XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 28 settembre 2017

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME: PDL N. 1994-B.

Pdl n.  1994-B – Disposizioni in materia di criteri per l'esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi

Tempo complessivo: 12 ore, di cui:
•  discussione generale: 8 ore;
•  seguito dell'esame: 4 ore.

  Discussione generale Seguito dell'esame
Relatori 30 minuti (complessivamente) 30 minuti (complessivamente)
Governo 15 minuti 15 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici   20 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 19 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 25 minuti (con il limite massimo di 3 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 46 minuti 2 ore e 20 minuti
    Partito Democratico 38 minuti 37 minuti
    MoVimento 5 Stelle 32 minuti 16 minuti
    Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 32 minuti 12 minuti
    Articolo 1 – Movimento Democratico e Progressista 31 minuti 11 minuti
    Alternativa Popolare – Centristi per l'Europa – NCD 31 minuti 9 minuti
    Lega Nord e Autonomie – Lega dei Popoli – Noi con Salvini 31 minuti 8 minuti
    Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà – Possibile 30 minuti 8 minuti
    Scelta civica ALA per la Costituente Liberale e Popolare – MAIE 30 minuti 8 minuti
    Democrazia Solidale – Centro Democratico 30 minuti 7 minuti
    Fratelli d'Italia – Alleanza nazionale 30 minuti 7 minuti
    Misto: 31 minuti 17 minuti
        Civici e Innovatori PER l'Italia 8 minuti 4 minuti
        Direzione Italia 7 minuti 3 minuti
        Minoranze linguistiche 4 minuti 2 minuti
        UDC-IDEA 4 minuti 2 minuti
        Alternativa Libera – Tutti insieme per l'Italia 3 minuti 2 minuti
        FARE! – Pri – Liberali 3 minuti 2 minuti
        Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) – Indipendenti 2 minuti 2 minuti

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 28 settembre 2017.

      Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Amoddio, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonafede, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Coppola, Costantino, D'Alia, D'Uva, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Galati, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Laforgia, Lauricella, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcon, Mazziotti Di Celso, Meta, Migliore, Orlando, Pannarale, Piccoli Nardelli, Piepoli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Francesco Saverio Romano, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Sereni, Sottanelli, Speranza, Tabacci, Turco, Simone Valente, Valeria Valente, Velo, Venittelli, Villecco Calipari.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

      Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Amoddio, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonafede, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Coppola, Costantino, D'Alia, D'Uva, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Galati, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Laforgia, Lauricella, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Marcon, Mazziotti Di Celso, Meta, Migliore, Orlando, Pannarale, Piepoli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Francesco Saverio Romano, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Sereni, Sottanelli, Speranza, Tabacci, Turco, Simone Valente, Valeria Valente, Velo, Venittelli, Villecco Calipari.

Annunzio di proposte di legge.

      In data 27 settembre 2017 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
          BORGHESE e MERLO: «Disposizioni per la promozione e la diffusione della lingua e della cultura italiane nel mondo attraverso la rete internet» (4661);
          FRAGOMELI ed altri: «Disposizioni concernenti l'impiego della carta d'identità elettronica nell'adempimento degli obblighi di identificazione previsti dalla normativa per il contrasto del riciclaggio dei proventi di attività criminose» (4662);
          RICCIATTI ed altri: «Modifiche al decreto-legge 18 ottobre 2012, n.  179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n.  221, in materia di semplificazione degli oneri amministrativi e di internazionalizzazione delle imprese start-up innovative, e al decreto-legge 23 dicembre 2013, n.  145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n.  9, in materia di credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo» (4663);
          CARRESCIA: «Modifica al decreto-legge 17 ottobre 2016, n.  189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n.  229, concernente la semplificazione delle procedure per la realizzazione di unità abitative nelle aree colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017» (4664).

      Saranno stampate e distribuite.

Trasmissioni dal Senato.

      In data 27 settembre 2017 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza la seguente proposta di legge:
          S. 2227. – Senatori FABBRI ed altri: «Disposizioni per la celebrazione dei centocinquanta anni dalla morte di Gioachino Rossini» (approvata dal Senato) (4665).

      Sarà stampata e distribuita.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

      A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

          VI Commissione (Finanze):
      DI SALVO ed altri: «Modifica alla tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.  633, per la riduzione dell'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto relativa a prodotti igienici, alimentari e accessori per l'infanzia» (4637) Parere delle Commissioni I, V, XII e XIV.

          XI Commissione (Lavoro):
      CARRESCIA ed altri: «Disposizioni in materia di accesso al trattamento pensionistico per i lavoratori affetti da emofilia» (4635) Parere delle Commissioni I, V, X e XII;
      MANLIO DI STEFANO ed altri: «Modifiche al titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n.  18, in materia di personale assunto a contratto dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari e dagli istituti italiani di cultura» (4644) Parere delle Commissioni I, III, V e VII.

          Commissioni riunite VIII (Ambiente) e XIII (Agricoltura):
      CAPELLI: «Modifiche all'articolo 2 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n.  227, concernenti l'esclusione dei pascoli e della macchia mediterranea dalla definizione di bosco, e all'articolo 10 della legge 21 novembre 2000, n.  353, in materia di eliminazione del divieto di pascolo nei soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco» (1456) Parere delle Commissioni I, II, V, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Ministero dell'interno.

      Il Ministero dell'interno, con lettera del 28 settembre 2017, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno MARZANO n.  9/3260-A/3, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 27 luglio 2016, concernente la protezione dei dati personali e delle informazioni sensibili trasmessi in esecuzione dell'Accordo di cooperazione tra il Ministero dell'interno della Repubblica italiana e il Ministero degli affari interni della Repubblica di Azerbaijan, firmato a Roma il 5 novembre 2012.

      La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) competente per materia.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

      La Commissione europea, in data 27 settembre 2017, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
          Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Relazione sull'attuazione della strategia commerciale Commercio per tutti – Una politica commerciale innovativa per gestire la globalizzazione (COM(2017) 491 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario (rifusione) (COM(2017) 548), corredata dai relativi allegati (COM(2017) 548 final – Annexes 1 to 5) e documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto (SWD(2017) 317 final), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti). Questa proposta è altresì assegnata alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà;
          il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 28 settembre 2017;
          Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – 10a relazione finanziaria della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) – Esercizio finanziario 2016 (COM(2017) 554 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
          Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo a norma dell'articolo 294, paragrafo 6, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea riguardante la posizione del Consiglio in merito all'adozione di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio al fine di includere nuove sostanze psicoattive nella definizione di «stupefacenti» e che abroga la decisione 2005/387/GAI del Consiglio (COM(2017) 560 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali).

      La Commissione europea, in data 27 settembre 2017, ha trasmesso un nuovo testo della comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Corte dei conti – Conti annuali del Fondo europeo di sviluppo – Esercizio 2016 (COM(2017) 364 final/2), che sostituisce il documento COM(2017) 364 final, già assegnato, in data 12 settembre 2017, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla III Commissione (Affari esteri), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Atti di controllo e di indirizzo.

      Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI OCCHIUTO ED ALTRI N. 1-01687, MARCHI ED ALTRI N. 1-01705, MELILLA ED ALTRI N. 1-01708, SIMONETTI ED ALTRI N.  1-01709, D'INCÀ ED ALTRI N.  1-01710, RAMPELLI ED ALTRI N.  1-01711, TANCREDI E BOSCO N.   1-01712 E PAGLIA ED ALTRI N.  1-01713 CONCERNENTI INIZIATIVE IN ORDINE AI CRITERI DI RIPARTIZIONE DEL FONDO DI SOLIDARIETÀ COMUNALE, ANCHE NELL'OTTICA DELL'ATTUAZIONE DELLA RIFORMA DEL FEDERALISMO FISCALE

Mozioni

      La Camera,
          premesso che:
              l'assetto della finanza locale è stato investito, negli ultimi dieci anni, da un processo di ridefinizione tracciato principalmente dalla riforma federalista prevista con la modifica del titolo V della Costituzione nel 2001 e in seguito delineata con la legge delega 5 maggio 2009, n.  42, recante i princìpi e i criteri direttivi per l'attuazione del federalismo fiscale;
              dopo circa dieci anni dalla legge delega sopra citata, il quadro definito dalla stessa risulta implementato nell'ordinamento solo parzialmente, poiché in parte rallentato e aggravato a causa degli intrecci determinati dalle manovre relative al consolidamento dei conti pubblici, in considerazione della crisi economica e finanziaria, da cui è scaturita una maggiore centralizzazione delle decisioni di entrata e di spesa;
              il disegno iniziale, delineato dalla legge delega n.  42 del 2009, prevedeva che i fabbisogni standard fossero definiti in riferimento ai livelli essenziali delle prestazioni per le funzioni fondamentali e che la loro perequazione integrale fosse garantita dall'istituzione del fondo di solidarietà comunale, finanziato attraverso la fiscalità generale, in presenza di un totale dei fabbisogni superiore al totale delle capacità fiscali;
              il rapporto presentato dall'Ifel, il 31 marzo 2017, recante «temi per l'analisi degli effetti della perequazione delle risorse comunali», mostra chiaramente come il sistema implementato dalla riforma federalista si distacchi in modo sostanziale dalle corrispettive previsioni contenute nella legge delega e come il disegno federalista promosso nel 2009 sia stato in larga misura modificato e addirittura «disatteso»;
              il sistema di trasferimenti perequativi delle spese correnti, avviato nel 2015, nell'ambito del fondo di solidarietà comunale integralmente finanziato con le risorse proprie dei comuni (decreto legislativo n.  23 del 2001) si allontana da quanto stabilito dalla legge delega n.  42 del 2009, che prevede il contributo dello Stato alla perequazione delle funzioni fondamentali;
              il rapporto dell'Ifel precisa, altresì, che, per quanto concerne i livelli essenziali dei servizi da garantire, il lavoro per la loro definizione è in una condizione di «stallo», poiché ci si è accorti delle sue difficoltà intrinseche: non essendo assicurate risorse necessarie a garantire livelli essenziali o minimi dei servizi su tutto il territorio, la loro applicazione rischierebbe che i divari tra i territori vengano colmati abbassando i livelli di servizio proprio ove maggiormente presenti, anche in considerazione del fatto che nell'ordinamento non sono previsti vincoli di destinazione per i trasferimenti perequativi;
              per le modalità con cui è strutturato il meccanismo del fondo di solidarietà comunale, nella formula di determinazione di trasferimenti comunali, i fabbisogni standard e le capacità fiscali pesano soltanto per una quota minoritaria, mentre il peso preponderante, nei fatti, è attribuito ai trasferimenti storici;
              in questo modo le zone rimaste «indietro», per lo più al Sud d'Italia, sono condannate a vivere tale arretramento, dal momento che eventuali tagli alla distribuzione delle risorse si concretizzano non guardando al bisogno effettivo ma alla spesa consolidata, per cui laddove si è speso poco si faranno tagli maggiori, mentre, in realtà, il bisogno è esattamente contrario;
              per la ripartizione delle risorse del fondo perequativo si utilizza, dunque, l'inconcepibile criterio della spesa storica che premia proprio chi, potendo spendere di più grazie agli introiti delle imposte comunali, ha storicamente più servizi da offrire ai propri cittadini;
              il meccanismo delineato, quindi, tenderebbe a riconoscere maggiori fabbisogni ai comuni con maggiore spesa, sotto l'ipotesi che questi siano anche i comuni con il maggior numero di servizi offerti, e tale fattispecie si verifica principalmente nel caso dei servizi sociali;
              l'attività di monitoraggio svolta dalla Sose spa, società tecnica del Ministero dell'economia e delle finanze, con il primo «Rapporto concernente la ricognizione dei livelli delle prestazioni che le regioni a statuto ordinario effettivamente garantiscono e dei relativi costi», consegnato il 30 gennaio 2017 al Ministero dell'economia e delle finanze, evidenzia nei servizi un forte divario dei livelli delle prestazioni effettivamente erogate tra le regioni del Centro-Nord e quelle del Sud, divario che si riflette nei livelli di spesa mediamente più bassi registrati nel Mezzogiorno;
              il rapporto citato, redatto ai sensi del decreto legislativo 6 maggio 2011, n.  68, con sei anni di ritardo, specifica che se si prendono in considerazione i settori dei servizi sociali e degli asili nido, che propongono come target i livelli di servizio minimo più bassi, il divario tra Nord e Sud ammonterebbe a circa 1,4 miliardi di euro;
              in base ai dati del 2013, la Sose specifica che la spesa sociale giudicata essenziale, cioè relativa a servizi indispensabili, in Italia è di 18,8 miliardi di euro e che tali risorse non sono distribuite in modo omogeneo nelle quindici regioni a statuto ordinario (alle cinque regioni a statuto speciale non si applica la legge delega sul federalismo fiscale) per cui tra i cittadini, soprattutto i più deboli, non c’è uguaglianza;
              nel comparto degli asili nido, secondo il rapporto Sose, per il 2013 il livello di copertura medio nazionale, ovvero la quota percentuale di bambini frequentanti gli asili nido e il numero di utenti che percepiscono voucher sulla popolazione residente in età 0-2 anni, risulta pari al 12,73 per cento, ma la distribuzione del servizio mostra che le regioni del Centro-Nord sono caratterizzate da percentuali di copertura prossime o superiori al 15 per cento, mentre le regioni del Sud, ad eccezione dell'Abruzzo e della Basilicata, non superano mai il 5 per cento di copertura;
              se nel 2018 si seguirà il medesimo ragionamento anche per il servizio pubblico locale, il rischio è di assistere ad un continuo arretramento di molte zone del Sud Italia: nel settore dei trasporti, riservato alla popolazione scolastica, nel 2015 si registra un grave peggioramento nei comuni della Puglia, con una flessione del servizio del 13 per cento e una copertura limitata al 5 per cento degli studenti, un terzo dello standard;
              per portare i servizi di assistenza ad un adeguato livello, stima la Sose, bisognerebbe accrescere la spesa del computo dai 5 miliardi attuali a 6,9 miliardi di euro e per gli asili nido bisognerebbe prevedere un costo massimo aggiuntivo di 1,9 miliardi di euro rispetto agli 1,3 attuali;
              nelle quindici regioni a statuto ordinario, il servizio delle mense scolastiche è erogato a 1.367.998 alunni: nello specifico, in Italia gli utenti sono rimasti stabili nel passaggio dal 2013 al 2015, con una variazione positiva allo 0,25 per cento, anche se in Calabria e in Basilicata gli utenti sono diminuiti del 6 per cento e nei comuni della Campania addirittura del 10 per cento;
              i dati riportati evidenziano un mutamento profondo delle regole di allocazione fra i diversi territori della spesa pubblica a danno del Mezzogiorno, come se si fosse deciso di salvaguardare le regioni più forti e di concentrare le sofferenze in quelle più deboli;
              si è giunti, dunque, ad una visione distorta del federalismo fiscale, resa evidente principalmente dal fatto che sono stati stabiliti parametri secondo i quali per cui «chi ha più riceve», accentuando, in questo modo, le differenze e rendendo disomogenei i diritti di cittadinanza, giungendo ad una violazione di quell'eguaglianza sancita dall'articolo 3 della Costituzione;
              con il federalismo fiscale si dovrebbe puntare, essenzialmente, all'effettiva realizzazione dell'autogoverno regionale e alla responsabilizzazione delle regioni nei confronti delle rispettive comunità, dando concreta attuazione a quanto previsto dall'articolo 119 della Costituzione,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative volte a prevedere, nella ripartizione delle risorse del fondo di solidarietà comunale, la definizione di specifici criteri volti a incrementare progressivamente il peso della componente perequativa rispetto a quella compensativa storica, al fine di rovesciare il meccanismo vigente secondo il quale si attribuiscono maggiori risorse alle amministrazioni che offrono maggiori quantità di servizi;
2)    ad assumere le opportune iniziative normative volte a dare completa attuazione alla riforma del federalismo fiscale prevista dalla legge 5 maggio 2009, n.  42, con cui si stabilisce il principio dell'equilibrio dei bilanci degli enti locali e territoriali, nel rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea.
(1-01687) «Occhiuto, Carfagna, Russo, Sisto, Catanoso, Luigi Cesaro, De Girolamo, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Genovese, Giammanco, Gullo, Laboccetta, Labriola, Minardo, Palese, Prestigiacomo, Santelli, Sarro, Elvira Savino, Vella».


      La Camera,
          premesso che:
              l'assetto della finanza locale è stato investito, negli ultimi dieci anni, da un processo di ridefinizione tracciato principalmente dalla riforma federalista prevista con la modifica del titolo V della Costituzione nel 2001 e in seguito delineata con la legge delega 5 maggio 2009, n.  42, recante i princìpi e i criteri direttivi per l'attuazione del federalismo fiscale;
              dopo circa dieci anni dalla legge delega sopra citata, il quadro definito dalla stessa risulta implementato nell'ordinamento solo parzialmente, poiché in parte rallentato e aggravato a causa degli intrecci determinati dalle manovre relative al consolidamento dei conti pubblici, in considerazione della crisi economica e finanziaria, da cui è scaturita una maggiore centralizzazione delle decisioni di entrata e di spesa;
              il disegno iniziale, delineato dalla legge delega n.  42 del 2009, prevedeva che i fabbisogni standard fossero definiti in riferimento ai livelli essenziali delle prestazioni per le funzioni fondamentali e che la loro perequazione integrale fosse garantita dall'istituzione del fondo di solidarietà comunale, finanziato attraverso la fiscalità generale, in presenza di un totale dei fabbisogni superiore al totale delle capacità fiscali;
              il rapporto presentato dall'Ifel, il 31 marzo 2017, recante «temi per l'analisi degli effetti della perequazione delle risorse comunali», mostra chiaramente come il sistema implementato dalla riforma federalista si distacchi in modo sostanziale dalle corrispettive previsioni contenute nella legge delega e come il disegno federalista promosso nel 2009 sia stato in larga misura modificato e addirittura «disatteso»;
              il sistema di trasferimenti perequativi delle spese correnti, avviato nel 2015, nell'ambito del fondo di solidarietà comunale integralmente finanziato con le risorse proprie dei comuni (decreto legislativo n.  23 del 2001) si allontana da quanto stabilito dalla legge delega n.  42 del 2009, che prevede il contributo dello Stato alla perequazione delle funzioni fondamentali;
              il rapporto dell'Ifel precisa, altresì, che, per quanto concerne i livelli essenziali dei servizi da garantire, il lavoro per la loro definizione è in una condizione di «stallo», poiché ci si è accorti delle sue difficoltà intrinseche: non essendo assicurate risorse necessarie a garantire livelli essenziali o minimi dei servizi su tutto il territorio, la loro applicazione rischierebbe che i divari tra i territori vengano colmati abbassando i livelli di servizio proprio ove maggiormente presenti, anche in considerazione del fatto che nell'ordinamento non sono previsti vincoli di destinazione per i trasferimenti perequativi;
              per le modalità con cui è strutturato il meccanismo del fondo di solidarietà comunale, nella formula di determinazione di trasferimenti comunali, i fabbisogni standard e le capacità fiscali pesano soltanto per una quota minoritaria, mentre il peso preponderante, nei fatti, è attribuito ai trasferimenti storici;
              in questo modo le zone rimaste «indietro», per lo più al Sud d'Italia, sono condannate a vivere tale arretramento, dal momento che eventuali tagli alla distribuzione delle risorse si concretizzano non guardando al bisogno effettivo ma alla spesa consolidata, per cui laddove si è speso poco si faranno tagli maggiori, mentre, in realtà, il bisogno è esattamente contrario;
              per la ripartizione delle risorse del fondo perequativo si utilizza, dunque, l'inconcepibile criterio della spesa storica che premia proprio chi, potendo spendere di più grazie agli introiti delle imposte comunali, ha storicamente più servizi da offrire ai propri cittadini;
              il meccanismo delineato, quindi, tenderebbe a riconoscere maggiori fabbisogni ai comuni con maggiore spesa, sotto l'ipotesi che questi siano anche i comuni con il maggior numero di servizi offerti, e tale fattispecie si verifica principalmente nel caso dei servizi sociali;
              l'attività di monitoraggio svolta dalla Sose spa, società tecnica del Ministero dell'economia e delle finanze, con il primo «Rapporto concernente la ricognizione dei livelli delle prestazioni che le regioni a statuto ordinario effettivamente garantiscono e dei relativi costi», consegnato il 30 gennaio 2017 al Ministero dell'economia e delle finanze, evidenzia nei servizi un forte divario dei livelli delle prestazioni effettivamente erogate tra le regioni del Centro-Nord e quelle del Sud, divario che si riflette nei livelli di spesa mediamente più bassi registrati nel Mezzogiorno;
              il rapporto citato, redatto ai sensi del decreto legislativo 6 maggio 2011, n.  68, con sei anni di ritardo, specifica che se si prendono in considerazione i settori dei servizi sociali e degli asili nido, che propongono come target i livelli di servizio minimo più bassi, il divario tra Nord e Sud ammonterebbe a circa 1,4 miliardi di euro;
              in base ai dati del 2013, la Sose specifica che la spesa sociale giudicata essenziale, cioè relativa a servizi indispensabili, in Italia è di 18,8 miliardi di euro e che tali risorse non sono distribuite in modo omogeneo nelle quindici regioni a statuto ordinario (alle cinque regioni a statuto speciale non si applica la legge delega sul federalismo fiscale) per cui tra i cittadini, soprattutto i più deboli, non c’è uguaglianza;
              nel comparto degli asili nido, secondo il rapporto Sose, per il 2013 il livello di copertura medio nazionale, ovvero la quota percentuale di bambini frequentanti gli asili nido e il numero di utenti che percepiscono voucher sulla popolazione residente in età 0-2 anni, risulta pari al 12,73 per cento, ma la distribuzione del servizio mostra che le regioni del Centro-Nord sono caratterizzate da percentuali di copertura prossime o superiori al 15 per cento, mentre le regioni del Sud, ad eccezione dell'Abruzzo e della Basilicata, non superano mai il 5 per cento di copertura;
              se nel 2018 si seguirà il medesimo ragionamento anche per il servizio pubblico locale, il rischio è di assistere ad un continuo arretramento di molte zone del Sud Italia: nel settore dei trasporti, riservato alla popolazione scolastica, nel 2015 si registra un grave peggioramento nei comuni della Puglia, con una flessione del servizio del 13 per cento e una copertura limitata al 5 per cento degli studenti, un terzo dello standard;
              per portare i servizi di assistenza ad un adeguato livello, stima la Sose, bisognerebbe accrescere la spesa del computo dai 5 miliardi attuali a 6,9 miliardi di euro e per gli asili nido bisognerebbe prevedere un costo massimo aggiuntivo di 1,9 miliardi di euro rispetto agli 1,3 attuali;
              nelle quindici regioni a statuto ordinario, il servizio delle mense scolastiche è erogato a 1.367.998 alunni: nello specifico, in Italia gli utenti sono rimasti stabili nel passaggio dal 2013 al 2015, con una variazione positiva allo 0,25 per cento, anche se in Calabria e in Basilicata gli utenti sono diminuiti del 6 per cento e nei comuni della Campania addirittura del 10 per cento;
              i dati riportati evidenziano un mutamento profondo delle regole di allocazione fra i diversi territori della spesa pubblica a danno del Mezzogiorno, come se si fosse deciso di salvaguardare le regioni più forti e di concentrare le sofferenze in quelle più deboli;
              si è giunti, dunque, ad una visione distorta del federalismo fiscale, resa evidente principalmente dal fatto che sono stati stabiliti parametri secondo i quali per cui «chi ha più riceve», accentuando, in questo modo, le differenze e rendendo disomogenei i diritti di cittadinanza, giungendo ad una violazione di quell'eguaglianza sancita dall'articolo 3 della Costituzione;
              con il federalismo fiscale si dovrebbe puntare, essenzialmente, all'effettiva realizzazione dell'autogoverno regionale e alla responsabilizzazione delle regioni nei confronti delle rispettive comunità, dando concreta attuazione a quanto previsto dall'articolo 119 della Costituzione,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative volte a prevedere, nella ripartizione delle risorse del fondo di solidarietà comunale, la definizione di specifici criteri volti a incrementare progressivamente il peso della componente perequativa rispetto a quella compensativa storica, al fine di rimodulare gli effetti del meccanismo vigente secondo il quale si attribuiscono maggiori risorse alle amministrazioni che offrono maggiori quantità di servizi;
2)    ad assumere le opportune iniziative normative volte a dare completa attuazione alla riforma del federalismo fiscale prevista dalla legge 5 maggio 2009, n.  42, con cui si stabilisce il principio dell'equilibrio dei bilanci degli enti locali e territoriali, nel rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea.
(1-01687) (Testo modificato nel corso della seduta)  «Occhiuto, Carfagna, Russo, Sisto, Catanoso, Luigi Cesaro, De Girolamo, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Genovese, Giammanco, Gullo, Laboccetta, Labriola, Minardo, Palese, Prestigiacomo, Santelli, Sarro, Elvira Savino, Vella».


