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CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 3 ottobre 2017
884.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
COMUNICATO
Pag. 364

SEDE CONSULTIVA

      Martedì 3 ottobre 2017. — Presidenza del presidente Cesare DAMIANO. – Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Luigi Bobba.

      La seduta comincia alle 13.35.

Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2017.
Doc. LVII, n.  5-bis, Allegati e Annesso.

(Parere alla V Commissione).
(Esame e rinvio).

      La Commissione inizia l'esame del documento.

      Cesare DAMIANO, presidente, ricorda che, secondo quanto stabilito nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, dello scorso 28 settembre, l'espressione del parere alla V Commissione avrà luogo nella giornata di domani, mercoledì 4 ottobre. Dà, quindi, la parola alla relatrice, on.  Marialuisa Gnecchi.

      Marialuisa GNECCHI (PD), relatrice, sottolinea preliminarmente che la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2017, della quale la Commissione avvia l'esame nella seduta odierna, reca un aggiornamento del quadro tendenziale e di quello programmatico, con riferimento tanto alle grandezze macroeconomiche quanto agli obiettivi di finanza pubblica alla luce dell'evoluzione del quadro macroeconomico che evidenzia un rafforzamento della ripresa dell'economia italiana che, come si legge nella premessa della Nota, dopo anni di profonda recessione, si è manifestata nel 2014, consolidata nel biennio 2015-2016 e ha preso vigore nell'anno in corso, in virtù di un contesto di crescita più dinamica a livello Pag. 365europeo e globale, mostrando crescenti segnali di irrobustimento strutturale.
      La Nota evidenzia che il PIL reale, negli ultimi tre trimestri, è aumentato a un ritmo congiunturale di circa lo 0,4 per cento, mentre il tasso di crescita tendenziale nel secondo trimestre ha raggiunto l'1,5 per cento. Gli occupati, nella prima metà dell'anno, sono cresciuti dell'1,1 per cento su base annua e le ore lavorate del 2,8 per cento. Si tratta di un quadro favorevole che, a giudizio del Governo, permette di rivedere in miglioramento le previsioni recate dal DEF di aprile, che aveva adottato un approccio prudenziale. A tale positivo andamento contribuiscono – secondo quanto rappresentato nella Nota – anche le riforme strutturali realizzate e in corso di attuazione. In particolare, la riforma del mercato del lavoro inciderebbe positivamente sul prodotto interno lordo per 0,6 punti percentuali al termine di un quinquennio, per 0,9 punti percentuali al termine di dieci anni e per 1,3 punti percentuali nel lungo periodo. L'impatto della riforma della pubblica amministrazione è invece stimato in termini leggermente inferiori e sarebbe pari allo 0,5 per cento del PIL al termine di un quinquennio, allo 0,8 per cento dopo dieci anni e all'1,2 per cento nel lungo periodo. Significativo, infine, è il contributo stimato per il piano nazionale Impresa 4.0, che dovrebbe contribuire alla crescita del prodotto interno lordo per 1,2 punti percentuali al termine di un quinquennio, per 1,9 punti percentuali al termine di un decennio e per 4,1 punti percentuali nel lungo periodo.
      Per quanto attiene alle variabili macroeconomiche, la Nota di aggiornamento prevede una crescita tendenziale del PIL reale pari all'1,5 per cento nel 2017, con un incremento dello 0,4 per cento rispetto alle stime contenute nel DEF e una crescita dello 0,6 per cento rispetto al 2016. Alla variazione del quadro tendenziale, che si ripercuote positivamente anche sugli esercizi successivi, contribuiscono sia la riduzione dell'importo delle clausole di salvaguardia relative all'aumento dell'IVA prevista dal decreto-legge n.  50 del 2017 sia la revisione al rialzo del profilo di crescita reale durante l'anno in corso. Per ciascuno degli anni 2018 e il 2019 la crescita del prodotto interno lordo sarebbe pari all'1,2 per cento, a fronte delle previsioni contenute nel DEF di una crescita dell'1 per cento nel 2018 e dell'1,1 per cento nel 2019. Per il 2020, la crescita tendenziale del prodotto interno lordo sarebbe pari all'1,3 per cento, a fronte dell'1,1 per cento stimato dal DEF per il medesimo anno. La crescita del PIL nominale tendenziale, è stimata al 2,1 per cento nel 2017, con un decremento dello 0,1 per cento rispetto alle previsioni del DEF a causa della più contenuta dinamica dell'inflazione. L'incremento del valore del deflatore dei consumi contribuisce, invece, all'incremento delle previsioni per gli esercizi successivi, che si attestano al 3 per cento per ciascuno degli anni dal 2018 al 2020.
      Per quanto attiene alle previsioni tendenziali di finanza pubblica, rimane invariata rispetto alla precedente stima del DEF la previsione riguardante l'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni, fissata al 2,1 per cento nel 2017. Nel 2018 l'indebitamento scenderebbe, invece, all'1 per cento del PIL, a causa soprattutto dell'aumento dell'IVA derivante dall'attivazione delle clausole di salvaguardia e, con una incidenza minore, della riduzione della spesa per interessi. Infine, il saldo di bilancio scenderebbe verso il pareggio, raggiungendo un livello di –0,3 per cento del PIL e –0,1 per cento del PIL, rispettivamente, nel 2019 e nel 2020. Anche le previsioni tendenziali relative al rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo presentano una riduzione dal 132 per cento del PIL del 2016, dato a sua volta rivisto al ribasso, al 131,6 per cento. La discesa del rapporto sarebbe più marcata negli anni successivi del triennio, giungendo al 124,3 per cento nel 2020.
