XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 27 aprile 2017

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


      SCOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il commissariato straordinario per il sisma che colpì Napoli e l'Irpinia nel 1980 affidò alcuni lavori di ricostruzione al Consorzio ricostruzione 8 ai sensi della legge n.  219 del 1981;
          la cifra spettante al Consorzio ricostruzione 8 per l'esecuzione dei lavori (circa 82 milioni di euro) non è stata mai liquidata né dal commissariato di Governo né dalle giunte che si sono susseguite dal 1996 (anno in cui la competenza è tornata in capo al comune di Napoli);
          a seguito di un lungo e complesso iter giudiziario quest'estate è stato riconosciuto il credito vantato dal Consorzio ricostruzione 8 nei confronti del comune di Napoli, cosicché il Consorzio in questione ha chiesto un pignoramento di circa 125 milioni di euro presso la tesoreria comunale;
          un pignoramento così corposo emesso nei confronti di un comune che, lo si ricorda, solo pochi anni fa era ad un passo dal dissesto economico, ha portato allo «stop» di tutti i pagamenti (compresi i fornitori) e ha messo a rischio gli stipendi dei dipendenti comunali;
          il lavoro di mediazione da parte del comune ha permesso il raggiungimento di un accordo con il Consorzio ricostruzione 8 per la rinuncia parziale al pignoramento inizialmente ottenuto;
          questo accordo ha consentito all'amministrazione comunale di liberare già nelle prossime ore 70 degli oltre 90 milioni accantonati dalla tesoreria comunale;
          i restanti 20 milioni di euro resteranno pignorati fino alla data del prossimo 30 giugno, entro la quale l'amministrazione si è impegnata a provvedere al pagamento;
          gli addebiti mossi riguardano nella massima parte (circa il 90 per cento) il periodo in cui il concedente era lo Stato, che quindi dovrebbe rivalere il comune dei relativi oneri;
          allo stato attuale dei fatti gli effetti di questo debito risalente ad oltre trent'anni fa e responsabilità del commissariato governativo rischiano di mettere in ginocchio l'economia della più grande città del Mezzogiorno;
          negli scorsi giorni il sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha manifestato l'intenzione di incontrare al Governo per chiedere un intervento urgente con cui la parte di debito relativa all'amministrazione da parte del commissariato governativo venga coperta dall'ente che ne fu responsabile  –:
          se non ritengano doveroso ed urgente organizzare un incontro con l'amministrazione comunale di Napoli al fine di discutere della possibilità di un impegno diretto da parte del Governo per coprire la parte di debito nei confronti del Consorzio ricostruzione 8 che fu responsabilità del commissariato governativo. (3-02988)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CARRESCIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il 17 gennaio 2014 è stata pubblicata la direttiva 2013/59/EURATOM del 5 dicembre 2013, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti e abroga le direttive Euratom: 89/618 (informazione della popolazione e provvedimenti, in caso di emergenza); 90/641 (protezione dei lavoratori esterni durante interventi in zona controllata); 96/29 (norme fondamentali di sicurezza per la radioprotezione di popolazione e lavoratori); 97/23 (radioprotezione in esposizioni mediche); 2003/122 (sorgenti ad alta attività e sorgenti orfane);
          la direttiva, che dovrà essere recepita entro il 6 febbraio 2018, ricomprende le attività lavorative con «NORM» all'interno di situazioni di esposizione pianificata, quelle per le quali le aziende interessate devono instaurare un regime di radioprotezione (per lavoratori e popolazione) sin dall'avvio dell'attività, così come è previsto per le attività con radionuclidi impiegati appositamente per le loro proprietà radioattive;
          un punto saliente della nuova direttiva è l'estensione ai «NORM» del criterio di esenzione basato sul valore della concentrazione di attività (Bq/g); in particolare, sono esenti (non devono produrre una notifica iniziale alle autorità competenti) le attività lavorative con materiali caratterizzati da concentrazioni di attività inferiori a 1 Bq/g (serie dell'U-238 e del Th-232 in equilibrio secolare) o 10 Bq/g (K-40);
          quelli sopra richiamati sono anche i livelli di allontanamento, ossia quelli per cui il materiale (residuo/rifiuto) può essere manipolato senza vincoli di natura radiologica (direttiva 59/2013 – allegato VII, articolo 2 commi b), c) e tabella A parte II);
          in Italia la direttiva europea 59/213 non è stata a tutt'oggi recepita e la normativa vigente, costituita dal decreto legislativo n.  230 del 1995 modificato dal decreto legislativo n.  241 del 2000, non prevede per i «NORM» un livello di allontanamento basato esclusivamente sui valori di concentrazione di attività;
          tutto ciò e il fatto che non è mai stato chiarito da parte di Ispra la procedura corretta per l'applicazione della normativa determinano grandi incertezze fra gli operatori e fra gli stessi organi di controllo  –:
          quali iniziative di competenza intendano assumere per il rapido recepimento della direttiva 2013/59/EURATOM e se, nelle more, il Ministro interrogato intenda, attivare l'Ispra perché provveda a un chiarimento sui protocolli da seguire da parte delle imprese e degli operatori del sistema di controlli ambientali. (5-11232)

Interrogazione a risposta scritta:


      RICCIATTI, SCOTTO, FERRARA, MELILLA, NICCHI, SANNICANDRO, PIRAS, QUARANTA, KRONBICHLER, DURANTI e FRANCO BORDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
          in data 31 marzo 2017 la procura generale dello sport presso il Coni, ha concluso le attività di indagine in ordine ai procedimenti disciplinari rubricati ai numeri 3/2017 e 6/2017 nei confronti del dottor Michele Barbone – dal 15 dicembre 2016 Presidente federale della Federazione italiana danza sportiva, federazione sportiva nazionale (FSN) riconosciuta dal CONI –, e di altri tesserati meglio identificati negli atti richiamati;
          nello specifico al suddetto sono state contestate le seguenti condotte:
              aver consentito ad un soggetto radiato – l'ex Presidente federale signor Ferruccio Galvagno – di continuare a svolgere attività federale, condividendo con lui iniziative, interessi e strategie;
              aver convocato e preso parte a una o più riunioni e/o incontri nei quali, in presenza e con l'attiva partecipazione del summenzionato Galvagno, sono state assunte decisioni di fondamentale importanza per la Federazione sportiva, in previsione e nell'imminenza delle elezioni federali per il rinnovo delle cariche che si sarebbero poi tenute il 22 ottobre 2016 e, successivamente ripetute il 15 dicembre 2016;
              aver dato esecuzione, in qualità di Presidente federale neo eletto, agli accordi presi nel corso delle riunioni alle quali Galvagno avrebbe preso parte e, in particolare, aver condiviso nel consiglio federale del 22 gennaio 2017 l'intenzione di concedere provvedimenti di clemenza sportiva (amnistia), anche nei confronti dello stesso Galvagno, come sarebbe stato pattuito nelle riunioni/incontri pre-elettorali svolti;
              aver, dopo l'elezione a presidente federale del 15 dicembre 2016, omesso di riferire e denunciare al procuratore federale le interferenze esercitate da Ferruccio Galvagno;
              aver dichiarato il falso in sede di audizione alla procura generale dello sport, negando a più riprese di aver mai avuto contatti, incontri o rapporti con il Galvagno, inerenti attività, strategie e programmi federali;
          in data 31 marzo 2017 è stata resa nota la deliberazione del Consiglio federale (delibera n.  2017/48), con la quale veniva concessa l'amnistia per tutte le infrazioni disciplinari commesse fino al 31 dicembre 2016;
          tale provvedimento trova applicazione, peraltro, anche nei casi di provvedimenti di radiazione – quindi anche nei confronti del menzionato Galvagno – e per tutti gli attuali indagati, componenti il consiglio federale presieduto dal dottor Michele Barbone, per le infrazioni disciplinari contestate dalla procura generale dello sport e nel presente atto di sindacato ispettivo richiamate  –:
          se il Governo sia a conoscenza dei fatti richiamati in premessa;
          se non intendano fornire elementi in ordine alle iniziative adottate dal Comitato olimpico nazionale italiano, nell'ambito delle proprie funzioni di controllo e vigilanza di cui al decreto legislativo 8 gennaio 2004, n.  15;
          se e quali iniziative di competenza si intenda adottare, accertate le gravi irregolarità nella gestione e le gravi violazioni dell'ordinamento sortivo da parte dell'attuale consiglio federale, già compiutamente documentate dalla procura generale del Coni all'esito dell'attività inquirente (Prot. 1967 del 31 marzo 2017). (4-16424)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      SCOTTO, CIMBRO, PIRAS e FRANCO BORDO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          mentre il Consiglio d'Europa decideva l'avvio del monitoraggio sul rispetto dei diritti umani, la democrazia e il rispetto della legge all'indomani dell'esito del referendum in Turchia macchiato da pesanti irregolarità, nella mattina del 25 aprile 2017 decine di aerei turchi hanno bombardato postazioni delle YPG in Siria, dei peshmerga nel Kurdistan iracheno e delle milizie yazide a Sinjair provocando diverse decine di morti e feriti anche tra la popolazione civile;
          le milizie curde prese di mira dall'aviazione di Ankara sono alleate della coalizione internazionale di contrasto a Daesh e sono direttamente impegnate sul fronte della liberazione di Raqqa in Siria e Mosul in Iraq da Daesh;
          non è la prima volta che il Governo turco assume decisioni di questo tipo senza alcun coordinamento con la coalizione che si batte contro Daesh e profonda preoccupazione è stata espressa dal dipartimento di Stato USA su quanto accaduto;
          le YPG insieme alle Forze democratiche siriane sono un alleato strategico nella battaglia a Daesh per cui le azioni del Governo turco appaiono particolarmente gravi;
          in questi anni è stata da più parti documentata la responsabilità del Governo turco nell'aver permesso che membri di Daesh e di altri gruppi jihadisti entrassero in Turchia e potessero muoversi liberamente nel Paese arrivando ai valichi di frontiera con la Siria in quella che è stata definita «l'autostrada della jihad», garantendo loro supporto logistico e rifornimenti;
          mentre la Turchia conduce questi attacchi in Siria e in Iraq, in soli 9 mesi, 150.000 persone sono state licenziate dai propri posti di lavoro, 100.000 persone risultano essere sotto inchiesta di cui 44.000 imprigionate in attesa di processo, compresi 14 deputati del partito HDP, 3.994 magistrati sospesi dalle loro funzioni di cui 3.659 obbligati a dimettersi, 177 media chiusi, 150 giornalisti imprigionati, 2.300 licenziati, oltre a circa 2.100 istituzioni scolastiche e universitarie chiuse, circa 1.800 associazioni e fondazioni chiuse;
          soltanto nella giornata del 26 aprile 2017 sono state arrestate più di mille persone a fronte di 3.224 mandati di cattura emessi nello stesso giorno contro la presunta rete golpista di Fetullah Gulen;
          in nome della lotta al terrorismo sono stati rasi al suolo intere città e quartieri curdi come Cizre e Sur, nel sud est del Paese provocando migliaia di morti e centinaia di migliaia di sfollati  –:
          se il Governo non intenda adottare le iniziative di competenza affinché il Governo turco sia richiamato alle sue responsabilità e, in particolare, quali iniziative intenda adottare, in sede europea e in sede Nato, nei confronti della Turchia affinché cessino immediatamente gli attacchi turchi in Siria e in Iraq contro le formazioni curde che combattono contro Daesh;
          se non ritenga il Governo di promuovere in sede Nato, con gli altri partner della coalizione internazionale di contrasto a Daesh, una no-fly zone nel nord della Siria e nel nord dell'Iraq;
          quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo nei confronti della Turchia in aggiunta a quanto previsto dal Consiglio d'Europa, affinché sia posta fine alla repressione contro le opposizioni democratiche, la magistratura, la stampa e le minoranze presenti nel Paese;
          come il Governo intenda, anche alla luce dei recenti casi e in particolare di quello di Gabriele Del Grande, tutelare i diritti dei concittadini italiani che debbano recarsi in Turchia, anche allo scopo di documentare lo stato della democrazia e dei diritti civili e politici. (5-11233)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
          rifiuti radioattivi sono stati trasferiti il 26 aprile 2017 in gran segreto nella discarica di Bolotana;
          alle 9,00 del 26 aprile, nel deposito di Settimo San Pietro che aveva rilevato i radionuclidi nei rifiuti, la società Ecogemma ha caricato e trasportato con i mezzi di Ecotirso nell'impianto di smaltimento di Coronas Betosas nel comune di Bolotana i rifiuti bloccati il 14 marzo 2017 all'uscita dagli impianti della Sarlux di Sarroch;
          si tratta di un fatto di una gravità inaudita considerato che su quei rifiuti un esperto qualificato aveva confermato la presenza radionuclidi – isotopo radioattivo radio 226, che decade in 1.600 anni;
          il fatto che si sia proceduto a questo trasloco senza dare nessuna comunicazione esterna e dunque senza alcuna informazione è fatto, a giudizio dell'interpellante, grave e deprecabile;
          occorre fare chiarezza sulla scandalosa gestione di questa vicenda;
          si tratta di un trasbordo incomprensibile visto che la società Se Trand aveva bloccato quei rifiuti perché ritenuti radioattivi da un esperto qualificato;
          è evidente, secondo l'interpellante, che qualcuno fa affermazioni non corrispondenti ai fatti;
          su una materia così delicata non ci possono essere opinioni ma servono atti compiuti e dati inconfutabili;
          occorre conoscere chi sono gli esperti qualificati che hanno espresso giudizi così contrastanti sul rilevamento di radionuclidi;
          procedere allo smaltimento senza alcun tipo di pubblica valutazione lascia contrariati per la superficialità e forse la spregiudicatezza con la quale, a giudizio dell'interpellante, si è operato su una questione delicata come quella delle scorie radioattive;
          la vicenda ha inizio il 14 marzo 2017 quando in un mezzo in uscita dagli impianti Sarlux di Sarroch sono stati rilevati radionuclidi gravemente superiori alla norma;
          i rifiuti radioattivi usciti dagli impianti della Saras con alte concentrazioni radioattive sono stati intercettati all'ingresso degli impianti di smaltimento di Settimo San Pietro;
          per tre volte sono stati scansionati confermando la presenza di radionuclidi;
          il camion trasportava rifiuti industriali provenienti dai cantieri Sarlux del petrolchimico ex Versalis di Sarroch (acquisiti di recente dal gruppo) e ciò ha fatto scattare l'allarme radioattività durante i controlli effettuati dalla ditta di trasporti S.E. Trand di Settimo San Pietro;
          il carteggio tra la S.E. Trand e la prefettura, allertata in seguito alle verifiche effettuate dalla società dedita allo smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e non, fa rilevare che il carico di rifiuti (sei interruttori estratti da una cabina elettrica inquadrati inizialmente come materiale contenente amianto) ha fatto registrare la presenza dell'isotopo radioattivo radio 226, che decade in 1.600 anni;
          stando sempre alle verifiche condotte dalla società, i rifiuti provenienti dal petrolchimico di Sarroch presentano una radiazione pari a 0,55 microsievert per ora, a contatto con il materiale contaminato (0,24 a un metro). Per la legge italiana, il limite di radiazioni a cui una persona può essere sottoposta in un anno è pari a 1 millisievert (vale a dire 1.000 microsievert), oltre a quelle provenienti dal fondo naturale;
          i sei interruttori sono stati messi in sicurezza dalla S.E. Trand, pur avendo respinto il carico;
          la società non è infatti autorizzata allo smaltimento di quel tipo di rifiuti: quel materiale è, dunque, formalmente irricevibile secondo il responsabile tecnico della S.E. Trand Fabrizio Coni;
          i rifiuti – automezzo incluso – sarebbero stati messi in sicurezza all'interno di un capannone sito a debita distanza dalla popolazione e dai lavoratori, come verificato anche dai vigili del fuoco;
          occorre porre fine a gravissime negligenze e omissioni su questioni gravi per la salute e l'ambiente, a partire dal pericolo radioattivo;
          solo nei giorni scorsi si è appreso dell'intervento della prefettura di Cagliari che non ha comunque fatto nessun comunicato pubblico sull'accaduto;
          sono sempre più frequenti nell'area di Sarroch falle nei sistemi di controllo ambientale, oltre alla gravissima compromissione ambientale dell'area;
          non aver reso noto che all'interno degli impianti Versalis, del gruppo Eni, ci fossero sostanze radioattive è un fatto di gravità inaudita;
          si continua a registrare in Sardegna un approccio superficiale e omissivo su un tema così delicato come quello radioattivo;
          si tratta ora di capire quanti lavoratori sono stati a contatto con quegli impianti e il livello di esposizione raggiunta;
          tutto questo conferma che si sta sottovalutando e coprendo un allarme ambientale sempre più grave in ogni realtà industriale della Sardegna;
          il lavoro e la salute non possono essere barattati con la vita  –:
          se il    Governo abbia attivato, per quanto di competenza, ogni iniziativa di verifica attraverso gli uffici e le strutture deputate sui fatti enunciati;
          se il Governo abbia avuto notizia di quanto riscontrato nell'area industriale di Sarroch e nel centro di smaltimento di Settimo San Pietro;
          se non si ritenga di dover assumere le iniziative di competenza per risalire alle cause del contenuto radioattivo e contribuire a fare chiarezza sulle responsabilità di un trasporto, a giudizio dell'interpellante, inadeguato e negligente di quel carico radioattivo nell'area cagliaritana;
          se non si ritenga di dover verificare, con la collaborazione dell'Eni, il numero dei lavoratori interessati e i periodi di possibile esposizione degli stessi all'interno dei citati impianti.
(2-01774) «Pili».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      CARRESCIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il Tar Lazio, sezione II-bis con sentenza n.  426/2017 del 13 aprile 2017 ha favorevolmente accolto il ricorso effettuato da un'azienda del settore del recupero della carta da macero, che aveva contestato l'illegittimità del silenzio-inadempimento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a seguito dell'invio di una diffida contro l'inerzia dello stesso riguardo all'emanazione    del decreto sui criteri di assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani, prevista per legge dall'articolo 195, comma 2, lettera e), del decreto legislativo n.  152 del 2006;
          l'azienda nel ricorso aveva lamentato di essere stata gravemente danneggiata dall'eccessiva assimilazione dei rifiuti effettuata dalle amministrazioni comunali a causa della mancanza di regolamentazione;
          il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva iniziato negli scorsi anni un'attività di consultazione istituendo un tavolo tecnico propedeutico alla preparazione del decreto coinvolgendo anche le associazioni di categoria rappresentative delle imprese;
          nonostante il tempo intercorso, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ha ancora completato l’iter relativo al provvedimento che resta tutt'oggi fermo «alle attività propedeutiche» tant’è che il Tar Lazio ha dichiarato l'illegittimità del silenzio tenuto in relazione alla diffida spedita da una società ricorrente e, per l'effetto, ha intimato al Ministero di concludere il procedimento, adottando i criteri per l'assimilabilità dei rifiuti speciali agli urbani, entro 120 giorni dalla comunicazione, in via amministrativa, della citata sentenza  –:
          quali siano le cause del ritardo per la conclusione del procedimento e quando il decreto recante i criteri di assimilabilità dei rifiuti speciali agli urbani sarà emanato. (5-11230)


      LABRIOLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il lago artificiale di Pietra del Pertusillo è situato nel territorio dei comuni di Grumento Nova, Montemurro e Spinoso (Basilicata). Il lago fu costruito tra il 1957 e il 1962 con i fondi della Cassa del Mezzogiorno per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e Lucania e raccoglie le acque del fiume Agri;
          da notizie di stampa locale, pubblicate tra febbraio e marzo 2017, si apprende che, sotto la superficie del Lago del Pertusillo, siano state avvistate inquietanti macchie nere: a svelarle sarebbero state le immagini realizzate dall'alto con un drone utilizzato da un cittadino di Grumento Nova con la passione e l'hobby per le fotografie ed i video naturalistici;
          a seguito della pubblicazione delle immagini relative alle macchie presenti nella diga del Pertusillo, come riportato sempre da articoli di stampa, sarebbero state eseguite analisi da parte di un laboratorio privato;
          sarebbe quindi stato asserito che, «limitatamente ai parametri analizzati, il campione risulta non conforme alle caratteristiche di qualità per acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile», con risultati opposti a quelli dell'Arpab. Infatti, l'Agenzia regionale per la protezione ambientale avrebbe escluso la presenza di idrocarburi nella diga, spiegando che il fenomeno sarebbe dovuto a un particolare tipo di alghe;
          difatti, secondo le dichiarazioni rilasciate dal direttore generale dell'Arpab, Edmondo Iannicelli, «Dagli accertamenti richiesti da forze dell'ordine e sindaci possiamo dire che non c’è traccia di idrocarburi né nel laghetto Ciambrina, né nella diga»;
          tuttavia, qualche settimana prima della diffusione delle foto, ci sarebbe stato un incidente presso il Centro oli Eni di Viggiano (Potenza) consistente in uno sversamento di greggio da una delle cisterne;
          a seguito di tali notizie, gli abitanti residenti hanno espresso preoccupazioni sia per la propria salute, che per l'inquinamento ambientale che ne deriverebbero;
          durante una recente trasmissione televisiva di un canale nazionale, andato in onda di recente, sono state mostrate delle immagini segnalate al giornalista che ritraevano alcune autobotti intente ad estrarre liquame all'esterno del Centro oli Eni di Viggiano (Potenza), nella zona industriale;
          secondo quanto dichiarato dal giornalista, alla richiesta di spiegazione all'Eni, sono seguite due e-mail di risposta, una in cui si dichiarava che lo sversamento verificatosi sarebbe avvenuto all'interno del Centro oli, mentre la seconda avrebbe precisato che la perdita avrebbe raggiunto anche i pozzetti della rete fognaria all'esterno del Centro oli e che il liquido fuoriuscito consiste di acqua e olio greggio stabilizzato;
          è parere dell'interrogante che le preoccupazioni dei cittadini residenti in merito allo stretto collegamento degli episodi – sversamento dalla cisterna del Centro oli dell'Eni e comparsa delle macchie scure nella diga del Pertusillo – siano fondate e che sia ancor più grave la discordanza dei risultati delle analisi effettuate sulle acque della diga, che non lasciano molto spazio ad interpretazioni;
          inoltre, proprio per la vastità del territorio servito dalla diga sarebbe opportuno un intervento immediato per verificare inequivocabilmente l'origine delle macchie scure nelle acque della diga e l'eventuale fonte d'inquinamento  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti espressi in premessa e di quali ulteriori informazioni dispongano in merito;
          se ritengano di assumere iniziative, per quanto di competenza, per avviare una verifica della salubrità delle acque della diga, per prevenire danni alla salute dei cittadini e dell'ambiente, e per contribuire a far luce, di concerto con gli enti territoriali preposti, sull'accaduto. (5-11238)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


      GAGNARLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          la frazione di Camucia nel comune di Cortona, ben nota per la vastità dell'area archeologica ancora da portare alla luce, negli anni passati è stata oggetto di danneggiamenti collegati a cantieri edili, come sottolineato anche nella interrogazione n.  4-11330 già presentata dalla sottoscritta in data 1o dicembre 2015;
          il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, sovrintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per la provincia di Siena, Grosseto e Arezzo, tra il mese di luglio 2014 e quello 2016, a seguito di richiesta di parere inoltrata da imprese private per procedere a scavi finalizzati alla realizzazione di edifici commerciali, ha informato l'amministrazione comunale che l'area in questione, sia quella prospiciente a via Capitini, di proprietà dell'impresa Ma.Ti srl, sia in viale Gramsci/Camucia,    sono state dichiarate di interesse culturale/archeologico, rispettivamente con i decreti n.  144 del 2016 e n.  204 del 2016, ai sensi dell'articolo 10, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42;
          l'amministrazione comunale, negando gli interventi alle imprese Ma.Ti srl e Soc. Eurospin spa, ha palesato la volontà di far prevalere la salvaguardia dell'interesse archeologico e culturale della zona rispetto all'interesse privato, ed anche all'interesse pubblico relativo all'attuazione della variante di sistemazione di un'area comunale in evidente stato di degrado;
          nella sopracitata nota della soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per la provincia di Siena Grosseto e Arezzo, si sottolinea altresì la presenza, nell'area in questione, di un'ampia area archeologica costituita da una serie di edifici a carattere culturale meritevoli per la loro importanza, di essere apprezzati quale complesso unitario e costituenti forse l'unica porzione ormai conservata di un sito archeologico più esteso. Nella stessa nota si annunciava come fosse ormai giunto alla fase cruciale la realizzazione del parco archeologico del Sodo, che aveva già comportato un impegno economico importante sia da parte dell'amministrazione comunale che dello stesso Ministero;
          il sindaco del comune di Cortona, in risposta ad un'interrogazione del consigliere comunale del M5S in data 19 aprile 2017, ha dichiarato che ogni decisione riguardo alle aree in discussione sarà presa unitamente alla soprintendenza e dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo  –:
          quali siano i propositi del Ministro interrogato in merito all'eventuale programmazione e progettazione di un parco archeologico nell'area in questione, e con quali risorse intenda contribuire alla realizzazione di tale opera. (4-16411)


      COCCIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il parco archeologico di Centocelle fa parte del complesso aeroportuale di Centocelle, intestato al demanio dello Stato, ai sensi della legge 29 gennaio 1987, n.  453, pervenute in dismissione dall'Aeronautica militare al patrimonio di Roma Capitale a titolo gratuito, con apposito vincolo storico – archeologico, trasformato in parco archeologico e consegnato al dipartimento tutela ambientale;
          il suddetto parco si trova nella zona sud-est di Roma e si estende su una superficie di circa 126 ettari;
          dal 1o gennaio 2017 tonnellate di rifiuti speciali (montagne di stracci, carcasse di automobili, matasse di fili elettrici e molto altro ancora) bruciano nel canalone di epoca fascista sul lato ovest del parco archeologico;
          l'ex cunicolo scavato nel 1941 è diventato il braciere di un rogo tossico che mette a rischio la salute di decine di migliaia di famiglie residenti nelle vicine case popolari;
          sul parco archeologico di Centocelle la Soprintendenza statale ha stanziato 2,5 milioni di euro al fine di riportare alla luce le Ville che si trovano al di sotto della superficie, vincolando questo stanziamento alla messa in sicurezza e bonifica totale del sottosuolo;
          il sopralluogo nell'area effettuato dai vigili del fuoco nei giorni successivi allo scoppio degli incendi, ha rilevato la presenza di materiali di varia natura che rendono necessaria l'immediata bonifica di tutta la superficie del parco;
          a seguito dei primi interventi d'urgenza, la prefettura di Roma ha predisposto una pianificazione degli interventi per il superamento dell'emergenza e la messa in sicurezza ambientale del parco, adottati con ordinanza della sindaca n.  22 del 10 febbraio 2017;
          in base all'ordinanza, entro il 25 febbraio, «il Dipartimento tutela ambientale avrebbe dovuto rimuovere i rifiuti ammassati sulla rampa d'accesso alla rete dei cunicoli al fine di consentire il completo spegnimento dei rifiuti combusti», nonché avrebbe dovuto «predisporre un piano di bonifica complessiva del parco archeologico di Centocelle e della rete delle cavità sottostanti che giungono fino alle abitazioni civili circostanti, previa caratterizzazione dei rifiuti, onde consentire, entro 30 giorni dalla notifica dell'ordinanza, il loro smaltimento»;
          inoltre, in base all'ordinanza l'Arpa Lazio avrebbe dovuto provvedere all'analisi dei pozzi nelle aree circostanti, anche in proprietà privata, e installare centraline di rilevamento della qualità dell'aria presso le abitazioni del civico 3 di via di Centocelle;
          tuttavia, le azioni poste in essere in attuazione della suddetta ordinanza sindacale non hanno avuto alcun esito: non è stata ripristinata la situazione di salubrità del parco e non sono state completate le analisi richieste, con la mancata caratterizzazione dei rifiuti e l'assenza di indagini di inquinamento di suolo e di falde acquifere, come risultanti dalla informativa alla popolazione elaborata dalla protezione civile di Roma Capitale  –:
          quali iniziative di competenza si intendano promuovere per tutelare il patrimonio archeologico del parco di Centocelle, nonché la salute di oltre 500.000 cittadini romani che risiedono in quella zone, avviando un programma urgente di interventi con la partecipazione della regione e del comune di Roma. (4-16416)


      CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          l'ex vetreria Avir, monumentale area industriale al centro della città di Gaeta, è da tempo oggetto dell'attenzione di importanti gruppi criminali, tra i quali spiccano la Banda della Magliana e i più grossi boss dei Casalesi;
          in seguito alla sua chiusura, all'inizio degli anni ’80, è cominciata la lotta per accaparrarsi la lottizzazione di questi oltre 100 mila metri cubi edificabili;
          nel 2001, il proprietario dell'epoca vende alla società Gaim srl, i cui soci sono Nicola Martino, vecchio sindacalista, e Giuseppe Simioli da Marano. L'atto costitutivo della società veniva stipulato nello studio del notaio Salvatore Sica, per anni professionista di fiducia nelle transazioni immobiliari fra uomini legati al clan di Lorenzo Nuvoletta. Solo 20 milioni di lire il capitale della Gaim, fondata il 23 gennaio 2001 per acquistare il giorno dopo un bene valutato all'epoca in circa 6 miliardi;
          nel 2005, la Gaim cede circa 1.500 metri cubi di vani già esistenti, più 3.000 metri quadri di terreno, ad una società a responsabilità limitata, con sede legale a Bergamo, la Holiday, tra i cui soci c’è Ciro Perdono, indagato nel 2007, come consigliere comunale di Forza Italia a Marano, nell'indagine che ha portato allo scioglimento comunale per infiltrazioni camorristiche e che ha coinvolto anche suo figlio Vincenzo, finito nel registro degli indagati. Qualche anno dopo nella compagine di Gaim fa il suo ingresso un altro piccolo costruttore, stavolta casertano: è Raffaele Di Tella, da Trentola Ducenta;
          fra i proprietari del sito ex Avir, risulta anche la società F.T. Costruzioni il cui legale rappresentante è Luigi Franzese;
          nel frattempo, mentre restano fermi i lavori nell'ex area industriale, prendeva il via la ristrutturazione delle ex case degli operai, alle spalle della vecchia vetreria;
          gli appartamenti, una quarantina, venivano acquistati quasi tutti da personale dell'amministrazione giudiziaria di Santa Maria Capua Vetere, compresi un paio di magistrati. Quasi 8 milioni di euro il ricavato dalla vendita dell'intero complesso, denominato le «casette rosse», per la Gaim;
          il progetto edilizio ha destato l'attenzione della procura della Repubblica di Latina, che nel luglio 2011, ha iscritto nel registro degli indagati per il reato di lottizzazione abusiva, fra gli altri, gli stessi Martino, Simioli, Sica, Di Tella e Todisco. Con loro, anche numerosi notai che hanno stipulato le compravendite, fra i quali Daniela Arseni di Formia e Giancarlo Laurini; il relativo procedimento penale, dopo anni di «stop» a seguito della chiusura del tribunale di Gaeta, pende attualmente presso il tribunale di Latina;
          alle indagini per presunta lottizzazione abusiva ha fatto seguito il sequestro dell'intero complesso per inquinamento ambientale: sotto il vecchio muro di contenimento, infatti, sono state rinvenute ingenti quantità di materiali tossici, in primis l'amianto, sversati nel corso dei decenni;
          il comune di Gaeta è restato in tutti questi anni inerte di fronte alle numerose illegalità che hanno coinvolto l'area su cui sorgeva la fabbrica. Solo di recente il comune è tornato ad occuparsi dell'ex Avir, adottando una delibera con la quale ha stanziato circa 280 mila euro per mettere in sicurezza l'area, nonostante la stessa sia da sempre di proprietà privata  –:
          di quali elementi disponga il Governo circa la situazione dell'area su cui sorgeva la vetreria Avir, soggetta peraltro a vincolo paesaggistico e prossima alla spiaggia di Serapo al centro della città di Gaeta e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di verificare che il procedimento di messa in sicurezza rispetti l'importante valore che l'area ha nel contesto del territorio, anche alla luce dei presunti collegamenti o rapporti tra gli attori della citata operazione edilizia con ambienti della criminalità organizzata campana e/o romana. (4-16420)

DIFESA

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della difesa, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, per sapere – premesso che:
          nello straordinario proscenio ambientale, naturalistico e paesaggistico di Capo Caccia, nel comune di Alghero, è stato messo in atto uno scempio senza precedenti;
          si tratta di una ferita profonda al cuore di uno dei paesaggi più suggestivi del mondo;
          Capo Caccia è stato sventrato a colpi di ruspa per realizzare quella che appare all'interrogante un'inutile strada che comporta uno spreco di risorse pubbliche ed è solo funzionale a distruggere un paesaggio unico nel suo genere;
          si tratta di una strada a servizio privato della sola Marina militare che gestisce un faro da sempre gestito senza bisogno di strade ulteriori;
          nel silenzio generale di istituzioni e amministratori, in queste ore, lo scempio si sta consumando con l'asfalto della strada dopo la devastazione del fronte mare più fotografato della riviera del corallo;
          un permesso a costruire del luglio 2015, che ha permesso la realizzazione, in questi giorni, a colpi di ruspe devastatrici e poi, con altri mezzi, di una strada in asfalto in quell'area a tutela integrale;
          ci si pone la domanda su cosa sarebbe successo se non ci fosse stata la tutela massima del paesaggio in tale area;
          chiunque abbia rilasciato quella concessione ha commesso per l'interrogante un atto grave contro l'ambiente e il paesaggio;
          è inspiegabile come si sia potuto consentire tutto questo ad un Ministero che si conferma, sempre più, poco rispettoso nei confronti del paesaggio della Sardegna;
          un atto compiuto nella straordinaria riserva di Capo caccia da sempre soggetta alla massima tutela possibile;
          occorre sapere chi ha rilasciato le necessarie autorizzazioni ambientali per la realizzazione dell'intervento;
          il Ministero della difesa, ad avviso dell'interpellante, ha del tutto ignorato i vincoli di quell'area e così anche i responsabili amministrativi di questo scempio;
          il Ministro della difesa deve rispondere di questo nuovo sfregio ai danni del paesaggio della Sardegna;
          la regione    per l'interpellante deve denunciare i responsabili per disastro ambientale e paesaggistico e perseguire le eventuali responsabilità interne al suo apparato;
          l'interpellante ha divulgato anche le immagini fotografiche della devastazione e della nuova strada che si sta realizzando su quello straordinario promontorio;
          è stato omesso da tutti che quell'area è tutelata da un vincolo paesaggistico integrale e che la stessa fascia dei 300 metri dalla battigia marina è sottoposta ad un sistema di tutele integrali;
          un'area ad elevatissima sensibilità ambientale inquadrata nella zona di protezione speciale – ZPS ITB013044 e nel sito di importanza comunitaria – SIC «Capo Caccia (con le Isole Foradada e Piana) e Punta del Giglio» ai sensi della direttiva n.  92/43/CEE e nel parco naturale regionale «Porto Conte» e dell'area marina protetta «Capo Caccia – Isola Piana»;
          si tratta di un intervento che, per l'interpellante, è totalmente in contrasto con le norme vigenti e che aggredisce in modo irreparabile il paesaggio di quello scenario unico;
          è inaccettabile che lo Stato e in particolare il Ministero della difesa, abbiano devastato in questo modo uno dei cimeli ambientali più pregiati della Sardegna;
          chi ha devastato quell'area    per l'interpellante deve essere perseguito senza se e senza ma;
          se un privato cittadino avesse realizzato un tale scempio sarebbe stato da tempo perseguito;
          il Ministero della difesa continua a promuovere interventi dannosi per l'ambiente e che di fatto, per l'interpellante consentono di sfregiare la Sardegna in modo grave e irrecuperabile;
          il silenzio della regione e di coloro che avevano il compito di tutelare quell'area è di una gravità inaudita;
          va individuato chi ha autorizzato tale progetto di tale violenza ambientale e paesaggistica;
          va inoltre chiarito chi ha chiesto e finanziato tale intervento in quell'area  –:
          se il Governo intenda verificare, per quanto di competenza, eventuali responsabilità amministrative in tale scempio;
          se si intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, per ripristinare lo stato dei luoghi e fermare tale dannoso intervento.
(2-01775) «Pili».

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
          le cooperative sono nate con l'obiettivo di difendere il reddito e il lavoro, permettendo alle fasce più deboli della società di trasformare da lavoratori ricattabili a «imprenditori di se stessi». Con il passare degli anni la cooperazione, anche grazie all'impianto legislativo, è diventata una parte fondamentale del settore produttivo italiano;
          negli ultimi cinque anni si è assistito al dissolvimento dell'intero settore cooperativo edile, con il fallimento di cooperative storiche che nella sola provincia di Reggio Emilia hanno mandato in fumo 70 milioni di prestiti sociali e 1480 posti di lavoro diretti e causato la crisi di più di 300 piccole imprese dell'indotto;
          il prestito sociale di cui agli articoli 12 della legge n.  127 del 1971 e 13 del decreto del Presidente della Repubblica n.  601 del 1973 è un importante canale di autofinanziamento del sistema cooperativo italiano, la cui equa remunerazione dovrebbe incentivare lo spirito di previdenza e di risparmio dei soci;
          il prestito sociale, pur valendo per l'universo delle cooperative italiane oltre 12 miliardi di euro, non è tutelato da adeguati fondi di garanzia, non essendo le cooperative riconosciute come enti dediti alla raccolta ed alla gestione del risparmio, attività riconosciuta ad enti come banche e SGR (società di gestione del risparmio), e non potendo quindi esse aderire al Fondo di garanzia interbancario a tutela del deposito;
          Legacoop, che in passato si è impegnata nel tentativo di risarcire almeno in parte i soci prestatori, ha già dichiarato di non avere a disposizione le risorse per far fronte a situazioni gravi come quelle di Coopsette e Unieco (ultimi crack in ordine temporale);
          il modello cooperativo è stato a lungo un elemento essenziale che ha caratterizzato la regione Emilia Romagna, contribuendo in larga misura a costruire benessere economico e condizioni di lavoro dignitose;
          negli anni del boom del settore edile le cooperative emiliano-romagnole si sono espanse fino a diventare colossi in grado di competere a livello nazionale ed internazionale, per poi finire travolte dalla crisi degli anni duemila;
          è sempre più evidente come sia necessario non soltanto un intervento per la salvaguardia dell'occupazione e per affrontare l'impatto sociale di questa crisi, ma una riflessione più profonda da parte del mondo politico, economico ed istituzionale sul futuro del modello cooperativo  –:
          quali iniziative intenda sviluppare il Governo in riferimento al prestito sociale cooperativo, considerato anche il recente intervento della Banca d'Italia;
           se ritenga opportuno assumere iniziative per sostituire organismi che svolgano funzione di vigilanza sui bilanci delle cooperative che emettono prestiti sociali, sulle condizioni di emissione degli stessi e sulla contrattualistica, a cui i soci risparmiatori possano in ogni momento rivolgersi per inoltrare reclami e segnalazioni;
          se sia stata valutata l'opportunità di istituire un fondo di garanzia nazionale a tutela dei sottoscrittori di prestito sociale, che li tuteli automaticamente fino ad un massimo di 70.000 euro a persona, sul modello di quanto previsto per la tutela dei depositi bancari, con versamento pro-quota obbligatorio a carico di tutte le cooperative che utilizzino questa modalità di autofinanziamento;
          quali iniziative si intendano sviluppare coinvolgendo tutti i soggetti interessati, allo scopo di tutelare i sottoscrittori di prestito sociale delle cooperative che recentemente sono state coinvolte in procedure fallimentari per garantire il ristoro dei prestiti.
(2-01776) «Marchi, Incerti, Iori, Gandolfi, Montroni, Patrizia Maestri, Tidei, Parrini, Richetti, Gasparini, Carra, Misiani, Benamati, Cinzia Maria Fontana, Baruffi, Gnecchi, Romanini, Ginefra, Bratti, Ghizzoni, Lenzi, Bolognesi, Arlotti, Giuditta Pini, Lattuca, Giacobbe, Fabbri, Pagani, Camani, Tentori, Giuseppe Guerini, Carocci, D'Ottavio, Capone, Guerra».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FRANCO BORDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          come si apprende da fonti stampa – che citano i recenti documenti di bilancio resi pubblici – il gruppo Poste Italiane sarebbe stato oggetto di recente di una serie di ispezioni da parte della Banca d'Italia;
          la più insidiosa, almeno a giudicare dal documento che riassume l'andamento della società nel 2016, sembra proprio essere stata quella che ha riguardato Poste Vita, braccio assicurativo del gruppo, finito nel mirino dell'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia (Uif) per «accertamenti ispettivi in tema di antiriciclaggio ai sensi dell'articolo 47 e dell'articolo 53, comma 4, del decreto legislativo n.  231 del 2007». Gli accertamenti erano stati avviati alla fine del 2015 e si sono conclusi nell'aprile del 2016, un anno fa, «con la ricezione – spiega il bilancio delle Poste – dell'ultima nota trasmessa dalla compagnia recante i chiarimenti e le informazioni richiesti dalla Uif»;
          a luglio 2016, Banca d'Italia notifica, altresì, a Poste Vita un «processo verbale di accertamento e contestazione» per violazione dell'obbligo di tempestiva segnalazione di operazioni sospette – sempre con riferimento alla normativa finalizzata a contrastare il riciclaggio di denaro – in relazione a una singola polizza;
          sempre nel luglio 2016, gli uffici di via Nazionale hanno inviato una comunicazione a Poste Italiane in cui si chiede che vengano «intraprese azioni correttive al fine di rimuovere alcune criticità emerse nel corso delle verifiche svolte, chiedendo riscontro». Poste Vita, si legge nel bilancio della capogruppo, «ha dapprima informato l'Autorità di aver avviato un piano di lavoro operativo all'esito del quale avrebbe dato informativa sulle iniziative e sulle azioni correttive intraprese». Si arriva così al 20 dicembre del 2016, giorno in cui le Poste trasmettono a Banca d'Italia un'informativa «con una descrizione del piano degli interventi in corso di realizzazione per accogliere i suggerimenti ricevuti dalla stessa unità»;
          infine, sempre secondo quanto emerge dai documenti di bilancio, nel mese di febbraio 2017 è stato avviato dalla Banca d'Italia un accertamento ispettivo «finalizzato ad analizzare i sistemi di governo e controllo e di gestione dei rischi operativo e informatico nell'ambito delle attività di Banco Posta», la controllata del gruppo che opera nei servizi finanziari. È invece partita lo scorso ottobre la verifica ispettiva della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) riguardante il piano individuale pensionistico «PostaPrevidenza Valore»;
          tali iniziative avviate dalle Autorità di vigilanza fanno emergere profili di criticità sulla gestione del gruppo e sulle attività legate al risk management particolarmente gravi, profili anche legali sui quali non possono altresì non avere impatto alcune notizie di stampa circa possibili avvicendamenti ai vertici dell'ufficio legale di Poste Italiane proprio in scadenza dell'attuale gestione manageriale  –:
          se s'intenda fornire informazioni    dettagliate circa lo stato delle indagini ispettive in corso nei confronti del gruppo Poste Italiane e delle sue società controllate da parte delle Autorità di vigilanza come la Banca d'Italia e la    Covip, con particolare riferimento anche ai profili di gestione interna del gruppo e ai profili di tutela legale della società, nonché i propri orientamenti circa nuove delicate nomine nella fase terminale dell'attuale gestione manageriale che appaiono all'interrogante quantomeno critiche. (5-11240)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


      RONDINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          notizie di stampa riportano come da un monitoraggio condotto dal Consiglio superiore della magistratura sia emerso, che in molte zone d'Italia le Rems, le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza nate per sostituire gli ospedali psichiatrici giudiziari, risultino senza disponibilità di posti;
          molti pazienti, ai quali è stato disposto il ricovero nelle Rems, finiscono invece in liste di attesa, finché non si rendono disponibili i posti con la conseguenza che da quando gli ospedali psichiatrici giudiziari sono stati chiusi, i responsabili anche di «gravissimi reati di sangue», ma prosciolti per infermità mentale, vagano liberi nel Paese;
          il problema della carenza di posti in queste strutture, con l'inevitabile formazione di liste d'attesa per l'accettazione di nuovi pazienti, è diffuso, ma in certe realtà è una vera emergenza, come nel distretto di Catania: l'unica Rems, a Caltagirone, ha appena venti posti letto a disposizione, già da tempo occupati con ammalati psichiatrici provenienti in gran parte dalle vecchie strutture carcerarie abolite;
          il risultato di questa situazione lo descrive il presidente del tribunale di sorveglianza: «vagano nel territorio ammalati psichiatrici gravi, violenti e socialmente pericolosi», per i quali è stato disposto il ricovero nelle Rems, «in attesa che si rendano disponibili posti» presso queste strutture  –:
          se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se non intenda attivarsi nel più breve tempo possibile al fine di ampliare l'offerta di posti nelle Rems, in moda da evitare che i cittadini possano essere oggetto di ulteriori violenze da parte di persone che dovrebbero essere sottoposte a cure e ricovero. (4-16406)


      CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          nella casa circondariale di Fuorni, a Salerno, il numero del personale di polizia penitenziaria in servizio è pari a 230 unità, con una carenza di 64 agenti, secondo quanto previsto dalla pianta organica, in base alla quale il penitenziario salernitano dovrebbe essere dotato di 394 unità;
          da tempo i sindacati degli agenti di custodia denunciano, inascoltati, la grave carenza organica di polizia penitenziaria, costretta a lavorare in condizioni di estrema difficoltà, tra turnazioni massacranti e straordinari non sempre retribuiti;
          dura la denuncia dei sindacati Osapp, Uil Papp, Uspp, Cgil Fp e Cnpp: «Mancano più di 60 poliziotti penitenziari e inoltre bisogna procedere ad una rideterminazione dei carichi di lavoro, in vista dell'apertura ex novo di ulteriori tre quadri. Estenuanti le condizioni di lavoro, che provocano negli agenti segni di accertato disagio psicologico, poiché temono per la loro incolumità personale»;
          secondo i sindacati, il personale in servizio «è totalmente abbandonato a se stesso e si trova a dover affrontare, quasi sempre in solitudine, la gestione dei detenuti. Personale a cui viene negata anche una dignitosa giornata festiva»;
          il segretario del Sindacato autonomo della polizia penitenziaria, Emilio Fattorello, inoltre, ha dichiarato: «da oltre un anno rimarchiamo le difficoltà di gestione della popolazione detenuta che, sempre più spesso, si ripercuotono sul personale, con eventi critici violenti. Questi atteggiamenti sono favoriti dalla mancanza di un'adeguata risposta sanzionatoria, ricompresa nell'ambito del trattamento rieducativo previsto dall'ordinamento penitenziario»;
          sempre secondo il segretario del Sappe occorre fare chiarezza rispetto a tali criticità: «L'Amministrazione ha due diverse posizioni: a livello centrale le carenze da noi denunciate hanno trovato come risposta l'invio di 12 unità, in quanto l'Istituto di Salerno vivrebbe le stesse criticità in campo regionale e nazionale degli altri istituti penitenziari. Da parte della direzione della casa circondariale di Fuorni, invece, sembra che la carenza sia superiore ed è per questo che non si riesce a garantire la sicurezza dovuta e i diritti del personale operante»  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative intenda adottare per affrontare la situazione relativa alla carenza d'organico nella casa circondariale di Fuorni, assicurare dignità professionale e migliorare le condizioni di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria. (4-16408)


      FRACCARO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          con provvedimento depositato in cancelleria il 25 novembre 2014, procedura 11/2013 C.P., la sezione fallimentare del tribuna civile e penale di Trento, riunita in camera di consiglio, composto da Aldo Giuliani (presidente), Anna Mantovani (giudice) e Monica Maria Attanasio (giudice relatore), pur in presenza di una relazione per non fattibilità del piano concordatario del commissario giudiziale depositata il 29 aprile 2014, ha omologato il concordato preventivo proposto da Odorizzi Porfidi srl dell'ex consigliere provinciale Tiziano Odorizzi;
          con provvedimento depositato in cancelleria il 18 maggio 2015, procedura 38/2013 C.P., il medesimo collegio giudicante di cui alla procedura 11/2013 C.P., ha omologato il concordato preventivo della Pasquazzo srl ammesso con provvedimento datato 24 maggio 2014;
          la procedura concordataria della ditta Pasquazzo srl ha compreso, previo affitto, la cessione di un ramo d'azienda per un corrispettivo di euro 1.000.000 alla società Emiliana Scavi Srl, società peraltro coinvolta nel procedimento penale riguardante il terremoto dell'Emilia Romagna e citata inoltre nell'inchiesta «Aemilia»;
          nell'interrogazione n.  6266/XIV «Sul caso Vladimir e relativi soggetti coinvolti» presentata al consiglio provinciale di Trento il 4 luglio 2013 si evidenzia il coinvolgimento dell'allora assessore alla ricerca e all'innovazione Gianluca Salvadori, marito della giudice Mantovani, nelle operazioni economiche in Russia di Trentino Sprint, controllata della provincia autonoma di Trento, con una controllata della Odorizzi Porfidi;
          anche il concordato della Pasquazzo srl è riconducibile a Tiziano Odorizzi; di fatti Camparta Ambiente srl e di proprietà delle società Pasquazzo Srl (33,33 per cento), Sierra Invest srl (33,33 per cento), controllante della Odorizzi Porfidi srl, e Coop Ambiente srl (33,33 per cento);
          nel 1996 il giudice Giuliani cedette un immobile all'imprenditore Umberto Coser e nel 2008 acquistò un'abitazione in Trento dalla impresa Edile Atesina S.r.l. società di proprietà del medesimo Coser. Lo stesso Coser è inoltre proprietario della società Formula Immobiliare S.r.l. che assieme alla Società Agricola Cirè, di proprietà di Tiziano Odorizzi, rientra tra le partecipate della società Spinvest S.r.l.;
          il codice di procedura penale prevede una dettagliata normativa in materia di astensione e ricusazione, volta a garantire l'esercizio corretto e imparziale delle funzioni giurisdizionali; da tale normativa si evince che il giudice, al fine di esercitare correttamente le proprie funzioni, non deve avere nessun interesse personale che lo coinvolga, direttamente o indirettamente, nella vicenda processuale sulla quale è tenuto a pronunciarsi; laddove, invece, sussista tale interesse, egli ha l'obbligo di astenersi. In particolare, l'articolo 36 del codice di procedura penale, prevede che il giudice abbia l'obbligo di astenersi, tra l'altro, in presenza di gravi ragioni di convenienza, ipotesi che nel caso di specie sembrerebbe all'interrogante configurabile, considerati i legami esistenti tra i giudici Giuliani e Mantovani e le società Pasquazzo srl e Odorizzi Porfidi srl;
          è opinione dell'interrogante che i fatti sopra descritti, rappresentando elementi di potenziale conflitto tra l'interesse pubblico generale alla legalità e l'interesse personale, avrebbero dovuto indurre i predetti giudici ad astenersi nelle suddette procedure concordatarie;
          secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, la mancata astensione del giudice, pur non costituendo causa di nullità dei provvedimenti, può comportare conseguenze disciplinari per il magistrato che non si è astenuto (ex multis, Cassazione penale, sezione seconda, 12 marzo 2014, n.  11843)  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti illustrati in premessa e quali eventuali iniziative di competenza intenda assumere, in particolare valutando la sussistenza dei presupposti per promuovere iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari di Trento. (4-16418)


      ANDREA MAESTRI, CIVATI, FRATOIANNI, AIRAUDO, BRIGNONE, COSTANTINO, DANIELE FARINA, FASSINA, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, MARCON, PELLEGRINO, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PASTORINO e PLACIDO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          il 27 aprile 2017 è attesa la sentenza del processo al volontario francese, incensurato, Felix Croft, per il quale la procura di Imperia ha chiesto una pena di 3 anni e 4 mesi e una multa di 50 mila euro, con l'accusa di favoreggiamento all'immigrazione clandestina: la stessa pesante imputazione che viene contestata ai trafficanti di esseri umani;
          Croft è stato arrestato il 22 luglio 2016 dai carabinieri di Ventimiglia per aver tentato di passare la frontiera con a bordo della sua auto una famiglia di rifugiati proveniente dal Darfur in Sudan (una donna incinta con il marito, il fratello e due bimbi piccoli), la cui storia gli era stata segnalata come particolarmente dolorosa;
          egli rischia, quindi, di essere condannato per un atto umanitario: un'ipotesi che costruirebbe un precedente allarmante, in contrasto con l'articolo 2 della Costituzione che richiede l'adempimento del dovere di solidarietà, e in violazione dell'articolo 1 della Convenzione di Ginevra e degli articoli 13 e 14 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;
          colpisce una richiesta di pena così severa da parte della procura di Imperia, soprattutto se si considera che, per il medesimo reato che in Francia chiamano «délit de solidarité», il tribunale di Nizza;
          ha condannato a febbraio Cédric Herrou a una multa di 3 mila euro, con il beneficio della condizionale per aver favorito l'ingresso di 200 migranti privi di documenti, riconoscendo di fatto l'immunità penale che si applica agli atti umanitari;
          ha chiesto 8 mesi con la condizionale e 2 anni di interdizione dalla Francia per l'italiana Francesca Peirotti per «aver favorito l'ingresso irregolare di otto migranti» (sentenza prevista 19 maggio);
          a giudizio degli interroganti, la pesante e sproporzionata condanna richiesta per Croft, se confermata, apparirebbe come un tentativo esemplare di soffocare sul nascere ogni gesto solidale della società civile che sopperisce a un'Europa incapace di rispondere in modo strutturale e umanitario ad esseri umani in fuga da guerre o carestie. La condanna sarebbe anche consequenziale ai recenti provvedimenti approvati dal Governo sul contrasto all'immigrazione illegale e in materia di sicurezza delle città che ha aumentato il potere dei sindaci, normalizzando le delibere comunali che, con sempre maggiore frequenza normano sul territorio per silenziare le reazioni populiste e xenofobe di parte della cittadinanza, anziché intervenire per educare all'inclusione e alla solidarietà (esempio lampante è l'ordinanza del sindaco di Ventimiglia 129/2016 che, fin dall'11 agosto 2016, ha vietato la somministrazione di cibo e bevande alle persone migranti fuori delle strutture organizzate e che solo recentemente sembrerebbe essere stata revocata);
          anche la direttiva europea 2002/90/EC, che stabilisce l'illegalità dell'aiutare un irregolare ad oltrepassare i confini europei, ammette una clausola umanitaria opzionale che tutelerebbe operatori e volontari: purtroppo, dando a ogni Stato la libera facoltà di applicarla, ognuno ne ha tratto adattamenti difformi o ne ha ignorato le disposizioni;
          il Testo unico sull'immigrazione, articolo 12, comma 2, sancisce che: «Non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti di stranieri in condizioni di bisogno»  –:
          se non ritenga opportuno attivarsi con    iniziative normative volte alla corretta trasposizione nell'ordinamento nazionale della clausola umanitaria relativa alla tutela degli operatori e volontari, contenuta nella direttiva europea 2002/90/EC.
(4-16421)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


      MOLEA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 32, comma 1, del decreto-legge n.  133 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge n.  164 del 2014, ha equiparato i «marina resort», che sono strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle proprie unità da diporto ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato, alle «strutture ricettive all'aria aperta» e quindi assoggettate ad aliquota agevolata del 10 per cento (già prevista per altri settori del turismo), con applicazione limitata per un anno sino al 31 dicembre 2014. All'attuazione di quanto disposto dal citato articolo 32 ha provveduto il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 3 ottobre 2014 che ha definito i requisiti minimi ai fini dell'equiparazione;
          successivamente, la legge di Stabilità 2015 ne ha esteso gli effetti sino al 31 dicembre 2015;
          infine, l'articolo 1, comma 365, legge n.  208 del 2015 (legge di stabilità 2016), al fine di rilanciare le imprese della filiera nautica, ha reso definitiva, a decorrere dal 1o gennaio 2016, la riconducibilità dei marina resort alle strutture ricettive all'aria aperta e di conseguenza permanente l'applicazione, alle prestazioni rese ai clienti ivi alloggiati, dell'aliquota ridotta IVA del 10 per cento di cui al n.  120) della Tabella A, Parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n.  633 del 1972, riferita alle prestazioni rese ai clienti alloggiati nelle strutture ricettive, nonché alle prestazioni di maggiore comfort alberghiero rese a persone ricoverate in istituti sanitari;
          la definizione dei requisiti delle strutture ricettive turistiche, afferendo alla materia turismo, rientra tra le competenze che la Costituzione attribuisce alle regioni, sebbene lo Stato possa dettarne norme quadro;
          precedentemente alcune regioni come la Liguria, il Friuli Venezia Giulia e l'Emilia Romagna avevano già varato leggi regionali ad hoc sul principio di equiparazione dei «marina resort» alle strutture ricettive all'aperto e continuano ad applicare, se la struttura portuale ha i requisiti di «marina resort», l'Iva agevolata in luogo di quella al 22 per cento;
          con sentenza 26 gennaio 2016, n.  21, la Corte costituzionale, a cui si era rivolta la regione Campania sollevando la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 32 del decreto-legge n.  133 del 2014, sostenendo contro i suoi stessi interessi che tali disposizioni non erano applicabili sul suo territorio, ha sancito l'illegittimità parziale della norma laddove non contempla che la configurazione delle suddette strutture debba avvenire nel rispetto di requisiti stabiliti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, previa intesa nella Conferenza Stato-regioni;
          altre regioni, come la Sardegna e la stessa Campania, a quanto consta all'interpellante, hanno deciso di non applicare la sentenza della Corte costituzionale e di varare norme che permettano di applicare l'IVA turistica al 10 per cento in luogo del 22 per cento sui posti barca in transito;
          questa confusione normativa sta di fatto ostacolando la stipula e il rinnovo di molti contratti di ormeggio e creando incertezza e disorientamento in molti clienti italiani ed esteri  –:
          se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative conseguenti alla dichiarata illegittimità costituzionale parziale della norma sui «marina resort» di cui all'articolo 32, comma 1, del decreto-legge n.  133 del 2014, come successivamente modificata, e fornire chiarimenti in merito all'applicazione dell'Iva sui posti barca ormeggiati. (4-16404)


