XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 25 ottobre 2016

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME: MOZIONI NN. 1-01357 E 1-01309

Mozione n.  1-01357 – iniziative per celebrare il 90° anniversario dell'assegnazione del premio Nobel a Grazia Deledda

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 20 minuti
    Partito Democratico 1 ora e 16 minuti
    MoVimento 5 Stelle 31 minuti
    Forza Italia – Popolo della Libertà –
    Berlusconi Presidente
22 minuti
    Area Popolare (NCD - UDC) 18 minuti
    Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia
    Libertà
18 minuti
    Lega Nord e Autonomie – Lega dei
    Popoli – Noi con Salvini
16 minuti
    Scelta Civica verso Cittadini per l'Italia – MAIE 15 minuti
    Civici e Innovatori 15 minuti
    Democrazia Solidale – Centro
    Democratico
15 minuti
    Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 14 minuti
    Misto: 20 minuti
        Conservatori e Riformisti 5 minuti
        Alternativa Libera - Possibile 4 minuti
        Minoranze Linguistiche 3 minuti
        USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani) 2 minuti
        FARE! - Pri 2 minuti
        Movimento PPA –Moderati 2 minuti
        Partito Socialista Italiano (PSI) –
        Liberali per l'Italia (PLI)
2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Mozione n.  1-01309 – Iniziative relative al settore delle cooperative

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 20 minuti
    Partito Democratico 1 ora e 16 minuti
    MoVimento 5 Stelle 31 minuti
    Forza Italia – Popolo della Libertà –
    Berlusconi Presidente
22 minuti
    Area Popolare (NCD - UDC) 18 minuti
    Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia
    Libertà
18 minuti
    Lega Nord e Autonomie – Lega dei
    Popoli – Noi con Salvini
16 minuti
    Scelta Civica verso Cittadini per l'Italia – MAIE 15 minuti
    Civici e Innovatori 15 minuti
    Democrazia Solidale – Centro
    Democratico
15 minuti
    Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 14 minuti
    Misto: 20 minuti
        Conservatori e Riformisti 5 minuti
        Alternativa Libera - Possibile 4 minuti
        Minoranze Linguistiche 3 minuti
        USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani) 2 minuti
        FARE! - Pri 2 minuti
        Movimento PPA –Moderati 2 minuti
        Partito Socialista Italiano (PSI) –
        Liberali per l'Italia (PLI)
2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

TESTO AGGIORNATO AL 18 GENNAIO 2017

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 25 ottobre 2016.

      Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Amoddio, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Stella Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Franco Bordo, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Braga, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Cancelleri, Caparini, Casero, Castiglione, Catania, Censore, Antimo Cesaro, Chaouki, Cicchitto, Cirielli, Cominelli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Gianni Farina, Fauttilli, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofalo, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grillo, Guerra, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Paris, Pes, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Paolo Nicolò Romano, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Sereni, Sorial, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Vignaroli, Zanetti, Zolezzi.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

      Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Amoddio, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Stella Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Franco Bordo, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Braga, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Cancelleri, Caparini, Casero, Castiglione, Catania, Censore, Antimo Cesaro, Chaouki, Cicchitto, Cirielli, Cominelli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Gianni Farina, Fauttilli, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofalo, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grillo, Lorenzo Guerini, Guerra, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Paris, Pes, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Paolo Nicolò Romano, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Sereni, Sorial, Speranza, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Vignali, Vignaroli, Villecco Calipari, Zanetti, Zolezzi.

Annunzio di proposte di legge.

      In data 24 ottobre 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
      PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE TURCO: «Modifica all'articolo 51 della Costituzione in materia di accesso dei cittadini agli uffici pubblici e alle cariche elettive nonché istituzione dell'esame per l'abilitazione all'elettorato passivo» (4111).
      FIORIO: «Delega al Governo per la regolamentazione della vendita dei biglietti per gli spettacoli dal vivo in impianti con capienza superiore a 5.000 spettatori» (4112).

      Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di disegni di legge.

      In data 24 ottobre 2016 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:

          dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro dell'economia e delle finanze:
      «Conversione in legge del decreto-legge 22 ottobre 2016, n.  193, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili» (4110).

      Sarà stampato e distribuito.

Adesione di deputati a proposte di legge.

      La proposta di legge QUARANTA ed altri: «Disposizioni in materia di comunicazioni commerciali indesiderate» (4007) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Basso, Carocci, Oliaro, Pastorino e Tullo.

Modifica del titolo di proposte di legge.

      La proposta di legge n.  3962, d'iniziativa del deputato BONAFEDE, ha assunto il seguente titolo: «Modifiche all'articolo 574-bis del codice penale, concernenti l'aggravamento della pena per il reato di sottrazione e trattenimento di minore all'estero».

Trasmissioni dal Senato.

      In data 24 ottobre 2016 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza la seguente proposta di legge:
      S. 1375. – Senatori PAGLIARI ed altri: «Modifica alla legge 20 dicembre 2012, n.  238, per il sostegno e la valorizzazione del Festival Verdi di Parma e Busseto e del Romaeuropa Festival» (approvata dal Senato) (4113).

      Sarà stampata e distribuita.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

      A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

          II Commissione (Giustizia):
      BONAFEDE: «Modifiche all'articolo 574-bis del codice penale, concernenti l'aggravamento della pena per il reato di sottrazione e trattenimento di minore all'estero» (3962) Parere delle Commissioni I e XII;
      D'ARIENZO ed altri: «Modifiche al codice civile in materia di azione di responsabilità contro gli amministratori e di confisca» (3984) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e XIV;
      VECCHIO ed altri: «Modifica all'articolo 20 della legge 23 febbraio 1999, n.  44, concernente la rateizzazione del debito per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura» (4073) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale) e XIV.

          III Commissione (Affari esteri):
      S. 2525. – «Ratifica ed esecuzione del Protocollo al Trattato del Nord Atlantico sull'adesione del Montenegro, fatto a Bruxelles il 19 maggio 2016» (approvato dal Senato) (4108) Parere delle Commissioni I, IV e V.
      S. 2036. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Slovenia sulla linea del confine di Stato nel tratto regimentato del torrente Barbucina/Cubnica nel settore V del confine, fatto a Trieste il 4 dicembre 2014» (approvato dal Senato) (4109) Parere delle Commissioni I e V.

          VII Commissione (Cultura):
      VEZZALI ed altri: «Istituzione della Giornata nazionale della “divisa amica”» (4043) Parere delle Commissioni I, IV (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

          Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali):
      CIVATI ed altri: «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.  309, in materia di depenalizzazione della coltivazione e della produzione della cannabis per uso personale» (4009) Parere delle Commissioni I, V e XIV.

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

      Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 20 ottobre 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n.  259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Fondazione La Biennale di Venezia, per l'esercizio 2015. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n.  259 del 1958 (Doc. XV, n.  443).

      Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

      Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 21 ottobre 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n.  259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dagli enti ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n.  259 del 1958 (Doc. XV, n.  444).

      Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XIII Commissione (Agricoltura).

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

      Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 24 ottobre 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, primo periodo, della legge 24 dicembre 2012, n.  234, la relazione in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni utilizzi consentiti delle opere e di altro materiale protetto da diritto d'autore e da diritti connessi a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, e che modifica la direttiva 2001/29/CE sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione (COM(2016) 596 final).

      Questa relazione è trasmessa alla VII Commissione (Cultura) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di risoluzioni del Parlamento europeo.

      Il Parlamento europeo ha trasmesso il testo di diciassette risoluzioni approvate nella tornata dal 12 al 15 settembre 2016, che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
          Risoluzione sulla cooperazione territoriale europea – migliori pratiche e misure innovative (Doc. XII, n.  1027) – alla V Commissione (Bilancio);
          Risoluzione sull'inchiesta sulla misurazione delle emissioni nel settore automobilistico (Doc. XII, n.  1028) - alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive);
          Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo in forma di scambio di lettere tra l'Unione europea e la Repubblica popolare cinese, a norma dell'articolo XXIV, paragrafo 6, e dell'articolo XXVIII dell'accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT) 1994, sulla modifica di concessioni nell'elenco della Repubblica di Croazia nel quadro della sua adesione all'Unione europea (Doc. XII, n.  1029) – alla III Commissione (Affari esteri);
          Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo in forma di scambio di lettere tra l'Unione europea e la Repubblica orientale dell'Uruguay, a norma dell'articolo XXIV, paragrafo 6, e dell'articolo XXVIII dell'accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT) del 1994, sulla modifica di concessioni nell'elenco della Repubblica di Croazia nel quadro della sua adesione all'Unione europea (Doc. XII, n.  1030) – alla III Commissione (Affari esteri);
          Risoluzione legislativa relativa alla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n.  471/2009 relativo alle statistiche comunitarie del commercio estero con i paesi terzi per quanto riguarda il conferimento alla Commissione dei poteri delegati e di esecuzione per l'adozione di alcune misure (Doc. XII, n.  1031) – alla X Commissione (Attività produttive);
          Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche europee in tema di gas naturale ed energia elettrica e che abroga la direttiva 2008/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica (Doc. XII, n.  1032) – alla X Commissione (Attività produttive);
          Risoluzione su una strategia dell'Unione europea per la regione alpina (Doc. XII, n.  1033) – alla V Commissione (Bilancio);
          Risoluzione sul Fondo fiduciario dell'Unione europea per l'Africa: le implicazioni per lo sviluppo e gli aiuti umanitari (Doc. XII, n.  1034) – alla III Commissione (Affari esteri);
          Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 14 settembre 2016 concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione di un protocollo all'accordo tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone, riguardante la partecipazione della Repubblica di Croazia quale parte contraente in seguito alla sua adesione all'Unione europea (Doc. XII, n.  1035) – alla III Commissione (Affari esteri);
          Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio sul vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione e che abroga la decisione 2003/174/CE (Doc. XII, n.  1036) – alla XI Commissione (Lavoro);
          Risoluzione legislativa relativa alla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i requisiti tecnici per le navi adibite alla navigazione interna, che modifica la direttiva 2009/100/CE e che abroga la direttiva 2006/87/CE (Doc. XII, n.  1037) – alla IX Commissione (Trasporti);
          Risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo di partenariato economico tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e gli Stati della SADC aderenti all'APE, dall'altra (Doc. XII, n.  1038) – alla III Commissione (Affari esteri);
          Risoluzione sui recenti sviluppi in Polonia e il loro impatto sui diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Doc. XII, n.  1039) – alla III Commissione (Affari esteri);
          Risoluzione sul regolamento delegato della Commissione del 30 giugno 2016 che integra il regolamento (UE) n.  1286/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti d'investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati stabilendo norme tecniche di regolamentazione per quanto riguarda la presentazione, il contenuto, il riesame e la revisione dei documenti contenenti le informazioni chiave e le condizioni per adempiere l'obbligo di fornire tali documenti (Doc. XII, n.  1040) – alla VI Commissione (Finanze);
          Risoluzione sullo Zimbabwe (Doc. XII, n.  1041) – alla III Commissione (Affari esteri);
          Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un documento di viaggio europeo per il rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (Doc. XII, n.  1042) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
          Risoluzione sulle attività, l'incidenza e il valore aggiunto del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione tra il 2007 e il 2014 (Doc. XII, n.  1043) – alla XI Commissione (Lavoro).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

      La Commissione europea, in data 24 ottobre 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
          Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla partecipazione dell'Unione al partenariato per la ricerca e l'innovazione nell'area del Mediterraneo (PRIMA) avviato congiuntamente da più Stati membri (COM(2016) 662 final), corredata dal relativo documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto (SWD(2016) 331 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri). Questa proposta è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 25 ottobre 2016;
          Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo a norma dell'articolo 294, paragrafo 6, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea riguardante la posizione del Consiglio in merito all'adozione di un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce condizioni specifiche per la pesca degli stock di acque profonde nell'Atlantico nord-orientale e disposizioni relative alla pesca nelle acque internazionali dell'Atlantico nord-orientale e che abroga il regolamento (CE) n.  2347/2002 (COM(2016) 667 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
          Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo a norma dell'articolo 294, paragrafo 6, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea riguardante la posizione del Consiglio in merito all'adozione di un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga il regolamento (CEE) n.  1192/69 del Consiglio relativo alle norme comuni per la normalizzazione dei conti delle aziende ferroviarie (COM(2016) 688 final), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti);
          Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo a norma dell'articolo 294, paragrafo 6, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea riguardante la posizione del Consiglio in merito all'adozione di un regolamento che modifica il regolamento (CE) n.  1370/2007 per quanto riguarda l'apertura del mercato dei servizi di trasporto nazionale di passeggeri per ferrovia (COM(2016) 689 final), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti);
          Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo a norma dell'articolo 294, paragrafo 6, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea riguardante la posizione del Consiglio in merito all'adozione di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2012/34/UE, che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico, per quanto riguarda l'apertura del mercato dei servizi di trasporto nazionale di passeggeri per ferrovia e la governance dell'infrastruttura ferroviaria (COM(2016) 691 final), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti).

      Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 20 ottobre 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n.  234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
      Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
      Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile (European Fund for Sustainable Development, EFSD) e che istituisce la garanzia dell'EFSD e il fondo di garanzia EFSD (COM(2016) 586 final);
          Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio – Sesta relazione sulla ricollocazione e il reinsediamento (COM(2016) 636 final);
          Comunicazione della Commissione al Consiglio – Fondo europeo di sviluppo (FES): stima degli impegni, dei pagamenti e dei contributi a carico degli Stati membri per il 2016, il 2017, il 2018, il 2019 e il 2020 (COM(2016) 652 final).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

      La Ministra per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 19 ottobre 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, commi 1, lettera f), e 5, della legge 7 agosto 2015, n.  124, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo concernente il Comitato italiano paralimpico (349).

      Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VII Commissione (Cultura) e, per le conseguenze di carattere finanziario, alla V Commissione (Bilancio), nonché, d'intesa con il Presidente del Senato della Repubblica, alla Commissione parlamentare per la semplificazione. Le predette Commissioni dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 24 dicembre 2016.

Atti di controllo e di indirizzo.

      Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERPELLANZA E INTERROGAZIONI

Elementi ed iniziative in merito alla sostenibilità dei flussi migratori che interessano l'Italia – 2-00934

A) Interpellanza

      La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
          il fenomeno migratorio nel nostro Paese attraverso le rotte che dal Nord Africa attraversano il Mediterraneo sta assumendo negli ultimi mesi i tratti di un vero e proprio esodo con numeri in rapido e vertiginoso aumento;
          com’è noto, rispetto a quanto riportato dal dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, il record di sbarchi che sembra aver toccato il suo apice nel 2011 a seguito del fenomeno della cosiddetta «Primavera araba» è stato surclassato negli ultimi anni;
          nel 2014, infatti, rispetto ai 64.261 nuovi arrivi registrati nel 2011, sarebbero stati ben 169.215 i clandestini che hanno rischiato la vita attraverso il Mar Mediterraneo, con una progressione che ha dell'allarmante;
          dal 1o gennaio 2015 al 13 aprile 2015 sarebbero, tuttavia, 18.260 gli sbarchi, segnando un trend che, con la bella stagione, potrebbe portare a numeri tali da surclassare i picchi registrati negli anni precedenti;
          nei primi 13 giorni di aprile 2015, infatti sarebbero stati ben 8.095 gli sbarchi, ossia quasi 4 volte quelli del mese precedente che assommavano in 2.283;
          le persone in questione proverrebbero in gran parte da territori dell'Africa centrale, come Eritrea, Somalia e Gambia;
          il territorio comincia a registrare preoccupanti segnali di difficoltà per le ricadute causate dall'immigrazione e relative al ricovero e all'assistenza dei migranti e dei richiedenti asilo;
          si segnala, ad esempio, il caso della Calabria, che, oltre ad ospitare il centro d'accoglienza per richiedenti asilo più grande d'Europa, il Sant'Anna di Isola Capo Rizzuto, peraltro già in sovrannumero, vede presenti moltissime altre strutture piccole e grandi di ricovero, situate nei piccoli comuni che assorbono lo smistamento degli ospiti;
          le notizie della stampa locale riportano il fatto che in soli due giorni, tra il 13 e il 14 aprile 2015, sarebbero pervenuti in Calabria, trasportati dalla Marina militare, con navi impiegate nella missione Triton, ben 1.240 immigrati, che non risulta chiaro dove saranno albergati;
          dei circa seicento migranti giunti nella giornata di domenica 12 aprile 2015, giunti sulla nave «Orione» della Marina militare a bordo della quale vi erano 677 persone ed un cadavere di donna, sarebbero circa 120 i profughi affetti da scabbia ospitati a partire da questa mattina presso il palazzetto dello sport di Pellaro;
          tale situazione porta inevitabilmente all'emersione di fenomeni di saturazione e di sofferenza nelle realtà locali, come risulta, ad esempio, dal caso del sindaco di Corigliano Calabro, il dottor Giuseppe Geraci, che il 14 aprile 2015 ha scritto, tra gli altri, al Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi e al Ministro interrogato, paventando il rischio di dissesto finanziario a seguito degli anticipi di cassa sostenuti per far fronte alle spese conseguenti agli sbarchi;
          al di là di valutazioni, già ampiamente espresse dalla stampa e dalla politica, circa l'opportunità di guadagno collegata all'immigrazione per alcuni soggetti economici, non escluse le organizzazioni criminali, come quella connessa allo scandalo della cosiddetta mafia capitale o gli interessi della ’ndrangheta in Calabria, la domanda rischia di divenire non «come», ma «se» l'Italia sia in grado a lungo di sostenere l'attività di accoglienza agli immigrati clandestini;
          Il Corriere della Sera di martedì 14 aprile 2015 nell'articolo, riportato in prima pagina, «Sbarchi, non c’è più posto», nell'elencare i numeri assai preoccupanti dei nuovi ingressi, ha segnalato la notizia di come il Ministero dell'interno abbia chiesto ai prefetti di trovare 6.500 posti, anche con «provvedimenti di occupazione d'urgenza e di requisizione»;
          nell'articolo si sostiene che «la situazione è ormai al collasso, i luoghi destinati all'accoglienza e soprattutto non si sa che cosa accadrà nelle prossime settimane»;
          il testo continua sostenendo che «la circolare firmata dal prefetto Mario Morcone, direttore del dipartimento immigrazione, prevede che Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Emilia-Romagna e Campania mettano a disposizione 700 posti, 300 la Puglia, 250 il Lazio e le Marche, mentre altri 1.500 vanno divisi nel resto d'Italia»;
          al ricovero degli immigrati dovrebbero essere destinate anche tende e caserme in una situazione che quantomeno desta preoccupazione circa le condizioni d'igiene e sicurezza per gli ospiti e per il personale di pubblica sicurezza e servizi che sarà ivi destinato;
          si parla, infine, di un piano di accoglienza che alleggerisca la situazione di Sicilia e Calabria;
          nelle due regioni sarebbero arrivati nei soli primi 3 mesi del 2015 rispettivamente 11.761 e 2.282 stranieri –:
          se i flussi migratori rapportati alla possibilità di accoglienza del Paese siano sostenibili e se sia stato definito un limite critico, oltrepassato il quale il sistema di sostegno e di alloggi potrebbe andare in sofferenza;
          quali azioni intenda attuare il Governo per garantire, nei prossimi mesi, l'approntamento di strutture atte ad ospitare in condizioni minimali di decoro e sicurezza i migranti, quale sia il loro numero stimato e quali misure siano allo studio per adeguare le attività della macchina statale all'incremento degli sbarchi.
(2-00934) «Dieni».


Iniziative per rafforzare i controlli di sicurezza sulle principali arterie stradali della Puglia, anche alla luce di una rapina effettuata ai danni di un portavalori lungo la strada statale n. 379 nei pressi di Fasano (Brindisi) – 3-02005

B) Interrogazione

      LOSACCO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
          è recente la notizia della rapina effettuata ai danni di un portavalori lungo la strada statale n.  379 nei pressi di Fasano;
          i banditi hanno bloccato un camion, che viaggiava in direzione Brindisi e sotto la minaccia dei fucili mitragliatori hanno intimato al conducente del mezzo pesante di posizionare il camion al centro della strada;
          hanno cosparso la strada di chiodi a tre punte, che hanno mandato fuori uso gli pneumatici di una delle auto che sopraggiungevano dietro al tir;
          stessa azione, usando dei nastri chiodati, che hanno ancorato al guard-rail, hanno fatto sull'opposta corsia di marcia della statale, impedendo il passaggio a qualsiasi mezzo all'altezza dello svincolo per Torre Spaccata;
          hanno sparato diverse raffiche di mitra contro il mezzo corazzato, impedendo ogni reazione, e la stessa cosa hanno fatto contro il mezzo che trasportava il denaro investendolo con altre raffiche;
          alcuni componenti del commando sono saliti sul tetto del furgone e, usando un flex, hanno aperto uno squarcio nella corazza prelevando il denaro: oltre 3 milioni di euro;
          i banditi sono poi fuggiti in base alle ricostruzioni dei testimoni a bordo di quattro auto, una Ford Focus, una Bmw, una Land Rover e una Fiat 500 L, ritrovate nei pressi di un cavalcavia;
          le ricerche effettuate anche con gli elicotteri fino ad ora non hanno portato ad alcun ritrovamento di componenti del commando o della refurtiva;
          non è purtroppo la prima volta che si registrano assalti in perfetto stile paramilitare e in pieno giorno, con rischi notevoli per l'incolumità degli ignari automobilisti –:
          quali iniziative intenda assumere, considerata la sistematicità con cui avvengono simili rapine, per rafforzare il pattugliamento delle principali arterie pugliesi per evitare il rischio di ripetersi di simili agguati e per garantire un maggiore controllo del territorio. (3-02005)


Iniziative per contrastare fenomeni intimidatori a danno dei produttori di uva da tavola di Grottaglie (Taranto) – 3-02339

C) Interrogazione

      VICO, PELILLO, GINEFRA, GRASSI, MARIANO, MASSA, MONGIELLO, VENTRICELLI, MICHELE BORDO, LOSACCO, CAPONE, CASSANO e BOCCIA. – Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:
          in data 7 giugno 2016, il questore di Taranto, dottor Stanislao Schimera, ha incontrato una folta rappresentanza di produttori di uva da tavola di Grottaglie (cittadina di 32 mila abitanti ad est di Taranto), guidati dai vertici di Confagricoltura Taranto;
          dall'incontro, tenutosi presso gli uffici del commissariato di polizia di Grottaglie, è emerso un quadro molto serio e preoccupante in riferimento ai trentotto casi segnalati in meno di due mesi con tendoni danneggiati, tralci e tiranti tagliati di netto;
          anche sulla base di quanto riportato dalla stampa locale vi è un forte allarme su questo, vasto, fenomeno criminale, che sta destabilizzando numerose aziende nel territorio compreso tra le province di Taranto e Brindisi;
          agricoltori e associazioni di categoria lamentano, inoltre, il prodursi di un effetto domino sul mercato e proprio agli inizi della stagione, poiché i commercianti sono preoccupati e non vogliono chiudere contratti e acquistare prodotti in queste aree considerate a rischio;
          si tratta di un settore che produce una parte considerevole dell'uva da tavola di Puglia e d'Italia, con un valore pari a 80 milioni di euro;
          il questore ha ribadito l'indispensabile necessità di una piena collaborazione degli operatori agricoli per fronteggiare questa emergenza, anche in considerazione dello spread esistente tra episodi e denunce, con 8 denunce a fronte di 38 episodi segnalati dagli agricoltori nel corso dell'incontro;
          in data 9 giugno 2016, il prefetto di Taranto Umberto Guidato ha riunito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica per analizzare il caso del racket dei tendoni a Grottaglie, ascoltando la testimonianza dei vertici delle organizzazioni di categoria;
          a seguito della riunione si è stabilito di schierare uomini e mezzi adeguati per debellare il fenomeno del racket che sta seminando paura tra i tantissimi produttori di uva da tavola;
          Grottaglie, con Castellaneta e Ginosa, costituisce il cuore della produzione di uva da tavola della provincia di Taranto che, da sola, produce oltre 230 mila tonnellate l'anno, quasi il 25 per cento del prodotto italiano –:
          quali ulteriori iniziative il Governo intenda porre in essere, con potenziamento di uomini e mezzi e sistemi di videosorveglianza, d'intesa con gli enti locali, per contrastare il fenomeno criminale esposto in premessa e per tutelare un settore chiave dell'agroalimentare pugliese ed italiano. (3-02339)


Elementi ed iniziative in merito al procedimento per il riconoscimento dello status di rifugiato – 3-02573

D) Interrogazione

      PELUFFO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
          la legge cosiddetta Bossi-Fini (legge n.  189 del 2002, «Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo»), al capo II «Disposizioni in materia di asilo», ha apportato sostanziali modifiche alla precedente normativa, la preesistente Commissione centrale per il riconoscimento dello «status di rifugiato» è stata trasformata in Commissione nazionale per il diritto di asilo e, con un decentramento dell'esame delle richieste di asilo, sono state istituite le commissioni territoriali;
          la nuova normativa è stata completata con l'entrata in vigore del regolamento di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica «Regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale in data 22 dicembre 2004), che disciplina le varie fasi della procedura, il funzionamento dei centri di identificazione, le funzioni della Commissione nazionale per il diritto di asilo e delle commissioni territoriali;
          le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale sono dunque l'organismo preposto al riconoscimento ai migranti dello status di rifugiato. In alternativa a detto riconoscimento, esse possono concedere la protezione sussidiaria, se si ritiene che sussista un rischio effettivo di un grave danno in caso di rientro nel Paese d'origine, ovvero chiedere alla questura che venga dato al richiedente un permesso di soggiorno per motivi umanitari;
          la commissione può non riconoscere lo status di rifugiato oppure rigettare la domanda per manifesta infondatezza. Contro le decisioni della commissione territoriale si può ricorrere al tribunale per la sospensione quando ricorrono gravi e fondati motivi, che deve decidere nei cinque giorni successivi;
          tali commissioni, composte da 4 membri, di cui due appartenenti al Ministero dell'interno, un rappresentante del sistema delle autonomie e un rappresentante dell'Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, sono state istituite in numero di dieci, portate a venti con il decreto-legge 22 agosto 2014, n.  119, oltre alla Commissione nazionale che ha compiti essenzialmente di indirizzo e coordinamento e di formazione dei componenti delle commissioni territoriali, nonché di esame per i casi di cessazione e revoca degli status concessi;
          secondo l'articolo 26 del decreto legislativo n.  25 del 2008 (cosiddetto «decreto procedure») non è previsto un termine specifico per la conclusione del procedimento. Sono tuttavia individuati dall'articolo 28 del medesimo decreto legislativo dei criteri che prevedono un esame prioritario da parte della commissione territoriale per determinate categorie di richiedenti in relazione alla loro vulnerabilità o presenza in centri di identificazione ed espulsione o centri di accoglienza per richiedenti asilo. Al di fuori di questi casi l'ordine delle convocazioni viene stabilito dalle singole commissioni facendo ricorso prioritariamente alla cronologia della data di redazione del cosiddetto modello C3, combinato con esigenze logistiche (possibilità delle strutture ricadenti nella giurisdizione ad accompagnare i richiedenti, disponibilità di interpreti e altro);
          pur nella consapevolezza che ogni singola commissione ha una propria statistica individuale, secondo quanto riportato dai mezzi di comunicazione nazionali e dalle principali onlus preposte ad affiancare lo Stato nell'attività di accoglienza, il tempo medio di completamento delle procedure di protezione internazionale, suddiviso per fase (commissione territoriale; tribunale; corte d'appello) e per tipologia di migrante (provenienza geografica), si aggira intorno agli 8 mesi;
          tali lunghi tempi di attesa si rivelano fonte di disagio. In primo luogo, per i richiedenti asilo i quali, avendo spesso alle spalle delle drammatiche vicende umane di fuga da conflitti o da persecuzioni portate su base etnica, politica o religiosa, debbono scontare una permanenza precaria in strutture non adeguate o condizioni degradanti. In secondo luogo, per le stesse strutture, attrezzate per una prima accoglienza temporanea e non equipaggiate dei soggiorni di lungo periodo. Infine, per le comunità afferenti il territorio sul quale insistono dette strutture, che si trovano a gestire, sovente solo con le proprie risorse e facendo leva unicamente sul volontariato, delle emergenze umanitarie di portata ben maggiore –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione anzidetta;
          se si intendano assumere iniziative, e con quali tempistiche, per il potenziamento numerico delle sopra descritte commissioni territoriali, in modo da velocizzarne le operazioni accorciando i tempi d'attesa, a beneficio dei richiedenti asilo, delle strutture che li ospitano e di tutti i soggetti coinvolti. (3-02573)


Iniziative di competenza in ordine alla gestione contabile e amministrativa della Fondazione I.R.C.C.S. Policlinico S. Matteo di Pavia – 3-02250

E) Interrogazione

      MAZZIOTTI DI CELSO. – Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
          la giunta della regione Lombardia ha inviato in data 29 aprile 2016 una lettera di diffida agli ex amministratori dell'ospedale San Matteo di Pavia, avanzando, a titolo di risarcimento del danno, una richiesta di 55,2 milioni di euro nei confronti di membri del consiglio d'amministrazione della «Fondazione I.R.C.C.S. Policlinico – S. Matteo – Pavia», manager e revisori dei conti dal 2009 al 2014;
          all'origine dell'iniziativa della giunta regionale lombarda c’è un esposto alla Corte dei conti sullo stato contabile dell'ospedale San Matteo, considerato che già in fase di approvazione del bilancio dell'esercizio 2014 erano emersi ritardi nel pagamento di forniture e debiti non puntualmente registrati nei bilanci annuali di competenza e il bilancio 2014 non era stato approvato dalla giunta regionale;
          la verifica amministrativa e contabile affidata alla società Kpmg di Milano ha prodotto, in data 31 luglio 2015, una relazione conclusiva in cui si parla di «pressoché totale assenza dell'impianto contabile-gestionale, nonché la mancanza di qualsiasi processo operativo-organizzativo strutturato e l'impossibilità di conoscere esattamente la consistenza patrimoniale della Fondazione»;
          il Ministero della salute nomina uno dei membri del consiglio di amministrazione della «Fondazione I.R.C.C.S. Policlinico – S. Matteo – Pavia», mentre quattro componenti sono di nomina regionale e due competono agli enti locali (comune e provincia);
          il nuovo consiglio di amministrazione, in carica dal 1o gennaio 2016, ha approntato un piano d'azioni per il risanamento gestionale e il recupero dell'efficienza contabile e amministrativa dell'Irccs di Pavia, sulla scorta delle indicazioni provenienti dall'attività di due diligence svolta dalla società di consulenza Kpmg;
          la giunta della regione Lombardia con delibera X/5115 del 29 aprile 2016 ha preso atto di tale piano di azioni;
          nel piano vengono individuate tre aree di debolezza gestionale (cioè extra-sanitaria), ovvero contabilità, sistemi informativi e organizzazione, da affrontare con urgenza per poter garantire basi solide e certe in termini di controllo dei costi e degli investimenti e di efficienza complessiva, al fine di «rilanciare l'attività sanitaria e scientifica dell'Irccs San Matteo» con un apposito piano la cui redazione si rimanda a un momento successivo;
          l'ospedale policlinico San Matteo rappresenta per la città di Pavia e per l'intero territorio della provincia pavese una risorsa economica, occupazionale e di indotto fondamentale, valendo da sola circa il 60 per cento del prodotto interno lordo cittadino e rappresentando storicamente una realtà d'eccellenza per la qualità delle cure prestate, della didattica e della ricerca –:
          quali iniziative intendano intraprendere per chiarire, per quanto di competenza e comunque attraverso i propri rappresentanti negli organi dell'ente, eventuali responsabilità da parte degli organi competenti in relazione alla gestione contabile e amministrativa dell'azienda, nonché per garantire che l'attuazione del piano d'azioni per il risanamento gestionale e il recupero dell'efficienza contabile e amministrativa della «Fondazione I.R.C.C.S. Policlinico – S. Matteo – Pavia» e la necessità di risanare il deficit non si traducano, in futuro, in una dismissione di servizi di cura alla cittadinanza, ovvero di svilimento della qualità della ricerca scientifica e della didattica ivi svolte o delle potenzialità economico-occupazionali per il territorio della provincia di Pavia.
(3-02250)


Iniziative di competenza per prevenire e contrastare il gioco d'azzardo patologico – 3-02399

F) Interrogazione

      BINETTI. – Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
          per una serie di ragioni assai difficilmente identificabili, e comunque scarsamente condivisibili, questo Governo, a giudizio dell'interrogante, non riesce a prendere decisioni concrete ed efficaci in materia di giochi, soprattutto sotto il profilo della prevenzione delle dipendenze e quindi a tutela della salute, nonostante ci siano diversi disegni di legge orientati in tal senso. Eppure, il problema si va facendo sempre più grave ed esige che si affronti con tutta l'attenzione che merita;
          sulla base di una recente ricerca effettuata dalla Società italiana di medicina dell'adolescenza, in collaborazione con altre istituzioni, è emerso che entro i 14 anni la stragrande maggioranza dei giovani ha giocato più di una volta, anche senza essere diventato un giocatore abituale; l'ha fatto soprattutto con i giochi che non destano particolare allarme sociale da parte degli adulti, come ad esempio il Gratta e vinci, il Lotto, il Super Enalotto e altri;
          attualmente si sta diffondendo tra i giovani la consuetudine a giocare utilizzando le app presenti sugli smartphone, in tutti gli ambienti, compresi quelli considerati più sensibili come le scuole: l'11 per cento degli intervistati, su un campione di 2 mila studenti di età compresa tra i 12 e i 14 anni ha già giocato anche on line; ciò è uno degli «effetti collaterali» della massiccia permanenza in rete degli adolescenti e indica un pericoloso avvicinamento al gioco d'azzardo on line, legale per gli adulti;
          in realtà, per giocare on line occorre disporre di una carta di credito, ma sembra che non sia difficile per gli adolescenti aggirare questo ostacolo per vivere un tipo di emozione che la legge non consente, secondo il classico modello che fa della trasgressione una delle esperienze più attrattive;
          dall'indagine citata risulta che il 95 per cento degli adolescenti intervistati sa cosa sia un gioco d'azzardo, il 90 per cento di loro sa bene che il gioco d'azzardo può creare dipendenza e per di più il 70 per cento ritiene che a questo tipo di dipendenza possano poi associarsene altre; ma solo il 66 per cento, un 30 per cento in meno, ma una percentuale comunque significativa, ritiene che sia possibile effettuare azioni di prevenzione nei confronti della dipendenza dal gioco d'azzardo attraverso adeguate campagne informative; eppure né la scuola, né i Ministeri competenti (Ministero della salute e Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca) hanno fatto nulla in tal senso, lasciando al Ministero dell'economia e delle finanze l'iniziativa di considerare il gioco come una sorta di cassaforte a cui attingere per i propri obiettivi di fiscalità generale, senza tenere in nessun conto gli effetti deleteri che si creano per le future generazioni, sempre più esposte al rischio dipendenza;
          la ricerca ha messo in evidenza come sussista un forte rischio che il nuovo paradigma della dipendenza da gioco per i ragazzi in età scolare non sarà solo l'azzardo per vincere denaro, ma l'attività di gioco in sé, resa accessibile da tutti gli strumenti tecnologici di cui i ragazzi dispongono ormai con estrema facilità. L'attenzione dei ragazzi si sta spostando sempre di più sulle app di gioco da utilizzare sui telefonini; si può fare una ricerca sui comuni app store, inserendo le parole «slot machine» e si trovano circa 2.200 app gratuite da scaricare e, se si digita slot machine e bambini, è possibile scaricare app per bambini dai 4 agli 8 anni;
          sono legali, non si vince denaro, ma la possibilità di giocare più a lungo, secondo il modello del ticket redemption, dove la vincita consiste in un accumulo di punti, ticket, che possono essere successivamente convertiti in premi, secondo il classico schema che consente di fidelizzare i clienti attraverso l'accumulo di punti da spendere successivamente: una formula sicura per creare dipendenza –:
          cosa intendano fare i Ministri interrogati, per quanto di competenza, per affrontare questo problema, sempre più esteso e più grave, con la necessaria serietà ed incisività, dal momento che tutti i fenomeni di dipendenza, una volta che si sono consolidati, oltre a costituire un grave danno per la persona, hanno sempre importanti ripercussioni anche sul piano della salute pubblica. (3-02399)


