XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 10 maggio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


      La Camera,
          premesso che:
              la severità della recessione e gli effetti delle successive tensioni sui debiti sovrani hanno determinato, nel 2011, l'avvio di una riforma della governance economica europea con l'obiettivo di rafforzare la disciplina già prevista nel Patto di stabilità e crescita (PSC) in termini di coordinamento e sorveglianza delle politiche di bilancio e macroeconomiche degli Stati membri: sono stati approvati il Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria – noto come Fiscal compact, accordo approvato da 25 Stati membri dell'Unione europea ed entrato in vigore il 1o gennaio 2013 – e alcuni regolamenti e direttive comunitarie, raccolti nel Six pack (2011) e nel Two pack (2013);
              tale riforma, pur fornendo gli strumenti alle autorità europee per disporre di una visione coordinata delle decisioni di bilancio nazionali, soprattutto attraverso l'istituzione del semestre europeo, si è in realtà tradotta in una convulsa produzione normativa, peraltro in una fase ormai molto avanzata della crisi economica: stando alle evidenze empiriche, si attribuisce a questo complesso framework di regole fiscali la responsabilità di aver impresso un carattere prociclico alle politiche di bilancio dei Paesi europei a causa di manovre correttive imposte durante le fasi negative del ciclo, con effetti depressivi su investimenti e crescita;
              la riforma del quadro normativo in tema di gestione delle finanze pubbliche non ha tuttavia giovato alla chiarezza e alla trasparenza delle regole previste a livello europeo, che non risultano organizzate in maniera ordinata, sono eccessivamente tecniche e caratterizzate da discrezionalità politica nelle procedure, tanto da rendere necessaria la nota interpretativa da parte della Commissione europea del gennaio 2015 su alcuni fondamentali aspetti relativi agli spazi di flessibilità di bilancio correlati con lo stato della congiuntura e la posizione comune del novembre 2015, poi adottata dal Consiglio Ecofin a febbraio 2016, che dettaglia i margini di utilizzo delle «clausole di flessibilità» per le riforme strutturali e gli investimenti rilevanti;
              successivamente alle richiamate comunicazioni di chiarimento, la governance economica europea relativa ai vincoli sulla finanza pubblica non è stata innovata, ma è acceso il dibattito sull'urgenza di una nuova riforma, che conduca ad un radicale ripensamento di alcune fra le regole più discusse e opache;
              è emblematico come alla base della richiesta italiana dell'aprile 2016, accordata dalla Commissione europea, di un ulteriore rinvio del raggiungimento dell'equilibrio di bilancio ci sia, fra le varie motivazioni, la sottostima degli effetti di un periodo recessivo di durata e intensità senza precedenti a causa dell'inadeguatezza dei parametri di calcolo della componente ciclica definiti in sede europea; il riferimento è, in particolare, alla metodologia di stima del prodotto potenziale adottata dalla Commissione: una sua sottostima restituisce un output gap che comporta, nel conseguente calcolo dell'indebitamento netto strutturale, deficit più elevati, richiedendo aggiustamenti annuali di bilancio più consistenti;
              già in occasione della Presidenza di turno dell'Unione europea (luglio-dicembre 2014) il Governo italiano aveva sollecitato con forza una svolta nel campo della politiche economiche comunitarie, in favore del superamento dell'austerità e verso lo stimolo alla crescita, attraverso una combinazione di investimenti e riforme strutturali, che ha contribuito a orientare un dibattito in Europa da cui è poi scaturito il piano Juncker per gli investimenti strategici; dal punto di vista tecnico, ad ottobre 2015 l'Italia ha proposto l'istituzione di un'assicurazione europea contro la disoccupazione, meccanismo comune di stabilizzazione automatica per attenuare i cicli economici attualmente in discussione presso la Commissione europea;
              in un clima non facile tra i partner del progetto europeo, il 22 giugno 2015 è stato pubblicato il Rapporto «Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa» elaborato dal Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, in stretta collaborazione con il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, il Presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, il Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, e il Presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, che espone un piano di riforma che si articola in due fasi temporali; la prima, in scadenza il 30 giugno 2017, agisce tramite provvedimenti attuabili nel medio periodo per il rafforzamento dell'unione economica, finanziaria, fiscale e politica, mentre la seconda, prevista prospetticamente fino al 2025, completa tali intenti, attraverso in particolare una serie di standard a livello europeo che ogni Governo dovrà raggiungere – in ambito di mercato del lavoro, competitività, contesto imprenditoriale, pubblica amministrazione e politica tributaria – al fine di rendere più vincolante il processo di convergenza, l'istituzione di sistema di stabilizzatori comuni per reagire agli shock (sulla base proprio della richiamata proposta italiana) a cui potranno accedere i Paesi che avranno fatto le riforme e l'istituzione di una tesoreria europea al fine di migliorare il coordinamento delle decisioni di bilancio nazionali;
              della prima fase temporale, di cui residua poco meno di un bimestre, numerosi obiettivi originariamente fissati non appaiono conseguiti; per quanto concerne l'Unione finanziaria, il suo completamento necessita della costruzione dell'Unione dei mercati dei capitali, al fine di diversificare le fonti di finanziamento dell'economia, ma soprattutto dell'approvazione del cruciale terzo pilastro dell'Unione bancaria, concernente il sistema comune di garanzia dei depositi, che continua a scontare le perplessità di fronte alla prospettiva di mutualizzazione del rischio da parte di alcuni Stati membri;
              il rafforzamento dell'unione economica, fiscale e politica dovrebbe invece prevedere, fra i vari obiettivi contenuti nel Rapporto, una maggiore concentrazione sull'obiettivo dell'occupazione, per cui non sono stati definiti efficaci strumenti comuni, e un miglior coordinamento delle politiche economiche da perseguire attraverso una riorganizzazione del Semestre europeo, che non pare aver subito mutamenti sostanziali; inoltre, in occasione della revisione del Fiscal Compact a cinque anni dalla sua entrata in vigore ai sensi dell'articolo 16 dell'Accordo, è prevista entro la fine del 2017 una decisione a livello nazionale in ordine alla sua introduzione nei trattati, soluzione sostenuta nel Rapporto dei cinque Presidenti, ma che necessita l'unanimità degli Stati firmatari in sede di approvazione;
              al fine di rilanciare il dibattito sulla governance dell'Eurozona dopo la pubblicazione del Rapporto, l'Italia a febbraio 2016 ha pubblicato un documento per «Una strategia europea condivisa per crescita, lavoro e stabilità» che ha suscitato una vasta eco e dalla quale il dibattito europeo è risultato arricchito, con proposte non soltanto in campo economico, ma anche sul tema della gestione comune delle frontiere esterne dell'Unione europea, confluite nel Migration compact;
              nell'ambito delle regole di finanza pubblica, è del 22 marzo 2016 la lettera inviata alla Commissione europea dal Ministro Padoan insieme ad altri otto Ministri dell'economia dell'Unione nella quale viene chiesto un ampliamento dell'orizzonte di previsione per migliorare la metodologia di stima del Pil potenziale, a cui è seguito, nell'aprile del 2016, l'invito della Presidenza di turno olandese del Consiglio dell'unione che, al fine di promuovere un'efficace riforma del quadro di regole fiscali, propone di utilizzare un indicatore alternativo al saldo strutturale, in particolare basato sull'evoluzione della spesa pubblica e dunque osservabile e meno variabile; da ultimo, il Ministro Padoan, insieme ai Ministri dell'economia di Francia, Spagna e Portogallo, lo scorso 3 maggio ha inviato una lettera alla Commissione europea finalizzata a sottolineare la necessità che nelle prossime valutazioni dei bilanci degli Stati membri si tenga conto delle criticità legate alle procedure di stima del deficit strutturale, nonché della bassa crescita nominale, degli effetti della crisi sul mercato del lavoro e dei rischi indotti da attitudini protezionistiche su crescita e occupazione sul breve-medio termine;
              prosegue da parte del Governo italiano il confronto con le Istituzioni europee per quanto concerne gli aspetti di calcolo degli indicatori che definiscono gli sforzi di bilancio richiesti ai fini del raggiungimento dell'OMT, attraverso il sostegno di innovazioni metodologiche che permetterebbero di risolvere alcune criticità econometriche legate alle stime; al riguardo la Commissione europea e l’Output Gap Working Group hanno recentemente messo a punto una metodologia per valutare la plausibilità delle stime dell’output gap ottenute mediante il modello ufficiale che dimostrerebbe come risulti sottostimata, in valore assoluto, l'ampiezza di tale indicatore per l'Italia, richiedendo sforzi di bilancio eccessivi e non commisurati con l'effettiva condizione ciclica dell'economia; questa metodologia alternativa, utilizzata altresì dal Governo Italiano per conferire robustezza alle stime strutturali proposte nel Documento di economia e finanza 2017, costituisce un primo piccolo passo verso un quadro di regole più efficace;
              una rinnovata governance economica europea, che definisce il quadro entro il quale gli Stati membri possono manovrare i propri strumenti di finanza pubblica, deve essere in grado di consentire il miglior bilanciamento tra l'obiettivo delle finanze pubbliche sane e quello del sostegno all'economia reale e alla crescita; a tal fine il Governo Italiano, oltre ad avanzare continue proposte di riforma, ha richiesto con forza all'Unione europea un pieno uso degli strumenti di flessibilità previsti dal quadro di regole vigenti e a fronte di circostanze eccezionali che hanno caratterizzato il contesto degli ultimi anni, fornendo evidenze a supporto del riconoscimento di tali circostanze nella ridefinizione di un credibile percorso di raggiungimento dell'OMT;
              in particolare, nel 2015 sono state attivate clausole per eventi non usuali, correlati con i costi per il fenomeno dei rifugiati, per lo 0,03 per cento del Prodotto interno lordo; nel 2016 sono state pienamente utilizzate le clausole di flessibilità per le riforme strutturali, per lo 0,5 per cento del Prodotto interno lordo e per gli investimenti, per lo 0,25 per cento del Prodotto interno lordo, nonché, per quanto concerne gli eventi non usuali, per lo 0,05 per cento del Prodotto interno lordo per i costi legati ai rifugiati e per lo 0,06 per cento del Prodotto interno lordo per quelli della sicurezza; infine, nel 2017, la flessibilità ammonterebbe, unicamente per eventi non usuali, allo 0,014 per cento del Prodotto interno lordo per i costi dei rifugiati e allo 0,18 per cento del Prodotto interno lordo per quelli dei recenti eventi sismici che hanno colpito il centro Italia; tali spazi di flessibilità hanno consentito di fronteggiare tali eventi eccezionali, conferendo altresì un'intonazione anticiclica alla politica di bilancio nazionale a sostegno della ritrovata ripresa economica;
              le priorità per il 2017 si inscrivono in un contesto particolarmente delicato per il futuro dell'Unione europea, caratterizzato da un largo consenso verso movimenti euroscettici in molti Stati membri, che fanno leva, da un lato, sulle perdurante stagnazione economica, finanziaria e occupazionale, e dall'altro, sui timori derivanti dalla pressione migratoria e dalla minaccia terroristica;
              l'orientamento fortemente espansivo della Banca centrale europea – accentuatosi all'inizio del 2016 – ha contribuito a garantire stabilità finanziaria, a scongiurare fenomeni deflattivi e a migliorare le condizioni economiche e la verosimile riduzione degli stimoli monetari nel medio periodo induce a ritenere necessario un maggiore coordinamento delle politiche fiscali, in chiave anticiclica ed espansiva, degli stati dell'Eurozona;
              il futuro dell'Unione europea dipende in prima istanza dalla capacità di offrire risposte convincenti a tale complesso contesto, anche al fine di rinnovare l'adesione valoriale dei cittadini europei al progetto di integrazione politica dell'Unione: la discontinuità politica annunciata dalla nuova Commissione europea a fine 2014, e in parte attuata nel corso degli ultimi due anni, con priorità e strumenti nuovi, maggiormente idonei ad affrontare e risolvere le crisi e a mitigarne gli effetti negativi, deve essere rinforzata attraverso un'azione di riforma del quadro di governance economica sufficientemente ambiziosa,

impegna il Governo:

1)    a sostenere in sede europea l'opposizione all'incorporazione del contenuto del Fiscal compact nell'ordinamento giuridico dell'Unione europea;
2)    a promuovere una riforma complessiva della governance economica europea che nel breve periodo avvenga a trattati vigenti, al fine di favorire la tempestiva approvazione degli auspicati cambiamenti nell'ambito del «braccio preventivo» del Patto di stabilità e crescita in senso più orientato allo sviluppo e volto a ridurre le correzioni fiscali richieste per i prossimi anni, liberando spazi di bilancio da impiegare in direzione anticiclica, e nel lungo periodo preveda, in un'ottica più ampia di coordinamento delle politiche fiscali degli Stati membri, le opportune modifiche ai Trattati sull'Unione europea e sul funzionamento dell'Unione europea;
3)    a proseguire il confronto con le istituzioni europee per la revisione delle metodologie di calcolo del prodotto potenziale tale da produrre stime più realistiche dell’output gap, e a sostenere che nella programmazione di bilancio sia conferito un maggior rilievo ad indicatori legati all'evoluzione della spesa pubblica, meno soggetti all'incertezza e alla variabilità delle stime che caratterizza gli indicatori calcolati in termini strutturali;
4)    ad adoperarsi in sede europea affinché si affianchi alla politica monetaria espansiva della BCE un maggiore coordinamento delle politiche fiscali degli Stati dell'Eurozona, sostenute in particolare dai Paesi che dispongano di sufficienti spazi di bilancio, e a promuovere con maggior forza l'introduzione di strumenti comuni di stabilizzazione macroeconomica, in particolare volti a far fronte all'aumento del tasso di disoccupazione in caso di shock asimmetrici, nonché di efficaci strumenti di mutualizzazione dei rischi tra i Paesi membri, anche accelerando il processo di completamento dell'Unione bancaria;
5)    al fine di perseguire un maggiore controllo democratico e un maggior grado di legittimità e di rafforzamento istituzionale, a promuovere interazioni più sistematiche tra le istituzioni europee, in particolare la Commissione, e i parlamenti nazionali, sia nel corso della fase di programmazione economico-finanziaria annuale sia nella fase di effettiva attuazione della politica di bilancio.
(1-01627) «Rosato, Tancredi, Dellai, Pisicchio, Parisi, Marchi, Fanucci, Boccadutri, Paola Bragantini, Cenni, Covello, Dell'Aringa, Cinzia Maria Fontana, Ginato, Giulietti, Guerra, Losacco, Marchetti, Melilli, Misiani, Parrini, Pilozzi, Preziosi, Rubinato, Zanetti, Malisani, Locatelli».

