XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 684 di lunedì 3 ottobre 2016

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PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

      La seduta comincia alle 15.

      PRESIDENTE. La seduta è aperta.
      Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

      FERDINANDO ADORNATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 12 settembre 2016.

      PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
      (È approvato).

Missioni.

      PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alli, Amendola, Amici, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Paola Boldrini, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Capelli, Carrozza, Casero, Castiglione, Catalano, Censore, Antimo Cesaro, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Duranti, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofani, Gelli, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grillo, La Russa, Lacquaniti, Locatelli, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Pili, Pisicchio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rizzo, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Scotto, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Zanetti e Zardini sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
      I deputati in missione sono complessivamente novantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione della mozione Lorefice ed altri n. 1-01342 concernente iniziative in relazione al centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo (Catania) (ore 15,05).

      PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Lorefice ed altri n. 1-01342 concernente iniziative in relazione al centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo (Catania) (Vedi l'allegato A – Mozione).
      Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

      PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione.Pag. 2
      È iscritta a parlare la deputata Marialucia Lorefice, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-01342. Ne ha facoltà.

      MARIALUCIA LOREFICE. Grazie, Presidente. Oggi comincia la discussione su questo atto che pensiamo sia dovuto, cioè la mozione con la quale chiediamo la chiusura del centro d'accoglienza richiedenti asilo di Mineo. Su questa vergogna si è detto tanto in quest'Aula in questi tre anni e mezzo di legislatura; si è detto tanto nella Commissione di inchiesta sui centri di accoglienza e durante le ispezioni, così come ha scritto tantissimo anche la stampa.
      Nonostante ciò e nonostante ben tre indagini in corso presso le procure di Catania, Caltagirone e Roma, il Governo non si è minimamente posto il dubbio che qualcosa non funzionasse e che dei provvedimenti sarebbero stati più che mai legittimi e necessari, con urgenza. E, invece, eccolo lì Mineo, vivo e vegeto, con gli stessi problemi di sempre e, ci sarebbe da dire, eccola lì «Mafia Capitale».
      Mineo è un centro di interessi illeciti, è l'esempio più evidente di come il fenomeno migratorio possa diventare strumento per lucrare sulle presunte emergenze. È l'esempio di un sistema d'accoglienza fallimentare sotto tutti i profili, quello economico e quello della tutela dei diritti e della dignità delle persone. Questo è Mineo.
      Ma ripercorriamo la vicenda. È il 2011 e c’è l'emergenza Nord Africa: emergenza vera o creata ad hoc ? Io propenderei più per la seconda ipotesi. Al prefetto di Palermo dell'epoca – già questa è la prima anomalia, perché in contraddizione con il proclamato carattere nazionale dell'emergenza – venne dato l'incarico di requisire una struttura nella zona del calatino per dare accoglienza ai migranti sbarcati sulle coste italiane, a seguito dell'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa. Caso vuole – ma sicuramente è un caso – che nel calatino ci fosse giusto una sola struttura abbastanza capiente da poter accorrere in aiuto, struttura che, sempre per puro caso, da appena due mesi era vuota a causa della disdetta del contratto di locazione tra le Forze armate statunitensi e l'impresa proprietaria, la Pizzarotti Spa. È interessante osservare che la disdetta della locazione fu notificata agli inizi del 2010, per essere esecutiva a gennaio 2011. Il 2011, tanto per capirci, è l'anno dell'emergenza Nord Africa. Già nel 2010 Pizzarotti avrebbe avviato delle trattative con le istituzioni per riconvertire quella struttura ad altro uso. Si ipotizzò proprio di utilizzarla come un centro d'accoglienza per i migranti. Era all'epoca del Governo Berlusconi, quindi, presumibilmente, questa interlocuzione potrebbe essere avvenuta con i membri del suo Governo, per esempio, con il Ministro dell'interno Roberto Maroni, oppure con quel Gianni Letta la cui sorella era presidente della Croce Rossa Italiana Lombardia; Croce rossa alla quale viene stranamente affidata la gestione dei profili umanitari e assistenziali del centro di Mineo. Forse, la Croce Rossa di Catania non andava bene. Per le iniziative d'urgenza venne autorizzata una spesa a favore della Croce Rossa Lombardia di circa 15 milioni di euro. Va precisato che si tratta di un affidamento diretto, perché siamo in emergenza.
      Si tratta di un affidamento ad un prezzo decisamente fuori mercato: non i soliti 40, 45 euro pro capite pro die, ma circa 65 euro pro capite pro die, per di più senza alcuni servizi che il capitolato del Ministero dell'interno solitamente impone.
      Ma ritorniamo a Pizzarotti. Sembra che Pizzarotti all'epoca fosse gravato da un consistente mutuo, per cui la requisizione della struttura non poteva arrivare in un momento migliore e, tra l'altro, a un prezzo assai superiore ai costi di mercato: insomma, una manna dal cielo. Do solo due numeri per capire la portata dell'affare: 6 milioni e 800 mila euro più IVA per la requisizione e 2 milioni e 3 mila euro più IVA per la manutenzione. Sì, perché a Pizzarotti viene affidata anche la manutenzione del Residence degli Aranci, con la clausola che, al momento della dismissione del centro, le ben 400 villette dovevano essere riconsegnate in perfetto stato. Ebbene, Pag. 3chi ha fatto un giro lì dentro si renderà conto che ciò è praticamente impossibile, quindi saremo costretti a pagare, probabilmente, una sorta di penale e tutto ciò per Pizzarotti significherà un ulteriore guadagno. Tra l'altro, visto lo stato in cui versa quel centro, penso che la manutenzione non l'abbia neanche vista da lontano. Quindi, la domanda che legittimamente ci poniamo è: uno dei motivi per i quali fu scelta quella struttura fu quello di fare un piacere a Pizzarotti ?
      Ma continuiamo. A maggio 2011 il prefetto Gabrielli, capo dipartimento della Protezione civile, succede al prefetto di Palermo in qualità di commissario delegato all'emergenza. Dato il regime d'emergenza, l'attività della Protezione civile può andare avanti per deroghe, deroghe che, difatti, legittimeranno interventi di spesa al di fuori dei regimi ordinari. Gabrielli nomina soggetto attuatore per la regione siciliana l'ingegnere Pietro Lo Monaco, capo dipartimento protezione civile regionale. Ad un certo punto, però, questo rinuncia e a lui succede, in qualità di soggetto attuatore, Giuseppe Castiglione, cioè l'attuale sottosegretario alle politiche agricole, che all'epoca era presidente della provincia di Catania.
      Ecco che l'aspetto politico della faccenda comincia ad avere contorni sempre più nitidi. Anche questa scelta appare piuttosto anomala e oggi possiamo legittimamente sospettare che fosse stata dettata non da una nobile causa, quale l'accoglienza, ma da interessi personali, politici innanzitutto, visto, tanto per fare un esempio, la percentuale di voti che NCD ha avuto nel calatino durante le ultime elezioni, nonostante le percentuali da prefisso telefonico a livello nazionale. A tratteggiare il ruolo di Castiglione in questa storia è Luca Odevaine. È Odevaine a sottolineare, nelle intercettazioni, il peso elettorale di questi in Sicilia: Mineo e dintorni rappresentano il fortino elettorale di NCD. È Castiglione che costituisce, ad un certo punto, un consorzio di comuni che diventerà soggetto attuatore, al suo posto, ma di quel consorzio Castiglione è il presidente, ruolo che poi passò, in un secondo momento, al sindaco di Mineo Anna Aloisi, anche lei di area NCD, tanto per cambiare. Gli amministratori dei comuni, secondo gli inquirenti, avrebbero orientato le assunzioni nel centro per ricevere in cambio un massiccio sostegno elettorale. Sono tutti uomini di Castiglione quelli presenti nel territorio, quelli che nei pressi del CARA prendono migliaia di voti, preferenze e si fanno sentire anche nel panorama nazionale. Odevaine in una intercettazione, ad un certo punto, dice: «Mineo, se glielo vai a leva’, quelli si arrabbiano, perché ovviamente è un meccanismo che crea non solo consenso, ma crea occupazione, crea benessere: 4 mila migranti che spendono 2 euro e mezzo al giorno, so’ 10 mila euro al giorno».
