XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 818 di mercoledì 21 giugno 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

CLAUDIA MANNINO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

      (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Baldelli, Matteo Bragantini, Capelli, Catania, De Menech, Dellai, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Giorgis, Locatelli, Losacco, Manciulli, Marcon, Marotta, Mazziotti Di Celso, Monchiero, Picchi, Pisicchio, Portas, Realacci, Rosato, Sanga, Sottanelli, Tabacci, Tidei, Turco e Valeria Valente sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente centotredici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,35).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 10.

La seduta, sospesa alle 9,35, è ripresa alle 10,05.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Seguito della discussione della proposta di legge: S. 624-895-1020-2160-2163-2175-2178-2187-2196-2197-2202-2547-2591 - Martelli ed altri; Mussini ed altri; De Pin ed altri; Buemi ed altri; Paolo Romani ed altri; Bonfrisco ed altri; Marcucci ed altri; De Petris ed altri; Girotto ed altri; Lucidi ed altri; Tosato ed altri; De Pin ed altri; Molinari ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (A.C. 4410); e delle abbinate proposte di legge: Artini ed altri; Nesci ed altri; Monchiero ed altri; Gianluca Pini ed altri; Brunetta ed altri; Paglia ed altri; Prataviera ed altri; Artini ed altri; Artini ed altri; Cariello e Pisano; Civati ed altri; Sibilia ed altri; Villarosa ed altri (A.C. 1123-3339-3485-3486-3499-3508-3616-3799-3882-4053-4217-4428-4429).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, già approvata in un testo unificato, dal Senato n. 4410: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario; e delle abbinate proposte di legge nn. 1123-3339-3485-3486-3499-3508-3616-3799-3882-4053-4217-4428-4429.

Ricordo che, nella seduta del 22 maggio, si è conclusa la discussione generale e il relatore e la rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per il seguito della discussione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Esame degli articoli - A.C. 4410)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge.

Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A), che sono in distribuzione.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 4410)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A).

Ha chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti la deputata Nesci. Ne ha facoltà.

DALILA NESCI. Grazie, Presidente. Oggi c'è una consapevolezza generale di fronte all'evidenza dei fatti: il sistema finanziario vigente non funziona, intanto perché controllore e controllati spesso coincidono e anche perché i giochi di potere e di Palazzo - detto in termini spiccioli - si ripercuotono, in modo violento, su correntisti e risparmiatori. Istituire una Commissione d'inchiesta che indaghi sulle enormi falle del sistema è un atto doveroso al quale siamo arrivati con molto ritardo; doveva essere una priorità per iniziare a restituire sovranità al Parlamento che è comunque, per Costituzione, il luogo più alto della rappresentanza popolare. Proprio il Parlamento si è trovato in passato a subire la ratifica di trattati internazionali devastanti in nome del “ce lo chiede l'Europa” e per rispondere fintamente allo spettro di una recessione creata dal libero dominio di potentati finanziari e di apparati burocratici nemici della democrazia, dei diritti e dell'economia reale, della salvaguardia del risparmio, della libertà di impresa e della funzione dello Stato come garante supremo del contratto sociale.

In ogni caso, che oggi si lavori ad una specifica Commissione di inchiesta parlamentare, è un risultato senz'altro positivo; significa che, con tutte le difficoltà di preservare l'autonomia legislativa accordataci dalla Costituzione, il Senato e la Camera hanno dovuto ammettere l'estrema gravità della situazione: i suicidi di imprenditori e risparmiatori, la diffusione incontrastata di usura e truffe compiute da istituti bancari, la crescente perdita di occupazione e produttività, l'inserimento dei proventi di attività mafiosa e criminale nel computo del prodotto interno lordo e, non per ultimi, la precarietà nel lavoro e l'inconsistente abbassamento delle tutele dei lavoratori con provvedimenti come il Jobs Act e l'insistenza sui voucher che hanno legittimato un ignobile sfruttamento umano, distruggendo la speranza e creando danni irreparabili intanto per il futuro dei giovani.

Non può esserci sviluppo economico se il sistema finanziario è, in primo luogo, monetario con l'emissione di moneta a debito da parte della banca privata, Banca centrale europea. Sono alterati e determinano effetti micidiali sul lavoro che è il fondamento della Costituzione e della Repubblica, giuridicamente collegato alla sovranità popolare già ceduta all'Europa del regime bancario, ma in cambio di nulla.

Infatti, malgrado i sacrifici chiesti agli italiani (alludo intanto all'innalzamento della pressione fiscale e all'assurda diminuzione dei trasferimenti centrali nei territori), non c'è più tutela vera della salute, non c'è efficienza della giustizia, non c'è istruzione adeguata, non c'è sicurezza effettiva della comunità. In una parola, non esiste più lo Stato dei diritti così come lo abbiamo studiato nella sua evoluzione dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino alla Dichiarazione universale dei diritti umani, alla Costituzione repubblicana, che sancirono l'eguaglianza dei cittadini titolari di diritti fondamentali e del potere di controllo dell'operato pubblico.

Due sono le necessità imprescindibili nel definire la Commissione d'inchiesta sul sistema finanziario. La prima è di assicurarci, come abbiamo proposto nella proposta di legge collegata che reca anche la mia firma, che la medesima funga da catalizzatore per il rapido risarcimento delle vittime dei crimini bancari. La seconda è che la Commissione sappia entrare in profondità nelle questioni più scottanti del sistema finanziario attuale, caratterizzato da una gerarchia bancaria che ha un vertice, cioè la Banca centrale europea, la quale emette moneta a debito e perciò disintegra la sovranità popolare e che ha imposto il diabolico pareggio di bilancio in Costituzione ed in seguito il fiscal compact, con i quali non c'è modo di recuperare l'ossigeno. Prima ancora, tale sistema finanziario ha obbligato gli Stati a convergere sul meccanismo perverso di stabilizzazione della finanza pubblica, sottoposto al potere decisionale di soggetti terzi che non rappresentano le comunità nazionali.

Ci attende quindi, in primo luogo, un lavoro di coscienza, di conoscenza e di coraggio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signora Presidente. Signora Presidente, onorevoli colleghi, è molto opportuna l'istituzione di questa Commissione bancaria. Mi auguro però che essa venga svolta in modo serio e rigoroso, non per dare spazio a una vuota retorica, la quale immagina che l'economia di un Paese si possa reggere sul debito.

Nessun Paese prospera sul debito (Applausi del deputato Quintarelli), nessun Paese può prosperare nel lungo periodo sul debito. Accrescere il debito può migliorare certo la situazione per qualche mese, persino per qualche anno, per poi precipitare l'Italia in un abisso senza confini. Non è l'Europa che ci ha imposto e ci impone una rigorosa politica di controllo del deficit, sono i mercati, ma ancor più che i mercati, è la ragione umana e la nostra Costituzione che difende i valori del lavoro e del risparmio e vuole che si cresca con il lavoro e con il risparmio, non con il debito.

Tuttavia, un altro lato ugualmente importante e connesso della Commissione deve essere il fare luce sugli errori che sono stati commessi. Non è possibile che in Europa passi l'idea di una Italia che dice “sì” troppo facilmente per poi dire che non è capace di mantenere la parola che ha dato. Chi ha negoziato, chi ha avuto responsabilità di Governo deve spiegare come mai quando l'Europa ci ha detto “avete tempo adesso per rafforzare il vostro sistema bancario, adesso potete caricare sullo Stato tutte le pendenze che riterrete opportuno caricare, adesso potete mettervi in grado di affrontare i tempi difficili che verranno”, come mai allora l'Italia non ha fatto nulla. La Germania ha liberato il sistema bancario da pendenze per centinaia di miliardi di euro nel tempo giusto. Non possiamo dire agli altri ci avete imbrogliati. No, era il tempo in cui dovevamo farlo anche noi; perché non l'abbiamo fatto?

Questo è il problema politico, non che l'Europa ci impone cose assurde, l'Europa ci impone di pagare i debiti e questo non è assurdo, è giusto. Perché non abbiamo preso le misure opportune quando era tempo? E poi, quando abbiamo ulteriormente negoziato, il famoso bail-in, ma chi ha negoziato era pienamente consapevole dello stato del sistema bancario italiano? Era pienamente consapevole del fatto che in Italia avevamo miliardi di obbligazioni che il pubblico aveva assorbito nella convinzione che non potessero essere chiamati a rispondere in caso di fallimento della banca e che invece, col nuovo sistema, cambiavano il loro regime giuridico? Chi ha negoziato era consapevole di questo. Non possiamo negoziare e accettare un percorso per poi accorgerci dopo che abbiamo dato il via libera a conseguenze gravi, anche di truffa, verso i cittadini che hanno comprato un titolo che aveva una certa qualifica giuridica e se ne trovano in mano un altro che ha una qualifica giuridica diversa. Ecco occorre molto rigore, signora Presidente, onorevoli colleghi, non facciamo retorica, è un'occasione anche per un serio mea culpa sul modo in cui abbiamo condotto le nostre vicende europee.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Laffranco. Ne ha facoltà.

PIETRO LAFFRANCO. Presidente, era il dicembre del 2015 allorquando il presidente del nostro gruppo propose l'istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario italiano. Ci sono voluti diciotto mesi per arrivare a questa seduta d'Aula nella quale noi desideriamo con grande determinazione che il provvedimento venga approvato. Per questo motivo io annuncio sin da ora non soltanto il ritiro dei miei due emendamenti 3.7 e 3.6, di cui poi però dirò il significato, ma anche che, qualora non fossero altrettanto ritirati gli altri emendamenti, noi voteremo in senso contrario, non per il merito, perché la legge istitutiva meriterebbe una serie di correzioni, quanto perché vogliamo evitare che la navetta costringa questo provvedimento a tornare di nuovo in Senato e a perdere ulteriore prezioso tempo per fare chiarezza sulle tante questioni opache e poco trasparenti che si sono verificate in questi anni in diversi segmenti del settore bancario, e sulle quali è opportuno, anzi necessario, vorrei dire urgente che il Parlamento indaghi coi poteri della Commissione parlamentare di inchiesta.

Detto questo, gli emendamenti che io avevo presentato erano inerenti alla questione delle banche popolari, com'è noto oggetto di una pseudo-riforma da parte del precedente Governo… Precedente: diciamo del Governo, perché poi tanto precedente non è, in quanto fotocopia di questo. Gli obiettivi che i miei emendamenti si proponevano erano quelli di fare chiarezza intanto sulle acquisizioni di titoli delle banche popolari da parte di banche d'affari estere o di fondi europei o americani; e poi, di verificare se vi fossero stati degli atti speculativi prima dell'emanazione della normativa. Poiché, ricordo (questo lo fece lo stesso presidente Brunetta, il sottoscritto, ma anche altri colleghi) di aver segnalato a più riprese come nei giorni immediatamente antecedenti il varo della riforma vi fosse stato un andamento molto anomalo sul mercato di alcuni titoli azionari. E siccome allora noi non abbiamo contezza né dell'indagine aperta della Consob, né di quali siano quelli che sembrano essere 25 fondi che hanno posto in essere azioni speculative, né di quale sia stata l'entità di queste operazioni, né di quale sia stato il punto in fatto di derivati, né tanto meno di quale sia stato l'esito delle rogatorie internazionali aperte dalla procura di Roma, noi ritenevamo assolutamente importante che la Commissione parlamentare d'inchiesta facesse chiarezza su queste questioni.

Qualcuno non lo ha voluto, se ne assume pienamente la responsabilità. Quello che è certo è che oggi noi non interromperemo il corso di questo provvedimento, già in grave ritardo per questo motivo; ma è altrettanto certo che non interromperemo neppure la ricerca della verità su queste questioni, e andremo avanti con tutti gli atti che la legislazione e il Regolamento parlamentare ci consente per fare chiarezza in futuro su questioni che tale chiarezza meritano, e lo meritano soprattutto agli occhi degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 1 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

MAURIZIO BERNARDO, Relatore. Presidente parere contrario su entrambi gli emendamenti, 1.1 Turco e 1.10 Rampelli.

PRESIDENTE. Il Governo?

PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.1 Turco, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.10 Rampelli, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 3).

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 4410)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 4).

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 4410)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

MAURIZIO BERNARDO, Relatore. Presidente, il parere è contrario su tutti gli emendamenti.

PRESIDENTE. Il Governo?

PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.1 Turco.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Signora Presidente, se non fosse la considerazione prioritaria a tutto, che comunque bisogna procedere all'approvazione di questo provvedimento oggi, visto il ritardo con cui peraltro si sta istituendo questa Commissione, questo emendamento sarebbe meritevole di grande attenzione. Non fosse altro per le responsabilità che bisogna non solo verificare, ma anche accertare e finalizzare rispetto a quanto previsto dall'istituzione stessa della Commissione, sia per quanto riguarda quelle giuridiche sia per quelle politiche, in riferimento alla gestione di tutto quello che hanno rappresentato le crisi del sistema finanziario: non solo le crisi dovute a situazioni di carattere internazionale e di carattere esclusivamente finanziario, di speculazione, ma anche quelle in riferimento a responsabilità di natura penale, su cui sono note alcune vicende e alcune situazioni. E, al di là di quanto già è stato evidenziato sul come e il perché, il nostro Paese nel 2012, pur contribuendo al Fondo «salva Stati» per salvare le altre banche, non ha ritenuto di dover procedere. Non si riesce a capire ancora questo aspetto abbastanza oscuro del perché noi non abbiamo ritenuto, come Paese, già all'epoca, di entrare senza che potesse poi entrare in vigore il bail-in e tutto il resto che è entrato in vigore. Detto questo, penso che anche sulle responsabilità in riferimento alle riforme proposte da parte del Governo Renzi, in particolare in riferimento sia alla riforma sulle popolari e sia anche e soprattutto sulle BCC, debba esserci piena luce e debba essere fatta una verifica sia sulle responsabilità giuridiche sia sulle responsabilità politiche.

Ecco perché questo emendamento, secondo me, meriterebbe l'approvazione e dovrebbe essere il fulcro di tutta l'impostazione di questa Commissione di indagine, ma, purtroppo, siamo costretti a votare contro perché, altrimenti, questa Commissione d'inchiesta non partirebbe mai in riferimento a tutto questo. Ma sarà poi il lavoro di chi sarà chiamato a far parte di questa Commissione a farsi carico di fare piena luce anche sulle situazioni e sui fallimenti delle riforme proposte, perché proporre una riforma, così come è stato fatto da parte del Governo Renzi, e a seguire anche da Gentiloni, senza poter, poi, raggiungere gli obiettivi di quelle riforme, senza accettare nessuna possibilità di modifica di emendamenti, nonostante vi siano state audizioni, con emendamenti che erano stati proposti e audizioni che erano state proposte per una correzione, per poter fare meglio quelle riforme…Alla fine, è dovuto intervenire il Consiglio di Stato, è dovuta intervenire la Corte costituzionale, che dovrà pronunciarsi su situazioni e profili che erano evidenti e che erano stati segnalati da esperti durante le audizioni, e che molti commissari delle Commissioni competenti, sia di maggioranza sia di opposizione, avevano anche formalizzato, ma con l'assurda posizione del Governo di chiusura senza nessun recepimento. Quindi, signora Presidente, mio malgrado, dovremo votare contro questo emendamento, ma questo è il fulcro, poi, di tutto quello che dovrebbe essere il lavoro, e io spero che si concluda anche nei tempi dovuti da parte della Commissione di inchiesta.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.1 Turco, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.16 Rampelli, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.11 Rampelli, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.12 Rampelli, su cui i pareri sono contrari.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Per Forza Italia, fermo restando quanto ha osservato puntualmente il collega Laffranco, noi abbiamo interesse che la Commissione venga, ovviamente, licenziata quanto prima. Osservo che, però, la prospettiva di questo emendamento, cioè la compatibilità fra il sistema del credito e quello economico-nazionale e le misure europee adottate in questi anni, è certamente uno dei temi cruciali per comprendere il perché vi sia stato uno scambio di nessi causali fra quella che è la nostra situazione economica e quello che è, invece, l'effetto domino di quelli che sono stati i provvedimenti europei. Quanto meno per segnalare che la Commissione dovrà tener conto di tutte queste tematiche e farne tesoro, perché poi, ovviamente, uno spicchio, un quadrante, non è capace di essere letto nella sua interezza e nella sua dinamicità, se non è calato in un contesto più ampio.

Indubbiamente, la capacità pervasiva e, qualche volta, anche ingiustamente invasiva di certi provvedimenti ha il suo ruolo; pertanto, noi certamente voteremo contro questo emendamento, ma non possiamo non segnalare la rilevanza del tema.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.12 Rampelli, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.10 Rampelli, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.13 Rampelli.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Grazie, signora Presidente. Anche su questo emendamento, purtroppo, siamo costretti a votare contro, ma questo è un emendamento importante, forse è quello che interessa di più alla gente, ai risparmiatori. Infatti, alla politica e alla magistratura interesseranno sicuramente le responsabilità, interesseranno altri aspetti e altri profili; ai risparmiatori interessa la congruità e accessibilità dei risarcimenti disposti in favore di quelli che sono stati danneggiati, e la Commissione ha il sacrosanto dovere di fare piena luce, da questo punto di vista, in riferimento a quella che può essere la congruità e lo stato dell'arte, perché dalle notizie che vengono assunte è fin troppo evidente che è un sistema troppo farraginoso già per quelli che hanno diritto rispetto all'accesso della possibilità di essere risarciti e ai rimborsi.

In più, come se non bastasse, ci sono altri casi che non sono per niente affrontati. Ora, davanti a questa situazione non c'è dubbio che uno dei compiti principali a difesa del risparmio, dell'articolo 41 della Costituzione, è questo aspetto e questo tipo di situazione. Ecco perché questo emendamento meriterebbe una grande condivisione, una grande approvazione, però meglio feriti che morti. Si deve procedere all'approvazione dell'istituzione della Commissione, con la speranza e l'auspicio che una parte rilevante degli studi, dell'indagine che farà questa Commissione siano dedicati, poi, anche ai risparmiatori, che sono le vittime principali di tutta questa situazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Taglialatela. Ne ha facoltà.

MARCELLO TAGLIALATELA. Presidente, a me pare evidente che siamo in presenza di un atteggiamento da parte dell'Aula che, da un lato, ed è un fatto positivo, vuole determinare le condizioni affinché il provvedimento venga rapidamente votato, in maniera tale che si possa velocemente costituire la Commissione d'inchiesta.

Noi, però, abbiamo posto un problema rispetto all'efficacia di questo provvedimento, in ragione del fatto che siamo a fine legislatura e, quindi, il dubbio, la preoccupazione, ma anche il sospetto che qualcuno voglia utilizzare la scadenza ravvicinata della legislatura per evitare che la Commissione determini gli obiettivi che il provvedimento prevede per noi è forte. Quindi, riproponiamo un tema all'Aula e lo riproponiamo in ragione dell'efficacia dell'obiettivo che questo provvedimento vuole raggiungere. Non basta costituire semplicemente la Commissione d'inchiesta se questa Commissione d'inchiesta avrà la sua conclusione automaticamente alla fine della legislatura. Noi abbiamo proposto, con un emendamento, la possibilità che ad essa sia data la garanzia che il Parlamento, quest'Aula, anche nella prossima legislatura automaticamente facciano proseguire la sua attività. In tal senso non abbiamo ancora ascoltato nessun intervento. Per noi, ovviamente, l'aspetto fondamentale è costituire la Commissione, ma anche evitare il rischio che la stessa finisca il suo compito senza produrre risultati in ragione della fine della legislatura. Mi chiedo cosa pensino dell'argomento i gruppi che hanno sostenuto la costituzione di questa Commissione rispetto al pericolo che noi denunciamo e per il quale vi è una soluzione: prevedere che la stessa prosegua anche dopo la legislatura, ovviamente se non ha prodotto il risultato della conclusione dei suoi lavori e, quindi, il suo operato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tancredi. Ne ha facoltà.

PAOLO TANCREDI. La ringrazio, signora Presidente. Innanzitutto intervengo per dire che rispetto all'ultimo problema posto, che era un emendamento all'articolo 1, naturalmente siamo tutti d'accordo. Io credo, però, che questo punto sia regolato dalle norme che regolano le Commissioni bicamerali di inchiesta di Camera e Senato. Credo che all'esordio della nuova legislatura dovrà essere rivotata una legge di prosecuzione dell'attività e penso che su questo non ci siano posizioni e problemi. Potremmo anche magari approvare un ordine del giorno su questa vicenda.

Io, invece, vorrei intervenire sulla votazione degli emendamenti all'articolo 3. Lo faccio sull'emendamento 3.13 Rampelli, ma potrei fare lo stesso discorso sugli emendamenti precedenti. É chiaro che sono emendamenti – soprattutto quelli a firma del collega Rampelli - sostanzialmente condivisibili, visto che hanno l'obiettivo di dare alla Commissione d'inchiesta un indirizzo e dei fini che sono congruenti con quello che è l'intento del Parlamento. È logico che, però, ci sono due questioni che ci portano a votare “no”: la prima è di ordine logistico, perché è chiaro che se modificassimo la norma ritarderemmo i tempi e qui, come ha anche detto il collega Taglialatela, ci avvicineremo sempre di più alla fine della legislatura senza dare operatività alla Commissione. La seconda questione è che più o meno tutti gli obiettivi che il collega Rampelli si pone nei suoi emendamenti all'articolo 3 credo siano ugualmente perseguibili dalla Commissione così come è pensata oggi, dallo stesso articolo 3 della proposta che stiamo votando. Quindi, ritengo che, seppur condivisibili, anche se non messi in norma siano ugualmente perseguibili dalla istituenda Commissione d'inchiesta. È per questi due motivi che noi abbiamo votato e voteremo in modo contrario su queste proposte.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Corsaro. Ne ha facoltà.

MASSIMO ENRICO CORSARO. Grazie, Presidente.

Il dubbio che l'improvvisa volontà di approvare in modo repentino questo testo sia figlia semplicemente della volontà di volersi pulire la coscienza e di dire che, tutto sommato, una Commissione bicamerale d'inchiesta sul sistema bancario l'abbiamo deliberata, anche se maliziosamente in tempi non sufficienti perché la Commissione stessa possa esercitare per davvero i compiti che le sarebbero assegnati, è molto forte e per fugare questo dubbio mi rivolgo onorevole Presidente, per il suo tramite, al rappresentante del Governo. Sarebbe davvero importante e segnale di credibilità che venisse accolta l'istanza formulata pochi minuti fa dal collega Taglialatela, ovvero la possibilità di postergare l'azione e l'efficacia della Commissione che, evidentemente, finirebbe per subire qualche modifica nella sua composizione soggettiva, ma come organo potrebbe tranquillamente proseguire la propria attività nella prossima legislatura. Infatti, è evidente che dal momento in cui noi variamo questo provvedimento al momento in cui la Commissione viene istituita, al momento in cui vengono stabilite delle regole di ingaggio per la formulazione dei lavori della Commissione, al fatto che di qui a 35-36 giorni ci sarà la sospensione per la pausa estiva, al fatto che appena rientreremo dalla pausa estiva sostanzialmente avremo poche settimane di lavoro prima di entrare nella fase più calda della campagna elettorale, va da sé che tutte queste considerazioni conducono a rappresentare l'incapacità sostanziale di questa Commissione di portare a compimento alcuno dei risultati, pur lodevoli, che sono auspicati all'interno di questo provvedimento. Quindi, per davvero sarebbe importante che il Governo desse un segnale di disponibilità nel senso del prosieguo dei lavori oltre il limite che verrebbe allo stato indicato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.13 Rampelli, su cui i pareri sono contrari.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.14 Rampelli, su cui i pareri sono contrari.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).

Passiamo all'emendamento 3.3 Cristian Iannuzzi, su cui i pareri sono contrari.

CRISTIAN IANNUZZI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CRISTIAN IANNUZZI. Grazie, Presidente. Condivido il proposito di licenziare al più presto la legge. Per cui, ritiro l'emendamento e presenterò sullo stesso tema un ordine del giorno.

PRESIDENTE. Va bene; allora è ritirato.

Passiamo all'emendamento 3.15 Rampelli, su cui i pareri sono contrari.

MARCELLO TAGLIALATELA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCELLO TAGLIALATELA. Presidente, noi vogliamo assolutamente evitare, come gruppo di Fratelli d'Italia, che qualcuno pensi che i nostri emendamenti siano ostruzionistici, che creino condizioni per rallentare i lavori della Commissione e dell'Aula in ragione della costituzione della Commissione stessa. E, quindi, ritiriamo questo emendamento così come ritiriamo anche i successivi, tenendo conto che è stato bocciato il nostro primo emendamento che, come ho detto nel mio precedente intervento, puntava ad ottenere la garanzia che la Commissione d'inchiesta potesse proseguire i suoi lavori anche se non avesse concluso gli stessi entro la fine della legislatura. Quindi ritiriamo gli emendamenti ma poniamo un problema che è stato raccolto dal collega Corsaro e anche dal collega Tancredi.

Mi rendo conto che presentare un ordine del giorno sull'argomento è impossibile perché l'emendamento è già stato bocciato. Tuttavia è possibile presentare un ordine del giorno - chiedo al Governo, oltre che all'Aula, di ascoltarmi sull'argomento - che impegni lo stesso Governo, nel caso in cui ci si accorgesse che la Commissione costituita non possa concludere i suoi lavori in tempo entro la fine della legislatura, a presentare un provvedimento che ne proroghi la sua durata. Il tema non è lo stesso dell'emendamento perché pone una questione rispetto al lavoro che la Commissione porrà in essere e quindi mi appello anche ai gruppi che sull'argomento hanno manifestato interesse.

Il rischio, colleghi, è che noi oggi andremo a votare un provvedimento che di fatto non otterrà alcun risultato perché la fine della legislatura sarà una mannaia rispetto alla conclusione dei lavori della Commissione stessa. Vorremmo evitare che tutto ciò accada e ritiriamo gli emendamenti ma mi appello alla disponibilità dei gruppi a firmare un ordine del giorno congiunto che impegni il Governo, nel caso in cui la Commissione non concluda i suoi lavori entro la fine della legislatura, a prorogarne la durata e quindi l'efficacia.

Se c'è una valutazione positiva da parte degli altri gruppi ovviamente non ne facciamo un ragionamento di bandiera ma di sostanza e quindi siamo disponibili - come gruppo Fratelli d'Italia - ad appoggiare un ordine del giorno che preveda la firma di tutti, a prescindere dal primo firmatario.

PRESIDENTE. Sta bene. Quindi i presentatori hanno ritirato l'emendamento 3.15 Rampelli.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.4 Turco.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.4 Turco, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 12).

Ricordo che gli emendamenti 3.7 Laffranco e 3.6 Laffranco sono stati ritirati.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 13).

(Esame dell'articolo 4 - A.C. 4410)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Passiamo dunque ai voti.

      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 14).

(Esame dell'articolo 5 - A.C. 4410)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Passiamo dunque ai voti.

      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 15).

(Esame dell'articolo 6- A.C. 4410)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Passiamo dunque ai voti.

            Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 16).

(Esame dell'articolo 7 - A.C. 4410)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

MAURIZIO BERNARDO, Relatore. Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento 7.1 Turco.

PRESIDENTE. Il Governo? Prendo atto che il rappresentante del Governo, sottosegretario Baretta, esprime parere conforme a quello espresso dal relatore.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 7.1 Turco, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 17).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 18).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 4410)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il sottosegretario Baretta ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie. Sull'ordine del giorno n. 9/4410/1 Cristian Iannuzzi si propone la seguente riformulazione: fermarsi a “soggetti vigilati” ed espungere “con particolare riferimento”, eccetera, fino alla fine. Sull'ordine del giorno n. 9/4410/2 Nesi, il parere è favorevole; sul n. 9/4410/3 Laffranco il parere è contrario; sul n. 9/4410/4 Fabrizio Di Stefano si propone la seguente riformulazione: “a valutare l'opportunità di avviare una specifica analisi in merito”, eccetera e fermarsi alla parola “risparmi” ed espungere “a seguito dell'applicazione delle nuove norme sul bail in e delle pratiche scorrette”. Sugli ordini del giorno n. 9/4410/5 Palese, n. 9/4410/6 Marzano e n. 9/4410/7 Carrescia, il parere è favorevole.

PRESIDENTE. La ringrazio. Allora, deputato Cristian Iannuzzi, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/4410/1? Va bene. Vado avanti.

Ordine del giorno n. 9/4410/2 Nesi, parere favorevole: vado avanti.

Ordine del giorno n. 9/4410/3 Laffranco, parere contrario. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Laffranco. Ne ha facoltà.

PIETRO LAFFRANCO. Non so perché, Presidente, non sono stupito del fatto che il Partito Democratico non voglia indagare sulle banche popolari, non l'ha voluto mettere nella Commissione d'inchiesta e non accetta neppure un ordine del giorno. Questo - lo dico al sottosegretario, verso cui c'è grande stima, nonostante sostenga queste folli posizioni politiche, che evidentemente non so di chi siano, ovvero forse lo so - non ci fermerà nella ricerca della verità sulla situazione opaca e poco trasparente che c'è stata sulla vicenda della riforma delle banche popolari, sia chiaro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Taglialatela. Ne ha facoltà.

MARCELLO TAGLIALATELA. Sì, per dichiarare il voto favorevole del gruppo Fratelli d'Italia e per richiamare l'Aula alla verità. Siamo in presenza di un provvedimento che non solo non prevede la possibilità, come chiedeva giustamente il collega Laffranco, di indagare anche sulle banche popolari, ma che potrebbe - e ripeto il ragionamento espresso poc'anzi - non determinare alcun tipo di risultato, in ragione della bocciatura dell'emendamento da noi presentato, che prevedeva la possibilità che, anche nel caso in cui la Commissione non avesse concluso i suoi lavori entro la fine della legislatura, potesse comunque prevedersi la proroga della Commissione stessa per continuare il lavoro iniziato.

Noi abbiamo un problema di credibilità: quest'Aula deve essere credibile, soprattutto in presenza di un argomento tanto sensibile come quello del risparmio degli italiani, perché noi di questo stiamo parlando, di creare un provvedimento che sia credibile nei confronti degli italiani, che hanno verso il sistema bancario una ragione di sostanziale sospetto per tutti i guai che si sono determinati. Quindi, qualsiasi voto contrario che diminuisca, alleggerisca o impedisca la credibilità della Camera in ordine a questo argomento è un voto contro i risparmiatori italiani.

Io spero che questo ordine del giorno possa essere approvato, andremo ovviamente a verificare quale sarà la sensibilità dei parlamentari sull'argomento, perché per noi il risparmio degli italiani è sacro.

PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Solo per chiarezza reciproca, l'ordine del giorno è impostato su una premessa che fa una esplicita, legittima, critica a tutto l'intervento governativo sulle banche popolari e, come se non bastasse, nel dispositivo richiama la premessa come oggetto dell'impegno del Governo. Francamente, che il Governo accetti un ordine del giorno dove dice che ha sbagliato tutto in questi tre anni, erano già chiare all'onorevole Laffranco le ragioni per le quali il “no” arrivava e non sono, però, quelle che ha detto lui adesso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signora Presidente. Io non chiedo al Governo di accettare un ordine del giorno in cui condanna se stesso - è evidente che non lo può fare -, ma credo che sia possibile riformulare l'ordine del giorno, chiedendo che ci sia un esame attento della questione delle banche popolari, perché anche lì ho sentito molte cose assolutamente non condivisibili da parte di colleghi, in particolare del MoVimento 5 Stelle - l'Europa ci ha imposto -, l'Europa non ci ha posto nulla, quello è un provvedimento che abbiamo fatto noi e, se ci sono degli errori in quel provvedimento - ed è probabile che ci siano -, sarà bene che indaghiamo come e perché li abbiamo fatti.

Sarebbe anche una buona occasione per verificare come ha funzionato e se ha funzionato, perché le banche popolari sono una grande patrimonio italiano, sono o erano, spero di poter dire ancora sono. Una banca che è legata con il territorio, che ha la professionalità che le permette di erogare credito sul territorio, che non prende risparmi per portarli a Wall Street e investirli in derivati, ma conosce l'artigiano, il falegname, il commerciante del luogo e presta loro soldi, quando li meritano, avendo ben valutato il merito di credito, è una ricchezza per il territorio. Avere cura di questa ricchezza e verificare se il provvedimento è stato fatto nel modo giusto e se sta funzionando nel modo giusto, preservando questa ricchezza, questa è una cosa che sarebbe assolutamente interessante ed importante e rientra perfettamente negli obiettivi di questa Commissione. Quindi, io vorrei invitare il collega Laffranco ad accettare una riformulazione non offensiva per il Governo, che consenta di votare questo ordine del giorno, e mi auguro che il Governo accetti di dare parere favorevole a questa riformulazione.

PRESIDENTE. Però il parere è contrario e non è stata richiesta una riformulazione da parte del Governo. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Villarosa. Ne ha facoltà.

ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Presidente, purtroppo, ormai, dalle due ultime posizioni del Governo è abbastanza chiaro che non voglia, come ha raccontato a dicembre 2015 il Presidente del Consiglio, e non è vero che si vuole fare chiarezza, perché il decreto sulle banche popolari è strettamente legato almeno alle crisi delle quattro banche: Etruria, CariFerrara, Banca Marche e CariChieti. Quindi, andare ad analizzare ciò che è successo e perché è stato emanato quel decreto, secondo me, è molto importante all'interno di una Commissione d'inchiesta.

Perché dico che sono due gli interventi nei quali il Governo ci fa capire che non vuole che questa Commissione d'inchiesta approfondisca ciò che il Governo ha fatto per causare la devastazione del nostro sistema bancario? Lo vediamo dall'ordine del giorno Iannuzzi, quello riformulato poco fa, perché il Governo, in quell'emendamento, cara Presidente, lo sa cos'è che cancella? Cancella la possibilità per la Commissione d'inchiesta di verificare – verificare! - i danni causati dal famoso meccanismo delle “porte girevoli”. Cos'è il meccanismo delle “porte girevoli”? È quel meccanismo che ha permesso a chi lavorava al Tesoro, a chi lavorava in Banca d'Italia e acquistava prodotti finanziari da queste banche internazionali, di andare poi a lavorare, sapete per chi? Per queste banche internazionali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

Quindi, è abbastanza chiaro l'intento del Governo. Baretta avrebbe potuto tranquillamente riformulare una parte e far votare due parti separate - e almeno si sarebbe pulito, diciamo, la coscienza un pochettino -, ma è abbastanza chiaro che non è questa la loro volontà, cioè far capire al Paese se il Governo c'entra nella devastazione del sistema bancario.

Al collega Buttiglione, invece, vorrei dire che noi non abbiamo mai detto che è stata l'Europa a chiedere il provvedimento sulle banche popolari; è stato il Governo a volere il provvedimento sulle banche popolari, perché mirava ad una cosa ben precisa e, se volete, lo spiegherò durante la dichiarazione di voto; se sarete qui, lo ascolterete durante la dichiarazione di voto. L'EACB, Associazione bancaria europea delle banche popolari, ha scritto una lettera al Governo, dicendo che quel decreto non andava bene, perché banche popolari così grandi esistono in Europa, lavorano bene e fanno crescere l'impresa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fassina. Ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA. Grazie, Presidente. È evidente che, come ha sottolineato il sottosegretario Baretta, il Governo non potrebbe dare parere favorevole ad un ordine del giorno che esprime un giudizio negativo sul suo operato, ma a me pare che questo non sia il caso. La premessa all'ordine del giorno che abbiamo in discussione è molto fattuale, richiama eventi che si sono verificati a cavallo dell'emanazione del decreto delle banche popolari. Ci sono pochissime parole che potrebbero essere cancellate senza perdere alcunché e confermare il dispositivo. Il Governo sa bene che si è verificata un'attività speculativa nei giorni immediatamente precedenti all'emanazione del decreto. Ci sono indagini giornalistiche serie che individuano anche alcuni responsabili. Ovviamente si tratta di ricostruzioni fatte da giornalisti seri, non di conclusioni di procedimenti penali, e tuttavia è un punto sul quale sarebbe utile approfondire. Quindi, chiedo al sottosegretario Baretta o di far votare l'ordine del giorno per parti separate, così da salvare il dispositivo, oppure proporre all'Aula una riformulazione che espunga dal testo un periodo e la conclusione di un altro periodo al centro della premessa, così da poter votare un testo e dare un segnale di serietà a quest'Aula su un passaggio che è stato un passaggio estremamente problematico per la credibilità del Governo e per la credibilità del Parlamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fabrizio Di Stefano. Ne ha facoltà.

FABRIZIO DI STEFANO. Grazie Presidente. Io credo che le richieste che stanno arrivando da tutti gruppi, da tutte le parti di questo Parlamento, siano sicuramente condivisibili. Già questa è una Commissione che oggettivamente avrà una vita molto breve, perché se fosse per Renzi la legislatura finirebbe domani mattina, quindi avremmo davvero poche settimane per lavorare. Ma comunque, anche se andasse a scadenza naturale, abbiamo pochi mesi. Quindi, già l'effetto di questa Commissione sarà estremamente limitato, perché opporsi anche a una riformulazione che giustamente, come diceva chi mi ha preceduto, deve andare a espungere secondo la sensibilità del Governo dei passaggi che possono apparire critici nei confronti dell'attività stessa del Governo, mantenendo però il fulcro della richiesta, cioè quello di mettere sotto attenzione anche una parte importante del sistema creditizio che indubbiamente - non lo diciamo noi, ma lo dicono un po' tutti gli osservatori di settore - va monitorato per quello che c'è stato e per quello che ci potrebbe ancora essere. Allora ci può essere una riformulazione così come nell'ordine del giorno successivo a mia firma (mi si chiede di riformulare, ma su questo ne riparleremo). Se si può riformulare l'ordine del giorno successivo, si può riformulare anche questo, per cercare almeno di dare un senso alla Commissione, visti i tempi limitati e visto anche i tanti interventi che si sono succeduti prima sugli emendamenti che sarebbe stato opportuno inserire, ma che per questioni di contingentamento del tempo, conviene invece respingere; evidentemente almeno con un ordine del giorno si recupera in parte a questo. Quindi, io, sottoscrivendo l'ordine del giorno Laffranco, invito il Governo a rivedere la posizione e a riformulare l'ordine del giorno, per evitare di porlo in votazione e permetterci di accettarlo.

PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Presidente, se vogliamo accantonarlo io provo a fare quest'operazione con due premesse. La prima è che l'attività speculativa sulla quale si vuole indagare non dipende dai provvedimenti. Questo deve essere chiaro, perché altrimenti c'è un equivoco politico dal quale non usciremmo. Siccome dal testo si evince un rapporto per il quale l'attività speculativa sulla quale si chiede di analizzare in parte dipende dal provvedimento sulle popolari, è chiaro che questo è impossibile che venga accettato. La seconda premessa è che francamente si impegna il Governo su un'attività che dovrebbe competere soprattutto alla Commissione d'inchiesta. Quindi lo possiamo riformulare, ma con queste premesse. Io ci lavoro un attimo, Presidente, se lei è d'accordo, mentre andiamo avanti.

PRESIDENTE. Sì, certo. Va bene, allora, intanto andiamo avanti poi, casomai, sospendiamo qualche minuto.

Sull'ordine del giorno numero n. 9/4410/4 Fabrizio Di Stefano, c'è una riformulazione. Deputato Di Stefano, va bene? Va bene, andiamo avanti.

Sugli ordini del giorno n. 9/4410/5 Palese, n. 9/4410/6 Marzano e n. 9/4410/7 Carrescia, il parere è favorevole.

A questo punto, diamo al sottosegretario cinque minuti di tempo per fare le sue valutazioni.

Sospendo la seduta, che riprenderà alle 11,20.

La seduta, sospesa alle 11,15, è ripresa alle 11,25.

PRESIDENTE. Invito il sottosegretario Baretta ad esprimere il parere sull'ordine del giorno Laffranco n. 9/4410/3.

PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Presidente, la proposta è di espungere completamente la premessa, altrimenti dobbiamo riscriverla tutta; di andare direttamente al dispositivo, che verrebbe così: “impegna il Governo ad approfondire, parallelamente all'attività della Commissione d'inchiesta, eventuali azioni speculative svolte sui titoli delle banche popolari interessate alla trasformazione in società per azioni prima dell'emanazione della normativa di riferimento, chiarendo altresì se fossero interessate banche d'affari estere o fondi europei o americani allo scopo di acquisire il controllo delle banche popolari trasformate”.

PRESIDENTE. Va bene, onorevole Laffranco? C'è il cenno di riscontro positivo. Benissimo.

È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4410)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Pia Locatelli. Ne ha facoltà.

PIA ELDA LOCATELLI. Signora Presidente, che qualcosa non abbia funzionato a dovere nel sistema finanziario e creditizio del nostro Paese, soprattutto in relazione al trauma della crisi del 2008, è indiscutibile. Ne sono prova evidente quanto avvenuto con alcuni istituti di credito, finiti sull'orlo del default, e le conseguenze subite dagli investitori, anche per la concomitante entrata in vigore del bail-in. Inutile ricordare il disastro del Monte dei Paschi di Siena, di Banca Etruria e delle popolari venete, e quanto tutto ciò potrebbe costare alle finanze pubbliche, oltre che ovviamente ai risparmiatori.

Se da un verso è indubbio che le conseguenze della crisi hanno colpito più duramente alcuni Paesi come l'Italia, più fragili economicamente e finanziariamente, è altrettanto chiaro che nei casi sopracitati si sono quanto meno aggiunti errori gravi e ripetuti di gestione, e in alcuni casi di malversazione. Quello che va certamente approfondito è il tema delicatissimo del controllo pubblico: ovvero se non è stato sufficientemente approfondito, oppure se gli organismi preposti non abbiano gli strumenti necessari per incidere efficacemente in questi casi.

Per questa ragione noi socialisti sosteniamo la scelta di una Commissione d'inchiesta: è assolutamente necessario fare luce sui casi di cattiva gestione del risparmio, sulla mancanza di morigeratezza gestionale, sugli errori del passato, per indicare e per correggere; perché è assolutamente intollerabile che i risparmiatori e i contribuenti vengano chiamati a patire le conseguenze delle commistioni di interessi e delle scelte azzardate speculative. E forse questa è anche l'occasione per rimettere in discussione la possibilità di partecipazioni azionarie delle banche nelle imprese, e viceversa; per capire se l'interesse nazionale non richieda il ripristino, anche sotto altre e più aggiornate forme, di quel divieto che ci fece uscire dalla crisi del 1929, e che rafforzò per oltre mezzo secolo il fragile nerbo del sistema produttivo e creditizio italiano, salvaguardandone la reciproca indipendenza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Massimo Artini. Ne ha facoltà.

MASSIMO ARTINI. Presidente, a 556 giorni dalla dichiarazione dell'allora Presidente del Consiglio, Renzi, sull'urgenza di dover arrivare a questa Commissione d'inchiesta, annuncio il voto favorevole di Alternativa Libera rispetto a questa legge. Il punto preoccupante, Presidente (vado direttamente alla questione), è quale sarà l'ambito e la capacità d'azione di questa Commissione d'inchiesta, perché nell'anno e mezzo che ci separa da quella dichiarazione cui facevo riferimento prima, la situazione è andata ancora a peggiorare e a deteriorarsi nei confronti di tutte le banche che riguardavano il decreto-legge cosiddetto Banca Etruria e le altre banche afferenti a quel decreto-legge; ma in particolare la situazione più preoccupante, per la quale ho sviluppato almeno cinque proposte di legge, e che mi preoccupa di più, per l'ammontare della situazione finanziaria che potrebbe impattare su tutto il sistema, è quella del Monte dei Paschi.

Fin dal 2013, con una delle prime proposte di legge di Commissione d'inchiesta, abbiamo cercato di agire su questo tema, non guardando solamente la situazione contingente, ma cercando di capire perché quella banca ha visto sfumare 21 miliardi di euro di patrimonio: sfumare negli anni in cui era una banca pubblica, diventare una banca privata, o comunque supportata da una fondazione, e poi essere spolpata via via, di anno in anno, con operazioni finanziarie che ormai hanno, per la normale giustizia, raggiunto anche la prescrizione. Mi preme sottolineare - era una delle motivazioni per cui abbiamo presentato anche una serie di emendamenti, sia in Commissione sia qui in Aula - di rendere ampia l'azione di questa Commissione, anche se siamo tutti consapevoli che i tempi sono veramente ristretti.

Proprio per questo motivo, ribadendo la nostra volontà di votare favorevolmente a questo provvedimento, chiedo un impegno agli altri gruppi, di riuscire entro una settimana a definire i nomi dei componenti della Commissione; e far sì che si componga al più presto, sia alla Camera che al Senato, questo organo che ha la necessità di funzionare da subito per essere operativo immediatamente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Corsaro. Ne ha facoltà.

MASSIMO ENRICO CORSARO. Presidente, voteremo a favore di questo provvedimento, perché negare una Commissione d'inchiesta sul sistema bancario oggi come oggi è un po' come dire che non si vuol bene alla mamma. Ma, al di là di questa circostanza, esprimiamo una serie di elementi di forte criticità, alcuni dei quali sono già stati enunciati nel corso del dibattimento sugli emendamenti; a partire dalla circostanza che la misura temporale cui è circoscritta l'agibilità di questa Commissione, ovvero da qui alla fine della legislatura, oggettivamente non renderà alla Commissione stessa alcuna potestà di conseguire i risultati per definire i quali si dà il via alla sua istituzione.

Parimenti sospetta è stata un po' la parte recitata dal Governo rispetto, ad esempio, al tema sollevato poco fa nell'ordine del giorno del collega Laffranco, delle banche popolari, che non avrebbe probabilmente dovuto neanche velatamente rappresentare per il Governo alcuna forma di imbarazzo: perché la circostanza che il Governo si senta colpevole di quello che è accaduto sul mercato nel momento in cui entrava in esecuzione, o nei giorni e nelle ore immediatamente precedenti a quando entrò in esecuzione il decreto che trasformava talune banche popolari in società, la dice lunga sulla mancanza di terzietà dell'azione del Governo su quello che è successo, su una fase importante e speculativa, in cui qualcuno che era forse più informato degli altri nel breve volgere di poche ore è diventato milionario.

Ma, onorevole Presidente, ciò che è interessante a questo punto è cercare di indirizzare i lavori di questa Commissione, per quel poco, pochissimo che potrà fare, verso gli obiettivi reali. Abbiamo la necessità che da questa Commissione esca una fotografia chiara dello stato del sistema bancario, che ci è stato raccontato in modo un po' raffazzonato e un po' veloce nel momento in cui venivamo chiamati con troppa fretta ad accettare delle richieste che arrivavano dai diktat europei. Lo ha velatamente ammesso addirittura il collega Buttiglione, il più europeista tra gli europeisti; quindi che ci sia stata qualche accelerazione sospetta, non confacente alle necessità del sistema bancario e dei risparmiatori italiani che nel sistema bancario per tanti decenni hanno conferito la propria fiducia, è assolutamente vero ed importante. Così come è vero ed importante che questa Commissione non lavori schematicamente per avere qualche battuta da utilizzare in questa o in quella piazza nella prossima campagna elettorale, sulla scorta della caccia alle streghe. Onorevole Presidente, mutuo da alcuni degli obiettivi che sono indicati tra i lavori che dovrà svolgere questa Commissione: più che sindacare sul sistema di remunerazione dei manager delle banche…

Lo ricordo, le banche, piaccia o non piaccia, sono delle società di diritto privato e non si vede in quale modo una Commissione possa sindacare sulle modalità di remunerazione dei propri dipendenti e dei propri dirigenti. Interesserebbe capire se ancora sono attuali e funzionali i sistemi di controllo che dovrebbero essere avocati all'esercizio delle attività della Banca d'Italia; se ancora sono attuali i criteri e i crismi di terzietà con i quali la Banca d'Italia, pur essendo essa stessa di proprietà delle banche che dovrebbe controllare, riesce ad esercitare, o se, invece, come drammaticamente sembra di dovere riscontrare, quella terzietà della Banca d'Italia non esiste; se ancora, onorevole Presidente, si riesce a far luce sul tema delle banche popolari, che sono state il vero elemento specifico di forza del sistema bancario in Italia, quando il tessuto territorialmente diffuso delle banche popolari consentiva agli istituti di credito di conoscere le famiglie e le imprese alle quali veniva erogato il credito, limitando le sofferenze in misura molto maggiore di quanto non sia successo nei sistemi bancari di altre regioni e di altri Stati.

E, da ultimo, onorevole Presidente, ci piacerebbe che, nel poco, pochissimo, troppo ridotto tempo che questa Commissione avrà a disposizione, si possa giungere ad una parola di chiarezza sulla dimensione dei fondi che sono stati distratti dal sistema bancario rispetto all'obiettivo primigenio della raccolta del risparmio, e cioè la possibilità di rimettere in circolo finanziamenti a supporto dell'investimento, e quindi dello sviluppo dell'economia nazionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Taglialatela. Ne ha facoltà.

MARCELLO TAGLIALATELA. Presidente, colleghi, anche Fratelli d'Italia voterà a favore del provvedimento in esame per la costituzione di una Commissione d'inchiesta sul sistema bancario, e lo fa sul principio che ho richiamato nel corso del mio precedente intervento: il risparmio degli italiani è sacro, ma è altrettanto evidente che, così come è sacro il risparmio degli italiani, dovrebbe essere assicurata la credibilità della Camera e del Parlamento in ordine alla Commissione che con questo atto verrà costituita. Abbiamo già evidenziato il rischio che la Commissione stessa possa svolgere inutilmente i suoi lavori, se non arriverà alla conclusione entro la fine della legislatura. Abbiamo assistito al voto contrario dell'Aula rispetto al nostro emendamento, presentato dal collega Rampelli, con il quale si chiedeva che la Commissione potesse continuare ad avere vita anche dopo la fine della legislatura, immaginando che la durata della stessa fosse di diciotto mesi.

Ci rendiamo conto che questo voto potrebbe determinare l'effetto negativo che noi paventiamo, del quale siamo preoccupati, ma l'unico modo per evitare che ciò accada è che la Commissione lavori bene e celermente, in maniera tale da arrivare alle conclusioni, che, per quanto ci riguarda, sono fondamentali: restituire credibilità contemporaneamente al sistema bancario, attraverso l'accertamento delle responsabilità personali e societarie di quegli istituti che sono arrivati agli onori della cronaca nera nel corso di questi anni, e, ovviamente, dare anche credibilità alle istituzioni, attraverso un lavoro preciso e puntuale, che siamo convinti sia assolutamente necessario per ottenere il risultato che questo provvedimento prevede.

Ripeto, Fratelli d'Italia voterà a favore del provvedimento, con il presupposto, con il comandamento che, per quello che ci riguarda, e spero che questo ragionamento valga per tutti, il risparmio degli italiani è sacro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signora Presidente, signor sottosegretario, dispiace non poter convenire su questa decisione di istituire una Commissione bicamerale d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario. In questo senso, il gruppo parlamentare Democrazia Solidale-Centro Democratico si asterrà nel voto finale e certo non ci peserà la solitudine di questo voto; sarebbe bastata una normale Commissione d'indagine parlamentare, come accadde nel 2003, partendo dal caso Cirio-Parmalat, che si concluse con il testo di un elaborato legislativo che fu trasmesso al Parlamento con l'obiettivo di un'ampia tutela del risparmio e dei risparmiatori anche con una più adeguata corresponsabilizzazione delle autorità indipendenti, Banca d'Italia, Consob e Antitrust.

Il Parlamento, poi, intervenne nel 2005, forse in maniera insufficiente, ma l'attività conoscitiva, che è quello che serve per discutere dell'argomento in oggetto, era stata vasta e penetrante. Rilevo come sulla scala della popolarità il sistema bancario è in fondo più o meno al livello dei partiti politici, e questo è emblematico, visto che, per molti aspetti, il Parlamento è proiezione delle forze politiche che sono in campo; e, quindi, dovremmo giudicare dei nostri pari, cioè delle persone, delle istituzioni, che più o meno godono il prestigio di cui godiamo noi (prestigio si fa per dire).

In questo caso, quello che emerge è il rischio di un sovraccarico di polemiche politiche di cui non abbiamo certamente bisogno. Ognuno penserà di utilizzare il caso di una banca e della sua storia politica, tra virgolette, per rinfacciarla agli avversari e farne oggetto della infinita campagna elettorale in atto, e su un tema di particolare delicatezza per l'economia italiana. Siamo in fine di legislatura e l'articolo 1, comma 3, fa obbligo al presidente della Commissione di trasmettere alle Camere, dopo sei mesi dalla costituzione della Commissione stessa, una relazione sullo stato dei lavori; ovviamente, sono ammesse relazioni di minoranza.

Sono sicuro che non ci faremo mancare nulla, ma certo non uscirà un sistema bancario più forte, più autorevole e una più adeguata tutela del risparmio. La Commissione dovrebbe procedere alle indagini con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria, e qui si determinerà, e non sarà evitabile, confusione sul piano dei rapporti tra la Commissione di inchiesta e le concorrenti indagini dell'autorità giudiziaria. È vero che gli ambiti e le funzioni sono differenti, e tali devono restare, ma senza equilibrio, senza distacco, senza disinteresse, senza rigore morale, c'è il rischio di pericolose sovrapposizioni e di ostacolo paralizzante al normale corso della giustizia.

