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CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 25 maggio 2016
648.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Proposta di relazione sulla situazione del sito di interesse regionale «Basso bacino del fiume Chienti» (relatore: on.  Bratti).

PROPOSTA DI MODIFICA APPROVATA

      Al paragrafo 6.3 sopprimere il seguente periodo: In questo quadro tuttavia la normativa regionale potrebbe risultare nell'applicazione concreta contraddittoria rispetto alla previsione generale di cui all'articolo 250 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152.
Carrescia n.  1.

Pag. 170

ALLEGATO 2

RELAZIONE SUL SITO DI INTERESSE REGIONALE «BASSO BACINO DEL FIUME CHIENTI» (Relatore: On.  Alessandro BRATTI).

INDICE

1. L'attività conoscitiva della Commissione     170
2. Collocazione geografica, perimetrazione e sviluppo storico delSIR Basso bacino del fiume Chienti     170
3. I contaminanti principali riscontrati a seguito delle attività di monitoraggio e caratterizzazione del sito     172
4. Attività di messa in sicurezza, fonti di finanziamento e progetti di bonifica     176
5. I soggetti responsabili dell'inquinamento     177
6. Conclusioni     180

1. L'attività conoscitiva della Commissione.

      L'attività di indagine conoscitiva sul sito di interesse regionale (SIR) del Basso bacino del fiume Chienti ha avuto inizio con lo svolgimento di un sopralluogo, effettuato da una delegazione della Commissione l'11 giugno 2015.
      Successivamente, nel corso della stessa giornata, si sono svolti incontri, presso il comune di Civitanova Marche, con i rappresentanti della regione Marche, delle province di Macerata e di Fermo, e dei comuni di Civitanova Marche, Montecosaro, Porto Sant'Elpidio, Sant'Elpidio a Mare e Morrovalle. In seguito gli incontri sono proseguiti con i rappresentanti delle associazioni ambientaliste locali e della polizia provinciale di Macerata.
      La delegazione della Commissione ha avuto l'opportunità di verificare lo stato delle attività svolte dalla magistratura, nonché la posizione dei vertici politici degli enti locali e della società civile, raccogliendo ulteriore documentazione.
      Successivamente si sono svolte le audizioni del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Fermo, Domenico Seccia, il 22 settembre 2015 presso la sede della Commissione a Roma, e del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Macerata, Giovanni Giorgio, il 23 settembre 2016 nella medesima sede.
      Nell'archivio della Commissione sono presenti documenti riguardante il SIR del Basso bacino del fiume Chienti per un totale di 657 pagine.

2. Collocazione geografica, perimetrazione e sviluppo storico del SIR Basso bacino del fiume Chienti.

      2.1. L'area del sito si estende per circa 26 chilometri quadrati. Oltre alla zona in sinistra idrografica di 16 chilometri quadrati (comuni di Morrovalle, Montecosaro e Civitanova Marche), all'interno della perimetrazione è compresa anche un'area in destra idrografica, di 10 chilometri quadrati, interessata da una vecchia discarica dismessa (comune di Sant'Elpidio a Mare) e da ulteriore inquinamento da solventi Pag. 171organici clorurati in vicinanza della foce (comune di Porto Sant'Elpidio).
      Nella perimetrazione è compresa anche l'area marina prospiciente quella terrestre, che ha un'ampiezza complessiva pari a 1200 ettari, e si estende, partendo da sud e risalendo lungo la costa in direzione nord, dall'estremità settentrionale del centro abitato di Porto Sant'Elpidio fino al porto di Civitanova Marche, per una lunghezza di circa 4 chilometri lungo costa e di 3 chilometri verso il largo.
      Nel sito sono presenti numerose aree aziendali e numerose aree agricole – residenziali.
      Il sito è interessato principalmente da una diffusa contaminazione della falda prevalentemente da composti organo clorurati.

      2.2. La regione Marche, con nota prot. n.  6291 del 24 maggio 1999, aveva inviato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la proposta di inserimento del Basso bacino del fiume Chienti tra i siti di interesse nazionale di cui alla legge n.  426 del 1998 con la relativa scheda informativa che individuava aree potenzialmente inquinate ricadenti nei comuni di Civitanova Marche, Montecosaro e Morrovalle.
      Successivamente, la regione Marche, con nota prot. n.  13529 del 24 novembre 1999, aveva trasmesso allo stesso Ministero una nuova scheda normativa relativa al sito Basso bacino del fiume Chienti che, modificando quella precedentemente inviata, includeva tra i siti da inserire nel perimetro due aree in destra idrografica del fiume ricadenti nel territorio dei comuni di Porto Sant'Elpidio e Sant'Elpidio a Mare.

      2.3. Con decreto del Ministro dell'ambiente del 18 settembre 2001, n.  468, «Regolamento recante: programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale», il sito Basso bacino del fiume Chienti veniva individuato come intervento di bonifica di interesse nazionale.
      Nel predetto decreto veniva evidenziato che:
          «l'area della bassa valle del Chienti, è interessata dalla presenza di numerose aziende del settore calzaturiero, che utilizzano composti organo alogenati per il lavaggio di fondi di calzature in poliuretano. I rifiuti di tali processi, classificati come pericolosi, sono stati sversati sul suolo, nel sottosuolo e nelle acque di falda attraverso i pozzi»;
          «gli inquinanti, costituiti prevalentemente da tricloroetano, tricloroetilene e tetracloroetilene, hanno contaminato una vasta area...»;
          «sono in corso procedimenti giudiziari nei confronti di alcune aziende del settore calzaturiero all'interno del perimetro o nelle cui aree circostanti sono stati sversati rifiuti liquidi a base di sostanze alogenate».

      Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 26 febbraio 2003 (Perimetrazione del sito di interesse nazionale del Basso bacino del fiume Chienti) venivano perimetrate le aree da sottoporre a interventi di caratterizzazione, di messa in sicurezza d'emergenza, di bonifica, ripristino ambientale e attività di monitoraggio.
      Con nota prot. n.  36367 del 14 novembre 2012, la direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente, comunicava alla regione Marche che il sito di bonifica Basso bacino del fiume Chienti non presentava tutti i requisiti di cui al comma 2 dell'articolo 252 del decreto legislativo n.  152 del 2006, così come modificato dal comma 1 dell'articolo 36-bis della legge 7 agosto 2012, n.  134, e di confermare entro quindici giorni dal ricevimento della nota stessa le considerazioni della direzione o di comunicare eventuali diverse valutazioni, specificando che, decorso tale termine, l'istruttoria del provvedimento si sarebbe considerata conclusa.
      La regione Marche, con nota del 4 dicembre 2012, prot. n.  810865, prendeva Pag. 172atto delle valutazioni espresse dalla Direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente in merito al sito di bonifica Basso bacino del fiume Chienti.
      Con decreto del Ministro dell'ambiente dell'11 gennaio 2013, il sito di bonifica Basso bacino del fiume Chienti veniva pertanto dichiarato non più ricompreso tra i siti di bonifica di interesse nazionale.
      La regione Marche, mediante l'articolo 24 della legge regionale 29 novembre 2013, n.  44, ha stabilito: «1. Ai sensi dell'articolo 14 della legge regionale 2 agosto 2006, n.  13 (Assestamento del bilancio 2006), la bonifica delle aree individuate all'interno dell'ex sito di interesse nazionale denominato Basso bacino del fiume Chienti spetta ai comuni nel cui territorio ricadono le rispettive aree.
      2. La bonifica unitaria della falda acquifera ricompresa nel sito di cui al comma 1 spetta agli enti territoriali interessati, già firmatari dell'accordo di programma stipulato con il Ministero competente in data 2 luglio 2008 e non più operante, sulla base di quanto dagli stessi stabilito mediante la conclusione di un nuovo accordo di programma che deve tenere conto delle relative disponibilità finanziarie e dell'eventuale riperimetrazione dell'area, da indagare sulla base dei risultati delle analisi delle acque di falda ottenuti nel tempo dai monitoraggi eseguiti dall'Agenzia regionale per la protezione ambientale delle Marche (ARPAM)».

3. I contaminanti principali riscontrati a seguito delle attività di monitoraggio e caratterizzazione del sito.

      Dalla relazione inviata in data 5 giugno 2015 dall'ARPAM – Dipartimento provinciale di Macerata, emerge, tra l'altro, quanto segue:
      «... Nel mese di settembre dell'anno 1997 al dicembre 2005 è stato effettuato un monitoraggio della falda idrica della bassa valle del fiume Chienti in seguito alla stipula di una convenzione tra l'amministrazione provinciale di Macerata e l'area chimica del Servizio multizonale dell'azienda USL n.  9 di Macerata (oggi ARPAM).
      La suddetta attività di monitoraggio confermò che una vasta area in sinistra idrografica del fiume Chienti era interessata da una contaminazione diffusa idrocarburi alifatici clorurati.
      I risultati evidenziarono inoltre che il tetracloroetilene era il contaminante che contribuiva in maniera preponderante all'inquinamento della falda. Nel frattempo le aziende avevano modificato il loro ciclo produttivo utilizzando per le fasi di lavaggio/sgrassaggio dei fondi per calzature in materiale plastico il tetracloroetilene (o percloroetilene) in sostituzione dell'1,1,1-tricloroetano.
      Nonostante ciò l'1,1,1-tricloroetano continuava ad essere presente nelle acque sotterranee.
       In seguito alla perimetrazione del sito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare incaricava ARPAM/APAT e ICRAM di redigere il piano della caratterizzazione delle aree pubbliche terrestre e marina.
      Con delibera della Giunta regionale n.  1573 del 12 dicembre 2005 la regione Marche incarica l'ARPAM per la realizzazione, procedendo per fasi, del piano della caratterizzazione delle aree pubbliche e dell'area marina prospiciente quella terrestre.
      In data 28 giugno 2006 viene stipulata una convenzione tra regione Marche – Servizio ambiente e difesa del suolo e l'ARPAM per la realizzazione del piano della caratterizzazione da realizzare per fasi.
      Tutte le indagini previste nel piano della caratterizzazione delle aree pubbliche e dell'area marina prospiciente quella terrestre sono state svolte da ARPAM su incarico della regione Marche (delibera della Giunta regionale n.  1573 del 12 dicembre 2005). Tali indagini sono iniziate nel 2006 per concludersi nel 2011.
      Le quattro campagne di monitoraggio delle acque di falda evidenziano la presenza di un inquinamento dovuto principalmente Pag. 173a composti appartenenti alla classe degli idrocarburi alifatici clorurati caratterizzata dalla presenza di tetracloroetilene poi in ordine di diffusione all'1,1-dicloroetilene, al tricloroetilene e all'1,2-dicloropropano.
      La falda è interessata, in sinistra idrografica, da una contaminazione diffusa da tali composti che si estende tra il limite occidentale della perimetrazione (comune di Morrovalle) fino al centro abitato del comune di Civitanova Marche.
      In destra idrografica la contaminazione da idrocarburi clorurati viene riscontrata in corrispondenza di due ditte dedite alla produzione di fondi in poliuretano e/o in gomma ed a valle idrologica delle stesse.
      Generalmente i valori più elevati di contaminazione vengono osservati in corrispondenza e a valle idrologica dei siti individuati come «potenziali sorgenti di contaminazione».