      Sembra che la costituzione del consorzio di comuni fosse stata voluta non solo da Castiglione, ma addirittura sollecitata dal Ministro dell'interno, paventando una soluzione non condivisa nel caso in cui il territorio si fosse mostrato contrario. Insomma, i comuni non avevano molta scelta: o entravano in quel gioco, in cui tutti avrebbero guadagnato, o comunque la scelta sarebbe stata loro imposta. Maroni, inoltre, avrebbe manifestato la volontà di non far gestire direttamente il centro dalla prefettura, quel Maroni al quale non abbiamo potuto chiedere spiegazioni, per potersi anche difendere, perché si ostina a non voler venire in Commissione d'inchiesta.
      Ma ritorno ad Odevaine. Chi è Luca Odevaine ? Potremmo semplicemente definirlo l'uomo del business dei migranti, l'uomo di «Mafia capitale» appunto. Grazie al suo ruolo nel tavolo di coordinamento nazionale sull'accoglienza per richiedenti asilo, riusciva a orientare i flussi dei migranti, dando parecchio lavoro alle imprese amiche. In cambio del suo ruolo di facilitatore riceveva mazzette e a Mineo non fu da meno. Castiglione si avvalse di lui per la gestione del centro: famoso anche il pranzo fra i due al quale avrebbe partecipato anche quel Salvo Calì, presidente del gruppo Sisifo, indicato da Castiglione come una delle persone con maggiore esperienza per poter gestire un centro Pag. 4come Mineo; per rendere, tra l'altro, credibili le sue parole, quasi a voler sottolineare che non avesse alcun interesse personale, evidenziò il fatto che tale gruppo era riconducibile più al centrosinistra che non al centrodestra. Sisifo divenne il capofila dell'associazione temporanea di imprese che subentra alla Croce Rossa. Della stessa facevano parte anche il Consorzio Sol Calatino, la Casa della Solidarietà, Senis Hospes, la Cascina, nota anche per essere finanziatrice delle campagne elettorali del centrodestra e vicina a Comunione e Liberazione, e appunto Pizzarotti S.p.A. Questa cordata di larghe intese si aggiudicherà anche gli appalti successivi servendosi di un regime di proroga.
      Sulle gare d'appalto si concentra una delle indagini della procura di Caltagirone e su quella del 2014 vengono notificate tre ipotesi di reato: abuso d'ufficio, turbativa d'asta e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. La madre di tutte le gare, un giro d'affari di 97 milioni di euro, è definita illegittima dall'Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone, il quale affermò che la scelta procedurale è avvenuta in contrasto con i principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento e trasparenza. Eppure il Consorzio Calatino Terra d'accoglienza decide di non tener conto del parere dell'ANAC ma la procedura è talmente dubbia da motivare l'ANAC a trasmettere gli atti alla procura della Repubblica competente: insomma anomalie su anomalie.
      Non possiamo poi non parlare del sistema clientelare delle assunzioni: le dinamiche con le quali si assumevano gli operatori sfuggivano talvolta anche ai sindaci del consorzio provocando malumori; o, ancora, dei contributi a cui si accedeva con la scusa di voler realizzare delle iniziative di integrazione dei migranti ma quei progetti non avevano minimamente l'ombra di integrazione; e poi della truffa dei badge per ben un milione di euro. Tra gli indagati funzionari, dirigenti e vertici delle cooperative. Gli indagati, sei, sarebbero stati accusati di aver gonfiato il numero dei migranti anche mediante la certificazione della loro presenza laddove invece si erano allontanati da tempo. E sa, Presidente, qual è la cosa più assurda ? Queste persone sono ancora lì a ricoprire gli stessi incarichi di primo piano e con il rischio di poter anche inquinare le prove.
      Mineo – lo ripeto – è un covo di illegalità. Durante le ispezioni abbiamo avuto modo di appurare l'esistenza di situazioni assurde. Non c’è trasparenza nella selezione del personale, non ci sono gare per la selezione dei fornitori, gli ordini vengono fatti anche telefonicamente e attorno a queste telefonate ruota un giro d'affari di 10 milioni di euro l'anno solo per l'acquisto di prodotti; e poi bazar abusivi, migranti che aspettano la prima audizione nella commissione territoriale anche per più di un anno. L'integrazione non esiste: i migranti non parlano una parola di italiano e il sovraffollamento costante non aiuta di certo a intraprendere percorsi personalizzati di inserimento. L'inattività lunga e forzata produce uno stato alienante. Questo modello sbagliato d'accoglienza genera tensioni sociali, sfruttamento e, quando parlo di sfruttamento, mi riferisco a fenomeni di caporalato, di prostituzione sia dentro che fuori dal centro grazie alla complicità di connazionali e all'indifferenza di taluni operatori. Paura, omertà e rassegnazione: questo abbiamo visto a Mineo e non possiamo far finta che non esiste solo perché si trova in un posto appartato a cinque chilometri dal centro cittadino. E se non troviamo una soluzione finiamo per diventare complici e noi questo non lo vogliamo.
      Inoltre, vi è l'aspetto sanitario: il concentramento di un numero così elevato di persone mette a dura prova l'ASP. Il servizio sanitario locale non è in grado di far fronte a cure né di medicine di base né di secondo livello. Manca personale adeguato per un'assistenza psicologica e legale. Questo posto lede i diritti e la dignità di qualsiasi essere umano. Per questo ne chiediamo la chiusura e, invece, il Ministero dell'interno, sempre quota NCD, si noti, cosa decide di fare ? Decide di ampliarlo ulteriormente e di adibirlo anche Pag. 5ad hotspot con tanto di bando di Invitalia per la nuova recinzione, ignorando il lavoro della Commissione d'inchiesta e il lavoro e la voce autorevole dei procuratori della Repubblica che l'hanno definito un caso di Stato.
      Tenerlo aperto a questo punto è solo una scelta politica così come lo è stata quella di aprirlo per far contento chi, con ogni probabilità, non voleva fare arrivare i migranti al nord, chi voleva risolvere i problemi finanziari di Pizzarotti, chi voleva avere dei riconoscimenti in chiave elettorale sul territorio e chi dell'immigrazione ha fatto un lavoro e, dopo la disamina fatta, credo che i nomi ormai siano chiari a chi ci ascolta. Questo sistema è quello che noi vogliamo combattere e vogliamo farlo con atti concreti. Quindi oggi, con questa mozione, chiediamo la chiusura progressiva del centro e la collocazione dei migranti presso altre strutture a partire dai casi vulnerabili e di conseguenza chiediamo che non si continui con le operazioni che porteranno alla costruzione dell’hotspot. È necessario superare la logica fallimentare dei grandi centri che non sono gestibili, non permettono un controllo trasparente dei flussi finanziari, non garantiscono presa in carico e integrazione dei migranti. Questo è possibile, invece, nei piccoli centri con operatori e mediatori culturali formati e non improvvisati. Inoltre, se ognuno degli ottomila comuni italiani fosse messo in condizione di farsi carico di poche decine di migranti, il fenomeno migratorio si potrebbe gestire meglio, non ci sarebbero comuni sovraffollati, non ci sarebbero tensioni sociali. Occorre anche velocizzare e migliorare le modalità di assistenza dei migranti e dei richiedenti asilo. Poi se l'Occidente nel frattempo si facesse esportatore di pace, forse quello dei flussi migratori un giorno potrebbe essere un lontano ricordo perché immagino che nessuno lascerebbe la propria terra e i propri cari se non fosse obbligato da situazioni che molti di noi non comprendono. L'interrogativo che in questo momento però abbiamo è un altro: come si esprimerà il Governo su questa mozione e come voterà la maggioranza su questa mozione ? Ricordo le parole di Buzzi di fronte ai pm romani. «Su Mineo casca il Governo». Quindi non mi meraviglierei di un parere contrario ma mi auguro solo che fuori i cittadini aprano gli occhi e che in un moto d'orgoglio, alla prossima tornata elettorale, vi spediscano tutti dritti a casa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giovanni Burtone. Ne ha facoltà.

      GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signora Presidente, la vicenda di Mineo è una vicenda complessa e delicata. Non si possono dare risposte semplici o peggio demagogiche. Bisogna ricollegare questa vicenda a quel territorio che va conosciuto. È un territorio che presenta tanti problemi, tante difficoltà innanzitutto socioeconomiche: le difficoltà occupazionali dei giovani. Quindi, voglio partire da questo ma aggiungerei che, per parlare di Mineo, dobbiamo ripensare all'immagine della montagna della vergogna, della collina della vergogna di Lampedusa, di migliaia di migranti che affollavano quel territorio e venivano soccorsi dalla Protezione civile, dalla Croce Rossa ma soprattutto dai tanti cittadini di Lampedusa che cercavano di dare coraggio ma anche alimenti, di idratare quei migranti. Eravamo nella fase della Primavera araba: non sapevamo che ci sarebbe stato poi l'inverno della civiltà del Mediterraneo. Eravamo in piena emergenza, era il marzo del 2011 e il Governo approntò questa soluzione: requisire il Villaggio degli Aranci, un'area chiusa che prima era stata utilizzata come abitazione dei militari statunitensi di Sigonella, quattrocento villette che furono utilizzate per spostare quei migranti e per chiudere quell'immagine negativa, fortemente negativa che era stata rimbalzata in tutto il mondo. Però iniziano i problemi perché viene affidata alla Croce Rossa la prima attività di assistenza, dopodiché il prefetto Gabrielli interpella la regione siciliana, che rifiuta di gestire l'emergenza e l'emergenza viene affidata alla provincia.Pag. 6
      Non si segue, quindi, il percorso più naturale, quello di affidare alla Prefettura e da quel momento in poi inizia – noi su questo non vogliamo creare alibi – una serie di atti molto discutibili, perché ci sono deroghe, c’è poi la formazione di un consorzio di comuni, si realizza una sorta di deresponsabilizzazione da parte di alcune istituzioni e di fuga in avanti di altre.
      Il tema è proprio questo, cioè invece di andare avanti per atti che potessero far superare l'emergenza, si continua lungo un solco assai discutibile.
      Noi diciamo con chiarezza: se ci sono responsabilità, paghino.
      Sappiamo – la giustizia deve andare avanti – che ci sono delle indagini della procura di Catania e della procura di Caltagirone, ci sono atti già ben definiti nei processi di «mafia capitale» e aspettiamo, aspettiamo dicendo però con chiarezza che, in quella realtà, si sono confrontate due periferie, una periferia che ha un collegamento con le dinamiche internazionali dei migranti, i problemi che sono presenti e che rileviamo purtroppo amaramente anche in altre parti dell'Europa. Il tema però rimane, questo confronto tra la periferia diciamo legata ai migranti e la periferia autoctona.
      Io lo dicevo: parliamo di un territorio in difficoltà, con problemi legati all'occupazione, con settori produttivi che sono stati piegati.
      Io, proprio in questi giorni, sono andato a rivedere alcuni articoli dei quotidiani regionali e nazionali e ho rivisto le immagini, le interviste dei cittadini che vivono in quella comunità; ho visto pure chi soffiava sul fuoco e diceva: «Sarete invasi, nella piana di Catania, nel Calatino, a Mineo, da immigrati, a questi saranno dati 35 euro ciascuno al giorno».
      C'era chi soffiava e soffia sul fuoco, però i cittadini di quelle comunità, la maggior parte, interpellata, aveva un'espressione che era del tipo: «Noi siamo pronti ad accogliere».
      Un'accoglienza, mi si permetta, con un punto d'orgoglio, tipica siciliana. Siamo pronti ad accogliere con senso della solidarietà piena, però vogliamo che lo Stato non si ricordi di noi soltanto quando si tratta di mandare dei migranti.
      È un voler sollecitare un'attenzione, signor sottosegretario, un'attenzione da parte del Governo, forse anche un risarcimento rispetto a questi impegni assunti.
      Ecco perché noi pensiamo che si debba partire da tutto ciò: dalla vicenda di Mineo paghi chi deve pagare, però dobbiamo guardare anche a questo territorio, che ha avuto capacità di accoglienza.
      Non c’è dubbio, noi siamo convinti, che di questo dovremmo parlare approfonditamente entro ottobre, con la relazione che porteremo, come Commissione di indagine sul fenomeno dei migranti; lo faremo entro ottobre e questo è un impegno che noi del Partito Democratico assumiamo chiaramente, perché nel Parlamento si possa entrare poi nei dettagli delle questioni specifiche.
      Lì sono passati oltre 13.000 migranti, l'ultima volta che noi siamo andati erano 3.400 i migranti presenti nel CARA di Mineo.
      Va posto questo tema, ne parleremo prima in Commissione e poi in Aula.
      Il tema che poniamo subito al Governo è però che non si vada avanti per realizzare l’hotspot, nel CARA di Mineo: già è una struttura che ha dato; quel territorio ha dato questa disponibilità all'accoglienza. E poi gli hotspot si fanno nei porti.
      Sappiamo, signor sottosegretario, che la scelta di Mineo, avviata già con dei lavori che sono stati iniziati, è conseguente al fatto che questo doveva andare ad Augusta, perché è nei porti che vanno fatti.
      Tra l'altro, Augusta ha le caratteristiche migliori, perché è un grande porto, i fondali sono alti, e quindi lì si dovrebbe fare la fotosegnalazione, il rilievo delle impronte digitali e poi la certificazione e certamente (Commenti della deputata Colonnese)... La collega forse è disturbata dalle cose che dico e dirò: perché è disturbata ?
      Perché ad Augusta non si è realizzato l’HOTSPOT ? Perché l'autorità portuale si è opposta, ma si è opposto soprattutto il neosindaco dei Cinque Stelle – sono gli Pag. 7atti che parlano, sono i giornali che pongono questo tema – e quindi il Governo si è determinato a fare a Mineo un'area interna e io credo che su questo il Governo debba riflettere.
      Si cerchi un'altra soluzione. Se Augusta è intoccabile lo si faccia in un altro posto.
      Noi abbiamo visto che, per esempio, a Messina ci sono dei siti demaniali che potrebbero essere utilizzati per questa cosa; e si tratta di un porto, quindi chi arriva fa i primi atti, lo screening sanitario, dopodiché si pone la disposizione per collocarlo in un sito di accoglienza.
      Ed infine, l'ultima questione riguarda il fatto che si debba ridimensionare Mineo: su questo siamo d'accordo, perché è sovraffollato, là non può esserci un numero così alto di migranti, va posto all'attenzione, va nel tempo ridotto e il MoVimento 5 Stelle, nella sua prima stesura del documento – non so se lo cambieranno – nella mozione sostiene che bisogna chiuderlo.
      Noi siamo per ridimensionare e vorremmo, proprio perché io sono partito dal territorio, signor sottosegretario, che si tenesse conto che lì ci sono 350 lavoratori. L'arruolamento è stato fatto in maniera discutibile ? È vero: paghino, coloro i quali hanno commesso gli errori, però teniamo conto che ci sono 350 lavoratori.
      Noi del Partito Democratico teniamo conto anche del diritto al lavoro: ci sono i migranti, ci sono anche i lavoratori. Quindi un centro, adeguatamente attrezzato, servito bene, con uno sguardo orientato verso i servizi, non sovradimensionato nella popolazione, ma limitato, può rimanere.
      Certo, noi agevoliamo il discorso dei piccoli nuclei che vengono distribuiti nei comuni, vogliamo che questo fenomeno venga seguito, perché questo può essere il percorso da portare avanti, però questo tema anche di un'emergenza sociale che lì c’è e che si potrebbe aggravare, noi lo poniamo e lo poniamo con grande attenzione.
      Quindi, signor sottosegretario e signora Presidente, noi pensiamo che non si possa andare avanti per slogan.
      C’è un tema: noi siamo convinti che non si debba seguire il populismo o la demagogia di chi dice «respingiamoli», perché anche in quest'Aula ci sono coloro i quali dicono: «si respingano».
      Siamo anche convinti che sia giusto accogliere, ecco perché ci rivolgiamo a coloro i quali dicono: «salviamoli, però per accoglierli bisogna portarli nel comune che non amministro io».
      L'esempio tipico lo abbiamo qui richiamato per l’hotspot: era stata proposta Augusta, invece c’è stato chi ha elevato poi la propria protesta per non realizzarlo e dire: «bene, accogliamo, però in un posto che non sia il mio comune».
      Questa è una logica sbagliata, bisogna sempre avere una disponibilità alla solidarietà, specie se si portano avanti alcuni discorsi che afferiscono alla cultura della solidarietà.
      Noi siamo convinti che il nostro Paese abbia fatto tanto per salvare persone, siamo orgogliosi dell'Italia, siamo orgogliosi all'azione che ha voluto il Governo per salvare tante vite umane. Saremmo ancora più orgogliosi se si ponesse veramente un impegno serio per un'accoglienza migliore, un'accoglienza dignitosa di coloro i quali arrivano, che si debba però coniugare anche con la dignità di chi accoglie.

