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CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 23 novembre 2016
731.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino (C. 2236-2618-B, approvata dalla Camera e modificata dal Senato).

PARERE APPROVATO

      Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
          esaminata la proposta di legge C. 2236-2618-B, approvata dalla Camera e modificata dal Senato, recante «Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino»;
          richiamato il parere reso da questo Comitato nella seduta del 28 aprile 2016;
          rilevato che le prime due modifiche apportate dal Senato agli articoli 2 e 7 attengono ad alcuni riferimenti di normativa europea richiamati nel provvedimento mentre la modifica dell'articolo 74 in materia di sistema sanzionatorio è finalizzata ad evitare la violazione del principio del ne bis in idem sostanziale prevedendo, per ciascuna delle fattispecie illecite contenute nel medesimo articolo, l'applicazione della sanzione amministrativa o della sanzione penale;
          rilevato che la produzione e commercializzazione del vino può essere considerata in prima analisi parte della materia «agricoltura» rientrante nell'ambito della potestà legislativa residuale delle regioni ai sensi dell'articolo 117, quarto comma, della Costituzione;
          fatto notare, tuttavia, che la potestà legislativa esclusiva statale trova il suo fondamento, oltre che in ragione della rilevanza internazionale ed europea della normativa, nelle materie connesse alla tutela della concorrenza ed all'ordinamento civile e penale ai sensi, rispettivamente, dell'articolo 117, secondo comma, lettere e) ed l) della Costituzione;
          osservato, poi, che nelle materie legate al commercio con l'estero, alla tutela della salute e all'alimentazione, che rivestono trasversalmente la disciplina vitivinicola, vige la competenza concorrente dello Stato e delle regioni ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
          considerato, in ogni caso, che, nell'ambito di tale intreccio di competenze, l'intervento statale deve essere declinato, come costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, sulla base dell'applicazione del principio di prevalenza tra le materie interessate e di quello, fondamentale, di leale collaborazione, che si sostanzia in momenti di reciproco coinvolgimento istituzionale e di necessario coordinamento dei livelli di governo statale e regionale,
      esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 2

5-02456 Oliverio: Sugli atti intimidatori nei confronti del pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

      Signor Presidente, onorevoli deputati, l'onorevole Oliverio, prendendo spunto da un ulteriore atto intimidatorio che sarebbe stato posto in essere nel marzo 2014 nei confronti del sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Pierpaolo Bruni, chiede che siano adottate adeguate misure di protezione personale a tutela della sua incolumità.
      Con riferimento all'episodio menzionato nell'interrogazione, avvenuto nella notte fra il 16 e 17 marzo 2014, si rappresenta che, nei giorni immediatamente successivi, il padre del magistrato ha denunciato alla Questura di Crotone il tentato furto della propria autovettura parcheggiata nei pressi dell'abitazione.
      Grazie alle tempestive indagini della Squadra mobile, si è potuto risalire ai responsabili dell'episodio criminoso – due persone con precedenti di polizia ed un minore – che, nell'ammettere una serie di furti di autovetture perpetrati durante quella notte, hanno precisato di non aver portato a compimento il furto della vettura in questione in quanto priva di carburante. All'esito degli accertamenti, i tre soggetti sono stati deferiti all'Autorità giudiziaria.
      Successivamente, accurate indagini sono state svolte:
          tanto in relazione alle dichiarazioni rese nel novembre 2014 alla Polizia penitenziaria di Catanzaro da un detenuto di nazionalità irachena ivi ristretto circa un progetto di attentato ai danni del dottor Bruni;
          quanto in relazione alle dichiarazioni rese nel marzo 2015 da un collaboratore di giustizia in cui si faceva riferimento a un capo clan mafioso che sarebbe stato a conoscenza degli spostamenti e delle frequentazioni del magistrato e avrebbe proferito parole minacciose nei suoi confronti;
          quanto, più di recente, in relazione al danneggiamento dell'autovettura di proprietà del magistrato, avvenuto ad opera di ignoti lo scorso 3 marzo davanti alla sua abitazione.

