(La seduta comincia alle 9) ... 5
Sulla pubblicità dei lavori:
Boccia Francesco , Presidente ... 5
Audizione di rappresentanti dell'ASVIS
(Attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Boccia Francesco , Presidente ... 5
Giovannini Enrico , portavoce di ASVIS ... 5
Boccia Francesco , Presidente ... 9
Dell'Aringa Carlo (PD) ... 9
Tabacci Bruno (DeS-CD) ... 10
D'Incà Federico (M5S) ... 11
Boccia Francesco , Presidente ... 11
Giovannini Enrico , portavoce di ASVIS ... 11
Boccia Francesco , Presidente ... 12
Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL
(Attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Tonini Giorgio , Presidente ... 12
Barbi Danilo , segretario confederale CGIL ... 12
Petriccioli Maurizio , segretario confederale CISL ... 14
Loy Guglielmo , segretario confederale UIL ... 17
Bitti Fiovo , segretario confederale UGL ... 19
Tonini Giorgio , Presidente ... 21
Dell'Aringa Carlo (PD) ... 21
Santini Giorgio ... 21
Palese Rocco (Misto-CR) ... 22
Tonini Giorgio , Presidente ... 22
Barbi Danilo , segretario confederale CGIL ... 22
Petriccioli Maurizio , segretario confederale CISL ... 23
Loy Guglielmo , segretario confederale UIL ... 24
Bitti Fiovo , segretario confederale UGL ... 24
Tonini Giorgio , Presidente ... 24
Audizione di rappresentanti dell'ABI
(Attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Boccia Francesco , Presidente ... 24
Sabatini Giovanni , direttore generale dell'ABI ... 25
Boccia Francesco , Presidente ... 29
Palese Rocco (Misto-CR) ... 29
Dell'Aringa Carlo (PD) ... 29
Galli Giampaolo (PD) ... 30
D'Incà Federico (M5S) ... 30
Boccia Francesco , Presidente ... 30
Sabatini Giovanni , direttore generale dell'ABI ... 31
Palese Rocco (Misto-CR) ... 32
Sabatini Giovanni , direttore generale dell'ABI ... 32
Boccia Francesco , Presidente ... 34
Audizione di rappresentanti di ANCI, UPI, Conferenza delle regioni e province autonome
(Attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Boccia Francesco , Presidente ... 34
Bianco Enzo , sindaco di Catania e presidente del consiglio nazionale dell'ANCI ... 34
Nogarin Filippo , sindaco di Livorno ... 36
Boccia Francesco , Presidente ... 38
Valluzzi Nicola , presidente della provincia di Potenza ... 38
Boccia Francesco , Presidente ... 40
Garavaglia Massimo , coordinatore della Commissione affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome, assessore al bilancio della regione Lombardia ... 40
Boccia Francesco , Presidente ... 43
Garavaglia Massimo , coordinatore della Commissione affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome, assessore al bilancio della regione Lombardia ... 43
Boccia Francesco , Presidente ... 44
Tabacci Bruno (DeS-CD) ... 44
Cariello Francesco (M5S) ... 45
Zanoni Magda Angela ... 47
Palese Rocco (Misto-CR) ... 48
Boccia Francesco , Presidente ... 50
Nogarin Filippo , sindaco di Livorno ... 50
Boccia Francesco , Presidente ... 50
Valluzzi Nicola , presidente della provincia di Potenza ... 50
Garavaglia Massimo , coordinatore della Commissione affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome, assessore al bilancio della regione Lombardia ... 51
Boccia Francesco , Presidente ... 51
Audizione di rappresentanti di Confindustria
(Attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Boccia Francesco , Presidente ... 51
Panucci Marcella , direttore generale di Confindustria ... 51
Boccia Francesco , Presidente ... 56
Dell'Aringa Carlo (PD) ... 56
Galli Giampaolo (PD) ... 57
Boccia Francesco , Presidente ... 57
Panucci Marcella , direttore generale di Confindustria ... 57
Boccia Francesco , Presidente ... 57
Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan
(Attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Boccia Francesco , Presidente ... 58
Padoan Pier Carlo , Ministro dell'economia e delle finanze ... 58
Boccia Francesco , Presidente ... 62
Brunetta Renato (FI-PdL) ... 62
Palese Rocco (Misto-CR) ... 64
Guerrieri Paleotti Paolo ... 67
Galli Giampaolo (PD) ... 68
Tabacci Bruno (DeS-CD) ... 69
Cariello Francesco (M5S) ... 70
Marchi Maino (PD) ... 71
D'Incà Federico (M5S) ... 73
Boccia Francesco , Presidente ... 74
Padoan Pier Carlo , Ministro dell'economia e delle finanze ... 75
Boccia Francesco , Presidente ... 78
Audizione di rappresentanti di ANIA
(Attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Tonini Giorgio , Presidente ... 78
Farina Bianca Maria , presidente di ANIA ... 78
Tonini Giorgio , Presidente ... 80
Guerrieri Paleotti Paolo ... 80
Tancredi Paolo (AP) ... 81
Palese Rocco , Presidente ... 81
Farina Bianca Maria , presidente di ANIA ... 81
Palese Rocco , Presidente ... 84
Audizione di rappresentanti di CONFAPI, CONFIMI, CONFPROFESSIONI
(Attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Palese Rocco , Presidente ... 84
Casasco Maurizio , presidente confederale di Confapi ... 84
Palese Rocco , Presidente ... 90
Ramaioli Fabio , direttore generale di Confimi ... 90
Palese Rocco , Presidente ... 94
Carunchio Luigi , componente della giunta di Confprofessioni ... 94
Palese Rocco , Presidente ... 96
Audizione di rappresentanti di Lunaria – Coordinatore della campagna Sbilanciamoci
(Attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Palese Rocco , Presidente ... 96
Naletto Grazia , presidente di Lunaria e portavoce di Sbilanciamoci ... 96
Palese Rocco , Presidente ... 98
Audizione di rappresentanti di R.ETE. Imprese Italia
(Attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Palese Rocco , Presidente ... 98
Silvestrini Sergio , segretario generale CNA ... 98
Tonini Giorgio , Presidente ... 100 ... 102
Audizione di rappresentanti di CONFEDILIZIA e ANCE
(Attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Tonini Giorgio , Presidente ... 102
Campana Giuliano , vice presidente di ANCE ... 102
Tonini Giorgio , Presidente ... 106
Campana Giuliano , vice presidente ANCE ... 106
Tonini Giorgio , Presidente ... 106
Spaziani Testa Giorgio , presidente di Confedilizia ... 106
Boccia Francesco , Presidente ... 110
Audizione di rappresentanti Alleanza delle Cooperative
(Attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Boccia Francesco , Presidente ... 110
Gardini Maurizio , copresidente dell'Alleanza delle Cooperative italiane e presidente di Confcooperative ... 110
Boccia Francesco , Presidente ... 111
Bulgarelli Elisa ... 111
Boccia Francesco , Presidente ... 111
Iengo Mauro , responsabile dell'Ufficio legislativo di Legacoop ... 111
Boccia Francesco , Presidente ... 112
Audizione di rappresentanti dell'Unione Sindacati Autonomi Europei (USAE)
(Attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Boccia Francesco , Presidente ... 112
Bonazzi Adamo , rappresentante dell'Unione Sindacati Autonomi Europei (USAE) ... 112
Boccia Francesco , Presidente ... 114
Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Scelta Civica verso Cittadini per l'Italia-MAIE: (SCCI-MAIE);
Civici e Innovatori: (CI);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
FRANCESCO BOCCIA
La seduta comincia alle 9.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione di rappresentanti dell'ASVIS.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti dell'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile – ASVIS.
Do la parola al professor Enrico Giovannini.
ENRICO GIOVANNINI, portavoce di ASVIS. Grazie, presidente, di questa opportunità. Non è la prima volta che l'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile viene chiamata in Parlamento per riferire sui propri punti di vista; eravamo già stati chiamati a luglio dal Comitato della Commissione Affari esteri che conduce l'indagine conoscitiva sull'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Oggi l'ASVIS, nata a febbraio di quest'anno, riunisce 134 organizzazioni ed è a questo punto il soggetto più ampio che si occupa di spingere il nostro Paese verso la realizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile che l'Italia ha sottoscritto il 25 settembre dell'anno scorso.
Nella nota che è stata distribuita si ricordano alcuni dei punti chiave di questa Agenda 2030 sottoscritta da tutti i Paesi, ma io oggi naturalmente mi concentrerò sulla legge di bilancio e in particolare su alcune osservazioni.
Prima di entrare però nel merito, vorrei sottolineare che siamo di fronte a una inconsistenza temporale, che pesa in qualche modo sulle vostre decisioni. A settembre del 2015 tutti i Paesi hanno firmato questi impegni e Paesi come Francia, Germania, Finlandia e altri hanno già sviluppato una loro strategia di sviluppo sostenibile per raggiungere questi obiettivi, mentre il nostro Paese purtroppo è in ritardo, quindi il Governo presenterà la sua strategia di sviluppo sostenibile presumibilmente a gennaio, cioè una volta che la legge di bilancio sarà stata approvata.
Analogamente abbiamo un problema di inconsistenza temporale sugli indicatori: la Commissione statistica delle Nazioni Unite a marzo di quest'anno ha definito una lista di indicatori e l'ISTAT ha annunciato che produrrà un primo database a dicembre, di nuovo quando ormai sarà troppo tardi.
Noi segnaliamo questa inconsistenza perché il rischio è che quando il Governo metterà a punto la strategia di sviluppo sostenibile a quel punto non ci saranno le risorse, quindi si perderà un altro anno, uno lo abbiamo già perso a causa di questi ritardi e se ne perderà un altro.
Da questo punto di vista – qui entro su alcune proposte concrete – noi abbiamo Pag. 6proposto al Governo di presentare tutte le misure contenute nella legge di bilancio e nel bilancio pluriennale secondo gli Obiettivi di sviluppo sostenibile e i target. Ricordo che sono 17 obiettivi, che vanno dalla povertà alla sicurezza e alla pace, e ci sono poi 169 sotto-obiettivi che il nostro Paese si è impegnato a raggiungere. Ve ne cito soltanto due, che sono molto rilevanti e hanno scadenza 2020, non 2030: 1) tutti i comuni devono adottare piani antisismici e per fronteggiare il cambiamento climatico; 2) una riduzione drastica dei Neet, che sono 2,3 milioni, entro il 2020, così come un dimezzamento della povertà entro il 2030.
