XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 27 settembre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


      La Camera,

          premesso che:

              la riforma federalista prevista con la modifica del Titolo V della Costituzione nel 2001, di cui alla legge delega 5 maggio 2009, n. 42, recante i princìpi e i criteri direttivi per l'attuazione del federalismo fiscale non è stata ad oggi completata, ma sospesa ed il suo percorso deviato con l'avvento del Governo Monti nel novembre 2011;

              con l'adozione del decreto-legge n. 201 del 2011 «cosiddetto Salva Italia», è stato limitato il percorso che avrebbe portato alla piena autonomia impositiva e finanziaria degli enti locali. In particolare è stata alterata la previsione normativa relativa all'imposizione immobiliare da destinare ai comuni;

              l'anticipazione dell'introduzione dell'Imu da parte del Governo Monti e le successive modifiche alla disciplina, hanno comportato che una quota rilevante del gettito dei fabbricati e immobili appartenenti alla categoria catastale D rimanga acquisita e destinata all'erario (circa 3, 6 miliardi di euro annui);

              la deviazione del percorso di realizzazione dell'assetto federalista ha inciso sugli effetti della prevista sostituzione dei trasferimenti erariali ai comuni con risorse proprie, da attuare anche con l'ausilio del fondo di solidarietà comunale;

              infatti, nonostante una delle finalità della legge n. 42 del 2009 fosse il controllo, la razionalizzazione e riqualificazione della spesa dei predetti enti, mediante l'introduzione dei parametri «fabbisogni standard» e «capacità fiscale» per ridurre gli sprechi storici e tenere sotto controllo la spesa dei comuni, nel contempo la legge ha previsto espressamente di «assicurare a regime il finanziamento integrale della spesa relativa alle funzioni fondamentali e i livelli essenziali delle prestazioni,» anche mediante il sistema perequativo;

              l'introduzione dei predetti parametri, funzionale al superamento graduale e definitivo della «spesa storica» è dunque collegata all'obiettivo di consentire ai comuni di svolgere le funzioni assegnate e non solo delineata come strumento di taglio di spese;

              a tal proposito si richiama l'espresso dettato delle finalità, di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, ossia «che... ai fini del finanziamento integrale, il complesso delle maggiori entrate devolute e dei fondi perequativi non può eccedere l'entità dei trasferimenti soppressi», dunque è previsto un limite di spesa ma non una riduzione;

              le risorse dei comuni sono notevolmente diminuite rispetto ai trasferimenti erariali ante legge 42 del 2009 per i seguenti motivi:

                  a) la crisi, che ha ridotto gli introiti della leva fiscale ed i sostanziosi contributi richiesti ai comuni per contribuire al risanamento dei conti pubblici (- 6 per cento di spesa corrente) ha notevolmente ridotto le disponibilità finanziarie degli enti locali, nonostante essi debbano comunque per legge svolgere le funzioni essenziali attribuite loro dalla riforma federale;

                  b) la sottrazione della quota Imu degli immobili appartenenti alla categoria catastale D;

                  c) la mancata partecipazione delle quote dello Stato al fondo di solidarietà comunale, alimentato ormai dal 2015 esclusivamente dalla quota di gettito Imu versata dai comuni;

                  d) il blocco della leva fiscale a carico degli enti locali, prorogata dal Governo anche per l'anno in corso;

              molti comuni hanno visto quindi ridursi la dotazione rispetto ai precedenti trasferimenti erariali e non riescono ad essere compensati dalla quota integrativa del Fondo di solidarietà comunale, in quanto il meccanismo presenta degli effetti distorsivi dovuti al calcolo dei fabbisogni standard, la cui base di calcolo è la spesa del 2013, già alterata in ribasso dai tagli imposti;

              se poi si considerano i comuni che hanno preferito non attivare la leva fiscale massima ovvero spendevano meno, rispetto alla media, per determinati servizi, l'effetto distorsivo della scelta dell'anno base per il sistema perequativo è ampliato nella redistribuzione delle risorse;

              si ricorda che nel 2021 scatterà a regime la redistribuzione del fondo di solidarietà integralmente in base ai fabbisogni standard e alle capacità fiscali standard; ora la quota è pari al 40 per cento, al 55 per cento nel 2018, al 70 per cento nel 2019, all'85 per cento nel 2020 ed infine 100 per cento nel 2021;

              da un'analisi approfondita dell'Ifel sui meccanismi e sugli effetti del funzionamento del sistema perequativo e da proiezioni ipotetiche degli effetti a regime del superamento totale della spesa storica emerge che, in mancanza di misure correttive, si potrebbero alterare gli equilibri già delicati di un numero cospicuo di enti locali;

              il sistema, entrato in funzione nel 2015, ad oggi è stato corretto sia nel 2016 che nel 2017 nei suoi effetti distorsivi;

              oggi si registra questa situazione: nell'anno in corso il Fondo riferito ai comuni delle Regioni a statuto ordinario ammonta a 1.884 miliardi. I comuni lo alimentano per 2.533 miliardi. La differenza per 650 milioni è in parte destinata ai comuni di Sicilia e Sardegna, per un importo pari a 230 milioni, cifra superiore alla loro quota di contribuzione, ed in parte destinata al bilancio dello Stato a compensazione dei tagli applicati negli anni precedenti, di cui una parte destinata a compensare i comuni che, in fase di abolizione della Tasi per abitazione principale, presentano un gettito inferiore a quello standard;

              i comuni beneficiari della quota di solidarietà sono 4.324, mentre 2.309 comuni presentano assegnazioni negative;

              l'analisi degli effetti distributivi del fondo 2017 è stata effettuata con diverse angolazioni: se si considerano i parametri «fascia demografica» e «macro area territoriale», si evince dai dati rilevati che c'è stata una riduzione di risorse pro-capite di – 18,4 euro per i comuni con popolazione inferiore a 1000 abitanti nell'area meridionale, a + 16,4 euro pro-capite per i comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti nel centro del Paese;

              a livello di macro-aree geografiche per i comuni delle RSO, si nota che le risorse si spostano dall'area Nord con –3,2 pro-capite all'area Centro, con +6,3 euro pro-capite, dato su cui incide il miglioramento della posizione relativa al comune di Roma rispetto al riparto storico;

              è interessante notare come l'analisi per dimensioni e fasce demografiche rileva che il 50 per cento dei comuni peggiora la propria posizione rispetto ai trasferimenti storici e trattasi dei comuni con popolazione inferiore ai 1000 abitanti per una quota del 25 per cento, per i comuni con popolazione fino a 5000 abitanti la quota dei comuni svantaggiati è pari a circa il 10 per cento, mentre i comuni che si avvantaggiano dal riparto perequativo 2017 sono quelli con popolazione compresa tra 5000 e 20.000 abitanti;

              dall'analisi emerge, altresì, che i comuni con maggiori diminuzione di trasferimenti sono distribuiti pressoché omogeneamente tra le differenti aree geografiche, con una leggera maggiore incidenza nel Nord-ovest e nel Sud del Paese, ma bisogna tener conto dell'influenza nel Centro-sud dell'incidenza del miglioramento pro-capite delle grandi città delle suddette aree, al fine di valutare in modo equilibrato la redistribuzione del Fondo fra i comuni del Centro-Sud;

              nel percorso di graduale abbandono dei trasferimenti storici nel sistema perequativo, stante l'effetto distorsivo dei tagli di spesa del 2013, che potrebbero influire sul calcolo dei fabbisogni attuali e futuri, si rileva la necessità di valutare preventivamente gli impatti redistributivi fra i vari enti locali del sistema perequativo puro al 100 per cento, al fine di valutare eventuali misure correttive;

              peraltro, all'attuazione del sistema perequativo graduale non è corrisposta l'applicazione legislativa della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni per tutti gli enti locali, come previsto dall'impianto della legge n. 42 del 2009;

              un effetto distorsivo a cui dare la massima attenzione e sensibilizzazione è l'erogazione del servizio asili-nido da parte dei comuni a ridotte dimensioni e situati nelle aree svantaggiate del Paese. Infatti, è qui che la mancanza di una spesa storica del servizio accompagnata da un rilievo di fabbisogno standard minimale, non favorirà nei prossimi anni l'attribuzione di una quota integrativa per assicurare i livelli essenziali da parte dei piccoli comuni svantaggiati, in presenza di una maggiore futura richiesta;

              si ritiene, inoltre, che, a prescindere dalle dinamiche della bassa domanda degli anni passati, sarebbe auspicabile che i comuni stessi siano messi nelle condizioni di poter comunque aumentare l'offerta di servizio di asili-nido per sostenere ed incentivare l'accesso delle donne nel mercato del lavoro. È un tema di particolare interesse considerato che la bassa partecipazione al lavoro delle donne appare direttamente correlata al minimo accesso delle famiglie italiane ai cosiddetti «aiuti formali», quali asili e servizi di assistenza, a fronte di una prevalenza degli «aiuti informali», a conferma del fatto che le esperienze lavorative delle donne sono caratterizzate dalla difficoltà di conciliare l'attività lavorativa con l'impegno familiare. In Italia, fino al 2016, è stato destinato solo l'1,4 per cento del Pil a contributi, servizi e detrazioni fiscali per le famiglie, dato ben più basso rispetto alla misura dell'1,8 per cento destinato in ambito OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) nei Paesi a bassa fertilità. Una delle conseguenze dell'assenza di servizi di supporto nelle attività di cura in Italia è – secondo l'ISTAT – l'interruzione del lavoro per motivi familiari da parte del 30 per cento delle madri a fronte del 3 per cento dei padri. Bisogna affrontare in modo sempre più incisivo il tema centrale della fornitura di servizi di asilo nido per la conciliazione. Oggi i nidi sono offerti in misura limitata e a costi molto elevati;

              lo sviluppo del Paese, soprattutto delle aree svantaggiate, deve necessariamente essere conseguito mediante strumenti di rafforzamento di servizi importanti, quali asili nido, trasporti, servizi sociali, ricorrendo a politiche nazionali di settore, laddove lo strumento della perequazione non può essere l'unico mezzo per assicurare l'erogazione di determinati servizi a livello locale;

              senza entrare nel dettaglio delle approfondite analisi e proiezioni effettuate, è evidente che l'autonomia e la perequazione del sistema degli enti locali non sono attualmente sostenibili, in quanto si innestano in un sistema tributario comunale differente da quanto era previsto dalla disattesa riforma federalista;

              a fronte della razionalizzazione e della riduzione della spesa dei comuni mediante l'introduzione dei costi e fabbisogni standard, non si è provveduto ad aumentarne la capacità fiscale;

              è necessario quindi rivedere il sistema al fine di eliminare gli ostacoli alla realizzazione della piena autonomia finanziaria dei comuni, compromessa dai tagli cospicui, dagli alti interessi sul debito dei comuni e dal blocco della leva fiscale, ora che il Paese, uscito dalla recessione, ha intrapreso il percorso di crescita dell'economia, anche perché, nelle more del superamento definitivo della spesa storica, qualora fosse sbloccata la leva fiscale successivamente, enti di piccole dimensioni non sarebbero più in grado di assorbire lo stress da perequazione ricorrendo allo sforzo fiscale;

              diversamente è difficile per i comuni assicurare livelli essenziali delle prestazioni dei servizi alla collettività locali, in modo uniforme ed omogeneo su tutto il territorio nazionale, per superare gli squilibri regionali e migliorare la qualità della vita dei cittadini, utilizzando gli indicatori di benessere collettivo, in coerenza con quanto previsto dalla legge n. 163 del 2016, che ha inserito nel Documento di economia e finanza l'obbligo di monitorare la crescita dell'economia del Paese non solo in termini di crescita del Pil, ma anche valutando la qualità della vita tramite l'adozione dei suddetti indicatori,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione;

2) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per definire misure correttive dell'attuale sistema di fiscalità locale e relativa perequazione destinando, anche gradualmente e compatibilmente con i saldi di finanza pubblica, maggiori risorse per:

          a) contribuire al fondo di solidarietà comunale con risorse proprie integrative, come previsto dalla legge n. 42 del 2009, al fine di consentire a tutti i comuni nel prossimo triennio 2018-2020 di erogare i servizi essenziali nei limiti dei livelli essenziali previsti e definiti;

          b) attribuire ai comuni la spettanza del gettito dei fabbricati e degli immobili della categoria catastale D, al fine di destinare l'imposizione immobiliare interamente ai comuni, come era previsto nell'impianto federale della legge n. 42 del 2009;

          c) sbloccare la leva fiscale dei comuni, compensandola con la riduzione della pressione fiscale erariale;

          d) consentire il conseguimento di maggiore liquidità a disposizione dei comuni, autorizzando la rinegoziazione del debito dei medesimi enti, con i connessi oneri di riduzione dei tassi di interesse ovvero penali di anticipata estinzione a carico del bilancio dello Stato;

          e) prevedere appositi fondi aggiuntivi, facendoli eventualmente confluire nel fondo di solidarietà comunale, destinati all'implementazione del servizio degli asili-nido dei comuni delle zone svantaggiate.
(1-01710) «D'Incà, Caso, Castelli, Spessotto, Brugnerotto, Cariello, Sibilia».


      La Camera,

          premesso che:

              con l'approvazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, è stato dato avvio alla realizzazione del federalismo fiscale in Italia, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione;

              negli ordinamenti articolati su più livelli di governo, il federalismo fiscale designa un assetto dei rapporti finanziari tra Stato ed enti locali improntato al principio dell'autonomia finanziaria di entrata e di spesa e la disponibilità di risorse autonome per gli enti territoriali mediante l'applicazione di tributi e di entrate propri, e alla fissazione di principi e strumenti di coordinamento della finanza e del sistema tributario dello Stato e degli enti territoriali;

              nella sua applicazione concreta, il federalismo fiscale postula il definitivo superamento del previgente sistema della cosiddetta finanza derivata, in base al quale gran parte dei tributi era riscossa dallo Stato, che provvedeva poi a ridistribuirne il gettito agli enti locali;

              con l'attuazione del federalismo fiscale per il finanziamento dei servizi degli enti locali è previsto il passaggio dal criterio del costo storico, in applicazione del quale semplicemente quanto destinare alle singole Regioni sotto forma di trasferimenti dipendeva da quanto una Regione aveva speso nell'anno precedente, a quello del costo standard, che definisce, invece, il costo di un determinato servizio erogato nelle migliori condizioni di efficienza e appropriatezza e garantendo i livelli essenziali di prestazione;

              la legge n. 42 del 5 maggio 2009 sancisce che il costo standard sia definito prendendo a riferimento la Regione più virtuosa, vale a dire quella che presta i servizi ai costi più efficienti, facendo sì che per il finanziamento degli enti territoriali la determinazione dei costi sia adeguata a una gestione efficiente ed efficace di pubblica amministrazione, tenendo anche conto del rapporto tra il numero dei dipendenti dell'ente territoriale ed il numero dei residenti;

              con la legge n. 228 del 24 dicembre 2012, legge di stabilità per il 2013, è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno il in sostituzione del vecchio fondo sperimentale di riequilibrio previsto dal decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011 sul federalismo municipale alimentato;

              il fondo di solidarietà comunale, alimentato in parte dai comuni con una quota dell'imposta municipale propria, e in parte dallo Stato, è lo strumento attraverso il quale lo Stato centrale effettua una redistribuzione di risorse tra comuni attraverso un meccanismo perequativo per limitare le disuguaglianze del gettito immobiliare tra città ricche e città povere;

              la redistribuzione di tali risorse, che dovrebbe avvenire secondo il criterio dei costi standard, è, invece, ancora realizzata facendo ricorso al principio della spesa storica, e questo si traduce in una grave penalizzazione soprattutto delle Regioni meridionali;

              continuando, infatti, ad attribuire ai comuni esattamente la stessa somma dallo stesso spesa nell'anno precedente per finanziare determinati servizi, e in considerazione degli importanti tagli di bilancio che stanno colpendo numerosissimi comuni in tutto il territorio nazionale, il risultato finale è che quei comuni che in un anno non avevano risorse per pagare alcuni servizi non si vedranno assegnare risorse per gli stessi servizi nell'anno successivo;

              parametri per determinare i costi standard devono tenere conto delle popolazioni, della dimensione e delle condizioni fisiche e socio-economiche del territorio, e del sistema infrastrutturale di sostegno;

              il fondo di solidarietà persegue la finalità di limitare le disuguaglianze tra i Comuni, e la redistribuzione delle quote deve essere effettuata in maniera equa, proprio perché l'eventuale perequazione compensativa è posta a garanzia dell'esigibilità dei diritti dei cittadini;

              i settori dove maggiormente si stanno facendo sentire la penalizzazione delle regioni meridionali con riferimento all'assegnazione delle risorse sono quelli dell'istruzione e degli asili nido, pur in presenza di un numero molto più alto di possibili utenti, considerando i dati sulla natalità tra nord e sud Italia;

              ma forti disparità in favore delle regioni settentrionali si sono registrate anche con riferimento alla sanità, alla formazione universitaria, alle infrastrutture; e ai trasporti;

              è indispensabile ricondurre l'attuazione del fondo di solidarietà comunale alla mission originaria di garantire servizi uniformi su tutto il territorio nazionale secondo principi di efficienza ed economicità e abbattendo le disuguaglianze regionali,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per realizzare una distribuzione delle risorse del fondo di solidarietà comunale che possa efficacemente contrastare le disuguaglianze regionali e garantire l'erogazione delle prestazioni e dei servizi in condizioni di efficienza e appropriatezza su tutto il territorio nazionale.
(1-01711) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».


      La Camera,

          premesso che:

              con la modifica all'articolo 119 della Costituzione (legge costituzionale n. 3 del 2001) il legislatore ha inteso introdurre nell'ordinamento un nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali, basato sul superamento del sistema di finanza derivata. Conseguentemente tramite la legge sul federalismo fiscale (legge n. 42 del 2009) è stata introdotta una maggiore autonomia di entrata e di spesa per gli enti territoriali, nel rispetto dei principi di solidarietà, coesione e riequilibrio territoriale previsti dalla Costituzione. A tale scopo la legge n. 42 e i relativi decreti applicativi hanno introdotto diversi meccanismi di perequazione tra i quali il «Fondo sperimentale di riequilibrio» destinato alla copertura delle spese relative all'esercizio delle funzioni fondamentali, (decreto legislativo n. 23 del 2013), finanziato anche attraverso la fiscalità generale, qualora i fabbisogni risultino superiori alle capacità fiscali;

              in sostituzione del Fondo sperimentale di riequilibrio dal 2013 è stato istituito della legge di stabilità per il 2013 il Fondo di solidarietà comunale (legge n. 228 del 2012 articolo 1, comma 380) in forza della nuova disciplina dell'imposta municipale propria (IMU), introdotta dalla legge medesima, che ha attribuito ai comuni l'intero gettito Imu, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso produttivo, che rimane destinato allo Stato. La dotazione annuale del Fondo, definita per legge, è in parte assicurata attraverso una quota dell'imposta municipale propria (Imu), di spettanza dei comuni, che in esso confluisce annualmente. Pertanto si tratta di un fondo a perequazione orizzontale essendo alimentato esclusivamente dai comuni e non anche dalla fiscalità generale (perequazione verticale), come era stabilito dalla legge n. 42 del 2009;

              la legge di stabilità per il 2015 (legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 435) ha stabilito la riduzione della dotazione del Fondo di solidarietà comunale di 1.200 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, in un generale quadro di fortissima riduzione dei trasferimenti agli enti territoriali;

              sulla disciplina del Fondo è da ultimo intervenuta la legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015, articolo 1, comma 17), che ne ha integrato la dotazione annuale, quale mero ristoro del minor gettito derivante ai comuni dal nuovo regime di esenzioni disposte dalla legge medesima per l'Imu e la Tasi per gli immobili adibiti ad abitazione principale (articolo 1, commi da 10 a 16, 53 e 54);

              nella legge di bilancio per il 2017 il Fondo presenta una dotazione pari 6.197 milioni di euro per l'anno 2017 e 6.208 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018 (legge n. 232 del 2016, articolo 1, comma 448). Il comma 449 prevede un aumento progressivo negli anni della percentuale di risorse da distribuire con i criteri perequativi e cioè secondo i fabbisogni e le capacità fiscali standard. Tale percentuale, già fissata al 40 per cento per l'anno 2017 e al 55 per cento per l'anno 2018 dalla legge di stabilità dell'anno precedente, viene portata al 70 per cento per l'anno 2019, all'85 per cento per l'anno 2020 e al 100 per cento a decorrere dall'anno 2021. Si applica in sostanza quanto previsto dall'accordo 31 marzo 2015 in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali;

              dai rapporti della Corte dei conti circa gli effetti sulle amministrazioni locali delle misure di contenimento della spesa pubblica adottate in questi ultimi anni per fronteggiare la crisi economica, si rileva come risultino fortemente ridotte le possibilità di intervento e di gestione degli enti territoriali e che è stata lesa l'autonomia finanziaria e funzionale ad essi garantiti dal Titolo V della Parte II della Costituzione. D'altro canto, la Corte sottolinea la necessità che sia salvaguardato il corretto adempimento dei livelli essenziali delle prestazioni, nonché delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali, assicurando un adeguato concorso finanziario dello Stato per gli interventi correttivi degli squilibri economico-sociali emersi tra le diverse aree del Paese;

              nei rapporti dell'Istituto per la finanza e l'economia Locale (IFEL) si sottolinea che pur basandosi sui criteri previsti dalla legge delega n. 42 del 2009, il sistema di trasferimenti del fondo di solidarietà comunale è tuttavia concettualmente molto diverso dal disegno originale: non si tratta di due sistemi di trasferimenti distinti, indirizzati alla perequazione integrale delle funzioni fondamentali da un lato e alla perequazione parziale delle restanti funzioni dall'altro, ma di un unico fondo distribuito secondo un solo schema di riparto, in contrasto con la legge delega, che prevede il contributo dello Stato. Per quanto riguarda perequazione delle funzioni fondamentali, il fondo è integralmente finanziato con le risorse proprie dei comuni. Poiché i due riparti sono inglobati in un unico fondo, la doppia finalità è perseguita attraverso un sistema di «pesi»;

              secondo l'Istituto per la finanza e l'economia locale, in base alle ultime analisi della spesa comunale relativa al 2013, il totale dei fabbisogni monetari (circa 34 miliardi) è superiore del totale dei gettiti standard che compongono la capacità fiscale (circa 30 miliardi) (si veda: Contributo alla discussione della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, 6 luglio 2017);

              il rapporto del gennaio 2017 della Sose (Soluzioni per il Sistema Economico) – società tecnica del Ministero dell'economia e delle finanze relativo alla ricognizione dei livelli delle prestazioni che le regioni a statuto ordinario effettivamente garantiscono, evidenzia che in tutti servizi essenziali oggetto di analisi si registra un forte divario dei livelli delle prestazioni effettivamente erogate tra le regioni del centro-nord e quelle del sud, divario che si riflette nei livelli di spesa mediamente più bassi registrati nel Mezzogiorno. Pertanto appare evidente come il criterio dell'erogazione sulla base della spesa storica, sia pure in corso di attenuazione, risulti essere punitivo per quegli enti che non potendo spendere a causa dei minori introiti delle imposte comunali, non hanno possibilità di offrire servizi adeguati ai propri cittadini;

              le elaborazioni dell'ufficio studi della Cgia di Mestre offrono ulteriori spunti di riflessione. Le serie storiche indicano che nel periodo 1995-2015 le entrate tributarie nelle casse dello Stato sono aumentate di oltre 80 punti percentuali, quasi il doppio dell'inflazione che, nello stesso periodo, è salita del 43 per cento. In base ad una elaborazione pubblicata nel novembre 2016, su un ammontare complessivo di 493,5 miliardi di euro di imposte dirette e in conto capitale versate dagli italiani nel 2015, ben 389 miliardi di euro (78,8 per cento del totale) sono stati incassati dall'Erario, 69,7 miliardi sono stati incassati dalle regioni (14,1 per cento del totale), 29,3 miliardi dai comuni (5,9 per cento del totale); 4,1 miliardi dalle province (0,8 per cento del totale);

              viceversa, dei 432 miliardi di spesa pubblica al netto di interessi e previdenza, il 53 per cento è in capo a regioni, province e comuni e per salvaguardare i bilanci e i servizi erogati alla popolazione i Sindaci hanno aumentato le tasse locali di 11,3 miliardi di euro. In definitiva, la quasi totalità delle entrate finisce allo Stato, ma oltre la metà della spesa viene amministrata da regioni e autonomie locali. Ne consegue che il superamento della finanza derivata, previsto dalle riforme del 2001 e del 2009 è ancora ben lungi dall'essere pienamente attuato,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative necessarie per dare piena attuazione al federalismo fiscale in coerenza con l'articolo 119 della Costituzione e la legge n.42 del 2009;

2) ad assumere iniziative per finanziare mediante risorse statali aggiuntive il fondo di solidarietà comunale sino a completa copertura dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione, individuando le risorse necessarie nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica;

3) ad assumere iniziative per assicurare le risorse necessarie a garantire il progressivo raggiungimento degli standard nazionali dei livelli essenziali delle prestazioni, con particolare riferimento alle regioni meridionali.
(1-01712) «Tancredi, Bosco».


      La Camera,

          premesso che:

              la legge n. 42 del 2009, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, ha rafforzato, nell'ambito del nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra i vari livelli di governo delineato dalla riforma dell'articolo 119 della Costituzione, l'autonomia impositiva dei comuni ed avviato un processo di fiscalizzazione dei trasferimenti erariali in loro favore. Obiettivo di fondo della medesima legge è quello di improntare a criteri di efficienza, efficacia ed equità il sistema della spesa pubblica locale, mediante il superamento del criterio della cosiddetta «spesa storica», quale metodo di erogazione dei trasferimenti erariali, a favore degli indicatori di fabbisogno standard, al fine di assicurare autonomia di spesa e di entrata agli Enti decentrati e, contestualmente, favorire la loro massima responsabilizzazione;

              il passaggio da un sistema che finanzia indistintamente servizi ed inefficienze, quale è il criterio della spesa storica, ad uno che finanzia esclusivamente il costo effettivo dei servizi, così da incentivare gli amministratori locali ad una maggiore responsabilizzazione e garantire una maggiore trasparenza ed un elevato grado di efficienza ed efficacia nella gestione della finanza pubblica, rappresenta, senza ombra di dubbio, uno dei punti di forza della legge delega sul federalismo fiscale;

              l'attribuzione di entrate proprie è stata affiancata da un nuovo sistema di perequazione dei trasferimenti, al fine di assicurare alle amministrazioni locali le risorse sufficienti per poter svolgere le funzioni istituzionali loro assegnate, secondo uno schema perequativo imperniato sulla distinzione tra spese riconducibili alle funzioni fondamentali dell'ente e per le quali lo Stato, al fine di assicurare su tutto il territorio nazionale e ad un livello standard, l'offerta di servizi pubblici essenziali, avrebbe provveduto al loro integrale finanziamento mediante un fondo perequativo volto a coprire la differenza tra fabbisogni standard e capacità fiscali, e spese riconducibili alle funzioni non fondamentali rispetto alle quali si sarebbe provveduto ad un loro parziale finanziamento attraverso un fondo perequativo orizzontale basato sulla capacità fiscale per ciascun residente;

              di contro, il sistema perequativo attuale, quale configurato dapprima con il decreto legislativo n. 23 del 2011, in materia di federalismo fiscale municipale, e successivamente con la legge n. 228 del 2012, legge di stabilità per l'anno 2013, si discosta notevolmente dalle previsioni iniziali della legge delega, essendo passati in un primo momento dallo schema perequativo originariamente previsto, all'istituzione di un fondo Sperimentale di riequilibrio (FSR) a carattere transitorio, volto a garantire una progressiva ed equilibrata assegnazione di tributi propri agli enti in questione, per approdare, infine, all'istituzione di un fondo di solidarietà comunale (FSC), reso permanente a partire dall'anno 2014 e la cui mission principale è quella di mitigare quel gap (generato dal differente gettito immobiliare risultante dalla differente capacità fiscale), tra enti più ricchi ed enti meno ricchi;

              a partire dal 1977 fino, come si è anzi detto, al 2009, i trasferimenti agli enti locali sono stati dettati dalla logica della «spesa storica», in virtù della quale anno dopo anno venivano semplicemente reiterati senza alcun riguardo al bisogno effettivo del comune beneficiario, né alla sua capacità di farvi fronte con entrate proprie. A decorrere dal 2010, in piena stagione di «spending review», quando anche gli enti locali sono stati chiamati a contribuire al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, la spesa storica sostenuta dagli stessi è stata soggetta a robusti tagli lineari e nel medesimo anno, anche al fine di efficientare l'operazione di taglio, ha preso l'avvio un processo di standardizzazione della spesa locale volto a determinare il fabbisogno finanziario (cosiddetto fabbisogno standard) di un ente in base alle condizioni di contesto (caratteristiche territoriali, aspetti socio-demografici della popolazione residente e livello dei servizi), nell'ambito dei quali offre un determinato servizio. Pertanto i fabbisogni di spesa standardizzati relativi alle funzioni fondamentali hanno assunto nell'attribuzione delle risorse agli enti locali un ruolo centrale;

              la legge di stabilità 2014 ha modificato la disciplina del fondo di solidarietà comunale, eliminando il limite temporale di vigenza fissato inizialmente al 2014 e trasformandone la natura da transitoria a definitiva, dando così avvio, a partire dal 2015, al sistema di trasferimenti perequativi delle spese correnti. La medesima legge nel dettare i nuovi criteri di riparto del Fondo ha stabilito che una quota gradualmente crescente dei trasferimenti ai comuni (pari al 20 per cento nel primo anno, al 30 per cento nel secondo, al 40 per cento nel terzo anno, al 55 per cento nel quarto anno e così via, per arrivare al 100 per cento a partire dall'anno 2021 del 50 per cento della sua dotazione), venga allocata, con riferimento allo svolgimento delle loro funzioni fondamentali, tenendo conto della differenza tra i fabbisogni standard e la loro capacità fiscale. Ciò al fine di garantire agli enti locali che non riescono a finanziare con entrate proprie le funzioni fondamentali lo stesso livello di standard offerto su tutto il territorio nazionale;

              il fondo di solidarietà comunale dell'anno 2017 vale complessivamente circa 6,1 miliardi di euro, suddivisi in due quote: la prima, pari a 2.349.734.365 euro (1.885.643.346 per i comuni delle regioni ordinarie e 464.091.019 per quelli di Sicilia e Sardegna) viene assegnata sulla base di parametri perequativi; la seconda, che vale 3.832.190.376 euro, serve invece a compensare i mancati gettiti Imu e Tasi derivanti dalle detassazioni introdotte dalla legge di stabilità 2016;

              da quest'anno nelle regioni a statuto ordinario, la perequazione è orientata solo per il 60 per cento dalla spesa storica, mentre per il restante 40 per cento rilevano i differenziali fra capacità fiscali e fabbisogni standard, che lo scorso anno pesavano per il 30 per cento e che entro il 2021 saranno l'unico fattore considerato. Diverso trattamento per Sicilia e Sardegna, per le quali al riparto si applicano ancora il 100 dei parametri che regolavano l'erogazione dei vecchi trasferimenti erariali. Nessuna novità per la seconda quota (quella «compensativa»), per cui sono confermati gli importi 2016, a loro volta basati sui gettiti effettivi 2015;

