XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 12 ottobre 2016

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CRISTIAN IANNUZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          Filippo Roma, inviato della trasmissione televisiva «Le Iene», attraverso una segnalazione anonima è venuto in possesso di documenti inediti, su presunte irregolarità che attivisti del M5S avrebbero commesso nella raccolta delle firme per le candidature nelle elezioni comunali di Palermo del 2012, vicenda su cui la digos nel 2013, aveva già indagato ma il procedimento era stato archiviato;
          nel servizio andato in onda durante la prima puntata, sono stati mostrati moduli, all'apparenza originali, della raccolta di firme a sostegno dei candidati del M5S per le elezioni. I fogli presentano il logo del M5S, dati identificativi (nome, cognome, luogo e data di nascita, il comune di iscrizione alle liste elettorali, il documento di identità) e firme dei sostenitori. Sono cinque e contengono decine di firme che però, nella parte dedicata all'autenticazione, non sono compilati, cioè mancano del timbro e della firma del pubblico ufficiale;
          all'epoca delle indagini, tra le persone sentite dalla polizia perché informate dei fatti, vi era anche il professore Vincenzo Pintagro, che nel 2012 era candidato del M5S alle elezioni amministrative, che sostiene di essere testimone oculare del fatto che i moduli originali con le firme originali sono ancora in circolazione anziché essere depositati a causa di un errore formale relativo ad un candidato per il quale era stato riportato il luogo di nascita sbagliato. In particolare, si legge che Giuseppe Ippolito è nato a Palermo il 19 agosto 1987. Contattato telefonicamente da Filippo Roma, però, Giuseppe Ippolito afferma di essere nato a Corleone e non a Palermo. Secondo il professor Pintagro, quindi, siccome si temeva che questo errore comportasse un'esclusione dalle elezioni, qualcuno avrebbe pensato di ricopiare tutte le firme su moduli corretti dal punto di vista formale e quindi a falsificare le firme. Sempre dalle dichiarazioni del professore Vincenzo Pintagro sembra che a ricopiare le firme siano state due giovani attiviste, Samantha Busalacchi e una deputata del Movimento;
          la testimonianza del professor Pintagro, è stata confermata dagli attivisti Francesco Vicari e da Fabio D'Anna, che all'epoca non furono chiamati dalla polizia;
          atteso che i moduli originali sono ancora in circolazione e le firme depositate sarebbero state irrimediabilmente manipolate fino al punto da risultare irregolari, ad avviso dell'interrogante ricorrono i presupposti della grave e reiterata violazione della legge  –:
          quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo perché, per il futuro, sia garantito il rispetto della legge ed il normale corso democratico della vita amministrativa;
          quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere per semplificare la procedura di certificazione delle firme in modo da favorire la trasparenza e la partecipazione alla vita politica da parte dei cittadini e da minimizzare il rischio di errori e illeciti da parte dei partiti nell'assolvimento degli obblighi burocratici. (5-09745)

Interrogazioni a risposta scritta:


      SCAGLIUSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
          in data 14 settembre 2016, un sito web peruviano (https://goo.gl/5PLWuw) ha pubblicato una notizia secondo la quale il caso di tre bambini peruviani che sono stati vittime da anni di abusi e torture dei loro genitori adottivi di origine americana, ha portato    il Ministerio de la Mujer y Poblaciones Vulnerables a sospendere le adozioni internazionali dal Perù verso tutti i Paesi;
          in Italia molte coppie hanno in corso procedure di adozione internazionale di bambini dal Perù;
          sul sito web di una associazione che si occupa di adozioni internazionali (ilconventinoadozioni.org), è scritto che «la CAI, con comunicazione del 23 settembre, ha confermato che le autorità peruviane non hanno sospeso le adozioni, sottolineando inoltre l'esistenza di ottimi rapporti tra le autorità dei due paesi, tali da garantire che qualsiasi misura restrittiva sarebbe tempestivamente comunicata»;
          al momento nessuna informazione ufficiale è presente sul sito istituzionale della Commissione adozioni internazionali;
          anche nella sezione dedicata al Perù, nel sito web della CAI, non è presente alcuna comunicazione sotto la voce «comunicazioni della commissione»;
          negli ultimi giorni, l'interrogante ha ricevuto diverse richieste di informazioni e chiarimenti sullo stato delle adozioni internazionali in Perù  –:
          quale sia la situazione delle relazioni tra Italia e Perù con riferimento alle adozioni internazionali e se non si ritenga opportuno adottare le iniziative    idonee a fare in modo che le famiglie interessate, attraverso il sito istituzionale della Commissione adozioni internazionali, siano informate tempestivamente sulla situazione attuale e su eventuali sviluppi dei prossimi giorni. (4-14472)


      MELILLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          si apprende a mezzo stampa che gli inquilini della palazzina «Orsini 63» di Giulianova (TE) rischiano di perdere la propria abitazione;
          dal 22 settembre fino all'8 novembre 2016 è in atto uno sfratto di massa. Agli inquilini vengono notificate le date in cui si presenteranno l'ufficiale giudiziario e le forze dell'ordine con il fabbro per cambiare la serratura e liberare l'abitazione;
          il lato assurdo della vicenda è che tutti gli inquilini hanno pagato regolamenti affitti e altre spettanze, ma il loro sfratto dipende da un contenzioso tra il costruttore delle palazzine ed un'agenzia a cui era stato affidato l'affitto degli appartamenti;
          i primi contratti risalgono a settembre 2014 e ora famiglie con bambini si ritrovano per strade perché bisogna liberare lo stabile in quanto pare sia in fase di approvazione il concordato o il fallimento della ditta;
          in una nota, il comitato di cittadini spiega come siano finiti in una situazione in cui essi non hanno nessun tipo di responsabilità e rivolgono un appello alle istituzioni affinché facciano da intermediari e cessi immediatamente l'ondata di sfratti. Lo sfratto sarebbe causato da un'errata interpretazione di fondo: sarebbe motivato da un'inadempienza da parte delle società che gestiscono gli appartamenti, che però non c’è, perché è prevista la compensazione del pagamento con lavori di ultimazione della struttura fino al settembre 2017;
          non si capisce perché questa urgenza di liberare gli appartamenti se i termini non sono ancora scaduti. Bloccare gli sfratti sarebbe invece una scelta di opportunità e di buon senso  –:
          di quali elementi disponga il Governo in merito alla situazione di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di evitare un epilogo della vicenda che può avere conseguenze drammatiche sotto il profilo sociale e dell'ordine pubblico. (4-14478)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


      PAGANO e BINETTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto diffuso da un comunicato trasmesso dall'Agenzia Fides, in Pakistan sono state dichiarate illegali dal «Pakistan Electronic Media Regulatory Authority», ente del Governo pakistano, 11 televisioni cristiane;
          tale ente ha infatti emesso un'ordinanza in data 22 settembre 2016 segnalando le cosiddette «TV non autorizzate». Tra queste sono ricompresi 10 canali via cavo o su web gestiti da gruppi cristiani protestanti (quali Isaac Tv, Gawahi Tv, God Bless Tv, Barkat Tv, Praise Tv, Zindagi Tv, Shine Tv, Jesus Tv, Healing Tv, Khushkhabari Tv) e la Catholic Tv, rete cattolica diocesana di Lahore;
          nella stessa ordinanza si legge che: «tutti i direttori generali regionali sono invitati ad adottare le misure necessarie per fermare immediatamente la trasmissione dei canali Tv illegali nelle rispettive regioni»;
          Catholic Tv costituisce da 17 anni l'unica televisione cattolica del Pakistan e si occupa di diffondere film di ispirazione cristiana, documentari sulle attività della Chiesa locale, talk show e interviste. Le trasmissioni vengono diffuse dalla parrocchia di san Francesco di Lahore entro un raggio di 10 chilometri, a beneficio di 8 mila famiglie cattoliche;
          tale atto è lesivo del rispetto della libertà religiosa dei cittadini cristiani Pakistani che nel Paese costituiscono una minoranza;
          a tal proposito si ricorda che il Parlamento si è impegnato più volte a promuovere attività tese alla tutela delle minoranze religiose anche al di fuori dei confini statali, in ossequio anche ai principi condivisi con la comunità internazionale;
          la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, proclamata il 10 dicembre 1948 dall'Assemblea generale delle Nazioni unite e sottoscritta anche dal Pakistan, all'articolo 18 recita che: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, in pubblico e in privato, la propria religione o il proprio credo, nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti»;
          nonostante tali principi siano riconosciuti a livello internazionale, fenomeni di intolleranza religiosa si stanno pericolosamente moltiplicando in diverse aree del mondo;
          la Costituzione del Pakistan, benché nominalmente difenda la libertà religiosa, prevede ancora l'esistenza di leggi come quelle sulla blasfemia, discriminatorie per chi non è musulmano;
          la diplomazia internazionale, e in particolare l'Onu, assistono pressoché silenti alla persecuzione dei cristiani in Oriente e alla conseguente aggressione ai diritti umani che si sta concretizzando  –:
          quali iniziative    abbia portato avanti il Governo nelle competenti sedi europee e internazionali per la tutela della libertà religiosa nel mondo e se siano state rafforzate le politiche per la cooperazione internazionale – specialmente nei Paesi in cui le minoranze religiose sono pesantemente discriminate – al fine di favorire un cambiamento di attitudine nei Paesi in cui vengono alimentati, o in ogni caso non contrastati, l'odio e l'intolleranza;
          se si stia portando avanti un'attività di monitoraggio delle condizioni delle minoranze religiose nel mondo, al fine di poter operare un tempestivo intervento contro le intolleranze e i fanatismi religiosi di ogni genere;
          se, conseguentemente, siano state adottate iniziative per l'acquisizione di informazioni dirette sulle condizioni di vita delle comunità di minoranze religiose nel mondo e se siano stati avviati rapporti diretti con i rappresentanti di tali minoranze in Italia, al fine di realizzare interventi umanitari più efficaci;
          se siano state adottate presso il Governo del Pakistan, nel quadro dell'Unione europea, o presso gli organismi internazionali, iniziative volte ad incoraggiare un'azione di rafforzamento del rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e, in particolare, del diritto di libertà religiosa della comunità cristiana residente nel Paese. (3-02551)

Interrogazione a risposta scritta:


      FEDRIGA e GIANCARLO GIORGETTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          da quanto riferito dall'Agenzia Fides, il Pakistan negli ultimi anni, ha dichiarato illegali ben 11 televisioni cristiane fra cui la Catholic Tv, rete cattolica diocesana di Lahore, finanziata dai fedeli locali, che diffondeva il messaggio cristiano;
          la piccola emittente televisiva, che trasmetteva dalla parrocchia di san Francesco di Lahore entro un raggio di 10 chilometri, a beneficio di circa 8.000 famiglie cattoliche, era sostenuta dalla Fondazione Aiuto alla Chiesa che Soffre, impegnata da sempre per garantire il diritto dei cristiani a praticare la propria religione ed evitare ogni tipo di persecuzione;
          la scorsa Pasqua, sempre a Lahore, mentre i cristiani festeggiavano nel parco Gulshan-i-Iqbal, un kamikaze si è fatto esplodere, causando 72 morti, di cui 30 bambini, e 340 feriti. Invece di sostenere una comunità le cui ferite sono ancora sanguinanti, il Governo chiude 11 televisioni, semplicemente perché cristiane;
          si constata purtroppo tristemente come la cronaca più recente continui invece a testimoniare la tragica condizione di paura e di pericolo in cui vive, in molte parti del mondo, chi professa e testimonia la fede cristiana, in particolar modo in quei Paesi dove vige la sharia (complesso di norme religiose, giuridiche e sociali direttamente fondate sulla legge coranica);
          nel 1990 il Pakistan ha reintrodotto la dottrina penale islamica che era stata abolita 200 anni prima. Altri regimi più integralisti, come Iran, Arabia Saudita e Sudan, sono giunti ai risultati più estremi, approvando vere e proprie costituzioni islamiche. Il diritto alla libertà religiosa è un diritto che bisogna garantire ad ogni persona, così come la libertà di parola e di espressione;
          si ritiene che tutti i rapporti, sia politici che economico-commerciali, intrattenuti dal nostro Paese e dagli altri Paesi dell'Unione europea con partner internazionali, non debbano mai prescindere dalla valutazione del rispetto dei diritti umani in quei Paesi e dalle condizioni di vita delle loro popolazioni;
          contrariamente a quanto comunemente si pensa, è stato di gran lunga il Novecento il secolo della persecuzione dei cristiani. Nel periodo che va dalla rivoluzione francese a oggi, ma in particolare nel XX secolo, sono state scatenate persecuzioni mai viste in 2.000 anni per ferocia, vastità, durata e quantità di vittime. Ben 45.500.000 sono stati i martiri cristiani di questo secolo  –:
          se il Ministro non ritenga opportuno farsi promotore, in tutte le sedi competenti, di iniziative volte ad affermare con decisione sul piano internazionale che la libertà religiosa è un diritto che bisogna garantire ad ogni persona, così come la libertà di parola e di espressione, e non può essere negato arbitrariamente dichiarando illegali i mezzi di informazione che divulgano il messaggio cristiano. (4-14471)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:


      MATARRESE, DAMBRUOSO, VARGIU e PIEPOLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto si evince dagli organi di stampa, il quartiere Costone di Bruno, sito nel comune di Cassano delle murge, in provincia di Bari, sarebbe sprovvisto di allacci alla rete idrica e fognaria dagli anni ’70;
          sono circa quaranta le famiglie residenti in questo quartiere e costrette ancora oggi a fornirsi di acqua potabile recandosi nel vicino paese e a vivere in condizioni igieniche e sanitarie precarie;
          sembra che nel 2014 il comune di Cassano abbia manifestato la volontà di partecipare alla realizzazione delle infrastrutture mancanti stanziando 180.000 euro nell'ambito del piano triennale delle opere pubbliche, ma nonostante tutto pare che i lavori non abbiano ancora avuto inizio   –:
          di quali notizie disponga in merito alle problematiche ostative alla realizzazione delle infrastrutture citate in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di agevolare le opere pubbliche concernenti il funzionamento della rete idrica e fognaria, nell'ottica di una più efficiente tutela dell'ambiente, a partire dal caso sopradescritto del comune di Cassano delle murge.
(5-09751)


      VELLA e POLVERINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          come riportato dalle maggiori testate giornalistiche, presso l'isola di Zannone, nel corso di sopralluoghi da parte del sindaco di Ponza e da servizi fotografici di alcuni turisti sono state raccolte prove documentali di gravissime violazioni ambientali, in un'area che avrebbe dovuto essere protetta da qualsiasi intervento distruttivo da parte dell'uomo;
          l'isola di Zannone dal 1979, grazie alla sua straordinaria rilevanza di carattere paesaggistico e ambientale, è entrata a far parte del parco nazionale del Circeo. Il Corpo forestale dello Stato, per il tramite del coordinamento territoriale per l'ambiente di Sabaudia (Latina), ai sensi della legge quadro sulle aree protette n.  394 del 1991, si occupa della sorveglianza e della tutela di questo preziosissimo lembo di macchia mediterranea;
          il sindaco di Ponza, Piero Vigorelli, nel mese di luglio 2016 ha denunciato presso la procura della Repubblica di Cassino, per gravi reati ambientali, il Corpo forestale dello Stato e il presidente del parco nazionale del Circeo. La denuncia, con istanza di espresso perseguimento e riserva di costituzione di parte civile, debitamente documentata con un ampio servizio fotografico e di una relazione della polizia locale di Ponza, attesta che l'isola di Zannone versa in una situazione di assoluto degrado e totale abbandono da parte del Corpo forestale dello Stato e del parco nazionale del Circeo che per legge sono preposti alla sua valorizzazione;
          come dichiarato dal sindaco di Ponza, sull'isola di Zannone vi sono attualmente tre discariche a cielo aperto con materiali di ogni tipo, nonché ingenti quantità di veleno topicida sparse ovunque all'interno della prestigiosa villa comunale;
          le prime due discariche abusive di materiali e rifiuti urbani e speciali sono situate a ridosso del Faro di Capo Negro, mentre la terza è situata alle spalle della prestigiosa villa comunale, dove fino al 2006 il Corpo forestale dello Stato aveva i suoi alloggi e il parco nazionale del Circeo aveva allestito i suoi uffici  –:
          se il Ministro interrogato, in considerazione di quanto riportato in premessa, non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per affidare la gestione dell'isola di Zannone al comune di Ponza, stabilendo precisi vincoli di area naturale protetta, e per procedere al commissariamento dell'Ente parco nazionale del Circeo. (5-09752)