Chiaramente questi obiettivi non possono essere raggiunti la notte prima della scadenza, quindi vuol dire che bisogna immaginare un piano di avvicinamento. La strategia di sviluppo sostenibile dovrebbe fare questo, come ho detto noi abbiamo chiesto al Governo di presentare i provvedimenti di questa legge di bilancio secondo questo schema, che poi è molto simile al BES, che è stato ormai inserito nell’iter procedurale. Abbiamo infatti inserito nell'appendice una tabella che mostra come ci sia una notevole coerenza tra questi obiettivi.
Vediamo se il Governo pubblicherà questa tavola sinottica, ma noi crediamo che da adesso in poi il Parlamento dovrebbe chiedere per tutte le nuove leggi una presentazione secondo la struttura concettuale BES e Sustainable Development Goals (SDGs), perché questo non solo consentirebbe un salto culturale importante e coerente con la riforma della legge di bilancio, ma soprattutto consentirebbe al Parlamento di valutare la coerenza complessiva dei provvedimenti.
Tra l'altro, poiché il nostro Paese, grazie alla riforma della legge di bilancio, è il primo Paese G7 che, partendo dagli indicatori, è arrivato a inserire quegli indicatori BES nel ciclo di programmazione di bilancio, suggeriamo che il Parlamento organizzi, nell'ambito della presidenza italiana del G7, un incontro con gli altri Parlamenti dei Paesi G7 proprio per spingere questo tipo di approccio anche negli altri Paesi.
Segnalo anche che il Comitato per gli indicatori di benessere equo e sostenibile, previsto dalla legge n. 163 del 2016, non è stato ancora nominato, il che mette un po’ a rischio la fattibilità della valutazione di questa legge di bilancio, prevista a febbraio 2017.
L'Alleanza riunisce 134 soggetti tra i quali fondazioni, istituti di ricerca, sindacati, organizzazioni datoriali e organizzazioni non governative, quindi capite che non è facile riuscire a trovare delle posizioni comuni. Per questo vi ho consegnato il rapporto, che è stato pubblicato a settembre di quest'anno e realizzato proprio con il concorso di 300 esperti di tutte le varie organizzazioni.
Vengo ora ai singoli interventi. Nel caso della legge di bilancio noi riteniamo che ci siano molti elementi positivi, che certamente contribuiranno a raggiungere alcuni degli obiettivi. Mi riferisco agli articoli 2, 21, 51, 65 e 66, in materia di detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia, riqualificazione energetica, riqualificazione antisismica, Fondo per il finanziamento degli investimenti e dello sviluppo infrastrutturale, Casa Italia, investimenti degli enti territoriali. Questi sono direttamente connessi al Goal 11, le città e le comunità sostenibili, e al Goal 13, la lotta ai cambiamenti climatici. Gli investimenti per Industria 4.0 sono riconducibili facilmente ai Goal Buona occupazione e Crescita economica o al Goal 9, Innovazione e infrastrutture.
Ci sono quindi molti interventi che vanno nella direzione giusta, però abbiamo l'impressione che manchi una visione complessiva proprio centrata su questi obiettivi che il nostro Paese ha sottoscritto, cosa d'altra parte comprensibile visto che la strategia non è stata ancora predisposta.
Per questo la nostra prima proposta è di costituire un fondo per l'attuazione della strategia che il Governo definirà a gennaio del 2017, in modo tale da evitare che, una volta definita la strategia, non ci siano poi i fondi, quindi un fondo a crescere nel triennio, allo scopo di avviare da subito gli interventi che verranno inseriti nella strategia che il Governo finalizzerà. Pag. 7
Questa è una proposta generale, che crediamo sia fattibile e soprattutto estremamente utile. Le nostre raccomandazioni, anche contenute nel rapporto, seguono 7 filoni, quindi non i 17 Goal. Il primo filone riguarda Cambiamento climatico ed energia. È stato notevole che il Parlamento italiano abbia fatto una ratifica degli accordi di Parigi così rapidamente, peccato che non abbiamo una strategia energetica che ci consenta di raggiungere quegli obiettivi e purtroppo abbiamo negli ultimi due anni un blocco della crescita della quota delle energie rinnovabili.
Sapete che l'Italia è a un livello elevato rispetto agli altri Paesi, ma negli ultimi due – tre anni questo aumento si è fermato, quindi è evidente che qui c'è un problema e noi crediamo sia necessaria, come già prevede la legge n. 221 del 2015, il cosiddetto «Collegato ambientale», la revisione della fiscalità e delle politiche di incentivazione in chiave ecologica.
La legge n. 221 del 2015 prevede che il Governo faccia il catalogo dei sussidi dannosi per l'ambiente. Questo catalogo, dopo quasi un anno, non è ancora stato predisposto, o almeno non è stato pubblicato, ma crediamo sia importante che il Parlamento impegni il Governo a presentare entro il primo trimestre del 2017 questo catalogo, perché la legge prevede che questi incentivi dannosi per l'ambiente siano trasformati in incentivi per lo sviluppo sostenibile. È un peccato che questa cosa non sia stata già fatta in questa legge di bilancio.
Il secondo punto è che crediamo che siano molto positivi gli investimenti per l'efficientamento energetico e gli altri tipi di innovazione che abbiamo detto, però è anche vero che si potrebbe emendare l'articolato, prevedendo un luogo centrale come nel caso di OpenCoesione, il database per tutti gli interventi finanziati dal Fondo di coesione, per poter monitorare la coerenza di questi interventi. Saranno una miriade, soprattutto nei comuni e nelle aree territoriali, e il nostro suggerimento è di prevedere un sistema centrale di monitoraggio, basato sugli open data, come OpenCoesione.
Secondo filone: povertà e disuguaglianze. Qui accogliamo con favore l'aumento dei fondi, da 600 milioni a 1 miliardo, per gli interventi basati sul sostegno per l'inclusione attiva, però è evidente che questo intervento è ancora nettamente insufficiente per fronteggiare i 4.600.000 poveri assoluti che abbiamo in Italia.
Questo è un problema molto serio, che ritengo influenzi anche le dinamiche macroeconomiche. Tutte le analisi ci dicono che il futuro sarà pieno di shock, tecnologici, ambientali, quindi solo attraverso un meccanismo come il sostegno per l'inclusione attiva, che non è solo un trasferimento monetario, ma è riformazione durante tutto il ciclo di vita, si può cercare di costruire resilienza nelle persone e ridurre l'incertezza che, come abbiamo visto, spinge a risparmiare e non a consumare.
Per ciò che riguarda le disuguaglianze di genere, tema molto importante dell'agenda, accogliamo con favore il finanziamento previsto dall'articolo 50, ma su questo segnaliamo che l'Italia già dispone di molte leggi che, se applicate integralmente, le consentirebbero di raggiungere gli obiettivi per quanto riguarda questo aspetto. La domanda quindi è valutare se il finanziamento previsto dall'articolo 50 sia sufficiente ad attuare tutte le leggi che abbiamo in questa materia o se invece non si debba aumentare.
Terzo punto, economia circolare, innovazione, lavoro. Il tema dell'economia circolare è centrale per il futuro del nostro Paese, non c'è nulla di esplicito nella legge di bilancio per favorire la transizione a questo modello. Qui si tratta non solo di ratificare la convenzione di Stoccolma, ma soprattutto di dare attuazione alla legge n. 221 del 2015, al fine di ridurre la produzione dei rifiuti, valorizzare il capitale naturale, ridurre e progressivamente eliminare i sussidi dannosi per l'ambiente.
Segnaliamo questa carenza, molto grave, nel momento in cui si fanno invece investimenti molto positivi su Industria 4.0. Anche in questo caso, però, segnaliamo che tra le categorie che dovrebbero essere considerate per questi incentivi per l'ammortamento accelerato non è previsto l'investimento Pag. 8 in prodotti eco-concepiti dal punto di vista dell'economia circolare.
Non è previsto ad esempio alcun obbligo di etichettatura dei prodotti né alcun obbligo della pubblica amministrazione di acquistare in modo responsabile, anzi fatemi dire che fondamentalmente la pubblica amministrazione non ha alcuna direttiva verso l'essere verde. Questo mi sembra veramente grave, visto che la pubblica amministrazione può avere un'influenza enorme nello spingere tutto il sistema economico verso questa direzione.
Capitale umano, salute, educazione: noi suggeriamo di attuare appieno e rapidamente la legge per la limitazione degli sprechi, per l'uso consapevole delle risorse e la sostenibilità ambientale; nel disegno di legge di bilancio c'è un riferimento all'agricoltura, che potrebbe essere rafforzato in questa direzione.
Segnaliamo che non c'è alcun riferimento al rifinanziamento della «Garanzia Giovani», i cui fondi sono finiti. Sappiamo che Garanzia Giovani soprattutto in alcune aree ha avuto dei problemi di attuazione, ma sarebbe veramente un peccato non costruire su quello che si è già fatto. Non abbiamo trovato traccia di questo intervento e credo che invece sia assolutamente necessario investire in questa direzione.
Sull'educazione si segnala l'assenza di interventi destinati al contenimento della dispersione scolastica, al rafforzamento del sistema educativo, per fronteggiare i bisogni cosiddetti «educativi speciali», che riguardano 1,5 milioni di ragazzi. Su questo tema vorrei ricordare che non c'è alcun riferimento a misure orientate all'apprendimento permanente. L'Italia è debolissima da questo punto di vista e vorrei ricordare che nella parte finale del Governo di cui ho avuto l'onore di far parte avevamo istituito una Commissione, guidata da Tullio De Mauro, che fece un rapporto su come istituire in Italia interventi per l'apprendimento permanente, molto importante in una fase di rinnovamento delle tecnologie.
Capitale naturale e qualità dell'ambiente: come ho già detto, bisogna attuare il prima possibile gli interventi applicativi della legge n. 221 del 2015; quindi invito il Parlamento a spingere sul Governo in questa direzione.