      La Camera,
          premesso che:
              a più di quindici anni dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale n.  3 del 2001, il percorso attuativo del federalismo fiscale appare ancora, come delineato nella terza relazione semestrale della XVII legislatura della Commissione parlamentare dedicata, in una fase di transizione;
              con la modifica dell'articolo 119 della Costituzione, il legislatore si era posto l'obiettivo di introdurre nell'ordinamento un nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali basato sul superamento del sistema di finanza derivata e sull'attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa agli enti decentrati, nel rispetto dei principi di solidarietà, riequilibrio territoriale e coesione sociale sottesi al nostro sistema costituzionale;
              in seguito, con la legge delega 5 maggio 2009, n.  42, era stata prevista la creazione di nuovi parametri ai quali ancorare il finanziamento delle spese degli enti territoriali, i «fabbisogni standard» per il finanziamento delle funzioni fondamentali, e la considerazione delle capacità fiscali, per quello delle altre funzioni;
              il nuovo sistema prevedeva tre meccanismi di perequazione: due per le spese correnti e uno per le spese di investimento. Un «fondo perequativo», di ammontare pari alla differenza tra i fabbisogni e le capacità fiscali standard (perequazione integrale e verticale) per coprire interamente il costo dell'esercizio delle funzioni fondamentali; un secondo fondo, con lo scopo di ridurre parzialmente le differenze esistenti tra i comuni in termini di capacità fiscale standard (perequazione parziale e orizzontale) e un ultimo meccanismo perequativo per le spese di investimenti da realizzare in base ad un indicatore di fabbisogno infrastrutturale;
              il fondo perequativo per le funzioni fondamentali è stato attuato prima con il fondo sperimentale di riequilibrio e poi, dal 2013, con il fondo di solidarietà comunale, alimentato esclusivamente dai comuni e non anche dalla fiscalità generale; un fondo a perequazione orizzontale dunque, e non verticale, come era stabilito dalla legge n.  42 del 2009;
              ancora sostanzialmente inattuata risulta la perequazione per le spese di investimento;
              la crisi economica, inoltre, ha imposto ai governi misure di contenimento della spesa pubblica che hanno interessato anche aspetti fondamentali della finanza locale; la stessa Corte dei conti ha rilevato che i tagli ai trasferimenti verso gli enti locali fino al 2014 ne hanno oggettivamente ridotto gli spazi di autonomia gestionale, organizzativa e di entrata;
              in tale quadro di criticità si è tuttavia proceduto all'elaborazione dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali standard, con metodologie innovative e trasparenti e con successive sperimentazioni che ne hanno via via precisato e consolidato la robustezza, anche sulla base delle risposte fornite ad appositi questionari dagli enti locali; questi indicatori sono ormai diventati indispensabili per la disciplina del rapporti finanziari tra Stato ed enti locali e hanno cominciato a costituire uno degli elementi per la distribuzione delle risorse, all'interno di regole più volte introdotte e modificate negli ultimi anni;
              l'applicazione di criteri perequativi è stata avviata nel 2015 con l'accordo del 31 marzo 2015 in Conferenza Stato-città per definire la ripartizione del fondo di solidarietà comunale (FSC), per una quota pari al 20 per cento, secondo i fabbisogni e le capacità fiscali standard; l'articolo 1, comma 449, della legge n.  232 del 2016 (legge di bilancio per il 2017), ha previsto un percorso graduale ma deciso di innalzamento di tale quota che è stata fissata al 55 per cento per il 2018, al 70 per cento nel 2019, all'85 per cento nel 2020 ed infine al 100 per cento a partire dal 2021 sul 50 per cento della dotazione del fondo stesso;
              dai dati diffusi dall'ufficio parlamentare di bilancio risulta che, rispetto alla distribuzione storica, nel 2017 questa nuova distribuzione favorisce le grandi città (+1,1 per cento) e i comuni tra 5 e 50 mila abitanti, mentre «penalizza» maggiormente i piccoli comuni (perdite superiori al 2 per cento delle risorse storiche);
              dal punto di vista territoriale, si registra una riduzione delle risorse rispetto a quelle storiche per i comuni del Nord (-0,9 per cento delle risorse storiche), peggiorando leggermente la posizione del comuni del Nord-ovest e migliorando quella del comuni del Nord-est. I benefici maggiori sono concentrati al centro (+2,1 per cento), incrementati con la revisione operata nel 2017. Sono beneficiati, anche se in misura più limitata, i comuni del Sud (+0,5 per cento rispetto al fondo storico), su cui la revisione 2017 ha comportato un impatto molto limitato;
              tra le grandi città il nuovo sistema garantisce i maggiori benefici a Roma (+6,7 per cento rispetto alla situazione storica). Anche Milano riceve più trasferimenti rispetto alla situazione storica. Firenze, Taranto, Napoli e Genova soffrono una riduzione delle risorse superiore al 3 per cento, e sono generalmente penalizzati nella transizione al 2017. Le grandi città maggiormente beneficiate dalle modifiche introdotte con il fondo 2017 sono Ravenna (+2 per cento rispetto al 2016) e Roma (+1,5 per cento), mentre quelle maggiormente penalizzate sono Verona (-1,8 per cento) e Perugia (-1,6 per cento);
              sempre secondo il documento dell'ufficio parlamentare di bilancio si evidenzia una generale sostenibilità finanziaria degli effetti del nuovo sistema di determinazione dei trasferimenti, che tuttavia risulta caratterizzato da inerzia rispetto all'attribuzione storica delle risorse, non risolvendo le forti disparità territoriali nella fornitura del servizi. Il rafforzamento delle istanze perequative implicherebbe un collegamento tra l'attribuzione delle risorse finanziarie e la fissazione di livelli essenziali delle prestazioni per tutti gli enti sull'intero territorio nazionale, allo scopo di affrancarsi dai divari nei livelli di fornitura dei servizi che ancora caratterizzano la situazione attuale e influiscono sulle stime dei fabbisogni standard;
              se la mancata definizione dei Lep/Lea è figlia di una preoccupazione finanziarla, e cioè del timore da parte dello Stato centrale di fornire legittimità a richieste di trasferimenti aventi dimensioni incompatibili con il mantenimento degli equilibri di finanza pubblica, è utile ricordare che la legge n.  42 del 2009 forniva e fornisce ancora una strada che sarebbe possibile percorrere, così come lo è stata quella del calcolo del fabbisogni e delle capacità fiscali standard, attraverso l'introduzione degli «obiettivi intermedi di servizio», e cioè di percorsi graduali e monitorabili finalizzati nel tempo al raggiungimento degli obiettivi ottimali definiti dai Lep/Lea, anche sulla base del sovraordinati vincoli finanziari;
              tuttavia, nell'odierna imperfetta attuazione del federalismo solidale contenuto nella legge n.  42 del 2009, la componente perequativa che il fondo di solidarietà comunale lega ai fabbisogni standard non può essere modificata senza valutare al contempo gli indicatori di capacità fiscale. Gli enti che, per quanto sottodotati, non riescono ad essere sufficientemente efficienti e non raggiungono lo standard di entrate proprie derivante dalla loro, pur bassa, capacità fiscale, non possono e non devono essere premiati. Simmetricamente, è necessario evitare che vengano penalizzati gli enti a più elevata capacità ed efficienza fiscale, al fine di evitare la conseguenza paradossale di ridurre i livelli di servizio laddove sono stati raggiunti standard più elevati in condizioni di equilibrio e di efficienza;
              inoltre, proprio in considerazione del peso crescente della distribuzione del fondo di solidarietà comunale in base alle capacità fiscali, è necessario evitare anche la penalizzazione implicita per i comuni nel quali sia stato attuato un processo virtuoso di aggiornamento del valori catastali,

impegna il Governo

1)    a riconsiderare il percorso attuativo del federalismo fiscale, in coerenza con l'articolo 119 della Costituzione, attraverso iniziative per:
          a)    la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, anche utilizzando la previsione legislativa di ancorarne il raggiungimento attraverso obiettivi intermedi di servizio;
          b)    la previsione di un apporto di finanziamento statale nell'alimentazione del fondo di solidarietà comunale, legato al raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni e degli obiettivi intermedi di servizio, nel rispetto dei vincoli aggregati di finanza pubblica;
          c)    l'attivazione degli opportuni strumenti di ricognizione e di valutazione, così come si è fatto per il calcolo dei fabbisogni e delle capacità fiscali standard, per dare avvio al processo di perequazione infrastrutturale;
          d)    il superamento progressivo del « tax gap» tra valori di mercato e valori catastali.
(1-01705) «Marchi, Marantelli, Causi, De Menech, Rubinato, Cinzia Maria Fontana, Giulietti, Guerra, Marchetti, Misiani».


      La Camera,
          premesso che:
              a più di quindici anni dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale n.  3 del 2001, il percorso attuativo del federalismo fiscale appare ancora, come delineato nella terza relazione semestrale della XVII legislatura della Commissione parlamentare dedicata, in una fase di transizione;
              con la modifica dell'articolo 119 della Costituzione, il legislatore si era posto l'obiettivo di introdurre nell'ordinamento un nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali basato sul superamento del sistema di finanza derivata e sull'attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa agli enti decentrati, nel rispetto dei principi di solidarietà, riequilibrio territoriale e coesione sociale sottesi al nostro sistema costituzionale;
              in seguito, con la legge delega 5 maggio 2009, n.  42, era stata prevista la creazione di nuovi parametri ai quali ancorare il finanziamento delle spese degli enti territoriali, i «fabbisogni standard» per il finanziamento delle funzioni fondamentali, e la considerazione delle capacità fiscali, per quello delle altre funzioni;
              il nuovo sistema prevedeva tre meccanismi di perequazione: due per le spese correnti e uno per le spese di investimento. Un «fondo perequativo», di ammontare pari alla differenza tra i fabbisogni e le capacità fiscali standard (perequazione integrale e verticale) per coprire interamente il costo dell'esercizio delle funzioni fondamentali; un secondo fondo, con lo scopo di ridurre parzialmente le differenze esistenti tra i comuni in termini di capacità fiscale standard (perequazione parziale e orizzontale) e un ultimo meccanismo perequativo per le spese di investimenti da realizzare in base ad un indicatore di fabbisogno infrastrutturale;
              il fondo perequativo per le funzioni fondamentali è stato attuato prima con il fondo sperimentale di riequilibrio e poi, dal 2013, con il fondo di solidarietà comunale, alimentato esclusivamente dai comuni e non anche dalla fiscalità generale; un fondo a perequazione orizzontale dunque, e non verticale, come era stabilito dalla legge n.  42 del 2009;
              ancora sostanzialmente inattuata risulta la perequazione per le spese di investimento;
              la crisi economica, inoltre, ha imposto ai governi misure di contenimento della spesa pubblica che hanno interessato anche aspetti fondamentali della finanza locale; la stessa Corte dei conti ha rilevato che i tagli ai trasferimenti verso gli enti locali fino al 2014 ne hanno oggettivamente ridotto gli spazi di autonomia gestionale, organizzativa e di entrata;
              in tale quadro di criticità si è tuttavia proceduto all'elaborazione dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali standard, con metodologie innovative e trasparenti e con successive sperimentazioni che ne hanno via via precisato e consolidato la robustezza, anche sulla base delle risposte fornite ad appositi questionari dagli enti locali; questi indicatori sono ormai diventati indispensabili per la disciplina del rapporti finanziari tra Stato ed enti locali e hanno cominciato a costituire uno degli elementi per la distribuzione delle risorse, all'interno di regole più volte introdotte e modificate negli ultimi anni;
              l'applicazione di criteri perequativi è stata avviata nel 2015 con l'accordo del 31 marzo 2015 in Conferenza Stato-città per definire la ripartizione del fondo di solidarietà comunale (FSC), per una quota pari al 20 per cento, secondo i fabbisogni e le capacità fiscali standard; l'articolo 1, comma 449, della legge n.  232 del 2016 (legge di bilancio per il 2017), ha previsto un percorso graduale ma deciso di innalzamento di tale quota che è stata fissata al 55 per cento per il 2018, al 70 per cento nel 2019, all'85 per cento nel 2020 ed infine al 100 per cento a partire dal 2021 sul 50 per cento della dotazione del fondo stesso;
              dai dati diffusi dall'ufficio parlamentare di bilancio risulta che, rispetto alla distribuzione storica, nel 2017 questa nuova distribuzione favorisce le grandi città (+1,1 per cento) e i comuni tra 5 e 50 mila abitanti, mentre «penalizza» maggiormente i piccoli comuni (perdite superiori al 2 per cento delle risorse storiche);
              dal punto di vista territoriale, si registra una riduzione delle risorse rispetto a quelle storiche per i comuni del Nord (-0,9 per cento delle risorse storiche), peggiorando leggermente la posizione del comuni del Nord-ovest e migliorando quella del comuni del Nord-est. I benefici maggiori sono concentrati al centro (+2,1 per cento), incrementati con la revisione operata nel 2017. Sono beneficiati, anche se in misura più limitata, i comuni del Sud (+0,5 per cento rispetto al fondo storico), su cui la revisione 2017 ha comportato un impatto molto limitato;
              tra le grandi città il nuovo sistema garantisce i maggiori benefici a Roma (+6,7 per cento rispetto alla situazione storica). Anche Milano riceve più trasferimenti rispetto alla situazione storica. Firenze, Taranto, Napoli e Genova soffrono una riduzione delle risorse superiore al 3 per cento, e sono generalmente penalizzati nella transizione al 2017. Le grandi città maggiormente beneficiate dalle modifiche introdotte con il fondo 2017 sono Ravenna (+2 per cento rispetto al 2016) e Roma (+1,5 per cento), mentre quelle maggiormente penalizzate sono Verona (-1,8 per cento) e Perugia (-1,6 per cento);
              sempre secondo il documento dell'ufficio parlamentare di bilancio si evidenzia una generale sostenibilità finanziaria degli effetti del nuovo sistema di determinazione dei trasferimenti, che tuttavia risulta caratterizzato da inerzia rispetto all'attribuzione storica delle risorse, non risolvendo le forti disparità territoriali nella fornitura del servizi. Il rafforzamento delle istanze perequative implicherebbe un collegamento tra l'attribuzione delle risorse finanziarie e la fissazione di livelli essenziali delle prestazioni per tutti gli enti sull'intero territorio nazionale, allo scopo di affrancarsi dai divari nei livelli di fornitura dei servizi che ancora caratterizzano la situazione attuale e influiscono sulle stime dei fabbisogni standard;
              se la mancata definizione dei Lep/Lea è figlia di una preoccupazione finanziarla, e cioè del timore da parte dello Stato centrale di fornire legittimità a richieste di trasferimenti aventi dimensioni incompatibili con il mantenimento degli equilibri di finanza pubblica, è utile ricordare che la legge n.  42 del 2009 forniva e fornisce ancora una strada che sarebbe possibile percorrere, così come lo è stata quella del calcolo del fabbisogni e delle capacità fiscali standard, attraverso l'introduzione degli «obiettivi intermedi di servizio», e cioè di percorsi graduali e monitorabili finalizzati nel tempo al raggiungimento degli obiettivi ottimali definiti dai Lep/Lea, anche sulla base del sovraordinati vincoli finanziari;
              tuttavia, nell'odierna imperfetta attuazione del federalismo solidale contenuto nella legge n.  42 del 2009, la componente perequativa che il fondo di solidarietà comunale lega ai fabbisogni standard non può essere modificata senza valutare al contempo gli indicatori di capacità fiscale. Gli enti che, per quanto sottodotati, non riescono ad essere sufficientemente efficienti e non raggiungono lo standard di entrate proprie derivante dalla loro, pur bassa, capacità fiscale, non possono e non devono essere premiati. Simmetricamente, è necessario evitare che vengano penalizzati gli enti a più elevata capacità ed efficienza fiscale, al fine di evitare la conseguenza paradossale di ridurre i livelli di servizio laddove sono stati raggiunti standard più elevati in condizioni di equilibrio e di efficienza;
              inoltre, proprio in considerazione del peso crescente della distribuzione del fondo di solidarietà comunale in base alle capacità fiscali, è necessario evitare anche la penalizzazione implicita per i comuni nel quali sia stato attuato un processo virtuoso di aggiornamento del valori catastali,

impegna il Governo

1)    a riconsiderare il percorso attuativo del federalismo fiscale, in coerenza con l'articolo 119 della Costituzione, attraverso iniziative per:
          a)    la definizione dei livelli qualitativi standard delle prestazioni, anche utilizzando la previsione legislativa di ancorarne il raggiungimento attraverso obiettivi intermedi di servizio;
          b)    la previsione di un apporto di finanziamento statale nell'alimentazione del fondo di solidarietà comunale, legato al raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni e degli obiettivi intermedi di servizio, nel rispetto dei vincoli aggregati di finanza pubblica;
          c)    l'attivazione degli opportuni strumenti di ricognizione e di valutazione, così come si è fatto per il calcolo dei fabbisogni e delle capacità fiscali standard, per dare avvio al processo di perequazione infrastrutturale;
          d)    favorire il superamento progressivo del « tax gap» tra valori di mercato e valori catastali.
(1-01705) (Testo modificato nel corso della seduta) «Marchi, Marantelli, Causi, De Menech, Rubinato, Cinzia Maria Fontana, Giulietti, Guerra, Marchetti, Misiani».


