XVII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
gli incendi verificatisi sul territorio nazionale nel 2017 hanno determinato una vera e propria «emergenza nazionale». Legambiente ha recentemente pubblicato un dossier, contenente la rielaborazione dei dati raccolti dalla Commissione europea nell'ambito del progetto «Copernico», che fotografa la drammatica situazione nazionale: «in meno di sette mesi del 2017 sono andati in fumo, in Italia, ben 74.965 ettari di superfici boschive, pari al 156,41 per cento del totale della superficie bruciata in tutto il 2016 (47.926 ettari). Di questi solo 2.926 ettari, pari al 3,9 per cento del totale sono andati in fumo a causa di incendi nel periodo “invernale”, mentre ben 72.039 ettari, pari al 96,1 per cento del totale, sono andati in fumo a causa di incendi nel periodo “estivo”, ossia da maggio al 26 luglio scorso»;
secondo gli stessi dati della Commissione, le regioni italiane più colpite risultano essere «la Sicilia con 25.071 ettari distrutti dal fuoco, la Calabria con 19.224 ettari e ancora la Campania 13.037, il Lazio 4.859, la Sardegna 3.512, la Puglia 3.049, la Liguria 2.848 (di cui 2.455 ettari in periodo “invernale”), la Toscana 1.521, la Basilicata 572, l'Abruzzo 366, la Lombardia 270, le Marche 264, l'Umbria 221 e il Piemonte con 151 ettari»;
nonostante il numero degli incendi in Italia nel 2017 sia aumentato rispetto all'anno precedente, questo non si discosta in misura significativa dalla media degli ultimi anni. Il dato che, tuttavia, preoccupa è rappresentato dall'enorme estensione media della superficie colpita dagli incendi: la superficie complessiva bruciata ha superato quota 101.000 ettari, un dato che corrisponde a più del doppio della superficie andata in fumo in tutto il 2016;
alla luce dei fatti riportati, assume particolare rilievo la soppressione del Corpo forestale dello Stato, prevista dalla «riforma Madia» (legge n. 124 del 2015) e resa operativa dal decreto legislativo n. 177 del 2016. Gli articoli 7-19 del decreto, in attuazione della delega contenuta all'articolo 8, comma 1, lettera a), hanno disposto, infatti, lo scioglimento del Corpo forestale dello Stato e l'assorbimento della maggior parte delle sue funzioni e personale nell'Arma dei carabinieri, salvaguardando le «professionalità esistenti, le specialità e l'unitarietà delle funzioni da attribuire, assicurando la necessaria corrispondenza tra le funzioni trasferite e il transito del relativo personale»;
a seguito della citata riforma, la competenza in materia di incendi boschivi è stata affidata anche ai vigili del fuoco, che, loro malgrado, nonostante l'abnegazione e l'elevatissimo spirito di sacrificio che da sempre li contraddistingue per alleviare disagi ed impedire il verificarsi di danni, non hanno mezzi e risorse adeguati per essere presenti in modo capillare su tutto il territorio nazionale ed agire in modo tempestivo al pari di quanto accadeva con il personale del Corpo forestale. Tutto ciò si ripercuote, quindi, sulla complessiva gestione dell'emergenza, e sulla tempestività nello spegnimento degli incendi;
lo stesso coordinatore nazionale dei forestali per il Conapo, il sindacato autonomo dei vigili del fuoco, Gabriele Pettorelli, ha dichiarato che «sopprimendo la Forestale si è notevolmente indebolita quell'opera di presidio sul territorio e di prevenzione che era propria dei nostri uomini»;
la riforma attuata con il decreto n. 177 del 2016 ha avuto notevoli conseguenze anche sul piano della dotazione materiale e strumentale del Corpo, per via delle numerose difficoltà legate al passaggio di proprietà dei mezzi;
secondo dati relativi agli interventi dei mezzi aerei della protezione civile sugli incendi, tra il 1° gennaio ed il 26 luglio sono arrivate ben 1144 richieste, raggiungendo il record decennale, da parte delle Regioni al COAU, per l'intervento dei mezzi della flotta aerea dello Stato composta da 14 canadair, 3 elicotteri dei vigili del fuoco e 3 dell'Esercito. Si certifica dunque un uso così significativo dei mezzi aerei per spegnere gli incendi, lasciando intendere la palese carenza del personale di terra;
l'Associazione nazionale forestali, dal canto suo, ha sottolineato più volte ed in numerose occasioni le gravi conseguenze della citata «riforma Madia», soprattutto alla luce dei recenti e gravi episodi di incendi boschivi che hanno messo in ginocchio l'Italia intera e rispetto ai quali i forestali sono stati delegittimati delle competenze in materia di spegnimento e gestione degli incendi;
da ultimo, il Tar Abruzzo – sezione Pescara, mediante ordinanza, ha sollevato la questione di costituzionalità dell'articolo 8 lettera a), della legge n.124 del 2015, per contrasto con gli articoli 3, primo e secondo comma, 9, 32, 76, 77, primo comma, e 81 della Costituzione, e dello stesso decreto n. 177 del 2016, nella parte in cui hanno disposto lo scioglimento del Corpo forestale dello Stato e l'assorbimento del suo personale nell'Arma dei carabinieri e nelle altre forze di polizia ad ordinamento militare, per contrasto con gli articoli 2,3, primo e secondo comma, 4, 76 e 77, primo comma, della Costituzione;
il Tar Abruzzo ha riscontrato, in particolare, una serie di profili di illegittimità che attengono, principalmente, al mancato rispetto del principio di autodeterminazione del personale del Corpo forestale alla luce della limitazione che deriva dall'assunzione non pienamente volontaria dello status di militare; alla modifica in senso peggiorativo del rapporto di impiego e di servizio attraverso l'assunzione del menzionato status, considerata la scelta non completamente libera del personale; infine, alla «militarizzazione» di un corpo di polizia che si pone inoltre in netta controtendenza «rispetto ai principi generali del nostro ordinamento e alle linee evolutive di questo nel tempo», a fronte del fatto che «nulla nella legge delega consentiva al Governo di ritenersi espressamente autorizzato a “militarizzare” il personale del disciolto Corpo forestale dello Stato, quindi a mutare la condizione di quanti vogliono continuare a svolgere le pregresse funzioni e a esercitare tali professionalità»;
è stato da più parti osservato, inoltre, come la specifica formazione culturale e le competenze professionali del personale dipendente, decisive e altamente specializzate anche per la prevenzione e la repressione dei reati ambientali e agroalimentari, e la tutela delle aree protette, fanno del Corpo forestale dello Stato un prezioso strumento operativo a servizio del Paese: l'accorpamento nell'Arma dei carabinieri rischia, quindi, di disperdere le preziose professionalità e le competenze acquisite nel corso degli anni dallo stesso personale del Corpo,
impegna il Governo:
1) ad adottare tutte le opportune iniziative al fine di predispone un sistema di gestione e lotta al fuoco che preveda una sistematica implementazione di controlli e misure di prevenzione, considerato che l'emergenza incendi che ha devastato la Penisola e numerose aree di pregio naturalistico ha dimostrato sino ad oggi una grande impreparazione nel saper prevenire e mettere in sicurezza il prezioso patrimonio naturalistico nazionale;
2) ad intraprendere le necessarie iniziative affinché lo Stato, anche alla luce dei rilievi di costituzionalità sollevati dal Tar Abruzzo, recuperi l'esperienza del Corpo Forestale, ovvero costituisca un'unica forza di polizia ambientale su tutto il territorio nazionale, composta dallo stesso Corpo forestale dello Stato e dai corpi forestali delle regioni e quelli delle province autonome, così da porre in essere un sistema di coordinamento strutturato e radicato sul territorio;
3) ad assumere iniziative volte a modificare la normativa vigente per correggere le inadeguate scelte della «riforma Madia» e restituire al Corpo forestale dello Stato il suo ruolo pieno ed autonomo, valorizzando le professionalità e le competenze del Corpo, quale strumento operativo a servizio del Paese;
4) ad assumere iniziative per provvedere al potenziamento degli organici, nonché dei mezzi a disposizione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, al fine di svolgere tempestivamente il compito istituzionale del soccorso tecnico urgente.
(1-01704) «Fabrizio Di Stefano, Occhiuto, Brunetta, Russo, Laffranco, Catanoso, Alberto Giorgetti, Sisto, Vito».
Risoluzione in Commissione:
La XIII Commissione,
premesso che:
come riporta un articolo de «L'Informatore agrario», nel 2017 il comparto della frutta estiva, in particolare pesche e nettarine, ha subito un altro annus horribilis;
la frequenza con la quale si susseguono le annate nere per la frutta estiva obbliga ormai a considerarle come delle vere e proprie crisi strutturali. Crisi, è bene dirlo, aggravate dall'assenza di uno sbocco in Russia;
le previsioni di Europech avevano stimato per il 2017 una produzione di pesche e nettarine pari a 3,2 milioni di tonnellate che ora, a consuntivo, potrebbe sfiorare i 4 milioni di tonnellate, un quantitativo che è risultato nelle attuali condizioni eccedente, sia considerando il livello di domanda interna a livello europeo di consumo, sia per l'impossibilità di destinare alle esportazioni – nel permanere dell'embargo russo – quantitativi considerevoli di frutta estiva, per via della sua deperibilità;
a 4 anni dall'inizio dell'embargo russo, non c'è alcun mercato «extra UE» di sbocco per le pesche e nettarine che, per dimensioni, possa essere considerato in qualche modo equivalente al mercato russo;
l'Italia negli ultimi anni, al fine di contingentare la produzione di pesche, ha pure drasticamente ridotto la superficie a pescheto: nella sola Emilia-Romagna sono rimasti poco più di 15.000 ettari, contro i circa 38.000 di vent'anni fa;
in Italia, le organizzazioni di produttori stanno compiendo sforzi importanti e condivisibili per la programmazione e la riconversione varietale, mentre in altri Paesi produttori si aumenta in maniera esorbitante la coltivazione di pesche, arrivando a immetterne sul merlato europeo quantitativi sempre crescenti;
ecco perché non c'è soluzione alla crisi della frutta estiva se non si inizia seriamente una riflessione a livello europeo che miri a una diversa programmazione complessiva della produzione;
occorre che l'Unione europea assuma ogni idonea iniziativa al fine di istituire un catasto per censire con attendibilità e precisione gli ettari investiti di pesche e monitorare l'incremento esponenziale di nuovi impianti, con l'obiettivo di riuscire a porre un freno allo sviluppo di nuove colture di pesche in presenza di un mercato già saturo anche in condizioni di piccoli surplus produttivi;
il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali deve avanzare un'idonea proposta in tal senso per evitare strategie comunitarie del tutto incoerenti e incompatibili tra Paesi dell'Unione europea, con conseguenze drammatiche nella gestione del mercato interno comunitario;
numerosi fattori hanno aggravato la crisi delle pesche e delle nettarine: la concorrenza fortissima della Spagna, l'accavallarsi dei calendari produttivi, fattori meteorologici come la siccità e la grandine e le sensibili differenze nei costi di produzione tra Paesi, in primis per energia e manodopera;
i produttori, quest'anno, si sono visti riconosciuti non più di 20 centesimi per ogni chilogrammo di pesche;
per porre argine a tale situazione l'Unione europea ha autorizzato nei giorni scorsi un ulteriore ritiro dal mercato di 35.000 tonnellate di pesche, che saranno destinate prioritariamente a enti caritatevoli per beneficenza;
all'Italia vengono assegnate 4.760 tonnellate, che si aggiungono alle 2.380 già previste dal regolamento adottato a fine giugno 2017 sulle misure di emergenza per il bando russo;
i criteri per le quote dei ritiri, come è noto, sono stati fissati nel regolamento comunitario per le misure contro l'embargo russo e premiano quindi ancora una volta la Spagna, poiché prendono come riferimento prioritario le trascorse quote di export dei singoli Paesi verso la Russia. Al danno si aggiunge la beffa;
la decisione dell'Europa, liberando un po’ di prodotto dal mercato, potrà in qualche modo dare sollievo a una situazione molto pesante, ma è chiaro che la crisi della frutta estiva non può più contare ogni anno sul ricorso a misure straordinarie concesse dall'Europa in via di massima urgenza;
i problemi sono, come detto, strutturali ed è giunto il momento che si affronti in un'ottica nazionale e, successivamente, comunitaria la questione della programmazione produttiva a livello di frutteto europeo;
la recente istituzione del tavolo ortofrutticolo nazionale voluta dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, chiamato ad affrontare in maniera unitaria e in una visione di strategia nazionale tutti i principali problemi dell'ortofrutta nazionale è un primo passo da implementare e potenziare nella sua efficacia, coinvolgendo tutti gli operatori del settore;
questo comparto, con i suoi 24 milioni di tonnellate di ortofrutta prodotta, un valore della produzione di circa 12 miliardi di euro e il suo rilevante export, contribuisce in modo importante al saldo attivo della bilancia commerciale dell'agroalimentare italiano,
impegna il Governo:
ad adoperarsi, con determinazione ed in tutte le sedi competenti, per la tutela del comparto della frutta estiva, delle pesche e delle nettarine specificatamente;
ad assumere idonee iniziative al riguardo e a dare indicazioni precise alla delegazione italiana in sede comunitaria al fine di ottenere una maggiore ripartizione della quota di ritiro delle pesche e delle nettarine del comparto nazionale.
(7-01347) «Catanoso».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
il cloud computing, secondo la definizione fornita dal NIST – Istituto nazionale degli standard e della tecnologia degli Stati Uniti, è «un modello per abilitare accessi a network ubiqui, convenienti e on-demand di un bacino condiviso di risorse configurabili di computazione che possono essere rapidamente acquisiti e rilasciati con il minimo sforzo di gestione o di interazione con il fornitore dei servizi»;
i servizi di cloud computing possono essere di tipo «privato o community», che prevede l'utilizzo di infrastrutture Ict (Information and communication technology) dedicati internamente a singole organizzazioni o per un gruppo limitato di organizzazioni, oppure di tipo «pubblico», che fa riferimento a infrastrutture Ict comuni e condivisibili da un numero non predefinito di organizzazioni, garantendo allo stesso tempo l'isolamento ad ogni singola organizzazione;
sempre più aziende e pubbliche amministrazioni stanno utilizzando il cloud computing, la cui efficacia ed efficienza è ampiamente documentata nella letteratura scientifica e nelle analisi di mercato. Molti Stati hanno già implementato politiche «cloud first»: in questo modo ottengono ottimi risultati dal punto di vista prestazionale, garantendo al tempo stesso significativi risparmi di spesa, il tutto nella massima sicurezza, di gran lunga superiore a quella offerta dai singoli data center. Da tempo, infatti, tutte le analisi nell'ambito della sicurezza cibernetica segnalano la riduzione della base d'attacco, e quindi dei data center, come uno degli interventi principali per limitare i rischi;
ad oggi, le pubbliche amministrazioni possono acquisire servizi di cloud computing tramite la cosiddetta «Gara SPC – lotto 1», sulla base delle linee guida emanate dall'Agenzia per l'Italia digitale sul cloud computing. I servizi di cloud offerti sono limitati alla tipologia «cloud privato», mentre non sono previsti servizi di «cloud pubblico»: a quanto risulta agli interpellanti, i servizi offerti nell'ambito della gara SPC sarebbero obsoleti e di difficile utilizzo da parte delle pubbliche amministrazioni che, infatti, stanno acquisendo dalla gara SPC in maniera estremamente ridotta;
in data 6 giugno 2017 è stata presentata dagli interpellanti l'interrogazione a risposta scritta n. 4-16839, con cui si chiedeva al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e della pubblica amministrazione, se ritenessero prioritario implementare politiche «cloud first», se ritenessero opportuno dare indirizzo a Consip affinché attivi la necessaria procedura per valutare l'opportunità di predispone strumenti idonei per l'acquisizione di public cloud pubblico da parte della Pubblica Amministrazione, e quali misure urgenti intendessero adottare per evitare il potenziale consolidarsi di situazioni non concorrenziali nel settore del «cloud pubblico»;
in data 4 luglio 2017 Consip ha pubblicato la consultazione di mercato relativa alla «gara per la fornitura delle licenze d'uso Microsoft Enterprise Agreement e dei servizi connessi per le pubbliche amministrazioni – quinta edizione». La consultazione è elemento prodromico alla prossima pubblicazione di un bando giunto ormai alla sua quinta edizione, originariamente nato per permettere alla pubblica amministrazione di acquisire le licenze dei software Microsoft, ma progressivamente aperto e sempre più ampliato anche ai servizi online, inclusi Tieni di cloud computing, confermando quindi, da un lato, la crescente domanda della pubblica amministrazione di acquisire questo tipo di servizi e, dall'altro, l'orientamento di Consip di non bandire delle gare specifiche dedicate al public cloud, ma di riservare delle quote per questi servizi all'interno delle gare per i diversi enterprise agreement, in cui la competizione è fra distributori, ma che sono invece non competitivi del bene e/o servizio offerto. Come già segnalato, si configura dunque il rischio di una significante distorsione nel mercato del public cloud della pubblica amministrazione –:
se non ritengano necessario intervenire per dare indirizzo a Consip affinché attivi quanto prima la necessaria procedura per valutare l'opportunità di predisporre strumenti idonei per l'acquisizione di public cloud pubblico da parte della pubblica amministrazione;
se non ritengano che un'eventuale gara per l'acquisizione di licenze d'uso Microsoft Enterprise Agreement, qualora comprendesse anche beni e/o servizi di cloud computing, potrebbe essere lesiva della competizione e quali iniziative urgenti intendano mettere in atto per evitare il potenziale consolidarsi di situazioni non concorrenziali nel settore del «cloud pubblico»;
quali siano gli orientamenti in merito all'introduzione, nel cosiddetto «cloud della pubblica amministrazione» di servizi di public cloud offerti da operatori privati ai sensi del recente piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione.