              i ritardi sulla corretta definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) e dei fabbisogni standard e, soprattutto, la costituzione del Fondo di perequazione, non più a carico dello Stato ma a carico degli enti locali, stanno alla base della cattiva implementazione del processo di federalismo fiscale. Infatti i fabbisogni standard sono attualmente definiti per alcune funzioni fondamentali (istruzione e asilo nido) in base a funzioni di costo che valorizzano i livelli dei servizi vigenti e non a quelle standard: ciò rischia di ingessare il divario esistente tra i territori per mezzo di un meccanismo che, a parità di capacità fiscali, assegna maggiori fabbisogni ai comuni con un maggior numero di servizi presenti;

              il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che definisce i nuovi fabbisogni standard per l'anno 2017, sulla base di una metodologia completamente nuova e volta a calcolare in modo più semplice e più efficiente il fabbisogno di ogni comune, enfatizza per la prima volta non solo la mera dimensione del costo, ma anche quella del livello di servizio offerto. Più precisamente le innovazioni introdotte dal decreto hanno riguardato una minore influenza della componente storica, un maggior peso della perequazione delle funzioni fondamentali rispetto a quelle non fondamentali, nonché una revisione metodologica del calcolo dei fabbisogni e delle capacità fiscali;

              secondo una relazione risalente al mese di gennaio 2017 dall'Ufficio parlamentare di bilancio e relativa alla ripartizione del fondo di solidarietà comunale, le suddette modifiche metodologiche comporteranno effetti relativamente limitati rispetto alla distribuzione relativa al 2016. Dal punto di vista dimensionale per i comuni fino a 150 mila abitanti la revisione della metodologia 2017 rafforza l'impatto distributivo 2016, mentre per le grandi città agisce in controtendenza rispetto ad essa. In complesso, rispetto alla distribuzione storica, nel 2017 sono penalizzati maggiormente i piccoli comuni, che registrano perdite superiori al 2 per cento delle risorse storiche, mentre sono favorite le grandi città, con un incremento dell'1,1 per cento ed i comuni tra 5 e 50 mila abitanti. Tra le grandi città la nuova metodologia garantisce i maggiori benefici alla capitale con un incremento rispetto al 2016 del 6,7 per cento. Anche Milano riceve più trasferimenti rispetto alla situazione storica, anche se la revisione delle metodologie e dei parametri operate nel 2017 ne riducono il beneficio complessivo. Firenze, Taranto, Napoli e Genova soffrono una riduzione delle risorse superiore al 3 per cento, e sono generalmente penalizzati nella transizione al 2017. L'altra grande città maggiormente beneficiata dalle modifiche dei criteri di ripartizione introdotte nel 2017 è Ravenna, con un incremento pari al 2 per cento rispetto al 2016, mentre quelle maggiormente penalizzate sono Verona, con una perdita pari all'1,8 per cento e Perugia con una perdita pari all'1,6 per cento;

              l'analisi evidenzia anche gli effetti redistributivi ipotizzabili quando, nel 2021, la normativa è destinata ad andare a regime e la componente perequativa verrà applicata in misura rafforzata rispetto ad oggi. Infatti, secondo lo stesso Ufficio parlamentare di bilancio la proiezione del fondo al 2021, anno in cui il peso della componente perequativa legata ai fabbisogni standard, come si è visto, salirebbe al 40 per cento, evidenzia una generale amplificazione degli effetti distributivi: tra le grandi città Roma beneficerebbe del maggiore incremento dei trasferimenti, con un incremento pari al 16,5 per cento delle risorse storiche, mentre la penalizzazione più elevata la subirebbero Firenze e Napoli, con un decremento pari al 10,5 per cento delle risorse storiche. Nel complesso circa il 90 per cento degli enti subirebbe variazioni di risorse contenute tra il –15 e + 15 per cento delle risorse storiche;

              la fotografia che restituisce l'analisi dell'Ufficio parlamentare del bilancio, evidenzia che dal punto di vista territoriale, la ripartizione del fondo 2017 conferma una riduzione delle risorse rispetto a quelle storiche per i comuni del nord, con una perdita pari allo 0,9 per cento rispetto al passato (con maggiore pregiudizio per quelli del nord-ovest). Sono invece beneficiati dalla revisione del 2017 i comuni del centro, con un incremento del 2,1 per cento, ed in misura più limitata, i comuni del Sud, su cui la revisione ha comportato un impatto molto limitato, con un incremento pari allo 0,5 per cento;

              l'Ufficio parlamentare di bilancio si spinge a sentenziare che: «questo è probabilmente il risultato inevitabile della condizione di invarianza di risorse complessive per il livello comunale imposto con il passaggio al nuovo sistema perequativo e della contrazione degli spazi finanziari per il sistema delle autonomie dovuta alle manovre di consolidamento dei conti pubblici adottate negli ultimi anni, manovre che hanno inciso in particolare sulle risorse dei fondi destinati alla perequazione»;

              mancando ancora l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio e data l'assenza di vincoli di destinazione dei trasferimenti perequativi e l'esistenza di un sistema di trasferimenti close-ended, l'assegnazione dei fabbisogni in base alle sole funzioni di spesa standard, ovvero in funzione esclusivamente dei fattori di domanda potenziale, rischierebbe di accorciare i divari ma al ribasso, riducendo i livelli di servizi pubblici locali là dove sono oggi presenti e conseguenzialmente ledendo fortemente la coesione attorno al progetto perequativo;

              quanto premesso dimostra che il cammino verso un federalismo fiscale compiuto è ancora lungo ed irto di ostacoli,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per completare il processo di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep), quali livelli inderogabili di quantità e qualità dei servizi offerti da garantire su tutto il territorio nazionale, anche al fine di rendere più puntuale la stima dei relativi fabbisogni di spesa a carico delle amministrazioni decentrate;

2) ad assumere iniziative per superare l'attuale sistema di perequazione fiscale basato esclusivamente sulla redistribuzione orizzontale delle risorse tra enti decentrati, in favore di trasferimenti che garantiscano l'integrale copertura della spesa, al fine di correggere le disparità territoriali nella capacità di produrre servizi pubblici locali;

3) a rivedere annualmente, in sede di approvazione del disegno di legge di bilancio, la dotazione finanziaria del Fondo di solidarietà comunale sulla base del fabbisogno finanziario emerso dalle rilevazioni effettuate da Sose spa.
(1-01713) «Paglia, Marcon, Placido, Pastorino».


      La Camera,

          premesso che:

              l'Italia rappresenta uno dei più importanti produttori farmaceutici in Europa e la Lombardia, in particolare, è la prima regione italiana nel settore farmaceutico con 28.000 addetti, più altri 18.000 che lavorano nell'indotto, ed investe ogni anno 7 miliardi di euro in ricerca e innovazione;

              anche nel campo biomedicale la Lombardia, con oltre 800 imprese, 30.000 dipendenti e il 49 per cento del fatturato nazionale, è la prima regione nel settore dei dispositivi medici. La provincia di Milano, in particolare, è l'area a maggiore concentrazione di imprese, con circa il 61 per cento delle imprese lombarde, e quasi l'80 per cento del fatturato prodotto nella regione;

              secondo l'ufficio studi di Assolombarda, dalle università milanesi, dai suoi centri studi e dalle sue imprese, nel 2015 sono stati pubblicati 11.600 articoli scientifici di cui 6.200 nel campo della scienza della vita. Il 15 per cento della popolazione opera nelle università. La metà dei farmaci sperimentali per terapie avanzate al vaglio dell'Agenzia europea per i medicinali è stata concepita nel capoluogo Lombardo;

              l'European Medicine Agency (Ema) è un organo decentrato dell'Unione europea, con sede a Londra, che conta circa 1.000 dipendenti;

              il suo compito principale è di tutelare e promuovere la sanità pubblica e la salute degli animali mediante la valutazione ed il controllo dei medicinali per uso umano e veterinario; l'Ema è responsabile, in via principale, della valutazione scientifica delle domande finalizzate ad ottenere l'autorizzazione europea di immissione in commercio per i medicinali (procedura centralizzata);

              dopo l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea, l'Ema dovrà dunque trasferire la propria sede in un'altra delle 27 nazioni dell'Unione;

              quasi all'indomani dell'esito del referendum britannico favorevole alla «Brexit», del 23 giugno 2016, la candidatura di Milano è stata suggellata dal «patto per Milano», documento contenente gli obiettivi strategici per la città condivisi da comune e Governo, firmato il 13 settembre 2016 dal Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, Matteo Renzi e dal sindaco Giuseppe Sala. In tale prospettiva, si è da subito stabilita una proficua collaborazione istituzionale anche con la regione Lombardia e il suo presidente Roberto Maroni;

              il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, subito dopo l'esito del referendum britannico, ha avanzato la proposta di candidatura dell'Italia, ed in particolare di Milano, ad ospitare la nuova sede dell'Ema, assicurando l'impegno del Governo in tal senso che potrà avvalersi di un apposito stanziamento di 56 milioni di euro;

              il 6 luglio 2016, il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha dichiarato che: «Milano, una delle città con la più alta vivibilità in Europa, si candida all'eventuale ricollocamento dell'Autorità bancaria europea (ABE) e dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA), forte di una ottima rete infrastrutturale, dieci università, investimenti per l'area post Expo e un mercato immobiliare in piena ripresa»;

              con i 3 aeroporti e i 1.300 voli settimanali che la collegano alle 27 capitali europee e alle principali città del continente; i treni ad alta velocità verso le altre città italiane ed europee (Zurigo, Parigi e Ginevra); i 700 chilometri di autostrade e i 58.000 chilometri di strade, Milano vanta un sistema infrastrutturale che le consente di essere facilmente raggiungibile da ogni angolo d'Europa e non solo;

              Milano offre numerose opportunità di scolarizzazione multilingue e a orientamento europeo per rispondere alle esigenze di strutture scolastiche per i figli dei dipendenti dell'Ema. Sono oltre 900 le scuole, tra pubbliche e private: 309 asili nido, 352 scuole elementari e 198 scuole superiori. La formazione universitaria è assicurata da 11 università tra le più rinomate d'Europa per un totale di oltre 200.000 studenti;

              nel mese di marzo 2017 il presidente della regione Lombardia Roberto Maroni ha annunciato la possibile messa a disposizione del Palazzo Pirelli quale sede dell'Agenzia del farmaco, consentendo la sua immediata operatività;

              anche il direttore generale dell'Aifa, Mario Melazzini, ha riconosciuto che, con l'arrivo dell'Ema a Milano, la città potrebbe consolidare il proprio status di polo europeo delle biotecnologie al servizio della salute;

          l'Ema a Milano, assieme ai già esistenti Joint Research Centre di Ispra, vicino a Varese, all'European Food Safety Authority (l'Autorità europea per la sicurezza alimentare), con sede a Parma, potrebbe costituire un polo scientifico e di cooperazione per la ricerca unico in ambito continentale, abbracciando settori importanti e correlati tra loro quali le scienze della vita, il food e la nutrizione;

          già in occasione delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, del 27 aprile 2017, in vista del Consiglio europeo straordinario del 29 aprile 2017, la Camera dei deputati, con la risoluzione n. 6-00312 Rosato ed altri, ha sottolineato l'importanza di un impegno di tutte le istituzioni nazionali per il sostegno della candidatura della città di Milano quale prossima sede dell'Ema;

          il 25 settembre 2017, una delegazione italiana composta dal Ministro della salute Beatrice Lorenzin, dal Sottosegretario agli affari europei Sandro Gozi, dall'incaricato speciale del Governo per la candidatura italiana Enzo Moavero Milanesi, dal presidente di regione Lombardia Roberto Maroni e dal sindaco di Milano, Giuseppe Sala si è recata a Bruxelles per promuovere, con un atto ufficiale, la candidatura di Milano ad ospitare l'Agenzia, dimostrando una compattezza di intenti tra le varie istituzioni sulla base di un dossier che evidenzia l'assoluta credibilità della proposta italiana,

impegna il Governo

1) a proseguire nell'azione di sostegno della candidatura di Milano a sede dell'Ema, ponendo in essere tutte le iniziative necessarie in tal senso, rappresentando questa scelta una grande opportunità culturale, economica ed occupazionale, nonché uno stimolo per la valorizzazione del patrimonio scientifico nel campo sanitario del nostro Paese.
(1-01714) «Quartapelle Procopio, Lenzi, Carnevali, Casati, Cinzia Maria Fontana».


      La Camera,

          premesso che:

              l'EMA, European Medicine Agency, creata nel 1992, è responsabile della valutazione scientifica, della supervisione e del monitoraggio della sicurezza dei medicinali nell'Unione europea, ed è essenziale per il funzionamento del mercato unico dei medicinali al suo interno;

              l'Agenzia è uno snodo cruciale per la vita dell'industria e dei cittadini europei. Secondo Farmindustria il settore italiano, con la Lombardia come primo centro propulsore, ha – fra personale diretto e indiretto – 130 mila addetti, 30 miliardi di euro di produzione (di cui 21 miliardi di export) e 2,7 miliardi di investimenti (1,5 sul versante della ricerca e dello sviluppo e 1,2 sul lato produttivo). Il settore farmaceutico in Italia può essere considerato la prima industria europea per crescita cumulata dell’export (dal 2010 al 2016, +52 per cento), a pochissima distanza da quella tedesca per ordine di grandezza complessiva;

              tra le città europee candidate ad ospitare l'importante Agenzia – che deve lasciare Londra a seguito della «Brexit» – Milano risulta essere quella più qualificata;

              il capoluogo lombardo è, a tutti gli effetti, una città dal respiro internazionale (grazie anche agli investimenti fatti per Expo 2015), presenta una posizione ideale sotto il profilo logistico, ha ottimi indici di sicurezza e vanta strutture formative di eccellenza in ambito europeo;

              lo zoccolo duro manifatturiero e di innovazione con cui si confronterebbe l'Agenzia a Milano appare corposo nella sostanza, diversificato nelle sue specializzazioni e profondamente vitale nella sua natura di lungo periodo;

              secondo l'ufficio studi di Assolombarda, dalle università milanesi, dai centri studi di Milano e dalle sue imprese, nel 2015 sono stati pubblicati 11.600 articoli scientifici di cui 6.200 nel campo della scienza della vita. Il 15 per cento della popolazione opera nelle università. La metà dei farmaci sperimentali per terapie avanzate al vaglio dell'Ema è stata concepita nel capoluogo lombardo;

              la candidatura di Milano a sede dell'Ema, a seguito della intuizione e proposta del presidente Maroni, ha visto unite e compatte le istituzioni: Governo, regione Lombardia, comune di Milano, sistema economico e imprenditoriale oltre che il mondo accademico e delle life sciences;

              il 25 settembre 2017 il presidente della regione Lombardia con il Ministro della salute Beatrice Lorenzin e con il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, si sono recati a Bruxelles a promuovere, con un atto ufficiale, la candidatura di Milano ad ospitare l'Agenzia, dimostrando sia che c'è una compattezza di intenti tra le varie istituzioni sia che il dossier milanese è senza dubbio il più forte nei confronti degli altri pretendenti;

              l'Ema sarebbe ospitata nel grattacielo Pirelli, disponibile in tempi molto rapidi, in quanto una parte dei lavori di adattamento per ospitare l'Agenzia è già iniziata e i fondi per completare le opere necessarie sono stati già stanziati. L'Ema a Milano potrebbe essere operativa già dal 1º marzo 2019;

              secondo il progetto per il restyling del «Pirellone», sono previste 1.430 postazioni lavoro distribuite su una superficie di 13.500 metri quadrati, 60 sale riunioni da 8 a 32 posti, e 8 sale conferenze da 22 a 350 posti che logisticamente rappresenterebbe l'ambiente giusto per gli 890 dipendenti dell'Agenzia, che lavorano con 3.700 tecnici;

              l'Ema a Milano, assieme ai già esistenti Joint Research Centre dell'Ispra vicino a Varese e all’European Food Safety Authority (l'Autorità europea per la Sicurezza alimentare) con sede a Parma, potrebbe costituire un polo scientifico e di cooperazione per la ricerca unico in ambito continentale abbracciando settori importanti e correlati tra loro quali le scienze della vita, il food e la nutrizione,

impegna il Governo

1) a sostenere con determinazione, presso le competenti sedi comunitarie, la candidatura di Milano a sede dell'Ema affinché non venga sprecata un'occasione unica di crescita in termini scientifici, di prestigio internazionale e di indotto occupazionale per l'intero Paese.
(1-01715) «Rondini, Gianluca Pini, Grimoldi, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Saltamartini, Simonetti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


      SIBILIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          sugli eventi alluvionali che hanno interessato la provincia di Benevento nell'ottobre del 2015 il sottoscritto ha presentato un'interrogazione (n. 4-11386 del 4 dicembre 2015) al Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, alla quale ad oggi non è stata data risposta;

          in data 14 settembre 2017 sull'edizione on line del portale Ottopagine.it è stato pubblicato un articolo intitolato «Dopo l'alluvione nulla è stato fatto. Ora basta» in cui i residenti di contrada Pantano a Benvento lanciano un appello alle istituzioni in merito alla messa in sicurezza della piana di confluenza tra i fiumi Calore e Sabato;

          nel suddetto articolo si ricorda che, nell'aprile del 2016, era stata lanciata l'idea di riunire alcune imprese private in un consorzio che avrebbe realizzato i progetti redatti dagli enti per ripulire dai detriti il greto del fiume Calore e mettere così in sicurezza le aste fluviali;

          nello specifico, «il consorzio di imprese si era detto disponibile ad eseguire opere di pubblica utilità gratuitamente, o almeno dopo uno scomputo del guadagno realizzato dalla vendita e realizzazione degli inerti e la posa in opera degli stessi per costruire e sistemare strade dell'intera rete in tutta la provincia. Insomma, i Comuni avrebbero beneficiato di infrastrutture rimesse a nuovo a costo zero o quasi da parte delle imprese che finalmente potevano prelevare i materiali direttamente dai fiumi sanniti che necessitano, tutti, di manutenzioni straordinarie. Ebbene, di quel progetto non se ne è più parlato» –:

          quali attività il Governo abbia messo in campo per fronteggiare i danni subiti dalle popolazione del beneventano a causa dell'alluvione del 2015 e quali iniziative intenda porre in essere, per quanto di competenza, per garantire la sicurezza della piana di confluenza tra i fiumi Calore e Sabato attraverso un serio progetto di pulizia e manutenzione degli alvei al fine di evitare le esondazioni nel periodo delle abbondanti piogge invernali.
(4-17934)


      MANFREDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

          il Monte Faito è una montagna facente parte della catena montuosa dei Monti Lattari ed ha accesso dai comuni di Castellammare di Stabia e di Vico Equense, che fanno parte della città metropolitana di Napoli;

          esso rappresenta un «polmone verde» per la regione Campania e soprattutto per la penisola sorrentina, essendo esso ricco di alberi, quali faggi, lecci, castagni e piante come l'orchidea ad un bulbo, l'epipogio e la pteride di Creta, specie non molto frequente in Italia;

          nelle settimane scorse, anche sul Monte Faito, come in molte zone del centro-sud d'Italia, si sono verificati numerosi incendi (anche di vaste dimensioni), la cui natura è stata prevalentemente di origine dolosa, come testimoniato dall'arresto di un piromane nel giorno di ferragosto;

          molte polemiche sono state sollevate sia in merito ai ritardi degli interventi e sia anche al tipo di strumenti utilizzati per lo spegnimento degli incendi stessi (interventi con Canadair ed elicotteri con sistema «a secchiello» a scapito di elicotteri «tipo Ericsson»);

          gli incendi hanno determinato ingenti danni non solo al patrimonio boschivo, ma anche a settori, quali quello agricolo e zootecnico ed attualmente la situazione non può che definirsi drammatica, visto che le zone con scarso soprassuolo sulla roccia calcarea saranno oggetto di dilavamento del suolo stesso, mentre le zone a pineta dovranno essere oggetto di massicci interventi di rimboschimento –:

          se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa; se intenda verificare se sia stato predisposto da parte del comune di Vico Equense, il piano comunale di emergenza di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 agosto 2007, n. 3606, articolo 1, comma 9 e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intendano intraprendere, affinché venga attuata una politica di prevenzione, manutenzione e controllo di un'area come quella del Monte Faito, che rappresenta un punto di riferimento di grande pregio naturalistico e di importante rilevanza turistica.
(4-17946)


      MASSIMILIANO BERNINI e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          la legge n. 353 del 21 novembre 2000 prevede, in materia di incendi boschivi, all'articolo 1, comma 2: «(...) gli enti competenti svolgono in modo coordinato attività di previsione, di prevenzione e di lotta attiva contro gli incendi boschivi con mezzi da terra e aerei, nel rispetto delle competenze previste dal Decreto Legislativo 31 marzo 1998 n. 112 (...)»;

          il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che conferisce funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed enti locali, dispone che lo spegnimento degli incendi boschivi con mezzi aerei è una funzione mantenuta dallo Stato: articolo 69, comma 1, lettera «h»; articolo 107, comma 1, lettera «f», numero 3; articolo 108, comma 1, lettera «a» numero 5;

          nel decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento di protezione civile del 20 dicembre 2001 «Linee guida relative ai piani regionali per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi», nella parte III «prevenzione», al paragrafo 3, punto 20, al titolo «spegnimento», non si evince alcuna competenza regionale specifica nello spegnimento, con mezzi aerei, degli incendi boschivi che anzi viene organizzato dalle stesse regioni con la dislocazione sul territorio di squadre di intervento per lo spegnimento a terra formate da un numero congruo di addetti specializzati e con specifiche convenzioni annuali sottoscritte con gli enti statali (vigili del fuoco – carabinieri ex Corpo forestale dello Stato – Guardia di finanza – Marina – Aeronautica militare) proprio per l'impiego di elicotteri in attività di spegnimento incendi boschivi in ambito regionale;

          secondo quanto ivi riportato, sembrerebbe che l'attività di spegnimento degli incendi boschivi con mezzi aerei sia di esclusiva competenza dello Stato, con le regioni che possono dotarsi di mezzi aerei (elicotteri – aeroplani – droni) solamente per le complementari attività di avvistamento e sorveglianza;

          confermerebbero la suddetta interpretazione legislativa le sentenze della Corte costituzionale n. 157 del 10 maggio 1995 e n. 25 del 24 gennaio 1996;

          ad ulteriore conferma del ruolo mantenuto dallo Stato nelle attività di spegnimento degli incendi boschivi con l'impiego di mezzi aerei, si riportano le parole dell'allora vice capo dipartimento della protezione civile (Vincenzo Spaziante) che in una intervista al quotidiano il «Sole 24 Ore» del 4 agosto 2004 riferiva come: «... la Legge 353 del 2000 ha ridefinito le competenze in materia di incendi boschivi e consente alle Regioni di dotarsi di mezzi aerei antincendio di ricognizione (...)»;

          in relazione agli incendi del recente periodo estivo, il 1º agosto 2017 presso la Commissione ambiente del Senato, è proseguito l'intervento di Fabrizio Curcio, capo dipartimento della protezione civile il quale ha dichiarato: «... è evidente che le Regioni hanno le competenze sulla lotta attiva agli incendi boschivi nella loro completezza, anche quanto attiene alla flotta regionale, mentre lo Stato ha competenze in concorso di flotta aerea e di tipo nazionale»;

          al 20 luglio 2017 la protezione civile nazionale consta una disponibilità di elicotteri «AIB» regionali pari a 62 unità, destinati all'attività di spegnimento aereo degli incendi boschivi –:

          se le regioni possano stipulare convenzioni con società private gestori di aeromobili per svolgere l'attività di spegnimento degli incendi boschivi con mezzi aerei, o se tale attività sia di competenza dello Stato;

          come si giustifichino le interpretazioni apparentemente discordanti rese nel tempo dalla protezione civile nazionale tenendo conto che tale situazione ad avviso dell'interrogante ha arrecato nocumento alle società private gestori di aeromobili per l'attività di spegnimento degli incendi boschivi;

          quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare, per quanto di competenza, per ridefinire il quadro normativo sovraesposto.
(4-17950)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:


      SCAGLIUSI, MANLIO DI STEFANO, SPADONI, GRANDE, DEL GROSSO e DI BATTISTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          l'unico strumento giuridico internazionale cui è possibile ricorrere in relazione ai casi di sottrazione e/o alla regolamentazione del diritto di cura parentale dei minori sottratti e portati coattivamente a grande distanza dal contesto familiare in cui sono nati e cresciuti, in Paesi non appartenenti all'Unione europea, è la Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980, un accordo internazionale che si pone l'obiettivo primario di consentire il ritorno del minore nello Stato di residenza abituale e di garantire il diritto del minore a incontrare il genitore dal quale è stato illecitamente sottratto, regolamentandone la modalità di frequentazione anche, nel Paese estero;

          gli interroganti sono stati resi edotti del caso di una donna straniera (N.K., di nazionalità greca) incinta, sposata in data 1° dicembre 2013 in Italia con un cittadino italiano (E.V.), che di comune accordo con il marito ha partorito in Grecia, ma che non è mai rientrata in Italia contravvenendo all'accordo stesso, legittimata a rimanere nel suo Paese di nascita, perché non ci sarebbe trattenimento di minore (V.V.) visto che la «residenza abituale» dello stesso sarebbe quella straniera;

          agli interroganti risulta, peraltro, che questo è possibile perché la Convenzione e il regolamento europeo 2201/2003, cosiddetto «Bruxelles II bis», non hanno previsto questa tipologia di caso specifico;

          presso la Corte di giustizia europea, la Grecia, attraverso il ricorso a due avvocati di Stato, ha perorato la causa della donna greca che trattiene la figlia sin dalla nascita ad Atene, nonostante un giudice del loro Paese abbia precedentemente accolto il ricorso del cittadino italiano, vista la palese gravità della vicenda, mentre il nostro Paese non ha agito in tal senso, nonostante siano state allertate le autorità preposte, sia il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sia il consolato;

          in data 20 settembre 2017 dovrebbe essersi svolta l'udienza decisiva, dopo la quale è previsto il rimpatrio-:

          considerato che, malgrado l'antica e consolidata amicizia tra i due Paesi, non è stato dato seguito alla richiesta di aiuto inviata il 15 maggio 2017 dall'Associazione Penelope alla direzione generale degli affari esteri del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, quali iniziative intenda intraprendere per potenziare l'efficacia della convenzione de L'Aja come strumento giuridico internazionale atto a garantire i diritti e i doveri dei genitori in casi come quello sopra descritto.
(5-12287)


      FITZGERALD NISSOLI, ARCHI, BERGAMINI, BIANCOFIORE, CENTEMERO, LABRIOLA, LAFFRANCO, ELVIRA SAVINO, SECCO e VELLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          nel 2016 sono cambiate le regole concernenti il visto «A2» concesso dagli Usa che interessa gli impiegati a contratto italiani non in possesso di permesso di soggiorno;

          in base a tale cambiamento tali impiegati a contratto potranno risiedere sul territorio degli Stati Uniti d'America per non più di 5 anni, passati i quali i visti non saranno più rinnovati;

          il 27 giugno 2017 è stato organizzato, presso l'Ambasciata italiana negli USA, un incontro con funzionari dello U.S. Citizenship and Immigration Services (USCIS) e del dipartimento di Homeland Security (DHS) sulla tematica dei visti «A2» per il personale italiano a contratto in servizio presso gli uffici della rete diplomatico-consolare negli Stati Uniti. In tale occasione, i funzionari americani hanno spiegato le tre vie da seguire per ottenere la «green card»;

          tali spiegazioni, tuttavia, non hanno risolto il problema, poiché i 20 contrattisti italiani non sono nelle condizioni che vengono richieste dalle modalità per ottenere la «green card»;

          urge, pertanto, un intervento del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale presso le competenti autorità americane per una soluzione diplomatica del caso –:

          come il Ministro interrogato abbia intenzione di farsi carico delle esigenze degli impiegati a contratto italiani negli USA, affinché essi possano continuare a svolgere il loro servizio, essenziale per la rete diplomatico-consolare, in condizioni ambientali ottimali.
(5-12288)


      QUARTAPELLE PROCOPIO e NICOLETTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          in Myanmar sono presenti numerose etnie e religioni; dal 1962, data del colpo di Stato che ha portato al potere i militari, le carte di identità dei cittadini indicano sia il gruppo etnico che la religione;

          dal 1961 il buddismo è religione di Stato;

          i Rohingya sono un gruppo etnico di ceppo e lingua indoeuropei e religione musulmana, vicini ai bengalesi, residenti nel nordovest del Myanmar, lo Stato di Rakhine;

          dal 1982 ai Rohingya è negata la cittadinanza e vivono in condizioni di sottosviluppo e mancanza di diritti;

          nell'autunno 2016 l'organizzazione Arakan Rohingya Salvation Army (ARSA), guidata da Ata Ullah, ha assalito alcune stazioni della polizia e dell'esercito birmano nello Stato di Rakhine, quest'attacco ha determinato una violentissima repressione che ha portato, in poco meno di un anno, circa 400.000 Rohingya a rifugiarsi in Bangladesh;

          ancora negli anni settanta i musulmani nel Myanmar erano circa due milioni. Oggi non supererebbero il milione su una popolazione di 54 milioni di abitanti;

          l'11 settembre 2017 Zeid Ra'ad al-Hussein, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha definito quanto sta avvenendo nello Stato di Rakhine: «un esempio di pulizia etnica da manuale»;

          l'accesso all'area per giornalisti e operatori dei diritti umani risulta gravemente limitato;

          Amnesty International ha pubblicato immagini satellitari che mostrano decine di villaggi rohingya rasi al suolo e bruciati;

          esisterebbe un consenso popolare ispirato ad una sorta di nazionalismo buddista nei confronti delle repressioni in atto e motivato dal timore dell'estremismo jihadista, sebbene le azioni di guerriglia promosse dall'ARSA non siano state ispirate e tanto meno armate da Al Qaeda o dal cosiddetto Stato Islamico;

          nel briefing diplomatico del 19 settembre 2017 la rappresentante del Governo del Myanmar, Aung San Suu Kyi, a proposito della situazione nello Stato di Rakhine, sosteneva di non temere «il controllo internazionale» e s'impegnava «a trovare una soluzione sostenibile che porti alla pace, alla stabilità e allo sviluppo di tutte le comunità di tale Stato»;

          il processo di democratizzazione nel Myanmar di cui è protagonista Aung San Suu Kyi richiede la piena tutela dei diritti umani per tutte le etnie –:

          quali iniziative il Governo intenda promuovere presso le Nazioni Unite per concorrere ad arrestare i processi di pulizia etnica in corso e assicurare alla popolazione rohingya i giusti diritti di cittadinanza nonché il rientro dei profughi dal Bangladesh.
(5-12289)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


      SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, TURCO e PASTORELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          con delibera del Cipe n. 41 del 2016 pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 1º agosto 2017 è stato approvato il primo stralcio per la costruzione del III megalotto della strada statale 106 Ionica:

          il progetto definitivo del secondo stralcio, che deve essere sottoposto al Cipe entro la fine di settembre 2017, come disposto dalla delibera del Cipe n. 41 del 2016 che approva il primo stralcio, a giudizio degli interroganti stravolge il paesaggio e l'ambiente anche contro prescrizioni obbligatorie poste dal Ministero dell'ambiente e tutela del territorio al termine della procedura di valutazione di impatto ambientale;

          non sono chiare le motivazioni della prevalenza del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici che non è neanche menzionato nella delibera del Cipe n. 103 del 2007 ma che comporta l'approvazione dell'esecuzione di un'opera che oltretutto sacrifica ambiente e paesaggio –:

          se il Ministro interrogato intenda fornire elementi per far luce sulle vicende esposte in premessa.
(5-12305)