      Il quadro programmatico subisce, invece, variazioni più marcate anche alla luce delle scelte di politica economica e di bilancio indicate nella relazione presentata dal Governo ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n.  243 del 2012, Pag. 366annessa alla Nota di variazione all'esame della Commissione. Nella relazione, che dovrà essere approvata a maggioranza assoluta dall'Assemblea con una specifica risoluzione, si evidenzia che il Governo ha indirizzato una lettera alla Commissione europea in cui sottolinea l'importanza di bilanciare adeguatamente gli obiettivi della sostenibilità fiscale e del sostegno alla ripresa economica, evidenziando che un'eccessiva restrizione fiscale metterebbe a rischio la ripresa economica e la coesione sociale. Nella Nota si evidenzia anche l'esigenza di fronteggiare nei prossimi anni anche la questione demografica, frutto della combinazione tra l'invecchiamento della popolazione e la riduzione delle nascite e del tasso di fecondità. Sulla base, pertanto, dell'aggiornamento degli scenari demografici ed economici a livello europeo, sarà necessario conseguire tassi di crescita del PIL più elevati rispetto a quelli registrati negli ultimi anni e promuovere un aumento dei tassi di attività e del tasso di fecondità, al fine di assorbire gli effetti del futuro impatto del pensionamento dei baby boomers e di promuovere politiche di sostegno all'occupazione giovanile e alla famiglia. Alla luce di tale orientamento delle politiche di bilancio, del quale la Commissione europea ha preso atto, sottolineando peraltro l'importanza di attuare ampie riforme strutturali e di ridurre il deficit di bilancio e il rapporto debito/PIL, l'aggiustamento strutturale di bilancio nel 2018 sarà ridotto dallo 0,8 per cento previsto dal DEF allo 0,3 per cento. Le previsioni programmatiche disegnano, quindi, un percorso più graduale di avvicinamento all'obiettivo del pareggio strutturale di bilancio, con un indebitamento netto pari, in termini nominali, all'1,6 per cento nel 2018, allo 0,9 per cento nel 2019 e allo 0,2 per cento nel 2020. Anche l'indebitamento netto strutturale, che si colloca su livelli inferiori a quelli del deficit nominale, segue un percorso di progressiva riduzione fino allo 0,2 per cento stimato per l'anno 2020, anno nel quale si dovrebbe chiudere l’output gap. Per effetto di tale percorso, il rapporto tra debito e prodotto interno lordo dovrebbe proseguire il percorso di progressiva riduzione avviato nell'anno in corso, collocandosi nel 2020, al termine del periodo di previsione, al 123,9 per cento. Per quanto attiene alle variabili macroeconomiche, il PIL reale programmatico, a fronte di una crescita dell'1,5 per cento dell'anno in corso, si manterrebbe sul medesimo livello di crescita anche nei due anni successivi, per poi rallentare leggermente nel 2020, quando la crescita sarebbe dell'1,3 per cento, con una dinamica costantemente superiore a quella del prodotto interno lordo tendenziale, a testimonianza dell'impostazione sostanzialmente espansiva della politica di bilancio dell'Esecutivo. Anche per la crescita del prodotto interno lordo in termini nominali, le previsioni programmatiche sono superiori a quelle tendenziali e registrano un progresso del 3,1 per cento nel 2018 e del 3,4 per cento per ciascuno degli anni 2019 e 2020.
      Quanto alle misure di politica economica e di bilancio alla base delle nuove previsioni programmatiche, la Nota anticipa sinteticamente le linee essenziali del percorso che il Governo intende seguire con la prossima legge di bilancio, per fornire un ulteriore impulso alla crescita e al lavoro e irrobustire la fiducia e gli investimenti: sterilizzate le clausole di salvaguardia, le risorse disponibili, seppur limitate dall'esigenza di stabilizzazione delle finanze pubbliche e di accelerazione del processo di riduzione del debito, verranno impiegate in scelte selettive privilegiando il sostegno dell'occupazione, con particolare riferimento a quella giovanile, attraverso la riduzione degli obblighi contributivi, il rafforzamento degli investimenti pubblici e privati e il potenziamento degli strumenti di lotta alla povertà e di sostegno alle famiglie. Le risorse verranno reperite con una manovra prossima allo 0,5 per cento del prodotto interno lordo, che comporterà una riduzione strutturale della spesa pubblica per circa lo 0,15 per cento del PIL, e misure sul versante delle entrate per il restante 0,35 per cento del PIL. Sul versante della spesa, la riduzione dovrebbe realizzarsi in particolare grazie Pag. 367all'integrazione nel ciclo di programmazione di bilancio del processo di revisione della spesa. In tale contesto, l'obiettivo di riduzione della spesa fissato per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è pari a 90 milioni di euro per il 2018, a 87 milioni di euro per il 2019 e a 82 milioni di euro annui a decorrere dal 2020. Per aumentare le entrate, il Governo si propone intensificare la lotta all'evasione e all'elusione fiscale, in particolare nell'ambito dell'IVA. Per gli anni 2019 e 2020 la relazione presentata ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n.  243 del 2012 evidenzia che i maggiori spazi derivanti dalla revisione al rialzo dell'indebitamento netto saranno destinati nel 2019, oltre che a disattivare le clausole di salvaguardia che prevedono l'incremento dell'IVA, a misure di sostegno degli investimenti pubblici e privati, inclusi quelli in capitale umano e ricerca, e nel 2020 sarà confermata la priorità al sostegno degli investimenti e dell'innovazione.
      Per quanto attiene ai dati macroeconomici tendenziali in materia di lavoro, i tassi di occupazione, espressi sia in unità lavorative annue (ULA) sia in termini di forza lavoro (FL) si accrescono costantemente nel corso del periodo di riferimento, con una crescita media prossima ad un punto percentuale annuo. Anche il tasso di disoccupazione ha un andamento positivo, riducendosi nel 2017 all'11,2 per cento, con un calo dello 0,5 per cento rispetto all'anno 2016, e continuando a decrescere nell'intero periodo di riferimento, raggiungendo il 10,8 per cento nel 2018, il 10,3 per cento nel 2019 e il 9,8 per cento nel 2020. Analogamente, il tasso di occupazione dei soggetti tra 15 e 64 anni di età mostra segni di lento ma progressivo miglioramento, passando dal 57,2 per cento del 2016 al 60 per cento nel 2020. Secondo i dati della rilevazione delle Forze di lavoro, in luglio il numero degli occupati ha superato il livello di 23 milioni di unità, ad un livello prossimo a quello raggiunto nel 2008, prima del manifestarsi degli effetti della crisi. La produttività del lavoro (misurata sulle unità di lavoro) è risultata positiva nella prima metà dell'anno, con andamenti difformi tra i settori. Nel medesimo periodo il