XVII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
le strategie vaccinali sono sempre state definite dal Ministero della salute d'intesa con la Conferenza delle regioni e delle province autonome, tradizionalmente all'interno del piano nazionale della prevenzione, mediante l'approvazione del piano nazionale vaccini il primo dei quali è stato varato con riferimento al biennio 2005-2007 e l'ultimo relativamente al biennio 2017-2019 (approvato in Conferenza Stato-regioni il 19 gennaio 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 41 del 18 febbraio 2017);
il nostro Paese ha registrato un costante calo del numero dei bambini vaccinati, e delle coperture per le malattie infettive più gravi. Le coperture sono scese al di sotto del 95 per cento per malattie come poliomielite, difterite, tetano, Haemophilus influenzae di tipo b ed epatite B. Sono sotto l'86 per cento le coperture contro il morbillo, la parotite e la rosolia. Si ricorda al riguardo, che l'obiettivo dell'Organizzazione mondiale della sanità è di eliminare il morbillo in Europa entro il 2015. Va comunque detto che i dati riportati nel piano vaccini 2017-2019 non fotografano una condizione di eccezionale emergenza per tutti i vaccini e in tutto il territorio nazionale;
se si prendono a riferimento i dati dei Paesi occidentali più avanzati e i dati indicati dalla comunità scientifica, emerge che la diffusione vaccinale italiana per tutte le patologie sta nei range indicati per attivare l'ormai noto «effetto gregge» di quella soglia che consente di limitare o di evitare il contagio;
in ogni caso, e anche in conseguenza del suddetto calo delle coperture per le malattie infettive più gravi, il Governo ha provveduto ad emanare il decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2017, n. 119;
il citato decreto-legge n. 73 del 2017, sancisce l'obbligatorietà per i minori di età 0-16 anni, e per tutti i minori stranieri non accompagnati, di dieci vaccinazioni, laddove la legislazione fino a quel momento vigente ne prevedeva solamente quattro;
con riferimento a questi dieci vaccini obbligatori, per quattro di essi (anti-morbillo; anti-rosolia; anti-parotite; anti-varicella) si prevede la possibilità, per il Ministero della salute, di disporre la cessazione dell'obbligatorietà, sulla base della verifica dei dati epidemiologici, delle eventuali reazioni avverse segnalate, delle copertura vaccinali raggiunte, nonché degli eventuali eventi avversi segnalati, effettuata dalla Commissione per il monitoraggio dell'attuazione dei nuovi livelli essenziali di assistenza;
il decreto-legge dispone, inoltre, che in caso di mancata presentazione della documentazione attestante le avvenute vaccinazioni, ai bambini è fatto divieto di accesso ai servizi educativi per l'infanzia e alle scuole materne. Una previsione questa, che contrasta con il pieno diritto alla socializzazione e all'apprendimento dei bambini, negando loro l'ingresso ai servizi socio-educativi e alle materne, con il risultato finale che le «colpe» dei genitori, vengono di fatto scaricate sui figli, ai quali viene precluso l'ingresso nei servizi socio educativi e quindi il diritto all'apprendimento;
anche se il Governo ha scelto di procedere con interventi drastici di tipo prescrittivo e sanzionatorio e con l'obbligatorietà vaccinale, molto di più avrebbe potuto fare sotto l'aspetto decisivo dell'informazione scientifica, della sensibilizzazione e del coinvolgimento dei cittadini, per cercare di dare una risposta seria e scientifica ai dubbi e alle esitazioni di tantissimi genitori che vorrebbero invece maggiore trasparenza e coinvolgimento. Invece, la scelta del Governo di prevedere l'obbligatorietà di dieci vaccini rischia di produrre pericolosi effetti boomerang e di alimentare i dubbi e le esitazioni di tanti genitori che vorrebbero invece coinvolgimento e completezza delle informazioni;
di fronte alle crescenti incertezze e ai dubbi nei confronti delle vaccinazioni, è indispensabile lavorare per recuperare la fiducia dei cittadini nelle indicazioni provenienti dalle istituzioni sanitarie. Sarebbe necessario acquisire la consapevolezza che il tempo dedicato a informare e a relazionarsi con i genitori e le persone che dovrebbero vaccinarsi, è vero e proprio tempo di cura, investito in queste attività nell'interesse del singolo e della collettività;
la materia concernente le vaccinazioni e la valutazione collegata dei rischi/benefici è estremamente complessa e chiama in causa una quantità di variabili sanitarie e non solo, che impongono quindi un'informazione completa proprio per scongiurare speculazioni o atteggiamenti superficiali;
in questo ambito va inoltre implementata e pienamente attuata la pratica della segnalazione da parte del medico e del cittadino, delle sospette reazioni avverse a farmaci, anche se non gravi. Le segnalazioni spontanee di sospette reazioni avverse costituiscono infatti un'indispensabile fonte di informazioni per le attività di farmacovigilanza, inclusi i vaccini;
è comunque estremamente importante, nell'ambito delle scelte vaccinali, e con particolare riferimento a quelle pediatriche, garantire che il medico, attraverso un'accurata e obbligatoria anamnesi verifichi lo stato e le condizioni sanitarie di ciascun soggetto ricevente, come da legge e da buone pratiche già consolidate;
il decreto n. 73 del 2017, inoltre, prevede positivamente, in alcuni casi, anche la possibilità di utilizzare vaccini in formulazione monocomponente. In particolare, in caso di avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale, comprovata dalla notifica effettuata dal medico curante o dagli esiti dell'analisi sierologica, il soggetto immunizzato è esonerato dall'obbligo della relativa vaccinazione. In questo caso detto soggetto adempie all'obbligo vaccinale con vaccini in formulazione monocomponente o combinata in cui sia assente l'antigene per la malattia infettiva per la quale sussiste immunizzazione;
riguardo all'immunizzazione a seguito di malattia naturale, la circolare del Ministero della salute del 16 agosto 2017, chiarisce che questa potrà essere comprovata in due diversi modi. Uno di questi prevede la presentazione dell'attestazione di avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale rilasciata dal medico di medicina generale o pediatra di libera scelta del Servizio sanitario nazionale, anche a seguito dell'effettuazione di un'analisi sierologica che dimostri la presenza di anticorpi protettivi o la pregressa malattia. Per tale test, relativo agli anticorpi per patologie soggette a vaccinazione obbligatoria, la circolare suddetta, sottolinea che non è prevista alcuna gratuità e che, pertanto, risulta a carico dell'assistito. Dati e cifre discordanti emergono riguardo al costo a carico dell'assistito per effettuare detta analisi sierologica;
la citata previsione di poter distribuire e somministrare vaccini in formulazione monocomponente è certamente un elemento positivo, ed è quindi necessario che il servizio sanitario nazionale riesca a garantire i vaccini anche in forma monodose. In realtà, lo stesso decreto-legge stabilisce che il diritto all'utilizzo di vaccini in formulazione monocomponente è comunque subordinato alle disponibilità del Servizio sanitario nazionale;
con circolare n. 1622 del 16 agosto 2017, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ha fornito alle scuole indicazioni in merito all'obbligo delle vaccinazioni per i minori da 0 a 16, previsti dal citato decreto n. 73 del 2017. Detto decreto attribuisce alle scuole nuove funzioni e compiti, consistenti, per l'anno scolastico 2017/18 (per tale anno la legge prevede disposizioni transitorie), nel richiedere ai genitori la documentazione attestante le vaccinazioni, l'esonero, il differimento o la richiesta di vaccinazione, e nella successiva comunicazione all'Asl di eventuali bambini non vaccinati. Per l'anno scolastico 2017/18, la documentazione comprovante l'avvenuta vaccinazione o la dichiarazione o l'esonero, l'omissione o il differimento va presentata entro il 10 settembre 2017 per i servizi educativi e le scuole per l'infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie ed entro il 31 ottobre 2017, per le scuole primarie e secondarie di I e II grado (e per i centri di formazione professionale). La mancata presentazione della succitata documentazione, come indicato dalla circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dovrà essere segnalata dai dirigenti scolastici alla Asl territorialmente competente entro 10 giorni dai termini prima indicati. È possibile, inoltre, presentare una dichiarazione sostitutiva della predetta documentazione che, in tal caso, va poi presentata entro il 10 marzo 2018. La mancata presentazione della documentazione dovrà essere segnalata dai dirigenti scolastici alla Asl territorialmente competente entro 10 giorni dai termini prima indicati;
gli adempimenti previsti per gli obblighi vaccinali sono sicuramente impegnativi per le famiglie, così come per le scuole e i servizi vaccinali, con il risultato, sul piano applicativo, di caricare su milioni di genitori l'onere di richiedere prima, ritirare poi, e quindi presentare alle scuole milioni di certificati;
l'articolo 5-quater del decreto-legge n. 73 del 2017, stabilisce che le norme previste dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati, «si applicano a tutti i soggetti che, a causa delle vaccinazioni indicate nell'articolo 1, abbiano riportato lesioni o infermità dalle quali sia derivata una menomazione permanente dell'integrità psico-fisica». Con questa formulazione, e in linea con la legge n. 210 del 1992, si conferma l'indennizzo a favore dei soggetti danneggiati dalle sole vaccinazioni-obbligatorie, escludendo i soggetti danneggiati da vaccini non obbligatori, ma raccomandati dal citato decreto-legge e inseriti nel piano nazionale vaccini;
sempre in tema di vaccini, va inoltre evidenziato un altro punto essenziale, direttamente connesso con la salute del personale militare, e riguardante l'uso indiscriminato delle pratiche di vaccinazione. Elemento che è stato preso in considerazione dall'attuale e dalle passate Commissioni d'inchiesta sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato in missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti di deposito di munizioni, ma evidentemente non è stato adeguatamente approfondito; né si è provveduto con interventi normativi volti a migliorare una situazione di violazione di diritti;
sono stati infatti riscontrati, e documentati, numerosi casi di vaccinazioni ripetute in lassi di tempo brevissimo, senza alcun rispetto delle precauzioni indicate dalle stesse case farmaceutiche e senza, addirittura, la preventiva e indispensabile anamnesi del paziente. Come se la normativa nazionale sulla salute procedesse su un binario parallelo rispetto a quella applicata dagli stati militari,
impegna il Governo:
1) ad assumere iniziative per prevedere la possibilità per tutti i vaccini obbligatori, in luogo degli attuali quattro vaccini, previa verifica triennale, di disporre la cessazione dell'obbligatorietà, sulla base della verifica dei dati epidemiologici, delle eventuali reazioni avverse segnalate, delle coperture vaccinali raggiunte, nonché degli eventuali eventi avversi segnalati, effettuata dalla Commissione per il monitoraggio dell'attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di definizione e aggiornamento dei nuovi livelli essenziali di assistenza;
2) ad assumere iniziative per ripensare il vigente divieto di accesso dei bambini ai servizi educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia, in caso di mancata presentazione della documentazione attestante le avvenute vaccinazioni, al fine di poter comunque garantire a tutti i bambini l'ingresso ai servizi socio-educativi e alle scuole materne, e quindi il loro pieno diritto all'apprendimento e alla socializzazione;
3) ad assumere iniziative per destinare maggiori risorse al Servizio sanitario nazionale per garantire la piena disponibilità su tutto il territorio nazionale di vaccini in formulazione monocomponente o combinata, anche al fine di consentire a tutti i soggetti immunizzati di poter adempiere all'obbligo vaccinale;
4) a prevedere, con opportune iniziative, che l'indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, venga esteso anche alle vaccinazioni raccomandate e previste dal piano nazionale vaccini;
5) a mettere in atto tutte le iniziative necessarie per favorire la ricerca pubblica e indipendente in ambito farmacologico;
6) a garantire, attraverso opportune iniziative normative l'assenza di potenziali conflitti di interesse tra i soggetti coinvolti ai fini dell'autorizzazione dell'immissione in commercio di vaccini e le aziende farmaceutiche;
7) ad assumere le eventuali opportune iniziative, conseguenti alle conclusioni dei lavori della Commissione d'inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito, relativamente alla salute del personale militare e alle pratiche di vaccinazione.
(1-01750) «Fossati, Murer, Fontanelli, Duranti, Nicchi, Laforgia, Albini, Zaccagnini».