Vorrei anche ricordare che l'Italia è dotata di un ottimo piano per la tutela della biodiversità. Migliaia di specie stanno sparendo anche in Italia e questo è un elemento che non si recupera più, perché, mentre a seguito di un terremoto si può ricostruire, una volta che la biodiversità è sparita non si ricostituisce, quindi crediamo sia importante dare un segnale per gli investimenti pubblici a sostegno della biodiversità, in particolare inserendoli negli articoli che riguardano gli investimenti delle regioni e degli enti territoriali, così come della riqualificazione degli ecosistemi acquatici, secondo il piano già approvato dal Governo sulla biodiversità.
Quello delle città, delle infrastrutture e del capitale sociale rappresenta il sesto tema. Come ho detto, il disegno di legge di bilancio reca moltissimi interventi positivi, ma c'è un punto che manca e che a nostro avviso avrebbe potuto trovare una collocazione ideale proprio nell'ambito della legge di bilancio: intendo riferirmi al fatto che noi abbiamo una strategia per le aree interne, ma non abbiamo una strategia nazionale per le città, come se la questione delle grandi città riguardasse soltanto i sindaci.
In realtà, il Governo ha presentato, nell'ambito della Conferenza dell'ONU Habitat III di qualche settimana fa, l'idea di costruire un'agenda urbana nazionale. Il nostro suggerimento è di inserire, laddove si prevedono tutti questi investimenti per la riqualificazione e gli enti territoriali, l'obbligo di fare tutto questo all'interno di una strategia nazionale per le città, nelle quali naturalmente vive una quota assai rilevante della nostra popolazione. Al riguardo, occorrerebbe prevedere l'obbligo per il Governo di attuare entro il 2017, insieme alle regioni e agli enti territoriali, tale strategia.
Ricordo a questo proposito che bisogna coordinare questo intervento con la nuova legge per il consumo di suolo, che è in fase di approvazione. A nostro parere, ne andrebbero comunque modificati alcuni aspetti per uniformare la sua definizione Pag. 9 a quella europea, per semplificare le procedure di individuazione dei limiti da raggiungere e per introdurre un incremento degli oneri di urbanizzazione per l'edificazione su suolo libero rispetto agli interventi su suolo già compromesso, favorendo per tale via la riqualificazione.
Vorrei ricordare che il Parlamento in questo momento sta discutendo e sta per esprimere il parere sullo schema di decreto legislativo recante il recepimento della direttiva europea sulla rendicontazione non finanziaria, attualmente all'attenzione delle competenti Commissioni. Stiamo per commettere però un errore gravissimo, se posso permettermi, riconducibile a due aspetti.
In primo luogo, la proposta del Governo è volta a limitare l'intervento alle imprese con oltre 500 addetti. Questo esclude utilities, distribuzione organizzata, aziende che partecipano ad appalti pubblici e percepiscono finanziamenti pubblici, cioè imprese ad alto impatto sulla società e sull'ambiente. Noi suggeriamo di estendere pertanto anche a tali soggetti l'obbligo di rendicontazione non finanziaria.
Il secondo grave errore è che lo schema di decreto prevede che ogni impresa possa scegliere il proprio standard di rendicontazione. Ciò impedirà di fatto una comparazione tra le imprese e impedirà all'ISTAT di pubblicare dei dati coerenti su questi aspetti.
L'ultimo elemento di riflessione concerne il tema della cooperazione internazionale: nel testo in distribuzione esprimiamo la nostra soddisfazione e l'auspicio per il graduale, ma costante aumento di risorse destinate alla cooperazione, ma ieri è arrivata una doccia fredda: sembrerebbe che il combinato disposto di alcune norme di fatto blocchi il previsto aumento dei fondi per la cooperazione internazionale.
Voi sapete che l'Italia si colloca nettamente al di sotto dello 0,7 per cento del PIL, valore su cui tutti i Paesi OCSE si sono impegnati: alla fine è stato previsto di aumentare questi fondi, ma sembrerebbe che invece ciò non avvenga. Richiamiamo quindi l'attenzione del Parlamento su tale aspetto e proponiamo che le Camere impegnino il Governo ad adottare gli SDGs come schema concettuale in relazione a tutti gli interventi da effettuare nell'ambito della cooperazione internazionale.
Per quanto riguarda invece i fondi per l'Africa, segnaliamo la positività di questo intervento e proponiamo che una parte di tali risorse venga destinata a progetti di cooperazione da realizzare insieme alle ONG già presenti sul territorio.
Crediamo infine che vada accelerato l’iter di approvazione della proposta di legge sul commercio equo e solidale, già licenziata dalla Camera dei deputati, in quanto potrebbe costituire un significativo salto di qualità.
Mi fermo qui, presidente, e resto naturalmente a disposizione dei senatori e dei deputati per eventuali domande.
PRESIDENTE. Ringrazio il professor Giovannini per l'esaustiva relazione e per i tanti spunti di riflessione che ci ha offerto.
Lascio la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
CARLO DELL'ARINGA. Ringrazio innanzitutto il professor Giovannini non solo per la relazione di oggi, ma per tutto il lavoro che ne sta alle spalle e che per noi rappresenta un elemento prezioso per implementare un impegno che il Parlamento ha assunto nella predisposizione di questa ma soprattutto – mi sembra di capire – delle future leggi di bilancio, visto che accusiamo questo ritardo. Forse, più che di una inconsistenza, si tratta infatti di un ritardo, e da questo punto di vista i ritardi si possono forse rimediare, mentre per quanto riguarda l'inconsistenza ciò sarebbe più difficile.
Lo ringrazio, inoltre, per alcune indicazioni precise. In particolare, ho raccolto quella relativa al programma «Garanzia Giovani» e quella concernente il Piano delle città, perché in effetti è vero che sembra una gamba mancante di un progetto che per ora coinvolge solo le aree interne. Pag. 10
Vorrei svolgere però un'osservazione di carattere generale, scusandomi per il fatto di essere abbastanza digiuno di questo approccio e non avendo letto i documenti oggi a nostra disposizione. Non c'è dubbio che nella individuazione di questa strategia il nostro Governo debba tener conto degli aspetti sociali e di sostenibilità della crescita – questi sono infatti l'impegno e la novità – nonché dei vincoli dovuti alla disponibilità delle risorse, che pure non impediscono di individuare dei fondi ad hoc per certe misure. Mi sembra che l'ambizione dell'ASVIS, come anche quella del Governo e del Parlamento, sia tuttavia maggiore rispetto a quella di impegnare un numero limitato di risorse, giacché fra gli obiettivi abbiamo anche quello della crescita e dell'aumento dell'occupazione, e immagino che da questo punto di vista si debba essere più ambiziosi.
Naturalmente, se l'orizzonte si allarga fino a considerare tutto il piano di crescita e il significato delle manovre, è inevitabile che si affronti un problema di vincoli di bilancio e, anche ripercorrendo l'elenco degli obiettivi di questa strategia sostenibile, occorrerà allora capire quale sia il grado di compatibilità fra gli stessi obiettivi, posto che tra di essi ci potrebbe anche essere un'alternativa.
Dal momento che queste strategie dovranno essere valutate e analizzate anche da soggetti terzi come, ad esempio, l'ASVIS, mi domando se lo scopo di questa associazione non sia anche quello di creare, non dico un modello econometrico, ma degli schemi. Una volta si chiamavano schemi – ricordo, in proposito, lo schema Vanoni – ed erano caratterizzati da elementi quantitativi che mettevano in luce dei riferimenti di trade off, di alternativa o di vincoli di bilancio, da applicare poi ai singoli Paesi.
Ciò potrebbe essere utile per evitare che la strategia, come purtroppo spesso accade, diventi un documento di giustificazione delle scelte operate, perché non c'è dubbio che certi obiettivi saranno raggiungibili ed altri meno, nonostante l'impegno in tale direzione profuso. Tuttavia, se ci fosse un vincolo di schema entro cui collocare l'analisi e la valutazione di questa strategia, questo sarebbe un utile lavoro che noi per primi dovremmo compiere, ma per il quale l'aiuto esterno potrebbe comunque rappresentare un valido ausilio. Ringrazio ancora il professor Giovannini per questo valido contributo.
BRUNO TABACCI. Anch'io ringrazio il professor Giovannini per questo contributo che sembra drammaticamente riportarci alla realtà, perché non si può non vedere l'enorme distanza intercorrente tra le cose che facciamo e quelle che dovremmo fare.
Guardando sommariamente il rapporto dell'ASVIS mi viene alla mente il documento del Club di Roma di Aurelio Peccei del 1970 e rileggendo oggi quelle pagine non si può non constatare il cammino che è stato fatto, ma anche come le distanze siano nel frattempo aumentate.
Tra l'altro, a proposito della povertà e delle disuguaglianze, viene da riflettere sull'avvento delle nuove tecnologie ovvero sul fatto che oggi siamo posti tutti in rete, in collegamento, fino all'estremizzazione, per cui ogni cittadino del mondo conosce quello che accade in ogni parte del mondo, e non solo dove vive. È come se i cinque continenti, che una volta erano separati, vivessero dentro vasi comunicanti, solo che ciò avviene con una forza e con una violenza che determina poi delle conseguenze sostanzialmente ingovernabili. Penso al tema delle migrazioni, che ne sono una diretta conseguenza.
Questa volta abbiamo inserito nel disegno di legge di bilancio il capitolo riguardante misure in favore dell'Africa, ma si vede che lì c'è tuttora la sede delle nostre contraddizioni, che sono piene, enormi: qualche volta mi viene da dire che quando un cittadino dell'Africa subsahariana si trova davanti a un terminale televisivo e vede il bombardamento pubblicitario per i cibi dei cani e dei gatti in Francia, Italia, Germania o Stati Uniti quando lui dovrebbe invece vivere con due dollari al giorno, allora si capisce che lì c'è la sede delle nostre palesi contraddizioni.
Non riusciamo neppure a gestire il Pag. 11tema dei migranti, come è emerso anche in questi giorni con la storia di Goro e di Gorino, quindi la ringrazio per questo bagno nel realismo, perché sembra che siano temi visionari, ma, se non ne terremo conto, avremo problemi sempre maggiori.