      In ordine alle misure di protezione personale a tutela del dottor Bruni, assicuro che, nel corso degli anni, l'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale e le Autorità provinciali di pubblica sicurezza hanno valutato sempre con la massima attenzione gli episodi di intimidazione e di minaccia dell'incolumità di cui il magistrato è stato destinatario, adottando, in ogni circostanza, le misure tutorie necessarie.
      Attualmente, in virtù di ripetute proroghe disposte in sede di verifica del livello di rischio, il magistrato beneficia di un dispositivo tutorio rafforzato, che viene costantemente attuato e monitorato. Esso copre – in misura diversificata a seconda delle esigenze di contesto – tutti i luoghi che il dottor Bruni si trova a frequentare per motivi di servizio o personali. Si omettono i dettagli per comprensibili motivi di sicurezza.
      Per completezza di informazione, evidenzio che una specifica misura di vigilanza è attiva anche a tutela del padre del magistrato presso la sua abitazione.
      Su un piano più generale, informo che sull'intero territorio nazionale sono in Pag. 9atto, per la sicurezza personale di magistrati, 276 dispositivi tutori adottati su determinazione dell'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale, nonché 765 servizi di vigilanza adottati su disposizione delle Autorità provinciali di pubblica sicurezza, di cui 731 vigilanze generiche radio collegate, 11 vigilanze dinamiche dedicate, 23 vigilanze radiocollegate ad orari convenuti.
      Soggiungo che la protezione dei magistrati è una priorità nella predisposizione dei servizi di polizia nell'ambito dei piani coordinati di controllo del territorio e che la valutazione dell'esposizione a rischio di ogni singolo magistrato forma oggetto di un'approfondita e periodica rivisitazione, ai fini dell'equilibrata applicazione dei dispositivi di protezione previsti dalla legge.
      Si tratta di un meccanismo, credo si possa dire ben rodato, che è stato rimodulato negli anni attraverso interventi correttivi volti a incrementarne l'efficienza e a ridurne i costi di esercizio.
      Esso costituisce la tangibile conferma dell'attenzione che il Ministero dell'interno dedica alla sicurezza e alla libera determinazione degli appartenenti all'Ordine giudiziario, contro ogni forma di minaccia, condizionamento o intimidazione.

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ALLEGATO 3

5-03938 Burtone: Sui furti commessi presso la scuola Randaccio di Roma.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

      Signor Presidente, onorevoli deputati, con l'interrogazione all'ordine del giorno, l'onorevole Burtone, nel segnalare i furti di derrate alimentari avvenuti all'interno dei locali della mensa delle scuole dell'infanzia e primaria «Randaccio» nel quartiere di Casalbertone, a Roma, chiede di conoscere quali interventi si intendano porre in essere per prevenire il verificarsi di ulteriori, analoghi episodi e garantire lo svolgimento delle attività didattiche in condizioni di maggiore sicurezza sia per gli alunni che per gli operatori scolastici.
      Effettivamente, nel 2014 si sono registrati, all'interno dell'edificio in cui insistono le predette scuole, 11 furti, 3 dei quali durante l'anno scolastico 2013-2014 e 8 nell'anno scolastico successivo. Tali episodi hanno determinato anche il danneggiamento delle strutture.
      Dalle notizie acquisite presso i competenti organi di polizia, che hanno puntualmente informato l'Autorità giudiziaria, risulta che i furti si siano verificati sempre in orari notturni e dopo uno o due giorni dal rifornimento delle provviste da parte della scuola che, come constatato in sede di sopralluogo, non disponeva all'epoca di idonee misure di sicurezza ed antifurto.
      A seguito del ripetersi del fenomeno, il locale presidio dell'Arma dei carabinieri ha approntato specifici servizi di vigilanza statici e dinamici, anche con personale dislocato all'interno della scuola durante le ore notturne. Tali misure hanno consentito di trarre in arresto quattro persone, responsabili però di reati commessi all'esterno della scuola e, quindi, non riconducibili al fenomeno in questione.
      Dopo gli eventi segnalati e gli ulteriori, analoghi fatti occorsi anche nei locali del centro anziani, che insistono in un'altra ala dello stesso edificio, constatato inoltre che l'edificio scolastico presentava diversi punti critici di facile accesso, sia il Commissariato di pubblica sicurezza «Sant'Ippolito» che la Stazione dei Carabinieri di Casalbertone hanno invitato i responsabili della struttura a provvedere quanto prima all'installazione di idonee misure di sicurezza passiva, quali porte blindate, grate in ferro più resistenti oltreché sistemi di allarme e di videosorveglianza.
      Nel contempo, la Questura capitolina, attraverso l'impiego di personale del Reparto Volanti e dell'autoradio del Commissariato «Sant'Ippolito», ha continuato a garantire un servizio di vigilanza saltuaria.
      Considerata la situazione, il dirigente dell'istituto scolastico ha proceduto nel 2014 a richiedere al Servizio Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana del comune di Roma l'installazione di un sistema di allarme costituito da un impianto acustico e di video sorveglianza.
      Grazie all'attivazione di tale sistema, la sede è stata messa in sicurezza.
      Secondo quanto riferito dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da allora non si sono verificati altri furti né reati di danneggiamento.

