone che dovevano andare a votare, a costo di andarle a prendere fin dentro casa;
          i casi mostrati dal sito arrivano dai rioni di Soccavo, Chiaia, Sanità e San Lorenzo, ma i rappresentanti di lista ed i comitati popolari dell'antimafia sociale, che si sono attivati per le elezioni, hanno segnalato situazioni simili in quasi tutte le aree della città;
          Sinistra Italiana ha segnalato più volte alla prefettura ciò che stava accadendo durante la giornata di domenica;
          è notizia recente quella dell'indagine portata avanti dalla procura di Napoli nei confronti di due candidate del Partito Democratico (una candidata al consiglio comunale ed una candidata al consiglio della municipalità 2);
          le due persone indagate avrebbero acquisito voti in cambio di promesse di inserimento nel programma lavorativo «Garanzia giovani», finanziato dalla regione;
          da ultimo eventi incresciosi sono stati segnalati anche nell'ambito del comune di Castellammare di Stabia;
          quanto accaduto rappresenta un'intollerabile lesione alla democrazia;
          in queste ultime ore è, inoltre, apparso un video con un servizio intitolato «Napoli, pasta e biscotti in cambio del voto» sul sito internet http://youmedia. fanpage.it/ dal quale emergono notizie, ad avviso degli interroganti, di portata eccezionale in relazione a quelli che sembrerebbero gravi casi di corruzione in cambio di voti;
          i contenuti diffusi dal servizio riportato dal suddetto video sono stati diffusi anche da altri siti internet  –:
          quali elementi si intendano fornire sui fatti descritti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere al fine di fare chiarezza sull'accaduto e di garantire la massima trasparenza e «agibilità politica» in merito al ballottaggio delle elezioni amministrative di domenica 19 giugno 2016, in particolar modo nella città di Napoli e nei comuni limitrofi.
(3-02313)


      RAMPELLI, MAIETTA, PETRENGA, TOTARO, CIRIELLI, GIORGIA MELONI, RIZZETTO, LA RUSSA, NASTRI e TAGLIALATELA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          durante il voto per le ultime elezioni amministrative, soprattutto a Roma e Napoli, si sono verificate irregolarità di ogni genere nello spoglio delle schede e lo scrutinio dei voti che in decine di casi hanno reso necessario il riesame con i registri della prefettura;
          in moltissime sezioni gli scrutini hanno subito ritardi inammissibili e in una trentina di sezioni romane non si è riusciti a rispettare neanche il termine di ventiquattro ore previste dalla legge per lo spoglio delle schede e le urne, di fatto, non sono state neanche aperte;
          in particolar modo il conteggio delle preferenze espresse in favore dei candidati consiglieri municipali si è rivelato spesso impossibile, a causa delle schede non scrutinate o dei registri non compilati; assenza di verbali o verbali firmati a matita, non timbrati, mancanza dei voti di lista e delle tabelle scrutinate;
          a Roma nel quartiere Prati in ben quattro seggi tali preferenze non sono state verbalizzate affatto, posto che si è verificato che nei registri erano scritti i soli voti dei presidenti e non quelli dei partiti e dei candidati consiglieri;
          i verbali che in grande quantità sono stati consegnati in bianco riportavano scritte che giustificavano la mancata compilazione, quali «sopravvenuta stanchezza», «improvviso malore del presidente», «l'impossibilità di far tornare i conti», e molti addetti ai lavori avrebbero segnalato un'inammissibile inefficienza e impreparazione dei presidenti di seggio;
          a fronte delle incongruenze nello spoglio e nello scrutinio dei voti l'ultima istanza è rappresentata dal riconteggio delle schede, anch'esso spesso impossibile perché nel frattempo le urne che le contenevano si sono smarrite, ovvero la possibilità per i candidati e i partiti di ricorrere al tribunale amministrativo, ovviamente sostenendo in proprio le non esigue spese;
          tutte le problematiche sin qui esposte impediscono ai cittadini la piena espressione del proprio diritto di voto;
          in Italia hanno avuto luogo sperimentazioni sia delle procedure per l'espressione elettronica del voto, sia delle procedure con modalità elettroniche dello scrutinio, che, pur avendo dato dei buoni risultati, non hanno avuto seguito  –:
          quali iniziative intenda assumere per garantire la regolarità delle procedure e il rispetto delle norme in occasione delle consultazioni elettorali e referendarie e se non ritenga assumere le iniziative normative necessarie per l'introduzione del voto elettronico. (3-02314)

Interrogazione a risposta orale:


      MURA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          come riportato da notizie di stampa (Unione sarda del 13 giugno 2016) sabato 11 giugno 2016 nella città di Sassari si sono svolti i fatti che seguono:
              Simone Niort ha insultato, e poi pestato violentemente, la compagna e minacciato i passanti (diversi testimoni hanno assistito, visto che il tutto si è svolto per strada);
              sono intervenute le forze dell'ordine e si sono limitate a denunciare a piede libero il succitato Niort;
              Niort, impunito rispetto al primo atto di violenza, ha voluto completare l'opera. Si è recato a casa della compagna e l'ha pesantemente colpita con una spranga, lasciandola in stato d'incoscienza, credendo, probabilmente di averla uccisa;
              la donna è ora ricoverata a Sassari, in gravissime condizioni  –:
          di quali elementi dispongano in ordine ai fatti di cui in premessa;
          quali verifiche e valutazioni siano state svolte e quali conseguenti iniziative siano state assunte dalle forze dell'ordine in occasione del primo e chiaro atto di violenza di Simone Niort nei confronti della compagna;
          se non ritengano opportuno assumere iniziative normative per rendere più stringente la disciplina volta a contrastare forme di violenza come quella di cui in premessa e per evitare che casi simili possano ripetersi. (3-02311)

Interrogazioni a risposta scritta:


      PANNARALE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          negli ultimi giorni i mass media hanno riportato notizia di indagini della procura della Repubblica di Bari riguardanti amministratori e membri del consiglio comunale del comune di Valenzano, in provincia di Bari, anche riferendo il contenuto di conversazioni e intercettazioni disposte nell'ambito dell'inchiesta;
          sulla scorta di quanto riportato dagli organi di stampa, contenente anche ampi stralci delle intercettazioni, si è appreso che:
              a) l'ex vice sindaco Umberto Sbarra sarebbe stato costretto a versare una parte della propria indennità ad altri e non meglio specificati esponenti politici appartenenti alla maggioranza in consiglio comunale, in quanto, come egli stesso ha affermato, se si fosse rifiutato non avrebbe potuto restare in carica; dopo alcuni mesi dalla consultazione elettorale del giugno 2013, si sarebbe visto revocare l'incarico dal sindaco per non aver ottemperato a tale richiesta;
              b) l'ex vice sindaco Francesca Ferri, succeduta nella carica a Umberto Sbarra, sarebbe stata costretta a versare la propria indennità al sindaco Antonio Lomoro e al consigliere di maggioranza Agostino Partipilo, come condizione per il mantenimento dell'incarico in giunta comunale e per il sostegno della maggioranza alla propria candidatura alla carica di consigliere regionale in occasione delle consultazioni del 2015;
              c) in conseguenza del rifiuto opposto da Francesca Ferri, alla stessa sarebbe stato revocato l'incarico di vice sindaco, invece conferito alla dottoressa Lucia Partipilo, figlia del consigliere di maggioranza Agostino Partipilo;
              d) relativamente alla medesima candidatura, oltre alla richiesta contemplata al precedente punto b, il sindaco Antonio Lomoro avrebbe chiesto alla Ferri la somma di 100 mila euro al fine di evitare ostacoli da parte della maggioranza nella competizione elettorale del 2015 per il consiglio regionale;
              e) tuttoggi, parte delle indennità percepite dai componenti della maggioranza comunale, nella misura di 100,00 euro ciascuno da parte del sindaco e del consigliere Agostino Partipilo, e di 50,00 euro ciascuno da parte di tutti gli assessori (tranne, a quanto pare, uno di essi), sarebbero versate mensilmente alla consigliera Annalisa Potente allo scopo di garantire la sua permanenza in maggioranza. Ad adoperarsi per il funzionamento di tale sistema sarebbe il consigliere di maggioranza Giuseppe Spinelli;
              f) il passaggio del consigliere Massimo Sollecito dalle file dell'opposizione a quelle della maggioranza sarebbe stato ricompensato con la revisione della convenzione in essere per i contributi che il comune eroga alle scuole dell'infanzia, passati — durante l'amministrazione del sindaco Antonio Lomoro — dalla somma di 1.300,00 euro a quella di circa 10.000,00 euro al mese, per un totale — nell'arco di cinque anni di validità della nuova convenzione — di circa 300 mila euro, di cui 200 mila euro, saranno verosimilmente destinati alla scuola diretta dalla moglie del consigliere Sollecito;
              g) allo scopo di «ammorbidire» la posizione della consigliera Natalina Antonella Varlaro, eletta in maggioranza e passata all'opposizione dopo dure polemiche con il sindaco Antonio Lomoro, il marito della medesima Varlaro sarebbe stato nominato direttore degli uffici di ragioneria dello stesso comune, con contratto a tempo determinato di natura «fiduciaria», con scadenza coincidente con il termine del mandato elettorale dell'amministrazione in carica;
          secondo articoli di stampa, Francesca Ferri è stata iscritta di recente nel registro degli indagati per simulazione di reato e corruzione elettorale da parte degli stessi magistrati interessati dalla Ferri su quanto esposto in precedenza;
          già nei mesi scorsi risultano essere state adottate dubbie procedure di gara bandite per l'assegnazione dell'appalto dei lavori di efficientamento energetico a due plessi scolastici (per un milione di euro circa, gara già espletata e lavori già affidati);
          il susseguirsi delle notizie intorno ai fatti citati sta provocando sconcerto nella cittadinanza e diffusa sfiducia nelle istituzioni comunali  –:
          di quali elementi disponga il Governo in relazione ai fatti di cui in premessa;
          se non si ritenga di valutare la sussistenza dei presupposti per promuovere una verifica dei servizi ispettivi di finanza pubblica presso il comune di Valenzano; alla luce della criticità che i fatti descritti potrebbero riverberare sulla situazione amministrativo-contabile dell'ente;
          se intenda valutare la sussistenza dei presupposti, per avviare le iniziative di competenza, ai sensi degli articoli 141 e 142 del Testo unico delle leggi sull'ordinamenti degli enti locali, fino all'eventuale scioglimento del consiglio comunale di Valenzano. (4-13486)


      ANDREA MAESTRI e PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          anche quest'anno, come da troppi anni ormai, l'ultima domenica di agosto, presso il cimitero monumentale di Ravenna, probabilmente si terrà il raduno in memoria del gerarca fascista Ettore Muti, ucciso tra il 23 e il 24 agosto 1943. Il raduno è accompagnato dalla celebrazione di una messa;
          ogni anno associazioni, singoli cittadini ed esponenti politici antifascisti chiedono alle istituzioni di prendere posizione e porre fine a un evento che, con la sua esaltazione, offende la memoria delle vittime del Fascismo che in quel cimitero sono sepolte, e nega le responsabilità oggettive gravissime di uno dei protagonisti del periodo storico più buio e sanguinoso del nostro Paese;
          Ettore Muti fu uno dei capi del movimento fascista nel Ravennate nonché segretario del Partito nazionale fascista (PNF). Nel 1922 fu a capo dei Fasci di combattimento che occuparono la prefettura di Ravenna e percorsero l'intera Romagna picchiando, ferendo e incendiando tutto in nome del Fascismo: come a Cervia, sempre nel 1922, dove venne assalita e incendiata per due volte la Casa socialista, sede della Camera del Lavoro e quella delle cooperative;
          in vista del raduno, nel luglio 2015, in una nota congiunta il comitato in difesa della Costituzione di Ravenna e il comitato per la legalità e la democrazia e libertà, circolo di Ravenna, hanno denunciato con preoccupazione la pubblicazione di un video su youtube che rappresenta la commemorazione del gerarca e sintetizza «l'anima profonda del fascismo» e l'esaltazione della guerra, con camice nere, saluto fascista, esclamazione «boia chi molla», nonostante la Costituzione e le leggi vietino l'apologia al fascismo, con parole e simboli;
          il sindaco uscente della città, Matteucci, all'invito rivoltogli dal presidente della Consulta provinciale antifascista, di firmare un esposto denuncia alla Procura della Repubblica per tentare di mettere fine al raduno si è opposto, dichiarando che è compito della politica nazionale e non della magistratura, modificare leggi che finora non hanno portato a infliggere nessuna pena;
          la legge n.  645 del 1952, detta anche legge Scelba, all'articolo 4 sancisce il reato commesso da chiunque «faccia propaganda per la costituzione di un'associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista», oppure da chiunque «pubblicamente esalti esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche»;
          ma sull'applicazione della legge n.  545 del 1952 sono state a più riprese sollevate questioni di legittimità costituzionale, poiché si è sostenuto che la norma di fatto negherebbe a una categoria ideologica, o meglio ai possibili sostenitori di una fazione politica, i diritti dichiaratamente garantiti dalla Costituzione in termini di libertà associativa e di libertà di manifestazione del pensiero;
          l'Anpi richiama l'esigenza di «rilanciare la cultura antifascista nel nostro paese, in un momento in cui questa cultura si indebolisce, o semplicemente si ritualizza, o addirittura lascia il posto alla rinascita di agguerrite sottoculture fasciste, spesso ambigue e perciò più pericolose»;
          questa urgenza trova conferma se si effettua un controllo a ritroso a partire da episodi recenti, fino a un anno fa:
              1. 29 maggio 2016, Cimitero di Rovetta (Bergamo) – Messa di commemorazione di 43 fascisti della legione Tagliamento, giustiziati dai partigiani nel 1945, per ognuno dei quali è stato fatto il saluto fascista;
              2. 28 maggio 2016, raduno fascista nel cimitero di Lovere (Bergamo), nello stesso luogo dove è collocato il sacrario dedicato ai partigiani i «Tredici Martiri di Lovere», massacrati dai fascisti;
              3. 24 gennaio 2016, Milano – raduno nazifascista europeo;
              4. 16 gennaio, Gorizia – Raduno Decima Mas, corredato di saluti fascisti, davanti al municipio di Gorizia in concomitanza della deposizione di una corona d'alloro al lapidario dei dipendenti comunali deportati;
              5. 4 novembre 2015 – Festa delle Forze Armate in uno degli edifici dell'ambasciata italiana di Madrid, la Cancelleria Consolare, dove hanno sede gli uffici militari, con la partecipazione di militanti italiani fascisti e di due associazioni che si rifanno dichiaratamente al franchismo, la Falange e la Fondazione Francisco Franco e che hanno dichiarato sul loro sito web di aver avuto il patrocinio dall'ambasciata italiana;
              6. 13 settembre 2015, Valdobbiadene (Treviso) – In frazione Saccol l'associazione paracadutisti scopre una lapide in memoria dei cinquanta militari e civili vicini alla Decima flottiglia Mas (unità speciale d'assalto e combattimento che supportava le truppe del Reich) giustiziati dalla brigata partigiana Mazzini nella notte fra il 4 e il 5 maggio 1945;
              7. 2 giugno 2015 – Toritto (Bari) nella chiesa di San Nicola, messa in memoria di Benito Mussolini;
              8. ciò che avviene a Predappio (Forlì-Cesena), cittadina che ha dato i natali a Benito Mussolini e dove sono sepolte le sue spoglie. Qui, durante tutto l'anno si inneggia al duce con manifestazioni, visite, raduni, e negozi fascisti, nonostante il comune sia da sempre amministrato da partiti di sinistra;
          tutto ciò descritto rappresenta solo una minima parte degli innumerevoli episodi che, a detta degli interroganti, si configurano come una palese e inaccettabile apologia di fascismo;
          la Cassazione penale, sez. I, sentenza 12 settembre 2014 no 37577, in merito a un episodio avvenuto durante un incontro pubblico tenutosi in memoria delle vittime delle Foibe, ha dichiarato che l'aver compiuto manifestazioni usuali del disciolto partito fascista, consistenti nell'urlare in coro «presente» e nel fare il saluto romano la punibilità deriva dal fatto che le manifestazioni usuali del disciolto partito fascista risultano operate in pubblico e pertanto appaiono idonee a determinare una situazione di pericolo per le istituzioni democratiche, correlata alla volontà degli agenti di suscitare consensi e diffondere concezioni favorevoli alla ricostituzione di organizzazioni fasciste, nulla togliendo alla pericolosità concreta della condotta il fatto che gli altri partecipanti alla manifestazione condividano l'ideologia fascista ed il ricorso agli atti simbolici, anzi ciò ne rappresenta una conferma, trattandosi di comportamento idoneo a rafforzare una volontà di riorganizzazione tra più soggetti, né rileva il mancato compimento – durante la manifestazione – di atti di violenza che potrebbero comunque dare luogo ad incriminazioni diverse ed ulteriori;
          se il Governo sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa e se non ritenga opportuno attivarsi con ogni iniziativa affinché, come indicato dall'Associazione nazionale partigiani d'Italia, sia rilanciata la cultura antifascista nel nostro Paese;
          se non intenda valutare la sussistenza dei presupposti per impedire il prossimo raduno fascista presso il cimitero monumentale di Ravenna e se non ritenga urgente, in seguito al progressivo aumento di manifestazioni, raduni ed episodi xenofobi e di stampo fascista, intervenire al riguardo con le più opportune iniziative, anche normative. (4-13491)


      MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il 29 marzo 2016, il sindaco del comune di Cavallasca, in provincia di Como, ha convocato i consiglieri in una riunione riservata per comunicare loro la grave situazione finanziaria in cui versa il comune, a seguito dei rilievi mossi nel comune dalla reggente dell'ufficio di ragioneria;
          da allora, il comune ha dichiarato lo sforamento del patto di stabilità per il 2015 e la segnalazione alla Corte dei Conti di debiti fuori bilancio, ma, fatta salva un'assemblea pubblica indetta a maggio, non c’è stata alcuna convocazione di conferenze di capigruppo in cui venissero forniti elementi conoscitivi precisi sull'entità e sulla situazione debitoria dello stesso;
          la gravità della situazione è stata confermata dal fatto il bilancio di previsione 2016 non è stato portato in consiglio comunale, in violazione dell'articolo 151, comma del testo unico sugli enti locali e del decreto del Ministero dell'interno che ha differito il termine di presentazione al 30 aprile 2016;
          allo stesso modo, non è stato ancora approvato in consiglio comunale il rendiconto di gestione per l'esercizio 2015, il cui termine per la presentazione è scaduto, ugualmente, il 30 aprile 2016;
          in questa ipotesi dovrebbe applicarsi l'articolo 227, comma 2-bis del Testo unico sull'ordinamento degli enti locali che disciplina la mancata approvazione del rendiconto di gestione e rimanda all'articolo 141, comma 1, dello stesso testo unico, il quale recita che, nell'ipotesi in cui non sia approvato nei termini il bilancio (lettera c)), «i consigli comunali e provinciali vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno»;
          in particolare il citato articolo 141, al comma 2, recita: «Nella ipotesi di cui alla lettera c) del comma 1, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta il relativo schema, l'organo regionale di controllo nomina un commissario affinché lo predisponga d'ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l'organo regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio»;
          il sindaco del comune in questione ha comunicato ai consiglieri la presenza di un accordo tra l'amministrazione di Cavallasca e la prefettura sulla situazione economica dell'ente, ma di tale accordo non è stata data alcuna notifica da parte di nessuna delle due parti, come invece previsto dall'articolo 243-bis del Tuel, né se ne rintraccia l'esistenza nel protocollo comunale;
          è evidente come la questione presenti un profilo di gravità assoluta, non soltanto per la situazione di dissesto finanziario del comune, ma anche per il fatto che i membri del consiglio comunale non siano stati adeguatamente messi a conoscenza, se non con la comunicazione sommaria di cui sopra, delle irregolarità presenti nel bilancio, soprattutto in merito all'entità stessa dei debiti che, ad oggi, sembra ancora non essere stata definita;
          a conferma del comportamento extra legem che sta assumendo oggi la dirigenza politica del Comune di Cavallasca, si ricorda che né il rendiconto di gestione 2015 né il bilancio di previsione 2016 sono stati messi all'ordine del giorno del consiglio comunale svoltosi 30 maggio scorso, nonostante fosse trascorso più di un mese dalla scadenza dei termini ultimi di presentazione  –:
          se corrisponda al vero il fatto che sia stato raggiunto e formulato un accordo tra l'amministrazione del comune di Cavallasca e la prefettura di Como in ordine alla situazione di dissesto finanziario e alla relativa procedura di riequilibrio finanziario, così come stabilito dall'articolo 243-bis del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267, e, in caso di risposta affermativa, in quali termini sia stato definito, considerando anche che, come già esposto in premessa, è stabilito, dallo stesso articolo, che «la predetta procedura non può essere iniziata qualora sia decorso il termine assegnato dal prefetto, con lettera notificata ai singoli consiglieri, per la deliberazione del dissesto»;
          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per dare seguito al procedimento di scioglimento del consiglio comunale di cui in premessa e al relativo commissariamento, così come previsto dal comma 1, lettera c), e dal comma 2 dall'articolo 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267, tenuto conto che, come risulta evidente dai fatti esposti in premessa, la situazione finanziaria del comune di Cavallasca presenta esattamente la fattispecie giuridica disciplinata nel predetto articolo, al fine di ripristinare una situazione di legalità e, nello specifico, permettere di avviare al più presto il risanamento economico dell'ente per evitare il più possibile di arrecare pregiudizio, in termini di fornitura di servizi e di imposizione tributaria, ai cittadini. (4-13492)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta immediata:


      LO MONTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          chi ha partecipato alla procedura di «abilitazione scientifica nazionale» per il conseguimento dell'idoneità alla funzione di professore universitario di prima e seconda fascia (per i settori concorsuali di rispettivo interesse) nelle tornate 2012 e 2013, pur avendo riportato 3 giudizi favorevoli su 5, è stato dichiarato non idoneo in applicazione di una norma (articolo 8, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n.  222 del 2011) che così disponeva: «la commissione delibera a maggioranza dei quattro quinti dei componenti»;
          le norme che hanno regolato la procedura di abilitazione sono state previste dal decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n.  222, che ha disciplinato la procedura di abilitazione scientifica nazionale sulla scorta delle indicazioni fornite dall'articolo 16 della legge n.  240 del 2010, che ha demandato a successivi regolamenti le modalità di espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento dell'abilitazione;
          l'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica citato, infatti, nel regolamentare i lavori delle commissioni, ha stabilito, al comma 4, che «la commissione attribuisce l'abilitazione con motivato giudizio espresso sulla base di criteri e parametri differenziati per funzioni e per area disciplinare, definiti ai sensi dell'articolo 4, comma 1, e fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche presentati da ciascun candidato, previa sintetica descrizione del contributo individuale alle attività di ricerca e sviluppo svolte»;
          il successivo comma 5, inoltre, ha previsto che «la commissione delibera a maggioranza dei quattro quinti dei componenti»;
          con la sentenza n.  470 del 5 febbraio 2016, tuttavia, il Consiglio di Stato, sezione VI, ha confermato la recentissima sentenza del tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione III-bis, n.  13121 del 20 novembre 2015, con la quale era stato dichiarato «illegittimo l'articolo 8, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n.  222 del 2011, nella parte in cui la commissione delibera a maggioranza dei quattro quinti dei componenti, anziché a maggioranza dei componenti»;
          pertanto, secondo i giudici amministrativi, «il giudizio reso collegialmente non può che considerarsi favorevole, con conseguente conseguimento dell'abilitazione a professore di prima fascia da parte dell'interessato»;
          il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, acquisito il parere dell'Avvocatura generale dello Stato, pur convenendo sul fatto che l'annullamento della norma regolamentare in questione da parte del Consiglio di Stato non possa essere limitato alle sole fattispecie particolari, ma abbia efficacia per tutti, ritiene che tale efficacia non riguardi i provvedimenti antecedenti all'annullamento, in particolare per quel che riguarda quei candidati che non abbiano presentato ricorso in tempo utile;
          al contrario, in esito all'annullamento della citata disposizione, il Ministero dovrà conformarsi al principio per cui è necessaria, ai fini del conseguimento dell'abilitazione, la maggioranza dei voti favorevoli (tre su cinque), invitando la commissione per l'abilitazione scientifica nazionale, in autotutela, a rivedere il provvedimento negativo e, conseguentemente, dichiarare abilitati anche i partecipanti che hanno ottenuto il giudizio favorevole di tre commissari che non hanno proposto ricorso;
          in tal caso, infatti, non risulta applicabile la disposizione (articolo 41, comma 6, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n.  207) che prevede il divieto di estensione soggettiva del giudicato in materia di pubblico impiego;
          secondo il costante orientamento dei giudici amministrativi, infatti, tale divieto non impedisce alla pubblica amministrazione, nel caso di mancanza di danno economico, l'adozione di atti amministrativi di autotutela per garantire il rispetto di principi fondamentali dell'ordinamento, quali la par condicio e il favor partecipationis;
          la ratio preminente del divieto legislativo di estensione di giudicato consiste, invero, nel contenimento della spesa in relazione a decisioni idonee a riconoscere la fondatezza di spettanze di carattere patrimoniale;
          il Consiglio di Stato, con sentenza del 24 aprile 2012, n.  2409, infatti, ha statuito che la finalità che informa il divieto di estensione soggettiva non può essere estesa anche «alle ipotesi in cui l'estensione degli effetti delle pronunce cautelari non risultava in alcun modo idonea a determinare pregiudizi finanziari a carico dell'amministrazione, ma, al contrario, a consentire l'esplicazione dei principi, riconducibili all'imparzialità e buon andamento, di par condicio e favor partecipationis»;
          inoltre, è stato rimarcato che l'amministrazione è comunque tenuta ad operare un «bilanciamento fra – da un lato – l'esigenza di salvaguardare l'equilibrio finanziario delle amministrazioni pubbliche e – dall'altro – l'esigenza di non sacrificare oltre quanto ragionevole e necessario il perseguimento di finalità di pari livello costituzionale, quali i richiamati principi del favor partecipationis e della par condicio (ambedue riferibili ai canoni di buon andamento ed imparzialità di cui all'articolo 97 Costituzione)»;
          comunque, l'annullamento in autotutela non pregiudicherebbe alcuna posizione di terzi, trattandosi di una procedura non concorsuale ma di mera abilitazione  –:
          quali urgenti iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per ristabilire i principi di par condicio e favor partecipationis, ben potendo procedere, ad avviso dell'interrogante, all'adozione di provvedimenti di autotutela, stante l'illegittimità degli atti adottati e l'esistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale al ripristino di un quadro di regole conformi al diritto, e, comunque, se intenda rendere note le ragioni per cui non ritiene di dover consentire l'estensione soggettiva del giudicato in materia di pubblico impiego, avuto riguardo al fatto che tale provvedimento non determinerebbe spettanze di carattere patrimoniale.
(3-02315)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CHIMIENTI, DI BENEDETTO, VACCA, LUIGI GALLO, MARZANA, D'UVA, BRESCIA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          la puntata del 12 giugno 2016 di «Rec», il programma di giornalismo d'inchiesta di Rai 3, ha affrontato la vicenda dei falsi diplomi e lauree rilasciate a Lesina, in provincia di Foggia;
          quasi un centinaio di persone sono indagate per truffa aggravata ai danni dello Stato, con l'accusa di aver comprato diplomi, lauree e titoli di specializzazione sul sostegno;
          docenti non abilitati che non conoscevano nessuna delle patologie di cui soffrono i 234.000 alunni diversamente abili a cui la scuola pubblica deve garantire un'educazione specifica che miri all'integrazione;
          ai docenti di sostegno viene richiesta l'acquisizione della specializzazione per le attività didattiche di sostegno mediante l'abilitazione disciplinare, per la quale vengono indetti appositi corsi universitari ai quali si accede tramite selezione; i percorsi formativi per le attività di sostegno didattico sono istituiti ai sensi dell'articolo 13 del decreto ministeriale n.  249 del 2010;
          a Lesina, invece, alcune persone hanno conseguito falsi titoli di diploma e di laurea dietro pagamento di 20 mila euro;
          «il cervello» della banda era Anna Maria Stoico, agente della polizia municipale indagata per truffa aggravata ai danni dello Stato e, come riportato nel servizio di Rai 3, facente parte della segreteria di un parlamentare e nell’entourage di Forza italia;
          Anna Maria Stoico stampava i falsi titoli presso la cartoleria di Lesina, che poi rilasciava alle finte docenti insieme ai moduli precompilati da presentare alle scuole per ottenere il posto da supplente;
          gli istituti scolastici in cui questi docenti hanno lavorato non hanno mai effettuato controlli sui diplomi, nonostante la dottoressa Anna Cammalleri, direttrice dell'Ufficio scolastico regionale, Puglia, dichiari durante il servizio giornalistico che: «nel momento in cui si assume, la scuola deve fare il controllo sulle autodichiarazioni»;
          in merito ai suddetti titoli falsi la procura di Foggia ha aperto un'inchiesta dalla quale risultano, attualmente, 64 indagati ma si teme che le false insegnanti siano molte di più di quelle scoperte;
          nel corso del servizio di Rai 3 la dottoressa Lucrezia Stellacci, ex capo dipartimento Istruzione del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, rilascia una dichiarazione choccante, sostenendo che: «nell'ambito del sistema ma chi non è corruttibile ? Ma se io faccio le cose per bene e ci sta il Ministro di turno, il politico di turno che mi chiama e mi dicono “ma tu vuoi fare carriera ? No ? Ah ! E là rimani”. Sa quante volte io sono stata costretta a richiamare e dire “ah c’è stato il sottosegretario, c’è stato il ministro che mi ha detto di non fare questo di non fare quell'altro, quindi...”[...]»  –:
          quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per verificare la veridicità e correttezza delle dichiarazioni nella disponibilità degli, istituti scolastici italiani nonché la sussistenza di ulteriori casi analoghi. (5-08903)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      GALLINELLA, GAGNARLI, L'ABBATE, BENEDETTI e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          la revisione di medio termine della politica agricola comune, prevista per il prossimo anno costituisce un passaggio cruciale in quanto è occasione per superare alcune criticità, semplificare ulteriormente le procedure e calibrare ancora meglio le scelte politiche rispetto alle reali esigenze degli agricoltori europei;
          i regolamenti comunitari approvati nel dicembre 2013, nel definire gli elementi chiave della Pac 2014-2020, hanno demandato agli Stati membri una serie di scelte riguardanti l'applicazione nazionale della riforma;
          nell'ambito di queste ultime, l'Italia ha stabilito in 250 euro, 300 a partire dal 2017, l'importo minimo per beneficiare del pagamento diretto, importo che sarebbe opportuno aumentare fino a 400 euro come previsto dall'articolo 10 del regolamento (UE) 1307/2013;
          con riferimento alla suddivisone delle risorse tra pagamento base e aiuto accoppiato, sempre nell'ambito dei margini consentiti da Bruxelles, l'Italia ha scelto, come noto, di destinare al primo il 58 per cento del plafond generale e al secondo l'11 per cento;
          gli aiuti accoppiati valgono in media, per il settennio, 418 milioni di euro anno e sono così suddivisi: 210 milioni di euro per la zootecnia bovina, 15 milioni per la zootecnia ovicaprina e 4 milioni per il settore bufalino; per quanto riguarda i seminativi, la ripartizione è la seguente: 10 milioni di euro alla soia (per le regioni del nord), 30 milioni alle proteaginose e al frumento duro (per le regioni del centro) e 55,4 milioni per colture proteiche e frumento duro (per le regioni del sud e isole). Al settore riso sono destinati 22,6 milioni di euro, allo zucchero 17,1 milioni e al pomodoro da industria 11,2 milioni. All'olivicoltura vanno 70 milioni, divisi tra un premio base di 78 euro/ha per le regioni olivicole con almeno il 25 per cento) della SAU (totale 43,8 milioni) e un contributo di 70 euro/ha per terreni con pendenze superiori al 7,5 per cento (totale 13,2 milioni), mentre su tutto il territorio nazionale vengono distribuiti 130 euro/ha per un totale di 13 milioni di euro;
          sarebbe opportuno aumentare di due punti percentuali il plafond per l'aiuto accoppiato, destinando le maggiori somme a disposizione: all'aumento del premio già previsto per il capo ovino, all'assegnazione di un premio specifico al capo caprino, uno al capo bovino e/o bufalino, per i quali si dimostri la somministrazione di una alimentazione Ogm free, restrizione questa funzionale alla promozione di un piano proteico nazionale e quindi allo sviluppo di una filiera interna capace di soddisfare le esigenze del settore zootecnico italiano, ed un premio specifico al vitello di età inferiore ai 12 mesi, solo se allevato in aziende che risultino impegnate nel miglioramento delle condizioni di benessere animale, anche attraverso programmi di prevenzione delle malattie e limitato ricorso a trattamenti antibiotici;
          la particolare attenzione riservata al comparto delle attività agro-silvo pastorali, che mal si relazionano con logiche di mercato tendenti a rincorrere il prezzo più basso, rende auspicabile un contributo specifico, magari all'interno dei Psr, ad una attività economica che diversamente è destinata a scomparire, con gravi conseguenze anche dal punto di vista della tutela del paesaggio rurale;
          come, noto, tra le altre misure, la Pac prevede strumenti di aggregazione quali le organizzazioni professionali (OP) e le organizzazioni interprofessionali (OI) che risultano indispensabili, considerato il mercato globale, ad accrescere la competitività e la forza delle aziende e sarebbe pertanto opportuno che il pagamento base, oltre alle condizionalità ambientali, fosse in qualche modo assegnato in relazione alla capacità delle aziende di svolgere attività di produzione di beni e servizi agricoli in una logica integrata;
          l'agricoltura di montagna è un presidio fondamentale per la sopravvivenza di molti territori rurali ed è attività strategica nella lotta al dissesto idrogeologico con un valore complessivo che si attesta intorno ai 30 miliardi di euro, che coinvolge più di 2,5 milioni di aziende agricole, di cui 280 mila italiane, sarebbe utile prevedere un sostegno specifico alle aree agricole di montagna  –:
          quali siano gli orientamenti del Governo in merito alla prossima revisione di medio termine della Pac e se il Ministro interrogato condivida, almeno nelle linee generali, le proposte suggerite in premessa. (5-08892)


