XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 900 di mercoledì 13 dicembre 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

La seduta comincia alle 10.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ROBERTO CAPELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

      (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Alfreider, Amici, Artini, Baretta, Michele Bordo, Braga, Bressa, Capezzone, Carbone, Cenni, Colletti, Dal Moro, Dambruoso, Dellai, Fedriga, Ferranti, Fontanelli, Giancarlo Giorgetti, Guerra, Laforgia, Lauricella, Locatelli, Losacco, Marcon, Marotta, Paglia, Piepoli, Porta, Portas, Rampelli, Ravetto, Rosato, Sanga, Sani, Sandra Savino, Sibilia, Tancredi, Vazio, Enrico Zanetti e Zoggia sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente centoventiquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,04).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento. Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 10,25.

La seduta, sospesa alle 10,05, è ripresa alle 10,25.

Seguito della discussione della relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro sull'attività svolta (Doc. XXIII, n. 29).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro sull'attività svolta (Doc. XXIII, n. 29).

Ricordo che, nella seduta del 12 dicembre, si è conclusa la discussione ed è stata presentata la risoluzione Grassi, Dellai, Distaso, Kronbichler, Gianluca Pini e Sisto n. 6-00371 (Vedi l'allegato A), sulla quale il rappresentante del Governo, intervenendo in sede di replica, ha espresso parere favorevole.

Avverto che tale risoluzione è stata sottoscritta anche dal deputato Oreste Pastorelli.

(Dichiarazioni di voto - Doc. XXIII, n. 29)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pastorelli. Ne ha facoltà.

ORESTE PASTORELLI. Grazie, signor Presidente, Governo, onorevoli colleghi. La relazione sottoposta al nostro esame pone sotto una nuova luce l'intera vicenda del rapimento e dell'assassinio di Aldo Moro. La Commissione è andata oltre la semplice rilettura dei processi, analizzando documenti e tracce fino ad oggi trascurati o inediti.

Nell'ambito di questa attività di inchiesta è stata finalmente fatta luce sulla dimensione internazionale della vicenda Moro, dimostrando non solo le connessioni delle Brigate rosse con gruppi terroristici di altri Paesi, ma il ruolo giocato dai servizi segreti esteri. Viene poi confermata l'assenza di una regia unica; sull'operazione delle Brigate rosse, infatti, c'è stata una massiccia convergenza di più forze, le quali, ognuna, per ragioni diverse, hanno avuto un ruolo sullo sviluppo e sul tragico epilogo del rapimento. In questo senso, la relazione in esame riconosce chiaramente il compito fondamentale di quell'area grigia, animata da organizzazioni criminali e terroristiche, ma anche da persone operanti in apparati fondamentali dello Stato.

Duole, infine, rilevare come anche questo documento segnali che quella di Moro sia stata una tragedia annunciata. Gli elementi per evitarla c'erano, ma il mondo istituzionale di allora non ha potuto o, in alcuni casi, voluto coglierli. La relazione consegna un quadro aggiornato, ma che ovviamente deve essere ulteriormente riempito di altri nomi e fatti. Non di meno il lavoro della Commissione è stato di grandissima utilità, al fine di avvicinarsi ad una verità autentica.

Alla luce di quanto esposto esprimo il voto favorevole della componente socialista alla relazione. Grazie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Distaso. Ne ha facoltà.

ANTONIO DISTASO. Grazie, Presidente. L'attività di questi anni di questa legislatura, dedicati alla Commissione che riguarda il rapimento e l'uccisione dell'onorevole Aldo Moro e della sua scorta, sono stati anni intensi che hanno consentito di avvicinarci alla verità, perché fino ad ora credo che la verità fosse quella annunciata in uno dei tanti processi, in uno dei tanti libri.

Con certosina pazienza – e di questo ringrazio sinceramente il presidente Fioroni per la sua conduzione, sempre attenta e imparziale, e l'onorevole Grassi, che ne è stato il promotore - abbiamo avuto modo di far sì che qualcuno si facesse un'idea di quello che è successo, che storicamente è abbastanza evidente. Dirò giusto qualche parola.

Noi abbiamo voluto proprio cercare una verità non raccontata, ma direttamente desunta attraverso atti, testimonianze; naturalmente, a quasi quaranta anni di distanza, diventa tutto più difficile, anche gli ex brigatisti che sono venuti in Commissione hanno dato alcune volte, a mio avviso, un racconto più di comodo, avendo già scontato in gran parte le pene e non avendo interesse, magari, a rivelare quello che già era successo.

Ho apprezzato il lavoro di tanti altri commissari, anche dell'altro ramo del Parlamento, che pure hanno dato il loro contributo nella scrittura di libri e cito il senatore Gotor tra questi. Una cosa è certa: Moro era scomodo, è vero, era una tragedia annunciata, le responsabilità - anche questo si è desunto chiaramente - sono in Italia, sono da parte di altre potenze straniere. Credo che noi abbiamo dato un contributo, anche attraverso la desecretazione di atti, a far sì che a questa verità, oggi, ci si sia potuti avvicinare con maggiore consapevolezza. Grazie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Grazie, Presidente. Forza Italia può ben dire che nel 2014 è stato il partito che ha premuto perché fosse istituita questa Commissione Moro, che, come bene si dice nelle conclusioni, non ha nessuna pretesa di esaustività. Si dice con molta chiarezza che sono stati svolti dei passi in direzione della verità, ma che nessuno pensi che questo sia un lavoro rivoluzionario ed esaustivo. È un lavoro che ha una caratteristica, che poi è il leitmotiv iniziale di questa iniziativa: non avere paura della verità e non avere paura di accertare la verità. Questo il metodo che ha guidato i lavori della Commissione e che ha consentito non soltanto di rivedere quello che altre Commissioni avevano realizzato (nella risoluzione noi parliamo di limiti degli altri accertamenti). Quando si è più liberi nell'accertamento, è evidente che i risultati sono più soddisfacenti, ma sempre non esaustivi. È evidente che la verità sul caso Moro merita ancora degli approfondimenti che sono suggeriti in questa risoluzione.

Quali sono i dati che io reputo più rilevanti ai fini della sintesi clorofilliana del paziente lavoro della Commissione? Primo, innanzitutto, la presa d'atto che Moro andava protetto meglio. Secondo, questo non è avvenuto per delle responsabilità che ovviamente sono state in qualche modo accertate. Ma il dato più rilevante è che vi sono delle responsabilità, a titolo differenziato, commissive, certamente, ma anche omissive. Una sorta di Assassinio sull'Orient Express in cui le tante responsabilità si sommano e molte volte non comunicano tra di loro; possono essere più grigie, possono avere colori più netti, ma certo è emerso un quadro inquietante in cui la somma delle responsabilità consapevoli, o tra loro inconsapevoli, lascia ancora aperta una serie di accertamenti assolutamente indispensabili. E se questo è vero, l'auspicio che nella risoluzione noi formuliamo, Presidente, è quello di non mollare l'osso. Quello di considerare l'omicidio Moro come un punto di riferimento per la storia di questo Paese e non soltanto per le radici, non soltanto per il fenomeno del terrorismo, ma per una certa politica che in qualche maniera ha assistito a quanto stava accadendo non con quella capacità di attivarsi che avrebbe dovuto contraddistinguere una corretta interpretazione delle istituzioni.

Voglio soltanto segnalare, non da ultimo, come in Puglia, la terra che mi ha dato i natali, questa vicenda ha ancora degli strascichi. Io ero studente universitario all'ultimo anno quando accadde la vicenda Moro e ricordo bene, ricordo benissimo, come un maestro della nostra facoltà qual è stato Aldo Moro, con il suo allievo Renato Dell'Andro, che è stato il mio personale maestro, avesse dato a quell'università una caratura di filosofia e diritto insieme, di capacità di astrarsi da quella che era la realtà, per tornare poi vivacemente all'interno di quella stessa realtà. E questa capacità, che è stata uccisa non soltanto fisicamente, o si è cercato di ucciderla non soltanto fisicamente, oggi torna in tutta la sua attualità, quando Aldo Moro ci ha richiamato alla stagione dei doveri, all'adempimento del dovere come un punto di riferimento per ciascuno di noi perché nella endorfina pluralistica dell'adempimento poi si possa trovare un modo di ben dare al nostro Paese una democrazia. Io credo che abbia lanciato un messaggio molto chiaro, noi l'abbiamo raccolto. E non si scambi il lavoro della Commissione Moro solo come un lavoro supplementare di polizia giudiziaria aggiunta, di magistratura che in qualche modo non è stata capace e quindi nella Commissione ha trovato eco. No, si tratta Presidente di una sorta di riaffermazione valoriale, di un “non dimenticate quello che è accaduto”, perché quello che è accaduto non ha soltanto un valore penalmente rilevante, ha un valore di omicidio di Stato. Si è cercato di ammazzare una politica valoriale il cui testimone, noi di Forza Italia, raccogliamo molto volentieri, facciamo nostro, e sicuramente sarà un dato che serberemo nel nostro DNA politico, culturale e filosofico in modo assolutamente indelebile. Voteremo ovviamente a favore (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fauttilli. Ne ha facoltà.

FEDERICO FAUTTILLI. Grazie Presidente. Noi, nell'esprimere il voto convintamente favorevole del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico alla risoluzione presentata in Aula sulla relazione della Commissione, riteniamo anche di svolgere alcune riflessioni, anche se brevi.

Prima di tutto, non si può non rispondere a chi dice: “Ma è possibile che, con tanti problemi di oggi, pensiamo ancora a qualcosa di così lontano nel tempo?”. E ancora: “Il Parlamento non ha altro da fare?”. Ebbene, noi riteniamo che con tanti problemi che ci sono oggi, sì, il Parlamento ha il dovere di occuparsi anche di un evento terribile che quarant'anni fa ormai distrusse la vita di sei persone e di coloro che gli erano intorno: Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Salvatore Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi. Morirono senza colpe, solo perché difendevano con grande coraggio ed abnegazione la persona che gli era stata affidata che, come ha notato ieri il presidente Fioroni, avrebbe dovuto avere, questa persona, una protezione più alta, la più alta possibile di quella che poterono offrire i cinque eroi. Sì, ci sia consentito di chiamarli così: eroi. Eroi disarmati rispetto al micidiale fuoco brigatista, a quella geometrica potenza, come si disse allora con cinismo, che uccise i cinque agenti delle forze dell'ordine e poi, dopo 55 giorni angosciosi, uccise Aldo Moro. Un uomo buono, mite, saggio, innocente e amico, come disse con parole dolenti Paolo VI.

La risoluzione che approviamo impegna il Governo a valorizzare la memoria di questo drammatico evento che ha segnato la storia del nostro Paese in maniera indelebile. Quindi, noi riteniamo che abbia fatto bene il Parlamento a riprendere in mano le carte che già erano state esaminate e a leggere quelle che prima non era stato possibile vedere. Ed è molto apprezzabile che la Commissione abbia lavorato, pure in una fase di forte contrapposizione politica, senza asprezze inutili, in modo diverso da quanto accaduto nelle varie Commissioni che avevano preceduto quest'ultima. In questo caso, il tempo è stato galantuomo, ha consentito di riflettere e di non portare avanti posizioni preconcette o di parte, alla ricerca di una verità parziale certamente, ma alla quale la Commissione, con un suo ampio lavoro, ha contribuito a gettare un po' di nuova luce.

Sono da respingere, quindi, entrambe le posizioni estreme. Da un lato, quella che dice che tutto ciò che sappiamo del caso Moro è falso, costruito ad arte, da scartare. Ma anche chi dice “è tutto noto, si sa tutto, è inutile cercare ancora”, sbaglia anche questo. Le posizioni complottiste non servono a nulla, ma anche la superficialità di chi dice “basta, chiudiamo certo una pagina dolorosa”. Non è con la rimozione che si va avanti, conoscere la storia, conoscere ciò che è stato, aiuta a vivere il presente e a preparare il futuro.

La Commissione non si proponeva ovviamente di trovare novità sconvolgenti, ma come ha ricordato sempre Fioroni, essa ha dato un contributo utile ad una maggiore conoscenza della realtà di allora ed ha anche illuminato meglio le ambiguità di alcuni testimoni e protagonisti (tra questi sicuramente Morucci e Faranda in primis) e l'intreccio di interessi diversi e convergenti che si è venuto a creare prima, durante e dopo i tragici 55 giorni, anche grazie a documenti recentemente derubricati dalla segretezza che li aveva nascosti per circa quarant'anni, con particolare riferimento agli aspetti relativi ai rapporti con il Medio Oriente.

Possiamo dire, dunque, che uno degli ultimi atti del Parlamento della XVII legislatura non è affatto inutile, non è una perdita di tempo, non lo è stato. La relazione della Commissione e la risoluzione sulla quale ci esprimiamo, sono momenti alti, importanti di un'attività parlamentare che, anche nelle difficili condizioni nelle quali abbiamo lavorato per questi cinque anni, dimostra l'alto ruolo istituzionale del Parlamento.

Per questo, come detto, il gruppo di Democrazia Solidale-Centro Democratico vota a favore della risoluzione accolta dal Governo.

PRESIDENTE. Aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pizzolante, che però non è in Aula.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gianluca Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Grazie, Presidente. Annuncio subito, com'è chiaro dalla apposizione della mia firma, in rappresentanza chiaramente di tutto il gruppo della Lega Nord e Autonomie, il voto favorevole alla risoluzione.

Di quello che è stato fatto devo ringraziare la professionalità e la serietà con cui il presidente ha affrontato tutta la serie di audizioni, tutto il lavoro enorme, così come il collega Grassi, come tutti gli altri colleghi.

Quello che è stato fatto, però, non è un punto di arrivo, è un punto di partenza per arrivare a svelare quelle che giustamente il presidente, in un'intervista di ieri o dell'altro ieri, ha definito una sorta di nuove verità - nel senso che quelle di prima erano verità abbastanza di comodo - elementi che possono effettivamente arrivare a dare una definizione, dopo quarant'anni, si spera, perlomeno, un barlume di verità vera sul tema e non, appunto, di verità di comodo. Ma anche elementi che sovvertono quello che è stato un po' l'idem sentire, anche pompato molto dai media dell'epoca di totale distacco da quello che era successo relativamente al rapimento e all'uccisione di Aldo Moro e rispetto a un contesto internazionale; contesto internazionale sul quale noi riteniamo si debba continuare ad indagare con gli strumenti che si hanno, senza assolutamente intralciare l'autorità giudiziaria, che ha ancora fascicoli aperti e deve muoversi con la massima cautela.

Ma, ripeto, il lavoro che è stato fatto, per gli elementi che sono emersi e per la capacità che c'è stata di farli emergere, perché non era semplice, è un punto di partenza per arrivare a definire nel più breve tempo possibile - si spera, appunto, dopo quarant'anni, cioè nell'anniversario che cadrà il prossimo anno - i veri responsabili di tutto quello che è girato attorno al caso Moro, e non solo del caso specifico del rapimento, della detenzione e dell'uccisione.

Con questo auspicio abbiamo sottoscritto convintamente questo documento, che voteremo in maniera favorevole proprio perché si continui, non solo in questa legislatura, ma anche nella prossima, a svolgere questo importante e delicatissimo lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carlo Galli. Ne ha facoltà.

CARLO GALLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Commissione parlamentare d'inchiesta sul rapimento e la morte di Moro non ha lavorato inutilmente, ha indagato una storia di verità mancante, di indagini omesse e inaccurate, di risultanze contraddittorie, di coperture ambigue nel passato e anche nel presente. E questo è ciò che ha portato alla luce. Novità in senso assoluto non ci sono, perché sospetti, incongruenze, c'erano già e sono stati proprio quelli che hanno generato la decisione di istituire la Commissione. E, tuttavia, la Commissione ha prodotto risultati concreti e tangibili. Elenchiamoli brevemente: è assodata la presenza in via Fani di elementi non afferenti esclusivamente alle Brigate Rosse, elementi afferenti ai Servizi, alla mafia e a Servizi stranieri; è assodato il ruolo particolare, benché ancora oscuro, del bar Olivetti; è assodato, inoltre, che il palazzo di via Massimi 91, alla Balduina, di proprietà dello IOR, è stato utilizzato per spostare Moro dalle auto che lo hanno rapito in via Fani ad altre sulle quali fu trasferito o forse, addirittura, è stato adoperato come prigione dell'onorevole Moro; è stato assodato che il covo di via Montalcini non è stato utilizzato; è stato assodato che la morte di Moro non è avvenuta nelle modalità in cui è stata raccontata da i brigatisti, che forse non vi hanno nemmeno preso parte; è stato assodato che l'arresto di Morucci e Faranda è avvenuto in modalità diverse da quelle che erano emerse dagli atti giudiziari; è stato assodato che la latitanza di Alessio Casimirri è qualche cosa di molto, molto grave, poiché in essa non sono presenti soltanto le protezioni dovute al regime sandinista di allora, ma con ogni verosimiglianza anche di organismi dei Servizi italiani; è stato assodato che la stessa iniziativa del Pontefice fu boicottata e che le trattative vaticane furono misteriosamente interrotte.

Da tutto ciò emerge che il caso Moro è parte integrante e probabilmente culminante della strategia della tensione nel nostro Paese - sostanzialmente un golpe -, quella strategia nata da piazza Fontana, che ha determinato, oltre a innumerevoli morti e infiniti lutti, un cambiamento radicale dello svolgimento della politica del nostro Paese, cambiamento che è stato sottratto alla libera determinazione delle istituzioni democratiche.

È stata assodata la dimensione internazionale del caso Moro, sia quella mediterranea, sia quella, diciamo così, occidentale e con ogni verosimiglianza orientale. È stata assodata una commistione fra pezzi dello Stato, criminalità comune, P2 e terrorismo. È stato assodato che il memoriale Morucci è un tassello di una informale trattativa fra lo Stato e le Brigate Rosse, costruita per stabilizzare una sorta di verità parziale, raccontabile, sul caso Moro, la verità che è divenuta verità ufficiale: quel memoriale in cui, sostanzialmente, le BR si assumono l'unica ed esclusiva responsabilità del caso Moro, escludendo ogni interferenza esterna, quel memoriale è sostanzialmente falso.

Insomma, la Commissione ha prodotto il risultato che ha sgomberato il campo da false piste e ha segnalato all'autorità giudiziaria nuove piste di indagine. Certo, il lavoro della Commissione resta parziale, mancano ancora molti punti oscuri che devono essere chiariti. Certo, ci voleva più tempo, era necessario più tempo per i lavori della Commissione, era necessario che si potesse giungere ad una relazione finale: quella della quale si sta parlando è la terza relazione sullo svolgimento dei lavori.

In ogni caso, nonostante queste debolezze, il lavoro è un lavoro forte, convincente, i lavori di questa Commissione non sono stati una caccia ai fantasmi, piuttosto sono stati dissolti i fantasmi di parecchie menzogne e si è fatto qualche passo per placare, dandogli corpo, il fantasma che dovrebbe perseguitare tutti i democratici, il fantasma della verità non ancora acclarata, il fantasma di una verità che l'Italia, dopo quasi quarant'anni, due generazioni, sta ancora contemplando come si contempla una ferita ancora aperta; un'Italia che, nello strano silenzio dei media, nelle sue istituzioni non cessa ancora di indagare, ed è giusto che sia così, non cessa di tentare di far luce su quello che è il punto cieco della propria storia repubblicana, su quel punto di svolta che ha bloccato uno sviluppo intelligente della nostra vita democratica, un blocco che ancora oggi ci segna.