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ALLEGATO 4

5-04529 Zampa e 5-07613 Rizzetto: Sulle iniziative per contrastare il fenomeno della scomparsa dei minori non accompagnati dai centri di accoglienza e il loro sfruttamento da parte di organizzazioni criminali.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

      Signor Presidente, onorevoli deputati, con le interrogazioni all'ordine del giorno, che si discutono congiuntamente in quanto attengono alla medesima tematica, gli onorevoli Zampa e Rizzetto, unitamente ad altri deputati, richiamano l'attenzione sulla tematica dei minori stranieri non accompagnati, con particolare riferimento al fenomeno della loro irreperibilità di cui paventano la possibile connessione con lo sfruttamento e l'abuso dei minori medesimi ad opera di organizzazioni criminali.
      In relazione a ciò, gli onorevoli interroganti chiedono di conoscere le iniziative che il Governo intenda porre in essere a tutela di tale categoria di persone particolarmente vulnerabili.
      Il tema evidenziato è particolarmente sentito in Parlamento, tant’è che in questa legislatura è stato oggetto di ripetuto confronto tra il Governo e i gruppi parlamentari, in sede di discussione sia di atti di indirizzo che di sindacato ispettivo.
      Ricordo anche che all'argomento sono dedicate diverse proposte di legge, una delle quali, a prima firma proprio dell'onorevole Zampa, è stata approvata dalla Camera nello scorso mese di ottobre con la condivisione del Governo e proprio in questi giorni è all'esame della competente Commissione del Senato.
      Per inquadrare il problema nella sua dimensione generale, premetto che la condizione dei minori stranieri non accompagnati è da tempo all'attenzione del Ministero dell'interno, anche in ragione del fatto che, nell'ambito degli imponenti flussi migratori che stanno interessando il territorio nazionale, si registra un numero crescente di arrivi di tale categoria di soggetti particolarmente vulnerabili. I dati forniti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali attestano che nell'ultimo quinquennio il loro flusso è quasi triplicato, essendosi passati dalle 5.821 unità presenti in Italia nel 2012 alle 14.225 del settembre di quest'anno.
      Passando al merito delle interrogazioni, riferisco che anche il fenomeno dell'irreperibilità dei minori in questione registra un trend in crescita. Sempre secondo i dati forniti dal Ministero del lavoro, gli irreperibili sono attualmente 6.357 a fronte dei 1.754 del 2012.
      Voglio subito assicurare che, da parte delle pubbliche autorità, non vi è stata né vi sarà alcuna sottovalutazione del problema.
      Va intanto sottolineato che l'irreperibilità dei minori in questione rappresenta un aspetto strutturale e costante del fenomeno migratorio, dovuto ad una molteplicità di fattori, tra i quali rivestono notevole rilevanza il progetto migratorio, l'aspettativa familiare e individuale, le reti parentali e di riferimento nei paesi di destinazione.
      A monte, vi è poi l'ulteriore considerazione che le comunità e le strutture di accoglienza dei minori – siano esse comunali o governative – non hanno natura detentiva, ragion per cui la permanenza e le uscite da esse sono improntate al rispetto delle regole di convivenza e delle indicazioni dei singoli gestori.Pag. 12
      In forza dei doveri di legge in tema di affidamento, i responsabili dei centri sono tenuti a denunciare tempestivamente gli allontanamenti dei minori alle Forze di polizia che, ai fini dell'immediato avvio delle ricerche, attivano un circuito informativo interno e di tipo interforze, in modo che la segnalazione, indipendentemente dal fatto che sia o meno riferibile ad un'azione delittuosa, raggiunga gli Uffici di polizia su tutto il territorio nazionale e quelli dei Paesi dell'area Schengen ed extra Schengen.  La procedura prevede anche il coinvolgimento delle Autorità diplomatiche.
      In aggiunta a ciò, l'Ufficio di polizia, che ha ricevuto la denuncia, ne dà immediata comunicazione al Prefetto che, oltreché interessare tempestivamente il Commissario straordinario per le persone scomparse, può, all'occorrenza, attivare il piano provinciale di ricerca delle persone scomparse e decidere se coinvolgere o meno gli organi di informazione.
      Secondo i dati forniti dal Commissario straordinario per le persone scomparse, l'articolato meccanismo di ricerca appena descritto ha consentito il rintraccio, nel quadriennio 2012-2015, del 30 per cento circa dei minori stranieri allontanatisi dalle residenze protette.
      Lascio a voi la valutazione di questo dato, che a mio parere non è trascurabile.
      Desidero completare con alcune notizie aggiuntive il quadro delle iniziative poste in essere dalle pubbliche autorità nello specifico settore.