      La Camera,
          premesso che:
              in attuazione della legge delega 5 maggio 2009, n.  42, recante i principi e i criteri direttivi per l'attuazione del federalismo fiscale, in riferimento all'articolo 119 della Costituzione sono stati emanati numerosi provvedimenti, e segnatamente ben nove decreti legislativi, finalizzati a definire il nuovo assetto dei rapporti economici e finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali. Tuttavia, ad oggi, il quadro attuativo della legge delega 5 maggio 2009, n.  42, risulta implementato solo parzialmente nell'ambito del nostro ordinamento, anche a causa di importanti mutamenti nel frattempo intervenuti nel quadro istituzionale della finanza locale che hanno inciso profondamente sull'impostazione del disegno della legge delega e riconducibili principalmente all'aggravarsi della crisi economica e finanziaria e alla conseguente necessità di una maggior centralizzazione delle decisioni di entrata e di spesa;
              il federalismo fiscale, come noto, riconosce l'autonomia finanziaria e di spesa degli enti locali, consentendo loro di applicare tributi ed entrate propri nel rispetto della Costituzione e dei principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, nonché di disporre di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio. Con le entrate finanziare ottenute attraverso l'autonoma imposizione fiscale gli enti locali ottengono, dunque, le risorse necessarie per svolgere le funzioni pubbliche loro attribuite;
              in particolare, il sistema su cui si impernia il federalismo fiscale, alla luce dei principi e dei criteri direttivi contenuti nella legge delega, avrebbe dovuto poggiare sulla distinzione tra le spese riconducibili alle funzioni fondamentali e le spese riconducibili alle funzioni non fondamentali. Con riferimento alle prime, lo Stato avrebbe concorso al loro integrale finanziamento mediante un fondo perequativo volto a coprire la differenza tra fabbisogni standard e capacità fiscali, mentre per quanto concerne le seconde, si sarebbe dovuto provvedere ad un loro parziale finanziamento con un fondo perequativo orizzontale basato sulla capacità fiscale per abitante;
              purtuttavia, il sistema perequativo attuale si configura in molti casi in maniera diversa da quello previsto in fase di legge delega. In esso, infatti, il parametro della spesa storica continua a svolgere un ruolo preminente rispetto al parametro della perequazione di cui i fabbisogni standard e le capacità fiscali costituiscono i due pilastri fondamentali; su di essi si regge la perequazione delle risorse finanziarie dei comuni realizzata attraverso il Fondo di solidarietà comunale (FSC);
              il Fondo di solidarietà comunale (FSC) si basa su un meccanismo assai complesso in cui le finalità perequative, fondate appunto sul confronto tra fabbisogni standard e capacità fiscali, vengono calate in un sistema preesistente di trasferimenti verticali fino al 2013 e poi prevalentemente orizzontale su cui, tra l'altro, si sono scaricati i tagli alle risorse comunali apportati nel 2014 e nel 2015, nonché i meccanismi compensativi degli interventi di soppressione dei tributi municipali;
              in un documento realizzato dall'Ufficio parlamentare di bilancio (nota di lavoro 1/2017) in merito alla ripartizione dell'FSC per l'anno 2017 si evidenzia una generale sostenibilità finanziaria degli effetti del nuovo sistema di determinazione dei trasferimenti, che purtuttavia risulta caratterizzato da inerzia rispetto all'attribuzione storica delle risorse, non risolvendo le forti disparità territoriali nella fornitura dei servizi. Tale stato di cose, secondo quanto rilevato dall'Ufficio parlamentare di bilancio, ha stemperato l'impatto potenziale degli elementi innovativi introdotti nella perequazione comunale e può apparire non in linea con le aspettative esistenti all'avvio della stagione di determinazione dei fabbisogni standard. Ripartire le risorse del fondo di solidarietà comunale (FSC) prevalentemente sulla base della spesa storica produce l'effetto che le amministrazioni comunali che dispongono di maggiori risorse economiche e, di conseguenza, sono in grado di fornire più servizi traggono maggiori benefici, rispetto a quelle che, possedendo risorse più scarse, forniscono servizi in misura minore. Una simile condizione rischia di aumentare lo squilibrio già esistente tra i comuni del Mezzogiorno e quelli del Nord e Centro Italia per quanto riguarda la spesa sociale e la fornitura di prestazioni indispensabili,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative volte a modificare l'attuale sistema di allocazione delle risorse del fondo di solidarietà comunale basando l'allocazione delle risorse medesime prevalentemente su criteri di natura perequativa rispetto a quelli della spesa storica;
2)    ad adottare iniziative tese a individuare livelli essenziali delle prestazioni e obiettivi intermedi di servizio per tutti gli enti sull'intero territorio nazionale, allo scopo di affrancarsi dai divari nei livelli di fornitura dei servizi che ancora caratterizzano la situazione attuale;
3)    a valutare l'opportunità, nel rispetto degli equilibri dei saldi di finanza pubblica, di adottare iniziative volte ad un ampliamento degli spazi finanziari a favore del sistema delle autonomie.
(1-01708) «Melilla, Laforgia, Albini, Capodicasa, Ricciatti, Martelli, Cimbro, Zappulla, Nicchi, Mognato».


      La Camera,
          premesso che:
              in attuazione della legge delega 5 maggio 2009, n.  42, recante i principi e i criteri direttivi per l'attuazione del federalismo fiscale, in riferimento all'articolo 119 della Costituzione sono stati emanati numerosi provvedimenti, e segnatamente ben nove decreti legislativi, finalizzati a definire il nuovo assetto dei rapporti economici e finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali. Tuttavia, ad oggi, il quadro attuativo della legge delega 5 maggio 2009, n.  42, risulta implementato solo parzialmente nell'ambito del nostro ordinamento, anche a causa di importanti mutamenti nel frattempo intervenuti nel quadro istituzionale della finanza locale che hanno inciso profondamente sull'impostazione del disegno della legge delega e riconducibili principalmente all'aggravarsi della crisi economica e finanziaria e alla conseguente necessità di una maggior centralizzazione delle decisioni di entrata e di spesa;
              il federalismo fiscale, come noto, riconosce l'autonomia finanziaria e di spesa degli enti locali, consentendo loro di applicare tributi ed entrate propri nel rispetto della Costituzione e dei principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, nonché di disporre di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio. Con le entrate finanziare ottenute attraverso l'autonoma imposizione fiscale gli enti locali ottengono, dunque, le risorse necessarie per svolgere le funzioni pubbliche loro attribuite;
              in particolare, il sistema su cui si impernia il federalismo fiscale, alla luce dei principi e dei criteri direttivi contenuti nella legge delega, avrebbe dovuto poggiare sulla distinzione tra le spese riconducibili alle funzioni fondamentali e le spese riconducibili alle funzioni non fondamentali. Con riferimento alle prime, lo Stato avrebbe concorso al loro integrale finanziamento mediante un fondo perequativo volto a coprire la differenza tra fabbisogni standard e capacità fiscali, mentre per quanto concerne le seconde, si sarebbe dovuto provvedere ad un loro parziale finanziamento con un fondo perequativo orizzontale basato sulla capacità fiscale per abitante;
              purtuttavia, il sistema perequativo attuale si configura in molti casi in maniera diversa da quello previsto in fase di legge delega. In esso, infatti, il parametro della spesa storica continua a svolgere un ruolo preminente rispetto al parametro della perequazione di cui i fabbisogni standard e le capacità fiscali costituiscono i due pilastri fondamentali; su di essi si regge la perequazione delle risorse finanziarie dei comuni realizzata attraverso il Fondo di solidarietà comunale (FSC);
              il Fondo di solidarietà comunale (FSC) si basa su un meccanismo assai complesso in cui le finalità perequative, fondate appunto sul confronto tra fabbisogni standard e capacità fiscali, vengono calate in un sistema preesistente di trasferimenti verticali fino al 2013 e poi prevalentemente orizzontale su cui, tra l'altro, si sono scaricati i tagli alle risorse comunali apportati nel 2014 e nel 2015, nonché i meccanismi compensativi degli interventi di soppressione dei tributi municipali;
              in un documento realizzato dall'Ufficio parlamentare di bilancio (nota di lavoro 1/2017) in merito alla ripartizione dell'FSC per l'anno 2017 si evidenzia una generale sostenibilità finanziaria degli effetti del nuovo sistema di determinazione dei trasferimenti, che purtuttavia risulta caratterizzato da inerzia rispetto all'attribuzione storica delle risorse, non risolvendo le forti disparità territoriali nella fornitura dei servizi. Tale stato di cose, secondo quanto rilevato dall'Ufficio parlamentare di bilancio, ha stemperato l'impatto potenziale degli elementi innovativi introdotti nella perequazione comunale e può apparire non in linea con le aspettative esistenti all'avvio della stagione di determinazione dei fabbisogni standard. Ripartire le risorse del fondo di solidarietà comunale (FSC) prevalentemente sulla base della spesa storica produce l'effetto che le amministrazioni comunali che dispongono di maggiori risorse economiche e, di conseguenza, sono in grado di fornire più servizi traggono maggiori benefici, rispetto a quelle che, possedendo risorse più scarse, forniscono servizi in misura minore. Una simile condizione rischia di aumentare lo squilibrio già esistente tra i comuni del Mezzogiorno e quelli del Nord e Centro Italia per quanto riguarda la spesa sociale e la fornitura di prestazioni indispensabili,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative volte a modificare l'attuale sistema di allocazione delle risorse del fondo di solidarietà comunale basando l'allocazione delle risorse medesime prevalentemente su criteri di natura perequativa rispetto a quelli della spesa storica;
2)    ad adottare iniziative tese a individuare livelli qualitativi standard delle prestazioni e obiettivi intermedi di servizio per tutti gli enti sull'intero territorio nazionale, allo scopo di affrancarsi dai divari nei livelli di fornitura dei servizi che ancora caratterizzano la situazione attuale;
3)    a valutare l'opportunità, nel rispetto degli equilibri dei saldi di finanza pubblica, di adottare iniziative volte ad un ampliamento della autonomia finanziaria del sistema delle autonomie.
(1-01708) (Testo modificato nel corso della seduta)  «Melilla, Laforgia, Albini, Capodicasa, Ricciatti, Martelli, Cimbro, Zappulla, Nicchi, Mognato».


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del federalismo fiscale ha segnato una svolta senza precedenti nel nostro sistema: si tratta di un rinnovato corpus normativo volto a definire un sistema di finanza multilivello che declina in modo nuovo ed originale i rapporti tra Stato, autonomie ed Unione europea, con lo scopo di assicurare un coordinamento unitario e coerente non solo della finanza pubblica, ma anche delle stesse politiche pubbliche che si dipanano tra i diversi livelli di governo;
              il duplice scopo del federalismo fiscale è quello di arrivare ad una razionalizzazione nella gestione delle risorse pubbliche che possa, al contempo, garantire, anzi migliorare, l'offerta dei servizi per i cittadini. Attraverso un simile strumento, inoltre, si mira anche a responsabilizzare maggiormente gli enti territoriali e locali, implementando il principio di sussidiarietà orizzontale e verticale previsti nell'articolo 118 della Costituzione;
              tale normativa, prevista nella legge n.  42 del 2009 di attuazione della delega costituzionale dell'articolo 119 della Costituzione, rimane però oggi ancora sostanzialmente inattuata;
              il fondo di solidarietà comunale (FSC) ha sostituito, nel 2013, il vecchio fondo sperimentale di riequilibrio previsto dal decreto n.  23 del 2011 sul federalismo municipale, mantenendo lo scopo di limitare le disuguaglianze del gettito immobiliare tra città ricche e città povere;
              ad oggi, il fondo di solidarietà comunale secondo quanto si apprende dalla nota metodologica del Ministero dell'economia e delle finanze del 19 gennaio 2017, è articolato in due componenti: la prima è la componente tradizionale, a sua volta articolata in una parte destinata al riequilibrio delle risorse storiche, che avviene attraverso la trattenuta dall'Imu, e una parte perequativa; la seconda è la componente costituita dal ristoro dei gettiti perduti per le esenzioni e agevolazioni Imu e tasi previste dalla legge di stabilità 2016;
              a partire dal 2015, per le assegnazioni a ciascun comune, è stata utilizzata l'applicazione di criteri perequativi basati sui fabbisogni e sulle capacità fiscali standard pari ad una quota pari al 20 per cento delle risorse del fondo, aumentata progressivamente al 30 per cento nel 2016 e al 40 per cento nel 2017. Il coefficiente di riparto delle risorse standard complessive è stato costituito portando il peso della componente relativa alla differenza tra i fabbisogni standard e capacità fiscali dal 70 all'80 per cento e il peso della popolazione (capacità fiscale pro-capite) dal 30 per cento al 20 per cento. In futuro il peso dei due parametri è destinato a crescere progressivamente visto che la fetta di risorse distribuite sulla base delle capacità fiscali e dei fabbisogni salirà al 55 per cento nel 2018, al 70 per cento nel 2019, all'85 per cento nel 2020 e al 100 per cento a decorrere dal 2021. La componente di ristoro rimane invece sostanzialmente la stessa;
              nonostante l'implementazione dei criteri perequativi basati sui fabbisogni e sulle capacità fiscali standard, nel 2016, si è utilizzato un aggiustamento statistico proprio per la distribuzione di questo 30 per cento del fondo, al fine di mitigare gli effetti negativi che i comuni meno virtuosi avrebbero subito per lo scostamento tra spesa storica e spesa standard. Il correttivo statistico operava quindi in favore di quegli enti che in sede di prima assegnazione avevano registrato un differenziale negativo tra la dotazione standard e la dotazione storica uguale o maggiore al 2 per cento;
              ugualmente, quest'anno, l'articolo 14 della manovra correttiva (decreto-legge 24 aprile 2017, n.  50) prevede un nuovo correttivo statistico per attenuare gli scostamenti negativi più ampi. Ciò, in sostanza, è equivalso a non tagliare di netto i fondi a quei comuni che hanno una spesa storica più alta, che sarebbero stati penalizzati ancora una volta, dai costi standard;
              si tratta di 14 milioni di euro ancora non distribuiti (degli 80 previsti dalla legge di bilancio 2017 per le compensazioni sul minor gettito della Tasi) e di 11 milioni ancora non distribuiti (dei 155 milioni di euro previsti dalla stabilità 2016 a titolo di compensazione per il minor gettito dovuto agli aggiornamenti catastali). Durante l'esame presso la Camera dei deputati, è stata inoltre accolta una proposta governativa che ha aumentato l'FSC di 25 milioni di euro proprio con lo scopo di costituire un accantonamento in favore dei comuni che presentano una variazione negativa della spettanza del fondo di solidarietà comunale rispetto alle risorse storiche, a titolo di correttivo del meccanismo di perequazione. A decorrere dal 2022 i 25 milioni di euro saranno poi destinati alle fusioni dei comuni;
              dunque, il criterio basato su risorse standard rimane ancora sostanzialmente insufficiente ed è evidente come i correttivi applicati ritardino l'applicazione completa dei costi standard e non aiutino gli enti maggiormente virtuosi, che, operando una razionale ed oculata gestione delle proprie risorse, hanno invece rispettato i patti di stabilità e contribuito al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica derivanti dalla normativa interna e dall'appartenenza dell'Italia alla zona euro. Allo stesso modo, non è stato dato adeguato rilievo, nelle note metodologiche di riparto del fondo di solidarietà comunale, al differenziale positivo o negativo del residuo fiscale comunale che, segnando la differenza tra tutte le entrate e le risorse che in quel territorio vengono spese, costituisce anche un indicatore della virtuosità degli enti locali nella razionalizzazione delle spese di fondi pubblici;
              al contempo, è stato sempre previsto un ampio spettro di esclusione dalle sanzioni per i comuni che non hanno rispettato il patto di stabilità prima in vigore o il pareggio di bilancio ora vigente;
              per poter razionalizzare la spesa in maniera selettiva occorre rispettare un principio basilare che è quello dell'individuazione dei fabbisogni standard e dell'applicazione consequenziale dei costi standard;
              i tagli non devono essere previsti sui bilanci consuntivi ma su quelli preventivi, cosa che ad oggi non viene fatta. Il passaggio dalla spesa storica al costo standard orienterà la politica delle amministrazioni verso una nuova logica meritocratica che eviti le note inefficienze del passato;
              è necessario attivare il circuito della responsabilità, favorendo la trasparenza delle decisioni di spesa e la loro imputabilità attraverso il pieno compimento del passaggio dalla spesa storica (che finanzia servizi e sprechi) al costo/fabbisogno standard (che finanzia i servizi), al fine di garantire un elevatissimo grado di solidarietà e di gestione responsabile del pubblico denaro;
              la pubblica amministrazione è il fronte sul quale va combattuta la principale battaglia per l'efficienza e il risparmio;
              gli sprechi della pubblica amministrazione non possono e non devono essere attribuiti soltanto ed esclusivamente alle situazioni patologiche di illegalità e incuria, ma anche alle situazioni di normalità, a causa di una gestione non ottimale (o meglio non professionale) dell'azione amministrativa. Si tratta di situazioni nelle quali la spesa, sebbene utilizzata dagli attori per finalità pubbliche, non è impiegata nel modo migliore, più produttivo e più efficace, a causa di un approccio non rigoroso, sul piano del metodo, alla progettazione delle politiche e dei servizi pubblici;
              infine, riguardo ancora al fondo di solidarietà comunale, è necessario ricordare come la metodologia di ripartizione dello stesso comporti significativi svantaggi per i piccoli comuni. La capacità fiscale, infatti, in questi centri, risulta gonfiata dal gettito potenziale di imu e tasi, determinata da un patrimonio immobiliare spesso abbandonato, ma considerato ancora potenzialmente produttivo di reddito da parte del fisco;
              tale problematica è stata nuovamente sollevata, in sede di audizione presso la Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale, dalla direttrice generale del dipartimento delle finanze Fabrizia Lapecorella che ha spiegato come nei piccolissimi comuni (sotto i 500 abitanti) la capacità fiscale pro capite per il 2018 raggiungerà quota 629 euro. Nella classe demografica che va da 500 e mille abitanti, invece, si scende a 491 euro pro capite, ma si tratta sempre di cifre che, se appaiono realistiche per un comune di grandi dimensioni (483 euro è infatti la capacità fiscale pro capite degli enti tra 60 mila e 100 mila abitanti) risultano abnormi per un mini-ente;
              ciò è possibile perché l'ingente patrimonio immobiliare presente in questi piccoli comuni, costituito spesso da seconde case non più abitate, spalmato su una popolazione esigua, porta inevitabilmente la capacità fiscale pro capite a livelli pari a quelli delle metropoli (695 euro è il valore di riferimento per le città sopra i 250.000 abitanti);
              i piccoli comuni sono quindi penalizzati, perché il loro alto valore di capacità fiscale, che non viene compensato da elevati fabbisogni come nel caso delle grandi città, rischia di portare inevitabilmente a una penalizzazione nella distribuzione delle risorse;
              la riduzione della capacità fiscale porterà a una riduzione della quota perequativa del fondo di solidarietà comunale 2018, fermo restando che il totale delle risorse a disposizione dei comuni resterà invariato;
              si consideri infine che la stessa criticità si presenta anche per i comuni ad alta vocazione turistica,

impegna il Governo:

1)    ad attuare tempestivamente ed integralmente, mediante provvedimenti ad hoc o nell'ambito della prima iniziativa utile, la normativa sul federalismo fiscale, così come previsto dalla legge 5 maggio 2009, n.  42, al fine di completare l'attuazione del nuovo articolo 119 che prevede non soltanto l'equilibrio dei bilanci degli enti locali e territoriali, nel rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, ma anche l'autonomia di entrata e di spesa, di cui non è mai stata completata l'attuazione, come specificato in premessa;
2)    con lo scopo di aumentare il risparmio pubblico e razionalizzare la spesa pubblica mantenendo al contempo una erogazione ottimale dei servizi ai cittadini, ad assumere iniziative per prevedere una disciplina più vantaggiosa per gli enti che hanno rispettato il patto di stabilità interno e il pareggio di bilancio, tenendo conto del residuo fiscale positivo, al fine di premiare altresì i comuni virtuosi ed incentivare così i meno virtuosi ad allinearsi ai costi standard;
3)    ad adottare al più presto adeguati strumenti normativi di riparto del fondo di solidarietà comunale al fine di non penalizzare, come esposto in premessa, i «mini-enti», così come pure i comuni a vocazione turistica, in modo da evitare che l'elevata capacità fiscale prodotta da questi causi una sproporzionata riduzione della quota perequativa del fondo di solidarietà comunale per il prossimo anno.
(1-01709)   (Nuova formulazione) «Simonetti, Busin, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini».