(2-01946) «Bruno Bossio, Boccadutri, Aiello, Battaglia, Fanucci, Coppola, Blazina, Marchi, Ventricelli, Pelillo, Currò, Patrizia Maestri, Garavini, Peluffo, Culotta, Magorno, Rossi, Falcone, Guerra, Sani, Manciulli, Cuperlo, Vazio, Giuseppe Guerini, Malpezzi, Martella, Fregolent, Cardinale, Di Gioia, Gandolfi, Incerti, Gianni Farina».
Interrogazioni a risposta in Commissione:
DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
tra le opere inserite nel «patto per la Puglia», ci sono i tre lotti della «Strada litoranea interna Talsano-Avetrana» per un importo complessivo di 193 milioni di euro finanziata con il FSC (fondo per lo sviluppo e la coesione) 2014-2020;
per l'opera in questione si tratterebbe di un nuova proposta a seguito di una «bocciatura» nel 2013 in sede di valutazione d'impatto ambientale sulla vecchia progettazione;
non risulta all'interrogante siano state redatte o rese pubbliche analisi costi-benefici sull'opera;
al riguardo, com'è noto, l'articolo 22 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, che detta norme sulla trasparenza nella partecipazione di portatori di interessi e sul dibattito pubblico in generale, impone che le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori pubblichino, nel proprio profilo del committente, i progetti di fattibilità relativi alle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull'ambiente, sulle città e sull'assetto del territorio, nonché gli esiti della consultazione pubblica, comprensivi dei resoconti degli incontri e dei dibattiti con i portatori di interesse;
la medesima norma citata impone che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato entro un anno dalla data di entrata in vigore del codice medesimo, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, in relazione ai nuovi interventi avviati dopo la data di entrata in vigore del medesimo decreto, sono fissati i criteri per l'individuazione delle opere, distinte per tipologia e soglie dimensionali, per le quali è obbligatorio il ricorso alla procedura di dibattito pubblico, e sono altresì definiti le modalità di svolgimento e il termine di conclusione della medesima procedura. A tal fine, è previsto che venga istituita una commissione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il compito di raccogliere e pubblicare informazioni sui dibattiti pubblici in corso di svolgimento o conclusi e di proporre raccomandazioni per lo svolgimento del dibattito pubblico sulla base dell'esperienza maturata –:
se al Governo risulti l'esistenza di un'analisi costi-benefici e, in caso affermativo, per quali ragioni non sia stata pubblicata e quali siano le evidenze di tale studio; in caso contrario, come possa essere stata finanziata l'opera in assenza di tale essenziale requisito di prefattibilità;
quali siano le motivazioni per cui l'opera in questione sia beneficiaria delle risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020;
se il Governo possa fornire elementi circa lo stato della procedura di adozione del decreto di cui all'articolo 22 del decreto legislativo 18 aprile 201,6, n. 50, cosiddetto codice dei contratti pubblici, e i relativi tempi di adozione nonché in ordine all'istituzione della Commissione prevista dalla medesima norma.
(5-12243)
CRISTIAN IANNUZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 23 agosto 2017, Gloria Pompili è stata trovata morta, vicino Prossedi (Latina): le indagini dei carabinieri di Latina hanno condotto all'arresto di due parenti della vittima che l'avrebbero prima indotta a prostituirsi e poi più volte picchiata per costringerla a continuare a farlo, dietro la minaccia di farle togliere i figli;
la violenza contro le donne, come testimoniato dalle cronache, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, rappresenta un'emergenza sanitaria mondiale: è la prima causa di morte e di invalidità permanente tra le donne di età tra i 16 e i 44 anni;
il 35 per cento delle donne nel mondo (una su tre) è vittima di violenza fisica e/o sessuale da parte del partner o di sconosciuti, a prescindere dal ceto sociale cui appartengano;
nel periodo compreso tra gennaio e luglio 2017 le violenze denunciate sono state 2333. Dati recenti forniti dal Ministero dell'interno evidenziano che sono in aumento le violenze sessuali commesse dagli italiani (1534 nei primi sette mesi di quest'anno), mentre diminuiscono di poco quelle che vedono gli stranieri responsabili dei 3/5 degli stupri (904 da gennaio a luglio di quest'anno);
con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia è stata tra i primi Paesi europei a ratificare la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, ha introdotto una serie di disposizioni penali, volte a prevenire e reprimere la violenza domestica e di genere e ha previsto l'adozione di un piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, con lo scopo di affrontare in modo organico e in sinergia con i principali attori coinvolti, a livello sia centrale che territoriale, il fenomeno della violenza contro le donne;
il 2 marzo 2017 la Corte europea dei diritti umani ha condannato l'Italia per non aver agito con sufficiente rapidità per proteggere una donna e suo figlio dagli atti di violenza domestica perpetrati dal marito, che hanno poi portato all'assassinio del ragazzo e al tentato omicidio della moglie;
la tragedia, secondo i giudici di Strasburgo, non sarebbe imputabile alle leggi in vigore in Italia, ma all'atteggiamento «passivo» adottato dalle forze dell'ordine e dai magistrati, di fronte agli atti di violenza domestica subiti e denunciati dalla donna;
nel mese di giugno 2017, la corte d'appello di Messina ha stabilito che per l'omicidio di Marianna Manduca ci fu dolo e colpa grave nell'inerzia dei due pm che, dopo i primi segnali di violenza da parte del marito, non trovarono il modo di fermarlo, nonostante le reiterate denunce della donna –:
se, dato l'aumento delle violenze, non si ritenga necessario assumere le iniziative di competenza per la nomina di un Ministro che si occupi delle politiche di genere;
se non intendano adottare urgentemente un piano straordinario che metta in atto misure di prevenzione, anche attraverso interventi nel campo dell'istruzione e della comunicazione e che garantisca nel tempo adeguate forme di assistenza e di sostegno alle donne vittima di violenza;
quali iniziative intendano adottare per implementare i centri antiviolenza esistenti sul territorio nazionale;
se intendano assumere iniziative per aumentare le somme da destinare alla prevenzione e al contrasto della violenza sulle donne;
se intendano, con la massima urgenza, impartire indirizzi alle forze dell'ordine, al fine di garantire tempestive azioni di monitoraggio e interventi a protezione e sicurezza delle donne vittime di minacce e atti persecutori;
se intendano valutare l'assunzione di iniziative volte a prevedere l'obbligatorietà dell'adozione di mezzi elettronici o altri strumenti tecnici di controllo nei casi di condanna per atti persecutori, ai sensi dell'articolo 612-bis del codice penale.
(5-12253)
Interrogazioni a risposta scritta:
MELILLA, RICCIATTI, SCOTTO, QUARANTA, PIRAS, NICCHI, FRANCO BORDO, ZARATTI, FERRARA, SANNICANDRO e KRONBICHLER. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
a seguito della «riforma Del Rio» sulle provincie e della «bocciatura» del referendum costituzionale del 2016 si è composto un quadro drammatico e pericoloso per le provincie italiane come più volte esposto dall'Upi;
dal 2014 al 2016 sono state tagliate risorse per le 76 provincie italiane pari a 2 miliardi di euro che, se pur hanno fornito un risparmio allo Stato, oggi rischiano di costare molti di più in termini di sicurezza ai cittadini;
nonostante il taglio dei trasferimenti, rimane a carico delle provincie, la gestione di 5.200 scuole, nelle quali studiano circa 2 milioni di ragazzi, di cui 2.130 in aree a rischio sismico e molte colpite dai recenti eventi sismici come nel caso dell'Italia centrale;
i danni maggiori si palesano nella gestione della rete stradale di competenza dalle provincie pari a 130.000 chilometri di cui 70 mila posti a limitazione velocità per la scarsa sicurezza delle stesse e 5.000 chiusi per totale inagibilità; in media per la gestione di ogni chilometro di strade l'Anas investe 22 mila euro, mentre per le strade provinciali sono destinati solo 6.000 euro a chilometro –:
quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per garantire la piena funzionalità delle provincie italiane e fornire alle stesse gli strumenti economici che permettano di garantire, in particolare, la sicurezza delle scuole e della rete stradale.
(4-17880)
TERZONI, MASSIMILIANO BERNINI, AGOSTINELLI e CECCONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 45 del decreto-legge n. 189 del 2016, convertito dalla legge n. 229 del 2016 e attuato dalla convenzione del 20 gennaio 2017, ha permesso l'erogazione una tantum di 5.000 euro ai lavoratori autonomi colpiti dal sisma di agosto e ottobre 2016;
per i cosiddetti comuni in deroga al titolo IV del predetto decreto, quali Ascoli Piceno, Fabriano, Macerata, Spoleto, Teramo, Rieti, tale erogazione era subordinata alla presentazione della notifica dell'ordinanza di inagibilità a differenza degli altri comuni presenti all'interno del cratere;
la scadenza dei termini della domanda è stata fissata per il 14 aprile 2017;
alcune attività imprenditoriali svolte nei comuni in deroga non hanno potuto presentare tale domanda, o l'hanno presentata ma è stata rigettata, oppure non hanno ricevuto in tempo utile il sopralluogo da parte degli enti preposti alla verifica tecnica dell'immobile, o peggio ancora non hanno ricevuto entro i termini la notifica dell'ordinanza a causa dei forti ritardi da parte degli enti preposti –:
se siano ad oggi ancora disponibili fondi per erogare il sopracitato contributo a coloro che non hanno potuto accedere allo stesso a causa dei ritardi;
se il Governo abbia intenzione di assumere iniziative per la modifica dei termini di scadenza entro la fine dell'anno in corso;
se il Governo intenda assumere iniziative per prevedere criteri stringenti per i comuni all'interno del cratere e non in deroga come già sollecitato nell'interrogazione n. 3-03204.
(4-17882)
TERZONI, AGOSTINELLI e CECCONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
la legge della regione Marche n. 25 del 2017 «Disposizioni urgenti per la semplificazione e l'accelerazione degli interventi di ricostruzione conseguenti agli eventi sismici del 2016», all'articolo 3, comma 3, recita: «Ai fini dell'applicazione dell'articolo 36 del DPR 380/2001, costituiscono disciplina urbanistica ed edilizia vigente anche le disposizioni di cui alla legge regionale 22/2009 (Interventi della Regione per il riavvio delle attività edilizie al fine di fronteggiare la crisi economica, difendere l'occupazione, migliorare la sicurezza degli edifici e promuovere tecniche di edilizia sostenibile), e, in deroga a quanto disposto dal comma 9 dell'articolo 4 della medesima legge regionale, gli interventi in essa previsti possono essere considerati ai fini della sanatoria»;
detto articolo appare in contrasto con le norme sovraordinate di cui agli articoli 34 e 36 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, i quali stabiliscono quanto segue:
«Art. 34. — Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire.
1. Gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire sono rimossi o demoliti a cura e spese dei responsabili dell'abuso entro il termine congruo fissato dalla relativa ordinanza del dirigente o del responsabile dell'ufficio. Decorso tale termine sono rimossi o demoliti a cura del comune e a spese dei medesimi responsabili dell'abuso.
2. Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell'ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 392/78, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale. (...)
Art. 36. — Accertamento di conformità.
1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 23, comma 01, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell'abuso, o l'attuale proprietario dell'immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'articolo 16. Nell'ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.
3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata»;
ad avviso degli interroganti la norma regionale viola palesemente la norma generale statale relativa ai presupposti della sanatoria edilizia;
l'antinomia rilevata si pone in aperto contrasto con quanto disposto dal terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione che, in materia di governo del territorio, che ricomprende la disciplina urbanistica, prevede la potestà legislativa concorrente Stato-regioni –:
se il Governo intenda, alla luce di quanto esposto in premessa, verificare la sussistenza dei presupposti per promuovere la questione di legittimità costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, dinanzi alla Corte Costituzionale in relazione alla legge n. 25 del 2 agosto 2017 della regione Marche.
(4-17884)
CICCHITTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
il colonnello dei carabinieri Sergio De Caprio, noto anche come Capitano Ultimo, ha prestato servizio, nell'Arma, presso il Ros (Reparto operativo speciale), presso il Noe (Nucleo operativo ecologico); è poi passato all'Aise (il servizio segreto per l'estero); recentemente ha fatto rientro nell'Arma dei carabinieri;
negli anni ha portato a termine con successo complesse ed importanti operazioni;
nel corso della sua intensa attività ha costituito un nucleo di uomini compatto ed omogeneo che, nelle varie circostanze, ha sempre operato in modo continuativo sotto il suo unico comando;
tale nucleo, evidentemente polivalente, è intervenuto nei più svariati settori passando da investigazioni su reati ambientali a servizi informativi all'estero: sempre mantenendo la medesima omogeneità di assetto;
nei vari passaggi al Ros, al Noe o all'Aise il colonnello De Caprio è stato sempre seguito dal nucleo, compatto ed omogeneo, da lui costituito;
appare anomalo all'interrogante il criterio per il quale, al di là della corretta applicazione di selezioni individuali, possa ravvisarsi anche il reclutamento di interi «nuclei» di uomini;
in varie circostanze, ad avviso dell'interrogante, lo stesso, costante utilizzo di questo consolidato nucleo da parte del medesimo magistrato per operazioni di polizia giudiziaria, contraddice la logica della flessibilità tipica e fisiologica dell'Arma dei carabinieri e di altri corpi dello Stato –:
se un fenomeno di tale natura costituisca prassi comune all'interno dei Corpi dello Stato o risulti un'eccezione e, in quest'ultimo caso, quali siano le motivazioni alla base di una simile decisione;
in considerazione delle specifiche operazioni effettuate dal colonnello De Caprio e dai suoi uomini nell'ambito del contrasto e della repressione di attività criminali all'interno del Paese, quale sia la logica che ha portato questo «nucleo speciale» ad operare nell'Aise, servizio segreto per l'estero, anziché, come parrebbe più comprensibile e naturale all'interrogante, nell'Aisi, il servizio segreto per l'interno;
se, nel corso delle operazioni di reclutamento del personale, il servizio segreto italiano, oltre al corretto criterio della selezione individuale, segua anche metodi di diversa natura, inserendo al suo interno nuclei precedentemente costituiti insieme al loro capo.
(4-17888)
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interrogazione a risposta in Commissione:
QUARTAPELLE PROCOPIO, GRIBAUDO, MONACO, TIDEI, LA MARCA, ZAMPA e CARROZZA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
dalla fine della seconda guerra del Congo, nel 2003, la Repubblica democratica del Congo aveva conosciuto sotto la presidenza di Joseph Kabila, rieletto per due mandati, un periodo di relativa stabilità;
nell'agosto del 2016 in un conflitto a fuoco con la polizia veniva ucciso un leader storico dell'etnia Luba della regione del Kasai, e storico avversario di Kabila, Kamwina Nsapu, fatto che scatenava la rivolta dei suoi seguaci in tutta la regione;
nel novembre del 2016 avrebbero dovuto tenersi le elezioni legislative e presidenziali, ma il Presidente in carica, giunto alla scadenza del suo secondo mandato, ha deciso di non dimettersi e di non indire nuove elezioni; a questa decisione è seguito l'accordo di San Silvestro in cui è stato coinvolto nel Governo il principale partito di opposizione;
con l'inizio del 2017 la situazione nella regione congolese del Kasai si deteriora. Lo scontro tra miliziani, da un lato, e polizia ed esercito regolare, dall'altro, avrebbe prodotto diverse centinaia di morti: ancora più grave il bilancio per la popolazione civile;
già nel mese di marzo 2017 la Commissione dei diritti umani dell'Onu ha recensito circa dodici fosse comuni tra il Kasai Centrale e il Kasai orientale, successivamente altre fonti giornalistiche (Radio France International (Rfi) e la Reuters) riferivano della scoperta di altre otto fosse comuni. Avvenire, il quotidiano della conferenza episcopale italiana molto attento e informato sulle vicende relative al continente africano, ne avrebbe censite fino ad ottanta. Le vittime ivi sepolte sarebbero state uccise in un modo atroce;
sempre nel mese di marzo 2017 due componenti della commissione di esperti dell'ONU, l'americano Michael Sharp e la svedese Zahida Katalan, sarebbero stati rapiti torturati e uccisi nel Kasai Centrale probabilmente dalle milizie Kamwina Nsapu, mentre indagavano su presunti crimini di pulizia etnica commessi proprio da queste milizie;
è poi noto che le medesime forze armate reclutino in tutta la regione «bambini soldato» che farebbero poi entrare in azione sotto effetto di sostanze psicotrope; la presenza di «bambini soldato» in Congo è stata peraltro denunciata anche nell'angelus del 19 febbraio da Papa Francesco;
secondo l'Onu e fonti vicine alla Chiesa cattolica sarebbero oltre 3.300 i morti e 1,4 milioni gli sfollati, generati dalla guerra etnica in corso nel Kasai. In 300.000 si sarebbero rifugiati all'estero di cui 30.000 in Angola. Fonti più recenti, provenienti dall'Arcidiocesi di Kananga, parlano addirittura di 20.000 vittime. Inoltre, si calcolano 400 mila bambini a rischio di morire di fame;
l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha denunciato i gravi crimini commessi da tutte le parti in conflitto nella regione. Scott Campbell, responsabile diritti umani per l'Africa centro-ovest ha dichiarato: «quello che abbiamo verificano sono attacchi su un ampio raggio, molti di questi assalti contro alcuni villaggi sono ben pianificati. Le uccisioni di massa, potrebbero essere considerate un crimine contro l'umanità. Naturalmente solo un tribunale competente può stabilirlo»;
alle questioni etniche si uniscono quelle economiche: la regione del Kasai, infatti, è ricca di diamanti –:
se al Governo risulti quanto sopra esposto e se intenda promuovere, sia in sede di Unione europea, visto il legame storico che il Congo ha con alcuni partner europei dell'Italia, che in sede Onu, le opportune iniziative perché si arrivi al più presto a ristabilire, insieme alla piena e funzionale vita democratica, le condizioni durature di pace e sicurezza in una regione come quella del Kasai e in una nazione come quella della Repubblica democratica del Congo segnate per troppo tempo da uno stato di guerra e di miseria endemiche.