Il compito delle Commissioni parlamentari non è quello di giudicare, ma solo di raccogliere e ordinare notizie, informazioni e dati utili e necessari per l'esercizio delle funzioni parlamentari. Il dibattito politico di questi ultimi anni sul sistema bancario italiano ha dimostrato strabismo e strumentalità. Non sono sicuro che nei prossimi sei mesi prevarrà in ognuno di noi la volontà di rifuggire da interessi politici particolari per privilegiare l'interesse generale; per queste ragioni, sarebbe stato molto più prudente la scelta di una Commissione parlamentare d'indagine. So che questa opinione è molto diffusa in quest'Aula, ma l'escalation delle polemiche ha portato ad una decisione di facciata. Assomiglia più ad una grida di manzoniana memoria piuttosto che ad un atto di responsabilità verso il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Menorello. Ne ha facoltà.

DOMENICO MENORELLO. Signora Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, è davvero necessaria una Commissione d'inchiesta sul sistema bancario? La questione dipende dalla risposta a un'altra domanda: le banche sono semplici realtà imprenditoriali private? Se è vero che in molti casi, seppur con l'affascinante eccezione delle realtà mutualistiche, il fine degli istituti di credito è l'utile dei soci, è altrettanto vero che il servizio è rivolto alla collettività e riguarda la gestione del risparmio, frutto del lavoro di cittadini, famiglie, imprenditori.

Proprio per questa inscindibile connessione fra lavoro e risparmio, l'articolo 47 della Costituzione non è appena una norma, comunque importantissima, che affida alla Repubblica il compito di tutelare il risparmio e il credito, ma va direttamente connessa all'articolo 1 della Carta costituzionale, che fonda, come è noto, sul lavoro la Repubblica stessa. Dunque, la tutela del lavoro è anche affidata alla tutela del risparmio e del credito.

Né possono tacersi gli effetti di tenuta generale dell'intero sistema Paese o di ampie porzioni di esso di un eventuale fallimento di un istituto bancario. Too big to fail, “troppo grandi per fallire” dice un motto anglosassone che ci sentiamo ripetere continuamente da mesi come un vero e proprio “occidentali's mantra” e che dice, piaccia o no, una verità.

Pertanto, l'attività bancaria ha oggettivi profili pubblicistici, i quali, così come giustificano l'intervento dello Stato, egualmente obbligano ad accertare le responsabilità quando chi ha amministrato istituti di credito ha male esercitato il proprio ruolo, arrecando danni alla collettività e determinando la necessità dell'intervento finanziario pubblico.

E sotto il profilo del danno sociale basterà, per prendere uno solo fra i molti esempi possibili, ricordare che gli azionisti, per lo più risparmiatori, famiglie e imprenditori, travolti dal default di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono nell'ordine di ben 200 mila, per una perdita di valore pari a circa il 3,5 per cento del prodotto interno lordo della regione, stimabile in almeno oltre 5 miliardi di euro di risparmi andati distrutti. Sono ordini di grandezza paragonabili solo ai danni arrecabili da una catastrofe naturale di grandi dimensioni.

In effetti, il quadro che ora abbiamo di fronte vede ormai plurimi e importanti interventi dello Stato a salvataggio, più o meno diretto o indiretto, di numerosi istituti di credito, interventi avvenuti nei mesi scorsi e ancora annunciati per l'imminente futuro, il che di per sé obbliga - obbliga! - a ricercare le responsabilità che hanno causato pregiudizi tanto gravi per gli italiani direttamente colpiti e per l'intera collettività che sopporta il costo dei salvataggi.

Ma il compito che abbiamo il dovere di assumere non si ferma al solo, seppur fondamentale, obbligo di ricercare le cause e le responsabilità di questa vera e propria calamità. Il Parlamento ha anche il dovere di rompere e interrompere quella imbarazzante omertà ambientale che è avvenuta attorno al fenomeno della mala gestione bancaria.

Per rimanere solo ad accennati esempi, nessuno conosceva quella consolidatissima prassi per cui ai clienti delle banche che domandavano prodotti finanziari, mutui, fidi, eccetera, veniva, per così dire, caldamente proposto il contestuale acquisto anche di un pacchetto di azioni della banca stessa, che così finanziava l'incremento a dismisura del proprio capitale sociale, fatto divenire anche dieci volte quello iniziale, per aumentare esponenzialmente e artatamente i confini dell'azione sul mercato del credito? E perché non vi è stato significativo seguito ai rilievi, in qualche modo pur mossi da Banca d'Italia nel 2001, che ammonivano circa il fatto - cito - “che le modalità di determinazione annuale da parte del consiglio di amministrazione di una banca veneta del prezzo delle azioni non erano ispirate a criteri di oggettività”? E, ancora, perché nessuno si è realmente occupato di palesi conflitti di interessi che davano luogo, per usare le parole del giudice per le indagini preliminari del capoluogo vicentino, “ad una - cito - continua commistione tra interessi istituzionali e interessi personali o societari del tutto estranei agli scopi della banca”?

Il dato è che certo potere finanziario ha agito indisturbato e gli altri poteri dello Stato per anni non hanno fermato o almeno sollevato credibilmente il problema; non il potere esecutivo centrale e delle regioni, non il potere di vigilanza del settore creditizio, non il potere dei media né il potere di protesta delle forze sindacali o categoriali. Nemmeno il potere inquirente e giudicante ha trovato modo di occuparsi a fondo del problema, seppur a fronte di casi francamente eclatanti. Tocca al Parlamento uscire da questo inquietante loop. La Commissione d'inchiesta ha anche il compito di spezzare questo drammatico corto circuito sociale e istituzionale che dura da troppo tempo.

D'altronde, l'articolo 67 della Costituzione affida innanzitutto ai parlamentari il compito, in momenti come l'attuale, di rappresentare la nazione e mai come in questa occasione dovremmo ricordare a chi lavorerà nella Commissione e a tutti i parlamentari che collaboreranno in vari modi il monito del costituente di liberarci da ogni vincolo di mandato. Abbiamo il dovere di cercare incondizionatamente la verità, solo la verità, per quanto essa potrà via via emergere con toni spiacevoli o sgraditi.

In caso contrario, saremo noi a consacrare quell'improprio blocco di tutti i poteri che ha consentito nel silenzio di rovinare tanta parte del risparmio dei lavoratori italiani. Il compito che oggi il Parlamento si assume rappresenta, pertanto, anche l'ultima possibilità, nobilissima e puramente politica, di riaffermare il fondamento della Repubblica scolpito al già citato articolo 1 della Costituzione, riattribuendo, cioè, la sovranità a quel popolo che è stato tradito nella tutela di alcuni dei suoi beni più essenziali, quali il lavoro e il risparmio.

Il gruppo Civici e Innovatori fu uno dei primi a proporre al Parlamento l'assunzione di questa responsabilità depositando, ancora l'11 dicembre 2015, la proposta di legge n. 3485 che intendeva proporre la istituzione, appunto, di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulle funzioni di vigilanza, controllo, prevenzione e sanzione nel sistema creditizio, cosicché oggi, seppure tardivamente, voteremo a favore del provvedimento proposto con la massima convinzione e determinazione (Applausi dei deputati del gruppo Civici e Innovatori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Zanetti. Ne ha facoltà.

ENRICO ZANETTI. Grazie, Presidente. Scelta Civica ha chiesto, sin dal primo momento, l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario. Lo ha fatto nella convinzione che questa sia la sede giusta nella quale dibattere, approfondire e confrontarsi su quello che è successo, qualcosa di enorme rispetto al quale non è possibile che il Parlamento si sottragga al proprio ruolo nel nome del mandato popolare. Ciò non per fare una caccia alle streghe rispetto ad altre istituzioni del Paese, che vanno assolutamente preservate nel loro prestigio, ma proprio perché, di fronte ad accadimenti così significativi e che hanno coinvolto in modo così forte l'intero Paese, una difesa a scatola chiusa delle istituzioni diventa dannosa per le istituzioni stesse, almeno quanto dannosa è anche l'accusa a scatola chiusa. La scatola va aperta e la scatola si apre nelle sedi corrette e non soltanto - e anzi possibilmente mai - nei dibattiti televisivi extraparlamentari, dove c'è veramente la gara a dare il peggio di sé.

Nelle sedi corrette è comprensibile che oggi, per come è svolta la funzione politica da alcune forze, ci possa essere il timore di una deriva comunque orientata alla politicizzazione estrema del dibattito piuttosto che alla ricerca degli adeguati correttivi là dove ci sono stati errori e delle responsabilità dove esse esistono, sempre senza generalizzazioni indistinte. È comprensibile che questo timore ci possa essere, ma è un timore che va affrontato e noi siamo convinti che nelle sedi corrette ci sarà responsabilità da parte di tutti e volontà di porre al centro quello che è il tema vero, cioè non attribuire la responsabilità a un partito piuttosto che a un altro, a un esponente piuttosto che a un altro, che sono tutte cose che possiamo fare benissimo per finalità di campagna elettorale nelle ancora più visibili sedi televisive, ma ci sarà la voglia di capire cosa non ha eventualmente funzionato negli anni, sempre avendo chiaro che le responsabilità sono individuali e mai attribuibili per intero alle istituzioni che, lo ripeto, vanno preservate quali presidi fondamentali per questo Paese.

Vanno preservate le istituzioni, però, e non i singoli uomini che pro tempore vi albergano, alcuni dei quali con onore e altri evidentemente talvolta con minore onore.

Con quello che è successo, queste distinzioni devono essere fatte, perché altrimenti - lo ribadisco e lo ribadiamo - le difese a scatola chiusa diventano davvero il grimaldello perfetto per chi, invece, vuole mandare a mare l'intero sistema, ivi compresa la parte assolutamente maggioritaria - ne siamo convinti - che di esso funziona.

Non è possibile che si siano verificati fatti relativamente ad alcune banche per le quali nel giro di un anno si è passati da aumenti di capitale giudicati congrui per valori intorno ai 70 euro ad azione a corsi azionari, ripeto, che nel giro di un anno sono arrivati a 0,1 euro, a 10 centesimi di euro, perché quelli sono gli accadimenti rispetto ai quali, più ancora che rispetto alle dinamiche che hanno interessato banche coinvolte in procedure commissariali che già di per sé dimostrano una presenza e un'attenzione da parte degli organi di vigilanza, il cittadino non può che rimanere sconcertato e anche ciascun parlamentare, che è anche cittadino, non può che condividere tale sconcerto.

Ma, a differenza del cittadino, il parlamentare ha il potere e in questo caso il dovere di andare oltre il semplice stupore e capire che cosa è accaduto. Il compito della Commissione d'inchiesta, che arriva drammaticamente tardi - con un anno e mezzo di ritardo, ma meglio tardi che mai - dovrà essere questo nei prossimi mesi. Naturalmente bisognerà correre, bisognerà avere voglia di lavorare: partecipare alla Commissione non sarà chiaramente una semplice medaglia da mettersi sul petto ma sarà un impegno per chi vi partecipa, proprio per i tempi ristretti, la disponibilità a lavorare moltissimo, altrimenti davvero sin dalla partenza si metterà in piedi qualcosa che non porterà a nulla.

Per tale motivo, pur attenti sempre con responsabilità ad evitare che ci possano essere derive distruttive e autodistruttive su un sistema che va comunque tutelato, abbiamo sostenuto fin dall'inizio con convinzione la necessità di una Commissione d'inchiesta e abbiamo guardato invece con fastidio a tutti coloro i quali, in nome della responsabilità, invocavano l'opportunità di non farla. Non è così che funziona: bisogna assumersi i rischi del ruolo; bisogna avere sempre rispetto del Parlamento anche quando ciò può comportare effettivamente rischi e bisogna affrontare i temi di questa portata nelle sedi competenti. Non può esistere solo un surreale dibattito extraparlamentare dove per davvero lì vince chi la spara più grossa.

Siamo convinti che in sede di Commissione di inchiesta tutti, a prescindere dalla linea politica, si atterranno anzitutto alla volontà di cercare di capire se, cosa e chi non ha funzionato innanzitutto nell'ambito dei sistemi di vigilanza, Consob e Banca d'Italia, ma anche in alcuni casi nella stessa magistratura che ovviamente con diverse tempistiche di reazione, talvolta adeguate talvolta meno, non ha evidentemente accompagnato essa stessa nel modo giusto alcune segnalazioni che pur c'erano state negli anni da parte degli stessi organi di vigilanza.

Questo bisogna capire, per due finalità molto semplici che nulla hanno a che vedere con la futura campagna elettorale: primo, per verificare le responsabilità individuali fondamentali non solo per attribuire colpe ma per sgravare da una colpa indistinta le istituzioni nella loro totalità (che vanno invece preservate); secondo aspetto, se vogliamo ancora più importante non perché il primo non lo sia, per individuare poi gli adeguati correttivi per evitare che di nuovo possano ripetersi in futuro con tale facilità e con tale dimensione fenomeni di questo tipo; ed è per questo che fin dall'inizio noi abbiamo chiesto una Commissione e oggi che finalmente, seppur con grave ritardo, si arriva a poter votare definitivamente la sua istituzione, il nostro gruppo vota con grande convinzione a favore (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fassina. Ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA. Grazie, Presidente. Innanzitutto è fondamentale valutare il quadro nel quale si colloca, si collocherà…

PRESIDENTE. Scusate, colleghi, è possibile… grazie.

STEFANO FASSINA. …l'attività della Commissione che il Parlamento sta per istituire. Il quadro bancario del nostro Paese, senza voler solleticare allarmismi dei quali non c'è davvero bisogno, è preoccupante non tanto per la sua stabilità: infatti sono stati fatti passi avanti significativi per garantire la stabilità dei sistemi bancari, delle banche in difficoltà.

E quindi la stabilità è un obiettivo relativamente semplice anche perché molte banche sono intervenute per ridurre i loro costi, a cominciare dal costo del lavoro, attraverso massicce espulsioni di personale. La stabilità è anche favorita da provvedimenti che sono all'ordine del giorno della Commissione europea, in particolare gli European Safe Bonds che sono un netto miglioramento per il sistema bancario in termini di stabilità dei prodotti che possono essere acquisiti, mentre sono un pericolo molto serio per i costi del debito pubblico, ma avremo occasione di parlarne.

È preoccupante il quadro del sistema bancario in riferimento invece alla funzione fondamentale che il sistema bancario deve svolgere in particolare per un Paese come l'Italia che, come è noto, è molto “bancocentrico”, in particolare per quanto riguarda le micro, piccole e medie imprese, ossia la funzione di erogazione del credito, di impieghi alle imprese. Da questo punto di vista la situazione è preoccupante perché gli impieghi continuano ad essere significativamente inferiori a quanto sarebbe necessario non soltanto per dare ossigeno alle nostre piccole imprese ma per consentire ad esse di crescere.

In questo contesto dobbiamo riconoscere che è necessaria, a nostro avviso, una Commissione che si misuri innanzitutto sulla valutazione delle normative e dei regolamenti europei e nazionali ai fini non solo della stabilità ma anche della garanzia della funzione fondamentale del sistema bancario, vale a dire erogare credito a imprese e famiglie. È necessaria un'iniziativa che abbia per oggetto la valutazione, ripeto, delle norme e dei regolamenti. La dobbiamo fare con la consapevolezza di un punto.

Ho ascoltato molti colleghi prima di me intervenire a proposito di presunti ritardi nella ricapitalizzazione delle banche. Vorrei ricordare che nel 2010 e nel 2011 la situazione era piuttosto differente. Quelli che sono diventati poi enormi crediti in sofferenza, allora non lo erano. Allora anche a chi oggi rimprovera, come ha fatto l'onorevole Buttiglione prima, un ritardo nell'intervento per la ricapitalizzazione delle banche e ripropone, come al solito, il benchmark tedesco, ricordo che allora si scommetteva sul fatto che, nonostante le politiche di austerità, l'economia reale sarebbe migliorata.

Dunque dobbiamo riconoscere, oltre ai problemi e ai comportamenti impropri e illeciti che la magistratura poi valuterà, che c'è un fondamentale problema macroeconomico che è presente dietro la stabilità e il funzionamento delle nostre banche e i crediti inesigibili. Quando l'economia reale va giù di dieci punti, paradossalmente le banche che hanno fatto meglio il loro mestiere di dare credito all'economia reale vanno in sofferenza: questo punto non va dimenticato. In un quadro di austerità che aggrava le condizioni dell'economia reale, le sofferenze bancarie anche di chi ha fatto bene il proprio mestiere peggiorano. Questo elemento va tenuto in considerazione come va tenuto in considerazione un altro punto: a coloro che da un lato richiamano ogni giorno e ogni ora la necessità di rimanere dentro le politiche di austerità, va ricordato che soccorrere il sistema bancario aggrava il debito pubblico.

Nel 2010-2011 avevamo un problema enorme. Vorrei ricordare, a coloro che, in modo disinvolto, invocano, anche qui, ancora il modello tedesco, che difficilmente ci saremmo potuti permettere di dedicare, in termini precauzionali, decine di miliardi di euro al sistema bancario. Quindi dobbiamo fare un'analisi che tiene conto del quadro macroeconomico, altrimenti davvero facciamo un'operazione che non può che essere propagandistica e, alla fine, essere anche controproducente per il lavoro della magistratura. Cerchiamo di stare al merito e di valutare appunto normative e regolamenti europei e nazionali. Da questo punto di vista, è fondamentale che la Commissione produca anche una valutazione del bail-in, che non è un male in sé, ma non va bene in un quadro in cui, appunto, la difficoltà del sistema bancario ha innanzitutto ragioni macroeconomiche, non comportamenti soggettivi. Il bail-in, in generale, in teoria, è uno strumento utile, perché responsabilizza gli azionisti e gli obbligazionisti senior, ma quando lo applichi in un quadro in cui il PIL va giù e la difficoltà delle banche ha ragioni macroeconomiche, hai un effetto controproducente e destabilizzante. Quindi, da questo punto di vista, sarebbe importante anche che la Commissione si pronunciasse in modo chiaro e argomentato sulla necessità di sospendere il bail-in; e poi c'è tutta una serie di normative specifiche.

Allora, la nostra proposta è quella di concentrare, di circoscrivere molto l'ambito di lavoro della Commissione, se vogliamo farne un'attività utile. Noi abbiamo votato “no”, come hanno fatto tanti altri colleghi, ad alcuni emendamenti, e abbiamo anche evitato di presentarli, per circoscrivere il campo di azione, perché la Commissione avrà al massimo, nel migliore dei casi, sei mesi di lavoro. Va circoscritto: partiamo dalle banche che hanno avuto direttamente o indirettamente un sostegno attraverso il bilancio dello Stato; prendiamo quelle e valutiamo l'impatto delle norme e dei regolamenti sulle vicende di quelle banche. Valutiamole in relazione ai poteri di controllo e ai poteri sanzionatori delle istituzioni di vigilanza, perché è evidente che c'è stato un problema: chi doveva vigilare, in particolare sulla trasparenza dei prodotti finanziari, ha fallito, quindi facciamo una valutazione su questo. Facciamo una valutazione sui meccanismi di remunerazione dei manager in relazione alle performance delle banche, sganciando i meccanismi di remunerazione dalle performance trimestrali, e costruendo quei meccanismi su un orizzonte più lungo. Facciamo una valutazione delle norme che regolano i conflitti di interesse, sia in seno agli organismi di amministrazione sia in seno agli organismi di controllo interno. Infine, facciamo appunto una valutazione su come rendere più comprensibili, ad un pubblico che non necessariamente ha sempre tutti gli strumenti adeguati per comprendere la difficoltà dei prodotti finanziari, i prodotti finanziari medesimi.

Chiudo, Presidente, esprimendo il voto favorevole all'istituzione della Commissione da parte del gruppo Sinistra Italiana-Possibile, richiamando ciascuno di noi al senso di responsabilità. Guardate che fare una Commissione sulle banche, negli ultimi sei mesi di legislatura, in procinto della campagna elettorale, può essere un'occasione straordinaria per fare, in diretta televisiva - perché sarà garantita a tutti l'accessibilità dei lavori della Commissione - una grande campagna elettorale: faremmo un pessimo servizio al Paese. Noi cercheremo di stare molto nel merito, proporremo alla presidenza della Commissione di circoscrivere l'oggetto, perché è decisivo per potere avere una qualche produttività. Cercheremo di stare nel merito e di fare di questa Commissione un prodotto utile al Paese, perché su questi temi c'è bisogno di intervenire.

Al prossimo Parlamento si potrebbe trovare un lavoro serio dal quale attingere una revisione normativa necessaria, tanto a livello nazionale quanto a livello europeo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Busin. Ne ha facoltà.

FILIPPO BUSIN. Presidente, noi non faremo mancare il nostro voto favorevole all'istituzione di questa Commissione d'inchiesta, di cui, anzi, lamentiamo il ritardo con cui è stata istituita; ritardo in questa occasione e in altre che hanno caratterizzato il Governo nell'affrontare la crisi del sistema bancario, e che non hanno fatto altro che ingigantire il problema e rendere ancora più drammatica la situazione. L'Italia ha subito in questo settore una vera e propria Caporetto, che non ha riguardato solo il settore creditizio, ma ha investito l'intero sistema Paese. È stato ricordato giustamente che la nostra economia è in qualche modo definibile “bancocentrica”, cioè dipende essenzialmente, nella possibilità di investire e nella possibilità di incrementare la domanda interna, dalla capacità di erogare credito del sistema bancario. È quindi logico che, se non si risolve o non si dà un punto di svolta a questa crisi, è impensabile immaginare una qualsiasi prospettiva di recupero del nostro sistema economico e di crescita del Paese.

Anzitutto, è venuta meno l'azione del Governo, la sua tempestività: la giusta dimensione dei suoi interventi si è vista nella tutela del risparmio, dei risparmiatori, finora gli unici colpiti da questa crisi. Ce ne saranno altri, ovviamente, perché ci saranno anche i dipendenti e le aziende affidate che verranno colpite, ma attualmente la crisi riguarda soprattutto la fiducia dei risparmiatori; e questa si vede nel fatto che, soprattutto nelle crisi bancarie che si sono già manifestate, c'è una continua emorragia dei depositi da parte dei clienti di queste banche, che rende la situazione sempre più complicata e difficile da risolvere, con la necessità di interventi da parte dello Stato, che divengono, con il passare del tempo, via via sempre più grandi e difficili da sostenere.

È chiaro che questa fiducia va ripristinata assolutamente attraverso un'operazione di trasparenza, di pulizia, di individuazione delle responsabilità, che sono molte e a molti livelli, che non riguardano solo le precedenti gestioni e quindi i vertici delle banche che sono state investite dalla crisi, ma anche il sistema di vigilanza, che evidentemente non ha funzionato; sistema che doveva in qualche modo intervenire anticipatamente e quindi cautelare i risparmiatori e il sistema nel suo complesso, e che non ha svolto adeguatamente questa funzione. Crediamo che la Commissione d'inchiesta sia uno strumento utile per fare chiarezza e per arrivare a questo punto fermo, a questo punto di svolta per ripristinare la fiducia e per determinare questa vera ripartenza della nostra economia, del nostro sistema, quindi siamo favorevoli a questa istituzione. Ci auguriamo che il nostro atteggiamento in qualche modo sia stato utile a non creare intoppi all'iter legislativo e quindi nell'arrivare al più presto all'istituzione di questa Commissione. Ci auguriamo che i lavori procedano speditamente e che si riesca ad arrivare a delle conclusioni significative prima della fine della legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tancredi. Ne ha facoltà.

PAOLO TANCREDI. Signora Presidente, devo innanzitutto dire, come detto più volte, che il mio gruppo è stato il primo, già nel novembre del 2015, allorché ci fu l'intervento, nella legge di stabilità 2016, sulla risoluzione delle quattro casse di risparmio, a sposare e a proporre l'idea di una Commissione d'inchiesta.

Già allora, però, mettemmo in guardia dai rischi possibili e già allora dicemmo che conoscevamo le perplessità e i timori di tutto il sistema bancario e anche degli operatori della vigilanza e delle istituzioni che al sistema bancario sovrintendono.

Noi crediamo, come hanno detto anche i colleghi prima di me, che il rischio dei problemi che potrebbe causare una Commissione d'inchiesta, se si limitasse a essere solo creatrice di gossip e di timori su istituti che nello stesso momento sono sottoposti a oscillazioni del capitale, ad aumenti di capitale, a operazioni importanti sul proprio patrimonio, c'è, ma, secondo noi, dobbiamo cogliere le opportunità di portare in Parlamento un dibattito che deve essere serio, sereno, molto severo sulla valutazione di questa situazione bancaria e della crisi in questi anni, ma deve sfuggire anche alla tentazione di cadere in narrazioni che pur in questa Aula, anche oggi, sono presenti abbondantemente.

Io ho sentito dire da qualcuno che, sostanzialmente, al sistema delle banche non sovrintenderebbe nessuno. Io credo che ognuno di noi, prima di parlare di queste questioni - ho sentito molti dire che i cittadini e i risparmiatori pagano e gli amministratori mai -, debba guardarsi i bollettini della Banca d'Italia, che non sono segreti. Voglio dire che tutti gli amministratori delle banche di cui abbiamo parlato in questi anni hanno avuto pesanti sanzioni. Poi qualcuno potrà dire che non erano sufficienti, perfetto.

Banca Etruria, per fare un esempio, la cui crisi qui dentro è ritornata più volte: i suoi amministratori hanno avuto un complessivo sistema di ammende da Banca d'Italia che ha superato il milione di euro e sono anche sottoposti a un'azione di responsabilità. Poi si potrà dire che era poco, ma non si può continuare a dire che gli amministratori delle banche se la cavano senza pagare un euro, perché non è vero - non è vero! -, è una narrazione che c'è e che ci piace continuare a dire. Probabilmente si strappano degli applausi nei talk show, ma, insomma, non facciamo un buon servizio.

Presidente, il sistema bancario e le banche sono aziende che impiegano migliaia di persone, che hanno un indotto che coinvolge centinaia di migliaia di persone, che sono poi cittadini, e quindi come aziende vanno trattate, aziende che si occupano di questioni particolari come quella del credito e del risparmio, che sono naturalmente questioni tutelate da coperture costituzionali, di cui questo Parlamento è importante che si occupi.

Una questione è importante da fissare al principio di questa discussione: l'attività del credito è un'attività connessa a rischio. Nessuno può pensare di fare credito con rischio zero; quindi, l'automatismo di “banche in crisi, amministratori delinquenti” è un sillogismo che non funziona, non può essere, ci porta a distanze siderali dalla verità. Poi le stesse persone che usano questo sillogismo, magari, dicono, nello stesso tempo, che le banche non fanno il proprio mestiere, perché non prestano all'economia reale. Allora, prestando all'economia reale, le banche si sottopongono a rischi, che si concretizzano soprattutto in periodi come quelli che hanno coperto questi ultimi otto, nove anni, che hanno visto riduzioni profonde dei fatturati delle imprese, soprattutto legati ad alcuni settori strategici dell'economia italiana, e che non potevano non vedere ripercussioni anche sui conti economici e sulla patrimonialità delle banche, così come i margini di intermediazione e quindi i profitti che le banche hanno fatto negli ultimi anni si sono assottigliati sempre di più. Oggi le banche hanno un'enorme difficoltà a fare utili e profitti, perché il margine di intermediazione è bassissimo, perché i pochi soggetti che hanno merito di credito sono allettati da decine di proposte competitive di collocazione e quindi naturalmente pretendono condizioni molto vantaggiose.

Perciò le banche si trovano strette nella morsa del costo del denaro, che non è altissimo per loro, ma anche della collocazione che fanno del denaro, dell'impiego, che non può essere molto remunerativo.

Inoltre, per finire, ma questo è patrimonio di tutti, della Banca centrale europea, le banche italiane soprattutto si trovano di fronte a un momento in cui sono chiamate a una trasformazione del modello industriale, che è una trasformazione epocale, che le deve portare a una riduzione dei costi. Oggi la banca di sportello continua a essere utile, ma non è più quella di vent'anni fa; oggi ci sono altri metodi, altri sistemi per fare banca, che naturalmente portano le banche ad affrontare delle trasformazioni del modello industriale - del modello industriale - che sono epocali.

Detto tutto questo, con le dovute cautele, noi voteremo favorevolmente e siamo stati - ripeto - i primi a proporre una Commissione d'inchiesta, perché è vero che, con tutto questo quadro che ho fatto, ci sono stati comportamenti poco corretti, se non anche illeciti, da punire da parte della magistratura. Ma la Commissione d'inchiesta non ha il compito di trovare responsabili singoli e di comminare punizioni o sanzioni: non è questo il ruolo della Commissione d'inchiesta. Questo compito ce l'ha la magistratura, rispetto alla quale noi dovremmo cercare di non sovrapporci, stando nel recinto che ci impone anche la legge sui regolamenti delle Commissioni bicamerali, e di non sovrapporre l'attività, perché, altrimenti, faremmo un danno notevole. Noi dobbiamo, invece, mettere in risalto le distorsioni che ci sono state, anche nelle normative e nell'applicazione di alcune normative.

Io ascoltato con molto interesse la critica di chi dice che è strumentale l'istituzione della Commissione d'inchiesta a così pochi mesi dalla scadenza della legislatura. A parte che sono perfettamente d'accordo con il collega Taglialatela, che ha posto il problema di un impegno per proseguire l'esperienza della Commissione d'inchiesta anche dopo la scadenza della legislatura; sarà una facoltà che avrà il Parlamento della prossima legislatura, ma io credo che questo si possa fare.

Però, vede, signora Presidente, ci sono colleghi parlamentari che hanno stigmatizzato l'intento strumentale del Governo nel porre la proposta e poi hanno portato avanti anche nel dibattito di questa mattina posizioni assolutamente strumentali, perché io sono convinto che la Commissione d'inchiesta debba indagare anche sugli effetti della normativa delle banche popolari, ci mancherebbe altro. Quella normativa ha delle implicazioni fortissime per le dieci banche popolari a cui è stata imposta la trasformazione in Spa, innanzitutto sul valore del loro patrimonio, sul costo delle azioni naturalmente, poi sulla gestione delle governance.

Lo vediamo nei recenti casi delle due grandi banche venete, che sono in una fase di ristrutturazione, in cui quella normativa ha avuto sicuramente un'influenza, però io sono sicuro, Presidente, che già la formulazione attuale dell'articolo 3 della norma, alla lettera d), mette una previsione generale che consente alla Commissione assolutamente di operare su quei temi che poneva quell'ordine del giorno. Per carità, naturalmente io credo che anche questo dibattito in Aula di stamattina impegnerà la Commissione parlamentare e i suoi componenti a guardare anche su quella questione.

Certo, le questioni sono moltissime, sono varie; io credo che noi non possiamo avere l'ambizione, in pochi mesi, di scoprire tutta la verità sulle tante questioni che si sono innestate nella crisi del sistema bancario italiano. Quello che ha detto autorevolmente il presidente Buttiglione, anche se è stato contestato, è innegabile. Ho finito, Presidente.

Noi abbiamo avuto il problema che, nel 2008, quando alcuni Stati importanti dell'Unione hanno ricapitalizzato il patrimonio delle banche, l'Italia non lo ha fatto, ma non lo ha fatto perché aveva una situazione di debito pubblico importante e, soprattutto, perché l'opinione pubblica, molti partiti che oggi hanno partecipato a questo dibattito, erano assolutamente contrari all'ingresso del capitale pubblico nelle banche. Si diceva appunto “i soldi pubblici alle banche mai”. Quindi, su questo, forse, ognuno di noi dovrebbe anche richiamarsi a un po' di coerenza e di linearità sulle posizioni prese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Zoggia. Ne ha facoltà.

DAVIDE ZOGGIA. Signora Presidente, onorevoli colleghi, il mio gruppo considera molto importante il passaggio di oggi. Dopo infinite discussioni, e ingiustificati ritardi, quest'Aula si appresta a varare la proposta di legge per l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario.

Da questo momento, appena l'Aula avrà votato, si aprono immediatamente due tipi di questioni e di problemi che andranno risolti subito e con intelligenza. Primo problema: cosa deve esattamente fare questa Commissione se vuole cogliere l'obiettivo di dare qualche risposta e non perdersi in sterili discussioni e inutili scontri demagogici?

Secondo problema: i tempi. La durata di questa Commissione è legata alla durata della legislatura, per cui stiamo parlando di un atto che, se alcuni giorni fa non fossero successe delle cose, sarebbe di fatto già morto. Quindi, come farlo funzionare al meglio e consentirgli di essere effettivamente utile? Questa a me pare la domanda a cui tutti dobbiamo provare a rispondere.

Credo serva una prima presa di coscienza: la Commissione non può diventare una semplice palestra per opposte demagogie e soprattutto, visto il tempo limitato, deve delimitare il campo delle proprie analisi per poter giungere a conclusioni che possano essere e avere delle utilità.

Per quanto ci riguarda, per esempio, la prima analisi dovrà riguardare le banche che sono state oggetto di ricapitalizzazione da parte del Tesoro, e su questo mi trovo molto d'accordo con la proposta dell'onorevole Fassina, e ancora più in generale, comprendere cosa non ha funzionato in questi anni nel sistema bancario creditizio. Qui dobbiamo muovere una prima profonda critica. Infatti, come sappiamo tutti, l'articolo 47 della Costituzione attribuisce alla Repubblica il compito di incoraggiare e tutelare il risparmio; alla Repubblica e non alla Banca d'Italia o alla Consob. Ciò significa che il Parlamento non può chiamarsi fuori come, invece, è avvenuto dal sovrintendere in ossequio a un preciso dovere costituzionale. Questo sovrintendere non significa interferire con le funzioni che spettano ad altre istituzioni indipendenti. Insomma, il Parlamento italiano non può intervenire solo a piatti lavati, non può pensare di intervenire solo dopo con un decreto che stanzia 20 miliardi di fronte alla crisi bancaria. Deve dotarsi degli strumenti necessari per evitare che questi fulmini a ciel sereno, se così si può dire, possano capitargli tra capo e collo, trasformandolo in un semplice ufficiale pagatore da ultima istanza.

C'è, quindi, un grande problema di natura democratica che attiene al sistema diffuso delle responsabilità senza le quali le stesse autorità indipendenti rischiano di trasformarsi in veri e propri mostri giuridici.

Cosa dovrà fare, quindi, questa Commissione nei tempi così ristretti? Per prima cosa dovrà prepararsi, studiare, approfondire, prima di chiamare i protagonisti a deporre solo sulla base di notizie giornalistiche. Credo che, per esempio, sarebbe utile conoscere se è vero, e questo lo potremmo venire a sapere dalla documentazione, che il decreto approvato che stanzia i 20 miliardi per il salvataggio delle banche in difficoltà abbia avuto la sua gestazione dopo il referendum del 4 di dicembre 2016 o, invece, se questa gestazione sia iniziata nella primavera del 2016. Quindi, bisognerebbe avere la documentazione per capire quali erano i fondi che si intendeva stanziare nel maggio 2016 e quelli che abbiamo effettivamente stanziato alla fine della corsa.

Allo stesso modo, parlando di MPS, sarà certamente interessante sapere cosa abbia fatto e come abbia gestito la presidenza Mussari, piuttosto che le gestioni precedenti, anche se quanto hanno fatto quelle gestioni è già noto e noti sono anche i giudizi che si sono dati. Assai meno noto, invece, è il processo recente, vale a dire cosa è accaduto nell'ultimo anno e mezzo, cosa è stato detto e scritto nel mese di luglio del 2016, chi sono stati i protagonisti, cosa ha fatto il Ministero dall'Economia e delle finanze, cosa ha fatto il consiglio di amministrazione di quella banca. Mettere le mani nei cassetti della Banca d'Italia, della Consob, delle banche medesime è attività delicata che deve essere affidata a persone preparate. La Commissione dovrebbe essere composta da persone che hanno scienza, coscienza e indipendenza, perché la salvaguardia e il rilancio del sistema bancario, che è cosa diversa dalla protezione dei banchieri, è nell'interesse di tutti.

Questa Commissione agirà in contemporanea con le decisioni che il Governo prenderà relativamente al presente e al futuro delle banche sulle quali si dovrà indagare. Vi è un delicato equilibrio tra il lavoro della Commissione e l'attività del Governo. La prima e più delicata operazione sarà quella di capire bene come trattare i crediti in sofferenza. Ci sono due scuole di pensiero in merito, una delle quali dice che questi crediti in sofferenza vanno ceduti tutti insieme al più presto e quindi di fatto svenduti, perché questo è il prezzo di mercato che subisce il venditore obbligato a vendere. Questo è successo all'Unicredit, che ha ceduto per 310 milioni di Euro a MB Credit Solutions, cessione pro soluto di un portafoglio di crediti in sofferenza derivanti da contratti di credito chirografario e clientela del segmento consumatori. Ed è successo a MPS che ha ceduto per 290 milioni di euro a Kruk Group. Meglio sarebbe aver avuto il tempo per valorizzare anche questa classe di attività degli stati patrimoniali delle banche, magari creando delle società miste, azionisti e socio d'opera, che acquisissero tali crediti.

Lasciatemi parlare solo per un minuto della situazione del mio Veneto. Vorrei dirvi dello sfregio che è stato fatto alla mia terra con la gestione di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza. C'è un problema immenso, drammatico, di come sono stati trattati i risparmiatori, soprattutto quelli piccoli, quelli che credevano nell'istituzione banca. Vedete, da noi, nel Veneto, la banca non era vissuta solo come un istituto di credito, il luogo dove portare i propri risparmi o chiedere i prestiti per l'azienda, la banca era vissuta anche come un riscatto per quella terra. Quanti veneti ho sentito dire “ho depositato i soldi a Veneto Banca oppure alla Popolare di Vicenza perché così do forza, energia all'impresa veneta”. Si era, insomma, parte di un progetto più grande, quello della finanza veneta, peccato che alla guida di questi istituti anziché esserci fieri condottieri rappresentanti del popolo veneto, ci fossero dei filibustieri senza scrupoli che hanno affossato tutti i sogni; speriamo paghino il loro prezzo.

In conclusione, nell'annunciare il voto favorevole di Articolo 1, ribadisco come questa Commissione non debba limitarsi a una sfilata di testimoni, ma debba aiutare a prendere le decisioni giuste. La semplice sfilata produrrebbe un esito modesto e ci riporterebbe ai tempi della Commissione d'inchiesta su Telekom Serbia che ha avuto molto risalto mediatico, ma non ha prodotto nessun risultato, se non quello di screditare ulteriormente le istituzioni.

Dobbiamo essere sinceri: a noi di Articolo 1 interessa più capire perché gran parte del sistema bancario italiano sia fallito, collassato, piuttosto che indagare se il Ministro Maria Elena Boschi abbia chiesto a Ghizzoni di occuparsi di Banca Etruria. Certo, in quel caso, ci dovrebbero essere gesti individuali di coscienza e chiarezza.

A noi di Articolo 1 interessa comprendere perché il tessuto bancario creditizio si sia così deteriorato, perché istituzioni bancarie che avevano la fiducia dei risparmiatori siano diventate cattedrali della sfiducia e del malaffare e vogliamo esplorare le responsabilità politiche, ma anche quelle manageriali e industriali. Un disastro del genere ha molte responsabilità concatenate. Facciamolo con convinzione e velocità, per non lasciare un'altra pagina indefinita nel nostro Paese. Lo dobbiamo ai cittadini risparmiatori, lo dobbiamo al nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brunetta. Ne ha facoltà.

RENATO BRUNETTA. Grazie, signora Presidente. Finalmente, finalmente oggi approviamo definitivamente il testo di legge per la istituzione della Commissione bicamerale parlamentare d'inchiesta. Finalmente, perché sono diciotto mesi, diciannove mesi, che se ne parla. Posso rivendicare di averlo fatto per primo io, ma è poca cosa, questa, rispetto al troppo tempo che abbiamo impiegato per dare questa risposta al Paese.

Signora Presidente, una Commissione parlamentare d'inchiesta è innanzitutto una risposta democratica alla gente, alle famiglie, alle imprese, che si trovano spiazzate, confuse di fronte alle notizie quotidiane rispetto alle chiusure, ai crac, ai fallimenti, a terminologie esoteriche, bail-in, bail-out; rispetto a termini esoterici e ipocriti: risoluzione. Di solito una risoluzione è un fatto positivo, salvo che risoluzione vuol dire fallimento.

Ipocrisia, molta ipocrisia; paura. La paura di chi ha perso i soldi, la paura di chi ha perso i propri depositi, la paura di chi ha perso i propri investimenti, non facendo molta differenza tra risparmio, investimenti, deposito. Son cose da economisti, non da gente comune: mette i soldi in banca, e poi poco conta che quei soldi siano deposito, siano bond, siano obbligazioni, di un tipo piuttosto che dell'altro; si fida del direttore della banca, dell'impiegato.

Ecco, vede: questa fiducia è venuta meno. La fiducia in economia è un asset invisibile, che non entra direttamente nei bilanci. In letteratura si chiama invisible asset! Che non entra direttamente nei bilanci, ma è fondante qualsiasi attività economica o economica e finanziaria o commerciale: la fiducia. Oggi le nostre banche non godono più della fiducia di nessuno, né delle famiglie, né delle imprese, né dei risparmiatori, né degli investitori interni né degli investitori internazionali; anzi c'è una deriva di fuga, di fuga dalle banche, di fuga dalle banche italiane, di fuga delle banche più chiacchierate, e questo non aiuta certamente la soluzione dei problemi.

Su questa Commissione d'inchiesta c'è stato molto dibattito, e anche molto dibattito strumentale. Io mi chiedo: chi ha paura di una Commissione parlamentare d'inchiesta? Ho letto giornali, giornaloni, che non dovrebbe essere il luogo della strumentalizzazione e così via: questo dipenderà ovviamente dalla nostra qualità, dalla qualità di questo ramo del Parlamento o del Senato di fare bene il proprio mestiere; ma una Commissione parlamentare d'inchiesta serve per la verità. Vede, ci sono due motti latini: fiat iustitia et pereat mundus; oppure fiat iustitia ne pereat mundus. Sono tutti e due veri. Cioè, si faccia giustizia, si faccia chiarezza, e in malora anche il mondo; oppure si faccia giustizia per non mandare in malora il mondo. Io credo a tutte e due queste facce di questa medaglia: la giustizia serve a prescindere, la giustizia, la verità, la trasparenza, la chiarezza serve a prescindere, qualunque cosa possa succedere. Basta mettere le mani avanti: una Commissione d'inchiesta, chissà cosa succederà! Si individueranno percorsi, responsabilità. Certo, responsabilità: perché siamo arrivati a questo punto? Ma verità e trasparenza ne pereat mundus, per salvare il mondo. La trasparenza non ha mai fatto male a nessuno, la giustizia non ha mai fatto male a nessuno, salvo a chi ha la coscienza sporca; e in questa storia della crisi del nostro sistema bancario, signora Presidente, molti hanno la coscienza sporca, in questo Paese.

Fiducia, dicevo, anche per il salvataggio: siccome si dovranno mettere dei soldi, soldi pubblici, li abbiamo già messi, li abbiamo già stanziati, proprio in quest'Aula, 20 miliardi poco prima di Natale; ecco, se non c'è la fiducia, se non torna questo clima di fiducia, saranno 20 miliardi buttati, perché sarà come svuotare il mare con un secchiello. Per cui va bene il salvataggio necessario, necessitato, solo se si ricostruisce un clima di fiducia che serva a diventare il terreno di nuova cultura, di una cultura economica della trasparenza, della serietà e della responsabilità.

E quindi operazione verità, signora Presidente, per tutti i mesi che avremo a disposizione: uno, due, cinque, dieci mesi, fino alla fine della legislatura; non sarà tempo perso. Operazione verità!

Vede, se si facesse oggi uno stress test… Signore… Signore… Signore… Signore del MoVimento 5 Stelle…

PRESIDENTE. Scusate… Sì, prego, presidente Brunetta. Prego.

RENATO BRUNETTA. Se si facesse uno stress test sulla fiducia, le banche italiane ne uscirebbero male, molto male. Storie di prestiti facili, storie di familismo politico, di familismo partitico, di familismo - mi consenta - familiare. Strumentalizzazioni: pensiamo alla lunghissima storia del Monte Paschi di Siena, banca egemonizzata da un partito politico, PCI-PDS-DS-PD, e utilizzata non per la crescita economica, lo sviluppo economico di famiglie e di imprese, ma per comprarsi il consenso (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente). Non è più possibile, non è più possibile avere enclave di questo tipo! Controlli inadeguati, signora Presidente, controlli inadeguati da parte di chi era preposto a controllare: anche qui, nessuno sconto, nessuno sconto per chi doveva controllare e non ha controllato.

Un altro punto da chiarire: fino a ieri il Governo ha continuato a dire che il sistema bancario italiano era solido, che non c'era bisogno di alcun intervento, noi non siamo come la Spagna, non abbiamo bisogno del Fondo «salva banche» europeo perché il sistema bancario italiano è solido. Perché il Governo ha avuto questo atteggiamento? Salvo poi arrivare al disastro o all'orlo del disastro, chiedendo in extremis i 20 miliardi dell'ennesimo salvataggio, perché certamente non è stato il primo.

Ma vede, signora Presidente, Commissione parlamentare di inchiesta anche per capire cosa è successo in questi anni. C'entra qualcosa quell'estate-autunno 2011, la crisi dello spread, la speculazione contro il nostro debito sovrano? C'entra qualcosa, perché aumento dello spread (e lo dico a me stesso) vuol dire aumento dei rendimenti, e aumento dei rendimenti vuol dire collasso dei valori dei titoli. Siccome le nostre banche avevano in pancia come proprio capitale titoli del debito pubblico, quei titoli immediatamente hanno ridotto la capitalizzazione delle banche, che si sono ritrovate più fragili sul mercato, a caccia di ricapitalizzazione, rubando capitale al resto del mercato che aveva bisogno di quel capitale per combattere la crisi.

C'entra qualcosa, signora Presidente, l'infelice riformismo dei mille giorni di Renzi? Le banche popolari con l'insider trading, il fallimento delle cosiddette quattro banche a cui è stato applicato in maniera estemporanea in anticipo il bail-in, salvo sbagliare anche la quotazione dei non performing loan, dando un segnale fallimentare al mercato? C'entra qualcosa Monte Paschi? Crisi che viene da lontano, dalla folle acquisizione, e criminale acquisizione di Antonveneta? Fino alla confusione impotente sulle banche venete.

Ecco, per tutte queste ragioni, signora Presidente, io dico “sì” a questa Commissione parlamentare d'inchiesta. Che sia il meglio di questa triste legislatura, che sia il momento di luce, di trasparenza, di dignità per questo Parlamento; di dignità per questo Parlamento che in questa legislatura ne ha viste di tutti i colori, ma che almeno può concludere questo suo quinquennio con un atto di verità e con un atto di trasparenza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Alessio Villarosa. Ne ha facoltà.

ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Grazie, Presidente. Non posso che iniziare questo intervento con un “che vergogna!”. Siete arrivati fino a fine legislatura, avete tirato per le lunghe questo provvedimento, che è stato depositato nel 2013, che arriva in Aula, anzi, in Commissione il 4 maggio 2017, e dal 4 maggio lo portate in Aula proprio solo oggi, il 21 giugno. Di solito ci vuole una settimana per passare dalla Commissione all'Aula, ma qui ci avete messo ben sette settimane. Che vergogna! Ma sappiate che, nonostante i tempi ristretti, direi più che dimezzati, visto che questa Commissione non inizierà a lavorare prima di metà settembre, almeno, noi qualcosa la scopriremo. Avete trasformato queste banche nelle vostre lampade magiche, che strofinate, e via i mutui per tutti i vostri amici, tanto poi vengono impacchettati, nessuno scopre, e paga chi è fuori dal vostro giro.

Però, oggi vi voglio fare vergognare, e voglio farlo nel modo più semplice, raccontando semplicemente i fatti. Non farò nient'altro di più, mi concentrerò sul gesto più ignobile che avete fatto in questa legislatura, ovvero quello contro gli obbligazionisti di Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti, e mi concentrerò sul perno di tutto, Etruria; poi, chi ci ascolta, dopo questa cronologia degli eventi, potrà fare le sue dovute considerazioni. Partiamo da dicembre 2013, Presidente: Banca Etruria è al collasso, il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, manda una lettera al consiglio di amministrazione della Popolare di Arezzo. Banca Etruria - si legge - è travolta in modo irreversibile da un progressivo degrado. Era dicembre 2013, la risoluzione di queste quattro banche avviene a novembre 2015.

Questo degrado, questo progressivo degrado, è in corso tuttora, dice Visco, ed è indisturbato da undici anni. Però nessuno sa nulla, e sapete perché nessuno sa nulla? Perché in questo cavolo di Paese continuate a mandare le lettere segrete. Il 13 dicembre 2013, ovvero dieci giorni dopo, Banca Etruria emette un comunicato stampa nel quale afferma che l'istituto all'improvviso è alla ricerca di un gruppo bancario di elevato standing con cui fondersi, su indicazione, appunto, di Banca d'Italia; però, ripeto, nessuno conosce le reali motivazioni, perché - ripeto - quella lettera di Banca d'Italia era secretata, era riservatissima.

E, probabilmente, sapete perché? Per non disturbare il collocamento delle obbligazioni truffa, che avveniva proprio in quei giorni, le obbligazioni subordinate. Mi domando: ma, se Visco avesse reso pubblica quella lettera, forse molti risparmiatori non avrebbero perso tutti quei soldi, o sbaglio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Quella lettera, però, non fu mai resa pubblica a chi, in quei giorni, stava decidendo se comprare o meno le obbligazioni truffa di Etruria. Complimenti, gli direi! Ditelo a chi non lo sa, perché molti cittadini fuori ancora non lo hanno capito che nessuno di quegli obbligazionisti poteva conoscere realmente ciò che acquistava; e aggiungo che siete stati bravi, avete fatto pentole e coperchi. Perché avete fatto pentole e coperchi? Perché Banca d'Italia potrà dire di non avere nessuna responsabilità, perché è il mercato finanziario e quel prospetto non doveva farlo lei, e la Consob potrà dire che non ha nessuna responsabilità, perché non poteva scrivere nel prospetto quello che Banca d'Italia aveva segretato. Che vergogna! Febbraio 2014: finisce l'anno, finisce il 2013, tanti auguri, buon anno, servono nuovi poteri, cambiano i vertici e cambiano le attenzioni. Renzi silura Letta, “Enrico stai sereno”; diventa Presidente del Consiglio, il terzo non eletto nella storia repubblicana. La Ministra Boschi, anzi, la disinteressata Ministra Maria Elena Boschi diventa Ministro delle riforme (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Perché la chiamo disinteressata? La chiamo disinteressata perché, come avete potuto leggere anche voi, la disinteressata, nonostante sia stata smentita dall'ottimo Giorgio Meletti de il Fatto Quotidiano per ben tre volte, afferma, 10 gennaio 2016: “Ipotesi di un mio conflitto di interessi? È a dir poco fantasiosa”. Il 27 gennaio 2016: “Non c'è stato un solo avvenimento - vergognatevi! - che possa far parlare di conflitto di interessi”. Il 9 maggio 2017: “Non ho mai chiesto alcun interessamento né a Ghizzoni né ad altri per Banca Etruria”.

Peccato che sono almeno tre, Presidente, le smentite che ha ricevuto l'allora Ministro Boschi, e ci arriviamo subito. Marzo 2014, partiamo con il primo di questi tre avvenimenti: il presidente di Veneto Banca, un'altra di quelle banche, assieme a Popolare Vicenza, insieme al Monte dei Paschi di Siena, insieme al crac di Banco di Napoli, che affronteremo, ebbene, Veneto Banca, con Flavio Trinca, ex democristiano, politico, qui dentro, insieme all'amministratore delegato Consoli, si mettono in macchina e vanno a casa di chi, lo sa a casa di chi? A casa di Pier Luigi Boschi, che allora era un semplice membro del CdA di Banca Etruria, insieme a Fornasari, che era il presidente a suo tempo, anche lui ex deputato DC, insieme parlamentare in questa Camera.

L'incontro serve a informare la Ministra disinteressata - la Ministra disinteressata la informiamo - sulle vicende che assillano le due banche, perché da alcuni mesi sia Etruria che Veneto Banca sono nel mirino della vigilanza di Banca d'Italia. Le due banche recalcitrano, Presidente, per due ragioni: la prima è che sono due popolari, cioè due cooperative che insieme fanno circa 150 mila soci, e la seconda è chi glielo va a dire a questi soci che devono andare dal rivale Zonin, il quale, tra l'altro, ha fatto sapere subito a Fornasari e a Trinca che per loro posto non ce ne sarà. E questa è la Ministra disinteressata, e siamo a uno. Maggio 2014: dopo gli incontri, solo dopo due mesi, arrivano le premiazioni. Pier Luigi Boschi, che era un semplice membro del CdA, dopo due mesi da questo incontro, diventa magicamente vicepresidente di Banca Etruria, e tutto ciò avviene due mesi dopo l'incontro e tre mesi dopo che la Ministra disinteressata diventa, appunto, Ministra, ancora non era Ministra.