FEDERICO D'INCÀ. Anch'io desidero ringraziare il professor Giovannini per il suo intervento, che ci induce veramente ad un bagno nella realtà. Si tratta, infatti, di temi veramente interessanti e chiederei al presidente, se ve ne sarà ancora occasione, di poter avere un posizionamento, all'interno della nostra tabella di marcia, più vicino al momento clou, ossia all'audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, perché rispetto alla posizione del Governo potrebbe fungere da contrappeso una posizione economica più vicina ai temi ambientali, ai temi del cambiamento del mondo, in modo da avere anche una sala più gremita di colleghi, visto che in questo momento siamo in pochi.
Oltre a questo, vorrei porre una domanda al professor Giovannini. All'inizio lei ha parlato degli accordi di Parigi e della mancanza di un fondo all'interno del disegno di legge di bilancio in modo da poter raggiungere, già nel 2017, alcuni obiettivi.
Oltre al fatto che ognuno di noi può lavorare per un inserimento più forte del tema ambientale e quindi per il raggiungimento degli obiettivi degli accordi di Parigi già nel 2017, quanto vale, in termini di PIL e di miliardi di euro di spesa, l'inizio di un percorso per il raggiungimento dell'obiettivo di 1,5-2 gradi nei prossimi vent'anni?
Non ho trovato tale dato all'interno del dossier, ma immagino che ci sia. Tra l'altro è vero che, probabilmente a causa del calo del prezzo del petrolio e quindi all'utilizzo di una fonte a più basso costo, si è persa una parte di spazio sulle rinnovabili, quindi volevo domandarle quanto dobbiamo investire come sistema Paese in questo percorso.
PRESIDENTE. Lascio la parola al professor Giovannini per una brevissima replica, perché siamo purtroppo in ritardo. Concordo con l'onorevole D'Incà circa la necessità di collocare la prossima volta l'audizione dell'ASVIS in un contesto diverso, ma purtroppo abbiamo dovuto comprimere il nostro programma. Con il professor Giovannini ci siamo sentiti solo all'ultimo momento e abbiamo organizzato questa audizione.
Approfitto di questo mio brevissimo intervento per rispondere personalmente al professor Giovannini rispetto alla sua sollecitazione, confermandogli che la Presidente Boldrini ha sollecitato formalmente al Governo la costituzione del Comitato per gli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES), quindi aspettiamo che il Governo sia conseguente.
ENRICO GIOVANNINI, portavoce di ASVIS. Vi ringrazio per i vostri commenti positivi; naturalmente noi siamo a disposizione, se volete, anche per incontrare i gruppi parlamentari in separata sede per illustrare quello che qualcuno ha detto essere, nel terzo capitolo del rapporto, un programma di Governo per il futuro dell'Italia. A tale riguardo, la nostra risposta è stata affermativa, in quanto noi offriamo siffatte riflessioni a tutte le forze politiche, perché – e drammatizzo un po’ – o questi sono i temi della campagna elettorale delle prossime elezioni oppure noi bucheremo la legislatura 2018-2023 e non riusciremo mai a raggiungere gli obiettivi 2030. Sollecitiamo quindi tutti a usare questi materiali nella maniera che riterrete più opportuna.
Nel ringraziare l'onorevole Dell'Aringa per i suoi positivi commenti, qui vorrei sottolineare rapidamente tre punti. Il primo è il seguente: finalmente con l'Agenda 2030 la sostenibilità non è più una questione puramente ambientale, ma sostenibilità economica, crescita, posti di lavoro, sostenibilità sociale, povertà, disuguaglianze anche tra Paesi, come ricordava l'onorevole Tabacci, sostenibilità ambientale e istituzionale, che è la quarta gamba della sostenibilità, sono tutti sullo stesso piano.
Bisogna spendere molto di più? Sì, ma forse bisognerebbe spendere meglio, e vi Pag. 12faccio un esempio. C'è il fondo per il rientro dei ricercatori all'estero, ossia dei cosiddetti «cervelli», ma vogliamo far rientrare dei ricercatori esperti in energie fossili? Spero proprio di no, ma non c'è nulla al riguardo.
Questo è un esempio per dire che, dato l'ammontare, è possibile decidere di orientare meglio quegli interventi in questa direzione.
La crescita è bassa? In tale contesto la Green economy costituisce un'opportunità di crescita e non soltanto di riduzione delle emissioni. Per quanto attiene alla compatibilità, la Fondazione Mattei ha sviluppato un modello per simulare anche questi aspetti e mi fa piacere che la Presidente della Camera abbia sollecitato la costituzione del Comitato per gli indicatori di benessere equo e sostenibile, perché tale passaggio è rilevante per consentire al Governo di fare le sue valutazioni, giacché senza aver prima selezionato gli indicatori, che rappresentano un sottoinsieme del BES, non si possono definire i modelli, ma senza i modelli non si fanno le valutazioni e per questo bisogna procedere rapidamente.
Onorevole Tabacci, lei ha assolutamente ragione, tra l'altro come membro del direttivo del Club di Roma segnalo che nel 2018 si terrà il cinquantesimo anniversario del Club di Roma e speriamo di poter organizzare a Roma questo evento.
Onorevole D'Incà, gli accordi di Parigi non rappresentano solo un tema ambientale, bensì un tema di opportunità per le nuove tecnologie. Non le so dire con precisione quante risorse occorrano, perché non abbiamo una strategia energetica e solo con una strategia energetica è possibile quantificare gli investimenti, ma abbiamo delle simulazioni che indicano come l'obiettivo che ci siamo impegnati a raggiungere richieda una revisione anche degli attuali obiettivi europei, oltre che di quelli italiani.
Se poi devo indicare una cifra, io suggerirei, se il Parlamento intenderà istituire un fondo per l'attuazione della strategia sullo sviluppo sostenibile, di partire con una dotazione di 100 milioni di euro per il 2017, per poi incrementare tale stanziamento negli anni successivi. Grazie.
PRESIDENTE. Ringrazio il professor Giovannini e dichiaro conclusa l'audizione.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA 5a COMMISSIONE
DEL SENATO DELLA REPUBBLICA GIORGIO TONINI
Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2017-2019, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL.
Do ora la parola a Danilo Barbi.
DANILO BARBI, segretario confederale CGIL. Grazie, presidente. Vorrei in primo luogo specificare che faremo avere più avanti alle Commissioni un documento di dettaglio, che risente in parte del ritardo istituzionale con il quale è stato presentato il disegno di legge di bilancio.
Detto questo, la prima osservazione che vorrei fare è di tipo macroeconomico. Siccome ricordo che abbiamo già avuto un confronto presso le Commissioni bilancio di Camera e Senato sul Documento di economia e finanza 2016 nello scorso mese di aprile, vorrei riprendere alcune osservazioni svolte in quella sede, e cioè che la programmazione economica generale del Governo risultava all'epoca – e oggi questo dato viene confermato – sostanzialmente sbagliata.
Vedo qui alcuni senatori e deputati che erano presenti anche all'epoca, quindi ricorderei a loro che noi provammo a dire che l'aggiustamento del Governo sulla previsione del 2016, allora dall'1,6 iniziale all'1,2 per cento, era assolutamente non credibile e non si sarebbe realizzata per una serie di motivi legati all'andamento dell'economia Pag. 13internazionale, che erano già del tutto evidenti all'epoca.
Questa osservazione la premetto, perché il giudizio che noi diamo – e sarò molto secco e sintetico oggi – è che il disegno di legge di bilancio non corrisponde affatto all'urgenza e alle necessità della condizione sociale del Paese, quindi dal nostro punto di vista il nostro giudizio generale è critico. Non serve a rimettere in moto veramente il Paese, a ridurre le diseguaglianze che sono fortemente aumentate, a ricreare occupazione giovanile e femminile soprattutto nel Mezzogiorno. Questo secondo noi è il punto di giudizio generale.
D'altra parte, questo nella programmazione ci sembra evidente lo ammetta lo stesso Governo, perché, nella condizione in cui siamo, una programmazione di crescita dell'1 per cento – ritenuta però, se confrontata con tutti gli organismi, eccessivamente ottimista – chiarisce il punto: un'ipotesi macroeconomica di questo tipo è, dopo la crisi, un'ipotesi di stagnazione, quindi sostanzialmente il Paese rimarrà sul piano sociale più o meno dov'è, come dicono anche le previsioni occupazionali che il Governo stesso propone.
Ci sono tratti persino elettoralistici, anche se non ci sono elezioni annunciate, però è evidente per noi che manca un'idea generale e quella che c'è è quella che in questi anni non ha funzionato. Si propongono ancora tagli alla spesa pubblica potenziale, una politica di riduzione dei costi alle imprese anche sulla tassazione sui profitti, nonostante le attuali condizioni generali, invece che un rilancio vero degli investimenti pubblici, ed infine una filosofia di bonus anziché diritti.
Si scommette di nuovo su forme di decontribuzione e defiscalizzazione, che non hanno funzionato strutturalmente, invece che fare la scelta di una creazione diretta di lavoro. Questo è il nostro punto di vista: non è la prima volta che lo diciamo, ed anzi lo ribadiamo, perché la condizione sociale generale del Paese non è cambiata.
Ci sono alcuni elementi positivi sulla cosiddetta Industria 4.0, che in parte migliorano i desolanti interventi attuali sulla manifattura italiana, però manca ancora una politica industriale all'altezza dei principali Paesi industrializzati europei. Anche il percorso di Industria 4.0, quindi, se migliora la situazione attuale, a nostro modo di vedere non è al livello delle politiche francesi e tedesche né come quantità di risorse, né come qualità degli interventi e finalizzazione sociale del sostegno alla manifattura digitale e dintorni.
Noi da tempo insieme al sindacato europeo pensiamo si debba aprire una discussione seria con la Commissione europea, come abbiamo già evidenziato in questa sede. Non c'è dubbio che sulle questioni dei migranti o del terremoto l'approccio della Commissione europea sia sbagliato, però noi pensiamo che, se si alza il confronto con la Commissione europea, bisogna farlo in nome di cambiamenti sostanziali della politica europea.
Siamo a un anno dalla possibilità di revisione dei Trattati e riteniamo che il Governo dovrebbe aprire una vertenza vera e propria rispetto alle politiche europee, perché con le attuali politiche europee un Paese come il nostro ha molte difficoltà.