Stiamo ancora cercando definitivamente la verità, benché ad essa ci sia stata una importante approssimazione. E finché la verità non sarà tutta evidente, finché qualche cosa resterà oscuro, si tratterà di un'oscurità, di un'ombra che grava sulla democrazia. C'è ancora lavoro da fare per dissipare quell'ombra e tuttavia il lavoro che è stato fatto da questa Commissione merita il voto favorevole del gruppo parlamentare MDP alla risoluzione del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Colleghi, se non ci sono obiezioni, recuperiamo l'onorevole Pizzolante, al quale diamo qualche minuto per il suo intervento e poi, penso, l'annuncio della consegna del testo. Prego, ne ha facoltà.

SERGIO PIZZOLANTE. Sì, soltanto qualche minuto e poi consegnerò il testo. Cosa emerge dal lavoro molto importante che ha fatto la Commissione? Emergono molte ambiguità politiche, da parte di una parte dello Stato, rispetto al tema della linea della fermezza, che è stata, come dire, il frutto di un calcolo politico, che, alla fine, non ci ha aiutato a lavorare nel modo giusto per salvare la vita di Moro; emerge, di fronte alla linea della fermezza politica, una inferma attività di investigazione; emergono molte mancanze, una sottovalutazione politica del ruolo delle BR, del peso delle BR prima del sequestro di Moro, e poi, una sottovalutazione politica delle parole di Moro, delle lettere di Moro dalla prigionia che qualcuno mise addirittura in dubbio come scritte sotto dettatura delle Brigate Rosse e questa è stata, forse, la legittimazione vera delle Brigate Rosse, che non si voleva attraverso la linea della fermezza; una sottovalutazione anche del tentativo nobile di Bettino Craxi di una linea che tentava, che tendeva a cercare le soluzioni possibili per un compromesso e per la salvezza della vita di Aldo Moro.

Sia Moro che Craxi interpretarono una cultura democratica molto forte, lo ripeto, molto forte: l'idea di un cattolicesimo umanitario, di un socialismo umanitario che metteva l'uomo prima dello Stato; l'uomo è più importante dello Stato, viene prima dello Stato e lo Stato non è Stato se non fa di tutto per salvare la vita umana. Lì, con l'uccisione di Moro inizia la fine, inizia quella crisi che, come dire, ci portiamo dietro da decenni, lì inizia la fine della Democrazia Cristiana, la fine del Partito Comunista che, poi, si ritirò nell'esilio della questione morale che portò il comunismo ad essere la forza principale del giustizialismo italiano, lì inizia la demonizzazione di Bettino Craxi; cioè, lì inizia la crisi della politica e della democrazia, della quale oggi paghiamo ancora le conseguenze.

Chiudo qui, perché sono arrivato tardi e, quindi, ho soltanto pochi minuti, e consegno l'intervento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Monchiero. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, Presidente. Confesso che quando si votò in Aula l'istituzione di questa Commissione, il mio voto non fu favorevole. Fatta questa premessa, devo tuttavia riconoscere che il lavoro svolto è andato al di là delle preoccupazioni che mi indussero ad esprimere un voto negativo. Anche a distanza di anni era possibile compiere alcune operazioni che sono quelle che hanno ricordato i colleghi nei loro interventi e alle quali non posso che associarmi.

Condivido anche la risoluzione che accompagna la presentazione della relazione della Commissione. La risoluzione si articola in tre punti, sui quali, davvero, non si può non convenire. Innanzitutto, ricorrerà fra pochi mesi il quarantennale del rapimento di Moro e credo che questa data, che ha davvero segnato la storia della Repubblica, meriti di essere ricordata e che meriti anche di essere ricordato l'insieme dei valori che caratterizzavano, fino ad allora, la nostra Repubblica e che, nel frattempo, abbiamo un pochettino perso e non sostituito con altri valori altrettanto forti e altrettanto stabili. Inoltre, ritengo di fare anche mio l'auspicio di declassificazione dei documenti ancora secretati, perché, se vogliamo aggiungere qualche tassello alla verità, questo è senza dubbio necessario.

Per queste ragioni, confermo il voto favorevole della nostra componente (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Civici e Innovatori-Energie PER l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marta Grande. Ne ha facoltà.

MARTA GRANDE. Grazie, Presidente. Innanzitutto, vorrei ringraziare tutti i funzionari della Commissione sul rapimento e l'uccisione di Aldo Moro che hanno contribuito a rendere possibile l'opera di ricerca e studio, di per sé molto pesante e complessa. A loro, come sempre, va la nostra gratitudine per l'impegno e la dedizione che mettono ogni giorno nel loro lavoro.

Allo stesso tempo, ringrazio personalmente i colleghi delle altre forze politiche per l'aiuto e la pazienza dimostrata in questi anni di ricerca condivisa. Questa Commissione ha sempre avuto un confronto costruttivo sui diversi filoni di studio che, di volta in volta, venivano analizzati, entrando nel merito delle questioni, cercando di trovare una strada, ragionando e mettendo insieme le tessere di un puzzle oltremodo complesso e cercando di aprire una breccia nei muri che, nel tempo, sbarravano il sentiero della verità. Abbiamo potuto guardare negli occhi i testimoni di quel sequestro, i protagonisti di quei 55 giorni, dai brigatisti ai collaboratori di Moro. Talune volte abbiamo percepito nelle parole degli auditi una verità sincera, altre, invece, ci siamo dovuti misurare con quei, fin troppo noti, atteggiamenti di vaghezza e omertà, pure di fronte ad evidenze oggettive e a documenti che, sebbene quarant'anni dopo i fatti, avrebbero favorito il percorso di avanzamento verso la ricerca della verità che fino a quel momento conoscevamo.

In questo clima di lavoro, la Commissione e le sue indagini sono state spesso bersaglio di certi organi di informazione che, sia pur a fasi alterne, ne hanno fortemente criticato i costi e l'utilità. Ebbene, se non fosse così inflazionata, oggi, l'idea stessa del complotto, certamente non esiteremmo ad affermare che dietro certi maldestri tentativi di sminuire l'operato del nostro lavoro si celasse una trama netta, precisa, perfettamente coerente col drammatico filo rosso che nel corso di tutti questi anni, dalla scomparsa del Presidente, ha unito un numero infinito di testimoni smemorati, clamorose coincidenze, incredibili fatalità. Sarebbe fin troppo generoso e piuttosto inutile concedere in quest'Aula, oggi, delle risposte sui costi veramente esigui e sul senso politico di questa Commissione. Sul sequestro e sull'omicidio di Moro non si sa, né mai si saprà tutto, non c'è totale chiarezza né, temo, ci sarà mai.

Per questo, onorevoli colleghi, non dimentichiamoci che è nostro dovere sentire su di noi, sul nostro operato la responsabilità della verità storica. Un intreccio di personalità politiche, religiose, extra parlamentari, nazionali ed internazionali hanno tentato, più o meno goffamente, di consegnare ai posteri uno straccio di verità. Ma chi e quale verità? La Commissione, partendo proprio da alcune incongruenze, ha demolito molte falsità, non sempre evidenti, costruite nel tempo ed avallate da ipotesi, zone d'ombra e non detti o da elementi non indagati e non approfonditi, depistaggi e omissioni. Su tutti voglio citare un fatto, un esempio, credo, assai indicativo. Probabilmente, la prima prigione di Moro fu in via Massimi 91 e il bar Olivetti, davanti al quale avvenne il rapimento, quel giorno era aperto e il sequestro non venne certamente eseguito da pochi, inesperti brigatisti che avevano deciso il piano tra quattro mura ed operato in modo casuale, approssimativo, con armi vecchie e pochi o nessun mezzo a disposizione, anzi, possiamo dire, senza tema di smentita, che avvenne esattamente il contrario.

Evito, per ovvie questioni di tempo, di citare nel dettaglio le prove balistiche eseguite dove avvenne il sequestro, in via Fani, in molti documenti desecretati, e le analisi del DNA eseguito su svariati reperti.

Vi è poi un piano di indagine ancora più complesso, quello internazionale. Su questo versante abbiamo approfondito le collaborazioni tra le Brigate Rosse e formazioni palestinesi esattamente come le iniziative tra i servizi italiani e l'OLP e il Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Altro elemento di studio è stata la latitanza di Casimirri in Nicaragua, le tante incongruenze nei documenti che riguardano la sua fuga, anch'esse sottolineate diligentemente dal nostro lavoro congiunto.

L'omicidio di Moro, sarà giusto ribadirlo, non è un delitto totalmente italiano, ma il tremendo braccio di ferro tra la condanna a morte e l'eventuale rilascio che si è consumato nei giorni del rapimento e della prigionia vengono da molto più lontano ed anche in questo caso ci sentiamo in diritto di non credere al fato, perché la rilevanza e l'altezza di Moro, ma soprattutto la linea politica che tanto sapientemente aveva tracciato, disegnano un mondo di cooperazione, dialogo, costruttività ed apertura, un mondo di tolleranza, di possibilità, di equilibrio e di rispetto; un mondo che, purtroppo, non andrà mai bene a tutti. Di questo, prima che di ogni altra cosa, si deve avere il coraggio di tener conto se è la verità che si ha a cuore. Oggi, con questa votazione, arriviamo alla conclusione di un lavoro serio ed impegnativo, che ci ha visti spettatori privilegiati di una delle pagine più drammatiche della storia contemporanea e della nostra democrazia. Certo, avremmo potuto indagare molti altri aspetti e approfondire maggiormente quelli analizzati. Paradossalmente, ci sarebbe bisogno di un ulteriore sforzo per illuminare l'oscurità di questa vicenda, dovremmo poter essere in grado di addentrarci in zone d'ombra ancora inesplorate…

PRESIDENTE. Mi scusi onorevole Grande. Colleghi!

MARTA GRANDE. …forse proprio in virtù di quella progettualità, a cui accennavo poc'anzi, quell'osmosi politica che Moro immaginava e che ancora è estremamente attuale. Forse quella celebre pax, che ha seguito l'uccisione del Presidente, ha ancora ragione di esistere.

Aldo Moro, il Presidente, l'onorevole il Ministro, l'uomo che ha seduto tra questi banchi esattamente come noi, una tra le più personalità migliori del suo tempo, politico sopraffino e soprattutto attentissimo osservatore della storia di questo Paese. Nelle parole delle sue lettere c'è tutta l'umanità di un vero Capo di Governo, lucido, conscio di ciò che gli stava accadendo, consapevole di quante e quali forze fossero in campo al suo fianco o contro di lui.

Le parole che seguono, tratte da una delle sue lettere, ne sono una testimonianza più che calzante: vorrei restasse ben chiara la piena responsabilità della DC con il suo assurdo e incredibile comportamento. È poi vero che moltissimi amici (ma non ne so i nomi), o ingannati dall'idea che il parlare mi danneggiasse o preoccupati dalle loro personali posizioni, non si sono mossi come avrebbero dovuto. Cento solo firme raccolte avrebbero costretto a trattare. Tutto è inutile quando non si vuole aprire la porta. Il Papa ha fatto pochino, forse ne avrà scrupolo.

A Moro dobbiamo molto più del semplice rispetto per ciò che ha fatto e per quello che avrebbe potuto fare, per il Paese che saremmo potuti essere. Per questo ritengo un atto di autentica demenza politica non individuare una relazione, un nesso oggettivo, tra ciò che siamo diventati oggi, la decadenza morale, etica e politica, che caratterizza il nostro tempo, il neoliberismo bestiale che ci opprime e l'eliminazione del grande statista. Perché la linea di Moro - dobbiamo avere il coraggio di ammetterlo - avrebbe cambiato drasticamente il volto dell'Occidente, avrebbe pesantemente contribuito ad un Paese, ad un'Europa, ad un mondo migliore. Ed anche per questo doveva morire.

Ecco, queste lettere, che abbiamo ricevuto come eredità e che possiedono un valore storicamente e culturalmente inestimabile, possano continuare a fungere da monito, da stimolo, per la realizzazione di quella buona politica, che dobbiamo impegnarci con massimo e sincero sforzo a restituire al nostro Paese, soprattutto oggi, giorno in cui votiamo questa relazione alle Camere, alla quale il MoVimento 5 Stelle accorderà il proprio voto favorevole.

Voglio concludere l'intervento con le stesse parole di Moro nell'ultima lettera indirizzata a sua moglie: vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce sarebbe bellissimo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Grazie Presidente. Non abbiamo difficoltà a votare a favore della risoluzione. D'altronde, come si potrebbe dire “no” alla speranza che finalmente siano assicurati alla giustizia alcuni dei brigatisti ancora latitanti in Paesi esteri? O come si potrebbe dire “no” a chi, almeno sulla carta, vuole promuovere, nel quarantesimo anniversario del sacrificio di Aldo Moro, la conoscenza di quei fatti e farla ricordare nelle scuole? Forse è un po' tardivo, forse avremmo già dovuto farlo, sin dall'immediatezza di quei tragici eventi, quando ancora qualcuno… erano in molti che avevano già cambiato….

PRESIDENTE. Colleghi, abbassiamo per favore un po' il tono della voce? Grazie.

IGNAZIO LA RUSSA. Presidente, a me non dà fastidio. Anzi, fa da coro, serve, mi piace.

Erano ancora molti, non tutti quelli che lo avevano fatto prima, ma erano ancora molti a chiamare i brigatisti “sedicenti”, brigatisti rossi. Perché non c'è bisogno di un'inchiesta, di un'indagine di lavori parlamentari, di altri, intanto per affermare un fatto semplice. Noi siamo andati, abbiamo partecipato alla Commissione parlamentare d'inchiesta, anche saltuariamente, perché a volte ci sembrava un po' inutile andare a insistere su cose che ci sembrano abbastanza chiare. Prima cosa chiara: le brigatiste rosse erano rosse. Ah! Sembra un'affermazione incredibile.

Non c'è bisogno di nessuna inchiesta, per dire che le Brigate Rosse erano rosse e che le Brigate Rosse avevano, non una follia alle spalle, ma una precisa ideologia di sangue, che era quella leninista marxista, che aveva a chiare lettere scritto e detto che la violenza è uno strumento, che deve essere usato per la conquista del potere e la dittatura del proletariato. Poi, certo, i modi, i tempi, le cose… Nel tempo si è capito che andavano condannate immediatamente.

Ma lasciate che io, da questo banco, ricordi le prime vittime delle Brigate Rosse. Moro non è stata l'ultima, ma è stata la più eclatante. Ma prima di lui, i primi a essere barbaramente assassinati, all'interno di una sede del Movimento Sociale Italiano, furono due innocenti militanti di quel partito, che si trovavano lì per caso, quando irruppero i brigatisti. Si chiamavano Mazzola e Giralucci. Per loro fu condannato, per concorso morale nell'omicidio, anche Curcio, uno dei capi delle Brigate Rosse.

Quindi, certo votiamo a favore di questa risoluzione, ma quanta amarezza ci rimane per i decenni in cui le Brigate Rosse, prima che venisse assassinato un militante del Partito Comunista, furono in sostanza difesi. Non ne fu affermata la pericolosità, l'origine, l'identità. Oggi andiamo a discutere sulla vera meccanicità dell'azione, che ha portato alla morte, non solo Aldo Moro, ma gli eroici appartenenti alle forze dell'ordine, che avevano il compito di proteggerlo. E lo facciamo, partecipiamo, siamo favorevoli a questa risoluzione. Ma lasciate che vi dica che lo facciamo senza soddisfazione, che lo facciamo ancora con l'animo pieno di sgomento per quanto in Italia, per troppi anni, è stato possibile fare, con la complicità, col silenzio, col sostanziale aiuto di una classe politica, non solo di sinistra, che aveva interesse che quello avvenisse e che rientrasse in una logica di un antifascismo, che non c'entrava nulla e che ogni tanto vediamo stranamente e ridicolmente apparire in certe forme anche oggi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grassi. Ne ha facoltà. Colleghi, chiederei sempre di abbassare il tono dalla voce, per favore.

GERO GRASSI. Presidente, signor sottosegretario, deputati, Corriere della Sera 14 novembre 1974: “Io so, io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe. Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna, dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del vertice che ha manovrato. Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi opposte, fasi della tensione: una prima anticomunista e una seconda antifascista. Io so i nomi delle persone serie e importanti, che stanno dietro ai tragici ragazzi, che hanno scelto le suicide atrocità fasciste, e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari. Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti, di cui si sono resi colpevoli. Io so, ma non ho le prove, non ho nemmeno indizi”. Pier Paolo Pasolini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Cito Pasolini, perché aveva intuito, decenni prima, alcune verità. Cito Pasolini, perché Aldo Moro con Enrico Berlinguer furono gli unici due politici italiani ad andare al funerale di Pier Paolo Pasolini, la cui morte è anch'essa tutta da riscrivere. Cito Pasolini perché quell'intellettuale a mani nude diceva: “Io so. Ma non ho le prove”.

La Commissione oggi quelle prove le ha trovate: sa i nomi, sa i cognomi, ha riempito gli omissis di tanti anni, riscrivendo un pezzo della storia italiana. Le Brigate Rosse non sono state un fenomeno solo italiano, ma un fenomeno internazionale.

Aldo Moro andava protetto e non è stato protetto. Prima del rapimento si sapeva che Moro correva rischi altissimi. Lo stesso Moro, il 15 marzo, ne parla con il Capo dalla Polizia. Oggi, a conclusione di un percorso di dolore, del quale il gruppo del Partito Democratico è stato protagonista in tutte le fasi, possiamo affermare, con molta serenità e con grande speranza, che quella che per anni è stata la verità ufficiale, cioè il memoriale Morucci-Faranda, è una verità frutto di una trattativa tra pezzi dello Stato, alcuni magistrati, alcuni uomini delle forze dell'ordine, la complicità di qualche giornalista e autorevoli vertici di quella Repubblica con Morucci e Faranda.

È sintomatico che Valerio Morucci la mattina sia imputato in alcuni processi, il pomeriggio parli con Cossiga e Pecchioli, la sera faccia il consulente di alcuni magistrati che lo inducono con l'inganno ad incontrare Tizio e Caio, ingannando lui e ingannando le persone che incontrava. Tutto questo perché Moro doveva morire e perché agli italiani bisognava dare una verità dicibile, una verità che chiudeva il terrorismo, una verità che poneva la parola “fine” a un grande imbroglio, iniziato non il 16 marzo 1978, ma nel 1963, con il Piano Solo.

Concludo, signor Presidente, preannunciando il voto favorevole del Partito Democratico, orgoglioso, oggi, di poter dire che Moro rivive nella coscienza, nell'intelligenza e nei cuori degli italiani, che dalla vicenda Moro non vogliono guardare il passato, ma vogliono guardare il futuro di speranza e di pace; contentissimo che il Parlamento oggi, credo quasi all'unanimità, scriva una delle più belle pagine della legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

GIUSEPPE FIORONI, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FIORONI, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro. Presidente, intervengo rapidamente solo perché sento il dovere e il piacere di ringraziare per primi i funzionari della Camera che hanno lavorato con noi, consentendo di arrivare a produrre le tre relazioni, e i nostri consulenti, magistrati e forze dell'ordine: è appena il caso di ricordare che credo sia l'unica Commissione bicamerale che ha avuto solamente consulenti gratuiti e non ha gravato sul bilancio dell'amministrazione della Camera - per decine di migliaia di euro - per i quattro anni e mezzo.