      Le attività di caratterizzazione svolte hanno permesso di stabilire che quasi tutti i siti classificati come tali sono da considerare sorgenti di contaminazione delle acque di falda.
      Ciò in relazione non solo ai risultati della caratterizzazione di parte pubblica, ma anche sulla base degli esiti delle indagini condotte dai soggetti obbligati all'interno dei perimetri aziendali, nonché delle risultanze dei monitoraggi effettuati per la verifica della efficacia delle barriere idrauliche (qualora installate).
      I risultati delle quattro campagne di monitoraggio, oltre alla contaminazione da idrocarburi alifatici clorurati, evidenziano superamenti di alcuni composti inorganici, prevalentemente ferro e manganese.
      I risultati della caratterizzazione delle acque di falda hanno infine fatto rilevare una contaminazione diffusa da nitrati che interessa prevalentemente la falda in sinistra idrografica. Per tale composto è stato preso come riferimento il valore di 50 mg/L (valore limite stabilito dal decreto legislativo n.  31 del 2001 per le acque destinate al consumo umano).
      Per quanto riguarda la discarica dismessa di Bracalente («potenziale sorgente di contaminazione dd»), le indagini effettuate all'interno della stessa hanno permesso di definire che i rifiuti abbancati sono classificabili come «rifiuti urbani non differenziati», codice CER 20 03 03. Le indagini hanno altresì evidenziato che in alcuni casi i rifiuti risultavano ancora in fase di mineralizzazione e localmente sono accompagnati dalla presenza di percolato. A seguito di quanto emerso, il comune di Sant'Elpidio a Mare ha messo in atto una prima misura di messa in sicurezza attraverso la rimozione di circa 170 metri cubi di rifiuti dallo spigolo sud-ovest dove gli stessi risultavano a contatto con la falda.
      La caratterizzazione della matrice suolo e del sottosuolo è stata condotta in due fasi distinte; la prima, finalizzata alla caratterizzazione dei siti individuati come «potenziali sorgenti di contaminazione» (FASE I), che è consistita nella realizzazione di carotaggi, con prelievo ed analisi dei campioni di terreno; la seconda, rivolta alla caratterizzazione delle aree interessate da contaminazione di tipo passivo, che è stata effettuata mediante la realizzazione di scavi meccanici, il prelievo e l'analisi dei campioni (FASE II).
      I risultati hanno evidenziato superamenti delle rispettive CSC, di cui alla Tabella 1 (colonna A) dell'Allegato 5 al Titolo V alla parte quarta del decreto legislativo n.  152 del 2006, di alcuni composti appartenenti alla classe degli idrocarburi alifatici clorurati, dei metalli pesanti e del parametro «DDD, DDT, DDE».
      La contaminazione da idrocarburi alifatici clorurati è stata riscontrata in sei campioni di terreno prelevati dai carotaggi realizzati in prossimità di alcune ditte individuate come «potenziali sorgenti di contaminazione» e pertanto riconducibili ad una migrazione orizzontale della contaminazione esistente all'interno dei perimetri aziendali.
      Anche la contaminazione da metalli pesanti è stata riscontrata nei campioni di terreno prelevati nei punti di sondaggio ubicati nei pressi delle ditte individuate come «potenziali sorgenti di contaminazione», Pag. 174ivi compresa la discarica dimessa per RSU ubicata in località «Bracalente» nel comune di Sant'Elpidio a Mare.
      Il superamento del parametro «DDD, DDT, DDE», riscontrato in alcuni campioni di terreno prelevati principalmente nel primo metro, è da ricondurre all'uso che si è fatto in passato del DDT come insetticida e all'elevata persistenza del composto chimico in questione.
      Superamenti dello stesso parametro sono stati evidenziati anche in qualche campione di terreno prelevato durante le attività di scavo finalizzate alla caratterizzazione delle aree interessate da contaminazione di tipo passivo (FASE III), che hanno inoltre evidenziato superamenti sporadici di rame e zinco nei terreni campionati nel centro urbano di Civitanova Marche, dovuti con tutta probabilità ad attività antropiche (traffico veicolare, utilizzo di materiale di riporto contaminato, etc).
      Le indagini per la caratterizzazione delle aree interessate da contaminazione di tipo passivo hanno altresì evidenziato una situazione particolarmente critica in corrispondenza della foce del fiume Chienti nei pressi dell'area dove attualmente è stata realizzata una pista ciclabile. Tale area è stata poi caratterizzata dal comune di Civitanova Marche e per la quale è stato presentato un progetto di bonifica discusso in conferenza dei servizi ministeriale.
      I numerosi scavi eseguiti hanno messo alla luce la presenza di rifiuti interrati, che interessa un'area non ancora completamente circoscritta. Tali rifiuti, costituiti da materiali da demolizione, plastica, vetro, ritagli di pelle e materiale di colore nero/grigio scuro, la cui provenienza potrebbe essere riconducibile ad attività di tipo industriale, presentano spessori variabili (massimo 2,2 metri) ed in alcuni casi poggiano direttamente sul mezzo saturo. I risultati delle analisi di laboratorio effettuate nei campioni di terreno prelevati a varie profondità in alcuni degli scavi realizzati, hanno rilevato numerosi superamenti delle CSC di metalli pesanti e di idrocarburi pesanti.
      Le indagini effettuate ai fini della caratterizzazione dell'asta fluviale hanno messo in evidenzia esclusivamente il superamento della CSC, di cui alla tabella 1 (colonna A) dell'allegato 5 al Titolo V alla parte quarta del decreto legislativo n.  152 del 2006, del parametro «DDD, DDT, DDE».
      A seguito di ulteriori indagini, che accertavano che la contaminazione era di tipo puntuale, la provincia di Macerata provvedeva alla rimozione ed allo smaltimento della porzione di sedimento fluviale contaminata.
      Sempre in riferimento all'asta fluviale, all'interno dell'alveo di piena, in corrispondenza della sponda sinistra, è da segnalare la presenza di un'area interessata dall'abbancamento di rifiuti, che è stata oggetto di caratterizzazione nell'aprile 2008 da parte del comune di Civitanova Marche.