costo del lavoro è cresciuto poco più di mezzo punto percentuale su base annua e le retribuzioni hanno mantenuto un profilo sostanzialmente piatto. La Nota rileva, inoltre, che, nonostante la debole dinamica della produttività, l'evoluzione del costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP), misurato sul PIL, resta piuttosto contenuta, riducendosi dallo 0,9 per cento del 2016 allo 0,3 per cento nel 2017, risalendo allo 0,6 per cento nel 2018 e all'1,2 per cento nel 2019, per poi ridursi leggermente all'1,1 per cento nel 2020. Come per le altre variabili macroeconomiche, il quadro programmatico reca nel complesso previsioni più favorevoli anche nel campo occupazionale. Il tasso di disoccupazione raggiungerebbe il 10,7 per cento nel 2018, il 10 per cento nel 2019 e il 9,5 per cento nel 2020, valore che permane tuttavia ancora lontano dal 6,7 per cento registrato nel 2008, prima del manifestarsi delle conseguenze della crisi economica e finanziaria. Anche per il tasso di occupazione per la fascia di età tra i 15 e i 64 anni, le previsioni programmatiche segnano un leggero miglioramento rispetto a quelle tendenziali e indicano un tasso di occupazione del 58,7 per cento nel 2018, del 59,5 per cento nel 2019 e del 60,2 per cento nel 2020, al termine del periodo di previsione.
      Venendo, quindi, all'andamento a legislazione vigente degli aggregati di entrata e di spesa direttamente riconducibili alle competenze della XI Commissione, segnala che le prestazioni sociali in denaro cresceranno dell'1,9 per cento nel 2017 e a un ritmo medio annuo del 2,5 per cento nel periodo 2018-2020, con una leggera riduzione in rapporto al PIL, dal 20 per cento nel 2017, al 19,9 per cento nel 2018, al 19,8 per cento negli anni 2019 e 2020. In tale ambito, la spesa per pensioni rappresenta la componente più ampia e passa da 261,9 miliardi di euro nel 2016 a 264,6 miliardi di euro nel 2017, con una crescita dell'1,3 per cento. Per gli anni successivi, le previsioni per il 2018 ammontano a 270,9 miliardi di euro, con una crescita del Pag. 3682,4 per cento, a 278,3 miliardi di euro nel 2019 e a 286,7 miliardi di euro nel 2020, con una crescita rispettivamente del 2,7 e del 3 per cento rispetto all'anno precedente. In rapporto al PIL, la spesa, pari al 15,5 per cento nel 2016, presenta invece un andamento lievemente discendente, passando al 15,4 per cento nel 2017 e al 15,3 per cento nel triennio 2018-2020. Nel medesimo aggregato, la spesa per altre prestazioni sociali in denaro, pari a 76,3 miliardi di euro nel 2016, è stimata crescere a 79,2 miliardi di euro nel 2017, a 81,8 miliardi di euro nel 2018, a 82,9 miliardi di euro nel 2019 e, infine, a 84 miliardi di euro nel 2020. In rapporto al PIL, l'incidenza di tale categoria di spesa cresce dal 4,5 per cento del 2016 al 4,6 per cento nel periodo 2017-2019, per poi tornare al 4,5 per cento nel 2020.
      Come di consueto, la Nota di aggiornamento dedica un focus specifico alle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano e delle spese pubbliche connesse all'invecchiamento, che, a differenza di quello pubblicato ad aprile nel DEF, reca previsioni fino al 2070, in coerenza con gli orientamenti recentemente condivisi in ambito europeo e già recepiti nelle previsioni aggiornate elaborate dalla Ragioneria generale dello Stato nel Rapporto n.  18 relativo alle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario, pubblicato lo scorso agosto. Come risulta nella prima parte, che illustra l'andamento della spesa pensionistica in rapporto al PIL nelle ipotesi dello scenario nazionale base, che recepisce i parametri demografici sottostanti lo scenario mediano elaborato dall'ISTAT con base 2016, ed incorporando gli effetti delle riforme che si sono susseguite dal 1995, fino alle disposizioni recate dalla legge di bilancio 2017, il rapporto tra spesa pensionistica e PIL, a partire dal biennio 2015-2016, diminuisce, per effetto di un andamento di crescita più favorevole e della graduale prosecuzione del processo di innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento. Successivamente, si prevede una stabilizzazione del rapporto, che raggiungerebbe il 15,3 per cento nel 2029. Negli anni successivi, l'incidenza della spesa previdenziale sul prodotto interno lordo crescerebbe fino a raggiungere il 16,2 per cento nel 2042 e, con una rapida decelerazione, pressoché costante, si porterebbe al 15,5 per cento nel 2050 ed al 13,1 per cento nel 2070. A tale proposito, tiene ancora una volta a sottolineare che dall'aggregato della spesa pensionistica non risulta scorporata la componente fiscale, pari a circa 47 milioni di euro, che rappresenta quanto lo Stato incamera a titolo di IRPEF sui trattamenti pensionistici erogati. Se più correttamente fosse presa in considerazione, ai fini del calcolo del rapporto con il PIL, la spesa pensionistica netta, le proiezioni sarebbero migliori ma, soprattutto, più veritiere.
      Rispetto alle precedenti previsioni, l'aggiornamento dello scenario base con le nuove previsioni demografiche dell'ISTAT produce effetti peggiorativi in termini di sostenibilità di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e della finanza pubblica. La Nota precisa che tali effetti peggiorativi assumono dimensione ancora più rilevante nell'ambito dello scenario definito in sede di EPC-WGA (Economic policy Committee – Working Group on Ageing) per il nuovo round di previsione delle spese age-related (pensioni, sanità, long term care, ammortizzatori sociali e istruzione) funzionali alla valutazione della sostenibilità delle finanze pubbliche. Nell'ambito di tale scenario, le principali variabili macroeconomiche sono riviste in senso peggiorativo: in particolare, la crescita della produttività è stimata nulla e la disoccupazione strutturale in crescita. I tassi di attività, invece, sono stimati stabili, considerando il carattere di temporaneità delle misure introdotte dalla legge di bilancio 2017 volte a favorire l'accesso anticipato al pensionamento ad età inferiori a quelle conseguenti dai requisiti previsti per il pensionamento a normativa vigente. Anche i parametri demografici sono stati rideterminati in senso peggiorativo: il tasso di fecondità parte da un livello