Ma, soprattutto, vorrei ringraziare, prima del voto, il Parlamento, perché mi auguro che anche questa volta esprima un consenso pressoché unanime all'approvazione della relazione, scrivendo credo una pagina di buona politica, perché consegna un pensiero importante: cambiamo e rinnoviamo il Paese se spazziamo via l'Italia dei misteri. È un contributo che, credo, abbiamo cercato di dare anche grazie ad una direttiva del Presidente Renzi, che ha consentito di desecretare una serie infinita di carte…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Fioroni.

GIUSEPPE FIORONI, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro. …e di atti che ci hanno consentito di arrivare dove siamo arrivati e con la risoluzione che oggi approveremo daremo anche indicazioni per completare il lavoro.

(Votazione – Doc. XXIII, n. 29)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Grassi, Dellai, Distaso, Kronbichler, Gianluca Pini, Sisto e Pastorelli n. 6-00371 con il parere favorevole del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Applausi) (Vedi votazione n. 1).

Seguito della discussione della relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri sull'attività svolta (Doc. XXII-bis, n. 17) (ore 11,19).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri sull'attività svolta (Doc. XXII-bis, n. 17).

Ricordo che, nella seduta del 12 dicembre, si è conclusa la discussione ed è stata presentata la risoluzione Amoddio, Prestigiacomo, Zappulla, Baroni, Fucci ed altri n. 6-00372 (Vedi l'allegato A) sulla quale il rappresentante del Governo, intervenendo in sede di replica, ha espresso parere favorevole. Avverto che tale risoluzione è stata sottoscritta anche dalla deputata Eleonora Bechis.

(Dichiarazioni di voto - Doc. XXII-bis, n. 17)

PRESIDENTE. Colleghi, pregherei chi non è interessato alla fase delle dichiarazioni di voto di uscire e chi rimane di stare in silenzio. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bechis. Ne ha facoltà.

ELEONORA BECHIS. Grazie, Presidente. Era l'estate del 1999 quando Emanuele Scieri, giovane avvocato che prestava servizio di leva presso la caserma “Gamerra” di Pisa, morì. Il solito intreccio all'italiana: mille interrogativi che o non hanno mai ottenuto risposta o hanno ottenuto risposte distorte. La Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri ha svolto in questi mesi un lavoro meticoloso, raccogliendo le informazioni che, forse tralasciate o forse occultate, erano determinanti per un giusto esito delle indagini e conseguentemente dei processi. Oggi però siamo ad una svolta tant'è che la procura della Repubblica di Pisa ha dichiarato l'intenzione di riaprire le indagini, riprendendo i risultati ottenuti dalla stessa Commissione. Siamo certi che finalmente verranno ricollegati tutti i fili per determinare le giuste cause della morte di Emanuele Scieri e che dopo diciotto anni i familiari avranno le giuste risposte. Pertanto Alternativa Libera voterà in maniera favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fucci. Ne ha facoltà.

BENEDETTO FRANCESCO FUCCI. Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, annunzio il voto favorevole di Direzione Italia sulla risoluzione in esame sottoscritta anche da me quale componente della Commissione d'inchiesta.

Le ragioni del voto favorevole si ricollegano a quanto da me brevemente affermato ieri in discussione generale. I lavori della Commissione, infatti, sono stati proficui e si concludono con due risultati essenziali, che brevemente richiamo: la riapertura delle indagini sulla morte di Emanuele Scieri e la messa in luce di situazioni poco commendevoli nell'ambito dell'allora vita militare all'interno della caserma Gamerra di Pisa.

Penso che in questo modo sia stato compiuto un lavoro importante per contribuire al raggiungimento della verità di questi fatti. La risoluzione che a breve voteremo ha il pregio di evidenziare in modo sintetico, ma anche esplicito, gli elementi di chiarezza emersi nei lavori della Commissione, quali la natura delle pratiche e il tipo di relazioni che avvenivano tra anziani e reclute, con il manifestarsi di gravi atti di violenza non certo riconducibili a semplici manifestazioni di goliardia o prove di abilità e destrezza fisica nella caserma Gamerra di Pisa e l'atteggiamento, ancora per molti versi oscuro, è apparso in alcune occasioni addirittura reticente, dell'allora catena di comando della caserma, cui però - è giusto dirlo - ha fatto da contraltare, durante i lavori della Commissione, l'atteggiamento di piena collaborazione e trasparenza da parte degli attuali vertici della stessa caserma.

Quanto emerso durante i lavori della Commissione, il cui quadro complessivo è ben esposto nella relazione conclusiva discussa ieri, è la naturale premessa alla base dell'impegno contenuto nella risoluzione su cui Direzione Italia esprime piena condivisione. Condividiamo sulla necessità, come indicato nel dispositivo della risoluzione, che il Governo promuova e adotti tutte le iniziative di propria competenza per l'accertamento della verità sulla morte del militare Emanuele Scieri, altresì riconoscendo, in presenza dei presupposti e dei requisiti di legge, un giusto ristoro e indennizzo ai familiari.

Mi auguro, in conclusione, signor Presidente e onorevoli colleghi, che, grazie all'importante lavoro svolto dalla Commissione Scieri - e mi sia consentito di ringraziare la presidente Amoddio, i componenti e i funzionari della stessa Commissione per quanto fatto - si riesca a porre la parola fine in modo veritiero sulla triste vicenda del militare Emanuele Scieri. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Direzione Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Menorello. Ne ha facoltà.

DOMENICO MENORELLO. Grazie, Presidente. Oggi possiamo votare un atto di giustizia verso la persona di Emanuele Scieri, la sua famiglia e i suoi amici, ma il lavoro della Commissione è anche e soprattutto un esempio in cui la politica ha voluto e saputo servire più la verità che accettare una comoda omertà, che aveva contribuito a impedire alle procure di aprire le porte alla giustizia, porte che oggi si riaprono proprio grazie a questo lavoro parlamentare.

La politica ha affermato questa volta che il bene comune, la verità e, dunque, la giustizia sono più importanti di ogni ragion di Stato. Il lavoro della Commissione che oggi approviamo testimonia anche come il Parlamento possa essere ancora il luogo proprio della Politica con la iniziale maiuscola, sconfiggendo, una volta tanto, i luoghi comuni e le pessime prassi di decadenza in cui normalmente la stessa politica è immersa. Valga allora questo lavoro della Commissione d'inchiesta e questo voto, che anche noi, come componente Civici e Innovatori- Energie PER l'Italia, volentieri daremo in senso positivo, come alto paradigma a cui guardare tutti nella imminente azione politica, cui saremo chiamati nei prossimi mesi. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Civici e Innovatori-Energie PER l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scopelliti. Ne ha facoltà.

ROSANNA SCOPELLITI. Grazie, Presidente. Lo ricordavamo prima, sono passati ben diciotto anni dagli eventi dell'agosto del 1999, quando il corpo senza vita di Emanuele Scieri, un ragazzo di 27 anni, un ragazzo come tanti, con dei sani valori, animato da principi nobili, venne ritrovato da alcuni suoi commilitoni all'interno della caserma Gamerra del Centro di addestramento paracadutisti di Pisa, dov'era stato trasferito da Firenze dopo aver prestato giuramento il 7 agosto del 1999.

L'attività d'inchiesta della Commissione ha evidenziato come, prima della sua scomparsa, avvenuta la sera del 13 agosto, sempre del 1999, Emanuele Scieri abbia trascorso una giornata tranquilla, pranzando presso la mensa della caserma e ricevendo, presso gli appositi magazzini, gli effetti necessari per l'allestimento del suo posto branda: un comportamento del tutto normale di un ragazzo che si era laureato con ottimi voti in giurisprudenza presso l'Università di Catania il 6 novembre 1998 e che aveva già avviato la pratica forense quando ricevette, a 27 anni, la chiamata ad effettuare il servizio di leva obbligatorio, una chiamata che Emanuele accettò di buon grado, sebbene volesse dire interrompere un'attività forense appena iniziata. Ma accettò, perché era mosso da un radicato senso del dovere, che lo portò chiaramente a scegliere di svolgere il servizio di leva nei paracadutisti della Folgore, ovvero in quel corpo d'élite dell'Esercito italiano a cui si accede solo su base volontaria.

La vita di Emanuele, però, si è interrotta la sera del 13 agosto 1999, quando non risultò presente in camerata al contrappello delle 23,45. Le ricerche effettuate attraverso ripetute chiamate verso il cellulare di Emanuele non servirono a ritrovarne il corpo, rinvenuto invece da alcuni suoi commilitoni intorno alle 14 del 16 agosto. Emanuele Scieri veniva ritrovato morto in un luogo isolato della caserma e l'ultima volta in cui fu visto in vita fu la sera del 13 agosto, prima di far rientro in camerata. Il presupposto su cui si sono fondate le richieste istitutive di una Commissione d'inchiesta era l'insoddisfacente epilogo …

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Scopelliti. Onorevole Alfano, la prego, mi dia una mano anche lei. Quando vengono persone a parlare, dica che non è possibile, così abbiamo risolto il problema. Grazie.

ROSANNA SCOPELLITI. Grazie, Presidente. Dicevo che il presupposto su cui si sono fondate le richieste istitutive della Commissione d'inchiesta era appunto l'insoddisfacente epilogo delle indagini giudiziarie, che si chiusero tutte con decreti di archiviazione. La relazione della Commissione oggi al nostro esame non illustra la totalità degli elementi raccolti nel corso delle sue attività conoscitive, questo per non pregiudicare le indagini che la procura della Repubblica presso il tribunale di Pisa avrebbe potuto avviare e che, in effetti, ha avviato.

La Commissione ha avuto il merito di far luce su alcuni aspetti che per troppo tempo erano rimasti oscuri, trovando la piena collaborazione nell'amministrazione della Difesa. Dal 2016, anno della sua istituzione, la Commissione, attraverso l'integrazione di elementi acquisiti nel 1999 dalla magistratura con nuovi elementi di indagine acquisiti con le audizioni, l'opera dei consulenti, della Polizia di Stato, Polizia postale e Guardia di finanza e con l'acquisizione dei ruoli e dei fogli matricolari dei paracadutisti, è stata in grado di ricostruire il contesto in cui si svolgevano le attività all'interno della caserma di Pisa.

È stato così possibile ricostruire la natura delle pratiche, il tipo di relazioni che si instauravano tra i cosiddetti anziani e le reclute, il ruolo dei caporali, l'atteggiamento e la mentalità dei militari, le risposte date dai comandanti a livello di corpo e di brigata, e ciò che è emerso dall'attività conoscitiva della Commissione è un ambiente in cui spesso si verificavano atti di grave violenza, che di goliardico non avevano nulla. I controlli in caserma non erano tali da scongiurare o prevenire comportamenti pericolosi ed è stato anche accertato che diversi paracadutisti usavano scavalcare il muro di cinta ben oltre l'ora del contrappello e la stessa zona in cui è stato ritrovato il corpo di Emanuele Scieri veniva utilizzata dagli anziani come luogo di svago, privo di qualsiasi controllo da parte dei superiori.

Alla luce delle falle, delle distorsioni ravvisate all'interno della caserma di Pisa, la Commissione ha ritenuto opportuno presentare, presso la procura della Repubblica di Pisa, una formale richiesta di riapertura delle indagini, trasmettendo tutti gli atti di indagine e le audizioni espletate. Sia la procura presso il tribunale di Pisa che la procura militare hanno deciso di riaprire le indagini, al fine di fare, finalmente, piena luce su quanto successo quel 13 agosto del 1999 e ottenere l'unica cosa che anche la famiglia di Emanuele Scieri ha sempre chiesto, una cosa molto semplice: verità e giustizia.

C'è una citazione di Montesquieu che dice: “giustizia ritardata è giustizia negata”. Io spero che riaprendo queste indagini, dando veramente la dignità della memoria e la dignità di una verità, di una giustizia reale per la famiglia di Emanuele Scieri, si possa dare ancora una volta, in maniera maggiore, lustro al nostro Stato, che deve garantire questo, e anche alle Forze armate.

Per questi motivi, Presidente, io ribadisco e annuncio il voto favorevole del gruppo parlamentare di Alternativa Popolare alla relazione importantissima della Commissione d'inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Simonetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. Grazie Presidente. Anche noi voteremo favorevolmente alla relazione e chiedo alla Presidenza se potrò poi consegnare il testo.

PRESIDENTE. È già autorizzato.

ROBERTO SIMONETTI. Due parole per dire che il caso è un caso molto particolare, di un ragazzo che alla prima giornata in caserma, alla Gamerra di Pisa, ha trovato la fine della propria vita in una maniera molto, molto, molto discutibile. Il merito di questa Commissione è stato quello comunque di far riaprire il caso che fu chiuso in maniera abbastanza veloce agli inizi dalla procura e dal tribunale. Un altro merito della Commissione è stato quello di investigare sulla morte di Emanuele, sapendo distinguere tra le responsabilità individuali rispetto a quella di un'istituzione, quella delle Forze armate, che noi ovviamente rispettiamo, che riteniamo una risorsa fondamentale a disposizione del Paese. Quindi, un voto favorevole, consegnando il testo scritto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zappulla. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE ZAPPULLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a conclusione dei lavori della Commissione possiamo convintamente affermare che il lavoro della Commissione è stato utile ed è servito seriamente. Non è stato insomma, a dispetto di tutti gli scetticismi, né tempo, né risorse umane sprecate. Il lavoro della Commissione è stato intenso e impegnativo, talvolta insidioso, ma sempre improntato alla correttezza e al rispetto degli interlocutori e soprattutto unitario. Forse questo tratto e questa scelta collettiva che abbiamo assunto, ha rappresentato la forza trainante della Commissione che, pur nello scetticismo e nel pessimismo generale iniziale, ha raggiunto davvero obiettivi importanti. Abbiamo avuto tutti e tutte, dal primo momento, un unico coinvolgente obiettivo: tentare con la ricostruzione dei fatti, con la minuziosa verifica di ogni passaggio, di ogni momento, di ogni particolare, di individuare quelle novità utili e necessarie a chiedere ed ottenere la riapertura delle indagini. Perché vedete, c'è stata una condizione e un sentimento che mi ha accompagnato già dalla presentazione della proposta di legge per la istituzione della Commissione parlamentare e poi in tutti i lavori successivi: è inaccettabile, è intollerabile, che nel perimetro di una caserma, e non in una qualsiasi, ma della Folgore, possa essere stato ucciso un ragazzo di 26 anni senza che se ne individuino i responsabili. Stiamo parlando di quelle strutture che nell'immaginario collettivo, nella giusta mentalità e convinzione dei cittadini - e perché no? - anche nostra, rappresentano il baluardo della democrazia, del rispetto della sicurezza delle persone, della legalità e della lotta a ogni forma di sopraffazione. Ebbene, la famiglia, gli amici, la comunità stessa, consegnano ragazzi poco più che ventenni nelle mani dello Stato e dei suoi organi perché li aiutino a crescere e a formarsi, anche se con una breve esperienza militare, perché li proteggano. Ma Emanuele Scieri in quella caserma non solo non è stato tutelato e protetto, Lele, come lo chiamano i suoi amici a Siracusa, è stato ucciso e la sua memoria non è stata ancora onorata e rispettata con la individuazione dei responsabili, perché troppo forti e alte sono state le omissioni e le omertà che lo hanno impedito. La conclusione delle indagini e dei fascicoli di allora, con l'ipotesi di omicidio commesso da ignoti, e quindi con l'archiviazione, rappresenta una sorta di fallimento che aggrava ulteriormente la morte di Lele. Getta ombre inquietanti per la caserma e scrive inevitabilmente, in tal modo, anche una pagina buia e triste delle Forze armate. Anche qui lo voglio ribadire con la nettezza possibile: mai, in nessun momento dei lavori della Commissione, si è solo sfiorato il rischio di mettere sotto accusa l'intera Folgore, la sua storia e il suo valore.

Ma quelli che hanno ucciso Lele e che hanno coperto omertosamente la verità, sì, questi sì! Sono loro, con il loro complice e gravissimo silenzio, a infangare quella caserma, tutti i commilitoni e la stessa Arma. Le audizioni hanno consegnato sforzi importanti, positivi, coraggiosi, di chi ha cercato, scavando nella propria memoria e nei ricordi, di aiutare la Commissione. Ma è bene dirlo: anche silenzi inquietanti, racconti inverosimili, risposte sprezzanti e atteggiamenti provocatori e, soprattutto, troppi “non ricordo”, troppi “non so” che non fanno e non hanno fatto onore ai protagonisti.

Emanuele Scieri non si è suicidato, non è caduto incidentalmente, non ha ceduto a dimostrazioni di forza; è ragionevole affermare che Lele è stato ucciso da più persone presenti, che gli hanno voluto, forse, presumibilmente, far pagare la sua dignità e la sua volontà di non piegarsi alle cosiddette consuetudini, agli atti di prevaricazione e di nonnismo imperanti in quella caserma. Lele, probabilmente, per questo è stato prima picchiato e poi costretto a salire dall'esterno quella scala e qualcuno dall'interno della stessa ha pure determinato la sua caduta, colpendolo ripetutamente e violentemente sulle mani.

Lele Scieri non è morto subito e, se fosse stato cercato, come è giusto e corretto che avvenisse, poteva ragionevolmente essere salvato. Emanuele rientra in caserma, dopo esservi entrato per la prima volta da poche ore, dalla libera uscita insieme ad altri commilitoni e, dopo pochi minuti, non risponde al contrappello. Ci siamo chiesti e mi chiedo: perché la sua assenza non è stata registrata correttamente? Perché non è stato cercato dentro il perimetro della caserma? Perché il commilitone Viberti, che l'aveva lasciato proprio in quel posto dove è stato ucciso, non ha detto dove si trovava Scieri? Poteva solo avere avuto un malore o un infarto, una qualsiasi evenienza.

E ancora: perché alle 23:48 della stessa sera, del 13 agosto, mentre Lele Scieri probabilmente agonizzava, ahimè, parte una telefonata dal cellulare in uso al generale Celentano da Pisa verso la sua abitazione? Chi aveva il suo cellulare e perché proprio in quel momento parte una chiamata ragionevolmente dalla stessa caserma verso l'abitazione del generale? Perché il 15 di agosto lo stesso Celentano effettua, alle 5 del mattino circa, una ispezione nella caserma, passando vicino al deposito dove giaceva il corpo di Scieri e nessuno in quelle quarantotto ore si accorge di nulla? Perché si è voluto, senza alcun elemento serio in mano, immediatamente, accreditare la tesi del suicidio, non effettuando invece quelle indagini e quelle verifiche sul posto rigorose e meticolose? Perché lo stesso avvocato Giambartolomei, all'epoca sostituto procuratore della Repubblica di Pisa, in audizione alla Commissione dichiara che il primo nucleo dei carabinieri intervenuto all'inizio per le indagini è stato sostituito, ritenendolo inadeguato? Perché lo stesso avvocato non riesce a spiegarsi come mai il corpo di Lele Scieri riportava ferite e tracce di vernice diffuse sul corpo impossibili da determinare con i vestiti addosso.

Tante, troppe domande senza risposte. Tante e troppe contraddizioni nel racconto e nelle audizioni, alcune delle quali non approfondite adeguatamente delle indagini svolte a suo tempo. Questi e altri rilievi, alcuni giustamente allo stato secretati, che la Commissione ha ritenuto di evidenziare, portati all'attenzione della procura della Repubblica di Pisa, hanno prodotto la decisione importantissima di riaprire le indagini. Questo va a onore di tutta la Commissione e, probabilmente, anche dell'intero Parlamento.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, molti dei particolari sono contenuti nella relazione della Commissione e gli impegni che chiediamo al Governo con la risoluzione sono assolutamente unitari.