(5-12245)
Interrogazione a risposta scritta:
BORGHESE e MERLO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
già a partire dall'anno 2013 la Repubblica Dominicana sta seguendo un progetto della commissione affari fiscali del Consiglio economico e sociale (ECOSOC) delle Nazioni Unite, finalizzato a rafforzare le competenze dei Ministeri delle finanze e delle autorità nazionali competenti in materia fiscale dei Paesi in via di sviluppo, al fine di metterli effettivamente in grado di negoziare, interpretare e gestire i trattati sulle doppie imposizioni fiscali;
tali tipi di trattati sono necessari per facilitare una intesa in merito allo scambio di informazioni che consentano alla Repubblica Dominicana e al Governo italiano di prevedere di riavviare contatti a livello tecnico al fine di proseguire la negoziazione di un trattato fiscale generale per la popolazione italiana che vive in tale Paese estero;
secondo la legislazione fiscale italiana, per la precisione ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, le pensioni corrisposte a persone non residenti in Italia da enti che, invece, hanno sede nel nostro Paese, o da stabili organizzazioni nello stesso territorio, sono imponibili in linea generale in Italia;
la Repubblica Dominicana non risulta essere nelle liste dei Paesi a fiscalità privilegiata previste dalla legislazione italiana e nel report 2011 del Forum globale dell'Ocse per l'implementazione degli standard fiscali internazionali;
negli ultimi tempi un numero incalcolabile, comunque diverse centinaia, di pensionati italiani residenti nella Repubblica Dominicana, percepisce pertanto sempre la pensione tassata in quanto ai sensi dell'articolo 23, comma 2, lettera a) del Testo unico italiano delle imposte sul reddito «si considerano prodotti nel territorio dello Stato, se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti» –:
quali iniziative il Governo intenda adottare per promuovere una esaustiva e adeguata soluzione per porre fine a questa situazione che causa grave disagio ai pensionati italiani residenti nella Repubblica dominicana, soluzione che finalmente permette di soddisfare le loro incessanti richieste di aiuto economico, in quanto, per molti le attuali disponibilità economiche non sono sufficienti per condurre un'esistenza decorosa, neppure in tale Paese del Centro america;
se vi siano motivi, e in caso affermativo quali, che ostino all'avvio di negoziati tra i due Stati per evitare le doppie imposizioni fiscali.
(4-17887)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta in Commissione:
ZARATTI e CATANIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nel comune di Magliano Romano (Rm), località Monte della Grandine, si trova una discarica per rifiuti inerti gestita dalla Società Idea 4 srl; la predetta discarica continua a destare l'attenzione e la preoccupazione della popolazione residente in ragione delle notizie poco rassicuranti in merito alla gestione dell'impianto; nel luglio 2014 la società gestrice dell'impianto richiede la riclassificazione a discarica di rifiuti speciali non pericolosi, in merito alla quale la regione Lazio non si è ancora espressa; i cittadini attraverso associazioni e comitati si sono opposti alla riclassificazione e alle successive autorizzazione della regione, vincendo al Tar ognuno dei sei ricorsi fatti; i comuni dell'area con deliberazioni e sedute congiunte hanno rigettato il progetto; 18.000 firme contro la discarica sono depositate al protocollo della regione Lazio; nel febbraio 2017 l'Associazione ecologica Monti Sabatini ha inviato due diffide chiedendo di annullare alcune delibere regionali; il Comitato Bacino Valle del Treja ha presentato un esposto in procura, così come l'Onorevole Stefano Pedica; l'impianto insiste su un'area che il PTPR del Lazio classifica di elevatissimo pregio paesaggistico e ambientale, situata nel bacino del fiume Treja a monte, nello stesso bacino idrogeologico del parco del Treja e dell'area Sic/Zps «Fosso Cerreto» e all'interno delle aree di connessione primaria della REP provinciale e delle aree contigue del parco di Veio; sulla questione sono state presentate cinque interrogazioni al consiglio regionale ed una anche in sede parlamentare in relazione a criticità nella conduzione della discarica di inerti, nella gestione del percolato e di 64.000 metri cubi di rifiuti inerti, nonché a ripercussioni su habitat e specie del Sic/Zps; l'elevato flusso di calore geotermico (riferimento: registro elenco progetti n. 26/2012, proponente PowerField Srl) potrebbe portare ad uno sminuimento delle caratteristiche fisiche del livello di impermeabilizzazione della discarica con diffusione del percolato nelle falde acquifere –:
se il Ministro interrogato non intenda promuovere una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente in relazione alle criticità e alla anomalie riscontrate nel sito di cui in premessa e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di garantire il rispetto dei vincoli paesaggistici e di salvaguardare l'area riconosciuta come sito di interesse comunitario (Sic) e zona di protezione speciale (Zps) immediatamente adiacente alla discarica.
(5-12246)
Interrogazioni a risposta scritta:
CANCELLERI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
preso atto dell'ordinanza n. 2 del 2015 del 23 febbraio 2015 con la quale la capitaneria di porto di Gela disponeva, con decorre immediata, il divieto di ingresso e uscita dal porto rifugio per tutte le unità navali aventi pescaggio superiore a 1,40 metri, «nelle more che i fondali del Porto Rifugio vengano riportati ad un pescaggio idoneo per l'ingresso e l'uscita di tutti i mezzi dei servizi portuali» e nell'attesa che l'ufficio del genio civile di Caltanissetta d'intesa con la direzione regionale per la protezione civile (nel seguito congiuntamente definiti, la «protezione civile») e con gli altri enti territoriali e nazionali competenti, concludesse la predisposizione di un progetto di sistemazione dell'intera area portuale di Gela, di cui il porto rifugio è parte, la regione, il comune, Eni e RaGe hanno sottoscritto, in data 28 maggio 2015, l'accordo attuativo ex articolo 6 – Intervento di dragaggio del porto rifugio con il quale Eni e RaGe si sono impegnate a mettere a disposizione una quota del contributo Eni pari a euro 165.000 (nel seguito «accordo per il dragaggio»);
in data 27 settembre 2016, viene siglato in presidenza della regione siciliana, l'accordo attuativo ex articolo 6 del protocollo d'intesa del 6 novembre 2014, relativo agli interventi attinenti alla riqualificazione della portualità gelese;
il 27 gennaio 2017, il comandante della capitaneria del porto di Gela emette l'ordinanza n. 2 del 2017 a modifica dell'ordinanza n. 2 del 2015, con cui vieta l'ingresso e l'uscita del porto rifugio di Gela, per tutte le unita navali aventi pescaggio superiore a 0,50 metri;
con nota prot. 24746/STA il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare rileva di aver avviato con la massima sollecitudine l'istruttoria relativa al piano di caratterizzazione del porto rifugio di Gela, trasmesso il 14 dicembre 2016 dalla protezione civile regionale, che non contiene alcun progetto di dragaggio. Per quanto di competenza il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esprime nulla osta all'attuazione del citato piano di caratterizzazione nel rispetto delle osservazioni formulate da Ispra e Arpa;
nonostante l'ordinanza della capitaneria di porto 03/2017 ed il nulla osta all'attuazione del citato piano di caratterizzazione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il presidente della regione siciliana, emette un provvedimento d'urgenza, secondo l'articolo 191 del codice dell'ambiente, attuando un intervento di dragaggio per creare un canale, che avrebbe reso fruibile il porto seppur per qualche mese, spendendo circa 500.000 euro; ai primi del mese di maggio 2017 l'ordinanza che avrebbe dovuto giustificare il ricorso a quanto previsto dall'articolo 191 era quella della capitaneria di porto di gennaio), una l'intervento urgente va in gara e a luglio iniziano i lavori per il canale. Il 31 luglio 2017 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare invia una nota alla direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque divisione III – bonifiche e risanamento, in seguito ad una segnalazione da parte di un cittadino gelese, con la quale informa di aver attivato la capitaneria di porto per verificare che il materiale dragato dal sito di interesse nazionale di Gela sia stato riportato in spiaggia, zona di balneazione; dopo aver verificato, la stessa trasmette tutto alla procura della Repubblica;
sempre alla fine di luglio e dopo la sospensione dei lavori di dragaggio per il canale, la regione siciliana pubblica la gara europea per la caratterizzazione di cui sopra –:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di garantire il regolare svolgimento dell'attività di caratterizzazione e dragaggio e la gestione ordinaria del porto rifugio di Gela – ammesso che il piano di caratterizzazione istruito dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sia ancora realizzabile, nonostante l'intervento d'urgenza che ne ha cambiato totalmente lo stato di fatto ed i rilievi batimetrici precedentemente fatti – e, in generale, di tutta l'area del sistema portuale e costiero antistante al porto e alla rada di Gela, al fine di garantire la tutela della salute pubblica dei cittadini, la sicurezza e l'ordine pubblico generale.
(4-17879)
MATARRESE, VARGIU, DAMBRUOSO e PIEPOLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto si evince dagli organi di stampa, sembrerebbe che, a fronte delle rilevanti risorse stanziate per il contrasto al dissesto idrogeologico nel corso di questa legislatura, persistano problematiche procedurali che impediscono l'aggiudicazione delle gare di appalto, l'inizio dei lavori e quindi la spesa dei fondi;
sembra, infatti, che il 94 per cento dei 9.230 progetti facenti parte del piano antidissesto siano «non cantierabili»;
il processo che dovrebbe consentire l'esecuzione dei lavori in tutto il Paese sembrerebbe chiuso in un circolo vizioso: da un lato, si rileva l'incapacità degli enti locali a dotarsi di progetti idonei a consentire la spesa delle risorse stanziate, dall'altro, le stazioni appaltanti pare non possano affidare progettazioni esecutive di opere se queste non risultano debitamente finanziate. Inoltre, gli enti locali lamentano iter procedurali troppo complessi e stringenti che impediscono l'utilizzo dei fondi stanziati;
secondo quanto si evince dalla risposta del Governo ad un recente atto di sindacato ispettivo (interrogazione n. 5-12057), a parere degli interroganti, non si registra alcun risultato apprezzabile nell'avanzamento delle progettualità, nemmeno a seguito dell'istituzione del «Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico» che il Governo ha reso disponibile nel 2015 per favorire l'efficace avanzamento dello stato progettuale relativo alle opere di mitigazione del rischio idrogeologico e per renderle immediatamente cantierabili;
la conseguenza di questo stallo decennale è l'impossibilità di far fronte ad un problema che tutti i governi che si sono succeduti nel corso delle legislature hanno paradossalmente definito «urgente» e gli effetti di questa situazione di impasse sono ancora oggi evidenti in diverse regioni d'Italia;
in Puglia, ad esempio, la difficoltà degli enti locali di elaborare i progetti si unisce alle predette lungaggini burocratiche che complicano ancor di più la loro definizione;
secondo quanto si evince dagli organi di stampa, i 100 milioni di euro stanziati dalla regione nell'ambito del «Patto per il Sud» ... potrebbero essere persi perché i comuni pugliesi non sono in grado di predisporre i progetti da mandare in gara... e perché «...le procedure previste da Palazzo Chigi per attingere al fondo di rotazione dei progetti sono a dir poco complicate: ben cinque diversi passaggi prima di poter ottenere una quota dei 12 milioni di euro destinati alla Puglia...»;
i particolari della vicenda pugliese sono rilevanti poiché comuni alle difficoltà che affrontano tutti gli enti locali del Paese. Affinché la progettazione esecutiva sia finanziata, infatti, le proposte «...devono essere inserite nel Registro nazionale per la difesa del suolo, sottoposte ad una fase di istruttoria dell'Autorità di distretto, poi a quella amministrativa del Ministero dell'Ambiente, quindi a quella dell'appaltistica e della cantierabilità della struttura di missione della Presidenza del Consiglio dei ministri e poi a quella dell'ISPRA...»;
le difficoltà che devono affrontare gli enti locali nell'ambito della definizione dei loro progetti non risultano compatibili con i tempi entro i quali è possibile acquisire i fondi disponibili; si tratta di tempi che appaiono insufficienti: nel caso dei Patti per il Sud per la Puglia, infatti, hanno un limite fissato al 31 dicembre 2019 per l'assunzione degli impegni giuridicamente vincolanti –:
se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative di competenza, anche normative, volte a definire una riorganizzazione complessiva dell'intero processo amministrativo che disciplina l'accesso alle risorse stanziate per il contrasto al fenomeno del dissesto idrogeologico al fine di garantirne lo snellimento, la semplificazione ed il miglioramento della funzionalità, nonché al fine di contribuire ulteriormente all'accelerazione delle procedure necessarie alla cantierizzazione dei progetti, considerato che resta fermo l'obbligo per gli enti locali di dotarsi di progetti idonei allo scopo e conformi alle disposizioni di legge.
(4-17890)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazione a risposta in Commissione:
RICCIATTI, LAFORGIA, NICCHI, SCOTTO, MELILLA, PIRAS, QUARANTA, FERRARA, D'ATTORRE, SANNICANDRO, DURANTI, ZARATTI e FOLINO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
fonti giornalistiche rilevano che, dall'agosto 2016, molti beni culturali di proprietà ecclesiastica, anche di pregevole valore storico-artistico, recuperati a seguito del terremoto, giacciono ancora dentro imballaggi provvisori e nei magazzini delle diocesi terremotate non riparati da umidità e tarli;
alcune opere, sopravvissute al sisma, da circa un anno sono custodite nei magazzini della Mole Vanvitelliana di Ancona, che è diventata una sorta di arca della cultura. Circa 800 opere d'arte sono protette in ambienti asciutti e arieggiati, sistemati su scaffali metallici allestiti dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ordinate, classificate e ben tenute grazie anche al lavoro svolto dagli operai del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che, all'arrivo di ogni opera d'arte, provvedono alla messa in sicurezza;
in una riunione tenuta ad Ancona prima dell'estate, proprio il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo si era impegnato a esportare tale modello di conservazione delle opere anche nei depositi delle diocesi più interessate dal terremoto, dove i beni culturali erano stati conservati con una soluzione d'emergenza e provvisoria. In particolare nelle diocesi di Ascoli e Camerino, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo si era reso disponibile qualche mese fa, a proprie spese, a sistemare gli spazi interni e a distaccare nelle diocesi, gruppi di tecnici ministeriali per mettere in sicurezza i beni culturali secondo il modello della Mole Vanvitelliana;
tra i depositi diocesani che il Ministero in tal senso aveva individuato vi è il Palazzo vescovile di San Severino Marche, dove la Diocesi di Camerino ha stoccato parte delle opere, tra cui una pala d'altare del Tiepolo salvata proprio a Camerino;
il palazzo è dotato di locali buoni per essere utilizzati come depositi, ma sono carenti di ripartizioni interne e di aerazione per cui le opere ivi custodite, a quanto risulta agli interroganti, giacciono sul pavimento e per la maggior parte sono ancora imballate e a rischio di ulteriori danni;
al Seminario di Camerino i locali sono fatiscenti, privi di ripartizioni e in tali ambienti continuano ad essere ammassati anche i beni prelevati dopo il terremoto del 1997;
nelle grotte medievali del Palazzo vescovile di Camerino non sussistono ripartizioni, le opere si presentano imballate in ambienti umidi e non creati se non con deumidificatori di tipo domestico a ciclo continuo;
la Diocesi di Ascoli Piceno accoglie altre opere d'arte e, tra queste, una lunetta di Cola dell'Amatrice, conservata all'interno di un deposito, l'ex stabilimento Elettrocarbonium, un tempo adibito a spogliatoio degli operai;
anche in questo caso, si è di fronte a luoghi umidi con distacchi di intonaco e presenza di muffe, con opere ammassate, non suddivise, ancora imballate che restano nella totale incuria, danneggiate da tarli ed umidità;
l'adeguata conservazione delle opere d'arte sopravvissute al terremoto è straordinariamente necessaria in quanto questi beni culturali rappresentano non soltanto il patrimonio artistico, storico e culturale delle aree colpite dal sisma, ma anche la memoria di tantissime persone che sperano nel ripristino di una bellezza purtroppo ferita –:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato alla luce dell'impegno assunto dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ad Ancona, intenda assumere al fine di garantire un'adeguata conservazione dei beni culturali evitando che l'incuria e l'inadeguatezza dei luoghi di deposito delle diocesi possa disperdere e distruggere un pezzo della storia artistica nazionale.
