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CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 16 aprile 2015
426.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati. (C. 3-bis e abb.-B, approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato).

DOCUMENTAZIONE DEPOSITATA DAL RAPPRESENTANTE DEL GOVERNO

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ALLEGATO 2

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti – Un piano di investimenti per l'Europa (COM(2014) 903 final).

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici e che modifica i regolamenti (UE) nn.  1291/2013 e 1316/2013 (COM(2015) 10 final), corredata del relativo allegato (COM(2015) 10 final – Annex 1).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI DOCUMENTO FINALE PRESENTATA DAL GRUPPO SEL

      La V Commissione della Camera dei deputati,
          esaminate la Comunicazione (COM(2014)903 final) della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, alla Banca Centrale Europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle Regioni e alla Banca Europea per gli Investimenti, attinente «Un piano di investimenti per l'Europa» e la proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio (COM(2015)10 final) relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici e che modifica i Regolamenti (UE) n.  1291/2013 e n.  1316/2013;
          preso atto della Comunicazione della Commissione europea del 13 gennaio 2015 «Utilizzare al meglio la flessibilità offerta nell'ambito delle norme vigenti del patto di stabilità e crescita» (COM(2015)12 final);
          premesso che:
              la disoccupazione crescente rappresenta solo uno dei risultati negativi delle politiche dell'austerità perseguite con ottusità dagli organismi europei come più volte denunciato da molti eminenti economisti, dal Fondo Monetario internazionale, con la Risoluzione 6-00092 presentata in vista del precedente Consiglio europeo del 23-24 ottobre scorso e con la Relazione di minoranza alla Legge di Stabilità 2015 (AC 2689-bis-A – Relatore Melilla);
              l'Eurozona, e in particolare i Paesi mediterranei, si trovano in una situazione economica pesantissima: stagnano o calano i consumi e diminuiscono gli investimenti privati e pubblici. La Banca Centrale Europea, BCE, cerca di dare ossigeno monetario al sistema ma le banche dei diversi Paesi trattengono la liquidità e non offrono sufficiente credito all'economia reale, in particolare alle piccole e medie imprese. In pratica: non si investe, non si produce, non si consuma;
              crescono massicciamente la disoccupazione e la precarietà del lavoro. Aumentano le divaricazioni territoriali e sociali. Sembra che l'Europa abbia dimenticato i suoi obiettivi originari di piena occupazione, sviluppo sostenibile e benessere per tutti i cittadini: la priorità dichiarata dagli organi della Unione Europea è piuttosto mirata esclusivamente ad aumentare la competitività con politiche di austerità e le cosiddette «riforme strutturali»;
              la crisi mette a rischio la sopravvivenza stessa di qualsiasi disegno di integrazione. Pag. 73L'economia europea è malata e rischia di «infettare» l'economia mondiale. In questo quadro di incertezza e di grave sofferenza sono possibili diversi scenari: la continuazione di una fase prolungata di stagnazione, o peggio di recessione e depressione; la ristrutturazione dei debiti dei Paesi dell'Europa mediterranea; la rottura caotica dell'eurozona con l'uscita forzata di uno o più Paesi dall'euro e il crollo rovinoso del sistema europeo e dell'euro;
              allo stato attuale, senza cospicui investimenti pubblici, a poco potranno le nuove iniezioni di liquidità che la BCE ha in programma di realizzare per sovvertire un quadro così compromesso;
          considerato che:
              la Commissione europea il 16 novembre 2014 ha presentato una Comunicazione con cui si intende creare un Piano diretto a favorire la mobilitazione nell'Unione Europea di almeno 315 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi nel triennio 2015-2017. Il Piano conosciuto come «Piano Juncker» reca una serie di ulteriori misure intese ad assicurare l'effettiva destinazione all'economia reale e a migliorare il contesto regolamentare nell'Unione al fine di stimolare ulteriori investimenti, specificatamente, del settore privato. Inoltre, ha l'ambizione di creare 1,3 milioni di posti di lavoro nei triennio considerato;
              detto Piano verrà posto in essere attraverso la creazione del Fondo europeo per gli Investimenti strategici (FEIS);
              il Consiglio europeo del 18 e 19 dicembre 2014 ha chiesto ai legislatori dell'Unione di approvare la proposta di Regolamento relativa al Fondo entro giugno 2015 di modo tale che gli investimenti si possano attivare fin dalla metà del 2015;
              la Commissione trae spunto per la presentazione del Piano dalla necessità di rilanciare il settore degli investimenti nell'Unione Europea che ha registrato un calo pari al 15 per cento circa rispetto al picco del 2007, Questo calo è particolarmente significativo in Italia (-25 per cento), Portogallo (-36 per cento), Spagna (- 38 per cento), Irlanda (-39 per cento) e Grecia (-64 per cento);
              il Piano si articola in tre pilastri: il primo mobilitare almeno 315 miliardi di euro aggiuntivi di investimenti nei prossimi tre anni, il secondo garantire che questi investimenti soddisfino i bisogni dell'economia reale, terzo ed ultimo pilastro porre in essere misure volte a rafforzare la prevedibilità normativa e a rimuovere gli ostacoli alla realizzazione degli investimenti con azioni di forte sburocratizzazione dei sistemi di accesso al Piano di investimenti, affinché l'Europa possa essere più attraente da un punto di vista degli investimenti e, di conseguenza, produrre l'effetto moltiplicatore del Piano;
              il primo pilastro si configura come fondo fiduciario dedicato in seno alla BEI, il FEIS verrebbe istituito quale meccanismo di garanzia distinto e in regime di separazione contabile e, quindi, fuori dal patrimonio della BEI, la quale non sarebbe responsabile patrimonialmente degli obblighi del fondo stesso;
              è opportuno evidenziare che la proposta di Regolamento non provvede direttamente all'istituzione del Fondo, bensì rinvia l'istituzione ad un accordo fra la Commissione Europea e la BEI: ne consegue che la mera approvazione del Regolamento non renderebbe di per sé immediatamente operativo il Fondo stesso, anche a fronte del fatto che bisognerà modificare una parte della normativa europea che disciplina gli aiuti di Stato, nonché i Trattati europei nella parte in cui bisognerà apportare le dovute modifiche normative per non rendere il Piano al di fuori della cornice giuridica europea;