Concludo, quindi, con l'auspicio che il lavoro realizzato dalla Commissione possa essere davvero utile alla procura di Pisa perché venga fatta piena luce sui fatti e individuati i responsabili. Nessuno spirito di vendetta ci ha animato, ma la ferma volontà di onorare un ragazzo di 26 anni, di rispettare il dolore della famiglia, degli amici e di intere comunità, e non solo della città della provincia di Siracusa, perché questo è un dovere della giustizia e di tutti noi.

La ferita rimarrà aperta nel cuore di tanti, ma solo realizzando e conquistando verità potrà alleviarla e consegnare un po' di fiducia in più a tutti noi in una giustizia, che, sulla vicenda, ahimè, bisogna dire, rimane oggettivamente ancora sospesa.

Per tutte queste ragioni, il gruppo Articolo 1-MDP voterà a favore della risoluzione unitaria (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Presidente, la ringrazio per avermi dato la parola, ricambierò con un brevissimo intervento. Noi non abbiamo partecipato a questa Commissione d'inchiesta, perché era scontato ed è scontato che sia opportuno non interrompere le indagini in sede giudiziaria e in sede amministrativa.

È assolutamente condiviso e condivisibile che la magistratura e le autorità competenti facciano ulteriore luce, se ce n'è bisogno, sulle cause e sulle ragioni della morte e su eventuali responsabilità disciplinari o penali, ma sin dall'inizio abbiamo avuto il dubbio - con riferimento ad un'indagine parlamentare su un evento drammatico, ma, ahimè, non unico; non parlo delle caserme, in genere le morti sospette o drammaticamente figlie di colpe e omissioni -, abbiamo avuto il sospetto che questa Commissione d'inchiesta abbia come vera motivazione di origine il fatto che si trattasse della caserma di Pisa dei paracadutisti, cioè che fosse figlia di una prevenuta valutazione di larga parte di questo Parlamento nei confronti della Folgore, nei confronti di quella caserma e nei confronti dei militari che servono con onore la Patria e che hanno dato, negli anni, nei decenni, dimostrazione di abnegazione, di spirito di corpo, di attaccamento ai valori nazionali. Abbiamo avuto il sospetto, non delle indagini, che devono proseguire, i colpevoli devono pagare, ma che l'inchiesta parlamentare fosse figlia solo di un odio della sinistra nei confronti della brigata Folgore: lo dico senza mezzi termini, senza mezzi termini!

E allora qui il mio intervento, che finisce, preannuncia un voto di astensione, perché chi non vorrebbe che proseguissero gli accertamenti delle responsabilità? Il mio intervento è teso a dimostrare che c'è chi ricorda, riconosce, non considera negativa, considera anzi meravigliosa, la storia della Folgore e la storia del paracadutismo italiano (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Elio Vito. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Io, invece, voglio rivendicare innanzitutto il lavoro fatto in sede di Commissione difesa all'inizio di questa legislatura, quando la Commissione d'inchiesta, che pure aveva vissuto vari tentativi in passato, si è costituita, e lo ricorderà la presidente Amoddio. Però condivido la preoccupazione che potesse esserci, dalla individuazione delle eventuali responsabilità personali - che sarà naturalmente compito della magistratura, e noi salutiamo con soddisfazione il fatto che vengano riaperte le indagini a ciò finalizzate, ma non era lo scopo della Commissione o del Parlamento emettere sentenze o giudizi, questo dovrà farlo la magistratura, anche se ho sentito dei toni diversi in quest'Aula -, il rischio che potesse, da questo giusto sentimento di contribuire all'accertamento della verità, un sentimento di inimicizia e di ostilità nei confronti delle Forze armate dei confronti della Folgore, in particolare.

Concludo dicendo che l'atteggiamento che c'è stato in Commissione - della quale, per Forza Italia, ha fatto parte l'onorevole Prestigiacomo, che ringrazio e alla quale mi richiamo integralmente per l'intervento svolto ieri in discussione generale - ha fatto sì che questo equilibrio sia stato raggiunto: accertamento della verità e nessun pregiudizio nei confronti delle Forze armate della Folgore, nei confronti delle quali noi nutriamo sentimenti profondi di stima e di riconoscenza. Annuncio, quindi, il voto favorevole di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baroni. Ne ha facoltà.

MASSIMO ENRICO BARONI. Grazie, Presidente. Ho avuto l'onere e l'onore di poter partecipare a questa Commissione d'inchiesta relativamente a un ragazzo, un mio coetaneo, che, come me, fece il servizio militare, più o meno nello stesso periodo in cui lo feci io. Emanuele fece degli studi di giurisprudenza, degli studi di giustizia; al contrario io feci degli studi umanistici. Ebbene, proprio nel posto dove lui si è trovato, a circa 26, 27 anni, la giustizia è venuta a mancare.

Dobbiamo specificare che la Commissione d'inchiesta, all'unanimità dei presenti, durante le audizioni e utilizzando un metodo sull'evidenza empirica di ciò che è uscito dalle stesse risposte degli auditi e dagli stessi atti che sono stati posti all'attenzione, ha dichiarato fondamentalmente che Emanuele è stato massacrato di botte, prima di morire.

Ebbene, rispetto a quanti oggi dichiarano che è stato un accanimento di chi sta a sinistra nei confronti della Folgore, questa Commissione d'inchiesta è stata richiesta, appunto, da un esponente del PD e da molti altri anche di destra negli anni precedenti; e sicuramente il massimo esponente del PD non è sicuramente di sinistra, questo dobbiamo dirlo.

Fatte queste dovute specifiche sull'origine di ciò che noi siamo andati ad indagare, dobbiamo dire che avremmo utilizzato lo stesso metodo, che è un metodo di indagine, Presidente, qualora ci fossimo trovati di fronte a un omicidio preterintenzionale, che fosse avvenuto non all'interno di un'altra istituzione totale, perché la prerogativa di questa inchiesta è che è avvenuto un omicidio preterintenzionale, o addirittura non preterintenzionale, all'interno di un'istituzione totale, quindi parliamo dell'Esercito, della Chiesa, di un carcere o di un ospedale.

E la Commissione, per come ha lavorato con metodo, avrebbe lavorato nello stesso identico modo qualora avesse dovuto indagare un contesto, un ambiente, una situazione o un'atmosfera che riguardava magari un SPDC, dove c'è stata “ l'ammazzatina” o dove magari l'ammazzatina sarebbe avvenuta in un convento, in un'istituzione religiosa.

Questa è la caratteristica particolarmente odiosa - odiosa! - proprio in un'istituzione totale, dove arrivano dei giovani che dovrebbero condividere dei valori, che sono dati e dovrebbero essere dati dagli stessi operatori, dagli stessi ufficiali, dagli stessi operatori sanitari, dagli stessi sacerdoti, che avrebbero dovuto vigilare sull'integrità di quei valori.

Ebbene, noi siamo andati a scoprire che fondamentalmente abbiamo trovato un elenco incontrovertibile e infinito di contraddizioni tra gli stessi auditi, di contraddizioni tra le carte che sono state messe a disposizione della procura di Pisa all'epoca e, soprattutto, tanta voglia di guardare da un'altra parte, perché la scusa era quella: sta indagando la procura, quindi gli ufficiali, tutta la catena di comando degli ufficiali o, se vogliamo, se dovessimo parlare di pubblici ufficiali nel caso in cui l'ammazzatina fosse avvenuta in un ospedale psichiatrico, avremmo indagato anche l'ignavia e l'inerzia di questi pubblici ufficiali, che non si sono comportati come avrebbero dovuto.

Ebbene, questa è la cultura dell'indagine che ha caratterizzato la Commissione d'inchiesta Scieri, queste sono state le domande che sono state poste senza timore reverenziale a tutte le persone che sono state chiamate in audizione, ma le risposte che sono state date da parte delle persone che sono state audite sono state, a volte e soprattutto per quanto riguarda i vertici della responsabilità, di non aver trovato nulla, di non aver trovato nessuna responsabilità, una responsabilità equamente diffusa, un candore da parte del procuratore che a un certo punto dice: succede, a un certo punto, di non trovare i responsabili di un omicidio preterintenzionale o di un suicidio, perché è andato avanti portando avanti due ipotesi alternative, mutuamente escludentesi, e dopo due anni di indagini ha chiesto l'archiviazione, senza escludere nemmeno una delle due.

Ebbene, stiamo parlando di valori, stiamo parlando di valori dello Stato, di valori della Repubblica e di valori di lealtà ed è una cosa che caratterizza la caserma Folgore, ma mai, mai e, poi, mai questa lealtà deve soccombere rispetto al fatto che la verità, in queste situazioni, in questi momenti, non può essere al di sotto di un principio di lealtà, di un principio di lealtà al proprio comandante, di un principio di lealtà alla propria caserma e ai propri commilitoni. Infatti, moltissimi si sono esposti, hanno parlato, hanno fatto emergere tutte le contraddizioni che, di fatto, il procuratore, durante la sua richiesta di archiviazione, non è riuscito - perché non è infallibile, l'ha dichiarato lui stesso, pure innervosendosi tantissimo - a indagare.

Ebbene, non si è voluto guardare, non si è voluto vedere, nemmeno il giorno in cui il generale Celentano, la mattina del 15, alle cinque del mattino, è passato con la macchina a finestrini aperti a meno di un metro dal cadavere di Emanuele Scieri; è passato a meno di un metro, durante la mattina, tra le cinque e le cinque e mezza, senza accorgersi di nulla, nell'unica ispezione a sorpresa che ha fatto nella caserma Gamerra durante tutta la sua carriera; fu l'unica ispezione, vogliamo aggiungere, anche se, nel momento in cui un'ispezione viene annunciata, non è un'ispezione, è una passerella, son tutti pronti, belli, puliti, lindi e sull'attenti.

E tante, tante sono state le omissioni che abbiamo avuto; anche a volte la difficoltà, il disagio di dover indagare, perché, vede, Presidente, noi abbiamo dovuto indagare sul fatto che i vertici responsabili della caserma Gamerra di allora, purtroppo, purtroppo per tutti, hanno perso un uomo in tempo di pace e, se è vero, come diceva un noto scrittore, che siamo responsabili di tutto di fronte a tutti, noi questa responsabilità ce la siamo presa e l'abbiamo portata avanti per arte di levare, come se fosse una cipolla, ogni singolo strato che fondamentalmente non combaciava con un'ipotesi di congruità, con un'ipotesi di verità.

Ebbene, voi sapete bene che, nel momento in cui si levano troppi strati, quello che rimane è il vuoto, Presidente. Noi abbiamo toccato con mano il vuoto, il vuoto che con candore, come se fosse un valore positivo, ha dichiarato lo stesso procuratore di avere trovato. Il problema è che coloro che avrebbero dovuto indagare all'epoca non hanno cercato di levare quegli strati, come abbiamo fatto noi.

Noi abbiamo trovato tante cose e spero che, in effetti, la verità possa emergere, perché ci sono diversi e nuovi elementi che potrebbero, ancora, portare effettivamente all'individuazione dei responsabili, ovvero, non solo di coloro che sapevano, ma di coloro che hanno massacrato di botte Emanuele Scieri (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fusilli. Ne ha facoltà.

GIANLUCA FUSILLI. Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, con il passaggio in Aula di questa mattina si completa, anche formalmente, il lavoro della Commissione di inchiesta monocamerale, istituita da questa Camera a larghissima maggioranza, nella seduta del 4 novembre.

Una Commissione istituita con un compito ed un mandato preciso, cioè fare luce, chiarezza, trasparenza - lo hanno detto i colleghi che sono intervenuti in precedenza - sulle circostanze e sulle responsabilità che determinarono, il 13 agosto del 1999, la tragica scomparsa del giovane Emanuele Scieri, rinvenuto, tre giorni dopo, cadavere, ai piedi di una scala per l'asciugamento dei paracadute, all'interno della caserma Gamerra di Pisa.

Una vicenda tragica, appunto, triste, oltre che per l'aspetto inaccettabile, ingiusto, intollerabile della perdita di una vita umana nel pieno della sua giovinezza, per la circostanza, ricordata dal collega Zappulla, che questo evento tragico si è consumato all'interno del perimetro di una caserma dell'Esercito italiano che ospitava, allora, e ospita, ancora oggi, uno dei reparti delle brigate che rappresentava e rappresenta un fiore all'occhiello, l'orgoglio delle nostre Forze armate: la Folgore. E si è consumata in circostanze oscure, senza che ripetute indagini amministrative interne, prima, e inchieste giudiziarie sia della magistratura civile che di quella militare, poi, siano riuscite a fare luce né sulle modalità concrete di accadimento, né sulle responsabilità individuali coinvolte, lasciando a diciotto anni di distanza ancora aperta, insoddisfatta e urgente la legittima domanda di giustizia, certo, dei familiari di Emanuele, certo, dei tanti amici che non lo hanno dimenticato e gli vogliono ancora bene, certo, dei cittadini di Siracusa e della Sicilia intera, ma, anche, di tutti coloro che pretendevano e pretendono, ancora oggi, per la stessa dignità dell'istituzione delle Forze armate, che questa ferita sia finalmente rimarginata.

Un lavoro serio, puntuale e analitico, signor Presidente, quello svolto dalla Commissione, innanzitutto, dal punto di vista quantitativo: 51 sedute complessive, oltre 100 ore di lavoro in Aula, 76 persone audite, un' ispezione collegiale sui luoghi della tragedia, oltre 6.000 pagine di documentazioni acquisite, analizzate, esaminate, classificate, molteplici approfondimenti investigativi autonomi realizzati grazie alla preziosissima collaborazione dei consulenti esterni. Un lavoro - lo dico a chiare lettere - che sarebbe stato impossibile, inattuabile senza il sostegno del Governo, del Ministro della difesa Roberta Pinotti, di tutta la sua struttura, impegnata fin dal primo giorno a dare massima e piena collaborazione e ad evadere, in maniera rapidissima, ogni richiesta di approfondimento. Un lavoro serio, puntuale, analitico, dicevamo, anche dal punto di vista qualitativo, non viziato - così eliminiamo ogni dubbio, anche del collega La Russa - dalle emozioni o, peggio, dal pregiudizio e dal preconcetto, e questo lo dico per non offendere i colleghi che hanno lavorato e anche questo Parlamento.

È indubitabile che i due anni di approfondimento hanno permesso l'emersione di elementi nuovi o di elementi non adeguatamente apprezzati nel passato, in grado di chiarire molti aspetti sulla morte di Emanuele, uno su tutti, elemento nuovo, che ci permette di dire, oggi, con chiarezza - anche in contraddizione ed in contrasto con quello che sono venuti a dichiarare in Commissione, ancora oggi, alcuni auditi - che Emanuele Scieri non si è suicidato e che Emanuele Scieri e la sua morte non sono stati l'esito casuale né di una prova di forza volontaria e autoinflitta né di una specie di gioco per dimostrare le proprie capacità fisiche. Elementi nuovi, signor Presidente, colleghi deputati, che hanno permesso di ricostruire, non solo il clima generale che si viveva all'interno di quella caserma, all'epoca dei fatti, ma di ricostruire più nel dettaglio l'evidenza di comportamenti, purtroppo, troppo spesso tollerati, in netto contrasto con i regolamenti militari vigenti all'epoca e non qualificabili, come qualcuno ha detto, come meri atti di goliardia, ma qualificabili, esclusivamente, come veri e propri atti di violenza vile, fisica e psicologica. Con l'emersione, dagli atti della Commissione, di una sorta di regolamento interno non scritto, consuetudinario, tollerato che regolava i rapporti tra i vertici e i militari in servizio e, all'interno della truppa, tra le reclute e gli anziani graduati. Elementi che hanno evidenziato, pur in un quadro indiscutibile, in cui la responsabilità non può che essere individuale, imperfezioni, falle, imprecisioni, omissioni nell'applicazione del sistema di regole organizzative e disciplinari di quella caserma che, certamente, anche all'epoca esistevano, erano chiare, precise e scritte e che se correttamente e ragionevolmente applicate, avrebbero potuto determinare un diverso esito della tragica vicenda, sia dal punto di vista della sorte del povero Emanuele, che per quanto riguarda l'individuazione delle responsabilità di quell'atto efferato.

In conclusione, signor Presidente, si tratta di una serie di elementi nuovi, in grado di consentire potenzialmente oggi un'interpretazione diversa, sistemica, anche dei fatti già noti e che, trasmessi come doveroso all'autorità giudiziaria competente, sono stati fondamentali per ottenere la riapertura delle indagini, già autorizzata dal giudice delle indagini preliminari di Pisa.

Proprio per queste ragioni, signor Presidente ribadendo, se ella me lo consente, il ringraziamento a tutti i colleghi del gruppo del Partito Democratico e di tutti gli altri gruppi politici, alla presidente Amoddio, alla vicepresidente Prestigiacomo, ai funzionari preziosissimi della Commissione, ai consulenti, al Ministro della difesa Roberta Pinotti e a tutto il Ministero della difesa, ai vertici delle Forze armate e della caserma Gamerra e della brigata Folgore, riprendendo le dichiarazioni pubbliche del procuratore della Repubblica di Pisa, che ha riconosciuto come la Commissione abbia svolto un lavoro molto serio approfondito, che certamente è meritevole di essere ripreso anche sotto il profilo giudiziario, esprimo convintamente il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico alla risoluzione, a prima firma Amoddio, nella speranza che questo lavoro e l'approfondimento giudiziario appena iniziato siano utili ad arrivare finalmente alla verità di quanto accaduto quel tragico 13 agosto all'interno di quella caserma. E questo non tanto per alleviare il dolore, che mai sarà sopito, ma per restituire dignità allo Stato e a tutti quelli, in primis la madre di Emanuele, a cui va il mio saluto commosso,. Da quel giorno non possono chiedere e non chiedono alle istituzioni solo comprensione, solo vicinanza, solo partecipazione, ma hanno il diritto di chiedere pace e serenità interiore, che solo una verità rivelata e la giustizia potranno loro dare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazione - Doc. XXII-bis, n. 17)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Amoddio, Prestigiacomo, Zappulla, Baroni, Fucci, Bechis ed altri n. 6-00372.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 2).

Trasferimento a Commissioni in sede legislativa della proposta di legge n. 4619 ed abbinate.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'assegnazione di proposta di legge a Commissioni in sede legislativa.

Propongo alla Camera l'assegnazione in sede legislativa della seguente proposta di legge, della quale le Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive) hanno chiesto il trasferimento in sede legislativa, ai sensi dell'articolo 92, comma 6, del Regolamento:

S. 2603. - Senatori CROSIO ed altri: “Nuove disposizioni in materia di iscrizione e funzionamento del registro delle opposizioni e istituzione di un prefisso unico nazionale per le chiamate telefoniche a scopo promozionale e di ricerche di mercato” (Approvata dalla 8a Commissione permanente del Senato) (4619). (La Commissione ha elaborato un nuovo testo).

Se non vi sono obiezioni, così rimane stabilito.

(Così rimane stabilito).

Per consentire alle stesse Commissioni di procedere all'abbinamento richiesto dall'articolo 77 del Regolamento, sono quindi trasferite in sede legislativa anche le seguenti proposte di legge:

Liuzzi ed altri: “Modifiche al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di comunicazioni commerciali indesiderate” (3617); Quaranta ed altri: “Disposizioni in materia di comunicazioni commerciali indesiderate” (4007).

Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 15, per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 12,05, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'Economia e delle finanze e la Ministra della salute.

Invito gli oratori a un rigoroso rispetto dei tempi, considerata la diretta televisiva in corso.

(Iniziative volte a garantire un'applicazione coerente ed univoca sul territorio nazionale della normativa in materia di rilascio e rinnovo delle licenze marittime professionali - n. 3-03428)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Giammanco n. 3-03428 (Vedi l'allegato A).

L'onorevole Giammanco ha facoltà di illustrare la sua interrogazione, per un minuto.

GABRIELLA GIAMMANCO. Grazie Presidente. Signor Ministro, come sa, per esercitare l'attività di pesca professionale è necessaria la licenza valida per otto anni e il pagamento di una tassa di concessione governativa di 400 euro. Alla richiesta di rinnovo della licenza, l'autorità marittima rilascia un'attestazione provvisoria sostitutiva della stessa. Va da sé che la tassa di concessione va erogata solo al momento della scadenza della licenza perché segue la validità di quest'ultima. La mancata corrispondenza temporale tra il rilascio dell'attestazione provvisoria della licenza e il rilascio di quest'ultima è, però, causa di doppia richiesta della tassa. L'Agenzia delle entrate ha già chiarito che nel caso in cui venga rilasciata l'attestazione provvisoria la tassa non dovrà essere corrisposta di nuovo al rilascio della licenza. Nonostante tutto, alcuni uffici marittimi esigono un doppio pagamento della tassa governativa, sia per il rilascio dell'autorizzazione provvisoria, che per il rinnovo della licenza.

Le chiedo, quindi, anche mediante norme di interpretazione autentica, di far sì che ci sia un'applicazione uniforme della normativa sul rilascio e rinnovo della licenza.

PRESIDENTE. Il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, ha facoltà di rispondere.

MAURIZIO MARTINA, Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali. Grazie Presidente. Onorevoli deputati, l'oggetto dell'interrogazione riguardante il pagamento della tassa sulle concessioni governative rientra nelle attribuzioni specifiche dall'amministrazione finanziaria, mi preme comunque evidenziare che il Ministero delle Politiche agricole, in linea con i pareri espressi nel tempo dall'Agenzia delle Entrate, e ancor prima dal Ministero delle Finanze, ha rappresentato più volte ai comandi territoriali della Capitaneria di Porto che la tassa di concessione governativa copre il periodo di validità della licenza di pesca, fissata dalla disciplina vigente in otto anni. Questa tassa, pertanto, deve essere corrisposta ogni otto anni e gli estremi devono essere registrati sulla licenza di pesca ovvero sull'attestazione provvisoria in corso di validità. Qualora, invece, dovessero intervenire mutamenti sostanziali che comportino il rilascio di una nuova licenza di pesca, come ad esempio la variazione di armatori, il cambio di ufficio di iscrizione, il trasferimento dell'iscrizione in altro registro delle imprese di pesca, la tassa di concessione governativa dovrà essere versata prima della naturale scadenza fissata in otto anni. Preciso che non rientrano nei mutamenti sostanziali le variazioni tecniche della nave e la sostituzione e/o lo sbarco dell'apparato motore.

PRESIDENTE. L'onorevole Giammanco ha facoltà di replicare, per due minuti.

GABRIELLA GIAMMANCO. Grazie Ministro, io la ringrazio per la chiarezza e per avere ancora una volta confermato quanto già era stato detto in quest'Aula nel 2013, perché proprio nel 2013 avevo fatto un'interrogazione in tal senso e, nonostante però i chiarimenti forniti dal Ministero allora, la situazione non si era definita. Quindi, mi auguro che adesso si definisca. È necessario infatti che su tutto il territorio nazionale le autorità marittime seguano e applichino in modo univoco la normativa sul rilascio e il rinnovo delle licenze, perché non si può pensare di fare cassa sulla pelle dei pescatori che già tanti problemi sono costretti ad affrontare quotidianamente per continuare a lavorare. Purtroppo, il settore della pesca sta attraversando un periodo di grande crisi, le cui cause possono certamente essere rintracciate nei numerosi vincoli europei che creano difficoltà negli adempimenti burocratici. Di conseguenza, l'attività della pesca si sta caratterizzando sempre di più per un eccesso di controlli e di burocrazia che sta chiaramente facendo lievitare i costi di gestione. Secondo gli ultimi dati Istat del 2016 la pesca ha registrato un forte calo della produzione. Emerge, quindi, l'urgenza di un intervento di salvaguardia dell'intero settore da parte del Governo, per favorire il rilancio, lo sviluppo e l'innovazione del comparto. Da non dimenticare anche l'acquacoltura praticata in mare. Secondo alcuni dati FAO l'Italia detiene il 13 per cento del volume delle produzioni d'acquacoltura dell'Unione europea, dopo Spagna, Francia e Regno Unito.

L'acquacoltura italiana, dunque, rappresenta un modello di eccellenza composto da 800 impianti che producono circa 140 mila tonnellate l'anno di prodotti freschi che contribuiscono al 40 per cento della produzione ittica nazionale, dimostrando di avere la capacità di creare reddito e occupazione. Quindi, anche per questo servono interventi strategici grazie a politiche mirate. Quindi mi auguro, Ministro, che, anche se la legislatura volge al termine, lei possa comunque dare un segnale concreto in tal senso a tutti i pescatori salvaguardando il comparto.

PRESIDENTE. La ringrazio anche per la puntualità.

(Posizione del Governo italiano in relazione alla recente decisione degli Stati Uniti d'America di trasferire la propria ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme - n. 3-03429)

PRESIDENTE. L'onorevole Cicchitto ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03429 (Vedi l'allegato A) per un minuto.

FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, onorevole Ministro degli esteri, il punto fondamentale della preoccupazione che ha ispirato il nostro question time è costituito dalle esigenze di sicurezza di Israele che costituisce l'unica democrazia nel Medio Oriente e, per altre ragioni storico-politiche, rappresenta un dato di grande importanza e significato. Proprio alla luce di tale preoccupazione che abbiamo nei confronti di Israele, ci sembra che, paradossalmente, l'iniziativa presa dal Presidente Trump di spostare a Gerusalemme la sede dell'ambasciata americana, senza aver costruito un contesto politico e diplomatico indispensabile per crearci un consenso, pone molti dubbi e molte incertezze e proprio su questo volevamo conoscere il parere del Governo.

PRESIDENTE. Il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Angelino Alfano, ha facoltà di rispondere.

ANGELINO ALFANO, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Signor Presidente, onorevole Cicchitto, sulla questione di Gerusalemme l'Italia è e rimane ancorata al consenso internazionale maturato all'ONU e all'Unione europea, una posizione che abbiamo ribadito sia Bruxelles sia a New York con una dichiarazione condivisa con Francia, Regno Unito, Svezia e Germania. La soluzione per Gerusalemme, quale futura capitale di due Stati, va ricercata da israeliani e palestinesi attraverso i negoziati nell'ambito del processo di pace basato sulla soluzione dei due Stati. Fino a che ciò non avverrà, l'Italia continuerà a mantenere a Tel Aviv la propria ambasciata presso lo Stato di Israele. Questa posizione del Governo - ci tengo a ribadirlo - è in linea con le mozioni che questa Camera ha adottato nel febbraio 2015. Non sono però ovviamente messi in discussione i legami di profonda amicizia che ci uniscono allo Stato ebraico - proprio ieri ho ricevuto la presidente della Comunità Ebraica qui a Roma, Dureghello – e che ci vedono impegnati per contribuire alla sicurezza di Israele e nella lotta contro l'antisemitismo. Proprio su quest'ultimo aspetto, onorevole Cicchitto, ho chiesto di organizzare alla Farnesina a fine gennaio una conferenza internazionale nel contesto della presidenza italiana dell'OSCE, una iniziativa che si pone in linea di continuità con il mio personale forte impegno anche da Ministro della Giustizia e da Ministro dell'Interno per la introduzione del reato di negazionismo e della intolleranza antisemita che ci vide, se lei ricorda, anni fa anche su posizioni diverse. Ricordo di avere firmato centinaia di decreti di espulsione di estremisti che volevano piantare nella nostra società i semi di questa orribile intolleranza. Ho ribadito a marzo questo mio impegno al Premier israeliano Netanyahu e ne ho dato ulteriore conferma quando ho dato istruzione di votare all'Unesco, per la prima volta nella politica estera italiana, contro l'ennesima risoluzione politicizzata su Gerusalemme. Immutato rimane anche il sostegno italiano al rafforzamento delle capacità istituzionali della Palestina e al suo sviluppo economico e sociale, come ho voluto testimoniare personalmente ad Abu Mazen e al Ministro degli Esteri palestinese quando li ho incontrati qui a Roma. Siamo ora preoccupati per gli sviluppi violenti nella regione con numerosi scontri a Gerusalemme, in Cisgiordania e a Gaza che hanno causato centinaia di feriti e alcune vittime. Abbiamo condannato fermamente i vili attacchi contro Israele a partire dai lanci di missili da Gaza perché la questione dello status di Gerusalemme non può assolutamente giustificare atti violenti contro Israele né incitamento all'odio o manifestazioni di antisemitismo.

Il negoziato e la non violenza devono essere l'unica via per decidere sullo status di Gerusalemme. Abbiamo pertanto fatto appello di moderazione a tutti gli attori nella regione e confidiamo nel loro senso di responsabilità affinché sia evitata l'escalation di violenza dalla quale nessuno trarrebbe beneficio.

PRESIDENTE. L'onorevole Cicchitto ha facoltà di replicare.

FABRIZIO CICCHITTO. Condivido interamente il testo e anche quello che ispira la posizione del Ministro degli Affari esteri, Alfano. Vorrei aggiungere due dati. Come era facilmente immaginabile questa iniziativa, non ben misurata, non trattata sul piano diplomatico dal Presidente Trump, ha determinato risposte che peraltro sono assolutamente inaccettabili. È assolutamente inaccettabile l'invito alla violenza che viene da Hamas che evidentemente cerca di giocare il tanto peggio tanto meglio. Ancor più inaccettabili sono le posizioni del Presidente Erdogan che sta estremizzando tutta la situazione in una chiave assolutamente personalistica che punta però a determinare una contrapposizione radicale nei confronti di Israele da parte del mondo islamico tentando di diventarne una sorta di leader. Era facilmente immaginabile che un'iniziativa politico-diplomatica non ben calibrata e non ben misurata determinasse tali reazioni, ma il dissenso rispetto all'iniziativa del Presidente degli Stati Uniti non deve mescolarsi nel modo più assoluto a manifestazioni di antisemitismo e alle iniziative, da una parte, di Hamas e, dall'altra parte, di Erdogan che appaiono voler determinare una situazione di contrapposizione nel Medio Oriente che sarebbe la negazione della ripresa del processo di pace.

(Iniziative di competenza a tutela dei lavoratori in relazione alla chiusura dello stabilimento Froneri di Parma - n. 3-03430)

PRESIDENTE. L'onorevole Cimbro ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03430 (Vedi l'allegato A) per un minuto.

ELEONORA CIMBRO. Grazie, Presidente. La Froneri-Nestlé è un'importante azienda di Parma che produce gelato industriale, un'azienda che gode di ottima salute e che, dopo averlo smentito nel mese di luglio di quest'anno, di fatto il 27 settembre ha avviato una procedura per il licenziamento collettivo di centinaia di lavoratori e di lavoratrici che da un giorno all'altro hanno visto distrutta la propria dignità, il proprio futuro e i progetti di una vita. La cosa grave che l'azienda ha messo in atto è che dietro al licenziamento collettivo per quella che è una ristrutturazione aziendale e non una cessazione di attività, come vorrebbero far credere, non è stata chiesta l'attivazione degli ammortizzatori sociali. Si tratta di un unicum ed è inaccettabile. È dunque di assoluta importanza che oggi lei, Ministro Poletti, ci dica che cosa intenda fare nel tavolo di trattative che ci sarà al MiSE domani, ultimo dei settantacinque giorni dall'avvio del licenziamento collettivo per trovare un accordo, altrimenti non ci sarà più nulla da fare per queste lavoratrici e questi lavoratori e per le loro famiglie.

PRESIDENTE. Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO POLETTI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie Presidente, grazie onorevole, il Ministero del Lavoro conosce bene la situazione occupazionale dei lavoratori della Froneri. Lo scorso 27 settembre, infatti, è pervenuta ai nostri uffici la comunicazione aziendale di avvio della procedura di licenziamento collettivo nei confronti di 120 unità lavorative di cui 112 occupate presso l'unità produttiva di Parma e 8 presso l'unità produttiva di Milano. La società ha rappresentato che tale scelta è stata determinata dalla crisi generale del mercato del gelato industriale dovuto al calo dei consumi annui pro capite. Secondo la versione societaria la Froneri ha elaborato un piano industriale che prevede la chiusura dell'attività produttiva nella sede di Parma mantenendo in tale sede solo l'attività gestionale e commerciale. Nel contempo il predetto piano prevede il potenziamento dello stabilimento sito in Ferentino con un incremento occupazionale del 25 per cento e con l'obiettivo di renderlo un polo produttivo del freddo. Le organizzazioni sindacali hanno contestato sin dall'inizio il piano industriale arrivato in modo del tutto inaspettato ed hanno auspicato soluzioni alternative al licenziamento prospettando il ricorso agli ammortizzatori sociali. In data 26 ottobre 2017 presso il Ministero dello Sviluppo economico si è svolta la riunione riguardante il gruppo Froneri sotto la presidenza del Vice Ministro Teresa Bellanova. Le istituzioni a livello centrale e locale hanno manifestato contrarietà alla chiusura del sito, ribadendo che si tratterebbe di una grave perdita sociale ed economica per il territorio.

A seguito del mancato raggiungimento dell'accordo durante la fase sindacale, gli uffici competenti al Ministero hanno avviato la fase amministrativa, convocando la società e le organizzazioni sindacali.

Negli incontri del 15 e 27 novembre scorsi, svoltisi presso il Ministero del Sviluppo economico, non si è, tuttavia, addivenuti ad una soluzione. Le parti, pertanto, sono state riconvocate per domani, 14 dicembre, ultimo giorno utile per la definizione della fase amministrativa della procedura di licenziamento collettivo avviato dalla società. Io posso garantire tutto l'impegno dal Ministero del Lavoro a seguire questa situazione e a continuare a proporre, come abbiamo fatto durante tutta la procedura, la possibilità di utilizzare gli ammortizzatori sociali per gestire questa fase e scongiurare il licenziamento di questi lavoratori.

PRESIDENTE. L'onorevole Cimbro ha facoltà di replicare per due minuti.

ELEONORA CIMBRO. Grazie, Presidente. Non siamo soddisfatti della risposta. Vede, Ministro Poletti, in questi anni abbiamo visto tante ristrutturazioni aziendali, grandi multinazionali fare spesa nel nostro Paese, acquisire aziende per ottenere il marchio, per poi andarsene. Abbiamo assistito a tante delocalizzazioni e ingiustizie, anche a causa di scelte politiche sbagliate degli ultimi anni in tema di lavoro.

Ricordo le sue parole, Ministro Poletti, quando presentò la riforma del Jobs Act, lei disse che si trattava di una sperimentazione e che ci sarebbe stata la possibilità di rivedere le politiche messe in campo. Io credo che anche a partire dalla vicenda Froneri-Nestlé di Parma, possiamo dire che queste politiche sul lavoro sono profondamente sbagliate. Aver dato la possibilità agli imprenditori di muoversi più liberamente sul mercato del lavoro ha comportato la mercificazione del lavoro e, nei casi peggiori, ad un vero e proprio sfruttamento.

Oggi siamo qui come liberi e uguali per chiedere di avviare un'istruttoria seria, domani, al tavolo delle trattative sulla cassa integrazione. Chiediamo una presa di posizione forte e chiara contro la Froneri-Nestlé, che si permette di lasciare a casa lavoratori e lavoratrici senza attivare gli ammortizzatori sociali. E sul lavoro dite che avete sbagliato, che bisogna rivedere tutto. Lei, Ministro Poletti, deve dire basta a questi soprusi e lo può fare a partire dall'abolizione delle norme poste in essere dal cosiddetto centrosinistra in questi anni. Avete creato lavoratori di serie A e lavoratori di serie B e questo, in un Paese come il nostro, che ha lottato per avere diritti, è del tutto inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

(Iniziative di competenza in ordine alla corretta applicazione da parte dell'Inps delle disposizioni della legge n. 232 del 2016 in materia di trattamenti pensionistici spettanti alle vittime del dovere e ai loro familiari – n. 3-03431)

PRESIDENTE. L'onorevole Zanetti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03431 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

ENRICO ZANETTI. Grazie, Presidente. Signor Ministro, in occasione della legge di bilancio per il 2017, un emendamento di Scelta Civica a firma del sottoscritto e dell'onorevole Sottanelli aveva introdotto una norma molto semplice, che prevedeva l'estensione delle norme in materia di esenzione dell'imposta sui redditi applicabili sui trattamenti pensionistici delle vittime del terrorismo e i loro familiari superstiti anche ai trattamenti pensionistici spettanti alle vittime del dovere e ai loro familiari superstiti. L'obiettivo era, appunto, una parificazione piena del trattamento delle due fattispecie.

Le chiedo, pertanto, se è a conoscenza del fatto che, in via amministrativa, l'INPS in questi mesi sta progressivamente portando, attraverso un'interpretazione restrittiva della norma, ad una nuova disparità di trattamento tra le vittime del terrorismo e quelle del dovere, tradendo di fatto in questo modo i principi ispiratori della legge, che aveva l'obiettivo proprio di mettere la parola fine a questa annosa questione di squilibrio.

PRESIDENTE. Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO POLETTI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie Presidente, grazie onorevole, l'articolo 1, comma 211, della legge n. 232 del 2016 ha esteso l'applicazione dei benefici fiscali, previsti dagli articoli 2, 5 e 6 della legge n. 407 del 1998 e dell'articolo 3 della legge n. 206 del 2004, ai trattamenti pensionistici spettanti alle vittime del dovere e ai loro familiari superstiti.

Con i messaggi richiamati dall'onorevole interrogante, l'INPS ha sostenuto che, dato il tenore letterale della norma, che riguarda esclusivamente il trattamento fiscale di determinati trattamenti, l'esenzione prevista è applicabile non a qualsivoglia trattamento pensionistico spettante alle vittime del dovere o soggetti equiparati, ma solo a quelli correlati all'evento che ha determinato l'attribuzione del suddetto stato di vittima.

L'interpretazione fornita dall'INPS, a giudizio degli uffici del Ministero che rappresento, apparirebbe in linea con la normativa introdotta con la legge di bilancio per il 2017. Vista, tuttavia, la complessità normativa e la delicatezza della questione e i profili di equità di trattamento sollevati dall'interrogante, il Ministero che rappresento promuoverà gli opportuni approfondimenti, coinvolgendo in primo luogo il Ministero dell'economia, che, trattandosi di materia fiscale, è in primo luogo competente sulla questione.

PRESIDENTE. L'onorevole Zanetti ha facoltà di replicare.

ENRICO ZANETTI. Grazie, signor Ministro, apprezzo la risposta e la volontà di andare più a fondo della questione. Lo spirito della norma era chiarissimo. Anche proprio nei lavori di Commissione, le coperture finanziarie - che con difficoltà erano state trovate e questo vi aiuterà, credo, anche nel correggere, non in antitesi ma coadiuvando l'INPS - prevedevano un'applicazione che teneva conto di tutte le situazioni ed erano state calcolate su quelle a riprova della volontà non di creare una parificazione limitata, ma una parificazione tout-court.