      CAPOZZOLO e FAMIGLIETTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          nei giorni compresi tra il 25 e il 26 aprile 2016 il comprensorio irpino è stato colpito da una intensa ondata di maltempo;
          la gelata tardiva che ha interessato suddetta area ha arrecato danni ingentissimi ai vigneti, in particolar modo a quelli ubicati nelle vicinanze dei torrenti d'acqua, nelle vallate e nelle zone più basse;
          si sono registrati ingentissimi danni acuiti dalla stagione che vede le piante giunte nella fase fenologica di «grappoli separati» e pertanto maggiormente vulnerabili alle gelate;
          sulla base delle informazioni raccolte dagli enti locali e dalle organizzazioni di categoria i danni in particolare alla viticoltura purtroppo si ripercuoteranno anche sull'annata successiva poiché per le varietà guyot, difficilmente si potrà ottenere un tralcio fruttifero mentre per le varietà allevate a cordone, molti speroni non emetteranno germogli;
          i territori colpiti per l'area del Taurasi sono Taurasi, Bonito, Castelfranci, Castelvetere sul Calore, Fontanarosa, Lapio, Luogosano, Mirabella Eclano, Montefalcione, Montemarano, Montemiletto, Paternopoli, Pietradefusi, 5, Angelo all'Esca, S. Mango sul Calore, Torre le Nocelle e Venticano;
          per l'area del Fiano i comuni interessati sono quelli di Avellino, Lapio, Atripalda, Cesinali, Aiello del Sabato, S. Stefano del Sole, Sorbo Serpico, Salza Irpina, Parolise,    S. Potito Ultra, Candida, Manocalzati, Pratola Serra, Montefredane, Grottolella, Capriglia Irpina, S. Angelo a Scala, Summonte, Mercogliano, Forino, Contrada, Monteforte Irpino, Ospedaletto D'Alpinolo, Montefalcione, Santa Lucia di Serino e San Michele di Serino;
          infine per l'area del Greco di Tufo, Denominazione di origine controllata e garantita: Tufo, Altavilla Irpina, Chianche, Montefusco, Prata di Principato Ultra, Petruro Irpino, Santa Paolina e Torrioni;
          danni poi si registrano anche in altre realtà sempre dell'Irpinia;
          organizzazioni di categoria, enti locali e anche gli uffici regionali del competente assessorato risultano essersi attivati per valutare l'opportunità di misure di sostegno ad un comparto di assoluta rilevanza dell'economia territoriale  –:
          quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per il sostegno alla viticoltura irpina così duramente colpita dalla tardiva ondata di maltempo invernale del 26 aprile 2016 valutando anche l'opportunità di predisporre misure a tutela degli operatori in considerazione dei danni perduranti, anche in vista delle prossime annate.
(5-08893)

Interrogazione a risposta scritta:


      GALLINELLA, LUPO, GAGNARLI, PARENTELA, L'ABBATE, MASSIMILIANO BERNINI e BENEDETTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il negoziato in corso tra l'Unione europea e gli Stati Uniti per la conclusione del partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti è ad un punto cruciale anche a seguito dell'approvazione, l'8 luglio 2015; da parte del Parlamento europeo della proposta di risoluzione recante raccomandazioni alla Commissione;
          la questione della protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche protette è uno dei capitoli negoziali più rilevanti soprattutto per il nostro Paese leader mondiale nella produzione di prodotti certificati;
          è indispensabile garantire che l'accordo includa disposizioni volte ad impedire l'uso illecito di denominazioni geografiche unionali ingannevoli per i consumatori e salvaguardare i regimi che contribuiscono in modo sostanziale alla loro protezione, posto che gli USA si oppongono da sempre alle richieste europee in tema di indicazioni geografiche;
          è altresì indispensabile che si forniscano informazioni chiare e succinte sull'origine dei prodotti e che si converga su standard comuni in tema di indicazione obbligatoria dell'origine in grado non solo di proteggere i consumatori ma anche di porre le condizioni di una equa concorrenza tra gli operatori economici nell'accesso ai rispettivi mercati;
          da quanto si apprende a seguito di incontri ufficiali con i responsabili europei del negoziato, una delle possibili soluzioni sarà l'inserimento nel TTIP (Transatlantic trade and investment partnership) di una lista di prodotti DOP ed IGP, per i quali l'esportazione nel mercato statunitense registra trend positivi ed in continua crescita, che beneficeranno del riconoscimento accordato dalla legge americana ai prodotti con marchi registrati  –:
          di quali ulteriori elementi disponga il Ministro in relazione a quanto espresso in premessa, se sia già stato predisposto un elenco di prodotti DOP ed IGP da inserire nell'accordo affinché ne sia garantita la tutela, e se sarà reso pubblico. (4-13478)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      LODOLINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          nella regione Marche dal maggio 2015 ad oggi si sono registrati tre decessi per listeriosi umana e, complessivamente, risultano essere 23 le persone colpite dal batterio Listeria monocytogenes;
          il 2 febbraio 2016, le indagini epidemiologiche e le attività di campionamento di alimenti condotte dai servizi dei dipartimenti di prevenzione Asur hanno consentito di identificare lo stesso ceppo in un campione di alimento a base di carne suina («coppa di testa») prodotto da un piccolo stabilimento della provincia di Ancona: il Salumificio Monsano srl (CE IT 15230L). Con il supporto anche delle strutture dell'istituto superiore sanità del Ministero della salute e il coordinamento del Gores (gruppo operativo regionale per le emergenze sanitarie) sono state intraprese tutte le iniziative necessarie per contrastare la diffusione dell'infezione: informazione della popolazione, blocco delle attività di produzione e commercializzazione, ritiro dal commercio dei prodotti alimentari a rischio;
          la listeriosi è un'infezione generalmente dovuta all'ingestione di cibo contaminato: negli ultimi anni le «epidemie» sono state più frequenti soprattutto nei cibi pronti distribuiti dalle grandi catene di ristorazione e vendita. Gli alimenti principalmente associati all'infezione da listeriosi comprendono: pesce, carne e verdure crude, latte non pastorizzato e latticini come formaggi molli e burro, cibi trasformati e preparati (pronti all'uso) inclusi hot dog, carni fredde tipiche delle gastronomie, insalate preconfezionate, panini, pesce affumicato;
          le categorie più a rischio sono le donne in gravidanza per le quali le infezioni contratte possono comportare serie conseguenze sul feto (morte fetale, aborto, parto prematuro, o listeriosi congenita) e gli adulti immuno-depressi (come la 52enne morta) e anziani. La listeriosi può causare meningiti, encefaliti, gravi setticemie. Queste manifestazioni cliniche sono trattabili con antibiotici, ma la prognosi nei casi più gravi è spesso infausta. L'incubazione media è di 3 settimane (ma può prolungarsi fino a 70 giorni);
          l'Asur Marche ha effettuato verifiche su altri numerosi stabilimenti marchigiani, oltre che tutti i punti vendita al dettaglio, dove sono emersi due casi di positività in altrettanti supermercati della grande distribuzione, frequentati dalle persone che avevano contratto l'infezione  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra citati, se abbia avviato, per quanto di competenza, in collaborazione con le aziende ospedaliere e Asur verifiche ulteriori sugli alimenti al fine di evitare il dilagare di eccessiva preoccupazione e panico da parte dei cittadini e quali iniziative intenda porre in essere per intensificare le attività di controllo e contrasto volte ad evitare il proliferare del batterio in questione.
(5-08900)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


      NUTI, CECCONI, COZZOLINO, DADONE, D'AMBROSIO, DIENI e TONINELLI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
          gli organi della stampa di oggi segnalano nuovamente l'estremo ritardo della amministrazione pubblica italiana, rispetto alla media dei Paesi avanzati dell'Unione europea;
          in coda all'Italia, nella classifica Ocse e Ue, solo la Bulgaria e la Romania;
          in coda all'Italia risulta per la digitalizzazione, l'innovazione, la banda larga, l'utilizzo dell’e-gov da parte delle imprese e, viene segnalato che la capacità e la diffusione di innovazione è uno dei fattori più importanti nel determinare la capacità di crescita di un Paese e, a sua volta, la digitalizzazione della pubblica amministrazione riveste un ruolo particolarmente rilevante, che si riverbera anche sulla trasparenza, sulla formazione dei dipendenti pubblici e sull'informazione dei cittadini;
          al momento, questo ramo del Parlamento ha ritenuto di avviare l'esame di un provvedimento volto a istituire una Commissione d'inchiesta con l'obbiettivo di indagare sulle risorse stanziate, gli investimenti prefissati e realizzati, gli obiettivi raggiunti;
          i suddetti ritardi hanno un costo e si riverberano, naturalmente, sulla finanza pubblica: se l'Italia fosse allineata alla media — alla media, non al livello dei Paesi al «top» — si avrebbe nelle casse pubbliche mezzo punto di prodotto interno lordo in più — ad avviso degli interroganti — risorse ben più alla portata e ben più consistenti della riforma del Senato e della nuova legge elettorale, ai quali sono stati ascritti poteri «taumaturgici» in termini economico-finanziari fin dal DEF del 2014  –:
          con quali tempi il nostro Paese potrà raggiungere i Paesi europei che guidano la classifica in ordine alla digitalizzazione e all'innovazione della pubblica amministrazione. (5-08895)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta immediata:


      SANDRA SAVINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la vicenda del terminale di ricezione e rigassificazione gnl della zona industriale di Zaule coinvolge da tempo la città di Trieste. Si tratta di un progetto che ha iniziato il suo iter nel 2004 e ancora oggi, a quasi 11 anni di distanza, continua ad essere motivo di incertezza per la città;
          il rigassificatore di Zaule è proposto dalla multinazionale spagnola Gas natural Fenosa attraverso la società Gas natural rigassificazione Italia s.p.a., che ha sede a Trieste. Il progetto prevede un investimento a capitale privato superiore ai 500 milioni di euro per la costruzione, con le più moderne tecnologie, di un terminale preposto alla rigassificazione di gas naturale liquefatto che, dopo essere stato riportato allo stato gassoso, sarà immesso nella rete nazionale attraverso il gasdotto Zaule-Villesse;
          in particolare a seguito dell'approvazione, da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del decreto via n.  808 del 17 luglio 2009, l’iter autorizzativo del progetto è stato caratterizzato da un lento susseguirsi di contraddizioni e ricorsi, ereditati di giunta in giunta e tornati alla ribalta recentemente;
          gli enti territoriali coinvolti – in primis comune e provincia di Trieste – hanno espresso in più occasioni la propria contrarietà all'opera, anche attraverso la presentazione di ricorsi al tribunale amministrativo regionale del Lazio;
          il comune di Trieste, con nota inviata al Ministero dello sviluppo economico, ha espresso parere contrario rispetto al compimento dell'opera, rappresentando, in particolare, il potenziale rischio sismico dell'area del golfo di Trieste; la presenza del rigassificatore non solo indurrebbe ad un «ingolfamento» del traffico marittimo, ma soprattutto aumenterebbe esponenzialmente i rischi, a partire da quello di esplosioni, vista la prossimità tra rigassificatore e deposito dei petroli;
          l'insediamento industriale costituirebbe, inoltre, un ostacolo allo sviluppo dei traffici marittimi, anche rispetto al modello di sviluppo elaborato dall'autorità portuale di Trieste;
          il 30 maggio 2016 si è conclusa con esito positivo (determinazione DVA-DEC-2016-0000222 del 30 maggio 2016) la procedura di verifica di ottemperanza delle prescrizioni A.2, A.3, A.6, A.8, A.15, D.1, D.2 del decreto via n.  808 del 17 luglio 2009;
          il progetto ha, quindi, completato il proprio iter autorizzativo a livello nazionale con la conclusione del procedimento di valutazione di impatto ambientale e, attualmente, si trova nell'ultima fase del procedimento autorizzativo previsto per il rilascio dell'autorizzazione unica: sarà, quindi, fondamentale la decisione del Ministro interrogato;
          nei giorni scorsi, la presidente della regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani e il sindaco di Trieste Roberto Cosolini hanno incontrato il Ministro interrogato, che avrebbe dichiarato che «il progettato rigassificatore di Trieste non è un'opera strategica per il Paese, essendoci altri progetti già autorizzati che, se realizzati, potranno coprire le ulteriori necessità di capacità di rigassificazione. La realizzazione di questa infrastruttura esce dall'agenda del Governo»;
          è necessario fare piena chiarezza sul punto e negare, attraverso un atto ufficiale, l'autorizzazione all'opera, tenuto conto della complessa e critica situazione descritta  –:
          quale sia la reale intenzione del Governo rispetto alla realizzazione dell'opera in questione, considerata la contrarietà degli enti territoriali coinvolti, e se quindi intenda negare definitivamente l'autorizzazione alla costruzione del rigassificatore di Zaule. (3-02321)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