      Il Commissario straordinario per le persone scomparse ha avviato da tempo una serie di interventi, tra cui un censimento mensile con tutte le Prefetture per disporre di un quadro del fenomeno tale da agevolarne la comprensione e l'individuazione di misure di prevenzione.
      Nel medesimo senso, nel 2014 il Commissario ha siglato anche un protocollo operativo con la Prefettura di Roma, le Forze dell'ordine, il Tribunale dei minori, il comune di Roma, l'ANCI e l'Università La Sapienza per la messa a punto di un sistema di monitoraggio e approfondimento delle cause di allontanamento da parte dei minori stranieri non accompagnati.
      Sulla scorta di tale atto, il Dipartimento della pubblica sicurezza ha emanato una circolare che consente già ora di poter segnalare telefonicamente l'ingiustificata irreperibilità di minori – compresi quelli stranieri non accompagnati – che si allontanano senza autorizzazione dalla struttura di accoglienza. La segnalazione fornita per le vie brevi viene inserita nella Banca dati SDI delle Forze di polizia e lì permane per 72 ore, termine entro il quale deve essere formalizzata la denuncia di scomparsa.
      È evidente come la tempestività con cui l'informazione viene immessa nella Banca dati SDI costituisca un passo in avanti determinante per il buon esito delle ricerche, consentendone l'attivazione sin dalle ore se non dai minuti immediatamente successivi alla scomparsa.
      Sempre in attuazione del citato protocollo, l'Università La Sapienza sta procedendo alla raccolta e all'esame dei dati concernenti gli allontanamenti dei minori in questione dai centri gestiti dal comune di Roma. In tale ambito, è emerso che molti minori si allontanano dalle strutture d'accoglienza anche più di una volta. Sono molti anche i minori che effettuano ingressi multipli a volte attraverso alias, che di conseguenza aumentano la quantità degli ingressi.
      Rappresento inoltre che è attivo sin dal 2009 il servizio inter-istituzionale denominato «116000 – Linea telefonica diretta per i minori scomparsi», gestito dall'associazione Telefono Azzurro sulla base di un protocollo d'intesa siglato con il Ministero dell'interno e che, presso una sala operativa del Dipartimento della pubblica sicurezza, opera dall'agosto 2013 un sistema che consente la massima diffusione a livello internazionale di informazioni utili alla ricerca dei minori scomparsi.
      Segnalo poi la collaborazione tra il Dipartimento medesimo e l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza che si è concretizzata con la stipula, il 28 gennaio 2014, di un nuovo protocollo d'intesa Pag. 13(il precedente risaliva al dicembre 2012) volto a definire modalità operative per rendere chiari e uniformi gli interventi delle Forze di polizia in relazione all'attività degli operatori professionali del settore dell'infanzia e dell'adolescenza, con particolare attenzione ai minori in questione e alle problematiche relative ai minorenni autori, vittime e testimoni di reato ed al loro diritto all'ascolto.
      In relazione al rischio che i minori scomparsi finiscano in circuiti illegali e diventino vittime di varie forme di sfruttamento, informo che le indagini di polizia non hanno evidenziato, al momento, collegamenti significativi tra il fenomeno della scomparsa dei minori e le fattispecie delittuose o gli abusi richiamati.
      Solo raramente è emersa la sussistenza di una tratta di minori finalizzata allo sfruttamento nell'accattonaggio e in attività illecite, cioè la sussistenza di una criminalità che recluta bambini in altri Paesi e li impiega in forma organizzata, sfruttandoli nei punti strategici delle aree urbane per raccogliere soldi oppure per commettere dei reati, solitamente furti.
      Assicuro comunque che il livello di attenzione su questo specifico ambito di attività criminale è elevato, come è testimoniato, per quanto riguarda la Polizia di Stato, dal fatto che, per la prevenzione e la repressione dei reati in danno dei minori, sono stati istituiti uffici ad hoc – faccio riferimento, ad esempio, agli «Uffici Minori» delle Questure – i cui operatori ricevono una peculiare formazione multidisciplinare, che pone al centro dell'attenzione le vittime e le modalità più efficaci per prevenire i fenomeni di abuso in questione.
      Ritengo, in conclusione, che le sollecitazioni contenute nelle interrogazioni, non abbiano trovato impreparato il Ministero dell'interno.
      Certamente le iniziative che ho appena illustrato non esauriscono il ventaglio delle misure adottabili per prevenire e contrastare la scomparsa dei minori non accompagnati.
      E tuttavia posso affermare che questa Amministrazione, attraverso le sue articolazioni centrali e periferiche, è e rimane impegnata in prima linea nell'individuazione e nell'attuazione di forme sempre più efficaci ed evolute di monitoraggio e contenimento dei fenomeno, in sinergia con i comuni e gli altri enti interessati.