Prendo, comunque, atto dell'impegno del Ministro e sono certo che gli uffici del Ministero, insieme all'INPS, fatta questa verifica, andranno oltre una lettura, che può magari a prima vista anche non essere sbagliata, per carità, sul piano tecnico, ma che è palesemente non conforme allo spirito della norma.

(Iniziative volte a contrastare il fenomeno delle cosiddette false cooperative o cooperative spurie – n. 3-03432)

PRESIDENTE. L'onorevole Guidesi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03432 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

GUIDO GUIDESI. Grazie, Presidente. Ministro, siamo per l'ennesima volta qua a confrontarci su casi di cooperative false o di cooperative che non fanno quello che dovrebbero fare, ma che sono cooperative solo per avere agevolazioni fiscali e per sfruttare i lavoratori. Nell'interrogazione che le facciamo oggi abbiamo citato altri casi. Facciamo seguito alla prima interrogazione che le avevamo fatto, datata giugno 2015, dove l'incentivazione dei controlli non ha assolutamente risolto il problema, per cui siamo qua a chiedervi come il Governo ha intenzione di intervenire.

PRESIDENTE. Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO POLETTI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie Presidente, grazie onorevole. Il Governo è consapevole della particolare rilevante delicatezza delle questioni segnalate dagli interroganti, sia sotto il profilo della tutela e regolarità del lavoro, sia sotto quello della regolarità delle iniziative imprenditoriali e della sana e leale concorrenza.

Al riguardo, sono state assunte iniziative volte a contrastare il fenomeno delle cosiddette false cooperative, con il sostegno delle associazioni di rappresentanza, che sono interessate a contrastare queste pratiche di abuso che non solo producono effetti distorsivi della concorrenza, ma inquinano anche l'immagine del mondo cooperativo nel suo complesso.

Rappresento, inoltre, che nel documento di programmazione della vigilanza per il 2017, l'ispettorato nazionale del lavoro porta tra i principali obiettivi della propria attività il lavoro nelle cooperative, in particolare l'attività di vigilanza viene concentrata sul fenomeno degli appalti irregolari e dalla somministrazione illecita. Al momento, posso riferire che si è già proceduto alla revoca dell'autorizzazione alla somministrazione nei confronti di una cooperativa che operava su tutto il territorio nazionale.

Al fine di agevolare l'attività ispettiva ed individuare possibili profili di irregolarità nel settore delle cooperative, l'ispettorato, peraltro, ha predisposto, unitamente al Ministero dello sviluppo economico, un apposito vademecum per gli ispettori territoriali del lavoro. Nell'ambito della vigilanza sulle cooperative, l'ispettorato ha dedicato una particolare attenzione al settore della logistica e dell'autotrasporto, in quanto in questi ambiti si sono spesso riscontrate gravi forme di irregolarità nella costituzione e gestione dei rapporti di lavoro.

A tale proposito, l'ispettorato ha avviato nel 2017 una specifica campagna straordinaria. Nell'ambito di questa attività, si segnala il recente intervento ispettivo presso la società Amazon, con sede in Castel San Giovanni. I controlli sono in corso e proseguiranno ancora per diverse settimane in quanto interessano diversi aspetti e molti lavoratori.

Sono, inoltre, in corso specifici accertamenti nei confronti della società denominata Mondo Convenienza e delle cooperative di cui essa si avvale. Anche in questo caso, gli accertamenti proseguiranno per diverse settimane perché interessano, anche in questo caso, diversi aspetti e molti lavoratori.

Anche la società Castelfrigo, che è stata citata dall'interrogante, è stata oggetto di accertamenti, all'esito dei quali sono emerse diverse violazioni alla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale, che hanno portato a contestare sanzioni amministrative per più di 120 mila euro e l'evasione di più di un milione di euro di contributi previdenziali e sanzioni civili.

Al fine di promuovere risposte coordinate a questo problema, il Ministero dello sviluppo economico ha, a sua volta, attivato un tavolo di confronto che coinvolge i rappresentanti dei Ministeri del lavoro, dell'interno, delle infrastrutture e trasporti, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni datoriali.

Da ultimo, rappresento che per il 2018 l'ispettorato nazionale dedicherà una particolare attenzione ai comportamenti elusivi realizzati dalle cosiddette “cooperative spurie”, con particolare riferimento all'applicazione di contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni prive di reale rappresentatività che consentono una consistente riduzione del costo del lavoro e il ricorso ad appalti e a forme di somministrazione illecita. Naturalmente, in tutte queste situazioni quando si appalesano profili di reati c'è, ovviamente, una comunicazione all'autorità giudiziaria per queste fattispecie.

PRESIDENTE. L'onorevole Guidesi ha facoltà di replicare per due minuti.

GUIDO GUIDESI. Grazie, Ministro. A noi le risposte del Governo rispetto al tema ci sembrano tardive e, soprattutto, non confacenti al problema reale. È un problema che c'è su tutti i territori e in vari ambiti del settore. Lei il mondo cooperativistico lo conosce ovviamente meglio di me, per le sue esperienze professionali precedenti, ma è un mondo che oggi, come ha detto anche lei, viene travisato da situazioni che nascono solo ed esclusivamente per due motivi: il primo è per eludere le tasse, per fare in modo di avere agevolazioni fiscali di cui le cooperative godono; il secondo motivo è - tra virgolette - per utilizzare sul modello - e credo che la denuncia debba essere questa - del caporalato il lavoro come un lavoro sottopagato. Ci sono, infatti, cooperative che viaggiano tra i tre e i quattro euro all'ora. Parlo delle cooperative - ovviamente non tutte - nel settore della logistica e in tanti altri settori. Questo sistema ha generato ovviamente minor gettito per lo Stato, ma ha soprattutto generato una situazione che ha abbassato la soglia del mercato del lavoro, pertanto abbassando la soglia di paga oraria. Questo ha comportato anche un ampliamento della povertà sui singoli territori.

Dal nostro punto di vista, questo è un problema prioritario che va risolto con il pugno di ferro, nel rispetto di chi fa cooperazione nel giusto modo ma, soprattutto, nel rispetto dei lavoratori, che hanno diritto ad avere un lavoro normale e una paga normale che gli permetta di vivere tranquillamente. Oggi non siamo in questa situazione e io credo che ci debba essere un intervento molto più forte e molto più fermo rispetto a quanto è successo fino ad ora.

(Iniziative in materia di disciplina degli orari degli esercizi commerciali, al fine di garantire anche ai lavoratori del commercio un effettivo diritto al riposo e alla conciliazione vita-lavoro – n. 3-03433)

PRESIDENTE. L'onorevole Dell'Orco ha facoltà, per un minuto, di illustrare l'interrogazione Cominardi ed altri n. 3-03433 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

MICHELE DELL'ORCO. Grazie, Presidente. Mentre i parlamentari festeggeranno tutto il periodo natalizio a casa con le loro famiglie - immagino anche il Ministro -, tanti lavoratori del commercio invece saranno sul posto di lavoro anche il giorno di Natale e lasceranno a malincuore le loro famiglie e, magari, i loro bambini piccoli per passare la giornata di lavoro dentro un centro commerciale. Per noi le liberalizzazioni degli orari commerciali, con aperture sette giorni su sette e 24 ore su 24, non hanno risolto la crisi del commercio e, anzi, hanno peggiorato la situazione dei piccoli esercenti, rendendo la vita impossibile a dei commessi che devono fare turni massacranti.

Un primo passo per risolvere il problema sarebbe stato approvare una proposta di legge, a mia prima firma, votata qui alla Camera da tutte le forze politiche e inspiegabilmente ferma al Senato dal settembre 2014, quindi da ben tre anni. Questo provvedimento prevedeva sei giorni di chiusura festiva obbligatori e un fondo da 90 milioni per aiutare le piccole imprese italiane: una legge di buonsenso.

Quindi, vorremmo sapere cosa intenda fare il Governo per questo settore e per questi lavoratori e se intenda agire nella direzione indicata dalla proposta di legge approvata alla Camera - ricordo - ben tre anni fa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO POLETTI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie, Presidente, e grazie, onorevole. Preliminarmente, tengo a precisare che il tema della disciplina degli orari degli esercizi commerciali non rientra nelle competenze dirette del Ministero del lavoro, riguardando la regolamentazione di un'attività di impresa. Per il Ministero del lavoro invece la questione rileva sotto il profilo della vigilanza sull'applicazione della normativa sugli orari di lavoro e sul rispetto dei contratti collettivi.

Ciò posto, ricordo che l'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011 ha sancito la liberalizzazione del regime degli orari di apertura e di chiusura delle attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande. Il predetto articolo, in particolare stabilendo il principio generale della libera determinazione dell'orario di apertura, riconosce all'esercente la facoltà di organizzare liberamente l'orario di vendita in relazione alle specifiche esigenze della propria attività e alla fascia di mercato nella quale opera. Questo intervento è finalizzato ad adeguare la disciplina nazionale ai principi previsti dall'ordinamento europeo in tema di libera concorrenza tra gli operatori e di pari opportunità di accesso al mercato. Esso, inoltre, è volto ad assicurare al consumatore un livello uniforme delle condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti su tutto il territorio nazionale.

In relazione al fatto che presso la X Commissione del Senato è in corso l'esame del disegno di legge recante disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali, il Ministero dello sviluppo economico ha reso noto di aver manifestato, nel corso del dibattito parlamentare, l'intenzione di condividere questa proposta normativa nella misura in cui la stessa configuri una soluzione di compromesso tra l'esigenza di salvaguardare il principio di liberalizzazione e le richieste di ripristino di una regolamentazione delle aperture domenicali e festive da parte degli enti locali, delle associazioni delle piccole imprese della distribuzione e delle organizzazioni sindacali.

Con riferimento al quesito formulato dagli interroganti, faccio presente che la disciplina contenuta nei contratti collettivi di settore, liberamente ed esclusivamente definita tra le parti, oltre a prevedere maggiorazioni retributive in caso di lavoro festivo assicura speciali tutele ai lavoratori che siano genitori di bambini di età fino a tre anni o che assistono conviventi con gravi disabilità o persone non autosufficienti, riconoscendo agli stessi la possibilità di non svolgere i turni di lavoro domenicali e festivi. Peraltro, nell'ambito della riforma del lavoro realizzata con il Jobs Act, il decreto legislativo n. 80 del 2015 ha previsto il rafforzamento delle misure volte a potenziare la conciliazione delle esigenze di vita e di lavoro.

Da ultimo, evidenzio che la revisione della disciplina sugli esercizi commerciali dovrà misurarsi con la crescita dell'e-commerce che determinerà nuove forme di concorrenza tra gli esercizi della rete commerciale fissa e le nuove forme di vendita on line, gestite anche da colossi di livello internazionale.

PRESIDENTE. L'onorevole Cominardi ha facoltà di replicare.

CLAUDIO COMINARDI. Mi chiedo dove passerà Natale, Santo Stefano e Capodanno il Ministro Poletti. Di certo so dove lo passeranno migliaia di lavoratori della grande distribuzione, rinchiusi a lavorare in un centro commerciale lontani dalle loro famiglie. Non pensiate che questo argomento non sia sentito e non sia prioritario. Citando esempi che ho potuto vedere da vicino e personalmente, abbiamo l'outlet di Franciacorta, a Rodengo Saiano, dove sono state raccolte oltre 400 firme dei lavoratori e mille firme dei dipendenti dei negozi dell'Oriocenter di Orio al Serio contro le aperture indiscriminate. Lavoratori costretti ad accettare qualsiasi condizione perché il ricatto occupazionale è troppo forte. Siamo persino giunti al paradosso che quando un negoziante decide di tenere comunque chiuso nei giorni festivi il suo esercizio commerciale è costretto a pagare delle penali che i suoi dipendenti si offrono di rimborsare. Si parla spesso di conciliazione vita-lavoro, ma quando pensiamo di metterla in pratica (e non è il Jobs Act, sia chiaro)?

Chiedo al Ministro e a questo Governo di fare un salto nella vita reale. Lo chiedo con cognizione di causa, nel senso che lavoro da quando avevo quindici anni. Conosco le fabbriche e so cosa significa fare fatica ad arrivare alla fine del mese; conosco la paura di rimanere senza un'occupazione e i sacrifici dei miei genitori. E lei, e voi? Le richieste che stiamo facendo dovete sapere che non arrivano da Cominardi e da Dell'Orco ma arrivano dalle associazioni dei commercianti, che stanno pagando da anni gli effetti dalla concorrenza dei colossi della grande distribuzione; arrivano dai lavoratori e dalle famiglie italiane, che chiedono che quanto meno non gli venga sottratto il bene più prezioso che gli è rimasto, che è il tempo, in particolare, ovviamente, quello passato con i propri cari. Per cui, a questo punto faccio un appello anche agli italiani: al centro commerciale non andateci il giorno di Natale e liberiamo le feste (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative di competenza, anche di carattere normativo, in relazione ad una gara comunitaria indetta da Consip, anche alla luce di una recente decisione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato che ha sanzionato quattro società di revisione contabile – n. 3-03434)

PRESIDENTE. L'onorevole Pastorino ha facoltà, per un minuto, di illustrare la sua interrogazione n. 3-03434 (Vedi l'allegato A).

LUCA PASTORINO. Grazie, Presidente. Attraverso un comunicato pubblicato sul proprio sito istituzionale ai primi di novembre, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha annunciato di avere sanzionato per oltre 23 milioni di euro le quattro principali società di revisione contabile appartenenti al network internazionale di Deloitte, Kpmg, Ernst&Young e PricewaterhouseCoopers, note anche come le “big four”. L'Autorità ha attribuito a dette società la creazione di un cartello per spartirsi una gara comunitaria indetta da Consip il 19 marzo 2015 per conto del Ministero dell'economia e delle finanze; una gara per l'affidamento di servizi di supporto e assistenza tecnica per l'esercizio e lo sviluppo della funzione di sorveglianza e audit dei programmi cofinanziati dall'Unione Europea, un bando di 66 milioni di euro.

Quindi, secondo l'Autorità garante, queste big four si sono coordinate a livello di network e hanno presentato delle offerte economicamente differenziate per vari lotti di gara secondo uno schema comune. Così come riportato dal documento prodotto dall'Autorità, tale intesa rientra tra le più gravi violazioni del diritto della concorrenza. Quindi, la domanda è se e quali ulteriori provvedimenti intenda adottare il Governo nei confronti di queste società e quali iniziative utili intenda adottare affinché venga effettivamente tutelato e salvaguardato il processo competitivo tra gli operatori e affinché l'applicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa sia improntata sulla competizione e sulle reali professionalità espresse.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Economia e delle finanze, Pietro Carlo Padoan, ha facoltà di rispondere.

PIETRO CARLO PADOAN, Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie, Presidente, grazie onorevole. Il provvedimento dell'Autorità a cui si fa riferimento è intervenuto a fronte della segnalazione effettuata dalla stessa Consip nel mese di dicembre 2015 all'esito dell'apertura delle offerte economiche della gara citata dall'onorevole Pastorino, con cui era stata evidenziata all'Autorità la presenza di - cito - indizi di potenziali criticità concorrenziali, anche alla luce delle indicazioni fornite da codesta Autorità nel proprio vademecum, nonché dal documento a cura dell'OCSE “Linee guida per la lotta contro le turbative d'asta negli appalti pubblici”, citato nel vademecum medesimo. Come riconosciuto dalla stessa Autorità - cito - nel corso del procedimento Consip ha fornito numerose informazioni, facendosi parte attiva nella ricerca di eventuali illegittimità. Consip, durante la procedura di gara, ha operato nel pieno rispetto del vademecum dell'Autorità adottato con delibera 18 settembre 2013. Non era nel potere di Consip interrompere la procedura di aggiudicazione della gara all'emergere del sospetto d'intesa anticoncorrenziale, posto che nel richiamato vademecum si chiarisce che le segnalazioni non devono essere assolutamente intese come manifestazione di una raggiunta consapevolezza da parte della stazione appaltante dell'esistenza di criticità concorrenziali nell'ambito di una propria procedura di gara.

Tali segnalazioni, pertanto, non giustificano in alcun modo l'interruzione della procedura né tanto meno la rinuncia ad assegnare la commessa all'aggiudicatario. Sulla base della segnalazione inviata da una stazione appaltante, l'Autorità, dopo i necessari controlli e tenuto conto di altre analoghe segnalazioni, può raggiungere il convincimento che vi siano elementi sufficienti per l'avvio di un procedimento istruttorio, ma sarà solo al termine di questo procedimento che potrà essere accertata l'effettiva presenza di una condotta lesiva del diritto antitrust. Ad oggi non risultano ancora decorsi i termini di legge previsti per l'impugnazione del provvedimento sanzionatorio; pertanto, quest'ultimo, pur se esecutivo, non può dirsi definitivo. Aggiungo, per quanto riguarda i vari lotti di questa procedura di gara, per quel che riguarda il lotto nove, l'unico stipulato direttamente da Consip per conto dell'IGRUE, lo scorso 5 dicembre 2017 la società ha provveduto ad avviare nei confronti della sua controparte contrattuale, Kpmg Spa, interessata dal provvedimento sanzionatorio, un procedimento per la risoluzione del contratto. Il procedimento è attualmente ancora in corso. Tale iniziativa è stata resa nota all'IGRUE e, per conoscenza, a tutte le altre amministrazioni interessate lo scorso 11 dicembre.

PRESIDENTE. L'onorevole Pastorino ha facoltà di replicare per due minuti.

LUCA PASTORINO. Ringrazio il signor Ministro per la risposta, è la seconda che ci dà nelle ultime due settimane. Prendo atto del fatto che Consip si sia resa parte attiva, prendo atto che evidentemente la procedura non poteva essere interrotta, come ha detto lei, e che comunque la sanzione, così come comminata dall'Autorità, non sia definitiva, però si prende anche atto di un percorso che si è iniziato nel 2015, la sanzione viene nel 2017, le segnalazioni ci sono state. Evidentemente, bisognerebbe metterci un po' mano, anche perché pare - e dico pare - che ci sia nell'ambiente preoccupazione che i fondi comunitari vengono in parte ritirati da parte delle istituzioni comunitarie per questo motivo.

Sui media non se ne parla o si parla poco di un episodio che potenzialmente è molto grave, può determinare risoluzioni di contratti, come diceva lei, nell'ultimo caso. Quindi, due settimane fa avevamo presentato un altro caso che aveva messo un po' in imbarazzo il MEF: si ricorderà il caso della dottoressa Masi, che per tre anni aveva ricoperto un doppio incarico, sia di consulente del Ministero dell'economia e delle finanze sia proprio di consulente di una di queste big four, di Ernst&Young, con tutto quel che ne consegue o ne conseguirà. Lei aveva dichiarato in quella sede che il Governo si sarebbe costituito parte civile; noi avevamo preso atto con soddisfazione di questa sua affermazione, però anche lì si parla di corruzione, si parla di false attestazioni, si parla, insomma, di problemi che ci sono, e questo rincorrersi di notizie che riguardano sempre e comunque gli stessi attori, perché, per esempio, Ernst&Young era oggetto sia della prima sia della seconda interrogazione, ci fa venire in mente, non solo a noi del gruppo di Sinistra Italiana-Possibile, ma anche a quella che sarà la proposta di Liberi e Uguali con Grasso presidente, quanto sia importante il tema della trasparenza e dell'affidabilità delle procedure che devono governare gli interessi della cosa pubblica, ripeto, nel segno della trasparenza, dell'oggettività e dell'obiettività, che qui, in questi due casi, mi sembra che sia stata un po' pregiudicata.