Passa il 2014, nessuno muove un dito, nessuno muove un dito, Banca d'Italia, Consob, nessuno, e voi, Governo, nessuno muove un dito, perché, forse, qualcuno stava lavorando dietro, a quanto stiamo leggendo; in maniera disinteressata, attenzione, non vorrei permettermi mai. Gennaio 2015: siamo quasi al tracollo, nessuno vuole Etruria perché, probabilmente, sanno quello che c'è dentro. Banca d'Italia sa che Etruria naviga in cattive acque, lo sa da quando, dal 2002, lo scrive in quella lettera segretata, e non fa nulla. Nel frattempo, sempre a gennaio 2015, siamo sempre nello stesso mese, la disinteressata Boschi chiede all'ex amministratore di UniCredit Ghizzoni se può acquistare la Banca del papà. Ghizzoni mette un suo collaboratore al lavoro per capire e le risponde picche, perché la banca, probabilmente, fa schifo e lo ha capito anche UniCredit. Questo sempre la Ministra disinteressata.

Il 24 gennaio 2015: visto che c'è Banca d'Italia che dà fastidio, allora il Governo risponde. Su Etruria si arriva al decreto sulle popolari, arriva super Matteo, si leva la camicia e emette questo decreto sulle banche popolari, perché gli attivi sono troppo alti, dice lui. Questi attivi, però, subito creano dei sospetti a questo Parlamento, perché ricordate l'asticella? Le banche sistemiche sono con attivi sopra i 30 miliardi: con 25 Etruria non entrava, con 20 Etruria non entrava, con 15 Etruria entrava per un pelo, ma sarebbe stata l'ultima, troppo sospetta. Con 10 non entrava neanche Popolare di Bari, quindi Etruria rimaneva ultima; con 8 ne entravano due, e Popolare di Bari prima di Etruria. Siete proprio furbi, siete proprio furbi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

Il 3 febbraio 2015 partono le telefonate dopo il decreto. Consoli, AD di Veneto Banca, chiama Umbrella, che è il capo della sede di Firenze di Banca d'Italia, e gli dice: “Senti, guarda, io chiamo Pier Luigi e vedo se mi fissa un incontro, ma non con la figlia, direttamente con il Premier”. Stesso giorno, ore 19,34, il direttore di Veneto Banca, Consoli, chiama Pier Luigi Boschi e si scambiano, a parer mio, Presidente, informazioni molto riservate, ma la telefonata intercettata - quindi, intercettata - della Ministra disinteressata finisce così: “Domani in serata se ne parla, io ne parlo con mia figlia e con il Presidente domani e ci si sente in serata”. La figlia è ovviamente Maria Elena Boschi, il presidente è Matteo Renzi. Il 10 febbraio 2015 Banca d'Italia risponde al Ministro sul decreto e commissaria Banca Etruria.

Sembra ci sia una lotta tra Banca d'Italia e MEF, questo dovremo scoprirlo, e lo scopriremo con la Commissione d'inchiesta. Il 10 febbraio 2015, quindi, arriva, dopo quindici giorni dal decreto, il commissariamento di Banca d'Italia su Etruria e si blocca tutto. Cerchiamo il Fondo interbancario, non abbiamo nessuna risposta, chi chiede di partecipare non può partecipare, tutti spingono Banca Etruria e Veneto Banca verso Zonin, chissà perché, e lo scopriremo. Improvvisamente, il 22 novembre - e non per salvare i correntisti, che sono esclusi dalla procedura che ha messo in piedi Renzi; attenzione, perché questo va detto, va in giro a raccontare che ha salvato i correntisti, non li avremmo toccati i correntisti, il burden sharing non prevede che i correntisti vengano toccati, oppure i dipendenti, che tuttora rischiano i posti di lavoro - il Governo applica la nuova procedura di prefallimento, chiamata, appunto, burden sharing.

Inizialmente hanno parlato di bail-in, forse per ignoranza, perché il bail-in entrava in vigore nel 2016, ma, in realtà, è il burden sharing, spieghiamolo. E così, da un giorno all'altro, 130 mila clienti perdono tutto, 12 mila obbligazionisti non professionali, risparmiatori ignari, perdono tutto da questa operazione. Stando ai dati attuali, siete in pieno conflitto di interessi e dovete smentirmi; voglio sentire Ghizzoni, voglio sentire De Bortoli, e aspetto le querele da parte vostra su queste persone, visto che hanno detto menzogne. Aspetto le vostre querele, che ancora non arrivano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Infatti, a me nessuno lo leverà dalla testa che avete messo in risoluzione Etruria e ci avete messo tre banche solo per evitare che i sospetti si concentrassero su Etruria. Questo a me non me lo leverà dalla testa nessuno, e la Commissione d'inchiesta mi farà capire qualcosa in più.

Concludo, Presidente: qualcuno, colleghi, qui dentro pensa di poter fare quello che vuole di questo Paese, giocare con la vita delle persone per i propri interessi personali, per un voto, per una poltrona, per un bonifico.

La storia, però, ci insegna - ce lo insegna! - che le menzogne prima o poi vengono scoperte e perdono. Voi potete probabilmente anticiparci, raccontando menzogne e facendo credere ai cittadini cose totalmente false. Però, nel lungo periodo la coerenza, l'onestà e l'impegno - vi ripeto - hanno sempre vinto e vinceranno anche questa volta e voi perderete (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Paolo Petrini. Ne ha facoltà.

PAOLO PETRINI. Grazie. Signora Presidente, signor sottosegretario, colleghi, dopo quello che abbiamo ascoltato sembra un'impresa ardua affrontare il compito dei prossimi mesi e, cioè, produrre verità, basandoci su false verità, produrre verità su una visione del mondo che si basa sull'eterna rincorsa tra guardie e ladri, una rincorsa tra guardie e ladri che, però, vorrei segnalare al momento dal loro punto di vista produce solo processi mediatici mentre nella realtà, quella vera, i processi veri li rischia il sindaco Raggi. Il sindaco Raggi rischia i processi veri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)

PRESIDENTE. Adesso tolga questo giornale, per favore!

PAOLO PETRINI. …e questa mi pare la situazione. Voi inveite contro i vostri avversari con questa rivoluzione morale falsa con cui cercate di affrontare e semplificare una realtà complessa, ma quella realtà vi sta superando, mettendo a rischio anche i personaggi maggiori che avete messo in campo.

Io credo che questa complessità vada perlomeno un po' condivisa prima di affrontare un compito così difficile come quello che ci propone questa Commissione di inchiesta, partendo da quello che siamo, da quello che noi italiani abbiamo prodotto con la nostra struttura economica, tra le maggiori del mondo, ma sicuramente quella con problemi strutturali che vanno al più presto risolti, se vogliamo finalmente riemergere da questa grave crisi che ha contraddistinto gli ultimi anni. Noi abbiamo il 47 per cento della nostra occupazione che è concentrata non nelle piccole imprese ma nelle microimprese e abbiamo le nostre piccole e medie imprese che sono le più indebitate d'Europa e sono indebitate, concentrando i loro passivi nei prestiti bancari. Questo è un limite che fa emergere, in maniera chiarissima, qual è la situazione nella quale ci siamo infilati dopo una crisi così drammatica, una situazione che, quando ha visto venir meno la forza di queste imprese, quando ha visto venir meno i mercati di riferimento di queste imprese e quando ha visto anche l'inizio di molti fallimenti, non poteva che portare in difficoltà tutto il nostro sistema bancario, che era così fortemente collegato al nostro sistema economico.

Insieme a questo, qual è la situazione che si è sovrapposta? È stata quella di banche locali colpite dalla crisi - quelle che conosciamo, quelle che sono state oggetto dei nostri provvedimenti, compresi gli ultimi - che sono state gestite essenzialmente come centri di potere. Dunque, erogavano credito a vantaggio di una parte consistente del sistema di potere locale, preferibilmente nel settore immobiliare dove tutto sembrava più facile e dove, alla fine della giostra, le sofferenze pesano per quasi il 50 per cento del totale. Queste banche hanno assunto enormi rischi con scarse, scarsissime garanzie. Quando si sono accorti dell'enorme pasticcio hanno cercato di rimediare, procurando un danno ancora maggiore, perché hanno imbrogliato dei clienti, dei soci, dei risparmiatori che avevano confidato in loro e che, per tanti anni, avevano sostenuto queste banche.

Infatti, nella necessità di ricostituire il capitale, vista la massa crescente di insoluti, hanno erogato prestiti finalizzati all'acquisto di azioni e obbligazioni subordinate, continuando a distribuire i ricchi dividendi che non avevano fondamento nei conti o rendimenti altrettanto esagerati sulle obbligazioni subordinate. Classi dirigenti inadeguate, con l'unico obiettivo di perpetuare se stessi; classi dirigenti, non classi politiche, classi dirigenti! Manager senza controllo con consigli di amministrazione eletti per le capacità politiche dei singoli che sapevano come riempire i pullman prima delle assemblee elettive. Molto spesso manager, che decidevano chi fare rimanere nei CdA attraverso l'erogazione di credito agli amici dei loro amici.

Se non ci fosse stata la crisi, la vigilanza europea dotata di nuovi poteri e - permettetemelo - anche un Governo e un Parlamento meno disponibili alle pressioni delle associazioni e di fondazioni, forse sarebbe durata ancora a lungo. Noi, cari colleghi, abbiamo fatto la riforma delle banche popolari, una riforma che doveva essere fatta molti anni prima, una riforma necessaria al funzionamento di questo sistema (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), necessaria a far sì che determinate anomie non potessero più verificarsi. Siamo noi che abbiamo riformato le fondazioni, siamo noi che abbiamo prodotto l'autoriforma delle BCC, siamo noi che abbiamo fatto questo mentre voi altri stavate da un'altra parte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e, anzi, li difendevate. Io ricordo le audizioni in Commissione degli esponenti di questi istituti di credito; li difendevate perché dicevate che queste erano le uniche banche che prestavano soldi alle imprese, erano le banche che rappresentano la biodiversità del credito italiano, erano le banche su cui bisognava ancora far leva per far sì che la nostra economia potesse riemergere.

E, invece, dopo esservi eretti a difesa di quel sistema di potere e di quella falsa e perversa e non autentica biodiversità bancaria, oggi abbiamo visto qual è stata la parabola e a che cosa ci ha condotto quel modello di gestione di banca, quel tipo di governance che noi abbiamo voluto cambiare in maniera determinata e lo abbiamo fatto dopo che questa riforma era stata annunciata più e più volte non solo da Banca d'Italia ma da tutti i maggiori professionisti che si occupano di questa materia. Ma quando poi queste banche si comportavano così come dicevo, dov'era la Banca d'Italia? Dov'era la Consob?

In questi anni, abbiamo ricevuto molte risposte, alcune chiare, altre un po' meno. Certo, attraverso la Commissione, bisognerà distinguere le responsabilità istituzionali da quelle personali. Con la Commissione potremmo individuare, appunto, le perversioni del sistema, anche del sistema di vigilanza e controllo, ma certo, anche in questo caso, non potremmo semplificare. Non basta, cari colleghi, un semaforo rosso per tutelare i risparmiatori. Bisogna comunque dire ai risparmiatori che, senza rischio, non c'è rendimento. Non esiste un prospetto informativo che metta al sicuro tutti i risparmiatori, perché, ogni volta che c'è un investimento, c'è anche un rischio e noi dobbiamo tutelare il risparmio così come dobbiamo tutelare lo sviluppo economico. Ricordo a tutti che, dal 2007, i depositi bancari sono cresciuti di 300 miliardi e che i titoli di Stato comprati dalle nostre banche sono aumentati di 450 miliardi. Pensate che potremmo fare sviluppo in questo modo?

Non credo proprio, ma certo non risolveremo il problema con suggerimenti tipo la divisione tra banche commerciali e banche di investimento, come se fossimo in America, o addirittura attraverso la nazionalizzazione delle nostre banche. Certo, lì non parleremo più né di bail in né di bail out perché, in fondo, ci assumeremo come Stato tutti i rischi del credito erogato alle imprese e non mi pare che il modello cinese sia quello a cui dovremmo aspirare. Come non mi pare che, in fondo, sia una soluzione nessuna delle proposte che ci vengono soprattutto dal MoVimento Cinquestelle: stampare moneta per finanziare il deficit e risolvere il credit crunch proprio con la nazionalizzazione. In questi anni sono stati prodotti consistenti cambiamenti nel settore bancario e creditizio: abbiamo puntato a garantire…

PRESIDENTE. La invito a concludere.

PAOLO PETRINI. Ho finito, Presidente. Abbiamo puntato a garantire maggiore trasparenza nei rapporti tra banche e clienti e potenziato gli strumenti a tutela dei consumatori; abbiamo avviato un deciso processo di riforma del sistema bancario nazionale, supportato anche attraverso il recepimento della disciplina europea al fine di salvaguardare i creditori e tutelare l'investitore delle banche poste in liquidazione. La Commissione è un'ulteriore tappa di questo percorso: un percorso virtuoso che, senza di noi, non sarebbe mai neanche iniziato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 4410)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 4410: "Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario".

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 19 - Applausi).

Dichiaro così assorbite le proposte di legge nn. 1123, 3339, 3485, 3486, 3499, 3508, 3616, 3799, 3882, 4053, 4217, 4428 e 4429.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 13,10)

Trasferimento a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 4439.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'assegnazione di proposta di legge a Commissione in sede legislativa.

Propongo alla Camera l'assegnazione in sede legislativa della seguente proposta di legge, della quale la sotto indicata Commissione ha chiesto il trasferimento in sede legislativa, ai sensi dell'articolo 92, comma 6, del Regolamento:

      alla II Commissione (Giustizia):

S. 2473 - Senatori FALANGA ed altri: “Disposizioni sulla elezione dei componenti dei consigli degli ordini circondariali forensi” (approvata dalla 2ª Commissione permanente del Senato) (4439).

Se non vi sono obiezioni, così rimane stabilito.

      (Così rimane stabilito).

Seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni in materia di delitti contro il patrimonio culturale (A.C. 4220-A) (ore 13,12).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 4220-A: Disposizioni in materia di delitti contro il patrimonio culturale.

Ricordo che, nella seduta del 19 giugno, si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Esame degli articoli - A.C. 4220-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge, nel testo della Commissione.

La I Commissione (Affari costituzionali) e V (Bilancio) ha espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A), che sono in distribuzione.

Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 89, comma 1, del Regolamento, in quanto del tutto estranei rispetto al contenuto del provvedimento volto ad introdurre o a modificare una serie di reati contro il patrimonio culturale, gli articoli aggiuntivi Romanini 4.010 e Pagano 4.011 in materia di insequestrabilità nell'ambito dei procedimenti civili delle opere d'arte prestate da Stati stranieri.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 4220-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti riferiti all'articolo 1.

GIUSEPPE BERRETTA, Relatore. Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti 1.14, 1.16 e 1.15 Palmieri. La Commissione invece esprime parere favorevole sull'emendamento 1.10 Ferranti. La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti 1.12 e 1.13 Palmieri. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.51. La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento 1.11 Ferranti e raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.50 della Commissione.

PRESIDENTE. Il Governo?

ILARIA CARLA ANNA BORLETTI DELL'ACQUA, Sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e il turismo. Grazie, Presidente. Il Governo esprime parere conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.14 Palmieri.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palmieri. Ne ha facoltà.

ANTONIO PALMIERI. Grazie, Presidente, mi spiace questa sequenza di pareri contrari da parte del relatore Berretta perché noi condividiamo lo spirito del provvedimento e anche in qualche modo la lettera di esso ossia il fatto che la Commissione giustizia abbia trasformato un'ennesima delega al Governo in una norma immediatamente esecutiva e condividiamo la finalità di tutelare, da un lato, e di reprimere nel modo adeguato, mettendo a regime il sistema del codice penale, coloro i quali usano male e attuano reati nei confronti del patrimonio culturale. Tenuto conto che siamo tutti d'accordo, per cercare di stabilire la migliore norma possibile e immediatamente efficace, abbiamo presentato una minuscola serie di emendamenti che aiutano a scrivere meglio il testo. Ad esempio, in questo primo emendamento 1.14, interveniamo sul tema del riciclaggio perché è evidente che, non essendo i beni culturali beni fungibili, è molto complicato riciclarli nel senso tradizionale del termine, giusto per fare un esempio. Dunque, il nostro invito è al relatore, alla presidente della Commissione e alla maggioranza a fermarsi trenta secondi, rivedere il merito dei nostri emendamenti e cogliere le opportunità che noi offriamo per stabilire, come ho detto, una norma che sia più efficace e più immediatamente efficace. Il nostro intento è questo. Spero che il nostro appello non cada nel vuoto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, ritengo che la fretta che contraddistingue il provvedimento e la voglia quasi di arrivare quanto prima possibile a ora di pranzo non siano degne di una ulteriore performance della Commissione giustizia sul modo di gestire i reati in modo assolutamente spropositato e con pene che sono incredibilmente alte, scambiando il furto, la ricettazione, il riciclaggio di quello che non si può riciclare con veri e proprie pene da omicidio. Ritengo che questo sia un dato che non può essere digerito così facilmente. Mi meraviglia molto che sia iniziato questo provvedimento adesso, inarticulo mortis, quasi a sancirne la irrilevanza. C'è molto da dire. Chiedo di sottoscrivere tutti gli emendamenti del collega Palmieri, di farli miei e mi riservo, emendamento per emendamento, di discuterli approfonditamente.

PRESIDENTE. Onorevole Sisto, io mi meraviglio che lei si meravigli del fatto che andiamo avanti nel senso che è previsto che i lavori vadano avanti; non concluderemo il provvedimento ma, come sempre accade, si inizia un provvedimento quando è l'una e dieci e la seduta, come previsto, va avanti. Tutto qui.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nicchi Ne ha facoltà.

MARISA NICCHI. Intervengo per esprimere il voto favorevole del gruppo Articolo 1.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Anche i parlamentari dell'UDC voteranno a favore dell'emendamento 1.14 Palmieri.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.14 Palmieri, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 20).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.16 Palmieri.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, questo provvedimento parte dall'erroneo convincimento che gli articoli 9 e 42 della Costituzione, dando indubbia rilevanza al patrimonio culturale, chiudano questa rilevanza nella semplice differenziazione dal punto di vista sanzionatorio. Cioè, come se la differenza fra il patrimonio culturale e gli altri beni dovesse essere letta soltanto in termini di pena. Qual è l'operazione che ha fatto la Commissione giustizia? Anziché seguire più felicemente l'input della delega, che avrebbe consentito una riflessione non affrettata, come sarebbe necessaria per questi provvedimenti che a fine legislatura si vogliono spingere e far passare a tutti i costi e senza nessuna riflessione di tipo giuridico, non ultimo quello di qualche tempo fa, ha preso lo schema dei delitti contro il patrimonio, lo ha applicato ai reati contro il patrimonio culturale e ha - uso un termine esagerato - praticamente decuplicato le sanzioni previste per il patrimonio. Questo è tutto!

Ora, nella delega vi era la necessità di un'approfondita riflessione proprio per la natura di patrimonio culturale di quei beni. Cioè, non si tratta di reati contro il patrimonio più gravi, sono reati che necessitano di una riflessione e di una tipizzazione che parta da una delicata, specifica, direi particolareggiata riflessione sul concetto di bene e di patrimonio culturale. E la Corte costituzionale, più di una volta, Presidente, ha segnalato come gli incrementi di pena possano essere fortemente irragionevoli, e questo Parlamento e quella Commissione hanno avuto contezza di come la Corte costituzionale sia intervenuta a piedi uniti sugli incrementi di pena sconsiderati, che nascono da mentalità non certamente di Parlamento ma di procure, laddove si pensa che più pena c'è e meno reati ci sono: una follia smentita dalla storia! Noi stiamo legiferando in maniera pessima, sul piano penale: stiamo consegnando al Paese un sistema in cui ci saranno più reati che malfattori, più pene che indagati. E sapendo che la pena non è la sentenza, ma è il processo, il procedimento, a pene più gravi corrispondono incrementi di procedimenti più afflittivi, con possibilità di misure cautelari più reiterate. Certo, è in linea con le procure, in linea con chi vuole l'inquisizione, non con chi vuole le garanzie, come la Costituzione insegna.

Allora, questo emendamento, Presidente, in linea con tutti quanti gli altri - ho già chiesto di sottoscriverli tutti - fa chiarissimo, evidente, puntuale riferimento alla necessità di privare questo provvedimento dell'articolo 518-sexies, e soprattutto di snellire un altro tema, che è quello del decreto-legislativo n. 231 del 2001, che è un'ottima normativa, se viene utilizzata a fini preventivi, cioè se la società ha trasparenza interna e capacità di lettura esterna delle proprie strutture. Ma se la n. 231 diventa un meccanismo malefico per andare a cercare all'interno delle società qualsivoglia tipo di responsabilità, sicché fare impresa diventa sempre più difficile in questo Paese, noi abbiamo consegnato al Paese un ulteriore pessimo esempio di modo di legiferare. Su questo sono convinto che bisognerà riflettere, e sono convinto che il Senato non consentirà che provvedimenti di questo genere possano vedere la luce, e che un Paese, che si è sempre distinto per il corretto rapporto tra garanzia e pena, non veda questo ulteriore scempio normativo, su cui Forza Italia ovviamente voterà contro, quindi a favore di questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. Presidente, intervengo brevemente, in maniera tale da non intervenire successivamente su ogni singola fattispecie. Come è già stato ricordato, questo progetto di legge era una legge di delega, che purtroppo - devo dire al collega Sisto - si muove nella stessa direzione in cui con efficacia si è mossa la Commissione giustizia. Cioè ha fatto tanto male quanto voleva fare il Governo, diciamola così.

Noi abbiamo già stigmatizzato - credo la settimana scorsa, quando abbiamo parlato delle modifiche al codice penale, di procedura penale eccetera - che la cultura che domina in quest'Aula e nel Governo in particolare è una cultura carcerocentrica. Noi ci astenemmo, proprio perché non volevamo inserirci in quelle due posizioni, ambedue pregiudiziali, prevenute e populistiche, sia per chi diceva che era a favore del provvedimento sia per chi era contro. E oggi ci troviamo, come già denunciammo, in uno dei due corni del dilemma. Siamo alle solite: si aumentano le pene in modo spropositato. Ma io ho bisogno di leggerli, altrimenti che cosa andiamo a deliberare, eventualmente? Allora, delitto di furto semplice: per il delitto di furto era prevista nel codice, salvo la modifica che abbiamo fatto l'altro giorno, la sanzione da sei mesi a tre anni, qui la portiamo invece da due a otto anni. Da due a otto anni! Il minimo era di sei mesi - salvo, ripeto, la modifica che abbiamo fatto la settimana scorsa, perché noi modifichiamo sempre, ogni giorno che passa aumentiamo le sanzioni che ci toccano -, e poi la pena della reclusione da quattro a dodici anni per il furto aggravato, laddove invece, anche se andiamo a vedere l'articolo 625, la pena è di gran lunga inferiore.

Andiamo all'appropriazione indebita. Se uno commette appropriazione indebita, nel senso che si appropria di un bene culturale altrui di cui abbia a qualsiasi tipo il possesso, è punito, con questa norma, da uno a quattro anni; invece, nel codice penale, l'appropriazione indebita è punita con la pena fino a tre anni; è un reato a querela con la sanzione fino a tre anni. Quindi, da fino a tre anni noi passiamo da uno a quattro anni, per rendervi un pochino conto. Per la ricettazione, articolo 648 del codice penale, sono previsti da due a otto anni - da due a otto anni! -, qui invece stabiliamo da tre a dodici anni, tanto per rendere l'idea. Andiamo al riciclaggio dei beni culturali - strano reato -: anche qui abbiamo un aumento, una lievitazione delle pene. Poi, l'illecita detenzione di beni culturali, che è un qualcosa che assomiglia all'incauto acquisto. Vi è ricettazione, da un lato, quando sei consapevole che il bene è di provenienza illecita, incauto acquisto quando sei stato negligente e non ti sei premurato di vedere che la provenienza del bene fosse lecita. Allora, nel caso dell'incauto acquisto, abbiamo una sanzione prevista di sei mesi, qui invece la portiamo da sei mesi a cinque anni. Da sei mesi a cinque anni! Cioè, non so se ci rendiamo conto. Potrei continuare ancora per gli altri tipi di reato. Non so, danneggiamento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici. Voi trovate molto spesso, sui muri delle case…

PRESIDENTE. Concluda.

ARCANGELO SANNICANDRO. Non avevo dici minuti?

PRESIDENTE. Un minuto.

ARCANGELO SANNICANDRO. Sulle case trovate scritto che è vietato affiggere manifesti eccetera, e per il deturpamento le pene vanno da tre mesi a un anno; oppure, per il danneggiamento, da sei mesi a tre anni: noi qui d'emblée andiamo da uno a cinque anni, quindi vi rendete conto con quanta disinvoltura si sono aumentate le pene. Ripeto, ciò in sintonia con il Governo. La Commissione giustizia è stata esecutrice fedele - più o meno - della volontà del Governo, il che la dice lunga su tutta la cultura che ormai domina e spadroneggia in quest'Aula.

GIUSEPPE BERRETTA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE BERRETTA, Relatore. Presidente, per suo tramite mi inserisco in questo derby pugliese, per dire che in realtà mi stupisce quanto afferma l'onorevole Sisto, perché basterebbe guardare il testo disponibile a tutti i parlamentari, nel quale viene riportata la proposta di delega elaborata dal Governo e il testo normativo per come deliberato dalla Commissione, per verificare che proprio in tema di illecita detenzione di beni culturali noi abbiamo inteso limitare la pena, e rispetto a una potenziale pena fino a otto anni abbiamo deciso di limitarla a cinque anni e prevedere una multa fino a 20.000 euro.

Questo perché abbiamo ritenuto che fosse una pena congrua collegata alla detenzione consapevole della provenienza illecita, quindi fattispecie che, a nostro avviso, è particolarmente grave, come è grave il furto di bene culturale che l'onorevole Sannicandro derubrica a fatto assolutamente irrilevante. Secondo noi, invece, c'è proprio quella diversità del bene culturale, tenuto conto del valore che i beni culturali, i beni paesaggistici hanno per la nostra Costituzione, per il nostro ordinamento e per il nostro futuro, per cui tutelarli in maniera congrua è un obiettivo che ci siamo prefissi come Governo prima, come Parlamento ora, e che si traduce in norme con pene congrue, pene edittali superiori a quelle dettate in precedenza. Grazie.

PRESIDENTE. Nessun altro chiede di intervenire. Passiamo quindi ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.16 Palmieri, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 21).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.15 Palmieri.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palmieri. Ne ha facoltà.

ANTONIO PALMIERI. Presidente, nell'ottica appunto di aiutare a fare un testo che sia immediatamente efficace, noi qui proponiamo una rimodulazione della pena, che prende in parola quello che ha appena detto il relatore, cioè a dire che noi proponiamo di togliere quello che diceva l'onorevole Sannicandro prima, questo eccesso di abuso della carcerazione, che sembra un tratto caratteristico di questa maggioranza e di questo Governo…

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Palmieri. Onorevole Ghizzoni! Onorevole Ghizzoni! Grazie.

ANTONIO PALMIERI. …e sostituirlo, proprio perché mettiamo nel mirino l'importanza del valore del bene culturale, non con una multa standard fino a 20 mila euro, perché magari si tratta di bene culturale di valore molto superiore a 20 mila euro, la nostra proposta, assolutamente pragmatica e coerente con la nostra impostazione, è quello di dire: diamogli una multa che è pari a tre volte il valore stimato del bene culturale detenuto e inoltre obblighiamo a cederlo allo Stato, qualora non sia possibile risalire al legittimo proprietario.

Quindi, nuovamente noi vi invitiamo a prendere in considerazione queste nostre proposte emendative, che hanno - lo ripeto per l'ennesima volta - lo scopo di rendere il testo migliore. Ci stupisce il fatto che siate ostinatamente chiusi in questo rifiuto di proposte migliorative, come nel caso specifico di questo emendamento. Grazie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Grazie, Presidente. L'emendamento del collega Palmieri, sottoscritto anche da me, è un emendamento che tende disperatamente ad evitare quella che sarà la inevitabile scelta dalla Corte costituzionale di ritenere del tutto irragionevoli queste sanzioni coniate sullo châssis dei reati contro il patrimonio. È evidente, certo, si può anche non esercitare la delega, ma nella riscrittura non ci si può ispirare alla non delega della semplice riproduzione dei reati contro il patrimonio, questo non vuol dire esercitare una delega, vuol dire disattenderla dal punto di vista metodologico. Quindi, io credo che questo emendamento assolutamente ragionevole, troverà poi, se non fosse, come io ritengo, approvato dall'Aula, la sua eco nella sentenza della Corte costituzionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signor Presidente. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che ci troviamo davanti a una situazione difficile, perché veramente questa norma sembra essere scritta molto male e lo dico con grande simpatia per le intenzioni di chi l'ha scritta.

Vorrei portare all'attenzione dell'Assemblea la definizione di bene culturale, che cos'è un bene culturale. Andiamo all'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004: sono beni culturali le cose immobili o mobili appartenenti allo Stato, alla regione, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente di istituto pubblico ed a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi i beni ecclesiastici civilmente riconosciuti che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. Cosa vuol dire questo? Che una persona, la quale, come capita spesso, trova un coccio arando la terra e se lo tiene, detiene un bene culturale. Sapete quanti sono i beni culturali che abbiamo catalogato in Italia? 6 milioni. Intervenendo con una prospettiva assolutamente punitiva - capisco il furto, anche se le pene sono spropositate - sulla detenzione, stiamo creando un sistema fortemente repressivo in un'area in cui è più importante l'educazione, la sensibilizzazione, la possibilità di catalogare e di ottenere le denunce della detenzione per poter catalogare e poter difendere. Quando pensiamo al bene culturale, immediatamente noi pensiamo alla Gioconda o alla Pietà di Michelangelo. No! Abbiamo 6 milioni di cose, non sempre di elevatissimo interesse, è per questo che la tutela offerta qui sembra, oltre che spropositata quantitativamente, mirata male dal punto di vista qualitativo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. Continuando nella illustrazione del catalogo dei reati, articolo 518-undecies “devastazione e saccheggio di beni culturali”, qua viene mutuata la norma di cui all'articolo 285 del codice penale, che è una norma relativa ai delitti contro la personalità interna dello Stato, è una norma cioè che fu inventata dal fascismo, come tante altre norme, a difesa della personalità dello Stato, sia interna che esterna, per le ipotesi praticamente del colpo di Stato, di saccheggi, devastazioni, di rivolte, e lì è prevista addirittura la pena dell'ergastolo. Ora, qui chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 285, commette fatti di devastazione e di saccheggio aventi ad oggetto beni culturali è punito con la pena da dieci a diciotto anni. E non c'è una modulazione (Commenti della deputata Ferranti)

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Sannicandro. Onorevole Ferranti, lei non ci crederà, ma il Presidente sa quello che deve fare. Bene, allora la ringrazio. Prego, onorevole Sannicandro.

ARCANGELO SANNICANDRO. Dicevo, questo è un altro degli esempi, potrei continuare per la contraffazione, per esempio, di opere d'arte: attualmente la pena è da tre mesi a quattro anni, viene portata da uno a sei anni. Ora, con quale criterio – domanda - è realizzato l'intento, che è contenuto nella relazione, a giustificazione di questa normazione? L'intento è il seguente: favorire la coerenza sistematica del quadro sanzionatorio penale, attualmente ripartito tra codice penale e codice dei beni culturali.

Qual è l'operazione che si è fatta? Si son presi i reati che stanno nel codice dei beni culturali e li si trasferisce nel codice penale e a questa operazione di mera compilazione si dà valore di sistemazione, ma la sistemazione in campo penale, il sistema in campo penale, è il rapporto proporzionale tra tutte le fattispecie penali, non soltanto quelle all'interno di un capitolo, ma all'interno dell'intero sistema penale. Noi non possiamo arrivare a punire il tombarolo come se fosse un trafficante internazionale di droga, per capirci, e invece qui, praticamente, si fa questa operazione, è chiaro.

Fatta questa compilazione, messi insieme tutti gli illeciti penali contenuti nel testo unico, alla fine che si fa? Si aumentano le pene sia delle norme contenute nel codice penale sia di quelle contenute nel testo unico sui beni culturali e sia di quelle di nuovo conio. In totale noi abbiamo qui l'aumento di pene per undici reati più la introduzione di una nuova fattispecie contravvenzionale, cioè il possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno oppure per la rilevazione dei metalli.

C'è gente che è appassionata di archeologia, molti conosceranno queste persone - io personalmente ne conosco una - che girano per le campagne con il metaldetector per ritrovare monete antiche o cose di questo tipo. Però, se andassero a fare questa operazione in una zona ritenuta archeologica, dovrebbero giustificare il possesso di questi beni. Sarà bene, sarà sbagliato, voglio dire soltanto che qui stiamo operando con una visione carcerocentrica, perché è prevista la sanzione dell'arresto fino a due anni; per questa contravvenzione è previsto l'arresto fino a due anni. Quindi, una ispirazione carcerocentrica per ben 12 fattispecie. Si può ancora, nel 2017, con tutti i giuristi che contestano queste dottrine, continuare imperterriti su questa strada? Questa è la domanda che ci dovremmo porre.

Qui il Governo è reo confesso: introdurre nuove fattispecie di reato, innalzare le pene edittali vigenti. Voglio ricordare ancora una volta a quest'Aula che l'Italia è la nazione che ha le pene edittali più alte d'Europa e ha la macchina della giustizia meno efficiente d'Europa. Questa è la conclusione.

PRESIDENTE. Onorevole Sannicandro, la pregherei di seguirmi un attimo: io l'ho fatta parlare perché pensavo che lei avesse bisogno, per parlare dell'emendamento, di un'introduzione generale. Lei ha fatto, per la seconda volta, l'intervento che si fa normalmente sul complesso degli emendamenti. Quindi, io le darò la parola nelle prossime occasioni nelle quali lei me la chiederà, però la prego di parlare nel merito dell'emendamento, come prevede il Regolamento. Il suo è un ragionamento molto largo, onorevole Sannicandro, almeno due parole sull'emendamento bisogna dirle, altrimenti è un problema.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.15 Palmieri, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 22).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.10 Ferranti, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 23).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.12 Palmieri.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Grazie Presidente, sono contento della presenza del Ministro che, nel momento in cui aveva redatto la delega o aveva comunque pensato e valutato quella delega, certamente non aveva immaginato che la Commissione giustizia di sua iniziativa potesse trasformare la delega in una mera trasposizione delle formule previste per i reati contro il patrimonio, ai beni appartenenti al patrimonio culturale, semplicemente incrementando le pene. È un'operazione assolutamente scorretta sul piano metodologico, un'operazione intollerabile sul piano costituzionale, che finge che gli articoli 9 e 42 abbiano come differenza semplicemente un aumento di pena, come se la rilevanza del bene culturale fosse soltanto un problema di sanzione. Il dettaglio, la specificità, la conoscenza, i particolari, la prevenzione, i meccanismi amministrativi, tutto questo avrebbe dovuto essere letto prima, invece di operare questa operazione robespierriana, mi si faccia passare questo termine, in cui vi è soltanto un becero e cieco incremento di pena a fronte di beni che, invece, meriterebbero un approfondimento - scusate la parola - culturale. Laddove il bene culturale non è un bene qualsiasi, è un bene che va studiato, va approfondito, non è un bene da procure, è un bene da studiosi, che poi deve passare all'approfondimento delle procure.

Con questo emendamento, Presidente, noi abbiamo cercato ancora una volta di evitare un'afasia normativa, perché nel 518-octies addirittura, in quest'ansia da prestazione sanzionatoria (qui il Ministro Franceschini mi perdonerà se utilizzo l'horror vacui tanto caro agli artisti dei vasi della Magna Grecia per dare l'idea di come si sia proceduto) con horror vacui, con il timore di lasciare delle condotte senza sanzione (tutto deve essere sanzionato), si scrive che la pena prevista dai commi primo e secondo si applica anche nei confronti di chi rende dichiarazioni mendaci al fine di comprovare al competente ufficio di esportazione, ai sensi di legge, la non assoggettabilità di cose di interesse culturale ad autorizzazione all'uscita dal territorio nazionale. Ma ricordo: vi è nel nostro sistema un modo di sanzionare queste condotte già ben definito che può essere dalle false informazioni alla autorità giudiziaria al favoreggiamento. Vi è questa necessità di andare a punire la identica condotta con sanzioni non gravi, gravissime, solo perché qualcuno si è messo in testa che più si punisce meglio è. Noi questa logica, Forza Italia da sempre, la respingiamo.

Non è il diritto di punire che fa la giustizia, è la ragionevolezza - come la Corte costituzionale insegna - della sanzione e dei meccanismi sanzionatori. Noi ci battiamo per la difesa costituzionale del processo, perché poi che cosa accadrà? E' il meccanismo della n. 231, che va richiamato anche in questa sede, che penalizza ulteriormente le imprese, che le metterà in difficoltà per la condotta magari di un dipendente che può essere innamorato di un bene culturale e che è scorretto nei suoi confronti. Io mi chiedo qual è la ragione di tutto questo e questa bava alla bocca da sanzione da dove deriva? Perché questo Parlamento si è instradato su questa logica?

Io credo, Presidente, che quando noi chiediamo l'abrogazione di questa parte del 518-octies testimoniamo una fede, la fede che è quella che la giustizia non è sanzione, ma è ragionevole rapporto fra chi sbaglia e il prezzo che deve pagare. Voteremo a favore (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente)!

GIUSEPPE BERRETTA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE BERRETTA, Relatore. Presidente, per rivendicare invece l'assoluta ragionevolezza delle scelte operate, scelte operate senza nessuna preoccupazione per il cosiddetto horror vacui (il collega Sisto utilizza questa terminologia che ovviamente può essere anche attraente, ma che non conduce a nessuna considerazione davvero sensata) e nemmeno con nessuna bava alla bocca. Non abbiamo sentito magistrati, non abbiamo sentito procure, ci siamo limitati a rispettare e naturalmente seguire una traccia che era stata, peraltro, già segnata nella scorsa legislatura dal lavoro parlamentare che non era sfociato, però, nell'esame del disegno di legge da parte dell'Aula.

Abbiamo appunto tenuto conto della delega elaborata dal Governo, abbiamo sentito autorevoli docenti a partire appunto dalla professoressa Severino, Rettore dell'Università LUISS, dal professor Manacorda, che è professore di diritto penale presso la Seconda Università degli Studi di Napoli, con buona pace del collega Sisto, Fabrizio Parrulli, che è il generale di brigata dell'Arma dei carabinieri che si occupa specificamente della tutela del nostro patrimonio culturale. Abbiamo raccolto indicazioni da esperti, abbiamo poi tradotto la delega in articolato normativo operando delle scelte. Operando delle scelte, a nostro avviso, estremamente equilibrate che consentiranno davvero di realizzare l'obiettivo della tutela del nostro patrimonio culturale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. Egregio relatore, qui il problema è di tecnica giuridica. Il problema è della mancanza di quella sistematicità di cui si parlava nella relazione, perché il 518-octies su cui insiste l'emendamento dice: “chiunque trasferisce all'estero beni culturali, senza attestato (…), è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa (…). La pena è della reclusione da due a cinque anni se il delitto ha ad oggetto beni culturali di rilevante valore”. Quindi, questa è la fattispecie principale.

A questa fattispecie principale viene equiparato colui il quale fa false dichiarazioni: come dire, tanto per capirci in modo popolaresco, il falso testimone, colui che non rende dichiarazioni vere, anche se hanno ad oggetto beni culturali, chiunque rende dichiarazioni mendaci.

Poi, al fine di aiutare, c'è il favoreggiamento, c'è la falsa testimonianza, secondo il processo del luogo in cui si svolge questa attività di menzogna: questo è il punto! Quindi, voi mettete sullo stesso piano colui che commette il reato, col testimone che eventualmente non dice la verità in un processo. Questa è la cosa che… Avete ascoltato tutti, d'accordo, però alla fine avete detto: ho fatto delle scelte politiche. La scelta politica è che l'omicida è l'omicida, e chi invece ha aiutato l'omicida viene condannato alla stessa pena prevista per l'omicidio. Faccio un esempio grandioso al fine di capirci.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.12 Palmieri, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 24).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.13 Palmieri.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, prendendo le mosse da un vero e proprio mostro giuridico per dare l'idea di come questo modo di legiferare sia intollerabile, una sorta di specchi deformanti che modificano la struttura intima del sistema penale; e, quindi, partendo dalla assurda, assurda sanzione dell'articolo 518-undecies, da 10 a 18 anni di reclusione: meglio ammazzare qualcuno! Meglio ammazzare qualcuno! Da 10 a 18 anni di reclusione: l'esperienza ci insegna che questa è una pena che rende più conveniente un omicidio rispetto alla devastazione e il saccheggio di beni culturali. Se questo vuol dire gestire in modo equilibrato il sistema penale, io non mi chiamo Francesco Paolo, ma in modo completamente diverso.

Presidente, il nostro emendamento ha lo scopo di richiamare l'attenzione dell'Aula su tutto questo: noi ci assumiamo delle responsabilità, magari col sorriso sulle labbra, ma ci assumiamo delle responsabilità; e quando noi chiediamo… Perché poi quelle responsabilità più disinvolte si assumono sorridendo, è vero; ma quando noi chiediamo in questo emendamento di eliminare la possibilità che le dichiarazioni - quelle mendaci - siano state colposamente rese, ma neanche questo, neanche questo! Cioè, un profilo di non intenzionalità ma di negligenza, in una condotta che non ha niente a che spartire con quel reato.

Noi chiediamo un minimo salariale del principio di tipicità; noi chiediamo il rispetto dei principi che voi, in virtù dei numeri, pensate di poter travolgere, ma non ce la farete! C'è una Corte costituzionale, c'è un prossimo Parlamento, che dovrà dire se tutto questo funziona o meno. Questa arroganza nel proporre dei modelli penali assolutamente inquisitori avrà fine! Sarà la stessa gente che voi pensate di governare in questo modo, che vi costringerà a cambiare idea, perché il consenso si fonda anche su questo: sulla capacità dell'equilibrio nel sistema penale.

Volete riempire il sistema di reati e di sanzioni, penalizzare gli enti con un incredibile decreto legislativo n. 231 del 2001? Fatelo, ma sarà un'arma a doppio taglio, Il pozzo e il pendolo di Edgar Allan Poe: questo è sulla vostra testa! Noi ci batteremo per questo, Presidente, e insistiamo che questo emendamento venga votato almeno ridimensionando la possibilità che quelle dichiarazioni, ove fossero dovute a negligenza, a colpa anche grave, possano essere penalmente rilevanti. Se questo è possibile, dev'essere possibile, io credo che il Parlamento potrà votare questo emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.13 Palmieri, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 25).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.51 della Commissione, con il parere favorevole del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 26).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 1.11, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 27).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.50 della Commissione, con il parere favorevole del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 28).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 29).

Interrompiamo a questo punto l'esame del provvedimento, che riprenderà nella seduta di domani a partire dalle 9,30.

Sospendo quindi la seduta, che riprenderà alle ore 15 per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Ricordo, inoltre, che alle ore 16,30 avrà luogo lo svolgimento delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 22 e 23 giugno 2017.

La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 13,55, è ripresa alle 15.

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dell'Interno, il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali e la Ministra per i Rapporti con il Parlamento.

(Modalità di svolgimento della «Festa della musica» – n. 3-03092)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Santerini n. 3-03092 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Santerini se intenda illustrare la sua interrogazione o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MILENA SANTERINI. Grazie, Presidente. Signor Ministro, oggi, 21 giugno, è la Festa della musica; si svolge in tutta l'Italia, è una manifestazione di carattere europeo, che comincia oggi, tra l'altro sicuramente proseguirà per altre giornate, e quest'anno ha per tema “La strada suona”. Noi riteniamo che questa sia un'iniziativa importante non solo per il valore artistico, ma anche per il valore sociale, mi permetta di sottolineare questo aspetto, appunto, legato alla strada. Sappiamo che saranno coinvolti molti luoghi diversi, da luoghi alti, potremmo dire, ad altri, ma anche i parchi, i musei, gli ospedali, le carceri e così via, e vorremmo sapere quali sono gli eventi più significativi che lei ci possa anticipare per confermarci che la Festa…

PRESIDENTE. Deve concludere.

MILENA SANTERINI. …ha tra gli obiettivi quello di portare, appunto, la musica in strada, quindi fruibile da tutti i cittadini.

PRESIDENTE. Il Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

DARIO FRANCESCHINI, Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo. Grazie all'onorevole Santerini perché ci consente di portare - e credo sia non soltanto simbolicamente ma anche concretamente importante - l'evento Festa della musica in Aula e in Parlamento.

La Festa della musica c'è da molti anni in Europa, è una data attorno alla quale alcuni Paesi hanno costruito una tradizione molto forte, penso in particolare alla Francia. Anche in Italia la Festa della musica negli anni passati è stata celebrata con diversi eventi in città italiane, ma non c'è mai stata una scelta nazionale di metterla a sistema. Abbiamo deciso di farlo l'anno scorso, svolgendo il Ministero una funzione di coordinamento e chiamando attorno ad un tavolo le organizzazioni e le associazioni che se ne erano occupate e gli enti locali.

L'anno scorso è stato un successo importante, quest'anno credo sia il definitivo decollo, che renderà permanente e sempre più forti e diffuse le manifestazioni del 21 giugno di ogni anno. Quest'anno vi sono 9 mila eventi nelle piazze, nelle strade, nei parchi, nei musei, nei luoghi di culto, nelle carceri, nelle ambasciate, negli istituti di cultura all'estero, negli ospedali, nei centri di cultura, nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti, nelle metropolitane di 550 città e borghi italiani e 41 sedi diplomatiche all'estero.

La manifestazione quest'anno, appunto, lo ha ricordato, è intitolata “La strada suona”, praticamente esortando - in questo caso come avviene positivamente in Francia, dove è nata 25 anni fa - a portare la musica nelle strade. Sono tantissimi eventi, non posso ricordarli tutti, alcuni molto simbolici: il concerto dei medici e degli infermieri del San Camillo a Roma, la musica in strada contro mafia e bullismo in piazza Politeama a Palermo organizzata da Radio Cento Passi, appunto diversi scali aeroportuali, il sistema delle orchestre e cori giovanili che si esibirà a Roma, le performance dei punti luce di Save the children, il concerto di pietre musicali in Sardegna.

Mi fermo nell'elenco, ma è la dimostrazione davvero che è stato fatto un lavoro molto importante, che rende capillare e significativa la valorizzazione anche dei giovani talenti e delle esperienze musicali locali. L'anno scorso abbiamo introdotto l'iniziativa, ripetuta quest'anno, che il sabato precedente il 21 giugno la capitale italiana della cultura - l'anno scorso Mantova e quest'anno Pistoia - avrà una giornata intera dedicata alla musica, una sorta di anteprima, con il contributo del Ministero.

Non poteva naturalmente esserci Festa della musica senza pensare alle zone colpite dal sisma e dal terremoto. Nel centro Italia si svolgeranno concerti in molti luoghi, in particolare a Camerino, a Norcia, a Cascia. Penso che questa cosa sia importante non soltanto in sé, ma perché richiama l'attenzione del Paese e del Parlamento sull'importanza di un investimento in musica e anche in musica contemporanea.

Al Senato è in discussione la legge sullo spettacolo dal vivo, dopo la legge sul cinema, che porterà nuove regole e nuovi investimenti; spero che il Parlamento, prima della fine della legislatura, potrà approvarla, per dare concretamente un futuro a tutti i giovani talenti e a tutte le grandissime esperienze musicali che ci sono in Italia.

PRESIDENTE. L'onorevole Santerini ha facoltà di replicare per due minuti.

MILENA SANTERINI. Grazie, Ministro. Eravamo già convinti dell'importanza della Festa della musica. Volevamo effettivamente avere dei dettagli, che lei ci ha dato; in particolare, vorrei sottolineare questo aspetto, per esempio, sulle zone terremotate. La musica è già popolare, non bisogna fare un grande sforzo per renderla popolare, però deve essere aiutata, dobbiamo diffonderla meglio, ed è questo che spetta, appunto, anche al Ministero e al Governo. In particolare, direi, va resa più sociale; quindi, deve illuminare i luoghi anche più nascosti, come quelli che lei ha citato, penso agli ospedali e alle carceri. E, in questi giorni in cui stiamo cercando di approvare, perlomeno io vorrei, la legge sulla cittadinanza ai nuovi italiani, ecco che questo è un altro aspetto che dovremmo valorizzare.

Mi permetta di dire che in questi giorni stiamo lavorando, discutendo e approvando la legge sul patrimonio culturale. È una legge doverosa, ma certamente in funzione difensiva, cioè puniamo, tra virgolette, chi non rispetta il nostro immenso e bellissimo patrimonio culturale italiano. Invece, la Festa della musica ha tutt'altra funzione, è una funzione propositiva, una funzione attiva, ed è veramente quello che ci piace pensare che il nostro Ministero già fa e debba continuare a fare.

(Iniziative in merito alla bonifica delle discariche oggetto di procedura di infrazione europea, con particolare riferimento al territorio della Basilicata – n. 3-03093)

PRESIDENTE. L'onorevole Latronico ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03093 (Vedi l'allegato A) per un minuto.

COSIMO LATRONICO. Grazie, signor Presidente. L'interrogazione pone un tema assai serio per una piccola regione, e cioè, secondo le informazioni fornite dalla Commissione europea, sono 44 i siti che rappresentano ancora una minaccia per la salute e l'ambiente; il 52 per cento di questi siti è collocato nel territorio della Basilicata. La domanda è quali iniziative il Governo è in condizioni di assicurare perché questo grave problema, che minaccia, ovviamente, l'ambiente, e non solo l'ambiente, in una regione che ha tante criticità, possa essere affrontato.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente. Ringrazio l'onorevole Latronico perché mi permette di affrontare una tematica rispetto alla quale è forte e continua l'attenzione del mio Ministero.

Per il superamento definitivo delle problematiche sull'adeguamento e la chiusura delle discariche oggetto della procedura di infrazione del 2011 l'azione di impulso e di monitoraggio svolta dal Governo, nello specifico dal Ministero dell'Ambiente, ha prodotto progressi importanti nel completamento dei lavori di chiusura da parte delle amministrazioni locali competenti. In 17 casi gli interventi progettati dagli enti territoriali sono stati finanziati a valere sul Fondo di sviluppo e coesione, inserendoli nel Piano operativo ambiente approvato dal CIPE con la delibera n. 55 del 2016, nonché in numerosi altri casi con fondi previsti dai Patti per il Sud gestiti direttamente dalle regioni.

Negli aggiornamenti resi alla Commissione in data 17 aprile 2017, oltre alle certificazioni del completamento della chiusura di alcune discariche, è stato fornito anche un cronoprogramma degli interventi ancora in corso.

Con particolare riferimento alla situazione della regione Basilicata relativamente alla procedura di infrazione in questione, si fa presente che l'ultimo aggiornamento rispetto alle 26 discariche riportate nel parere motivato documenta tre certificazioni di conclusione dei lavori di chiusura, otto interventi conclusi ed in corso di certificazione, dieci interventi finanziati con risorse del Fondo di sviluppo e coesione 2014-2020 di cui al Patto per lo sviluppo della regione Basilicata, per un totale di 7 milioni 520 mila euro, e ancora due interventi finanziati con risorse di cui alla delibera CIPE, per un totale di sei milioni e mezzo di euro, e una discarica finanziata con fondi comunali, due discariche private finanziate dai gestori degli impianti con fondi propri. Possiamo, quindi, dire oggi che sono tutte finanziate e alcune già certificate.

Con riferimento al deferimento dell'Italia alla Corte di giustizia deciso dalla Commissione europea lo scorso 17 maggio, si fa presente che, a seguito della notifica del relativo ricorso, sarà possibile conoscere con più precisione tutti gli addebiti. La delicatezza del caso impone l'adozione di misure efficaci al fine di scongiurare una nuova condanna nei confronti del nostro Paese. A tal fine, il mio Ministero si riserva di effettuare ulteriori approfondimenti ed identificare ogni eventuale intervento in ritardo nella realizzazione degli interventi di adeguamento e di chiusura delle discariche oggetto del contenzioso, anche per valutare l'opportunità di esercitare i poteri sostitutivi per evitare un'ulteriore condanna e sanzioni pecuniarie.

PRESIDENTE. L'onorevole Latronico ha facoltà di replicare per due minuti.

COSIMO LATRONICO. Signor Presidente, la ringrazio. Ringrazio il signor Ministro per la risposta e anche per lo sforzo che sta compiendo per provare a portare fuori l'Italia da questa condizione di infrazione che è assai datata, perché l'Italia era tenuta entro il 16 luglio 2009 e, quindi, stiamo parlando di 8-9 anni trascorsi senza che questi interventi di messa in sicurezza del territorio - quindi della messa in sicurezza e della bonifica delle discariche, comprese quelle in Basilicata - si siano potuti compiere.