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gregorio Fontana. Ne ha facoltà.

      GREGORIO FONTANA. Grazie, Presidente. Forza Italia registra positivamente il fatto che si discute oggi in Aula del caso del CARA di Mineo, anche perché è senza dubbio l'occasione per svolgere anche alcune considerazioni di carattere generale sulle problematiche dell'immigrazione in Italia che sono anche all'origine del caso specifico che è oggetto della mozione. Ci riserviamo, al termine della discussione sulle linee generali, di valutare se presentare un atto di indirizzo per riassumere e formalizzare la nostra posizione. Riteniamo che il Governo – e nel caso di Mineo anche la magistratura – debba procedere in maniera celere e severa per Pag. 8verificare quello che è accaduto ma – e soprattutto il Governo – anche per verificare quello che sta accadendo nei molti altri centri, sovraffollati e mal gestiti, prendendo, ove necessario, subito misure drastiche, come la sospensione dell'attività o la chiusura, e riferendo in tempi brevi al Parlamento. Ci auguriamo, per il futuro, che il Governo per muoversi non aspetti, come è accaduto in questo caso, l’input delle inchieste giudiziarie o, come in altri, quello delle inchieste giornalistiche.
      Il «caso Mineo», tuttavia, è solo la punta di un iceberg, di un problema estremamente ampio che si fa ogni giorno più grave e più complesso, anche per la persistente inerzia del Governo. Fino a quando non ci sarà un'inversione di rotta, «casi Mineo» continueranno a proliferare. Per questo, nell'affrontare questa specifica emergenza, non si può non cogliere l'occasione per richiamare l'attenzione del Parlamento su tutto il sistema di gestione dei flussi migratori. Come emerge dagli atti della Commissione migranti, il quadro è a dir poco allarmante – è a dire poco allarmante ! –, tanto che il sistema può dirsi oggettivamente vicino al collasso. I luoghi di accoglienza – è noto – sono ingolfati e male amministrati. I migranti e i richiedenti asilo vengono accolti nelle strutture gestite da società, da cooperative e da enti locali su input delle prefetture. Dette strutture accedono ai fondi pubblici per la gestione dei migranti, ma sono autonome sul piano amministrativo. Questo di per sé, come viene anche illustrato nella mozione alla nostra attenzione, ha generato e genera fenomeni di corruzione e di malaffare.
      Tuttavia, questa difficoltà, questo ingolfamento delle strutture di accoglienza, di per sé criminogeno, ha la sua immediata origine nel meccanismo di gestione delle domande di protezione. Si tratta di un meccanismo lento e inefficiente che va, oltre tutto, a collocarsi in un quadro giuridico-legislativo e in un contesto giudiziario e organizzativo del tutto inadeguati, perché pensati per gestire singole emergenze umanitarie di dimensioni non confrontabili con quella di oggi sicché, ad esempio, quando la pratica di una richiesta di protezione si sposta dall'ambito amministrativo, quello delle commissioni, di per sé macchinoso e inadeguato, a quello giudiziario ci si scontra con deficienze storiche della nostra organizzazione giudiziaria, da sempre a corto di mezzi moderni e di strutture adeguate. Per esemplificare, le commissioni territoriali sono poche e mal funzionanti, mentre i tribunali senza l'istituzione di sezioni speciali incontrano una serie di difficoltà nel far fronte a tutti i ricorsi che arrivano dopo l'esame delle domande di protezione da parte delle commissioni. Questo sistema fa sì che sul territorio circolino decine di migliaia di persone che non hanno titolo a stare nel nostro Paese, contro ogni elementare principio di legalità. Le prime vittime di questa gestione caotica e sgangherata diffusa sul territorio sono i cittadini, per evidenti ragioni legate alla sicurezza. Certo, è facile cadere nella demagogia e nel populismo su questo punto; bisogna evitare certamente di avallare l'equazione: migrante-pericolo pubblico, perché essa è ingiusta verso le tante persone che effettivamente, bisognose di protezione e di assistenza, devono avere la giusta considerazione. Però, è innegabile l'esistenza di una correlazione tra l'aumento di presenza di immigrati in una determinata area e l'incremento di fenomeni criminali, oltre che delle ovvie tensioni sociali, anche esse meritevoli di attenzione (senza parlare delle storie di lavoro nero e di sfruttamento, che ormai sono cronaca quotidiana).
      Inoltre, non deve essere neanche trascurata la possibilità, da più situazioni denunciata, che nei flussi migratori si nascondano elementi vicini al terrorismo.
      A fianco dei cittadini, poi, si trovano in prima linea i comuni, piccoli e grandi, direttamente coinvolti nella rete di gestione dei migranti e dei richiedenti asilo. Gran parte dei costi sociali del fenomeno migratorio grava, infatti, sugli enti locali, costretti a gestire in prima battuta la presenza sul territorio dei profughi. L'eccessiva frammentazione e la carenza di coordinamento infatti si ripercuotono negativamente Pag. 9anche sulle condizioni dei migranti, ai quali, come è agli atti della Commissione migranti opportunamente richiamati nel testo della mozione, spesso non vengono neanche garantite le prestazioni sanitarie adeguate.