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma del federalismo fiscale ha segnato una svolta senza precedenti nel nostro sistema: si tratta di un rinnovato corpus normativo volto a definire un sistema di finanza multilivello che declina in modo nuovo ed originale i rapporti tra Stato, autonomie ed Unione europea, con lo scopo di assicurare un coordinamento unitario e coerente non solo della finanza pubblica, ma anche delle stesse politiche pubbliche che si dipanano tra i diversi livelli di governo;
              il duplice scopo del federalismo fiscale è quello di arrivare ad una razionalizzazione nella gestione delle risorse pubbliche che possa, al contempo, garantire, anzi migliorare, l'offerta dei servizi per i cittadini. Attraverso un simile strumento, inoltre, si mira anche a responsabilizzare maggiormente gli enti territoriali e locali, implementando il principio di sussidiarietà orizzontale e verticale previsti nell'articolo 118 della Costituzione;
              tale normativa, prevista nella legge n.  42 del 2009 di attuazione della delega costituzionale dell'articolo 119 della Costituzione, rimane però oggi ancora sostanzialmente inattuata;
              il fondo di solidarietà comunale (FSC) ha sostituito, nel 2013, il vecchio fondo sperimentale di riequilibrio previsto dal decreto n.  23 del 2011 sul federalismo municipale, mantenendo lo scopo di limitare le disuguaglianze del gettito immobiliare tra città ricche e città povere;
              ad oggi, il fondo di solidarietà comunale secondo quanto si apprende dalla nota metodologica del Ministero dell'economia e delle finanze del 19 gennaio 2017, è articolato in due componenti: la prima è la componente tradizionale, a sua volta articolata in una parte destinata al riequilibrio delle risorse storiche, che avviene attraverso la trattenuta dall'Imu, e una parte perequativa; la seconda è la componente costituita dal ristoro dei gettiti perduti per le esenzioni e agevolazioni Imu e tasi previste dalla legge di stabilità 2016;
              a partire dal 2015, per le assegnazioni a ciascun comune, è stata utilizzata l'applicazione di criteri perequativi basati sui fabbisogni e sulle capacità fiscali standard pari ad una quota pari al 20 per cento delle risorse del fondo, aumentata progressivamente al 30 per cento nel 2016 e al 40 per cento nel 2017. Il coefficiente di riparto delle risorse standard complessive è stato costituito portando il peso della componente relativa alla differenza tra i fabbisogni standard e capacità fiscali dal 70 all'80 per cento e il peso della popolazione (capacità fiscale pro-capite) dal 30 per cento al 20 per cento. In futuro il peso dei due parametri è destinato a crescere progressivamente visto che la fetta di risorse distribuite sulla base delle capacità fiscali e dei fabbisogni salirà al 55 per cento nel 2018, al 70 per cento nel 2019, all'85 per cento nel 2020 e al 100 per cento a decorrere dal 2021. La componente di ristoro rimane invece sostanzialmente la stessa;
              nonostante l'implementazione dei criteri perequativi basati sui fabbisogni e sulle capacità fiscali standard, nel 2016, si è utilizzato un aggiustamento statistico proprio per la distribuzione di questo 30 per cento del fondo, al fine di mitigare gli effetti negativi che i comuni meno virtuosi avrebbero subito per lo scostamento tra spesa storica e spesa standard. Il correttivo statistico operava quindi in favore di quegli enti che in sede di prima assegnazione avevano registrato un differenziale negativo tra la dotazione standard e la dotazione storica uguale o maggiore al 2 per cento;
              ugualmente, quest'anno, l'articolo 14 della manovra correttiva (decreto-legge 24 aprile 2017, n.  50) prevede un nuovo correttivo statistico per attenuare gli scostamenti negativi più ampi. Ciò, in sostanza, è equivalso a non tagliare di netto i fondi a quei comuni che hanno una spesa storica più alta, che sarebbero stati penalizzati ancora una volta, dai costi standard;
              si tratta di 14 milioni di euro ancora non distribuiti (degli 80 previsti dalla legge di bilancio 2017 per le compensazioni sul minor gettito della Tasi) e di 11 milioni ancora non distribuiti (dei 155 milioni di euro previsti dalla stabilità 2016 a titolo di compensazione per il minor gettito dovuto agli aggiornamenti catastali). Durante l'esame presso la Camera dei deputati, è stata inoltre accolta una proposta governativa che ha aumentato l'FSC di 25 milioni di euro proprio con lo scopo di costituire un accantonamento in favore dei comuni che presentano una variazione negativa della spettanza del fondo di solidarietà comunale rispetto alle risorse storiche, a titolo di correttivo del meccanismo di perequazione. A decorrere dal 2022 i 25 milioni di euro saranno poi destinati alle fusioni dei comuni;
              dunque, il criterio basato su risorse standard rimane ancora sostanzialmente insufficiente ed è evidente come i correttivi applicati ritardino l'applicazione completa dei costi standard e non aiutino gli enti maggiormente virtuosi, che, operando una razionale ed oculata gestione delle proprie risorse, hanno invece rispettato i patti di stabilità e contribuito al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica derivanti dalla normativa interna e dall'appartenenza dell'Italia alla zona euro. Allo stesso modo, non è stato dato adeguato rilievo, nelle note metodologiche di riparto del fondo di solidarietà comunale, al differenziale positivo o negativo del residuo fiscale comunale che, segnando la differenza tra tutte le entrate e le risorse che in quel territorio vengono spese, costituisce anche un indicatore della virtuosità degli enti locali nella razionalizzazione delle spese di fondi pubblici;
              al contempo, è stato sempre previsto un ampio spettro di esclusione dalle sanzioni per i comuni che non hanno rispettato il patto di stabilità prima in vigore o il pareggio di bilancio ora vigente;
              per poter razionalizzare la spesa in maniera selettiva occorre rispettare un principio basilare che è quello dell'individuazione dei fabbisogni standard e dell'applicazione consequenziale dei costi standard;
              i tagli non devono essere previsti sui bilanci consuntivi ma su quelli preventivi, cosa che ad oggi non viene fatta. Il passaggio dalla spesa storica al costo standard orienterà la politica delle amministrazioni verso una nuova logica meritocratica che eviti le note inefficienze del passato;
              è necessario attivare il circuito della responsabilità, favorendo la trasparenza delle decisioni di spesa e la loro imputabilità attraverso il pieno compimento del passaggio dalla spesa storica (che finanzia servizi e sprechi) al costo/fabbisogno standard (che finanzia i servizi), al fine di garantire un elevatissimo grado di solidarietà e di gestione responsabile del pubblico denaro;
              la pubblica amministrazione è il fronte sul quale va combattuta la principale battaglia per l'efficienza e il risparmio;
              gli sprechi della pubblica amministrazione non possono e non devono essere attribuiti soltanto ed esclusivamente alle situazioni patologiche di illegalità e incuria, ma anche alle situazioni di normalità, a causa di una gestione non ottimale (o meglio non professionale) dell'azione amministrativa. Si tratta di situazioni nelle quali la spesa, sebbene utilizzata dagli attori per finalità pubbliche, non è impiegata nel modo migliore, più produttivo e più efficace, a causa di un approccio non rigoroso, sul piano del metodo, alla progettazione delle politiche e dei servizi pubblici;
              infine, riguardo ancora al fondo di solidarietà comunale, è necessario ricordare come la metodologia di ripartizione dello stesso comporti significativi svantaggi per i piccoli comuni. La capacità fiscale, infatti, in questi centri, risulta gonfiata dal gettito potenziale di imu e tasi, determinata da un patrimonio immobiliare spesso abbandonato, ma considerato ancora potenzialmente produttivo di reddito da parte del fisco;
              tale problematica è stata nuovamente sollevata, in sede di audizione presso la Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale, dalla direttrice generale del dipartimento delle finanze Fabrizia Lapecorella che ha spiegato come nei piccolissimi comuni (sotto i 500 abitanti) la capacità fiscale pro capite per il 2018 raggiungerà quota 629 euro. Nella classe demografica che va da 500 e mille abitanti, invece, si scende a 491 euro pro capite, ma si tratta sempre di cifre che, se appaiono realistiche per un comune di grandi dimensioni (483 euro è infatti la capacità fiscale pro capite degli enti tra 60 mila e 100 mila abitanti) risultano abnormi per un mini-ente;
              ciò è possibile perché l'ingente patrimonio immobiliare presente in questi piccoli comuni, costituito spesso da seconde case non più abitate, spalmato su una popolazione esigua, porta inevitabilmente la capacità fiscale pro capite a livelli pari a quelli delle metropoli (695 euro è il valore di riferimento per le città sopra i 250.000 abitanti);
              i piccoli comuni sono quindi penalizzati, perché il loro alto valore di capacità fiscale, che non viene compensato da elevati fabbisogni come nel caso delle grandi città, rischia di portare inevitabilmente a una penalizzazione nella distribuzione delle risorse;
              la riduzione della capacità fiscale porterà a una riduzione della quota perequativa del fondo di solidarietà comunale 2018, fermo restando che il totale delle risorse a disposizione dei comuni resterà invariato;
              si consideri infine che la stessa criticità si presenta anche per i comuni ad alta vocazione turistica,

impegna il Governo:

1)    ad attuare tempestivamente ed integralmente, mediante provvedimenti ad hoc o nell'ambito della prima iniziativa utile, la normativa sul federalismo fiscale, così come previsto dalla legge 5 maggio 2009, n.  42, al fine di completare l'attuazione del nuovo articolo 119 che prevede non soltanto l'equilibrio dei bilanci degli enti locali e territoriali, nel rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, ma anche l'autonomia di entrata e di spesa, di cui non è mai stata completata l'attuazione, come specificato in premessa.
(1-01709)   (Testo modificato nel corso della seduta) (Nuova formulazione) «Simonetti, Busin, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini».


      La Camera,
          premesso che:
              la riforma federalista prevista con la modifica del Titolo V della Costituzione nel 2001, di cui alla legge delega 5 maggio 2009, n.  42, recante i princìpi e i criteri direttivi per l'attuazione del federalismo fiscale non è stata ad oggi completata, ma sospesa ed il suo percorso deviato con l'avvento del Governo Monti nel novembre 2011;
              con l'adozione del decreto-legge n.  201 del 2011 «cosiddetto Salva Italia», è stato limitato il percorso che avrebbe portato alla piena autonomia impositiva e finanziaria degli enti locali. In particolare è stata alterata la previsione normativa relativa all'imposizione immobiliare da destinare ai comuni;
              l'anticipazione dell'introduzione dell'Imu da parte del Governo Monti e le successive modifiche alla disciplina, hanno comportato che una quota rilevante del gettito dei fabbricati e immobili appartenenti alla categoria catastale D rimanga acquisita e destinata all'erario (circa 3, 6 miliardi di euro annui);
              la deviazione del percorso di realizzazione dell'assetto federalista ha inciso sugli effetti della prevista sostituzione dei trasferimenti erariali ai comuni con risorse proprie, da attuare anche con l'ausilio del fondo di solidarietà comunale;
              infatti, nonostante una delle finalità della legge n.  42 del 2009 fosse il controllo, la razionalizzazione e riqualificazione della spesa dei predetti enti, mediante l'introduzione dei parametri «fabbisogni standard» e «capacità fiscale» per ridurre gli sprechi storici e tenere sotto controllo la spesa dei comuni, nel contempo la legge ha previsto espressamente di «assicurare a regime il finanziamento integrale della spesa relativa alle funzioni fondamentali e i livelli essenziali delle prestazioni,» anche mediante il sistema perequativo;
              l'introduzione dei predetti parametri, funzionale al superamento graduale e definitivo della «spesa storica» è dunque collegata all'obiettivo di consentire ai comuni di svolgere le funzioni assegnate e non solo delineata come strumento di taglio di spese;
              a tal proposito si richiama l'espresso dettato delle finalità, di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 26 novembre 2010, n.  216, ossia «che... ai fini del finanziamento integrale, il complesso delle maggiori entrate devolute e dei fondi perequativi non può eccedere l'entità dei trasferimenti soppressi», dunque è previsto un limite di spesa ma non una riduzione;
              le risorse dei comuni sono notevolmente diminuite rispetto ai trasferimenti erariali ante legge 42 del 2009 per i seguenti motivi:
                  a) la crisi, che ha ridotto gli introiti della leva fiscale ed i sostanziosi contributi richiesti ai comuni per contribuire al risanamento dei conti pubblici (- 6 per cento di spesa corrente) ha notevolmente ridotto le disponibilità finanziarie degli enti locali, nonostante essi debbano comunque per legge svolgere le funzioni essenziali attribuite loro dalla riforma federale;
                  b) la sottrazione della quota Imu degli immobili appartenenti alla categoria catastale D;
                  c) la mancata partecipazione delle quote dello Stato al fondo di solidarietà comunale, alimentato ormai dal 2015 esclusivamente dalla quota di gettito Imu versata dai comuni;
                  d) il blocco della leva fiscale a carico degli enti locali, prorogata dal Governo anche per l'anno in corso;
              molti comuni hanno visto quindi ridursi la dotazione rispetto ai precedenti trasferimenti erariali e non riescono ad essere compensati dalla quota integrativa del Fondo di solidarietà comunale, in quanto il meccanismo presenta degli effetti distorsivi dovuti al calcolo dei fabbisogni standard, la cui base di calcolo è la spesa del 2013, già alterata in ribasso dai tagli imposti;
              se poi si considerano i comuni che hanno preferito non attivare la leva fiscale massima ovvero spendevano meno, rispetto alla media, per determinati servizi, l'effetto distorsivo della scelta dell'anno base per il sistema perequativo è ampliato nella redistribuzione delle risorse;
              si ricorda che nel 2021 scatterà a regime la redistribuzione del fondo di solidarietà integralmente in base ai fabbisogni standard e alle capacità fiscali standard; ora la quota è pari al 40 per cento, al 55 per cento nel 2018, al 70 per cento nel 2019, all'85 per cento nel 2020 ed infine 100 per cento nel 2021;
              da un'analisi approfondita dell'Ifel sui meccanismi e sugli effetti del funzionamento del sistema perequativo e da proiezioni ipotetiche degli effetti a regime del superamento totale della spesa storica emerge che, in mancanza di misure correttive, si potrebbero alterare gli equilibri già delicati di un numero cospicuo di enti locali;
              il sistema, entrato in funzione nel 2015, ad oggi è stato corretto sia nel 2016 che nel 2017 nei suoi effetti distorsivi;
              oggi si registra questa situazione: nell'anno in corso il Fondo riferito ai comuni delle Regioni a statuto ordinario ammonta a 1.884 miliardi. I comuni lo alimentano per 2.533 miliardi. La differenza per 650 milioni è in parte destinata ai comuni di Sicilia e Sardegna, per un importo pari a 230 milioni, cifra superiore alla loro quota di contribuzione, ed in parte destinata al bilancio dello Stato a compensazione dei tagli applicati negli anni precedenti, di cui una parte destinata a compensare i comuni che, in fase di abolizione della Tasi per abitazione principale, presentano un gettito inferiore a quello standard;
              i comuni beneficiari della quota di solidarietà sono 4.324, mentre 2.309 comuni presentano assegnazioni negative;
              l'analisi degli effetti distributivi del fondo 2017 è stata effettuata con diverse angolazioni: se si considerano i parametri «fascia demografica» e «macro area territoriale», si evince dai dati rilevati che c’è stata una riduzione di risorse pro-capite di – 18,4 euro per i comuni con popolazione inferiore a 1000 abitanti nell'area meridionale, a + 16,4 euro pro-capite per i comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti nel centro del Paese;
              a livello di macro-aree geografiche per i comuni delle RSO, si nota che le risorse si spostano dall'area Nord con –3,2 pro-capite all'area Centro, con +6,3 euro pro-capite, dato su cui incide il miglioramento della posizione relativa al comune di Roma rispetto al riparto storico;
              è interessante notare come l'analisi per dimensioni e fasce demografiche rileva che il 50 per cento dei comuni peggiora la propria posizione rispetto ai trasferimenti storici e trattasi dei comuni con popolazione inferiore ai 1000 abitanti per una quota del 25 per cento, per i comuni con popolazione fino a 5000 abitanti la quota dei comuni svantaggiati è pari a circa il 10 per cento, mentre i comuni che si avvantaggiano dal riparto perequativo 2017 sono quelli con popolazione compresa tra 5000 e 20.000 abitanti;
              dall'analisi emerge, altresì, che i comuni con maggiori diminuzione di trasferimenti sono distribuiti pressoché omogeneamente tra le differenti aree geografiche, con una leggera maggiore incidenza nel Nord-ovest e nel Sud del Paese, ma bisogna tener conto dell'influenza nel Centro-sud dell'incidenza del miglioramento pro-capite delle grandi città delle suddette aree, al fine di valutare in modo equilibrato la redistribuzione del Fondo fra i comuni del Centro-Sud;
              nel percorso di graduale abbandono dei trasferimenti storici nel sistema perequativo, stante l'effetto distorsivo dei tagli di spesa del 2013, che potrebbero influire sul calcolo dei fabbisogni attuali e futuri, si rileva la necessità di valutare preventivamente gli impatti redistributivi fra i vari enti locali del sistema perequativo puro al 100 per cento, al fine di valutare eventuali misure correttive;
              peraltro, all'attuazione del sistema perequativo graduale non è corrisposta l'applicazione legislativa della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni per tutti gli enti locali, come previsto dall'impianto della legge n.  42 del 2009;
              un effetto distorsivo a cui dare la massima attenzione e sensibilizzazione è l'erogazione del servizio asili-nido da parte dei comuni a ridotte dimensioni e situati nelle aree svantaggiate del Paese. Infatti, è qui che la mancanza di una spesa storica del servizio accompagnata da un rilievo di fabbisogno standard minimale, non favorirà nei prossimi anni l'attribuzione di una quota integrativa per assicurare i livelli essenziali da parte dei piccoli comuni svantaggiati, in presenza di una maggiore futura richiesta;
              si ritiene, inoltre, che, a prescindere dalle dinamiche della bassa domanda degli anni passati, sarebbe auspicabile che i comuni stessi siano messi nelle condizioni di poter comunque aumentare l'offerta di servizio di asili-nido per sostenere ed incentivare l'accesso delle donne nel mercato del lavoro. È un tema di particolare interesse considerato che la bassa partecipazione al lavoro delle donne appare direttamente correlata al minimo accesso delle famiglie italiane ai cosiddetti «aiuti formali», quali asili e servizi di assistenza, a fronte di una prevalenza degli «aiuti informali», a conferma del fatto che le esperienze lavorative delle donne sono caratterizzate dalla difficoltà di conciliare l'attività lavorativa con l'impegno familiare. In Italia, fino al 2016, è stato destinato solo l'1,4 per cento del Pil a contributi, servizi e detrazioni fiscali per le famiglie, dato ben più basso rispetto alla misura dell'1,8 per cento destinato in ambito OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) nei Paesi a bassa fertilità. Una delle conseguenze dell'assenza di servizi di supporto nelle attività di cura in Italia è – secondo l'ISTAT – l'interruzione del lavoro per motivi familiari da parte del 30 per cento delle madri a fronte del 3 per cento dei padri. Bisogna affrontare in modo sempre più incisivo il tema centrale della fornitura di servizi di asilo nido per la conciliazione. Oggi i nidi sono offerti in misura limitata e a costi molto elevati;
              lo sviluppo del Paese, soprattutto delle aree svantaggiate, deve necessariamente essere conseguito mediante strumenti di rafforzamento di servizi importanti, quali asili nido, trasporti, servizi sociali, ricorrendo a politiche nazionali di settore, laddove lo strumento della perequazione non può essere l'unico mezzo per assicurare l'erogazione di determinati servizi a livello locale;
              senza entrare nel dettaglio delle approfondite analisi e proiezioni effettuate, è evidente che l'autonomia e la perequazione del sistema degli enti locali non sono attualmente sostenibili, in quanto si innestano in un sistema tributario comunale differente da quanto era previsto dalla disattesa riforma federalista;
              a fronte della razionalizzazione e della riduzione della spesa dei comuni mediante l'introduzione dei costi e fabbisogni standard, non si è provveduto ad aumentarne la capacità fiscale;
              è necessario quindi rivedere il sistema al fine di eliminare gli ostacoli alla realizzazione della piena autonomia finanziaria dei comuni, compromessa dai tagli cospicui, dagli alti interessi sul debito dei comuni e dal blocco della leva fiscale, ora che il Paese, uscito dalla recessione, ha intrapreso il percorso di crescita dell'economia, anche perché, nelle more del superamento definitivo della spesa storica, qualora fosse sbloccata la leva fiscale successivamente, enti di piccole dimensioni non sarebbero più in grado di assorbire lo stress da perequazione ricorrendo allo sforzo fiscale;
              diversamente è difficile per i comuni assicurare livelli essenziali delle prestazioni dei servizi alla collettività locali, in modo uniforme ed omogeneo su tutto il territorio nazionale, per superare gli squilibri regionali e migliorare la qualità della vita dei cittadini, utilizzando gli indicatori di benessere collettivo, in coerenza con quanto previsto dalla legge n.  163 del 2016, che ha inserito nel Documento di economia e finanza l'obbligo di monitorare la crescita dell'economia del Paese non solo in termini di crescita del Pil, ma anche valutando la qualità della vita tramite l'adozione dei suddetti indicatori,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione;
2)    a valutare l'opportunità di adottare iniziative per definire misure correttive dell'attuale sistema di fiscalità locale e relativa perequazione destinando, anche gradualmente e compatibilmente con i saldi di finanza pubblica, maggiori risorse per:
          a)    contribuire al fondo di solidarietà comunale con risorse proprie integrative, come previsto dalla legge n.  42 del 2009, al fine di consentire a tutti i comuni nel prossimo triennio 2018-2020 di erogare i servizi essenziali nei limiti dei livelli essenziali previsti e definiti;
          b)    attribuire ai comuni la spettanza del gettito dei fabbricati e degli immobili della categoria catastale D, al fine di destinare l'imposizione immobiliare interamente ai comuni, come era previsto nell'impianto federale della legge n.  42 del 2009;
          c)    sbloccare la leva fiscale dei comuni, compensandola con la riduzione della pressione fiscale erariale;
          d)    consentire il conseguimento di maggiore liquidità a disposizione dei comuni, autorizzando la rinegoziazione del debito dei medesimi enti, con i connessi oneri di riduzione dei tassi di interesse ovvero penali di anticipata estinzione a carico del bilancio dello Stato;
          e)    prevedere appositi fondi aggiuntivi, facendoli eventualmente confluire nel fondo di solidarietà comunale, destinati all'implementazione del servizio degli asili-nido dei comuni delle zone svantaggiate.
(1-01710) «D'Incà, Caso, Castelli, Spessotto, Brugnerotto, Cariello, Sibilia».