Risoluzione in Commissione:


      La XIII Commissione,
          premesso che:
              nel settore dei prodotti derivati dalla trasformazione del pomodoro sono presenti, in Italia, oltre 8 mila imprenditori agricoli che coltivano circa 72.000 ettari e 120 industrie di trasformazione che occupano circa 10 mila persone, con un valore della produzione superiore a 6,4 miliardi di euro;
              con oltre 5.180.000 tonnellate, nel 2016 l'Italia si è collocata, dopo la California, seconda tra i maggiori produttori mondiali di pomodoro destinato alla trasformazione, con oltre il 50 per cento della produzione in Europa;
              passate, polpe e pelati rappresentano il 98,5 per cento del pomodoro che arriva sulle tavole dei consumatori italiani mentre il concentrato di pomodoro, per il quale esiste una residuale quota di importazione, è pari a poco più dell'1,5 per cento del mercato dei derivati del pomodoro;
              su questa quota residuale si sono susseguite anche di recente comunicazioni stampa che insinuano nei consumatori il dubbio circa l'italianità dei prodotti derivati da pomodoro distribuiti in Italia, mentre è del tutto evidente che lavorare prodotto fresco proveniente da altri Paesi non sarebbe possibile per la distanza, oltre che antieconomico per l'impatto sui costi;
              in Italia, in base alle norme vigenti, pomodori pelati, passata, pomodorini e polpa possono essere prodotti solo da pomodoro fresco che deve essere lavorato in azienda entro 24/36 ore dalla raccolta;
              nel complesso, a fronte di consumi interni sostanzialmente stabili e ampiamente soddisfatti dalla produzione nazionale, negli ultimi cinque anni si è registrata una crescita costante dell’export e del saldo commerciale;
              l'associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali (Anicav) ha rilevato che, con il 60 per cento della produzione destinata ai mercati esteri (in testa la Germania e a seguire Regno Unito, Francia, Usa e Giappone), e solo poco più, di 2 milioni di tonnellate riservate al mercato interno (40 per cento) il pomodoro è ambasciatore dell'eccellenza del made in Italy nel mondo;
              la filiera del pomodoro italiano è controllata, certificata e orientata alla sostenibilità ambientale. È, quindi, necessario valorizzarne i profili di qualità e genuinità che sono alla base delle produzioni e che, per queste ragioni, meritano di essere caratterizzate specificatamente tanto nel mercato domestico quanto in quello internazionale;
              il regolamento (UE) n.  1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, in particolare all'articolo 26, ha individuato negli alimenti non trasformati, nei prodotti a base di un unico ingrediente negli ingredienti che rappresentano più del 50 per cento di un alimento, i prodotti per i quali l'indicazione del Paese di origine o del luogo di provenienza può diventare obbligatoria;
              il 12 maggio 2016 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che invita la Commissione europea a valutare la possibilità di estendere l'indicazione obbligatoria del Paese di origine o del luogo di provenienza ad altri prodotti alimentari monoingrediente o con un ingrediente prevalente, oltre a quelli a base di latte o carne, elaborando proposte legislative in questi settori;
              la rintracciabilità degli alimenti e dei relativi ingredienti lungo la catena alimentare è un elemento essenziale per garantire la sicurezza degli alimenti e la tutela dei consumatori;
              fin dal 2006 la legislazione italiana ha introdotto l'obbligo di indicare l'origine della materia prima per la passata di pomodoro e successivamente, con il collegato agricolo alla legge di stabilità 2014, sono state emanate ulteriori disposizioni circa la definizione dei prodotti derivati dalla trasformazione del pomodoro, sui relativi requisiti e criteri di qualità per gli ingredienti utilizzabili, nonché sull'etichettatura e sul confezionamento;
              appare quindi opportuno estendere l'obbligo di indicazione in etichetta dell'origine della materia prima anche agli altri prodotti della filiera del pomodoro da industria anche completando il percorso normativo già iniziato con la legge 28 luglio 2016, n.  154 (cosiddetto Collegato agricolo) che ha novellato le disposizioni in materia di prodotti derivati dalla trasformazione del pomodoro da industria,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative al fine di garantire una informazione completa e la massima trasparenza nei confronti dei consumatori ed una più efficace difesa della qualità e distintività del prodotto nazionale che rappresenta il 55 per cento della produzione europea;
          a farsi parte attiva perché sia esteso a livello comunitario l'obbligo di utilizzare esclusivamente pomodoro fresco per la produzione di passata, così come già avviene in Italia;
          a convocare con la massima sollecitudine un tavolo di confronto con tutti i soggetti della filiera del pomodoro da industria, con l'obiettivo di adottare i provvedimenti necessari al fine di assumere iniziative volte ad estendere anche a questo settore produttivo l'etichettatura di origine obbligatoria già introdotta, ai sensi del regolamento (UE) n.  1169/2011, per il latte e i prodotti lattiero-caseari, ed in corso di adozione per la filiera grano pasta.
(7-01255) «Romanini, Oliverio, Dal Moro, Carra, Mongiello, Cova, Terrosi, Zanin, Prina, Luciano Agostini, Falcone, Benamati, Taranto, Pastorelli, Casellato, Incerti, Giovanna Sanna, Lavagno, Marchi, Paolo Rossi, Venittelli, Schirò, Montroni, Tentori, Piazzoni, Pinna, Iacono, Rostellato, Patrizia Maestri, Lattuca, Carella, Cuomo, Taricco, Giuditta Pini, Paola Boldrini, Petrini, Baruffi, Iori».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


      VEZZALI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          dai media locali e nazionali si è appreso che una struttura situata nel comune di Pieve Torina, in provincia di Macerata, miracolosamente sopravvissuta alla sequenza sismica che ha interessato il centro Italia e che ospita un'attività di ristorazione, ha assicurato, in convenzione, una media di 200 pasti al giorno ai soccorritori (Vigili del fuoco) impegnati nei comuni del cratere;
          le proprietarie del locale, pur non discutendo la possibilità di ottenere il giusto compenso per il servizio svolto, da parte dello Stato, denunciano di non riuscire a sopravvivere con un'attesa del dovuto che sta per superare i 180 giorni;
          l'esercizio è una gestione familiare che non può sopportare un'esposizione economica che, ad oggi, è di circa 150 mila euro;
          il perdurare di questo stato di cose produrrà la cessazione dell'attività e il licenziamento del personale;
          in un'area dove si fatica a ripartire, penalizzare con le lungaggini imposte dalla burocrazia una realtà imprenditoriale vitale e giovane, ma che è la continuazione di una tradizione, sembra all'interrogante un controsenso;
          allo stesso tempo, è innaturale chiedere ai turisti di non abbandonare queste zone se poi si mettono in ginocchio le realtà che, per capacità e caparbietà, hanno resistito a una sequenza di eventi drammatici, nelle quali vivono persone che credono che vi si possa e si debba restare per non far morire questi paesi  –:
          se il Governo non ritenga di assicurare, in un lasso ragionevole di tempo, almeno un acconto sul dovuto per scongiurare l'ipotesi chiusura e licenziamento, visto che si sta parlando di giovani e, quindi di soggetti che non possono sostenere esposizioni presso banche e fornitori di tale livello    verificando anche se si possa rivedere il sistema di liquidazione dei crediti per rendere più snello l’iter e facendo in modo che chi ce la sta mettendo tutta possa non arrendersi.
(4-16532)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      SPADONI, MANLIO DI STEFANO, DI BATTISTA, SCAGLIUSI, DEL GROSSO e GRANDE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          il 29 agosto 2014 è entrata in vigore la nuova legge «Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo» (legge 11 agosto 2014, n.  125);
          all'articolo 1, comma 4, si afferma che «L'Italia promuove l'educazione, la sensibilizzazione e la partecipazione di tutti i cittadini alla solidarietà internazionale, alla cooperazione internazionale e allo sviluppo sostenibile»;
          la cooperazione internazionale per lo sviluppo sostenibile, i diritti umani e la pace è parte integrante e qualificante della politica estera dell'Italia, come pure è affermato al comma 1 del citato articolo 1;
          sempre ai sensi della menzionata legge, all'articolo 16, comma 3, si legge che «ogni tre anni il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale convoca una Conferenza pubblica nazionale per favorire la partecipazione dei cittadini nella definizione delle politiche di cooperazione allo sviluppo»;
          dopo essersi riunito nel 2015 per approvare il proprio regolamento interno, il documento triennale di programmazione e di indirizzo 2015-17 e la relazione sulle attività di cooperazione allo sviluppo svolte nel 2014, il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo (CICS), istituito con il nuovo articolo 15 della legge, a quanto consta agli interroganti, non è stato convocato per un anno e otto mesi  –:
          quali siano le determinazioni in ordine all'organizzazione, alla tempistica e alla preparazione della conferenza pubblica nazionale di cui in premessa.
(5-11318)


      DURANTI, PIRAS, CARLO GALLI, NICCHI, RICCIATTI, KRONBICHLER, BOSSA, FOSSATI, MELILLA, MARTELLI e SANNICANDRO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          come si apprende, anche da diversi organi di stampa, il 9 maggio 2017 si è tenuta l'assemblea degli azionisti di «Rheinmetall», uno dei principali produttori di armamenti tedeschi;
          per la prima volta alla assemblea di cui sopra ha partecipato anche la «Fondazione Finanza Etica» (FFE), delegata dalla Ong tedesca «Urgewald» su proposta della «Rete italiana per il disarmo»;
          obiettivo della presenza della FFE – come si evince dai comunicati stampa inviati in merito – è la denuncia della esportazione di bombe da parte della società RWM Italia spa (controllata della «Rheinmetall»);
          come si evince dalla relazione della Presidenza del Consiglio dei ministri sul commercio degli armamenti per l'anno 2016 (depositata il 18 aprile in Parlamento), la «RWM Italia» è salita al terzo posto per giro di affari nel settore della difesa Italia, con un aumento di commesse pari a 460 milioni di euro. Le nuove autorizzazioni richieste al Governo italiano, inoltre, risultano essere 45 e comprendono anche l'esportazione di circa 20.000 bombe verso «Paesi MENA» (Medio-oriente e Nord-Africa);
          già in questa legislatura – anche da parte della prima firmataria del presente atto – è stato sollevato il problema dell'invio di bombe dalla fabbrica di RWM Italia con sede a Domusnovas (Sardegna) alla Arabia Saudita;
          come dimostrato dal «Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen» – trasmesso al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 27 gennaio 2017 – le bombe che vengono esportate alla Arabia Saudita sono state utilizzate (e continuano ad esserlo) per bombardare lo Yemen nell'ambito della coalizione comprendente Emirati Arabi, Egitto, Kuwait, Qatar e Bahrain.  Coalizione che ha deciso di intervenire senza mandati internazionali e che ha causato in questi ultimi anni oltre 6.000 morti civili, fra cui 1.000 bambini;
          come previsto dalla legge n.  185 del 1990 all'articolo 1, punto 6, lettera a), «è vietata l'esportazione verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere», inoltre, alla lettera d) si precisa: «è vietata l'esportazione di armamenti verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani»;
          sempre per quanto si apprende a mezzo stampa, la Rheinmetall avrebbe in cantiere l'ampliamento dell'impianto di «RWM Italia» sito a Domusnovas con la costruzione di un nuovo «campo prove»  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa;
          se non ritengano verificare con certezza i Paesi di destinazione delle bombe prodotte dalla Rheinmetall ed in partenza dalla sede controllata di Dosmunovas, attivandosi immediatamente affinché le stesse non vengano più inviate all'Arabia Saudita nel pieno rispetto della legge n.  185 del 1990. (5-11322)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:


      MATARRESE, VARGIU, DAMBRUOSO e PIEPOLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato da fonti di stampa in data 27 febbraio 2017, «(...) i carabinieri hanno individuato nelle campagne di Noci (Bari) una discarica abusiva di rifiuti speciali e scarti dell'allevamento (...)»;
          la dolina, a ridosso di una zona boschiva soggetta a vincoli ambientali, paesaggistici e idrogeologici, è stata sottoposta a sequestro preventivo;
          il responsabile, proprietario di un fondo di circa 2 mila metri quadrati e denunciato a piede libero, «(...) aveva adibito una parte dell'area a discarica di rifiuti speciali, ammassando taniche e teli in plastica, sacchi di iuta, scarti di guaina impermeabilizzante, nonché rifiuti urbani domestici, come bottiglie in vetro, plastica e anche pezzi di elettrodomestici (...)»  –:
          di quali notizie disponga in merito all'eventuale stato di contaminazione dell'area, quali siano i concreti rischi per l'ambiente circostante e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di monitorare lo stato dei luoghi e il livello d'inquinamento. (5-11329)


      PELLEGRINO, MARCON, COSTANTINO, CIVATI, FRATOIANNI, BRIGNONE, AIRAUDO, ANDREA MAESTRI, PASTORINO e PANNARALE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          nel febbraio 2011 veniva siglato un protocollo d'intesa relativo allo sviluppo di un'aviosuperficie a Scalea (Cosenza), a firma congiunta della provincia di Cosenza, della camera di commercio e del    sindaco di Scalea, opera finanziata per la cifra di 12.774.748,21 euro;
          l'aviosuperficie in questione dispone di una pista in asfalto lunga 1975 metri e larga 30, con decorso che si distende lungo il letto del fiume Lao con annessi servizi di handling, parcheggio, terminal passeggeri, torre di controllo, area di sicurezza, e collegamento diretto con la strada statale 18;
          la zona in cui sorge l'infrastruttura è ad elevata pericolosità idraulica e rischio idraulico, in grado quindi di comportare problemi per l'incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture;
          l'infrastruttura ricade per buona parte all'interno di un sito di interesse comunitario che testimonia la varietà di habitat naturali di interesse scientifico internazionale presenti nell'area, mentre per la restante parte non esiste alcuna «zona cuscinetto» intorno al sito, nonostante le evidenti «interferenze ecologiche» dovute alla presenza dell'aviosuperficie in prossimità di habitat naturali di pregio che, nel documento intitolato piano di tutela delle acque della regione Calabria sono già definiti ad «alto grado di vulnerabilità dovuto agli insediamenti antropici vicini»;
          l'infrastruttura è inoltre prossima    alla zona di protezione speciale IT9310303 «Pollino e Orsomarso» nonché alla «riserva naturale statale Valle del Fiume Lao» che ospita una ricca componente avifaunistica, in particolar modo di rapaci, tra cui spiccano l'aquila reale (aquila chrysaetos), il capovaccaio (neophron percnopterus), il gufo reale (bupo bupo);
          lo stesso sito di interesse comunitario IT9310025 «Valle del Fiume Lao» si caratterizza per la presenza di importanti specie faunistiche di interesse conservazionistico quali la lontra, l'ululone appenninico, la salamandrina dagli occhiali meridionale (salamandrina terdigitata);
          l'infrastruttura, ad avviso degli interroganti, è costruita in contrasto con i vincoli di cui agli articoli 42 del decreto legislativo n.  42 del 2004 che prevede aree di rispetto di 150 metri dalle sponde dei fiumi e dei torrenti;
          l'aviosuperficie sorge, inoltre, in una zona soggetta ad alluvione, già dichiarata ad «elevata pericolosità idraulica» e ad «elevato rischio idraulico» dall'autorità di bacino  –:
          quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per verificare la compatibilità ambientale dell'opera con le peculiarità di un'area che costituisce sito di interesse comunitario e che è soggetta a elevato rischio idraulico, oltre ad essere prossima alla zona di protezione speciale «Pollino e Orsomarso». (5-11330)


      SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, TURCO e PASTORELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          nel corso dell'anno 2008, nel comune di Sgurgola, in via Vallecchie, un movimento franoso mette a rischio l'incolumità di cittadini, beni pubblici e privati, con conseguente rischio di danno economico ricadente sull'ente comunale e responsabilità civili, penali e contabili che ne sarebbero derivate;
          il 20 maggio 2014, con nota prot. 002239, il comune presenta alla regione Lazio direzione regionale infrastrutture, ambiente e politiche abitative, il progetto cantierabile di via Vallecchie, ai sensi dalla legge 147 del 2013, articolo 1, comma 111;
          il progetto risulta validato dalla relazione dei geologi della regione Lazio in data 13 giugno 2014, con la quale essi hanno osservato che il fenomeno gravitativo di dissesto è uno scivolamento roto/traslativo;
          non risulta che la regione Lazio abbia provveduto ad inserire il progetto su REnDIS, né abbia avviato l’iter previsto dalla sopra citata norma per accedere ai finanziamenti statali finalizzati alla messa in sicurezza;
          il comune di Sgurgola, vista l'inerzia della regione Lazio a provvedere per la messa in sicurezza della zona e per rispettare i termini imposti dalla norma sopra citata (affidamento dei lavori entro il 31 dicembre 2014), comunicava l'inizio dei lavori alla direzione infrastrutture, ambiente e politiche abitative regionale, al capo dipartimento protezione civile, all'unità tecnica di missione contro il rischio idrogeologico, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al prefetto di Frosinone e al presidente della regione Lazio, dichiarando che non avendo la copertura finanziaria avrebbe rendicontato a fine lavori alla regione Lazio, come da computo metrico del progetto espressamente validato dalla stessa regione;
          durante l’iter di avanzamento dei lavori, la regione non avrebbe interagito con il comune, finché a quanto risulta agli interroganti non avrebbe ricevuto dal comune la rendicontazione di fine lavori scrivendo al comune medesimo una nota del 22 giugno 2015 nella quale si rileverebbe del tutto infondata la pretesa del comune di demandare alla regione il pagamento delle somme derivanti dall'assunzione, da parte del comune medesimo, di obbligazioni verso terzi non autorizzate dalla regione Lazio  –:
          quali progetti la regione Lazio abbia trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel 2014 per accedere ai finanziamenti previsti dalla legge n.  147 del 2013, articolo 1, comma 111, ed in caso positivo, se essi comprendano il progetto cantierabile di via Vallecchie del comune di Sgurgola. (5-11331)


      ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          la mattina del 5 maggio 2017 un vasto incendio scoppiato nello stabilimento della ECOX, impianto di gestione di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi posto in via Pontina Vecchia chilometro 33+381 nel comune di Pomezia (Roma), ha generato la dispersione di una densa nube nera in una vasta area a sud della Capitale, provocando la diffusione di pulviscolo ed odore acre nell'atmosfera;
          nel pomeriggio dello stesso giorno la sindaca della città metropolitana Virginia Raggi, ha invitato tramite un'ordinanza su indicazione dell'asl RM 6, i sindaci di 21 comuni dell'area metropolitana di Roma ad adottare idonei provvedimenti informativi e cautelativi, per limitare l'esposizione della popolazione ai possibili inquinanti aero dispersi;
          nella stessa giornata l'Arpa Lazio avrebbe provveduto ad installare dei campionatori attivi e passivi nelle immediate vicinanze del sito, i cui risultati di monitoraggio sarebbero stati resi disponibili a tutte le autorità competenti, non appena completate le determinazioni analitiche di laboratorio;
          il giorno 6 maggio 2017 l'Arpa Lazio avrebbe reso noto come dai dati della rete di monitoraggio della qualità dell'aria le concentrazioni misurate presso le stazioni di rilevamento fisse di Ciampino, Cinecittà, Fermi e mobile di Albano Laziale più prossime al sito interessato dall'incendio, non si rilevavano superamenti dei limiti imposti per la qualità dell'aria ambiente dalla normativa vigente;
          secondo quanto dichiarato dal direttore del dipartimento prevenzione della asl    Roma 6, sarebbe stata confermata la presenza nelle coperture del tetto dell'edificio investito dall'incendio di amianto incapsulato, la cui combustione potrebbe aver determinato la presenza di fibre aerodisperse nell'atmosfera;
          seppure in assenza di riscontri ancora certi sul tipo di materiale bruciato nell'incendio, si teme l'emissione di diossina nell'aria causata dalla combustione di materiali plastici da riciclo, con gravissimi conseguenti danni alle vie respiratorie, ma anche ai terreni di colture e allevamenti della zona;
          la procura della Repubblica di Velletri avrebbe aperto un'inchiesta sull'incendio della EcoX procedendo con ipotesi di reato per incendio colposo, disponendo il sequestro dell'intera area dove si è verificato l'incendio  –:
          se il Ministro sia a conoscenza della gravità dell'incendio scoppiato nello stabilimento della Società ECOX di Pomezia (Roma) e quali siano le risultanze dei monitoraggi ambientali effettuati, la natura e la concentrazione delle sostanze aerodisperse, nonché i possibili effetti sulla popolazione esposta e sui terreni destinati alle colture e agli allevamenti della zona. (5-11332)


      BORGHI e RIBAUDO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il 9 dicembre 2016, si è verificato il cedimento di un intero costone roccioso nella cava di contrada Roccabianca, nel territorio dei comuni di Marineo e Misilmeri (Palermo);
          l'evento franoso è tuttora in continuo movimento e necessita di monitoraggio da parte degli organi di protezione civile. Il comune di Marineo intanto ha emesso un'ordinanza di divieto di accesso all'area. I tecnici stanno controllando l'evolversi della frana che potrebbe interessare anche il vicino comune di Misilmeri;
          la frana ha causato l'evacuazione di alcune abitazioni e delle attività commerciali preesistenti nell'area posta sotto sequestro dalla procura di Palermo (o Termini Imerese);
          tali attività commerciali rischiano ingenti danni economici, danni arrecati dal blocco totale delle attività e dalla dismissione degli impianti, nonché la perdita dei relativi posti di lavoro. Infatti, lo smottamento del terreno sta travolgendo lentamente capannoni ed opifici;
          si prefigurano elevati danni economici per i titolari delle attività ivi allocate, mentre appare incalcolabile il danno ambientale al patrimonio paesaggistico dell'area;
          l'evento sembra non poter essere inquadrato tra quelli calamitosi o naturali, ma causato dalla mano dell'uomo  –:
          se siano state svolte tutte le attività di vigilanza e di controllo necessarie per impedire quanto accaduto e quali iniziative di competenza si intendano assumere volte a tutelare l'incolumità pubblica, nonché a salvaguardare il territorio e l'ambiente. (5-11333)


      DAGA, BUSTO, DE ROSA, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          l'emergenza procurata dal basso livello delle acque del lago di Bracciano è uno scenario da disastro ambientale che rischia di determinare sanzioni dall'Europa, perché non si tutelano i siti di interesse comunitario lacustri. Il lago di Bracciano ha una ricchezza ecologica unica al mondo, ricco di biodiversità di fauna e di flora e che ora rischia l'estinzione; la concessione siglata da Acea con l'allora Ministero dei lavori pubblici, per quello che doveva restare un acquedotto d'emergenza per Roma, è stata stilata nel 1990, quando l'Acea era interamente pubblica; oggi sulla base di questa vecchia convenzione, AceaAto2 capta acqua dal lago giornalmente, per far fronte al consumo idrico di Roma e degli altri comuni che fanno dell'ambito territoriale ottimale. Una captazione giornaliera di 1100 litri/secondo, che può arrivare addirittura a 5000 litri/secondo quando si è in emergenza, ai quali si devono aggiungere 450 litri secondo dell'acquedotto Paolo che porta l'acqua ai giardini del vaticano e alle fontane di Roma. Inoltre, la stessa AceaAto2 spa ha ribadito al tavolo regionale che l'acqua del lago viene immessa nel sistema idrico di Roma e dei comuni sotto gestione Acea; questo comporta che, se la pressione dovesse diminuire, la captazione del lago aumenterà, come nel dicembre 2016, quando la captazione al lago è stata di 1500 litri/secondo;
          l'abbassamento del livello del lago genera un inquinamento specie nel suo tratto iniziale, come segnalato anche in un'altra interrogazione deposita dalla prima firmataria del presente atto, per la quale si attende ancora risposta;
          solo negli ultimi dodici mesi la riduzione ha superato un metro (come nel 2003) e le conseguenze per l'ecosistema e la collettività sono evidenti. È molta la vegetazione scomparsa e, con essa, sono scomparse le aree di riproduzione dei pesci foraggio (indispensabili alla nutrizione dei pesci di valore commerciale) e gran parte delle potenzialità autodepurative dovute alle macrofite emergenti. Tale tendenza potrebbe portare al depauperamento della risorsa idrica, destabilizzando l'ecosistema fino al collasso  –:
          se non si ritenga urgente rivedere i termini della concessione del 1990, assumendo iniziative affinché si possa sospendere o ridurre notevolmente il livello di captazione dal bacino idrico del lago di Bracciano e siano attivate misure per ampliare la capacità di depurazione delle acque reflue, in modo che siano reimmesse nel lago e non disperse nel fiume Arrone senza essere depurate. (5-11334)