Quindi, mi auguro che si possa pensare anche a dei meccanismi un po' più solerti di intervento in questa come in altre situazioni, perché, ripeto, sono situazioni che a nostro avviso sono gravi, e quindi da osservare con cura.

(Iniziative volte a reperire le risorse necessarie per rispondere alle conseguenze derivanti dal fenomeno delle occupazioni abusive di immobili, anche alla luce di una recente sentenza del tribunale civile di Roma – n. 3-03435)

PRESIDENTE. L'onorevole Rampelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03435 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

FABIO RAMPELLI. Ministro, le occupazioni abusive di immobili di proprietà pubblica e privata sono diventate una vera e propria piaga: foraggiate dalla sinistra per decenni, hanno raggiunto solo nell'edilizia residenziale pubblica la cifra pazzesca di 48 mila unità, cui vanno aggiunte migliaia di occupazioni a danno di privati. Il tribunale di Roma ha recentemente emesso, il 9 novembre, una sentenza che condanna il Governo a risarcire i proprietari per danno emergente e lucro cessante, in quanto il loro diritto prevale sull'ordine pubblico. A questo punto la domanda sorge spontanea: come intende il Governo provvedere da questo punto di vista, sia nel reperire le risorse per risarcire i cittadini interessati e colpiti dal fenomeno delle occupazioni abusive e sia per rimettere le mani su quello che viene denominato “decreto Minniti sulla sicurezza”, che prevede, al contrario, una prevalenza delle situazioni di ordine e sicurezza pubblica sui diritti dei cittadini proprietari.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Economia e delle finanze, Pietro Carlo Padoan, ha facoltà di rispondere.

PIETRO CARLO PADOAN, Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie, Presidente, grazie, onorevole. L'onorevole segnala che, in data 9 novembre 2017, il tribunale civile di Roma ha emesso sentenza con la quale ha condannato il Governo a risarcire i proprietari degli stabili abusivamente occupati per danno emergente e lucro cessante, in quanto il diritto dei proprietari prevale sull'ordine pubblico, e ha chiesto di conoscere in che modo e con quali tempistiche il Governo intenda reperire le risorse da destinare alle spese in questione e quale ne sia l'ammontare.

Al riguardo, per quanto di competenza, si fa presente di non disporre degli elementi informativi in ordine a quanto rappresentato dall'interrogazione e si rinvia alle valutazioni del Ministero dell'interno. In ogni caso, si segnala che l'assegnazione di risorse finanziarie destinate al ristoro del danno subito da proprietari di immobili occupati abusivamente necessita di una norma di legge che, nel quantificare i maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, individui anche la relativa copertura.

PRESIDENTE. L'onorevole Rampelli ha facoltà di replicare per due minuti.

FABIO RAMPELLI. Ministro, lei è sempre molto cortese, ma la risposta - occorre davvero sottolinearlo - è del tutto insoddisfacente, per non dire risibile, perché noi abbiamo un diritto costituzionale alla proprietà privata che è riconosciuto nella nostra istituzione repubblicana e non è possibile dire, di fronte a una sentenza che voi evidentemente non conoscete, ma su cui potete documentarvi, perché trattasi di sentenza pubblica, che occorrerebbe, per provvedere al ristoro dei cittadini espropriati del loro diritto, emettere una nuova legge. Penso che l'occupazione abusiva in quanto tale sia un reato conclamato, e quindi non occorra alcuna legge per immaginare che, se lo Stato non interviene in maniera tempestiva per ripristinare un diritto costituzionale a danno di un cittadino proprietario, penso che non serva alcuna legge che debba ulteriormente sancire il diritto al risarcimento.

Diciamo le cose come stanno: voi con questa faccenda ci avete fatto politica. Non mi riferisco a lei, per carità, professore universitario emerito, ma mi riferisco alla sua parte politica: tutta la sinistra in questi anni, in questi decenni ha foraggiato le occupazioni abusive. Ha avuto la possibilità addirittura di emanare, costruire, progettare movimenti ad hoc, associazioni ad hoc, che sono oltretutto attenzionate dalle procure della Repubblica di mezza Italia proprio anche per la promiscuità nelle segnalazioni da parte di alcuni enti pubblici di immobili disponibili ad essere occupati, cioè vuoti. Quindi c'è una inchiesta che va al di là delle competenze di ciascuno, che speriamo possa fare giustizia; ma intanto c'è questa di sentenza, che evidentemente va a colmare un vuoto politico e istituzionale dello Stato che si gira dall'altra parte: come è stato il caso più recente e più noto del palazzo Curtatone a Roma a Piazza Indipendenza, dove dopo quattro anni, nonostante fossero attivi i contratti d'affitto con multinazionali per chi aveva fatto gli investimenti, si è dovuto viceversa andare a impegnare per pagare le bollette degli occupanti abusivi che erano stati lì portati da organizzazioni notorie e appartenenti alla sinistra.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FABIO RAMPELLI. Quindi noi riteniamo - e concludo, Ministro - che il Governo da questo punto di vista debba prevedere una posta: stiamo discutendo il bilancio, lo faccia subito, per provvedere al risarcimento di quei cittadini proprietari di immobili che hanno visto questo diritto conculcato dalle organizzazioni vicine al Partito Democratico.

(Chiarimenti in merito all'esistenza di linee guida o evidenze medico-scientifiche circa l'efficacia della procedura terapeutica nota come plasmaferesi, anche in relazione alla recente decisione adottata in materia dalla regione Veneto – n. 3-03436)

PRESIDENTE. L'onorevole Narduolo ha facoltà di illustrare l'interrogazione Rotta ed altri n. 3-03436 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmataria, per un minuto.

GIULIA NARDUOLO. Presidente, Ministra, la popolazione di tre province del Veneto, Vicenza, Verona e Padova (sono diverse decine di migliaia di persone), da alcuni anni convive con la preoccupazione di abitare in un territorio inquinato dalle sostanze perfluoroalchiliche, conosciute come PFAS. Il mondo scientifico sta ancora studiando gli effetti di queste sostanze sulla salute umana, ma si può comunque dire con certezza che sono sostanze nocive. La regione Veneto ha dato avvio dal mese di giugno di quest'anno ad una procedura su larga scala, appunto la plasmaferesi, con l'obiettivo di abbattere la quantità di PFAS riscontrata nel sangue della popolazione a seguito di un piano di biomonitoraggio avviato sempre dalla stessa regione. Siamo comunque preoccupati per l'effettiva efficacia che questa procedura può avere, soprattutto su soggetti di giovane età, in particolar modo per i ragazzi minorenni e anche sotto i 14 anni. Per questo chiediamo al Ministero della salute se esistono specifiche linee guida, o comunque un protocollo scientifico clinicamente validato, circa l'applicazione della plasmaferesi su larga scala, come sta avvenendo nella regione Veneto.

PRESIDENTE. La Ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, ha facoltà di rispondere.

BEATRICE LORENZIN, Ministra della Salute. Prima di fornire gli opportuni chiarimenti su di un tema di particolare delicatezza, quale quello dell'utilizzo della plasmaferesi terapeutica, consistente nella separazione della componente liquida del sangue, cioè il plasma, dalla componente cellulare per la rimozione dal sangue degli agenti inquinanti chimici, quali PFAS e PFOA, voglio precisare che il Ministero della salute e l'Istituto superiore di sanità non sono mai stati formalmente interessati dalla regione Veneto circa l'utilizzo di questa terapia.

Ciò premesso, faccio presente che non risultano evidenze scientifiche né specifiche raccomandazioni in ordine alla possibilità di rimuovere gli PFAS o gli PFOA attraverso l'uso della plasmaferesi: anzi, le più recenti linee guida in materia non includono detti contaminanti tra gli agenti inquinanti che possono essere rimossi con tale tecnica. Il ricorso alla plasmaferesi è infatti fortemente sconsigliato proprio in quelle situazioni particolari e rare (ed è questo il caso dell'inquinamento da PFAS e PFOA, presente nella sola regione Veneto) in cui si registra una specifica tipologia di inquinamento ambientale.

Per tali ragioni, e in considerazione anche del fatto che la plasmaferesi è una terapia fortemente invasiva, la regione Veneto, prima di sottoporre le persone a tale trattamento, avrebbe dovuto procedere ad una preventiva sperimentazione, in particolare nei confronti dei bambini e degli adolescenti, maggiormente esposti a possibili conseguenze dannose per la salute.

Concludo rassicurando che ho già chiesto alla regione Veneto maggiori e più dettagliate informazioni in merito, al fine di poter valutare l'adozione di un'iniziativa volta a tutelare la salute dei cittadini veneti.

PRESIDENTE. L'onorevole Alessia Rotta ha facoltà di replicare.

ALESSIA ROTTA. Presidente, Ministra, siamo soddisfatti della risposta, ma evidentemente è una risposta che ci preoccupa fortemente, perché ci preoccupa fortemente la salute dei cittadini veneti, dei cittadini veneti colpiti nella cosiddetta zona rossa e dei loro figli. Perché se è accertato, come ci ha appena risposto la Ministra e come ha confermato l'Istituto superiore di sanità, che la plasmaferesi non ha un protocollo scientifico adeguato, noi insieme ai cittadini siamo qui a farci portavoce di questo, della loro preoccupazione: quali altre iniziative si possono mettere in campo? Ed approfittiamo evidentemente di questa occasione per chiedere al Ministero direttamente, con o senza la richiesta della regione Veneto, un interessamento diretto del Ministero della salute, dell'Istituto superiore della sanità, per evidentemente venire incontro alla richiesta e ad un allarme che non è allarmistico, ma è un allarme reale, perché riguarda la salute di migliaia di cittadini e soprattutto di giovani, perché sono certi di avere nel sangue, questo sta dicendo lo screening, delle sostanze altamente pericolose, e non sanno come possono curarsi. Io credo che questo sia un compito del Ministero della salute e un compito nostro, di tutti, per quanto riguarda la protezione dei nostri cittadini.

(Dati relativi al numero di embrioni crioconservati nelle banche dei centri italiani autorizzati alla procreazione artificiale – n. 3-03437)

PRESIDENTE. L'onorevole Gian Luigi Gigli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03437 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

GIAN LUIGI GIGLI. Signora Ministra, lei sa che la legge n. 40 del 2004 aveva consentito una riduzione delle numero degli embrioni criocongelati che si erano accumulati durante gli anni della provetta selvaggia, del Far West procreativo. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale del 2009, questo numero è tornato ad aumentare. Noi le chiediamo di sapere ad oggi quanti sono gli esseri umani allo stadio di sviluppo embrionale che giacciono dimenticati nei congelatori delle cliniche autorizzate ad eseguire la fecondazione in vitro, e chiediamo anche di sapere eventualmente se ci può dire qualcosa su quale sarà il loro destino.

PRESIDENTE. La Ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, ha facoltà di rispondere.

BEATRICE LORENZIN, Ministra della Salute. La legge n. 40 del 2004 ha come noto istituito presso l'Istituto superiore di sanità il registro nazionale delle strutture autorizzate all'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita degli embrioni formati. Nel registro sono raccolti anche i dati riguardanti il numero di embrioni crioconservati, che appartengono a due categorie: quelli cosiddetti in stato di abbandono, formati nel periodo antecedente all'entrata in vigore della legge n. 40 e così definiti dal decreto ministeriale del 4 agosto 2004, in quanto non più destinati al trasferimento; e quelli formati dopo l'entrata in vigore della legge n. 40. I primi sono stati censiti dall'Istituto superiore di sanità, mentre per i secondi la modalità di raccolta dei dati, possibile solo in forma aggregata per ragioni attinenti alla tutela della privacy, non permette di correlare univocamente i dati ad ogni ciclo di trattamento di PMA, e quindi di correlare i dati raccolti da un anno all'altro: il che significa che non è possibile risalire con i dati del registro all'anno di formazione e crioconservazione degli embrioni scongelati ogni anno, e quindi al numero complessivo di embrioni crioconservati presenti nei centri di procreazione assistita alla data di oggi, o comunque in una data determinata.

Va ricordato che comunque a prescindere dalle modalità di raccolta dei dati, vista la dinamica di crioconservazione e scongelamento continuo di embrioni nei cicli di PMA, il numero di quelli presenti nei centri varia ovviamente in continuazione nel tempo. Quanto al numero degli embrioni crioconservati, non posso quindi che ribadire in questa sede quanto già indicato nell'ultima relazione al Parlamento, ovvero che nel 2015 sono stati formati e crioconservati 34.490 embrioni, pari al 31 per cento del totale, mentre sono stati scongelati 20.444 embrioni.

PRESIDENTE. L'onorevole Gigli ha facoltà di replicare, per due minuti.

GIAN LUIGI GIGLI. Che dirle, signora Ministro? Io ricordo altre relazioni ministeriali nelle quali venivano dati dei numeri complessivi e se non ricordo male - credo di andare abbastanza a memoria - questo numero si era ridotto, quando aveva finito di produrre i suoi effetti la legge 40, a circa - se non erro - 28.000, dopodiché gli ultimi dati che io ricordo di fonte tuttavia ministeriale erano circa 58.000.

Oggi lei ci dice che questi dati non è possibile averli, ci dice solo un dato, che è interessante tuttavia, che ci sarebbero stati 10.000 embrioni in più tra quelli formati e quelli consumati nel 2015, quindi abbiamo avuto un'ulteriore accumulo di 10.000 embrioni.

Che dire? Credo che ormai siamo arrivati a circa 70.000 almeno dai dati in mio possesso, ma può essere che mi sbagli.

Vorrei però che anche da parte del Ministero nascesse per così dire, alla luce di questo dato, che è comunque un dato drammatico, si tratta di decine di migliaia di essere umani, ripeto, allo stato di sviluppo embrionale, che giacciono senza alcuna chance di potenziale sviluppo, vorrei che fosse possibile immaginare un percorso, che è quello dell'adozione per la nascita.

Lei ci ha già distinto gli embrioni abbandonati prima della legge 2004: sarebbe bene che il Governo si impegnasse a identificare un percorso per stabilire le modalità per considerare abbandonati anche quelli dopo la legge 40 del 2004, perché se così fosse forse ci sarebbero tante famiglie che, a causa di infertilità o per la generosità a cui sono disponibili con il meccanismo dell'adozione, potrebbero come ripeto dare una chance di vita a questi piccoli esseri umani e permettere loro di svilupparsi, risolvendo forse anche collateralmente qualche altro problema come quello, su cui più volte ho avuto modo di interrogarla e che lei ricorda e sul quale ha sempre dato risposte rassicuranti, che tuttavia non rassicurano nessuno, che è la compravendita dei gameti per la fecondazione eterologa che avviene nei Paesi come la Spagna e la Repubblica Ceca in particolare, dove numerose regioni italiane, aggirando quelli che sono i nostri vincoli di legge, col meccanismo finto del pagamento delle spese riescono tuttavia a comprare, ripeto, da persone che si rendono disponibili per ragioni di bisogno.

Mi auguro che il Governo voglia impegnarsi in futuro - e non sarebbe cosa difficile - per stabilire appunto un meccanismo per l'adozione per la nascita e stabilire altresì appunto una possibilità di prelevamento di questi embrioni abbandonati per quanto riguarda appunto la donazione.

(Chiarimenti in merito all'accordo di collaborazione tra Governo italiano e Ibm sottoscritto nel marzo 2016, con particolare riferimento all'utilizzo dei dati sanitari dei cittadini – n. 3-03438)

PRESIDENTE. L'onorevole Quintarelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03438, per un minuto (Vedi l'allegato A).

GIUSEPPE STEFANO QUINTARELLI. Grazie, Presidente, e buongiorno, Ministra. Nel viaggio a Boston del marzo 2016, il Governo avrebbe concluso un accordo di collaborazione con l'IBM finalizzato alla creazione di un polo di elaborazione dei dati sanitari nell'aria ex Expo a Milano.

Dalle cronache risulterebbe che il Governo, in cambio degli investimenti promessi dall'IBM, si sia impegnato a cedere tutti i dati sanitari relativi ai cittadini lombardi, “ivi incluso l'utilizzo secondario dei predetti dati sanitari per finalità ulteriori rispetto ai progetti”.

IBM avrebbe manifestato anche l'interesse a disporre dei dati sanitari di tutti i cittadini italiani; ciò eventualmente, in assenza di specifico consenso individuale al trattamento, configurerebbe una violazione di diritti e libertà individuali, pericolosa per i possibili usi distorti che potrebbero derivarne.

La direzione generale europea della concorrenza il 31 ottobre ha inviato una lettera all'Italia, chiedendo una riunione urgente con le autorità italiane e anche il Garante si è espresso su questo tema per dei chiarimenti, per cui credo che sia importante, signora Ministra, se ci può dire quali sono i termini dell'accordo di collaborazione tra il Governo italiano e l'IBM, grazie.

PRESIDENTE. La Ministra della salute, Beatrice Lorenzin, ha facoltà di rispondere.

BEATRICE LORENZIN, Ministra della salute. Grazie, preliminarmente preciso che l'argomento oggetto dell'interrogazione esula dalle competenze dirette del mio dicastero e che si tratta di una vicenda della quale non mi sono personalmente interessata e di cui non ho pertanto conoscenza diretta.

Per tali ragioni, di seguito leggo la risposta all'interrogazione predisposta dagli uffici della Presidenza del consiglio dei ministri: con riferimento al quesito posto dagli onorevoli interroganti, si precisa che il memorandum di intesa richiamato non contiene alcun riferimento a dati sanitari, tanto meno alla loro cessione, pertanto le informazioni di stampa riportate dagli interroganti non risultano fondate.

Il citato accordo ha un contenuto di massima e coinvolge la società IBM e prevede investimenti per un ammontare di circa 150 milioni di euro, destinati ad essere complementari alla costruzione del polo di ricerca Human Technopole, con il quale potrà operare in sinergia.

Nel contesto di questi iniziali indirizzi, la società si è impegnata a fornire le infrastrutture necessarie a supportare il programma di sviluppo con il quale, tra gli altri, si intende promuovere l'economia sanitaria e la sua efficienza, sostenendone la trasformazione digitale anche in ragione degli obiettivi posti dall'Agenda digitale italiana.

Con riferimento alle diverse tipologie di progetti che la società IBM vorrà eventualmente proporre, finalizzati ad ottimizzare l'economia sanitaria e l'efficienza della stessa, desidero sottolineare che nel caso dovrebbero comunque essere specificamente individuate le finalità del trattamento, la tipologia e la natura dei dati che si intendono trattare, oltre alle modalità e alle misure di sicurezza che sarebbe necessario adottare.

Tali attività si svolgerebbero naturalmente nel pieno rispetto delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali e soprattutto del nuovo Regolamento europeo n. 2016/679 sulla protezione dei dati personali.

Tali progetti pertanto, al fine di essere compatibili con le disposizioni richiamate, dovrebbero essere sottoposti alla valutazione dell'Autorità di protezione dei dati, che potrà prescrivere ogni misura ritenuta necessaria al fine di assicurare un'effettiva tutela dei dati e garantire il rispetto dei principi di liceità dei loro trattamenti.

Infine, per quanto attiene alla collaborazione potenziale tra IBM e Human Technopole, essendo quest'ultimo in una fase di avvio, nessuna azione è stata ancora presa.