La Camera,
premesso che:
secondo i dati forniti dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), l'introduzione delle vaccinazioni ha portato al dimezzamento dei decessi imputabili alle più note malattie prevenibili da vaccino, consentendo di evitare ogni anno tra i 2 ed i 3 milioni di decessi. Eppure le malattie prevenibili da vaccino sono ancora oggi responsabili di milioni di decessi nel mondo e oltre 19 milioni di bambini, uno ogni 5, non hanno ricevuto le vaccinazioni contro difterite, tetano e pertosse, lasciandoci ancora lontani dal raggiungimento degli obiettivi, nazionali e locali, fissati dal primo piano decennale di implementazione delle vaccinazioni, la Global Immunization Vision and Strategy (GIVS) 2006-2015. Proprio per tale ragione, i 194 Stati membri dell'Assemblea mondiale della sanità hanno adottato, nel 2012, il piano mondiale per le vaccinazioni 2011-2020 che, tra i suoi ambiziosi obiettivi, si prefigge di raggiungere entro il 2020: una copertura vaccinale del 90 per cento a livello nazionale e dell'80 per cento nelle singole aree locali per tutte le vaccinazioni ricomprese nei piani nazionali; la riduzione di oltre i 2/3 della mortalità infantile; l'eradicazione del morbillo e della rosolia in almeno cinque regioni dell'Oms; l'eradicazione mondiale della poliomielite; la diffusione di nuovi vaccini ancora sottoutilizzati in tutti i Paesi a medio e basso reddito. In questo contesto è stato sviluppato il piano d'azione europeo per le vaccinazioni 2015-2020, che mira a fornire agli Stati membri una guida per la realizzazione dell'obiettivo di una regione europea libera dalle malattie prevenibili da vaccinazione;
il piano d'azione europeo per le vaccinazioni 2015-2020 (European Vaccine Action Plan 2015-2020, EVAP) rappresenta la contestualizzazione del piano globale (Global Vaccine Action Plan 2011-2020, GVAP) nella regione Europea dell'Oms. Esso è stato approvato dalla 65a Assemblea mondiale della sanità con la risoluzione WHA65.17, come struttura operativa per l'implementazione della visione, espressa dal «Decalogo delle vaccinazioni», di un mondo in cui ogni individuo, indipendentemente da dove sia nato, dove viva e chi sia, possa godere di una vita libera dalle malattie prevenibili da vaccinazione, grazie alla disponibilità dei vaccini, che deve essere garantita dalle autorità sanitarie, e da una politica coerente con gli obiettivi di Health 2020 e di altre strategie e politiche regionali fondamentali. L'Evap è stato sviluppato attraverso un processo consultivo che ha coinvolto gli Stati membri e il Gruppo tecnico consultivo europeo sulle vaccinazioni (European Technical Advisory Group of Experts on Immunization, ETAGE) e mira a fornire agli Stati membri una guida per la realizzazione dell'obiettivo di una regione libera dalle malattie prevenibili da vaccinazione;
l'Evap si basa su sei obiettivi (sostenere lo stato polio-free, eliminare morbillo e rosolia, controllare l'infezione da HBV, soddisfare gli obiettivi di copertura vaccinale europei a tutti i livelli amministrativi e gestionali, prendere decisioni basate sulle evidenze in merito all'introduzione di nuovi vaccini, realizzare la sostenibilità economica dei programmi nazionali di immunizzazione) e disegna un percorso per il loro raggiungimento, che include, quali componenti tecniche e operative, obiettivi precisi e aree prioritarie d'intervento con relative azioni, supportate da un processo di valutazione e monitoraggio costante;
negli anni la copertura vaccinale è andata calando in particolare in alcune zone del Paese, per cause diverse in parte riferibili alla maggior influenza delle informazioni anti vaccino veicolate in internet, in parte a una generale disaffezione collegata all'errato convincimento che ormai quelle malattie non fossero più un vero rischio. Secondo i dati forniti dal Ministero della salute sulle coperture vaccinali 2016 relativamente ai bambini di 24 mesi, 36 mesi, 5-6 anni e per la prima volta i dati sugli adolescenti di 16 e di 18 anni, in tutta Italia si sono fatti molteplici sforzi per rendere la vaccinazione più accessibile e per riconquistare la fiducia della popolazione e, alcuni risultati positivi si intravedono nella copertura a 24 mesi dell'anno 2016 (relativa ai bambini nati nell'anno 2014) nei confronti del morbillo; tuttavia, per altri vaccini i dati sono deludenti e la loro valutazione ha condotto alla decisione di modificare completamente l'approccio alle strategie di offerta vaccinale e a considerare il calo delle coperture una vera e propria emergenza da fronteggiare. Nel 2016 le coperture vaccinali a 24 mesi per anti-difterica, anti-polio, anti-tetanica, anti-epatite B sono ancora ben al di sotto del valore del 95 per cento, con un valore medio nazionale (93,3 per cento) di poco inferiore a quello del 2015 (93,4 per cento) ma con un trend in diminuzione in alcune regioni. Sebbene esistano importanti differenze tra le regioni, solo 6 riescono a superare la soglia del 95 per cento per la vaccinazione anti-polio, mentre 8 sono addirittura sotto il 93 per cento. In calo sono anche le coperture medie per pneumococco (88,4 per cento nel 2016 vs 88,7 per cento nel 2015), mentre, probabilmente per il grande clamore mediatico suscitato dall'aumento dei casi di malattia invasiva da meningococco C in Toscana, le coperture nei confronti del meningococco C sono cresciute di 4 punti percentuali passando da 76,6 per cento nel 2015 a 80,7 per cento nel 2016. Inoltre, sebbene i dati di copertura vaccinale nei confronti di morbillo e rosolia mostrino un trend in aumento, passando dall'85,3 per cento del 2015 all'87,3 per cento nel 2016, l'obiettivo di eliminare il morbillo dalla regione europea dell'Oms è fissato per il 2020 e la copertura ideale – di almeno il 95 per cento – appare difficile e lontano. L'epidemia di morbillo partita nei primi mesi del 2017, che secondo i dati riportati nel bollettino settimanale di «Ipicentro» il portale dell'epidemiologia per la sanità pubblica, risultano essere nel periodo che va dal 1° gennaio 2017 al 5 novembre 2017 pari a 4.794 casi di cui 4 decessi. Inoltre, nonostante tutte le regioni abbiano segnalato casi, ben l'89 per cento proviene da sette: Piemonte, Lazio, Lombardia, Toscana, Abruzzo, Veneto e Sicilia. L'88 per cento dei casi era non vaccinato e il 6 per cento ha ricevuto solo una dose di vaccino. L'età mediana dei casi è pari a 27 anni. La maggior parte dei casi (74 per cento) è stata segnalata in persone di età maggiore o uguale a 15 anni. Infine, l'incidenza maggiore si è verificata nei bambini sotto l'anno di età e 312 sono stati i casi segnalati tra operatori sanitari;
inoltre, come riporta il sito web istituzionale del Ministero della salute inevitabilmente, la riduzione delle coperture vaccinali, se non arrestata, comporta un accumulo di suscettibili elementi favorenti la trasmissione della malattia da un caso all'altro e il verificarsi di focolai epidemici. Per malattie non presenti in Italia, ma potenzialmente reintroducibili, come la polio e la difterite, l'accumulo di suscettibili aumenta il rischio di casi sporadici sul territorio italiano, in presenza di importazioni di malati o portatori;
nonostante queste azioni e sebbene le vaccinazioni siano universalmente riconosciute come uno degli strumenti più importanti della sanità pubblica, da alcuni anni si registra un'allarmante riduzione delle coperture vaccinali, principalmente a causa di campagne di disinformazione che mettono a rischio non solo la salute dei soggetti non vaccinati, ma anche la protezione della popolazione nel suo complesso, con il rischio di epidemie importanti anche da parte di microrganismi erroneamente considerati scomparsi. Anche per questo la letteratura scientifica sta studiando sempre di più il fenomeno della «vaccine hesitancy», termine di difficile traduzione in italiano che sta ad indicare un ritardo nell'adesione o un rifiuto della vaccinazione, nonostante la disponibilità di adeguati servizi vaccinali. Questo fenomeno è di difficile comprensione non solo per gli addetti ai lavori, ma anche per tutte le persone, spesso anziani o cittadini che vengono da Paesi meno fortunati, che conservano la memoria storica dei danni, soprattutto in termini di mortalità infantile, delle gravi epidemie che imperversavano prima della scoperta di vaccini e antibiotici. Spetta alle istituzioni e agli operatori del servizio sanitario nazionale per primi ristabilire questa memoria e difenderla dalle campagne denigratorie che, diffondendo notizie scorrette e falsi miti, mettono a rischio la salute dei cittadini italiani. Il percorso è già avviato. Il Comitato nazionale per la bioetica (Presidenza del Consiglio del ministri) ha invitato il Governo, le regioni e le istituzioni competenti a moltiplicare gli sforzi perché le vaccinazioni, sia obbligatorie, sia raccomandate, raggiungano una copertura appropriata (95 per cento);
anche i professionisti sanitari, attraverso un documento firmato da tutti gli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, sono scesi in campo per denunciare i rischi derivanti dalla disinformazione e a salvaguardia di tutto ciò che il codice deontologico indica come dovere etico del medico nei confronti della popolazione. Sicuramente c'è ancora tanto da fare per rispondere con competenza e autorevolezza ai dubbi dei cittadini. È necessario promuovere con decisione efficaci campagne di comunicazione, informazione ed educazione, finalizzate a illustrare l'importanza delle vaccinazioni a livello individuale e collettivo e a richiamare i cittadini a scelte consapevoli e corrette nel proprio stesso interesse;
il nuovo piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019 (Pnpv), approvato in Conferenza Stato-regioni il 19 gennaio 2017 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il mese successivo (Gazzetta Ufficiale Serie generale, n. 41 del 18 febbraio 2017), e il relativo calendario vaccinale, hanno lo scopo primario di armonizzare «le strategie vaccinali in atto nel Paese, al fine di garantire alla popolazione, indipendentemente dal luogo di residenza, dal reddito e dal livello socio-culturale, i pieni benefici derivanti dalla vaccinazione, intesa sia come strumento di protezione individuale che di prevenzione collettiva, attraverso l'equità nell'accesso a vaccini di elevata qualità, anche sotto il profilo della sicurezza, e disponibili nel tempo (prevenendo, il più possibile, situazioni di carenza), e a servizi di immunizzazione di livello eccellente»;
inoltre, poiché tutti i vaccini contenuti nel calendario del Pnpv 2017-2019 sono stati inseriti nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) di definizione dei nuovi livelli essenziali di assistenza (Lea), i cittadini, che rientrano tra le categorie target per la vaccinazione, hanno il diritto a usufruirne gratuitamente, secondo la calendarizzazione prevista (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 marzo 2017);
il Pnpv, oltre a presentare il nuovo calendario nazionale delle vaccinazioni attivamente e gratuitamente offerte alla popolazione per fascia d'età, contiene capitoli dedicati agli interventi vaccinali destinati a particolari categorie a rischio (per patologia, per esposizione professionale, per eventi occasionali) e individua alcune aree prioritarie di azione (allineate con i documenti prodotti a riguardo dall'Oms; «Decade dei Vaccini 2011-2020» ed Evap), una serie di obiettivi specifici e i relativi indicatori di monitoraggio;
in particolare, gli obiettivi individuati dal piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019 sono:
1. mantenere lo stato polio free (la regione europea dell'Oms ha raggiunto lo status polio free nel 2002);
2. raggiungere lo stato morbillo free e rosolia free (perseguendo gli obiettivi del piano nazionale di eliminazione del morbillo e della rosolia congenita e rafforzando le azioni per l'eliminazione);
3. garantire l'offerta attiva e gratuita delle vaccinazioni nelle fasce d'età indicate e nei gruppi di popolazione considerati a rischio;
4. aumentare l'adesione consapevole alle vaccinazioni nella popolazione generale, anche attraverso la conduzione di campagne di vaccinazione per il consolidamento della copertura vaccinale;
5. contrastare le disuguaglianze, promuovendo interventi vaccinali nei gruppi di popolazioni marginalizzati o particolarmente vulnerabili;
6. completare l'informatizzazione delle anagrafi vaccinali, a livello regionale e nazionale, interoperabili tra di loro e con altre basi di dati (malattie infettive, eventi avversi, residente/assistiti);
7. migliorare la sorveglianza delle malattie prevenibili con vaccinazione;
8. promuovere, nella popolazione generale e nei professionisti sanitari, una cultura delle vaccinazioni coerente con i principi guida del Pnpv, descritti all'interno del documento come «10 punti per il futuro delle vaccinazioni in Italia» (sicurezza, efficacia, efficienza, organizzazione, etica, formazione, informazione, investimento, valutazione, futuro);
9. sostenere, a tutti i livelli, il senso di responsabilità, degli operatori sanitari, dipendenti e convenzionati con il servizio sanitario nazionale (ssn), e la piena adesione alle finalità di tutela della salute collettiva, che si realizzano attraverso i programmi vaccinali, prevedendo adeguati interventi sanzionatori qualora sia identificato un comportamento di inadempienza;
10. attivare un percorso di revisione e standardizzazione dei criteri per l'individuazione del nesso di causalità ai fini del riconoscimento dell'indennizzo, ai sensi della legge n. 210 del 1992, per i danneggiati da vaccinazione, coinvolgendo le altre istituzioni competenti (Ministero della difesa);
11. favorire, attraverso una collaborazione tra le istituzioni nazionali e le società scientifiche, la ricerca e l'informazione scientifica indipendente sui vaccini;
il piano non fa riferimento alle caratteristiche specifiche di ciascun vaccino in considerazione dell'evoluzione scientifica e tecnologica del settore; viceversa raccomanda il raggiungimento della massima protezione possibile in relazione al profilo epidemiologico prevalente e alla diffusione dei ceppi;
il nuovo piano vaccinale, inoltre, oltre alle vaccinazioni per le quali, da anni, sono previsti programmi nazionali di immunizzazione (difterite, tetano, polio, epatite B, Haemophiles influenzae b, pertosse, pneumococco, morbillo, parotite, rosolia, meningococco C nei nuovi nati, HPV nelle ragazze 11enni e influenza nei soggetti di età ≥ 65 anni), introduce nel calendario vaccinale e di conseguenza nei livelli essenziali di assistenza anche le vaccinazioni anti-meningococco B, anti-rotavirus e anti-varicella nei nuovi nati; anti-HPV nei maschi 11enni; il vaccino anti-meningococco tetravalente Acwy135 e il richiamo anti-polio con IPV negli adolescenti; la vaccinazione antipneumococco (PCV13 coniugato +PPV23 polisaccardico) e quella contro l'Herpes Zoster nei 65enni;
allo scopo di facilitare le amministrazioni regionali nel processo per la piena implementazione del Pnpv, nell'adozione degli opportuni interventi di tipo logistico-organizzativo necessari a garantire un'offerta efficace ed efficiente sul territorio, il 9 marzo 2017 è stata emanata la circolare «Aspetti operativi per la piena e uniforme implementazione del nuovo Pnpv 2017-2019 e del relativo Calendario Vaccinale». La circolare riporta la tempistica di introduzione dell'offerta attiva delle nuove vaccinazioni e i relativi obiettivi di copertura vaccinale per anno nonché indicazioni dal punto di vista organizzativo su: governance delle attività vaccinali dei dipartimenti di prevenzione delle Asl; monitoraggio dell'implementazione del piano e dell'impatto delle strategie vaccinali; procedure di approvvigionamento dei vaccini; opportunità di rafforzare la collaborazione con medici di medicina generale e pediatri di libera scelta per migliorare le coperture; esso inoltre ribadisce, alla luce dell'attuale normativa, gli obblighi in tema di vaccinazione, per genitori, medici, scuole e Asl;
alla luce anche del nuovo piano vaccinale il 28 luglio 2017 la Camera ha approvato in via definitiva il decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, recante «disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale» pubblicato poi nella Gazzetta Ufficiale del 5 agosto. Allargando il numero delle vaccinazioni obbligatorie si è voluto rispondere ad una fase di emergenza sanitaria per quanto riguarda in particolare il morbillo e sostenere la diffusione della consapevolezza che si tratta di vaccinazioni necessarie;
tale decreto prevede per i minori di età compresa tra 0 e 16 anni e per i minori stranieri non accompagnati l'obbligatorietà e la gratuità delle seguenti vaccinazioni: anti-poliomielitica, anti-difterica, anti-tetanica, anti-epatite B, anti-pertosse, anti-Haemophilus influenzae tipo b, anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, anti-varicella. L'obbligatorietà per le ultime quattro (anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, anti-varicella) è soggetta a revisione ogni tre anni in base ai dati epidemiologici e delle coperture vaccinali raggiunte. Le vaccinazioni obbligatorie sono gratuite e devono tutte essere somministrate ai nati dal 2017. Per i nati dal 2001 al 2016 devono essere somministrate le vaccinazioni contenute nel calendario vaccinale nazionale vigente nell'anno di nascita. A queste 10 vaccinazioni se ne aggiungono quattro fortemente raccomandate che il decreto prevede ad offerta attiva e gratuita, ma senza obbligo, da parte di regioni e province autonome: anti-meningococcica B, anti-meningococcica C, anti-pneumococcica, anti-rotavirus. La mancata somministrazione dei vaccini obbligatori preclude l'iscrizione agli asili nido e alle scuole materne. Per il mancato rispetto dell'obbligo da parte di bambini e ragazzi più grandi, invece, è prevista una multa da 100 a 500 euro. Prima però si deve essere contattati dalla propria Asl di competenza per avviare un percorso di recupero delle vaccinazioni. Sono esonerati dall'obbligo i bambini e i ragazzi già immunizzati a seguito di malattia naturale, e i bambini che presentano specifiche condizioni cliniche che rappresentano una controindicazione permanente c/o temporanea alle vaccinazioni. Disposizioni transitorie semplificano l'iscrizione all'anno scolastico 2017-2018 permettendo nell'immediato un'autocertificazione sulle vaccinazioni effettuate o la presentazione della prenotazione presso il Centro vaccinale e successivamente la consegna della documentazione. Sarà possibile anche prenotare gratuitamente le vaccinazioni in farmacia tramite Cup;
