XVII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
la violenza contro le donne rappresenta una delle più estese violazioni dei diritti umani e costituisce il principale ostacolo al raggiungimento della parità dei sessi, del godimento dei diritti fondamentali, nonché dell'integrità fisica e psichica;
come stabilito dall'articolo 1 della Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne delle Nazioni Unite del 1993 l'espressione «violenza contro le donne significa ogni atto di violenza fondato sul genere che abbia, o possa avere, come risultato un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione e la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata»;
la violenza di genere è un fenomeno globale, che riguarda tutte le etnie e tutte le classi sociali e che, come ribadito da Kofi Annan, già Segretario generale delle Nazioni Unite, «non conosce confini né geografia, cultura o ricchezza»;
le notizie di cronaca riportano, in modo sistematico, episodi commessi nei confronti di donne che vengono molestate, minacciate, violentate, stuprate e uccise e che si trovano a vivere nella paura e nel disagio per le strade, nei mezzi pubblici e, specialmente, nelle proprie case;
la violenza di genere rappresenta un freno all’empowerment femminile che è in grado di generare barriere che ostacolano la piena partecipazione delle donne alla vita sociale, economica e politica del proprio Paese;
se si esamina il fenomeno il quadro è allarmante, tanto che i numeri parlano di un vero e proprio eccidio, una carneficina, che fa più vittime della mafia: la violenza è la prima causa di morte per le donne di età compresa tra i 16 ed i 44 anni;
se nel mondo una donna su tre ha subito violenza fisica o sessuale, in Italia il numero delle donne che hanno subìto una forma di abuso o di violenza supera i 7 milioni: ogni anno più di 100 donne vengono uccise per mano di chi decide di amarle con una media di una donna uccisa ogni 3 giorni;
durante il IV Governo Berlusconi, per la prima volta, è stato adottato un piano nazionale contro la violenza di genere e lo stalking, finanziato con più di 18 milioni di euro con una strategia di contrasto delineata su base nazionale, con l'obiettivo di mettere in rete l'esperienza dei centri antiviolenza nelle regioni italiane e del numero verde 1522 e le professionalità delle forze dell'ordine;
nel 2009, con l'introduzione nell'ordinamento giuridico italiano del reato di stalking il Governo e il Parlamento hanno dimostrato la grande attenzione rivolta all'individuazione di strategie di contrasto e di prevenzione della violenza, compiendo un passo in avanti fondamentale nell'ordinamento italiano;
il decreto-legge n. 11 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 38 del 2009, oltre a prevedere il reato di stalking nell'ordinamento italiano, ha introdotto ulteriori interventi in materia di violenza sessuale; il provvedimento, in particolare, ha introdotto l'arresto obbligatorio in flagranza per la violenza sessuale e la violenza sessuale di gruppo, nonché disposizioni volte a rendere più difficile ai condannati per taluni delitti a sfondo sessuale l'accesso ai benefici penitenziari, tra cui le misure alternative alla detenzione. La medesima legge ha, inoltre, consentito l'accesso al gratuito patrocinio, anche in deroga ai limiti di reddito ordinariamente previsti, a favore della persona offesa da taluni reati a sfondo sessuale. Il decreto-legge n. 11 del 2009 ha poi previsto, quale aggravante speciale dell'omicidio, il fatto che esso sia commesso in occasione della commissione del delitto di violenza sessuale, di atti sessuali con minorenne e violenza sessuale di gruppo, nonché da parte dell'autore del delitto di atti persecutori nei confronti della stessa persona offesa;
nell'ambito delle numerose attività portate avanti durante i Governi Berlusconi per contrastare la violenza nei confronti delle donne, a partire dal 2009, ogni anno (dal 12 al 18 ottobre) nelle scuole di ogni ordine e grado sono state organizzate iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione sulla prevenzione della violenza fisica e psicologica, compresa quella fondata sull'intolleranza razziale, religiosa e di genere, al fine di creare un momento di riflessione sui temi del rispetto, della diversità e della legalità al fine di coinvolgere studenti, genitori e docenti;
con protocollo d'intesa siglato il 15 gennaio 2009 tra il Ministro per le pari opportunità e il Ministero della difesa è stata istituita presso il Dipartimento per le pari opportunità la sezione atti persecutori dei carabinieri: una task force composta da 13 carabinieri (uomini e donne) impegnati nelle strategie di prevenzione e di contrasto dei reati di stalking e di violenza contro le donne;
con protocollo d'intesa siglato il 3 luglio 2009 tra il Ministro per le pari opportunità e il Ministero dell'interno sono state adottate misure per consentire una specifica preparazione delle forze di polizia nel contrasto dei reati di violenza contro le donne;
l'impegno di quel Governo non si è fermato ai confini nazionali: il 9 e 10 settembre 2009 si è tenuta a Roma la prima conferenza internazionale sulla violenza contro le donne, su iniziativa della Presidenza italiana del G8 a cui hanno preso parte ai lavori oltre 20 Stati. Dalle conclusioni della Presidenza è emerso un impegno al rafforzamento della cooperazione internazionale nel contrasto alla violenza sulle donne ed alla violazione dei loro diritti umani;
nel settembre 2012, l'Italia ha sottoscritto la «Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica» dell'11 maggio 2011 (Convenzione di Istanbul), la cui legge di autorizzazione alla ratifica è stata approvata dalla Camera dei deputati il 28 maggio 2013;
la Convenzione di Istanbul è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che si prefigge l'obiettivo di creare un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza, grazie a misure di prevenzione, di tutela in sede giudiziaria e di sostegno alle vittime;
ad oggi, da parte dell'Esecutivo non vi è una chiara strategia volta a contrastare il fenomeno della violenza sulle donne, tanto che, per circa tre anni, è mancato un interlocutore istituzionale unico con delega relativa alle politiche delle pari opportunità, dedicato ad una concreta e seria azione di Governo volta a promuovere e coordinare le azioni in materia di violenza contro le donne e da quando la delega è stata assegnata non si sono registrati progressi;
in merito agli interventi economici, la prima tranche dello stanziamento del fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità del 2013-2014 è stata trasferita alle regioni solo nell'autunno del 2014 e, una volta che la somma è arrivata nelle casse regionali, nella maggior parte dei casi se n'è persa traccia. Come documentato da Actionaid Italia, di trasparenza nella distribuzione ce n'è stata ben poca, tanto che a novembre 2015 solo per dieci amministrazioni era possibile consultare la lista delle strutture beneficiarie dei fondi, di cui solo cinque – Veneto, Piemonte, Sardegna, Sicilia e Puglia – hanno pubblicato on line i nomi di ciascuna struttura e i fondi ricevuti;
la Corte dei conti, con deliberazione 5 settembre 2016, n. 9/2016/G, critica severamente la gestione ordinamentale amministrativa e finanziaria delle politiche pubbliche contro la violenza; nello specifico «passando al finanziamento specificamente destinato al potenziamento delle strutture destinate all'assistenza alle donne vittime di violenza e ai loro figli, deve farsi presente che del tutto insoddisfacente è risultata la gestione delle risorse assegnate per gli anni 2013-2014, le uniche ripartite nel periodo all'esame. Le comunicazioni degli enti territoriali all'autorità centrale si sono rilevate carenti e inadeguate rispetto alle finalità conoscitive circa l'effettivo impiego delle risorse e all'esigenza della valutazione dei risultati»;
per quanto riguarda più propriamente gli interventi di natura legislativa, nel 2014, grazie ad una puntuale proposta emendativa di Forza Italia è stata scongiurata l'abolizione della carcerazione preventiva per il reato di stalking prevista, inizialmente, nel disegno di legge in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria;
l'ultimo piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere è stato adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2015 con durata biennale; riguardo al nuovo piano nazionale antiviolenza, vi è stata soltanto la presentazione di una bozza delle linee strategiche quando, invece, l'importanza del fenomeno impone, come assoluta priorità di ogni livello di governo, di dover mettere in campo ogni possibile misura normativa, nonché lo studio e l'attuazione di interventi volti a prevenire episodi di violenza, abuso e vessazione di cui le donne sono vittime;
con decreto del 25 luglio 2016 del Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento con delega alle pari opportunità, è stata istituita la cabina di regia interistituzionale e un osservatorio; tuttavia, ad oggi non si è a conoscenza né del numero delle riunioni, né delle politiche attuate;
tutta questa superficialità nell'affrontare un tema che dovrebbe essere priorità delle istituzioni, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, è dovuta senz'altro alla scarsa attenzione nei confronti di questa tematica, dimostrata da ultimo con la riforma del codice penale, approvata con la legge 23 giugno 2017, n. 103, che, tra le varie misure, reca disposizioni in materia di estinzione del reato per condotte riparatorie e introduce, attraverso l'articolo 162-ter del codice penale, la possibilità per uno stalker di estinguere il suo reato pagando una somma decisa dal giudice anche se la vittima è contraria e rifiuta il denaro;
una delle principali ragioni che ha spinto il legislatore a introdurre la specifica incriminazione di «atti persecutori» (articolo 612-bis del codice penale) è stata proprio la necessità di assicurare una risposta sanzionatoria adeguata di fronte a condotte persecutorie spesso devastanti per la personalità dei soggetti passivi;
la fattispecie criminosa di cui all'articolo 612-bis del codice penale prevede un limite edittale massimo di cinque anni di reclusione; la suddetta soglia è necessaria per consentire l'applicazione delle misure cautelari coercitive a carico degli stalker, al fine di evitare la protrazione dei comportamenti persecutori che, il più delle volte, possono sfociare in atti di violenza nei confronti delle donne;
partendo dal presupposto che solo con un profondo mutamento culturale si potrebbe combattere in modo efficace il fenomeno della violenza di genere, è necessario mettere in campo iniziative, anche in sede legislativa, volte a porre un freno all'incontenibile fenomeno di violenze che, purtroppo, ancora oggi molte donne sono costrette a subire,
impegna il Governo:
1) a dare contezza delle tempistiche di attuazione del nuovo piano nazionale contro la violenza sessuale e di genere e ad illustrarlo quanto prima alle Camere;
2) ad informare il Parlamento sui costi della violenza, sia in termini economici sia in termini sociali, al fine di avere un quadro che sia il più chiaro possibile su cui poter intervenire attraverso gli opportuni strumenti legislativi;
3) ad assumere iniziative per prevedere un intervento nelle scuole con programmi mirati di formazione agli studenti per prevenire la violenza nei confronti delle donne in riferimento all'utilizzo dei social media e di internet;
4) ad assumere iniziative volte a garantire ulteriori stanziamenti da erogare ai centri antiviolenza e alle case rifugio per evitare la loro chiusura e ad eliminare le disparità regionali e locali concernenti la disponibilità e la qualità dei servizi di protezione per tutte le donne vittime di violenza;
5) ad assumere le opportune iniziative al fine di garantire le misure volte a prevenire e proteggere le donne dalla violenza, in particolar modo in riferimento agli strumenti inerenti alle misure cautelari, le quali rappresentano un forte elemento dissuasivo per tutti quegli uomini che intendono porre in essere atti spregevoli nei confronti delle donne;
6) ad effettuare una ricognizione sul numero degli ordini di allontanamento e degli ordini di protezione applicati annualmente dai tribunali in Italia e, in particolar modo, sui tempi di attuazione;
7) ad adottare ogni opportuna iniziativa legislativa volta ad escludere che nella fattispecie di cui all'articolo 612-bis del codice penale, in materia di atti persecutori, sia applicabile l'istituto previsto all'articolo 162-ter del codice penale, relativo all'estinzione del reato per condotte riparatorie;
8) a rendere note le attività svolte, gli obiettivi raggiunti e le volte in cui si siano riuniti la cabina di regia interistituzionale e l'osservatorio e a divulgare le politiche nazionali proposte, nonché le buone pratiche che sono state condivise tra i territori mediante l'operato della cabina di regia.