              il Fondo oltre ad avere una distinta contabilità e autonomia patrimoniale dalla BEI non gode di alcuna personalità giuridica infatti è la BEI e non il Fondo ad impegnare la garanzia della UE;
              la dotazione finanziaria a garanzia del Fondo sarebbe di 21 miliardi di cui 16 miliardi fra le risorse già previste dal Pag. 74bilancio europeo, nell'ambito dei programmi europei quali «Meccanismo per collegare l'Europa» (Connecting Europe Facility) nella misura di 3,3 miliardi, di «Orizzonte 2020» nella misura di 2,7 miliardi e dalla riserva di bilancio nella misura di 2 miliardi, derivante dall'utilizzo del margine disponibile tra il massimale delle risorse proprie e quello delle spese;
              per ciò che riguarda la mobilitazione e la destinazione del margine disponibile (margine di flessibilità del bilancio dell'Unione) la Comunicazione ha evidenziato gli attriti nel difficile negoziato che c’è stato fra il Consiglio e il Parlamento europeo sul progetto di bilancio per il 2015 e sui bilanci rettificativi per il 2014. La Commissione e il Parlamento europeo chiedono l'utilizzo almeno in parte di tale margine per destinare risorse a fronte delle fatture non pagate dall'Unione europea che hanno raggiunto un importo pari a circa 23,4 miliardi di euro alla fine del 2013 per la sola Politica di Coesione. Per altro verso, alcuni Stati membri hanno manifestato in seno al Consiglio forti resistenze all'utilizzo del margine in considerazione dell'aumento pro quota dei rispettivi contributi del bilancio dell'Unione;
              in realtà con l'istituzione del FEIS si va a de-finanziare il programma «Connecting Europe Facility» che è un piano di investimenti pari a 50 miliardi di euro destinato a migliorare le reti europee di trasporto, energia e digitali. Si aggiunge, a quanto già detto, che si andranno a sottrarre dal programma «Orizzonte 2020», con un plafond di 77 miliardi di euro, una quota consistente di denaro, al più importante programma destinato alle attività di ricerca, all'innovazione tecnologica e che consente alle Università, ai Centri di Ricerca e a singoli soggetti di poter realizzare i propri progetti e mettere in pratica le proprie idee. A tal riguardo, l'Accademia Europea, che annovera fra i propri membri 3.000 tra i nomi più prestigiosi in campo scientifico dell'Unione, ha stigmatizzato l'inopportunità di sottrarre fondi alla ricerca europea in una lettera inviata al Parlamento, alla Commissione e al Consiglio Europeo. Basti pensare che le spese in ricerca e sviluppo nell'Unione, sono in rapporto al PIL, di quasi un punto in percentuale inferiore a quella degli Stati Uniti (1,9 per cento contro 2,8 per cento nel 2011, ultimo dato OCSE disponibile);
              si segnala che l'impegno dell'UE a valere sulle risorse iscritte a bilancio sarebbe pari a 16 miliardi di euro, in realtà le risorse effettivamente rese disponibili e stornate da precedenti voci di spesa, ovvero derivanti dall'utilizzo dei margine di flessibilità, ammontano a 8 miliardi di euro da corrispondere entro il 2020;
              saranno versati al Fondo di garanzia: 500 milioni di euro nel 2016, 1 miliardo di euro nel 2017 e 2 miliardi di euro nel 2018. Nel 2018 e nel 2020 i 2,25 miliardi di euro l'anno saranno versati se dopo il 2018 l'importo obbiettivo del fondo di garanzia resterà invariato al 50 per cento. Gli stanziamenti di impegno ammonteranno a 1,35 miliardi di euro nel 2015, 2,03 miliardi di euro nel 2016, 2,641 miliardi di euro nel 2017 e 1,979 miliardi di euro nel 2018. Entro il 31 dicembre 2018 e a cadenza successiva annuale, la Commissione esamina l'adeguatezza del livello del fondo di garanzia tenendo conto delle eventuali riduzioni delle risorse dovute all'attivazione della garanzia. La Commissione può adottare atti delegati per adeguare per un massimo del 10 per cento l'importo (un massimo di 800 milioni di euro), affinché il fondo di garanzia rispecchi meglio il rischio potenziale di attivazione della garanzia;
              a tal riguardo, si segnala che gli importi più consistenti sono concentrati agli anni successivi al 2017 e che l'eventuale incremento del 10 per cento, disposto dalla Commissione nell'esercizio della delega, non potrebbe essere messo a disposizione in assenza di rettifica del bilancio della UE, non indicando la proposta di Regolamento le risorse da utilizzare a copertura del maggiore onere;
              la BEI apporterà un contributo di 5 miliardi di euro in garanzie a copertura dei rischi sugli strumenti in base al portafoglio. Pag. 75Gli strumenti ammissibili alla copertura sono i portafogli composti da prestiti della BEI (garanzie, contro garanzie, strumenti del mercato dei capitali, qualsiasi forma di finanziamento di supporto di credito, di partecipazioni azionarie o quasi azionarie) e i finanziamenti della BEI al Fondo europeo per gli Investimenti, FEI, a cui possono essere assegnati, sempre secondo la proposta di regolamento, la cifra massima di 2,5 miliardi di euro;
              in realtà la dotazione dell'istituendo Fondo è di 13 miliardi di euro a cui mancano l'erogazione di altri 8 miliardi di euro. Questi 21 miliardi di euro servirebbero per emettere obbligazioni e raccogliere fondi sul mercato per un totale di 60 miliardi di euro, capaci di generare secondo il «Piano Juncker», investimenti in progetti a lungo termine dell'importo di 315 miliardi di euro nel triennio dal 2015 al 2017;
              la proposta di Regolamento istituisce, altresì, un Fondo di garanzia che verrebbe alimentato con i pagamenti provenienti dal bilancio generale dell'Unione, i rendimenti ottenuti dalle risorse del Fondo di garanzia investite, eventuali importi recuperati da debitori inadempienti e da pagamenti di altra natura ricevuti dall'Unione in virtù dell'accordo sul FEIS, A tal riguardo, è opportuno acquisire informazioni sulle ragioni che giustificano l'istituzione di tale fondo, separatamente dal FEIS, in sostanza l'istituzione di un Fondo prospetta una strumentazione diversa da quelle già disponibili;