l'applicazione concreta della legge ha comportato difficoltà organizzative e di comunicazione tra sistema scolastico e sistema sanitario. Con riferimento agli adempimenti documentali ai fini dell'iscrizione alle scuole, ai servizi educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia nonché ai centri di formazione professionale regionale, bisogna perseguire l'obiettivo di ridurre al minimo gli oneri burocratici a carico delle famiglie, favorendo una efficace circolazione di dati tra le scuole e le aziende sanitarie locali territorialmente competenti. Con un emendamento al decreto-legge in materia fiscale, già approvato dal Senato, è stato disposto che, nelle regioni che siano in possesso di anagrafi vaccinali, la semplificazione amministrativa prevista dall'articolo 3-bis del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, sia applicabile già a decorrere dal corrente anno scolastico/calendario annuale. In particolare, le istituzioni scolastiche, educative e formative non dovranno necessariamente acquisire ed esaminare la documentazione riguardante tutti i minori di sedici anni iscritti presso le stesse, ma potranno trasmettere all'azienda sanitaria locale territorialmente competente unicamente l'elenco degli iscritti (elenco generalmente predisposto dalle stesse istituzioni anche per l'esercizio di altre funzioni), per acquisire, successivamente, soltanto la documentazione comprovante la situazione vaccinale relativa ai minori segnalati dalle Asl perché non in regola con gli obblighi vaccinali, in quanto, pur non essendo vaccinati né rientranti nelle condizioni di esonero, omissione o differimento previste dall'articolo 1, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 73 del 2017, non abbiano presentato alla Asl richiesta di somministrazione delle vaccinazioni non ancora effettuate. Un'apposita nota tecnica congiuntamente adottata dal Ministero della salute e dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, definirà specificamente le modalità operative cui attenersi;
con specifico riferimento all'Italia, l'Antitrust ha analizzato le dinamiche di offerta e domanda dei vaccini qualificati come essenziali nel periodo 2010-2015, quando i costi per l'acquisto di questi prodotti da parte del servizio sanitario nazionale sono stati mediamente di 300 milioni di euro all'anno. Rispetto a tali dinamiche, l'Agcm ha preso atto positivamente del processo attualmente in corso di riaggregazione della domanda pubblica intorno a un numero limitato di centrali di acquisto, considerandolo idoneo a bilanciare la concentrazione dell'offerta (countervailing buyer power) anche se, a giudizio dell'Autorità, è necessaria però una maggiore trasparenza informativa, a partire dalla più agevole disponibilità dei dati di aggiudicazione delle gare di appalto, in funzione della loro elaborazione per valutazioni di benchmark, oltre a buone pratiche amministrative;
nel caso del personale militare, è stata ipotizzata la somministrazione di vaccinazioni con modalità, tempi e verifiche del tutto errati e senza il rispetto delle norme di buona prassi,
impegna il Governo:
1) ad attivarsi per l'attuazione degli impegni presi a livello internazionale dando priorità a recuperare la flessione delle vaccinazioni contro la poliomielite nella prima infanzia e delle vaccinazioni contro morbillo e rosolia nell'infanzia, ma anche promuovendo campagne di recupero dei non vaccinati tra gli adolescenti ed i giovani adulti, e a sostenere la vaccinazione tra gli operatori dei settori scuola e sanità per interrompere la trasmissione di queste infezioni nel nostro Paese;
2) ad implementare la campagna vaccinale antinfluenzale agendo simultaneamente su più coorti di pazienti di modo da arrivare nel più breve tempo possibile ad una copertura capace di garantire standard ottimali su tutto il territorio nazionale;
3) a rafforzare il sistema vaccinale in autorevolezza, trasparenza, indipendenza, omogeneità, capacità di ascolto e flessibilità adottando, di conseguenza, iniziative per: omogeneizzare le procedure; sostenere la ricerca indipendente; informatizzare, come previsto nel piano nazionale, il sistema informativo e di sorveglianza delle vaccinazioni prevedendo una registrazione in continuo delle vaccinazioni, per prodotto e per vaccinato, al fine di verificare la proporzione di vaccinati a diverse età (così da avere anche informazioni sugli adolescenti e gli adulti vaccinati), nonché verificare la qualità delle azioni di recupero dei non vaccinati ad età che vanno oltre le età target; valutare l'effetto di diversi calendari vaccinali in uso in diverse aree del Paese;
4) a migliorare le modalità di informazione e comunicazione alla popolazione, anche rafforzando la presenza sui social media e l'interlocuzione attiva della sanità pubblica con i genitori o i cittadini interessati, oltre che informare attraverso campagne nazionali sulle conseguenze delle malattie contro le quali ci si vaccina e che, erroneamente, vengono considerate non più presenti o non pericolose;
5) ad informare adeguatamente e ad aiutare le famiglie che devono vaccinare i figli così come previsto dal decreto-legge n. 73 del 2017, riducendo gli adempimenti burocratici e prevedendo che siano le amministrazioni pubbliche coinvolte a trasmettere la documentazione comprovante l'avvenuta vaccinazione; ad assumere iniziative per prevedere linee guida, anche alla luce della riforma della pubblica amministrazione nonché del decreto-legge n. 73 del 2017, volte alla condivisione e allo scambio dei dati dei bambini vaccinati tra le asl e le istituzioni scolastiche coinvolte, in particolar modo tra le asl e i servizi per la prima infanzia;
6) ad assumere iniziative volte a reperire maggiori risorse finanziarie necessarie a potenziare i centri vaccinali, implementandone le necessarie dotazioni organiche, anche alla luce dei nuovi obblighi vaccinali previsti dal decreto-legge n. 73 del 2017;
7) ad assumere iniziative volte a prevedere che le risorse derivanti dalle sanzioni di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 73 del 2017 rimangano nella disponibilità del servizio sanitario nazionale, affinché siano destinate a campagne informative nazionali sull'importanza dei vaccini;
8) ad assumere iniziative per definire, anche con il coinvolgimento delle facoltà di medicina, appositi protocolli tra regione e università, per il sostegno alla formazione in ambito vaccinale, e procedere annualmente alla formazione e all'aggiornamento di tutti gli operatori, che operino in un rapporto sia di dipendenza sia di convenzione con il servizio sanitario nazionale;
9) a rafforzare le misure utili a tutelare la salute dei soggetti deboli le cui condizioni di salute impediscono l'accesso alle vaccinazioni, predisponendo misure informative circa i rischi di contagio in relazione all'accesso di soggetti non vaccinati a luoghi frequentati, quali ad esempio gli ospedali;
10) a garantire l'attuazione dell'Accordo Stato-regioni del 20 dicembre 2012 recante «Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l'assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle Regioni e delle province autonome», con particolare riferimento all'iscrizione obbligatoria al servizio sanitario nazionale dei minori stranieri, anche in assenza del permesso di soggiorno, e al conseguente diritto di accesso al pediatra di libera scelta cui si demanda la promozione della pratica vaccinale;
11) ad adottare iniziative per rafforzare gli uffici addetti all'erogazione degli indennizzi in base alla legge n. 210 del 1992 in modo da procedere in tempi rapidi alla chiusura del contenzioso, nonché modificare le procedure di valutazione delle richieste presentate in base alla medesima legge n. 210 del 1992 in merito agli indennizzi dei soggetti danneggiati da vaccinazione obbligatoria, eventualmente integrandole con ulteriori criteri di valutazione e tipologia di danni indennizzabili, in analogia alla legislazione di numerosi altri Paesi;
12) a rendere sempre più trasparenti le modalità di acquisto dei vaccini nonché a valutare l'opportunità, come segnalato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che le autorità mediche competenti adottino posizioni chiare, trasparenti e indipendenti in merito ai profili di equivalenza medica tra prodotti vaccinali nonché, per consentire un riequilibrio dei rapporti commerciali tra offerta e domanda, ad assumere iniziative per l'inclusione dei vaccini in classi di rimborso che assoggettino i prezzi a una contrattazione preventiva con l'Aifa;
13) ad assumere iniziative per fornire un'interpretazione autentica dell'articolo 5-quater del decreto-legge n. 73 del 2017 là dove si esplicita che «Le disposizioni di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, si applicano a tutti i soggetti che, a causa delle vaccinazioni indicate nell'articolo 1, abbiano riportato lesioni o infermità dalle quali sia derivata una menomazione permanente dell'integrità psico-fisica» affinché l'ambito di applicazione della legge n. 210 del 1992 non sia limitato ai soli 9 vaccini previsti nel decreto medesimo ma sia esteso in conformità alla sentenza della Corte costituzionale n. 07 del 2012 a tutte le persone vaccinate in adempimento del piano nazionale vaccinale vigente;
14) a promuovere progetti di vaccino-vigilanza attiva al fine di ottenere una completa raccolta di sospetti eventi avversi, incoraggiando e facilitando le segnalazioni da parte degli operatori sanitari, in situazioni specifiche (per esempio per nuovi vaccini e per periodi limitati di tempo), al fine di identificare potenziali eventi avversi non noti o rari, oppure possibili cambiamenti nella frequenza di quelli noti, l'individuazione di fattori di rischio per particolari eventi avversi, la valutazione del nesso di causalità, la quantificazione dei rischi, l'adozione di misure di minimizzazione dell'eventuale rischio e un'adeguata comunicazione tra operatori sanitari e cittadini;
15) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per potenziare qualitativamente i Centri regionali di farmacovigilanza (CRFV), sostenendo le regioni con minore esperienza, quale parte integrante del sistema nazionale di farmacovigilanza, attribuendo ai centri il compito di sostenere e coordinare le attività regionali in materia di farmacovigilanza e assicurando il loro buon funzionamento, in stretta collaborazione con i centri vaccinali e il sistema nazionale di vaccina vigilanza;
16) a monitorare che le aziende produttrici di vaccini realizzino gli studi Post-authorization safety (PASS), così come stabilito dalle linee guida sulle buone pratiche di farmacovigilanza, su base volontaria o per imposizione dell'autorità regolatoria, che hanno l'obiettivo di identificare, caratterizzare o quantificare un rischio di sicurezza, confermare il profilo di sicurezza o valutare l'efficacia delle misure di minimizzazione del rischio (risk management measures);
17) a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte a prevedere la possibilità di rivalersi sulle case farmaceutiche produttrici per i danni da vaccinazione ad esse imputabili in tutti i casi in cui siano riconosciuti indennizzi e risarcimenti;
18) a valutare l'opportunità di rivedere le modalità e le procedure di vaccinazione per i militari affinché anche, in questo caso, si possa procedere conseguentemente al parere scientifico espresso dall'Istituto superiore di sanità.
(1-01751) «Lenzi, Amato, D'Incecco, Miotto, Argentin, Beni, Paola Boldrini, Paola Bragantini, Burtone, Capone, Carnevali, Casati, Gelli, Grassi, Mariano, Patriarca, Piazzoni, Piccione, Giuditta Pini, Sbrollini».
Risoluzione in Commissione:
La XI Commissione,
premesso che:
nel mese di aprile 2015 i lavoratori Qè, al fine di evitare licenziamenti collettivi, furono collocati in cassa integrazione e nel maggio del 2016, furono avviati i contratti di solidarietà per evitare il licenziamento di 90 esuberi;
nel giugno 2016, l'azienda approvò il bilancio consuntivo, con un passivo di circa 6,5 milioni di euro, causati, in gran parte, da evasione fiscale per il mancato versamento dell'iva, dall'Agenzia delle entrate e, debiti previdenziali;
a causa del mancato pagamento degli stipendi di maggio e giugno, i lavoratori nel mese di luglio, si unirono nella prima manifestazione di sciopero, al fine di ottenere l'apertura di un tavolo di crisi presso gli uffici della prefettura di Catania. Ottenuto, l'incontro, il 15 luglio 2016, si vagliò la possibilità di un eventuale affitto d'azienda, possibilità, che non trovò nessun esito, in quanto nel corso di diverse trattative ai tavoli istituzionali, le aziende interessate evitarono di avanzare proposte;
per i lavoratori, che fino a quel momento avevano continuato a lavorare, a «produrre», nonostante in arretrato di oltre tre mensilità, non c'era più nulla da fare. Transcom World Wilde, la società che gestisce la commessa Inps e che in questi anni ne ha dato in subappalto una parte a Qè, data la grave situazione, decise di sospendere il servizio. I lavoratori dichiararono sciopero a oltranza fino al fallimento dell'azienda. Intanto rimasti nell'incertezza, in arretrato di tre mensilità, il 23 settembre 2016 i sindacati portano la protesta a Catania, dove un corteo di centinaia di lavoratori fu ricevuto, all'interno del palazzo dell'Esa, da Giuseppe Caudo, un funzionario dell'ufficio di gabinetto della presidenza della regione. In quell'occasione, una delegazione di lavoratori e sindacalisti incontrarono l'assessore regionale alle attività produttive Mariella Lo Bello. Nel frattempo, la grave situazione del call center Qè fu portata anche sul tavolo della commissione lavoro alla Camera. Da Montecitorio i sindacalisti tornano con l'impegno da parte del presidente della commissione lavoro, Cesare Damiano, a sollecitare l'apertura di un tavolo al Ministero dello sviluppo economico con il coinvolgimento dei quattro committenti;
a seguito dell'incontro del 30 settembre 2017 con l'assessore alle attività produttive, Mariella Lo Bello, la regione si dichiarò disponibile a fare da garante alla grave situazione dei 600 lavoratori. Intanto, il 3 ottobre i lavoratori recandosi sul posto di lavoro, trovarono chiusa la sede operativa del call center, sita in contrada Tre Fontane. A seguito dell'intervento delle forze dell'ordine venuti a constatare la situazione, i sindacati denunciarono alla Direzione territoriale del lavoro quanto accaduto. Il 10 ottobre la Dtl convocò sia i sindacati che la proprietà, la quale però quest'ultima non si presentò. Intanto, i debiti societari aumentano vertiginosamente, i dipendenti ormai da quattro mesi sono senza alcun sostentamento e la sede dell'azienda resta chiusa;
il 23 novembre il vice ministro allo sviluppo economico, Teresa Bellanova, durante un incontro ufficiale tenutosi a Roma sulla vertenza Qè con sindacati e proprietà, invitò l'azienda Qè a dichiarare fallimento. Durante l'incontro il vice ministro richiese di mantenere attivo un «Tavolo di crisi» in Sicilia, inserendo al suo interno possibili imprenditori interessati. La regione Sicilia, dal canto suo, si rese disponibile a continuare il tavolo aperto qualche settimana prima al fine di ricercare soluzioni condivise sia con il sindacato, sia con il Ministero. Il 28 novembre i lavoratori furono licenziati;
all'incontro in regione del 14 dicembre 2016, la Di Bella Group presentò un progetto per la creazione di un nuova azienda multifunzionale, non riferita soltanto ad attività di Customer Care, con prospettive di reintegro per gli ex dipendenti Qè. Innovativo ed ambizioso il progetto necessita di impegni concreti da parte della regione per creare prospettive di lavoro importanti;
a marzo del 2017 gli stessi si ritrovano per l'ennesima volta a protestare per sollecitare le committenti nazionali Inps, Enel, Transcom, Sky e Wind a partecipare al tavolo regionale aperto e sollecitato dal Ministero dello sviluppo economico, chiedendo al prefetto di Catania di intervenire nei confronti dell'azienda;
a giugno 2017, l'ex amministratore di Qè Patrizio Argenterio viene indagato per non aver versato l'iva per l'anno d'imposta 2014 e sottoposto a sequestro di beni per un valore di 1 milione di euro. Alcuni, giorni dopo, Qè fallisce ufficialmente;
il 6 luglio 2017, un nuovo confronto in prefettura tra i sindacati, l'imprenditore Franz Di Bella, i rappresentanti della regione Sicilia, il direttore ITL Catania Domenico Amich, il vicario Inps Catania Franco Caruso, i responsabili di Enel Energia. Davanti al prefetto l'imprenditore Franz Di Bella presenta ufficialmente il nome della nuova società, la Netith che avrebbe dovuto assorbire gli ex dipendenti Qè. Risposte positive arrivano anche da Enel che conferma la propria disponibilità nell'assegnazioni di volumi che permettano lo start up della commessa. La Transcom, non presente all'incontro, inviando una nota scritta, si dice disponibile ad un eventuale confronto con la nuova realtà imprenditoriale, vi è inoltre disponibilità anche da parte di Wind;
tuttavia, soltanto da pochi giorni, la Netith ha cominciato a contattare diversi ex dipendenti Qè, al fine di selezionare un primo gruppo di lavoratori da coinvolgere nella fase di start up di nuove attività e che dispone al momento di più di 150 postazioni di lavoro. Dunque la Netith partirebbe solo con due commesse outbound: Vodafone e Fastweb. Resta comunque incertezza sulle prospettive occupazionali degli ex Qè, giunti ormai alla fine degli ammortizzatori sociali. Delle commesse dell'ormai fallito Qè, solo Enel avrebbe dichiarato la propria volontà di portare la commessa Enel-Energia presso la Netith, senza però alcun seguito concreto,
impegna al Governo
ad avviare un tavolo di concertazione, sia a livello locale che a livello nazionale, al fine di pervenire al più presto a soluzioni che possano garantire, da una parte, i volumi di lavoro, attraverso la riattribuzione della commessa Inps-Inail e, dall'altra, il riconoscimento di forme temporanee di sostegno al reddito, quali possono essere gli ammortizzatori sociali in deroga o gli ammortizzatori straordinari, al fine di garantire la necessaria continuità di reddito ai lavoratori in attesa di una loro ricollocazione.