Iniziative volte al ripristino della viabilità sulla strada statale n. 1 Aurelia, nel tratto di Arenzano, in provincia di Genova – 3-02574

G) Interrogazione

      BASSO, CAROCCI, TURCO, ERMINI, GIACOBBE e MARIANI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
          il 19 marzo 2016, alle ore 10,28, ad Arenzano, in località Pizzo, si è staccata una frana di ingenti dimensioni, invadendo completamente la strada statale n.  1 Aurelia. Alcuni massi sono precipitati sul lungomare a valle dell'Aurelia. È stato ferito gravemente un uomo che transitava sul lungomare che, dopo diversi delicati interventi neurochirurgici e maxillo-facciali, dopo degenza prolungata in rianimazione, ora è fuori pericolo e si sta avviando ad una fase di riabilitazione;
          la frana avrebbe potuto causare una strage, se non fosse che, fortunatamente, dalle ore 9, la polizia municipale inibiva la sosta in località Pizzo e su tutto il tratto della strada statale n.  1 Aurelia che attraversa il paese, in previsione del passaggio della gara ciclistica Milano-Sanremo prevista per le ore 13, e che l'ultimo tratto di passeggiata, Lungomare Olanda, a valle dell'Aurelia, in località Pizzo, era interdetto al passaggio pedonale in quanto in corso il cantiere per il completamento della pista ciclabile (progetto ligure che coinvolge i comuni costieri realizzato attraverso i fondi per le aree sottoutilizzate); inoltre, non erano presenti i lavoratori del cantiere in quanto giorno prefestivo;
          sul luogo sono intervenuti immediatamente i vigili del fuoco, le forze dell'ordine e la protezione civile comunale; in particolare, il centro operativo comunale ha prodotto, tramite Dibris (Dipartimento informatica, robotica, bioingegneria ed ingegneria dei sistemi – Università di Genova) e Fondazione Cima, una documentazione della frana tramite drone, visualizzabile sul sito di Fondazione Cima;
          l'area è stata immediatamente isolata ed inibita al traffico veicolare e pedonale (ordinanza sindacale contingibile ed urgente n.  30 del 2016 del comune di Arenzano) e Anas ha immediatamente aperto un cantiere per lo sgombero dei massi e lo studio del fronte franato. I territori soggetti alla frana sono di proprietà privata. Anas ha proseguito incessantemente i lavori di sorveglianza, studio e disgaggio di materiale instabile;
          il sindaco del comune di Arenzano ha richiesto in data 21 marzo 2016 alla regione una riunione urgente per mettere a punto quali azioni immediatamente da intraprendere per continuare nell'azione tempestiva di messa in sicurezza e ripristino della viabilità. In tale riunione, tenutasi in regione alle 17,30 del 21 marzo 2016, l'Anas ha garantito il proseguimento dei lavori e contestualmente di progettazione e realizzazione delle opere. Ha altresì comunicato che avrebbe diffidato i proprietari dei terreni alla messa in sicurezza, così come il sindaco ha comunicato di eseguire l'ordinanza sindacale di messa in sicurezza dei terreni ai proprietari e non ad Anas, in quanto parte già attiva nei lavori;
          Anas ha quindi diffidato i proprietari a mettere in sicurezza i territori di loro proprietà ed il sindaco ha emesso un'ordinanza di messa in sicurezza dei fronti franati ai proprietari (ordinanza n.  32 del 22 marzo 2016 del comune di Arenzano);
          i lavori sono quindi proseguiti incessantemente fino a mercoledì 23 aprile 2016 quando è pervenuto il sequestro dell'area da parte della procura della Repubblica e la conseguente sospensione immediata di tutte le attività presenti sull'area;
          i proprietari dei terreni hanno risposto alla diffida di Anas ed all'ordinanza sindacale con un atteggiamento di non disponibilità, che ha di fatto impedito che fossero assunte le iniziative immediate che Anas aveva fino a quel momento aveva richiesto;
          il sindaco di Arenzano, a quanto consta agli interroganti, avrebbe telefonato in data 29 marzo 2016 al direttore generale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che avrebbe ascoltato e assicurato un interessamento del Ministero;
          nei giorni successivi sono avvenuti i sopralluoghi sull'area della frana da parte del tecnico incaricato dal magistrato, accompagnato dalla Polizia giudiziaria (il primo sopralluogo è avvenuto il 26 aprile 2016; il secondo, alla presenza dei proprietari, il 30 aprile 2016). È stato nominato custode dell'area il geometra Muffoletto, dipendente del comune di Arenzano, il 26 aprile 2016;
          il sindaco di Arenzano ha chiesto ad Anas la sua permanenza sull'area di frana per proseguire nel monitoraggio della frana stessa e per eseguire la sorveglianza, ma, in data 11 aprile 2016, Anas ha smobilitato il personale di sorveglianza che fino a quel momento aveva presidiato l'area, abbandonando il sito. Permane la custodia del sito da parte del comune di Arenzano;
          il sindaco di Arenzano, sempre più preoccupato della situazione, ha quindi richiesto al prefetto, così come all'Anas, un incontro per definire il programma e le tempistiche dell'intervento;
          in data 13 aprile 2016, presso la prefettura di Genova, il prefetto ha convocato il comune di Arenzano (presenti: sindaco, geometra Muffoletto custode dell'area e geometra Damonte, tecnico comunale), Anas (presenti: ingegnere Nibbi, capo dipartimento ligure, ingegnere Gualco, architetto Giampaolino ed un legale), regione (presenti: assessore Giampedrone, dottor Roncallo ed ingegnere Boni), vigili del fuoco (presente: comandante Giancarlo Moreschi), sopraintendenza, Autostrade (presente: ingegnere Rigacci);
          Anas ha illustrato il percorso fatto fino ad oggi ed ha dichiarato di non aver ancora pronto il progetto di messa in sicurezza della strada, anche per la difficoltà incontrata nei rapporti con i proprietari dei terreni, specificando che la messa in sicurezza dei fronti prospicienti l'Aurelia, di proprietà privata, prevede l'utilizzo di sistemi che modificano certamente l'assetto dei terreni e quindi ha manifestato la preoccupazione di rivalsa da parte dei proprietari;
          il prefetto ha quindi incaricato il sindaco di convocare i proprietari con Anas e di illustrare la situazione, cercando di ottenere la massima collaborazione; giovedì 21 aprile 20016 il sindaco ha convocato i proprietari dei terreni ed Anas per illustrare le prospettive dei lavori;
          dalle verifiche effettuate dal comune di Arenzano, attraverso il sistema di videosorveglianza sui varchi dell'Aurelia, risulta che i transiti veicolari in quel tratto di Aurelia dal 19 luglio 2015 (data di installazione del sistema) ai primi giorni del mese di maggio 2016 sono stati oltre 1.800.000;
          è stata richiamata l'attenzione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sul grave rischio che si correrebbe nell'ipotesi di un incidente sulla A10, ad oggi l'unica via di comunicazione stradale per la Liguria e una delle principali tra l'Italia ed il confine francese; un'autostrada che vede già in questo periodo code quotidiane, che nei mesi estivi possono raggiungere anche i 50 chilometri durante i fine settimana;
          in data 4 maggio 2016 si apprende di un accordo, anche di carattere economico, da parte di Anas e regione Liguria per una compartecipazione alle spese al fine di sostenere il progetto di un primo intervento per la riapertura dell'Aurelia, con l'opzione di rivalersi su eventuali soggetti terzi; la data di riapertura slitterebbe però, a quanto consta agli interroganti, a metà luglio 2016, e ciò sembrerebbe aver creato immediate e giustificate preoccupazioni da parte degli operatori commerciali e dell'amministrazione del comune di Arenzano –:
          quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano mettere in atto al fine di garantire il ripristino della viabilità – nel minor tempo possibile – sulla strada statale n.  1 Aurelia, in considerazione della rilevanza nazionale di questa arteria di comunicazione e anche tenendo conto del fatto che, con l'approssimarsi della stagione estiva, per la comunità di Arenzano e per l'intera regione Liguria, si configura non solo un disagio insostenibile per i cittadini e una disastrosa ricaduta economica sulle attività turistiche, ma anche un reale pericolo per il soccorso dei cittadini residenti e turisti poiché i mezzi di soccorso dovranno necessariamente utilizzare la sola rete autostradale e il servizio di soccorso, in caso di blocco (peraltro frequente su questo tratto autostradale interessato da pesante traffico portuale), sarebbe significativamente compromesso e impossibilitato a garantire la sicurezza dei cittadini.
(3-02574)


Iniziative per la messa in sicurezza della strada statale n. 407 Basentana – 3-02064, 3-02575, 3-02576

H) Interrogazioni

      LATRONICO. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
          la strada statale n.  407 Basentana è un'importante strada statale italiana, il cui tracciato segue il corso del fiume Basento da Potenza a Metaponto e compone l'itinerario della strada europea E847, dorsale nord-sud che unisce Sicignano degli Alburni alla Tavole Palatine di Metaponto, attraversando interamente la Basilicata;
          la tratta ha un'estensione di 100 chilometri e si presenta a due carreggiate, con due corsie per ogni senso di marcia con spartitraffico solo nel tratto ricadente nella provincia di Potenza, mentre lo stesso è assente lungo il tratto della provincia di Matera, in particolare tra Calciano e Metaponto. L'itinerario è caratterizzato da curve molto pericolose, numerose gallerie e restringimenti di carreggiata e ciò limita fortemente i livelli di sicurezza e la velocità di marcia;
          l'arteria stradale strada statale n.  407 è una delle strade più pericolose della Lucania, sulla quale si verifica una media di 0,20 incidenti per chilometro (secondo i dati Istat) e negli ultimi tempi si sono registrati una serie di incidenti, alcuni purtroppo molto gravi, dovuti alle condizioni dell'infrastruttura stradale. L'ultimo in ordine di tempo nella giornata di venerdì 26 febbraio 2016 quando nei pressi del comune di Salandra (provincia di Matera) si è verificato l'ennesimo scontro frontale dove hanno perso la vita tre persone, ponendo in maniera ineludibile il tema della sicurezza;
          risulta evidente come le condizioni di dissesto e la mancanza di manutenzione incidono pesantemente sull'incidentalità di questa arteria, come si può evincere dagli innumerevoli appelli dei cittadini che la percorrono ogni giorno;
          sul sito dell'Anas sono presenti quattro interventi di manutenzione straordinaria sulla strada statale n.  407: dal chilometro 13,763 al chilometro 13,763 ci sono lavori di messa in sicurezza per il ripristino strutturale degli impalcati dei viadotti «Mecca», «Coronati», «Gianni»; dal chilometro 19,902 al chilometro 20,488 lavori di ammodernamento degli impianti antincendio «Galleria Albano» per interventi di mitigazione del rischio – primo stralcio; dal chilometro 20,072 al chilometro 28,972 lavori di ammodernamento degli impianti antincendio in galleria «Carvotto» – primo stralcio; dal chilometro 64,566 al chilometro 65,264 lavori per il ripristino lungo la strada statale n.  407 Basentana della «Galleria Alvaro» – primo stralcio;
          la strada in questione, oltre ad essere ad unica carreggiata a doppio senso di marcia, che mal sopporta l'enorme mole di traffico soprattutto nei giorni feriali per via dei mezzi pesanti che la percorrono, è in pessime condizioni strutturali: fondo stradale sconnesso, avvallamenti, asfalto rattoppato, deterioramento della segnaletica stradale, mancanza di adeguata illuminazione nelle gallerie. Il dissesto e la conseguente pericolosità aumentano quando le condizioni meteorologiche si fanno avverse e, in particolare, in caso di pioggia, che rende invisibile all'automobilista lo stato reale dell'asfalto;
          in considerazione della rilevanza strategica dell'arteria strada statale n.  407 e dell'incremento del traffico legato anche al richiamo turistico della città di Matera, capitale europea della cultura 2019, si rendono necessari interventi di manutenzione straordinaria che la mettano in sicurezza per evitare ulteriori perdite di vite umane –:
          quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere con la massima sollecitudine al fine di verificare quanto riportato in premessa e quali interventi intenda porre in essere per garantire la messa in sicurezza della strada statale Basentana e l'incolumità dei pendolari che la percorrono ogni giorno. (3-02064)


      LATRONICO. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
          la strada statale n.  407 Basentana è un'arteria strategicamente importante per la Basilicata e l'intero Mezzogiorno, in quanto collega il Tirreno allo Ionio. Il tracciato segue il corso del fiume Basento da Potenza a Metaponto e compone l'itinerario della strada europea E847, dorsale nord-sud che unisce Sicignano degli Alburni alla Tavole Palatine di Metaponto;
          la tratta ha un'estensione di 100 chilometri e si presenta a due carreggiate, con due corsie per ogni senso di marcia con spartitraffico solo nel tratto ricadente nella provincia di Potenza, mentre lo stesso è assente lungo il tratto della provincia di Matera, in particolare tra Calciano e Metaponto. L'itinerario è caratterizzato da curve molto pericolose, numerose gallerie e restringimenti di carreggiata e ciò limita fortemente i livelli di sicurezza e la velocità di marcia;
          il sistema infrastrutturale lucano presenta molte carenze sul piano viario, della sicurezza e della manutenzione, specie per quanto riguarda le principali arterie che collegano i principali punti di interesse della regione;
          la pericolosità della strada statale n.  407 Basentana continua ad aumentare in maniera sproporzionata e in questo ultimo periodo continua l'incremento di sinistri anche con tragiche conseguenze a causa delle condizioni dell'infrastruttura che, secondo i dati dell'Istat, si attesterebbero intorno ad una media di 0,20 per chilometro;
          la strada in questione, oltre ad essere ad unica carreggiata a doppio senso di marcia che mal sopporta l'enorme mole di traffico soprattutto nei giorni feriali per via dei mezzi pesanti che la percorrono, è in pessime condizioni strutturali: fondo stradale sconnesso, avvallamenti, asfalto rattoppato, deterioramento della segnaletica stradale, mancanza di adeguata illuminazione nelle gallerie. In alcuni tratti il doppio senso di marcia non risulta adeguatamente diviso da spartitraffico, ma da una semplice doppia striscia continua e lungo la strada sono presenti molti svincoli a raso dove si rileva la mancanza di corsie di emergenza. Il dissesto e la conseguente pericolosità aumentano quando le condizioni meteorologiche si fanno avverse e, in particolare, in caso di pioggia, che rende invisibile all'automobilista lo stato reale dell'asfalto;
          gli incidenti che si verificano lungo la strada statale n.  407 sono quasi sempre di grave entità e causano morti e feriti. È utile ricordare l'incidente avvenuto nel mese di febbraio 2016, quando nei pressi di Salandra un veicolo, in mancanza di spartitraffico, ha invaso la corsia opposta provocando un incidente frontale col veicolo che procedeva in senso opposto e causando la morte di tre persone. In seguito, l'associazione di volontariato culturale Ipazia ha promosso una petizione on line per chiedere la messa in sicurezza, attraverso l'installazione di uno spartitraffico, del tratto di Basentana dal bivio di Calciano in direzione Metaponto, tratto ormai tristemente noto proprio per la sua pericolosità. L'ultimo incidente in ordine di tempo risale a pochi giorni fa e ha provocato la morte di un automobilista e il ferimento di un secondo;
          con precedente atto di sindacato ispettivo, presentato il 1o marzo 2016 nella seduta n.  580 (interrogazione n.  3-02064), a cui non è stata data risposta, l'interrogante evidenziava la pericolosità dell'arteria stradale lucana e il problema della messa in sicurezza, anche in considerazione della designazione di Matera quale capitale europea della cultura 2019 che incrementerà il traffico veicolare e porterà certamente un numero elevato di turisti a percorrere la Basentana per raggiungere la città dei Sassi –:
          quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di rendere sicura la percorribilità della strada statale n.  407, soprattutto in considerazione dei continui incidenti mortali che si verificano;
          quali iniziative intenda attivare affinché Anas predisponga celermente un piano di ammodernamento della strada statale n.  407 Basentana nel tratto compreso tra Calciano e Metaponto in entrambi i sensi di marcia, al fine di dotare suddetto tratto di uno spartitraffico centrale e di una corsia di emergenza e di adeguare l'arteria a tutti gli standard che garantiscono la sicurezza degli automobilisti. (3-02575)


      BURTONE. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
          nelle ultime settimane si sono registrati una serie di incidenti, alcuni purtroppo molto gravi, lungo la strada statale Basentana, che collega Potenza a Metaponto;
          l'ultimo in ordine di tempo nella giornata dell'8 giugno 2015, quando nei pressi dello svincolo di Tricarico un autoarticolato si è ribaltato bloccando la circolazione;
          l'ennesimo incidente pone in maniera ineludibile il tema della sicurezza di un'arteria strategica per l'intero Mezzogiorno in quanto collega la A3 alla Jonica;
          oltre agli interventi di messa in sicurezza dal punto di vista strutturale già sollecitati più volte con atti di sindacato ispettivo anche per prevenire rischi, occorre intervenire ammodernando l'infrastruttura;
          si è in assenza di una corsia di emergenza, vi è la questione relativa allo spartitraffico, il fondo stradale soprattutto dopo i periodi invernali si presenta pieno di buche e avvallamenti pericolosi per chi viaggia e anche la qualità dell'asfalto va migliorata –:
          in considerazione di quanto sopra esposto, anche al fine di prevenire incidenti e aumentare gli standard di sicurezza, se e quali iniziative il Governo intenda porre in essere nei confronti dell'Anas al fine di ammodernare la strada statale Basentana. (3-02576)


TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE: REALACCI ED ALTRI; ABRIGNANI; REALACCI ED ALTRI: DISPOSIZIONI CONCERNENTI IL MARCHIO ITALIANO DI QUALITÀ ECOLOGICA DEI PRODOTTI COSMETICI (A.C. 106-2812-3852-A)

A.C. 106-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n.  1.

A.C. 106-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE FAVOREVOLE

sull'emendamento 5.50 con la condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione, che sia approvato il subemendamento 0.5.50.1 delle Commissioni;

PARERE CONTRARIO

sull'emendamento 9.50 e sull'articolo aggiuntivo 4.01, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 106-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL TESTO UNIFICATO DELLE COMMISSIONI

Art. 1.
(Ambito di applicazione).

      1. La presente legge si applica ai prodotti cosmetici individuati ai sensi del regolamento (CE) n.  1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sui prodotti cosmetici.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 1 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 1.
(Ambito di applicazione).

      All'articolo 1, premettere il seguente:
      01. – (Finalità). – 1. La presente legge persegue le seguenti finalità:
          a) la riduzione dell'inquinamento idrico, limitando il quantitativo di ingredienti potenzialmente dannosi e il carico tossico totale del prodotto cosmetico;
          b) la riduzione al minimo della produzione di rifiuti, diminuendo la quantità di imballaggi;
          c) la riduzione o la prevenzione dei potenziali rischi per l'ambiente connessi all'uso di sostanze pericolose;
          d) la prevenzione dei potenziali rischi per la salute connessi all'uso di sostanze pericolose.

      Conseguentemente, sostituire l'articolo 6 con il seguente:
          Art. 6. – (Finalità dei controlli). – 1. I controlli stabiliti dalla presente legge sono volti prioritariamente a verificare la coerenza dell'etichettatura rispetto ai contenuti del prodotto, tenuto conto dei parametri per ogni tipologia di prodotto cosmetico stabiliti dal decreto di cui all'articolo 3.
01. 050. Zaratti, Ricciatti, Pellegrino, Ferrara.

A.C. 106-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL TESTO UNIFICATO DELLE COMMISSIONI

Art. 2.
(Marchio italiano di qualità ecologica dei prodotti cosmetici).

      1. È istituito il marchio collettivo denominato «marchio italiano di qualità ecologica», disciplinato dall'articolo 2570 del codice civile e dall'articolo 11 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n.  30. La registrazione del marchio è richiesta dall'ente di controllo di cui al comma 2. L'uso del marchio italiano di qualità ecologica è concesso, su richiesta del produttore, per i prodotti cosmetici individuati ai sensi dell'articolo 1 che soddisfano i parametri ecologici di cui all'articolo 3 e che presentano un impatto ambientale inferiore alla media dei prodotti in commercio.
      2. L'uso del marchio è concesso dal Comitato per il marchio comunitario di qualità ecologica dei prodotti e per il sistema comunitario di ecogestione e audit, istituito dal regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 2 agosto 1995, n.  413, di seguito denominato «Comitato», che vi provvede con le risorse umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 2.
(Marchio italiano di qualità ecologica dei prodotti cosmetici).

      Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: qualità ecologica con la seguente: qualità.

      Conseguentemente, sostituire, ovunque ricorrano nel testo, le parole: qualità ecologica con la seguente: qualità.
2. 54. Prodani.

      Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: qualità ecologica aggiungere le seguenti: dei prodotti cosmetici.

      Conseguentemente, dopo le parole: qualità ecologica ovunque ricorrano nel testo, aggiungere le seguenti: dei prodotti cosmetici.
2. 50. Castiello, Grimoldi, Allasia.

      Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: qualità ecologica aggiungere le seguenti: dei prodotti cosmetici.
2. 50.(Testo modificato nel corso della seduta)    Castiello, Grimoldi, Allasia.
(Approvato)

      Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: qualità ecologica” aggiungere le seguenti: al fine di promuovere prodotti cosmetici dermocompatibili, con comprovata efficacia funzionale e con minore impatto sull'ambiente durante l'intero ciclo di vita. Il marchio offre ai cittadini informazioni accurate, non ingannevoli e scientificamente fondate, ed è.

      Conseguentemente, al medesimo comma, terzo periodo, dopo le parole: su richiesta aggiungere le seguenti: e su base volontaria.
2. 51. Moretto.

      Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: qualità ecologica” aggiungere le seguenti: al fine di promuovere prodotti cosmetici dermocompatibili, con comprovata efficacia funzionale e con minore impatto sull'ambiente durante l'intero ciclo di vita. Il marchio offre ai cittadini informazioni accurate, non ingannevoli e scientificamente fondate, ed è.
2. 51.(Testo modificato nel corso della seduta)    Moretto.
(Approvato)

      Al comma 1, terzo periodo, sostituire le parole da: su richiesta fino alla fine del comma, con le seguenti: su base volontaria, con caratteristiche di dermocompatibilità e basso impatto sull'ambiente durante l'intero ciclo di vita, su richiesta del produttore, per i prodotti cosmetici individuati ai sensi dell'articolo 1 che soddisfano i parametri ecologici di cui all'articolo 3 e che presentano un impatto ambientale inferiore alla media dei prodotti in commercio. Il marchio fornisce ai cittadini informazioni accurate, non ingannevoli e scientificamente fondate.
2. 55. Prodani.

      Al comma 1, terzo periodo, sostituire le parole: su richiesta con le seguenti: su base volontaria e previa richiesta.
2. 52. Castiello, Grimoldi, Allasia.
(Approvato)

      Al comma 1, terzo periodo, dopo le parole: parametri ecologici aggiungere le seguenti: e di dermocompatibilità.
*2. 53. Moretto.
(Approvato)

      Al comma 1, terzo periodo, dopo le parole: parametri ecologici aggiungere le seguenti: e di dermocompatibilità.
*2. 56. Prodani.
(Approvato)

A.C. 106-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL TESTO UNIFICATO DELLE COMMISSIONI

Art. 3.
(Parametri ecologici).

      1. Per ogni tipologia di prodotto cosmetico, con regolamento adottato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentiti l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e l'Istituto superiore di sanità (ISS), che si esprimono entro sessanta giorni dalla richiesta, sono stabiliti i limiti, i metodi di prova, i criteri di valutazione e lo strumento di calcolo applicati all'intero ciclo di vita del prodotto, in conformità alle disposizioni del regolamento (CE) n.  1223/2009 nonché ai criteri previsti dalla decisione 2014/893/UE della Commissione, del 9 dicembre 2014, laddove compatibili, in ordine ai seguenti parametri:
          a) dermocompatibilità;
          b) quantità delle sostanze definite tossiche, pericolose per l'ambiente, cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione (CMR) in conformità al regolamento (CE) n.  1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, e all'articolo 57 del regolamento (CE) n.  1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006;
          c) valore dell'impatto tossicologico sulla qualità delle acque, sulla fauna e sulla flora acquatica;
          d) quantità di sostanze non biodegradabili aerobicamente;
          e) quantità di sostanze non biodegradabili anaerobicamente;
          f) sostanze bioaccumulabili e disturbatori endocrini;
          g) assenza di sostanze espressamente vietate in base alla normativa vigente;
          h) incidenza ecologica dell'imballaggio.

      2. Per quanto attiene ai limiti relativi alla tossicità, alla nocività e alla biodegradabilità, il regolamento di cui al comma 1 è adottato nel rispetto dei seguenti criteri:
          a) per i prodotti tossici per l'ambiente o nocivi per la fauna e la flora acquatica nonché per le tinture o sostanze coloranti e per i biocidi sono indicati i dati relativi al bioaccumulo potenziale;
          b) per la valutazione sulla nocività per l'ambiente e sulla biodegradabilità aerobica e anaerobica è considerato qualsiasi ingrediente presente nel prodotto finale, fatta eccezione per gli agenti abrasivi presenti nei detergenti per le mani;
          c) il prodotto non deve contenere sostanze cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione.

      3. Per quanto attiene alla qualità degli imballaggi, comprendenti gli involucri e i contenitori del prodotto, di cui alla lettera h) del comma 1, il regolamento previsto dal medesimo comma 1 è adottato nel rispetto dei seguenti criteri:
          a) il rapporto tra peso e contenuto deve essere inferiore a 0,28 grammi di imballaggio primario per grammo di prodotto, salvi limiti diversi nel caso di imballaggi riutilizzabili o prodotti con materiale riciclato;
          b) il contenitore del prodotto deve essere concepito in modo da agevolare un dosaggio corretto;
          c) le parti in plastica dell'imballaggio, eccettuati i tappi e le pompe, sono contrassegnate secondo la norma DIN 6120, parte 2, o equivalente, per favorire il corretto smaltimento e il riciclo;
          d) l'imballaggio non deve contenere additivi a base di cadmio o di mercurio o composti di tali elementi;
          e) l'imballaggio deve indicare il mese e l'anno di produzione, nonché la durata minima di conservazione del prodotto cosmetico, salve specifiche eccezioni per i prodotti cosmetici per i quali l'indicazione della durata minima di conservazione non risulti obbligatoria ai sensi dell'articolo 19, comma 1, lettera c), del regolamento (CE) n.  1223/2009.

      4. I parametri ecologici e i connessi criteri di valutazione e di calcolo hanno validità per quattro anni dalla data di adozione del regolamento di cui al comma 1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, con cadenza quadriennale, all'aggiornamento del regolamento secondo la procedura di cui al comma 1.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 3 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 3.
(Parametri ecologici).

      Al comma 1, alinea, dopo le parole: con il Ministro della salute aggiungere le seguenti: e con il Ministro dello sviluppo economico.
3. 2. Castiello, Allasia, Grimoldi.

      Al comma 1, alinea, dopo le parole: laddove compatibili, aggiungere la seguente: e.
3. 100. Le Commissioni.
(Approvato)

      Al comma 1, aggiungere, in fine, la seguente lettera:
          i) assenza di hydrogenated palm oil, hydrogenated palm glycerides e elaeis guineensis e gli altri derivati dell'olio di palma.
3. 52. Busto, Terzoni, De Rosa, Daga, Mannino, Micillo, Zolezzi, Vignaroli, Rizzetto.

      Al comma 1, aggiungere, in fine, la seguente lettera:
          i) assenza del conservante triclosan.
3. 50. Busto, Terzoni, De Rosa, Daga, Mannino, Micillo, Zolezzi, Vignaroli.

      Al comma 1, aggiungere, in fine, la seguente lettera:
          i) assenza di microplastiche, particelle plastiche di misura uguale o inferiore a 5 millimetri.
3. 51. Busto, Terzoni, De Rosa, Daga, Mannino, Micillo, Zolezzi, Vignaroli.

      Al comma 1, aggiungere, in fine, la seguente lettera:
          i) assenza di test su animali.
3. 55. Cristian Iannuzzi.

      Al comma 4, primo periodo, sostituire le parole: quattro anni con le seguenti: cinque anni.

      Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo, sostituire la parola: quadriennale con la seguente: quinquennale.
3. 53. Castiello, Grimoldi, Allasia.

      Al comma 4, secondo periodo, aggiungere in fine le seguenti parole: sentito il Comitato.
3. 101. Le Commissioni.
(Approvato)

      Aggiungere, in fine, il seguente comma:
      5. I test clinici di dermocompatibilità di cui al comma 1, lettera a), sono obbligatori e sono disciplinati con apposito regolamento adottato con decreto del Ministro della salute entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. 54. Stella Bianchi, Moretto.

      Aggiungere, in fine, il seguente comma:
      5. I test clinici di dermocompatibilità sono obbligatori e sono disciplinati con il regolamento di cui al comma 1.
3. 54.(Testo modificato nel corso della seduta)    Stella Bianchi, Moretto.
(Approvato)

      Aggiungere, in fine, il seguente comma:
      5. Per quanto attiene il parametro di dermocompatibilità il produttore deve effettuare test obbligatori attraverso strumenti di calcolo forniti dal Comitato.
3. 56. Prodani.

      Alla rubrica, sopprimere la parola: ecologici.
3. 102.    Le Commissioni.
(Approvato)

A.C. 106-A – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL TESTO UNIFICATO DELLE COMMISSIONI

Art. 4.
(Procedura per la concessione dell'uso del marchio).

      1. Il produttore, all'atto della richiesta di concessione dell'uso del marchio italiano di qualità ecologica, dichiara la composizione del prodotto, con la denominazione, gli elementi identificativi, la quantità e la concentrazione di ciascun componente, compresi gli additivi, la funzione di ciascun componente nel preparato e la scheda informativa o di sicurezza relativa al prodotto medesimo. Per ciascun componente, che non deve essere testato sugli animali, il produttore fornisce la documentazione necessaria ai fini della concessione dell'uso del marchio. Il produttore può anche avvalersi, a tal fine, della documentazione proveniente dai propri fornitori.
      2. La richiesta di concessione dell'uso del marchio italiano di qualità ecologica è trasmessa al Comitato, che provvede alla verifica della conformità della domanda e del prodotto rispetto ai criteri indicati nel regolamento di cui all'articolo 3, richiedendo se necessario, entro centoventi giorni, integrazioni della documentazione presentata e accertamenti svolti da laboratori indipendenti dal produttore. Alla richiesta di concessione dell'uso del marchio è allegato un esemplare dell'imballaggio primario del prodotto. In caso di esito positivo della verifica, il Comitato approva il prodotto concedendo l'uso del marchio italiano di qualità ecologica.
      3. I dati relativi ai parametri di cui all'articolo 3 sono oggetto di controllo periodico da parte del produttore e costituiscono il « dossier ecologico e di dermocompatibilità» del prodotto cosmetico.
      4. L'imballaggio del prodotto, che ha ottenuto il marchio italiano di qualità ecologica, riporta in modo ben visibile il marchio medesimo e la seguente dicitura: «Questo prodotto ha ottenuto il marchio italiano di qualità ecologica perché non è testato sugli animali, riduce l'impatto sull'ecosistema, garantisce un livello ottimale di biodegradabilità e limita la produzione di rifiuti».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 4 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 4.
(Procedura per la concessione dell'uso del marchio).

      Al comma 1, secondo periodo, dopo le parole: la documentazione necessaria aggiungere le seguenti:, anche già corredata di attestazione di conformità del prodotto tramite accertamenti svolti da laboratori indipendenti,
4. 50. Ricciatti, Zaratti, Pellegrino, Ferrara.

      Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Il produttore è altresì tenuto a fornire test clinici di valutazione della dermocompatibilità che devono essere svolti presso laboratori di ricerca indipendenti dall'azienda produttrice o dall'azienda distributrice delle formulazioni o dei singoli ingredienti.
4. 51. Stella Bianchi, Moretto.

      Al comma 2, primo periodo, dopo le parole: centoventi giorni aggiungere le seguenti: dalla data di ricezione della richiesta.
4. 52. Pellegrino, Ricciatti, Zaratti, Ferrara.
(Approvato)

      Al comma 3, dopo le parole: sono oggetto di controllo periodico da parte del produttore aggiungere le seguenti: che tiene conto degli aggiornamenti di cui all'articolo 3, comma 4.
4. 30. Castiello, Allasia, Grimoldi.

      Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:
      Art. 4-bis – (Misure per la sostenibilità ambientale dei prodotti cosmetici). – 1. Al fine di tutelare la salute dei consumatori, nonché di contrastare il ricorso a pratiche commerciali ingannevoli, con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati modalità e criteri per l'introduzione di una certificazione biologica dei prodotti cosmetici, assistita dall'utilizzo del marchio «BIO» per i prodotti cosmetici che presentino una percentuale minima di componenti di origine naturale provenienti da agricoltura biologica e risultino prive di sostanze che presentino significativi elementi di rischio per la salute dell'uomo.
      2. Al fine di contenere l'impatto ambientale e sociale ambientale connesso all'utilizzo dei prodotti cosmetici, con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente della tutela del territorio e del mare, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge sono individuati modalità e criteri per l'introduzione di una certificazione ecologica dei prodotti cosmetici, assistita dall'utilizzo del marchio «ECO», che calcoli la compatibilità ambientale e sociale di ogni componente del prodotto cosmetico, nonché del suo imballaggio in relazione all'eventuale utilizzo di sostanze:
          a) provenienti da specie protette o a rischio di estinzione;
          b) prive di materie prime geneticamente modificate.
4. 01. Terzoni, Busto, De Rosa, Daga, Mannino, Micillo, Zolezzi, Vignaroli.