(5-12251)
Interrogazione a risposta scritta:
LATRONICO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
a seguito del bando di concorso per il reclutamento di «60 esperti per il patrimonio culturale», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale IV serie speciale - concorsi ed esami n. 98 del 22 dicembre 2015 - ex articolo 8 del decreto-legge n. 83 del 2014 e dopo specifica selezione, il 1° settembre 2016 sono entrati in servizio, come funzionari di area III (posizione economica F1), archeologi, bibliotecari e archivisti destinati poi dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo presso le sedi specificamente individuate;
in questi mesi di servizio sono emerse le notevoli competenze e l'elevata qualità del lavoro svolto da tali funzionari come emerso anche dalle lettere di referenze firmate dai dirigenti degli istituti in cui gli stessi hanno prestato servizio;
il 30 settembre 2017 il rapporto di lavoro di queste 60 unità con il Ministero arriverà a scadenza e non è prevista alcun tipo di proroga;
ciò determinerà una seria carenza di professionisti dei beni culturali, nonostante l'immissione in ruolo di 500 nuovi funzionari vincitori o idonei del concorso recentemente conclusosi;
entrando più nello specifico, per quanto concerne i funzionari archeologi, il Ministero risulta essere addirittura sotto organico di 270 unità, cifra destinata ad aumentare da gennaio 2018 a causa dei prossimi pensionamenti;
la graduatoria del concorso a tempo indeterminato, composta da 203 professionisti fra vincitori e idonei, non sarà numericamente sufficiente a colmare queste mancanze; pertanto l'eventuale proroga e/o rinnovo contrattuale degli archeologi non andrebbe a ledere i diritti dei 500 prossimi assunti, ma concorrerebbe, altresì, a porre rimedio alle gravi criticità e lacune presenti nel tessuto organizzativo del Dicastero –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tale situazione e quali concrete iniziative di competenza intenda intraprendere per tutelare la professionalità di tali funzionari archeologi, eventualmente garantendo loro, nei limiti e nel rispetto delle attuali leggi, una prosecuzione del rapporto di lavoro, alla luce delle notevoli carenze in organico del Ministero.
(4-17876)
COESIONE TERRITORIALE E IL MEZZOGIORNO
Interrogazione a risposta scritta:
MARTI. — Al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
nel corso di un intervento di apertura dell'assemblea per i 90 anni di Confindustria a Lecce, il presidente Vincenzo Boccia, ha rilanciato la questione meridionale sostenendo come il Mezzogiorno, all'interno della questione nazionale deve diventare un laboratorio di attrazione di investimenti del Paese;
al riguardo, il raggio d'interventi che, secondo il presidente degli industriali di Lecce, Giancarlo Negro, necessitano per rilanciare l'economia della regione Puglia e più specificatamente quella salentina, riguardano: la conoscenza, la competenza e lo sviluppo, attraverso, in particolare, gli investimenti sulle infrastrutture, fondamentali per rafforzare, quella parte del tessuto economico che è ancora debole e deve aumentare la propria dimensione;
il responsabile di Confindustria, a tal fine, ha evidenziato altresì come Lecce e la Puglia possono costituire da traino in una logica di sviluppo del Sud e dell'Italia, aggiungendo, inoltre, come la dimensione geopolitica sia divenuta geoeconomica, considerato come ai protezionismi degli altri Paesi si reagisce creando ponti, e quindi infrastrutture;
a giudizio dell'interrogante, le osservazioni del presidente di Confindustria e degli industriali di Lecce, appaiono condivisibili e necessarie, in considerazione del fatto che il sistema delle infrastrutture per il Mezzogiorno, nel corso dei decenni è peggiorato in termini di efficienza anche e soprattutto a causa degli investimenti che sono continuati a ridursi, compresi quelli per interventi di tipo sociale, come la costruzione di scuole e ospedali;
la necessità di utilizzo dei fondi di coesione, che rappresentano uno strumento indispensabile all'interno del quadro strategico comune dei fondi strutturali e d'investimento, a parere dell'interrogante, è fondamentale per evitare la desertificazione non solo delle imprese del Mezzogiorno, ma dell'intero sistema infrastrutturale del Meridione, indispensabile per garantire servizi di accessibilità interni ed esterni –:
quali orientamenti i Ministri interrogati intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
se convengano della necessità di rilanciare l'economia del Mezzogiorno, attraverso il potenziamento del sistema infrastrutturale, offrendo maggiori opportunità di sviluppo produttivo per le imprese meridionali;
a quanto ammontino attualmente le risorse utilizzate dei fondi di coesione per la regione Puglia e quali siano gli interventi effettuati in favore delle reti di trasporto e infrastrutturali;
quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano intraprendere in relazione a quanto esposto in premessa, nell'ambito dell'imminente presentazione del disegno di legge di bilancio per il 2018, che rappresenta verosimilmente l'ultimo provvedimento di politica economica previsto entro la fine della legislatura.
(4-17886)
DIFESA
Interrogazione a risposta scritta:
CICCHITTO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
il colonnello Sergio De Caprio, la cui professionalità ed i cui meriti passati sono consolidati e noti per le operazioni portate a termine in modo «brillante» ha avuto incarichi nel nucleo operativo ambientale presso la procura di Napoli e successivamente all'Aise;
accanto al colonnello si è formato un nucleo di carabinieri che è rimasto con il tempo compatto ed omogeneo, quindi composto dagli stessi uomini, che ha svolto le sue funzioni, sempre con il comando del colonnello De Caprio, prima al Noe e successivamente all'Aise;
pertanto, appare all'interrogante non adatta la pratica di costituire un nucleo di carabinieri che svolge funzioni in ambiti diversi ed anche per inchieste spesso delicate sotto la direzione di un unico comando;
è quindi evidente, secondo l'interrogante, l'anomalia dell'istituzione di questo nucleo operativo dei carabinieri che ha esercitato compiti di grande responsabilità esercitando le proprie funzioni (Noe e Aise) in settori diversi, mantenendo al contempo gli stessi uomini;
tra l'altro, questo corpo speciale ha svolto la sua attività per tutta una fase (quella del Noe) collegandosi in modo organico ad uno stesso magistrato (il pubblico ministero Woodcock) –:
se non ritenga necessario chiarire se risulti corretta l'operazione di costituire un nucleo omogeneo di carabinieri alla diretta dipendenza del colonnello De Caprio per svolgere funzioni diverse prima al Noe e successivamente all'Aise;
quali siano le motivazioni, per quanto di competenza, che hanno determinato tale scelta che appare all'interrogante non congrua;
se non ritenga necessario chiarire se, oltre al nucleo composto dagli stessi carabinieri che operano alle dipendenze del colonnello De Caprio, esistano altri casi di reparti che svolgono le loro funzioni continuativamente sotto la dipendenza di un unico capo.
(4-17889)
ECONOMIA E FINANZE
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
con il fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, l'Unione europea e lo Stato italiano affiancano le imprese e i professionisti che hanno difficoltà ad accedere al credito bancario, perché non dispongono di sufficienti garanzie;
lo scopo di tale garanzia pubblica è quello di sostituirsi, in parte, alle costose garanzie altrimenti richieste alle imprese dagli istituti crediti a fronte della concessione di un finanziamento;
come prescritto al capoverso E3 delle disposizioni operative del fondo, «sulla quota di finanziamento garantita dal Fondo non può essere acquisita alcuna altra garanzia reale, assicurativa e bancaria. Sulla parte residua del finanziamento possono essere acquisite garanzie reali, assicurative e bancarie, il cui valore cauzionale 73 complessivo, calcolato secondo le percentuali riportate nel paragrafo E.3.17, non superi la quota di finanziamento non coperta dalla garanzia del Fondo»;
gli interpellanti, nel corso di incontri con piccole e medie imprese della provincia di Varese, hanno ricevuto segnalazioni da parte di alcune imprese che si sono viste richiedere, in sede di accesso a crediti garantiti dal fondo, ulteriori garanzie di importo notevolmente superiore alla parte di credito non garantita a livello pubblico, e anzi talvolta anche superiori al 100 per cento della somma richiesta in finanziamento;
il Sole 24 Ore, già in data 7 dicembre 2013, aveva dato conto di tale situazione, evidenziando il caso di una startup innovativa alla quale, malgrado l'accesso al fondo di garanzia, l'istituto creditizio ha richiesto una fideiussione personale non soltanto eccedente la quota di finanziamento del 20 per cento non coperta dal fondo di garanzia, ma anzi superiore all'intero ammontare dell'operazione, pari a 700.000 euro, nonché un vincolo per il finanziamento soci infruttifero da 2,5 milioni di euro presente in bilancio;
a fronte di tali condizioni, la garanzia pubblica pare non avere spiegato il massimo di efficacia possibile, potendosi ipotizzare che essa non abbia goduto di una sufficiente fiducia da parte del mondo bancario, con conseguente pregiudizio per la ratio stessa del fondo di garanzia;
dall'analisi operata dal working paper pubblicato dalla Banca d'Italia nell'aprile 2017, su «garanzie pubbliche sui prestiti alle piccole e medie imprese: una valutazione RDD» si ricava che il regime sia stato efficace nel migliorare i flussi di credito ma che l'impatto previsto del programma sul costo del credito, sembri materializzarsi solo per le aziende che passano facilmente il cut-off di ammissione –:
quali siano gli orientamenti del Governo, per quanto di competenza, in relazione a questa prassi da parte degli istituti bancari e quali iniziative intenda adottare al fine di mitigare la richiesta di ulteriori garanzie alle imprese che accedono al fondo di garanzia, per la parte di finanziamento che già risulti coperta dall'intervento pubblico, nonché per aumentare la platea delle aziende capaci di superare il cut-off di ammissione.
(2-01947) «Catalano, Quintarelli, Menorello, Galgano, Mucci, Pisicchio».
Interrogazione a risposta in Commissione:
CENNI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il sistema Afam (Alta formazione coreutica e musicale) è costituito dai conservatori statali, dalle accademie di belle arti (statali e non statali), dagli istituti musicali ex pareggiati promossi dagli enti locali, dalle accademie statali di danza e di arte drammatica, dagli istituti statali superiori per le industrie artistiche, nonché da ulteriori istituzioni private autorizzate dal Ministero al rilascio di titoli aventi valore legale;
nello specifico gli istituti musicali ex pareggiati sono centri che svolgono un'attività didattica e formativa che rappresenta il 30 per cento dell'offerta nazionale e che promuove e valorizza la millenaria e diversificata tradizione melodica e musicale del nostro Paese. Basti pensare, infatti, che tali scuole formano ogni anno, ad esempio, oltre mille orchestrali;
la crisi economica, il taglio dei finanziamenti agli enti locali, ed i vincoli imposti ai bilanci delle amministrazioni stanno compromettendo da anni lo svolgimento delle attività didattiche e formative degli istituti musicali pareggiati. Sono infatti attualmente circa 1.200 docenti che lavorano presso le istituzioni con contratti precari rinnovati ogni anno;
i presidenti di tali istituti (definiti anche «non statali») hanno lanciato da tempo un appello al Governo affinché vengano individuate le modalità per salvare «strutture di altissimo valore formativo, indispensabili per la diffusione della cultura musicale» e per evitare possibili «commissariamenti» e l'interruzione dell'attività didattica e formativa;
gli istituti superiori di studi musicali non statali sono 18, presenti nelle città di Aosta, Bergamo, Caltanissetta, Catania, Cremona, Gallarate, Livorno, Lucca, Modena e Carpi, Nocera Trinese, Pavia, Ravenna, Reggio Emilia e Castelnovo Ne’ Monti, Ribera, Rimini, Siena, Taranto, Terni;
l'articolo 22-bis della legge n. 50 del 2017 ha disposto (al comma 1) che «una parte degli istituti superiori di studi musicali non statali e le accademie di belle arti non statali», finanziati in misura prevalente dagli enti locali siano oggetto di graduali processi di statizzazione e razionalizzazione, nei limiti delle risorse appositamente stanziate;
tali processi di statizzazione e razionalizzazione sono definiti da un decreto (al comma 2 dell'articolo 22-bis) del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel rispetto di alcuni principi previsti dalla legge n. 508 del 1999 di riforma del sistema Afam;
il medesimo articolo 22-bis istituisce, inoltre, un «apposito fondo, da ripartire con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, su proposta del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, con uno stanziamento di 7,5 milioni di euro per l'anno 2017, di 17 milioni di euro per l'anno 2018, di 18,5 milioni di euro per l'anno 2019 e di 20 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020»;
la mancata emanazione del decreto sopracitato, in un contesto normativo incerto, che dispone che solo «una parte» degli istituti superiori di studi musicali possa ricevere finanziamenti e nel «limite delle risorse stanziate», rende la situazione attuale ancora critica per garantire la continuità didattica e formativa di tali scuole e la stabilizzazione dei docenti;
va aggiunto che le risorse stanziate non sarebbero ad oggi sufficienti; per la statizzazione, infatti, soltanto degli istituti di studi musicali occorrono 50 milioni di euro, comprensivi del funzionamento annuo, secondo l'importo indicato dal Mef, come dichiarato dalla Ministra interrogata, nel corso di un'audizione sulla riforma del settore Afam che si è svolta nelle scorse settimane nella Commissione istruzione pubblica e beni culturali del Senato;
sarebbe opportuno inserire, tra i criteri per la ripartizione dei fondi previsti dall'articolo 22-bis della legge n. 50 del 2017, strumenti di premialità ed incentivazione per eventuali gestioni virtuose dei singoli istituti –:
quando verrà adottato il decreto volto a definire i criteri di cui all'articolo 22-bis della legge n. 50 del 2017;
se le risorse ad oggi stanziate siano sufficienti per risolvere le problematiche che gravano sugli istituti superiori di studi musicali e quali iniziative intenda mettere in campo per assicurare la stabilizzazione dei docenti e la continuità didattica e formativa di tutte le scuole;
se non ritenga opportuno assumere iniziative per inserire tra i criteri per la ripartizione dei fondi strumenti di premialità ed incentivazione per le gestioni virtuose dei singoli istituti.
(5-12255)
Interrogazione a risposta scritta:
VARGIU e MATARRESE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la piazza del Carmine in Cagliari rappresenta la prima vera piazza della espansione urbana ottocentesca della città e, anche per la sua vicinanza con i nodi di comunicazione, è diventata nel ventesimo secolo un vivacissimo punto di riferimento per i traffici commerciali e per gli scambi antropici;
la piazza è oggi delimitata da alcuni dei più prestigiosi edifici della città: dal palazzo delle Poste, al palazzo Chapelle, al palazzo Auerbach, al palazzo Boscaro-Libera, alla scuola elementare Satta, al palazzo del Governo, al palazzo Faggioli;
al centro della piazza è presente la statua della Madonna del Carmine, che si ruotò sul piedistallo per lo spostamento d'aria causato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, assai venerata dai cagliaritani;
il blasone passato della piazza è oggi violentato dall'incuria e dall'abbandono in cui versa, che rischiano di generare ulteriore degrado, disaffezione alla frequentazione da parte dei cittadini, con crescenti proteste da parte degli abitanti e dei commercianti della zona;
purtroppo, per tutta la giornata, la piazza è sotto il controllo di una piccola, ma agguerrita delinquenza fatta di spacciatori, di prostitute, di homeless, che utilizzano le panchine come punti di riferimento per i propri affari e per viverci;
la concentrazione in vicine strutture di accoglienza di un notevole numero di immigrati in attesa di destinazione comporta che, alla malavita e agli sbandati autoctoni, si aggiunga una folla di giovani di colore, nullafacenti per l'intera giornata, spesso ubriachi, alla ricerca delle postazioni Wi-Fi gratuite di cui è dotata la piazza;
il mix che ne deriva è esplosivo: risse, accoltellamenti, discussioni con scazzottate, con lanci di bottiglie, aggressioni verbali e molestie nei confronti di chiunque attraversi la piazza sfiorando i capannelli equivoci, in assenza di qualsivoglia costante controllo da parte delle forze dell'ordine;
per soprammercato, i percorsi all'interno del perimetro della cancellata del palazzo delle Poste, verso la via Malta, non essendo adeguatamente circoscritti ed impediti, sono diventati vere e proprie discariche e latrine a cielo aperto, con tanfo insopportabile che appesta l'aria e pare un costante rischio igienico sanitario per i residenti. Peraltro, anche i servizi igienici chimici, recentemente posizionati nella piazza, versano già in condizioni pietose a causa della scarsa manutenzione;
tale drammatica situazione è resa ancora più intollerabile dall'affaccio sulla piazza scuola elementare Satta, con il suo carico di bambini in tenera età, costretti a convivere con un contesto di accoglienza davvero inadeguato e pericoloso –:
se il Governo non ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché Poste Italiane spa – impedendone il libero accesso – metta immediatamente in sicurezza le pertinenze del Palazzo delle Poste di piazza del Carmine oggi utilizzate come discarica e latrina a cielo aperto;
se il Ministro dell'interno non ritenga opportuno convocare un tavolo istituzionale, cui possano prendere parte la prefettura, la questura e il comune di Cagliari finalizzato:
a) a promuovere interventi di maggiore controllo dell'area in questione, attraverso una vigilanza costante da parte delle forze dell'ordine in modo tale che la piazza recuperi una propria identità e funzione, e un fisiologico carico antropico naturale, in grado di allontanare le attuali presenze di malavita, illegalità e disagio sociale che la fanno da padrone;
b) a favorire una maggiore collaborazione tra associazioni di presidio del territorio (come i Guardian Angels) e le autorità preposte alla sicurezza ai fini del recupero della dignità della suddetta piazza;
se il Ministro dell'interno non ritenga opportuno valutare di disporre quanto meno la sospensione temporanea delle attività di accoglienza dei migranti nelle strutture situate in vicinanza della suddetta piazza per poter contribuire alla riqualificazione dell'area.