più basso; la speranza di vita, invece, da un livello più alto; il flusso migratorio netto viene Pag. 369fortemente ridimensionato. Per effetto del combinarsi di tali variabili, la popolazione italiana al 2060 è prevista contrarsi di oltre nove milioni rispetto alle precedenti previsioni e, contestualmente, l'indice di dipendenza degli anziani aumenta di oltre otto punti percentuali. Il complesso delle revisioni determina, in ultima analisi, una notevole riduzione delle proiezioni di crescita a lungo termine. Infatti, il tasso di crescita del PIL potenziale passa da un livello medio annuo di circa l'1,4 per cento delle precedenti previsioni ad un livello di circa lo 0,7 per cento. La contrazione della dinamica strutturale della crescita economica italiana si traduce in un peggioramento della previsione delle principali componenti della spesa pubblica age-related in rapporto al PIL e, in particolare, della spesa pensionistica. Infatti, rispetto alle previsioni del DEF 2017, il rapporto tra tale spesa e il PIL aumenta di circa due punti percentuali nel 2035, toccando il 17,9 per cento, e il suo ritmo di crescita raggiunge un massimo di 2,6 punti percentuali intorno al 2045, per poi ridursi a circa 1,2 punti percentuali al 2060 e a 0,5 punti percentuali al 2070. Resta, peraltro, confermato che le misure di contenimento della spesa pensionistica adottate dal 2004 hanno comportato risparmi di spesa che, cumulativamente, ammontano a circa 60 punti di PIL nel periodo fino al 2050, dei quali circa un terzo sarebbe ascrivibile alla manovra realizzata con il decreto-legge n.  201 del 2011. Nel complesso il focus evidenzia che l'incremento dell'incidenza della spesa legata all'invecchiamento sul PIL determina un sensibile deterioramento sia dell'indicatore di sostenibilità della finanza pubblica di medio periodo S1 sia dell'indicatore di lungo periodo S2, con riferimento al quale si verificherebbe il passaggio del nostro Paese dalla categoria a basso rischio a quella a medio rischio.
      Tornando, quindi, al quadro tendenziale, i redditi da lavoro dipendente delle pubbliche amministrazioni, dopo avere segnato tassi di crescita negativi dal 2011, sono previsti crescere su base nominale di circa l'1,7 per cento nel 2017, per effetto dei rinnovi contrattuali comprensivi della quota di arretrati. Nel 2018, tale spesa ritornerebbe a contrarsi dello 0,2 per cento, per poi riprendere a crescere, con un ritmo contenuto, nel biennio 2019-2020. Infatti, in valori assoluti, l'aggregato passerebbe da 163,9 miliardi di euro nel 2016 a 166,7 miliardi di euro nel 2017, a 166,4 miliardi di euro nel 2018, a 166,7 miliardi di euro nel 2019 e, infine, a 167 miliardi di euro nel 2020. Il rapporto tra tale spesa e il PIL continuerebbe, invece, a contrarsi progressivamente, passando dal 9,8 per cento del 2016 al 9,7 per cento del 2017, al 9,4 per cento del 2018, al 9,2 per cento del 2019 e, infine, all'8,9 per cento del 2020.
      Il capitolo V della Nota è dedicato alle principali iniziative adottate nel 2017 in risposta alle raccomandazioni della Commissione europea. Tra quelle riguardanti il settore della pubblica amministrazione si segnalano, per l'interesse che rivestono per la XI Commissione, l'attuazione della legge di riforma della pubblica amministrazione, attraverso l'adozione di sette decreti legislativi. Particolare significato assumono il decreto legislativo n.  74 del 2017, che disciplina il sistema di valutazione della performance delle pubbliche amministrazioni, e il decreto legislativo n.  75 del 2017, che reca la riforma di diversi aspetti della disciplina del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. Si richiama altresì la nuova disciplina introdotta per i licenziamenti disciplinari. La Nota menziona anche l'importanza della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri sul lavoro agile nella pubblica amministrazione, nonché, nell'ambito del focus dedicato alla legge annuale per il mercato e la concorrenza, la disciplina riguardante le assicurazioni e i fondi pensione. Particolarmente significativa, inoltre, è l'indicazione relativa al fatto che con la prossima manovra di bilancio si completerà il quadro complessivo delle risorse che consentiranno di proseguire i negoziati e gli incontri finalizzati ai rinnovi contrattuali nel pubblico impiego.
      Nel settore del lavoro, la Nota ricorda come con la legge n.  81 del 2017, che reca Pag. 370misure per il lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato, si sia completato il percorso di riforma avviato con il Jobs Act. Sul versante delle politiche attive del lavoro, la Nota, dopo avere ricordato l'estensione a regime dell'assegno di ricollocazione, fornisce dati particolareggiati sulle iniziative per la promozione dell'occupazione giovanile, ovvero il programma Garanzia Giovani, l'Incentivo Occupazione Giovani, rifinanziato nel 2017, e l'Incentivo Occupazione Sud. Si ricorda, inoltre, l'aumento del ricorso all'apprendistato da parte delle imprese, con una percentuale di contratti attivati nel primo semestre del 2017 che fa registrare una crescita del 27,3 per cento rispetto allo stesso periodo del 2016. È rafforzata anche la sperimentazione del nuovo sistema duale ed è stato adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l'erogazione del buono annuale per la frequenza di asili nido pubblici e privati, nonché per l'introduzione di forme di supporto presso la propria abitazione in favore dei bambini al di sotto dei tre anni affetti da gravi patologie croniche, come previsto dalla legge di bilancio 2017. Particolare rilievo è dato, inoltre, alle misure, introdotte dalla legge n.  33 del 2017 e dal decreto legislativo adottato sulla base della delega in essa contenuta, volte al contrasto della povertà attraverso interventi che aspirano ad assicurare nel tempo una copertura universale di tutti gli interessati.
      Nel paragrafo dedicato al Welfare, la Nota dà conto dell'adozione delle norme di attuazione delle misure pensionistiche previste dalla medesima legge di bilancio 2017, in particolare delle cosiddette APE sociale e APE volontaria. Si ricordano anche il rafforzamento degli incentivi fiscali per le parti di retribuzione legate a incrementi di produttività e l'entrata a regime della procedura per il deposito telematico dei contratti aziendali e territoriali.
