XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 11 luglio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


      Le Commissioni X e XI,
          premesso che:
              lo stabilimento Perugina Nestlè con sede in località di San Sisto di Perugia è una delle realtà imprenditoriali più significative dell'Umbria per l'occupazione e l'economia del territorio e rappresenta un marchio e un'azienda «storica» della città di Perugia così come le Acciaierie Speciali Terni lo sono per la città di Terni; lo stabilimento della Perugina occupa circa 1.000 dipendenti;
              nello stabilimento di San Sisto a Perugia si producono importanti marchi quali Baci e Nero Perugina esportati in cinquantacinque Paesi;
              dopo una lunga vertenza, il 2 marzo 2016 Nestlè ha ufficializzato il piano industriale di rilancio di Perugina: investimenti per 60 milioni di euro in tre anni con prodotto portante il «Bacio», nessun esubero, nuova struttura manageriale e innovazione delle tecnologie produttive e del modello organizzativo;
              anche la presidente della regione Umbria, Catiuscia Marini, all'esito dell'incontro del 2 marzo 2016 con il management di Nestlè presso palazzo Donini della Regione, affermava: «Si è trattato di un incontro molto importante, nel corso del quale abbiamo preso atto delle informazioni che il management di Nestlè ci ha fornito relativamente al piano industriale, con specifico riferimento alle politiche industriali, commerciali e degli investimenti che possano garantire il mantenimento e la valorizzazione dei livelli occupazionali per lo stabilimento di San Sisto a Perugia» (http://www.regione.umbria.it/);
              con il verbale di accordo del 7 aprile 2016 concluso presso la sede di Confindustria Umbria tra Nestlè Italiana spa e la rappresentanza sindacale unitaria del sito di Perugia assistita dalle segreterie provinciali FAI-CISL, FLAI-CGIL e UILA-UIL veniva definito un piano di sviluppo del business dolciari volto a valorizzare le attività e le competenze «core» del cioccolato «Perugina», nonché a fare di «Baci Perugina» un «global brand» — prodotto esclusivamente nella fabbrica di S. Sisto — simbolo del « Made in Italy» e dell'eccellenza italiana nel mondo, valorizzando il più possibile il legame con il territorio, con la previsione di un «robusto piano pluriennale di investimenti commerciali di 45 milioni di euro focalizzati a perseguire precisi obiettivi di crescita nelle produzioni a base cioccolato, sia sul mercato interno, sia soprattutto sui mercati esteri, che possono offrire interessanti opportunità di progressiva destagionalizzazione delle produzioni»;
              con il piano industriale delineato, l'azienda, inoltre, proponeva «S. Sisto come centro di produzione di riferimento per la fornitura di biscotti per gelato alle consociate della zona EMENA, comprese eventuali articolazioni in “joint venture” — confidando sulla capacità di esprimere un costo competitivo derivante dal pieno utilizzo della capacità produttiva installata e dalla piena espressione delle competenze professionali disponibili — al fine di intensificare, nell'immediato, un'attività fortemente contro stagionale rispetto alle produzioni a base cioccolato» con investimenti tecnici per complessivi 15 milioni di euro per rafforzare la vocazione strategica di S. Sisto, polo produttivo di eccellenza del cioccolato, e consolidarne la posizione competitiva all'interno dell'apparato industriale della zona Emena del gruppo Nestlè;
              contestualmente, l'azienda prevedeva per il periodo tra gennaio 2017 e giugno 2018 una richiesta di trattamento straordinario di integrazione salariale, ai sensi dell'articolo 21 e seguenti del decreto legislativo n.  148 del 2015 per riorganizzazione aziendale con la previsione di una serie di misure di riconversione e ricollocazione professionale interno ed esterno del personale;
              il 24 febbraio 2017 sono stati resi noti i primi dati sul buon andamento del «Bacio» e delle tavolette, sia sul mercato interno che sull'export. «Purtroppo — si legge nella nota — sull'export l'aumento del 44 per cento non si traduce in volumi importanti, tali da assicurare un conseguente aumento produttivo». In Usa, Canada, Brasile, Cina ed Australia la crescita del Bacio è a doppia cifra. In Canada e Cina l'aumento è del 60 per cento;
              nel piano industriale si prevedeva anche la produzione dei coni gelato per sopperire alla stagionalità del cioccolato e Nestlé ha ufficializzato il contratto di fornitura alla Froneri dei biscotti per il Maxibon della durata di tre anni, con un quantitativo iniziale di circa 930 tonnellate;
              sebbene la rappresentanza sindacale unitaria abbia dato un giudizio positivo sull'andamento del piano, il 6 aprile 2017 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha approvato il programma di riorganizzazione aziendale autorizzando la corresponsione – per il periodo dal 16 gennaio 2017 al 15 luglio 2018 — del trattamento di Cassa integrazione guadagni straordinari in favore di 819 lavoratori impiegati presso lo stabilimento di San Sisto;
              anche per la rappresentanza sindacale unitaria la firma della Cassa integrazione guadagni speciali «non è altro che il proseguo del percorso avviato nella scorsa primavera quando fu siglato l'accordo che prevede un investimento totale sulla fabbrica perugina di 60 milioni di euro». In quella sede fu definito il percorso per il biennio 2017-2018, che «prevede da un lato degli investimenti, al fine di rendere lo stabilimento sempre più performante e supportare i marchi Perugina nel mondo, dall'altro, la richiesta della cassa integrazione come strumento per la gestione della forza lavoro in questo biennio di attuazione del Piano» (in www.rassegna.it dell'11 gennaio 2017);
              tuttavia, il 9 maggio 2017, presso Confindustria Umbria, la società ha comunicato l'intenzione di ridurre, al termine del periodo Cassa integrazione guadagni straordinari, l'organico di circa 340 unità, non essendo in grado di riassorbire tutte le unità lavorative, nonostante i dati positivi relativi al settore cioccolato registrati dalla multinazionale;
              già sono pervenute le lettere ai dipendenti con le quali si dice che il processo di riorganizzazione «coinvolge direttamente anche le attività da Lei svolte nello stabilimento» e li si invita a partecipare a obbligatori percorsi di riqualificazione o ricollocamento;
              immediata è stata la reazione dei sindacati che chiedono «di mantenere la discussione nei confini dell'accordo sottoscritto ad aprile 2016, senza aperture su argomenti estranei, soprattutto in quanto tesi ad un riassetto strutturale che ci pare assolutamente evitabile»; nella nota si annuncia anche il possibile stato di agitazione, con azioni da intraprendere in vista della futura campagna produttiva, con la convocazione di un tavolo ministeriale;
              nell'ambito degli accordi intercorsi tra azienda e sindacati, la società si è impegnata a effettuare adeguati investimenti a sostegno del piano di riorganizzazione. In particolare, per il sito di Perugia, la società si è impegnata a realizzare un articolato programma di investimenti tecnologici e commerciali per oltre 60 milioni di euro, al fine di valorizzare le attività e le competenze « core» di «Perugina», nonché a fare di Baci Perugina un « global brand» simbolo del « Made in Italy» e dell'eccellenza italiana nel mondo, prodotti esclusivamente nella fabbrica di S. Sisto;
              si assiste invece, a parere dei firmatari del presente atto, ad un progressivo ridimensionamento dell'attività produttiva e delle linee di produzione presso lo stabilimento di San Sisto: nello stabilimento vengono progressivamente abbandonate le produzioni di dragées (Tenerelli, Flipper e altro) e di prodotti storici come il torrone e la caramella Cinzia; nel 2015 Nestlé vende tutta la linea gelati al colosso R&R e nel 2016 viene ceduto tutto il comparto caramelle (compresa la storica Rossana) a Diva; nel corso dello stesso anno la stessa sorte hanno avuto anche il comparto Ore liete (venduto a Tedesco) e tutto il comparto delle Strenne, ovvero la linea di prestigio dei regali aziendali;
              l'accordo dell'aprile 2016, invece, avrebbe dovuto evitare un ulteriore ridimensionamento dell'attività produttiva e occupazionale dello stabilimento di San Sisto e rilanciarne la produzione ed essere uno strumento alternativo ad eventuali esuberi;
              è evidente che il progressivo ridimensionamento dell'attività dello stabilimento e i conseguenti esuberi (ben 340) comporterebbero pesanti ricadute economiche e sociali sia per il numero dei lavoratori coinvolti sia per il contesto specifico del territorio umbro-perugino già marcatamente colpito dalla crisi industriale in atto,

impegnano il Governo:

          in considerazione della grave ricaduta sociale della vicenda legata allo stabilimento di San Sisto di Perugia, ad avviare tempestivamente e un tavolo di confronto che veda la partecipazione dei vertici aziendali della società Nestlè, delle organizzazioni sindacali e delle istituzioni regionali e locali interessate, finalizzato alla definizione di tutte le misure possibili volte a garantire il mantenimento dei livelli occupazionali del sito di San Sisto di Perugia e a scongiurare i prospettati esuberi;
          ad assumere ogni iniziativa di competenza volta a far sì che l'azienda attui una strategia di sviluppo ed implementazione delle produzioni, che ponga lo stabilimento di San Sisto di Perugia quale centro di produzione anche per la fornitura di biscotti per gelato e valorizzi il reparto «confiserie» tra le competenze « core» a vocazione internazionale per il rilancio del sito, così da garantire il mantenimento dei livelli occupazionali e frenare il progressivo ridimensionamento del ruolo produttivo dello stabilimento perugino;
          ad assumere tutte le iniziative di competenza, in collaborazione con la regione Umbria e gli enti locali, per favorire e potenziare la logistica della sede di S. Sisto di Perugia derivante dal ripristino di infrastrutture inutilizzate, come il sistema ferroviario che un tempo raggiungeva direttamente il sito di San Sisto;
          ad assumere iniziative al fine di conoscere e monitorare le scelte aziendali e gli investimenti commerciali e tecnologici operati dall'Azienda, affinché lo stabilimento di San Sisto di Perugia resti un sito strategico per la stessa multinazionale e non vengano compromessi, ulteriormente, i livelli occupazionali.
(7-01308) «Ciprini, Vallascas, Gallinella, Cominardi, Dall'Osso, Chimienti, Lombardi, Tripiedi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
          il 18 gennaio 2017, come tutti tristemente ricordano, l'Hotel Rigopiano, ex rifugio e unico albergo della omonima località turistica (situato nel comune di Fariandola, in provincia di Pescara), è stato investito da una valanga di neve e detriti a seguito di uno straordinario evento meteorologico;
          al momento della valanga, all'interno della struttura erano presenti 40 persone, fra ospiti dell'albergo e personale; il bilancio definitivo è stato di 29 vittime ed 11 sopravvissute;
          la cronaca di quelle tragiche ore è ben nota, con i soccorsi che giunsero solo all'alba del 19 gennaio 2017, a causa di vie di comunicazione interrotte, scarsa visibilità e condizioni avverse per gli spostamenti in elicottero;
          le circostanze iniziali, avevano evidenziato che le 29 vittime avevano trovato la morte nell'immediatezza degli eventi, fatto che, di certo, non ha reso meno dolorosa la tragica scomparsa dei cari, se non rappresentando un flebile conforto al pensiero che le stesse non si fossero rese conto di quanto stesse accadendo;
          la notizia divulgata, invece, in questi giorni dagli organi di stampa ha ulteriormente aggravato la questione, in quanti è stata data notizia che i pochissimi sopravvissuti al momento dell'impatto sono rimasti in vita diverse ore; in particolare, una di essi, una giovane donna, avrebbe più volte tentato di mettersi in contatto con i familiari e con i soccorsi, inviando messaggi di testo, purtroppo mai recapitati, a causa dell'assenza di segnale;
          nella memoria del telefono della donna, 14 messaggi non inviati e ben 15 telefonate mai partite hanno avvalorato le notizie diffuse dai media, all'esito delle autopsie;
          la donna è rimasta in vita almeno 40 ore e 47 minuti, spegnendo e riaccendendo il telefono per poter risparmiare la batteria;
          l'ultimo tentativo di mettersi in contatto con il mondo esterno risale alle ore 7,37 del 20 gennaio, i soccorsi l'hanno poi raggiunta solo dopo il decesso la sera del 23 gennaio, con il telefono in mano;
          tutti questi dettagli sono stati divulgati dagli organi di stampa, con un effetto devastante per i familiari, che hanno, sfortunatamente, appreso con dolore immenso, le modalità dei fatti e gli ultimi atti di vita della loro parente;
          dal canto loro, i carabinieri di Pescara, con encomiabile delicatezza, dopo aver recuperato il contenuto del telefonino ed analizzato la memoria, non hanno più voluto accenderlo per evitare che i messaggi arrivassero a destinazione per non dare un dolore ulteriore alla famiglia della donna;
          è questione triste e grave il fatto che i familiari della vittima abbiano appreso questa notizia prima dagli organi di stampa e poi dalle istituzioni  –:
          se il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza, le opportune iniziative volte a chiarire    innanzitutto le ragioni per cui i familiari delle vittime non siano stati messi a conoscenza delle motivazioni che hanno portato al decesso dei loro parenti e, in secondo luogo, i motivi per i quali notizie così delicate e strazianti per i parenti di persone tragicamente decedute vengano comunicate così velocemente agli organi di stampa e non agli stessi interessati.
(2-01882) «Fabrizio Di Stefano, Occhiuto».

