XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 5 dicembre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


      La Camera,

          premesso che:

              la corruzione rappresenta un problema per la pubblica amministrazione ed, in particolare, per il Servizio sanitario nazionale con forti ricadute negative sui cittadini. La sanità è infatti tra i terreni più esposti al rischio corruzione ed alla mancanza di trasparenza: ciò comporta la necessità, da parte dello Stato, di un'attenzione particolare;

              occorre sottolineare come le azioni messe in campo dal Ministro della salute a decorrere dal 2014 siano state importanti e fondamentali per ridurre gli sprechi e consentire una migliore allocazione delle risorse al fine di migliorare la qualità dei servizi ed offrire al cittadino una sanità che valorizzi la solidarietà, il merito e le competenze, nonché la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale;

              il legislatore è quindi intervenuto, a partire dalla legge n. 120 del 2007, per introdurre regole certe per il corretto esercizio della libera professione intramuraria, assicurando quella trasparenza necessaria mediante forme di controllo e di monitoraggio. Quest'opera è poi proseguita con la riforma introdotta dal decreto-legge n. 158 del 2012. Inoltre, il Ministero della salute ha istituito nell'ambito del Comitato tecnico sanitario un'apposita sezione denominata «Osservatorio nazionale sullo stato di attuazione dei programmi di adeguamento degli ospedali e sul funzionamento dei meccanismi di controllo a livello regionale e aziendale». Lo scopo dell'organismo è quello di monitorare le strategie adottate dalle regioni per eliminare le disfunzioni esistenti. In particolare, il legislatore ha ritenuto fondamentale operare per controllare l'impegno orario del professionista, il numero dei pazienti visitati e i pagamenti delle prestazioni erogate;

              va detto, inoltre, che la legge n. 120 del 2007 ha introdotto uno specifico sistema sanzionatorio nei confronti degli eventuali responsabili;

              l'articolo 11 della legge n. 124 del 2015 ha poi attribuito una delega al Governo per la riforma della dirigenza pubblica. Il decreto legislativo n. 126 del 2017 ha quindi introdotto disposizioni volte a rivedere gli incarichi di direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario, nonché, ove previsto dalla legislazione regionale, del direttore dei servizi socio-sanitari e degli enti del Servizio sanitario nazionale per garantire maggiore trasparenza e ridurre la politicizzazione delle nomine;

              il Ministero della salute e l'Anac hanno implementato un nuovo piano anticorruzione rivolto principalmente alle aziende sanitarie pubbliche ed agli enti assimilati. Questo piano ha obiettivi di controllo, di verifica e di ispezione degli incarichi e delle nomine delle aziende sanitarie pubbliche, della gestione delle entrate, delle spese e del patrimonio. Tra gli interventi realizzati vi è stata l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 dicembre 2015 che ha portato ad una razionalizzazione efficiente del sistema delle gare attraverso 33 centrali «uniche» e tramite gare «uniche»;

          anche per ciò che concerne la corruzione nell'ambito della ricerca scientifica sanitaria sono stati aumentati i sistemi di monitoraggio e di controllo che aumentano la trasparenza nelle decisioni;

          attraverso il patto per la salute 2014-2016, l'intesa Stato-regioni del 5 agosto 2015 sul regolamento degli standard ospedalieri di cui al decreto ministeriale n. 70 del 2015 e il prosieguo dei lavori del programma di revisione della spesa in sanità, sono state quindi approntate regole per migliorare la qualità dei servizi resi ai cittadini;

          è stata avviata inoltre una proficua collaborazione tra Anac e Agenas con la sottoscrizione di un protocollo che ha introdotto misure di prevenzione e di rafforzamento della trasparenza in alcuni settori importanti per la sanità (incarichi, nomine, acquisti, farmaceutica, dispositivi medici e altre tecnologie, sperimentazioni cliniche e sponsorizzazioni, attività libero professionali e liste d'attesa);

          la collaborazione tra Ministero della salute, Agenas e Anac ha portato inoltre ad intervenire su specifici settori implementando il lavoro già svolto contribuendo così ad un'evoluzione del sistema delle regole e delle misure (con la specificazione degli indicatori di rischio) per garantire la massima trasparenza;

          in tale ambito, del protocollo è stato istituito il nucleo operativo di coordinamento con funzioni consultive, propositive e di supporto nei confronti dell'Anac per la realizzazione delle attività ispettive di competenza dell'Autorità ed, in particolare, per la redazione di un programma di verifica speciale per il settore sanitario e per l'individuazione dei soggetti da sottoporre ad ispezione. È stato quindi organizzato presso l'Anac il registro del personale ispettivo cui l'Anac stessa può attingere a supporto dell'attività di verifica dei piani triennali di propria competenza per controllare l'attuazione delle misure di trasparenza e di prevenzione della corruzione da parte degli enti del servizio sanitario nazionale;

          il Ministero ha quindi operato con efficienza per aumentare gli strumenti di monitoraggio e di controllo e per contrastare con efficacia i fenomeni corruttivi presenti nella sanità. Si ha finalmente un quadro di regole certe e un metodo di lavoro che consentirà di ridurre in modo consistente la corruzione nel settore della sanità,

impegna il Governo:

1) a proseguire, con tutti gli strumenti disponibili, nell'attività di contrasto a tutte le forme di corruzione nel settore sanitario, prediligendo un approccio sinergico con le realtà regionali;

2) a rafforzare il rapporto di collaborazione con Anac ed Agenas al fine di accrescere, attraverso l'espletamento di un sempre maggior numero di ispezioni presso le strutture sanitarie locali, la possibilità di prevenire il fenomeno corruttivo e di interrompere le opportunità di «contagio» tra i vari soggetti coinvolti;

3) a monitorare l'applicazione da parte delle regioni delle misure indicate dalla normativa vigente al fine di ridurre le liste di attesa e di ricondurre l'attività professionale intramuraria nell'alveo di una fisiologica scelta, operata dal paziente, non dovuta ad alcun condizionamento esterno né ad eventuali inefficienze del servizio sanitario «pubblico»;

4) ad assumere ogni ulteriore iniziativa affinché la recente riforma della dirigenza sanitaria consenta davvero la netta separazione tra l'attività di gestione manageriale delle strutture sanitarie e l'attività di indirizzo politico, senza che gli organi di indirizzo politico possano esercitare un ruolo indebito nella fase di nomina, valutazione e rinnovo degli incarichi dirigenziali;

5) ad assumere iniziative per assicurare l'uniformità della disciplina in tema di trasparenza della dirigenza sanitaria rispetto alla restante dirigenza pubblica;

6) a promuovere, anche attraverso il ruolo della formazione professionale, la cultura della legalità in tutti gli operatori sanitari.
(1-01766) «Marotta, Bosco, Scopelliti».


      La Camera,

          premesso che:

              negli ultimi anni si è registrato il crescente interesse da parte degli Stati tecnologicamente più avanzati verso la ricerca di una robotica autonoma capace non solo di selezionare e colpire i bersagli senza alcun intervento umano, ma di produrre anche armi a fini militari. Si tratta dei Lethal Autonomous Weapons Systems (Laws);

              una tecnologia, che allontanando l'uomo dalla programmazione e gestione di una macchina, lo sostituisce con «un'intelligenza artificiale» (AI) che evita quei ragionamenti che le pulsioni umane, invece, non escludono;

              un'intelligenza basata su calcoli predefiniti in ragione degli obiettivi che si intendono raggiungere ed elaborati con l'impiego di software e computer capace di sviluppare attività di ragionamento e assumere, di conseguenza, decisioni operative (selezionare e colpire);

              tale AI, in pratica, è già ritratta in molti videogiochi e riprodotta in tanti film di fantascienza;

              armi completamente autonome o «kill robot» non sono state, a tutt'oggi, ancora completamente sviluppate, ma è fuori dubbio che esiste una tendenza verso questa direzione. Osservatori ed esperti militari internazionali, infatti, hanno rilevato la loro presenza già in alcuni arsenali, anche se giustificati dagli Stati che le detengono dalla necessità di finalità esclusivamente difensive;

              l'eventuale proliferazione dei sistemi Laws pone diversi problemi sulla loro compatibilità con il diritto umanitario internazionale con l'annesso pericolo di un loro non facile controllo e la conseguente possibilità di essere esportati in Paesi in conflitto oppure di finire, addirittura, in mano a gruppi terroristici;

              di tale possibilità si è discusso a Ginevra in un convegno organizzato dall'Unhcr nel quadro delle Convenzione delle Nazioni unite sulle «Armi Convenzionali (Ccw)» nel maggio 2014 e successivo a un mandato a riunirsi adottato dall'ONU già nel 2013, ma che non è, tuttavia, approdato ad alcuna intesa condivisa;

              sono troppi i punti controversi tra gli esperti internazionali, non solo sull'esatto concetto di «Sistema autonomo», ma anche per il deciso e incondizionato divieto all'uso dei Laws sostenuto da molti Stati, come Egitto, Cuba, Pakistan, Ecuador e persino lo Stato della Città del Vaticano, convinti che difficilmente questa tipologia di armi, pur con il loro automatismo, possano rispettare non solo il principio della «proporzionalità» ma operare anche un'efficace distinzione tra obiettivi civili e militari;

          certo è che la «disumanizzazione della guerra» rischia di renderla ancora più pericolosa, allontanandone l'impegno a bandirla nella relazione tra gli Stati che ispirò la stessa Carta fondativa delle Nazioni unite e l'articolo 11 della Costituzione,

impegna il Governo:

1) ad assumere un'iniziativa in sede di Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite tesa alla costruzione di un percorso che porti a una convenzione internazionale sulla definizione, limitazione e regolamentazione della ricerca e costruzione dei Lethal Autonomous Weapons Systems (Laws) e sulla centralità del diritto internazionale umanitario rispetto ad essi;

2) ad assumere un'iniziativa in sede di Unione europea tesa a limitare la proliferazione e la commercializzazione dei Laws, anche attraverso una convenzione europea sulla materia.
(1-01767) «Frusone, Manlio Di Stefano, Basilio, Di Battista, Corda, Spadoni, Rizzo, Grande, Tofalo, Scagliusi, Paolo Bernini, Del Grosso».


      La Camera,

          premesso che:

              esiste un diritto universalmente riconosciuto a tutti i bambini come quello di poter giocare come riportato dagli articoli 23 e 31 della Convenzione sui diritti dell'infanzia dell'Unicef;

              è necessario però far sì che i bambini affetti da disabilità possano giocare in spazi consoni alle loro esigenze ma fruibili a tutti, in modo da evitare che i luoghi di divertimento possano diventare luoghi di frustrazione, limitati, limitanti e non accoglienti;

              purtroppo, nel nostro Paese, sia nelle aree verdi pubbliche sia nelle scuole, sono pochissimi i parchi giochi accessibili anche ai bambini con disabilità;

              infatti, solo il 5 per cento dei parchi gioco in Italia è inclusivo o ha almeno una giostra accessibile a bambini con disabilità motorie, poiché nel realizzarli non si è tenuto conto dei bambini con delle disabilità motorie o neuro-sensoriali;

              le possibilità quotidiane di gioco e d'inclusione devono essere garantite a tutti i bambini e bambine a prescindere dalla loro condizione fisica, perché ciò significa poter rendere autonomo anche il bambino disabile nel condividere il momento del gioco e sentirsi parte della collettività nel principio del pieno diritto di essere un cittadino come gli altri;

              il nostro Paese deve pensare a nuove forme inclusive di spazio-gioco pubblico, con aree attrezzate dove anche i bambini con disabilità – fisiche o sensoriali – o con problemi di movimento possano giocare in sicurezza, insieme a tutti gli altri;

              occorre pensare a nuovi spazi privi di barriere architettoniche o sensoriali per muoversi liberamente utilizzando strutture adatte alla fruizione da parte dei piccoli che possono avere bisogno di ausili o avere difficoltà, siano sensoriali o di movimento;

              il nostro ordinamento è privo di una normativa di riferimento, ad eccetto della legge 3 marzo 2009, n. 18, recante «Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità» (pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 61 del 14 marzo 2009); pertanto, la realizzazione di parchi inclusivi è lasciata alla sola sensibilità della singola amministrazione locale;

          nel sito ufficiale dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità si può leggere che: «Il cambio di prospettiva culturale, giuridica e scientifica, introdotto dalla ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite, a livello nazionale, europeo e mondiale, introduce un approccio alla disabilità fortemente basato sui diritti umani e, di conseguenza, impone all'Osservatorio la necessità di introdurre elementi di innovazione nel modo di leggere e intervenire sulle diverse tematiche che riguardano la disabilità e le persone con disabilità»;

          inoltre, l'articolo 1, comma 5, lettera e), della legge 3 marzo 2009, n. 18, recita: «promuovere la realizzazione di studi e ricerche che possano contribuire ad individuare aree prioritarie verso cui indirizzare azioni e interventi per la promozione dei diritti delle persone con disabilità»;

          tuttavia, a distanza di otto anni dall'istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, le condizioni delle strutture pubbliche per l'accesso alle persone portatrici di disabilità non sono ancora adeguate alle loro esigenze venendo meno al principio della legge n. 18 del 2009,

impegna il Governo:

1) a dare piena applicazione alla legge 3 marzo 2009, n. 18, nel rispetto dei diritti delle persone con disabilità;

2) ad assumere iniziative, d'intesa con gli enti locali, per la progettazione delle future aree destinate a parchi gioco e l'inserimento nei parchi gioco esistenti di giochi adeguati all'accesso dei bambini con disabilità motoria o sensoriale nel pieno sostegno del diritto al gioco per tutti i bambini;

3) a valutare l'opportunità di coinvolgere l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità nella realizzazione di una mappatura nazionale al fine di apprendere lo status delle palestre e delle aree di svago delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado accessibili anche agli studenti con disabilità;

4) a valutare l'opportunità di realizzare una campagna sociale di sensibilizzazione – con gli strumenti che si ritengono più idonei – con l'obiettivo di diffondere la cultura del «parco giochi inclusivo».
(1-01768) «Brignone, Marcon, Civati, Andrea Maestri, Pastorino, Pellegrino, Placido, Fratoianni».


      La Camera,

          premesso che:

              la legge 6 novembre 2012, n. 190, «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione», in attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'Onu il 31ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 e ratificata ai sensi della legge 28 giugno 2012, n. 110, in ambito nazionale, prevede azioni coordinate, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;

              l'11 settembre 2013, l'Autorità nazionale anticorruzione (A.n.a.c.), ha approvato, su proposta del Dipartimento della funzione pubblica, il Piano nazionale anticorruzione e il Piano nazionale di prevenzione della corruzione (P.n.a.), quali strumenti di programmazione delle attività per la prevenzione e il contrasto della corruzione nel settore pubblico, creando le premesse affinché le pubbliche amministrazioni possano redigere i loro piani triennali per la prevenzione della corruzione;

              in seguito, è stato emanato il decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 – revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche;

              tuttavia, secondo i piani triennali di prevenzione della corruzione (PTPC), pubblicati e analizzati su 243 aziende sanitarie, di cui 142 Asl, 83 aziende ospedaliere e 18 Irccs, si sono potute calcolare le seguenti percentuali: 97 aziende hanno svolto un'analisi dei rischi insufficiente (39,9 per cento); 84 aziende hanno svolto un'analisi parziale (34,6 per cento); 62 aziende hanno svolto un'analisi completa (25,5 per cento);

              si evince pertanto che il quadro normativo frammentato, ma soprattutto la carenza di sistemi di controllo, possono facilitare gli interessi personali rispetto all'interesse della salute pubblica;

              nonostante gli sforzi legislativi, il rischio corruzione rimane alto; infatti, secondo il Censis, nel 2016, un'asl su quattro è stata vittima di almeno un episodio corruttivo; il settore della sanità è tra i principali ambiti economici della nostra società ed è uno degli obiettivi privilegiati di pratiche d'illegalità e di corruzione;

              tra i settori ritenuti a più alto rischio di corruzione, vi sono: l'acquisto e la fornitura di beni e servizi, la gestione delle liste d'attesa, l'assunzione di personale, le nomine dei soggetti apicali, le false certificazioni, l'accreditamento delle strutture private, le prescrizioni improprie dei farmaci, la formazione e le consulenze, i contratti per la fornitura di medicinali o apparecchiature medicali e la convenzione con le strutture sanitarie private accreditate al Servizio sanitario nazionale;

              è noto che ogni anno si spreca il 6 per cento della spesa pubblica in inefficienze, ma manca ad oggi, uno studio ad hoc che tenga anche conto di quanto emerso dai rapporti della Corte dei conti, della Guardia di finanza e dai Nas in materia di corruzione e sprechi in ambito sanitario;

              ammontano a 13 miliardi di euro i fondi che Ispe Sanità valuta come l'ammontare delle potenziali inefficienze nell'acquisto di beni e servizi sanitari nel Ssn che, se sommate al 6 per cento di spreco della spesa pubblica, porterebbe il danno a circa 22,2 miliardi, quasi il 20 per cento della spesa sanitaria annuale del Ssn;

              inoltre, il 51,7 per cento delle asl e degli ospedali non si è ancora dotata di strumenti anticorruzione, nonostante la normativa lo imponga;

              a riprova di quanto sopra detto, vale la pena ricordare il quadro che emerge dal report «Agenda anticorruzione 2017, L'impegno dell'Italia nella lotta alla corruzione», presentato il 10 ottobre da Transparency International Italia, sottolinea che le norme anticorruzione ci sono, ma applicazioni e sanzioni non sono sufficienti;

              solo attraverso una maggiore trasparenza e l'integrità morale di ogni cittadino – oltre che quella di tutti gli operatori in ambito sanitario – si può ridurre il livello di corruzione;

              occorre aumentare la consapevolezza sul fenomeno della corruzione, formare il personale delle aziende sanitarie e ospedaliere, implementare strumenti innovativi e modelli organizzativi specifici nelle asl;

              il presidente dell'Anac, Stefano Cantone – intervenendo a un convegno sul tema della corruzione in sanità a Napoli – all'inizio dell'anno ha dichiarato che la corruzione esiste ed è particolarmente profonda e grave nel settore della sanità e che sul piano normativo vi sono ancora tre aspetti da regolare e che: «Oltre alla tutela del whistleblowing, è indispensabile una legge sulle lobby e un'altra per assicurare trasparenza sulle fondazioni politiche, che ormai sono divenute il vero canale di finanziamento della politica»;

              occorre dunque, dati alla mano, prendere coscienza che è necessario riempire il vuoto legislativo in materia di lobbying e rendere disponibili risorse per applicare più efficacemente le leggi in vigore,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per colmare il vuoto normativo relativamente alle attività di lobbying, con particolare riguardo al settore sanitario, al fine di migliorare il quadro normativo prima della fine della legislatura corrente;

2) ad adottare iniziative per consolidare, nel settore sanitario, i presidi anticorruzione negli uffici pubblici e dare più risorse umane ai responsabili per la prevenzione della corruzione;

3) ad adottare iniziative, nel quadro della prevenzione della corruzione in ambito sanitario, per semplificare la normativa vigente al fine di evitare illeciti;

4) a promuovere la lotta alla corruzione in sanità mediante campagne mediatiche sul tema che, per sua natura, ha bisogno di essere affrontato da un punto di vista culturale;

5) a valutare, in conformità al principio della trasparenza, iniziative mirate con finalità di prevenzione e contrasto della corruzione in ambito sanitario attraverso l'applicazione dei patti d'integrità tra enti e società interessate, rendendo davvero effettivo il processo di riforma avviato con il recepimento delle direttive europee sugli appalti e sulle concessioni (Direttiva 2014/23/UE, Direttiva 2014/24/UE, Direttiva 2014/25/UE) e la riscrittura del codice dei contratti pubblici;

6) ad adottare le iniziative di competenza volte a rafforzare gli strumenti di «vigilanza collaborativa» predisposti congiuntamente all'Anac, mediante la stipula di protocolli di azione tra l'Anac e le stazioni appaltanti per la prevenzione e il contrasto della corruzione in ambito sanitario;

7) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per adottare specifiche linee guida che affrontino il tema della Governance amministrativa, della corruzione e del conflitto d'interessi in sanità.
(1-01769) «Brignone, Marcon, Civati, Andrea Maestri, Pastorino, Placido, Fratoianni».