(1-01727) «Carfagna, Brunetta, Gelmini, Bergamini, Biancofiore, Calabria, Centemero, De Girolamo, Giammanco, Ravetto, Prestigiacomo, Occhiuto, Gullo, Labriola, Laffranco, Longo, Milanato, Minardo, Palmizio, Polidori, Elvira Savino, Sisto, Vella».
La Camera,
premesso che:
il comma 7 dell'articolo 19 della legge n. 262 del 2005 dispone che la carica di Governatore della Banca d'Italia dura sei anni, con la possibilità di un solo rinnovo del mandato;
l'incarico dell'attuale Governatore Ignazio Visco scade il 1o novembre 2017 e, secondo fonti giornalistiche, il Presidente del Consiglio dei ministri Paolo Gentiloni avrebbe espresso «incondizionata fiducia» ai vertici della Banca d'Italia, facendo intendere che, nell'esercitare ai sensi della predetta legge n. 262 del 2005, la facoltà di proporre la nomina della carica, sarebbe orientato a confermargli il secondo mandato;
le vicissitudini che negli ultimi anni hanno segnato il sistema bancario, come i dissesti di Cassa di risparmio di Ferrara, Banca delle Marche, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di risparmio della provincia di Chieti, Monte dei Paschi di Siena, Banca Veneta e Banca popolare di Vicenza, ed ancor prima i gravissimi casi Cirio e Parmalat ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo hanno aperto uno squarcio di forte discredito sul mercato finanziario italiano e sul sistema dei controlli, portando alla ribalta, con una girandola di accuse e «scaricabarile», un quadro a tinte fosche, dal quale emerge un confine poco definito tra la responsabilità di chi non ha debitamente informato la clientela sui rischi a cui andava incontro e quella di chi, invece, avrebbe dovuto e potuto, per dovere istituzionale, evitare ed impedire, attraverso la correttezza e la piena visibilità delle informazioni sulle caratteristiche dei prodotti finanziari venduti «al dettaglio» e attraverso la vigilanza, l'esposizione a rischi impropri per famiglie e aziende e il tracollo finanziario degli stessi e disvelare quel groviglio di connivenze e di conflitto di interessi che caratterizzava la loro gestione;
i suddetti istituti di credito, infatti, pur essendo particolarmente radicati sul territorio ove operavano quali motore dell'economia locale, avevano iniziato a manifestare, innanzitutto in connessione con la profonda contrazione dell'economia reale, problemi di solvibilità già da diversi anni, divenendo, così, l'obiettivo di frequenti ispezioni da parte della Banca d'Italia e subendo fasi di commissariamento fino a raggiungere l'attuale configurazione di good bank. Una turbolenza, la loro, che nasce da lontano, ma che, stando ai particolari che di giorno in giorno sono stati disvelati, poteva essere domata o fortemente ridimensionata da un'adeguata azione di vigilanza da parte delle autorità di controllo all'uopo preposte, in primis la Banca d'Italia;
la vigilanza sul sistema bancario, principale compito istituzionale attribuito alla Banca d'Italia dalla legge, si sostanzia oggi nell'emanazione di regole prudenziali e standard di affidabilità e correttezza delle gestioni, in linea con le disposizioni comunitarie e con le indicazioni elaborate in altre sedi internazionali, nell'esercizio di poteri autorizzativi concernenti le vicende ed i fondamentali momenti di vita delle banche (costituzione, fusioni ed altro), nella verifica della qualità della loro gestione, negli interventi sulle situazioni aziendali per impedire il deteriorarsi dei profili tecnici, nella gestione delle crisi in caso di situazioni di patologia conclamata, nell'interazione con gli esponenti aziendali e, più in generale, con i destinatari delle norme attraverso il ricorso alla consultazione pubblica e a forme di dialogo prima della definizione degli atti normativi. Difficile, pertanto, immaginare che chi è istituzionalmente preposto a vigilare non avrebbe potuto evitare l'irreparabile;
pertanto, dalle vicende che hanno travolto i suddetti istituti di credito è emerso con chiarezza il malfunzionamento di quell'intreccio di norme che avrebbe dovuto garantire l'affidabilità del sistema creditizio. Talvolta, è mancata la trasparenza nella gestione delle procedure di affidamento e di vendita dei prodotti, l'imparzialità delle scelte; talaltra è mancato un efficace controllo che, pur rispettoso delle norme, non ha saputo interrompere una filiera dannosa per i correntisti e gli investitori e, soprattutto, è mancata la capacità del sistema bancario di comportarsi come tale, trovando, all'interno del suo perimetro occupato dalla Consob e dalla Banca d'Italia, le risposte necessarie per ristabilire questa affidabilità;
il testo unico bancario e il testo unico della finanza attribuiscono alla Banca d'Italia il potere di regolamentare numerosi aspetti dell'attività degli intermediari bancari e finanziari, per assicurare stabilità, efficienza e competitività al sistema finanziario. Gli atti normativi della Banca d'Italia disciplinano profili essenziali per la gestione sana e prudente degli intermediari, quali l'assetto organizzativo, le modalità di governo dell'impresa, i sistemi per il controllo dei rischi assunti, la trasparenza delle condizioni contrattuali e la correttezza dei comportamenti;
inoltre, a seguito delle innovazioni introdotte in materia dalla direttiva 2013/36/UE («CRD IV») la Banca d'Italia, in relazione alle violazioni commesse, può: irrogare sanzioni amministrative a carattere pecuniario alle società o agli enti e, in presenza di specifici presupposti, alle persone fisiche responsabili delle violazioni; applicare, per le violazioni connotate da scarsa offensività o pericolosità, alla società o agli enti un ordine volto a eliminare le infrazioni entro un termine stabilito; irrogare alle persone fisiche, nei casi di maggiore gravità, accanto alla sanzione pecuniaria la sanzione amministrativa accessoria dell'interdizione temporanea – da sei mesi a tre anni – dall'esercizio di funzioni presso intermediari;
al fine primario di tutelare il risparmio ed anche per il forte impatto sui diversi soggetti coinvolti – mercati, depositanti, fruitori dei servizi di investimento, altri creditori, dipendenti, azionisti, destinatari di finanziamenti – la legge prevede una serie di strumenti e procedure per prevenire e gestire le crisi in cui gli intermediari possono essere coinvolti, attribuendo all'autorità di vigilanza (Banca d'Italia), in particolare in caso di deterioramento della situazione aziendale, il potere di adottare misure di intervento precoce, inclusa la richiesta di attuazione dei piani di risanamento di cui le banche si devono dotare o la rimozione collettiva dei componenti degli organi di amministrazione e controllo e di uno o più componenti dell'alta dirigenza; nei casi più gravi, può essere disposta la procedura di amministrazione straordinaria, che permette di accertare la situazione aziendale, al fine di rimuovere le irregolarità riscontrate e attuare soluzioni nell'interesse dei depositanti;
è per tali ragioni che le vicissitudini che hanno segnato il sistema bancario degli ultimi anni stanno accompagnando tutte le discussioni sulla successione al vertice della Banca d'Italia,
impegna il Governo:
1) ad assumere iniziative al fine di prorogare di un anno la scadenza dell'attuale mandato del Governatore della Banca d'Italia ed arrivare ad una nomina che abbia la necessaria legittimazione politica e sia, pertanto, espressione di un Parlamento ed un Governo frutto delle imminenti elezioni;
2) a promuovere le necessarie modifiche normative atte a coinvolgere le competenti commissioni di Camera e Senato nel processo di nomina del Governatore della Banca d'Italia;
3) a promuovere le modifiche normative necessarie affinché nella scelta del Governatore della Banca d'Italia siano rispettati criteri improntati alla trasparenza, all'autonomia, all'assenza di potenziali conflitti di interesse e relazioni consolidate con il sistema bancario, al fine di abbattere quella cortina di ombre che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, negli ultimi tempi si è addensata sulla massima autorità di controllo del sistema bancario.
(1-01728) «Paglia, Marcon, Fassina».
Risoluzioni in Commissione:
La I Commissione,
premesso che:
le elezioni regionali siciliane del prossimo 5 novembre sono un momento di vitale importanza per la comunità territoriale interessata e per l'intera Nazione;
nessun Paese può dirsi esente da fenomeni illeciti, brogli, violazioni, palesi o latenti, della disciplina inerente all'utilizzo ed agli obblighi dei mezzi di comunicazione che possono consumarsi nel corso dell'intero periodo che intercorre dall'avvio della propaganda elettorale fino alla fase conclusiva delle operazioni di voto e di scrutinio;
i suddetti fenomeni, ove confinati all'occasionalità o all'esiguità, non intaccano l'essenza democratica di un Paese, ma non v'è dubbio che anche l'occasionalità e l'esiguità del fenomeno, considerate in una media al livello nazionale, sono in grado di alterare fortemente la libertà, lo svolgimento ed i risultati della competizione elettorale ove si presentino;
nel nostro Paese i fenomeni di compressione della libertà di voto o connessi a brogli non sono da considerarsi occasionali né esigui, ove si guardi alle denunce, recenti e non, successive alle tornate elettorali; si è di fronte ad un evento determinante per la vita delle istituzioni e, pur consci del fatto che non sia in discussione la libertà dell'esercizio materiale del voto, si ritiene opportuno sollecitare l'attenzione dell'attività di monitoraggio elettorale svolta dalle organizzazioni internazionali per il tramite di osservatori;
nel caso di specie, le elezioni regionali siciliane del prossimo 5 novembre destano particolare preoccupazione. Infatti, nelle liste di candidati a sostegno degli aspiranti presidenti della giunta regionale sia della coalizione di centrodestra che di centrosinistra sono presenti numerosi personaggi sotto inchiesta ovvero sotto processo ovvero condannati in primo grado ovvero figli di personaggi politici oggetto di pesanti inchieste e condanne nel recentissimo passato;
le accuse sono gravissime. Solo per citare le più eclatanti: un notaio è sotto processo con l'accusa di aver rogato atti pubblici falsi per favorire una organizzazione criminale; sia registrano altresì l'utilizzo improprio di fondi per la formazione professionale, l'adulterazione delle acque (l'accusato avrebbe distribuito alla cittadinanza acqua non idonea al consumo umano, ma conferita come potabile), la frode nell'esercizio del commercio; la falsa testimonianza, l'estorsione. Nei giorni scorsi un candidato è stato addirittura arrestato;
l'aspetto più preoccupante è che vi sono anche numerosi casi di candidati sotto inchiesta per reati legati specificamente al procedimento elettorale: in molti sono colpiti da accuse come truffa aggravata, corruzione elettorale e voto di scambio. Si tratta di situazioni che tipicamente conducono ad una, atmosfera di intimidazione nei confronti della cittadinanza che turba il regolare svolgimento della competizione elettorale;
insomma, casi preoccupanti si verificano da tempo anche in Italia e nulla lascia presagire che le imminenti elezioni siciliane, data anche la loro primaria rilevanza anche dal punto di vista nazionale, saranno libere da inquinamenti estranei alle logiche proprie di una competizione in un Paese democratico;
soprattutto alla luce di quanto sino ad ora esposto, l'attività di monitoraggio elettorale costituisce una componente fondamentale della politica dell'Unione europea ed essa ha avuto e ha ad oggetto eventi elettorali di tutti i Paesi, a prescindere dal loro tasso di sviluppo democratico; si ricorda, a questo proposito, la presenza di osservatori nelle elezioni presidenziali negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna;
preme segnalare, altresì, anche al fine di escludere eventuali strumentalizzazioni della richiesta che si avanza in questa sede, che, con il decreto-legge 3 gennaio 2006, n. 1, fu disposta espressamente l'ammissione della presenza ai seggi elettorali di osservatori dell'Osce in occasione delle elezioni politiche del medesimo anno;
si sottolinea, infine, che a luglio 2016 con decisione unanime, i 57 Paesi membri dell'Osce hanno conferito all'Italia la presidenza per l'anno 2018. Sarebbe importantissimo anche in vista dell'anno di presidenza italiana dare l'esempio e far monitorare le elezioni siciliane, visto che il nostro Paese sarà già impegnato ad ospitare il 24 e 25 ottobre proprio a Palermo una conferenza dell'Osce che avrà come tema il Mediterraneo,
impegna il Governo
ad adottare tempestivamente iniziative, anche normative, per avanzare all'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) la richiesta di invio di osservatori elettorali in occasione delle prossime elezioni regionali siciliane del 5 novembre, al fine di assicurare la loro presenza presso gli uffici elettorali di sezione.
