XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 1 agosto 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


      La Camera,
          premesso che:
              tra gli italiani amanti della libertà e della democrazia è sempre più grave la preoccupazione per il grave deterioramento del clima politico in Venezuela e per l'aumento della violenza contro il popolo in piazza dal 1o aprile 2017;
              è urgente ripristinare il rispetto della Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela e dei diritti umani del popolo venezuelano, fermando la repressione da parte delle forze dell'ordine. Da quando sono iniziate le proteste si sono registrati più di 100 morti, migliaia di feriti e la carcerazione di ben 498 prigionieri politici, secondo il Foro Penal Venezolano (organizzazione no profit dedicata alla difesa delle vittime di persecuzioni politiche);
              il processo verso un'Assemblea nazionale costituente delineato dal Presidente Maduro comporterebbe lo smantellamento definitivo delle istituzioni democratiche e sarebbe in contrasto con la volontà popolare espressa nel referendum del 16 luglio, nel quale circa 7,5 milioni di venezuelani hanno manifestato il loro netto rifiuto del progetto. Un referendum più che simbolico, sia per la sua legittimità costituzionale, perché è stato convocato dal Parlamento democraticamente eletto (così come stabilito nell'articolo 71 della Costituzione del Venezuela), sia per la forza del risultato: nel 1999 Hugo Chávez ebbe il consenso di 3.630.666 venezuelani per riscrivere la Costituzione, invece l'iniziativa di Maduro è stata «bocciata» da 7.432.764 voti nel 2017;
              ove vedesse la luce, la Costituente condannerebbe certamente il Venezuela ad una deriva dittatoriale. Così come è stata presentata, porterebbe infatti a favorire la redazione di una nuova Costituzione su misura, per dare rango costituzionale al cosiddetto «potere comunale» (las comunas), che raggruppa le organizzazioni di base affini al Partito Socialista Unito del Venezuela, una struttura parallela alla tradizionale divisione politica del Paese, così limitando ulteriormente le possibilità di partecipazione dei cittadini alla vita politica, dando spazio soltanto ai militanti del partito di Governo e smantellando definitivamente il Parlamento venezuelano, democraticamente eletto nel dicembre 2015;
              in ragione della consistenza della folta comunità italo-venezuelana, appare indispensabile esprimere la vicinanza del nostro Paese ai cittadini del Venezuela, oltraggiati in ogni diritto e bisognosi di un intervento umanitario urgente;
              il Senato della Repubblica si è già espresso sulla questione approvando il 24 gennaio 2017 la mozione 709,

impegna il Governo:

1)    ad adottare nelle competenti sedi internazionali ogni iniziativa idonea ad ottenere dal Governo venezuelano un atteggiamento più costruttivo, affinché sia ripristinata la separazione dei poteri e siano salvaguardate le tradizionali attribuzioni degli organi costituzionali;
2)    a considerare anche l'eventualità di proporre nelle sedi opportune, adeguate sanzioni, nel caso in cui l'Esecutivo venezuelano non ottemperi alle richieste della comunità internazionale e persista nella repressione delle legittime aspirazioni del popolo del Venezuela.
(1-01679) «Giancarlo Giorgetti, Gelmini, Rampelli, Menorello, Distaso, Buttiglione, Fedriga, Pagano, Allasia, Borghesi, Busin, Castiello, Invernizzi, Molteni, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti, Fabrizio Di Stefano, Palese, Palmieri, Polidori, Binetti, Bueno, Galgano, Pili».


      La Camera,
          premesso che:
              dal mese di luglio 2017 l'emergenza incendi nel Sud Italia è in tragico aumento. La situazione è maggiormente critica in Campania, Sicilia e Puglia, sebbene incendi di vaste proporzioni interessino ormai numerose regioni;
              nelle ultime ore, il Centro operativo aereo unificato (COAU) ha ricevuto 16 richieste di intervento dalla Sicilia, 8 dalla Campania, 7 dalla Calabria, 6 dal Lazio, 5 dalla Basilicata, 4 dalla Sardegna, 2 rispettivamente da Umbria e Abruzzo e una dalla Puglia;
              nel Parco nazionale del Vesuvio il fronte della fiamma ha raggiunto due chilometri di lunghezza e altri roghi interessano diversi comuni della provincia di Napoli, sui quali è stato aperto un fascicolo di inchiesta dalla procura di Torre Annunziata;
              nella giornata del 10 luglio nella regione Campania ci sono stati 100 interventi di spegnimento e circa 700 dall'inizio del mese di luglio, in sensibile aumento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno;
              in Sicilia la città di Messina è stata accerchiata dalle fiamme con 14 incendi sulle colline che hanno devastato decine di ettari di verde boschivo, mentre nella provincia di Catania i numerosi incendi divampati hanno coinvolto anche le abitazioni;
          nel promontorio del Gargano, nella giornata dell'11 luglio, oltre 300 ettari di bosco, macchia e pascolo sono andati distrutti dalle fiamme;
              i vigili del fuoco sono stati impegnati anche nella Val Pescara, interessata da due incendi di vaste proporzioni che hanno coinvolto 200 ettari in parte boschivo. Vi sono boschi in fiamme anche in Toscana, Marche e Umbria;
              secondo i dati forniti da Legambiente in un solo mese sono andati bruciati 26.024 ettari di superfici boschive, pari al 93,8 per cento della superficie totale bruciata nell'intero anno scorso. Le regioni più colpite sono la Sicilia con 13.052 ettari, la Campania con 2.461 ettari e la Calabria con 5.826 ettari e due anziani deceduti;
              in molti casi si tratta di contesti antropizzati con grave pericolo per le persone e le abitazioni reso ancor più critico dal clima secco e ventoso;
              alle criticità legate al contesto ambientale e climatico si aggiunge la riduzione della flotta aerea antincendio, attualmente composta da 13 Canadair e 9 elicotteri del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a cui si aggiungono 4 elicotteri del Ministero della difesa la cui attività è concentrata sulle situazioni più critiche, a supporto del lavoro svolto dalle squadre di terra composte da personale da società pubbliche regionali con finalità di spegnimento incendi, vigili del fuoco e protezione civile, supportati da associazioni e volontari;
              a ciò si aggiunga il recente smantellamento del Corpo forestale dello Stato con conseguente suddivisione delle competenze in materia di incendi boschivi, con l'attribuzione ai carabinieri delle attività investigative e di prevenzione e ai vigili del fuoco delle attività di direzione e spegnimento;
              come noto, durante il mandato del Governo Renzi, l'articolo 8 della legge delega 7 agosto 2015, n.  124, e i conseguenti provvedimenti attuativi – decreto legislativo 19 agosto 2016, n.  177, decreto legislativo 29 maggio 2017, n.  95 e decreto legislativo 29 maggio 2017, n.  97 – hanno «cancellato» il Corpo forestale dello Stato;
              sin dall'avvio dell'esame del disegno di legge di iniziativa governativa moltissime autorevoli voci si sono levate per chiedere di fermare una scelta che avrebbe prevedibilmente indebolito l'azione di tutela dell'ambiente e del territorio;
              in particolare, è stata, sin dal principio, espressa la preoccupazione che l'operazione – motivata da presunti risparmi per le casse pubbliche – potesse tradursi in un indebolimento dei controlli preventivi e repressivi precedentemente svolti in modo capillare su tutto il territorio, con un indiretto, ma non meno preoccupante, incoraggiamento della più varia criminalità ambientale;
              a ciò si aggiunga che era già in atto lo smantellamento delle polizie provinciali, contingenti storicamente impegnati nella tutela dell'ambiente, con la conseguenza di una drastica riduzione della vigilanza ambientale italiana;
              gli effetti devastanti della scelta, purtroppo, non si sono fatti attendere ed è stata immediatamente evidente l'inefficienza delle nuove procedure antincendio, proprio perché è venuto a mancare l'unico Corpo con competenza diretta sugli incendi boschivi, dotato di mezzi e personale preparato e profondo conoscitore del territorio rurale, come sottolineato in un comunicato dalla Fp Cgil, la sigla sindacale della funzione pubblica della Cgil, la quale, pur ribadendo l'enorme impegno profuso da tutti gli operatori, ha avvertito la necessità di spiegare che nel passaggio all'Arma dei carabinieri di circa 8 mila unità del Corpo, specializzate nel contrasto agli incendi boschivi, solo un numero esiguo – meno di 400 – è stato assegnato ai vigili del fuoco;
              inoltre, giova ricordare che i vigili del fuoco hanno ereditato la complessa competenza del Corpo forestale dello Stato sugli incendi boschivi, nonostante siano palesemente sotto organico, senza i mezzi adeguati e i presidi capillari di cui era dotata la Forestale, e che numerosi elicotteri dell'ex Corpo forestale dello Stato, con personale addestrato specificamente per l'antincendio, sono fermi a terra, proprio in un momento in cui c’è l'assoluta necessità di usufruire di ogni mezzo disponibile;
              la legge quadro in materia di prevenzione e contrasto agli incendi, legge 21 novembre 2000, n.  353, obbliga, tra l'altro, i comuni a censire annualmente i terreni percorsi dal fuoco attraverso un apposito catasto, in modo da applicare con esattezza i vincoli del caso, che vanno dal divieto di modificare la destinazione d'uso dell'area per 15 anni, all'impossibilità di realizzare edifici ed esercitare la caccia o la pastorizia, per un periodo di dieci anni,

impegna il Governo:

1)    ad attivare immediatamente, attraverso il Centro di coordinamento per le risposte di emergenza (ERCC) ed il Sistema comune comunicazione informazione in emergenza (Cecis) il meccanismo di protezione civile dell'Unione europea, recentemente utilizzato per aiutare il Portogallo, dove si sono verificati terribili incendi, per il cui spegnimento sono stati utilizzati anche i canadair italiani;
2)    a valutare la sussistenza dei presupposti per dichiarare lo «stato di emergenza» a livello nazionale, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n.  225, e successive modificazioni, per tutti i territori colpiti dagli incendi di cui in premessa, ed in particolare alle zone del Vesuvio, del parco del Gargano e della provincia di Messina, dove si sono registrati gli eventi più gravi e drammatici;
3)    a promuovere ogni iniziativa di competenze che consenta di individuare eventuali responsabilità umane, soprattutto nelle zone dove gli incendi hanno causato anche la diffusione di sostanze tossiche e nocive determinando di fatto un vero e proprio disastro ambientale, anche attraverso le ispezioni e verifiche svolte dal (Comando carabinieri per la tutela ambientale (Ccta));
4)    ad incrementare, in tempi brevi, la flotta aerea antincendio mettendo immediatamente in campo tutte le risorse necessarie e ad adottare altresì iniziative volte all'utilizzo delle risorse economiche previste per la lotta agli incendi boschivi nella direzione di una maggiore efficienza dei mezzi già a disposizione dello Stato, al fine di tutelare il patrimonio forestale italiano e di evitare disastri ambientali e perdite di vite umane;
5)    a potenziare le risorse del Comando carabinieri per la tutela ambientale, anche attraverso l'ottimizzazione del coordinamento degli interventi e l'utilizzo di adeguate tecnologie, come i droni, al fine di individuare eventuali responsabilità umane, con particolare riferimento alle zone nelle quali gli incendi hanno causato la diffusione di sostanze tossiche e nocive, determinando un vero e proprio disastro ambientale;
6)    a promuovere iniziative volte a prevedere un monitoraggio e ad introdurre sanzioni per le amministrazioni comunali inadempienti rispetto all'obbligo dell'aggiornamento annuale del catasto dei terreni percorsi da incendi previsto dalla legge n.  353 del 2000, in materia di incendi boschivi, poiché, in assenza del catasto aggiornato, nei comuni inadempienti, che sono la stragrande maggioranza, sono di fatto inapplicabili i vincoli sul cambio di destinazione d'uso stabiliti dalla normativa;
7)    e a fornire al Parlamento un quadro dettagliato circa lo stato dell'arte degli accordi quadro e delle convenzioni stipulate per il coordinamento delle attività antincendio, la distribuzione per regione del personale del Corpo forestale dello Stato transitato nei vigili del fuoco, il numero degli incendi delle ultime settimane, la loro estensione e distribuzione nelle regioni, la tipologia di vegetazione andata distrutta e la quantificazione del danno economico e sociale per la collettività;
8)    a valutare l'ipotesi di assumere iniziative per un ulteriore inasprimento delle pene per i responsabili degli incendi determinati dall'azione dell'uomo, con particolare riferimento al caso in cui dall'incendio derivi un danno grave, esteso o persistente, ovvero pericolo per l'incolumità pubblica o danno alle aree protette;
9)    a valutare l'opportunità di assumere iniziative per riaprire i termini della mobilità previsti dal decreto legislativo n.  177 del 2016 per consentire il transito del personale dell'ex personale del Corpo forestale dello Stato assorbito in altre amministrazioni ai vigili del fuoco;
10)    ad assumere le idonee iniziative normative finalizzate ad una riforma complessiva della legge 21 novembre 2000, n.  353, recante «Legge quadro in materia di incendi boschivi», valutando di estendere temporalmente il divieto di modificare la destinazione dei suoli ed il divieto di nuova edificazione su aree boscate percorse dal fuoco;
11)    ad assumere iniziative per estendere ai terreni agricoli il vincolo di destinazione previsto dalla legge n.  353 del 2000 ed aumentando il periodo di durata del suddetto vincolo, attualmente previsto solo per i terreni boschivi e di pascolo;
12)    a favorire l'immediato ripristino delle colture o della vegetazione distrutta dagli incendi, attraverso l'avvio di procedure pubbliche per l'affidamento delle attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale a tal fine necessari;
13)    a promuovere l'avvio di una campagna di informazione e di sensibilizzazione dell'opinione pubblica sul fenomeno degli incendi boschivi e dei roghi tossici dei rifiuti e sui conseguenti danni ambientali e sanitari, utilizzando a tal fine il servizio pubblico radiotelevisivo ed eventualmente, prevedendo anche il coinvolgimento delle istituzioni scolastiche;
14)    ad assumere iniziative per prevedere un meccanismo di monitoraggio costante dell'azione delle regioni e dei piani regionali per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi con la facoltà in caso di inadempienza di ricorrere immediatamente ai poteri sostitutivi, bloccando contestualmente i trasferimenti statali, non solo quelli destinati alla lotta antincendio, ma anche eventuali ulteriori risorse;
15)    nell'ambito della istituenda struttura organizzativa in materia di coordinamento forestale nazionale presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, a promuovere politiche forestali nazionali volte all'individuazione e alla realizzazione di interventi di gestione attiva del territorio, di carattere permanente e alla prevenzione dei danni arrecati alle foreste dagli incendi, dalle calamità naturali e dagli eventi catastrofici, in ossequio alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema affidata in via esclusiva allo Stato dall'articolo 117, secondo comma lettera s), della Costituzione.
(1-01680) «Simone Valente, Massimiliano Bernini, Luigi Gallo, Cozzolino, Fico, Basilio, Micillo, Zolezzi, Terzoni, Colonnese, Parentela, Grillo, Daga, De Rosa, Busto, Colletti, D'Uva, Pesco, Spadoni, Liuzzi, Castelli, Agostinelli, Alberti, Baroni, Battelli, Benedetti, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Cominardi, Corda, Crippa, Da Villa, Dadone, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Dieni, D'Incà, Fantinati, Ferraresi, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Silvia Giordano, Grande, L'Abbate, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mantero, Marzana, Nesci, Petraroli, Pisano, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spessotto, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Vacca, Vallascas, Vignaroli, Villarosa».