(4-17894)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta in Commissione:
ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
l'8 settembre 2017 il Comitato per la prevenzione della tortura, l'organismo del Consiglio d'Europa che monitora gli abusi commessi dalle autorità di polizia e negli istituti penitenziari verso i cittadini di vari Paesi, ha pubblicato un rapporto di 70 pagine diretto all'Italia sulla situazione delle carceri italiane;
dopo la condanna del 2013 della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo per trattamento inumano e degradante di sette carcerati detenuti nel carcere di Busto Arsizio e in quello di Piacenza, e l'invito della Corte a porre rimedio immediatamente al sovraffollamento carcerario, in seguito alle ispezioni compiute nell'aprile del 2016, il nostro Paese è stato nuovamente sollecitato ad affrontare in modo risolutivo la questione, dato che molti istituti di pena operano ancora al di sopra delle proprie capacità;
nonostante l'Italia fosse riuscita nel 2015 a ridurre il numero dei reclusi di 11.000 unità e aumentato la capacità delle carceri di 2.500 posti, dall'inizio del 2016, la popolazione carceraria ha ripreso a crescere – da 52.164 nel 2015 a 56.181 persone detenute al 26 marzo 2017 – con un aumento in particolare dei cittadini stranieri. Persiste pertanto la condizione di sovraffollamento, con il 16 per cento dei detenuti che hanno a disposizione meno di 4 metri quadri a testa, quando dovrebbero essere invece sei metri per due nelle celle singole e 4 metri per due nelle celle condivise con altri detenuti;
distante a questi rilievi, il Governo ha spiegato di essersi già attivato per adottare misure al riguardo come quella di trasferire i detenuti stranieri per scontare il residuo della pena nei loro Paesi d'origine, e di ricorrere con maggiore frequenza alle misure alternative alla detenzione;
a tale riguardo, gli interroganti rilevano gli impegni presi dal Governo in data 23 febbraio 2017, nella seduta n. 747, in sede di discussione delle mozioni «concernenti iniziative volte ad agevolare il trasferimento di detenuti stranieri nei Paesi d'origine»;
in particolare si fa riferimento all'impegno accolto della mozione 1-01517, presentata dal primo firmatario del presente atto che stabiliva di «assumere iniziative per dare seguito a quanto emerso dal documento finale degli Stati generali sull'esecuzione penale riguardo alla popolazione carceraria straniera, rimuovendo quegli ostacoli che impediscono alla stessa pari diritti di accesso al reinserimento sociale». Da allora sono trascorsi 6 mesi e, dalla risposta che il Governo ha dato al Comitato per la prevenzione della tortura, si evince che lo stesso non si sia ancora attivato con misure adeguate a favore dei detenuti stranieri;
per le motivazioni precedentemente addotte il Comitato per la prevenzione della tortura ritiene che la legge italiana n. 110 del 14 luglio 2017 sul reato di tortura sia inadeguata, perché non rispetta i precetti della Convenzione Onu contro la tortura del 1984 e, così com'è, «non affronta adeguatamente le questioni sollevate dalla Corte europea dei Diritti dell'Uomo» nelle sentenze sui fatti del G8 di Genova –:
come il Governo intenda far fronte, in tempi brevi, alle criticità del sistema penitenziario italiano, promuovendo misure efficaci ed efficienti, nel pieno rispetto di quanto stabilito dall'articolo 10 della Costituzione e dall'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e delle norme internazionali in materia;
se non ritenga urgente e opportuno assumere iniziative volte a prevedere una modifica alla legge sul reato di tortura recentemente varata, colmando così l'inadeguatezza rilevata dal Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa.
(5-12249)
Interrogazione a risposta scritta:
CICCHITTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il nucleo operativo dei carabinieri del Noe guidato dal colonnello Sergio De Caprio ha svolto funzioni di polizia giudiziaria presso la procura di Napoli alle dirette dipendenze del sostituto procuratore Woodcock;
non risulta appropriato o quanto meno comprensibile il motivo per il quale un pubblico ministero (l'articolo 109 della Costituzione recita: «l'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria»), per l'attività investigativa, si avvalga di un rapporto costante e continuativo con il medesimo nucleo di carabinieri con a capo lo stesso ufficiale;
il magistrato Woodcock, in effetti, ha svolto le a sue funzioni di pubblico ministero utilizzando, per quanto consta all'interrogante, in modo persistente sempre lo stesso nucleo operativo con un capo altrettanto stabile: perciò, ad avviso dell'interrogante al di là di qualsiasi criterio di flessibilità proprio del funzionamento dell'Arma dei carabinieri e di altri Corpi dello Stato –:
quali siano gli orientamenti del Ministro, nell'ambito delle sue competenze, sulle questioni di varia natura che la vicenda, ad avviso dell'interrogante, solleva e, in particolare, se non ritenga di esercitare tutti i poteri di propria competenza al riguardo;
quali iniziative di competenza intenda, eventualmente, porre in essere per impedire il ripetersi di situazioni analoghe a quelle denunciate al fine di assicurare che il percorso della giustizia avvenga in un quadro di trasparenza, di chiarezza e di correttezza istituzionale.
(4-17895)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta orale:
BALDELLI e BIASOTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il 20 settembre 2017 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha aperto un procedimento istruttorio nei confronti del vettore aereo irlandese Ryanair per presunte pratiche commerciali scorrette in violazione del codice del consumo, a seguito della decisione della compagnia di annullare duemila voli da qui fino a fine ottobre, per un totale di circa quattrocentomila passeggeri coinvolti;
in particolare, l'Antitrust contesta che «le numerose cancellazioni dei voli effettuate o da effettuarsi nelle prossime settimane, secondo quanto riportato da notizie stampa, potrebbero configurare una violazione dei doveri di diligenza di cui all'articolo 20 del Codice del consumo, nella misura in cui sarebbero in larga misura riconducibili a ragioni organizzative e gestionali già note al professionista, quindi non a cause occasionali ed esogene al di fuori del suo controllo, causando notevoli disagi ai consumatori che avevano da tempo programmato i propri spostamenti e già prenotato e pagato il relativo biglietto aereo»;
a ciò si aggiunge «un secondo profilo di contestazione, riguardante il tenore e le modalità delle informazioni con le quali Ryanair ha informato i passeggeri della cancellazione dei voli e ha loro prospettato le possibili soluzioni (rimborso o modifica biglietto), che potrebbero essere idonee a indurre in errore i consumatori circa l'esistenza e quindi l'esercizio del loro diritto alla compensazione pecuniaria previsto dal regolamento (CE) 261/04 proprio in caso di cancellazione dei voli» –:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza, per verificare i fatti esposti in premessa e garantire la tutela dei consumatori.
(3-03259)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
MARTELLA e MOGNATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
da notizie apparse sulla stampa nei giorni scorsi si è svolto un incontro tecnico al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sullo stato di attuazione del sistema, Mose e sulle conseguenti risorse a disposizione per completare l'opera;
nel corso dell'incontro sarebbero emerse problematiche legate alla liquidità finanziaria e alla necessità di ulteriori finanziamenti, a contenziosi complessi con le stesse imprese costruttrici del Consorzio Venezia Nuova e allo stallo dei lavori;
in questi mesi sono altresì emerse criticità tecniche ed oggi il cronoprogramma prevedrebbe solo nel 2020 la realizzazione definitiva dell'opera;
a luglio 2017 con lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri relativo al fondo per gli investimenti sono stati assegnati ulteriori 221 milioni di euro;
il provveditorato interregionale alle opere pubbliche avrebbe a disposizione le risorse per proseguire nel completamento del Mose;
alle risorse già stanziate dovrebbero andare ad aggiungersi quasi 400 milioni di euro recuperabili attraverso il ricalcolo complessivo delle spese per tassi di interesse che per i commissari potrebbero essere utilizzati per i tre anni di avviamento dell'opera;
apparentemente, quindi, per il Mose non vi sarebbero problemi di finanziamento per il completamento dell'opera infrastrutturale;
tuttavia, emergono problematiche di pagamento per i cosiddetti stati di avanzamento dei lavori con il conseguente stallo dei lavori;
l'ultima gara per ricevere dalle banche un mutuo di circa 50/60 milioni di euro per assicurare gli stati di avanzamento del Mose è andata deserta;
l'effettiva disponibilità di cassa, pertanto, non corrisponde quindi in linea temporale con l'assegnazione di competenza e, di conseguenza, interventi per importi rilevanti devono necessariamente essere avviati sotto riserva di legge;
a questa criticità se ne aggiunge un'altra relativa al rapporto con la Bei (Banca europea per gli investimenti);
nei mesi scorsi sono stati presentati anche altri atti di sindacato ispettivo concernenti la richiesta al Ministero di un costante monitoraggio sullo stato di avanzamento dell'opera, sul futuro del consorzio Thetis e sulla necessità di convocare il Comitato per affrontare complessivamente il tema della salvaguardia fisica, ambientale e della vitalità socioeconomica di Venezia e della sua Laguna –:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, con la massima tempestività al fine di superare le criticità evidenziate.
(5-12242)
MENORELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
con la direttiva del 21 luglio 2017, predisposta dal capo del dipartimento per gli affari interni e territoriali e dal capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza, il Ministro dell'interno ha impartito indicazioni alle prefetture «per garantire un'azione coordinata delle Forze di Polizia per la prevenzione e il contrasto ai comportamenti che sono la principale causa di incidenti stradali»;
la direttiva citata contiene istruzioni tecnico-operative per l'utilizzo di vari sistemi di misurazione automatica della velocità dei veicoli (autovelox, telelaser, tutoret similia), ma, al tempo stesso, conferma e precisa lo scopo precipuo delle sanzioni per eccesso di velocità di cui all'articolo 142 del codice della strada;
in tal senso, la premessa, nonché l'articolo 1 della direttiva ribadiscono che l’«efficacia» delle politiche sanzionatorie va rapportata alle esigenze di maggior «sicurezza» della circolazione stradale;
conseguentemente, il paragrafo 3 delle istruzioni allegate alla direttiva afferma perentoriamente che, quand'anche si ricorra a un impiego «diffuso» dei sistemi di rilevamento automatici, esso non può e non deve avvenire «esclusivamente a fini sanzionatori», cosicché si specifica come «in base alla vigente normativa, l'impiego di postazioni fisse di rilevamento senza la presenza degli operatori di polizia non può ritenersi una modalità ordinaria di controllo, ma rappresenta uno strumento utilizzabile solo in determinate condizioni», mentre «in tutti gli altri casi dovranno utilizzarsi sistemi di rilevamento della velocità sotto il diretto controllo e con la presenza di un operatore di polizia»;
la sanzione di cui all'articolo 142, comma 7, del codice della strada individua una specifica fattispecie sanzionatoria per i superamenti dei limiti di velocità inferiori ai 10 chilometri eccedenti i limiti posti;
detta sanzione si caratterizza per una particolare tenuità, giacché – come è di tutta evidenza – non presenta, di norma, oggettivi profili inerenti la sicurezza stradale;
ciononostante, in numerosi territori comunali si registra un sensibile utilizzo di impianti automatici per rilevare superamenti della velocità dei veicoli persino entro i 10 chilometri eccedenti i limiti posti, e ciò senza la presenza di operatori che soli, in siffatte circostanze, possono apprezzare in concreto eventuali rischi per la sicurezza stradale che, in linea generale, devono escludersi;
l'estendersi e il radicarsi di una simile prassi può inopinatamente dare corso a forme di finanziamento improprie a carico dei cittadini, nonché ad un utilizzo aberrante dell'articolo 142, comma 7, del codice della strada –:
se il Ministro interrogato intenda fornire i dati relativi alle sanzioni elevate nel territorio italiano per eccessi di velocità non superiori ai 10 chilometri oltre i limiti posti, dunque ai sensi dell'articolo 142, comma 7, del codice della strada, dal 1° gennaio 2017 al 31 agosto 2017, specificando gli enti procedenti all'elevazione delle sanzioni.
(5-12248)
Interrogazione a risposta scritta:
BUSIN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il 21 aprile 2016, in risposta all'interrogazione n. 5-08466, presentata in Commissione Ambiente alla Camera, il Ministro interrogato ha informato la commissione sia sul Protocollo d'intesa del 14 gennaio 2016 per la tratta autostradale gestita dalla società concessionaria Autostrada del Brennero S.p.a. ai fini dell'affidamento diretto della concessione in quanto si tratterebbe di società a prevalente capitale pubblico, sia sul documento conclusivo, in data 7 marzo 2016, dei lavori del comitato paritetico fra Stato-Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, regione del Veneto e provincia autonoma di Trento, costituitosi presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai fini dell'analisi degli aspetti trasportistici e della valutazione dei costi e dei benefici indotti dall'autostrada Valdastico A31 Nord, facendo presente che: «Dal documento conclusivo si evince come il Comitato abbia accertato la necessità di individuare un corridoio stradale per il completamento della Valdastico Nord. Tale soluzione ha chiaramente trovato il consenso da parte sia della provincia di Trento che della regione Veneto.»;
successivamente, nell'allegato al Documento di economia e finanza 2017 relativo alle infrastrutture, tra gli «interventi prioritari», il Governo ha inserito i seguenti interventi sui due assi autostradali:
relativamente all'autostrada del Brennero A22, il potenziamento dell'autostrada A22 tra Bolzano sud, e l'interconnessione con l'autostrada A1 Verona Nord, e il nuovo collegamento autostradale Campogalliano-Sassuolo tra l'autostrada A22 e la SS467;
relativamente all'autostrada Val d'Astico A31, la «Nuova tratta Piovene Rocchette-Valle d'Astico, di prosecuzione a nord dell'autostrada A31», è indicata come «invariante» ossia riguardante «opere in corso o con obbligazioni giuridiche vincolanti», e il «Completamento a nord dell'autostrada A31 con nuova viabilità ordinaria tratta Valle dell'Astico-Besenello», è indicato come «Project Review» ai fini della «Valutazione di una ipotesi di realizzazione come extraurbana principale in luogo di autostrada»;
pertanto, il Documento di economia e finanza 2017 lascia intendere che il Governo ha dato seguito alla ratifica, da parte del Cipe, in data 10 agosto 2016, della pre-intesa con la regione Veneto e la provincia autonoma di Trento e che il completamento dell'asse viario autostradale a nord della A31 rientra nelle priorità del Governo anche se modificato in strada extraurbana principale per il tratto trentino;
il quotidiano l'Adige del 17 settembre 2017, con riferimento all'Autobrennero, riporta notizie circa il fallimento dell'accordo che vedeva il rinnovo senza gara della concessione ad A22 vincolato all'assenso della provincia di Trento per il completamento dell'autostrada Valdastico Nord; ciò a causa di un passo indietro del presidente della provincia Ugo Rossi che «ha complicato e complica le cose»;
d'altra parte, Trentotoday del 19 settembre 2017, e altre testate giornalistiche riportano che il progetto definitivo della Valdastico Nord fino al confine trentino è stato già inviato al Cipe per l'approvazione, per un tratto di 17 chilometri e per il costo complessivo di 1,3 miliardi di euro; il giornale evidenzia l'importanza del progetto che è legata al rinnovo della concessione autostradale –:
se il Ministro interrogato intenda dare notizie certe in merito all'effettiva realizzazione dell'intero tracciato della A31 Valdastico nord, nonché in merito allo stato dell’iter della proroga della concessione della A22 all'Autobrennero, anche in considerazione del fatto che, da tre anni ormai, si sta attendendo la gara per l'affidamento della concessione di gestione dell'autostrada, scaduta il 30 aprile 2014 e, ultimamente, in corso di trasformazione in un affidamento diretto in house.
(4-17892)
INTERNO
Interrogazione a risposta in Commissione:
DADONE e COZZOLINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in questi giorni, sui alcuni quotidiani locali dalla provincia di Cuneo, sono apparsi articoli allarmanti sullo stato del parco macchine in uso ai vigili del fuoco (http://www.targatocn.it; http://www.lastampa.it);
negli articoli in questione si sottolinea, in particolare, che il cambio di un mezzo, utilizzato per soccorrere una persona in una città vicina al capoluogo di provincia, si è rotto durante le operazioni di soccorso e che il mezzo in questione risale al 1989, ovvero a quasi 30 anni fa;
per portare a termine il servizio, quindi, i vigili del fuoco hanno dovuto utilizzare un altro mezzo Aps, l'ultimo disponibile, ancora più vecchio del precedente e con oltre 250 mila chilometri;
il Conapo (Sindacato autonomo dei vigili del fuoco) ha emesso un comunicato stampa in cui ha definito la situazione «disastrosa» e ha sottolineato il pericolo che corrono gli autisti nel guidare veicoli così vetusti, situazione che si riverbera ovviamente sulla sicurezza dei cittadini che devono essere soccorsi;
il vicecomandante dei vigili del fuoco ha inoltre dichiarato che il parco mezzi, non solo cuneese ma di tutta Italia, è risalente nel tempo. Nella provincia di Cuneo, ad esempio, vi è un budget complessivo di 305 mila euro l'anno per 120 mezzi (circa 3.000 euro a mezzo); quei fondi risultano peraltro insufficienti, perché servono per pagare il carburante, rinnovare le attrezzature tecniche di soccorso, pagare le manutenzioni e per far pronte a molte altre spese;
la situazione sopra illustrata pare sussistere in tutto il territorio nazionale –:
se sia a conoscenza della situazione sopra illustrata inerente alla provincia di Cuneo;
se abbia intenzione di assumere iniziative per stanziare fondi aggiuntivi per la sostituzione di tutti i mezzi obsoleti, a quanto ammonteranno questi fondi e quali saranno le tempistiche dell'intervento.