              l'accordo sul FEIS è aperto all'adesione degli Stati membri. Col consenso dei contributori esistenti (Commissione e BEI), è aperto anche all'adesione di altri terzi tra cui banche di promozione nazionali o enti pubblici di proprietà degli Stati membri o da essi controllati e soggetti del settore privato. Gli Stati che aderiscono all'accordo sul FEIS possono corrispondere il contributo in contanti o sottoforma di garanzia accettabile per la BEI. Gli altri terzi possono corrispondere il contributo solo in contanti. Alla luce di questi elementi andrebbe chiarito se il contributo di Stati e privati costituirebbe la forma di ulteriore garanzia o di conferimento di capitale. Inoltre, occorre considerare quale incidenza potrebbe avere, nella disponibilità da parte degli Stati membri, ad apportare risorse per il finanziamento del Fondo la prospettiva di avvalersi di una quota proporzionalmente almeno corrispondente di investimenti finanziati dal Fondo medesimo nel proprio territorio. Nei caso dell'Italia occorre considerare la ridotta capacità progettuale rispetto ad altri Paesi UE come evidenziato dall'esperienza dei fondi strutturali;
              la Comunicazione della proposta di Regolamento non prevede alcun criterio per individuare la quota parte del capitale che verrebbe conferita dagli Stati membri, essendo rimessa interamente alla discrezionalità di ciascuno Stato della scelta del quantum, non essendoci alcun elemento di certezza di effettiva disponibilità di capitale del Fondo. Si segnala poi, che la relazione che accompagna la proposta di Regolamento non sembra scomputare l'effetto negativo derivante dalla sottrazione di risorse al bilancio UE utilizzate a titolo di garanzia del FEI, che impedirebbe la realizzazione di specifiche azioni, quali quelle previste dai programmi «Connecting Europe Facility» e «Orizzonte 2020», fra l'altro già avviati in quanto ricompresi nella programmazione finanziaria 2014-2020. La relazione si limita ad affermare che, complessivamente, l'effetto moltiplicatore generato dal FEIS permetterà di aumentare sensibilmente gli investimenti nei settori contemplati dai citati programmi, senza tuttavia fornire indicatori precisi a sostegno di quest'ipotesi;
              la Commissione nella Comunicazione presentata il 13 gennaio 2015 relativa all'applicazione del Patto di Stabilità e crescita ha preannunciato che adotterà una posizione favorevole a questi apporti di capitale. In sostanza, i contributi nazionali versati al FEIS non saranno computati nella valutazione dell'aggiustamento di bilancio, a prescindere dal fatto che gli Pag. 76Stati interessati (tra cui l'Italia) si trovino nel braccio preventivo o in quello correttivo del Patto di Stabilità. Per quei Paesi che si trovano nel braccio preventivo del Patto di Stabilità, la Commissione potrebbe ammettere una deviazione temporanea dall'obbiettivo del pareggio a medio termine entro il limite del 0,5 per cento del Pil (per l'Italia si tratterebbe di circa 8,5 miliardi di euro), garantendo un margine di sicurezza adeguato in modo da rispettare il valore di riferimento del 3 per cento. Mentre per quei Paesi che sono nel braccio correttivo e dunque sono oggetto di una procedura per i disavanzi eccessivi, la Commissione potrebbe raccomandare al Consiglio la concessione di un termine più ampio per il rientro dal disavanzo. Nella richiamata Comunicazione della Commissione del 13 maggio 2015 si afferma altresì che i Paesi che usufruiscono della cosiddetta «clausola sugli investimenti» (adottata nel luglio del 2013 la quale aveva individuato con apposito documento i requisiti in presenza dei quali la Commissione avrebbe valutato la possibilità di scostamenti temporanei dall'obbiettivo a medio termine, in considerazione della drastica riduzione delle spese in conto capitale, ed in particolare degli investimenti in conseguenza della crisi e delle politiche di risanamento della finanza pubblica), il trattamento favorevole ai fini del Patto si applicherà anche alle risorse nazionali destinate al cofinanziamento di ulteriori progetti o programmi di investimento;
              ad avviso della Commissione il Fondo potrebbe produrre un effetto moltiplicatore complessivo di 1:15 in termini di investimenti nell'economia reale grazie alla sua capacità di rischio iniziale. L'effetto stimato sempre a giudizio della Commissione sarebbe una media prudente. E appare a questo riguardo indispensabile comprendere, nonché verificare quanto realistica possa essere l'indicazione di un effetto leva di 1:15, considerando che gran parte dei fondi sarebbero destinati a progetti infrastrutturali a lungo termine la cui redditività è di per sé incerta e dunque può risultare poco attraente per gli investitori privati. Tant’è vero che la struttura amministrativa e fiscale così diseguale nell'Unione non consentirebbe agli investitori privati di avere certezze temporali e programmatiche circa l'approvazione degli eventuali progetti da realizzarsi;
              la Governance, in base alla proposta di regolamento sul FEIS, sarà composta da un comitato direttivo che deciderà l'indirizzo generale, le linee guida di investimento, il profilo di rischio, le politiche strategiche e la locazione strategica delle attività del Fondo, nel rispetto «degli orientamenti politici della Commissione». Nessuna decisione può essere adottata con il voto contrario della Commissione o della BEI. A seguire vi è il comitato per gli investimenti, che risponderà al comitato direttivo, vaglierà i singoli progetti scegliendo quelli che otterranno il sostegno del FEIS, senza essere vincolato a contingenti geografici o settoriali. Il comitato sarà composta da sei esperti del mercato indipendenti e dall'amministratore delegato, che sarà responsabile della gestione quotidiana del FEIS. L'amministratore delegato e il suo vice saranno nominati dal comitato direttivo su proposta congiunta della commissione e della BEI. Il FEIS si avvarrà del Polo europeo di consulenza sugli investimenti, EIAH, che costituirà lo sportello unico di assistenza per l'individuazione, la preparazione, lo sviluppo e il finanziamento dei progetti, offrendo inoltre consulenza sull'uso di strumenti finanziari innovativi e sul ricorso a partenariati pubblico-privato. A tal riguardo, è opportuno segnalare che in base alla proposta di Regolamento, l'EIAH sarà finanziato principalmente con le esistenti dotazioni per l'assistenza tecnica della BEI previsti dai programmi della UE vigenti (Connecting Europe Facility e Orizzonte 2020);