Io credo che al Ministro non sfugga la necessità di valutare la ragione per cui debbano passare dieci anni per poter mettere in realtà progetti di bonifica e di sistemazione ambientale rispetto a matrici che ovviamente sono vulnerabilissime. Ora l'Italia ha già pagato e ha versato all'Unione europea ben 320 milioni di euro nel 2017, di cui 141 per la sentenza relativa alle discariche abusive. Quindi, c'è tutta la gravità non solo per il danno ambientale che si è determinato non tenendo questi elementi in condizioni di sicurezza per dieci anni nel contesto antropologico, umano e ambientale, ma c'è anche un riflesso economico sulle finanze dello Stato che non è da trascurare. Quindi, io prego veramente il Ministro e il Governo di valutare tutti gli strumenti per sostituirsi alle inadempienze.

(Chiarimenti in merito agli interventi volti all'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione delle acque reflue, in relazione alla direttiva 91/271/CEE e alle procedure di infrazione europee in corso – n. 3-03094)

PRESIDENTE. L'onorevole Daga ha facoltà, per un minuto, di illustrare la sua interrogazione n. 3-03094 (Vedi l'allegato A).

FEDERICA DAGA. Grazie, Presidente. Oggi è il primo giorno di estate e siamo messi così: 40 per cento di perdite di acqua nei tubi, siccità con danni alla cittadinanza e all'agricoltura, eccessive captazioni da sorgenti per usi non fondamentali, acque marine costiere inquinate per mancanza di depurazione e fognature e, quindi, scarichi a mare più pesanti nel periodo turistico e quindici anni di procedure di infrazioni europee che né il Governo né i gestori sono riusciti ancora a risolvere. Con lo “sblocca Italia” del 2014 avete nominato commissari straordinari che sono stati rimossi d'imperio nel “decreto Mezzogiorno” del 2017, a favore di un supercommissario che gestirà da solo 2 miliardi di euro e centinaia di interventi necessari per superare le infrazioni e magari rendere l'Italia un Paese degno di partecipare al G7.

Chiediamo, quindi, cosa è successo nei mesi persi a nominare il supercommissario e cosa farà nell'immediato futuro, sperando nell'aggiornamento semestrale che purtroppo avverrà da Sogesid. Per noi non ci sono più scuse e non accettiamo ulteriori rinvii su un tema così delicato.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente. Ringrazio l'onorevole Daga per l'interrogazione che ci dà la possibilità di fare il punto su una situazione molto importante. Con riferimento alle criticità dei sistemi di collettamento, fognature e depurazione delle acque reflue nelle aree del Mezzogiorno, occorre innanzitutto premettere che le competenze per la realizzazione degli interventi necessari erano state assegnate, nella quasi totalità dei casi, ai commissari straordinari. Per superare le problematiche riscontrate e per riportare a unitarietà la situazione commissariale, si è optato per una scelta di good governance auspicata formalmente dalla Commissione europea.

Al riguardo si fa presente, comunque, che le attività di adeguamento promosse dai precedenti commissari, in accordo con il commissario straordinario unico subentrante, si sono svolte con continuità sino alla data di registrazione del decreto di nomina dello stesso, avvenuta il 18 maggio 2017. Dal suo subentro ad oggi, oltre a svolgere incontri e sopralluoghi, l'attività del nuovo commissario si è focalizzata principalmente sulla definizione dei necessari strumenti organizzativi e operativi. In particolare, sono stati definiti i contenuti delle convenzioni: con Sogesid, quale centrale di committenza per incarichi di progettazione e direzione dei lavori e che svolgerà la necessaria assistenza tecnico-amministrativa e legale; con Invitalia, che fungerà da centrale di committenza per l'affidamento dei lavori di realizzazione delle opere. Si è inoltre provveduto alla predisposizione del regolamento per l'istituzione di un albo di professionisti ai quali affidare incarichi di progettazione e direzione dei lavori.

È stata inoltre definita una convenzione per regolare i rapporti con il comune di Catania per il completamento della rete fognaria del depuratore e della condotta a mare e un'altra convenzione con ENEA per incentivare il riutilizzo delle acque dei fanghi ed affiancare il commissario nella ricerca di soluzioni sostenibili in contesti ambientalmente vulnerabili.

Va, infine, evidenziato che si stanno valutando ulteriori misure normative volte a semplificare ed accelerare la realizzazione degli interventi e l'adeguamento del sistema di collettamento fognature e depurazione sul territorio. Per quanto di competenza, rassicuro gli onorevoli interroganti che il Ministero continuerà a svolgere la propria attività mantenendo alto il livello di attenzione sulla questione.

PRESIDENTE. L'onorevole Villarosa, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare per due minuti.

ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Grazie, Presidente. Come volevasi dimostrare, alla fine da quattro mesi ad oggi non è stato fatto niente, ovvero sono state fatte le operazioni preliminari che avevano fatto i quattro commissari che avevate messo prima. È inutile che ci venga a dire il Ministro che i quattro commissari non hanno lavorato; chi li aveva scelti quei quattro commissari? Il Ministro. Quindi, alla fine è una reale presa in giro, Presidente. Ad oggi siamo al primo giorno d'estate e, come le estati passate degli ultimi - quanti anni sono? 15 anni - 15 anni, noi ci troveremo con depuratori che scaricano a mare l'impossibile.

Presidente, sono andato a Milazzo - al depuratore di Milazzo - che potrebbe essere un centro turistico fantastico ma dove spesso i cittadini o i turisti si trovano delle bolle. Sa che valori ho trovato per l'escherichia coli? Il limite era 5 mila e l'escherichia coli era a oltre 2 milioni. Questi sono i risultati di un mancato lavoro sulla depurazione. Ci sono tutti i paesi collettati sopra le località turistiche un po' più grandi che scaricano direttamente nei fiumi e nei torrenti e tutto finisce a mare.

La risposta del Ministro non ci soddisfa assolutamente perché - ripeto - sono le classiche procedure che deve fare un commissario: vedere come organizzare il proprio lavoro e, quindi, in pratica la stessa cosa, come dicevo prima, che hanno fatto i quattro commissari. Ad oggi nessuna risposta. La Sicilia, la Campania, le regioni del sud e tutte le regioni che stanno sulla costa continueranno a perdere soldi a causa del Governo che continua a ritardare da 15 anni - e questo Governo a partire dal 2013 - le attività necessarie per uno sviluppo turistico regionale.

(Iniziative di competenza volte a garantire un adeguato presidio dei vigili del fuoco presso l'aeroporto Sanzio di Falconara Marittima, in provincia di Ancona – n. 3-03095)

PRESIDENTE. L'onorevole Vezzali ha facoltà, per un minuto, di illustrare la sua interrogazione n. 3-03095 (Vedi l'allegato A).

MARIA VALENTINA VEZZALI. Grazie, Presidente. Ministro, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che ha la caserma di Vallemiano in ristrutturazione, effettua da due anni una partenza temporanea dall'aeroporto Sanzio di Falconara, con una media di mille interventi per anno in un'area fatta di piccoli comuni, zone industriali, autostrada, superstrada e criticità ambientali.

Il personale in servizio, i sindacati, le amministrazioni locali e lo stessero aeroporto si sono espressi favorevolmente al mantenimento di questa partenza strategica. Il comando provinciale e il Dipartimento sembrerebbero non avere obiezioni circa questa collocazione anche se due recenti decreti, uno sulle dotazioni organiche e l'altro sulle sedi di servizio, non contemplano questa ipotesi.

In assenza di decisioni o di integrazione dei decreti citati, il rischio che si corre in vista dell'avvicendamento ai vertici del comando di Ancona - e ho finito - è che si allontani l'istituzione di un distaccamento minimo presso l'aeroporto “Sanzio”.

Alla luce di quanto esposto, quali iniziative intende porre in essere?

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Marco Minniti, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

MARCO MINNITI, Ministro dell'Interno. Grazie, Presidente. Onorevoli deputati, l'attuale modello organizzativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco riconosce ai comandanti provinciali la facoltà di rimodulare la ripartizione sul territorio del personale a loro disposizione in presenza di comprovate esigenze, anche di carattere temporaneo. Facendo leva su tale elemento di flessibilità, nell'agosto 2015 il comandante provinciale dei vigili del fuoco di Ancona ha disposto, in occasione dell'avvio dei lavori di costruzione della nuova sede del comando di Ancona, la delocalizzazione presso il distaccamento aeroportuale di Falconara della seconda squadra terrestre della sede centrale.

Tale scelta, ipotizzata inizialmente in forma temporanea per la sola durata dei predetti lavori, ha prodotto risultati positivi relativamente alla qualità del servizio di soccorso nel comune di Falconara e nei comuni limitrofi, per la notevole riduzione dei tempi di intervento, a fronte del notevole numero di interventi espletati nel territorio di riferimento, che sono rimasti pari a 962 nel 2016 e registrano un analogo andamento anche nell'anno in corso. Poiché questa soluzione si è rivelata particolarmente efficace, è stato ritenuto vantaggioso mantenere l'attuale presidio a Falconara anche dopo la conclusione dei lavori, nell'intento di assicurare alla cittadinanza un servizio di soccorso più efficiente.

Tuttavia, l'attivazione in via permanente di un distaccamento terrestre nell'area interessata, richiedendo dal punto di vista ordinamentale la previsione di un contingente di personale superiore a quello attualmente operante, potrà essere valutata e decisa solo successivamente ad un intervento normativo di potenziamento della dotazione organica del Corpo nazionale.

PRESIDENTE. L'onorevole Vezzali ha facoltà di replicare, per due minuti.

MARIA VALENTINA VEZZALI. La ringrazio Ministro per la risposta e, sulla base delle argomentazioni da lei esposte, mi ritengo parzialmente soddisfatta. Conosco quelle aree e so bene quanto tempo si perderebbe se le partenze avvenissero da Jesi, da Senigallia, o peggio ancora dal capoluogo.

Il Ministero e il dipartimento dovrebbero fare lo sforzo di superare le valutazioni basate su tabelle, la politica è anche la capacità di valutare le opportunità e avere a cuore e ben chiara la missione da compiere. Nello specifico risponde a due priorità: garantire l'efficienza dei servizi e assicurare la tranquillità ai cittadini. Se ricorrono le condizioni, come nel caso in oggetto, non possiamo derogare alla sicurezza.

I decreti emanati ad aprile 2017 hanno istituito due nuovi distaccamenti, uno ad Amandola, in provincia di Ascoli Piceno, e l'altro a Visso, nella provincia di Macerata, senza considerare la partenza temporanea oggi operata dall'aeroporto Sanzio di Falconara. In considerazione dell'interesse che questa partenza ha suscitato sul territorio e dei positivi risultati che ha conseguito, e alla luce di quanto è possibile leggere da documenti ufficiali, rigetto le critiche che sono state rivolte a me e a chiunque avesse preso le difese di questa realtà, perché i cittadini e i lavoratori meritano rispetto.

Auspico, signor Ministro, che questa partenza possa essere lasciata a Falconara e che una decisione in tal senso posso far superare l'attuale incertezza che è frutto di mesi di fumose promesse, che alla luce degli atti ufficiali sembrano non corrispondere ad una reale e concreta volontà politica di un intervento definitivo.

(Iniziative volte a contrastare la diffusione di pratiche violente via internet, con particolare riferimento al fenomeno relativo al cosiddetto Blue whale – n. 3-03096)

PRESIDENTE. L'onorevole Covello ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03096 (Vedi l'allegato A).

STEFANIA COVELLO. Grazie, signor Presidente. Onorevole signor Ministro Minniti, credo che tutti, e in particolare chi onestamente sta a casa, abbiano sentito parlare nelle ultime settimane del fenomeno Blue whale, balena blu, in particolare quelle famiglie di bambini, di ragazzi, di adolescenti, che vanno dalle scuole elementari fino all'età adolescenziale che devono fare i conti con forti preoccupazioni su un gioco assurdo che ha assunto dimensioni virali in pochissimo tempo. Video diffusi che poi abbiamo saputo non essere veritieri, ma che avevano già creato danni tra i giovani. Si tratta di una escalation di perversione che rischia di portare al suicidio: su questo, è di qualche giorno fa la notizia anche di un primo indagato.

Chiediamo, quindi, al signor Ministro e al Governo di sapere quali iniziative, attraverso la polizia postale, si intenda assumere per contrastare questo fenomeno e per allertare le famiglie dei giovani sui rischi veri della rete.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Interno, Minniti, ha facoltà di rispondere.

MARCO MINNITI, Ministro dell'Interno. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, in questi ultimi mesi la Polizia postale e delle comunicazioni è impegnata tanto d'iniziativa, che sulla base di specifiche segnalazioni, a valutare attraverso il monitoraggio della rete Internet l'effettiva portata del fenomeno del Blue whale che desta allarme sociale e ha avuto una vasta eco sugli organi di informazione. Tale pratica avrebbe come obiettivo per chi la conduce in rete, in qualità di curatore, di coinvolgere i partecipanti in atti di autolesionismo, inducendo comportamenti sempre più pericolosi fino a determinare nelle vittime intenzioni suicide. L'attività della Polizia postale e delle comunicazioni mira a identificare persone, o gruppi di persone, eventualmente coinvolti in tale fenomeno, per prevenire l'esposizione di bambini e ragazzi ad un rischio per la loro incolumità connesso alla frequentazione della rete.

Nel contempo, ai medesimi fini, viene svolta una raccolta centralizzata di tutte le segnalazioni. Sono state ricevute finora dalla Polizia postale e delle comunicazioni circa 170 segnalazioni relative al fenomeno. Gli accertamenti disposti volti alla tempestiva localizzazione delle vittime e alle verifiche investigative tecniche necessarie, hanno fatto emergere che la percentuale dei casi qualificanti ipotesi di reato, come l'istigazione al suicidio o il procurato allarme, è inferiore al 5 per cento delle segnalazioni pervenute.

Informo che nel portale del commissariato di pubblica sicurezza online è stata resa operativa una stanza virtuale dedicata per rivolgere consigli ai genitori e ai ragazzi e a illustrare i pericoli emergenti in rete, ad agevolare le segnalazioni e a sensibilizzare gli utenti, anche grazie all'ausilio specialistico di psicologi della Polizia di Stato. È, peraltro, evidente che la prevenzione di qualsiasi forma di uso distorto e pericoloso del web che costituisce espressione di disagio e vulnerabilità giovanile, compreso il fenomeno in esame, richiede anche il coinvolgimento attivo del mondo della scuola, delle famiglie e dell'associazionismo. In tal senso, la tematica della Balena blu è stata inserita nella campagna che gli uffici della citata struttura specialistica della Polizia di Stato svolgono nelle scuole per un uso consapevole del web.

Concludo ribadendo il costante impegno per prevenire e contrastare la diffusione di tale fenomeno, assicurando che i contenuti di rilevanza penale ad esso eventualmente connessi rinvenuti all'interno degli spazi e servizi di comunicazione online saranno prontamente riferiti all'autorità giudiziaria.

PRESIDENTE. L'onorevole Covello ha facoltà di replicare, per due minuti.

STEFANIA COVELLO. Grazie. Nel ringraziare il Ministro Minniti che, come sempre, ci delucida in maniera esaustiva, chiara e nei dettagli, anche a nome del gruppo parlamentare del PD e dei colleghi firmatari insieme a me di questo question time, voglio ringraziare quanti quotidianamente lavorano per contrastare i pericoli che vengono dalla rete, in particolare gli uomini della Polpost, una specialità che merita attenzione.

Ringrazio il Ministro, come dicevo prima, per la grande sensibilità e la risposta puntuale. Da madre, prima che da parlamentare, sono preoccupata. La velocità con cui alcuni fenomeni si diffondono in rete assumono le dimensioni di pandemia e spesso siamo impotenti e incapaci di attivare le contromisure perché non conosciamo la portata del fenomeno.

La rete è una grandissima opportunità, ma nasconde tante insidie. Per questo, dopo aver approvato la legge sul cyberbullismo, chiediamo che presso le scuole e i centri di aggregazione giovanili, come bene ha detto il Ministro, si affronti il tema della rete sotto tutti i profili per avere quegli anticorpi necessari ad assicurare un'azione di discernimento vera, che sappia tenere lontani i pericoli.

Siamo assolutamente convinti che il Governo farà la sua parte e periodicamente chiederemo al Ministro di riferire in Parlamento per monitorare questi fenomeni e dare, quindi, alle famiglie e ai giovani gli strumenti di difesa rispetto alle minacce possibili. Sappiamo che alcune situazioni sono state anche enfatizzate, la politica invece vuole portare alla realtà delle situazioni ed essere attenta. Grazie ancora, buon lavoro, attenderemo le ulteriori notizie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Elementi ed iniziative in ordine al nuovo piano nazionale di ripartizione dei richiedenti asilo – n. 3-03097)

PRESIDENTE. L'onorevole Occhiuto ha facoltà di illustrare l'interrogazione Brunetta n. 3-03097 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

ROBERTO OCCHIUTO. Grazie, Presidente. Signor Ministro, ci risulta che nei giorni scorsi, ai sindaci di province italiane, i prefetti abbiano inviato una comunicazione nella quale si annuncia che l'intensificazione degli sbarchi ha reso necessario innalzare a 210 mila unità l'originaria pianificazione della ripartizione dei richiedenti asilo nei comuni d'Italia, quindi ben 10 mila unità in più. Nella nostra interrogazione io e il presidente Brunetta le chiediamo su quali atti e soprattutto su quali dati il Governo abbia fondato questa sua comunicazione, quali siano i territori interessati, soprattutto quali sono i criteri adottati e se il Ministro, insieme al Governo, non vogliano intraprendere iniziative per coinvolgere più compiutamente i sindaci italiani.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Interno, Minniti, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

MARCO MINNITI, Ministro dell'Interno. Presidente, onorevoli deputati, il Ministero dell'interno è attualmente impegnato nell'attuazione di una pianificazione nazionale imperniata sul criterio dell'accoglienza diffusa, concordata lo scorso dicembre con l'ANCI. Tale pianificazione fissa la quota di accoglienza a 200 mila unità, parametro tuttora vigente: non vi è stata alcuna iniziativa finalizzata all'innalzamento della quota che ho indicato. Ovviamente qualunque variazione si renda in futuro eventualmente necessaria, non potrà che conseguire da un'apposita intesa fatta dal Ministero dell'interno con l'ANCI. È pertanto evidente che l'iniziativa a livello locale cui si fa cenno nell'interrogazione, che lei ha qui riferito, è del tutto autonoma, e da considerarsi non rispondente alla linee strategiche predisposte dal Ministero dell'interno.

La scelta di fondo perseguita, cioè quella di puntare sull'accoglienza diffusa d'intesa con gli enti territoriali, sta producendo buoni risultati: è intenzione dell'Amministrazione dell'interno proseguire su questa strada, potenziando ulteriormente il modello di collaborazione, come confermato dalle recenti misure di concorso finanziario contenute nel decreto-legge cosiddetto “Mezzogiorno” pubblicato nella giornata di ieri. L'obiettivo è di lavorare per un progressivo superamento dei grandi centri d'accoglienza; tra l'altro la diffusione sul territorio consente di tenere un giusto equilibrio tra il diritto di chi è accolto e il diritto di chi accoglie, questione cruciale per la prospettiva di un'integrazione che funzioni, sapendo che su questi temi si misurano le prospettive della democrazia nel nostro Paese.

Il provvedimento di cui parlavo precedentemente, il decreto-legge cosiddetto “Mezzogiorno”, prevede tra l'altro misure che riguardano le questioni sollevate dagli onorevoli interroganti: mi riferisco in primo luogo ai previsti interventi finanziari quale concorso dello Stato agli oneri che sostengono i comuni per i servizi e le attività strettamente funzionali all'accoglienza e all'integrazione dei migranti.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARCO MINNITI, Ministro dell'Interno. È autorizzata a tal fine la spesa di 150 milioni di euro per l'anno 2018, 50 milioni in più rispetto alla spesa precedente, che si tradurrà in uno specifico contributo economico per ciascun comune commisurato al numero dei migranti effettivamente accolti. Nel medesimo contesto si interviene con una deroga ai limiti assunzionali fissata per garantire le medesime attività.

Inoltre, al fine di consentire il superamento di situazioni di particolare degrado presenti nelle aree dei comuni di Manfredonia, San Ferdinando in provincia di Reggio Calabria e Castel Volturno (Caserta), caratterizzati da una massiva concentrazione…

PRESIDENTE. La invito nuovamente a concludere.

MARCO MINNITI, Ministro dell'Interno. Ho finito, Presidente. Di cittadini stranieri, è previsto che possono essere nominati commissari straordinari del Governo, deputati ad adottare un piano di interventi per il risanamento delle aree in questione, anche al fine di favorire la graduale integrazione dei cittadini stranieri regolarmente presenti sul territorio, coordinando le realizzazioni in stretto raccordo con gli enti locali e territoriali e con tutte le amministrazioni interessate. L'obiettivo, infine, è quello di ripristinare la legalità in ambiti territoriali che vedono emergere forti criticità di varia natura, contrastando nel contempo con determinazione il fenomeno del caporalato, nel solco delle finalità perseguite dalla recente legge a tal uopo approvata dal Parlamento.

PRESIDENTE. L'onorevole Occhiuto ha facoltà di replicare, per due minuti.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Ministro, non ho difficoltà a riconoscere che siamo confortati dal fatto che lei ci dica che la comunicazione cui facevo riferimento è un'iniziativa personale di una prefettura, che non è concordata col Ministero; ci preoccupa il fatto però di aver riscontrato che nelle ultime settimane molti prefetti hanno svolto un'azione - come dire? - di moral suasion nei confronti di più sindaci d'Italia, avente ad oggetto lo stesso contenuto della comunicazione che le ho citato. Siamo confortati perché invece eravamo preoccupati che si volesse continuare a procedere col solito modo approssimativo a cui siamo stati abituati negli ultimi anni: perché guardi, Ministro, quando non c'è chiarezza sui criteri che si adottano nel piano di riparto, sulle regole, si espongono i sindaci a delle difficoltà davvero importanti, perché non hanno modo di esprimersi con chiarezza davanti ai loro cittadini, e soprattutto si svilisce anche il ruolo dei prefetti.

Io la inviterei a non fare l'errore che i Governi di centrosinistra negli ultimi anni hanno fatto, proprio in ordine ai prefetti. Noi abbiamo grande rispetto dei prefetti, ma negli ultimi anni i prefetti, da rappresentanti dello Stato, da autorità provinciali di pubblica sicurezza con compiti di coordinamento dei responsabili della pubblica sicurezza, si sono trasformati quasi in agenti immobiliari.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ROBERTO OCCHIUTO. Ma è compito dei prefetti trovare le camere d'albergo per i migranti? Ecco, noi vorremmo che questo Governo ripensasse la governance del sistema, e anche il ruolo dei prefetti; anche perché questo è un fenomeno destinato ad aumentare.

PRESIDENTE. La invito nuovamente a concludere.

ROBERTO OCCHIUTO. Chiudo ricordando i numeri degli ultimi due anni: nel nostro Paese sono sbarcati 505 mila migranti, solo 9.900 sono stati rimpatriati (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

(Chiarimenti in ordine al bando del Ministero del lavoro e delle politiche sociali denominato «Giovani 2g» volto a concedere contributi ad imprese costituite da cittadini extracomunitari – n. 3-03098)

PRESIDENTE. L'onorevole Rondini ha facoltà di illustrare l'interrogazione Allasia ed altri n. 3-03098 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario, per un minuto.

MARCO RONDINI. Presidente, abbiamo appreso dalla stampa di un bando del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per concedere contributi ad imprese di neo-costituzione, purché straniere. Il bando del Ministero è rivolto a giovani di età compresa fra i 18 e i 30 anni purché stranieri, cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea. Chiediamo al Governo quali siano le motivazioni che hanno indotto il Ministero a questa decisione, se ci sia un monitoraggio dell'esito dalla cosiddetta start-up, posto che il finanziamento è a fondo perduto, e dunque i soldi non devono essere restituiti, nonché se sia intenzione del Ministero prorogare ulteriormente, come ha già fatto, il termine perentorio di richiesta del contributo e per quali motivi.

PRESIDENTE. Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GIULIANO POLETTI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Presidente, onorevole, l'azione citata rientra fra i vari progetti pilota ideati e concordati tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed Anpal Servizi, finalizzata alla messa a punto di linee di intervento nell'ambito della programmazione dei fondi comunitari rivolti esclusivamente a cittadini extracomunitari, e pertanto finanziati con il Fondo nazionale politiche migratorie. Questo progetto è in linea con gli obiettivi fissati dal Piano d'azione “Imprenditorialità 2020” della Commissione europea.

L'iniziativa, con una dotazione di 1.600.000 euro, è volta a finanziare, attraverso un avviso pubblico, i progetti di autoimpiego di almeno 160 giovani, assegnando loro un contributo fino ad un massimo di 10 mila euro. L'iniziativa prevede, inoltre, un affiancamento nella fase di presentazione e messa in contatto con le istituzioni finanziarie ed assicurative e gestione e rendicontazione del progetto. L'iniziativa è rivolta ai giovani disoccupati tra i 18 e i 30 anni provenienti da Paesi non appartenenti all'Unione europea che hanno acquisito la cittadinanza italiana successivamente alla nascita, oppure cittadini dei Paesi non appartenenti all'Unione titolari di regolare permesso di soggiorno, tali da consentire l'esercizio di attività di lavoro autonomo. Il contributo è erogato alla presentazione della rendicontazione delle spese di investimento, e diventa definitivo solo se l'impresa è ancora attiva dopo 12 mesi, pena la revoca del finanziamento concesso. Il giovane richiedente deve produrre una fideiussione a garanzia dell'importo erogato, che potrà essere svincolata solo all'esito positivo delle verifiche dopo i 12 mesi dalla costituzione/avvio della neo-impresa.

Con riferimento a quanto evidenziato dagli interroganti, preciso che il termine per la presentazione della rendicontazione e richiesta di erogazione, inizialmente fissato al 31 ottobre 2016, è stato successivamente prorogato al 31 maggio 2017, per dar modo ai beneficiari di completare i progetti di investimento e presentare la documentazione richiesta.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIULIANO POLETTI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Al termine dell'analisi delle proposte di impresa da parte della commissione di valutazione, sono stati selezionati 82 progetti per un totale di 173 beneficiari. Al 31 maggio 2017 hanno presentato la rendicontazione e richiesto l'erogazione 30 progetti e 68 beneficiari.

Da ultimo, colgo l'occasione per evidenziare che per i giovani italiani è in corso di attuazione il Programma “Garanzia giovani”, che ha una dotazione finanziaria iniziale di 1 miliardo e mezzo di euro, a cui si aggiungeranno nei prossimi mesi 800 milioni, con uno specifico intervento per l'autoimprenditorialità denominato “Selfiemployment”, a cui sono destinati 50 milioni di euro.

PRESIDENTE. L'onorevole Rondini ha facoltà di replicare, per due minuti.

MARCO RONDINI. Presidente, vede, noi non siamo soddisfatti della risposta del Governo: intanto perché, se è vero come dice il Governo che di fatto le start-up vengono finanziate attingendo a un fondo europeo, è altrettanto vero che è difficile secondo noi non rintracciare un carattere discriminatorio in iniziative come questa. Ripeto: un bando del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per concedere contributi ad imprese di neo-costituzione purché straniere.

Un bando che esclude i cittadini italiani, garantendo un trattamento in questo caso di favore a chi è straniero da annoverare forse, secondo noi, sempre tra le tante iniziative buoniste che sono la cifra di questo Governo e della sua maggioranza, tutte tese a coltivare le nuove future clientele del PD, iniziativa questa che è una sorta di appendice del provvedimento sullo ius soli che regalerebbe la cittadinanza italiana a quasi 800.000 persone senza chiedere nulla in cambio se non forse il voto. Ebbene, orfano del proletariato, oggi il PD spera di ricavare consenso presso la platea di immigrati ai quali non perde occasione di riservare un trattamento di favore e nello stesso solco si pone anche questa brillante trovata che tra l'altro è accompagnata, come abbiamo scritto nella nostra interrogazione, dal fatto che ci sia un finanziamento a fondo perduto e che, se è vero che riuscirete mai a verificare che l'azienda comunque rimanga aperta almeno per dodici mesi, si risolverà spesso forse nel finanziare l'apertura di qualche negozio etnico…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Rondini.

MARCO RONDINI. Come al solito il prezzo del vostro buonismo lo fate pagare ai cittadini italiani.

(Intendimenti in merito all'apertura di un tavolo di confronto con le parti sociali in materia di regolamentazione del lavoro occasionale – n. 3-03099)

PRESIDENTE. L'onorevole Zappulla ha facoltà di illustrare l'interrogazione Laforgia ed altri n. 3-03099 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario, per un minuto.

GIUSEPPE ZAPPULLA. Signor Presidente, grazie. Mi rivolgo al Ministro: il 15 giugno 2017 il Senato della Repubblica ha approvato la legge di conversione del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, all'interno del quale è stata inopinatamente e scorrettamente a nostro avviso inserita una nuova disciplina sul lavoro occasionale. Sul tema dei voucher, infatti, grazie ai 3 milioni di firme raccolte nella CGIL, era stato indetto un referendum abrogativo che si sarebbe dovuto svolgere nella giornata del 28 maggio. La consultazione è stata in seguito cancellata per via dell'intervento del Governo che ha varato un decreto-legge totalmente abrogativo della disciplina sui voucher. Sabato 17 giugno a Roma la CGIL ha organizzato una manifestazione di protesta che ha registrato una straordinaria partecipazione dei cittadini e dei lavoratori…

PRESIDENTE. Concluda.

GIUSEPPE ZAPPULLA. …con un messaggio forte da noi condiviso. Ciò detto, ho concluso, chiediamo al Governo di aprire immediatamente un tavolo di confronto con la CGIL o con le altre forze sindacali e quelle datoriali al fine di raggiungere una soluzione condivisa e al contempo di sanare una gravissima ferita inferta al rispetto delle elementari norme democratiche del Paese.

PRESIDENTE. Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

GIULIANO POLETTI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie, Presidente. Grazie onorevole, già al momento dell'abrogazione dalla precedente disciplina del lavoro accessorio il Governo aveva annunciato l'intenzione di procedere tempestivamente ad una nuova regolamentazione del lavoro accessorio meramente occasionale allo scopo di colmare il vuoto normativo e regolamentare la prestazione di lavoro a rischio di lavoro nero.

Nell'ambito della legge di conversione del decreto-legge n. 50 del 2017 è stato inserito l'articolo 54-bis che opera una distinzione tra il libretto famiglia e il contratto di prestazione occasionale, quest'ultimo riservato soprattutto alle piccolissime imprese e ai professionisti. Tra la nuova regolamentazione sul lavoro occasionale e la precedente sussistono notevoli differenze tese ad evitare gli abusi da più parti riconosciuti dei voucher e a garantire maggiori diritti ai lavoratori occasionali. Ad esempio, mentre prima non esisteva alcun limite alle dimensioni delle aziende che potevano attivare i voucher, con la nuova disciplina possono attivare i contratti di prestazione occasionale solo le microimprese con non più di cinque dipendenti a tempo indeterminato. Inoltre voglio evidenziare l'importante novità per quanto concerne i limiti previsti per ciascun utilizzatore: infatti la nuova disciplina non consente di attivare contratti di prestazione occasionale per un valore complessivo superiore ai 5.000 euro netti. Prima invece gli unici limiti esistenti erano in capo al singolo prestatore di lavoro accessorio e i committenti non erano sottoposti ad alcun limite complessivo nell'uso dei buoni che potevano così utilizzare anche per l'attività ordinaria e senza alcun requisito di occasionalità. Ciò aveva determinato da parte di alcune imprese un uso massivo di buoni lavoro in contrasto con la dichiarata natura occasionale: grandi utilizzatori che acquistavano fino ad un milione di euro di voucher per svolgere queste attività. È stata inoltre incrementata sia la retribuzione per il prestatore di lavoro sia il versamento previdenziale. Peraltro il contratto può essere attivato e gestito esclusivamente attraverso la piattaforma informatica Inps garantendo quindi una piena e generalizzata tracciabilità dei compensi.

Con riferimento, quindi, alla richiesta di attivare un confronto con le parti sociali relativamente alle problematicità sollevate dagli interroganti posso confermare che attualmente sono aperti diversi tavoli di confronto con le parti sociali anche sulle tematiche del lavoro. In questo ambito sarà possibile ed è mia intenzione sviluppare una puntuale azione di monitoraggio sul funzionamento dalla nuova disciplina ed esaminare le problematicità che eventualmente si dovessero riscontrare e naturalmente quelle qui evidenziate dagli interroganti.

PRESIDENTE. L'onorevole Giorgio Piccolo, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare per due minuti.

GIORGIO PICCOLO. Grazie, Presidente. Ministro, non ci sentiamo per niente soddisfatti. Con l'azione di raggiro per evitare lo svolgimento del referendum avete mancato di rispetto a 3 milioni di firme di cittadini raccolte dalla CGIL, con un'azione discutibile sia sul piano democratico sia su quello costituzionale.

Non solo la CGIL ma anche l'Ufficio parlamentare di bilancio, organo tecnico e indipendente, ha riscontrato molteplici criticità in ordine alla nuova normativa, in particolare quella che regolamenta il lavoro accessorio presso le imprese. I limiti previsti al lavoro occasionale potrebbero in futuro facilmente essere ampliati, come già avvenuto in passato. In secondo luogo un margine temporale troppo elevato per la comunicazione potrebbe favorire - questo sì - il lavoro nero. L'assenza di limitazioni alle mansioni e la possibilità che i lavoratori possano essere chiamati anche ad attività a rischio o pericolose mettono in discussione la sicurezza sul lavoro con la possibilità di aumento degli infortuni.

Sabato 17 giugno si è svolta una manifestazione di protesta organizzata dalla CGIL che ha visto la partecipazione di migliaia di lavoratori e cittadini: anche a loro mancate di rispetto se non li mettete in confronto con tutte le parti sociali. Il confronto e la qualità di relazioni qualificano come sempre un'azione del Governo, specialmente un Governo di centrosinistra.

(Intendimenti in merito ad iniziative in materia di disciplina pensionistica dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali in distacco – n. 3-03100)

PRESIDENTE. L'onorevole Mazziotti Di Celso ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03100 (Vedi l'allegato A) per un minuto.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie, Presidente. Signor Ministro, onorevoli colleghi, l'interrogazione riguarda il fenomeno dei distacchi sindacali. La disciplina dei distacchi sindacali retribuiti, cioè con compensi e contributi a carico dei lavoratori, prevede che, quando il sindacato versa una contribuzione aggiuntiva sui compensi aggiuntivi versati dal sindacato, questa incida sul trattamento pensionistico del rappresentante sindacale incidendo sulla quota A, per intenderci quella calcolata sulla base dell'ultimo stipendio, e non sulla quota B che è quella calcolata sulla media. Questo determina il fenomeno abbastanza anomalo per il quale è sufficiente una contribuzione sull'ultimo stipendio per determinare un significativo aumento che l'INPS ha quantificato in media, sui casi che ha verificato, nell'ordine del 27 per cento. L'INPS ha proposto due circolari di cui, da quello che si apprende, la prima è stata respinta dal Ministero del lavoro. La seconda è in corso di esame e la richiesta al Ministro è di avere informazioni sullo stato di questo esame.

PRESIDENTE. Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

GIULIANO POLETTI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie, Presidente. Grazie onorevole, il decreto legislativo n. 564 del 1996 attribuisce all'organizzazione sindacale la facoltà di versare in favore dei lavoratori in aspettativa o in distacco sindacale una contribuzione aggiuntiva da calcolare sulla differenza tra le somme corrisposte ai lavoratori collocati in aspettativa o in distacco per lo svolgimento dell'attività sindacale e la retribuzione di riferimento previsto dai contratti collettivi di categoria sulla cui base viene effettuato l'accredito dei contributi figurativi. Il motivo per il quale è stata a suo tempo prevista la facoltà di versare questa contribuzione aggiuntiva è evitare che i lavoratori in aspettativa o in distacco sindacale vedano pregiudicata la loro posizione previdenziale dallo svolgimento dell'attività sindacale.

Ciò premesso confermo che la questione è all'attenzione dell'ufficio legislativo del Ministero del lavoro a seguito della predisposizione da parte dell'INPS di una bozza di circolare interpretativa conseguente agli orientamenti espressi da alcune recenti sentenze della Corte dei conti. La questione è sorta per evitare gli abusi del diritto che si possono realizzare attraverso incrementi anomali delle retribuzioni dei rappresentanti sindacali a ridosso del collocamento in quiescenza al solo fine di conseguire sproporzionati ed ingiusti vantaggi in termini di prestazione pensionistica.

In particolare, non è stato dato parere favorevole al primo schema di circolare dell'INPS, sulla base del fatto che le recenti sentenze della Corte non escludono, in termini generali, caratteri della fissità e continuità della contribuzione aggiuntiva di cui all'articolo 3, commi 5 e 6, del decreto legislativo in argomento, e per evitare dunque di provocare un possibile e rilevante contenzioso giudiziale. Successivamente, l'INPS ha proposto una nuova versione della circolare, che, diversamente dalla prima, affronta non solo il tema dei riflessi della contribuzione aggiuntiva sull'importo dei trattamenti pensionistici ma anche altre questioni, tra cui quella della natura della contribuzione aggiuntiva e della sua base imponibile, dell'identificazione delle organizzazioni sindacali alle quali si applica l'istituto della contribuzione figurativa per aspettativa sindacale, nonché dell'applicabilità del principio dell'automaticità delle prestazioni. Tale schema di circolare, più ampio e completo rispetto a quello precedentemente proposto, è ancora al vaglio e allo studio degli uffici tecnici del Ministero. Posso assicurare al riguardo che esprimeremo a breve il nostro parere.

PRESIDENTE. L'onorevole Mazziotti Di Celso ha facoltà di replicare.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Presidente, esprimo la mia soddisfazione, soprattutto su due aspetti: il primo, la promessa di esaminare rapidamente la questione; il secondo, il fatto che lo stesso Ministro ha definito abuso del diritto quello in base al quale in passato è accaduto che sia stata erogata una contribuzione aggiuntiva al solo scopo di alzare, magari in maniera molto significativa, la pensione (l'INPS ha parlato di media del 27 per cento con punte del 66 per cento). Credo che in questo momento, in cui il tema pensionistico è particolarmente sentito, in cui ci sono grandissime differenze di trattamenti, in cui ci sono differenze anche tra generazioni - io ho presentato una proposta per introdurre il principio di equità generazionale nell'articolo 38 della Costituzione - in questi casi, credo che si debba intervenire sul sistema attraverso la circolare, ma che si debba magari agire subito nei confronti di chi ha commesso abusi di diritto, come quelli che ha indicato il Ministro, perché lì si è già fuori dall'ordinamento, a prescindere da qualsiasi circolare. Quindi, mi aspetto che iniziative in questo senso vengano prese al più presto.

(Iniziative urgenti volte ad eliminare il meccanismo di adeguamento dei requisiti pensionistici all'aspettativa di vita – n. 3-03101)

PRESIDENTE. L'onorevole Rizzetto ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03101 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

WALTER RIZZETTO. Presidente, Ministro, la cosiddetta aspettativa di vita è un parametro che di fatto innalza, come lei sa, i requisiti temporali per poter accedere alla messa a riposo, ovvero alla pensione. In questo contesto, si svincolano ambiti quali pensioni di vecchiaia, i precoci, i famosi “quota 41”, le donne che vogliono accedere alla messa a riposo in modo volontario ed anticipato, “opzione donna”, ovvero tutto quello che gravita attorno al sistema pensionistico italiano. Quindi, Ministro, le chiedo ufficialmente - e non ufficiosamente, evidentemente - quali sono le sue indicazioni rispetto ad un parametro che a me sembra vetusto, ingiusto, iniquo, anacronistico, e di cui, tra l'altro, hanno parlato anche illustri esponenti della maggioranza che sostengono il suo Governo in termini di abrogazione.

PRESIDENTE. Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GIULIANO POLETTI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Presidente, l'adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento agli incrementi della speranza di vita costituisce un meccanismo in forza del quale i requisiti richiesti per il diritto a pensione vengono aumentati periodicamente sulla base degli incrementi della speranza di vita accertati dall'Istat. Questo meccanismo, originariamente introdotto dal IV Governo Berlusconi con una disposizione del 2009 che prevedeva che l'adeguamento decorresse dal 1° gennaio 2015, è stato modificato dal medesimo Governo con una disposizione del 2010, che ha fissato una cadenza triennale per l'adeguamento secondo con le rilevazioni effettuate dall'Istat. La normativa in questione è stata ancora modificata dallo stesso Governo, con il decreto-legge n. 98 del 2011, che ha anticipato al 2013 l'entrata in vigore del meccanismo di adeguamento. Successivamente, il decreto-legge “Monti-Fornero” ha esteso questo meccanismo anche ai requisiti contributivi per l'accesso alla pensione anticipata, stabilendo altresì che, a decorrere dal 2019, l'aggiornamento dei requisiti sarebbe dovuto avvenire con cadenza biennale anziché triennale. La normativa vigente, quindi, prevede che l'eventuale revisione dei requisiti, con effetto dal 2019, debba essere effettuata entro il 31 dicembre 2017 con decreto direttoriale del Ministero dell'economia e con il consenso del Ministero del lavoro, sulla base dei dati forniti dall'Istat, che, secondo le informazioni avute, saranno disponibili non prima del prossimo autunno.

Ad oggi, quindi, non è possibile avanzare alcune ipotesi rispetto a questa procedura. Voglio peraltro segnalare che, nella legge di bilancio 2017, è contenuta una specifica disposizione in base alla quale i futuri quattro adeguamenti alla speranza di vita, previsti nel 2019, 2021, 2023 e 2025, non troveranno applicazione nei confronti dei lavori usuranti.

PRESIDENTE. L'onorevole Rizzetto ha facoltà di replicare, per due minuti.

WALTER RIZZETTO. Grazie, Ministro. Bene per quanto riguarda i cosiddetti lavori usuranti, cosa che era già nell'aria rispetto a qualche notizia che è uscita da parte del suo Ministero. La invito, Ministro, considerato che oggi di fatto non mi ha risposto, a riconsiderare l'aspettativa di vita, e spero mi risponderà a questo punto in autunno, quando ha appena affermato che arriveranno dei nuovi dati. Allora, il concetto è molto semplice, Ministro, lei lo sa perfettamente: l'aspettativa di vita, come prima detto nel mio incipit, è un parametro assolutamente ingiusto, tant'è vero che la cosiddetta aspettativa di vita non si sta alzando, perché sulla base anche di uno studio dell'Osservatorio nazionale sulla salute, presentato il 26 aprile 2016, l'aspettativa di vita sta calando. Quindi, per le persone, per un difetto anche in termini di cure mediche - le persone purtroppo non hanno neanche i soldi per andare a curarsi -, l'aspettativa di vita sta calando. Quindi, la prego, Ministro, di prendere in estrema considerazione questa nostra richiesta, da potersi sviluppare nei prossimi mesi attraverso anche un'indagine che possiamo evidentemente fare, perché questo - lo rinnovo - ci sembra un parametro assolutamente anacronistico ed ingiusto. Chiudo, Ministro, dicendo che, sotto questo punto di vista, non potete dimenticarvi di quelle persone che prima abbiamo citato: i lavori usuranti, i giovani, che soffrono di una disoccupazione - lei lo sa - al 35 per cento. Vorremmo che rimanesse il fondo per “opzione donna”, i 2 miliardi e mezzo…

PRESIDENTE. Concluda.

WALTER RIZZETTO. Chiudo, Presidente. Poi, gli esodati, che è un capitolo ancora non chiuso; i precoci di “quota 41”, cioè persone che dopo quarantun anni di contributi e di lavoro devono andare in pensione senza dover aspettare ancora molti anni. Noi non molliamo, sotto questo punto di vista, cerchi nei prossimi mesi di darci una soddisfazione.

(Iniziative volte a favorire il più ampio coinvolgimento delle imprese pubbliche e private nell'ambito del piano di realizzazione della banda ultra larga – n. 3-03102)

PRESIDENTE. L'onorevole Garofalo ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03102 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

VINCENZO GAROFALO. Presidente, signora Ministro, signori Ministri, la banda larga è considerata da tempo ormai una delle infrastrutture più importanti per lo sviluppo delle imprese e della gente. È considerata anche un obiettivo fondamentale dell'attuale e del precedente Governo, e proprio per questo sono state messe in campo sinergie pubblico-private ed interventi interamente pubblici per garantire a tutti i cittadini, in tutte le parti d'Italia, lo stesso tipo di servizio. In questi giorni abbiamo però assistito sui giornali a uno scambio di opinioni tra rappresentanti del Governo e imprese sul fatto che c'è la volontà di un'impresa di intervenire dove già lo Stato ha deciso di farlo. Rispetto a questo, poiché l'intervento di capitali privati a nostro avviso è sempre un segnale positivo, vorremmo capire se il Governo intende riaprire un tavolo di discussione, o perlomeno affrontare il tema con uno spirito assolutamente di coinvolgimento.

PRESIDENTE. La Ministra per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

ANNA FINOCCHIARO, Ministra per i Rapporti con il Parlamento. Presidente, onorevoli deputati, il piano “banda ultra larga” è stato definito sulla base di un'ampia consultazione, che si è conclusa un anno fa. Al suo esito, il Governo ha individuato le aree di intervento pubblico e ha dato avvio alla gara. Peraltro, al termine di questo processo di consultazione era previsto che ogni partecipante rilasciasse le dichiarazioni circa le proprie intenzioni di investimento nei successivi tre anni, in modo da evitare investimenti pubblici nelle aree in cui i privati fossero già presenti o intendessero esserlo nel breve periodo. A inizio giugno dello scorso anno gli operatori hanno potuto comunicare eventuali modifiche ai rispettivi piani di investimento. La correttezza del processo di consultazione è stata riconosciuta dalla Commissione europea nella sua decisione di autorizzazione del piano, nella quale è stabilita che eventuali ulteriori, modifiche degli investimenti privati potevano essere prese in considerazione solo laddove non avessero riguardato aree già interessate dalle procedure di gara. TIM, dopo aver partecipato a tutte le consultazioni pubbliche, senza alcuna contestazione, ha partecipato al primo bando presentando proposte per tutti i lotti, con ciò, di fatto, confermando di non poter intervenire con risorse proprie nelle aree bianche.

Il 5 dicembre, durante la fase di prequalifica del secondo bando, la società ha manifestato la volontà di prendere parte alla gara; dopo soli diciotto giorni, invece, ha comunicato di voler investire solo in una parte delle aree bianche, pari a meno del 10 per cento di quelle oggetto del bando di gara, e di non essere più interessata ad alcune delle aree grigie nelle quali, invece, in precedenza, aveva dichiarato di voler investire, escludendo in tal modo la possibilità di interventi pubblici in tali aree. Il Governo ha fornito immediata risposta alla società e ha ribadito di non poter ridefinire i contenuti oggetto di lunghe e complesse procedure di gara, approvate anche in sede europea.

La variazione del piano di investimenti comunicata da TIM il 23 dicembre prevedeva, inoltre, la copertura delle sole aree a più elevata redditività, con gravi ripercussioni economiche nella gestione della rete pubblica e forti rischi per il processo di digitalizzazione. Peraltro, il MISE avvierà presto un'ulteriore consultazione per dare il via al terzo bando a cui potranno accedere tutti gli operatori, secondo quanto previsto dalla Commissione europea.

In ogni caso, il Ministro dello Sviluppo economico conferma l'apertura ad avviare un confronto diretto con TIM e con tutti gli altri operatori, al fine di chiarire ogni aspetto in perfetta trasparenza, per costruire una rete efficiente per tempistica e livello di servizio.

PRESIDENTE. L'onorevole Garofalo ha facoltà di replicare, per due minuti.

VINCENZO GAROFALO. Grazie, Presidente. Intanto, prendo atto delle ultime dichiarazioni della Ministra che, appunto, il Ministero ha intenzione di fare una consultazione con le imprese sul tema.

Il procedimento lo conosciamo, sappiamo pure, comunque, che c'è un'evoluzione tecnologica, da un lato, e dei mercati, dall'altro, in questo genere di prodotti, che spesso è rapidissima ed è per questo che questo tipo di investimenti hanno l'esigenza di essere realizzati proprio in tempi brevi, perché, spesso, o per tecnologie sopraggiunte, che consentono di realizzare impianti in maniera meno costosa, o per mercati che si aprono e consentono analogamente di essere ancora più competitivi, chiaramente, questo determina interessi che mutano nel tempo.

Ecco perché l'obiettivo dell'interrogazione non è quello di indirizzare verso una strada, ma di evitare l'unica strada che noi vorremmo che si evitasse, ossia quella di creare monopoli, anche se fossero pubblici, che sono sbagliati, di creare competitività, di considerare lo Stato sussidiario, cioè dove il privato interviene, lo Stato risparmia e investe per altre cose, scuole o servizi sociali. Ecco, quale vorremmo che fosse il meccanismo, tenendo conto, ovviamente, delle regole da rispettare, regole comunitarie, regole del nostro Paese. Ma un obiettivo fondamentale è raggiungere una forte competitività per l'intero territorio e, nello stesso tempo, generare un percorso di concorrenza; come abbiamo visto, in tutti gli ambiti dove c'è concorrenza, i servizi migliorano e sono sempre più competitivi sia in termini economici che di qualità.

Per cui confido nelle parole che lei, signora Ministro, ha detto di questa riapertura di un tavolo che dovrà, ovviamente, rispettare le regole, ma che, comunque, tiene conto di uno scenario che può mutare, comunque, con sistemi che si mettono in concorrenza.

(Iniziative, anche normative, volte a prorogare l'amministrazione straordinaria e a rinnovare il trattamento di integrazione salariale presso l'ex acciaieria Lucchini di Piombino – n. 3-03103)

PRESIDENTE. L'onorevole Fassina ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03103 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

STEFANO FASSINA. Grazie Presidente, signora Ministro, come lei sa, l'acciaieria ex Lucchini, oggi Aferpi, è in amministrazione straordinaria. Due anni fa, il gruppo Cevital ha rilevato gli asset e ha presentato un piano industriale giudicato adeguato, in termini di salvaguardia dell'occupazione e di attività siderurgica oltre che agro industriale e logistica.

Ad oggi, però, tutti quegli impegni sono rimasti sulla carta e il 30 giugno scade l'amministrazione straordinaria. Cevital acquisirà il controllo pieno degli asset e sono a rischio 2100 posti di lavoro. Inoltre, a fine anno scadono anche gli ammortizzatori sociali.

Allora, la domanda che facciamo al Governo è la seguente: il Governo intende prorogare l'amministrazione straordinaria, affinché possano esserci garanzie per il piano industriale e per la ricerca di altri partner e intende utilizzare la norma di cui all'articolo 8 del decreto cosiddetto Mezzogiorno che consentirebbe, appunto, la riacquisizione degli asset qualora continuassero gli inadempimenti?

PRESIDENTE. La Ministra per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

ANNA FINOCCHIARO, Ministro per i Rapporti con il Parlamento. Presidente, onorevoli deputati, l'amministrazione straordinaria della Lucchini ha ceduto, come ricordato, in data 30 giugno 2015, il complesso industriale siderurgico di Piombino alla società Aferpi. A seguito di tale acquisizione la società cessionaria ha, inoltre, aderito all'accordo di programma per la disciplina degli interventi per la riqualificazione e la riconversione del polo industriale di Piombino, sottoscritto nel luglio 2014 e nell'ambito del quale si è impegnata, in particolare, a mettere in sicurezza le aree private e demaniali in concessione.

Il programma industriale prevedeva rilevanti investimenti e l'assunzione e il mantenimento al lavoro di oltre 2.200 dipendenti. In particolare, oltre al rilancio della produzione di acciaio, era previsto lo sviluppo di nuove iniziative industriali in ambito agroalimentare e logistico con investimenti di circa 400 milioni di euro e prospettive, a regime, di pieno riutilizzo del personale del gruppo Lucchini.

Aferpi ha largamente disatteso tale programma dal momento che non ha effettuato nessuno degli investimenti previsti e ha, peraltro, sensibilmente ridotto l'ordinaria attività di impresa, limitandola al completamento delle commesse in corso. Conseguentemente, nonostante l'assunzione di tutto il personale, quest'ultimo è stato utilizzato in misura sostanzialmente inferiore rispetto al piano industriale proposto.

Il Ministero dello Sviluppo economico e la procedura di amministrazione straordinaria hanno monitorato con la massima attenzione l'evolversi della critica situazione conseguente alle inadempienze citate, adottando le iniziative formali necessarie per richiamare Aferpi al rispetto delle obbligazioni assunte.

Da ultimo, approssimandosi la scadenza del biennio dalla vendita, la procedura di amministrazione straordinaria ha posto in essere gli atti necessari per avviare la contestazione anche giudiziale dell'inadempienza, privilegiando, tuttavia, la via negoziale volta a un accordo tra le parti che preveda la proroga, per un ulteriore biennio, dei tempi per l'attuazione del programma industriale, da attuarsi anche mediante l'individuazione di una partnership nel settore siderurgico e, parallelamente, la proroga del regime di sorveglianza da parte della procedura di amministrazione straordinaria.