      I migranti entrati in questo girone infernale, che è rappresentato dal sistema d'accoglienza italiano, spesso diventano vittime di fenomeni criminogeni che credevamo ormai aver superato da tempo, come, ad esempio, quello del caporalato. Il fenomeno, più volte denunciato dalle organizzazioni non governative, per gli immigrati è ormai radicato in alcune regioni meridionali, quali la Puglia e la Campania, dove i migranti vengono reclutati a giornata con un sistema adottato in passato per i lavori stagionali. Questi lavoratori vivono spesso anche in situazioni precarie; da loro stessi organizzati od organizzati dagli stessi caporali, al di fuori di ogni controllo da parte delle forze dell'ordine, vengono reclutati in base alle esigenze del lavoro. È uno scandalo che il Parlamento e i cittadini abbiano dovuto apprendere di queste tragedie da inchieste giornalistiche e non dall'attività repressiva del Governo.
      A loro volta, i problemi relativi alla gestione delle domande di protezione non vanno considerati in maniera isolata, come se fossero solo frutto di cattiva amministrazione. La cattiva amministrazione c’è, ma non basta a spiegare la gravità della situazione e l'imminente collasso del sistema. L'ingolfamento delle strutture e il caos gestionale hanno la loro radice nella maniera in cui il Governo gestisce l'impatto dei flussi migratori. Mi riferisco al problema dell'identificazione dei migranti e richiedenti asilo. C’è voluta la procedura di infrazione, aperta dalla Commissione europea l'anno scorso, perché il Governo ammettesse la rilevanza del problema. L'Unione europea ha messo in mora il Governo Renzi perché applicasse correttamente il regolamento relativo all'identificazione dei migranti; un principio elementare non per fare bella figura, ma per garantire la sicurezza nazionale.
      Il Governo, quando si trova alle strette, cerca, come si suol dire, di buttare la palla in tribuna e dare la colpa all'Europa e alle sue rigidità. Tuttavia, sul fronte della gestione dei flussi la Commissione ha avuto un orientamento abbastanza chiaro. Nel maggio 2015 la Commissione europea ha varato un'agenda sull'immigrazione, nella quale si propone di sviluppare un nuovo metodo basato sui cosiddetti «hotspot», per fornire ai Paesi dell'area mediterranea uno strumento per affrontare le sempre più forti pressioni migratorie. Questo metodo è duramente criticato nel testo della mozione di cui si discute, ma riteniamo che esso al momento non abbia alternative valide.
      Attualmente gli hotspot sono quattro – pochi – e altri ancora occorrerà realizzare. Certo, la costruzione di nuovi hotspot dovrà essere attuata in coerenza e tenendo conto delle esigenze operative, ma anche di quella che è la realtà nonché dei pareri degli enti locali e dei cittadini delle zone interessate. Ma gli hotspot rappresentano ormai uno strumento indispensabile per la gestione dell'impatto dei flussi migratori. L'idea, però, di realizzare una di queste nuove strutture a Mineo ci lascia molto perplessi, sia per la scelta del luogo, sia per la lontananza dai luoghi di sbarco, e su questo punto sarà importante sentire l'avviso del Governo.
      I problemi legati alla gestione dei flussi migratori sono frutto della cattiva gestione sul duplice fronte della politica interna e della politica estera. Ma nessuna gestione è sufficiente in assenza di una politica volta ad intervenire all'origine dei flussi stessi. Anche se gli hotspot funzionassero alla perfezione e il piano della ricollocazione funzionasse, il flusso dei migranti diretto verso l'Italia non cesserebbe di essere meno intenso di quello che attualmente è. Gli accordi di ricollocazione europei, infatti, riguardano solo una minima percentuale di persone, ovvero quelle che provengono dai Paesi unanimemente considerati a rischio umanitario. Si tratta di una goccia nel mare. Il flusso può essere controllato e ridotto solo attraverso una coerente politica di accordi con i Paesi di provenienza.Pag. 10
      La discussione di questa mozione è quindi l'occasione per fare il punto sull'intero sistema di gestione dei flussi migratori e mettere finalmente il Governo di fronte alle sue responsabilità, nell'auspicio che in tempi brevi si metta fine alle disastrose scelte fatte finora e si avvii finalmente una politica organica di ampio respiro per affrontare una grande sfida geopolitica dei nostri tempi.
      In conclusione, nello specifico una cosa deve essere certa: la struttura di Mineo, così come oggi l'abbiamo conosciuta, non può più andare avanti. L'emergenza Mineo va affrontata tempestivamente e con la massima energia, individuando le responsabilità e le soluzioni immediate e riportando la legalità, l'umanità, l'efficienza, nella gestione ed organizzazione di questo centro. E se questo non fosse possibile in tempi brevi – direi subito –, il Governo non deve esitare a dichiarare al Parlamento la propria impotenza e a disporre l'immediata chiusura della struttura di Mineo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

      PRESIDENTE. Grazie, onorevole Fontana. Mi è stato detto che lei si è sposato sabato ed è già qui. Complimenti per il suo attaccamento alla Camera e al lavoro (Applausi).
      È iscritto a parlare il deputato Paolo Beni. Ne ha facoltà.