              il «Piano Juncker» ribadisce l'esigenza di un uso efficace dei 450 miliardi di euro dei fondi strutturali ed investimento europei (630 miliardi di euro se includono i cofinanziamenti nazionali) della programmazione dei fondi strutturali 2014-2020. In questa prospettiva la Commissione suggerisce agli Stati membri di Pag. 77destinare una percentuale specifica delle allocazioni previste nei rispettivi Accordi di Partenariato per ognuno dei principali settori di investimento mediante strumenti finanziari innovativi: il 50 per cento per il sostegno alle PMI, il 20 per cento per le misure di riduzione dell'emissione di CO2, il 10 per cento per le tecnologie dell'informazione della comunicazione, il 10 per cento per i trasporti sostenibili, il 5 per cento per il sostegno a ricerca e sviluppo e il 5 per cento per l'ambiente e l'uso efficiente delle risorse nonché attivare strumenti di micro finanza con cui concedere prestiti agevolati che potrebbero contribuire a promuovere il lavoro autonomo, l'imprenditoria e le microimprese. Sempre secondo la Commissione questo nuovo approccio permetterebbe di impegnare quasi 30 miliardi di euro a favore di strumenti finanziari innovativi con un effetto leva diretto, generando tra 40 e 70 miliardi di investimenti aggiuntivi e producendo un effetto moltiplicatore addirittura superiore nell'economia reale. Sempre secondo le stime prudenti della Commissione, gli investimenti aggiuntivi che potrebbero essere mobilitati nel periodo 2015-2017 ammonterebbero a 20 miliardi di euro;
              il secondo pilastro del piano consiste, secondo la Commissione, in iniziative volte a garantire che i finanziamenti aggiuntivi generati dal FEIS (nonché dai fondi strutturali) siano destinati «a progetti redditizi con un reale valore aggiunto per l'economia sociale di mercato europea». A questo scopo, si prevede l'individuazione di una riserva di progetti di rilevanza europea per 300 miliardi di euro che potrebbero usufruire delle fonti di finanziamento aggiuntive di cui al primo filone del piano;
              una lista preliminare di progetti è stata predisposta dalla «task force per gli investimenti» composta da BEI e Commissione, insieme agli Stati membri, che ha già prodotto un primo rapporto, il quale individua ben 2.000 progetti in tutta l'Unione Europea per un valore complessivo potenziale attorno ai 1.300 miliardi di euro. In premessa, si precisa che non ci sono impegni di finanziamento da parte della Commissione, della BEI o di qualsiasi Stato membro per i progetti inclusi nel rapporto, dal momento che essi non sono stati oggetto di specifica valutazione da parte della Commissione, BEI o della task force;
              in particolare, la task force ha predisposto una lista, a carattere meramente illustrativo delle tipologie di progetti potenzialmente finanziabili, di 44 progetti tra quelli già presentati dagli Stati membri in base a programmi precedenti. Anche in questo caso, l'inclusione nella lista non implica necessariamente che il progetto verrà finanziato nell'ambito del FEIS. Dei 44 progetti, 4 sono italiani e riguardano:
                  a) interventi di ristrutturazione degli edifici scolastici, per un valore di 8,7 miliardi di euro;
                  b) la creazione di una rete europea di ricerca biomolecolare, da realizzare con altri quattro Paesi dell'Unione, con un investimento di 170 milioni;
                  c) l'introduzione di incentivi alla produzione industriale di alta tecnologia, a valere su 400 milioni di euro;
                  d) investimenti per l'integrazione della rete elettrica italiana al mercato unico, con costi stimati in 480 milioni di euro;
              i progetti identificati nel rapporto sono solo un punto d'inizio. La decisione finale sull'assegnazione dei finanziamenti spetterà alla BEI e alla Commissione Europea;
              in sostanza, il sistema attribuirebbe un «marchio di credibilità» per i progetti di investimento europei, contribuendo alle iniziative avviate nell'ambito del G20 per condividere le migliori pratiche relative ai progetti di investimento, Si intende in tal modo tenere conto del fatto che per molti dei soggetti interessati il problema più grave non è la mancanza di finanziamenti, ma la sensazione che manchino progetti validi, determinata dalla mancata conoscenza Pag. 78del potenziale di progetti esistenti. Inoltre, i potenziali investitori sono poco propensi a investire da soli, viste la complessità intrinseca dei progetti stessi e la mancanza di informazioni che consentano una valutazione adeguata del rischio. Ciò vale soprattutto per i grandi progetti di investimento a lungo termine nelle infrastrutture;
              il Piano prevede la creazione di un «polo di consulenza sugli investimenti», inteso quale sportello unico per fornire l'assistenza tecnica necessaria ai fini della strutturazione dei progetti, dell'uso di strumenti finanziari innovativi a livello nazionale e europeo e del ricorso a partenariati pubblico-privato;
              il polo sarebbe destinato a tre categorie: promotori di progetti, investitori e autorità di gestione pubbliche. In particolare, il polo fornirebbe orientamenti riguardo al tipo di consulenza appropriato per un determinato investitore, che a seconda dei casi potrà rivolgersi al gruppo BEI, alle banche di promozione nazionali o ad altre istituzioni finanziarie internazionali;
              la Commissione monitorerà, insieme alle altre istituzioni dell'UE, i progressi nell'attuazione del Piano di investimenti nell'ambito del semestre europeo di coordinamento delle politiche economiche;
              il terzo pilastro del Piano ribadisce la necessità e l'importanza della riduzione degli oneri amministrativi e della semplificazione normativa al fine di promuovere il rilancio degli investimenti;
              per quanto riguarda le azioni da intraprendere a livello europeo, la Commissione ricorda di aver incluso il miglioramento della regolamentazione fra le principali priorità del suo mandato e di aver previsto specifiche misure nel suo programma di lavoro per il 2015, soprattutto nell'ambito del «Programma di controllo dell'adeguatezza e dell'efficacia della regolamentazione», REFIT;
              a livello nazionale, viene ribadita l'esigenza che le misure di recepimento della normativa UE siano per quanto possibile semplici, chiare e «leggere», per evitare di creare oneri aggiuntivi. Al riguardo, si segnala che l'articolo 32, comma 1, lettera c) della legge n.  234 del 2012 relativa alla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'UE, prevede che gli atti di recepimento di direttive dell'Unione Europea non possono prevedere l'introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse;
              il Piano preannuncia l'avvio all'inizio del 2015 di una consultazione volta ad identificare gli interventi necessari, per rimuovere gli ostacoli al finanziamento degli investimenti nell'ambito dell'UE e progredire, a medio e lungo termine, verso una Unione dei mercati dei capitali;