      La Camera,
          premesso che:
              con l'approvazione della legge 5 maggio 2009, n.  42, è stato dato avvio alla realizzazione del federalismo fiscale in Italia, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione;
              negli ordinamenti articolati su più livelli di governo, il federalismo fiscale designa un assetto dei rapporti finanziari tra Stato ed enti locali improntato al principio dell'autonomia finanziaria di entrata e di spesa e la disponibilità di risorse autonome per gli enti territoriali mediante l'applicazione di tributi e di entrate propri, e alla fissazione di principi e strumenti di coordinamento della finanza e del sistema tributario dello Stato e degli enti territoriali;
              nella sua applicazione concreta, il federalismo fiscale postula il definitivo superamento del previgente sistema della cosiddetta finanza derivata, in base al quale gran parte dei tributi era riscossa dallo Stato, che provvedeva poi a ridistribuirne il gettito agli enti locali;
              con l'attuazione del federalismo fiscale per il finanziamento dei servizi degli enti locali è previsto il passaggio dal criterio del costo storico, in applicazione del quale semplicemente quanto destinare alle singole Regioni sotto forma di trasferimenti dipendeva da quanto una Regione aveva speso nell'anno precedente, a quello del costo standard, che definisce, invece, il costo di un determinato servizio erogato nelle migliori condizioni di efficienza e appropriatezza e garantendo i livelli essenziali di prestazione;
              la legge n.  42 del 5 maggio 2009 sancisce che il costo standard sia definito prendendo a riferimento la Regione più virtuosa, vale a dire quella che presta i servizi ai costi più efficienti, facendo sì che per il finanziamento degli enti territoriali la determinazione dei costi sia adeguata a una gestione efficiente ed efficace di pubblica amministrazione, tenendo anche conto del rapporto tra il numero dei dipendenti dell'ente territoriale ed il numero dei residenti;
              con la legge n.  228 del 24 dicembre 2012, legge di stabilità per il 2013, è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno il in sostituzione del vecchio fondo sperimentale di riequilibrio previsto dal decreto legislativo n.  23 del 14 marzo 2011 sul federalismo municipale alimentato;
              il fondo di solidarietà comunale, alimentato in parte dai comuni con una quota dell'imposta municipale propria, e in parte dallo Stato, è lo strumento attraverso il quale lo Stato centrale effettua una redistribuzione di risorse tra comuni attraverso un meccanismo perequativo per limitare le disuguaglianze del gettito immobiliare tra città ricche e città povere;
              la redistribuzione di tali risorse, che dovrebbe avvenire secondo il criterio dei costi standard, è, invece, ancora realizzata facendo ricorso al principio della spesa storica, e questo si traduce in una grave penalizzazione soprattutto delle Regioni meridionali;
              continuando, infatti, ad attribuire ai comuni esattamente la stessa somma dallo stesso spesa nell'anno precedente per finanziare determinati servizi, e in considerazione degli importanti tagli di bilancio che stanno colpendo numerosissimi comuni in tutto il territorio nazionale, il risultato finale è che quei comuni che in un anno non avevano risorse per pagare alcuni servizi non si vedranno assegnare risorse per gli stessi servizi nell'anno successivo;
              parametri per determinare i costi standard devono tenere conto delle popolazioni, della dimensione e delle condizioni fisiche e socio-economiche del territorio, e del sistema infrastrutturale di sostegno;
              il fondo di solidarietà persegue la finalità di limitare le disuguaglianze tra i Comuni, e la redistribuzione delle quote deve essere effettuata in maniera equa, proprio perché l'eventuale perequazione compensativa è posta a garanzia dell'esigibilità dei diritti dei cittadini;
              i settori dove maggiormente si stanno facendo sentire la penalizzazione delle regioni meridionali con riferimento all'assegnazione delle risorse sono quelli dell'istruzione e degli asili nido, pur in presenza di un numero molto più alto di possibili utenti, considerando i dati sulla natalità tra nord e sud Italia;
              ma forti disparità in favore delle regioni settentrionali si sono registrate anche con riferimento alla sanità, alla formazione universitaria, alle infrastrutture; e ai trasporti;
              è indispensabile ricondurre l'attuazione del fondo di solidarietà comunale alla mission originaria di garantire servizi uniformi su tutto il territorio nazionale secondo principi di efficienza ed economicità e abbattendo le disuguaglianze regionali,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative per realizzare una distribuzione delle risorse del fondo di solidarietà comunale che possa efficacemente contrastare le disuguaglianze regionali e garantire l'erogazione delle prestazioni e dei servizi in condizioni di efficienza e appropriatezza su tutto il territorio nazionale.
(1-01711) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».


      La Camera,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative per realizzare una distribuzione delle risorse del fondo di solidarietà comunale che possa efficacemente contrastare le disuguaglianze regionali e garantire l'erogazione delle prestazioni e dei servizi in condizioni di efficienza e appropriatezza su tutto il territorio nazionale.
(1-01711) (Testo modificato nel corso della seduta) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».


      La Camera,
          considerato che:
              con la modifica all'articolo 119 della Costituzione (legge costituzionale n.  3 del 2001) il legislatore ha inteso introdurre nell'ordinamento un nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali, basato sul superamento del sistema di finanza derivata. Conseguentemente tramite la legge sul federalismo fiscale (legge n.  42 del 2009) è stata introdotta una maggiore autonomia di entrata e di spesa per gli enti territoriali, nel rispetto dei principi di solidarietà, coesione e riequilibrio territoriale previsti dalla Costituzione. A tale scopo la legge n.  42 e i relativi decreti applicativi hanno introdotto diversi meccanismi di perequazione tra i quali il «Fondo sperimentale di riequilibrio» destinato alla copertura delle spese relative all'esercizio delle funzioni fondamentali, (decreto legislativo n.  23 del 2013), finanziato anche attraverso la fiscalità generale, qualora i fabbisogni risultino superiori alle capacità fiscali;
              in sostituzione del Fondo sperimentale di riequilibrio dal 2013 è stato istituito della legge di stabilità per il 2013 il Fondo di solidarietà comunale (legge n.  228 del 2012 articolo 1, comma 380) in forza della nuova disciplina dell'imposta municipale propria (IMU), introdotta dalla legge medesima, che ha attribuito ai comuni l'intero gettito Imu, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso produttivo, che rimane destinato allo Stato. La dotazione annuale del Fondo, definita per legge, è in parte assicurata attraverso una quota dell'imposta municipale propria (Imu), di spettanza dei comuni, che in esso confluisce annualmente. Pertanto si tratta di un fondo a perequazione orizzontale essendo alimentato esclusivamente dai comuni e non anche dalla fiscalità generale (perequazione verticale), come era stabilito dalla legge n.  42 del 2009;
              la legge di stabilità per il 2015 (legge n.  228 del 2012, articolo 1, comma 435) ha stabilito la riduzione della dotazione del Fondo di solidarietà comunale di 1.200 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, in un generale quadro di fortissima riduzione dei trasferimenti agli enti territoriali;
              sulla disciplina del Fondo è da ultimo intervenuta la legge di stabilità per il 2016 (legge n.  208 del 2015, articolo 1, comma 17), che ne ha integrato la dotazione annuale, quale mero ristoro del minor gettito derivante ai comuni dal nuovo regime di esenzioni disposte dalla legge medesima per l'Imu e la Tasi per gli immobili adibiti ad abitazione principale (articolo 1, commi da 10 a 16, 53 e 54);
              nella legge di bilancio per il 2017 il Fondo presenta una dotazione pari 6.197 milioni di euro per l'anno 2017 e 6.208 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018 (legge n.  232 del 2016, articolo 1, comma 448). Il comma 449 prevede un aumento progressivo negli anni della percentuale di risorse da distribuire con i criteri perequativi e cioè secondo i fabbisogni e le capacità fiscali standard. Tale percentuale, già fissata al 40 per cento per l'anno 2017 e al 55 per cento per l'anno 2018 dalla legge di stabilità dell'anno precedente, viene portata al 70 per cento per l'anno 2019, all'85 per cento per l'anno 2020 e al 100 per cento a decorrere dall'anno 2021. Si applica in sostanza quanto previsto dall'accordo 31 marzo 2015 in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali;
              dai rapporti della Corte dei conti circa gli effetti sulle amministrazioni locali delle misure di contenimento della spesa pubblica adottate in questi ultimi anni per fronteggiare la crisi economica, si rileva come risultino fortemente ridotte le possibilità di intervento e di gestione degli enti territoriali e che è stata lesa l'autonomia finanziaria e funzionale ad essi garantiti dal Titolo V della Parte II della Costituzione. D'altro canto, la Corte sottolinea la necessità che sia salvaguardato il corretto adempimento dei livelli essenziali delle prestazioni, nonché delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali, assicurando un adeguato concorso finanziario dello Stato per gli interventi correttivi degli squilibri economico-sociali emersi tra le diverse aree del Paese;
              nei rapporti dell'Istituto per la finanza e l'economia Locale (IFEL) si sottolinea che pur basandosi sui criteri previsti dalla legge delega n.  42 del 2009, il sistema di trasferimenti del fondo di solidarietà comunale è tuttavia concettualmente molto diverso dal disegno originale: non si tratta di due sistemi di trasferimenti distinti, indirizzati alla perequazione integrale delle funzioni fondamentali da un lato e alla perequazione parziale delle restanti funzioni dall'altro, ma di un unico fondo distribuito secondo un solo schema di riparto, in contrasto con la legge delega, che prevede il contributo dello Stato. Per quanto riguarda perequazione delle funzioni fondamentali, il fondo è integralmente finanziato con le risorse proprie dei comuni. Poiché i due riparti sono inglobati in un unico fondo, la doppia finalità è perseguita attraverso un sistema di «pesi»;
              secondo l'Istituto per la finanza e l'economia locale, in base alle ultime analisi della spesa comunale relativa al 2013, il totale dei fabbisogni monetari (circa 34 miliardi) è superiore del totale dei gettiti standard che compongono la capacità fiscale (circa 30 miliardi) (si veda: Contributo alla discussione della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, 6 luglio 2017);
              il rapporto del gennaio 2017 della Sose (Soluzioni per il Sistema Economico) – società tecnica del Ministero dell'economia e delle finanze relativo alla ricognizione dei livelli delle prestazioni che le regioni a statuto ordinario effettivamente garantiscono, evidenzia che in tutti servizi essenziali oggetto di analisi si registra un forte divario dei livelli delle prestazioni effettivamente erogate tra le regioni del centro-nord e quelle del sud, divario che si riflette nei livelli di spesa mediamente più bassi registrati nel Mezzogiorno. Pertanto appare evidente come il criterio dell'erogazione sulla base della spesa storica, sia pure in corso di attenuazione, risulti essere punitivo per quegli enti che non potendo spendere a causa dei minori introiti delle imposte comunali, non hanno possibilità di offrire servizi adeguati ai propri cittadini;
              le elaborazioni dell'ufficio studi della Cgia di Mestre offrono ulteriori spunti di riflessione. Le serie storiche indicano che nel periodo 1995-2015 le entrate tributarie nelle casse dello Stato sono aumentate di oltre 80 punti percentuali, quasi il doppio dell'inflazione che, nello stesso periodo, è salita del 43 per cento. In base ad una elaborazione pubblicata nel novembre 2016, su un ammontare complessivo di 493,5 miliardi di euro di imposte dirette e in conto capitale versate dagli italiani nel 2015, ben 389 miliardi di euro (78,8 per cento del totale) sono stati incassati dall'Erario, 69,7 miliardi sono stati incassati dalle regioni (14,1 per cento del totale), 29,3 miliardi dai comuni (5,9 per cento del totale); 4,1 miliardi dalle province (0,8 per cento del totale);
              viceversa, dei 432 miliardi di spesa pubblica al netto di interessi e previdenza, il 53 per cento è in capo a regioni, province e comuni e per salvaguardare i bilanci e i servizi erogati alla popolazione i Sindaci hanno aumentato le tasse locali di 11,3 miliardi di euro. In definitiva, la quasi totalità delle entrate finisce allo Stato, ma oltre la metà della spesa viene amministrata da regioni e autonomie locali. Ne consegue che il superamento della finanza derivata, previsto dalle riforme del 2001 e del 2009 è ancora ben lungi dall'essere pienamente attuato,

impegna il Governo:

1)    ad adottare le iniziative necessarie per dare piena attuazione al federalismo fiscale in coerenza con l'articolo 119 della Costituzione e la legge n.42 del 2009;
2)    ad assumere iniziative per finanziare mediante risorse statali aggiuntive il fondo di solidarietà comunale sino a completa copertura dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione, individuando le risorse necessarie nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica;
3)    ad assumere iniziative per assicurare le risorse necessarie a garantire il progressivo raggiungimento degli standard nazionali dei livelli essenziali delle prestazioni, con particolare riferimento alle regioni meridionali.
(1-01712) «Tancredi, Bosco».


      La Camera,
          considerato che:
              con la modifica all'articolo 119 della Costituzione (legge costituzionale n.  3 del 2001) il legislatore ha inteso introdurre nell'ordinamento un nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali, basato sul superamento del sistema di finanza derivata. Conseguentemente tramite la legge sul federalismo fiscale (legge n.  42 del 2009) è stata introdotta una maggiore autonomia di entrata e di spesa per gli enti territoriali, nel rispetto dei principi di solidarietà, coesione e riequilibrio territoriale previsti dalla Costituzione. A tale scopo la legge n.  42 e i relativi decreti applicativi hanno introdotto diversi meccanismi di perequazione tra i quali il «Fondo sperimentale di riequilibrio» destinato alla copertura delle spese relative all'esercizio delle funzioni fondamentali, (decreto legislativo n.  23 del 2013), finanziato anche attraverso la fiscalità generale, qualora i fabbisogni risultino superiori alle capacità fiscali;
              in sostituzione del Fondo sperimentale di riequilibrio dal 2013 è stato istituito della legge di stabilità per il 2013 il Fondo di solidarietà comunale (legge n.  228 del 2012 articolo 1, comma 380) in forza della nuova disciplina dell'imposta municipale propria (IMU), introdotta dalla legge medesima, che ha attribuito ai comuni l'intero gettito Imu, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso produttivo, che rimane destinato allo Stato. La dotazione annuale del Fondo, definita per legge, è in parte assicurata attraverso una quota dell'imposta municipale propria (Imu), di spettanza dei comuni, che in esso confluisce annualmente. Pertanto si tratta di un fondo a perequazione orizzontale essendo alimentato esclusivamente dai comuni e non anche dalla fiscalità generale (perequazione verticale), come era stabilito dalla legge n.  42 del 2009;
              la legge di stabilità per il 2015 (legge n.  228 del 2012, articolo 1, comma 435) ha stabilito la riduzione della dotazione del Fondo di solidarietà comunale di 1.200 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, in un generale quadro di fortissima riduzione dei trasferimenti agli enti territoriali;
              sulla disciplina del Fondo è da ultimo intervenuta la legge di stabilità per il 2016 (legge n.  208 del 2015, articolo 1, comma 17), che ne ha integrato la dotazione annuale, quale mero ristoro del minor gettito derivante ai comuni dal nuovo regime di esenzioni disposte dalla legge medesima per l'Imu e la Tasi per gli immobili adibiti ad abitazione principale (articolo 1, commi da 10 a 16, 53 e 54);
              nella legge di bilancio per il 2017 il Fondo presenta una dotazione pari 6.197 milioni di euro per l'anno 2017 e 6.208 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018 (legge n.  232 del 2016, articolo 1, comma 448). Il comma 449 prevede un aumento progressivo negli anni della percentuale di risorse da distribuire con i criteri perequativi e cioè secondo i fabbisogni e le capacità fiscali standard. Tale percentuale, già fissata al 40 per cento per l'anno 2017 e al 55 per cento per l'anno 2018 dalla legge di stabilità dell'anno precedente, viene portata al 70 per cento per l'anno 2019, all'85 per cento per l'anno 2020 e al 100 per cento a decorrere dall'anno 2021. Si applica in sostanza quanto previsto dall'accordo 31 marzo 2015 in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali;
              dai rapporti della Corte dei conti circa gli effetti sulle amministrazioni locali delle misure di contenimento della spesa pubblica adottate in questi ultimi anni per fronteggiare la crisi economica, si rileva come risultino fortemente ridotte le possibilità di intervento e di gestione degli enti territoriali e che è stata lesa l'autonomia finanziaria e funzionale ad essi garantiti dal Titolo V della Parte II della Costituzione. D'altro canto, la Corte sottolinea la necessità che sia salvaguardato il corretto adempimento dei livelli essenziali delle prestazioni, nonché delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali, assicurando un adeguato concorso finanziario dello Stato per gli interventi correttivi degli squilibri economico-sociali emersi tra le diverse aree del Paese;
              nei rapporti dell'Istituto per la finanza e l'economia Locale (IFEL) si sottolinea che pur basandosi sui criteri previsti dalla legge delega n.  42 del 2009, il sistema di trasferimenti del fondo di solidarietà comunale è tuttavia concettualmente molto diverso dal disegno originale: non si tratta di due sistemi di trasferimenti distinti, indirizzati alla perequazione integrale delle funzioni fondamentali da un lato e alla perequazione parziale delle restanti funzioni dall'altro, ma di un unico fondo distribuito secondo un solo schema di riparto, in contrasto con la legge delega, che prevede il contributo dello Stato. Per quanto riguarda perequazione delle funzioni fondamentali, il fondo è integralmente finanziato con le risorse proprie dei comuni. Poiché i due riparti sono inglobati in un unico fondo, la doppia finalità è perseguita attraverso un sistema di «pesi»;
              secondo l'Istituto per la finanza e l'economia locale, in base alle ultime analisi della spesa comunale relativa al 2013, il totale dei fabbisogni monetari (circa 34 miliardi) è superiore del totale dei gettiti standard che compongono la capacità fiscale (circa 30 miliardi) (si veda: Contributo alla discussione della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, 6 luglio 2017);
              il rapporto del gennaio 2017 della Sose (Soluzioni per il Sistema Economico) – società tecnica del Ministero dell'economia e delle finanze relativo alla ricognizione dei livelli delle prestazioni che le regioni a statuto ordinario effettivamente garantiscono, evidenzia che in tutti servizi essenziali oggetto di analisi si registra un forte divario dei livelli delle prestazioni effettivamente erogate tra le regioni del centro-nord e quelle del sud, divario che si riflette nei livelli di spesa mediamente più bassi registrati nel Mezzogiorno. Pertanto appare evidente come il criterio dell'erogazione sulla base della spesa storica, sia pure in corso di attenuazione, risulti essere punitivo per quegli enti che non potendo spendere a causa dei minori introiti delle imposte comunali, non hanno possibilità di offrire servizi adeguati ai propri cittadini;
              le elaborazioni dell'ufficio studi della Cgia di Mestre offrono ulteriori spunti di riflessione. Le serie storiche indicano che nel periodo 1995-2015 le entrate tributarie nelle casse dello Stato sono aumentate di oltre 80 punti percentuali, quasi il doppio dell'inflazione che, nello stesso periodo, è salita del 43 per cento. In base ad una elaborazione pubblicata nel novembre 2016, su un ammontare complessivo di 493,5 miliardi di euro di imposte dirette e in conto capitale versate dagli italiani nel 2015, ben 389 miliardi di euro (78,8 per cento del totale) sono stati incassati dall'Erario, 69,7 miliardi sono stati incassati dalle regioni (14,1 per cento del totale), 29,3 miliardi dai comuni (5,9 per cento del totale); 4,1 miliardi dalle province (0,8 per cento del totale);
              viceversa, dei 432 miliardi di spesa pubblica al netto di interessi e previdenza, il 53 per cento è in capo a regioni, province e comuni e per salvaguardare i bilanci e i servizi erogati alla popolazione i Sindaci hanno aumentato le tasse locali di 11,3 miliardi di euro. In definitiva, la quasi totalità delle entrate finisce allo Stato, ma oltre la metà della spesa viene amministrata da regioni e autonomie locali. Ne consegue che il superamento della finanza derivata, previsto dalle riforme del 2001 e del 2009 è ancora ben lungi dall'essere pienamente attuato,

impegna il Governo:

1)    ad adottare le iniziative necessarie per dare piena attuazione al federalismo fiscale in coerenza con l'articolo 119 della Costituzione e la legge n.42 del 2009;
2)    ad assumere iniziative per finanziare anche mediante risorse statali aggiuntive il fondo di solidarietà comunale sino a completa copertura dei livelli qualitativi standard delle prestazioni, individuando le risorse necessarie nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica;
3)    ad assumere iniziative per assicurare le risorse necessarie a garantire il progressivo raggiungimento degli standard nazionali dei livelli qualitativi standard delle prestazioni, con particolare riferimento alle regioni meridionali.
(1-01712) (Testo modificato nel corso della seduta)  «Tancredi, Bosco».