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ALLEGATO 5

5-09719 Businarolo: Sul sistema di accoglienza dei migranti nella regione Veneto.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

      Signor Presidente, onorevoli deputati, l'onorevole Businarolo, unitamente ad altri deputati, richiama l'attenzione sul sistema di accoglienza dei migranti nel territorio veneto, rappresentando l'esigenza che, in sede di distribuzione dei medesimi tra i vari comuni, siano compiute scelte compatibili con la salvaguardia della naturale vocazione turistica e termale-alberghiera di alcune realtà di quella regione.
      Al riguardo, chiede di conoscere quali iniziative si intendano porre in essere per ripartire equamente gli stranieri sul territorio regionale assicurando, nel contempo, la loro inclusione nel tessuto economico sociale.
      Ritengo utile svolgere una premessa di carattere generale.
      Fin dal luglio 2014, cioè fin dall'intesa raggiunta con le regioni e gli enti locali in sede di Conferenza unificata, questo Governo persegue – in linea con quanto auspicato dagli interroganti – una politica di accoglienza diffusa, vale a dire di distribuzione territoriale dei migranti sulla base di una serie di criteri oggettivi di riparto decisi al Tavolo nazionale di coordinamento presso il Viminale e ai vari Tavoli di coordinamento presso le Prefetture dei capoluoghi di regione, ai quali partecipano attivamente anche le rappresentanze dei vari livelli di governo del territorio.
      In questo modo siamo riusciti a realizzare, in un contesto di partnership con il mondo delle autonomie locali, l'equa ripartizione dei migranti tra le regioni e, in tale ambito, la quota di accoglienza raggiunta dal Veneto si attesta su percentuali analoghe a realtà consimili quali il Lazio, la Campania e il Piemonte e alla realtà siciliana, che però sconta l'impatto negativo degli sbarchi.
      Permangono, tuttavia, all'interno della regione Veneto squilibri, redistributivi determinati dalla limitata platea degli amministratori che finora hanno aderito alla rete di accoglienza.
      In questo contesto, il prefetto di Venezia ha proceduto alla periodica convocazione del Tavolo di coordinamento regionale, al fine di assicurare un più elevato livello di condivisione delle scelte operative e di sollecitare una maggiore collaborazione degli enti locali.
      Lo stesso prefetto di Venezia e i prefetti delle altre province venete, hanno costituito apposite cabine di regia partecipate da tutti i sindaci, nell'intento di operare con il pieno sostegno delle comunità locali e di scongiurare, quindi, la percezione che l'accoglienza sia gestita secondo principi autoritari e con soluzioni imposte dall'alto.
      È stata percorsa anche la strada della stipula di convenzioni con numerosi organismi di solidarietà sociale, laici e religiosi, a seguito dell'esperimento di gare di appalto ad evidenza pubblica a livello europeo.
      Tuttavia, le offerte pervenute dai soggetti partecipanti sono sempre risultate largamente inferiori al fabbisogno dei posti necessari a soddisfare la quota spettante al Veneto.
      Quindi, anche per evitare pesanti ricadute sul territorio in termini di sicurezza e di ordine pubblico, si è dovuto ricorrere a soluzioni alloggiative improntate all'assoluta urgenza, quale l'utilizzo di edifici demaniali dismessi dalle Forze armate.Pag. 15
      Questo è quanto si è verificato nei casi della caserma di Bagnoli di Sopra, nel territorio padovano, della caserma «Serena» a Treviso e della caserma «Silvestri» a Cona nella città metropolitana di Venezia.