      VELLA e FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il 9 maggio 2017 l'Asl di Teramo ha diffuso una nota in cui specifica che le analisi eseguite dall'Arta su campioni prelevati dalla Asl di Teramo in data 8 maggio 2017 hanno rilevato una non conformità dell'acqua per odore e sapore non accettabile;
          la questione interessa ben 32 comuni: Alba Adriatica, Ancarano, Basciano, Bellante, Campli, Canzano, Castellalto, Castelli, Civitella del Tronto, Colledara, Colonnella, Controguerra, Corropoli, Giulianova, Martinsicuro, Montorio al Vomano, Morro d'Oro, Mosciano S. Angelo, Nereto, Notaresco, Penna S. Andrea (Val Vomano), Roseto degli Abruzzi, Sant'Omero, S. Egidio alla Vibrata, Teramo, Torano Nuovo, Torricella Sicura (capoluogo e bivio S. Chiara), Tortoreto, Tossicia, Valle Castellana, Isola del Gran Sasso, Pineto;
          la asl di Teramo peraltro non ha diffuso ulteriori dettagli circa l'origine e la tipologia della contaminazione;
          in data 10 maggio 2017 l'allarme sarebbe poi rientrato, e l'asl ha informato che «si revoca la disposizione e l'acqua può essere destinata ad uso potabile», e che «continuerà il monitoraggio con esecuzione dei prelievi in rete ed alle opere di captazione»;
          si è appreso in seguito che l'acqua dichiarata contaminata sarebbe quella proveniente dallo sbarramento destra e sinistra dei laboratori dell'Istituto di fisica nucleare, e messa poi a scarico (non fatta confluire nell'acquedotto);
          nei giorni scorsi si sono svolti di sicuro lavori proprio nel traforo autostradale, anche se tutto farebbe pensare che qualcosa ancora è accaduto nei laboratori del Gran Sasso dove già in passato si sono registrate numerose contaminazioni accertate;
          notizie non confermate parlerebbero del toluene come sostanza che avrebbe causato la contaminazione;
          non è noto se la sostanza sia stata utilizzata nei lavori diretti da Strada dei Parchi, ma di certo è una tra le sostanze pericolose stoccate nei laboratori  –:
          se il Ministro intenda assumere le iniziative di competenza per chiarire le cause dell'allarme diffuso in merito all'inquinamento dell'acqua potabile nel teramano, con particolare riferimento alle notizie diffuse circa il flusso d'acqua proveniente dai laboratori dell'Istituto di fisica nucleare presenti nel Gran Sasso, anche al fine di tutelare la salute dei cittadini e l'acqua ad uso potabile dei comuni teramani. (5-11335)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      LEVA, LAFORGIA, KRONBICHLER, NICCHI, MARTELLI, MELILLA, ZOGGIA, FRANCO BORDO, SCOTTO, FOSSATI, FERRARA, ROBERTA AGOSTINI, ZARATTI, CIMBRO, FONTANELLI e ROSTAN. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il gasdotto Tap rappresenta un'opera di grande impatto ambientale che interessa un'area ad alto valore paesaggistico;
          il progetto ha una storia antica e nel Salento ha dato vita, nel corso degli anni, a forti perplessità e mobilitazioni da parte di cittadini, comitati e istituzioni che chiedono di spostare l'approdo dell'opera per non deturpare un'area caratterizzata dalla presenza di un patrimonio inestimabile che la rende unica sotto il profilo ambientale;
          già tempo addietro 94 sindaci della zona hanno dato voce alle istanze del territorio chiedendo di aprire un dialogo;
          il dottor Serravezza è diventato nel Salento il simbolo della resistenza al gasdotto. Il noto oncologo di Casarano, infatti, da giorni sta portando avanti uno sciopero della fame e della sete per sensibilizzare la politica e chiedere di riaprire il dialogo tra istituzioni e territorio rispetto alla vicenda dell'approdo del gasdotto Tap sulle coste di Melendugno;
          nonostante la battaglia condotta dal dottor Serravezza e il pericolo per la sua stessa vita, le richieste di quest'ultimo (e dell'intero territorio salentino) restano a tutt'oggi senza risposta;
          la battaglia civile del dottor Serravezza e dell'intera popolazione salentina non può e non deve rimanere senza risposta;
          in alternativa al progetto da realizzare a di San Foca sono state proposte, nel tempo, alternative di approdo a maggiore sostenibilità ambientale;
          la stessa regione e le istituzioni locali hanno comunicato in diverse occasioni la contrarietà all'approdo sulle coste di San Foca  –:
          quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per preservare il territorio da eventuali danni irreparabili e valutare concretamente una deviazione dell'approdo in una zona diversa del Salento dove l'impatto ambientale e paesaggistico sarebbe meno invasivo;
          quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo affinché si apra il dialogo per affrontare il dissenso di un territorio sul progetto del gasdotto Tap e impedire che la battaglia del dottor Serravezza risulti vana;
          se non il Governo non ritenga opportuno istituire un tavolo istituzionale per permettere una maggiore comunicazione tra i diversi soggetti interessati per una celere risoluzione della questione.
(5-11317)

Interrogazioni a risposta scritta:


      RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          in data 5 maggio 2017 un violento incendio ha distrutto l'azienda Eco-X di Pomezia: un'azienda di stoccaggio di rifiuti e lavorazione della plastica;
          il rogo ha sprigionato una nube di fumo che ha invaso anche le zone limitrofe (Castelli Romani, litorale e alcuni municipi romani);
          sono più di 150 le aziende presenti nell'area limitrofa all'incendio per le quali è stata emessa ordinanza di divieto alla raccolta di frutta, verdure e ortaggi, con evidenti danni conseguenti (http://www.romatoday.it);
          in queste ultime ore, inoltre, la procura di Velletri ha disposto il sequestro dell'impianto (http://www.castellinotizie.it), confermando la notizia della presenza di amianto nella Eco-X di Pomezia (http://ilquotidianodellazio.it);
          nonostante la gravità del rogo, i dati relativi all'inquinamento e contaminazione dell'aria e delle coltivazioni (PM10, diossina, presenza di amianto, e altro) sono ancora parziali e frammentari  –:
          quali iniziative immediate di competenza si intendano mettere in campo per garantire e tutelare la salute pubblica e come si intenda intervenire in termini di prevenzione e controlli, affinché non si ripetano ulteriormente episodi di siffatta gravità. (4-16533)


      BUSTO, DAGA, DE ROSA, CRIPPA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il 23 dicembre 2015 Sogin ha presentato istanza per l'avvio della procedura di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale (Via) di due progetti sperimentali noti come «Realizzazione di un impianto per il trattamento e condizionamento delle resine a scambio ionico esaurite della Centrale di Trino – WOT e SiCoMor». In data 7 gennaio 2016 ne è stato dato avviso al pubblico per la presentazione di osservazioni;
          in data 7 giugno 2016, con determinazione dirigenziale codice DVA-DEC-2016-0000226, viene decretata l'esclusione dalla valutazione di impatto ambientale dei due progetti sperimentali, a condizione che Sogin ottemperi ad alcune prescrizioni;
          a luglio 2016, il sindaco di Trino, Alessandro Portinaro, è stato nominato tra i consiglieri di amministrazione della stessa Sogin;
          contrariamente a quanto riportato nel progetto, a mezzo stampa (La Stampa Vercelli del 1o dicembre 2016), il presidente di Sogin, Marco Enrico Ricotti ha affermato che sarà costruito «un impianto che non avrà alcun impatto radiologico sull'ambiente»;
          il 16 novembre 2016 il consiglio comunale di Trino ha approvato una convenzione tra comune e Arpa Piemonte per il monitoraggio di aria, acqua e altre matrici ambientali. Tale monitoraggio straordinario non andrebbe a sostituire ma a integrare quello erogato da Sogin, almeno secondo quanto dichiarato dal sindaco Portinaro durante la commissione comunale aperta al pubblico del 17 gennaio 2017;
          si noti che, nell'articolo 1 della determina ministeriale del 7 giugno 2016, si fa riferimento a una precedente determina del 2015 con la quale veniva esclusa la procedura di Via per altro progetto sulla centrale di Trino, dal quale sarebbe peraltro scaturita la necessità di ampliare e implementare la rete di monitoraggio, oggetto della suddetta convenzione tra comune di Trino e Arpa Piemonte del novembre 2016  –:
          quali eventuali problematiche abbia rilevato il Governo nell'ambito della verifica di assoggettabilità a Via del progetto di cui in premessa, alla luce delle criticità che possono aver indotto alla stipula della convenzione sopra citata;
          se sia stata fatta una verifica degli impatti cumulativi dei diversi progetti;
          in che modo intenda adoperarsi, per quanto di competenza, per disporre ulteriori attività di controllo sull'area, a tutela della salute dei cittadini di Trino e dell'ambiente;
          se il Governo non intenda promuovere, per quanto di competenza, una valutazione di impatto sulla salute (Vis) dei progetti sopra richiamati, visto che il centro abitato di Trino è a 1.800 metri dai suddetti impianti;
          se il Governo non ritenga necessario assumere iniziative per prevedere una compensazione per i cittadini residenti, in assenza di Via ed eventualmente di Vis, una volta avvenuta l'eventuale constatazione del danno ambientale procurato dalla presenza di tali impianti sperimentali. (4-16539)


      COZZOLINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la pericolosità dell'amianto è nota: l'Osservatorio nazionale    amianto ricorda come questo, oltre ad avere effetti fibrogeni, capaci di provocare l'insorgenza di asbestosi, placche pleuriche, ispessimenti pleurici, con complicazioni cardiovascolari, abbia effetti cancerogeni dato che provoca, oltre al mesotelioma della pleura, del peritoneo, del pericardio e della tunica vaginale del testicolo e del polmone, anche altre neoplasie, quali il cancro alla laringe e alle ovaie, ed inoltre, è stata confermata l'associazione tra esposizione ad amianto e una maggiore incidenza di cancro alla laringe, allo stomaco e al colon-retto;
          venerdì 5 maggio 2017 un incendio è divampato in una ditta di stoccaggio di rifiuti in via Pontina Vecchia al chilometro 33,381, nei pressi di Pomezia, che ha tenuto svariate ore i vigili del fuoco al lavoro per domare le fiamme;
          Eco-X di Pomezia, stabilimento coinvolto nell'incendio, trattava materiali di recupero, in particolare carta e plastica e si trova all'interno di un'area fortemente caratterizzata da insediamenti industriali;
          il fuoco si sarebbe, dapprima, sviluppato dal materiale che era accatastato nel piazzale dell'azienda, per poi propagarsi anche ai materiali conservati all'interno dei capannoni;
          nel comunicato stampa diffuso dalla Asl, che ha chiarito di aver agito tempestivamente, con sopralluoghi e attivando una «unità di coordinamento per garantire ogni azione necessaria alla migliore tutela della salute della popolazione», e della «tutela della sicurezza animale», si legge che ci possa essere una «possibile presenza di coperture in cemento amianto sui capannoni dell'impianto» richiedendo «ad ARPA Lazio di poter estendere le attività di campionamento ambientale, al fine di determinare l'eventuale presenza di fibre aerodisperse; contestualmente, è stato contattato il Centro regionale amianto della Asl VT per concordare l'analisi dei campioni ed eventuali ulteriori accertamenti da effettuare»;
          l'amministratore delegato dell'azienda Eco X dichiarava nelle prime ore: «Escludo che nel nostro stabilimento ci fossero rifiuti pericolosi, ed è assolutamente falso che ci sia amianto sul tetto visto che è di cemento»;
          nelle coperture del tetto dei capannoni andati a fuoco nell'incendio, nonostante le prime rassicurazioni, sarebbe stato invece presente dell'amianto, seppure «incapsulato», cioè trattato per non nuocere in condizioni normali;
          a confermarne la presenza è stato il direttore del dipartimento prevenzione della Asl Roma 6, Mariano Sigismondi che ha aggiunto che «si dovrà valutare l'effetto del calore su questa particolare sostanza. Al momento non abbiamo elementi che possano far destare preoccupazioni, almeno a livello acuto, nell'immediatezza del momento»;
          com’è noto la procedura di incapsulamento dell'amianto non consente una sicurezza assoluta nel trattamento di questo materiale, specie se questo non è integro  –:
          se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
          quali iniziative si stiano assumendo al fine di accertare eventuali rischi per la salute derivanti dalla dispersione di fibre d'amianto a seguito dell'incendio della Eco X e quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo al fine di limitare le conseguenze di tale evento. (4-16543)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FANTINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'8 maggio 2017, Il Mattino di Napoli ha pubblicato un articolo intitolandolo: «Reggia di Caserta, allarme insetti e sporcizia negli appartamenti storici»;
          secondo l'articolo, gli agenti di custodia avrebbero scoperto un'invasione d'insetti nelle stanze dell'ex quadreria;
          l'articolo riferisce che «nell'ala destra, subito dopo il presepe, nei locali che conducono all'uscita, sono stati trovati centinaia di animaletti che hanno attaccato anche le cornici di alcuni quadri»;
          le sale interessate sono state chiuse ed è stata deviata anche l'uscita;
          secondo le prime ipotesi potrebbe trattarsi di «pulci da ratto», parassita considerato il principale vettore di patologie quali il tifo murino e la peste bubbonica, in grado anche di contagiare l'uomo;
          a tutt'oggi, nessun sopralluogo è stato effettuato dalla asl competente e si attende ancora la relazione ufficiale di Palazzo reale;
          scrive ancora Il Mattino: «il caso fa riemergere la necessità di avviare una massiccia opera di pulizia del monumento, a partire proprio dagli appartamenti storici, dove la polvere ricopre i gioielli e i pavimenti che sono in condizioni disastrose»;
          a giudizio dell'interrogante desta sconcerto e perplessità la conduzione della gestione della Reggia, esempio paradigmatico di scarsa tutela e di mancata valorizzazione di un complesso proclamato, nel ’97, patrimonio dell'umanità dall'Unesco;
          il degrado documentato dai mezzi d'informazione restituisce un'immagine della Reggia di Caserta che mortifica l'Italia e il suo inimitabile patrimonio artistico e sottolinea l'urgenza di porre in essere interventi tempestivi per il rilancio culturale, turistico ed economico del sito monumentale  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
          quali interventi urgenti s'intendano adottare anche a tutela della salute dei dipendenti della Reggia;
          quali iniziative s'intendano intraprendere per la tutela e la salvaguardia del complesso vanvitelliano, cancellando così ogni segno di incuria ed abbandono.
(5-11319)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      TINO IANNUZZI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la provincia di Salerno, per effetto delle diverse manovre di finanza pubblica susseguitesi negli ultimi anni, ha subito nei trasferimenti di risorse dallo Stato una serie di tagli molto pesanti ed in misura sempre più consistente; infatti, nell'anno 2012 per l'amministrazione provinciale di Salerno è stato disposto un taglio di 14.869.630,19 euro, che nell'anno 2015 è salito a 24.920.660,00 euro;
          nel 2016 la riduzione dei trasferimenti è stata definita in ben 61.944.612,25 euro, con oltre 12 milioni di euro in più rispetto al raddoppio del contributo relativo al 2015 e previsto dal decreto-legge n.  133 del 2016; così la provincia di Salerno è divenuta la prima in Italia per entità del taglio, con un forte scostamento di 15 milioni di euro rispetto alla seconda provincia in graduatoria, con una incidenza per l'ente salernitano di circa il 10 per cento sul contributo complessivo di 650 milioni di euro, da ripartire per il 2016 fra 74 province italiane;
          nel 2017, poi, il contributo della provincia di Salerno è stato quantificato addirittura in 93.014.762,64 euro, più che triplicato rispetto a quello del 2015;
          alla luce delle analisi e dei calcoli elaborati con cura dagli uffici della provincia di Salerno, documentati e portati a conoscenza del Ministero dell'economia e delle finanze vi sarebbero valutazioni di calcolo ed applicazioni erronee che avrebbero pesantemente penalizzato la provincia di Salerno, determinando tagli troppo pesanti e non giustificati;
          avrebbero concorso a causare tale situazione una pluralità di fattori, quali la considerazione, nel taglio sul totale dei consumi intermedi, delle spese finanziate integralmente con fondi della regione Campania ed in quanto tali non suscettibili di alcuna riduzione; il mancato rimborso delle ingenti spese sostenute dalla provincia di Salerno con fondi propri per poter provvedere all'esercizio di funzioni non fondamentali, in tutto il 2015 ed in larga parte del 2016; l'Incremento inspiegabile di altri 12 milioni di euro del contributo gravante per il 2016 su detta amministrazione, fino a raggiungere così la quota di 61 milioni di euro;
          ne è derivata una situazione gravissima, nella quale la provincia di Salerno, obiettivamente e proprio per la dimensione e la insostenibilità dei tagli sofferti, non è nelle condizioni di poter erogare servizi fondamentali per i cittadini e per le comunità, a cominciare dalla manutenzione e dalla cura della rete stradale e dalla gestione delle scuole; situazione ancora più grave considerando che la competenza di questo ente Locale investe ben 2.700 chilometri di strade e 148 edifici scolastici; diviene quanto mai attuale e concreto il rischio di interruzione nell'erogazione di pubblici servizi;
          nei prossimi mesi, perdurando tale condizione, potrebbe divenire impossibile anche provvedere al pagamento delle retribuzioni dovute al personale in dotazione alla provincia di Salerno;
          è stata prevista per l'anno 2017 una condizione di squilibrio di bilancio per tale ente pari a circa 86 milioni di euro;
          pertanto, a fronte di questa delicata situazione oramai vicina ad una vera e propria emergenza, occorre una tempestiva verifica delle riduzioni di risorse destinate alla provincia di Salerno, al fine di poter sollecitamente adottare gli indispensabili provvedimenti correttivi e modificativi  –:
          quali iniziative, con ogni urgenza, il Governo intenda adottare per porre rimedio alla descritta e grave situazione, riducendo, in misura corretta e giustificata, i tagli nei trasferimenti finanziari dallo Stato che la provincia di Salerno ha subito e continua a soffrire, con gravissime conseguenze negative sulla erogazione di servizi fondamentali ai cittadini, a cominciare dalla manutenzione della rete stradale e del patrimonio di edilizia scolastica.
       (5-11324)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


      BRIGNONE, CIVATI e ANDREA MAESTRI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il reato di «maltrattamento di animali» è disciplinato dall'articolo 544-ter del codice penale, che punisce «chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione a un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche», con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro;
          il 544-ter del codice penale va nella direzione della tutela dei sentimenti dell'uomo verso gli animali quali esseri viventi e non si focalizza sul mero pregiudizio alla proprietà privata;
          la giurisprudenza ha chiarito che per integrare il reato non occorrono lesioni necessariamente fisiche, ma è sufficiente la sofferenza degli animali, poiché la norma mira a tutelarli quali esseri viventi in grado di percepire dolore, anche nel caso di lesioni di tipo ambientale e comportamentale (Corte di cassazione n.  46291/2003);
          il dossier 2016 sul maltrattamento animale in Italia – sostenuto dalle associazioni animaliste – raccoglie articoli e notizie su crimini nei confronti degli animali e fa comprendere quanto sia difficile rendere giustizia agli animali;
          in Paesi europei come Svizzera, Francia e Germania, le pene per reati sugli animali sono ben più severe di quelle italiane, mentre negli Stati Uniti, per tali reati, per i colpevoli è previsto il carcere, con specifici programmi di recupero;
          il quotidiano Repubblica ha pubblicato il 9 maggio 2017, in prima pagina, un articolo sui maltrattamenti sugli animali;
          il bilancio di responsabilità sociale della procura di Milano registra un aumento di reati commessi ai danni di animali e definisce quello delle denunce per i reati contro gli animali un «fenomeno degno di menzione»;
          ciò che i giudici fanno emergere è il problema relativo nell'affidamento degli animali maltrattati per i quali la procura sta lavorando a un progetto volto a individuare strutture di accoglienza con cui fare accordi per ottenere la custodia degli animali a costi minori;
          inoltre, Croce, presidente di AIDAA, ha dichiarato: «Quello che non dice il rapporto è che i tempi di istruzione dei processi sono ancora troppo alti e che spesso si preferisce l'archiviazione o la derubricazione a reato minore, mentre quello che vogliamo far risaltare non è l'aumento dei reati contro gli animali, ma un nuovo e migliore senso civico per cui la gente denuncia di più rispetto a un passato anche recente»;
          le notizie di reati sugli animali sono riportate in maggior misura dai media rispetto a molti anni fa e la sensibilità del Paese è sicuramente aumentata riguardo al rispetto degli animali e del loro benessere e, soprattutto, essi sono considerati come esseri senzienti e non oggetti;
          tuttavia, ciò non è sufficiente per garantire il necessario rispetto e la loro tutela, poiché mancano ancora pene certe per chi commette reati sugli animali  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
          se non ritengano opportuno assumere iniziative normative che tengano conto delle molteplici proposte d'iniziativa parlamentare in materia, affinché sia dato il giusto riconoscimento agli animali, quali essere senzienti, anche mediante la modifica dell'articolo 9 della Costituzione;
          se non ritengano di dover intensificare i controlli – ognuno per quanto di competenza – con lo scopo di far diminuire i reati commessi ai danni degli animali;
          se non ritengano di assumere iniziative per inasprire le pene per i reati connessi ai danni di animali;
          se non ritengano di doversi attivare per promuovere una campagna sociale nazionale al fine di sensibilizzare la popolazione sul rispetto e sulla tutela degli animali. (4-16534)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


      VALLASCAS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il 14 settembre 2016, l'Anas ha disposto la chiusura della strada statale n.  554 «Cagliaritana», tra gli svincoli di Gannì (al chilometro 18,200) e Santu Lianu (al chilometro 24,500);
          il provvedimento è stato preso a seguito dell'ennesimo cedimento della carreggiata, in un'area già sottoposta, a più riprese, a importanti interventi di messa in sicurezza e ripristino, a causa dei continui smottamenti della sede stradale e dei terreni circostanti;
          dopo un primo cedimento e un successivo ripristino, nel 2011, si era formata una nuova spaccatura lunga 137 metri. Dopo i necessari lavori di ricostruzione, la strada era stata riaperta al traffico nel 2015 e successivamente richiusa, come detto, nel mese di settembre 2016, per l'ulteriore cedimento;
          complessivamente, i lavori per la realizzazione della strada sono costati oltre 55 milioni di euro, a cui vanno aggiunti i rilevanti costi derivanti dai ripetuti interventi di ripristino;
          nelle scorse settimane, la Procura di Cagliari ha concluso le indagini sugli interventi condotti dopo il cedimento del 2011, rinviando a giudizio due dirigenti dell'Anas, per crollo colposo, e il titolare dell'impresa d'appalto, per frode in pubbliche forniture;
          in particolare, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, «i lavori sarebbero stati svolti senza i previsti accertamenti geologici e geotecnici e senza la verifica di stabilità del pendio e del rilevato sopra il quale passa la parte spaccatasi; inoltre sarebbe stato utilizzato un conglomerato bituminoso non sbriciolato» (Unione Sarda del 25 marzo 2017);
          al di là delle motivazioni del crollo, resta il grave problema della chiusura di un'importante arteria stradale che interessa rilevanti flussi di traffico che si intensificano ulteriormente nel periodo estivo, considerato che l'infrastruttura collega l'area vasta di Cagliari con importanti località turistiche;
          la situazione ha creato legittima preoccupazione nei territori collegati dalla 554 «Cagliaritana» per i gravi disagi che derivano dal ritrovarsi isolati, in un contesto in cui sono stati chiusi o sottodimensionati molti servizi essenziali, come ad esempio quelli sanitari; tutte condizioni che accentuano la mobilità verso Cagliari;
          l'Unione sarda del 25 marzo 2017 ha riportato le dichiarazioni di alcuni amministratori locali secondo i quali «L'interruzione della 554 ci rende una zona ancora più periferica. Un mezzo del 118 rischia di arrivare troppo tardi nei centri ospedalieri del capoluogo»;
          inizialmente, l'Anas aveva garantito la riapertura al traffico per il 30 giugno, ma il 20 aprile 2017 l'Unione sarda riferiva che l'Anas aveva comunicato che non sarebbe riuscita a concludere i lavori per tale data;
          il giornale Cagliaripad, il 30 marzo 2017, aveva pubblicato le immagini del cantiere, dalle quali emergeva con evidenza una situazione di stallo dei lavori che confermavano i dubbi sulla possibilità di concludere gli interventi per quella data;
          la circostanza desta grave inquietudine, in merito alla sicurezza dell'infrastruttura, ai disagi che ancora dovranno essere affrontati e ai danni che potrebbero derivare all'economia di una zona a vocazione turistica;
          è il caso di riferire che, durante le festività pasquali, si sono registrate lunghe code e numerosi automobilisti «sono rimasti imbottigliati per 40 minuti nella galleria di Terra Mala» (Unione sarda del 21 aprile 2017)  –:
          quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per fare in modo che i lavori della strada statale n.  554 «Cagliaritana» possano procedere celermente al fine di superare i gravi disagi e le limitazioni alla mobilità che la chiusura al traffico della strada sta causando alle popolazioni interessate;
          se non intenda verificare, per quanto di competenza, se vi siano responsabilità dell'Anas nel ritardo dei lavori. (3-03015)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