Risoluzioni in Commissione:


      La I Commissione,
          premesso che:
              il territorio dello Stato è investito da una quantità abnorme di incendi, che nell'arco di pochi giorni hanno arrecato danni al patrimonio boschivo equivalenti a quelli causati dalle fiamme in tutto il 2016;
              tra le cause dell'emergenza in cui si trova il Paese per effetto dei roghi figurano certamente le condizioni climatiche stagionali caratterizzate da una prolungata siccità ed altresì l'impulso emulativo esercitato su personalità labili dall'attività di sconsiderati piromani;
              non ha favorito l'efficacia della risposta emergenziale da parte delle unità preposte alla protezione dei boschi ed al soccorso tecnico urgente la lunga fase di rodaggio conseguente alla decisione di sciogliere il Corpo forestale dello Stato, attribuendo il grosso delle sue risorse all'Arma dei carabinieri, che precedentemente mai era stata chiamata ad occuparsi degli incendi boschivi;
              analogamente, non ha certamente contribuito a rendere più incisiva ed immediata l'azione di contrasto ai fuochi la circostanza che i vigili del fuoco si trovino strutturalmente in carenza di personale in molte zone del Paese, con un deficit totale di ben 3.500 effettivi a livello nazionale rispetto alle piante organiche teoriche;
              le carenze complessive di organico nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco stanno in effetti comportando la chiusura o la mancata attivazione stagionale di molti distaccamenti, ampliando a dismisura l'ampiezza delle zone sottoposte alla responsabilità di quelli superstiti, proprio nel momento in cui questi ricevono nuovi compiti a causa dello scioglimento del Corpo forestale dello Stato;
              in tali condizioni, il fatto che il Corpo nazionale dei vigili del Fuoco sia stato privato di parte dei fondi che si era deciso di destinare ai nuovi reclutamenti — 7 milioni dei 23 originariamente messi a disposizione nel corso della trascorsa sessione di bilancio, ora trasferiti al finanziamento del riordino del personale delle Forze armate e dell'ordine — comporterebbe adesso una sensibile riduzione delle assunzioni straordinarie già previste, da 569 a 400 nuove unità, con conseguente compromissione ulteriore delle capacità operative del soccorso tecnico urgente;
          permane, altresì, in sospeso la posizione degli idonei non vincitori dell'ormai famoso concorso 814, la cui graduatoria sarà valida, in assenza di interventi ulteriori, solo fino al 31 dicembre 2017,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative per reperire, nel corso della prossima sessione di bilancio, le risorse da attribuire ai reclutamenti nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in modo da permettere l'assunzione di tutti i 569 effettivi che si era già programmato di incorporare e, ove possibile, anche di ulteriori, con l'obiettivo di impedire la chiusura anche solo temporanea dei distaccamenti ai quali, pare, si stia rinunciando e di permettere altresì al personale del Corpo di fronteggiare al meglio anche le nuove responsabilità connesse alle funzioni ereditate dal disciolto Corpo forestale dello Stato;
          ad assumere al più presto iniziative per prevedere la proroga al 31 dicembre 2018 della graduatoria del concorso pubblico per 814 vigili del fuoco di cui al bando indetto con decreto ministeriale n.  5140 del 6 novembre 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4a serie speciale, n.  90, del 18 novembre 2008.
(7-01330) «Invernizzi, Fedriga, Castiello».


      La IX Commissione,
          premesso che:
              con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione n.  5-11758, la firmataria del presente atto portava all'attenzione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti la questione relativa al modello attualmente adottato dall'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) per la valutazione del rischio contro terzi, ai sensi dell'articolo 715 del codice della navigazione, modello ritenuto obsoleto ed in parte superato poiché non adeguato alle nuove e crescenti stime del traffico aereo;
          come noto, il decreto legislativo 9 maggio 2005, n.  96, ha introdotto nel codice della navigazione l'articolo 715 (valutazione di rischio delle attività aeronautiche), le cui disposizioni prevedono che, al fine di ridurre il rischio derivante dalle attività aeronautiche alle comunità presenti sul territorio limitrofo agli aeroporti, l'Enac individui gli aeroporti per i quali effettuare la valutazione di impatto del rischio (piano di risk assessment), e che di tali valutazioni i comuni tengano conto nell'esercizio delle proprie funzioni di pianificazione e gestione del territorio;
          la direzione centrale regolazione aeroporti ha posto in essere dal 2005 un programma di attività finalizzate a dare attuazione a tale disposizione normativa, i cui risultati sono contenuti nel documento di Enac «Valutazione di rischio delle attività aeronautiche – Attuazione dell'articolo 715 del codice della navigazione»;
          sulla scorta delle indicazioni contenute nella documentazione di riferimento Icao, è stato messo a punto un modello statistico-matematico in collaborazione con la facoltà di ingegneria dell'università degli studi di Roma «La Sapienza», la cui validazione nel novembre 2006 è stata acquisita mediante confronto dei risultati forniti dal modello olandese;
          una volta conclusa positivamente la validazione del modello, l'Enac ha avviato la valutazione del rischio contro terzi prevista dall'articolo 715, scegliendo prioritariamente quegli aeroporti inseriti in contesti urbani particolarmente «sensibili» e rientranti tra i criteri di selezione che sono illustrati nella policy di attuazione. Tali criteri sono stati definiti parallelamente all'attività di sviluppo e validazione della metodologia di calcolo e, da un'applicazione preliminare di tali criteri, la valutazione del rischio contro terzi ha interessato in prima applicazione, circa dodici aeroporti;
          una volta conclusa l'attività di calcolo, il modello fornisce una serie di curve di isorischio che vengono riportate sulla base cartografica rappresentante il territorio in cui è inserito l'aeroporto oggetto di studio e che fanno riferimento alla probabilità che un individuo, residente permanentemente nei dintorni di un aeroporto, ha di rimanere coinvolto in un incidente aereo;
          i comuni di sedime aeroportuale e quelli prossimi interessati sono quindi tenuti a recepire i risultati del risk assessment adattando i propri strumenti di gestione e pianificazione del territorio, sulla base delle planimetrie redatte dall'Enac e trasmesse agli stessi, raffiguranti le curve di output da applicare per le misure di tutela;
          negli ultimi anni il traffico aereo ha conosciuto un significativo aumento sia in termini di passeggeri – con un aumento del 4,8 per cento rispetto al 2015, secondo i dati forniti dall'Enac per l'anno 2016 – sia come numero dei movimenti aerei (decollo o atterraggio di un aeromobile su un aeroporto) con il 2,4 per cento in più rispetto al 2015;
          di conseguenza, alcuni importanti scali nazionali – come Fiumicino, Malpensa, Treviso e Venezia – hanno conosciuto un forte tasso di crescita e per alcuni di essi è stato stimato addirittura un raddoppio dei passeggeri nei prossimi 20 anni;
          secondo una stima basata sui tassi di crescita previsti per il traffico mondiale (Iata), nel 2035 il numero di passeggeri in Italia arriverà a 311 milioni, superando le previsioni poste alla base del Piano nazionale aeroporti,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative di competenza per rivedere il modello di calcolo del «risk assessment» o rischio contro terzi (valutazione dell'impatto di rischio derivante dalle attività aeronautiche per le comunità presenti sul territorio limitrofo agli aeroporti di cui all'articolo 715 codice della navigazione), attualmente utilizzato dall'Enac, alla luce delle previsioni di incremento, per i prossimi anni, del traffico aereo, con particolare riferimento a determinati scali aeroportuali e della crescita del numero dei passeggeri, a tutela dei passeggeri e dell'equipaggio a bordo, oltre che dei cittadini residenti.
(7-01329) «Spessotto».


      La XII Commissione,
          premesso che:
              il decreto-legge 7 giugno 2017, n.  73, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  130 del 7 giugno 2017, rende obbligatorie per i minori di età compresa tra i zero e i sedici anni e per i minori stranieri non accompagnati 10 vaccinazioni, fatta salva l'avvenuta immunizzazione e l'accertamento documentato di specifiche condizioni di salute che ne rendono necessaria l'omissione o il differimento;
              l'articolo 5-ter dello stesso provvedimento consente al Ministero della salute di avvalersi di un contingente fino a 20 unità di personale di altri dicasteri in posizione di comando, da individuare prioritariamente tra quello in possesso di professionalità giuridico amministrativa e economico contabile, al fine di definire le procedure intese al ristoro dei soggetti danneggiati da trasfusioni con sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti o da vaccinazioni obbligatorie;
              ai fini della copertura degli oneri finanziari derivanti dall'impiego del contingente in questione, quantificati in 359.000 euro per l'anno 2017 e 1.076.000 euro per l'anno 2018 viene ridotta in misura corrispondente l'autorizzazione di spesa per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, stanziata dall'articolo 2, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n.  244;
              il decreto, negli articoli 5-bis e 5-ter, fa riferimento solo alle vaccinazioni obbligatorie. Prevede, infatti, che le disposizioni di cui alla legge 25 febbraio 1992, n.  210, si applichino a tutti i soggetti che, a causa delle vaccinazioni indicate nell'articolo 1 della legge stessa, abbiano riportato lesioni o infermità dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, escludendo quindi le ulteriori vaccinazioni raccomandate che non sono incluse all'articolo 1, come ad esempio l'Hpv per le femmine e per i maschi, l'Herpes Zoster o l'epatite A, ma che sono fortemente raccomandate;
              la sentenza della Corte costituzionale 26 aprile 2012 n.  107 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n.  210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nella parte in cui non prevede il diritto ad un indennizzo, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla medesima legge, nei confronti di coloro i quali abbiano subìto le conseguenze previste dallo stesso articolo 1, comma 1, a seguito di vaccinazione contro il morbillo, la parotite e la rosolia, vaccinazioni che all'epoca erano solo raccomandate;
              l'articolo 545 del codice di procedura civile stabilisce che non possono essere pignorati crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell'elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza. Il vitalizio bimestrale percepito direttamente dal contagiato per emotrasfusione o per danno da vaccinazione obbligatoria, ex lege 25 febbraio 1992, n.  210, può essere assimilato ad un sussidio per malattia, in quanto ha carattere esclusivamente assistenziale. In conseguenza di ciò, dovrebbe essere pacificamente escluso un pignoramento del vitalizio. Accade tuttavia che danneggiati che percepiscono l'indennizzo ex lege n.  210 del 1992 si vedono pignorata la somma dello stesso quando viene accreditato sul conto corrente,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative per prevedere la possibilità che il Ministero della salute, con riferimento ai procedimenti giudiziari instauratisi, si possa rivalere sulle aziende farmaceutiche produttrici dei vaccini a causa dei quali sia stato riconosciuto l'indennizzo, ai sensi della legge 25 febbraio 1992, n.  210;
          a valutare l'opportunità di assumere iniziative normative affinché le risorse necessarie ad assicurare al Ministero della salute un contingente fino a 20 unità di personale dedicate alla definizione delle procedure intese al ristoro dei soggetti danneggiati da trasfusioni con sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti o da vaccinazioni obbligatorie non siano sottratte dall'autorizzazione di spesa per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie;
          ad assumere iniziative per dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale 26 aprile 2012, n.  107, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n.  210, nella parte in cui non prevede il diritto all'indennizzo nei confronti dei soggetti che hanno subito un danno a seguito di vaccinazioni non obbligatorie ma raccomandate, assicurando il diritto all'indennizzo a tutti coloro che siano stati danneggiati da vaccinazioni, non solo quelle previste dall'articolo 1 della legge 25 febbraio 1992, n.  210, ma anche quelle previste dal piano nazionale vaccini 2017-2019;
          ad assumere iniziative per chiarire immediatamente, nelle more di un futuro intervento normativo, con apposita circolare ministeriale, l'applicazione della legge a tutti i danneggiati da vaccinazioni, anche non obbligatorie, secondo l'interpretazione della Corte costituzionale, onde evitare ulteriori difficoltà nell'accesso all'indennizzo da parte degli aventi diritto;
          ad assumere iniziative per concludere le procedure di equa riparazione entro e non oltre dicembre 2017, così come previsto dall'articolo 27-bis del decreto-legge 24 giugno 2014, n.  90;
          ad assumere iniziative per definire una norma di interpretazione autentica che chiarisca in maniera inequivocabile che tutti gli eredi, anche quelli che hanno agito solo iure proprio, possano accedere all'equa riparazione, considerato che il Ministero della salute ha bloccato i pagamenti per alcuni di questi che avevano agito per il riconoscimento del danno da loro stessi subiti per la morte del parente da vaccinazione o da emotrasfusione;
          a rendere pubblici, tramite il Ministero della salute, i dati relativi al contenzioso di cui alla legge 25 febbraio 1992, n.  210, al fine di valutare a fini statistici l'incidenza dannosa delle vaccinazioni obbligatorie, quantificare le domande, calcolare i tempi di evasione della pratiche di ricorso, quantificare le liquidazioni, e rendere consultabili da chiunque i dati che difficilmente risultano oggi reperibili;
          ad assumere iniziative normative che chiariscano definitivamente che la somma percepita a titolo di indennizzo ex lege 25 febbraio 1992, n.  210, non può essere pignorata, anche quando questa venga accreditata sul conto corrente del danneggiato da emotrasfusione o da vaccinazione, a norma dell'545 del codice di procedura civile che enuncia tale principio.
(7-01331) «Lorefice, Silvia Giordano, Grillo, Nesci, Mantero, Colonnese».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      PIRAS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          come si apprende da diversi organi di stampa, nella notte fra il 29 ed il 30 luglio 2017 vi è stato un attentato incendiario in una villa nelle campagne della periferia di Sassari, affittata ad una cooperativa che si occupa di accoglienza dei migranti. Il gesto — di chiara matrice xenofoba — che ha causato l'incendio dei materassi e non ha generato ulteriori e più gravi danni solo grazie all'intervento dei vigili del fuoco, sarebbe correlabile al previsto arrivo, presso quella struttura, di una quarantina di migranti. Già nei giorni precedenti all'evento, diversi cittadini avevano manifestato pubblicamente contrarietà circa la destinazione d'uso della villa in questione;
          tale episodio di violenta intolleranza non risulta l'unico nell'isola, specialmente nelle ultime settimane. Il 27 luglio 2017, infatti, ignoti hanno fatto esplodere un ordigno di fronte ad una porta del centro di prima accoglienza in località « Su Babbu Mannu» (a Dorgali, Nuoro) e gestito dalla cooperativa « The Others». L'esplosione ha divelto completamente la porta e provocato ingenti danni ad una parte della struttura, causando inoltre il ferimento di due dei 64 stranieri ospitati. Il 28 luglio, invece, sempre degli ignoti hanno dato fuoco al furgone di un cittadino senegalese di 58 anni e da 23 residente a Nuoro;
          numerosi risultano inoltre — negli ultimi mesi — gli episodi di intolleranza e xenofobia in Sardegna, per fortuna non sfociati in atti violenti come quelli sopra citati;
          nonostante l'estrema gravità di quanto accaduto, gli eventi descritti non sono neanche stati oggetto del dibattito mediatico e politico nazionale, quasi a significare una sottovalutazione — o peggio rassegnazione — del sentire comune rispetto ad azioni discriminatorie e razziste che, purtroppo, stanno inquinando il Paese intero;
          a giudizio dell'interrogante servirebbe quindi una chiara azione del Governo volta in primis a stigmatizzare ogni singolo episodio di questo tipo, intervenendo poi su chiare politiche di accoglienza in netta discontinuità con quanto fatto nel recente passato  –:
          se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere, nell'immediato, per fronteggiare gli ingiustificati sentimenti di odio xenofobo che pericolosamente stanno prendendo piede nella comunità sarda e nella società tutta. (5-12012)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BASILIO, CORDA, FRUSONE, RIZZO e TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il 23 giugno 2017, sul sito www.partitodirittimilitari.it è stato pubblicato un comunicato col seguente titolo: «Sia lodata la Pinotti, sempre sia lodata ! Anche i preti soldato brindano al riordino delle carriere»;
          il 15 marzo 2015 il portavoce della sala stampa vaticana aveva annunciato l'interesse a definire la questione dei cappellani militari attraverso una commissione bilaterale ma, ad oggi, non risulta nessun provvedimento concreto, rilevandosi altresì un notevole silenzio sull'argomento;
          da molteplici fonti di stampa gli interroganti hanno potuto apprendere che la questione dei cappellani militari è stata più volte portata all'attenzione del Parlamento e del Governo fino a quando, nel 2012, il Governo pro tempore, con il decreto legislativo 24 febbraio 2012, n.  20, ha previsto, con l'articolo 1 comma 1, lettera b), la modifica dell'articolo 17, comma 1 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66;
          la questione è stata oggetto di molteplici servizi radiofonici e televisivi tra i quali quelli realizzati dal programma «Le Iene» il 19 novembre 2013 e il 19 novembre 2014, nei quali sia l'ordinario militare, che il sottosegretario di Stato Domenico Rossi, hanno manifestato la piena disponibilità alla soluzione della questione anche in conseguenza dell'evidente indignazione dell'opinione pubblica;
          appare comunque opportuno agli interroganti che si provveda alla modifica dell'articolo 17 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66 in modo tale che l'amministrazione militare assicuri i mezzi non economici e le strutture logistiche per lo svolgimento del servizio di assistenza spirituale dei cappellani militari;
          appare altresì opportuno prevedere con apposita norma con cui si disponga che dall'attuazione degli articoli 12 e 13 dell'intesa fra il Ministro dell'interno e il Presidente della Conferenza episcopale italiana, firmata il 9 settembre 1999, allegata al decreto del Presidente della Repubblica del 27 ottobre 1999, n.  421, concernente l'esecuzione dell'intesa sull'assistenza spirituale al personale della polizia di Stato di religione cattolica, non possano derivare oneri a carico del bilancio dello Stato, ovvero del Ministero dell'interno. Tali norme potrebbero trovare adeguata collocazione nella manovra di bilancio per il 2018 che il Governo si sta apprestando a redigere  –:
          quali siano state le iniziative poste in essere dal Governo per dare seguito all'intesa di cui al citato articolo 11 dell'Accordo, con protocollo addizionale, tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede, ratificato e reso esecutivo con la legge 25 marzo 1985, n.  121;
          se il Governo intenda assumere iniziative per apportare correzioni alla disciplina di riordino delle carriere militari che prevede l'assimilazione di rango per i cappellani militari ai gradi militari, al fine di eliminare i costi dello Stato per le retribuzioni dei cappellani militari. (4-17542)