              l'obiettivo è quello di contribuire a ridurre l'attuale forte dipendenza degli investimenti dall'intermediazione bancaria, soprattutto per le PMI, e le restrizioni per i finanziamenti a lungo termine per le infrastrutture determinate dal fatto che la circolazione dei capitali nell'UE non è stata totalmente liberalizzata;
              il Piano prospetta infine interventi nel breve e medio periodo in alcuni settori chiave per il rilancio degli investimenti:
                  a) energia, mediante la realizzazione dell'Unione europea dell'energia e l'attuazione integrale del terzo pacchetto sull'energia;
                  b) i trasporti, realizzando le riforme strutturali necessarie per rimuovere gli ostacoli agli investimenti nelle infrastrutture e nei sistemi di trasporto e adottando in tempi brevi il quarto pacchetto ferroviario;
                  c) il mercato unico digitale, adottando rapidamente provvedimenti legislativi ambiziosi in materia di protezione dei dati, regolamentazione delle telecomunicazioni e semplificazione delle norme in materia di diritto d'autore e tutela dei consumatori per gli acquisti online e digitali;Pag. 79
                  d) i mercati dei servizi. Ad avviso della Commissione, occorre, per i settori e le professioni con un notevole potenziale commerciale a livello transfrontaliere, abolire i requisiti sproporzionati relativi alla forma giuridica, all'assetto proprietario e alle autorizzazioni e migliorare il riconoscimento reciproco; va altresì assicurata un'applicazione efficace delle norme sugli appalti pubblici a tutti i livelli e la promozione degli strumenti per gli appalti elettronici;
                  e) ricerca e innovazione, mediante in particolare riduzione degli ostacoli al trasferimento delle conoscenze, dal libero accesso alla ricerca scientifica e da una maggiore mobilità dei ricercatori;
          valutato, inoltre, che:
              gli economisti della Royal Bank of Scotland hanno calcolato che nell'eurozona gli investimenti siano crollati di 330 miliardi l'anno dall'inizio della crisi. Essi giudicano l'iniziativa di Juncker come sottodimensionata e tardiva. Secondo questi economisti, all'Europa servirebbero almeno 800 miliardi di euro di nuovo capitale, cioè gli investimenti persi nel corso della crisi. Ma l'area euro dovrebbe ripristinare non meno di 1.000 miliardi se consideriamo l'ammortamento e la crescita mancata tra il 2007 e il 2014, perché con la crescita, sia pure contenuta della produttività, non basta ripristinare quanto perduto per recuperare il livello di occupazione iniziale;
              anche se la somma totale prevista sarà attivata nel corso dei prossimi tre anni, ed anche se sul contribuente non peseranno costi più elevati del necessario com’è invece assai probabile, lo stimolo del Piano sarà del tutto insufficiente per spingere l'Europa su un percorso di ripresa economica sostenuta;
              il Piano Juncker si fonda sul presupposto che vi sia una disponibilità da parte dei detentori di capitali privati ad effettuare cospicui investimenti in infrastrutture europee. Questo approccio è, contemporaneamente, un pio desiderio ed una politica pericolosa. Gli investitori privati forniranno il loro capitale solo in cambio di un profitto significativo. La necessità di ottenere tale profitto renderà gli investimenti infrastrutturali privati quasi sempre più costosi per il pubblico che nel caso in cui questi investimenti fossero stati finanziati direttamente dallo Stato. Inoltre, l'architettura finanziaria della garanzia del rischio perpetua la socializzazione delle (potenziali) perdite e la privatizzazione dei profitti, secondo un approccio classico al neo-liberismo;
              scorrendo la lista dei «progetti tipici» presentata dalla Commissione, non risulta affatto chiaro come gli investimenti nel campo dell'istruzione od in infrastrutture di ricerca, oppure in reti digitali, nel trasporto di persone o cose, potranno generare un ritorno finanziario atto a garantire profitti privati adeguati. A meno che non si vogliano imporre pesanti canoni di utenza per i cittadini, il flusso di cassa per rimborsare gli investitori non verrà direttamente dall'esecuzione e gestione dei progetti, ma dai bilanci pubblici;
              anche se fosse attuato pienamente, il Piano conterebbe investimenti già programmati con i quali gli Stati membri, sotto pressione per ridurre i loro deficit, cercheranno di sostituire la spesa nazionale con finanziamenti privati. Quindi, non solo c’è poco ulteriore denaro pubblico, ma ci sono anche pochi nuovi progetti. Così, alla fine, rischiamo di avere solo la privatizzazione di programmi nazionali di investimenti;
              nonostante il capitale della BEI sia stato aumentato di 10 miliardi nel 2012, i Paesi del Sud Europa, che pure hanno diligentemente sottoscritto le loro quote, non hanno avuto in cambio sostanzialmente nessun vantaggio, dal momento che gran parte dei fondi raccolti sono andati a finanziare progetti di Paesi quali la Germania;
              gli investimenti da finanziare – essenzialmente infrastrutture – dovranno essere in grado di produrre, in ipotesi, un Pag. 80reddito sufficiente a remunerare gli investitori privati (banche) che dovrebbero partecipare all'operazione. Ciò significa che i progetti eventualmente finanziabili si riducono drasticamente di numero, restando escluse tutte le opere pubbliche non suscettibili di produrre un reddito direttamente quantificabile (per esempio quelle relative al recupero del territorio), mentre quelli che verranno accettati potrebbero tranquillamente trovare finanziamenti direttamente sul mercato. In sintesi, la proposta appare per molti aspetti come una sostanziale presa in giro. Già 300 miliardi di euro sono meno della metà di quanto servirebbe a rilanciare l'economia europea. Il fatto poi che debbano essere finanziati sul mercato e non in disavanzo secondo criteri di redditività privati conferma che non la crescita ma l'ossessione contabile dei Paesi nordici continua ad essere la vera bussola che orienta le scelte di Bruxelles;
              c’è il rischio che la selezione dei progetti, ove fondata soprattutto sulla valutazione della redditività, finisca per finanziare interventi che sarebbero stati comunque realizzati, anche senza il sostegno del FEIS, negando in tal modo in misura significativa l'addizionalità dei 315 miliardi che si suppone il Piano mobiliti;
              il Piano dovrebbe soprattutto intervenire nei Paesi con maggiore difficoltà di reperimento di risorse per investimenti, essendo inappropriata la logica del giusto ritorno dei contributi nazionali al FEIS;