      MICILLO, LUIGI DI MAIO, LUIGI GALLO, SIBILIA, PISANO e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          Marano di Napoli è un comune della città metropolitana di Napoli in Campania, che conta quasi 60 mila abitanti;
          il 9 maggio 2017 un uomo di 43 anni, titolare di una gioielleria viene ritrovato senza vita nel suo negozio, dove è stata svuotata la cassaforte e messo a soqquadro il locale, inquirenti ed investigatori indagano (http://napoli.repubblica.it);
          in data 23 marzo 2017, tre banditi armati hanno fatto irruzione all'interno della filiale Banca Credem di corso Europa, dopo aver utilizzato un'auto come «ariete», minacciando, armi in pugno i dipendenti, costretti a consegnare i soldi. Come si vede dalle immagini diffuse, uno faceva da palo in strada «armato di fucile» tenendo così la strada sotto controllo mentre gli altri due mettevano a segno il colpo (http://www.teleclubitalia.it);
          in data 28 gennaio 2017 una testata web riferiva di «Diversi controlli eseguiti dai carabinieri in città, anche con il supporto di un elicottero per sorvegliare il tutto dall'alto» e che «in città, nelle ultime settimane, si registrano fibrillazioni criminali e si teme uno scontro tra gruppi camorristici. L'operazione è scattata infatti dopo alcuni recenti episodi come una presunta sparatoria ed il danneggiamento di un'attività commerciale di proprietà di un appartenente ad una famiglia malavitosa locale». (http://www.teleclubitalia.it);
          in data 7 maggio 2016, le cronache riferivano di un morto ed un ferito a seguito di una sparatoria avvenuta nei pressi del mercato ortofrutticolo di via Unione Sovietica (http://www.napolitoday.it);
          gli ultimi fatti di cronaca hanno generato nella popolazione un senso di sfiducia in termini di ordine e di sicurezza;
          l’escalation di episodi sempre più cruenti produce ripercussioni a livello economico e sociale;
          va considerata la crescente preoccupazione degli abitanti;
          va considerato anche il lavoro già complesso, svolto con dedizione dalle forze dell'ordine locali e l'ampio territorio da sovraintendere;
          in data 27 marzo 2017 si è appreso che la nascente compagnia dei carabinieri, realizzata con fondi comunali ed europei, non aprirebbe ancora i battenti a causa di «intoppi tecnico-burocratici» quali: «collaudo strutturale e firma della convenzione tra il Comune e la Prefettura». E che «il Comune, in attesa che il comando generale dell'Arma limi gli ultimi dettagli tecnici, potrebbe ora sollecitare la prefettura affinché si arrivi quanto prima alla firma della convenzione tra le parti» (http://www.terranostranews.it)  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti rappresentati in premessa; quali iniziative intendano assumere con la massima urgenza, in particolare se intendano fornire elementi, per quanto di competenza, circa l'istituzione della compagnia dei carabinieri che sostituirebbe l'attuale «tenenza» ed in che modo intendano rafforzare, in termini di mezzi e di uomini, le dotazioni delle forze dell'ordine in servizio a Marano di Napoli e nel suo hinterland; se non intendano presenziare anche ad un comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica (che andrebbe convocata a breve termine) al fine di rafforzare l'attività di controllo del territorio. (4-16537)


      DANIELE FARINA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nella mattinata di domenica 30 aprile 2017, sul lungolago del municipio di Dongo sono convenuti circa un centinaio di neofascisti (ben più di quanti preventivati dalle autorità) per la «commemorazione» dei gerarchi fascisti ivi fucilati nel 1945 che, dopo aver deposto una corona di fiori ed essere scattati sull'attenti, hanno inneggiato col saluto romano a braccio teso a ogni nome dei fucilati;
          ne sono seguiti brevi momenti di tensione, con reciproci scambi di invettive, con il presidio antifascista ivi radunatosi, mentre un doppio cordone di polizia, carabinieri e guardia di finanza teneva separati i due campi  –:
          se e quali iniziative abbiano assunto la prefettura e la questura di Como in occasione del raduno di cui in premessa e quali intendano adottare per il futuro per evitare situazioni di tensione come quella descritta e per evitare eventi di carattere neofascista che oltretutto mettono a rischio l'ordine pubblico. (4-16538)


      CAPOZZOLO, CARRA, BOCCUZZI, COVELLO, CRIMÌ, GADDA, SGAMBATO, ROTTA, ASCANI, PALMA, SBROLLINI, MICCOLI, CARLONI, MARRONI, PELUFFO, DONATI, FANUCCI, FIORIO, GRASSI, MARCO DI MAIO, VALIANTE, CRIVELLARI, PASTORINO, VENTRICELLI, CARDINALE, MARCO MELONI, PAOLA BRAGANTINI, CUOMO, FERRO, CARELLA, CAPONE, MARCO DI STEFANO, BONACCORSI e LUCIANO AGOSTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nell'anno 2014 il Ministero dell'interno avviava il progetto di razionalizzazione della polizia stradale, ferroviaria, postale e dei reparti speciali della polizia dello Stato;
          all'epoca molte sigle sindacali espressero dubbi in merito a tale progetto, considerato non risolutivo per i problemi inerenti alla carenza di organico, posto che avrebbe indebolito la presenza delle forze dell'ordine sul territorio;
          con decreto firmato il 31 marzo 2017 dal Ministro Minniti vengono soppressi 15 posti di polizia ferroviaria, di cui due in regione Campania, Avellino e Agropoli;
          la motivazione del provvedimento sta «nell'esigenza di adeguare l'assetto organizzativo della Polizia ferroviaria alle mutate esigenze operative: in relazione all'evoluzione del traffico la vigilanza può essere assicurata da altri uffici limitrofi»;
          la soppressione di tali presidi causa l'indebolimento della presenza delle forze dell'ordine sui territori;
          nel caso del presidio polfer di Agropoli il territorio perde un altro importante ufficio di polizia che aveva competenza su sessanta chilometri di tratta ferroviaria, comprendente ben sette stazioni attive, da Capaccio-Roccadaspide a Pisciotta-Palinuro;
          la stazione in questione è uno degli scali a sud di Salerno con il maggiore afflusso di passeggeri;
          oltre al quotidiano rilevante numero di pendolari che utilizzano le ferrovie per mobilità lavorativa o per motivi di studio va evidenziato che si tratta di un comprensorio ad alta capacità di richiamo turistico che ogni anno ospita decine di migliaia di visitatori anche stranieri;
          sono previsti diversi interventi di potenziamento di questa stazione, tant’è che la giunta regionale della Campania ha il progetto «Cilento alta velocità Milano-Sapri», deliberando la proposta di prevedere anche la fermata ad Agropoli e che tale proposta è ora al vaglio di Trenitalia;
          l'amministrazione comunale di Agropoli intende realizzare una serie di ulteriori interventi per favorire la mobilità sostenibile  –:
          se il Ministro intenda rivedere tale progetto riorganizzativo, a fronte delle innumerevoli istanze provenienti dai territori interessati e, nel caso del posto di polizia ferroviaria di Agropoli, procedere alla riapertura totale del presidio, assicurandone la piena funzionalità in considerazione di quanto riportato in premessa.
(4-16542)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      RICCIATTI, NICCHI, MURER, FOSSATI, SCOTTO, DURANTI, PIRAS, QUARANTA, ZARATTI, MELILLA, SANNICANDRO e MARTELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la società Abaco spa è una società che fornisce servizi per gli enti locali;
          la società è stata incaricata dall'amministrazione comunale di Ascoli del recupero dei crediti maturati dal comune per il servizio relativo alle mense scolastiche;
          da fonti di stampa si apprende che la società ha già recuperato sino ad oggi circa 200 mila euro e stima di recuperarne altre 106 mila;
          se, da un lato, la linea dura intrapresa dal comune nell'attività di recupero crediti si sta rivelando efficace nel riportare risorse nelle casse comunali, d'altro canto sta incidendo negativamente su situazioni già al limite del disagio, colpendo anche famiglie in seria difficoltà economica;
          la testata Il Corriere Adriatico (8 maggio 2017) riporta, infatti, il caso di una donna disoccupata che, non riuscendo a sostenere le spese per la mensa della figlia, si è vista pignorare divani e lampadari, a seguito dell'attività di recupero crediti;
          l'episodio richiamato evidenzia il dramma che vivono molte persone e famiglie che, oltre ad avere difficoltà economiche dovute alla mancanza di lavoro, ad occupazioni precarie, o retribuzioni al limite della dignità, sono oggetto di provvedimenti di recupero credito provenienti spesso proprio da quelle istituzioni pubbliche che avrebbero il dovere e l'obbligo di tutelarle  –:
          se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative per istituire un fondo di solidarietà per far fronte a situazioni come quella illustrata in premessa o quali diverse iniziative ritenga opportuno assumere a riguardo. (5-11320)

Interrogazioni a risposta scritta:


      LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          nel 1997, l'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (Inpgi) ha avviato il trasferimento del proprio patrimonio immobiliare al Fondo «Giovanni Amendola», di proprietà dell'Istituto stesso, che, a sua volta, l'ha dato in gestione a «Investire immobiliare sgr», una società privata di proprietà della banca Finnat, della famiglia Nattino, coinvolta lo scorso anno in un'indagine relativa a riciclaggio di danaro, insider trading e manipolazione del mercato;
          in totale, fino al 2016, l'Inpgi ha apportato al Fondo «Amendola» immobili iscritti in bilancio per un valore di 976 milioni di euro, rispetto a un costo storico di 586,7 milioni, con una rivalutazione del 66 per cento; il sindacato Inpgi Futuro ha fatto notare che questo avrebbe generato plusvalenze, solo sulla carta, per complessivi 389,3 milioni tra il 2013 e il 2016, la stessa cifra necessaria per coprire la perdita di Inpgi 1 a livello di gestione previdenziale (nello stesso periodo il rosso è infatti di 375,6 milioni);
          a fine 2016, Inpgi 1 registrava un disavanzo pari a 121 milioni di euro, tanto che, già a giugno dello stesso anno, l'Istituto previdenziale decideva di vendere il proprio cospicuo patrimonio immobiliare in quattro tranche, al fine di risanare il bilancio;
          fino a questo momento, la gestione degli asset conferiti nel Fondo «Amendola» sembra quindi non aver giovato né ai conti dell'Istituto né agli inquilini, i quali oggi sono costretti a decidere se acquistare, versando il 3 per cento dell'importo richiesto, o rimanere affittuari, sottoscrivendo un nuovo contratto di locazione e corrispondendo canoni di mercato; inoltre, questa ultima possibilità è esclusa per gli inquilini che abbiano pendenze condominiali o contenziosi aperti con Inpgi o con il Fondo suddetto;
          l'unico soggetto che sembrerebbe guadagnarci, attraverso laute commissioni, sarebbe il gestore privato, cioè la Investire sgr, che, invece di applicare come consuetudine uno sconto del 30 per cento sui valori medi dell'Osservatorio delle Agenzie delle entrate (Omi), fa valere una riduzione del 20 per cento, ma su prezzi di partenza fuori mercato;
          da bilancio, infatti, il valore di conferimento degli immobili di proprietà di Inpgi al Fondo «Amendola» parrebbe assolutamente sovrastimato rispetto al loro valore di mercato;
          occorrerebbe chiarire se questi valori siano realistici, posto che, qualora non lo fossero, si rischierebbe di dover procedere a eventuali svalutazioni con conseguenze negative sul bilancio dell'ente;
          inoltre, le commissioni percepite da Investire sgr non paiono parametrate sui risultati di valorizzazione o di vendita, bensì sul valore stesso di conferimento;
          peraltro, dal regolamento del fondo medesimo, sembra evincersi che le commissioni per la società di gestione del risparmio raddoppierebbero in rapporto al patrimonio da dismettere, indipendentemente dalle vendite realmente effettuate  –:
          quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di verificare la corrispondenza dei conti dell'Inpgi con i bilanci degli ultimi anni e quali strumenti l'ente previdenziale utilizzi per garantirsi la liquidità necessaria a erogare le prestazioni dovute per legge;
          attraverso quali strumenti si intenda garantire la trasparenza delle dismissioni immobiliari dell'Inpgi, evitando quelle che appaiono all'interrogante opache manovre di carattere speculativo;
          se intenda promuovere forme di controllo più penetranti per assicurare una gestione trasparente, sana e prudente del patrimonio da parte degli amministratori di Inpgi;
          se non ritenga opportuno valutare l'assunzione di iniziative per il commissariamento dell'ente. (4-16531)


      ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          a marzo 2016 una ricerca di Nomisma e Federcasa ha rivelato i dati del disagio abitativo: 1,7 milioni di famiglie vivono in una casa in affitto, ma sono gravati da un canone che assorbe oltre il 30 per cento del reddito familiare. Un disagio che diventa un'emergenza se non si riescono a pagare le rate e si arriva allo sfratto. Nel 2014 sono stati emessi 77.278 procedimenti esecutivi, di cui 69.015 per morosità, con una crescita annuale costante dell'8 per cento. La media nazionale si attesta a uno sfratto ogni 399 famiglie;
          secondo Federcasa il 90 per cento della morosità è «incolpevole» e dovuta dall'impossibilità di provvedere al pagamento del canone, conseguenza della crisi economica e occupazionale. Lo stesso Ministero dell'interno nella sua pubblicazione annuale riporta il dato di 64.676 sfratti eseguiti nel 2015: oltre 57 mila dovuti a morosità (più dell'88 per cento);
          per l'associazione sono circa 650 mila le domande inevase di alloggi popolari inoltrate da famiglie a cui il comune non può assegnare la casa, nonostante rientrino nelle graduatorie degli aventi diritto. La media nazionale di assegnazioni è di 60-70 alloggi all'anno, ma una parte di essi va a beneficio dell'occupante e, tra l'inserimento in graduatoria e l'assegnazione, possono passare 50-60 anni;
          in un articolo pubblicato a marzo 2017, dal settimanale Panorama, «Immobili Inps: storia di un patrimonio mal gestito», si apprende che l'ente possiede circa 30 mila unità immobiliari (appartamenti, uffici, negozi, garage, terreni) per un valore complessivo di 2 miliardi e mezzo di euro. Di queste, 25 mila sono proprietà rimaste invendute dopo le cartolarizzazioni Scip1 e Scip2. In seguito la legge 27 febbraio 2009, n.  14, ha reso obbligatoria la vendita e vietato la stipula di nuovi contratti di locazione per gli immobili: conseguentemente, il 52 per cento è rimasto sfitto, con un rendimento da diversi anni negativo. Nell'ultimo bilancio approvato dall'Inps il risultato netto della gestione è stato pari a –78 milioni di euro circa nel 2015 (–87 milioni nel 2014 e – 63,5 milioni nel 2013);
          il 28 febbraio 2017, nel corso di una audizione in Commissione parlamentare di inchiesta su sicurezza e degrado delle città, il direttore dell'Agenzia del demanio, Roberto Reggi ha ricordato la possibilità «di utilizzare i beni disponibili non più strategici per lo Stato per finalità sociali o comunque pubbliche (...) opportunità portata dallo “Sblocca Italia”, in particolare all'articolo 26, che consente a chiunque, al singolo cittadino, all'associazione, all'imprenditore e all'amministrazione locale, di richiedere un bene dello Stato non utilizzato, cioè disponibile, con finalità di edilizia residenziale pubblica, per contrastare l'emergenza abitativa»;
          infatti, come misura finalizzata alla riduzione del disagio abitativo, l'articolo 26, comma 1-bis, del decreto-legge n.  133 del 2014, stabilisce «Hanno priorità di valutazione i progetti di recupero immobili a fini di edilizia residenziale pubblica, da destinare a nuclei familiari utilmente collocati nelle graduatorie comunali per l'accesso ad alloggi di edilizia economica e popolare e a nuclei sottoposti a provvedimenti di rilascio per morosità incolpevole, nonché gli immobili da destinare ad autorecupero, affidati a cooperative composte esclusivamente da soggetti aventi i requisiti per l'accesso all'edilizia residenziale pubblica»  –:
          se il Governo sia a conoscenza di quando riportato in premessa e se non ritenga opportuno intervenire con urgenti iniziative normative in favore dell'edilizia residenziale pubblica al fine di ridimensionare il numero di domande inevase di alloggi popolari;
          se    il Governo intenda fornire elementi sull'attuazione dell'articolo 26, comma 1-bis, del decreto-legge n.  133 del 2014 e sugli interventi, avviati per finalità di edilizia residenziale pubblica e per il contrasto all'emergenza abitativa.
(4-16536)


      CIPRINI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO, LOMBARDI e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato da www.ilfattoquotidiano.it del 27 aprile 2017, circa 20 lavoratori (quattro sono già deceduti per mesotelioma) hanno svolto attività in esposizione professionale a polveri e fibre di amianto, per più di dieci anni, quali dipendenti di S.V.O.A. s.p.a. (Società Vastese Olii Alimentari, oggi Fox Petroli) e SOMI impianti srl, con il diritto alla rivalutazione della posizione contributiva ai sensi della legge n.  257 del 1992;
          l'Inps aveva negato la sussistenza di tale diritto, ancorché tali lavoratori avessero lavorato in esposizione ad amianto;
          il tribunale di Vasto, con sentenza n.  148/08 in primo grado, confermata dalla corte di appello de L'Aquila, sulla base dell'accertamento giudiziale dell'esposizione ad amianto ultradecennale, accoglieva la domanda dei lavoratori e pertanto condannava l'Inps a rivalutarne la posizione contributiva;
          nell'anno 2012, è accaduto che la Corte di cassazione, sezione lavoro, con sentenza n.  14492/12, ha invece accolto il ricorso dell'Inps, dichiarando infondate le domande dei ricorrenti, rovesciando, in tal modo le sentenze di merito, che erano state favorevoli;
          nelle more, l'Inps aveva emesso dei provvedimenti amministrativi di accoglimento delle domande amministrative di tali lavoratori, rivalutando le singole posizioni contributive, anche con il riconoscimento della prestazione pensionistica;
          dopo la sentenza della Corte di Cassazione, l'Inps ha invece revocato i suoi provvedimenti amministrativi e chiesto l'emissione di decreti ingiuntivi nei confronti di taluni lavoratori;
          tra i lavoratori del sito S.V.O.A. spa e SOMI srl, alcuni hanno già contratto patologia asbesto correlata, mentre altri sono già deceduti;
          ora i lavoratori rischiano di dover restituire all'Inps da 20 mila fino a 80 mila euro, a seconda dei casi, compresa la famiglia di un ex dipendente deceduto;
          eppure il comma 250 dell'articolo 1 della legge di bilancio n.  232 del 2016 ha riconosciuto il diritto alla pensione di inabilità per coloro che sono riconosciuti affetti da mesotelioma, tumore polmonare e asbestosi, cioè tutte quelle malattie riconducibili all'esposizione all'amianto ancorché non si trovino nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa;
          quali iniziative – anche di tipo normativo – intenda intraprendere il Governo al fine di tutelare tali lavoratori e le loro famiglie e coloro che comunque hanno contratto patologie asbesto correlate, nonché gli eventuali familiari di soggetti deceduti, in relazione a patologie asbesto correlate. (4-16540)


      CIPRINI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO, LOMBARDI e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto si apprende in un articolo di Cinzia Chiappini, pubblicato sul quotidiano Il Tirreno del 30 aprile 2017, dal titolo «Ha l'asbestosi ma l'Inps gli nega di andare in pensione», G.G., operaio di 60 anni della Sanac di Massa (Massa Carrara), dopo aver scoperto di essere ammalato di asbestosi provocata dall'esposizione all'amianto, propone una azione legale contro l'Inps e nel 2016 ottiene dal giudice del lavoro il riconoscimento della malattia professionale correlata;
          nel frattempo il 1o gennaio 2017 entra in vigore il comma 250 dell'articolo 1 della legge di bilancio n.  232 del 2016 che introduce particolari benefici in termini di trattamento pensionistico anticipato e diritto alla pensione di inabilità per coloro che sono riconosciuti affetti da mesotelioma, tumore polmonare e asbestosi, cioè tutte quelle malattie riconducibili all'esposizione all'amianto ancorché non si trovino nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa;
          il signor G.G. presenta domanda all'Inps per usufruire del diritto che la legge gli riconosce, ma non ottiene nessuna risposta;
          il signor G.G. sta continuando ad andare a lavorare tutti i giorni presentandosi regolarmente alla Sanac dove per 8 ore al giorno svolge le sue mansioni, nonostante l'asbestosi gli stia già causando gravi problemi respiratori. Non solo: per due settimane al mese copre anche il turno di notte all'interno della fabbrica chimica;
          il signor G.G. raggiunto dal quotidiano Il Tirreno, dichiara: «Chiedo che vengano rispettati i miei diritti. Chiedo e voglio semplicemente Giustizia» (Il Tirreno del 30 aprile 2017)  –:
          per quali motivi a tutt'oggi l'Inps non abbia ancora provveduto in relazione alla legittima richiesta di pensionamento del signor G.G. e quali iniziative intenda intraprendere il Governo al fine di tutelare e garantire i diritti previdenziali e la salute del lavoratore nella vicenda descritta in premessa. (4-16541)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


      BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          nei giorni scorsi, in Sicilia, a Enna, nell'ambito di un'operazione denominata «Bucefalo», realizzata dalla squadra mobile di Enna con la collaborazione dei commissariati di Piazza Armerina, Leonforte, Nicosia, Niscemi e da reparti del comando provinciale della Guardia di finanza, otto persone sono state arrestate e tredici denunciate con l'accusa di scommesse e gare clandestine di cavalli, con l'aggravante della presenza di minori, aggravante che prevede l'arresto in flagranza di reato;
          quanto occorso non fa che confermare la pericolosità sociale delle organizzazioni criminali dedite alle corse clandestine di cavalli  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
          se non ritengano, per fronteggiare questa diffusa illegalità, di assumere iniziative normative che prevedano maggiori controlli, anche di natura fiscale, al fine di garantire la tracciabilità degli animali e del denaro, in relazione alla compravendita dei cavalli per prevenire il loro riutilizzo in attività criminali, quali le corse clandestine o le macellazioni abusive;
          se non ritengano opportuno assumere iniziative normative per l'introduzione di una nuova fattispecie di delitto per chi partecipa, anche senza un ruolo attivo nell'organizzazione, alle corse clandestine;
          se non ritengano utile assumere iniziative al fine di porre il divieto di possedere cavalli, scuderie o attività inerenti all'ippica per i pregiudicati per reati a danno di animali, per scommesse clandestine, per gioco d'azzardo e per associazione a delinquere, anche prevedendo misure di polizia, personali e reali, nei confronti di coloro che si ritiene siano abitualmente dediti alle corse clandestine e ai traffici delittuosi connessi e di coloro che, per la condotta e il tenore di vita, si ritiene che vivano abitualmente con i proventi di attività connesse alle corse clandestine. (4-16535)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IX Commissione:


      TULLO e FANUCCI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la situazione relativa ai contributi annuali per le tv locali è molto grave;
          non sono stati ancora erogati i contributi relativi all'anno 2015;
          non è stato ancora emanato il bando per la presentazione delle domande per il riconoscimento dei contributi relativi all'anno 2016 (il termine per la relativa emanazione scadeva il 31 gennaio);
          non è stato ancora approvato dal Consiglio dei ministri lo schema di decreto del Presidente della Repubblica relativo al nuovo regolamento (previsto dall'articolo 1, comma 163, della legge 28 dicembre 2015, n.  208) per il riconoscimento dei contributi annuali all'emittenza locale;
          tale situazione è insostenibile per le imprese televisive locali il cui settore sta affrontando un momento di grande difficoltà conseguente alla crisi del mercato pubblicitario, ai cambiamenti tecnologici e alla concorrenza delle nuove piattaforme  –:
          quali iniziative il Governo intenda adottare per dare soluzione alle problematiche richiamate in premessa. (5-11325)