(7-01369) «Toninelli, Scagliusi, Simone Valente, Pesco, Luigi Di Maio».
La X Commissione,
premesso che:
il settore calzaturiero rappresenta una delle realtà di rilievo all'interno del quadro economico italiano. Si tratta di un comparto che oscilla tra due opposte connotazioni: la prima offre l'immagine di un settore tradizionale in fase di avanzata maturità e, di conseguenza, con limitate prospettive di sviluppo e con scarsa attrattività per le imprese più dinamiche. D'altra parte, però, i produttori calzaturieri italiani sono notoriamente riconosciuti per un elevato livello di qualità e di immagine moda;
il settore calzaturiero ha delle precise caratteristiche che lo distinguono: è frammentato, ossia costituito dalla presenza di un sistema numerosissimo ed articolatissimo di imprese che hanno una dimensione limitata; è a conduzione familiare, caratteristica questa non solo di piccole imprese, ma anche di quelle a dimensioni più rilevanti; è concentrato geograficamente, ossia localizzato in alcune aree geografiche ben definite, denominate distretti industriali. L'organizzazione per distretti si adatta bene a questo settore in cui la produzione non è standardizzata e le tecnologie utilizzate sono piuttosto statiche e mature;
l'Italia è il primo produttore di calzature nell'Unione europea, il dodicesimo produttore di calzature per numero di paia nel mondo. È il sesto Paese esportatore a livello mondiale, il terzo in termini di valore (ed è secondo in valore, dietro alla Cina, con riferimento alle sole calzature con tomaio in pelle) secondo dati del 2015 del World Footwear Yearbook. È da sempre leader indiscusso tra i produttori di calzature di fascia alta e lusso, ad elevato contenuto di moda;
il settore calzaturiero italiano è uno dei pilastri del «sistema moda». Conta circa 4.800 aziende e 77.000 addetti (dati anno 2016), un saldo commerciale da sempre attivo e un fatturato annuo complessivo di 14,2 miliardi di euro. Il settore rappresenta una realtà di estrema rilevanza quali-quantitativa nell'economia italiana. Il successo del comparto è collegato alla vivace iniziativa imprenditoriale ed alla tipica struttura del settore, che si pone in un contesto di «filiera» costituito da un sistema di sub-fornitura materie prime, concerie, componenti, accessori, produttori di macchine, modellisti e stilisti. Ne deriva una concentrazione territoriale di aziende in aree organizzate in distretti, situati prevalentemente in 7 regioni, Marche, Toscana, Veneto, Lombardia, Campania, Puglia ed Emilia Romagna, interessando ben 23 province;
la primaria posizione nei mercati internazionali dell'industria calzaturiera italiana è dovuta ad una forte capacità competitiva, basata sulle superiori caratteristiche qualitative del prodotto, sulla rilevante capacità innovativa nei procedimenti di fabbricazione tradizionali e sulla capacità di lavorazione degli operai calzaturieri, supportate da scuole di formazione esistenti sul territorio, tecnologicamente e stilisticamente all'avanguardia;
il calzaturiero rappresenta un settore di specializzazione dell'economia italiana negli ultimi decenni, ma ha conosciuto un notevole ridimensionamento dovuto alla crescente concorrenza proveniente dalle economie emergenti. Oggi è un settore che produce quasi il 9 per cento del valore aggiunto industriale complessivo;
dal 2005, si è osservata una stabilizzazione dell'attività produttiva: la correzione sembrava essersi completata. Nel biennio 2008-2009, gli esiti della crisi sono stati piuttosto pesanti, e sono andati sovrapponendosi alla tendenza stagnante: il valore aggiunto si è complessivamente ridotto di oltre il 18 per cento in un biennio. In questo difficilissimo scenario del settore, nel 2016 le imprese hanno cominciato a manifestare segni di forte sofferenza. La cassa integrazione ha ripreso a salire;
prosegue la selezione delle aziende; scricchiola il fragile parziale recupero dei livelli occupazionali avviato nel 2015;
ancora oggi la crisi che attanaglia il settore si fa sentire con forza, mettendo a repentaglio importanti tessuti produttivi e industriali. A settembre 2017, infatti, è entrata in crisi l'ennesima impresa del distretto calzaturiero: il gruppo Formentini, con 3 stabilimenti – 2 a Sant'Elpidio a Mare e 1 a Fermo – che occupano circa 160 dipendenti; l'azienda è in procinto di licenziarne 110;
come riferiscono le associazioni sindacali di settore, i dati macroeconomici del primo semestre 2017 rispetto al 2016 sull’export (–2,2 per cento), sul numero di imprese (–41 per cento) e quello sugli addetti (–548 per cento) attestano la persistenza di una crisi volutamente ignorata da chi ha responsabilità di governo;
le Marche sono il grande malato all’«ospedale» delle imprese calzaturiere. Nel 2014 in tutta Italia c'è stato un saldo negativo tra chiusure e nuove aperture per 155 imprese. Di queste, 120 sono marchigiane. In termini di lavoro, sono quasi mille posti di lavoro persi sugli oltre 1.400 bruciati a livello nazionale;
pertanto, appare sempre più opportuno l'avvio di misure a carattere straordinario al fine di supportare l'intera filiera industriale legata alla produzione calzaturiera italiana,
impegna il Governo
a valutare l'istituzione di un tavolo di confronto nazionale per il rafforzamento della filiera calzaturiera, con l'obiettivo di promuovere e stimolare il tessuto produttivo e la competitività dei distretti industriali calzaturieri, così come definiti dalla legge 5 ottobre 1991, n. 317, e dalla legge 11 maggio 1999, n. 140, nel quadro delle misure dal piano nazionale industria 4.0 e dal piano nazionale impresa 4.0, nonché della disciplina europea sullo sviluppo delle piccole e medie imprese.
(7-01368) «Ricciatti, Epifani, Ferrara, Simoni, Martelli, Giorgio Piccolo, Zappulla, Scotto, Melilla, Nicchi, Quaranta, Piras, Sannicandro, Kronbichler, Franco Bordo, Zaratti, Duranti, Albini, Murer, Bossa, D'Attorre, Roberta Agostini, Carlo Galli».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta in Commissione:
RICCIATTI, MELILLA, ZARATTI, SCOTTO, PIRAS, QUARANTA, NICCHI, SANNICANDRO, FRANCO BORDO, KRONBICHLER, D'ATTORRE, MARTELLI, FOLINO e MOGNATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
a quanto si apprende da un articolo del settimanale L'Espresso del 12 ottobre 2017 la procura della repubblica di Napoli ha avviato un'inchiesta relativa alla costruzione di soluzioni abitative di emergenza (Sae) in alcune zone del centro Italia colpite dal terremoto del 24 agosto 2016, ed in particolare nella zona di Cascia;
dalle indagini emergerebbe, come sostengono gli inquirenti, che i titolari di imprese edili avrebbero emesso fatture per opere e lavori mai realizzati, si parla di frodi in pubbliche forniture, perché le fatture cui la procura fa riferimento sono quelle legate agli interventi di emergenza della protezione civile avviati proprio per il sisma dell'agosto del 2016. Come, appunto, la realizzazione delle famose Sae;
l'ipotesi investigativa riguarda l'esistenza di una presunta associazione a delinquere messa in piedi da alcune aziende appaltatrici di lavori per la ricostruzione che, a quanto sostenuto dalla procura di Napoli, avrebbero subappaltato i lavori ad aziende con a capo prestanomi che risulterebbero essere pregiudicati campani;
tra le aziende oggetto di indagine sono numerose quelle che avevano comunque ottenuto l'iscrizione nella così detta white list delle prefetture, indispensabile per partecipare a gare di appalto pubblico;
il quadro che emergerebbe dalle indagini, se confermato, è grave e preoccupante sia per la facilità con la quale sarebbe stato possibile aggirare le disposizioni in materia di infiltrazioni mafiose nell'ambito degli appalti pubblici, sia perché si starebbe ponendo in essere un'operazione speculativa ed eventualmente criminale, in danno delle popolazioni terremotate –:
quali iniziative di competenza intenda porre in essere con estrema urgenza il Governo in relazione alla vicenda riportata in premessa e al fine di garantire al più presto alle popolazioni terremotate del centro Italia la piena realizzazione del programma Sae.
(5-12459)
Interrogazione a risposta scritta:
PAOLO NICOLÒ ROMANO, DE LORENZIS e SPESSOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (Ansv) è stata istituita con decreto legislativo n. 66 del 25 febbraio 1999 e riordinata con decreto del Presidente della Repubblica n. 189 del 2010 del 5 ottobre 2010. La sua mission è quella di investigare le cause degli incidenti e degli inconvenienti gravi aeronautici occorsi su territorio nazionale italiano;
l'Unione europea, con regolamento (UE) n. 996 del 2010 ha inteso fornire linee comuni agli Stati dell'Unione, relativamente alle investigazioni di incidenti ed inconvenienti gravi aeronautici, istituendo anche una rete delle agenzie investigative denominata European network of civil aviation safety investigation authorities (Encasia);
sempre l'Unione europea, al fine di ridurre le spese a carico dei singoli Stati membri e per un efficace funzionamento delle agenzie investigative europee, ha previsto la possibilità di scambi di competenze gratuiti in termini di expertise degli investigatori e dei laboratori di analisi. Pertanto l'Encasia organizza annualmente corsi di formazione per gli investigatori delle agenzie investigative allo scopo di scambiare esperienze e tecniche investigative, conoscere le capability dei laboratori di analisi degli altri Stati membri, assicurare aiuti gratuiti in termini di analisi attraverso la possibilità di avvalersi delle tecnologie già presenti presso laboratori di altre agenzie investigative europee;
i corsi di formazione dell'Encasia sono interamente finanziati dall'Unione europea, incluse le spese di viaggio e soggiorno degli investigatori con risparmio per i singoli Stati aderenti;
risulta all'interrogante che, dal 2015, l'Ansv non invierebbe più personale del settore investigativo ai corsi di formazione per investigatori organizzati dall'Encasia ma risulterebbe che vi abbia inviato solo un funzionario amministrativo, assegnato all'ufficio legale dell'Ansv;
ove confermato, ciò lascia sgomenti quanto sopra poiché tale decisione può ripercuotersi negativamente sull'aggiornamento e l'accrescimento professionale del personale investigativo dell'Ansv come invece auspicato dall'Unione europea;
risulta agli interroganti che il personale del settore investigativo dell'Ansv dal 2015 sarebbe, al contrario, inviato a frequentare altri corsi di formazione che peraltro sembrerebbero assai onerosi. Non solo, questi corsi non garantirebbero quella necessaria «condivisione e standardizzazione» delle tecniche di indagine investigative, che andrebbero definite, con gli altri Stati europei e che dovrebbero caratterizzare la formazione di un investigatore aeronautico –:
Se il Governo non ritenga di chiarire quanto prima le ragioni della decisione dei vertici di Ansv di non inviare più il proprio personale investigativo ai corsi di formazione gratuiti dell'Encasia;
se corrisponda al vero che l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo abbia predisposto altri percorsi formativi per il personale del settore investigativo e, in caso affermativo, quali ne siano i costi, nonché se risulti che tali corsi di formazione garantiscano pienamente quell'indipendenza e quella standardizzazione delle best practice europee necessarie per una corretta qualificazione e preparazione degli investigatori aeronautici italiani.