      ZARATTI e CATANIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          nel comune di Magliano Romano (Roma), località Monte della Grandine, si trova una discarica per rifiuti inerti gestita dalla Società Idea 4 srl;

          la predetta discarica continua a destare l'attenzione e la preoccupazione della popolazione residente in ragione delle notizie poco rassicuranti in merito alla gestione dell'impianto;

          nel luglio 2014 la società gestrice dell'impianto richiede la riclassificazione a discarica di rifiuti speciali non pericolosi, in merito alla quale la regione Lazio non si è ancora espressa;

          i cittadini attraverso associazioni e comitati si sono opposti alla riclassificazione e alle successive autorizzazione della regione, vincendo al Tar ognuno dei sei ricorsi fatti;

          i comuni dell'area con deliberazioni e sedute congiunte hanno rigettato il progetto;

          18.000 firme contro la discarica sono depositate al protocollo della regione Lazio;

          nel febbraio 2017 l'Associazione ecologica Monti Sabatini ha inviato due diffide chiedendo di annullare alcune delibere regionali;

          il Comitato Bacino Valle del Treja ha presentato un esposto in procura, così come l'ex deputato Stefano Pedica;

          l'impianto insiste su un'area che il piano territoriale paesistico regionale del Lazio classifica di elevatissimo pregio paesaggistico e ambientale, situata nel bacino del fiume Treja a monte, nello stesso bacino idrogeologico del parco del Treja e dell'area Sic/Zps «Fosso Cerreto» e all'interno delle aree di connessione primaria della REP provinciale e delle aree contigue del parco di Veio;

          sulla questione sono state presentate cinque interrogazioni al consiglio regionale ed una anche in sede parlamentare in relazione a criticità nella conduzione della discarica di inerti, nella gestione del percolato e di 64.000 metri cubi di rifiuti inerti, nonché a ripercussioni su habitat e specie del Sic/Zps;

          l'elevato flusso di calore geotermico (riferimento: registro elenco progetti n. 26/2012, proponente PowerField srl) potrebbe portare ad uno sminuimento delle caratteristiche fisiche del livello di impermeabilizzazione della discarica con diffusione del percolato nelle falde acquifere –:

          se il Ministro interrogato non intenda promuovere una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente in relazione alle criticità e alle anomalie riscontrate nel sito di cui in premessa e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di garantire il rispetto dei vincoli paesaggistici e di salvaguardare l'area riconosciuta come sito di interesse comunitario (Sic) e zona di protezione speciale (Zps) immediatamente adiacente alla discarica.
(5-12306)


      BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          il glifosato è un diserbante commercializzato sin dagli anni ’70 e largamente usato per fini agricoli ed urbani;

          diversi studi scientifici avvertono sul rischio connesso all'uso del glifosato in relazione allo sviluppo di patologie tumorali, anche infantili, e malattie neuro-degenerative. Esso è riconosciuto, dagli anni ’80, come un interferente endocrino e, da uno studio pubblicato su The Lancet oncology, è correlato al linfoma non-Hodgkin. Sono note, inoltre, le ripercussioni ambientali dell'uso del glifosato in termini di dissesto idrogeologico e riduzione della biodiversità;

          l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), in «iarc monographs volume 112: evaluation of five organophosphate insecticides and herbicides», ha inserito il glifosato nella classe 2A, «probabilmente cancerogeno per gli esseri umani»;

          l'agenzia americana Oehha (Office of Environmental Health Hazard Assessment), ha definito cancerogeno, già dal 2015, il diserbante. Da qui la decisione della California di riportare l'indicazione di cancerogenicità sull'etichetta dal 7 luglio 2017;

          l'Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa), nel marzo 2017, e l'Efsa nel 2016 hanno affermato, per contro, la non cancerogenicità del glifosato. Lo studio dell'Efsa è alla base della scelta della Commissione di prolungare la sua autorizzazione fino a dicembre 2017;

          l'inchiesta giornalistica «Monsanto Papers» ha denunciato conflitti di interesse nella valutazione dell'Efsa. Ulteriori dubbi sono stati sollevati dal confronto, pubblicato da fonti giornalistiche, tra la richiesta di rinnovo dell'autorizzazione della Monsanto del 2012 e la relazione dell'Efsa. La denuncia riguarda un centinaio di pagine delle relazioni Monsanto copiate nella relazione dell'Efsa;

          il 22 settembre è iniziata la discussione tecnica a Bruxelles sulla possibile proroga di dieci anni per l'impiego del glifosato in Europa, mentre per il 5-6 ottobre 2017 è prevista la discussione in sede politica;

          la Francia ha dichiarato la volontà di vietare completamente il diserbante entro il 2022. Insieme alla Svezia, inoltre, ha ribadito la contrarietà al rinnovo in sede europea;

          oltre un milione di firme (1.300.000) sono state raccolte dall'iniziativa dei cittadini europei stop glifosato;

          il Governo italiano si era dichiarato contrario al rinnovo dell'autorizzazione al glifosato, affermando la necessità di un «piano glifosato zero», astenendosi poi durante il voto del 2016 –:

          quale sia la posizione del Governo rispetto al rinnovo dell'autorizzazione relativa al glifosato e quali iniziative, in applicazione del principio di precauzione, il Ministro interrogato abbia intenzione di intraprendere per vietare definitivamente e in maniera permanente la produzione, la commercializzazione e l'impiego di tutti i prodotti a base di glifosato.
(5-12307)


      BORGHI, ZANIN, BRANDOLIN, COVA, SALVATORE PICCOLO, PRINA, ROMANINI, SENALDI e TARICCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          l'immissione di specie alloctone in natura è disciplinato dalla direttiva 92/43/CEE (cosiddetta «direttiva Habitat»), il cui articolo 22, lettera b), prevede che uno Stato membro possa vietarne oppure controllarne l'introduzione in natura;

          inizialmente l'Italia ha recepito la direttiva con il decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, prevedendo la possibilità di immissione in natura di specie non locali. Successivamente con il decreto del Presidente della Repubblica n. 120 del 2003, è stato introdotto un divieto generale e assoluto di immissione di tali specie, non conforme a quanto richiesto dalla «direttiva Habitat»;

          tale divieto ha riguardato anche la trota iridea, una specie alloctona di origine nordamericana che viene ampiamente utilizzata in acquacoltura, nell'alimentazione e nelle gare di pesca da molto tempo;

          infatti, l'immissione in natura della trota iridea è compatibile con la conservazione della trota marmorata, specie autoctona endemica dei bacini adriatici e, inoltre, comporta la riduzione della pressione gravante sulle popolazioni autoctone favorendo le attività di allevamento e del turismo regionali, come ad esempio il Friuli Venezia Giulia dove sono presenti circa 20.000 pescatori sportivi;

          si registrano difformità nell'applicazione di tale divieto tra le varie regioni, mentre in alcuni Stati membri confinanti con l'Italia l'immissione della trota iridea per scopo di pesca è consentito;

          per superare l’impasse normativa il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha individuato una nuova procedura che andrebbe a modificare l'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357/97 consentendo, dopo un approfondito esame delle richieste, l'immissione in natura di specie alloctone;

          sul relativo schema di decreto del Presidente della Repubblica il 7 luglio 2016 la Conferenza unificata ha espresso parere favorevole e lo stesso dipartimento per le politiche europee presso la Presidenza del Consiglio dei ministri si è espresso in maniera positiva ritenendo il testo dello schema di decreto conforme alla «direttiva Habitat» –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali siano le ragioni per le quali non sia stato ancora concluso l’iter di approvazione dello schema di decreto del Presidente della Repubblica in questione.
(5-12308)


      PELLEGRINO e MARCON. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          è emersa una gravissima emergenza ambientale e sanitaria in particolare nelle province di Verona, Vicenza e Padova causata dalla scoperta degli effetti delle sostanze Pfas (composti chimici definiti perfluoroalchili);

          le sostanze Pfas sono abitualmente utilizzate in cicli produttivi come impermeabilizzanti, schiume per estintori, cera per pavimenti, teflon per pentolame e goretex per indumenti;

          il problema è emerso fin dal 2013 con una rilevazione dell'Arpav di Vicenza (prot. 0075059/00.00 dell'11 luglio 2013), che indicava nella Miteni spa la fonte principale d'inquinamento da Pfas;

          la rilevazione indicava come le concentrazioni di Pfoa risultassero, superiori a 1.000 ng/litro, un livello di concentrazione gravissimo, tenuto conto che in Germania la legge fissa un limite di 100 ng/litro;

          sarebbero oltre 60 mila le persone contaminate dalle sostanze Pfas presenti nelle acque e oltre 250 mila sarebbero le persone interessate;

          uno studio Enea-Medici per l'ambiente afferma che sarebbero 1.260 i morti causati dalla diffusione dei Pfas in Veneto negli ultimi trent'anni;

          il presidente della regione Veneto ha chiesto, in relazione ai Pfas, la deliberazione dello Stato di emergenza con poteri commissariali con una lettera del 19 settembre 2017 al Presidente del Consiglio e ai Ministri della salute Beatrice Lorenzin e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Gianluca Galletti;

          la regione Veneto ha ribadito la richiesta di riduzione dei limiti a livello nazionale e ha chiesto lo sblocco dei fondi statali per la realizzazione di nuovi acquedotti che consentano di portare acqua di buona qualità nelle zone colpite dalle sostanze Pfas;

          dal «documento di sintesi settembre 2016-giugno/settembre 2017» sulla «Contaminazione da sostanze perfluoro alchiliche», risulta «che la situazione che si è delineata dai dati recentemente acquisiti, può essere affrontata solo con mezzi e poteri straordinari»;

          il presidente della regione Veneto ha annunciato l'adozione di una delibera che fissa in 90 nanogrammi per litro il limite di Pfas contenuti nelle acque potabili e in 300 nanogrammi per litro la presenza di sostanze a catena corta, nella cosiddetta «zona rossa», la quota di pfas è fissata a 40 nanogrammi;

          ad oggi non ci sono ancora limiti nazionali uniformi per le acque potabili così come per le acque di fognatura –:

          se non ritenga necessario assumere, di concerto con gli altri Ministri competenti, iniziative affinché siano fissati sull'intero territorio nazionale limiti di inquinamento da Pfas nelle falde e nelle emissioni, in coerenza con quanto deciso dalla regione Veneto.
(5-12309)

Interrogazioni a risposta scritta:


      SIBILIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          il territorio comunale di Montoro (Avellino) è stato interessato da eventi alluvionali nei giorni 2 e 11 settembre 2017 che hanno causato il riversamento di colate di fango e detriti su strade pubbliche e private con conseguenti difficoltà per la circolazione pedonale e carrabile, nonché problemi di natura igienico sanitaria;

          l'articolo 191, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni stabilisce che, «qualora si verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell'ambiente, e non si possa altrimenti provvedere, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della provincia ovvero il Sindaco possono emettere, nell'ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente. Dette ordinanze sono comunicate al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della salute, al Ministro delle attività produttive, al Presidente della regione e all'autorità d'ambito di cui all'articolo 201 entro tre giorni dall'emissione ed hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi»;

          l'articolo 3, comma 5, del decreto-legge del 28 gennaio 2014, n. 4, relativamente ai materiali non già abbancati in siti di stoccaggio provvisorio, chiarisce quanto segue: «i rifiuti prodotti dagli eventi alluvionali sono classificati rifiuti urbani e ad essi è assegnato il codice CER 20.03.99. I Presidenti delle regioni interessate o i loro delegati definiscono le modalità di raccolta, trasporto, cernita, selezione, stoccaggio e destinazione finale indicando espressamente le norme oggetto di deroga e, fermo restando la tracciabilità di detti rifiuti, si avvalgono delle rispettive Agenzie regionali per la protezione ambientale (ARPA) e dei gestori del Servizio Pubblico Locale dei rifiuti urbani. Per i rifiuti urbani che abbiano il carattere della pericolosità i Presidenti delle regioni interessate o i loro delegati dispongono le misure più idonee ad assicurare la tutela della salute e dell'ambiente e sono smaltiti presso impianti autorizzati» –:

          di quali informazioni il Ministro interrogato sia in possesso, per quanto di competenza, relativamente ai fatti esposti in premessa e, in particolare, se i rifiuti accumulati lungo le strade pubbliche e private del comune di Montoro, a seguito degli eventi alluvionali del 2 e dell'11 settembre 2017, siano stati rimossi e dove siano stati provvisoriamente stoccati in tutta sicurezza per la salute umana e a tutela dell'ambiente.
(4-17935)


      CAPELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          da vari giorni da un'area limitrofa al centro urbano di Quartu Sant'Elena, nei pressi del parco di Molentargius fuoriescono fumi che stanno provocando gravi disagi alla popolazione, oltre che molta preoccupazione, dato che non è chiaro quali siano i materiali che stanno bruciando e provocando i fumi citati;

          al riguardo, il sindaco di Quartu Sant'Elena ha emanato una serie di ordinanze volte alla tutela della sicurezza pubblica, ordinando ai cittadini residenti in un raggio di 500 metri rispetto al sito in questione, di tenere in casa biancheria, giocattoli, alimenti ed anche animali, mentre nella stessa area è proibita la permanenza prolungata all'aperto delle persone;

          occorre ricordare che l'area umida di Molentargius è stata fino ai primi anni ’90 una vera discarica a cielo aperto, dove liquami e sostanze inquinanti venivano sversate, per poi riversarsi in mare;

          proprio negli anni ’90, per la bonifica del sito, vennero erogate cifre notevoli, poi più volte rinnovate per completare gli interventi necessari;

          si ricordi, in particolare, la delibera del Cipe n. 60 del 30 aprile 2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 160 dell'11 luglio 2012, con la quale, tra, l'altro, venivano stanziati 400 mila euro per la realizzazione della rete di distribuzione delle acque depurate provenienti dall'impianto di Molentargius;

          l'area in questione ospita, inoltre, importanti specie animali, tra le quali i rarissimi fenicotteri rosa, mentre il parco naturale regionale di Molentargius è riconosciuto come sito di importanza comunitaria (S.i.c.) e zona di protezione speciale (Z.p.s.);

          la situazione, però, resta talmente preoccupate che è stata disposta la chiusura di una scuola che si trova nella «zona rossa», in attesa di chiarire a cosa siano dovuti i fumi che stanno interessando la zona medesima -:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto su esposto e quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle sue competenze, collaborando anche con la regione e gli enti locali interessati, per fronteggiare una situazione preoccupante, che fa temere che non tutto sia stato davvero bonificato nella zona di Molentargius sopra ricordata.
(4-17936)


      VALLASCAS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          sul sito internet della Sogin (Società gestione impianti nucleari), nella sezione dedicata all'anticorruzione e alla trasparenza in materia di appalti sono state pubblicate due procedure negoziate senza previa indizione di gara (articolo 221 del decreto legislativo n. 163 del 2006) per l'individuazione di un soggetto internazionale con cui sottoscrivere polizze assicurative;

          in particolare, risultano pubblicate, tra il 13 febbraio e il 13 maggio 2014 e tra il 22 febbraio 2014 e il 6 febbraio 2015, le procedure contraddistinte dai codici identificativi 5653759D82 (relativa alla sottoscrizione di una polizza assicurativa «Chargo Owner» per responsabilità connesse al trasporto marittimo GTRI. – RIF: C0192S14) per un importo pari a 99.187,5 euro e 566242199F (relativa alla sottoscrizione di una polizza RC trasporto nucleare II rischio per responsabilità connesse al trasporto marittimo GTRI. – RIF: C203S14) per un importo pari 339.250 euro;

          secondo quanto riporta il sito, i soggetti aggiudicatari dovrebbero essere stati rispettivamente Lloyd's di Londra e Great Lakes Insurance;

          nonostante sembri che le procedure rientrino nell'ambito del GTRI (Global threat reduction iniziative), programma nato su impulso dell'amministrazione statunitense, al quale l'Italia ha aderito nel 2012, e che ha già portato alla restituzione agli Stati Uniti di materiale radioattivo eredità di vecchi programmi di ricerca in ambito Nato, a livello locale, la notizia delle polizze verrebbe messa in relazione con il programma per la realizzazione del deposito nazionale – rifiuti radioattivi e combustibile nucleare esaurito;

          in particolare, in Sardegna la notizia sarebbe stata utilizzata anche da esponenti politici per rafforzare l'ipotesi della realizzazione in Sardegna del deposito adducendo come prova proprio la sottoscrizione da parte di Sogin delle polizze assicurative per il trasporto via mare nell'Isola;

          è il caso di rilevare che queste notizie, peraltro non verificate, stanno generando una legittima e diffusa preoccupazione tra le comunità della Sardegna, anche in relazione alle esperienze passate di mancato coinvolgimento dei cittadini da parte dei governi nazionale e regionale anche nelle scelte più importanti;

          il risultato è che in Sardegna si starebbero moltiplicando i comitati e le iniziative contro la realizzazione del deposito unico, azioni spesso alimentate sia dall'assenza di notizie sul programma – come la mappa dei luoghi tecnicamente idonei a ospitare il deposito predisposta da Sogin sulla base dei criteri dell'Aiea – sia da notizie come quella precedentemente esposta;

          l'edizione del 20 settembre 2017 de Il Sole 24 Ore, nel dare la notizia della conclusione della consultazione pubblica dei cittadini in merito al piano di deposito unico nazionale delle scorie nucleari, ha sottolineato, infatti, che «Dalla Sardegna e dalla Basilicata sono arrivati i messaggi più ripetitivi dei complottologi irriducibili che sospettano una decisione già presa in segreto alle loro spalle»;

          il giornale Leggo in un articolo del 12 ottobre 2015, nel riferire delle attività dei comitati nati per contestare la realizzazione del deposito, riferisce che di comitati «Ce ne sono anche in Sicilia e in Sardegna, ma l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) ha già annunciato di aver scartato le isole per motivi economici» -:

          se la sottoscrizione delle polizze assicurative per il trasporto marittimo di materiali radioattivi di cui in premessa sia da porre in relazione alle attività nell'ambito del programma GRTI (Global threat reduction iniziative) o sia da porre in relazione al programma per la realizzazione del deposito nazionale – rifiuti radioattivi e combustibile nucleare esaurito;

          se corrispondano al vero le notizie in merito all'esclusione delle isole, da parte dell'Ispra, dal programma per la realizzazione del citato deposito.
(4-17939)


      BRIGNONE, CIVATI e ANDREA MAESTRI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

          la cronaca della regione Marche, il 26 settembre 2017, riportava la notizia che sabato 23 settembre, in zona Montacuto (Ancona), un cacciatore nell'ambito dell'esercizio della caccia sparava un colpo di fucile per colpire un uccello, ma il piombino feriva alla schiena una ragazza che era nel giardino di casa;

          il cacciatore, esercitava l'attività venatoria presumibilmente in caccia vagante nell'ambito territoriale di caccia consentito, ma evidentemente le distanze di sicurezza erano molto ridotte;

          la ragazza ferita era nel giardino della propria abitazione quando sentiva un atroce dolore alla schiena e subito dopo vedeva una pioggia di pallini da caccia che fortunatamente non sono riusciti a colpire né lei né altre persone, compresi i bambini residenti nel medesimo complesso abitativo;

          spaventata, la ragazza si affacciava alla rete che delimitava il giardino per capire di cosa si trattasse e notava un cacciatore con una preda tra le mani e un segugio al seguito;

          tuttavia, va segnalato che in base all'articolo 21 della legge n. 157 del 1992, la caccia è vietata a meno di 100 metri da case, stabili e fabbricati, incluse situazioni che prevedono la presenza umana;

          con l'apertura della stagione venatoria, ogni anno si assiste a moltissimi incidenti di caccia, molti dei quali con feriti gravi o decessi;

          solo nella scorsa stagione, dalla fine di agosto del 2016 (data di apertura della caccia nelle prime regioni) a fine gennaio del 2017, sono stati trentuno i cacciatori morti, di cui quattro per colpi partiti accidentalmente dal fucile;

          quarantadue invece sono i cacciatori feriti, di cui diciannove colpiti da fucili e sei le persone ferite, perché scambiate per prede dai cacciatori;

          oltre alle vittime umane, vanno ricordati i notevoli costi ambientali legati alla caccia: oltre 100 milioni di animali uccisi durante ogni stagione venatoria, 17 mila tonnellate di piombo, 510 tonnellate di antimonio, 85 di arsenico rilasciate dalle munizioni e 300 milioni di cartucce che producono 6 mila tonnellate di plastica disperse nell'ambiente (dati dell'lspra);

          secondo gli interroganti, la legge n. 157 del 1992, impone nella stagione venatoria inaccettabili limitazioni alla libertà del cittadino, che per tutelare la propria incolumità deve limitarsi a stare nella propria abitazione, poiché altrimenti potrebbe trovarsi in una condizione di rischio –:

          se il Governo sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;

          poiché l'articolo 21 della legge n. 15 del 1992 prevede la tutela, limitata alla pura e semplice ottica risarcitoria degli articoli 12 e 25, se il Governo non ritenga di dover assumere iniziative volte a garantire la sicurezza umana nell'ambito dell'esercizio venatorio, in particolar modo in riferimento a quanto disposto dal citato articolo 21, comma 1, lettera a), e), f), g), che stabilisce i parametri a cui i cacciatori devono attenersi;

          considerato che con l'esercizio venatorio spesso viene meno la tutela dell'incolumità fisica delle persone – poiché la sola tutela prevista dalla normativa vigente è quella risarcitoria – violando quindi il diritto alla sicurezza, se il Governo intenda adottare iniziative che garantiscano la prevenzione al fine di evitare altri episodi come quello descritto in premessa.
(4-17943)


      SALTAMARTINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          a Roma, alla riapertura del plesso scolastico Crispi in largo Oriani in zona Monteverde, gli alunni hanno trovato, nel cortile ove svolgono la ricreazione, i cassoni in amianto che erano stati rimossi dal tetto, smontati e sigillati per essere smaltiti, in quanto composti da sostanza estremamente nociva per la salute;

          il municipio XII, pur assicurando che non c'erano rischi, vietava con una circolare l'uso dell'area all'aperto, costringendo gli scolari di scuola materna e primaria a rimanere nelle classi anche a ricreazione;

          i rifiuti pericolosi sono stati poi posizionati sul tetto dell'edificio scolastico, per ordine della asl. Gli ispettori sanitari, infatti, sollecitati da un esposto di alcuni genitori, sono entrati nella scuola e hanno rilevato come quell'amianto, anche se «impacchettato», non poteva per nessun motivo restare in cortile e hanno ordinato alla ditta di metterlo in sicurezza sul tetto, in attesa della rimozione definitiva, come previsto dalle procedure di legge;

          dal municipio XII è stato quindi deciso di effettuare un sopralluogo urgente che ha portato alla chiusura della scuola, lasciando così fuori dai cancelli circa 700 alunni, causando un fortissimo malcontento tra i genitori, completamente ignari della chiusura;

          nella stessa giornata si è avuto il responso dell'asl Roma 3 che ha stabilito che il tetto può sopportare il peso dei rifiuti, che gli stessi sono imballati a norma e che per ora restano sul solaio. L'asl RM 3 ha poi concesso 10 giorni di proroga alla ditta per rimuoverli definitivamente dalla scuola e ha dato il nulla osta alla scuola per riaprire i cancelli e riprendere la didattica;

          nel momento in cui i genitori si sono mobilitati per avere chiarimenti e per ottenere la rimozione definitiva dei rifiuti, hanno appreso con sgomento la situazione kafkiana: ovvero che il municipio XII imputava la mancata rimozione definitiva dei rifiuti nocivi alla regione, colpevole di non aver finanziato il prosieguo dei lavori di bonifica, mentre l'assessore del Lazio al bilancio, Alessandra Sartore, attendeva che dal municipio XII, guidato dalla pentastellata Silvia Crescimanno, arrivassero i documenti per ottenere i fondi, stanziati dal 2015 e di fatto disponibili, documentazione richiesta ai sensi di quanto stabilito dalla delibera di giunta regionale n. 42 del 10 febbraio 2015;

          la vicenda sarà al centro della commissione trasparenza del municipio XII per appurarne le effettive responsabilità;

          la vicenda è rilevante in termini di salute pubblica e diritto all'istruzione-:

          di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se si intenda promuovere, per quanto di competenza, una verifica, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, sullo stato dei luoghi e sugli eventuali rischi che gravano sulla salute degli alunni e dei docenti, nell'auspicio di poter smaltire l'amianto prima possibile, di liberare i bambini da questo grave pericolo e conseguentemente di rasserenare i genitori.
(4-17944)


      DE ROSA, BUSTO, PETRAROLI, DAGA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          in seguito al recente pronunciamento del Consiglio di Stato, il polo chimico di Castellanza potrà tornare a scaricare nel fiume Olona i suoi scarti di produzione. Il Consiglio di Stato ha dato ragione alla Perstorp, che negli anni Ottanta ha rilevato la fabbrica chimica. Da allora, l'azienda che sta a monte di Legnano immetteva i propri scarti nel fiume Olona, superando, grazie a una deroga, i limiti imposti dalla legge;

          la provincia di Varese avvia deciso di bloccare l'immissione di veleni nell'acqua, cancellando la deroga e il ricorso al Tar della multinazionale svedese era finito nel nulla. Ora, il Consiglio di Stato ha ribaltato tutto e – di fatto – ha dato il «via libera» alla società e alle sue attività;

          l'ex polo chimico Montedison di Castellanza tornerà quindi a funzionare e a rilasciare nelle acque del già inquinatissimo Olona aldeidi fino a trenta volte sopra i limiti ordinari. Se infatti il tetto di legge per queste sostanze, frutto delle lavorazioni dell'azienda, sarebbe di 2 milligrammi per litro, per Castellanza l'asticella sale a 60;

          si tratta di una situazione che ha portato i comuni del territorio e la provincia di Varese a una costante battaglia legale contro l'azienda;

          Perstorp auspica di poter impostare da subito con tutti i soggetti istituzionali un dialogo costruttivo, che, partendo dai fatti certificati dagli organi competenti, permetterà certamente di trovare, nei tempi più idonei, la soluzione migliore;

          l'azienda in questione produce il Bis-Mpa, sostanza usata nelle vernici a base d'acqua, prodotta unicamente dal sito di Castellanza e da un altro stabilimento nel mondo. Negli impianti vengono anche sintetizzati sali di calcio e sodio dell'acido propionico, usati come conservanti nell'alimentazione umana e animale;

          per i residenti dei comuni rivieraschi a sud del polo industriale inizierà l'ennesima guerra degli odori, come quelli a suo tempo rilevati in più occasioni dall'Arpa, che evidenziò una situazione ai limiti del tollerabile, le cui risultanze portarono a respingere il ricorso fatto da Perstorp al Tar –:

          se e quali iniziative il Governo intenda avviare, per quanto di competenza, per limitare l'immissione di inquinanti nel fiume Olona entro i limiti standard stabiliti per legge, al fine di tutelare la salute dei cittadini e la qualità dell'ambiente e di rispettare la normativa europea contenuta nella direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE.
(4-17951)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VII Commissione:


      PALMIERI e POLVERINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          la stampa ha più volte richiamato l'attenzione sulle condizioni di degrado in cui versano alcuni siti culturali di Napoli e sul mancato rispetto da parte delle istituzioni preposte delle norme di tutela e controllo del patrimonio monumentale della città;

          è nota la vicenda della costruzione di un manufatto nella villa comunale a servizio della costruenda metropolitana, così come quella delle autorizzazioni rilasciate dalla soprintendenza per la costruzione di un torrino in cemento armato di cui hanno chiesto la demolizione alcune associazioni di tutela del territorio, così come il presidente della I municipalità;

          in seguito ai lavori di pavimentazione di alcune strade del centro storico è stata aperta un'inchiesta sui basoli grazie all'intervento di associazioni del territorio che dopo aver chiesto, invano, l'intervento della soprintendenza, del sindaco e dell'assessore competente, si sono rivolte ai carabinieri del nucleo tutela, affinché verificassero la correttezza della gara e della qualità del materiale utilizzato;

          la vicenda più recente riguarda la condizione di degrado di Palazzo reale, nei cui androni persistono la presenza e l'esposizione di rifiuti, sotto gli occhi dei turisti e dei lavoratori che, giornalmente, operano al suo interno;

          all'interno di un sito culturale simbolo della città è di fatto presente una discarica: numerosi bidoni colmi di sporcizia che, nei giorni di vento, danno vita ad una situazione igienico-sanitaria della zona estremamente grave;

          le associazioni del territorio hanno chiesto al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo l'urgente avvicendamento del soprintendente Luciano Garella i cui rapporti con le istituzioni locali, con gli enti preposti alla gestione del territorio e con le associazioni sono risultati difficili sin dall'inizio del mandato e hanno portato anche a manifestazioni pubbliche di dissenso;

          l'organizzazione sindacale «Fsi-Usae beni culturali», con nota del 19 settembre 2017 al Ministro interrogato, ha chiesto «l'immediata risoluzione del problema igienico-sanitario» evidenziando che, giornalmente, all'interno del Palazzo reale, transitano numerosi dipendenti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;

          ancora nei giorni scorsi veniva rimarcato il persistere della situazione di serio degrado all'interno del Palazzo reale e delle critiche condizioni igienico-sanitarie in cui operano quotidianamente i lavoratori –:

          quali urgenti iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere l'emergenza, compresa la revoca dell'incarico al soprintendente Luciano Garella, e per far sì che Napoli non salga ancora una volta agli onori della cronaca per il degrado e la spazzatura e non per la sua incommensurabile bellezza.
(5-12300)


      COSCIA, MALISANI, ASCANI, BONACCORSI, MANZI, RAMPI, GHIZZONI, SGAMBATO, NARDUOLO, CAROCCI, ROCCHI, BLAZINA, COCCIA, CRIMÌ, DALLAI, D'OTTAVIO, IORI, MALPEZZI, PES e VENTRICELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 8 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 ha previsto, nel limite di spesa di 1,5 milioni di euro, l'utilizzo di giovani fino a 29 anni, laureati o in possesso del diploma rilasciato dalle scuole di archivistica, paleografia e diplomatica, per far fronte a esigenze temporanee di rafforzamento dei servizi di accoglienza e di assistenza al pubblico presso gli istituti e i luoghi della cultura di appartenenza pubblica, mediante contratti di lavoro flessibile;

          in virtù della suddetta norma – a fine anno 2016 – una commissione di dirigenti ministeriali ha selezionato, dopo un'attenta valutazione dei titoli di studio e professionali, seguita da un regolare esame orale, secondo quanto stabilito dal bando di concorso, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale IV serie speciale – concorsi ed esami n. 98 del 22 dicembre 2015, 60 esperti per il patrimonio culturale;

          l'articolo 1, comma 328, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, ha autorizzato l'assunzione a tempo indeterminato di 500 funzionari da inquadrare nella III area del personale non dirigenziale, posizione economica F1, di cui l'avviso risulta pubblicato in Gazzetta Ufficiale 4ª serie speciale concorsi ed esami n. 41 del 24 maggio 2016;

          con i suddetti interventi il Ministero, dopo circa nove anni di blocco, investe sulle risorse umane –:

          quali ulteriori forme di reclutamento il Ministro interrogato intenda avviare al fine di migliorare la tutela e la valorizzazione del patrimonio.
(5-12301)