      PAOLO BENI. Grazie, Presidente. Anch'io ritengo questa discussione, sollecitata dalla mozione presentata dai colleghi, una discussione utile. Anche noi ci riserviamo, al termine di questa discussione, di depositare un nostro testo sul tema. È una discussione utile perché innanzitutto vorrei dire questo: il CARA di Mineo, per molti aspetti, è un perfetto esempio di ciò che non dovrebbe essere un centro di accoglienza. Mineo, non soltanto è il centro più grande d'Europa, con 4.000 posti, ma è anche un po’ il paradigma delle contraddizioni di quell'approccio emergenziale al fenomeno migratorio, che si è dimostrato fallimentare e che infatti il nostro Governo sta ripensando, ha già ripensato nelle sue strategie, questo vorrei ricordare.
       Allora, facendo un passo indietro, Mineo nasce nel 2011 – è stato già ricordato – nel febbraio 2011, quando l'afflusso sulle coste italiane di migliaia di migranti in fuga dalle rivoluzioni arabe indusse il Governo Berlusconi a proclamare lo stato di emergenza umanitaria sul territorio nazionale. Vorrei ricordare semplicemente che stiamo gestendo ora flussi molto più ampi di quello, senza nessun ricorso all'emergenza, con la legislazione ordinaria. Comunque, per ospitare i migranti, fu requisito – come è stato detto – il Residence degli aranci, villaggio fino a poco prima occupato dai militari USA di Sigonella, di proprietà dell'imprenditore Pizzarotti, il quale subito avviò un contenzioso che, dopo lunga trattativa, avrebbe portato a un affitto molto oneroso per lo Stato.
      Allora, intanto c’è da chiedersi perché non si cercarono soluzioni meno onerose, ad esempio il ricorso a beni demaniali inutilizzati. Ma la scelta di Mineo appare infelice anche per altri aspetti. Interamente recintato, il villaggio comprende 300 villette disseminate lungo un reticolo di viali interni, una vera e propria cittadella collocata in mezzo al nulla, in un'area priva di servizi e di infrastrutture, a pochi chilometri da un paese di 5.000 abitanti, che è Mineo.
      È inevitabile che concentrare in un contesto simile migliaia di persone, quasi tutti giovani maschi, determini tensioni sia all'interno del centro, che nel rapporto con la città, e rischi per la sicurezza pubblica, né si può dire che quella struttura garantisca il trattamento dignitoso e la cura di cui avrebbero bisogno persone sopravvissute ad esperienze drammatiche.
      I migranti vengono distribuiti nella cittadella in base alla provenienza e all'etnia, ma dopo l'assegnazione dell'alloggio subentra una sorta di autogestione dei vari gruppi nazionali, dietro la quale è probabile possa celarsi anche una qualche forma di caporalato.Pag. 11
      Alcuni edifici non ospitano abitazioni, ma esercizi commerciali non autorizzati, ma tollerati dalla direzione. Nel centro è evidente la presenza di un'economia sommersa in cui circola merce di dubbia provenienza ed è forte anche il dubbio che ci siano forme di sfruttamento, di traffico di droga e di prostituzione. Nonostante 200 dei 400 operatori del centro siano addetti alla sorveglianza non sembra che tutto ciò che avviene nel centro sia sotto controllo. L'ufficio di P.S. presente effettua frequenti interventi a causa di risse; le forze dell'ordine sanno che si verificano violenze e abusi ma osservano a distanza, ritenendo in parte tutto questo fisiologico in quel contesto. Medici, avvocati, mediatori culturali sono insufficienti rispetto al numero degli ospiti, non possono bastare 7 psicologi per migliaia di persone, di cui molte sono affette da disturbi psichiatrici a causa dei traumi subiti durante il viaggio. Anche il servizio medico è deficitario: screening superficiale, presa in carico dei pazienti frammentaria, ambulatori sprovvisti di attrezzature adeguate. Le condizioni igienico-sanitarie sono precarie, le norme di sicurezza approssimative, molti ospiti lamentano di non ricevere regolarmente i prodotti per la pulizia e l'igiene personale necessari, i servizi di mediazione linguistico-culturale, la consulenza legale, le attività di formazione e orientamento all'integrazione sono insufficienti, mancano spazi di socialità, gli ospiti stazionano presso le casette o vagano per il villaggio.
      Il problema maggiore di Mineo è proprio l'isolamento fisico e sociale. I migranti sono liberi di uscire, ma non ci sono trasporti per arrivare a Mineo, tutto va fatto dentro il centro. L'integrazione col territorio è praticamente impossibile, i migranti sono costretti di fatto alla inattività forzata, spesso per mesi, e questo produce uno stato alienante di attesa, di senso di isolamento, di apatia e di sfiducia.
      Allora, se tutto questo fa di Mineo un modello negativo per la qualità dell'accoglienza e la tutela dei diritti umani, ci sono altri aspetti di quell'esperienza che confermano come l'approccio emergenziale apra pericolose falle sul piano della trasparenza e della legalità. La Commissione parlamentare di inchiesta ha potuto rilevare, infatti, scarsa trasparenza nell'amministrazione, nelle assunzioni del personale, per chiamata diretta senza alcuna verifica dei requisiti professionali, nella scelta dei fornitori, nella gestione del pocket money, nella rilevazione giornaliera delle presenze e questi sono elementi gravi se si considera l'ingente dimensione economica dell'appalto di gestione.
      Ma è tutta la storia di Mineo a presentare anomalie, dai ripetuti affidamenti diretti dei servizi nella fase dell'emergenza, alla creazione del consorzio calatino come stazione appaltante, alle ripetute proroghe sempre agli stessi soggetti, alla gara d'appalto che l'ANAC ha dichiarato illegittima perché di fatto costruita per favorire l'affidamento a un unico concorrente, agli intrecci fra il consorzio appaltante e le cooperative vincitrici e, infine, all'interdittiva antimafia nei confronti delle stesse e al commissariamento della gestione, che è stato fatto dall'attuale Governo, fatti su cui – come sappiamo – ci sono indagini della magistratura e non mi dilungo su questo.
      Voglio soltanto dire che Mineo dimostra che il modello dei grandi centri, in cui concentrare migliaia di migranti, è fallimentare, per almeno tre ordini di ragioni. Primo, perché produce ambienti spesso invivibili e lesivi dei diritti e della dignità umana di chi vi è ospitato. Secondo perché genera nei territori allarme sociale, problemi di sicurezza. Terzo perché apre a pericolose falle, ad opacità di gestione se non a vere e proprie infiltrazioni malavitose. All'origine c’è quella logica dell'emergenza per cui si giustifica tutto e si giustifica il mancato rispetto delle buone prassi, l'accoglienza diventa allora un business per alcuni, diventa la possibilità di un lavoro per altri, gli interessi che vi ruotano intorno condizionano le scelte di enti locali, operatori locali, imprese. Il risultato sono strutture Pag. 12inadeguate ai bisogni dei migranti, l'uso discutibile delle risorse, episodi di arbitrio e corruzione.
      Va superato questo approccio e questa è la linea che il nostro Governo sta perseguendo fin dal 2014 con l'accordo con la Conferenza unificata in sede Stato-regioni per l'accoglienza diffusa sul territorio nazionale. Bisogna andare a costruire un sistema diffuso di accoglienza, piccoli nuclei ospitati nelle comunità locali sulla base di progetti di integrazione degli enti locali che coinvolgano le realtà del territorio, le associazioni del territorio. Questa scelta sappiamo è in pieno svolgimento, è il progetto su cui stiamo lavorando, richiede un processo graduale, certo, che non consente di chiudere nell'immediato tutti i grandi centri e le strutture governative come quella anche di Mineo. Che fare allora ?
      Concludo, Presidente. Intanto, noi ribadiamo, come ha detto già il collega, la nostra perplessità, la nostra contrarietà sull'ipotesi di attrezzare una parte della struttura di Mineo ad hotspot per le note problematicità di quella struttura ma anche per la sua distanza dai luoghi di sbarco che lo renderebbe illogico quantomeno. Meglio realizzarvi, se quella struttura ancora serve, lotti specifici dedicati per esempio alle categorie vulnerabili, donne in difficoltà, famiglie, minori non accompagnati. Sicuramente bisogna perseguire il ridimensionamento delle presenze e la riqualificazione dei servizi. Occorre andare gradualmente alla chiusura di queste megastrutture ad eccezione di quelle destinate per il tempo strettamente necessario al primo soccorso, prima accoglienza, identificazione e smistamento dei migranti nei territori del Paese; soprattutto bisogna rafforzare nei territori quella rete diffusa di accoglienza nelle comunità locali che è l'unica soluzione possibile e sostenibile al problema migratorio che stiamo affrontando.

      PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali della mozione.

(Intervento del Governo)

      PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per l'Interno, Domenico Manzione.

      DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato all'Interno. Signora Presidente, l'istituzione dei primi centri di accoglienza di grandi dimensioni – è già stato rammentato più volte nel corso della discussione generale – come è per l'appunto quello di Mineo appartiene a una stagione – mi riferisco al biennio 2011-2012 – in cui si ritenne di gestire gli eccezionali flussi migratori determinati dalla «Primavera araba» con gli strumenti e i poteri propri della Protezione civile. Vennero disposti in sequenza: la requisizione in uso di un grande residence sito nel comune di Mineo, la sua destinazione alla necessità di accoglienza dei richiedenti asilo, l'affidamento della gestione del centro al presidente della provincia regionale di Catania quale soggetto attuatore. Tutto questo nell'ambito della cornice derogatoria offerta dallo stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri, da varie ordinanze emergenziali del Presidente del Consiglio dei ministri e sotto l'egida del Commissario delegato all'emergenza.
      A fronte di questa eredità che è toccata appunto all'attuale Governo, protrattasi peraltro anche dopo la cessazione dello stato di emergenza – perché a tutt'oggi sono presenti persone figlie, diciamo così, di quella stagione – questo Governo ha compiuto una scelta di fondo radicalmente diversa, anche questo è stato rammentato.
      La scelta di fondo è quella di puntare sull'accoglienza diffusa su tutto il territorio nazionale, in modo da evitare che il fenomeno migratorio possa innescare dinamiche di conflitto e situazioni di tensione intersecandosi con il disagio e la marginalità sociale e assicurando, allo stesso tempo, una gestione ordinaria del fenomeno, come si conviene a un flusso di carattere strutturale, oramai da tutti riconosciuto come strutturale, sia pure numericamente si converrà molto significativo; Pag. 13perché, se lo stato di emergenza era legato allo sbarco di circa 62 mila persone, i numeri del 2014 parlano di circa 170 mila sbarchi, quelli del 2015 di 153.800 sbarchi, quelli del 2016 sono perfettamente in linea con quelli del 2015. Ad oggi, per dirla in altri termini, sono 132 mila gli sbarchi, esattamente come nel corrispondente giorno del 2015, tra l'altro in occasione della legge voluta da questo Parlamento per ricordare le vittime del naufragio che ci fu il 3 ottobre di tre anni fa.
      L'idea alla base della nuova governance dell'accoglienza è che l'insediamento in piccoli gruppi di stranieri in centri di dimensioni più contenute e meno popolosi, oltre a mitigare l'impatto della presenza migratoria nei territori di più alta concentrazione, consente di dare una risposta in termini di accoglienza di ben altro spessore rispetto a quello dei grandi centri, anche favorendo l'attivazione di positive iniziative di integrazione capaci di andare a vantaggio delle stesse comunità.
      Resta evidente, tuttavia, che un sistema di accoglienza diffuso funziona a condizione che i diversi livelli di governo collaborino in maniera responsabile alla filiera amministrativa, sia per gli aspetti decisionali che per quelli attuativi. Su questo punto, che è decisamente cruciale, il Ministero dell'interno ed i prefetti credo che abbiano fatto la loro parte, peraltro incontrando più di un problema.
      Invero, dopo una prima travagliata fase di squilibrio – si rammenterà che solo un paio di anni fa le presenze dei migranti all'interno delle regioni erano del tutto sproporzionate a svantaggio di alcune regioni, si è citata la Sicilia, che per esempio circa due anni fa aveva come presenze sul suo territorio percentuali vicine al 30 per cento di tutte le presenze nazionali –, dopo questa prima travagliata fase di attuazione del piano, che è anch'esso stato richiamato e approvato in Conferenza Stato-regioni nel luglio del 2014, siamo in realtà riusciti a realizzare una più equa distribuzione dei migranti tra le varie regioni. Quindi un obiettivo di quel piano si può dire che è stato fondamentalmente raggiunto.
      Rimane ancora molto da fare per attivare una più ampia distribuzione del sistema di accoglienza e quindi per dare un'adeguata risposta ai continui nuovi arrivi in ordine alla distribuzione territoriale ed è probabilmente per questo che il 12 ottobre l'ANCI, d'intesa con il Ministero dell'interno, presenterà un aggiornamento in ordine alla distribuzione territoriale dei migranti, in maniera tale che, all'interno delle territorialità e dei comuni in particolare, ci possa essere un maggiore equilibrio, visto che fino a oggi le comunità che partecipano al progetto SPRAR, che è quello che noi riteniamo più adeguato non solo per fornire risposte migliori all'accoglienza, ma anche per dare le maggiori chance di integrazione, costituiscono una percentuale che ancora deve essere fortemente incrementata.
      In questa situazione il nostro obiettivo primario non può essere che quello della realizzazione del modello dell'accoglienza diffuso, con il superamento dei grandi centri, dei centri di grandi dimensione, a cominciare da quello di Mineo, ovviamente non appena ve ne saranno le condizioni evidentemente collegate a quel numero di flussi che io sia pur sinteticamente ho riassunto nei numeri che vi ho dato dianzi. Per quanto riguarda la struttura di Mineo, quindi, allo stato attuale vi è stato l'impegno ad alleggerire le presenze ogni qual volta è stato possibile e questa sarà e continuerà a essere la linea del Ministero dell'interno.
      In questo senso, ricordo che nello scorso inverno siamo riusciti a ridurre il numero degli ospiti a 1.500-1.600 stranieri, andando, quindi, al di sotto delle presenze minime contrattualmente previste. Deve essere chiaro, tuttavia, che al momento il mantenimento di Mineo costituisce una «drammatica necessità» del sistema, che è influenzata dal numero degli arrivi che ho richiamato sopra.