A.C. 106-A – Articolo 5

ARTICOLO 5 DEL TESTO UNIFICATO DELLE COMMISSIONI

Art. 5.
(Supporto tecnico dell'ISPRA e dell'ISS).

      1. Il Comitato si avvale del supporto tecnico, logistico e funzionale dell'ISPRA e dell'ISS, che provvedono per le funzioni rientranti tra le proprie finalità istituzionali, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
      2. L'attività di supporto tecnico dell'ISPRA e dell'ISS si svolge, in particolare, nelle seguenti materie, secondo le direttive del Comitato:
          a) analisi dei « dossier ecologici e di dermocompatibilità», degli strumenti di calcolo e delle altre funzioni relative ai parametri ecologici e di dermocompatibilità;
          b) istituzione e gestione di appositi e distinti registri delle domande di concessione dell'uso del marchio italiano di qualità ecologica dei cosmetici ricevute, accolte e respinte, nonché del regolare pagamento dei diritti di uso del marchio;
          c) predisposizione di proposte di modifica del regolamento di cui all'articolo 3, da sottoporre alla valutazione del Comitato.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 5 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 5.
(Supporto tecnico dell'ISPRA e dell'ISS).

Subemendamento all'emendamento 5.50.

      All'emendamento Moretto 5.50, sostituire le parole: che partecipano a titolo non oneroso con le seguenti: la cui partecipazione al Comitato medesimo non dà luogo alla corresponsione di alcun compenso, indennità, rimborso spese o emolumento comunque denominato.
0. 5. 50. 1.    Le Commissioni.
(Approvato)

      Al comma 1, aggiungere, in fine, le parole:, nonché da esperti di comprovata esperienza nel settore dermatologico e cosmetologico, che partecipano a titolo non oneroso, al fine di definire strumenti di calcolo e test specifici per la dermocompatibilità.
5. 50. Moretto.

      Al comma 1, aggiungere, in fine, le parole:, nonché di esperti dalla comprovata esperienza nel settore dermatologico e cosmetologico, che partecipano a titolo non oneroso, al fine di definire strumenti di calcolo e test specifici per la dermocompatibilità.
5. 50.(Testo modificato nel corso della seduta)    Moretto.
(Approvato)

A.C. 106-A – Articolo 6

ARTICOLO 6 DEL TESTO UNIFICATO DELLE COMMISSIONI

Art. 6.
(Finalità dei controlli).

      1. I controlli stabiliti dalla presente legge sono volti in particolare a promuovere:
          a) la riduzione dell'inquinamento idrico, limitando il quantitativo di ingredienti potenzialmente dannosi e il carico tossico totale del prodotto cosmetico;
          b) la riduzione al minimo della produzione di rifiuti, diminuendo la quantità di imballaggi;
          c) la riduzione o la prevenzione dei potenziali rischi per l'ambiente connessi all'uso di sostanze pericolose;
          d) la prevenzione dei potenziali rischi per la salute connessi all'uso di sostanze pericolose;
          e) la coerenza dell'etichettatura rispetto ai contenuti del prodotto.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 6 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 6.
(Finalità dei controlli).

      Al comma 1, aggiungere, in fine, la seguente lettera:
          f) l'informazione e la sensibilizzazione dei consumatori sulla qualità ecologica dei prodotti cosmetici e dei relativi imballaggi.
6. 50. Castiello, Grimoldi, Allasia.

A.C. 106-A – Articolo 7

ARTICOLO 7 DEL TESTO UNIFICATO DELLE COMMISSIONI

Art. 7.
(Risorse finanziarie per la gestione del Comitato).

      1. La presentazione della domanda di concessione dell'uso del marchio italiano di qualità ecologica dei prodotti cosmetici è soggetta al pagamento di un diritto, nella misura stabilita con il decreto di cui al comma 3 a copertura delle spese di istruttoria delle domande stesse. L'uso del marchio, a decorrere dalla data di concessione, è soggetto al pagamento di un diritto annuale di utilizzazione, nella misura stabilita con il medesimo decreto di cui al comma 3.
      2. Le spese concernenti lo svolgimento delle verifiche di controllo, le eventuali prove di laboratori accreditati necessarie a dimostrare il rispetto dei criteri per la concessione dell'uso del marchio nonché le spese per la concessione del marchio sono a carico del soggetto richiedente.
      3. Gli importi dei diritti di cui al comma 1 e delle spese di cui al comma 2 sono stabiliti con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 7 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 7.
(Risorse finanziarie per la gestione del Comitato).

      Al comma 3, aggiungere, in fine, le parole:, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
7. 50. Ferrara, Zaratti, Ricciatti, Pellegrino.

      Al comma 3, aggiungere, in fine, le parole:, da emanare entro sessanta giorni dall'adozione del regolamento di cui all'articolo 3, comma 1.
7. 50.(Testo modificato nel corso della seduta)    Ferrara, Zaratti, Ricciatti, Pellegrino.
(Approvato)

A.C. 106-A – Articolo 8

ARTICOLO 8 DEL TESTO UNIFICATO DELLE COMMISSIONI

Art. 8.
(Sanzioni).

      1. In caso di contraffazione o alterazione del marchio italiano di qualità ecologica o comunque di utilizzazione del medesimo in violazione della legge si applicano gli articoli 473, 474, 474-bis, 474-ter e 474-quater del codice penale nonché l'articolo 127 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n.  30.
      2. La sentenza di condanna è pubblicata in uno o più giornali quotidiani a diffusione nazionale e nel sito internet del Comitato.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 8 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 8.
(Sanzioni).

      Dopo l'articolo 8, aggiungere il seguente:

      Art. 8-bis – 1. Dal 1o gennaio 2019 è vietato produrre e mettere in commercio prodotti cosmetici contenenti microplastiche.
      2. Ai fini di cui alla presente legge sono definite microplastiche le particelle plastiche di misura uguale o inferiore a 5 millimetri.
      3. Il trasgressore del divieto di cui al comma 1 è punito con la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da 100.000 euro a 500.000 euro e, in caso di recidiva, con la sospensione dell'attività produttiva per un periodo non inferiore a dodici mesi.
8. 050. Realacci, Epifani, Abrignani, Albanella, Arlotti, Baradello, Benamati, Stella Bianchi, Braga, Carnevali, Castiello, Cenni, Cera, Cominelli, D'Agostino, D'Incecco, Fedi, Fossati, Giuseppe Guerini, Cristian Iannuzzi, Tino Iannuzzi, Kronbichler, La Marca, Latronico, Lodolini, Magorno, Malisani, Massa, Mazzoli, Milanato, Minnucci, Mongiello, Palese, Pastorelli, Patriarca, Pellegrino, Polverini, Ricciatti, Rizzetto, Rostan, Giovanna Sanna, Schirò, Scuvera, Sgambato, Vella, Venittelli, Vezzali, Zaccagnini, Zanin, Zaratti, Zardini.

      Dopo l'articolo 8, aggiungere il seguente:

      Art. 8-bis – 1. Dal 1o gennaio 2020 è vietato mettere in commercio prodotti cosmetici da risciacquo ad azione esfoliante o detergente contenenti microplastiche.
      2. Ai fini di cui al comma 1, si intende per:
          a) microplastiche: le particelle solide in plastica, insolubili in acqua, di misura uguale o inferiore a 5 millimetri, intenzionalmente aggiunte nei prodotti cosmetici di cui al comma 1;
          b) plastica: i polimeri modellati, estrusi o fisicamente manipolati in diverse forme solide, che durante l'uso e nel successivo smaltimento mantengono le forme definite nelle applicazioni previste.

      3. Il trasgressore del divieto di cui al comma 1 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 2.500 euro a 25.000 euro, aumentata fino al quadruplo del massimo se la violazione del divieto riguarda quantità ingenti di prodotti cosmetici di cui al comma 1 oppure un valore della merce superiore al 20 per cento del fatturato del trasgressore. In caso di recidiva, si applica la sospensione dell'attività produttiva per un periodo non inferiore a dodici mesi. Le sanzioni sono applicate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n.  689. Fermo restando quanto previsto in ordine ai poteri di accertamento degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria dall'articolo 13 della legge n.  689 del 1981, all'accertamento delle violazioni provvedono, d'ufficio o su denunzia, gli organi di polizia amministrativa. Il rapporto previsto dall'articolo 17 della legge n.  689 del 1981 è presentato alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della provincia nella quale è stata accertata la violazione.

      Conseguentemente, sostituire il titolo con il seguente: Disposizioni in materia di composizione dei prodotti cosmetici e disciplina del marchio italiano di qualità ecologica.
8. 050.(Testo modificato nel corso della seduta)    Realacci, Epifani, Abrignani, Albanella, Arlotti, Baradello, Benamati, Stella Bianchi, Braga, Carnevali, Castiello, Cenni, Cera, Cominelli, D'Agostino, D'Incecco, Fedi, Fossati, Giuseppe Guerini, Cristian Iannuzzi, Tino Iannuzzi, Kronbichler, La Marca, Latronico, Lodolini, Magorno, Malisani, Massa, Mazzoli, Milanato, Minnucci, Mongiello, Palese, Pastorelli, Patriarca, Pellegrino, Polverini, Ricciatti, Rizzetto, Rostan, Giovanna Sanna, Schirò, Scuvera, Sgambato, Vella, Venittelli, Vezzali, Zaccagnini, Zanin, Zaratti, Zardini.
(Approvato)

A.C. 106-A – Articolo 9

ARTICOLO 9 DEL TESTO UNIFICATO DELLE COMMISSIONI

Art. 9.
(Disposizioni finali).

      1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, alla revisione del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 2 agosto 1995, n.  413, anche al fine di adeguare le norme sul funzionamento del Comitato alle disposizioni introdotte dalla presente legge.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 9 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 9.
(Disposizioni finali).

      Al comma 1, aggiungere, in fine, le parole:, prevedendo altresì che una quota dei diritti versati dai produttori ai sensi dell'articolo 7, commi 1 e 2, sia destinata a campagne di promozione e informative destinate ai consumatori e ai produttori di cosmetici.
9. 50. Ricciatti, Zaratti, Pellegrino, Ferrara.

A.C. 106-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame istituisce il marchio italiano di qualità ecologica dei prodotti cosmetici, disponendo che, su richiesta del produttore, il predetto marchio è assegnato ai prodotti cosmetici individuati ai sensi dell'articolo 1 che soddisfano i parametri ecologici stabiliti dal successivo articolo 3 e che presentano un carico ambientale inferiore alla media dei prodotti in commercio;
              per quanto concerne la disciplina del marchio sui suddetti prodotti si fa riferimento all'articolo 2570 del Codice Civile e all'articolo 11 del codice di proprietà industriale;
              è previsto che il Comitato di certificazione previsto dal decreto ministeriale 2 agosto 1995, n.  413, ai fini della verifica della conformità della domanda e del prodotto rispetto ai criteri indicati nel regolamento di cui all'articolo 3, può chiedere, entro 120 giorni, integrazioni della documentazione presentata e verifiche da parte di laboratori indipendenti dal produttore;
              il provvedimento in oggetto tuttavia non presenta chiarezza relativamente alla decorrenza del suddetto termine di 120 giorni e non appaiono definiti i tempi del procedimento di assegnazione del marchio italiano di certificazione ecologica,

impegna il Governo

a definire più nel dettaglio, anche in successivi interventi normativi, la decorrenza del termine di 120 giorni e i tempi del procedimento di assegnazione del marchio italiano di certificazione ecologica.
9/106-A/1. Segoni, Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Turco, Palese.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame istituisce il marchio italiano di qualità ecologica dei prodotti cosmetici, disponendo che, su richiesta del produttore, il predetto marchio è assegnato ai prodotti cosmetici individuati ai sensi dell'articolo 1 che soddisfano i parametri ecologici stabiliti dal successivo articolo 3 e che presentano un carico ambientale inferiore alla media dei prodotti in commercio;
              per quanto concerne la disciplina del marchio sui suddetti prodotti si fa riferimento all'articolo 2570 del Codice Civile e all'articolo 11 del codice di proprietà industriale;
              è previsto che il Comitato di certificazione previsto dal decreto ministeriale 2 agosto 1995, n.  413, ai fini della verifica della conformità della domanda e del prodotto rispetto ai criteri indicati nel regolamento di cui all'articolo 3, può chiedere, entro 120 giorni, integrazioni della documentazione presentata e verifiche da parte di laboratori indipendenti dal produttore;
              il provvedimento in oggetto tuttavia non presenta chiarezza relativamente alla decorrenza del suddetto termine di 120 giorni e non appaiono definiti i tempi del procedimento di assegnazione del marchio italiano di certificazione ecologica,

impegna il Governo

a definire, anche in successivi interventi normativi, i tempi del procedimento di assegnazione del marchio italiano di certificazione ecologica.
9/106-A/1.    (Testo modificato nel corso della seduta)  Segoni, Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Turco, Palese.


      La Camera,
          premesso che:
              la proposta di legge in titolo persegue l'obiettivo di fornire ai consumatori un efficace strumento per effettuare scelte super partes, per andare verso un'Europa che punti all’eco design per tutti i suoi prodotti;
          nella definizione dei parametri ecologici e relativamente alla procedura per il rilascio del marchio di qualità ecologica, il provvedimento in esame introduce elementi estranei al concetto specifico di certificazione ecologica, peraltro già disciplinati dalla normativa comunitaria sui prodotti cosmetici, quali la dermocompatibilità, la composizione dei prodotti finiti, la sperimentazione animale, i requisiti di etichettatura, la regolamentazione delle sostanze utilizzate come ingredienti nei cosmetici,

impegna il Governo

a prevedere, anche in successivi interventi normativi, che siano meglio specificati i parametri ecologici cui far riferimento al fine di una corretta procedura di rilascio del marchio di qualità ecologica.
9/106-A/2. Matarrelli, Palese.


      La Camera,
          premesso che:
              la proposta di legge in titolo persegue l'obiettivo di fornire ai consumatori un efficace strumento per effettuare scelte super partes, per andare verso un'Europa che punti all’eco design per tutti i suoi prodotti;
          nella definizione dei parametri ecologici e relativamente alla procedura per il rilascio del marchio di qualità ecologica, il provvedimento in esame introduce elementi estranei al concetto specifico di certificazione ecologica, peraltro già disciplinati dalla normativa comunitaria sui prodotti cosmetici, quali la dermocompatibilità, la composizione dei prodotti finiti, la sperimentazione animale, i requisiti di etichettatura, la regolamentazione delle sostanze utilizzate come ingredienti nei cosmetici,

impegna il Governo

a prevedere, nel regolamento di cui all'articolo 3, comma 1, che siano meglio specificati i parametri ecologici cui far riferimento al fine di una corretta procedura di rilascio del marchio di qualità ecologica.
9/106-A/2.    (Testo modificato nel corso della seduta)  Matarrelli, Palese.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 6 dell'Atto in epigrafe pone fra gli obiettivi anche la riduzione al minimo della produzione di rifiuti, diminuendo la quantità di imballaggi e la riduzione o la prevenzione dei potenziali rischi per l'ambiente connessi all'uso di sostanze pericolose;
              tali finalità sono coerenti con quelle della «Risoluzione del Parlamento europeo del 9 luglio 2015 sull'efficienza delle risorse: transizione verso un'economia circolare (2014/2208(INI))»;
              ricordato che ai sensi degli articoli 221 e 223 del decreto legislativo n.  152 del 2006 i produttori che non intendono aderire al Consorzio Nazionale Imballaggi ed i Consorzi aderenti al CONAI sono tenuti a presentare al Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa all'anno precedente ed il programma specifico ed i risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio;
              che CONAI e Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare devono avere un ruolo attivo per favorire la promozione della raccolta degli imballaggi e, fra essi, anche quelli derivanti dai prodotti di cosmesi oggetto della legge all'esame,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di definire, d'intesa con il CONAI ed i Consorzi di filiera della carta e della plastica, protocolli con i produttori di prodotti cosmetici e dei loro fornitori di imballaggi per progetti innovativi per ridurre la quantità, la pericolosità, il peso ed il riuso degli imballaggi stessi.
9/106-A/3. Carrescia.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 6 dell'Atto in epigrafe pone fra gli obiettivi anche la riduzione al minimo della produzione di rifiuti, diminuendo la quantità di imballaggi e la riduzione o la prevenzione dei potenziali rischi per l'ambiente connessi all'uso di sostanze pericolose;
              tali finalità sono coerenti con quelle della «Risoluzione del Parlamento europeo del 9 luglio 2015 sull'efficienza delle risorse: transizione verso un'economia circolare (2014/2208(INI))»;
              ricordato che ai sensi degli articoli 221 e 223 del decreto legislativo n.  152 del 2006 i produttori che non intendono aderire al Consorzio Nazionale Imballaggi ed i Consorzi aderenti al CONAI sono tenuti a presentare al Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa all'anno precedente ed il programma specifico ed i risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio;
              che CONAI e Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare devono avere un ruolo attivo per favorire la promozione della raccolta degli imballaggi e, fra essi, anche quelli derivanti dai prodotti di cosmesi oggetto della legge all'esame,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di definire, protocolli con i produttori di prodotti cosmetici e dei loro fornitori di imballaggi per progetti innovativi per ridurre la quantità, la pericolosità, il peso ed il riuso degli imballaggi stessi.
9/106-A/3.    (Testo modificato nel corso della seduta)  Carrescia.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame è volto a disciplinare l'assegnazione del marchio italiano di qualità ecologica del prodotti cosmetici;
              il comma 1 dell'articolo 3 demanda ad un apposito regolamento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero della salute, l'adozione, per ogni tipologia di prodotto cosmetico, dei limiti, dei metodi di prova, dei criteri di valutazione e dello strumento di calcolo applicati all'intero ciclo di vita del prodotto;
              il comma 4 dell'articolo 3 prevede che i parametri ecologici e i connessi criteri di valutazione e di calcolo previsti dal regolamento di cui al comma 1 abbiano una validità di quattro anni dalla data di adozione del regolamento e che il Ministro dell'ambiente provveda, con cadenza quadriennale, all'aggiornamento del citato regolamento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità e la possibilità di inviare alle Camere, con cadenza quadriennale, una relazione che specifichi l'eventuale aggiornamento dei parametri ecologici e dei connessi criteri di valutazione e di calcolo previsti dal regolamento di cui all'articolo 3.
9/106-A/4. Marzano.


      La Camera,
          premesso che:
              in sede di approvazione da parte di quest'Aula delle: «Disposizioni concernenti il marchio italiano di qualità ecologica dei prodotti cosmetici» occorre rilevare, innanzitutto che il provvedimento riguarda i prodotti cosmetici individuati ai sensi del regolamento (CE) n.  1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sui prodotti cosmetici;
              viene così istituito il marchio collettivo denominato «marchio italiano di qualità ecologica», disciplinato dall'articolo 2570 del codice civile e dall'articolo 11 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n.  30 e, per ogni tipologia di prodotto cosmetico, così come disciplinato dall'articolo 3, con regolamento adottato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentiti l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e l'Istituto superiore di sanità (ISS), sono stabiliti i limiti, i metodi di prova, i criteri di valutazione e lo strumento di calcolo applicati all'intero ciclo di vita del prodotto, in conformità alle disposizioni del regolamento (CE) n.  1223/2009 nonché ai criteri previsti dalla decisione 2014/893/UE della Commissione, del 9 dicembre 2014;
              il presente provvedimento è inoltre volto a promuovere, attraverso una serie di controlli: la riduzione dell'inquinamento idrico, la riduzione al minimo della produzione di rifiuti, la riduzione o la prevenzione dei potenziali rischi per l'ambiente connessi all'uso di sostanze pericolose, la prevenzione dei potenziali rischi per la salute connessi all'uso di sostanze pericolose e la coerenza dell'etichettatura rispetto ai contenuti del prodotto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere un sistema di monitoraggio delle disposizioni che prevedono i controlli, pubblicandone i dati sia sul sito del Ministero dell'ambiente sia sul sito del Ministero della salute ai fini di una maggiore tutela dei consumatori.
9/106-A/5. Prodani.


      La Camera,
          premesso che
              l'articolo 3, comma 1 dell'atto Camera 106-A recante «Disposizioni concernenti il marchio italiano di qualità ecologica dei prodotti cosmetici» prevede che per ogni tipologia di prodotti cosmetici siano stabiliti con apposito Regolamento, i limiti e i metodi di prova, i criteri di valutazione e lo strumento di calcolo applicati all'intero ciclo del prodotto cosmetico sulla base di una serie di parametri;
              tra i parametri non figura l'assenza di olio di palma e di suoi derivati,

impegna il Governo

ad intervenire attraverso ulteriori iniziative normative per integrare il contenuto del Regolamento di cui al comma 1 dell'articolo 3, includendo tra i parametri l'assenza di olio di palma e dei suoi derivati.
9/106-A/6. Ricciatti, Zaratti, Ferrara, Pellegrino, Palese.


      La Camera,
          premesso che
              l'articolo 3, comma 1 dell'atto Camera 106-A recante «Disposizioni concernenti il marchio italiano di qualità ecologica dei prodotti cosmetici» prevede che per ogni tipologia di prodotti cosmetici siano stabiliti con apposito Regolamento, i limiti e i metodi di prova, i criteri di valutazione e lo strumento di calcolo applicati all'intero ciclo del prodotto cosmetico sulla base di una serie di parametri;
              tra i parametri non figura l'assenza di olio di palma e di suoi derivati,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di intervenire attraverso ulteriori iniziative normative per integrare il contenuto del Regolamento di cui al comma 1 dell'articolo 3, includendo tra i parametri l'assenza di olio di palma e dei suoi derivati.
9/106-A/6.    (Testo modificato nel corso della seduta)  Ricciatti, Zaratti, Ferrara, Pellegrino, Palese.


      La Camera,
          premesso che:
              considerato che il Regolamento (CE) n.  1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sui prodotti cosmetici, per quanto concerne il divieto di sperimentazione sugli animali nel settore cosmetico, prevede un sistema piuttosto farraginoso poiché non comporta che i cosmetici europei siano sempre e comunque «cruelty free» e, dunque, obbligatoriamente non testati sugli animali; difatti, emerge dalla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul divieto della sperimentazione animale e di immissione sul mercato e sullo stato dei metodi alternativi nel settore dei prodotti cosmetici che «La maggior parte degli ingredienti utilizzati nei prodotti cosmetici è impiegata anche in molti altri prodotti di consumo e industriali, quali ad esempio i prodotti farmaceutici, i detergenti e i prodotti alimentari, e la sperimentazione animale può essere necessaria per garantire il rispetto del quadro giuridico applicabile a tali prodotti»; ed ancora, si legge nel predetto documento «Gli ingredienti utilizzati nei prodotti cosmetici saranno in genere soggetti anche agli obblighi orizzontali previsti dal regolamento Reach e la sperimentazione animale può, in ultima istanza, essere necessaria per completare i rispettivi dati»,

impegna il Governo

ad adottare idonee iniziative nelle sedi di competenza dell'Unione europea, affinché sia regolamentato un divieto assoluto di sperimentazione dei cosmetici sugli animali e, conseguentemente, sia vietata l'immissione e la vendita sul mercato di prodotti non «cruelty free» che provengono da Paesi esteri.
9/106-A/7. Rizzetto, Palese.


      La Camera,
          premesso che:
              la proposta di legge C. 106-2812-3852-A «Disposizioni concernenti la certificazione ecologica dei prodotti cosmetici» istituisce il marchio italiano di qualità ecologica dei prodotti cosmetici sulla base di parametri ecologici chiari, a tutela dell'ambiente, degli ecosistemi e naturalmente della salute umana;
              in considerazione dei principio di precauzione e della necessità di tutelare la salute umana, l'ambiente e gli ecosistemi nonché dei dati scientifici tesi a segnalare il grave impatto ambientale ed il rischio sanitario di due ingredienti usati in cosmetica, l'olio di palma e il triclosan, gli stessi risultano essere incompatibili con i criteri di sostenibilità e dunque con un'attribuzione di certificazione ecologica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare un monitoraggio sulle possibili conseguenze, ambientali e sanitarie, di sostanze derivate dalla lavorazione dell'olio di palma, tra cui l'Hydrogenated palm oil, hydrogenated palm glycerides e Elaeis guineensis, nonché del conservante triclosan, nell'uso per prodotti cosmetici, al fine di considerare la possibilità di successivi interventi normativi che abbiano l'obbiettivo di limitarne l'uso a tutela della salute dei cittadini.
9/106-A/8. Busto.


      La Camera,
          premesso che:
              la proposta di legge C. 106-2812-3852-A «Disposizioni concernenti la certificazione ecologica dei prodotti cosmetici» istituisce il marchio italiano di qualità ecologica dei prodotti cosmetici sulla base di parametri ecologici chiari, a tutela dell'ambiente degli ecosistemi e naturalmente della salute umana;
              in considerazione del principio di precauzione e della necessità di tutelare la salute umana, l'ambiente e gli ecosistemi nonché dei dati scientifici tesi a segnalare il grave impatto ambientale ed il rischio sanitario di alcune sostanze;
              al fine di tutelare la salute dei consumatori, nonché di contrastare il ricorso a pratiche commerciali ingannevoli,

impegna il Governo:

          a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative per emanare uno o più decreti ministeriali, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, al fine di individuare modalità e criteri per l'introduzione di una certificazione biologica dei prodotti cosmetici, assistita dall'utilizzo del marchio «BIO» per i prodotti cosmetici che presentino una percentuale minima di componenti di origine naturale provenienti da agricoltura biologica e risultino prive di sostanze che presentino significativi elementi di rischio per la salute dell'uomo;
          a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative per emanare uno o più decreti ministeriali, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, al fine di individuare modalità e criteri per l'introduzione di una certificazione ecologica dei prodotti cosmetici, assistita dall'utilizzo del marchio «ECO», che calcoli la compatibilità ambientale e sociale di ogni componente del prodotto cosmetico, nonché del suo imballaggio in relazione all'eventuale utilizzo di sostanze:
              a) provenienti da specie protette o a rischio di estinzione;
              b) prive di materie prime geneticamente modificate.
9/106-A/9. Terzoni, Busto.


      La Camera,
          premesso che:
              la proposta di legge C. 106-2812-3852-A «Disposizioni concernenti la certificazione ecologica dei prodotti cosmetici» istituisce il marchio italiano di qualità ecologica dei prodotti cosmetici sulla base di parametri ecologici chiari, a tutela dell'ambiente degli ecosistemi e naturalmente della salute umana;
              in considerazione del principio di precauzione e della necessità di tutelare la salute umana, l'ambiente e gli ecosistemi nonché dei dati scientifici tesi a segnalare il grave impatto ambientale ed il rischio sanitario di alcune sostanze;
              al fine di tutelare la salute dei consumatori, nonché di contrastare il ricorso a pratiche commerciali ingannevoli,

impegna il Governo:

          a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative al fine di individuare modalità e criteri per l'introduzione di una certificazione biologica dei prodotti cosmetici, assistita dall'utilizzo del marchio «BIO» per i prodotti cosmetici che presentino una percentuale minima di componenti di origine naturale provenienti da agricoltura biologica e risultino prive di sostanze che presentino significativi elementi di rischio per la salute dell'uomo;
          a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative al fine di individuare modalità e criteri per l'introduzione di una certificazione ecologica dei prodotti cosmetici, assistita dall'utilizzo del marchio «ECO», che calcoli la compatibilità ambientale e sociale di ogni componente del prodotto cosmetico, nonché del suo imballaggio in relazione all'eventuale utilizzo di sostanze:
              a) provenienti da specie protette o a rischio di estinzione;
              b) prive di materie prime geneticamente modificate.
9/106-A/9.    (Testo modificato nel corso della seduta) Terzoni, Busto.


MOZIONI NICCHI ED ALTRI N. 1-01395, GRILLO ED ALTRI N. 1-01398, BINETTI ED ALTRI N. 1-01399, RONDINI ED ALTRI N. 1-01400, BRIGNONE ED ALTRI N. 1-01402, PALESE ED ALTRI N. 1-01403, LENZI ED ALTRI N. 1-01404, OCCHIUTO ED ALTRI N. 1-01407 E RAMPELLI ED ALTRI N. 1-01408 SULLA SALVAGUARDIA DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE E SULLE POLITICHE IN MATERIA DI SALUTE