      DE ROSA, BUSTO, DAGA, MANNINO, MICILLO, TERZONI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          l'utilizzazione a scopo idroelettrico delle acque del bacino del fiume Spol di Livigno è regolata di comune accordo fra la Repubblica italiana e la Confederazione elvetica con la convenzione di Berna;
          per effetto della convenzione e della legge di ratifica, veniva concesso all'ex «azienda municipalizzata di Milano» (ora A2A s.p.a.) di derivare ad usi idroelettrici 90 milioni di metri cubi di acqua medi annui;
          il Ministero dei lavori pubblici regolava le concessioni idroelettriche, esercite ancor oggi da A2A s.p.a., con disciplinare di concessione nr. 4533 del 12 gennaio 1962;
          nonostante il disciplinare di concessione richiami l'osservanza di tutte le norme del testo unico delle leggi sulle acque ed impianti elettrici nonché di tutte le altre prescrizioni legislative e regolamentari, a quanto risulta agli interroganti non viene rilasciata la componente obbligatoria e tassativa di deflusso minimo vitale (DMV);
          per effetto dal mancato rilascio del deflusso minimo vitale è tutt'oggi in atto un vero e proprio disastro ambientale, per completo prosciugamento dei corsi d'acqua a valle delle opere di presa idroelettriche;
          l'aver sottratto il minimo deflusso vitale dai torrenti ha determinato l'effetto di naturale abbassamento della falda acquifera, non più funzionale agli usi dell'acqua per uso civico o agricolo per segnalate difficoltà di attingimento;
          la legge n.  183 del 1989, la direttiva 2000/60/CE ed il decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152, indicano gli adempimenti da attuarsi per assicurare il rilascio del deflusso minimo vitale;
          il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio già in data 26 luglio 2005, si riservava di «impartire le opportune disposizioni per il rispetto dell'obbligo di rilascio del deflusso minimo vitale, riferito proprio alle concessioni di derivazione idroelettrica»;
          a distanza di ben 11 anni dal citato intervento ministeriale il disastro ambientale risulta evidentemente immutato;
          lo stato di prosciugamento dei corsi d'acqua non permette di esprimere appieno le proprie potenzialità turistiche a Livigno;
          numerose associazioni ambientaliste ed il comune monitorano continuamente lo stato dei corsi d'acqua e richiedono il ripristino dello stato naturale dei luoghi  –:
          se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti indicati in premessa e se intenda assumere con urgenza le iniziative di competenza affinché venga ripristinato lo stato di diritto mediante il rilascio immediato della componente di deflusso minimo vitale (DMV) nei tratti di alveo prosciugati a valle delle derivazioni idroelettriche esercite da A2A. (5-09753)


      BRAGA, BORGHI, BRATTI, BERRETTA, BURTONE, ALBANELLA e RACITI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          i cittadini di Misterbianco e Motta S. Anastasia, in provincia di Catania, da cinquanta anni convivono con i gravi problemi legati alla presenza di due enormi discariche, quelle di contrada «Tiritì» e l'adiacente «Valanghe d'Inverno», collocate e circa 500 metri dai centri abitati;
          la discarica Tiritì si è espansa senza regole, accogliendo enormi quantità di rifiuti non differenziati, nonostante il sito sia classificato a rischio frana R2, a pericolosità P2 e attraversato dal Torrente Rosa;
          il regime autorizzatorio delle discariche è caratterizzato da un iter controverso e precario, come rilevato anche dalla relazione della Commissione «ecomafie»;
          nel 2013 la procura distrettuale ha emesso decreto di sequestro preventivo della discarica per i reati ambientali di cui agli articoli 29-decies e 137 del decreto legislativo 152 del 2006 e agli articoli 110 e 674 del codice penale; dalle indagini è emerso che la società di gestione Oikos non ha ottemperato    alle prescrizioni AIA previste per l'utilizzo dell'impianto di discarica; scarichi di percolato con sversamento nel suolo e sottosuolo sono stati individuati nella valle Sieli, nonché nei torrenti Cubba e Rosa;
          dal 2014 la discarica è gestita in regime commissariale, ai sensi dell'articolo 32 del decreto-legge n.  53 del 2014, per garantire la continuità del servizio; contrariamente a quel che prevede la legge e nonostante vari solleciti non sono noti i compensi degli amministratori incaricati;
          il sito di smaltimento rifiuti gestito dal Oikos è tra i più grandi di tutta la Sicilia, con volumi d'affari di circa 30 milioni di euro di fatturato nel 2011 ed un'area autorizzata di 30 ettari, di cui 20 coltivati a rifiuti solidi urbani;
          la discarica accoglie i rifiuti di diciannove comuni della fascia pedemontana;
          l'ampliamento, deliberato dal governo Lombardo con due distinte autorizzazioni il 19 marzo 2009 e il 4 marzo 2010, di fatto consentirà alla Oikos di triplicare le dimensioni e gli effetti dell'impianto: il conferimento dei rifiuti giungerebbe di tal maniera a circa 2,5 milioni di metri cubi;
          l'impianto di contrada Tiritì, considerato da ampliare, a quanto risulta agli interroganti, non rispetta il requisito della distanza minima prevista dalla legge che deve essere di oltre 5 chilometri dal centro abitato  –:
          quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda adottare per pervenire, in tempi brevi, alla chiusura degli impianti di «Tiritì» e dell'adiacente «Valanghe d'Inverno» a tutela della salute pubblica e in conformità alla legge. (5-09754)


      SEGONI e PASTORELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il 29 novembre 2011 la Società Riccoboni spa, con sede a Parma, ha presentato alla provincia di Alessandria domanda di pronuncia di compatibilità ambientale per progetto di discarica di «rifiuti non pericolosi» di oltre 1.700.000 metri cubi nel comune di Sezzadio (AL);
          l'area sul quale il progetto insiste è catalogata area di «ricarica delle falde utilizzate per uso umano» e di «RISE», dal piano di tutela delle Acque della regione Piemonte;
          in una nota inviata alla provincia di Alessandria la regione Piemonte afferma che «... il sito prescelto non risulta pienamente idoneo per ubicazione e caratteristiche, ad ospitare un impianto di discarica dal momento che l'intervento interessa un territorio che sovrasta un sistema idrico    sotterraneo estremamente vulnerabile e vulnerato.»;
          il 26 febbraio 2014 la giunta provinciale con la delibera n.  60 npg 20811, impugnata dalla Società Riccoboni s.p.a. con ricorso al TAR Piemonte n.  606/2014 r.g. del 5 gennaio 2015, ha espresso parere negativo al termine dell’iter di due anni della VIA in cui si legge «non acquisibile    il giudizio di compatibilità ambientale positivo del progetto presentato (...) considerato l'esito dei lavori compiuti dalla quarta conferenza dei servizi»;
          il TAR Piemonte, ha accolto (senza peraltro nominare alcun consulente tecnico d'ufficio) il ricorso presentato;
          attualmente è in corso una guerra legale per tutelare la falda acquifera di rilievo per il futuro del territorio e delle future generazioni;
          Acqui Terme ha realizzato un progetto risolutivo diretto a prelevare acqua dalla falda interessata realizzando una tubazione di circa 25 chilometri del costo di circa dieci milioni di euro e che risolve anche le emergenze idriche dei comuni dell'Alessandrino rifornendo anche altri comuni della Valle Bormida;
          il territorio della Valle Bormida è stato riconosciuto area «ad elevato rischio crisi ambientale» con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  –:
          se, in nome del «principio di precauzione», non ritenga opportuno avviare iniziative, per quanto di competenza, che possano garantire la concreta salvaguardia di questa area strategica, ricca di pregiate falde acquifere e    se    non    ritenga opportuno ricevere    una delegazione rappresentativa dei comitati della Valle Bormida e dei sindaci al fine di ascoltare le esigenze e le istanze della popolazioni locali e degli amministratori. (5-09755)


      ZARATTI e PELLEGRINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          con l'interpellanza n.  2-00780, l'interrogante ha posto in evidenza come lo sviluppo delle compagnie low cost, presso lo scalo di Ciampino, abbia determinato un aumento dei voli, originando una grave crisi ambientale e sanitaria;
          la Sottosegretaria, Velo, nel rispondere all'interpellanza, ricordava che «(...)con conferenza dei servizi del luglio 2010 è stata approvata l'impronta acustica dello scalo e l'ipotesi di zonizzazione acustica dell'intorno aeroportuale onde consentire al gestore Aeroporti di Roma di elaborare i piani di risanamento acustico e valutare eventuali restrizioni operative da applicare all'aeroporto»; inoltre evidenziava che in data 3 dicembre 2013 la suddetta società ha comunicato all'ENAC di aver provveduto a trasmettere ai soggetti competenti il suddetto piano;
          le amministrazioni comunali competenti, anche sulla base della valutazione operata dall'Arpa Lazio, con propri atti adottati entro 90 giorni dalla ricezione del citato piano di contenimento ed abbattimento del rumore, hanno deliberato il rigetto della proposta, ritenendola largamente insufficiente;
          a seguito dell'analisi delle diverse motivazioni addotte nelle rispettive delibere comunali di diniego e delle necessarie verifiche di natura tecnica, Aeroporti di Roma, l'11 novembre 2015, ha provveduto alla trasmissione del nuovo piano di contenimento ed abbattimento del rumore agli enti territorialmente interessati dalla presenza dell'infrastruttura, al fine di acquisirne l'approvazione;
          ad una prima valutazione risulterebbe come il documento integrativo proposto ancora una volta individua gli interventi sui ricettori come quelli da assumere immediatamente, mentre gli interventi sulla sorgente verrebbero posticipati di tre anni in quanto riguarda la sostituzione della flotta con velivoli più performanti e alla scadenza dei cinque anni per ciò che riguarda la riduzione del numero dei voli;
          l'aeroporto di Ciampino è stato ricompreso tra i sistemi aeroportuali di interesse nazionale; ed ora il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è chiamato ad approvare il piano di contenimento ed abbattimento del rumore derivante dal traffico di origine aeronautica  –:
          quali siano gli esiti dell'istruttoria e delle valutazioni tecniche operate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con quali procedure si intenda approvare il piano di contenimento ed abbattimento del rumore derivante dal traffico relativo all'aeroporto di Ciampino, così come proposto da Aeroporti di Roma, e quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano assumere perché i livelli d'inquinamento acustico presenti nell'intorno dello scalo rientrino rapidamente nei limiti di legge.
(5-09756)

Interrogazioni a risposta scritta:


      VICO, GRASSI, MARIANO, PELILLO, GINEFRA, VENTRICELLI, MASSA, BOCCIA, MICHELE BORDO, CAPONE, MONGIELLO, CASSANO e LOSACCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          stando a quanto riportato, nei giorni scorsi, da numerosi articoli pubblicati dalla stampa locale pugliese, nel periodo 2004/2005, sarebbero stati trasferiti nel territorio del comune di Manduria numerosi carichi di polvere di diossina, prodotta dagli elettrofiltri del camino E312 dello stabilimento siderurgico dell'Ilva, per il loro smaltimento;
          in particolare, gli articoli riportano le dichiarazioni rilasciate dal presidente dell'associazione «PeaceLink», in un convegno, tenutosi il 22 settembre 2016 ad Avetrana, dove ha segnalato i particolari di questa oscura vicenda;
          a Manduria non esistono siti idonei ad accogliere rifiuti di questo tipo e le comunicazioni dell'Ilva relative alla tracciabilità della diossina, indicano come sito autorizzato ed esclusivo solo quello di Orbassano, in provincia di Torino  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di questi fatti e se ritenga necessario attivare, con estrema urgenza, tutte le iniziative di competenza utili a fare immediata chiarezza su quello che costituirebbe un traffico di dubbia legittimità di rifiuti speciali pericolosi. (4-14468)


      BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          l'uccellagione è una pratica di caccia attuata con l'impiego di dispositivi fissi e finalizzati alla cattura indiscriminata e di massa di uccelli migratori. Tale terrificante pratica ha negli anni maltratto milioni di uccelli per renderli prigionieri con il solo scopo di essere utilizzati come richiami vivi nella caccia;
          i richiami vivi sono catturati nei roccoli – ovvero impianti muniti di reti da uccellagione – mezzi di cattura proibiti dalla direttiva «uccelli» 147/2009/CE e consegnati poi ai cacciatori per essere utilizzati come richiami nella caccia da appostamento, detenendoli per sempre in gabbie talmente piccole da non poter mai più aprire nemmeno le ali;
          la legge n. 115 del 2015 recante disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea (legge europea 2014) vieta l'uso di reti, trappole e vischio per catturare merli, tordi, allodole e tante altre specie di uccelli selvatici; inoltre, la legge 11 febbraio 1992, n.  157, impone all'articolo 3, il divieto di uccellagione;
          i roccoli e le reti hanno procurato tanta sofferenza agli uccelli migratori e le leggi vigenti hanno posto fine a una vera tortura;
          tuttavia, in Friuli Venezia Giulia, riapre l'uccellagione. Infatti, il provvedimento n.  31 pubblicato il 3 agosto 2016 sul Bollettino della Gazzetta Ufficiale della regione, recita: «Atteso che allo stato attuale gli allevamenti presenti in Regione, con riferimento alle specie Merlo, Cesena, Tordo bottaccio e Tordo sassello e utilizzate come richiamo vivo, non risultano in grado di soddisfare la richiesta proveniente dai soggetti esercitanti l'attività venatoria con conseguente possibile ricorso, da parte di questi ultimi, a individui di cattura»;
          in Friuli Venezia Giulia la caccia da appostamento fisso agli uccelli migratori si pratica già da molti anni in contrasto con la legge quadro in materia di caccia e con la direttiva europea 157/2009. Infatti, tutti i cacciatori possono cacciare con richiami vivi a seguito e nel contempo, quindi, svolgere altre attività venatorie;
          tuttavia, si ricorda che il comma 5 dell'articolo 12 della legge n.  157 del 1992 attesta: «fatto salvo l'esercizio venatorio con l'arco o coi il falco, l'esercizio venatorio stesso può essere praticato in via esclusiva in una delle seguenti forme: a) vagante in zona Alpi; b) da appostamento fisso; c) nell'insieme delle altre forme di attività venatoria consentite dalla presente legge e praticate nel rimanente territorio destinato all'attività venatoria programmata»;
          autorizzare la pratica dell'uccellagione è inoltre un modo per aumentare le pratiche di bracconaggio di volatili destinati a uso di richiamo per l'attività venatoria  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
          come si intenda garantire il rispetto delle disposizioni dettate in materia di uccellagione dalla direttiva europea «uccelli» 147/2009 e dall'articolo 3 della legge n.  157 del 1992;
          tenendo conto che ai sensi dell'articolo 1 della legge n.  157 del 1992 «la fauna è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale e internazionale», se non ritengano necessario e urgente assumere iniziative, per quanto di competenza, per evitare condanne da parte della Corte di giustizia europea nel rispetto della volontà di milioni di cittadini che non approvano la barbarie messa in atto con la pratica dell'uccellagione e quanto deciso dalla regione friulana. (4-14475)