      VILLAROSA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il comune di Terme Vigliatore fa parte di un comprensorio interessato negli ultimi 25 anni da varie inchieste della direzione distrettuale antimafia, come l'inchiesta «Eris», che ha portato all'arresto dei boss Carmelo Bisognano e Nunziato Siracusa, per infiltrazioni mafiose nei cantieri del raddoppio ferroviario Messina-Palermo;
          i lavori del tracciato ferroviario compresi nel tratto tra Terme-Vigliatore e Milazzo e tra Patti e Terme Vigliatore sono stati autorizzati con i decreti dell'assessorato territorio ed ambiente della regione siciliana n.  171/83, n.  433/85, n.  1238/87, n.  780/90, n.  1015/96;
          nel corso degli anni, sono state concordate fra i vari enti interessati esecuzioni di diversi «pacchetti» di opere, quale risarcimento, non suffragato da alcuna relazione tecnica, dei danni ambientali ed urbanistici causati dagli interventi necessari per l'eliminazione dei tre passaggi a livello ricadenti nelle frazioni di Terme, San Biagio e di Vigliatore. Una di queste opere, concordata in un primo momento fra i vari enti fu il cosiddetto «Viadotto Panoramico», un collegamento tra la strada statale 113 e la strada statale 185, che di fatto ha alterato irrimediabilmente la frazione di San Biagio;
          il «Viadotto Panoramico», costituito da 6 piloni, per una altezza di 23 metri, successivamente alla realizzazione viene sottoposto a provvedimento di sospensione per effetto dell'ordinanza n.  57 del 14 settembre del 1993; nonostante ciò l'amministrazione comunale, in una riunione tenutasi a Barcellona Pozzo di Gotto il 20 gennaio 2000 tra amministratori ed enti concessionari, sottoscriveva un accordo contenente una disponibilità da parte della RFI di realizzazione di un «pacchetto di opere», in cambio della «disponibilità all'accettazione della variante della S.S.185» da parte del comune, e quindi del mantenimento in vita di un manufatto abusivo;
          una ulteriore ed ultima modifica della lista delle opere compensative già autorizzate con delibera 427 del dipartimento regionale dell'urbanistica dell'Agenzia regionale per la tutela dell'ambiente (Arta), è stata concordata esclusivamente fra sindaco, RFI ed ItalFerr in una riunione a Palermo il 3 dicembre 2008 in cui veniva sottoscritto un altro accordo, mai ratificato ufficialmente dal consiglio comunale o dalla giunta, che prevedeva la demolizione del «viadotto panoramico» o «variante della S.S.185», eseguita nel 2009, in aggiunta alla realizzazione di altre opere compensative e un ripristino, ad oggi mai avvenuto, di un passaggio a livello nella frazione di San Biagio previsto nella delibera di giunta n.  250/2013;
          il comune è stato commissariato da gennaio 2006 a giugno 2008 per condizionamento della criminalità organizzata. Ed è, a giudizio dell'interrogante, a dir poco inquietante che i commissari straordinari nominati non abbiano dato la giusta attenzione al tema delle opere compensative legate al tracciato, circa 27 opere, per una spesa di oltre 10 milioni di euro generate, negli anni, da scelte discrezionali non sottoposte ad alcuna presa d'atto da parte del consiglio comunale;
          l'Anas inoltre, quale ente proprietario della strada statale 113, ha rifiutato di ricevere la consegna dei sottopassi, in quanto «privi dei requisiti prescritti e poiché costituiscono grave pericolo per automobilisti e pedoni per le loro inadeguatezze strutturali»;
          tutte le opere, dal «viadotto panoramico» alle varie opere compensative, sono state realizzate in contrasto con le prescrizioni adottate dalla commissione urbanistica voto n.  1036 del 14 ottobre 1987, articolo 5, lettera c), D. A. n.  1238/87, che espressamente impegnavano l'ente Ferrovia dello Stato unitamente al concessionario «a predisporre uno studio di interventi migliorativi nella linea esistente»  –:
          se il Governo sia a conoscenza dei fatti in premessa, quali iniziative di competenza intenda adottare per verificare la corretta esecuzione e gestione dei lavori connessi alle opere compensative al tracciato ferroviario della tratta in questione, ancora oggi non totalmente realizzate, e se intenda intervenire, per quanto di competenza, per una veloce realizzazione;
          di quali elementi disponga circa i motivi per cui sarebbe stata disattesa la prescrizione del dipartimento regionale dell'urbanistica n.  1015/96 nella parte in cui espressamente dispone di provvedere «allo studio di soluzioni alternative», al fine di garantire il collegamento tra la strada statale 113 e la strada statale 85;
          se e quali iniziative siano state assunte dal prefetto di Messina in relazione all'interruzione del collegamento della strada statale 185 con la strada statale 113. (4-16415)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      FAMIGLIETTI e FANUCCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          secondo le statistiche ufficiali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, la media annua di interventi su tutto il territorio nazionale è pari a 836.678, dato che si traduce in una media giornaliera di 2.292 interventi;
          questa mole di lavoro è suddivisa attualmente tra 26.146 unità operative, dalle quali vanno decurtati il 5 per cento di personale parzialmente idoneo al servizio operativo e circa 2.820 unità che prestano servizio nei 38 distaccamenti aeroportuali distribuiti su tutto il territorio e che non intervengono per il normale soccorso tecnico urgente, data la loro specificità e competenza;
          un potenziamento di 3.000 unità è necessario e pienamente congruo con l'assorbimento della graduatoria di 814 vigili del fuoco;
          tale graduatoria comprende al suo interno 2.800 civili con un'età media di 33 anni, quindi un'età giovane rispetto alla media del Corpo, e 290 vigili discontinui nella sola riserva del 25 per cento;
          l'8 febbraio 2017, durante l'incontro delle organizzazioni sindacali con il Ministro interrogato ed alla presenza del sottosegretario Bocci, sarebbe stato dichiarato che circa 23 milioni di euro sono stati stanziati per assunzioni extra turnover nel bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 ed 80 milioni di euro per il 2018;
          le autorità avrebbero dichiarato che nel solo 2017 ci saranno nuove 1.700 assunzioni, quindi questo esclude di fatto i corsi «79» ed «80», in quanto coperti da fondi precedentemente individuati e non riconducibili alla legge di bilancio per il 2017;
          attualmente, le strutture centrali e periferiche sono occupate da due corsi, il «79» per 400 unità e l’«80» per 448 unità, e saranno libere integralmente tra luglio ed inizio agosto 2017;
          i fondi indicati possono coprire il costo delle 1.700 unità promesse solo per 3 mesi (coprendo il costo del corso di formazione, oltre al costo unitario mensile per unità per tre mesi, per un totale di 23 milioni di euro);
          il calcolo relativo alle cessazioni 2016 e all'immissione in ruolo 2017 è pari a circa 350 unità;
          solo nel 2011 si sono avute ammissioni al corso per un numero di unità simili (1.530 unità) a quelle promesse solo per il 2017 (1.700 unità) e furono strutturati due corsi, uno ad aprile per 848 unità ed uno ad ottobre di 700 unità, per ovvi limiti organizzativi di personale istruttore e logistica  –:
          se trovino conferma i dati esposti, come intenda organizzare la chiamata al corso delle unità indicate e se sia necessario delineare anticipi di fondi per permettere la chiamata al corso di 700 unità nel primo semestre 2017 e delle successive unità a fine anno. (5-11234)


      FAMIGLIETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          a Monteforte, comune in provincia di Avellino, nell'ultima settimana si sono verificati diversi atti intimidatori a carico di amministratori locali;
          come ampiamente riportato dagli organi di stampa locale, alle lettere con minacce di morte indirizzate al sindaco Costantino Giordano, si sono aggiunti gli atti vandalici, da parte di ignoti, all'auto di una consigliera comunale delegata alle attività produttive  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza degli accadimenti illustrati e di quali elementi disponga circa la matrice degli eventi;
          quali iniziative intenda assumere nell'ambito delle sue competenze, per tutelare gli amministratori locali di cui in premessa. (5-11235)


      TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e SEGONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          da alcuni anni la situazione dell'Ufficio Immigrazione della questura di Verona presenta problematiche assai gravi legate non tanto alla mancanza di personale, quanto all'impossibilità oggettiva di ottenere informazioni sullo stato dei procedimenti pendenti e alla violazione sistematica dei termini previsti per la conclusione degli stessi;
          un gruppo di avvocati del foro di Verona ha proposto al dirigente della questura di Verona e al    questore un protocollo che ha ricevuto anche il consenso dell'ordine degli avvocati di Verona per regolamentare l'accesso dei legali alle informazioni amministrative sullo stato dei singoli procedimenti in tempi ragionevoli e con modalità consone al rispetto e alla dignità della professione forense nonché la partecipazione degli stessi legali ai procedimenti amministrativi in corso, al fine di favorire il buon andamento dell'azione amministrativa e consentire una rapida definizione delle posizioni pendenti;
          ad oggi, a quanto risulta agli interroganti, nessuna risposta ufficiale è mai intervenuta a fronte di tale richiesta di apertura al dialogo e di collaborazione né sono stati indicati dal dirigente criteri e direttive certe e costanti nel rilascio dei permessi di soggiorno in violazione del principio di imparzialità dell'azione amministrativa;
          a fronte di ciò e dell'assoluta impossibilità di riesaminare le pratiche in autotutela si è registrato ad oggi un notevole incremento del contenzioso, con ripercussioni quindi anche sul carico degli uffici giudiziari;
          nell'ambito di tale contenzioso la questura di Verona che si costituisce in giudizio a mezzo dell'Avvocatura distrettuale dello Stato viene ripetutamente condannata al pagamento delle spese processuali, con inutile aggravio di costi ed oneri che poi vengono riversati sulla intera collettività;
          tutto ciò appare in contrasto con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione ex articolo 97 Cost. e dei criteri di efficacia, efficienza e trasparenza della azione amministrativa, allorquando si pensi che in relazione a tutte le condanne in questione vi era stata preventiva richiesta di riesame della posizione da parte dei legali degli interessati  –:
          se ed in quali forme intendano    intervenire prontamente, anche tramite l'invio di ispettori ministeriali, affinché si possano verificare le ragioni per le quali l'ufficio immigrazione della questura di Verona non riesamina nei termini di legge le istanze presentate dagli interessati e/o dai loro legali;
          se disponga    di dati aggiornati relativamente al numero di pratiche ad oggi pendenti presso l'ufficio immigrazione della questura di Verona, se le stesse siano trattate nel rispetto dei termini stabiliti dalla normativa di riferimento ed, ove vi sia l'intervento legale, quali siano le ragioni ostative ad un riesame in autotutela delle stesse;
          se ritengano opportuno valutare la sussistenza dei presupposti per inviare gli ispettori ministeriali presso la questura di Verona ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza in merito ai fatti di cui sopra. (5-11239)

Interrogazioni a risposta scritta:


      D'ALIA e BOSCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          l'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti (Uic) è una onlus con personalità giuridica di diritto privato, sottoposta alla vigilanza del Ministero dell'interno;
          a seguito del commissariamento, avvenuto nel marzo 2016, dell'intero gruppo Uici siciliano (26 componenti) da parte del consiglio nazionale, il nuovo garante regionale ha commissariato la sede di Messina a causa della presenza di sofferenze finanziarie in un quadro di bilancio negativo. Le sezioni di Trapani e Catania avevano già subito lo stesso provvedimento di commissariamento;
          da quanto risulta agli interroganti, gli ultimi due anni di passività di bilanci della sezione di Messina scontano pesantemente il dimezzamento del contributo della regione a favore dell'Unione italiana ciechi, che da svariati mesi non riesce a pagare gli stipendi agli impiegati;
          le determinazioni di commissariamento hanno provocato sia al livello regionale sia a quello provinciale dei ricorsi di fronte al giudice ordinario per una sproporzione tra le contestazioni formulate e il tipo di provvedimenti adottati;
          per quanto riguarda la sede di Messina, la decisione del commissario regionale ha causato uno sconvolgimento improvviso nella vita associativa dell'ente ed una reazione di assoluto sgomento per i soci della provincia Uici di Messina e per i molti cittadini frequentatori dell'associazione. Tali sentimenti di sorpresa e rammarico sono stati canalizzati in una assemblea straordinaria permanente durante la quale si sono registrati anche momenti di tensione, con conseguente intervento delle forze dell'ordine;
          i servizi e le attività della sede di Messina, al pari di quelle di Trapani e Catania, come l'integrazione scolastica e lavorativa dei non vedenti e degli ipovedenti, la distribuzione di libri in braille, l'accompagnamento con personale specializzato che segue i bisognosi del trattamento e le visite oculistiche gratuite ai cittadini per monitorare continuamente lo stato della propria vista, rischiano di subire un forte ridimensionamento qualitativo e quantitativo. Infatti, i commissariamenti, sia a livello regionale che provinciale, implicano una gestione verticistica da parte di un funzionario esterno, che per gli interpellanti non può conoscere nel dettaglio ed affrontare con contezza di causa e piena efficacia le situazioni concrete e le storie particolari dei territori siciliani e le peculiari esigenze dei singoli cittadini;
          il compito di vigilanza sull'Uici, che pure si esplica nel rispetto dell'autonomia statutaria, non comporta la facoltà di incidere sulle delibere e contempla il potere di commissariamento governativo ex articolo 15 del decreto-legge n.  98 del 2011 solo nei casi in cui il bilancio non venga deliberato o si verifichino disavanzi per due esercizi consecutivi, è attribuito dalla legge all'Amministrazione dell'interno;
          la questione dei commissariamenti delle articolazioni territoriali dell'Uici in Sicilia ha assunto proporzioni non più trascurabili dall'amministrazione statale, investendo direttamente la politica regionale, il mondo sindacale e quello del libero associazionismo dei cittadini, con specifico riguardo alle province di Catania, Trapani e Messina  –:
          quali iniziative il Ministro, nell'ambito delle proprie competenze, ritenga di adottare nel modo più efficace e rapido e nel quadro e con i limiti sopra ricordati relativamente ai propri poteri di vigilanza, per garantire che i rapporti tra i differenti livelli associativi dell'Unione italiana ciechi e degli ipovedenti (Uici) siano effettivamente, ispirati ai principi costituzionali e statutari di democrazia, equa partecipazione e diritto al contraddittorio e che i provvedimenti adottati dai vertici dell'associazione non pregiudichino lo svolgimento delle iniziative e l'erogazione dei servizi che le sezioni territoriali siciliane dell'Uici quotidianamente hanno garantito e garantiscono ai soci e alla cittadinanza in generale. (4-16403)


      RONDINI e GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il 22 aprile 2017 a Milano, davanti alla stazione centrale si è svolto un gravissimo fatto di cronaca e di allarme per l'ordine pubblico anche in prospettiva;
          alle 14,45 due soldati di pattuglia sono stati circondati e aggrediti da un centinaio di immigrati in piazza Duca d'Aosta, davanti alla stazione centrale. Un militare di 22 anni è rimasto ferito a una mano dopo essere stato colpito con una bottiglia lanciata nelle fasi concitate della rissa;
          l'aggressione è iniziata dopo che uno degli immigrati, un senegalese di 27 anni con permesso di soggiorno per motivi umanitari, aveva cercato di strappare il mitra dalle mani del militare;
          da una fotografia scattata con il cellulare da una delle finestre del grattacielo Pirelli si vede un cerchio composto da un centinaio di persone, quasi tutti immigrati africani che trascorrono le loro giornate in piazza Duca d'Aosta, e al centro i militari e alcuni carabinieri vittime della brutale aggressione;
          dal gruppo vengono lanciate anche due bottiglie di birra contro i militari, una colpisce l'auto dei carabinieri con il risultato di richiesta di aiuto da parte dei militari che viene estesa a tutte le pattuglie in zona, oltre a quelle presenti in varie parti della città;
          i turisti scappano impauriti ai lati della stazione, mentre una ventina di immigrati sfogano la loro rabbia rovesciando i cestini della spazzatura e urlando frasi contro polizia e carabinieri  –:
          se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se non intenda assumere iniziative per prevedere un aumento della pianta organica delle forze dell'ordine a Milano, al fine di garantire un livello di sicurezza che al momento appare assolutamente insufficiente, soprattutto per quanto riguarda le competenze che la legge assegna al sindaco, che ad avviso degli interroganti pare non accorgersi della gravità dei fatti che quotidianamente si verificano. (4-16405)