      La Camera,
          premesso che:
              la legge n.  42 del 2009, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, ha rafforzato, nell'ambito del nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra i vari livelli di governo delineato dalla riforma dell'articolo 119 della Costituzione, l'autonomia impositiva dei comuni ed avviato un processo di fiscalizzazione dei trasferimenti erariali in loro favore. Obiettivo di fondo della medesima legge è quello di improntare a criteri di efficienza, efficacia ed equità il sistema della spesa pubblica locale, mediante il superamento del criterio della cosiddetta «spesa storica», quale metodo di erogazione dei trasferimenti erariali, a favore degli indicatori di fabbisogno standard, al fine di assicurare autonomia di spesa e di entrata agli Enti decentrati e, contestualmente, favorire la loro massima responsabilizzazione;
              il passaggio da un sistema che finanzia indistintamente servizi ed inefficienze, quale è il criterio della spesa storica, ad uno che finanzia esclusivamente il costo effettivo dei servizi, così da incentivare gli amministratori locali ad una maggiore responsabilizzazione e garantire una maggiore trasparenza ed un elevato grado di efficienza ed efficacia nella gestione della finanza pubblica, rappresenta, senza ombra di dubbio, uno dei punti di forza della legge delega sul federalismo fiscale;
              l'attribuzione di entrate proprie è stata affiancata da un nuovo sistema di perequazione dei trasferimenti, al fine di assicurare alle amministrazioni locali le risorse sufficienti per poter svolgere le funzioni istituzionali loro assegnate, secondo uno schema perequativo imperniato sulla distinzione tra spese riconducibili alle funzioni fondamentali dell'ente e per le quali lo Stato, al fine di assicurare su tutto il territorio nazionale e ad un livello standard, l'offerta di servizi pubblici essenziali, avrebbe provveduto al loro integrale finanziamento mediante un fondo perequativo volto a coprire la differenza tra fabbisogni standard e capacità fiscali, e spese riconducibili alle funzioni non fondamentali rispetto alle quali si sarebbe provveduto ad un loro parziale finanziamento attraverso un fondo perequativo orizzontale basato sulla capacità fiscale per ciascun residente;
              di contro, il sistema perequativo attuale, quale configurato dapprima con il decreto legislativo n.  23 del 2011, in materia di federalismo fiscale municipale, e successivamente con la legge n.  228 del 2012, legge di stabilità per l'anno 2013, si discosta notevolmente dalle previsioni iniziali della legge delega, essendo passati in un primo momento dallo schema perequativo originariamente previsto, all'istituzione di un fondo Sperimentale di riequilibrio (FSR) a carattere transitorio, volto a garantire una progressiva ed equilibrata assegnazione di tributi propri agli enti in questione, per approdare, infine, all'istituzione di un fondo di solidarietà comunale (FSC), reso permanente a partire dall'anno 2014 e la cui mission principale è quella di mitigare quel gap (generato dal differente gettito immobiliare risultante dalla differente capacità fiscale), tra enti più ricchi ed enti meno ricchi;
              a partire dal 1977 fino, come si è anzi detto, al 2009, i trasferimenti agli enti locali sono stati dettati dalla logica della «spesa storica», in virtù della quale anno dopo anno venivano semplicemente reiterati senza alcun riguardo al bisogno effettivo del comune beneficiario, né alla sua capacità di farvi fronte con entrate proprie. A decorrere dal 2010, in piena stagione di «spending review», quando anche gli enti locali sono stati chiamati a contribuire al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, la spesa storica sostenuta dagli stessi è stata soggetta a robusti tagli lineari e nel medesimo anno, anche al fine di efficientare l'operazione di taglio, ha preso l'avvio un processo di standardizzazione della spesa locale volto a determinare il fabbisogno finanziario (cosiddetto fabbisogno standard) di un ente in base alle condizioni di contesto (caratteristiche territoriali, aspetti socio-demografici della popolazione residente e livello dei servizi), nell'ambito dei quali offre un determinato servizio. Pertanto i fabbisogni di spesa standardizzati relativi alle funzioni fondamentali hanno assunto nell'attribuzione delle risorse agli enti locali un ruolo centrale;
              la legge di stabilità 2014 ha modificato la disciplina del fondo di solidarietà comunale, eliminando il limite temporale di vigenza fissato inizialmente al 2014 e trasformandone la natura da transitoria a definitiva, dando così avvio, a partire dal 2015, al sistema di trasferimenti perequativi delle spese correnti. La medesima legge nel dettare i nuovi criteri di riparto del Fondo ha stabilito che una quota gradualmente crescente dei trasferimenti ai comuni (pari al 20 per cento nel primo anno, al 30 per cento nel secondo, al 40 per cento nel terzo anno, al 55 per cento nel quarto anno e così via, per arrivare al 100 per cento a partire dall'anno 2021 del 50 per cento della sua dotazione), venga allocata, con riferimento allo svolgimento delle loro funzioni fondamentali, tenendo conto della differenza tra i fabbisogni standard e la loro capacità fiscale. Ciò al fine di garantire agli enti locali che non riescono a finanziare con entrate proprie le funzioni fondamentali lo stesso livello di standard offerto su tutto il territorio nazionale;
              il fondo di solidarietà comunale dell'anno 2017 vale complessivamente circa 6,1 miliardi di euro, suddivisi in due quote: la prima, pari a 2.349.734.365 euro (1.885.643.346 per i comuni delle regioni ordinarie e 464.091.019 per quelli di Sicilia e Sardegna) viene assegnata sulla base di parametri perequativi; la seconda, che vale 3.832.190.376 euro, serve invece a compensare i mancati gettiti Imu e Tasi derivanti dalle detassazioni introdotte dalla legge di stabilità 2016;
              da quest'anno nelle regioni a statuto ordinario, la perequazione è orientata solo per il 60 per cento dalla spesa storica, mentre per il restante 40 per cento rilevano i differenziali fra capacità fiscali e fabbisogni standard, che lo scorso anno pesavano per il 30 per cento e che entro il 2021 saranno l'unico fattore considerato. Diverso trattamento per Sicilia e Sardegna, per le quali al riparto si applicano ancora il 100 dei parametri che regolavano l'erogazione dei vecchi trasferimenti erariali. Nessuna novità per la seconda quota (quella «compensativa»), per cui sono confermati gli importi 2016, a loro volta basati sui gettiti effettivi 2015;
              i ritardi sulla corretta definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) e dei fabbisogni standard e, soprattutto, la costituzione del Fondo di perequazione, non più a carico dello Stato ma a carico degli enti locali, stanno alla base della cattiva implementazione del processo di federalismo fiscale. Infatti i fabbisogni standard sono attualmente definiti per alcune funzioni fondamentali (istruzione e asilo nido) in base a funzioni di costo che valorizzano i livelli dei servizi vigenti e non a quelle standard: ciò rischia di ingessare il divario esistente tra i territori per mezzo di un meccanismo che, a parità di capacità fiscali, assegna maggiori fabbisogni ai comuni con un maggior numero di servizi presenti;
              il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che definisce i nuovi fabbisogni standard per l'anno 2017, sulla base di una metodologia completamente nuova e volta a calcolare in modo più semplice e più efficiente il fabbisogno di ogni comune, enfatizza per la prima volta non solo la mera dimensione del costo, ma anche quella del livello di servizio offerto. Più precisamente le innovazioni introdotte dal decreto hanno riguardato una minore influenza della componente storica, un maggior peso della perequazione delle funzioni fondamentali rispetto a quelle non fondamentali, nonché una revisione metodologica del calcolo dei fabbisogni e delle capacità fiscali;
              secondo una relazione risalente al mese di gennaio 2017 dall'Ufficio parlamentare di bilancio e relativa alla ripartizione del fondo di solidarietà comunale, le suddette modifiche metodologiche comporteranno effetti relativamente limitati rispetto alla distribuzione relativa al 2016. Dal punto di vista dimensionale per i comuni fino a 150 mila abitanti la revisione della metodologia 2017 rafforza l'impatto distributivo 2016, mentre per le grandi città agisce in controtendenza rispetto ad essa. In complesso, rispetto alla distribuzione storica, nel 2017 sono penalizzati maggiormente i piccoli comuni, che registrano perdite superiori al 2 per cento delle risorse storiche, mentre sono favorite le grandi città, con un incremento dell'1,1 per cento ed i comuni tra 5 e 50 mila abitanti. Tra le grandi città la nuova metodologia garantisce i maggiori benefici alla capitale con un incremento rispetto al 2016 del 6,7 per cento. Anche Milano riceve più trasferimenti rispetto alla situazione storica, anche se la revisione delle metodologie e dei parametri operate nel 2017 ne riducono il beneficio complessivo. Firenze, Taranto, Napoli e Genova soffrono una riduzione delle risorse superiore al 3 per cento, e sono generalmente penalizzati nella transizione al 2017. L'altra grande città maggiormente beneficiata dalle modifiche dei criteri di ripartizione introdotte nel 2017 è Ravenna, con un incremento pari al 2 per cento rispetto al 2016, mentre quelle maggiormente penalizzate sono Verona, con una perdita pari all'1,8 per cento e Perugia con una perdita pari all'1,6 per cento;
              l'analisi evidenzia anche gli effetti redistributivi ipotizzabili quando, nel 2021, la normativa è destinata ad andare a regime e la componente perequativa verrà applicata in misura rafforzata rispetto ad oggi. Infatti, secondo lo stesso Ufficio parlamentare di bilancio la proiezione del fondo al 2021, anno in cui il peso della componente perequativa legata ai fabbisogni standard, come si è visto, salirebbe al 40 per cento, evidenzia una generale amplificazione degli effetti distributivi: tra le grandi città Roma beneficerebbe del maggiore incremento dei trasferimenti, con un incremento pari al 16,5 per cento delle risorse storiche, mentre la penalizzazione più elevata la subirebbero Firenze e Napoli, con un decremento pari al 10,5 per cento delle risorse storiche. Nel complesso circa il 90 per cento degli enti subirebbe variazioni di risorse contenute tra il –15 e + 15 per cento delle risorse storiche;
              la fotografia che restituisce l'analisi dell'Ufficio parlamentare del bilancio, evidenzia che dal punto di vista territoriale, la ripartizione del fondo 2017 conferma una riduzione delle risorse rispetto a quelle storiche per i comuni del nord, con una perdita pari allo 0,9 per cento rispetto al passato (con maggiore pregiudizio per quelli del nord-ovest). Sono invece beneficiati dalla revisione del 2017 i comuni del centro, con un incremento del 2,1 per cento, ed in misura più limitata, i comuni del Sud, su cui la revisione ha comportato un impatto molto limitato, con un incremento pari allo 0,5 per cento;
              l'Ufficio parlamentare di bilancio si spinge a sentenziare che: «questo è probabilmente il risultato inevitabile della condizione di invarianza di risorse complessive per il livello comunale imposto con il passaggio al nuovo sistema perequativo e della contrazione degli spazi finanziari per il sistema delle autonomie dovuta alle manovre di consolidamento dei conti pubblici adottate negli ultimi anni, manovre che hanno inciso in particolare sulle risorse dei fondi destinati alla perequazione»;
              mancando ancora l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio e data l'assenza di vincoli di destinazione dei trasferimenti perequativi e l'esistenza di un sistema di trasferimenti close-ended, l'assegnazione dei fabbisogni in base alle sole funzioni di spesa standard, ovvero in funzione esclusivamente dei fattori di domanda potenziale, rischierebbe di accorciare i divari ma al ribasso, riducendo i livelli di servizi pubblici locali là dove sono oggi presenti e conseguenzialmente ledendo fortemente la coesione attorno al progetto perequativo;
              quanto premesso dimostra che il cammino verso un federalismo fiscale compiuto è ancora lungo ed irto di ostacoli,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative per completare il processo di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep), quali livelli inderogabili di quantità e qualità dei servizi offerti da garantire su tutto il territorio nazionale, anche al fine di rendere più puntuale la stima dei relativi fabbisogni di spesa a carico delle amministrazioni decentrate;
2)    ad assumere iniziative per superare l'attuale sistema di perequazione fiscale basato esclusivamente sulla redistribuzione orizzontale delle risorse tra enti decentrati, in favore di trasferimenti che garantiscano l'integrale copertura della spesa, al fine di correggere le disparità territoriali nella capacità di produrre servizi pubblici locali;
3)    a rivedere annualmente, in sede di approvazione del disegno di legge di bilancio, la dotazione finanziaria del Fondo di solidarietà comunale sulla base del fabbisogno finanziario emerso dalle rilevazioni effettuate da Sose spa.
(1-01713) «Paglia, Marcon, Placido, Pastorino».


      La Camera,
          premesso che:
              la legge n.  42 del 2009, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, ha rafforzato, nell'ambito del nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra i vari livelli di governo delineato dalla riforma dell'articolo 119 della Costituzione, l'autonomia impositiva dei comuni ed avviato un processo di fiscalizzazione dei trasferimenti erariali in loro favore. Obiettivo di fondo della medesima legge è quello di improntare a criteri di efficienza, efficacia ed equità il sistema della spesa pubblica locale, mediante il superamento del criterio della cosiddetta «spesa storica», quale metodo di erogazione dei trasferimenti erariali, a favore degli indicatori di fabbisogno standard, al fine di assicurare autonomia di spesa e di entrata agli Enti decentrati e, contestualmente, favorire la loro massima responsabilizzazione;
              il passaggio da un sistema che finanzia indistintamente servizi ed inefficienze, quale è il criterio della spesa storica, ad uno che finanzia esclusivamente il costo effettivo dei servizi, così da incentivare gli amministratori locali ad una maggiore responsabilizzazione e garantire una maggiore trasparenza ed un elevato grado di efficienza ed efficacia nella gestione della finanza pubblica, rappresenta, senza ombra di dubbio, uno dei punti di forza della legge delega sul federalismo fiscale;
              l'attribuzione di entrate proprie è stata affiancata da un nuovo sistema di perequazione dei trasferimenti, al fine di assicurare alle amministrazioni locali le risorse sufficienti per poter svolgere le funzioni istituzionali loro assegnate, secondo uno schema perequativo imperniato sulla distinzione tra spese riconducibili alle funzioni fondamentali dell'ente e per le quali lo Stato, al fine di assicurare su tutto il territorio nazionale e ad un livello standard, l'offerta di servizi pubblici essenziali, avrebbe provveduto al loro integrale finanziamento mediante un fondo perequativo volto a coprire la differenza tra fabbisogni standard e capacità fiscali, e spese riconducibili alle funzioni non fondamentali rispetto alle quali si sarebbe provveduto ad un loro parziale finanziamento attraverso un fondo perequativo orizzontale basato sulla capacità fiscale per ciascun residente;
              di contro, il sistema perequativo attuale, quale configurato dapprima con il decreto legislativo n.  23 del 2011, in materia di federalismo fiscale municipale, e successivamente con la legge n.  228 del 2012, legge di stabilità per l'anno 2013, si discosta notevolmente dalle previsioni iniziali della legge delega, essendo passati in un primo momento dallo schema perequativo originariamente previsto, all'istituzione di un fondo Sperimentale di riequilibrio (FSR) a carattere transitorio, volto a garantire una progressiva ed equilibrata assegnazione di tributi propri agli enti in questione, per approdare, infine, all'istituzione di un fondo di solidarietà comunale (FSC), reso permanente a partire dall'anno 2014 e la cui mission principale è quella di mitigare quel gap (generato dal differente gettito immobiliare risultante dalla differente capacità fiscale), tra enti più ricchi ed enti meno ricchi;
              a partire dal 1977 fino, come si è anzi detto, al 2009, i trasferimenti agli enti locali sono stati dettati dalla logica della «spesa storica», in virtù della quale anno dopo anno venivano semplicemente reiterati senza alcun riguardo al bisogno effettivo del comune beneficiario, né alla sua capacità di farvi fronte con entrate proprie. A decorrere dal 2010, in piena stagione di «spending review», quando anche gli enti locali sono stati chiamati a contribuire al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, la spesa storica sostenuta dagli stessi è stata soggetta a robusti tagli lineari e nel medesimo anno, anche al fine di efficientare l'operazione di taglio, ha preso l'avvio un processo di standardizzazione della spesa locale volto a determinare il fabbisogno finanziario (cosiddetto fabbisogno standard) di un ente in base alle condizioni di contesto (caratteristiche territoriali, aspetti socio-demografici della popolazione residente e livello dei servizi), nell'ambito dei quali offre un determinato servizio. Pertanto i fabbisogni di spesa standardizzati relativi alle funzioni fondamentali hanno assunto nell'attribuzione delle risorse agli enti locali un ruolo centrale;
              la legge di stabilità 2014 ha modificato la disciplina del fondo di solidarietà comunale, eliminando il limite temporale di vigenza fissato inizialmente al 2014 e trasformandone la natura da transitoria a definitiva, dando così avvio, a partire dal 2015, al sistema di trasferimenti perequativi delle spese correnti. La medesima legge nel dettare i nuovi criteri di riparto del Fondo ha stabilito che una quota gradualmente crescente dei trasferimenti ai comuni (pari al 20 per cento nel primo anno, al 30 per cento nel secondo, al 40 per cento nel terzo anno, al 55 per cento nel quarto anno e così via, per arrivare al 100 per cento a partire dall'anno 2021 del 50 per cento della sua dotazione), venga allocata, con riferimento allo svolgimento delle loro funzioni fondamentali, tenendo conto della differenza tra i fabbisogni standard e la loro capacità fiscale. Ciò al fine di garantire agli enti locali che non riescono a finanziare con entrate proprie le funzioni fondamentali lo stesso livello di standard offerto su tutto il territorio nazionale;
              il fondo di solidarietà comunale dell'anno 2017 vale complessivamente circa 6,1 miliardi di euro, suddivisi in due quote: la prima, pari a 2.349.734.365 euro (1.885.643.346 per i comuni delle regioni ordinarie e 464.091.019 per quelli di Sicilia e Sardegna) viene assegnata sulla base di parametri perequativi; la seconda, che vale 3.832.190.376 euro, serve invece a compensare i mancati gettiti Imu e Tasi derivanti dalle detassazioni introdotte dalla legge di stabilità 2016;
              da quest'anno nelle regioni a statuto ordinario, la perequazione è orientata solo per il 60 per cento dalla spesa storica, mentre per il restante 40 per cento rilevano i differenziali fra capacità fiscali e fabbisogni standard, che lo scorso anno pesavano per il 30 per cento e che entro il 2021 saranno l'unico fattore considerato. Diverso trattamento per Sicilia e Sardegna, per le quali al riparto si applicano ancora il 100 dei parametri che regolavano l'erogazione dei vecchi trasferimenti erariali. Nessuna novità per la seconda quota (quella «compensativa»), per cui sono confermati gli importi 2016, a loro volta basati sui gettiti effettivi 2015;
              i ritardi sulla corretta definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) e dei fabbisogni standard e, soprattutto, la costituzione del Fondo di perequazione, non più a carico dello Stato ma a carico degli enti locali, stanno alla base della cattiva implementazione del processo di federalismo fiscale. Infatti i fabbisogni standard sono attualmente definiti per alcune funzioni fondamentali (istruzione e asilo nido) in base a funzioni di costo che valorizzano i livelli dei servizi vigenti e non a quelle standard: ciò rischia di ingessare il divario esistente tra i territori per mezzo di un meccanismo che, a parità di capacità fiscali, assegna maggiori fabbisogni ai comuni con un maggior numero di servizi presenti;
              il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che definisce i nuovi fabbisogni standard per l'anno 2017, sulla base di una metodologia completamente nuova e volta a calcolare in modo più semplice e più efficiente il fabbisogno di ogni comune, enfatizza per la prima volta non solo la mera dimensione del costo, ma anche quella del livello di servizio offerto. Più precisamente le innovazioni introdotte dal decreto hanno riguardato una minore influenza della componente storica, un maggior peso della perequazione delle funzioni fondamentali rispetto a quelle non fondamentali, nonché una revisione metodologica del calcolo dei fabbisogni e delle capacità fiscali;
              secondo una relazione risalente al mese di gennaio 2017 dall'Ufficio parlamentare di bilancio e relativa alla ripartizione del fondo di solidarietà comunale, le suddette modifiche metodologiche comporteranno effetti relativamente limitati rispetto alla distribuzione relativa al 2016. Dal punto di vista dimensionale per i comuni fino a 150 mila abitanti la revisione della metodologia 2017 rafforza l'impatto distributivo 2016, mentre per le grandi città agisce in controtendenza rispetto ad essa. In complesso, rispetto alla distribuzione storica, nel 2017 sono penalizzati maggiormente i piccoli comuni, che registrano perdite superiori al 2 per cento delle risorse storiche, mentre sono favorite le grandi città, con un incremento dell'1,1 per cento ed i comuni tra 5 e 50 mila abitanti. Tra le grandi città la nuova metodologia garantisce i maggiori benefici alla capitale con un incremento rispetto al 2016 del 6,7 per cento. Anche Milano riceve più trasferimenti rispetto alla situazione storica, anche se la revisione delle metodologie e dei parametri operate nel 2017 ne riducono il beneficio complessivo. Firenze, Taranto, Napoli e Genova soffrono una riduzione delle risorse superiore al 3 per cento, e sono generalmente penalizzati nella transizione al 2017. L'altra grande città maggiormente beneficiata dalle modifiche dei criteri di ripartizione introdotte nel 2017 è Ravenna, con un incremento pari al 2 per cento rispetto al 2016, mentre quelle maggiormente penalizzate sono Verona, con una perdita pari all'1,8 per cento e Perugia con una perdita pari all'1,6 per cento;
              l'analisi evidenzia anche gli effetti redistributivi ipotizzabili quando, nel 2021, la normativa è destinata ad andare a regime e la componente perequativa verrà applicata in misura rafforzata rispetto ad oggi. Infatti, secondo lo stesso Ufficio parlamentare di bilancio la proiezione del fondo al 2021, anno in cui il peso della componente perequativa legata ai fabbisogni standard, come si è visto, salirebbe al 40 per cento, evidenzia una generale amplificazione degli effetti distributivi: tra le grandi città Roma beneficerebbe del maggiore incremento dei trasferimenti, con un incremento pari al 16,5 per cento delle risorse storiche, mentre la penalizzazione più elevata la subirebbero Firenze e Napoli, con un decremento pari al 10,5 per cento delle risorse storiche. Nel complesso circa il 90 per cento degli enti subirebbe variazioni di risorse contenute tra il –15 e + 15 per cento delle risorse storiche;
              la fotografia che restituisce l'analisi dell'Ufficio parlamentare del bilancio, evidenzia che dal punto di vista territoriale, la ripartizione del fondo 2017 conferma una riduzione delle risorse rispetto a quelle storiche per i comuni del nord, con una perdita pari allo 0,9 per cento rispetto al passato (con maggiore pregiudizio per quelli del nord-ovest). Sono invece beneficiati dalla revisione del 2017 i comuni del centro, con un incremento del 2,1 per cento, ed in misura più limitata, i comuni del Sud, su cui la revisione ha comportato un impatto molto limitato, con un incremento pari allo 0,5 per cento;
              l'Ufficio parlamentare di bilancio si spinge a sentenziare che: «questo è probabilmente il risultato inevitabile della condizione di invarianza di risorse complessive per il livello comunale imposto con il passaggio al nuovo sistema perequativo e della contrazione degli spazi finanziari per il sistema delle autonomie dovuta alle manovre di consolidamento dei conti pubblici adottate negli ultimi anni, manovre che hanno inciso in particolare sulle risorse dei fondi destinati alla perequazione»;
              mancando ancora l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio e data l'assenza di vincoli di destinazione dei trasferimenti perequativi e l'esistenza di un sistema di trasferimenti close-ended, l'assegnazione dei fabbisogni in base alle sole funzioni di spesa standard, ovvero in funzione esclusivamente dei fattori di domanda potenziale, rischierebbe di accorciare i divari ma al ribasso, riducendo i livelli di servizi pubblici locali là dove sono oggi presenti e conseguenzialmente ledendo fortemente la coesione attorno al progetto perequativo;
              quanto premesso dimostra che il cammino verso un federalismo fiscale compiuto è ancora lungo ed irto di ostacoli,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative per completare il processo di definizione dei livelli qualitativi standard delle prestazioni, quali livelli inderogabili di quantità e qualità dei servizi offerti da garantire su tutto il territorio nazionale, anche al fine di rendere più puntuale la stima dei relativi fabbisogni di spesa a carico delle amministrazioni decentrate;
2)    a rivedere annualmente, in sede di approvazione del disegno di legge di bilancio, la dotazione finanziaria del Fondo di solidarietà comunale sulla base del fabbisogno finanziario emerso dalle rilevazioni effettuate da Sose spa.
(1-01713) (Testo modificato nel corso della seduta) «Paglia, Marcon, Placido, Pastorino».