      La Camera,

          premesso che:

              l'indagine conoscitiva sulla sostenibilità economica del sistema sanitario, condotta dalla V Commissione bilancio e dalla XII Commissione affari sociali della Camera, tra il giugno e il dicembre 2013, ha consentito di fare una fotografia puntuale e precisa della condizione del sistema di welfare sanitario italiano, permettendo di rilevare i punti di forza ancora esistenti, ma anche evidenziando indubbie criticità che, se non adeguatamente risolte, rischiano di minare in modo sostanziale la capacità del sistema di dare risposta alle esigenze di salute degli italiani e, in particolare, di quei cittadini che appartengono alle fasce sociali più deboli e più esposte al rischio;

              nel corso di tale indagine venne più volte sottolineato come le domande emergenti, correlate all'innovazione tecnologica e alla cronicità, in assenza di modifiche strutturali del sistema, richiedessero incrementi dei fondi pubblici di stanziamento nell'ordine del 1,5-2 per cento l'anno, incompatibili con il bilancio del nostro Paese che, dal 2007 in poi, ha visto una progressiva contrazione del proprio prodotto interno lordo;

              era dunque sin da allora di tutta evidenza la necessità di un radicale ammodernamento del nostro sistema di welfare sanitario che tenesse conto dell'ipotesi di nuove forme di finanziamento, attraverso la valorizzazione dell'apporto dei fondi integrativi e del ruolo delle assicurazioni private, con l'obiettivo di arrivare ad un potenziamento della risposta pubblica e ad una maggiore intermediazione della spesa out of pocket;

              contemporaneamente, si presentava la necessità della ristrutturazione dei flussi della spesa sanitaria, attraverso una rivalutazione della domanda e dell'offerta delle prestazioni sanitarie, che avrebbe dovuto portare alla ridefinizione dei Lea, alla razionalizzazione della spesa inappropriata e alla eliminazione di qualsiasi forma di «cattiva spesa», purtroppo valutata secondo diversi studi di settore in percentuali che si avvicinavano al 10 per cento dell'intero fondo sanitario nazionale;

              tra le voci di «cattiva spesa sanitaria», più volte venne sottolineata quella correlata alla cosiddetta «medicina difensiva», denominazione che raccoglie il complesso delle prestazioni sanitarie prescritte ed eseguite a mero scopo di autotutela da parte del sanitario, che non le richiede nell'interesse reale del paziente, ma esclusivamente nel tentativo di proteggersi da eventuali contenziosi giudiziari;

              la distinta percezione di tale fonte di spesa inappropriata ha condotto il Parlamento ad approvare, nella presente legislatura, una norma che mira a ricostituire la corretta relazione terapeutica tra medico e paziente, riportando nella fisiologia del rapporto ogni azione diagnostica e terapeutica da parte dei professionisti sanitari;

              altra criticità rilevata nella spesa sanitaria fu quella legata al «cattivo utilizzo delle risorse economiche disponibili», discendente dall'uso non corretto delle procedure pubbliche di appalto delle forniture e dei servizi, di gestione contabile, di qualità dei processi amministrativi;

              a tale criticità «disfunzionale», si aggiunge quella eventualmente legata a veri e propri profili di dolo, più volte denunciati dalla stessa Anac, che segnala come – nelle pieghe delle lungaggini delle procedure della pubblica amministrazione – possano celarsi e addirittura venir favoriti comportamenti perseguibili ai sensi del codice penale, messi in essere con l'obiettivo di procurare ingiusto profitto a pochi;

              appare dunque assolutamente indispensabile intervenire nel campo della «cattiva spesa», anche per distinguere i comportamenti «colposi», legati al complessivo malfunzionamento del sistema, da quelli francamente dolosi, consapevolmente posti in essere con motivazioni illecite;

              la confusione tra le due differenti fattispecie, spesso deliberatamente perpetrata nella passione della dialettica politica, allontana dalle buone pratiche e dalle buone soluzioni, proprio perché, nella grossolanità delle generalizzazioni e della moltiplicazione del formalismo dei controlli, paradossalmente rischia di estendere le zone d'ombra della burocrazia e di aumentare i margini di manovra per i comportamenti illegali;

              appare dunque indispensabile intervenire rigorosamente sulla trasparenza e sulla efficienza delle procedure all'interno delle quali possono allignare i comportamenti illegali, per impedire i reati che derubano di risorse economiche il sistema sanitario, andando a togliere garanzie di salute ai cittadini italiani;

              negli anni passati, uno degli scandali sulla «cattiva spesa» che ha investito la sanità italiana è stato quello relativo al differente costo unitario, nelle diverse realtà sanitarie del Paese, di alcuni presidi molto diffusi e utilizzati, come le siringhe monouso, nonostante la elevata standardizzazione industriale del prodotto;

              sulla base degli insegnamenti derivanti da tale vicenda, venne potenziata la funzione dei centri di acquisto di dimensione regionale e nazionale, come Consip;

              l'esperienza di anni di funzionamento di tale sistema, ha confermato che la centralizzazione degli acquisti, laddove è tecnicamente possibile e correttamente realizzata, comporta risparmi complessivi della spesa, che possono essere portati a sistema;

              la centralizzazione degli acquisti comporta anche significativi risparmi nella quantità del personale amministrativo dedicato e nel numero e nel costo delle sedi fisiche operative;

              la centralizzazione delle procedure di appalto e di acquisto comporta anche importanti passi in avanti nella specializzazione delle unità operative, che acquisiscono professionalità ed esperienza sempre maggiore e consente la massima trasparenza delle procedure che, attraverso l'informatizzazione e l'utilizzo della comunicazione via web, eliminano ogni rischio di «sequestro delle informazioni» che, in passato, favoriva lo sviluppo di intollerabili «zone d'ombra» nelle procedure stesse;

              il controllo e la verifica della qualità dei processi operativi di acquisto e di forniture e servizi, assecondato dalla normativa europea che prevede tempi ristretti e certi di pagamento dei fornitori della pubblica amministrazione è anch'esso favorito dalla specializzazione delle unità operative e consente di dare ulteriore certezza alle procedure di affidamento, eliminando ogni discrezionalità della burocrazia nella definizione dei tempi di pagamento;

              le nuove normative sulla comunicazione scientifica e del farmaco hanno introdotto inoltre controlli sostanziali sempre più stringenti sulla attività delle case farmaceutiche e delle aziende produttrici di presidi e dispositivi sanitari, portando anche in questo caso una ventata di trasparenza e di legittimità in tutti i rapporti interni al mondo sanitario;

              non c'è dubbio che tale attività di efficientamento complessivo e di moralizzazione del sistema abbia significativamente ridotto le prassi legate al malaffare e alla corruzione. È indubbio tuttavia che ulteriori passi in avanti possano essere fatti per potenziare l'attività di verifica e di controllo delle istituzioni, affinché sia sempre più compresso il rischio che una parte delle risorse destinate alla salute dei cittadini italiani possa vergognosamente finire nelle tasche di pochi delinquenti;

              in tal senso, appare apprezzabile lo spirito che ha indotto il legislatore, attraverso la legge n. 190 del 2012, ad obbligare, tutte le aziende sanitarie pubbliche a dotarsi di un responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza, che sia il redattore delle procedure interne aziendali e dei report di buon funzionamento;

              l'esperienza di questi anni di lavoro, ha definitivamente consentito di consolidarsi nella convinzione sulla relativa inutilità dei controlli formali delle procedure, che rischiano di creare sovrapposizioni normative, e dei meccanismi complessi di verifica che, aggiungendosi a quelli già vigenti, determinino un'inutile e inestricabile giungla di passaggi burocratici che spesso finisce per favorire – invece che stroncare – i comportamenti delittuosi;

              la semplicità e la chiarezza della norma, la trasparenza della procedura, l'immediatezza e la facilità del controllo sono spesso la miglior deterrenza nei confronti delle attività illegali nei confronti della pubblica amministrazione in generale e di quella della sanità in modo particolare;

              la sottrazione dolosa di risorse economiche al servizio sanitario regionale comporta infine una riduzione della disponibilità complessiva delle prestazioni che rischia a sua volta di generare altro «malfunzionamento spicciolo» del sistema, perché consolida comportamenti deviati da parte dei sanitari e canali paralleli di erogazione delle prestazioni sanitarie, che costituiscono inaccettabili corsie preferenziali per i pazienti, accessibili soltanto a pochi, per la fruizione di cure che dovrebbero invece essere garantite a tutti equamente e rapidamente,

impegna il Governo:

1) a proseguire l'azione congiunta di collaborazione con l'Anac, con la magistratura e con le istituzioni locali, per potenziare la lotta contro la corruzione nella pubblica amministrazione, che appare particolarmente odiosa in sanità, perché destina all'arricchimento illecito di pochi delinquenti le risorse economiche destinate alla tutela della salute della collettività;

2) a potenziare il proprio impegno nella campagna di sensibilizzazione della popolazione contro la corruzione, che rappresenta un cancro che, in particolare in sanità, mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e crea un immenso danno alla credibilità e alla stessa sostenibilità del sistema italiano di welfare sanitario;

3) a potenziare tutte le possibili iniziative volte a rafforzare il sistema di garanzie nelle procedure adottate dalle aziende sanitarie nell'erogazione delle prestazioni sanitarie, a tutela della efficienza, della efficacia e della equità del funzionamento del sistema;

4) a favorire le pratiche rivolte alla centralizzazione delle procedure d'acquisto dei farmaci e dei presidi sanitari, alla centralizzazione dei magazzini, alla piena informatizzazione e alla completa trasparenza delle attività correlate, alla standardizzazione dei costi unitari dei servizi aziendali, alla omogeneizzazione delle procedure e dei tempi di pagamento delle forniture sanitarie su tutto il territorio nazionale;

5) ad adottare iniziative per garantire nuovi investimenti economici specifici nelle attività di informatizzazione e di comunicazione delle aziende sanitarie, finalizzate alla massima pubblicità, attraverso il web, di tutte le procedure di fornitura di prestazioni, di selezione del personale, di acquisti di farmaci, presidi, dispositivi e servizi;

6) ad adottare iniziative, nel contesto della prevenzione della corruzione in ambito sanitario, per la semplificazione di tutte le azioni di verifica e di controllo, finalizzate alla garanzia della certezza del diritto e alla riduzione di qualsiasi zona d'ombra derivante da complicazioni burocratiche che possano favorire l'illegittimità e l'illegalità.
(1-01770) «Vargiu, Latronico, Matarrese, Bueno, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci».


      La Camera,

          premesso che:

              in Italia, attualmente, i parchi giochi accessibili ai bambini con disabilità, sia nelle aree verdi pubbliche, sia nelle scuole, sono meno del 5 per cento del totale: d'altronde, i primi parchi giochi inclusivi sono apparsi nel nostro Paese da pochi anni e per essere riconosciuti come tali devono adottare una serie di misure ed accorgimenti in relazione alle attrezzature e alle strutture che rendano possibili i giochi ai bambini normodotati e non;

              moltissime strutture sono state progettate e realizzate per ospitare i bambini con diverse abilità e i parchi gioco inclusivi, spesso completati grazie alla determinazione di genitori e associazioni che non si sono arresi di fronte alle prime difficoltà, sono una realtà sociale importante, anzi fondamentale, per consolidare il processo di integrazione ed uguaglianza di tutti;

              purtroppo il numero delle strutture presenti è nettamente inferiore rispetto alle esigenze ed alle richieste e questa situazione costituisce una grave carenza nelle politiche inclusive del nostro Paese, aggravata dal fatto che la «Convenzione sui diritti del Fanciullo», firmata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dallo Stato italiano con legge 27 maggio 1991 n. 176, prevede esplicitamente, che «gli Stati parte riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica»: non si fanno differenze per bambini e ragazzi con disabilità tra i titolari di tale diritto;

              con la legge n. 18 del 3 marzo 2009 il nostro Paese ha ratificato e reso esecutiva la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con protocollo opzionale, adottata dall'Assemblea generale dell'Onu il 13 dicembre 2006 ed entrata in vigore il 3 maggio 2008;

              tale Convenzione dispone che gli Stati prendano «le appropriate decisioni per assicurare che i bambini con disabilità abbiano eguale accesso alla partecipazione ad attività ludiche, ricreative e di tempo libero, sportive, incluse tutte quelle attività che fanno parte del sistema scolastico»;

              purtroppo l'Italia è ancora molto indietro sul tema, non solo perché mancano i finanziamenti, ma perché manca una vera e propria politica dell'inclusione, una reale sensibilità da parte delle amministrazioni locali nonché il senso civico ed il rispetto del bene pubblico, visto che anche i parchi giochi esistenti non inclusivi sono spesso inaccessibili perché sporchi, caratterizzati da incuria o distrutti dai vandali o in condizioni pessime, in quanto poco e mal manutenuti;

              il gioco dovrebbe essere un diritto di tutti i bambini, ma, in un contesto come quello attuale, costituisce un problema insormontabile quando la difficoltà a muoversi o l'incapacità di vedere, oppure ancora la scarsa capacità d'attenzione e concentrazione lo compromettono. Se per tutti i bambini esiste un diritto al gioco, la disabilità rischia di negarlo, soprattutto quando i giochi, gli strumenti e le attrezzature tradizionali costituiscono barriere insormontabili;

              i bambini con disabilità hanno il diritto, quindi, di giocare in spazi adatti alle loro esigenze, con strumenti idonei alle loro capacità e per farlo hanno bisogno di parchi giochi inclusivi, parchi giochi per tutti, ovverosia di aree attrezzate con singole giostre o interi spazi dove anche i bambini con disabilità (fisiche o sensoriali) o con problemi di movimento possano giocare in sicurezza, come ed insieme a tutti gli altri,

impegna il Governo

1) ad assumere iniziative per diffondere la cultura e la politica dell'inclusione in tutte le sedi, anche attraverso opportuni accordi con gli enti locali e le scuole, affinché venga dato seguito alla previsione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e alla conseguente realizzazione di parchi giochi inclusivi, dove tutti i bambini, indipendentemente dalle loro condizioni psicofisiche, possano esercitare il loro diritto al gioco.
(1-01771) «Elvira Savino, Occhiuto».


      La Camera,

          premesso che:

              il 17 novembre 2017 si è conclusa a Ginevra la prima sessione del Gruppo di esperti governativi (Gge) della Convenzione sulle armi non convenzionali (Ccw) del 1980, che ha visto la partecipazione di 86 Stati, di cui 22 si sono già espressi in favore dell'adozione di un documento che proibisca l'utilizzo dei Laws (lethal autonomous weapons systems, anche chiamati semplicemente AWS);

              i lavori del Gge in sede Onu sono iniziati nel 2013, e i primi colloqui con gli Stati si sono avuti nel maggio del 2014, e il consenso tra gli Stati su tale divieto aumenta ad ogni riunione, mentre è crescente il dibattito tra l'opinione pubblica e sui mezzi di informazione sulle implicazioni etiche e giuridiche che derivano dall'utilizzo di sistemi AWS nei conflitti armati;

              il dibattito si è alimentato a seguito dell'adozione da parte della Ong Human Rights Watch del rapporto Losing Humanity. A case against killer robots, pubblicato nel 2012, che mette in guardia contro i rischi legati alla sostituzione con AWS di soldati in carne ed ossa;

              successivamente la stessa Human Rights Watch ha rilasciato nel 2015 uno studio titolato Accountability Gap in cui si analizza il vuoto legislativo che si viene a creare a fronte dell'utilizzo di tali armi e dove si esamina attentamente la problematica dell'attribuzione legale delle responsabilità in caso di uccisione di esseri umani;

              le Ong di tutto il mondo hanno avviato in merito una campagna inaugurata il 22 aprile del 2013 a Londra e che si chiama Campaign to stop the killer robot. Promossa, tra gli altri, proprio da Human Rights Watch, la campagna intende proibire in via preventiva e totale lo sviluppo, la produzione e l'uso dei cosiddetti robot «assassini»;

              sono già diversi gli esemplari di Laws che sono stati testati. Tra questi il sistema SGR-A1, prodotto dalla Samsung Techwin in collaborazione con l'università della Corea, che è attualmente utilizzato nella zona demilitarizzata tra la Corea del Nord e la Corea del Sud. L'SGR-A1 è una sorta di robot sentinella, munito di videocamere e sensori di movimento in grado di identificare la presenza di eventuali intrusi. È inoltre fornito di armi in grado di sparare proiettili sia di gomma che normali, armi che possono essere utilizzate qualora l'intruso non venga identificato tramite il sistema di riconoscimento vocale di cui SGR-A1 è provvisto;

              un altro esempio di arma attualmente in sviluppo è il Taranis, un aereo da combattimento dell'Esercito britannico senza pilota a bordo, che ha effettuato il suo primo test di volo all'inizio del 2014. Oltre al pilotaggio remoto, questo drone può volare autonomamente; gli ufficiali della Royal Air Force tengono a precisare che sarà comunque sempre prevista la presenza di un essere umano a supervisionare il drone;

              lo sviluppo, la produzione e l'uso degli AWS pone quindi delle questioni complesse e controverse che dovrebbero condurre in tempi rapidi, ad opinione dei firmatari di questo atto di indirizzo, ad un divieto assoluto del loro utilizzo, pena un radicale definitivo superamento degli strumenti del diritto internazionale che si attivano in situazioni di conflitto armato: primi fra tutti il diritto internazionale umanitario ed il diritto penale internazionale, creati principalmente per evitare il ripetersi degli orrori dei due conflitti mondiali;

              nell'individuazione del legittimo livello di forza da impiegare in un conflitto armato si richiedono elementi di discrezionalità che mal si fondono con un esclusivo livello quantitativo dell'uso della forza comminata dai robot. Il diritto internazionale umanitario si fonda proprio su principi che richiedono una valutazione comparativa di elementi contingenti e talvolta incommensurabili che in nessuna maniera possono essere tradotti in linguaggio algoritmico, ovvero nel linguaggio dei robot;

              esiste quindi un ostacolo insormontabile nell'impiego degli AWS rappresentato dalla loro incapacità di compiere scelte che siano il risultato di un processo deliberativo, poiché esclusivamente impostati su una razionalità algoritmica rappresentata dall'intelligenza artificiale;

              in questo deficit di processo deliberativo e con difficoltà nell'individuare la responsabilità dell'azione, gli AWS potrebbero commettere crimini di guerra o di genocidio in assenza di un soggetto a cui imputare direttamente il crimine e quindi condurre in definitiva ad una pericolosissima deresponsabilizzazione dell'azione militare;

              ulteriori imprevedibili problemi relativi gli AWS possono sorgere ovviamente da malfunzionamenti, bug nel software, problemi di comunicazione e attacchi informatici. Questi addirittura potrebbero non solo modificare direttamente il loro funzionamento, ma semplicemente essere mirati a conoscere in anticipo il comportamento di queste armi, rendendole inefficaci;

              l'Italia, purtroppo, figura tra i Paesi che si sono opposti nel recente passato al passaggio al Gruppo di esperti governativi (Gge) della Ccw e anzi ha sostenuto che le attuali norme del diritto internazionale siano sufficienti per regolare queste nuove tecnologie;

              sarebbe quindi auspicabile modificare l'atteggiamento del Governo, anche alla luce degli importanti e autorevoli pareri contrari all'utilizzo degli AWS, da ultimo il report pubblicato nel novembre del 2017 dallo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri),

impegna il Governo:

1) a proporre in sede di Consiglio dell'Unione europea una moratoria sullo sviluppo, sulla produzione e sull'uso dei Laws;

2) ad assumere iniziative per modificare la legislazione nazionale affinché si definisca un divieto assoluto dello sviluppo, della produzione e dell'uso dei Laws;

3) a supportare in sede Onu, presso il citato Gruppo di esperti governativi ai sensi della Convenzione sulle armi non convenzionali (CCW), le proposte finalizzate a introdurre la previsione del divieto di utilizzo dei Laws all'interno della Convenzione stessa.
(1-01772) «Duranti, Marcon, Laforgia, Cimbro, Civati, Fassina, Fava, Fratoianni, Carlo Galli, Palazzotto, Piras».


