XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 1 marzo 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


      La Camera,
          premesso che:
              il 7 giugno 2014 sono entrati in vigore due regolamenti (il decreto del Presidente della Repubblica n.  85 e il decreto del Presidente della Repubblica n.  86 del 2014) sui poteri speciali (cosiddetti golden power) attinenti alla governance di società operanti in settori considerati strategici, applicativi della riforma operata con il decreto-legge 15 marzo 2012, n.  21, al fine di rendere compatibile con il diritto europeo la disciplina nazionale dei poteri speciali del Governo, che era stata oggetto di censure della Commissione europea e di una sentenza di condanna da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea. I due regolamenti riguardavano l'individuazione degli attivi di rilevanza strategica e il regolamento per l'individuazione delle procedure per l'attivazione dei poteri speciali;
              per «poteri speciali» si intende la facoltà concessa al Governo di dettare specifiche condizioni all'acquisito di partecipazioni, di porre il veto all'adozione di determinate delibere societarie e di opporsi all'acquisto di partecipazioni. Tali poteri si applicano, in particolare, nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché di taluni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni; la normativa suddetta si ricollega agli istituti della golden share e action spécifique previsti rispettivamente nell'ordinamento inglese e francese;
              con la nuova normativa i poteri speciali nei comparti difesa e sicurezza nazionale sono applicabili a tutte le società, pubbliche o private, che svolgono attività considerate di rilevanza strategica, e non più soltanto rispetto alle società privatizzate o in mano pubblica. Con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2014, n.  108 sono state individuate le attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale rispetto alle quali l'Esecutivo potrà imporre specifiche condizioni all'acquisto di partecipazioni; potrà porre il veto all'adozione di delibere relative ad operazioni di particolare rilevanza; potrà opporsi all'acquisto di partecipazioni, ove l'acquirente arrivi a detenere un    livello della partecipazione al capitale in grado di compromettere gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale; potrà dichiarare nulle le delibere adottate con il voto determinante delle azioni o quote acquisite in violazione degli obblighi di notifica, nonché delle delibere o degli atti adottati in violazione o adempimento delle condizioni imposte;
              le disposizioni su sicurezza e difesa sono state estese, attraverso regolamenti, agli asset strategici nel settore dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, nei quali l'eventuale opposizione tout court all'acquisizione di partecipazioni si può esercitare solo nei confronti di un'azienda extra Unione europea; una volta individuati tali asset, l'Esecutivo può far valere il proprio veto alle delibere, agli atti e alle operazioni, ovvero imporvi specifiche condizioni. A carico dei soggetti interessati, gli obblighi di notifica sono estesi alle delibere, atti o operazioni aventi ad oggetto il mutamento dell'oggetto sociale, lo scioglimento della società, la modifica di clausole statutarie riguardanti l'introduzione di limiti al diritto di voto o al possesso azionario;
              ulteriori diritti speciali in capo all'azionista pubblico sono stati previsti nella disciplina codicistica delle società, nonché, successivamente, nella legge 23 dicembre 2005, n.  266 (legge finanziaria 2006), che ha introdotto nell'ordinamento italiano la cosiddetta « poison pill» (pillola avvelenata) che consente, in caso di offerta pubblica di acquisto ostile riguardante società partecipate dalla mano pubblica, operanti in qualsiasi settore, di deliberare un aumento di capitale, grazie al quale l'azionista pubblico potrebbe accrescere la propria quota di partecipazione, vanificando il tentativo di scalata non concordata; quando la società in cui lo Stato detiene una partecipazione rilevante rientra anche tra le società privatizzate di cui alla legge n.  474 del 1994, la decisione di emettere questa « poison pill» influisce anche sull'efficacia dei tetti azionari, poiché, a partire dal momento in cui lo Statuto autorizza tali strumenti, la norma che prevede i tetti azionari cessa di trovare applicazione;
              da ultimo, l'articolo 7 del decreto-legge n.  34 del 2011, ha autorizzato la Cassa depositi e prestiti ad assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato, ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese; in questo ambito sono state definite «di rilevante interesse nazionale» le società di capitali operanti nei settori della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture, dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e dell'intermediazione finanziaria, della ricerca e dell'innovazione ad alto contenuto tecnologico e dei pubblici servizi;
              la normativa sulle offerte pubbliche di azioni (Opa), fissata dal testo unico della finanza (TUF), di cui al decreto legislativo n.  58 del 1998, ha, quale obiettivo principale, la tutela dell'investimento azionario da parte dei risparmiatori e degli investitori istituzionali italiani ed esteri rispetto alle decisioni degli azionisti di maggioranza; a questo scopo il legislatore ha stabilito che chiunque acquisti azioni oltre una certa soglia sia obbligato a lanciare un'Opa rivolta a tutti gli azionisti e che analogo obbligo si determini anche quando cambi la maggioranza assoluta all'interno di una società o di un accordo, pattizio che controlla una partecipazione già superiore alla soglia; l'attuale soglia unica del 30 per cento è efficace nel caso di società quotate a capitale diffuso in piccolissime quote, mentre non lo è quando, all'interno di una compagine azionaria frazionata, esista una società o un patto comunque dominanti nelle assemblee;
              le direttive dell'Unione europea esigono che sia stabilita una soglia per l'Opa obbligatoria, ma demandano agli Stati membri la sua determinazione; in Europa uno Stato, l'Ungheria, ha due soglie a percentuali fisse, mentre quattro Stati (Spagna, Repubblica ceca, Danimarca ed Estonia) hanno una soglia a percentuale fissa e un'altra a percentuale variabile, legata al controllo di fatto; in Italia, la precedente soglia unica al 30 per cento, infatti, venne a suo tempo individuata nella convinzione che avrebbe favorito il mercato del controllo laddove nessuno avesse avuto interesse a lanciare un'Opa. L'esperienza di questi ultimi 15 anni, invece, ha dimostrato che, molto spesso, il passaggio del controllo senza Opa ha favorito le rendite di posizione e penalizzato le minoranze azionarie, senza procurare vantaggi alle aziende, anzi non di rado gravandole di debiti ingenti legati al processo di acquisizione e non all'investimento operativo; il decreto-legge n.  91 del 2014 cosiddetto «decreto competitività» ha introdotto la doppia soglia Opa al 25 per cento per le società quotate, escluse le piccole e medie imprese che, invece, potranno scegliere di inserire nello statuto una soglia compresa tra il 20 per cento e il 40 per cento;
              per definire i criteri di compatibilità comunitaria della disciplina dei poteri speciali, comunque definiti, la Commissione europea ha adottato una apposita Comunicazione (97/C 220/06) con la quale ha affermato che l'esercizio di tali poteri deve comunque essere attuato senza discriminazioni ed è ammesso se si fonda su «criteri obiettivi, stabili e resi pubblici» e se è giustificato da «motivi imperiosi di interesse generale». Riguardo a taluni settori di intervento, la Commissione ha ammesso un regime particolare per gli investitori di un altro Stato membro qualora esso sia giustificato da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, con esclusione di ragioni di carattere economico e purché conforme alla giurisprudenza della Corte di giustizia;
              inoltre, secondo la Commissione europea, «l'interesse nazionale», invocato come criterio di base per giustificare diversi di questi provvedimenti, «... non risulta sufficientemente trasparente e può, quindi, introdurre un elemento di discriminazione nei confronti degli investitori esteri e un'incertezza del diritto». Pertanto, la Commissione né nega l'applicabilità se non in connessione e in subordine ai criteri già individuati i quali sottostanno alle ulteriori limitazioni della proporzionalità e della durata nel tempo;
              i singoli stati mantengono, in assenza di armonizzazione, un certo spazio discrezionale nel definire, nel rispetto dei vincoli posti dalla Corte di giustizia europea, sia i settori strategici, sia le forme di controllo all'accesso della proprietà delle società operanti in tali settori. Ne deriva una frammentazione del mercato interno. Molti degli Stati membri hanno mostrato, in modo crescente negli ultimi anni, una significativa propensione a prevedere forme di controllo agli investimenti diretti stranieri nei settori strategici, anche se diversi sono i settori considerati strategici e le forme di controllo in concreto previste;
              procedure di infrazione in materia di golden share hanno riguardato la Francia, il Belgio, la Spagna, la Germania il Portogallo e il Regno Unito. Dall'esame della giurisprudenza che ne è derivata, emerge che la Corte di giustizia europea, una volta rispettate le condizioni di massima individuate dalla Commissione europea, mostra prudenza nel sindacare previsioni statutarie restrittive della libertà di accesso del mercato. La misura nazionale è considerata restrittiva solo ove sia imposta in via imperativa da una norma nazionale. Viceversa, ciò non ricorrerebbe ove la normativa nazionale sia autorizzativa/dispositiva e rimetta di conseguenza alla libera scelta del privato l'adozione o meno di una misura che pur sia astrattamente idonea a limitare o restringere le libertà fondamentali;
              secondo la dottrina dalla giurisprudenza della Corte europea si deduce che «nessuna delle disposizioni di diritto societario comune neppure quelle che prevedono la facoltà, il cui esercizio è rimesso all'autonomia negoziale dei soci, di inserire nello statuto delle clausole che alterino il cosiddetto assetto di default modificando i quorum costitutivi e deliberativi oppure limitando i diritti di voto esercitabili in assemblea, oppure ancora creando strumenti in grado di spezzare il rapporto di corrispondenza tra entità del capitale posseduto e poteri amministrativi – può essere qualificata come restrizione della libertà circolazione dei capitali»;
              il nostro Paese è da tempo soggetto ad una serie di acquisizioni da parte di competitor stranieri, sia comunitari che extra comunitari, che, con tutta evidenza, ne stanno riducendo la base produttiva, economica e, da ultimo, finanziaria. Non si disconosce la rilevante importanza, per il nostro Paese, dell'apporto dei capitali esteri, sia come significativo contributo alla crescita economica e all'occupazione, sia come segnale della fiducia degli investitori internazionali. Tuttavia, taluni aspetti di queste cessioni e di queste scalate azionarie mettono comunque in luce una problematica che dovrebbe essere valutata e risolta;
              secondo i dati elaborati a inizio 2017 dai consulenti di Kpmg, multinazionale operante nel settore della consulenza per le imprese e gli Stati, dal 2006 al 2016, la somma investita dagli investitori internazionali in Italia arriva a 200 miliardi di euro dal 2006. Gli stessi esperti considerano questa una cifra sottostimata perché non include l'acquisto di partecipazioni di minoranza o i chip comprati a Piazza Affari. Per Kpmg la cifra reale si spingerebbe sopra i 300 miliardi di euro. Un trend che, negli ultimi anni, ha subito una buona accelerazione con picchi di 27 e 32 miliardi di euro tra il 2014 e il 2015 e 19 puntati nell'anno appena concluso. Le operazioni relative al solo passaggio del controllo del capitale (acquisizioni) sono state 1.340 in dieci anni. Se si includono le quote di minoranza, il numero raddoppia. Nel 2016 gli investitori esteri hanno chiuso 240 operazioni su asset della Penisola, con una crescita del 19,4 per cento;
              in tale ambito, tra la fine del 2015 e il 2016, la Francia ha effettuato operazioni di acquisizione di quote in Italia per 5 miliardi di euro, tra la quota in Telecom Italia e quella appena spuntata in Mediaset. Dal 2006, la Francia ha acquisito quote d'imprese per circa 52 miliardi di euro comprando 185 aziende, 34 lo scorso anno. L'alta finanza italiana è sempre più francese. Unicredit ha da poco venduto, per poco meno di 4 miliardi di euro, la sua Pioneer (un'ottima società di gestione del risparmio con 200    miliardi di soldi italiani investiti sui suoi prodotti) alla francese Amundi. Non esiste, nel credito, un esempio in direzione opposta, cioè acquisizioni da parte di banche italiane in Francia. Basti pensare alle operazioni Bnl-Bnp e Cariparma-Credit Agricole. Ad oggi, le loro operazioni sul suolo italiano stanno generando buoni risultati. Ciò avviene senza grandi sforzi finanziari, visto che Bnp Paribas e Credit Agricole non hanno voluto contribuire al fondo Atlante;
              c’è una sproporzione evidente tra il controvalore delle acquisizioni fatte nell'ultimo decennio da aziende italiane in Francia e i numeri dello shopping francese in Italia. Kpmg calcola che, a fronte dei 52    miliardi di euro spesi dagli investitori francesi in Italia tra il 2006 e il 2016, gli italiani abbiano messo sul piatto appena 7,6 miliardi di euro, se si analizzano i trend dal punto di vista qualitativo, si può notare che le acquisizioni transalpine riguardano principalmente settori strategici come finanza, telecomunicazioni, tecnologia, media e lusso;
              dopo l'acquisizione del 23,9 per cento di Telecom, l'aggressività del gruppo francese Vivendi, società francese attiva nel campo dei media e delle comunicazioni, è venuta di recente allo scoperto nei confronti di Mediaset. Causa scatenante dell'acquisizione del 28,8 per cento di azioni Mediaset da parte di Vivendi, sono state le azioni avviate dal Gruppo italiano a seguito della disdetta unilaterale operata dalla multinazionale francese nel luglio 2016 di un accordo su Mediaset premium, sottoscritto ad aprile 2016. Tale scalata appare oggi essersi arenata grazie ad un complesso di fattori favorevoli e concomitanti: la decisa risposta della proprietà Mediaset alle pretese della controparte, le difficoltà finanziarie interne a Vivendi, le    prese di posizione del Governo e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Giova rilevare che il gruppo Vivendi, tra Mediaset e Telecom, ha un portafoglio che, agli attuali prezzi di mercato vale 4,49 miliardi di euro, il che ne fa il terzo investitore francese a Piazza Affari dietro Bpce (5,23) e Lactalis (4,94);
              altro asset strategico nazionale che da tempo è oggetto di attenzione è Assicurazioni generali SpA, la cui ventilata acquisizione da parte del colosso assicurativo francese Axa appare avere conseguenze imprevedibili: Generali è uno dei primi proprietari immobiliari italiani, con un patrimonio di circa 24 miliardi di euro e detiene 500 miliardi di asset, di cui ben 70 investiti in titoli di Stato italiani. È una delle poche compagnie finanziarie italiane ad avere caratura internazionale, essendo presente in 60 Paesi, con 470 società e quasi 80.000 dipendenti. Oltre che quarta compagnia di assicurazioni a livello mondiale, Generali è anche il terzo gruppo industriale italiano, ha 113 miliardi di euro di fatturato e controlla le grandi partecipazioni e scheletri industriali, spine dorsali industriali del nostro Paese. Infine Generali è socio forte di Monte dei Paschi di Siena assieme ad Axa stessa;
              ulteriori preoccupazioni nascono se si osserva il board che attualmente governa Generali: l'attuale capo-azienda delle Generali, il francese Philippe Donnet, è stato inquadrato da «quel-che-resta» dell’establishment finanziario italiano come un possibile «cavallo di Troia» per un take-over francese su Generali; Donnet si è affrettato a smentire le ricorrenti voci di una fusione con Axa, ma i dossier con progetti che vanno in questa direzione ingombrano le scrivania delle società di analisi finanziarie e di advisoring finanziario; è anche circolata l'ipotesi di una vendita della divisione francese di Generali ad Allianz, che (eliminando in premessa le sovrapposizioni di mercato oggi esistenti in Francia tra Axa e Generali, con i relativi profili di trust) avrebbe spianato la strada alla fusione;
              se si esclude lo stabile presidio del top-management rappresentato dal direttore generale del gruppo Alberto Minali – il vertice di Generali non ha fatto altro, negli ultimi tempi, che aggiungere «francesità» alla propria fisionomia culturale. È stato nominato da poco come capo degli investimenti colui che è stato nel vertice di Axa Investment Managers. Non c’è bisogno di fare nomi, basta guardare il libro soci e la governance. Come pure è francese l'amministratore delegato di Unicredit, Jean-Pierre Mustier, altra realtà finanziaria che si teme possa prendere la strada della Francia. Correttamente è stato osservato (Sole 24 Ore) che il risparmio degli italiani rappresenta una delle attività che più interessano la Francia;
              l'unico grande attore finanziario del mercato, con quattro quarti di italianità e (grazie a vent'anni di gestione migliore della media del sistema) un'invidiabile solidità patrimoniale è Banca Intesa Sanpaolo. Ed è chiaro che un avvicinamento tra Intesa e le Generali sarebbe per i presentatori del presente atto di indirizzo l'unica mossa in grado di prevenire l'inevitabile assalto. Tuttavia, Generali ha reagito alla sola notizia dell'interessamento alla fusione di Intesa, acquistando il 3,1 per cento di questa. Circa a metà febbraio Intesa ha deciso di non proseguire su questa strada;
              abbastanza differente, al contrario, la filosofia dei gruppi italiani che fanno campagna acquisti in Francia. Si tratta più di operazioni mirate e in settori meno strategici per lo Stato francese, che è storicamente protezionista verso le proprie grandi imprese. Il Governo transalpino ha posto una serie di condizioni da quando si è ufficialmente aperta la trattativa per l'acquisizione di Stx France, controllata dalla coreana STX Offshore & Shipbuilding e dallo Stato stesso, da parte di Fincantieri. Parigi ha una quota del 33 per cento nella ex Chantiers de l'Atlantique. Ha diritto di prelazione sulle azioni ancora in mano ai coreani e, in virtù della legge sulle società strategiche, ha il potere di stoppare qualsiasi operazione suscettibile di ledere gli interessi nazionali. Il Governo francese secondo i presentatori del presente atto non si blinderà contro Fincantieri, ma ha i mezzi per ottenere un accordo vantaggioso e tutelare know how e occupazione;
              pur nella diversità dei vari contesti, le metodologie di scalata di questi asset sembrano seguire un copione prestabilito: rastrellamento di azioni, intese e acquisizioni strategiche, manovre di borsa, con l'obiettivo di affossare o gonfiare, a seconda delle esigenze, il valore del titolo; se necessario, lancio dell'offerta pubblica di acquisto e, conclusivamente, acquisizione. La Borsa appare sempre più, non come il luogo dove le imprese si finanziano, ma come il luogo dove si può perdere il controllo della propria impresa, senza che sia possibile intervenire, a causa della preponderante potenza finanziaria della controparte;
              il sistema bancario nazionale, da sempre perno centrale della capitalizzazione delle imprese nazionali, si trova nel cuore di una profonda crisi da ristrutturazione e non è più in grado di capitalizzare le imprese. L'annoso problema dei crediti in sofferenza, eredità della recessione, ha eroso il patrimonio degli istituti. Le banche in questi anni hanno dovuto concentrarsi più sul rafforzamento del loro capitale e in questo modo si è creato un vuoto. Le imprese, pertanto, si ritrovano o sottoquotate o sottocapitalizzate e il loro valore reale è superiore al valore di mercato: questa situazione è stata definita «Capitalismo senza capitali»;
              secondo la Relazione trasmessa al Parlamento «in materia di esercizio dei poteri speciali», dal Ministro per i rapporti col Parlamento e redatta dal Comitato di coordinamento per l'esercizio dei poteri speciali (periodo 3 ottobre 2014 al 30 giugno 2016), il golden power finora si è rivelato un'arma spuntata. Il bilancio appena pubblicato dal Governo mette in luce tutte le fragilità di una normativa che appare inadeguata in una fase storica dominata da un'ondata di investimenti esteri. Nel periodo, sono stati emanati solo 2 decreti con prescrizioni su 30 operazioni notificate, e mai si è arrivati a porre il veto;
              circa il 47 per cento delle notifiche ha riguardato operazioni nel settore della difesa e sicurezza nazionale, il 23 per cento le comunicazioni, il 17 per cento l'energia, il 13 per cento i trasporti;
              secondo il Comitato, l'attuale meccanismo «entra in gioco in maniera tardiva e cioè solo a seguito di decisioni già programmate e/o assunte dalle aziende». Il Rapporto «ritiene auspicabile perseguire obiettivi atti ad indirizzare ed accompagnare le scelte più importanti della vita di una società». L'obiettivo deve essere «..assicurare continuità alla protezione degli assetti strategici nazionali attraverso la tutela nei confronti di manovre acquisitive che sottendono all'obiettivo di sottrarre tecnologie e know how industriale e commerciale essenziale per la competitività del sistema Italia». «...Il mondo sta cambiando velocemente e anche gli strumenti di difesa devono aggiornarsi, come del resto stanno facendo competitor come Germania e Regno Unito..». «..Lo squilibrio in termini di fusioni e acquisizioni (merger and acquisitions) è nei numeri e merita di essere approfondito..»;
              il decreto-legge 15 marzo 2012, n.  21 predisposto dal Governo pro tempore Monti, disponeva che i provvedimenti attuativi fossero aggiornati ogni tre anni. Quindi si apre proprio nel 2017 una finestra utile per aggiornare la normativa. Stando alle dichiarazioni di membri del Governo, relative al periodo in cui l'operazione «Mediaset-Vivendi» era all'attenzione della pubblica opinione, il golden power potrebbe essere esteso per campo di applicazione e per modalità di esercizio, ad esempio prevedendo una fase negoziale tra governo e investitore straniero per confrontarsi sui piani. In entrambi i casi, il Governo punterebbe a ottenere garanzie su permanenza in Italia di asset produttivi strategici, competenze e posti di lavoro. Potrebbero essere fissati nuovi obblighi, in modo particolare per operazioni di fonte extra Unione europea o effettuate da imprese di Paesi che non rientrano tra le economie di mercato. Il Governo afferma che si valuta «..l'opportunità di introdurre una regolamentazione che incrementi gli obblighi di trasparenza a carico degli acquirenti, esaminando anche le normative vigenti in altri Paesi e nell'Ocse..». Si ritiene possibile l'introduzione di una norma ispirata alla disciplina relativa alla Securities and Exchange Commission, l'autorità di Borsa americana, nella quale si impone all'investitore che supera l'acquisto del 5 per cento di fornire alla Consob un'informativa dettagliata sui piani di investimento, quanto meno in situazioni strategiche o di potenziale conflitto di interessi;
              assistere oggi alla cessione, alla svendita o al trasferimento di aziende centrali non solo per il loro portato economico in termini occupazionali e di sviluppo di indotto, ma persino operanti in settori definiti «strategici», come Telecom Italia, o, a suo tempo, Alitalia, mostra come, nell'attuale fase, l'azione dell'Esecutivo sia, secondo i presentatori del presente atto, insufficiente rispetto alla fase di deindustrializzazione che sta attraversando il nostro Paese e che occorra adottare nuove e straordinarie misure a tutela del tessuto produttivo italiano, del risparmio degli italiani, del know how italiano e di conseguenza a tutela della base occupazionale nazionale. In questo quadro, i rischi connessi alla vicenda Assicurazioni Generali SpA-Axa-Unicredit, rappresenta un ulteriore salto di qualità, in quanto è in gioco il risparmio nazionale e il possesso di innumerevoli asset industriali;
              conclusivamente, è impressionante la serie di acquisizioni estere elencate nella citata Relazione, che, per questa parte, non copre l'anno 2016, ma si limita agli anni 2014-2015. Si riporta testualmente: «Nel 2014-2015 sono state acquistate da soggetti esteri tra l'altro imprese siderurgiche italiane (Acciaierie di Terni dalla Germania e di Piombino dall'Algeria), di telefonia (Telecom Italia dalla Francia e Wind dalla Russia), industriali (Pirelli dalla Cina, Italcementi dalla Germania, Indesit dagli USA), farmaceutiche (Rottapharm dalla Svezia, Sorin dagli USA, Sigma-Tau Pharma Ltd dagli USA e Gentium S.p.a. dall'Irlanda), finanziarie (Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane S.p.a. dagli USA, BSI – Banca della Svizzera Italiana dal Brasile), della moda e del lusso (Krizia dalla Cina, oltre a numerose operazioni negli anni precedenti da Francia e paesi arabi in particolare), alimentari (numerose operazioni di dimensioni minori), oltre agli acquisti di quote percentuali limitate ma significative in volume di investimenti di società industriali, finanziarie e bancarie da parte della State Administration of Foreign Exchange cinese e della People's Bank of China (ENI, ENEL, FCA, Telecom Italia, Prysmian, Mediobanca, Generali, Saipem, Terna, Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banca Monte dei Paschi di Siena)»,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative normative per introdurre, con criteri di urgenza, l'estensione dell'esercizio dei poteri speciali (cosiddetto golden power) anche alle società nazionali operanti nel settore finanziario, con particolare riferimento a quelle società che gestiscono rilevanti quote sia del risparmio nazionale, che di asset produttivi;
2)    ad assumere iniziative normative per introdurre, con le medesime modalità, modifiche alla normativa vigente sul golden power che diano corso alle proposte del Comitato di coordinamento per l'esercizio dei poteri speciali, prevedendo:
          a) l'introduzione del criterio di reciprocità con gli Stati esteri in materia di acquisizione di asset rilevanti;
          b) l'incremento degli obblighi di trasparenza a carico degli acquirenti, esaminando anche le normative vigenti in altri Paesi e nell'Ocse;
          c) l'obbligo delle comunicazioni preventive a carico dell'investitore che superi la quota del 5 per cento in società ritenute strategiche nelle quali siano evidenziati, tramite informativa dettagliata alla Consob, i piani di investimento, i potenziali conflitti di interessi, nonché le azioni volte al mantenimento sul territorio nazionale delle strutture produttive e dei livelli delle strutture produttive e dei livelli occupazionali, anche al fine di assicurare l'invarianza del gettito fiscale da parte delle società acquisite dall'estero;
3)    ad attuare il disposto del comma 7 dell'articolo 1, del decreto-legge 15 marzo 2012, n.  21, convertito con modificazioni dalla legge 11 maggio 2012, n.  56, nella parte in cui prevede l'aggiornamento della normativa per l'individuazione delle attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e di sicurezza nazionale «almeno ogni tre anni»;
4)    a valutare la possibilità di assumere iniziative normative per estendere l'esercizio dei poteri speciali anche ai settori dell'agroalimentare e delle tecnologie avanzate, nonché ai settori ad alta intensità di lavoro.
(1-01525) «Lupi, Tancredi, Garofalo, Vignali, Bosco, Misuraca, Sammarco, Scopelliti».