DISEGNO DI LEGGE: S.  2874 – RENDICONTO GENERALE DELL'AMMINISTRAZIONE DELLO STATO PER L'ESERCIZIO FINANZIARIO 2016 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4638)

A.C. 4638 – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

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A.C. 4638 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

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A.C. 4638 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

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A.C. 4638 – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

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A.C. 4638 – Articolo 5

ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Immagine prelevata dal resoconto

A.C. 4638 – Articolo 6

ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

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A.C. 4638 – Articolo 7

ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

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A.C. 4638 – Articolo 8

ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

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A.C. 4638 – Articolo 9

ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

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Allegato N. 1

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Allegato N. 2

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DISEGNO DI LEGGE: S. 2875 – DISPOSIZIONI PER L'ASSESTAMENTO DEL BILANCIO DELLO STATO E DEI BILANCI DELLE AMMINISTRAZIONI AUTONOME PER L'ANNO FINANZIARIO 2017 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4639)

A.C. 4639 – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO E ANNESSE TABELLE

Art. 1.
(Disposizioni generali).

      1. Nello stato di previsione dell'entrata e negli stati di previsione dei Ministeri, approvati con legge 11 dicembre 2016, n.  232, sono introdotte, per l'anno finanziario 2017, le variazioni di cui alle annesse tabelle.

EMENDAMENTI SEGNALATI PER LA VOTAZIONE

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 1.
(Disposizioni generali)

      Allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, missione 23 – Fondi da ripartire, programma 23.1 – Fondi da assegnare, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –138.000.000;
          CS: –138.000.000.

      Conseguentemente, allo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, missione 3 – Diritti sociali, politiche sociali e famiglia, programma 3.2 – Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, programmazione, monitoraggio e valutazione politiche sociali e di inclusione attiva, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: +138.000.000;
          CS: +138.000.000.
Tab. 2. 1. (ex Tab. 2. 1.) Palese, Alberto Giorgetti, Milanato, Prestigiacomo.

      Allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, missione 23 – Fondi da ripartire, programma 23.1 – Fondi da assegnare, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –5.000.000;
          CS: –5.000.000.

      Conseguentemente, allo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, missione 3 – Diritti sociali, politiche sociali e famiglia, programma 3.2 – Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, programmazione, monitoraggio e valutazione politiche sociali e di inclusione attiva, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: +5.000.000;
          CS: +5.000.000.
Tab. 2. 2. (ex Tab. 2. 2.) Colonnese, Mantero, Grillo, Nesci, Silvia Giordano, Lorefice, Baroni.

      Allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, missione 23 – Fondi da ripartire, programma 23.1 – Fondi da assegnare, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –2.500.000;
          CS: –2.500.000.

      Conseguentemente, allo stato di previsione del Ministero della salute, missione 1 – Tutela della salute, programma 1.7 – Vigilanza sugli enti e sicurezza delle cure, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: +2.500.000;
          CS: +2.500.000.
Tab. 2. 3. (ex Tab. 2. 4.) Lorefice, Colonnese, Grillo, Nesci, Mantero, Di Vita, Silvia Giordano, Baroni.

      Allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, missione 23 – Fondi da ripartire, programma 23.1 – Fondi da assegnare, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –1.000.000;
          CS: –1.000.000.

      Conseguentemente, allo stato di previsione del Ministero della salute, missione 1 – Tutela della salute, programma 1.7 – Vigilanza sugli enti e sicurezza delle cure, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: +1.000.000;
          CS: +1.000.000.
Tab. 2. 4. (ex Tab. 2. 5.) Lorefice, Silvia Giordano, Nesci, Colonnese, Mantero, Grillo, Baroni.

      Allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, missione 23 – Fondi da ripartire, programma 23.1 – Fondi da assegnare, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –500.000;
          CS: –500.000.

      Conseguentemente, allo stato di previsione del Ministero della salute, missione 1 – Tutela della salute, programma 1.3 – Programmazione del Servizio Sanitario Nazionale per l'erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: +500.000;
          CS: +500.000.
Tab. 2. 5. (ex Tab. 2. 6.) Nesci, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero, Grillo, Colonnese, Baroni.

      Allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, missione 23 – Fondi da ripartire, programma 23.1 – Fondi da assegnare, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –500.000;
          CS: –500.000.

      Conseguentemente, allo stato di previsione del Ministero della salute, missione 1, Tutela della salute, programma 1.4 – Regolamentazione e vigilanza in materia di prodotti farmaceutici ed altri prodotti sanitari ad uso umano, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: +500.000;
          CS: +500.000.
Tab. 2. 6. (ex Tab. 2. 7.) Nesci, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero, Grillo, Colonnese, Baroni.

      Allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, missione 23 – Fondi da ripartire, programma 23.2 – Fondi di riserva e speciali, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –1.000.000;
          CS: –1.000.000.

      Conseguentemente, allo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, missione 3 – Diritti sociali, politiche sociali e famiglia, programma 3.2 – Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, programmazione, monitoraggio e valutazione politiche sociali e di inclusione attiva, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: +1.000.000;
          CS: +1.000.000.
Tab. 2. 7. (ex Tab. 2. 8.) Silvia Giordano, Lorefice, Mantero, Nesci, Grillo, Colonnese, Baroni.

      Allo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, missione 3 – Diritti sociali, politiche sociali e famiglia, programma 3.2 – Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, programmazione, monitoraggio e valutazione politiche sociali e di inclusione attiva, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: +600.000.000;
          CS: +600.000.000.

      Conseguentemente, allo stato di previsione del Ministero dell'interno, missione 5 – Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, programma 5.1 – Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –600.000.000;
          CS: –600.000.000.
Tab. 4. 1. (ex Tab. 4. 1.) Palese, Alberto Giorgetti, Milanato, Prestigiacomo.

      Allo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, missione 3 – Diritti sociali, politiche sociali e famiglia, programma 3.2 – Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, programmazione, monitoraggio e valutazione politiche sociali e di inclusione attiva, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: +500.000.000;
          CS: +500.000.000.

      Conseguentemente, allo stato di previsione del Ministero dell'interno, missione 5 – Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, programma 5.1 – Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –500.000.000;
          CS: –500.000.000.
Tab. 4. 2. (ex Tab. 4. 3.) Palese, Alberto Giorgetti, Milanato, Prestigiacomo.

      Allo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, missione 3 – Diritti sociali, politiche sociali e famiglia, programma 3.2 – Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, programmazione, monitoraggio e valutazione politiche sociali e di inclusione attiva, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: +100.000.000;
          CS: +100.000.000.

      Conseguentemente, allo stato di previsione del Ministero dell'interno, missione 5 – Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, programma 5.1 – Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –100.000.000;
          CS: –100.000.000.
Tab. 4. 3. (ex Tab. 4. 2.) Palese, Alberto Giorgetti, Milanato, Prestigiacomo.

      Allo stato di previsione del Ministero dell'interno, missione 3 – Ordine pubblico e sicurezza, programma 3.1 – Contrasto al crimine, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: + 600.000.000;
          CS: + 600.000.000.

      Conseguentemente, al medesimo stato di previsione, missione 5 – Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, programma 5.1 – Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –600.000.000;
          CS: –600.000.000.
Tab. 8. 1. (ex Tab. 8. 1.) Guidesi.

      Allo stato di previsione del Ministero dell'interno, missione 3 – Ordine pubblico e sicurezza, programma 3.1 – Contrasto al crimine, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: + 450.000.000;
          CS: + 450.000.000.

      Conseguentemente, al medesimo stato di previsione, missione 5 – Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, programma 5.1 – Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –450.000.000;
          CS: –450.000.000.
Tab. 8. 2. (ex Tab. 8. 2. ) Guidesi.

      Allo stato di previsione del Ministero dell'interno, missione 3 – Ordine pubblico e sicurezza, programma 3.2 – Servizio permanente dell'Arma dei Carabinieri per la tutela dell'ordine e la sicurezza pubblica, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: + 450.000.000;
          CS: + 450.000.000.

      Conseguentemente, al medesimo stato di previsione, missione 5 – Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, programma 5.1 – Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –450.000.000;
          CS: –450.000.000.
Tab. 8. 3. (ex Tab. 8. 4.) Guidesi.

      Allo stato di previsione del Ministero dell'interno, missione 3 – Ordine pubblico e sicurezza, programma 3.3 – Pianificazione e coordinamento Forze di polizia, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: + 450.000.000;
          CS: + 450.000.000.

      Conseguentemente, al medesimo stato di previsione, missione 5 – Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, programma 5.1 – Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –450.000.000;
          CS: –450.000.000.
Tab. 8. 4. (ex Tab. 8. 6.) Guidesi.

      Allo stato di previsione del Ministero dell'interno, missione 4 – Soccorso civile, programma 4.2 – Prevenzione dal rischio e soccorso pubblico, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: + 600.000.000;
          CS: + 600.000.000.

      Conseguentemente, al medesimo stato di previsione, missione 5 – Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, programma 5.1 – Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –600.000.000;
          CS: –600.000.000.
Tab. 8. 5. (ex Tab. 8. 7.) Guidesi.

      Allo stato di previsione del Ministero dell'interno, missione 4 – Soccorso civile, programma 4.2 – Prevenzione dal rischio e soccorso pubblico, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: + 450.000.000;
          CS: + 450.000.000.

      Conseguentemente, al medesimo stato di previsione, missione 5 – Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, programma 5.1 – Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –450.000.000;
          CS: –450.000.000.
Tab. 8. 6. (ex Tab. 8. 8.) Guidesi.

      Allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, missione 1 – Infrastrutture pubbliche e logistica, programma 1.4 – Opere strategiche, edilizia statale ed interventi speciali e per pubbliche calamità, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: +1.000.000;
          CS: +1.000.000.

      Conseguentemente, al medesimo stato di previsione, missione 2 – Diritto alla mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto, programma 2.2 – Sviluppo e sicurezza del trasporto aereo, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –1.000.000;
          CS: –1.000.000.
Tab. 10. 1. (ex Tab. 10. 1.) Cristian Iannuzzi.

      Allo stato di previsione del Ministero della salute, missione 1 – Tutela della salute, programma 1.3 – Programmazione del Servizio Sanitario Nazionale per l'erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: +2.000.000;
          CS: +2.000.000.

      Conseguentemente, al medesimo stato di previsione, missione 1 – Tutela della salute, programma 1.7 – Vigilanza sugli enti e sicurezza delle cure, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –2.000.000;
          CS: –2.000.000.
Tab. 14. 1. (ex Tab. 14. 1.) Grillo, Mantero, Silvia Giordano, Lorefice, Nesci, Colonnese, Baroni.

A.C. 4639 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e disposizioni relative).

      1. All'articolo 3, comma 2, della legge 11 dicembre 2016, n.  232, le parole: «59.500 milioni di euro», tenuto conto di quanto previsto dall'articolo 27, comma 1, del decreto-legge 23 dicembre 2016, n.  237, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2017, n.  15, sono sostituite dalle seguenti: «79.500 milioni di euro».
      2. All'articolo 3, comma 3, della legge 11 dicembre 2016, n.  232, le parole: «5.000 milioni di euro» e «14.000 milioni di euro» sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «2.000 milioni di euro» e «17.000 milioni di euro».
      3. All'articolo 3, comma 5, della legge 11 dicembre 2016, n.  232, le parole: «1.200 milioni di euro», «400 milioni di euro» e «6.920 milioni di euro» sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «1.500 milioni di euro», «399,5 milioni di euro» e «6.431 milioni di euro».

A.C. 4639 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Disposizioni diverse).

      1. All'articolo 18, comma 30, primo periodo, della legge 11 dicembre 2016, n.  232, le parole: «da ripartire» sono soppresse e dopo le parole: «per l'anno finanziario 2017» sono aggiunte le seguenti: «, ovvero, al fine di accelerare l'estinzione delle suddette partite, ad assegnare direttamente le medesime risorse, anche in conto residui, all'istituto gestore della tesoreria dello Stato, il quale provvede alla relativa sistemazione fornendo al Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e alla competente Amministrazione ogni elemento informativo utile delle operazioni effettuate di individuazione e regolazione di ciascuna partita, secondo lo schema trasmesso dal Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato».

EMENDAMENTI NON SEGNALATI PER LA VOTAZIONE

      Allo stato di previsione del Ministero dell'interno, missione 3 – Ordine pubblico e sicurezza, programma 3.2 – Servizio permanente dell'Arma dei Carabinieri per la tutela dell'ordine e la sicurezza pubblica, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: + 600.000.000;
          CS: + 600.000.000.

      Conseguentemente, al medesimo stato di previsione, missione 5 – Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, programma 5.1 – Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –600.000.000;
          CS: –600.000.000.
Tab. 8. 7. (ex Tab. 8. 3.) Guidesi.

      Allo stato di previsione del Ministero dell'interno, missione 3 – Ordine pubblico e sicurezza, programma 3.3 – Pianificazione e coordinamento Forze di polizia, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: + 600.000.000;
          CS: + 600.000.000.

      Conseguentemente, al medesimo stato di previsione, missione 5 – Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, programma 5.1 – Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –600.000.000;
          CS: –600.000.000.
Tab. 8. 8. (ex Tab. 8. 5.) Guidesi.

      Allo stato di previsione del Ministero dell'interno, missione 5 – Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, programma 5.1 – Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –1.000.000;
          CS: –1.000.000.

      Conseguentemente, allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, missione 1 – Infrastrutture pubbliche e logistica, programma 1.4 – Opere strategiche, edilizia statale ed interventi speciali e per pubbliche calamità, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: +1.000.000;
          CS: +1.000.000.
Tab. 8. 9. (ex Tab. 8. 9.) Cristian Iannuzzi.

      Allo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, missione 1 – Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente, programma 1.8 – Programmi e interventi per il governo dei cambiamenti climatici, gestione ambientale ed energie rinnovabili, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: +1.000.000;
          CS: +1.000.000.

      Conseguentemente, allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, missione 2 – Diritto alla mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto, programma 2.2 – Sviluppo e sicurezza del trasporto aereo, apportare le seguenti variazioni:
      2017:
          CP: –1.000.000;
          CS: –1.000.000.
Tab. 9. 1. (ex Tab. 9. 1.) Cristian Iannuzzi.

LE TABELLE RECANTI LE VARIAZIONI ALLO STATO DI PREVISIONE DELL'ENTRATA E AGLI STATI DI PREVISIONE DELLA SPESA, CON GLI ELENCHI AD ESSE ALLEGATI, SONO STATE APPROVATE NEL TESTO PROPOSTO DAL GOVERNO, CON LE SEGUENTI MODIFICAZIONI

Sono di seguito riportate esclusivamente le voci per le quali il Senato ha approvato modificazioni e integrazioni alle variazioni proposte dal Governo. Le parti modificate sono stampate in neretto. Per le restanti parti delle Tabelle, nel testo del Governo, si rinvia allo stampato A.C. 4639.

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A.C. 4639 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge di Assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2017, relativamente alle voci di Bilancio del Ministero della Salute, rimodula alcuni importi riguardanti i trasferimenti alle famiglie per la liquidazione delle transazioni da stipulare con soggetti emotrasfusi danneggiati, e per gli indennizzi e risarcimenti a favore di coloro che sono stati danneggiati da vaccini obbligatori e trasfusioni;
              in particolare, relativamente alla Missione Tutela della salute, Programma 20.7, i capitoli 2401 «Somme dovute per la liquidazione delle transazioni da stipulare con soggetti emotrasfusi, danneggiati da sangue, ecc.», e 2409 «Somme dovute a titolo di indennizzo e risarcimento ai soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile, ecc.», presentano un sensibile incremento dei residui pari, rispettivamente, a 87 milioni e a 48 milioni di euro, per complessivi 135 milioni di euro;
              si evidenzia peraltro come il citato capitolo 2401, relativo alle somme necessarie alla liquidazione delle transazioni da stipulare con i danneggiati da emoderivati infetti, presenta una riduzione di cassa proposta pari a 100 milioni di euro; la quantità elevata dei residui segnalano, tra l'altro, il ritardo dell'Amministrazione nel risarcire e liquidare gli importi dovuti agli aventi diritto,

impegna il Governo

a dar seguito ai pagamenti e a garantire, anche attraverso la necessaria dotazione di personale e risorse all'Amministrazione competente, la liquidazione degli importi a titolo di equa riparazione entro il 2017, evitando che le somme iscritte in bilancio nei residui cadano in perenzione.
9/4639/1. Fossati, Murer, Melilla, Fontanelli, Albini, Capodicasa, Palese.


      La Camera,
          premesso che:
              Il disegno di legge in esame reca disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2017;
              gli interventi riguardanti lo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali hanno visto apportare una riduzione sia alla previsione di competenza che di cassa relativa alla missione Politiche previdenziali, pari rispettivamente a 1.171.518.605 di euro e 1.171.519.659 di euro;
              poiché entro il prossimo 31 dicembre dovrà essere predisposto il provvedimento interministeriale che consentirà di elevare a 67 anni l'età di accesso alla pensione a decorrere dal 1o gennaio 2019;
              l'ulteriore adeguamento dell'età pensionabile sarebbe il terzo in pochi anni, dopo quelli effettuati nel 2013 e nel 2016;
              l'ulteriore innalzamento dell'età pensionistica oltre a confermare il dato che vede l'Italia come il paese europeo in cui è prevista l'età più elevata per l'accesso alla pensione, e a svantaggiare in particolar modo le lavoratrici donne, produrrebbe effetti negativi anche sulla possibilità di creare nuovi posti di lavoro, rendendo più farraginoso e lento il turn over naturale che si verifica tra coloro che lasciano il lavoro per l'accesso alla pensione di vecchiaia e nuovi assunti,

impegna il Governo

a individuare ogni strumento utile al fine di neutralizzare, anche in via temporanea, l'adeguamento dell'età pensionabile previsto a decorrere dal 1o gennaio 2019, reperendo le opportune risorse nell'ambito della legge di bilancio per il 2018.
9/4639/2. Martelli, Zappulla, Giorgio Piccolo, Melilla, Albini, Capodicasa, Palese.


      La Camera,
          premesso che:
              Il disegno di legge in esame reca disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2017;
              gli interventi riguardanti lo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali hanno visto apportare un aumento alle risorse destinate alla Missione politiche per il lavoro;
              tale incremento è stato destinato quasi interamente ai trattamenti di integrazione salariale in costanza di rapporto di lavoro e indennità collegate alla cessazione del rapporto di lavoro;
              seppure qualche lieve miglioramento è stato registrato in base ai dati più recenti sul fronte della disoccupazione, questa rimane uno dei problemi principali da affrontare con forza in occasione della prossima legge di bilancio per l'anno 2018, poiché i dati della disoccupazione giovanile e della disoccupazione nel meridione d'Italia permangono gravi e preoccupanti;
              per affrontare adeguatamente il problema della disoccupazione è quanto mai necessario mettere in campo politiche strutturali e di lungo periodo, in particolare è necessario avviare una rilevante azione nel campo degli investimenti pubblici,

impegna il Governo

a prevedere un adeguato stanziamento di risorse da destinare ad una politica degli investimenti pubblici finalizzata a svolgere il ruolo di volano per la ripresa dell'occupazione e per favorire il rilancio dell'economia dell'intero sistema paese.
9/4639/3. Melilla, Albini, Capodicasa, Palese.


      La Camera,
          premesso che:
              in Italia sono più di 8 milioni gli italiani poveri, dei quali circa 4 milioni e mezzo vivono in condizioni di povertà assoluta, non possono cioè acquistare il minimo indispensabile per vivere;
              l'Istat rileva che nel 2015 l'11,5 per cento della popolazione viveva in «condizioni di grave deprivazione», 3,4 punti percentuali sopra la media europea per il nono posto tra i Paesi con i valori più elevati;
              le iniziative poste in essere dall'Italia a favore delle famiglie a basso reddito sono minori, anche in termini di efficacia, di quelle poste in essere dagli altri Paesi dell'Unione europea,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative finalizzate a incrementare le risorse indicate nello stato di previsione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per assegni e pensioni sociali.
9/4639/4. Albini, Melilla, Capodicasa, Palese.


      La Camera,
          premesso che:
              l'Agenzia per i medicinali (EMA) protegge e promuove la salute dei cittadini e degli animali valutando e monitorando i medicinali all'interno dell'Unione europea e dello Spazio economico europeo. Le imprese vi si rivolgono per richiedere un'autorizzazione all'immissione in commercio unica, che viene rilasciata dalla Commissione europea;
              l'EMA, con sede nel Regno Unito, in conseguenza della Brexit, deve essere quindi ricollocata in uno dei Paesi dell'Unione europea;
              in questo momento storico, Milano e la Lombardia rappresentano «la scelta migliore per l'Europa», come anche dichiarato dallo stesso Presidente del Consiglio Gentiloni dopo la presentazione del dossier della candidatura del capoluogo lombardo;
              ad oggi, nel presente disegno di legge dell'assestamento di bilancio 2017 non si ravvisano, negli stati di previsione di spesa dei diversi dicasteri, fondi adeguati per promuovere, prima, e concretizzare, poi, il trasferimento dell'agenzia EMA nella città di Milano;
              dunque, per favorire tale percorso, si rende necessario autorizzare la spesa necessaria,

impegna il Governo

al fine di favorire il percorso di candidatura della città di Milano quale sede dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA), a prevedere tempestivamente, nel primo provvedimento legislativo utile, l'autorizzazione di spesa di un milione di euro per l'anno 2017, in favore della Regione Lombardia, per la realizzazione delle attività di progettazione degli interventi connessi al trasferimento nonché per le attività di promozione della candidatura medesima.
9/4639/5. Guidesi, Busin, Palese.