      CARFAGNA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          l'ultimo piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere (articolo 5 del decreto-legge n.  93 del 14 agosto 2013, convertito dalla legge n.  119 del 2013) è stato adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2015;
          con decreto del 25 luglio 2016 del Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento con delega alle pari opportunità, è stata costituita la cabina di regia interistituzionale prevista dal paragrafo 3.1 del piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere;
          inoltre, è stato istituito presso il dipartimento per le pari opportunità un Osservatorio che avrebbe l'obiettivo di supportare la cabina di Regia «mediante studi e ricerche, proposte di intervento, monitoraggio dell'attuazione del Piano e valutazione sull'impatto delle politiche in tema di contrasto alla violenza maschile sulle donne e protezione vittime»  –:
          quante volte si siano riuniti la cabina di regia e l'Osservatorio e se intenda fornire elementi circa le attività svolte e gli obiettivi raggiunti da entrambi gli organi dalla loro istituzione. (4-17548)


      TERZONI, CECCONI e AGOSTINELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          dall'articolo apparso sul giornale online Cronache Ancona si apprende, grazie a una intercettazione telefonica intercorsa fra Mauro Lancia (legale rappresentate della Lancia srl indagato per corruzione sulla ricostruzione in Abruzzo), e un alto funzionario del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, che il presidente della regione Marche Luca Ceriscioli avrebbe avuto una cena il 7 ottobre 2016 con l'imprenditore sopra citato e altri imprenditori edilizi;
          sempre dalle medesime intercettazioni è emerso che Lancia al telefono avrebbe detto, «Ho avuto la cena di cui ti parlavo. Ci ha detto come funziona, tutte le opere pubbliche vengono appaltate a Roma. Tocca verificare, le linee guida non sono chiare per evitare lo scandalo vergognoso de l'Aquila»;
          inoltre, secondo quanto affermato dal Gip Gargarella, impegnato nelle indagini e che ha firmato la custodia cautelare ai domiciliari dell'imprenditore, «Lancia ha entrature e agganci presso la Regione ed il Mibact delle Marche»  –:
          se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
          se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per rivedere le disposizioni dettate dal decreto-legge n.  189 del 2016 in ordine all'attribuzione degli incarichi di vice commissario alla ricostruzione, in modo da affidare tali funzioni a soggetti estranei alle dinamiche della politica regionale, e prevedere un controllo governativo sulle pratiche evase e che si andranno ad evadere nella fase della ricostruzione post sisma. (4-17554)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
          secondo i dati del Consorzio del Ticino dei 264 metri cubi al secondo che entrano nel fiume, ne restano appena 14 dopo i prelievi destinati all'agricoltura, quota imposta da una normativa del 2010 al di sotto della quale si rischia il collasso: infatti, il livello di 14 metri cubi al secondo corrisponde al deflusso minimo vitale (Dmv);
          importante riduzione di portata sarebbe determinata dalla bassa affluenza di acqua che si riversa dalla Svizzera nel lago Maggiore, causata da una siccità ormai cronica e dalla scarsità dei ghiacciai ritiratisi e dalla mancanza di nevicate nel periodo invernale, che in questi giorni ha raggiunto il minimo storico di 44,2 metri cubi, record che supera quello negativo del 2006 che corrispondeva a 50,8 metri cubi;
          il parco del Ticino, come riportato da organi di stampa, lancia l'allarme: si sta verificando uno svuotamento molto accelerato del lago Maggiore che si abbassa di quasi 10 centimetri al giorno, contro i 4-5 centimetri degli anni scorsi;
          in base alla misurazione effettuata a Sesto Calende, 10 centimetri corrispondono a 20 milioni di metri cubi, esattamente a 20 miliardi di litri: dati preoccupanti considerando che si è solo alla fine di luglio;
          se i ritmi di uscita si manterranno sulle cifre suesposte, si metteranno a rischio l'ecosistema del parco e l'agricoltura, entrambi già in forte sofferenza;
          il parco del Ticino chiede l'aumento del livello di regolazione massima del lago Maggiore, che ora è a 1 metro, con deroga a 1,25. La richiesta è di portarlo a metri 1,50 al di sopra dello zero idrometrico di Sesto Calende, appena possibile alle prossime auspicabili piogge, che corrisponderebbe a 52 milioni di metri cubi di acqua in più, in modo da avere una riserva idrica provvidenziale per l'ecosistema, l'agricoltura e le attività produttive;
          si richiama l'interpellanza n.  2-01245 sottoscritta da 32 deputati del Partito Democratico e la relativa risposta del Governo in cui si descriveva la cosiddetta sperimentazione  –:
          come il Ministro interpellato intenda procedere per porre rimedio alla crisi idrica del Ticino, tutelando il parco riconosciuto dall'Unesco come riserva della biosfera e salvaguardando flora e fauna di quell'ecosistema che annovera 50 specie già in condizioni di rischio, e quali siano i risultati della sperimentazione messa in atto.
(2-01907) «Scuvera, Ferrari, Prina, Zardini, Gasparini, Falcone, Garavini, La Marca, Braga, De Maria, Arlotti, Bratti, Giuseppe Guerini, Marantelli, Narduolo, Iori, Bergonzi, Gianni Farina, Cinzia Maria Fontana, Lorenzo Guerini, Cassano, Casati, Misiani, Camani, Carra, Rampi, Sbrollini, Terrosi, Bombassei, Quintarelli, Preziosi».

Interrogazione a risposta orale:


      D'INCÀ. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          le ultime settimane si sono caratterizzate in tutta Italia per una serie impressionante di incendi;
          alcuni appaiono accidentali in connessione a siccità e canicola estiva, altri sembrano dovuti alla scarsa manutenzione preventiva sul territorio, altri ancora, numerosi, sono connessi alla combustione di rifiuti;
          nel Veneto si assiste da più di un anno a una serie lunga di incendi di rifiuti;
          in effetti ne il Fatto del 21 ottobre 2016 si paragonava il territorio veneto alla «Terra dei fuochi» campana;
          si leggeva testualmente: alla fine di settembre 2016 «è stato il turno di un'altra piattaforma di selezione, la Nek di Monselice, in provincia di Padova. Qui il fuoco sembra essere di origine dolosa, anche se le cause sono ancora da accertare», «Gli impianti prendono fuoco in tutta Italia, anche se è il Veneto la regione che rischia di trasformarsi in una nuova piccola terra dei fuochi. Un aspetto che non è sfuggito neanche al Noe. Qui il numero degli incendi ha subito una brusca impennata»; ne l’Eco vicentino del 25 marzo 2017 si riporta di un grave incendio a Rossano Veneto, inerente a 1.500 metri quadrati del capannone adibito a deposito e trattamento di rifiuti speciali della ditta Fiorese Ecologia, l'Ansa del 7 giugno 2017 riporta la notizia di un grave incendio a Marghera di un capannone per il trattamento di rifiuti ingombranti della società Ecoricicli controllata da Veritas;
          ad abundatiam, il Fatto del 3 gennaio 2017 parlava di «voragini milionarie nei conti, arresti per corruzione e l'ombra della criminalità organizzata. Nonostante sia considerata una delle più virtuose in Italia, la regione è attraversata da scandali e indagini sulle società operanti nel settore. Tra queste c’è Padova Tre, che nel 2001 ha creato Ecofficina, la coop entrata che gestisce il centro di prima accoglienza di Cona, in provincia di Venezia»;
          inoltre, è di questi giorni l'indagine della direzione distrettuale antimafia di Brescia con l'ausilio della polizia giudiziaria del Noe che sta inquisendo anche dirigenti di importanti società per azioni miste quotate in borsa per le responsabilità di traffici di rifiuti Sud-Nord, contrariamente al passato quando i traffici avevano il verso opposto  –:
          di quali elementi disponga il Governo circa i fatti sopra riportati concernenti gli incendi di rifiuti al Nord e segnatamente nel Veneto e se non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per contrastare il traffico ovvero l'instradamento dei rifiuti verso il Nord l'Italia – che rischia di diventare il territorio di incenerimento dei rifiuti italiani tramite i termovalorizzatori ovvero gli incendi – in modo che siano rispettate in maniera rigorosa le norme esistenti a garanzia della salute dei cittadini e dell'ambiente. (3-03200)

Interrogazioni a risposta scritta:


      MICILLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          con delibera della giunta della regione Campania n.  381/2015 si è inteso provvedere agli adempimenti utili a conformarsi alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 16 luglio 2015 (causa C-653/13), approvando un documento di indirizzo per l'aggiornamento del piano regionale per la gestione dei rifiuti urbani;
          tale aggiornamento si basa sull'incremento della raccolta differenziata fino al 65 per cento entro il 2019 e molte città in Campania sono lontane dall'obiettivo;
          il piano prevede l'implementazione di due filiere di trattamento: «la seconda di queste due filiere di trattamento sarà volta alla produzione di css in due impianti, da realizzarsi, rispettivamente, nell'area dello stir di Caivano ed in un'area da identificare nelle zone limitrofe ai siti di stoccaggio principali per una potenzialità complessiva di circa 2.000.000 di tonnellate»;
          nel paragrafo 2.2 è previsto il «recupero energetico in impianti di trattamento termico sul territorio nazionale o comunitario» ed al paragrafo 4 si ammette che «il recupero/smaltimento fuori Regione delle intere ed enormi quantità di rifiuti stoccati, pari all'origine a circa 5.500.000 tonnellate, sia difficilmente perseguibile per motivazioni di carattere economico e di disponibilità di impianti capaci di accettare tali quantitativi in pochi anni». Leggendo in combinato i due paragrafi si evince che si arriverà alla costruzione di nuovi impianti per lo smaltimento del css ricavato dal trattamento dei rifiuti;
          al paragrafo 2.2 si legge «il trattamento dei rifiuti in balle per la produzione del Css e/o per il recupero di materia, produrrà degli scarti di processo da destinare ad impianti di discarica controllata: a tal fine, è prevista l'identificazione di aree da riqualificare morfologicamente al fine di realizzare siti di smaltimento della frazione residua non destinabile a recupero di materia o a valorizzazione energetica proveniente dai processi di lavorazione delle balle»;
          al paragrafo 7 si legge «il trattamento di rifiuti in balle finalizzato alla produzione di css sarà attuato anche all'interno di un'area da identificare tra quelle limitrofe ai siti di stoccaggio di maggiori dimensioni»;
          al paragrafo 6.1 si legge «Stime preliminari consentono di ritenere ragionevole che il trattamento del rifiuto in balle consenta di destinare a recupero una quantità pari a circa il 25-35 per cento in peso del rifiuto trattato, costituito da materiali recuperabili quali plastiche e, in misura minore, metalli»;
          la restante aliquota del rifiuto in balle processato è destinata a discarica e rappresenta circa il 65-75 per cento della massa complessiva di rifiuti da trattare;
          in riferimento al paragrafo 8.1, infine, calcolando che su 1.600.000 tonnellate solo 420.000 tonnellate potrebbero essere recuperate, 1.180.000 tonnellate sono già destinate a discariche da individuarsi nel territorio di Giugliano o limitrofo  –:
          di quali elementi disponga il Governo circa l'ipotesi di installare nuovi impianti di trattamento del rifiuto organico nell'area della «Terra dei fuochi», soprattutto in un territorio già vessato e saturo come quello di Giugliano e Villa Literno, e di costruire un nuovo impianto di trattamento termico dei rifiuti, nonché di smaltire, tramite trattamento termico, il combustibile solido secondario in impianti già esistenti sul territorio regionale;
          se non si ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per evitare qualsiasi intervento di trattamento termico del combustibile solido secondario in tali zone;
          quali iniziative di competenza intenda intraprendere per raggiungere i livelli di raccolta differenziata prescritti. (4-17544)


      PALMIZIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il lago di Quarto si trova nell'alto Appennino cesenate tra i comuni di Bagno di Romagna e Sarsina; è il secondo lago per dimensioni e per importanza della provincia di Forlì – Cesena dopo Ridracoli ed ha un bacino artificiale che ha un'estensione dello specchio liquido di 0,11 chilometri quadrati ed un volume d'acqua di 0,35 milioni di metri cubi;
          i principali corsi d'acqua che si immettono nelle acque del lago sono il Savio (nel segmento corto) e il torrente la Para (nel segmento lungo). Da decenni si ipotizza uno sfruttamento intensivo, mai realmente messo in pratica, delle acque per scopi di rifornimento idrico;
          già nel 1925, la «Società Elettrica Alto Savio» (SIDAS), pensò di sfruttare le risorse idriche del lago per produrre energia elettrica, utilizzando la diga edificata nel 1922 che, al livello di massimo invaso, estendeva la superficie dello specchio liquido del lago artificiale fino a 0,87 chilometri quadrati ed il volume d'acqua fino a 4,50 milioni di metri cubi;
          nel 1991 vennero firmati protocolli d'intesa che prospettavano di derivare dal Savio e dai bacini adiacenti circa 25 milioni di metri cubi d'acqua all'anno, da potabilizzare sia con l'impianto di Capaccio di Santa Sofia, sia con un nuovo impianto da realizzare per le acque del lago di Quarto;
          nel 1997 l'assemblea di «Romagna Acque» (oggi «Romagna Acque-Società delle Fonti», società per azioni, a capitale totalmente pubblico vincolato, proprietaria di tutte le fonti idropotabili per usi civili della Romagna, che gestisce la produzione all'ingrosso della risorsa per i territori di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini, per mezzo di un complesso sistema acquedottistico denominato «Acquedotto della Romagna») approvò un piano di intervento comprendente questi progetti, grosso modo invariati, a parte una diminuzione dei prelievi idrici previsti;
          nel 2007 il sindaco di Sarsina dell'epoca (Lorenzo Cappelli) scrisse a regione, province e comuni per sollecitare la prosecuzione del progetto per lo sfruttamento delle acque del Savio e dei bacini adiacenti;
          solo nel 2009, però, venne completato un primo stralcio dei lavori per la pulizia delle acque ed il ripristino del lago, come da accordi intercorsi tra Ministero dell'ambiente, regione ed Enel fin dal 1994;
          l'attuale sindaco di Sarsina, Luigino Mengaccini, ha rilanciato l'iniziativa del progetto di utilizzo del lago di Quarto come risorsa idrica, ripartendo dal disegno originario avallato dall'allora presidente di Romagna Acque, Giorgio Zanniboni;
          il 25 luglio 2017 il consiglio comunale ha deciso, inoltre, di stanziare 30 mila euro dell'avanzo di bilancio per avviare un progetto di valorizzazione turistica e naturalistica dell'area del lago, gestito direttamente dall'amministrazione comunale  –:
          quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato e quali iniziative di competenza intenda assumere, da un lato, per valorizzare il lago di Quarto dal punto di vista ambientale, paesaggistico e turistico e, dall'altro, per realizzare finalmente il progetto che permetterebbe di inquadrare le acque del lago come un'importantissima risorsa idrica ed idroelettrica di rilevanza nazionale, in un momento in cui la maggior parte delle regioni italiane sono in ginocchio a causa delle carenza idrica e della conseguente siccità, considerato anche il fatto che, da sempre, il lago di Quarto lavora a regime ridottissimo, senza che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a quanto consta all'interrogante, sia mai intervenuto per correggere tale andamento. (4-17546)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
          la via Francigena, itinerario le cui origini risalgono al Medioevo quando Sigerico stabilì in 80 tappe il percorso seguito da coloro che da Canterbury raggiungevano la capitale della cristianità, ha visto nel 2016 approvata dal Consiglio d'Europa l'estensione del tracciato lungo la via Francigena del Sud fino a Santa Maria di Leuca;
          nel gennaio 2016 è stata emanata dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo la direttiva «2016 – Anno dei Cammini d'Italia» che definisce i «cammini» come «gli itinerari culturali di particolare rilievo europeo e/o nazionale percorribili a piedi o con altre forme di mobilità dolce sostenibile e che rappresentano una modalità di fruizione del patrimonio naturale e, culturale diffuso, nonché una occasione di valorizzazione degli attori naturali, culturali dei territori interessati», essa stabilisce la stesura di linee guida e specifica le attività da realizzare: dalla ricognizione degli itinerari, alla redazione di un «Atlante dei Cammini d'Italia», alla individuazione di comuni che si distinguano per l'attenzione rivolta al turismo lento e sostenibile;
          con delibera del Cipe n.  3 del 1o maggio 2016 sono stati stanziati 1000 milioni di euro, ripartiti nelle annualità dal 2016 al 2022, a valere sul fondo di sviluppo e di coesione 2014-2020, per l'attuazione del cosiddetto «piano stralcio cultura e turismo» ai sensi dell'articolo 1, comma 703, lettera d), della legge n.  190 del 2014;
          tra gli interventi proposti nel piano stralcio taluni afferiscono al «macro-aggregato 2 Sistemi territoriali turistico-culturali (cammini, percorsi, aree vaste)» e le linee guida individuate per raggiungere gli obiettivi del macro aggregato sono riassumibili in quanto riportato di seguito:
              1) rafforzare gli itinerari già riconosciuti dal Consiglio d'Europa (Francigena);
              2) recuperare e valorizzare gli itinerari e i percorsi in corso di valutazione per l'inserimento nella lista del patrimonio mondiale dell'Unesco (via Francigena, via Appia);
              3) rafforzare gli itinerari e i percorsi già attivati nei territori interni (cammino di San Francesco, cammino di Santa Scolastica) intercettando anche il turismo religioso nell'ambito della valorizzazione del patrimonio diffuso nelle aree interne;
          la tabella – Allegato 2, riporta le somme impegnate per la realizzazione delle azioni sopra richiamate, pari a 20 milioni di euro per ciascuna tipologia;
          con atto del Governo n.  372 a gennaio 2017 è stato presentato il piano stralcio di sviluppo del turismo in Italia per il periodo 2017-2022 sul quale, il 15 settembre 2016 la Conferenza Stato-regioni ha espresso parere favorevole;
          nell'obiettivo specifico 3 e nelle linee d'intervento A.3.2. e A.3.3. si rilevano indicazioni per il perseguimento e l'incentivazione di attività compatibili con la valorizzazione dei cammini, a cui è riconducibile pertanto anche la via Francigena ancorché non espressamente citata;
          il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha inoltre istituito un tavolo tecnico permanente finalizzato alla definizione di una governance unica per la via Francigena;
          il decreto-legge n.  83 del 2014 prevede, tra l'altro, la possibilità di affidare gratuitamente i beni demaniali non utilizzati e presenti lungo il percorso francigeno, di realizzare azioni pubblicitarie e di promozione sui mercati interno ed estero e di formare operatori turistici, guide, addetti alla informazione turistica;
          la legge di stabilità 2015 ha stanziato 3 milioni di euro destinati al finanziamento dal parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti delle azioni previste nel provvedimento cosiddetto «Sblocca Italia», per il miglioramento della mobilità lungo i principali cammini;
          nel 2016 si è costituito un gruppo di lavoro presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con l'obiettivo di individuare le emergenze culturali significative presenti lungo il tracciato francigeno al fine del loro inserimento nell'ambito del più vasto progetto di candidatura della via Francigena nella lista del patrimonio tutelato dall'Unesco, avviato dallo stesso Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo nel 2010;
          a partire dal 1994, anno in cui la via Francigena ha ottenuto da parte del Consiglio d'Europa il riconoscimento di itinerario culturale, molti dei territori attraversati hanno dimostrato un notevole dinamismo progettuale che ne ha permesso la custodia, la salvaguardia, la valorizzazione, la promozione, la conoscenza;
          la valorizzazione della Via Francigena e degli altri cammini individuati dalla citata delibera del Cipe rappresenterebbe un significativo volano per promuovere l'Italia come un vero e proprio «museo diffuso» e una occasione di valorizzazione delle ricchezze paesaggistiche e di riscoperta del vasto patrimonio enogastronomico e artigianale locale  –:
          a che punto siano la realizzazione dell'Atlante dei cammini e la stesura delle linee guida previste dalla direttiva sui cammini;
          quale sia lo stato dell'arte rispetto alla predisposizione del dossier necessario alla candidatura Unesco della via Francigena, e alle emergenze culturali diffuse sul suo tracciato;
          quali siano le azioni concordate dal tavolo tecnico sopra richiamato al fine di definire una governance unica della via Francigena e dei cammini in generale e quali siano le novità relative alla via Francigena del sud;
          come siano stati impiegati i 60 milioni di euro di cui in premessa o, in alternativa, quali linee di indirizzo siano state definite per il loro utilizzo;
          se siano state individuate le opere da realizzare lungo il tracciato della via Francigena al fine di raggiungere l'obiettivo della accessibilità per tutti;
          quali azioni di coordinamento siano state intraprese dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per l'utilizzo delle somme di cui alla legge di stabilità 2015;
          quali aggiornamenti intendano fornire in relazione all'applicazione del decreto-legge n.  83 del 2014, convertito, con modificazioni dalla legge 24 luglio 2014, n.  106, con riferimento a quanto espresso in premessa;
          se si intenda fornire un resoconto dettagliato sull'attività del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo rispetto alla via Francigena e ai cammini.
(2-01908) «Terrosi, Romanini, Cenni, Cova, Venittelli, Manzi, Capone, Carocci, Rocchi, Incerti, Mazzoli, Prina, Pinna, Rossi, Fiorio, Cuperlo, Gnecchi, Dallai, Verini, Malisani, Mariani, Giacobbe, Casellato, Beni, Miccoli, Patrizia Maestri, Montroni, Luciano Agostini, Scuvera, Amato, Tentori, Baruffi, Stella Bianchi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FANTINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          il turismo in Italia è un settore che sempre stato fonte di ricchezza e, recentemente, sono stati registrati risultati molto positivi per quanto riguarda la stagione estiva. Questo incremento di presenze, tuttavia, non è tanto l'esito di politiche di sviluppo chiare ed esplicite, quanto l'effetto di fattori esogeni che hanno portato molti italiani a preferire il Belpaese e hanno dirottato sulle coste italiane molti viaggiatori che hanno disertato altre destinazioni del Mediterraneo ritenute pericolose per terrorismo e guerre;
          non serve convincere nessuno del fatto che l'Italia sia incapace di valorizzare il proprio potenziale in questo settore, perdendo un'occasione di crescita difficilmente replicabile in altri contesti; secondo alcune stime, sarebbe possibile incrementare il prodotto interno lordo di circa 30 miliardi di euro e l'occupazione di 500 mila nuovi posti di lavoro; pensando ai giovani, sarebbe ovvio considerare questi obiettivi come una priorità, rimboccarsi le maniche e unire gli sforzi;
          invece, sono anni che si parla di questo tema, ma pochissimo è stato fatto. L'assenza di politiche industriali rivolte al turismo rende l'Italia meno competitiva di altri Paesi, impedisce il recupero della quota di mercato persa, pone l'attenzione sul numero di arrivi piuttosto che sul contributo al prodotto interno lordo e consente spesso un impiego non efficiente delle risorse dedicate allo sviluppo del settore;
          il turismo e la tecnologia stanno diventando strettamente interconnessi. Secondo Google, ogni viaggiatore visita mediamente 22 siti web prima di prenotare una vacanza e la percentuale di coloro che utilizzano le tecnologie mobili per registrarsi in aereo o in hotel sta avvicinandosi al 70 per cento. Gli stessi cambiamenti che stanno modificando altri settori dell'economia e della società hanno iniziato a influenzare profondamente i comportamenti dei turisti e richiedono un'evoluzione delle strutture e delle capacità dell'offerta;
          quindi l'Italia avrebbe bisogno di un piano turistico e di misure che sfruttino le opportunità che la rivoluzione digitale attualmente in corso potrebbe offrire al settore turistico italiano;
          la dimensione media delle imprese italiane rende non indifferente un intervento di politica industriale, in quanto le tecnologie avanzate sono spesso di più facile adozione da parte delle grandi imprese, anche nel settore turistico  –:
          alla luce di quanto esposto in premessa, quali immediate iniziative, anche normative, intenda adottare al fine di sviluppare e sostenere un piano cosiddetto di turismo 4.0, che rappresenta un'opportunità da non perdere per l'Italia.
(5-12015)

Interrogazione a risposta scritta:


      PAGLIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          presso il comune di Due Carrare (Padova) è stato presentato, da parte della ditta Deda srl, un progetto per la realizzazione di un centro commerciale definito «il più grande della provincia» nei pressi dello svincolo autostradale di Terme Euganee;
          il progetto consiste in un edificio di circa 33.000 quadrati in pianta, disposto su due livelli, per un'altezza complessiva di 12 metri che insiste su una superficie di 133.000 metri quadrati, gran parte dei quali destinati a parcheggi e viabilità interna;
          questo progetto è uno dei tanti che incombe su un territorio tra i più cementificati d'Italia come ben evidenziato dal rapporto dell'Ispra 2016;
          l'area interessata dal progetto si inserisce in un contesto di elevato pregio ambientale e turistico, quello del parco regionale dei Colli Euganei e delle terme Euganee, a pochissima distanza e nel cono visivo di due straordinari beni monumentali: il castello del Catajo e Villa Dolfin-Dal Martello detta «la Mincana»;
          all'indomani della notizia, le associazioni di categoria, ambientaliste e culturali e grossa parte di cittadinanza e opinione pubblica hanno avuto un sussulto di indignazione e avviato una forte mobilitazione, tant’è che in soli tre giorni la petizione lanciata ha raccolto oltre tremila adesioni;
          l'area interessata dal progetto è urbanisticamente idonea all'inserimento di una grande struttura di vendita, ma tale idoneità è il frutto, a quanto risulta all'interrogante, di una serie di rocambolesche vicende amministrative e giudiziarie che si trascinano da più di vent'anni, conseguenti a errori formali nelle procedure adottate, che di seguito si riassumono:
              18 aprile 1994: il consiglio comunale di Carrara S. Giorgio adotta la variante al piano regolatore generale che cambia la classificazione di un'area agricola in area D4 per consentire l'insediamento di un «centro commerciale integrato», «bocciata» poi dalla giunta regionale veneta;
              28 novembre 1996: il TAR accoglie il ricorso della ditta proprietaria dei terreni e annulla la delibera della giunta regionale per ragioni formali;
              25 marzo 1999: il consiglio comunale di Due Carrare adotta il nuovo piano regolatore generale nel quale l'area viene classificata D4, perdendo la destinazione agricola;
              21 marzo 2003: la giunta regionale approva il piano regolatore generale con alcune prescrizioni;
          il primo progetto di «nuovo centro commerciale dei settori alimentare e non alimentare» è stato presentato da Deda srl all'ufficio «VIA» della provincia di Padova nel 2012. Nel corso dell'istruttoria, il ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha espresso giudizio negativo sul progetto per la visibilità dei manufatti in un contesto che, benché non sia vincolato, si trova in relazione storico/visiva con beni monumentali e paesaggistici; l'ente Parco Colli si è espresso analogamente; il provvedimento finale, da parte della commissione VIA, è stato un giudizio di «compatibilità ambientale non favorevole»;
          il decreto legislativo n.  42 del 2004 individua tra i beni soggetti ad essere riconosciuti di notevole interesse pubblico, «le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di queste bellezze»;
          lo stesso decreto legislativo n.  42 del 2004 fa salvo il potere del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, su proposta motivata del soprintendente e previo parere della regione interessata, di dichiarare il notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all'articolo n.  136  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione e come intendano intervenire, per quanto di competenza, per fermare questa nuova ondata di consumo di suolo, a tutela del patrimonio ambientale, monumentale e paesaggistico nell'area in cui insiste, tra l'altro, il parco regionale dei Colli Euganei;
          se il Governo non ritenga che sia quanto mai opportuno attivare di propria iniziativa il procedimento di riconoscimento di notevole interesse pubblico per l'area interessata dall'intervento in questione. (4-17545)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          la tassa sui rifiuti (Tari) è il tributo destinato a finanziare i costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti ed è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte suscettibili di produrre i rifiuti medesimi;
          un recente articolo de « Il Tempo» ha elencato tutti i debitori istituzionali (ambasciate, atenei, ministeri e altri) che non sono in regola con il pagamento della Tari all'Ama, la società partecipata del comune di Roma che gestisce la raccolta dei rifiuti solidi urbani;
          tra i vari enti indicati risultano anche alcune amministrazioni riconducibili al Ministero della difesa, tra cui l'Arma dei carabinieri per quasi sette milioni e mezzo di euro e la Marina Militare per oltre un milione di euro;
          risultano morose anche diverse altre amministrazioni tra caserme e aeroporti militari, contribuendo, in maniera sostanziale, a creare non poche difficoltà all'Ama e di conseguenza alla giunta capitolina della sindaca Raggi, nella gestione dei flussi finanziari necessari a garantire il servizio di raccolta, gestione e smaltimento dei rifiuti prodotti all'interno di questi siti  –:
          se la Ministra intenda indicare, aggiornando i dati, le morosità delle amministrazioni riconducibili al Ministero della difesa, relativamente a pagamenti dovuti a Roma Capitale e alle società di servizi ad essa riconducibili;
          quali siano le motivazioni dei ritardati pagamenti dei tributi locali dovuti e, se intenda fornire l'elenco dei pagamenti effettuati al comune di Roma e alle sue partecipate negli ultimi 5 anni;
          come si intenda programmare il pagamento delle future spettanze affinché non possa nuovamente accadere quanto è stato riportato dalla stampa e che rappresenta un cattivo esempio di gestione amministrativa. (5-12017)

Interrogazione a risposta scritta:


      RIZZO, BASILIO, CORDA, COZZOLINO, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la risoluzione n.  7-00551, presentata dal primo firmatario del presente atto, in materia di estensione ai carabinieri ausiliari delle misure di inserimento lavorativo previste per i volontari di truppa, intendeva provvedere a sanare una situazione per cui alcuni lavoratori del comparto della difesa, videro preclusa la possibilità di partecipare a concorsi pubblici;
          il Governo pro tempore espresse parere favorevole a condizione della riformulazione dell'impegno della risoluzione in questione in data 12 maggio 2016; conseguentemente fu approvata la risoluzione conclusiva di dibattito n.  8-00178;
          l'impegno che assunse il Governo pro tempore prevedeva: «ad attivarsi immediatamente per riconoscere il possesso dei requisiti minimi professionali e di formazione necessari per l'idoneità a guardia particolare giurata (requisiti la cui individuazione è rimessa a un decreto del Ministro dell'interno dal vigente secondo comma dell'articolo 138 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza di cui al regio decreto n.  773 del 1931) non solo a coloro che abbiano prestato servizio senza demerito per almeno un anno come volontari di truppa delle Forze armate, come previsto dalla citata disposizione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, ma anche, espressamente, a coloro che abbiano prestato servizio senza demerito come carabinieri ausiliari, nonché a coloro che abbiano prestato servizio di leva obbligatorio per un anno, senza demerito, nelle Forze di polizia»;
          con nota del Ministero dell'interno n.  2628 del 10 febbraio 2017 venivano fornite informazione circa lo status di avanzamento derivante dall'impegno votato il 12 maggio 2016 che avrebbe dovuto trovare la sua attuazione entro il primo semestre 2017;
          oltre un anno è passato dall'approvazione della risoluzione e nulla sembra sia avvenuto in merito all'attuazione della stessa  –:
          se l’iter volto a dare attuazione a quanto previsto dalla risoluzione n.  8-00178 sia stato avviato e, in caso contrario, quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare al riguardo. (4-17559)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:


      PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          con precedenti atti di sindacato ispettivo (n.  4-05583 e n.  5-02590) l'interrogante ha richiamato l'attenzione del Governo sulla scelta di grandi gruppi italiani, come Fca e Gtech (ex Lottomatica), di delocalizzare le proprie attività, al fine di trarne considerevoli vantaggi fiscali, in Paesi come Paesi Bassi e Regno Unito, che da tempo oramai praticano apertamente una politica di « dumping fiscale», tanto da aver calamitato entro i propri confini le sedi legali di imprese con attività reale ovvero profitti raccolti in altri Paesi dell'Unione;
          nella stessa sede l'interrogante chiedeva al Governo di compiere una puntuale valutazione del reale impatto fiscale delle suddette operazioni societarie e di verificarne la compatibilità con la normativa europea, ottenendo l'impegno del Governo a monitorare con attenzione l'andamento nel tempo del relativo gettito fiscale ed a vigilare, riguardo ai tributi di propria competenza, sul pieno rispetto della normativa fiscale italiana;
          in quell'occasione il Governo ebbe inoltre modo di precisare che, per la categoria dei grandi contribuenti, cui sono riconducibili i suddetti soggetti coinvolti nelle operazioni in questione, è stata prevista – in virtù della loro rilevanza economico-fiscale – una vigilanza specifica: in particolare, l'Agenzia delle entrate attiva, per i tributi di competenza, di norma entro l'anno successivo a quello di presentazione delle dichiarazioni, un controllo sostanziale a carico delle imprese di più rilevante dimensione, sia in materia di imposte dirette sia di Iva, avviato in base alle risultanze di specifiche analisi di rischio concernenti il settore produttivo di appartenenza dell'impresa o, se disponibile, il profilo di rischio della singola impresa, dei soci, delle partecipate e delle operazioni effettuate (tra le quali, assumono particolare significatività le operazioni di riorganizzazione aziendale transnazionale), desunto anche dai precedenti fiscali  –:
          quali siano a tutt'oggi, sulla base dei suddetti monitoraggi, i dati relativi all'andamento del gettito fiscale relativi a Fca e Gtech a partire dalla data di trasferimento della loro sede fiscale all'estero e se siano apprezzabili significative differenze di gettito rispetto alle varie tipologie di imposta dovuta. (5-12020)


      PETRINI, PELILLO, LODOLINI, RIBAUDO e FRAGOMELI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          i confidi, ai sensi dell'articolo 13 del decreto-legge n.  269 del 2003, svolgono l'attività di rilascio di garanzie collettive dei fidi e i servizi connessi o strumentali a favore delle piccole e medie imprese o dei liberi professionisti associati, nel rispetto delle riserve di attività previste dalla legge;
          la legge 13 luglio 2016, n.  150, al fine di favorire l'accesso al credito per le piccole e medie imprese e per i liberi professionisti, delega il Governo a riformare il sistema dei confidi tramite la valorizzazione del loro ruolo, la semplificazione degli adempimenti e il contenimento dei costi a loro carico;
          il termine per l'esercizio della delega, in scadenza il 20 marzo 2017, è stato prorogato di sei mesi dalla legge 27 febbraio 2017, n.  19, di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2016, n.  244;
          tuttavia, a meno di due mesi dalla data del 20 settembre, alle Camere, che hanno trenta giorni per esprimersi ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge n.  150 del 2016, non è stato ancora trasmesso alcuno schema di decreto legislativo;
          l'attuazione della delega è essenziale per consentire ai confidi di sviluppare strumenti innovativi, forme di garanzia e servizi che rispondono alle nuove esigenze delle piccole e medie imprese e dei professionisti  –:
          se il Governo sia in procinto di trasmettere alle Camere gli schemi dei decreti legislativi di attuazione della delega prevista dalla legge 13 luglio 2016, n.  150. (5-12021)


      PESCO, SIBILIA, ALBERTI e CANCELLERI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il comma 9 dell'articolo 1, del decreto-legge n.  193 del 2016 come convertito, ha previsto il trasferimento automatico, senza pubblica selezione, del personale del gruppo Equitalia al nuovo ente pubblico Agenzia delle entrate — riscossione, con applicazione dell'articolo 2112 c.c. (rapporto giuridico privato);
          secondo la Corte costituzionale il pubblico concorso è forma generale e ordinaria di reclutamento del personale della pubblica amministrazione, che ammette deroghe solo in presenza di straordinarie esigenze di interesse pubblico;
          si è ritenuto, ad esempio, che «il trasferimento da una società partecipata dalla Regione alla Regione o ad altro soggetto pubblico regionale si risolve in un privilegio indebito per i soggetti beneficiari di un siffatto meccanismo, in violazione dell'articolo 97 Cost. (sentenza n.  62 del 2012; nello stesso senso, sentenze n.  310 e n.  299 del 2011, nonché sentenza n.  267 del 2010)»;
          con la sentenza 7/2015, la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 13, comma 3, della legge regionale Sardegna n.  4 del 2014 che prevedeva il passaggio dei dipendenti della Interventi Geo Ambientali spa all'Agenzia regionale Arbam; è interessante evidenziare come nel caso di specie il ricorso è stato proposto dalla stessa Presidenza del Consiglio dei ministri;
          con la sentenza 227/2013 la Corte ha precisato che «l'applicazione dell'articolo 2112 cod. civ. nell'ambito del lavoro pubblico, si riferisce al transito di funzioni e dipendenti da enti pubblici ad altri soggetti (pubblici o privati), non anche alla cessione di funzioni da parte di soggetti privati in favore di enti pubblici...» – [come nel caso di Equitalia] – In tali ipotesi, infatti, «l'automatico trasferimento dei lavoratori presuppone un passaggio di status – da dipendenti privati a dipendenti pubblici (ancorché in regime di lavoro privatizzato) – che [...] non può avvenire in assenza di una prova concorsuale aperta al pubblico»;
          non giustifica la deroga né l'interesse alla difesa dell'occupazione, né quello ad avere il personale necessario allo svolgimento delle funzioni spettanti ai soggetti disciolti (sentenza n.  248 del 2016; n.  227 del 2013),
          l'ordinanza 3213/2017 del Consiglio di Stato ha rinviato al Tar la decisione sul ricorso presentato da Dirpubblica, in merito proprio al passaggio del personale di Equitalia in Agenzia delle entrate – Riscossione senza prove selettive pubbliche;
          la norma richiamata non chiarisce i criteri di selezione, mentre è noto che Equitalia ha assunto senza pubblico concorso  –:
          quali siano le ragioni che nel caso di Agenzia delle entrate – Riscossione legittimerebbero la deroga al principio del pubblico concorso. (5-12022)


      SOTTANELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il decreto-legge n.  193 del 22 ottobre 2016, convertito dalla legge 1o dicembre 2016, n.  225, all'articolo 5 (Dichiarazione integrativa a favore e ravvedimento), ha modificato i commi 8 e 8-bis dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998 n.  322, estendendo di fatto la possibilità di presentazione delle cosiddette dichiarazioni integrative a favore entro il termine di decadenza dell'accertamento stabilito dall'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n.  600 (cinque anni dal 1o gennaio 2017), e non più entro il termine di presentazione della dichiarazione dell'anno successivo;
          a pagina 9 della relazione al disegno di legge di conversione del decreto-legge 22 ottobre 2016 n.  193, si legge: «essendo stato riconosciuto il diritto del contribuente di far valere in ogni caso gli errori a proprio favore in sede contenziosa per opporsi alle pretese del fisco, nonché mediante presentazione di istanza di rimborso non si vede perché non si debba riconoscere la possibilità di far valere i medesimi errori in via autonoma e senza appesantire né la macchina amministrativa né quella giudiziale con ulteriori procedimenti e giudizi volti ad accertare il diritto al rimborso, ciò tanto più in un sistema (...) che ha già conosciuto a livello sistemico l'affermazione di modalità di autorettifica da parte del contribuente degli errori commessi in sede dichiarativa anche oltre l'anno e con la possibilità di beneficiare da subito della compensazione degli eventuali crediti» e a pagina 10 si legge altresì: «si ritiene che le modifiche proposte rispondano a esigenze di equiparazione tra contribuente e Amministrazione Finanziaria e all'intento di sgravare tanto la pubblica amministrazione quanto la Giustizia Tributaria da procedimenti e processi evitabili»;
          tale relazione risulta abbastanza chiara in riferimento al riconoscimento dell'orientamento iniquo messo in atto dall'Agenzia delle entrate in relazione alle cosiddette dichiarazioni integrative a favore, e alla relativa scadenza del termine di presentazione  –:
          se, ai fini della risoluzione del corposo contenzioso attualmente in essere, le dichiarazioni integrative a favore del contribuente, da questi presentate all'Amministrazione finanziaria prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n.  193 del 2016, siano da considerare valide a tutti gli effetti. (5-12023)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      RIZZETTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          l'interrogante ha già con precedenti atti di sindacato ispettivo messo in evidenza il danno cagionato alla popolazione locale con la chiusura del tribunale di Tolmezzo e il suo accorpamento al tribunale di Udine;
          tra l'altro, il tanto invocato risparmio nella spesa pubblica non si ritiene ci sia stato ma piuttosto sembra si stia procedendo a concentrare gli investimenti a favore delle zone centrali, come per l'annunciato progetto di creazione della «cittadella della giustizia» a Udine, trascurando i territori marginali, come la montagna friulana;
          nel mese di gennaio 2017 è stata disposta l'apertura di uno sportello di prossimità presso l'ex tribunale di Tolmezzo che dà attuazione a quanto stabilito dal protocollo di giustizia firmato il 6 agosto 2015 dal Ministro della giustizia e dalla presidente del Friuli Venezia Giulia. Tuttavia, tale sportello ha finalità limitate di carattere informativo, di acquisizione e trasmissione di alcuni atti e documenti giudiziari relativamente alla materia della volontaria giurisdizione. Non sono disponibili tutti i servizi necessari, pertanto, il predetto presidio è risultato inadeguato, considerando che per la maggior parte dei servizi giudiziari i cittadini del territorio sono costretti a recarsi a Udine;
          ad oggi, si ritiene che la riforma attuata nel 2012 per la riorganizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero non abbia apportato al Friuli Venezia Giulia una uniforme ed equa gestione della giustizia, che, invece, avrebbe richiesto la salvaguardia del tribunale di Tolmezzo, quanto meno come sede distaccata di quello di Udine  –:
          quali siano gli orientamenti dei ministri sui fatti esposti in premessa e se e quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, affinché, anche in accordo con la regione, l'attuale sportello di prossimità diventi, a tutti gli effetti, un presidio di giustizia idoneo ad assicurare tutti i servizi necessari ai cittadini, prevedendo a tale scopo l'opportuna dotazione di strumenti e di personale giudiziario ministeriale. (5-12013)

Interrogazione a risposta scritta:


      COLLETTI, AGOSTINELLI, PESCO, ALBERTI, VILLAROSA, SIBILIA, D'INCÀ, VACCA e SPADONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          da quanto si apprende dalla lettura di alcuni articoli di giornale, nella mattina del 21 luglio 2017, la Guardia di finanza ha perquisito la redazione de La Stampa e la casa di Gianluca Paolucci, vicecaporedattore economico che, nella settimana precedente, aveva pubblicato due articoli sulle manovre di Unipol per far presentare ed approvare alcuni emendamenti sul tema dell'assicurazione per la responsabilità civile auto;
          la pronta operazione della Guardia di finanza, è avvenuta, su mandato della procura di Torino, per la presunta ipotesi di rivelazione del segreto istruttorio, a seguito della denuncia fatta, poche ore prima, da Carlo Cimbri, amministratore delegato del gruppo Unipol;
          i finanzieri, intervenuti presso l'abitazione e la redazione giornalistica di Paolucci, avrebbero sequestrato gli strumenti di lavoro dello stesso e parte del materiale privato; sarebbe stata controllata anche la camera dei figli del giornalista;
          la vicenda in esame ha suscitato inquietudine e preoccupazione, non solo nell'ambiente giornalistico, per i possibili riflessi negativi che ne potrebbero scaturire per la tutela della libertà giornalistica e di stampa in generale;
          la libertà di stampa, intesa quale libertà di espressione del giornalista, e diritto della collettività a ricevere informazioni, garantita e riconosciuta sia a livello nazionale che internazionale attraverso gli articoli 21 della Costituzione, 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, dovrebbe essere assicurata da ogni Stato di diritto;
          il Consiglio d'Europa ha emanato la raccomandazione n.  R (2000) 7, adottata l'8 marzo 2000, sulla tutela delle fonti dei giornalisti (garantite, sul piano interno, dagli articoli 2 della legge n.  69 del 1963; 138 del decreto legislativo n.  196 del 2003 e 200 del codice di procedura penale), che prescrive come il diritto dei giornalisti di non rivelare le loro fonti faccia parte integrante del loro diritto alla libertà di espressione riconosciuta dall'articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;
          la Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo – con le decisioni Goodwin e Roemen (v. Goodwin c. Royaume-Uni, 27 marzo 1996; Roemen e Schmit c. Lussemburgo, 25 febbraio 2003) e Görmüs (Görmüs et Autres c. Turquie, 19 gennaio 2016), vincolanti per i giudici nazionali – ha stabilito che la protezione delle fonti giornalistiche è uno dei pilastri della libertà di stampa. L'assenza di una tale protezione potrebbe dissuadere le fonti giornalistiche dall'aiutare la stampa a informare il pubblico su questioni d'interesse generale. Di conseguenza, la stampa potrebbe essere meno in grado di svolgere il suo ruolo indispensabile di «cane da guardia», e il suo atteggiamento nel fornire informazioni precise e affidabili potrebbe risultare ridotto. Pertanto, secondo la Corte la libertà di stampa va salvaguardata in modo effettivo e, quindi, sarebbero incompatibili con il citato articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, misure come le perquisizioni nelle redazioni dei giornali e il sequestro di materiale cartaceo e informatico, disposte dall'autorità giudiziaria e funzionali a individuare la fonte che ha svelato delle notizie al giornalista;
          alla luce di ciò, sarebbe quindi diritto insopprimibile dei giornalisti quello di raccontare quel che accade, ossia fatti e notizie su questioni di interesse generale, e, in materia, la normativa e i giudici nazionali dovrebbero recepire le indicazioni provenienti dalla normativa della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo;
          a parere degli interroganti, sarebbe poi auspicabile chiarire, alla luce del caso in questione, se l'autorità giudiziaria si adoperi così tempestivamente nel caso di una denuncia presentata da parte di un qualsiasi comune cittadino, invece che da parte di un potente manager di una ricca compagnia di assicurazioni  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se sia possibile sapere, anche dai dati statistici in possesso del ministero, quali siano i tempi entro i quali, generalmente, la procura di Torino si attiva, concretamente, a seguito dell'inoltro di una denuncia, valutando in tale contesto la sussistenza dei presupposti per l'esercizio degli ulteriori poteri di competenza. (4-17556)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


      SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          nell'ultimo mese si sono verificati, a livello nazionale, pesanti disagi che hanno interessato buona parte della linea ferroviaria italiana, dovuti a continui ritardi dei convogli, soppressione dei treni e riduzione del numero di carrozze;
          da ultimo, il 27 luglio 2017 un treno Italo in arrivo a Firenze da Torino è rimasto bloccato per oltre due ore in una galleria nella zona di San Pellegrino in Mugello, per un guasto tecnico al locomotore: si tratta del terzo caso a distanza di pochi giorni, solo in Toscana, dove il 17 luglio un Frecciarossa rimase fermo per ore tra Firenze e Bologna, mentre il 22 dello stesso mese sempre un convoglio di Italo, partito da Roma Termini e diretto a Milano Centrale, era rimasto fermo dalle 15 alle 17,30 in una galleria prima della stazione di Firenze;
          il 23 luglio anche la linea Milano Bergamo è stata interessata da una interruzione di alcune ore, dovuta al deragliamento di un convoglio, fortunatamente senza conseguenze;
          le cose non vanno meglio sulle linee ferroviarie che attraversano la provincia di Pavia, compresa la tratta Genova-Milano: secondo le statistiche raccolte dal comitato pendolari Assoutenti, l'Intercity 679 in partenza da Milano Centrale alle 18,05 e quindi usato da moltissimi impiegati oltrepadani per tornare a casa, nei 9 giorni lavorativi del mese di luglio esaminati ha accumulato 182 minuti di ritardo. L'Intercity 685, in partenza da Milano alle 19,05, ha fatto 170 minuti di ritardo mentre 189 minuti ha accumulato l'Intercity 656;
          anche la linea ferroviaria L'Aquila — Sulmona, continua a registrare ritardi su ritardi, passaggi a livello che non funzionano e treni soppressi o che partono in orari differenti da quanto stabilito: a titolo di esempio, si riporta che il 12 luglio 2017, il treno partito alle 13,05 da Sulmona è arrivato a L'Aquila dieci minuti prima delle 15, con un ritardo di ben 39 minuti;
          anche le linee Conegliano-Belluno e Vittorio Veneto-Belluno sono state interessate nell'ultimo mese da continui ritardi che hanno causato pesanti disagi ai pendolari della tratta;
          risulta poi all'interrogante che l'11 luglio 2017, il treno Brescia-Parma delle 13,54 sia stato soppresso per un guasto, con la conseguente cancellazione anche della corsa di ritorno da Parma delle 16,22;
          il 7 luglio 2017 un incendio vicino ai binari dell'alta velocità Roma-Napoli, tra Anagni e Salone, ha provocato un forte rallentamento della circolazione ferroviaria con ritardi fino a 60 minuti;
          le proteste di questi giorni e la mobilitazione dei comuni, dei sindacati e dei pendolari dimostrano il grave stato di crisi della rete ferroviaria: i continui guasti e i problemi tecnici si ripercuotono sugli utenti tra corse che saltano senza che venga fornita un'adeguata informazione, ritardi periodici e sovraffollamento dei treni  –:
          alla luce dei pesanti disagi arrecati agli utenti del sistema ferroviario, dovuti ai ritardi dell'ultimo mese, quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda adottare al fine garantire, in modo efficace ed efficiente, il diritto alla mobilità dei cittadini, anche durante i mesi estivi, riducendo a tal fine i numerosi disagi che si verificano quotidianamente sulle linee ferroviarie di cui in premessa. (4-17543)


      ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          le aree attualmente occupate dagli scali ferroviari (Ferini (618.733 metri quadrati), Greco (73.526 metri quadrati), Lambrate (70.187 metri quadrati), Porta Romana (216.614 metri quadrati), Rogoredo (21.132 metri quadrati), Porta Genova (89.137 metri quadrati) e San Cristoforo (158.276 metri quadrati), situate all'interno della città di Milano, hanno un'estensione di oltre un milione di metri quadrati; si tratta di aree che non verranno più utilizzate per gli scopi connessi all'attività ferroviaria per i quali le stesse erano state a suo tempo acquisite;
          le suddette aree, facenti parte originariamente del demanio dello Stato (articolo 822, secondo comma, del codice civile) ed appartenenti all'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, sono state successivamente trasferite all'Ente Ferrovie dello Stato con la legge 17 maggio 1985, n.  210 (articolo 15) e, da ultimo, alla Ferrovie dello Stato italiane spa (si vedano la legge 29 gennaio 1992, n.  35, e la legge 8 agosto 1992, n.  359), una holding che controlla diverse società operative (Trenitalia, Rete Ferroviaria Italiana, TAV, Metropolis, Italferr, Grandi Stazioni, Sogin, Fercredit); Ferrovie dello Stato italiane spa ha quindi attualmente la disponibilità, tra l'altro, delle strade ferrate (come beni indisponibili, perché destinati all'attività ferroviaria) e delle aree dismesse nelle quali sono ubicati gli scali ferroviari di cui sopra;
          con le iniziative recentemente avviate tramite le competenti società del proprio gruppo, Ferrovie dello Stato italiane spa intende ora utilizzare le predette aree dismesse, concordandone la destinazione con il comune di Milano e con la regione Lombardia e, da ultimo, ha concluso un accordo di programma con il comune di Milano e con la regione Lombardia;
          per le Ferrovie dello Stato italiane si tratta di un asset decisivo per l'approdo in borsa e per i cittadini si pongono questioni importanti per il bene comune; il consiglio comunale di Milano ha finora trattato l'operazione come una questione urbanistica con proposte di modifica che, però, non mirano a garantire la disponibilità pubbliche delle aree, come avviene già in altri Paesi quali la Germania, la Francia e l'Inghilterra;
          in ogni caso, le attività di Ferrovie dello Stato italiane spa, che è un'impresa pubblica controllata dallo Stato, sono assoggettate a tutte le disposizioni europee e nazionali applicabili in materia di appalti pubblici e in materia di concorrenza (antitrust);
          Lombardia Sostenibile sta raccogliendo le firme per chiedere al consiglio comunale (ai sensi dell'articolo 18 del regolamento) un'udienza pubblica sulla riqualificazione delle aree degli ex scali ferroviari, visto che la riqualificazione degli scali ferroviari, non è solo un grande progetto di pianificazione urbanistica o un'operazione di valorizzazione immobiliare, ma innanzitutto lo strumento innovativo e potente di una strategia di sviluppo economico e sociale futuro;
          la rendita fondiaria creata dalla trasformazione urbanistica delle aree degli scali ferroviari spetta alla comunità dei cittadini milanesi e alle istituzioni locali e deve essere destinata a finanziare investimenti nella città e nella regione che migliorino il sistema della mobilità urbana e regionale e non deve essere sfruttata per trasferire capitali finanziari al di fuori dell'area milanese, da distribuire tramite maggiori dividendi o un aumento del valore delle azioni agli azionisti delle Ferrovie dello Stato italiane spa  –:
          se il Ministro interrogato intenda fornire chiarimenti su tale vicenda e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere al riguardo per tutelare l'interesse pubblico. (4-17547)


      FANUCCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il tema della sistemazione del casello di Montecatini Terme e della sua connessione con la viabilità locale è stato già oggetto di un accordo tra Stato e regioni nel 2000, ma ancora non si è ottenuto nulla di conclusivo dopo molteplici variazioni e rielaborazioni progettuali;
          con riferimento solo agli sviluppi più recenti, nel protocollo di intesa sugli interventi di Autostrade per l'Italia nel territorio della regione Toscana, sottoscritto il 4 agosto 2011 tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Anas, regione Toscana, enti locali ed Autostrade per l'Italia, l'intervento di messa in sicurezza dello svincolo di Montecatini Terme veniva inserito nell'ambito dell'intervento di realizzazione terza corsia sulla A11, nel tratto Firenze-Pistoia;
          il progetto preliminare, che prevede una sistemazione basata su due rotatorie ravvicinate, è stato presentato il 28 novembre 2014 ed è stato esaminato congiuntamente da provincia, regione e comuni interessati (riunione del 6 febbraio 2015) con parere sostanzialmente favorevole;
          in occasione della trasmissione al comune di Pieve a Nievole del progetto della terza corsia Firenze-Pistoia, nel quale la sistemazione del casello non è presente, il comune ha chiesto chiarimenti ad Autostrade per l'Italia la quale ha risposto in data 14 settembre 2016 che «per quanto riguarda tale intervento di sistemazione viaria, si precisa che il relativo layout progettuale è tuttora all'esame del concedente Ministero infrastrutture e trasporti», aggiungendo che in ogni caso l'intervento di ampliamento alla terza corsia poteva essere integrato con la sistemazione del casello sulla base delle indicazioni che sarebbero pervenute dal Ministero medesimo nell'ambito della conferenza di servizi da convocare sulla terza corsia;
          vista la mancanza di passi in avanti nel procedimento, il sindaco del Comune di Pieve a Nevole ha avuto un incontro con il Ministro interrogato per esporre nuovamente la necessità che l'opera venisse inserita nel «pacchetto terza corsia»;
          tenuto conto del raddoppio ferroviario che interessa anche il territorio del comune di Pieve a Nevole e la conseguente viabilità sostitutiva del passaggio a livello che cambierà fotografia al paese, mantenendo le criticità all'uscita del casello autostradale se non risolte con le rotonde di cui trattasi, si rende ancora più urgente e indispensabile provvedere in tempi brevi alla realizzazione delle stesse, in modo da scongiurare ulteriori criticità di traffico in quella zona;
          a breve si terrà la conferenza di servizi sul progetto della terza corsia autostradale Firenze-Pistoia  –:
          quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di garantire che la realizzazione delle due rotonde all'uscita del casello di Montecatini Terme venga inserita nell'intervento legato alla realizzazione della terza corsia nel tratto Firenze-Pistoia e che il progetto venga discusso in sede di conferenza di servizi sulla A11.
(4-17550)


      DE ROSA, DAGA, BUSTO, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          è stata pubblicata il 28 luglio 2017 la risposta all'interrogazione a risposta scritta n.  4-17162 del 4 luglio 2017, nella quale, tuttavia, il Governo non è entrato nel merito delle precise richieste avanzate dall'interrogante;
          nessuna risposta è stata data alla richiesta avanzata a fini di trasparenza, in riferimento alla procedura comparativa per il conferimento di incarichi dirigenziali di I fascia avviata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con l'interpello prot. 25294 del 29 maggio 2017; l'interrogante chiedeva di rendere noti il soggetto valutatore, i criteri specifici di valutazione dei curriculum rispetto alla specificità della posizione dirigenziale in conferimento e la graduatoria finale della procedura comparativa con le relative motivazioni;
          il generico riferimento ai criteri di rotazione degli incarichi previsti dal decreto ministeriale n.  266 del 2014 appare del tutto inconferente in relazione alle richieste avanzate e non può essere addotto per evitare la comunicazione di quanto richiesto, tanto meno per giustificare il mancato rispetto del superiore e generale obbligo di trasparenza stabilito per legge;
          il criterio della rotazione degli incarichi non può essere applicato per giustificare la collocazione di candidati dal curriculum inappropriato od inadeguato, ma è criterio generale ed indefettibile, la cui applicazione deve essere certa ed è da verificare in particolare per posizioni, quali quelle dei provveditori alle opere pubbliche, in relazione alle quali più elevato è il rischio di fenomeni collusivi e di connivenze al protrarsi dell'incarico nel tempo;
          il fatto che il piano triennale per la prevenzione della corruzione e la trasparenza adottato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, pur facendo riferimento alla rotazione degli incarichi, non dia indicazioni sui criteri di valutazione dei curriculum dei dirigenti, non può costituire una valida giustificazione per la mancata preventiva enunciazione di tali criteri di valutazione;
          la mancata indicazione dei criteri di valutazione dei curriculum e la mancata identificazione del soggetto valutatore, ad avviso degli interroganti, costituiscono violazione degli obblighi di trasparenza amministrativa e denotano mancanza di correttezza su nomine eseguite in base a criteri probabilmente diversi dalla massima qualificazione ed adeguatezza professionale degli incaricati;
          la tutela del pubblico interesse impone il rinnovo delle richieste al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è il richiamo dello stesso all'osservanza degli obblighi di trasparenza, al fine di effettuare le dovute verifiche sulla correttezza e sulla liceità del procedimento di interpello  –:
          quale soggetto sia stato incaricato di valutare i curriculum presentati dai candidati;
          quali criteri siano stati adottati per la valutazione dei curriculum rispetto alla specificità della posizione dirigenziale in conferimento;
          quale sia la graduatoria finale della procedura comparativa formata a seguito delle valutazioni dei curriculum e le motivazioni delle singole scelte e delle nomine ai diversi incarichi;
          quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per verificare la piena conformità alla normativa vigente della procedura di interpello avviata prot. 25294 del 29 maggio 2017. (4-17561)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


      MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il 28 luglio 2017 ha destato viva sensazione e profonde inquietudini il gesto sconsiderato compiuto da un giovane immigrato di nazionalità pachistana che, utilizzando un accendino, ha appiccato il fuoco ad alcune suppellettili presenti nella chiesetta parrocchiale di Maccio, nel comune di Villa Guardia, intitolata a Santa Maria Assunta, riuscendo a bruciare parzialmente una sedia, un tappeto e dei drappi;
          danni maggiori all'immobile sono stati evitati solo grazie alla rapidità con la quale il tentativo di dare alle fiamme gli arredi della chiesetta è stato scoperto da un sacrestano, permettendo l'immediato intervento dei vigili del fuoco e dei carabinieri;
          il giovane pachistano, ventisettenne, non ha opposto resistenza ai carabinieri che lo hanno fermato ed è stato ricoverato immediatamente in un reparto di psichiatria, ma l'indignazione per il gesto sacrilego compiuto e la preoccupazione dei residenti a Villa Guardia sono più forti che mai;
          non è stata del resto particolarmente rassicurante la circostanza che il giovane incendiario sia risultato già destinatario di un provvedimento di espulsione non eseguito e la cui esecuzione ha tuttora data incerta  –:
          per quali ragioni il decreto di espulsione dal territorio nazionale riguardante il giovane pakistano che ha tentato di appiccare il fuoco alla chiesetta parrocchiale di Maccio non sia stato ancora attuato;
          per quali motivi si sia deciso, dopo i fatti di Maccio, di ricorrere ad accertamenti e forse anche a trattamenti psichiatrici in favore del giovane pachistano generalizzato in premessa, accollandone ovviamente l'onere al servizio sanitario nazionale, invece di disporre l'immediata esecuzione del provvedimento di espulsione adottato nei suoi confronti;
          quando verrà finalmente eseguito il provvedimento di espulsione adottato nei confronti del giovane pachistano;
          quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per rassicurare gli abitanti di Villa Guardia e di Maccio in particolare. (4-17551)


      BERGAMINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          da fonti di stampa e reti televisive italiane si apprende che la prefettura di Messina ha autorizzato l'alloggiamento, presso un hotel sito nel comune di Sinagra (Me), ma insistente nel comune di Castell'Umberto (Me), di cinquanta migranti adulti. Dalle medesime fonti si è appreso che:
              l'ex hotel, denominato «Il Canguro», ove sono stati alloggiati i circa cinquanta migranti, ha terminato l'attività commerciale il 31 agosto 2016;
              agli atti del comune di Sinagra, risulterebbe quale unico documento amministrativo relativo alla «certificazione di agibilità» dell'ex struttura ricettiva, una concessione del 22 agosto 2006, successivamente non rinnovata;
              l'immobile dell'ex struttura ricettiva non sarebbe provvisto della fornitura di energia elettrica e non consentirebbe l'approvvigionamento idrico necessario e sufficiente per cinquanta persone;
              il 23 dicembre 2016 la prefettura di Messina ha pubblicato un bando finalizzato all'ottenimento di manifestazioni di interesse «per il reperimento urgente di strutture temporanee da destinare a centri di prima accoglienza di minori stranieri non accompagnati»;
              a tale bando avrebbe partecipato un'associazione temporanea di imprese di cooperative che a quanto consta all'interrogante, per mancanza dei necessari requisiti previsti nel bando, sembrerebbe sia stata esclusa dalla prefettura di Messina;
              il competente ufficio dei vigili del fuoco avrebbe certificato temporaneamente l'idoneità dell'ex struttura ricettività de quo a ospitare fino ad un massimo di venticinque persone; superato tale numero non sussisterebbero i requisiti di agibilità e sicurezza dei sistemi antincendio;
              i comuni di Sinagra e Castell'Umberto, per quanto risulta all'interrogante, non avrebbero ricevuto alcuna comunicazione ufficiale da parte del prefetto di Messina, in merito ai fatti descritti;
              la situazione economico-sociale del territorio dei comuni di Sinagra e Castell'Umberto vede una preoccupante crescita della disoccupazione giovanile e una diminuzione delle possibilità di occupazione lavorativa che determinano un crescente allarme sociale  –:
          se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali chiarimenti intenda fornire circa la regolarità delle procedure amministrative adottate dalla prefettura di Messina in relazione all'alloggiamento di cinquanta migranti adulti presso la struttura ricettiva denominata «hotel Il Canguro», insistente nel territorio del Comune di Sinagra al confine con il comune di Castell'Umberto, e in ordine alla effettiva idoneità tecnica ed amministrativa del medesimo immobile ad accogliere ed ospitare un numero di persone superiore alle venticinque unità»;
          cosa intenda fare per evitare preoccupanti allarmi sociali e sanitari. (4-17555)