(5-12241)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazioni a risposta scritta:
PISICCHIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nell'ottobre del 1993 fu scoperto in una grotta carsica sita nell'agro di Altamura, in provincia di Bari, un giacimento fossilifero di grande rarità conosciuto come «l'uomo di Altamura»; la rilevanza scientifica della scoperta comportò l'imposizione del vincolo archeologico del sito, emanato con decreto del direttore generale del Ministero per i beni culturali ed ambientali in data 6 novembre 1995, e del vincolo ambientale e paesaggistico (dichiarazione di notevole interesse pubblico), emanato con decreto del Ministro per i beni culturali ed ambientali in data 4 aprile 1996, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 156 del 5 luglio 1996, e comprendente come ambito, la contrada di «Lamalunga»;
l'importante sito altamurano è diventato oggetto del progetto di ricerca «Riscoprire Altamura: indagini avanzate multisciplinari sullo scheletro della grotta di Lamalunga, Italia» finanziato nel 2016 dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nell'ambito del «PRIN 2015», che sarà sviluppato e portato a termine nell'arco del triennio 2017-2019; tale progetto prevederebbe l'alterazione irreversibile dei luoghi con prove distruttive su uno dei siti paleontologici più importanti d'Italia;
si tratterebbe, pertanto, di un'attività di ricerca propedeutica alla rimozione del cranio di Lamalunga, o di parte dei resti scheletrici umani dalla sua sede naturale. Rimozione che dovrebbe essere utile a completare la ricerca su uno dei reperti più importanti della preistoria e favorire la sua musealizzazione. I resti fossili umani rinvenuti nella grotta carsica dell'Alta Murgia, rappresentano un unicum geologico e paleontologico d'inestimabile valore culturale, ambientale e scientifico, irripetibile a livello planetario, tanto che ha permesso la candidatura di questa porzione di territorio murgiano a patrimonio mondiale dell'Unesco;
la pubblica opinione altamurana esprime l'auspicio di rassicurazioni da parte dell'autorità governativa circa la messa in sicurezza del reperto e del sito stesso, ed è preoccupata del fatto che la ricerca possa causare danneggiamenti del bene tutelato dallo Stato, provocando un'alterazione dello stato naturale, modificando gli elementi dell'ambiente carsico e del giacimento fossilifero che costituisce un unico stratigrafico, ovvero, la vera essenza del bene stesso da tutelare –:
quali urgenti iniziative i Ministri interrogati intendano porre in essere al fine di rassicurare la popolazione di Altamura sull'integrità del sito, attingendo le necessarie informazioni sulle attività di ricerca in corso e sulle azioni a tutela del bene.
(4-17881)
LUIGI GALLO, MICILLO, CHIMIENTI, BRESCIA, SIBILIA, MASSIMILIANO BERNINI e LUPO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il tirocinio formativo attivo (TFA) per il sostegno è rivolto esclusivamente ai docenti che sono già in possesso dell'abilitazione all'insegnamento e che desiderano specializzarsi per il sostegno ad alunni con disabilità;
per accedere al percorso di specializzazione è necessario superare le prove d'accesso che consistono in test preliminari, ossia una prova scritta e/o pratica e una prova orale;
le prove scritte e/o pratiche sono organizzate dalle varie università e uguale criterio viene applicato per le prove orali;
al seguito del superamento di tali prove selettive, si accede al tirocinio formativo attivo per il sostegno che ha la durata di circa 8 mesi e prevede l'acquisizione di 60 crediti formativi universitari, distribuiti tra laboratori, tirocini diretti, indiretti e prova finale;
i posti da assegnare sono precisamente 9.649 che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha distribuito per i vari gradi di istruzione e precisamente: infanzia: 1.692, primaria: 3.162, secondaria di I grado: 2.498, secondaria di II grado: 2.297;
a loro volta la distribuzione dei posti nelle università è divisa regione per regione in un'apposita tabella riassuntiva;
dalla tabella si evince che ad esempio per tutta la Campania i posti disponibili presso l'Università Suor Orsola Benincasa siano soltanto 800 (200 posti per l'infanzia, 250 per la scuola primaria, 150 per la secondaria di primo grado e 200 per la scuola secondaria di secondo grado) e in Piemonte, a fronte di 1.240 cattedre disponibili, sono stati banditi soltanto 200 posti;
da ciò si deduce chiaramente che in Piemonte oltre mille cattedre verranno assegnate a docenti non specializzati e/o abilitati all'insegnamento, comportando una forte carenza in termini di competenze e professionalità, oltre all'esclusione degli insegnanti che, pur avendo superato le prove preselettive, vengono scartati per l'esiguo numero di posti disponibili –:
con quali criteri il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca abbia stabilito il numero dei posti regione per regione;
in che modo si possa dare l'opportunità agli idonei di specializzarsi, anche in università diverse da quelle in cui hanno svolto le prove del tirocinio formativo attivo, per garantire a tutti gli studenti diversamente abili sul territorio nazionale l'insegnante di sostegno specializzato.
(4-17883)
MICILLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
dal 19 settembre 2017 si apprende da diverse fonti giornalistiche on line la storia della docente R.P. della provincia di Napoli, con marito disabile al 100 per cento, trasferita a Firenze (http://www.internapoli.it);
R.P., docente, sposata, due figli, ha il marito affetto da circa 10 anni dal morbo di Alzheimer, malattia che lo costringe a muoversi su una sedia a rotelle. Dal 2015 è insegnante di ruolo alla scuola primaria di Sesto Fiorentino, e la lontananza da casa le crea numerosi problemi, ma, soprattutto mette a grave rischio l'assistenza al marito, del quale lei è tutrice sotto il profilo legale;
si legge on line: «l'insegnante è dal mese di maggio che ha chiesto, alla Csa di Firenze, il trasferimento per stare vicino al marito ma non ha mai ricevuto risposta»;
la stessa ha lanciato un appello: «Chiedo alle istituzioni, ai giornalisti di aiutarmi per mantenere il mio posto di lavoro, dandomi l'opportunità di lavorare nella mia città o quantomeno nelle vicinanze, e poter contemporaneamente dare a mio marito l'assistenza che gli spetta e di cui ha bisogno per sopravvivere»;
la circolare del Ministero del lavoro e della previdenza sociale (Direzione generale degli affari generali e del personale) del 24 giugno 1994, n. 70/94 avente per oggetto la legge 5 febbraio 1992, n. 104, e agevolazioni previste dall'articolo 33 recita: «per quanto riguarda il diritto di scegliere la sede di servizio più vicina al proprio domicilio, previsto sia per chi assiste il portatore d'handicap che il lavoratore interessato»;
si deduce che vi sono disposizioni e leggi che permetterebbero alla protagonista della vicenda di scegliere la sede più agevole nel comune di propria residenza, prima di chiunque altro anche in sede di trasferimento, in modo da permetterle le stesse condizioni di lavoro consentite ad altri;
nella fattispecie si invoca, tra l'altro, anche l'applicazione della legge n. 104 del 1992 che permetterebbe alla docente di essere trasferita nel comune di residenza o nelle immediate vicinanze, ma pur avendo fatto richiesta la pratica non sarebbe andata a buon fine;
la storia riaccende i riflettori su una normativa che in diverse occasioni è stata oggetto anche di abusi che finiscono per colpire e penalizzare coloro che invece del tutto legittimamente avrebbero invece i requisiti per usufruirne –:
se il Governo sia a conoscenza della storia esposta in premessa, quali siano i suoi orientamenti sul caso descritto e quali iniziative concrete intenda porre in essere per consentire a questa docente di svolgere il proprio lavoro garantendo la sua presenza fisica agli affetti familiari.
(4-17893)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
CIPRINI, TRIPIEDI, COMINARDI, CHIMIENTI, DALL'OSSO e LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 1, comma 9, della legge 23 agosto 2004, n. 243, ha introdotto la possibilità di conseguire, in via sperimentale, il diritto all'accesso al trattamento pensionistico di anzianità, in presenza dei previgenti requisiti contributivi ed anagrafici fino al 31 dicembre 2015. Tale misura sperimentale consente alle lavoratrici di applicare le regole più favorevoli in vigore fino al 31 dicembre 2007, ossia di ottenere la pensione con 35 anni di contributi ed almeno 57-58 anni di età, accettando però il calcolo della pensione con il sistema di calcolo contributivo, invece del retributivo o misto, e l'applicazione delle «finestre mobili» per la decorrenza del trattamento pensionistico (12-18 mesi per lavoratrici dipendenti ed autonome);
l'articolo 1, comma 281, della legge n. 208 del 2015, dopo aver «sanato» l'interpretazione restrittiva data dalle circolari nn. 35 e 37 del 14 marzo 2012 e dal messaggio n. 9231 del 28 novembre 2014 da parte dell'Inps, che aveva escluso dalla possibilità di accedere all'istituto dell’«opzione donna» le lavoratrici nate negli anni 1957-1958, ha istituito un monitoraggio, tramite il «contatore», necessario per consentire la redazione da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di una relazione da presentare al Parlamento, entro il 30 settembre di ogni anno, sull'attuazione della sperimentazione con particolare riferimento al numero delle lavoratrici interessate e agli oneri previdenziali conseguenti, con un raffronto degli specifici oneri previdenziali conseguenti all'attuazione e delle relative previsioni di spesa. Sulla base di tale relazione, è prevista l'adozione di un successivo provvedimento legislativo di proroga del regime sperimentale «opzione donna» «Qualora dall'attività di monitoraggio (...) risulti un onere previdenziale inferiore rispetto alle previsioni di spesa (...), anche avuto riguardo alla proiezione negli anni successivi, (...) [disponendo] l'impiego delle risorse non utilizzate per interventi con finalità analoghe a quelle di cui al presente comma, ivi compresa la prosecuzione della medesima sperimentazione»;
inoltre, l'articolo 1, commi 22-225, della legge n. 232 del 2016, confermando la data di ultimazione al 31 dicembre 2105 della sperimentazione, si limita soltanto ad un'estensione dell’«opzione donna» alle circa 4.000 lavoratrici (del quarto trimestre degli anni 1957 e 1958) che erano rimaste escluse per effetto dell'incremento dell'aspettativa di vita;
la nota tecnica dell'Inps del 28 agosto 2015 prevede l'accesso di un contingente di 36.000 donne già in possesso dei requisiti al 31 dicembre 2015 con possibilità di presentare domanda in qualsiasi momento successivo alla prima decorrenza utile maturata nel regime sperimentale e, quindi, successiva alla data del 31 dicembre 2015;
secondo i dati forniti dall'Inps si evince che in totale le pensioni liquidate in «regime di opzione donna» dal 2016 fino al gennaio 2017 sono 18.743; di queste, 14.083 sono del settore privato e 4.660 del settore pubblico;
ai sensi del citato comma 281, i risparmi ovvero le risorse non utilizzate, conseguenti al ridotto impiego di risorse per oneri previdenziali relativi ad un minor accesso di donne lavoratrici nell'anno 2016 rispetto a quelli stimati, a parere degli interroganti, devono essere impiegati per la prosecuzione del regime sperimentale, consentendo ad un ulteriore contingente di donne di usufruire del regime sperimentale «opzione donna» –:
se sia intenzione del Governo prevedere nel prossimo disegno di legge di bilancio che le risorse rimanenti e non utilizzate certificate dal cosiddetto «contatore» siano vincolate ad una prosecuzione del regime «opzione donna» di cui all'articolo 1, comma 9, della legge 23 agosto 2004, n. 243, ovvero se intenda assumere iniziative per impegnare nuove risorse per finanziare la prosecuzione della suddetta misura.
(5-12240)
FEDRIGA e SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
è notizia pubblicata su La Repubblica.it quella di un impiegato alle Poste di Vasto, condannato e licenziato per aver rubato 15 mila euro dalla cassaforte dell'ufficio, che dovrà essere reintegrato con relativo risarcimento;
il giudice del lavoro di Chieti, infatti, ha annullato il licenziamento, ordinando a Poste spa il versamento di un anno di stipendio arretrato ed il pagamento delle spese legali, con la motivazione che «la società disponeva sin dal 2012 di tutti i dati sufficienti per procedere a una contestazione disciplinare», per cui l'attesa della sentenza di condanna non trova giustificazione e la «contestazione formale» è «irrimediabilmente tardiva»;
in altri termini, secondo quanto sembra evincersi dalla pronuncia del giudice del lavoro, la colpa di Poste sarebbe che invece di trasferirlo, sospenderlo ed attendere la fine del processo di primo grado, avrebbe dovuto licenziarlo in tronco;
secondo la ricostruzione a mezzo stampa, l'impiegato aveva sottratto nell'estate del 2012, 14.500 euro dalla cassaforte, di cui aveva le chiavi, nella sede centrale delle Poste di Vasto, dove lavorava, tradito da un'intercettazione ambientale e telefonica; nell'ottobre 2012 la direzione delle Poste lo trasferisce a Chieti, provvedendo all'immediata sospensione dal lavoro soltanto dopo le misure cautelari disposte dal giudice delle indagini preliminari; un anno e mezzo dopo, nel maggio 2014, il dipendente viene reintegrato su istanza dei suoi avvocati e, solo dopo la sentenza di condanna penale in primo grado, nell'agosto 2016, le Poste procedono con il licenziamento, subito impugnato dai legali del postino;
l'istituto del reintegro, si ricorda, è stato introdotto come forma di tutela in tutte le ipotesi di licenziamento illegittimo di lavoratori e non deve, a parere degli interroganti, essere strumentalizzato da cavilli procedurali –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza, anche di natura normativa con particolare riguardo ai procedimenti disciplinari e all'istituto del reintegro, intenda adottare affinché vicende – a parere degli interroganti paradossali – come quella sopra descritta non abbiano a ripetersi.
(5-12244)
TRIPIEDI, DIENI, NESCI, PARENTELA, ZOLEZZI, COZZOLINO, CIPRINI, DALL'OSSO, CHIMIENTI, LOMBARDI, PESCO, VILLAROSA e ALBERTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
fondata nel 2001, Call&Call, azienda di call center che si occupa di servizi di customer care, conta 2.500 dipendenti distribuiti nelle oltre 1.900 postazioni nelle 7 sedi operative in Italia a Cinisello Balsamo (Milano), La Spezia, Roma, Locri (Reggio Calabria), Casarano (Lecce), Pistoia e Cagliari e nella sede in Romania;
in data 5 luglio 2017, la proprietà di Call&Call ha annunciato l'avvio della procedura di licenziamento collettivo per 129 (poi ridotti a 128 per successive dimissioni volontarie di un dipendente) dei 359 lavoratori della sede di Locri, senza prevedere alcun eventuale ammortizzatore sociale. Secondo la società, tali scelte forzate sono causa della globalizzazione dei mercati, con successive delocalizzazioni e della persistente crisi economica italiana che ha ridotto i volumi di mercato e i ricavi dell'azienda. Ad aggravare la situazione, vi è il mancato rinnovo della commessa Engie Italia (azienda di fornitura domestica di gas e luce che impegna in maniera esclusiva circa 1/3 dei lavoratori complessivi della Call&Call) presso la sede produttiva di Locri;
la società ha offerto la possibilità a 30 dipendenti «FTE» (Full Time Equivalent) della sede di Locri di poter essere trasferiti presso la sede di Casarano, con comunicazione degli interessati da far pervenire all'azienda entro il mese di luglio 2017. Nessuno dei lavoratori, per comprensibili motivi (la più che ridotta tempistica per poter prendere la delicata decisione di spostarsi per più di 500 chilometri con tutte le conseguenze del caso, prima tra tutte l'acquisto o l'affitto di un nuovo appartamento a proprie spese) ha accettato l'offerta;
secondo i sindacati e le rappresentanze sindacali unitarie che stanno seguendo la vicenda, gli annunciati licenziamenti non sono causati da crisi economiche od occupazionali dovute a mancanza di lavoro, ma dalla decisione dell'azienda e dalla volontà di Engie Italia che, per problemi a suo dire logistici, hanno deciso di abbandonare la locride. Contemporaneamente, infatti, Engie Italia ha chiesto a Call&Call di organizzarsi in un tempo di 3 mesi per formare circa 70 lavoratori nel sito di Casarano;
il sito di Locri è presente in un territorio dove la malavita organizzata ha ruoli di rilievo e dove, in contrapposizione a ciò, il lavoro regolare permette di tutelare valori di particolare importanza come quello della dignità, del reddito onesto e del presidio di legalità;
Call&Call, azienda, che in passato ha usufruito di fondi pubblici erogati dallo Stato, non è nuova a procedure di licenziamento e riassunzioni in altri siti di proprietà della stessa società. Il 23 aprile 2015, l'interrogante ha presentato l'atto parlamentare n. 5-05432 dove venivano citati il caso del 2015 dell'avvio di una procedura di licenziamento collettivo per 186 lavoratori della Call&Call della sede di Cinisello Balsamo; si tratta di lavoratori poi tutti licenziati al termine della vertenza, per assumerne di nuovi, allo stesso tempo, nelle sedi di Roma e della Calabria; nell'interrogazione si rappresentava altresì il caso del 2013 dell'avvio di una procedura di licenziamento collettivo nella sede di Genova poi ritirata per la causa persa dalla società presso il giudice del lavoro –:
se i Ministri interrogati non intendano istituire, qualora non l'abbiano già previsto, un tavolo tecnico di confronto con l'azienda Call&Call, le rappresentanze sindacali e le rappresentanze sindacali unitarie interessate, al fine di promuovere azioni volte all'esclusione dei licenziamenti per ognuno dei 128 lavoratori dello stabilimento di Locri, prevedendo nell'immediato degli adeguati ammortizzatori sociali;
nel caso non si riescano ad evitare i licenziamenti dei sopraindicati 128 lavoratori della Call&Call del sito di Locri, se non intendano assumere iniziative volte a prevedere un piano di ricollocamento per ognuno dei dipendenti licenziati.