      La Camera,
          premesso che:
              l'Agenzia per i medicinali (EMA) protegge e promuove la salute dei cittadini e degli animali valutando e monitorando i medicinali all'interno dell'Unione europea e dello Spazio economico europeo. Le imprese vi si rivolgono per richiedere un'autorizzazione all'immissione in commercio unica, che viene rilasciata dalla Commissione europea;
              l'EMA, con sede nel Regno Unito, in conseguenza della Brexit, deve essere quindi ricollocata in uno dei Paesi dell'Unione europea;
              in questo momento storico Milano e la Lombardia rappresentano «la scelta migliore per l'Europa», come dichiarato dallo stesso Presidente del Consiglio Gentiloni dopo la presentazione del dossier della candidatura del capoluogo lombardo;
              lo stesso, nella medesima sede, e come successivamente ribadito nella lettera del 4 agosto scorso indirizzata al Presidente della Regione Lombardia, ha sostenuto che l'Italia si impegnerà fino in fondo in questa competizione, ritenendo che il nostro Paese abbia tutte le carte in regole per poter vincere la sfida di Ema;
              il presidente del Consiglio ha inoltre assicurato il ristoro delle spese che Regione Lombardia sosterrà per sviluppare, già in questa fase, la progettazione indispensabile a consentire il trasferimento di EMA entro fine marzo 2019, come pure il ristoro delle spese pari, come convenuto, ad 1 milione di euro che la stessa regione sosterrà per la promozione della candidatura di Milano in Italia e in Europa. Lo stesso ha anche confermato il trasferimento alla Regione Lombardia di altre risorse già stanziate precedentemente per l'adeguamento di palazzo Pirelli e alle esigenze Ema e, nel caso non saranno sufficienti, il trasferimento ad altra sede del Consiglio regionale della Lombardia;
              ad oggi, nel presente disegno di legge dell'assestamento di bilancio 2017 non si ravvisano, negli stati di previsione di spesa dei dicasteri, fondi adeguati per promuovere, prima, e concretizzare, poi, il trasferimento dell'agenzia EMA nella città di Milano;
              dunque, per favorire tale percorso, si rende necessario autorizzare la spesa necessaria,

impegna il Governo

al fine di favorire il percorso di candidatura della città di Milano quale sede dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA), a prevedere tempestivamente, nel primo provvedimento legislativo utile o anche nella prossima legge di bilancio, il ristoro delle spese che Regione Lombardia sosterrà per sviluppare la progettazione indispensabile a consentire il trasferimento di EMA entro fine marzo 2019.
9/4639/6. Allasia, Guidesi, Palese.


      La Camera,
          premesso che:
              l'Agenzia per i medicinali (EMA) protegge e promuove la salute dei cittadini e degli animali valutando e monitorando i medicinali all'interno dell'Unione europea e dello Spazio economico europeo. Le imprese vi si rivolgono per richiedere un'autorizzazione all'immissione in commercio unica, che viene rilasciata dalla Commissione europea;
              l'EMA, con sede nel Regno Unito, in conseguenza della Brexit, deve essere quindi ricollocata in uno dei Paesi dell'Unione europea;
          in questo momento storico Milano e la Lombardia rappresentano «la scelta migliore per l'Europa», come dichiarato dallo stesso Presidente del Consiglio Gentiloni dopo la presentazione del dossier della candidatura del capoluogo lombardo;
              lo stesso, nella medesima sede, e come successivamente ribadito nella lettera del 4 agosto scorso indirizzate al Presidente della Regione Lombardia, ha sostenuto che l'Italia si impegnerà fino in fondo in questa competizione, ritenendo che il nostro Paese abbia tutte le carte in regole per poter vincere la sfida di EMA;
              il Presidente del Consiglio ha inoltre assicurato il ristoro delle spese che Regione Lombardia sosterrà per sviluppare, già in questa fase, la progettazione indispensabile a consentire il trasferimento di EMA entro fine marzo 2019, come pure il ristoro delle spese pari, come convenuto, ad 1 milione di euro che la stessa regione sosterrà per la promozione della candidatura di Milano in Italia e in Europa. Lo stesso ha anche confermato il trasferimento alla Regione Lombardia di altre risorse già stanziate precedentemente per l'adeguamento di palazzo Pirelli alle esigenze EMA e, nel caso non saranno sufficienti, il trasferimento ad altra sede del Consiglio regionale della Lombardia;
              ad oggi, nel presente disegno di legge dell'assestamento di bilancio 2017 non si ravvisano, negli stati di previsione di spesa dei dicasteri, fondi adeguati per promuovere, prima, e concretizzare, poi, il trasferimento dell'agenzia EMA nella città di Milano;
              dunque, per favorire tale percorso, si rende necessario autorizzare la spesa necessaria,

impegna il Governo

al fine di favorire il percorso di candidatura della città di Milano quale sede dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA), a prevedere tempestivamente, nel primo provvedimento legislativo utile o anche nella prossima legge di bilancio, il trasferimento alla Regione delle altre risorse necessarie già stanziate precedentemente per l'adeguamento di palazzo Pirelli alle esigenze Ema e, nel caso non saranno sufficienti, il trasferimento ad altra sede del Consiglio regionale della Lombardia.
9/4639/7. Borghesi, Guidesi, Palese.


      La Camera,
          premesso che:
              il presente disegno di legge prevede proposte di aumento di spesa per i trasferimenti a famiglie ed istituzioni sociali private per 678 milioni, di cui 600 milioni per i servizi d'accoglienza in favore degli stranieri in relazione al maggior fabbisogno determinato dai flussi migratori;
              in particolare, all'interno del programma 3.2 (Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, programmazione, monitoraggio e valutazione politiche sociali e di inclusione attiva), nell'ambito della missione 3 (Diritti sociali, politiche sociali e famiglia) dello stato di previsione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, viene operato un taglio di ben 234,4 milioni all'azione 1 «Invalidi civili, non autosufficienti, persone con disabilità»;
              nel contempo vengono aumentate le risorse dell'azione 4 «Benefici connessi al permesso di soggiorno e qualifica di rifugiato» per 134,4 milioni di euro;
              in considerazione della situazione di difficoltà personale e fisica che le persone con disabilità, gli invalidi civili e le persone non autosufficienti vivono ogni giorno, con i relativi costi economici che queste persone e le loro famiglie devono sostenere, è inaccettabile che uno Stato, che nel suo testo costituzionale reca principi di ordine sociale, possa diminuire risorse destinate al sostegno di queste situazioni di svantaggio sociale ed economico;
              una simile disposizione potrebbe anche prefigurare elementi di incostituzionalità in riferimento all'articolo 3 della nostra Costituzione che prevede quale compito della Repubblica quello di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere tempestivamente, nel primo provvedimento utile, un incremento degli stanziamenti delle risorse economiche in favore degli invalidi civili, non autosufficienti e persone con disabilità, disponendo, in particolare, un aumento di spesa per l'azione 1 del programma 3.2 (Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, programmazione, monitoraggio e valutazione politiche sociali e di inclusione attiva) della missione 3 (Diritti sociali, politiche sociali e famiglia) dello stato di previsione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
9/4639/8. Grimoldi, Guidesi, Caparini, Palese.


      La Camera,
          premesso che:
              il presente disegno di legge prevede proposte di aumento di spesa per i trasferimenti a famiglie ed istituzioni sociali private per 678 milioni, di cui 600 milioni per i servizi d'accoglienza in favore degli stranieri in relazione al maggior fabbisogno determinato dai flussi migratori;
              in particolare, all'interno del programma 3.2 (Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, programmazione, monitoraggio e valutazione politiche sociali e di inclusione attiva), nell'ambito della missione 3 (Diritti sociali, politiche sociali e famiglia) dello stato di previsione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, viene operato un taglio alla autorizzazione di cassa di ben 50 milioni di euro all'azione 2 «Politiche per l'infanzia e la famiglia»;
              nel contempo vengono aumentate le risorse dell'azione 4 «Benefici connessi al permesso di soggiorno e qualifica di rifugiato» per 134,4 milioni di euro;
              nel Rapporto annuale ISTAT 2017 si legge che, al 1o gennaio 2017, la quota di individui di 65 anni e più ha raggiunto il 22 per cento, facendo sì che il nostro Paese si collochi al livello più alto nell'Unione europea e tra quelli a più elevato invecchiamento al mondo. Con questo dato l'Italia supera anche la Germania che per anni si è collocata ai vertici della classifica europea per quota di over-65 sulla popolazione complessiva. Sono in 13,5 milioni gli italiani che hanno più di 65 anni, mentre gli ultraottantenni sono 4,1 milioni;
              si rendono dunque necessarie nuove politiche sociali destinate al sostegno della famiglia e della natalità e, conseguentemente, lo stanziamento delle relative risorse economiche;
              è nota, infatti, nel nostro Paese, la decrescita demografica e la difficile situazione economica in cui versano molte famiglie italiane a causa della crisi ancora non superata, la quale ha portato ad un incremento preoccupante della povertà che, a luglio 2017, ha registrato il picco di 5 milioni di italiani in condizioni di assoluta indigenza (tra cui 1,6 milioni di famiglie);
              in particolare, l'incidenza di povertà assoluta sul totale delle famiglie è pari al 6,3 per cento, praticamente in linea con i valori stimati negli ultimi quattro anni. Tra le famiglie con tre o più figli minori l'incidenza della povertà assoluta, anzi, è aumentata quasi del 50 per cento passando dal 18,3 al 26,8 per cento,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, nel primo provvedimento utile, un incremento degli stanziamenti delle risorse economiche in favore delle politiche per la famiglia e per l'infanzia, disponendo, in particolare, un aumento di spesa per l'azione 2 del programma 3.2 (Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, programmazione, monitoraggio e valutazione politiche sociali e di inclusione attiva) della missione 3 (Diritti sociali, politiche sociali e famiglia) dello stato di previsione del Ministero del Lavoro e della politiche sociali.
9/4639/9. Invernizzi, Guidesi, Palese.


      La Camera,
          premesso che:
              il presente disegno di legge prevede proposte di aumento di spesa per i trasferimenti a famiglie ed istituzioni sociali private per 678 milioni, di cui 600 milioni per i servizi d'accoglienza in favore degli stranieri in relazione al maggior fabbisogno determinato dai flussi migratori Missione 5 (Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti), Programma 5.1 (Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose), Azione 2 (Interventi a favore degli stranieri anche richiedenti asilo e profughi);
              ancora, all'interno del programma 3.2 (Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, programmazione, monitoraggio e valutazione politiche sociali e di inclusione attiva), nell'ambito della missione 3 (Diritti sociali, politiche sociali e famiglia) dello stato di previsione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, vengono aumentate le risorse dell'azione 4 «Benefici connessi al permesso di soggiorno e qualifica di rifugiato» per 134,4 milioni di euro;
              in considerazione della perdurante crisi emergenziale connessa ai continui sbarchi, nonché in considerazione delle situazioni di conflitto sociale e diffusa criminalità ormai presenti e perduranti in tutto il territorio nazionale, si rende necessario aumentare le risorse in favore del programma 3.1 (Contrasto al Crimine, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica) della missione 3 (Ordine pubblico e sicurezza) dello stato di previsione del Ministero dell'interno;
              nonostante, infatti, nel presente disegno di legge di assestamento del bilancio, siano previsti aumenti di spesa della suddetta missione 3 (Ordine pubblico e sicurezza) per 234 milioni (di sola cassa), è evidente come tale stanziamento si riveli insufficiente,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di impiegare le risorse nazionali destinate al settore immigrazione e accoglienza per programmi ed interventi finalizzati alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica del territorio nazionale, con particolare riguardo al contrasto al crimine e all'immigrazione clandestina e alla sicurezza delle frontiere.
9/4639/10. Molteni, Guidesi.


      La Camera,
          premesso che:
              il    presente disegno di legge prevede proposte di aumento di spesa per i trasferimenti a famiglie ed istituzioni sociali private per 678 milioni, di cui 600 milioni per i servizi d'accoglienza in favore degli stranieri in relazione al maggior fabbisogno determinato dai flussi migratori Missione 5 (Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti), Programma 5.1 (Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose), Azione 2 (Interventi a favore degli stranieri anche richiedenti asilo e profughi);
              ancora, all'interno del programma 3.2 (Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, programmazione, monitoraggio e valutazione politiche sociali e di inclusione attiva), nell'ambito della missione 3 (Diritti sociali, politiche sociali e famiglia) dello stato di previsione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, vengono aumentate le risorse dell'azione 4 «Benefici connessi al permesso di soggiorno e qualifica di rifugiato» per 134,4 milioni di euro;
              secondo gli ultimi dati ISTAT di maggio scorso, il tasso di disoccupazione è risalito all'11,3 per cento (+0,2 punti percentuali rispetto ad aprile) e quello giovanile al 37 per cento (+1,8 punti), mentre il tasso di occupazione si attesta al 57,7 per cento, in diminuzione di 0,1 punti percentuali,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di impiegare le risorse nazionali destinate al settore immigrazione e accoglienza per programmi ed interventi finalizzati al sostegno economico e reingresso nel mercato del lavoro a favore dei cittadini che si trovano in stato di disoccupazione e grave difficoltà economica a seguito del perdurare della crisi del mercato del lavoro interno.
9/4639/11. Gianluca Pini, Guidesi.


      La Camera,
          premesso che:
              il    presente disegno di legge prevede proposte di aumento di spesa per i trasferimenti a famiglie ed istituzioni sociali private per 678 milioni, di cui 600 milioni per i servizi d'accoglienza in favore degli stranieri in relazione al maggior fabbisogno determinato dai flussi migratori Missione 5 (Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti), Programma 5.1 (Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose), Azione 2 (Interventi a favore degli stranieri anche richiedenti asilo e profughi);
              dal 2013 al 2016 a fronte di più di 500 mila ingressi illegali via mare, le domande di protezione internazionale presentate sono state solo meno di 300 mila e che di quelle esaminate, 222.183, la metà circa (112.765) ha ricevuto un diniego;
              tale trend è confermato anche dagli esiti delle domande esaminate nell'anno in corso e che inoltre dal 2014 al settembre 2017 più di diecimila richiedenti si sono resi irreperibili successivamente alla formalizzazione della domanda di protezione internazionale;
              dalla direttiva comunitaria, precisamente la numero 2008/115 recepita nel decreto legislativo 286 del 1998, discende il preciso obbligo in capo agli Stati membri dell'Unione europea di allontanare dal proprio territorio i cittadini non comunitari irregolari e di procedere al loro effettivo rimpatrio, successivamente all'avvio delle procedure di espulsione e al loro trattenimento in appositi centri,

impegna il Governo

a valutare l'impiego delle risorse nazionali destinate al settore immigrazione e accoglienza a favore del Fondo Rimpatri di cui all'articolo 14-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998 n.  286 e successive modificazioni al fine di procedere all'effettivo e tempestivo allontanamento e rimpatrio degli stranieri irregolari e clandestini presenti sul territorio.
9/4639/12. Rondini, Guidesi.


      La Camera,
          premesso che:
              il presente disegno di legge prevede proposte di aumento di spesa per i trasferimenti a famiglie ed istituzioni sociali private per 678 milioni, di cui 600 milioni per i servizi d'accoglienza in favore degli stranieri in relazione al maggior fabbisogno determinato dai flussi migratori Missione 5 (Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti), Programma 5.1 (Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose), Azione 2 (Interventi a favore degli stranieri anche richiedenti asilo e profughi);
              dal 2014 al settembre 2017 più di diecimila richiedenti si sono resi irreperibili successivamente alla formalizzazione della domanda di protezione internazionale;
              a luglio di quest'anno risultano operativi ancora solo 4 CPR con una capienza effettiva di circa 400 posti e che attualmente a coloro i quali giungono clandestinamente nel nostro territorio e non formalizzano alcuna domanda di protezione internazionale viene semplicemente intimato di lasciare il territorio (c.d. foglio di via) ed in assenza di disponibilità nelle strutture di trattenimento per eseguire l'identificazione e l'effettiva espulsione, gli stessi, solo individuati tramite i rilievi dattiloscopici ma non identificati, sono liberi di circolare sul territorio, con ovvie conseguenze negative sulla sicurezza e tenuta sociale,

impegna il Governo

a valutare l'impiego delle risorse nazionali destinate al settore immigrazione e accoglienza per programmi ed interventi finalizzati ad individuare tutti i cittadini di paesi terzi presenti sul territorio nazionale il cui ingresso o soggiorno sia irregolare e garantire il loro trattenimento nei centri di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.  286 ai fini del loro effettivo e tempestivo rimpatrio.
9/4639/13. Saltamartini, Guidesi, Castiello, Pagano, Picchi, Attaguile.


      La Camera,
          premesso che:
              l'esame dei due disegni di legge sul rendiconto 2016 e sull'assestamento 2017 impone una importante riflessione sull'andamento dell'economia del nostro Paese, ma soprattutto sulle scelte di politica economica derivanti dal programma politico di questo Governo;
              ancora una volta ci troviamo di fronte alla crescita più lenta d'Europa: il PIL, nel 2016, è cresciuto soltanto dello 0,9 per cento, uno 0,1 per cento in più rispetto al dato del 2015, confermandoci il Paese più lento dell'Eurozona che secondo le ultime stime della Commissione europea cresce al ritmo dell'1,7 per cento;

al contrario, il debito pubblico continua a salire: nel 2016, infatti, la media ha raggiunto livelli inaccettabili: 2.217 milioni di euro, pari ormai al 132,6% del Pil;
              in tema di riduzione della spesa, risparmio e gestione oculata delle risorse pubbliche, il settore in cui è maggiormente possibile ottenere questi risultati, che si aggiungono alla necessità di gestire in maniera adeguata e razionale i soldi che i cittadini versano nelle casse dello Stato sotto forma di tributi e che una buona responsabilità politica impone di governare nel miglior modo possibile, è proprio l'ambito della pubblica amministrazione in cui gli sprechi non possono e non devono essere attribuiti soltanto ed esclusivamente alle situazioni patologiche di illegalità e incuria, ma anche alle situazioni di normalità, a causa di una gestione non ottimale (o meglio non professionale) dell'azione amministrativa;
              in questa direzione, la riforma del federalismo ha voluto inserire, nel nostro ordinamento, un sistema di finanza multilivello che assicurasse un coordinamento unitario e coerente fra le stesse politiche pubbliche che si sviluppano a diversi livelli di governo;
              per poter tagliare la spesa in maniera selettiva occorrerebbe rispettare un principio basilare che è quello dell'individuazione dei fabbisogni standard e dell'applicazione consequenziale dei costi standard;
              si rende necessario, al contrario, attivare il circuito della responsabilità, favorendo la trasparenza delle decisioni di spesa e la loro imputabilità attraverso il pieno compimento del passaggio dalla spesa storica (che finanzia servizi e sprechi) al costo/fabbisogno standard (che finanzia i servizi) al fine di garantire un elevatissimo grado di solidarietà e di gestione responsabile del pubblico denaro,

impegna il Governo

ad implementare, attraverso la previsione di provvedimenti ad hoc o anche attraverso i prossimi provvedimenti utili, il più ampio quadro di riforma della gestione della res pubblica economico – finanziaria, attraverso la previsione dell'applicazione sistemica dell'individuazione dei fabbisogni standard e della relativa applicazione dei costi standard a tutte le pubbliche amministrazioni affinché questo criterio sia sempre preponderante rispetto a quello della spesa storica e, progressivamente, possa divenire il criterio esclusivo.
9/4639/14. Simonetti, Guidesi, Palese.


      La Camera,
          premesso che:
              è importante sottolineare che il Rendiconto relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'anno 2016 evidenzia stanziamenti definitivi incrementati di circa il 35 per cento, principalmente nella spesa in conto capitale;
              dall'analisi del rendiconto si rileva la formazione di un elevato ammontare di residui sia nella parte relativa al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – missioni di competenza dell'VIII Commissione – sia nella parte relativa al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
              per la parte relativa al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in particolare nel programma Opere strategiche, edilizia statale ed interventi speciali e per pubbliche calamità, la Relazione della Corte dei conti sottolinea che «la gestione contabile e finanziaria, sebbene gli impegni di competenza risultino in linea con quanto definitivamente stanziato in corso di esercizio (l'indicatore della capacità di impegno è circa al 93 per cento), evidenzia come il programma sia contraddistinto dal formarsi di un cospicuo ammontare di residui passivi, che, quantunque in diminuzione rispetto all'esercizio 2015, trovano ragione nell'usuale disallineamento temporale tra procedure contabili di spesa e di rendicontazione degli stati di avanzamento lavori relativo alle opere pubbliche»;
              rilevato che con riferimento al programma Gestione delle risorse idriche, tutela del territorio e bonifiche, la Corte sottolinea che «i dati relativi agli avanzamenti fisici delle bonifiche (terreni e falde acquifere) evidenziano ritardi nel completamento delle attività di ripristino dei luoghi, in alcuni casi non ancora iniziati, che testimoniano una difficoltà nella gestione dei processi, in parte connessa con la complessità delle procedure di spesa»;
              sottolineato che la Missione 19 – Casa e assetto urbanistico – presenta livelli costanti di risorse finanziarie, che evidenziano un tasso di avanzamento delle procedure di spesa connesso a meccanismi automatici di erogazione,

impegna il Governo

ad adottare ogni provvedimento utile ad accelerare lo smaltimento dei residui – in particolare di quelli che non sono di nuova formazione – ad accrescere l'efficacia e l'efficienza della spesa per infrastrutture e della spesa relativa alle risorse assegnate al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in particolare per la parte destinata alle bonifiche delle aree inquinate.
9/4639/15. Borghi, Bergonzi, Stella Bianchi, Braga, Bratti, Carrescia, Cominelli, De Menech, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Mariani, Marroni, Massa, Mazzoli, Morassut, Realacci, Giovanna Sanna, Valiante, Zardini, Palese.


      La Camera,
          premesso che:
              dall'analisi del rendiconto del 2016 si rileva la formazione di un elevato ammontare di residui,

impegna il Governo

ad adottare ogni provvedimento utile ad accelerare lo smaltimento dei residui – in particolare di quelli che non sono di nuova formazione – ad accrescere l'efficacia e l'efficienza della spesa per infrastrutture.
9/4639/16. Palese.