      LOREFICE, COLONNESE, SILVIA GIORDANO, BRESCIA, MANTERO, GRILLO, NESCI e DI VITA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          da fonti di stampa si apprende che all'interno del centro di accoglienza per richiedenti protezione internazionale di Mineo persisterebbe una grave emergenza sanitaria caratterizzata da lunghi tempi di attesa per visite, medicinali razionati o somministrati in grande ritardo rispetto alle prescrizioni, ambienti non idonei e difficile accesso a visite specialistiche;
          tutto ciò avrebbe portato alle dimissioni di un medico pediatra dell'azienda sanitaria provinciale che ha ritenuto tali condizioni incompatibili con l'erogazione di un efficace servizio di assistenza;
          a confermare tali criticità è una denuncia dell'organizzazione MEDU – Medici per i diritti umani esposta nel «Rapporto sulle condizioni di accoglienza del CARA di Mineo» del 2015;
          la «Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impiegate», in occasione di due visite effettuate a maggio 2015 e luglio 2016 presso l'ex Cara di Mineo, ha constatato gravissime condizioni di accoglienza, aggravate dal cronico sovraffollamento, e denunciato degrado, condizioni igienico-sanitarie inaccettabili, e carenze nell'erogazione dei servizi sanitari e nella presa in carico di casi vulnerabili;
          la situazione relativa al numero dei migranti sbarcati a decorrere dal 1o gennaio 2017 al 21 aprile 2017, comparata con i dati relativi allo stesso periodo del 2016, evidenza un incremento del 43,85 per cento;
          stando ai dati disponibili aggiornati al 31 marzo 2017 i migranti accolti nell'ex Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo risulterebbero pari a 3.965 persone in chiara situazione di sovraffollamento;
          in audizione presso la «Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impiegate» del 16 marzo 2017, seduta n.  78, il capo del dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, prefetto Gerarda Pantalone, ha dichiarato il superamento della precedente intenzione del Governo di trasformare l'ex Cara di Mineo, o parte di esso, in centro cosiddetto hotspot, anche a fronte della chiara presa di posizione contraria della stessa Commissione di inchiesta nonché dei procuratori della Repubblica dei tribunali di Catania e Caltagirone, ma ha affermato la volontà di creare apposite aree dedicate a minori stranieri non accompagnati;
          il nuovo schema di capitolato per la fornitura di beni e servizi relativi alla gestione e al finanziamento delle strutture di accoglienza dei migranti, approvato a marzo 2017 dal Ministero dell'interno in recepimento delle indicazioni fornite dall'Anac, impone una puntuale garanzia circa i servizi offerti, in particolar modo rispetto all'assistenza psicologica e all'assistenza sanitaria;
          la legge 7 aprile 2017, n.  47, recante «Disposizioni in materia di misura di protezione dei minori stranieri non accompagnati» esplicita il dovere di ottemperare all'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati in strutture idonee e a garantire, specialmente nel caso di possibili minori vittima di tratta, puntuale presa in carico sanitaria e psicologica;
          sull'ex Cara di Mineo sono tuttora in corso di svolgimento alcune indagini delle procure di Roma, Catania e Caltagirone  –:
          se, in considerazione di quanto esposto in premessa, non intenda, per quanto di competenza, accertare il grado di inadempienza dei servizi di assistenza sanitaria interni all'ex Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo nonché il persistere di gravi ed inaccettabili criticità di accoglienza;
          se non intenda assumere immediate iniziative volte ad un definitivo superamento dell'ex Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo con una sua totale dismissione, in particolar modo evitando di ipotizzare soluzioni, quale l'accoglienza di minori stranieri non accompagnati, in un luogo del tutto inidoneo a garantire il rispetto dei diritti e a giudizio degli interroganti in palese violazione di norme internazionali e delle più recenti fonti normative di diritto interno.
(4-16410)


      VARGIU. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          alcune testate on line cagliaritane hanno realizzato un servizio giornalistico all'interno di un'ampia struttura abbandonata, alle porte di Cagliari, con accesso dal civico 1 di via Sa Perdixedda;
          le fotografie pubblicate e relative alla struttura stessa dimostrano ampie cubature dismesse e totalmente abbandonate, in preda all'incuria e invase dai rifiuti, con accesso pressoché libero ad alcuni locali che contengono migliaia di documenti intestati, accatastati alla rinfusa;
          le informazioni reperibili consentono di ricostruire con facilità come tale struttura dismessa sia stata utilizzata sino a qualche anno fa dai vigili del fuoco, che vi svolgevano attività di rimessaggio e manutenzione dei propri automezzi;
          una semplice ricerca sul web consente di avere con facilità informazioni relative all'ispettorato regionale dei vigili del fuoco della Sardegna, che è stato effettivamente ubicato in via Sa Perdixedda 1, con tanto di recapito telefonico di riferimento;
          secondo i giornalisti che hanno denunciato il caso, tali locali in abbandono sarebbero attualmente occupati da alcuni immigrati extracomunitari di origine algerina, che vi avrebbero trovato ricovero  –:
          se corrisponda al vero che lo stabile    abbandonato ubicata in via Sa Perdixedda 1, a Cagliari – appartenga – o sia appartenuto – ai vigili del fuoco e quale sia il motivo per cui esso risulti in condizioni di totale degrado e abbandono;
          se risulti al Ministro che in tali locali, sostanzialmente incustoditi e facilmente accessibili a chiunque, siano presenti grandi quantità di documenti cartacei, verosimilmente appartenenti agli d'archivi dei vigili del fuoco;
          se risulti al Ministro che tali locali, siano attualmente utilizzati come dimora da alcuni extracomunitari di origine algerina che li avrebbero occupati abusivamente;
          cosa intenda fare il Ministro, di concerto con il comando dei vigili del fuoco della Sardegna e con le autorità di pubblica sicurezza locale per impedire l'occupazione abusiva dello stabile, garantendo la vigilanza dei locali e dei documenti in essi contenuti e mettendo in essere tutte le azioni finalizzate al ripristino e all'eventuale dismissione della struttura. (4-16419)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      NICCHI e SCOTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          è da molto tempo che si attende la statizzazione degli istituti musicali pareggiati, trasformati in Istituti superiori di studi musicali, dall'articolo 2, comma 2, della legge 27 dicembre 1999, n.  508;
          la statizzazione di questi Istituti, consentirebbe, tra l'altro, la presa in carico da parte dello Stato degli oneri degli istituti che attualmente gravano sui bilanci degli enti locali già drasticamente ridotti in questi anni da mancati trasferimenti da parte del Governo centrale;
          ad oggi, nessuna risorsa è specificatamente destinata a finanziare i processi di statizzazione degli ex istituti musicali pareggiati, nonostante alcuni istituti siano ormai in aperta situazione pre-fallimentare;
          la grave situazione attuale vede diciannove conservatori non statali, in difficoltà e a rischio chiusura per mancanza di fondi;
          diversi di questi diciannove conservatori sono ancora nei bilanci delle province, ormai con pochissime risorse a disposizione, e i comuni e le regioni, che dovrebbero farsene carico, spesso non sono in condizione di farlo;
          come ha ricordato Francesco Sinopoli, segretario generale della Federazione lavoratori della conoscenza CGIL, «o i conservatori vengono statizzati o chiudono (...). È importante preservare la straordinaria esperienza italiana in fatto di educazione e alta formazione musicale e artistica, che trova nelle comunità locali un suo punto di forza»  –:
          se non intenda attivarsi al fine di garantire la statizzazione degli istituti musicali pareggiati;
          se non ritenga urgente, nelle more della suddetta statizzazione, assumere iniziative per garantire le risorse necessarie per l'attività dei medesimi istituti, evitando in tal modo il rischio di una loro probabile chiusura. (5-11231)

Interrogazioni a risposta scritta:


      PAGLIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          la ditta Angelino srl gestisce il servizio scuolabus per conto del comune di Teramo dal gennaio 2015, attraverso reiterati ricorsi alla pratica dell'appalto al massimo ribasso, sempre sconveniente dal punto di vista dell'efficacia e della qualità dei servizi;
          tra la suddetta ditta e il comune è in corso un confronto, che vedrà la convocazione di un tavolo per il 2 maggio 2017, sulla questione delle mancate mensilità ad autisti ed assistenti, dato che i lavoratori risulterebbero senza stipendio da due mesi;
          nella giornata del 23 aprile 2017, grazie alla denuncia della Filt-Cgil, si è venuti a conoscenza di un episodio ancor più grave che, in questo caso, riguarderebbe l'utenza, ovvero i bambini; in sostanza, dal settore pubblica istruzione comunale sarebbe partita una comunicazione scritta indirizzata ai dipendenti della ditta che gestisce il trasporto scolastico, tramite la quale si sarebbero date loro precise direttive, facendo nomi e cognomi, sul non accogliere una serie di bambini i cui genitori risulterebbero morosi, il tutto senza che la comunicazione fosse firmata né dall'assessore competente, né da un dirigente;
          notizia poi di fatto confermata, a caso ormai pubblico, dall'assessore all'istruzione in un'intervista tv;
          gli operatori e gli assistenti avrebbero rifiutato di adeguarsi all'ordine venendo immediatamente contattati dai dirigenti per essere redarguiti; non soltanto, a questi lavoratori sarebbe anche stato consegnato, a quanto consta all'interrogante, un articolo del capitolato d'appalto che prevede che gli stessi operatori debbano rispondere ad ogni esigenza e ad ogni direttiva dell'amministrazione comunale;
          in una situazione economica segnata da povertà e disoccupazione, appare quanto meno ingiusto additare le responsabilità dei soggetti più deboli e indifesi, non soltanto i bambini ma anche le famiglie che presumibilmente non possono permettersi un servizio pure così essenziale, come risulta scorretto scaricare il peso di una decisione così delicata sui lavoratori  –:
          quali iniziative di competenza intenda mettere in campo per assicurare il diritto alla mobilità di ogni singolo studente su tutto il territorio nazionale, a partire del caso di cui in premessa, prevedendo agevolazioni e meccanismi di sostegno per le fasce sociali disagiate e meno abbienti. (4-16417)


      PISICCHIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          un nutrito gruppo di studenti del corso di laurea di medicina e chirurgia dell'Università Politecnica delle Marche immatricolato nell'anno accademico 2013/14, è stato iscritto d'ufficio, per l'anno    accademico 2016/17, al terzo anno fuori corso, a causa dello sbarramento deciso dalla facoltà, dettato dal mancato superamento dell'esame di fisiologia entro il mese di settembre 2016;
          questo non ha permesso loro di poter frequentare, con validità di frequenza, i corsi afferenti al quarto anno, a cui dovrebbero essere iscritti di diritto;
          non sono state consentite neppure le altre attività quali AFP (attività formative professionalizzanti in corsia), corsi monografici e laboratori, pur avido gli studenti pagato regolarmente le tasse per un anno universitario «fantasma»;
          gli studenti potrebbero solo sostenere gli esami del terzo anno, cioè il precedente, per il quale avevano già versato l'intero ammontare delle tasse universitarie;
          si assiste pertanto ad una sorta di stand-by per il quale, pur pretendendo le tasse, l'università non eroga alcun servizio è allontana, de facto, un gruppo di studenti, vincitori di concorso nazionale, dalla frequentazione degli ambienti universitari, disaffezionandoli alla vita dell'ateneo e ledendo il loro diritto allo studio, arrecando loro danni economici e psicologici, in una facoltà a ciclo unico di sei anni, così come si evince dal regolamento ministeriale;
          la posizione di questi studenti non risulterebbe al momento regolata da alcun piano di studi, neppure cartaceo, poiché la presentazione di quest'ultimo sarebbe stata loro impedita dalla segreteria didattica, per una discutibile interpretazione del regolamento;
          gli studenti si erano attivati da tempo, sin dal settembre 2016, attraverso tutti gli organi accademici competenti, compresi i rappresentanti degli studenti, affinché l'università rivedesse il proprio regolamento, ma erano stati indirizzati ora ad un ufficio, ora ad un altro, senza trovare esaurienti risposte;
          dopo mesi di insistenze, la richiesta di togliere lo sbarramento è stata recepita come legittima dal consiglio di corso di studi e deliberata dal consiglio di facoltà del 22 febbraio 2017;
          nonostante la richiesta risulti essere partita a settembre 2016, questa modifica sarebbe stata resa valida solo per i futuri immatricolati e per gli studenti iscritti al primo, secondo e terzo anno del corso di laurea, per i quali vale una retroattività, mentre sono stati esclusi proprio e solo gli studenti che avevano sollevato la problematica, quelli cioè iscritti impropriamente al terzo anno fuori corso;
          non ci sarebbe stato alcun tipo di problema se l'università avesse preso il provvedimento entro novembre 2016, mese in cui inizia l'anno    accademico;
          si incorre così secondo l'interrogante in una chiara disparità di trattamento rispetto agli altri studenti, mentre è convinzione diffusa che tale modifica sia da estendere anche al caso in questione in quanto può essere applicata giuridicamente una «norma transitoria» che include anche i casi in essere;
          la suddetta esclusione sarebbe stata giustificata, a quanto consta all'interpellante, non sulla base di un diritto, ma solo su quella di una difficoltà organizzativa a recuperare il primo semestre, perso poiché gli studenti, come il precedente regolamento-indicava, non avevano il diritto di frequentare le lezioni in corso;
          la maggior parte dei professori contattati aveva manifestato piena comprensione del problema ed espresso la propria disponibilità a risolvere la questione, auspicando la creazione di un tavolo per discutere in maniera più organica e plurilaterale la proposta di recupero, al fine di raggiungere un proficuo compromesso tra gli impegni individuali del corpo docente ed il calendario accademico;
          il Preside ha istituito una commissione volta a verificare la fattibilità del recupero e a proporre un calendario di lezioni aggiuntive;
          l'Università non ha ancora deliberato alcun provvedimento su questo tema che è stato demandato al prossimo Consiglio di Facoltà;
          nel frattempo gli studenti stanno frequentando con verifica il secondo semestre del quarto anno, non volendo perdere la frequenza delle lezioni così come è invece accaduto per il primo semestre: a tal fine questi studenti stanno registrando quotidianamente la presenza mediante firme e badges, senza avere alcuna certezza  –:
          quali iniziative di competenza intenda assumere, anche promuovendo l'adozione di linee guida di carattere generale, al fine di assicurare eguali diritti ed evitare irragionevoli disparità di trattamento per gli studenti che si trovino in situazioni come quella segnalata in premessa. (4-16423)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      RICCIATTI, FERRARA, MARTELLI, ZAPPULLA, GIORGIO PICCOLO, SCOTTO, SANNICANDRO, DURANTI, MELILLA, QUARANTA, PIRAS e NICCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la società Palumbo Ancona Shipyard Isa Yacht srl è un'azienda attiva nel settore della cantieristica navale, con stabilimento sito ad Ancona;
          in data 18 aprile 2017 l'azienda ha notificato una lettera di licenziamento immediato al lavoratore Emiliano Fava, unico rappresentante Rsu e referente per la sicurezza dello stabilimento;
          l'azienda ha motivato il provvedimento – a quanto si apprende dagli organi di stampa – per supposte dichiarazioni dello stesso lavoratore lesive dell'immagine dell'azienda, per le quali Fava sarebbe stato anche oggetto di sanzioni disciplinari precedentemente comminate;
          il lavoratore licenziato, tra quelli posti in cassa integrazione a zero ore ed esclusi dalla rotazione, aveva più volte denunciato, nel corso della propria attività sindacale, l'impossibilità di svolgere le sue mansioni di controllo sulla sicurezza del cantiere, a causa del comportamento dell'azienda;
          Fava si era inoltre rifiutato, insieme ad altri 7 lavoratori, di firmare l'accordo contenente un incentivo all'esodo dei lavoratori in cassa integrazione;
          il licenziamento segue ad una fase di relazioni sindacali piuttosto tese, acuitesi con il rifiuto da parte dell'azienda di partecipare ad un tavolo congiunto con la regione Marche e le organizzazioni sindacali, nel quale avrebbero dovuto essere chiariti alcuni aspetti relativi alle commesse produttive affidate all'azienda e ad i carichi di lavoro per le maestranze;
          la Fiom ha annunciato che procederà all'impugnazione in sede giudiziaria del licenziamento;
          al di là degli aspetti giudiziari della vicenda, che seguiranno il proprio corso nelle sedi deputate, dai fatti riportati emergono profili preoccupanti che integrerebbero – se confermati – condotte gravemente antisindacali e lesive dei diritti di tutti i lavoratori, oltre che del lavoratore licenziato. Fatti sui quali si rende necessario un celere chiarimento, volto anche a rendere trasparenti informazioni – come quelle sulle commesse affidate all'azienda – utili alla definizione di accordi che consentano una corretta dinamica delle relazioni sindacali  –:
          di quali elementi disponga il Ministro interrogato sulla vicenda riportata in premessa, con particolare riguardo al rispetto degli accordi sindacali precedentemente sottoscritti dalla società Palumbo, nonché allo stato della sicurezza dei lavoratori nel cantiere di Ancona. (5-11236)