      In questa ottica, nel centro sono in fase di esecuzione, d'intesa con la proprietà, alcuni lavori volti a migliorare la qualità del soggiorno di determinate categorie di ospiti. Più in dettaglio, si sta procedendo a isolare un settore della struttura dagli Pag. 14altri, in modo da poterlo destinare, in condizione di sicurezza, all'accoglienza dei minori, delle famiglie e, più in generale, delle persone in condizioni di vulnerabilità. Se poi questo settore sarà destinato a hotspot è un'eventualità che non sono in grado di escludere, alla luce del fatto che i quattro hotspot in esercizio non sempre sono in grado di far fronte ai picchi improvvisi di arrivi, che in alcune settimane – lo rammento più a me stesso che agli onorevoli presenti – hanno raggiunto cifre vicine ai 14 mila a settimana, evidentemente secondo un andamento non costante nel tempo, fino a formare quella cifra complessiva di cui ho parlato.
      Per argomentare e suffragare la richiesta di chiusura del centro di Mineo, gli onorevoli proponenti richiamano alcuni procedimenti penali e un procedimento dell'ANAC, a riprova del malaffare e della corruttela che avrebbero caratterizzato le procedure di affidamento e la gestione della struttura in questi anni. Al riguardo, sottolineo che i fatti oggetto di accertamento penale e ispettivo risalgono al periodo in cui nessun organo del Ministero dell'interno ha svolto, in relazione alla struttura di Mineo, ruoli o attività specifiche che riguardassero aspetti contrattuali o gestori o che comunque fossero ricollegati alla scelta degli affidatari. In effetti, nel quinquennio 2011-2015 tali compiti sono stati svolti dal consorzio dei comuni del calatino «Terra di accoglienza», sulla base di un accordo, ai sensi dell'articolo 15 della legge n.  241 del 1990, in forza del quale lo stesso consorzio assumeva anche lo svolgimento delle procedure di gara per l'individuazione del soggetto gestore della struttura.
      Il 30 luglio 2014 il consorzio calatino «Terra di accoglienza» aggiudicava, a seguito di gara, il servizio di accoglienza a un consorzio di cooperative sociali composto da Casa della solidarietà, Consorzio Sisifo, Sol Calatino, la Cascina Global Service, Croce Rossa Italiana e Impresa Pizzarotti. Tale aggiudicazione, sulla base degli atti esaminati, veniva ritenuta illegittima dall'ANAC, con parere del 25 febbraio 2015. Il 9 giugno 2015 il consorzio del calatino «Terra di accoglienza» deliberava il proprio scioglimento per impossibilità di conseguire lo scopo per il quale era stato costituito.
      In concomitanza con le vicende giudiziarie connesse al sodalizio «Mafia Capitale», il Ministero dell'interno attivava la prefettura di Catania, che, in data 23 giugno 2015, procedeva al commissariamento del consorzio di cooperative sociali «Casa della solidarietà» ex articolo 32 del decreto-legge n.  90 del 2014. A seguito del recesso dell'accordo ex articolo 15 della legge n.  241 del 1990 con il consorzio calatino «Terra di accoglienza» (decorrenza 23 novembre 2015), la prefettura di Catania ha assunto la gestione diretta del CARA.
      A tal fine, in considerazione della complessità degli adempimenti da svolgere, è stata costituita una struttura di missione composta da dirigenti della carriera prefettizia e da unità di personale non dirigenziale, con incisivi compiti di controllo e monitoraggio, cui è stato anche assegnato il compito di predisporre la documentazione necessaria per la nuova procedura di gara che la prefettura di Catania dovrà svolgere in qualità di stazione appaltante.
      Pertanto, dal novembre 2015 l'assetto gestionale del CARA di Mineo ha registrato un sostanziale mutamento, con il subentro della prefettura di Catania al consorzio calatino «Terra di accoglienza» nei rapporti contrattuali con l'associazione temporanea di imprese che gestisce il centro. In sostanza, l'attività dell'associazione temporanea di imprese che gestisce il CARA di Mineo è ora sottoposta al diretto controllo e monitoraggio del Ministero dell'interno, che ha prescritto nuove e incisive procedure gestionali e di verifica miranti a prevenire episodi delittuosi, quali quelli perseguiti dalle procure della Repubblica di Roma, Catania e Caltagirone.
      Per l'insieme delle ragioni che ho appena esposto, il Governo esprime parere contrario alla mozione in discussione, pur avendo programmato nel tempo il superamento di tutte le strutture di accoglienza in cui sono concentrati i grandi numeri di richiedenti asilo, in conformità al piano Pag. 15nazionale di accoglienza del 10 luglio 2014, sottoscritto in Conferenza unificata.

      PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

      PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

      Martedì 4 ottobre 2016, alle 11,30:

      1.  –  Svolgimento di interrogazioni.

      (ore 14,30)

      2.  –  Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
          COSCIA ed altri; PANNARALE ed altri: Istituzione del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione e deleghe al Governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, della disciplina di profili pensionistici dei giornalisti e della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti. Procedura per l'affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale (Approvate, in un testo unificato, dalla Camera e modificate dal Senato) (C. 3317-3345-B).
      — Relatori: Rampi, per la maggioranza; Brescia, di minoranza.

      3.  –  Seguito della discussione della mozione Lorefice ed altri n. 1-01342 concernente iniziative in relazione al centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo (Catania).

      (al termine delle votazioni)

      4.  –  Discussione sulle linee generali del disegno di legge:
          Conversione in legge del decreto-legge 31 agosto 2016, n.  168, recante misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l'efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa (C. 4025).

      La seduta termina alle 16,10.