Come abbiamo già detto in questa sede, noi pensiamo che in Italia esistano dei margini fiscali diversi da quelli di altri grandi Paesi europei, che consentirebbero di attuare politiche espansive pur dentro una politica europea che andrebbe radicalmente corretta. Questi margini sono rappresentati dai grandi patrimoni privati e dalla patologia dell'evasione fiscale, che però andrebbe aggredita prima che si manifesti e non inseguendola a posteriori.
Queste due grandi scelte però non sono scelte che si vuole fare, quindi i margini fiscali per una politica espansiva non ci sono, anche se con i provvedimenti per le imprese degli ultimi anni stiamo andando verso i 40 miliardi di euro non in termini strutturali, ma di impegno di spesa pubblica, mentre gli investimenti privati nel nostro Paese sono aumentati in cifra fissa reale, non in valori percentuali, di 2 miliardi di euro. In tale quadro, quindi, i margini fiscali per una politica espansiva esistono, però bisognerebbe decidere politicamente di aggredire i grandi patrimoni e il formarsi della patologia dell'evasione. Pag. 14Queste scelte, tuttavia, non vogliono essere fatte.
Dal nostro punto di vista, il decreto-legge in materia fiscale attualmente all'esame del Parlamento chiarisce questa volontà, perché è un provvedimento che serve a fare cassa ed è pieno di condoni. Ovviamente noi consideriamo normale che quell'idea per la quale si poteva regolarizzare il capitale sommerso in Italia non sia entrata nei provvedimenti, quindi non riusciamo ad apprezzare un fatto che diamo per scontato, ma sinceramente giudichiamo in modo negativo il fatto che nel Consiglio dei ministri quest'idea ci fosse stata, perché tutti sanno che l'agenzia del riciclaggio mondiale fissa il costo della traduzione da capitale criminale in capitale pulito nel 50 per cento – questi sono i dati ufficiali dell'agenzia dell'ONU contro il riciclaggio – e molti giornali hanno riportato la brillante idea di una regolarizzazione, certo con un'autodichiarazione che derivava solo dall'evasione, con un costo del 35 per cento.
Per avviarmi rapidamente alla conclusione, se questo è un giudizio generale, stiamo su un giudizio macro, è evidente che per noi la parte più positiva è legata all'aumento delle pensioni nette di tipo contributivo per una considerevole platea di pensionati, che proviene da un confronto con le organizzazioni sindacali confederali.
Pensiamo invece che siano insufficienti e anche incerte, allo stato attuale, le risorse per i contratti pubblici e che sul versante della contrattazione collettiva dei settori privati l'unica misura di sostegno sia rappresentata dalla detassazione sulla produttività di secondo livello, mentre non è previsto alcun supporto al fatto che si facciano i contratti nazionali di lavoro, che nel nostro Paese nel settore privato costituiscono l'unica condizione per intervenire sulla massa salariale generale e quindi sui consumi ad essa collegati.
Un altro rilievo critico riguarda la trasposizione, anche se il Ministro Padoan diverse volte aveva detto una cosa diversa, delle clausole di salvaguardia su IVA e accise, che vengono di nuovo posposte, laddove vengono però introdotte nuove misure di salvaguardia. Rispetto a una serie di entrate abbastanza estemporanee, previste in copertura, vengono difatti introdotte clausole di salvaguardia tali per cui, se non verranno raggiunti target di recupero da alcune manovre di emersione o di condono, si produrrà un automatico taglio della spesa pubblica o un aumento delle accise sulla benzina.
Ciò per noi è indicativo del rischio che questa manovra profila, nella prossima primavera, il rischio altamente probabile di un aggiustamento del bilancio dello Stato.
Per quanto ci riguarda bisognerebbe procedere in una direzione completamente diversa e decidere politicamente, come la CGIL ha provato a proporre nella discussione generale, di partire dalla scelta di fare un piano straordinario per l'occupazione giovanile, femminile e dei disoccupati di lunga durata.
Abbiamo già provato a dire che questa proposta è possibile e finanziabile e che questo Paese l'ha già fatta quando ci fu il precedente picco della disoccupazione giovanile: allora, nel 1978, venne approvata la legge n. 285 per l'occupazione giovanile, che produsse 840.000 posti di lavoro in tre anni e dimezzò il tasso di disoccupazione giovanile dell'epoca. Non stiamo parlando di Roosevelt, di Beveridge o di altre esperienze anglosassoni, ma parliamo di quello che l'Italia ha già fatto e che ha funzionato. Ogni volta, dopo una grande crisi o un grande problema di emergenza occupazionale, si sceglie la strada della creazione diretta di lavoro, quindi di una sollecitazione diretta.
Ovviamente non è questa la sede per entrare nei dettagli, ma l'ho voluto ricordare perché continuiamo a ritenere che le alternative sarebbero possibili e che purtroppo questa legge di bilancio non produrrà una svolta nella condizione economica e sociale del Paese, che noi consideriamo essere comunque molto grave. Grazie.
MAURIZIO PETRICCIOLI, segretario confederale CISL. Grazie, presidente, per l'opportunità di questa audizione. Intendo in primo luogo esprimere un giudizio di carattere generale per poi tentare di entrare nel merito dei molti elementi alla nostra Pag. 15attenzione che meriterebbero sicuramente maggiore tempo, ma il documento che abbiamo lasciato agli atti potrà in maniera articolata affrontare i vari punti sui tanti temi oggi in discussione.
È inutile dire – credo lo rammentiate bene – che negli ultimi due anni la CISL, pur mettendo in luce i limiti contenuti nelle leggi di stabilità e di bilancio che si sono susseguite, ha sempre voluto sottolineare la discontinuità di ispirazione e quindi la volontà di creare manovre di tipo espansivo. Indubbiamente i risultati, così come si può mettere chiaramente in evidenza, non sempre sono stati soddisfacenti, ciò nonostante occorre ricordare che non agiamo in un contesto in cui siamo gli unici a muovere le leve, poiché ci sono anche altri soggetti che operano e che condizionano ovviamente quello che noi facciamo. In tale quadro, la mutata congiuntura internazionale e i vincoli che ci sono imposti a livello europeo determinano i margini di manovra per questo e per qualunque altro Governo.
Diventa quindi per noi importante, visto che lo abbiamo sempre chiesto, non solo apprezzare la volontà del Governo di ottenere un maggiore scarto possibile in termini di flessibilità per far uscire il Paese da questa palude stagnante dell'economia in cui ci siamo cacciati, ma soprattutto sottolineare la condivisione per un'indicazione espressa da questo Governo, quella cioè di mettere in discussione, alla scadenza dei cinque anni previsti, l'integrazione del Fiscal compact nei trattati europei. Per noi questa è una novità affatto importante, che sottolineiamo e condividiamo.
Per quanto riguarda la questione nella diversa articolazione dei tanti punti in discussione, è evidente che il Paese ha bisogno di una forte ripresa, che il problema del Paese – lo diciamo da anni – è un problema di domanda e che le risposte che vanno messe in campo in questa situazione sono relative agli investimenti pubblici, che trainano quelli privati, e alla riduzione del peso fiscale.
Per quel che attiene agli investimenti pubblici, registriamo il compimento di importanti passi in avanti, così come il nostro giudizio è senz'altro positivo anche rispetto al complesso dei finanziamenti legati al progetto Industria 4.0, che riteniamo possa rappresentare l'embrione e l'inizio di un progetto di politica industriale di cui il Paese ha veramente tanto bisogno. Tutte le diverse misure poste in campo, tra cui il super ammortamento e la «nuova Sabatini», sono quindi certamente positive.
Per quanto concerne la questione fiscale, il fatto che ci sia una riduzione dell'IRES e una riduzione delle tasse per le imprese non è affatto negativo. Tenendo conto che il peso del fisco sulle persone e sulle imprese in questo Paese è talmente alto che nei confronti di altri Paesi europei si determina spesso una sorta di dumping, il fatto che si riducano le tasse sulle imprese e magari anche sulle persone – di questo parlerò fra un attimo – per noi rappresenta quindi un elemento sicuramente positivo.
Segnalerei invece un altro aspetto, che prescinde dalla preoccupazione di ridurre le tasse, ovvero la necessità di procedere ad un riordino complessivo della materia. Penso alle tante agevolazioni fiscali che, qualora sommate all'introduzione dell'attuale diminuzione delle tasse, possono anche avere effetti contraddittori. In tale contesto, una revisione ed una riorganizzazione delle tax expenditures potrebbe sortire diversi effetti: una maggiore coerenza con il progetto che si ha in testa ed una migliore copertura di tante poste che sono state inserite all'interno del disegno di legge di bilancio.
Certo, c'è un po’ di delusione per il fatto che all'interno del disegno di legge in esame non sia stato affrontato già da quest'anno il tema della riduzione dell'IRPEF, come pure sarebbe stato opportuno fare, anche perché nemmeno nei migliori pensieri era possibile immaginare di realizzare un intervento serio e strutturale sull'IRPEF in un solo anno e quindi avremmo immaginato un intervento articolato su un periodo temporale di più anni.
Comunque si poteva, come si è fatto sull'IRES, assumere l'impegno già con questo disegno di legge di bilancio, così come era stato scritto nella precedente legge di stabilità in relazione all'IRES, che dall'anno successivo si sarebbe fatta un'operazione Pag. 16 sull'IRPEF. A quell'operazione, come è evidente, siamo molto interessati e chiediamo la vostra attenzione perché si possa andare in questa direzione nel 2017, in modo da coltivare la speranza di ridurre le tasse sui cittadini e in particolare l'IRPEF, che rappresenta oltre il 90 per cento del gettito che affluisce all'erario.
Sulla questione relativa alla tassazione e alla detassazione siamo molto soddisfatti per il ripristino degli ecobonus, delle detrazioni sulle ristrutturazioni e del bonus per il sisma, che noi riteniamo sarebbe opportuno rendere strutturale, in modo da non dover reperire ogni anno le coperture occorrenti, ciò tanto più tenuto conto della necessità di stare dentro alle difficoltà di copertura che pure ci sono.
Tale misura è rilevante in particolare per alcuni settori come l'edilizia, che rappresenta un settore trainante per l'intera economia e che ad oggi ha perso il 50 per cento dell'occupazione.