      TOFALO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali recita che è in situazione di incompatibilità «colui che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, nell'interesse del comune o della provincia, ovvero in società ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non siano dovute in forza di una legge dello Stato o della regione, fatta eccezione per i comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti qualora la partecipazione dell'ente locale di appartenenza sia inferiore al 3 per cento»;
          il dottor Sergio Di Blasi, oltre ad essere consigliere comunale, assessore e vicesindaco del comune di Pisciotta svolge le funzioni di direttore generale, e presidente presso la Yele spa, società che eroga servizi nel campo ambientale, con particolare riferimento alla raccolta differenziata e trasporto rifiuti urbani. La società che partecipa a procedure ad evidenza pubblica, bandite anche dal comune in cui il dottor Di Blasi svolge l'incarico politico;
          l'ipotesi più grave di «conflitto di interesse» previsto nell'ordinamento civilistico italiano è il caso di «contratto con sé stesso» (articolo 1395). Va inoltre considerato che il comune di Pisciotta detiene, direttamente il 3,11 per cento del patrimonio azionario della Yele spa ed inoltre detiene anche il 2,3 per cento del CoRiSa 4 che è il socio di maggioranza della Yele spa con una quota pari al 84,13 per cento  –:
          se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti e se si intenda valutare se sussistono i presupposti per promuovere l'azione di cui all'articolo 70 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali in relazione alla situazione in cui versa il sopracitato consigliere comunale. (4-17557)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
          la società Wartsila spa è una società specializzata nella metalmeccanica e in tecnologie marine, con sede centrale in Finlandia, che ha una importante rilevanza nel tessuto economico del Friuli Venezia Giulia;
          la società Wartsila spa è stata notevolmente supportata dalla regione Friuli Venezia Giulia e dal Governo che hanno partecipato anche recentemente ai tavoli di trattativa per evitare esuberi nello stabilimento di Trieste;
          la società Wartsila spa, per evitare licenziamenti, si è vista assegnare 900.000 euro dalla regione Friuli Venezia Giulia e 2,8 milioni di euro dal Governo, risorse provenienti dal fondo per la crescita sostenibile, per sostenere il progetto di sviluppo da parte della società di tecnologie innovative nella unità produttiva di Trieste;
          in tale contesto, si inserisce la vicenda di Sasha Colautti, dipendente della Wartsila spa nello stabilimento di Trieste, ex dirigente della Fiom, ora dirigente dell'Usb, che dopo il termine di un periodo di distacco sindacale, con la Fiom, ha chiesto all'azienda di rientrare in fabbrica;
          l'ufficio del personale della Wartsila spa ha comunicato nella mattina del 6 giugno 2017, a Sasha Colautti, che sarebbe rientrato in fabbrica ma non nella sede di Trieste bensì nella sede di Taranto che dista circa 1.000 chilometri, in quanto la sede di Bagnoli non era disponibile a seguito della ristrutturazione degli organici;
          a giudizio degli interpellanti il mancato rientro del lavoratore nella sede di Trieste e il suo trasferimento a Taranto ovvero a circa mille chilometri di distanza, con la motivazione addotta, colpisce di fatto un lavoratore scomodo, impegnato sindacalmente, evidenziando una condotta da parte dell'azienda che appare del tutto in contrasto con i diritti sindacali senza alcuna giustificazione plausibile e dando luogo a un trasferimento che non può non essere letto come arbitrario e punitivo;
          il 3 luglio 2017 si è svolta l'udienza presso il tribunale di Taranto con la richiesta al giudice del reintegro di Sasha Colautti nella sede di Trieste; il giudice, a quanto consta agli interpellanti, ha rinviato a settembre 2017 la discussione;
          l'Usb ha promosso una serie di mobilitazioni a sostegno e a difesa di Sasha Colautti; una partecipata manifestazione si è tenuta il 24 giugno 2017 a Trieste per chiedere il ritiro del trasferimento e il ritorno in fabbrica nella sede di Trieste di Sascha Colautti  –:
          se il Ministro interpellato sia a conoscenza dei fatti citati in premessa e quali siano i suoi orientamenti in proposito;
          quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per favorire il rientro nello stabilimento di Trieste di Sascha Colautti, nel rispetto delle disposizioni vigenti, ed evitare comportamenti aziendali come quelli messi in atto dalla società Wartsila spa nei confronti del citato dirigente sindacale, che a giudizio degli interpellanti ledono i diritti sindacali e paiono dettati da motivazioni politiche.
(2-01906) «Pellegrino, Fratoianni, Airaudo, Placido».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      SPESSOTTO e LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'istituto della cosiddetta «flessibilità operativa» prevede che il singolo portalettere titolare di zona, oltre al proprio ordinario carico di lavoro, sia tenuto alla consegna non solo della corrispondenza della zona di sua competenza, ma anche, pro quota, di quella di un'altra zona di recapito, di pertinenza di un collega assente non sostituito dall'azienda;
          tale sistema di flessibilità all'interno dell'orario di lavoro, che rende assai difficoltoso completare l'attività di distribuzione della corrispondenza, è diventato quotidiano per circa il 15 per cento delle zone di recapito;
          la flessibilità operativa non è considerata lavoro straordinario, anche se aggiuntivo, pur incidendo sulla obbligazione della misura del lavoro straordinario previsto attualmente dal contratto collettivo nazionale del lavoro, riducendola in sottrazione delle ore di flessibilità rese, e tale prestazione, che rientra all'interno dell'orario d'ufficio, viene retribuita con un compenso inferiore rispetto alla stessa paga oraria di base contrattuale (circa 6,50 euro rispetto a 8,80 euro circa);
          da quanto riferito da Cobas pt – Cub – Usb, risulta agli interroganti che Poste Italiane spa avrebbe aperto procedimenti disciplinari nei confronti di quei lavoratori che hanno aderito allo sciopero delle prestazioni straordinarie ed aggiuntive indetto, ai sensi e per gli effetti del punto 10 della delibera della Commissione di garanzia n.  3/7 del 2002, dalla citata sigla sindacale, pur avendone la società immediata informazione pubblica, in ottemperanza alla legge n.  146 del 1990 e della legge n.  83 del 2000 e senza contestarne la proclamazione;
          in particolare, la società Poste italiane avrebbe aperto procedimenti disciplinari e irrogato sanzioni nei confronti dei propri lavoratori che avevano aderito allo sciopero delle prestazioni straordinarie ed aggiuntive, sostenendo l'illegittimità dello stesso sciopero e contestando loro la violazione dell'obbligo di sostituzione previsto dal contratto collettivo  –:
          se il Governo intenda acquisire, per quanto di competenza, da Poste italiane spa maggiori informazioni in merito alle ragioni che hanno motivato la condotta tenuta dalla società, la quale non ha contestato la proclamazione dello sciopero delle prestazioni straordinarie ed aggiuntive di cui in premessa, salvo poi aprire procedimenti disciplinari nei confronti dei lavoratori che vi avevano aderito;
          se il Governo intenda acquisire maggiori informazioni da Poste italiane s.p.a. in merito ai costi relativi alla flessibilità operativa, suddivisi per regione e riferiti al corrente anno. (5-12019)

Interrogazioni a risposta scritta:


      CORDA e BASILIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'ufficio amministrazione delle Forze armate tedesche in Italia «F.A.T» è un'autorità locale delle Forze armate tedesche «Bundeswehr» che gestisce tutto il personale assunto in Italia della Bundeswehr. Ha la sua sede nell'aeroporto militare «G. Farina» di Decimomannu (Cagliari), ma a causa dell'abbandono da parte dell'Aeronautica militare tedesca di tale sede, con effetto dal 31 dicembre 2016, è stata prevista una procedura di licenziamento collettivo per riduzione del personale;
          i lavoratori interessati alla procedura al 1o luglio 2017 sono complessivamente 58 rispetto ad un organico di 66; per, poter portare a termine la chiusura degli uffici in loco i militari tedeschi abbandoneranno la base entro e non oltre la fine del 2017; ai lavoratori quindi, come affermato dal «F.A.T», dal 1o gennaio 2018 non potranno essere messi a disposizione posti di lavoro in seguito all'abbandono degli uffici delle Forze armate tedesche in Sardegna;
          in data 25 novembre 2016 gli interroganti hanno presentato in Assemblea un ordine del giorno 9/04127-bis-A/073, accolto dal Governo pro tempore, che lo impegnava a verificare la possibilità di reperire, anche attraverso economie e tagli di sprechi o spese non prioritarie, risorse adeguate per consentire ai lavoratori civili che hanno perso nel 2016 il proprio posto di lavoro nelle basi militari straniere e/o alleate, la possibilità di stabilizzazione tramite il transito in una pubblica amministrazione, attingendo al fondo di cui all'articolo 2, comma 100, della legge n.  244 del 2007  –:
          quali urgenti e opportune iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dei citati licenziamenti, alla luce di quanto disposto dalla legge 23 luglio 1991, n.  223, favorendo anche il ricorso alle procedure di solidarietà, agli accordi di riduzione dell'orario di lavoro, all'assegnazione, a mansioni diverse e alla stabilizzazione tramite il transito in una pubblica amministrazione, attingendo al fondo di cui all'articolo 2, comma 100, della legge n.  244 del 2007. (4-17549)


      FANTINATI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          nel primo trimestre dell'anno in corso, secondo i dati diffusi dall'Inail, le morti sul lavoro hanno subito un incremento allarmante;
          l'Anmil, l'associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro, nel corso della presentazione del 1o Rapporto sulla salute e sicurezza sul lavoro, tenutasi nel maggio 2017, al Senato, ha sottolineato che, nel primo trimestre del 2017 «sia gli infortuni che i morti sul lavoro sono cresciuti, in misura rispettivamente del 5,9 per cento e dell'8,0 per cento. Questi dati non possono non destare forte preoccupazione, in quanto potrebbero significare una inaspettata inversione nella tendenza ormai storica dell'andamento infortunistico nel nostro Paese. Negli ultimi decenni il fenomeno infortunistico ha mostrato una costante tendenza alla diminuzione che si è particolarmente accentuata a partire dal 2008 e si è protratta fino al 2014. Questo inizio 2017 si presenta invece con segnali diffusi, univoci e, purtroppo, inequivocabili»;
          secondo un'analisi condotta dall'Osservatorio sicurezza sul lavoro di Vega Engineering, sulla base dei dati Inail, da gennaio a maggio 2017, le vittime sono state 375; 271 persone hanno perso la vita in occasione di lavoro e 104 sono decedute in itinere. Sono 11 i casi in più registrati rispetto il 2016 (364 casi). I lavoratori più colpiti sono quelli con età compresa tra i 55 e 64 anni (92 casi registrati);
          stando ai dati raccolti da Vega Engineering, in provincia di Verona, si sono registrate 6 morti nei primi cinque mesi di quest'anno;
          il Veneto è la terza regione per numero di morti sul lavoro nel 2017, con 24 vittime, e occupa l'undicesimo posto nella classifica delle regioni in base all'incidenza, avendo comunque un numero di occupati elevato  –:
          quali iniziative, anche di carattere normativo, s'intendano adottare per arginare questo preoccupante e significativo aumento del fenomeno delle morti bianche, individuando margini di miglioramento per quanto concerne gli obblighi del datore di lavoro in relazione alle misure di attenuazione dei rischi sul posto di lavoro. (4-17553)


      SQUERI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          risulta all'interrogante che da qualche tempo circola nei competenti uffici delle forze dell'ordine una lettera-esposto anonima in cui vengono illustrati fatti concernenti la violazione di norme sull'immigrazione, asseritamente compiuti dal management internazionale e nazionale di un'azienda cinese fornitrice di crescente importanza di servizi e tecnologie dei principali operatori nazionali di telefonia mobile;
          secondo l'esposto anzidetto, presso i propri uffici nel territorio del comune di Roma, l'azienda in questione impiegherebbe numerosi cittadini di nazionalità cinese privi del necessario permesso di soggiorno per motivi lavorativi e per i quali conseguentemente non sono stati compiuti gli adempimenti di legge in materia tributaria, previdenziale ed antinfortunistica;
          le aziende cinesi nei settori a più alta tecnologia e, segnatamente, in quello delle telecomunicazioni stanno acquisendo sempre maggiori quote di mercato, potendo offrire ai clienti prezzi sensibilmente più bassi, con conseguente perdita di fatturato e livelli occupazionali delle omologhe aziende europee concorrenti, radicate da decenni nel nostro Paese con importanti siti produttivi e centri di ricerca;
          come effetto di quanto sopra esposto, diminuisce considerevolmente il gettito fiscale per lo Stato ed aumentano considerevolmente i costi degli ammortizzatori sociali per la gestione di esuberi, prepensionamenti e cassa integrazione nelle aziende europee concorrenti;
          occorrerebbe valutare se tali comportamenti — oltre ad eventuali violazioni di legge — non diano luogo di fatto ad una concorrenza sleale nei confronti delle imprese dell'Unione europea e occidentali in genere  –:
          se non si intenda, senza indugio, disporre, per quanto di competenza, rapidi e puntuali accertamenti, anche per il tramite della questura di Roma, al fine di verificare i fatti sopra esposti;
          se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali non ritenga, ove siano accertate le violazioni, che dimostrerebbero un clamoroso fallimento delle relative politiche di contrasto, di assumere iniziative per rafforzare il sistema dei controlli per combattere il lavoro nero;
          se i Ministri interrogati non ritengano di assumere urgentemente iniziative sul piano normativo ed amministrativo atte a scongiurare il verificarsi di situazioni analoghe. (4-17558)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      AMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          in data 30 dicembre 2016 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.  304 il decreto-legge recante interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno;
          per effetto di un emendamento approvato in sede di conversione in legge, all'articolo 5-bis è stata destinata una quota pari a 100 milioni di euro alla riqualificazione e all'ammodernamento tecnologico dei servizi di radioterapia oncologica di ultima generazione nelle regioni Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Calabria, Basilicata, Sicilia e Sardegna e, in particolare per l'acquisizione di apparecchiature dotate di tecnologia robotica o rotazionale;
          il suddetto articolo recita, al comma 2, che «Ai fini dell'effettivo ammodernamento dei servizi di radioterapia oncologica, entro e non oltre novanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con decreto del Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sono definiti le modalità e i tempi di attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo»  –:
          quali siano i tempi previsti per l'emanazione del suddetto decreto attuativo, quali siano le modalità individuate per l'attuazione della disposizione sopra richiamata e secondo quali criteri verranno allocate le risorse stanziate a favore delle specifiche regioni. (5-12014)