Tale percorso, attento alla necessità di garantire senza interruzione la continuità produttiva dell'azienda di Piombino, è stato condiviso con le organizzazioni sindacali, nel corso di incontri presso il Mise. È evidente che costituisce presupposto per qualsiasi accordo il finanziamento della gestione corrente per garantire la continuazione delle attività produttive. Con il nuovo accordo in corso di negoziazione si provvederà alla riprogrammazione degli impegni vincolanti dell'acquirente, delle relative scadenze e delle correlative prerogative della procedura in caso di inadempimento.

Su questo punto, voglio sottolineare che il Governo è intervenuto con una norma di rafforzamento, a determinate condizioni, di tali prerogative, contenuta nell'articolo 8 del decreto-legge n. 91 del 2017, ieri pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

PRESIDENTE. L'onorevole Fassina ha facoltà di replicare, per due minuti.

STEFANO FASSINA. Grazie, Presidente, grazie, signora Ministro. Siamo parzialmente soddisfatti, nel senso che è evidente che il Governo segue la vicenda, sebbene avremmo voluto che ci fosse una chiusura di un accordo soddisfacente, prima di arrivare a ridosso della scadenza. Tuttavia, continueremo anche noi a monitorare affinché siano esercitate le facoltà che il Governo ha, che il commissario straordinario ha e che l'articolo 8 del decreto cosiddetto Mezzogiorno che lei ha richiamato consente.

È evidente che siamo di fronte a una situazione insostenibile, è necessario verificare al più presto l'effettiva disponibilità di risorse finanziarie dell'imprenditore Rebrab che, appunto, controlla Cevital. È necessario preoccuparsi degli ammortizzatori sociali non solo dei lavoratori direttamente interessati ma di quelli dell'indotto che sono in numero quasi analogo. È necessario attuare gli impegni previsti in quell'area per le bonifiche e fare in modo che il piano industriale previsto abbia dei requisiti fondamentali di salvaguardia dell'ambiente. È necessario, quindi, dare corso a tutti gli adempimenti.

Quindi, auspichiamo che nei prossimi giorni, prima del 30 dicembre, arrivi, da parte del Governo, la chiusura di questo negoziato, con impegni che possano essere effettivamente verificati e attuati.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 16,30.

La seduta, sospesa alle 16,10, è ripresa alle 16,30.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Alfreider, Artini, Baretta, Bernardo, Borletti Dell'Acqua, Matteo Bragantini, Brunetta, Castelli, D'Alia, De Maria, Dellai, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Giorgis, Lorenzo Guerini, Laforgia, Locatelli, Losacco, Mazziotti Di Celso, Merlo, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Realacci, Rosato, Rossomando, Sanga, Sani, Speranza, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente e Villecco Calipari sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente centoventuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 22 e 23 giugno 2017 (ore 16,32).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 22 e 23 giugno 2017.

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Intervento del Presidente del Consiglio dei ministri)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri, Paolo Gentiloni Silveri.

PAOLO GENTILONI SILVERI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, colleghe e colleghi, il Consiglio europeo che si svolge domani e dopodomani, si svolgerà esattamente ad un anno di distanza da quel voto del 23 giugno dell'anno scorso, che ha portato la maggioranza dei cittadini britannici a decidere l'uscita dall'Unione europea, aprendo in qualche modo - se pensiamo all'atmosfera, alle cronache, alle discussioni di quelle settimane di un anno fa - quello che sembrava dover essere un anno orribile per l'Unione europea. E in effetti le cose sono andate in un modo diverso, quindi un anno dopo possiamo, credo, ragionare su un andamento diverso da quello che in quelle settimane si era immaginato.

L'Europa, certamente, ha attraversato - e Brexit ne è stata, forse, l'episodio saliente - una fase difficilissima, forse la fase più difficile dei suoi sessant'anni di progetto dell'Unione, non solo per la scelta, per la prima volta, dopo tanti allargamenti che da sei componenti avevano portato l'Unione a ventotto, di uno dei membri del club di andarsene, ma anche ovviamente per le caratteristiche dello Stato membro che aveva deciso di lasciare, e cioè un Paese che, pur avendo forse un europeismo riluttante, certamente è stato ed è uno dei protagonisti assoluti dal punto di vista storico, culturale, economico, militare, della storia del nostro continente.

E poi eravamo nel pieno della crisi migratoria, delle conseguenze della crisi economica più grave che ha investito l'Europa nel dopoguerra e degli effetti che questa specie di tempesta perfetta aveva provocato. Brexit, la crisi migratoria, i postumi del grande shock economico hanno provocato una crisi di fiducia, nei confronti del progetto europeo, senza precedenti.

In un certo senso, per molte settimane, quella che per alcuni decenni era stata vista - la prospettiva dell'Unione europea - come un contributo alla soluzione dei nostri problemi, come un traguardo da raggiungere, è stata considerata da una parte consistente delle nostre opinioni pubbliche in Europa, invece, come l'origine di ogni male, come un bersaglio, come l'origine dei problemi. Ora è passato un anno e la coincidenza che il Consiglio europeo si faccia esattamente un anno dopo ci aiuta in questa riflessione un pochino più larga che non solo sull'ordine del giorno della riunione dei Capi di Stato e di Governo.

Un anno dopo si può dire che le cose sono andate diversamente: lunedì c'è stato il primo round del negoziato su Brexit e devo dire che la parte che ha deciso di uscire non affronta certamente questo negoziato su posizioni di forza. Il che non vuol dire - sia detto per inciso - che noi italiani alimentiamo un atteggiamento, tra virgolette, vendicativo nei confronti della scelta democratica del popolo britannico, cui ci lega un rapporto storico per mille ragioni, ma, certamente, l'Unione europea sarà esigente in questo negoziato e noi italiani lo saremo in modo particolare su alcuni punti, non solo sulle questioni economiche e commerciali, ma sulle questioni che riguardano, ad esempio, i diritti maturati dalle centinaia di migliaia di cittadini italiani che hanno deciso di risiedere temporaneamente nel Regno Unito e che noi intendiamo difendere e difenderemo. Ma quel negoziato dimostra che la storia è andata in una direzione diversa da quella che qualcuno temeva, qualcun altro auspicava nel cuore, nel mezzo di questa tempesta perfetta che attraversava l'Europa un anno fa. Quel voto non è stato, come avrebbe potuto essere, una campana a morto per il progetto europeo, ma una sorta di sveglia molto sonora, si potrebbe dire. E il progetto europeo, proprio nel suo momento più critico - non è la prima volta, era accaduto altre volte nel corso dei decenni -, ha rivelato la sua vitalità. Nei giorni scorsi abbiamo tutti ricordato un grande Cancelliere tedesco, cristiano-democratico, Helmut Kohl: una figura alla quale anche dall'Aula della Camera dei deputati deve venire, io credo, un riconoscimento per il suo valore e per il ruolo storico che Helmut Kohl ha avuto (Applausi). Cancelliere della unificazione, Cancelliere del rilancio del progetto europeo: sarà difficile dimenticare quell'immagine dell'interminabile stretta di mano tra Kohl e Mitterrand di fronte al cimitero di Verdun, in Francia. E intervenendo nell'Assemblea nazionale francese, Helmut Kohl ammoniva dicendo che: “Gli spiriti del male non sono stati banditi per sempre dall'Europa; a ogni generazione si pone, di nuovo, il compito di impedire il loro ritorno”.

E ora, onorevoli colleghe e colleghi, questo compito di impedire il ritorno degli spiriti del male in Europa, che hanno segnato la storia della prima parte del secolo scorso europeo, è in fondo nelle nostre mani, nelle mani delle classi dirigenti politiche, economiche, culturali, sociali europee e italiane. Ora è il nostro compito, ora che riscopriamo la vitalità del progetto europeo e credo che è con orgoglio che noi italiani possiamo rivendicare il fatto che la riscoperta di questa vitalità del progetto europeo, in parte, si è materializzata proprio qui, proprio a Roma, nel marzo scorso, nell'occasione dei sessant'anni dei Trattati di Roma, in cui credo che noi abbiamo percepito, anche fisicamente, l'idea che prima ho cercato di dire e, cioè, una volontà di riscatto, una volontà di affrontare i problemi, una volontà di rispondere in avanti alla crisi del progetto europeo.

Non è stato un successo del Governo, è stato un successo del Paese, della città di Roma il fatto di aver ospitato questo momento di riscatto e di orgoglio europeo. Ora che l'Unione, che qualcuno ha definito “superpotenza tranquilla”, ha uno spazio geopolitico, per certi versi, inedito da occupare di fronte alle scelte di quello che è stato e che, ovviamente, resta il nostro principale alleato, gli Stati Uniti, che, tuttavia, stanno compiendo delle scelte molto concentrate all'interno dei loro confini nazionali; e questo apre all'Europa un compito geopolitico di un certo rilievo, visto che gli spazi vuoti nella politica internazionale vuoti non rimangono. Ora siamo alla prova di questa vitalità, perché è molto sulle spalle del progetto e dell'Unione europea che pesa la responsabilità di non fare marcia indietro rispetto agli impegni che sono stati presi per il contrasto ai cambiamenti climatici nel dicembre del 2015 a Parigi. Noi lo abbiamo detto subito, qualche ora dopo l'annuncio ufficiale dell'amministrazione americana, di voler recedere dagli Accordi di Parigi. In una dichiarazione congiunta con la Cancelliera Merkel e il Presidente Macron abbiamo detto subito una cosa molto semplice e, cioè, che quegli Accordi non solo vanno difesi, ma non possono essere rinegoziati. Perché, naturalmente, anche la posizione americana non è una posizione genericamente contraria a contrastare i cambiamenti climatici, ma è una posizione che vorrebbe, per così dire, alleggerire il peso economico che i grandi Paesi, i Paesi più industrializzati, i Paesi più ricchi, i Paesi più forti si sono assunti a Parigi per favorire l'impegno di tutto il resto del mondo a contrastare i cambiamenti climatici. Ma l'Accordo di Parigi è quella cosa lì: se si è rinegozia quell'impegno, di fatto, restano solo delle buone intenzioni. Quindi, anche lì, c'è il ruolo fondamentale dell'Unione europea.

Detto questo, naturalmente, care colleghe e cari colleghi, lungi da me immaginare che dopo una fase nella quale c'è stata perfino una demonizzazione del progetto europeo, oggi, io sia qui a proporvi una sorta di sua esaltazione acritica, euforica. Non si tratta di questo. Il progetto dell'Unione si è dimostrato resistente e più che mai attuale, ma, contemporaneamente, noi dobbiamo sapere che l'Unione europea deve cambiare e, cioè, che la sua prospettiva, la sua capacità di resistenza deve alimentarsi di uno sforzo di innovazione e di cambiamento che deve essere al centro dell'agenda dei prossimi mesi e dei prossimi anni, perché, rimanendo fermo, il progetto, pur avendo dimostrato la sua forza e la sua vitalità, non riuscirà ad assolvere i compiti accresciuti che questa contingenza storica gli propone.

La crescita dell'Eurozona sappiamo è migliore di quanto si fosse previsto - abbiamo ipotesi di crescita per l'Eurozona attorno al 2 per cento per i prossimi anni -, ma questo è un motivo in più per dire che, proprio di fronte alla prospettiva di una crescita meno stentata di quanto si immaginasse soltanto un anno fa, si tratta di mettere mano alle regole che sono state concepite nel momento più difficile della crisi economica europea e che, se non vengono messe in discussione, rischiano di avere un effetto soffocante, deprimente su questa spinta, pure positiva, di crescita dell'Eurozona. Serve una discussione sulle regole, serve una vera unione monetaria, servono politiche del lavoro e degli investimenti. Insomma, non bastano buoni numeri, buoni decimali per quanto riguarda il tasso di crescita, perché il progetto dell'Unione europea, la sua capacità attrattiva in Europa e fuori dall'Europa, in fondo, si basa sul suo essere anche un grande progetto di inclusione, un progetto di welfare, un progetto di lavoro, un progetto di riduzione delle diseguaglianze sociali ed è oggi il momento per mettere alla prova questa capacità del modello europeo, oggi, non tra qualche anno, oggi che ci sono finalmente dati più incoraggianti sul terreno economico (Applausi). Si tratta di imboccare la strada dello sviluppo e dell'inclusione sociale, è il compito da svolgere ora.

Noi ne parliamo da tempo e io mi auguro che la voce dell'Italia, che da anni si batte in questa direzione, sia una voce irrobustita da altri protagonisti, in particolare naturalmente dalla nuova leadership francese, che può dare una spinta in questa direzione, per cui considero molto positivo il fatto che a metà di luglio ci sia qui a Roma un incontro tra i tre Ministri dell'economia e delle finanze di Francia, Italia e Germania, proprio per mettere al centro dell'agenda europea la discussione sulle cose che bisogna cercare di cambiare per accompagnare questa crescita, per prendere questa opportunità.

In questo contesto politico, onorevoli colleghi, si svolge il Consiglio europeo, che sarà concentrato, oltre che su alcune di queste dinamiche - perché si parlerà di Brexit, si parlerà del futuro dell'economia europea - su due questioni particolari nel suo ordine del giorno, sulle quali riferisco prima di concludere: la prima è la questione della sicurezza e della difesa.

Il contesto nel quale lavoriamo, in Italia come nel resto d'Europa, credo che renda molto chiaro a tutti come siamo di fronte a una minaccia alla nostra sicurezza che ha delle rappresentazioni drammatiche nei fatti di cui siamo stati testimoni a Manchester, a Londra, nella stessa Bruxelles dove ci riuniremo (ieri, come sapete, c'è stato un attentato fallito), ma sappiamo che la minaccia è una minaccia comune, che nessun Paese può sentirsene estraneo. È per questo che serve una risposta comune. La risposta comune si alimenterà, nella riunione di domani e dopodomani, di alcune decisioni specifiche, decisioni sullo scambio di informazioni sui viaggi e sui sistemi di ingresso e di uscita nei Paesi dell'Unione e si tradurrà anche in un impegno più generale, che riguarda la necessità -che io sono contento si sia manifestata in modo così solenne, a Taormina, con quella dichiarazione dei sette sulla sicurezza – di mettere i giganti del web di fronte alle loro responsabilità sul tema del contrasto e della prevenzione della sicurezza (Applausi), perché guardate, noi sappiamo perfettamente che i grandi player della rete sono uno strumento indispensabile della nostra libertà, ma sappiamo al tempo stesso che possono essere uno straordinario terreno di coltura per le minacce alla nostra sicurezza e non è una condanna che queste due cose debbano per forza andare insieme.

Possono restare lo straordinario strumento di libertà e di conoscenza che sono, impegnandosi a evitare o a ridurre i rischi che dalla rete e dai social si manifesti in modo sempre più pericoloso la minaccia alla nostra sicurezza, perché da lì, oltre che da altre sedi fisiche delle nostre società, ma da lì in modo particolare viene il rischio di radicalizzazione di elementi del fondamentalismo islamico, che sono quelli che poi sono pronti a colpire le vittime innocenti nelle nostre strade, nelle nostre piazze, nei nostri teatri, nei nostri luoghi pubblici e quindi sarà fondamentale per il Consiglio europeo, sulla scia di quanto è stato deciso a Taormina, ingaggiare i grandi player della rete in un impegno in questa direzione.

Sulla difesa si faranno ulteriori passi in avanti. Si può essere scettici naturalmente su questi passi, si può considerare quella di una difesa comune europea come una utopia e tuttavia io credo che sia doveroso registrare il fatto che negli ultimi mesi si sono fatti dei passi in avanti. L'ultima decisione della Commissione di istituire un fondo europeo per la difesa ha fatto dire al Presidente Junker che gli Stati membri potrebbero risparmiare, sulla base di una messa in comune di sistemi di ricerca e di sistemi di difesa, una cifra oscillante tra i 25 e i 100 miliardi, il che ci dice una cosa piuttosto ovvia, ma di cui credo dobbiamo essere consapevoli e cioè che la sfida della difesa comune non è soltanto la sfida per occupare quello spazio geopolitico che il contesto del Mediterraneo e della regione in cui ci troviamo ci impone in qualche modo di occupare, ma la sfida della difesa comune è anche una sfida per rendere più efficienti i nostri sistemi di difesa, per risparmiare risorse e per far sì che l'industria europea sia all'avanguardia e questo è un investimento sul futuro e io rivendico il fatto che, proprio su impulso nostro e di altri grandi Paesi europei - ricordo l'incontro dei quattro principali Paesi europei, a Versailles, alcuni mesi fa - è venuto per la prima volta, con grande chiarezza, il messaggio della possibilità, cominciando proprio dal terreno della difesa, di costruire un'Europa con diversi livelli di integrazione al proprio interno. Poi è stato un tema di cui si è discusso moltissimo in vista dell'anniversario dei sessant'anni qui della Dichiarazione di Roma, ma non dimentichiamo che è stato in quell'incontro, a Versailles - Hollande, Merkel, Rajoy e il Presidente del Consiglio italiano - che noi abbiamo messo nero su bianco l'impegno, a partire dai sistemi di difesa, ad avere livelli differenziati di integrazione. Non era un discorso contro l'Unione Europea, era un passo avanti dell'Unione europea e credo che lo dobbiamo rivendicare e che il Consiglio di domani e dopodomani sarà un'occasione per rilanciare.

L'altro tema dell'ordine del giorno, accanto a sicurezza e difesa - e ovviamente non sfuggono a nessuno in quest'Aula i legami tra questi temi - sarà ancora una volta il tema dell'immigrazione, un tema sul quale io voglio dire in modo esplicito che la valutazione del Governo italiano e del Parlamento senz'altro resta una valutazione molto critica, cioè noi non possiamo non rilevare che la velocità con la quale l'Europa si muove sui temi della gestione dei flussi migratori è una velocità ancora troppo, troppo inferiore a quello che sarebbe doveroso, necessario e fondamentale. Qualcosa si muove naturalmente, ma si muove senza aver raggiunto ancora quella massa critica, che ci può far dire: abbiamo l'Europa finalmente impegnata su questa questione. Per cui, certo, noi credo possiamo rivendicare un fatto, un punto che con grande forza l'Italia aveva sollevato in questi mesi, e cioè che non era accettabile l'idea di un'Europa a due diverse rigidità, una rigidità molto severa, per quanto riguarda alcune regole di bilancio, e una rigidità molto flessibile, molto accomodante, talvolta addirittura inesistente, per quanto riguarda invece le scelte comuni sul terreno migratorio. Questo per noi non era accettabile. E io rivendico come un fatto positivo che l'Unione europea abbia deciso, finalmente, di attivare procedure di infrazione nei confronti di quei Paesi che esplicitamente si rifiutano di mettere in pratica gli impegni vincolanti anche per loro, presi in materia migratoria dal Consiglio europeo.

Ma, detto questo, si fa ancora troppo poco per l'Africa, per intervenire sui Paesi di origine e di transito. E noi, Governo italiano, nelle responsabilità che ci siamo presi in questi ultimi mesi, in particolare nei confronti della Libia e del Nord Africa, responsabilità rilevanti, perché se apre un'ambasciata, se fai un accordo diplomatico con un Governo, pur conoscendone fino in fondo la fragilità, se fai degli accordi con le tribù che controllano la parte meridionale al confine con il Niger, se ti muovi per formare e poi rafforzare la guardia costiera del Consiglio presidenziale libico nel suo impegno diretto sulle coste libiche, dove finalmente ci si muove e finalmente nelle ultime settimane sono state dalla guardia costiera libica salvate alcune migliaia di persone, se noi ci muoviamo per dare una mano a organizzare i campi in quei Paesi, ci chiediamo e dobbiamo sapere se l'Unione europea è con noi, è dietro di noi, con la forza economica, politica e organizzativa dell'Unione europea, oppure se questa resta un'impresa e un'iniziativa soltanto italiana (Applausi). Infatti, noi questo lavoro, lo faremo comunque, perché è indispensabile per gestire al meglio, per cercare di ridurre e di rendere più regolari i flussi, per cercare di sconfiggere le reti dei trafficanti. Ma sulla nostra iniziativa vogliamo sapere - e penso che qualche risposta domani e dopodomani, positiva, dalle discussioni che stiamo facendo ci verrà - se l'Unione europea ci mette la propria forza e le proprie risorse. Non basta stare a guardare e dire: ma, in fondo, l'Italia sta facendo un buon lavoro. Ovviamente ci fa piacere, ne siamo orgogliosi, ma abbiamo bisogno di sostegno e di impegno comuni, non soltanto di un discorso di apprezzamento! E, infine, colleghe e colleghi, c'è una postilla nell'ordine del giorno, di cui però credo sia utile riferire in quest'Aula, che riguarda la discussione sulla destinazione delle principali agenzie europee, che attualmente hanno sede a Londra e che nel corso della Brexit dovranno trovare sede in altri Paesi. Come sapete, le due maggiori agenzie sono l'agenzia europea per le banche e l'agenzia europea per il farmaco.

C'è una discussione sui criteri e c'è una candidatura italiana, la candidatura di Milano, che io credo abbia un dossier molto competitivo, per la forza del settore farmaceutico in quel territorio e in tutta Italia, e anche per la capacità di accoglienza, logistica e di collegamenti internazionali, e per l'offerta di una sede molto prestigiosa, che la città di Milano ha fatto per l'eventuale trasferimento dell'Agenzia del farmaco.

Non è una decisione che verrà presa in questo Consiglio europeo - verrà presa in autunno o in inverno - ma si cominceranno a discutere i criteri. E deve essere per noi italiani un punto fermo, che i criteri devono essere innanzitutto criteri di merito e di qualità e non criteri di divisione geopolitica e geografica, perché è chiaro che, se la partita si gioca sul merito e sulla qualità, la candidatura di Milano - che sono certo ha il sostegno dell'intero Parlamento (Applausi) - ha molte chance per essere un successo. Se si gioca con criteri diversi, la partita diventa molto diversa. Quindi, in conclusione, signora Presidente, colleghi, io credo che lo shock di Brexit, l'andamento dell'economia, le nuove scelte dell'amministrazione americana e l'esito di alcune partite interne ad alcuni Paesi europei, hanno creato questi eventi, un insieme potenzialmente diverso. Lavoriamo in un quadro potenzialmente diverso e di un certo interesse, che a me fa dire che l'Unione europea si trova di fronte a una grande opportunità, per cambiare e per investire sul proprio futuro. E io, con il contributo e il sostegno del Parlamento, naturalmente nelle funzioni diverse della maggioranza e dell'opposizione, ma con il vostro contributo, penso che il Governo può avere la forza in questa opportunità di portare il contributo, che spetta a un grande Paese fondatore come l'Italia (Applausi).

(Discussione)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri. È iscritto a parlare il deputato Andrea Romano. Ne ha facoltà.

ANDREA ROMANO. Presidente, grazie al Presidente del Consiglio per queste comunicazioni, che hanno descritto, io credo con molta precisione, non solo il contributo che l'Italia si appresta a dare al Consiglio europeo, ma anche quanto è accaduto in quest'anno, appunto, un anno non insignificante per la vicenda comunitaria.

Ricordiamo tutti in quest'anno, un anno fa, subito dopo il risultato del referendum, come fossero in moltissimi a profetizzare una crisi terminale per l'Unione europea. Ricordiamo lo sgomento o, viceversa, l'entusiasmo con cui si immaginava, molti immaginavano, che quello che era appena accaduto in Gran Bretagna potesse accadere di lì a poco in Francia, in Austria, in Olanda e - perché no? - in Italia e in Germania.

Ma questi dodici mesi - lo ricordava il Presidente del Consiglio - non sono trascorsi senza conseguenze, perché la fotografia di quest'anno ci racconta che quello che sembrava un destino inevitabile si è, invece, trasformato in una sfida per l'Europa e per i singoli Paesi che ne fanno parte, una sfida a rilanciare il progetto comunitario, le sue ragioni di fondo, ma anche i singoli temi su cui concentrare il nostro impegno politico comune.

Come ha detto il Presidente del Consiglio, la Brexit è stata una sveglia, una sveglia per tutti noi e per l'Unione Europea, una sveglia alla quale poi si è associata, di lì a poco, l'elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, con i suoi effetti di ripiegamento nazionalistico, di quella che è stata e rimane una grandissima, una grande superpotenza globale, che per larga parte dell'ultimo secolo ha svolto un'importante funzione di integrazione e di motore della cooperazione internazionale.

E cosa hanno imparato in questi dodici mesi i popoli europei? Innanzitutto che l'Unione europea è un potente fattore di stabilità per i singoli Stati che ne fanno parte. Guardiamo proprio al caso britannico e anche alla cronaca di questi ultimi giorni, persino di queste ultime ore.

Solo nell'anno che è trascorso dalla Brexit in Gran Bretagna ci sono stati tre diversi Governi: il Governo di David Cameron caduto subito dopo il referendum; il Governo di Theresa May e il Governo che si sta formando in queste ore, un Governo di minoranza, ricordiamolo, che chissà quanto durerà a leggere le cronache di questi giorni. E non vi è dubbio che l'ondata di instabilità che ha colpito la più antica democrazia del pianeta sia legata anche e soprattutto alla decisione assunta dal popolo britannico di uscire dall'Unione europea, una decisione che naturalmente noi rispettiamo perché è stata assunta in totale libertà dalla maggioranza di quell'elettorato, ma che non di meno dobbiamo considerare con franchezza e con onestà intellettuale per i suoi effetti economici, per le conseguenze che ha già avuto sulle fasce più deboli della popolazione e infine per il contraccolpo molto evidente, come dicevo, che ha comportato sulla tenuta del sistema politico di quella grande nazione. Dunque domandiamoci con altrettanta franchezza e onestà intellettuale, per esempio, cosa accadrebbe al nostro sistema politico, che è attraversato da correnti così evidenti di nostalgia per il passato, se fossimo fuori dal recinto dell'Unione europea, se fossimo fuori da questo effetto di stabilità, potente effetto di stabilità che l'Unione europea conserva. È un anno dunque questo segnato dalla sveglia della Brexit e dai fenomeni di ripiegamento nazionalistico che hanno coinvolto aree importanti dell'Occidente, un effetto sveglia che però si è tradotto in un importante passo avanti dell'Unione europea su alcuni temi. Voglio sceglierne due tra i tanti. Il tema della difesa comune, che ricordava poco fa il Presidente del Consiglio; è un campo questo dove finalmente dopo molti anni, troppi anni in cui ci si era limitati ad auspicare questo e quello sì è finalmente deciso di destinare risorse economiche certe e consistenti alla costruzione di un'autonoma capacità di difesa europea. Mi riferisco al paper adottato pochi giorni fa dalla Commissione europea per iniziativa del suo Vicepresidente e dell'Alto rappresentante, Mogherini, e che sarà oggetto di decisione al prossimo Consiglio europeo con il quale si stanziano 250 milioni di euro l'anno per il 2018 e il 2019, destinati auspicabilmente a diventare un miliardo di euro l'anno per il bilancio pluriennale dal 2020 in avanti, per un fondo comune europeo per la difesa.

Ricordiamo che si tratta di uno strumento che non entrerà in conflitto con l'Alleanza atlantica, di cui sono membri ventuno dei ventisette Paesi che compongono l'Unione europea, ma che sarà uno strumento fondamentale per dotarci di una capacità autonoma di difesa come Unione europea. È una decisione lungamente attesa, una decisione sacrosanta soprattutto sullo sfondo delle preoccupanti tensioni che proprio in questi giorni si vedono con chiarezza. Mi riferisco alle tensioni tra Stati Uniti e la Federazione russa e, di fronte a questo scenario associato - va ricordato - alla crescita di una certa aggressività da parte di Mosca e insieme anche al rischio di un'attenzione degli Stati Uniti a fare alcuni passi indietro dall'impegno multilaterale, questa decisione dell'Unione europea permette di dotarci di strumenti di sicurezza e stabilizzazione che sono indispensabili. Ma quanto è accaduto sul tema della difesa dove, a fronte del ritiro di una leadership globale, si è aperto un grande spazio per un'iniziativa europea, quello che è successo in questo campo può e deve accadere per esempio sul tema dell'ambiente. Anche qui la superpotenza statunitense ha fatto un passo indietro: un passo che noi critichiamo con onestà e di cui prendiamo atto. È un passo che tuttavia ha lasciato uno spazio significativo per un impegno europeo sui temi della sostenibilità ambientale, seguendo il percorso che è stato segnato dall'iniziativa di Italia, Francia e Germania che ha segnato molto in positivo il recente G7 sull'ambiente. Sono due esempi, la difesa e l'ambiente, che ci dicono che, quando è posta di fronte al pericolo di indebolimento e disgregazione come accaduto dopo la Brexit, l'Unione europea è capace di reagire, si è mostrata capace di reagire, mettendo finalmente in discussione la tendenza all'inerzia e alla conservazione dell'esistente che ha mostrato nei suoi momenti non brillanti, non brillantissimi e che ancora talvolta rischia di mostrare. Infatti è l'immobilismo la minaccia principale che incombe sulla casa comune europea, la tentazione di lasciare le cose come stanno, rischiando così di finire per essere travolti dalle spinte nazionalistiche e dal malcontento spesso legittimo che attraversa le nostre opinioni pubbliche e i nostri elettorati. Ma solo riformando se stessa, solo scegliendo di investire sulle politiche che incrociano più da vicino la vita concreta dei cittadini l'Unione europea sarà capace di uscire del tutto dalla propria crisi e, quindi, di recuperare appieno la funzione di protezione degli interessi nazionali che essa ha svolto per larga parte dell'ultimo secolo perché la verità è che i singoli interessi nazionali dei Paesi che compongono l'Unione europea si difendono davvero soltanto dentro l'Unione europea, facendo la propria parte fino in fondo come Stati membri dell'Unione, come membri attivi e consapevoli di una grande istituzione multilaterale com'è e come rimane l'Unione europea.

Mentre fuori dall'Unione europea è inevitabile un destino di debolezza, instabilità e marginalità come ci mostra purtroppo il caso britannico. È una lezione che hanno appreso i nostri padri, che abbiamo appreso anche noi dalla storia del nostro continente e che va ricordata ogni volta a chi gioca con l'antieuropeismo più becero e mi riferisco a un caso di questi giorni. C'è una forza politica ben rappresentata in questo Parlamento che non fa mistero di sventolare la bandiera dell'antieuropeismo, salvo poi chiamare in causa proprio l'Unione Europea, come hanno fatto i nostri colleghi 5 Stelle a proposito ieri dello ius soli, quando ci si arrampica sugli specchi per difendere l'indifendibile opposizione ad un provvedimento che è necessario e di civiltà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), e anche questo - concludo - è una lezione sull'europeismo inteso bene e sull'antieuropeismo invece opportunistico e d'occasione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Manlio Di Stefano. Ne ha facoltà.

MANLIO DI STEFANO. Presidente Gentiloni, buongiorno. In questo teatro chiamato Parlamento ci troviamo, ogni tre mesi, a discutere di ciò che lei, figurante pro tempore della maggioranza, dovrebbe sostenere al Consiglio europeo (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), un capolavoro…

PRESIDENTE. Deputato, la prego di usare un linguaggio rispettoso verso il Presidente del Consiglio; si può fare, la esorto a farlo. La ringrazio.

MANLIO DI STEFANO. Presidente pro tempore della maggioranza, allora… un capolavoro di ipocrisia da parte di chi sa perfettamente di non aver alcun peso politico in Italia, in attesa del ritorno dello sceneggiatore di Rignano, figuriamoci in Europa.

Avete avuto la Presidenza del semestre europeo, avete ospitato il G7, avete avuto pure l'arma della rotta balcanica che tanto fastidio dava alla Merkel, e cosa siete riusciti a fare? Niente, lo zero assoluto. Anzi no, avete fatto addirittura ulteriori danni: prima il famigerato accordo con la Turchia. In fretta e furia andava chiusa la rotta balcanica indigesta alla Germania; avete garantito a Erdoğan 10 miliardi di euro e, in cambio, sono aumentati nuovamente i flussi del Mediterraneo nel nostro Paese ben del 18 per cento, un affare insomma di quelli che sapete fare soltanto voi. Poi l'insana idea di Minniti di aumentare i CIE, i centri di identificazione ed espulsione, che avete chiamato CPR ovvero i luoghi dove vengono messi i migranti che vanno espulsi. Ne volete uno per regione, come se il problema sia dove mettere gli irregolari e non come rimpatriarli.

Insomma, piuttosto che attivarvi affinché si stipulino gli accordi bilaterali con i Paesi di provenienza dei migranti per poter davvero espellere gli irregolari che abbiamo già sul nostro territorio, l'avete sparata grossa per avere qualcosa da dire comunque.

È curioso notare poi come l'Unione europea con la vostra interlocuzione trovi sempre la forza per fare accordi commerciali sfavorevoli all'Italia, come quello sull'olio tunisino o sulle arance marocchine, ma mai per fare gli accordi bilaterali con i Paesi di provenienza dei migranti irregolari.

Poi, il tanto celebrato accordo con il Niger: un regalo da 50 milioni di euro per un piano antimmigrazione farlocco, con un Paese dove le rivolte studentesche vengono sedate uccidendo i manifestanti a bastonate. Eppure, sia lei che la UE considerate il Presidente Issoufou come lo scolaro modello del Sahel e gli date centinaia di milioni di euro con il nuovo Trust Fund deciso a La Valletta nel 2015, al quale si aggiungono le decine di milioni di euro che già gli danno la Francia, la Germania e gli USA che hanno appena costituito una base per droni ad Agadez, per non farci mancare nulla.

Questo Accordo è basato sull'assunto falso che, in virtù della libertà di circolazione esistente nello spazio economico della comunità degli Stati dell'Africa occidentale, una sorta di Schengen del Sahel, nessuna azione di contrasto all'emigrazione possa essere attuata prima di Agadez, città a mille chilometri a nord della capitale nigerina, Niamey, in pieno deserto del Sahara. Questa strategia settentrionale, come l'avete chiamata voi, tuttavia è la scelta peggiore possibile: mette a rischio i migranti, minimizza le probabilità di ridurre i flussi migratori, massimizza i costi e le difficoltà tecniche dell'operazione e allunga a dismisura i tempi per ottenere risultati anche modesti.

Noi - ma anche tanti esperti internazionali - abbiamo provato più volte a suggerirvi la strategia meridionale alternativa che utilizzerebbe la barriera naturale del fiume Niger facilmente controllabile a bassi costi e con ampie garanzie di risultati in tempi brevi e contribuirebbe oltretutto alla lotta contro i terroristi di Boko Haram. Questo perché la legge nigerina, in realtà, impone il respingimento alla frontiera di tutti i cittadini dei Paesi della comunità che non abbiano i documenti in regola, che non abbiamo tenuto un timbro di ingresso ad un posto di frontiera ufficiale e che non siano già in possesso di un visto per l'Algeria o per la Libia. Siccome praticamente il 100 per cento di coloro che attraversano il Niger è in difetto rispetto ad almeno uno di questi elementi obbligatori, si può affermare che tutti gli emigranti che attraversano il Niger lo facciano illegalmente, e possano essere quindi respinti in entrata, quando farlo non pone problemi legali, logistici o etici, oltre a costare pochissimo.

La cosa incredibile è che il Niger non fa nulla di serio contro l'immigrazione illegale, perché ne trae vantaggio a tutti i livelli: con i soldi che l'Unione europea gli assegna, con la rete di corruzione alimentata da quel 90 per cento di migranti destinati in Europa che passa da lì, e con la sua quota delle immani rimesse degli africani residenti in Europa, che ammontano a circa 200 miliardi di euro l'anno, a fronte di un investimento europeo annuo in cooperazione allo sviluppo di appena 50 miliardi. Su questo dovreste iniziare a ragionare. Ma Issoufou è membro dell'Internazionale socialista, come lo era Hollande e come lo è Renzi, quindi va trattato con i guanti di velluto. Finito qui? Ovviamente no.

Presidente Gentiloni, se le ricorda le sue stesse parole, dopo l'accordo stipulato il 3 febbraio col Governo di al-Sarraj? Lo definì una svolta, e aveva l'obiettivo di evitare le partenze di migranti irregolari dalla Libia. Uso una frase semplice: non funziona. Lo dicono i dati di Frontex: il 99 per cento dei migranti sbarcati in Italia proviene da Sabrata, città sotto il controllo nominale del Governo con il quale l'Italia, lei, ha stretto l'intesa. Oltre al danno, però, c'è la beffa, perché a febbraio, in Europa, sono stati registrati 10.900 arrivi totali, meno di un decimo di quelli totalizzati nello stesso mese del 2016. Un successo, si direbbe. No, perché l'Italia ha avuto un aumento, nel primo trimestre, del 46 per cento di migranti, a causa proprio della chiusura della rotta balcanica a favore di quella mediterranea. Tradotto: dalla stipula del vostro accordo con Tripoli, il numero di migranti che ha raggiunto l'Italia è raddoppiato. Complimenti vivissimi!

Non bastasse, avete pure ceduto dieci motovedette alla Guardia costiera libica, senza alcuna certezza di chi fosse il vostro interlocutore, tant'è che gli uomini in mimetica, dall'aspetto quasi di guerriglieri, arrestano i disperati, danno fuoco ai barconi, ma spesso, guarda caso, lasciano andare gli scafisti. Sostanzialmente, brancolate nel buio.

Dulcis in fundo: hotspot e ricollocamenti. Nel 2015, Alfano, l'altro fenomeno che avete tra i Ministri, annunciava che il regolamento di Dublino fosse stato superato di fatto, perché erano stati raggiunti importanti accordi sui ricollocamenti: noi avremmo aumentato la capacità di gestione dei flussi con nuovi hotspot e l'Europa ci avrebbe alleggeriti ridistribuendo i migranti sui 27 Paesi membri. Ebbene, dal 7 ottobre 2016, su un totale di 160.000 ricollocamenti che dovevano avvenire da Italia e Grecia, dall'Italia ne sono avvenuti 1.316: 1.316 su 160.000! Loro avrebbero fatto i ricollocamenti e noi avremmo fatto gli hotspot, questo era l'accordo: guarda caso, gli hotspot sono ora presenti sul nostro territorio, mentre i ricollocamenti non sono stati effettuati.

E se non bastasse, in queste settimane la Commissione europea sta studiando un nuovo regolamento per rafforzare il principio di chi accoglie e gestisce: esattamente quello che l'Italia avrebbe bisogno di smantellare. E lei viene qua, Presidente, e si vanta delle sanzioni a soli due Paesi che l'Europa avrebbe iniziato a discutere. Questo è quanto contate in Europa: lo zero assoluto!

Presidente, non le sto ribadendo tutti i vostri fallimenti per puro diletto, sarebbe troppo facile, bensì perché hanno un costo preciso e alto, sia in termini economici che in termini sociali. Dal vostro Documento di economia e finanza emerge che, nel 2016, l'Italia ha speso 4 miliardi di euro per l'emergenza migranti e il sistema di accoglienza nel suo complesso. Di questi 4 miliardi, l'Unione europea ci ha riconosciuto appena 112 milioni di euro, e intanto in Italia fate macelleria sociale. Complimenti, vi state impegnando davvero tanto. Vi abbiamo dato una lista di strade da percorrere, già in una mozione del 2014. Non le chiamo soluzioni, perché in mano vostra non lo sarebbero comunque. Abbiamo depositato decine di atti legislativi su tutti gli aspetti della materia: dalla gestione delle strutture d'accoglienza e il respingimento al diritto d'asilo, passando per il superamento del regolamento di Dublino, alla geopolitica del Sahel e del Medio Oriente, quote, agenzia internazionale, aumento delle commissioni territoriali e quant'altro. Sapete tutto! Sulla carta siete dei professionisti, ma voi non volete soluzioni, non le cercate nemmeno, volete piuttosto mantenere il problema, perché vi fa comodo. Lo dimostra il fatto che, davanti alle parole di un procuratore della Repubblica che denunciava probabili illeciti da parte di alcune ONG nel Mediterraneo, anziché pretendere la verità avete preferito screditarlo e attaccare noi dandoci dei razzisti, come se pretendere legalità e trasparenza possa essere da razzisti. Vergognatevi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

Parlare di immigrazione, parlare di rom, parlare di ius soli, parlare di tutto ciò che avete avuto modo di risolvere per anni quando eravate al Governo, senza mai provarci davvero, vi fa comodo. Vi fa comodo in particolare oggi, e forse fa comodo al suo burattinaio di Rignano, Presidente, perché l'unica intenzione che palesate con queste misure sconclusionate è riprendervi la parte più a sinistra dell'emiciclo che avete perso: per voi sono solo giochi politici. Questo messaggio vale anche per le finte opposizioni che siedono da decenni in questo Parlamento, Presidente, perché sono materie per voi identitarie, e tutto ciò che vi dà argomenti da usare in campagna elettorale in qualche modo vi dà sempre un ritorno economico, elettorale o di immagine. Volete dimostrare agli italiani che non è così, che avete la forza di non essere più presi in giro dall'asse franco-tedesco e dai Paesi dell'Est europeo? Volete dimostrare di non avere convenienza diretta nel caos immigrazione? Domani, quando si troverà nuovamente al tavolo europeo, Presidente, faccia una cosa, abbia il coraggio di farla, una volta tanto: minacci di bloccare il contributo italiano al budget europeo. Quegli oltre 12 miliardi di euro che versiamo ogni anno devono essere vincolati a un vero impegno risolutivo, all'immediato ricollocamento dei 120.000 migranti in surplus in Italia e in Grecia, e ad un impegno economico cospicuo dell'Unione europea per la gestione dei flussi migratori. Questo è tutto ciò che chiedono gli italiani, Presidente: una risoluzione concreta, un'azione incisiva da parte del nostro Governo. Sono stanchi, tutti noi lo siamo, di una politica incapace e spesso collusa. Siamo tutti stanchi di voi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cicchitto. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, devo esprimere il mio consenso di fondo alle linee che lei ha espresso su crescita, immigrazione, clima, superamento del patto di Dublino, politica estera e difesa comune: un approccio che contemporaneamente ci colloca dentro l'Europa ma in una posizione critica, in modo tale da far valere delle posizioni diverse da quelle che l'Europa ha affermato nel corso di questo periodo, e di farlo senza atteggiamenti gladiatori, che lasciano il tempo che trovano, misurandosi con i problemi di fondo con i quali noi ci dobbiamo misurare. Aggiungo anche che - ho sentito poco fa l'intervento dell'onorevole Di Stefano a nome della Lega (Commenti)... No, non ho sbagliato, ho sentito l'intervento dell'onorevole Di Stefano a nome della Lega (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). L'esistenza di posizioni populiste e frontalmente contrarie all'Europa rischiano di porci in un vicolo cieco. Fortunatamente questo Governo segue una linea diversa da quella che poco fa abbiamo sentito. Devo dire anche, per chiarezza, che di fronte a queste spinte assolutamente deflagranti rispetto alla tenuta dell'Italia nell'Europa, ma anche - devo dirlo - alla permanente crisi di nervi che caratterizza il Partito Democratico, oggi la stabilità e la tenuta di questo Paese ha due punti di riferimento: il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il suo Governo e la sua figura di Presidente del Consiglio. Questa è la ragione per cui noi le rinnoviamo non solo la nostra fiducia in termini politico-partitici, ma di fronte alle difficoltà e alle crisi di sistema.

Noi vediamo che c'è una crisi profonda del mondo anglosassone, sia degli Stati Uniti sia dell'Inghilterra, c'è una risposta dentro l'Europa, della Francia e probabilmente della Germania, e c'è una situazione reale intorno all'Europa con la quale però bisogna misurarsi e che porta me a dire: Europa first! O l'Europa afferma, rispetto ad una serie di tensioni esterne ed interne, una sua forza propulsiva, oppure noi andremo ad una crisi molto grave. Allora, però, non ci sta soltanto il problema di Trump e il problema di Brexit: consentitemi, c'è anche l'imperialismo economico cinese che si esprime in termini molto professionali, molto seri, molto consistenti, una globalizzazione nella quale, però, come ricordava qualche giorno fa il Ministro Calenda, non c'è il riconoscimento dell'economia di mercato e delle regole di mercato, ma un grande sviluppo di tipo imperiale, specie nei confronti dell'Africa. Accanto a questo imperialismo economico della Cina, come facciamo a diplomatizzare le posizioni per quello che riguarda l'imperialismo politico della Russia, che si esplica in molteplici direzioni? Da questo punto di vista, lo abbiamo sperimentato andando in Estonia in questi giorni, noi ai Paesi dell'Europa del nord dobbiamo dire che noi ci facciamo carico della fortissima pressione che la Russia sta esercitando nei loro confronti; ma, facendoci carico di questo, dobbiamo anche chiedere a loro di farsi carico dei problemi del Mediterraneo, dei problemi dell'immigrazione, dei problemi che stanno da quest'altra parte dell'Europa. Perché solo se contemporaneamente Europa del nord e Europa del sud trovano un punto di saldatura rispetto ai pericoli esterni che esistono e alle differenze interne che esse hanno, ecco che l'Europa viene a rispondere a delle tensioni che sono intorno ad essa e che sono molto forti, di tipo diverso, quelle di Trump, quelle della Brexit, ma anche quelle della Cina e della Russia.

Ecco, signor Presidente, sulla base di queste riflessioni, noi riteniamo che lei abbia fatto oggi un discorso di alto livello che va al di là anche dell'occasione della quale noi stiamo parlando, ma che rappresenta, in questo Paese, un punto di stabilità e un punto di riferimento che ci consente, appunto, di guardare anche al futuro (Applausi dei deputati del gruppo Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Laura Ravetto. Ne ha facoltà.

LAURA RAVETTO. Presidente, Presidente del Consiglio, il Consiglio europeo che si apre domani è anche l'ultimo che si tiene durante il semestre di presidenza maltese; non è questa la sede, nonostante il periodo, per dare le pagelle all'operato del Governo maltese nel semestre, mi sia, però, permesso rilevare che in tema di accoglienza dei barconi dei migranti ci saremmo aspettati un cambio di passo da parte dei nostri vicini. I dati parlano chiaro, seicentomila sbarchi durante i vostri Governi, 77.000 migranti e rifugiati entrati in Europa attraverso le rotte del Mediterraneo, dall'inizio dell'anno fino al 14 giugno scorso, dei quali più di 65.000 sbarcati sulle coste italiane, il 17,72 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2016 e, purtroppo, è già attorno alle 2.000 unità il numero delle persone che hanno perso la vita nell'attraversare il Mediterraneo.

Sembra di essere ritornati a Mare Nostrum, con la non piccola differenza che mentre, prima, erano esclusivamente gli Stati ad occuparsi del soccorso in mare, ora, si è, di fatto, appaltato il tutto a delle ONG che hanno creato dei veri e propri corridoi umanitari, corridoi umanitari privati e non autorizzati. Al di là delle inchieste giudiziarie che approfondiranno, sicuramente, il ruolo delle ONG nelle operazioni di soccorso, il Governo italiano ha il compito, su impulso e indicazione del Parlamento, in particolare a seguito dell'attività istruttoria che il Comitato Schengen, che presiedo, continua a portare avanti, di stabilire regole di ingaggio chiare e trasparenti, definendo i compiti specifici di EUNAVFOR MED, di Frontex, della Guardia costiera e delle ONG. Noi di Forza Italia, in questi mesi, non abbiamo voluto, certo, criminalizzare tutte le ONG e, però, abbiamo ascoltato dalle stesse o da alcune, perlomeno, l'indisponibilità di accettare di far salire a bordo un ufficiale di polizia giudiziaria e abbiamo assistito alla condanna dell'operato di alcune ONG da parte della stessa Guardia costiera libica. Noi siamo ancora convinti che alcune ONG non si limitino al soccorso in mare, ma che, invece, operino una vera e propria attività di trasporto verso le nostre coste.

Questo Governo si assuma, dunque, la responsabilità della rotta mediterranea, anche davanti agli elettori e abbia il coraggio di coinvolgere la comunità internazionale nella costituzione di veri e propri corridoi umanitari aerei, come quelli organizzati dalla Comunità di Sant'Egidio che, in due anni, ha salvato mille profughi dal Libano, per lo più siriani fuggiti dalla guerra, e dall'Etiopia, eritrei, somali e sudanesi. Un modello replicabile dagli Stati, in grado di controllare, davvero, chi entra in Europa e sapendo fin dall'inizio che ci si trova di fronte a profughi veri.

Presidente del Consiglio, ponga il tema delle ONG in questo Consiglio.

Per quanto riguarda la rotta balcanica, ora abbiamo una situazione indubbiamente migliorata; il numero degli arrivi illegali dalla Turchia verso le isole greche è diminuito del 97 per cento, dal momento in cui la dichiarazione UE-Turchia è diventata operativa. Superata questa fase, a tempo debito, sarà, però, il caso che l'Unione compia una seria riflessione sui rapporti complessivi con la Turchia e con il Governo del Presidente Erdoğan e, più in generale, sul ruolo dell'Europa nello scenario mediorientale, nel quale si registrano, giornalmente ormai, scene di una nuova guerra fredda tra Stati Uniti e Russia.

Ma, al netto delle legittime considerazioni morali di ciascuno di noi, l'accordo con la Turchia regge. Bene, forse ora è giunto il momento di proporre accordi simili anche con i Paesi del Nord Africa, Libia in testa, magari con un'Europa che parli una voce unica con la Libia. Ben vengano i programmi volti a migliorare le condizioni dei migranti nei campi in Libia e a sostenere le comunità nel sud del Paese; è giusto proseguire il programma di formazione della Guardia costiera con la missione Sophia e sostenere la forza congiunta per il controllo delle frontiere nei paesi del sud Sahel, ma occorre che il Governo libico, che il Governo italiano ha deciso di appoggiare, cooperi in modo sempre più effettivo, a cominciare dalla perimetrazione delle zone di Search and rescue, la cosiddetta SAR, che sono rivendicate dagli Stati come aree di controllo per il soccorso e per garantire la sicurezza della navigazione sia marittima che aerea.

Come ha ben detto il Presidente Mattarella, i flussi di rifugiati sono un fenomeno di portata globale, che manifesta i suoi effetti ben oltre i Paesi direttamente coinvolti. L'unica soluzione per risolvere il problema dei flussi migratori è investire in Africa e, in particolare, investire nell'Africa subsahariana, un vero e proprio Piano Marshall per l'Africa. La comunità internazionale e questo vertice europeo devono occuparsi del terrorismo in quelle aree, delle guerre civili in quelle aree e del cambio climatico che, ogni ora che passa, si mangia ettari di terra coltivabile. In caso contrario, ci saranno fra gli 11 e i 20 milioni di persone che potenzialmente si sposteranno verso l'Europa e l'Italia, con la sua collocazione geografica, ne sarà ancora una volta una testa di ponte naturale.

Sappiamo che sono stati investiti dall'Europa 4 miliardi nell'Africa subsahariana che si presume avranno una leva economica di 40 miliardi, ma ancora non basta, serve una vera e propria diplomazia economica che coinvolga in maniera diretta anche le imprese europee.

Nelle scorse settimane, la Merkel ha fatto un incontro con i 40 principali leader africani. Lei si muove, se nessun altro in Europa si muove, la Merkel si muove. Noi crediamo, però, Presidente del Consiglio, che dovrebbe essere l'Italia ad assumere un ruolo leaderistico su questi temi in Europa. Il Presidente dell'Unione africana, Moussa Faki, che è una sorta di Juncker d'Africa, ha detto di fronte al Parlamento europeo: la nostra gente, se perde la speranza, ovviamente, scappa e viene da voi. Bisogna ridare loro la speranza.

Sistema europeo di asilo, ne parlerete in questo Consiglio. Il Parlamento europeo è addivenuto, sostanzialmente, ad un accordo sull'uniformità del sistema, auspichiamo che non succeda come al solito: la Commissione dispone, il Parlamento dispone, gli Stati nazionali affossano tutto in sede di Consiglio.

Basta perder tempo, ascoltate le giuste pressioni del Parlamento europeo e redigete, perlomeno, una lista comune dei Paesi sicuri.

La Commissione ha appena avviato, giustamente, procedure d'infrazione contro Ungheria, Repubblica Ceca e Polonia che non hanno ottemperato agli obblighi previsti in materia di ricollocamento dei migranti concordati nel 2015. Lei stesso, oggi, ne ha fatto riferimento. Deve essere ben chiaro a tutti che l'Unione europea non può servire solo per chiedere fondi o garantire la sicurezza dallo scomodo vicino russo, tuttavia si è data una risposta sanzionatoria a un non problema; ormai è chiaro a tutti che è praticamente inutile insistere sui ricollocamenti dei soli profughi che, di fatto, l'Italia non riceve e non insistere, piuttosto, per una gestione comune dei migranti economici. Inutile lamentarsi se l'Europa brutta e cattiva non effettua i ricollocamenti quando si ha ormai coscienza del fatto che, anche laddove tutti gli Stati europei si facessero carico del 100 per cento dei ricollocamenti, l'Italia avrebbe ben poche persone da ricollocare.

Nell'agenda del Consiglio, da oggi in poi, il vero punto da scrivere possibilmente in neretto non è “ricollocazioni”, ma “migrazioni economiche”. Non ci illudiamo, Presidente, Dublino è ancora tutta lì; segnaliamo, tuttavia, che attualmente presso la Corte di giustizia UE sono pendenti alcuni ricorsi in tema di asilo, sui quali l'Avvocatura generale ha assunto posizioni che, se accolte dai giudici nella sentenza finale, potrebbero di fatto riscrivere l'intera legislazione in materia. C'è da augurarsi che almeno in Europa la politica riesca, per una volta, ad arrivare prima della magistratura.