Valutiamo altresì molto positivamente la presenza nel disegno di legge di bilancio delle norme che rendono operativo l'accordo sulle pensioni, e c'è una perfetta sintonia anche per la ripresa nella normativa di quello che è stato l'accordo stesso. Nella nota che lasciamo agli atti trovate alcune necessità, che potrebbero essere riprese, quali ad esempio – ne dico una soltanto, ma sono davvero tante – il pagamento delle indennità di fine servizio per gli operatori del comparto scuola, che continua a rimanere, anche laddove si vada in pensione tre anni e sette mesi prima, attraverso il prestito pensionistico che può essere utilizzato anche nel pubblico, con le stesse scadenze creando così una condizione per cui se io vado in pensione prenderò poi il mio TFR cinque anni dopo.
Mi pare giusto segnalare l'assurdità di questo ultimo aspetto, considerando che la scadenza non è a sei mesi, un anno o un anno e mezzo, ma addirittura a cinque anni, cosa che veramente non sta in piedi.
Vorrei infine ragionare rapidamente di mercato del lavoro e pubblica amministrazione. Esprimiamo sicuramente un giudizio positivo per quanto riguarda l'incentivazione generalizzata alle assunzioni, che è stata prevista per l'occupazione dei giovani nel Sud. Lo avevamo chiesto e quindi ci fa molto piacere che sia stata ospitata all'interno della normativa che qui analizziamo anche l'opportunità, nell'alternanza scuola/lavoro, di stabilizzare i giovani all'interno delle imprese che svolgono questo percorso.
Ci sembra molto positiva e rispondente alle aspettative create tra le partite IVA, che sono sempre più numerose – e dovremmo anche analizzare questo fenomeno – la riduzione dell'aliquota contributiva a partire dal 2017; vi segnaliamo, tuttavia, che manca la proroga dell'indennità di disoccupazione per i collaboratori, la Dis-Coll, che era stata prevista l'anno precedente e che qui non abbiamo trovato.
Occorre altresì discutere gli effetti combinati che sono stati provocati dalla fine del regime di mobilità e da alcune norme del Jobs Act, quali il contributo dello 0,30 per cento, la variazione del costo opportunità tra cassa integrazione, che diviene più onerosa, e licenziamento collettivo che è invece meno costoso, la proroga dell'esonero dei costi di licenziamento per i cambi di appalto con riassunzione e per l'interruzione di contratto a tempo indeterminato in edilizia, per completamento delle attività e per chiusura di cantiere.
Sulla questione del pubblico impiego segnaliamo che lo stanziamento indicato nel disegno di legge di bilancio non è certo sufficiente per garantire la stessa media dell'incremento previsto anche per i contratti del settore privato più bassi, quindi siamo a un'entità davvero inaccettabile, sebbene è altrettanto vero che le risorse che vengono confermate possono essere valutate in termini positivi. Mi riferisco alla conferma degli 80 euro ai Corpi di polizia, nonché alla possibilità, dopo anni, di derogare al blocco delle assunzioni in molti comparti della pubblica amministrazione.
Essendo consapevoli che la pubblica amministrazione deve essere profondamente riformata per aumentare la propria produttività, riteniamo di segnalare la necessità di aprire la contrattazione soprattutto a livello decentrato, nel quale è possibile migliorare l'efficienza, misurarla, passare Pag. 17ad una relazione maggiormente partecipativa del personale.
Da questo punto di vista, apprezzando moltissimo l'allargamento della platea che c'è stato sui premi incentivanti alla produttività e, non dimenticando che il tema della produttività è centrale per il nostro Paese, pensiamo che un allargamento anche al settore della pubblica amministrazione possa essere sicuramente positivo.
All'interno della nota che abbiamo depositato sono presenti tante altre indicazioni riferite ad una pluralità di temi, laddove in questa sede ho omesso il tema della povertà o il tema del sisma, per quanto questa ingegneria che è stata messa in piedi per la ricostruzione è interessante, ma anche problematica. Nella nota pertanto è sicuramente presente, in maniera più articolata, un giudizio su tutti i diversi punti. Grazie.
GUGLIELMO LOY, segretario confederale UIL. Ringrazio i presidenti e tutti i componenti delle Commissioni. Alcune riflessioni sono state fatte in particolare dal collega della CISL, quindi le citerò solamente per non ripeterle nella loro complessità.
La prima – consentiteci – è quella di una rapida valutazione politico-sindacale: noi riteniamo che questa manovra di bilancio mostri una chiara inversione di tendenza, tale per cui, rispetto ai giudizi che avevamo espresso sulle passate leggi di bilancio e di stabilità, dobbiamo ora riconoscere che, avendo forzato rispetto ai parametri e avendo fondato parte degli interventi sul deficit, questa manovra si manifesta come parzialmente coraggiosa, e credo che occorra sottolineare tale aspetto.
Nel suo piccolo, stante comunque il rispetto delle compatibilità, è quindi una manovra che cerca di operare in maniera espansiva a sostegno dell'economia del Paese.
Il giudizio è positivo anche perché questa volta la manovra fonda la sua idea di sostegno alla crescita non in via esclusiva sul versante delle imprese, ma tiene insieme le necessità del sistema produttivo, quelle del lavoro e ovviamente anche l'aspetto relativo ad alcuni capitoli di natura sociale.
Questo giudizio non vuol dire naturalmente che non ci siano criticità, che sinteticamente riassumerò, ma, come sapete, c'è stata una significativa inversione di tendenza anche sul piano del metodo, che per noi non rappresenta un aspetto liturgico, bensì costituisce l'accompagnamento alla capacità di rappresentare coloro che si associano alle nostre organizzazioni nonché la modalità attraverso cui è possibile realizzare nella maniera ottimale alcuni interventi.
Ciò è dimostrato dal confronto svolto sulle pensioni, che ha visto le nostre organizzazioni – è qui presente per la UIL anche il collega Proietti, che ha seguito direttamente la vicenda – fornire nel dettaglio un contributo fattivo, con reciproco rispetto delle opinioni e anche delle proposte, che in gran parte sono state recepite dal disegno di legge di bilancio.
Come detto, ci sono alcune criticità e due le accenno subito. La prima è relativa alla indeterminatezza che riguarda il sistema di incentivazione all'occupazione. C'è interesse per la questione dell'incentivo all'alternanza scuola/lavoro, riferito al termine del percorso di alternanza dei ragazzi che escono dalle scuole superiori, mentre non è ancora chiaro quanto sarà significativo l'intervento per il Mezzogiorno, e anche con Confindustria abbiamo convenuto sulla necessità di dare un segnale in quelle aree del Paese. Più complicato, invece, è il discorso relativo al super bonus «Garanzia Giovani», ma siamo ai dettagli.
Si registra inoltre un oggettivo rallentamento rispetto al percorso, avviato dal Governo, di una graduale, compatibile revisione di alcuni criteri relativi agli ammortizzatori sociali nel Paese che, come sapete, con la modifica del decreto legislativo in parte è stata colta, ma che si è sostanzialmente fermata ad allora. Crediamo che nel 2017 si riproporrà il tema di plasmare meglio il nostro sistema degli ammortizzatori sociali, stante il fatto che il tasso di crescita non ancora sufficiente porrà alcuni problemi soprattutto nella gestione di complicate crisi aziendali. Pag. 18
Sul pubblico impiego c'è un giudizio ovviamente positivo in considerazione dell'incremento delle risorse finanziarie a disposizione per il riconoscimento di quanto è stato negato per tanti anni, quindi non solo da questo Governo ma da una lunga serie di predecessori. Non crediamo che quella indicata sia ancora una cifra sufficiente, ma bisogna sottolineare che è importante, oltre all'aspetto finanziario, chiarire una volta per tutte l'aspetto normativo, cioè liberare da vincoli di legge la contrattazione sia a livello nazionale che a livello decentrato, nonché, nel rapporto tra il Governo, le autonomie territoriali e le regioni, la questione relativa alla copertura per gli aumenti contrattuali concernenti i dipendenti che non rientrano nel comparto delle amministrazioni centrali, per i quali sono invece previsti aumenti nel disegno di legge di bilancio, ancorché secondo noi in misura ancora da sostenere.
Sul versante delle imprese c'è un interesse per le modalità con cui si cerca di intervenire a sostegno degli investimenti più finalizzati ad aspetti che possono interessare il nostro sistema produttivo e manifatturiero. Si tratta quindi di un intervento sostanzialmente apprezzabile, e per quanto la misura, anche in questo caso, non sia sufficiente, rispetto ad altre esperienze passate, dove non sempre si registrava una corrispondenza tra l'investimento pubblico e l'efficacia in termini di innovazione di prodotto, di macchinari, di tecnologie da parte delle imprese, c'è comunque un interesse al sostegno al made in Italy in generale, compreso ovviamente il settore agricolo.
Rispetto al capitolo sanità, occorre definire meglio la finalità dei 2 miliardi aggiuntivi, mentre crediamo che debba essere colta l'occasione anche per affrontare – non dico una volta per tutte, ma quasi – l'aspetto dei livelli essenziali di assistenza e fare in modo che questo intervento non penalizzi il sistema sanitario nella sua struttura principale.
Registriamo parziali passi in avanti sugli interventi di natura sociale, che si fondano spesso su un'erogazione economica che può avere una sua finalità, ma non affrontano il tema strutturale di un miglioramento della qualità dell'offerta dei servizi. In particolare, ci riferiamo agli asili nido e quindi rispetto al bonus bebé abbiamo queste perplessità.
Per quanto concerne fisco ed entrate, condividiamo – l'abbiamo già manifestato pubblicamente e lo sosterremo nei prossimi mesi con iniziative unitarie – la valutazione secondo cui questo disegno di legge di bilancio è debole sul versante del contrasto all'economia sommersa, e non solo per il segnale non condivisibile dei mini condoni, che tra l'altro penalizzano i contribuenti onesti.
Crediamo che siano ormai più che maturi i tempi per un intervento forte e significativo su questa caratteristica ormai patologica del nostro sistema economico: forse ci vuole più coraggio, più grinta nell'affrontare con realismo un fenomeno che produce non solo ingiustizia, ma anche danni dal punto di vista della stessa tenuta della contabilità pubblica per le evidenti minori entrate che provoca.