Interrogazioni a risposta scritta:


      TERZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          Castelluccio di Norcia e la sua piana sono nel parco nazionale dei Monti Sibillini e nel sito di importanza comunitaria (S.I.C.) «Piani di Castelluccio di Norcia» e sono tutelati con vincolo paesaggistico. L'area è in buona parte a uso civico, di cui è titolare la Comunanza agraria di Castelluccio;
          è in corso un'indagine avviata dalla Commissione europea nel 2014 per «accertare se esista in Italia una prassi di sistematica violazione dell'articolo 6 della direttiva Habitat» in aree rientranti in siti di importanza comunitaria (S.I.C.) e zone di protezione speciale (Z.P.S.) componenti la rete Natura 2000;     
          dopo essere stato gravemente danneggiato dal sisma di agosto 2016, Castelluccio di Norcia è stato praticamente raso al suolo dalla violentissima scossa di magnitudo 6,5 del 30 ottobre 2016. Ad oggi è stata ripristinata una sola strada per accedere al paese, per cui Castelluccio risulta ancora difficilmente raggiungibile. A quasi un anno dal sisma, infatti, non è ancora iniziata la fase di ricostruzione, né quella di sistemazione della strade, necessarie per far ripartire le attività commerciali ed imprenditoriali;
          secondo i siti www.gamberorosso.it e www.rinascitacastelluccio.it il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, regione Umbria e Perugina hanno avviato un progetto per la rinascita del borgo;
          il progetto, sostenuto da donazioni private, interessa quasi 8 mila quadrati di terreni privati solitamente usati come seminativi o per il pascolo. Si tratta di aree — si legge nella delibera di giunta — «aventi caratteristiche idonee di localizzazione per andamento plano-altimetrico nonché per facile raggiungibilità attraverso l'esistente rete viaria e perché limitrofe all'accesso alla frazione»;
          a quanto risulta, la protezione civile contribuirà con un importo complessivo di circa 2,5 milioni di euro alla realizzazione del progetto, la cui collocazione è prevista sul Pian Grande, principale luogo di attrazione turistica che rende unico il Borgo di Castelluccio  –:
          se il progetto preveda opere che possano incidere in modo permanente o semipermanente sulla conformazione naturale della parte della Piana Grande con sbancamenti, terrazzamenti o altre opere di movimentazione terra;
          se il progetto preveda anche zone di sosta parcheggio per auto e camper e, in caso affermativo, dove saranno collocate, in che modalità e in che quantità;
          se il progetto sarà immediatamente smantellato appena sarà conclusa la fase di ricostruzione e se nel costo previsto siano compresi gli oneri di demolizione, smantellamento e sistemazione di tutta l'area per restituirla alla sua conformazione originale;
          se siano state vagliate altre possibilità di collocazione della struttura in zone limitrofe, così da mantenere intatta la Piana Grande, che è il simbolo e la maggior attrazione turistica del luogo;
          se sia stato definito un cronoprogramma per la ricostruzione del borgo e delle sue attività produttive e se questo preveda tempi di ricostruzione talmente lunghi da giustificare una struttura così impattatante e costosa;
          a quanto ammonti la spesa che dovrà sostenere la protezione civile e da quale fondo proverranno le risorse necessarie;
          in quale misura la protezione civile abbia finanziato, o stia per finanziare, altri progetti di delocalizzazione delle strutture produttive, commerciali e turistiche nella zona del cratere;
          quale sia l'elenco delle attività che troveranno collocazione all'interno del centro commerciale, distinguendo quelle le cui imprese hanno sede legale nella frazione di Castelluccio e quelle delle imprese localizzate altrove;
          quali siano le altezze, le volumetrie e gli altri dati tecnici della costruzione che si andrà a realizzare. (4-17259)


      SANTELLI e OCCHIUTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la situazione di allarmismo causata dai rom del Campo Scordovillo, sito in Lamezia Terme, è diventata ormai insostenibile e intollerabile;
          il campo in questione è diventato pericoloso per l'ambiente e per la salute e non sono servite a nulla le denunce e le segnalazioni in relazione ai roghi appiccati per anni che hanno esposto i cittadini della Piana Lametina ai danni della diossina e di altre sostanze cancerogene;
          i cittadini sono stanchi dell'aria irrespirabile e delle nubi di fumo che ogni giorno sovrastano la città con grande disagio di bambini ed anziani. Lamezia è colpita nel cuore: il campo rom è infatti situato al centro della città, vicino al commissariato, ed è confinante con l'ospedale civile  –:
          quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per contrastare il fenomeno dei roghi tossici ormai diventato insostenibile, verificando, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, lo stato dei luoghi e il livello di rischio per l'ambiente e la salute pubblica. (4-17260)


      DIENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          nell'ambito del convegno «Sessant'anni di Unione europea. Una scommessa per il futuro», tenutosi presso l'assemblea generale Confartigianato Brescia e Lombardia Orientale, svoltosi a Brescia lunedì 3 luglio 2017, Emma Bonino, Ministro degli affari esteri pro tempore, dal 2013 al 2014, ha criticato alcune condotte dell'attuale gestione dei flussi migratori dopo le missioni Mare Nostrum, Triton e Sophia;
          in tale sede è stata inoltre ipotizzata una recrudescenza del fenomeno migratorio nei prossimi anni, data la prossima emersione di nuovi fenomeni problematici in Stati africani, nei quali giungono immigrati dall'interno del continente;
          in seguito, ha dichiarato: «bisogna che ci diciamo che il fatto che nel 2014 e nel 2016 abbiamo chiesto che il coordinatore fosse la Guardia Costiera e gli sbarchi avvenissero tutti quanti in    Italia l'abbiamo chiesto noi. L'accordo l'abbiamo fatto noi !»  –:
          se corrisponda al vero che, come conseguenza di fatto degli accordi conclusi negli anni compresi tra il 2014 e il 2016, l'Italia risulti ad oggi l'unico Paese in cui possono avvenire sbarchi di migranti.
(4-17266)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      QUARTAPELLE PROCOPIO, ZAN, CARNEVALI, GIUDITTA PINI, GIULIANI, COCCIA, CARROZZA, CARLONI, FEDI, ANDREA ROMANO, NICOLETTI, TIDEI, CINZIA MARIA FONTANA, MARCO DI MAIO, D'OTTAVIO e GARAVINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato da testate russe e internazionali quali «Novaya Gazeta», nonché dalle organizzazioni non governative impegnate nella difesa dei diritti umani, nella primavera del 2017 ci sarebbero stati in Cecenia dei rastrellamenti di persone omosessuali; si parla di circa cento persone, perseguitate dalle autorità e dalla polizia locale che sarebbero state oggetto di torture e forse, in alcuni casi, anche di esecuzioni;
          nei primi giorni di maggio 2017, incalzata dal canale Yahoo News sulle torture e sulle uccisioni di persone sospettate di essere omosessuali in Cecenia, la portavoce del Ministero degli esteri russo, Maria Zakharova, ha rifiutato di rispondere;
          quando in un incontro bilaterale con Vladimir Putin, la cancelliera Angela Merkel ha chiesto di esercitare la sua influenza sulle autorità locali cecene per assicurare il rispetto dei diritti umani e proteggere le comunità omosessuali, il presidente russo ha effettivamente sollecitato l'avvio di un'inchiesta da parte del delegato ai diritti umani del Cremlino, con i quali le autorità cecene si sono dette disponibili a collaborare, ma affermando, al contempo, che in Cecenia «non esiste l'omosessualità»;
          numerose organizzazioni non governative hanno lanciato campagne di sensibilizzazione e di mobilitazione, per chiedere, anche attraverso la raccolta di milioni di firme, il rispetto dei diritti umani in Cecenia e nella Repubblica federale russa; tuttavia, quando l'attivista milanese Yuri Guaiana si è recato a Mosca per consegnare le firme e portare un messaggio di libertà e di solidarietà per le comunità gay in Russia e in Cecenia, è stato fermato ed espulso;
          anche il presidente francese Emmanuel Macron, nel suo primo incontro bilaterale con il presidente Vladimir Putin, è tornato sulla questione della persecuzione degli omosessuali, mentre il Ministro degli affari esteri lituano ha anche annunciato la concessione della protezione internazionale a due uomini    in fuga dalla Cecenia, sollecitando i partner europei ad offrire la medesima protezione ai cittadini russi che sono perseguitati per il loro orientamento sessuale;
          secondo le associazioni LGBT che stanno seguendo il caso, sono già nove gli individui che sono stati concretamente aiutati a lasciare la regione verso un sicuro rifugio all'estero  –:
          se non intenda rafforzare l'azione politica e diplomatica affinché siano universalmente tutelati i diritti umani e in particolare da parte dei Paesi partner, e se non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per proteggere i soggetti perseguitati in Cecenia, anche mediante il rilascio dei visti per un ingresso sicuro nel nostro Paese al fine del riconoscimento della protezione internazionale. (5-11787)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
          la legge che regolamenta lo smaltimento dei rifiuti radioattivi provenienti dalle lavorazioni industriale è il decreto legislativo n.  230 del 1995 che, all'articolo 157, regolamenta la sorveglianza radiometrica su materiali o prodotti semilavorati metallici in caso di attività di importazione, raccolta, deposito o che esercitano operazioni di fusione di rottami o altri materiali metallici di risulta a scopo industriale o commerciale, o di esercizio di attività di importazione di prodotti semilavorati metallici a scopo industriale o commerciale (obbligo di effettuare la sorveglianza radiometrica sui predetti materiali o prodotti, al fine di rilevare la presenza di livelli anomali di radioattività o di eventuali sorgenti dismesse, per garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione da eventi che possono comportare esposizioni alle radiazioni ionizzanti ed evitare la contaminazione dell'ambiente);
          per quanto riguarda le discariche di rifiuti il decreto ministeriale del 27 settembre 2010 sui criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica, modificato con decreto del 24 giugno 2015, non prevede obblighi di controllo radiometrico in fase di ingresso in discarica di rifiuti solidi urbani e speciali, pericolosi o meno;
          in Italia la normativa che regola la sicurezza nella gestione dei materiali e rifiuti radioattivi è la direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio, del 5 dicembre 2013, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti;
          nella direttiva si fa riferimento a stoccaggio e smaltimento di materiale radioattivo, ma non esiste un esplicito riferimento alla prevenzione di possibili abusi e illeciti o alla gestione di eventuali illeciti risalenti;
          in Italia esistono alcune realtà caratterizzate da inquinamento storico dove sono stati conferiti storicamente materiali e rifiuti anche transfrontalieri con tracciatura non precisa;
          esempi sono la discarica di rifiuti industriali definita «Collina dei veleni» nel sito di interesse nazionale di Mantova e l'Ilva di Taranto con l'annesso deposito di scorie radioattive a Statte;
          a Mantova, secondo la ricostruzione dell'ingegnere Paolo Rabitti, potrebbero essere finite perfino le diossine di Seveso, forse in parte combuste dentro lo storico inceneritore del polo chimico;
          la «collina dei veleni» ricade sotto la gestione della società Syndial, nata nel 2003 da Enichem, che è la società di Eni dedicata al risanamento ambientale. Nell'ambito delle attività industriali di Eni è possibile individuare la presenza di radionuclidi naturali per accrescimento di concentrazione dei radionuclidi naturali (Tenorm) legati a due processi industriali, la produzione di fertilizzanti con utilizzo della fosforite naturale e l'estrazione di idrocarburi per la presenza di radionuclidi naturali; rifiuti da tali attività non dovrebbero essere presenti nella collina per cui a norma di legge non vengono eseguiti dosaggi radiometrici, nel perimetro di 1.205 metri sottoposto recentemente a palancolatura per la necessità di procedere ad asportazione dei rifiuti in parte pericolosi;
          a Statte nel deposito dell'ex Cemerad sono contenuti oltre 8000 fusti contenenti materiale radioattivo. In parte provengono anche dall'Ilva di Taranto; in ripetute missioni della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite nel ciclo dei rifiuti è emersa l'ipotesi che i rifiuti radioattivi provenienti dall'Ilva dipendano dall’«evento Chernobyl», parole di Vera Corbelli (attuale commissario alle bonifiche);
          i «filtri da evento Chernobyl» sarebbero quelli dei camini in funzione durante il disastro di Chernobyl e il successivo fall out, che avrebbe determinate passaggio di alti volumi di aria contaminata nelle ciminiere, nonostante la zona di Taranto sia fra le meno contaminate a livello nazionale tale da spingere a osservare altri siti industriali a livello nazionale (acciaierie, centrali e a carbone), dato che non risulta agli interpellanti;
          presso l'Ilva la sorveglianza epidemiologica ha documentato un eccesso di patologie oncologiche potenzialmente correlabili a esposizione a radiazioni (carcinoma tiroideo, per esempio). Nella relazione al Parlamento del 25 luglio 2016 dei commissari dell'Ilva Carrubba, Gnudi e Laghi si legge infatti che fra i circa 15.000 lavoratori dell'officina di carpenteria (CAP), fra il 2005 e il 2014, si sono riscontrati 29 casi di carcinoma della tiroide, patologia riferibile a esposizione a radiazioni, con un'incidenza molto maggiore rispetto alla popolazione generale italiana e tarantina. Il tempo di latenza (10-30 anni) riporta appunto a esposizioni relative a metà anni ’80, anni ’90. Dopo il 2014 non risultano altri casi;
          presso l'Ilva avviene il controllo radiometrico in ingresso di materiali ferrosi o prima del conferimento di rifiuti metallici in discariche interne, a norma di legge;
          non vengono controllati da un punto di vista radiometrico i rifiuti in uscita dal perimetro aziendale, inviati per esempio in provincia di Mantova e a Melilli (Siracusa), discarica oggetto dell'inchiesta «Piramidi»;
          l'archivio cartaceo di Statte è in corso di analisi da parte della Commissione d'inchiesta, dopo il sequestro del materiale avvenuto nel dicembre 2016; risultano verosimili sottrazioni di materiale documentale nel periodo di giacenza presso la ex Cemerad a Statte  –:
          se i Ministri interpellati intendano verificare la presenza di contaminazione radioattiva ascrivibile all’«evento Chernobyl» in altri impianti nazionali similari all'Ilva di Taranto funzionanti nel 1986;
          se intendano assumere iniziative per prevedere l'obbligo di accertamenti radiometrici in uscita da discariche o impianti produttivi complessi e/o oggetto di illeciti e in entrata in tutte le discariche per rifiuti speciali su tutto il territorio nazionale.
(2-01881) «Zolezzi, Vignaroli, Daga, De Rosa, Busto, Micillo, Terzoni, Agostinelli, Alberti, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Cominardi».

Interrogazione a risposta scritta:


      ATTAGUILE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 26, comma 4-septies, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n.  159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n.  222, prevede l'istituzione, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la regione siciliana e sentiti gli enti locali interessati, di quattro nuovi parchi nazionali, e tra questi del Parco dell'isola di Pantelleria;
          negli anni successivi, anche a seguito al parere contrario del consiglio comunale di Pantelleria, l'istituzione del parco a carattere nazionale è stata bloccata; nel 2015, a seguito alla formale richiesta avanzata dal presidente della regione Siciliana e dal sindaco del comune di Pantelleria, l’iter istruttorio è stato ripreso e a seguito al raggiungimento dell'intesa regionale, con il decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 2016 è stato istituito il Parco nazionale «Isola di Pantelleria» e l'Ente Parco nazionale «Isola di Pantelleria»;
          l’iter è stato accelerato anche a causa del devastante incendio che ha interessato l'Isola di Pantelleria nell'estate 2016 e che notizie strumentali ne hanno diffuso ai media la natura dolosa, nonostante non ne siano state ancora accertate le origini; il nuovo perimetro dell'area protetta amplia di molto i confini della riserva naturale regionale, interessando quasi l'intero territorio isolano, al di fuori dell'abitato;
          l'istituzione del Parco nazionale ha provocato le dimissioni dei consiglieri comunali dell'opposizione che hanno lamentato il mancato ruolo del consiglio comunale nel raggiungimento del «sentito» del comune, opponendosi ad un parco «calato dall'alto» che non tiene conto delle esigenze del territorio per progetti di sviluppo che creino prospettive e opportunità per la comunità, per tutti i lavoratori e soprattutto per i giovani;
          a parere dell'interrogante e come rilevato da molti cittadini dell'isola di Pantelleria, nell’iter di istituzione del Parco sono mancati alcuni passaggi fondamentali, come la consultazione democratica della comunità locale o il voto dei consiglieri comunali eletti dal popolo;
          eppure la Carta europea dell'autonomia locale, firmata a Strasburgo il 15 ottobre 1985, e ratificata dall'Italia con la legge 30 dicembre 1989, n.  439, agli articoli 5 e 6, prevedono la consultazione delle collettività locali interessate per apportare modifiche dei limiti locali territoriali e l'adeguamento delle strutture amministrative alle esigenze specifiche delle collettività locali;
          in particolare, l'ampliamento dei confini del parco, oltre il territorio già vincolato come riserva regionale, rischia di bloccare con vincoli eccessivi le attività economiche della comunità locale  –:
          se il Ministro non intenda assumere iniziative volte a rivedere la decisione riguardante l'istituzione del Parco nazionale «Isola di Pantelleria», considerato che per l'interrogante l’iter che ha determinato la sua costituzione presenta profili di dubbia legittimità, nonché l'ampliamento dei confini del parco, provvedendo a riperimetrare l'area protetta sui confini del territorio già precedentemente vincolato come riserva regionale. (4-17256)

GIUSTIZIA

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
          alla procura della Repubblica di Siracusa è stato nominato circa 4 anni fa (luglio 2013) il dottor Paolo Giordano, procuratore della Repubblica;
          in questi anni l'azione della magistratura siracusana, coordinata dallo stesso procuratore, ha svolto un ruolo importante di presenza e di controllo del territorio con provvedimenti di grande rilevanza nella lotta alla criminalità e al malaffare;
          grazie all'egregio lavoro di diversi magistrati e all'azione rigorosa del procuratore della Repubblica sono stati attivati diversi fascicoli di indagini e relativi provvedimenti sulle attività dei vari comuni della provincia e, in particolare, sul comune di Siracusa;
          tali iniziative hanno visto coinvolti funzionari, imprenditori, responsabili di associazioni, consiglieri comunali, assessori e lo stesso sindaco della città di Siracusa;
          si è aperto uno scontro politico e mediatico contro la magistratura, e in particolare, contro quei magistrati più direttamente impegnati nei vari fascicoli di indagini;
          in questi anni è ripresa a crescere la credibilità nelle istituzioni giudiziarie e nella magistratura anche grazie all'egregio lavoro e all'azione della procura della Repubblica;
          sono ripresi i veleni nel palazzo di giustizia con ricorsi vari anche contro lo stesso procuratore della Repubblica;
          una consigliera comunale di Siracusa dell'Mdp signora Simona Princiotta ha recentemente, in una specifica conferenza stampa, denunziato pressioni, intimidazioni, tentativi di costruire falsi dossier contro di lei, al chiaro scopo di delegittimarla sul terreno politico e personale;
          la stessa consigliera riferisce di un esposto documentato e presentato al Consiglio superiore della magistratura in relazione alla posizione di tre pubblici ministeri in forza alla procura della Repubblica di Siracusa, ovvero i pubblici ministeri Antonio Nicastro, Davide Lucignani e Andrea Palmieri; dal quadro degli eventi riferito emergerebbe una situazione assolutamente preoccupante che vedrebbe il coinvolgimento degli stessi per fatti e titoli diversi e per rapporti delicati tra avvocati e giudici; la consigliera comunale, secondo quanto emerge dal quadro della documentazione e dalle trascrizioni di registrazioni effettuate e già depositate, sarebbe stata vittima di una vera e propria persecuzione di stampo complottista, essendo considerata politicamente pericolosa e incontrollabile nelle sue ripetute denunce;
          in ragione di queste false dichiarazioni, il sindaco di Siracusa, Giancarlo Garozzo, ha rilasciato dichiarazioni pubbliche che hanno fatto scattare l'interesse delle Commissioni regionali e nazionali antimafia, Commissioni che hanno chiamato in audizione la stessa Princiotta;
          c’è stata, nelle settimane scorse, audizione di una delegazione della 1o Commissione del Consiglio superiore della magistratura nel palazzo di giustizia di Siracusa;
          nel rispetto dell'autonomia della magistratura e dei suoi organi di autogoverno, gli interpellanti sono, però, fortemente inquietati dalle notizie suindicate e preoccupati dalle indiscrezioni apprese dalla stampa relativamente alla procedura aperta per incompatibilità proprio del procuratore della Repubblica, ovvero lo stesso che ha ridato lustro e credibilità alla procura della Repubblica di Siracusa; in questo senso, appare agli interpellanti paradossale che possano in qualche forma risultare danneggiati proprio quei magistrati che con tanto rigore e serietà stanno tentando di fare luce e giustizia sulle tante vicende legate alla corruzione, al malaffare e alla criminalità  –:
          se il Ministro interpellato sia a conoscenza della situazione della procura di Siracusa;
          se non intenda avviare con urgenza un'attività ispettiva presso la procura di Siracusa ai fini dell'eventuale esercizio di tutti i poteri di competenza.
(2-01879) «Zappulla, Laforgia».