Interrogazione a risposta scritta:


      MELILLA, SANNICANDRO, QUARANTA, SCOTTO, RICCIATTI, PIRAS, DURANTI, ZARATTI, FERRARA, KRONBICHLER e MATARRELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          alla Magneti Marelli di Sulmona (L'Aquila) è stato licenziato un caporeparto con una anzianità di lavoro di 30 anni;
          contro il licenziamento gli operai hanno risposto con uno sciopero di 8 ore nei tre turni di lavoro. Tale atto, che secondo gli interroganti, rivela arroganza aziendale, segue una serie di atti di intimidazione e provvedimenti disciplinari nei confronti di molti lavoratori, denunciati puntualmente dalle organizzazioni sindacali;
          i sindacati denunciano un netto peggioramento dei carichi di lavoro e delle condizioni di sicurezza del lavoro per la spasmodica ricerca dell'aumento ad ogni costo della produzione  –:
          se non intenda assumere iniziative, tramite gli uffici periferici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per accertare quanto denunciato dai sindacati e ricondurre alla normalità le relazioni sindacali. (4-16409)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


      MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI e GAGNARLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 5 della legge 28 luglio 2016, n.  154, «Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo e agroalimentare, nonché sanzioni in materia di pesca illegale» (16G00169) (Gazzetta ufficiale serie generale n.  186 del 10-8-2016) delega il Governo al riordino e alla semplificazione della normativa in materia di agricoltura, silvicoltura e filiere forestali;
          nello specifico l'articolo 5 dispone che «Al fine di procedere alla semplificazione e al riassetto della normativa vigente in materia di agricoltura, silvicoltura e filiere forestali, fatta salva la normativa prevista in materia di controlli sanitari, il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi con i quali provvede a raccogliere in un codice agricolo ed in eventuali appositi testi unici tutte le norme vigenti in materia divise per settori omogenei e ad introdurre le modifiche necessarie alle predette finalità»;
          per quanto attiene alle piante officinali il 20 aprile 2014 dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano è stato approvato il «piano di settore delle piante officinali», sviluppato sulla base dei punti di forza e delle prospettive della filiera che ha individuato le linee d'intervento per la valorizzazione e lo sviluppo delle produzioni nazionali anche nell'ottica della nuova politica agricola comune;
          il piano, presente sull’home page del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in politiche nazionali/filiere/piante officinali, è comprensivo di un allegato tecnico più ampio denominato «La filiera delle piante officinali», a completamento delle tematiche trattate dagli esperti, frutto dell'impegno dei quattro gruppi di lavoro tecnici, di un «glossario» e proprio del documento    Ismea relativo all'Osservatorio dal titolo: «Piante officinali in Italia: un'istantanea della filiera e dei rapporti tra i diversi attori»;
          premessa l'importanza strategica del comparto in questione e la necessità di realizzare un vero progresso della filiera agricola, è opinione degli interroganti dare celermente corso alle azioni del suddetto piano di settore ed in particolare all'azione 20.1.6, richiesta espressamente dalle regioni, con l'obiettivo di operare la revisione del regio decreto n.99 del 6 gennaio 1931 in materia di «Disciplina della coltivazione, raccolta e commercio delle piante officinali» e del regolamento attuativo regio decreto n.  193 del 19 novembre 1931, anche ai sensi di quanto disposto dall'articolo 5 della legge n.  154 del 28 luglio 2016, «collegato agricolo»  –:
          se non ritenga opportuno adottare quanto prima le iniziative di propria competenza per dare finalmente alla filiera delle piante officinali un quadro normativo aggiornato e funzionale. (4-16407)


      D'AGOSTINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          le organizzazioni che raggruppano le aziende del settore agricolo hanno lanciato l'allarme per i danni ingentissimi ai vigneti determinati dalle gelate che si sono verificate nel sud del Paese, in particolare in Irpinia e Sannio, tra il 13 e il 23 aprile 2017;
          stando a quanto riportato da dette organizzazioni, i danni in alcuni casi arriverebbero al 100 per cento della produzione;
          il gelo, infatti, è arrivato a quote elevate in una fase delicata della coltivazione delle viti, con conseguenze gravissime per le piantagioni, in particolare in Irpinia e nel Sannio;
          le zone di Sant'Agata de’ Goti, nel Sannio, e del casertano hanno riportato danni significativi non solo ai vigneti, ma anche al comparto ortofrutticolo: interi campi destinati alla coltivazione di verdure quest'anno rischiano di non avere raccolto;
          organizzazioni come Coldiretti e Confagricoltura hanno chiesto all'assessorato regionale all'agricoltura della regione Campania di attivare le procedure previste per consentire alle aziende colpite di avere il supporto necessario a proseguire la propria attività;
          a giudizio dell'interrogante il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e la regione Campania dovrebbero adottare i provvedimenti necessari a supportare le aziende agricole così duramente colpite dal maltempo e dal gelo;
          in caso contrario, si profilerebbe un'altra annata decisamente negativa non solo per le aziende, che rischiano il tracollo, ma anche per le tantissime persone che sono impiegate nel settore  –:
          quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per far fronte all'ennesimo colpo subìto dalle aziende agricole a seguito delle gelate che hanno interessato il Sud del Paese e, in particolare, l'Irpinia e il Sannio. (4-16412)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CIRIELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'Ordine nazionale dei biologi annovera circa 45.000 professionisti iscritti di cui la maggior parte opera in laboratori di analisi accreditati;
          sono attualmente in corso di aggiornamento presso il Ministero della salute le tariffe della specialistica ambulatoriale relative alla branca di patologia clinica;
          le proposte tariffarie elaborate dal Ministero della salute, inoltrate alle associazioni di categoria in data 3 aprile 2017, pur avendo carattere provvisorio, appaiono errate nei criteri di formazione e nella determinazione finale;
          secondo indiscrezioni trapelate, infatti, il Ministero della salute avrebbe scelto, per la determinazione delle nuove tariffe, un campione di soli 4 grandi laboratori pubblici localizzati in sole due regioni, Emilia-Romagna e Veneto, senza tenere conto che i laboratori di riferimento per l'analisi dei costi dovrebbero essere soprattutto i laboratori privati accreditati con un volume di produzione pari a circa 200.000 prestazioni annue, in sintonia con i criteri di cui all'Accordo Stato-regioni del 23 marzo 2011;
          di regola, per ciascuna prestazione, i dati si riferiscono mediamente ad un paio dei suddetti laboratori e presentano considerevoli oscillazioni tra di loro a riprova dell'assoluta inattendibilità dei dati ricevuti ed utilizzati, mentre non sarebbero stati acquisiti i dati di costo di nessun laboratorio privato accreditato, in spregio alle disposizioni del decreto legislativo n.  502 del 1992;
          le nuove proposte tariffarie sono così basse, inferiori addirittura ai costi vivi (talvolta, al costo del solo reagente) e a quelle già poco remunerative previste dal decreto ministeriale 18 ottobre 2012 («tariffario Balduzzi»), che rischiano di non consentire lo svolgimento della professione di biologo all'interno di un laboratorio di analisi privato accreditato;
          sia il TAR Lazio che il Consiglio di Stato, rigettando i precedenti ricorsi avverso il decreto ministeriale 18 ottobre 2012, con i quali era stata soprattutto contestata la mancanza di un'adeguata istruttoria che tenesse conto dei costi delle strutture private accreditate con dati rappresentativi di tutte le realtà regionali, si erano pronunciati respingendo i ricorsi soltanto per l'eccezionalità della misura e la temporaneità della stessa (il decreto ministeriale 18 ottobre 2012 aveva validità originariamente fino al 31 dicembre 2014);
          la nuova proposta ministeriale conterrebbe un'ulteriore ed assurda decurtazione media del 30 per cento rispetto alle già basse tariffe di cui al decreto ministeriale 18 ottobre 2012 e dall'applicazione di questo tariffario si rischia la chiusura immediata dei laboratori privati accreditati e la produzione di ingenti perdite di esercizio da parte dei laboratori pubblici, con l'impossibilità di erogare i livelli essenziali di assistenza e l'aumento del disavanzo regionale  –:
          se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e se il Ministro interrogato non intenda rivedere i criteri di riferimento e le linee di indirizzo per la determinazione delle nuove tariffe, utilizzando dati effettivamente rappresentativi di tutte le realtà ambulatoriali e tenendo conto degli effettivi costi che gli operatori del settore si trovano a dover affrontare nell'espletamento dell'attività professionale;
          se non intenda, nel formulare la proposta definitiva del nuovo tariffario, tenere nella dovuta considerazione la tutela dei piccoli e medi laboratori che, alla luce delle proposte attualmente in elaborazione, si vedrebbero costretti a dover dismettere la loro attività favorendo di conseguenza gravi speculazioni a favore delle grandi strutture e delle multinazionali che di fatto già stanno finalizzando in tal senso le loro iniziative, usufruendo di normative a carattere regionale che penalizzano fortemente quei biologi che operano con grande professionalità anche in quelle piccole strutture che rappresentano un rassicurante punto di riferimento, in particolare nelle realtà territoriali meno grandi. (5-11237)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BUSTO, DE ROSA, DAGA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          nel febbraio e aprile 2015 alcune associazioni ambientaliste (Medicina Democratica, ISDE e GCR Parma) inviarono due lettere/denuncia al Ministero della salute, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e ad ulteriori Enti ed organi di controllo tese a sollevare presunte gravi irregolarità soprattutto in relazione all'utilizzo di ceneri pesanti (o scorie) di inceneritore (CER 190112) per la produzione di clinker (dal quale, successivamente, si ottiene il cemento), il quale richiederebbe adeguati controlli in relazione al potenziale impatto sulla salute e sull'ambiente e comporterebbe l'obbligo di «registrazione REACH», ai sensi del regolamento (CE) 1907/2006;
          come riportato dalle lettere in questione le aziende cementiere continuerebbero a produrre il clinker e a immettere sul mercato cemento in assenza sia di adeguati controlli sia senza la registrazione «REACH» supportati dalla motivazione che tale «sostanza» sarebbe esente dalla registrazione «REACH» nel caso fosse chimicamente modificata;
          nella stessa lettera viene denunciata come l'attività di recupero delle scorie degli inceneritori avvenga, in larga misura, in assenza di controlli di natura igienico-sanitaria e ambientale e, anche in questo caso, risulterebbe che, talvolta, venga aggirato il regolamento (CE) 1907/2006 (REACH);
          il tema relativo all'utilizzo delle scorie di inceneritore per la produzione di clinker e la necessità che il clinker e il cemento ottenuti debbano essere soggetti a registrazione «REACH», è stato già oggetto di un'interrogazione presentata dall'eurodeputato Piernicola Pedicini il 3 settembre 2015, alla Commissione europea la quale ha chiarito che quando un prodotto di cemento viene fabbricato dal materiale di scarto, si applica la legislazione dell'Unione europea sui prodotti (p. es. CLP, restrizioni del REACH). Parrebbe, quindi, confermato sia che il clinker deve essere oggetto di registrazione «REACH», sia che il cemento da esso ottenuto deve rispettare le restrizioni del «REACH» (limiti di cromo VI – idrosolubile);
          la direttiva 2010/75/UE, relativa agli impianti di incenerimento, e l'articolo 15 del decreto legislativo n.  46 del 2014 sanciscono che, prima di procedere al riciclaggio dei residui, è necessario stabilire il potenziale inquinante, con particolare riguardo a «l'intera frazione solubile e la frazione solubile dei metalli pesanti». Questo conferma la fondatezza delle richieste e delle preoccupazioni espresse nelle lettere/denuncia delle associazioni ambientaliste in ordine all'assenza di adeguati controlli  –:
          se e quali iniziative di competenza siano state assunte dal Governo per verificare le possibili irregolarità ed i pericoli per la salute e l'ambiente evidenziati nelle lettere/denuncia delle associazioni ambientaliste in ordine alla mancanza di verifiche del potenziale rilascio di metalli pesanti e mancata registrazione «REACH» da parte delle aziende cementiere;
          quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere, negli ambiti di propria competenza, anche tramite gli organismi tecnici quali Istituto superiore di sanità e Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per una verifica del potenziale rilascio di metalli pesanti tramite utilizzo di clinker;
          se il Governo non intenda attivarsi in sede europea affinché sia chiarito che il «REACH» deve essere applicato a tutte le aziende che effettuano l'attività di recupero dei residui degli impianti di incenerimento per la produzione di clinker.
(4-16413)