Risoluzione in Commissione:


      La IX Commissione,
          premesso che:
              il servizio erogato dalla società Poste italiane è regolato da apposito contratto di programma stipulato con il Ministero dello sviluppo economico; il 15 dicembre 2015 il contratto per il quadriennio 2015-2019 è stato firmato dall'amministratore delegato della società, Francesco Caio e dal Ministro dello sviluppo economico pro tempore, Federica Guidi;
              all'articolo 1, comma 2, del contratto si riporta che Stato e società perseguono obiettivi di coesione sociale ed economica e prevedono la fornitura di servizi utili al cittadino, alle imprese e alle pubbliche amministrazioni mediante l'utilizzo della rete postale della società;
              il contratto recepisce la legge 23 dicembre 2014 n.  190, la quale stabilisce che gli obiettivi percentuali medi di recapito dei servizi postali universali sono riferiti al recapito entro il quarto giorno lavorativo successivo a quello di inoltro nella rete pubblica postale, salvo quanto previsto per gli invii di posta prioritaria;
              il Contratto richiama la necessità di «adeguare i livelli di servizio alle mutate esigenze degli utenti in funzione dei mutamenti intervenuti nel contesto tecnico, economico e sociale, anche al fine di tener conto della sostenibilità economica e finanziaria della fornitura dei servizi, compatibilmente con i bisogni dei consumatori e della collettività»;
              la carta del servizio postale universale, redatta in conformità all'articolo 12 del decreto legislativo n.  261 del 1999 ed alle delibere dell'Autorità di regolamentazione del settore postale n.  184/13/CONS e n.  413/14/CONS, alla voce «Obiettivi di qualità/Tempi di consegna» indica, per l'Italia, la consegna entro 4 giorni lavorativi successivi a quello di accettazione nel 90 per cento dei casi, entro 6 giorni lavorativi successivi a quello di accettazione nel 98 per cento dei casi; per l'Europa la consegna nell'85 per cento dei casi in 8 giorni lavorativi – esclusi sabato e festivi – oltre il giorno di spedizione; per il bacino del Mediterraneo la consegna nell'85 per cento dei casi in 12 giorni lavorativi – esclusi sabato e festivi – oltre il giorno di spedizione; per il Nord America e l'Oceania, la consegna nell'85 per cento dei casi in 16 giorni lavorativi – esclusi sabato e festivi – oltre il giorno di spedizione e per il resto del mondo, la consegna nell'85 per cento dei casi in 22 giorni lavorativi – esclusi sabato e festivi – oltre a quello di spedizione;
              in diverse zone del territorio nazionale si susseguono da almeno due anni numerose segnalazioni da parte di utenti, sindaci e organi di stampa sulla consegna della corrispondenza ben oltre le tempistiche indicate; i ritardi lamentati si intensificano in occasione delle ferie estive e delle festività natalizie, ma si verificano durante l'intero arco dell'anno, senza che si vedano segni di un miglioramento del servizio;
              la consegna ritardata della posta causa, sovente, a cittadini e imprese, un danno economico per la mancata ricezione entro le scadenze previste di bollette, avvisi di pagamento, solleciti e simili, con conseguente scatto di interessi di mora,

impegna il Governo:

          ad adottare le iniziative di competenza per fronteggiare questi disservizi rilevati sul territorio nazionale e potenziare il servizio postale universale;
          a verificare il rispetto del contratto di programma sottoscritto con la società Poste italiane e ad assumere le iniziative di competenza nel caso in cui emergano inadempienze rispetto al contratto;
          ad adottare le opportune iniziative per la revisione e l'aggiornamento della normativa in materia, anche mediante l'introduzione di strumenti innovativi per il servizio postale universale, al fine di favorire la possibilità di Poste italiane di dotarsi di nuovi sistemi di invio e consegna della corrispondenza che non richiedono la presenza dell'operatore.
(7-01205) «Catalano, Oliaro».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      CRISTIAN IANNUZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il decreto-legge 28 dicembre 2013, n.  149, recante «abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione» ha abrogato il finanziamento pubblico dirette dei partiti politici e lo ha sostituito con un sistema di finanziamento basato sulle detrazioni fiscali delle donazioni private e sulla destinazione volontaria del 2 per mille dell'imposta sui reddito delle persone fisiche;
          il completamento del processo di riforma della disciplina del finanziamento pubblico ai partiti risulta, tuttavia, subordinato all'approvazione ed alla successiva emanazione di sette provvedimenti attuativi (decreti del Presidente del Consiglio dei ministri e decreti ministeriali), previsti dal citato decreto;
          al riguardo, si evidenzia come il Presidente del Consiglio e il Ministro dell'economia e delle finanze non abbia ancora provveduto all'adozione, nei termini previsti dalla legge, di alcuni provvedimenti attuativi inerenti a determinate materie specificamente indicate;
          più precisamente, non sono stati emanate le disposizioni che limitavano il contributo dei privati oltre il tetto dei 100 mila euro (articolo 10, comma 8), così come quelle sui controlli dei mezzi di pagamento diversi dal contante (articolo 5, comma 3)  –:
          sulla base di quali specifiche motivazioni non si sia ancora provveduto in ordine all'adozione dei sopra richiamati provvedimenti attuativi;
          se intendano adoperarsi per favorire in tempi rapidi, e per quanto di propria competenza, l'adozione dei decreti attuativi relativi ai limiti da applicare al contributo dei privati e ai controlli dei mezzi di pagamento diversi dal contante.
(5-10718)


      INCERTI, ALBANELLA, GNECCHI, GIACOBBE, FABBRI, PATRIZIA MAESTRI, CASELLATO e DI SALVO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 25 del decreto legislativo n.  80 del 2015 prevede, in via sperimentale per il triennio 2016-2018, che una quota pari al 10 per cento delle risorse del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, di cui all'articolo 1, comma 68, ultimo periodo, della legge 24 dicembre 2007, n.  247, e successive modificazioni, sia destinata alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata;
          il suddetto articolo prevede, altresì, una cabina di regia che definisca modalità e monitoraggio e di cui fanno parte tre rappresentanti designati dal Presidente del Consiglio dei ministri o, rispettivamente, ove nominati, dal Ministro delegato per le politiche della famiglia, dal Ministro delegato per le pari opportunità e dal Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, da un rappresentante designato dal Ministro dell'economia e delle finanze, e da un rappresentante designato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali che la presiede  –:
          se il suddetto Fondo sia stato impiegato e in quale misura per l'anno 2016 e se la cabina di regia sia    stata attivata e in caso affermativo, quali modalità di utilizzo di risorse umane, strumentali e finanziarie    sono state approntate. (5-10726)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BOCCADUTRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          Riccardo Orioles è stato un redattore di Giuseppe Fava detto Pippo, giornalista catanese noto per le sue battaglie contro Cosa nostra, insieme al quale ha fondato «I Siciliani», edito a Catania, l'unico giornale cittadino che all'epoca denunciava le attività illecite di Cosa nostra;
          dopo la morte di Fava, ucciso il 5 gennaio 1984 da Cosa nostra, Orioles ha portato avanti l'esemplare impegno antimafia del giornale, creando e firmando diverse testate giornalistiche – tra cui la storica «Avvenimenti», dove ha ricoperto il ruolo di caporedattore – fino alla riapertura de «I Siciliani» nel 1993, fallito nel 1996 per mancanza di introiti pubblicitari;
          dal 1999 svolge la sua attività giornalistica scrivendo e diffondendo, via posta elettronica, l’e-zine gratuita La Catena di San Libero, ripresa da numerosi siti internet, e pubblicata fino al 2004 all'interno della rubrica «Tanto per abbaiare» del portale di intrattenimento «Clarence»;
          dal 2008 firma la rivista di politica, attualità, cultura, e di impegno antimafia «I Siciliani-Giovani», a diffusione nazionale, nata sulle orme de «I Siciliani». La redazione giornalistica è composta dai carusi di Pippo Fava e da quelli, più giovani e provenienti da ogni parte d'Italia, di Orioles;
          è direttore responsabile di numerose testate giornalistiche, ha onorato la Patria con le sue doti intellettuali e con il suo coraggio, la sua intelligenza, la sua umanità e la sua indipendenza;
          oggi vive a Milazzo, con una pensione di vecchiaia che non gli consente di continuare le cure per le sue patologie cardiache e gli acciacchi dovuti all'età;
          Orioles ha ottenuto contributi pensionistici solo per quattro anni di lavoro, nonostante abbia vissuto una carriera da scrittore e giornalista con la «schiena dritta»;
          dal 6 gennaio 1984 ad oggi lavora per formare nuove generazioni di giornalisti: da Nord a Sud dell'Italia centinaia di cronisti, direttori e redattori di varie testate hanno trovato in lui un maestro della professione, della deontologia, dell'inchiesta, soprattutto in materia di antimafia;
          il 26 dicembre 2016, il comitato «#MandiamolnPensioneOrioles» ha lanciato una petizione sulla piattaforma Change.org per chiedere alle istituzioni di far accedere Riccardo Orioles ai benefici di cui alla «Legge Bacchelli», che ha istituito un fondo a favore di cittadini illustri che versino in stato di particolare necessità;
          il giornalista milazzese gode secondo l'interrogante di tutti i requisiti per accedere ai sussidi del fondo: la cittadinanza italiana, l'assenza di condanne penali irrevocabili, la chiara fama e meriti acquisiti nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, dell'economia, del lavoro, dello sport e nel disimpegno di pubblici uffici o di attività svolte. Come lo scrittore Riccardo Bacchelli, per il quale è stata approvata la legge n.  440 dell'8 agosto 1985;
          la petizione è stata indirizzata ai Presidenti di Camera e Senato, con il sostegno di oltre trentamila firme;
          l'iniziativa ha ricevuto il sostegno di politici, giornalisti, magistrati e personaggi pubblici e del mondo dello spettacolo, così come il sostegno dell'ordine dei giornalisti nazionale e della Sicilia e della Federazione nazionale stampa italiana;
          il Governo non risulta essersi ancora espresso sulla possibilità di concedere i benefici della «legge Bacchelli» a Orioles;
          la petizione, ad oggi ancora aperta, conta oltre trentaduemila firme, e il sostegno alla stessa risulterebbe in continua crescita;
          sono state organizzate numerose iniziative di raccolta fondi per coprire, anche se in modo provvisorio, le gravi difficoltà economiche cui va incontro Riccardo Orioles  –:
          se la cosiddetta «commissione Bacchelli» si sia riunita per esaminare la richiesta per l'assegnazione del sussidio a favore di Riccardo Orioles e, in ogni caso, se non intenda assumere le iniziative di competenza a tal fine. (4-15750)


      CAPARINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          in seguito all'annullamento da parte del Tar, il 25 gennaio 2017, del regolamento che ha disciplinato la fornitura servizi delle agenzie di stampa per il 2016 (e che avrebbe dovuto disciplinarla anche per il 2017), il Governo sembra aver optato per l'indizione di un bando di gara europeo per l'assegnazione dei contratti di servizio con le agenzie di stampa per l'informazione giornalistica primaria italiana a partire dal secondo semestre dell'anno 2017;
          questa scelta è secondo l'interrogante in esplicito contrasto con l'intento del legislatore che ha normato tali servizi (comma 24 dell'articolo 55 della legge 27 dicembre 1997, n. 449), laddove si prevede che l'acquisto dei servizi delle agenzie stampa avvenga da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri tramite procedura negoziata, senza pubblicazione di un bando di gara, intento che trova conferma nella recente legge 26 ottobre 2016, n.  198 che ha esteso la facoltà di aggiudicare i servizi di agenzie stampa senza obbligo di gara anche agli altri enti locali;
          il nuovo codice degli appalti pubblici, entrato in vigore il 18 aprile 2016 (si veda in particolare l'articolo 63, comma 3, del decreto legislativo n.  50 del 2016) lascia discrezionalità al decisore pubblico circa l'assegnazione in licitazione privata di quei contratti di servizio relativi ai prodotti dell'ingegno e al copyright che sono tipica espressione dei servizi di produzione intellettuale riconducibili all'attività giornalistica d'informazione primaria ovvero al primo anello della catena del valore di un'informazione libera, democratica e pluralistica, sancita e garantita dalla Costituzione;
          una grande problematica legata alla gara europea per l'assegnazione dei contratti di servizio sopra richiamati è quella relativa alla possibilità di accesso di attori stranieri nel settore nevralgico dell'informazione giornalistica primaria: sia con riferimento a quelli destinatari di contratti di servizio con i rispettivi Governi (France Press, che riceve 134 milioni di euro di denaro pubblico), sia quelli a inglesi (Reuters), con sede legale in un Paese che presto sarà extra-comunitario, sia a quelli di proprietà governativa, come la EFE spagnola, sia a tutti quelli non comparabili per dimensioni societarie, dimensioni organizzative, dimensioni internazionali, alle agenzie di stampa del nostro Paese;
          l'attività di informazione e rilancio della comunicazione istituzionale e governativa negli altri Paesi europei è affidata alle agenzie di stampa nazionali (France Press, EFE, Reuters, Associated Press), a tutela degli interessi strategici degli Stati e dei Governi, pertanto le agenzie italiane non godrebbero del diritto di reciprocità;
          questa scelta del Governo, che appare all'interrogante inopportuna sotto tutti i punti di vista sopra descritti, rischia per di più di creare un grave problema occupazionale per 830 giornalisti, più 1.400 giornalisti collaboratori per un totale di 2.230 giornalisti e circa 800 lavoratori del settore poligrafico per un totale occupazione di 3.000 lavoratori occupati;
          ad avviso dell'interrogante risulta dannoso per il nostro Paese indire una gara europea che potrebbe consegnare a concorrenti internazionali, che per dimensioni societarie, organizzative e internazionali non sono comparabili agli attori dell'informazione primaria nazionale e ad operatori di Paesi esteri, che non consentono il diritto di reciprocità nel rispetto delle logiche della leale concorrenza, la fetta più grande del finanziamento pubblico nel settore strategico dell'informazione primaria, la cui sicurezza dovrebbe essere difesa e rientrare tra gli interessi del Paese  –:
          se il Governo non ritenga fondamentale assumere le iniziative di competenza perché, con riguardo ai contratti di servizio con le agenzie di stampa, nell'ambito dei criteri che presiedono alle procedure di gare internazionali sia richiesto il diritto di reciprocità per le agenzie italiane, con specifico riferimento alla salvaguardia degli interessi nazionali e in difesa dell'occupazione e della professionalità dei lavoratori giornalisti e poligrafici, della democraticità e del pluralismo dell'informazione sancito dalla Costituzione italiana e ribadito di recente dal Legislatore e dalla giurisprudenza;
          quali iniziative intenda assumere per garantire la sopravvivenza del comparto delle agenzie di stampa nazionali, tutelando in primo luogo i diritti dei lavoratori coinvolti. (4-15758)


      DADONE, DIENI, COZZOLINO, NUTI, CECCONI, TONINELLI e DI VITA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il decreto-legge n.  149 del 2013, convertito dalla legge 21 febbraio 2014, n.  13, ha riformato il sistema vigente di finanziamento pubblico ai partiti e ai movimenti politici. Tra le varie norme introdotte dal decreto alcune rinviano a successivi provvedimenti di natura regolamentare per la loro piena attuazione;
          l'articolo 10, comma 8, impone il divieto ai soggetti diversi dalle persone fisiche di effettuare erogazioni liberali in favore dei partiti politici per un valore complessivamente superiore in ciascun anno ad euro 100.000, e demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che doveva essere adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, la definizione dei criteri e modalità ai fini dell'applicazione del divieto ai gruppi di società e alle società controllate e collegate di cui all'articolo 2359 del codice civile;
          il comma 3 dell'articolo 5 del decreto n.  149 del 2013 demandava invece ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, che avrebbe dovuto essere emanato entro due mesi dall'entrata in vigore dello stesso decreto-legge, l'individuazione delle modalità per garantire la tracciabilità delle operazioni di pagamento effettuate con mezzi diversi dal contante;
          la piena attuazione di entrambe le norme ha grande rilievo sulla piena trasparenza e correttezza dei finanziamenti e delle erogazioni in favore dei partiti politici. Ad oggi però, come rilevato anche dal blog Openpolis in un dossier dal titolo «il secondo tempo delle leggi» i due provvedimenti attuativi non sono stati ancora adottati dal Governo nonostante riguardino norme ritenute necessarie e urgenti al punto da essere state inserite in un decreto-legge  –:
          quali siano i motivi per i quali il Governo non abbia adottato i provvedimenti attuativi delle norme riportate in premessa e se e in quali tempi intenda provvedervi. (4-15759)


      RIZZETTO, LA RUSSA, NASTRI, TOTARO, RAMPELLI, GIORGIA MELONI, PETRENGA, CIRIELLI, MURGIA e TAGLIALATELA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          il giorno 19 dicembre 2016 ha avuto luogo a Berlino l'attentato ai mercatini di Natale nel corso del quale persero la vita 12 persone tra cui la nostra connazionale Fabrizia Di Lorenzo;
          a seguito dell'attentato, come riferiscono i familiari della vittima a mezzo stampa (http://www.corriere.it), per quasi tre giorni, le autorità tedesche non fornirono alcuna informazione, supporto, interpreti, né tanto meno alcun sostegno psicologico;
          una volta accertato il decesso della Di Lorenzo, sono state necessarie le insistenze della famiglia e dei diplomatici italiani per autorizzare un volo di Stato che riportasse la salma in Italia;
          infine, la famiglia non riceverà alcun risarcimento poiché, in base ad una legge tedesca del 1985, il risarcimento sarebbe escluso per i danni causati nel caso di un assalto «con un veicolo a motore o un rimorchio», equiparando di fatto le vittime di un attentato terroristico a quelle della strada  –:
          quali iniziative si intenda intraprendere nei confronti del Governo tedesco affinché si riconosca alla famiglia un corretto risarcimento e un sollievo, ancorché di rilevanza non materiale, ammettendo le proprie mancanze e, dando adeguato seguito a quelle che appaiono agli interroganti le più che legittime richieste dei familiari della nostra connazionale.
(4-15766)


      COLLETTI, DEL GROSSO e VACCA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          dalla lettura di numerose fonti di stampa (tra le quali « certastampa.it» del 16 febbraio 2017) si è venuti a conoscenza della notizia dell'inchiesta giudiziaria relativa alla regione Abruzzo. L'indagine riguarderebbe l'appalto sulla ristrutturazione di Palazzo Centi (sede della giunta abruzzese), a seguito del terremoto del 6 aprile 2009. In particolare, la procura contesterebbe le ipotesi di reato di corruzione, turbativa d'asta e abuso d'ufficio, oltre a pressioni per la scelta dei nomi in commissione e al fatto che i progettisti avrebbero avuto gli elaborati progettuali quattro mesi prima del bando di gara. Si legge anche dell'esistenza di altri due filoni di indagine – uno relativo all'appalto di opere pubbliche a Penne (Pescara) e un altro a Pescara per lavori preventivati su case popolari – curate da carabinieri e polizia di Stato. Tra gli indagati vi sarebbero, oltre al presidente della regione Luciano D'Alfonso, anche l'Architetto Gianluca Marcantonio;
          l'architetto è stato nominato nell'agosto del 2016 componente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, dietro indicazione della Conferenza unificata Stato-regioni;
          a ciò si aggiunge la recente nomina a componente del Comitato tecnico scientifico a disposizione della struttura del Commissario per la ricostruzione delle zone colpite dai terremoti del 2016, istituito con ordinanza commissariale n.  11 del 9 gennaio 2017;
          come risulta dall'articolo di stampa « Primadanoi.it» del 17 febbraio 2017 l'architetto avrebbe al suo attivo già diversi incarichi alla regione tra 2014 e 2015 («a guida dalfonsiana») ed anche per la demolizione dell'ex Cofa; infine, da quanto si legge nello stesso articolo, Gianluca Marcantonio sarebbe stato testimone a favore del presidente della giunta regionale in uno dei processi che lo hanno visto protagonista, relativamente alla costruzione della villa dello stesso a Lettomanoppello;
          ai sensi dell'articolo 3 dell'ordinanza del commissario straordinario del Governo per la ricostruzione (con la quale si è istituito il comitato tecnico scientifico) si dispone che i componenti del comitato sono nominati tali «(...) in considerazione dell'elevata professionalità posseduta, nonché della manifesta e specifica esperienza maturata in materia giuridica, di urbanistica, di ingegneria sismica, di tutela e valorizzazione dei beni culturali, con particolare riguardo ai territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria (...)»;
          al fine di garantire una reale indipendenza di giudizio sarebbe stato, probabilmente, più opportuno effettuare tali nomine ricorrendo allo strumento del concorso pubblico così da rendere possibile a tutti i migliori professionisti di partecipare;
          pertanto, i fatti esposti, laddove venissero accertati nelle competenti sedi giudiziarie, rischierebbero di compromettere gravemente i princìpi di legalità, buona amministrazione e di imparzialità di cui all'articolo 97 della Costituzione, in combinato disposto con gli articoli 51 e 98 della Costituzione, nello specifico queste ultime previsioni costituzionali mirano a preservare la pubblica amministrazione da possibili influenze politiche o di altro genere  –:
          se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa, e in particolare, se non ritenga di assumere iniziative di competenza in merito alla vicenda;
          se non intenda chiarire secondo quali criteri sia stato scelto, tra centinaia di professionisti esperti del settore, l'architetto Gianluca Marcantonio quale componente del comitato tecnico-scientifico della struttura del commissario per la ricostruzione in centro Italia. (4-15771)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