Mozioni

      La Camera,
          premesso che:
              il Servizio sanitario nazionale, istituito dalla legge n.  833 del 1978, che aveva finora garantito il fondamentale diritto alla salute, dopo ben quattro riforme, fatica sempre più a rappresentare il pilastro fondamentale del sistema di welfare pensato dal legislatore in attuazione dell'articolo 32 della Costituzione;
              i limiti e le iniquità del sistema sono sempre più evidenti e la sanità pubblica, in questi ultimi anni, non sembra più essere in grado di adempiere a questo compito;
              per garantire universalità ed equità, la sanità pubblica ha bisogno di maggiori risorse finanziarie e, allo stesso tempo, di un profondo cambiamento. Il cambiamento non si può affidare alle risposte del mercato e al maggiore ricorso al privato – che finiscono inevitabilmente per generare disuguaglianze –, ma deve invece trovare gli strumenti riformatori avendo come stella polare un servizio pubblico accessibile e universale fondato sulla fiscalità generale, capace di garantire effettivamente a tutti e tutte il diritto alla salute;
              si sta in realtà andando verso un sistema sanitario a due binari: uno pubblico, inefficiente e inadeguato, destinato alle fasce sociali medie e basse, e uno misto pubblico-privato di sanità integrativa, finanziato con assicurazioni sanitarie private o di categoria, con prestazioni spesso migliori destinate ai cittadini con redditi più alti. Un sistema a due binari, peraltro, auspicato da soggetti portatori di interessi economici ed enti di ricerca quale soluzione di una presunta insostenibilità dell'attuale Servizio sanitario nazionale;
              recenti ricerche dell'Istat e del Censis hanno evidenziato le dimensioni del mancato accesso alle cure di milioni di cittadini. Nell'ultimo anno undici milioni di italiani hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie per difficoltà economiche. I numeri sono in forte aumento: nel 2012 erano 9 milioni;
              il livello della partecipazione alla spesa per l'assistenza ambulatoriale e diagnostica in continuo aumento, oltre all'allungamento, a volte di mesi, delle liste di attesa e alla mancata programmazione dell'offerta a livello territoriale, determinano la fuga di massa quasi obbligata dal servizio pubblico, tanto da indurre 10 milioni di italiani a ricorrere alle cure a pagamento nelle strutture private e 7 milioni alle prestazioni in libera professione nei servizi pubblici;
              nel 49o rapporto Censis, il confronto fra pubblico e privato su tempi e costi delle prestazioni evidenzia, per esempio, che per una risonanza magnetica le strutture private richiedono in media 142 euro per un'attesa di 5 giorni, mentre, nel pubblico, si pagano 63 euro di ticket, ma l'attesa sale a 74 giorni. Tradotto: 79 euro di spesa in più e 69 giorni in meno nel confronto fra pubblico e privato;
              nel 2015 la Corte dei conti ha rilevato quasi 2,9 miliardi di euro di ticket sanitari pagati dagli italiani tra partecipazione alla spesa farmaceutica, specialistica ambulatoriale, pronto soccorso e altre prestazioni. A questi, va aggiunto un miliardo di euro per prestazioni private nei servizi pubblici;
              i servizi sanitari regionali non garantiscono più equità di accesso e uniformità dei livelli di assistenza sul territorio nazionale. A quindici anni dalla modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione, che ha introdotto disposizioni nella direzione del federalismo, si aggravano, in sanità, le disuguaglianze del Paese; si accrescono, inoltre, l'indebolimento del senso di cittadinanza nazionale, la frammentazione dell'assistenza, anche di quella farmaceutica, la declinazione del diritto costituzionale alla salute in modi diversi a seconda della residenza e del reddito. I diritti di cittadinanza cessano di essere uguali sul territorio nazionale. La Conferenza Stato-regioni è sempre più un luogo di mediazioni tra lo Stato e le regioni più ricche e forti del Centro-Nord a scapito di quelle più povere e deboli del Centro-Sud, spesso in disavanzo e commissariate, come dimostra l'ultimo accordo sulla mobilità sanitaria interregionale;
              per la prima volta dopo molti anni, alcuni indicatori di salute della popolazione italiana mostrano un peggioramento. Gli anni di vita in buona salute si sono ridotti di circa 6 anni dal 2005 al 2013 e nel 2014 si è fermato l'incremento della speranza di vita attesa. Secondo un rapporto dell'Agenzia europea per l'ambiente, l'Italia ha la punta massima europea di morti per inquinamento e ci si interroga sulle possibili cause del picco di mortalità registrato nel 2015;
              riguardo alla qualità dei sistemi sanitari, nel giro di pochi anni, su 37 Paesi analizzati, l'Italia è scesa dal 15o posto al 20o nel 2014 e al 21o nel 2015;
              nel suo rapporto 2016 sul coordinamento della finanza pubblica, la Corte dei conti mette in luce come «negli anni della crisi, il contributo del settore sanitario al risanamento è stato di rilievo»: una flessione della spesa in media di 2 punti all'anno, in termini reali, tra il 2009 e il 2014;
              nel rapporto spesa sanitaria/prodotto interno lordo, si è da tempo al di sotto della media dei Paesi europei più avanzati. Il rapporto sullo stato sociale 2015 del dipartimento di economia e diritto dell'Università La Sapienza di Roma ha confermato come i dati della spesa sanitaria italiana, sia in rapporto al prodotto interno lordo che pro capite, collocano il Paese sotto la media dei rispettivi valori dell'Unione europea a 15. Dopo di noi ci sono solo Spagna, Grecia e Portogallo. Dati confermati dal rapporto sanità del Crea sanità-Università di Roma Tor Vergata, dell'ottobre 2015, secondo il quale la spesa sanitaria italiana è del 28,7 per cento più bassa rispetto ai Paesi dell'Unione europea, con una forbice, anche in percentuale di prodotto interno lordo, che si allarga anno dopo anno;
              nonostante ciò, la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza 2016 conferma ancora una volta che la spesa sanitaria in rapporto al prodotto interno lordo continuerà a diminuire ancora e, quindi, in termini reali la fetta di risorse spettante alla sanità pubblica continuerà a ridursi. Se nel 2010 la spesa sanitaria in rapporto al prodotto interno lordo era del 7 per cento, la nota di aggiornamento riporta che nel 2015 era del 6,8 per cento; nel 2018 sarà del 6,7 per cento e nel 2019 del 6,6 per cento. Per ritornare ai livelli spesa sanitaria/prodotto interno lordo del 2010, il documento di economia e finanza 2016 ricorda che bisognerà attendere il 2030-2035;
              è censurabile il ritardo con cui il Governo si appresta a presentare il disegno di legge di bilancio 2017. Ad oggi l'Esecutivo non ha ancora presentato al Parlamento il disegno di legge, sebbene sia tenuto a farlo entro il 20 ottobre. Dalle anticipazioni del Governo e degli organi di stampa non si può comunque non rilevare come, seppure sembrerebbe esserci per il 2017 un lieve incremento in valore assoluto del fondo sanitario nazionale rispetto al 2016, gli investimenti e le risorse complessive per la sanità pubblica italiana continuano ad essere gravemente insufficienti a garantire a tutti il diritto alla tutela della salute. Così come le pochissime risorse che verrebbero destinate all'assunzione/stabilizzazione di medici e infermieri, laddove il problema del blocco del turnover, dei lavoratori precari e dell'elevata età media del personale sanitario imporrebbe ben altri interventi e finanziamenti. A questo si aggiungano i previsti tagli complessivi di spesa per oltre 3 miliardi di euro e che direttamente o indirettamente finiranno per colpire, come sempre avviene, il comparto sanitario;
              dal 2008 in poi la sanità pubblica ha subito tagli molto pesanti, con effetti negativi sulle prestazioni, sulla qualità dei servizi, sull'assistenza territoriale, sui finanziamenti all'edilizia sanitaria. I tagli sono serviti, più che a ridurre inefficienze e sprechi, a trovare risorse immediate per finanziare le manovre economiche che in questi anni si sono succedute;
              è necessaria una totale inversione di rotta non solo per garantire l'assistenza sanitaria, ma anche per cogliere le opportunità legate agli investimenti nel settore. Infatti, oltre a garantire il diritto alla tutela della salute, la spesa per il servizio sanitario nazionale può rappresentare un eccellente investimento economico. Come ricorda la Cgil, il valore aggiunto diretto e indotto derivante dalle attività della filiera della salute supera i 150 miliardi di euro, pari a circa il 12 per cento del prodotto interno lordo;
              negli ultimi dieci anni vi è stata una notevole crescita dell'innovazione farmaceutica, dei servizi informatici, delle telecomunicazioni e dei dispositivi medici, con un intreccio tra il terziario avanzato e settori ad alta tecnologia che ha impatti rilevanti, sia in termini occupazionali che di remunerazione degli investimenti. Per ogni euro speso in sanità si generano 1,7 euro circa;
              piuttosto che con una riduzione dei diritti e dell'universalismo, le necessarie risorse da liberare per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale devono essere trovate attraverso una vera lotta alla corruzione, alle diseconomie e agli sprechi interni alla sanità, da un controllo rigoroso degli accreditamenti, nonché da investimenti e risorse di altri ministeri e settori della pubblica amministrazione (difesa, Tav, opere infrastrutturali inutili e altro), rivedendo a tal fine quelle che dovrebbero essere le vere priorità del nostro Paese;
              è urgente una revisione del sistema degli appalti pubblici in ambito sanitario. Come ricordato di recente dal presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, in sanità vi è il più alto tasso di proroghe e rinnovi spesso a prezzi non concordati e non in linea con il mercato;
              l'associazione Libera ha segnalato che la sola perdita erariale dovuta all'illegalità in sanità per il triennio 2010/2012 era di circa 1,6 miliardi di euro;
              si è di fatto di fronte a un blocco della contrattazione nel pubblico impiego, del turn over e alla volontà del Governo di non rispondere pienamente alla precarietà del personale sanitario, con abuso di contratti atipici (partite iva, collaborazioni coordinate e continuative, contratti a tempo determinato, contratti Sumai per attività non ambulatoriali, borse di studio spesso finanziate da privati) e il ricorso sempre più esteso e improprio alle esternalizzazioni attraverso il terzo settore e cooperative anche in attività sanitarie. Questo comporta meno diritti, peggiori condizioni di lavoro e una riduzione della quantità e della qualità dei servizi. Il Servizio sanitario nazionale progressivamente si svuota favorendone la privatizzazione, come già avviene da tempo per la lungodegenza, la riabilitazione, gli hospice, mentre i processi di accorpamento e centralizzazione delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere aumentano la componente giuridico-amministrativa a scapito delle attività sanitarie;
              dal 25 novembre 2015, il Servizio sanitario nazionale si sarebbe dovuto adeguare alla direttiva 2003/88/CE, che ha dettato norme più eque in materia di orari e riposi del personale sanitario. La direttiva, recepita nel nostro Paese col decreto legislativo n.  66 del 2003, prevede che il personale sanitario negli ospedali non possa lavorare più di 48 ore alla settimana e individua precisi turni di lavoro e di riposo. Tuttavia, continue deroghe, con conseguente procedura di infrazione dell'Unione europea, hanno impedito l'applicazione delle norme, resa difficile dalla riduzione delle risorse e dal sostanziale blocco del turn over;
              mancano oltre 47 mila infermieri, quasi tutti al Centro-Sud. Questa carenza impedisce di raggiungere adeguati livelli di assistenza, garantendo sicurezza e servizi efficienti, e di conseguenza comporta l'aumento dell'età media del personale sanitario;
              le carenze di personale rendono difficile spostare gli equilibri dall'ospedale al territorio, dall'acuzie alla cronicità e alla prevenzione, perché le sostituzioni dei pensionamenti devono prioritariamente coprire i turni ospedalieri;
              una criticità ormai intollerabile sta nell'impossibilità per il Servizio sanitario nazionale di garantire la libertà di scelta delle donne alla maternità responsabile, alla contraccezione e all'interruzione volontaria di gravidanza riconosciuta dalla legge n.  194 del 1978, per l'impoverimento dei consultori, l'elevatissima percentuale di obiezione di coscienza tra il personale e la diffusione della cosiddetta obiezione di struttura. Nel 2013 sono risultati obiettori il 70 per cento dei ginecologi, il 49 per cento degli anestesisti e il 47 per cento del personale non medico. Percentuali inaccettabili e comunque sottostimate;
              se si considera l'obiezione di struttura, il 35 per cento delle strutture viola l'articolo 9 della legge n.  194 del 1978, che regola il diritto all'obiezione di coscienza e obbliga tutte le strutture ad assicurare, in ogni caso, l'espletamento delle procedure previste;
              una prima risposta legislativa, volta a garantire la piena attuazione della legge n.  194 del 1978, può venire dall'indicazione per tutte le regioni di individuare le strutture pubbliche nelle quali istituire servizi specifici dedicati alla diagnostica prenatale e alle procedure e interventi di interruzione volontaria della gravidanza, anche oltre il novantesimo giorno, con personale composto obbligatoriamente da non obiettori di coscienza;
              a ciò si aggiunga il perdurante basso ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica, nel rispetto dei precetti normativi previsti dalla stessa legge n.  194 del 1978. Nel 2013 solo il 9,7 per cento delle donne ha potuto utilizzarla;
              questa sottoutilizzazione comporta l'impossibilità delle donne di esercitare il diritto di scelta sulle metodiche ed è legata a difficoltà dovute all'imposizione del ricovero ordinario in quasi tutte le regioni. Nel dicembre 2015 l'associazione Amica ha presentato una lettera aperta alla Ministra della salute, sottolineando come il ricovero ordinario per l'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica sia una procedura inappropriata, che comporta uno spreco enorme di risorse (oltre 1.000 euro a paziente, contro circa 600 del ricovero in day hospital e circa 50 della procedura ambulatoriale). Inoltre, permettere la procedura ambulatoriale minimizzerebbe gli effetti dell'obiezione di coscienza sull'applicazione della legge n.  194 del 1978, in quanto gli obiettori nei consultori sono solo il 22 per cento;
              riguardo ai consultori è da evidenziare come quelli ancora esistenti abbiano subito una drammatica riduzione e depauperamento, con équipe incomplete ed uno svilimento della multidisciplinarietà socio-sanitaria, che è una delle loro più importanti peculiarità;
              malgrado che il progetto obiettivo materno infantile già nel 2000 assegnava un ruolo strategico centrale ai consultori nella tutela e nella promozione della salute riproduttiva, disegnando l'obiettivo di 1 consultorio ogni 20 mila abitanti, si è, oggi, a poco più della metà, un trend che non accenna a cambiare rotta. I consultori sopravvissuti a tale decimazione vengono inoltre snaturati sul modello dell'ambulatorio specialistico di serie B;
              la riduzione del numero dei consultori, la gran parte dei quali lavora sotto organico per blocco del turn over del personale, ha una ricaduta negativa in primo luogo sull'applicazione della legge n.  194 del 1978;
              a sedici anni dalla stesura del progetto obiettivo materno infantile, l'obiettivo di allora è volutamente disatteso;
              è auspicabile che il Parlamento concluda l'esame delle proposte di legge sulla tutela delle scelte procreative delle donne e per la promozione del parto fisiologico, con particolare attenzione ai livelli essenziali di assistenza relativi alla sicurezza, alle tecniche di controllo del dolore del parto, alla remunerazione del «drg» del parto naturale e del cesareo (sono molte le differenze nelle diverse regioni), alle norme relative alla chiusura dei punti nascita con meno di 500 parti (norme in cui al dato quantitativo non si somma nessun dato qualitativo o di particolarità territoriale);
              i nuovi livelli essenziali di assistenza, contenuti in un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il cui schema è in via di presentazione al Parlamento per i pareri delle Commissioni competenti, contano su un importo del tutto inadeguato di 800 milioni di euro previsti dalla legge di stabilità per il 2016 e vincolati nel fondo sanitario nazionale, che rischia con tutta probabilità di non consentire l'esigibilità e l'uniformità delle prestazioni. L'insufficienza degli 800 milioni di euro è riconosciuta dalle stesse regioni, che hanno infatti chiesto una verifica per valutare il reale impatto economico dei nuovi livelli essenziali di assistenza;
              nei nuovi livelli essenziali di assistenza, seppure si amplia la copertura assistenziale per alcune patologie rare e per l'erogazione delle nuove prestazioni diagnostiche e terapeutiche, nulla si dice degli esclusi dalla titolarità del diritto e dalla sua esigibilità. Così come criticabili sono l'aumento della partecipazione di spesa e i costi indotti da nuove forme di erogazione, nonché la riclassificazione di prestazioni di ricovero in prestazioni ambulatoriali soggette a ticket;
              il citato schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, a proposito della continuità, assistenziale, specifica che il Servizio sanitario nazionale garantisce la continuità assistenziale per l'intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana. Le aziende sanitarie organizzano le attività sanitarie per assicurare l'erogazione, nelle ore serali e notturne e nei giorni prefestivi e festivi, delle prestazioni assistenziali non differibili. Tuttavia, il Governo è fermo alle dichiarazioni di intenti e ha approvato il nuovo atto di indirizzo per il rinnovo della convenzione della medicina generale in cui, tra le altre cose, si taglia l'orario dei medici di continuità assistenziale (ex guardia medica), interrompendolo alla mezzanotte e demandando la presa in carico dei bisogni dei cittadini al servizio di emergenza-urgenza (il 118);
              nella forma si salva la copertura nell'arco delle 24 ore, dal momento che la presa in carico viene effettuata dal personale del 118 (medici e/o infermieri e/o personale del terzo settore); nella sostanza c’è un taglio netto alle prestazioni, perché la guardia medica è più capillare e il 118 è spesso impegnato in urgenze non differibili;
              è necessaria una riformulazione dell'assistenza territoriale che può essere sintetizzata dalle case della salute, che rappresentano un punto di riferimento per i cittadini, dove i servizi di assistenza primaria si integrano nel territorio con quelli specialistici, della sanità pubblica e della salute mentale e coi servizi sociali e le associazioni di volontariato, garantendo la presa in carico dei portatori di handicap e dei malati cronici. In questo senso l'integrazione socio-sanitaria è essenziale e la collaborazione coi comuni è indispensabile per portare avanti programmi multisettoriali;
              per svolgere questo ruolo le case della salute devono essere il punto di raccordo di una rete diffusa di servizi, dalla sperimentazione dell'ospedale di prossimità e di comunità a gestione integrata medico di base e infermiere per i casi meno complessi, all'assistenza domiciliare specialistica, riabilitativa e infermieristica, agli hospice, evitando che diventino una mera riconversione poliambulatoriale di strutture ospedaliere dismesse o un sostituto surrogato di distretti estesi e burocratizzati;
              una diffusa ed estesa rete territoriale rivolta alla cronicità, alla lungoassistenza e alla riabilitazione post acuzie deve intercettare bisogni e dare risposte capillari diverse dalle residenze sanitarie assistenziali, spesso gestite da privati, con alte rette di degenza insostenibili per molti degli anziani e i loro congiunti o per i comuni;
              perché la riformulazione dell'assistenza territoriale sia efficace bisogna rivedere completamente il gigantismo organizzativo messo in atto in varie regioni attraverso accorpamenti che hanno portato alla nascita di aziende sanitarie locali e distretti di enormi dimensioni;
              lo stretto legame tra la salute pubblica e l'inquinamento ambientali rende necessario il rafforzamento della collaborazione tra aziende sanitarie locali e agenzie ambientali;
              la prevenzione in ambiente di vita e di lavoro richiede un ruolo diverso e una maggiore sinergia del Ministero della salute e del Servizio sanitario nazionale con le regioni e altri Ministeri: trasporti, ambiente e tutela del territorio e del mare, sviluppo economico, politiche agricole, alimentari e forestali. Va quindi ripensato un modello organizzativo della prevenzione, che non può essere relegato al solo problema degli stili di vita, anch'essi influenzati da aspetti sociali, di reddito e culturali come dimostrano le indagini epidemiologiche sulla mortalità;
              la riorganizzazione della prevenzione, dell'assistenza domiciliare e territoriale e delle reti ospedaliere rende necessario investire oggi, per ottenere risparmi complessivi per il Servizio sanitario nazionale domani;
              l'inadeguatezza delle risorse destinate al finanziamento del fondo sanitario nazionale è resa evidente dalla tendenza alla crescita della spesa farmaceutica, esemplificata dall'alto costo di prodotti sostenuti da prove di efficacia, come i farmaci contro l'epatite C e i nuovi vaccini. In mancanza di specifici provvedimenti la crescita è destinata a incrementare nel prossimo futuro, con l'immissione sul mercato di nuovi farmaci biologici in campo oncologico e di alcuni farmaci per le malattie infettive o neurologiche, per cui le aziende tendono a fissare un prezzo molto elevato;
              i 500 milioni di euro stanziati dalla legge di stabilità per il 2015 per i farmaci innovativi e per quelli destinati alla cura dell'epatite C si sono dimostrati inadeguati: ogni regione deve avere le risorse finanziarie per acquistare il farmaco a prezzo intero e diverse di queste non hanno fondi sufficienti. A causa dell'alto costo il Servizio sanitario nazionale ha deciso di limitarne l'erogazione partendo dai pazienti più gravi: finora sono stati trattati circa 52 mila pazienti (il 5 per cento dei potenziali beneficiari). Un razionamento economico di cure efficaci inaccettabile;
              l'attuale e iniqua situazione è che solo i pazienti nello stadio più avanzato della malattia hanno diritto al trattamento, quando un trattamento precoce eviterebbe non solo le sofferenze ai pazienti, ma anche i costi assistenziali connessi;
              al riguardo, giova ricordare che, in caso di emergenze sanitarie, in base all'accordo in capo all'Organizzazione mondiale per il commercio, denominato TRIPs, esiste la possibilità, in caso di «emergenza sanitaria», di derogare alla protezione brevettuale attraverso la licenza obbligatoria a cui gli Stati aderenti all'Organizzazione mondiale della sanità possono ricorrere per proteggere la salute pubblica;
              con oltre un milione di soggetti portatori cronici di virus dell'epatite C, l'Italia ha il primato europeo per numero di soggetti positivi al virus e mortalità per tumore primitivo del fegato e l'epatite C può essere considerata a tutti gli effetti un'emergenza nazionale di sanità pubblica. Per tale motivo, è ipotizzabile per l'Italia percorrere la strada della «emergenza sanitaria» prevista dal TRIPs, al fine di giungere a una licenza obbligatoria per i farmaci antivirali ad azione diretta contro il virus dell'epatite C (hcv). Attraverso la licenza obbligatoria è possibile infatti produrre i farmaci anti-epatite C a costo contenuto e garantirne l'accessibilità a tutti coloro che ne hanno bisogno. Con una tale licenza infatti, un Governo forza i possessori di un brevetto, o di altri diritti di esclusiva, a concederne l'uso per lo Stato o per altri soggetti;
              riguardo ai vaccini, la spesa annuale sostenuta dal Servizio sanitario nazionale ammonta a 318 milioni di euro. La disponibilità di vaccini in associazione, pur rendendone più agevole la somministrazione, ha comportato un regime di monopolio con aumento dei costi non sempre giustificato e scarsità sul mercato dei vaccini. Per affrontare questo problema è ragionevole proporre che l'Aifa, quando vi siano almeno due vaccini disponibili, utilizzi bandi competitivi per ridurre i prezzi ottenendo un accettabile rapporto costo-efficacia;
              il rafforzamento dell'universalità ed equità del Servizio sanitario nazionale deve passare anche attraverso un ampliamento del diritto alla salute per le persone senza fissa dimora, modificando la legge n.  833 del 1978. Le persone senza fissa dimora patiscono il degrado delle condizioni di vita e il loro essere «invisibili» e, quindi, fuori da una rete di sostegno che non sia quella caritativa. Infatti, queste persone, non avendo il requisito della residenza anagrafica, non possono accedere al servizio sanitario pubblico: non possono iscriversi al Servizio sanitario nazionale, non possono scegliere il medico di base, l'assistenza ospedaliera è limitata alla gestione delle emergenze e per loro le cure primarie sono erogate solo da ambulatori gestiti dal volontariato;
              indicativa di quella che ai firmatari del presente atto di indirizzo appare la totale inadeguatezza dell'attuale dicastero della salute a invertire il perdurante declino del Servizio sanitario nazionale è stata l'ideologica campagna informativa sul «fertility day» voluta dalla Ministra della salute in due differenti momenti. Una prima campagna, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo aggressiva e psicologicamente ricattatoria nei confronti della libertà delle donne e una seconda intollerabilmente razzista. Entrambe ritirate con tante scuse della Ministra,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative per incrementare le risorse del fondo sanitario nazionale e rivedere la previsione del documento di economia e finanza 2016 di una riduzione della spesa sanitaria in rapporto al prodotto interno lordo per i prossimi anni, prevedendone invece un significativo incremento sia in valori assoluti che in rapporto al prodotto interno lordo in relazione ai fabbisogni reali individuati dalle regioni;
2)    ad invertire la politica di riduzione delle risorse del sistema di protezione sociale, a partire dai servizi sociosanitari, e a interrompere la pericolosa spinta verso il secondo pilastro delle assicurazioni complementari o integrative per le prestazioni sanitarie e sociali;
3)    ad assumere iniziative per stanziare le opportune risorse finanziarie – prevedendo le eventuali deroghe alla normativa vigente in materia – volte a consentire lo sblocco del turn over nel Servizio sanitario nazionale, in particolare per il personale medico, infermieristico, tecnico e socio sanitario di supporto, e la stabilizzazione dei precari su base regionale, attraverso lo sblocco del turn over al 100 per cento e l'indizione di concorsi regionali per disciplina e profilo con graduatorie regionali al fine di consentire la riorganizzazione e la riqualificazione dei servizi sanitari con particolare attenzione al territorio;
4)    ad assumere iniziative per riconoscere e valorizzare quei profili professionali, quali gli operatori sociosanitari, indispensabili per rafforzare il sistema assistenziale e contribuire al miglior funzionamento dei servizi;
5)    a garantire l'uniformità nazionale delle politiche sanitarie tramite processi di decentramento amministrativo, partecipazione democratica e corretta sussidiarietà tra Stato, regioni, comuni e aziende sanitarie locali/aziende sanitarie ospedaliere per evitare la burocratizzazione e ministerializzazione che nega lo spirito della riforma sanitaria del 1978;
6)    ad assumere iniziative per procedere nell'immediato all'abrogazione del cosiddetto superticket e successivamente abolire gradualmente le compartecipazioni alla spesa sanitaria, soprattutto in presenza di disabilità, al fine di garantire l'universalità delle cure e l'accesso ai servizi da parte dei cittadini, con l'obiettivo di evitare la sempre più frequente rinuncia forzata di molti cittadini all'acquisto di farmaci o all'accesso alle prestazioni sanitarie pubbliche, col conseguente ricorso ai privati;
7)    ad attuare un piano di edilizia sanitaria, supportato da adeguate risorse finanziarie, finalizzato alla messa in sicurezza alla manutenzione e al recupero delle strutture, con abbattimento delle barriere architettoniche, ottenimento dell'efficienza energetica e umanizzazione dei luoghi di lavoro per gli operatori sanitari e gli utenti;
8)    ad attivare efficaci iniziative, anche normative, volte a intensificare il contrasto alle frodi e alla corruzione, nonché alle diseconomie e agli sprechi interni alla sanità, prevedendo che tutte le risorse certificate liberatesi vengano reinvestite unicamente nel Servizio sanitario nazionale;
9)    ad assumere iniziative per introdurre specifiche previsioni in materia di appalti pubblici nel settore della sanità pubblica, al fine di eliminare le distorsioni legate al troppo frequente ricorso a proroghe automatiche e taciti rinnovi di appalti, nonché per incrementare la trasparenza e il controllo nelle procedure che riguardano i meccanismi di spesa;
10)    a promuovere, per quanto di competenza, un sistema di accreditamento rigoroso e di qualità all'interno della programmazione pubblica con valutazione dei risultati, che non penalizzi l'occupazione, ma tenga conto, nei casi di responsabilità o inefficienza del privato, della possibilità di reinternalizzare e regionalizzazione gli operatori, i servizi e le attività esternalizzati, appaltati o accreditati;
11)    ad assumere iniziative per rinnovare con adeguate risorse il sistema delle cure primarie, investendo sulla prevenzione e sull'assistenza domiciliare e territoriale, soprattutto ad alta integrazione sociale (anziani, salute mentale, disabilità), salvaguardando, nell'ambito della razionalizzazione delle reti ospedaliere, i piccoli presidi in zone disagiate, rivedendo peraltro, sotto questo aspetto, le stesse norme relative alla chiusura dei punti nascita con meno di 500 parti, norme nell'ambito delle quali al dato quantitativo non si somma nessun dato qualitativo o di particolarità territoriale;
12)    ad assumere iniziative per incrementare le risorse destinate alle non autosufficienze e a interventi di assistenza domiciliare per le persone affette da disabilità gravi e gravissime;
13)    a implementare l'assistenza territoriale, le reti di poliambulatori collegati telematicamente con gli ospedali e nuove forme organizzative in grado di erogare prestazioni assistenziali sulle 24 ore, assumendo le iniziative di competenza per sospendere e rivedere quindi il nuovo atto di indirizzo per il rinnovo della convenzione di medicina generale approvato nell'aprile 2016 alla luce delle forti criticità esposte in premessa;
14)    a realizzare le case della salute, come luogo di partecipazione dei cittadini e programmazione della sanità territoriale nell'ambito di politiche complessive che assicurino continuità assistenziale e una rete di servizi extraospedalieri, senza limitarsi alla mera riconversione in poliambulatori di strutture sanitarie dismesse, con la necessaria innovazione della sanità di iniziativa;
15)    a promuovere politiche di genere finalizzate ad eliminare la disuguaglianza secondo il principio di equità e appropriatezza delle cure, incentivando la presenza di tavoli di coordinamento regionali;
16)    a sviluppare un'efficace programmazione delle politiche sanitarie e sociosanitarie secondo indicatori «genere correlati» e a implementare la medicina di genere in ambito di ricerca e universitario e con percorsi di educazione medica continua;
17)    a valorizzare e ridare piena centralità ai consultori, quale servizio per il sostegno alla sessualità libera e alla procreazione responsabile, attraverso un adeguamento delle risorse, della rete di servizi, degli organici e della loro formazione, delle sedi, nonché secondo la piena attuazione della legge n.  405 del 1975 e del progetto obiettivo materno infantile;
18)    a garantire la piena applicazione della legge n.  194 del 1978 in tutte le strutture e su tutto il territorio nazionale, nel rispetto del principio della libera scelta e del diritto alla salute delle donne e della maternità e paternità responsabili, assumendo tutte le iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, finalizzate anche all'assunzione di personale non obiettore per garantire il servizio di interruzione volontaria di gravidanza;
19)    ad assumere le opportune iniziative normative affinché in ogni regione siano individuate le strutture sanitarie pubbliche nelle quali istituire servizi dedicati a compiti relativi alla diagnostica prenatale e allo svolgimento delle procedure e interventi di interruzione volontaria della gravidanza, anche oltre il novantesimo giorno, con personale composto obbligatoriamente da non obiettori di coscienza;
20)    ad assumere iniziative perché ogni struttura pubblica o del privato accreditato (sia essa un ospedale o un consultorio) applichi pienamente la legge, in modo tale che solo a fronte di questo impegno possa essere concesso l'accreditamento;
21)    ad assumere tutte le iniziative utili affinché sia implementato e facilitato su tutto il territorio nazionale l'accesso all'interruzione volontaria di gravidanza col metodo farmacologico in regime di day hospital e nei consultori familiari e nei poliambulatori, come previsto dall'articolo 8 della legge n.  194 del 1978, reinvestendo i conseguenti risparmi nel potenziamento delle reti dei consultori e in un accesso più facile alla contraccezione;
22)    a prendere nettamente le distanze dalle scelte e dalle decisioni assunte dalla Ministra Lorenzin con atti concreti e immediati, riconsiderando nel merito e nel metodo le proposte, le decisioni e le iniziative prese in occasione del fertility day di cui in premessa, che ne hanno ancora una volta messo in luce, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, l'inadeguatezza a gestire un Ministero così importante;
23)    ad assumere iniziative per rifinanziare il fondo per il rimborso alle regioni per l'acquisto di medicinali innovativi, istituito con la legge di stabilità per il 2015, incrementandone sensibilmente la dotazione finanziaria e rivedendo contestualmente i criteri di priorità, in modo che tutti i pazienti possano usufruire dei trattamenti innovativi;
24)    riguardo ai farmaci per l'epatite C, ad avviare quanto prima le opportune iniziative volte a modificare l'attuale normativa nazionale al fine di ricomprendere anche l’«emergenza sanitaria» (di cui all'accordo TRIPs) tra le condizioni per la concessione dell'uso del brevetto senza il consenso del titolare, e ad adottare conseguentemente tutte le iniziative in sede internazionale per chiedere quindi, sulla base del citato TRIPs, la prevista deroga alla protezione brevettuale attraverso la «licenza obbligatoria» per i nuovi farmaci antivirali ad azione diretta contro il virus dell'epatite C, al fine di produrli a costo contenuto garantendo l'accesso al trattamento a tutti coloro che ne hanno bisogno;
25)    ad assumere le opportune iniziative in sede europea e internazionale affinché venga posto in discussione il superamento del brevetto per i farmaci, individuando modalità che permettano un'equa remunerazione dei costi di ricerca e di produzione dei farmaci senza ricorrere alla protezione brevettuale;
26)    ad assumere le opportune iniziative normative affinché l'Aifa ricorra a bandi competitivi per la determinazione del prezzo di acquisto dei vaccini individuati come strategici nel piano nazionale vaccinazioni;
27)    ad avviare una politica di maggiori investimenti e incentivi finalizzati ad estendere la ricerca biomedica indipendente, con particolare riferimento alle biotecnologie e alla valutazione di efficacia degli interventi terapeutici e riabilitativi, per far crescere modelli innovativi dei servizi pubblici e nuove attività economiche, con ricadute importanti per la qualità dei servizi, l'occupazione e la ripresa economica;
28)    ad avviare le opportune iniziative normative affinché la prevista quota premiale di riparto delle risorse previste per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale a favore delle regioni che abbiano adottato misure idonee per una corretta gestione dei bilanci sanitari venga attribuita anche per quelle regioni sottoposte ai piani di rientro che, nell'ambito di processi efficaci di riorganizzazione dei servizi, rispondano in modo appropriato ai bisogni di cura e di salute dei cittadini;
29)    ad assumere le opportune iniziative, anche in ambito europeo, volte a prevedere l'esclusione dal rispetto del patto di stabilità delle spese relative ai servizi socio-sanitari e al welfare;
30)    a promuovere, nell'ambito delle proprie competenze e d'intesa con le regioni, un'efficace politica di prevenzione volta al rafforzamento della collaborazione e delle sinergie tra le aziende sanitarie, con particolare riferimento ai dipartimenti di prevenzione, e le agenzie ambientali, anche tramite la costituzione di nuove entità organizzative integrate ambientali-sanitarie, inserite nei servizi sanitari regionali, intervenendo attivamente su altri settori affinché la prevenzione attraversi tutte le politiche a livello nazionale;
31)    ad assumere un'opportuna iniziativa di modifica della legge n.  833 del 1978, per consentire alle persone senza fissa dimora, prive della residenza anagrafica, di essere iscritte negli elenchi degli utenti del Servizio sanitario nazionale relativi al comune in cui si trovano.
(1-01395) «Nicchi, Gregori, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».


      La Camera,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative per incrementare le risorse del fondo sanitario nazionale e rivedere la previsione del documento di economia e finanza 2016 di una riduzione della spesa sanitaria in rapporto al prodotto interno lordo per i prossimi anni, prevedendone invece un significativo incremento sia in valori assoluti che in rapporto al prodotto interno lordo in relazione ai fabbisogni reali individuati dalle regioni;
2)    ad assumere iniziative per stanziare le opportune risorse finanziarie – prevedendo le eventuali deroghe alla normativa vigente in materia – volte a consentire lo sblocco del turn over nel Servizio sanitario nazionale, in particolare per il personale medico, infermieristico, tecnico e socio sanitario di supporto, e la stabilizzazione dei precari su base regionale, attraverso lo sblocco del turn over al 100 per cento e l'indizione di concorsi regionali per disciplina e profilo con graduatorie regionali al fine di consentire la riorganizzazione e la riqualificazione dei servizi sanitari con particolare attenzione al territorio;
3)    ad assumere iniziative per riconoscere e valorizzare quei profili professionali, quali gli operatori sociosanitari, indispensabili per rafforzare il sistema assistenziale e contribuire al miglior funzionamento dei servizi;
4)    a garantire l'uniformità nazionale delle politiche sanitarie tramite processi di decentramento amministrativo, partecipazione democratica e corretta sussidiarietà tra Stato, regioni, comuni e aziende sanitarie locali/aziende sanitarie ospedaliere per evitare la burocratizzazione e ministerializzazione che nega lo spirito della riforma sanitaria del 1978;
5)    a valutare la possibilità di assumere iniziative per procedere nell'immediato all'abrogazione del cosiddetto superticket e successivamente abolire gradualmente le compartecipazioni alla spesa sanitaria, soprattutto in presenza di disabilità, al fine di garantire l'universalità delle cure e l'accesso ai servizi da parte dei cittadini, con l'obiettivo di evitare la sempre più frequente rinuncia forzata di molti cittadini all'acquisto di farmaci o all'accesso alle prestazioni sanitarie pubbliche, col conseguente ricorso ai privati;
6)    ad attuare un piano di edilizia sanitaria, supportato da adeguate risorse finanziarie, finalizzato alla messa in sicurezza alla manutenzione e al recupero delle strutture, con abbattimento delle barriere architettoniche, ottenimento dell'efficienza energetica e umanizzazione dei luoghi di lavoro per gli operatori sanitari e gli utenti;
7)    ad attivare efficaci iniziative, anche normative, volte a intensificare il contrasto alle frodi e alla corruzione, nonché alle diseconomie e agli sprechi interni alla sanità, prevedendo che tutte le risorse certificate liberatesi vengano reinvestite unicamente nel Servizio sanitario nazionale;
8)    ad assumere iniziative per introdurre specifiche previsioni in materia di appalti pubblici nel settore della sanità pubblica, al fine di eliminare le distorsioni legate al troppo frequente ricorso a proroghe automatiche e taciti rinnovi di appalti, nonché per incrementare la trasparenza e il controllo nelle procedure che riguardano i meccanismi di spesa;
9)    a promuovere, per quanto di competenza, un sistema di accreditamento rigoroso e di qualità all'interno della programmazione pubblica con valutazione dei risultati, che non penalizzi l'occupazione, ma tenga conto, nei casi di responsabilità o inefficienza del privato, della possibilità di reinternalizzare e regionalizzazione gli operatori, i servizi e le attività esternalizzati, appaltati o accreditati;
10)    ad assumere iniziative per rinnovare con adeguate risorse il sistema delle cure primarie, investendo sulla prevenzione e sull'assistenza domiciliare e territoriale, soprattutto ad alta integrazione sociale (anziani, salute mentale, disabilità), salvaguardando, nell'ambito della razionalizzazione delle reti ospedaliere, i piccoli presidi in zone disagiate;
11)    ad assumere iniziative per incrementare le risorse destinate alle non autosufficienze e a interventi di assistenza domiciliare per le persone affette da disabilità gravi e gravissime;
12)    a implementare l'assistenza territoriale, le reti di poliambulatori collegati telematicamente con gli ospedali e nuove forme organizzative in grado di erogare prestazioni assistenziali sulle 24 ore, assumendo le iniziative di competenza per sospendere e rivedere quindi il nuovo atto di indirizzo per il rinnovo della convenzione di medicina generale approvato nell'aprile 2016 alla luce delle forti criticità esposte in premessa;
13)    a realizzare le case della salute, come luogo di partecipazione dei cittadini e programmazione della sanità territoriale nell'ambito di politiche complessive che assicurino continuità assistenziale e una rete di servizi extraospedalieri, senza limitarsi alla mera riconversione in poliambulatori di strutture sanitarie dismesse, con la necessaria innovazione della sanità di iniziativa;
14)    a promuovere politiche di genere finalizzate ad eliminare la disuguaglianza secondo il principio di equità e appropriatezza delle cure, incentivando la presenza di tavoli di coordinamento regionali;
15)    a sviluppare un'efficace programmazione delle politiche sanitarie e sociosanitarie secondo indicatori «genere correlati» e a implementare la medicina di genere in ambito di ricerca e universitario e con percorsi di educazione medica continua;
16)    a valorizzare e ridare piena centralità ai consultori, quale servizio per il sostegno alla sessualità libera e alla procreazione responsabile, attraverso un adeguamento delle risorse, della rete di servizi, degli organici e della loro formazione, delle sedi, nonché secondo la piena attuazione della legge n.  405 del 1975 e del progetto obiettivo materno infantile;
17)    a garantire la piena applicazione della legge n.  194 del 1978 in tutte le strutture e su tutto il territorio nazionale, nel rispetto del principio della libera scelta e del diritto alla salute delle donne e della maternità e paternità responsabili, assumendo tutte le iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, finalizzate anche all'assunzione di personale non obiettore per garantire il servizio di interruzione volontaria di gravidanza;
18)    ad assumere le opportune iniziative normative affinché in ogni regione siano individuate le strutture sanitarie pubbliche nelle quali istituire servizi dedicati a compiti relativi alla diagnostica prenatale e allo svolgimento delle procedure e interventi di interruzione volontaria della gravidanza, anche oltre il novantesimo giorno, con personale composto obbligatoriamente da non obiettori di coscienza;
19)    ad assumere iniziative perché ogni struttura pubblica o del privato accreditato (sia essa un ospedale o un consultorio) applichi pienamente la legge, in modo tale che solo a fronte di questo impegno possa essere concesso l'accreditamento;
20)    ad assumere iniziative per rifinanziare il fondo per il rimborso alle regioni per l'acquisto di medicinali innovativi, istituito con la legge di stabilità per il 2015, incrementandone sensibilmente la dotazione finanziaria e rivedendo contestualmente i criteri di priorità, in modo che tutti i pazienti possano usufruire dei trattamenti innovativi;
21)    a valutare la possibilità, riguardo ai farmaci per l'epatite C, di avviare quanto prima le opportune iniziative volte a modificare l'attuale normativa nazionale al fine di ricomprendere anche l’«emergenza sanitaria» (di cui all'accordo TRIPs) tra le condizioni per la concessione dell'uso del brevetto senza il consenso del titolare, e di adottare conseguentemente tutte le iniziative in sede internazionale per chiedere quindi, sulla base del citato TRIPs, la prevista deroga alla protezione brevettuale attraverso la «licenza obbligatoria» per i nuovi farmaci antivirali ad azione diretta contro il virus dell'epatite C, al fine di produrli a costo contenuto garantendo l'accesso al trattamento a tutti coloro che ne hanno bisogno;
22)    a valutare la possibilità di assumere le opportune iniziative normative affinché l'Aifa ricorra a bandi competitivi per la determinazione del prezzo di acquisto dei vaccini individuati come strategici nel piano nazionale vaccinazioni;
23)    ad avviare una politica di maggiori investimenti e incentivi finalizzati ad estendere la ricerca biomedica indipendente, con particolare riferimento alle biotecnologie e alla valutazione di efficacia degli interventi terapeutici e riabilitativi, per far crescere modelli innovativi dei servizi pubblici e nuove attività economiche, con ricadute importanti per la qualità dei servizi, l'occupazione e la ripresa economica;
24)    ad avviare le opportune iniziative normative affinché la prevista quota premiale di riparto delle risorse previste per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale a favore delle regioni che abbiano adottato misure idonee per una corretta gestione dei bilanci sanitari venga attribuita anche per quelle regioni sottoposte ai piani di rientro che, nell'ambito di processi efficaci di riorganizzazione dei servizi, rispondano in modo appropriato ai bisogni di cura e di salute dei cittadini;
25)    a valutare la possibilità di promuovere, nell'ambito delle proprie competenze e d'intesa con le regioni, un'efficace politica di prevenzione volta al rafforzamento della collaborazione e delle sinergie tra le aziende sanitarie, con particolare riferimento ai dipartimenti di prevenzione, e le agenzie ambientali, anche tramite la costituzione di nuove entità organizzative integrate ambientali-sanitarie, inserite nei servizi sanitari regionali, intervenendo attivamente su altri settori affinché la prevenzione attraversi tutte le politiche a livello nazionale.
(1-01395)
(Testo modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate) «Nicchi, Gregori, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».