Tratterete - l'ha detto, lei, bene - il tema del terrorismo, lei ha parlato di coinvolgimento dei giganti del web, bene i fondi alla Difesa, ma lei sa che non basta. Ci vogliono una FBI europea, una Schengen dell'intelligence.

Nei giorni scorsi mi ha molto colpito un editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera, si è espresso sullo ius soli e sulla strana volontà di chiudere in fretta la pratica, anche da parte sua, Presidente. Non tratto qui, ovviamente, di questo tema, tuttavia Galli a questo punto contrappone la perentorietà su questa materia alla quiescenza pratica davanti all'assoluta trascuratezza degli interessi italiani da parte del Consiglio europeo e le chiede perentoriamente di usare l'arma del ricatto, e ripete: sì, del ricatto! Con tanto di punto esclamativo. Io non so se “ricatto” sia la parola giusta, probabilmente non lo è, io forse userei la frase o la formula ‘pacata pressione', ma credo che la risolutezza del nostro Governo nel trascinare l'Europa a guardia dei suoi confini, a costo di intraprendere misure di sospensione della nostra partecipazione al finanziamento dei campi in Turchia, e la richiesta di richiamare le navi ONG a trasferire a Malta, a Barcellona o a Marsiglia i loro carichi di infelici migranti, sia assolutamente necessaria (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

Questo stesso atteggiamento di ‘pacata pressione' vorremmo foste capaci di esprimerlo con la Brexit. Certo che diamo il nostro sostegno alla candidatura di Milano all'EMA, ma non basta manifestare soddisfazione da parte del Governo per la sconfitta dei populismi in Olanda e Francia, mentre intanto si rafforza un asse tra Berlino e Parigi che ci emargina di nuovo...

PRESIDENTE. Concluda.

LAURA RAVETTO. ...e che vede già in primo piano nella trattativa la tutela di interessi transalpini e renani.

Presidente, in Europa non servono i soliti piumini sul tavolo, ma qualcosa che somigli - sia su migrazioni, sia su Brexit - se non ad un ‘pacato ricatto' a una ‘pacata pressione', magari espressa con parole più diplomatiche di cui lei ha sicuramente maggiore conoscenza della mia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie, Presidente. Signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, ringrazio anch'io il Presidente del Consiglio per la relazione. Non tocco il tema dell'immigrazione, sul quale abbiamo sentito gli interventi, come quello del MoVimento 5 Stelle, che è inutile commentare perché magari al prossimo Consiglio la posizione sarà cambiata un'altra volta, e credo che saremo anche illuminati, poi, dall'intervento dei colleghi della Lega, di cui segnalo le solite magliette alla Presidenza, non so se dobbiamo aspettare l'esibizione o si può intervenire prima.

Io vorrei parlare dell'Europa. Lei ha detto, giustamente, Presidente, che è un momento particolare, migliore, per il processo europeo, un'opportunità che nasce sia da eventi elettorali, sia da un andamento dell'economia più favorevole, e che c'è una maggior vitalità nel progetto. È indubbio che le recenti elezioni francesi, quello che sta accadendo e che è accaduto nel Regno Unito... non abbiamo più sentito dire in questi giorni: avete visto, avevate detto che la Brexit era un problema e, invece, lì va tutto benissimo! Questo tipo di argomentazione è un po' sparito dalle Aule di questo Parlamento e credo che sia assolutamente giusta la volontà di perseguire una maggiore integrazione.

Quello di cui ha parlato, in materia di difesa, è molto importante. Io penso che sia importante cercare di arrivare ad avere l'Agenzia del farmaco qui, credo che sia molto più importante andare avanti sul percorso di integrazione su molti aspetti, anche perché l'ipotesi, la proposta, l'idea delle diverse velocità è un'idea che può essere positiva per il nostro Paese, a condizione che noi stiamo nel giro giusto. Ed è evidente, come il Presidente Macron ha più volte detto, il rapporto privilegiato principale con la Germania, dopodiché auspichiamo che ci siano anche gli altri grandi Paesi. Per noi è fondamentale esserci, perché le due velocità sono un fatto positivo a condizione che nelle decisioni fondamentali, penso all'ipotesi, che più volte si è fatta, del Ministero delle finanze unico, ecco, quel Ministero delle finanze unico, sulla politica monetaria e la politica finanziaria dell'Unione europea non può essere una cosa franco-tedesca o del nord Europa. Per questo, per noi è fondamentale continuare sul percorso di riforma.

Nessuno ha parlato qui del fatto che nel prossimo Consiglio europeo si parlerà dell'attuazione delle raccomandazioni che l'Unione europea ha dato all'Italia. Ci sono una serie di raccomandazioni che sono state pubblicate a maggio e che hanno una grande importanza. Di alcuni aspetti si parla moltissimo: le correzioni dei numeri della manovra e cose di questo tipo, che sono ovviamente importantissimi, le riforme fiscali, lo spostare il peso fiscale ancora di più dai redditi produttivi a quelli improduttivi, alle rendite, tutte cose sulle quali, come gruppo, siamo sempre stati favorevoli.

E, tra le altre cose che vengono menzionate, viene citata la necessità di andare avanti sulla semplificazione del nostro mercato. Si parla della pubblica amministrazione, si parla della riforma dei contratti di lavoro, un tema fondamentale dei contratti collettivi, sul quale è chiaro che ci si aspetta che ci siano degli interventi, e si parla di concorrenza. Non a caso, sugli impegni assunti dallo Stato italiano c'era l'approvazione urgente della legge sulla concorrenza. Oggi leggiamo che, dopo la fiducia al Senato, si potrebbe riaprire questo testo, che ormai è diventato un Godot legislativo.

Ecco, io invito davvero, qui, il Presidente del Consiglio e il Governo a chiudere questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Civici e Innovatori). Ci sono alcuni aspetti, ancora accantonati, che sono questioni minuscole, o importanti ma facilmente risolvibili in seguito. Continuare a presentare nel nostro piano di riforme una legge, per un anno, due anni, tre anni, sta diventando una cosa assurda. Se l'Italia vuole andare con forza in Europa e stare nella prima velocità, deve rispettare gli impegni, uno dei più importanti è quello di dare maggiore libertà economica al nostro mercato perché è un'area nella quale, purtroppo, i progressi che abbiamo fatto in altri settori ancora non li abbiamo fatti (Applausi dei deputati del gruppo Civici e Innovatori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Ernesto Auci. Ne ha facoltà.

ERNESTO AUCI. Grazie, Presidente. Signor Presidente del Consiglio, lei ha detto con chiarezza che il vento in Europa è cambiato. La fase peggiore della crisi, sia economica che politica, appare superata. L'instabilità internazionale, la nuova politica americana e l'aggressività della Russia tornano a far considerare la costruzione europea un luogo rassicurante per molti cittadini che in passato avevano cercato, invece, rassicurazioni in una chiusura nazionalistica. Le elezioni in vari Paesi europei e, in particolare, quelle francesi hanno visto un netto arretramento dei sovranisti, mentre anche i sondaggi di opinione confermano che i cittadini europei tornano a guardare con maggiore speranza alle potenzialità del vecchio continente unito.

Dal lato economico, la crescita europea è ormai superiore a quella degli Stati Uniti, mentre la disoccupazione sale a buon ritmo e, quindi, in conseguenza di questo, ora sta per iniziare una nuova fase del processo di integrazione e noi dobbiamo decidere come parteciparvi e se vogliamo parteciparvi da protagonisti.

L'Italia appare, purtroppo, in ritardo, sia nel delineare una credibile strategia per la stabilità politica interna, sia nelle opinioni dei cittadini, dove ancora l'euroscetticismo, pur minoritario, è abbastanza diffuso. La responsabilità è di molte forze politiche, quelle che hanno tentato di scaricare le proprie responsabilità all'esterno, sull'Europa. Così non si è trovato di meglio che incolpare Bruxelles, l'austerità imposta dalla Germania o l'euro, dei sacrifici che abbiamo fatto, che abbiamo dovuto fare. Ma continuare a dire che noi vogliamo stare in Europa solo se ci conviene o ripetere slogan tipo ‘ce lo chiede l'Europa', oppure insultare i presunti burocrati di Bruxelles perché non tengono conto della volontà dei cittadini comporta costi elevati, in quanto semina incertezza presso i risparmiatori e gli operatori economici sulle prospettive del nostro Paese e diffonde sfiducia nei nostri potenziali partner sulla reale capacità dell'Italia di partecipare alla costruzione di un percorso di rafforzamento dell'integrazione europea.

Noi siamo europeisti convinti ed anzi proprio attivisti pro Europa, ma non per questo non vediamo le cose che non vanno, gli errori commessi e la necessità di procedere su un percorso di maggiore integrazione. Ma questo non deve essere confuso con sterili battaglie contro il fiscal compact o con demagogiche e quindi illusorie battaglie contro la legge Fornero e il reddito di cittadinanza. Tutte queste affermazioni sono vissute dai nostri partner come la dimostrazione che l'Italia vuole continuare a spendere soldi che non ha e che, con il debito che si ritrova, difficilmente potrà continuare a trovare a prestito. Di qui, le strampalate teorie sulla sovranità monetaria, sull'uscita dall'euro o sulla doppia circolazione monetaria, che, se attuate, non solo non aiuterebbero coloro che hanno veramente bisogno, ma porterebbero una ventata di povertà in tutto il Paese. Noi, invece, stiamo cominciando a beneficiare dei sacrifici fatti e delle riforme impostate: abbiamo discreti tassi di crescita, gli occupati sono in aumento, diminuiscono le diseguaglianze. Le difficoltà sono ancora molte, ma è chiaro che il sentiero imboccato è quello giusto.

In conclusione, volevo sottolineare che è venuto il momento di smetterla di accusare l'Europa di colpe che non ha: questo nostro scomposto vociare ci crea gravi danni reputazionali, che, poi, dovranno essere pagati da tutti i cittadini. Dobbiamo fare una politica economica che miri soprattutto a migliorare la nostra competitività, smettendo di illuderci che la salvezza del Paese nel suo complesso e, soprattutto, quella dei senza lavoro e dei poveri, possa venire dal bilancio pubblico e dalla spesa in deficit. Se così fosse, visto il livello del nostro debito, noi dovremmo essere il Paese con la crescita più elevata del mondo; invece, noi sappiamo…

PRESIDENTE. Concluda.

ERNESTO AUCI. ...e ho finito, che sia il Presidente francese Macron che molti esponenti tedeschi hanno esplicitamente detto di volere l'Italia al tavolo delle trattative. Il Presidente francese ha vinto contro le chiusure nazionalistiche con un progetto esplicitamente pro Europa e suscitando l'orgoglio dei francesi dicendo che, appunto, il mondo e l'Europa hanno bisogno della Francia.

PRESIDENTE. Concluda.

ERNESTO AUCI. Noi dobbiamo fare la stessa cosa: avere il coraggio di dire che l'Europa ha bisogno di noi, che dobbiamo stare in Europa, che non ci sono alternative, ma dobbiamo giocare la partita come giocatori attivi e non assistervi da bordo campo (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Scotto. Ne ha facoltà.

ARTURO SCOTTO. Grazie, signora Presidente. Signor Presidente del Consiglio, l'ottimismo fa bene al cuore ed è una qualità importante, soprattutto, quando si deve affrontare un Consiglio europeo così delicato con un menù così imponente.

Tuttavia, signor Presidente del Consiglio, ho la netta impressione che, anche all'indomani di importanti turni elettorali che si sono svolti nella vecchia Europa, la temperatura si sia solo abbassata, ma il termometro misura ancora la febbre. E immaginare che aver scampato quel pericolo che François Mitterrand definì con le parole “il nazionalismo porta alla guerra”, attraverso l'elezione di Macron, non comporta automaticamente il fatto che siamo usciti fuori dal lungo tunnel della crisi e dai rischi concreti di disgregazione del progetto europeo o di fallimento dello stesso.

Lei citava dei dati della crescita interessanti: per la prima volta dopo tanto tempo, l'Europa, l'Eurozona comincia a viaggiare quasi al 2 per cento del Prodotto interno lordo. Il problema è che il nostro Paese, dentro questa crescita, cresce meno rispetto alla media del resto dell'Europa; e cresce meno perché non fa un'adeguata politica degli investimenti, cresce meno perché non riesce a definire una propria funzione all'interno di questo contesto, cresce meno perché vive una condizione di crisi, ormai, troppo lunga, con un apparato produttivo bruciato e un'incapacità di riaprire una stagione degli investimenti nei settori tecnologicamente avanzati.

Io la dico così: oggi si decide di mettere fuori dal Patto di stabilità le spese militari: scelta importante se si va nella direzione di un esercito comune europeo. Ma si può immaginare che l'Europa metta fuori dalle spese del Patto di stabilità non solo i soldi per gli armamenti, ma anche quelli per gli ospedali, per le scuole, per l'economia e per gli investimenti (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista)? Oppure dobbiamo immaginare che questo è sempre il secondo tempo?

Lei ha parlato di “potenza tranquilla”, sono d'accordo con lei. E Cop21 è una scommessa importante che non va smarrita. Oggi, nella traccia che è stata presentata agli studenti che affrontavano la maturità, a cui vanno i nostri auguri, c'è questo bellissimo passo di Caproni. È, però, un passo bello e drammatico, la parte finale dei Versicoli quasi ecologici: “Come potrebbe tornare a essere bella, scomparso l'uomo, la terra”. È un messaggio drammatico: o sulle spalle della nostra generazione grava la responsabilità di salvare il pianeta Terra da un modello di sviluppo che rischia di ammazzarlo o non ce la facciamo. Va bene il comunicato con Merkel e Macron, ma bisogna dire con forza al Consiglio europeo che, se gli Stati Uniti d'America non reggono quell'Accordo, l'Europa andrà avanti, perché è così che si costruisce un'unione politica europea.

E, poi, ho ascoltato le parole dei colleghi del MoVimento 5 Stelle. Qualche giorno fa, il candidato Premier di questa forza ha costruito un pantheon un po' furbesco e un po' confuso, sembrava un po' estratto da una sorta di Bignami del qualunquismo: Berlinguer, la Democrazia Cristiana e Almirante. Se ascolto alcune parole sullo ius soli o sul ruolo delle ONG ho l'impressione che nel pantheon ci resti solo Almirante (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

Il punto è la politica. Guardate oggi i dati dell'Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro: mezzo milione di italiani vanno all'estero e 300 mila cittadini stranieri transitati per qui vanno anche loro all'estero. Ma di quale invasione parlate, colleghi della Lega e del MoVimento 5 Stelle? Allora, si vada a scegliere una strada chiara: occorre approvare lo ius soli, occorre una scelta molto netta rispetto al dramma che attraversa oggi il Mediterraneo, il più grande cimitero vivente. Aprire corridoi umanitari, perché quando si fa polemica sulle ONG, si sta dicendo una cosa semplice: per me viene prima il codice penale rispetto alle vite umane. No, le vite umane vengono prima del codice penale.

Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, ci lasciamo alle spalle giorni difficili, discussioni che andrebbero affrontate con misura e reciprocità. Non si tratta di schermaglie né di regolamenti di conti personali, ma di serie divergenze strategiche sul lavoro, sull'economia, sulla qualità della nostra democrazia e sul rapporto tra il pubblico e il nostro capitalismo. Ma davvero si può immaginare che c'è qualcuno che delibera e decide e qualcun altro che schiaccia i pulsanti? Torna in auge una parola antica: “verifica”. Vedo che quel che resta della stagione neorottamatrice si chiude con un'evocazione un po' statica della Prima Repubblica.

Non ci sottraiamo alla discussione, non ci siamo mai sottratti, ma vogliamo capire qual è il terreno: se è “tutto bene, madama la marchesa”, la dico così: non si può sacrificare l'etica della convinzione sull'altare dell'etica della responsabilità a senso unico che rischia di spalancare la porta ad avventure dannose per il nostro Paese. Occorre ascoltare parole di svolta. Ancora oggi, non le abbiamo sentite (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fedriga. Ne ha facoltà. Inviterei, però, i colleghi a socchiudere quella giacca, perché, come è noto, non si possono portare le magliette con le scritte. Quindi, ringrazio per la collaborazione, se potete allacciare la giacca.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Presidente, farò del mio meglio. Presidente, la ringrazio intanto. Ringrazio il Presidente Gentiloni per il quale devo dire che ho difficoltà, Presidente, a replicare dopo il suo intervento, ho difficoltà perché oggi ho sentito semplicemente la riproposizione di quanto il suo predecessore, Renzi, ci ha ripetuto per quattro anni, senza alcun tipo di soluzione o di proposta.

Io invito veramente i colleghi ad andare a rivedere gli interventi per esempio del 2014 del Presidente Renzi, dove ci diceva, con parole diverse e con accento diverso, ma che l'Europa doveva cambiare passo, che l'Europa doveva cambiare verso, che dopo la vittoria del suo partito, il Partito Democratico, con il 40 per cento alle elezioni europee del 2014 sarebbe cambiata la storia d'Europa e oggi, 2017, lei, Presidente Gentiloni, torna in quest'Aula a ripetere esattamente le stesse medesime parole, senza che nulla sia cambiato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

Ma insomma, noi non possiamo pensare che i cittadini di questo Paese siano veramente delle persone che vivano fuori dal mondo e credano ad ogni baggianata che ci raccontate.

Lei è riuscito a dire, oggi, che l'Europa deve portare avanti investimenti, ma io le ricordo, Presidente Gentiloni, che il suo partito, il suo segretario di partito, pochi anni fa veniva qui, insieme ad Alfano e qualche gruppuscolo alla ricerca di poltrona, a festeggiare con le bandiere dicendo: “Abbiamo portato avanti e fatto approvare il Piano Juncker sugli investimenti!”. E oggi lei ci viene a dire che l'Europa non fa investimenti: ma eravate voi stessi a dirci che il clima era cambiato e che l'Europa era cambiata totalmente.

E sul contrasto al terrorismo, Presidente, stesso copione che utilizzate da anni: “serve il sistema di informazione comune”, ad ogni attentato ripetete le stesse cose!

Vi ricordo che siete voi al Governo di questo Paese, che siete voi in maggioranza all'interno del Parlamento europeo ed oggi ci venite a dire sempre la stessa manfrina.

Devo dire però, Presidente, che oggi lei ha utilizzato anche una new entry, ovvero il web, cioè il problema non è l'immigrazione incontrollata, il problema non è la cittadinanza facile, il problema non è l'Islam, il problema è Facebook, cioè oggi appuriamo che il problema è Facebook. Non si contrasta l'immigrazione incontrollata, anzi, portate avanti una norma sulla cittadinanza facile, ma il problema è Twitter: questo è quanto emerso oggi rispetto al contrasto al terrorismo internazionale.

Le ricordo, Presidente, che voi per anni ci avete raccontato che con l'arrivo di immigrazione clandestina non si metteva assolutamente a rischio il Paese e i cittadini di questo Paese rispetto al terrorismo. Intanto è palesemente un'affermazione falsa, erano affermazioni false, basti vedere, due giorni fa, quanto è successo a Crotone, con un richiedente asilo che, per ringraziare dell'accoglienza, nelle intercettazioni diceva che bisogna sgozzarci in quanto infedeli. Ma non solo, ma non solo: voi affermavate questo e oggi state portando avanti lo ius soli ovvero la cittadinanza facile ovvero diamo il timbro per agevolare al massimo l'arrivo nel nostro Paese di persone, incentivando ovviamente anche, con queste misure, l'arrivo nel nostro Paese di clandestini, diamo il timbro di cittadini italiani ovvero gli diamo un passaporto.

Intanto vi ricordo che lo ius soli, che la cittadinanza non serve per integrare: la cittadinanza è una certificazione dell'integrazione avvenuta (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

E ricordo oltretutto - perché ho visto anche i mezzi di informazione, giornali nazionali che hanno fatto campagne di uno squallore infinito, utilizzando i bambini, video con bambini - che ai bambini stranieri, in questo Paese, non è negato giustamente nessun diritto: non è negato il diritto all'istruzione, non è negato il diritto alla salute e giustamente. La cittadinanza non c'entra nulla: è una misura ideologica nella migliore delle ipotesi, è una misura dannosissima dall'altro punto di vista (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini). Io vorrei che i cittadini di questo Paese sapessero che con il minore che acquisisce la cittadinanza c'è una serie di genitori e parenti che rimangono e possono venire sul territorio nazionale, malgrado non siano cittadini, in quanto il minore è cittadino di questo Paese o sarebbe cittadino di questo Paese, con la vostra legge.

Ma allora possiamo parlare di cose concrete? Possiamo dire, per esempio, che oggi avremmo voluto sentire parlare anche di lavoro?

Potremmo dire oggi che in Europa la battaglia che bisogna fare e pretendere è dire che servono investimenti per abbassare la pressione fiscale e permettere alle nostre imprese di investire ed avere lavoro? Possiamo dire che bisognerebbe fare una battaglia per tutelare le produzioni del nostro Paese contro l'arrivo indiscriminato di merce da altre parti del mondo? Possiamo dire che la battaglia da fare sarebbe quella, per esempio, che abbiamo proposto anche nella nostra risoluzione, di abbassare realmente, non con qualche decimale, il cuneo fiscale? Possiamo dire che in questo momento non in Cina o in India, ma a un imprenditore italiano conviene andare in Slovenia o in Austria, che sono Paesi dell'Unione europea? No, su questo il silenzio assoluto, lei non ha dato soluzioni sull'immigrazione, non ha proposto nulla sul lavoro, non una proposto – zero! - sulle tasse.

E noi dovremmo chiederle, guardi - e chiudo - c'è un'unica soluzione e ve lo dico veramente con assoluto spirito collaborativo: il quarto Governo non eletto, che ha una maggioranza posticcia (abbiamo sentito gli interventi di maggioranza), si tiene insieme soltanto per le poltrone, con quale forza può andare a trattare in Europa?

PRESIDENTE. Concluda.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Abbiamo esempi come Alternativa Popolare di Alfano, che sulle loro battaglie storiche come unioni civili, fine vita…

PRESIDENTE. Deve concludere deputato.

MASSIMILIANO FEDRIGA. …ha calato le braghe su tutto, su tutto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini). Qua l'unica battaglia che ha fatto è quando si è parlato di legge elettorale, sulle poltrone quindi.

PRESIDENTE. No, ma deve concludere, la prego.

MASSIMILIANO FEDRIGA....sulla poltrona, perché su quella hanno svenduto tutto, perché hanno detto: “Qua casca la maggioranza se non ci garantite la poltrona”. Quindi l'invito, l'unica cosa responsabile: date le dimissioni, andate a casa e ridate voce al popolo di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Locatelli. Ne ha facoltà.

PIA ELDA LOCATELLI. Grazie signora Presidente, l'agenda del prossimo Consiglio europeo affronta temi pesanti, che coincidono con le emergenze europee: le migrazioni nella loro complessità, la sicurezza e quindi il terrorismo…

PRESIDENTE. Mi scusi deputata. Deputata Castiello, allora io l'ho detto: o voi coprite queste magliette o io la devo richiamare all'ordine. Può chiudere la giacca per favore, perché non è consentito l'utilizzo delle magliette con scritte in Aula. Grazie. Allora, prego deputata Locatelli, mi scusi per l'interruzione.

PIA ELDA LOCATELLI. Parlavo appunto di emergenze europee e vorrei dire subito che condivido le linee illustrate dal Presidente nella sua comunicazione. Mi soffermo brevemente su di un tema: le migrazioni e le relative regole per governarle. È difficile fare distinzioni tra categorie di migranti e sfido chiunque a segnare una demarcazione netta tra migranti economici, migranti ambientali, rifugiati, ma le difficoltà non esonerano dai doveri che abbiamo: governare il fenomeno che, essendo molto complesso, richiede politiche complesse e ancor più importante politiche solidali. Le istituzioni europee sono impegnate su molti fronti: a cooperare con i Paesi di origine e di transito, a contrastare le attività legate al traffico di migranti, a rafforzare le frontiere esterne della UE, a riformare il sistema europeo comune di asilo.

Ecco, noi socialisti le chiediamo, signor Presidente - ma adesso non è più in Aula - di intervenire in particolare su quest'ultimo punto e sul dovere di rispettare le regole comuni. Parlo di ricollocazioni: 20.000 ricollocati a fronte di una previsione di 160.000, numeri esigui determinati sia da lentezze della macchina sia da azioni di boicottaggio da parte di alcuni Paesi, che rifiutano di farsi carico della loro quota di ricollocandi. La Commissione ha lanciato finalmente le procedure di infrazione nei confronti di tre Paesi e come conseguenza immaginiamo una forte tensione nel Consiglio.

Chiediamo al Presidente del Consiglio di essere severo con chi si sottrae al proprio dovere, così come gli chiediamo di essere proattivo nel chiedere ancora una volta la riforma delle regole di Dublino, che non possono essere considerate, come invece dice la Commissione UE, sfortunatamente, pietra angolare del sistema di asilo europeo: non è così.

Servono nuove regole che tolgano al primo Paese di approdo l'onere di farsi carico da solo dei richiedenti asilo. Non è compito facile, anche perché le elezioni, in alcuni Paesi, inducono a timidezze direi inaccettabili. Chiediamo, quindi, al Presidente del Consiglio di essere insieme severo ed esigente su questo argomento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI)-Liberali per l'Italia (PLI)).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marcon. Ne ha facoltà.

GIULIO MARCON. Grazie signora Presidente, signore e signori del Governo, colleghe e colleghi, apprezziamo il tono dialogante e non roboante delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio, dichiarazioni diverse da quelle che abbiamo ascoltato in passato, che cedevano molto, per così dire, alla propaganda e alle semplificazioni inaccettabili. Però, non condividiamo l'ottimismo di maniera - anche se è un cauto ottimismo - e il giudizio così positivo sulle evoluzioni delle politiche europee e del contesto comunitario, come si è composto negli ultimi mesi. C'è un tono consolatorio, nell'intervento del Presidente del Consiglio, che si scontra con la dura realtà di un'Europa, come quella che abbiamo conosciuto in questi ultimi anni, che non riesce a trovare la strada di una politica diversa, un'Europa in crisi ormai da 8-9 anni. E il Consiglio europeo di domani sembra non essere in grado di affrontare i veri temi che dovrebbero essere affrontati.

Per le politiche economiche si continua sulla solita strada, che è quella di un'austerità, anche se flessibile, fondata sulla rigidità dei trattati, sulla svalutazione del lavoro, sui tagli alla spesa pubblica.

Sulla sicurezza e la difesa, si prospetta un aumento delle spese militari, la costruzione di una difesa comune, che non significa armonizzazione, ma moltiplicazione delle spese e una subalternità ai richiami del Presidente americano Trump, quasi la costruzione di una superpotenza militare che non possiamo accettare.

Sulle politiche migratorie ci accodiamo sostanzialmente alle politiche dei respingimenti e a un approccio securitario. Lo testimoniano i due decreti Minniti, che sostanzialmente criminalizzano i poveri, i rifugiati e tolgono diritti, tolgono tutele, a chi sfugge dalle guerre.

Quindi, il Patto di stabilità, i vincoli di Maastricht, valgono per il lavoro, valgono per gli investimenti sociali, ma non valgono per gli investimenti militari, per le armi. Noi dovremmo andare, invece, signori del Governo, a Bruxelles a dire altro.

In primo luogo che, se non vengono radicalmente riscritti i trattati, noi ci opporremo all'inserimento del fiscal compact nei trattati, come è previsto, entro il 31 dicembre 2017. E dovremmo dire una cosa precisa, che l'Unione monetaria europea ha dimostrato la sua insostenibilità, che servono politiche espansive e non restrittive, politiche di investimenti pubblici e non di sgravi alle imprese e di privatizzazioni, di politiche fondate sul lavoro e non sulla sua precarizzazione.

In secondo luogo, che non abbiamo bisogno di altre armi, ma abbiamo bisogno di investire per il lavoro, per il welfare, per i diritti. E, quindi, questo significa non cedere al business delle armi. E perché il nostro Governo continua a sostenere la liceità della vendita delle armi all'Arabia Saudita, al Qatar, mentre solo pochi mesi fa una risoluzione del Parlamento europeo, votata anche dagli esponenti del Partito Democratico, chiede l'embargo delle armi all'Arabia Saudita? In terzo luogo, che non abbiamo bisogno di politiche securitarie, ma di corridoi umanitari, di vere politiche per l'accoglienza, di una vera politica di cooperazione. Guardate, gli accordi con la Libia, col Niger, con altri Paesi, non sono accordi di cooperazione, sono strumenti per fare di quei Paesi la sede di nuovi lager per i migranti, per dare a quei Paesi strumenti per contenere e per respingere i migranti in Africa. Dobbiamo ringraziare le tante ONG per il lavoro di soccorso che hanno fatto in mare. È questo l'impegno che anche il Governo dovrebbe sempre ricordare e che dovrebbe sempre portare avanti.

Vedete, in conclusione, non ci serve - come anche sarà in discussione nel Consiglio europeo - un Ministro unico del tesoro, se non ci sono politiche comuni. Non ci serve un'Europa a due velocità, visto che l'Europa a due velocità c'è già ed è un'Europa tra chi è integrato e chi è escluso. Non ci serve spendere più soldi per le armi, se non ci sono politiche efficaci di prevenzione, di intelligence e di sicurezza. Non ci servono altre politiche securitarie, se non si promuovono politiche di cooperazione e di integrazione.

In conclusione - sul serio - l'Europa che vogliamo non è la fortezza. L'Europa che vogliamo non è una superpotenza militare, ma è un grande soggetto coeso, federalista, democratico, capace di rilanciare il progetto comunitario e quello di un'area geografica, che sia architrave dello sviluppo economico e sostenibile della cooperazione internazionale e, naturalmente, della pace (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signora Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, un vento nuovo spira oggi in Europa. I populisti e i sovranisti hanno perso le elezioni in Olanda e poi in Francia. In Germania hanno perso in Saarland, nello Schleswig-Holstein, in Nordrhein Westfalen e si avviano a perdere anche le elezioni tedesche.

L'Europa, nonostante la burocrazia di Bruxelles e la miopia delle classi dirigenti nazionali, ha retto l'urto della più severa crisi economica dalla fine della seconda guerra mondiale. La morte del Cancelliere dell'Europa, Helmut Kohl, ha provocato una profonda emozione nell'opinione pubblica e, naturalmente, ha colpito con più forza quelli che più gli sono stati vicini. Io credo che oggi Angela Merkel senta con più forza il desiderio di passare alla storia, non come la donna che ha disperso il grande progetto europeo di Helmut Kohl, ma come colei che lo ha portato a compimento. Il momento è favorevole, la Cancelliera non è più ricattata dal movimento populista dell'AfD, così come in Francia Macron ha sconfitto i populisti della signora Le Pen, con una coraggiosa, esplicita, chiara campagna europeista.

L'emergere di una Presidenza americana, che non identifica più la difesa dell'Europa come prioritario interesse nazionale americano, ci mette con chiarezza davanti alle nostre responsabilità. Se non penseremo noi alla nostra sicurezza, nessuno lo farà per noi. Io mi aspetto, dopo le elezioni tedesche di settembre, una forte proposta franco-tedesca per la ripresa del cammino dell'Europa. Deve esserci anche l'Italia. Questa proposta potrebbe comprendere il completamento dell'unione bancaria, una parziale mutualizzazione del debito, dei bonus europei per finanziare lo sviluppo e la creazione di posti di lavoro di qualità, la creazione di un comune Ministero delle finanze, con potere di decidere il volume complessivo della spesa pubblica europea compatibile con la crescita e la stabilità, la creazione di un bilancio dell'euro controllato da un Parlamento dell'euro. È essenziale che l'Italia sia protagonista di questa fase.

Mi avvio a concludere. Per farlo, però, è necessario iniziare con decisione il processo di riduzione del debito pubblico. Nessun Paese può o vuole mutualizzare il debito con un altro Paese, che ha un debito enorme e che non accenna a diminuire. Ci si chiede di rinunciare per sempre ad un modello di sviluppo trainato dalla spesa pubblica e di rinunciare all'illusione di potere costruire sul debito il progresso del Paese.

PRESIDENTE. Concluda.

ROCCO BUTTIGLIONE. È necessario offrire all'Europa certezze politiche. Serve qualcuno che dica con chiarezza che nelle prossime elezioni la scelta vera è quella per o contro l'Europa, e sia capace di coprire un fronte ampio per l'Europa, come ha fatto Macron in Francia, come ha fatto frau Merkel in Germania (Applausi dei deputati del gruppo Misto-UDC-Idea).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Buttiglione, la devo interrompere, purtroppo. Mi spiace, ma è fuori tempo. È iscritto a parlare il deputato Dellai. Ne ha facoltà. Vi prego, colleghi, di stare nei tempi.

LORENZO DELLAI. Signora Presidente, membri del Governo, noi apprezziamo e condividiamo le comunicazioni del Presidente del Consiglio. Non esiste alternativa ad un'Europa sempre più unita sul piano culturale, economico e politico.

Sappiamo bene che il terreno è oggi inquinato dai veleni della grande crisi che stiamo attraversando, che ha messo a dura prova le fondamenta dell'edificio europeo, ha spiazzato le culture politiche tradizionali, ha indebolito la credibilità dei modelli di democrazia e di welfare. Ma, a maggior ragione, dobbiamo dire chiaro e forte ai nostri concittadini che da questo rischio di stallo non si uscirà con la falsa medicina del protezionismo e del nazionalismo e neppure invocando il ritorno a politiche finanziarie dissennate.

L'Italia deve, dunque, esercitare il suo ruolo di Paese fondatore in sintonia con il riconfermato asse tra Parigi e Berlino.

Sul tema dell'immigrazione, anche noi riteniamo che l'eventuale avvio della procedura di infrazione a carico dei Paesi inadempienti sia insufficiente. Sappiamo bene quali sono i tempi e le procedure macchinose previste in questi casi. Serve la forte iniziativa di un gruppo di Paesi che si pongano come leader di una politica realistica e lungimirante, sia per l'emergenza che per la prospettiva.

Il tema riguarda in particolare l'Africa e vorrei ricordare qui che proprio l'Italia ha da tempo messo in campo iniziative importanti, sia a livello sociale che a livello istituzionale, con il Ministro Minniti, il Viceministro Giro, l'intero Governo, che hanno costruito valide piste di cooperazione allo sviluppo con i Paesi africani, da ultimo, ieri, l'accordo per il Centrafrica sottoscritto presso la Comunità di Sant'Egidio. Abbiamo visto che la Cancelliera Merkel ha ripreso questo tema, lanciato dall'Italia, di una sorta di piano Marshall per l'Africa: bene, però l'Italia deve essere in prima fila anche da questo punto di vista. Sul tema dell'economia, mentre prende atto delle già note raccomandazioni annuali ai vari Paesi, l'Italia deve dimostrare piena consapevolezza dei propri doveri. Il documento franco-tedesco che Macron e Merkel hanno annunciato per luglio può essere una occasione importante e deve vedere il nostro Paese come interlocutore primario. Forse sarà possibile rilanciare misure importanti come gli eurobond per la crescita e una strumentazione più forte e solida di governance della zona euro.

Sul tema Brexit condividiamo l'approccio del Governo: più passa il tempo più gli inglesi capiscono che hanno compiuto un clamoroso autogol con il plauso irragionevole dei sovranisti anche nostrani. Serve in questa fase una posizione europea di grande realismo.

In sintesi noi riteniamo che i passaggi europei richiedano però all'Italia un surplus di stabilità e di impegno. Noi invitiamo il Presidente del Consiglio e il suo Governo a non prestare troppa attenzione alle convulsioni del sistema politico in questa fase finale della legislatura. I passaggi parlamentari anche recenti dimostrano che il Governo gode della fiducia politica della maggioranza delle Camere. Il Presidente del Consiglio prosegua dunque nella sua attività che peraltro sta svolgendo egregiamente e predisponga una proposta programmatica di fine legislatura imperniata su una legge di bilancio seria e lungimirante; proponga al Parlamento nei tempi dovuti un progetto di bilancio concentrato sulla lotta alla disuguaglianza e sul sostegno alle imprese e al lavoro; lo accompagni con un discorso al Paese ispirato a verità e a coraggio; ne discuta con le parti sociali e con i territori; chieda in Parlamento alla sua maggioranza e all'opposizione che si assumano le rispettive responsabilità. Noi siamo convinti che in questo modo il Governo renderà un grande servizio al Paese; costringerà il dibattito tra i partiti, ad iniziare da quelli della maggioranza, su un sentiero di coesione e di responsabilità; accrescerà la nostra credibilità in Europa ed offrirà anche nel contempo un ottimo contributo per la preparazione della nuova legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Latronico. Ne ha facoltà.

COSIMO LATRONICO. Signora Presidente, rappresentanti del Governo, il Consiglio europeo del 22 e del 23 giugno dovrà valutare tra gli altri dossier l'efficacia delle politiche di immigrazione, da Mare Nostrum a Frontex, con il carico di problemi che ne sono derivati, che sono stati citati in quest'Aula più volte, e il capitolo Brexit.

L'Italia è il Paese che assorbe il maggior numero di immigrati che giungono via mare - 43.000 nel 2013; 181.000 nel 2016; si stimano 250.000 ingressi in questo anno - i costi per lo Stato si cifrano in 4 miliardi di euro lo scorso anno, 5 miliardi in questo esercizio. L'utilizzo della via di mare aumenta di pari passo con la chiusura delle frontiere degli altri Stati europei: questa è la realtà. Questi elementi confermano che manca una strategia di Governo nonostante il fenomeno sia destinato ad aggravarsi. Il peso di questi flussi si scarica, oltre che sulle finanze dello Stato nella condizione di ristrettezza che noi conosciamo, anche sul tessuto degli enti locali e sul tessuto sociale che rischiano di vivere in uno stato di emergenza permanente senza avere strumenti effettivi di accoglienza e soprattutto di integrazione.

La nostra proposta, di Direzione Italia, è intensificare le azioni diplomatiche per stipulare accordi di provenienza, per contrastare gli arrivi e gestire i rimpatri, negoziare a livello europeo per ottenere il riconoscimento di ulteriori mezzi e risorse, ottenere una ricollocazione dei migranti nei vari Paesi.

Quanto alla Brexit, rispettando la sovranità dei popoli, auspichiamo che il Governo italiano colga l'occasione per non assecondare l'asse franco-tedesco sulla istituzione del Ministero europeo delle finanze: sarebbe una gabbia finale. L'Europa ha bisogno di competizione e di concorrenza in materia di difesa e - concludo - la NATO è il nostro storico ombrello di difesa.

Concludendo, Presidente, il negoziato sulla Brexit deve essere trasformato in una opportunità per rinegoziare i trattati che hanno mostrato le più evidenti contraddizioni a partire dall'insostenibile Fiscal compact (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Conservatori e Riformisti).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fabio Rampelli. Ne ha facoltà.

FABIO RAMPELLI. Grazie, Presidente. Colleghi, deputati, la consuetudine di questi incontri è sicuramente particolarmente interessante, ma sarebbe ipocrita non far presente che in questi anni in cui ci siamo dedicati alla preparazione dei Consigli europei e abbiamo approvato le varie decine e decine di risoluzioni non è accaduto assolutamente nulla. Men che meno sulle materie che ci accingiamo a trattare anche oggi secondo la consuetudine del protocollo e il cerimoniale.

Parliamo per esempio di occupazione e crescita: sappiamo perfettamente ma dobbiamo ripeterlo - perché qualcuno che si candidi a farlo ci dovrà pur essere in quest'Aula - che uno dei principali problemi dell'Europa e in particolare dell'Unione europea è la incapacità di arginare la concorrenza sleale della Cina, dei Paesi emergenti e dell'India, di tutti coloro i quali fanno dello sfruttamento sistematico dei minori e dei soggetti deboli della società una sorta di accesso particolarmente assurdo, singolare, originale al mercato globale, al libero mercato. È una sorta di accettazione parziale delle regole del libero mercato che è un'arma a doppio taglio perché noi concediamo alla Cina di stare nel WTO ma la Cina non rispetta le regole degli altri Paesi che fanno parte di questa sorta di planetaria consuetudine del libero mercato o del liberismo che dir si voglia. Dunque c'è un'evidente sconvenienza che genera diseconomia, che genera povertà, che genera disoccupazione.

A questo dobbiamo aggiungere un altro fenomeno che si sta pian piano affermando: l'Unione Europea, guardate un po' il caso, non solo non si preoccupa della digitalizzazione e della robotizzazione ma addirittura le incentiva. Questo, per carità, andrebbe benissimo ma i miliardi che vengono investiti dall'Unione europea in questi settori non tengono minimamente in considerazione il saldo negativo in termini occupazionali. Quando comunque si avviano processi di digitalizzazione o addirittura di robotizzazione persino nel campo dei trasporti e dei trasporti pubblici si genera disoccupazione e quindi si genera povertà. Quindi semmai i nostri soldi, i soldi dei cittadini italiani, i soldi dei cittadini europei, i soldi delle famiglie dei popoli europei dovrebbero essere impegnati per capire come si possa andare a saldo zero in termini occupazionali, nonostante la digitalizzazione e la robotizzazione. Se un'azienda privata si preoccupa di aumentare i propri profitti digitalizzando e quindi espellendo manodopera può essere comprensibile perché è un'azienda privata ma perché mai lo debba fare l'Unione europea o degli organismi che rappresentano gli interessi deboli e diffusi di una comunità è un mistero. L'Europa non si occupa di arginare il fenomeno della espulsione dal mondo del lavoro di questi soggetti.

C'è poi l'altro aspetto sempre in termini economico-occupazionali che non sfuggirà a nessuno e su cui risposte non arrivano, c'è questo muro more solito da parte della Germania eretto per bloccare la promozione del “made in” che per noi significa farci trovare in ginocchio rispetto alla chiamata della competizione internazionale perché il “made in” è il nostro valore aggiunto, anzi non è neanche aggiunto, è il nostro valore, semplicemente in economia è il nostro valore. Che cosa stiamo facendo noi per indurre gli altri Paesi dell'Unione europea a promuovere il “made in” e quindi a mettere le nostre realtà produttive nelle condizioni di competere, considerato che siamo comunque la nazione della qualità?

Ma parliamo dei fenomeni migratori in questo Consiglio europeo: andando velocemente vorrei ricordare che noi vorremmo molto semplicemente - lo diciamo in maniera continuativa da quattro anni - cancellare il Regolamento di Dublino. Non ci interessa sapere chi l'abbia firmato (chi se ne frega!), va cancellato: è una vergogna! Che cosa state facendo per farlo cancellare? La guerra ai trafficanti di uomini e agli scafisti volete farla? L'Unione europea ma anche soltanto l'Italia, qualcuno vuole fare questa guerra? Ma vi sembra normale, ad esempio - faccio così una metafora un po' ardita - parlare bene del lavoro generato dai poteri criminali, dalla mafia e non combattere la mafia, i poteri criminali, e non additarli anche nelle campagne mediatiche, nell'informazione quotidiana, come il male oscuro e solenne che va combattuto con tutte le nostre forze? Quando si è parlato di trafficanti di uomini, di scafisti, della tratta di questi disgraziati, di questi disperati, che muoiono - quattro persone deboli al giorno - nel tentativo di raggiungere le coste della Sicilia e dell'Italia meridionale? Quando lo avete fatto? Mai lo avete fatto! Voi siete complici, se non lo fate, ve l'abbiamo imputato più volte. Concludo quindi dicendo che la relazione è così: puoi strillare quanto di pare, ma è la cruda realtà; il fatto che non ti interessi o che cerchi di escluderla, non significa che tu non sia altrettanto complice.

PRESIDENTE. Concluda, per favore.

FABIO RAMPELLI. La relazione del Presidente del Consiglio - un po' soporifera, devo dire - che purtroppo non è presente, quindi parlo al suo fantasma in questo momento…

PRESIDENTE. C'è il Governo.

FABIO RAMPELLI. …non solo non è stata convincente, è stata estremamente debole e deludente (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

(Annunzio di risoluzioni)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Alfreider, Locatelli e Buttiglione n. 6-00325; Cimbro ed altri n. 6-00326; Marcon ed altri n. 6-00327; Fedriga ed altri n. 6-00328; Latronico n. 6-00329; Artini ed altri n. 6-00330; Francesco Saverio Romano ed altri n. 6-00331; Rampelli ed altri n. 6-00332; Battelli ed altri n. 6-00333; Brunetta ed altri n. 6-00334 (Vedi l'allegato A). I relativi testi sono in distribuzione.

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Sandro Gozi, per la replica e l'espressione del parere sulle risoluzioni presentate.

SANDRO GOZI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Presidente, mi limiterò soprattutto a dare i pareri sulle risoluzioni, ma anche a commentarli e a spiegarne le ragioni. Parere favorevole alla risoluzione Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Alfreider, Locatelli e Buttiglione n. 6-00325.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 18,25)

SANDRO GOZI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Parere favorevole alla risoluzione Cimbro ed altri n. 6-00326, se riformulata, e mi riferisco in particolare agli impegni. Riformulare l'impegno 1) in questo modo: “per quanto attiene ai temi della migrazione, ribadire la necessità di riaffermare il sostegno”, anziché “attivarsi per allargare il consenso”; poi togliere, nella seconda riga dell'impegno 1), le parole: “sulla necessità di prevedere una nuova misura emergenziale”.

L'impegno 2) dovrebbe iniziare con “ribadire altresì la sua proposta”, si riferisce a condizionare l'assegnazione dei fondi strutturali e di coesione al rispetto dello Stato di diritto. Dato che è una proposta che già fece il Governo Renzi, e che io, come Governo Gentiloni, ho ribadito anche ieri al Consiglio affari generali, noi siamo d'accordo, ma è bene ricordare che è già una proposta del Governo: ovviamente siamo molto lieti del sostegno che viene da questo gruppo a questa linea di cui noi siamo molto convinti.

Risoluzione Marcon ed altri n. 6-00327, parere favorevole, se riformulato nel modo seguente: nella prima pagina eliminare la quarta e la quinta considerazione; riformulare l'ultima considerazione: “l'Unione monetaria, così come realizzata, resta un cantiere aperto e occorre evitare una permanente svalutazione del lavoro”, eliminare quindi quelle tre righe sottolineate; all'impegno a) eliminare “si opponga ai respingimenti verso i Paesi di origine e di transito”; la lettera d): “la promozione del principio di un'accoglienza dignitosa proponendo un piano europeo straordinario per l'accoglienza dei profughi”, sarebbe riformulata in questo modo; alla lettera h), dopo le parole “diritti umani”, togliere le parole da “in particolare dello smantellamento” fino a “migranti”; eliminare, a pagina 4, i primi quattro impegni, e nella lettera f) cominciare da “le proposte di rafforzamento della capacità militare”, quindi eliminare la prima parte; alla lettera g): “riaffermare l'avvio di un processo per arrivare a una difesa europea comune; al paragrafo 3), sull'occupazione, la lettera a) dovrebbe essere riformulata nel seguente modo: “rifiutare di inserire il fiscalcompact nei Trattati europei in mancanza di un ripensamento delle strategie economiche. Voglio ricordarlo di nuovo, a Marcon e agli altri firmatari: il Governo è contrario a inserire il fiscalcompact nei Trattati.

È un tema che i vari gruppi hanno riformulato. Lo abbiamo detto, io stesso l'ho detto più volte: così com'è, il fiscalcompact secondo noi non deve essere inserito nei Trattati, e deve essere rivisto in varie parti. E nel momento in cui si riavvia, soprattutto con altri Paesi partner, come la Francia e la Germania, un dibattito sulla riforma della zona euro, la prima condizione per noi è rifiutare di inserire il fiscalcompact così com'è nei Trattati. Presidente, lo chiarisco, perché è un tema che ritorna spesso nelle risoluzioni, e la posizione del Governo è per noi chiara, ma mi sembrava giusto ribadirla in quest'Aula. Poi, eliminare l'impegno della lettera h), e alla lettera i): “valutare iniziative volte a promuovere un dibattito sui debiti sovrani”. Se sono accettate queste riformulazioni, Presidente, il parere è favorevole.

Il parere è contrario alla risoluzione Fedriga ed altri n. 6-00328. L'onorevole Fedriga non c'è, quindi evito di dire perché. Sulla risoluzione Latronico n. 6-00329, parere contrario, anche perché non riteniamo che si debbano rimettere in discussione tutti i Trattati, come invece il presentatore propone. Sulla risoluzione Artini ed altri n. 6-00330, parere favorevole, se riformulata, in particolare negli impegni. L'impegno 2): “proporre al Consiglio europeo di realizzare un efficace sistema di sicurezza cibernetica”, non crediamo che sia necessario un comando cibernetico comune; l'impegno 4), all'ultima pagina: “proporre al Consiglio europeo di ribadire la proposta relativa alle decisioni finali in merito ai criteri di assegnazione delle Agenzie”. Il Governo, ieri, al Consiglio affari generali, ha proposto una revisione dei criteri di assegnazione delle Agenzie, quindi è giusto ricordare che questo impegno è stato preceduto dall'azione del Governo, ma certamente siamo favorevoli se riformulato in questo modo.

Sulla risoluzione Francesco Saverio Romano ed altri n. 6-00331, parere favorevole se riformulata negli impegni. L'impegno a): “a proseguire nell'impegno per un trasferimento dell'Agenzia europea per i medicinali”. Ricordo che ci sono 21 candidature. Praticamente, su ventisette Paesi, in ventuno hanno presentato la candidatura, quindi è certamente una competizione molto complessa, considerando che in alcuni Stati membri non c'è nessuna Agenzia, mentre in Italia ci sono già due Agenzie, ma è assolutamente, come il Presidente del Consiglio ha ricordato, un'alta priorità del Governo. Poi, l'impegno b): “ribadire la necessità di una riforma complessiva”, e non promuoverla, perché il negoziato su Dublino è in corso e siamo certamente d'accordo sulla necessità di rivedere il regolamento di Dublino III.

Sulla risoluzione Rampelli ed altri n. 6-00332, parere contrario. Sulla risoluzione Battelli ed altri n. 6-00333, parere contrario. Sulla risoluzione Brunetta ed altri n. 6-00334, parere favorevole: ho visto anche che sono state riprese alcune prese di posizione del Governo nel dibattito del Senato, quindi, a maggior ragione, parere favorevole.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pia Locatelli. Ne ha facoltà.

PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, la risoluzione presentata dalla maggioranza, che ho convintamente sottoscritto, affronta diversi temi, e delinea la politica europea del nostro Paese in questa fase difficilissima, sia con riferimento alle questioni europee - in primis la Brexit - sia per il mutato contesto internazionale: penso ovviamente alle relazioni transatlantiche, che sono state rese complicate dalla nuova Presidenza USA. Il prossimo Consiglio europeo non sarà facile: il tema delle migrazioni; la riforma del sistema comune di asilo, ormai improrogabile, se non vogliamo che la situazione ci scoppi fra le mani; finalmente l'avvio delle procedure di infrazione, con la messa in mora di tre Paesi; l'attuazione del migrationcompact, con una richiesta da parte nostra di compatibilità tra investimenti nei Paesi di origine e rispetto dei diritti umani; un'attenzione speciale al tema della tratta, che vede coinvolte soprattutto giovani donne; e poi la sicurezza, che avrà un'attenzione particolare dopo i ripetuti tragici fatti nelle capitali europee, non ultimo quello di ieri a Bruxelles. Ecco, tutti temi caldissimi.

L'altro giorno è iniziato il negoziato per la Brexit: mi permetto di esprimere una raccomandazione, dal momento che nel Consiglio UE a 27 se ne parlerà. Alcuni di noi vedono vantaggi in questa vicenda, ad esempio, la ricollocazione dell'Agenzia del farmaco a Milano. Ecco, io credo che con la Brexit abbiamo perso tutti. È nell'interesse comune costruire basi solide per le future relazioni tra i Ventisette e il Regno Unito e, quindi, dobbiamo affrontare le trattative in modo costruttivo, adoperandoci per trovare un accordo e augurandoci che, per un futuro vicino, il Regno Unito resti un partner stretto, per un futuro un poco più lontano, i cittadini del Regno Unito ci ripensino e tornino a far parte dell'Unione europea. Ce l'auguriamo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI)-Liberali per l'Italia (PLI)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Artini. Ne ha facoltà.

MASSIMO ARTINI. Grazie, Presidente. Nell'accettare la riformulazione fatta dal sottosegretario rispetto alla nostra risoluzione, io volevo porre l'accento su alcuni temi, molto brevemente, in questi pochi minuti che mi permettono di fare la dichiarazione, due in particolare; il punto primo, che non è stato neanche riformulato e di questo sono decisamente contento, riguarda la possibilità di proporre al Consiglio europeo l'uso di strumenti, nel Trattato, ex articoli 44 e 46, che riguardano la creazione di due cooperazioni strutturate permanenti, sia per quanto riguarda l'ambito dell'est Europa, sia per quanto riguarda la parte più importante nell'area di nostra più vicina competenza, che è la parte del sud dell'Europa e del Mediterraneo. Questo è un passaggio che sarebbe fondamentale, riuscendo a costruire questo tipo di percorso, perché sarebbe un'introduzione di un tema che va a trattare sia la parte finanziaria sia la parte organizzativa, anche nell'ottica di rendere effettiva la cooperazione civile e militare nel tema della cooperazione europea e, soprattutto, anche nella costruzione di una difesa europea concreta.