      BERRETTA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          con il termine di inquinamento si intende una modificazione delle caratteristiche naturali di un ecosistema, causata in genere da attività umane, che provoca effetti dannosi sugli organismi, sulla salute dell'uomo o sulle risorse naturali in senso lato;
          l'O.N.U definisce ufficialmente l'inquinamento marino come «introduzione diretta o indiretta da parte dell'uomo nell'ambiente marino di sostanze o di energie capaci di produrre effetti negativi sulle risorse biologiche, sulla salute umana, sulle attività marittime e sulla qualità delle acque»;
          è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale 28 maggio 2015, n.  122 la legge 22 maggio 2015, n.  68, in materia di riforma dei reati ambientali con l'obiettivo di garantire un netto salto di qualità nella protezione della salute e dei beni naturali;
          il provvedimento suddetto introduce nel codice penale un nuovo titolo dedicato ai «delitti contro l'ambiente» (Libro II, Titolo VI-bis, articoli 452-bis-452-terdecies);
          il segretario provinciale di Catania del sindacato di polizia Coisp ha denunciato pubblicamente la situazione creatasi al porto di Catania, causata dalla mancata e/o non tempestiva raccolta di ingenti quantitativi di rifiuti organici e non, accumulatisi nell'area portuale dopo i frequenti sbarchi dei migranti;
          il segretario provinciale del Coisp ha evidenziato che, nonostante i solleciti da parte dei poliziotti, il servizio di igiene ambientale non provvede tempestivamente alla raccolta dei suddetti cumuli di rifiuti, che, a causa delle intemperie e delle frequenti raffiche di vento che caratterizzano detta area, vengono trascinati in mare e, dunque, causano inquinamento ambientale;
          è evidente quanto il riversarsi in mare di rifiuti organici e non comporti «effetti negativi sulle risorse biologiche, sulla salute umana, sulle attività marittime e sulla qualità delle acque»;
          il segretario del Coisp ha chiesto l'intervento immediato della Guardia costiera e dell'autorità portuale di Catania, per porre fine alle cause di inquinamento ambientale sopra descritte;
          l'autorità portuale di Catania, sottoposto alla vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti, è un ente di diritto pubblico istituito dalla legge n.  84 del 1994 con i compiti di indirizzo, programmazione, promozione e controllo delle operazioni portuali, nonché preposto alla manutenzione delle parti comuni portuali e le attività dirette alla fornitura di servizi di interesse generale;
          il Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera, svolge compiti relativi agli usi civili del mare ed ha competenze in materia di salvaguardia della vita umana in mare, di sicurezza della navigazione e del trasporto marittimo, oltreché di tutela dell'ambiente marino, dei suoi ecosistemi e di vigilanza dell'intera filiera della pesca marittima, dalla tutela delle risorse a quella del consumatore finale;
          è evidente quanto la mancata e/o non tempestiva raccolta di ingenti quantitativi di rifiuti organici e non presso il porto di Catania ed il riversarsi in mare degli stessi causi «effetti negativi sulle risorse biologiche, sulla salute umana, sulle attività marittime e sulla qualità delle acque»  –:
          se i Ministri interrogati non ritengano opportuno, verificare quanto sopra descritto e vigilare, per quanto di competenza, affinché si possa prevenire e contrastare il fenomeno in questione che genera danni all'ambiente all'interno dell'area portuale di Catania. (4-14480)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BENI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          nell'ambito del Programma operativo nazionale (Pon) 2014-2016, approvato dalla Commissione europea, l'Asse II è dedicata alla cultura e allo sviluppo e ha come obiettivo la valorizzazione del territorio attraverso interventi di conservazione del patrimonio culturale e creativo, il potenziamento del sistema dei servizi turistici e di sostegno alla filiera imprenditoriale collegata al settore;
          il 19 luglio 2016 il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha presentato il programma «Cultura Crea», gestito dall'Agenzia nazionale per l'attrazione di investimenti e lo sviluppo di impresa (Invitalia) e destinato alla crescita di micro, piccole e medie imprese e del terzo settore, operanti nella filiera culturale e creativa delle cinque regioni del Mezzogiorno: Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia;
          come previsto dal decreto ministeriale n.  243 del 2016, i fondi stanziati per la realizzazione del programma sono stati ripartiti in tre ambiti: 41,7 milioni di euro per la creazione di nuove imprese dell'industria culturale, 37,8 milioni di euro per lo sviluppo delle imprese dell'industria turistica e manifatturiera e 27,4 milioni di euro per il sostegno ai soggetti del terzo settore che operano nell'industria culturale;
          nel documento discusso e approvato dal comitato di sorveglianza del PON «Cultura e Sviluppo», per quanto riguarda i criteri di selezione dei soggetti di terzo settore abilitati a presentare domanda di ammissione, si fa riferimento a «soggetti e organizzazioni facenti parte del terzo settore, la cui ordinaria attività e le cui finalità istituzionali non siano incompatibili con le finalità del programma»;
          la legge n.  106 del 2016, recante «Delega al Governo per la riforma del terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale», contiene la definizione aggiornata degli enti facenti parte del terzo settore;
          il citato decreto ministeriale all'articolo 1, lettera h), nel definire i soggetti di terzo settore che possono presentare domanda di ammissione alle agevolazioni, non fa alcun riferimento alla legge n.  106 del 2016 che di fatto ha aggiornato la normativa in materia, ma elenca solo alcune categorie specifiche di enti del terzo settore, escludendo le associazioni di promozione sociale, di cui alla legge n.  383 del 2000;
          anche dai dati dell'ultimo censimento Istat sul terzo settore risulta che le associazioni di promozione sociale rappresentano, invece, la forma organizzativa prevalente fra gli enti di terzo settore che operano nel campo della promozione e dello sviluppo del patrimonio culturale  –:
          quali siano le ragioni dell'esclusione delle associazioni di promozione sociale fra i soggetti indicati all'articolo 1, lettera h) del decreto ministeriale n.  243 del 2016;
          se non ritenga necessario assumere iniziative per integrare le disposizioni contenute nell'articolo 1, lettera h, del decreto sopracitato al fine di ricomprendere anche le associazioni di promozione sociale tra i soggetti del terzo settore che possono presentare domanda di ammissione alle agevolazioni. (5-09740)

Interrogazione a risposta scritta:


      CIRACÌ. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          il 7 ottobre 2016 dalle ore 10:00 in poi è stata avviata la vendita su Ticketone.it, il sito leader nella distribuzione di biglietti per i grandi eventi musicali e non solo, dei ticket per assistere al concerto della band britannica denominata «Coldplay» che nel suo prossimo tour farà tappa precisamente a Milano i prossimi 3 e 4 luglio 2017 presso lo stadio «Meazza»;
          come riportato sul sito di Altroconsumo – la più diffusa associazione di consumatori sul territorio nazionale – la vendita dei biglietti per il concerto dei «Coldplay» si è esaurita in appena 22 minuti rendendo dunque impossibile ulteriori acquisti da parte dei fan in attesa dei due grandi eventi della band;
          molti fan in attesa di poter procedere con l'acquisto hanno esposto pubblicamente lamentele sulla pagina ufficiale Facebook del circuito Ticketone.it, chiedendo spiegazioni sull'accaduto e sollecitando il Codacons ad intervenire;
          l'associazione Altroconsumo ha denunciato all'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) quella che definisce una «pratica scorretta» chiedendo – si cita testualmente parte del testo della denuncia reperibile sul sito dell'associazione – se sia «possibile che 60-70.000 tagliandi per data (questa la capienza dello stadio Meazza) vengano venduti in 20 minuti ?» rilevando come risulti ovvio che l'esaurirsi in poche ore di oltre 60 mila biglietti sia dovuto al «secondary ticketing – termine inglese per indicare il bagarinaggio dei biglietti – ovvero il mercato parallelo fatto di siti non ufficiali che rivendono i biglietti a cifre esorbitanti»;
          è stato rilevato che il costo ufficiale dei ticket era di 46 euro per gli anelli verde e blu, tra i 57 e 98 quelli degli anelli più bassi e per il prato, mentre 109,25 euro costava il posto più ambito, quello dell'anello rosso numerato; sul sito Viagogo – uno dei molti siti avvezzi a tale pratica di compravendita – il prezzo più basso attualmente disponibile risulta essere di 166,82 euro per un biglietto all'anello verde, circa tre volte il prezzo originale, e che si sale vertiginosamente superando i 200, i 300 euro, fino all'assurda cifra di 1780,94 euro per l'ambito anello rosso, ovvero 16 volte la cifra originale;
          il Codacons ha deciso di presentare un esposto alla procura di Milano a seguito dei fatti descritti nel primo punto affinché vengano appurate eventuali ipotesi di reato da parte di agenzie esterne che praticano secondary ticketing (o bagarinaggio) e vengano duramente sanzionati tali soprusi;
          in un vuoto normativo che non definisce ad oggi l'attività di secondary ticketing come fattispecie di reato, la Corte di Cassazione, con la sentenza n.  20227 del 16 maggio 2006 ha stabilito che, qualora i biglietti acquistati non abbiano provenienza illecita, non si possa configurare tale ipotesi di reato e, con sentenza n.  10881 del 30 aprile 2008, ha stabilito che chi acquista e poi rivende a proprio rischio non compie alcuna attività di intermediazione, neppure atipica  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti in premessa e quali iniziative, anche sul piano normativo, intenda intraprendere per porre un freno a questo fenomeno che alimenta un mercato che pesa sempre più sulle tasche dei cittadini e sul loro diritto di partecipare agli eventi ricreativi e culturali che si svolgono sul territorio nazionale. (4-14482)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      PETRENGA. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          nella provincia di Caserta, nella località di Casagiove, operava sino a due anni fa un ospedale militare;
          l'immobile, appartenente al demanio militare, che ospitava la struttura ospedaliera dismessa versa in uno stato di grave abbandono e appare quanto mai necessario trovare una nuova destinazione d'uso agli edifici;
          per il territorio sarebbe di primaria importanza mantenere la vocazione sanitaria della struttura, destinandola a centro di eccellenza nei settori della chirurgia oncologica e dell'oculistica e a centro riabilitativo per pazienti in coma, specialità che mancano  –:
          se non si ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, per il mantenimento della vocazione sanitaria della struttura di cui in premessa affinché esso possa ospitare reparti medici specialistici carenti nel territorio casertano.
(5-09741)

Interrogazione a risposta scritta:


      CIVATI, BRIGNONE, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          la legge n.  185 del 9 luglio 1990 sancisce che l'esportazione «di materiale di armamento, nonché la cessione delle relative licenze di produzione devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell'Italia» e che «tali operazioni vengono regolamentate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali»;
          inoltre la legge vieta l'esportazione di materiali di armamento «verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere», nonché «verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell'articolo 11 della Costituzione»;
          «Rete Disarmo» ha documentato che sono partiti carichi di bombe alla volta dell'Arabia Saudita, Paese che partecipa attivamente alla campagna militare che sta colpendo lo Yemen;
          il Parlamento europeo ha invitato l'Alta rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza ad avviare un'iniziativa finalizzata all'imposizione da parte dell'Unione europea di un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita, ciò alla luce delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale perpetrate dall'Arabia Saudita nello Yemen e del continuo rilascio di licenze di vendita di armi all'Arabia Saudita che violerebbe la posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio dell'8 dicembre 2008;
          nonostante la richiesta avanzata da più parti, tra le quali l'Alto commissario per i diritti umani, il principe Zeid bin Ra'ad Al Hussein, il Consiglio dell'Onu per i diritti umani non ha accolto, su pressione dell'Arabia Saudita, la proposta di una commissione internazionale dipendente d'inchiesta sulle violazioni del diritto umanitario in Yemen;
          la richiesta era stata sostenuta dai Paesi dell'Unione europea, tra cui l'Italia, ma è stata in seguito ritirata dall'Unione europea senza alcuna motivazione. Il Consiglio dell'Onu per i diritti umani ha dovuto pertanto accettare la proposta di una inchiesta da parte delle autorità yemenite;
          da fonti di stampa si apprende che il Ministro della difesa italiano, Roberta Pinotti, ha incontrato a inizio ottobre a Riad, in Arabia Saudita, il vice erede al trono e responsabile del dicastero della Difesa, Mohammed bin Salman;
          secondo quanto riferiscono fonti del Ministero della difesa, i due esponenti si sono incontrati presso il palazzo di Al Yamamah e hanno discusso lo stato delle relazioni bilaterali tra i due Paesi, con particolare attenzione al settore difesa affrontando anche gli ultimi sviluppi della situazione in Medio Oriente;
          secondo quanto riferisce l'agenzia di stampa saudita «Spa», all'incontro hanno partecipato: l'assistente segretario per la Difesa, Mohammed Ayesh, il capo di Stato maggiore, Abdulrahman al Banyan, Fahd al'Aysa consulente reale della difesa e altri funzionari del Ministero della difesa saudita;
          all'incontro ha preso parte anche l'ambasciatore italiano in Arabia Saudita, Luca Ferrari, il segretario generale della difesa e direttore nazionale degli armamenti, Carlo Magrassi;
          si apprende inoltre che il dialogo tra le parti si sarebbe concentrato sulla consegna di armamenti navali  –:
          se il Ministro interrogato intenda fare luce sulle ragioni della propria visita in Arabia Saudita e del suo incontro con esponenti del    Governo saudita;
          per quali ragioni si sia resa necessaria la partecipazione a tale incontro del segretario generale della difesa e direttore nazionale degli armamenti, Carlo Magrassi;
          quali siano stati gli esiti dell'incontro bilaterale;
          se sia da ritenersi fondata la notizia di trattative che prevedano l'invio di armamenti dall'Italia all'Arabia Saudita e in caso affermativo, se si intenda garantire la necessaria trasparenza, prevista peraltro dalla legislazione italiana in materia.
(4-14483)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:


      PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          stando alle notizie circolanti, la Nuova Cassa di risparmio di Ferrara sembrerebbe l'unica delle quattro new good bank per la quale non esista un reale interessamento all'acquisizione da parte del mercato, nonostante le relative condizioni siano estremamente vantaggiose;
          già all'epoca dell'avvio della procedura di risoluzione per le quattro banche (Banca delle Marche, Banca popolare dell'Etruria, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti), l'acquisizione della Cassa di risparmio di Ferrara (Carife) era considerata da tutti la meno problematica rispetto alle altre tre, al punto da essere l'unica per la quale sembrava, fino a poche settimane fa essersi trovata una soluzione nell'ambito del fondo interbancario;
          la Carife non ha mai smesso di rappresentare un presidio di credito indispensabile per l'economia del territorio ferrarese  –:
          quali siano le ipotesi attualmente in stato di valutazione per salvaguardare il futuro dell'istituto, con particolare riferimento a quelle che garantiscono i diritti dei lavoratori e della clientela. (5-09747)