      FRANCO BORDO, MOGNATO e FOLINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          stando al rapporto dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) sullo stato delle reti italiane a banda larga, il nostro Paese è riuscito a «bruciare le tappe» nel giro di 12 mesi, con un aumento esponenziale relativo agli accessi a banda larga e ultra-larga;
          secondo le rilevazioni condotte, infatti, si è giunti alla conclusione che attualmente in Italia sono stati superati i 15 milioni di accessi complessivi da banda larga, con un aumento di +600.000 unità rispetto a gennaio dello stesso anno;
          pur tuttavia, lo sviluppo del piano per la diffusione su tutto il territorio nazionale della banda ultra-larga segue un doppio binario, sulla base della competizione tra Telecom spa da un lato e Enel – che controlla Open Fiber – dall'altro. Molti autorevoli esponenti del mondo economico hanno espresso criticità circa il rischio di duplicazione delle reti in fibra, sulla base di questa competizione;
          lo stesso presidente di Open Fiber, Franco Bassanini, ha evidenziato che la competizione sulle reti in fibra sarà conveniente solo in 10-12 aree metropolitane, mentre nelle altre zone meno popolate l’overbuild non sarà un modello di business sostenibile. Pertanto, sostiene Bassanini, sarebbe opportuno prevedere una partizione di fatto del territorio concordata tra i due maggiori competitor o una cessione della rete fissa di Telecom Italia, seguita da un accordo tra Open Fiber e la newco di Telecom Italia, per unire entrambe le società di rete;
          quest'ultimo scenario potrebbe aumentare il dispiegamento di fibra al di fuori delle aree urbane ed evitare il divario digitale  –:
          quali iniziative urgenti s'intendano avviare al fine di sviluppare le opportune sinergie tra i vari interlocutori privati coinvolti nel piano nazionale per la banda-ultralarga, garantendo la massima diffusione in tempi celeri delle reti e riducendo il rischio di duplicazione delle stesse, con possibili extra-costi e diseconomie per la collettività e i soggetti pubblici. (5-11326)


      BIASOTTI, GREGORIO FONTANA e BERGAMINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          secondo notizie di stampa, con nota del 16 febbraio 2017, il Ministero dello sviluppo economico avrebbe segnalato di aver rilevato, presso le amministrazioni comunali investite della questione relativa ai sistemi di videosorveglianza, ripetute problematiche conseguenti alla carenza dei necessari dati informativi relativi agli obblighi di legge previsti per l'installazione e l'esercizio di reti e di servizi di comunicazione elettronica ad uso privato, ai sensi degli articoli 99 e 104 del decreto legislativo n.  259 del 2003;
          nella nota del Ministero dello sviluppo economico, veicolata tramite circolare prefettizia ed inviata a numerosi sindaci, si sarebbe rammentato che l'attività di installazione richiederebbe l'obbligo di una scia, per i soggetti che hanno intenzione di installare o esercitare attività di videosorveglianza;
          di conseguenza, i sindaci sarebbero equiparati ai privati nell'esercizio delle proprie attività istituzionali e amministrative, visto che rientrerebbe nella fattispecie di videosorveglianza ad uso privato anche quella realizzata dai comuni: in definitiva, si ventila il pagamento di un canone allo Stato se nel territorio amministrato è presente un sistema di controllo con telecamere;
          nel tempo le telecamere di videosorveglianza, puntate su zone strategiche della città o di particolare pregio storico-artistico, hanno trovato un impiego sempre più necessario a deterrenza della microcriminalità e a tutela del territorio, certo non ad uso privato dei sindaci;
          l'interpretazione della normativa fornita dalla nota del Ministero dello sviluppo economico, parrebbe contravvenire ai princìpi di funzione pubblica di sorveglianza degli impianti di sicurezza cittadini, equiparando i comuni ai privati e istituendo di fatto un balzello per l'uso di detti sistemi di videosorveglianza;
          questa interpretazione contravverrebbe peraltro a quanto previsto dal decreto-legge n.  14 del 2017, poiché nel corso dell'esame, presso la Camera dei deputati, della relativa legge di conversione è stato approvato un emendamento con il quale si dà ai comuni la possibilità di installare i sistemi di videosorveglianza, collocandone le spese sostenute fuori dal patto di stabilità interno  –:
          se il Governo non ritenga opportuno chiarire i fatti descritti in premessa, fornendo in particolare un chiarimento in relazione alla nota del Ministero dello sviluppo economico divulgata il 16 febbraio 2017 con la quale ci si discosterebbe, secondo gli interroganti, dalla corretta interpretazione che è stata data fino ad ora alle norme di cui al decreto legislativo n.  259 del 2003, che distinguono l'uso privato dei sistemi di videosorveglianza dall'uso pubblico degli impianti di sicurezza presenti presso i comuni italiani. (5-11327)


      LIUZZI, SPESSOTTO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, DELL'ORCO, CARINELLI, NICOLA BIANCHI, DE LORENZIS, CRIPPA e LOMBARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          nel decreto-legge 2 maggio 2017 n.  55, adottato al fine di evitare l'interruzione del servizio svolto da Alitalia, si dispone un finanziamento a titolo oneroso di 600 milioni di euro e, in particolare all'articolo 1, comma 2, si dispone che i commissari straordinari provvedano a pubblicizzare un invito per la manifestazione di interesse finalizzato alla definizione della procedura di amministrazione straordinaria;
          in pari data il Ministro dello sviluppo economico, aprendo la procedura di amministrazione straordinaria, ha proceduto alla nomina di tre commissari straordinari;
          i tre commissari Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari nominati dal Ministro dello sviluppo economico per la gestione dell'Amministrazione straordinaria di Alitalia potrebbero, secondo alcuni articoli di giornale, ottenere un'indennità remunerativa molto cospicua addirittura si parla di cifre a sei zeri;
          a parere degli interroganti potrebbe essere un'eventualità veritiera. Il decreto ministeriale del 3 novembre 2016 che determina, ai sensi dell'articolo 47 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n.  270, i criteri di liquidazione dell'ammontare dei compensi spettanti al commissario giudiziale, al commissario straordinario e ai membri del comitato di sorveglianza nelle procedure di amministrazione straordinaria, prevede, infatti, che ai commissari spetta una percentuale sui ricavi dell'azienda per preparare il piano operativo per la continuità aziendale. Se non superano i 100 milioni di euro, a ciascun commissario spetta lo 0,25 per cento e lo 0,15 per cento per le somme superiori;
          secondo l'ultimo bilancio disponibile della compagnia Alitalia, quello del 2015, i ricavi da traffico sono stati 2,8 miliardi di euro, più altri ricavi operativi per 300 milioni. Se si ripetessero questi numeri, i tre commissari si dovrebbero dividere 4,75 milioni di euro;
          la cifra prevista    è inferiore, ma bisognerà sommare i ricavi da cessione di rami d'azienda e altri cespiti. Il decreto ministeriale prevede percentuali decrescenti a seconda dell'aumentare dell'attivo. Certo, a impattare sullo stipendio dei tre manager sarà soprattutto la «salvezza» finale di Alitalia: la ristrutturazione garantirebbe il 25 per cento in più, la conversione in fallimento un taglio del 50 per cento del budget. Nella migliore delle ipotesi, si può pensare a un assegno da 3,3 milioni di euro a testa  –:
          ove quanto descritto in premessa corrispondesse al vero, quali saranno i compensi preventivabili ai tre commissari anche nell'ipotesi minima spettante.
(5-11328)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      GALLINELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza dei prodotti di consumo in discussione a Bruxelles, prevede, all'articolo 7, l'obbligo, in carico ai fabbricanti e agli importatori, dell'indicazione dell'origine dei prodotti, secondo quanto dispone il codice doganale comunitario;
          l’iter legislativo necessario all'approvazione della proposta, in corso dal 2013, ha evidenziato, fin dall'inizio, più di una criticità sul suddetto articolo, tanto che, nonostante un primo voto favorevole dell'europarlamento nel 2014, il Consiglio «competitività» per di più presieduto dal Governo italiano, deliberò di procedere ad uno studio tecnico sui costi/benefici dell'obbligo di indicazione dell'origine;
          al fine di superare l’empasse legata alla reticenza di alcuni Stati membri e di evitare lo stallo del provvedimento, sono state avanzate, senza alcun seguito, diverse proposte relative sia ad una applicazione temporanea e settoriale dell'articolo 7, sia alla possibilità di avviare una discussione su una proposta di compromesso riguardante l'introduzione dell'etichettatura obbligatoria, per un periodo limitato di 3 anni, in 5 settori manifatturieri (calzature, tessile abbigliamento, ceramica, legno arredo e oreficeria), ovvero quei settori che trarrebbero più vantaggi dall'introduzione del « made in» obbligatorio;
          il progetto di un marchio ad uso volontario, noto come «contrassegno made in Italy» in discussione presso il Ministero dello sviluppo economico, pur presentando indubbi profili positivi, non può in alcun modo ovviare alla mancanza di una norma comunitaria sull'indicazione del made in  –:
          di quali ulteriori elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto espresso in premessa e come intenda intervenire presso le competenti sedi comunitarie al fine di riprendere la discussione sull'indicazione obbligatoria dell'origine dei prodotti, anche promuovendo l'adozione di soluzioni di compromesso, sia settoriali che temporali, indispensabili a consentire una realistica valutazione di impatto sui potenziali benefici per le aziende. (5-11321)


      CRIPPA e D'UVA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          le associazioni di sindacali di categoria stanno denunciando il programma della compagnia petrolifera Esso di cedere a terzi acquirenti gli impianti di distribuzione carburanti di sua proprietà modello cosiddetto «grossista a marchio Esso»;
          la compagnia Esso, in alcune regioni come Sicilia e Calabria, ha già portato a termine tale operazione;
          dalla documentazione in possesso degli interroganti risulta come i gestori calabresi e siciliani hanno manifestato la volontà di avvalersi, ai sensi dell'articolo 17, comma 13, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.  1, convertito dalla legge n.  27 del 2012, della facoltà di riscatto degli impianti di distribuzione;
          Esso non avrebbe però dato riscontro a tale richiesta, perché riterrebbe di poter realizzare il modello cosiddetto «grossista», avvalendosi di alcune clausole presenti nei contratti di «cessione gratuita dell'uso impianti di distribuzione»;
          tali clausole conferirebbero ad Esso il potere di cedere il contratto a terzi in qualsiasi momento e senza preavviso, imponendo al gestore di prestare preventivamente il proprio consenso al «trasferimento» sia la facoltà di recedere dal contratto con un preavviso di 30 giorni o di rimuovere in via definitiva il punto vendita in qualsiasi momento e senza preavviso con la conseguente risoluzione del contratto;
          in realtà, dette clausole, qualificate da Esso come vessatorie al senso dell'articolo 1341 del codice civile, integrerebbero, secondo gli interroganti, la fattispecie di abuso di dipendenza economica di cui all'articolo 9 della legge n.  192 del 1998, perché trattasi di prescrizioni che impongono al gestore «condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie», ovvero prevederebbero «l'interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto»;
          tali clausole si configurerebbero quindi come nulle ai sensi dell'articolo comma 3 dell'articolo 9, della legge n.  192 del 1998 e ulteriori clausole presenti negli altri contratti stipulati dalla Esso con i singoli gestori determinerebbero obiettivamente, tra le parti contraenti, «un eccessivo squilibrio di diritti e obblighi», ossia la dipendenza economica di cui al comma 1 dell'articolo 9 della legge n.  192 del 1998 e sarebbero quindi affette a loro volta da nullità;
          inoltre, tale condotta, omissiva si porrebbe in contrasto con il comma 3 dell'articolo 17 del decreto-legge n.  1 del 2012 convertito dalla legge n.  27 del 2012 che impone ai titolari degli impianti ovvero ai fornitori di non «ostacolare, impedire o limitare, in via di fatto o tramite previsioni contrattuali, le facoltà attribuite dal presente articolo al gestore» e fra esse quella di richiedere il riscatto prevista al precedente comma 2;
          da tale previsione consegue il correlato obbligo del titolare dell'impianto di prendere in considerazione la richiesta di riscatto: un vero e proprio obbligo di negoziazione; tale inadempimento, ad avviso degli interroganti, integrerebbe quindi un'ipotesi di «abuso di dipendenza economica»;
          la mancata valutazione da parte di Esso della domanda di riscatto, così come le clausole che consentono a quest'ultima l'interruzione arbitraria dei rapporti contrattuali tuttora intercorrenti con i gestori, costituirebbero, ad avviso degli interroganti, una possibile violazione dell'articolo 9 della legge n.  192 del 1998 e dall'articolo 17 commi 2 e 3 del decreto-legge n.  1 del 2012  –:
          quali siano gli intendimenti sui fatti esposti in premessa;
          se il Ministro interrogato intenda valutare se sussistano i presupposti per richiedere all'Autorità garante della concorrenza e del mercato lo svolgimento di una indagine conoscitiva nel settore ai sensi dell'articolo 12, comma 2, della legge n.  287 del 1990;
          se intenda convocare presso il Ministero dello sviluppo economico le associazioni sindacali di categoria e le compagnie petrolifere interessate al fine di affrontare, per quanto di competenza, le problematiche connesse al «modello grossista» di trasferimento delle reti che ad avviso degli interroganti, potrebbe generare un regime di oligopolio, se non di monopolio e mettere a serio rischio la sana concorrenza.
       (5-11323)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

      L'interpellanza urgente Zolezzi e altri n.  2-01778, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 maggio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Villarosa.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Fabbri n.  5-11257, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 maggio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Maria.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Capozzolo n.  2-01795 del 9 maggio 2017.