(4-18167)
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interrogazione a risposta orale:
QUARTAPELLE PROCOPIO, GRIBAUDO, MONACO, TIDEI, LA MARCA, ZAMPA e CARROZZA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
dalla fine della seconda guerra del Congo, nel 2003, la Repubblica democratica del Congo aveva conosciuto sotto la presidenza di Joseph Kabila, rieletto per due mandati, un periodo di relativa stabilità;
nell'agosto del 2016 in un conflitto a fuoco con la polizia veniva ucciso un leader storico dell'etnia Luba della regione del Kasai, e storico avversario di Kabila, Kamwina Nsapu, fatto che scatenava la rivolta dei suoi seguaci in tutta la regione;
nel novembre del 2016 avrebbero dovuto tenersi le elezioni legislative e presidenziali, ma il Presidente in carica, giunto alla scadenza del suo secondo mandato, ha deciso di non dimettersi e di non indire nuove elezioni; a questa decisione è seguito l'accordo di San Silvestro in cui è stato coinvolto nel Governo il principale partito di opposizione;
con l'inizio del 2017 la situazione nella regione congolese del Kasai si deteriora. Lo scontro tra miliziani, da un lato, e polizia ed esercito regolare, dall'altro, avrebbe prodotto diverse centinaia di morti: ancora più grave il bilancio per la popolazione civile;
già nel mese di marzo 2017 la Commissione dei diritti umani dell'Onu ha recensito circa dodici fosse comuni tra il Kasai Centrale e il Kasai orientale, successivamente altre fonti giornalistiche (Radio France International (Rfi) e la Reuters) riferivano della scoperta di altre otto fosse comuni. Avvenire, il quotidiano della conferenza episcopale italiana molto attento e informato sulle vicende relative al continente africano, ne avrebbe censite fino ad ottanta. Le vittime ivi sepolte sarebbero state uccise in un modo atroce;
sempre nel mese di marzo 2017 due componenti della commissione di esperti dell'ONU, l'americano Michael Sharp e la svedese Zahida Katalan, sarebbero stati rapiti torturati e uccisi nel Kasai Centrale probabilmente dalle milizie Kamwina Nsapu, mentre indagavano su presunti crimini di pulizia etnica commessi proprio da queste milizie;
è poi noto che le medesime forze armate reclutino in tutta la regione «bambini soldato» che farebbero poi entrare in azione sotto effetto di sostanze psicotrope; la presenza di «bambini soldato» in Congo è stata peraltro denunciata anche nell'angelus del 19 febbraio da Papa Francesco;
secondo l'Onu e fonti vicine alla Chiesa cattolica sarebbero oltre 3.300 i morti e 1,4 milioni gli sfollati, generati dalla guerra etnica in corso nel Kasai. In 300.000 si sarebbero rifugiati all'estero di cui 30.000 in Angola. Fonti più recenti, provenienti dall'Arcidiocesi di Kananga, parlano addirittura di 20.000 vittime. Inoltre, si calcolano 400 mila bambini a rischio di morire di fame;
l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha denunciato i gravi crimini commessi da tutte le parti in conflitto nella regione. Scott Campbell, responsabile diritti umani per l'Africa centro-ovest ha dichiarato: «quello che abbiamo verificano sono attacchi su un ampio raggio, molti di questi assalti contro alcuni villaggi sono ben pianificati. Le uccisioni di massa, potrebbero essere considerate un crimine contro l'umanità. Naturalmente solo un tribunale competente può stabilirlo»;
alle questioni etniche si uniscono quelle economiche: la regione del Kasai, infatti, è ricca di diamanti –:
se al Governo risulti quanto sopra esposto e se intenda promuovere, sia in sede di Unione europea, visto il legame storico che il Congo ha con alcuni partner europei dell'Italia, che in sede Onu, le opportune iniziative perché si arrivi al più presto a ristabilire, insieme alla piena e funzionale vita democratica, le condizioni durature di pace e sicurezza in una regione come quella del Kasai e in una nazione come quella della Repubblica democratica del Congo segnate per troppo tempo da uno stato di guerra e di miseria endemiche.
(3-03302)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazioni a risposta scritta:
PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
secondo l'ultimo rapporto realizzato dall'Associazione editori sviluppatori videogiochi italiani (Aesvi) e presentato l'11 maggio 2017 a Milano, in occasione dell'evento «Videogiochi: una passione senza età», «in Italia il settore video ludico è caratterizzato da un pubblico di appassionati sempre più ampio, adulto e in continua crescita (...)»;
lo studio sottolinea che il mercato dei videogiochi in Italia «chiude il 2016 in positivo con un giro d'affari di oltre un miliardo di euro e un trend in crescita dell'8,2 per cento rispetto al 2015. Si registra inoltre una crescita nelle vendite in tutti i segmenti di mercato considerati, come software (+11,9 per cento), console (+2,3 per cento) e accessori (+3,7 per cento)»;
Il Piccolo di Trieste, il 21 marzo 2017, analizzando gli aspetti positivi dei videogiochi, ha riportato come possano «stimolare i processi mentali, come la memoria e la capacità di ragionare; ma anche la fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità. I videogiochi faciliterebbero l'approccio alla cultura e al pensiero tecnologico, stimolano la creatività, migliorano la prontezza dei riflessi e soprattutto allontanano la noia»;
l'Agenzia giornalistica Italia (Agi), il 20 giugno 2017, ha informato come «il mondo dei videogame sia anche un campo di sperimentazione di tecnologie e strumenti applicabili in altri contesti, quali quelli della realtà virtuale utilizzabile ad esempio nel settore culturale. Di recente è stata aperta al pubblico la possibilità di visitare “l'Ara com'era”, un racconto multimediale, tra storia e tecnologia in una visita immersiva e multisensoriale dell'Ara Pacis, nella quale personaggi, gesti, divinità e animali si animano in 3d per illustrare, insieme al colore, le origini di Roma e della famiglia dell'imperatore Augusto»;
il 29 settembre 2017, in occasione dell'apertura della Milan Games Week, in un'intervista a Il Corriere della sera, il Ministro interrogato si è espresso riguardo al valore ed al patrimonio culturale dei videogiochi;
il Ministro ha dichiarato come il settore sia in grande espansione in Italia: «Un settore in grado di attirare le grandi produzioni internazionali e i talenti, che ha bisogno di crescere e che, tuttavia, finora ha ricevuto poche attenzioni dallo Stato. Oggi, grazie all'estensione del tax credit audiovisivo anche alle produzioni di videogame, c'è finalmente un primo importante riconoscimento. Ne seguiranno altri. La nuova Cinecittà, per esempio, avrà anche un ruolo di snodo nazionale per il settore con attività di ricerca e sviluppo, studi di produzione videoludica, formazione. In questo modo, si sfrutteranno al meglio le potenzialità connesse al rapporto tra le varie industrie e mestieri dell'audiovisivo: cinema, televisione, videogame. E si riuscirà a sostenere l'internazionalizzazione del settore e il rientro di tanti giovani talenti italiani ora impiegati con successo nelle grandi società di produzione mondiali»;
inoltre, «i videogame sono strumenti per la mediazione, la partecipazione, il coinvolgimento delle persone. Penso al ruolo crescente che avranno i giochi di simulazione reale o la realtà virtuale per le nostre società nel prossimo futuro. Chi visita un museo oggi vuole vivere un'esperienza piena, che spesso va oltre il tempo vero e proprio dedicato alla permanenza nelle sale (...)»;
il Ministro interrogato, ha affermato come i videogame e possano essere importanti per l'apprendimento: «Partiamo per esempio da Minecraft, che è un gioco dai risvolti differenti, in cui convivono insegnamenti di matematica, educazione civica, geometria e anche di filosofia. (...) Credo fortemente nella potenza del videogame. Lo stesso Piano Nazionale Scuola Digitale riconosce le potenzialità dell'apprendimento attraverso il gioco. Si pensi alle applicazioni nell'ambito delle politiche di integrazione, per lo studio linguistico o negli insegnamenti scolastici dei vari gradi»;
il Ministro ha concluso la sua intervista affermando che il videogioco «è un'arte che coinvolge nelle produzioni delle vere e proprie fabbriche di creativi: dai disegnatori ai pittori, dagli scultori 3D agli architetti fino a fisici e matematici, dimostrandosi tra l'altro un'arte con ottime prospettive occupazionali per molte di quelle professioni che, generalmente, hanno più difficoltà a collocarsi nel mercato del lavoro» –:
alla luce dei fatti esposti in premessa, se intenda spiegare chiaramente quali saranno i progetti futuri volti a favorire e sviluppare il settore video ludico;
se intenda assumere iniziative per stimolare i collegamenti tra l'ambito museale e quello dei videogiochi, finalizzati ad accrescere la visibilità del museo nei confronti di nuovi pubblici e a determinare una maggiore interazione con il visitatore.
(4-18163)
PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
la figura delle guide turistiche è fondamentale per la valorizzazione del turismo. Il primo firmatario del presente atto si è interessato al corretto riconoscimento della professione di guida ed ha analizzato la tematica nei seguenti atti di sindacato ispettivo e d'indirizzo: n. 8-00052, n. 7-00116, n. 5-01674, n. 4-15315, n. 5-03992 e ordine del giorno n. 9/02426-A/80;
nell'interrogazione n. 4-16388 ha riportato la sentenza n. 2831/2017 del 24 febbraio 2017, con la quale il Tar del Lazio ha annullato i due decreti ministeriali, rispettivamente del 7 aprile 2015, riguardante l'Individuazione dei siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico per i quali occorre una specifica abilitazione per lo svolgimento della professione di guida turistica, e dell'11 dicembre 2015, che subordina l'esercizio della professione di guida, in determinati siti al possesso di una specifica abilitazione. Nella stessa giornata il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha annunciato il deposito dell'impugnativa alla sentenza del Tar sui decreti ministeriali che istituiscono le guide turistiche specialistiche. Il Consiglio di Stato, in data 16 marzo 2017, ha respinto l'istanza di sospensiva presentata dal Ministero. Con l'interrogazione menzionata il primo firmatario del presente atto ha chiesto al Ministro se intendesse assumere «iniziative per avviare una revisione organica e complessiva della disciplina relativa all'esercizio della professione di guida turistica»;
nell'interrogazione n. 4-17623 è stata richiamata la sentenza 3859/2017 del Consiglio di Stato che ha confermato definitivamente l'annullamento dei decreti ministeriali sopracitati;
come riportato da diverse fonti di stampa, alcune regioni italiane rilasciano l'abilitazione all'esercizio della professione di guida turistica che, pur basandosi su di un esame riguardante argomenti di carattere provinciale o regionale, permettono di operare su tutto il territorio nazionale;
l'Associazione nazionale guide turistiche (ANGT), nella nota stampa del 5 ottobre 2017, ha espresso «la ferma contrarietà al comportamento delle Regioni, che continuano a bandire sessioni di esame, ad autorizzare corsi di formazione e a rilasciare impropriamente abilitazioni nazionali all'esercizio dell'attività di guida turistica. Infatti, numerosi corsi di formazione e i relativi esami per l'abilitazione all'esercizio della professione sono stati portati a compimento e continuano regolarmente in regioni come la Toscana, l'Emilia Romagna, la Sardegna, la Sicilia e la Puglia»;
la presidente di Angt Adina Persano ha evidenziato come «la materia appartenga al legislatore statale (...). Fino a quando lo Stato centrale non detterà una disciplina uniforme riguardante le condizioni, i requisiti e le modalità di accertamento degli stessi per il rilascio delle abilitazioni per lo svolgimento della professione di guida turistica, le Regioni non possono ritenersi legittimate a rilasciare nuove ed ulteriori abilitazioni»;
infine Persano ha segnalato che «in alcune parti del territorio nazionale in cui sono state sospese correttamente ulteriori sessioni degli esami di abilitazione, al pari dei corsi di formazione abilitanti, aumentano casi in cui amministrazioni regionali e locali competenti continuano a svolgere gli esami per il rilascio di nuove abilitazioni, consentendo l'attivazione da parte di agenzie formative private dei relativi corsi abilitanti. In molti casi, ai candidati, al fine di incentivarne la partecipazione alle prove di esame e ai corsi abilitanti, viene comunicato che per quanto le abilitazioni verranno loro rilasciate, previo svolgimento di esami basati su conoscenze riferite agli ambiti provinciali o regionali, le stesse comunque consentiranno di svolgere da subito la professione in ambito nazionale (...)»;
l'Angt ha invitato e diffidato, quindi le regioni «a voler sospendere ogni ulteriore proposta di corsi ed esami ancor più alla luce delle recenti sentenze del TAR e del Consiglio di Stato». E ha ribadito come «tali comportamenti (...) costituiscano una palese violazione del quadro normativo vigente inerente una, professione regolamentata come quella di guida turistica» –:
alla luce dei fatti esposti in premessa, quali iniziative intenda assumere, il Ministro interrogato al fine di delineare una disciplina uniforme riguardante le condizioni, i requisiti e le relative modalità di accertamento in ordine ai corsi di formazione per il rilascio delle abilitazioni per lo svolgimento della professione di guida turistica;
quali iniziative intenda intraprendere ai fini del riesame della disciplina della professione di guida turistica;
se e secondo quali modalità intenda intervenire, in accordo con le regioni, per sospendere il rilascio di nuove abilitazioni per la professione di guida turistica.