      La Camera,
          premesso che:
              nel mese di dicembre 2012, nel corso di una conferenza stampa, l'allora Ministro della salute Renato Balduzzi    ha documentato, con slide esplicative, il progressivo definanziamento del servizio sanitario nazionale che negli anni intercorsi tra il 2012 e il 2015 ha portato ad una riduzione di circa 25 miliardi di euro;
              le successive note di aggiornamento al documento di economia e finanza hanno confermato il trend di definanziamento del servizio sanitario nazionale ed infatti, già nel 2013, questo Governo prevedeva una riduzione progressiva dell'incidenza della spesa sanitaria sul prodotto interno lordo, dal 7,1 per cento al 6,7 per cento, stime di riduzione di spesa che sono state confermate con le successive note di aggiornamento al documento di economia e finanza fino ad arrivare all'ultimo documento di economia e finanza del 2016 dove si stima che nel triennio 2017-2019 il rapporto tra spesa sanitaria e prodotto interno lordo decrescerà dello 0,1 per cento all'anno, per arrivare nel 2019 al 6,5 per cento;
              il decrescere dell'incidenza sul prodotto interno lordo è un elemento inquietante perché si traduce in «meno salute» e si pone al di sotto della media dei Paesi OCSE e al di sotto dell'accettabilità, con inevitabili ripercussioni sulla qualità e l'efficacia dell'assistenza sanitaria e sull'aspettativa di vita, che già studi e ricerche hanno documentato in recentissimi e accreditati rapporti (rapporto Osserva salute dell'anno 2015 e rapporto Istat 2016);
              le stime di spesa annunciate nei diversi documenti di economia e finanza sono state puntualmente corroborate dalle misure finanziarie introdotte nelle leggi di stabilità che hanno concretamente ridotto il livello di finanziamento del servizio sanitario nazionale, peggiorando ulteriormente le stime di spesa già decrescenti e sconfessando le risorse stabilite dal patto per la salute 2014-2016 per il finanziamento del fondo sanitario nazionale e fissate in 109,928 miliardi di euro per il 2014, in 112,062 per il 2015 e in 115,444 per il 2016;
              dunque, se la legge di stabilità 2014 ha ridotto il fondo sanitario nazionale di 1 miliardo e 150 milioni la successiva legge di stabilità del 2015, pur non prevedendo riduzioni dirette del livello di finanziamento del fondo sanitario nazionale, ha determinato una riduzione indiretta del finanziamento del servizio sanitario regionale, anche più rilevante, prevedendo che le regioni contribuissero alla finanza pubblica per circa 4 miliardi di euro, come successivamente concordati in sede di Conferenza Stato-regioni nel mese di luglio 2015 ove si è raggiunta l'intesa per un taglio alla sanità di 2 miliardi e 352 milioni di euro per il 2015 e il 2016;
              il decreto-legge 19 giugno 2015, n.  78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n.  125, in attuazione anche dell'intesa Stato-regioni del luglio 2015, ha quindi stabilito che il livello del finanziamento del servizio sanitario nazionale a cui concorre lo Stato è ridotto dell'importo di 2.352 milioni di euro a decorrere dal 2015;
              la legge di stabilità 2016 ha operato un ulteriore taglio alla sanità per 1 miliardo e 800 milioni di euro, fissando in 111 miliardi di euro il finanziamento per il 2016, comprensivi di 800 milioni di euro da destinare ai nuovi livelli essenziali di assistenza che, come noto, non sono stati ancora introdotti;
              l'effetto dei tagli sul livello di finanziamento previsto dal patto salute 2014-2016 sono pertanto i seguenti:
                  anno 2015: scende da 112,062 a 109,715 miliardi di euro (112,062 - 2,352 miliardi = 109,710);
                  anno 2016: scende da 115,444 a 111,097 miliardi di euro (115,444 - 2,352 miliardi - 1,800 miliardi = 111,092);
              nel documento di economia e finanza 2016 si è cristallizzata l'ulteriore previsione di riduzione della spesa pubblica in sanità nella misura corrispondente alle risultanze dell'accordo Stato-regioni dell'11 febbraio 2016, ove si prevede, a carico del servizio sanitario nazionale, quanto stabilito dalla legge di stabilità 2016 la quale al comma 680 ha disposto tagli per: 3.980 milioni per il 2017 e 5.480 milioni per il 2018 e 2019, quale contributo dovuto dalle regioni alla finanza pubblica, tagli che si sommano a quelli previsti nel medesimo accordo Stato-regioni di 100 milioni per la prevenzione e gestione del rischio sanitario e di 280 milioni di euro agli investimenti in edilizia sanitaria;
              i dati del «Rapporto Osserva salute 2015», pubblicato dall'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, delineano un quadro allarmante sullo stato di salute del Paese e, per la prima volta nella storia, l'aspettativa di vita degli italiani è in calo, ciò come diretta conseguenza di una riduzione della prevenzione; emerge un quadro dove i cittadini sono meno attenti alla salute, aumenta il consumo di alcol e aumenta l'obesità e la copertura vaccinale, anche per le profilassi obbligatorie, è inferiore agli obiettivi minimi stabiliti; gli anziani rinunciano a vaccinarsi contro le influenze (si è passati dal 64 per cento al 49 per cento); aumenta l'incidenza delle patologie, in specie di quelle tumorali e anche per quei tumori ove la prevenzione si è dimostrata altamente efficace (come ad esempio i tumori al seno); inquietanti sono infine i dati relativi all'aumento consistente della mortalità che rilevano per l'anno 2015 54.000 morti in più;
              anche il «rapporto Osserva salute 2015» conferma la diminuzione delle risorse pubbliche destinate alla salute dei cittadini e soprattutto delle risorse per la prevenzione alla quale è destinata l'irrisoria percentuale del 4,1 per cento del totale della spesa sanitaria; ugualmente si conferma la drastica riduzione delle spese per il personale sanitario;
              alla sottrazione delle risorse economiche si aggiunge la grave e perdurante sottrazione delle risorse umane, attraverso il blocco del turnover e attraverso altre misure di contenimento della spesa sul personale che hanno generato un aumento dell'età media dei dipendenti, un incremento dei carichi di lavoro e dei turni straordinari di lavoro del personale (nonostante la direttiva europea – recepita con legge n.  161 del 2015 entrata in vigore dal 25 novembre 2015 ed ancora inapplicata – abbia imposto all'Italia di adeguare l'orario di lavoro anche del personale sanitario), nonché una sempre più diffusa abitudine a ricorrere a varie forme di lavoro flessibile e precario anche in settori molto delicati dal punto di vista assistenziale (dal pronto soccorso alla rianimazione), determinando un progressivo indebolimento della sanità pubblica che in tal maniera e in queste condizioni emergenziali non è più in grado di rispondere ai bisogni della popolazione, con un conseguente aumento delle liste di attesa e limitazioni dell'offerta di cura e assistenza, soprattutto nella componente socio-sanitaria;
              con l'approvazione di una mozione del M5S il Governo si era impegnato allo sblocco del turnover e all'attuazione delle procedure di mobilità interregionale del personale sanitario ed anche con la legge di stabilità 2016 si era condivisa la necessità di porre in essere procedure concorsuali straordinarie per l'assunzione di personale medico, tecnico-professionale e infermieristico sulla base delle valutazioni dei fabbisogni regionali, in particolare per l'applicazione della già citata legge dello Stato n.  161 del 2015, impegni che allo stato attuale non risultano essere stati rispettati nonostante continue e ripetute giustificazioni avanzate nel corso delle diverse interrogazioni parlamentari che ne chiedevano conto;
              altro grave vulnus al servizio sanitario nazionale è stato inferto dal decreto ministeriale 9 dicembre 2015 sull'appropriatezza prescrittiva, introdotta dal decreto-legge 19 giugno 2015, n.  78, con il quale sono state individuate le condizioni di erogabilità e le indicazioni prioritarie per la prescrizione appropriata delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale ad alto rischio di inappropriatezza; questo ha significato collocare al di fuori delle condizioni di erogabilità numerose prestazioni (circa 203) che saranno pagate dai cittadini; il decreto, tuttora vigente, dovrebbe essere abrogato, almeno secondo quanto risulta dalla bozza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui livelli essenziali di assistenza che pur mantiene alcune condizioni di appropriatezza prescrittiva per talune prestazioni di specialistica ambulatoriale (circa 40); è chiaro ed evidente che con il meccanismo dell'appropriatezza prescrittiva o delle condizioni di erogabilità si è di fatto voluto spostare sui cittadini il costo di una parte delle prestazioni che erano garantite dal servizio sanitario nazionale pubblico e universalistico;
              il documento di economia e finanza 2016 ha evidenziato altri due dati significativi: la riduzione del numero delle ricette, in misura pari al 2,3 per cento circa rispetto al 2014 e la crescita della quota di compartecipazione a carico dei cittadini (aumento dei ticket), con un incremento di circa l'1 per cento rispetto al 2014; tale correlazione di fattori (riduzione di ricette e aumento di ticket) sono il segnale drammatico della tendenza ad un minore ricorso alle cure da parte dei cittadini, in ragione di costi non più sostenibili sia del prezzo dei farmaci e delle prestazioni sanitarie e sia del livello di compartecipazione, elementi questi che testimoniano quanto e come siano i cittadini a pagare lo smantellamento di fatto del servizio sanitario pubblico, operato proprio attraverso la progressiva sottrazione di risorse umane ed economiche;
              quanto rilevato dal documento di economia e finanza 2016 in riferimento alla riduzione del numero delle ricette e all'aumento del ticket trova conferma nel 18o rapporto Pit salute «Sanità pubblica, accesso privato», elaborato dal Tribunale per i diritti del malato e cittadinanzattiva, laddove evidenzia che i cittadini sono oggi costretti a sacrificare la propria salute oppure sono costretti a rivolgersi al privato a causa dei tempi delle liste di attesa e del costo insostenibile dei ticket, elementi per l'appunto sintomatici della inaccessibilità al servizio pubblico sanitario e del suo smantellamento, tempi e costi insostenibili anche con riguardo a prestazioni ed esami di routine, come una semplice ecografia per la quale, secondo il rapporto citato, occorrono nove mesi di attesa anche per l'area oncologica; questi ostacoli costringono dunque ad un bivio: rinuncia o sanità privata, bivio che si dissolve in inevitabile rinuncia laddove il reddito delle famiglie è praticamente inesistente o non consente di rivolgersi al privato;
              i dati del rapporto del Tribunale del malato e cittadinanzattiva sono inquietanti e le segnalazioni sui lunghi tempi di attesa sono al 58,7 per cento; quasi ugualmente ripartite fra esami diagnostici (36,7 per cento), interventi chirurgici (28,8 per cento) e visite specialistiche (26,3 per cento), i cittadini devono attendere fino a 13 mesi per una risonanza magnetica e, dinanzi a tali dati, Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-cittadinanzattiva ha affermato che «Ci vogliono abituare a considerare l'intramoenia e il privato come normali canali di accesso alle prestazioni sanitarie di cui si ha bisogno (...). Le difficoltà di accesso anche in oncologia sono un grave campanello di allarme, purtroppo inascoltato»;
              il ricorso all’intramoenia è dunque spesso una conseguenza obbligata per il cittadino dinanzi alle lunghe liste di attesa e alle inefficienze del servizio sanitario nazionale, in netto contrasto con quanto previsto dalle norme che avevano introdotto tale istituto. La legge n.  120 del 2007, concernente l'attività libero-professionale intramuraria, prevede il progressivo allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni nell'ambito dell'attività istituzionale ai tempi medi di quelle rese in regime di libera professione intramuraria, proprio al fine di assicurare che il ricorso a quest'ultima sia la conseguenza della libera scelta del cittadino e non già la conseguenza di una carenza nell'organizzazione dei servizi resi nell'ambito dell'attività istituzionale;
              l'Anac, con la determina n.  12 del 2015 concernente l'aggiornamento del piano nazionale anticorruzione colloca tra gli eventi a rischio di corruzione proprio l'attività intramoenia laddove vi sia, ad esempio, l'errata indicazione al paziente delle modalità e dei tempi di accesso alle prestazioni in regime assistenziale, la violazione del limite dei volumi di attività previsti nell'autorizzazione, lo svolgimento della libera professione in orario di servizio, il trattamento più favorevole dei pazienti trattati in libera professione. Tra le possibili misure di contrasto l'Anac individua: l'informatizzazione delle liste di attesa, l'obbligo di prenotazione di tutte le prestazioni attraverso il Cup aziendale o sovraziendale con gestione delle agende dei professionisti in relazione alla gravità della patologia, l'aggiornamento periodico delle liste di attesa, la verifica periodica del rispetto dei volumi concordati in sede di autorizzazione, l'adozione di un sistema di gestione informatica dell'attività libero-professionale intramuraria dalla prenotazione alla fatturazione, l'adozione di una disciplina dei ricoveri in regime di libera professione e la previsione di specifiche sanzioni;
              l'8 giugno 2016 sono stati presentati i dati della ricerca Censis-Rbm assicurazione salute sulla sanità integrativa dai quali emerge che dal 2013 al 2015 la spesa sanitaria privata è aumentata del 3,2 per cento. (oltre 35 miliardi di euro) e che nell'ultimo anno ben 11 milioni (2 milioni in più rispetto al 2012) di cittadini hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie; il 72,6 per cento di 10 milioni di cittadini che ricorrono di più al privato dichiara che il ricorso al privato è determinato dai tempi lunghi delle liste di attesa; già i dati OCSE, nel 2014 rilevavano che la spesa privata in Italia aveva raggiunto i 33 miliardi di euro (+2 per cento rispetto al 2013), precisando che la differenza sostanziale rispetto ad altri Paesi europei è che l'82 per cento è out-of-pocket (di tasca propria), con una spesa pro-capite di oltre 500 euro all'anno;
              anche l'Agenas nella sua relazione sulla compartecipazione alla spesa nelle regioni per l'anno 2015 rileva che «la conseguenza di ticket elevati, come già alcune evidenze dimostrano, sono la rinuncia alle prestazioni ovvero la “fuga” dal Servizio Sanitario Nazionale verso strutture sanitarie private, spesso in grado di offrire prestazioni a tariffe concorrenziali rispetto ai ticket. Il rischio, nel perdurare di tali situazioni, è la scomparsa di livelli di assistenza previsti ma di fatto superati da incoerenti misure della compartecipazione»;
              la cosiddetta «sanità integrativa» come concepita dal decreto legislativo n.  502 del 1992 ha l'esclusiva finalità di favorire l'erogazione di forme di assistenza sanitaria integrativa rispetto a quelle assicurate (e che devono essere assicurate) dal servizio sanitario nazionale e tali forme integrative sono quindi finalizzate a coprire solo prestazioni non essenziali e non incluse nei livelli essenziali di assistenza; pertanto, i cosiddetti fondi integrativi o le polizze assicurative non possono e non devono sostituirsi al primo pilastro del sistema pubblico di salute che è e rimane il servizio sanitario nazionale, basato sui principi di universalità, equità e solidarietà, come diretta attuazione dell'articolo 32 della Costituzione;
              invece per quanto sopra premesso in relazione alla crescita esponenziale della spesa sanitaria privata, come anche rilevato al riguardo dal citato studio CENSIS-RBM salute, è evidente che queste forme di sanità integrativa si sta o via via rivelando o le si stanno prospettando alla generalità dei cittadini come uniche forme risolutive dell'inaccessibilità alle cure e all'assistenza e come l'unica forma di superamento delle difficoltà in cui versa il sistema pubblico di salute;
              in tale quadro, dunque, di fronte a questo tangibile smantellamento del servizio sanitario pubblico, prendono corpo e s'inseriscono le diverse soluzioni o proposte di partenariato pubblico-privato, se non addirittura chiaramente «di copertura assicurativa» dei bisogni assistenziali, che questo Governo introduce, o ai sistematicamente, in tutti i suoi provvedimenti; emblematica è ad esempio la legge sul «dopo di noi» ove si disciplina la detraibilità delle spese sostenute per le polizze assicurative finalizzate alla tutela delle persone con disabilità grave ed eleva il limite di tale detrazione o laddove prevede soluzioni dispositive dei patrimoni dei disabili finalizzate alla tutela degli stessi;
              la sostenibilità economica del servizio sanitario nazionale non può e non deve passare attraverso una compressione del diritto alla salute e non può passare attraverso la riduzione di risorse economiche e umane, né può passare attraverso una privatizzazione di fatto, ma attraverso un efficace smantellamento di tutte le diseconomie, gli sprechi e le sacche di opacità e corruzione che non possono essere risolte solo con accordi, protocolli o dichiarazioni d'intenti ma piuttosto con un effettivo e immediato sistema sanzionatorio che arrivi finanche a rimuovere, con immediatezza, i funzionari o i dirigenti ritenuti responsabili di danno erariale dalla Corte dei Conti;
              il rapporto della Rete europea contro le frodi e la corruzione in sanità stimava in sei miliardi di euro la quantità di risorse sottratte alla sanità italiana, cifra peraltro non ritenuta esaustiva dal «libro bianco» di ISPE (Istituto per la promozione dell'etica) secondo il quale tali cifre non tengono conto dell'indotto (inefficienza e sprechi) correlato agli eventi corruttivi accertati dalla magistratura, indotto che porta a stimare il costo della corruzione addirittura in 23,6 miliardi di euro l'anno;
              un'efficace lotta alla corruzione deve coinvolgere tutti i cittadini e tutti i funzionari pubblici sollecitando, attraverso tutele ed incentivi specifici, uno spirito di servizio che porti a segnalare ogni forma di illecito e ogni evento corruttivo, tutele specifiche che garantiscano il denunciante attraverso un anonimato inviolabile e incentivi che prevedano forme di premialità su quanto ritorna all'amministrazione in termini di risarcimento per danno erariale e come conseguenza della denuncia o segnalazione fatta;
              i dati sulla corruzione in sanità rilevano la forte sperequazione regionale esistente nel nostro Paese anche in termini di garanzia, qualità, efficacia ed efficienza ed infatti i dati diffusi dal rapporto succitato ripartiscono così i fenomeni corruttivi: 41 per cento al Sud, 30 per cento al Centro, il 23 per cento al Nord e il 6 per cento è costituito da diversi reati compiuti in più luoghi;
              con il recente decreto-legge sugli enti territoriali il Governo è intervenuto sui costi standard (introdotti per dare attuazione al federalismo fiscale e per controllare gli sprechi nella sanità), senza affrontare in maniera incisiva la sperequazione regionale esistente che per l'appunto si rileva anche nei fenomeni corruttivi succitati e, continuando a prendere a riferimento    regioni «modello», non tiene conto delle condizioni di partenza delle regioni e delle variabili determinate dalle carenze strutturali presenti in alcune aree territoriali, atte ad incidere sui costi delle prestazioni, variabili che andrebbero individuate sulla base di specifici indicatori socio-economici, ambientali, culturali e di deprivazione;
              il decreto ministeriale 2 aprile 2015, n.  70, sugli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera non fa altro che cronicizzare la sperequazione esistente tra le regioni prevedendo che le stesse provvedano alla riduzione della dotazione dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del servizio sanitario regionale, ad un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti (come determinati dal «decreto Balduzzi»), comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, facendo riferimento alla popolazione residente in base ai criteri utilizzati per il computo del costo standard per il macro-livello di assistenza ospedaliera ai fini della determinazione del fabbisogno sanitario standard regionale, numero di posti letto incrementato o decrementato in relazione alla mobilità tra regioni;
              per quanto riguarda l'offerta di posti letto ospedalieri a livello europeo, l'Italia (3,7 posti ogni mille abitanti) si colloca al di sotto della media europea (5,5 posti letto) e il meccanismo indicato dal succitato decreto n.  70 del 2015 penalizza, nella programmazione della dotazione dei posti letto, quelle regioni italiane che risultano avere un saldo positivo di mobilità e che di fatto finanziano il sistema sanitario di regioni ritenute virtuose proprio attraverso le risorse provenienti dalla mobilità attiva;
              la riduzione dei posti letto della rete ospedaliera, nelle intenzioni del «decreto Balduzzi», era e doveva essere armonizzata con un'implementazione dell'assistenza territoriale, dei presidi sul territorio anche attraverso i cosiddetti ospedali di comunità, ma alla tanta solerzia nel definire i tagli dei posti letto non ha fatto da contraltare la definizione dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi dei presidi territoriali/ospedali di comunità previsti nel punto 17 del patto della salute 2014-2016;
              lo stravolgimento operato sull'assistenza ospedaliera e territoriale ha colto impreparati tutti i cittadini che non sanno più a quale servizio rivolgersi per soddisfare i loro bisogni di salute e assistenza, che assistono inermi a chiusure di presidi e ospedali e che si vedono quotidianamente respinti nei loro accessi al servizio sanitario nazionale; al riguardo non è stato concepito neanche un piano di comunicazione a favore dei cittadini e per favorire il pieno funzionamento del nuovo sistema di assistenza territoriale su tutto il territorio nazionale;
              l'idea d'implementare l'assistenza territoriale attraverso una riorganizzazione delle cure primarie, anche al fine di efficientare l'assistenza ospedaliera ed in particolar modo la rete emergenza-urgenza, non sembra sortire i benefici auspicati nel «decreto Balduzzi», considerato che tale riorganizzazione non ha fatto i conti con il serio problema della progressiva carenza dei medici di famiglia e rispetto alla quale già nel 2012 l'Enpam e la Fimmg rilevavano una stima drammatica sui pensionamenti e sulle susseguenti carenze assistenziali, stimando che dal 2015 al 2025 sarebbero andati in pensione complessivamente circa 40.000 tra medici di medicina generale, guardie mediche e pediatri, con un'impennata di 25.000 pensionamenti che rischiano di non essere sostituiti, e già allora si temeva che, per i successivi 10 anni, 25 milioni di italiani sarebbero potuti rimanere senza assistenza;
              il 2 agosto 2016 nel corso di un'audizione in Senato nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla sostenibilità del servizio sanitario nazionale, con particolare riferimento alla garanzia dei principi di universalità, solidarietà ed equità, la Fimmg ha presentato gli ulteriori dati sulle prospettive occupazionali e di pensionamento e ribadisce: «Ulteriore sfida, che dovrà essere affrontata dall'ACN (Accordo collettivo nazionale), è quella del rapido ricambio generazionale determinato oltre che dall'età media avanzata dei medici attivi, da una tendenza al prepensionamento (che passa dal 10 per cento del 2005 al 40 per cento degli ultimi anni) e che aumenta la necessità di formare medici alla medicina generale in numero adeguato alle crescenti esigenze»;
              la riorganizzazione delle cure primarie e il processo di de-ospedalizzazione richiede oltre che un concreto rafforzamento dell'assistenza territoriale anche un robusto investimento in prevenzione, investimento che deve essere garantito con risorse economiche adeguate e con professionisti dedicati e, in tale ottica, il decreto-legge n.  158 del 13 settembre 2012, cosiddetto «decreto Balduzzi», nella sua attuazione, sta svelando tutte le sue debolezze correlate al principio ispiratore del decreto medesimo: la spending review; ed è così che si assiste quotidianamente all'accorpamento di strutture sanitarie, alla creazione di mega distretti lontani dai cittadini e alla chiusura inaccettabile di punti nascita; l'esigenza di assicurare la continuità assistenziale è insoddisfatta così come appare insoddisfatta l'integrazione tra cure territoriali e ospedaliere;
              sarebbe stato lungimirante, probabilmente anche più economico, dare attuazione alla normativa vigente in materia di consultori familiari, nati e concepiti proprio quale integrazione di compiti e funzioni di natura sanitaria, sociosanitaria e sociale; il consultorio, vicino al cittadino, doveva rappresentare il luogo multiprofessionale di prevenzione e assistenza primaria e di tutela socio-sanitaria attraverso un supporto multidiciplinare alla persona, alla coppia e alla famiglia in tutto le varie fasi del suo evolversi; il consultorio dovrebbe rispondere in maniera personalizzata, attraverso consulenze e prestazioni specialistiche, a tutte le problematiche connesse alla sessualità, all'infertilità e alla contraccezione, alla gravidanza, alla nascita e al post partum, all'interruzione volontaria di gravidanza, alla menopausa, ai problemi andrologici, al disagio psicologico e al disagio familiare, alla ludopatia e alle dipendenze, ai fenomeni di bullismo, al disagio dei giovani, all'integrazione culturale di immigrati, alla violenza sulle donne e sui minori. Per affrontare tutto questo è sufficiente dare attuazione ad una delle leggi più civili che il legislatore sia stato in grado di concepire, assicurando figure professionali come ginecologi, ostetriche, infermieri, assistenti sociali, mediatori culturali, linguistici e legali;
              dal 1975, anno della legge sui consultori, si è invece percorsa una strada ad ostacoli e da un'attuazione a macchia di leopardo nelle diverse regioni italiane si è passati ad un progressivo e incalzante depotenziamento e al loro smantellamento. Nel contempo, si sono percorse strade legislative, anche informative, sulla salute e cultura di genere, sul disagio psicologico, sulla prevenzione, sulla sana alimentazione, sul sostegno alle famiglie assolutamente fallimentari; in tal senso emblematica è la triste e recente campagna sul fertility day ove si sono disvelate concezioni retrograde sulla maternità responsabile, umilianti per l'identità di genere e di etnia, mentre sulla tutela del parto fisiologico ci si arena, ormai da troppe legislature, senza garantire di fatto condizioni del parto appropriate e anche più economiche che riducano i costi connessi all'abuso nel ricorso al parto cesareo;
              sulla maternità responsabile non si risolve il serio problema di politiche efficaci per la famiglia, non si consente alle donne di conciliare i tempi della famiglia con i tempi del lavoro, non si forniscono servizi e sostegni reddituali adeguati, non si risolve il serio problema dell'assenza di professionisti non obiettori che di fatto rende non pienamente applicabile la legge n.  194 sull'interruzione di gravidanza, con conseguenze anche drammatiche e pressoché quotidiane sulla salute delle donne in alcuni casi costrette addirittura ad aborti clandestini; il recente inserimento dei contraccettivi in fascia C è un ritorno al passato ed una compromissione inaccettabile del diritto della donna;
              sui problemi alimentari, sulle dipendenze e sulla ludopatia s'intraprendono politiche economiche di fatto incentivanti e non s'interviene in maniera incisiva sulla pubblicità diretta e indiretta;
              sulle malattie rare, sull'autismo e sulla non autosufficienza le risorse che vengono stanziate sono sempre e comunque esigue e anche laddove stanziate tendono ad essere utilizzate non già per garantire un'assistenza diretta o per soddisfare i bisogni assistenziali sottesi quanto piuttosto a coprire costi connessi ai fattori burocratici o organizzativi; esempio emblematico sono le risorse di 5 milioni di euro stanziate per il fondo che aveva come fine la cura e l'abilitazione dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, mentre dal recente schema del decreto del Ministero della salute, diffuso dagli organi di stampa, emerge che tale fondo sarà destinato per l'emanazione di linee guida, linee di indirizzo e per progetti di ricerca anziché per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, come previsto all'articolo 3 della legge n.  134 del 2015;
              è ormai una costante il mancato aggiornamento del decreto che individua i livelli essenziali di assistenza (ancora oggi questo decreto non è in Gazzetta Ufficiale) e conseguentemente anche l'elenco delle malattie rare. Questo ritardo non è accettabile quando una malattia rara è riconosciuta e certificata dai presidi della rete, pertanto è necessario prevedere che una malattia rara debba essere inserita in tempo reale nel registro nazionale delle malattie rare, evitando lungaggini burocratiche che nulla hanno a che fare con l'identificazione della malattia rara, assicurando altresì in tempo reale ogni esenzione di cura e assistenza;
              come risulta dal documento di economia e finanza 2016, nel 2015 la spesa sanitaria corrente è risultata pari a 112.408 milioni, con un tasso di incremento dell'1 per cento rispetto al 2014 e l'incremento di circa 1,1 miliardi di euro è dovuto principalmente alla dinamica della spesa per prodotti farmaceutici; nonostante ciò, si continua a non intervenire per garantire la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi dei farmaci che sono contrattati dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) secondo procedure negoziali e accordi non trasparenti e secretati, per il tramite delle cosiddette clausole di riservatezza, clausole «bocciate» anche dall'Antitrust;
              è proprio questo meccanismo di fissazione del prezzo dei farmaci e i fondi insufficienti che determinano anche l'indisponibilità dei farmaci innovativi e di quelli necessari alla cura dell'epatite C e, invece che incidere sulla governance farmaceutica, si prediligono misure atte a realizzare una vera e propria «guerra tra poveri ammalati», assicurando i farmaci per l'epatite C prima a coloro che sono quasi «sul letto di morte», mentre i «meno gravi» possono aspettare o addirittura sperare di aggravarsi per avere diritto al farmaco; è necessario intervenire con urgenza adottando un piano nazionale di eradicazione del virus dell'epatite C e assicurando a tutti coloro che ne hanno bisogno il farmaco necessario;
              sull'eccessiva spesa farmaceutica si adottano politiche di contenimento su farmaci necessari alla salute già compromessa dei cittadini, ma non si adottano politiche di prevenzione lungimiranti, come ad esempio quelle sull'uso di antibiotici. Il comunicato stampa dell'Agenzia nazionale del farmaco del 10 maggio 2016 ha lanciato l'allarme sullo sviluppo di resistenze antimicrobiche sia nella medicina umana che veterinaria e rappresenta oggi una minaccia seria alla salute globale; è necessario che si adottino politiche di prevenzione e cooperazione atte a modificare i comportamenti di tutti gli attori coinvolti: allevatori, medici, consumatori e pazienti. Al riguardo l'Unione europea, nell'ottica della One Health, è attiva da più di 15 anni nel contrasto a tale minaccia con una serie di piani e di azioni che spaziano da attività di prevenzione delle infezioni microbiche e della loro diffusione, al controllo sull'utilizzo appropriato e prudente dei farmaci sia in medicina umana ed animale, allo sviluppo di nuovi antibiotici e al miglioramento della comunicazione, educazione formazione per operatori e pazienti;
              anche sul fronte dei vaccini le politiche messe in piedi da questo Governo sono ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo di totale asservimento nei confronti delle case farmaceutiche, confortate da un contesto che non elimina all'origine l'esistenza di qualsivoglia conflitto di interesse tra le case farmaceutiche e chi è chiamato a decidere o ad esprimere pareri sull'immissione in commercio dei vaccini e agevolate dall'assenza di informazioni e studi indipendenti riguardo ai dati relativi agli studi preclinici e clinici relativi agli effetti dei vaccini, anche a distanza di anni. Al riguardo, la somministrazione obbligatoria di vaccini in associazione, di fatto monopolizza in poche case farmaceutiche la produzione degli stessi vaccini con inevitabili e rilevanti costi a carico del servizio sanitario nazionale ed infatti, a legislazione vigente, sono prescritti come obbligatori 4 vaccini in età pediatrica e, non essendo forniti in formato singolo o di vaccino tetravalente, si offre ai cittadini, come unica soluzione, il ricorso all'esavalente che contiene anche altri due vaccini, non obbligatori ma fortemente consigliati. Un piano vaccinale efficace dovrebbe fondarsi su un sistema pubblico nazionale informatizzato che dia conto a tutti i cittadini della certificazione e registrazione dei vaccini, dei dati relativi agli studi preclinici e clinici, degli esiti, anche negativi, e dei susseguenti indennizzi;
              il dominus della spesa sanitaria nelle strutture sanitarie è il direttore generale e sulla sua gestione manageriale occorre intervenire efficacemente, in tal senso la recente approvazione del decreto legislativo sulla dirigenza sanitaria attuativo della legge «delega Madia» prevede la valutazione dell'operato dei direttori generali e la verifica dei risultati aziendali, ma la prospettata decadenza degli stessi dall'elenco nazionale dei direttori generali in caso di valutazioni negative o di inadempienze sulla trasparenza non appare risolutiva laddove consente il reinserimento nell'elenco e laddove non prospetta alcuna ipotesi di revoca dell'incarico e di divieto di rinnovo di conferimento d'incarichi in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, in presenza di condanna anche non definitiva, da parte della Corte dei conti;
              appare altresì inconcepibile e incomprensibile che meccanismi imparziali e trasparenti di selezione e valutazione sulla dirigenza non trovino applicazione in tutti quegli enti vigilati dal Ministero della salute e che pure rappresentano il vertice dell'intero sistema sanitario, dal quale si snodano tutte le politiche sanitarie del paese, e senza che il Parlamento possa in alcun modo indagare o valutare la discrezionalità operata dal Ministro della salute nella scelta di tali dirigenti; le recentissime nomine dirigenziali avvenute, ad esempio, all'interno, dell'Aifa, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non rispondono e non soddisfano né le vigenti norme sull'accesso alla dirigenza nel pubblico impiego né tanto meno le norme sulla dirigenza sanitaria di recente approvazione;
              la legge n.  833 del 23 dicembre 1978 istitutiva del servizio sanitario nazionale ha dato all'Italia la patente di uno dei migliori sistemi di salute pubblica al mondo e nonostante le successive riforme, ivi inclusa la riforma del titolo V della parte II della Costituzione, ne abbiano mutato sostanzialmente l'evoluzione e la struttura, ha consentito al nostro Paese di mantenere saldo il principio dell'universalità come sancito dall'articolo 32 della Costituzione, ed in tal senso anche l'Oms ha considerato che il servizio sanitario nazionale del nostro Paese uno dei migliori al mondo per la correlazione esistente tra lo stato di salute della popolazione e il soddisfacimento dei bisogni assistenziali;
              i miliardi di euro tagliati al servizio sanitario nazionale succitati sono la conseguenza degli obblighi contenuti nel «Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria», ennesimo tassello di patti interni al sistema dell'euro atti a vincolare i bilanci statali;
              con la legge costituzionale 20 aprile 2012, n.  1, l'Italia ha introdotto nella propria Costituzione il pareggio di bilancio, agli articoli 81 e 97, così limitando in via definitiva la tutela dei diritti fondamentali, tra cui il diritto alla salute e le riferite misure di contenimento della spesa pubblica sono funzionali a perpetuare l'emissione di moneta da parte della banca privata Bce, in cambio della quale lo Stato s'indebita senza alcun controvalore in beni o servizi; dunque la progressiva diminuzione delle risorse per la sanità deriva, dalle suindicate misure correlate al meccanismo di indebitamento pubblico, il quale di fatto azzera la sovranità popolare di cui all'articolo 1 della Costituzione,

impegna il Governo:

1)    a salvaguardare il servizio sanitario nazionale pubblico e universalistico attraverso iniziative volte a un recupero integrale di tutte le risorse economiche sottratte in questi anni con le diverse misure di finanza pubblica, garantendo una sostenibilità economica effettiva ai livelli essenziali di assistenza attraverso il finanziamento del fondo sanitario nazionale, senza alcuna condizione correlata all'appropriatezza prescrittiva o a condizioni di erogabilità o a successivi e aleatori decreti attuativi;
2)    a disincentivare ogni forma di sanità integrativa che non sia finalizzata all'esclusiva copertura di prestazioni non essenziali e non incluse nei livelli essenziali di assistenza;
3)    a garantire i livelli essenziali di assistenza anche attraverso percorsi di assistenza personalizzati e vicini al cittadino oltreché adeguatamente accessibili, riordinando il sistema di accesso alle prestazioni nell'ottica di ridurne i tempi di attesa e disincentivando il ricorso alla sanità privata quale diretta conseguenza dell'inefficienza del servizio sanitario nazionale, eliminando altresì ogni forma di spreco che derivi da una non appropriata organizzazione dei servizi e dell'assistenza, da una governance sanitaria non adeguata, da un mancato ammodernamento tecnologico e digitale del servizio sanitario nazionale e dall'assenza di efficaci politiche sulla trasparenza e sulla prevenzione della corruzione;
4)    ad assumere iniziative per garantire al servizio sanitario nazionale le risorse umane di cui necessita, provvedendo allo sblocco del turnover, all'attuazione delle procedure di mobilità interregionale del personale sanitario in relazione alle piante organiche e attivando le procedure concorsuali straordinarie già previste nella legge di stabilità 2016;
5)    a rispettare, pienamente e in tempi rapidi, gli impegni presi con la mozione n.  1-01009 approvata il 15 ottobre 2015 e concernente    l'adozione di provvedimenti efficaci e sistematici volti a prevenire i meccanismi e le prassi amministrative che favoriscono l'insorgenza di fenomeni di corruzione in ambito sanitario, dando altresì concreta attuazione alle normative già esistenti in favore della trasparenza, in particolare al decreto legislativo n.  33 del 2013, e completando l'informatizzazione del sistema sanitario nazionale previsto dall'articolo 14 del patto per la salute, entro e non oltre le scadenze programmate dall'Agenda digitale, con particolare riferimento al fascicolo sanitario elettronico, alle ricette digitali, alla dematerializzazione di referti e cartelle cliniche e alle prenotazioni e ai pagamenti on-line;
6)    a dare attuazione concreta ai costi standard e alla centralizzazione degli acquisti, uniformando le spese e la variazione dei costi per l'acquisto e la fornitura di dispositivi, farmaci ospedalieri, materiali, apparecchiature e servizi in ambito sanitario;
7)    ad assumere iniziative per introdurre dei correttivi nella determinazione dei fabbisogni standard delle regioni italiane più in difficoltà, in cui le carenze strutturali inevitabilmente determinano variazioni sui costi delle prestazioni, tenendo conto delle condizioni geomorfologiche e demografiche, nonché delle condizioni di deprivazione e di povertà sociale;
8)    ad adottare iniziative atte a controllare i prezzi dei farmaci, garantendo che le intese in materia di prezzi siano trasparenti e conoscibili, con evidenza del metodo utilizzato per la definizione del prezzo e degli utili, anche modificando il sistema di rimborso dei farmaci e avviando un processo di riordino dell'Aifa;
9)    ad assumere iniziative per introdurre disposizioni normative efficaci, anche all'interno del prossimo disegno di legge di bilancio, rispetto all'importazione di medicinali che, sebbene registrati anche in Italia, sono di fatto indisponibili, garantendo un'adeguata attività, in collaborazione con le regioni, per l'individuazione di pazienti eleggibili per i trattamenti e il rilascio della relativa prescrizione medica, assicurando un concreto monitoraggio e controllo presso i luoghi di produzione dei medicinali equivalenti;
10)    ad assumere iniziative per stanziare risorse sufficienti per l'acquisto di medicinali innovativi eliminando ogni disparità nell'accesso ai farmaci per l'epatite C, ossia i criteri di priorità correlati alle condizioni di gravità della malattia;
11)    ad assumere iniziative volte a prevedere la revoca dell'incarico o il divieto di rinnovo di conferimento di incarichi in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, in presenza di condanna anche non definitiva, da parte della Corte dei conti, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose, per i direttori generali, i direttori amministrativi e di direttori sanitari, nonché, ove previsto dalla legislazione regionale, per i direttori dei servizi socio-sanitari, delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale;
12)    a prevedere, secondo i dettami riportati nel decreto legislativo n.  171 del 2016 sulla dirigenza sanitaria e comunque in attuazione dei principi ispiratori della cosiddetta «delega Madia», procedure di avviso pubblico per l'individuazione dei direttori generali di tutti gli enti sottoposti alla vigilanza del Ministero della salute, a partire dall'AIFA che fissa al 16 novembre 2016 la scadenza del mandato del proprio direttore generale, assicurando valutazioni e verifiche del loro operato da rendere note alle commissioni parlamentari competenti;
13)    a prevedere, all'interno del prossimo disegno di legge di bilancio, per il periodo successivo a quello di attuazione del nuovo patto della salute 2014-2016, la rivisitazione del calcolo per la definizione dei posti letto indicato in premessa eliminando, attraverso una programmazione quinquennale, gli aspetti relativi all'incremento o decremento degli stessi per effetto della mobilità tra le regioni, facendo comunque salvi i posti letto attualmente disponibili nelle regioni italiane, assicurando che eventuali maggiori oneri, provenienti dall'incremento dei posti letto, o da altri servizi sanitari (ad esempio prevenzione collettiva, assistenza domiciliare), da parte delle regioni con saldo di mobilità passiva trovino copertura attraverso la riduzione progressiva – nel quinquennio – delle quote cedute dalle stesse nei confronti delle regioni con saldo di mobilità positiva;
14)    ad attivarsi affinché, entro il corrente anno, siano definiti i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi dei presidi territoriali/ospedali di comunità previsti nel punto 17 del Patto della salute 2014-2016;
15)    ad attivarsi affinché, entro il corrente anno, ogni singola regione e provincia autonoma provveda all'analisi dei fabbisogni per la corretta espletazione delle attività previste nell'atto di indirizzo per la medicina convenzionata sul modello previsto all'articolo 1, comma 541, lettera b), della legge 28 dicembre 2015, n.  208, e affinché siano fornite tutte le informazioni rispetto alla configurazione della rete informatica per il corretto collegamento dei vari attori della medicina convenzionata;
16)    a predisporre, entro il corrente anno, il piano di comunicazione a favore dei cittadini per favorire il pieno funzionamento e la conoscibilità del nuovo sistema di assistenza territoriale su tutto il territorio nazionale;
17)    ad attivarsi per una politica efficace di prevenzione sull'uso degli antibiotici, dotando gli ospedali di servizi di microbiologia permanente, adottando iniziative efficaci che mirino alla riduzione del consumo degli antibiotici, promuovendo l'introduzione di dosi unitarie o pacchetti personalizzati al fine di evitare autoprescrizioni da parte dei cittadini, attivando una formazione specifica per gli operatori, nonché campagne di sensibilizzazione e informazione di educazione sanitaria per tutti i cittadini, affinché agiscano in modo proattivo per ridurre la minaccia alla resistenza antibiotica umana e animale;
18)    ad attivarsi affinché, nell'ambito della definizione della metodologia di valutazione dei parametri di riferimento relativi a volumi, qualità ed esiti delle cure, previsti all'articolo 1 commi 526 e 536, della legge 28 dicembre 2015, n.  208, si tenga conto del rispetto dell'articolo 1, comma 4, lettera g) della legge 3 agosto 2007, n.  120, «Disposizioni in materia di attività liberoprofessionale intramuraria e altre norme in materia sanitaria», nonché della concreta attuazione dalla determinata dell'ANAC 28 ottobre 2015, n.  12, piano nazionale anticorruzione – aggiornamento, prevedendo, in caso di mancato rispetto, delle conseguenze penalizzanti;
19)    ad assumere iniziative normative affinché sia prevista la presentazione alle Camere, per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, del «nuovo» piano nazionale sulle liste di attesa, affinché sia valutata anche possibilità di interruzione dell'attività libero professionale intramuraria e sia inclusa, anche con il supporto dell'Agenzia per l'Italia digitale (AGID), una piattaforma tecnologica, sul modello del piano nazionale esiti, per il monitoraggio e l'implementazione del rispetto dei tempi di attesa delle prestazioni di tutti gli enti del sistema sanitario nazionale, piattaforma che sia accessibile a tutti i cittadini e che rappresenti un importante indicatore da inserire nella griglia di monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza (LEA), per gli anni a partire dal 2017;
20)    a formulare un piano vaccinale in funzione di un sistema pubblico nazionale informatizzato che produca ogni dato utile sugli studi preclinici e clinici e che, anche a distanza di anni, produca tutte le informazioni sugli esiti, anche negativi, concernenti la somministrazione di vaccini, consentendo un'esauriente informazione per tutti i cittadini nonché una scelta consapevole e condivisa, che dia conto chiaro ed effettivo sulla obbligatorietà o meno delle vaccinazioni, e ad assumere iniziative di tipo normativo che eliminino qualsiasi conflitto di interesse tra le case farmaceutiche e chi è chiamato a decidere o ad esprimere pareri sull'immissione in commercio dei vaccini, consentendo altresì la somministrazione dei quattro vaccini obbligatori in età pediatrica in formato singolo o di vaccino tetravalente;
21)    ad assumere iniziative per stanziare risorse ulteriori e comunque prioritariamente destinate all'assistenza diretta delle persone non autosufficienti e con disabilità e prevedere che l'acquisto dei farmaci di fascia C necessari per il trattamento delle malattie rare, nonché dei trattamenti considerati non farmacologici, quali alimenti, integratori alimentari, dispositivi medici e presìdi sanitari, nonché la fruizione di prestazioni di riabilitazione motoria, logopedica, neuropsicologica e cognitiva e di interventi di supporto e di sostegno sia per il paziente che per la sua famiglia, che siano stati prescritti dai presìdi della rete individuati dalle regioni ai sensi dell'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n.  279, siano inclusi nei livelli essenziali di assistenza (LEA) al di fuori delle scadenze previste per l'adozione del decreto di aggiornamento dei LEA medesimi, prevedendone se necessario un apposito stanziamento;
22)    a dare completa e capillare attuazione alla legge n.  405 del 1975 sui consultori quali presidi indispensabili per l'integrazione sociosanitaria e di prevenzione, garantendo che siano dotati di risorse economiche adeguate e di professionisti in grado di realizzare un approccio multidisciplinare compiuto, assicurando altresì una completa esigibilità dei diritti delle donne in relazione alla legge n.  194 del 1978 e su tutto il territorio nazionale, superando ogni problema organizzativo legato all'assenza diffusa di personale sanitario non obiettore;
23)    a garantire la donna nel suo diritto alla maternità assicurando un'efficace promozione del parto fisiologico e l'accesso ai luoghi del parto che siano vicini alla sua residenza ovvero assumendo iniziative volte a modificare le disposizioni normative che hanno indotto alla chiusura dei punti nascita con meno di 500 parti all'anno.
(1-01398) «Grillo, Lorefice, Silvia Giordano, Mantero, Colonnese, Di Vita, Nesci, Baroni, Cecconi, Dall'Osso».


      La Camera,
          premesso che:
              la legge n.  833 del 1978 ha il merito di aver istituito nel nostro Paese il servizio sanitario nazionale, quale complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione, senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio; il servizio sanitario nazionale ispirato ai principi di universalità, uguaglianza, globalità e appropriatezza e la legge istitutiva dello stesso sono funzionali alla centralità del diritto alla salute, nel senso, che attuano l'articolo 32 della Costituzione;
              il servizio sanitario nazionale, è ancora oggi considerato dalla Organizzazione mondiale della sanità, uno dei primi in Europa, se non al mondo, sulla base di tre indicatori fondamentali: il miglioramento dello stato complessivo della salute della popolazione, la risposta alle aspettative di salute e di assistenza sanitaria dei cittadini, l'assicurazione delle cure sanitarie a tutta la popolazione;
              non vi è dubbio che il principio di universalità, inteso come il diritto ad un accesso generalizzato ai servizi sanitari da parte di tutti i cittadini, senza alcune forme di ponderata modulazione, ha subito, nel tempo, alcune necessarie «rivisitazioni» come correttivi, che tuttavia, non hanno mai fatto venir meno i tre indicatori fondamentali: il miglioramento dello stato complessivo della salute della popolazione, la risposta alle aspettative di salute e di assistenza sanitaria dei cittadini, l'assicurazione delle cure sanitarie a tutta la popolazione;
              l'evoluzione della politica sanitaria, nel periodo che si sta esaminando, e il relativo assetto organizzativo non possono essere valutati senza far cenno anche alla riforma del Titolo V della Costituzione, ai cambiamenti sociali e demografici, all'evoluzione scientifica e tecnologica della scienza medica, all'invecchiamento della popolazione (con aumento delle patologie croniche), all'evidente necessità di un contenimento della spesa sanitaria, che hanno reso negli ultimi anni non più procrastinabile l'avvio di un ripensamento del modello organizzativo e strutturale del sistema sanitario nazionale;
              ecco perché oggi si parla molto di sostenibilità del servizio sanitario nazionale, e la sostenibilità in sanità comprende oltre ai fattori strettamente economici anche altri fattori quali lo sviluppo, la cultura, la professionalità e l'innovazione. Sviluppare un servizio sanitario nazionale sostenibile vuol dire quindi porre attenzione ed investire su tutti questi fattori, ma significa soprattutto, ripensare il modello organizzativo e strutturale del sistema sanitario e costruirne uno più vicino alle persone e ai bisogni di salute che essi esprimono;
              si è di fatto passati da un concetto di universalità «forte» e incondizionata – rispondente al modello del «tutto a tutti a prescindere dai bisogni», ad un concetto di universalità «mitigata», finalizzata a garantire prestazioni necessarie ed appropriate a chi ne ha effettivamente bisogno;
              in considerazione del contesto socio-sanitario ed economico di interesse:
              si è potuta apprezzare la politica sanitaria del Ministro della salute volta a: «rigenerare e rivitalizzare» in modo strategico il settore della sanità – anche come volano di sviluppo del sistema imprenditoriale italiano – impegnato nell'innovazione tecnologica e nel campo della ricerca, anche in termini di prodotto interno lordo; ad aumentare le capacità del sistema sanitario a convertire le risorse in valore, tenendo presente che l'investimento in salute è il presupposto per la crescita e lo sviluppo di un Paese, a perseguire, con forte determinazione, la qualità e la sicurezza sanitaria non solo per ridurre i costi, ma soprattutto per raggiunger indubbi benefici in termini di salute pubblica; ad attuare una revisione complessiva del modello organizzativo e gestionale per ridurre le inefficienze e le inappropriatezze, ad esclusivo beneficio del sistema sanitario in Italia;
              si è assistito a nuovi programmi di revisione e aggiornamento della struttura gestionale e della governance degli ospedali e di tutte le aziende sanitarie, così da consentire una riduzione complessiva della spesa senza pregiudicare il livello di qualità delle prestazioni e la competitività dell'industria del nostro Paese. È intervenuto da ultimo, nel mese di agosto 2016 il decreto legislativo recante una innovativa disciplina per la nomina dei direttori generali, amministrativi e sanitari che guidano le strutture sanitarie; l'elemento di estrema novità introdotto rispetto al passato è il principio della trasparenza per il conferimento degli incarichi e la provata competenza per poter accedere agli incarichi apicali;
              la politica del Ministro della salute ha affrontato l'annoso problema degli sprechi e della inappropriatezza in sanità, con interventi mirati ad intervenire sugli sprechi derivanti da assenza o carenza di integrazione ospedale-territorio; da carenza di assistenza domiciliare e di welfare di comunità, nonché dagli sprechi derivanti dagli errori in sanità;
              il continuo e proficuo impegno del Ministro della salute ha consentito di poter contare – anche nel corso di un intervallo temporale, caratterizzato da una difficile contingenza economica – su strategie di politica sanitaria finalizzata alla prevenzione, mediante una serie di iniziative capillari che muovono dai piani nazionali della prevenzione, dai piani nazionali per garantire la copertura vaccinale sul territorio nazionale, dagli screening neonatali, dalle iniziative per contrastare ogni forma di dipendenza, con specifico riguardo alla lotta contro il fumo, contro la dipendenza da sostanze stupefacenti, contro l'alcol e contro la dipendenza da gioco patologico, e a favore dei corretti stili di vita in ogni fase di età, con specifico riguardo anche alla salute delle donne. Di estrema importanza per le politiche di prevenzione si sono rilevate le raccolte sistematiche di dati e i sistemi di sorveglianza, diretti verso specifiche fasce di popolazione, individuate per età o per composizione;
              l'intervallo temporale che    si sta esaminando è stato, peraltro, caratterizzato dall'imponente fenomeno dei flussi migratori, che ha richiesto iniziative di continuo coordinamento tra più organi istituzionali, non solo nazionali o comunitari, i cui esiti hanno, comunque e sempre, garantito risposte sicure non solo umanitarie, ma anche e soprattutto sanitarie;
              si è assistito, inoltre, negli ultimi anni ad una imponente e proficua azione di riorganizzazione della rete assistenziale, che ha rafforzato i legami tra ospedale e territorio. Non vi è dubbio, infatti, che questo è stato uno dei temi su cui si «è giocata» la stessa sostenibilità del servizio sanitario nazionale. Valga un esempio per tutti: il decreto 2 aprile 2015, n.  70, che ha dettato gli standard qualitativi, strutturali tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, che muove non da esigenze di contenimento della spesa sanitaria – sarebbe riduttivo ricondurlo a fini finanziari – bensì da esigenze di sicurezza e di qualità per l'assistenza ospedaliera; il riordino della rete ospedaliera, infatti, è volto alla concreta realizzazione di un processo di appropriatezza e maggiore sicurezza per i pazienti, per consentire agli ospedali di sviluppare tutta la loro capacità produttiva, per dare vita ad una rete ospedaliera in grado di erogare prestazioni più sicure e di elevata qualità;
              come non ricordare le iniziative in materia di personale del servizio sanitario nazionale, giacché è di questi giorni la notizia che il disegno di legge di bilancio per il 2017 conferma la volontà del Ministro finalizzata a garantire un significativo sblocco del turn over, con la possibilità di oltre 7.000 assunzioni e stabilizzazioni nel servizio sanitario nazionale, sia di medici che di infermieri;
              le iniziative confermate con il disegno di legge di bilancio per il 2017, inducono a guardare con fondate e favorevoli aspettative a nuove prospettive di cura e di terapie avanzate, grazie alle risorse finalizzate all'acquisto di nuovi e costosi medicinali cosiddetti innovativi (ad esempio, il farmaco anti epatite C) e medicinali innovativi oncologici;
              l'evoluzione della politica del Ministro della salute e l'implementazione delle attività poste in essere, inducono ad auspicare che nel 2017 il servizio sanitario nazionale potrà beneficiare di tutte le iniziative messe in campo e realizzate fin dall'inizio del suo mandato governativo, che peraltro, continuano tenacemente ad essere incrementate,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative per mantenere stabili le risorse del fondo sanitario nazionale e, anche per il futuro, destinare al medesimo fondo ogni risorsa che consegue alle politiche di razionalizzazione ed efficienza del servizio sanitario nazionale;
2)    ad assumere iniziative per rendere stabile ed a regime il fondo strutturale per i farmaci innovativi, con sempre adeguate risorse finanziarie;
3)    ad assumere iniziative per rendere stabile ed a regime il fondo per l'acquisto dei vaccini ricompresi nel nuovo piano nazionale vaccini (NPNV) con adeguate risorse finanziarie;
4)    ad assumere iniziative per istituire un fondo strutturale per il finanziamento dei farmaci oncologici innovativi, con adeguate risorse finanziarie;
5)    ad adoperarsi affinché in tempi rapidi, e comunque non oltre il 1o gennaio 2017, possano essere aggiornati i livelli essenziali di assistenza ed i nomenclatori protesici ponendo così fine ad una attesa di oltre 15 anni;
6)    ad adoperarsi affinché, all'esito delle prossime iniziative in materia di risorse umane del servizio sanitario nazionale, e sulla base di adeguate risorse finanziarie, possa essere garantito lo sblocco del turn over, e possa risolversi l'annoso problema della carenza nelle strutture sanitarie del personale sanitario, con la possibilità di procedere a nuove assunzioni e stabilizzazioni del personale precario, per un ammontare di oltre 7.000 unità tra medici e infermieri.
(1-01399) «Binetti, Calabrò, Bosco».


      La Camera,
          premesso che:
              come specificato dal documento predisposto dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, «la legge di stabilità 2016 ha aggiunto a carico delle RSO un contributo alla finanza pubblica pari a 3.980 milioni per il 2017 che diventeranno addirittura di 5.480 milioni per gli anni 2018 e 2019 ancorché quest'ultima riguardi più in generale il comparto delle Regioni»;
              a tali contributi si sommano i tagli derivanti dalle precedenti manovre pari a 4.202 milioni (di cui 2.000 milioni come detto coperti con la riduzione del Fondo sanitario nazionale. Le regioni applicano la disciplina del «pareggio di bilancio» già dall'esercizio finanziario 2015 e, per assolvere alla manovra di finanza pubblica 2016, sono obbligate addirittura ad un avanzo di bilancio pari a 2,209 miliardi di euro. Dai dati si evince come siano l'unico comparto della pubblica amministrazione che non ha usufruito di un allentamento delle regole del pareggio;
              a questo contributo sulla riduzione del debito, si aggiunge il risparmio a carattere permanente dell'applicazione delle regole del pareggio di bilancio già dal 2015, che le regioni apportano come contributo alla finanza pubblica, quantificato dalla relazione tecnica al disegno di legge di bilancio in 1.850 milioni per il 2016, 1.022 milioni per il 2017 e 660 milioni per il 2018 e acquisito nei tendenziali di finanza pubblica (oltre al contributo sopra evidenziato prodotto dall'avanzo sul pareggio di bilancio);
              resta un dato incontrovertibile che le risorse concordate tra lo Stato e le regioni nel patto per la salute 2014-2016 sono già state decurtate di 6,8 miliardi    di euro, che il fondo sanitario è cresciuto negli ultimi 5 anni di soli 3,1 miliardi di euro, infatti di tutta evidenza è il suo taglio essendo passato dai 117,6 miliardi di euro (DEF del 2013) ai 113 miliardi di euro annunciati dal Governo nel prossimo disegno di legge di bilancio;
              i numeri descrivono un progressivo e crescente definanziamento della sanità pubblica italiana, che è stata incrementata la forbice delle disuguaglianza regionali, è stata messa sullo sfondo l'equità di accesso alle prestazioni sempre più a carico dei cittadini e sono emerse tutta una serie di questioni in tutti i settori dell'assistenza;
              al di là delle cifre, soprattutto l'ammontare previsto per il 2017, in relazione al quale bisognerà attendere l'approvazione della prossima legge di bilancio, ciò che preoccupa i firmatari del presente atto di indirizzo è, l'assoluta mancanza, anche nell'ultimo documento di economia e finanza, di idee e di strategie a medio-lungo termine a garanzia della sostenibilità del servizio sanitario nazionale, compensate dai tagli della spesa più o meno lineari;
              è stata l'ennesima occasione persa per razionalizzare la spesa in un comparto delicato come quello della sanità e sicuramente non andrà a risolvere, ad esempio, una delle questioni con le quali i cittadini si trovano a fare i conti, quella relativa alla migrazione sanitaria, con costi e disagi sociali inaccettabili;
              ad oggi se si analizzano i saldi della mobilità sanitaria, si evince che in cima alla graduatoria delle regioni che attraggono più pazienti c’è la Lombardia, con un saldo positivo di 534 milioni di euro, a seguire l'Emilia Romagna con un saldo positivo di 327 milioni di euro e la Toscana con un saldo positivo di 151 milioni di euro;
              tra le regioni che hanno saldi negativi, guida la classifica la Campania con un saldo negativo di 270 milioni di euro seguita dalla Calabria con un saldo negativo di 251 milioni di euro, dal Lazio con saldo negativo di 201 milioni di euro, dalla Puglia con un saldo negativo di 187 milioni di euro e infine dalla Sicilia con un saldo negativo di 161 milioni di euro;
              servizi e prestazioni sono spesso offerti da queste ultime regioni a un costo più elevato, senza però essere graditi ai cittadini costretti a migrare per vedersi garantito quel diritto alla salute, sancito dalla Costituzione, evidenziando secondo i firmatari del presente atto di indirizzo l'incapacità del Governo che si dice essere impegnato – anche tramite l'azione delle strutture commissariali attivate nelle regioni non virtuose ed in deficit – a mantenere e consolidare i risultati raggiunti ed a migliorare la razionalità della spesa sanitaria;
              si fatica davvero a capire come con assenza di programmazione si potranno modificare le dinamiche della spesa pubblica con l'obiettivo di garantire la sostenibilità del servizio sanitario nazionale. Perché essa richiede azioni ed interventi più coraggiosi, investimenti (tecnologici ed edilizi), una maggiore integrazione tra i servizi con l'urgente riforma dell'assistenza primaria, una public health in cui i servizi clinico-assistenziali e socio-sanitari sappiano davvero dialogare con metodologie comuni e solide;
              vi sono politiche del personale che da anni sono in attesa dei rinnovi contrattuali; il relativo comparto registra un'età anagrafica avanzata anche a causa della riforma previdenziale (più del 50 per cento dei medici pubblici è over 55enne e, di essi, più del 12 per cento è over 60enne) e ha risentito pesantemente del blocco del turn over oltre che dell'esternalizzazione di molti servizi;
              secondo le previsioni delle associazioni di categoria, nel decennio 2014-2023, saranno oltre 58 mila i medici che raggiungeranno l'età pensionabile, quando i contratti di formazione specialistica oggi in essere sono in grado di garantire l'acquisizione di 42.700 nuovi specialisti, che non saranno certo sufficienti a coprire il fabbisogno che già oggi, in alcune aree, evidenzia pesantissime insufficienze,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative per provvedere al reintegro del fondo sanitario nazionale al fine di un ritorno alla dotazione del 2013 e di garantire il diritto alla salute dei cittadini costituzionalmente previsto, valorizzando quelle regioni che hanno saputo garantire standard elevati e bilanci positivi;
2)    ad assumere iniziative per definire un programma di risparmi non lineare attraverso l'introduzione dei costi standard nel comparto sanitario, prevedendo che i risparmi derivanti dai medesimi costi standard per l'esercizio delle funzioni regionali sanitarie debbano essere mantenuti all'interno del comparto regioni per lo sviluppo degli investimenti e della competitività;
3)    ad assumere iniziative per disciplinare il saldo dei rimborsi vantati dalle regioni, in merito alla migrazione sanitaria, prevedendo un fondo dove vengono predisposte le opportune compensazioni per le cure cui hanno beneficiato cittadini residenti al di fuori della regione di appartenenza e i cittadini stranieri.
(1-01400) «Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».