      La realizzazione del piano investigativo ha evidenziato che tale area ha un'estensione di circa 4500 metri quadrati e che i rifiuti abbancati non danno luogo alla produzione di percolato e non presentano segni di decomposizione in atto. Anche per tale area il comune di Civitanova Marche ha presentato un progetto di bonifica discusso in sede di conferenza dei servizi nazionale.
      I risultati delle analisi di laboratorio effettuate sui campioni prelevati al di sotto dell'interfaccia rifiuto/terreno hanno fatto rilevare valori di concentrazione di metalli pesanti compresi tra i valori CSC della colonna A e quelli della colonna B, di cui alla tabella 1 dell'allegato V al titolo V alla parte IV del decreto legislativo n.  152 del 2006.
      I risultati dei test di cessione effettuati sui campioni di rifiuto hanno prodotto un eluato con valori dei parametri analitici inferiori ai limiti della tabella 5 di cui al decreto ministeriale 3 agosto 2005.
      Le quattro campagne di monitoraggio delle acque superficiali non hanno evidenziato particolari criticità.
      Per quanto riguarda la caratterizzazione della porzione di arenile compresa all'interno della perimetrazione, i risultati Pag. 175relativi ai campioni di sedimento hanno evidenziato che in prossimità del molo sud del porto di Civitanova Marche una porzione di arenile era interessata dalla contaminazione da IPA.
      Il comune di Civitanova Marche ha provveduto alla messa in sicurezza della zona antistante le prime quattro attività commerciali del lungomare Sud mediante l'asportazione della porzione più superficiale dell'arenile, (per uno spessore di circa 60 centimetri), la posa in opera di un telo in HDPE sul fondo scavo e il successivo ricoprimento con materiale ghiaioso non contaminato.
      L'inquinamento da IPA, come si evince dall'osservazione, è stato riscontrato inoltre in altre stazione di campionamento, e precisamente nella stazione T05A alla profondità di 1,8 – 2,0 metri (lungomare sud del comune di Civitanova Marche) e nella stazione T07A alla profondità di 0,3 – 0,5 m (ubicata in corrispondenza della foce del fiume Chienti).
      È stata rilevata inoltre una contaminazione da metalli pesanti, in particolare da zinco, in corrispondenza della foce del Chienti (stazioni T07B, T08B e T08B bis), e in corrispondenza della stazione T05A.
      In seguito a tali evidenze, l'ARPAM ha effettuato una serie di indagini integrative che hanno permesso di classificare come puntuali le contaminazioni riscontrate, ad eccezione di quella da IPA, nella stazione T05A, per la quale sono state fatte ulteriori indagini e successivamente il comune di Civitanova Marche ha provveduto alla messa in sicurezza.
      In seguito agli esiti della caratterizzazione di parte pubblica sono state individuate, nella planimetria denominata «Aree non contaminate», elaborata nel febbraio 2011 dall'ARPAM, le aree in cui vi è l'assenza di contaminazione sia nelle acque di falda che nei suoli. Con decreto direttoriale relativo alla conferenza dei servizi decisoria del 12 ottobre 2011, il Ministero dell'ambiente, preso atto della documentazione inviata dall'ARPAM, ha deliberato di restituire agli usi legittimi le suddette aree. Intanto la regione Marche incaricava l'ARPAM della realizzazione di uno studio finalizzato alla valutazione dell'eventuale origine naturale del ferro e manganese nelle acque di falda.
      I risultati di tale studio, che ha previsto due campagne di monitoraggio delle acque di falda, hanno fatto rilevare l'esiguità dei superamenti con percentuali che si attestano nell'ordine del 5 per cento dei campioni analizzati per il parametro ferro e del 10 per cento per il parametro manganese.
      Tenuto conto di ciò e vista la scarsa diffusione areale della contaminazione, lo studio conclude che non possano essere definiti valori di fondo rappresentativi per l'intera area ricompresa nella perimetrazione dell'ex sito di interesse nazionale del basso bacino del fiume Chienti.
      Pertanto, sotto tale aspetto, lo studio ha evidenziato che, fatta eccezione per alcuni superamenti isolati, la contaminazione da ferro e manganese è localizzata in due zone poste rispettivamente in corrispondenza della ex discarica di Sant'Elpidio a mare «Bracalente» ed a valle idrologica della confluenza tra i due corsi d'acqua.
      Per quanto concerne la prima zona, lo studio conclude sia riconducibile alla presenza dei rifiuti abbancati. Tale ipotesi è avvalorata anche dai risultati delle indagini svolte sino al 2009, dalle quali è emerso che i rifiuti presenti erano, in alcuni casi, ancora in fase di mineralizzazione con presenza di percolato.
      Per quanto attiene invece l'area a valle della confluenza dell'Ete Morto con il Chienti, la situazione risulta più articolata e meno chiara. In tale zona la contaminazione è abbastanza diffusa con un elevato numero di superamenti di ferro e manganese in rapporto ai campioni prelevati.
      Dal punto di vista geologico tale area è caratterizzata da una successione stratigrafica più articolata di quella riscontrata a monte della confluenza tra i corsi d'acqua e, dall'analisi dei log stratigrafici disponibili, non si individuano livelli e/o intercalazioni potenzialmente correlabili alla contaminazione rilevata. Inoltre, si evidenzia che nell'area sono presenti opifici industriali (alcuni dismessi) i cui cicli Pag. 176produttivi attuali e pregressi non sono direttamente correlabili con presenza di ferro e manganese. In tale zona, inoltre, non è stato possibile procedere alla definizione dei valori di fondo in quanto i punti di prelievo attualmente disponibili (circa 15) sono notevolmente inferiori a quelli considerati necessari da ISPRA (almeno 30) per effettuare un'analisi statistica adeguata».
      Recentemente, nel mese di febbraio 2016, l'ARPAM, su mandato della regione Marche, ha avviato una nuova indagine al fine di verificare lo stato di inquinamento del sito, di riperimetrare l'area e di definire i necessari interventi di bonifica.
      In particolare verranno analizzate le acque di falda, prelevando campioni da 165 pozzi pubblici e privati ricadenti nell'area del basso bacino del fiume Chienti, per accertare presenza e quantità degli organoalogenati responsabili dell'inquinamento, quali tricloroetano e percloroetilene.