(7-01398) «Albanella».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanze:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
nell'ambito dell'amministrazione statale si registrano situazioni discriminatorie e gravemente lesive dei diritti dei lavoratori che potrebbero essere superate con atti a sanatoria come la concessione, con decorrenza giuridica retroattiva, della qualifica di vice ispettore a partire dal 1° gennaio 2013, per i vincitori del concorso interno a 1400 posti per vice ispettore della polizia di Stato, poi elevati a 1874 posti;
i vincitori di questi 1874 posti sono attualmente frequentatori appartenenti alla polizia di Stato del IX corso di formazione per vice ispettori, che si concluderà il 12 marzo 2018;
le procedure concorsuali di cui al bando di concorso interno a 1400 posti per l'accesso al corso di formazione per la nomina alla qualifica di vice ispettore, indetto con decreto del capo della polizia del 24 settembre 2013, hanno permesso l'avvio delle attività solamente il 12 settembre 2017;
il bando di concorso in argomento non indica, né lo fanno le norme dedicate alla categoria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 335 del 1982 e successive modifiche ed integrazioni, la decorrenza giuridica dell'ingresso in ruolo, con la logica conseguenza che questa dovrebbe essere quella del giorno successivo al termine del corso, o alla data dell'approvazione delle graduatorie;
relativamente ad altre categorie di appartenenti ai ruoli della polizia di Stato è invece esattamente definito il momento di accesso in ruolo:
per le categorie dei tecnici, l'articolo 6, comma 6, del decreto legislativo 28 febbraio 2001 n. 53 chiarisce che coloro che abbiano superato gli esami finali del corso sono nominati vice periti tecnici, secondo l'ordine di graduatoria... con decorrenza giuridica dal 1° giorno dell'anno successivo a quello nel quale si sono verificate le vacanze e con decorrenza economica dal giorno successivo alla data di conclusione del corso di formazione;
per i sovrintendenti provvede l'articolo 24-quater del decreto del Presidente della Repubblica n. 335 del 1982, laddove al comma 7 chiarisce che la nomina a vice sovrintendente ha la decorrenza giuridica dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello nel quale si sono verificate le vacanze e quella economica dal giorno successivo alla data di conclusione del corso medesimo;
la determinazione della data di ingresso in ruolo non è priva di conseguenze pratiche: è da questa che decorre lo sviluppo della carriera del dipendente;
i posti messi a concorso con il bando de quo sono relativi a vacanze organiche maturate dal 2001 al 2004 e questo, da solo, varrebbe a spiegare come il principio dell'articolo 97 della Costituzione e relativo al buon andamento della pubblica amministrazione, sia stato palesemente e, per anni, violato;
con il termine di buon andamento si sancisce il criterio dell'efficienza della pubblica amministrazione, al quale si affianca l'efficacia dell'uso delle risorse economiche;
il principio enunciato dall'articolo 97 della Costituzione è fondante per l'attività della pubblica amministrazione, ciò appare evidente anche dalla formulazione dell'articolo 1 della legge n. 241 del 2001 laddove, in materia di procedimento amministrativo, viene chiarito: «l'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di efficacia, economicità (...)»;
gli elementi innanzi evidenziati, relativi alla retrodatazione della decorrenza giuridica della nomina nei confronti dei vice periti e dei sovrintendenti e l'eccessiva distanza temporale fra la pubblicazione del bando di concorso per vice ispettori e la data di inizio del corso sopracitato – che non solo non rappresenta di certo il principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione, ma che ha fatto perdere opportunità di carriera ai frequentatori del IX corso – richiedono interventi normativi a favore della categoria da realizzarsi nell'ambito degli strumenti correttivi, previsti dal decreto legislativo n. 95 del 2017; sarebbe opportuno prevedere che i vincitori del concorso interno a 1400 posti per l'accesso alla qualifica di vice ispettore della polizia di Stato, di cui al decreto del capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza, emanato in data 24 settembre 2013, conseguano la qualifica a vice ispettore con decorrenza giuridica dal 1° gennaio 2013 e con decorrenza economica dal giorno successivo al termine del corso di formazione, di cui all'articolo 9 del suddetto decreto;
se il Governo non ritenga con urgenza dover adottare apposite iniziative normative per evitare la palese discriminazione determinata, per l'interpellante, dal grave ritardo richiamato circa l'avvio del corso di formazione per vice ispettori;
se il Governo non ritenga di assumere iniziative per introdurre tali necessari e improcrastinabili correttivi al decreto legislativo n. 95 del 2017, relativamente al riordino delle carriere.
(2-02024) «Pili».
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
l'articolo 1, comma 15, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (testo unico delle leggi in materia di stupefacenti) prevede che: «Ogni tre anni, il Presidente del Consiglio dei Ministri, nella sua qualità di Presidente del Comitato nazionale di coordinamento per l'azione antidroga, convoca una conferenza nazionale sui problemi connessi con la diffusione delle sostanze stupefacenti e psicotrope alla quale invita soggetti pubblici e privati che esplicano la loro attività nel campo della prevenzione e della cura della tossicodipendenza. Le conclusioni di tali conferenze sono comunicate al Parlamento anche al fine di individuare eventuali correzioni alla legislazione antidroga dettate dall'esperienza applicativa»;
l'ultima conferenza nazionale sui problemi connessi con la diffusione delle sostanze stupefacenti e psicotrope alla quale invitare soggetti pubblici e privati che esplicano la loro attività nel campo della prevenzione e della cura della tossicodipendenza, di cui la norma sopra citata prevede una cadenza triennale, si è tenuta a Trieste dal 12 al 14 marzo 2009;
quindi, da oltre 8 anni, manca un momento di condivisione dei dati e della riflessione sugli effetti della legislazione sulle droghe rispetto alla salute e i diritti umani e civili dei consumatori di droghe, alla sicurezza sociale e alla giustizia;
di fatto il confronto tra soggetti sociali del territorio impegnati sull'argomento ed istituzioni si è interrotto in quella stagione, a parte occasionali e sporadici episodi: il 4 marzo 2016, presso il Dipartimento per le politiche antidroga, si è tenuto un incontro tra le amministrazioni centrali, le organizzazioni non-governative e le associazioni che si interessano di sostanze stupefacenti; l'occasione era l'imminente sessione speciale sulle droghe dell'Assemblea generale dell'Onu del 19-21 aprile 2016;
nel novembre 2015, nel rispondere ad alcune interrogazioni parlamentari, il Governo confermava d'aver accantonato i fondi per la convocazione della conferenza nazionale senza però aver individuato un luogo, una data e un formato per la tenuta dell'appuntamento previsto dalla legge;
di tale inadempienza il Governo è stato edotto con varie interrogazioni (le interrogazioni a risposta scritta n. 4/05292, e n. 4/04924, in data 3 dicembre 2015) e interpellanze (interpellanza urgente n. 2/01298 presentata in data 2 marzo 2016) nonché da ultimo con diffida del 31 luglio 2017 inviata da alcune associazioni (Associazione Forum Droghe Onlus, associazione la Società della ragione Onlus, associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, Gallo associazione, Antigone Onlus associazione Lega italiana per la lotta all'Aids Onlus) che operano nell'ambito delle politiche sulle droghe e delle sue ricadute sul sistema sanitario, sociale e giudiziario;
risulta necessario convocare con urgenza una nuova conferenza nazionale sui problemi connessi con la diffusione delle sostanze stupefacenti e psicotrope alla quale invitare soggetti pubblici e privati che esplicano la loro attività nel campo della prevenzione e della cura della tossicodipendenza, per porre fine alla inadempienza all'obbligo di legge che dura da oltre un quinquennio –:
quali risposte intenda dare il Governo in relazione alla diffida di cui in premessa e se intenda convocare con ogni possibile urgenza la conferenza nazionale sui problemi connessi con la diffusione delle sostanze stupefacenti e psicotrope, alla quale invitare soggetti pubblici e privati che esplicano la loro attività nel campo della prevenzione e della cura della tossicodipendenza.
(2-02025) «Giachetti».
Interrogazioni a risposta orale:
TERZONI, AGOSTINELLI, CECCONI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, ZOLEZZI, MICILLO e VIGNAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
nel servizio del Tgr Marche del 24 ottobre 2017 delle ore 14 sono stati comunicati i dati relativi alle macerie presenti sul territorio dopo il sisma 2016: oltre a 1 milione e 200 tonnellate di macerie pubbliche, da smaltire entro il 2018, si aggiungono 4 milioni di tonnellate private, che verranno lavorate dopo la fine delle pubbliche;
la Cosmari, azienda incaricata di smistare tutte le macerie che arrivano, al momento lavora 700 tonnellate al giorno, ma a breve arriverà a 1.600; dopo la lavorazione e la differenziazione le macerie vengono poi inviate alle aziende incaricate di macinarle per il riciclo, ma, essendo tutte di piccole dimensioni, entro breve tempo potrebbero avere problemi di stoccaggio –:
quale sia il cronoprogramma per la raccolta delle macerie, e se il Governo abbia già un piano alternativo per lo stoccaggio, visto che si palesano problemi di spazio;
nel caso dell'esistenza di un piano alternativo, se sarà garantita la sicurezza degli stoccaggi, visto anche il contenuto di amianto presente nelle macerie difficilmente rimovibile.
(3-03371)
TERZONI, AGOSTINELLI, CECCONI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
su diverse testate giornalistiche marchigiane è apparsa la notizia dell'emergenza idrica nata nella zona di Ascoli Piceno. A causa delle scarse precipitazioni della scorsa estate, ma anche del sisma 2016 che ha ridotto la portata delle sorgenti esistenti del 40 per cento fatto scomparire almeno 3 foci, rischiano di restate senza acqua almeno 300 mila cittadini. Ad aggravare la situazione è un uso smodato delle risorse idriche in quanto si approfitta dell'esenzione dal pagamento delle bollette dell'acqua da parte della popolazione;
la Ciip, l'azienda che si occupa degli acquedotti della zona, ha dovuto decidere la chiusura dei rubinetti dalle 23:30 alle 6:30 a partire dal 13 novembre 2017, sia per sensibilizzare i cittadini in un periodo in cui la natura è stata molto avara di piogge, sia per risparmiare l'acqua che scarseggia. Serve inoltre rivedere l'acquedotto di Pescara che ha quasi 60 anni;
si ricorda anche che le problematiche sopra evidenziate nel suddetto territorio erano già state sollevate nell'interrogazione n. 4-16442 del 2 maggio 2017 presentate dalla prima firmataria del presente atto;
nonostante queste evidenti problematiche, alla provincia di Ascoli Piceno non è stato riconosciuto lo stato di emergenza idrica, come invece è successo nella provincia di Pesaro Urbino;
il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Paolo Gentiloni, ha deliberato la dichiarazione dello stato di emergenza nel territorio della provincia di Pesaro e Urbino, «al fine di fronteggiare con mezzi e poteri straordinari – si legge in una nota di Palazzo Chigi – la crisi idrica determinata da un lungo periodo di siccità» –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se intenda assumere iniziative per dichiarare lo stato di emergenza idrica anche nella provincia di Ascoli Piceno e Fermo.
(3-03372)
Interrogazione a risposta in Commissione:
BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
diversi notiziari on line e stampa cartacea, hanno riportato i preoccupanti dati emersi durante il convegno tenutosi a Camerino (Macerata) l'11 novembre 2017, intitolato «Dai confini dei Sibillini ai confini della psichiatria»;
è emerso che tra le persone colpite dal sisma del 2016 e 2017, il consumo di psicofarmaci è aumentato in modo spropositato;
trattasi di antidepressivi, ipnotici e antipsicotici che per molte persone resta l'unica soluzione per tentare di affievolire e dimenticare i traumi subiti in quegli eventi;
gli psicologi hanno dichiarato: «Negli occhi di migliaia di persone paura e smarrimento. Molti hanno perso passato, presente e futuro»;
secondo gli interroganti, tale situazione psico-fisica è dovuto anche ai ritardi e alla lentezza del Governo nell'affrontare la ricostruzione post emergenza e non dando certezze e garanzie di futuro per le popolazioni colpite dal terremoto;
un farmacista di Accumoli, intervistato a proposito, conferma che gli ordini di psicofarmaci, infatti, sono aumentati in modo esponenziale, farmaci che prima del 24 agosto 2016 erano pressoché invenduti;
anche il dottor Mari – coordinatore della funzione psicologica dei servizi alla persona per le vittime del terremoto nella regione Marche –, conferma l'aumento del consumo di psicofarmaci, malgrado non sia ancora disponibile uno studio aggiornato sulla farmaco-economia e dichiara: «Abbiamo riscontrato, nei mesi successivi alla catastrofe, che il consumo di benzodiazepine, cioè di tranquillanti minori, è aumentato nell'area di Camerino del 70 per cento. Aumenti minori sono stati riscontrati anche per antidepressivi e antipsicotici, rispettivamente del 7 per cento e 3,8 per cento. L'aumento quindi c'è stato. E sì, le persone stanno ancora molto male perché il trauma è stato estremamente violento».
le cause che hanno portato al consumo di psicofarmaci è determinato molto probabilmente da diversi fattori, tra cui la perdita della casa, degli affetti, del lavoro e delle abitudini di vita;
le ancora troppe persone rimaste senza casa dopo il sisma e ospiti degli hotel della costa marchigiana hanno smarrito perfino alcune abilità quotidiane basilari, come prepararsi da mangiare e farsi la spesa, accudire la casa e altro, senza avere tra l'altro nessuna certezza di poter ottenere una propria «casetta» –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
se non ritenga di assumere iniziative di competenza, per verificare l'effettiva vendita e l'uso smisurato di psicofarmaci tra le popolazioni colpite dal recente sisma e quali siano le iniziative che intenda assumere per evitare altri danni fisici e psicologici a dette popolazioni;
poiché le conseguenze post terremoto sono drammatiche, considerando anche che la neve e il freddo hanno già investito diversi comuni marchigiani colpiti dal sisma, quali interventi urgenti il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, in modo da poter far rientrare nei propri borghi le persone sfollate e consegnare loro le promesse Soluzione abitative di emergenza (Sae);
poiché la frantumazione di intere comunità in un'area vastissima di 140 comuni di quattro regioni si riflette sulle sicurezze economiche, le reti sociali consolidate, i paesaggi e ogni altro punto di riferimento solido, se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per dare garanzie della tempistica di consegna effettiva delle Soluzione abitative di emergenza, poiché a distanza di un anno le persone si trovano nelle stesse condizioni di allora.
(5-12747)
Interrogazione a risposta scritta:
PARENTELA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
l'amministrazione del comune di Castrovillari, in data 3 ottobre 2017, ha approvato in consiglio comunale una manifestazione di interesse circa l'allocazione, sul proprio territorio, dell'Ecodistretto relativo all'ATO 1, previsto dal vigente piano regionale gestione rifiuti (PRGR), nell'immediata adiacenza di coltivazioni di prodotti riconosciuti dall'Unione europea con marchio di qualità, nonché ad attività di lavorazione e trasformazione di prodotti alimentari (stabilimento caseario, di lavorazione di carni, aziende olearie e vitivinicole) assolutamente incompatibili con l'impianto stesso;
il comune di Castrovillari rientra nel distretto agroalimentare di qualità di Sibari (DAQ) che produce circa il 45 per cento dei prodotti agro-alimentari calabresi — di cui il 70 per cento destinati all'esportazione — ove si registrano oltre 5.000 occupati, tra diretti e indotto; tra le eccellenze locali vi sono i prodotti tipici DOP e IGP (denominazioni registrate presenti nel SL di Castrovillari): soppressata, capocollo, salsiccia, pancetta; caciocavallo, olio extra-vergine di oliva, liquirizia, fichi, clementine ed i vini Pollino Doc Calabria Igt Esaro EGT;
l'insediamento industriale di cui sopra è classificato come «Industria insalubre di prima classe» dalla vigente normativa (decreto ministeriale 5 settembre 1994 recante l'elenco delle industrie insalubri di cui all'articolo 216 del testo unico delle leggi sanitarie). Preme all'interrogante evidenziare come l'abitato del comune di Frascineto disti dall'area del cementificio – ove si propone di allocare l'impianto – soltanto pochissime centinaia di metri;
l'area del cementificio è interessata da un reticolo idrografico di corsi d'acqua sotterranei e superficiali che confluiscono nel torrente Raganello ed, in prossimità dello stesso sito, è censito un pozzo di emungimento di acqua per irrigazione alla profondità di metri 40;
l'area su cui sorge il cementificio di Castrovillari è situata proprio a cavallo di faglie sismiche attive e precisamente le cosiddette faglie di Frascineto e faglie del Pollino;
il sito proposto per l'allocazione dell'Ecodistretto, è adiacente all'area protetta del Parco nazionale del Pollino, dalla quale dista solo poche centinaia di metri, mentre ancor più vicino si trova una zona di protezione speciale (Zps) appartenente dalla rete Natura 2000 — la IT9310303 Pollino e Orsomarso – che comprende e sopravanza l'area del parco. Ma, sempre alla stessa distanza — poche centinaia di metri –, si trova anche un sito di interesse comunitario — il Sic IT9310008 La Petrosa –, anch'esso appartenente alla rete Natura 2000. Nella parte II della «Nuova Pianificazione del PRG», al Capitolo 13, «Gli Ecodistretti», pagina 186, allorché si indica la localizzazione delle piattaforme previste sul territorio regionale per lo smaltimento dei RSU, si afferma testualmente che l'impianto già esistente a Lamezia Terme «sarà delocalizzato in quanto quello attualmente esistente ricade in prossimità del SIC (Sito di Interesse Comunitario) “Dune dell'Angitola”». Se dunque la regione ritiene di dover delocalizzare un impianto già esistente, a motivo della sola prossimità con un'area protetta – invero di pregio assai inferiore e a distanza nettamente maggiore rispetto a quella che separa l'area proposta dal comune di Castrovillari dal parco nazionale del Pollino, dalla Zps IT9310303-Pollino e Orsomarso e dal SIC IT9310008-LaPetrosa — entrambi facenti parte della rete Natura 2000 –, sarebbe del tutto assurdo localizzare un impianto ex novo a poche centinaia di metri da un'area così fortemente vincolata e protetta –:
di quali elementi disponga il Governo, con riferimento alla richiamata vicenda e quale sia il suo orientamento, per quanto di competenza, con particolare riguardo al rischio idrogeologico e sismico esistente sull'area del cementificio ove si propone di allocare l'impianto;
quali iniziative il Governo intenda assumere per salvaguardare le aree protette del Parco nazionale del Pollino, i siti di interesse comunitario e le zone di protezione speciale che potrebbero essere danneggiati dal progetto nonché per proteggere, anche ai sensi del comma 2 dell'articolo 21 del decreto legislativo n. 228 del 2001, i prodotti agricoli e alimentari tutelati da denominazione di origine protetta o da indicazione geografica protetta.