              l'Europa ha bisogno di un programma significativo di investimenti pubblici di 600 miliardi di euro (2 per cento del PIL dell'UE) ogni anno e per un periodo di dieci anni. In un clima di tassi di interesse storicamente bassi, è quasi criminale non utilizzare la capacità di finanziamento pubblico dello Stato per finanziare direttamente ulteriori investimenti. Anche se finanziato a debito, un programma di investimenti pubblici si potrebbe ammortizzare in gran parte da solo come conseguenza della maggiore attività economica indotta, dell'incremento dell'occupazione e delle entrate pubbliche. Ciò è particolarmente importante per i Paesi con un avanzo delle partite correnti come la Germania. Essi dovrebbero incoraggiare asimmetricamente gli investimenti e il consumo per rilanciare la domanda interna, correggere gli squilibri commerciali ed aumentare le economie dei loro partner commerciali europei attraverso le importazioni. Una parte del finanziamento di questo programma potrebbe derivare dalla tassazione della ricchezza, nonché dalla lotta contro i paradisi fiscali;
              lo squilibrio tra risorse messe a disposizione della finanza privata e quelle per la finanza pubblica continua a essere di proporzioni incredibili, con gli oltre 1.100 miliardi (60 al mese per almeno 19 mesi) previsti dalla BCE con il suo quantitative easing. Denaro che va ad aggiungersi ai 1.000 miliardi del LTRO, alle risorse del TLTRO, alle centinaia di miliardi di cartolarizzazioni per acquistare crediti bancari e alle altre misure messe in campo in favore della finanza privata. Si inonda di soldi il sistema finanziario che ha provocato la crisi mentre Stati e cittadini che l'hanno subita sono strangolati dall'austerità. Il rischio più evidente è la formazione di una nuova bolla finanziaria, ovvero del crescere del divario tra un sistema finanziario saturo di liquidità e un'economia reale al palo;
              il ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis, ha recentemente proposto una forma alternativa al quantitative easing, finanziata al 100 per cento da obbligazioni della Banca europea degli investimenti con la BCE la quale acquista questi bond sui mercati secondari (il cosiddetto «Piano Merkel»), chiedendo ai governi di guidare un programma per la ripresa degli investimenti. In questa ipotesi la BCE comprerebbe un solo titolo con rating tripla A senza doversi preoccupare dei diversi titoli di stato. Si tratterebbe non di una mutualizzazione dei debiti ma delle spese per investimenti europei;Pag. 81
              la proposta Varoufakis coglie il punto debole del quantitative easing: è infatti difficile comprendere come l'ampliamento della base monetaria dell'unione monetaria europea frammentata, si trasformerebbe in una notevole crescita degli investimenti produttivi. Il nesso è molto indiretto. Nel «piano Merkel» tale nesso è diretto e preciso;
              in conclusione, il «Piano Juncker» così come disegnato e presentato appare profondamente sbagliato, non solo per molti versi inutile ma probabilmente nocivo rispetto a quelle che sono le necessità europee;
              per quanto concerne la Comunicazione e la proposta di Regolamento, sarebbe in ogni caso opportuno:
                  a) un maggiore controllo democratico sul FEIS, anche con riferimento alla scelta di progetti da finanziare;
                  b) demandare alla sede politica la definizione della priorità tra i progetti, sulla base di “ammissibilità” operata in sede tecnica;
                  c) che il «Piano Juncker» sostenga prioritariamente investimenti nei Paesi in maggiori difficoltà, e garantisca l'effettiva addizionalità degli investimenti sostenuti dal FEIS;
                  d) fare ricorso, ai fini del contributo del bilancio dell'UE al Fondo, solo a coperture alternative rispetto alla riallocazione di stanziamenti di programmi e fondi esistenti;
                  e) che il Governo assicuri priorità al finanziamento di progetti o di piattaforme di investimento che garantiscano un maggiore impatto occupazionale e tendenti all'integrale attuazione dell'agenda digitale e al potenziamento e all'ammodernamento di infrastrutture di trasporto e dell'energia, con l'esclusione dei progetti della TAV Lione-Torino e del passante fiorentino, nonché alla messa in sicurezza del territorio a fronte del dissesto idrogeologico, alla messa in sicurezza delle sedi scolastiche, alla costruzione di asili nido, all'efficientamento energetico degli edifici a partire da quelli pubblici;
                  f) che il Governo assicuri la costante informazione e consultazione delle Camere in merito a tutte le fasi del processo di identificazione, strutturazione e selezione dei progetti di interesse per l'Italia per i quali sarà richiesta la garanzia del FEIS;
              per quanto concerne la politica economica e sociale, il Governo dovrebbe impegnarsi:
                  a) a creare un fronte comune con i governi disponibili a porre con forza negli organismi della governance europea, il tema della revisione dei trattati europei a partire dal fiscal compact, correggendo i vincoli del 3 per cento e del debito al 60 per cento che sono del tutto arbitrari ed assurdi, al fine di convocare una Conferenza europea in cui definire le necessarie modifiche;
                  b) nell'ambito di tale Conferenza, a proporre un negoziato sui debito che ricalchi quanto deciso nel 1953 a favore della Germania, cui vennero condonati i debiti di guerra, prevedendo la rinegoziazione del debito che eccede il 60 per cento del PIL;
                  c) a sostenere il governo greco nei negoziati di ristrutturazione del debito sovrano, e nella proposta di swap dei titoli greci con nuovi bond, per consentire al Governo greco di rispettare nella sostanza gli impegni esistenti e, al tempo stesso, creare uno spazio fiscale sufficiente per aumentare i redditi dei settori della popolazione ridotti in miseria;
                  d) ad appoggiare le posizioni del governo greco in merito all'allentamento dei rigidi parametri imposti dalle regole del fiscal compact, assumendo una posizione netta e priva di ambiguità nel voler mettere realmente in discussione i parametri imposti dalle politiche di austerity;Pag. 82
                  e) a sostenere nelle sedi europee l'esigenza di un riequilibrio delle bilance commerciali da parte dei Paesi in eccesso di avanzo, stimolando realmente i consumi interni, il mercato interno, in modo tale da ottenere un riequilibrio della realtà economica alla dimensione europea;