      PANNARALE, GIANCARLO GIORDANO e PAGLIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          la Siae (Società Italiana degli autori ed editori) è un ente pubblico economico la cui «mission» è quella di assicurare ad autori ed editori la giusta remunerazione del loro lavoro e che, pur rimanendo fuori dal perimetro della finanza pubblica, è sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e del Ministero dell'economia e delle finanze;

          sin dal 1941 la stessa svolge la sua attività di intermediazione in regime di monopolio legale, una posizione che costituisce un unicum a livello europeo, che potrebbe aver sfruttato oltre i limiti normativi, ostacolando l'attività di nuovi gestori indipendenti dei diritti d'autore che si sono affacciati nel mercato internazionale come la startup Soundreef e Patamu, e che le è costata l'avvio di un'indagine da parte dell'Antitrust per verificare eventuali condotte abusive;

          con il decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35, in materia di gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi, il Governo, con oltre un anno di ritardo sui tempi, ha dato il via libera definitivo alle disposizioni di recepimento della direttiva europea «Barnier» sul copyright delle opere musicali, una normativa nuova, nata per favorire la gestione transfrontaliera delle canzoni, sempre più importante nell'epoca di Youtube e Spotify, ma che nella trasposizione fatta dal Governo lascia inalterata l'esclusiva della raccolta dei diritti riconosciuta alla Siae sul territorio italiano;

          la cosiddetta direttiva Barnier è chiara nel ribadire la libertà degli autori di scegliere a chi affidare la rappresentanza dei propri diritti, sia che si tratti di una società di gestione collettiva, come la Siae o l'analoga francese Sacem, sia di una entità di gestione indipendente e privata, come Soundreef. Di contro, il decreto n. 35 del 2017, riconosce l'esistenza di questi secondi soggetti, e nel ribadire valida l'esclusiva della Siae, non precisa che tipo di servizi siano legittimati a offrire sul territorio italiano;

          secondo la Commissione europea, nonostante sia intervenuto il suddetto provvedimento, nel nostro Paese il settore si troverebbe ancora esposto ad una condizione di mancata concorrenza, motivo che l'avrebbe determinata a minacciare l'apertura in autunno di una procedura di infrazione contro l'Italia sulla gestione dei diritti d'autore –:

          quali iniziative normative intenda intraprendere al fine di fare chiarezza nel settore e scongiurare le conseguenze legate all'avvio di una procedura d'infrazione.
(5-12302)


      NICCHI, LAFORGIA, BOSSA e CIMBRO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          il musical su Nerone sul Palatino a Roma è stato un fallimento da tutti i punti di vista;

          lo spettacolo ha chiuso in anticipo per la negativa risposta di critica e pubblico;

          il palco – che insiste su zona archeologica vincolata e che ostruisce la vista del Colosseo e deturpa il paesaggio – però non è stato ancora smontato –:

          quando e a spese di chi sarà smontato il palco del musical.
(5-12303)


      LUIGI GALLO, DI BENEDETTO, MARZANA, VACCA, D'UVA, BRESCIA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          con delibera della giunta comunale di Torre del Greco n. 103 del 16 febbraio 2017 i fabbricati B-C-D-E-F-G-H-I-L-S-T e relative aree pertinenziali del complesso «ex Molini Meridionali Marzoli» – M.M.M. – risalenti al 1911 e acquisiti dal comune nel 1989, sono inseriti nel «piano delle alienazioni e delle valorizzazioni immobiliari» – articolo 58 del decreto-legge n. 112 del 2008 – per l'anno 2017;

          l'area storica «sorge sul basamento lavico di Calastro e domina il waterfront di Torre del Greco», come rilevabile da un articolo de Il Mattino in data 3 marzo 2017. Le finanze comunali non giustificherebbero «la scelta di vendere» dato che «il bilancio di previsione 2017» ha un avanzo di due milioni di euro;

          è necessario ricordare come alla vendita si sia opposta la stessa cittadinanza, anche attraverso iniziative promosse dal presidente del Polo artistico torrese;

          il primo firmatario del presente atto si è rivolto alla la Soprintendenza di Napoli in data 16 marzo 2017, evidenziando come «I M.M.M. costituiscano uno esempio del passato industriale di Torre del Greco, testimonianza materiale delle forme di organizzazione tecnologica di un importante periodo storico»; utili a rivalutare una porzione di città;

          analoghe valutazioni sono espresse nel «Piano di gestione del sito UNESCO aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata»;

          ai sensi dell'articolo 54 del decreto-legge n. 42 del 2004, si ritengono beni inalienabili gli immobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali la cui costruzione risalga ad oltre settant'anni in quanto la «culturalità» di tali beni si ritiene presunta fino ad eventuale esito negativo del processo di cui all'articolo 12 del codice da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, tenuto a dare parere per qualsiasi intervento;

          con lettera a firma D'Elia, inviata al segretario comunale in data 15 maggio 2017, è stata denunciata l'eventuale vendita in quanto tra le opere pubbliche realizzate con risorse comunitarie e comunali vi sono interventi che riguardano tutti gli spazi aperti del complesso, aventi l'obiettivo del recupero della visione unitaria del complesso –:

          se siano state svolte le procedure di verifica di cui all'articolo 12 del codice dei beni culturali e del paesaggio e se sussista l'autorizzazione ministeriale affinché gran parte del sito archeologico-industriale ex Molini Meridionali Marzoli di Torre del Greco venga inserita nel piano delle alienazioni e delle valorizzazioni immobiliari.
(5-12304)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BORGHESI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

          archeologi, bibliotecari e archivisti, che hanno prestato servizio come funzionario di area III (posizione economica F1) alle dipendenze del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo presso alcuni degli istituti in forte carenza di personale vedranno scadere il proprio rapporto di lavoro il 30 settembre 2017;

          trattasi di «esperti del settore» appositamente selezionati da una commissione di dirigenti ministeriali, che ha valutato i titoli di studio e professionali e li ha sottoposti ad un esame orale, secondo quanto stabilito dal bando di concorso per il reclutamento di «60 esperti per il patrimonio culturale», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale IV serie speciale — concorsi ed esami n. 98 del 22 dicembre 2015 (ex articolo 8 del decreto-legge n. 82 del 2014), concorso al quale hanno partecipato in migliaia;

          tale gruppo di persone era stato reclutato nel 2015 «al fine di fare fronte a esigenze temporanee per il miglioramento e potenziamento degli interventi di tutela, vigilanza e ispezione, protezione e conservazione nonché valorizzazione dei beni culturali in istituti e luoghi della cultura statali»;

          si è a conoscenza del «concorso per l'assunzione a tempo indeterminato presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di 500 funzionari di area III F1»;

          l'immissione in ruolo di nuove leve non deve tuttavia disperdere la professionalità e la competenza di altrettanti valevoli professionisti del settore chiamati a tamponare carenze emergenziali –:

          se ed in e termini il Governo intenda intervenire per salvaguardare le professionalità già acquisite dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, senza compromettere diritti ed interessi legittimi di altri colleghi, a tutela dell'inestimabile patrimonio culturale italiano.
(4-17931)


      CASTIELLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          con l'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106 – recante «Misure urgenti per la tutela del patrimonio culturale della nazione e per lo sviluppo della cultura» – è stata prevista la nomina di un commissario straordinario, scelto tra esperti di comprovata competenza, con l'incarico di predisporre, entro il 31 dicembre 2014, il progetto di riassegnazione e di restituzione degli spazi del complesso della Reggia di Caserta alla loro esclusiva destinazione culturale, educativa e museale, stabilendo un crono-programma per la delocalizzazione graduale delle attività svolte negli spazi del complesso e definendo la destinazione d'uso degli spazi medesimi;

          il nominato commissario straordinario architetto Ugo Soragni ha stilato il progetto di riassegnazione e di restituzione degli spazi del complesso della Reggia alla loro esclusiva destinazione culturale, educativa e museale («piano Soragni»), siglato in data 17 dicembre 2014 dal direttore dell'Agenzia del demanio Roberto Reggi, alla presenza dei Ministri interrogati, nel cui cronoprogramma al punto 5 – pagine 46, 47 e 48 sono state stabilite fasi e modalità di delocalizzazione graduale delle attività svolte negli spazi del complesso e la destinazione d'uso;

          l'Aeronautica militare ha portato a termine, con pieno rispetto delle tempistiche e delle modalità di cui al prefato cronoprogramma, le fasi di rilascio graduale da compiersi entro il 31 dicembre 2015 ed entro il 31 dicembre 2016;

          il Presidente del Consiglio dei ministri in carica, alla presenza dei Ministri competenti e del capo di Stato maggiore dell'Aeronautica pro tempore, a Caserta, il 16 gennaio 2016, unitamente al Ministro della difesa, ha ringraziato l'Aeronautica militare per la piena collaborazione e per il rispetto degli obiettivi sanciti dalla legge in merito alle tempistiche e alle fasi di rilascio;

          le fasi successive per il completamento dell'impresa, come stabilito dagli accordi, erano condizionate alla circostanza che entro il 31 dicembre 2016 fossero assicurate dal Governo le relative risorse finanziarie;

          risulta che, ad oggi, non sono state stanziate le risorse statali come da cronoprogramma del sopracitato «piano Soragni» –:

          quali iniziative siano state poste in essere per assicurare il rispetto degli accordi di cui sopra relativi all'individuazione e alla costruzione di nuovi spazi/infrastrutture equipollenti a quelli in trasferimento, in modo da poter continuare a soddisfare le esigenze istituzionali;

          quale sia l'ammontare delle risorse finanziarie da destinare esclusivamente al progetto.
(4-17941)


      PALMIERI e POLVERINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          il 3 novembre 2016 il Parlamento ha approvato la legge n. 220 del 2016 recante la disciplina del cinema e dell'audiovisivo;

          la legge ha previsto tre deleghe al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di tutela dei minori, di promozione delle opere europee e italiane e di rapporti di lavoro nel settore cinematografico e audiovisivo;

          la legge prevede inoltre, per essere attuata, l'emanazione di 25 decreti attuativi;

          a causa della mancata emanazione anche di un solo decreto legislativo le imprese del settore registrano notevoli difficoltà e per alcune sono a rischio la loro stessa sopravvivenza nonché i relativi posti di lavoro;

          si rendono quanto mai urgenti l'emanazione delle norme di attuazione e l'immediata operatività dei decreti per far ripartire la produzione –:

          a che punto sia la predisposizione degli schemi di decreti legislativi attuativi delle deleghe nonché l’iter di emanazione dei numerosi decreti ministeriali previsti dalla legge n. 220 del 2016.
(4-17942)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


      ARTINI, CATALANO e GALGANO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          con decreto del Ministro della difesa del 22 dicembre 2000, un'apposita Commissione, presieduta dal professor Franco Mandelli, fu incaricata di accertare gli aspetti medico-scientifici dei casi di patologie tumorali emersi in quegli anni nel personale militare, in particolare in militari che avevano svolto attività operativa in Bosnia e Kosovo, verificando se esistesse una correlazione causale con l'impiego del munizionamento all'uranio impoverito in quell'area, ovvero se fossero identificabili cause diverse;

          nelle proprie conclusioni, la Commissione Mandelli propose tra l'altro (proposta 1.b) di seguire nel tempo la coorte dei militari impegnati nell'area a rischio, per monitorare l'incidenza di neoplasie maligne e seguire l'evoluzione del quadro epidemiologico finora emerso;

          un tale monitoraggio è stato parzialmente attuato nell'ambito del progetto Signum, finanziato con la legge 12 marzo 2004, n. 68, e con la legge 15 dicembre 2004, n. 308, e condotto su un campione della popolazione militare (982 persone) impegnata nell'operazione «Antica Babilonia», nel teatro operativo iracheno;

          in data 17 gennaio 2011, il Comitato scientifico ha rilasciato la sua relazione finale, la quale tuttavia non costituisce l'effettiva fine del progetto Signum;

          oltre alla valutazione dell'esposizione a xenoelementi potenzialmente genotossici, il progetto Signum contempla infatti un'ulteriore fase di followup, che prevede l'osservazione longitudinale della coorte di militari in esame per almeno dieci anni (come previsto dal relativo protocollo), con controlli eseguiti a scadenza annuale, finalizzati a valutare l'esposizione a genotossici ambientali e l'eventuale presenza di marcatori di un danno a carico del Dna –:

          come sia stato finanziato, nel dettaglio, il progetto Signum, in particolare, quante risorse siano state allocate e siano ancora a disposizione per la fase di followup, chi sia stato incaricato di gestirla e quali ne siano gli sviluppi.
(5-12290)


      MOSCATT e MORASSUT. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          da mezzo stampa e da rappresentanti dei comitati dei cittadini, si apprende che a Roma, nel parco di Centocelle, ed esattamente alle spalle degli autodemolitori siti in viale Palmiro Togliatti, sia stato pianificato un progetto denominato «Pentagono» che prevede – tra gli altri interventi – il restyling del parco e la realizzazione di una servitù di passaggio ad uso dei militari su di un'area pubblica destinata a verde e soggetta a vincoli archeologici e paesaggistici;

          si tratterebbe di una strada che, tagliando il parco, collegherebbe il lato di via Papiria a via Casilina all'altezza della fermata della linea C «Parco di Centocelle», che sarebbe realizzata in cambio di un presidio fisso della guardia forestale con scuola di botanica, oltre al recupero della villa Ad Duas Lauros, metà della quale è ancora dentro il confine della base militare, e alla sua futura apertura ai cittadini;

          la strada, da quanto si apprende, consentirebbe un «collegamento privilegiato» dei dipendenti della base alla metro C, che attraverserebbero così l'interno del parco con un'apposita navetta elettrica;

          da quanto saputo, il progetto si estenderebbe su di un'area ancora privata, interessata da un progetto compatibile con il piano particolareggiato. Un progetto ecosostenibile e ad elevato impatto sociale proposto dai cittadini che stanno manutenendo l'area da più di un anno e che auspicano da sempre il coinvolgimento delle istituzioni e l'adesione di altre associazioni, comitati e cittadini;

          i cittadini chiedono garanzie sul fatto che la strada non impatti l'area a verde limitrofa al distributore di benzina ed il «Canalone est», caratterizzati da alberi di pregio, e che sia localizzata al posto dei rottamatori, cui terreni sono già fortemente compromessi dall'inquinamento e sono da ritenersi attività destinate comunque ad essere delocalizzate in quanto incompatibili con il parco e il piano particolareggiato adottato dal comune di Roma con delibera n. 69 del 2003 e approvato dalla regione Lazio con delibera n. 676 del 2006;

          se fosse confermato quanto sopra, si sarebbe dunque di fronte a un progetto militare pianificato senza alcuna condivisione con i cittadini del quadrante di Roma est, su cui il parco insiste, un progetto che non terrebbe conto delle specificità architettoniche, urbanistiche, e naturalistiche del parco –:

          quali siano gli interventi effettivamente previsti sull'area del parco di Centocelle e se il Ministro interrogato sia disponibile ad aprire un tavolo di lavoro in merito coinvolgendo le realtà territoriali.
(5-12291)


      SECCO e VITO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 14 del regolamento del più alto istituto di formazione interforze della Difesa (IASD), approvato il 17 febbraio del 2016 dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, stabilisce il principio secondo il quale gli ufficiali che superano il corso IASD conseguono il «titolo IASD», ricevendo anche i relativi diploma e distintivo;

          il conseguimento del «titolo IASD», oltre a costituire motivo d'orgoglio per il selezionato numero di frequentatori, rappresenta un elemento distintivo e di prestigio nel percorso formativo e di carriera degli ufficiali delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, in quanto certifica la partecipazione del richiamato personale ad un corso la cui organizzazione impegna significative risorse finanziarie della Difesa e coinvolge personalità d'eccellenza nazionali, europee ed internazionali;

          la previsione di cui all'articolo 14 del regolamento «IASD», pur avendo una sua rilevanza giuridica, andrebbe comunque inserita anche nel testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010) che attualmente si limita a stabilire, all'articolo 619, che «Agli ufficiali che superano il corso ISSMI sono rilasciati il diploma di corso superiore di Stato maggiore interforze e il relativo distintivo ed è conferito il titolo “Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze”». Analoga previsione non è dunque contemplata in relazione al superamento del più alto corso svolto presso il predetto Istituto alti studi per la difesa (IASD);

          l'articolo 679 del decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 non risulta coordinato con l'articolo 8 del regolamento «IASD» nella nuova edizione del 2016, la quale stabilisce che gli ufficiali candidati ai moduli dello «IASD» devono essere «in possesso di ottimi precedenti di servizio» e devono, «preferibilmente, svolgere o essere pianificati per un incarico presso gli organi centrali o internazionali» –:

          quali iniziative normative intenda adottare affinché, anche alla luce della formulazione del nuovo regolamento «IASD» ed in analogia a quanto già previsto dal comma 2 dall'articolo 751 del decreto legislativo n. 66 del 2010 per il titolo «ISSMI», venga data piena valorizzazione al superamento del corso «IASD» ai fini dell'avanzamento e dell'impiego della dirigenza militare della Difesa, procedendo conseguentemente al riconoscimento, anche a livello normativo, del relativo «titolo Istituto alti studi della difesa (IASD)».
(5-12292)


      CORDA, BASILIO, FRUSONE, TOFALO, RIZZO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          la Sardegna è la regione con la più alta percentuale di servitù militari presenti sull'intero territorio italiano. Tra queste, si annoverano i tre più grandi poligoni d'Europa. La regolamentazione di tali aree e delle attività in esse esercitate è affidata al Co.Mi.Pa. (Comitato misto paritetico sulle servitù militari) istituito in ogni regione con il compito di esaminare i programmi delle installazioni militari per conciliarli con i piani di assetto territoriale e per rendere meno invasivo l'impatto sull'economia della zona e sulla vita quotidiana della popolazione;

          nell'ultima seduta del Co.Mi.Pa., riunitosi per deliberare sulla programmazione delle esercitazioni militari in Sardegna per il prossimo semestre, con quella che appare agli interroganti una forzatura del regolamento ed in modo del tutto unilaterale, è stato approvato un fitto calendario di esercitazioni, coperto tra l'altro dal segreto d'ufficio come mai era accaduto in passato. La segretezza di tale documento contenente l'elenco delle esercitazioni, oltre a non consentire di conoscere i quantitativi e la tipologia di armamenti e munizioni utilizzate, impedisce anche una razionale programmazione sul territorio capace di minimizzare i disagi per la popolazione;

          la composizione del Comitato prevede una struttura paritaria tra rappresentanti dell'amministrazione dello Stato e rappresentanti della regione per un plenum di 14 componenti. I rappresentanti della difesa (7 su 14) hanno varato il programma di esercitazioni in assenza del numero legale e dei rappresentanti della regione. Si tratta di un atto, ad avviso degli interroganti, contrario allo spirito e alla lettera della legge, di fatto ignorando ogni confronto con chi rappresenta il territorio e la popolazione civile, senza tenere conto delle osservazioni e delle controproposte avanzate dai rappresentati civili del Co.Mi.Pa., vista l'assoluta chiusura e indisponibilità al confronto della parte militare;

          non risulta che il Ministro sia intervenuto per una revisione delle decisioni prese unilateralmente, in particolar modo promuovendo una mediazione e un atto di riconciliazione istituzionale con la regione Sardegna –:

          considerata la gravità dei fatti esposti in premessa, quali disposizioni siano state impartite ai rappresentanti dello Stato nel Co.Mi.Pa. affinché la collaborazione con la «parte civile» di questi organismi sia effettiva e non formale, evitando forzature unilaterali e contribuendo con senso di collaborazione istituzionale a gestire attività sensibili per la difesa italiana, senza che queste entrino in aperto contrasto con le esigenze dell'economia e della vita civile delle popolazioni interessate.
(5-12293)

Interrogazione a risposta scritta:


      MASSIMILIANO BERNINI, BASILIO, TERZONI e COZZOLINO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177 – Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, per la guardia di finanza ha previsto che in essa confluissero il personale ed i relativi mezzi delle squadre nautiche del Corpo forestale dello Stato e che in mare il comparto aeronavale si affermasse come unica «polizia del mare»;

          questo obbiettivo andava perseguito con la chiusura delle squadre nautiche del Corpo forestale dello Stato e degli altri Corpi di polizia prevedendo la soppressione delle squadre nautiche della polizia di Stato e i siti navali dell'Arma dei carabinieri, fatto salvo il mantenimento delle moto d'acqua per la vigilanza dei litorali e delle unità navali impiegate nella laguna di Venezia, nelle acque interne e nelle isole minori ove per esigenze di ordine e sicurezza pubblica è già dislocata una unità navale. Di conseguenza, dovevano essere chiuse le basi che non avevano questi requisiti e le barche dovevano essere acquisite dalla Guardia di finanza con successivi atti interministeriali;

          l'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo n. 177 del 2016 dispone che «il Corpo della Guardia di finanza assicura con i propri mezzi navali il supporto alla Polizia di Stato, all'Arma dei carabinieri e al Corpo della polizia penitenziaria per le attività connesse con l'assolvimento dei rispettivi compiti istituzionali»; tale concetto è stato ribadito dalla direttiva del Ministro dell'interno del 15 agosto 2017, che ha confermato che la Guardia di finanza deve andare in supporto, con i propri mezzi, alle altre forze di polizia per l'assolvimento dei rispettivi compiti istituzionali;

          secondo quanto risulta all'interrogante ad oggi l'imbarcazione dell'ex Corpo forestale dello Stato (una motovedetta d'altura di 14 metri), denominata Montecristo II registrata al naviglio dello Stato sigla CFS 701, sarebbe ferma agli ormeggi, là dove era dislocata prima della soppressione del Corpo forestale dello Stato cioè nel porto di Scarlino distante appena 5 chilometri da Follonica;

          sempre a quanto consta all'interrogante non sarebbe stata fatta manutenzione ed i «nuovi» carabinieri forestali invece di avvalersi della Guardia di finanza (che avrebbe dovuto prendere in carico l'unità navale) si recherebbero sull'isola (per trasportare la pattuglia montante e tutti i materiali e persone necessarie alla gestione e sorveglianza della riserva naturale) con una propria imbarcazione. Una imbarcazione che sarebbe anch'essa dovuta transitare alla Guardia di finanza e che invece si troverebbe dislocata a Porto Santo Stefano a ben 100 chilometri di distanza dall'ufficio forestale carabinieri che ha in gestione l'isola –:

          se la situazione sopra descritta corrisponda al vero e quali ne siano le ragioni;

          se non si ritenga opportuna l'apertura di una base navale della Guardia di finanza nella struttura portuale dove è già dislocata l'unità dell'ex Corpo forestale dello Stato per garantire – oltre normale servizio d'istituto a mare – il supporto logistico all'Arma dei carabinieri così come previsto dal decreto legislativo n. 177 del 2016, servizio logistico e di supporto che ora deve essere svolto dalla Guardia di finanza, al fine di abbattere i costi di gestione sfruttando i mezzi già in loco che si trovano in perfetta efficienza (anche impiegando il personale nautico del Corpo forestale dello Stato che è stato trasferito proprio per assolvere anche tale compito).
(4-17954)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


      GEBHARD e PLANGGER. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          la legge n. 147 del 2013, all'articolo 1, comma 568-bis, lettera a), ha previsto agevolazioni fiscali per lo scioglimento e la dismissione delle pubbliche amministrazioni locali di società controllate dalle stesse;

          tale disposizione, così come modificata ed integrata dall'articolo 1, comma 616, della legge n. 190 del 2014 e dall'articolo 7, comma 8, del decreto-legge n. 78 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2015, prevede che le pubbliche amministrazioni locali possano procedere allo scioglimento di società, consorzi ed aziende speciali controllate direttamente ed indirettamente e, se lo scioglimento fosse stato deliberato entro il 6 maggio 2016, gli atti e le operazioni posti in essere sarebbero stati esenti da imposizione fiscale, incluse le imposte sui redditi e l'IRAP, ad eccezione dell'IVA, mentre le imposte di registro, ipotecarie e catastali si sarebbero applicate in misura fissa;

          è stato poi emanato il decreto legislativo n. 174 del 2016 (Testo unico sulle società a partecipazione pubblica) al fine prioritario di assicurare la chiarezza della disciplina, la semplificazione normativa e la tutela e la promozione della concorrenza;

          la riduzione delle partecipazioni societarie costituisce un obiettivo prioritario del processo di razionalizzazione degli organismi partecipanti e, proprio a tale scopo, il legislatore ha previsto incentivi per i processi di razionalizzazione avviati con la legge n. 190 del 2015 e sistematizzati con il testo unico sulle società partecipate di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016;

          secondo gli interroganti il decreto legislativo n. 175 del 2016 ha in ogni caso fatte salve le agevolazioni fiscali per lo scioglimento delle aziende speciali: l'articolo 20, comma 6, infatti, ne fa espressamente menzione e tale lettura la si rinviene anche nelle osservazioni e conclusioni della Corte dei conti n. 27/SEZAUT/2016 –:

          se oggi sia ancora possibile procedere allo scioglimento delle aziende speciali fruendo del regime tributario agevolato ai sensi del combinato disposto dell'articolo 1, comma 568-bis, lettera a) della legge n. 147 del 2013, e dell'articolo 20, comma 6, del decreto legislativo n. 175 del 2016.
(5-12294)


      SOTTANELLI e ZANETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          con la legge di bilancio 2017 – legge n. 232 del 2016, all'articolo 1, comma 211 – i trattamenti pensionistici delle vittime del dovere e dei loro familiari sono stati esentati dall'imposta sul reddito delle persone fisiche;

          a nove mesi dall'entrata in vigore della legge e a seguito di numerose richieste di chiarimento da parte dei diretti interessati, l'8 settembre 2017 l'Inps, con il messaggio n. 3505, ha comunicato il venir meno, da parte dell'Istituto, del ruolo di sostituto d'imposta e l'impossibilità di provvedere all'elaborazione del conguaglio relativo al modello 730, se pure con riferimento al periodo d'imposta 2016;

          molti beneficiari del trattamento, recatisi ai patronati e agli uffici dell'Agenzia delle entrate, non sono stati in grado di effettuare la variazione del sostituto d'imposta, in quanto sembrerebbe non fosse stata formalmente respinta la procedura da parte dell'Inps;

          nel citato messaggio non sono state indicate le modalità con cui poter procedere richieste di rimborso ad oggi pendenti –:

          come si intenda procedere per risolvere quanto prima e senza oneri indiretti per gli interessati una situazione che rende oltremodo complesso l'esercizio di un diritto a una categoria di cittadini che meriterebbe ben altra attenzione e sensibilità.
(5-12295)


      SANDRA SAVINO, BERGAMINI e GIACOMONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          lo spesometro è una delle comunicazioni obbligatorie che i soggetti titolari di partita Iva, imprese e lavoratori autonomi, devono inviare all'Agenzia delle entrate;

          il decreto-legge Milleproroghe 2017 (decreto-legge n. 244 del 2016) ha confermato per il solo spesometro 2017 la scadenza semestrale, prorogandone ulteriormente il termine al 28 settembre 2017;

          il 22 settembre 2017, sul sito dell'Agenzia delle entrate, sezione «Fatture e corrispettivi», è apparsa la comunicazione: «Il servizio web è temporaneamente sospeso per manutenzione. Restano attivi tutti gli altri canali di trasmissione.»;

          la sospensione della pagina è giunta dopo le segnalazioni sulla violazione della privacy arrivate da parte degli utenti;

          l'Agenzia, il 25 settembre 2017, ha comunicato con una nota l'attesa proroga del termine al 5 ottobre 2017;

          inoltre, l'Agenzia ha dichiarato che ove si riscontrino obiettive difficoltà per i contribuenti, sarà valutata la possibilità di non applicare sanzioni per meri errori materiali e/o nel caso in cui l'adempimento sia stato effettuato entro i 15 giorni dall'originaria scadenza;

          la fissazione della nuova scadenza è, peraltro, giustificata dall'articolo 9, comma 1, dello statuto dei diritti del contribuenti;

          le difficoltà riscontrate per questo adempimento pongono il problema dell'effettivo utilizzo dei dati caricati nel sistema informativo del fisco e le recenti indicazioni della Corte dei conti (delibera 11/2017/G sull'anagrafe dei conti bancari) ribadiscono che nessun adempimento andrebbe posto a carico dei contribuenti, senza che ne sia chiaro l'utilizzo, che deve essere rendicontato con la stima dell'effettivo recupero di evasione;

          l'Agenzia delle entrate non ha ancora messo a disposizione un software di compilazione e controllo gratuito ed efficace e questo costringe gli utenti ad avvalersi della piattaforma fatture e corrispettivi per l'invio telematico, procedura che richiede molto più tempo rispetto ai programmi delle software house private;

          l'invio telematico con il software dell'Agenzia è pressoché impossibile: bisogna caricare le fatture una per una, con una procedura tutt'altro che facile e veloce e ciò rende il sistema farraginoso ed inefficace –:

          quali urgenti iniziative intenda adottare affinché venga messo a disposizione immediatamente un software di compilazione e controllo gratuito ed efficace che l'Agenzia è obbligata a fornire agli utenti e se non intenda valutare la possibilità di assumere iniziative per prorogare ulteriormente la scadenza prevista, alla luce delle evidenti ed obiettive difficoltà per gli utenti a rispettare l'adempimento.
(5-12296)


      PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          con delibera n. 6 del 14 settembre 2017 la società Duomo Gpa S.r.l. con sede in Milano, viale Sarca, n. 195, è stata cancellata dall'albo dei soggetti abilitati alla gestione delle attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e di quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 1 del decreto ministeriale 11 settembre 2000, n. 289;

          la suddetta società era stata incaricata dalla regione Lombardia della riscossione, a decorrere dal 1° gennaio 2014, dei tributi di competenza regionale: tale decisione scaturiva dalla volontà dell'amministrazione di centrodestra guidata dal governatore Roberto Maroni di separarsi da un ente, Equitalia, considerato «vessatorio» al fine di offrire, invece, un servizio annunciato come più «vicino ai cittadini»;

          con una nota diffusa dall'ufficio stampa della regione si spiegava che si era «deciso di estendere il governo del processo tributario anche all'ultima fase del recupero coattivo dei crediti», e che il nuovo modello, era chiamato a «tenere in dovuta considerazione le reali condizioni economico-patrimoniali dei cittadini, distinguendo i soggetti che volutamente evadono, danneggiando la collettività, da quelli che sono in situazione di effettiva difficoltà»;

          il provvedimento di sospensione dal registro delle imprese abilitate alla riscossione a carico della società Duomo Gpa, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, è intervenuto dopo che la procura di Milano aveva avviato un'indagine a carico della società e del suo amministratore unico e maggior azionista Diego Federico Cassani, per peculato, truffa aggravata e falso in bilancio;

          risulta all'interrogante che allo stato attuale la regione Lombardia, nonostante sia intervenuta la suddetta sospensione, non avrebbe ancora adottato provvedimenti atti a destituire dall'incarico la Duomo Gpa srl, per affidarlo ad altro ente concessionario con una selezione rigorosa rispetto ai criteri di affidabilità e di correttezza –:

          quali ulteriori iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere al fine di vigilare sulla vicenda e garantire ai cittadini lombardi che il servizio di riscossione dei tributi si svolga regolarmente, senza soluzione di continuità e secondo criteri di affidabilità e di correttezza.
(5-12297)