(5-12252)
COZZOLINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
con l'interpellanza n. 2-00489 del 2 aprile 2014 il sottoscritto sottoponeva al Ministro del lavoro e delle politiche sociali la problematica di un numero di verbali di accertamento dell'Inps, che varia dai 12 ai 15 mila, recapitati ad altrettanti soggetti ai quali si contesta il mancato rispetto dell'articolo 44, comma 2, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, il quale stabilisce che, ai fini della tutela previdenziale, i produttori di terzo e quarto gruppo sono soggetti all'obbligo di iscrizione all'assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti degli esercenti attività commerciali;
con il messaggio n. 16291 dell'11 ottobre 2013 il direttore generale Nori precisava che «in considerazione dei contrastanti orientamenti giurisprudenziali che si sono succeduti nel tempo (da ultimo Corte d'appello di Bologna 623/12 che contravviene all'orientamento dell'Istituto), si potrebbero ritenere ravvisabili i presupposti di cui al comma 15 lettera a) dell'articolo 116 della legge 388/00, che consentono la riduzione alla misura degli interessi legali delle sanzioni civili, relative ai casi di mancato o ritardato pagamento dei contributi. Tale riduzione non è riferibile alle fattispecie già definite, ovverosia quelle coperte da giudicato ovvero per le quali vi è stato un pagamento senza riserva di ripetizione, mentre sarà applicata, a richiesta del soggetto interessato, ai periodi contributivi la cui scadenza di versamento si colloca entro la data di pubblicazione del messaggio che chiarisce questi punti»;
appare pertanto essenziale, visti i numeri significativi, e considerata la scarsa chiarezza di ciò che è previsto nella normativa, oltre alla carente informazione da parte delle compagnie assicurative per le quali i produttori prestavano l'opera, delineare un quadro chiaro su quanti siano i soggetti che risultino non in regola con il disposto del già citato dell'articolo 44, comma 2, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, anche dopo l'emanazione da parte dell'Inps del messaggio n. 16291 dell'11 ottobre 2013, per verificare l'opportunità di un eventuale ulteriori interventi anche a scopo chiarificatorio;
se infatti a coloro che risultavano inadempienti per il periodo precedente all'ottobre 2013 era possibile applicare la riduzione alla misura degli interessi legali delle sanzioni civili, relative ai casi di mancato o ritardato pagamento dei contributi, coloro che risultano ancora inadempienti saranno chiamati pagare interessi e sanzioni per intero, con un ingente esborso economico –:
quanti siano gli intermediari assicurativi, produttori di terzo e quarto gruppo, che risultino non in regola con il disposto del già citato dell'articolo 44, comma 2, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, per il periodo precedente e quanti per quello successivo all'11 ottobre 2013.
(5-12254)
Interrogazioni a risposta scritta:
CAPODICASA e ZAPPULLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
alcune migliaia di docenti e di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, in possesso dei requisiti per il pensionamento dal 1ºsettembre 2017, non hanno ancora ricevuto l'assegno pensionistico spettante per ritardi inspiegabili da parte degli uffici dell'Inps o degli uffici scolastici provinciali o d'ambito nell'istruttoria delle pratiche relative;
tutti questi docenti e personale scolastico hanno presentato istanza secondo le direttive del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca a gennaio 2017, con largo anticipo dunque per ottenere la pensione secondo i tempi dovuti e quindi nel mese successivo all'ultimo stipendio del mese di agosto 2017;
è intervenuto un accordo tra Inps e Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca per garantire l'accredito dell'assegno pensionistico puntualmente il 1° settembre 2017, anche in presenza di ritardi degli uffici scolastici provinciali, notoriamente sotto organico e l'Inps si è assunto l'onere di provvedere comunque all'istruttoria in via autonoma per scongiurare ogni ritardo come verificatosi negli anni scorsi soprattutto nelle grandi province;
a quanto risulta all'interrogante anche quest'anno, invece l'inconveniente che ha lasciato senza pensione docenti e personale amministrativo, tecnico e ausiliario nel mese di settembre si è largamente verificato;
gli uffici dell'Inps, interpellati dagli interessati o dai patronati, relativamente ad alcune sedi, rispondono facendo riferimento alla rituale «pratica in lavorazione» o a un ritardo che si protrarrebbe addirittura per alcuni altri mesi;
migliaia di docenti e dipendenti amministrativo, tecnico e ausiliario si trovano nella impossibilità di disporre di un reddito utile al loro sostentamento e ai costi ordinari delle loro famiglie già dal 1° settembre 2017 e nella situazione di non sapere quando sarà riconosciuto un loro diritto che avrebbe dovuto avere tempi certi –:
se siano a conoscenza di tale situazione generalizzata di mancato adempimento da parte dell'Inps dei suoi doveri istituzionali circa l'effettivo accreditamento dell'assegno pensionistico dal 1° settembre 2017 su domande regolarmente presentate dagli interessati in possesso dei requisiti sin dal mese di gennaio 2017 e se intendano intervenire presso gli uffici centrali e periferici dell'Inps medesimo per ovviare nei tempi più stretti possibili a tale ingiustizia nei confronti del personale della scuola che da sempre è costretto al pensionamento nell'unica «finestra d'uscita» disponibile che corrisponde il 1° settembre di ogni anno in coincidenza con l'inizio dell'anno scolastico.
(4-17877)
MENORELLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 1, comma 195, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) ha allargato l'ambito di applicazione dell'istituto del «cumulo gratuito» ai fini pensionistici originariamente introdotto dalla legge n. 228 del 2012, ampliando il campo di applicazione di tale istituto ai lavoratori che, prima del 2017, potevano solo proporre domanda di ricongiunzione dei periodi contributivi diversificati;
la tecnica del cumulo consente — come noto — la sommatoria di diverse posizioni contributive esistenti presso una pluralità di enti gestori, ma, all'opposto di quanto avviene nella ricongiunzione, tale sommatoria delle varie anzianità contributive è soltanto virtuale, venendo svolta in astratto al solo scopo di stabilire se la somma di tutti i contributi sia sufficiente al raggiungimento del diritto previdenziale e ciò allo scopo di garantire un più rapido recupero delle contribuzioni «frantumate» fra diversi regimi assicurativi, nonché di permettere di evitare gli onerosissimi costi propri del metodo della ricongiunzione;
per tali ragioni, la scelta del legislatore del dicembre 2016 è stata salutata come un vero e proprio atto di «giustizia sociale», avendo posto fine alla necessità, per lavoratori che avevano maturato il diritto alla pensione di vecchiaia o il diritto alla pensione anticipata (ex anzianità, versando contributi a gestione diverse, di ricongiungere tali contributi in un'unica gestione in modo (molto) oneroso;
molte persone beneficiarie della riforma, fra cui un gran numero di professionisti, hanno addirittura rassegnato le dimissioni da propri impieghi, confidando nell'applicazione della norma in tempi ragionevoli;
invece, dopo nove mesi dalla vigenza della succitata disposizione di legge, non risulta riscontrata alcuna domanda di «cumulo gratuito» proposta da lavoratori appartenenti alle nuove categorie considerate dal suesposto articolo 1, comma 195 della legge n. 232 del 2016;
migliaia sono ormai i casi di persone in gravissime situazioni personali a causa di tale ingiustificato ritardo nella erogazione della pensione di cui hanno diritto, cosicché si hanno ormai notizie dell'avvio di diffide, prodromiche a cause giudiziali, che aggraveranno ulteriormente i costi per il sistema previdenziale –:
se il Governo intenda fornire i dati relativi a quante domande siano state proposte ai sensi dell'articolo 1, comma 195, della legge n. 232 del 2016 e quante siano state positivamente riscontrate dal 1o gennaio 2017 al 15 settembre 2017;
se il Governo intenda chiarire, per quanto di competenza, le cause e le responsabilità di tale ingiustificato ritardo nel dare applicazione alla citata disposizione della legge di bilancio 2017;
quali iniziative intenda urgentemente porre in essere il Governo per assicurare la finalità di «giustizia sociale» dell'istituto introdotto dal suddetto articolo 1, comma 195, della legge n. 232 del 2016.
(4-17891)
POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
l'estate 2017 si avvia ad essere classificata come una delle più calde dell'ultimo secolo;
in Sicilia, in particolare, ma anche in altre zone del Mezzogiorno e del Paese, le temperature hanno raggiunto livelli eccezionali mai riscontrate in tempi recenti;
l'eccezionale calura ha avuto pesanti ripercussioni su diversi settori produttivi, in particolar modo nel comparto agricolo e soprattutto nelle regioni meridionali ed insulari;
le organizzazioni professionali agricole hanno più volte segnalato lo stato di crisi del settore a seguito dell'eccezionale ondata di calura;
le perdite riferibili alla produzione lorda vendibile sono calcolate, per la sola Sicilia, in alcune decine di milioni di euro, soprattutto nel settore dell'ortofrutta e della viticultura, mentre il settore olivicolo si appresta a registrare un sensibile calo della produzione;
l'assenza di precipitazioni, abbinata alla calura che in alcuni casi ha fatto registrare picchi di 45 gradi, ha comportato, oltre a un calo produttivo (che oscilla tra il 40 ed il 50 per cento), anche una maggiorazione dei costi di produzione che le aziende agricole devono sopportare in aggiunta alle perdite di quote consistenti della produzione;
nel settore agrumicolo si è evidenziata un'alta percentuale di cascola dei frutticini;
a questo quadro già abbastanza critico devono aggiungersi gli effetti degli incendi che hanno interessato ampie zone della Sicilia e che hanno inciso sulle attività zootecniche aggravandone i costi di produzione –:
se non intenda assumere iniziative per dichiarare lo stato di calamità nel settore agricolo in Sicilia;
se non intenda assumere iniziative per dover favorire l'anticipo della PAC 2017 ed il pagamento di tutte le istanze relative ai fondi per lo sviluppo rurale, affinché le aziende abbiano maggiore liquidità per il pagamento delle cambiali agrarie e non che sono in scadenza a fine anno;
se non intenda assumere iniziative per garantire in modo sollecito: il pagamento dei premi relativi al biologico degli anni 2015/2016; il pagamento (per intero) dell'indennità compensativa 2015-2016; lo sblocco degli applicativi telematici che permettano una veloce istruttoria delle pratiche; la chiusura e lo sblocco dei pagamenti per le pratiche a controllo amministrativo; l'applicazione del regolamento (UE) n. 1305/2013 relativo ai pagamenti; lo svincolo delle aree forestali per il pascolo gratuito per una efficace prevenzione degli incendi, il sostegno e il supporto economico immediato alla rivalutazione dei prodotti locali; l'apertura dei canali di credito agevolati a «tasso zero» per le aziende in sofferenza; la sospensione fino al nuovo esercizio finanziario del 2017 dei contributi previdenziali e delle cartelle esattoriali, tutte misure già richieste dalle organizzazioni professionali agricole;
se non ritenga, considerato che gli studi sull'evoluzione del clima sono concordi nel ritenere che in futuro tali eccezionali condizioni climatiche tenderanno a essere frequenti se non addirittura a trasformarsi in ordinarie a causa del surriscaldamento globale e dei mutamenti climatici che ne conseguono, di elaborare un piano di interventi per la realizzazione di grandi opere irrigue per l'agricoltura e di infrastrutture adeguate alle esigenze di una moderna attività in agricoltura.
(2-01945) «Capodicasa, Zappulla».
SALUTE
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
nella notte del 20 settembre è avvenuto un fatto di gravità inaudita: una dottoressa di turno nel posto di continuità assistenziale (ex guardia medica) di Trecastagni, in provincia di Catania, ha subito una violenza sessuale;
questo gravissimo episodio ha fatto emergere un acceso dibattito sulle condizioni di insicurezza in cui, come dimostrato da numerose cronache degli ultimi anni, operano di notte gli operatori nei posti di continuità assistenziale e nei pronto soccorso;
l'interpellante condivide i toni di estrema preoccupazione espressi dai rappresentanti di categoria delle professioni mediche, a partire da quelli utilizzati dalla presidente della Federazione nazionale dell'ordine dei medici e dei chirurghi secondo cui bisogna pensare, in una situazione tanto allarmante, di «spostare le guardie mediche all'interno delle Stazioni dei Carabinieri, che sono capillari sul territorio, o delle postazioni di Polizia»;
si è appreso che dopo il drammatico episodio il Ministro interrogato ha disposto l'attivazione di verifiche ispettive a campione presso i presidi di tutto il territorio nazionale per verificare le condizioni di lavoro degli operatori sanitari durante il servizio di continuità assistenziale e che, una volta esaminato quanto emergerà dalle verifiche, il Ministero della salute potrà avviare gli interventi ritenuti necessari per garantire la sicurezza dei professionisti sanitari all'interno dei presidi;
da una ricerca effettuata qualche anno fa dal settore continuità assistenziale della Federazione italiana dei medici di medicina generale, che ha intervistato circa 2.458 medici di guardia, è emerso che il 90 per cento di essi dichiarava di aver subito atti di violenza, il 64 per cento minacce verbali, l'11 per cento atti vandalici, il 22 per cento percosse e ben il 13 per cento minacce a mano armata con armi improprie. Ben 9 medici su 10 durante tutta la loro attività hanno subìto almeno una volta un'aggressione e 8 su 10 ne hanno subìta più di una. Solo il 13 per cento degli operatori di continuità assistenziale, dopo aver subito un'aggressione, deciderebbe di rivolgersi alle autorità per denunciare l'accaduto;
un effetto dei tagli alla sanità è che, a differenza del passato, sono sempre più frequenti i casi in cui il medico di turno nelle ore notturne si trovi in servizio completamente da solo, essendo così esposto a maggiori potenziali pericoli; accade inoltre che sempre più spesso il medico di guardia – oltre a ricevere gli assistiti in sedi isolate e senza vigilanza – si debba recare da solo in visita domiciliare durante la notte, con mezzi propri, in luoghi non familiari e in casa di sconosciuti;
a parere dell'interpellante, il quadro descritto è non solo preoccupante ma anche emblematico del fatto di come vi sia la necessità che il Ministero della salute sul piano tecnico e il Governo tutto come atto di responsabilità politica non si limitino ad intervenire quando fatti inauditi come quello accaduto in Sicilia si sono ormai consumati;
si richiama, al riguardo, l'interrogazione a risposta scritta n. 4-14953, rimasta senza risposta, in cui si sollecitavano nel dicembre 2016 «urgenti iniziative con riguardo particolare da un lato al tema delle risorse e dell'organizzazione del servizio di continuità assistenziale, e dall'altro alle condizioni di insicurezza oggi esistenti» –:
quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda assumere per porre finalmente gli operatori delle ex guardie mediche in condizione di lavorare in sicurezza.
(2-01944) «Fucci».
Interrogazione a risposta scritta:
BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
il 19 settembre 2017, il quotidiano Repubblica, in un articolo a firma di Margherita D'Amico, ha nuovamente dato ampio spazio al triste fenomeno del mercato illegale dei cuccioli in Europa che nasconde dietro di sé il profitto illecito fondato sullo sfruttamento di cani e gatti nati e allevati in condizioni preoccupanti;
un enorme business illegale di compravendita di animali e in particolare relativo al traffico di cuccioli di cani e gatti provenienti dall'Est Europa, pagati 50 euro da commercianti senza scrupoli e rivenduti nel nostro Paese a 1000 euro;
non è la prima volta che un quotidiano nazionale racconta di questo fenomeno sommerso per le istituzioni e di come sia frequente questo mercato clandestino;
cuccioli per lo più di cane, provenienti da Slovacchia, Ungheria, Russia e Ucraina, strappati alla madre dopo poche settimane di vita, reclusi in gabbie e condannati a crescere al buio nei loro escrementi e le cui madri sono usate fino allo sfinimento, riempite di ormoni per sfruttare al massimo la loro fertilità;
dopo poche settimana di vita, prima dei novanta giorni, – termine per uno sviluppo sano dell'animale – i cuccioli prelevati viaggiano ammassati nei bagagliai delle macchine, in furgoni senza alcun tipo di aerazione e senza le più elementari norme igienico-sanitarie e con documentazione falsa;
il giro d'affari del traffico illegale di animali è enorme se si pensa anche al traffico di animali selvatici: il terzo dopo armi e droga, in cui operano società fittizie che, dietro una «normale» attività, fatturano milioni di euro sulla pelle degli animali; infatti, basta pensare che nella sola Repubblica Ceca il mercato di esportazione di cuccioli rende un giro d'affari di cinquantotto milioni di euro l'anno;
è dunque necessario diffondere maggiori informazioni in merito, perché questo sistema di sfruttamento non coinvolge soltanto allevatori e commercianti spesso introdotti nella criminalità organizzata, ma anche gli stessi acquirenti che, se non ben informati e sensibilizzati sulla provenienza del cane e il tipo di allevamento, si rendono complici a loro insaputa di quest'orrendo mercato senza fine;
si fa presente che il tema del traffico di cuccioli provenienti dall'Est Europa, è già stato oggetto di un atto di sindacato ispettivo presentato in data 16 dicembre 2015, l'interrogazione n. 4-11403, cui però a distanza di due anni non è mai stata data risposta –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza del traffico illegale di cuccioli di cane e gatto provenienti dall'Est Europa e quali siano le iniziative, per quanto di competenza, che intendano assumere per contrastare il fenomeno segnalato in premessa;
se non si ritenga opportuno, che l'Italia, in qualità di Stato membro, dell'Unione europea, si faccia promotrice in sede europea di un'iniziativa per l'introduzione dell'anagrafe canina europea al fine di contenere il fenomeno del traffico clandestino di cani e gatti;
se i Ministri interrogati non ritengano di dover assumere iniziative normative in sede europea, affinché siano previste norme più severe per contrastare il fenomeno del traffico di esseri viventi e senzienti mediante l'introduzione obbligatoria del microchip contestualmente alla prima vaccinazione che di norma avviene alla quinta settimana, nonché il divieto assoluto della vendita di animali online.