                  f) a valutare insieme agli altri Paesi dell'Eurozona, la fattibilità e l'efficacia della proposta del Ministro Varoufakis in merito al cosiddetto «Piano Merkel» al fine di sostenere un rilancio effettivo dell'economia europea;
                  g) a proporre in tutti gli ambiti della governance europea, un Green New Deal continentale (Piano europeo per l'occupazione) il quale stanzi adeguate risorse pubbliche nuove ed aggiuntive rispetto a quelle previste nel cosiddetto «Piano Juncker», che di fatto non vi sono, al fine di creare occupazione per 5-6 milioni di disoccupati e/o inoccupati, di cui un milione in Italia, che rappresentano la totalità di chi ha perso il lavoro dall'inizio della crisi ed inoltre, definendo una politica industriale a livello europeo;
              e, qualora tali proposte non abbiano esito positivo:
                  a) ad assumere urgentemente, pur nel contesto dell'euro, iniziative autonome e sovrane per rilanciare l'economia e l'occupazione, come lo sforamento del 3 per cento per il rapporto deficit/PIL;
                  b) a valutare l'opportunità di predisporre misure finanziarie nazionali, come previsto, ad esempio, dalla proposta di alcuni economisti favorevoli alla creazione di una quasi-moneta nazionale complementare all'euro tramite la diffusione a favore dei lavoratori dipendenti e autonomi, delle imprese e dei disoccupati, di «certificati di credito fiscale» ad utilizzo differito ed all'emissione di BTP fiscali, oppure altre soluzioni che salvaguardino i nostri interessi nazionali;
                  c) a predisporre anche con le risorse che ne deriverebbero un «Piano nazionale per il lavoro» secondo le linee direttrici sopra enunciate per il Green New Deal continentale;
      tutto ciò valutato, esprime

PARERE CONTRARIO

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ALLEGATO 3

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti – Un piano di investimenti per l'Europa (COM(2014) 903 final).

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici e che modifica i regolamenti (UE) nn.  1291/2013 e 1316/2013 (COM(2015) 10 final), corredata del relativo allegato (COM(2015) 10 final – Annex 1).

DOCUMENTO FINALE APPROVATO

      La V Commissione bilancio,
          esaminate la comunicazione della Commissione «Un Piano di investimenti per l'Europa» (COM(2014) 903 final) e la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) e che modifica i regolamenti (UE) nn.  1291/2013 e 1316/2013 (COM(2015) 10 final), corredata del relativo allegato (COM(2015) 10 final – Annex 1), anche alla luce delle novità e dei chiarimenti contenuti nella comunicazione della Commissione del 13 gennaio 2015 «Utilizzare al meglio la flessibilità offerta nell'ambito delle norme vigenti del patto di stabilità e crescita» (COM(2015) 12 final);
          tenuto conto degli importanti elementi di conoscenza e valutazione emersi nel corso delle audizioni effettuate nell'ambito dell'indagine conoscitiva svolta sui documenti in esame;
      premesso che:
          la presentazione del Piano di investimenti va valutata positivamente, trattandosi del primo intervento organico posto in essere dall'Unione europea per stimolare la domanda aggregata e favorire una più rapida uscita dalla crisi economico-finanziaria che si protrae dal 2008;
          il Piano contribuisce pertanto all'inversione di tendenza nell'approccio seguito dall'Unione in materia di politica economica, determinata in misura significativa dall'azione condotta dal Governo italiano, soprattutto nel corso del semestre di Presidenza del Consiglio dell'UE;
          un intervento a sostegno degli investimenti risulta ormai indifferibile, in considerazione del drastico calo degli stessi determinatosi in conseguenza della crisi, pari al 15 per cento circa rispetto al 2007 nell'UE nel suo complesso, con punte particolarmente acute in alcuni Paesi, tra cui l'Italia (-25 per cento);
          la drastica riduzione degli investimenti ha contribuito a determinare non solo un vistoso rallentamento dei tassi di crescita complessiva, ma anche un divario che negli anni si è progressivamente ampliato rispetto alle aree economiche più dinamiche per quanto concerne l'aggiornamento e il potenziamento della dotazione infrastrutturale e, più in generale, l'innovazione dei sistemi produttivi;
          l'efficacia del Piano presuppone che i progetti che verranno realizzati a valere sul Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (FEIS) producano un apprezzabile impatto positivo sulle grandezze macroeconomiche, con particolare riguardo al rafforzamento dei processi di innovazione e al recupero della competitività delle economie europee, specie nelle aree in ritardo di sviluppo;
          la previsione della Commissione europea di un effetto leva di 1 a 15 si basa sul presupposto che i progetti di investimento che verrebbero individuati abbiano Pag. 84caratteristiche tali da indurre anche soggetti privati a concorrere al loro finanziamento; d'altra parte, ciò richiede che da parte della Banca europea per gli investimenti (BEI) si adotti un approccio più orientato al rischio rispetto a quello assunto per le attività già svolte;
          l'effetto leva potrà risultare tanto maggiore qualora la Banca centrale europea (BCE) acquisti, nell'ambito del programma denominato quantitative easing, titoli emessi dalla BEI per finanziare i progetti sostenuti dal FEIS, tenuto conto di quanto affermato dal Presidente della BCE, secondo il quale la stessa BCE già attualmente acquista titoli emessi dalla BEI;
          nella proposta di regolamento non è prevista una ripartizione predeterminata degli investimenti del FEIS per Paesi o per settori, per cui gli Stati membri (o le relative banche di promozione nazionale) che contribuissero al capitale del Fondo non avrebbero alcuna garanzia sulla destinazione delle risorse apportate al sostegno di progetti rilevanti per il proprio territorio. Ciò ha indotto taluni Paesi, tra cui l'Italia, a non intervenire attraverso apporti diretti al capitale del Fondo, nonostante il trattamento favorevole che tali apporti nazionali avrebbero ai fini del Patto di stabilità e crescita, secondo quanto previsto dalla richiamata comunicazione del 13 gennaio 2015;
          è pertanto comprensibile la scelta del Governo e della Cassa depositi e prestiti di non conferire capitale al FEIS, ma di intervenire nel finanziamento di specifiche piattaforme di investimento, analogamente a quanto fatto da altri Stati membri;
          la previsione di uno stanziamento, da parte della Cassa depositi e prestiti, di 8 miliardi di euro potrebbe quindi alimentare, in conseguenza dell'effetto leva, un volume di investimenti rilevantissimo per l'Italia e rimediare a ritardi gravissimi che si sono accumulati nella realizzazione di investimenti, in particolare nella dotazione infrastrutturale;