Il secondo punto, che riguarda in maniera precisa la parte di sicurezza e di difesa, è una proposta che era nostra intenzione fare e che il Governo ha accolto, cioè quella di progettare, a livello di comando strategico cibernetico, un comando europeo che dia piena attuazione della NIS, cioè della direttiva per quanto riguarda la parte cibernetica di coordinamento e che sia un primo spunto sempre nell'ottica di una difesa comune. L'ambito cibernetico è un ambito che non ha precedenti…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

MASSIMO ARTINI. Mi avvio a concludere, Presidente; effettivamente dare questo spunto, farlo partire da ora per il futuro è un passaggio indubbiamente robusto e necessario (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gebhard. Ne ha facoltà.

RENATE GEBHARD. Grazie, Presidente. Apprezziamo le comunicazioni del Presidente del Consiglio che ribadiscono e confermano la validità delle posizioni sostenute dall'Italia sui temi oggi prioritari: politiche di sicurezza e lotta al terrorismo, governo comune del problema migranti, fermezza nel negoziato sulla Brexit. Vi è un comune denominatore che è indicato: maggiore è lo spazio geopolitico dell'Europa, più complesse e più condivise devono essere le sue responsabilità. Condividiamo pienamente la linea del Governo, l'Italia ribadisce il carattere strategico dell'Unione e ritiene, nel contempo, che per essere rafforzata, l'Unione europea debba riconoscere l'esigenza di profonde riforme, riforme che sappiano imprimere una fase di sviluppo e di cambiamento del modello europeo. Ne esistono le opportunità, purché il processo di cambiamento abbia tempi e scelte adeguati.

In ordine alla Brexit, il negoziato impone realismo, trasparenza e fermezza. In merito alle politiche di governo del fenomeno migratorio, l'Europa non può che dare una risposta unitaria. L'Italia è la frontiera dell'Europa, ma l'Europa, fino a oggi, è apparsa assente. Siamo per un Europa che integra e nel contempo difende le proprie frontiere esterne; anche sull'immigrazione l'Europa unita rimane un progetto vincente e un'opposizione ai populismi che vorrebbero esclusivamente precludere. Convivere non significa non avere regole e doveri.

Per queste ragioni, voteremo la risoluzione di maggioranza che abbiamo sottoscritto come SVP e minoranze linguistiche (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze Linguistiche).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà, per due minuti.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo Consiglio europeo nei prossimi giorni dovrà affrontare una proposta innovativa in tema di difesa, è positivo che ci sia e noi l'appoggeremo, mentre qualcosa di importante si sta muovendo sul tema dell'immigrazione.

Mi sembra che si cominci a vedere che i problemi dell'immigrazione sono la conseguenza della mancanza di una politica estera e di vicinato. Non esiste la politica dell'immigrazione, esistono la politica estera e la politica di vicinato. Abbiamo bisogno di intervenire per porre fine alle guerre nel continente africano e prima di tutto in Libia; abbiamo bisogno di politiche di cooperazione nei Paesi di origine dei flussi migratori, per creare, lì, posti di lavoro e condizioni più umane di vita e per ottenere la cooperazione di questi Paesi per i necessari rimpatri. Queste politiche non può farle l'Italia da sola, deve farle l'Unione europea. Abbiamo bisogno, anche, di una normativa europea per il riconoscimento del diritto d'asilo e sui rimpatri, perché i rimpatri vanno fatti; il problema vero non è la redistribuzione dei profughi, che riguarda qualche decina di migliaia di persone, è il rimpatrio di chi non ha il diritto di stare in Italia, la piena affermazione del controllo dello Stato italiano sul territorio italiano.

Un consiglio: parlate anche di America, di Trump, parlate di come si fa a recuperare l'enorme deficit della bilancia commerciale americana. Questo è il vero problema di Trump. Se offrirete un tavolo di trattativa serio su questo, lui cederà sul clima e su tante altre cose; non fate finta di non capire che questa è la vera drammatica questione che Trump pone all'America e al mondo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Latronico che, però, non vedo in Aula: si intende che vi abbia rinunziato.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rizzetto. Ne ha facoltà.

WALTER RIZZETTO. Presidente, sottosegretari, dispiace che non ci sia il Primo Ministro Gentiloni ad ascoltare le dichiarazioni di voto, perché è del tutto evidente che dopo la figura, come ricordava prima il collega Rampelli, un po' soporifera, permettetemi, che il Primo Ministro Gentiloni ha fatto in quest'Aula, tant'è vero che neanche da parte della maggioranza, mi pare, si siano levati grandi applausi, possiamo dire che il Primo Ministro Gentiloni non ha parlato, di fatto, di temi fondamentali, di temi italiani fondamentali rispetto all'agenda che lui dovrà andare, non a condurre, ma a subire, per l'ennesima volta, in Europa.

Ho segnato e ho trascritto una frase del Primo Ministro Gentiloni, Presidente, che dice simpaticamente, per quanto mi riguarda: dobbiamo capire se l'Europa è dietro di noi. L'Europa è dietro di noi, ma probabilmente non nell'accezione che voleva indicare o dare il Primo Ministro Gentiloni. Ora, l'agenda del Consiglio europeo parla chiaro, parla di migrazione, parla di sicurezza e difesa, parla di occupazione, crescita, competitività e parla di negoziati su Brexit. Allora, Governo, il Primo Ministro Gentiloni ha parlato di due cose fondamentalmente, ha parlato di Brexit e ha parlato di immigrazione, poco ha parlato di difesa comune, per nulla ha parlato di occupazione, crescita, lavoro e competitività; non l'ho sentito parlare di questi temi! Terrorizzato, lo ripeto, terrorizzato da un esercizio di democrazia che è stato Brexit, tant'è vero che, probabilmente, non se n'è neanche accorto, Gentiloni ha parlato di Brexit come tempesta perfetta e come shock, quindi, è un sillogismo riportare quanto sto per dire. Per il Primo Ministro Gentiloni un esercizio democratico come Brexit, quando i cittadini vengono chiamati a decidere delle sorti del loro Paese in Europa, per Gentiloni, un esercizio di democrazia è una tempesta perfetta ed è paragonabile ad uno shock.

Dopodiché, sottosegretario Gozi, lei ha completamente bocciato le nostre indicazioni rispetto a questa risoluzione che noi ci siamo impegnati a portare, qui, in Aula. Su due punti voglio soffermarmi; il primo, avrebbe potuto eventualmente darci qualche soddisfazione rispetto ad alcuni impegni, forse non a tutti, che sono per voi troppo ostili o troppo indigesti, come lezione di civiltà nei confronti di uno Stato sovrano entro il quale viviamo.

Uno dei nostri impegni - e lo dico per le persone che hanno l'ardire di ascoltarci in queste ore - era promuovere in ambito europeo l'adozione di misure finalizzate alla prevenzione delle migrazioni attraverso il sostegno dei Paesi d'origine. Non lo diciamo noi! Lo ha detto e lo ha indicato il Ministro degli esteri tedesco, quando parla di hub e di centri di accoglienza che non dovrebbero più stare in Europa e soprattutto in Italia, ma nelle coste del Nord Africa, e soprattutto non per fare gli xenofobi, i razzisti, ma per aiutare queste persone, che, ad esempio, io e il collega Rampelli siamo andati a trovare più volte presso l'hub di Cona, in provincia di Padova, che conta 2500 persone in un Paese che ha poche centinaia di abitanti e che vengono alimentati da una cooperativa a riso, mattina, pomeriggio e sera, per dare loro una dignità e non per trasformare il Mediterraneo in uno dei più grandi cimiteri mai esistiti.

Dopodiché, quando parla di Brexit, non si parla… cioè, noi attualmente sappiamo che Brexit è in fase di definizione; fuori l'Inghilterra da questa pessima Comunità europea, ma non ci ha dato nessun tipo di rassicurazione, neanche in veste europea, rispetto ad eventuali shock, al fine di tutelare anche i nostri risparmiatori!

D'altra parte, colleghi, se siamo riusciti dopo mesi, dopo un anno, oggi, a metterci d'accordo su una Commissione d'inchiesta rispetto alle banche, allora non abbiamo nessun tipo di timore nel dire che questi non sono argomenti per la vostra agenda.

Avete parlato e ha parlato di cosiddetta difesa comune, ma la difesa comune qual è? Io non ho mai visto nessuno, se non coloro che in Italia si occupano di immigrazione, andare presso le nostre coste e dare una mano all'Italia! Sono tutti molto bravi a dirci: l'Italia sta facendo la sua bella figura per quanto riguarda l'immigrazione, ma non ho visto le scarpe di queste persone andare a calpestare questi territori o andare per mare a darci una mano, se non alcune organizzazioni, sulle quali c'è stata ampia polemica nei mesi scorsi.

E, allora, sappiamo - e purtroppo lo dico - che l'Italia non è ancora così forte e mai con questi Governi lo sarà, non è così forte per poter dettare un'agenda in seno al Consiglio europeo, la stessa agenda che ci sta dettando da mesi e da anni il primo azionista di questa pessima Europa, che si chiama Germania, che si chiama Merkel! Loro ci stanno imponendo anche questo tipo di agenda e noi possiamo andare in Europa soltanto a fare i passacarte, Primo Ministro Gentiloni! Sbatta qualche pugno sul tavolo in Europa, perché qui abbiamo ascoltato soltanto promesse e sono mesi che ascoltiamo promesse, anni che ascoltiamo promesse, dal Governo Letta, al pessimo Governo Renzi, all'attuale Esecutivo.

Non abbiamo parlato - prima qualche collega lo recitava - e non parleremo, in Europa, del cosiddetto Patto di stabilità, se non per quanto riguarda la difesa! Andiamo a sforare il Patto di stabilità per quanto riguarda la difesa - armi -, e non abbiamo parlato di sforare il Patto di stabilità, colleghi, per quanto riguarda le scuole, per quanto riguarda il welfare, per quanto riguarda una buona infrastruttura, allora lì no! Lì no, non possiamo parlare di sforare il Patto di stabilità, dobbiamo tenere prigionieri in quest'Europa pessima i nostri sindaci che non possono lavorare per i propri territori.

Non abbiamo parlato di tasse, Primo Ministro Gentiloni. Che Europa è un'Europa che impone una tassazione al 67 per cento alla nostra piccola e media impresa, mentre nella vicina Slovenia o nella vicina Carinzia c'è una tassazione forfettaria, per i primi cinque anni, per la piccola e media impresa, del 22 per cento circa? È un'Europa giusta, questa? È un'Europa giusta, quella dove ci sono queste aziende multinazionali che vengono a depredare l'Italia di quello che era una cosa importante per gli italiani, ovvero il lavoro, e in una notte vanno a delocalizzare in Europa stessa, laddove pagano meno tasse? Sottosegretario Gozi, a queste aziende va fatto pagare tutto! Va fatto pagare tutto quello che la collettività in termini di contributi ha dato in questi anni affinché il lavoro restasse in Italia. Questi sono i temi che il Primo Ministro Gentiloni deve portare in agenda in Europa!

E poi, la risposta a tutte le preoccupazioni del Governo Gentiloni rispetto ad immigrazione, rispetto a difesa comune, la vostra risposta qual è? È un passaggio pasticciato, chiamato ius soli, è un passaggio pasticciato che non porterà nessun tipo di beneficio rispetto alla gestione, anche parallela e trasversale, dell'immigrazione. E ancora, per essere più chiari, Governo e sottosegretari, noi siamo convinti di una cosa, siamo convinti che, se ad esempio si continuerà, i 4,6 miliardi del Documento di economia e finanza per gestire l'immigrazione ci sono, li avete trovati, ma se si parla ancora di fondi cofinanziati con l'Europa rispetto ai mitici 35 euro che vengono dati ad ogni richiedente asilo, falso o vero, in Italia, ebbene quei 35 euro noi vogliamo che vengano dati di diritto anche ai disoccupati, anche ai pensionati minimi, anche agli imprenditori che hanno chiuso l'azienda, anche alle persone che pensano al suicidio perché non riescono a trovare un lavoro.

Chiudo, Presidente. L'Europa - dice il Primo Ministro Gentiloni - deve cambiare, deve esserci uno sforzo rispetto all'innovazione dell'Europa. L'unica innovazione che noi possiamo sostenere in questa Europa è l'uscita dai trattati, l'uscita dal fiscal compact, l'uscita dal meccanismo europeo di stabilità, che è un cappio al collo che l'Europa ci sta stringendo sempre più stretto. Non usciamo dall'Europa, usciamo dai trattati: questa è una cosa legittima e che il popolo italiano vi sta chiedendo.

Non ho sentito parlare - e chiudo, Presidente, e la ringrazio - di lavoro, non ho sentito parlare di cuneo fiscale, non ho sentito parlare di disoccupazione, di pensioni ed i pensionati ne abbiamo parlato oggi durante il question time alla Camera. Non sento parlare della carne viva della popolazione. Quindi, chiaramente, voteremo tutte le risoluzioni che vagamente assomigliano alla nostra, ma invitiamo il Primo Ministro Gentiloni ad andare in Europa a testa alta: alzi la testa, i cittadini, Primo Ministro, la osservano ed è pregato, una volta per tutte...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Rizzetto.

WALTER RIZZETTO. ...di non deluderli ulteriormente (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sberna. Ne ha facoltà.

MARIO SBERNA. Grazie, Presidente. I temi posti all'attenzione dei leader dell'Europa riguarderanno, tra l'altro, la gestione del fenomeno dell'immigrazione, la sicurezza, la difesa, l'economia e i negoziati sulla Brexit. Si tratta di temi di grandissima rilevanza, che certo non è possibile vengano risolti in tempi rapidi una volta per sempre. Si può, tuttavia, osservare come questa discussione risenta sempre più di una discrasia radicale tra le parole e i fatti, tra i temi trattati e le soluzioni ottenute. Non si tratta di essere euroscettici, anzi, chi crede di andare ognuno per proprio conto, chiudendoci in patrie sempre più piccole, semplicemente non ha capito in che mondo vive. Le questioni che vediamo ogni giorno sotto i nostri occhi sono troppo grandi, troppo veloci, troppo forti perché noi si sia in grado di affrontarle da soli. Terrorismo, clima, finanza: come potrebbe l'Italia, ma anche la Germania o la Francia, andare da sola? Che possibilità avrebbe di giocare una partita di tale portata?

Nessuna nostalgia di piccole patrie, vere o presunte, ma desiderio, questo sì, di vera Europa. Ecco il motivo di quella insoddisfazione e di quella sensazione di distanza tra pensiero e azione. I vertici si susseguono, le parole pronunciate con grande impegno, ci si scambiano strette di mano, si fanno foto, si sorride. Poi ognuno torna a casa e nessuno sembra aver fatto un passo avanti. Forse è solo una sensazione, ma non si può negare che questa esista anche, come detto, in chi non è antieuropeista. I vertici si fanno ed è giusto che si facciano, ed è giusto e doveroso, non solo perché lo prevede la legge, che il Presidente del Consiglio illustri al Parlamento quel che il Governo andrà a dire in Europa.

Quello che dice il Presidente Gentiloni è stato davvero apprezzabile, per questo il gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico voterà convintamente per la risoluzione di maggioranza che ha firmato con il proprio Presidente. Tuttavia, alcuni punti sono da sottolineare: anzitutto, la questione dell'immigrazione, ancora molto lontana da un'equa soluzione. Italia e Grecia supportano un peso sempre maggiore nella doverosa prima accoglienza, mentre resistenze sempre maggiori si registrano negli altri Paesi, in particolare in alcuni dell'ex Patto di Varsavia, che appaiono alieni a qualunque forma di collaborazione, oltre che con tendenze pericolosamente autoritarie che mal si conciliano, anzi non si conciliano affatto, con lo spirito europeo dei fondatori e di chi ha voluto accogliere questi Paesi nella Comunità europea, un nome per tutti: Beniamino Andreatta. Ma se si vogliono contrastare i razzismi e i rigurgiti di odio verso lo straniero, non è possibile lasciare che solo pochi Paesi affrontino le questioni legate all'emigrazione epocale che sta coinvolgendo parti rilevanti della popolazione mondiale e che certo non si fermerà per le urla scomposte di qualche signore o signora europei, che tradiscono i valori che credono di difendere.

Un altro tema delicato è quello dalla difesa europea, che suscita mille timori. Occorre ricordare che negli anni Cinquanta fu concepito un esercito integrato, la cosiddetta CED, che avrebbe dovuto contribuire all'avvicinamento, anche militare, tra i Paesi europei ex nemici. Non se ne fece nulla per un voto negativo del Parlamento francese e non è detto che allora sia stato un male: quegli eserciti erano ancora impregnati di guerra; avevano una concezione di servizio alla patria nazionale europea molto diversa da quella che esiste oggi.

Oggi le Forze armate sono progettate non per l'aggressione, ma per la difesa e il soccorso; sono anche necessarie per contrastare il terrorismo che ormai colpisce i nostri Paesi. È oggi un altro mondo ed è con questo mondo che dobbiamo convivere e condividere.

Infine, una breve osservazione sulla Brexit: il rispetto per il voto dei cittadini inglesi e per la conseguente scelta del Parlamento e del Governo britannico di recedere dagli Accordi è assoluto: la UE non è una prigione, chi vi entra liberamente, liberamente vi può uscire. Un voto democratico popolare va sempre rispettato, anche quando, magari, non condiviso; non vanno accettate, però, le furbate, mi si scusi il termine. Il Governo britannico non dovrà subire ritorsioni o punizioni, non vi dovrà essere alcuna pace punitiva, che, di regola, nella storia non porta che disastri, ma è chiaro che se i britannici desiderano, come sembra, un accordo con la UE che consenta una qualche forma di libera circolazione delle merci non si può pensare che questo accordo escluda la possibilità della libera circolazione delle persone, oltre alla soluzione di quelle anomalie gravi che si stanno venendo a creare per gli europei che risiedono in Gran Bretagna.

Ci auguriamo, dunque, che la trattativa sia quanto più rapida e amichevole possibile, nell'ottica di rapporti tra Unione europea e Gran Bretagna che non possono che essere quelli che ci sono tra popoli amici che hanno condiviso un tratto importante di storia insieme. Nessun rancore da parte di nessuno e correttezza totale in ogni circostanza: questo è il metodo che porterà certo i risultati migliori possibili (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Librandi. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO LIBRANDI. Grazie, Presidente. Signori del Governo, onorevoli colleghi, il Consiglio europeo che si riunirà il 22 e il 23 giugno a Bruxelles prevede all'ordine del giorno una serie di tematiche strategiche di grande urgenza ed attualità: la sicurezza, l'immigrazione, la difesa, il superamento della crisi economica. Temi che investono con forza l'Europa intera, ma che, soprattutto per quanto riguarda i flussi migratori, toccano molto da vicino il nostro Paese.

Un Consiglio europeo che si terrà in un panorama internazionale mutato e che presenta tratti di grande incertezza, legati non solo ai passi indietro annunciati dal Governo americano rispetto ad alcuni impegni assunti in ambito multilaterale, a partire dalla lotta ai cambiamenti climatici, ma anche all'incertezza della trattativa sulla Brexit, incertezza ulteriormente rafforzata dall'esito delle recenti elezioni svoltesi nel Regno Unito. Una situazione, quindi, che rende ancora più urgente e pressante la necessità di rinsaldare i legami europei, di rafforzare le proposte di integrazione e di cooperazione e di rilanciare un progetto irrinunciabile che rischia di barcollare sotto i colpi dell'egoismo e del populismo.

Sui temi dell'immigrazione, della ripresa economica, della sicurezza e della difesa comune l'Europa si gioca il suo futuro. Bene farà il Presidente Gentiloni a sottolineare con grande forza la solidarietà, il grande impegno ed il senso di responsabilità che hanno caratterizzato il nostro Paese nell'affrontare un fenomeno epocale come l'ondata di flussi migratori che ha investito negli ultimi anni l'Italia. Ma ancora meglio farà se alzerà un po' la voce per chiedere o, forse, sarebbe meglio dire esigere un impegno convinto all'Europa che, fino ad oggi, ha dato risposte timorose e inadeguate.

Sul tema della ricollocazione, il fallimento delle politiche comunitarie è davanti agli occhi di tutti: dovevano essere 160 mila i trasferimenti dall'Italia e dalla Grecia, ma, ad oggi, i ricollocamenti effettivi sono poco più di 21 mila, di cui solo 7 mila dall'Italia; e troppi sono i Paesi che in un pressoché generalizzato silenzio, invece di collaborare, hanno chiuso le frontiere. Questa situazione non è più accettabile, è tempo che l'Europa agisca: gli Stati membri hanno diritti, ma anche doveri e le procedure di infrazione, che dopo molti sforzi sono state finalmente attivate, non devono servire solo per punire chi sfora il rapporto deficit-PIL di un decimale.

È ora di dare dei segnali forti per gestire e controllare un fenomeno che, altrimenti, continuerà ad essere linfa vitale per i populismi, ma anche per chiarire il ruolo di talune organizzazioni non governative, sulla cui attività si sono accumulati negli ultimi mesi alcuni dubbi.

A fronte di un fenomeno di natura emergenziale, la revisione del Trattato di Dublino e il superamento del concetto di porto di approdo è, ormai, non più rinviabile, come recentemente riconosciuto anche dall'Avvocato generale della Corte europea.

Dobbiamo identificare e concedere lo status di profugo o la protezione internazionale in tempi più brevi per diminuire la pressione sui nostri centri di accoglienza e l'Europa ci deve affiancare con tutta la sua autorevolezza, con il suo peso politico e le sue risorse.

Insisto sulla necessità e sull'opportunità di sviluppare un Piano Marshall per l'Africa, un modello di cooperazione per lo sviluppo efficace che faccia crescere l'economia dei Paesi d'origine dei flussi migratori, che crei posti di lavoro in loco e si accompagni a impegni di controllo delle frontiere, ad accordi per i rimpatri, ad azioni di contrasto del traffico di esseri umani, che sia gestito in ogni Paese europeo da Ministeri per l'immigrazione, che si raccorderanno periodicamente con le autorità europee. Pubblichiamo nelle ambasciate degli elenchi di lavori disponibili in Europa, in modo che chi parte dal suo Paese per motivi economici abbia informazione sul suo possibile lavoro futuro; in caso contrario, non parta.

Ci giochiamo il nostro futuro di cittadini europei anche sul fronte della sicurezza e della difesa comune: temi sempre più strategici in un contesto geopolitico complesso ed in continua evoluzione. In un percorso che dovrà portarci, in un prossimo futuro, a mettere in campo un sistema di difesa europea, un progetto comune per rafforzare le frontiere dell'Unione, una sempre più stretta interconnessione tra i sistemi di intelligence nazionali, un'azione condivisa per prevenire fenomeni di radicalizzazione e per ostacolare le diverse forme di finanziamento del terrorismo sono gli strumenti che l'Unione deve, nell'immediato, rafforzare e rendere sempre più concreti e produttivi. Una collaborazione con i rappresentanti più moderati dell'islamismo potrà dare solo risultati positivi.

In quanto all'azione necessaria a livello europeo per favorire la ripresa, la crescita economica e l'occupazione molto si è già detto e non posso che ribadire con forza il sostegno del mio gruppo all'azione che il Governo sta portando avanti per passare da un concetto di Europa del rigore ad uno di Europa della crescita. Propongo la strategia di far crescere il lavoro, garantendo un trattamento fiscale di favore agli imprenditori che riporteranno in Italia lavorazioni e produzioni precedentemente trasferite in Cina o, generalmente, all'estero.

La crisi economica, insieme a fenomeni esterni, come gli imponenti flussi migratori o il terrorismo, richiedevano delle risposte che l'Europa non è riuscita a dare e molti sono stati quelli che hanno speculato su questo disagio per avere consensi. Serve, allora, promuovere e sostenere una politica economica europea indirizzata alla crescita, al lavoro e alla stabilità, che permetta ai cittadini di riconoscere ed apprezzare il valore aggiunto offertoci dall'appartenenza all'Unione europea. In una situazione che presenta molteplici difficoltà, per far comprendere ai nostri cittadini che l'Unione europea costituisce una grande opportunità, dobbiamo avere delle risposte concrete sui grandi temi che caratterizzano la nostra quotidianità e che determineranno il nostro futuro. Il fenomeno migratorio, la difesa comune, la ripresa economica: delle risposte che dimostrino con i fatti che gli interessi nazionali non possono prevalere sul bene comune.

Questa è la missione del nostro Presidente del Consiglio al Consiglio europeo secondo il nostro punto di vista. Civici e Innovatori, il nostro gruppo, approverà la risoluzione di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Civici e Innovatori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Abrignani. Ne ha facoltà.

IGNAZIO ABRIGNANI. Grazie, Presidente. Membri del Governo, onorevoli colleghi, il prossimo Consiglio europeo si preannuncia essere un appuntamento importante, sia per i molti argomenti in agenda che per il periodo in cui cade: un anno esatto dalla decisione da parte del popolo britannico, assunta democraticamente, di lasciare l'Unione europea. Un dato è certo: l'Europa che abbiamo conosciuto per tanti anni non esisterà più. L'Unione del futuro dopo l'uscita del Regno Unito potrà essere migliore o peggiore: dipenderà da noi, da come i Governi e i Parlamenti affronteranno questa nuova situazione.

I nuovi rapporti con il Regno Unito dovranno essere di amicizia e collaborazione, ma niente sarà come prima. Non ci possiamo permettere che altri Paesi, travolti da un possibile effetto domino, percorrano la via dell'allontanamento dalla comunità.

Sarebbe miope limitare il dibattito di questi giorni alla reazione che l'Unione deve avere nei confronti della Gran Bretagna.

Ciò che è successo deve essere lo spunto per cambiare in meglio l'Europa e anche l'Unione europea: meno potere agli euroburocrati, meno austerità ed una politica finalmente chiara sull'emergenza migranti: o si affrontano una volta per tutti questi temi o il destino dell'Unione europea è segnato.

Il Presidente del Consiglio ci ha detto che, in questo anno trascorso dal referendum britannico, il progetto europeo ha dimostrato la sua vitalità. Ci piacerebbe fosse così, ma purtroppo non abbiamo avuto lo stesso sentore.

A dimostrare di voler l'Europa sono stati alcuni popoli chiamati al voto, come quello francese, quello austriaco o quello olandese, che hanno respinto in maniera netta la possibile ondata populista e sovranista. I Governi europei invece, continuando a rimandare decisioni fondamentali sull'economia e sulla crisi dei migranti, hanno fatto molto meno.

L'integrazione europea garantisce ormai da decenni pace a popoli che sono fratelli per cultura comune, ma che per secoli si sono divisi e combattuti in guerre sanguinose. L'Europa è un ideale al quale non possiamo e non vogliamo rinunciare. L'Europa e l'habitat naturale per il nostro Paese.

Perché il sogno europeo non si infanghi velocemente dobbiamo però agire in fretta: non abbiamo dinanzi troppo tempo, non anni, ma settimane, al massimo pochi mesi.

Il prossimo Consiglio europeo tratterà temi fondamentali: crescita, occupazione e competitività, il problema dei migranti, la sicurezza e difesa comune. Il messaggio che i leader europei dovranno dare dovrà essere chiaro e deciso: che l'Europa resti Unione, ma torni ad essere anche comunità di popoli e culture. L'alternativa sarebbe un continente diviso, di nuovo conflittuale e impreparato a gestire le sfide del ventunesimo secolo, l'alternativa sarebbe un continente che non ci piacerebbe lasciare alle nuove generazioni.

Adesso diventa un dovere, per chi come noi crede in un'Europa forte e unita, trasformare il disastro attuale in un'opportunità; lo dobbiamo fare cambiando radicalmente le politiche messe in campo fino ad oggi: servono istituzioni più forti e più funzionali ad affrontare le sfide che si pongono, una burocrazia meno asfissiante, ma soprattutto posizioni chiare sulla crisi dei migranti, una politica estera in cui l'Europa torni protagonista dopo essere scomparsa dai radar.

Servono soprattutto incentivi alla crescita e allo sviluppo, che combattano la piaga della disoccupazione e della povertà, andando a sostenere imprese e lavoratori.

Per il nostro Paese, il problema più urgente è sicuramente quello relativo ai flussi migratori: questa catastrofe umanitaria diventa immane se si considera che il numero di migranti sbarcati nel 2017 ad ieri è superiore alle 70.000 unità, con un aumento del 26 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Per l'Italia il problema è aggravato dalle sue particolari condizioni economiche: siamo l'unico Paese europeo ancora alle prese con una parziale crisi economica, ma che non è stata del tutto superata, anzi, agli attuali tassi di sviluppo si tornerebbe ai livelli pre-crisi non prima di dieci anni.

È evidente come serva una sterzata decisiva per correggere la rotta, anche in previsione della fine del programma di acquisto di titoli di Stato da parte della BCE - il famoso quantitative easing - prevista per la fine del 2017. La posizione italiana risulta essere assai delicata.

Il presidente Draghi ha ipotizzato un'estensione del programma, se necessario, anche al prossimo anno, ma ad oggi non ci sono ancora certezze in questo senso.

Un rialzo dei tassi di interesse per il nostro Paese, insieme al mancato accordo sulla revisione del fiscal compact, potrebbe essere un duro colpo alla nostra economia, un colpo da cui sarebbe difficile riprendersi e tra gli interessi italiani, una volta discusso di immigrazione e di economia, nei prossimi mesi dovrà essere inserito anche il ricollocamento delle agenzie europee attualmente dislocate in Gran Bretagna; mi riferisco in particolare all'Agenzia europea per i medicinali, alla cui diversa dislocazione territoriale l'Italia è particolarmente interessata e non va ritenuta una questione marginale, perché è invece sostanziale.

La nostra risoluzione, di cui dichiariamo sin d'ora di accettare la riformulazione, infatti, oltre a spingere il Governo a parlare e a integrarsi maggiormente, a dare possibilità di prosperità e sviluppo economico, chiede con forza il trasferimento dell'Agenzia europea in Italia.

Il Presidente del Consiglio oggi ha concluso il suo intervento di oggi proprio su questo e speriamo che sia di buon augurio. Insomma, al prossimo Consiglio europeo si discuterà di argomenti che interessano l'Europa nel suo insieme e l'Italia in particolare. L'Europa per salvarsi deve cambiare. Se i leader europei lavoreranno in direzione di un'Unione coesa e pronta ad affrontare le sfide, siamo certi sarà il popolo britannico ad avere buoni motivi per pentirsi della scelta fatta.

Le soluzioni devono però essere rapide e messe in campo nel giro di qualche settimana, ripeto, qualche mese al massimo: se aspettassimo ancora, sarebbe troppo tardi. L'Italia le soluzioni le propone da anni senza avere risposta. Forse la Brexit avrà aperto gli occhi a chi fino ad oggi ha parlato solo di austerità e regole di bilancio. L'Europa che vogliono i cittadini non è quella, l'Europa che vuole l'Italia non è quella.

Cari colleghi, il sogno europeo non deve interrompersi; fino ad oggi ha garantito pace ai nostri popoli; riteniamo che da domani deve tornare a dare possibilità di prosperità e sviluppo economico (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palazzotto. Ne ha facoltà.

ERASMO PALAZZOTTO. Grazie signor Presidente, direi che l'ottimismo della volontà non basta in questo caso. Brexit e migrazioni sono due facce della stessa medaglia ovvero due facce della stessa crisi incontro cui va l'Unione europea e dalle risposte che l'Europa saprà dare a queste crisi dipenderà il futuro stesso dell'Unione.

La Brexit: oggi, nel nostro dibattito, è quasi il rimosso il meccanismo che ha portato all'origine del fenomeno Brexit. Noi stiamo facendo una discussione come se la questione Brexit fosse semplicemente una questione tecnica, il terreno di una trattativa tra l'Unione europea e un Paese che fino a qualche giorno fa, anzi che ancora oggi, fa parte dell'Unione europea, rispetto a cavilli formali che riguardano una fuoriuscita o una separazione consensuale.

Eppure non c'è una discussione su qual è il fenomeno che ha prodotto la Brexit, quali sono le Paure che hanno convinto i cittadini britannici a scegliere di abbandonare la casa comune dell'Unione europea per avventurarsi in un terreno ignoto, ma che hanno preferito rispetto al conosciuto disastro verso cui marciava all'Unione europea.

Ecco, io penso che oggi il segnale che bisogna dare a quei cittadini e anche agli altri cittadini europei è che l'Europa non rinuncia al suo progetto originario e che quindi anche la trattativa del negoziato sulla Brexit non è improntata da un'idea punitiva nei confronti del Regno Unito, per dare un segnale agli altri Paesi, ma piuttosto è improntata a creare le condizioni perché domani questo processo possa essere reversibile, sempre sulla base di un principio democratico, ma possa essere reversibile, un processo che in qualche modo garantisca la continuità della libertà della circolazione delle persone tra Unione europea e Regno Unito, garantisca il mercato unico, garantisca un sistema di tutele che possa essere diciamo equiparato.

Le migrazioni: sul terreno della sfida delle migrazioni oggi noi non possiamo in nessun caso stravolgere quello che è il nostro impianto valoriale, eppure è esattamente quello che stiamo facendo.

I pilastri su cui si fonda il cosiddetto migration compact parlano in primo luogo del processo di esternalizzazione delle frontiere, un processo che dal punto di vista legale è assolutamente in contrasto con quelle che sono le convenzioni internazionali a cui l'Unione europea e i nostri Paesi hanno aderito, ma che sono in contrasto anche con la base dei principi valoriali con cui noi dobbiamo fare i conti.

Penso allo scandaloso accordo tra l'Unione europea e la Turchia: ancora nessuno è venuto in quest'Aula a spiegarci come si fa a considerare la Turchia di oggi un Paese terzo sicuro, con cui stipulare un accordo che serve solo a sigillare quella frontiera, fregandocene delle condizioni in cui le persone che rimangono intrappolate in quel Paese continuano a vivere, compresi i cittadini turchi, che vivono oggi la deriva verso una delle più pericolose dittature, sul piano delle libertà civili e democratiche, che si sta affacciando sul Medio Oriente.

E poi c'è l'altra grande presa in giro sul terreno delle migrazioni ovvero l'idea dell'utilizzo dei fondi per la cooperazione. Tanto è falso che negli accordi di La Valletta abbiamo dovuto mettere per iscritto che quei fondi possono essere utilizzati per il controllo delle frontiere. Adesso qualcuno dovrebbe spiegarmi come il controllo delle frontiere e l'acquisto di mezzi militari possano essere un elemento attribuibile alla cooperazione e allo sviluppo, come lo sviluppo dei sistemi di sicurezza di quei Paesi possa in qualche modo servire a migliorare le condizioni di vita di chi da quei Paesi fugge.

Ed è esattamente qui la contraddizione. La realtà è che noi abbiamo messo sul tavolo di La Valletta i soldi che servivano a comprare compiacenti dittature, per fare il lavoro sporco che noi non siamo in grado, non vogliamo, fare. Ecco, allontanare il problema questa è stata la politica dell'Unione europea sulle migrazioni.

La cooperazione allo sviluppo è di per sé un processo che si sviluppa che produce i suoi frutti nel tempo, negli anni. E quindi ben venga l'investimento sulla cooperazione allo sviluppo per l'Africa, ma dobbiamo sapere che quella non può essere, a meno che non sia un falso, la risposta che si può dare oggi all'emergenza del fenomeno migratorio. Risposte che finora sono arrivate dall'Unione europea solo sul terreno securitario e, peggio ancora, emergenziale senza una vera risposta strutturale.

Oggi l'unico modo per affrontare seriamente la questione delle migrazioni è quello di costruire vie d'accesso legali e non accordi capestro con governi fantoccio o con dittature, da cui oggi quelle persone scappano, cercando in qualche modo di spostare nel tempo il problema che si riproporrà ancora in maniera più grave.

Penso all'accordo che ha sottoscritto il capo della polizia italiano con il capo dalla polizia del Sudan, il Paese il cui Presidente è l'unico al mondo a vantare due condanne da parte della Corte penale internazionale per crimini contro l'umanità e crimini di guerra. Sono state archiviate per mancanza di prove le accusa di genocidio nei confronti di al-Bashir. Eppure, noi abbiamo sottoscritto un accordo, in base al quale noi finanziamo e armiamo le forze di polizia sudanesi, che sono le stesse forze che si sono macchiate di quei crimini di guerra, stupri e uccisioni di massa, durante i conflitti nel Sudan e nel sud Sudan.

Ma chiudiamo gli occhi davanti a tutto questo, perché dobbiamo dare una risposta a una pancia del Paese, che è sempre più solleticata da forze populiste e di destra. E vediamo come gli scaffali del supermarket della destra xenofoba si stanno ingrossando dentro questo Parlamento. Abbiamo visto le posizioni del MoVimento 5 Stelle sulle ONG, le posizioni che oggi prendono sullo ius soli. E vorremmo proporre a questo Governo anche una riflessione, rispetto alla proposta che questo Governo con i decreti Minniti ha offerto al Paese. Non vi siete accorti che continuando a inseguire la destra su quel terreno, che continuando a inseguire le politiche e le proposte demagogiche, che cavalcano le paure dettate dalla crisi, si stanno ingrossando le fila di quella destra xenofoba, non la si combatte? E che il decreto Minniti porta a ingrossare esattamente quell'idea culturale fascista e xenofoba, che cresce nel nostro Paese, nella pancia del nostro Paese? Ecco, probabilmente è da qui che bisognerebbe partire: la causa di quella paura sociale, che oggi i populismi e i sovranisti cavalcano in Europa, proviene dalla crisi economica, generata dalle scelte di politica economica, prese in Europa da questo Governo e dagli altri 27 Governi, che ne fanno parte o che ne facevano parte.

Lei ci ha detto, sottosegretario Gozi, che il Governo italiano è contrario all'inserimento del fiscal compact nei trattati. Noi accogliamo questa notizia con piacere. Sarebbe coerente, in funzione di questa posizione, cominciare a discutere di rimettere mano all'unica vera modifica della Costituzione che bisogna fare: togliere dalla nostra Costituzione il pareggio di bilancio, che in funzione di quel fiscal compact vi è stato inserito! Questo sarebbe coerente con la propaganda che in questo Parlamento si viene a fare, ogni volta che si sta per andare al Consiglio europeo.

Deboli con i forti e forti con i deboli, questa è stata la politica che l'Unione europea ha messo in campo sul piano economico. Basti pensare a che cosa è successo con la Grecia. Lì non si è voluto affrontare il vero nodo e il vero problema. Ogni volta che c'era da fare un salvataggio di una banca, si poteva fare debito pubblico per salvare quelle banche.

Ogni volta, a partire dal 2008, in cui le crisi hanno messo il sistema finanziario - che ha prodotto la crisi- davanti a un momento di difficoltà, ecco che arrivano i Governi a salvare le banche! Quando quella crisi investe un'intera nazione, quando quella crisi riguarda un popolo come quello greco, non si ha pietà e si chiede di pagare, non solo fino all'ultimo centesimo, ma anche di più, in termini di taglio di stato sociale e di welfare. Questa è stata la politica dell'austerità, ovvero come rubare risorse ai sistemi di welfare per immetterle nei mercati finanziari speculativi che hanno prodotto la crisi.

Così - e concludo - finisce il progetto europeo. Oggi l'ottimismo della volontà non basta. Serve qualcosa di più, serve un'assunzione di responsabilità, serve assumersi la responsabilità degli errori fin qui fatti e serve un'inversione di rotta, che non sia solo a parole, ma che sia nei fatti, a partire da una revisione dei trattati (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Invernizzi. Ne ha facoltà.

CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, siamo a rimarcarlo con forza, anche in alcuni casi come quello che stiamo vivendo adesso. Il momento che stiamo vivendo adesso è di noia, noia perché ci troviamo con cadenza quasi trimestrale a ripetere, più e più volte, i medesimi discorsi, non perché non abbiamo abbastanza fantasia come parlamentari, ma semplicemente perché quest'Europa, esattamente come parecchie, per non dire tutte, le altre istituzioni sovranazionali nel mondo, a partire dall'ONU, si ripresenta sempre con la medesima faccia.

Qual è la faccia che oggi, onorevole Presidente e gentili colleghi, l'Europa ha, secondo noi, trovandosi di fronte ai propri cittadini? Un qualcosa di non compreso, un qualcosa di incomprensibile, un qualcosa che nessuno vuole fare comprendere. Solo per citare alcuni dati, che secondo me sono anche abbastanza chiari: se noi chiedessimo ai cittadini italiani, che sono coloro, quindi, che come è stato ricordato anche prima sono cittadini di un Paese fondatore dell'Unione europea - dato che viene rimarcato quasi con orgoglio - quali sono le istituzioni europee, penso che nel 99 per cento dei casi nessuno saprebbe dare una risposta.

Le istituzioni europee non si conoscono. Non le conoscevo neanch'io, sono andato a cercarmele e ho scoperto che le istituzioni europee - e lo dico in sintesi - sono: Parlamento europeo, Consiglio dell'Europa, Consiglio dell'Unione europea, Commissione europea, Corte di giustizia dell'Unione europea, BCE, Corte dei conti europea, Servizio europeo per l'azione esterna, Comitato economico e sociale europeo, Comitato europeo delle regioni, Banca centrale per gli investimenti, Mediatore europeo, Garante europeo della protezione dei dati eccetera.

Qua non è stato costruito un sogno: è stato costruito un Ministero. Un Ministero immenso, un Ministero in cui sicuramente c'è un immenso passaggio di carte da un ufficio all'altro, un Ministero chiuso in se stesso. Il sogno europeo, che voi continuate a rivendicare con orgoglio, sbattendolo in faccia a quelli che liquidate, dicendo che sono populisti, è questo, è un qualcosa di non compreso, è un qualcosa che continua a parlare a se stesso, è un qualcosa che come capiterà al prossimo appuntamento, al prossimo Consiglio europeo, verrà sostanzialmente rappresentato da foto di Capi di Stato e di Presidenti del Consiglio, che si incontrano sotto le bandiere europee, fanno il brindisi, parlano - non si sa di preciso di cosa devono continuare a parlare dopo decenni - e poi escono con un documento, in cui dicono sostanzialmente: dopo questo straordinario summit che abbiamo svolto, abbiamo capito che i problemi in Europa sono immigrazione, sicurezza, Brexit e rilancio economico.

Qualcuno dirà, come probabilmente il nostro Presidente del Consiglio, che c'è bisogno di più Europa, che è necessario che l'Europa svolga integralmente il proprio ruolo e ci sarà qualcun altro, come per esempio la Merkel o Macron, i nuovi padroni, anzi, una vecchia, l'altro nuovo padrone europeo. Tra l'altro, permettetemi di dire che tutta questa speranza e aspettativa nei confronti di Macron un po' mi fa sorridere, perché Macron, non è colui che è stato votato dalla stragrande maggioranza dei cittadini francesi per opporsi al populismo. Andate a vedere come sono andate le elezioni in Francia e vedrete che c'è un dato che forse continuiamo tutti a voler dimenticare perché ci fa paura: oggi a votare in Europa ci va pochissima gente. Quelli che stanno a casa non ci vanno non perché in qualche modo si fidano dagli altri, delegano coloro che vanno a votare come si dice che avviene negli Stati Uniti; non ci vanno perché non ci credono più, perché sono figli di comunità storiche che hanno millenni alle spalle e che si trovano nel 2017 con prospettive per il futuro pari a zero. Oggi infatti il sentimento diffuso nell'Europa continentale, onorevoli colleghi, è questo. Sentivo prima qualcuno dire, poiché ricorre in questi giorni l'anniversario della Brexit, che dopo un anno si stanno rendendo conto di cosa sta succedendo. Cosa sta succedendo in Gran Bretagna? Succede, se non lo sapete, che ancora oggi ci sono cittadini, giovani italiani, che vanno in Gran Bretagna a lavorare: non succede il contrario. Dalla Gran Bretagna con i problemi dalla Brexit secondo voi non scappa nessuno? Scappano dall'Italia e vanno in Gran Bretagna a lavorare. Vanno in un posto nel quale, come è stato ricordato più volte, i cittadini hanno votato e tutti qua sono a dire di rispettare il voto democratico dalla Gran Bretagna. Vanno in un posto nel quale semplicemente i cittadini della Gran Bretagna, che è forse tra i Paesi fondatori non dell'Unione europea - che, ripeto, è un ministero, è un'istituzione priva di qualunque affetto da parte dei propri cittadini - ma Paese fondatore dell'Europa e dalla sua storia, quell'Europa che fino al secolo scorso contava qualcosa nel mondo, i cittadini, hanno votato. Quando sento dire che l'Europa è l'unica speranza perché se qualcuno pensa al ritorno ai piccoli Stati per affrontare grossi problemi è solo un illuso, vorrei ricordare e chiedo a voi quali sono gli straordinari risultati storici che, da quando c'è la Comunità europea o l'Unione europea, sono stati prodotti.

In Jugoslavia pochi decenni fa c'è stata una guerra fratricida alle nostre porte e in Jugoslavia l'Unione europea non ha avuto alcuna funzione. Parliamo delle primavere arabe; parliamo di ciò che è accaduto in Libia. Parliamo poi delle crisi economiche: ma è mai possibile che con l'Europa unita, quella dell'euro, la moneta unica, insomma quell'istituzione e quella moneta che secondo qualcuno di voi avrebbe dovuto proiettare le nostre comunità nel futuro, è mai possibile che dopo quasi dieci anni ormai non si sa ancora come, se e quando ne usciremo? I dati sui quali bisogna ragionare sono questi. Non bisogna ragionare tanto o meglio spaventarsi per il fatto che nelle comunità europee, quelli che voi definite sprezzatamente populisti prendono un grande consenso, perché non dovrebbe essere sintomo di paura per voi, ma dovrebbe essere semplicemente un fortissimo richiamo. I populisti, come voi ci definite, semplicemente non vogliono girarsi dall'altra parte di fronte al re che è visibilmente nudo vogliono continuare - questo diritto permetteteci di tenerlo fortemente - a dire che il re è nudo, continuare a dire che non ci sono prospettive di crescita in questa Europa; continuare a dire che l'immigrazione, di fronte alla quale noi siamo condannati non dalla storia ma da scelte politiche e di strategia internazionale completamente sbagliate, non sono irreversibili. Di fronte a tutti questi fatti, noi populisti continuiamo a dire che tra le decine di istituzioni europee che si dividono tra Bruxelles, Strasburgo, tra le varie agenzie che girano, tra tutte queste cose, continuiamo a concentrarci su quello che per noi è importante cioè l'Europa che, arrivata al 2017, dopo millenni di storia certo con pagine nere, nerissime ma come in tutte le parti del mondo ognuno ha alle sue spalle pagine nerissime, ma dove a fianco di queste pagine vi erano pagine straordinarie di vivacità culturale, politica, economica, questa Europa arrivata al 2017 a noi piacerebbe che ci fosse ancora fra cinquant'anni, che ci fosse ancora orgogliosamente fra cinquant'anni e non vedere un continente stretto tra le grandi superpotenze mondiali, e che superpotenza non è e che insiste a non essere, e che fa di tutto per suicidarsi.

Ci sono nel mondo, secondo quelli che voi definite populisti, onorevoli colleghi, alcuni che fanno una politica…

PRESIDENTE. La invito a concludere.

CRISTIAN INVERNIZZI. Mi avvio alla conclusione. Vi sono alcuni che fanno una politica che si richiama ai temi del sovranismo, altra parola che a voi fa orrore. Cosa significa sovranismo? Sovranismo significa semplicemente che vi sono comunità che ancora ritengono di essere sovrane a casa loro; ci sono alcune comunità che, secondo voi, sbagliando e, secondo noi, in modo assolutamente naturale ritengono di essere sovrane, cioè di poter autodeterminare il proprio futuro e queste comunità che voi guardate sprezzatamente - concludo veramente - sono quelle comunità che purtroppo per voi oggi decidono la storia del mondo. Onorevole Presidente, concludo dicendo che le risoluzioni presentate dalla maggioranza che, scusate, sono panna montata, continuamente rimontata, ma che, prima o poi, crollerà miseramente, riceveranno il voto contrario dalla Lega Nord (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alli. Ne ha facoltà.

PAOLO ALLI. Grazie Presidente, il Consiglio europeo è sempre il momento e un elemento di importante riflessione politica, credo che il prossimo lo sia in modo particolare per i temi che sono posti all'ordine del giorno. Nel preannunciare sin d'ora il voto favorevole di Alternativa Popolare alla risoluzione di maggioranza e sottolineando l'eccellente intervento del Presidente del Consiglio che ci trova assolutamente concordi, vorrei evidenziare tra i molti punti che sono all'ordine del giorno due fronti che mi sembrano particolarmente importanti perché su questi si misura la volontà di marciare verso una vera unione politica. È tutto importante, ma ci sono alcune cose che lo sono più di altre. Mi riferisco a due temi, la difesa comune e la migrazione, più un fondamentale corollario di proiezione esterna del tema migratorio, che è la politica per l'Africa. Perché dico che su questi temi si gioca una decisione politica importante sul futuro dell'Unione europea? Perché siamo di fronte a problematiche che richiamano ciascun Paese alla responsabilità nei confronti di una visione politica comune. Parliamo dalla difesa. Alcide De Gasperi più di sessanta anni fa diceva che la costruzione di un sistema di difesa comune europea sarebbe stata la via maestra per la costruzione di un'Europa politica, perché il concetto di difesa comune implica la condivisione di confini comuni: difendere l'Europa significa difendere confini comuni, ma per difendere i confini comuni occorre che noi ci sentiamo tutti cittadini di una stessa entità, di questi Stati uniti d'Europa, di cui molto parliamo ma che sono ancora purtroppo lontani da venire.

C'è una differenza concettuale, ad esempio, tra l'idea di sistema comune di difesa europea e quello della NATO: la NATO è un sistema di difesa collettiva dove ciascun Paese membro interviene a difesa dei confini di un altro Paese dell'Alleanza che venga attaccato. Il concetto di difesa comune europea deve essere diverso, deve essere basato sul fatto che riconosciamo i comuni confini europei. Per questo è un progetto ad altissimo tasso politico che metterà a dura prova la volontà reale dell'Europa, dei Paesi membri dell'Unione europea, di costruire un'Europa politica.

Dobbiamo essere chiari: noi avremo su questo tema della difesa comune europea forti resistenze da parte dei Paesi membri rispetto alla cessione di sovranità, perché il tema della difesa è molto più difficile da affrontare perché più politico di quelli dell'euro, della moneta, della fiscalità e di altre cose. Sono stati fatti però molti progressi soprattutto nell'ultimo anno. In questo senso, qui bisognerà sgombrare il campo da alcuni equivoci. La difesa comune europea non significherà, per lo meno nel breve-medio periodo ma forse mai, un esercito comune europeo. Bisognerà lavorare sul modello dalla NATO, cioè della costruzione di sinergie, che, tra l'altro, come ormai chiaro dai documenti della Commissione, dai pronunciamenti di Junker e di Federica Mogherini, hanno un primo obiettivo nell'aiutare i Paesi europei e a spendere meglio le proprie risorse, come ha detto questo pomeriggio il Presidente del Consiglio, quando ha parlato di potenziali risparmi - dai 25 ai 100 miliardi di euro - utilizzando meglio le nostre risorse. Questo, è vero, è un primo punto, non esaurisce però il tema della difesa comune europea, che deve partire dalla NATO e da un forte rapporto tra Unione europea e NATO. In questo senso, bene si stanno muovendo Federica Mogherini e Jens Stoltenberg, il Segretario generale della NATO, che hanno sottoscritto, lo scorso dicembre, un programma di 42 azioni comuni - molto concrete e pragmatiche - per evitare sovrapposizioni e migliorare le sinergie.

È una NATO che cambia, che cambia molto. Ieri ho avuto occasione di visitare il comando di Napoli, dove la NATO ha stabilito la direzione strategica per il Sud, che è un elemento di grande rilievo politico: la NATO si occupa ora del Sud, così come si è occupata per tanti anni dell'Est, e riconosce i due fronti. Quindi dobbiamo tenere in cima alla nostra agenda, sul tema della sicurezza e della difesa, il rapporto Unione europea e NATO, e questo è di fatto in cima all'agenda della NATO, così come dell'Unione europea. Ci sono oggi le condizioni migliori, da tanti anni a questa parte, per lavorare su questo progetto, che appunto è strategico nella prospettiva di un reale rafforzamento della dimensione politica dell'Unione europea.

Sul tema migratorio: sono stati versati fiumi di inchiostro, sono state dette parzialità, falsità, verità. La realtà su questo tema è purtroppo ancora triste: non ci possiamo illudere che la solidarietà sia un dato scontato per il fatto che apparteniamo all'Unione europea. Ancora recentemente, alla Conferenza interparlamentare di Malta sulla difesa e sicurezza comune, tenutasi poche settimane fa, di fronte al tentativo di inserire nelle conclusioni un emendamento che richiamasse la corresponsabilità di tutti i Paesi rispetto all'accoglienza migratoria, c'è stata l'ennesima forte resistenza e reazione dei Paesi “Visegrad”, che hanno minacciato di non approvare le conclusioni. Quindi, ancora una volta, è stato evidente che alcuni Paesi dell'Unione europea sono fortemente contrari a qualsiasi tipo di distribuzione equa dei migranti. Su questo, quindi, bisognerà lavorare molto. Il lavoro che ci aspetta è duro, anche sul tema della revisione di “Dublino”. Attenzione, teniamo la guardia alta, perché al peggio non c'è limite: non è detto che una revisione di “Dublino” debba per forza portare a una situazione migliore, perché c'è aria che qualcuno tenda addirittura a peggiorare le condizioni rispetto all'attuale Trattato.