(4-18548)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta scritta:
BENEDETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
i Pfas, sostanze perfluoralchiliche, interferenti endocrine e cancerogene in classe IARC 2B, sono composti chimici prodotti artificialmente con funzioni olio e idro repellenti. Queste sostanze, che possono essere associate a forti rischi per la salute, sono state prodotte fin dagli anni Sessanta in Veneto e poi versate per decenni nelle acque superficiali;
la contaminazione da Pfas delle matrici ambientali, in particolare le acque interne superficiali e di falda, ha purtroppo raggiunto un livello allarmante nel Veneto, interessando un'area di più di 150 chilometri quadrati (dato ARPAV 2015) nell'ambito delle province di Vicenza, Verona, Padova, Rovigo, con 70 comuni interessati e circa 350.000 persone coinvolte, ma vista la complessità di un fenomeno che continua a propagarsi, potenzialmente, i cittadini coinvolti potrebbero essere 800.000;
il primo monitoraggio effettuato dalla regione Veneto sulle acque di rete o di pozzo ha riscontrato in 31 comuni valori di queste sostanze oltre la soglia;
per tutelare la salute della popolazione, sono state emesse ordinanze per la chiusura o la limitazione dell'uso di pozzi in diversi comuni della zona interessata;
nelle acque sotterranee sono stati rilevati valori di contaminazione maggiori o uguali a 100 ng/l in 21 comuni, 15 in provincia di Vicenza, 3 in provincia di Padova e 3 in provincia di Verona;
un primo studio di biomonitoraggio dell'Istituto superiore di sanità concluso lo scorso anno su un campione rappresentativo della popolazione residente, esposta e non esposta, ha evidenziato che i livelli di Pfas nel siero degli esposti sono significativamente superiori ai livelli dei non esposti: oltre 70 ng/g siero nel siero degli esposti, concentrazione prossima allo zero nei non esposti;
sempre l'Istituto superiore di sanità come evidenziato anche nell'interrogazione n. 4/15019, nella nota del 19 febbraio 2016, protocollo n. 4930, nel calcolare le stime di esposizione parziali alle sostanze perfluoroalchiliche, ha segnalato che i dati riferibili a uova di allevamenti familiari e di pesce di cattura indicano potenziali criticità meritevoli di ulteriori e più mirati approfondimenti, attese le concentrazioni di Pfas che, in condizioni di consumi prolungati nel tempo, considerati i parametri tossicologici, potrebbero determinare il superamento delle dosi giornaliere accettabili;
nel luglio 2016 il direttore dell'area generale sanità e sociale, dottor D. Mantoan, ha richiesto di svolgere una valutazione retrospettica della mortalità e dell'incidenza di patologie tra i dipendenti della ditta Rimar/Miteni, incaricando del suo svolgimento il registro regionale dei casi di mesotelioma, afferente al sistema epidemiologico regionale; da tale ricerca condotta sui lavoratori risultano valori alterati del sangue oltre che un tasso di mortalità superiore alla media;
il Noe di Treviso, con nota 13 giugno 2017 inviata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, secondo quanto riportato anche dagli organi di informazione, ha comunicato la presenza di contaminanti chimici pfoa-pfass nelle acque ed il conseguente allarmante inquinamento nelle falde e nei terreni, causato da Miteni di Trissino, produttrice di Pfass per decenni, inquinamento esteso nelle province di Vicenza, Verona e Padova, con effetti sanitari sui residenti;
il 27 febbraio 2017 alcuni sindaci veneti e le delegazioni di otto comuni del Basso Vicentino e Bassa Veronese hanno sottoscritto una lettera inviata anche al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in cui si chiede un intervento immediato per la bonifica del territorio ed il riconoscimento del disastro ambientale;
l'articolo 300 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Norme in materia ambientale, identifica il danno ambientale come: «qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima»; l'articolo 302 del suddetto decreto, al comma 9, classifica ed indica esattamente le caratteristiche del «ripristino» come: nel caso delle acque, delle specie e degli habitat protetti, «il ritorno delle risorse naturali o dei servizi danneggiati alle condizioni originarie»; nel caso del terreno, «l'eliminazione di qualsiasi rischio di effetti nocivi per la salute umana e per la integrità ambientale»; l'articolo 305, comma 2, stabilisce che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in qualsiasi momento, ha facoltà di: «b) adottare, o ordinare all'operatore di adottare, tutte le iniziative opportune per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi» –:
quali utili iniziative abbia adottato il Ministro interrogato, autorità competente e responsabile in materia di identificazione e valutazione del danno ambientale, ai fini del ripristino dei luoghi, ovvero della situazione precedente al danno verificatosi, e del risarcimento dello stesso, come previsto alla normativa vigente.
(4-18547)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazione a risposta scritta:
LEVA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
dal 1982 nel comune di San Pietro Avellana è presente un «Museo delle civiltà e del costume d'epoca» che possiede una delle raccolte più ricche ed importanti relative alla storia delle tradizioni locali e al costume tradizione molisano;
direttrice del museo è la signora Maria Teresa Di Lorenzo nominata dal comune con delibera n. 86 del 27 ottobre 2007, la quale è di fatto la fondatrice del Museo, avendo raccolto e custodito nell'arco di circa 50 anni il materiale esposto nel museo, per la maggior parte donato dalle famiglie del comune di San Pietro Avellana;
il gruppo di minoranza del comune di San Pietro Avellana «Rinnovamento» segnala una serie di anomalie avvenute all'interno del Museo. In particolare, segnala danni e mancanze di materiale di interesse demoetnoantropologico nel nuovo allestimento dei settori: negli ultimi mesi, da parte di persone estranee al Museo e senza alcuna autorizzazione da parte degli organi museali, si sarebbero verificati innumerevoli episodi di manomissioni e omissioni nella custodia dei beni che recano pregiudizio alla loro conservazione, nonché prelievi e spostamenti di materiale archeologico, senza che queste operazioni siano state coordinate e seguite da personale esperto in materia di beni archeologici;
gli episodi sopracitati hanno destato preoccupazione sulla conservazione del materiale presente nel museo che costituisce un bene culturale ai sensi del comma 1 dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004 al punto che alcuni cittadini sono arrivati a volere indietro il materiale donato per timore di danni, o peggio, perdita di importanti documenti della storia della propria famiglia e della comunità di appartenenza;
a tal proposito, è stata sottoscritta una petizione popolare per un totale di 334 firme raccolte su una popolazione di 500 abitanti circa, con la richiesta di riabilitazione totale della direttrice, di fatto esautorata, visti gli episodi sopracitati;
questa petizione è stata inoltrata all'amministrazione comunale di San Pietro Avellana (IS), alla soprintendenza regionale e al prefetto di Isernia, e ad oggi nessuna risposta è mai pervenuta;
il Museo ha usufruito nel corso degli anni di finanziamenti pubblici, europei e statali, per un importo complessivo di circa 950.000 euro;
sempre in merito a questa vicenda la «UIL beni e attività culturali e del turismo» ha segnalato che per l'allestimento del sopracitato Museo, sono state spostate alcune vetrine dal complesso monumentale di Santa Maria delle Monache di Isernia, e a seguito di ciò, per mancanza di allestimento, non si possono aprire le sale del Complesso monumentale di Santa Maria delle Monache –:
se il Ministro interrogato non intenda intervenire, per quanto di competenza, in merito alle vicende esposte in premessa al fine di garantire che i beni culturali conservati nel Museo siano preservati e custoditi secondo criteri e metodi che non ne pregiudichino la loro conservazione;
se il Ministro non ritenga opportuno verificare, per quanto di competenza, che le procedure adottate siano state conformi alla legge;
se non ritenga necessario assumere le iniziative di competenza affinché vengano verificati e chiariti dagli organi competenti gli episodi segnalati dalla UIL avvenuti nel Complesso monumentale di Santa Maria delle Monache di Isernia.
(4-18550)
COESIONE TERRITORIALE E IL MEZZOGIORNO
Interrogazione a risposta scritta:
MINARDO. — Al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. — Per sapere – premesso che:
notizie riportate dalla stampa (articolo di La Repubblica del 16 novembre 2017) evidenziano come nel prossimo bilancio dell'Unione europea il nostro Paese rischia di perdere tra i 12 e i 42 miliardi di euro di fondi strutturali nel quinquennio 2020-2025;
in particolare, l'articolo citato fa riferimento al fatto che con la «Brexit» il bilancio dell'Unione europea subirà una perdita del 14 per cento, cioè quanto versato dalla Gran Bretagna;
la Commissione cercherà pertanto di ridurre le perdite con una serie di tagli alla spesa. Una delle ipotesi potrebbe essere una riduzione dei fondi strutturali del 30 per cento. A quel punto anche il Mezzogiorno perderebbe fondamentali risorse economiche necessarie al suo sviluppo –:
se corrisponda al vero quanto riportato nell'articolo di stampa e, in caso positivo, quali iniziative urgenti il Governo intenda intraprendere per evitare che il Mezzogiorno del nostro Paese perda rilevanti risorse economiche necessarie al suo sviluppo.
(4-18543)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta orale:
SORIAL, CASO, CARIELLO e D'INCÀ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
da un articolo di Elio Lannutti pubblicato il 16 novembre 2017 sul IL FOGLIETTO della Ricerca, supplemento de IL FOGLIETTO.IT notiziario settimanale on line di informazione Sindacale-Politico-Economico-Scientifico-Culturale, si evince che l'Istat abbia valutato la riduzione dell'inflazione ad ottobre nella misura dello 0,2 per cento unicamente a causa della riduzione delle tasse universitarie, che ritiene si siano ridotte nella misura del 40 per cento per l'anno accademico 2017-18 rispetto a quello precedente;
la predetta riduzione è imputata all'intervento della scorsa legge di bilancio n. 232 del 2016, che ha introdotto la «no tax area», fissando a 13.000 euro di Isee familiare la soglia sotto la quale gli studenti possono frequentare quasi gratuitamente l'università;
da un'analisi di dati, non risulta plausibile una riduzione del 40 per cento per l'anno accademico 2017-18 rispetto a quello precedente, effetto indotto dall'istituzione della «no tax area» e dei limiti superiori fino a 30.000 euro di Isee, anche in ragione del fatto che il nuovo calcolo dell'indicatore della situazione economica equivalente aveva causato un incremento delle spese per la frequenza universitaria nell'anno accademico 2015-2016:
inoltre, come si legge nell'articolo, una tale diminuzione corrisponderebbe ad una riduzione della contribuzione da parte degli studenti alle casse universitarie pari a circa 650 milioni di euro, che «manderebbe a gambe all'aria i bilanci degli atenei statali»;
anche il confronto con i dati prodotti dall'Unione degli universitari (Udu) nel rapporto «Dieci anni sulle nostre spalle», sconfessa la riduzione del costo universitario prospettata dall'Istat;
l'articolo citato evidenzia nel grafico pubblicato una forte discrepanza fra i dati Istat e i dati dell'Udu; infatti si legge che: «L'importo medio delle tasse universitarie è passato da 775,08 euro dell'anno accademico 2005-2006 a 1.248,66 del 2015-2016 con un incremento del 61 per cento. Nello stesso periodo per l'Istat le tasse universitarie sono aumentate del 25 per cento. La differenza è particolarmente accentuata nell'anno accademico 2015-2016, quando fu introdotta la nuova Isee, con un aumento del 7,5 per cento per l'Udu e solo dello 0,9 per cento per l'Istat»;
ciò potrebbe alimentare il dubbio, ad avviso degli interroganti, che l'Istat, nell'elaborazione dei dati macroeconomici, tenda a favorire informazioni ai cittadini, in questo caso sui costi dei servizi universitari, eccessivamente più positive della effettiva realtà, circostanza che di fatto agevolerebbe le politiche del Governo, si ritiene necessario acquisire chiarimenti sui dati e sulla metodologia usati dall'Istat, per verificare la supposta riduzione nella misura del 40 per cento delle tasse universitarie per quest'anno –:
se i dati divulgati dall'Istat siano attendibili e, ove si rilevino delle anomalie, se non intendano assumere iniziative per rendere pubblici dati verificati e certi sulla effettiva riduzione delle tasse universitarie, nonché sull'effettiva incidenza della medesima riduzione sul livello dell'inflazione ad ottobre 2017.
(3-03374)
Interrogazione a risposta scritta:
SCOTTO e BOSSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
Open Fiber spa è una società nata nel dicembre 2015 con l'obiettivo di realizzare l'installazione, la fornitura e l'esercizio di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica su tutto il territorio nazionale;
il piano di Open Fiber mira a garantire la copertura delle maggiori città italiane, nonché il collegamento delle aree industriali, per realizzare una rete a banda ultra larga quanto più diffusa ed efficiente possibile;
l'investimento previsto è di 12 miliardi di euro, di cui almeno la metà con risorse pubbliche, che configura tale investimento come il più consistente nel Paese nell'ultimo decennio;
l'assetto azionario di Open Fiber è costituito da una partecipazione paritetica tra Enel spa e Cdp Equit spa (CDPE), società del gruppo Cassa depositi e prestiti;
conseguentemente, Open Fiber è una società indirettamente controllata dallo Stato;
nel dicembre 2016 l'assemblea degli azionisti ha deliberato la nomina di Tommaso Pompei quale amministratore delegato e di Franco Bassanini quale presidente;
come è emerso sulla stampa nazionale, in questi giorni i due azionisti avrebbero raggiunto un accordo per la sostituzione dell'amministratore delegato Pompei, decisione che avrebbe avuto – sempre secondo la stampa – l'avallo del Ministro interrogato;
tale decisione – secondo i giornali – sarebbe avvenuta in quanto Pompei, eludendo i propri poteri di spesa, avrebbe affidato, una consulenza di 700 mila euro alla società Open Gate Italia. Lo stesso Pompei, sarebbe direttamente legato alla società Open Gate, in quanto ex membro dell’advisory board, come risulta consultando lo stesso sito della società;
sulla vicenda si sarebbe svolto, nei mesi scorsi, un approfondito audit interno condotto dal Chief Financial Officer di Open Fiber, Mario Rossetti, che avrebbe effettivamente appurato come Pompei, pur avendo un potere di spesa fino a 500 mila euro, abbia spezzato la commessa a Open Gate in due contratti, una da 400 e l'altro da 300 mila euro –:
se non si ritenga opportuno – in considerazione dell'assetto azionario di Open Fiber tale da renderla società partecipata dallo Stato nonché del preminente ruolo pubblico a supporto dello sviluppo economico del Paese, anche attraverso finanziamenti statali, svolto dalla società della fibra, – rendere note le principali risultanze dell’audit interno svolto sulla vicenda di cui in premessa illustrando le motivazioni che hanno portato all'allontanamento del manager.