      PESCO, PISANO, SIBILIA, VILLAROSA, ALBERTI, RUOCCO e FICO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          il 28 settembre 2017 sarebbe scaduto il termine – più volte prorogato – per la trasmissione all'Agenzia delle entrate dei dati delle operazioni rilevanti ai fini IVA relative al primo semestre 2017: un adempimento – già noto come «spesometro» – che interessa, con poche parziali eccezioni, tutti i contribuenti dotati di partita Iva e che da quest'anno si presenta decisamente più complesso ed oneroso, sia con riferimento alla quantità dei dati richiesti (trasmissione analitica dei dati di ogni singola fattura emessa e ricevuta, attribuzione di codici specifici per le attività esenti, non soggette e non imponibili, comunicazione dell'anagrafica completa dei clienti e fornitori) sia in relazione al canale di trasmissione, focalizzato sulla nuova piattaforma web «fatture e corrispettivi»;

          dal 22 settembre 2017 e sino al 26 settembre 2017, la suindicata piattaforma è risultata inaccessibile, rendendo impossibile ai contribuenti tanto l'inserimento dei dati richiesti quanto il loro controllo e l'invio telematico;

          con comunicato del 25 settembre 2017, l'Agenzia delle entrate ha comunicato un'ulteriore proroga sino al 5 ottobre 2017, precisando, altresì, che «gli uffici dell'Agenzia, ove riscontrino obiettive difficoltà per i contribuenti, valuteranno la possibilità di non applicare le sanzioni per meri errori materiali e/o nel caso in cui l'adempimento sia stato effettuato dopo il 5 ottobre, ma entro i 15 giorni dall'originaria scadenza»;

          tale «rimedio» rischia tuttavia di generare confusione ed incertezza, oltre a possibili disparità di trattamento, dal momento che consegna al mero sindacato degli uffici territoriali dell'agenzia la valutazione di quali possano essere le obiettive difficoltà dei contribuenti o gli errori materiali meritevoli di non essere sanzionati;

          i rappresentanti degli Ordini e delle associazioni professionali avevano da tempo sottolineato la complessità e gravosità dell'adempimento, nonché il suo carattere sperimentale anche in relazione alle nuove tecnologie implementate dall'amministrazione finanziaria, chiedendo a gran voce sia l'ulteriore slittamento del termine di trasmissione, sia l'esclusione di sanzioni, almeno con riferimento al primo invio;

          in relazione alle dette difficoltà, il Viceministro Casero ha affermato di voler escludere l'irrogazione di sanzioni nel caso di errori commessi senza dolo –:

          se non ritenga opportuno assumere iniziative normative per stabilire la non applicazione di sanzioni in caso di errori non dolosi commessi in occasione del primo invio della comunicazione semestrale dei dati Iva, nonché per prevedere un termine di trasmissione più ampio, in un'ottica di certezza e collaborazione.
(5-12298)


      LODOLINI, PELILLO e FRAGOMELI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 1, comma 666, della legge di stabilità 2015, di cui alla legge 23 dicembre 2014, n. 190, dispone, a decorrere dal 1° gennaio 2015, l'abolizione dell'agevolazione in materia di tassazione del bollo prevista dal comma 2 dell'articolo 63 della legge 21 novembre 2000, n. 342, per le auto e le moto che ricadono nella fascia di anzianità tra i 20 e i 30 anni, mentre permane l'esenzione disposta dal comma 1 del citato articolo 63 per i veicoli ed i motoveicoli, esclusi quelli adibiti ad uso professionale, a decorrere dal compimento del trentesimo anno dalla loro costruzione, per i quali, in caso di utilizzazione sulla pubblica strada, il proprietario è tenuto al pagamento forfettario del bollo e dell'imposta provinciale di trascrizione;

          la normativa abrogata, in particolare, estendeva l'esenzione dal bollo auto prevista per i veicoli ultratrentennali ai veicoli ultraventennali di particolare interesse storico e collezionistico individuati, con propria determinazione dall'Asi (Automotoclub storico italiano) e, per i motoveicoli, anche dalla Fmi (Federazione motociclistica italiana);

          la relazione tecnica allegata alla legge di stabilità 2015 stimava un maggior gettito complessivo pari a 78,5 milioni di euro su base annua;

          l'articolo 24 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, prevede la facoltà per le regioni di approvare, entro il 10 novembre di ciascun anno, variazioni tariffarie nel limite del 10 per cento rispetto agli importi vigenti nell'anno precedente;

          essendo la materia di competenza regionale, molte regioni sono intervenute con provvedimenti volti a non penalizzare il settore;

          il motorismo storico genera un indotto di artigiani specializzati nel recupero delle auto storiche, con risvolti positivi sul turismo e sull'economia del territorio;

          è necessario scongiurare il pericolo di danneggiare un intero comparto economico, tecnico, turistico e culturale che gravita attorno a questo collezionismo, evitando che il patrimonio automobilistico venga distrutto o disperso in altre nazioni dove la tassazione automobilistica è agevolata;

          a tal fine sarebbe opportuna una quantificazione del maggior gettito che la disposizione in esame ha comportato negli anni dalla sua introduzione –:

          quale sia il maggior gettito realizzato dal 2015 ad oggi, su base annua, a seguito dell'abolizione dell'agevolazione in materia di tasse automobilistiche prevista dall'articolo 63, comma 2, della legge 21 novembre 2000, n. 342, per i veicoli ultraventennali di particolare interesse storico e collezionistico.
(5-12299)

Interrogazioni a risposta scritta:


      PALMIZIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          il Governo ha recentemente negato il «salvataggio» delle banca Carife per mezzo del fondo interbancario, che doveva intervenire con 300 milioni di euro di finanziamenti privati, perché ritenuto non in linea con le direttive europee, mentre al contrario destina 5 miliardi di euro di finanziamenti pubblici a Intesa San Paolo, in una maxi-operazione in cui lo Stato alla fine sborserà 17 miliardi di euro, non per tutelare i risparmiatori, ma per finanziare, con risorse pubbliche, una banca privata che avrebbe acquistato ad un euro le banche in dissesto, con un'Unione europea stavolta pienamente in accordo;

          secondo quanto si apprende da diverse fonti, i risparmiatori di Carife avrebbero elaborato le seguenti richieste:

              1) inserire nella «zona economica speciale» proposta dal sindaco di Ferrara, Tiziano Tagliani, al Viceministro Enrico Morando, nel corso di un incontro economico tenutosi il 10 luglio 2017, la «zona di emergenza sociale» degli «azzerati» Carife, perché la «comunità» si trova in uno stato di «emergenza sociale speciale» e deve essere in testa alle preoccupazioni di tutta la politica locale e dei loro rappresentanti nel Governo ed in Parlamento; il capitolo specifico sulla crisi Carife e sull’«azzeramento» dei risparmiatori Carife all'interno della zona economica speciale – Zes, dovrà intervenire sulla situazione economica e sociale delle 32.000 famiglie «azzerate»;

              2) essere inseriti come «risparmiatori azzerati di Carife», con rappresentanti dagli stessi indicati, fra gli interlocutori al tavolo delle istituzioni chiamate a gestire la «zona di emergenza sociale» ed i progetti finalizzati a creare gli strumenti, affinché le famiglie e le imprese azioniste «azzerate» abbiano ristoro delle loro ingiuste sofferenze;

              3) mettere a disposizione dei risparmiatori «azzerati» le Azioni Banca d'Italia comprate da Carife nel 1934, ora di proprietà di BPER, rivalutate ad oggi;

              4) consentire la ripartizione a obbligazionisti e azionisti dei profitti che BPER sta già facendo, sul patrimonio comprato con 1 euro da New Carife;

              5) mettere a disposizione dei risparmiatori «azzerati» le somme giacenti sui conti correnti bancari dormienti;

              6) mettere in atto, da parte della Banca d'Italia, azioni e provvedimenti necessari per:

                  a) trovare e concordare con BPER e UBI, le banche che sono oggi proprietarie delle 4 banche messe in risoluzione (Carife, BancaMarche, BancaEtruria e Carichieti) iniziative commerciali a favore dei clienti «retail» che hanno sottoscritto azioni e bond subordinati esclusi dal rimborso forfettario (ad esempio azioni di BPER e UBI banca o warrant);

                  b) far sì che BPER e UBI Banca integrino con il restante 20 per cento gli obbligazionisti che hanno ottenuto il rimborso forfettario delle obbligazioni subordinate come è stato fatto con Intesa San Paolo per le due banche venete;

              7) esercitare, come promesso dal Viceministro Enrico Morando davanti a 1.200 ferraresi il 3 aprile 2016, concretamente la «moral suasion» nei confronti di BPER e di UBI Banca;

              8) istituire un fondo di solidarietà per le vittime di truffe bancarie;

              9) varare al più presto una riforma bancaria che definisca:

                  a) tempi brevi per la giustizia;

                  b) l'imprescrivibilità dei reati dei «colletti bianchi»;

                  c) l'istituzione di una procura nazionale per i reati economici e finanziari e la tutela dei risparmiatori, perché sono pochi i magistrati profondamente conoscitori della complessa materia dei reati finanziari e bancari e vanno tutelati e sostenuti nella loro azione;

              10) inibire sine die dalla gestione di patrimoni e finanze le persone condannate per reati ad essa connessi, una volta accertate definitivamente la colpevolezza –:

          quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato in relazione alle richieste dei risparmiatori di Carife esposte in premessa.
(4-17933)


      FALCONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

          lo stabilimento per la produzione di latte in polvere del comune di Cameri in provincia di Novara, realizzato con fondi pubblici previsti dalla legge n. 910 del 1966, non è mai entrato in funzione e con il passare degli anni non si è riusciti ad avviare al suo interno alcun tipo di attività;

          il sito industriale (che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 2001 è stato trasferito dal demanio alla regione Piemonte) attualmente risulta essere in uno stato di degrado e abbandono e su sollecito dell'amministrazione di Cameri, il 24 febbraio 2017 è stato richiesto all'Agenzia del demanio – direzione regionale Piemonte e Valle d'Aosta di riconsiderare l'opportunità di attribuire il suddetto bene direttamente al medesimo comune, nell'ottica della valorizzazione dei beni pubblici non più strumentali all'esercizio delle funzioni a cui sono stati inizialmente finalizzati;

          lo stesso comune novarese, a seguito dei suggerimenti dell'Agenzia del demanio, ha anche provveduto a presentare istanza di attribuzione a titolo non oneroso dei beni di proprietà statale, ai sensi dell'articolo 56-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, ma ciononostante tale istanza non ha trovato accoglimento in quanto il bene in questione è stato comunicato non essere di proprietà dello Stato;

          di opinione differente risulta essere la regione Piemonte in quanto sostiene che il suesposto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, non ha avuto esecuzione nella parte che interessa l'immobile in questione, mentre l'Agenzia del demanio il 26 giugno 2017, ha risposto alla missiva della regione Piemonte, chiedendo di rinunciare formalmente al bene in modo da verificare la possibilità di trasferire direttamente il bene al comune di Cameri;

          la stessa Agenzia del demanio, per ottemperare a quanto suddetto, ritiene tuttavia necessario il coinvolgimento anche del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in quanto sul bene sussisterebbe anche una sua competenza;

          l'interrogante al riguardo rileva come il comune novarese sia fortemente interessato ad ottenere la disponibilità di tale bene, facendosi carico della sua valorizzazione e, a tal fine, ha sollecitato le autorità interessate affinché si possa giungere al più presto ad una soluzione condivisa –:

          quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo al fine di consentire l'uso dell'immobile in questione al comune di Cameri, considerato dall'amministrazione comunale di grande interesse per un futuro utilizzo a vantaggio della comunità locale.
(4-17945)


      TACCONI, PORTA, FEDI, GARAVINI e LA MARCA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          la domanda di servizi alla rete consolare italiana all'estero diventa ogni giorno più pressante e mette a dura prova l'operatività delle strutture, anche in ragione dell'irrompere nel panorama migratorio delle nuove mobilità che, da alcuni anni a questa parte, spinge molti cittadini a cercare lavoro all'estero;

          la chiusura di numerose sedi all'estero, conclusasi nel 2014, ha ulteriormente aumentato il carico di lavoro nelle sedi «riceventi»;

          sebbene non si conosca con precisione l'ampiezza del fenomeno, le stime dello stesso Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che calcola in oltre un milione gli italiani emigrati negli ultimi 5 anni, danno la dimensione della nuova sfida che l'amministrazione ha davanti a sé per venire incontro alle loro esigenze;

          i servizi consolari innovativi e digitali che questi italiani all'estero richiedono al Paese, aventi come obiettivo principale un supporto all'integrazione nel tessuto della società di accoglimento, vanno ad aggiungersi a quelli tradizionali richiesti dai residenti oltre confine di più lungo corso;

          non vanno dimenticati i servizi alle imprese che, in un mondo sempre più globalizzato, chiedono assistenza nella ricerca di sbocchi sui mercati esteri;

          la rete diplomatico-consolare ha finora risposto positivamente a queste sfide: le iniziative informative di prima accoglienza organizzate da molte ambasciate e consolati, come pure l'istituzione di uffici consolari onorari e le missioni settimanali di personale delle sedi riceventi per il disbrigo di pratiche per le quali è prevista la presenza degli utenti – quali la rilevazione delle impronte digitali, l'acquisizione della firma digitale per il rilascio del passaporto, la consegna delle carte di identità, gli atti notarili e altro – testimoniano l'attenzione della Farnesina e l'impegno del suo personale;

          nonostante ciò le risorse di cui può disporre la rete consolare, sia in termini finanziari che di personale addetto, sono del tutto inadeguate e rischiano di produrre risultati altrettanto inadeguati che non possono non creare risentimenti e disappunto nell'utenza. Si pensi alle lunghe attese a cui sono costretti i concittadini che richiedono l'iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero o un nuovo passaporto in varie città d'Europa o, nell'America meridionale, quelli che richiedono il rilascio del passaporto o la cittadinanza italiana;

          per i servizi erogati, a norma della tabella consolare in vigore, la rete consolare incassa percezioni per circa 150 milioni di euro all'anno che gli stessi consolati sono obbligati a versare al Tesoro;

          si tratta di un contributo che ancora oggi le collettività italiane all'estero immettono nell'economia del Paese, come hanno fatto in passato con le considerevoli rimesse valutarie;

          esponenti del Governo si sono a più riprese positivamente espressi sull'opportunità di destinare parte delle percezioni consolari al rafforzamento dei servizi consolari e delle strutture ad essi preposte;

          la legge di bilancio 2017, all'articolo 1, comma 429, già prevede la riassegnazione del 30 per cento della tassa sulle pratiche per il riconoscimento della cittadinanza italiana al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per il successivo versamento ai consolati che l'hanno riscossa;

          la restituzione di parte delle somme percepite rappresenta non solo un obbligo morale dello Stato nei confronti di chi ha dovuto intraprendere la strada dell'emigrazione, ma sarebbe anche un segno tangibile dell'importanza che la collettività nazionale vuole annettere alla soft power che gli italiani all'estero esercitano per il rilancio del «sistema Paese» –:

          se il Governo non ritenga, nell'ambito del prossimo disegno di legge di bilancio, di assegnare al bilancio del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, quali risorse aggiuntive, il 30 per cento di tutte le percezioni consolari per riallocarle poi all'intera rete consolare perché essa possa corrispondere con efficacia ai diritti e ai bisogni dei nostri connazionali.
(4-17947)


      NASTRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          il nuovo adempimento fiscale di trasmissione telematica dei dati relativi alle fatture, emesse e ricevute, il cosiddetto «spesometro», ha evidenziato numerose lacune e criticità che hanno determinato una serie di problemi e difficoltà per i contribuenti, nonché per i commercialisti e gli operatori del settore;

          il funzionamento del sistema telematico: «fatture e corrispettivi» al riguardo, è stato addirittura interrotto il 22 settembre 2017, a causa dell'impossibilità dello strumento di applicazione che non garantiva la riservatezza delle comunicazioni inviate dai commercialisti e dai singoli contribuenti, con la conseguenza che tali informazioni potevano essere consultate da chiunque, inserendo semplicemente i codici fiscali degli interessati;

          l'interrogante evidenzia a tal fine come sin dal novembre 2017, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili avesse sottolineato a più riprese, l'estrema complessità e difficoltà, dei nuovi adempimenti in questione, sotto il profilo dei tempi e dei costi necessari;

          l'introduzione di tale strumento tributario costituisce, ad avviso dell'interrogante, una singolarità nel quadro giuridico dei Paesi aderenti a organismi internazionali quali l'Ocse e il Fondo monetario internazionale; il differimento del termine al 5 ottobre 2017, quale termine ultimo di scadenza per l'invio dei dati sulle fatture del primo semestre 2017, non consentirà ugualmente di risolvere le complessità in precedenza richiamate;

          l'interrogante evidenzia altresì che l'utilizzo dei canali di trasmissione telematica, non tradizionali (Sdi, anziché il più collaudato servizio Entratel), ha comportato la necessità di sostenere rilevanti costi aggiuntivi di aggiornamento del sistema del software in uso presso gli studi professionali e gli operatori del settore;

          lo stesso Viceministro Casero, nell'ammettere le difficoltà di applicazione del nuovo strumento fiscale, ha dichiarato attraverso gli organi di stampa, che: «gli eventuali errori non dolosi saranno perdonati» aggiungendo inoltre che il Ministero dell'economia e delle finanze «sta intervenendo per contenere i casi di rifiuto», confermando pertanto le criticità oggettive del sistema;

          al riguardo, l'interrogante evidenzia che, nel caso si verificassero eventuali omissioni o ritardi negli invii delle comunicazioni a causa delle inefficienze del sistema evidentemente inadeguato e inefficiente, non potranno di conseguenza essere chiamati a rispondere o essere imputati di irregolarità né i contribuenti, né tantomeno gli studi professionali in considerazione dell'evidente difficoltà e della scarsa efficienza, con cui è stato progettato e introdotto il cosiddetto «nuovo spesometro», previsto dal decreto-legge n. 193 del 2016;

          la questione relativa alla difficoltà di applicazione del nuovo strumento telematico è stata peraltro già posta all'attenzione del Governo per la protezione dei dati personali e della Commissione parlamentare di vigilanza sull'Anagrafe tributaria –:

          quali iniziative urgenti il Governo intenda intraprendere al fine di risolvere una situazione di estrema gravità, che danneggia i contribuenti e i professionisti del settore e di ripristinare le condizioni minime per svolgere i dovuti adempimenti fiscali in conformità peraltro con i princìpi dello statuto dei diritti del contribuente.
(4-17953)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


      BRUNO e GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          con 157 chilometri e un'utenza di 2.500 passeggeri giornalieri, la ex Ferrovia centrale umbra è una linea a scartamento ordinario in concessione, il cui tracciato si snoda quasi totalmente nel territorio dell'Umbria;

          regione Umbria e Rete ferroviaria italiana hanno siglato un accordo per il passaggio dell'ex Fcu in concessione e gestione fino al 2022 che prevede l'incremento della capacità di traffico sulla linea ferroviaria, il potenziamento dei collegamenti con Roma e le Marche, nonché investimenti per la messa in sicurezza e la riqualificazione della rete;

          a gennaio 2017 l'assessore regionale ai asporti Chianella aveva annunciato la chiusura della tutta Perugia Sant'Anna-Ponte San Giovanni per lavori di elettrificazione della linea. Durata prevista in 800 giorni per una spesa complessiva di 19 milioni di euro. Nel frattempo BusItalia ha predisposto bus sostitutivi per permettere a studenti, lavoratori e viaggiatori il collegamento con Ponte San Giovanni;

          questa chiusura si aggiunge a quella della linea Città di Castello-Umbertide ferma da oltre un anno, nonostante le proteste dei pendolari e le sollecitazioni dei sindaci dell'Alta Valle del Tevere;

          tuttavia, a fine agosto 2017, la presidente della regione Marini e l'assessore Chianella, vista la necessità di mettere in sicurezza e rimodernare l'intero tracciato della ex Fcu, hanno annunciato la chiusura dell'infrastruttura dal 12 settembre fino al termine dei lavori;

          non sono stati, però, precisati né il tipo e la durata degli interventi né l'entità dei costi da sostenere;

          nel frattempo BusItalia ha pubblicato gli orari degli autobus sostitutivi che permetteranno a pendolari, studenti e turisti di raggiungere le città toccate dalla ex Fcu: ventotto corse tra Sansepolcro e Sant'Anna e venticinque a ritroso sullo stesso percorso, venti tra Terni e Perugia e ritorno con orari dalle 5 del mattino alle 21,30 circa;

          la chiusura della linea ex Fcu ha scatenato le proteste dei pendolari che subiranno notevoli disagi in quanto gli autobus sono soggetti ai flussi di traffico e non garantiscono la puntualità e l'efficienza dei treni;

          la ex Fcu svolge, da oltre un secolo, un ruolo di primaria importanza nei collegamenti regionali ed è stata un'alternativa fondamentale per alleggerire il traffico stradale con effetti incisivi sui livelli di inquinamento:-

          quale sia il cronoprogramma dei lavori che interesseranno la linea ferroviaria ex Fcu e quale sarà la spesa complessiva per portarli a termine.
(5-12310)


      BIASOTTI e LABRIOLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          un comunicato stampa dell'autorità portuale di Taranto riporta che il 19 giugno 2017, il Comitato di gestione dell'autorità di sistema portuale del Mar Ionio abbia deliberato, all'unanimità, l'approvazione del «Piano Operativo Triennale 2017-2019 e Vision 2030» del porto di Taranto. Tale piano presenterebbe un approccio strategico tale da contribuire ad allineare la programmazione dell'ente a quella comunitaria e alle principali milestones introdotte dal piano strategico nazionale della portualità e della logistica;

          con il nuovo piano l'ente intende «guardare al futuro e tracciare una vision al 2030, con l'obiettivo di definire l'agenda dello sviluppo dello scalo jonico attraverso un approccio business-oriented volto alla promozione dei traffici, attraverso una politica di sostenibilità economica-ambientale e nell'ottica di rafforzare e valorizzare l'identità territoriale della città di Taranto nella sua veste di città-porto»;

          il presidente dell'Autorità di sistema portuale, nel sottolineare l'orientamento dettato dalla sua nuova programmazione avrebbe dichiarato: «la stesura del documento si inserisce in un momento storico molto importante per il porto di Taranto che oggi si presenta in costante trasformazione e nel quale il territorio e tutto il cluster portuale possano intravedere scenari di crescita e sviluppo»;

          per il rilancio del porto di Taranto si sta lavorando da tempo; in particolare, come si legge nella relazione annuale 2014, l'autorità portuale di Taranto ha portato avanti nel 2013 le attività connesse all'accordo (Memorandum of Understanding — MoU) siglato il 19 aprile 2012, con la PORInt, Port of Rotterdam International;

          tale apertura a Rotterdam rappresenta sicuramente una grande opportunità per il futuro del porto di Taranto e per l'intera comunità, soprattutto nell'ottica di una espansione nel Mediterraneo ed oltre;

          il Mezzogiorno e particolarmente la Puglia potrebbero avere un ruolo strategico per la realizzazione delle nuove «vie della seta», grazie alla loro posizione geografica favorevole in aggiunta ai porti già individuati del nord Italia (Genova e Venezia), soprattutto a seguito alla realizzazione del nuovo corridoio per il passaggio di navi di grandi dimensioni nel canale di Suez –:

          quali iniziative di competenza, alla luce di quanto espresso in premessa, intenda assumere il Governo per sostenere i progetti già programmati o in via di definizione a favore del porto di Taranto e assicurare il rilancio infrastrutturale del porto stesso, che andrebbe a dare ossigeno alla comunità locale già colpita da una crisi economica senza precedenti.
(5-12311)


      FRANCO BORDO, MOGNATO e FOLINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          il gruppo Ferrovie dello Stato Italiane ha acquisito la piena proprietà di Trainose, il principale operatore ferroviario in Grecia, per un controvalore di 45 milioni di euro. Il closing dell'operazione è avvenuto, nell'ambito del vertice bilaterale Italia-Grecia svoltosi a Corfù;

          nelle stesse ore, nel gruppo a partecipazione pubblica, è avvenuto un importante cambio ai vertici gestionali dell'azienda, sul quale, a giudizio degli interroganti, è opportuno fare luce;

          Barbara Morgante ha infatti lasciato dopo due anni di attività l'incarico di amministratore delegato della società più importante del gruppo, Trenitalia. Il consiglio di amministrazione di Ferrovie dello Stato Italiane ha designato i componenti del nuovo consiglio di amministrazione di Trenitalia. Il nuovo consiglio di amministrazione, che sarà nominato dalla prossima assemblea di Trenitalia, sarà composto da Tiziano Onesti – riconfermato presidente –, Orazio Iacono, con l'incarico di amministratore delegato, e Paolo Colombo direttore generale;

          come emerso sulla stampa, tale avvicendamento sarebbe stato in realtà un «siluramento» che l'amministratore delegato del gruppo, Renato Mazzoncini, avrebbe operato nei confronti della Morgante, perché si sarebbe manifestatamente opposta al progetto di spin-off e successiva offerta pubblica iniziale del 40 per cento di Trenitalia in borsa;

          come noto, Trenitalia, all'interno del perimetro del gruppo, rappresenta la società che maggiori margini – avendo «in pancia» tutta l'alta velocità – e dunque garantirebbe maggiori dividendi agli azionisti, depauperando il tessuto del trasporto ferroviario pubblico –:

          se si intendano fornire informazioni circa l'avvicendamento alla carica di amministratore delegato di cui in premessa nonché circa gli indirizzi governativi inerenti a ipotesi legate alla quotazione in borsa di società appartenenti al perimetro del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane.
(5-12312)


      GREGORI e FASSINA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          il 31 agosto 2017 i giornali hanno pubblicato la notizia secondo la quale Ryanair avrebbe confermato l'interesse a restare nella partita Alitalia ma rilevando una parte degli asset;

          l'amministratore delegato di Ryanair O'Leary ha dichiarato in conferenza stampa che per Alitalia è probabile uno «spezzatino», e che Ryanair è interessata alla flotta di Alitalia e ai velivoli sia a lungo raggio che di corto raggio. Infine, ha dichiarato di avere intenzione di mantenere il brand Alitalia rilevando «gran parte» del personale, prevalentemente ingegneri e piloti;

          Ryanair dovrebbe proporre l'acquisto di 90 aerei di Alitalia e l'utilizzo di personale esistente nell'ambito della ristrutturazione della compagnia aerea italiana;

          il secondo bando di gara, pubblicato il 1º agosto 2017, dispone che le manifestazioni d'interesse e le offerte d'acquisto possono essere dirette «alle attività aziendali unitariamente considerate» e questo si chiama «lotto unico», oppure possono essere dirette alle sole «attività aviation» («lotto aviation») o alle «attività di handling» («lotto handling»), che comprende i servizi di assistenza a terra a terzi. Il «Lotto aviation» è composto dalle «attività di trasporto aereo comprese le manutenzioni»;

          questo bando non esclude con certezza che vi siano offerte per l'intero perimetro di attività, cosa improbabile, visto che finora manifestazioni d'interesse di questa ampiezza non sono state presentate;

          la Cub Trasporti-Acc denuncia l'ipotesi di ulteriore «spezzatino» nelle attività informatiche di Alitalia o di quanto resta della divisione informatica Az dopo la sua parziale cessione del 2014 ad Ibm;

          i commissari di Az, nonostante abbiano accertato che la decisione di Etihad di imporre l'abbandono di Arco e l'utilizzo di Sabre abbia quintuplicato i costi ed abbattuto i livelli qualitativi di servizio, non hanno messo in discussione la cessione a terzi dell'It Az, né hanno abbandonato l'utilizzo di consulenze ed appalti, nella divisione informatica Az;

          fino ad oggi è stata chiara la posizione ufficiale del Governo Gentiloni che, con il Ministro Delrio in audizione nelle Commissioni riunite trasporti e bilancio alla Camera, aveva escluso «spezzatini» e indicato la volontà del Governo di prorogare il commissariamento ed, eventualmente, di intervenire nel capitale di Alitalia al fine dell'unitarietà nella vendita –:

          se intenda confermare la volontà del Governo di escludere che la compagnia aerea Alitalia venga venduta «a pezzi» a vari acquirenti e se, in tale contesto, permanga l'intenzione di intervenire nel capitale di Alitalia per preservare l'unitarietà della vendita.
(5-12313)


      DELL'ORCO, SPESSOTTO, NICOLA BIANCHI, DE LORENZIS, CARINELLI, LIUZZI e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          le emissioni di gas serra attribuite al settore dei trasporti nel nostro Paese sono cresciute negli anni, fino a raggiungere il 25 per cento del totale dell'Unione europea;

          all'interno del settore dei trasporti i consumi energetici sono dovuti per il 63,7 per cento dal trasporto passeggeri e per il 91,3 per cento dal trasporto su strada;

          la vendita e la commercializzazione di sole auto elettriche e dunque il divieto di commercializzare automobili con motore a combustione è una misura che concretamente riuscirebbe a ridurre il riscaldamento globale, fortemente dovuto all'elevato livello di anidride carbonica prodotta anche dalle vetture con motore a combustione;

          uno studio condotto dal professor Erckard Helmers della Triers University ha stimato che il 75 per cento dei dispositivi installati sulle auto diesel prodotte dopo il 2005 non funziona correttamente e ha dimostrato l'inefficacia dei filtri antiparticolato, così come emerso anche dal recente scandalo «Dieselgate»;

          sebbene si ritenga che il biossido di azoto causi circa 70 mila morti premature all'anno, solo in Europa, oltre la metà delle nuove auto vendute negli Stati membri ha un motore diesel;

          in Italia nel 2016 il 90 per cento delle prime iscrizioni al pubblico registro automobilistico era costituito da autovetture alimentate tradizionalmente;

          recentemente, Francia, Olanda, Svezia, Germania, oltre che Stati terzi quali l'India e la Norvegia, hanno annunciato la volontà di vietare la vendita delle auto diesel e benzina, dando tempistiche diverse ma comunque non oltre il 2040;

          oltre a suddette misure, numerosi Paesi membri hanno deciso di adottare politiche serie miranti ad incentivare l'acquisto e quindi l'utilizzo di veicoli elettrici, oltre che a realizzare una rete di ricarica a livello nazionale;

          nonostante questo trend europeo, nel 2017 il Governo italiano non ha inteso finanziare incentivi statali per l'acquisto di auto elettriche, né tantomeno adottare misure a basso costo per le casse dello Stato quali l'esenzione dall'Iva e la possibilità di beneficiare delle corsie preferenziali dei bus e taxi, nonché di parcheggiare ed entrare gratuitamente nei centri delle città;

          la mobilità elettrica potrebbe svolgere un ruolo chiave nel raggiungimento degli obiettivi fissati dall'accordo di Parigi sul clima e garantire dunque la possibilità per molti Paesi di tenere fede a quanto sottoscritto –:

          se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per stanziare nel prossimo disegno di legge di bilancio adeguate risorse al fine di incentivare l'acquisto e l'utilizzo delle auto elettriche, anche attraverso l'implementazione e la realizzazione del piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli elettrici.
(5-12314)