      SANDRA SAVINO e GIAMMANCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il comune di Bagheria, in provincia di Palermo è una cittadina molto popolosa di quasi 60 mila abitanti e, dopo Palermo, è il comune più popolato della città metropolitana e il dodicesimo della Sicilia, facendo, inoltre, capo a un comprensorio di oltre 80 mila abitanti;
          da fonti interne alla direzione regionale si è appreso che sarebbe imminente la chiusura della sede dell'Agenzia delle entrate del citato comune;
          con il decreto-legge n.  95 del 2012, «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario», all'articolo 16, sono stati stabiliti ingenti tagli agli enti locali e ai piccoli centri, con particolare riferimento alla regione Siciliana; il decreto-legge citato ha stabilito una riduzione dei trasferimenti erariali dovuti ai comuni della regione Siciliana e della regione Sardegna di 500 milioni di euro per l'anno 2012, di 2.250 milioni di euro per l'anno 2013, di 2.500 milioni di euro per l'anno 2014 e di 2.600 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015;
          la chiusura dell'Ufficio dell'Agenzia delle entrate di Bagheria comporterebbe disagi e disservizi per il vasto bacino di utenti, imprese, professionisti e cittadini, e finirebbe per penalizzare una città che da sempre è stata sede di istituzioni;
          inoltre, i lavoratori della sede di Bagheria sarebbero costretti ad un pendolarismo di almeno due ore per raggiungere la sede dell'Agenzia delle entrate di Palermo oppure di Termini Imerese;
          la soppressione dell'ufficio dell'Agenzia delle entrate di Bagheria rappresenterebbe una pesante riduzione dei servizi essenziali e un inevitabile allentamento dell'azione di contrasto all'evasione fiscale;
          all'origine della decisione di chiudere la sede di Bagheria dell'Agenzia delle entrate, ci sarebbe, a quanto consta agli interroganti, il mancato accordo economico con i proprietari del locale che la ospita per il rinnovo del contratto di locazione (ubicata in zona centrale);
          nel comune di Bagheria sono presenti numerosi immobili confiscati alla mafia, che potrebbero ospitare la nuova sede dell'Agenzia delle entrate, con condizioni contrattuali che prevedano un canone di affitto agevolato;
          quali    iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato, compatibilmente con le linee di politica economica di risparmio imposte alle amministrazioni locali, al fine di scongiurare la chiusura della sede di Bagheria dell'Agenzia delle entrate, anche attraverso l'utilizzo di uno degli immobili confiscati alla mafia presenti nel comune. (5-09748)


      CAUSI e PELILLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la legge 11 marzo 2014, n.  23, di delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita (cosiddetta delega fiscale), all'articolo 3, comma 1, lettera f), prevede che il Governo rediga annualmente, anche con il contributo delle regioni in relazione ai loro tributi e a quelli degli enti locali del proprio territorio, un rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto dell'evasione fiscale e contributiva, da presentare alle Camere, contestualmente alla nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Def);
          in attuazione della citata disposizione è stato emanato decreto legislativo 24 settembre 2015, n.  160, il quale, a norma dell'articolo 2, comma 1, aggiunge l'articolo 10-bis. 1 alla legge 31 dicembre 2009, n.  196, relativo al contrasto e al monitoraggio dell'evasione fiscale e contributiva ed ai relativi profili di pubblicizzazione dei risultati;
          il nuovo articolo 10-bis 1 prevede, in particolare, che il Governo presenti annualmente il citato rapporto, ivi distinguendo tra imposte accertate e riscosse, nonché tra le diverse tipologie di avvio delle procedure di accertamento, oltre a contenere i risultati del recupero di somme dichiarate e non versate e degli effetti della correzione di errori nella liquidazione sulla base delle dichiarazioni;
          è altresì previsto che la relazione contenga un aggiornamento, sulla base dei confronti tra i risultati ottenuti e gli obiettivi prefissati delle strategie per il contrasto dell'evasione fiscale e contributiva, evidenziando, ove possibile, il recupero di gettito attribuibile alla maggiore propensione all'adempimento da parte dei contribuenti (tax compliance);
          la Nota di aggiornamento al Def del 2015, redatta sulla base dei criteri previsti dalla legge di stabilità 2013 (articolo 1, comma 299, della legge 24 dicembre 2012, n.  228), conteneva il rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto dell'evasione fiscale svolta nell'anno 2014 dalle strutture dell'Amministrazione finanziaria, inclusivi degli effetti realizzati da specifiche misure normative introdotte negli anni precedenti la riforma del sistema fiscale prevista nella citata legge delega;
          ad oggi il citato rapporto non risulterebbe ancora presentato  –:
          quali siano i tempi di trasmissione alle Camere del citato rapporto ai fini della sua valutazione, volta ad orientare le strategie per il contrasto dell'evasione fiscale e contributiva, in considerazione del fatto che il documento andrebbe comunque ufficializzato e trasmesso, anche successivamente all'approvazione della Nota di aggiornamento al Def da parte del Parlamento. (5-09749)


      RUOCCO e PESCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          in tema di costituzione del plafond IVA per le cessioni di beni, destinate ad essere consumate fuori dal territorio comunitario, non contestuali alla loro collocazione in territorio extra doganale, sussiste un contrasto giurisprudenziale in merito all'applicazione dell'articolo 8, comma 1, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica n.  633 del 1972;
          il fenomeno della collocazione temporanea in territorio extra doganale si verifica soprattutto in occasione della partecipazione a fiere, mostre, mercati nonché per le cessioni di beni nei Duty Free posti nei porti, negli aeroporti e nelle stazioni di frontiera, quest'ultimi considerati luoghi di vendita extra doganali dall'articolo 128 della legge Doganale n.  43 del 1973;
          la collocazione «allo Stato estero» dei prodotti avviene a cura del cedente e assume fondamentale rilevanza ove si tenga presente che l'articolo 15, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 77/388/CEE (oggi articolo 146, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 112/2006/CE) stabilisce che «Gli stati membri esentano le seguenti operazioni: a) le cessioni di beni spediti o trasportati, dal venditore o per suo conto, fuori dalla Comunità»;
          tali cessioni non vanno confuse con quelle previste e disciplinate dall'articolo 147, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CEE (che richiama l'articolo 146, paragrafo 1, lettera b), della direttiva) e si riferiscono a beni destinati ad essere trasportati nel bagaglio personale dei viaggiatori che non sono stabiliti nella Comunità e il cui valore complessivo della cessione, compresa l'IVA, superi la somma di 175 euro (condizioni trasfuse nell'articolo 38-quater del decreto del Presidente della Repubblica n.  633 del 1972);
          è uniforme e l'interpretazione ministeriale sulla non imponibilità delle cessioni in argomento (tra tante: Agenzia delle entrate - risoluzione n.  94/E del 13 dicembre 2013; compartimento doganale di Milano, lettera protocollo n.  16428 del 15 dicembre 1988);
          vi è contrasto invece nelle decisioni giurisprudenziali di legittimità: con la sentenza n.  22312/2010, la Corte di cassazione ha riconosciuto il diritto alla costituzione del plafond per le vendite nei duty free a viaggiatori diretti in paesi extra CEE; diversamente, con la sentenza 21988/13 la stessa Corte ha espresso un orientamento contrario, a sua volta superato da successive decisioni contrarie  –:
          quali iniziative di competenza, anche normative intenda adottare per porre rimedio al conflitto interpretativo in merito all'applicazione dell'articolo 8 comma 1, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 alle cessioni di beni previamente collocate dall'operatore commerciale in territorio extra doganale. (5-09750)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il 20 marzo 2009 è stata completata la cessione della partecipazione maggioritaria della Cassa di Risparmio di Orvieto spa, pari al 73,57 per cento del capitale al Gruppo Banca Popolare di Bari. In seguito all'operazione di cessione la Fondazione Cassa di risparmio di Orvieto ha ridotto la quota di partecipazione al 26,43 per cento del capitale sociale;
          in data 11 luglio 2016 è stato presentato un esposto alla procura di Orvieto (TR), finalizzato ad accertare eventuali violazioni normative nelle fasi di collocazione, da parte della Cassa di risparmio di Orvieto, degli strumenti finanziari denominati «Banca Popolare di Bari 6,5% 2014/2021 subordinato TIER II». Gli strumenti finanziari in oggetto sono particolarmente legati al valore della quotazione delle azioni della Banca Popolare di Bari. Tali azioni sono negoziate in un mercato «over the counter» e per questa ragione risultano essere di fatto illiquide. La quotazione originaria delle azioni della Banca Popolare di Bari era pari a 9,53 euro, mentre, in seguito all'approvazione del bilancio 2015 il valore delle stesse è stato ridotto a 7,50 euro;
          gli strumenti finanziari subordinati denominati «Banca Popolare di Bari 6,5% 2014/2021 subordinato TIER II» sono stati distribuiti prevalentemente ad una clientela retail. Famiglie e pensionati hanno di fatto sottoscritto strumenti finanziari caratterizzati da una elevata complessità e da un alto rischio di perdita di valore nominale. La questio desta particolare attenzione per i possibili pregiudizi economici e sociali connessi ad una «svalutazione» del valore nominale degli strumenti finanziari sottoscritti e soprattutto ad una eventuale conversione degli stessi in azioni bancarie illiquide e – secondo gli interroganti con molta probabilità – prive di valore;
          la normativa attualmente in vigore per gli interroganti non soddisfa le crescenti esigenze di trasparenza dei rischi connessi alla sottoscrizione di strumenti finanziari e si mostra pertanto inadeguata a tutelare i risparmiatori lasciandoli privi delle informazioni utili ad effettuare una corretta valutazione del grado di rischio degli stessi strumenti finanziari. Spesso la collocazione dei medesimi strumenti finanziari da parte delle banche avviene in dubbie circostanze di conflitto di interessi e per tal motivo si reputa necessario un intervento delle preposte autorità al fine di vietare categoricamente l'offerta al pubblico risparmio di strumenti finanziari rischiosi e non coerenti al profilo di rischio di famiglie e pensionati  –:
          quali siano le iniziative di competenza che il Governo intenda assumere al fine di vietare categoricamente l'offerta al pubblico risparmio di strumenti finanziari non coerenti al profilo di rischio di famiglie e pensionati e tutelare i risparmiatori, evitando che possano determinarsi situazioni potenzialmente pregiudizievoli come quelle ricollegabili alla vicenda della Cassa di risparmio di Orvieto e della Banca popolare di Bari. (5-09746)

Interrogazione a risposta scritta:


      BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          nella notte del 24 agosto 2016 un violento terremoto ha portato distruzione e morte in numerose regioni delle Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo;
          in particolare, l'evento calamitoso ha colpito maggiormente i paesi di Amatrice, Pescara del Tronto, Accumoli e Arquata;
          il primo settembre 2016, il Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan, ha firmato il decreto di sospensione che indica l'elenco dei comuni delle Marche, dell'Abruzzo, del Lazio e dell'Umbria in cui si applica la misura della sospensione dei termini tributari a favore dei contribuenti colpiti dagli eccezionali eventi sismici del giorno 24 agosto 2016;
          pertanto dal 24 agosto 2016 sono sospesi i versamenti delle imposte e gli adempimenti tributari per tutti i contribuenti (persone fisiche, imprenditori, persone giuridiche) che sono residenti o operano nei comuni colpiti dal terremoto che ha interessato il Centro Italia. La sospensione riguarda anche i versamenti e gli adempimenti derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione e quelli conseguenti ad accertamenti esecutivi;
          nelle zone colpite dall'evento sismico moltissime case sono state distrutte o rese inagibili pertanto i cittadini sono stati costretti a trovare altra sistemazione in attesa della eventuale ricostruzione delle proprie abitazioni;
          considerata la difficoltà a ricevere la posta all'indirizzo di residenza, accade che ai cittadini che si rivolgono a Poste Italiane per chiedere il servizio «Seguimi» – che consente di continuare a ricevere regolarmente tutta la corrispondenza a nuovo recapito, anche se inviata a quello vecchio – viene richiesto il pagamento del servizio, pari a ventiquattro euro;
          Poste Italiane è una società per azioni in cui lo Stato italiano, tramite il Ministero dell'economia e delle finanze, è l'azionista di maggioranza, detenendo circa il 60 per cento del capitale sociale;
          il servizio «Seguimi» offerto da Poste Italiane è, in effetti, un servizio a pagamento, in tali circostanze si ritiene alquanto inopportuno chiederne il pagamento, poiché i cittadini che ne fanno richiesta si trovano in circostanze e condizioni per le quali, hanno necessità di trovare una temporanea sistemazione indipendente dalla loro volontà  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
          se il Governo non ritenga di dover assumere iniziative – come già disposto con apposito decreto del 1o settembre 2016 in favore delle popolazioni colpite dal terremoto con il quale è prevista la possibilità di usufruire dei criteri di esenzione –    per prevedere nuove e urgenti misure in favore di quei cittadini che colpiti dall'evento calamitoso del 24 agosto 2016 necessitano del servizio di Poste Italiane «Seguimi», al fine di esentarli dal pagamento del servizio. (4-14464)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


      SBROLLINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          negli ultimi giorni il Corriere del Veneto ed Il Giornale di Vicenza hanno evidenziato come nell'edificio del nuovo tribunale di Vicenza con sede Borgo Berga – Via Ettore Gallo, 24 – 36100 Vicenza insistano importanti crepe nella muratura ed infiltrazioni d'acqua piovana che mettono a rischio l'incolumità dei lavoratori e compromettono il decoro della struttura;
          il presidente del tribunale di Vicenza, Alberto Rizzo, alla luce delle nuove problematiche comparse nella struttura dell'edificio ha immediatamente investito della questione il comune di Vicenza e convocato la commissione permanente competente, sollecitando tempestivi e risolutivi interventi diretti a sanare le disfunzioni che si sono presentate. Il comune di Vicenza, proprietario dell'immobile è stato sollecitato ad intervenire immediatamente. È inaccettabile che un edificio pubblico, ancor più un palazzo di giustizia, sia in queste condizioni: occorre immediatamente non solo accertare le responsabilità che hanno portato al verificarsi di questa situazione, ma anche garantire al più presto la massima sicurezza e la funzionalità di un edificio strategico per il territorio fortemente impegnato a garantire la domanda di giustizia  –:
          se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
          se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per garantire la sicurezza, la piena funzionalità e l'ordinato e continuo svolgimento della funzione giudiziaria presso il nuovo tribunale di Vicenza. (3-02552)

Interrogazione a risposta scritta:


      GAROFALO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          secondo lo schema di decreto ministeriale, che prevede la modifica delle piante organiche degli uffici giudicanti e requirenti di primo grado (conseguente alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie di cui ai decreti legislativi 7 settembre 2012, n.  155 e n.  156) trasmesso dal Ministero della giustizia, con nota del 19 luglio 2016, il distretto di Messina subirebbe, a giudizio dell'interrogante, un'ingiustificata riduzione del numero dei giudici;
          il tribunale di Messina perderebbe due magistrati del giudicante in pianta organica, mentre Barcellona e Patti perderebbero un magistrato in servizio al requirente ciascuna;
          il predetto schema di decreto, sul presupposto dell’«incidenza della criminalità organizzata» e nell'ottica «di salvaguardare ed anzi valorizzare la complessiva efficacia dell'intervento giudiziario» (come si legge a pagina 23 della relazione ministeriale sul progetto di rideterminazione delle piante organiche del personale degli uffici giudiziari), premia alcuni tribunali limitrofi (come quelli Catania e Reggio Calabria), con la previsione di sensibili aumenti d'organico, omettendo di considerare che Messina ha le medesime esigenze e subisce – con maggiori aggravi processuali – la medesima realtà criminale, posta com’è al crocevia tra la mafia palermitana e la ’ndrangheta calabrese;
          lo schema di decreto ministeriale – che secondo la relazione tecnica illustrativa dovrebbe rispondere a criteri oggettivi e omogenei – nella sua concreta applicazione tradisce, secondo l'interrogante, le premesse poste e regola con criteri disomogenei condizioni di fatto analoghe;
          dalla relazione tecnica si evince per l'interrogante che si continua ad applicare il metodo di «contare» i processi, anziché valutare il loro peso specifico, in funzione sia della natura dei reati contestati, sia del numero degli imputati, con la conseguente distorta distribuzione delle risorse di personale;
          ogni giudice civile del distretto di Messina riesce a smaltire 500/550 cause ogni anno (vantando così un indice di produttività nettamente superiore alla media nazionale) e, invece, ha un ruolo personale con un carico medio di 1.400/1.500 cause e una sopravvenienza annuale di 400/500 cause;
          i giudici del distretto di Messina lavorano in condizioni ambientali e logistiche di grande difficoltà e, pur avendo indici di produttività tra i più elevati del Paese (come segnalato dai dati statistici ministeriali), riescono a fronteggiare solo le sopravvenienze e a ridurre in minima parte l'immensa mole di cause civili ultradecennali;
          il tribunale di Messina è al 134o posto su 139 (quanto a sopravvenienze) e al 128o posto quanto ad affari pendenti sul ruolo d ciascun giudice;
          il tribunale di Messina è stato interessato negli ultimi anni anche dagli effetti dell'esplosione del fenomeno dell'immigrazione clandestina, con un vertiginoso aumento di affari penali e di volontaria giurisdizione in materia di minori non accompagnati e l'organico ordinario del tribunale non consente di fronteggiare queste sopravvenienze;
          il fenomeno dell'arretrato accumulato nel distretto di Messina, unito alle sopravvenienze, è ormai strutturale e non può essere «aggredito» se non con una adeguata previsione di aumento di organico;
          lo stesso presidente del tribunale di Messina, nella relazione al piano ha evidenziato come, se verranno sottratti magistrati al tribunale, non sarà in grado di soddisfare le esigenze di giustizia della cittadinanza;
          il piano enuncia espressamente di soddisfare le esigenze di giustizia che provengono dal tessuto produttivo dei distretti del Nord Est del Paese e, di fatto, per l'interrogante trascura un distretto complicato come quello di Messina che deve far fronte alle emergenze della criminalità organizzata, dei nuovi flussi migratori che la riguardano e dei quali non si può non tenere conto  –:
          alla base di quali criteri di razionalità e, soprattutto, di efficienza, il Ministro interrogato abbia ipotizzato di ridurre di quattro unità il numero dei giudici del distretto di Messina, nonché se, alla luce delle criticità riscontrate, non sia il caso di invertire il segno dell'intervento, disponendo un aumento, anziché una diminuzione dell'organico nel distretto sopra richiamato come è attualmente previsto. (4-14469)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      BRANDOLIN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          nel mese di settembre 2016, il Ministro interrogato ha trasmesso alle regioni Friuli Venezia Giulia, Marche, Abruzzo e Puglia le proposte di nomina dei presidenti delle AdSP del Mare Adriatico Orientale, del Mare Adriatico Centrale e del Mare Ionio, ai fini dell'intesa con le regioni interessate;
          in data 16 settembre 2016 la presidente della regione Friuli Venezia Giulia ha chiesto di inserire il porto di Monfalcone, classificato di categoria II, classe I, ossia «porto di rilevanza economica nazionale» ai sensi della legge n.  84 del 1994, la cui gestione è stata a suo tempo trasferita all'amministrazione regionale, all'interno dell'AdSP del Mare Adriatico Orientale;
          tale richiesta, ad avviso dell'interrogante, va nella giusta direzione auspicata dal decreto legislativo 4 agosto 2016, n.  169, tendente a superare le dimensioni delle autorità «monoscalo» e a mettere in sinergia i diversi porti nell'ambito dei corridoi europei e delle reti Ten-T come approvate dal Parlamento europeo;
          la nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 6 ottobre 2016 chiarisce molto opportunamente che le esistenti autorità portuali agiscono in regime di prorogatio, in attesa della costituzione degli organi delle istituende autorità di sistema portuale e che pertanto si devono astenere, al pari delle società partecipate dai predetti enti, dal procedere a nomine e che quelle eventualmente effettuate nella fase di prorogatio sono da ritenersi illegittime;
          è indispensabile procedere alla nomina dei presidenti e degli organi delle autorità di sistema portuale almeno per quelle ove è già iniziato l’iter: Autorità del Mare Adriatico Orientale, del Mare Adriatico Centrale e del Mare Ionio  –:
          se e in quali tempi si intendano concludere le procedure per le tre autorità suddette;
          se e in quali tempi si intenda procedere per le altre 12 autorità di sistema portuale in modo da consentire l'efficienza e l'efficacia del sistema portuale italiano;
          se si intenda accogliere la richiesta tempestivamente avanzata dalla regione Friuli Venezia Giulia tesa ad inserire il porto di Monfalcone nell'autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Orientale. (5-09738)


      BURTONE, CUOMO e BATTAGLIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          si apprende da organi di informazione che la possibile fermata del treno «Frecciarossa», lungo la tratta ferroviaria Roma-Taranto, per quanto concerne la provincia di Matera potrebbe essere Metaponto;
          per quanto si tratti di una ipotesi, in considerazione del fatto che Rfi e Trenitalia non hanno ancora comunicato ufficialmente alcuna decisione circa l'utilizzo del Frecciarossa lungo la citata tratta, la pubblicazione in merito alla questione da parte degli organi di informazione ha suscitato un vivace dibattito in quanto la previsione originaria della possibile fermata avrebbe riguardato la stazione di Ferrandina;
          è del tutto evidente che si tratta di due scali molto importanti e che non dovrebbero assolutamente diventare motivo di conflitto;
          appare inutile e dannoso, in un territorio in cui vi sono gravi pregiudizi al diritto alla mobilità, innescare tensioni che rischiano di non produrre alcun risultato positivo per la comunità materana;
          la stazione di Ferrandina è di fatto la stazione della città di Matera capitale europea della cultura per l'anno 2019 e ricade in un ambito territoriale assolutamente importante per tutto l'asse basentano e per la collina materana;
          occorre fare chiarezza innanzitutto sulla prospettiva del «Frecciarossa» anche in considerazione dei risultati registrati fino ad oggi dal servizio Freccialink avviato da Trenitalia con l'orario estivo  –:
          se corrisponda al vero quanto riportato in premessa e se il Ministro interrogato non ritenga opportuno contribuire a fare chiarezza circa le prospettive della linea ferroviaria del Frecciarossa sopra richiamato anche in riferimento ai costi da sostenere, nonché rispetto alle eventuali fermate previste nella regione Basilicata, considerato che, per gli interroganti, quella di Ferrandina sarebbe una fermata dettata dalla razionalità e non certo da ragioni di campanile. (5-09743)


      CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          nel corso dell'ultimo convegno Mercintreno, svoltosi a Roma il 4 e 5 ottobre 2016, Ivano Russo, consigliere del Ministro Graziano Delrio, discutendo del rilancio del cargo ferroviario, ha affermato che «nel 2016 si è sicuramente invertita una tendenza al declino del trasporto merci ferroviario e intermodale» e che il «2017 deve essere l'anno in cui si consolida la crescita e si avvia una svolta definitiva per lo sviluppo del settore»;
          questa positiva aspettativa rischia però di essere compromessa, a causa di un evento potenzialmente disruptivo, sia per le imprese private che operano nel cargo ferroviario, sia per il principale concorrente di Trenitalia nel trasporto passeggeri nazione;
          infatti, secondo quanto emerso nel corso della medesima edizione di Mercintreno, e ampiamente documentato sulla stampa, non solo di settore (si vede al proposito ex pluribus Corriere della Sera dell'8 ottobre 2016), la direzione per il trasporto regionale di Trenitalia avrebbe avviato una procedura di reclutamento, senza bando, per oltre un centinaio di macchinisti già formati e operanti in altre aziende concorrenti, da destinare al servizio regionale di Trenitalia;
          in caso di esito positivo delle procedure di reclutamento, le imprese di provenienza dei macchinisti perderebbero percentuali anche molto rilevanti del loro personale qualificato (per Nuovo Trasporto Viaggiatori si parla del 25 per cento dei macchinisti, per alcune imprese minori del cargo, la percentuale è addirittura maggiore) e vedrebbero gravemente compromessa la loro capacità di rispettare i contratti già in essere o addirittura di sopravvivere nel breve termine, in ragione dei lunghi tempi (da uno a due anni) richiesti per la formazione di nuovi macchinisti;
          si andrebbero così a colpire quelle piccole ma dinamiche imprese entrate sul mercato a partire dalla liberalizzazione del 2001, la cui attività ha consentito, finora, di tamponare il progressivo abbandono da parte dell'ex monopolista del settore cargo ferroviario, settore comunque tragicamente contrattosi negli ultimi anni, dai 70 milioni di Treni-chilometri prodotti nel 2007 ai 44 milioni di Treni-chilometri prodotti nel 2015;
          tra l'altro, risulta all'interrogante che diverse società del Gruppo FS dispongono di numerosi macchinisti in esubero, che ben avrebbero potuto essere destinati al trasporto regionale senza la necessità di sottrarli, in numero così elevato, ai propri concorrenti;
          infine, la tendenziale stabilità di traffico che caratterizza il trasporto passeggeri regionale avrebbe consentito un'agevole pianificazione delle necessità in termini di risorse umane, con la conseguente possibilità di avviare per tempo gli iter formativi;
          anche al fine di prevenire un possibile contenzioso giudiziario per abuso di posizione dominante o pratiche anticoncorrenziali (che risulterebbe adombrato nella diffida inoltrata a Trenitalia da Nuovo Trasporto Viaggiatori), risulta opportuno un intervento del Governo, finalizzato a guidare le imprese del settore ferroviario a superare le carenze di forza lavoro che, paradossalmente, in tempi di forte disoccupazione, si stanno manifestando, evitando per quanto possibile una «cannibalizzazione» delle risorse umane tra le imprese italiane del settore  –:
          di quali    ulteriori elementi disponga il Governo circa quanto esposto in premessa;
          quali iniziative di competenza intenda il Governo adottare per affrontare la situazione descritta in premessa;
          se il Governo non ritenga di assumere specifiche informazioni, presso tutte le imprese ferroviarie, in materia di programmi di formazione e di assunzione di nuovi macchinisti e di altre figure professionali per il biennio 2016-2017;
          se il Governo non ritenga di convocare a tal fine un tavolo tecnico, con la partecipazione di tutti gli operatori interessati, sia nel trasporto ferroviario-merci che in quello passeggeri, al fine di gestire la vicenda conformemente agli obiettivi prefissati di mantenimento ed espansione dei treni-chilometri movimentati e senza produrre una lesione della libera e leale concorrenza tra gli operatori. (5-09761)

Interrogazione a risposta scritta:


      MELILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il collegamento Pescara-Foggia con treni regionali ad oggi continua ad essere poco efficiente e addirittura più costoso rispetto a situazioni analoghe;
          nel resto d'Italia, infatti, per relazioni come Pescara-Ancona, Ancona-Bologna, Bologna-Milano opera un unico treno regionale; nel caso della tratta Pescara-Foggia i treni diventano due: il primo Pescara-Termoli, il secondo Termoli-Foggia;
          in questo modo si penalizzano fortemente i pendolari della tratta sia in termini di costi che in termini di qualità del servizio  –:
          se non si intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a migliorare il trasporto ferroviario in Abruzzo secondo criteri di efficienza, qualità e riduzione di costi per l'utenza.
(4-14477)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MORANI e ERMINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          la trasmissione televisiva «le Iene» si è recentemente occupata di presunte irregolarità nella raccolta delle firme per la presentazione delle candidature del M5S alle elezioni amministrative di Palermo nel 2012;
          le presunte irregolarità sono state segnalate, alle «Iene», da un anonimo, e riguardano la raccolta di firme a sostegno della lista del M5S, previste per legge per poter partecipare alle elezioni amministrative e fatte autenticare da un pubblico ufficiale;
          in merito a tale vicenda nel 2013 vi è stata anche una indagine avviata dalla digos conclusasi con archiviazione;
          «Le Iene» hanno mandato in onda l'intervista di due attivisti 5 Stelle già sentiti per l'indagine di cui in premessa confermando quanto denunciato;
          il professore Vincenzo Pintagro, che nel 2012 era candidato nella lista del M5S alle amministrative, ha testualmente dichiarato: «C’è stato qualcosa che non si sarebbe dovuto assolutamente fare, un'irregolarità palese. Cioè, quando si sono raccolte le firme, io ho trovato due persone che stavano ricopiando 2000 firme e in quella sede, che era la nostra, dissi subito, e fui il solo, “Ragazzi, ma siete pazzi ? Noi stiamo commettendo tutti quanti un reato, un reato penale”»;
          le due persone chiamate in causa dal professore Pintagro sono Samantha Busalacchi, tra i possibili candidati a sindaco di Palermo per il M5S alle prossime elezioni, e una deputata del Movimento, le quali, intervistate, hanno sostenuto di non saperne nulla;
          la stessa documentazione, in base a quanto affermato dall'anonimo, sarebbe stata consegnata anche alla procura di Palermo e all'attuale vicepresidente della Camera Luigi Di Maio;
          la trasmissione televisiva è, inoltre, entrata in possesso dei moduli delle firme depositate dai 5Stelle, dove sono stati individuati i 50 nomi e cognomi riportati sui documenti inviati dall'anonimo denunciante;
          i firmatari in questione raggiunti dall'inviato della trasmissione hanno riconosciuto la non autenticità della firma sui moduli consegnati ufficialmente  –:
           se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e se, alla luce di quanto riportato e di quanto emerso attraverso i servizi televisivi, non ritengano opportuno assumere iniziative, anche normative, al fine di evitare il ripetersi di simili, inquietanti, episodi. (5-09744)

Interrogazioni a risposta scritta:


      COZZOLINO e LOMBARDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il decreto legislativo 19 agosto 2016, n.  177, all'articolo 3, comma 1, demanda al Ministro dell'interno, tramite proprio decreto, l'adozione di norme volte alla razionalizzazione della dislocazione delle forze di polizia sul territorio; tuttavia, lo fa senza fornire criteri precisi in base ai quali razionalizzare i comparti speciali della polizia di Stato, tra cui figura anche quello relativo alla sicurezza postale e delle comunicazioni;
          recenti episodi di cronaca hanno dimostrato la diffusione e la pericolosità sociale di fenomeni qual ad esempio il cyber-bullismo e il sexting che, tramite la diffusione virale sulla rete internet e sui social network, hanno condotto alcune persone al suicidio;
          per arginare e controllare queste ed altre forme di abuso dell'utilizzo della rete internet e dei social network, nonché ulteriori reati perpetrati tramite il mezzo informatico, è di fondamentale importanza il lavoro svolto dalla polizia postale  –:
          se e con quali modalità le sezioni di polizia postale saranno oggetto della razionalizzazione delle forze di polizia di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n.  177 del 2016;
          se e in quali tempi il Governo intenda assumere iniziative per elaborare una disciplina organica di riforma del comparto sicurezza e difesa, che contenga criteri in grado di orientare in modo preciso i relativi interventi di razionalizzazione.
(4-14466)


      PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nella mattinata dell'11 ottobre 2016 è stato effettuato uno sgombero dalle forze dell'ordine in relazione a un'occupazione a scopo abitativo in via De Maria a Bologna;
          l'occupazione, su iniziativa del collettivo Social Log, era in corso dal marzo 2014, in un immobile proprietà di privati, allora inutilizzato da anni;
          al momento dello sgombero, risiedevano nella palazzina 16 nuclei famigliari, corrispondenti a 65 persone, di cui 25 minori;
          secondo l'assessore ai servizi sociali del comune di Bologna, le operazioni si sarebbero svolte senza creare problemi alle famiglie che erano all'interno della struttura;
          altre fonti parlano tuttavia di uno sgombero violento, che avrebbe comportato il ferimento di alcune persone all'interno della propria abitazione;
          la cronaca locale riporta anche di ostacoli posti dalle forze dell'ordine ai giornalisti presenti nello svolgere il loro dovere di cronaca;
          nelle    cariche che hanno contraddistinto l'ultima fase dello sgombero, indirizzate a manifestanti esterni, a quanto consta all'interrogante sarebbe rimasto ferito anche un consigliere di quartiere giunto sul posto come altri pubblici amministratori per favorire un esito non cruento dell'intervento;
          alla sola consigliera comunale presente è stato inoltre impedito, nonostante le reiterate richieste, di entrare nell'immobile, per verificare il corretto svolgimento delle operazioni e il coinvolgimento dei servizi sociali;
          la presenza significativa di minori doveva infatti consigliare di metterli al riparo da qualsiasi trauma, diretto e indiretto  –:
          se e come intenda attivarsi per verificare che tutte le procedure adottate dalle forze di polizia siano state corrette e che non ci sia stato alcun tipo di uso della forza nei confronti delle famiglie occupanti. (4-14473)