      L'ABBATE e SCAGLIUSI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          si richiama l'interrogazione a risposta scritta n.  4-15039 del 20 dicembre 2016 e la relativa risposta del Sottosegretario di Stato Vincenzo Amendola del 22 febbraio 2017;
          in data 28 febbraio 2017, il giudice dell'udienza preliminare presso il tribunale di Bari, Chiara Mastrorilli, ha rinviato a giudizio l'imprenditore barese Emanuele Degennaro e l'ex candidato sindaco di Bari, Giacomo Olivieri, insieme ad altre tre persone, per il crac della società Ctf srl. Le accuse, a vario titolo, sono di concorso in bancarotta fraudolenta aggravata. Stando agli accertamenti della Guardia di finanza, gli imputati avrebbero fatto una serie di operazioni illecite fino a svuotare le casse della società, emettendo decine di assegni e falsificando le scritture contabili. Olivieri è accusato di aver cambiato e incassato 22 assegni per 220.000 euro provenienti dalle casse della società poi fallita  –:
          se il Ministro interrogato intenda procedere con la revoca dell’exequatur di nomina dell'avvocato Giacomo Olivieri per l'esercizio delle funzioni di console onorario della Repubblica di Slovenia alla luce del rinvio a giudizio e della normativa in materia. (4-15763)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


      BORGHI, MINNUCCI, REALACCI, CARELLA, MAZZOLI, MELILLI, TERROSI, TIDEI e PIAZZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il lago di Bracciano – in provincia di Roma – subisce da tempo un costante abbassamento del livello delle acque e, ad oggi, misura –1,20 metri dallo zero idrometrico, molto vicino al limite massimo di –1,50 metri che, secondo uno studio dell'Istituto di ricerca delle acque (IRSA) del CNR, rappresenta il punto di non ritorno nell'equilibrio dell'ecosistema, che perderebbe la propria capacità, di depurazione delle acque;
          tale situazione sembrerebbe anche imputabile al prelevamento indiscriminato delle acque ad opera di Acea Ato2 – la società che detiene la concessione di durata settantennale dell'impianto di captazione per uso potabile delle acque del lago – giunto negli ultimi mesi, caratterizzati da scarse precipitazioni, a punte di 2500 litri/secondo;
          nel 2015, un protocollo d'intesa firmato dai comuni lacustri di Anguillara Sabazia, Trevignano Romano e Bracciano, dalla città metropolitana di Roma Capitale, dall'ente parco regionale di Bracciano e Martignano e dalla stessa Acea Ato2 ha dettato disposizioni per la regimazione dei livelli idrici del lago;
          tutti i soggetti si sono impegnati a garantire il mantenimento delle escursioni del livello del lago nell'ambito di quelle naturali e a rispettare la direttiva quadro sulle acque – Direttiva 2000/60/CE – relativamente a qualità e protezione a lungo termine delle risorse idriche disponibili;
          inoltre, Acea Ato2, in base al disciplinare 12234/1989, è tenuta ad osservare le prescrizioni emanate dalle competenti autorità in materia di tutela delle acque dall'inquinamento e della pesca;
          ciò nonostante il livello del lago continua a decrescere, di fatto esso non è più una «riserva idrica» come dovrebbe essere ma viene usato come vero e proprio bacino di approvvigionamento, seppur nel rispetto dei moduli medi concessi;
          il rifornimento idrico incontrollato è destinato a creare un danno ambientale permanente, attraverso lo stravolgimento dell'intero ecosistema lacuale con conseguente riduzione delle capacità autodepurative del sistema, sostituzione e scomparsa di specie, riduzione della biodiversità, variazione dell'idrodinamica costiera con accentuazione dei fenomeni erosivi, scomparsa dei siti di riproduzione dei pesci foraggio, riduzione della pressione idrostatica sulle falde, frane, nonché emersione di detriti pericolosi per l'incolumità e la salute pubblica  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere, anche attraverso un tavolo di confronto con le parti interessate, per contrastare i previsti danni ambientali all'ecosistema del lago di Bracciano. (5-10713)


      SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          l'ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN) è stato istituito con il decreto legislativo n.  45 del 4 marzo 2014, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26 marzo 2014 che recepisce la direttiva 2011/70/EURATOM, volta ad istituire un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi;
          in data 15 novembre 2016, due decreti del Presidente della Repubblica hanno nominato l'avvocato Maurizio Pernice direttore dell'Isin, e il dottor Stefano Laporta (con funzioni di coordinamento organizzativo interno), e la dottoressa Laura Porzio e il dottor Vittorio D'Oriano    componenti della consulta dell'Isin;
          agli interroganti risulta che l’iter di nomina non sia ancora pienamente concluso dal momento che i decreti di nomina non sono ancora stati registrati dai Ministeri competenti né pubblicati sui loro siti istituzionali;
          agli interroganti risulta scaduto in data 13 febbraio 2017, il termine di «90 giorni dalla data di nomina di cui al comma 4 entro il quale il direttore dell'ISIN trasmette al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministro dello sviluppo economico, affinché possano formulare entro 30 giorni le proprie osservazioni, il regolamento che definisce l'organizzazione e il funzionamento interni dell'Ispettorato», conformemente a quanto disposto dal punto 14 dell'articolo 6 decreto legislativo 4 marzo 2014, n.  45;
          inoltre risulta altresì scaduto in data 14 gennaio 2017 il termine di 60 giorni dalla data di nomina del direttore dell'Isin entro il quale Ispra era tenuta ad effettuare «una riorganizzazione interna dei propri uffici che assicuri alla struttura di cui al comma 1, regolamentate da apposita convenzione non onerosa, condizioni di operatività», così come stabilito dal punto 12 dell'articolo 6 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n.  45;
          questo periodo di vacazio è certamente deleterio ai fini della vigilanza. Infatti fra i suoi compiti, l'Isin ha anche quello della vigilanza sugli impianti in esercizio, sulle aree delle ex centrali nucleari in completamento di dismissione e sui depositi provvisori  –:
          come    si giustifica il ritardo accumulato nel perfezionamento degli iter di nomina, nell'emanazione del regolamento e nella riorganizzazione interna, se    intenda indicare delle nuove tempistiche e iniziative di competenza intenda intraprendere affinché l'ispettorato e la consulta risultino pienamente legittimati ed operativi in tempi rapidi. (5-10714)


      PELLEGRINO e PLACIDO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          in data 24 febbraio 2017 sugli organi di stampa regionali della Basilicata sono comparse numerose fotografie riferite ad enormi macchie oleose all'interno della diga del Pertusillo in val D'Agri;
          parlamentari e giornalisti hanno diffuso la notizia secondo cui essa sarebbe il risultato della fuoruscita di circa 20.000 metri cubi di petrolio dal Cova di Viggiano, senza che alcuna fonte istituzionale autorevole smentisse la notizia medesima;
          l'incidente in questione sarebbe l'ennesimo di una lunga serie di episodi inquietanti verificatesi nelle scorse settimane in Val D'Agri, aventi ad oggetto affioramenti e/o ritrovamenti di sostanze oleose riconducibili alle attività del Cova presso pozzetti e vasche di impianti di depurazione –:
          quali iniziative di competenza urgenti ed indifferibili i Ministri interrogati intendano promuovere per verificare la situazione sopra descritta e per informare le popolazioni dell'area circa i rischi connessi ai ripetuti incidenti citati in premessa. (5-10715)


      MICILLO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          a Pianura, noto quartiere di Napoli, in località «Contrada Pisani», nei pressi dalla riserva naturale degli Astroni (Oasi WWF), all'interno del Parco regionale dei Campi Flegrei, vi è un'area adibita negli anni passati a sito di raccolta della frazione secca non riciclabile dei rifiuti solidi urbani, «riempita», stando alle cronache degli anni e pubblicate on line, «anche con rifiuti industriali e speciali generici provenienti dalle regioni del Nord Italia»;
          si tratta di un'area con circa 120 mila abitanti;
          insistevano nell'area due discariche di lunga data. La prima, una discarica comunale, attiva dalla seconda metà degli anni 50 e chiusa nel 1984, che fu utilizzata senza presidi tecnico-ingegneristici fino al riempimento dell'intero cratere (detto Senga), parte integrante dei Campi Flegrei. La seconda, di proprietà dell'azienda Di.fra.Bi. (acronimo dei cognomi dei gestori), fu una discarica privata di seconda categoria adiacente alla più vecchia discarica comunale, operante su una vecchia cava di piperno;
          riferisce l'Atlante italiano dei conflitti ambientali che, dal 1989 al 1993, la Di.fra.Bi. fu autorizzata a smaltire rifiuti tossici, speciali e nocivi in quantità pari al 23 per cento del totale rifiuti smaltiti, fanghi assimilabili per il 5-10 per cento, rifiuti ospedalieri e scarti di lavorazione provenienti dall'Azienda coloranti nazionale e affini (Acna) di Cengio. A questi si aggiungono i rifiuti pericolosi sversati illegalmente come riscontrato da indagini della magistratura napoletana. Nel 1996 la Di.fra.Bi, fu chiusa;
          si è stimato che, nei 41 anni di attività, sarebbero stati sversati tra i 35 e i 42 milioni di m3 di rifiuti di vario genere;
          un'inchiesta della Commissione parlamentare sui rifiuti del 2000 ha messo in luce il fatto che probabilmente fanghi dell'Acna di Cengio siano stati smaltiti nella discarica di Pianura, per un ammontare, secondo notizie di stampa, di almeno ottocentomila tonnellate  –:
          di quali elementi disponga il Ministro interrogato, per quanto di competenza, in relazione agli esiti della procedura di caratterizzazione ad oggi effettuata sulla base della convenzione tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la Sogesid anche in merito alla presenza di bidoni interrati e scoli di percolato, nonché sulla realizzazione ed efficacia dei piezometri per il monitoraggio delle acque di falda. (5-10716)

Interrogazioni a risposta scritta:


      CAPARINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il decreto ministeriale 17 dicembre 2009 ha disposto l'istituzione del Sistema informatico per la gestione e tracciabilità dei rifiuti (SISTRI);
          successivamente, il decreto ministeriale, n.  78 del 2016, a introdotto nuove regole sulla tracciabilità informatica dei rifiuti, i cui punti principali affrontano: la gestione dei flussi di informazioni acquisiti e chi deve controllarli; l'iscrizione al SISTRI (obbligatoria e volontaria), con un riepilogo aggiornato dei soggetti coinvolti; il monitoraggio degli impianti di smaltimento e di recupero; il coordinamento tra soggetti iscritti e non iscritti e la responsabilità del produttore e dell'impianto; le procedure speciali; le modalità operative semplificate; il catasto dei rifiuti;
          ferma restando la necessità di perseguire l'obiettivo di colpire chi gestisce illecitamente i rifiuti, attraverso un sistema che intensifichi i controlli su tutti i soggetti che partecipano alla filiera dei rifiuti, c’è da osservare che, in realtà, il decreto n.  78 del 2016, pur introducendo alcune novità, di fatto, non modifica in modo sostanziale la precedente disciplina, in termini di semplificazione, di riduzione delle procedure burocratiche e dei relativi costi;
          in particolare, vengono mantenuti i dispositivi UBS e Black-box, tant’è che, nelle nuove definizioni, viene reintrodotto il termine dispositivo nelle sue varie applicazioni;
          il nuovo sistema introduce una variazione alla definizione di delegato che viene ridefinito come «soggetto che, nell'ambito dell'organizzazione aziendale è eventualmente delegato dall'ente o impresa all'utilizzo del sistema»;
          inoltre, sono previsti costi annuali di iscrizione eccessivamente elevati per le micro imprese artigiane e l'impianto di procedure previsto comporta un aggravio dei processi, in particolare con riferimento alle modalità di conferimento di delega alle associazioni di categoria;
          le imprese evidenziano la necessità di predisporre una collaborazione tra SISTRI e organizzazioni di categoria presenti sul territorio, al fine di approntare corsi tecnico operativi dedicati a consulenti e imprese, e, inoltre, la necessità di ottimizzare le procedure attraverso la semplificazione delle modalità di conferimento della delega alle organizzazioni di categoria;
          occorrono facilitazioni per l'inserimento automatico al SISTRI delle imprese che effettuano l'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali, attraverso un reciproco scambio di informazioni tra SISTRI e organizzazioni di categoria;
          sono indispensabili modifiche agli attuali strumenti di identificazione utente e tracciamento trasporto, Token USB e Black-Box, sostituendoli con una App che interagisca con il SISTRI, oppure attraverso certificati virtuali e tachigrafi digital, abolendo contestualmente l'obbligo di pianificazione informatica del viaggio;
          occorre semplificare gli oneri informativi per le imprese, attraverso integrazione del sistema con le principali banche dati, come l'Anagrafe delle imprese e quella dell'albo gestori ambientali e ridurre i costi di iscrizione annuali per le imprese che producono un quantitativo minimo di rifiuti all'anno, come centri estetici e parrucchieri  –:
          se il Ministro intenda modificare il decreto ministeriale n.  78 del 2016, recependo i rilievi esposti in premessa, e andando incontro alle richieste delle imprese obbligate ad applicare il nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti (SISTRI). (4-15757)


      MICILLO, DAGA, FICO, DE ROSA e SIBILIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          a Pianura, noto quartiere di Napoli, in località «Contrada Pisani», in linea d'aria a 50 metri dalla riserva naturale degli Astroni (Oasi WWF), all'interno del Parco regionale dei Campi Flegrei, vi è un'area adibita negli anni passati a sito di raccolta della frazione secca non riciclabile dei rifiuti solidi urbani, «riempita» stando alle cronache degli anni ed on line «anche con rifiuti industriali e speciali generici provenienti dalle regioni del Nord Italia»;
          un'area con circa 120 mila abitanti;
          insistevano due discariche di lunga data. La prima, una discarica comunale, attiva dalla seconda metà degli anni 50 e chiusa nel 1984, fu utilizzata fino al riempimento dell'intero cratere (detto Senga) parte integrante dei Campi Flegrei. La seconda, di proprietà dell'azienda Di.fra.Bi. (acronimo dei cognomi dei gestori), fu una discarica privata di seconda categoria adiacente alla più vecchia discarica comunale, operante su una vecchia cava di piperno;
          riferisce l'Atlante Italiano dei Conflitti Ambientali che, dal 1989 al 1993, la Di.fra.Bi. fu autorizzata a smaltire rifiuti tossici, speciali e nocivi in quantità pari al 23 per cento del totale rifiuti smaltiti, fanghi assimilabili per il 5-10 per cento, rifiuti ospedalieri e scarti di lavorazione provenienti dall'Acna di Cengio. A questi si aggiungono i rifiuti pericolosi sversati illegalmente come riscontrato da indagini della magistratura napoletana. Nel 1996 la Di.fra.Bi. fu chiusa;
          si è stimato che nei 41 anni di attività sarebbero stati sversati tra i 35 e i 42 milioni di m3 di rifiuti di vario genere;
          un'inchiesta della Commissione parlamentare sui rifiuti del 2000 ha messo in luce il fatto che probabilmente fanghi dell'ACNA di Cencio siano stati smaltiti nella discarica di Pianura, per un ammontare, secondo notizie di stampa, di almeno ottocentomila tonnellate;
          il 14 marzo 2016 il sito Altrimondinews informa che: «La prima settimana di aprile prenderanno il via le operazioni di caratterizzazione ambientale del sito di interesse regionale ed ex Sin (Sito di interesse nazionale). Le aree interessate riguardano i suoli che corrispondono all'ex discarica comunale, all'ex discarica Di.Fra.Bi., all'ex discarica Citet, alla località Spadari e alla discarica abusiva in località Caselle Pisani. Il piano di caratterizzazione, riavviato grazie alla sinergia tra il Comune di Napoli e la Sogesid, dovrebbe durare sette mesi e mezzo e, dunque, concludersi prima della fine dell'anno». E che «Il piano, come da convenzione tra il ministero dell'Ambiente e la Sogesid, prevede lo svolgimento di attività di indagini indirette per verificare, ad esempio, la presenza di bidoni interrati e scoli di percolato e di indagini ambientali dirette attraverso sondaggi e carotaggi continui. Inoltre è prevista la realizzazione di piezometri per il monitoraggio delle acque di falda, dal prelievo di campioni di top soil, suolo e sottosuolo, rifiuti e acqua di falda, analisi chimiche di laboratorio sui campioni prelevati. Le attività riguarderanno un'area di 156 ettari, che per due terzi ricade nel Comune di Napoli e per la restante parte in quello di Pozzuoli»;
          un articolo della testata Pressreader del 30 dicembre 2016 riferisce le preoccupazioni dei residenti secondo cui: «le amministrazioni non avrebbero ottemperato ai compiti di salvaguardia del territorio per preservare la salute dei cittadini che vivono vicino a siti ritenuti potenzialmente pericolosi per la salute. “Ai sensi della direttiva Seveso gli stessi cittadini andrebbero correttamente informati dei rischi rilevanti a cui sono esposti”». «(...) Un sistema di crateri concentrici nell'area di Contrada Pisani dove negli anni sarebbero state sversate tonnellate di rifiuti tossici. I comitati locali ritengono che l'incremento delle patologie tumorali nell'area siano comunque legate alla presenza di tonnellate di materiali inquinanti» –:
          di quali elementi disponga il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in relazione ai fatti esposti in premessa;
          se i tempi citati in premessa siano stati rispettati per la caratterizzazione, ricerche ed analisi e con quali esiti e se vi siano rischi;
          se il Ministro della salute non ritenga di promuovere uno screening mirato sulla popolazione dell'area in cui insistevano le due ex discariche citate o quali iniziative intenda assumere per la tutela della salute dei cittadini, o per acquisire dati indicativi relativi alle patologie locali. (4-15770)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


      GALGANO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          l'Aci è un ente pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
          il 4 febbraio e il 13 giugno 2014 Aci ha firmato de determinazioni dirigenziali che prevedono abbonamenti alla rivista Quattroruote. Il primo accordo con Editoriale Domus, società editrice della rivista, prevedeva una spesa di 41.482,20 euro. Il secondo una spesa di 867,90 euro. Il 16 settembre 2015 ne è stata firmata un'altra che prevede un contratto da 107.600 euro per la fornitura di abbonamenti alla rivista Quattroruote. Il 4 febbraio 2016 è stata firmata una determinazione che prevede un contratto da 60.000 euro per la fornitura di abbonamenti alla rivista Ruoteclassiche, edita dalla società Editoriale Domus, la stessa che pubblica Quattroruote;
          il 22 dicembre 2016 è stata firmata una determinazione dirigenziale per una fornitura della rivista Ruoteclassiche, edita dalla società Editoriale Domus, editore della rivista Quattroruote, per una spesa di 812 euro. Il 29 dicembre è stata firmata una determina a contrarre una fornitura di abbonamenti annuali a una «rivista specializzata» per i soci di Aci Storico per un valore pari a 200.000,00 euro;
          nel documento «Budget 2017» si legge che 3.258.000 euro sono destinati «alla realizzazione della nuova rivista associativa, nonché per la distribuzione ai soci delle riviste «Domus» e «Ruote Classiche». Risultano più che raddoppiate le spese dell'Aci per i servizi editoriali, da 4,4 milioni di euro del 2014 a 9,5 milioni di euro del 2017;
          visto che nel triennio, l'ente Aci ha chiuso con un utile netto di 100 milioni di euro grazie al rincaro delle tariffe Pra pagate dai cittadini ci si chiede se tali politiche di spesa siano compatibili con le politiche di rigore a cui sono obbligate le pubbliche amministrazioni, se l'ente pubblico ACI, sottoposto a vigilanza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, sia esente da tale politica generale e possa addirittura permettersi di andare in direzione opposta, che legame intercorra tra l'ente pubblico Aci, editore della rivista L'Automobile, e la società Editoriale Domus, editore delle riviste Quattroruote storicamente critico nei confronti dell'ente e Ruoteclassiche  –:
          di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere affinché l'entità dei profitti dell'Aci sia coerente con l'articolo 1 dello statuto Aci, e le relative risorse economiche siano compatibili con un contesto in cui le pubbliche amministrazioni, compreso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo da anni sono sottoposte a tagli di risorse e di personale. (4-15748)


      PIRAS. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          nelle ultime settimane è stato chiuso il nono corpo di ballo italiano, quello della «Fondazione Arena di Verona», portando quindi il numero complessivo degli stessi da 13 – così come 13 erano le Fondazioni Lirico Sinfoniche – a 4. Per fare un paragone, in Francia vi sono 95 fra corpi di ballo di teatri d'opera e compagnie di residenza municipali, mentre in Germania sono 50. Non vi è dubbio, a detta dell'interrogante, che una tale repentina – e ingiustificata – riduzione possa sottendere una volontà politica di dismissione dell'arte della danza e del balletto in Italia;
          come si apprende da diversi organi di stampa, oltre che da una petizione lanciata sulla piattaforma « Change.org» destinata al Presidente della Repubblica e al Ministro interrogato (dal titolo «Morte dei Corpi di Ballo delle Fondazioni Liriche») e già sottoscritta da oltre 13 mila persone fra cui Carla Fracci, «sono 1 milione e 400 mila i giovani in Italia che studiano Danza, mentre (per fare un raffronto utile) non raggiungono il milione gli iscritti alle scuole di calcio. Chiudere i Corpi di Ballo dei grandi teatri d'Opera significa togliere le motivazioni e spegnere le passioni di questi giovani. Significa privarci di 1.400.000 ragazzi che crescono con uno scopo, una disciplina e l'educazione all'impegno (...) Se ci fossero 10 Fondazioni lirico sinfoniche con 10 Corpi di Ballo di 50 ballerini l'una, incluso direttori, maîtres de Ballet, assistenti e collaboratori, costerebbero 20 milioni di euro lordi l'anno. Il che ovviamente significa 10 milioni di euro, in quanto il 50% ritornerebbe allo Stato in contributi e tasse»;
          la danza è fra le altre cose – così come si evince anche da una pubblicazione riferita ad una ricerca ventennale ufficializzata nel Convegno mondiale di cardiologia di Parigi 2011 – una delle attività più formative e complete per la mente ed il corpo oltre ad essere «l'attività fisica che ha assoluto migliori risultati per la salute, per la forma, per le endorfine prodotte e per i benefici straordinari per la prevenzione delle malattie cardiovascolari». Più volte inoltre lo stesso Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo della Cultura ha affermato come lo spettacolo dal vivo produca ricchezza economica, crescita culturale, benessere, indotto produttivo e ritorno di immagine;
          in base a quanto previsto dalla legge n.  800 del 1967, all'articolo 1, «lo Stato considera l'attività lirica e concertistica di rilevante interesse generale, in quanto intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale. Per la tutela e lo sviluppo di tali attività lo Stato interviene con idonee provvidenze», mentre con la lettera b) dell'articolo 2 si dettaglia «un fondo da erogare in sovvenzioni a favore di manifestazioni liriche, concertistiche, corali e di balletto da svolgere in Italia ed all'estero e di altre iniziative intese all'incremento ed alla diffusione delle attività musicali»;
          ad oggi le fondazioni che hanno chiuso i corpi di balli si ritrovano a dover acquistare gli spettacoli di balletto all'estero, mortificando in tal modo le professionalità sviluppatesi nel nostro Paese, ivi comprese quelle dei giovani coreografi emergenti  –:
          se il Ministro interrogato non intenda rivedere le politiche messe in campo sino ad ora, in riferimento alle problematiche espose in premessa e se non intenda avviare immediatamente delle iniziative – iniziando da quelle di natura economica – volte a salvaguardare e implementare una delle eccellenze italiane come la danza. (4-15756)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