Interrogazioni a risposta scritta:


      FEDRIGA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          in conseguenza all'aumento della presenza di cittadini stranieri nel nostro Paese, si registra un progressivo aumento di circolazione di veicoli (automobili e furgoncini in particolar modo) con targhe straniera sulle strade italiane (la percentuale più alta, secondo i controlli effettuati dagli organi di polizia, è quella dei veicoli immatricolati in Romania);

          si tratta spesso di veicoli condotti da persone residenti in Italia che circolano stabilmente sul territorio italiano che sono stati immatricolati e assicurati in un altro Paese a nome di un parente residente nel Paese di origine per sostenere costi inferiori, anche a scapito della tutela dei diritti delle vittime di incidente stradale laddove si prevedono massimali per il risarcimento non adeguati;

          la direttiva europea 2005/14 ha fissato un importo minimo di copertura assicurativa per vittima e per sinistro, indipendentemente dal numero delle vittime. Tale direttiva è stata recepita in Italia con decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 198, ma solo in caso di sinistro con veicoli provenienti da Paesi che hanno recepito tale direttiva, viene garantito un equo indennizzo alle vittime;

          l'articolo 132 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dispone che la circolazione dei veicoli stranieri che abbiano adempiuto alle formalità doganali è ammessa per la durata massima di un anno, in base al certificato di immatricolazione dello Stato di origine e che, oltrepassato tale termine, i veicoli devono essere immatricolati in Italia e muniti di carta di circolazione e targa italiane;

          il mancato rispetto delle disposizioni di cui sopra comporta, ai sensi del medesimo articolo 132, l'interdizione all'accesso sul territorio nazionale e una sanzione amministrativa col pagamento di una somma da euro 84 ad euro 335, ma, allo stato dei fatti, queste sanzioni non fungono da deterrente e sarebbe forse il caso di intervenire in maniera più risoluta con la confisca della targa e l'invio al competente Dtts;

          recentemente nel nostro Paese è possibile effettuare controlli sulle targhe attraverso un lettore laser che rileva la proprietà, la revisione e la copertura assicurativa delle vetture. Questo tipo di controllo, accedendo ad una banca dati nazionale, è in grado di fornire informazioni esclusivamente sulle vetture con targa italiana;

          non esiste ad oggi una banca dati europea che consenta alle forze dell'ordine impegnate nei controlli stradali di poter verificare la copertura assicurativa di questi veicoli circolanti nel nostro Paese. Può quindi accadere che, solo al verificarsi di un sinistro, si scopra che la vettura straniera è sprovvista di assicurazione –:

          con quale frequenza e con quale esito siano stati effettuati nell'ultimo anno controlli sulle auto con targhe straniere circolanti sulle strade nazionali e in quanti casi siano stati riscontrati illeciti amministrativi in materia di circolazione stradale, in particolare la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 132 del codice della strada, nonché la mancata o irregolare assicurazione obbligatoria di veicoli;

          se non ritenga opportuno assumere iniziative che fungano da deterrente alla circolazione illegale sul territorio italiano di vetture con targhe straniere, anche inasprendo le sanzioni attualmente previste fino a prevedere la confisca della targa o anche del veicolo in caso di recidiva;

          se non ritenga indispensabile farsi promotore, nelle sedi competenti, della creazione di una banca dati europea che consenta alle forze dell'ordine impegnate nei controlli stradali di verificare che la copertura assicurativa dei veicoli circolanti sul territorio italiano con targa straniera rispetti i parametri fissati dalla direttiva europea 2005/14 in materia di tutela dei diritti delle vittime di incidente stradale e, in caso contrario, di intervenire con le opportune sanzioni fino all'interdizione dell'accesso sul suolo nazionale.
(4-17932)


      RIZZO e GRILLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          la tratta ferroviaria Catania-Gela è una linea a binario unico, interrotta dal 2011 per un crollo di un viadotto, già oggetto di atti di sindacato ispettivo degli interroganti, avvenuto prima della stazione di Niscemi che ne ha limitato il servizio sino alla stazione di Caltagirone;

          la tratta risulta essere particolarmente apprezzata non solo dal punto di vista paesaggistico, ma anche per le potenzialità che ne potrebbe trarre l'area del petrolchimico di Gela costretto invece a dover scaricare su gomma l'intero traffico merci;

          attualmente il traffico passeggeri risulta essere ridotto ai minimi termini a causa dell'utilizzo da parte del gestore della rete ferroviaria di macchine lente ed antiquate, delle poche corse offerte e della mancanza di ammodernamento della linea obsoleta nel tratto aperto tra Caltagirone e Catania;

          recenti notizie di stampa hanno ulteriormente posto l'attenzione sulla tratta ferroviaria, allorquando il 12 settembre 2017, un incidente tra un treno in transito ed una vettura è avvenuto al passaggio a livello posto al chilometro 258+825 della linea Lentini diramazione-Gela;

          secondo una prima ricostruzione effettuata dagli uomini della Polfer, il treno 12809 partito da Catania ed atteso alla stazione di Scordia ha investito un auto proveniente dalla strada provinciale 28/I: sembra che le sbarre del passaggio a livello si siano alzate troppo presto rispetto al passaggio del treno; la tratta interessata era stata riaperta da pochi giorni dopo che per sei mesi rimase inutilizzata per la realizzazione dei lavori del raddoppio del binario sulla tratta Siracusa-Catania;

          l'accordo di programma stipulato in data 26 novembre 2014 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'economia e delle finanze e la regione siciliana, registrato alla Corte dei conti il 12 dicembre 2014 al registro 1, foglio 4749, disciplina il trasferimento delle funzioni e dei compiti di programmazione e di amministrazione in materia di servizi ferroviari di interesse regionale e locale, ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 e dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 dicembre 1953 n. 1113, e successive modificazioni e integrazioni –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati dalla cronaca locale siciliana e quali risultati siano emersi dalle verifiche svolte dagli organi di polizia ferroviaria in merito alle cause dell'incidente;

          se il Ministro sia stato informato della necessità di interventi urgenti ed improrogabili da parte del gestore della rete ferroviaria;

          a quanto ammontino le risorse che il Ministero destina al gestore della rete ferroviaria per lo svolgimento del servizio pubblico essenziale e per il mantenimento della tratta ferroviaria Catania-Gela;

          quale sia lo stato di avanzamento del progetto di ripristino del ponte ferroviario da ricostruire nella tratta Caltagirone-Niscemi e della riapertura dell'intera linea sino a Gela.
(4-17952)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


      SISTO e FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          con la costituzione delle colonne mobili per le emergenze di protezione civile, il personale a disposizione dei vari comandi regionali dei vigili del fuoco può essere chiamato ad intervenire in altre regioni colpite da gravi calamità;

          gli interventi sopra citati sono disciplinati dal contratto collettivo nazionale di lavoro dei vigili del fuoco e dalla circolare n. EM 01/2011;

          con circolare n. EM 05/2013 è stato stabilito che i mezzi e le attrezzature sono risorse strumentali di uso corrente nelle attività di soccorso tecnico e corrispondono all'insieme delle risorse di due sezioni operative di colonna mobile versione sisma, ciascuna delle quali è costituita da tre mezzi (1 ACT recante sul pianale un container ISO 13 S, 1 AF/Combi e 1 CA/PU);

          la tabella delle dotazioni regionali prevede per la direzione regionale Abruzzo, tre sezioni operative, versione alluvione e due sezioni operative versione sisma;

          con nota prot. n. 4952 del 4 giugno 2014 della direzione regionale Abruzzo si conferma che il comando di Chieti ha una versione sisma ed una versione alluvione;

          in seguito alle emergenze sismiche di Umbria, Lazio, Marche e Abruzzo del 24 agosto 2016, alle successive emergenze del 26 e 30 ottobre ed alle scosse di gennaio 2017, il contingente del comando di Chieti, su disposizione del centro operativo nazionale, si è regolarmente recato nei territori emergenziali;

          al termine della prima fase emergenziale, la sezione operativa è stata fatta rientrare in sede poiché priva dei mezzi e delle attrezzature non rispondenti al sistema di risposta e di totale interoperabilità fra le sezioni operative versione sisma;

          dal 2 novembre 2016 fino a giugno 2017 una sezione operativa di Chieti, alternandosi ogni otto giorni, è stata impegnata presso il comando operativo avanzato de L'Aquila per le opere di messa in sicurezza dei fabbricati rimasti colpiti dalle varie scosse telluriche;

          nonostante l'impegno gravoso volto a realizzare le opere provvisionali, al personale del comando di Chieti non sono stati assegnati gli attrezzi e mezzi adeguati più volte auspicati per far fronte alle situazioni emergenziali cui sono chiamati a rispondere, malgrado risultino, a quanto consta agli interroganti, varie richieste di adeguamento ed integrazione, sollecitate dal comando provinciale di Chieti alla direzione regionale Abruzzo –:

          se il Ministro interrogato, alla luce di quanto riportato in premessa, non intenda destinare con urgenza i mezzi e le attrezzature idonee, tra cui l'autocarro ACT ed il relativo container ISO 13 S, per garantire la sicurezza dei cittadini della provincia di Chieti.
(5-12283)


      PLANGGER, MUCCI e GALGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          il Corpo nazionale dei vigili del fuoco rappresenta una delle realtà più importanti per la sicurezza dei cittadini e del nostro Paese, e ha sempre risposto con impegno straordinario alle attese della collettività in tutti i compiti di prevenzione, vigilanza e soccorso tecnico urgente, rivelandosi spesso decisivo per la salvezza di numerose vite umane;

          è opportuno ricordare che all'interno del Corpo dei vigili del fuoco opera, da sempre, una forte componente di personale precario, costituito dai vigili del fuoco cosiddetti «discontinui», che costituiscono una figura strategica del Corpo nazionale;

          queste professionalità, infatti, vengono frequentemente richiamate in servizio per colmare le cosiddette carenze di organico, garantiscono l'operatività dei comandi provinciali e sono utilizzati per svolgere attività di ordinaria amministrazione all'interno dei comandi;

          è giunto il momento di affrontare in modo complessivo e strutturale il fenomeno del precariato anche all'interno del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

          occorre anche avviare un percorso progressivo che possa, da un lato, stabilizzare il maggior numero possibile di discontinui e, dall'altro, individuare percorsi di valorizzazione delle esperienze acquisite per tutti coloro che non possono partecipare alle prove concorsuali;

          con la risoluzione n. 8-00217, approvata dalla commissione affari costituzionali della Camera il 18 gennaio 2017, si è impegnato il Governo: ad adottare opportune iniziative per istituire due diversi albi, uno per il personale richiamato in servizio per le esigenze dei comandi provinciali, e l'altro per il personale volontario, nonché ad assumere iniziative per superare la previsione secondo la quale i richiamati in servizio del Corpo nazionale dei vigili del fuoco non debbano avere rapporti di impiego con l'amministrazione;

          negli ultimi anni, peraltro, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco ha realizzato uno sforzo straordinario per riuscire, con decrescenti risorse finanziarie e con carenze di organico, a sopperire alle numerose richieste di intervento della popolazione per le piccole e grandi emergenze che hanno colpito l'Italia;

          il Ministro Madia ha garantito che entro la fine di questo mese sarà avviata una discussione con le organizzazioni sindacali, ai fini dello stanziamento di risorse nella prossima legge di bilancio per la stabilizzazione e l'assunzione del personale precario dei vigili del fuoco –:

          se il Governo non intenda promuovere urgenti iniziative per salvaguardare il ruolo dei vigili del fuoco cosiddetti discontinui, consentendo la stabilizzazione degli stessi presso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, anche alla luce degli impegni assunti con l'approvazione della risoluzione indicata in premessa.
(5-12284)


      INVERNIZZI e PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          da oltre due anni sulle spiagge dell'Agrigentino, di Linosa e Lampedusa si susseguono sbarchi di persone, documentati anche con foto e video, che, sfuggendo ad ogni stima e controllo, sono stati definiti «fantasma»;

          come noto, si tratterebbe di immigrati che, con imbarcazioni di pochi metri e in piccoli gruppi, partono dalla Tunisia per raggiungere illegalmente la costa meridionale della Sicilia, ed una volta sbarcati sulle spiagge, di notte o all'alba o addirittura in pieno giorno, fanno poi immediatamente perdere le loro tracce;

          si stima, non avendo certezza degli arrivi, che solo negli ultimi due mesi siano giunti illegalmente dalla Tunisia circa tremila immigrati, in maggioranza uomini, di cui 1.500-1.800 sulla costa meridionale della Sicilia, mentre il resto sulle isole di Lampedusa e Linosa;

          nelle ultime settimane, ormai in maniera sistematica, si è assistito ad un preoccupante intensificarsi di sbarchi «fantasma», con decine e decine di immigrati che hanno raggiunto le spiagge dell'Agrigentino, per poi disperdersi senza essere sottoposti ad alcun controllo sanitario e delle forze dell'ordine, tanto da indurre lo stesso Procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, a lanciare l'allarme in una sua recente intervista a La Stampa;

          in particolare, il Procuratore avrebbe definito il fenomeno in atto «migrazione pericolosa» poiché, per le modalità sopra descritte, è evidente che tra questi immigrati ci «sono persone che non vogliono farsi identificare, gente già espulsa in passato dall'Italia o appena liberata con l'amnistia dalle carceri tunisine o magari che ha preso parte alle rivolte del 2011» ed avrebbe, quindi, espresso il timore che tra gli stessi possano esserci anche persone legate al terrorismo internazionale;

          se il Ministro interrogato, con riguardo all'intensificarsi della nuova rotta migratoria illegale dalla Tunisia, o da altri Paesi africani confinanti, verso la Sicilia meridionale, disponga di elementi che confermino il rischio sopra evidenziato circa l'utilizzo di tale rotta da parte di persone legate al terrorismo internazionale e quali verifiche ed iniziative siano state già avviate o si intendano immediatamente avviare al fine di bloccare gli sbarchi di cui in premessa e favorire il rintraccio e l'effettivo controllo degli immigrati già giunti illegalmente sulle coste meridionali della Sicilia.
(5-12285)


      TONINELLI, COZZOLINO, CECCONI, DADONE, D'AMBROSIO e DIENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          a quanto emerge da notizie riportate sulla stampa locale, tra cui l'articolo «Eroina “in saldo” mentre a Mestre arriva anche il crack» apparso ne Il Gazzettino del 29 giugno 2017, sarebbe in atto nella località citata una guerra per il monopolio del mercato della droga tra individui di origine nigeriana e tunisina che starebbe causando degrado e insicurezza nell'area limitrofa alla stazione ferroviaria;

          dopo che tale scontro si è consumato in passato a Padova, nella zona di via Anelli, assurta all'attenzione delle cronache per fenomeni di diffusa illegalità e di incuria, esso si sarebbe spostato nella città lagunare dove la piazza, prima occupata dai tunisini, sarebbe ora contesa nuovamente dai nigeriani;

          in questo quadro la stazione di Mestre si starebbe trasformando in un'area di spaccio, caratterizzata da scontri, accoltellamenti e violenze;

          Mestre sarebbe arrivata a contendere il primato come principale piazza dello spaccio a Verona e Padova, data la presenza di eroina di buona qualità e a prezzi contenuti, fatto che incrementerebbe i rischi per i fruitori;

          i casi di overdose sarebbero pari a tre negli ultimi tre mesi, dopo anni che non se ne registravano; nella sfida tra tunisini e nigeriani, si starebbe aprendo il mercato anche a nuove sostanze come il crack, droga che incentiva l'aggressività e che quindi porta a incrementare i problemi di ordine pubblico;

          non si starebbe peraltro rispondendo adeguatamente alla minaccia derivante dalla diffusione dello spaccio e del degrado nella zona di Mestre, dato che i controlli predisposti non sarebbero efficaci a debellare e neppure a frenare il fenomeno –:

          quali azioni stiano attuando le forze dell'ordine per evitare la diffusione dello spaccio e i problemi di ordine pubblico sopra descritti nella zona limitrofa alla stazione di Mestre (Venezia) e quali siano gli effetti, in termini di miglioramento della sicurezza urbana, e segnatamente del contrasto allo spaccio di stupefacenti, delle misure previste nel decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14 convertito dalla legge 18 aprile 2017, n. 48.
(5-12286)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BASILIO, RIZZO, COZZOLINO, MICILLO, LUIGI DI MAIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 15 del decreto 29 aprile 2016 del Ministero dell'interno emanato di concerto con il Ministero della difesa e quello delle infrastrutture e dei trasporti, recante come oggetto «Modalità di utilizzo da parte delle Forze di polizia degli aeromobili a pilotaggio remoto» prevede che: «Allo scopo di definire le speciali modalità operative di impiego dei SAPR nello svolgimento dell'attività e dei servizi di cui all'articolo 4, commi 1 e 2, presso il Dipartimento della pubblica sicurezza è istituito un tavolo tecnico interforze e interdisciplinare per la predisposizione, entro sessanta giorni dalla pubblicazione del presente decreto, di apposite linee guida. Il medesimo tavolo tecnico individua le province presso le quali effettuare, per un periodo non superiore ad un anno, la sperimentazione delle linee guida»;

          non risulta agli interroganti che tale tavolo tecnico interforze ed interdisciplinare sia mai stato convocato, né che sia stato emanato il decreto del capo della polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza, di cui al comma 3, dell'articolo 4 del suddetto decreto che avrebbe dovuto definire le speciali modalità operative di impiego dei Sistemi di aeromobile a pilotaggio remoto (Sapr) per il controllo del territorio per finalità di pubblica sicurezza, con particolare riferimento al contrasto del terrorismo e alla prevenzione dei reati di criminalità organizzata e ambientale;

          il decreto in questione dovrebbe essere emanato ai sensi dell'articolo 5, comma 3-sexies del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con modificazioni dalla legge 17 aprile 2015, n. 43 che recita: «Fermo restando quanto disposto dal codice della navigazione e dalla disciplina dell'Unione europea, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da emanare, sentito l'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC), entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono disciplinate le modalità di utilizzo, da parte delle Forze di polizia, degli aeromobili a pilotaggio remoto, comunemente denominati “droni”, ai fini del controllo del territorio per finalità di pubblica sicurezza, con particolare riferimento al contrasto del terrorismo e alla prevenzione dei reati di criminalità organizzata e ambientale. All'attuazione del presente comma si provvede nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»;

          il mancato avvio della sperimentazione del monitoraggio e del pattugliamento dei droni nella terra dei fuochi è sicuramente un fatto negativo che vede frustrata la volontà del legislatore che ha introdotto un'innovazione nelle politiche di contrasto ai fenomeni di criminalità ambientale –:

          se il Governo non reputi di dover convocare al più presto il tavolo tecnico interforze richiamato in premessa al fine di avviare la sperimentazione prevista dal decreto-legge n. 7 del 2015 convertito dalla legge 17 aprile 2015, n. 43.
(5-12280)

Interrogazioni a risposta scritta:


      CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          nei giorni scorsi si sono verificati due gravi episodi di violenza sul lungomare Trieste a Salerno ai danni di chi è deputato al controllo del territorio;

          due agenti della polizia municipale sono stati picchiati nei pressi di piazza della Concordia, nel corso dei servizi di repressione del fenomeno dell'abusivismo commerciale; secondo quanto riportato da fonti dei media, i due vigili sarebbero stati prima offesi, poi spintonati e picchiati in un corpo a corpo con almeno dieci venditori ambulanti extracomunitari che si erano opposti ad un ordine di sgombero dei viali; per i due agenti si è reso necessario il trasferimento in ospedale;

          è stata dura la denuncia di Angelo Rispoli, vigile e sindacalista del Csa: «Tanto tuonò che piovve; da tempo abbiamo denunciato la drammatica situazione del lungomare Trieste e soprattutto che centinaia di venditori abusivi non sono un problema di venditori abusivi, bensì sono un problema di ordine pubblico»;

          sempre nella stessa serata, quattro agenti della polizia di Stato, impegnati in un servizio antidroga disposto dalla questura, sono finiti in ospedale; nel corso dell'arresto di due giovani di nazionalità gambiana, i quattro poliziotti sono rimasti feriti per effetto della resistenza dei due extracomunitari, trovati in possesso di 50 grammi di hashish;

          si tratta, a parere dell'interrogante, di fatti allarmanti che confermano l’escalation di criminalità sul territorio, frutto anche della presenza massiccia di extracomunitari, sbarcati negli ultimi anni al porto di Salerno –:

          se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e considerata la gravità degli stessi, quali iniziative intenda assumere nell'immediato per restituire sicurezza ai cittadini salernitani e garantire alle forze dell'ordine di operare in condizioni adeguate.
(4-17930)


      CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          nei giorni scorsi a Cava de’ Tirreni, in provincia di Salerno, si è verificato un nuovo episodio di criminalità;

          secondo quanto si apprende da fonti dei media, nel parcheggio della stazione ferroviaria, si sarebbe consumata una rapina;

          secondo le prime ricostruzioni, il proprietario di una Mercedes classe A sarebbe tornato a prendere la sua auto, poco prima parcheggiata nella zona della stazione; all'improvviso avrebbe sentito il rombo di una moto e un uomo con il volto coperto da un casco gli avrebbe puntato una pistola contro e gli avrebbe intimato di lasciare l'auto;

          l'uomo, sotto la minaccia dell'arma, avrebbe seguito alla lettera le richieste del rapinatore che è salito in auto ed è scappato;

          da tempo residenti ed automobilisti denunciano la mancanza di sicurezza nella zona della stazione metelliana, come nel parcheggio, terra di nessuno; sulla vicenda indagano gli agenti del commissariato di polizia, diretti dal vicequestore Marzia Morricone;

          sempre nei giorni scorsi, sarebbero stati commessi alcuni furti nella zona Trincerone ai danni degli automobilisti;

          si tratta, a parere dell'interrogante, di episodi preoccupanti, già oggetto dell'interrogazione n. 4-17570 –:

          se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative urgenti intenda adottare per garantire sicurezza alla comunità di Cava de’ Tirreni.
(4-17938)


      MENORELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          in tutta Italia, e specialmente nelle grandi città, è emersa negli ultimi anni una vera e propria emergenza legata alle occupazioni abusive;

          l'articolo 11 del decreto-legge n. 14 del 2017 stabilisce che i prefetti debbano valutare caso per caso le singole fattispecie degli immobili occupati e delle famiglie occupanti, disponendo di conseguenza le modalità di intervento delle forze dell'ordine, senza definire alcun parametro oggettivo entro cui i prefetti debbano effettuare tale valutazione, ponendo in capo a questi ultimi totale discrezionalità;

          in sede di conversione del decreto-legge citato è stata inserita la dicitura «ferma restando la tutela dei nuclei familiari in situazioni di disagio economico e sociale», a mente della quale si potrebbe addirittura giungere a sostenere che il prefetto possa legittimamente non far collaborare la forza pubblica negli sgomberi di tali famiglie, il che sarebbe come dire che sia sufficiente essere in situazione «di disagio» per poter tranquillamente, impunemente e stabilmente occupare gli immobili altrui;

          con circolare n. 11001/123/111(1) del 1° settembre 2017, è stato richiesto ai prefetti di procedere alla «ricognizione dei beni immobili privati e delle pubbliche amministrazioni inutilizzati», promuovendo «la mappatura delle singole situazioni di criticità in ordine alla tipologia di immobili occupati e alle categorie di soggetti presenti» e istituendo un apposito comitato metropolitano atto, fra l'altro, a far emergere «la praticabilità di iniziative per l'utilizzo di beni immobili potenzialmente idonei a fronteggiare la carenza abitativa»;

          sulla base di tale mappatura «verrà proposto un piano per l'effettivo riutilizzo e riuso a fini abitativi» di tali immobili;

          come rilevato negli ultimi anni, con diversi studi e iniziative, fra cui quelle dell'Istituto Bruno Leoni, disposizioni come queste minano la base della nozione stessa di diritto soggettivo comunemente attribuita al diritto di proprietà, dal momento che esso viene riconosciuto solo se compatibile con la contingenza del momento; che ciò accada, almeno per ora, per il diritto di proprietà, è indicativo di scarsa considerazione per tale diritto;

          la funzione sociale della proprietà non può mai consentire un'accezione sostanzialmente ablativa di tale caratteristica, che va piuttosto ricondotta a politiche incentivanti un libero utilizzo del bene orientato a una positività economica e sociale dello stesso –:

          se il Ministro interrogato intenda chiarire scopi e modalità di tale «piano» e quali iniziative intenda porre in essere al fine di evitare di dar ingresso a situazioni nelle quali, perlomeno in relazione agli immobili, verrebbe negata o fortemente scoraggiata la libertà del titolare di un bene di decidere anche di lasciarlo inutilizzato, libertà la quale, peraltro, appartiene alla nozione stessa del diritto di proprietà.
(4-17948)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


      CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          217 studenti di Monza e della Brianza hanno concluso a giugno 2017 il quarto anno all'ente di formazione professionale Ecfop di Monza e avrebbero dovuto frequentare, nell'anno scolastico appena iniziato, il quinto anno presso l'istituto Ferrari di Monza o presso l'Ipsia Meroni di Lissone;

          solo pochi giorni prima dell'apertura delle scuole sono venuti a sapere che nelle scuole su citate non ci sarebbe stato posto per loro e che la nuova scuola non avrebbe potuto accoglierli;

          nonostante gli studenti avessero presentato regolare domanda di iscrizione e avessero versato le tasse scolastiche nei tempi e nei modi previsti dalle relative scadenze ufficiali, i ragazzi sono venuti a conoscenza della mancanza di posti solo quando si sono presentati in segreteria a chiedere informazioni;

          la responsabilità del gravissimo disguido sembra sia da imputare all'ufficio scolastico territoriale di Monza e Brianza che non avrebbe presentato la domanda in tempo utile, con la conseguenza che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha predisposto le aule e non ha stanziato i fondi;

          al momento, una soluzione è stata attivata dalla regione Lombardia che ha trovato una collocazione per tutti gli studenti, prevedendo però che gli stessi si spostino in sedi collocate in tutta la Lombardia;

          appare evidente che una situazione simile determinerà gravi disagi agli studenti coinvolti, prefigurando un anno scolastico faticoso e difficile per motivi logistici con evidenti conseguenze sulla qualità del loro studio; alcuni di loro dovranno percorrere oltre 50 chilometri ogni giorno per raggiungere la sede scolastica assegnata con le difficoltà legate anche ai trasporti –:

          quali urgenti e veloci iniziative intenda assumere la Ministra interrogata, anche in deroga alle scadenze organizzative già definite per l'avvio dell'anno scolastico, per garantire agli studenti in questione la possibilità di concludere il loro ciclo scolastico con la dovuta serenità e le garanzie opportune di uno studio di qualità;

          se non ritenga di assumere le iniziative di competenza al fine di verificare quanto è accaduto e individuare le eventuali responsabilità.
(3-03277)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      ROCCHI, CAROCCI, SGAMBATO e MALISANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          il 25 settembre 2017 sette professori di diritto tributario sono stati messi agli arresti domiciliari con l'accusa di corruzione in procedimenti concorsuali per il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento;

          altri 22 docenti sono stati sospesi dall'insegnamento per dodici mesi, mentre il numero totale degli indagati dalla procura di Firenze in quella stessa inchiesta è di 59 persone: le accuse vanno dalla corruzione, all'induzione indebita e alla turbativa del procedimento amministrativo;

          molti degli indagati, in quanto membri delle commissioni nazionali nominate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per rilasciare le abilitazioni all'insegnamento, sono pubblici ufficiali;

          le indagini della procura di Firenze sono cominciate nel 2013 a partire dalla denuncia di un ricercatore dell'università di Firenze, candidato dal novembre del 2012 all'abilitazione all'insegnamento. Il ricercatore asseriva di aver ricevuto pressioni per ritirarsi da un concorso per il quale già erano individuati i vincitori;

          la procura della Repubblica, a conclusione dell'indagine condotta dalla guardia di finanza, sostiene che la commissione concorsuale non utilizzava criteri di merito e di trasparenza, bensì risultava agire sulla base di un sistema di influenze, di logiche di spartizione territoriale e di scambi di favori;

          dopo l'approvazione della legge n. 240 del 2010, la cosiddetta «riforma Gelmini», le abilitazioni sono il prerequisito necessario per accedere ai concorsi per docente universitario ordinario o associato;

          la norma prevede che l'abilitazione si ottiene concorrendo ad una selezione ed il giudizio è affidato ad un'apposita commissione nazionale composta da 5 docenti che vengono sorteggiati tra gli ordinari di un determinato settore e che hanno inviato la loro candidatura. Dal 2016 è possibile presentare la propria richiesta nel corso di tutto l'anno. Le richieste (i cui requisiti sono fissati da un bando nazionale e poi precisati da ciascuna singola commissione) vengono successivamente raggruppate e valutate ogni 4 mesi. Per ottenere l'abilitazione è necessario il voto favorevole di 3 commissari su 5. L'abilitazione è valida per sei anni e dà la possibilità di partecipare ai concorsi delle varie università per avere un posto;

          la magistratura accerterà le eventuali responsabilità, valutando la sussistenza dei capi accusatori, ma l'università italiana, per il prestigio che ha, per l'elevata funzione che svolge sia nell'insegnamento che nella ricerca, merita ampia considerazione e fiducia. In questo senso, ogni misura che garantisca la regolarità delle procedure che mette in atto, sarà estremamente utile e fondata –:

          quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per far sì che i metodi di selezione dei docenti universitari siano improntati a criteri di trasparenza e merito.
(5-12277)


      VENTRICELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          l'uomo di Altamura è uno scheletro di Homo neanderthalensis scoperto il 3 ottobre 1993 nella grotta di Lamalunga, nei pressi di Altamura, ed è datato tra i 128.000 e i 187.000 anni fa;

          la scoperta è avvenuta nel pozzo carsico, costituito da un sistema di grotte piuttosto complesso, di Lamalunga e ha comportato l'imposizione di diversi vincoli di tipo archeologico e paesaggistico e l'avvio di un progetto di ricerca «Riscoprire Altamura: indagini avanzate multidisciplinari sullo scheletro della grotta di Lamalunga, Italia» finanziato nel 2016 dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nell'ambito della call «PRIN 2015», che sarà sviluppato e portato a termine nell'arco del triennio 2017-2019 e finalizzato tra l'altro a promuovere, previa eventuale estrazione, la conservazione e musealizzazione dello scheletro;

          negli ultimi giorni si è appreso che si stanno svolgendo alcune indagini nella grotta e in prossimità del sito per valutare la fattibilità dell'estrazione del reperto con discese in grotta; l'estrazione, la rimozione e anche il più piccolo intervento su un terreno di lavoro estremamente fragile, potrebbero arrecare seri danni ai resti fino ad oggi conservati: l'uomo di Altamura è un grande tesoro per la città, la più importante scoperta paleo-antropologica in Italia;

          pertanto, nella città di Altamura ha preso via un coordinamento per impedire che il cranio e lo scheletro possano essere portati via, e il Cars (Centro altamurano ricerche speleologiche) ha pubblicamente manifestato delle perplessità sul progetto ritenendo che il fossile sia parte integrante della grotta di Lamalunga, un «unicum» carsico: si temono, infatti, possibili danni all'integrità dello scheletro;

          nonostante il professor Giorgio Manzi, ordinario di antropologia all'università «Sapienza» di Roma, insista sul fatto che si tratterebbero di «paure immotivate», l'allerta cresce e c'è bisogno di chiarezza rispetto agli eventi che si stanno velocemente susseguendo;

          a quanto pare si tratterebbe di un progetto assolutamente prudente e con tutte le cautele necessarie. Si starebbero facendo delle indagini dettagliate e questa fase durerà ancora sei-otto mesi. Dopo ogni discesa si studiano i dati. Starebbe operando un team di altissimo livello, i migliori specialisti ciascuno nel proprio ambito di competenze –:

          quali iniziative intendano porre in essere per rassicurare la popolazione altamurana, il comitato di cui sopra e la comunità scientifica circa la messa in sicurezza del reperto e dei luoghi;

          quali atti siano stati prodotti e di quali informazioni dispongano i Ministri interrogati sulla eventuale estrazione dello scheletro;

          quali siano i rischi di uno spostamento e quali azioni di vigilanza siano state messe in campo;

          quali iniziative si intendano intraprendere per coinvolgere e informare la cittadinanza e le istituzioni locali;

          quali iniziative si stiano mettendo in campo per garantire che lo studio e la fruizione del bene avvengano nel territorio di ritrovamento e non venga sottratto alla comunità.
(5-12279)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      COMINARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          in Italia i lavoratori che incorrono in periodi di disoccupazione involontaria, possono usufruire di misure di sostegno economico (Naspi). I lavoratori assunti a tempo indeterminato, le cui aziende devono affrontare periodi di riduzione della produzione, possono usufruire, nei periodi di sospensione dal lavoro della cassa integrazione guadagni, così come i lavoratori stagionali usufruiscono di un contributo economico. Il sistema di welfare in misura maggiore o minore tenta di venire in aiuto a tutti i lavoratori delle categorie sopraindicate, fatta eccezione per il personale che garantisce i servizi di pulizia, ristorazione e in molti casi ausiliariato (ex bidelli) nelle scuole italiane. Questi servizi, così come evidenziato dall'articolo pubblicato dal Bresciaoggi in data 25 luglio 2017, sono ormai in grandissima parte appaltati ad aziende/cooperative, le cui dipendenti sono assunte con contratto a tempo indeterminato con sospensione estiva. Si tratta nella stragrande maggioranza di lavoratrici donne i cui contratti part-time, difficilmente superano le quindici ore alla settimana, per quelle assunte con contratto collettivo nazionale di lavoro del turismo (le addette alla ristorazione) e le quattordici ore per quelle assunte con contratto collettivo nazionale di lavoro dei multiservizi (le addette ai servizi di pulizia e ausiliariato);

          il problema riguarda molti ambiti del pubblico e del privato, tanto che sulla questione è intervenuta la Corte di giustizia dell'Unione europea, affermando (sentenza 396/2010) che questa situazione è in contrasto, con il principio di non discriminazione tra lavoratori part-time e lavoratori full-time, contrariamente a quanto previsto dalla direttiva 97/81/CE. Infatti, queste lavoratrici, che per 9/10 mesi all'anno forniscono alle famiglie italiane un servizio indispensabile, oltre a non usufruire di alcun elemento di welfare, sono altresì penalizzate dal punto di vista del conteggio contributivo ai fini dell'accesso alla pensione, in quanto per ogni anno di lavoro maturano solo 40/44 settimane e non 52. È notizia del Giornale di Brescia in data 25 luglio 2017 che sono stati depositati dalla Filcams oltre 1500 ricorsi amministrativi in Lombardia, 180 solo nel bresciano, dove le lavoratrici complessivamente coinvolte sono circa 800, per la mancata corrispondenza tra anzianità contributiva e durata effettiva del rapporto di lavoro. I ricorsi, condicio sine qua non per procedere alla vertenza nei confronti dell'Inps, ente deputato al recupero dei periodi non conteggiati, si configurano come una class-action a favore di una categoria penalizzata sul fronte del conteggio contributivo;

          a giudizio dell'interrogante, il mancato adeguamento della legislazione italiana a quanto già disposto dalla citata direttiva europea e dalla successiva sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, peraltro confermata dalla recente giurisprudenza della Corte di cassazione (si veda Cass. 24532/2015; Cass. 24647/2015; Cass. 8565/2016; Cass. 22936/2016), espone l'Inps non solo al riconoscimento dei periodi non considerati ai fini dell'accesso alla pensione dei lavoratori a tempo parziale, ma anche alle spese legali –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti e degli elementi riportati in premessa;

          quali iniziative di competenza intenda intraprendere per adeguare la normativa italiana alla citata direttiva europea, al fine di tutelare i soggetti sopra richiamati ed eliminare le discriminazioni tra categorie di lavoratori;

          quali iniziative intenda intraprendere affinché venga estesa la possibilità di usufruire di elementi di welfare per il personale degli appalti scolastici.
(5-12272)


      CIPRINI, TRIPIEDI, COMINARDI, CHIMIENTI, DALL'OSSO e LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          Sda Expres Courier, azienda del gruppo Poste Italiane, è il partner unico per la gestione logistica e distributiva, per l’e-commerce e per la vendita a distanza;

          azienda radicata sull'intero territorio nazionale che consegna ogni giorno migliaia di spedizioni, ha circa 1.500 lavoratori diretti e 7 mila indiretti, di cui 4.500 sono corrieri e gli altri facchini;

          secondo quanto si apprende dalla stampa (www.ilsole24ore.com del 22 settembre 2017), «La guerra dei Cobas è iniziata l'8 settembre quando l'azienda ha annunciato la necessità di sostituire un fornitore per via di una serie di ritardi nei pagamenti degli stipendi, dei contributi e dei suoi fornitori. Accertata l'impossibilità di proseguire il rapporto, Sda ha fatto velocemente una gara per individuare un altro fornitore. La decisione di sostituire il fornitore è stata mal digerita dai Sol Cobas che hanno avviato una protesta in diversi siti. Il nuovo fornitore, però, si è impegnato ad assumere tutti i lavoratori alle stesse condizioni economiche di quello precedente. A quel punto sono cessate le proteste dei Sol Cobas che hanno sbandierato la loro vittoria sindacale, ma sono iniziate quelle dei Si Cobas. In queste ore è in corso una trattativa sindacale a Milano per cercare di trovare una soluzione. Non facile, anche perché manca una piattaforma rivendicativa visto che il nuovo fornitore offrirebbe ai lavoratori le stesse condizioni economiche del precedente»;

          l'azienda che per Sda cura i servizi di movimentazione dei pacchi all'interno dei magazzini è la Cpl-Consorzio progresso logistico che ha comunicato di essere entrata in crisi e di non poter più pagare regolarmente lo stipendio ai dipendenti sostenendo che la causa delle difficoltà è la Sda da cui sarebbe remunerata con tariffe non adeguate;

          all'annuncio di Sda di voler cambiare fornitore, i dirigenti Cpl hanno risposto licenziando 43 dipendenti con contratti in scadenza a fine anno;

          così i sindacati Si-Cobas (Sindacati intercategoriali) e Sol-Cobas (Sindacato operai in lotta) hanno messo in atto una serie di agitazioni sfociate in scioperi che hanno interessato il circuito del corriere Sda, ad opera dei lavoratori delle cooperative che collaborano conto-terzi con Sda;

          al di là delle lotte intestine e della presunta rivalità tra i sindacati Cobas, rimane forte il malcontento dei lavoratori delle cooperative affiliate che svolgono servizi in appalto a Sda e che rivendicano condizioni contrattuali e retributive «adeguate» ed evidenziano la compressione dei loro diritti contrattuali;

          in un comunicato, invece, la Sda spiega che la situazione che si è venuta a creare «mette a repentaglio il lavoro di migliaia di maestranze dirette e indirette dell'indotto dell'e-commerce e comporta, inoltre, danni certi per il blocco delle attività produttive per Sda e la conseguente interruzione del servizio pubblico postale. A tutto questo si aggiunge il danno diretto per i cittadini ed imprese che riceveranno in forte ritardo la consegna dei pacchi a loro destinati» (www.ilfattoquotidiano.it del 25 settembre 2017) –:

          quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare al fine di assicurare a tutti i lavoratori delle cooperative coinvolte condizioni contrattuali e retributive dignitose e la continuità lavorativa, favorendo l'avvio di corrette relazioni industriali tra la Sda e le organizzazioni dei lavoratori delle cooperative affiliate che svolgono attività in appalto per Sda medesima.
(5-12273)


      LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          Ericsson è una multinazionale svedese leader mondiale nella fornitura di tecnologie e servizi per la comunicazione e presente in 180 Paesi;

          in Italia, dove opera dal 1918, sì articola in due società, la Ericsson Telecomunicazioni Italia (Tei) e la Ericsson IT Solutions & Services (Epi), e oggi conta circa 3.800 professionisti;

          a partire dal 2007, il personale impiegato nel nostro Paese ha subito una drastica riduzione e, a giugno 2016, il gruppo ha avviato una procedura di mobilità con il taglio di circa il 10 per cento dell'organico per la Tei e di circa il 3,5 per cento per EPI;

          in data 1° giugno 2017 si è svolto un incontro tra la società, le organizzazioni sindacali e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali relativo all'ennesima procedura di licenziamento collettivo avviata il 14 marzo 2017, ma non è stato raggiunto alcun accordo ed è quindi stato dichiarato un esubero di 350 lavoratori;

          successivamente, la società ha rifiutato di partecipare a un tavolo di confronto con i sindacati e il Governo per individuare soluzioni alternative e, nella notte tra il 21 e il 22 luglio 2017, 182 persone sono state raggiunte da una mail che comunicava il loro licenziamento; il lunedì mattina successivo, quando si sono presentate in ufficio, il loro badge risultava disabilitato;

          durante le passate procedure di licenziamento, Ericsson ha accompagnato le uscite con incentivi, senza tuttavia fornire un reale supporto per il ricollocamento degli ex dipendenti; ad ogni modo, non è possibile arginare tale drammatica situazione attraverso politiche passive del lavoro;

          il nuovo core-business aziendale con relativi investimenti e cambio del mix professionale, non parrebbe giustificare il forte calo occupazionale in atto; si tratta piuttosto, ad avviso dell'interrogante, di scelte riconducibili alla solita logica del capitalismo miope basata sul binomio «maggior profitto-delocalizzazioni»; ai lavoratori licenziati, Ericsson ha negato anche la cassa integrazione;

          è assolutamente necessario verificare il piano industriale di quest'azienda, che peraltro opera in un settore strategico ad alta tecnologia, il quale, oltre a trattare dati sensibili – anche riferiti alla sicurezza nazionale –, presenta una vera e propria emorragia occupazionale;

          è necessario un impegno a tutti i livelli istituzionali per garantire l'assunzione di una responsabilità sociale sul territorio nazionale finalizzata alla tutela dei livelli di occupazione –:

          se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda esposta in premessa e quali iniziative urgenti intendano intraprendere al fine di salvaguardare lavoratori dotati di alta professionalità come quelli licenziati da Ericsson;

          se i Ministri interrogati non reputino necessario invitare i vertici aziendali di Ericsson ad un tavolo di trattativa con il Governo e con i rappresentanti dei lavoratori;

          se i Ministri interrogati non ritengano imprescindibile assumere iniziative normative per disciplinare il fenomeno delle delocalizzazioni «selvagge» che sta determinando effetti traumatici per il mercato del lavoro.
(5-12274)


      RICCIATTI, MELILLA, MARTELLI, NICCHI, QUARANTA, PIRAS, DURANTI, FOLINO, KRONBICHLER, FERRARA e SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          gli elementi più significativi emersi dai dati dell'Istat, elaborati dall'Ires Cgil Marche e relativi al secondo semestre del 2017 indicano che, nelle Marche, il numero degli occupati è sceso a 607 mila unità e cioè oltre 24 mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2016, con un calo pari a -3,9 per cento. Il calo interessa sia il lavoro autonomo sia quello dipendente (-2,2 per cento) e sono colpiti sia gli uomini (-4,3 per cento) sia le donne (-3,3 per cento);

          in sette anni, l'impatto della crisi ha prodotto un calo di occupati pari a 43 mila unità, cioè il 6,6 per cento in meno;

          sono 75 mila le persone che cercano inutilmente lavoro: una cifra in salita del 12,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2016, soprattutto per il significativo numero di disoccupati che da inattivi decidono di tornare a ricercare attivamente un lavoro: 19 mila persone, di cui 11 mila donne;

          nel 2010 i disoccupati erano 36 mila, cioè il 122 per cento in meno rispetto ad oggi;

          particolarmente preoccupante è il numero di coloro che cercano lavoro dopo aver perso quello avevano, 36 mila persone a cui vanno aggiunte 20 mila persone che cercano lavoro per la prima volta (in crescita del 20 per cento rispetto al secondo semestre del 2016), prevalentemente giovani che tentano di entrare nel mondo del lavoro;

          il tasso di disoccupazione si conferma a livelli altissimi, l'11,06 per cento, un valore che per la prima volta supera il tasso di disoccupazione nazionale. Molto allarmante è il dato della disoccupazione femminile che si attesta al 12,66 per cento: un valore praticamente in linea con il dato nazionale;

          gli inattivi, cioè i soggetti che non lavorano e non sono in cerca di un'occupazione sono nelle Marche 298 mila, cioè quasi 9 mila in più rispetto al 2016;

          le Marche sono la nona regione per maggior tasso di disoccupazione, dopo le otto regioni del Sud e molto indietro rispetto alla media del centro-Italia –:

          se il Ministro interrogato non intenda promuovere politiche mirate per le regioni più in difficoltà e come intenda invertire il pericoloso trend della disoccupazione, con particolare attenzione a quella giovanile e femminile.
(5-12276)


      RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          la società Ryanair Limited, nonché le società Workforce International Contractors Limited, Crewlink Ireland Limited Srl, Brookfield Aviation International e McGinley Aviation — queste ultime con lavoratori in distacco presso Ryanair Limited — operano sul suolo italiano con basi di servizio a Alghero, Bari, Bergamo, Bologna, Brindisi, Cagliari, Catania, Lamezia Terme, Milano Malpensa, Napoli, Palermo, Pescara, Pisa, Roma Ciampino, Roma Fiumicino e Trapani;

          da oltre due anni, a quanto è dato sapere, il sindacato Cisl Reti ha tentato di ottenere un incontro con la società Ryanair e le società ad essa collegate, poiché, nonostante numerosi esposti sindacali, a oggi, le stesse violano la normativa italiana in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, di tutela della maternità e della paternità, il regolamento dell'Enac, nonché le disposizioni previste sul distacco transazionale di cui al decreto legislativo n. 136 del 2016, che in base alla circolare dell'Inps n. 1 del 2017 vanno applicate anche al trasporto aereo;

          alle numerose richieste di incontro, avanzate per sollecitare il rispetto della normativa nei confronti dei lavoratori, le società in questione si sono sempre rifiutate di partecipare;

          non è ammissibile che tali società espletino le loro attività in Italia e risultino palesemente non curanti delle normative nazionali a tutela dei lavoratori;

          tra l'altro, si è recentemente appreso che la Ryanair ha intenzione di cancellare un numero consistente di voli per le prossime settimane per permettere ai propri equipaggi di smaltire le ferie non godute. Al riguardo, ci si chiede come sia possibile non aver pianificato le giornate di ferie dei propri dipendenti, che per legge devono obbligatoriamente essere godute, così come sancito dal decreto legislativo n. 185 del 2005 –:

          se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali siano i suoi orientamenti al riguardo;

          se e quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere affinché le società Ryanair Limited, Workforce International Contractors Limited, Crewlink Ireland Limited Srl, Brookfield Aviation International e McGinley Aviation operino in conformità alla normativa italiana in materia di tutela e diritti dei lavoratori.
(5-12278)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BECATTINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

          l'annata olivicola 2017-2018 si preannuncia come una delle peggiori di sempre in termini di quantitativo di olio prodotto, rischiando così un avvicinamento ai risultati registrati nell'anno «nero» 2014;

          l'origine di tale penuria produttiva è da attribuirsi alla siccità ed alle impennate di calore che hanno imperversato sul nostro Paese a partire dalla primavera;

          in particolare, l'eccessivo e perdurante calore ha compromesso l'allegagione, la fase iniziale dello sviluppo dei frutti successiva alla fioritura, mentre le piogge tardive non hanno ancora contribuito a ridurre la caduta dei frutti, soprattutto per le varietà più tradizionali;

          le ripercussioni in termini economici della stretta produttiva si annunciano pesanti, in particolare per quelle regioni e zone d'Italia in cui la produzione olearia rappresenta una quota significativa del prodotto interno lordo regionale;

          in particolare, in Toscana, secondo i dati riportati nello studio «Monitor dei distretti» realizzato dal cento studi di Intesa San Paolo per Banca CR Firenze, si registrano circa 50.000 aziende produttrici di olio, occupanti una superficie di 91.707 ettari con oltre 15 milioni di piante, da cui viene estratta una produzione media di 180.000 quintali annui per un valore complessivo che supera i 130 milioni di euro;

          lo studio appena menzionato prevede, quindi, un calo della produzione, in Toscana, di circa il 60 per cento nel 2017 rispetto all'anno precedente, con punte del 70-80 per cento in alcune zone centrali collinari e della costa;

          a causa dell'alto valore della produzione esportata dalla Toscana (555 milioni di euro nel 2016) si teme, in virtù di un'annata caratterizzata da una penuria di produzione quale l'attuale, l'intensificarsi dei fenomeni di frode, con la messa in commercio di oli non rispondenti ai requisiti stabiliti dalla legge in termini di composizione del prodotto –:

          se, qualora uno scenario così preoccupante dovesse arrivare a concretizzarsi, intenda assumere iniziative per prevedere misure di sostegno straordinarie per l'annata olivicola 2017-2018 a favore delle imprese operanti nel settore, quali ad esempio l'attivazione del fondo di solidarietà nazionale ed un contributo economico straordinario per gli interventi compensativi agli agricoltori che subiranno danni;

          se intenda assumere iniziative per rafforzare le misure di prevenzione, repressione e contrasto alle frodi che, per i motivi evidenziati, potrebbero intensificarsi nel comparto olivicolo durante i prossimi mesi.
(5-12275)

Interrogazione a risposta scritta:


      PASTORELLI e PISICCHIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          le aziende zootecniche in cui si allevano animali delle specie bovina, suina, ovina e caprina, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 317 del 1996 e della circolare n. 11 del Ministero della sanità del 14 agosto 1996, in applicazione della direttiva 92/102/CEE, sono registrate presso i servizi veterinari delle Asl;

          nello specifico, ai fini della disciplina del sostegno accoppiato la circolare dell'Agea prot. n. ACIU.2015.278 del 5 giugno 2015 specifica, con riferimento all'articolo 52 del regolamento (UE) n. 1307/2013, agli articoli 19 e seguenti del decreto ministeriale 18 novembre 2014 n. 6513 e successive modificazioni ed integrazioni e l'articolo 53, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 639/2014, che tra le condizioni di ammissibilità è necessario comprendere l'obbligo di identificazione e registrazione degli animali, ai sensi, rispettivamente, del regolamento (CE) n. 1760/2000 e del regolamento (CE) n. 21/2004. Tale previsione è stata recepita all'articolo 19, comma 3, del decreto ministeriale 18 novembre 2014 n. 6513;

          con la circolare dell'Agea n. 2016.42711 del 4 novembre 2016 che integra e consolida la disciplina di cui sopra, al punto: «2.1.» si evidenzia che: «(...) considerata la tempistica prevista dalla legislazione nazionale per l'identificazione dei capi e la registrazione del capo nella Banca Dati nazionale (7 giorni), ai fini dell'ammissibilità all'aiuto del capo, gli anzidetti adempimenti si considerano correttamente eseguiti se intervengono nel termine massimo di 27 giorni dalla nascita del capo. A tale tempistica si aggiungono ulteriori 5 giorni lavorativi qualora l'allevatore si avvalga di un soggetto delegato per eseguire la registrazione del capo in BDN»;

          ebbene è emerso, in questi giorni – come affermato da Confagricoltura Veneto – che migliaia di capi bovini sono stati esclusi dal premio, poiché le Asl non hanno effettuato le registrazioni all'Anagrafe nazionale della movimentazione dei bovini, per l'anno 2016, nei tempi indicati dalla circolare di cui sopra, ovvero, entro il termine massimo di 5 giorni, nonostante la comunicazione tempestiva e puntuale dell'allevatore (entro 7 giorni);

          l'articolo 7 del regolamento 1760/2000 stabilisce in modo preciso solo i tempi di comunicazione da parte del detentore dell'animale all'autorità competente, senza specificare entro quali termini deve essere effettuata la registrazione. Ne deriva, in mancanza di una disposizione in tal senso cogente per chi deve effettuare la registrazione, che migliaia di allevatori resteranno esclusi dal conseguimento dei premi di cui sopra;

          si rammenta, infine, che la premialità in parola, ai sensi dell'articolo 52 del regolamento 1307/2013, è un sostegno concesso esclusivamente a quei settori o a quelle regioni di uno Stato membro in cui determinati tipi di agricoltura o determinati settori agricoli che rivestono particolare importanza per ragioni economiche, sociali o ambientali, si trovano in difficoltà –:

          se e quali iniziative urgenti il Governo abbia intenzione di assumere per riconoscere, attraverso un idoneo strumento normativo, la validità delle registrazioni effettuate dalle Asl anche oltre il termine di cui sopra, al fine di non penalizzare ulteriormente un settore come quello zootecnico che ha attraversato e tuttora sta attraversando un periodo di profonda crisi e di dare completa attuazione al regolamento 1307/2013.
(4-17955)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


      AMATO e LENZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          il servizio di continuità assistenziale (ex guardia medica) è rivolto a tutti i cittadini residenti nell'ambito territoriale di appartenenza di un presidio sanitario e ha la funzione di garantire la continuità assistenziale del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta nelle ore in cui questo servizio non è garantito, quindi in orari considerati d'urgenza, ovvero dalle ore 20,00 alle ore 8,00 di tutti i giorni e dalle ore 10,00 del giorno prefestivo alle 8,00 del giorno successivo a quello festivo;

          si tratta di professionisti che operano sempre in prima linea, spesso in strutture inadeguate e in condizioni disagiate, come dimostrano le continue aggressioni di cui sono vittime, non ultima quella di questi giorni a danno di una dottoressa nel catanese;

          i continui episodi di cronaca riportano drammaticamente l'attenzione sulla sicurezza delle sedi di continuità assistenziale e ancora di più sui rischi di un'attività troppo a lungo trascurata e sulla necessità che questa sia sottratta all'isolamento strutturale e funzionale in cui versa e venga pienamente integrata nelle cure primarie;

          proprio in virtù della funzione che svolge il medico di continuità assistenziale nonché del suo orario di lavoro, alcune regioni, tra cui Abruzzo, Basilicata e Molise, hanno previsto per i medici di continuità assistenziale un compenso aggiuntivo legato ai rischi e alla tipologia dell'incarico all'interno dell'accordo integrativo regionale;

          secondo la procura della Corte dei Conti, questi accordi sarebbero in contrasto con l'accordo collettivo nazionale nel quale si parla di «onorario omnicomprensivo orario»;

          in seguito a tale decisione le singole regioni coinvolte non solo hanno deliberato la sospensione degli accordi integrativi regionali relativi ai medici di continuità assistenziale, ma hanno prospettato anche la necessità della restituzione delle somme fino ad ora percepite –:

          quali iniziative urgenti, nell'ambito delle sue competenze e nel rispetto di quelle regionali in materia sanitaria, la ministra interrogata intenda adottare non solo per garantire una maggiore sicurezza e una maggiore integrazione all'interno delle singole strutture sanitarie dei medici di continuità assistenziale ma anche per scongiurare che garanzie economiche previste dagli accordi di lavoro vengano meno in virtù di particolari mansioni svolte.
(5-12315)


      NESCI, BUSINAROLO, CECCONI, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, GRILLO, MANTERO, COLONNESE e BARONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          il 14 settembre 2017, in un'inchiesta del settimanale «L'Espresso» è tornato alla ribalta uno dei maggiori scandali sanitari della medicina moderna, legato agli effetti estremamente dannosi del talidomide, farmaco prodotto nel 1956 dalla multinazionale tedesca Grunenthal, pubblicizzato come antinfluenzale, sedativo e, soprattutto, come antinausea per le donne in gravidanza, diffuso in cinquanta Paesi sotto 40 nomi commerciali diversi e che fu ritirato nel 1961 a seguito della conferma, da parte di diverse ricerche scientifiche, circa il collegamento tra il suo utilizzo e l'aumento dei casi di neonati con gravissime malformazioni congenite dello sviluppo degli arti, ovvero amelia e vari gradi di focomelia;

          nel nostro Paese fino al 2008 l'unico beneficio erogato da parte dello Stato alle vittime del talictomide era l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, ai sensi dell'articolo 3, del decreto-legge n. 250 del 2005, che ha collocato la sindrome tra le patologie croniche e invalidanti;

          la legge finanziaria del 2008 ha poi riconosciuto l'indennizzo, demandando ad un successivo decreto il regolamento di esecuzione. Successivamente, l'articolo 31, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, precisava che l'indennizzo fosse riconosciuto soltanto ai nati tra il 1959 e il 1965. Il decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113 (cosiddetto «decreto enti locali»), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, disponeva (articolo 21-ter) che l'indennizzo riconosciuto ai soggetti affetti da sindrome da talidomide nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della micromelia, nati tra il 1959 e il 1965, fosse riconosciuto anche ai nati nel 1958 e nel 1966, estendendolo inoltre a coloro che, anche se nati al di fuori di detti periodi, presentassero malformazioni compatibili con la sindrome da talidomide, confermata dai dovuti accertamenti sanitari;

          il «decreto enti locali» demandava ad un successivo decreto di natura regolamentare la modifica del regolamento n. 163 del 2009, da emanare entro 6 mesi dalla data di conversione del decreto-legge, ovvero entro febbraio 2017, mentre ad oggi, risulta agli interroganti, che tale non decreto sia stato adottato –:

          quali siano i motivi del ritardo relativo all'adozione del decreto di natura regolamentare previsto dal cosiddetto «decreto enti-locali» per la modifica del regolamento n. 163 del 2009 e quali iniziative di carattere normativo la Ministra interrogata intenda intraprendere al fine di tutelare tutte le vittime del talidomide, il cosiddetto «farmaco killer».
(5-12316)


      FUCCI e GALGANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 32, comma 1-bis, del decreto-legge n. 201 del 2011 (Salva-Italia) dispone che: «Il Ministero della salute, sentita l'Agenzia italiana del farmaco, individua entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto un elenco, periodicamente aggiornabile, dei farmaci di cui all'articolo 8, comma 10, lettera c), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni, per i quali permane l'obbligo di ricetta medica e dei quali non è consentita la vendita negli esercizi commerciali di cui al comma 1». Da qui la nascita del delisting;

          il primo elenco redatto nel 2012 conteneva circa 220 confezioni di medicinali, con la specificazione del principio attivo e del marchio di fabbrica. Successivamente, con decreto del Ministero della salute 21 febbraio 2014 è stato previsto il «delisting» di 521 farmaci, da allora la lista dei farmaci non è stata più aggiornata;

          con la creazione del «delisting» è iniziata nel nostro Paese una maggiore diffusione dell'automedicazione dei problemi di salute non gravi con conseguenti benefici al sistema sanitario e ai suoi utenti in termini di riduzione dei tempi di attesa e, conseguentemente, di un servizio più attento e approfondito dei medici che consente di liberare risorse a vantaggio delle terapie destinate ad altre patologie;

          un recente studio condotto nel 2016 da Cergas Bocconi dimostra che un ampliamento dell'offerta terapeutica disponibile in automedicazione porterebbe a un potenziale alleggerimento dei conti del Servizio sanitario nazionale di circa 844 milioni di euro l'anno;

          c'è una continua evoluzione della ricerca farmaceutica. Nel 2015 sono stati autorizzati in Italia 600 nuovi medicinali. Inoltre, nel 2017 l'Organizzazione mondiale della sanità ha aggiornato la lista di farmaci essenziali, pari a 433 farmaci ritenuti fondamentali per affrontare le più importanti esigenze di salute pubblica;

          grazie al delisting ci sarebbe un incremento dei farmaci venduti nei canali, quali parafarmacie, grande distribuzione, market, dove vige sempre la presenza di un farmacista, come garante della salute pubblica del cittadino, con conseguente diminuzione dei costi dei medicinali –:

          se non ritenga necessario – per consentire ai cittadini e all'intero Paese di veder migliorata la qualità della vita e delle terapie ad oggi offerte – assumere iniziative per il rapido aggiornamento da parte dell'Aifa della lista di farmaci di classe C, prevista dal decreto ministeriale 18 aprile 2012 che dà attuazione all'articolo 32, comma 1-bis, del decreto-legge «Salva-Italia».
(5-12317)