      MUCCI e PRODANI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          la normativa vigente in materia di presentazione delle liste elettorali, per le consultazioni per il rinnovo degli enti locali, prevede la sottoscrizione delle stesse, da parte di un numero congruo di elettori alla presenza di un incaricato di pubblico ufficio;
          secondo quando riportato da «il Fatto Quotidiano» e «Il Resto del Carlino» del 31 ottobre 2014, la procura di Bologna ha aperto un fascicolo sulle presunte irregolarità nella raccolta delle firme del MoVimento 5 Stelle per il rinnovo del consiglio regionale dell'Emilia-Romagna;
          quest'ultimo fatto sarebbe anche stato oggetto di una specifica denuncia, da parte di due attivisti del Movimento con prove documentate anche da un apposito cd, ai carabinieri della compagnia di Vergato, durante la raccolta delle firme per la sottoscrizione delle liste elettorali a Bologna e provincia;
          secondo le accuse almeno in quattro occasioni le firme sarebbero state raccolte in modo palesemente irregolare, perché la sottoscrizione sarebbe addirittura avvenuta a Roma, dal 10 al 12 ottobre, durante il raduno del MoVimento 5 Stelle al Circo Massimo e quindi fuori del territorio di competenza e in assenza comunque di un pubblico ufficiale che ne certificasse la regolarità e l'identità del sottoscrittore. Queste violazioni, documentate anche con foto, sono state oggetto di un approfondito articolo da parte del settimanale «L'Espresso»;
          inoltre, l'esposto, così come riferisce anche il quotidiano «la Repubblica» circostanzierebbe i fatti denunciati – raccolta irregolare delle firme – chiedendo alle autorità competenti la verifica delle firme dei sottoscrittori delle liste con il simbolo del MoVimento 5 stelle;
          infine, nella giornata del 9 ottobre 2016 la trasmissione Le Iene Show ha trasmesso un servizio su nuovi sviluppi della vicenda che riguardava la raccolta di firme a sostegno della lista M5Stelle, in un altro ambito territoriale. Il fatto nasce da una denuncia presentata alla digos, sulla base della quale risulterebbero essere state ricopiate ben 2.000 firme; la vicenda è stata già affrontata con l'interrogazione n.  4-14449 del 10 ottobre 2016;
          agli interroganti tutto ciò sembra configurare gravissime irregolarità sulle quali sarebbe necessario intervenire con estrema urgenza  –:
          di quali elementi dispongano i Ministri interrogati in relazione a quanto esposto in premessa e, fermi restando gli eventuali profili di competenza dell'autorità giudiziaria, se non intendano assumere iniziative normative per implementare la disciplina relativa alla presentazione delle liste elettorali, così da evitare il ripetersi di casi come quelli di cui in premessa, ed eventualmente per rafforzare l'apparato sanzionatorio nei confronti di coloro che    violano la normativa    medesima. (4-14474)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MARZANA, VACCA, LUIGI GALLO, SIMONE VALENTE, CHIMIENTI, D'UVA, BRESCIA e DI BENEDETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          anche quest'anno scolastico numerosi posti di dirigente scolastico rimangono vacanti: una scuola su sette è retta dal dirigente di un altro istituto;
          attualmente esistono circa 50 presidi incaricati in Italia che svolgono, a tempo determinato da ormai 10 anni ininterrottamente, la funzione di dirigente scolastico e che sono pagati come dirigenti scolastici;
          il decreto legislativo 6 marzo 1998, n.  59, articolo 28-bis, comma 3 (poi articolo 29 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165) ha stabilito che non sarebbe stato possibile conferire incarichi di presidenza a chi non avesse conseguito la relativa qualifica mediante concorso, e che essi sarebbero stati titoli valutabili proprio ai fini concorsuali;
          il legislatore, dunque, da un lato prevede una procedura concorsuale come requisito per accedere al suddetto ruolo dirigenziale, dall'altra riconosce che i presidi incaricati, svolgendo la funzione di dirigente da diversi anni, hanno maturato capacità, esperienze e competenze, ritenute essenziali per assicurare continuità amministrativa e gestionale alle scuole;
          nell'ottica di avviare un graduale superamento dell'istituto dell'incarico di presidenza, è stato bandito, nel 2002, un primo corso concorso per titoli ed esami, riservato a tutti i docenti con almeno un triennio di incarico;
          poi intanto, il legislatore è intervenuto una seconda volta, attraverso il disposto di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge n.  7 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  43 del 2005, che sebbene abbia posto fine all'attribuzione di nuovi incarichi annuali di dirigenza, ha consentito, in ogni caso, la conferma degli incarichi già conferiti;
          detta disposizione normativa ha permesso il perdurare dei residuali incarichi annuali di dirigenza, ponendo in essere una reiterazione dei relativi contratti di durata annuale dei docenti coinvolti che non è stata sanata neanche dal concorso ordinario a dirigente scolastico, bandito nel 2004, poi gravato da numerosi problemi di tipo giudiziario;
          i contratti a tempo determinato sono stati posti in essere in contrasto con la normativa che regola la materia e, in particolare, il decreto legislativo 6 settembre 2001, n.  368, ulteriormente modificato dalla legge 16 maggio 2014, n.  78, di conversione del decreto-legge n.  34 del 2014, con il quale l'ordinamento italiano ha inteso dare attuazione alla direttiva 1999/70/CE del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato;
          il contenzioso che si è generato presso il giudice del lavoro si è risolto con l'ottenimento della parità retributiva, con scatti d'anzianità e arretrati, unita al riconoscimento che lo svolgimento reiterato delle funzioni dirigenziali, che abbia superato i 3 anni, debba essere considerato identico al servizio svolto dai dirigenti assunti a tempo indeterminato;
          lo schema di decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del mese di giugno 2016, per la «Definizione delle modalità di svolgimento delle procedure concorsuali per l'accesso ai ruoli delle dirigenza scolastica», nelle premesse cita l'articolo 1, comma 2-ter, del decreto-legge n.  58 del 2014 nella parte in cui prevede che in sede di prima applicazione il bando-concorso nazionale per il reclutamento nazionale dei dirigenti scolastici riservi una quota dei posti ai soggetti: «(...) che hanno avuto la conferma degli incarichi di presidenza di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n.  7, convertito con modificazioni dalla legge 31 marzo 2005, n.  43»  –:
          a predisporre iniziative volte alla semplificazione e al superamento del residuale istituto della conferma dell'incarico di presidenza, attraverso l'attivazione di una apposita procedura concorsuale per titoli ed esami, come disposto dall'articolo 1, comma 87 e successivi, della legge n.  107 del 2015, rivolta a tutti quei dirigenti che hanno ottenuto, a decorrere dalla o scolastico 2006/2007, la conferma dell'incarico di presidenza per almeno un triennio, secondo quanto previsto dall'articolo 1-sexies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n.  7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n.  43. (5-09760)

Interrogazione a risposta scritta:


      ATTAGUILE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          con ordinanza n.  21 (prot. 2414) del 23 febbraio 2009, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha indetto per l'anno scolastico 2008/2009 un concorso per titoli per l'accesso ai ruoli provinciali, relativi ai profili professionali dell'area A e B del personale ATA statale degli istituti e delle scuole di istruzione primaria, secondaria, degli istituti d'arte, dei licei artistici, delle istituzioni educative e delle scuole speciali statali;
          in detta ordinanza, per il profilo professionale dell'Area B di infermiere della categoria «Ausiliari, tecnici e amministrativi (Ata)» è stato previsto, come requisito di accesso la «laurea in scienze infermieristiche o altro titolo ritenuto valido dalla vigente normativa per l'esercizio della professione di infermiere»;
          il dirigente titolare dell'Ufficio scolastico regionale per il Friuli Venezia Giulia, con decreto n.  2691 del 21 marzo 2016 ha indetto il «concorso per soli titoli per l'accesso ai ruoli provinciali e per l'aggiornamento delle graduatorie provinciali permanenti relativamente all'anno scolastico 2016/2017, per il profilo professionale di INFERMIERE (area B) nella provincia di UDINE», nel quale è prevista la «laurea in scienze infermieristiche o altro titolo ritenuto valido dalla vigente normativa per l'esercizio della professione di infermiere quale requisito per la partecipazione al concorso in perfetta aderenza all'ordinanza ministeriale n.  21/2009»;
          l'infermiere dell'Area B del personale Ata fornisce l'assistenza infermieristica negli educandati e/o convitti ai soggetti che hanno un'età compresa tra un anno e 18 anni e, nel caso di ripetenti, sino a 20 anni (per questi ultimi numero esiguo variabile ed incerto);
          il dirigente reggente dell'ufficio VIo – Ambito territoriale per la provincia di Udine, avrebbe escluso una concorrente dal concorso in possesso della laurea in infermieristica pediatrica, con l'apodittica motivazione che: «l'attività dell'infermiere pediatrico è circoscritta all'assistenza infermieristica nei confronti di soggetti di età inferiore a 18 anni, mentre l'infermiere può prestare la propria assistenza nei confronti di tutta la popolazione senza limiti di età»;
          la laurea in scienze infermieristiche comprende indistintamente i due profili di infermiere di cure generali e di infermiere pediatrico che in forza della classe L/SNT1 prevede attività formative di base comuni per i due profili;
          ai sensi dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n.  420 del 1974 «gli infermieri dei convitti e degli educandati provvedono semplicemente alla conservazione del materiale di pronto soccorso e dei medicinali di uso comune, praticano le terapie di carattere generale prescritte dal medico»;
          bisogna evidenziare però che, mentre l'infermiere di cure generali assiste i soggetti maggiorenni, è altrettanto vero che non può assistere i soggetti in età inferiore ai 18 anni, per cui il titolo di infermiere di cure generali non permetterebbe di assistere i soggetti che non abbiano raggiunto la maggiore età, dovendosi, in questo caso, possedere una laurea infermieristica più master in infermieristica pediatrica ovvero la laurea in infermieristica pediatrica (in base a quanto previsto dalla legge n.  43 del 2006);
          pertanto, risulterebbe irrazionale per l'interrogante l'interpretazione dell'amministrazione scolastica, secondo la quale, un laureato in infermieristica pediatrica non potrebbe assistere i convittori, pochi e variabili nel numero, di età superiore ai 18 anni, mentre un semplice infermiere di cure generali potrebbe assistere i convittori minori di 18 anni  –:
          quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere allo scopo di porre fine a tale discriminante interpretazione ad evidente danno degli infermieri pediatrici, pesantemente danneggiati da letture della legge basate su motivazioni che appaiono all'interrogante del tutto prive di buon senso, oltre che a dir poco di dubbia legittimità. (4-14484)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      ALBANELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          nel comune di Biancavilla (Catania), cittadina di 23.000 abitanti situata ai piedi dell'Etna, già da anni si è scoperto che, nel pietrisco lavico estratto dalla cava di Monte Calvario, situata all'interno del centro abitato, ed utilizzato per l'edilizia, è presente la fluoro-edenite, un minerale riconducibile alla famiglia degli anfiboli;
          negli ultimi 20 anni nel territorio di Biancavilla, si sono registrati 40 decessi per tumore maligno pleurico, un numero 5 volte maggiore rispetto alla media nazionale;
          le fibre di fluoro-edenite sono state riconosciute come cancerogene dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), che le inserisce nel «gruppo 1», il gruppo dei cancerogeni umani certi;
          Biancavilla è stata riconosciuta SIN (sito di interesse nazionale) ricevendo i fondi per la bonifica che è avvenuta, in particolare, nell'area di maggiore concentrazione;
          circa due anni fa, proprio a Biancavilla, ha chiuso uno dei cantieri edili più vecchi d'Italia, durato quasi 20 anni. Sono stati circa un centinaio i lavoratori, che alle dipendenze di aziende diverse, si sono avvicendati nell'opera per realizzare una galleria che fa parte integrale del completamento della rete metropolitana di Catania;
          i lavoratori che dal 1992 lavoravano all'interno della galleria vennero informati sul pericolo delle fibre del minerale nocivo solo nel 1997, dopo cinque anni di esposizione alla sostanza, senza alcuna protezione  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto descritto in premessa e se non ritengano necessario assumere iniziative per rivedere, in tale vicenda come in altre analoghe, i criteri per il riconoscimento delle tutele e dei diritti, anche di natura previdenziale, almeno in tutti i casi di decesso o in cui sia conclamata la sussistenza di patologie asbesto correlate. (5-09742)

Interrogazione a risposta scritta:


      GREGORI e FASSINA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'azienda ospedaliera San Camillo – Forlanini con il provvedimento n.  1061 dell'8 settembre 2016 ha disposto il subentro della società Mengozzi rifiuti sanitari nel servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti speciali;
          la data del subentro (1o ottobre 2016) è stata concordata tra le parti al fine di definire le procedure necessarie al cambio di appalto, compresa l'applicazione della clausola sociale che prevede l'obbligo di assunzione dei lavoratori con relative qualifiche e livelli contributivi da armonizzare con l'organizzazione d'impresa della ditta;
          dopo il subentro è avvenuto un contraddittorio fra le parti in cui è stato formalizzato nuovamente l'invito al rispetto degli obblighi stabiliti nel capitolato sociale relativi alla clausola sociale;
          la Mengozzi rifiuti sanitari adduce il proprio mancato rispetto della clausola sociale con il fatto che il personale da assumere non sia in possesso del patentino professionale ADR;
          l'Azienda ospedaliera San Camillo – Forlanini ha chiesto formalmente il 5 ottobre 2016 alla società Mengozzi rifiuti sanitari di adempiere all'obbligo di assorbimento nel proprio organico del personale già operante nell'impresa uscente  –:
          di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se non intenda convocare un tavolo istituzionale con le parli interessate al fine di agevolare una soluzione rapida della vicenda esposta in premessa e tutelare i livelli occupazionali;
          se il Governo non intenda intraprendere tutte le iniziative di competenza per fugare ogni dubbio interpretativo relativo all'applicazione della clausola sociale;
          se non si ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per escludere ogni forma di discrezionalità nell'applicazione della clausola sociale;
          quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere, con l'urgenza richiesta dal caso in esame, a tutela dei lavoratori della Sameco s.r.l. che rischiano di non essere riassunti a causa della mancata applicazione da parte della società Mengozzi rifiuti sanitari della clausola sociale. (4-14476)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CIRACÌ, PALESE, LATRONICO, CHIARELLI, MARTI, FUCCI e DISTASO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          diversi esponenti del mondo agricolo hanno manifestato grande preoccupazione per il futuro dell'olivicoltura pugliese, rilevando che «se da una parte ci si ritrova in quello che fisiologicamente è il cosiddetto «anno di scarica» in cui la pianta riposa per alternanza a seguito dell'ottima e abbondante produzione dell'anno precedente, d'altro canto è innegabile che una drastica riduzione nella produzione è dovuta ai disseccamenti diffusi nel territorio, dovuti alla diffusione di Xylella e Codiro, che hanno ridotto in sofferenza le piante»;
          stando ai dati Ismea, diffusi qualche giorno fa, quest'anno in Italia ci sarà un crollo del 38 per cento della produzione di olio, percentuale che sale al 40 per cento se si analizzano anche i dati pugliesi;
          il timore è che possa arrivare sulle tavole olio di origine non pugliese e, soprattutto, privo di quelle proprietà organolettiche che rendono il nostro olio un prodotto d'eccellenza in tutto il mondo, che la scarsità del prodotto possa fortemente incidere anche sull'occupazione nel settore dell'olivicoltura e della lavorazione delle olive e che la drastica riduzione della produzione di olio possa tradursi in un danno per i consumatori;
          si pone il problema delle frodi, stando ai sequestri effettuati dai Nuclei antisofisticazioni e sanità dell'Arma dei carabinieri;
          gli altri Paesi europei, come Turchia e Spagna, secondo i dati riportati dall'articolo pubblicato da «Quotidiano di Puglia» in data 1o ottobre 2016, vedono incrementare le loro produzioni — nell'ordine, la prima, del 17 per cento e, la seconda, almeno del 9 per cento – e dunque questo fenomeno potrebbe essere la causa secondo cui sulle tavole italiane potrà ritrovarsi un prodotto non italiano;
          quali politiche il Ministro interrogato intenda    promuovere a favore di un settore, quello olivicolo, importante per lo sviluppo economico non solo della regione Puglia, ma dell'intero Paese, già fortemente provato negli ultimi anni dalla diffusione del batterio Xylella e dal fenomeno della contraffazione del made in Italy. (5-09739)