      BINETTI, BUTTIGLIONE, CERA e DE MITA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          nell'arco della XVII legislatura il Governo e il Parlamento hanno affrontato in modo decisamente costruttivo una serie di problematiche legate alle malattie rare, raggiungendo risultati che, a detta della rete delle Associazioni per le malattie rare, Uniamo, sono indubbiamente interessanti;
          si ricordano solo gli ultimi provvedimenti: la legge sul cosiddetto «dopo di noi» – legge 112 del 2016; la legge di riforma del terzo settore; il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.  502» pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 18 marzo 2017, che, fra gli aspetti più rilevanti per le persone con malattia rara, innova i nomenclatori dell'assistenza protesica (articolo 17), dispone l'inserimento nei livelli essenziali di assistenza dello screening neonatale esteso per le malattie metaboliche ereditarie (articolo 38, comma 2) e prevede l'aggiornamento dell'elenco delle malattie rare (articolo 52 e allegato 7);
          la norma prevede che entro metà settembre 2017 le regioni e le pubbliche amministrazioni debbano adeguare i registri regionali delle malattie rare e le reti regionali per le malattie rare con l'individuazione dei relativi presidi;
          si sottolinea come il piano nazionale delle malattie rare 2013-2016 sia ormai scaduto da circa un anno. Nel frattempo sono stati resi disponibili i draft reports «State of the Art for Rare Diseases — Activities in EU Member States and Other European Countries», prodotti per ciascun Paese nell'ambito della Joint Action sulle malattie rare «RD-Action»;
          gli indicatori definiti dalla – «Raccomandazione EUCERD per i Piani/le strategie nazionali per le malattie rare» del giugno 2013, hanno confermato alcuni punti di forza del sistema italiano, caratterizzato però da evidenti disomogeneità territoriali, soprattutto sul versante assistenziale;
          vanno messi in evidenza tra i punti di forza:
              il modello organizzativo delle reti regionali delle malattie rare, in accordo con la policy nazionale, e l'eccellenza di diversi centri di competenza confermata anche dalla partecipazione agli European Reference Network (ERN);
              il sistema di sorveglianza e monitoraggio implementato su base regionale/interregionale/nazionale;
              l'esistenza di più help-line istituzionali di riferimento per le malattie rare;
              il buon posizionamento del sistema italiano sul fronte della ricerca, pur in assenza di finanziamenti o di programmi di ricerca specificatamente dedicati alle malattie rare;
              l'accessibilità del farmaco anche attraverso diversi percorsi definiti nel tempo;
          in negativo, si registrano:
              la mancata costituzione, con un evidente ritardo rispetto agli altri Paesi, del «Comitato nazionale» previsto dal piano nazionale per le malattie rare 2013-2016 e rappresentativo di tutti i diversi portatori di interesse del settore e il mancato avvio della nuova programmazione 2017-2020, anche perché non è stato ancora avviato l'insieme delle procedure che consentano una valutazione del piano nazionale per le malattie rare 2013-2016;
          alla fine di maggio 2017 risulta agli interroganti che il Consiglio superiore di sanità (CSS) abbia consegnato al Ministro un documento, in cui trova spazio sia una valutazione del lavoro svolto nel campo delle malattie rare in questo triennio, che una progettazione di quello che potrebbe essere un piano ad hoc per il prossimo triennio  –:
          in quali tempi il Ministro interrogato intenda non solo avviare le procedure per l'elaborazione del prossimo piano triennale per le malattie rare ma giungere ad adottarlo a beneficio dei pazienti e delle associazioni che li rappresentano, perché diventi una ulteriore garanzia per il raggiungimento dei loro diritti;
          in quali tempi il Ministro intenda assumere iniziative per inserire tra i nuovi livelli essenziali di assistenza quelle patologie rare che hanno completato il loro iter di riconoscimento sul piano scientifico, come ad esempio la sindrome di Sjiogren e la Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES). (5-12016)


      BINETTI, BUTTIGLIONE, CERA e DE MITA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, ha firmato il decreto che determina il numero complessivo di contratti di formazione medica specialistica a carico dello Stato per l'anno accademico 2016/2017. I contratti finanziati saranno 6.105, ripartiti tra le tre aree funzionali: 1.510 contratti per la chirurgia; 1.891 per l'area dei servizi contratti; 2.704 per la medicina. In tutto 6.105 posti per il biennio 2016/2017;
          il numero di posti complessivi, a disposizione dei nuovi studenti, previsti per il corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia per l'anno accademico 2017-2018 è pari a 9100, su un totale di domande di studenti iscritti a sostenere le prove nazionali di selezione, che supera gli 80.000;
          si tratta come è naturale di una selezione molto forte con un rapporto pari a 1:9 studenti, che dà ragione dell'alta qualità dei laureati e della loro capacità di mantenere a ritmo sostenuto il piano d'esami previsto, per cui il numero di laureati in corso con medie che superano il 100/110 sfiora il 90 per cento;
          il numero di laureati previsti per il 2020 è quindi di circa 9000, mentre quest'anno dovrebbe attestarsi su di una cifra pari a 8.500 laureati, per i quali sono disponibili solo 6.105 contratti delle scuole di specializzazione in medicina e chirurgia e nell'area servizi, a cui aggiungere quelli per le suole di medicina generale; questi ultimi si aggirano tra i 300 e i 500, per cui il numero complessivo dei contratti potrebbe diventare di 6.700, analogo a quello dello scorso anno, ma ben al di sotto del fabbisogno calcolato sulla base dei laureati;
          è naturale quindi l'insoddisfazione della Fnomceo, che puntava almeno su 8.000 contratti, più quelli delle scuole di medicina generale; il decreto deve comunque essere sottoposto alla valutazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministero dell'economia e delle finanze e l'auspicio dei giovani medici è che nel corso dell’iter il numero di posti venga incrementato, con il consenso del Ministero dell'economia e delle finanze al finanziamento di un numero maggiore di contratti; già oggi infatti si ha una grave carenza di medici specialisti, ma la situazione si aggraverà nei prossimi 3-4 anni, quando si assisterà alla vera ondata di pensionamenti;
          il differenziale tra giovani medici appena laureati e numero di contratti per le scuole di specializzazione supera le 1000 unità, che si vanno sommando negli anni fino a creare una classe di laureati disoccupati per i quali si è investito moltissimo nella formazione di base, ma che non sono in grado di svolgere in nessun modo la loro professione, perché senza specializzazione non c’è possibilità di accesso ai concorsi. Sono ovviamente persone deluse ed amareggiate che si ritengono vittime di una vera e propria ingiustizia dal momento che i due numeri, numero degli studenti iscritti, e quindi laureati, e numero dei contratti di specializzazione, sono entrambi fissati di concerto tra Ministero della salute e Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di intesa con le regioni  –:
          se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non ritengano utile assumere iniziative per configurare il corso di laurea in medicina e chirurgia e la successiva specializzazione, compresa l'alternativa della scuola di medicina generale, alla stregua di una laurea magistrale abilitante della durata di 10 anni, a ciclo unico, nell'ambito della quale tutti i laureati abbiano accesso alla specializzazione sulla base del curriculum e di prove di selezione. (5-12018)

Interrogazione a risposta scritta:


      SCOTTO e BOSSA. — Al Ministro della salute, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
          in data 22 giugno 2017 è stata indetta dall'azienda ospedaliera universitaria «Federico II», una selezione pubblica, per titoli e colloquio, finalizzata al conferimento di n.  6 incarichi individuali di prestazione professionale a professionisti in possesso di laurea in infermieristica, abilitazione professionale ed iscrizione al relativo collegio, nonché di comprovata competenza ed esperienza professionale nel settore dell'assistenza infermieristica;
          questa selezione è stata indetta in esecuzione della deliberazione n.  488 del 22 giugno 2017, che adduceva come motivazione la carenza di personale e la lentezza nell'espletare un avviso di mobilità regionale ed extraregionale, per titoli e colloquio, per la copertura di n.  45 posti di collaboratore professionale sanitario infermiere – categoria D – comparto sanità, bando in scadenza il 22 giugno 2017;
          suddetto avviso pubblico vedeva l'impossibilità da parte dei singoli candidati di presentare la domanda tramite Pec rendendo più difficoltoso l'accesso ai candidati medesimi;
          i singoli candidati, per accedere al compenso, dovevano essere titolari di partita Iva e lo stesso compenso di 9.000 euro lordi pagati in sei rate mensili da 1.500 euro risulta essere nettamente inferiore al Contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria D, figura professionale ricercata ed idonea a svolgere tale mansione nella struttura ospedaliera universitaria «Federico II»;
          all'avviso pubblico, nonostante la difficoltà di presentazione della domanda, si sono presentati 626 candidati e il 90 per cento di questi sono stati esclusi con motivazioni più o meno simili  –:
          quali iniziative il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza, affinché le modalità di selezione svolte su tutto il territorio nazionale siano il più trasparente possibile, tutti gli interessati possano candidarsi anche per via informatica e non solo cartacea e vengano mantenuti gli standard minimi reddituali garantiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro. (4-17552)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


      RUBINATO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
          con le norme contenute nel decreto legislativo 19 agosto 2016, n.  175, è stato perseguito dal legislatore l'obiettivo di riordinare e razionalizzare il fenomeno della partecipazione pubblica;
          l'articolo 19, comma 8, del decreto prevede che le pubbliche amministrazioni titolari di partecipazioni di controllo in società, in caso di reinternalizzazione di funzioni o servizi esternalizzati, affidati alle società stesse, procedono, prima di poter effettuare nuove assunzioni, al riassorbimento delle unità di personale già dipendenti a tempo indeterminato da amministrazioni pubbliche e transitate alle dipendenze della società interessata dal processo di reinternalizzazione, mediante l'utilizzo delle procedure di mobilità di cui all'articolo 30 del decreto legislativo n.  165 del 2001 e nel rispetto dei vincoli in materia di finanza pubblica e contenimento delle spese di personale. Il riassorbimento può essere disposto nei limiti dei posti vacanti nelle dotazioni organiche dell'amministrazione interessata e nell'ambito delle facoltà assunzionali disponibili;
          il medesimo decreto legislativo, all'articolo 25, individua una procedura transitoria per la ricollocazione del personale eccedentario delle società a controllo pubblico;
          la normativa in esame non prende in considerazione alcune tipologie di enti di forma associativa, quali i consorzi, e le aziende speciali costituiti rispettivamente ai sensi degli articoli 31 e 114 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267, di cui, anche a seguito dei processi di riorganizzazione dei servizi pubblici locali e dell'esercizio associato delle funzioni, gli enti locali potrebbero rivedere gli assetti operativi, con riflessi anche sul personale ivi impiegato;
          questa lacuna determina ingiustificate ricadute negative per un numero considerevole di lavoratori, tra cui anche le 22 unità dell'Azienda di promozione turistica di Venezia, cui era affidata, prima della liquidazione, la gestione dei servizi di informazione ed accoglienza turistica nella città di Venezia e lungo l'omonima costa adriatica, lavoratori che sono stati licenziati e che hanno impugnato il licenziamento;
          con un subemendamento (0. 20. 79. 2.), presentato dall'interrogante in sede di esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 24 aprile 2017, n.  50, è stato effettuato un tentativo di risposta al problema, stante l'orientamento favorevole del Governo — in particolare del Ministro interrogato a «colmare» questo vuoto normativo; il suddetto tentativo, tuttavia, non si è potuto tradurre in tale occasione in una specifica norma;
          l'obiettivo comunque era quello di reimmettere nel circuito della mobilità del pubblico impiego il personale già in organico e in servizio nelle sopracitate aziende speciali, successivamente poste in liquidazione, consentendo anche ai dipendenti delle stesse di fruire dell'opportunità prevista dall'ordinamento a favore dei lavoratori già dipendenti delle società a partecipazione pubblica, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, considerato che competerebbe ai singoli enti locali procedere alle eventuali assunzioni fermo restando tutti gli altri vincoli già esistenti in materia;
          va infine ricordato che gli enti locali possono trasformare le aziende speciali in società per azioni secondo quanto previsto dall'articolo 115 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267  –:
          se non ritenga utile assumere iniziative per estendere l'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 19, comma 8, e 25 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n.  175, anche al personale dei consorzi e delle aziende speciali di cui agli articoli 31 e 114 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267, già in servizio alla data di entrata in vigore della legge 7 agosto 2015, n.  124, alle condizioni di cui alle predette disposizioni e, comunque, nel rispetto del criterio di sostenibilità e di copertura finanziaria della previsione, nonché in conformità alle disposizioni ordinamentali in materia di accesso al pubblico impiego. (4-17560)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

      La risoluzione in Commissione Fabbri e altri n.  7-01313, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Impegno.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta orale D'Incecco e altri n.  3-03068, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 giugno 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Miotto.

      L'interrogazione a risposta scritta Zan e altri n.  4-17224, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Miotto.

      L'interrogazione a risposta scritta Parentela n.  4-17351, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Nesci.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Ricciatti e altri n.  5-11936, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Kronbichler, Franco Bordo.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Duranti e altri n.  5-12009, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Albini, Nicchi, Melilla, Sannicandro, Matarrelli, Ricciatti, Piras.

Pubblicazione di un testo riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Ricciatti n.  5-11936, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n.  839 del 21 luglio 2017.

      RICCIATTI, FERRARA, EPIFANI, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, MARTELLI, NICCHI, MELILLA, SANNICANDRO, DURANTI, PIRAS, QUARANTA, SCOTTO, KRONBICHLER e FRANCO BORDO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la Antonio Merloni Cylinders Ghergo Group s.p.a. è una società attiva nella costruzione di prodotti per lo stoccaggio del Gpl, largamente usati per la distribuzione del Gpl medesimo sul mercato, con sede a Matelica (Macerata);
          da diversi mesi i lavoratori sono in stato di agitazione per la situazione di crisi finanziaria e produttiva dell'azienda e per la mancata assunzione di responsabilità da parte della proprietà;
          secondo le organizzazioni sindacali sono a rischio circa cento posti di lavoro;
          in data 19 luglio 2017 l'azienda ha disertato l'incontro con le rappresentanze dei lavoratori previsto alla regione Marche, fissato per individuare possibili soluzioni per salvaguardare i livelli occupazionali;
          in data 20 luglio 2017 le organizzazioni sindacali hanno proclamato uno sciopero ad oltranza con un blocco stradale (sulla provinciale 256) per sensibilizzare l'opinione pubblica;
          l'elevato numero di lavoratori coinvolti, in un territorio che ha perso nel corso degli ultimi anni significative realtà produttive, rischia di avere gravi ripercussioni sull'economia del territorio;
          la Antonio Merloni Cylinders Ghergo Group non è l'unica azienda di proprietà della famiglia Ghergo che presenta criticità. La Gi&E spa di Porto Recanati, attiva nella produzioni di parti calde e compressori, infatti, continua ad essere in fase di stallo, nonostante l'annunciato rilancio del piano produttivo, supportato da un accordo con le organizzazioni sindacali siglato nel maggio 2017;
          l'accordo – che interveniva a seguito dell'avvio di una procedura di mobilità per 69 dipendenti in esubero rispetto ai 175 impiegati – prevede, nello specifico, la mobilità su base volontaria con incentivo all'esodo, mantenendo la valutazione di esubero per 50 unità; la cassa integrazione per 12 mesi; azioni volte a favorire il ricollocamento del personale in esubero nelle aziende presso le quali si sarebbero esternalizzate le attività; percorsi di formazione interna per favorire il reimpiego dei lavoratori all'interno dell'azienda; una serie di iniziative a tutela dei dipendenti appartenenti a categorie protette;
          si tratta di impegni che ad oggi non solo risultano disattesi – come riferiscono fonti sindacali –, ma presentano nuovi fronti di criticità come, per citare solo due esempi, i ritardi nel pagamento degli stipendi e la mancata regolarizzazione del fondo pensionistico complementare dei lavoratori, con diversi contributi non versati; anche in questo caso l'inerzia della proprietà dell'azienda rischia di portare ad una procedura coatta di licenziamento, considerato che le condizioni generali dell'azienda non migliorano e che non sono disponibili altri ammortizzatori sociali che possano anche indirettamente sostenere la riorganizzazione aziendale quali iniziative di competenza intendano assumere i Ministri interrogati, al fine di salvaguardare queste realtà produttive ed i relativi livelli occupazionali. (5-11936)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
           interrogazione a risposta in Commissione Pellegrino n.  5-11665 del 27 giugno 2017;
          interrogazione a risposta in Commissione Duranti n.  5-11987 del 27 luglio 2017.

ERRATA CORRIGE

      Interrogazione a risposta scritta Narduolo e altri n.  4-17515 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n.  844 del 28 luglio 2017. Alla pagina 49382, seconda colonna, alla riga trentesima, deve leggersi (circa il 33 per cento del personale totale) e non come stampato.