(4-18166)
DIFESA
Interrogazione a risposta in Commissione:
BASILIO, FRUSONE, CORDA, RIZZO, TOFALO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
nel mese di agosto 2017 il Dipartimento della difesa statunitense ha ufficialmente annunciato che i centri di immagazzinamento e distribuzione per tutti i velivoli F-35 in servizio saranno basati in Olanda e in Australia;
secondo quanto confermato anche dal Ministero della difesa dei Paesi Bassi, la piattaforma logistica europea per l'F-35 sarà realizzata presso il Woensdrecht Logistics Center (LCW) dell'aeronautica militare olandese;
il centro fornirà supporto a tutti gli F-35 operanti in Europa, compresi quelli statunitensi, per un totale, a regime, di circa 400 velivoli;
stando a quanto riportato dalla stampa olandese saranno circa 70 le aziende dei Paesi Bassi che riceveranno ordini in seguito all'entrata in funzione del nuovo centro di stoccaggio e distribuzione europeo per un controvalore stimabile in circa un miliardo di dollari l'anno;
anche in questo caso il nostro Paese e la sua industria sono stati esclusi da qualsiasi commessa, così come avvenne alla fine del 2016 quando furono assegnati contratti per la manutenzione di alcune decine di componenti del cacciabombardiere di cui l'Italia, allo stato, è il più importante cliente europeo;
l'esclusione è avvenuta nonostante l'Italia sia l'unico Paese in Europa a disporre di una struttura di produzione e assemblaggio dell'F-35, la cosiddetta FACO di Cameri in provincia di Novara, per la quale sono stati spesi circa 800 milioni di euro totalmente a carico del bilancio dello Stato;
la mancata assegnazione di nuove commesse alle aziende italiane da parte dell'Ufficio di programma per l'F-35 viene così a rafforzare le denuncia di mancato rispetto degli impegni assunti da parte degli statunitensi fatta alcuni mesi fa in un'intervista rilasciata al periodico on-line «Analisi Difesa» da Guido Crosetto, presidente dell'Aiad, l'associazione delle aziende aerospaziali e della difesa;
denuncia tanto più forte perché Crosetto, a suo tempo sottosegretario alla Difesa, aveva avuto parte diretta e attiva nella definizione degli accordi sull'F-35 tra Italia e Stati Uniti –:
quale sia l'orientamento della Ministra interrogata in relazione alla decisione di affidare all'Olanda la realizzazione del centro di gestione e distribuzione delle scorte per i velivoli F-35, nonostante l'Italia sia il più importante utilizzatore europeo del velivolo e nonostante qui sorga l'unica struttura industriale europea per l'F-35;
quali siano i contratti finora ottenuti dall'industria italiana a fronte del programma F-35 e quale ne sia il controvalore;
quali iniziative formali e sostanziali il Governo intenda assumere nei confronti del Governo degli Stati Uniti e delle aziende statunitensi titolari del programma F-35, affinché il ritorno di lavoro e occupazione per il nostro Paese corrisponda agli impegni a suo tempo assunti che prevedevano la creazione di non meno di seimila nuovi posti di lavoro.
(5-12461)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta scritta:
BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
è notizia di pochi giorni fa, apparsa sul quotidiano Repubblica, che una circolare interna redatta da Rete ferroviaria italiana, la società di Ferrovie dello Stato che gestisce l'infrastruttura ferroviaria statale e inviata alle sue sale operative, stabilisce che se un treno dell'alta velocità rischia di arrivare a destinazione con più di cinque minuti di ritardo, regionali e dovranno dare la precedenza;
tale decisione coinvolge in via sperimentale dal 1° ottobre 2017 la tratta tra Lazio e Toscana;
l'obiettivo parrebbe quello di migliorare la puntualità delle Frecce e di Italo, riducendo la soglia di ritardo massimo previsto all'arrivo da quindici minuti a cinque minuti;
nella circolare si può leggere che: «nelle fasce orarie pendolari eventuali conflitti fra treni mercato e treni regionali e intercity potranno essere risolti a favore di questi ultimi soltanto nell'eventualità che il ritardo indotto sui treni mercato sia tale da garantirne comunque l'arrivo a destinazione entro cinque minuti»;
ogni giorno, nel nostro Paese, quasi tre milioni di passeggeri usufruiscono del servizio ferroviario regionale per recarsi a scuola e al lavoro e va ricordato che - stando alle ultime stime di Trenitalia - in venti giorni il trasporto locale ha utenti quanto l'alta velocità in un anno, con un introito di circa quarantadue milioni l'anno;
va tenuto conto, inoltre, che le condizioni igieniche dei treni regionali sono assai scarse, non c'è nessun tipo di agevolazione per chi ha disabilità e spesso sono in ritardo cronico;
pertanto altri ritardi dei treni regionali per agevolare la tratta dell'alta velocità non farebbero che peggiorare le condizioni della qualità di vita dei pendolari –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
se non ritenga opportuno assumere iniziative affinché Ferrovie dello Stato italiane riveda la circolare emanata riguardante le nuove disposizioni finalizzate a dare precedenza; ai treni ad alta velocità a discapito dei treni regionali e intercity su cui viaggia il maggiore numero di persone e di pendolari;
se non ritenga di dover assumere iniziative, nell'ambito delle sue competenze, al fine di evitare ulteriori disagi e aggravi ai cittadini pendolari che quotidianamente usufruiscono dei treni regionali per raggiungere i luoghi di studio e di lavoro.
(4-18159)
INTERNO
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
negli ultimi mesi del 2017 sono stati denunciati molti casi di propaganda del regime fascista e nazifascista, sfociata spesso in atti di violenza e minacce. In una inchiesta del noto settimanale l'Espresso – riferita proprio a questo periodo – si è parlato di una vera e propria «Naziltalia». Una nazione dove pestaggi, blitz e aggressioni di questa matrice sono aumentati in modo esponenziale. La crisi economico-finanziaria, causa dell'impoverimento della società, la maggiore diseguaglianza sociale e la presenza costante e sempre più numerosa di migranti hanno fornito terreno fertile, perché la rabbia della popolazione dilagasse;
l'aumento di movimenti xenofobi di estrema destra è un problema condiviso anche dall'Europa, dove sempre più allignano discriminazioni razziali, di genere sessuale e religioso, con dati preoccupanti confermati dalla magistratura e dalle forze dell'ordine;
in Italia è sempre stata forte e radicata l'esigenza di tutelare le istituzioni democratiche dai rigurgiti del nazifascismo. Con la XII disposizione transitoria della Costituzione, attuata con la legge n. 645 del 20 giugno 1952 «Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione» (cosiddetta legge Scelba), è stata vietata la ricostituzione e la propaganda del partito fascista e di quello nazista;
il decreto-legge n. 122 del 1993 convertito dalla legge n. 205 del 1993, cosiddetta legge Mancino, offre specifici strumenti per la prevenzione e il contrasto dell'antisemitismo, del razzismo e della xenofobia;
il Parlamento italiano è di recente intervenuto contro un tale fenomeno approvando, in prima lettura, il provvedimento che introduce il reato di propaganda fascista, mediante il nuovo articolo 293-bis del codice penale, che dunque punisce con la reclusione da sei mesi a due anni la diffusione di contenuti ideologici di questo tipo;
malgrado l'ampia legislazione a tutela, i fatti indicano come la situazione sia tutt'altro che arginata. Nella Capitale, città medaglia d'oro della Resistenza e della Guerra di Liberazione, si verificano giornalmente episodi di violenza. Se ne ricordano alcuni tra i più eclatanti;
il 6 dicembre 2016 a San Basilio (quartiere della periferia est della Capitale) una trentina di residenti ha aggredito una cittadina del Marocco, legittima assegnataria di una casa popolare. A supporto dei riottosi c'è Forza Nuova. Il 24 gennaio e il 28 settembre 2017, si verificano altri episodi nella zona del Trullo (altra estrema periferia sud-ovest di Roma): nel primo caso Forza Nuova, Casapound e Roma ai Romani impediscono ad una famiglia di egiziani di prendere possesso di una casa popolare dopo lo sgombero degli occupanti, italiani e abusivi; nel secondo, un manipolo di fascisti e delinquenti comuni tenta di impedire l'assegnazione di un alloggio Ater ad una famiglia di origine eritrea. Il 30 giugno 2017, stessa situazione a Tor Bella Monaca, dove un 52enne bengalese viene picchiato da quattro ragazzi italiani, perché destinatario di una casa popolare. In quello stesso giorno Casapound manifestava di fronte al centro di accoglienza Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) di via del Frantoio al Tiburtino III, affidato al comitato provinciale della Croce rossa italiana;
21 gennaio 2017 con lo slogan «Contro i migranti siamo pronti alle barricate» i militanti di Forza Nuova e Roma ai Romani, occupano il Ferrhotel, albergo in disuso vicino la stazione Tiburtina che la sindaca Raggi, con una ordinanza, ha destinato all'accoglienza dei migranti;
2 febbraio 2017 avviene un pestaggio di matrice squadrista ad Ostia, ai danni di un attivista di una onlus che si occupa di migranti. I fatti avvenuti fuori dal palazzo municipale, poco distante da un sit-in di militanti di estrema destra, hanno portato le forze dell'ordine a ricercare i responsabili dell'accaduto anche tra quei manifestanti;
ad agosto 2017 ancora tafferugli e violenze nella calda, «nera», estate romana. Durante un assedio, da parte dei residenti e dei militanti di Casapound, del citato centro Sprar al Tiburtino III (divenuto ormai un totem contro cui sfogare la rabbia sociale) viene ferito un militante eritreo, mentre una donna quarantenne che aveva denunciato percosse e il proprio sequestro finisce nel registro degli indagati della procura della Repubblica per lesioni aggravate e, pare, per aver inventato i fatti;
il 2 settembre 2017, una quarantina di migranti rimane bloccato nella chiesa di Santa Maria del Soccorso, mentre fuori manifestavano gruppi di estrema destra; il questore di Roma ha vietato la manifestazione denominata «passeggiata per la sicurezza» indetta da Forza Nuova e dal movimento Roma ai Romani prevista per l'8 settembre, iniziativa molto contestata dall'opinione pubblica e nemmeno formalmente preannunciata alle autorità competenti, come invece prevede il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza;
il 23 settembre 2017 si sono registrati momenti di tensione alla Magliana, dove era stata annunciata e di nuovo non autorizzata una manifestazione di Forza Nuova in occasione dell'inaugurazione di una nuova sede del movimento nel quartiere;
il 29 settembre 2017 giunge notizia che la procura di Roma abbia chiesto al Gip la convalida degli arresti per Giuliano Castellino e ad altri tre militanti, ai quali sono contestati i reati di lesioni, resistenza e percosse a pubblico ufficiale. Il personaggio, leader del movimento Roma ai Romani e protagonista dei fatti del Trullo sopra descritti non è nuovo a episodi di violenza. Si ricorda il suo fermo di fronte al Nazareno – sede del PD, il 21 febbraio 2017 – nei giorni di protesta degli ambulanti contro la «direttiva Bolkestein» e dei tassisti contro il «decreto Milleproroghe», reo – a loro avviso – di deregolare il settore favorendo Uber e il noleggio con conducente –:
se il Ministro interpellato sia a conoscenza della grave escalation di violenze perpetrate dalle formazioni politiche sopra descritte e cosa intenda fare per arginare tale fenomeno;
se, in virtù del dettato Costituzionale, attuato con la legge n. 645 del 20 giugno 1952 «Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione» (cosiddetta legge Scelba) e della n. 205 del 1993 cosiddetta legge Mancino, non intenda assumere le iniziative di competenza, anche normative, al fine di evitare la partecipazione di liste, alle prossime elezioni amministrative e politiche, presentate da formazioni violente e dichiaratamente fasciste.