Interrogazione a risposta scritta:


      REALACCI e TINO IANNUZZI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
          da numerosi articoli di stampa, dai media web e da un allarme lanciato da Coldiretti si apprende che nel 2016 il raccolto nazionale di castagne è in forte calo a causa dell'attacco del «cinipide galligeno del castagno», un insetto di origine asiatica;
          il sopraddetto imenottero attacca i germogli del castagno causando la formazione di galle arrestandone la crescita vegetativa e provocando una riduzione della fruttificazione con il deperimento della pianta;
          la Campania è oggi la regione più colpita e si prevede un taglio di produzione stimato al 90 per cento assieme a una già segnalata diminuzione produttiva in tutto il Sud. L'entità del danno in questa area del Paese è molto grave, trattandosi della prima regione produttrice di castagne, tra cui spiccano produzioni di valore quali la castagna di Roccamonfina, in provincia di Caserta e l'IGP di Montella, in provincia di Avellino, la castagna dei Monti Picentini e il marrone di Roccadaspide, entrambi in provincia di Salerno;
          la lotta al cinipide, compiuta nei casi migliori con il parassitoide Torymus sinensis antagonista, non è poi omogenea in tutta Italia. Mentre al Nord essa sta producendo risultati soddisfacenti, al Centro-Sud, oltre all'andamento climatico non ottimale, si è verificata una recrudescenza dei danni del cinipide, perché arrivato in queste aree più recentemente e non ancora debellato, essendo l'azione di contrasto al parassita ancora in corso;
          il raccolto di castagne nazionali, fortunatamente nell'anno corrente di qualità comunque ottima, rimarrà purtroppo inferiore ai 20 milioni di chili del 2015 e ben al di sotto delle medie storiche. Basti dire che nel 1911 la produzione dell’«albero del pane», così come veniva definitivo il castagno, ammontava a 829 milioni di chili, ma ancora dieci anni fa era il triplo rispetto a quella attuale;
          nel corso del 2015, nonostante la parziale ripresa della produzione nazionale, l'Italia ha importato oltre 32 milioni di chilogrammi di castagne, ne importavamo 6 milioni di chilogrammi nel 2010, spesso spacciate per italiane, con forti ripercussioni sui prezzi corrisposti ai produttori e con scarsa chiarezza verso in consumatori  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza della grave situazione del settore castanicolo nazionale;
          se intendano assumere iniziative urgenti per attuare una campagna informativa nazionale riservata agli operatori del settore castanicolo con l'obiettivo di limitare la diffusione del cinipide del castagno, sollecitando la diffusione del parassitoide antagonista, specie nelle regioni meridionali;
          se non ritengano di mettere in campo iniziative utili ad assicurare controlli sull'origine delle castagne, specie di importazione, così come dei prodotti a base di castagna con un codice doganale specifico, oggi assente in normativa, a tutela della produzione nazionale e del suo valore;
          se non si ritenga utile assumere iniziative, anche a livello di Unione europea, per individuare specifiche e nuove forme di indennizzo e di aiuto alla lotta biologica nel settore castanicolo, costituito da centinaia di piccole e medie imprese, spesso a conduzione familiare, gravemente minacciate dal cinipide delle castagne, che rappresentano uno degli ambiti di eccellenza della produzione agricola ed alimentare nazionale. (4-14465)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


      LOREFICE, SILVIA GIORDANO, DI VITA, GRILLO, MANTERO, COLONNESE e NESCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          le miodesopsie sono disturbi visivi caratterizzati dalla sensazione di oscuramento circoscritto del campo visivo, come se corpi puntiformi, cilindrici o di forma irregolare si interponessero tra l'occhio e l'oggetto guardato; sono dette anche con termine non tecnico «mosche volanti». Il paziente infatti, riferisce di vedere oggetti di varia forma e tipo che fluttuano dentro l'occhio e che sfuggono quando uno cerca di fissarli. Possono presentarsi sotto forma di anello, di linee, di ragnatele, di punti o forme differenti. Il soggetto continua a vedere tutto, ma con la sovrapposizione di ombre più o meno piccole in determinate aree. I corpi mobili risultano particolarmente evidenti quando la persona rivolge lo sguardo verso superfici chiare, luminose come le pareti bianche di una stanza o il cielo azzurro. La densità delle ombre può variare rendendole più o meno visibili;
          questo fenomeno è dovuto al deterioramento del corpo vitreo che inizialmente è una sostanza gelatinosa e compatta, ma che con il tempo, sia per cause naturali (età) o per altre cause (miopia, trauma e altro), perde la sua integrità facendo intravedere parte delle proteine che costituiscono il reticolo vitreale. Pertanto, le «mosche volanti» o i corpi mobili non sono altro che alcune proteine vitreali non più trasparenti ma visibili che fluttuano nel vitreo davanti alla retina;
          sono pochi gli studi effettuati sulla patologia e le cure per lo più sono sperimentali;
          in Italia tale patologia pare essere sottovalutata, in quanto non è riconosciuta e non è inserita nei LEA nonostante siano tantissime le persone colpite dalla stessa  –:
          se possa fornire i dati epidemiologici in suo possesso relativi a questa patologia;
          se non ritenga opportuno investire nella ricerca, in maniera seria ed efficace, affinché si possa addivenire ad una cura della patologia non invasiva;
          se non reputi necessario avviare una campagna di sensibilizzazione, anche tra gli oculisti, considerato che spesso il disturbo visivo causato dalle miodesopsie è sottovalutato dagli stessi medici;
          se, nelle more dell'approfondimento della ricerca scientifica, non reputi opportuno valutare la possibilità di inserire la FOV (vitreoctomia per soli floaters) tra gli interventi previsti dai livelli essenziali di assistenza, così da agevolare coloro che intendono sottoporsi all'intervento, attualmente troppo costoso. (4-14479)


      PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la legge n.  130 del 30 marzo 2001 ha introdotto nuove disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri;
          l'articolo 2 comma 1, stabilisce che non costituisca reato la dispersione delle ceneri di cadavere autorizzata dall'ufficiale dello stato civile «sulla base di espressa volontà del defunto (...)»;
          l'articolo 3 prevede la possibilità di affidarsi ai familiari per l'autorizzazione alla cremazione e per la conservazione delle ceneri. In assenza della volontà espressa dal defunto, la cremazione è autorizzata dal coniuge o dal parente più prossimo e, in caso di concorrenza di più parenti dello stesso grado, «dalla maggioranza assoluta di essi (..)»; viene prevista, inoltre, la possibilità di indicare la località dove disperdere le ceneri che, «nel rispetto della volontà del defunto» è consentita unicamente in aree a ciò appositamente destinate. Viene disciplinata anche la possibilità di iscrizione, in vita, ad associazioni cremazioniste. La mancata adozione del regolamento di modifica del regolamento di polizia mortuaria, previsto dall'articolo 3, ha causato numerosi dubbi interpretativi;
          le regioni, alle quali la riforma del Titolo V ha riconosciuto la potestà legislativa anche in materia di polizia mortuaria, hanno regolamentato attraverso proprie leggi l'argomento;
          nella regione Veneto, la legge regionale n.  18 del 4 marzo 2010, all'articolo 46, comma 1, riprende la legge nazionale in merito all'autorizzazione alla cremazione e, relativamente alla volontà del defunto di disperdere le ceneri, l'articolo 47, comma 1, rimanda all'articolo 3 della legge n.  130 del 2001;
          il «Regolamento comunale di affidamento, conservazione e dispersione delle ceneri derivanti dalla cremazione dei defunti», approvato con delibera 42/2011 dal comune di Venezia, dispone che «la dispersione delle ceneri deve avvenire sulla base della volontà scritta del defunto contenuta in disposizione testamentaria o dichiarazione scritta (...) resa ad associazioni che abbiano come proprio fine statutario la cremazione. In mancanza della disposizione testamentaria, o di qualsiasi altra espressione di volontà da parte del defunto, la dispersione delle ceneri può avvenire per volontà del coniuge o, in difetto, del parente più prossimo (...).» Nel rispetto della volontà del defunto, la dispersione delle ceneri, può, quindi, venire espressa anche dal coniuge o dai congiunti diretti;
          il regolamento prevede, infatti, la dichiarazione, resa ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica n.  445 del 2000, con la quale i parenti più prossimi dichiarano all'unanimità di essere a conoscenza che il de cuius aveva espresso in vita la volontà che le proprie ceneri fossero disperse nonché il luogo di dispersione delle stesse;
          le norme in materia funeraria in Friuli Venezia Giulia sono disciplinate dalla legge regionale n. 12 del 2011;
          nello specifico, mentre vengono lasciate inalterate le disposizioni previste dalla legge nazionale sugli aspetti relativi alla cremazione e all'affidamento delle ceneri, per quanto riguarda la volontà di dispersione delle proprie ceneri, nonché il luogo di dispersione e il soggetto incaricato della dispersione, la legge dispone che debbano essere manifestate «mediante disposizione testamentaria o dichiarazione resa dallo stesso al Comune di residenza» o dichiarazione depositate presso associazioni cremazioniste;
          il comune di Trieste, pertanto, in attuazione della legge regionale n. 12 del 2011, preclude la possibilità che possano essere il coniuge o i parenti più prossimi, attraverso una specifica dichiarazione, a poter esprimere la volontà del defunto di disperdere le ceneri, diversamente, come evidenziato, da quanto previsto dal regolamento di Venezia;
          appare evidente come l'articolo 3 della legge n. 130 del 2001 sia stato interpretato dal Veneto e dal Friuli Venezia Giulia in maniera difforme, creando evidenti disparità di trattamento della popolazione delle due regioni  –:
          se i Ministri interrogati intendano chiarire le tempistiche necessarie per l'emanazione del regolamento di attuazione della legge n.  130 del 30 marzo 2001;
          se intendano assumere iniziative per chiarire la corretta interpretazione dell'articolo 3 della legge n. 130 del 2001 in relazione alla possibilità di scelta da parte dei parenti diretti sulla volontà di dispersione delle ceneri dei defunti, così evitando le disparità di trattamento emerse in Veneto e Friuli Venezia Giulia. (4-14481)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IX Commissione:


      TULLO, BRUNO BOSSIO, COPPOLA, ANZALDI, BRANDOLIN, CARDINALE, CARLONI, CASTRICONE, CRIVELLARI, CULOTTA, MARCO DI STEFANO, FERRO, GANDOLFI, PIERDOMENICO MARTINO, MAURI, MINNUCCI, MOGNATO, MURA, PAGANI e SIMONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          l'Agenda digitale europea è una delle sette iniziative principali individuate nella Strategia EU2020 che punta alla crescita inclusiva, intelligente e sostenibile e prevede entro il 2020:
              la copertura della banda larga veloce, maggiore di 30 Mbps, per tutti i cittadini europei;
              le copertura del banda larga ultraveloce, maggiore di 100 Mbps, per il 50 per cento dei cittadini    europei;
          le reti di nuova generazione a banda ultra-larga costituiscono l'infrastruttura tecnologica portante dell'economia digitale, fondamentale per l'innovazione, la competitività e la crescita economica e sociale;
          nell'Unione europea, l'Italia è il Paese con la minor copertura di reti di nuova generazione, è ultima riguardo all'indice che misura l'utilizzo di Internet ed è agli ultimi posti nell'attuazione dell'Agenda digitale, secondo la classifica della Commissione europea basata sull'indicatore DESI;
          per colmare il ritardo accumulato serve uno sforzo congiunto di tutti gli attori pubblici e privati nella direzione di una profonda trasformazione digitale che contemperi le esigenze della crescita con la sostenibilità sociale;
          è, pertanto, determinante il ruolo che può svolgere Poste Italiane spa nella realizzazione dei piani dell'Agenda digitale;
          a tal fine il comma 3 dell'articolo 5 del contratto di programma 2015-2019, sottoscritto dal Ministero dallo sviluppo economico e da Poste Italiane, stabilisce che la società si impegni a fornire:
              strumenti supporto dello sviluppo dei servizi di e-government;
              applicazioni informatiche integrate nei processi dalle pubbliche amministrazioni;
              servizi di riscossione e pagamento;
              soluzioni tecnologiche per l'abbattimento del digital divide infrastrutturale;
              servizi e supporto di iniziative di e-commerce ed e-procurement;
              supporto e assistenza al cittadino per la fruizione di servizi on line forniti da pubbliche amministrazioni e privati, tramite le proprie infrastrutture;
              supporto e assistenza verso la popolazione anziana per promuovere l'utilizzo di strumenti informatici nello svolgimento di attività relative ai servizi postali e altri servizi offerti dalla società;
          in particolare, non è stato ancora definito un piano sullo    sviluppo dell’e-commerce e per quel che riguarda la sicurezza informatica c’è un rallentamento delle attività del distretto Cybersecurity di Poste Italiane realizzato in Calabria con finanziamenti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca  –:
          se Poste Italiane    spa abbia adempiuto a quanto previsto dall'articolo 5, comma 3, del contratto di programma 2015-2019, con particolare riguardo alla digitalizzazione dei servizi offerti e al previsto supporto per la realizzazione dei piani dell'Agenda digitale. (5-09757)