      Infine, tra gli allegati alla Nota di aggiornamento, si segnala il Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, presentato ai sensi dell'articolo 10-bis.1, comma 1, della legge n.  196 del 2009. Per la redazione del Rapporto, il Governo, sulla base di quanto disposto dal decreto legislativo n.  160 del 2015, si avvale della relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva predisposta da una Commissione istituita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, anch'essa allegata alla Nota di aggiornamento.
      In particolare, per quanto attiene al contrasto dell'evasione contributiva, si segnala che l'azione di indirizzo, coordinamento e impulso portata avanti nel corso del 2016 ha privilegiato in particolare il contrasto all'illegalità nel lavoro, con particolare attenzione al lavoro «nero». Il Rapporto, in una specifica tabella, riepiloga le principali attività e i risultati ottenuti nell'ambito della prevenzione e del contrasto dell'evasione contributiva dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dall'INPS e dall'INAIL nel corso del 2016. Dalle 132.942 verifiche ispettive del Ministero sono stati accertati 88.865 lavoratori irregolari, di cui 43.048 completamente in nero. Per quanto riguarda l'INPS, sono state effettuate 28.818 ispezioni, che hanno portato all'accertamento di un monte contributivo evaso pari a 918 milioni di euro, alla scoperta di 14.051 lavoratori in nero e di 39.372 lavoratori irregolari; l'ammontare accertato a seguito di verifica amministrativa è stato pari a 333,9 milioni di euro, mentre i risparmi in termini di mancati pagamenti per prestazioni sono stati quantificati in 150,7 milioni di euro. Nel corso della sua attività di vigilanza, l'INAIL ha condotto 20.876 ispezioni, che hanno portato a riscontrare 18.284 aziende irregolari, pari all'85 per cento del totale; su 57.790 lavoratori irregolari, 5.007 sono stati riscontrati «in nero», mentre sono stati accertati premi per complessivi 74,9 milioni di euro. In questo quadro si inserisce l'avvio dell'attività dell'Ispettorato nazionale del lavoro (INL) che dovrebbe razionalizzare e semplificare l'attività di vigilanza.Pag. 371
      Il Rapporto, quindi, riporta in diverse tabelle la stima del tax gap, ovvero del divario tra gettito teorico e gettito effettivo, misurato sulla base della stima dell'ammontare dei contributi evasi sia da parte dei datori di lavoro sia da parte dei lavoratori dipendenti; a partire dalla stima delle retribuzioni relative al lavoro irregolare è possibile definire un intervallo di possibili stime dell'ammontare di evasione contributiva che riguarda sia la parte a carico del datore di lavoro, che entra nel costo del lavoro, sia la parte a carico del lavoratore, inclusa nelle retribuzioni lorde per i lavoratori regolari. In media, per il triennio 2012-2014, il gap complessivo di mancate entrate contributive è stimato in circa 10,7 miliardi di euro.
      Il Rapporto, quindi, illustra le linee di azione che il Governo intende seguire per il contrasto all'evasione. In particolare, sul versante dell'evasione contributiva, la vigilanza sarà concentrata soprattutto nelle regioni del Sud, dove l'occupazione di lavoratori in «nero» è ancora notevolmente radicata, e nei settori più a rischio in quanto caratterizzati dall'aumento delle lavorazioni o dei servizi in determinati periodi e dall'elevato turnover del personale (commercio, ristorazione, edilizia e agricoltura). In tale contesto, costituisce una specifica priorità orientare l'azione di controllo negli ambiti in cui il fenomeno del lavoro «nero» è risultato associato a condizioni di particolare vulnerabilità dei lavoratori, in quanto immigrati, specie se privi del permesso di soggiorno, o minori. L'azione repressiva sarà concentrata contro il fenomeno del caporalato, anche alla luce della recente riforma del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, facendo affidamento anche sulla presenza presso gli Ispettorati interregionali e territoriali del lavoro dei Gruppi e dei Nuclei Tutela lavoro dell'Arma dei Carabinieri, e promuovendo altresì la migliore sinergia con tutte le forze dell'ordine e con le Istituzioni operanti sui territori. Un altro fronte dell'attività di vigilanza è costituito dal contrasto ai comportamenti elusivi realizzati dalle «cooperative spurie», intervenendo, in particolare, sul fenomeno di interposizione fittizia di manodopera realizzato mediante lo strumento negoziale, fittizio, dell'appalto e previa costituzione delle predette cooperative che assicurano al committente un minor costo del lavoro nelle sue componenti retributive e contributive. Il Rapporto precisa che le verifiche saranno condotte previo confronto con le parti sociali nell'ambito degli Osservatori sulla cooperazione e in sinergia con le altre amministrazioni competenti, specificamente il Ministero dello sviluppo economico. Tuttavia, il ricorso a contratti collettivi nazionali di lavoro sottoscritti da parte di organizzazioni sindacali che non soddisfano, nell'ambito del settore, il criterio della maggiore rappresentatività in termini comparativi non è confinato al settore delle cooperative ma è in espansione anche in altri ambiti, in quanto permette ai datori di lavoro di corrispondere trattamenti economici decisamente inferiori a quelli previsti nei contratti stipulati da organizzazioni più rappresentative. Infine, in ambito previdenziale e assicurativo, l'attività di vigilanza a livello nazionale sarà indirizzata al contrasto del «lavoro fittizio» con conseguente recupero delle prestazioni, alla verifica della correttezza delle pratiche di esternalizzazione, alla individuazione – mediante l'incrocio delle banche dati delle altre amministrazioni (Registro imprese, Agenzia delle entrate – studi di settore) – di settori merceologici in cui la classificazione del rischio sia sottostimata, oppure le lavorazioni effettuate risultano diverse da quelle dichiarate. L'incrocio delle banche dati dell'INPS e dell'INAIL dovrebbe consentire, inoltre, di individuare il corretto versamento contributivo alle gestioni separate.