      La Camera,

          premesso che:

              il settore della salute rientra tra quelli che sono maggiormente esposti al rischio di corruzione considerate le enormi risorse pubbliche coinvolte. Ne deriva la necessità che il Sistema sanitario nazionale sia sottoposto a numerose e sistematiche verifiche e controlli, nonché alla massima trasparenza, che deve informare dell'agire quotidiano di tutti i soggetti che operano nella sanità;

              sull'importanza del diritto alla salute il presidente dell'Anac, Raffaele Cantone, ha ribadito che quest'ultimo rappresenta una «pretesa primaria delle persone, assicurata dalla Costituzione italiana. Il valore del diritto alla salute come “interesse della collettività” ne esalta il significato di diritto fondamentale e amplifica la sua dimensione di principio supremo dell'ordinamento. In un terreno così delicato il contrasto alla corruzione assume un ruolo centrale e va, in primo luogo, inteso come cultura della trasparenza che consente la verifica costante degli strumenti, dei tempi e dei modi di attuazione dei trattamenti sanitari»;

              già nel 2012 la Corte dei conti aveva specificato che, nell'ambito del settore sanitario, i fenomeni di corruzione «si intrecciano con sorprendente facilità a veri e propri episodi di malaffare con aspetti di cattiva gestione, talvolta favoriti dalla carenza dei sistemi di controllo» e, in aggiunta, che «il settore sanitario presenta livelli inaccettabili di inappropriatezza organizzativa e gestionale che vanno ad alimentare le già negative conseguenze causate dai frequenti episodi di corruzione a danno della collettività»;

              l'Ocse, nella premessa del Report «Tackling Wasteful Speding on Health», pubblicato nel 2017, nell'affrontare i temi inerenti al sistema sanitario nei Paesi Ocse, tra cui l'Italia, ha affermato che «Una parte significativa della spesa sanitaria è – nella migliore delle ipotesi – spreco, o peggio danneggia la nostra salute»;

              è stato recentemente pubblicato il «Rapporto sullo stato di attuazione delle azioni adottate dalla sanità pubblica in materia di trasparenza ed integrità». L'indagine, frutto della collaborazione tra Agenas e Libera, intende fornire un primo feedback alle regioni, alle aziende nonché agli enti del Servizio sanitario nazionale in merito alle strategie condotte negli ultimi anni sui temi legati alla trasparenza, all'etica nonché alla legalità dalle stesse strutture del Servizio sanitario nazionale;

              l'obiettivo principale del citato Rapporto, è quello di fornire un primo approfondimento organico sull'importanza di un approccio ai temi della trasparenza, della legalità e dell'etica «che non si limiti all'adempimento delle prescrizioni di legge né alla individuazione e alla denuncia dei fenomeni patologici, ma miri alla promozione della cultura dell'integrità in un settore che per funzione sociale è tra i settori della pubblica amministrazione quello più vicino alla persona»;

              nell'ambito della presentazione del rapporto, il direttore generale di Agenas, Francesco Bevere, ha sottolineato che «Il percorso intrapreso dal sistema sanitario in materia di etica, trasparenza ed integrità registra una sempre maggiore applicazione, a significare che l'attuazione della normativa non è più concepita come un mero adempimento burocratico ma come presa di coscienza delle organizzazione sanitarie dell'importanza della trasparenza come leva strategica per consentire il miglioramento ed un concreto cambiamento culturale di tutti gli operatori sanitari, tanto più che si tratta di un settore che per funzione sociale è tra i più vicini alla persona in un momento di vulnerabilità e fragilità»;

              la trasparenza e l'integrità rappresentano la condizione essenziale ai fini della piena tutela del diritto alla salute, per la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale e per la salvaguardia del rapporto di fiducia del cittadino nei confronti del sistema di welfare. Allo scopo di garantire e preservare una simile condizione è necessario attivare tutte le possibili sinergie per prevenire eventuali rischi corruttivi attraverso, da un lato, l'adozione di misure di prevenzione e, dall'altro, una implementazione delle procedure di verifica, controllo e valutazione a tutti i livelli istituzionali;

              il Report pubblicato nell'ambito del progetto «Curiamo la corruzione» da Transparency International Italia, Censis, ISPE-Sanità e Rissc ed essenzialmente incentrato sulla percezione della corruzione, ha evidenziato in primo luogo che nel 37 per cento delle aziende sanitarie italiane si sono verificati episodi di corruzione negli ultimi cinque anni, e in circa un terzo dei casi non sono stati affrontati in maniera appropriata. Inoltre, il 77 per cento dei dirigenti sanitari ritiene che si possa in concreto verificare il rischio che all'interno della propria struttura vi siano fenomeni di corruzione;

              in aggiunta, secondo i dati riportati nel citato Report, sarebbero due gli ambiti principali che si presterebbero maggiormente alle pratiche corruttive, ossia quello degli appalti e quello delle assunzioni di personale. Al primo posto, l'83 per cento dei dirigenti sanitari indica i rischi che si annidano negli acquisti di beni e servizi e il 66 per cento nella realizzazione di opere e infrastrutture, mentre il 31 per cento sottolinea la possibilità che si seguano scorciatoie illecite nelle assunzioni;

              l'importanza di predispone un adeguato piano di prevenzione che consenta un'attenta mappatura del rischio, al fine di pervenire fenomeni corruttivi anche in ambito sanitario, condotto all'emanazione delle linee di indirizzo con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 gennaio 2013, elaborate dal Comitato interministeriale di cui all'articolo 1, comma 4, della legge n. 190 del 2012. Tali linee d'indirizzo, basate sulla necessità di fissare contenuti minimi dei piani triennali di prevenzione della corruzione perseguono «l'obiettivo ineludibile dell'individuazione preventiva delle aree di attività amministrativa maggiormente esposte al rischio della corruzione (cosiddetta mappatura del rischio)», aggiungendo che il futuro piano nazionale anticorruzione avrebbe dovuto contenere linee guida al fine di «indurre le pubbliche amministrazioni ad articolare il proprio Piano Triennale almeno intorno ad alcuni contenuti essenziali», a partire da quelli predeterminati dalla legge n. 190 del 2012;

              si tratta dei procedimenti, previsti all'articolo 1 della legge n. 190 del 2012, di autorizzazione o concessione, scelta del contraente nell'affidamento di lavori, forniture e servizi, concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale;

              il procuratore generale della Corte dei conti, Claudio Galtieri, nell'ambito della cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario, ha segnalato che «è l'inefficienza a creare ampie zone oscure in cui si possono facilmente inserire e nascondere conflitti d'interesse e corruzione». Combattere la «corruzione “diffusa” costituita da singoli comportamenti legati a singole persone» consente anche «di combattere la cattiva amministrazione» perché per contrastare questo tipo di fenomeni serve «trasparenza, semplificazione, tempestività dei procedimenti, limitazioni delle deroghe», ricordando infine che la corruzione, anche legata alla criminalità organizzata è «particolarmente consistente negli appalti pubblici». Il bilancio «sanitario» 2016 della Corte illustrato nella relazione del procuratore generale evidenzia, inoltre, come siano state emesse 165 citazioni per 66,8 milioni contestati: è il bilancio «sanitario» 2016 della Corte dei conti;

              in tema di corruzione, dal rapporto annuale della Guardia di finanza del 2016, emergono dati allarmanti: sarebbero stati accertati appalti irregolari per un valore di circa 3,4 miliardi di euro, più del triplo rispetto al 2015 quando la cifra si era fermata a 1 miliardo. Danni all'erario per oltre 5,3 miliardi di euro – contro i 4 dell'anno prima – causati da sprechi nella pubblica amministrazione e irregolare gestione dei fondi pubblici. Sul punto, il comandante generale Giorgio Toschi durante la presentazione del rapporto, ha specificato che «Per quanto riguarda gli illeciti nel settore degli appalti, oltre a un incremento del 27 per cento del numero dei soggetti segnalati all'autorità giudiziaria, si è registrata una crescita di tre volte del valore delle procedure contrattuali risultate irregolari a seguito delle indagini»;

              secondo il rapporto della Guardia di finanza, inoltre, sarebbero più di 4 mila i soggetti denunciati per reati contro la pubblica amministrazione, di cui il 23 per cento per corruzione e concussione, che avrebbero provocato danni pari a oltre 5,3 miliardi, oltre un miliardo e 300 milioni in più dell'anno precedente. Gli uomini della Guardia di finanza hanno così scoperto che sono stati percepiti o richiesti in maniera illegittima finanziamenti pubblici, italiani ed europei, per oltre 775 milioni;

              in tema di sanità, sarebbero irregolari due prestazioni sociali agevolate su tre e ammonterebbe a circa 158 milioni l'entità delle truffe ai danni del Servizio sanitario nazionale e del sistema previdenziale realizzate dagli 8.926 soggetti denunciati, dei quali 87 arrestati. A 6 milioni, infine, ammonta il danno provocato allo Stato da coloro che hanno avuto prestazioni sociali agevolate e l'esenzione del ticket sanitario senza averne i requisiti. In tale settore, i finanzieri hanno eseguito 12.803 controlli, individuando irregolarità nel 66 per cento dei casi: in pratica, due prestazioni su tre sono state concesse a cittadini che non ne avevano diritto;

              con delibera n. 831 del 3 agosto 2016, l'Anac ha adottato il piano nazionale anticorruzione 2016 che, contiene una specifica sezione dedicata alla sanità, all'interno della quale l'Autorità indica gli interventi puntuali da adottare «quali possibili soluzioni organizzative per preservare il Servizio Sanitario Nazionale dal rischio di eventi corruttivi (con specifico riferimento al contesto strutturale, sociale ed economico in cui si collocano ed operano le istituzioni medesime) e per innalzare il livello globale di integrità, di competenza e di produttività del sistema sanitario nazionale»;

              la stessa Autorità anticorruzione ha avuto modo di specificare che, all'interno del settore sanitario, gli acquisti rappresentano un aspetto caratterizzato dalla presenza di grossi rischi di corruzione a causa sia della varietà e complessità dei beni e servizi oggetto delle procedura di acquisto, sia per la diversità dei soggetti coinvolti che, spesso, si trovano in una potenziale condizione di conflitto d'interesse, poiché allo stesso tempo rappresentano coloro che utilizzano beni e servizi ed esprimono un fabbisogno. In tal modo, si capisce come tali soggetti siano in grado di incidere sulla domanda;

              altro dato che testimonia la rilevanza delle azioni di rafforzamento di un sistema di controlli maggiormente centralizzato nel settore degli acquisti è rappresentato dalle numerose difficoltà incontrate in tali operazioni; ciò rischia, infatti, di introdurre all'interno degli enti del servizio sanitario nazionale procedure frazionate non soggette ad alcun tipo di controllo né sulle quantità totali dei beni e servizi acquistati, né sui rinnovi degli affidamenti ovvero del ricorso alle procedure in deroga,

impegna il Governo:

1) a rafforzare, anche mediante le necessarie iniziative normative, la competenza in tema di predisposizione di controlli preventivi dell'Anac nel settore sanitario attraverso, da un lato, l'introduzione di nuovi modelli di governance e, dall'altro, il rafforzamento del sistema dei controlli preventivi sulle gare d'appalto per l'acquisizione di beni durevoli e non e dei servizi, anche attraverso operazioni finalizzate a uniformare e rendere tracciabile il processo che va dalla definizione del fabbisogno e dalla programmazione dei beni da acquistare e dei servizi da appaltare, per giungere sino agli aspetti legati alla logistica e alle giacenze di magazzino;

2) a rafforzare, d'intesa con le regioni, la rete dei controlli preventivi sulle gare d'appalto per acquisizioni di dispositivi medici e ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per il completamento dell'istituzione delle Centrali uniche di acquisto da parte delle stesse regioni, anche attraverso la predisposizione di uniformi sistemi di controlli esterni che diano la possibilità di rilevare l'eventuale esistenza di anomalie negli acquisti che potrebbero rivelare la presenza di azioni corruttive ai danni di cittadini ed utenti finali;

3) ad adottare iniziative per introdurre nuovi sistemi di controllo, d'intesa con l'Aifa e con le regioni, ai fini del controllo della spesa farmaceutica convenzionata e soprattutto di quella ospedaliera, per garantire il rispetto dei princìpi di imparzialità e trasparenza;

4) a valutare l'opportunità di modificare, anche attraverso le opportune iniziative normative di competenza, il ruolo della Consip, al fine di dotarla di competenze e strumenti che possano permetterle di incidere in modo più efficace ed efficiente nell'ambito delle procedure di acquisto e nei meccanismi di assegnazione degli appalti, segnatamente in ambito sanitario, considerato il rilevante ruolo che riveste tale società nell'ambito della predisposizione dei bandi e delle gare della pubblica amministrazione nel nostro Paese.
(1-01773) «Palese, Occhiuto».


      La Camera,

          premesso che:

              lo sviluppo tecnologico in ambito militare tende da sempre ad accrescere il raggio d'azione dei sistemi d'arma, in modo tale da aumentarne o mantenerne la letalità, riducendo contestualmente il rischio di esporne l'utilizzatore alla reazione avversaria;

              la robotizzazione dei sistemi militari ha già condotto ad importanti applicazioni operative, in particolare nel campo dei droni armati, o Ucav, e dei dispositivi per il disinnesco di ordigni esplosivi;

              gli Ucav, in particolare, possono essere manovrati anche a distanza di migliaia di chilometri, circostanza che è già stata all'origine di un ampio dibattito circa l'opportunità di affidare ad una persona che non ha contatti diretti con il teatro d'operazioni la responsabilità di decidere se, dove e con quali armi attaccare, con la conseguenza di risparmiare o stroncare delle vite umane;

              la possibile evoluzione della robotizzazione nella direzione della progettazione e della fabbricazione di armi che non hanno bisogno della guida umana genera preoccupazioni pratiche e di ordine morale non trascurabili;

              è tuttavia evidente che il ricorso alla robotica può permettere ai Paesi occidentali la possibilità di economizzare gli organici da impiegare in eventuali conflitti armati all'estero;

              l'intero Occidente, seppure in misura maggiore o minore a seconda dei casi, avverte gli effetti di un'importante crisi demografica che non potrà non ripercuotersi anche sulla capacità delle Forze armate di reclutare personale;

              il sistema internazionale appare tuttora attraversare una fase molto fluida, altamente conflittuale, destinata prevedibilmente a durare, circostanza che non autorizza alcun particolare ottimismo relativamente alla possibilità di contrarre ulteriormente gli strumenti militari;

              esiste una relazione diretta tra tecnologie disponibili, possibilità di risparmiare vite umane, riduzione dei rischi connessi all'impiego della forza e capacità anche politica di utilizzarla effettivamente;

              la transizione alla robotizzazione dei sistemi d'arma è quindi probabilmente necessaria, così com'è indispensabile predisporre la futura difesa di questi strumenti dall'offesa cibernetica,

impegna il Governo:

1) ad uniformarsi alle decisioni in merito allo sviluppo degli Autonomous Weapons Systems che verranno assunte dai principali alleati dell'Italia ed, in particolare, nell'ambito dell'Alleanza Atlantica;

2) qualora in ambito atlantico un numero consistente di Paesi decida di sviluppare gli AWS, ad adoperarsi affinché anche l'industria nazionale dei materiali d'armamento non sia esclusa dal processo che tende alla loro progettazione e produzione;

3) nel caso in cui venisse avviata in ambito atlantico e quindi anche nazionale la progettazione e fabbricazione di AWS, ad assumere iniziative per orientare parte dell'attività di ricerca e sviluppo nella predisposizione di difese idonee a proteggere i sistemi d'arma robotizzati dall'offesa cibernetica;

4) ad escludere comunque l'impiego futuro degli AWS sul territorio nazionale nel mantenimento dell'ordine pubblico, fermo restando il loro eventuale utilizzo nel disinnesco di ordigni.
(1-01774) «Picchi, Caparini, Fedriga, Allasia, Altieri, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Lo Monte, Marti, Molteni, Pagano, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


      La Camera,

          premesso che:

              la provincia di Brescia è quella dove si producono quantitativi ingenti di rifiuti urbani oltre 50 per cento in più della media nazionale;

              nella città di Brescia è attivo il più grande inceneritore d'Europa da 800 mila tonnellate/anno e nel territorio bresciano vengono importate enormi quantità di rifiuti speciali pari a circa 10 milioni di tonnellate/anno, per il loro trattamento in siderurgia e in metallurgia, nell'inceneritore per i rifiuti urbani e speciali importati, e per la collocazione in discarica, dove finiscono i rifiuti speciali pericolosi e non;

              i rifiuti sversati tra il Casertano ed il Napoletano assommerebbero a circa 10 milioni di metri cubi, quelli sversati sul territorio della sola provincia di Brescia raggiungono la cifra stratosferica di circa 60 milioni di metri cubi;

              la provincia di Brescia, in vista del nuovo piano provinciale rifiuti, effettuò un censimento aggiornato a fine 2005, dal quale si è appreso che tra le discariche cessate, 109, e discariche ancora attive, 30, sono stati interrati complessivamente circa 35 milioni di metri cubi di rifiuti speciali, pericolosi e non, e «inerti», a questi vanno aggiunte le discariche «fantasma» quelle non censite, perché gestite precedentemente alla normativa sui rifiuti speciali del 10 settembre 1982, che sulle base delle produzioni storiche del settore metallurgico e chimico, si possono stimare in almeno circa 5 milioni di metri cubi;

              l'afflusso di rifiuti ha, con tutta evidenza, provocato e continua a provocare una devastazione ambientale, della quale non si ha ancora una precisa valutazione delle sue dimensioni, attraverso emissioni in atmosfera degli impianti di trattamento, inquinamento delle falde, compromissione dei terreni con la disseminazione di centinaia di tumuli di materiali contaminati nelle varie discariche, oggi controllate, ma che fino a poco più di vent'anni fa non lo erano;

              nonostante la grave situazione si continua ad aprire discariche, nonostante che da tempo siano noti i rischi ambientali e alla salute dei cittadini;

              i rifiuti speciali collocati in discarica dal 2006 ad oggi, che, secondo dati dell'Ispra (aggiornati al 2013, da cui si può ricavare il trend anche per gli ultimi due anni) ammontano a circa 10 milioni e 900 mila metri cubi. Tirate le somme ecco il cumulo immenso di rifiuti speciali che sono stati sversati sul territorio bresciano: 58.705.500 milioni di metri cubi;

              nel biennio 2012-2013 , da dati Ispra, si è appreso che quasi tutti i rifiuti speciali della Regione Lombardia sono stati interrati nella provincia di Brescia, 1.638.298 t/a su 2.251.413 t/a lombardi nel 2012 e 1.809.068 t/a su 2.500.226 t/a lombardi nel 2013, mediamente il 72,5 per cento;

              Brescia, inoltre, è gravata da ben 4 discariche di rifiuti radioattivi, di cui una sola sembrerebbe quella messa in sicurezza;

              a Brescia oggi la situazione è assolutamente insostenibile e sono necessarie azioni improrogabili ed efficaci in quanto ogni limite di compatibilità in questo settore è stato ampiamente superato;

              con forza i comitati ambientalisti di Brescia e i cittadini che si sono mobilitati hanno posto la questione della necessità di una moratoria almeno triennale su tutto il territorio della provincia di Brescia dell'avvio di nuovi impianti di discarica da adibire allo smaltimento di rifiuti sia sul suolo che nel sottosuolo, nonché degli impianti di trattamento dei rifiuti, non ancora attivi, una moratoria necessaria per consentire l'avvio e la conclusione delle attività di bonifica, improrogabili, al fine della tutela della salute dei cittadini e della tutela dell'ambiente,

impegna il Governo:

1) ad effettuare, in tempi certi, la mappatura precisa di tutte le fonti inquinanti e delle zone compromesse, alla ricerca, in particolare, di quelle discariche «fantasma», che sono state attivate in un'epoca ante normativa in materia di rifiuti speciali;

2) ad assumere iniziative per stabilire una moratoria almeno triennale, su tutto il territorio della provincia di Brescia, dell'avvio di nuovi impianti di discarica, da adibire allo smaltimento di rifiuti sia sul suolo che nel sottosuolo, nonché degli impianti di trattamento dei rifiuti, non ancora attivi, una moratoria necessaria per consentire l'avvio e la conclusione delle attività di bonifica, improrogabili, al fine della tutela della salute dei cittadini e della protezione dell'ambiente;

3) a garantire in tempi certi la definizione, per quanto di competenza, di un piano di bonifica sostenuto da uno stanziamento adeguato, certo e pluriennale, finalizzato all'avvio e alla completa realizzazione del citato piano;

4) a garantire la piena partecipazione della popolazione e dei comitati ambientalisti a tutte le fasi della mappatura e alla verifica dell'attuazione del piano di bonifica del territorio della provincia di Brescia;

5) ad assumere iniziative per introdurre, ai fini dell'individuazione di nuovi impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti, un fattore di pressione non basato esclusivamente sulle volumetrie delle discariche, ma quale massima concentrazione di aree e di volume di rifiuti conferibili su unità di superficie territoriale;

6) ad assumere iniziative per subordinare la realizzazione di nuovi impianti o l'ampliamento di impianti per lo smaltimento di rifiuti, ovvero di impianti la cui realizzazione potrebbe determinare un peggioramento della qualità dell'aria, ad una concreta e significativa diminuzione del predetto fattore di pressione.
(1-01775) «Pellegrino, Marcon, Civati, Daniele Farina, Fratoianni».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


      OLIVERIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un apposito fondo da ripartire tra i vari Ministeri, finalizzato al finanziamento di investimenti per lo sviluppo infrastrutturale del Paese in vari settori, incluso, tra gli altri, quello relativo alla difesa del suolo, dissesto idrogeologico, risanamento ambientale bonifiche;