      DE LORENZIS, VALLASCAS, SPESSOTTO, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, DELL'ORCO, CARINELLI e NICOLA BIANCHI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          nel novembre del 2015 l'assemblea degli azionisti di Enel, ha dato mandato all'amministratore delegato Starace di creare una società per azioni dedicata alla posa della fibbra ottica in Italia, sfruttando le possibili sinergie con processo di sostituzione dei contatori elettrici;
          nel marzo del 2016 il consiglio di amministrazione di Enel s.p.a ha esaminato e condiviso il piano strategico di Enel OpEn Fiber, che prevedeva la realizzazione, attraverso varie fasi da rilasciare in sequenza, di una rete di telecomunicazioni in fibra ottica per un investimento di circa 2,5 miliardi di euro;
          la società dovrebbe agire come soggetto operante esclusivamente nel mercato all'ingrosso, che realizza l'infrastruttura per altri operatori autorizzati «creando valore per Enel e per tutti gli operatori che vorranno usufruire di questa nuova importante infrastruttura», in concorrenza con l'operatore incumbent delle telecomunicazioni in Italia;
          nel luglio 2016 il consiglio di amministrazione di Enel ha approvo l'operazione volta all'integrazione tra la controllata Enel OpEn Fiber e Metroweb Italia, una società che opera come «dark fiber provider» controllata da Cassa depositi e prestiti, al fine di allargare il numero di città coperte dalla nuova rete;
          secondo le nuove indicazioni il progetto industriale non dovrebbe più contare sulle sinergie operative e finanziarie consentite dalla concomitanza con la posa dei nuovi contatori di Enel nelle case degli italiani, ma si tratterebbe nei fatti di avere due reti di fibra ottica in concorrenza tra loro;
          il 10 ottobre 2016 Enel ha sottoscritto «gli accordi vincolanti relativi all'operazione volta all'integrazione tra la controllata Enel Open Fiber e il gruppo facente capo a Metroweb Italia», operazione da completarsi entro 2016;
          la sostituzione dei vecchi contatori e le specifiche tecniche di quelli nuovi, decise dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico con la delibera 87/2016, avverrà in più di 30 milioni di abitazioni per un'operazione dal costo complessivo di 30 miliardi di euro, con modalità di definizione e di riconoscimento dei costi ancora nella fase di consultazione ma certamente a carico dei consumatori finali attraverso un onere aggiuntivo in bolletta  –:
          alla luce di quanto esposto in premessa, quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per garantire che il costo finale delle operazioni di costruzione della rete a banda larga fissa da parte di Enel non ricada in tutto o in parte nel costo delle bollette elettriche. (5-09758)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      DALLAI e SANI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il decreto legislativo 11 febbraio 2010, n.  22 ha previsto l'individuazione di impianti pilota di centrali geotermoelettriche a media ed alta entralpia;
          per tali tipologie di impianti l'autorità competente (come disposto dall'articolo 3, comma 2-bis del decreto legislativo 11 febbraio 2010, numero 22) «è il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che acquisiscono l'intesa con la Regione interessata»;
          due dei luoghi individuati sono nel territorio comunale di Radicondoli (provincia di Siena): uno in località «Lucignano» ed uno in località «Serracona»;
          va inoltre aggiunto che il progetto pilota in località «Castelnuovo» situato nel comune di Castelnuovo Val di Cecina (provincia di Pisa) interessa in piccola parte anche il territorio comunale di Radicondoli:
          l'amministrazione comunale di Radicondoli e la comunità locale, pur non essendo state interpellate direttamente, si sono detti contrarie a tale progetto. Lo stesso sindaco ha ricordato che nel territorio di Radicondoli, definito «orgogliosamente geotermico», la ricerca e lo sfruttamento di tale risorsa è stata sempre sottoposta alle scelte degli enti locali territoriali ed alla volontà dei cittadini. Tale percorso di concertazione ha portato, in sintonia con il piano territoriale provinciale generale (Ptcp) e piano di indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico della regione Toscana (Pit), alla individuazione di aree ben definite denominate «Utoe – geotermiche» nelle quali è ammessa la ricerca e la coltivazione della geotermia. Nel resto del territorio comunale non sono quindi ammessi interventi di natura geotermica perché adibiti ad altre attività di fatto incompatibili con lo sfruttamento di tale fonte energetica;
          gli impianti pilota di Lucignano ricadono in località non adibite alla ricerca geotermica e presentano evidenti profili di incompatibilità, con tale l'attività, di natura ambientale, paesaggistica, sociale ed economica;
          va quindi rimarcato, in questo contesto, che la mancata concertazione tra le amministrazioni locali, e le imprese energetiche può compromettere l'equilibrio sostenibile raggiunto e mantenuto da anni tra lo sviluppo economico e sociale indigeno e sfruttamento della risorsa geotermica, causando quindi un danno di immagine per le aziende stesse: è infatti interesse del legislatore promuovere e perseguire il corretto e sicuro utilizzo di una energia pulita e rinnovabile, compatibilmente con le esigenze, le vocazioni e le peculiarità delle comunità locali, come quella geotermica di cui è particolarmente ricco il nostro Paese;
          in data 15 aprile 2015 le Commissioni ambiente e attività produttive della Camera dei deputati hanno approvato una risoluzione (n.  8-00103) impegnando il Governo «ad avviare le procedure di zonazione del territorio italiano, per le varie tipologie di impianti geotermici, identificando le aree potenzialmente sfruttabili in coerenza anche con le previsioni degli orientamenti europei relativamente all'utilizzo della risorsa geotermica, e in linea con la strategia energetica nazionale»;
          nonché «ad emanare, entro sei mesi, “linee guida” a cura dei Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che individuino nell'ambito delle aree idonee di cui al punto precedente anche i criteri generali di valutazione, finalizzati allo sfruttamento in sicurezza della risorsa, tenendo conto delle implicazioni che l'attività geotermica comporta relativamente al bilancio idrologico complessivo, al rischio di inquinamento delle falde, alla qualità dell'aria, all'induzione di micro sismicità»;
          risulta agli interroganti che tali linee guida non siano state ad oggi ancora emanate, nonostante siano passati quasi 18 mesi dalla data prevista dalla risoluzione sopracitata (15 ottobre 2015);
          in data 21 gennaio 2016 il Tar della Toscana Sezione II ha emesso una ordinanza cautelare (n.  49/2016) che ha sospeso la richiesta di ricerca della risorsa geotermica in località «Lucignano». Successivamente in data 17 marzo 2016, per effetto della stessa ordinanza il procedimento amministrativo relativo all'istanza denominata «Lucignano» è stato riattivato;
          criticità simili riguardano la regione Toscana: sussistono ulteriori progetti di impianti pilota di centrali geotermoelettriche a media ed alta entralpia che potrebbero essere realizzati in territori della stessa zona (a cavallo delle province di Siena e Grosseto) come quello in località «Casa del Corto» (comune di Piancastagnaio, provincia di Siena) e in località «Montenero» (comune di Castel del Piano, provincia di Grosseto)  –:
          se i Ministeri interrogati, in relazione a quanto espresso in premessa, ritengano opportuno che vengano rilasciati i permessi di ricerca «Lucignano» e «Serracona», anche in presenza in tali zone di quelli che appaiono evidenti profili di incompatibilità ambientale, paesaggistica, sociale ed economica e con il parere contrario dell'amministrazione comunale e delle comunità locali interessate, e come tale decisione si concili con gli impegni assunti dal Governo con la risoluzione n.  8-00103;
          quando verranno emanate le «linee guida» sullo sfruttamento geotermico di cui in premessa. (5-09759)

Interrogazioni a risposta scritta:


      NASTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto risulta da un articolo pubblicato dal quotidiano economico  Il Sole 24 Ore dell'8 ottobre 2016, nell'ambito delle componenti che formano il prodotto interno lordo relative al secondo trimestre elaborate dall'Istat, i macchinari, le attrezzature e i prodotti vari, rappresentano le voci principali responsabili della crescita pari a zero;
          su base congiunturale – evidenzia ancora il su esposto articolo, – si tratta infatti del dato peggiore (-0,9 per cento) mentre in termini tendenziali (-0,7 per cento) rappresenta l'unica voce negativa; inoltre, in senso generale, anche se in termini di misurazione statistica gli indici di fiducia si mantengono su livelli elevati, nelle scelte concrete di famiglie e imprese, prevale una forte dose di prudenza;
          al riguardo, non si spiegherebbe altrimenti la netta divaricazione nel trend di reddito disponibile e di consumi, questi ultimi nettamente meno tonici nel secondo trimestre, a beneficio di una brusca impennata (+0,9 per cento) della propensione al risparmio, mai così alta da sei anni;
          l'articolo de  Il Sole 24 Ore, a tal fine evidenzia come mettere da parte risorse in vista di possibili problemi è certamente scelta saggia, ma, tuttavia, l'effetto immeditato sull'economia risulta essere depressivo, così come risulta negativo sugli investimenti, ed inoltre il quadro globale, da questo punto di vista, non è particolarmente brillante a cominciare dalla situazione geopolitica oltre confine (guerre, attentati, svalutazioni e crollo delle commodity rappresentano il contesto di contorno sui cui s'innesta la frenata corale dei Brics);
          ulteriori rilevi di criticità che si rinvengono dall'articolo in precedenza richiamato e che limitano le potenzialità della domanda interna, riguardano la debolezza nelle costruzioni, che non coinvolge soltanto mattoni e cemento, ma anche caldaie, infissi, domotica e l'intera filiera industriale «pesante» per il made in Italy, il cui indice di produzione nelle costruzioni rimane ancora 34 punti al di sotto dei livelli del 2010, soglia quasi raggiunta dall'intera Europa;
          secondo  Il Sole 24 Ore, la riconferma degli sgravi per l'edilizia e soprattutto il deciso rafforzamento degli incentivi ad investire (rifinanziamento della «Sabatini-bis», conferma del super ammortamento al 140 per cento) rappresentano la direzione scelta dal Governo per rianimare l'economia;
          al riguardo, l'interrogante evidenzia come, proprio in considerazione del gap nella domanda interna e della crisi dei consumi, l'azione del Governo di politica economica nel corso di questi due anni, sia stata evasiva e deludente, le cui misure temporanee non hanno consentito di trasmettere alle famiglie e alle imprese un necessario ottimismo fondamentale anche in economia;
          la necessità di chiarimenti in ordine al contenuto dell'articolo citato, a giudizio dell'interrogante, risulta indispensabile ed urgente, per comprendere quali siano gli interventi prossimi del Governo, in prossimità della presentazione della legge di contabilità e finanza pubblica al Parlamento  –:
          se il Governo intenda confermare gli interventi di politica economica ed industriale esposti in premessa e, in caso affermativo, se non intenda esplicitare meglio quali siano le iniziative previste per rilanciare i consumi e la domanda interna, stanti i giudizi negativi espressi dal citato quotidiano. (4-14463)


      ROMANINI, ANTEZZA, ALBANELLA, AMATO, PAOLO ROSSI, ARLOTTI, GIACOBBE, TARICCO, COVA, COSCIA, VENITTELLI, BENAMATI, SENALDI, BARGERO, CASATI, MAURI, CASELLATO, OLIVERIO, CARRA, FALCONE, L'ABBATE, GALPERTI, LUCIANO AGOSTINI e GAGNARLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 4 del decreto-legge 4 luglio 2006, n.  223 reca disposizioni urgenti per la liberalizzazione dell'attività di produzione del pane;
          in particolare il comma 2-ter dell'articolo 4 del sopra citato decreto ha demandato ad un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, la disciplina, in conformità al diritto comunitario della denominazione di «panificio», «pane fresco» e «pane conservato»;
          trascorsi ormai 10 anni dall'approvazione della citata norma, risulta agli interroganti che, nel corso del 2015, i Ministeri competenti abbiano    predisposto uno schema di decreto interministeriale che avrebbe già ottenuto il via libera dalla Conferenza Stato-regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano e che questo sarebbe stato trasmesso alla Commissione europea per il vaglio da parte di tale organo;
          il decreto interministeriale è da troppi anni atteso dagli operatori del settore e dalle associazioni di categoria che quotidianamente ne sollecitano l'emanazione per dare elementi di certezza ad un segmento del comparto agroalimentare nazionale caratterizzato da importanti produzioni tipiche e tradizionali di pane;
          ad oggi, infatti, la legge non garantisce il consumatore nel riconoscimento del pane fresco artigianale rispetto al pane conservato, distinzione estremamente necessaria non solo per i panificatori, ma anche per gli acquirenti, per la tutela dei quali il legislatore ha disposto, fin dal 2007, di fornire gli elementi utili per compiere un acquisto oculato del pane in modo tale da aiutarli a comprendere se il pane che si compra è fresco artigianale o, ad esempio, sfornato ma prodotto con base surgelata o prodotto altrove, anche fuori dall'Unione europea  –:
          quale sia lo stato dell’iter di adozione del decreto interministeriale di cui all'articolo 4 del decreto-legge 4 luglio 2006, n.  233, e se il Ministro interrogato non ritenga di farsi parte attiva al fine di completare nel più breve tempo possibile l’iter di adozione del provvedimento.
(4-14467)


      COMINELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          nei giorni scorsi su numerosi organi di stampa (Repubblica, Huffington Post, Il Fatto Quotidiano, Corriere della sera) è stata riportata la notizia secondo cui, in una brochure distribuita in occasione della presentazione del Piano industria 4.0 da parte del Governo, si invitavano gli investitori stranieri a puntare sull'Italia perché il costo del lavoro è più basso rispetto alla media europea. Negli articoli si citava in particolare il caso degli ingegneri italiani riportando il seguente testo «Un ingegnere in Italia guadagna mediamente in un anno 38.500 euro, mentre in altri Paesi lo stesso profilo ha una retribuzione media di 48.500 euro l'anno». Più in generale, precisa il Ministero, «I costi del lavoro in Italia sono ben al di sotto dei competitor come Francia e Germania. Inoltre, la crescita gel costo del lavoro nell'ultimo triennio (2012-14) è la più bassa rispetto a quelle registrate nell'Eurozona (+1,2 per cento contro +1,7)»;
          il concetto è a tutt'oggi pubblicato sul sito del Ministero dello sviluppo economico nella parte rivolta agli investitori    stranieri, nella brochure « Invest in Italy», dove si può testualmente leggere «In Italy the quality/cost ratio of highly specialized profiles is extremely competitive with other European nations. An engineer in Italy earns an average annual salary of 38,500 euro, while in other European countries the same profile earns on average over 48,500 year» (In Italia, il rapporto qualità/prezzo    di profili altamente specializzati è estremamente competitivo rispetto alle altre nazioni europee. Un ingegnere in Italia guadagna uno stipendio medio annuo di 38.500 euro mentre in altri Paesi europei la stessa figura professionale guadagna in media più di 48.500 all'anno);
          questo «vantaggio» per dei potenziali investitori stranieri, purtroppo, rappresenta una drammatica realtà del    mondo del lavoro italiano in generale e soprattutto dei giovani laureati, sottopagati rispetto ai colleghi europei, anche se dotati di competenze talvolta maggiori. Il più delle volte precari e per questo molto spesso costretti a migrare all'estero privando il nostro Paese di competenze e professionalità qualificate;
          sebbene le ragioni che possono aver spinto il Ministero a proporre una campagna per incentivare gli investimenti stranieri in Italia siano del tutto condivisibili, appare alquanto discutibile l'aver scelto i bassi salari di professionisti qualificati come fattore competitivo dell'Italia. Che i professionisti italiani siano pagati poco è indiscutibilmente un dato negativo per il nostro Paese. E lo è anche per i lavoratori, troppo spesso privati della dignità di un impiego degnamente retribuito, anche in una prospettiva futura nonché per il sistema Paese più in generale che vede le menti migliori, formate dal sistema scolastico italiano, migrare all'estero in cerca di occupazioni più soddisfacenti  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno rimuovere e cambiare il messaggio comunicato sul sito del Ministero dello sviluppo economico e al fine di puntare, piuttosto, sulla qualità dei professionisti, oltre che sulla valorizzazione del sistema scolastico e universitario italiano. (4-14470)

Apposizione di una firma ad una mozione.

      La mozione De Maria e altri n.  1-01375, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cinzia Maria Fontana.

Apposizione di firme a risoluzioni.

      La risoluzione in Commissione Gitti n.  7-00839, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 novembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pagano.

      La risoluzione in Commissione Pagano e altri n.  7-01115, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 ottobre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Giacomoni, Pelillo, Villarosa, Busin, Maietta, Gebhard, Gitti.

      La risoluzione in Commissione Fragomeli e altri n.  7-01116, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 ottobre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Menech.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta in    Commissione Fanucci e altri n.  5-08764, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Tinagli.

      L'interrogazione a risposta scritta Paglia    n.  4-14426, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 ottobre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fratoianni.

      L'interrogazione a risposta in    Commissione Carinelli    n.  5-09722, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 ottobre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Lorenzis.

      L'interrogazione a risposta in    Commissione De Lorenzis n.  5-09727, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 ottobre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Spessotto.

ERRATA CORRIGE

      Risoluzione in Commissione Pagano    e altri n.  7-01115 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n.  690 dell'11 ottobre 2016. Alla pagina 41848, seconda colonna, alla riga trentottesima deve leggersi: «(7-01115) «Pagano, Bombassei, Bernardo».» e non come stampato.