(2-01975) «Miccoli, Mariano, Montroni, Giovanna Sanna, Blazina, Verini, Giacobbe, Arlotti, Marantelli, Fiano, Argentin, Incerti, Cenni, Marrocu, Lodolini, Romanini, Guerra, Chaouki, Tidei, Campana, Giulietti, Pelillo, Naccarato, Mura, D'Arienzo, Currò, Morassut, Borghi, La Marca, Manzi, Schirò, Carloni, Beni, Baruffi, Patrizia Maestri, Gribaudo, Garavini, Rocchi, Carra, Mazzoli, Fabbri, Gnecchi, Sgambato, Scuvera, Casellato, Di Salvo, Fregolent, Albanella, Venittelli».
Interrogazione a risposta in Commissione:
DIENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
con l'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-03120 la sottoscritta poneva al Ministro dell'interno il caso dell'elezione a sindaco nella città di Villa San Giovanni (RC) nelle elezioni dell'11 giugno 2017, di Giovanni Siclari, soggetto già condannato in primo grado dal collegio del tribunale penale di Reggio Calabria per abuso di ufficio e conseguentemente sospeso dalla carica di assessore;
dopo che Siclari nominava Maria Grazia Richichi vicesindaco, in conseguenza di tale condanna, il 12 novembre 2016 il prefetto comunicava la «sussistenza della causa di sospensione» nei suoi confronti;
l'interrogante ricordava tuttavia che la sospensione dalla carica elettiva, secondo l'articolo 11 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, consegue alla condanna penale dell'eletto e non al provvedimento del prefetto e dunque il decreto di nomina del vicesindaco, adottato da un sindaco già sospeso ope legis, andava considerato nullo per difetto assoluto di attribuzione;
il Ministro per i rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro sulla base degli elementi forniti dal Ministro dell'interno, rispondeva che «la sospensione degli amministratori locali, nelle ipotesi previste dall'articolo 11 del decreto legislativo n. 235 del 2012, può essere disposta solo nei confronti di coloro che abbiano formalmente assunto le funzioni pubbliche», attribuendo «efficacia costitutiva e non meramente dichiarativa dell'intervento del prefetto»;
tale risposta viene smentita dal tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria che, pronunciando sul ricorso n. 406 del 2017, ha annullato l'atto n. 14904 del 12 giugno 2017 (nomina del vicesindaco), sottoscritto dal signor Siclari nonché l'atto n. 15640 del 19 giugno 2017, sottoscritto dalla signora Richichi (prima del consiglio comunale in seduta ordinaria);
in conseguenza di questo il prefetto della provincia di Reggio Calabria decretava il 5 ottobre 2017 la nomina di un commissario presso il comune di Villa San Giovanni con i poteri di sindaco e giunta per la provvisoria gestione dell'ente;
se la sentenza conferma, a giudizio dell'interrogante, la scorretta interpretazione della norma da parte del Governo, evidenzia altresì la presenza di un vuoto normativo;
inoltre, il commissariamento pro tempore appare all'interrogante paradossalmente come un incentivo a ripetere la condotta tenuta da Giovanni Siclari pure censurata dallo stesso Governo –:
se non intenda promuovere, per quanto di competenza, un intervento normativo per favorire un'interpretazione univoca della legge al fine di evitare che il precedente di Villa San Giovanni incoraggi soggetti che sarebbero sottoposti a immediata sospensione a candidarsi alla carica di sindaco.
(5-12460)
Interrogazione a risposta scritta:
GINEFRA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
poco prima delle quattro di domenica 15 ottobre 2017 mattina una banda di malviventi avrebbe fatto irruzione all'interno del campo sportivo «Giovanni Gianmaria» ad Acquaviva delle Fonti (Bari) dando fuoco a pneumatici e ad alcuni contenitori/in plastica in dotazione alla stessa struttura sportiva per la raccolta di rifiuti dopo averli collocati sulla pista di atletica;
i malfattori avrebbero poi dato alle fiamme il chiosco bar, reso funzionale appena il mese scorso distruggendolo;
l'impianto acquavivese è gestito dalla società sportiva «Amatori Atletica Acquaviva» e nell'ultimo anno ha ospitato alcune fasi dei campionati italiani di atletica, divenendo struttura di riferimento per gli allenamenti di atleti che giungono da diversi comuni della zona tra i quali Cassano Murge, Gioia del Colle, Casamassima, Palo del Colle e Rutigliano;
da articoli di stampa si apprendono le dichiarazioni del sindaco di Acquaviva delle Fonti Davide Carlucci che avrebbe commentato: «Per la prima volta ad Acquaviva la gestione del campo sportivo è affidata secondo una regolare gara d'appalto e questo è il risultato. Uno sfregio in stile mafioso contro la legalità. Stiamo facendo analizzare le registrazione delle telecamere e, una volta individuati i responsabili, chiederemo alle forze dell'ordine e alla magistratura di andare fino in fondo»;
le indagini, da quanto si apprende, sarebbero condotte dai carabinieri della compagnia di Gioia del Colle, coadiuvati dai colleghi della stazione di Acquaviva;
i vigili del fuoco del comando provinciale, intervenuti per le operazioni di spegnimento, e gli stessi carabinieri sembrano non avere dubbi sulla natura dolosa dell'incendio;
sarebbe partita una serie di minuziosi riscontri anche sulla passata gestione dell'impianto;
se fossero confermate le indiscrezioni di stampa e le affermazioni del sindaco, si tratterebbe dell'ennesimo episodio finalizzato a condizionare la vita sociale e i comportamenti amministrativi nei comuni dell’hinterland barese;
qualunque fosse la natura dell'incendio si tratterebbe di un episodio inquietante –:
se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative abbia inteso o intenda assumere per garantire la sicurezza della struttura e dei suoi fruitori, oggetto di questo vile gesto perpetrato ai danni della comunità barese;
se intenda assumere ogni iniziativa di competenza, anche in sinergia con il comune, per individuare i fondi necessari per l'immediata riattivazione dello stesso impianto quale risposta dallo Stato a chiunque decida di aggredire il patrimonio sociale e civile di una comunità.
(4-18165)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazioni a risposta scritta:
CIVATI, MARCON, BRIGNONE, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
in data 1° febbraio 2014 veniva assegnato alla Rete temporanea di imprese (Rti), Ma.Ca.-Servizi Generali-Smeraldo la gestione del lotto 5 (Frosinone-Latina) della convenzione Consip scuole per i servizi di pulizia, ausiliariato e di ripristino del decoro delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. Da allora i circa 600 lavoratori vivono una situazione di grave precarietà a causa di retribuzioni ritardate, decurtate o non pagate affatto; mancata consegna dei contratti di lavoro; assenza degli adempimenti sulle norme di sicurezza; utilizzo di personale esterno per i lavori di decoro;
a seguito dell'entrata in vigore di tale convenzione Consip, migliaia di lavoratori cosiddetti «ex lsu e appalti storici», di cui sono parte anche i dipendenti della citata RTI, hanno subito un taglio del 70 per cento del loro impiego e dunque dello stipendio. Alla luce di ciò, si è giunti alla sottoscrizione di accordi governativi tra RTI Ma. Ca.-Servizi Generali-Smeraldo, le associazioni datoriali e i sindacati, accordi però in larga parte non applicati e rispettati dalla RTI;
a tale situazione le organizzazioni sindacali e i lavoratori hanno risposto con denunce, scioperi, segnalazioni e la richiesta di avvio della procedura di messa in fallimento, e chiedendo a Consip, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e Ministero del lavoro e delle politiche sociali l'estromissione della citata RTI che ancora gestisce e resta assegnataria del lotto 5. Non risulta agli interroganti che Consip stia nemmeno effettuando adeguati controlli;
tutto il 2016 ha visto la perpetuazione di quanto contestato. A ridosso del rinnovo della convenzione Consip scuole le imprese della RTI hanno regolarizzato le posizioni nei confronti dei lavoratori relative agli anni 2014 e 2015. Poco dopo il rinnovo Ma. Ca.-Servizi Generali-Smeraldo tornava ad applicare le precedenti politiche nei confronti dei lavoratori e procedeva al recupero delle somme liquidate per la regolarizzazione degli anni 2014-2015;
la medesima Ma.Ca. risulta essere stata estromessa dalla regione Lazio dall'appalto dell'asl 2 Roma per le medesime ragioni esposte finora –:
se non intendano attivarsi, per quanto di competenza e a fronte delle sistematiche violazioni delle leggi e delle regolamentazioni in materia di appalti, per procedere alla revoca del citato contratto relativo alla convenzione Consip scuole;
se non intendano assumere iniziative per procedere alla definizione di una «black list» di imprese, tenendo conto, tra i criteri di inclusione nella lista, del reiterato mancato rispetto dei contratti nazionali di lavoro e dell'inosservanza degli adempimenti da essi discendenti;
quali iniziative di competenza intendano assumere per individuare in tempi rapidi una soluzione della situazione esposta in premessa.
(4-18160)
GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
i genitori degli alunni dell'Istituto comprensivo «Perna-Alighieri» di Avellino, costituito da scuola per l'infanzia, primaria e secondaria di primo grado, si sono visti recapitare una lettera intestata e firmata dell'agente generale di «Alleanza Assicurazioni» - quindi non dalla dirigenza scolastica - con la quale si invitavano i destinatari, «in accordo con il Direttore dell'Istituto scolastico» a un incontro da svolgersi lunedì 16 ottobre 2017, presso l’auditorium per «affrontare tematiche quali: il sistema previdenziale italiano - Aree di scopertura: costi relativi agli studi universitari e fuori sede»;
la comunicazione continuava precisando che «conoscere le problematiche previdenziali che possono affliggere le famiglie italiane a causa di mancata protezione e/o costituzione di previdenza integrativa, oggi è diventata di fondamentale importanza. Alleanza assicurazioni dal 1898, sempre vicini alle famiglie. Nel comunicarle che l'incontro non ha finalità commerciali (...)»;
l'incontro si terrà in una scuola pubblica di proprietà comunale e il relativo obiettivo appare all'interrogante poco chiaro e di fatto di natura promozionale ad esclusivo vantaggio di operatori privati; lo stesso incontro è stato inopinatamente organizzato addirittura un'ora prima dello svolgimento delle operazioni elettorali interne per i rappresentanti dei genitori, nei consigli, di classe, interclasse e inter-sezione, circostanza che indurrebbe a ritenere che si sia voluto raccogliere il massimo dell'ascolto –:
se quanto riportato in premessa, notiziato e documentato da agenzie di stampa sia accaduto solo nell'istituto comprensivo «Perna-Alighieri» di Avellino oppure anche in altri istituti pubblici del territorio italiano;
se nella fattispecie si ravvisino responsabilità della direzione dell'istituto e, in tal caso, quali iniziative di competenza si intendano intraprendere;
quali iniziative intenda promuovere per prevenire nelle scuole pubbliche italiane il verificarsi di quelle che l'interrogante giudica inammissibili iniziative di mera speculazione privatistica che non hanno nulla a che vedere con la natura e la funzione formativa della scuola.