          è previsto espressamente nello stesso provvedimento che l'utilizzo del citato fondo deve esser disposto con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con gli altri Ministeri interessati e che con medesimi decreti sono individuati gli interventi da finanziare e i relativi importi nonché, eventualmente, le modalità di utilizzo dei contributi;

          con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 luglio 2017, registrato dalla Corte dei conti l'11 settembre 2017, è stata disposta la ripartizione del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese tra le varie categorie di intervento e fra i Ministeri competenti, tra i quali il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per un complessivo importo pari a 15.309.245 euro di cui 1.231.075 euro anno 2017, 4.378.170 euro anno 2018, 5.200.000 euro anno 2019, 4.500.000 euro per gli anni 2020/2032, destinati al finanziamento di interventi nel settore della difesa del suolo, del dissesto idrogeologico e del risanamento ambientale;

          sino alla data odierna non sono stati assunti i necessari provvedimenti attuativi pur nelle urgenti necessità di intervento nel settore di destinazione delle risorse;

          tale ritardo assume particolare gravità in un settore nel quale l'incidenza del cambiamento climatico in atto aumenta i rischi territoriali e rende sempre più necessari ed urgenti specifici interventi di prevenzione e di tutela;

          rispetto alla ben nota esigenza di interventi in infrastrutture per l'economia del Paese anche a fini occupazionali, è urgente provvedere alla realizzazione dei lavori per i quali sono stati disposti i sopraindicati finanziamenti –:

          quali siano gli ostacoli alla realizzazione degli interventi in difesa del suolo e di prevenzione dal rischio idrogeologico di cui al finanziamento disposto con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 luglio 2017 e quali iniziative si intendano adottare per consentire che si realizzino quanto prima.
(4-18714)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


      PAGANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          alla conclusione dei lavori della sua 72ª sessione, il terzo comitato dell'assemblea generale delle Nazioni Unite – che si esprime sulle materie sociale, umanitaria e culturale – ha approvato tra il 21 ed il 22 novembre 2017 cinque progetti di risoluzione, uno dei quali dedicato ai diritti dei bambini;

          l'approvazione della risoluzione sui diritti dei bambini, stando allo stesso resoconto redatto dai servizi tecnici delle Nazioni Unite, è stata oggetto di un aspro confronto;

          l'oggetto del contendere sono stati i ruoli rispettivi di Stato e famiglia nell'educazione dei bambini, con particolare riferimento alla salute sessuale e riproduttiva;

          la bozza originaria del documento sottoposto all'attenzione del Terzo comitato non prevedeva il riconoscimento del ruolo spettante in questi campi delicati alla famiglia, che è stato invece introdotto grazie ad un emendamento presentato dall'Egitto e commentato favorevolmente, a quanto consta all'interrogante, dai rappresentanti di Singapore e della Federazione russa, contro il diverso avviso di Uruguay e Sud Africa;

          obiettivo dell'Egitto e dei Paesi che hanno sostenuto l'emendamento era quello di porre un argine al tentativo di imporre, su scala mondiale, un modello educativo che sottrae alla famiglia la responsabilità di educare in materia sessuale i figli secondo i propri valori, per rimetterla interamente agli Stati, con l'effetto, secondo l'interrogante, di sostenere globalmente l'affermarsi della teoria gender ed incoraggiare oltremodo la propaganda della promiscuità sessuale anche tra bambini di età inferiore ai dieci anni;

          sottoposto ai voti, l'emendamento egiziano ha ottenuto 90 voti favorevoli e 76 contrari, mentre altri otto Stati si sono astenuti;

          risulta incredibile che l'Italia sia stata tra i Paesi che hanno votato contro l'emendamento egiziano, malgrado il ruolo decisivo nell'educazione dei figli che l'articolo 30 della Costituzione della Repubblica assegna ai genitori –:

          come si giustifichi il voto espresso dal rappresentante italiano al Terzo comitato dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite e se questo sia l'esito di una precisa direttiva politica impartita dai vertici del Ministero degli affari esteri, considerato che tale voto pare all'interrogante in chiara contraddizione con la lettera e lo spirito della Costituzione;

          qualora la decisione sull'emendamento egiziano sia stata presa dal rappresentante italiano senza alcuna direttiva dalla Farnesina, quali iniziative si ritenga di assumere nei suoi confronti.
(4-18726)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata:


      BORGHI, BERGONZI, STELLA BIANCHI, BRAGA, CARRESCIA, COMINELLI, DE MENECH, GADDA, GINOBLE, TINO IANNUZZI, MANFREDI, MARIANI, MARRONI, MASSA, MAZZOLI, MORASSUT, REALACCI, GIOVANNA SANNA, VALIANTE, ZARDINI, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          il problema dei rifiuti dispersi in mare e lungo le coste (cosiddetto marine litter e beach litter) sta assumendo proporzioni sempre più preoccupanti: i cotton fioc sono il rifiuto che inquina di più le spiagge italiane – circa cento milioni di pezzi – mentre oltre l'80 per cento dei rifiuti sulle spiagge è rappresentato da plastiche;

          la plastica costituisce il 97 per cento dei rifiuti in mare e la cattiva gestione dei rifiuti a monte resta la principale causa del fenomeno: un'indagine di Enea ha identificato l'85-94 per cento delle plastiche raccolte come polimeri termoplastici, in prevalenza polipropilene e polietilene a bassa ed alta densità, materiali che per semplice riscaldamento possono essere rimodellati e riciclati;

          l'indagine ha monitorato anche le fonti d'inquinamento da microplastiche che, per le dimensioni inferiori a 5 millimetri, non vengono trattenute dagli impianti di depurazione delle acque reflue. I frammenti, prodotti dalla degradazione delle plastiche, rappresentano il 46 per cento degli «oggetti» rinvenuti lungo le spiagge italiane;

          le microplastiche sono la causa principale dell'introduzione di plastica nel biota: esse vengono ingerite direttamente dagli organismi acquatici con conseguenti lesioni interne, ridotta fecondità, disturbi ormonali, intossicazioni da sostanze chimiche e bioaccumulo nella catena trofica;

          la misura del fishing for litter, ovvero del coinvolgimento dei pescatori nella raccolta dei rifiuti in mare, indicata nell'ambito della strategia marina del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è buona ma non basta. È indispensabile prevenire il problema, attuando campagne di sensibilizzazione e lavorando sull'innovazione di processo e di prodotto e sull'avvio di una filiera virtuosa del riciclo;

          è, inoltre, necessario espandere gli accordi di programma previsti dall'articolo 27 della legge n. 221 del 2015 (cosiddetto collegato ambientale), anche attraverso l'emanazione del decreto previsto dal comma 2 del medesimo articolo;

          secondo l'Unep (United Nations environment programme) l'impatto economico derivato dai rifiuti nei mari del pianeta è di 8 miliardi di euro l'anno e la spesa europea per la pulizia annuale delle spiagge è stimata in circa 412 milioni di euro;

          il 4 dicembre 2017 è iniziato a Nairobi un vertice Onu per un accordo globale contro l'inquinamento legato ai rifiuti di plastica negli oceani e nei mari, con rappresentanti di circa cento Paesi, per scongiurare lo scenario dell'Unep che prevede che nel 2050 la quantità di plastica eguaglierà quella dei pesci –:

          quali siano le iniziative e le strategie del Governo in relazione al problema del marine litter.
(3-03420)


      L'ABBATE, ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO e TERZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          si richiama l'attenzione sull'interrogazione n. 5-10764 e sulla risposta del Sottosegretario per l'economia e le finanze Baretta;

          si rileva la circolare n. 1/2017 del Ministero dell'economia e delle finanze concernente «Chiarimenti sull'applicazione della tassa sui rifiuti (TARI). Calcolo della parte variabile»;

          si richiama l'attenzione sull'atto n. 2-02038 dove si chiedeva se una famiglia composta da 4 persone che detiene nel medesimo comune due immobili, utilizzati come «utenza domestica», di cui uno di 100 metri quadrati e l'altro non locato di 80 metri quadrati, debba pagare due volte la «quota variabile» della Tari. Nella risposta si faceva riferimento alla sentenza n. 8383 del 5 aprile 2013 della Corte di cassazione che non riguarda il caso esposto, trattandosi di immobili presenti in due comuni differenti e non nel medesimo. Risulta, pertanto, ancora non chiaro se al contribuente il cui nucleo familiare è detentore di più immobili nello stesso comune vada computata una sola volta la quota variabile della Tari in relazione alla superficie totale dell'utenza domestica o se questa vada computata per ognuno degli immobili;

          con la sentenza n. 4611 del 13 aprile 2017 la II sezione civile del tribunale amministrativo regionale del Lazio ha dichiarato l'illegittimità del silenzio-inadempimento serbato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonostante la diffida inviata il 12 maggio 2016, rispetto all'obbligo su di esso gravante di concludere il procedimento volto alla definizione dei criteri per l'assimilabilità dei rifiuti speciali a quelli urbani, mediante l'adozione di apposito decreto ex articolo 195, comma 2, lettera e), del decreto legislativo n. 152 del 2006 e condannando l'amministrazione all'adozione dei conseguenti provvedimenti;

          la sentenza ha dichiarato altresì l'obbligo del Ministero di concludere il procedimento menzionato nella diffida adottando, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, il decreto che fissi i criteri per l'assimilabilità dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani nel termine di giorni 120 dalla comunicazione, in via amministrativa, o dalla notifica, ad istanza di parte, della presente sentenza;

          i 120 giorni risultano abbondantemente trascorsi senza che da parte dei Ministeri vi sia stata la pubblicazione di alcun decreto. Esiste una bozza di testo che, allo stato attuale, non fissa criteri uniformi ed oggettivi su tutto il territorio nazionale e non stabilisce un limite quantitativo omogeneo ai rifiuti assimilabili –:

          se intenda finalmente risolvere le problematiche esposte in premessa che rendono gravosa e non equa per i cittadini il pagamento della Tari, la tassa rifiuti.
(3-03421)

Interrogazione a risposta scritta:


      DE ROSA, BUSTO, DAGA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          A2A Ambiente ha recentemente acquistato un terreno di 35 mila metri quadri nel comune di Bedizzole (Brescia), al confine con Calcinatello, frazione del comune di Calcinato (Brescia);

          l'acquisto del terreno è finalizzato alla realizzazione di un impianto di trattamento della forsu (frazione organica dei rifiuti urbani), per una capacità iniziale di 75 mila tonnellate all'anno, per la quale è stata avviata la procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA);

          il territorio bresciano, e la zona di Calcinato in particolare, risulta già fortemente caratterizzato da una fitta presenza di impianti di trattamento dei rifiuti e di discariche di rifiuti pericolosi;

          in particolare, nel territorio interessato insiste già una discarica di rifiuti speciali di proprietà della Faeco s.r.l., un impianto di compostaggio del verde di proprietà di A2A, un impianto di cogenerazione a biomassa legnosa della ditta Energy Power srl, oltre ad un impianto di recupero di rottami in alluminio. È stato, inoltre, recentemente autorizzato un impianto a biogas per la produzione di energia elettrica alimentato da reflui zootecnici, gestito dalla società Abruzzo Energia srl;

          il nuovo impianto di trattamento della forsu che A2A intende realizzare si trova nel comune di Bedizzole (Brescia), ma gli impatti più negativi, per la vicinanza delle abitazioni, ricadrebbero sull'abitato di Calcinato (Calcinatello);

          per costruire il nuovo, ennesimo, impianto con corollario di emissioni odorigene ed emissioni di ammoniaca e Pm10, il comune di Bedizzole dovrà presto trasformare, tramite una variazione del piano di governo del territorio, la destinazione d'uso del terreno, acquistato da A2A come agricolo, in terreno industriale;

          il territorio di riferimento non necessita di nuovi impianti di trattamento rifiuti, poiché l'autonomia del territorio e della regione sono ampiamente assicurati dall'impiantistica (pubblica e privata) già presente e in attività –:

          considerato che situazioni come quella descritta tendono a ripetersi, quali iniziative di competenza intendano porre in essere i Ministri interrogati, anche sul piano normativo e di intesa con le regioni e gli enti locali, affinché sia garantita una accorta programmazione territoriale che eviti il proliferare di impianti per il trattamento di rifiuti e discariche concentrate in territori già saturi e con problematiche ambientali e di tutela della salute pubblica rilevanti.
(4-18711)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


      FASSINA e PANNARALE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          la pineta di Villa Massimo, parco comunale con vincolo paesaggistico dal 1927, sita in Roma, è una delle poche memorie dell'aspetto originario dei luoghi di quella che a fine ’800 era la Villa Massimo, che si estendeva tra la villa Torlonia e l'odierna piazza Bologna;

          la Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio di Roma, con una nota del 29 agosto 2017 (prot. N. 23618) ha accolto con prescrizioni, l'elaborato grafico, la relazione e il progetto di ripristino e restauro del giardino della Villa Massimo trasmessi dal municipio di Roma 2;

          secondo gli interroganti è opportuno verificare se la suddetta Soprintendenza abbia agito nel rispetto dei princìpi costituzionali di tutela dei beni ambientali, paesaggistici e architettonici, della trasparenza, dell'imparzialità dell'azione della pubblica amministrazione;

          in particolare, è necessario verificare se, nel dar seguito alla richiesta di titolo concessorio ex articolo 57-bis del decreto legislativo n. 42 del 2004 del dipartimento tutela ambientale del comune di Roma, struttura, a giudizio degli interroganti, non legittimata in quanto le competenze relative all'area in questione, Punto verde infanzia, in base all'ordinanza del sindaco di Roma n. 43 del 2014 sono in capo all'ufficio di scopo indirizzo e coordinamento Punti verdi, la Soprintendenza abbia osservato le norme in materia di vincoli ambientali, paesaggistici e architettonici;

          occorre, quindi verificare se la Soprintendenza, nel portare avanti l’iter amministrativo previsto per il titolo concessorio ex articolo 57-bis del decreto legislativo n. 42 del 2004 in merito alla richiesta del municipio di Roma II, che per gli interroganti non sembra, legittimato ad agire dalle norme sul decentramento del comune di Roma, abbia osservato le norme in materia di vincoli ambientali, paesaggistici e architettonici,

          considerato che l'autorizzazione avrebbe dovuto essere rilasciata prima della concessione, essendo l'area sottoposta a tutela;

          occorre inoltre verificare se la Soprintendenza, nel dare seguito al testimoniale dei luoghi e al progetto di ripristino trasmesso dal municipio di Roma II con nota prot. n. 4891 del 13 marzo 2017 ad un concessionario avente plurimi contenziosi sul bene in questione con il comune di Roma, abbia osservato le norme in materia di vincoli ambientali, paesaggistici e architettonici;

          occorre poi accertare se le stesse norme siano state pienamente rispettate dalla Soprintendenza speciale archeologia belle arti e paesaggio di Roma con riferimento alla nota del 12 ottobre 2017, riferita alla realizzazione di interventi non autorizzati di restauro e risanamento conservativo, nonostante tra le modificazioni realizzate figurino manufatti abusivi senza concessione edilizia;

          occorre, altresì, verificare se la Soprintendenza abbia considerato che il municipio ha emesso tre determinazioni dirigenziali di demolizione di edifici abusivi in quanto privi di concessione edilizia, documentazioni fatte pervenire dal comitato per la difesa della pineta di Villa Massimo;

          è necessario anche appurare se la Soprintendenza abbia considerato che l'estratto catastale, allegato alla richiesta di titolo concessorio e al testimoniale dei luoghi trasmesso dal municipio di Roma II il 4 marzo 2017, si riferisce a quattro condoni in sanatoria (concessi nel 1997) che sono stati tutti ritirati in autotutela nel 1999 e nel 2016, dall'ufficio speciale condoni edilizi (Usce) e dall'Ufficio condoni (Uce), come da documentazione fatta pervenire dal comitato per la difesa della pineta di Villa Massimo –:

          come si giustifichi l'autorizzazione concessa dalla Soprintendenza archeologica di belle arti e paesaggio di Roma relativa al progetto di ripristino e restauro dei giardini di Villa Massimo elaborato dal municipio di Roma 2, considerato che tale progetto per gli interroganti presenta profili di dubbia legittimità sul piano del rispetto dei vincoli paesaggistici e architettonici come evidenziato in premessa.
(4-18722)


      REALACCI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          il presente anno 2017 oramai al termine è stato l’«anno dei borghi»: un patrimonio straordinario del nostro Paese, luoghi del turismo sostenibile, lento, genuino, rispettoso delle comunità locali e della loro cultura e identità;

          il progetto, sostenuto, oltre che dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, da 18 regioni, da Enit e dalle associazione dei borghi, è funzionale a quanto previsto dallo stesso piano strategico 2017-22 del turismo che ha tra i propri obiettivi il rinnovamento e l'ampliamento della offerta turistica, la valorizzazione di nuove mete e la creazione di occupazione contro lo spopolamento delle nostre aree interne;

          le manifestazioni dei cortei in costume, delle rievocazioni e dei giochi storici costituiscono un'antica e nobile tradizione delle strade e delle piazze italiane: luoghi naturalmente essenziali per la vita sociale e culturale delle città. I giochi e le rievocazioni storiche favoriscono, all'interno delle collettività in cui sono inseriti, un forte spirito di aggregazione e offrono uno spettacolo che, oltre al piacere ludico, è un reale mezzo di promozione culturale e turistica. Per ogni manifestazione storica, regata, palio o giostra, si registrano in media circa 24.000 presenze. Il tasso di autofinanziamento di tali eventi, peraltro, è elevatissimo (60 per cento contro il 39,40 per cento di finanziamento pubblico), ottenuto tramite sponsorizzazioni, vendita di prodotti, di servizi e di biglietti, nonché contributi degli associati. Il volume di affari è elevato e si attesta su svariati milioni di euro tra indotto diretto e indiretto. Un migliore coordinamento delle stesse non potrebbe che concorrere al rafforzamento di queste attività culturali e della nostra attrattiva turistica nel mondo;

          l'8 novembre 2017 il Governo ha accolto un ordine del giorno a prima firma dell'interrogante, presentato assieme ai colleghi Nardelli e Borghi, per l'istituzione di un albo nazionale delle manifestazioni, dei cortei in costume, delle rievocazioni e dei giochi storici e di prevedere forme di deducibilità e detraibilità delle erogazioni agli enti promotori delle stesse;

          il suddetto Ministero, d'intesa con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha proclamato il 2018 l'anno del cibo e il 2019 l'anno del turismo lento –:

          se il Ministro interrogato intenda valutare l'opportunità di assumere le iniziative di competenza per avviare l’iter di proclamazione del 2020 come «l'anno delle manifestazioni dei cortei in costume, delle rievocazioni e dei giochi storici» in Italia.
(4-18723)


      PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          il 15 novembre 2017 i rappresentanti dei sindacati e delle associazioni nazionali delle guide turistiche sono stati ascoltati in audizione dal coordinatore della Commissione turismo della Conferenza delle regioni, Giovanni Lolli. L'audizione si è tenuta per discutere dello «schema di intesa inerente i requisiti di accesso all'esercizio della professione di guida turistica»;

          in merito alla bozza del documento riguardante l'intesa, le associazioni di categoria hanno manifestato «la necessità di una norma primaria di livello nazionale che fornisca la definizione di guida turistica, necessità condivisa anche dalle Regioni per quanto pronte a firmare un'intesa cosiddetta forte; la richiesta di ponderare al meglio l'attuale definizione di guida turistica che appare essere limitativa, nonché l'opportunità di esplicitare, nella norma transitoria (articolo 10 del testo provvisorio), che coloro che hanno conseguito il titolo di guida lo manterranno anche dopo l'entrata in vigore dell'Intesa»;

          inoltre, le stesse associazioni hanno espresso, «sempre all'articolo 10, la possibilità di arginare il dilagare dei corsi di formazione, prevedendo un termine al di là del quale il corso dovrà necessariamente rientrare nell'ambito di applicazione della nuova normativa, per quanto appaia difficile individuare una data certa che possa essere giuridicamente sostenibile. Hanno rimarcato la necessità di prevedere aggiornamenti formativi periodici ed obbligatori, che garantirebbero un costante approfondimento di nuove conoscenze a garanzia della qualità del servizio reso; l'esigenza di chiarire che l'esame deve esse pubblico e tenuto ad esclusione dei rappresentanti degli Enti di formazione»;

          in ultimo, hanno comunicato «l'opportunità di prevedere la sola laurea specialistica quale titolo di accesso all'esame abilitante, la necessità di prevedere l'esame orale in lingua straniera, anche previo pagamento da parte del candidato del relativo onere economico, piuttosto che la presentazione della sola certificazione e la richiesta di una legge statale per regolamentare la professione citata, non un'intesa, la quale potrebbe essere vista quale soluzione temporanea nell'attesa di un progetto di riordino complessivo che passi attraverso gli organi parlamentari»;

          nel corso dell'audizione, l'Angt ha espresso la sua ferma opposizione nei confronti degli atti che sono stati predisposti dal Coordinamento delle regioni. Adina Persano, presidente di Angt ha dichiarato: «consideriamo il documento di Intesa tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome sulla Guida Nazionale uno sfregio alla professione e all'articolo 9 della Costituzione. La legge di riordino di una professione non può essere istituita con un'Intesa tra lo Stato e le Regioni, ma con leggi del Parlamento italiano»;

          l'Angt chiede «al Mibact, e anche alle Regioni che hanno a cuore il loro patrimonio e la ricchezza dei loro beni culturali, di non sottoscrivere l'Intesa ma di chiedere formalmente una vera e corretta legge di riordino, con esami rigorosi per formare professionisti seri e consapevoli del loro ruolo nel turismo. Angt dichiara formalmente lo stato di agitazione se le Regioni continueranno nella loro perseveranza e volontà di procedere riservandosi di denunciare ogni atto illegittimo all'autorità giudiziaria»;

          in ultimo, Persano ha evidenziato come «nel testo predisposto dalle Regioni non convincano le regole poco chiare ma, soprattutto, esprimiamo la nostra forte contrarietà per i corsi formativi gestiti da enti privati che hanno peraltro già dimostrato il loro fallimento nella forma e nei contenuti. La professione non può essere preda di interessi privati. Siamo convinti della necessità di attivare percorsi universitari seri e rigorosi. Non dimentichiamo che la professione di Guida Turistica è profondamente connessa alla corretta conoscenza del patrimonio storico-artistico e culturale della Nazione; ma anche alla tutela del “turista-consumatore”, che ha diritto ad usufruire di un servizio di livello adeguato, reso da soggetti che abbiano previamente dimostrato la conoscenza specifica del medesimo»;

          con precedenti atti di sindacato ispettivo, da ultimo l'interrogazione n. 4-18166 del 16 ottobre 2017, il primo firmatario del presente atto ha sollecitato urgenti iniziative ai fini del riesame della disciplina della professione di guida turistica. Tuttavia, il Governo non ha adottato alcuna iniziativa in merito –:

          quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in relazione ai fatti esposti;

          quali opportune e urgenti iniziative normative intenda assumere per regolamentare il settore menzionato;

          se intenda assumere iniziative volte ad accogliere le richieste esposte dall'Angt e dai rappresentanti dei sindacati e delle associazioni nazionali delle guide turistiche durante l'audizione riportata in premessa;

          se intenda assumere urgentemente iniziative per definire una normativa complessiva di riordino delle professioni turistiche, che preveda esami specifici per formare professionisti qualificati all'interno del settore menzionato.
(4-18728)

DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:


      CAPELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          il tema delle servitù militari è molto sentito in Sardegna;

          in particolare, appaiono preoccupanti i gravi ritardi nei pagamenti da parte dello Stato degli indennizzi previsti per i comuni interessati dalle servitù militari;

          nel maggio 2017 il Governo aveva, tra l'altro, affermato che, per il quinquennio 2010-2014, il Ministero della difesa si era fatta promotore dell'avvio delle procedure necessarie per i pagamenti e ricordato che era stato firmato un decreto del Ministero della difesa, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, propedeutico all'emissione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per il quinquennio citato;

          purtroppo, però, la situazione non si è risolta. Stando a quanto emerge dalla riunione del comitato misto paritetico che si occupa di armonizzare le servitù militari in Sardegna, gli indennizzi sopra citati sarebbero caduti in perenzione, ossia non sarebbero più esigibili;

          si tratterebbe di una cifra vicina ai 15 milioni di euro che i comuni interessati perderebbero, con evidenti e gravi conseguenze per i bilanci degli stessi, mentre resterebbero a disposizione solo 1,9 milioni di euro per il 2015 e 2 milioni di euro per il 2016;

          inoltre, il Ministero della difesa ha diminuito i contribuiti alla Sardegna del 10 per cento, nonostante in Sardegna sia presente il 60 per cento di tutte le servitù militari italiane;

          sembra, però, che un accordo sulle servitù militari sia imminente, ma non appare chiaro se questa risolverà la questione sopra esposta;

          alla presenza militare in Sardegna fa anche riferimento la vicenda della nuova caserma di Pratosardo a Nuoro;

          nel giugno 2016, il Governo confermava che la nuova caserma sarebbe stata occupata in tempi rapidi da personale delle Forze armate, fugando il timore di un diverso utilizzo della citata caserma;

          ciò veniva confermato anche nel maggio 2017, dove, però, veniva precisato che l'utilizzo dell'immobile era vincolato alla riacquisizione, da parte del Ministero della difesa, della caserma stessa che era nella disponibilità del comune di Nuoro, che stava procedendo ad ultimare le attività di collaudo delle opere utilizzate;

          nonostante tutte le rassicurazioni la caserma è ancora non utilizzata, mentre si teme che essa venga destinata non come nuova unità dell'Esercito, ma per altri scopi non direttamente legati all'attività militare –:

          quali iniziative di competenza intenda intraprendere la Ministra interrogata per affrontare le situazioni sopra esposte, tra loro collegate, precisando in particolare i termini dell'accordo sulle servitù sopra citato e dando conferme certe per la vicenda di Pratosardo.
(3-03419)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata:


      CAON. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          è noto come dall'attività della Guardia di finanza si individui una diffusa e consistente evasione delle imposte sui redditi da parte di collaboratori domestici (colf e badanti) realizzata mediante la mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali ed il conseguente omesso versamento delle imposte;

          si tratta di evasori totali perché, pur avendo percepito, a fronte di assistenza prestata nei confronti di anziani e persone bisognose di cure fisiche e domestiche, compensi annui superiori alla soglia oltre la quale la legge impone l'obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi, spesso non adempiono a tale onere, evadendo le relative imposte;

          ciò è possibile perché i datori di lavoro privati non sono sostituti d'imposta e quindi non sono tenuti a fornire alcuna comunicazione relativa alle somme corrisposte e, di conseguenza, sulle somme erogate non viene operata alcuna ritenuta;

          a tal proposito, potrebbe ritenersi opportuno istituire un controllo automatizzato mediante incrocio dei dati tra posizioni Inps regolarmente alimentate da versamenti trimestrali eseguiti dai datori di lavoro privati e le dichiarazioni dei redditi annualmente presentate all'Agenzia delle entrate dai lavoratori domestici. In tal modo la posizione fiscale di quei lavoratori assunti con un regolare contratto di lavoro da privati, che pagano trimestralmente i contributi Inps, verrà verificata rispetto alla presentazione delle dichiarazioni dei redditi;

          è importante ricordare che non solo il salario periodico viene corrisposto al lordo, ma anche il trattamento di fine rapporto spettante al lavoratore viene corrisposto senza alcuna ritenuta, occultando di fatto un consistente gettito all'erario;

          appare, quindi, fondamentale attuare puntuali procedure di verifica e di contrasto all'evasione su questa specifica categoria di contribuenti, considerato che ad essi di frequente vengono erogate delle indennità di disoccupazione (più volte durante la vita lavorativa);

          tutto ciò non solo per contrastare la sottrazione ad imposizione di consistenti imponibili, ma anche per equità sociale, considerato che i collaboratori domestici (colf e badanti), così come tutti gli altri lavoratori dipendenti, hanno diritto ad accedere ai benefici economici erogati dall'Inps –:

          quali siano i dati relativi all'evasione riscontrata dalla Guardia di finanza in relazione alle imposte sui redditi da parte di collaboratori domestici, quali azioni il Governo intenda intraprendere per contenere tale fenomeno e se non intenda, al fine di contrastare evasione ed elusione e a salvaguardia dei lavoratori stessi, attivare un controllo straordinario di regolarità contributiva e fiscale riguardante colf e badanti.
(3-03412)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


      CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          si apprende da fonti di stampa della protesta avviata da Aldo Di Giacomo, segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria, in sciopero della fame, per chiedere una maggiore tutela del Corpo di polizia penitenziaria e, più in generale, per sensibilizzare le istituzioni e l'opinione pubblica sull'importante tema dell'emergenza sicurezza dentro e fuori dalle carceri italiane;

          la situazione delle carceri italiane, infatti, è sempre più drammatica e a farne le spese è soprattutto il Corpo di polizia penitenziaria, sottodimensionato di oltre tremila unità e costretto a turnazioni di lavoro massacranti e straordinari non sempre retribuiti;

          non è un caso che proprio la polizia penitenziaria detenga il triste primato del più alto tasso di suicidi fra tutte le compagini delle forze dell'ordine a causa delle condizioni di lavoro nelle carceri fortemente stressanti. Nonostante questo non è stata riconosciuta al suo personale, come a tutto il personale delle forze dell'ordine, l'esenzione dell'aumento dell'età pensionabile;

          troppo spesso, inoltre, gli agenti sarebbero oggetto di feroci aggressioni da parte dei detenuti: in media 12 ogni giorno sono costretti a ricorrere a cure mediche;

          la causa di questo, secondo quanto affermato da Di Giacomo, risiederebbe anche nelle recenti modifiche all'ordinamento penitenziario che hanno di fatto azzerato il carcere duro e hanno portato gli istituti di detenzione a una totale confusione;

          in primo luogo si critica fortemente il nuovo sistema delle «celle aperte» che permette ai detenuti di essere liberi di muoversi: i risultati sarebbero solo continue risse e una impossibilità di gestione da parte degli agenti, con un incremento abnorme degli «eventi critici», passati da circa 500 nel 2015 ai 3500 del 2017, pari ad un +700 per cento rapportato al biennio precedente;

          forti proteste ha generato, inoltre, l'aumento della paga oraria dei detenuti decisa ultimamente da una disposizione ministeriale: si è passati da 2,50 a 7,59 euro con un aumento di circa l'83 per cento, con un mensile che potrebbe sfiorare i mille euro, cifra sproporzionata sia in relazione agli stipendi mensili degli agenti di polizia penitenziaria, sia rispetto alla situazione economica delle famiglie delle vittime, troppo spesso private non solo dei propri cari, ma anche di un congruo risarcimento;

          suscita perplessità anche una circolare interna, secondo la quale i garanti dei detenuti di ogni ordine, anche quelli nominati dai consigli comunali, possano visitare senza autorizzazione i detenuti sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis; il rischio è quello che l'isolamento in carcere sia tale solo sulla carta e che soprattutto nei piccoli centri questo crei un vero e proprio canale per il passaggio di informazioni con l'esterno;

          si tratta, a parere dell'interrogante, di una situazione che merita la massima attenzione;

          se la detenzione e la pena hanno funzione rieducativa volta a favorire la risocializzazione e il reinserimento dei detenuti, è d'altro canto vero che maggiore attenzione ed effettiva tutela debba essere riservata agli agenti penitenziari nel loro lavoro svolto negli istituti di pena –:

          si il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e considerata la gravità degli stessi, quali iniziative urgenti intenda assumere, per quanto di competenza, per fronteggiare al più presto l'emergenza sicurezza nelle carceri, restituendo dignità alle forze dell'ordine e tutelando adeguatamente gli agenti di polizia penitenziaria nello svolgimento del loro compito.
(4-18710)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

          l'aeroporto Milano-Bresso «Franco Bordoni Bisleri» è collocato in una delle aree più popolose della città metropolitana di Milano, e all'interno del più grande parco pubblico d'Europa: il Parco nord;

          il Parco nord è una realtà voluta dai cittadini che si sono impegnati per la sua realizzazione e sono partecipi alla gestione. Per anni si sono battuti per la ricollocazione dell'aeroporto, considerandolo incompatibile con la presenza del Parco e lo hanno infine accettato con le limitazioni previste dall'accordo siglato nel 2007;

          l'aeroporto opera sotto la giurisdizione della direzione aeroportuale Lombardia dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac);

          l'Ente nazionale per l'aviazione civile disciplina la circolazione attraverso proprie ordinanze e, nello specifico con l'ordinanza n. 3 del 2011 del 15 novembre 2015, alla quale si è di recente succeduta l'ordinanza n. 7 del 2016 del 15 giugno 2016, in vigore dal 10 luglio 2016;

          il regolamento di scalo del 2011 costituiva il punto di caduta degli accordi intercorsi con il protocollo d'intesa del 31 luglio 2007, sottoscritto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, regione Lombardia, provincia di Milano, Consorzio Parco nord Milano, comuni di Bresso, Cinisello Balsamo e Milano: detto protocollo, aveva costituito soluzione di mediazione sul tema dell'incompatibilità dell'aeroporto con il polmone verde di Parco nord;

          in particolare, l'articolo 2 del protocollo 2007 escludeva opere o interventi che potessero configurare un potenziamento della capacità di traffico;

          il regolamento di scalo n. 1 del 15 dicembre 2011, infatti, individuava quali soggetti operanti all'interno dell'aeroporto: Aero Club Milano, Elite Aviation, A.o.p.a. (Aircraft owners and pilots association) Italia e Cap (club aviazione popolare);

          tale tipologia di operatori configura l'aeroporto come scuola piloti o infrastruttura per piccoli aerei da turismo (traffico consentito vfr — volo a vista);

          il nuovo regolamento adottato da Ente nazionale per l'aviazione civile in vigore dal 10 luglio del 2016, tradisce, a giudizio degli interroganti, lo spirito ed il dettato del protocollo del 2011, ampliando operatività dello scalo al traffico comunitario civile di aviazione generale e di aerotaxi, senza limitazione per il numero di posti e voli;

          poco prima dell'adozione del regolamento di scalo n. 7 del 2016 (datato 15 giugno) il prefetto di Milano ha rilevato inadeguate misure di sicurezza dell'aeroporto e con decreto del 22 marzo 2016 ha regolato le attività di volo dello scalo per garantire la sicurezza pubblica, in costanza di un'utilizzazione della infrastruttura per tipologia di traffico diversa da quella in esercizio dal 1° luglio 2016;

          la diversa destinazione di utilizzo tradisce gli accordi a suo tempo intercorsi e costituisce una modifica tanto più grave se si considera che il comune di Bresso e quelli limitrofi hanno una popolazione tra le più dense d'Italia (Bresso 7.765 abitanti per chilometro quadrato, Sesto San Giovanni 6.975 abitanti per chilometro quadrato, Cinisello Balsamo 5.900 abitanti per chilometro quadrato);

          la diversa destinazione di traffico non avrebbe dovuto prescindere da una verifica dei livelli di inquinamento acustico ed ambientale e del deterioramento della qualità della vita degli insediamenti urbani limitrofi, che risulta agli interroganti totalmente omessa dal nuovo regolamento dell'Enac;

          il consiglio comunale di Bresso alla presenza di rappresentanti dell'Enac il 25 maggio 2016, ha votato all'unanimità il mandato al sindaco per farsi promotore presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il prefetto di Milano e l'Enac, affinché l'aeroporto di Bresso rimanga una scuola per piloti e uno spazio per piccoli aerei da turismo, evidenziando la preoccupazione delle popolazioni dei comuni limitrofi all'aeroporto «per la presenza di una pista di atterraggio di dimensioni ridotte e di un sistema di sicurezza e antincendio non adatto a voli di dimensioni elevate»;

          a seguito dell'ordine del giorno del comune di Bresso e del comune di Cinisello Balsamo, il prefetto di Milano ha convocato un tavolo di confronto per ricercare una soluzione condivisa e coerente con gli accordi sottoscritti, tavolo che si è dotato di una struttura tecnica che ad oggi non ha ancora consegnato il proprio parere;

          in data 31 maggio 2017, l'Agenzia del demanio, con comunicazione, prot.N.2017/7239/DRL-STM1, dava riscontro alla richiesta della prefettura in merito alle procedure di demanializzazione delle aree da destinare al nuovo sedime aeroportuale ed evidenziava che non aveva titolo per affidare a terzi soggetti concessionari la gestione dello scalo, confermando quindi che le concessioni ad una molteplicità di soggetti, tra i quali la società Sky Service, fossero irregolari;

          decaduta la concessione Sky Service ed altre, nonostante le dichiarazioni dell'Agenzia del demanio, il 6 novembre 2017, l'ENAC ha avviato una nuova procedura per l'affidamento in concessione dell'aeroporto, nel cui disciplinare d'offerta si richiedono «Strategie societarie finalizzate allo sviluppo dell'attività di volo» –:

          quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, per garantire il rispetto degli impegni formalizzati nel protocollo di cui in premessa, con particolare riferimento alla recente assunzione di iniziative che avrebbero come effetto il potenziamento del traffico;

          quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per garantire adeguati livelli di sicurezza, salute e contrasto all'inquinamento ambientale e acustico per le popolazioni limitrofe allo scalo;

          se il Governo intenda convocare i sottoscrittori del citato protocollo d'intesa per verificarne la corretta attuazione, con particolare attenzione alla tutela della sicurezza e della salubrità ambientale, su cui si sono espresse istituzioni locali e cittadini, costituitisi in comitati a difesa del Parco nord, proprio nell'ottica di tutelare l'ambiente e la sicurezza.
(2-02046) «Gasparini, Cinzia Maria Fontana, Casati, Mauri, Cova».

Interrogazioni a risposta scritta:


      CASTIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          la stazione ferroviaria di Afragola pochi giorni fa è stata scenario di una vicenda drammatica che ha visto una giovane donna morire per un arresto cardiaco;

          purtroppo, l'intervento risoluto dei passanti, fra cui un medico che ha praticato le prime manovre di soccorso manuali, non sono state sufficienti a scongiurare il decesso della donna;

          non è dato sapere se l'immediato intervento in stazione con un defibrillatore o se l'arrivo tempestivo dei mezzi di soccorso (l'ambulanza è arrivata dopo 30 minuti dalla chiamata per le oggettive difficoltà nel trovare la strada che porta alla stazione avrebbero potuto evitare l'accaduto, ma certamente è vergognoso che una persona venga soccorsa così in ritardo;

          la stazione di Afragola è stata inaugurata da pochi mesi, ma, alla luce dei fatti, sembra che alla modernità della struttura a livello architettonico non corrisponda un'attenzione alla sicurezza degli utenti che la frequentano. Non è stata prevista la presenza di un defibrillatore sulle banchine o comunque di attrezzature di primo soccorso o di personale in grado di gestire queste situazioni di emergenza –:

          se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per introdurre l'obbligo di dotare le stazioni ferroviarie che ospitano almeno un flusso di 5.000 passeggeri al giorno, di defibrillatori e di personale debitamente formato ad utilizzarli.
(4-18713)


      CANCELLERI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          il corridoio plurimodale tirrenico nord Europa itinerario Agrigento-Caltanissetta A19 strada statale n. 640 «di Porto Empedocle», ammodernamento e adeguamento alla categoria B del decreto ministeriale 5 novembre 2009, dal chilometro 44+000 allo svincolo con l'A19, costituisce uno dei maggiori assi viari regionali e la principale via di comunicazione tra Agrigento e Caltanissetta;

          durante il corso dei lavori, il viadotto San Giuliano è stato sottoposto ad un notevole aumento del traffico veicolare anche da parte dei mezzi pesanti delle imprese incaricate della realizzazione del progetto e chiuso per problemi seri di staticità, portando all'attivazione di procedure di monitoraggio;

          si apprende da un articolo del Giornale di Sicilia del 29 novembre 2017 che il viadotto San Giuliano sarà riaperto a breve e che continua il monitoraggio dello stesso, anche se in una riunione del 4 maggio 2017, tenutasi a Roma con i vertici di Anas e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti era stato riferito all'interrogante che il monitoraggio era finito e si aspettavano i risultati, con l'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-11005 l'interrogante chiedeva i risultati del monitoraggio e come e quando sarebbe stato ripristinato il viadotto;

          sempre dallo stesso articolo si evince che, dirigenti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno chiesto chiarimenti sul ripristino della strada statale 22-bis, che, secondo loro, non rientra nelle opere di mitigazione, quindi tra le opere di compensazione;

          bisogna ripristinare tutta la strada statale 122-bis perché la sede stradale è stata danneggiata dal quotidiano passaggio dei mezzi pesanti della ditta CMC impiegati per i lavori in corso sulla strada statale 640, attraversata più volte per raggiungere la «Cava Giglio» a Petralia Sottana, creando stato di degrado e disagio, mettendo a elevato rischio l'incolumità di centinaia di cittadini che ogni giorno la percorrono, oltre alle migliaia di macchine che da Agrigento e Caltanissetta devono recarsi in A19 e che percorrono la via Borremans fino allo svincolo ad oggi in uso per l'autostrada;

          con riferimento alla parte della strada statale 122-bis che va dalla via Borremans alla stazione Xirbi è stato preso un impegno da parte del Governo pro tempore a seguito dell'approvazione della risoluzione n. 8-152 da parte della IX Commissione (Trasporti, Poste e Telecomunicazioni) il 10 novembre 2015 e si aspetta urgentemente di ripristinare la restante parte fino a S. Caterina Villarmosa –:

          quali siano i risultati ottenuti a seguito del monitoraggio del viadotto San Giuliano;

          come si intenda procedere al ripristino della viabilità;

          quando inizieranno i lavori di riparazione del viadotto e quando verranno ultimati;

          quali tipologie di opere si prevedano per il ripristino del viadotto;

          come il notevole aumento del traffico veicolare che c'è stato su questo viadotto da parte di mezzi d'opera delle società Empedocle2 e di CMC abbia potuto influire sul cedimento;

          quali siano le ragioni che abbiano portato a escludere il ripristino della 122-bis che rientrava tra le opere di compensazione;

          in quali tempi si preveda di dare seguito a quanto previsto nella risoluzione n. 8-152 e di assumere iniziative per ripristinare la restante parte fino a S. Caterina Villarmosa che presenta carattere d'urgenza.
(4-18727)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


      SOTTANELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          a seguito dell'emanazione delle disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle forze di polizia di cui al decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, entrate in vigore il 7 luglio 2017, il personale appartenente al ruolo degli ispettori della polizia di Stato, che al 1° gennaio 2017 non ha maturato un'anzianità nella qualifica pari o superiore a otto anni, si ritiene ingiustamente discriminato rispetto al personale che ha invece maturato detta anzianità, a cui è riservata la promozione alla nuova qualifica di sostituto commissario con decorrenza 1° gennaio 2017, come previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera l), del decreto legislativo n. 95 del 2017;

          tale qualifica – che prima della riforma era soltanto una denominazione riservata agli ispettori di polizia con qualifica apicale, ossia agli ispettori superiori sostituti ufficiali di pubblica sicurezza – è stata introdotta a seguito del riordino dei ruoli delle forze di polizia, nel cui ambito è stato previsto che il ruolo degli ispettori della polizia di Stato, con carriera a sviluppo direttivo, è articolato non più in quattro ma in cinque qualifiche, che assumono le seguenti denominazioni: «vice ispettore; ispettore; ispettore capo; ispettore superiore, sostituto commissario»;

          l'impossibilità di acquisire la nuova qualifica apicale di sostituto commissario in forza del regime transitorio di cui all'articolo 2, comma 1, lettera l), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, comporta che il personale interessato si troverà a ricoprire, nonostante la maggiore anzianità nella qualifica, la medesima posizione del personale con qualifica di ispettore capo che abbia maturato un'anzianità nella qualifica pari o superiore a nove anni, che sarà promosso, con decorrenza 1° gennaio 2017, previo scrutinio, a ruolo aperto e per merito comparativo, alla qualifica di ispettore superiore;

          la conseguenza è che gli attuali ispettori superiori con meno di otto anni di anzianità nella qualifica non avranno alcun beneficio dal riordino, trovandosi, da una parte, a ricoprire una qualifica non più apicale, e dall'altra, a non essere più sovraordinati rispetto al personale che acquisirà, la medesima qualifica con decorrenza 1° gennaio 2017, come previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 95 del 2017;

          in più, il personale in questione rischia di non riuscire a partecipare neppure al concorso di 300 posti di vice commissario del ruolo direttivo ad esaurimento istituito dall'articolo 2, comma 1, lettera t), del decreto legislativo n. 95 del 2017, essendo tale concorso riservato ai sostituti commissari – anziché agli ispettori superiori, come prevedeva la disciplina previgente — «che potevano partecipare al concorso di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334», nel testo vigente prima della riforma;

          per tale motivi, si rende necessario un intervento correttivo della disciplina in materia di riordino dei ruoli e delle carriere delle forze di polizia, con la previsione, nell'ambito del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, della possibilità, anche per il personale appartenente al ruolo degli ispettori che al 1° gennaio 2017 non ha maturato una anzianità nella qualifica pari o superiore a otto anni, di acquisire la nuova qualifica apicale di sostituto commissario –:

          se non ritenga di dover assumere iniziative affinché la posizione del suddetto personale sia disciplinata correttamente, in conformità all'ordinamento statale e comunitario, al fine di prevenire probabili censure di incostituzionalità della legislazione vigente.
(4-18712)


      ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          è notizia recente quella dell'irruzione fatta a Como il 29 novembre 2017, da un gruppo di «teste rasate» appartenenti al «Veneto Fronte Skinheads» nel corso di una riunione di «Como Senza Frontiere», una rete che unisce decine di associazioni attive nell'accoglienza dei migranti. L'irruzione è avvenuta con lo scopo di leggere un «proclama» contro «l'invasione di immigrati e l'immigrazionismo»;

          quattro di loro sono già stati identificati e denunciati per violenza privata, mentre è in corso l'identificazione degli altre nove del gruppo di nazifascisti;

          da notizie di stampa si apprende che:

              il «Veneto Fronte Skinhead», fondato nel 1986, è noto nella galassia dell'ultradestra per la sua matrice antisemita e razzista. È stato uno dei primi movimenti che hanno importato in Italia la subcultura giovanile del movimento naziskin. Nei primi anni 2000 ha perso smalto e alcuni militanti sono migrati in Forza Nuova e in altre formazioni «nere», ma negli ultimi anni sono tornati in scena con iniziative nel nord Italia con un nuovo «nemico» da combattere: i migranti;

              nel 2015, prima il 28 ottobre – anniversario della marcia su Roma – a Mantova e Suzzara alle sedi della Caritas e del Pd, e poi il 24 novembre, alla Caritas e al Pd, di Como, Brescia, Crema, Lodi, Reggio EmiliaGuastalla, Piacenza-Bobbio, Trento, Mestre, Vicenza, Treviso e Bolzano (qui anche davanti alle sedi dell'associazione che si occupa dei migranti Volontarius), sono arrivate minacce e provocazioni xenofobe da parte di «Veneto Fronte Skinhead», con sagome di cartone di uomini morti e volantini che dichiaravano di «denunciare chi continua a condurre un chiaro disegno politico finalizzato all'annientamento dell'identità italiana» con leggi di «distruzione di massa» come quella sullo ius soli e il «favoreggiamento di un'invasione pianificata di orde di immigrati extraeuropei»;

              nel 1994 l'ex procuratore della Repubblica di Verona, Guido Papali, che per primo comprese la portata eversiva degli skinhead in Italia, arrestò il presidente del «Veneto Fronte Skinhead» e altri sette militanti per violazione delle norme contro la discriminazione e la «legge Mancino». Ne seguì un processo a Verona, poi trasferito innanzi al tribunale di Vicenza, che si concluse nel 2004 con l'assoluzione di tutti gli imputati. La sentenza, pur riconoscendo la natura dell'ideologia politica, economica e sociale del «Veneto Fronte Skinhead», «che accoglie integralmente le note dottrine del totalitarismo nazista e fascista», ritenne che i fatti oggetto del capo di imputazione andassero analizzati e confrontati con gli articoli 18 e 21 della Costituzione: il diritto dei cittadini di associarsi liberamente e la possibilità di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione;

          a giudizio degli interroganti, è evidente che tale sentenza e altre che purtroppo sono seguite, oltre a non dare il giusto rilievo alle fondamenta democratiche e antifasciste della Costituzione italiana, hanno avuto una visione miope della portata che il fenomeno avrebbe avuto con il passare degli anni. Ne sono la dimostrazione i sempre più frequenti episodi di intolleranza, xenofobia e razzismo che si sono rafforzati a seguito di sentenze come quella del 2004 del tribunale di Vicenza. Appare altrettanto evidente all'interrogante che l'incriminazione per violenza privata per l'irruzione di Como non basta e che i fatti dovrebbero essere valutati in relazione alle norme che sanzionano l'apologia del fascismo e l'istigazione all'odio razziale, applicando le leggi in vigore «Scelba» e «Mancino» –:

          se il Governo non ritenga urgente assumere, senza ulteriore indugio, ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per interrompere la progressiva e inarrestabile ascesa di gruppi nazifascisti, xenofobi e razzisti.
(4-18717)


      CATANOSO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:

          il 26 novembre 2017 si è svolta la partita di calcio, valevole per il campionato di serie D nazionale, Paceco-Acireale;

          il giorno precedente all'incontro, la prefettura di Trapani inviava all'Acireale calcio questo comunicato: «La prefettura della provincia di Trapani, considerato che il CASMS ha inserito la gara Paceco-Acireale tra quelle ad alto rischio per l'ordine pubblico, ordina il divieto di vendita dei tagliandi ai residenti nella provincia di Catania per la suddetta gara che si disputerà il 26 novembre 2017 presso lo stadio Provinciale di Trapani. Il Sig. questore di Trapani è incaricato altresì dell'esecuzione e dell'adozione dei provvedimenti necessari per l'applicazione delle misure disposte col seguente provvedimento»;

          il divieto posto dalla prefettura di Trapani fa seguito alla segnalazione del Casms che inserisce la gara tra quelle considerate a rischio, demandando all'organo di governo territoriale le misure ritenute opportune, di fatto, rigettando sul campo della prefettura una decisione che, come diverse altre, spesso appare più preventiva che confacente agli eventuali rischi connessi, non essendoci altre indicazioni da parte dell'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, organismo del Ministero dell'interno;

          a memoria d'uomo, non si ricordano scontri tra le tifoserie del Paceco e dell'Acireale e, dall'altro lato, non si può non rilevare come, sino alla scorsa stagione sportiva, il «Provinciale» di Trapani abbia ospitato le gare del campionato di serie B della squadra di quella città, per cui la struttura dovrebbe essere idonea e adeguata anche per gli eventi sportivi del torneo di Serie D;

          alla tifoseria acese, il provvedimento di divieto è sembrato abnorme se si ha conoscenza di notizie in senso opposto in possesso degli organi di tutela dell'ordine pubblico;

          a giudizio dell'interrogante andrebbe approfondita la materia delle segnalazioni di pericolosità, presunta o reale, di talune manifestazioni sportive, posto che le relative decisioni potrebbero limitare, se non mortificare, il libero diritto dell'appassionato di calcio di seguire in trasferta la squadra del cuore;

          appare improcrastinabile una più dettagliata analisi delle ipotesi di rischio delle singole manifestazioni sportive in relazione alle quali, eventualmente, elaborare soluzioni in maniera chiara e univoca in tutto il territorio statale senza addossare sugli organismi di governo territoriale, decisioni che dovrebbero, invece, essere assunte a livello centrale da organismi esperti e competenti della specifica materia –:

          quali notizie o fatti fossero in possesso del Comitato di analisi per la sicurezza delle manifestazioni sportive (Casms) al punto da proibire ai tifosi acesi la vendita dei tagliandi della partita Paceco-Acireale del 26 novembre 2017;

          quali iniziative intenda adottare il Governo per evitare che in futuro le locali prefetture adottino provvedimenti di divieto di svolgimento di manifestazioni sportive senza che vi siano state puntuali ed opportune valutazioni in ordine alla sicurezza degli spettatori ed all'ordine pubblico nella sua interezza in occasione di tali eventi sportivi.
(4-18721)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta immediata:


      BECHIS, ARTINI, BALDASSARRE, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          durante le assidue visite presso le associazioni di genitori con figli disabili si è riscontrato un alto grado di scoramento in cui versano le famiglie e i minori, a causa di una scarsa presenza sul territorio nazionale di insegnanti di sostegno insufficienti a coprire adeguatamente le esigenze degli studenti con disabilità;

          il decreto legislativo n. 66 del 2017 prevede importanti novità in tema di supplenze sulla continuità didattica;

          da diversi anni si aggrava la carenza di insegnanti di sostegno adeguatamente formati, sia a causa del difficoltoso percorso di formazione e assunzione di nuovi insegnanti di sostegno sia per via dell'aumento dei minori con disabilità;

          il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha emesso un bando per l'accesso alle prove selettive per il conseguimento della specializzazione docenti per il sostegno che entreranno nel mondo della scuola nell'anno scolastico 2018-2019 e per il Friuli Venezia Giulia ha previsto: 68 posti per la scuola dell'infanzia a fronte dei 23 scoperti nella sola provincia di Pordenone, 69 per la scuola primaria contro i 68 scoperti (15 dei quali alla sola «Nostra famiglia» di San Vito al Tagliamento), 63 per la scuola secondaria di primo grado rispetto ai 36 scoperti e 71 contro i 40 scoperti per le scuole superiori;

          dai dati estrapolati a settembre dal «Focus anticipazione dati, scolastico 2017/2018, sulla scuola italiana del Miur» risulta che le cattedre in deroga sono pari a 38.769, mentre le cattedre stabili, ossia in organico di diritto, destinate al personale stabilizzato, sono pari a 100.080;

          il totale tra cattedre in organico di diritto e in deroga è pari a 138.849 posti e dunque queste ultime oltrepassano i 40.000 posti; dei posti totali sul sostegno circa un terzo è rappresentato da posti in deroga, ovvero supplenze fino al 30 giugno 2018;

          alla luce dei dati sopra riportati è necessario garantire la continuità didattica e il rispetto del diritto allo studio degli alunni con disabilità, favorendo un corretto utilizzo degli insegnanti di sostegno –:

          se sia a conoscenza della situazione attuale relativa ai posti vacanti e, in caso positivo, se, in virtù dei disagi arrecati agli istituti, in particolare nella prima parte dell'anno scolastico, intenda assumere iniziative per stabilizzare tutti i posti vacanti e ampliare gli organici, anche in considerazione del costante aumento degli alunni con disabilità.
(3-03416)


      ALLASIA, FEDRIGA, ALTIERI, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, LO MONTE, MARTI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          l'Agenzia spaziale italiana, nata nel 1988, è un ente pubblico nazionale vigilato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che opera in collaborazione con diversi altri dicasteri;

          in meno di due decenni si è affermata come uno dei più importanti attori mondiali sulla scena della scienza spaziale, delle tecnologie satellitari, dello sviluppo di mezzi per raggiungere ed esplorare il cosmo. L'Agenzia spaziale italiana ha un ruolo di primo piano tanto a livello europeo, dove l'Italia è il terzo Paese che contribuisce maggiormente all'Agenzia spaziale europea, quanto a livello mondiale;

          grazie all'attività dell'Agenzia spaziale italiana, la comunità scientifica italiana ha ottenuto negli ultimi decenni successi senza precedenti nel campo dell'astrofisica e della cosmologia, contribuendo, tra l'altro, a ricostruire i primi istanti di vita dell'universo, compiendo passi fondamentali verso la comprensione del fenomeno dei gamma ray bursts e delle misteriose sorgenti di raggi gamma. L'Agenzia spaziale italiana ha dato inoltre importanti contributi all'esplorazione spaziale, costruendo strumenti scientifici che hanno viaggiato con le sonde Nasa ed Esa alla scoperta dei segreti di Marte, Giove, Saturno. E in tutte le principali missioni pianificate per i prossimi anni – da Venere alle comete, fino ai limiti estremi del nostro sistema solare – ci sarà un pezzo di Italia;

          l'Agenzia spaziale italiana ha attualmente circa 200 dipendenti e un budget annuale al 2016 di circa 1,6 miliardi di euro;

          da quanto sopra richiamato si evince quanto tale ente sia importante e dia lustro al sistema Paese, inteso come indotto industriale e scientifico di altissimo impatto tecnologico, oltre a permettere la valorizzazione dei poli di ricerca universitaria;

          il 24 novembre 2017 si è tenuta a Firenze la consueta manifestazione politica del Partito democratico all'ex stazione della Leopolda;

          nella giornata di sabato 25 novembre 2017 è stato pubblicato un tweet del segretario del Partito democratico, cui ha fatto seguito un'attestazione di apprezzamento da parte dell'Agenzia spaziale italiana, attraverso il suo profilo Twitter istituzionale, fatto che, secondo gli interroganti, risulta grave perché tali esternazioni non rispondono alla mission dell'istituzione –:

          se il Ministro interrogato, alla luce di quanto rappresentato in premessa, non intenda assumere le iniziative di competenza per revocare l'incarico al presidente dell'Agenzia spaziale italiana, essendo l'Agenzia, secondo gli interroganti, venuta meno in modo palese al ruolo di terzietà che dovrebbe essere proprio di una struttura pubblica così importante e il cui vertice, pur di nomina politica, dovrebbe agire per garantire che la stessa rappresenti l'intero sistema scientifico ed industriale del Paese.
(3-03417)


      VIGNALI e BOSCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          il recente caso dell'istituto «Ragusa Moleti» di Palermo dove, con circolare redatta dal dirigente scolastico del medesimo plesso scolastico, sono state vietate esposizioni e manifestazioni di carattere religioso nelle aule, ha riproposto all'attenzione dell'opinione pubblica il tema della presenza dei simboli cristiani e della possibilità di pregare all'interno degli edifici scolastici;

          la Ministra interrogata, intervenendo sull'episodio con una dichiarazione del 25 novembre 2017, ha ricordato come il preside della scuola di Palermo, facendo rimuovere i simboli cristiani dalle aule dell'istituto, abbia attuato in modo improprio una circolare del 2009, la quale si limitava a dire che non vi dovessero essere scuole confessionali e non che non si possano esporre i simboli della religione cattolica in classe;

          va anche ribadito come, con sentenza definitiva del 18 marzo 2011, i giudici della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo abbiano accettato la tesi in base alla quale non sussistono elementi che provino l'eventuale influenza sugli alunni dall'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche: la decisione è stata approvata con 15 voti favorevoli e due contrari;

          la stessa Corte, nella sentenza di cui al punto precedente, ha stabilito come l'esposizione del crocefisso nelle scuole sia legittima, in quanto essa si basa sul significato culturale da ritenersi idoneo a rappresentare i valori costituzionali di solidarietà, tolleranza, rispetto reciproco e rifiuto di ogni discriminazione;

          inoltre, i giudici della Corte europea dei diritti dell'uomo hanno stabilito che imporre ad uno Stato la rimozione di un simbolo religioso, la cui presenza è giustificata dalla tradizione del Paese medesimo, implica un valore negativo contro ciò che tale simbolo rappresenta, così violando il principio della libertà di culto;

          i simboli e le preghiere cristiane sono strettamente legati alla storia italiana ed hanno offerto un immenso contributo culturale, etico e sociale al nostro Paese ed al mondo intero: simboli e significati che vanno sostenuti e difesi per il loro intrinseco ed imperituro valore –:

          se il Governo non ritenga di dover consentire ed assicurare, per quanto di competenza, nelle scuole le manifestazioni che caratterizzano il Natale, che da sempre hanno intensamente contrassegnato e permeato la storia culturale e sociale italiana, nella convinzione che ciò non rappresenti un elemento di discriminazione, ma solo la libera espressione del sentimento religioso del nostro Paese, sentimento fatto di dialogo e di accoglienza e non di esclusione.
(3-03418)

Interrogazioni a risposta scritta:


      ASCANI, SERENI, VERINI e GIULIETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          come si apprende dalla stampa, il 9 novembre 2017, l'assessora alle politiche familiari, Alessia Marta, e l'assessore alla cultura, Claudio Ranchicchio, hanno sottoscritto una direttiva comunale del comune di Todi (prot. 0035778 del 9 novembre 2017) chiedendo la sistematica censura dalla biblioteca comunale di qualunque libro per bambini che non sia rappresentazione di una famiglia formata da un maschio e da una femmina. Affermano infatti: «abbiamo individuato come soluzione rispettosa della funzione formativa pluralista che deve contraddistinguere lo stesso servizio bibliotecario e della coesione sociale così preziosa per il territorio, la collocazione dei testi che hanno come contenuto tematiche sensibili, controverse sul piano scientifico e divisive tra le famiglie come la omogenitorialità, la gestazione per altri, piuttosto che le unioni same sex, e altri contenuti di carattere sessuale, nelle sezioni per gli adulti, anche se consigliati dalle case editrici per fasce d'età infantili»;

          alla base della richiesta contenuta nella direttiva c'è la volontà di riconoscere e rispettare l'interdipendenza tra: contesto familiare, nel quale i figli si trovano a crescere, e tali delicate dimensioni della personalità, culturali, antropologiche e religiose. Come si legge nella citata direttiva: «le nuove sfide educative chiamano inequivocabilmente in causa la delicatissima questione della corresponsabilità educativa tra scuola e famiglia e della libertà di scelta educativa dei genitori in particolare sui temi cosiddetti sensibili, del pluralismo culturale e della vita democratica del nostro Paese: una questione da traguardare soprattutto attraverso una corresponsabilità educativa per così dire “circolare” tra le agenzie formative, al servizio della crescita della personalità dei bambini e dei giovani»;

          i libri per i quali è stata mossa la richiesta di censura sono analoghi a quelli finiti già in diverse liste di proscrizione perché ritenuti libri che diffondono la fantomatica «ideologia (o teoria) gender», come sostenuto anche dal sindaco di Verona, Federico Sboarina. In realtà, si tratta di favole e storie che spiegano ai più piccoli che ci sono diversi tipi di famiglie, oltre che bambini e bambine con un differente orientamento sessuale e un'identità di genere;

          diverse associazioni (Lgbt e Omphalos di Perugia), interpretando il malcontento di parte della comunità tuderte, hanno definito lo stesso provvedimento un atto «da crociata medievale». Si tratta, infatti, di libri appositamente pensati per spiegare ai più giovani il rispetto delle differenze e la lotta alle discriminazioni. Riportando le parole della presidenza delle associazioni sopra citate: «simili iniziative dimostrano ancora una volta come certi personaggi e partiti politici non hanno per niente a cuore il benessere e l'integrazione della nostra società, ma solo l'imposizione della loro verità e la salvaguardia di una società basata sull'odio per tutto ciò che è diverso dal modello prevalente»;

          anche la garante per l'infanzia dell'Umbria, Maria Pia Serlupini, ha espresso il proprio disappunto sulla questione e la querelle è stata poi seguita da altri gravi addebiti da parte dei consiglieri rappresentanti l'opposizione del comune di Todi, tra i quali quello di piegare diritti riconosciuti e regolamentati a mere esigenze elettorali;

          quella che appare agli interroganti la vessatorietà del provvedimento in questione, percepita a livello di sentire comune, è confermata anche in diritto;

          la legge cosiddetta della «Buona Scuola», riconosciuto definitivamente il concetto di «identità di genere», all'articolo 1, comma 16, prevede che il piano triennale dell'offerta formativa deve assicurare l'attuazione dei principi di pari opportunità, promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori su tali tematiche;

          ancora, il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province», all'articolo 5, comma 2, lettera c), promuove un'adeguata formazione del personale della scuola alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere;

          nell'ambito delle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, delle indicazioni nazionali per i licei e delle linee guida per gli istituti tecnici e professionali, nella programmazione didattica curricolare ed extracurricolare delle scuole di ogni ordine e grado si sostiene la sensibilizzazione, l'informazione e la formazione degli studenti al fine di prevenire la violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere, anche attraverso un'adeguata valorizzazione della tematica nei libri di testo –:

          se sia a conoscenza di quanto esposto nei fatti narrati e quali iniziative di competenza intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di promuovere una cultura inclusiva e non discriminatoria, con particolare riferimento a temi sensibili, come quelli indicati in premessa.
(4-18718)