      FRUSONE e RIZZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          l'Inail – Istituto nazionale infortuni sul lavoro ha fornito un'esplicitazione di mobbing lavorativo definendolo come costrittività organizzativa: la definizione risulta applicabile anche nell'ordinamento militare;
          le possibili fattispecie di mobbing stabilite dall'Inail possono riguardare: marginalizzazione dell'attività lavorativa; svuotamento delle mansioni; mancata assegnazione dei compiti lavorativi o degli strumenti di lavoro; ripetuti trasferimenti ingiustificati; attribuzione – per lungo tempo – di compiti dequalificanti e/o esorbitanti in relazione anche ad eventuali condizioni fisio-psichiche; impedimento sistematico all'accesso alle notizie; inadeguatezza delle informazioni inerenti l'attività di lavoro; esclusione da qualsivoglia iniziativa formativa; controllo esasperato dell'attività lavorative;
          finalmente una sentenza (del giugno del 2015) della Suprema Corte di cassazione    sancisce un principio di civiltà giuridica (ovverosia la punibilità di fatti costituenti mobbing a titolo di reato) fornendo così uno strumento ai militari vessati e alle procure della Repubblica investite della questione;
          il mobbing costituisce per il nostro ordinamento – e quindi anche per quello militare – una «malattia professionale». Il decreto legislativo n.  38 del 2000 all'articolo 13, comma 1, prevede il mobbing come lesione dell'integrità psico-fisica suscettibile di valutazione medico legale. La copertura dell'Inail e dunque dell'assegno erogato riguarda dunque sia il danno patrimoniale (perdita di capacità lavorativa generica) che il danno alla salute (lesione dell'integrità fisio-psichica). Sono per questo risarcibili, a mente del decreto ministeriale del 12 luglio 2000 (che disciplina i gradi percentuali di invalidità corrispondenti a ciascuna singola menomazione) le menomazioni comprese tra il 6 per cento ed il 15 per cento (somma capitale rapportata al grado della menomazione) e quelle superiori al 16 per cento (somma corrisposta a titolo di rendita in relazione alla percentuale di menomazione che alla perdita di capacità lavorativa);
          la condotta mobbizzante può consistere nel reiterato e scriteriato uso, da parte dei superiori, del potere disciplinare. Nel mondo militare delineare questa fattispecie è più complesso che altrove, visto che tutto l'ordinamento militare si fonda sulla subordinazione gerarchica. Come scritto nella richiesta di archiviazione al giudice per le indagini preliminari dal pubblico ministero, dottoressa Giorgia De Ponte, della procura della Repubblica presso il tribunale di S. Maria C.V (procedura n.  316/11 R.G.mod 21, redatto in data 29 novembre 2012) «ci sono pure altri ostacoli che si frappongono al riconoscimento del mobbing in ambito militare: in primo luogo è difficile provare l'intento persecutorio del mobber, poi il confine tra disciplina rigida ed abusi è sottile, infine tali ambienti sono caratterizzati da una profonda omertà che impedisce l'acquisizione di qualsivoglia elemento di riscontro, specie quando a compiere le vessazioni sono gli Ufficiali»  –:
          quali iniziative intenda assumere il Governo per contrastare il fenomeno del mobbing dentro le Forze armate e, in particolare, se non reputi di dover inserire nei programmi di formazione di ufficiali e sottufficiali anche una parte specifica sul tema. (4-15753)


      BASILIO, MASSIMILIANO BERNINI, DIENI, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          come è a tutti noto, con il decreto legislativo n.  177 del 2016 il Governo ha deliberato l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri, attribuendo alla stessa le funzioni esercitate precedentemente dal Corpo forestale dello Stato ad eccezione delle competenze in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi e spegnimento con mezzi aerei degli stessi, già di spettanza dei vigili del fuoco;
          la medesima normativa specifica, all'articolo 9, le competenze precedentemente spettanti al Corpo forestale dello Stato e da assegnare ai vigili del fuoco, quali il contrasto degli incendi boschivi (in concorso con le regioni), il coordinamento delle operazioni di spegnimento, la partecipazione alla struttura di coordinamento nazionale ed a quelle regionali;
          il quadro delineato dalla nuova normativa conferisce, quindi, in modo piuttosto esplicito al Corpo dei vigili del fuoco tutte le funzioni inerenti la lotta contro gli incendi boschivi, precedentemente spettanti al Corpo forestale dello Stato;
          nonostante la nuova attribuzione di competenze e la ripartizione delle stesse tra i vigili del fuoco e carabinieri, nelle ultime settimane le organizzazioni sindacali dei vigili del fuoco avrebbero segnalato che, pur a fronte di una normativa chiarissima, al loro Corpo sarebbero stati assegnati solamente 365 ex forestali (di cui 95 elicotteristi) per effettuare compiti che prima svolgevano 8 mila appartenenti al Corpo Forestale dello Stato, seppur in via non esclusiva;
          sembrerebbe quindi realistico ritenere che molti addetti ai servizi antincendio boschivo siano transitati nell'Arma, come nel caso dei cosiddetti dos – ovvero i «direttori delle operazioni di spegnimento» – che risultano trasferiti in larga misura nell'organico dei carabinieri;
          tale supposizione sarebbe altresì confermata da altri elementi, quali la verifica, in corso presso l'Arma, diretta ad individuare il personale ex Corpo forestale dello Stato, in servizio nei singoli comandi regionali dei carabinieri per dare seguito alle precedenti convenzioni stipulate tra il Corpo forestale dello Stato e la Protezione civile per le operazioni di antincendio boschivo;
          secondo gli addetti ai lavori, inoltre, ai carabinieri e non ai vigili del fuoco sarebbero state trasferite anche apparecchiature tecniche e mezzi ordinariamente utilizzati per le operazioni antincendio boschivo;
          risulta poi che l'Arma dei carabinieri stia proponendo alla Protezione civile, nell'ambito di una attività convenzionale con le regioni, servizi specifici di «direttore delle operazioni di spegnimento», con il rischio di creare sovrapposizioni improprie con i vigili del fuoco, duplicazioni di funzioni e incomprensioni dalle quali possono provenire solo danni all'ambiente ed ai cittadini: il contrario degli obiettivi di semplificazione dichiarati nella legge delega di riferimento, oltre che in palese contrasto con qualsiasi principio di corretta ed efficace amministrazione;
          qualora le predette considerazioni dovessero trovare fondamento, si verificherebbe un pericoloso conflitto di competenza tra l'Arma dei carabinieri ed il Corpo dei vigili del fuoco, peraltro in un settore particolarmente delicato per la tutela dell'ambiente, come quello degli incendi boschivi  –:
          se i Ministri interpellati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se gli stessi corrispondano al vero;
          se non ritengano opportuno, accertata l'attendibilità delle notizie, adottare iniziative finalizzate agli opportuni provvedimenti correttivi per ridefinire in modo dettagliato il riparto di competenze tra Arma dei carabinieri e Corpo dei vigili del fuoco, anche attraverso il coinvolgimento delle regioni;
          se non ritengano possibile incrementare le unità di personale, i mezzi e le strutture già appartenenti al Corpo forestale dello Stato in favore del Corpo dei vigili del fuoco, al fine di ottimizzare gli interventi in materia di incendi boschivi. (4-15768)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


      VILLAROSA, ALBERTI, PESCO, SIBILIA e RUOCCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          prima del 1992, anche le banche dell'Iri (Comit, Credito Italiano e Banco Roma, che rappresentavano circa il 78 per cento del patrimonio bancario italiano) erano quotate in borsa, ma il loro capitale flottante, ossia quello disponibile all'acquisto giornaliero in borsa, era limitato al 10 per cento;
          a partire dal 1992, le tre ex banche dell'Iri sono risultate privatizzate ed il capitale flottante di quelle quotate in borsa è divenuto mediamente l'85 per cento del loro capitale totale;
          oggi, il capitale flottante di tali cinque banche (Unicredit, Banca intesa, Carisbo, Carige e Bnl) costituisce circa, mediamente, l'85 per cento del totale capitale delle stesse e il voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie, pertanto il controllo al voto viene esercitato attraverso interposte persone fisiche, in realtà avvocati dello studio legale Trevisan di Milano;
          gli hedge fund rappresentati al voto da codeste interposte persone fisiche sarebbero 1.991, così come descritto nell'elenco dei soci allegato al verbale dell'assemblea di Unicredit del 13 maggio 2014, in realtà concentrati in una decina di entità di hedge fund (trust) con sede extra Unione europea;
          si è sempre pensato che il capitale flottante di una banca fosse detenuto da milioni di risparmiatori sparsi per il mondo, mentre è stato scoperto che circa il 98 per cento di esso è dato «in delega» a un'unica persona fisica, in realtà un avvocato;
          la gravissima circostanza è che il capitale corrispondente al flottante non contribuisce a determinare la partecipazione azionaria di controllo, ma contribuisce a determinare la partecipazione al voto delle banche quotate; pertanto, i principali 10 hedge fund speculatori potrebbero incidere sulle decisioni prese nell'assemblea che controllano;
          la decisione, per esempio, di aumentare il capitale di Unicredit di 13 miliardi di euro, presa nell'assemblea in seduta ordinaria e straordinaria tenutasi il 14 gennaio 2017, è stata dichiarata ammissibile dopo che il presidente di Unicredit ha letto il risultato della votazione relativo ai 3 miliardi di azioni presenti: circa il 98 per cento di esse dovrebbe essere stato esercitato, a giudizio degli interroganti, da un'unica persona fisica, ovvero un avvocato dello studio legale di Trevisan Giulio, l'avvocato Cardarelli Angelo;
          non risulta agli interroganti se gli aspetti formali e sostanziali di tale modalità di voto siano conosciuti dagli organi di vigilanza e se questa modalità costituisca una violazione o elusione della normativa di settore  –:
          se sia a conoscenza delle circostanze descritte in premessa e quali azioni intenda mettere in atto per risolverle.
(5-10709)


      PAGLIA e FASSINA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          ai sensi dell'articolo 3, comma 3, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, i Caf (Centri di assistenza fiscale) rientrano tra i soggetti abilitati dall'Agenzia delle entrate alla trasmissione dei dati contenuti nelle dichiarazioni dei redditi; gli stessi Caf sono, inoltre, incaricati di assistere i contribuenti ed nuclei familiari alla compilazione del cosiddetto Isee, ai fini dell'eccesso a condizioni agevolate a provvidenze sociali e servizi di pubblica utilità;
          per l'attività relativa alla certificazione Isee, i Caf si avvalgono di apposita convenzione sottoscritta tra la Consulta nazionale degli stessi e l'Inps, che regola normativamente ed economicamente l'attività di assistenza gratuita per i cittadini, da rinnovarsi annualmente sulla base di apposite intese;
          con riferimento alla suddetta convenzione relativa all'anno 2017 (essendo quella relativa all'anno 2016 già scaduta nel mese di settembre ed ulteriormente prorogata a tutto il mese di dicembre), non risulta ancora accolto da parte dell'Inps il sollecito al rinnovo da parte della Consulta nazionale;
          per oltre due mesi i Caf, con grande senso di responsabilità, hanno continuato a garantire a milioni di nuclei familiari l'assistenza in assenza di apposita convenzione;
          il mancato rinnovo della convenzione con l'Inps sta determinando un preoccupante stato di incertezza nello svolgimento delle attività da parte dei Caf che, privi della copertura finanziaria assicurata dalla suddetta convenzione si trovano ad avere problemi di sopravvivenza;
          nei giorni scorsi la Consulta nazionale dei Caf, associazione alla quale aderiscono la quasi totalità dei Caf, compresa quelli della Cgil, sta valutando la possibilità, qualora non dovesse intervenire il rinnovo della convenzione, di interrompere, a partire dai primi giorni del corrente mese di marzo 2017, il servizio di assistenza per l'Isee, mettendo a rischio così l'assistenza ai cittadini più deboli;
          l'assenza di un rapporto convenzionale tra l'Inps e la consulta nazionale dei Caf e di risposte da parte dell'Inps pone problemi di erogazione del servizio di assistenza fiscale che richiedono rapide soluzioni;
          se sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e se non ritenga, per gli aspetti di propria competenza, di assumere iniziative al fine di trovare adeguata soluzione. (5-10710)


      PETRINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il gioco on-line autorizzato dall'Agenzia delle dogane ha totalizzato – nel 2016 – un incremento di giocato del 19 per cento rispetto al 2015, e a ciò si aggiunge che, secondo autorevoli prese di posizione della Guardia di finanza, il gioco on-line non autorizzato (e quindi illegale) è diventato il principale business della criminalità organizzata;
          scorrendo le pagine web di molti quotidiani e siti di informazione di frequente e facile accesso anche da parte di studenti, i banner promozionali del gioco e delle scommesse on-line occupano oramai stabile spazio, sfruttando anche l'effetto traino di eventi quali lo sport e i relativi testimonial;
          dalle due ultime ricerche Young Millennials tutorial di Nomisma troviamo conferma del fatto che la fascia di popolazione italiana tra i 14 e i 19 anni è già attiva nel gioco, specie on-line, oramai pienamente accessibile proprio grazie ai dispositivi smartphone dai quali si consolida una dipendenza di allarmante impatto;
          l'interazione tra il dispositivo e il gioco amplifica quindi la «potenziale» portata patologica dell'azzardo, innestandosi su una già radicata dipendenza generata dal gioco medesimo;
          la proposta di riordino del gioco pubblico presentata dal Ministero dell'economia e delle finanze, in sede di Conferenza unificata si limita a prendere in considerazione solo le conseguenze prodotte dagli apparecchi da gioco collocati sul territorio, tutt'altro che privilegiati dai giovani (come emerge dalle ricerche Nomisma), trascurando il gioco on-line, che, ogni anno, incrementa i propri volumi con percentuali a doppia cifra: ciò rende evidente lo scenario futuro a cui l'industria del settore finirà per adeguarsi, ovvero il trasferimento sul web del gioco presente sul territorio (le slot)  –:
          attraverso quali iniziative il Governo intenda potenziare le attività di contrasto e repressione del gioco on-line illegale, disciplinare la pubblicità sul web del gioco on-line in ottica preventiva rispetto al gioco d'azzardo patologico, arginare ed eventualmente inibire l'apertura di più conti-gioco diversi, presso le oltre 200 piattaforme autorizzate, da parte dello stesso utente. (5-10711)


      BUSIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la Commissione europea ha da poco proposto una serie di emendamenti al pacchetto sulla nuova regolamentazione bancaria che sarebbe molto svantaggiosa per il nostro Paese: tra queste, la proposta di emendamento all'articolo 507 del Regolamento 575/2013 relativo ai requisiti patrimoniali (CRR), che vuole delegare all'Autorità bancaria europea (EBA) la facoltà di cambiare l'approccio all'esposizione bancaria del debito sovrano, considerando quindi i titoli di Stato non più a rischio zero;
          se passasse questa modifica, l'impatto sulle banche italiane sarebbe disastroso, poiché queste hanno in pancia più di 400 miliardi di euro di titoli di Stato fra le attività;
          un coefficiente di ponderazione 0 non produce alcun effetto di rischio per il capitale e, necessariamente, di ricapitalizzazione; al contrario, se i titoli di Stato non saranno più considerati a rischio zero, di colpo si aprirebbero delle voragini nei bilanci delle banche, che sarebbero costrette a trovare capitale aggiuntivo per rispettare il requisito minimo di capitale di garanzia; inoltre, se passasse questa modifica, le conseguenti vendite massicce dei loro titoli di Stato avrebbero effetti distorsivi sul mercato degli stessi titoli di Stato, con banche e investitori che si rifugerebbero nei bund tedeschi a rischio zero e scaricherebbero i titoli di Stato dei Paesi della periferia, facendo alzare in parallelo lo spread;
          è dal 2014 che il tentativo di attaccare l'Italia e il suo sistema bancario diventa un'ipotesi sempre più concreta, tenuto conto che, proprio grazie all'Unione bancaria, i tedeschi potrebbero costringere l'Italia a dover chiedere l'intervento della « Troika», con le conseguenti misure draconiane già sperimentate, senza successo, dalla Grecia;
          tutto ciò è confermato dal fatto che il terzo pilastro dell'Unione bancaria, ovvero lo schema di garanzia comune dei depositi EDIS, è ancora fermo, in attesa che i tedeschi ottengano questa garanzia sulle esposizioni sovrane e sulla loro ponderazione al rischio  –:
          quali iniziative intenda intraprendere il Governo in sede europea, stante le proprie competenze, al fine di evitare la modifica proposta dalla Commissione europea in merito ai titoli di Stato di cui in premessa perché, se questi non saranno più considerati a rischio zero, secondo l'interrogante non soltanto molti degli istituti bancari italiani saranno costretti ad enormi ricapitalizzazioni, ma il mercato dei titoli di Stato subirà ripercussioni tali da far aumentare a livelli pericolosissimi lo spread, con conseguente e gravissimo pregiudizio per i nostri risparmiatori e per l'intero sistema economico italiano nel suo complesso. (5-10712)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      RIZZETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
          è stato ancora rinviato il concorso pubblico per dirigenti delle agenzie fiscali. Al riguardo, in un articolo del Fatto Quotidiano del 27 febbraio 2017, intitolato «Agenzie fiscali, slitta ancora il concorso per i dirigenti. Ma in 700 sono stati già nominati con un escamotage», si legge: «Il Milleproroghe rinvia per l'ennesima volta la data della selezione, necessaria dopo che nel 2015 la Corte costituzionale ha bocciato l'assegnazione di incarichi in modo discrezionale. Ma nel frattempo alle Entrate e alle Dogane sono state effettuate nuove assegnazioni aggirando la sentenza: è bastato non chiamarli dirigenti ma Posizioni organizzative speciali e Posizioni organizzative a tempo»;
          sul punto, l'interrogante ha denunciato, con molteplici atti di sindacato ispettivo, le nomine dirigenziali illegittime che avvengono presso le agenzie fiscali, sollecitando il Governo ad adottare urgenti provvedimenti per escludere tali procedere irregolari e che violano quanto disposto dalla nota sentenza della Corte costituzionale n.  37 del 2015 che ha dichiarato illegittime le nomine di oltre mille dirigenti;
          in particolare, in numerose interrogazioni, tra le quali la n.  5-08024, l'interrogante ha segnalato che l'Agenzia delle entrate, con l'istituzione di posizioni organizzative speciali e posizioni organizzative a tempo (rispettivamente Pos e Pot), nelle nomine dirigenziali, continua a procedere con la medesima prassi attuata per gli incarichi che sono stati censurati perché illegittimi, sia dalla giustizia amministrativa che dalla Corte costituzionale;
          come denuncia la Dirstat, Federazione dei sindacati nazionali dei dirigenti e dei direttivi, sono gravi le conseguenze di tale illegittimo sistema di nomina che crea, tra l'altro, un gran malcontento presso i dipendenti pubblici e ostacola il regolare svolgimento dei compiti che sono propri delle agenzie, soprattutto, rispetto all'adozione di concrete misure per la lotta all'evasione fiscale  –:
          per quali motivi si continui a rinviare la selezione pubblica per dirigenti delle agenzie fiscali e quando se ne preveda lo svolgimento;
          anche considerando i numerosi atti di sindacato ispettivo che, da tempo, l'interrogante ha presentato sulle questioni esposte in premessa ai Ministri interrogati, se e quali iniziative intendano adottare, per quanto di loro competenza, affinché presso le agenzie fiscali si proceda alla nomina dei dirigenti con procedure conformi alla legge. (5-10727)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


      ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          lo scorso 22 febbraio alla procura di Siena, si è svolta la terza udienza del processo a carico della vedova di David Rossi, Antonella Tognazzi, e del giornalista del Fatto Quotidiano David Vecchi, accusati di aver divulgato materiale riservato per danneggiare l'immagine dell'ex amministratore delegato di    Monte Paschi di Siena, Fabrizio Viola;
          nel corso dell'udienza, il giornalista-pubblicista Augusto Mattioli, sentito come testimone, si è riservato di non rispondere a una domanda del pubblico ministero, appellandosi alla norma che tutela il segreto professionale. Il giudice ha sospeso l'udienza e dopo essere tornato in aula ha verbalizzato che il giornalista, essendo pubblicista, non può avvalersi di questa tutela obbligandolo a rivelare la fonte;
          in un comunicato stampa, divulgato il 24 febbraio, l'Ordine nazionale dei giornalisti ha espresso preoccupazione per quanto accaduto al collega Mattioli, chiarendo che per l'ordinamento della professione giornalistica non esistono «differenze di ordine qualitativo fra le prestazioni rese da un giornalista professionista e quelle rese da un giornalista pubblicista», ma solo quantitative, che «non possono essere ritenute ostative ad una interpretazione estensiva della norma» sul segreto professionale. È quindi legittimo il rifiuto, anche da parte dei pubblicisti, di rivelare le loro fonti e di appellarsi alla norma che tutela il segreto professionale;
          a riprova di ciò, anche una sentenza della Corte d'appello di Caltanissetta, di cui proprio in questi giorni è stata resa nota la motivazione, che si è espressa definitivamente sul pieno riconoscimento del segreto professionale ai pubblicisti;
          a questo grave atto, si aggiunge anche il divieto di riprendere il processo con le telecamere, con la risibile motivazione che si tratterebbe di «un processo privato»;
          a giudizio dei firmatari, trattandosi di un processo penale avviato d'ufficio dalla procura senza alcuna querela di parte, né di parti civili, né di parte lesa, e per questo non potendosi svolgere a porte chiuse e senza che i giornalisti possano raccontare quanto viene discusso, la decisione rappresenta un precedente gravissimo e un attacco deliberato alla libertà di stampa e lede il diritto dei cittadini a essere informati;
          per gli stessi motivi, su « Il Fatto Quotidiano» è stato scritto che è un processo d'ufficio di due specifici pm per ritorsioni nei confronti della stampa, per aver rivelato, a partire dal 2013, tutte le vicende legate a Mps, sottolineando che a oggi non è stato individuato alcun responsabile, né per il disastro della banca né per la tragica morte del suo manager David Rossi. Gli unici ad essere processati sono la vedova di Rossi e un giornalista  –:
          se non ritenga opportuno attivarsi con iniziative, anche normative, affinché venga definitivamente riconosciuto anche ai pubblicisti il diritto di appellarsi al segreto professionale. (3-02844)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      DADONE, COLLETTI, DELLA VALLE e CASTELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          è di pochi giorni fa la notizia apparsa su fonti di stampa che il 31 maggio 2017 inizierà presso il tribunale di Torino il processo per diffamazione a mezzo stampa a carico del senatore Stefano Esposito che vede come persona offesa una attivista NO-TAV;
          a seguito del deposito della querela, nel luglio 2013, pare ci siano voluti quasi 4 anni prima della fissazione del processo;
          da organi di stampa si apprende che i pubblici ministeri avrebbero chiesto al giudice per le indagini preliminari una proroga delle indagini preliminari «stante la loro complessità oggettiva» poi, una volta concessa tale proroga, nei successivi 6 mesi non avrebbero svolto alcuna attività. Infine, dopo un'istanza di avocazione alla Procura generale e svariate istanze di fissazione di udienza presentate dalla difesa della persona offesa, finalmente il processo è stato fissato presso il tribunale;
          altrettanta lentezza pare che invece non abbia toccato il processo relativo a tre attivisti No Tav, imputati per disordini scoppiati nel corso del 2015 in Valle di Susa durante una manifestazione, per i quali sono stati sufficienti appena 9 mesi per fissare il processo in appello. In questo caso i fatti avvenuti nel 2015 hanno visto giungere la sentenza di primo grado in data 21 giugno 2016 mentre l'appello si terrà il 31 marzo 2017;
          in altri termini, il processo agli attivisti No Tav è già stato fissato in appello dopo circa due anni dai fatti contestati mentre quello al senatore Esposito si celebrerà in primo grado dopo circa 4 anni dalle sue dichiarazioni alla stampa;
          indipendentemente dal merito dei processi, sembrerebbe agli interroganti che, nei casi sopra menzionati, vi siano stati «due pesi e due misure» che appaiono inaccettabili in uno Stato di diritto. Quello che parrebbe mancare è, quindi, l'uniformità sui tempi di esercizio dell'azione penale  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se, di conseguenza, intenda inviare gli ispettori ministeriali presso la procura della Repubblica di Torino, ai fini dell'eventuale esercizio di tutti i poteri di competenza.
(5-10720)