      MELILLA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il bacino idrico del Gran Sasso fornisce acqua per gran parte delle provincie di Terano e L'Aquila;
          già nel 2002 si è verificato uno sversamento di trimetilbenzene nelle acque destinate al consumo umano; la captazione delle acque avviene da una sorgente a stretto contatto con i laboratori dell'Istituto nazionale di fisica nucleare (Isfn), eccellenza nazionale, che detiene sostanze chimiche altamente pericolose per la salute umana;
          come appreso dal programma televisivo «Le Iene», nella trasmissione 29 marzo 2017, l'Istituto superiore di sanità ha rilevato «una generale non conformità della localizzazione dei locali ed installazioni dei Laboratori nazionali del Gran Sasso e delle attività condotte rispetto ai dettami dell'articolo 94 del decreto legislativo n.  152 del 2006»;
          come appreso dalla comunicazione della regione Abruzzo del 21 dicembre 2016 e dalle inchieste svolte dal quotidiano online «PrimaDalloi.it» la Asl di Teramo il 31 agosto ha disposto la sospensione, in via cautelativa, dell'immissione in rete delle acque dal pozzetto di prelievo n.  1917, inerente all'acquedotto Ruzzo, a seguito della rilevata presenza di diclorometano nelle acque, senza, per altro, darne tempestiva comunicazione ai cittadini  –:
          se sia stata valutata la compatibilità della captazione di acque ad uso umano dal bacino idrico di cui sopra con l'attività di ricerca dell'Istituto nazionale di fisica nucleare;
          quale sia lo stato dei lavori di messa in sicurezza e conformità dei locali e delle installazioni dei laboratori nazionali del Gran Sasso le attività ivi condotte riguardo al rispetto dei dettami dell'articolo 94 del decreto legislativo n.  152 del 2006 inerente alla salvaguardia delle falde acquifere e delle fonti di approvvigionamento degli acquedotti pubblici;
          quali iniziative si stiano mettendo in campo per garantire gli standard qualitativi delle acque provenienti dal bacino idrico del Gran Sasso e la salute degli utenti. (4-16414)


      BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          l'11 luglio 2016 il tribunale di Vercelli ha condannato la società Sacal, Società Alluminio Carisio s.p.a. per danno ambientale, disponendo la bonifica dell'area interessata ed ulteriori interventi di riparazione primaria;
          il 18 aprile 2017 il giornale online « Notizia oggi Vercelli» riporta come il vento forte abbia creato sollevamento e dispersione delle polveri degli scarti di lavorazione dell'acciaieria Sacal, che risulterebbe non aver provveduto alla bonifica dell'area, disattendendo le disposizioni del tribunale di Vercelli;
          si registrano le denunce dei cittadini e dello stesso sindaco di Carisio, Pietro Pasquino, che avrebbe presentato denuncia all'Arpa e richiesta di rilevamenti nella zona per constatare la contaminazione ambientale da diossine;
          le polveri sembrano aver raggiunto i campi coltivati, con danno per le colture e la salute umana a fronte della pericolosità delle sostanze depositate nei pressi dell'acciaieria;
          il sollevamento delle polveri procurerebbe dispersione di diossine, sostanze che, da diversi studi scientifici vengono collegate a molteplici danni alla salute, tra i quali tumori, nonché in grado di accumularsi in vegetali e animali in quanto liposolubili, giungendo infine all'uomo tramite il consumo di vegetali, carni e altri derivati animali  –:
          se il Governo non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per la riparazione del danno ambientale con il sollecito smaltimento dei cumuli di scorie giacenti presso l'impianto Sacal, come disposto dalla sentenza dell'11 luglio 2016;
          quali iniziative di competenza intenda intraprendere ai fini di una valutazione dell'entità e della quantificazione del danno ambientale conseguente alla ulteriore dispersione e propagazione delle polveri provenienti dall'acciaieria nel territorio circostante, con particolare riferimento ai terreni agricoli, e se non ritenga necessarie compensazioni per gli effetti dannosi causati all'agricoltura. (4-16422)

SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


      GRIMOLDI. — Al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
          si apprende che, in data 31 marzo 2017, la procura generale dello Sport presso il CONI ha concluso le attività di indagine in ordine ai procedimenti disciplinari rubricati ai nn.  3/2017 e 6/2017 nei confronti del Dottor Michele Barbone, dal 15 dicembre 2016 presidente federale della Federazione italiana danza sportiva, Federazione sportiva nazionale (FSN) riconosciuta dal Coni, e di altri tesserati meglio identificati negli atti menzionati, con l'accusa di (si cita testualmente):
              1) aver consentito ad un soggetto radiato (segnatamente l'ex presidente federale Signor Ferruccio Galvagno) di continuare a svolgere attività federale, condividendo con lui iniziative, interessi e strategie;
              2) aver convocato e preso parte a una o più riunioni e incontri nei quali, in presenza e con l'attiva partecipazione del Galvagno, sono state assunte decisioni di fondamentale importanza per il futuro della Federazione sportiva in previsione e nell'imminenza delle elezioni federali per il rinnovo delle cariche che si sarebbero poi tenute il 22 ottobre 2016 e, successivamente rifatte il 15 dicembre 2016;
              3) aver dato esecuzione, in qualità di presidente federale neo eletto, agli accordi presi nel corso delle riunioni alle quali Ferruccio Galvagno ha preso parte e, in particolare, aver condiviso nel consiglio federale del 22 gennaio 2017 l'intenzione di concedere provvedimenti di clemenza sportiva (amnistia), incluso al Galvagno, come pattuito nelle riunioni/incontri pre-elettorali svolti;
              4) aver, dopo l'elezione a presidente federale del 15 dicembre 2016, omesso di riferire e denunciare al Procuratore Federale le interferenze esercitate da Ferruccio Galvagno;
              5) aver dichiarato il falso in sede di audizione alla procura generale dello sport, negando a più riprese di aver espressamente mai avuto contatti, incontri o rapporti con il Signor Ferruccio Galvagno, inerenti attività, strategie e programmi federali;
          in pari data, 31 marzo 2017, alle ore 19,02, all'indirizzo web http://www.federdanza.it/fidsnews/item/331-provvedimento-di-clemenza è stata resa nota la deliberazione del consiglio federale (delibera n.  2017/48) con la quale si concede l'amnistia per tutte le infrazioni disciplinari commesse fino al 31 dicembre 2016;
          questo provvedimento si applica anche ai provvedimenti di radiazione, quindi a favore del Galvagno, e a tutti gli attuali indagati – componenti il consiglio federale presieduto dal Dottor Michele Barbone – per le infrazioni disciplinari contestate dalla procura generale dello sport sopra elencate  –:
          se siano a conoscenza di eventuali iniziative adottate dal Coni (Comitato olimpico nazionale italiano), nell'ambito delle funzioni di controllo e vigilanza di cui al decreto legislativo 8 gennaio 2004, n.  15, per un immediato commissariamento della federazione italiana danza sportiva, accertate le gravi irregolarità nella gestione e le gravi violazioni dell'ordinamento sportivo da parte dell'attuale consiglio federale, già compiutamente documentate dalla procura generale del Coni all'esito dell'attività inquirente (Protocollo 1967 del 31 marzo 2017). (4-16425)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:
          il 20 aprile 2017, con lettera indirizzata alla presidente e al direttore generale della Rai, il Sottosegretario Giacomelli ha trasmesso il parere reso dall'Avvocatura dello Stato in merito all'interpretazione della legge n.  198 del 2016, sull'applicabilità del limite di 240.000 euro annui alle collaborazioni artistiche della Rai;
          il parere propenderebbe per la tesi che non include, nel periodo di applicazione del suddetto limite, i contratti caratterizzati da prestazioni di natura artistica;
          tale esclusione è argomentata – peraltro con espressioni lessicali perplesse e dubbiose – sulla base di tre ordini di argomentazioni;
          si sostiene, innanzitutto, che la clausola, contenuta nell'articolo 3, comma 44, della legge n.  244 del 2007, di esclusione delle prestazioni artistiche dall'ambito applicativo del tetto alla retribuzioni pubbliche continui ad operare, in quanto mai abrogato (né espressamente, né tacitamente). È evidente come tale tesi non possa essere condivisa;
          è infatti irragionevole fare riferimento al contenuto della legge n.  244 del 2007; nel frattempo sono passati 10 anni e il legislatore è intervenuto ancora, in quattro occasioni diverse: con la legge n.  69 del 2009, il decreto-legge n.  201 del 2011, il decreto ministeriale n.  166 del 2013 e la legge n.  189 del 2016, regolando la medesima materia dei limiti alle retribuzioni erogabili dalle pubbliche amministrazioni o dalle società pubbliche, disciplinandone presupposti applicativi, contenuti, effetti e limitazioni, senza mai prevedere alcuna eccezione circa l'applicabilità del tetto ai compensi delle star;
          a fronte di un'eccezione prevista in una legge del 2007 e in difetto del richiamo di quella deroga nei provvedimenti normativi che sono successivamente intervenuti a regolare la fattispecie, appare davvero difficile sostenere che non si sia prodotto un effetto di abrogazione tacita;
          ai sensi dell'articolo 15 delle preleggi, infatti, le norme possono essere abrogate espressamente ovvero «per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore». Nel caso in esame, si tratta proprio di quest'ultima ipotesi, perché a fronte di quattro ulteriori norme che non richiamano in alcun modo la distinzione per le prestazioni artistiche prevista dalla legge n.  244 del 2007, quest'ultima è da intendersi tacitamente abrogata, anche perché è evidente come la nuova disciplina regoli l'intera materia già prevista dalla legge anteriore, rendendola dunque implicitamente obsoleta;
          il combinato disposto degli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge n.  201 del 2011 e 13 del decreto-legge n.  66 del 2014 contiene, infatti, una disciplina esauriente, completa ed autonoma del limite ai trattamenti economici erogati dalle pubbliche amministrazioni e dalle società partecipate, che, per quanto qui interessa, stabilisce le condizioni, i contenuti e l'ambito applicativo soggettivo e oggettivo del regime retributivo previsto, senza alcun richiamo alla legge del 2007 e, soprattutto, senza la ripetizione dell'esclusione dal suo perimetro operativo delle prestazioni di carattere artistico;
          ne consegue che, per effetto dell'articolo 15 delle preleggi, l'eccezione che, ad avviso dell'Avvocatura, è ancora operativa, deve ritenersi, al contrario, tacitamente abrogata dalle disposizioni successive;
          tra le argomentazioni portate avanti dall'Avvocatura si assume, poi, che, in ogni caso, il personale artistico non può essere ascritto alla categoria dei «collaboratori», alla quale l'articolo 49, comma 1-ter, del decreto legislativo n.  177 del 2005 (introdotto dalla legge n.  198 del 2016) espressamente riferisce il predetto limite retributivo;
          anche tale assunto non appare convincente. A tal proposito, basta osservare che la nozione di collaboratore dev'essere intesa come riferita a tutti soggetti che svolgono una prestazione lavorativa in favore di un'amministrazione o di una società, non sulla base di un contratto di lavoro subordinato, ma sulla base di un titolo negoziale autonomo e non strutturato. La genericità della dizione «collaboratori» impone, infatti, di intendere la relativa categoria secondo la sua più ampia latitudine semantica, non essendovi alcuna plausibile ragione per escludere dal suo significato i contratti aventi ad oggetto prestazioni artistiche (che, peraltro, vengono, spesso, proprio denominati di «collaborazione»);
          non solo, ma l'ampiezza dell'elencazione, nella disposizioni in esame, delle categorie assoggettate al tetto retributivo («amministratori, personale dipendente, collaboratori e consulenti»), unitamente all'assenza di qualsivoglia eccezione, indica la palese volontà del legislatore del 2016 di comprendere nell'ambito applicativo della norma tutte le categorie di soggetti che, a qualsiasi titolo, svolgono prestazioni lavorative retribuite in favore della Rai;
          non sembra convincente nemmeno l'ultimo ragionamento portato avanti dall'Avvocatura, l'argomento cosiddetto sistematico, fondato sul regime concorrenziale nel quale deve operare la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, e che resterebbe fortemente compromesso dall'applicabilità del tetto anche agli artisti. L'esigenza di assicurare agli artisti che lavorano per la Rai compensi idonei a garantire un'effettiva competizione della concessionaria nel mercato radiotelevisivo può, infatti, valere a giustificare norme che consentano l'erogazione di adeguati trattamenti economici, ma non certo a fondare un'interpretazione delle vigenti disposizioni limitative, in contrasto con il loro chiaro tenore letterale;
          ne consegue, in definitiva, che il tetto alle retribuzioni pubbliche deve intendersi applicabile anche ai titolari di contratti aventi ad oggetto prestazioni artistiche in favore della Rai, con la duplice conseguenza che una deroga alla predetta limitazione può essere autorizzata solo da una nuova disposizione legislativa e che l'eventuale, indebita erogazione di compensi superiori integrerebbe gli estremi della responsabilità contabile, che non può, peraltro, ritenersi esclusa dal parere dell'Avvocatura dello Stato, anche per la sua formulazione in termini dubitativi e dichiaratamente incerti  –:
          se il Governo ritenga di assumere iniziative, sulla base delle argomentazioni esposte in premessa, che sollevano più di un'obiezione rispetto ai ragionamenti dell'Avvocatura dello Stato, per chiarire definitivamente che il tetto alle retribuzioni pubbliche deve intendersi applicabile anche ai titolari di contratti aventi ad oggetto prestazioni artistiche in favore della Rai, e se intenda, nell'ambito della propria facoltà di iniziativa legislativa, proporre una deroga specifica alla predetta limitazione, e quindi percorrere l'unica strada in grado di autorizzare tale deroga, evitando così ogni indebita erogazione di compensi superiori, e chiarendo definitivamente ogni dubbio in merito all'interpretazione dell'articolo 9 della legge n.  198 del 2016.
(2-01777) «Brunetta».

Apposizione di una firma ad una mozione.

      La mozione Carnevali e altri n.  1-01612, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 aprile 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vico.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Ascani n.  5-08407, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 aprile 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fabbri.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Rotta n.  5-10648, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gnecchi.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
          interpellanza urgente Molea n.  2-01738 del 31 marzo 2017;
          interpellanza urgente D'Alia n.  2-01741 del 3 aprile 2017;
          interrogazione a risposta scritta Rampelli n.  4-16384 del 21 aprile 2017.