Riteniamo pertanto che sia necessario affrontare con maggiore forza tale fenomeno, che investe anche la questione della regolarità lavorativa che è sempre colpita da un alto tasso di irregolarità.
Per quanto riguarda il sistema degli incentivi e delle detrazioni, positivi e interessanti sono gli interventi relativi alle riqualificazioni e alle ristrutturazioni, anche se pensiamo che nel tempo vada reso quantitativamente più significativo – mi riferisco al tema Casa Italia e non solo – e permanente l'intervento, in maniera tale da sostenere una graduale ma significativa riconversione del nostro sistema urbanistico, tanto nelle aree interne quanto in quelle ricadenti nelle grandi città.
C'è inoltre un giudizio positivo sulla questione della produttività, non solo perché si modificano in meglio i due parametri relativi al tetto di reddito individuale e all'importo che può essere portato in detrazione, ma anche perché si riconosce che parte dell'erogazione delle prestazioni di welfare non è legata solo alla contrattazione aziendale. Come è noto, c'è un mondo che vive di welfare contrattuale, anche nazionale, Pag. 19 e pensiamo che sia stato corretto affrontare il tema.
Per quanto riguarda pensionandi e pensionati, nel documento che abbiamo consegnato sono indicate alcune specifiche molto più chiare che potrete verificare, ma ovviamente c'è un giudizio di interesse – anche per ragioni di coerenza, avendo noi sottoscritto un verbale con il Governo – sulla questione relativa a un intervento di natura fiscale a favore delle pensioni, attraverso anche, tra l'altro, le norme in materia di quattordicesima e no tax area.
In particolare, sull'anticipo pensionistico (APE), oltre ad averlo noi sottoscritto e quindi a difenderlo, occorre tuttavia verificare nel corso del dibattito parlamentare presso la Commissione bilancio se sia possibile effettuare ulteriori interventi migliorativi. Mi riferisco soprattutto alla questione dei pubblici dipendenti, alla questione dell'anzianità contributiva per accedervi e all'allargamento del grado di parentela per chi assiste le persone disabili.
Si tratta di proposte di miglioramento che nel dettaglio sono illustrate nel documento che abbiamo consegnato e che potranno essere quindi ulteriormente approfondite.
Non è completato invece l'intervento sull'APE contrattuale, nel senso che ci si è fermati per così dire a metà: si individua infatti lo strumento – bilateralità, fondi interprofessionali – per integrare un'eventuale penalità per i lavoratori delle imprese che avviano un processo di riduzione del personale o di ristrutturazione, non di crisi ma di ottimizzazione dei livelli occupazionali, ma manca la copertura economica.
Noi pensiamo che l'indennità di mobilità delle imprese, che dal 1° gennaio non verrà più pagata, in parte possa essere reintrodotta per una finalità più moderna, in termini di politiche attive e riqualificazione, ma anche di integrazione al reddito per le persone che fuoriescono dall'ambito lavorativo.
Esprimiamo invece una valutazione positiva sul provvedimento relativo al credito, perché salvaguarda il principio mutualistico della Naspi e non segue la tendenza di determinate imprese o settori a considerare soldi propri quelli che si versano per la solidarietà generale, nel caso specifico della Naspi.
Chiedo scusa se ho trascurato alcuni argomenti, ma intendo richiamare, infine, un giudizio sulla questione di Equitalia, che punta soprattutto alla tenuta del sistema che ha prodotto comunque Equitalia. Adesso si cambierà sigla, si transiterà sotto altra gestione, ma c'è una fortissima professionalità all'interno di quell'azienda che crediamo vada salvaguardata in termini sia occupazionali che di riconoscimento della stessa professionalità.
Nel dettaglio ci sono alcune questioni che potrete riscontrare, e se occorre siamo a disposizione per ulteriori chiarimenti.
FIOVO BITTI, segretario confederale UGL. Grazie, presidente. Anche noi abbiamo già lasciato un documento piuttosto corposo con le osservazioni su tutti gli articoli del provvedimento, per cui per ulteriori approfondimenti rimandiamo a quel documento.
A nostro avviso questo disegno di legge di bilancio si inserisce in un solco già tracciato dal Governo nelle passate manovre finanziarie, che noi abbiamo comunque criticato, per cui la nostra posizione è più critica rispetto ad altre espresse in questa sede.
Continua a mancare un progetto Paese compiuto, che serva a recuperare le aree sottoutilizzate del Mezzogiorno e valorizzi la buona occupazione, ridia spessore alla pubblica amministrazione e ai suoi dipendenti, riduca la pressione fiscale in maniera strutturale, contrasti il sommerso e diminuisca in maniera razionale la spesa pubblica. Viceversa, sembra che si continui a preferire la via facile del bonus fiscale o monetario.
Il nostro timore è che rischiamo di ingaggiare una battaglia con l'Unione europea su qualche punto decimale, mentre stiamo vivendo un grandissimo dramma come Paese. A tutte le questioni che già conosciamo, si aggiungono infatti i temi relativi al sisma e all'immigrazione.
Secondo noi questa manovra guarda più alle imprese che alle famiglie – basti ricordare in questa sede la questione dei fondi per il contrasto alla povertà –, senza Pag. 20peraltro avere la certezza che le misure introdotte o rinnovate possano portare a nuova occupazione.
Cito il caso già menzionato dell'alternanza scuola/lavoro, che è sicuramente importante e significativo, però si va a incidere in un settore di nicchia e le statistiche ci dicono che il passaggio da tirocinio ad occupazione è a tre mesi del 2,3 per cento, mentre a sei mesi questa percentuale sale al 6,3 per cento. Questa è una media degli ultimi cinque anni, laddove, anche se si segnala una leggera crescita nell'ultimo periodo, dobbiamo sapere che si tratta di un settore di nicchia.
Le altre misure porteranno a un ammodernamento degli stabilimenti industriali, che saranno sicuramente utilizzati in maniera più efficace. Ci sarà probabilmente un maggiore utilizzo della manodopera in organico, però non dimentichiamo un passaggio: Industria 4.0, che anche noi come sindacato abbiamo sostenuto facendo parte della cabina di regia, deve essere necessariamente accompagnata e supportata da un processo di riqualificazione professionale, per non alimentare la cosiddetta «disoccupazione tecnologica».
Anche noi giudichiamo positivamente la riproposizione e l'estensione delle norme relative agli incentivi sui premi di produttività e al welfare aziendale, però anche per noi, come è già stato fatto notare dal collega della CGIL, è necessario un supporto alla contrattazione collettiva nazionale, perché purtroppo la contrattazione aziendale continua ad essere un patrimonio poco diffuso nel Paese.
Visto che parliamo di contratti collettivi, non possiamo non citare il caso del contratto collettivo del pubblico impiego. Crediamo che il Governo debba rispettare i patti e le regole: è vero che dovrà aprirsi una contrattazione, però segnalo in questa sede che soltanto per il recupero dell'inflazione dal 2009 ad oggi servirebbero circa 13,5 miliardi di euro, cifra sostanziosa.
Sul capitolo fiscale denunciamo il fatto che manca ancora una riforma strutturale: da tempo sosteniamo l'introduzione del quoziente familiare o di un modello simile che tenga conto dei carichi familiari, e invitiamo a svolgere una riflessione anche sulle imposte al consumo, sull'IVA e sull'accisa.
Rispetto al grande capitolo delle pensioni, come organizzazioni sindacali ci siamo confrontati in particolare con il sottosegretario Nannicini, abbiamo espresso le nostre opinioni e le nostre perplessità e, in quella sede, abbiamo anche sostenuto le proposte di legge degli onorevoli Damiano e Polverini già presentate in Parlamento.
Il Governo ha puntato ad adottare una soluzione che suscita invece qualche perplessità. Mi riferisco all'anticipo finanziario a garanzia pensionistica (APE), e la perplessità risiede nel fatto che tale misura ha un costo importante per il lavoratore che decida di accedervi. È vero che serviranno degli accordi quadro con ABI e ANIA per definire alcuni passaggi, i tassi di interesse, nonché la questione della polizza vita, però una prima stima ci indurrebbe a ritenere che per 1000 euro di anticipo finanziario potrebbe esserci un costo di circa 150 euro mensili per vent'anni, o forse meno, ma comunque si tratta di un costo significativo.
Teniamo quindi a ribadire l'opportunità che, già in fase di predisposizione della legge, sia indicato chiaramente che l'accesso all'APE è una scelta volontaria della persona.
La versione sociale dell'APE è sicuramente più apprezzabile, ma permangono degli elementi da valutare con attenzione e già sono stati richiesti interventi per non comprimerne troppo il campo di applicazione – mi riferisco, in particolare, all'anzianità contributiva e ad altri aspetti relativi all'assistenza dei familiari con disabilità.
Per quanto riguarda la rendita integrativa temporanea anticipata (RITA), crediamo che tale strumento avrà un impatto ridotto, perché la percentuale di lavoratori iscritti ai fondi di previdenza complementare è minima. Anche su questo aspetto con il sottosegretario Nannicini a suo tempo abbiamo evidenziato la necessità che si torni ad affrontare il tema della previdenza complementare, sostenendola.
Sicuramente più apprezzabili sono le altre misure sulla previdenza, in particolare Pag. 21 quelle sulla quattordicesima mensilità e sulla no tax area, anche se resta l'idea di provvedimenti spot, non sempre inseriti in un contesto coerente.
Ci lasciano viceversa perplessi le disposizioni sui lavoratori precoci, sui lavori usuranti, in particolare per la individuazione delle diverse figure di lavori usuranti, e sui salvaguardati. Sugli esodati, continuiamo invece a pensare e a sostenere che le risorse stanziate originariamente devono restare nell'alveo della salvaguardia.
Con questo concludo, per tutte le altre questioni rimandando al documento che abbiamo consegnato agli atti.
PRESIDENTE. Ringrazio il segretario dell'UGL, Fiovo Bitti. Abbiamo poco tempo per lo svolgimento di rapide domande. Lascio quindi la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
CARLO DELL'ARINGA. Ringrazio i nostri ospiti soprattutto per le indicazioni specifiche che hanno illustrato, mentre altre ancora se ne troveranno nei documenti. Vorrei solo fare qualche osservazione. Ci sono misure anche per il welfare nazionale, e non solo per quello aziendale, magari possono essere incrementate, ma sono comunque previste.