4. Attività di messa in sicurezza, fonti di finanziamento e progetti di bonifica.

      4.1. Dalla relazione dell'ARPAM del 5 giugno 2015 emerge, per quanto qui interessa, quanto segue:
          la provincia di Macerata ha provveduto alla rimozione e allo smaltimento della porzione di sedimento fluviale contaminata in corrispondenza della foce del fiume Chienti;
          il comune di Civitanova Marche ha provveduto alla messa in sicurezza delle aree situate nel lungomare sud, mediante l'asportazione della porzione superficiale dell'arenile per uno spessore di circa 60 cm., la posa in opera di un telo sul fondo scavo e il successivo ricoprimento di materiale ghiaioso non contaminato;
          il Ministero dell'ambiente, con decreto direttoriale relativo alla conferenza di servizi del 12 ottobre 2011, preso atto della planimetria di «aree non contaminate» redatta dall'ARPAM in seguito agli esiti della caratterizzazione, ha deliberato di restituire agli usi legittimi le aree ivi indicate.

      4.2. Dalla relazione illustrativa inviata in data 5 giugno 2015 dal Servizio ambiente e agricoltura della regione Marche emerge, per quanto qui interessa, che:
          a seguito di verifiche da parte dell'ARPAM, alcuni terreni sono risultati non inquinati e, pertanto, si è proceduto alla «restituzione agli usi legittimi» degli stessi;
          per i siti ricadenti nell'area del sito contaminato del Basso bacino del fiume Chienti sono stati erogati dalla regione Marche i seguenti finanziamenti: nel 2012 complessivi euro 263.915,62 per la messa in sicurezza di due aree del litorale sud del comune di Civitanova Marche e, negli anni 2013-2014, al comune di Sant'Elpidio a Mare euro 300.000,00 per la messa in sicurezza permanente dell'ex discarica comunale e al comune di Civitanova Marche euro 64.856,83 per la caratterizzazione dell'area denominata «Area ciclabile fiume Chienti».

      4.3. Nel 2006, su richiesta del Ministero dell'ambiente, veniva costituito un gruppo di lavoro (formato da rappresentanti della regione Marche, della provincia di Macerata e dell'ARPAM), che ha proceduto alla redazione del progetto preliminare di bonifica della falda del sito nazionale Basso bacino del fiume Chienti.
      Tale progetto era stato approvato nel corso della conferenza di servizi decisoria svoltasi presso il Ministero dell'ambiente il 27 dicembre 2006 e, nel 2008, veniva aggiornato sulla base dei risultati ottenuti dalla caratterizzazione del sito.
      In data 7 aprile 2009 veniva sottoscritto l'accordo di programma fra il Ministero dell'ambiente, la regione Marche, la provincia di Macerata, i comuni di Morrovalle, Montecosaro, Civitanova Marche, la provincia di Ascoli Piceno ed i comuni di Porto Sant'Elpidio e Sant'Elpidio a Mare per la realizzazione degli interventi di bonifica della falda del sito in questione.Pag. 177
      Sulla base di detto accordo la provincia di Macerata veniva individuata quale soggetto attuatore delle seguenti attività:
          progettazione definitiva, interventi di messa in sicurezza e di bonifica della falda acquifera;
          progettazione esecutiva e realizzazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica della falda acquifera.

      L'ARPAM veniva invece individuata quale soggetto attuatore dell'attività di controllo in corso d'opera e monitoraggio post bonifica delle acque di falda.
      Il fabbisogno finanziario per la realizzazione degli interventi prioritari necessari alla progettazione ed a parte della bonifica della falda (realizzazione e primo anno e mezzo di gestione del sistema di bonifica) veniva stimato in euro 3.700.000, la cui copertura era assicurata dalla regione Marche, dalle province di Macerata e di Ascoli Piceno, e dai comuni di Civitanova Marche, Montecosaro, Morrovalle, Porto Sant'Elpidio e Sant'Elpidio a Mare, con possibilità di avvalersi delle risorse previste dal POR FESR Marche 2007-2013.
      Per dare attuazione al citato accordo di programma, la provincia di Macerata ha emanato un apposito avviso pubblico al fine di affidare l'incarico per la progettazione definitiva ed esecutiva, la direzione dei lavori, il coordinamento della sicurezza in fase di progettazione e per l'esecuzione degli interventi di bonifica del sito.
      Successivamente, la provincia di Macerata, con la determinazione dirigenziale n.  64 del 10 maggio 2010, ha aggiudicato il predetto incarico in via definitiva al raggruppamento temporaneo di professionisti (RTP) «Ing. Davide Cesarini», secondo miglior offerente, atteso che il miglior offerente RTP «Studio IGES», con una nota del 5 maggio 2010, aveva comunicato di rinunciare all'aggiudicazione dell'incarico.
      Il 5 luglio 2010, tra la provincia di Macerata ed il raggruppamento temporaneo di professionisti «Ing. Davide Cesarini» veniva stipulata la convenzione per l'affidamento dell'incarico.
      Dopo solo circa venti giorni, in data 26 luglio 2010, il raggruppamento temporaneo di professionisti «Ing. Davide Cesarini» depositava presso la provincia di Macerata il progetto definitivo che prevedeva un quadro economico complessivo degli interventi pari ad euro 10.197.716,54.
      Detto progetto non veniva approvato dalla conferenza di servizi ministeriale in quanto risultava sostanzialmente difforme dal progetto preliminare di bonifica approvato ed oltretutto prevedeva dei costi di gran lunga superiori rispetto a quelli previsti nell'accordo di programma.
      Successivamente, con decreto direttoriale relativo alla conferenza di servizi ministeriale del 12 ottobre 2011, veniva richiesto alla provincia di Macerata, in qualità di soggetto attuatore, di trasmettere un progetto definitivo aggiornato sulla base delle prescrizioni indicate nei pareri ARPAM, ISPRA e regione Marche.
      Tale adeguamento del progetto non è stato mai presentato dalla provincia di Macerata.
      Successivamente scadeva l'accordo di programma e con decreto del Ministero dell'ambiente dell'11 gennaio 2013 il sito in questione veniva declassificato in sito di interesse regionale (SIR).