(4-18544)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta scritta:
ALLASIA, MOLTENI e RONDINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
gli interroganti hanno appreso dagli organi di stampa che a Torino cinque studenti, e precisamente Nafaa Afli, Marwen Ben Saad, Bilel Chihaoui, Bilel Mejri e Bilel Tebini, tutti di nazionalità tunisina sono state raggiunte da ordinanze di custodia cautelare in carcere per il reato di associazione a delinquere per finalità di terrorismo internazionale;
la pericolosità dei soggetti, come risulta dagli articoli apparsi sui quotidiani, e in particolare sul ilfattoquotidiano.it, è indiscutibile: «(...) L'inchiesta, però, ha portato a galla anche altri elementi: le conversazioni intercettate e le chat hanno permesso ai carabinieri del Ros di ricostruire i loro legami con alcuni foreign fighters andati in Siria, la loro ideologia salafista, l'odio per gli sciiti e i seguaci del sufismo. Una “doppia vita”, mascherata dalla quotidianità di universitari emersa scandagliando i loro account su Facebook: dalla condivisione di messaggi e dai saluti per la partenza di due componenti del gruppo, Wael Labidi e Khaled Zeddini, volati verso Istanbul il 21 febbraio 2015 per andare a combattere in Siria (come dimostrano le foto postate sul social network) dove erano morti. Il 22 maggio scorso il sostituto procuratore Andrea Padalino aveva chiesto per la prima volta l'arresto per i cinque rimasti in Italia, indagati per associazione a delinquere con finalità di terrorismo perché avevano promosso e costituito una cellula dell'Isis (...)»;
dalla ricostruzione giornalistica sembrerebbe che la procura di Torino abbia correttamente richiesto al Gip l'emissione delle ordinanze di custodia cautelare in carcere, ma tali richieste sono state rigettate dal Gip medesimo; successivamente la procura ha fatto «ricorso» ed il tribunale del riesame ha accolto la richiesta evidenziando, come riporta il sito giornalistico pupia.tv, in riferimento agli indagati, «la loro “manifesta ed espressa adesione” alla jihad armata e la loro diretta partecipazione a comizi di indottrinamento assieme ad altri combattenti islamici. Elementi che indicano chiaramente non solo un'adesione psicologica all'ideologia della jihad ma anche che vi siano tutti i presupposti per la creazione di una cellula terroristica islamica pronta a colpire». Ne consegue purtroppo, però, che soltanto dopo un'eventuale conferma della Corte di cassazione, come previsto dalla legge, dette ordinanze saranno eseguibili;
emerge dalla cronaca che tre di loro sono già agli arresti domiciliari per un'altra accusa – spaccio di stupefacenti – mentre – secondo l'agenzia Ansa – due sono liberi: uno è stato già espulso in Tunisia;
non appare coerente però che in base alla normativa non si possa eseguire con immediatezza una misura di custodia cautelare, una volta che un organo giurisdizionale come il tribunale del riesame abbia deciso per l'applicazione della medesima misura tenuto conto fra l'altro, della gravità dell'accusa rivolta ai soggetti di cui sopra –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti come sopra descritti e se non intenda assumere iniziative normative, anche urgenti, per modificare il codice di procedura penale affinché le decisioni del tribunale del riesame possano applicarsi con immediatezza e ciò al fine di evitare che situazioni similari si ripetano.
(4-18551)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta in Commissione:
GINEFRA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
in data 13 novembre 2017 la società Viaggi e Turismo Marozzi ha inviato alle segreterie nazionali e regionali di Filt Cgil, Fir Cisl, Uiltrasporti, UGL e Faisa Cisal la richiesta di attivazione delle procedure di cui alla legge n. 223 del 1991 per 85 lavoratori;
suddetta richiesta e stata motivata dall'azienda quale conseguenza della deregolamentazione del mercato dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale dal 1° gennaio 2014 e dell'ingresso di nuovi operatori aventi un modello organizzativo industriale che non hanno lo status di impresa di trasporto;
le Ferrovie del Gargano ha dichiarato 13 esuberi su 37 addetti sul servizio autolinee statali a seguito della soppressione delle corse sulla linea Vieste Torino;
dal 15 novembre 2017 anche la società Scoppio Autolinee srl ha dismesso le linee dalla Puglia per la Sicilia;
si tratta solo di alcuni esempi di crisi aziendali che stanno esplodendo in queste settimane nel settore delle autolinee statali;
attualmente, per ottenere l'autorizzazione ministeriale occorrono una serie di requisiti previsti dal decreto legislativo n. 285 del 2005 tra cui l'applicazione nei confronti degli addetti, in materia di rapporto di lavoro, delle norme di diritto comune e delle norme del contratto collettivo nazionale di lavoro di settore (il CCNL «Autoferrotramvieri» sottoscritto dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative) e la separazione contabile, nell'ipotesi in cui l'Azienda gestisca anche servizi soggetti ad obbligo di servizio pubblico;
l'articolo 6 del citato decreto legislativo prevede l’«Attività di monitoraggio e di controllo» da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti finalizzato ad accertare eventuali violazioni della normativa da parte degli operatori;
il Ministero ha emanato una circolare interpretativa la n. 3 del 2015 del 30 giugno 2015 in base alla quale la verifica di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 285 del 2005 e orientata ad «accertare la capacità di svolgere specificatamente tali servizi»;
una recente sentenza del Tar del Lazio ha confermato la piena legittimità e conformità alla normativa di settore delle autorizzazioni ministeriali rilasciate alla società Flixbus Italia s.r.l.;
l'operatore tedesco svolge tutti i compiti che riguardano la pianificazione della rete, il marketing, la vendita e altri servizi operativi ma non il servizio di trasporto che viene svolto da ciascuna azienda partner, con pullman e conducenti dedicati, in relazione ai quali si fornisce a Flixbus il certificato di autorizzazione all'esercizio alla professione di trasportatore su strada di persone ex articolo 10 del regolamento (CE) n. 1071/2009;
i conducenti di Flixbus sono però tenuti a svolgere attività aggiuntive (l'assistenza ai passeggeri nel carico e scarico bagagli, l'implementazione di campagne pubblicitarie di Flixbus sul pullman, la vendita a bordo di snack, bibite e biglietti, la raccolta dei pagamenti, la pulizia del pullman, il carico/scarico delle toilette) in palese contrasto con quanto stabilito dalla classificazione professionale del CCNL «Autoferrofilotranvieri» per il profilo di operatore di esercizio;
vi sono alcune criticità che stanno emergendo in merito a violazioni contrattuali sia per quanto concerne il reclutamento sia per quanto attiene alla sicurezza stessa del personale, a partire dalla organizzazione della turnazione, dei riposi e delle soste;
le ricadute di questa concorrenza sleale sono molto pesanti soprattutto nel Mezzogiorno che vede storicamente una importante presenza di operatori di trasporto passeggeri su gomma per le note criticità infrastrutturali ferroviarie e per i difficoltosi collegamenti Nord/Sud –:
il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di attenzionare adeguatamente questo comparto e verificare la presenza di forme distorsive della concorrenza, con l'obiettivo di regolamentare un settore molto importante, che incide fortemente sul diritto alla mobilità dei cittadini del Mezzogiorno, e salvaguardare i livelli occupazionali.
(5-12748)
INTERNO
Interrogazione a risposta scritta:
CATALANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
negli ultimi mesi, si sono verificate numerose frodi in danno di Poste Italiane e dei suoi correntisti, da parte di soggetti identificatisi con documenti di identità risultati falsi;
l'ultima notizia, in ordine di tempo (v. Qui Cosenza del 14 novembre 2017), riguarda un illecito avvenuto a Spezzano Albanese (CS), dove una donna, recatasi con un documento falso a uno sportello postale, avrebbe così impersonato il titolare e illecitamente svuotato un conto corrente postale, per una somma di 116.000 euro;
solo alcuni giorni prima, a Roma (v. Il Mattino del 3 novembre 2017), una donna, sempre munita di un documento falso, si è recata presso un ufficio postale della Capitale per aprire un conto corrente, presentando un titolo di credito, ma fortunatamente la sua fotografia è stata riconosciuta come corrispondente a quella di una truffatrice che aveva già colpito due altri uffici postali e trattenuta fino all'arrivo delle forze dell'ordine;
un altro truffatore, dotato non solo di un documento falso, ma anche in possesso di un'arma bianca camuffata da portatessera bancomat, è stato invece arrestato alla fine del mese di ottobre 2017 a Monza (v. Monza Today del 26 ottobre 2017);
anche nei mesi precedenti, la cronaca dà conto di numerosi illeciti, tentati e talvolta andati a buon fine, e messi in atto con equivalenti modalità operative;
la funzione fraud management di tutela aziendale della società, guidata dal nuovo amministratore delegato Matteo Del Fante, ha diramato l'8 novembre 2017 un richiamo in ordine alle verifiche da effettuarsi in occasione di futuri pagamenti di rimborsi fiscali su tutto il territorio nazionale, precisando che i documenti di identità esibiti all'atto del pagamento devono essere verificati attraverso un applicativo, denominato Oracolo, deputato a verificare la veridicità dei documenti di identità presentati;
con le interrogazioni 5/03097, 4/09994 e 4/09082, solo la prima delle quali ha ricevuto risposta, l'interrogante aveva segnalato gravi criticità di Oracolo;
in particolare, risulta all'interrogante che l'inserimento in Oracolo di documenti di identità inesistenti, del tipo carta d'identità e passaporto, con numeri identificativi di invenzione, non restituisca alcun messaggio di errore da parte del sistema telematico;
una soluzione per risolvere le suddette criticità, potrebbe essere quella di porre in essere effettive ed efficaci interconnessioni tra i sistemi telematici di sicurezza interna di Poste italiane spa e le banche dati pubbliche, al fine di garantire la tutela del risparmiatore, come già indicato dall'interrogante in un impegno della mozione n. 1-00828, presentata il 22 aprile 2015, impegno che è stato espunto nella versione approvata;
in occasione della risposta alla prima interrogazione citata, si riferiva che Poste Italiane aveva comunicato che il Sistema Oracolo disponesse di un collegamento diretto ed operativo, in tempo reale con le proprie banche dati, del Ministero dell'interno, il che tuttavia non risultava all'interrogante –:
di quali notizie disponga il Governo;
se il Governo disponga di dati, relativi agli ultimi anni, circa il numero di illeciti perpetrati attraverso l'uso di falsi documenti di identificazione presso gli uffici postali;
in base a quali specifiche convenzioni avvengano le interconnessioni tra Oracolo e le banche dati del Ministero dell'interno;
qualora tali convenzioni non esistano, se il Governo non ritenga di assumere iniziative per porre in essere effettive ed efficaci interconnessioni tra i sistemi telematici di sicurezza interna di Poste italiane spa e le banche dati pubbliche, al fine di garantire la tutela del risparmio e del patrimonio della società e degli utenti.
(4-18549)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazioni a risposta in Commissione:
GINEFRA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
a decorrere dall'anno 2011 i compensi del personale della scuola vengono erogati tramite cedolino unico;
tali compensi vengono liquidati attualmente attraverso il portale NoiPA (sistema informativo realizzato dal dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi del Ministero dell'economia e delle finanze, per il trattamento economico del personale centrale e periferico della pubblica amministrazione), che ha fra le sue funzioni la fruizione dei servizi stipendiali;
ai sensi del comma 38 dell'articolo 7 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, anche il pagamento delle supplenze brevi e saltuarie è curato, a decorrere dal 1° gennaio 2013, dal service NoiPA (già SPT, Service personale Tesoro) del Ministero dell'economia e delle finanze;
ritardi amministrativi hanno ormai raggiunto una frequenza notevole, tale da causare conseguenze pesanti sul personale interessato;
ad oggi risultano ancora non erogati gli stipendi di settembre e ottobre 2017 di tantissimi docenti precari titolari di contratto a tempo determinato;
sul sito ufficiale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il 1° novembre 2017, è stato pubblicato un aggiornamento sull'emissione dello stipendio del mese di novembre nel quale viene riportato che il cedolino di novembre dovrebbe includere anche l'accredito mancato del mese di ottobre;
non ricevere gli stipendi per i mesi di lavoro effettuati determina una situazione di estrema difficoltà economica, in contrasto con la legge e in violazione dei diritti del lavoratore –:
se la Ministra interrogata non intenda monitorare la corretta erogazione degli arretrati di settembre e ottobre 2017 di cui in premessa se non intenda, altresì, intervenire al fine di evitare il ripetersi dei ritardi nell'erogazione degli stipendi.
(5-12746)
QUARTAPELLE PROCOPIO, GARAVINI e TIDEI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
nel progress test organizzato dalla Conferenza dei presidenti dei collegi didattici dei corsi di laurea in medicina e chirurgia delle università italiane, tra le domande di psichiatria la numero 147 recita: «Quale delle seguenti percentuali rappresenta la migliore stima del verificarsi dell'omosessualità nell'uomo?»;
una tale domanda dentro un test di psichiatria associa implicitamente l'omosessualità alla malattia mentale, mentre sono 27 anni che questo che l'orientamento omosessuale è stato espunto dall'elenco delle malattie mentali;
la stessa Ministra interrogata ha dichiarato: «è di una gravità inaudita che sia stata inserita una simile domanda nel Progress test di medicina e chirurgia. È francamente incredibile e a dir poco inaccettabile che l'omosessualità sia stata inserita nella categoria delle malattie. Mi auguro che la Conferenza dei corsi di laurea in medicina provveda ad eliminare dall'elenco delle domande del Progress test quel vergognoso quesito, che le risposte ad esso date non siano tenute in considerazione ai fini della valutazione del progresso nell'apprendimento di studentesse e studenti, e che il responsabile di quanto accaduto sia adeguatamente sanzionato» –:
quali ulteriori iniziative di competenza il Governo intenda promuovere per scongiurare il ripetersi di un incidente di questo genere e per contribuire a far luce con tempestività su quanto accaduto.
(5-12750)
Interrogazioni a risposta scritta:
LAFORGIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 64 del decreto-legge n. 50 del 2017, al comma 3, prevede che nelle more dell'espletamento delle procedure di gara per l'affidamento dei servizi di pulizia e degli altri servizi ausiliari nelle scuole, la Consip è tenuta a svolgere, per conto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la procedura di aggiudicazione dell'appalto avente ad oggetto i servizi esternalizzati, prevedendo una suddivisione in lotti per aree geografiche. Detto comma prevede inoltre che gli aggiudicatari delle suddette procedure, al fine di garantire il livello occupazionale esistente, si impegnano ad assumere il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria;
ad oggi, molti lavoratori ex Lsu che operano nelle scuole, sono coperti da un «contratto ponte» per i servizi di pulizia e ausiliariato, che scade tra dicembre 2017 e gennaio 2018;
allo stato attuale non risulterebbe alcuna pubblicazione delle «gare ponte» previste dal suddetto articolo 64 del decreto-legge n. 50 del 2017, né si sa circa le tutele e le garanzie da assicurare ai lavoratori operanti in detti servizi;
riguardo ai lavoratori cosiddetti «ex Lsu appalti storici» di Palermo, vi è una proposta della Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca di internalizzazione di detto personale, laddove la problematica dei lavoratori ex Lsu investe in realtà tutte le regioni e coinvolge circa 18 mila lavoratrici e lavoratori operanti nelle attività di pulizia e decoro degli istituti scolastici –:
quali iniziative si intendano adottare al fine di garantire i livelli occupazionali e i trattamenti economici dei lavoratori operanti nelle attività di pulizia e decoro degli istituti scolastici, anche prevedendo una loro definitiva stabilizzazione.