      BENAMATI, MOGNATO, MARTELLA, MURER, ZOGGIA e MORETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          secondo una recente rilevazione di Confesercenti, in Italia esistono 627 mila locali commerciali chiusi per mancanza di imprese che vi operino, pari a circa il 25 per cento del totale dei locali adibiti a tale destinazione d'uso;
          la ragione principale di tale dato preoccupante rinviene principalmente alla continua crescita dei canoni di locazione per le attività commerciali e artigianali, le quali devono contemporaneamente fare fronte agli effetti di una lunga durata della crisi, in particolare per quanto riguarda i consumi interni del nostro Paese;
          molto spesso le attività commerciali e artigianali collocate nei centri e nelle periferie delle città devono fronteggiare, oltre alle spese eccessive di locazione, la concorrenza di grandi catene internazionali del commercio;
          è ormai comprovato il legame che esiste tra il depauperamento del tessuto commerciale di prossimità e il degrado urbano, tanto da inserire a pieno titolo la rete del commercio di vicinato all'interno delle politiche attive di sicurezza integrata;
          la X Commissione della Camera dei deputati (Attività commerciali, commercio e turismo) ha votato in data 3 novembre 2015, con parere favorevole del Governo e all'unanimità, la risoluzione n.  7/00819 che impegna lo stesso Esecutivo «a valutare possibili iniziative per alleviare la chiusura di esercizi commerciali e laboratori artigianali a causa delle dinamiche del “caro affitti” anche mediante l'attivazione di un tavolo di consultazione cui partecipino il Ministero dello sviluppo economico, gli enti locali e le associazioni di categoria del commercio, dei proprietari e dei gestori degli immobili», in grado di favorire il confronto tra i diversi soggetti interessati  –:
          per quali motivi, dopo oltre 6 mesi, non sia stato ancora attivato il tavolo di consultazione previsto dalla risoluzione citata in premessa. (5-08896)


      RICCIATTI, DANIELE FARINA, FRANCO BORDO, FERRARA, AIRAUDO, PLACIDO, MARTELLI, MELILLA, DURANTI, PIRAS, QUARANTA, SANNICANDRO e KRONBICHLER. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          Konig spa è una società attiva nella produzione di catene per autoveicoli. L'azienda è stata fondata nel 1966 come spin-off della Trafilerie Boghi, una realtà operante nel settore della trafilatura di vergelle. Konig ha uno stabilimento a Molteno, in provincia di Lecco, attivo dal 1976, che ospita tutta la produzione, potendo contare su un know how maturato in oltre 50 anni di storia;
          nel 2004 Konig è stata acquisita dall'azienda svedese Thule, per poi passare, nel 2015, al gruppo austriaco Pewag Spa, che, con l'acquisizione della società lecchese, si pone in posizione di leadership a livello mondiale nel mercato delle catene da neve;
          all'indomani dell'acquisizione, la società austriaca prospettava un rilancio dell'attività produttiva di Konig, attraverso una sinergia con gli altri stabilimenti del gruppo;
          in data 29 aprile 2016 in un incontro tenutosi presso la sede di Confindustria di Lecco tra la società e le organizzazioni sindacali e le rappresentanze sindacali unitarie, la dirigenza di Konig ha prospettato un piano di riorganizzazione che prevede, a fronte dell'attuale organico di 130 dipendenti, un esubero di 106 lavoratori;
          Konig ha motivato il piano con una previsione del calo di produzione di catene da neve per autovetture che passerebbe dalle 950.000 prodotte nel 2012 alle 180.000 previste per l'anno 2016;
          nello stabilimento di Molteno vengono prodotte prevalentemente catene per autovetture, mentre le catene per uso industriale sono prodotte in altri stabilimenti esteri del gruppo austriaco;
          inoltre, la direzione di Konig ha sottolineato come risulti più vantaggioso per il gruppo produrre le catene per mezzi pesanti nello stabilimento Pewag in Carinzia che ha una capacità produttiva quattro volte superiore allo stabilimento di Molteno;
          il piano di riorganizzazione prevede il trasferimento dell'intera produzione nei due siti produttivi Pewag in Carinzia e in Repubblica Ceca, con uno svuotamento della capacità produttiva dello stabilimento italiano, che verrà trasformato — secondo le intenzioni prospettate da Konig — in polo logistico-commerciale, con una riduzione della manodopera superiore a 100 elementi;
          oltre alla perdita di una eccellenza produttiva italiana, il piano ha evidenti e gravi ripercussioni sul tessuto sociale del territorio. Situazione che diventa drammatica per i lavoratori in esubero, anche a causa delle nuove norme del cosiddetto Jobs Act, entrato in vigore a settembre 2015, che non prevedono la cassa integrazione nei casi di cessazione dell'attività; strumento che resta invece attivo nei casi di riorganizzazione industriale;
          le nuove norme sul lavoro sottraggono ai lavoratori, a parere degli interroganti, un importante strumento difensivo nel governo dei processi di ristrutturazione, aggravato dal fatto che spesso le politiche di ricollocamento dei lavoratori sono deboli, quando inesistenti;
          tali norme paiono agevolare, anziché arginare, le politiche di delocalizzazione delle aziende multinazionali che operano in Italia, con un progressivo impoverimento del tessuto produttivo nazionale che continua a perdere eccellenze  –:
          se il Ministro interrogato non intenda convocare tempestivamente un tavolo istituzionale di crisi, al fine di valutare, con l'azienda, le organizzazioni sindacali e le istituzioni territoriali, possibili alternative al piano di smantellamento dell'attività produttiva dello stabilimento di Molteno, e di salvaguardare i posti di lavoro. (5-08897)