      La Camera,
          premesso che:
              come specificato dal documento predisposto dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, «la legge di stabilità 2016 ha aggiunto a carico delle RSO un contributo alla finanza pubblica pari a 3.980 milioni per il 2017 che diventeranno addirittura di 5.480 milioni per gli anni 2018 e 2019 ancorché quest'ultima riguardi più in generale il comparto delle Regioni»;
              a tali contributi si sommano i tagli derivanti dalle precedenti manovre pari a 4.202 milioni (di cui 2.000 milioni come detto coperti con la riduzione del Fondo sanitario nazionale. Le regioni applicano la disciplina del «pareggio di bilancio» già dall'esercizio finanziario 2015 e, per assolvere alla manovra di finanza pubblica 2016, sono obbligate addirittura ad un avanzo di bilancio pari a 2,209 miliardi di euro. Dai dati si evince come siano l'unico comparto della pubblica amministrazione che non ha usufruito di un allentamento delle regole del pareggio;
              a questo contributo sulla riduzione del debito, si aggiunge il risparmio a carattere permanente dell'applicazione delle regole del pareggio di bilancio già dal 2015, che le regioni apportano come contributo alla finanza pubblica, quantificato dalla relazione tecnica al disegno di legge di bilancio in 1.850 milioni per il 2016, 1.022 milioni per il 2017 e 660 milioni per il 2018 e acquisito nei tendenziali di finanza pubblica (oltre al contributo sopra evidenziato prodotto dall'avanzo sul pareggio di bilancio);
              resta un dato incontrovertibile che le risorse concordate tra lo Stato e le regioni nel patto per la salute 2014-2016 sono già state decurtate di 6,8 miliardi    di euro, che il fondo sanitario è cresciuto negli ultimi 5 anni di soli 3,1 miliardi di euro, infatti di tutta evidenza è il suo taglio essendo passato dai 117,6 miliardi di euro (DEF del 2013) ai 113 miliardi di euro annunciati dal Governo nel prossimo disegno di legge di bilancio;
              al di là delle cifre, soprattutto l'ammontare previsto per il 2017, in relazione al quale bisognerà attendere l'approvazione della prossima legge di bilancio, ciò che preoccupa i firmatari del presente atto di indirizzo è, l'assoluta mancanza, anche nell'ultimo documento di economia e finanza, di idee e di strategie a medio-lungo termine a garanzia della sostenibilità del servizio sanitario nazionale, compensate dai tagli della spesa più o meno lineari;
              ad oggi se si analizzano i saldi della mobilità sanitaria, si evince che in cima alla graduatoria delle regioni che attraggono più pazienti c’è la Lombardia, con un saldo positivo di 534 milioni di euro, a seguire l'Emilia Romagna con un saldo positivo di 327 milioni di euro e la Toscana con un saldo positivo di 151 milioni di euro;
              tra le regioni che hanno saldi negativi, guida la classifica la Campania con un saldo negativo di 270 milioni di euro seguita dalla Calabria con un saldo negativo di 251 milioni di euro, dal Lazio con saldo negativo di 201 milioni di euro, dalla Puglia con un saldo negativo di 187 milioni di euro e infine dalla Sicilia con un saldo negativo di 161 milioni di euro;
              si fatica davvero a capire come con assenza di programmazione si potranno modificare le dinamiche della spesa pubblica con l'obiettivo di garantire la sostenibilità del servizio sanitario nazionale. Perché essa richiede azioni ed interventi più coraggiosi, investimenti (tecnologici ed edilizi), una maggiore integrazione tra i servizi con l'urgente riforma dell'assistenza primaria, una public health in cui i servizi clinico-assistenziali e socio-sanitari sappiano davvero dialogare con metodologie comuni e solide;
              vi sono politiche del personale che da anni sono in attesa dei rinnovi contrattuali; il relativo comparto registra un'età anagrafica avanzata anche a causa della riforma previdenziale (più del 50 per cento dei medici pubblici è over 55enne e, di essi, più del 12 per cento è over 60enne) e ha risentito pesantemente del blocco del turn over oltre che dell'esternalizzazione di molti servizi;
              secondo le previsioni delle associazioni di categoria, nel decennio 2014-2023, saranno oltre 58 mila i medici che raggiungeranno l'età pensionabile, quando i contratti di formazione specialistica oggi in essere sono in grado di garantire l'acquisizione di 42.700 nuovi specialisti, che non saranno certo sufficienti a coprire il fabbisogno che già oggi, in alcune aree, evidenzia pesantissime insufficienze,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative per provvedere al reintegro del fondo sanitario nazionale al fine di un ritorno alla dotazione del 2013 e di garantire il diritto alla salute dei cittadini costituzionalmente previsto, valorizzando quelle regioni che hanno saputo garantire standard elevati e bilanci positivi;
2)    ad assumere iniziative per definire un programma di risparmi non lineare attraverso l'introduzione dei costi standard nel comparto sanitario, prevedendo che i risparmi derivanti dai medesimi costi standard per l'esercizio delle funzioni regionali sanitarie debbano essere mantenuti all'interno del comparto regioni per lo sviluppo degli investimenti e della competitività;
3)    a valutare, compatibilmente con i vincoli di bilancio, la possibilità di assumere iniziative per disciplinare il saldo dei rimborsi vantati dalle regioni, in merito alla migrazione sanitaria, prevedendo un fondo dove vengono predisposte le opportune compensazioni per le cure cui hanno beneficiato cittadini residenti al di fuori della regione di appartenenza e i cittadini stranieri.
(1-01400)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 32 della Costituzione sancisce la tutela della salute come un diritto fondamentale dell'individuo e dell'interesse della collettività, prevedendo la responsabilità dello Stato di garantire la salute del cittadino e della collettività in condizione di uguaglianza;
              per ottemperare a questo diritto, la legge n.  833 del 1978 ha istituito il Servizio sanitario nazionale, che, introducendo valori e principi innovativi, resta una delle più grandi conquiste sociali del nostro tempo;
              tuttavia, con la riforma della Carta costituzionale, si andrebbe anche a modificare il Titolo V e, se da una parte, la volontà sarebbe uniformare e garantire l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza in tutte le regioni, riallineandoli sui principi di equità, si presuppone anche che non verrà garantito dallo Stato il ruolo di garante del diritto alla tutela della salute poiché la revisione non appare sufficiente per assicurare l'omogenea attuazione dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale;
              infatti, con la modifica dell'articolo 117 del Titolo V, lo Stato non recupera il diritto a esercitare i poteri sostitutivi nei confronti delle regioni inadempienti nell'attuazione dei livelli essenziali di assistenza perché il riferimento è esclusivamente alla determinazione dei livelli essenziali nelle sole prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e non nelle prestazioni sanitarie;
              la sanità rappresenta uno dei capitoli di spesa maggiori nel nostro Paese, ma può essere anche un impulso di sviluppo economico, non dimenticando mai che, in tale contesto, l'obiettivo primario è promuovere, mantenere e recuperare la salute delle persone;
              l'investimento nella sanità è un investimento per il futuro della nazione ed ogni miglioria, seppur inizialmente costosa, genererà, nel medio-lungo termine, al di là del breve orizzonte temporale miope della singola legislatura, un risparmio complessivo in termini di cura della salute e un risparmio economico per il miglioramento della qualità di vita dei cittadini, generato sia dagli interventi in prevenzione, sia dalla presa in carico precoce degli eventi patologici acuti – e quindi la loro maggiore possibilità di guarigione e la minor eventuale inabilità residua sia temporanea che permanente, con evidenti minori costi successivi – , che dalla corretta gestione della cronicità di alcune patologie in ambito territoriale e di specialistica ambulatoriale; ciò non potrà non avere peraltro ripercussioni positive sul mondo del lavoro complessivamente, con incremento dell'efficienza lavorativa e delle ore lavorate. Esattamente opposto sarà invece il risultato definitivo di tagli continui alla sanità pubblica;
              è evidente che i problemi strutturali, irrisolti da decenni nell'ambito del sistema sanitario pubblico, portano con sé le difficoltà e i disagi che vivono oggi i cittadini. Infatti, le diverse erogazioni che variano da regione a regione, i piani di rientro, le lunghissime liste di attesa, la mancata applicazione dei protocolli di collaborazione ospedale/territorio, la scarsa assistenza per le patologie croniche e oncologiche, il mancato potenziamento di assistenza nelle strutture ospedaliere e domiciliari, ha portato a conseguenze devastanti e grande preoccupazione per il futuro del nostro sistema sanitario;
              nel 2025 il fabbisogno totale (finanziamento pubblico + spesa privata) è stimato in 200 miliardi di euro, tuttavia, senza certezza di risorse per garantire i livelli essenziali di assistenza, un finanziamento di spesa mirato, la presenza di personale specializzato e organico sufficiente a garantire non solo l'emergenza ma la cura, i rischi che ne conseguono potrebbero essere drammatici;
              se si vuole davvero salvare e rilanciare il servizio sanitario pubblico ciò va fatto attraverso un serio e mirato rilancio delle politiche, investendo prima di tutto sull'ampliamento del personale sanitario poiché il costante e continuo calo delle capacità organizzative, dovuto al calo del personale medico e paramedico e il riconoscimento delle professioni sanitarie, rischia di implodere anche in termini di sicurezza del paziente e del servizio offerto;
              occorre maggiore offerta dei livelli assistenziali, innovazioni farmacologiche e ammodernamento tecnologico; innalzamento della quota ai fini dell'esenzione ticket per gli accessi alle prestazioni sanitarie e diminuzione delle liste di attesa – perché spesso affrontare le liste d'attesa nel pubblico significa aspettare mesi preziosi, così milioni d'italiani che possono permetterselo, si vedono costretti a rivolgersi al privato –»;
              è necessario garantire quindi ai soggetti più vulnerabili e maggiormente esposti a malattie e rischi sociali; come disoccupati e lavoratori a basso reddito e i loro familiari, la possibilità di accedere a cure e assistenza adeguate, perché chi non può pagare le prestazioni e i farmaci oggi rinuncia a curarsi;
              in termini di sistema sanitario, non va dimenticato che chi non si cura non è un risparmio per lo Stato bensì diventa poi, al manifestarsi conclamato dell'evento patologico, un importante costo, sia in termini di inevitabile cura ormai tardiva – accesso al pronto soccorso e ai reparti per malati acuti –, sia in termini sociali, con inabilità lavorativa e costi sociali e familiari correlati al livello assistenziale necessario;
              nel 2016 sono circa undici milioni i cittadini costretti a fare a meno di cure e prestazioni a causa della riduzione, anno dopo anno della quota pubblica di sostegno alle spese sanitarie, mentre aumentano i costi a carico dei cittadino. Infatti, negli ultimi due anni la progressione dei costi a carico dei privati è cresciuta: nel 2013 era di 32 miliardi e mezzo di euro, 33 miliardi di euro nel 2014 e 34,5 miliardi di euro nel 2015, registrando un più 3,2 in soli due anni;
              va ricordato, anche che legge finanziaria legge n.  111 del 2011 ha stabilito in tema di sanità l'introduzione di 10 euro di ticket su ogni ricetta per prestazioni di diagnostica e specialistica e secondo quanto enunciato con la prossima legge di stabilità, a ogni prestazione soggetta a limitazioni prescrittive, è allegata una nota che indica in quale caso quell'accertamento non può essere erogato gratuitamente. Ma se ogni prestazione con limiti prescrittivi deve essere trascritta su una ricetta a sé, si moltiplicherà il ticket da 10 euro già in essere;
              il sistema di welfare deve essere rimesso al centro dell'agenda politica di Governo, con una programmazione sanitaria e finanziaria volta prioritariamente a salvaguardare e rendere efficiente la prevenzione e l'accesso alla cura in ambito pubblico;
              il nuovo provvedimento contenuto nello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che sostituisce integralmente il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, recante «definizione dei livelli essenziali di assistenza» in attuazione della legge di stabilità 2016, ha stanziato 800 milioni di euro annui per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza. Tuttavia, i cambiamenti introdotti dal nuovo schema di decreto in materia di servizi e le prestazioni garantite ai cittadini, pare non ridefiniscano le prestazioni attività per quanto attiene alle cure palliative ospedaliere;
              le cure palliative sono invece una questione urgente e di grande importanza sociale inerente al sollievo della sofferenza dei malati gravi in tutti i setting di cura, infatti i bisogni di cure palliative non sono affatto una problematica esclusivamente territoriale, come purtroppo dimostrano anche recenti fatti di cronaca;
              il vero obiettivo delle cure palliative è proprio quella «umanizzazione delle cure», posta come principio ispiratore gli standard ospedalieri che purtroppo ne omettono il riferimento proprio all'interno delle strutture nosocomiali;
              se non saranno apportati i necessari correttivi ai nuovi livelli essenziali di assistenza – e poi a cascata allo stesso regolamento degli standard ospedalieri –, le cure palliative non rientreranno fra le discipline garantite negli ospedali, pur essendo necessarie per tutti quei pazienti affetti da gravi malattie, che possono presentare sin dalle loro fasi precoci e lungo tutto il successivo percorso di cura specifica, importanti algie od altre sintomatologie il cui trattamento è peraltro sancito come obbligo dalla legge n.  38 del 2010 in ogni setting di cura;
              l'attività professionale prevista dal nostro ordinamento di intramoenia, così come di extramoenia esercitata dai medici del Servizio sanitario nazionale è per i presentatori del presente atto di indirizzo un'evidente forma di conflitto d'interessi, in particolare perché attualmente contribuisce esplicitamente a all'allungamento delle liste d'attesa minando il diritto alla salute di tutti. Quindi, andrebbe quantomeno stabilito, come priorità inderogabile rientrante esplicitamente nei livelli essenziali di assistenza l'abbattimento delle stesse liste d'attesa, stabilendone il livello massimo accettabile a seconda degli ambiti patologici prima di concedere la eventuale possibilità di quote di attività a pagamento che rischiano altrimenti di sottrarre personale sanitario all'attività di cura che deve essere garantita a tutti i cittadini;
              un modello di sanità pubblica che include la possibilità di esercitare la professione privatamente, soprattutto senza prima verificare l'adeguatezza dell'assolvimento dei bisogni essenziali nelle tempistiche corrette richieste dalle varie patologie, è in contrasto, per i presentatori del presente atto con i principi di equità e solidarietà che ispirano il Servizio sanitario nazionale, fino a compromettere il rapporto di fiducia e di stima che si devono stabilire tra chi ha bisogno di cure e il suo medico poiché si discriminano i cittadini tra loro per il reddito e il diritto alla salute che invece è uguale per tutti come sancisce la nostra Costituzione;
              infine si pone la questione della negazione di alcuni diritti alle donne in materia di autodeterminazione. Con la legge n.  194 del 1978, si è sancito il diritto della donna di poter scegliere se interrompere volontariamente una gravidanza. Tuttavia, è noto che tale diritto risulta di fatto violato per i presentatori del presente atto, a causa dell'altissima presenza nelle strutture pubbliche ospedaliere di medici ginecologi e personale paramedico obiettore di coscienza;
              come è noto però, alcuni medici nelle strutture pubbliche applicano senza indugi la legge n.  194 del 1978 dichiarandosi obiettori, mentre non hanno remore a esercitare l'applicazione della legge nelle strutture a pagamento;
              purtroppo, la quasi totalità del medici obiettori fa sì oltretutto che, mentre da un lato diminuisce l'offerta del pubblico, dall'altro, aumentano le interruzioni di gravidanza clandestina o casi di donne che si procurano l'aborto a casa prendendo pillole che si possono acquistare via internet o direttamente in farmacia;
              inoltre, le strutture ospedaliere pubbliche per garantire il servizio d'interruzione volontaria di gravidanza sono spesso costrette a ricorrere alle prestazioni dei «gettonisti» oppure a richiamare in servizio i medici in pensione con il conseguente aggravio della spesa sanitaria;
              si ricorda al proposito la recente e triste vicenda di una donna deceduta dopo aver partorito i due gemelli morti che portava in grembo da cinque mesi – che a detta dei famigliari e dell'avvocato che li assiste – per il probabile mancato intervento del medico di guardia obiettore. Quanto accaduto è molto grave soprattutto perché viene dimenticato che, prima di tutto, va garantito l'accesso ai servizi sanitari che la legge vigente impone in materia di diritto alla salvaguardia della salute;
              con la legge n.  194 del 1978 sono nati i consultori, strutture pubbliche di aiuto, cura e sostegno alla contraccezione, prevenzione e sensibilizzazione di malattie sessuali. I consultori, tuttavia, sono sempre più destituiti nelle loro mansioni, senza considerare il fondamentale ruolo che rivestono. Occorre investire maggiormente in tale ambito poiché è necessario riconoscere l'importantissimo ruolo degli operatori che vi prestano servizio, garantendo altresì la presenza di personale non obiettore;
              le campagne nazionali messe in campo di recente dal Ministero della salute dimenticano la realistica e spesso drammatica situazione nella quale vivono le donne: mancanza di occupazione, disuguaglianza salariale rispetto all'uomo, mancanza di sostegno economico e nessuna tutela dei diritti riproduttivi e sessuali;
              si ritiene bensì essenziale avviare incontri formativi di educazione sentimentale e sessuale nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, con l'obiettivo di sensibilizzare i giovani a un corretto rapporto sentimentale e volti anche alla prevenzione del bullismo e violenza di genere,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative per superare le diseguaglianze regionali, in primo luogo mediante l'abolizione del ticket fisso di dieci euro su tutto il territorio nazionale;
2)    ad avviare una programmazione che determini un contenimento delle liste di attesa in ambito sanitario, favorendo un corretto uso di tutte le risorse del Servizio sanitario nazionale in una logica di integrazione e sinergia del sistema e erogativo fra le diverse strutture operanti sul territorio;
3)    ad assumere iniziative per apportare le giuste modifiche alle misure di esenzione dalla compartecipazione alla spesa sanitaria ai fini dell'esenzione del ticket, dato dalla somma dei redditi lordi dei singoli membri del nucleo famigliare, portando l'esenzione per reddito alla somma di quindicimila euro;
4)    ad assumere iniziative per inserire adeguate risorse destinate al Servizio sanitario nazionale con il relativo rilancio delle politiche di finanziamento pubblico al fine di rimodulare i livelli essenziali di assistenza per garantire a tutti i cittadini servizi e prestazioni sanitarie a elevato standard qualitativo di prestazione e assistenza;
5)    a garantire, nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in via di presentazione al Parlamento, recante la «Definizione dei Livelli essenziali di assistenza», la previsione esplicita delle cure palliative come livelli essenziali di assistenza in tutte le strutture ospedaliere, e per promuovere l'analoga modifica regolamentare all'interno degli Standard ospedalieri in vigore;
6)    a promuovere una politica d'investimenti nel servizio sanitario pubblico che riporti il nostro Paese al livello europeo dei finanziamenti rispetto al Prodotto interno lordo;
7)    ad assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché sia elaborato un piano relativo a nuove assunzioni di personale medico e paramedico nelle strutture sanitarie pubbliche al fine di assicurare ai cittadini le prestazioni specialistiche e non solo quelle essenziali e garantire un elevato standard di cura;
8)    ad avviare le opportune iniziative normative per garantire a tutti i cittadini il diritto all'accesso alla cura su tutto il territorio nazionale al fine di evitare differenziazioni in base alla condizione economica, nonché al fine di garantire la tutela della salute promuovendo la soppressione della libera professione intramoenia nel Servizio sanitario nazionale o almeno la sua severa regolamentazione, consentendola solo quale surplus dopo l’«abbattimento» delle liste d'attesa a livelli congrui per ogni patologia;
9)    a garantire in tutte le strutture ospedaliere la piena applicazione della legge n.  194 del 1978 sull'interruzione volontaria di gravidanza nel totale rispetto della libertà delle donne, garantendo almeno il cinquanta per cento di personale medico e paramedico non obiettore;
10)    ad assumere iniziative affinché sia assicurata per un'adeguata programmazione per garantire e ampliare l'effettivo miglioramento dei servizi per quanto concerne la salute sessuale e riproduttiva;
11)    ad assumere tutte le iniziative volte a rendere i consultori un luogo privilegiato per la corretta educazione alla sessualità, alle prevenzione di malattie trasmissibili sessualmente e alla maternità consapevole;
12)    ad assumere iniziative per migliorare e potenziare le attività dei consultori, individuando altresì le procedure volte a garantire la presenza di medici non obiettori;
13)    a promuovere incontri formativi nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, volti all'educazione sessuale e sentimentale e al contrasto della violenza di genere, mediante la collaborazione dei consultori.
(1-01402) «Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco».


      La Camera

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative per superare le diseguaglianze regionali, in primo luogo mediante l'abolizione del ticket fisso di dieci euro su tutto il territorio nazionale;
2)    ad avviare una programmazione che determini un contenimento delle liste di attesa in ambito sanitario, favorendo un corretto uso di tutte le risorse del Servizio sanitario nazionale in una logica di integrazione e sinergia del sistema e erogativo fra le diverse strutture operanti sul territorio;
3)    ad assumere iniziative per apportare le giuste modifiche alle misure di esenzione dalla compartecipazione alla spesa sanitaria ai fini dell'esenzione del ticket, dato dalla somma dei redditi lordi dei singoli membri del nucleo famigliare, portando l'esenzione per reddito alla somma di quindicimila euro;
4)    ad assumere iniziative per inserire adeguate risorse destinate al Servizio sanitario nazionale con il relativo rilancio delle politiche di finanziamento pubblico al fine di rimodulare i livelli essenziali di assistenza per garantire a tutti i cittadini servizi e prestazioni sanitarie a elevato standard qualitativo di prestazione e assistenza;
5)    a valutare la possibilità di garantire, nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in via di presentazione al Parlamento, recante la «Definizione dei Livelli essenziali di assistenza», la previsione esplicita delle cure palliative come livelli essenziali di assistenza in tutte le strutture ospedaliere, e per promuovere l'analoga modifica regolamentare all'interno degli Standard ospedalieri in vigore;
6)    a promuovere una politica d'investimenti nel servizio sanitario pubblico che riporti il nostro Paese al livello europeo dei finanziamenti rispetto al Prodotto interno lordo;
7)    ad assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché sia elaborato un piano relativo a nuove assunzioni di personale medico e paramedico nelle strutture sanitarie pubbliche al fine di assicurare ai cittadini le prestazioni specialistiche e non solo quelle essenziali e garantire un elevato standard di cura;
8)    a garantire in tutte le strutture ospedaliere la piena applicazione della legge n.  194 del 1978 sull'interruzione volontaria di gravidanza nel totale rispetto della libertà delle donne;
9)    ad assumere iniziative affinché sia assicurata per un'adeguata programmazione per garantire e ampliare l'effettivo miglioramento dei servizi per quanto concerne la salute sessuale e riproduttiva;
10)    ad assumere tutte le iniziative volte a rendere i consultori un luogo privilegiato per la corretta educazione alla sessualità, alle prevenzione di malattie trasmissibili sessualmente e alla maternità consapevole;
11)    ad assumere iniziative per migliorare e potenziare le attività dei consultori, individuando altresì le procedure volte a garantire la presenza di medici non obiettori;
12)    a promuovere incontri formativi nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, volti all'educazione sessuale e sentimentale e al contrasto della violenza di genere, mediante la collaborazione dei consultori.
(1-01402)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco».


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 32 della Costituzione tutela la salute come fondamentale diritto – dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti;
              con la legge n.  833 del 1978 è stato istituito il Servizio sanitario nazionale (Ssn) in attuazione di quanto disposto dal dettato costituzionale;
              il Servizio sanitario nazionale ha come principio fondante l'accesso universalistico delle prestazione sanitarie;
              l'articolo 117 della Costituzione, lettera m) attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato «la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»;
              il medesimo articolo 117 della Costituzione stabilisce che la tutela della salute appartiene alla cosiddetta legislazione concorrente tra lo Stato e le Regioni;
              con il decreto legislativo n.  502 del 30 dicembre 1992: «Riordino della disciplina in materia sanitaria a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n.  421, riguardante deleghe al Governo per la razionalizzazione e le revisioni delle discipline in materia di sanità, pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale», venne sancita la gestione aziendale del Servizio sanitario nazionale, con conseguente finanziamento di tutte le prestazioni erogate dal Ssn a totale carico dello Stato;
              il decreto legislativo n.  229 del 19 giugno 1999 apporta varie modifiche al decreto legislativo n. 502 del 1992 tra cui quella riguardante le prestazioni sanitarie inserite nei livelli essenziali di assistenza che non sono più finanziate da sole risorse pubbliche ed interamente a titolo gratuito ma: «a titolo gratuito o con partecipazione alla spesa, nelle forme e secondo le modalità previste dalla legislazione vigente». Praticamente in tal modo si da vita all'introduzione dei ticket;
              a partire dal 1o gennaio 2001 è stato soppresso il vincolo di destinazione del Fondo sanitario nazionale e conseguentemente i vincoli di destinazione dei fondi sanitari regionali, dando così avvio all'obbligo da parte delle regioni di coprire gli eventuali disavanzi di gestione annuale quasi sempre realizzati attraverso l'aumento delle addizionali regionali (Irpef, Irap, accise sui carburanti);
              la spesa sanitaria rappresenta oltre l'80 per cento dei bilanci delle regioni; la modifica del Titolo V della seconda parte della Costituzione, unitamente alla modifica dei criteri e dei pesi per il riparto del fondo sanitario tra le regioni determinata dal comma 3h) dell'articolo 1 della legge n.  662 del 1996, hanno determinato la nascita di 21 sistemi sanitari diversi nel nostro Paese;
              in particolare, la modifica dei criteri e dei pesi per il riparto del Fondo sanitario nazionale ha comportato che tra due regioni a parità di abitanti si realizzasse, mediamente, una differenza di assegnazione di risorse per la sanità di 400 miliardi di euro. Così si inizia a dare vita ad una sanità di «serie a» e ad una di «serie b» nel nostro Paese;
              va constatato il fallimento dell'aziendalizzazione, inoltre, si rilevano il continuo riscontro di fenomeni sempre più frequenti di scandali e corruzione, la totale assenza di attuazione di misure anticorruzione;
              il presidente dell'Anac Raffaele Cantone è intervenuto più volte per denunciare fenomeni di pessima gestione in tale contesto (proroghe, corruzione dilagante, acquisti senza gare d'appalto, sprechi, e altro);
              le cronache ci consegnano giornalmente disservizi di ogni genere, casi di malasanità con morti soprattutto nelle regioni del sud che, per loro inadempienza, non sono riuscite ad utilizzare le risorse messe a disposizione dallo Stato per l'edilizia sanitaria e per l'innovazione tecnologica;
              si riscontra una mobilità passiva sempre più crescente da sud a nord, tanto da poter affermare che il Servizio sanitario di diverse regioni del nord si finanzia con significative risorse delle regioni del sud;
              le pessime gestioni da parte di molte regioni hanno provocato una massiccia introduzione di superticket su tutta le prestazioni prorogate dal Servizio sanitario nazionale;
              si rilevano inoltre aumenti dei farmaci al punto che molti cittadini pur avendo necessità di curarsi non possono più farlo a causa della mancanza delle risorse economiche necessarie;
              pertanto risulta essere compromesso sia il rispetto dell'articolo 32 della Costituzione e sia il principio dell'accesso universalistico delle prestazioni sanitarie;
              in molte regioni i distretti socio-sanitari risultano istituiti solo sulla carta poiché non erogano le necessarie prestazioni sanitarie e sociali;
              si riscontra il mancato potenziamento della medicina territoriale; i consultori familiari in molte regioni del sud risultano sprovvisti delle attrezzature per un corretto funzionamento;
              in molte Asl, l'acquisizione di dispositivi medici avviene senza espletamento di regolari gare di appalto;
              molti servizi (di ristorazione – pulizia – guardiania – lavanderia) sono in moltissime Asl in regime di proroga, mediamente da oltre 10 anni;
              la gestione del personale, dal punto di vista organizzativo e funzionale, risulta essere fortemente carente in molte regioni, con la conseguente creazione di precariato sempre più crescente,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative per potenziare l'assistenza territoriale, le reti di poliambulatori collegati in rete con gli ospedali e nuove modalità organizzative funzionali, in modo da poter erogare le prestazioni sanitarie necessarie nell'arco delle 24 ore;
2)    a garantire livelli essenziali di assistenza in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale;
3)    a modificare, d'intesa con il sistema delle regioni, i criteri ed i pesi attualmente individuati ed utilizzati per il riparto tra le regioni del fondo sanitario nazionale, in modo da avere una distribuzione più equa dello stesso fondo;
4)    ad assumere iniziative per aumentare le risorse destinate alle non autosufficienze;
5)    a valutare l'opportunità di individuare, d'intesa con le regioni, un nuovo modello per l'erogazione delle prestazioni di assistenza domiciliare per le persone affette da grave disabilità;
6)    ad assumere iniziative per rifinanziare il fondo per il rimborso alle regioni per l'acquisto di medicinali innovativi, istituito con la legge di stabilità 2015;
7)    a consentire l'utilizzo di farmaci antivirali ad azione diretta contro il virus dell'epatite c ai pazienti che ne risultano essere affetti;
8)    a valutare l'opportunità, d'intesa con le regioni, di abolire il «superticket» per le prestazioni specialistiche di pronto soccorso;
9)    a considerare, d'intesa con le regioni, l'opportunità di assumere iniziative per rafforzare i controlli circa l'appropriatezza e la qualità delle prestazioni, nonché i sistemi di affidamento degli appalti relativi all'acquisizione dei servizi socio-sanitari al fine di garantire la trasparenza, l'efficacia e l'economicità delle scelte;
10)    ad assumere le iniziative di competenza per prevedere un meccanismo sanzionatorio nei confronti delle regioni che non hanno provveduto all'adozione degli strumenti organizzativi funzionali previsti dall'Anac per prevenire la corruzione nelle Asl.
(1-01403)
(Nuova formulazione) «Palese, Altieri, Bianconi, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».


      La Camera

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative per potenziare l'assistenza territoriale, le reti di poliambulatori collegati in rete con gli ospedali e nuove modalità organizzative funzionali, in modo da poter erogare le prestazioni sanitarie necessarie nell'arco delle 24 ore;
2)    a garantire livelli essenziali di assistenza in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale;
3)    a valutare la possibilità di modificare, d'intesa con il sistema delle regioni, i criteri ed i pesi attualmente individuati ed utilizzati per il riparto tra le regioni del fondo sanitario nazionale, in modo da avere una distribuzione più equa dello stesso fondo;
4)    ad assumere iniziative per aumentare le risorse destinate alle non autosufficienze;
5)    a valutare l'opportunità di individuare, d'intesa con le regioni, un nuovo modello per l'erogazione delle prestazioni di assistenza domiciliare per le persone affette da grave disabilità;
6)    ad assumere iniziative per rifinanziare il fondo per il rimborso alle regioni per l'acquisto di medicinali innovativi, istituito con la legge di stabilità 2015;
7)    a consentire l'utilizzo di farmaci antivirali ad azione diretta contro il virus dell'epatite c ai pazienti che ne risultano essere affetti;
8)    a valutare la possibilità di considerare, d'intesa con le regioni, l'opportunità di assumere iniziative per rafforzare i controlli circa l'appropriatezza e la qualità delle prestazioni, nonché i sistemi di affidamento degli appalti relativi all'acquisizione dei servizi socio-sanitari al fine di garantire la trasparenza, l'efficacia e l'economicità delle scelte;
9)    ad assumere le iniziative di competenza per prevedere un meccanismo sanzionatorio nei confronti delle regioni che non hanno provveduto all'adozione degli strumenti organizzativi funzionali previsti dall'Anac per prevenire la corruzione nelle Asl.
(1-01403)
(Nuova formulazione – Testo modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate) «Palese, Altieri, Bianconi, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».