5. I soggetti responsabili dell'inquinamento.

      Responsabili del diffuso inquinamento dell'area della bassa valle del fiume Chienti sono le numerose aziende del settore calzaturiero che hanno utilizzato composti organo alogenati per il lavaggio di fondi di calzature in poliuretano.
      In particolare i rifiuti di tali processi, classificati come pericolosi, sono stati sversati sul suolo, nel sottosuolo e nelle acque di falda attraverso i pozzi.
      Gli inquinanti, costituiti prevalentemente da tricloroetano, tricloroetilene e tetracloroetilene, hanno interessato una vasta area ricadente nel territorio dei comuni di Civitanova Marche, Morrovalle, Montecosaro, Sant'Elpidio a Mare e Porto Sant'Elpidio.Pag. 178
      Le indagini effettuate dalla Commissione di inchiesta (sopralluoghi, audizioni ed acquisizione di documenti) hanno consentito di accertare che nel corso degli anni sono stati avviati numerosi procedimenti amministrativi e giudiziari finalizzati ad individuare e sanzionare i vari responsabili dell'inquinamento.

      5.1. Procedimenti penali.
      5.1.1. Procedimenti penali relativi alla prima contaminazione da tricloroetano (1993-1995).
      La procura della Repubblica presso il tribunale di Macerata nel 1993 ha effettuato indagini finalizzate all'individuazione dei responsabili dell'inquinamento mediante l'acquisizione di documenti contabili delle ditte operanti nel settore calzaturiero che attestavano l'acquisto del tricloroetano oltre che il suo utilizzo nel processo produttivo.
      Le indagini, supportate anche dai riscontri tecnici eseguiti dalle USL di Macerata e Civitanova Marche, hanno consentito la citazione a giudizio davanti al pretore di Macerata, sezione distaccata di Civitanova Marche, di nove legali rappresentanti delle ditte perché ritenuti responsabili di vari reati ambientali.
      Tutti i procedimenti penali sono stati definiti nel 1995 mediante l'applicazione della pena richiesta dalle parti ai sensi dell'articolo 444 codice di procedura penale (cosiddetto patteggiamento).
      Il pretore di Macerata – sezione distaccata di Civitanova Marche ha applicato a tutti gli imputati la pena di quattro mesi e venti giorni di reclusione, concedendo loro il beneficio della sospensione condizionale della pena ai sensi dell'articolo 163 codice penale e condannandoli al pagamento delle spese di costituzione e difesa in favore delle costituite parti civili (provincia di Macerata, comuni di Morrovalle, Montecosaro e Civitanova Marche).
      Per quanto concerne i territori ricadenti nella competenza della procura della Repubblica presso il tribunale di Fermo, non risultano né essere state avviate indagini né risultano procedimenti penali pendenti relativi all'inquinamento in questione.
      5.1.2. Procedimenti penali relativi alla seconda contaminazione da percloroetilene e trielina (1996-2009).
      In ordine alla contaminazione da percloroetilene e trielina la procura della Repubblica presso il tribunale di Macerata ha citato a giudizio davanti al tribunale penale di Macerata – sezione distaccata di Civitanova Marche, cinque dei nove legali rappresentanti delle ditte responsabili della prima contaminazione da tricloroetano.
      Detti procedimenti penali si sono conclusi, due con sentenza di assoluzione degli imputati, due con sentenza di non doversi procedere per estinzione dei reati per intervenuta prescrizione ed uno con sentenza di condanna alla pena di quattro mesi di arresto ed euro 2.000.000 di ammenda, oltre al risarcimento del danno subito dalle costituite parti civili. Detta sentenza di condanna è stata poi riformata dalla Corte di appello penale di Ancona, la quale ha assolto gli imputati per non aver commesso il fatto, con conseguente revoca delle statuizioni civili risarcitorie contenute nella sentenza di condanna di primo grado.
      Per quanto concerne i territori ricadenti nella competenza della procura della Repubblica presso il tribunale di Fermo non risultano né essere state avviate indagini né risultano procedimenti penali pendenti relativi all'inquinamento in questione.

      5.2. Procedimenti civili.
      5.2.1. Procedimenti civili relativi alla prima contaminazione da tricloroetano (1993-1995).
      A seguito delle sentenza di patteggiamento emesse dal tribunale di Macerata – sezione distaccata di Civitanova Marche, la provincia di Macerata ed i comuni di Morrovalle, Montecosaro e Civitanova Marche hanno citato davanti al tribunale Civile di Macerata sia gli imputati che le rispettive ditte, al fine di ottenere il risarcimento del danno ambientale.Pag. 179
      Con la sentenza n.  699/09 del 15 giugno 2009, depositata il 17 giugno 2009, il tribunale di Macerata, preso atto delle situazioni di accordo e transazione venutesi a creare, ha, tra l'altro, condannato i convenuti, in solido tra loro, al pagamento in favore della provincia di Macerata e dei comuni di Civitanova Marche e Montecosaro della somma complessiva di euro 2 milioni, oltre al pagamento delle spese legali.
      Detta sentenza è stata appellata da sei delle nove ditte citate in giudizio in primo grado e, a seguito di istanza presentata da alcune parti, la Corte di appello civile di Ancona, con l'ordinanza del 17 dicembre 2009, ha sospeso l'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, imponendo agli appellanti una cauzione dell'importo di euro un milione.
      Il giudizio pendente davanti alla Corte di appello civile di Ancona non risulta ancora essere stato deciso.
      5.2.2. Procedimenti civili relativi alla seconda contaminazione da percloroetilene e trielina (1996 – 2009).
      Per tale contaminazione non risultano essere stati promossi da parte delle province e dei comuni giudizi civili finalizzati ad ottenere il risarcimento del danno ambientale.