      Giorgio PICCOLO (MDP) interviene per chiedere alla relatrice, se è possibile, all'interno dei dati riguardanti il tasso di occupazione, distinguere la componente relativa all'occupazione a tempo indeterminato da quella relativa alle altre forme contrattuali non stabili. Tale disaggregazione sarebbe utile a verificare la fondatezza, Pag. 372di cui dubita, del legame di causa ed effetto, più volte sottolineato dalla Nota, tra la riforma del mercato del lavoro e l'aumento dell'occupazione.

      Davide TRIPIEDI (M5S), dichiarandosi d'accordo con quanto affermato dal collega Piccolo, sottolinea il carattere essenzialmente propagandistico della Nota di aggiornamento all'esame, che porta scarsi elementi di novità rispetto al quadro economico già conosciuto. Dopo avere sinteticamente ricordato l'andamento del tasso di occupazione nel corso del 2017, ne rileva la distanza dai livelli registrati nel 2008. Inoltre, la Nota, a suo avviso, non mette in dovuto risalto né le perduranti forti disparità nel trattamento economico delle lavoratrici rispetto a quello dei colleghi maschi né lo squilibrio, sempre a svantaggio delle donne, del numero degli occupati. A suo parere, tali diseguaglianze sono riconducibili a una discriminazione di genere implicita e a una debolezza intrinseca del sistema di protezione sociale, che non valorizza il tempo dedicato dalle donne alle cure familiari, a discapito della possibilità di avere una carriera lavorativa continuativa e gratificante. Né le misure introdotte dal legislatore, quale ad esempio il contributo per il pagamento delle rette degli asili nido o della baby sitter, possono essere considerate valide e strutturali nel contrasto a tali caratteristiche del mercato del lavoro italiano. Anche la riduzione del tasso di disoccupazione si presta, a suo parere, ad essere letto come una spia del carattere non strutturale degli sbandierati miglioramenti nel mercato del lavoro: la maggiore occupazione è, infatti, ascrivibile prevalentemente al maggiore ricorso a contratti a termine, specialmente nei settori del turismo e dei servizi, e non ha interessato la fascia di età tra i 35 e i 49 anni. Si tratta di dati che, ancora una volta, dimostrano il fallimento del cosiddetto Jobs Act, che, anzi, ha contribuito all'aumento del numero di licenziamenti, certificato, per il periodo gennaio-luglio 2017, dall'Osservatorio INPS sul precariato. Rileva, ancora, il sostanziale fallimento della sperimentazione dell'assegno di ricollocazione e il mancato rafforzamento dei servizi per l'impiego pubblici, sollecitato da una delle Raccomandazioni del Consiglio europeo, a favore, piuttosto, delle agenzie private, nonostante una specifica mozione approvata nella primavera di quest'anno dalla Camera dei deputati, che impegna il Governo, tra l'altro, a potenziare tali strutture, a definire standard minimi di prestazione da erogare e a definire chiaramente le competenze del personale, garantendo a esso un'adeguata formazione. Passando, quindi, agli indicatori di carattere sociale, a suo avviso, il reddito di inclusione, recentemente introdotto, non potrà incidere sulla drammatica condizione di povertà assoluta in cui versano, secondo l'ISTAT, più di quattro milioni di persone, trattandosi di una misura basata su condizioni categoriali limitate e arbitrarie, da cui sono esclusi, ad esempio, i disoccupati di lunga durata e i collaboratori con più di 55 anni, i lavoratori con più di 55 anni disoccupati a seguito della scadenza del contratto a tempo determinato e i giovani che vivono in famiglia. La mancata incisività del reddito di inclusione, inoltre, dipende anche dal fatto che si tratta di uno strumento fondato su un approccio tradizionale al problema della povertà, a cui si cerca di porre rimedio con un complesso di misure obsolete e di carattere meramente assistenziale, che non possono centrare gli obiettivi, come del resto anche l'anticipo pensionistico, introdotto dalla legge di bilancio per il 2017, che si configura come un sussidio limitato nel tempo. Infine, stigmatizza la mancanza nella Nota di aggiornamento di qualsiasi accenno a cosa si propone di fare il Governo in merito all'adeguamento dell'età pensionabile all'aspettativa di vita, che, a suo avviso, rappresenta il nodo centrale dell'intero quadro. Alle prese di posizione assunte dai presidenti delle Commissioni lavoro di Camera e Senato e all'avvio in Commissione lavoro della Camera della discussione di risoluzioni in merito e dell'esame, nella seduta prevista per domani, di una specifica proposta di legge, non ha fatto riscontro nessuna risposta da parte dell'esecutivo Pag. 373sulla strada che intende percorrere in materia.