(4-18164)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il 1° ottobre 2017, un servizio del programma «Le Iene» denuncia l'ennesimo caso di lavoro in nero e di sfruttamento di una collaboratrice parlamentare a cui sono state anche rivolte avance sessuali in cambio di un presunto avanzamento lavorativo;
da anni, fonti stampa rivelano come in Parlamento i collaboratori spesso siano inquadrati in qualità di colf o come ci siano deputati che non versino i contributi. Oppure si riferisce di incarichi non proprio connessi al mandato, come portare i figli dell'eletto a scuola, andare alla posta o ritirare un vestito in tintoria;
nel 2009 è stata avviata un'indagine dell'ispettorato del lavoro – direzione provinciale di Roma, sui collaboratori dei parlamentari che prestano la propria opera presso la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica, i cui risultati sono stati pubblicati dagli organi di informazione solo nel 2013: in particolare, nel corso delle verifiche effettuate sui collaboratori impiegati presso le sedi della Camera dei deputati, sarebbero state riscontrate 58 irregolarità – pari circa al 20 per cento dei controlli complessivi effettuati – in materia lavoristica, previdenziale e assicurativa. Per i collaboratori di senatori invece sarebbero state riscontrate 21 irregolarità e le sanzioni comminate sarebbero state pari a circa 19 mila euro. In due casi vi sarebbero state controversie, nate a seguito dell'ispezione, risolte con conciliazioni davanti ai giudici;
nella legislatura in corso, nonostante nuovi contratti di lavoro, non si è avuto un effettivo riscontro circa un miglioramento delle condizioni contrattuali dei collaboratori parlamentari, mentre diverse ulteriori controversie legali lasciano supporre, ad avviso dell'interrogante, la presenza di irregolarità;
ad oggi, ancora non si ha contezza di quanti collaboratori parlamentari lavorino: il Senato non avrebbe neppure una statistica; alla Camera risulterebbero attivate 618 collaborazioni a vario titolo, che prevederebbero anche l'assistenza a 2-3 deputati per volta;
nel Parlamento europeo, il parlamentare sceglie da sé il collaboratore, ma il contratto viene regolato dall'amministrazione. Inoltre, esistono delle fasce retributive per le varie figure, adeguate in base alle qualifiche –:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se intenda chiarire quali siano i dati effettivi risultanti dalle indagini operate dall'Ispettorato del lavoro – direzione provinciale di Roma sui rapporti contrattuali intercorrenti tra parlamentari e i loro collaboratori nell'anno 2009 e se non intenda promuovere analoga attività ispettiva anche nella presente legislatura;
se non intenda sostenere, per quanto di competenza, in sede parlamentare, le eventuali iniziative legislative, per adeguare la normativa italiana a quella europea, anche alla luce del contributo delle associazioni maggiormente rappresentative costituite da collaboratori parlamentari, finalizzate a disciplinare il rapporto di lavoro tra i parlamentari e i propri collaboratori, sulla base dei princìpi di trasparenza nelle istituzioni e di salvaguardia dei diritti dei lavoratori.
(5-12466)
SALUTE
Interrogazione a risposta scritta:
DIENI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
l'8 ottobre 2017 agli Ospedali riuniti di Reggio Calabria un ragazzo di 17 anni è morto nel reparto di Rianimazione;
la notizia viene riportata da alcuni siti d'informazione locali che sottolineano come nessun medico del nosocomio reggino abbia saputo dire alla famiglia cosa sia accaduto e cos'abbia avuto il ragazzo che fino a qualche settimana fa era all'apparenza completamente sano, e che anzi non aveva mai lamentato particolari problemi di salute e a settembre 2017 aveva regolarmente iniziato la scuola;
i primi malori risalirebbero al 23 settembre caratterizzati da dolori addominali e vomito;
sarebbe quindi avvenuto il primo ricovero agli Ospedali Riuniti con gli esami e i controlli di rito fino alle dimissioni perché non è stata riscontrata «alcuna patologia»;
dopo pochi giorni a fronte di un nuovo episodio i familiari riportano il ragazzo in ospedale dove viene riscontrato l'emergere di nuovi sintomi;
il minore è rimasto sempre cosciente e collabora con lo staff medico spiegando i propri malesseri;
la diagnosi dei medici dopo i nuovi esami, che non avrebbero evidenziato anomalie, avrebbe definito il malessere «una questione psicologica», disponendo conseguentemente il trasferimento del ragazzo nel reparto di neurologia dove è stato assistito da psicologi e psichiatri;
più volte sarebbe anzi arrivato l'invito alle dimissioni, ma la madre si sarebbe opposta e non avrebbe firmato il foglio delle dimissioni;
il 17enne non è riuscito in seguito più ad alzarsi in piedi e a camminare, ha perso l'uso delle gambe e, nei giorni scorsi, ha lamentato anche la perdita della vista, finché il 7 ottobre la situazione è precipitata e il giovane è stato trasportato in rianimazione dove è morto;
per quanto detto, appare pienamente giustificato lo sdegno e la rabbia della famiglia così come appare fondata la preoccupazione della città di Reggio Calabria, data l'impossibilità o l'incapacità dello staff medico di comprendere la gravità della situazione e di determinare le cause del malore –:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga di promuovere con urgenza, per quanto di competenza, iniziative ispettive per fare piena luce sulle cause del decesso del diciassettenne citato in premessa presso gli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria.
(4-18161)
SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Interrogazione a risposta in Commissione:
GINEFRA. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la GMS spa gestisce il «presidio di riabilitazione Padre Pio» presso Capurso (Bari) e svolge prestazioni specialistiche riabilitative;
suddette prestazioni sanitarie previste dai livelli essenziali di assistenza sono svolte dalla GMS spa sin dal 2005 e regolamentate da specifiche convenzioni sottoscritte anno per anno con la Asl di Bari;
la GMS spa, al fine di garantire la corretta erogazione delle prestazioni sanitarie quale servizio accreditato, occupa circa 160 dipendenti;
con nota del 27 settembre 2017 le organizzazioni sindacali scrivevano al direttore generale della ASL evidenziando che: «la società GMS S.p.a. risulta a tutt'oggi inadempiente al pagamento delle competenze maturate a partire da luglio 2017 in contrasto con quanto affermato nell'ordinanza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (su ricorso numero di registro generale 865 del 2017). Nella stessa infatti si afferma essere intervenuta una transazione tra GMS S.p.a e Asl Bari che avrebbe dovuto impegnare la stessa GMS ad utilizzare la somma ottenuta “per corrispondere gli arretrati ai dipendenti, maturati fino all'agosto 2017”»;
le organizzazioni sindacali hanno invitato – con nota prot. n. 6624 del 31 agosto 2017 – il datore di lavoro all'adempimento e la Asl Bari all'esercizio del potere sostitutivo previsto ex lege e, in linea con quanto già asserito più volte, continuano a sostenere l'ipotesi che, in autotutela, la Asl di Bari avrebbe dovuto dare prevalenza al superiore interesse pubblico, quello tutelato dall'articolo 30 del decreto legislativo n. 50 del 2016, ovvero provvedere a revocare l'assenso a cessioni del credito, stante l'acclamata illiquidità della GMS s.p.a, di gravità tale da pregiudicare l'esecuzione della concessione;
a sostegno di tale convincimento si richiama, a fronte di caso analogo, la sentenza n. 274 del 2015 del 30 luglio 2015 del tribunale di Verona, sezione lavoro;
alla luce di quanto richiamato, le organizzazioni sindacali chiedono alla Asl di Bari di procedere all'applicazione del potere sostitutivo, in quanto ogni ulteriore forma di «attendismo» sulla vicenda rischia di ripercuotersi in negativo sui lavoratori, destinando il corrispettivo del contratto che la lega alla GMS s.p.a. ai lavoratori dipendenti creditori disimpegnati dall'esecuzione del servizio oggetto del predetto contratto;
l'interrogante ha già presentato, su analoga controversia, in data 16 marzo 2016 l'atto di sindacato ispettivo n. 4-12553, sino ad oggi rimasto senza risposta –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intendano assumere, anche sul piano normativo e con il coinvolgimento della conferenza Stato-regioni, per chiarire se l'esercizio del potere/dovere di pagare in via sostitutiva da parte del committente di affidamenti pubblici sia applicabile all'affidamento da parte della Asl a soggetti privati accreditati/convenzionati e se questo presupponga un assenso da parte dell'esecutore/datore inadempiente;
se il Governo non intenda assumere iniziative normative per stabilire chiaramente che, in presenza di una cessione del credito a maturare dell'esecutore di commessa pubblica e di un suo manifesto inadempimento nell'erogare le retribuzioni, la pubblica amministrazione debba privilegiare l'interesse pubblico alla corretta esecuzione della commessa, rispetto all'interesse privato sotteso alla cessione del credito, e revocare in autotutela l'atto di assenso alla cessione.
(5-12462)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IX Commissione:
SPESSOTTO, DELL'ORCO, LIUZZI, NICOLA BIANCHI, DE LORENZIS, CARINELLI e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
la prima direttiva postale (97/67/CE) prevede l'obbligo per tutti gli Stati membri di assicurare la fornitura del servizio postale universale e prescrive che la raccolta e la distribuzione degli invii postali al domicilio del destinatario siano garantite «come minimo cinque giorni lavorativi a settimana» e che solo in presenza di circostanze o condizioni geografiche eccezionali sia ammessa la fornitura per un numero inferiore di giorni;
per quanto l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) possa concedere una deroga, ciò deve avvenire, secondo il decreto legislativo n. 261 del 1999, solo «in presenza di particolari situazioni di natura infrastrutturale e geografica», condizioni che, come confermato anche dalla stessa società, non ricorrerebbero nell'attuale piano di riorganizzazione di Poste Italiane s.p.a.;
con la legge di stabilità 2015 e il nuovo contratto di programma 2015-2019, il Governo ha di recente introdotto, in tema di frequenza settimanale di raccolta e recapito della corrispondenza, alcune «misure di rimodulazione» della frequenza di erogazione dei servizi sull'intero territorio nazionale e Poste ha chiesto e ottenuto (si veda la delibera dell'Agcom n. 395/15/CONS) una modifica del modello di recapito a giorni alterni degli invii postali per fasi;
ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della citata delibera, l'attuazione del piano di recapito a giorni alterni può essere inibito o condizionato all'introduzione di misure correttive, stabilendo particolari condizioni volte a salvaguardare la regolarità del servizio o la realizzazione degli obiettivi previsti di contenimento dei costi;
di recente, è stata rimessa alla Corte di giustizia europea dalla prima sezione del Tar Lazio, la questione se la disciplina del servizio postale universale da parte del legislatore italiano abbia o meno ridotto «le garanzie dei cittadini fissate dall'Unione europea, incontrando un limite nella disciplina e nelle finalità rinvenibili dalle disposizioni e dai considerando delle Direttive comunitarie di riferimento»;
difendendosi davanti al Tar, Poste italiane ha ammesso che la riduzione del servizio non dipende da particolari difficoltà nel raggiungere le località interessate, bensì dalla scarsità di popolazione, che renderebbe eccessivamente costoso l'impegno quotidiano di un postino –:
come si concili il nuovo contratto di programma 2015-2019 siglato tra il Ministero dello sviluppo economico e Poste italiane con la normativa comunitaria di riferimento e in particolare con la direttiva 2008/6/CE per i profili in materia di accesso degli utenti al servizio postale universale.