Interrogazione a risposta scritta:


      ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          in data 15 febbraio 2017, all'esito dell'incontro con la delegazione dei procuratori della Repubblica, ricevuti a seguito della sottoscrizione da parte di 110 di loro di un documento che manifestava preoccupazione per gli effetti della riforma della magistratura onoraria sull'amministrazione della giustizia, il Ministro interrogato ha dichiarato di «essere orientato a esplorare la possibilità di stabilizzazione» e di avere chiesto «un parere al Consiglio di Stato sul profilo tecnico»  –:
          se e quale quesito il Ministro interrogato abbia al Consiglio di Stato posto e quale sia la scadenza del termine entro il quale lo stesso dovrà rendere il parere;
          se intenda esercitare la facoltà di intervenire alle adunanze generali del Consiglio di Stato, per gli affari consultivi, come previsto dall'articolo 21 del regio decreto 26 giugno 1924, n.  1054, e in quella sede manifestare i suoi intendimenti sulla disciplina del regime transitorio dei magistrati onorari. (4-15767)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


      CATALANO, OLIARO e GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          per diversi giorni, il servizio di taxi delle principali città italiane, e soprattutto di Roma, è stato paralizzato da un'illegittima astensione collettiva dal lavoro, che ha determinato disagi incalcolabili a residenti e turisti;
          nel medesimo periodo, si sono registrate aggressioni fisiche e lanci di uova contro autisti di noleggio con conducente, nonché contro tassisti «colpevoli» di non aver aderito alla protesta, (si vedano gli articoli pubblicati ex pluribus su Il Fatto Quotidiano e su La Repubblica del 20 febbraio 2017);
          in data 21 febbraio 2017, numerosi manifestanti si sono riuniti a Roma, al fine di «assediare» – letteralmente – le sedi politiche, e in tale occasione sono stati documentati, dalle telecamere presenti, episodi di violenza da parte di alcuni dei manifestanti, accompagnati da minacce e cori diffamatori a sfondo sessuale nei confronti della senatrice Lanzillotta;
          verso le ore 13 del medesimo giorno, la polizia è stata costretta a caricare i manifestanti al fine di «reagire ad un attacco premeditato da parte di un gruppo di facinorosi», come diffuso in una nota della questura, ripresa dall'articolo di Mauro Evangelisti, pubblicato sul sito internet del Messaggero nel pomeriggio stesso;
          all'esito della giornata, il Governo e 21 sigle sindacali dei taxi hanno raggiunto un accordo, consistente nell'impegno del Governo a regolare, entro un mese, il settore del noleggio con conducente, a fronte dell'immediata sospensione della protesta e della ripresa del servizio pubblico;    
          prima di firmare l'accordo, i rappresentanti dei tassisti ne hanno esposto pubblicamente i contenuti, attribuendo al Ministro interrogato la promessa di un decreto esplicitamente finalizzato a – testuali parole pronunciate in piazza – «scavalcare, in automatico, la legge Lanzillotta» (come documentato nel video pubblicato sul sito online del quotidiano La Repubblica il 21 febbraio 2017 –:
          quali iniziative per contrastare l'abusivismo nel settore siano allo studio del Governo, ferma restando la sospensione delle norme contenute nell'articolo 9, comma 3, del decreto-legge n.  244 del 2016 (cosiddetto decreto «Milleproroghe») il cui disegno di legge di conversione è stato recentemente approvato dalla Camera in via definitiva. (5-10721)


      SPESSOTTO, DADONE, DE LORENZIS, DELL'ORCO, CARINELLI, LIUZZI, NICOLA BIANCHI e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in data 9 febbraio 2017 gli interroganti hanno ricevuto una comunicazione ufficiale dal dottor Roberto Focherini che, in qualità di unico rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, partecipante agli incontri più recenti della Commissione intergovernativa (CIG) tra Italia e Francia per il miglioramento della Circolazione delle Alpi del Sud e della relativa commissione per la convenzione ferroviaria Cuneo-Breil-Ventimiglia, riferisce una serie di critiche estremamente circostanziate in merito alla gestione dei lavori della Commissione intergovernativa e della Commissione per la convenzione ferroviaria da parte del suo attuale presidente, dottor Alessandro Violi;
          da quanto si apprende dai documenti inviati, il presidente della Commissione intergovernativa, del quale il dottor Focherini ha richiesto ufficialmente al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti la rimozione, con il suo comportamento, non tenendo in considerazione le posizioni avanzate dal rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sarebbe addivenuto alla redazione di una proposta di convenzione ferroviaria dannosa per lo Stato italiano e comunque non condivisa nei termini proposti dal rappresentante ministeriale;
          sempre a quanto si apprende dalle comunicazioni inviate dal dottor Focherini, la convenzione proposta dal presidente della Commissione intergovernativa genera alti costi e danni economici allo Stato italiano in quanto lo Stato non è tenuto a mantenere, gestire, ristrutturare e sviluppare le linee ferroviarie di altre nazioni, ed in conclusione viene definita totalmente anacronistica e dannosa per lo Stato medesimo  –:
          quali iniziative intenda adottare con urgenza il Ministro interrogato in merito alle segnalazioni inviate dal dottor Roberto Focherini e al fine di tutelare gli interessi dello Stato Italiano, oltre che dei territori interessati dalla tratta ferroviaria Cuneo-Breil-Ventimiglia. (5-10722)


      BIASOTTI e PRESTIGIACOMO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in attuazione dell'articolo 8, comma 1, lettera f), della legge n.  124 del 2015 è stato emanato il decreto legislativo n.  169 del 2016 che riduce le attuali 24 autorità portuali in 15 autorità di sistema portuale (AdSP);
          ad avviso degli interroganti il comma 3 dell'articolo 7 del decreto legislativo n.  169 del 2016 stabilisce, con poca chiarezza, che «sede della AdSP è la sede del porto centrale, individuato nel regolamento (UE) n.  1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, ricadente nella stessa AdSP. In caso di due o più porti centrali ricadenti nella medesima AdSP il Ministro indica la sede della stessa. Il Ministro, su proposta motivata della regione o delle regioni il cui territorio è interessato dall'AdSP, ha facoltà di individuare in altra sede di soppressa Autorità Portuale aderente alla AdSP, la sede della stessa»;
          l'allegato A del decreto legislativo prevede che i porti di Augusta e Catania facciano capo all'AdSP del Mare di Sicilia orientale, mentre i porti di Messina e Milazzo, rientrano nell'AdSP dei Mari Tirreno meridionale e Jonio e dello Stretto;
          con decreto ministeriale del 25 gennaio 2017, Catania è stata istituita, per un periodo di 2 anni, come sede dell'AdSP del Mare di Sicilia orientale, rispetto all'originale previsione di Augusta, come stabilito nell'elenco pubblicato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il 21 gennaio 2016;
          il presidente della regione siciliana, in una nota protocollo n.  15404 del 12 settembre 2016 inviata al Ministro interrogato, ha richiesto di individuare nella sede della istituenda autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia orientale quella dell'autorità portuale di Catania, essendo il « core del nuovo sistema portuale e logistico della Sicilia orientale»;
          a seguito del decreto ministeriale, con cui è stata istituita Catania come sede dell'autorità portuale del Mare di Sicilia orientale, non è stata resa nota l'attività di istruttoria che è stata eseguita né quali siano stati i criteri e le motivazioni che hanno indirizzato il Ministro interrogato ad intraprendere tale scelta, anche alla luce del fatto che non vi è stato alcun confronto con i parlamentari rappresentanti del territorio  –:
          se il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto in premessa, non intenda rendere note l'attività di istruttoria e le motivazioni che hanno indirizzato la scelta del porto di Catania quale sede dell'autorità di sistema portuale del mare di Sicilia orientale. (5-10723)


      ATTAGUILE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la Sicilia potrebbe intensificare le proprie risorse economiche e logistiche grazie alla realizzazione di un'infrastruttura di vitale importanza per lo sviluppo turistico ed economico della parte nord orientale dell'isola: l'aeroporto a Pace del Mela (Messina);
          il progetto è quello di creare un polo internazionale integrato e intermodale di comunicazione aerea, ferroviaria, marittima e viaria, con un costo stimato di circa 1 miliardo di dollari di investimenti e con tempistiche di realizzazione di circa un anno e mezzo;
          una holding indiana si è dimostrata interessata ad investire nella realizzazione di un nuovo aeroporto in Sicilia, che non sia concorrenziale a Palermo e a Catania, e il progetto è sostenuto ed incoraggiato da tutte le forze politiche, anche per la capacità di attrarre capitali esteri per l'attuazione di un'opera che intensifica l'attività economica della Sicilia, creando occupazione e donando nuova vitalità ad un'area geografica che vede le proprie potenzialità limitate dai deficit infrastrutturali;
          l'Enac ha comunicato ufficialmente di volersi astenere da commenti sull'ipotesi di realizzazione dell'aeroporto, fino a quando non avrà ricevuto una relazione scritta sul progetto, smentendo così le informazioni che erano circolate in merito ad una bocciatura da parte dell'Ente nazionale per l'aviazione civile dell'ipotesi di sviluppare un polo intermodale che colleghi via aeree con quelle marittime e ferroviarie  –:
          di quali elementi disponga il Ministro interrogato, per quanto di competenza, circa gli sviluppi in merito alla realizzazione dell'aeroporto nella Valle del Mela (Messina), in particolare se risulti esser stato predisposto un progetto dettagliato da sottoporre all'Enac per una valutazione. (5-10724)


      TULLO, COPPOLA, MINNUCCI, BOCCADUTRI, ANZALDI, BRANDOLIN, BRUNO BOSSIO, CARDINALE, CARLONI, CASTRICONE, CRIVELLARI, CULOTTA, MARCO DI STEFANO, FERRO, GANDOLFI, PIERDOMENICO MARTINO, MAURI, MOGNATO, MURA, PAGANI e SIMONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          nel corso dell'esame in Senato del disegno di legge di conversione del decreto cosiddetto «milleproroghe» (decreto-legge n.  244 del 30 dicembre 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n.  19 (Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n.  49 del 28 febbraio 2017 – Supplemento Ordinario n.  14)) presso la Commissione affari costituzionali, è stato approvato un emendamento presentato dal gruppo parlamentare CoR, Conservatori e Riformisti (Senatori Lucio Tarquinio, Francesco Bruni, Luigi D'Ambrosio Lettieri, Luigi Perrone) con il quale, inserendo il comma 2-bis all'articolo 9, si introducono modifiche sostanziali alla disciplina che regola l'accesso al mercato dei servizi automobilistici di linea interregionale, con particolare riferimento allo svolgimento di tali servizi in forma di raggruppamento di imprese, verticale o orizzontale, nonché sono definite le attività che, nell'uno e nell'altro caso, l'impresa mandataria e le imprese mandanti sono tenute ad eseguire;
          la nuova disposizione prescrive un termine di 90 giorni a decorrere dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto (...) entro il quale le aziende operanti nel settore dovranno adeguarsi – pena la decadenza dell'autorizzazione per lo svolgimento del servizio – dandone comunicazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, nei successivi 90 giorni, deve effettuare le opportune verifiche;
          per effetto della nuova disposizione, le autorizzazioni sui servizi automobilistici di linea sulle tratte interregionali potranno essere concesse solo a raggruppamenti di imprese guidati da «operatori economici la cui attività principale è il trasporto di passeggeri su strada»;
          nel corso dell'esame alla Camera del suddetto articolo, è stato accolto come raccomandazione l'ordine del giorno 9/04304/014, presentato dall'onorevole Sergio Boccadutri, del gruppo del Partito democratico, che, in merito alla disposizione introdotta, sottolinea che essa «lede alcuni princìpi del nostro ordinamento – di rilievo costituzionale – a presidio dell'attività di impresa e del libero gioco concorrenziale; viola il principio della certezza del diritto, pregiudica gravemente il legittimo affidamento degli operatori economici sulla normativa vigente, in base alla quale le aziende costruiscono il proprio business model e programmano i loro investimenti e viola la concorrenza nel settore dei servizi automobilistici regionali di competenza statale, riducendo l'offerta di servizi ai passeggeri» –:
          quali urgenti iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, per garantire l'accesso al mercato delle linee interregionali da parte di riunioni di imprese, anche attraverso la promozione di opportune modifiche della norma in questione, nel pieno rispetto dei diritti degli utenti ad accedere a servizi più efficienti a costi vantaggiosi, secondo i più elevati standard di sicurezza internazionali, assicurando piena tutela ai lavoratori del settore. (5-10725)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      AGOSTINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il pensionato Tambroni di Ancona, di proprietà dell'Inrca, (Istituto nazionale di ricerca per la cura degli anziani) è stato realizzato negli anni ’60. Nel 1982 la struttura è stata fortemente danneggiata dalla «frana Barducci». Per la sua ricostruzione il Governo mise a disposizione circa dieci miliardi di vecchie lire;
          i lavori sono stati affidati alla ditta Cpc (Compagnia Progetti e Costruzioni) di Roma che li ha completati nel 2004. L'esecuzione dell'appalto è stata curata da tecnici del competente provveditorato alle opere pubbliche, su incarico dell'Inrca. La nuova struttura, costata 8 milioni di euro, con 80 posti letto, è stata inaugurata il 13 dicembre 2005 ma, già nell'aprile dell'anno successivo, la procura ne ha disposto il sequestro per gravi vizi di costruzione, contestando i reati di truffa, frode in forniture pubbliche, falso ideologico. Da allora il pensionato non è più tornato alla collettività;
          la perizia, redatta su incarico del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Ancona, l'ingegner Placido Munafò, ha definito la struttura «un immobile realizzato con gravi vizi di costruzione», rilevando che «il fabbricato non è agibile per problemi legati alla sicurezza statica di alcune sue parti, per il rischio di insorgenza di patologie legate alla formazione di condensa, per la carenza di isolamento termico che lo rende difforme rispetto al contratto»; il perito ha altresì rilevato «un valore dei lavori eseguiti inferiore rispetto agli importi corrisposti per 546.253 euro»;
          il procedimento penale si è concluso, nel 2011, con sentenza di assoluzione degli imputati nella quale, tuttavia, si legge che «l'opera risultava presentare varie difformità rispetto alle previsioni contrattuali e inidoneità funzionali, tanto da essere giudicata in data 14 maggio 2009 non collaudabile dagli organismi competenti», sicché veniva riconosciuto «un inadempimento rilevante sul piano civilistico»;
          nel 2013, la Corte dei conti ha condannato al pagamento di 700 mila uro, per danno erariale, 4 funzionari pubblici (Rup, direttore dei lavori, collaudatori);
          nel 2015, l'Inrca ha promosso, in sede civile, un'azione risarcitoria nei confronti della ditta Cpc per 10 milioni di euro. Per sanare i difetti di costruzione, secondo i tecnici dell'istituto, sarebbero necessari tra i 4,3 e 4,8 milioni di euro e tempi di lavoro di 12-18 mesi (senza contare i costi di manutenzione), mentre per i responsabili della ditta esecutrice, sarebbero sufficienti 200 mila euro. Nel frattempo, a causa di queste vicende, la struttura è rimasta inutilizzata insieme ad arredi e strumentazioni;
          si tratta di un danno considerevole, tanto più in considerazione del fatto che gli over 65, ad Ancona, sono il 25 per cento della popolazione ed entro i prossimi 30 anni saliranno al 34 per cento. Molti anziani non autosufficienti sono stati accolti in strutture private convenzionate ad un costo pari al doppio di quanto avrebbero speso al Tambroni  –:
          quali iniziative siano state adottate o si intendano adottare nei confronti dei tecnici del competente Provveditorato per le opere pubbliche incaricati di vigilare sull'esecuzione dell'appalto di cui in premessa;
          quali iniziative si intendano promuovere per rendere agibile il pensionato accelerandone la riapertura. (5-10730)

Interrogazioni a risposta scritta:


      GAGNARLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          la diga di Montedoglio, ritenuta la più importante infrastruttura del suo genere nel centro Italia, è un'opera fondamentale per la sua funzione in ambito irriguo su tutta la Valtiberina umbro-toscana e sulla Valdichiana per lo sviluppo del territorio e per garantire una laminazione delle acque ciel fiume Tevere, consentendo di prevenire le frequenti alluvioni delle zone più a rischio;
          nella notte del 29 dicembre 2010 una porzione del muro scolmatore della diga di Montedoglio è crollata, riversando un'imponente massa d'acqua sulla vallata sottostante – secondo le stime oltre 600 metri cubi al secondo – e provocando comprensibili timori nella popolazione. L'acqua, accolta dal letto del Tevere, ha ingrossato il corso del fiume, causando la chiusura precauzionale di tutti i ponti da Sansep olcro fino ai comuni dell'alta Umbria;
          dal dicembre 2010 ad oggi si sono susseguiti, ad intervalli regolari, solenni annunci di ricostruzione, oltre che promesse di un ruolo decisionale per la Valtiberina assicurato dalla presenza di un membro nel Consiglio di amministrazione dell'Ente acque umbro toscano (EAUT), mai assegnato;
          a seguito del crollo, negli ultimi 5 anni sono partite diverse indagini che hanno rilevato l'utilizzo di materiali scadenti ed evidenti errori strutturali;
          nel giugno 2016 il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, a Sansepolcro ha annunciato ancora una volta che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, avrebbe avviato i lavori di ripristino della parte dell'invaso crollata entro luglio 2016, sia per garantire la piena sicurezza che per consentire di ripristinare la massima capacità dell'invaso;
          il 17 febbraio 2017, si è svolta la riunione della Consulta Montedoglio-Sovrana nella sede dell'Ente acque umbre toscane ad Arezzo (EAUT), alla presenza degli assessori all'agricoltura di Umbria e Toscana, oltre che di rappresentanti dei comuni ricadenti nel territorio di operatività della diga di Montedoglio, durante la quale si è parlato anche del progetto di ricostruzione dello scarico di superficie, crollato nel dicembre 2010  –:
          quale sia il ruolo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nella realizzazione dei lavori di messa in sicurezza del muro scolmatore della diga di Montedoglio e se e di quali elementi disponga il Governo, per quanto di competenza, circa i motivi del ritardo dell'inizio dei lavori e le reali tempistiche e modalità previste per l'affidamento degli stessi.
(4-15752)


      CRIPPA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          come si apprende da un articolo pubblicato dalla versione online del quotidiano « La Stampa» del 16 febbraio 2017, l'attuale regolamento dei battelli sul Lago Maggiore dell'ente Gestione navigazione laghi non tenderebbe a favorire il trasporto di biciclette da parte degli utenti sulle imbarcazioni;
          secondo il regolamento sopracitato infatti, il trasporto delle biciclette sarebbe «a discrezione del comandante»;
          oltre che inibire il singolo ciclista, tale norma impedirebbe di fatto anche l'organizzazione di tour sul lago che prevedano formule «bicicletta più battello»;
          tale limitazione sarebbe un notevole freno per lo sviluppo del ciclo-turismo;
          si fa presente che, come si apprende dall'articolo già citato de La Stampa, i regolamenti dei laghi di Como e di Garda, per quanto a loro volta di competenza della stessa Gestione navigazione laghi, proprio nel caso dell'imbarco delle biciclette, sarebbero diversi e più permissivi rispetto a quello del Lago Maggiore;
          al momento, non sarebbe possibile per gli utenti sottoscrivere abbonamenti «passeggero più bicicletta», che sarebbero molto utili per i pendolari che ogni giorno fanno la spola tra le sponde del Lago Maggiore;
          la Gestione navigazione laghi è un ente governativo istituito con legge n.  614 del 1957 attraverso la quale il legislatore ha affidato ad un funzionario dell'amministrazione dello Stato, nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti l'esercizio delle linee di navigazione  –:
          se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative affinché l'ente di Gestione navigazione laghi possa modificare il regolamento di cui in premessa, rendendo il trasporto biciclette condizionato al traffico contingente, favorendo, per quanto di competenza, la creazione di abbonamenti per i battelli «passeggero + bicicletta» e tour ciclo-turistici sul Lago Maggiore e rendendo gratuito il trasporto della bicicletta per i residenti dei comuni rivieraschi;
          come si intenda agire al fine di equiparare i regolamenti di navigazione dei laghi Maggiore, Como e Garda, considerando che tutti e tre sono di competenza della gestione governativa navigazione laghi, e al fine di permettere a tutte le realtà di sviluppare al meglio le proprie potenzialità sia da un punto di vista di servizi ai cittadini, che turistico-economico.
(4-15754)


      PAGLIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la legge di bilancio 2017 è intervenuta sul Fondo nazionale del trasporto, restringendone di fatto la capacità;
          questo starebbe producendo conseguenze sulla possibilità di contribuzione delle regioni ai sistemi di trasporto locale, come si evince chiaramente in Lombardia, dove trasferimenti dallo Stato passerebbero da 854 a 831 milioni di euro;
          per esemplificare ulteriormente, e sulla base di notizie di stampa, in un'area come quella di Cremona e Mantova, ciò significherebbe perdere almeno 1 milione di euro, a fronte dei 24,5 disponibili per il 2016;
          si deve considerare anche che una regione ricca come la Lombardia aveva potuto sopperire con risorse proprie su tagli degli anni precedenti, ma non è scontato che questo possa avvenire fino in fondo anche per l'anno in corso;
          le possibilità finanziarie della Lombardia non possono d'altronde essere ritenute esemplificative di quelle di altre regioni italiane;
          complessivamente, utilizzando sempre come riferimento l'area Cremona-Mantova, la riduzione complessiva delle risorse disponibili per il trasporto pubblico locale potrebbe arrivare a 2,5 milioni di euro, ovvero il 10 per cento di quanto stanziato per il 2016;
          tale compressione non potrebbe che avere un effetto diretto sulla qualità del servizio e in particolare sulla quantità di corse giornaliere disponibili, oltre a costringere i soggetti gestori a rivedere i propri business plan, rimettendo in discussione i contratti di servizio  –:
          se la situazione descritta relativamente al comprensorio Cremona-Mantova sia rappresentativa di un quadro nazionale;
          quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per reperire le risorse necessarie, per garantire il rilancio di un servizio essenziale come il trasporto pubblico locale, indispensabile soprattutto per le fasce più deboli della popolazione e pilastro di un diverso, ecologico modello di mobilità. (4-15755)


      RAMPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          nella regione Abruzzo, l'Anas gestisce quasi mille chilometri di rete stradale, per buona parte in territorio montano soggetto a slavine, smottamenti, frane, eventi tellurici e, nel periodo invernale, frequentemente interessato da abbondanti nevicate;
          in occasione degli ultimi eventi emergenziali verificatisi nel gennaio 2017 l'ANAS è potuta intervenire a sostegno ed ausilio dei comuni, delle province e della Protezione civile tramite la Struttura tecnica di missione, operando per il coordinamento degli interventi di messa in sicurezza della rete stradale e di ripristino della viabilità, con tempistiche e finalità coerenti con la gestione emergenziale;
          nel corso dell'informativa urgente sugli sviluppi della situazione di emergenza nel centro Italia resa dal Ministro interrogato in data 31 gennaio 2017 alla Camera dei deputati, lo stesso ha dichiarato come «l'Anas regionale abbia aperto bene le proprie strade» e ribadito «circa cinquecento chilometri di strade provinciali sono state aperte dalle turbine Anas»;
          ciò è stato possibile attraverso l'immediata risposta della Struttura tecnica di missione, avente sede a L'Aquila;
          il Piano industriale ANAS 2016-2020, approvato dal consiglio di amministrazione della società, prevede l'inserimento della regione Abruzzo nella cosiddetta «Zona Adriatica», macro area comprendente Abruzzo, Molise e Puglia;
          desta perplessità la recente decisione di affidare la sede del coordinamento territoriale ANAS della zona adriatica, come sopra descritta, a Bari, spostando in questa città anche la struttura tecnica di missione e delegando a questa sede l'approvazione di qualsiasi intervento, anche riguardante la somma urgenza e le situazioni di emergenza, di importo superiore a ventimila euro, nonostante la regione Abruzzo e la sua rete stradale siano caratterizzate da territori profondamente diversi per peculiarità e criticità, come purtroppo ci hanno dimostrato gli ultimi drammatici avvenimenti  –:
          se e in che modo il Governo intenda agire al fine di salvaguardare le popolazioni abruzzesi, evitando di incorrere in pericolose perdite di tempo imputabili a rimpalli di competenze ed attese che, in particolari situazioni di emergenza, potrebbero ritardare e/o limitare l'operato di ANAS s.p.a a supporto e/o coordinamento degli eventuali interventi di messa in sicurezza e ripristino della viabilità, anche su strade non di propria competenza, che si dovessero ritenere necessarie. (4-15765)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


      MAZZOLI e TERROSI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          in data 11 febbraio 2017 a Vignanello, in provincia di Viterbo, si è registrato un gravissimo episodio di violenza che ha scosso tutto il comprensorio;
          un ragazzo di Vallerano di 24 anni è stato aggredito nei pressi di un esercizio commerciale da un folto gruppo di ragazzi;
          il ragazzo è stato costretto alle cure del pronto soccorso e gli è stata diagnosticata una prognosi di 30 giorni;
          secondo le prime ricostruzioni da parte degli inquirenti, l'aggressione sarebbe avvenuta da parte di giovani vicini ad ambienti di estrema destra;
          la vittima dell'aggressione si sarebbe resa responsabile di aver condiviso su facebook una frase goliardica di parodia ai tipici manifesti neofascisti;
          purtroppo non è la prima volta che in questo comprensorio si registrano episodi di violenza perpetrati in questi termini, comprese una rilevante quantità di intimidazioni minacce, insulti e botte, non sempre denunciate per paura ed omertà;
          cause scatenanti possono essere, a giudizio degli interroganti, un concerto, una maglietta di sinistra o anche una semplice condivisione di opinioni contrarie alla matrice di estrema destra;
          si è inoltre registrata nella notte tra sabato 18 e domenica 19 febbraio 2017 una esplosione di un ordigno ai danni della sede di Casapound Cimini a Vallerano che ha arrecato danni alla porta di ingresso;
          su tale episodio sono in corso indagini da parte delle forze dell'ordine;
          il salire della tensione e della violenza di stampo politico aumenta la preoccupazione dei Sindaci e di tutta la società civile che avverte la necessità di una maggiore presenza dello Stato in grado di porre fine a tale escalation  –:
          se il Governo sia a conoscenza degli episodi riportati in premessa e quali iniziative intenda assumere in merito, anche convocando il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica al fine di contrastare tali fenomeni e aumentare l'attività di intelligence e di controllo del territorio onde prevenire nuovi episodi di violenza. (3-02842)

Interrogazioni a risposta scritta:


      CRIPPA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          in data 21 febbraio 2017 si è svolto il consiglio comunale di Verbania con tema all'ordine del giorno l'approvazione del bilancio preventivo;
          come da denuncia riportata dal consigliere comunale di Verbania, Roberto Campana anche con una comunicazione scritta al prefetto di Verbania in data 22 febbraio 2017 risulterebbe come durante la seduta in questione non sarebbero stati presenti revisori dei conti, come invece previsto dalla statuto approvato in data 21 febbraio 2001 con deliberazione n.  49 e modificato con deliberazioni di consiglio comunale n.  23 del 30 marzo 2009, n.  41 del 22 aprile 2013, n.  92 del 18 dicembre 2014;
          in particolare, lo stesso, al Titolo VII, articolo 90, punto 9, recita: «Revisori partecipano alle sedute del Consiglio Comunale e della Giunta, quando richiesti, ed in ogni caso alle sedute del Consigli allorché si discutono e si approvano bilanci preventivi e consuntivi. (...)»;
          nonostante durante lo stesso consiglio comunale il consigliere Campana abbia provveduto a riportare la problematica alla presidenza del consiglio comunale, e quest'ultimo abbia provveduto ad una sospensione dell'assemblea al fine di conferire con il segretario comunale nel merito, alla ripresa dei lavori lo stesso, su invito del sindaco, ha provveduto a porre in votazione il proseguimento o meno della seduta;
          chiamati quindi a decidere nel merito, la votazione che ne è conseguita è risultata favorevole al prosieguo dell'assemblea con 16 voti favorevoli alla prosecuzione, 3 contrari e 5 astenuti;
          con tale votazione si sarebbe quindi dato luogo a una modifica sui generis e di fatto temporanea di quanto disposto dallo statuto e che quindi andrebbe a «bypassare» con dubbie modalità le disposizioni previste nel merito del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267, «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali» (TUEL);
          si fa presente infatti come lo stesso TUEL, e in particolare l'articolo 6, comma 4, recita: «Gli statuti sono deliberati dai rispettivi consigli con il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta, la votazione è ripetuto in successive sedute da tenersi entro trenta giorni e lo statuto è approvato se ottiene per due volte il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alle modifiche statutarie»;
          la vicenda si è vista ripetersi durante il consiglio comunale del 22 febbraio 2017, nel cui ordine del giorno era presente la discussione e la votazione del bilancio preventivo; in tale occasione si poteva nuovamente notare l'assenza dei Revisori dei Conti;
          nonostante il consigliere comunale Campana abbia ritenuto di intervenire facendo nuovamente presente la problematica, l'assemblea ha votato nuovamente a stragrande maggioranza per la prosecuzione della seduta  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza si intenda assumere, considerato che all'interrogante appare evidente come nella vicenda siano intervenute varie violazioni di legge.
(4-15751)


      GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          fonti di stampa hanno riportato le notizie che il Servizio centrale operativo della polizia avrebbe realizzato un dossier sull'attività delle Ong internazionali e italiane    e italiane che da un anno a questa parte si sono affiancate alle missioni militari italiane ed    europee, in precedenza erano le uniche a gestire i salvataggi, creano una sorta di flotta parallela impegnata nel pattugliamento del Mediterraneo alla ricerca di migranti da salvare;
          le indagini della Sco hanno fatto seguito a una prima segnalazione sulla insolita crescita dell'operatività    di queste navi effettuata dall'agenzia Frontex, incaricata dall'Unione europea di coordinare la sorveglianza dei confini europei, che nel proprio «Rapporto 2017» ha rilevato come in pochi mesi il coinvolgimento delle navi solidali nei salvataggi sia passato dal cinque al quaranta per cento, e come negli ultimi mesi del 2016 gli interventi delle Ong abbiano addirittura superato il numero delle chiamate arrivate alla sala operativa che gestisce le forze navali militari;
          stando alla ricostruzione fatta dal Servizio centrale operativo delle rotte percorse dalle imbarcazioni solidali, queste arriverebbero ad addentrarsi nelle acque libiche, intervenendo, stando agli investigatori, senza che ci sia la consueta chiamata di soccorso che metteva di solito in movimento le navi militari, con modalità estremamente tempestive e coordinate;
          da queste ricostruzioni sarebbe pertanto originato il sospetto che alcune delle navi possano avere contatti con chi organizza i viaggi, venendo a conoscenza delle partenze ancor prima che esse avvengano;
          il medesimo articolo giornalistico rivela, inoltre, l'esistenza di un rapporto riservato stilato da Frontex e svelato dal Financial Times nel dicembre 2016, nel quale l'agenzia ipotizzerebbe addirittura l'esistenza di vere e proprie «collusioni» con gli scafisti, e che sulle prime risultanze investigative della polizia e del servizio centrale operativo starebbero effettuando approfondimenti sia la procura di Catania che quella di Palermo;
          le operazioni navali di salvataggio in mare dei migranti costano decine di migliaia di euro al mese e occorre accertare chi finanzi quelle messe in atto dalle navi «solidali», alcune delle quali operano per conto di organizzazioni quasi sconosciute nel campo delle organizzazioni di aiuto internazionali, e che portano certamente beneficio proprio a quei trafficanti di uomini che la comunità internazionale intende combattere  –:
          se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di impedire da subito a queste organizzazioni di continuare tale attività che, da quanto sta emergendo, configurerebbe l'ipotesi di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e di complicità con i mercanti di morte. (4-15760)


      GUIDESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nel comune di Castelnuovo Bocca D'Adda, in provincia di Lodi, nel settembre 2015, su iniziativa del sindaco, avrebbe preso avvio un progetto per la destinazione della ex Casa Cantoniera a centro di accoglienza per immigrati richiedenti asilo;
          secondo quanto allora illustrato dallo stesso sindaco di Castelnuovo, il progetto avrebbe coinvolto ben cinque enti: la provincia di Lodi, ente proprietario dell'ex casa cantoniera, l'azienda consortile servizi della persona come ente gestore in collaborazione con l'ufficio di piano, la fondazione comunitaria, quale finanziatore della ristrutturazione dell'immobile, il comune di Castelnuovo, come ente ospitante e l'Itas Tosi per il progetto di un orto didattico a cui avviare gli immigrati;
          il progetto pare sia partito concretamente a gennaio 2016, quando la provincia ha concesso in comodato d'uso all'azienda consortile l'immobile di cui sopra;
          terminati i lavori di ristrutturazione dello stabile, il cui costo pare sia stato di circa cinquantamila euro, erogati appunto dalla Fondazione comunitaria, e nell'attesa dell'arrivo, a breve, degli immigrati da allocare nella struttura, pare circa dieci o dodici, il sindaco di Castelnuovo avrebbe, dunque, convocato, pochi giorni fa, un'assemblea pubblica per presentare ai cittadini il progetto, ormai in fase di effettivo avvio;
          nel corso di tale assemblea, i cittadini avrebbero manifestato forte dissenso e legittime preoccupazioni sul progetto del sindaco, come già nel 2015 successivamente all'annuncio dell'iniziativa, ed anche sulle eventuali misure di sicurezza adottate;
          dopo le rassicurazioni da parte del sindaco, il quale avrebbe precisato che il centro avrà «un occhio di riguardo» da parte della caserma dei carabinieri, lo stesso avrebbe annunciato, tra le attività nelle quali gli immigrati saranno impegnati, la gestione di un «orto didattico» in un appezzamento di terreno messo a disposizione dalla Comunità Le Fontane, situato nel vicino comune di Cornovecchio;
          è solo in tale occasione che il sindaco di Cornovecchio, Veronica Piazzoli, precedentemente all'oscuro di tutto, sarebbe venuto a conoscenza del prossimo arrivo degli immigrati, ospitati a Castelnuovo, nel suo comune per svolgere l'attività di cui sopra;
          è evidente l'assoluta gravità di quanto riportato sopra, in particolare, che nessuno dei soggetti coinvolti, quanto meno il sindaco di Castelnuovo, promotore del centro, abbia preventivamente informato il sindaco di Cornovecchio, il quale è venuto a conoscenza dell'invio di alcuni immigrati nel proprio comune, per caso e solo in occasione della citata assemblea;
          appaiono, dunque, del tutto legittime anche le preoccupazioni del Sindaco Piazzoli per i profili di ordine pubblico e sicurezza, in merito ai quali non sono state comunicate precise indicazioni di eventuali misure adottate a tutela dei cittadini di Cornovecchio  –:
          se il Ministro    sia a conoscenza di quanto sopra riportato e non ritenga quantomeno anomalo non aver informato preventivamente il sindaco di Cornovecchio, quale attività precisamente verrà espletata dagli ospiti del centro di accoglienza di Castelnuovo Bocca D'Adda, la durata, il numero delle ore settimanali e il costo del progetto degli orti didattici, quanti immigrati verranno coinvolti in tale progetto, la loro nazionalità, se e quando gli stessi abbiano formalizzato domanda di protezione internazionale e a che punto sia l'iter della procedura, con quali mezzi gli stessi saranno accompagnati nel comune di Cornovecchio, infine, quali misure siano state adottate o sia intenzione promuovere al fine di garantire che il trasporto e l'attività sia espletata nel rispetto di idonee misure sicurezza per i cittadini di Cornovecchio. (4-15764)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
          la legge 21 dicembre 1999, n.  508, di riforma degli istituti di Alta formazione artistica e musicale (Afam), all'articolo 3, comma 1, ha istituito il Cnam, il Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale, quale organo tecnico-consultivo necessario per l'espressione di pareri e la formulazione di proposte relative al funzionamento delle istituzioni afferenti a tale area disciplinare;
          il decreto ministeriale 16 settembre 2005, n.  236, ha disciplinato il funzionamento e le modalità di nomina e di elezione dei componenti dell'organo del Cnam; tale normativa prevede che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca indichi «con propria ordinanza, emanata almeno sei mesi prima della scadenza del Cnam» le elezioni dell'organo;
          l'ultimo Cnam è decaduto nel dicembre 2012, ma non si è provveduto ad avviare nei tempi previsti alcuna procedura di rinnovo dell'organo. Tale vacatio, che ancora si protrae, sta paralizzando la gestione del settore, con gravi conseguenze sull'intera attività di valutazione e di accreditamento dell'offerta formativa delle istituzioni Afam, anche in considerazione dell'applicazione della nuova normativa in termini di ordinamenti didattici ed equipollenze tra titoli di studio universitari e Afam sancita dalla legge n.  228 del 24 dicembre 2012;
          a fronte del prorogarsi della vacatio del Cnam, la legge di riforma della scuola del 13 luglio 2015, n.  107, al comma 27 dell'articolo 1, ha previsto che in mancanza del parere del medesimo organo «gli atti e i provvedimenti adottati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca» sono «perfetti ed efficaci» nei casi previsti dall'articolo 3, comma 1, della legge 21 dicembre 1999, n.  508;
          a tutt'oggi, dopo quasi cinque anni, il settore dell'Afam, continua ad essere privato delle fondamentali funzioni istituzionali di indirizzo e gestione che la legge attribuisce al Consiglio nazionale  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, e in quali tempi, porre fine a tale inaccettabile vacatio istituzionale, ponendo in essere le procedure necessarie alla rielezione del Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale, così come previsto dalla legge 21 dicembre 1999, n.  508, e dal decreto ministeriale 16 settembre 2005, n.  236, all'articolo 10.
(2-01686) «Vignali».

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


      ALTIERI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto consta all'interrogante, le pensioni di circa 400-450 militari in servizio, arruolati prima del 25 giugno 1982 e ormai prossimi al pensionamento non beneficerebbero delle agevolazioni disposte dall'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica n.  1092 del 1973 previsto per il personale militare. Ciò per il mancato riconoscimento per soli sette giorni del sistema retributivo sino al 31 dicembre 2011, per un'erronea interpretazione della norma;
          l'entrata a regime del sistema contributivo ha, come noto, dato luogo a pensioni caratterizzate da bassi tassi di sostituzione. Grande rilevanza per i soggetti interessati assume, quindi, il raggiungimento dei requisiti per il calcolo della pensione con il sistema retributivo, che presuppone il possesso di un'anzianità contributiva di anni 18 al 31 dicembre 1995;
          sono diversi i casi di interpretazione restrittiva della norma che, partendo dall'abolizione dell'arrotondamento ad anno intero delle frazioni superiori a sei mesi (articolo 59, comma 1, lettera b), legge n.  449 del 1997), hanno portato a negare il riconoscimento dei 18 anni anche ai soggetti che, a fine 1995, potevano vantare un'anzianità contributiva di 17 anni, 11 mesi e oltre 15 giorni;
          tuttavia, in situazioni analoghe, l'arrotondamento a mese intero, non vietato dal diritto positivo, è stato ammesso dalla giurisprudenza contabile per l'accesso e per il calcolo della pensione, applicando oltre al «buon senso», quanto disposto dall'articolo 3, legge n.  274 del 1991, a favore dei dipendenti degli enti locali (confronta Corte dei conti, sez. giur. Abruzzo, n.  46 del 2014) e, in aderenza a quanto disposto dalla circolare Inpdap n.  14 del 16 marzo del 1998;
          la Corte dei conti, sez. Sardegna, nella sentenza n.  93 del 2014, ha accolto il ricorso di un ex appartenente all'Arma dei Carabinieri che chiedeva il riconoscimento del proprio diritto alla liquidazione della pensione con il sistema retributivo fino al 31 dicembre 2011 e non fino al 31 dicembre 1995, come invece ha ritenuto l'amministrazione;
          il collegio giudicante ha ritenuto che l'anzianità contributiva del ricorrente al 31 dicembre 1995 dovesse essere calcolata in conformità alle indicazioni contenute nella circolare Inpdap sopra richiamata e, pertanto, dovesse «essere determinata, per arrotondamento, in anni diciotto (considerato, [come si è già detto], che il complessivo servizio utile maturato dal ricorrente al 31 dicembre 1995 ammontava ad anni 17, mesi 11 e giorni 19)»;
          si ricorda che il punto 6 della richiamata circolare dell'Inpdap ha chiarito che «dal tenore letterale della norma in esame [articolo 59, co. 1, lett. B), legge n.  449/1997] si evince che per “frazioni di anno” debbano intendersi esclusivamente i mesi. Pertanto, per i trattamenti pensionistici decorrenti dal 2 gennaio 1998, siano essi di vecchiaia, anzianità, o inabilità, si applicano le disposizioni in materia di arrotondamenti così come previsti dall'articolo 3 della legge 274/91» che prevede che «il complessivo servizio utile viene arrotondato a mese intero, trascurando la frazione del mese non superiore a quindici giorni e computando per un mese quella superiore»;
          a seguito di detta pronuncia, l'Inps ha provveduto al ricalcolo e all'adeguamento della pensione nei confronti del sottoufficiale dell'Arma dei Carabinieri  –:
          se non si ritenga di dover dare precise indicazioni agli uffici competenti dell'Inps affinché sia riconosciuto l'arrotondamento a mese intero delle frazioni superiori a 15 giorni, onde tutelare le legittime aspettative del personale ed evitare defatiganti e costosi contenziosi in materia, che per l'interrogante avrebbero un sicuro esito negativo per l'Amministrazione, considerando che gli interessati già prevedono, se la loro situazione non verrà sanata d'ufficio, di rivolgersi alla giustizia amministrativa, appena posti in quiescenza. (3-02843)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XII Commissione:


      RONDINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          ogni anno l'Inps ha l'obbligo di verificare la permanenza dei requisiti necessari per il pagamento delle prestazioni assistenziali – quali la pensione sociale e l'assegno sociale – e le prestazioni economiche erogate agli invalidi civili, quali l'indennità di accompagnamento, l'indennità di frequenza e l'assegno mensile. Per farlo, esso richiede ai diretti interessati di presentare ogni anno una certificazione relativa alla sussistenza dei relativi requisiti;
          gli invalidi civili titolari di indennità di accompagnamento o di frequenza sono tenuti a presentare, entro il 31 marzo di ogni anno, tramite il modello Icric, una dichiarazione di responsabilità relativa alla sussistenza o meno di uno stato di ricovero in istituto, indicando se questo è avvenuto a titolo gratuito o a pagamento;
          la procedura prevede che sia l'Inps stesso ad inviare ai diretti interessati una lettera dove sono indicati i modelli da presentare tramite codici a barre. Per presentare all'ente tali modelli, si può scegliere tra rivolgersi ad un intermediario abilitato all'assistenza fiscale (Caf) che assisterà l'interessato nella compilazione dei modelli, per poi provvedere direttamente alla trasmissione telematica o utilizzare i servizi on-line disponibili sul sito Inps, per i quali è necessario disporre di un codice Pin assegnato una tantum dall'ente stesso; in questo caso, l'eventuale documentazione dovrà essere comunque consegnata alla competente sede Inps;
          questa procedura interessa centinaia di migliaia di assistiti: l'Inps ogni anno invia una richiesta alle persone che godono dell'assegno di accompagnamento, di dichiarare se durante l'anno sono state ricoverate in strutture pubbliche, questo per recuperare i giorni che l'assistito grava sulla spesa pubblica, tenendo presente che in caso di non comunicazione l'assistito perde il diritto dell'assegno, costringendolo a dover rifare tutta la trafila per il riconoscimento dell'invalidità  –:
          se il Ministro essendo a conoscenza della situazione, intenda intervenire snellendo e semplificando la procedura di comunicazione, prevedendo che siano gli stessi istituti di ricovero ospedaliero o altre, strutture interessate a comunicare all'Inps i giorni di ricovero, al fine di evitare ai cittadini perdite di tempo, rischi di perdere un diritto in caso di ritardi ed inutili esborsi dovuti alla necessità di rivolgersi ai Caf. (5-10702)