      L'ABBATE e LIUZZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          in data 9 febbraio 2017, la Presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini lancia la campagna #BastaBufale, un appello contro le fake news e per il diritto a una corretta informazione rivolto a scuole e università, informazione, social network, imprese, protagonisti del mondo della cultura e dello sport. I primi sottoscrittori della raccolta firme sono i debunker Paolo Attivissimo (Il Disinformatico), David Puente (davidpuente.it), Michelangelo Coltelli (Bufale un tanto al chilo) e Walter Quattrociocchi (CSSLab dell'IMT di Lucca);

          in data 2 maggio 2017, la Presidente Boldrini organizza un nuovo convegno alla Camera dei deputati denominato «Basta Bufale» con la collaborazione di Facebook, Rai, Confindustria, FIEG e Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. A spiegare i dettagli dell'obiettivo di «alfabetizzazione digitale» a cui mira l'impegno della Presidenza della Camera la Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca Valeria Fedeli: «Miur e Camera dei deputati realizzeranno un progetto di formazione ed educazione civica rivolto a tutte le scuole» per permettere agli studenti «di riconoscere una fake news, informarsi in modo concreto, individuare la fonte. Dobbiamo attribuire alle istituzioni formative il ruolo che solo esse possono svolgere ma non possono agire da sole»;

          in data 1° novembre 2017, presso il liceo Visconti di Roma, la Ministra Fedeli e la Presidente Boldrini presentano il «Decalogo Anti-Bufale» che coinvolgerà oltre 4,2 milioni di studenti ai quali darà gli «attrezzi" per difendersi dalle “fake news”», nell'ambito della campagna #BastaBufale e come parte integrante di un più ampio pacchetto di azioni che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sta mettendo in campo per la prima volta sul tema del controllo delle fonti e per l'educazione civica digitale. Partner del progetto sono la Rai, la FIEG, Confindustria, Google, Facebook, lo IED;

          il debunker (in italiano: demistificatore o disingannatore) è un individuo che mette in dubbio e smaschera ciarlatanerie, bufale, affermazioni false, esagerate, anti-scientifiche, dubbie o pretenziose –:

          quale sia il ruolo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in merito alle iniziative esposte in premessa e che tipo di costi siano stati sostenuti sinora nonché previsti per il prosieguo della campagna;

          se corrisponda al vero che i primi quattro firmatari dell'appello #BastaBufale siano consulenti ministeriali nell'ambito di questa iniziativa, in cosa consista la loro attività, quale sia il relativo costo nonché quale sia stato il loro iter di selezione.
(4-18719)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

          accade non di frequente che, per motivi diversi, le aziende corrispondano all'Inail un premio superiore al dovuto e che spesso commettano lo stesso errore materiale e/o di interpretazione per anni;

          i maggiori premi eventualmente pagati dalle aziende sono riconducibili in massima parte a due ordini di fattispecie: 1) erroneo inquadramento e/o erronea classificazione; 2) erronea imputazione di dati salariali alle diverse voci di rischio – mancata regolazione passiva;

          alcune cooperative del Friuli-Venezia Giulia che sono incorse in alcuni di tali errori hanno avanzato richiesta di rimborso delle eccedenze per «regolazione passiva», ma l'Inail ha rigettato le richieste, a giudizio degli interpellanti, senza valide motivazioni giuridiche o tecniche, a volte ricorrendo all'istituto del silenzio-rigetto;

          a seguito di chiarimenti richiesti dal Presidente di Legacoopsociali, il direttore regionale dell'Inail del Friuli-Venezia Giulia ha risposto che in base all'articolo 17 delle Modalità di applicazione della tariffa (decreto ministeriale 12 dicembre 2000) l'errata imputazione delle retribuzioni imponibili sulle diverse voci di tariffa da parte del datore di lavoro non consentirebbe di rettificare la tassazione discendente da tale errata denuncia;

          tuttavia, tale affermazione del direttore appare agli interpellanti in contraddizione con la Carta dei servizi dell'Inps, la quale a pagina 32, nella tabella relativa ai rimborsi ai datori di lavoro per somme versate in eccesso stabilisce che: «Eventuali conguagli a favore del datore di lavoro, derivanti dall'autoliquidazione annuale dei premi per la regolazione dell'anno precedente possono essere detratti dalla rata anticipata di premio dovuta per l'anno in corso. Se risulta un ulteriore conguaglio di premi o comunque sono state versate somme superiori al dovuto (eccedenze) il datore di lavoro può richiedere il rimborso all'Inail, entro il termine di prescrizione decennale. L'Inail effettua il rimborso di quanto dovuto entro 60 giorni dalla richiesta, salvo i controlli che intenda disporre». La Carta dei servizi prevede il rimborso delle eccedenze senza fare riferimento ad una erronea classificazione;

          il premio corrisposto all'Inail in misura superiore a quanto dovuto altro non è che un premio calcolato su di un rischio (classificazione) diverso e superiore a quello reale;

          in buona sostanza, l'Istituto riceve maggiori premi senza maggiori rischi ovvero ne ricava un ingiustificato arricchimento;

          la disciplina introdotta dal decreto ministeriale 12 dicembre 2000, che prevede la irretroattività delle rettifiche a favore delle aziende, qualora l'errore sia addebitabile al datore di lavoro, è in contrasto evidente con le norme del codice civile (articolo 2033) e determina un privilegio a favore dell'Istituto, il quale, dal maggior premio incassato, ricava in qualsiasi caso un arricchimento senza causa;

          basti pensare, ad esempio, che la dichiarazione dei redditi è emendabile, e le maggiori tasse pagate da un cittadino sono ripetibili nei termini della prescrizione, trattandosi di una dichiarazione di scienza (Corte di Cassazione Sezioni Unite 25 ottobre 2002 n. 15063), mentre per l'Inail, in presenza di una medesima dichiarazioni di scienza, si vuoi ritenere giustificato il rigetto di qualsiasi richiesta di rimborso, come pure ammettono alcune sentenze della Corte di Cassazione. In pratica, è come se si affermasse che il cittadino ha diritto a sbagliare la dichiarazione dei redditi, mentre lo stesso diritto sarebbe negato alle aziende — di qualunque tipo – che sbaglino la dichiarazione Inail;

          ciò appare contrario alla funzione pubblicistica di tutela delle lavoratrici e dei lavoratori svolta dall'Istituto, che non può in alcun modo atteggiarsi a finalità di tipo speculativo, che per altro – ai sensi dell'articolo 2033 del codice civile – non sarebbero legittime neanche se si trattasse di una mera società di assicurazione privata;

          ciò a maggior ragione, in quanto il maggior premio corrisposto dal datore di lavoro non comporta neppur un miglior beneficio o una maggiore tutela per le lavoratrici ed i lavoratori;

          la prevista irretroattività, pertanto, appare di dubbia legittimità, oltre che moralmente inaccettabile, perché, nei fatti, nega il diritto all'errore da parte delle aziende;

          il rigetto delle richieste di rimborso per regolazione passiva (circolare n. 37 del 1997) sulla base della fattispecie di cui all'articolo 17 del decreto ministeriale, il cui titolo è «Rettifica della classificazione delle lavorazioni su domanda del datore di lavoro», appare peraltro errato. Infatti, nel caso di specie non si è assolutamente in presenza di una riclassificazione, regolata dall'articolo 17, che quindi non può ritenersi che introduca «il principio generale della irretroattività del provvedimento di rettifica», come invece affermato dal direttore regionale;

          di fronte al diniego dei rimborsi, le aziende sarebbero costrette a ricorrere al giudice, ma considerati i tempi ed i costi di un'azione giudiziaria il primo effetto è che molte aziende rinuncino ai loro diritti: soprattutto quelle piccole e medie;

          all'opposto, esiste una soluzione semplice che può essere attuata dal Ministero per tutelare le aziende oneste al punto da pagare più del giusto. Con proprio atto, come quello che è in corso di adozione recante le nuove tariffe Inail, può prevedere che i rimborsi per eccedenza o regolazione passiva non rientrino nella fattispecie prevista e regolata dagli articoli 16 e 17 del decreto ministeriale 12 dicembre 2000, ma vadano decisi sulla base della legge 8 agosto 1995, n. 335, e delle circolari n. 32 del 1996 e n. 37 del 1997. In altri termini, quale che sia la disposizione normativa richiamata, il Ministero dovrebbe cancellare o «sterilizzare» gli articoli 16 e 17 del richiamato decreto ministeriale, riaffermando la regola prevista dal codice civile in caso di indebito oggettivo;

          infine, non mancano negli ultimi anni esempi di richieste di rimborsi per eccedenza o regolazione passiva che sono stati accolti dall'Inail. Questo evidenzia un'ulteriore ingiustizia derivante dall'applicazione non uniforme di una prassi, a giudizio degli interpellanti, infondata in diritto e moralmente sbagliata –:

          se non intenda assumere iniziative per abrogare o rivedere gli articoli 16 e 17 del richiamato decreto ministeriale 12 dicembre 2000, riaffermando la regola prevista dal codice civile, in caso di indebito oggettivo, anche per i casi di eccedenza o regolazione passiva nei confronti dell'Inail, provvedendo ai rimborsi anche per il passato.
(2-02045) «Pellegrino, Marcon».

Interrogazione a risposta immediata:


      LAFORGIA, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MARTELLI, PIERDOMENICO MARTINO, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, RICCIATTI, ROSTAN, SANNICANDRO, SCOTTO, SPERANZA, SIMONI, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI, ZOGGIA e MOGNATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          dagli organi di stampa si legge che una donna separata, con due figli, uno di dieci e l'altro di cinque anni, quest'ultimo disabile, dipendente dell'azienda Ikea di Corsico di Milano, è stata licenziata per non aver rispettato pedissequamente l'orario di lavoro;

          laureata in scienze e tecnologie alimentari, da diciassette anni lavorava nello stabilimento Ikea di Corsico, prima al bistrot- bottega a piano terra e da qualche mese al ristorante del primo piano;

          la donna, in questi anni, si è resa sempre disponibile a tutti i turni di lavoro e agli orari propinateli, senza avere mai avuto richiami o lettere di contestazione. Qualche mese fa l'azienda le comunicava un cambio di reparto, rispetto al quale la donna non si era opposta, chiedendo soltanto che le venisse riconosciuta una maggiore flessibilità sugli orari di lavoro, soprattutto nei giorni di terapia, per poter accudire il suo bimbo disabile, motivo per il quale la stessa usufruisce della legge n. 104 del 1992;

          l'azienda in un primo momento acconsentiva alla sua richiesta, ma nei fatti la donna lavorava con turni dalle nove del mattino fino a chiusura e, nel nuovo turno stabilito per il nuovo reparto, le si chiedeva di lavorare dalle sette del mattino;

          la settimana scorsa, l'azienda Ikea la licenziava in tronco tramite una lettera in cui le si diceva che il rapporto di fiducia era venuto meno poiché in due occasioni la dipendente, vista la chiusura netta alle proprie richieste, si era presentata al lavoro in orari diversi da quelli previsti come consigliato dal proprio sindacato Filcams Cgil, una volta due ore in anticipo, l'altra due ore in ritardo;

          questa è una storia che racconta del fatto che quel pezzo di statuto dei lavoratori, che storicamente è stato immaginato «per far entrare la Costituzione nelle fabbriche» e che, nei fatti, è stato smantellato, non «è un ferro vecchio del passato», ma uno strumento della modernità perché libera i lavoratori dal ricatto –:

          quali iniziative normative il Governo intenda assumere per ripristinare le tutele contenute precedentemente nell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, un tempo pilastro di civiltà del nostro Paese, prevedendo anche forme di sostegno al reddito per lavoratori e lavoratrici come questa giovane donna, separata, madre di un bambino disabile che si è ritrovata senza alcuna forma di tutela e si è vista privata del proprio lavoro.
(3-03413)

Interrogazione a risposta scritta:


      LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          con delibera del 14 giugno 2016, il Consiglio di amministrazione dell'Inpgi (Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani) ha avviato la dismissione del patrimonio immobiliare, conferito al fondo «G. Amendola» gestito da InvestiRE sgr, con l'obiettivo dichiarato di far fronte alla gravissima crisi dell'ente tramite l'incasso dalle vendite di 450/550 milioni di euro entro il 31 dicembre 2018;

          nelle mappe catastali degli appartamenti di via dei Giornalisti a Roma, gli inquilini hanno riscontrato la singolare scritta «proprietà: Sgr InvestiRE-Fondo immobiliare “G. Amendola”»;

          secondo i dati forniti da InvestiRE, dopo un anno, all'11 ottobre 2017, la vendita ha dato i seguenti esiti: 610 unità immobiliari di cui 431 occupate offerte in prima battuta agli inquilini, 232 proposte raccolte, 137 rogiti effettivamente siglati; dai rogiti sono derivati incassi di 49 milioni di euro, a cui vanno sottratte le spese sostenute a vario titolo (agenzie immobiliari, lavori di ristrutturazione, tecnici esterni), per immobili del valore di 332 milioni di euro, secondo il prospetto presentato a dicembre scorso dalla società di gestione del risparmio e approvato dal consiglio di amministrazione Inpgi, Comitato di comparto e commissioni competenti;

          a fronte di questi valori, secondo il business plan approvato dai vertici dell'Inpgi a dicembre 2016, InvestiRE avrebbe dovuto riversare all'istituto complessivi 279 milioni di euro entro il 31 dicembre 2017;

          la dottoressa Maria Immacolata Iorio è presidente della Commissione tecnica nella gara europea per la selezione della società di gestione del risparmio, direttore generale dell'Inpgi e al contempo magna pars del comitato di comparto che dovrebbe controllare l'operato della società di gestione del risparmio e gli esiti delle decisioni del cda dell'Ente previdenziale –:

          se al Ministro interrogato risulti che gli appartamenti di via dei Giornalisti a Roma siano di proprietà di InvestiRE società di gestione del risparmio;

          se, sulla base dei dati di cui dispone il Ministro, le plusvalenze per circa 450-500 milioni di euro iscritte in bilancio negli ultimi cinque anni in seguito ai vari apporti al fondo risultino congrue rispetto agli attuali valori di mercato;

          in caso contrario, come si intenda ripianare il «buco» di alcune centinaia di milioni di euro esistente nelle «pieghe» dei bilanci dell'Inpgi;

          se il Ministro sia in grado di indicare a quanto ammontino esattamente gli alloggi sfitti e il conseguente mancato introito per l'Ente, alla luce della politica di «rivalutazione» attuata da InvestiRE, ovvero dell'innalzamento al massimo dei canoni di locazione;

          se la dottoressa Iorio non sia in conflitto di interesse per i ruoli ricoperti descritti in premessa;

          se il Ministro non ritenga di assumere le iniziative di competenza per il commissariamento dell'Inpgi ad avviso dell'interrogante non più rinviabile, al fine di garantire le prestazioni di legge e soprattutto il principio stesso di autonomia, posto a caposaldo della professione giornalistica.
(4-18724)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


      ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          il 23 novembre 2017 il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ha firmato la circolare n. 3 del 2017 che fornisce indirizzi operativi sull'applicazione della disciplina degli articoli 5, 6 e 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017;

          in particolare, l'articolo 20 (superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni) del suddetto decreto prevede la possibilità di assumere a tempo indeterminato, nel triennio 2018-2020, personale non dirigenziale in possesso di tutti e tre i seguenti requisiti:

              risulti in servizio con contratto a tempo determinato, anche per un solo giorno, dopo il 28 agosto 2015 (comprendendo anche chi, all'atto dell'avvio delle procedure di assunzione a tempo indeterminato non è in servizio);

              sia stato assunto a tempo determinato, attingendo ad una graduatoria, a tempo determinato o indeterminato, attraverso procedura concorsuale – ordinaria, per esami e/o titoli in relazione alle medesime attività svolte;

              abbia maturato, al 31 dicembre 2017, alle dipendenze della stessa amministrazione almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni;

          da agosto 2011 l'università di Sassari assume a tempo determinato gli idonei di diverse graduatorie derivanti da selezioni pubbliche a tempo determinato. I contratti vengono rinnovati fino ai 36 mesi, (agosto-dicembre 2014), e ulteriormente prorogati al 31 marzo 2015, dopo l'espletamento di concorsi a tempo determinato e per collaborazione coordinata e continuativa e l'emanazione di due bandi a tempo indeterminato, di cui, a maggio 2016, si approvano le graduatorie di categoria C e D (rispettivamente 59 e 29 idonei), comprendenti anche alcuni strutturati ed esterni. In categoria C finora, a quanto consta agli interroganti, solo 6 risultano assunti e 11 in categoria D. Nonostante gli idonei disponibili, a novembre 2016, si bandisce una nuova selezione pubblica per categoria C, le cui prove scritte vengono sostenute il 6 e 7 novembre 2017. Ai concorsi partecipano tutti gli amministrativi assunti a tempo determinato nel 2011, dei quali alcuni ancora in servizio (con differenti tipologie di contratti), e altri che, dal 31 marzo 2015 non lo sono più. Gran parte dello stesso personale è presente nelle graduatorie sopra citate pubblicate a maggio 2016;

          la circolare n. 3 del 2017 precisa che avrà precedenza nell'assunzione il personale in servizio alla data di vigore del decreto legislativo n. 75 del 2017 (22 giugno 2017), criterio prioritario rispetto a quelli stabiliti dalle amministrazioni per definire l'ordine di stabilizzazione;

          tale criterio, in pratica, negherebbe la stabilizzazione ai precari tecnico-amministrativi la cui attività lavorativa è cessata prima del 28 agosto 2015, o continuata con contratti atipici, nonostante l'idoneità e la presenza in una graduatoria ancora valida;

          inoltre, il requisito che ammette la maturazione addirittura «futura» dei 3 anni di servizio (entro il 31 dicembre 2017), di fatto, legalizza la possibilità di scavalcare lavoratori con maggiore anzianità di servizio, che per «diritto acquisito» dovrebbero rientrare nella procedura di stabilizzazione;

          tra l'altro, a giudizio degli interroganti, se ci fosse la volontà di risolvere definitivamente la precarietà del personale tecnico-amministrativo, l'università di Sassari potrebbe utilizzare i 22,45 punti per l'organico assegnati nel 2017, che permetterebbero l'assorbimento di tutti i precari, considerando che un impiegato di categoria C «pesa» 0,20 punti;

          risulta ambiguo il criterio di precedenza, ai fini della stabilizzazione, dell'ordine nelle graduatorie del concorso a tempo determinato rispetto a quello nelle graduatorie a tempo indeterminato 2016 –:

          se il Governo intenda chiarire le questioni sollevate in premessa;

          se sia a conoscenza della situazione verificatasi presso l'università di Sassari e se non ritenga opportuno assumere iniziative normative per meglio definire i criteri di priorità nell'ambito dei procedimenti volti alla stabilizzazione del personale delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di evitare anomalie come quelle verificatesi nell'ambito delle procedure per l'assunzione di personale tecnico-amministrativo presso l'università di Sassari.
(4-18716)