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
          fra le misure cautelari personali previste dal vigente codice di procedura penale, le misure custodiali degli arresti domiciliari e della custodia in carcere garantiscono il più elevato livello di tutela delle esigenze cautelari;
          originariamente introdotta nel 1988 e poi codificata nell'articolo 284 di rito, la misura degli arresti domiciliari nella prassi giudiziaria trova larga applicazione, sia in sede di prima emissione di ordinanze cautelari che in seguito al ritenuto affievolimento delle esigenze cautelari in caso di precedente irrogazione della custodia in carcere;
          nel novero delle misure custodiali, la misura degli arresti domiciliari è quella che meno grava sul bilancio dello Stato, non essendo previsto che possano essere poste a carico dell'amministrazione penitenziaria le spese di mantenimento dell'arrestato domiciliare;
          in forza dell'articolo 275-bis del codice di procedura penale è previsto che il giudice nel disporre, la misura degli arresti domiciliari anche in sostituzione della custodia cautelare in carcere, salvo che le ritenga non necessarie in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, prescrive procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, quando ne abbia accertato la disponibilità da parte della polizia giudiziaria;
          si è posta al riguardo una questione ermeneutica in tutti quei casi, peraltro molto frequenti, in cui il dispositivo di controllo non sia disponibile, ovvero non possa essere installato nell'abitazione designata e ci si è chiesto se in tali ipotesi l'assenza del congegno elettronico giustifichi da sola l'applicazione da parte del giudice della misura della custodia cautelare in carcere ovvero quella degli arresti domiciliari «semplici»; su tali aspetti è intervenuta la Corte di Cassazione a Sezioni unite con la pronuncia n.  20769;
          trattando il contrasto giurisprudenziale sottoposto, il collegio ha espresso il principio di diritto secondo il quale «il giudice, investito di una richiesta di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico o di sostituzione della custodia in carcere con la predetta misura, escluso ogni automatismo nei criteri di scelta delle misure, qualora abbia accertato l'indisponibilità del suddetto dispositivo elettronico, deve valutare, ai fini, dell'applicazione o della sostituzione della misura coercitiva, la specifica idoneità, adeguatezza e proporzionalità di ciascuna di esse in relazione alle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto»;
          opinione ormai unanime e conseguenza pratica della posizione assunta dalle Sezioni unite è quella che può essere riassunta nei seguenti termini: se il giudice motivatamente e ragionevolmente ritiene che l'imputato non offra sufficienti garanzie di affidabilità in relazione al rispetto delle prescrizioni connesse agli arresti domiciliari, tenuta in considerazione l'indisponibilità di attivazione del braccialetto elettronico, allora potrà disporre o mantenere la misura cautelare della custodia in carcere, in quanto l'assenza dello strumento tecnico costituisce una constatazione rafforzativa dell'inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari «semplici»;
          giustificata sul piano formale appare, pertanto, agli interpellanti la posizione degli organi competenti che nel caso di indisponibilità del braccialetto elettronico non danno esecuzione alle ordinanze di applicazione degli arresti domiciliari nei confronti di quanti abbiano viste accolte le loro richieste di attenuazione dello stato custodiale;
          in numerosi articoli di stampa, relativi alle vicende di imputati a vario titolo molto noti, si è sottolineata la oggettiva ingiustizia perpetrata ai danni di tali soggetti che non possono accedere al regime attenuato a causa della indisponibilità del dispositivo;
          ultimamente la stampa ha dato rilievo al caso dell'imprenditore Alfredo Romeo che si è trovato nella sopra descritta condizione e non ha potuto lasciare il carcere di Regina Coeli nel quale è ristretto;
          simile vicenda venne vissuta da Giandomenico Monorchio, figlio dell'ex ragionier generale dello Stato, allorquando l'esecuzione del provvedimento di concessione degli arresti domiciliari venne ritardato per mancanza di dispositivo;
          eguale sorte è toccata all'attore Domenico Diele che ha atteso due settimane per poter lasciare il carcere di Salerno dove era ristretto;
          per queste persone e per quelle migliaia in lista di attesa la condizione detentiva in carcere appare ingiusta e odiosa, perché collegata ad una disfunzione organizzativa;
          parrebbe infatti, e la stima è dei Sappe, che sono migliaia, le persone che avrebbero potuto godere degli arresti domiciliari e invece sono rimaste recluse;
          emerge che da anni i 2.000 braccialetti ordinati dal Ministero dell'interno sono insufficienti e la lista d'attesa si è allungata, fino ad arrivare a migliaia di persone, con un'attesa stimata in un mese e mezzo;
          la stampa riporta che a dicembre 2016 è stato finalmente pubblicato il bando di gara per la fornitura dei nuovi apparecchi, con un surplus possibile del 20 per cento;
          i costi dei dispositivi ammonterebbero a 115 euro al giorno cadauno, mentre il costo per simili apparecchiature nel Regno Unito sarebbe pari a soli 7 euro die;
          a costi così elevati non corrisponderebbero nemmeno benefici tecnologici in quanto pochissimi degli strumenti utilizzati sarebbero dotati di Gps e pertanto utilizzabili solo da chi sarebbe sottoposto a misura in un unico luogo;
          vanificate sarebbero così le possibilità di utilizzo da parte di ristretti autorizzati ad allontanarsi dagli arresti domiciliari per svolgere attività lavorativa;
          secondo quanto riportato da rappresentanti di categoria della polizia penitenziaria, il costo fino ad oggi sarebbe stato di 175 milioni di euro, di cui 110 milioni di euro spesi negli ultimi 10 anni per un numero esigui di dispositivi;
          la gara indetta dal Ministero della giustizia nel dicembre 2016 prevede la fornitura di 12 mila nuovi apparecchi per un valore di 45 milioni di euro;
          i tempi previsti per la conclusione della gara avrebbero consentito di avere la disponibilità degli apparecchi entro il mese di giugno 2017;
          emergerebbe secondo una dichiarazione dello stesso, Ministro della giustizia, che per un supposto «errore del legislatore» la competenza dell'acquisto sarebbe stata affidata al Ministro dell'interno e che ciò avrebbe ritardato la consegna;
          ritardando la consegna dei braccialetti si frusterebbero le legittime aspettative dei tanti detenuti che attendono di lasciare le carceri nelle quali sono ristretti  –:
          quali elementi intendano fornire i Ministri interpellati in relazione a quanto esposto in premessa e se intendano adottare in tempi rapidissimi incisive ed efficaci iniziative utili a salvaguardare un principio cardine dello Stato di diritto e porre rimedio alla situazione descritta.
(2-01883) «Laboccetta, Brunetta».

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
          i detenuti ad oggi presenti nella casa circondariale di Trapani si aggirano intorno alle 522 unità, di cui 305 circa con una posizione giuridica definitiva;
          i funzionari giuridico-pedagogici attualmente previsti in pianta organica sono 6 (pianta organica risalente a quando la capienza regolamentare era di 358 detenuti);
          il nuovo padiglione consegnato nell'autunno 2016 ha una capienza di 200 detenuti, oggi già presenti; altre due sezioni sono in fase di ristrutturazione;
          i detenuti orientativamente previsti a pieno regime sono oltre 600 unità;
          ad oggi e ormai da vari mesi, i 522 detenuti sono seguiti esclusivamente da due funzionari con contratto di lavoro a tempo pieno e un funzionario con contratto di lavoro part-time;
          un funzionario, dopo una lunga assenza per malattia, è deceduto, un altro funzionario è assente da circa tre mesi;
          sembra che il criterio adottato dal dipartimento di amministrazione penitenziaria preveda un funzionario giuridico-pedagogico ogni 100 detenuti per le case circondariali e un funzionario giuridico- pedagogico ogni 50 detenuti per le case di reclusione. Se così fosse, in considerazione dell'attuale presenza di 300 detenuti definitivi ed un numero totale di detenuti presenti pari a 522 unità – numero che inevitabilmente aumenterà con l'apertura delle due sezioni in fase di ristrutturazione – si imporrebbe l'ampliamento della pianta organica fino ad arrivare ad almeno 10 funzionari giuridico-pedagogici;
          solo la presenza di un congruo numero di funzionari dell'area trattamentale può garantire l'espletamento dei compiti previsti dall'ordinamento penitenziario, miranti al trattamento dei soggetti con condanna definitiva e al sostegno dei ristretti in attesa di giudizio;
          si deve, altresì, tenere conto delle peculiarità della casa circondariale di Trapani in relazione a:
              un elevato numero di detenuti definitivi;
              un alto numero di detenuti immigrati e/o tossicodipendenti;
              la presenza, oltre alla media sicurezza, di una sezione «protetti», di una ad «alta sicurezza», di una per «semiliberi», con le specifiche caratteristiche che contraddistinguono ognuna;
          tutto ciò premesso, è necessaria, in attesa di un ampliamento dell'attuale pianta organica, almeno la sostituzione dei due funzionari assenti, altrimenti, è impossibile garantire il trattamento dei detenuti in tali precarie condizioni;
          pare pertanto riscontrarsi la violazione dei princìpi costituzionali che prevedono la finalità educativa della pena e il rispetto per la dignità di ogni detenuto  –:
          quali iniziative urgenti e necessarie intenda adottare per porre fine a tale gravissima situazione di malagiustizia e, pertanto, quali soluzioni si intendano approntare per integrare i funzionari mancanti.
(2-01878) «Giachetti».