      In merito, invece, alla caserma Primo Roc, menzionata nell'interrogazione, informo che l'immobile è stato oggetto solo di un'attività di ricognizione, allo scopo di valutare la possibilità di destinarlo a centro di accoglienza. Tale ipotesi, al momento, non è perseguita.
      Per effetto dell'insieme delle attività appena descritte, il sistema di accoglienza si articola attualmente, oltreché nelle citate caserme, in una rete formata dal 41 per cento dei comuni del Veneto, cioè da circa 240 comuni sui 576 complessivi, che ospitano complessivamente oltre 14 mila migranti, dei quali oltre 500 inseriti nell'ambito SPRAR. Ciò ha consentito di raggiungere la quota proporzionale di stranieri spettante alla regione.
      Per una più equilibrata distribuzione dei migranti tra comune e comune e al fine di alleggerire le comunità in cui vi sono maggiori concentrazioni – faccio riferimento soprattutto a quelle dove sono state attivate le caserme demaniali –, occorrerebbe che il rimanente 58 per cento dei comuni, nei quali non è presente alcun migrante, si facesse carico di accoglierne una congrua quota.
      Assicuro che le prefetture del Veneto continueranno a perseguire l'obiettivo dell'accoglienza diffusa, nella consapevolezza che si tratta di una scelta strategica idonea a garantire, da un lato, una significativa riduzione dell'impatto che il massiccio arrivo dei migranti è suscettibile di avere sul territorio, dall'altro, una maggiore efficacia dei percorsi di integrazione e inclusione sociale.
      D'altra parte, osservo che lo squilibrio redistributivo tra i comuni è un problema che interessa tutte le regioni, non solo il Veneto.
      Per superare tale criticità, stiamo lavorando in perfetta unità di intenti con l'ANCI, con cui, nel mese scorso, abbiamo condiviso un Piano operativo che, muovendo dal sistema delle quote regionali fissato, nell'intesa in Conferenza unificata del luglio 2014, consentirà anche all'interno di ciascuna regione una distribuzione più equilibrata e sostenibile tra le diverse realtà locali, grazie alla definizione di un numero di presenze rapportato alla popolazione residente in ogni singolo comune.
      Il cardine di questa operazione di ulteriore riequilibrio risiede nella forte crescita dei progetti della rete SPRAR, cioè dei progetti relativi alla cosiddetta seconda accoglienza, proposti dai sindaci insieme agli enti qualificati del Terzo settore e finanziati nella quasi totalità (95 per cento) dal Ministero dell'interno.
      Siamo impegnati da anni nel potenziamento di questa rete, della quale, siamo riusciti ad aumentare esponenzialmente i posti dai 3 mila del 2012 ai 22 mila attuali. E stiamo portando avanti altre iniziative nella medesima direzione.
      Nella parte finale dell'interrogazione, viene posto anche il tema del coinvolgimento dei migranti in attività socialmente utili, al fine di favorirne l'inclusione nella realtà locale.
      Rappresento, al riguardo, che proprio per favorire l'impegno fattivo e operoso degli stranieri nelle comunità locali, questa Amministrazione ha sensibilizzato e autorizzato le prefetture a sottoscrivere protocolli di intesa con gli enti locali per l'individuazione di percorsi lavorativi su base volontaria, opportunamente disciplinati dal punto di vista organizzativo e assicurativo, in grado di offrire ai migranti nuove opportunità di integrazione sociale e di futuro orientamento occupazionale.
      In linea con tali indirizzi, vari comuni del Veneto, su impulso delle Prefetture, hanno attivato specifici progetti per lo svolgimento di attività di volontariato da parte degli stranieri ospitati nelle strutture di accoglienza.