(5-12463)
BRUNO, GALGANO, CATALANO, MENORELLO, MUCCI, MAZZIOTTI DI CELSO, DAMBRUOSO, QUINTARELLI e OLIARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
è stata indetta dal comune di Lecce una procedura telematica tramite sistema Mepa per l'affidamento del «servizio di consegna della corrispondenza indirizzata al comune di Lecce, ritiro, lavorazione e recapito degli invii postali in partenza dal comune di Lecce» (valore stimato 175.000 euro per la durata di tre anni). Il criterio di aggiudicazione è stato individuato in quello del minor prezzo ai sensi dell'articolo 95, comma 4, del decreto legislativo n. 50 del 2016;
in data 17 luglio 2017 la gara è stata provvisoriamente aggiudicata a L'Espresso con un'offerta economica di 31.500 euro, corrispondente ad un ribasso dell'82 per cento; al secondo posto si è classificata Posta & Service di Stefania Scrimieri con un'offerta economica di 87.500, con un ribasso del 50 per cento;
Posta & Service ha diffidato la stazione appaltante dal procedere all'aggiudicazione definitiva della procedura in favore de L'Espresso, presentando una contestazione per incongruità del ribasso economico offerto dalla ditta concorrente e rilevando la conseguente necessità di sottoporre l'offerta alla verifica di anomalia ex articolo 97 del decreto legislativo n. 50 del 2016;
l'organico richiesto per la distribuzione dei quantitativi di posta ordinaria e di posta raccomandata viene normalmente stimato sulla base della proporzione indicata nella determinazione dell'Anac n. 3 del 2014 «Linee guida per l'affidamento degli appalti pubblici di servizi postali»;
se si considerano i quantitativi di posta da spedire nell'arco di tre anni sulla base dei dati dello scorso anno, il numero di addetti richiesti per quei quantitativi e il costo orario lordo aziendale per la retribuzione di un postino inquadrato al quarto livello del contratto servizi postali in appalto, si evince che il ribasso offerto da L'Espresso richiederebbe che i quantitativi di posta che un addetto dovrebbe lavorare in un'ora siano quasi quattro volte superiori a quelli indicati nelle linee guida dell'Anac. In tale calcolo andrebbero poi considerati, oltre ai costi di manodopera, anche quelli relativi ai mezzi di trasporto e alle spese generali di mantenimento della struttura;
da queste stime deriva che l'operatore economico aggiudicatario dell'appalto non sarebbe in grado di eseguire correttamente il contratto, avendo presentato un'offerta non economicamente sostenibile –:
di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto descritto in premessa e quali iniziative di competenza, anche normative, intenda intraprendere per evitare eccessi di ribasso nelle gare per i servizi postali che non sono economicamente sostenibili e non garantiscono la qualità dei servizi/prodotti e il rispetto delle linee guida dell'Anac, oltre a minare la sopravvivenza delle aziende.
(5-12464)
TULLO, BASSO e CAROCCI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
Postel, che nasce a Genova nel 1997, dalla collaborazione tra Poste Italiane ed Elsag per la gestione della corrispondenza obbligatoria rappresenta oggi la più grande società industriale del gruppo Poste Italiane;
nonostante si posizioni in un settore di mercato in crescita, soffre di un costante calo dei ricavi e dei volumi di produzione; le soluzioni proposte dal nuovo management per invertire tale tendenza puntano in prevalenza sul contenimento dei costi e sulla concentrazione delle attività sia produttive che amministrative; in particolare, per queste ultime potrebbe configurarsi lo spostamento e la concentrazione di tali attività presso la sede di Poste di Roma; in questo contesto i lavoratori della sede di Genova, pur distinguendosi per efficienza, esperienza e performance, potrebbero subire interventi di assorbimento/esubero;
le attuali tecnologie non richiedono che le attività amministrative svolte a Genova siano concentrate a Roma in posizione baricentrica rispetto al territorio nazionale, non essendo infatti necessaria una contiguità fisica tra gli uffici e fra questi ed i clienti, i fornitori e la capogruppo; la situazione della gestione degli appalti da parte del gruppo Poste Italiane è oggetto di attenzione e preoccupazione;
sarebbe pertanto auspicabile la creazione di un centro avente competenza per le attività amministrative di tutto il gruppo Poste italiane basato su Genova –:
quali iniziative il Governo intenda adottare al riguardo, specialmente nell'ottica di salvaguardare la condizione dei lavoratori di Postel Genova.
(5-12465)
Interrogazione a risposta in Commissione:
GRIBAUDO, TARICCO e RABINO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
Burgo Group, già Cartiere Burgo, è un'azienda italiana produttrice di carta fondata nel 1905 a Verzuolo, oggi controllata dal gruppo vicentino Marchi; è uno dei principali produttori europei di carte grafiche e speciali e nel 2016 ha avuto ricavi per 1,9 miliardi di euro, producendo principalmente oltre 2 milioni di tonnellate di carte grafiche e speciali, oltre a cellulosa, altri derivati del legno ed energia;
il 28 settembre 2017 l'azienda ha comunicato la volontà di chiudere la cosiddetta «linea ottava», che produce carta patinata, presso lo storico stabilimento di Verzuolo, in provincia di Cuneo, attivando così la procedura di licenziamento collettivo per 143 lavoratori della cartiera;
tale comunicazione ha dato luogo ad uno sciopero immediato da parte dei lavoratori, con la richiesta da parte delle forze sindacali di ipotizzare sviluppi diversi per lo stabilimento; in occasione del tavolo convocato presso l'Unione Industriale di Cuneo il 6 ottobre 2017, i rappresentanti dell'azienda non hanno dato risposte in tal senso;
l'11 ottobre 2017 è iniziato il confronto del tavolo istituzionale convocato dall'assessorato al lavoro della regione Piemonte, il quale ha invitato la proprietà a considerare «ogni possibile strada alternativa ai licenziamenti» (La Stampa Cuneo, 12 ottobre 2017), dando la propria disponibilità «a sostenere l'azienda in presenza di un piano industriale di rilancio credibile per lo stabilimento»;
recentemente, la Burgo Group ha affrontato la riconversione del proprio stabilimento presso Duino (Trieste) con l'intervento di un'altra azienda italiana del settore;
la chiusura della linea ottava è stata motivata da parte dell'azienda con l'aumento del prezzo della cellulosa, la concorrenza dei Paesi del Nord Europa e della Cina, nonché il calo degli ordinativi;
la provincia di Cuneo e le sue aziende sono al momento fortemente penalizzate sul fronte delle infrastrutture, a causa dei difficili collegamenti transalpini dati dai lavori sul tunnel di Tenda, recentemente oggetto di sequestro da parte della magistratura, nonché per la necessità di procedere all'avvio dei lavori per il completamento dell'autostrada Asti-Cuneo, fondamentale via di comunicazione per il Nord-ovest dell'Italia; tale situazione rappresenta un limite agli investimenti industriali e necessita di essere risolta al più presto;
sono indispensabili, per la tutela dell'occupazione e della coesione sociale a Verzuolo in provincia di Cuneo, la salvaguardia e il rilancio dello stabilimento Burgo, anche attraverso il vasto programma di incentivi all'innovazione messo in campo dal Governo in questi anni con il piano industria 4.0 –:
quali iniziative intenda adottare per evitare il licenziamento collettivo dei 143 lavoratori della cartiera Burgo di Verzuolo, anche promuovendo un tavolo di contrattazione nazionale e l'utilizzo degli ammortizzatori sociali necessari durante il periodo di dismissione della linea al fine della sua riconversione industriale.
(5-12458)
Interrogazione a risposta scritta:
PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il presidente di Netcomm Roberto Liscia, in occasione del Netcomm Forum 2017, ha spiegato che in Italia è «in atto un cambiamento sistemico di acquisto e offerta che coinvolge alcuni fattori importanti del commercio elettronico. Il digitale (...) intride moltissimi aspetti della vita quotidiana del consumatore. Nel 2016 sono stati acquistati nel mondo beni e servizi online per circa 2.600 miliardi di euro, registrando una crescita del 17 per cento rispetto al 2015 e i consumatori che acquistano online hanno raggiunto la quota di 1,4 miliardi»;
la rivista online Wired.it, nell'articolo del 3 maggio 2017, ha riportato il quadro emerso dai dati presentati dall'Osservatorio eCommerce B2C (School of management del Politecnico di Milano e Netcomm) nell'ultima edizione del Forum menzionato, e ha evidenziato come in Italia «(...) tra il 2015 e il 2016 le vendite online siano aumentate». Tuttavia, «confrontando la situazione con le abitudini di acquisto di altri paesi europei, emerge che il commercio elettronico in Italia non è ancora così diffuso»;
il sito www.insidemarketing.it ha evidenziato come «le cause del ritardo italiano siano molteplici e tutte legate ad un ecosistema digitale poco sviluppato. I sistemi di eCommerce, infatti, sono diffusi soprattutto in paesi con un alto tasso di ricerca e sviluppo, un elevato numero di brevetti e competenze digitali molto avanzate. Inoltre, bisogna tener conto che in Italia esiste un contesto legale e fiscale poco incentivante (...)»;
durante l'11° Consumer & Retail Summit de Il Sole24Ore svoltosi a Milano il 3 ottobre 2017, analisti ed esperti del settore hanno delineato il quadro sull'andamento del retail 4.0;
Alessio Agostinelli, partner e managing director di The Boston Consulting group (BCG), nel corso dell'evento, ha affermato «l'era digitale è un'opportunità per i retailer tradizionali. L'onda del commercio elettronico viene alimentata anche dall'evoluzione tecnologica. Oggi in Italia il peso dei commercio online è solo il 2,8 per cento del totale ma si stima che arrivi al 7,3 per cento entro il 2021»;
le aziende italiane, nonostante stiano sperimentando sempre di più le vendite online, risultano limitate rispetto ai Paesi europei. Nello specifico «il Regno Unito si colloca al 15,5 per cento per quanto riguarda il peso delle vendite online, la Francia al 10,2 per cento, la Germania al 9,9 per cento. Prima dell'Italia, ci sono anche la Spagna al 4,2 per cento e la Grecia al 3,5 per cento. Tuttavia la frammentazione della rete commerciale, con 750 mila negozi in sede fissa e oltre 200 mila ambulanti, giustificano il “ritardo” italiano, soprattutto nel settore alimentare»;
grazie all'utilizzo del digitale si accorciano, inoltre, i tempi per coinvolgere un numero elevato di utenti. A riguardo il report di Bcg ha spiegato che «alcune aziende importanti del web hanno raggiunto 50 milioni di utenti con una rapidità elevata. Facebook, ad esempio, ha impiegato 3,5 anni, Aol 2,5 anni e Whatsapp meno di 2 anni. Il dato diventa significativo se paragonato ai 75 anni impiegati dalle compagnie telefoniche o ai 38 di quelle televisive per raggiungere lo stesso identico risultato»;
inoltre, in Italia l’e-commerce appare un fenomeno trasversale che non coinvolge tutti i settori allo stesso modo. «Se nell'ambito dei prodotti alimentari lo scetticismo prevale sulla curiosità, nel settore dell'elettronica, invece, si registrano aumenti significativi»;
tuttavia, «un aumento delle vendite online non sempre equivale a maggiori ricavi. Un caso esemplificativo è quello che riguarda MediaWorld: nel primo semestre dell'anno fiscale 2016/17 i prodotti acquistati online sono cresciuti del 45 per cento mentre quelli venduti nel negozio fisico sono diminuiti del 3 per cento. Dati che si tramutano in un -1,5 per cento dei ricavi complessivi. (...) Le aziende, per avere successo, devono trovare la giusta combinazione tra l'offerta virtuale e offerta fisica (...)» –:
quali iniziative intenda promuovere per garantire e incrementare lo sviluppo dell’e-commerce;
quali strumenti intenda utilizzare per ridurre il digital divide tra l'Italia e i Paesi europei e consentire lo sviluppo nel commercio elettronico delle aziende italiane.
(4-18162)
Trasformazione di un documento
del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Quartapelle Procopio e altri n. 5-12245 del 21 settembre 2017 in interrogazione a risposta orale n. 3-03302.