Interrogazione a risposta scritta:


      NICCHI, MURER, ALBINI, DURANTI, CARLO GALLI, MATARRELLI e MOGNATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il decreto legislativo n.  8 del 2016 ha depenalizzato il reato di aborto clandestino, sostituendo la multa di 51 euro prevista dall'articolo 19 della legge n.  194 del 1978 con una sanzione amministrativa il cui ammontare va da 5.000 a 10.000 euro;
          non considerare la particolarità del reato di aborto clandestino, inserendolo nel calderone delle fattispecie di reato per cui sono previste depenalizzazioni, rischia di scoraggiare le donne che dovessero avere complicazioni, in particolare le più deboli, precarie e immigrate recarsi in ospedale, con gravi rischi per la loro salute;
          peraltro, pensare di scoraggiare il ricorso alle pratiche clandestine con un forte inasprimento delle sanzioni, significa per gli interroganti non ricordare come fosse grave la situazione dell'aborto clandestino prima della legge n.  194, e come, nonostante la severità delle pene, le donne rischiassero il carcere, oltre che la salute e la loro stessa vita, per interrompere gravidanze non volute;
          si sottolinea che in merito a tale disposizione normativa, era stata già presentata un'interrogazione a risposta immediata in commissione (5-07895). Il 25 febbraio 2016, in risposta a detta interrogazione, il sottosegretario alla giustizia, Gennaro Migliore, aveva evidenziato la possibilità da parte del Governo di rivedere la normativa suesposta, ricordando come la stessa legge delega indicava in 18 mesi dall'ultimo dei decreti attuativi, il termine per poter intervenire con opportuni correttivi;
          considerato che in attuazione della suddetta delega prevista dal citato articolo 2 della legge n.  67 del 2014, sono stati emanati il decreto legislativo 15 gennaio 2016, n.  7, e il decreto legislativo 15 gennaio 2016, n.  8, il termine dei centottanta giorni per interventi correttivi scadrebbe nel luglio 2017  –:
          se il Governo non ritenga di assumere urgentemente iniziative per apportare le opportune correzioni al decreto legislativo 15 gennaio 2016, n.  8, al fine di ridurre sensibilmente la sanzione amministrativa di cui al citato decreto legislativo n.8 del 2016, prevista per le donne che abortiscono clandestinamente entro i 90 giorni, scongiurando così, il rischio più che concreto che ciò costituisca un forte ostacolo al ricorso alle cure ospedaliere, con gravi conseguenze sulla salute delle donne, e in particolare per quelle economicamente più deboli. (4-17262)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


      RIZZO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          gli abitanti di San Michele di Ganzaria sono sempre più costretti ad uno stato di isolamento e di marginalità dovuto alle precarie condizioni di viabilità che ostacolano il fruire di rapporti di relazione e continuità con i comuni limitrofi come Mirabella Imbaccari;
          le due comunità, da anni ormai, si vedono costrette a lunghi tragitti per lo stato di abbandono in cui versa la bretella viaria che congiunge la SS124 e la SP37i, collegando i due paesi, strada che oggi, per un tratto, è addirittura sfornita di asfalto ed in numerosi punti presenta segni di pericolose frane. Insomma si tratta di un raccordo che da lungo tempo è lasciato in uno stato di totale abbandono;
          la bretella è stata chiusa al traffico per promessi interventi di recupero mai adottati, costringendo le due comunità, vicine solo qualche chilometro, a percorrere decine di chilometri tortuosi e degradati per interagire fra loro;
          raggiungere Mirabella Imbaccari è oltremodo disagevole per le condizioni pietose sia della SS124 che della SP37i che in essa si innesta in contrada Salvatorello a metà strada fra i due comuni;
          entrambe le strade sono vecchie mulattiere borboniche tortuose e asfaltate con rappezzature occasionali e di pessima fattura; l'incuria presente e diffusa vede la vegetazione spontanea occupare i bordi della strada e in questo periodo estivo si trasforma in    steppaglia secca    a rischio di incendio;
          non meno pericoloso è percorrere la SP37i che presenta numerosi avvallamenti del manto stradale e diffuse crepe in via di espansione che mettono a rischio l'incolumità di chi si trova a percorrerla;
          diversi articoli pubblicati sul quotidiano « La Sicilia» hanno evidenziato questa intollerabile situazione, ma nessuna risposta è arrivata alle autorità competenti;
          nell'area in questione sono presenti beni culturali, storici, artistici e archeologici di rara bellezza, purtroppo penalizzati da simili infrastrutture viarie;
          anche a causa di questa situazione, nell'ultimo decennio, si è registrato una perdita demografica significativa con picchi che raggiungono il 30 per cento della popolazione;
          anche gli interscambi commerciali ed il tessuto produttivo risentano della mancanza di adeguate e moderne infrastrutture viarie  –:
          quali iniziative intenda    assumere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, anche coinvolgendo gli enti territoriali interessati, per procedere alla messa in sicurezza delle strade di cui in premessa e per trovare una soluzione rapida, efficace e condivisa in merito. (4-17253)


      FREGOLENT. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la Società italiana per il traforo autostradale del Frejus (Sitaf) fa parte del gruppo Anas ed è stata costituita il 29 ottobre 1960;
          l'Anas è una società partecipata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre la rete nazionale autostradale a pedaggio è data in concessione dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
          il tratto autostradale A 32 «TorinoBardonecchia» è attualmente gestito dalla società Sitaf;
          tale arteria è utilizzata ogni giorno da numerose persone soprattutto per motivi di lavoro;
          sono attualmente in vigore abbonamenti mensili (con tariffe quindi agevolate rispetto ai singoli prezzi giornalieri) per il pagamento del pedaggio per i veicoli privati di classe A (motocicli ed autoveicoli), ad uso esclusivo dei residenti nei comuni appartenenti alle ex comunità montane dell'Alta e Bassa Valle di Susa e Val Cenischia;
          tale tipologia di abbonamenti è stata predisposta su autorizzazione dell'Anas;
          nel dettaglio, i comuni i cui residenti possono beneficiare degli abbonamenti sono i seguenti:
              Almese, Avigliana, Borgone, Bruzolo, Bussoleno, Caprie, Caselette, Chianocco, Chiusa di San Michele, Condove, Mattie, Mompantero, Novalesa, Rubiana, San Didero, Sant'Ambrogio, Sant'Antonino, San Giorio, Susa, Vaie, Venaus, Villar Dora, Villar Focchiardo (ex Comunità montana Bassa Valle di Susa e Val Cenischia);
              Bardonecchia, Cesana Torinese, Chiomonte, Claviere, Exilles, Giaglione, Gravere, Meana di Susa, Moncenisio, Oulx, Salbertrand, Sauze d'Oulx, Sauze di Cesana, Sestriere (ex Comunità montana dell'Alta Valle di Susa);
          sono quindi esclusi dagli abbonamenti tutti i residenti negli altri comuni del territorio (ed in particolare Torino) che utilizzano ogni giorno il tratto autostradale soprattutto per motivi di lavoro; si tratta quindi di una tipologia di utenti che non può beneficiare, pur usufruendo continuamente di tale arteria, di abbonamenti e di tariffe agevolate e che può però riversarsi su tali arterie e congestionare la rete stradale alternativa territoriale  –:
          se i Ministri interrogati, in relazione a quanto espresso in premessa e per quanto di competenza, non ritengano di dover promuovere iniziative urgenti per introdurre lungo la tratta autostradale A 32 «Torino-Bardonecchia» specifiche tipologie di abbonamento anche per i non residenti nei comuni appartenenti alle ex comunità montane dell'Alta e Bassa Valle di Susa e Val Cenischia, ma che utilizzano tale tratto quotidianamente per certificati e comprovati motivi di lavoro. (4-17254)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      COSTANTINO, MARCON, PALAZZOTTO e ANDREA MAESTRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il 18 maggio 2017 su Il Giornale è stato pubblicato un articolo, dai toni alquanto celebrativi, dal titolo «Nasce una flotta anti-Ong: “Così faremo il blocco navale”»;
          nell'articolo si racconta che dimostranti xenofobi hanno assaltato la nave Aquarius della Ong «Sos Mediterranée», impedendole di andare a recuperare migranti al largo della Libia;
          si è trattato di un'azione dimostrativa di circa una ventina di attivisti provenienti da tutta Europa che hanno affittato a Pozzallo una imbarcazione con la quale hanno tagliato la strada alla nave umanitaria impedendole di salpare dal porto di Catania finché la Guardia costiera non li ha intercettati;
          nell'articolo un attivista dichiara che lo scopo di questa e di future azioni sarebbe quella di «smascherare chi coopera con gli scafisti per sottrarre disperati dalla miseria», per mettere alle ONG «i bastoni tra le eliche»;
          quanto è accaduto è particolarmente grave per molte ragioni. Il lavoro che le Ong svolgono nel Mediterraneo per salvare vite umane è di grande importanza. Il loro aiuto, in mare e in terra, supplisce a molte delle mancanze e delle responsabilità della politica;
          insinuare che le Ong cooperino con gli scafisti produce un grande danno. Se mai vi fossero stati comportamenti illeciti da parte di qualcuno sarà la magistratura a valutarlo, ma – come dichiarato chiaramente nelle scorse settimane dalle procure – ad oggi non esiste nessuna prova per fondare un'accusa di questo tipo;
          quello di «smascherare» qualcosa che non esiste è quindi, secondo gli interroganti, solo un pretesto per portare avanti proprie posizioni ideologiche, xenofobe e contrarie ai princìpi di solidarietà che informano l'ordinamento e cultura italiani;
          i dimostranti hanno anche lanciato una raccolta di fondi on line – che al momento ha superato 41 mila euro – per sostenere le spese di future azioni di disturbo in mare contro chi cerca di salvare vite umane  –:
          quali iniziative di competenza intenda intraprendere per prevenire future azioni di disturbo e tutelare le organizzazioni non governative che con il loro lavoro salvano vite nel Mediterraneo.
(5-11784)


      RIZZETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          si apprende che il questore di Venezia, Danilo Gagliardi, intenda adottare una serie di provvedimenti che di fatto comporterebbero la chiusura del commissariato di polizia di Marghera; al riguardo, il piano del questore prevede il trasferimento del personale del commissariato, che risulterebbe composto da 26 unità, al commissariato di Mestre e alla divisione    anticrimine della questura di Venezia, con sede a Marghera;
          dove ha sede l'attuale commissariato verrebbe trasferita la divisione di polizia amministrativa e sociale e dell'immigrazione (Pasi) ossia il distretto che rilascia i passaporti, le licenze e i porti d'arma;
          si tratta di un piano di riorganizzazione che si propone di rimediare ad una situazione di eccessiva prossimità, in termini di personale e mezzi, tra i commissariati di Marghera e Mestre. Tuttavia, si ritiene che le diverse peculiarità dei territori di competenza dei due commissariati, e che persistono tutt'oggi, continuano a giustificare l'istituzione e il mantenimento di entrambi i presidi di polizia;
          nel territorio di competenza del commissariato di Marghera vi sono diverse zone considerate «difficili», il cui il degrado richiede costantemente un monitoraggio che, attualmente, viene svolto dal settore anticrimine e che non potrebbe essere portato avanti con l'attuazione del progetto in questione. Del pari, non sarebbe possibile dare seguito al presidio già operativo in tutto il territorio di competenza del commissariato, che copre oltre Marghera anche Malcontenta, Asseggiano, Chirignago, Gazzera e comprende un totale di 53 mila abitanti dislocati in un'area pari a circa 50 chilometri quadrati;
          il piano previsto dal questore di Venezia provocherebbe, secondo l'interrogante, difficoltà organizzative e lavorative a danno del personale di polizia che lo interessa, creando inevitabilmente disagi e carenze di servizi alla cittadinanza e, in particolare, il venir meno di efficienti attività di prevenzione e contrasto del crimine e dell'illegalità;
          alcune organizzazioni sindacali della polizia hanno fornito alternative ad un progetto che si risolverebbe in una vera e propria chiusura del commissariato di Marghera, ed hanno evidenziato al questore la possibilità di rinforzare l'organico con ulteriori 4 unità, in modo da assicurare il pieno svolgimento di tutte le funzioni che il commissariato deve assolvere;
          ad ogni modo, l'esigenza di razionalizzare i servizi di polizia in questione, rispetto all'impiego delle risorse finanziarie, umane e strumentali, si ritiene non possa comportare la chiusura di fatto di alcun presidio, altrimenti non verrebbe garantita concretamente la sicurezza dei territori interessati;
          a quanto è dato sapere, la cittadinanza dell'area di competenza del commissariato di Marghera, anche a seguito di un coinvolgimento attraverso campagne di sensibilizzazione, raccolte firme, interviste televisive e articoli sulla stampa locale, ha manifestato sensibilità alla questione e il sostegno al commissariato di polizia affinché resti attivo  –:
          quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato sui fatti esposti in premessa;
          se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per evitare la chiusura del commissariato di Marghera, da decenni presidio di polizia, e indispensabile per il territorio e per la comunità locale. (5-11786)

Interrogazioni a risposta scritta:


      RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il Ministro dell'interno ha annunciato la prossima apertura in Calabria di tre nuovi hotspot, i centri per la prima rapida identificazione dei migranti irregolari gestiti in collaborazione con le agenzie europee che si occupano di migrazioni;
          i tre nuovi hotspot saranno realizzati a Corigliano Calabro, con una capienza di centinaia di posti, a Crotone e a Reggio Calabria, con ulteriori quattrocento posti, e sembra che il Ministero dell'interno stia valutando la prossima apertura in Calabria anche di un centro per l'identificazione e l'espulsione;
          i nuovi hotspot si affiancheranno a quelli già operativi e a quelli di prossima apertura localizzati in Sicilia e comporteranno il trasferimento in Calabria di migliaia di migranti;
          le scelte del Governo in merito alla gestione del fenomeno dell'immigrazione suscitano profonda preoccupazione in particolare per le ricadute sulle regioni meridionali, già esposte all'emergenza a causa della loro posizione geografica e sulle quali si stanno continuando a scaricare tutte le conseguenze degli sbarchi  –:
          se non ritenga di rivedere la distribuzione sul territorio nazionale delle strutture destinate a funzionare come hotspot, al fine di non determinare situazioni di eccessivo affollamento e di criticità nelle regioni meridionali. (4-17255)


      CIMBRO, ZOGGIA, RICCIATTI, LAFORGIA, SPERANZA, SCOTTO, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MARTELLI, MELILLA, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, SANNICANDRO, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA e ZARATTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il prefetto di Venezia Carlo Boffi ha firmato un'ordinanza «per l'immediata rimozione di ogni riferimento al fascismo contenuto in cartelli, manifesti e scritte» presenti all'interno dello stabilimento balneare Punta Canna a Chioggia. L'atto è stato notificato al gestore dello stabilimento balneare, Gianni Scarpa. Nell'ordinanza è ordinato a Scarpa «di astenersi dall'ulteriore diffusione di messaggi contro la democrazia». L'ordinanza è arrivata dopo la «visita» della Digos e dei vigili urbani, in seguito alle polemiche per la spiaggia nostalgica del Ventennio mussoliniano;
          non vi è alcun dubbio che nelle intenzioni del gestore dello stabilimento balneare che inneggia al fascismo di Chioggia e che intrattiene i bagnanti in discorsi stile Duce, in un ambiente pieno di cartelli con immagini di Mussolini e saluti romani, non ci sia solo «il desiderio di suscitare un sorriso». Anche a giudicare dalle dichiarazioni rilasciate dal gestore a Repubblica: «la democrazia mi fa schifo, qui valgono, le mie regole, i tossici li sterminerei...»;
          non sono mancate l'indignazione e la rabbia di cittadini e amministratori, che hanno esortato a revocare la concessione balneare dello stabilimento, definito dal suo titolare «zona antidemocratica e a regime», con tanto di esortazione ad avere un atteggiamento quanto meno remissivo (Non rompete i c...). Lo stabilimento ha ricevuto la visita della Digos di Venezia, «per accertamenti», e domani anche la Polizia locale effettuerà le verifiche del caso: «Se ci saranno infrazioni alla normativa per quanto ci riguarda, profili penalmente rilevanti o irregolarità nella struttura – ha chiarito il vicesindaco Marco Veronese – il Comune interverrà immediatamente. La notizia di reato è già all'attenzione dell'autorità giudiziaria e quindi l’iter farà il suo corso»;
          quella ostentazione di memorabilia del ventennio – tra gadget fascisti, poster del Duce, il tutto condito dai giudizi sprezzanti del titolare dello stabilimento – ha dunque acceso le ire di tanti. Su tutti l'Anpi di Chioggia, che ha «stigmatizzato il comportamento provocatorio e pericoloso del gestore» e chiesto «l'immediata revoca della concessione balneare e l'applicazione delle sanzioni previste dalle leggi». «Chioggia antifascista non c'entra niente con questo ciarpame: il tizio è miranese, i clienti sono turisti che vengono da altre parti del Veneto», afferma l'Anpi. «Al personaggio ricordiamo che Punta Canna non è «casa sua», come ama asserire: in quanto concessione demaniale sul suolo italiano, egli è tenuto a rispettare le leggi dello Stato, congruenti con la Costituzione nata dalla Resistenza antifascista»  –:
          se non ritenga necessario intervenire, attraverso la prefettura e la questura di Venezia, al fine di verificare tutte le iniziative possibili per evitare il protrarsi di una situazione che vede propagandare i princìpi e simboli del fascismo e che genera grave danno alla memoria e ai valori della Costituzione;
          se non ritenga urgente e doveroso assumere iniziative, per quanto di competenza, per avviare un approfondimento sulla questione;
          quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di impedire che situazioni analoghe possano verificarsi in futuro. (4-17257)


      NUTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          in un articolo de Il Mattino del 4 luglio 2017, avente ad oggetto la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, si può leggere, con riferimento allo specifico albo degli amministratori giudiziari istituito tramite decreto legislativo 4 febbraio 2010, n.  14, ma di fatto entrato in vigore solo recentemente, che «Dopo anni di attesa, lo scorso anno finalmente l'albo è entrato in funzione. «Ma in realtà», spiega ancora Posca, «è inutilizzabile». Il motivo è semplice: «Sia i magistrati che gli amministratori non hanno accesso per le modifiche». Significa che l'albo non è aggiornato e quindi non è possibile sapere quanti e quali incarichi ha un amministratore  –:
          se corrisponda al vero quanto esposto in premessa e se il Governo non intenda attivare tutte le procedure di competenza al fine di rendere l'albo effettivamente fruibile da parte di magistrati ed amministratori giudiziari. (4-17261)


      PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 227, comma 2, del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n.  267 del 2000 fissa nel 30 aprile di ogni anno la data in cui i consigli comunali devono approvare il rendiconto dell'esercizio finanziario relativo all'anno precedente e, nel caso di inadempienze da parte delle giunte nel predisporre ed approvare lo schema del rendiconto, l'articolo 141, comma 2, del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, rende possibile la nomina di un commissario;
          a tale proposito, si segnala che, a quanto consta all'interrogante, la giunta comunale della città di Chieti sarebbe risultata inadempiente proprio nella fattispecie su indicata ma che, allo stesso tempo, il prefetto di Chieti, nonostante le richieste delle minoranze consiliari in tal senso, non abbia proceduto a esercitare i poteri sostitutivi;
          in questo senso è da segnalare che lo stesso prefetto, in data 9 giugno 2017, ha diffidato l'intero consiglio comunale, indicando un lasso di venti giorni per l'approvazione del rendiconto, pena l'applicazione del succitato articolo 141, comma 2, del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali;
          nei successivi venti giorni, se la giunta ha proceduto nell'approvazione dello schema del rendiconto – trasmettendo i relativi allegati ai singoli consiglieri per la discussione – il consiglio comunale non ha affrontato la questione, con il risultato che lo strumento finanziario relativo al bilancio 2016 rimane appeso e irrisolto  –:
          di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo, valutando se sussistano i presupposti per l'avvio della procedura di scioglimento del consiglio comunale di Chieti, ai sensi dell'articolo 141 del Testo unico delle leggi all'ordinamento degli enti locali. (4-17264)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MONGIELLO, GINEFRA e GRASSI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
          il Crea, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria, è l'ente di ricerca e di sperimentazione operante per il settore del primario agricolo;
          da informazioni fornite dal Consiglio dopo una ricognizione effettuata sul proprio precariato, al netto degli interinali e degli operai agricoli, risulterebbero attualmente in servizio presso i suoi centri, 521 precari, di cui 167 in servizio con contratto a tempo determinato con più di 3 anni di contratto a tempo determinato negli ultimi 8, 176 in servizio con contratto a tempo determinato, con più di 3 anni di contratti a vario titolo negli ultimi 8, 47 in servizio con contratti vari (non a tempo determinato), con più di tre anni negli ultimi 8 (per contratti vari si intende contratti di collaborazione coordinata e continuativa, assegni, e altro), 131 unità che, ad oggi, non hanno ancora raggiunto i 3 anni di servizio;
          per far fronte ai precari da stabilizzare secondo il Crea necessiterebbero circa 30 milioni di euro. In base alle disposizioni del decreto legislativo n.  218 del 2016, il Crea potrebbe destinare fino a 12 milioni di euro nel triennio 2018/2020, pertanto, per stabilizzare i predetti precari, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, dovrebbe stanziare il restante importo, di circa 20 milioni di euro;
          i precari del Crea, per sensibilizzare la società civile e le istituzioni sulla propria situazione, hanno attivato la sottoscrizione di una petizione in cui descrivono il loro ruolo nel campo della ricerca agroalimentare, concorrendo a fare del Crea il più grande ente di ricerca pubblico nazionale dedicato all'agroalimentare, terzo ente per grandezza in Italia e ottavo in Europa per progetti di ricerca finanziati, con attenzione all'innovazione tecnologica e alla sostenibilità agro-ambientale e socioeconomica delle produzioni;
          i precari del Crea rappresentano il 26 per cento del personale totale dell'ente e hanno maturato un'anzianità di precariato complessiva che supera i 3.500 anni. L'83 per cento di essi lavora nell'ente da più di 5 anni, di questi, il 30 per cento è precario da più di 10 anni. Negli anni hanno avuto varie forme contrattuali, dagli assegni di ricerca, alle borse di studio, ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa, ai contratti interinali ed esternalizzati ed ai tempi determinati;
          la maggior parte di tali precari è senza alcuna prospettiva di immissione in ruolo;
          una soluzione utile a dare una risposta immediata alla situazione di detti precari, in attesa della definitiva stabilizzazione, potrebbe essere rappresentata dallo scorrimento delle graduatorie dei recenti concorsi, inserendo in organico i precari già idonei, senza ulteriori procedure selettive;
          a norma dell'articolo 1, commi da 665 a 667 della legge n.  208 del 2015, il Crea ha ottenuto un contributo triennale di 5 milioni di euro per l'anno 2016 e di 8 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018 per attuare un piano triennale di ricerca straordinario per lo sviluppo di un sistema informatico integrato di trasferimento tecnologico, analisi e monitoraggio delle produzioni agricole attraverso strumenti di sensoristica diagnostica, meccanica di precisione, biotecnologie e bioinformatica. Con tali risorse l'ente potrebbe anche tenere conto della possibilità di iniziare l'intervento di stabilizzazione dei precari sopra richiamato  –:
          quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo affinché, nel breve e nel medio termine, sia assicurata una soluzione alla situazione dei precari del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria;
          se, in attesa della definitiva stabilizzazione di detti precari, non intenda assumere iniziative per attivare, già nell'immediato, procedure e percorsi utili a favorirne l'attuazione, come lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi già banditi. (5-11785)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          il direttore generale dell'asp n.  7 di Ragusa, dottor Maurizio Aricò, poche settimane prima della scadenza del suo mandato ha previsto l'apertura del nuovo ospedale di Ragusa (NOR) «Giovanni Paolo II» e avviato conseguentemente il trasferimento presso lo stesso dei reparti dell'ospedale civile;
          lo stesso direttore, attraverso un comunicato stampa, ha reso noto il cronoprogramma dei trasferimenti dei reparti dall'ospedale Civile presso il nuovo ospedale che si sarebbe effettuato in pochi giorni: il 20 giugno 2017 ortopedia, chirurgia, anestesia e rianimazione; il 21 giugno urologia e medicina; il 22 giugno cardiologia ed emodinamica; il 23 giugno ginecologia, UTIN, neonatologia, pediatria e apertura pronto soccorso; il 24 giugno chiusura pronto soccorso, chiusura rianimazione presso l'ospedale civile; il 26 giugno inaugurazione del nuovo ospedale;
          fin da subito sono state riscontrate importanti criticità, denunciate anche a mezzo stampa, e delle quali la prima firmataria del presente atto ha chiesto delucidazioni allo stesso manager Aricò. In particolare, con lettera inviata tramite posta certificata, è stato chiesto il perché avesse previsto un cronoprogramma in tempi così ristretti, se si stessero verificando disagi per i pazienti e per il personale medico e sanitario, se gli esami, visite e cure fossero stati garantiti con regolarità, quali criticità stessero emergendo in quella fase di mobilità ed eventualmente in che modo stesse cercando di affrontarle. La risposta del manager è stata rassicurante;
          la suddetta apertura sarebbe dovuta avvenire nel rispetto delle regole e dei tempi, concertando i trasferimenti coi medici, realizzandola secondo un programma che limitasse i disservizi e i disagi, che mettesse il personale medico e sanitario nelle condizioni di garantire cure e assistenza senza sottoporli a condizioni di stress e talvolta proibitive, nonché i pazienti nella condizione di avere tutte le cure necessarie senza problema alcuno, ma, come testimoniano notizie di stampa, così non è stato;
          la grave emergenza sanitaria ha investito non solo la città di Ragusa, ma tutti i presidi dislocati nella provincia con reparti stracolmi e pronto soccorsi ingolfati e con sovraccarico di lavoro dell'esiguo personale medico e sanitario in corsia. Le notizie di stampa hanno più volte evidenziato, per esempio, le difficoltà registratesi presso il pronto soccorso di Vittoria e presso l'ospedale di Modica, in questo periodo particolarmente oberato a causa dell'arrivo massiccio di migranti bisognosi di cure;
          in data 19 giugno 2017, la Guardia di finanza ha sequestrato documenti inerenti ai lavori effettuati al nuovo ospedale di Ragusa ed è stata aperta un'indagine della procura di Ragusa sugli impianti di climatizzazione che non sarebbero a norma di legge, sui collaudi, sulla procedura d'affidamento d'urgenza di alcuni appalti legati al trasferimento dei due ospedali ragusani (Civile e Paternò Arezzo) nel nuovo ospedale di contrada Cisternazzi. In seguito all'indagine parte del «Giovanni Paolo II» è stato sottoposto a sequestro e 7 persone sarebbero state iscritte nel registro degli indagati. Gli inquirenti avrebbero, quindi, nominato tecnici di parte per i vari collaudi dei macchinari, e sembra si voglia indagare anche sul motivo della fretta di aprire il nuovo ospedale nonostante le criticità;
          in data 23 giugno 2017 la prima firmataria del presente atto si è recata personalmente a far visita agli ospedali Civile e Maria Paternò Arezzo di Ragusa per verificare Io stato dei fatti, constatando purtroppo la situazione d’impasse denunciata anche dai media: medici stremati, costretti a lavorare in condizioni proibitive, talvolta senza i mezzi necessari, in mezzo alla polvere di un trasloco in corso, con tutti i rischi annessi anche in termini di ricaduta sui pazienti;
          in seguito al sequestro di una parte del nuovo ospedale è stato deliberato di riportare i reparti nei luoghi d'origine. Ciò ha determinato ulteriori problemi dovendosi ripristinare aree del Civile e del Paternò Arezzo, che, a causa di un cronoprogramma come quello evidenziato, erano stati trasferiti con estrema rapidità;
          degli ispettori sono stati nominati dalla regione siciliana per fare luce sulla vicenda e per trovare una veloce risoluzione a questa incresciosa e dolorosa pagina della sanità;
          il direttore generale Aricò, allo scadere del suo incarico il 30 giugno 2017 presso l'asp 7 di Ragusa, era stato nominato commissario all'ospedale Villa Sofia-Cervello di Palermo, ma l'assessorato della salute della regione siciliana ha prorogato il suo incarico a Ragusa fino a metà agosto con la possibilità di adottare esclusivamente atti di ordinaria amministrazione, nonché urgenti ed indifferibili, con indicazione specifica dei motivi di urgenza e indifferibilità. Rimane il dubbio se tra questi atti rientri quello di aprire un nuovo ospedale  –:
          se le pesanti criticità sopra descritte siano monitorate dalle strutture ministeriali preposte alla verifica dell'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, con particolare riguardo al rispetto dei livelli essenziali di assistenza;
          se il Governo non intenda assumere ogni iniziativa di competenza, anche sul piano normativo, affinché le nomine dirigenziali nelle strutture del servizio sanitario nazionale avvengano tenendo conto effettivamente del raggiungimento degli obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi, definiti nel quadro della programmazione regionale, con particolare riferimento all'efficienza, all'efficacia, alla sicurezza e all'ottimizzazione dei servizi sanitari, al rispetto degli obiettivi economico-finanziari e di bilancio, nonché alla garanzia dei livelli essenziali di assistenza.
(2-01880) «Lorefice, Nesci, Silvia Giordano, Colonnese, Grillo, Mantero, Corda, Cozzolino, Crippa, Da Villa, Dadone, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli».

Interrogazione a risposta scritta:


      VILLAROSA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          con delibera n.  156 del 28 marzo 2017 «Documento di riordino della rete ospedaliera – approvazione» è stata approvata dalla regione siciliana la riorganizzazione della rete ospedaliera regionale;
          l'interrogante intende segnalare tutte le problematiche di cui è venuto a conoscenza nell'ultimo periodo legate soprattutto alle nuove disposizioni previste in relazione alla nuova rete ospedaliera;
          il 26 giugno 2017 la Gazzetta del Sud riporta una nota del sindacato Cimo in cui vengono elencate le numerose carenze previste, nella nuova rete ospedaliera, per tutti i presidi della fascia tirrenica da Messina a Cefalù. In particolare, si tratta della soppressione dell'unità di urologia e di declassamenti per le unità di otorinolaringoiatria, nefrologia e dialisi;
          inoltre, si segnala la totale assenza di previsione di unità di oncologia per tutti i presidi ospedalieri presenti sul territorio che vanno da Villafranca a Tusa;
          il 29 giugno 2017 la Gazzetta del Sud riporta l'indignazione dei cittadini delle isole Eolie per via del grosso ritardo nell'arrivo dell'elicottero del 118 giunto dopo ben 90 minuti dalla chiamata, in quanto il velivolo che serve tutta la provincia di Messina non era funzionante ed è dovuto intervenire il velivolo della provincia di Caltanissetta;
          il 2 luglio 2017 la Gazzetta del Sud segnala dei problemi legati alla mancanza di climatizzazione e ad una carenza di farmaci all'interno del presidio ospedaliero di Milazzo. All'interno dell'articolo viene ripresa una nota del sindacato Cimo che, intervenendo sulla mancanza di farmaci, rileva che «essa è ormai diventata una costante al Fogliani che vincola e per certi versi limita l'approccio terapeutico a determinate patologie costringendo il personale medico a funambolici, ma ugualmente efficaci, approcci terapeutici determinando nella classe medica una sorte di frustrazione professionale»;
          dallo stesso giornale di giorno 2 luglio 2017 vengono segnalate carenze e problematiche legate al presidio di S. Agata di Militello; in particolare, viene segnalata una «perdurante carenza di attrezzature, necessarie a garantire requisiti minimi di sicurezza per un reparto di cardiologia quali i monitor necessari per ricoverare pazienti (...)», inoltre, «per via del ridotto numero di personale infermieristico i reparti di Chirurgia Generale e di Ortopedia sono stati accorpati per consentire al personale di fruire le ferie»;
          con la Gazzetta del Sud del 5 luglio 2017 si viene a conoscenza dei grossi disagi patiti nel presidio ospedaliero di Barcellona Pozzo di Gotto dovuti al malfunzionamento di una apparecchiatura per Tac che da quasi una settimana non viene riparata e la mancata attivazione dell'unità operativa di riabilitazione, nonostante al presidio siano già stati trasferiti diversi reparti dall'approvazione della rete ospedaliera;
          la Corte dei conti ha inoltre segnalato che «Emerge con estrema evidenza la circostanza che la rete ospedaliera approvata, se dovesse trovare piena e compiuta attuazione determinerebbe non un risparmio ma un'impennata fortemente espansiva dei costi della sanità». Costi che, secondo il procuratore generale d'appello Zingale, «non sembrano aver formato oggetto di specifica ponderazione da parte dell'Assessorato che, in prima battuta non è stato neppure in grado di fornire a questa Procura i dati di riferimento per il calcolo della relativa spesa, sia attuali che futura, le cui fonti di finanziamento non è dato al momento di potere individuare e la cui realizzazione potrebbe avere un notevole impatto negativo sui futuri esercizi» (http://livesicilia.it)  –:
          se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e se, alla luce delle numerose segnalazioni, dei rilievi della Corte dei conti e delle esigenze connesse all'attivazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, abbia adottato o intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per verificare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza a tutela del diritto alla salute dei cittadini siciliani. (4-17258)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MONGIELLO e MICHELE BORDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          Mazal Global Solutions s.r.l coadiuva le amministrazioni nelle attività ordinarie e straordinarie di gestione dell'Imu, della tassa per l'occupazione di spazi e aree pubbliche, dell'imposta sulla pubblicità, dei diritti sulle pubbliche affissioni, dell'ici e della tariffa igiene ambientale/tarsu. Si occupa dei canoni idrici per conto degli ambiti territoriali ottimali. Gestisce parcheggi comunali a pagamento, segue il ciclo completo della riscossione delle sanzioni del codice della strada e delle procedure di riscossione coattiva delle entrate tributarie e patrimoniali. Effettua rilevazioni puntuali del territorio, crea gli archivi delle banche dati aggiornandoli, verifica le situazioni contributive, calcola le imposte e riscuote i pagamenti;
          del maggio 2016 la Mazal è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del decreto-legge 25 marzo 2010, convertito dalla legge 22 maggio 2010, n.  73 n.  40, dell'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 23 dicembre 2003, n.  347, convertito dalla legge 18 febbraio 2004, n.  39 e dell'articolo 80, commi 1 e 2, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n.  270 a seguito di sentenza del tribunale di Milano n.  416 del 20 maggio 2016, con cui è stata dichiarata l'insolvenza della società;
          con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 24 giugno 2016 è stato nominato commissario straordinario il professor avvocato Bruno Inzitari;
          in Puglia la Mazal possiede 5 sedi territoriali: agenzia di Tricase, agenzia di Torchiarolo, agenzia di Canosa di Puglia, agenzia di Bari e agenzia di Foggia;
          il commissario ha posto in vendita l'azienda con un primo bando che prevedeva la cessione dell'intero ramo d'azienda;
          tra le aziende quasi certe all'acquisto del ramo vi era la Abaco International s.p.a. la quale è stata ricevuta nella filiale a Foggia e, secondo quanto riferiscono i relativi dipendenti, il loro dirigente responsabilità si diceva fiducioso del subentro di tali imprenditori;
          a seguire, lo stesso commissario ha deciso di porre in essere un secondo bando prevedendo la vendita per lotti («spezzatino»);
          il lotto della Puglia prevedeva la vendita delle agenzie di Foggia, Manfredonia e Canosa;
          la sede di Foggia rappresentava quasi il 60 per cento del fatturato dell'intero gruppo;
          ciò nonostante, la sede di Foggia è sembrata essere la filiale più improduttiva al suscitare alcun interesse nei confronti delle aziende specializzate;
          fonti da accertare direbbero che, nell'ambito della vendita della sede di Foggia, si sarebbe costituita una cordata di imprenditori immobiliari locali, proponendo, sempre stando alle indiscrezioni riferite, una riduzione del personale da 56 lavoratori a non più di 25 unità;
          l'amministrazione straordinaria di cui al decreto-legge n.  347 del 2003 ha come presupposto la tutela e la salvaguardia dei livelli occupazionali; nel caso della Mazal di Foggia secondo gli interroganti avverrebbe l'opposto, ossia si licenzierebbero i lavoratori  –:
          quali informazioni possa fornire in merito alla gestione dell'attuale commissario della società ed alle modalità con cui sta portando avanti la vendita della Mazal, in particolare dell'agenzia di Foggia;
          quali iniziative intenda intraprendere affinché siano salvaguardati adeguatamente i livelli occupazionali della Mazal, in particolare delle sedi della regione Puglia. (5-11788)

Interrogazioni a risposta scritta:


      PAGLIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          Dayco Products LLC è una multinazionale statunitense, operante nel settore della componentistica per automobile;
          in Italia è presente direttamente dal 1993, quando acquisisce Pirelli Trasmissioni Industriali spa e di conseguenza il marchio Isoran;
          opera sul territorio nazionale con 5 stabilimenti, 1 centro di ricerca e 2 centri di distribuzione, per un totale di 4.500 dipendenti impiegati;
          in data 4 luglio 2017 l'amministratore delegato di Dayco Mondo, durante un incontro con le organizzazioni sindacali presso la Confindustria di Chieti, ha annunciato il licenziamento di 135 lavoratori sui 600 complessivamente impegnati nei siti di Chieti e Manoppello (PE);
          la motivazione addotta, in assenza di un piano industriale, è la necessità di mantenere adeguati livelli di redditività;
          si tratterebbe quindi non di produzioni in perdita, ma della volontà di aumentare i profitti, a discapito dei lavoratori;
          le organizzazioni sindacali hanno quindi immediatamente proclamato 4 giorni di sciopero, che si sono conclusi anticipatamente dopo che la società si è dichiarata disponibile ad aprire un confronto presso la locale Confindustria a partire dal 18 luglio 2017, congelando ogni ipotesi di intervento sul personale;
          ora si tratta quindi di lavorare per evitare soluzioni penalizzanti per l'occupazione, anche mediante un intervento delle istituzioni  –:
          se e come il Governo stia seguendo la vertenza;
          se non ritenga opportuno intervenire direttamente, convocando un tavolo di confronto con le parti interessate.
       (4-17263)


      LUPO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il Timilia, o Grano marzuolo è un varietà antichissima di grano duro siciliano, estremamente resistente alla siccità e di semplice coltivazione, ad oggi è per lo più coltivato da piccole aziende che hanno cura di portare avanti i prodotti tipici della tradizione siciliana;
          in questi giorni, le aziende siciliane che commerciano prodotti contenenti il grano «Timilia», sono state raggiunte da una lettera di diffida da parte della società denominata «Terra e Tradizione», con sede in Verona. La stessa diffida nel segnalare che la denominazione «Timilia» è un marchio registrato, invita le aziende, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 12 del Codice della proprietà industriale, a voler cessare con effetto immediato l'utilizzo del predetto marchio;
          ai sensi del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n.  30, recante disposizioni in materia di «Esistenza, ambito ed esercizio dei diritti di proprietà industriale», una varietà vegetale, per essere brevettata, deve essere: nuova, omogenea, stabile e diversa da altre già esistenti; in particolare, l'articolo 104 «Distinzione» recita: «La varietà si reputa distinta quando si contraddistingue nettamente da ogni altra varietà la cui esistenza, alla data del deposito della domanda, è notoriamente conosciuta»;
          il Timilia è menzionato, come frumento tipico siciliano, già dal 1942 nella pubblicazione n.  9, della stazione sperimentale di granicoltura della Sicilia, dal titolo «I frumenti siciliani»;
          la sezione specializzata in materia di imprese del tribunale di Catania, con la sentenza n.  4710/2016 del 20 settembre 2016, in una fattispecie analoga al caso in questione, nel contenzioso per la tutela del marchio «Kamut», ha chiarito che la parola «Kamut» non è il nome di una varietà vegetale, dato che la cultivar è il grano khorasan, ma nome di pura fantasia e che, pertanto, il suo uso, lungi dall'assolvere a una funzione informativa sulla cultivar, può essere limitato da un brevetto;
          la sentenza di cui sopra, secondo gli interroganti, sottolinea la differenza tra brevettare un marchio, contraddistinto da un nome di fantasia, per un prodotto che si ricava da una specie vegetale, e brevettare come marchio il vero nome di una specie vegetale  –:
          se il Governo sia a conoscenza dei fatti citati in premessa;
          se il Governo intenda assumere iniziative per la corretta interpretazione della normativa e per chiarire la possibilità di porre sotto vincolo di brevetto le denominazioni delle specie vegetali. (4-17265)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Roberta Agostini altri n.  4-17185, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Albini, Martelli, Melilla, Mognato, Ricciatti, Zappulla, Zoggia.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Gnecchi n.  5-11739, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Arlotti, Damiano, Garavini, Fedi, Porta, Gianni Farina, La Marca, Incerti, Di Salvo, Patrizia Maestri, Casellato, Giovanna Sanna, Giacobbe, Boccuzzi, Baruffi, Albanella, Gribaudo, Simoni, Rotta, Fabbri, Casati.

      L'interrogazione a risposta scritta Sibilia n.  4-17251, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fico.

Pubblicazione di un testo riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Paglia n.  4-17252, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n.  830 del 10 luglio 2017.

      PAGLIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il quotidiano La Repubblica riporta un articolo sullo stabilimento balneare Playa Punta Canna, situato nella località di Sottomarina (Venezia);
          il gestore avrebbe trasformato il bagno in una «zona antidemocratica e a regime», dove sarebbero esposte immagini inneggianti al Duce e al Fascismo, diffusi deliranti proclami fascisti, omofobi e razzisti;
          il motto ambientale sarebbe «a casa mia si vive in totale regime», come afferma il titolare Gianni Scarpa, che evidentemente dimentica di trovarsi su una concessione demaniale;
          non è tollerabile per l'interrogante che in Italia si continui pubblicamente a manifestare nostalgia per un regime sconfitto dalla storia, che ha lasciato esclusivamente un ricordo di guerra, miseria e violenza, in spregio al dettato costituzionale;
          ancor meno tollerabile è che questo avvenga in uno spazio pubblico, che dovrebbe essere di libera frequentazione e non affidato ad una gestione portatrice di messaggi inaccettabili e non conformi alla legge; in merito alla vicenda è intervenuto il prefetto di Venezia, emanando un'ordinanza con cui dispone l'immediata rimozione di ogni riferimento al fascismo in cartelli, manifesti e scritte, presenti all'interno dello stabilimento in questione  –:
          di quali elementi disponga il Governo in relazione alla vicenda di cui in premessa;
          quali ulteriori iniziative di competenza intenda assumere al riguardo e se e quale interlocuzione sia stata avviata con l'amministrazione comunale di Chioggia, alla luce dell'esigenza di pervenire immediatamente alla revoca o alla decadenza della concessione demaniale e alla sua riassegnazione ad altro soggetto.
       (4-17252)

Ritiro di un documento di indirizzo.

      Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: risoluzione in Commissione Ciprini n.  7-01300 del 28 giugno 2017;

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
          interrogazione a risposta in Commissione Quartapelle Procopio n.  5-11129 del 12 aprile 2017;
          interrogazione a risposta scritta Fabrizio Di Stefano n.  4-16469 del 4 maggio 2017;
          interrogazione a risposta in Commissione Colletti n.  5-05623 del 18 maggio 2015;
          interrogazione a risposta immediata in Commissione Costantino n.  5-11428 del 23 maggio 2017;
          interpellanza Zolezzi n.  2-01813 del 26 maggio 2017;
          interrogazione a risposta in Commissione Lorefice n.  5-11768 del 6 luglio 2017

ERRATA CORRIGE

      Interrogazione a risposta scritta Roberta Agostini e altri n.  4-17185 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n.  827 del 5 luglio 2017, alla pagina 48645, prima colonna, alla riga tredicesima, deve leggersi: «relativa allo stalking è remissibile, in», e non come stampato.