Il nostro Governo ha un ruolo fondamentale in queste negoziazioni, devono essere negoziati duri, ma guidati dalla consapevolezza che noi non facciamo solo il nostro interesse nazionale - certo, facciamo l'interesse nazionale nostro e dei Paesi che, come noi, rispetto al tema migratorio, sono questo front end col Nordafrica - ma non facciamo soltanto l'interesse nostro, facciamo l'interesse dell'intera Europa, perché la costruzione di un'Europa solidale significa la costruzione di un'Europa unita. Allora, è inutile che chiacchieriamo di tante cose, su questo si misura la volontà reale di costruire gli Stati Uniti d'Europa. Sul tema dell'Africa, che è ovviamente molto connesso a questo dell'immigrazione, sono già state dette molte cose negli interventi di oggi, non voglio ripetermi, ma è chiaro che il migrationcompact è stata una grande intuizione italiana, quindi dobbiamo spingere e andare avanti perché lo sviluppo dell'Africa sia, anche questo, in cima alla nostra agenda politica.

Vorrei solo spendere una parola sul tema della cooperazione internazionale, visto che siamo riusciti, come delegazione italiana, sempre nella Conferenza interparlamentare di Malta, ad inserire un emendamento che richiamasse la necessità di una forte sinergia tra gli sforzi dei vari soggetti che, a livello mondiale, si occupano di cooperazione internazionale. Lo scorso anno, l'Europa, intesa come somma di Unione europea e dei suoi Paesi, ha investito in cooperazione internazionale 57 miliardi di euro, andati in larga misura all'Africa, in un continente dove la gente vive con meno di 1 dollaro al giorno. Si potrebbero, nel giro di pochi anni, risolvere un sacco di problemi, se questi fondi fossero usati bene.

Purtroppo non è così. Purtroppo non ci sono sinergie tra la Banca mondiale, l'Unione europea, i singoli Paesi. Questo è un terreno su cui bisogna molto lavorare, ma mi permetta anche di dire una cosa, Presidente: abbiamo un lavoro e anche un compito a casa da fare, perché l'Agenzia italiana per la cooperazione mi sembra che stia un po' segnando il passo, e bisognerebbe invece lanciarne il lavoro, proprio anche in prospettiva di questo impegno sull'Africa. Qualche velocissima conclusione finale. Bene l'impegno nel tentativo di portare l'EMA a Milano: è un rafforzamento del Paese - ovviamente se ci riusciamo - e ha una sua logica, perché la Lombardia è la seconda regione chimica europea, e la farmaceutica fa la parte del leone in questo settore. Sul tema delle relazioni esterne, del quadro delle relazioni esterne, il presidente Cicchitto ha evocato il tema della Cina, ha evocato il tema dei rapporti con la Russia sul fronte est: noi non possiamo chiedere all'Estonia, alla Lettonia e alla Lituania di considerare i confini dell'Europa come i loro confini sud se non siamo disposti a considerare i loro confini come i nostri est.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Alli.

PAOLO ALLI. Quindi, questi temi vanno ripresi. Ci auguriamo che nei prossimi mesi ci siano posizioni molto chiare su queste tematiche.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cimbro. Ne ha facoltà.

ELEONORA CIMBRO. Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo ascoltato con grande interesse le comunicazioni del Presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo del 22 e 23 giugno, che avrà all'ordine del giorno temi assolutamente cruciali per il presente e per il futuro dell'Europa. Condividiamo l'idea che questa superpotenza tranquilla - come è stata definita -, che è appunto l'Unione europea, debba in questa fase storica governare processi geopolitici, economici, sociali e culturali di straordinaria grandezza, ma se davvero possiamo essere d'accordo nel ritenere che, ad un anno di distanza dalla Brexit, non si possa parlare di una campana a morto per il progetto dell'Unione europea, d'altra parte riteniamo che la sveglia per quel progetto, suonata molto forte, non possa limitarsi ad un'interlocuzione, per quanto paziente, preziosa e costante, con chi in questi anni, per diverse ragioni, ha remato contro il progetto europeo, senza assumere una responsabilità improntata sul principio della solidarietà. Siamo convinti che l'identità dell'Europa non appartenga soltanto al suo passato, ma sia iscritta anche nel suo futuro. Di fatto, l'Europa è il luogo d'origine dei processi di mondializzazione e di occidentalizzazione, affondando le sue radici persino nella tradizione mitologica, ma oggi rischia di diventare una sorta di provincia di un più vasto mondo dove prevalgono chiusure, paure, e una percezione completamente distorta appunto di questa centralità storica e geopolitica. Se dunque l'Europa non è una provincia, è l'Europa che deve affrontare la grande sfida del nostro tempo, che è quella della globalizzazione, non interpretandola esclusivamente nei termini di eccellenza, merito, flessibilità, ma ponendo rimedio al mondo globalizzato delle diseguaglianze, delle fragilità, delle difficoltà che investono decine di milioni di persone al suo interno e miliardi all'esterno.

Siamo consapevoli del fatto che di fronte ad un mutato contesto geopolitico, che vede l'America di Trump cambiare linea su questioni decisive rispetto all'asse transatlantico, non sia facile gestire processi di questa portata, ma è quello che ci richiede il futuro. Il compito di chi governa e di chi ha responsabilità politiche è appunto il compito di chi si sente queste responsabilità. Ridare vitalità al progetto europeo, così come si è fatto anche qui, a Roma, nel mese di marzo, in occasione della Dichiarazione comune per i 60 anni dei Trattati di Roma, significa interiorizzare il sentimento europeo di una cittadinanza comune abrogando la dimensione del rifiuto. La nostra superpotenza tranquilla ha dunque uno spazio geopolitico maggiore di prima, su cui deve e può intervenire. Ecco perché abbiamo presentato una risoluzione, come Articolo 1-MDP, che integra quella presentata dalla maggioranza, perché riteniamo che su alcune questioni debba con chiarezza emergere questa responsabilità. Come giustamente ricordava il Presidente del Consiglio, uno dei temi fondamentali di discussione del prossimo Consiglio europeo sarà quello dell'immigrazione. Si tratta ormai di un fenomeno strutturale, per il quale non possiamo più parlare di un'ondata straordinaria, che giustificherebbe dunque altrettante misure straordinarie. È necessario che l'Europa definisca con chiarezza il governo di questo processo, sottolineando con forza alcuni punti, e questo deve essere fatto ovviamente a partire dall'Italia. Primo, la responsabilità relativa al tema del ricollocamento dei circa 160.000 rifugiati dall'Italia e dalla Grecia; bene, in questo senso, la risoluzione approvata a larga maggioranza dal Parlamento europeo che introduce la possibilità di procedure di infrazione per quegli Stati che non rispettano i meccanismi di ricollocamento dei migranti, perché è inaccettabile che non ci sia un'assunzione di responsabilità collettiva.

Secondo, è necessario, finalmente, modificare il Regolamento di Dublino, non tanto e non soltanto nella fattispecie di situazioni di natura emergenziale, così come espresso da un recente parere dell'Avvocato generale della Corte europea, ma finalmente verso la direzione di un vero e proprio diritto d'asilo comune europeo. Se lavoriamo insieme per far passare questo principio, quello cioè del governo di un processo, e non più emergenziale, ma sistemico, attraverso una politica europea comune di accoglienza, va da sé che si possa abbandonare l'idea che semplicemente il blocco dell'arrivo dei flussi migratori possa risolvere il problema. Dobbiamo, sì, intervenire sulle cause profonde delle migrazioni, rafforzando la cooperazione e lo sviluppo dei Paesi interessati, ma riteniamo che sia miope ragionare su una difesa comune europea semplicemente prevedendo azioni efficientiste di blocchi navali, di chiusure di frontiere e di aperture di campi di accoglienza, perché questa non è la strada maestra da perseguire. In questo senso ci chiediamo quale sia l'utilità dell'avvio di una missione civile europea a partire dalla frontiera fra Libia e Niger e, allo stesso modo, ci chiediamo a che cosa serva istituire un fondo unico dove convogliare le risorse per sviluppare una filiera industriale della difesa comune con la possibilità di espungere le spese dal calcolo ai fini del debito, quando, forse, sarebbe più opportuno ragionare sulla possibilità di inserire spese relative agli investimenti per un ambizioso piano di occupazione, crescita e competitività, che costituisce un altro tema importante di discussione al prossimo Consiglio europeo.

È davvero importante attuare questo cambio di prospettiva per cui l'Africa possa, finalmente, essere vista come un'opportunità e non come un problema, perché davvero si possa portare a compimento il processo di Barcellona, con la creazione di uno spazio comune di pace, di prosperità e di stabilità nel Mediterraneo, rievocando secoli di splendore di altre civiltà che riuscirono a fare del Mediterraneo il fulcro di uno sviluppo culturale, economico e politico che non ha eguali, purtroppo, nella storia successiva.

Mentre noi riflettiamo su come difenderci, perché anche le parole hanno un peso - stiamo parlando di difesa comune in una prospettiva securitaria tout court - l'Africa sta ragionando, ormai da tempo, sulla cooperazione sud-sud, su come liberarsi da secoli di colonialismo e su come affrontare le conseguenze di interventi assolutamente deleteri, come quello della Francia di Sarkozy in Libia, per citarne uno.

Difendersi significa, appunto, respingere, tenere lontano. Ma è possibile che in un mondo globalizzato si possa parlare di tenere lontano qualcuno o qualcosa? Non può davvero essere, e lo dico con sincera preoccupazione, che chi ha in mano le sorti dell'Unione europea creda davvero di poter ragionare in questi termini, perché qualsiasi studio approfondito di ciò che sta avvenendo a livello demografico ed economico nel mondo ci dice che bisogna fare l'esatto contrario. E, allora, noi dobbiamo scrivere le nuove regole per governare questo processo, in questo modo, e non negare la realtà con un atto di rimozione collettiva deleteria. Fino a quando noi europei non riusciremo a considerarci come un'opportunità per il mondo e non come uno spazio che deve difendersi dal mondo, davvero, rimarremo dei nani sulle spalle dei giganti. Per concludere, non è una prospettiva rassicurante quella che vede il continente, culla del pensiero occidentale, atrofizzarsi in una dinamica autoreferenziale solipsistica che nulla ha a che vedere, appunto, con la storia grande che ci ha preceduti. Ad maiora, dunque, che queste belle discussioni, pur fra visioni diverse del mondo e percezioni diverse di come risolvere i problemi che indubbiamente ci sono, possano, comunque, arricchirci tutti, dal punto di vista dell'altro e del punto di vista dell'altro che non deve essere ad excludendum, ma che deve servire per allargare la pluralità di questa visione del mondo. Per questo e per concludere voteremo a favore di tutte quelle risoluzioni che vanno in questa direzione (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Savino Elvira. Ne ha facoltà.

ELVIRA SAVINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, domani il Presidente del Consiglio Gentiloni tornerà in Europa, quell'Europa che, in particolare negli ultimi anni, ci ha profondamente deluso, anni caratterizzati dalla perdurante crisi economica, finanziaria e occupazionale a cui si è aggiunta una grave crisi migratoria, determinata dall'esodo di massa proveniente dai paesi martoriati da gravi conflitti, e anche una crisi di sicurezza interna all'Europa, conseguente ai ripetuti attacchi terroristici di matrice islamica. Alle immagini degli sbarchi, piuttosto che a quelle degli attacchi vili e violenti del terrorismo islamico, corrispondono sfide di carattere epocale, che rappresentano, oggi più che mai, un banco di prova decisivo per l'Europa.

Il Presidente del Consiglio ha parlato dell'Europa come di un progetto resistente e attuale, ma sa bene che il futuro dell'Unione dipende dalla capacità che essa dimostrerà di dare risposte concrete. Ma non possiamo più rinviare questa prova di forza che l'Europa ha il dovere di offrire ai suoi cittadini, affinché possa tornare ad essere considerata come una risorsa e un'opportunità e non, come è stato in questi anni, un soggetto burocratico pieno di vincoli. È necessario, quindi, sostenere l'esigenza di produrre un cambio di passo, uno sforzo di innovazione, come è stato giustamente detto; priorità differenti e approcci e strumenti nuovi, in netta discontinuità politica rispetto al passato.

Non va trascurato il vulnus che ha rappresentato Brexit; se proprio vogliamo definirlo una sonora sveglia, dobbiamo comunque riconoscere che il risultato di quel referendum è strettamente collegato all'impatto sull'opinione pubblica della carente risposta istituzionale da parte europea all'emergenza migratoria, nonché ai nodi di carattere economico-finanziario volti a promuovere crescita e occupazione su cui l'Europa si è mostrata troppo debole. Su questo punto, però, oggi, dopo i risultati del voto anticipato, la stessa May è in una posizione di debolezza; la Premier inglese ha perso la maggioranza e questo avrà dei riflessi sui negoziati. Quella degli inglesi è una scelta che resta una strada sicuramente di non ritorno, ma che ora potrebbe richiedere un atteggiamento più flessibile da parte della Gran Bretagna. Di fatto, la linea dura sul recesso è stata sconfitta e di questo dobbiamo tutti prendere atto. È necessario, però, che con forza il nostro Paese agisca per ribadire il principio dell'indivisibilità delle libertà, avendo specifica cura e vigilanza sui diritti acquisiti dai nostri connazionali che risiedono, lavorano o studiano nel Regno Unito, per garantire stabilità del diritto e ridurre al minimo i disagi, nonché fornire una visione chiara del futuro per cittadini e persone giuridiche.

D'altra parte, se rimane vero che su Brexit e sul fenomeno populista e antieuropeo che ha animato il recente dibattito sull'Europa è necessario proseguire con una riflessione ponderata e costruttiva, è altrettanto forte il nuovo slancio che sembra aver trovato la speranza di non vedere tramontato il sogno europeo. Il riferimento è, ovviamente, alla vittoria di Emmanuel Macron, nuovo Presidente francese, che con una campagna pro Europa offre, di fatto, nuovo vigore e fiducia nelle istituzioni europee; un segnale importante e non trascurabile che, però, potrà concretizzarsi solo attraverso risposte tangibili, efficaci, risolutrici alle problematiche sociali ed economiche dell'Unione e, soprattutto, dei suoi cittadini, fino ad ora troppo poco coinvolti nelle scelte europee.

Tuttavia, se parliamo di risposte ai cittadini, non possiamo che pensare al fenomeno migratorio, su cui è improcrastinabile, ormai da troppo tempo, un intervento incisivo da parte delle istituzioni europee e degli Stati membri dell'UE, in un esercizio di responsabilità e di solidarietà, soprattutto, che finora è mancato. Parliamo del fallimento della riforma del sistema comune europeo di asilo, dei risultati ancora troppo deludenti delle ricollocazioni e dei rimpatri, della debolezza nel garantire le frontiere esterne dell'Unione europea. E non basta avviare procedimenti di infrazione nei confronti degli Stati inadempienti, ma è necessario, come chiediamo, appunto, nella nostra risoluzione, condizionare l'attribuzione dei fondi europei, in particolare della politica di coesione, al pieno rispetto, da parte di tutti gli Stati membri, degli obblighi in materia di immigrazione e di asilo. Ha fatto bene il Presidente del Consiglio a parlare di velocità, perché mentre l'Europa ha perso tempo a parlare di immigrazione in decine di Consigli europei senza trovare alcuna soluzione efficace, nel frattempo lo schiavismo legato al fenomeno migratorio ha cambiato volto, modificando le modalità di traffico di migranti.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole. Onorevole Martella... grazie. Prego.

ELVIRA SAVINO. Niente più barconi, niente più scafisti criminali, niente più facilitatori del trasporto illegale che possono essere incriminati, ma gommoni destinati ad affondare, guidati dagli stessi migranti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente) che non riescono ad arrivare molto lontano rispetto alle acque libiche, ma che vengono recuperati dalle navi delle ONG, che hanno moltiplicato la loro presenza nelle acque del Mediterraneo centrale. È, quindi, fondamentale che l'Europa operi un decisivo spostamento dell'asse prioritario di attenzione dell'Unione verso l'area del Mediterraneo, in termini di cooperazione sia politica che economica, con particolare riferimento alla stabilizzazione della Libia.

È evidente che non ci sono risposte facili a problemi difficili, e quello dell'immigrazione è un fenomeno epocale, incontrollabile, ingestibile senza una chiara e precisa strategia. Il fardello che oggi porta il nostro Paese ucciderebbe un gigante e l'Italia nella realtà europea tutto è meno che un gigante, se pensiamo per esempio che il nostro tasso di crescita passato e anche quello prospettico è il più basso di tutta l'Eurozona. Anche per questo, per stimolare una crescita che nel nostro Paese stenta ancora a decollare, il Consiglio dovrebbe ribadire l'importanza di un mercato unico funzionante per creare posti di lavoro e incoraggiare gli investimenti e l'innovazione.

Nella nostra risoluzione, il riferimento è in particolare ai giovani, ovvero le risorse più preziose che il nostro Paese possiede. In Italia si registra una delle più alte percentuali europee di inoccupazione giovanile fra i 15 e i 29 anni. Oltre alla precarietà del lavoro, il problema più grave della condizione giovanile in Italia rimane la disoccupazione e la relativa inattività che le politiche di questa legislatura non sono state in grado di superare. Nel 2016 le persone che si sono trasferite all'estero sono state 115 mila, soprattutto studenti e neolaureati. L'esempio è davanti agli occhi di tutti ed è più triste che mai se pensiamo ai nostri due giovani connazionali emigrati all'estero che hanno perso la vita nel tragico incidente di Londra. Un'Italia che è, quindi, sempre più un Paese di persone anziane e purtroppo non solamente perché l'aspettativa di vita è maggiore, ma soprattutto perché l'incertezza occupazionale, un reddito insufficiente se rapportato al costo della vita, determina una minore propensione ad avere figli. Il Governo, invece, deve proteggere e sostenere i nostri giovani, in Italia in primis, ma soprattutto in Europa, attraverso il sostegno a politiche europee in grado di facilitare l'inserimento di giovani e di coloro che cercano lavoro nel mondo produttivo, verificando i motivi per i quali in alcuni Paesi europei le problematiche e le criticità in materia di lavoro rimangono così elevate.

Proteggere i nostri giovani significa anche saperli difendere, per questo è necessario sostenere la necessità di un migliore coordinamento a livello europeo nella lotta al terrorismo, in particolare promuovendo una più stretta collaborazione e cooperazione tra i servizi di Intelligence nazionali e potenziando a livello europeo le attività di ricerca e di sviluppo del settore della cyber sicurezza, nonché sostenendo la necessità di implementare il processo di integrazione in materia di difesa e rafforzare la politica di sicurezza e di difesa comune. Va bene la sfida per il risparmio, come è stato detto, ma la messa in comune dei sistemi di difesa è di straordinaria rilevanza, affinché l'Unione europea rafforzi ed amplii le iniziative sinora adottate per sostenere la stabilità politica e la pace in Africa e nel Medioriente, necessaria per sconfiggere il terrorismo.

Forza Italia, dunque, voterà a favore di tutte le risoluzioni presentate, ad eccezione di quelle presentate dal gruppo del MoVimento 5 Stelle, che chiede, tra l'altro, il ritiro dei nostri contingenti, e del gruppo di SEL, che contiene politiche di gestione del fenomeno migratorio che non ci trovano d'accordo. Per il resto, accogliamo con piacere il fatto che il Governo sia favorevole, oggi, a posizioni storicamente più vicine al centrodestra. Ci avrebbe fatto piacere, in ogni caso, trovare la stessa condivisione o, comunque, lo stesso apprezzamento quando eravamo noi al Governo, con una posizione di centrosinistra che si è mostrata quasi sempre cieca dinanzi al confronto sui temi europei e internazionali, che avrebbero, invece, richiesto una ben altra condivisione.

Ad ogni modo, noi vogliamo offrire al Governo argomentazioni robuste e valide, in grado di rendere forte il nostro Paese in un'Europa che, oggi più che mai, ha bisogno di riappropriarsi fortemente della visione di quel sogno che ha animato i padri fondatori (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cariello. Ne ha facoltà.

FRANCESCO CARIELLO. Grazie, Presidente. Sottosegretario Gozi, a noi è dispiaciuto veramente ricevere un parere senza una reale motivazione. Sentire un parere contrario quando si va in Europa a rappresentare la posizione di un Paese, e non si cerca nemmeno di fare sintesi e di trovare anche i punti di unione, di sintesi, tra tutte le forze politiche, signori, è già una sconfitta in partenza. Ma vediamo a cosa è stato dato parere contrario, perché a nostro avviso questo è un atteggiamento più politico, che non di merito. Si è detto parere contrario a cosa? Ad un impegno chiaro sul versante istituzionale: noi chiediamo semplicemente maggiore democraticità alle istituzioni europee, una ridistribuzione del sostanziale peso delle istituzioni europee, in primis il Parlamento, rispetto ad una Commissione, che, ormai è chiaro, non rappresenta più la volontà democratica e popolare. E questo, ancora di più, inasprisce i rapporti tra le istituzioni europee e i populismi. Noi siamo una forza che si definisce populista, ma questo, a maggior ragione, se vediamo le istituzioni chiudersi a riccio e non affrontare le situazioni con una maggiore democraticità, anche perché le varie posizioni vanno legittimate e questa legittimazione democratica manca in Europa. E questo era il nostro primo impegno, quindi voi siete contrari a maggiore democraticità in Europa.

Poi abbiamo chiesto che vengano ricollocati i migranti come da accordi europei assunti in precedenti Consigli europei. Quindi ci state dicendo che siete contrari alla ricollocazione dei migranti: un accordo già preso in precedenza e voi ci dite che siete contrari!

Poi abbiamo chiesto che si superi una volta per tutte il Regolamento di Dublino, il sistema Dublino 3. Questo è stato più volte detto anche da parte di vostri esponenti del Governo e della maggioranza, in diverse trasmissioni, in diverse uscite anche verso la stampa, si fa tanto parlare del Regolamento di Dublino che va superato, ma, all'atto pratico, quando una forza politica vi impegna in tal senso, il parere è contrario.

Ma poi veniamo anche agli aspetti relativi ai rapporti dell'Unione europea con gli altri Paesi, con i Paesi che con l'Unione europea dovrebbero collaborare alla gestione di questo fenomeno di migranti. Abbiamo posto una questione, la questione Turchia, la questione degli accordi con la Turchia: accordi che noi avremmo voluto condizionare ad una erogazione di una effettiva accoglienza dei rifugiati, affinché si contrasti il fenomeno e si rispettino i diritti umani sia verso i migranti, che verso la popolazione dello stesso Paese che l'Unione Europea sta aiutando con i soldi dei nostri concittadini. E questo è uno dei motivi per cui, forse, voi non siete d'accordo, perché quei soldi li avete voluti, voi, dare in mano ad un Paese che, effettivamente, non sta producendo quella collaborazione. Ma provo a immaginare, perché il sottosegretario non ci ha degnato di una esaustiva valutazione nel merito di questa risoluzione.

Poi abbiamo anche posto un problema centrale sui meccanismi di collaborazione, su come i Paesi membri dell'Unione europea debbano prevenire e risolvere anche i conflitti interni, un investimento, una contribuzione a definire strumenti di peacekeeping comuni, quindi destinare le risorse ad un maggiore valore aggiunto della gestione delle collaborazioni delle Intelligence tra i Paesi. E questo per voi non è un punto, non è un impegno che si possa rappresentare in Europa? Ci avete detto: parere contrario.

Abbiamo posto un problema serio e non è la prima volta che la nostra forza politica, da quando è entrata in Parlamento, pone una questione centrale sul Fiscal compact, sulle regole dell'austerità, sulle miriadi di regolamenti che questa Europa ci ha imposto come vincoli. Anche su questo avete più volte mostrato l'interesse a migliorare queste regole, a cancellarle, diremmo noi, perché il vero obiettivo è superarle, non derogare a qualche regoletta. Qui va completamente svincolato il Trattato del funzionamento dell'Unione europea da queste direttive di carattere puramente finanziario che non stanno sortendo nessun tipo di risultato economico nei Paesi membri. Quindi, in questo, noi vi chiediamo di evitare assolutamente che il Fiscal compact sia introdotto e contemplato nei Trattati.

Purtroppo, però, dobbiamo constatare - ve lo facciamo rilevare - che voi vi siete portati avanti con la revisione della Costituzione che ha recepito la parte più importante di quel Trattato, cioè la regola del bilancio; avete fatto anche la riforma della struttura del bilancio dello Stato in funzione di quella variazione costituzionale che ha inglobato la regola principale che ha determinato il disastro dell'Unione europea: il pareggio di bilancio. E, forse, sarà questo il motivo che vi porta ad esprimere parere contrario.

Abbiamo chiesto anche di sostituire i target, i reali parametri con cui valutare lo sviluppo economico dei Paesi. Vi abbiamo chiesto di rendere vincolante il benessere equo e sostenibile dei popoli, dei Paesi, dei cittadini come reale parametro di valutazione per lo sviluppo economico dei Paesi membri, e non il solo PIL come unico parametro asettico di crescita economica. E poi vi abbiamo…

PRESIDENTE. Scusi un attimo, onorevole Cariello. Colleghi, sta parlando un vostro collega. Prego.

FRANCESCO CARIELLO. Infine, vi abbiamo anche chiesto, in merito alla Brexit, di assicurare i diritti dei cittadini del nostro Paese affinché questo negoziato sia portato avanti nel rispetto democratico della scelta di un popolo, ma anche nel rispetto di quei diritti sui quali i nostri cittadini hanno basato anche un rapporto con questo Stato membro e di tutelarli fino in fondo.

In ultimo, abbiamo anche chiesto che sia annullata la correzione di quegli squilibri di bilancio accordata al Regno Unito, che poneva l'entità della spesa agricola costantemente diminuita nel corso di oltre trent'anni nella programmazione delle politiche agricole comunitarie. Questo potrebbe veramente essere un punto significativo nella gestione di questo negoziato.

Quindi, a nostro avviso, vedere e sentire leggere richiami al Fiscal compact solo per pura propaganda elettorale di consenso e, poi, negli atti, vedersi rifiutato un parere, un impegno ben preciso in tal senso, a noi sembra veramente un'assurdità. Non da ultimo, richiamo un'uscita del commissario alla spending review sul Corriere di oggi, che, appunto, chiede che sia rivisto il fiscal compact e che l'Italia non riduca la spesa a deficit. Ma ricordo che lo stesso Commissario, nella presentazione dei risultati della Commissione sulla spending review, qui in Parlamento, qui alla Camera, ha mostrato un grafico per cui, tra tutti i Paesi OCSE, l'Italia, dopo la Grecia, è il Paese che, nel periodo 2013-2016, ha aumentato la spesa pubblica meno che tutti gli altri Paesi, solo dello 0,2 per cento.

Quindi, da un lato, si va a definire anche questo come un risultato positivo, un risultato ottimo, migliore di tutti gli altri Paesi, come se l'austerità stesse funzionando senza giudicare anche i danni che sta provocando all'interno del nostro Paese e, poi, dall'altro lato, si va a dire ai cittadini: rivediamo il fiscal compact, che è la causa per cui quella riduzione è avvenuta. Ecco il modo di ragionare della maggioranza, che noi non ammettiamo, quindi per questo stesso motivo noi voteremo in modo contrario alla vostra risoluzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Colleghi, vi pregherei di abbassare il tono della voce, grazie.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bergonzi. Ne ha facoltà.

MARCO BERGONZI. Grazie, Presidente. Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, all'ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo figurano alcune delle questioni non solo più urgenti ed ineludibili, ma, forse, persino cruciali per l'Unione europea: i fenomeni migratori, la sicurezza, la difesa, l'economia ed i negoziati sulla Brexit. È di tutta evidenza, come ciò avvenga in un contesto mondiale profondamente mutato, in particolare per quanto concerne il nuovo corso delle relazioni con gli Stati Uniti, qualora venissero definitivamente confermati dalla Presidenza Trump gli arretramenti rispetto ad alcuni impegni assunti, a partire da quello di Parigi in merito alla lotta ai mutamenti climatici.

In uno scenario che cambia, come potremmo non ritenere auspicabile il rafforzamento dell'integrazione e del progetto europeo, incentrato sul rilancio e la tutela dei valori fondanti, la stabilità economica e sociale dell'Unione? Come potremmo non provarci con lo slancio e la convinzione dell'Italia, che è orgogliosamente uno dei grandi Paesi fondatori?

Ed il rafforzamento dell'integrazione e del progetto europeo per affrontare davvero come comunità le grandi questioni che abbiamo davanti a noi credo non possa prescindere dalla consapevolezza che, nel tempo, l'Unione è stata approdo sicuro e di libertà per popoli e Paesi segnati da dittature. Grecia, Portogallo e Spagna, alla fine degli anni Settanta e inizio degli anni Ottanta, hanno trovato nell'Unione Europea un ancoraggio sicuro per il loro destino, come ci ha autorevolmente ricordato, proprio qui, il Presidente della Repubblica nel suo discorso per il sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma alcuni mesi fa. Presidente Mattarella che saluto con gratitudine e rispetto.

Dopo il 1989, è stata poi la volta dei Paesi reduci dall'influenza sovietica a riunirsi all'Europa, che ha, poi, offerto approdo politico, dopo la guerra nei Balcani, a Slovenia e Croazia e vede gli altri Paesi impegnati in un percorso di integrazione che l'Italia favorisce ed incoraggia.

Ecco, l'Italia, che da Paese fondatore ha sempre favorito e incoraggiato l'approdo in Europa a chi lo chiedeva, non può oggi di fronte al fenomeno epocale delle migrazioni essere lasciata sola; non può essere destinataria di una risposta inadeguata da parte di un'Unione che assiste al costruire nuovi muri al suo interno proprio da parte di Paesi che, per decenni, hanno cercato di scavalcare quelli eretti da altri e che, quando finalmente ci sono riusciti, hanno trovato dall'altra parte l'abbraccio generoso di un'Italia in prima fila a favore dell'allargamento di fronte a un bisogno. Questo credo che debba essere motivo di orgoglio per il nostro Paese, per tutto il nostro Paese.

Per affrontare il tema delle grandi migrazioni del nostro tempo occorre senz'altro valutare l'efficacia delle misure adottate per arginare i flussi, flussi che, per contro, sono in costante aumento. Ma non possiamo non rilevare come la risposta europea sia palesemente insufficiente e di come sia necessario prevedere nuove misure a sostegno degli Stati membri in prima linea, con l'orizzonte di una riforma del sistema comune europeo d'asilo ispirata ai principi di solidarietà e preceduta dal necessario ed urgente superamento delle regole del Regolamento di Dublino, sostituendo il Paese di primo accesso con un'equa condivisione delle responsabilità tra tutti gli Stati membri. I Paesi membri che attuano la ricollocazione sono ancora pochi…

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Bergonzi. Colleghi, vi pregherei di abbassare il tono della voce, grazie onorevole Invernizzi. Prego.

MARCO BERGONZI. …mentre alcuni perseverano nel chiudere le frontiere interne. L'Italia ha inserito tra le proprie richieste prioritarie il ripristino del corretto e normale funzionamento dell'Accordo di Schengen sulla libera circolazione tra gli Stati, principio fondante dell'Unione. Bene, quindi, l'impegno della Commissione europea alla cessazione delle deroghe alla libera circolazione alla fine di quest'anno.

Salutiamo con favore, poi, l'avvio da parte della Commissione delle procedure di infrazione nei confronti di alcuni Paesi per il loro scarso impegno a farsi carico dei richiedenti asilo in contrasto con i principi di solidarietà e responsabilità stabiliti dai Trattati e il cui rispetto è stato più volte sollecitato dal nostro Paese. Ma la gestione comune del fenomeno migratorio deve, infine, approdare ad una completa attuazione della proposta italiana del Migration compact europeo: un accordo strategico di lungo periodo per l'immigrazione e dotato di risorse adeguate per offrire un modello di cooperazione efficace per il controllo alle frontiere, la riduzione dei flussi dei migranti, la cooperazione in materia di rimpatri e riammissioni, il rafforzamento del contrasto al traffico di esseri umani, senza dimenticare i progetti di cooperazione allo sviluppo come strumento per la creazione di posti di lavoro nei Paesi d'origine.

In tale direzione si sta già comunque muovendo l'Italia, nella consapevolezza che occorra intervenire sulle cause profonde delle migrazioni e che favorire l'attrazione e il potenziamento degli investimenti europei nei Paesi di origine sia l'unica risposta strategica e di prevenzione delle migrazioni di massa verso l'Europa.

Per quanto concerne poi i temi della sicurezza e difesa, è evidente che in un contesto geopolitico complesso e in continua mutazione diventano sempre più cruciali e pertanto oggi è ancor più necessario un rafforzamento della cooperazione nell'Unione in materia di sicurezza e difesa esterna, ma parimenti occorre intensificare la cooperazione tra Unione europea e NATO, nella convinzione che la difesa europea e l'Alleanza Atlantica debbano rafforzarsi vicendevolmente ed in complementarietà.

Bene quindi, quale primo passo concreto verso una maggiore integrazione in materia di difesa, la recente proposta di istituire un fondo unico dove convogliare le risorse per sviluppare una filiera industriale della difesa comune, le cui spese da parte degli Stati membri saranno espunte dal calcolo ai fini del debito, un approccio ambizioso, ma nella direzione appropriata.

Per quanto attiene ai temi della sicurezza interna e alla lotta al terrorismo, cui purtroppo anche in questi giorni ci tocca assistere, al proseguire di un'onda lunga, è necessario cooperare a livello europeo per fermare l'estremismo violento e combattere la diffusione della radicalizzazione, ostacolare le diverse forme di finanziamento al terrorismo, facilitando lo scambio rapido e mirato di informazioni tra Stati membri, autorità di contrasto e banche dati, sviluppando nuove tecnologie volte a migliorare il rilevamento automatico di contenuti che incitano alla violenza terroristica.

Bene, come si è detto oggi: a un problema comune che investe tutti, una risposta comune.

In riferimento ai temi economici, se da un lato occorre prendere atto dei progressi compiuti in materia di occupazione, crescita e competitività verso il completamento del mercato interno, occorre incoraggiare le istituzioni europee a compiere ulteriori sforzi, in particolare in tema di mercati dei capitali e mercato unico digitale.

Il G20 che si terrà in Germania il mese prossimo, di cui l'Unione europea è membro a pieno titolo insieme a quattro dei suoi Stati membri, rappresenta un'opportunità per rilanciare un ruolo forte dell'Europa sulla scena mondiale, per difendere e rafforzare la cooperazione economica globale in favore della crescita e dell'occupazione e per assicurare l'attuazione dell'Accordo di Parigi per il contrasto ai mutamenti climatici.

Esprimiamo apprezzamento in merito al fatto che sulle proposte del Governo italiano si registri la piena sintonia del Governo tedesco, che è intenzionato a porre lo sviluppo in Africa al centro della Presidenza del summit.

Accogliamo con favore l'azione del Governo: è di tutta evidenza che gli sforzi profusi consegnino al nostro Paese un ruolo sempre più da protagonista autorevole in seno all'Unione.

Apprezziamo davvero che tutti i temi cruciali all'ordine del giorno del Consiglio europeo dei prossimi giorni, affrontati oggi, siano puntualmente oggetto di impegni da parte del Governo, che pertanto, nella negoziazione in sede europea, può contare sul convinto sostegno del gruppo del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Come da prassi, le risoluzioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Alfreider, Locatelli e Buttiglione n. 6-00325, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 30).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Cimbro ed altri n. 6-00326, come riformulata su richiesta del Governo e per le parti non assorbite, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 31).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Marcon ed altri n. 6-00327. Avverto che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e pertanto il parere deve intendersi contrario alla risoluzione nella sua interezza.      

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 32).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Fedriga ed altri n. 6-00328, su cui il Governo ha espresso parere contrario.      

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 33).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Latronico ed altri n. 6-00329, su cui il Governo ha espresso parere contrario.      

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 34).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Artini ed altri n. 6-00330, come riformulata su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 35).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Francesco Saverio Romano ed altri n. 6-00331, come riformulata su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 36).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Rampelli ed altri n. 6-00332, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 37).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Battelli ed altri n. 6-00333, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 38).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Brunetta ed altri n. 6-00334, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 39).

Sono così esaurite le Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 22 e 23 giugno 2017.

Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa di una proposta di legge (ore 20,28).

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, della quale la sotto indicata Commissione, cui era stata assegnata in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che proporrò alla Camera, a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:

      alla XIII Commissione (Agricoltura):

      S. 1641 – CIRIELLI E TOTARO; CATANOSO GENOESE; MONGIELLO ED ALTRI; OLIVERIO ED ALTRI; RUSSO E FAENZI; CAON ED ALTRI; CATANOSO GENOESE: «Disposizioni per la salvaguardia degli agrumeti caratteristici» (approvata, in un testo unificato, dalla XIII Commissione permanente della Camera e modificata dal Senato) (A.C. 55-341-440-741-761-1125-1399-B).

Interventi di fine seduta (ore 20,30).

PRESIDENTE. Adesso siamo agli interventi di fine seduta. Pregherei i colleghi che intendono uscire - cioè la quasi totalità - di farlo in silenzio e consentire, a chi deve intervenire sugli interventi di fine seduta, di farlo nel migliore dei modi.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Vacca. Ne ha facoltà.

GIANLUCA VACCA. Grazie Presidente. Oggi in Abruzzo è uscita la notizia che…

PRESIDENTE. Colleghi, per favore, vi pregherei di uscire in silenzio, grazie.

GIANLUCA VACCA. In Abruzzo stamattina è uscita una notizia, che domani ci sarebbe dovuto essere un convegno a Teramo, dal titolo “Una valanga di opportunità”.

Questo triste titolo era riferito alla tragedia di Rigopiano, ovvero una tragedia dove - ricordiamo -, solo quattro mesi fa, 29 persone hanno perso la vita, una tragedia che ancora è una ferita aperta, non solo per l'Abruzzo, ma per tutto il Paese. E qualcuno ha avuto la cattivissima, la pessima idea, di intitolare un convegno “Una valanga di opportunità”, facendo riferimento proprio a quella tragedia, trasformandola, appunto, in una serie di opportunità economiche per il territorio.

Fortunatamente quel convegno è stato annullato. Era un evento al quale dovevano partecipare -almeno erano tra i relatori - il presidente della regione, il presidente della provincia, il sindaco di Teramo, il rettore dell'Università e una serie di altri relatori, che avrebbero dovuto prendere parte a quest'assurda iniziativa. Fortunatamente è stata annullata.

Ora, però, noi vorremmo chiedere chi ha organizzato quest'iniziativa, per quale motivo dei rappresentati delle istituzioni erano tra i relatori e chi ha avuto il cattivissimo gusto di dare un titolo del genere a un convegno, che francamente era, a nostro avviso, veramente drammatico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pesco. Ne ha facoltà.

DANIELE PESCO. Grazie Presidente. Circa un mese fa, con l'interpellanza urgente n. 2-00183, abbiamo chiesto al Ministro dell'economia e delle finanze…

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Pesco. Colleghi, ho chiesto per favore che chi deve uscire esca, ma consenta, a chi deve parlare, di parlare! Prego, onorevole Pesco.

DANIELE PESCO. Abbiamo chiesto dei dati al Ministero dell'economia e finanze precisi, sui derivati stipulati dal Tesoro tra il 2005 e il 2008, per capire quanti derivati sono stati stipulati in quel periodo, in cui vi è stata una chiara, netta manipolazione dei tassi Euribor.

Questo è importante per capire quanti soldi lo Stato ci ha rimesso, per colpa di una truffa, una truffa per la quale lo stesso Governo non vuole fare nulla, non vuole intraprendere nessuna strada. Probabilmente ci abbiamo rimesso miliardi, probabilmente anche i cittadini italiani ci hanno rimesso miliardi con i loro mutui e questo Governo non vuol fare nulla.

Ebbene, il Vice Ministro Morando si è impegnato a fornirci dati ulteriori, visto che in quella seduta non ci hanno dato nessun dato, e ci ha fatto una promessa personale. Noi vorremmo che anche la Camera sia investita del recepimento di questa risposta, perché non serve solo a noi, serve a tutto il Parlamento. Ebbene, chiediamo di intervenire, affinché il Vice Ministro Morando rispetti questa sua promessa personale. Quindi, chiediamo un impegno da parte del Presidente della Camera (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Grazie, Presidente. Ieri sera, negli interventi di Aula di fine seduta, è stata posta dall'onorevole Cecconi la questione della relazione tecnica sul provvedimento relativo ai vitalizi.

Vorrei precisare che, concordando sul fatto che è necessario che il Governo si esprima nel tempo più breve possibile, non è stata chiesta dal sottoscritto al Governo. Io l'ho proposta alla Commissione e nessuno ha obiettato in Commissione e, quindi, è stata chiesta dalla V Commissione (Bilancio), nel suo insieme, al Governo.

E vorrei precisare che non è un atto di auto-ostruzionismo, per ritardare i tempi su un provvedimento che è del tutto chiaro ed evidente che non fa aumentare la spesa, ma invece la riduce. La Commissione bilancio di solito dà i pareri non a naso o ad impressione, ma sulla base della legge di contabilità, che richiede, per provvedimenti complessi come questo, che ci sia l'analisi di tutto ciò che comporta.

Siamo di fronte a un cambiamento complessivo del sistema che, invece di essere gestito solo dalla Camera, trova una triangolazione tra MEF, Camera e INPS. Tra l'altro, richiamo solo uno dei rilievi su profili problematici posti dagli uffici della Commissione bilancio, quando dicono che le risorse relative ai trattamenti previdenziali in essere, da trasferire dapprima ai bilanci di Camera e Senato e successivamente alla gestione separata istituita presso l'INPS, dovrebbero essere determinate, ai sensi del presente provvedimento, sulla base di parametri che appaiono di dubbia interpretazione. Infatti, il successivo articolo 13, nel rinviare alle Camere la determinazione entro sei mesi, stabilisce specifici criteri per la determinazione dell'importo dei predetti trattamenti, che appaiono tutt'altro che chiari.

Quindi, solo per dire uno degli elementi, che richiede appunto…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Marchi.

MAINO MARCHI. …che ci sia quell'atto, che la Commissione bilancio ha chiesto, come per tutti gli altri provvedimenti che arrivano in Aula (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cova. Ne ha facoltà.

PAOLO COVA. Signor Presidente, il 27 maggio di quest'anno si è corsa la “100 chilometri del Passatore”. È una corsa bella e stupenda, per chi l'ha vissuta e anche per chi non l'ha vissuta. Per la dodicesima volta consecutiva è stata vinta da Giorgio Calcaterra. È un record che non era mai stato fatto.

Giorgio Calcaterra è un atleta semplice, pulito, è un grande campione, sempre disponibile e attento alle persone. È ammirato e amato da tutti quanti i runners. Voglio ringraziarlo e celebrare questa vittoria in un'Aula istituzionale, perché i media e i grandi giornali non hanno fatto quest'atto e non si sono ricordati di quest'impresa. Spero che anche le istituzioni sportive abbiano l'occasione di potere premiare quest'impresa fatta da Giorgio Calcaterra (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Arlotti. Ne ha facoltà.

TIZIANO ARLOTTI. Grazie, Presidente. Anche quest'anno, come nei precedenti, gli operatori della pesca sono tenuti ad osservare il fermo biologico, ovvero sospendere le attività di cattura per favorire la riproduzione naturale delle specie ittiche di interesse commerciale.

Il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ogni anno definisce i periodi in cui è in vigore il fermo biologico in determinate aree, comunica le date dell'arresto temporaneo delle attività di pesca e rende note le relative forme e modalità di indennizzo per gli operatori del settore, che devono sospendere la propria attività lavorativa.

Ebbene il 23 giugno 2006 il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha reso note le procedure per l'erogazione degli aiuti alle imprese del settore che avevano effettuato l'interruzione temporanea nel 2015. A due anni di distanza però ancora alcun indennizzo è stato corrisposto agli operatori del settore per il fermo di agosto disposto nel 2015. Stessa cosa per quanto è venuto dal 2016. Oggi siamo arrivati in vista del fermo biologico che è previsto per il 2017. Ritengo quindi necessario che il Ministero e la direzione generale della pesca e dell'acquacoltura forniscano un quadro chiaro ma soprattutto provvedano a pagare quello che deve essere giustamente pagato alle persone che sono state coinvolte nel 2015 e nel 2016 proprio nel momento in cui devono arrivare con il fermo biologico del 2017.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vezzali. Ne ha facoltà.

MARIA VALENTINA VEZZALI. Presidente, la ringrazio. Qualche ora fa è stata uccisa un'oncologa di 53 anni, Ester Pasqualoni, nel parcheggio dell'ospedale della Val Vibrata, in provincia di Teramo, per mano di un uomo. Stando a quanto emerso si tratterebbe di un caso di stalking finito tragicamente. Ancora una violenza su una donna, ennesima vittima, che aveva denunciato il suo aggressore. La lista dei femminicidi si allunga tristemente nell'impotenza delle istituzioni che continuano a manifestare solidarietà ma non riescono a porre in atto misure incisive per contrastare gli stalker, i mariti o i compagni violenti. Ho presentato la proposta di legge n. 4384 di contrasto a questo fenomeno che prevede l'utilizzo di braccialetti elettronici per impedire che gli aggressori, una volta segnalati, si possano avvicinare alle loro vittime. Allo stesso modo ho proposto di prevedere un fondo che indennizzi le vittime sopravvissute e le loro famiglie in caso di decesso della loro congiunta, considerato che nella quasi totalità dei casi i colpevoli non hanno le possibilità economiche per risarcire le parti lese. Vorrei evitare di dovermi ritrovare in Aula ad esprimere lo sdegno con un ennesimo intervento di denuncia o, peggio, ad esprimere solidarietà a famiglie colpite da questo tipo di violenza. Chiedo che vengano calendarizzati i due provvedimenti affinché si possa giungere alla loro approvazione e adottare misure di sicurezza idonee al fine di tutelare tutte le donne che denunciano casi di violenza domestica o di stalking prima che la situazione degeneri. Alla famiglia della dottoressa Pasqualoni va tutta la mia vicinanza e quella dei colleghi del mio gruppo.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

      Giovedì 22 giugno 2017, alle 9,30:

1.      Seguito della discussione del disegno di legge:

Disposizioni in materia di delitti contro il patrimonio culturale.

(C. 4220-A)

Relatore: BERRETTA.

2.      Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 55-341-440-741-761-1125-1399-B.

3.      Seguito della discussione della proposta di legge:

S. 1932 – D'INIZIATIVA DEI SENATORI: LO MORO ed altri : Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, a tutela dei Corpi politici, amministrativi o giudiziari e dei loro singoli componenti (Approvata dal Senato). (C. 3891)

e delle abbinate proposte di legge: FRANCESCO SANNA ed altri; MURA ed altri. (C. 3174-3188)

Relatore: MATTIELLO.

4.      Seguito della discussione della proposta di legge:

SERENI ed altri: Modifica alla legge 20 dicembre 2012, n. 238, per il sostegno e la valorizzazione del festival Umbria Jazz. (C. 4102-A)

Relatrice: ASCANI.

5.      Seguito della discussione delle mozioni Simonetti ed altri n. 1-01553, Brunetta ed altri n. 1-01560, Civati ed altri n. 1-01646, Nesci ed altri n. 1-01647 e Melilla ed altri n. 1-01648 concernenti iniziative volte a garantire il funzionamento delle province.

6.      Seguito della discussione della proposta di legge:

RICHETTI ed altri: Disposizioni in materia di abolizione dei vitalizi e nuova disciplina dei trattamenti pensionistici dei membri del Parlamento e dei consiglieri regionali. (C. 3225-A/R)

e delle abbinate proposte di legge: VACCARO; LENZI e AMICI; GRIMOLDI; CAPELLI ed altri; VITELLI ed altri; LOMBARDI ed altri; NUTI ed altri; PIAZZONI ed altri; MANNINO ed altri; SERENI ed altri; CAPARINI ed altri; GIACOBBE ed altri; FRANCESCO SANNA; TURCO ed altri; CRISTIAN IANNUZZI; MELILLA ed altri; CIVATI ed altri; BIANCONI; GIGLI ed altri; CAPARINI ed altri.

(C. 495-661-1093-1137-1958-2354-2409-2446-2545-2562-3140-3276-3323-3326-3789-3835-4100-4131-4235-4259)

Relatori: RICHETTI, per la maggioranza; TURCO, di minoranza.

7.      Seguito della discussione della Relazione della XIV Commissione sulla Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2017 e sul Programma di lavoro della Commissione per il 2017. (Doc. LXXXVII-bis, n. 5-A)

Relatrice: BERLINGHIERI.

La seduta termina alle 20,40.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

      Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

      nelle votazioni dalla n. 1 alla n. 10 la deputata La Marca ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

      nella votazione n. 6 il deputato De Lorenzis ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

      nelle votazioni nn. 7, 8 e 9 la deputata Giuliani ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

      nelle votazioni dalla n. 9 alla n. 19 la deputata Elvira Savino ha segnalato che non è riuscita a votare;

      nelle votazioni nn. 12 e 17 la deputata Covello ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

      nelle votazioni dalla n. 13 alla n. 16 e n. 18 la deputata Covello ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

      nella votazione n. 18 il deputato Molea ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

      nella votazione n. 19 la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

      nella votazione n. 20 i deputati Bargero e Molea hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario;

      nella votazione n. 22 la deputata Venittelli ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

      nelle votazioni nn. 28 e 29 la deputata Mongiello ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Pdl 4410 e abb. - em. 1.1 371 309 62 155 5 304 97 Resp.
2 Nominale em. 1.10 373 373 0 187 0 373 96 Resp.
3 Nominale articolo 1 376 372 4 187 371 1 96 Appr.
4 Nominale articolo 2 377 374 3 188 373 1 96 Appr.
5 Nominale em. 3.1 389 389 0 195 8 381 96 Resp.
6 Nominale em. 3.16 387 387 0 194 5 382 96 Resp.
7 Nominale em. 3.11 388 388 0 195 7 381 96 Resp.
8 Nominale em. 3.12 390 385 5 193 6 379 96 Resp.
9 Nominale em. 3.10 390 390 0 196 11 379 96 Resp.
10 Nominale em. 3.13 396 336 60 169 13 323 94 Resp.
11 Nominale em. 3.14 404 399 5 200 6 393 93 Resp.
12 Nominale em. 3.4 411 407 4 204 5 402 92 Resp.
13 Nominale articolo 3 417 409 8 205 409 0 92 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale articolo 4 410 405 5 203 405 0 92 Appr.
15 Nominale articolo 5 417 410 7 206 410 0 92 Appr.
16 Nominale articolo 6 421 350 71 176 350 0 92 Appr.
17 Nominale em. 7.1 417 411 6 206 5 406 92 Resp.
18 Nominale articolo 7 420 414 6 208 412 2 92 Appr.
19 Nominale Pdl 4410 e abb. - voto finale 429 426 3 214 426 0 86 Appr.
20 Nominale Ddl 4220-A - em. 1.14 392 377 15 189 62 315 86 Resp.
21 Nominale em. 1.16 398 389 9 195 70 319 86 Resp.
22 Nominale em. 1.15 395 314 81 158 83 231 84 Resp.
23 Nominale em. 1.10 393 305 88 153 305 0 84 Appr.
24 Nominale em. 1.12 386 373 13 187 64 309 84 Resp.
25 Nominale em. 1.13 374 354 20 178 66 288 84 Resp.
26 Nominale em. 1.51 375 368 7 185 368 0 84 Appr.


INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nominale em. 1.11 377 365 12 183 362 3 84 Appr.
28 Nominale em. 1.50 374 362 12 182 361 1 84 Appr.
29 Nominale articolo 1 381 277 104 139 248 29 84 Appr.
30 Nominale Ris. Rosato e a. 6-325 365 363 2 182 281 82 93 Appr.
31 Nominale Ris. Cimbro e a. 6-326 rif. 364 356 8 179 278 78 93 Appr.
32 Nominale Ris. Marcon e a. 6-327 367 343 24 172 13 330 93 Resp.
33 Nominale Ris. Fedriga e a. 6-328 363 363 0 182 47 316 93 Resp.
34 Nominale Ris. Latronico e a. 6-329 365 364 1 183 50 314 93 Resp.
35 Nominale Ris. Artini e a. 6-330 rif. 366 364 2 183 257 107 93 Appr.
36 Nominale Ris. Romano F.S. e a. 6-331 rif. 366 357 9 179 279 78 93 Appr.
37 Nominale Ris. Rampelli e a. 6-332 367 367 0 184 52 315 93 Resp.
38 Nominale Ris. Battelli e a. 6-333 366 362 4 182 61 301 94 Resp.
39 Nominale Ris. Brunetta e a. 6-334 366 350 16 176 255 95 93 Appr.