      Walter RIZZETTO (FdI-AN), associandosi ai ringraziamenti alla relatrice per il notevole lavoro di sintesi svolto, preannuncia sin d'ora il voto contrario del suo gruppo alla proposta di parere che verrà elaborata dalla maggioranza. La Nota di aggiornamento in esame, infatti, è un documento reticente, che non dà conto delle reali prospettive dell'economia italiana, come invece fatto da altri autorevoli soggetti, che hanno messo in dubbio la fondatezza delle stime di crescita per 2018 e che, inoltre, non si sbilancia sui programmi del Governo in materia pensionistica. Ritiene, significativo, del resto, che nelle audizioni svolte oggi presso le Commissioni bilancio di Camera e Senato, sia la Corte dei conti sia la Banca d'Italia abbiano perorato il mantenimento del quadro tracciato dalla manovra Fornero.

      Marialuisa GNECCHI (PD), relatrice, ricordando che nella sua relazione ha inteso sintetizzare i contenuti della Nota di aggiornamento per gli aspetti che più interessano le competenze della XI Commissione, fa presente al collega Piccolo che nei dati sull'occupazione è possibile disaggregare i dati relativi al lavoro subordinato a tempo indeterminato da quelli relativi a forme di lavoro più precarie. Si dichiara, in ogni caso, disponibile a fornire chiarimenti ai colleghi che glieli chiederanno e a valutare gli spunti che ritengano utili ai fini della redazione della proposta di parere che sarà votata nella giornata di domani.