      5.3. Procedimenti amministrativi.

      Il Ministero dell'ambiente, con nota del 27 novembre 2011, prot. n.  29237/TRI/DI/II-VII, ha invitato la provincia di Macerata, per quanto di competenza, ad attivare le procedure previste dall'articolo 244 del decreto legislativo n.  152 del 2006 (avvio e conclusione del procedimento volto ad identificare l'eventuale responsabile dell'inquinamento; diffida dell'eventuale responsabile a provvedere).
      Le amministrazioni provinciali territorialmente competenti non hanno svolto indagini finalizzate a identificare i responsabili dell'inquinamento del sito in questione e, pertanto, non hanno attivato la procedura di cui all'articolo 244 del decreto legislativo n.  152 del 2006.
      Non risultano infatti essere state emesse ordinanze di diffida nei confronti dei responsabili dell'inquinamento (di cui al citato articolo 244, comma 2, del decreto legislativo n.  152 del 2006), né risulta che gli interventi di bonifica siano stati adottati dalle amministrazioni competenti in conformità a quanto disposto dall'articolo 250 (sempre secondo lo stesso articolo 244, comma 4).
      L'articolo 250 del decreto legislativo n.  152 del 2006 stabilisce: «Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all'articolo 242 sono realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l'ordine di priorità fissato dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio».
      Alcuni comuni hanno emesso ordinanze concernenti l'imposizione ad alcune aziende incluse nella perimetrazione del SIN a caratterizzare i propri siti a seguito delle determinazioni dal Ministero dell'ambiente (all'epoca in cui il sito era ancora SIN), che tendevano a considerare tutti i proprietari dei siti produttivi sotto i quali scorreva l'acqua contaminata come responsabili dell'inquinamento, anche se la concentrazione di contaminanti a monte e a valle idraulica del sito produttiva era identica.
      Con deliberazioni della conferenza di servizi decisoria per il SIN del Basso bacino del fiume Chienti tenutesi presso il Ministero dell'ambiente il 28 dicembre 2005 e il 22 febbraio 2006 sono state imposte ai predetti proprietari dei siti produttivi di formalizzare la propria disponibilità a concorrere alla attuazione e gestione delle attività di messa in sicurezza Pag. 180e bonifica della falda in forma unitaria e consortile, ovvero di presentare un proprio progetto per l'intera area di competenza.
      Le società i cui stabilimenti aziendali sono ubicati nel territorio del sito del Basso bacino del fiume Chienti e l'associazione degli industriali della provincia di Macerata hanno proposto vari ricorsi davanti al TAR Marche avverso le predette deliberazioni, chiedendone l'annullamento.
      Il TAR Marche, con sentenze nn.  124, 125, 126, 127, 128 e 129 del 20 novembre 2014, depositate il 20 febbraio 2015, ha accolto detti ricorsi, annullando i provvedimenti delle conferenze di servizi decisorie per il sito di interesse nazionale del Basso bacino del fiume Chienti, tenutesi il 28 dicembre 2005 e 22 febbraio 2006, nella parte in cui imponevano «la prescrizione di richiedere ai soggetti privati la formalizzazione della propria disponibilità a concorrere alla attuazione e gestione delle attività di messa in sicurezza e bonifica della falda in forma unitaria e consortile, ovvero di presentare un proprio progetto per l'intera area di competenza».
      Le sentenze, per quanto qui interessa, così motivano:
          «Ove, ..., non venga accertata la responsabilità sull'origine del fenomeno contestato, non è possibile imporre al soggetto incolpevole, individuato solo in quanto proprietario del bene, alcun obbligo di bonifica o di messa in sicurezza»;
          «... sebbene possa non essere richiesto all'autorità amministrativa di dimostrare il comportamento doloso o colposo dell'operatore, è comunque necessario che essa ricerchi preventivamente l'origine dell'inquinamento e dimostri l'esistenza di un nesso causale tra questo e l'attività inquinante, utilizzando i propri poteri istruttori»;
          «Nel caso di specie non emerge che le autorità amministrative preposte abbiano svolto una compiuta istruttoria atta a ricercare l'origine dell'inquinamento al fine di collegarlo causalmente all'attività industriale posta in essere dalla ricorrente, né si è proceduto ad un accertamento di corrispondenza tra le sostanze inquinanti e i componenti impiegati dall'operatore nell'esercizio della propria attività di impresa».

6. Conclusioni.

      Le indagini effettuate dalla Commissione di inchiesta consentono di individuare le seguenti criticità che stanno determinando il ritardo della bonifica del sito contaminato denominato Basso bacino del fiume Chienti.