      GULLO e SANDRA SAVINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          il 22 febbraio 2017 con delibera n. 125, l'Ifo ha nominato la dottoressa Branka Vujovic direttore sanitario di azienda a partire dal 1° marzo 2017, la quale ha compiuto 65 anni a pochi mesi dalla delibera n. 125. La legge regionale di riferimento degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico n. 2 del 2006 estendeva l'età pensionabile al compimento del settantesimo anno di età, tuttavia è stata successivamente dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 422 del 2006;

          l'articolo 11 del decreto n. 288 del 2003, recante la disciplina statale sull'età pensionabile, afferma che «le funzioni di direttore sanitario e di direttore amministrativo cessano al compimento del sessantacinquesimo anno di età», ferma la possibilità di ottenere il prolungamento per un biennio, in base all'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 503 del 1992. Tale normativa è stata abrogata tuttavia dal decreto-legge n. 90 del 2014;

          con la dichiarazione del 26 maggio 2016, n. 24386, dell'Asl 3 del Friuli, alla dottoressa Vujovic viene accordata la prosecuzione del rapporto di lavoro fino al raggiungimento dei quaranta anni effettivi di servizio e comunque non oltre il settantesimo anno di età, sulla base di quanto disposto dall'articolo 15-nonies del decreto legislativo n. 502 del 1992, richiamata dal citato articolo 11 del decreto n. 288. La normativa di cui al decreto n. 502, però, riguarda la disciplina generale dell'età pensionabile dei dirigenti medici e non altresì gli incarichi di direttore generale, amministrativo, scientifico e sanitario degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico che sono di natura autonoma e sono sottoposti ad altra normativa;

          se viene prefigurata la possibilità che l'articolo 11 del decreto n. 288 del 2003 contenga un richiamo alla disciplina generale dell'età pensionabile dei dirigenti medici, ma non alle successive modifiche intervenute, militerebbe a favore della tesi del cosiddetto «rinvio fisso» la circostanza per cui, se il legislatore avesse voluto richiamare la generale disciplina riguardante i dirigenti medici, avrebbe rinviato direttamente al citato articolo 15-nonies. Non avendo così proceduto, sembra che il legislatore abbia svolto una valutazione riguardante specificamente gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, ritenendo congruo il limite dei sessantacinque anni –:

          se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per chiarire la corretta interpretazione e applicazione della normativa in questione per consentire di valutare concretamente, alla luce del quadro normativo di riferimento, la legittimità della delibera di nomina del direttore sanitario aziendale degli IFO.
(5-12318)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          si stima che nel Paese vi siano, tra bambini, adolescenti e persone adulte con un disturbo dello spettro autistico, tra le 300-400 mila persone;

          il Sole 24Ore ha pubblicato un articolo con il quale illustra le carenze che riguardano tutti gli ambiti – soprattutto al Sud – dell'assistenza ai minori con disturbi dello spettro autistico che fa riferimento ad una prima ricognizione nazionale condotta dall'Istituto superiore di sanità sulle unità operative (Uo) di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza (Npia), terminale sanitario dell'utenza con autismo dei Sistemi sanitari regionali (Ssr);

          tali carenze interessano il personale in servizio nelle strutture pubbliche e la ridotta offerta di strutture residenziali;

          la capacità di fornire sia diagnosi, sia intervento su persone affette dallo spettro autistico si differenzia tra regione e regione: l'83 per cento nel Nord, il 69 per cento nel Centro, il 61 per cento nelle isole e il 51 per cento nel Sud;

          ogni unità operativa è composta in media da due neuro psichiatri Infantili, due psicologi, un terapista della neuro-psicomotricità dell'età evolutiva, due logopedisti, un educatore, un infermiere e molto spesso nemmeno un assistente sociale;

          inoltre, l'adesione a uno specifico protocollo diagnostico è disomogenea nelle diverse regioni anche per quanto riguarda i percorsi a garanzia della transizione tra i servizi per i minori e quelli per gli adulti; infatti, al Nord, circa l'80 per cento di strutture dichiarano di possedere un protocollo di diagnosi, mentre al Sud e nelle isole si è al di sotto del 50 per cento;

          la legge 18 agosto 2015, n. 134, «Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie» pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.199 del 28 agosto 2015, il fondo destinato alla cura di tale disturbo e le linee d'indirizzo del Ministero della salute, adottate previa intesa della Conferenza unificata, di cui all'articolo 4 della suddetta legge, dovrebbero costituire un forte impulso per la realizzazione di tavoli regionali per l'individuazione di strumenti e metodologie condivise per migliorare gli interventi in tale campo –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;

          poiché la capacità, di erogare i livelli essenziali di assistenza nell'ambito delle cure per i disturbi dello spettro autistico è disomogenea per area geografica, quali siano le iniziative di competenza che intenda mettere in campo al riguardo;

          considerato lo scarso livello di aderenza ai protocolli diagnostici e di cura da parte delle unità operative nelle singole regioni, quali siano le iniziative, per quanto di competenza, che intenda assumere affinché si possano compiere percorsi omogenei in tutto il territorio nazionale per il sostegno delle persone affette da spettro autistico e delle loro famiglie.
(5-12281)


      BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          da un articolo apparso su La Stampa il 23 settembre 2017, relativo al Ministero della salute, si apprende che un dossier riservato svelerebbe che il bilancio della sanità ha un deficit di circa 1,5 miliardi di euro;

          il bilancio, parrebbe ripianato grazie all'aumento delle tasse e al taglio di servizi, personale e macchinari e quindi in attivo per 312 milioni di euro;

          la Corte dei conti solo tre mesi fa, annunciava che le asl e gli ospedali, dopo anni di crisi e di spending review, finalmente potevano contare su un bilancio positivo;

          dunque, secondo il dossier, asl e ospedali sono passati da una perdita di 5,7 miliardi di euro a un attivo di quasi 400 milioni di euro;

          ciò però non sarebbe dovuto alla corretta e opportuna «lotta agli sprechi», bensì al contestuale aumento del 59 per cento delle addizionali regionali sull'Irpef con un incremento di costi di 158 euro a persona;

          tuttavia, dal dossier ministeriale parrebbe che nelle sole aziende ospedaliere pubbliche c'è una perdita da un miliardo e mezzo di euro, ripartito tra quarantadue strutture, mentre altre nove avrebbero i conteggi in ordine pur non potendo garantire i livelli essenziali di assistenza (Lea) e che le perdite sono state quantificate valutando le entrate e il valore delle prestazioni sanitarie;

          la regione Campania ha un passivo di oltre 350 milioni di euro, 102 dei quali del solo Cardarelli di Napoli, seguita dal Lazio, con 257 milioni, e dalla Sicilia, con 231 milioni di euro;

          si deduce dunque che le tre suindicate regioni generano più della metà del deficit ospedaliero nazionale;

          la mancanza di personale rende difficoltoso il corretto rapporto tra il personale medico e infermieristico e i pazienti, poiché il personale è sottoposto a turni interminabili, peggiorando di conseguenza la qualità del lavoro del personale medesimo e la qualità delle prestazioni ai cittadini;

          infatti, dal 2010 al 2016 la spesa per il personale dipendente si è ridotta di 2,3 miliardi di euro e, rispetto al 2009, a fine 2015 erano impiegate nelle sanità quaranta mila persone in meno;

          i tagli lineari messi in atto dal Ministero della salute hanno comportato, secondo gli interroganti, un progressivo peggioramento del diritto alla salute dei cittadini –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e pubblicato su La Stampa;

          se trovi conferma l'esistenza del dossier riservato di cui in premessa e, in caso affermativo, perché non sia mai stato divulgato;

          considerato che, ove quanto scritto nel dossier e affermato dall'articolo corrispondesse al vero, si tratterebbe di una situazione gravissima, quali siano i motivi che hanno portato a non far emergere i dati negativi in cui versano economicamente le strutture ospedaliere e sanitarie presenti nel Paese;

          se non ritenga di assumere iniziative per evitare «tagli» sul capitale umano, sia in termini quantitativi sia qualitativi, a discapito dei pazienti;

          se corrisponda al vero che nei bilanci ospedalieri si nascondano contributi regionali, come quelli sulle funzioni non tariffabili che in molti casi non corrispondono al valore delle prestazioni erogate;

          se corrisponda al vero che le tariffe per ricoveri e interventi chirurgici varino fortemente da una regione all'altra;

          se la norma inserita nella legge di stabilità del 2016 che obbligava i manager degli ospedali con un deficit superiore al 7 per cento del bilancio a predisporre piani di rientro triennali – pena la perdita del ruolo di direttore generale – abbia concretamente portato a un abbattimento dei costi sanitari superflui, oppure, come ritengono gli interroganti, sia stata una norma che abbia comportato solo riduzioni di servizi e un peggioramento dei livelli essenziali di assistenza.
(5-12282)

Interrogazione a risposta scritta:


      SBROLLINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          in materia socio-sanitaria, le nuove linee di indirizzo per i nuovi atti aziendali definite dalla regione Veneto, anche alla luce della fusione e della riorganizzazione delle aziende Ulss, hanno visto un declassamento di tutte le unità operative complesse di neuropsichiatria infantile. Tale riforma ha trasformato le unità operative complesse (Uoc) in unità operative semplici (Uos);

          la regione Veneto, unica in Italia, non avrà quindi negli anni futuri nessuna Uoc di Npia (neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'adolescenza). Le nuove Uos di Npia diventeranno sottocomponenti organizzative delle Uoc infanzia, adolescenza, famiglia e consultori. Tale situazione sarà aggravata dal fatto che vi è già ora estrema difformità dei servizi nelle diverse ex Ulss, come organizzazione, denominazione, risorsi per questi tipi di prestazioni;

          in Veneto le persone assistite per problemi di salute mentale sono oltre 70 mila: giovani, donne e uomini con disagi diversi, alcuni dei quali gravissimi. Ma nonostante un simile contesto, in Veneto l'investimento destinato alla salute mentale è addirittura inferiore alla media nazionale, con appena il 2,9 per cento delle risorse sanitarie destinate al settore. Questa riforma interviene come se i disturbi del neurosviluppo fossero disturbi a preminente genesi sociale, con un netto passo indietro culturale;

          la Società italiana di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza (Sinpia), come alcuni quotidiani locali tra cui «Il Giornale di Vicenza», e numerose associazioni e famiglie, hanno prontamente denunciato la nuova riforma, prevedendo anche come questa comporterà uno scadimento delle capacità di diagnosi precoce e trattamento dei disturbi neuropsichiatrici e della professionalità sanitaria;

          sempre secondo la Sinpia conseguirà un marcato peggioramento dell'offerta sanitaria regionale e un aumento dei costi per i pazienti costretti a rivolgersi a strutture private o esterne alla regione Veneto;

          la Costituzione italiana, all'articolo 32, recita: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività»;

          il Parlamento nazionale ha recentemente approvato una nuova normativa per la diagnosi e la cura delle persone con disturbi dello spettro autistico e assistenza alle famiglie e i servizi sociosanitari fondamentali per l'autismo sono stati inseriti nei livelli essenziali di assistenza (Lea);

          la letteratura scientifica e la totalità dei medici considerano l'autismo tra i disturbi pervasivi dello sviluppo; essi concordano che si tratta di una sindrome complessa, organica e relazionale che coinvolge anche il nucleo familiare;

          gli interventi che il sistema sociosanitario italiano deve offrire non possono non essere all'altezza delle necessità reali delle famiglie –:

          se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;

          se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per garantire la piena applicazione dei livelli essenziali di assistenza in ambito socio-sanitario;

          se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per rafforzare e valorizzare le strutture e le articolazioni sanitarie che si occupano di neuropsichiatria infantile, alla luce di quanto accaduto in Veneto.
(4-17940)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

          il 9 settembre 2017, il quotidiano la Repubblica, nel dare la notizia che la multinazionale dell'alluminio Alcoa avrebbe raggiunto un accordo con cassa conguaglio del settore elettrico, riferisce che si sarebbe superato l'ultimo ostacolo alla ripresa delle attività nell'impianto;

          giova ricordare che è in corso un piano, avviato nel mese di novembre del 2016 e affidato a Invitalia, che ha consentito di rinviare di dodici mesi lo smantellamento e, nel frattempo, individuare nuovi investitori;

          in un comunicato ufficiale (17 novembre 2016), il Ministero dello sviluppo economico annunciava che «Alcoa si impegna a trasferire ad Invitalia lo stabilimento a titolo gratuito, nonché una dotazione di capitale che la due diligence stabilirà essere necessaria a rimettere in funzione l'impianto; Invitalia contestualmente trasferirà, di nuovo a titolo gratuito, la proprietà e la dotazione finanziaria all'investitore che riavvierà la produzione»;

          la Sideralloys Intl — società specializzata nella commercializzazione di prodotti siderurgici e unico soggetto ad aver presentato un'offerta di acquisto — avrebbe sottoscritto un accordo con Invitalia, a cui farebbe seguito «l'avvio della due diligence propedeutica alla formulazione di una proposta d'acquisto dello stabilimento» (Il Sole24ore dell'11 gennaio 2017);

          il 14 luglio 2017 era fissata la scadenza dell'offerta della società, scadenza slittata a settembre 2017;

          a tutt'oggi non si conoscono i contenuti del piano industriale che presumibilmente Sideralloys dovrebbe aver presentato unitamente all'offerta;

          la società avrebbe negato ad alcuni rappresentanti sindacali locali informazioni in merito al piano industriale, sostenendo che «con Invitalia sono previste delle clausole espresse che vietano la divulgazione di informazioni a terze parti» (La Provincia del Sulcis-Iglesiente del 31 maggio 2017);

          le citate motivazioni striderebbero col fatto che l'azienda, appena qualche settima prima, avesse convocato «una conferenza stampa in un albergo di Roma per chiarire le proprie strategie finalizzate all'acquisizione dello smelter» (Sardiniapost del 9 maggio 2017);

          in quella circostanza, l'amministratore delegato, avrebbe dichiarato che «Entro otto mesi dall'ingresso nella fabbrica di Portovesme potremmo avviare la produzione al 30 per cento con l'assunzione di 40 unità, per poi raggiungere il massimo della produzione di 155 mila tonnellate di alluminio entro 18-24 mesi, con il rientro a lavoro di tutti i 400 dipendenti» (è il caso di rilevare che i dipendenti Alcoa erano molti di più);

          il manager avrebbe anche affermato che «Per la nostra esperienza in trader e commercializzazione, quella di Portovesme, per i suoi volumi, è una produzione che deve essere rivolta più a logiche di nicchia che a quelle da multinazionale, con cui è più complesso competere»;

          l'affermazione conterrebbe elementi controversi a cominciare dall'ammessa mancanza di esperienza nella produzione, ma solo nella commercializzazione, per finire con l'inconciliabilità tra la dichiarata volontà di guardare a logiche di nicchia e, nel contempo, porsi obiettivi che si allineano con quelli conseguiti dalla multinazionale Alcoa;

          il citato articolo della Repubblica riferisce, inoltre, che il piano di rilancio prevede circa cento milioni di euro di investimento, 30 per cento da parte del privato, il resto coperto da mutui agevolati e investimenti finanziati con risorse pubbliche a fondo perduto;

          la produzione nell'impianto ex Alcoa di Portovesme è ferma dal 2012, conseguentemente strumentazioni, macchinari e attrezzature dovrebbero aver subito un rapido processo di invecchiamento che imporrebbe cospicui investimenti, probabilmente superiori a quelli riferiti dal giornale;

          il personale tecnico, dopo cinque anni di fermo e otto trascorsi dall'annuncio della dismissione, in buona parte, potrebbe non essere più disponibile; conseguentemente, sarebbero andate perse competenze e conoscenze tecniche, circostanze rilevanti in un contesto in cui il potenziale acquirente non avrebbe nessuna competenza nella gestione di impianti produttivi e tantomeno nella produzione di alluminio primario;

          c'è da rilevare, infine, che attualmente mancherebbe l'intera filiera della produzione di alluminio, considerato che non ci sarebbe un piano industriale per la produzione a monte (Eurallumina spa) e a valle (ex Ila), circostanza che sostanzialmente fa risultare lo stabilimento ex Alcoa un'isola in un'area dove non sono presenti terze lavorazioni specifiche e dove il settore industriale presenta da circa 20 anni una desertificazione produttiva –:

          quali siano i contenuti del piano industriale presentato dalla Sideralloys unitamente all'offerta di acquisto, con particolare riferimento alle risorse necessarie per riavviare l'impianto, alle stime sui livelli produttivi e alla forza lavoro necessaria;

          quali siano gli elementi principali che caratterizzano la fornitura dell'energia elettrica, tenendo presente lo stato attuale della centrale Enel locale e soprattutto i piani industriali previsionali della stessa centrale termica;

          se vi sia una previsione dei potenziali mercati nei quali allocare il prodotto, anche in relazione all'immissione di produzioni a basso costo da parte di Paesi come Cina e Russia;

          quali siano le analisi sullo stato dell'impianto e le risultanze dell'esame dell'offerta di acquisto.
(2-01952) «Vallascas».

Interrogazioni a risposta scritta:


      VILLAROSA, SPESSOTTO, DE LORENZIS, DELL'ORCO e CARINELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          già nel febbraio 2015 si apprende la notizia della chiusura totale di diversi uffici postali in provincia di Messina e, contemporaneamente, la parziale chiusura di altri uffici nelle frazioni messinesi dove è prevista l'apertura anche un solo giorno per settimana (tempostretto.it 6 febbraio 2015);

          nel mese di maggio 2016 primo firmatario del presente atto ha depositato l'interrogazione n. 4-13308, ancora senza risposta, avente come oggetto il piano di Poste Italiane di distruggere, parzialmente, il servizio postale universale di cui è affidatario, prevedendo il recapito della posta a giorni alterni per 5.296 comuni italiani;

          nello stesso atto n. 4-13308, si evidenziava che il Tar Lazio ha sospeso il giudizio in merito al ricorso presentato da 41 comuni, trasmettendo gli atti all'organismo europeo. Secondo il Tar, dimezzamento del servizio, pur essendo legittimo, evidenzia un contrasto tra la legge nazionale e le direttive europee che puntano ad un servizio universale e a una «consegna della posta garantita come minimo cinque giorni alla settimana»;

          in tale ottica «europea» appare quantomeno assurda la decisione di chiudere totalmente, per alcuni giorni a settimana, alcuni uffici postali presenti sul territorio nazionale;

          ad esempio, uno dei comuni interessati da questi fatti è Castroreale (Messina) che ha subìto la chiusura quasi totale dell'ufficio di Protonotaro (aperto solo il venerdì ed a volte senza linea internet funzionante) ed il dimezzamento delle giornate di apertura dell'ufficio di Bafia (entrambe frazioni distanti alcuni chilometri da Castroreale). Questa situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che in tutto il territorio del comune di Castroreale non esiste più alcuna filiale di banca, creando enormi disagi ai cittadini, specialmente a quelli anziani non molto in confidenza con le nuove tecnologie di HomeBanking;

          l'unico sportello bancomat esistente su tutto il territorio comunale si trova all'interno dell'ufficio postale di Castroreale, quindi soggetto ai giorni e agli orari di apertura e chiusura dell'ufficio stesso, creando una situazione molto disagevole per gli abitanti ed al limite del ridicolo per i turisti che, fortunatamente, sono attratti dalle bellezze e dalla storia del luogo;

          il grazioso borgo di Castroreale, pur vantando una posizione geograficamente favorevole in quanto poco distante da altri comuni molto importanti e popolati, soffre, da un paio di anni, del grave problema dello spopolamento e, conseguentemente, del correlato problema di pochi residenti-contribuenti e di certo la negazione del diritto ad avere un ufficio postale (in assenza di banche), anche solo per un giorno alla settimana, di certo non aiuta la situazione attuale già pesantemente compromessa –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

          quali iniziative, nell'ambito delle sue competenze, intenda promuovere per la soluzione dei problemi esposti;

          se, nell'ambito delle sue competenze, intenda valutare ogni iniziativa volta a far aumentare i giorni di apertura dell'ufficio di Protonotaro, oltre a fare in modo che l'ufficio sia perfettamente in grado di svolgere il suo prezioso servizio.
(4-17937)


      FEDRIGA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          la siderurgia italiana ed europea non ha mai conosciuto una crisi così forte come quella degli ultimi dieci anni, favorita, da un lato, dal crollo del consumo interno (si è passati da 5,5 milioni di tonnellate di consumi all'anno agli attuali 1,5 milioni) e, dall'altro, dall'aggressiva concorrenza cinese, la quale sta mettendo a rischio di fallimento le imprese che operano in Italia nel rispetto della concorrenza e delle regole di mercato;

          le aziende di settore operano in un mercato fortemente competitivo e nonostante il costo delle principali materie prime – per le quali l'Italia è un importatore netto – sia tra i più alti a livello mondiale, il prezzo dei prodotti italiani è tra più bassi;

          l'azienda friulana Ferriere Nord è tra i leader siderurgici in Italia e occupa direttamente circa 1.700 persone, alimentando un indotto occupazionale che ammonta a circa 7.000 persone;

          di recente, la Ferriere Nord, oltre a dover affrontare le difficoltà proprie del settore, è stata colpita da una pesante sanzione dell'Antitrust, pari al 4 per cento del fatturato e a venti volte gli utili, insieme ad altre sette acciaierie produttrici di tondo per cemento armato e rete per l'edilizia in Italia, per un importo totale di oltre 140 milioni di euro in relazione all'esistenza di un cartello per il controllo del prezzo di tale prodotto nel periodo 2010-2015;

          è necessario scongiurare il rischio di un futuro smantellamento delle aziende siderurgiche in Italia, con conseguenze disastrose sul fronte occupazionale –:

          quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per tutelare dal rischio di fallimento le aziende leader del settore, come la friulana Ferriere Nord, a garanzia del mantenimento della continuità produttiva ed occupazionale delle stesse.
(4-17949)

Apposizione di una firma
ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Oliverio e altri n. 3-03273, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rostellato.

Cambio di presentatore ad una mozione e cambio ordine dei firmatari.

      Mozione Busin n. 1-01709, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 settembre 2017, è da intendersi presentata dal deputato Simonetti e contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine dei firmatari deve intendersi così modificato: «Simonetti, Busin, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini.

Pubblicazione di un testo riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato della mozione Simonetti n. 1-01709, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 858 del 26 settembre 2017.

      La Camera,

          premesso che:

              la riforma del federalismo fiscale ha segnato una svolta senza precedenti nel nostro sistema: si tratta di un rinnovato corpus normativo volto a definire un sistema di finanza multilivello che declina in modo nuovo ed originale i rapporti tra Stato, autonomie ed Unione europea, con lo scopo di assicurare un coordinamento unitario e coerente non solo della finanza pubblica, ma anche delle stesse politiche pubbliche che si dipanano tra i diversi livelli di governo;

              il duplice scopo del federalismo fiscale è quello di arrivare ad una razionalizzazione nella gestione delle risorse pubbliche che possa, al contempo, garantire, anzi migliorare, l'offerta dei servizi per i cittadini. Attraverso un simile strumento, inoltre, si mira anche a responsabilizzare maggiormente gli enti territoriali e locali, implementando il principio di sussidiarietà orizzontale e verticale previsti nell'articolo 118 della Costituzione;

              tale normativa, prevista nella legge n. 42 del 2009 di attuazione della delega costituzionale dell'articolo 119 della Costituzione, rimane però oggi ancora sostanzialmente inattuata;

              il fondo di solidarietà comunale (FSC) ha sostituito, nel 2013, il vecchio fondo sperimentale di riequilibrio previsto dal decreto n. 23 del 2011 sul federalismo municipale, mantenendo lo scopo di limitare le disuguaglianze del gettito immobiliare tra città ricche e città povere;

              ad oggi, il fondo di solidarietà comunale secondo quanto si apprende dalla nota metodologica del Ministero dell'economia e delle finanze del 19 gennaio 2017, è articolato in due componenti: la prima è la componente tradizionale, a sua volta articolata in una parte destinata al riequilibrio delle risorse storiche, che avviene attraverso la trattenuta dall'Imu, e una parte perequativa; la seconda è la componente costituita dal ristoro dei gettiti perduti per le esenzioni e agevolazioni Imu e tasi previste dalla legge di stabilità 2016;

              a partire dal 2015, per le assegnazioni a ciascun comune, è stata utilizzata l'applicazione di criteri perequativi basati sui fabbisogni e sulle capacità fiscali standard pari ad una quota pari al 20 per cento delle risorse del fondo, aumentata progressivamente al 30 per cento nel 2016 e al 40 per cento nel 2017. Il coefficiente di riparto delle risorse standard complessive è stato costituito portando il peso della componente relativa alla differenza tra i fabbisogni standard e capacità fiscali dal 70 all'80 per cento e il peso della popolazione (capacità fiscale pro-capite) dal 30 per cento al 20 per cento. In futuro il peso dei due parametri è destinato a crescere progressivamente visto che la fetta di risorse distribuite sulla base delle capacità fiscali e dei fabbisogni salirà al 55 per cento nel 2018, al 70 per cento nel 2019, all'85 per cento nel 2020 e al 100 per cento a decorrere dal 2021. La componente di ristoro rimane invece sostanzialmente la stessa;

              nonostante l'implementazione dei criteri perequativi basati sui fabbisogni e sulle capacità fiscali standard, nel 2016, si è utilizzato un aggiustamento statistico proprio per la distribuzione di questo 30 per cento del fondo, al fine di mitigare gli effetti negativi che i comuni meno virtuosi avrebbero subito per lo scostamento tra spesa storica e spesa standard. Il correttivo statistico operava quindi in favore di quegli enti che in sede di prima assegnazione avevano registrato un differenziale negativo tra la dotazione standard e la dotazione storica uguale o maggiore al 2 per cento;

              ugualmente, quest'anno, l'articolo 14 della manovra correttiva (decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50) prevede un nuovo correttivo statistico per attenuare gli scostamenti negativi più ampi. Ciò, in sostanza, è equivalso a non tagliare di netto i fondi a quei comuni che hanno una spesa storica più alta, che sarebbero stati penalizzati ancora una volta, dai costi standard;

              si tratta di 14 milioni di euro ancora non distribuiti (degli 80 previsti dalla legge di bilancio 2017 per le compensazioni sul minor gettito della Tasi) e di 11 milioni ancora non distribuiti (dei 155 milioni di euro previsti dalla stabilità 2016 a titolo di compensazione per il minor gettito dovuto agli aggiornamenti catastali). Durante l'esame presso la Camera dei deputati, è stata inoltre accolta una proposta governativa che ha aumentato l'FSC di 25 milioni di euro proprio con lo scopo di costituire un accantonamento in favore dei comuni che presentano una variazione negativa della spettanza del fondo di solidarietà comunale rispetto alle risorse storiche, a titolo di correttivo del meccanismo di perequazione. A decorrere dal 2022 i 25 milioni di euro saranno poi destinati alle fusioni dei comuni;

              dunque, il criterio basato su risorse standard rimane ancora sostanzialmente insufficiente ed è evidente come i correttivi applicati ritardino l'applicazione completa dei costi standard e non aiutino gli enti maggiormente virtuosi, che, operando una razionale ed oculata gestione delle proprie risorse, hanno invece rispettato i patti di stabilità e contribuito al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica derivanti dalla normativa interna e dall'appartenenza dell'Italia alla zona euro. Allo stesso modo, non è stato dato adeguato rilievo, nelle note metodologiche di riparto del fondo di solidarietà comunale, al differenziale positivo o negativo del residuo fiscale comunale che, segnando la differenza tra tutte le entrate e le risorse che in quel territorio vengono spese, costituisce anche un indicatore della virtuosità degli enti locali nella razionalizzazione delle spese di fondi pubblici;

              al contempo, è stato sempre previsto un ampio spettro di esclusione dalle sanzioni per i comuni che non hanno rispettato il patto di stabilità prima in vigore o il pareggio di bilancio ora vigente;

              per poter razionalizzare la spesa in maniera selettiva occorre rispettare un principio basilare che è quello dell'individuazione dei fabbisogni standard e dell'applicazione consequenziale dei costi standard;

              i tagli non devono essere previsti sui bilanci consuntivi ma su quelli preventivi, cosa che ad oggi non viene fatta. Il passaggio dalla spesa storica al costo standard orienterà la politica delle amministrazioni verso una nuova logica meritocratica che eviti le note inefficienze del passato;

              è necessario attivare il circuito della responsabilità, favorendo la trasparenza delle decisioni di spesa e la loro imputabilità attraverso il pieno compimento del passaggio dalla spesa storica (che finanzia servizi e sprechi) al costo/fabbisogno standard (che finanzia i servizi), al fine di garantire un elevatissimo grado di solidarietà e di gestione responsabile del pubblico denaro;

              la pubblica amministrazione è il fronte sul quale va combattuta la principale battaglia per l'efficienza e il risparmio;

              gli sprechi della pubblica amministrazione non possono e non devono essere attribuiti soltanto ed esclusivamente alle situazioni patologiche di illegalità e incuria, ma anche alle situazioni di normalità, a causa di una gestione non ottimale (o meglio non professionale) dell'azione amministrativa. Si tratta di situazioni nelle quali la spesa, sebbene utilizzata dagli attori per finalità pubbliche, non è impiegata nel modo migliore, più produttivo e più efficace, a causa di un approccio non rigoroso, sul piano del metodo, alla progettazione delle politiche e dei servizi pubblici;

              infine, riguardo ancora al fondo di solidarietà comunale, è necessario ricordare come la metodologia di ripartizione dello stesso comporti significativi svantaggi per i piccoli comuni. La capacità fiscale, infatti, in questi centri, risulta gonfiata dal gettito potenziale di imu e tasi, determinata da un patrimonio immobiliare spesso abbandonato, ma considerato ancora potenzialmente produttivo di reddito da parte del fisco;

              tale problematica è stata nuovamente sollevata, in sede di audizione presso la Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale, dalla direttrice generale del dipartimento delle finanze Fabrizia Lapecorella che ha spiegato come nei piccolissimi comuni (sotto i 500 abitanti) la capacità fiscale pro capite per il 2018 raggiungerà quota 629 euro. Nella classe demografica che va da 500 e mille abitanti, invece, si scende a 491 euro pro capite, ma si tratta sempre di cifre che, se appaiono realistiche per un comune di grandi dimensioni (483 euro è infatti la capacità fiscale pro capite degli enti tra 60 mila e 100 mila abitanti) risultano abnormi per un mini-ente;

              ciò è possibile perché l'ingente patrimonio immobiliare presente in questi piccoli comuni, costituito spesso da seconde case non più abitate, spalmato su una popolazione esigua, porta inevitabilmente la capacità fiscale pro capite a livelli pari a quelli delle metropoli (695 euro è il valore di riferimento per le città sopra i 250.000 abitanti);

              i piccoli comuni sono quindi penalizzati, perché il loro alto valore di capacità fiscale, che non viene compensato da elevati fabbisogni come nel caso delle grandi città, rischia di portare inevitabilmente a una penalizzazione nella distribuzione delle risorse;

              la riduzione della capacità fiscale porterà a una riduzione della quota perequativa del fondo di solidarietà comunale 2018, fermo restando che il totale delle risorse a disposizione dei comuni resterà invariato;

              si consideri infine che la stessa criticità si presenta anche per i comuni ad alta vocazione turistica,

impegna il Governo:

1) ad attuare tempestivamente ed integralmente, mediante provvedimenti ad hoc o nell'ambito della prima iniziativa utile, la normativa sul federalismo fiscale, così come previsto dalla legge 5 maggio 2009, n. 42, al fine di completare l'attuazione del nuovo articolo 119 che prevede non soltanto l'equilibrio dei bilanci degli enti locali e territoriali, nel rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, ma anche l'autonomia di entrata e di spesa, di cui non è mai stata completata l'attuazione, come specificato in premessa;

2) con lo scopo di aumentare il risparmio pubblico e razionalizzare la spesa pubblica mantenendo al contempo una erogazione ottimale dei servizi ai cittadini, ad assumere iniziative per prevedere una disciplina più vantaggiosa per gli enti che hanno rispettato il patto di stabilità interno e il pareggio di bilancio, tenendo conto del residuo fiscale positivo, al fine di premiare altresì i comuni virtuosi ed incentivare così i meno virtuosi ad allinearsi ai costi standard;

3) ad adottare al più presto adeguati strumenti normativi di riparto del fondo di solidarietà comunale al fine di non penalizzare, come esposto in premessa, i «mini-enti», così come pure i comuni a vocazione turistica, in modo da evitare che l'elevata capacità fiscale prodotta da questi causi una sproporzionata riduzione della quota perequativa del fondo di solidarietà comunale per il prossimo anno.
(1-01709) (Nuova formulazione) «Simonetti, Busin, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini».

Ritiro di documenti del Sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

          interrogazione a risposta scritta Fitzgerald Nissoli n. 4-17272 del 12 luglio 2017;

          interrogazione a risposta scritta Gullo n. 4-17336 del 14 luglio 2017;

          interrogazione a risposta in Commissione Luigi Gallo n. 5-11913 del 20 luglio 2017;

          interrogazione a risposta scritta Labriola n. 4-17470 del 25 luglio 2017;

          interrogazione a risposta orale Galgano n. 3-03215 del 12 settembre 2017;

          interrogazione a risposta scritta Fassina n. 4-17810 del 15 settembre 2017;

          interrogazione a risposta in Commissione Franco Bordo n. 5-12196 del 18 settembre 2017;

          interpellanza urgente Pastorelli n. 2-01936 del 19 settembre 2017;

          interrogazione a risposta orale Saltamartini n. 3-03264 del 26 settembre 2017;

          interrogazione a risposta scritta Menorello n. 4-17925 del 26 settembre 2017.