      DI VITA, LOREFICE, GRILLO, MANTERO, NESCI, SILVIA GIORDANO e COLONNESE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          nel 2016 la regione Sicilia ha ottenuto un finanziamento del Fondo nazionale per le non autosufficienze per un importo di euro 32.409.000;
          è di questi giorni la protesta avente ad oggetto la mancata garanzia del diritto all'assistenza delle persone con disabilità grave e gravissima in Sicilia, lamentata, nel caso di specie che ha originato le polemiche, dai fratelli tetraplegici Alessio e Gianluca Pellegrino;
          la regione sarebbe accusata di utilizzare soltanto euro 13.041.600 del fondo, da dividere per 3682 casi, per una quota individuale di euro 3451,99 all'anno, neanche 300 euro al mese;
          la sentenza della Corte costituzionale n.  275 del 2016, ha sancito un principio fondamentale: «è la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l'equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione»;
          in seguito alla protesta, l'assessore regionale al welfare Gianluca Micciché ha rassegnato le dimissioni;
          il 28 febbraio 2017 il Consiglio regionale della Sicilia ha approvato un emendamento al disegno di legge «proroga dell'esercizio provvisorio e istituzione del Fondo regionale per la disabilità» che prevede un fondo aggiuntivo di 20 milioni di euro, nonché dato il via libera alla pubblicazione di un decreto per la definizione e le modalità di erogazione ai soggetti disabili che ne hanno diritto;
          il sottosegretario Davide Faraone ha annunciato l'arrivo di ulteriori finanziamenti dal Governo nazionale;
          aspetto particolarmente critico della vicenda è quello di riuscire a monitorare e tracciare efficacemente quanto ripartito, affinché le regioni non sprechino i fondi con spese distorte o inefficaci, nonché quello di realizzare programmi di vita indipendente attraverso un preciso piano individualizzato;
          una nota del 9 gennaio 2017 del Comitato 16 novembre evidenzia oltretutto che la regione avrebbe male applicato il decreto ministeriale di riparto del fondo, intervenendo in modo errato sulle prestazioni in relazione alle quote vincolate del fondo, in particolare a vantaggio delle cooperative affidatarie  –:
          di quali elementi disponga il Governo, alla luce dei fatti esposti in premessa, in ordine alla qualità e all'adeguatezza delle prestazioni assistenziali erogate nel corso dell'anno sulla base dell'utilizzo delle risorse finanziarie del Fondo nazionale per le non autosufficienze. (5-10703)


      LENZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'8 febbraio 2017 la Camera ha approvato il disegno di legge di conversione del cosiddetto «decreto per il Mezzogiorno», stanziando 50 milioni di euro in più per il Fondo nazionale per le non autosufficienze istituito dalla legge 27 dicembre 2006, n.  296;
          il 14 febbraio al Tavolo Non Autosufficienza è emersa la possibilità che il Ministero dell'economia e delle finanze stia valutando la possibilità di disporre tagli sia per il Fondo per le Non Autosufficienze (500 milioni di euro per il 2017) quanto per il Fondo nazionale per le politiche sociali (poco più di 300 milioni di euro) di cui all'articolo 20 della legge n.  328 del 2000;
          nello specifico, i 311 milioni di euro del Fondo per le politiche sociali, potrebbero scendere a 99 milioni di euro e i 500 milioni di euro del Fondo per le non autosufficienze potrebbero scendere a 450 milioni di euro, mettendo a rischio i servizi alla persona e le prestazioni a domicilio per disabili e anziani;
          il Fondo nazionale per le politiche sociali e la fonte nazionale di finanziamento specifico degli interventi di assistenza alle persone e alle famiglie, così come previsto dalla legge n.  328 del 2000, la legge quadro di riforma dell'assistenza, finanziando un sistema articolato di piani sociali regionali e piani sociali di zona che descrivono, per ciascun territorio, una rete integrata di servizi alla persona rivolti all'inclusione dei soggetti in difficoltà, o comunque all'innalzamento del livello di qualità della vita;
          il Fondo nazionale per le non autosufficienze è fondamentale per dare un aiuto alle famiglie che devono assistere a domicilio un malato non autosufficiente come le persone colpite da SLA; ad esempio, è necessario alle famiglie per potersi permettere una o più «badanti» per l'assistenza 24, ore su 24, oppure per l'acquisto di ausili come i comunicatori o i letti attrezzati. Senza un'adeguata assistenza domiciliare, molti malati sarebbero costretti a rivolgersi alla rete ospedaliera e assistenziale con un conseguente aumento dei costi a carico del Sistema sanitario nazionale  –:
          se corrispondano al vero le affermazioni su possibili tagli di risorse ai due Fondi richiamati in premessa e quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare al fine di scongiurare tale evenienza che colpirebbe proprio i cittadini più vulnerabili, e avrebbe come conseguenza che la manovra finanziaria produrrebbe effetti negativi sulla parte più debole della nostra società. (5-10704)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      MOSCATT e GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'Inps, nel corso del 2015 e 2016, ha inviato circa 2.000 contestazioni per presunte irregolarità a lavoratori del mondo dello spettacolo;
          una parte di queste lamentava il mancato versamento dei contributi ai lavoratori dello spettacolo che hanno avuto redditi da lavoro autonomo per gli anni di imposta 2009 e 2010, chiedendo un versamento alla cassa di gestione separata dell'Inps entro 30 giorni unitamente ad una sanzione ed interessi di mora;
          tuttavia, dopo il passaggio dell'Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo (Enpals) all'Inps, quest'ultimo ha confermato con numerose circolari l'obbligo per il datore committente di versare l'aliquota contributiva pari al 33 per cento (9,19 per cento a carico del lavoratore, 23,81 a carico del datore/committente), indipendentemente dal tipo di rapporto di lavoro (subordinato, parasubordinato, autonomo);
          altre contestazioni hanno riguardato la richiesta della restituzione della disoccupazione percepita dal 2000 ad oggi – anche per arretrati di oltre i dieci anni – a lavoratori assunti a termine, sulla base del presupposto che le aziende non avrebbero versato il relativo contributo;
          il lavoro dello spettacolo si svolge, per la maggior parte dei casi in modo intermittente, circostanza per la quale l'Enpals prevedeva l'obbligo dei versamento dei contributi in capo ai committenti anche per i lavoratori autonomi;
          i lavoratori hanno provveduto a contestare tali richieste attraverso la procedura del ricorso amministrativo in via telematica, la richiesta di riesame in autotutela o il ricorso giudiziale, tuttavia solo in pochi hanno visto accolta la pratica, mentre gli altri non hanno ricevuto alcuna risposta;
          il 13 febbraio 2017 le diverse categorie dei lavoratori del mondo dello spettacolo hanno effettuato uno sciopero e manifestato insieme a Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom, per protestare sui disservizi dell'Inps ed effettuato un presidio di fronte alla sede centrale dell'Istituto di previdenza, al termine del quale una delegazione è stata ricevuta dal direttore centrale ammortizzatori sociali e da un dirigente della direzione centrale entrate e recupero crediti;
          durante tale incontro è stata confermata da parte dell'Inps la volontà di riesaminare le pratiche e di inviare, quindi, l'esito ai lavoratori che ne hanno contestato la fondatezza. È stato altresì assicurato: che le pratiche non si trasformeranno in cartelle esattoriali; che saranno istituiti ulteriori controlli, nell'ambito dell'operazione Poseidone (verifica se i redditi da lavoro autonomo corrispondono al versamento dei contributi) per evitare che nei prossimi anni, si riponga il problema; che, per quanto riguarda la richiesta di rimborso della disoccupazione, è stata confermato la decadenza oltre i dieci anni – salvo che non siano intervenuti atti interruttivi della prescrizione – nonché il diritto di percepire la disoccupazione, indipendentemente dal relativo versamento aziendale –:
          quali iniziative il Governo intenda intraprendere affinché si chiariscano celermente le posizioni contributive di questi lavoratori e affinché le rassicurazioni ricevute nel suddetto incontro tra i lavoratori dell'ex-Enpals e i dirigenti dell'Inps trovino concreta soddisfazione;
          se non ritenga siano maturi i tempi perché si operi una revisione organica della legislazione in materia di diritti e tutele per i lavoratori mondo dello spettacolo. (5-10717)


      GUIDESI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il Parlamento di Vienna, per contrastare il dumping sociale, ha approvato una nuova disciplina che prevede l'estensione anche al trasporto su strada dell'applicazione del salario austriaco e delle norme relative al distacco dei lavoratori al traffico internazionale da e per l'Austria;
          dal 1o gennaio 2017, quindi, «gli autisti delle imprese estere impegnati nei trasporti di cabotaggio e/o nei trasporti internazionali da e per l'Austria non possono percepire una retribuzione inferiore a quella stabilita dalla contrattazione sindacale in questo Paese»;
          si prevede altresì che l'azienda debba comunicare la presenza dell'autista, fornisca allo stesso copia del contratto di lavoro, la busta paga, il tracciato retributivo, la documentazione che attesti le ore di lavoro effettuate ed il relativo inquadramento;
          norme simili alla predetta disciplina a tutela del salario minimo sono già state approvate anche da altri Paesi come Francia e Germania  –:
          se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per contrastare anche nel nostro Paese il fenomeno del dumping sociale;
          se, in particolare, il Governo intenda prendere in considerazione le misure adottate dal Governo austriaco, da quello tedesco e da quello francese in materia, valutando l'opportunità di assumere iniziative per promuoverne di simili anche in Italia. (5-10728)


      FRANCESCO SANNA, PES, PINNA, GIOVANNA SANNA e SCANU. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la Fondazione Stefania Randazzo e la integrata associazione AIAS Sardegna con 43 sedi e oltre 1200 dipendenti opera in Sardegna offrendo i meritevoli servizi – in convenzione con il sistema pubblico – di residenza sanitaria assistita, riabilitazione di malati post acuti, assistenza alle disabilità e ai malati psichici;
          negli ultimi tempi, AIAS e Fondazione pagano la retribuzione dei dipendenti con gravissimo ritardo, che ha creato un arretrato di otto mensilità non corrisposte;
          tale ritardo non appare determinato se non in minima parte da ritardi di analoga entità delle amministrazioni pubbliche committenti i servizi;
          a fronte di tale grave situazione le relazioni dei lavoratori dipendenti con Fondazione e AIAS hanno preso la forma di uno scontro continuo, via via acuitosi anche a causa di episodi che vedono i rappresentanti sindacali oggetto di provvedimenti disciplinari basati su presupposti dubbi, sino al licenziamento;
          i dipendenti di AIAS e Fondazione – atteso che i pagamenti delle amministrazioni committenti sembrano non influire sul pagamento degli arretrati e sulla regolarità delle retribuzioni – intraprendono azioni sostitutorie nei confronti degli enti convenzionati. I lavoratori sono infatti, ai sensi dell'articolo 1676 del Codice Civile, «alle dipendenze dell'appaltatore», e possono rivolgersi direttamente alle ASL e ai comuni committenti «per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l'appaltatore»;
          l'amministrazione di Fondazione e AIAS considerano inopinatamente illegittima l'azione prevista dall'articolo 1676 del codice civile, posto che all'esercizio di essa assume provvedimenti disciplinari nei confronti del lavoratore, consistenti nella sospensione dal lavoro e dalla retribuzione;
          lo scontro in atto crea un contesto avvelenato in cui le delicate attività a favore dei pazienti – per la prostrazione degli operatori senza retribuzione e bersaglio di sanzioni disciplinari inusitate – potrebbero essere compromesse nella loro qualità minima e nell'adeguatezza agli standard richiesti;
          ai sensi di legge (articolo 25 del codice civile), «l'autorità governativa esercita il controllo e la vigilanza sull'amministrazione delle fondazioni; provvede alla nomina e alla sostituzione degli amministratori o dei rappresentanti, quando le disposizioni contenute nell'atto di fondazione non possono attuarsi; annulla, sentiti gli amministratori, con provvedimento definitivo, le deliberazioni contrarie a norme imperative, all'atto di fondazione, all'ordine pubblico o al buon costume; può sciogliere l'amministrazione e nominare un commissario straordinario, qualora gli amministratori non agiscano in conformità dello statuto o dello scopo della fondazione o della legge»  –:
          se i Ministri interrogati non ritengano di esercitare attività ispettive per accertare – ferma la competenza giurisdizionale e della regione – la specifica violazione di norme statali lavoristiche nel caso di punizione, con la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio, dell'esercizio dell'azione prevista dall'articolo 1676 del codice civile;
          se non ritengano – valutata anche la forte compenetrazione di finalità, attività e parziale identità degli amministratori della Fondazione Stefania Randazzo e AIAS Sardegna, che ne fanno un tutto indissolubile di esercitare i poteri di indirizzo alla rappresentanza territoriale del Governo, per verificare se esistano i presupposti di una o più delle azioni previste dall'articolo 25 del codice civile;
          se in particolare non ritengano opportuno – anche al fine di salvaguardare gli scopi meritori di Fondazione Stefania Randazzo e AIAS Sardegna – l'annullamento delle delibere in cui si ravvisino comportamenti antisindacali e violazioni di norme imperative o di ordine pubblico (attesa l'importanza del servizio svolto a favore dei pazienti) ovvero, se si ravvisassero i presupposti, lo scioglimento dell'amministrazione e la nomina di un commissario straordinario, che nell'interesse dei medesimi enti e in collaborazione con le istituzioni locali ripristini in tempi rapidi le normali condizioni di loro operatività. (5-10729)

Interrogazione a risposta scritta:


      MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          si apprende, a mezzo stampa, che alcuni intoppi burocratici impediscono a un anziano di 103 anni, Mario Della Guardia, ex vigile urbano, di Pescara, con gravi problemi di salute e impossibilitato a spostarsi da casa, di ottenere una visita domiciliare per il riconoscimento dell'invalidità civile;
          la denuncia, riportata da alcuni quotidiani locali, parte dalle figlie Annamaria e Carmela, 76 e 71 anni, e dal genero Giancarlo Fuschi;
          a novembre 2016, le figlie inoltrano la domanda all'Inps per richiedere una visita domiciliare per invalidità civile e accompagnamento, consigliata del medico di base e del medico della Asl, che è andato a casa dell'uomo per verificare le condizioni di salute e ha attestato che il paziente non è trasportabile, per cui ha diritto a una visita domiciliare. Il mese scorso, l'Inps dichiara di non avere più i documenti sulla domanda d'invalidità, inviata dal patronato qualche mese prima, così Fuschi si reca dal medico di base che gli fornisce un nuovo documento cartaceo, che attesta le condizioni di salute di Della Guardia, da consegnare personalmente agli uffici Inps, i quali, però, non gli rilasciano alcuna ricevuta di avvenuta consegna;
          a distanza di tre mesi, quindi, arriva telefonicamente la risposta da parte del medico della commissione Inps, che ha esaminato il caso, affermando che il paziente non possiede i requisiti necessari per avere diritto a una visita a domicilio;
          l'uomo, viene assistito da una badante 24 ore su 24, poiché ha bisogno costantemente di cure e di qualcuno che lo assista nelle attività primarie della vita quotidiana  –:
          se non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per accertare se questa persona di 103 anni, possa avere diritto alla invalidità civile e alla indennità di accompagnamento. (4-15761)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      ROMANINI, PRINA, PATRIZIA MAESTRI e PAOLO ROSSI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 2 del decreto legislativo 16 aprile 1997, n.  146 così come modificato dall'articolo 27, comma 19, della legge 23 dicembre 1999, n.  48 ha dato attuazione alla delega conferita al Governi ai sensi dell'articolo 2, comma 24, della legge 8 agosto 1995, n.  335 per la razionalizzazione delle agevolazioni contributive al fine di tutelare le zone agricole effettivamente svantaggiate;
          il sopraccitato articolo 2 del decreto legislativo n.  146 del 1997 ha quindi assegnato al Comitato interministeriale per la programmazione economica del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali, d'intesa con il Comitato permanente delle politiche agroalimentari e forestali la definizione della nuova classificazione delle zone svantaggiate, tenendo anche conto del regolamento (CE) n.  1260/1999 del Consiglio del 21 giugno 1999;
          con delibera CIPE n.  42 del 25 maggio 2000, nell'ambito della riclassificazione delle zone svantaggiate, sono stati definiti i criteri per l'individuazione delle zone agricole svantaggiate, fissato il livello delle agevolazioni e preso atto dell'elenco di comuni svantaggiati proposto dal Ministro delle politiche agricole e forestali ferma restando la facoltà delle regioni di delimitare una ulteriore quota di aree svantaggiate. La medesima delibera ha previsto che la revisione della classificazione delle zone agricole svantaggiate venisse effettuata con cadenza quinquennale a decorrere dal 1° gennaio 2000;
          con delibera CIPE n.  13 del 1 febbraio 2001 è stato approvato l'elenco definitivo dei comuni svantaggiati;
          l'articolo 01 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n.  2, convertito con modificazioni dalla legge 11 marzo 2008, n.  81, ha rideterminato le agevolazioni contributive per l'agricoltura nella misura del 75 per cento nei territori montani particolarmente svantaggiati e del 68 per cento nelle zone agricole svantaggiate, comprese le aree dell'obiettivo 1. Tali agevolazioni, inizialmente disposte per il solo triennio 2006-2008, sono state stabilizzate a decorrere dal 1o agosto 2010 ai sensi dell'articolo 1, comma 45 della legge 13 dicembre 2010, n.  220;
          l'agevolazione contributiva rappresenta un valido strumento di sostegno all'occupazione e all'imprenditorialità agricola di quelle aziende che operano in zone svantaggiate. Ciononostante la mancata revisione quinquennale dell'elenco di tali zone ha determinato situazioni di evidente incoerenza con aziende insediate in territori limitrofi che, anche a distanza di poche decine di metri l'una dall'altra, si vedono applicato un regime contributivo differente  –:
          se i Ministri interrogati non intendano adottare iniziative volte a una revisione della classificazione delle zone agricole svantaggiate che, ai sensi della delibera CIPE n.  42/2000, avrebbe dovuto essere effettuata con cadenza quinquennale e che invece, ad oggi, non risulterebbe mai effettuata, anche al fine di superare le evidenti disparità di trattamento tra aziende agricole che operano in territori viciniori ma che si vedono applicati ingiustificatamente regimi contributivi differenti. (5-10719)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


      CECCONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il 2 febbraio 2017 veniva pubblicata su un quotidiano specializzato online la denuncia del coordinatore locale del sindacato Nursind relativi ad un ordine di servizio    al personale di sala operatoria privato del diritto al riposo normalmente riconosciuto per legge;
          a seguito del fatto descritto, l'infermiere subiva l'apertura di procedimento disciplinare a suo carico e in data 16 febbraio 2017 si è svolta l'audizione disciplinare dell'infermiere da parte della dirigenza aziendale;
          in conseguenza dell'articolo sopra citato, il direttore del personale dell'azienda replicava ammettendo che l'azienda farebbe normalmente ricorso a turni in contrasto con la normativa vigente;
          il diritto al riposo del personale sanitario attiene tanto al benessere psicofisico del lavoratore ma anche alla qualità del servizio che sarà in grado di fornire  –:
          se intenda porre in essere azioni di verifica, per quanto di competenza, intese ad accertare che la normativa nazionale e europea in materia di orari di lavoro del personale sanitario venga applicata a dovere;
          se, qualora accertasse irregolarità al riguardo, intenda porre in essere iniziative di competenza volte a garantire il rispetto della normativa europea sui turni e sui riposi obbligatori del personale, introdotta in Italia dalla legge n.  161 del 2014, a tutela dei diritti dei lavoratori. (4-15749)


      VARGIU. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          le linee guida scientifiche internazionali sono estremamente rigorose nell'indicare i parametri di sicurezza relativi ai punti nascita, in particolare per quanto attiene al numero dei parti/anno che – per non pregiudicare la qualità dell'assistenza – non deve scendere al di sotto dei 700/anno;
          a seguito del recepimento di tale indicazione di massima, in tutte le regioni italiane vengono correttamente chiusi i punti nascita delle strutture che non hanno il necessario volume di attività, con l'obiettivo di garantire la sicurezza delle puerpere e dei neonati, mentre si consolida l'obiettivo della «presa in carico globale» della gestante e dei suoi percorsi specifici, durante tutte le fasi della gravidanza;
          la sicurezza delle cure per la donna a termine di gravidanza non è ovviamente garantita dal solo buon funzionamento della struttura di ostetricia destinata ad ospitarla, ma anche dalla disponibilità dei servizi (rianimazione, laboratorio, neonatologia) che contribuiscono a qualificare la complessiva prestazione sanitaria;
          la regola generale non tiene ovviamente conto di alcune specificità che necessitano di approccio differente: è tipico il caso di importanti comunità che vivono i territori isolati, montani e/o difficilmente raggiungibili, per le quali si devono studiare soluzioni adeguate;
          paradigmatica di tale peculiarità è la situazione della comunità sarda che vive nell'isola di La Maddalena. La popolazione residente in tale isola ammonta a circa 12.000 unità nel periodo invernale, per salire a 50-60.000 durante la stagione estiva. L'isola è normalmente collegata alla Sardegna con mezzi navali, che non viaggiano nelle ore notturne e, in caso di emergenza, anche attraverso il possibile utilizzo di un elicottero, che tuttavia non è disponibile h.24;
          le condizioni meteorologiche complessive (in particolare quelle relative alla forza del vento) rendono talora inaccessibile via mare l'isola de La Maddalena e impediscono contemporaneamente il volo degli elicotteri;
          anche in considerazione delle sue peculiarità logistiche, l'isola de La Maddalena è oggi dotata di un presidio ospedaliero (il Paolo Merlo), con particolare vocazione alla gestione della emergenza-urgenza, presso il quale è sempre stato attivo un «punto nascita»;
          tale «punto nascita», sicuramente non supportato da alti numeri di parti/anno, è stato però sempre ampiamente giustificato dalla necessità di garantire adeguati percorsi alle puerpere dell'isola, che consentissero la gestione di qualsiasi complicanza o precipitazione dei tempi, mantenendo comunque le garanzie più alte possibili per tutte le donne maddalenine;
          anche i più recenti protocolli specifici intercorsi tra lo Stato e le regioni confermano la necessità di analizzare in modo non ragionieristico il destino dei punti nascita, la cui soppressione può essere derogata in casi specifici e peculiari come quello di La Maddalena, garantendo le indispensabili duttilità organizzative necessarie per contemperare le esigenze di qualità della prestazione con quelle di sostenibilità;
          nel caso del punto nascita di La Maddalena, la regione autonoma della Sardegna pare invece orientata a non dare risposta coerente a tale, conclamata necessità, sopprimendo il «punto nascita» dell'ospedale Paolo Merlo;
          la cancellazione dell'attività del punto nascita del P.O. Paolo Merlo espone la popolazione residente a rischi di salute che confliggono con la certezza dei livelli essenziali di assistenza garantiti dalla normativa nazionale;
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti in premessa, e se non ritenga opportuno intervenire quanto prima, per quanto di competenza, perché nell'Isola de La Maddalena, in considerazione delle straordinarie peculiarità logistiche dell'isola nell'isola, sia eccezionalmente mantenuto aperto il punto nascita del P.O. Paolo Merlo per poter tutelare le elementari garanzie delle gestanti e del nascituro previste dai LEA. (4-15762)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