      Cesare DAMIANO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame del documento alla seduta convocata per la giornata di domani, mercoledì 4 ottobre.

Deleghe al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali, nonché disposizioni per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute.
Nuovo testo C. 3868 Governo, approvato dal Senato, e abb.

(Parere alla XII Commissione).
(Esame e rinvio).

      La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

      Cesare DAMIANO, presidente, avverte che, secondo quanto convenuto nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, svoltasi il 28 settembre scorso, l'espressione del parere di competenza alla XII Commissione avrà luogo nella seduta di domani, 4 ottobre 2017. Dà quindi la parola alla relatrice, onorevole Valentina Paris, per la sua relazione introduttiva.

      Valentina PARIS (PD), relatrice, rileva preliminarmente che il provvedimento, che consta di diciotto articoli suddivisi in quattro Capi, reca, all'articolo 1, una delega al Governo per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano, introducendo specifico riferimento alla medicina di genere e all'età pediatrica. Segnala, in particolare, che il criterio direttivo di cui alla lettera l) del comma 1 prevede che l'aggiornamento periodico del personale operante presso le strutture sanitarie e sociosanitarie impegnato nella sperimentazione clinica dei medicinali sia realizzato attraverso il conseguimento di crediti formativi su percorsi assistenziali multidisciplinari e multiprofessionali e su percorsi formativi di partecipazione diretta a programmi di ricerca clinica multicentrici.
      Rileva che l'articolo 1-bis prevede l'istituzione, presso l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), del Centro di coordinamento nazionale dei comitati etici territoriali per le sperimentazioni cliniche sui medicinali per uso umano e sui dispositivi medici con funzioni di coordinamento, di indirizzo e di monitoraggio delle attività di valutazione dei comitati Pag. 374etici territoriali. Esso è composto da un minimo di quindici componenti, di cui due rappresentanti indicati dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano e almeno due rappresentanti indicati dalle associazioni di pazienti più rappresentative a livello nazionale, nominati con decreto del Ministro della salute. Contestualmente, la norma prevede la riduzione a quaranta del numero attuale dei Comitati etici territoriali.
      Segnala che l'articolo 1-ter prevede la predisposizione, da parte del Ministero della salute, con proprio decreto, di un piano volto alla diffusione della medicina di genere, garantita, tra l'altro, anche attraverso adeguati livelli di formazione e di aggiornamento del personale medico e sanitario.
      Fa presente, poi, che l'articolo 3 introduce modifiche alla disciplina degli Ordini delle professioni sanitarie, attualmente recata dai Capi I, II e III del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n.  233 del 1946, ratificato dalla legge n.  561 del 1956. In particolare, la norma dispone la trasformazione degli attuali collegi delle professioni sanitarie e delle rispettive federazioni nazionali in ordini, accorpando professioni tra loro omogenee e compatibili, e prevede la costituzione di albi per le professioni sanitarie. Segnala che la norma esclude esplicitamente la possibilità che gli ordini e le relative federazioni nazionali svolgano ruoli di rappresentanza sindacale. Tra i compiti dei Consigli direttivi degli albi, segnala che, nel fissare il livello della tassa annuale al cui pagamento sono obbligati gli iscritti, tra i criteri di cui tenere conto vi è anche lo stato di occupazione degli iscritti medesimi. Con riferimento agli albi professionali, cui sono iscritti i professionisti per potere esercitare la propria attività, segnala che la norma fa salvi i poteri delle aziende sanitarie e delle altre istituzioni pubbliche in materia di organizzazione del lavoro nonché le disposizioni dei relativi contratti collettivi nazionali di lavoro, in relazione a propri dipendenti iscritti ad albi professionali.
      Passa all'articolo 3-bis, che dispone l'istituzione dell'area delle professioni sociosanitarie, all'interno della quale sono individuati nuovi profili professionali sociosanitari mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Con i medesimi accordi, è individuato l'ambito di attività dei profili professionali sociosanitari. Sulla base della norma in esame, infine, sono ricompresi nell'area delle professioni sociosanitarie i preesistenti profili professionali di operatore sociosanitario, delle professioni di assistente sociale, di sociologo e di educatore professionale.
      L'articolo 3-ter introduce modifiche alla procedura di individuazione e istituzione di nuove professioni sanitarie, recata dall'articolo 5 della legge n.  43 del 2006.
      Il successivo articolo 4, facendo riferimento alla nuova procedura delineata dal precedente articolo, dispone l'istituzione delle professioni dell'osteopata e del chiropratico.
      Segnala che l'articolo 6 dispone la trasformazione del Consiglio Nazionale dei Chimici (CNC) in Federazione Nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici, e che l'articolo 7 prevede l'inserimento delle professioni di biologo e di psicologo nell'ambito delle professioni sanitarie. Fa presente, poi, che l'articolo 8 dispone l'istituzione, presso l'ordine degli ingegneri, dell'elenco nazionale certificato degli ingegneri biomedici e clinici e che l'articolo 8-bis modifica i parametri di riferimento per la determinazione dell'importo della condanna per la responsabilità amministrativa dell'esercente la professione sanitaria in caso di accoglimento della domanda di risarcimento per danni da questo causata ad un paziente. Pag. 375
      Segnala, altresì, che l'articolo 9 modifica la disciplina recata dall'articolo 348 del codice penale relativamente al reato di esercizio abusivo della professione sanitaria e che l'articolo 10 dispone l'estensione al farmacista delle pene previste per il reato di commercio di sostanze dopanti. L'articolo 11 prevede, poi, l'introduzione della circostanza aggravante per taluni reati commessi contro persone ricoverate presso strutture sanitarie o presso strutture sociosanitarie residenziali o semiresidenziali, pubbliche e private, ovvero strutture socio-educative.
      Rileva che l'articolo 12 reca disposizioni relative alla formazione medica specialistica nonché alla formazione di medici extracomunitari, mentre il successivo articolo 13 consente agli esercenti le professioni o arti sanitarie di svolgere la loro attività anche presso le farmacie nonché introduce disposizioni in materia di sostituzione temporanea nella direzione della farmacia privata.
      Si sofferma, in particolare, sull'articolo 14 che modifica la disciplina vigente relativa al ruolo della dirigenza sanitaria del Ministero della salute, istituendo un unico livello ed estendendo ai dirigenti sanitari del Ministero gli istituti giuridici ed economici previsti per la dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale. Come si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge originario, l'Atto Senato n.  1324, la finalità della norma è di ridurre il divario esistente tra i trattamenti economici dei dirigenti delle professionalità sanitarie dipendenti da enti ed aziende del servizio sanitario nazionale, che godono di una significativa indennità in ragione dell'esclusività del rapporto di lavoro, e quelli del Ministero della salute, e permettere a quest'ultimo il reclutamento di risorse con qualificata professionalità sanitaria.
      Venendo al contenuto delle disposizioni, rileva che il comma 1 prevede il collocamento in un ruolo unico dei dirigenti del Ministero della salute con professionalità sanitaria, nei profili professionali di medico chirurgo, medico veterinario, chimico, farmacista, biologo e psicologo, nonché l'estensione a tali dirigenti, prioritariamente e nei limiti delle risorse disponibili per i rinnovi contrattuali, degli istituti previsti dal decreto legislativo n.  502 del 1992, per le corrispondenti qualifiche del Servizio sanitario nazionale e recepiti nei relativi contratti collettivi nazionali di lavoro. Con un successivo decreto del Ministro della salute, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sono individuati, nei limiti delle dotazioni organiche vigenti, il contingente dei posti destinati alla dirigenza del ruolo sanitario del Ministero della salute e i principi generali in materia di incarichi conferibili e le modalità di attribuzione degli stessi. Sono fatte salve le posizioni giuridiche ed economiche dei dirigenti, che siano stati già inquadrati nella seconda fascia del ruolo dei dirigenti del Ministero della salute alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. L'accesso al ruolo della dirigenza sanitaria del Ministero della salute avviene mediante pubblico concorso per titoli ed esami, come per l'accesso alla dirigenza sanitaria del servizio sanitario nazionale, nell'ambito delle facoltà assunzionali del Ministero. L'accesso agli incarichi di direzione di uffici dirigenziali di livello non generale, corrispondenti agli incarichi di struttura complessa nell'ambito del servizio sanitario nazionale, avviene nei limiti dei posti disponibili e in base ai requisiti previsti per la dirigenza sanitaria del servizio sanitario nazionale. Infine, si prevede la possibilità per i dirigenti sanitari che abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali di livello non generale, corrispondenti agli incarichi di struttura complessa o di direzione di aziende sanitarie o di enti del Servizio sanitario nazionale per almeno cinque anni, anche non continuativi, di partecipare alle procedure per l'attribuzione di incarichi dirigenziali di livello generale.
      L'articolo 15, infine, reca una norma di chiusura volta a salvaguardare le competenze Pag. 376legislative delle regioni a statuto ordinario, di quelle a statuto speciale nonché delle province autonome.
      Conclusivamente, ritiene che sussistano le condizioni per esprimere su di esso un avviso favorevole. Si riserva, in ogni caso, di valutare eventuali osservazioni ed ulteriori elementi di valutazione che dovessero emergere nel corso dell'esame.

      Cesare DAMIANO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento alla seduta convocata per la giornata di domani.

      La seduta termina alle 14.15.

AUDIZIONI INFORMALI

      Martedì 3 ottobre 2017.

Audizione di rappresentanti di Confindustria nell'ambito della discussione congiunta delle risoluzioni 7-00847 Rizzetto, 7-00886 Cominardi, 7-01237 Baldassarre, 7-01241 Gribaudo e 7-01268 Martelli, relative ad iniziative volte alla fissazione di retribuzioni e compensi minimi.

      L'audizione informale è stata svolta dalle 14.15 alle 15.

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