PRESIDENTE. L'onorevole Quintarelli ha facoltà di replicare per due minuti.

GIUSEPPE STEFANO QUINTARELLI. Grazie, Ministra, per essersi fatta portavoce di questa dichiarazione della Presidenza del Consiglio.

Capiamo, quindi, che si tratta di un accordo di massima, che deve essere definito nei dettagli e, quindi, sarà compliant alle norme e questo naturalmente è bene.

Tuttavia, mi preme sottolineare alcune preoccupazione diciamo, perché il valore non solo scientifico, ma anche economico, in termini di sviluppo, ricerca e innovazione di un data set come quello di cui si sta parlando è ingentissimo ed è difficile da quantificare. E' molto difficile capire e fare un bilancio rischi/benefici di un trattamento di questo genere e, anche a essere benevoli per quanto riguarda questo rapporto, mi riesce difficile capire come sia possibile fare un accordo così rilevante su un tema così delicato, senza che ci sia una procedura che prenda in considerazione anche altri possibili partner, oltre a definire bene ex ante tutte le cautele del caso.

Il secondo appunto che desidero fare riguarda il fatto che, dal punto di vista giuridico, siamo in un momento di transizione, con il GDPR che entrerà in vigore nel 2018.

Gli interventi legislativi che abbiamo fatto con la legge europea, che hanno ad oggetto il riuso dei dati per fini di ricerca statistico-scientifica, appaiono slegati dal contesto e da un'attuazione sistematica e complessiva della legislazione italiana in termini di protezione dei dati, nonostante vi sia una delega al Governo per l'attuazione del GDPR, che avrà un impatto immediato sulla legislazione.

Questo si inserisce in un clima di forte preoccupazione, espressa da esperti non solo italiani - citavo prima anche la Commissione e lo stesso Garante - in merito a un accordo che, proprio per la sua rilevanza strategica ed economica ed essendo legato ai diritti degli individui, avrebbe bisogno di avere la massima chiarezza e trasparenza e, soprattutto, di prendere in considerazione anche fornitori alternativi, secondo quanto prevedono le norme.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Alfreider, Artini, Capezzone, Causin, Dambruoso, Dellai, Ferranti, Ferrara, Fioroni, Lorenzo Guerini, La Russa, Laforgia, Marazziti, Marcon, Ravetto, Realacci, Sanga, Sani, Sandra Savino, Schullian, Speranza, Tofalo, Valeria Valente e Villecco Calipari sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente centoventisette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Approvazione in Commissione.

PRESIDENTE. Comunico che, nella seduta di oggi, mercoledì 13 dicembre, le Commissioni riunite IX (Trasporti, poste e telecomunicazioni) e X (Attività produttive, commercio e turismo) hanno approvato, in sede legislativa, la seguente proposta di legge:

Senatore Crosio: "Nuove disposizioni in materia di iscrizione e funzionamento del registro delle opposizioni e istituzione di un prefisso unico nazionale per le chiamate telefoniche a scopo promozionale e di ricerche di mercato" (Approvata dalla 8ª Commissione permanente Lavori pubblici, comunicazioni del Senato della Repubblica) (A.C. 4619), con modificazioni e con il seguente nuovo titolo: "Nuove disposizioni in materia di iscrizione e funzionamento del registro delle opposizioni e istituzione di prefissi nazionali per le chiamate telefoniche a scopo statistico, promozionale e di ricerche di mercato", con l'assorbimento delle seguenti proposte di legge: Liuzzi ed altri: "Modifiche al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di comunicazioni commerciali indesiderate" (A.C. 3617) e Quaranta ed altri: "Disposizioni in materia di comunicazioni commerciali indesiderate" (A.C. 4007), che pertanto saranno cancellate dall'ordine del giorno.

Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa di una proposta di legge.

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della prossima seduta l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, della quale la sotto indicata Commissione, cui era stata assegnata in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che la Presidenza proporrà alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:

alla I Commissione (Affari costituzionali): S. 2770 - Senatori Arrigoni ed altri: "Modifica al decreto legislativo 6 marzo 1992, n. 250, e aggregazione del comune di Torre de' Busi alla provincia di Bergamo, ai sensi dell'articolo 133, primo comma, della Costituzione" (approvata dal Senato) (A.C. 4526).

A tale proposta di legge è abbinata la proposta di legge Sanga ed altri: "Distacco del comune di Torre de' Busi dalla provincia di Lecco e sua aggregazione alla provincia di Bergamo, ai sensi dell'articolo 133, primo comma, della Costituzione" (A.C. 4338).

Interventi di fine seduta.

STEFANIA COVELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

STEFANIA COVELLO. Grazie, signor Presidente. Anche a nome dei colleghi parlamentari del sud, ma direi in particolar modo della Calabria, intendo sollevare all'attenzione della Camera la gravità di alcune affermazioni rilasciate nel corso di una trasmissione televisiva peraltro del servizio pubblico e, in particolare, di RAI 3 da parte del sindaco di Cascina, tal Susanna Ceccardi, una donna leghista. L'amministratrice locale ha dichiarato che, a suo avviso, è giusto che i medici calabresi guadagnino di meno perché, è inutile essere buonisti, la Calabria non è un'eccellenza italiana.

Vorrei con sdegno dire che nel calcio per cori discriminatori si va incontro al DASPO, chiusure di settori e squalifiche ed è giusto che sia così. Qui siamo, invece, in presenza di una rappresentante delle istituzioni che può pronunciare dichiarazioni improvvide e di grave pregiudizio come se fosse una cosa normale. Immagino che ignori che il premio Nobel, Renato Dulbecco, fosse di Catanzaro e che la vita di Papa Giovanni Paolo II fu salvata dal professor Francesco Crucitti di Reggio Calabria.

Quindi, insieme ai colleghi, mi unisco a quanto detto da tutti i presidenti dei consigli dell'ordine dei medici della Calabria, delle cinque province calabresi, dicendo che si tratta di offensività, stupidità, rozzezza e populismo alla ricerca di visibilità. Immagino ignori, la signora, quanti medici bravi della sua città e della sua Toscana siano meridionali e calabresi e contribuiscano agli ottimi risultati della sanità toscana; come si fa a confondere criticità organizzative, che pur ci sono purtroppo da più di un decennio, con la bravura e la professionalità di tanti medici calabresi, bravi in Calabria soprattutto quando c'è disorganizzazione in Italia e nel mondo.

La Costituzione, all'articolo 3, richiama l'impegno delle istituzioni a superare le diseguaglianze e alla rimozione degli ostacoli. Il sindaco non solo non rimuove ma pone altri ostacoli che assecondano gravi pregiudizi.

Concludo dicendo, signor Presidente, che per questo chiediamo in quest'Aula, che è la massima espressione della rappresentanza democratica nel nostro Paese, di condannare tali gravi parole e di ribadire il pieno rispetto per quanti operano tutti i giorni in condizioni non facili nella propria terra e lontano da casa, portando con sé l'orgoglio di essere medici calabresi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ROBERTO OCCHIUTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO OCCHIUTO. Grazie, signor Presidente, intervengo per sollecitare l'attenzione della Camera dei deputati - lo farò anche attraverso un atto di sindacato ispettivo tra qualche giorno - su una vicenda accaduta qualche giorno fa nella mia provincia.

Si tratta del deragliamento di un treno sulla tratta ferroviaria che va da Cosenza a Paola. Sette giorni fa, su questa tratta, un treno è andato fuori dai binari. Il treno aveva 150 passeggeri. Il deragliamento è intervenuto, peraltro, in galleria e ci sono stati undici feriti. C'è un'inchiesta della procura che sta tentando di accertare le responsabilità dell'incidente: sembrerebbe, tuttavia, che una delle cause più accreditate dell'incidente sia la carenza di manutenzione sulla linea ferroviaria.

La stazione di Paola, che era la stazione di destinazione del treno, è l'unico hub provinciale di Cosenza, unico hub ferroviario, per cui l'area urbana di Cosenza, una parte importante della provincia, è di fatto isolata dal trasporto ferroviario, perché i cittadini, i turisti, gli operatori economici, che devono recarsi a Paola per prendere, peraltro, l'unica Freccia che c'è verso Roma, devono farlo con bus sostitutivi, quindi con gravi disagi, perché i tempi di percorrenza sono triplicati.

Intervengo perché c'è il timore che i tempi di ripristino della tratta ferroviaria siano piuttosto lunghi, con grave nocumento per il territorio interessato, per la sua economia, per lo sviluppo turistico e per i diritti dei cittadini interessati dalla vicenda.

Inoltre, segnalo che forse, se la circostanza evidenziata avesse riguardato un'altra regione, invece che la Calabria, ad esempio, l'Emilia o la Toscana, probabilmente, a sette giorni di distanza, quella tratta ferroviaria oggi sarebbe già funzionante, nuovamente operativa e il problema sarebbe stato risolto. Credo ci sia - concludo, signor Presidente - una responsabilità della politica regionale, che ha il compito di interfacciarsi con Ferrovie e con RFI.

Intervengo nell'auspicio che la Camera possa interessarsi del problema, ma anche per manifestare che l'incuria e l'insipienza della politica calabrese non riguarda tutti.

Organizzazione dei tempi di esame del disegno di legge di bilancio n. 4768 e della relativa Nota di variazioni.

PRESIDENTE. Avverto che nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna sarà pubblicata la nuova organizzazione dei tempi per l'esame del disegno di legge di bilancio n. 4768 e della relativa Nota di variazioni, predisposto a seguito della cessazione della componente politica del gruppo Misto-FARE!-Pri-Liberali (Vedi l'allegato A).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 19 dicembre 2017 - Ore 9,30:

(ore 9.30, con votazioni non prima delle ore 16)

1. Discussione del disegno di legge:

S. 2960 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020 (Approvato dal Senato). (C. 4768)

Nota di variazioni al Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020. (C. 4768/I)

2. Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 4526 ed abbinata .

3. Discussione dei disegni di legge:

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo bilaterale tra la Repubblica italiana e la Bosnia ed Erzegovina aggiuntivo alla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, inteso ad ampliarne e facilitarne l'applicazione, fatto a Roma il 19 giugno 2015. (C. 4627-A)

Relatrice: GARAVINI.

Ratifica ed esecuzione dei seguenti trattati: a) Accordo bilaterale aggiuntivo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Macedonia alla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, inteso ad ampliarne e facilitarne l'applicazione, fatto a Skopje il 25 luglio 2016; b) Accordo bilaterale aggiuntivo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Macedonia alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959, inteso a facilitarne l'applicazione, fatto a Skopje il 25 luglio 2016.

(C. 4628-A)

Relatrice: GARAVINI.

4. Votazione per l'elezione di due componenti del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti.

5. Votazione per l'elezione di due componenti del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa.

6. Votazione per l'elezione di due componenti del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria.

La seduta termina alle 16,15.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: SERGIO PIZZOLANTE (Doc. XXIII, N. 29).

SERGIO PIZZOLANTE. (Dichiarazione di voto – Doc. XXIII, n. 29). Signor Presidente, cosa emerge dall'ottimo lavoro della commissione? Ambiguità di alcune forze politiche, di alcuni magistrati e degli apparati. Ambiguità che ha reso debole lo Stato nella sua capacità di comprendere la portata e la forza dell'offensiva armata delle BR. Prima del sequestro Moro non c'era nettezza nella condanna di una parte della sinistra al fenomeno della lotta armata. “Compagni che sbagliano” dissero alcuni esponenti del PCI. Non c'era sufficiente consapevolezza nella DC. Non c'era fermezza né limpidezza negli apparati dello Stato. Tutto questo ebbe un peso sull'incapacità di prevenire il sequestro e la strage. Ebbe un peso su tutta l'evoluzione del terrorismo italiano. La fermezza la si scoprì dopo il sequestro. Ma era una fermezza politica, dettata da calcoli politici. Alla fermezza dei capi della DC e del PCI (in epoca di compromesso storico) non corrispose una pari fermezza dello Stato. Lo Stato, parte delle forze dell'ordine, della magistratura, dei servizi, non furono altrettanto fermi ed efficaci. E allora, la politica ed i partiti, avevano un peso non paragonabile a quello di oggi sugli apparati dello Stato. Sono emerse disattenzioni, mancanze, passaggi a vuoto, ambiguità, omissioni investigative, sul piano interno ed internazionale. Bar Olivetti, via Gradoli, ruolo KGB, ruolo dei Servizi italiani, ruolo dei Palestinesi. L'unica cosa certa ed inamovibile, incomprensibilmente inamovibile, è stata la fermezza della DC e del PCI. Tutto il resto era incerto. Prevalse il calcolo politico, rispetto alla salvezza di Aldo Moro. Calcolo per il compromesso storico, per la tenuta del governo del compromesso storico, per i tic ideologici del PCI su tutto ciò che succedeva alla sua sinistra. Calcolo che influì anche sull'atteggiamento del Vaticano, “liberate Moro senza condizioni”, senza trattativa quindi, disse il Papa. In questo quadro confuso emergono le figure gigantesche di Aldo Moro e di Bettino Craxi. Aldo Moro che con le sue lettere straordinarie parla alla DC e al PCI ed agli italiani. E magistralmente spiega che lo Stato non esiste se non fa tutto il possibile per salvare una vita umana. Pagine di grandissimo spessore politico. Fu detto che erano parole scritte sotto dettatura delle BR. Errore gravissimo sul piano umano, Moro non si faceva dettare le lettere dai suoi carcerieri. Errore enorme sul piano politico, si accreditava così uno spessore politico che le BR non avevano. Lo spessore di quelle lettere e di quelle parole. Ed emerge la figura di Bettino Craxi che ebbe il coraggio di opporsi alla linea inferma della fermezza, riscoprendo i caratteri fondanti di un socialismo riformista ed umanitario. L'uomo, la vita dell'uomo, viene prima dello Stato. E molto prima di modesti e miopi calcoli politici. Se lo Stato non fa tutto il possibile per salvare la vita di un uomo non è più Stato. Lo Stato non rispose agli appelli di Moro, anzi, fu messo in discussione l'equilibrio e la veridicità del messaggio di Moro, errore tragico. Non si voleva la trattativa per non legittimare le BR, per non dargli riconoscimento politico, si disse. In realtà la delegittimazione delle parole di Moro e la teoria della dettatura delle BR, furono la legittimazione politica più grande, il riconoscimento di uno spessore politico. Questo era il pensiero di Craxi ed il senso della linea della trattativa. Craxi temeva che l'epilogo tragico della vicenda Moro, avrebbe reso lo Stato più debole, non più forte o più fermo. Così fu! Lì cominciò a morire la DC. Lì cominciò l'esilio politico del PCI, che si rinchiuse nella questione morale di Berlinguer che presto trasformò il comunismo in giustizialismo. Lì cominciò la crisi della politica della democrazia. La sua debolezza nei confronti di poteri e apparati statali e non, legittimi ed illegittimi. Iniziò lì la guerra all'eretico Craxi. L'uccisione di Moro scosse lo Stato e lo rese infermo e più debole. Fu l'esito della linea della fermezza.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: ROBERTO SIMONETTI (Doc. XXII-bis, N. 17)

ROBERTO SIMONETTI. (Dichiarazione di voto – Doc. XXII-bis, n. 17). Signor Presidente, Onorevoli Colleghi!

La relazione sottoposta oggi all'esame della nostra Assemblea è il documento conclusivo della Commissione parlamentare d'inchiesta che è stata costituita in questa legislatura per investigare sull'irrisolto caso di Emanuele Scieri, un giovane militare morto in circostanze drammatiche al termine della sua prima giornata alla caserma Gamerra di Pisa, dove le reclute si addestrano ai lanci che occorrono per acquisire il brevetto di paracadutista.

La scomparsa di Scieri turbò significativamente le coscienze italiane nell'estate del 1999 e fin dall'epoca dei fatti si sospettò che il ragazzo potesse essere stato vittima di un brutale atto di nonnismo. Tuttavia, non emersero mai prove convincenti che permettessero di escludere le ipotesi del suicidio e dell'incidente, cosicché alla fine il caso venne archiviato anche dalla Procura ed annoverato tra quelli rimasti privi di una conclusione soddisfacente.

La famiglia non ebbe quindi né allora né in seguito la giustizia e la veritiera ricostruzione dei fatti cui anelava. La Commissione d'Inchiesta che oggi presenta le risultanze finali della sua attività proprio da questo punto ha preso le mosse, riesaminando tutte le evidenze acquisite dalla magistratura e procedendo all'interrogatorio di gran parte degli attori rilevanti di quella oscura vicenda, diversi dei quali avrebbero poi raggiunto livelli assai elevati della gerarchia militare.

Alcune deposizioni sono state in parte o completamente secretate, ma da ciò che si evince leggendo la Relazione sottoposta al vaglio della nostra Aula non sono emerse poche contraddizioni. Si sono registrate anche ricostruzioni nuove, che hanno permesso di accertare la presenza di molte ambiguità e contraddizioni nelle testimonianze sui fatti proposte a suo tempo da chi poteva conoscere ciò che accadde nell'agosto del 1999 alla Gamerra.

Ha trovato conferma la sensazione che in quella caserma della brigata paracadutisti le prevaricazioni degli anziani fossero sistematiche e pesanti ed è emersa altresì un'eccessiva tolleranza delle violazioni del regolamento di disciplina militare.

Dalla Gamerra era normale evadere di notte dopo il contrappello, per tornare in caserma prima dell'alba. Circolava droga. E ai nonni erano perdonati comportamenti inaccettabili.

La Commissione ha prestato particolare attenzione ad alcune anomalie, come quella relativa al comportamento del generale Celentano, che effettuò una strana ispezione notturna alla ricerca del giovane paracadutista sparito nel nulla.

Sono stati sollevati dubbi in merito alla mancata percezione del forte odore del cadavere in decomposizione del povero Scieri e alla posizione in cui venne trovato il corpo del ragazzo, del quale si insinuò persino che fosse grasso e quindi fisicamente inidoneo a prestare il suo servizio militare nella Folgore, circostanza che avrebbe forse potuto contribuire a corroborare la tesi del suicidio e quella alternativa dell'incidente maturato in un tentativo del ragazzo di misurarsi con se stesso.

Al termine dei suoi lavori, la Commissione ha consegnato una considerevole mole di atti e documenti alla magistratura, convincendo infine la Procura a riaprire le indagini. Gli scopi per i quali venne a suo tempo costituita sono stati quindi almeno in parte raggiunti.

Voglio ricordare in questa sede e in questo momento particolare che la Lega considera le Forze Armate una risorsa fondamentale a disposizione del Paese e ritiene i giovani che ne fanno parte la loro componente più importante e preziosa, ma anche la più vulnerabile e bisognosa di protezione ed attenzione.

Tra i meriti acquisiti dalla Commissione d'inchiesta costituita per investigare sulla morte di Emanuele Scieri noi riteniamo vi sia stato anche quello di aver saputo distinguere tra l'accertamento delle responsabilità individuali ed il rispetto che si deve comunque ad un'istituzione che è preposta alla difesa del nostro territorio e della sua popolazione.

I dubbi che a suo tempo ci avevano indotto ad astenerci sul provvedimento che istituiva questa Commissione sono pertanto superati. Il lavoro svolto è stato utile e non andrà perduto.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

      Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

      nella votazione n. 1 i deputati Sisto e Verini hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 2)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Doc. XXIII, n. 29 - risoluz. 6-371 407 406 1 204 406 0 105 Appr.
2 Nominale Doc. XXII-bis, n. 17 - ris. 6-372 395 388 7 195 388 0 103 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.