      PRODANI e ALFREIDER. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il sito internet del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare — valutazioni ambientali VAS-VIA — riporta, in relazione al «Metanodotto Trieste-Grado-Villesse: Sealine Trieste-Grado DN 800 (32") + Tratto GradoVillesse DN 1050 (42") — 75 bar», che il parere CTVIA sia stato emesso e che il provvedimento sia «in predisposizione». Il progetto, finalizzato al collegamento del terminale GNL di Zaule (Trieste) con il nodo della rete nazionale dei gasdotti Snam Rete Gas di Villesse, è considerata opera indispensabile e funzionale alla realizzazione del rigassificatore di Zaule proposto dalla società Gas Natural;
          in data 30 maggio 2016, la procedura di verifica di ottemperanza delle prescrizioni A.2, A.3, A.6, A.8, A.15, D.1, D.2 del decreto VIA n.  808 del 17 luglio 2009 inerente al Terminale di ricezione e rigassificazione GNL nel comune di Trieste, zona industriale di Zaule (determinazione DVA-DEC-2016-0000222) ha ricevuto un esito positivo;
          in merito ai contenuti del decreto, un articolo de Il Piccolo di Trieste del 10 giugno 2016 ha riportato che: «in sede di Conferenza dei servizi conclusiva ai fini del rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione ed esercizio dell'impianto verrà verificata: la reale potenzialità di trasporto sulla rete nazionale del gas metano prodotto dall'impianto nonché la positiva conclusione della procedura di Via del metanodotto di collegamento alla rete nazionale gas»;
          l'articolo, inoltre, spiega come «dal documento emergono anche sinergie con lo stabilimento di Servola e in particolare si apprende che la prescrizione A.6 prevedeva l'obbligo di “un progetto di integrazione industriale con la vicina centrale Elettra di Servola per un più efficiente e meno impattante uso delle frigorie e di antifouling prodotti in seguito al processo di rigassificazione”. Di conseguenza, il progetto di interconnessione ha previsto “come presupposto l'utilizzo dell'acqua fredda proveniente dagli Orv del terminale Gni per il condensatore dell'unità di cogenerazione”, mentre “per portare l'acqua di mare da un impianto all'altro è previsto un sistema di pompaggio che, a pieno carico degli impianti, garantisce una quantità di 21 mila metri cubi all'ora”»;
          un articolo dell'Ansa, del 10 giugno 2016, dal titolo «Rigassificatore Trieste: Calenda, opera non è strategica», riporta che: «per il Ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda “il progettato rigassificatore di Trieste non è un'opera strategica per il Paese, essendoci altri progetti già autorizzati che, se realizzati, potranno coprire le ulteriori necessità di capacità di rigassificazione. La realizzazione di questa infrastruttura esce dall'agenda del Governo” (...). Serracchiani e Cosolini – informa una nota della Regione – avevano chiesto un colloquio urgente con Calenda, dopo che dal Ministero dell'Ambiente era stato emesso il decreto che considera ottemperate una serie di prescrizioni annesse al Decreto di compatibilità ambientale, emesso nel 2009, favorevole all'infrastruttura energetica»  –:
          attraverso quali atti formali e con quali tempistiche il Ministro interrogato intenda dare seguito alle parole pronunciate    in merito alla realizzazione del rigassificatore di Zaule (Trieste). (5-08898)


      VALLASCAS, CRIPPA, DA VILLA, DELLA VALLE e FANTINATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il decreto legislativo n.  379 del 2003 prevede le disposizioni in materia di remunerazione della capacità di produzione di energia elettrica, secondo cui l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico definisce i criteri e le condizioni in base ai quali Terna è tenuta a elaborare lo schema di disciplina del «nuovo» mercato della capacità da sottoporre all'approvazione del Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorità;
          l'anno prima, con la legge 9 aprile 2002, n.  55, veniva convertito in legge il decreto-legge 7 febbraio 2002, n.  7, recante misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale, meglio conosciuto come «sblocca centrali» e che, di fatto, ha permesso alle grandi società elettriche di costruire centrali alimentate a fonti fossili per circa 25 miliardi di euro;
          di contro, in Europa, come recentemente pubblicato dalla Commissione europea nella «Relazione intermedia relativa all'indagine settoriale sui meccanismi di capacità» «l'introduzione su larga scala delle energie rinnovabili, insieme al declino generale della domanda e alla diminuzione del costo dei combustibili fossili hanno frenato la redditività dei produttori di energia convenzionale»;
          lo stesso Ministro interrogato con l'interrogazione n.  5/01071 del 25 settembre 2013 dichiarava che, già «Nel 2011, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha individuato i criteri e le condizioni per una disciplina a regime, sulla cui base Terna ha svolto una apposita consultazione pubblica ed ha predisposto una proposta, basata sui criteri dell'Autorità medesima. Quest'ultima, con la delibera del 5 settembre 2013, ha completato le verifiche sulla proposta di Terna che, pertanto, dovrà essere valutata dal Ministro dello sviluppo economico. Ai fini della decisione finale, il Ministero dello sviluppo economico terrà conto degli orientamenti e delle indicazioni della Commissione europea, che dovranno evitare il rischio di sussidi impropri e tendere ad un meccanismo unico o almeno armonizzato a livello europeo, per garantire la sicurezza del sistema ed evitare qualunque effetto distorsivo della concorrenza. Le valutazioni saranno rigorose, coordinate con l'Unione europea e strettamente connesse alle necessità della sicurezza»;
          il successivo decreto 30 giugno 2014 ha approvato la disciplina a regime del mercato della capacità elettrica, ma, ad oggi, non è ancora certo quando saranno attivate le aste italiane;
          si apprende dalla stampa che il nostro Paese sarebbe in ritardo rispetto alla possibilità di vedere pienamente operativo il meccanismo al 2017, dopo 14 anni di meccanismo transitorio, e che la notifica del decreto alla Commissione europea sia avvenuta con un anno di ritardo  –:
          di quali informazioni aggiornate in materia disponga il Ministro interrogato e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere per evitare gli aspetti critici connessi al « capacity payment» richiamati dalla Commissione europea nella sua relazione.
(5-08899)

Interrogazione a risposta scritta:


      CATALANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          con interrogazione n.  4-04159, si pose all'attenzione del Governo un caso probabile di attività criminosa posta in essere da parte di personale della società Poste Italiane a danno dell'utenza e della società;
          nella sua articolata risposta, il Governo confermò l'esistenza di un procedimento penale, riaperto dopo un'iniziale archiviazione e poi giunto in fase dibattimentale;
          il 2 febbraio 2016 il tribunale di Termini Imerese (Palermo) ha condannato l'ormai ex dipendente infedele di Poste Italiane alla pena di anni uno e mesi dieci di reclusione ed euro 350 di multa, oltre che al pagamento delle spese processuali, per i reati previsti e puniti dagli articoli 494, 624 e 625 codice penale;
          risulta all'interrogante che all'utente non sia stato ancora rifuso il danno subito, ai sensi dell'articolo 2049 del codice civile;
          non risulta all'interrogante che Poste Italiane si sia costituita parte civile, malgrado il danno che ad essa deriverà dalla verosimile necessità di rifondere quello subito dall'utente  –:
          se quanto premesso trovi conferma;
          quali siano le procedure aziendali per ottenere il ristoro dei danni subiti dalla società e per il risarcimento ex articolo 2049 codice civile di quelli subiti dall'utenza, per casi come quello di cui in premessa, e se tali procedure siano codificate in atti interni di Poste Italiane;
          quali eventuali iniziative siano state poste in essere in esecuzione di tali procedure. (4-13488)

Cambio di presentatore di interrogazione a risposta in Commissione.

      Interrogazione a risposta in Commissione n.  5-08830, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 giugno 2016, è da intendersi presentata dall'onorevole Basilio, già cofirmatario della stessa.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
          interrogazione a risposta scritta Librandi n.  4-13081 del 4 maggio 2016;
          interrogazione a risposta scritta Fedriga n.  4-13325 del 26 maggio 2016;
          interrogazione a risposta in Commissione De Lorenzis n.  5-08811 del 7 giugno 2016.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
          interrogazione a risposta in Commissione Gagnarli e Paolo Bernini n.  5-04253 del 10 dicembre 2014 in interrogazione a risposta scritta n.  4-13479;
          interrogazione a risposta in Commissione Gallinella e altri n.  5-06053 del 15 luglio 2015 in interrogazione a risposta scritta n.  4-13478.