      6.1. La mancata attuazione dell'accordo di programma sottoscritto in data 7 aprile 2009 fra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Marche, la provincia di Macerata, i comuni di Morrovalle, di Montecosaro, di Civitanova Marche, la provincia di Ascoli Piceno e i comuni di Porto Sant'Elpidio e di Sant'Elpidio a Mare per la realizzazione degli interventi di bonifica della falda del sito in questione ha impedito di utilizzare risorse finanziarie pari ad euro 3.700.000, la cui copertura era assicurata dalla regione Marche, dalla provincia di Macerata, da quella di Ascoli Piceno e dai comuni di Civitanova Marche, di Montecosaro, Morrovalle, di Porto Sant'Elpidio e di Sant'Elpidio a Mare, con possibilità di avvalersi delle risorse previste dal POR FESR Marche 2007-2013.
      La responsabilità della mancata attuazione dell'accordo di programma è da attribuire esclusivamente alla provincia di Macerata (ente attuatore delle attività di progettazione definitiva ed esecutiva e realizzazione degli interventi di messa in sicurezza e di bonifica della falda acquifera), la quale, a seguito di avviso pubblico, in data 5 luglio 2010 ha affidato l'incarico per la progettazione definitiva ed esecutiva, la direzione dei lavori, il coordinamento della sicurezza in fase di progettazione e per l'esecuzione degli interventi di bonifica del sito ad un raggruppamento temporaneo di professionisti che in data 26 luglio 2010, dopo appena venti giorni, ha presentato un progetto definitivo che prevedeva un quadro economico complessivo degli interventi pari ad euro 10.197.716,54.Pag. 181
      Detto progetto definitivo non è stato approvato dalla conferenza di servizi ministeriale in quanto risultava sostanzialmente difforme dal progetto preliminare di bonifica approvato ed oltretutto prevedeva dei costi di gran lunga superiori rispetto a quelli previsti nell'accordo di programma.
      La provincia di Macerata è altresì responsabile per non aver trasmesso, in qualità di soggetto attuatore, un progetto definitivo aggiornato sulla base delle prescrizioni indicate nei pareri dell'ARPAM, dell'ISPRA e della regione Marche, così come richiesto con decreto direttoriale relativo alla conferenza di servizi ministeriale del 12 ottobre 2011.
      Non è dato comprendere perché la provincia di Macerata abbia dapprima consentito di far redigere un progetto definitivo difforme dal progetto preliminare approvato e successivamente sia rimasta inerte rispetto alla richiesta del Ministero di redigere un progetto definitivo aggiornato sulla base delle prescrizioni dei pareri espressi da ARPAM, ISPRA e regione Marche.

      6.2. Non risultano indagini specifiche svolte dalle autorità amministrative competenti (in particolare dalla provincia di Macerata e dalla provincia di Fermo) finalizzate alla identificazione dei responsabili della contaminazione del sito in questione.
      Occorre rilevare che era onere delle autorità amministrative individuare i responsabili dell'inquinamento al fine di ordinare loro di effettuare la bonifica del sito contaminato (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 16 giugno 2009, n.  3885; TAR Friuli Venezia Giulia Trieste, sez. I, 05.05.2014, n.  183).
      Al riguardo, l'articolo 244, comma 2, del decreto legislativo n.  152 del 2006 stabilisce, per quanto qui interessa, che «la provincia,... dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere...».
      Lo stesso TAR Marche, con le sentenze sopra indicate, ha evidenziato che «nel caso di specie non emerge che le autorità amministrative preposte abbiano svolto una compiuta istruttoria atta a ricercare l'origine dell'inquinamento al fine di collegarlo causalmente all'attività industriale posta in essere dalla ricorrente».
      Certo è che l'eventuale individuazione dei responsabili dell'inquinamento avrebbe facilitato ed accelerato l’iter amministrativo relativo alla bonifica del sito.

      6.3. Il sito, a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 36-bis, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n.  134, che ha modificato il comma 2 dell'articolo 252 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152, non è più ricompreso tra i siti di bonifica di interesse nazionale e, conseguentemente, i relativi costi di bonifica non possono essere sostenuti dallo Stato, che, peraltro, pur essendo un SIN, non aveva stanziato alcuna risorsa finanziaria.
      Certo è che, non essendo stati individuati i responsabili dell'inquinamento, ai sensi dell'articolo 250 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152, gli interventi di bonifica del sito contaminato debbono essere realizzati d'ufficio dai comuni territorialmente competenti e, ove questi non provvedano, dalla regione.
      La regione Marche, mediante l'articolo 24 della Legge regionale 29 novembre 2013, n.  44 (Assestamento di bilancio), ha stabilito: «1. Ai sensi dell'articolo 14 della legge regionale 2 agosto 2006, n.  13 (Assestamento del bilancio 2006), la bonifica delle aree individuate all'interno dell'ex sito di interesse nazionale denominato “Basso Bacino del fiume Chienti” spetta ai Comuni nel cui territorio ricadono le rispettive aree.
      2. La bonifica unitaria della falda acquifera ricompresa nel sito di cui al comma 1 spetta agli enti territoriali interessati, già firmatari dell'accordo di programma stipulato con il Ministero competente in data 2 luglio 2008 e non più operante, sulla base di quanto dagli stessi stabilito mediante la conclusione di un Pag. 182nuovo accordo di programma che deve tenere conto delle relative disponibilità finanziarie e dell'eventuale riperimetrazione dell'area, da indagare sulla base dei risultati delle analisi delle acque di falda ottenuti nel tempo dai monitoraggi eseguiti dall'Agenzia regionale per la protezione ambientale delle Marche (ARPAM)» (1).

(1)    L'articolo 14, comma 1, della Legge regionale 2 agosto 2006, n.  13, così dispone: «Le funzioni amministrative inerenti gli interventi di bonifica che ricadono interamente nell'ambito del territorio comunale e che sono attribuite alla Regione ai sensi dell'articolo 242 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152 (Norme in materia ambientale) sono trasferite ai comuni».
      Con detta disposizione la regione Marche ha voluto rafforzare la necessità della bonifica dell'intera area da parte degli enti territoriali, già firmatari di un accordo di programma non più operativo, mediante la conclusione di un nuovo accordo di programma.
      In conclusione, in mancanza di detto nuovo accordo, poiché non sono stati individuati i responsabili dell'inquinamento, gli interventi di bonifica del sito di interesse regionale (SIR) «Basso Bacino del Fiume Chienti» debbono essere realizzati d'ufficio dai comuni e, ove questi non provvedano, dalla regione Marche, ai sensi dell'articolo 250 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152.