(4-18542)
PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto riportato nell'articolo «Addio alla geografia, a scuola con il Gps», pubblicato sul sito online di Repubblica, «i geografi scuotono la testa e affermano che senza un Gps (Global Positioning System), le nuove generazioni non sapranno più nemmeno trovare la strada di casa. (...) Spesso ristretta nel solo mondo accademico, la geografia sta per scomparire dalle scuole italiane»;
infatti, a seguito della cosiddetta «riforma Gelmini», nella scuola secondaria si è assistito ad una riduzione delle ore d'insegnamento di materie importanti, tra le quali la geografia. La suddetta materia nel sistema formativo italiano costituisce, per gli studenti, una significativa base di conoscenza degli aspetti territoriali, politici, storici ed economici di un dato Paese;
le circolari del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 21 del 14 marzo 2011 e la n. 679 del 4 maggio 2012 hanno considerato «la geografia una disciplina “atipica”, da poter essere insegnata prioritariamente dai docenti titolari della A039 e in via residuale da quelli della A060 – perdenti posto»;
gli insegnamenti atipici sono indicati nelle tabelle allegate al decreto direttoriale n. 414 del 2016 «Nuove classi di concorso, previste dal decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 2016, n. 19, delle precedenti in relazione ad ogni disciplina riguardante gli indirizzi dei Licei e gli indirizzi, articolazioni ed opzioni degli Istituti Tecnici e degli Istituti Professionali»;
il Tar Lazio, con sentenza n. 10289/2017, ha accolto il ricorso con il quale una serie di aspiranti docenti di geografia aveva impugnato il decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 414 del 2016, nella parte in cui ha individuato «la confluenza nelle nuove classi di concorso in relazione alla disciplina “geografia” negli istituti tecnici e alla disciplina “geografia generale ed economica” negli istituti tecnici e professionali, anche delle classi di concorso a-50 e a-12. In altri termini, in forza del decreto in questione l'insegnamento della materia geografia poteva essere assegnato anche a docenti abilitati per altre materie (ossia scienze e italiano)»;
secondo l'articolo del Corriere.it del 7 novembre 2017 «(...) Ora la parola passerà, presumibilmente, al Consiglio di Stato. Intanto si pone il problema della classe di concorso di geografia, dove rischiano ora di non esserci abbastanza abilitati»;
come riportato dall'agenzia dell'Ansa il 9 novembre 2017, «la geografia risulta, spesso, una materia marginale. Tuttavia, la recente sentenza del Tar impone alle scuole di inserire solo docenti abilitati a questo tipo d'insegnamento. Nel frattempo, però, la riduzione delle ore di geografia ha prodotto, tra gli studenti, gravi lacune. Lo conferma una ricerca di Skuola.net, effettuata su circa 1.500 ragazzi (dalle scuole medie all'università). Solo il 48 per cento ha dichiarato di saper rispondere bene a qualsiasi domanda, il 30 per cento è risultato indeciso, mentre il 22 cento ha ammesso di non sapere»;
«La metà degli studenti intervistati non è a conoscenza del numero delle Regioni italiane. Non stupisce, dunque, che quasi 1 ragazzo su 3 posizioni Piacenza in Lombardia e che, 1 su 4 sia convinto che Sondrio non sia una provincia lombarda. Appena il 43 per cento ha dimostrato di sapere che Pordenone è una provincia e che si trovi in Friuli Venezia Giulia; il 19 per cento ha collocato la città menzionata in Piemonte, il 16 per cento in Emilia-Romagna, il 12 per cento in Veneto, il 10 per cento in Trentino-Alto Adige. Per quanto concerne le Regioni e le Province meridionali, per 1 studente su 5, Crotone è un capoluogo della Basilicata, per 1 su 10 della Puglia e solo il 57 per cento ha risposto correttamente.»;
le lacune scolastiche risultano evidenti anche nella conoscenza degli Stati europei. «Gli Stati membri, attualmente, sono 28, tuttavia, solamente il 33 per cento degli studenti ne è a conoscenza. (...) 1 studente su 4 è convinto che la Grecia non abbia l'Euro, 1 su 5 l'Olanda, 1 su 10 il Belgio». L'ultima domanda della ricerca ha riguardato la capitale degli Stati Uniti d'America: «circa 1 studente su 4 ha risposto New York, secondo il 13 per cento la capitale è Los Angeles, per il 4 per cento San Francisco, per il 2 per cento Chicago. Solo il 57 per cento ha risposto Washington. Confermando quanto ammesso: uno studente su due è rimandato in geografia» –:
alla luce della sentenza del Tar del Lazio, quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato e quali iniziative intenda attuare per quanto concerne l'affidamento dell'insegnamento della disciplina richiamata in premessa esclusivamente ai docenti abilitati;
se intenda assumere iniziative relative all'aumento delle ore d'insegnamento della geografia nelle scuole secondarie di secondo grado.
(4-18545)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta orale:
PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
nella puntata del programma Le Iene del 12 novembre 2017 è stato mandato un servizio dal titolo «Ryanair: volare low cost ha il suo prezzo» dove è stata nuovamente riproposta la questione del dumping sociale di Ryanair a danno dei suoi dipendenti italiani. Preme rilevare che, in un fuori onda dello stesso servizio, una dirigente dell'Ente nazionale aviazione civile (Enac) di nome Monica Piccirillo, ha fatto chiaramente intendere che gli strumenti normativi e giuridici per intervenire ci sarebbero ma la compagnia irlandese godrebbe di protezioni politiche ai più alti livelli;
tali gravi affermazioni si sposano perfettamente con quanto dichiarato dallo stesso presidente di Enac, Vito Riggio, che in occasione della sua audizione del 5 ottobre 2017, – presso la commissione Lavori pubblici, comunicazioni del Senato – «sui disagi derivanti dalla recente cancellazione dei voli della compagnia Ryanair», ha sostenuto che Enac, pur non essendo direttamente competente in materia di lavoro, da anni chiede al Governo di intervenire contro il vettore irlandese. Richieste, sollecitate anche per iscritto, tutte cadute nel vuoto;
come è noto, la maggior parte del personale di volo di Ryanair viene assunto con contratti di lavoro autonomo e non direttamente dal vettore ma da un'agenzia interinale. I piloti, non avendo un contratto da dipendente sono costretti ad aprire una Limited, una partita iva, in Irlanda, ricevendo una retribuzione lorda per ora di volo effettuata senza alcun stipendio base, malattia e ferie pagate. Anche per le altre figure naviganti non esiste un contratto collettivo nazionale e il ricorso al sindacato non è consentito per contratto; ciò secondo l'interrogante in aperta violazione dell'articolo 39 della nostra Costituzione;
invero la materia è stata ampiamente trattata giudizialmente anche se i tribunali, non solo italiani, hanno sempre fatto prevalere la tesi che essendo il «luogo di lavoro» l'aeromobile, si considerava laddove esso veniva registrato; ciò confermava quindi la legittimità delle certificazioni contrattuali e previdenziali del Paese della compagnia. Tesi giurisprudenziale del concetto di «luogo di lavoro dell'equipaggio aereo» la cui autentica interpretazione poteva essere rimessa solo alla magistratura europea, trattandosi di materia di regolamentazione europea;
infatti il 14 settembre 2017 la Corte di giustizia europea, seconda sezione, si è pronunciata definitivamente stabilendo che «al fine di determinare la competenza del giudice, la nozione di "luogo in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività" non è equiparabile a quella di "base di servizio"» poiché deve valutare «in quale Stato si trovi il luogo da cui il lavoratore effettua le sue missioni di trasporto, dove ritorna dopo le sue missioni, dove riceve le istruzioni e organizza il suo lavoro». Una sentenza storica che introduce una concezione estensiva della nozione di «luogo di lavoro», non esclusivamente ridotta alla «nazionalità degli aeromobili», e che di conseguenza implicherebbe l'applicazione dei contratti di lavoro nazionali e non quelli della compagnia di riferimento;
a seguito di tale rivoluziona sentenza non risulta all'interrogante nessuna iniziativa da parte del Governo volta ad imporre al vettore irlandese il rispetto della normativa di lavoro italiana. All'opposto, oltre a quello che l'interrogante giudica l'imbarazzante silenzio del Governo, Ryanair continuerebbe ad operare in spregio a tale regolamentazione, come il servizio de Le Iene dimostra, oltre che a godere di laute elargizioni pubbliche percepite dai gestori aeroportuali su cui, anche su questo, il Governo mantiene la più totale opacità –:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda intraprendere per far sì che Ryanair, a seguito della storica sentenza della II sezione della Corte di giustizia europea, si conformi alla normativa nazionale sul lavoro così da porre fine al dumping sociale a danno dei suoi dipendenti italiani e del sistema Paese.
(3-03373)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
DI SALVO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
Grandi stazioni s.p.a. nata nel 1998 con lo scopo di riqualificare e gestire, anche commercialmente, le 14 maggiori stazioni italiane, era partecipata per il 60 per cento da Ferrovie dello Stato italiane e per il 40 per cento da soci privati;
dalla scissione di Grandi stazioni s.p.a., sono nate tre società: Grandi stazioni rail s.p.a., Grandi stazioni immobiliare s.p.a. Grandi stazioni retail s.p.a.;
le prime due società (Grandi stazioni rail e Grandi stazioni immobiliare) hanno mantenuto una partecipazione pubblica (Ferrovie dello Stato italiane), mentre Grandi stazioni retail è stata venduta per un importo di circa un miliardo di euro ad azionisti privati: la proprietà fa capo al consorzio formato da Antin Infrastrutture Partners, Icamap e Borletti Group; la società è nata con l'obiettivo di riqualificare, valorizzare e gestire le quattordici principali stazioni ferroviarie italiane, tra cui Milano e Roma;
il 2 ottobre 2017, senza alcun preavviso, l'amministratore delegato di Grandi stazioni retail s.p.a. comunicava verbalmente ai dipendenti della direzione commerciale (media, leasing, Supporto gestione contratti, Marketing e business control) che sarebbero stati trasferiti, dal 2 gennaio 2018, presso la sede di Milano, mentre la direzione tecnica, legale, amministrazione (eccetto business control), risorse umane e relazioni esterne resteranno per il momento in servizio presso la sede di Roma;
i dipendenti che saranno trasferiti, senza alcuna possibilità di concertazione, sono ventidue su ottantasei totali della società di cui, attualmente, ottanta impiegati a Roma nella medesima sede in cui operavano prima della scissione;
prima di ottobre 2017, la società non aveva mai formulato ipotesi di trasferimento, pertanto la notizia ha colto inaspettatamente il personale interessato che, suo malgrado, sta cercando di analizzare le prospettive future, facendo i conti con problemi sia di natura personale che soprattutto familiare;
la maggior parte dei dipendenti interessati dal trasferimento sono giovani madri di famiglia (quattordici donne su ventidue); per loro che dovrebbero allontanarsi dalla famiglia lasciando anche bambini in un'età delicata per la crescita, è praticamente impossibile accettare il trasferimento, in tempi così ridotti, senza alcuna previsione di supporto economico e/o logistico;
i dipendenti hanno chiesto alle proprie organizzazioni sindacali, anch'esse all'oscuro del trasferimento, di proclamare lo stato di agitazione;
se necessario, le madri lavoratrici coinvolte nel trasferimento hanno preannunciato uno sciopero ad oltranza qualora i vertici aziendali non dovessero raccogliere le loro rimostranze –:
se il Governo, per quanto di competenza, non ritenga opportuno assumere idonee iniziative volte a salvaguardare il diritto dei lavoratori e delle lavoratrici trasferiti dalla precedente società, partecipata totalmente dal gruppo Ferrovie dello Stato italiane, all'attuale proprietà di natura esclusivamente privata nel rispetto della normativa vigente;
se trovi conferma che i dipendenti non sono stati mai interpellati per esprimere la preferenza per l'assegnazione ad una società piuttosto che all'altra;
se corrisponda al vero che nell'operazione di vendita non sia stata prevista alcuna tutela per i dipendenti assegnati alla Grandi Stazioni Retail;
se trovi conferma che sia stato raggiunto un accordo tra gli acquirenti di Grandi Stazioni Retail ed il gruppo Ferrovie dello Stato italiane in particolare con la società scissa Grandi Stazioni Rail, tuttora vigente, in forza del quale non e consentita l'assunzione di dipendenti di Grandi Stazioni Retail;
se corrisponda al vero che, rispetto alla lista di nominativi originariamente depositata resa nota solo in prossimità della scissione di Grandi Stazioni s.p.a., si siano verificati movimenti di personale da una società all'altra (Retail verso Rail) e, nel caso affermativo, come si giustifichi tale circostanza che appare un elemento di discriminazione verso coloro che, loro malgrado, hanno subito passivamente la scelta fatta a monte.
(5-12749)
CAPARINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
nel 2015 la rescissione dal contratto di fornitura da parte del gruppo Albini di Bergamo dal 2012 partner di NK in un progetto di rilancio della filatura di Ceto (situazione ampiamente documentata con atto di sindacato ispettivo n. 5-07038 del 18 novembre 2015 ad oggi rimasta senza risposta), ha determinato la chiusura della fabbrica in Valle Camonica ed il licenziamento dei 72 dipendenti ivi impiegati (in prevalenza donne) ora beneficiari della Naspi che si esaurirà nel febbraio del 2019. Se è vero che una seppur minima parte di essi ha trovato lavoro con contratti trimestrali presso altre realtà locali, è altrettanto vero che la quasi totalità degli ex dipendenti NK ad oggi è ancora disoccupata;
nei giorni scorsi, nonostante le rigide temperature, un gruppo di essi si è incatenato ai cancelli dello stabilimento ed ha iniziato uno sciopero della fame per richiamare l'attenzione di politica e istituzioni sulla situazione occupazionale in Valle Camonica;
Delia Bonomi, portavoce autoeletta della disperazione e della rabbia di tanti disoccupati camuni alle prese con la mancanza di prospettive, intende restare così fino a quando «qualcuno», enti o imprese, le darà una risposta, sul suo futuro. La 53enne ormai ex dipendente dello stabilimento tessile, vedova con figli a carico e alle prese con la Naspi, la nuova indennità mensile di disoccupazione, che percepisce con gli altri ex lavoratori (per circa 700 euro mensili in discesa, che diventeranno 275 quando si esaurirà nel febbraio del 2019), ha voluto dare nuovamente visibilità a un dramma. «Mi sento di rappresentare i disoccupati della Valcamonica, e sono tanti, e di rappresentare anche le loro famiglie disperate e incatenate – ha detto l'ex operaia –, e sollecito la sensibilità dei nostri politici che fin qui non hanno fornito alcuna prova di sé. È trascorso un mese e mezzo dall'ultimo presidio davanti allo stabilimento ma non è successo nulla. Da questa mattina riceviamo dai social decine e decine di attestazioni di solidarietà e di vicinanza che ci sostengono in quest'azione – aggiunge al megafono l'ex Nk –, ma siamo alla disperazione totale perché non poter rientrare al lavoro è come perdere tutto. Vorrei tanto, e lo dico senza cattiveria, che i nostri politici trascorressero una sola settimana come stiamo facendo noi per verificare come si comporterebbero»;
il presidio è stato sostenuto da un comunicato dei due sindacati di categoria di Cisl e Cgil (Femca e Filctcem), che solidarizzano con le donne che «con la loro protesta hanno rimesso al centro dell'attenzione il tema dell'occupazione e della difficoltà del lavoro in Valcamonica, dove la crisi economica e dell'impiego ha cancellato centinaia di posti di lavoro»;
sabato 18 novembre 2017 si è inoltre svolta una partecipata manifestazione a sostegno dell'iniziativa;
sebbene in questi mesi regione Lombardia e comune di Ceto si sono adoperati, per quanto loro possibile, per cercare ed agevolare nuovi investitori che rilevino il sito NK, appare evidente che un intervento da parte del Governo potrebbe sbloccare rapidamente e positivamente la situazione –:
quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per favorire la ricollocazione degli ex dipendenti della NK di Ceto e, più in generale, per porre rimedio al gravoso problema occupazionale che affligge la Valle Camonica.
(5-12751)
Interrogazioni a risposta scritta:
POLIDORI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
l'8 febbraio 2017 la Camera ha approvato il disegno di legge di conversione del cosiddetto «decreto per il Mezzogiorno» (decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243. convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18) stanziando 50 milioni di euro in più per il Fondo nazionale per le non autosufficienze istituito dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296;
il 14 febbraio 2017, al «Tavolo per la Non Autosufficienza», il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti aveva, però, dichiarato che Ministero dell'economia e delle finanze stesse valutando la possibilità di tagliare l'ammontare del Fondo per le non Autosufficienze preventivato (circa 500 milioni per il 2017);
nel mese di settembre 2017 la situazione è stata sbloccata con l'approvazione del riparto del Fondo per la non autosufficienza da parte delle regioni, integrandolo di 50 milioni proprio con le risorse regionali, che hanno riportato il fondo ai circa 500 milioni di euro stabiliti dal Governo per il 2017;
si ricorda che il Fondo nazionale per le non autosufficienze è fondamentale per dare un aiuto alle famiglie che devono assistere a domicilio un malato non autosufficiente come, ad esempio, le persone colpite da Sla; è necessario alle famiglie per potersi permettere una o più persone per l'assistenza 24 ore su 24, oppure per l'acquisto di ausili come i comunicatori o i letti attrezzati. Senza un'adeguata assistenza domiciliare, molti malati sarebbero costretti a rivolgersi alla rete ospedaliera e assistenziale con un conseguente aumento dei costi a carico del Sistema sanitario nazionale;
la collaborazione fra lo Stato e le regioni per i servizi fondamentali che riguardano persone in gravi difficoltà permetteva il riparto nazionale del fondo: all'Umbria sono stati destinati 8.575.920 euro;
al comune di Perugia è pervenuto solo lo schema di riparto nazionale del Fondo per la non autosufficienza dell'anno 2017 che riguarda la regione Umbria, ma nessuna comunicazione in merito al riparto dettagliato per i singoli comuni;
il Fondo 2016, utilizzato per tutto il 2017, è terminato e ad oggi tutti gli utenti presi in carico da comuni e Asl continuano ad essere assistiti e l'onore della copertura è tutto a carico dei comuni;
gli stessi comuni non possono inserire nuovi utenti (che rimangono senza risposte) e non sono in condizione di avanzare proposte che incideranno sul bilancio, non sapendo quali e quante saranno effettivamente le risorse a loro disposizione;
inoltre, la regione Umbria, non rientrando tra quelle che obbligatoriamente devono attuare il piano di rientro, avrebbe a disposizione maggiori risorse da distribuire ai comuni;
il ritardo nell'ufficializzazione del riparto in favore dei comuni impedisce un'adeguata programmazione degli interventi e, l'eventuale sospensione della prevista erogazione del Fondo, porterebbe i comuni in situazione di default –:
se i Ministri interrogati non intendano adottare le opportune iniziative, per quanto di competenza e con la massima urgenza, per garantire un rapido riparto delle risorse in favore dei comuni della regione Umbria per permetterne l'immediato impegno ed utilizzo.