      RICCIATTI, MARTELLI, FERRARA, AIRAUDO, PLACIDO, SCOTTO, NICCHI, DURANTI, PIRAS, QUARANTA, MELILLA, ZARATTI, FRANCO BORDO, SANNICANDRO e D'ATTORRE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          Isolante K-Flex è una azienda italiana specializzata nella produzione di isolanti elastomerici per isolamento termico ed acustico; conta 11 impianti produttivi ed oltre 2.000 addetti in 60 Paesi;
          i dipendenti dello stabilimento di Roncello (Monza della Brianza) sono in presidio permanente dal 24 gennaio 2017 davanti la sede dell'azienda, per protestare contro la volontà della società di chiudere lo stabilimento italiano e trasferirlo in Polonia; in data 8 febbraio 2017 si è tenuto presso il Ministero del sviluppo economico un incontro sulla vertenza K-Flex, presieduto dal viceministro Teresa Bellanova, con la presenza delle organizzazioni sindacali e i rappresentanti della regione Lombardia. Tuttavia l'incontro è stato disertato dall'azienda;
          nonostante i richiami al senso di responsabilità, nell'incontro del 14 febbraio 2017 tenutosi presso la sede di Assolombarda, l'azienda attraverso il responsabile del personale, nonché membro della famiglia proprietaria, Marta Spinelli, ha confermato i 187 licenziamenti annunciati e la volontà di trasferire la sede produttiva italiana, che impiega attualmente 250 lavoratori, nella sede polacca della società, dove si starebbe procedendo all'ampliamento dello stabilimento;
          l'azienda non è in crisi e le ragioni del trasferimento sarebbero dettate da ragioni di mera convenienza economica;
          Isolante K-Flex avrebbe inoltre beneficiato nel corso degli ultimi anni, a quanto riferiscono le organizzazioni sindacali, di 12 milioni di euro di finanziamenti pubblici, finanziamenti sui quali la stessa viceministra Bellanova ha annunciato una istruttoria  –:
          quali ulteriori iniziative di competenza intenda adottare per evitare che Isolante K-Flex delocalizzi l'impianto produttivo di Roncello e garantire i livelli occupazionali attualmente impiegati e in tale contesto, tenuto conto dei 12 milioni di euro di contributi pubblici ricevuti dalla Isolante K-Flex e quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda promuovere affinché le aziende che ricevono finanziamenti pubblici siano tenute a perseguire l'obiettivo di mantenere la loro attività sul suolo italiano, evitando di delocalizzare gli stabilimenti all'estero. (5-10705)


      VALLASCAS, CRIPPA, FANTINATI, DA VILLA, CANCELLERI e DELLA VALLE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          con decreto 1o dicembre 2014 del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono state definite le modalità di accesso al meccanismo dei certificati bianchi come grande progetto della proposta di «Realizzazione della nuova flotta di treni alta velocità Italo», ai sensi dell'articolo 8 del decreto 28 dicembre 2012;
          il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sentita l'Autorità, tra gli altri, ha il compito di provvedere alla gestione del procedimento amministrativo inerente alle richieste di verifica preliminare di conformità dei progetti (RVP) e ai grandi progetti sulla base della valutazione tecnico-economica svolta dal Gse con il supporto di Enea e Rse;
          rispetto alla valutazione dei grandi progetti, di concerto con la regione interessata, definisce le modalità di misurazione dei risparmi prodotti e di quantificazione dei TEE procedendo, se opportuno, ad una rideterminazione degli obiettivi per evitare eventuali squilibri di mercato;
          l'addizionalità riconosciuta, pari al 100 per cento, si basava su una ipotesi di migliori performance di Italo rispetto agli ETR 500, 600 e 610, senza presentare le relative misure e senza considerare l'introduzione sul mercato dei nuovi ETR 1000;
          l'esito dell'attività istruttoria tecnico-economica predisposta dal Gse con il supporto di Enea sul progetto accoglieva, unicamente in sede di prima rendicontazione, la quantificazione proposta nel progetto, limitando al valore minimo di accesso la quantificazione dei risparmi e condizionava le rendicontazioni successive a prescrizioni di integrazione e aggiornamento dei dati e all'adozione di dispositivi idonei a misurare il consumo di bordo, attività da concordare con il Gse;
          nel corso dell'anno 2015, il Gse ha riconosciuto 128.034 TEE per la tipologia «grandi progetti» (GP), categoria che, a notizia degli interroganti, è ad oggi popolata unicamente dal progetto di cui al decreto del 1o dicembre 2014;
          il vice Ministro dello sviluppo economico, in risposta all'atto di sindacato ispettivo n.  5-04741, dichiarava che i risparmi sono quantificabili solo in sede di consuntivazione e che il sistema dei certificati bianchi, in quanto meccanismo di mercato, non prevede l'erogazione diretta di sussidi pubblici, ma il riconoscimento di titoli scambiabili sul relativo mercato, riconoscimento che nel caso dei grandi progetti avviene con decreto del Ministero dello sviluppo economico  –:
          se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e se le prescrizioni e le condizioni previste dall'attività istruttoria siano state completamente soddisfatte.
(5-10706)


      ALLASIA, FEDRIGA, SALTAMARTINI e CASTIELLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la vertenza Almaviva per i lavoratori romani si è conclusa il 22 dicembre 2016 con il licenziamento dei 1.666 lavoratori della sede di Roma (il più grande licenziamento collettivo degli ultimi quarant'anni);
          agli oltre 800 dipendenti del sito di Napoli, invece, è stato proposto un vergognoso accordo (salvaguardia dell'occupazione con perdita del trattamento di fine rapporto e la rinuncia agli scatti di anzianità, con una decurtazione del salario di oltre il 12 per cento) la cui approvazione sarà oggetto di referendum tra i lavoratori medesimi;
          dall'evoluzione dei fatti, il ruolo giocato dal Governo in questa partita desta non poche perplessità;
          il 30 maggio 2016, presso il Ministero dello sviluppo economico ed in presenza di rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, viene sottoscritto un verbale di accordo che prevede la chiusura della procedura di licenziamento per circa 3.000 addetti distribuiti sui siti di Palermo, Napoli e Roma, con ricorso agli ammortizzatori sociali per 36 mesi;
          il 3 agosto, Simest, società controllata dalla Cassa depositi e prestiti, acquisisce una partecipazione azionaria di AlmavivA Do Brasil, società operante nel settore dei call center, per un importo di 50 milioni di real (circa 15 milioni di euro), pari al 5 per cento del capitale sociale;
          a settembre, Almaviva, disconoscendo l'accordo di maggio, riapre le procedure di licenziamento annunciando la chiusura dei siti di Roma e Napoli;
          il 22 dicembre un nuovo accordo in sede ministeriale prevede il licenziamento per i lavoratori di Roma immediato e per quelli di Napoli con decorrenza 1o aprile 2017, salvo eventuale intesa che riduca il costo del lavoro;
          il 16 febbraio 2017, a Napoli, viene sottoscritto il sopradetto accordo ora sottoposto al referendum dei lavoratori;
          secondo gli interroganti il Governo si è ritrovato in una sorta di conflitto di interesse che, di fatto, gli ha impedito una lineare gestione della vertenza  –:
          se esista una relazione tra la chiusura dell'accordo del maggio 2016, privo di riferimenti industriali e che riduceva temporalmente il ricorso agli ammortizzatori sociali, e la decisione di una società riconducibile all'area di influenza del Governo di acquisire quote di partecipazione di una controllata di Almaviva e per quali motivi si sia scelto di acquisire quote di azioni di un call center brasiliano, peraltro differentemente da tutti gli altri investimenti realizzati da Simest, non pubblicizzato sul sito, avendone avuto notizia solo grazie ai media brasiliani. (5-10707)


      GALGANO e BOMBASSEI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          l'azienda Antonio Merloni spa è, dal 2008, in amministrazione straordinaria: la crisi ha coinvolto circa 3.000 dipendenti e 73 comuni di Marche e Umbria;
          il MISE, le Regioni Umbria e Marche e Invitalia hanno sottoscritto un accordo di programma per l'attuazione del Piano di sviluppo dell'area di crisi, impegnando 81 milioni (35 nazionali e 46 regionali) per attrarre nuovi investimenti nell'area, sviluppare le imprese esistenti e reimpiegare i lavoratori dell'ex Merloni;
          con circolare ministeriale 22 marzo 2016, n.  26398, è stato emanato l'avviso pubblico per l'area di crisi Merloni con una dotazione di 26 milioni. La misura interessa, per l'Umbria, i Comuni di Assisi, Bastia Umbra, Bevagna, Campello sul Clitunno, Costacciaro, Foligno, Fossato di Vico, Gualdo Tadino, Gubbio, Nocera Umbra, Scheggia e Pascelupo, Sigillo, Spello, Spoleto, Trevi, Valfabbrica e Valtopina;
          Invitalia ha ricevuto in tutto 23 domande con investimenti complessivi per 118,5 milioni, 70,9 milioni di agevolazioni richieste e 559 nuovi posti di lavoro previsti tra Umbria e Marche;
          tuttavia, stando all'esito del bando, l'Accordo non ha portato alcun contributo in termini di occupazione e reddito nei comuni di Gualdo Tadino e Nocera Umbra dove, invece, risiede il 90 per cento dei 700 dipendenti umbri della ex Merloni la cui unica fonte di reddito sono gli ammortizzatori sociali;
          a settembre 2017 è prevista la fine della cassa integrazione e, in mancanza della ripresa della produzione da parte di Jp Industries, si configureranno scenari drammatici per i lavoratori e le loro famiglie;
          il 16 febbraio scorso si è svolto al Mise un uovo incontro tra Jp, le banche e le istituzioni al termine del quale non risulta essere stato ufficializzato alcun piano industriale da parte dell'azienda;
          invece, in risposta all'ultima interrogazione presentata dall'interrogante, il Governo ha affermato che delle risorse nazionali stanziate, pari a 35 milioni, risultano ancora da impegnare 9 milioni destinati al progetto Jp Industries e che, proprio per fare in modo che fossero riservate a progetti per la ricollocazione dei lavoratori ex Merloni nell'area dei preesistenti siti produttivi, si sarebbe convocato un incontro con i rappresentanti delle Regioni Umbria e Marche  –:
          se il Governo abbia incontrato i rappresentanti regionali per la definizione dei progetti di ricollocazione dei lavoratori e quali misure intenda mettere in campo per sollecitare la ripresa della produzione da parte di Jp Industries prima della scadenza della cassa integrazione.
(5-10708)

Interrogazioni a risposta scritta:


      PAGLIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la regione Emilia Romagna si è dotata in conformità all'articolo 7 della direttiva n.  60 del 2007 recepita in Italia con il decreto legislativo n.    49 del 2010, dei piani di gestione del rischio di alluvioni;
          i piani di gestione del rischio di alluvioni (adottati il 17 dicembre 2015) sono stati approvati il 3 marzo 2016 dai comitati istituzionali delle autorità di bacino nazionali. Il territorio della regione Emilia-Romagna è interessato da tre nuovi Piani: il P.G.R.A. del distretto padano, del distretto dell'Appennino Settentrionale e del distretto dell'Appennino Centrale;
          nei piani le aree di pianura sono tutte classificate a rischio di alluvione;
          la classificazione avviene tramite tre livelli di pericolosità, basso, medio, alto; e quattro livelli di rischio (da moderato o nullo a molto elevato): ad esempio tutto il territorio della bassa romagna è classificato con pericolosità compresa tra medio e alto (due livelli superiori) e rischio moderato e medio con punte di elevato a ridosso dei principali centri urbani;
          uno degli obiettivi del piano è quello di prevenire il fenomeno della subsidenza che accentua i rischi di allagamenti a seguito di eventi meteorologici importanti e ridotta capacità di dilavamento della rete della bonifica a causa della riduzione delle pendenze;
          il territorio in oggetto è caratterizzato da subsidenza di origine naturale, trattandosi di una piana alluvionale in cui i sedimenti che la formano sono naturalmente soggetti ad abbassamento per compattazione e da subsidenza di origine antropica prodotta dall'estrazione di risorse quali gas naturale e acqua da pozzi artesiani, dal sottosuolo;
          concedere nuovi pozzi di metano nella bassa romagna appare estremamente insensato e pericoloso;
          quel territorio ha infatti già subito notevoli danni da subsidenza, da estrazione metano e acqua, con abbassamento di circa 2 cm/anno per 30 anni, nel periodo di attività dei pozzi;
          successivamente la subsidenza (periodo 2001-2012), a seguito dell'interruzione delle estrazioni ha rallentato assestandosi tra 0,5 e 1,5 cm/anno;
          ciò ha comunque creato notevoli scompensi alla gestione della rete di bonifica che va in emergenza più volte nel corso dell'anno, non ultimo il 22 settembre 2016;
          questo a causa del cambiamento del regime delle piogge, ma anche degli impatti che la subsidenza ha generato sulla capacità di drenaggio della rete di bonifica;

appare difficilmente comprensibile perché, a fronte dell'approvazione del Piano di gestione del rischio di alluvioni (P.G.R.A.) il 3 di marzo 2016 da parte della regione, non si soprassieda all'autorizzazione di nuove concessioni per la ricerca e l'estrazione di gas, che certamente non gioveranno al miglioramento del rischio alluvioni;
          nel piano di bacino dell'autorità del fiume Reno, d'altra parte, tutto il territorio del comune di Bagnacavallo e di quello di Alfonsine sono a rischio alluvione, un rischio medio su tre livelli, quindi non di poco conto;
          la richiesta di concessione per la ricerca e coltivazione di idrocarburi effettuata dalla società Padana Energia spa, denominata progetto di sviluppo unitario del giacimento Longanesi, insiste su un territorio caratterizzato da subsidenza e quindi a rischio alluvionale, già provato da anni di estrazioni di gas;
          gli stessi studi effettuati da Arpa Emilia Romagna parlano di un effetto subsidenza certo, quantificato fra i 2 e gli 8 centimetri di maggior abbassamento del suolo;
          il locale consorzio di bonifica ammette la necessità di forti interventi compensativi, che a comunque in caso si verificassero condizioni leggermente peggiori di quelle previste non sarebbero sufficienti, con il rischio di compromettere l'intero equilibrio idrogeologico dell'area, con danni ingentissimi  –:
          se, alla luce di tutte le considerazioni sovraesposte, non ritenga di dover negare, nell'ambito delle proprie competenze, l'autorizzazione di cui in premessa a Padana Energia spa. (4-15769)


      MARTELLI, SCOTTO, RICCIATTI, D'ATTORRE, NICCHI, PIRAS, DURANTI, FERRARA, ZARATTI, QUARANTA, MELILLA, SANNICANDRO, FRANCO BORDO, FAVA, FOLINO e KRONBICHLER. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          l'azienda K Flex di Roncello in Brianza, in vista della chiusura, ha avviato le procedure di mobilità alle quali seguirà l'invio delle lettere di licenziamento collettivo per 187 lavoratori su 243;
          da parte dell'azienda, al tavolo convocato in Assolombarda, si è evidenziata la netta chiusura alla richiesta dei sindacati di ritirare la procedura di mobilità al punto che Marta Spinelli, responsabile del personale K-Flex, nonché presidente di Assogomma, ha affermato che l'azienda è disponibile, entro i 75 giorni fissati per legge tra l'avvio della mobilità e l'invio delle lettere di licenziamento, soltanto a discutere di eventuali incentivi ai lavoratori;
          agli interroganti appare grave il fatto che nella riunione in Assolombarda, la proprietà avrebbe, anche, confermato di aver investito all'estero i 12 milioni di incentivi pubblici ottenuti negli ultimi anni;
          appare evidente come nel caso della K Flex non sia la crisi economica, né una crisi di mercato, né una crisi di liquidità, né la scarsa competitività, la motivazione che porta all'avvio delle procedure di mobilità, a cui dovrebbe far seguito l'invio delle lettere di licenziamento, tenuto conto anche di recenti dichiarazioni dell'amministratore delegato che affermava la buona salute della «sua» multinazionale e poneva obiettivi di ulteriore crescita dei volumi di fatturato;
          K-Flex spa, negli ultimi tre bilanci 2013, 2014, 2015, ha chiuso comunque con degli importanti utili e un aumento dei ricavi delle vendite, nei recenti annunci aziendali, inoltre era stata dichiarata la volontà di raddoppiare la produzione negli stabilimenti fuori dall'Italia e aumentare il fatturato dagli attuali 320 milioni a oltre 500 milioni di euro nei prossimi anni;
          la decisione della K Flex risponde semplicemente al fatto che in Polonia vengono garantiti maggiori guadagni, quindi, alla base dell'avvio della procedura di licenziamento per 187 lavoratori, vi è la volontà di delocalizzare;
          la K Flex ha, per gli interroganti, in maniera irresponsabile, deciso di non partecipare agli incontri fissati in regione Lombardia e all'incontro al Ministero dello sviluppo economico dell'8 febbraio 2017;
          l'azienda si è quindi sottratta al confronto e ha mantenuto aperta la procedura di licenziamento collettivo per 187 persone. Questo comportamento è inaccettabile in particolare perché è in ballo la vita dei lavoratori, la loro professionalità, i posti di lavoro, il destino di centinaia di famiglie  –:
          quali iniziative intenda avviare il Ministro interrogato, per quanto di competenza, nei confronti dell'amministratore delegato e della proprietà dell'azienda K Flex al fine di chiedere il ritiro della procedura di licenziamento ed evitare il paventato trasferimento in Polonia, facendo leva, oltre che sulla responsabilità sociale dell'azienda anche sugli ingenti finanziamenti pubblici ottenuti, nonché sugli strumenti e sugli incentivi a propria disposizione al fine di salvaguardare la produzione e i livelli occupazionali della K Fleex, in Brianza;
          quali siano gli orientamenti del Governo circa quanto è stato dichiarato dalla proprietà in sede di Assolombarda sull'utilizzo di 12 milioni di euro di incentivi pubblici che sarebbero stati investiti all'estero che per gli interroganti risulta un fatto grave. (4-15772)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

      La risoluzione in Commissione Venittelli e altri n.  7-01187, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Paola Boldrini.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Mongiello e altri n.  5-08608, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Beni.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
          interrogazione a risposta in Commissione Rondini n.  5-10552 del 13 febbraio 2017;
          interrogazione a risposta scritta Segoni n.  4-15571 del 14 febbraio 2017;
          interrogazione a risposta in Commissione Dadone n.  5-10572 del 14 febbraio 2017;
          interrogazione a risposta in Commissione Minnucci n.  5-10587 del 15 febbraio 2017;
          interrogazione a risposta scritta Prestigiacomo n.  4-15617 del 16 febbraio 2017;
          interrogazione a risposta scritta Placido n.  4-15717 del 24 febbraio 2017;
          interrogazione a risposta in Commissione Ricciatti n.  5-10694 del 27 febbraio 2017.

ERRATA CORRIGE

      Nell’Allegato B al resoconto della seduta n.  750 del 28 febbraio 2017, alla pagina 45101, prima colonna, dopo la diciottesima riga, devono aggiungersi le seguenti:
      Brunetta     2-01685 45115

      Conseguentemente, al medesimo allegato B, alla pagina 45115, seconda colonna, dopo la riga diciottesima, deve leggersi:

      Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
          fonti giornalistiche riferiscono che il Decano della Rota Romana, organo della Santa Sede, ha promulgato un decreto che recita: «La nomina degli Avvocati è riservata al Decano; che può confermare, eventualmente, come patrono d'ufficio, l'avvocato che la parte ebbe nei gradi inferiori»;
          com’è noto il Tribunale della Rota Romana (già Sacra Rota) emette sentenze sulle cause di nullità matrimoniale, che possono essere delibate in Italia in applicazione del Concordato. Questo decreto, abrogando di fatto il diritto ad avere un avvocato di fiducia, non può non imporre gravi interrogativi sulla base di una più compiuta e dettagliata narrativa sul contesto storico e giuridico in cui nasce e si applica la deliberazione del Decano;
          a quanto consta all'interpellante anche avvocati di fiducia già nominati, pendente la causa, sono stati, senza alcuna giusta causa, rimossi dal Decano contro la volontà delle parti che avevano conferito mandato di fiducia anche da molto tempo, imponendo così loro diverso avvocato d'ufficio;
          la stessa riforma procedurale canonica introduce un «processo più breve» davanti al Vescovo e non al Tribunale ecclesiastico collegiale, con procedura sommaria (una sola udienza e quindici giorni di tempo per emanare la sentenza; cfr. canone 1683 ss., in Motu proprio Mitis Iudex 8 dicembre 2015) e tale abbreviata procedura è utilizzabile solo con il consenso delle parti;
          l'Accordo di Villa Madama sottoscritto tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana pone quale condizione per il riconoscimento da parte della corte di appello degli effetti civili italiani delle sentenze canoniche «che nel procedimento davanti ai tribunali ecclesiastici è stato assicurato alle parti il diritto di agire e di resistere in giudizio in modo non difforme dai principi fondamentali dell'ordinamento italiano» (articolo 8, n.  2, lettera b), della legge n.  121 del 1985);
          la Corte Costituzionale, nella sua sentenza del 22 gennaio 1982, n.  18, ha indicato il diritto alla difesa fra i principi supremi dell'ordinamento costituzionale «nel suo nucleo più ristretto ed essenziale»;
          va rilevato il valore assoluto, inviolabile ed irrinunciabile del diritto all'assistenza tecnico-fiduciaria, quale parte ineludibile del diritto di difesa, tutelato da norme costituzionali ai sensi dell'articolo 24 della Costituzione, cosicché attraverso la obbligatorietà della difesa tecnica o la nomina eventuale di un difensore d'ufficio solo in assenza della prima, si assicura un equo processo ed una contrapposizione equilibrata tra le parti (cfr. da ultimo Cass. pen. Sez. Un., 26 marzo 2015);
          va considerato che l'obbligo dell'assistenza tecnico-fiduciaria rientra nel più generale obbligo di rispettare princìpi di ordine pubblico, anch'esso espressamente previsto dal Concordato, e particolarmente valorizzato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. Cassazione Sezioni Unite 17 luglio 2014, nn. 16379-16380) in tema di delibazione di sentenze canoniche, anche perché la mancata assistenza tecnico-fiduciaria può sicuramente andare in detrimento dei diritti della parte più debole ed essere utilizzata al fine di far cadere l'assegno di mantenimento, in assenza di giudicato di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario;
          il descritto principio fondamentale del diritto di difesa ha trovato consacrazione anche nell'articolo 6 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo, in materia di processo equo;
          va evidenziato, tra l'altro, che la Corte di Strasburgo, il 20 luglio 2001, decidendo il «caso Pellegrini» ha già condannato l'Italia per l'indebita esecuzione di una sentenza canonica, non essendosi i giudici nazionali sincerati che nel procedimento davanti ai tribunali ecclesiastici fosse stato rispettato l'articolo 6;
          occorre evidenziare in particolare, che i tribunali ecclesiastici e le loro attività non sono sindacabili dinanzi alla Corte di Strasburgo perché la Santa Sede non è parte della Convenzione dei diritti dell'uomo, ma sono sindacabili e sono stati sindacati gli atti dello Stato italiano;
          il divieto per le parti di scegliere liberamente un avvocato di fiducia, l'imposizione di un avvocato di ufficio anche in presenza di avvocato di fiducia già nominato, l'imposizione dal medesimo organo giudicante con commistione di ruoli e poteri, la scelta discrezionale ed insindacabile degli avvocati d'ufficio demandata ad un unico soggetto, che è anche il presidente del tribunale, la rimozione senza giusta causa di avvocati che patrocinavano già pendenti, e la imposizione di una procedura sommaria anche senza l'adesione della parte convenuta, costituiscono ad avviso dell'interpellante gravissima lesione del diritto di difesa;
          tale lesione al diritto di difesa, essendo normativamente prevista, a giudizio dell'interpellante, impedisce radicalmente il riconoscimento delle sentenze ecclesiastiche per loro contrarietà all'articolo 8, n.  2, lettera b), del Concordato (cfr. legge 121 del 1985), all'articolo 24 della Costituzione e all'articolo 6 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo  –:
          quali siano gli urgenti intendimenti del Governo in merito ai fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere affinché possa essere garantito il rispetto pieno della Convenzione dei diritti dell'uomo presso i tribunali della Santa Sede, anche ai fini della delibazione delle sentenze ecclesiastiche.
(2-01685) «Brunetta».