      La Camera,
          premesso che:
              secondo l'ultimo report della Commissione europea (direzione generale affari economici e finanziari) e dal Comitato di politica economica (CPE) «la spesa pubblica per l'assistenza sanitaria e assistenza a lungo termine è andata aumentando nel corso degli ultimi decenni in tutti gli Stati membri». Nel 2015, esso rappresentava l'8,7 per cento del PIL nell'Unione europea e potrebbe arrivare fino al 12.6 per cento del PIL nel 2060; secondo la relazione congiunta sulla Salute e i Sistemi di assistenza a lungo termine e la sostenibilità fiscale il documento esplora «le principali sfide e le possibili soluzioni politiche per assicurare la sostenibilità fiscale dei sistemi sanitari nell'Unione europea in un contesto di invecchiamento delle popolazioni e tenendo conto delle costose innovazioni tecnologiche che faranno aumentare l'assistenza sanitaria e le spese di assistenza a lungo termina nel futuro»;
              secondo l'ultimo rapporto Eurostat del marzo 2016 l'Italia spende il 7,2 per cento del prodotto interno lordo per la salute. Un dato che ci colloca nella media europea. Al vertice la Danimarca (8,7 per cento), seguita da Finlandia (8,3 per cento), Francia (8,2 per cento), mentre all'ultimo posto per il peso dell'istruzione sulla spesa pubblica (7,9 per cento nel 2014 a fronte del 10,2 per cento medio dell'Unione europea) e al penultimo posto per quella destinata alla cultura (1,4 per cento a fronte del 2,1 per cento medio dell'Unione europea). L'Italia paga soprattutto il peso preponderante della spesa per la protezione sociale (41,8 per cento a dispetto del 40,4 per cento dell'Unione europea) nonché della spesa per il funzionamento della pubblica amministrazione ove l'Italia spende l'8,9 per cento del prodotto interno lordo (a fronte del 6,7 per cento medio dell'Unione europea), e il 17,4 per cento della spesa pubblica a fronte del 13,9 per cento dell'Unione europea;
              per quanto riguarda la spesa pubblica per la sanità in Italia (esclusa la Long term care) essa dovrebbe crescere (nel Risk scenario) dell'1,2 per cento sul prodotto interno lordo al 2060, meno di quanto è stimata la crescita nell'Unione europea (+1,6 per cento sul prodotto interno lordo);
              la nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2016 presenta una revisione al ribasso delle stime sull'andamento dell'economia italiana per l'anno in corso rispetto alle previsioni formulate nel documento di economia e finanza 2016, in considerazione del nuovo contesto internazionale meno favorevole, e, in relazione alle incertezze che caratterizzano lo scenario internazionale, anche le previsioni di crescita per il 2017 sono ridimensionate;
              per quanto riguarda il quadro macroeconomico programmatico per gli anni 2017 e successivi, la manovra di bilancio 2017-2019, come indicato nella nota, avrebbe un impatto positivo sulla crescita, sia pur nell'ambito di una valutazione che rimane prudenziale dato il pesante lascito della crisi degli ultimi anni, grazie anche alla politica fiscale che il Governo intende impostare per i prossimi anni;
              con specifico riguardo al settore sanitario, nel conto economico della pubblica amministrazione e legislazione vigente, relativamente alla spesa sanitaria, è indicata una cifra pari a 113,654 miliardi di euro per il 2016, con un aumento di 278 milioni rispetto a quanto indicato del DEF (secondo i decreti di riparto approvati tra Io Stato e la Conferenza per il 2014 erano stati 109,928, per il 2015 107,252 e per il 2016 108,472);
              nell'ambito degli interventi nel settore sanitario, la nota segnala l'intesa del 7 settembre 2016, raggiunta in Conferenza Stato-regioni, sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che prevede l'aggiornamento del decreto del 2001 riguardante i livelli essenziali di assistenza garantiti dal sistema sanitario nazionale (LEA), ricordando che allo scopo la legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 555) ha autorizzato una spesa di 800 milioni di euro annui a valere sulle risorse del fondo sanitario nazionale, il piano nazionale della cronicità, volto a rafforzare le reti assistenziali e ridurre i ricoveri ospedalieri, l'Intesa raggiunta sul patto per la sanità digitale;
              l’iter di aggiornamento del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri relativo ai, livelli essenziali d'assistenza, atteso da ormai 15 anni e, quello del nomenclatore tariffario degli ausili e delle protesi, atteso da 19 anni (l'attuale elenco risale al 1999, per altro identico a quello originario del 1992) sono finalmente in dirittura di arrivo (il 6 settembre 2016 la Conferenza delle regioni e delle province autonome ha dato il suo parere positivo), in quanto manca solo il parere delle Commissioni parlamentari competenti;
              le differenze regionali sono uno dei problemi maggiori del sistema sanitario nazionale e, secondo l'Ocse (rapporto divisione salute 2015) pubblicato a gennaio 2015, il sistema sanitario italiano è caratterizzato da un alto livello di frammentazione e mancanza di coordinamento dell'assistenza erogata dai diversi professionisti e da una bassa e disomogenea diffusione sul territorio nazionale; sempre secondo l'Ocse ci sono in Italia 21 sistemi sanitari regionali con differenze notevoli sia per quanto riguarda l'assistenza che gli esiti, con un elevato numero di pazienti che si spostano da regione a regione;
              le ultime indagini conoscitive condotte dalle Commissioni di Camera e Senato sulla sostenibilità del sistema sanitario hanno consegnato al Parlamento ed al Governo impegnative conclusioni: una su tutte attiene alla necessità di non diminuire il finanziamento al sistema sanitario, ma di reinvestire nel sistema i risparmi che si debbono realizzare attraverso un'oculata spending review;
              un capitolo decisivo per l'efficienza del servizio sanitario nazionale riguarda il personale. Come evidenzia la relazione approvata in data 10 giugno 2015 presso la 12a Commissione del Senato della Repubblica, «il personale costituisce oggi uno dei fattori di maggiore criticità del Servizio sanitario nazionale. Nel Servizio sanitario nazionale lavorano oltre 715 mila unità di personale, di cui 665 mila dipendenti a tempo indeterminato, 34 mila con rapporto di lavoro flessibile e 17 mila personale universitario, A questo si aggiunge il personale che opera nelle strutture private (accreditate e non) e, più in generale, nell'industria della salute, fra i quali i 222 mila occupati nella filiera del farmaco (produzione, indotto e distribuzione); la sanità è, quindi, un settore ad alta intensità di lavoro, in gran parte molto qualificato»;
              ragione delle criticità è principalmente da ricondurre ai tanti vincoli imposti, sia alla spesa sia alla dotazione di personale, in questi ultimi anni, in particolare nelle regioni sottoposte a piano di rientro: riduzione della spesa rispetto al livello del 2009; blocco totale o parziale del turnover, in particolare in caso di disavanzo sanitario; blocco delle procedure contrattuali; blocco della indennità di vacanza contrattuale (congelata al 2013); blocco dei trattamenti accessori della retribuzione; contenimento della spesa per il lavoro flessibile; riduzione delle risorse per la formazione specialistica dei medici;
              un insieme di vincoli che, se hanno consentito sì una riduzione dei costi, nel contempo hanno anche prodotto una riduzione della capacità di risposta ai bisogni della popolazione, un aumento dell'età media dei dipendenti [secondo l'ultimo conto annuale curato dalla ragioneria dello Stato l'età media del personale arriva a 49,7 (uomini 51,7 donne 48,7) superiore a quella del pubblico impiego (48 anni) e, destinata ancora a crescere, visto che nel 2019 si prospetta una età media pari a 55,6 anni)], un incremento dei carichi di lavoro e dei turni straordinari di lavoro del personale nonché una serie di problematiche tra cui un malessere diffuso tra gli operatori ed una sempre più diffusa abitudine a ricorrere a varie forme di outsourcing elusive della normativa sul blocco;
              per ovviare in parte a questo, la legge n.  208 del 2015 (stabilità 2016) aveva previsto disposizioni in materia di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario, nonché di procedure concorsuali riservate per l'assunzione di personale precario del comparto sanità;
              in particolare, si imponeva l'obbligo alle regioni a alle province autonome di dotarsi di un piano inerente al fabbisogno di personale tale da garantire il rispetto delle disposizioni dell'Unione europea in materia di orario di lavoro e, qualora sulla base del piano del fabbisogno del personale fossero emerse criticità, queste sarebbero state risolte attraverso procedure concorsuali straordinarie;
              inoltre, si prevedeva che vi fosse una riserva di posti nella misura massima del 50 per cento per il personale medico, tecnico-professionale ed infermieristico in servizio alla data di entrata in vigore della legge che alla data del bando avesse maturato almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi cinque anni con contratti a tempo determinato, di collaborazione coordinata e continuativa o con altre forme di rapporto di lavoro flessibile;
              come già evidenziato nella mozione approvata n.  1-01323 a prima firma Lenzi del 25 luglio 2016 la spesa farmaceutica rappresenta percentualmente il 13,1 per cento delle risorse che lo Stato annualmente impegna per la sanità. A fronte di un settore così rilevante anche sul versante della tutela della salute, sono stati progressivamente introdotti strumenti di monitoraggio e di governance della spesa e di controllo sull'appropriatezza dell'uso dei farmaci;
              la mozione approvata impegnava il Governo anche «ad attivare al più presto la sperimentazione al fine di introdurre anche in Italia uno o più validi farmaci generici, e non solo un brand, per la cura dell'epatite C (HCV) in tutti i suoi stadi di gravità al fine di poter curare tutti i pazienti registrati presso il Servizio sanitario nazionale»;
              secondo l'ultimo consuntivo pubblicato dall'Aifa sulla spesa farmaceutica (territoriale, ed ospedaliera) relativa al 2015 si sono superati i 18 miliardi di euro di spesa, sforando il tetto programmato di 1,880 miliardi di euro (331 milioni quella territoriale e 1.549 milioni di euro quella ospedaliera), spesa che nel 2020 arriverà a 35 miliardi di euro, anche a causa della produzione di nuovi e costosi farmaci;
              il 5 maggio 2016 la Conferenza delle regioni e delle province autonome ha approvato un documento sulla governance farmaceutica di cui al tavolo per la revisione della disciplina sul governo della spesa farmaceutica dove specifica i principali determinanti dell'aumento della spesa farmaceutica: elevati prezzi di farmaci soprattutto nell'area oncologica, onco-ematologica e dei farmaci impiegati nelle malattie rare; schemi terapeutici che associano più farmaci ad alto costo con conseguente raddoppio della spesa (Combo therapy); invecchiamento della popolazione; incremento del numero dei pazienti in trattamento in linee terapeutiche successive alla prima; cronicizzazione dei pazienti in trattamento; fenomeni di non appropriatezza prescrittiva generati dal pressante marketing dell'industria farmaceutica; stabilità dei prezzi dei farmaci per una insufficiente concorrenzialità nel mercato farmaceutico; insufficienti manovre di disinvestimento (la riduzione dei prezzi dei farmaci a brevetto scaduto non è sufficiente a controbilanciare gli aumenti dovuti ai nuovi farmaci; allo stesso modo ai farmaci generici e ai biosimilari stante la normativa vigente non viene imposto uno sconto obbligatorio minimo);
              sempre secondo questo documento, la Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano propone l'introduzione di misure strutturali quali l'introduzione di una nuova procedura di prezzo/volume (P/V) per la quale il prezzo si riduce o si sconta in maniera progressiva in rapporto all'aumento dei pazienti trattati, delle estensioni delle indicazioni, delle terapie combinate e dell'incremento della durata della terapie; una nuova definizione di spesa farmaceutica ove la distinzione tra spesa territoriale e ospedaliera non si basa sui percorsi distributivi ma è in funzione delle diverse modalità di acquisto; la revisione dei registri tenuti da Aifa per i farmaci ad alto costo e di particolare impatto sanitario; nuovi criteri per l'attribuzione della innovatività al farmaco con i relativi vantaggi che ne derivano; la ridefinizione della cosiddette «liste di trasparenza» così come previste dall'articolo 7 dalla legge n.  405 del 2001; la sostituibilità automatica dei farmaci biosimilari con gli originatori; una maggiore concorrenza sul mercato farmaceutico come, del resto, avviene oggi per i dispositivi medici; la revisione della delibera del Cipe 3 del 2001 ed infine una maggiore attenzione ai farmaci CNN e a quelli inseriti negli elenchi della legge n.  648 del 1996;
              almeno 350.000 italiani soffrono di infezione cronica derivante da virus dell'epatite C (HCV) e che circa il 20 per cento di tutti i pazienti con infezione cronica HCV è affetto da cirrosi, o da estesa fibrosi del fegato, e per questa ragione i pazienti con cirrosi, e sue complicanze, hanno avuto accesso prioritario ai farmaci anti epatite C orali, limitati come quantità per mantenere la sostenibilità del servizio sanitario nazionale;
              fino a fine giugno 2016 sono stati trattati con farmaci orali 50.000 italiani con tassi di guarigione superiore al 90-95 per cento, ma restano 300.000 pazienti con uno sforzo economico notevole, visto che per i primi 50.000 si sono spesi quasi 1,7 miliardi di euro;
              secondo l'ultima relazione «Sullo stato di attuazione della legge concernente le norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza» (dati definitivi – anno 2013) (dati preliminari – anno 2014) presentata in base all'articolo 16 della legge 22 maggio 1978, n.  194, alle Camere dal Ministro della salute Beatrice Lorenzin in data 27 ottobre 2015 (doc. XXXVII n.  3) si evince che per la prima volta, nel 2014, il numero di interruzioni volontarie della gravidanza (IVG) è inferiore a 100.000, infatti sono state notificate dalle regioni 97.535 Ivg con un decremento del 5,1 per cento rispetto al dato definitivo del 2013 (105.760 casi): più che dimezzate rispetto alle 234.801 del 1982, anno in cui si è riscontrato il valore più alto in Italia;
              al di là di questo risultato, il dato che più preoccupa è l'elevato tasso di medici obiettori in tutte le regioni. Risulta che in Italia il 70 per cento dei medici e degli infermieri siano obiettori di coscienza, ma ci sono regioni dove l'obiezione è ancora più alta. I picchi sono al Centro-sud, con percentuali di obiezione tra i ginecologi superiori all'80 per cento: in Molise (93,3 per cento), nella provincia autonoma di Bolzano (92,9 per cento), in Basilicata (90,2 per cento), in Sicilia (87,6 per cento), in Puglia (86,1 per cento), in Campania (81,8 per cento), nel Lazio e in Abruzzo (80,7 per cento). Per il personale non medico i valori si impennano in Molise (89,9 per cento) e in Sicilia (85,2 per cento). Si tratta, sicuramente, di una vera e propria emergenza visto che la maggior parte dei medici non obiettori, quelli che nel rispetto della legge n.  194 del 1978 praticano l'Ivg nelle strutture pubbliche, nonostante il Ministro della salute affermi che la percentuale media del 70 per cento del personale medico obiettore non incide e non leda il diritto all'accesso all'Ivg né incide sui carichi di lavoro per ciascun ginecologo non obiettore;
              le evidenze scientifiche dimostrano che sistemi sanitari con all'interno «radicati» sistemi di cure primarie sono associati ad una migliore salute della popolazione e, a differenza di sistemi basati sull'assistenza specialistica, garantiscono una più equa distribuzione della salute nella popolazione a costi minori;
              gli investimenti in edilizia e attrezzature, in ambito sanitario, sono strettamente connessi con gli sviluppi del programma straordinario di investimenti, noto come «articolo 20» della legge n.  67 del 1988, e con le sue evoluzioni successive dovute a modifiche istituzionali e all'esperienza che si è consolidata nella gestione del programma. In questi anni si è consolidata la certezza che presupposto base per la buona riuscita del programma, e in genere di ogni investimento, specie in un ambito così complesso come quello sanitario, è una attenta e coerente programmazione sanitaria, nonché l'utilizzazione di idonei strumenti;
              il programma, oggi alla fine della «fase II» di attuazione prevede una dotazione complessiva delle risorse pari a 24 miliardi di euro, di cui 820 milioni ancora da ripartire e, secondo la tabella di monitoraggio degli accordi di programma a febbraio 2016 (riferito ai soli 15,285 miliardi della «fase II», sono stati ammessi a finanziamento ben 2.289 interventi e le risorse ammesse a finanziamento sul totale degli accordi sottoscritti sono pari al 97,63 per cento;
              per quanto attiene alla prossima legge di bilancio il Ministro della salute Lorenzin, rispondendo in Aula il 19 ottobre all'atto di sindacato ispettivo n.  3-02564 a prima firma Binetti ha evidenziato come dal 2013 ad oggi il Fondo sanitario nazionale ha avuto un incremento del 5,5 per cento attestandosi per il 2017 a 113 milioni di euro e che «questo risultato (...) è stato reso possibile grazie alle significative misure di efficientamento del sistema sanitario» come la centralizzazione degli acquisti di beni e servizi, i piani di rientro aziendali, le disposizioni concordate con l'Anac per la lotta alla corruzione in sanità che hanno consentito di recuperare risorse che, come previsto dal patto della salute, è stato possibile reinvestire nel sistema sanitario. Il Ministro ha riferito che nel disegno di legge di bilancio sono contenute ulteriori disposizioni che proseguono il cammino di efficientamento del servizio sanitario nazionale e dei singoli sistemi sanitari regionali, con l'obiettivo di ridurre ed eliminare gli sprechi e reinvestire le risorse nel sistema e nelle prestazioni sanitarie tornando anche a immettere risorse nel sistema «risorse fresche», risorse che tuttavia non vengono distribuite a pioggia, ma vengono, invece, vincolate e finalizzate al raggiungimento di obiettivi di salute cruciali. Viene, infatti, istituito un Fondo strutturale per i farmaci innovativi dell'ammontare di 500 milioni di euro per l'acquisto di medicinali finalizzati alla cura di patologie gravi o fino ad oggi incurabili, come ad esempio i farmaci anti epatite C; viene istituito per la prima volta in Europa un fondo per il finanziamento dei farmaci oncologici innovativi – anche questo fondo è strutturale – per il quale vengono stanziati, anche in questo caso, 500 milioni di euro, per dare e garantire l'accesso in ogni luogo del nostro territorio nazionale ai nuovi farmaci contro il cancro; viene istituito un fondo per l'acquisto dei vaccini ricompresi nel nuovo piano nazionale vaccini, grazie al quale potranno essere assicurate gratuitamente vaccinazioni contro malattie pericolose come la meningite, che, come è noto, causa ogni anno diversi decessi, soprattutto tra la popolazione più giovane, oppure l'introduzione di nuovi vaccini, come per esempio il papilloma virus per il maschio,

impegna il Governo:

1)    al fine di garantire la sostenibilità economico-finanziaria del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sull'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, ad assumere iniziative affinché nel prossimo disegno di legge di bilancio siano confermate le risorse come quantificate nell'intesa raggiunta in sede di Conferenza Stato-regioni l'11 febbraio 2016 in relazione al riparto delle risorse per il finanziamento del servizio sanitario nazionale;
2)    ad agire in modo da garantire il superamento delle differenze ingiustificate tra i diversi sistemi regionali e a procedere in modo da migliorare progressivamente i livelli di assistenza nelle aree del Paese in maggior difficoltà;
3)    ad inserire, nel prossimo disegno di legge di bilancio, misure volte a dare un'adeguata soluzione al problema del precariato in sanità nonché disposizioni per prevedere la proroga del termine per il rinnovo dei contratti a tempo determinato del personale degli enti locali occupato nell'attività di erogazione dei servizi sociali in attuazione di quanto previsto nella legge di stabilità per il 2016 per rispettare la normativa europea sugli orari di lavoro;
4)    a prevedere, nel prossimo disegno di legge di bilancio, adeguate risorse per il finanziamento dei farmaci innovativi in campo oncologico e, per quanto attiene alla cura dell'epatite C, a dare tempestiva attuazione a quanto previsto nella mozione citata in premessa;
5)    a predisporre, nei limiti delle proprie competenze, tutte le iniziative necessarie affinché nell'organizzazione dei sistemi sanitari regionali si attui il quarto comma dell'articolo 9 della legge n.  194 del 1978, nella parte in cui si prevede l'obbligo di controllare e garantire l'attuazione del diritto della donna alla scelta libera e consapevole, anche attraverso una diversa gestione e mobilità del personale, garantendo la presenza di un'adeguata rete di servizi sul territorio in ogni regione, e dando piena attuazione alla mozione n.  1-00074.
(1-01404) «Lenzi, Gelli, Amato, Argentin, Beni, Paola Boldrini, Paola Bragantini, Burtone, Capone, Carnevali, Casati, D'Incecco, Fossati, Grassi, Mariano, Miotto, Murer, Patriarca, Piazzoni, Piccione, Giuditta Pini, Sbrollini, Marazziti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


      La Camera,
          premesso che:
              il servizio sanitario nazionale, dalla sua integrazione ad oggi, fa registrare una crisi progressivamente sempre più grave. La sua formula è divenuta inadeguata a soddisfare le esigenze dei cittadini e inidonea a sostenere il confronto con la domanda collettiva; sempre più spesso i cittadini non vedono soddisfatto il dettato costituzionale previsto dall'articolo 32 che tutela il diritto alla salute come fondamentale per l'individuo e interesse per la collettività;
              i dati economici relativi all'incidenza della spesa sanitaria in rapporto al prodotto interno lordo sono in costante diminuzione, e ad oggi, rispetto al 2010, sono diminuiti di ulteriori 4 decimali, con un depauperamento consistente delle risorse finanziarie e umane;
              come si evince dal documento finale, approvato all'unanimità nel luglio 2015 dalla Commissione 12a igiene e sanità del Senato, nonostante le contenute dimensioni della spesa sanitaria (in rapporto al prodotto interno lordo e in valore assoluto), il servizio sanitario nazionale è stato sottoposto negli ultimi anni a notevoli restrizioni (finanziarie, di personale, tecnologiche e strutturali), soprattutto nelle regioni sottoposte a piano di rientro, che hanno contribuito a contenere la spesa ma che stanno producendo effetti preoccupanti sulla capacità di erogare i servizi e sul funzionamento stesso, contribuendo ad alimentare le importanti disomogeneità presenti fra le varie regioni e di conseguenza l'equità del sistema;
              più in generale, nel corso delle audizioni si è più volte osservato come i piani di rientro abbiano avuto una connotazione eccessivamente economicistica, mentre avrebbero dovuto incidere anche sul riordino dei servizi; il solo controllo dei fattori di spesa non sempre sortisce effetti positivi in ambito sanitario. Per questa ragione, è auspicabile una revisione della natura dei piani di rientro, attraverso un recupero della centralità, delle politiche sanitarie;
              le regioni – in particolar modo quelle del Mezzogiorno – costrette ad aumentare le aliquote per ripianare i deficit della sanità sono esposte ad un maggior rischio di deprimere ulteriormente la propria economia. Per favorire la sostenibilità del ssn è auspicabile quindi promuovere la capacità delle regioni di raggiungere obiettivi non solo strettamente finanziari, ma anche di riqualificazione dei servizi;
              lo stanziamento che il Governo si appresta a stabilire nel prossimo disegno di legge di bilancio è ancora una volta insufficiente a garantire, universalmente e uniformemente, le prestazioni essenziali di assistenza alle persone; eppure, il bisogno di sanità è progressivamente crescente, innanzitutto per effetto delle dinamiche demografiche, relative all'aumento della popolazione anziana;
              l'invecchiamento della popolazione, soprattutto l'invecchiamento in buona salute, è un'importante conquista sociale e non può continuare ad essere considerato, come dimostrano rigorosi studi internazionali, un drammatico fattore di crescita della spesa sanitaria e una grave minaccia per la sostenibilità del sistema;
              il servizio sanitario nazionale è caratterizzato da ritardi ed insufficienze. I tempi che intercorrono tra richieste di prestazioni e visite specialistiche o indagini strumentali, in molte regioni superano, in media, i 280 giorni arrivando, per le Rmn, anche oltre l'anno, a fronte della normativa che fissa rigorosi termini entro i quali svolgere gli esami, al massimo in trenta oppure sessanta giorni;
              il rapporto Censis del luglio 2014 ha evidenziato che il 75 per cento delle famiglie che sono ricorse a visite specialistiche o a esami diagnostici a pagamento lo hanno fatto per i tempi eccessivamente lunghi delle liste d'attesa. Il 31 per cento ha rinunciato almeno una volta a visite specialistiche, esami diagnostici o a cicli di riabilitazione, per motivi economici;
              oltre alle migliaia di cittadini che spendono più di un miliardo di euro presso il privato, le recenti ricerche dell'Istat e del Censis hanno altresì individuato, che quasi undici milioni di cittadini sono costretti a rinunciare ad accedere alle cure pubbliche, per la loro impossibilità assoluta di corrispondere al Ssn i relativi ticket previsti; i ticket sanitari sono regionalmente concepiti e diversamente monetizzati e stanno progressivamente causando l'allontanamento dalle strutture pubbliche da parte dei cittadini, tanto da far emergere un fenomeno a dir poco assurdo: i ticket aumentano laddove il sistema funziona peggio, come per esempio nelle regioni sottoposte al commissariamento della sanità;
              il sistema sanitario nazionale, determinatosi via via in diversi decenni di attività, necessita di una riscrittura, dal momento che presenta stridenti contraddizioni e produce valori discriminati di servizio; esiste una vera e propria distorsione, all'interno della struttura aziendalistica propria del servizio sanitario nazionale: otto regioni (Lazio, Campania, Sicilia, Piemonte, Puglia, Calabria, Abruzzo e Molise) titolari delle competenze programmatorie o organizzative, risultano essere in piano di rientro; di queste otto, cinque (Lazio, Campania, Calabria, Abruzzo e Molise) sono commissariate da oltre sei anni; altre tre regioni (Veneto, Liguria e Sardegna) hanno, da qualche tempo superato il piano di rientro al quale sono state sottoposte;
              occorrerebbe, dunque, provvedere ad interventi immediati tendenti a garantire una sanità di qualità, diffusa ed estesa capillarmente in tutte le regioni, attraverso l'individuazione di percorsi alternativi agli attuali commissariamenti che hanno prodotto peggioramenti sistemici e addirittura espropriato le sedi legislative regionali delle loro attribuzioni costituzionali, più volte stigmatizzate dalla Consulta;
              una situazione di precarietà – vissuta dalle regioni col bilancio sanitario più disastrato sotto il profilo del debito pregresso che, nel loro insieme, contano oltre 20 milioni di abitanti – che ha causato alle stesse un indebitamento trentennale finalizzato al ripianamento dello stesso, con conseguente pagamento di ratei annuali restitutori per milioni di euro che sottraggono ai bilanci regionali risorse importanti, in quanto tali non altrimenti destinabili altrove;
              la debolezza economico-finanziaria che caratterizza il sistema sanitario del nostro Paese, si accompagna all'inadeguatezza del sistema a produrre prestazioni e servizi in regime di efficienza, efficacia e appropria il blocco del turnover, per esempio, ha determinato la riduzione media del 33 per cento delle dotazioni organiche, al punto che diventa impossibile garantire i livelli di assistenza, in particolare per la carenza di personale medico e infermieristico;
              nel servizio sanitario nazionale lavorano oltre 715 mila unità di personale, di cui 665 mila dipendenti a tempo indeterminato, 34 mila con rapporto di lavoro flessibile e 17 mila che fanno parte del personale universitario. A questo si aggiunge il personale che opera nello strutture privato (accreditate e non) e, più in generale, nell'industria della salute, fra i quali i 222 mila occupati nella filiera del farmaco (produzione, indotto e distribuzione);
              la sanità è quindi un settore ad alta intensità di lavoro, in gran parte molto qualificato. Il personale costituisce peraltro oggi uno dei fattori di maggiore criticità del sistema sanitario nazionale; la ragione è principalmente da ricondurre ai tanti vincoli imposti, sia, alla spesa sia alla dotazione di personale, in questi ultimi anni, in particolare nelle regioni, già richiamate, sottoposte a piano di rientro; tra i vincoli principali si annoverano: la riduzione della spesa rispetto al livello del 2009; il blocco totale o parziale del turn over, in particolare in caso di disavanzo sanitario; il blocco delle procedure contrattuali; il blocco della indennità di vacanza contrattuale (congelata al 2013); il blocco dei trattamenti accessori della retribuzione; il contenimento della spesa per il lavoro flessibile, la riduzione delle risorse per la formazione specialistica dei medici;
              un insieme di vincoli che hanno consentito una riduzione delle spese dal 2010 al 2013 di circa 1,5 miliardi di euro (e ulteriori 700 milioni di risparmio sono già previsti per i prossimi anni), ma hanno altresì prodotto una riduzione della capacità di risposta ai bisogni della popolazione (aumento delle liste di attesa e limitazioni dell'offerta soprattutto nella componente socio-sanitaria), un aumento dell'età media dei dipendenti (il 36 per cento dei medici ha più di 55 anni e il 30 per cento degli infermieri ha più di 50 anni), un incremento dei carichi di lavoro e dei turni straordinari di lavoro del personale, nonché una serie di problematiche tra cui un malessere diffuso tra gli operatori ed una sempre più diffusa abitudine a ricorrere a varie forme di outsourcing, elusive della normativa sul blocco;
              l'esperienza insegna che la prassi dell’outsourcing e del ricorso al lavoro flessibile, spesso necessario per garantire i servizi, si è rivelata per lo più illusoria quanto al contenimento della spesa e ha di fatto aumentato il precariato all'interno del sistema, anche in settori molto delicati dal punto di vista assistenziale (dal pronto soccorso alla rianimazione) e indebolito progressivamente la sanità pubblica, in ragione del crescente impiego di personale non strutturato, non appartenente al servizio, non destinatario di specifiche attività formative e non titolare di alcune importanti tutele (si pensi ad esempio alla tutela della maternità);
              in diverse, autorevoli sedi si è dibattuto circa la necessità di una revisione complessiva dei vincoli imposti al personale attraverso iniziative, anche legislative che favoriscano il ricambio generazionale (anche con forme di part time a fine carriera), preservino la dotazione di personale nei servizi strategici (servizi d'emergenza urgenza, terapia intensiva e subintensiva, centri trapianti, assistenza domiciliare e altro), limitino il blocco del turn over e più in generale evitino l'adozione di vincoli che producono effetti perversi, che riducono il personale dipendente ma aumentano il ricorso a personale precario e/o a servizi esterni molto spesso più costosi a parità di attività;
              è necessario dedicare specifica attenzione alla formazione di tutti gli operatori della sanità, dalla formazione universitaria all'aggiornamento del personale in servizio, in un'ottica sistemica o di medio-lungo periodo, evitando interventi frammentari e parziali, a partire dalla formazione specialistica del personale medico;
              anche le attività legate alla ricerca scientifica sono sostenute in maniera insufficiente: infatti, sono ulteriormente diminuite nel tempo, con un calo di 349 milioni solo nel 2014 e una diminuzione costante del 6 per cento, facendo dell'Italia uno dei Paesi che investe meno nella ricerca medica;
              anche il sistema universitario, tradizionalmente eccellente, risente dei continui tagli, operati anche sul posti di specializzazione;
              per quanto concerne la popolazione anziana, l'altissima frequenza di patologie neurodegenerative (Alzheimer, ictus esitati, vasculopatie) richiederebbe la presenza di centri di riabilitazione e cura adeguati e di un'assistenza domiciliare che è presente solo in pochissime regioni e non tutte le città; l'assistenza psichiatrica, a 38 anni dall'approvazione della legge n.  180 del 1978, meglio nota come legge Basaglia, è ancora fortemente carente, appunto che i centri diurni, pur essendo obbligatori, sono presenti solo sulla carta in almeno il 50 per cento del territorio nazionale;
              in ambito neuropsichiatrico, patologie di rilevanza come le ludopatie, in continua espansione fra tutte le generazioni, non trovano una risposta compiuta nell'offerta complessiva del sistema;
              sul tema delle malattie rare si registrano apprezzabili, anche se piccoli cambiamenti operati di recente: senza dubbio lodevole l'approvazione, nel mese di agosto 2016 della legge in materia di screening neonatali, che estende da 3 a 40 le patologie metaboliche ereditarie per le quali sarà svolta la ricerca nel sangue dei bimbi appena nati; nonostante ciò, le malattie rare faticano a trovare accoglienza nei Lea, anche e soprattutto in funzione della scarsa capacità di investimento sulla ricerca;
              l'organizzazione del sistema sanitario non ha ancora fornito risposte sufficienti in materia di hospice per malati terminali presenti solo a macchia di leopardo sul territorio nazionale, con gravi ripercussioni sull'inderogabile diritto alle cure palliative dei pazienti e sulle famiglie. Inoltre, è inaccettabile che esistano gravi ritardi nei tempi di attesa per le prestazioni chemioterapiche e radioterapiche, per gli interventi di chirurgia oncologica e per ogni altra attività diagnostica e terapeutica essenziale per la tempestiva cura di patologie che mettano a rischio la vita;
              sul fronte dell'assistenza territoriale, la dotazione di posti letto nelle strutture residenziali per anziani non autosufficienti risulta inferiore al limite stabilito (10 posti letto ogni 1.000 anziani) nella maggior parte delle regioni in piano di rientro: ad esempio, l'Abruzzo è a 5,4, il Lazio a 4,3, la Puglia a 5, la Calabria a 4 con punte negative di 1,3 in Sicilia e di 0,6 in Molise. Al contrario, il Piemonte vanta oltre 24 posti letto per 1.000 anziani. Critica la quota di anziani assistiti in ADI (inferiori al limite in Campania con il 2,8 per cento, la Puglia con il 2,2 per cento, il Piemonte con il 2,4 per cento, la Calabria con il 3,2 per cento e la Sicilia con il 3,7 per cento) e nella dotazione di posti in strutture hospice (livelli insufficienti in Abruzzo, Campania, Calabria e Sicilia);
              in ordine alle carenze strutturali degli erogatori di prestazioni sanitarie, non può non registrarsi la fatiscenza di nosocomi, in diversi casi realizzati durante il ventennio fascista, che non consentono una ricettività dignitosa, né tantomeno l'attivazione di procedure tecnologiche avanzate come la telemedicina. Per questa ragione, nell'ambito dell'integrazione dell'offerta tra pubblico e privato convenzionato, occorrerebbe meglio pianificare gli investimenti di eccellenza, recuperando per le nuove strutture pubbliche, i fondi dello stralcio dell’ex articolo 20 della legge, n.  67 del 1988 e, laddove possibile, i finanziamenti comunitari,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative per garantire un finanziamento adeguato alle più attuali esigenze di funzionamento del servizio sanitario nazionale, da rapportarsi, prioritariamente, al fabbisogno epidemiologico reale insoddisfatto, che andrà rilevato sui diversi territori, con investimenti adeguati sia in conto capitale che di esercizio;
2)    a valorizzare il finanziamento, in attesa che vengano perfezionati i costi e i fabbisogni standard, in rapporto all'andamento del prodotto interno lordo, all'anzianità degli assistiti, eventualmente considerando anche gli immigrati dimoranti, e agli indici di deprivazione socio-economica che caratterizzano la popolazione da assistere;
3)    a valutare modifiche radicali all'attuale sistema della salute verificando, in proposito, ipotesi alternative all'aziendalismo, che ha comunque prodotto danni irreparabili nelle regioni commissariate e ovunque performance non soddisfacenti, fatta eccezione per quelle assicurate dai 49 istituti di ricovero e cura a carattere scientifico – IRCCS, strutture di pregio del servizio sanitario nazionale;
4)    ad assumere iniziative per individuare, all'interno dei provvedimenti finalizzati per all'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, anche i livelli di assistenza sociale che andranno considerati insieme alle condizioni erogative cosiddette integrate, ai fini della determinazione del finanziamento relativo, nelle more della valorizzazione dei costi e fabbisogni standard di specie;
5)    a predisporre, di concerto con le regioni, un piano straordinario di investimenti per l'ammodernamento dei presidi sanitari.
(1-01407) «Occhiuto, Russo, Gullo, Crimi».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


      La Camera,
          premesso che:
              nello scorso decennio, il servizio sanitario nazionale è stato oggetto di numerosi interventi volti al contenimento dei costi, che hanno comportato una progressiva riduzione dei posti letto ospedalieri, le limitazioni al turnover del personale e il blocco della contrattazione collettiva;
              con riferimento a quest'ultimo aspetto, la Corte costituzionale, intervenuta a seguito di un'istanza sollevata dal Tribunale ordinario di Roma, con la sentenza n.  178 del 24 giugno 2015 ha stabilito l'illegittimità costituzionale sopravvenuta del regime di sospensione della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico;
              in particolare, la Consulta pur ribadendo, in linea di principio, che l'emergenza economica può giustificare la «stasi» della contrattazione collettiva, ha ritenuto fondate le censure sul congelamento della parte economica delle procedure contrattuali e negoziali dei contratti pubblici, in relazione all'articolo 39, primo comma, della Costituzione;
              la Corte ha, infatti, rilevato come il carattere ormai sistematico della sospensione delle procedure contrattuali «sconfina in un bilanciamento irragionevole» tra libertà sindacale, tutelata dall'articolo 39 della Costituzione e indissolubilmente connessa con altri valori di rilievo costituzionale e già vincolata da limiti normativi o da controlli contabili penetranti, ed esigenze di razionale distribuzione delle risorse e di controllo della spesa nell'ambito di una coerente programmazione finanziaria che rispetti l'articolo 81 dalla Costituzione;
              nonostante gli interventi di spending review e il fatto che la spesa sanitaria sia diminuita del nove per cento rispetto alla precedente rilevazione, il Sistema sanitario nazionale italiano si posiziona al terzo posto nel ranking mondiale dell'efficienza dei sistemi sanitari;
              la più recente normativa nazionale ed europea in materia di orario di riposo e di lavoro del personale sanitario dipendente, medici e non medici comporta notevoli criticità nella possibilità di erogare uguali a costanti servizi sanitari ai cittadini;
              la rete ospedaliera italiana si articola su circa seicentoquaranta strutture pubbliche e cinquecentoquaranta private accreditate, a la distribuzione percentuale in termini di quantità di posti letto è tale che solo poco più del trenta per cento delle strutture ospedaliere ha una capacità recettiva fino a centoventi posti letto, mentre le strutture rimanenti hanno un numero di posti letto compreso tra centoventi e quattrocento, al di fuori dei parametri che collimano generalmente con una maggiore efficienza e adeguato volume di attività, in situazioni non sempre giustificate da fattori socio sanitari o controbilanciate da una gestione dei percorsi all'interno di una funzionante rete assistenziale territoriale;
              in base ai dati disponibili l'Italia, con circa 3,6 medici ogni mille abitanti, si colloca apparentemente sopra la media dei Paesi dell'OSCE – pari a 3,2 medici ogni mille abitanti, ma risente poi, di fatto, di una distribuzione non uniforme tra le regioni e della disomogeneità derivante dalla diversità di strutture sanitarie cui conseguono differenti requisiti di dotazione del personale;
              l'Italia risulta, invece, al di sotto della media dei Paesi dell'OSCE sia per quanto riguarda il numero degli infermieri, 6,4 ogni mille abitanti contro 8,8, sia per quanto attiene al numero di posti letto in ospedale per acuti rispetto al quale la media italiana è pari a 3,4 per mille abitanti contro i 4,8 della media dei Paesi dell'OSCE;
              nel decennio tra il 2014 e il 2023 sono previste circa cinquantottomila cessazioni dei medici specialisti, alle quali vanno sommate le uscite dal servizio di oltre trentamila medici di medicina generale;
              al fine di una completa attuazione dell'articolo 32 della Costituzione l'assistenza sanitaria pubblica va preservata nella sua funzionalità, anche attraverso le necessarie dotazioni finanziarie e di personale,

impegna il Governo:

1)    a promuovere iniziative per la rivalutazione, in relazione all'entrata in vigore della direttiva europea su orari di lavoro e turni di riposo, dei requisiti minimi di dotazione di personale medico e infermieristico per l'accreditamento delle strutture medico-chirurgiche pubbliche e private;
2)    a procedere a una ricognizione accurata del numero dei medici ed infermieri attualmente in servizio sulla base del ricalcolo dei requisiti minimi di dotazione di personale effettuato dal Ministero della salute, affinché non siano ulteriormente penalizzati i presidi e le strutture che già presentano carenze croniche nell'organico di personale;
3)    ad assumere iniziative per prevedere e disporre le dotazioni finanziarie necessarie all'assunzione di personale medico e/o infermieristico in quelle strutture che, soprattutto dopo l'entrata in vigore della direttiva europea, evidenziano carenze di organico che impongono una inevitabile riduzione dei servizi e l'allungamento delle liste di attesa;
4)    ad assumere iniziative per definire una normativa nazionale che imponga senza deroghe alle regioni di ricercare l'incremento dall'efficienza ospedaliera e della appropriatezza nella rivalutazione degli ospedali in base a volumi, esiti delle procedure e estensione territoriale di pertinenza, al fine di accorpare ospedali e/o strutture poco efficienti e poco utili ai fini clinici e di servizio alla salute, promuovendo le strutture territoriali affinché siano in grado, dal punto di vista delle professionalità, delle tecnologie, della connessione con gli ospedali (organizzativa, informatica), di intercettare l'utenza che si rivolge impropriamente agli ospedali, ed in particolare ai presidi di pronto soccorso;
5)    ad assumere iniziative volte a eliminare il blocco del turnover del personale sanitario e a riaprire la contrattazione collettiva nazionale, dando seguito alle sentenze giurisprudenziali in materia;
6)    a promuovere una riforma dell'università, per i profili concernenti il settore sanitario, al fine di rendere disponibile un adeguato numero di medici specializzati e infermieri nei prossimi anni, anche con la promozione di ulteriori convenzioni obbligatorie tra università e ospedali sia per fa formazione che per l'ingresso anticipato nell'organico.
(1-01408) «Rampelli, La Russa, Giorgia Meloni, Petrenga, Taglialatela, Cirielli, Maietta, Nastri, Rizzetto, Totaro».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


      La Camera

impegna il Governo:

1)    a promuovere iniziative per la rivalutazione, in relazione all'entrata in vigore della direttiva europea su orari di lavoro e turni di riposo, dei requisiti minimi di dotazione di personale medico e infermieristico per l'accreditamento delle strutture medico-chirurgiche pubbliche e private;
2)    a procedere a una ricognizione accurata del numero dei medici ed infermieri attualmente in servizio sulla base del ricalcolo dei requisiti minimi di dotazione di personale effettuato dal Ministero della salute, affinché non siano ulteriormente penalizzati i presidi e le strutture che già presentano carenze croniche nell'organico di personale;
3)    a valutare la possibilità di assumere iniziative per prevedere e disporre le dotazioni finanziarie necessarie all'assunzione di personale medico e/o infermieristico in quelle strutture che, soprattutto dopo l'entrata in vigore della direttiva europea, evidenziano carenze di organico che impongono una inevitabile riduzione dei servizi e l'allungamento delle liste di attesa;
4)    a valutare la possibilità di assumere iniziative per definire una normativa nazionale che imponga senza deroghe alle regioni di ricercare l'incremento dall'efficienza ospedaliera e della appropriatezza nella rivalutazione degli ospedali in base a volumi, esiti delle procedure e estensione territoriale di pertinenza, al fine di accorpare ospedali e/o strutture poco efficienti e poco utili ai fini clinici e di servizio alla salute, promuovendo le strutture territoriali affinché siano in grado, dal punto di vista delle professionalità, delle tecnologie, della connessione con gli ospedali (organizzativa, informatica), di intercettare l'utenza che si rivolge impropriamente agli ospedali, ed in particolare ai presidi di pronto soccorso;
5)    ad assumere iniziative volte a eliminare il blocco del turnover del personale sanitario e a riaprire la contrattazione collettiva nazionale, dando seguito alle sentenze giurisprudenziali in materia.
(1-01408)
(Testo modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate) «Rampelli, La Russa, Giorgia Meloni, Petrenga, Taglialatela, Cirielli, Maietta, Nastri, Rizzetto, Totaro».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).