(4-18546)
VENTRICELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
Tempa Rossa è un giacimento petrolifero situato nell'alta valle del Sauro, nel cuore della regione Basilicata, nel sud Italia; scoperto nel 1989, il giacimento Tempa Rossa, nella concessione Gorgoglione, è particolare per la natura degli idrocarburi presenti (olii pesanti da 10 a 22 API e zolfo) ma anche per il suo contesto ambientale;
situato tra il parco regionale di Gallipoli Cognato e il parco nazionale del Pollino, si trova nel cuore di una regione ad alto valore turistico per la bellezza dei suoi paesaggi; si estende su un territorio geologico segnato da una sismicità non trascurabile e una rete idrogeologica complessa; a queste particolarità si aggiunge un patrimonio archeologico di primo piano;
lo sviluppo del progetto Tempa Rossa riunisce grandi gruppi petroliferi mondiali. Al fianco di Total E&P Italia, operatore incaricato dello sviluppo del progetto, figurano anche Mitsui E&P Italia B s.r.l. e Shell, entrambi con il 25 per cento;
il progetto si estende principalmente sul territorio del comune di Corleto Perticara (PZ), a 4 chilometri dal quale verrà costruito il futuro centro di trattamento; cinque pozzi si trovano anch'essi sul territorio del comune di Corleto Perticara, mentre il sesto pozzo si trova nel comune di Gorgoglione; altri due pozzi saranno perforati una volta ottenute le autorizzazioni; l'area dove verrà realizzato il centro di stoccaggio di Gpl si trova invece nel comune di Guardia Perticara;
a regime, l'impianto avrà una capacità produttiva giornaliera di circa 50.000 barili di petrolio, 230.000 metri cubi di gas naturale, 240 tonnellate di Gpl e 80 tonnellate di zolfo;
Total E&P Italia ha affidato il cantiere denominato EPC1 al general contractor Tecnimont, che a sua volta ha affidato i lavori al Raggruppamento temporaneo di imprese Sices-Paresa-Tecnomec;
nel cantiere EPC1 alcune imprese facenti parti del Raggruppamento temporaneo di imprese hanno interrotto da mesi i pagamenti alle aziende subappaltatrici locali, mettendo a serio rischio la sopravvivenza del cantiere e creando allarme e preoccupazione per il futuro di centinaia di lavoratori;
oltre ai danni economici derivanti dai mancati incassi, le imprese subappaltatrici stanno subendo anche l'assalto di aziende concorrenti che «sottraggono» loro i dipendenti più qualificati, vera ricchezza di un settore in cui la specializzazione delle maestranze e dei quadri è sempre più strategica;
nel cantiere EPC1, le aziende locali tuttora impegnate non hanno avuto garanzie di continuità per il prosieguo dei lavori, nonostante i cospicui investimenti all'uopo effettuati;
le imprese locali lamentano che Total E&P abbia commissionato lavori aggiuntivi del 40 per cento in più rispetto al contratto iniziale pattuito, senza tuttavia adeguare il prezzo dei compensi inizialmente stabilito;
in aggiunta a ciò, gli oneri della sicurezza sarebbero calcolati in maniera standard e quindi non realmente compensati rispetto alla realtà dei cantieri;
tale situazione ha compromesso lo stato di salute delle imprese locali che operano nei cantieri di Tempa Rossa, notevolmente peggiorato rispetto all'inizio dei lavori;
non è possibile non tenere conto del fatto che ci sia una necessità innegabile di vigilare sul progetto Tempa Rossa, che si propone di preservare e promuovere un'area del Paese in crescita –:
se le notizie illustrate in premessa risultino vere e se intendano attivarsi, per quanto di competenza, per ottenere il rapido ripristino di normali condizioni di lavoro nel cantiere EPC1 di Tempa Rossa, sia in ordine ai ritardi nei pagamenti sia rispetto alla garanzia di continuità del lavoro per le imprese locali;
quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare per vigilare sull'operato di Total, quindi dei contraenti generali, ponendo fine a quella che appare un'anomalia, qualora questa venga effettivamente accertata;
come i Ministri interrogati intendano affrontare questo stato di grave emergenza sociale a tutela di centinaia di lavoratori e delle stesse imprese, in un cantiere che costituisce una rilevante fonte di reddito per le popolazioni dei territori interessati.
(4-18552)
SALUTE
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
un gruppo di pazienti adulti del centro talassemico di Cagliari ha segnalato all'interpellante la grave situazione che si sta verificando dalla giornata odierna in merito alla chiusura del reparto dedicato ai pazienti adulti nella struttura del Microcitemico di Cagliari;
tale ulteriore ridimensionamento della struttura comporta ricadute gravissime sul ciclo terapeutico di questi pazienti, sia per quanto riguarda la tempistica sia per un ulteriore aggravio nella già compromessa qualità della vita;
si tratta di ripercussioni cliniche gravissime che possono avere ripercussioni dirette sui pazienti a partire dalla patologia cardiaca che gli eventi trasfusionali possono generare, se non gestite secondo i protocolli indicati e sin qui seguiti;
si tratta di tagli ai servizi di una gravità inaudita che avranno gravissime ripercussioni non solo sui pazienti adulti ma anche su tutti i casi di pazienti colpiti da talassemia;
la Sardegna è da sempre colpita dalla talassemia per il cui contrasto da decenni sono state attivate importanti ricerche che hanno consentito di limitare, attenuare e in alcuni annullare gli effetti della malattia;
le talassemie sono un gruppo eterogeneo di disordini genetici in cui la produzione di emoglobina normale è soppressa, in parte o completamente, a causa di un difetto di sintesi di una o più catene globiniche;
sono state descritte diverse forme di talassemia definite in base alla catena globinica interessata le più comuni per importanza clinica sono la β, δβ e α-talassemia;
la maggior parte delle talassemie sono ereditate con modalità autosomica recessiva;
una delle forme più rilevanti per frequenza e gravità la β-talassemia, è endemica nell'area del Mediterraneo, nel Medio Oriente, in India e nel Sud-est asiatico;
nel Presidio ospedaliero Microcitemico di Cagliari A. Cao sono assistiti circa 800 pazienti con epatopatia di cui il 60 per cento è affetto da beta-talassemia major, 10 per cento da talassemia-intermedia, il 25 per cento da alfa-talassemia, cui si aggiunge un piccolo numero di pazienti con drepanocitosi o con altre epatopatie; nello specifico, il numero di pazienti seguiti in ambulatorio è di 411 e 460 sono i pazienti seguiti in Day Hospital con un numero di accessi pari a 9.888 nel 2014. Nel 2015 ci sono stati 9.966 accessi, nel 2016 gli accessi sono stati 9.798;
negli ultimi 10 anni, la media delle nuove diagnosi si attesta a 10 casi/anno;
la beta-talassemia major richiede un supporto trasfusionale fin dai primi mesi di vita ed una terapia ferro-chelante regolare;
la beta-talassemia intermedia necessita di un supporto trasfusionale solo occasionalmente;
le patologie più frequenti nei pazienti con talassemia-major sono: 1. cardiopatia, determinata dall'accumulo di ferro nel miocardio e che è la causa più frequente di decesso; disfunzione sistolica sinistra (20 per cento), destra (2-3 per cento), aritmie (7 per cento); 2. Infezioni, favorite da accumulo di ferro, terapia ferro-chelante, splenectomia; 3. epatopatia cronica HCV/HBV correlata: l'HCV ha interessato il 95 per cento dei pazienti trasfusi prima degli anni ’90 e circa la metà di essi presenta una epatopatia cronica. Si sono registrate cirrosi epatica nell'8-10 per cento degli adulti; Hbv e Hiv nell'1-2 per cento dei pazienti; 4. ipogonadismo: presente in oltre il 50 per cento dei pazienti. È indicato il trattamento ormonale sostitutivo sia nei maschi che nelle femmine; 5. ipotiroidismo: ne sono affetti il 10-20 per cento dei pazienti, in gran parte trattati con Ltiroxina; 6. diabete: si verifica nel 15 per cento dei pazienti, spesso è insulino-dipendente; 7. ipoparatiroidismo: si verifica nel 6 per cento dei casi e viene trattato con calcio e vitamina D. Sono possibili crisi di tetania. L'ipocalcemia può precipitare uno scompenso cardiaco per compromissione della contrattilità miocardica; 8. iposurrenalismo: può avere effetto rilevante in condizioni di stress fisico. Quindi occorre considerare un trattamento con idrocortisone in corso di sepsi, scompenso cardiaco o intervento chirurgico urgente; 9. osteoporosi: molto frequente fin dalla adolescenza, è favorita dall'espansione midollare dovuta a eritropoiesi inefficace, dall'accumulo di ferro, da ipogonadismo ed ipoparatiroidismo. Ne consegue una fragilità ossea con possibili fratture per traumi di lieve entità;
le ripercussioni e le patologie collegate costituiscono l'elemento più delicato di un servizio che invece viene sistematicamente ridimensionato con un aggravio pesantissimo per tutti i pazienti colpiti da talassemia –:
se non ritenga il Ministro interrogato di assumere ogni iniziativa di competenza per avviare una verifica sul rispetto dei protocolli sanitari e clinici;
se non ritenga di dover monitorare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza che, secondo i pazienti, sono stati notevolmente ridotti da queste scelte nefaste di riduzione di questo servizio sanitario;
se non ritenga di dover assumere, per quanto di competenza, iniziative immediate per tutelare questi pazienti e il grande patrimonio di ricerche e protocolli messi in essere dalla struttura dal microcitemico di Cagliari.
(2-02026) «Pili».
Interrogazione a risposta scritta:
NACCARATO, CAMANI e MIOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
oggi a Padova esistono 4 importanti strutture ospedaliere che erogano servizi di cura, assistenza e ricerca d'eccellenza: l'ospedale dell'azienda sanitaria di via Giustiniani con circa 1.400 posti letto, riconosciuto ospedale di rilievo nazionale e di alta specializzazione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 gennaio 1999, che costituisce per l'università di Padova l'azienda di riferimento per le attività essenziali allo svolgimento delle funzioni istituzionali di didattica e di ricerca; l'ospedale Sant'Antonio di via Facciolati, struttura per l'assistenza in continuità con i servizi territoriali con circa 300 posti letto; l'ospedale dell'Istituto oncologico veneto, situato all'interno dell'area dell'ospedale dell'azienda sanitaria, struttura di alta specializzazione e centro di ricerca sanitaria di rilievo nazionale e internazionale, riconosciuta al Ministero della salute come Istituto di ricovero e cure a carattere scientifico; il complesso socio sanitario Casa ai Colli in via dei Colli, dove hanno sede diversi ambulatori e presidi socio sanitari;
queste strutture sono state oggetto di recenti importanti interventi di manutenzione e ristrutturazione; è stato, ad esempio, realizzato un nuovo edificio per la pediatria per un importo di circa 53 milioni di euro;
da più di 10 anni la regione Veneto ha annunciato la volontà di realizzare un nuovo ospedale a Padova, ha promosso diverse ipotesi, ha istituito numerosi tavoli di confronto tra enti, ha approvato cronoprogrammi mai rispettati ma non ha mai stanziato nei propri bilanci le risorse necessarie a realizzare l'opera;
negli ultimi anni la regione ha proposto di realizzare il nuovo ospedale nella zona di Padova est, nonostante numerose criticità urbanistiche ed idrogeologiche;
la realizzazione di un nuovo ospedale a Padova est determina un impatto rilevante per i valori delle aree interessate e di quelle vicine, perché la struttura sanitaria costituisce un importante elemento di attrazione per attività residenziali e commerciali;
nella zona di Padova est molti progetti di sviluppo edilizio e commerciale, bloccati da tempo per la crisi, si sono riattivati in previsione della realizzazione del nuovo ospedale;
in particolare, le aree favorite dalla nuova struttura sono: quella del Consorzio nord est, controllata da Bpd property development, riconducibile ad alcuni imprenditori trevigiani, dove sarebbero edificati tre grattacieli e due medie strutture di vendita; quella definita Pt2, dove possono realizzarsi 5 medie strutture di vendita, che Lazzaro Immobilare ha affidato a Numeria sgr, al momento dell'affidamento di proprietà di Bruno Barel, consulente dell'azienda ospedaliera di Padova, e della Finpartes Limited, con sede nel paradiso fiscale di Malta e riconducibile a Massimo Malvestio; quella ex Stimamiglio, di proprietà del gruppo Aspiag, dove è previsto un centro commerciale; quella minore di via Zwirner della So.Im.Cos;
in alternativa alla realizzazione dell'ospedale a Padova est, appare più realistica, rapida ed economica la proposta, sostenuta dall'amministrazione comunale, di realizzare la nuova struttura attraverso la ristrutturazione di quelle attuali (mentre la regione ritiene questa ipotesi irrealizzabile), ottimizzando così i recenti investimenti;
con riferimento alla realizzazione del nuovo policlinico universitario del Veneto, si rileva anche che è stato richiesto al Governo di inserire tale struttura nell'ambito degli interventi riguardanti il patrimonio sanitario pubblico finanziati dallo Stato ex articolo 20 della legge n. 67 del 1988 –:
se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti;
quali siano gli orientamenti del Governo circa la realizzazione della nuova struttura ospedaliera, anche con riferimento alla possibilità di un finanziamento statale, nell'ottica di superare le criticità finora riscontrate.
(4-18553)
SPORT
Interrogazione a risposta in Commissione:
AGOSTINELLI. — Al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
da organi di stampa si è appreso che la Figc nei mesi scorsi avrebbe rinnovato fino al 2020 il contratto all'allenatore della nazionale di calcio, Gian Piero Ventura, con una clausola di risoluzione con decorrenza giugno 2018 nel caso di eliminazione dalla partecipazione ai campionati mondiali di calcio 2018;
a seguito dell'eliminazione avvenuta il 13 novembre, il signor Ventura non si sarebbe dimesso, pretendendo la corresponsione dello stipendio fino a giugno 2018 (circa 700.000 euro);
in data 15 novembre la Figc lo ha esonerato;
la Figc ottiene ogni anno dal Coni contributi di decine di milioni di euro, tali da permetterle di chiudere il bilancio in attivo e tali contributi nel corrente anno ammontano a euro 33.022.068, pari al 22,64 per cento del totale contributi erogati a tutti gli sport (euro 145.885.451 per 40 tipi di sport) –:
se le suesposte notizie di stampa corrispondano al vero;
se non ritenga anomalo, avendo la Figc previsto contrattualmente l'interruzione del rapporto di lavoro al verificarsi di un evento quale l'eliminazione dai campionati mondiali di calcio, non aver stabilito contrattualmente la data di decorrenza della risoluzione in concomitanza con il verificarsi dell'evento stesso, bensì aver previsto ulteriori 6 mesi di contratto ad un allenatore, di fatto, uscente;
quanto sia costato alla Figc l'esonero dell'allenatore prima della scadenza del contratto recentemente rinnovato;
se non ritenga opportuno che il Coni, nel caso sia confermato che tali avvenimenti abbiano comportato l'esborso di somme rilevanti, si assuma la responsabilità, con atti conseguenti, di ridurre drasticamente il contributo alla Figc a vantaggio di altre federazioni sportive che hanno dimostrato di gestire i fondi pubblici in maniera più oculata ed efficiente per i cittadini che praticano lo sport.
(5-12752)