          l'impatto economico del Piano sarà tanto maggiore quanto più sarà assicurata l'addizionalità degli investimenti; ciò comporta che i relativi progetti non dovrebbero essere inclusi tra quelli che si sarebbero comunque effettuati a valere sui fondi esistenti, ivi compresi i finanziamenti della BEI, i bilanci nazionali e il ricorso al mercato finanziario;
          la proposta originaria di regolamento non stabilisce criteri puntuali per la selezione dei progetti volti ad assicurarne l'addizionalità;
          la stessa proposta richiama soltanto nel preambolo, e non anche nell'articolato, l'esigenza di tenere adeguatamente conto del valore sociale degli investimenti che potrebbero essere realizzati, aspetto che assume particolare rilievo con riferimento alle prospettive di aumento dell'occupazione, di promozione e crescita del capitale umano e di lotta alla povertà;
          in base alla proposta, una parte significativa delle risorse del FEIS sarebbe utilizzata per consentire alla BEI e al Fondo europeo per gli investimenti (FEI) di assicurare il finanziamento, oltre che delle piccole e medie imprese, anche delle imprese a media capitalizzazione;
          poiché la proposta stabilisce altresì che gli investimenti dovranno rispettare le norme sugli aiuti di Stato, la Commissione europea adotterà apposite linee guida volte a definire i princìpi che i progetti dovrebbero rispettare per essere ammessi al sostegno del FEIS e a stabilire una procedura semplificata e accelerata di valutazione degli eventuali contributi nazionali complementari;
          le risorse conferite dal bilancio dell'UE al FEIS dovrebbero, in base alla proposta di regolamento, derivare anche da una riallocazione di quota parte di stanziamenti già attribuiti al programma «Orizzonte 2020» e al «Meccanismo per collegare l'Europa»;
           è apprezzabile la costituzione di una Unità tecnica centrale per le infrastrutture, costituita dalla Cassa depositi e prestiti e dalla BEI, con il compito di assistere le amministrazioni centrali e locali, nella predisposizione e nello sviluppo dei progetti di investimento che potrebbero beneficiare del sostegno del FEIS;Pag. 85
          la governance del Fondo, articolata su due livelli, potrebbe determinare una eccessiva complessità delle procedure per la selezione dei progetti da finanziare;
          rilevata l'esigenza che il presente documento finale sia trasmesso, unitamente al parere approvato dalla XIV Commissione, al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione europea nell'ambito del dialogo politico informale,
          esprime una valutazione positiva con le seguenti condizioni:
              a) il Governo adotti iniziative affinché, nelle competenti sedi decisionali dell'UE, i negoziati possano concludersi rapidamente e il regolamento istitutivo del FEIS possa essere approvato al più presto possibile, in modo da consentire l'operatività del Fondo già nel secondo semestre del 2015;
              b) sia garantita l'effettiva addizionalità degli investimenti da finanziare, privilegiando, nella selezione dei progetti, quelli che attualmente non beneficiano del sostegno dei fondi strutturali o di altri finanziamenti a carico del bilancio UE o del bilancio pubblico nazionale, ovvero di finanziamenti privati, e che presentano un profilo di rischio più elevato rispetto ai progetti ordinariamente sostenuti nel quadro dell'attività della BEI, secondo le sue normali politiche di intervento;
              c) siano inclusi nel regolamento in oggetto, tra i criteri di valutazione da adottare ai fini della selezione dei progetti, l'impatto sociale degli stessi, con particolare riguardo alla creazione di nuova occupazione, alla valorizzazione del capitale umano e al contrasto alla povertà;
              d) il Governo adotti iniziative, nella selezione dei progetti da realizzare sul territorio nazionale, volte ad evitare la dispersione delle risorse attivabili, privilegiando quelli che, per dimensione e potenziale impatto, contribuiscono significativamente ad una ripresa consistente e duratura della crescita, ad un aumento dell'occupazione e ad un rafforzamento della competitività del Paese;
              e) in questa prospettiva il Governo assicuri, anche attraverso l'intervento della Cassa depositi e prestiti, priorità al finanziamento di progetti o di piattaforme di investimento tesi all'integrale attuazione dell'agenda digitale e al potenziamento e all'ammodernamento di infrastrutture di trasporto ed energia, alla messa in sicurezza del territorio a fronte del dissesto idrogeologico, nonché all'ammodernamento delle strutture dedicate all'istruzione, privilegiando comunque le iniziative delle piccole e medie imprese, posto che queste ultime hanno maggiori difficoltà a reperire risorse sul mercato rispetto a quelle a media capitalizzazione;
              f) si semplifichino le procedure per la valutazione della conformità dei finanziamenti da erogare alla normativa in materia di aiuti di Stato, in ragione della loro corrispondenza a caratteristiche previamente definite;
              g) si verifichi se la riallocazione di quota parte delle risorse dei programmi «Orizzonte 2020» e «Meccanismo per collegare l'Europa» sia in grado di generare un rendimento differenziale, in termini economici e sociali, superiore a quello che sarebbe stato prodotto dall'assegnazione originaria ai programmi stessi;
              h) sia semplificato il sistema di governance del FEIS, evitando, in particolare, la creazione di due distinti organismi incaricati, rispettivamente, di stabilire l'indirizzo generale e le linee guida d'investimento, nonché di vagliare i singoli progetti;
              i) si stabilisca nel regolamento in oggetto una composizione multidisciplinare del comitato per gli investimenti del FEIS, in modo che esso comprenda un'ampia gamma di competenze in materia macroeconomica nonché in settori come la ricerca e lo sviluppo, i trasporti o quello delle piccole e medie imprese;
              j) il Governo assicuri la costante informazione e consultazione del Parlamento in merito alla individuazione dei progetti di interesse per l'Italia che verranno proposti per accedere ai finanziamenti attivabili, motivando accuratamente le ragioni delle scelte effettuate, ed eventualmente integrando l'allegato infrastrutture al prossimo Documento di economia e finanza.

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