      VALERIA VALENTE, DI LELLO, PALMA e SALVATORE PICCOLO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

          da anni il Corpo della polizia municipale di Napoli subisce costanti e intense procedure di mobilità interna attraverso strumenti, quali trasferimento, distaccamento o comando in servizio, a disposizione della dirigenza nell'esercizio delle proprie prerogative nell'ambito della gestione del personale;

          per quanto concerne il Corpo di polizia municipale, tra il 2012 e il 2015 queste procedure hanno condotto a circa 1800 tra trasferimenti e distacchi temporanei disposti per un massimo di 6 mesi, spesso prorogati oltre la previsione, evidenziando un trattamento difforme tra dipendenti in servizio stanziale presso le unità operative territoriali da oltre vent'anni e dipendenti raggiunti da provvedimenti di trasferimento o distaccamento anche per più di tre volte in cinque anni;

          risulta evidente che, nei limiti delle previsioni normative in materia di mobilità interna del personale, la potestà di disporre l'assegnazione e la destinazione del personale, a norma del vigente regolamento del Corpo, sta in capo al comandante quale dirigente del settore di riferimento, che la esercita, d'intesa con l'amministrazione, secondo le specifiche necessità e per garantire la rotazione complessiva del personale;

          la seduta del 2 ottobre 2017 della Commissione paritetica per la trasparenza del consiglio comunale di Napoli ha evidenziato: l'attuale situazione di caos nella gestione di delicate procedure di trasferimento, distacco o comando; l'assenza di strumenti regolamentari coordinati in materia ha determinato assenza di trasparenza e pari trattamento nelle procedure, con rischi di lesione di diritti fondamentali dei lavoratori, nonché una distribuzione irragionevole del personale, facilmente verificabile al di là delle formali giustificazioni addotte nei provvedimenti, con dipendenti delle unità centrali distaccati e trasferiti presso unità periferiche, le quali devono poi comandare in servizio quotidianamente presso le unità centrali dipendenti loro assegnati;

          se, da un lato, la rotazione del personale delle amministrazioni pubbliche, in particolare nelle aree maggiormente a rischio, rappresenta uno strumento essenziale per la prevenzione di fenomeni corruttivi più o meno gravi; dall'altro, è opportuno che la rotazione coinvolga tutto il personale senza discriminazioni e garantisca una misura di continuità nell'attività svolta, per non ledere il buon andamento dell'amministrazione pubblica e per non disperdere le professionalità acquisite, nell'ottica di migliori performance e dunque dell'efficacia dei servizi offerti ai cittadini;

          alla luce del numero elevatissimo di trasferimenti intervenuti per la polizia municipale di Napoli, è legittimo domandarsi se dette continue rotazioni siano inserite in un piano di miglioramento dell'efficienza del Corpo, oppure esse piuttosto non comportino l'effetto di tenere gli agenti in posizione di sudditanza psicologica, a cui contribuisce la contestuale assenza di una programmazione periodica dei turni di lavoro per i dipendenti, che recentemente ha costretto al dimettersi una vigilessa impossibilitata a conciliare lavoro con l'impegno di madre;

          in un'organizzazione complessa come il Corpo di Polizia Municipale appare necessario, oltre che doveroso, dotarsi da parte dell'amministrazione comunale di indirizzi chiari e condivisi per la gestione del personale, ad oggi assenti, in modo da garantire la rispondenza delle scelte gestionali ai principi di parità di trattamento, di pari opportunità e di buon andamento dell'amministrazione;

          alla luce delle criticità che emergono dal caso in questione, se non intenda assumere iniziative normative per definire criteri più stringenti per la mobilità e i trasferimenti dei pubblici dipendenti, nell'ottica di assicurare il buon andamento dell'attività amministrativa e i principi di trasparenza e parità di trattamento, garantendo al contempo una migliore conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro –:

          se il Ministro interrogato sia informato di quanto esposto in premessa e se non intenda valutare se sussistano i presupposti per promuovere una verifica da parte dell'ispettorato per la funzione pubblica ai sensi dell'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, alla luce della situazione organizzativa di evidente difficoltà e sofferenza che, a giudizio degli interroganti, sta minando l'indispensabile serenità del Corpo di polizia municipale di Napoli;

          se, rispetto alla situazione specifica sopra descritta, non sia opportuno assumere iniziative affinché l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni effettui un approfondimento in merito all'ipotesi di mancato rispetto del contratto collettivo nazionale di comparto.
(4-18720)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

          nell'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06192 presentata dal sottoscritto il 29 luglio 2015, si ponevano quesiti in merito allo stato dell'arte della caratterizzazione e bonifica del sito Ex-Cemerad e all'impiego dei fondi stanziati all'uopo;

          il sito «Ex-Cemerad» di Statte è stato sequestrato nel 2000 dove sono stivati da vent'anni, in stato di abbandono, circa 1140 metri cubi di rifiuti radioattivi stoccati all'interno;

          dal 2005 la situazione «non è migliorata» e i fusti hanno subito un «deterioramento inevitabile», secondo l'ex direttore del dipartimento nucleare dell'Ispra, Roberto Mezzanotte, recentemente scomparso;

          con il decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, convertito, dalla legge 4 marzo 2015, n. 20, articolo 3, comma 5-bis, si stabilisce che «ai fini della messa in sicurezza e gestione dei rifiuti radioattivi in deposito nell'area ex Cemerad ricadente nel comune di Statte, in provincia di Taranto, sono destinati fino a dieci milioni di euro a valere sulle risorse disponibili sulla contabilità speciale aperta ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 7 agosto 2012, n. 129, convertito dalla legge 4 ottobre 2012, n. 171»;

          il proprietario della Cemerad, Giovanni Pluchino, era un personaggio chiave. Presidente dell'ordine dei chimici di Taranto, massone appartenente alla loggia «Pitagora», aveva stabilito stretti rapporti societari con Enea e Nucleco, le società a capitale pubblico che si occupano della gestione del nucleare italiano. Nell'informativa preparata alla fine degli anni ’90 dal Corpo forestale dello Stato erano indicati i rapporti commerciali della Cemerad: tra le tante società c'era la Setri di Cipriano Chianese, la mente dei traffici di rifiuti dei casalesi, legato — raccontano le indagini della direzione distrettuale antimafia di Napoli — all'ambiente di Licio Gelli;

          un verbale dei NAS, datato 9 agosto 2000 (quindi poco meno di due mesi dal sequestro), certificava «la sparizione di documenti dai faldoni 50-55» dell'archivio. I finanziamenti per caratterizzazioni e bonifica risalivano alla delibera del CIPE n. 35/05 (triennio 2005-2008), in cui venne previsto un finanziamento di 3.700.000 milioni di euro per la bonifica del sito ex Cemerad, cifra poi dirottata verso altri interventi; la regione Puglia nel 2008 stanziò dei fondi per la caratterizzazione e la bonifica del sito, che anche in questo caso vennero destinati «altrove»; il 2 dicembre 2014, il sito fu visitato dai parlamentari della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite collegate al ciclo dei rifiuti; a seguito dell'ispezione e delle audizioni presero forza atti normativi che portarono all'ennesimo finanziamento della caratterizzazione e della bonifica;

          la caratterizzazione dei rifiuti dell'ex Cemerad è importante anche in base a quanto emerso durante l'ispezione della Commissione presso lo stabilimento e le audizioni in prefettura a Taranto; è stato infatti dichiarato che presso l'ex Cemerad siano contenuti anche rifiuti radioattivi provenienti dallo stabilimento ILVA di Taranto;

          nel dicembre 2016 è stato eseguito da parte della Commissione parlamentare d'inchiesta il sequestro dei documenti di archivio dello stabilimento, presso la Sogin di Roma (http://www.corriereditaranto.it);

          nel maggio 2017 sono stati portati via i primi fusti, 86 fusti con il materiale più pericoloso (fra i quali uno con dentro camomilla mescolata ai rifiuti): 27 con sorgenti di radioattività e 59 con filtri utilizzati ai tempi del disastro di Chernobyl. I fusti sono stati sistemati al deposito di Casaccia (Roma), in attesa che venga realizzata la discarica nazionale delle scorie nucleari;

          la Sogin, la società che si occupa dello smaltimento dei rifiuti radioattivi, ha annunciato che entro il maggio dell'anno prossimo conta di portare via da Statte tutti i fusti ed entro la fine del 2018 conta di riconsegnare l'area bonificata;

          in realtà l'attività si è poi arrestata e pochi giorni fa durante il consiglio comunale di Taranto il commissario straordinario per le bonifiche, Vera Corbelli, intervenuta anche sulla vicenda delle migliaia di fusti radioattivi presenti nel sito della Cemerad, a Staffe ha detto che nel maggio 2017 furono rimossi quelli più pericolosi, 86 in tutto, alcuni provenienti anche da Chernobyl; la stessa ha affermato: «in quell'occasione sono stata avvicinata da due uomini, due massoni tarantini, che mi hanno detto che non sarei mai riuscita a completare l'operazione di bonifica. Uno dei due ha anche aggiunto di avere in tasca la mia lettera di trasferimento a Roma». Minacce e ostruzionismo che si sommano agli intoppi burocratici che da quattro mesi frenano lo smaltimento degli altri fusti: all'interno dell'ex fabbrica ve ne sono ancora migliaia che attendono di essere portati via –:

          se i Ministri interrogati siano al corrente di questa situazione, e quali iniziative di competenza abbiano assunto anche per giungere a una pronta rimozione di tutti i fusti e alla bonifica del sito.
(2-02047) «Zolezzi».

Interrogazioni a risposta immediata:


      FASSINA, MARCON, AIRAUDO, CIVATI e FRATOIANNI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          il 31 ottobre 2017 è scaduto il termine fissato dall’addendum all'accordo del 2015 per le acciaierie di Piombino (ex Lucchini) tra il Governo e Aferpi (gruppo Cevital) sull'individuazione di un partner industriale o sulla presentazione di un piano industriale con finanziamenti certi;

          l’addendum siglato prevedeva:

              a) il prolungamento fino al 30 giugno 2019 del periodo di sorveglianza da parte degli organi della procedura di amministrazione straordinaria, sulla base di un piano di azione che definiva il cronoprogramma dei nuovi impegni;

              b) l'impegno di Cevital/Aferpi a individuare, entro il 31 ottobre 2017, una partnership per la parte siderurgica del progetto Piombino o a presentare un piano industriale con evidenza delle fonti di finanziamento certe;

              c) l'impegno di Aferpi a riprendere l'attività produttiva con le tempistiche del piano di azione che prevedeva, tra le altre cose: per la parte siderurgica, la ripresa dell'attività di laminazione ad agosto 2017 per le rotaie ad ottobre 2017; un piano di liberazione delle aree: smantellamento degli impianti piccoli con fine lavori a settembre 2017, assegnazione degli ordini entro ottobre 2017; per lo smantellamento di grandi impianti, la fine lavori nell'ottobre 2019;

          gli impegni di Aferpi indicati nell’addendum, a quanto risulta agli interroganti, non sarebbero stati rispettati e la violazione dell’addendum è un grave inadempimento e quindi causa di risoluzione dell'accordo;

          l'unico atto prodotto da Aferpi rispetto all’addendum è stato l'invio di una lettera di intenti;

          il Ministro interrogato ha ritenuto insufficiente la lettera d'intenti di Cevital sulla ripresa delle attività produttive di Aferpi e ha dato mandato al commissario dell'ex Lucchini Piero Nardi di avviare le procedure per la rescissione del contratto;

          la procedura di rescissione del contratto passa dal pronunciamento del tribunale, dopo il quale la gestione dello stabilimento di Piombino potrebbe anche passare di nuovo nelle mani dell'amministrazione straordinaria, ma solo nel caso che Aferpi dichiari insolvenza;

          nel caso che Aferpi, pur in un'inadempienza conclamata, continui a pagare per la propria parte i dipendenti, la società del marchio Cevital rimarrebbe proprietaria delle acciaierie, un'ipotesi disastrosa per Piombino –:

          quali iniziative il Governo intenda assumere o abbia assunto sia nei confronti di Aferpi per salvaguardare la produzione di acciaio in Toscana e i livelli occupazionali, sia in merito agli interventi di bonifica di competenza statale che non risultano ancora iniziati.
(3-03414)


      RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 19-quinquiesdecies del decreto-legge n.148 del 2017, appena approvato dalle Camere, impone agli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche, di regolare la cadenza della fatturazione su base mensile o di multipli del mese;

          gli operatori hanno centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge per adeguare i contratti alla cadenza mensile e, pertanto, la norma entrerà a regime nella prima decade di giugno 2018;

          la norma demanda all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni la verifica del rispetto di tale obbligo e l'eventuale irrogazione di sanzioni;

          approfittando del periodo di adeguamento alla nuova normativa, taluni operatori continuano ad offrire contratti quadrisettimanali; a quanto consta agli interroganti, il call center di Sky non chiarirebbe adeguatamente al consumatore se l'offerta proposta è quadrisettimanale o mensile, mentre Tim, addirittura, nonostante il divieto espressamente rivoltole dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nella primavera 2017 di non modificare la tariffazione mensile, starebbe emettendo fatture a otto settimane per la linea fissa, di fatto realizzando un arbitrario incremento tariffario, superiore all'8 per cento, nel periodo di riferimento;

          l'indennizzo forfettario pari ad euro 50 e i rimborsi per i ritardi nell'adeguamento in favore di ciascun utente interessato dall'illegittima fatturazione e le sanzioni che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni può comminare (fino a 5 milioni di euro e fino al 5 per cento del fatturato realizzato in violazione della norma) appaiono di valore assai inferiore agli introiti realizzabili nel periodo di adeguamento alla nuova normativa, introiti valutati dalla stampa in oltre mezzo miliardo di euro;

          un ulteriore pericolo consiste nel fatto che al termine di tale periodo, gli operatori potrebbero approfittare della modifica normativa per considerare tutti i contratti come nuovi contratti, aggravandone gli oneri, e potrebbero azzerare prima della loro scadenza tutte le offerte favorevoli fatte ai consumatori, per «sopravvenuta modifica del quadro normativo generale» –:

          quali urgenti iniziative di competenza si intendano adottare per impedire che una disposizione, introdotta per evitare un aumento surrettizio dei costi a carico dei consumatori, possa risolversi paradossalmente in un ulteriore aggravio dei costi a danno dei medesimi.
(3-03415)

Interrogazioni a risposta scritta:


      GAGNARLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          Ivv, è una storica industria vetraria fondata a San Giovanni Valdarno, nel cuore della Toscana, da un gruppo di maestri vetrai nel 1952. Nel corso degli anni si è affermata tra i protagonisti europei nella produzione del vetro soffiato e fatto a mano e della ceramica;

          da notizie stampa (Valdarnopost 30 novembre 2017) si apprende che la Ivv ha chiesto il concordato di continuità e il 17 novembre 2017 ha avviato la procedura per il licenziamento di 35 dipendenti a causa delle difficoltà dovute ai cali di vendita registrati soprattutto in Italia nel comparto delle liste di nozze e dell'oggettistica di pregio;

          nel mese di dicembre 2017 sono previsti due tavoli, uno tra azienda e sindacati e uno, istituzionale, per la gestione sociale della vicenda, con la partecipazione di regione Toscana, comune di San Giovanni, azienda e sindacati, al fine di verificare la possibilità di avviare gli ammortizzatori sociali, ridurre il numero degli esuberi e gestire l'eventuale passaggio di alcuni dipendenti ad altri soggetti;

          si dovrebbe quindi accompagnare questo percorso, evitando che si perdano marchi e capacità produttive storiche, quali appunto la Industria Vetraria Valdarnese, che rappresenta ancora un'eccellenza della manifattura valdarnese e di tutta la Toscana, anche grazie al know-how e alle preziose capacità dei suoi dipendenti –:

          se i Ministri interrogati non ritengano, per quanto di competenza, di farsi parte attiva nella ricerca di una soluzione che salvaguardi l'occupazione, puntando ad un rilancio della capacità produttiva;

          se intendano sostenere il progetto che emergerà dal citato tavolo istituzionale ed eventualmente valutare l'opportunità di istituire un tavolo nazionale di confronto con l'azienda e le rappresentanze sindacali, al fine di promuovere azioni volte ad escludere i licenziamenti e a prevedere adeguati ammortizzatori sociali per i lavoratori coinvolti e, nel caso non si riescano ad evitare i licenziamenti, assumere iniziative volte a prevedere un piano di ricollocamento per ognuno dei dipendenti licenziati.
(4-18715)


      COZZOLINO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          l'Ecodreaming di Fossò (Venezia) è un'azienda attiva in un settore in pieno sviluppo: quello della raccolta e trattamento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) e fornisce lavoro a 28 operai;

          a seguito di una crisi aziendale consumatasi negli ultimi 2 anni, tuttavia, i lavoratori sono stati posti in cassa integrazione ed è stato nominato un commissario liquidatore per la società;

          recentemente il signor Fabio Cavinato, che detiene l'85 per cento delle quote della società attraverso la Matfin Srl, avrebbe messo in liquidazione la stessa;

          conseguentemente a questa decisione, i lavoratori potrebbero perdere l'accesso agli ammortizzatori sociali di cui beneficiano, con gravi ricadute sulla loro situazione reddituale e, soprattutto, con la conferma di un definitivo pregiudizio del mantenimento del posto di lavoro;

          la situazione è al momento confusa e i lavoratori vivono un periodo di intollerabile incertezza;

          va considerato inoltre che l'intera vicenda non avrebbe contorni chiari, dato che le dinamiche societarie che si sono sviluppate nei passati anni e che hanno condotto all'esito attuale avrebbero profili di dubbia regolarità, tanto che sarebbe stato presentato un esposto alla procura della Repubblica di Venezia per chiedere se non sia configurabile il reato di bancarotta con distrazione del patrimonio della società Ecodreaming da parte degli attuali proprietari;

          uguali irregolarità sarebbero da ravvisare inoltre nel passaggio delle quote sociali della società Ecodreaming dai vecchi ai nuovi proprietari, tanto che la vecchia proprietà, la società Terracube Srl, è già stata dichiarata fallita;

          sarebbero infatti naufragate nel corso degli anni varie ipotesi alternative che avrebbero permesso alla società proprietaria di Ecodreaming di continuare ad operare, tra le quali quella di valutare l'ipotesi di cessione ai dipendenti di un ramo d'azienda, alla quale questi avrebbero aderito se non fosse stata ritirata;

          d'altra parte, solo pochi anni fa, con la vecchia governance e con la vecchia proprietà, la società denunciava significativi utili;

          ovviamente oggi la situazione è definitivamente compromessa, tanto che le forze dell'ordine sarebbero persino intervenute per conto della società elettrica per interrompere l'erogazione di corrente allo stabilimento e porre sotto sequestro alcune partite di rifiuti –:

          se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intendano adottare per gestire la situazione di crisi aziendale sopra illustrata;

          di quali elementi disponga circa la situazione attuale dell'azienda e quali ripercussioni tale situazione potrà avere sulle misure di sostegno al reddito di cui beneficiano i dipendenti della Ecodreaming srl di Fossò (Venezia).
(4-18725)

Apposizione di firme ad una mozione.

      La mozione Argentin e altri n. 1-01746, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 novembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Capone, Antezza.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta scritta Massimiliano Bernini n. 4-18688, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o dicembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Benedetti, Lupo.

Pubblicazione di un testo riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato della mozione Quintarelli n. 1-01620, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 788 del 3 maggio 2017.

      La Camera,

          premesso che:

              l'articolo 11 della Costituzione ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;

              lo sviluppo tecnologico, in particolare nei settori dell'elettronica e dell'intelligenza artificiale, con capacità di acquisizione di grandi quantità di dati, la loro elaborazione ed analisi in tempo reale, con miglioramento delle performance mediante sistemi di autoapprendimento, consente di realizzare sistemi con facoltà di assumere decisioni autonome;

              uno dei settori di applicazione di tali tecnologie riguarda il settore degli armamenti, consentendo di realizzare «sistemi di offesa letali autonomi» ovvero robot militari che, senza alcun intervento umano, possono selezionare, ingaggiare, attaccare e colpire obiettivi civili e militari, diversi da sistemi d'arma (associazione fra un'arma e un dispositivo o il personale che ne aumenti le prestazioni);

              l'esistenza di sistemi di offesa letali autonomi abilita, pertanto, la possibilità di eliminare l'operatore umano dal teatro operativo, ponendo i presupposti di una trasformazione nella struttura delle operazioni militari qualitativamente diversa da precedenti innovazioni tecnologiche in tale ambito,

impegna il Governo:

1) a continuare a partecipare attivamente al dibattito internazionale in corso, di concerto con i principali partner dell'Italia, avvalendosi di uno o più accademici italiani, esperti di intelligenza artificiale, riconosciuti a livello internazionale;

2) a proporre ai nostri partner internazionali l'adozione di una moratoria.
(1-01620) «Quintarelli, Binetti, Bombassei, Catalano, Cristian Iannuzzi, Galgano, Gigli, Locatelli, Marzano, Matarrese, Mazziotti di Celso, Menorello, Molea, Monchiero, Mucci, Nesi, Oliaro, Prataviera, Sberna, Vargiu».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

      interrogazione a risposta in Commissione Bechis n. 5-12502 del 20 ottobre 2017;

      interrogazione a risposta scritta Fassina n. 4-18401 dell'8 novembre 2017;

      interrogazione a risposta scritta Capelli n. 4-18424 dell'8 novembre 2017;

      interrogazione a risposta scritta Allasia n. 4-18631 del 27 novembre 2017.