(4-17885)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta orale:
CAPEZZONE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il prestito sociale consiste in un apporto di capitali da parte dei soci, rimborsabile secondo determinate tempistiche e remunerato con un determinato interesse;
la legge prevede per tale prestito una serie di vincoli tra cui, il principale, è che le somme raccolte debbano essere utilizzate esclusivamente per il conseguimento dello scopo sociale;
al 31 dicembre 2016 il valore complessivo del prestito sociale delle cooperative ammonta a circa 9.2 miliardi di euro per la sola parte in pancia alle cooperative di consumo, a cui si aggiungono altri 2 miliardi in pancia alle cooperative edili e agricole;
nel corso del tempo, tuttavia, il prestito sociale ha avuto un'evoluzione assolutamente abnorme diventando una forma di raccolta del risparmio del pubblico esattamente come i libretti di risparmio ed i conti correnti con investimenti finanziari in vari ambiti;
nel vuoto legislativo e di carenza di controlli, è emerso come riporta il quotidiano La Stampa «un legame tra Coop e finanza che tra impegni di sistema e avventure azzardate nell'azionariato di grandi banche (Mps e Carige principalmente) rischi di diventare insopportabile»;
come emerso, infatti, dall'inchiesta del quotidiano torinese e riportato, purtroppo, solo da pochissimi altri giornali, ad oggi, il rischio della bolla della «finanza cooperativa» è elevatissimo, soprattutto a causa degli investimenti fatti in settori che nulla hanno a che vedere con il conseguimento dello scopo sociale oltretutto con risorse a cui non viene assolutamente assegnato un rendimento equilibrato rispetto al rischio, dato che le cooperative pagano tassi inferiori ai rischi che realmente corrono i risparmiatori;
già in passato il fallimento di alcune cooperative come la cooperativa Carnica e Trieste ha provocato un danno ai risparmiatori di svariate decine di milioni di euro;
a fronte di tale situazione Bankitalia è intervenuta fissando un «paletto», ossia il rapporto tra mezzi propri e raccolta, cioè tra l'ammontare del prestito sociale e il patrimonio netto, deve essere di 1 a 3, riconoscendo, allo stesso tempo, di non avere alcun potere di vigilanza e di controllo per verificare se e come queste regole vengano rispettate;
tuttavia, come emerso dall'inchiesta de La Stampa, spesso questo parametro (rapporto 1 a 3 tra ammontare del patrimonio netto e prestito sociale) non viene rispettato, visto che, in molteplici casi, i valori in bilancio lievitano di molto rispetto al reale valore del titolo in borsa con notevoli perdite latenti e conseguente abbattimento del patrimonio netto. Unipol, al riguardo, sarebbe, secondo il quotidiano torinese, il caso più eclatante con valori in bilancio superiori fino a quasi 5 volte il valore in borsa del titolo;
le cooperative hanno investito, in questi anni, una notevole mole di denaro dei risparmiatori in attività altamente rischiose (l'azionariato bancario ne è l'esempio classico) e qualora entrassero in difficoltà finanziaria, come già accaduto e sta accadendo, sarebbero impossibilitate a rimborsare i soci, visto che, a differenza del conto corrente bancario, il libretto delle cooperative non è dotato di alcuna garanzia e le stesse, a differenza delle banche, non rientrano nel fondo interbancario di tutela –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di tale situazione, in particolare dei valori messi a garanzia dalle cooperative sulle partecipazioni finanziarie, e quali strumenti intendano concretamente attivare, per quanto di competenza, per tutelare il risparmio di migliaia di indifesi risparmiatori italiani e garantire, allo stesso tempo, maggiori controlli sulle attività finanziarie delle cooperative.
(3-03258)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
GIACOBBE, BASSO e VAZIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
la Mondo Marine S.p.a. è una società specializzata nella costruzione di yacht di alta gamma in alluminio e acciaio;
all'inizio degli anni 2000 ha rilevato gli storici «Cantieri Campanella di Savona»;
nel maggio 2013, il marchio Mondomarine e il sito produttivo sono stati rilevati da Roberto Zambrini e Alessandro Falciai, che, dal novembre 2016 è anche presidente del Monte dei Paschi di Siena;
tra il 2015 ed il 2016 Mondomarine ha perfezionato l'acquisizione dei Cantieri di Pisa (ex Baglietto);
Mondomarine è dunque composto da due siti produttivi distinti, Pisa e Savona;
a Savona l'azienda è sita nell'area dell'ex cantiere Campanella, fiore all'occhiello italiano del rimessaggio e costruzione di navi commerciali; tale area si affaccia all'imbocco del porto di Savona, vantando numerosi posti barca per yacht fino a 70 metri e confina con le officine di nuova costruzione dedicate al rimessaggio e all'assistenza per barche di piccola dimensione, il polo della Nautica di Savona;
il cantiere si estende su una superficie di 35.500 metri quadri, 9.500 dei quali sono coperti; dispone di 100 metri di banchina per ormeggio di maxi-yacht; il cantiere è dotato di tutte le strutture necessarie alla costruzione e alla riparazione di imbarcazioni di notevoli dimensioni;
la Mondo Marine, negli anni passati, ha lavorato a pieno regime acquisendo contratti e costruendo yacht, dando lavoro a 61 dipendenti diretti, e a circa 600 lavoratori dell'indotto altamente specializzati, impegnati tanto nella costruzione, che nelle attività di ricostruzione e riparazione;
nel corso del 2016, pur essendo in corso di ultimazione la costruzione di uno scafo da 50 metri ed essendo avviate attività di refitting, iniziarono a manifestarsi segnali negativi, evidenziati dal ritardo dei pagamenti di alcuni fornitori e disaccordi con gli armatori per i ritardi della chiusura lavori;
a gennaio 2017 sono gradatamente state sospese le attività di costruzione; gli armatori hanno cominciato a contestare lo stato di avanzamento dei lavori e a richiedere di poter portare gli scafi in altri cantieri;
a seguito di tale condizione, è stata attivata una richiesta cassa integrazione guadagni ordinaria per 61 dipendenti su Savona e per 29 dipendenti su Pisa;
il 5 luglio 2017 l'azienda ha predisposto la richiesta di concordato preventivo in continuità al tribunale di Savona, il quale ha concesso i 60 giorni per la predisposizione del piano concordatario (90 per la sospensione estiva), il cui termine scadrà il 5 ottobre 2017. Il tribunale di Savona ha già provveduto a nominare tre commissari giudiziali;
il cantiere opera in area demaniale: la cui concessione è in scadenza il prossimo 31 dicembre; in ogni caso, l'azienda ha predisposto istanza di rinnovo della concessione all'Autorità portuale di sistema;
si manifesta un grave rischio per le attività del cantiere, e per l'occupazione di centinaia di persone, a causa della situazione finanziaria dell'azienda, nonostante la qualità del sito produttivo e delle professionalità presenti sia alle dipendenze dirette sia nell'indotto;
le organizzazioni dei lavoratori hanno contattato le istituzioni locali e la regione e lamentano una seria difficoltà a realizzare un confronto di merito con la proprietà sulle prospettive dell'azienda –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta;
quali iniziative, per quanto di competenza, ritenga di mettere in atto per scongiurare la crisi e la possibile liquidazione di un'attività di pregio in un settore d'eccellenza per l'industria nazionale e collocata in un territorio già pesantemente colpito nei suoi insediamenti produttivi e nell'occupazione, come dimostra il riconoscimento di «crisi industriale complessa» per una vasta area del savonese.
(5-12247)
RICCIATTI, FERRARA, EPIFANI, SIMONI, SCOTTO, MARTELLI, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, MELILLA, ALBINI, MARTELLI, DURANTI, PIRAS, QUARANTA, NICCHI, FOLINO, FRANCO BORDO, CAPODICASA e D'ATTORRE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
in data 20 settembre 2017 è stata annunciata la costituzione di una joint venture paritaria tra due colossi della produzione dell'acciaio: la tedesca Thyessen Krupp e l'indiana Tata Steel (fonte: Il Sole 24 Ore, 21 settembre 2017);
le due società conferiranno alla joint venture, denominata ThyessenKrupp Tata Steel, le attività siderurgiche presenti in Europa, con impianti situati prevalentemente in Inghilterra e Olanda;
gli analisti inquadrano l'operazione nell'ambito di un riassetto globale della produzione dell'acciaio, che vede la società tedesco-indiana come il secondo produttore europeo, con una produzione di una quantità di 21 milioni di tonnellate l'anno, dietro alla AlcelorMittal che è anche il leader mondiale del settore ed ha di recente acquisito l'impianto Ilva di Taranto, in cordata con il gruppo Marcegaglia e Banca Intesa;
per il nuovo gruppo, che conta 48 mila dipendenti si prevede un esubero di circa 4 mila lavoratori;
nella nuova joint venture non è stata inclusa la Acciai speciali Terni (Ast); scelta che solleva preoccupazioni in ordine al destino del polo industriale umbro, considerata anche l'assenza di comunicazioni alle organizzazioni sindacali –:
se il Ministro interrogato intenda chiarire se la scelta, di non includere la Acciai speciali Terni nel nuovo soggetto industriale, che rappresenterà il secondo produttore europeo, possa prefigurare una possibile cessione o dismissione dell'impianto di Terni.
(5-12250)
Interrogazione a risposta scritta:
MELILLA, RICCIATTI, SCOTTO, SANNICANDRO, QUARANTA, PIRAS, ZARATTI, FERRARA, FRANCO BORDO, KRONBICHLER e NICCHI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
lo stabilimento Honeywell Trasportation System di Atessa è tra le più importanti realtà industriali della provincia di Chieti con 420 dipendenti attualmente posti in regime di contratti di solidarietà;
da mesi si è aperta una forte crisi a seguito della volontà della direzione aziendale di chiudere lo stabilimento di Atessa e delocalizzare la produzione mettendo seriamente a rischio il futuro di centinaia di lavoratori e delle loro famiglie;
il 13 settembre 2017 si è svolto presso il Ministero dello sviluppo economico un incontro tra rappresentanti aziendali, sindacali e istituzionali, ma tale incontro non ha prodotto nessuno sviluppo né fornito nessuna garanzia;
da lunedì 18 settembre 2017 i lavoratori della Honeywell sono in sciopero;
nel mese di ottobre 2017 è previsto un nuovo incontro presso il Ministero per il quale sono stati convocati i vertici della multinazionale –:
quali soluzioni di rilancio produttivo e consolidamento occupazionale intenda promuovere al prossimo incontro tra le parti sociali per scongiurare la delocalizzazione dello stabilimento Honeywell di Atessa e la conseguente perdita del lavoro per i 420 dipendenti.
(4-17878)
Apposizione di una firma
ad una risoluzione.
La risoluzione in Commissione Tinagli e altri n. 7-01338, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Narduolo.
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta Commissione Rotta n. 5-11487, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1° giugno 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Molea.
L'interrogazione a risposta scritta Paglia n. 4-17708, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Brignone.
L'interrogazione a risposta scritta Gallinella e Ciprini n. 4-17757, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato L'Abbate.
L'interrogazione a risposta orale Nicola Bianchi n. 3-03243, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vallascas.
Pubblicazione di un testo riformulato.
Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione De Lorenzis n. 5-12184, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 851 del 15 settembre 2017
DE LORENZIS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
in data 24 marzo 2015, è stata presentata dall'Enac istanza per l'avvio della procedura di valutazione d'impatto ambientale concernente la realizzazione dell’«Aeroporto di Firenze – Master Plan aeroportuale 2014-2029» e, in data 2 dicembre 2016, la commissione incaricata ha reso parere favorevole (recante il n. 2235/2016) nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale. A tutt'oggi il relativo decreto di valutazione di impatto ambientale non è stato emanato;
già in merito al progetto relativo al piano generale di sviluppo dell'aeroporto Amerigo Vespucci di Firenze (per la realizzazione della vecchia pista 05/23), il decreto DEC/VIA/2003/0676 (pagina 17) impone la seguente prescrizione di cui alla lettera e): «in considerazione di possibili eventi incidentali connessi al traffico aereo con eventuali interferenze sull'autostrada Firenze-Mare (peraltro già avvenuti in passato) il proponente dovrà subordinatamente allo studio di rischio e previo accordo con la società Autostrade provvedere alla realizzazione dell'interramento completo con copertura completa a livello di campagna, mediante di tunnel artificiale di adeguata lunghezza, del tratto autostradale in direzione dell'asse della pista atterraggi/decollo dell'aeroporto», in attuazione, proprio per la sua rilevanza, del principio di precauzione e della sicurezza dei terzi;
sulle verifiche di ottemperanza alle prescrizioni imposte sopra richiamate l'interrogante ha presentato l'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-11778, cui non è stata data ancora nessuna risposta;
il citato decreto è stato tuttavia impugnato il 3 marzo 2004, con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, dalla società Aeroporto di Firenze (ADF). Si è appreso da una comunicazione del 19 luglio 2017 del segretariato della Presidenza della Repubblica che risulta agli atti un decreto decisorio su detto ricorso straordinario firmato dal Capo dello Stato il 5 giugno 2012 contestualmente restituito al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, cui residua, a norma delle leggi vigenti, l'adozione di ogni conseguente provvedimento;
occorre pertanto comprendere se detto decreto presidenziale abbia confermato o meno la validità e l'efficacia del decreto ministeriale oggetto di ricorso. In caso di permanente validità ed efficacia dello stesso, si impone il rispetto e l'ottemperanza alle prescrizioni imposte;
questo, secondo l'interrogante, incide direttamente sul destino del nuovo progetto dell'Aeroporto di Firenze e sulla collocazione della nuova pista specie sotto il profilo della compatibilità e della sicurezza volo dei terzi sorvolati e trasportati sia rispetto al previsto progetto del nuovo stadio della Fiorentina sia rispetto alla necessità di liberare lo spazio per la realizzazione della cittadella viola tanto da implicare lo spostamento anche del mercato ortofrutticolo (Mercafir) verso l'area di Castello di proprietà dell'Unipol;
al riguardo, si apprende da fonti di stampa (La Repubblica Firenze del 30 agosto 2017, «Senza la nuova pista Mercafir resta dov'è», di I. Ciuti) che, a fronte di novità nei piani di realizzazione dell'aeroporto, con una nuova pista quasi parallela all'A11, non vi sarebbe alcuna interferenza con lo stadio;
nelle more è entrato in vigore il decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, di attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo del Consiglio, concernente nuove regole sulla valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati;
dalla fonte di stampa già citata si apprende altresì che Enac, il proponente, ha già da presentato richiesta di aderire alla nuova normativa;
da fonte di stampa (Corriere Fiorentino del 5 agosto 2017, «La pista di Peretola slitta (di nuovo)», a firma di M. Fatucchi) si apprende che Enac avrebbe ricevuto direttamente dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un parere in cui la si invita ad aderire alla nuova procedura di valutazione ambientale prevista dalla legge n. 104 del 2017 –:
quale esito abbia avuto il ricorso presentato dalla società aeroporto di Firenze, in relazione al decreto DEC/VIA/2003/0676 e quali siano stati gli adempimenti conseguenti assunti dal Ministero;
se il Governo possa fornire elementi circa le novità inerenti al progetto di realizzazione dell'aeroporto di Firenze e le conseguenze sullo stadio e su Mercafir;
se il Governo, alla luce del disposto di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, intenda chiarire se il procedimento in corso resti disciplinato dalla normativa previgente, oppure trovi applicazione al procedimento in corso la disciplina recata dalla nuova normativa, precisando se corrisponda al vero che Enac abbia presentato relativa istanza;
se corrisponda al vero che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia provveduto ad inviare ad Enac un parere in cui la si invita ad aderire alla nuova procedura di valutazione ambientale prevista dalla legge n. 104 del 2017.
(5-12184)
Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Catalano n. 5-12130 del 13 settembre 2017;
interrogazione a risposta in Commissione Tripiedi n. 5-12152 del 13 settembre 2017.
Trasformazione di un documento
del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Cozzolino n. 4-17044 del 22 giugno 2017 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-12254.
ERRATA CORRIGE
Interrogazione a risposta scritta Mannino n. 4-17809 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 851 del 15 settembre 2017.
Alla pagina 49918, seconda colonna, alla riga trentaquattresima deve leggersi: «le finalità sottese alle suddette modifiche» e non come stampato.
Alla pagina 49918, seconda colonna, dalla riga quarantatreesima alla riga quarantaquattresima deve leggersi: «relativo alla realizzazione di opere di pubblica utilità possa includere delle soluzioni» e non come stampato.