Il tema dell'alternanza scuola/lavoro è stato definito di nicchia, ma è quello che si vuole implementare e fare in modo che non sia più di nicchia, quindi questa non può essere una giustificazione. L'obiettivo non è tanto quello di stabilizzare, quanto quello di indurre le imprese a rendersi disponibili a fare alternanza. Questo è il primo obiettivo.
Avete insistito sugli ammortizzatori, ed indubbiamente c'è un problema di sistemazione in prossimità della sparizione della mobilità. Non una parola ho invece ascoltato per le politiche attive, che fanno sempre la fine della Cenerentola anche nei vostri documenti, ma le politiche attive sono appena state ristrutturate e richiedono un impegno da parte di tutti.
Incentivi alla produttività nel pubblico impiego: a parte il fatto che l'esperienza non è esaltante dal punto di vista del legame fra produttività e premi a livello aziendale, però anche nella prospettiva di un incremento – non so quando sarà possibile – del fondo per la contrattazione nel pubblico impiego, visto che le risorse sono quelle che sono, se ci sono gli incentivi per il welfare e per la produttività, è chiaro che anche nei contratti privati si tende a restringere l'area degli aumenti nazionali, quindi anche voi considerate che in prospettiva questa alternativa, come c'è nel privato, debba esserci anche nel pubblico. Se quindi si vuole puntare in quella direzione, bisogna anche essere conseguenti dal punto di vista delle piattaforme nazionali.
Per avere la vostra risposta a obiezioni che nell'opinione pubblica sono state fatte a proposito dell'accordo sulle pensioni, che peraltro tutti avete apprezzato, vado al nocciolo, tanto per essere anche un po'provocatorio. Ci si è domandati, ad esempio, per quale ragione non sia stata applicata l'ISEE alla quattordicesima. È facile chiedere tante cose, ma se non ci sono i soldi si fa la lotta al sommerso, si fa la lotta all'evasione o si introducono nuove tasse, ma voi conoscete i vincoli per cui non si possono fare leggi di bilancio con le risorse rivenienti dalla lotta all'evasione, in quanto non ce le passano e già abbiamo problemi nei confronti dell'Europa.
Lì si trattava di compiere una scelta e molti si sono lamentati di questo, ma non si potevano liberare risorse, e le stesse considerazioni valgono anche all'interno del discorso di abbassare gli anni di contribuzione o per i famosi giovani, per i quali probabilmente anche voi vi lamentate che tante risorse non siano disponibili.
GIORGIO SANTINI. Velocemente anch'io voglio riprendere il tema che da ultimo ha sollevato il professor Dell'Aringa relativo all'accordo pensionistico. In particolare, la misura sulla quattordicesima, che è molto interessante e riprende anche il contenuto di accordi precedenti, è strettamente ancorata a requisiti individuali, quindi conoscendo la casistica delle pensioni di queste dimensioni è intuitivo che si creino realtà francamente discutibili. Pag. 22
La valutazione è se, naturalmente nel rispetto del vincolo legato all'accordo, in base al quale la quantità di risorse deve essere riutilizzata all'interno dell'area previdenziale, non sarebbe più serio introdurre un minimo di requisito reddituale, che tenga conto della situazione complessiva, quale ad esempio l'ISEE. Molti stanno infatti pensando, anche in sede di esame della manovra, di inserire tale precisazione, quindi ci piacerebbe conoscere la vostra opinione in proposito.
Volevo inoltre chiedere a chi ha parlato del Mezzogiorno come valuti il fatto che si assegna di default, quindi non più con una scelta di politica di bilancio nella legge, il tema del sostegno all'occupazione nel Sud all'utilizzo dei fondi europei per le condizioni date.
ROCCO PALESE. Innanzitutto mi scuso per non essere stato presente alla illustrazione di tutte le relazioni, molto opportune e analitiche, delle organizzazioni sindacali, ma sarà mia cura leggere i documenti depositati.
Vorrei chiedere due cose semplicissime. La prima riguarda la situazione relativa all'accordo sulle pensioni, ossia se vi sia una netta rispondenza rispetto al verbale presentato e concordato con il Governo o eventualmente qualche aspetto da chiarire meglio. L'altra riguarda il problema delle ricongiunzioni, ossia se conosciate le motivazioni dell'esclusione delle Casse professionali dall'ambito di applicazione di tale misura.
Sulla situazione del Mezzogiorno ho letto il passaggio in cui mi sembra che la CISL ne parli in maniera più approfondita. Vorrei sapere se della nuova impostazione rispetto ad accordi o a Masterplan, le organizzazioni sociali esprimano una valutazione positiva oppure anche loro vedano come il Masterplan più volte annunciato per il Sud alla fine non contenga se non le singole misure già predisposte per il ciclo 2014-2020, che peraltro sconta un netto ritardo attuativo.
Un elemento ulteriore riguarda la decontribuzione. La passata legge di stabilità ha previsto il credito d'imposta, seppur limitato alle quattro regioni dell'Obiettivo 1, laddove la decontribuzione doveva poi essere attivata sulla base di un monitoraggio, che mai è arrivato e peraltro non ci sono le risorse, rispetto al 1° gennaio 2017. Chiedo pertanto se anche questa valutazione sia stata oggetto di analisi da parte delle organizzazioni sindacali.
PRESIDENTE. Non ho altri iscritti a parlare, quindi darei la parola per le repliche nell'ordine degli intervenuti, raccomandando la sintesi.
DANILO BARBI, segretario confederale CGIL. Mi concentrerò rapidamente su due sole questioni, le politiche attive, da un lato, e aumento delle pensioni ed ISEE, dall'altro. Per quanto ci riguarda, non c'è una svalutazione delle politiche attive, ma la considerazione che queste ultime, in una fase di acuta crisi occupazionale, sono strutturalmente inadeguate ad affrontare la situazione – e questo vorrei dirlo con chiarezza. Il problema è l'analisi che facciamo sulla disoccupazione italiana.
Le politiche attive si rivelano strutturalmente inadeguate, perché noi abbiamo, soprattutto in relazione all'occupazione giovanile, un problema di stock, ossia di creazione di nuovo lavoro, che oggi è fortemente compromessa fra un'ampia quota di occupazione precaria e un'altissima quota di disoccupazione istituzionale e formale.
In questa situazione, le politiche di facilitazione in senso lato non riescono ad intaccare il blocco disoccupazionale che si è creato. A sostegno di questa tesi cito due dati evidenti.
In Italia, poiché il nostro picco di disoccupazione giovanile è legato al fatto che siamo il Paese che ha meno giovani tra i grandi Paesi europei, il che equivale ad avere pochi giovani molto disoccupati, noi abbiamo contemporaneamente la quota di occupazione inevasa, cioè di posti vacanti sulle domande, più bassa fra quasi tutti i Paesi d'Europa, e il numero di Neet, ossia di giovani che non studiano né lavorano, fra i più alti.
È quindi del tutto evidente che le politiche di facilitazione non sono strategiche in questa fase, il che non vuol dire che non Pag. 23siano preziose o importanti, ma non possono colpire al cuore il serbatoio di disoccupazione giovanile che si è creato. Questa è la nostra valutazione, fondata quindi su un ragionamento più sistemico.
Sull'altro tema la nostra opinione è questa: l'intervento discusso con il Governo è stato un intervento giustificato, nella piattaforma CGIL, CISL e UIL, dalla perdita del potere d'acquisto delle pensioni, in particolare di quelle su base contributiva, in un processo di medio periodo. Questo è l'argomento che ha portato alla soluzione di ampliare il campo di applicazione della quattordicesima, tanto negli importi quanto nella platea dei beneficiari, secondo una impostazione non nuova, che venne già introdotta all'epoca da un confronto con il Governo Prodi. L'argomento della nostra piattaforma era dunque questo: recuperare una parte di potere d'acquisto perduta in misura significativa, almeno entro un certo ambito di potere d'acquisto della pensione diretta.
Da tale punto di vista troviamo del tutto improprio il ragionamento sull'ISEE su questo punto specifico, laddove lo troviamo proprio in rapporto a moltissime altre questioni di utilizzo di forme indirette di welfare, anche perché, se si ragionasse concettualmente, bisognerebbe riferire il predetto ragionamento anche alla quattordicesima precedente, in quanto non si capirebbe per quale motivo si potrebbe utilizzare l'ISEE sull'aumento e non sulla quattordicesima precedente.
Questa è la nostra opinione, quindi pur comprendendo l'esistenza di un tema che riguarda il reddito pensionistico ma anche il patrimonio, non mi sembra corretto utilizzarlo su questo strumento, che aveva il senso di recuperare un potere d'acquisto perso dalle pensioni in essere, almeno fino a un certo livello del loro valore nominale.
MAURIZIO PETRICCIOLI, segretario confederale CISL. Sarò rapidissimo. Non abbiamo cambiato assolutamente idea sulla validità dello strumento dell'ISEE che abbiamo partecipato a costruire, ma siamo assolutamente contrari, proprio per il dissenso che è stato spiegato e che è stato condiviso anche dal Governo, e ricordo un'intervista del sottosegretario Nannicini che chiarisce molto bene questo punto.
L'idea quindi è, oltre alle cose che sono già state dette, di restituire a chi ha versato anni di contributi e di farlo in maniera proporzionale ai contributi versati, fino a 15 anni, fino a 25 anni od oltre i 25 anni, secondo un meccanismo che prevede una corresponsione proporzionale rispetto ai contributi versati.
Lasciatemi anche dire che, se uno ha versato i contributi, avrà pure partecipato a creare un po’ di ricchezza in questo Paese, se uno ha versato i contributi, avrà pure partecipato più di altri a mantenere in equilibrio i conti della previdenza, altrimenti le cose non tornano più. Ben venga, quindi, l'ISEE sugli interventi quando sono di natura assistenziale, ma in questo caso noi volevamo fare un intervento di restituzione, oltre alle cose molto corrette che sono già state dette.
C'è corrispondenza fra testo e accordo? Sì, molta. Per quanto mi riguarda, dall'analisi del testo che ho potuto fare, sia pure tardivamente, ho notato che una misura risulta ancora assente: quando si va a creare la possibilità di ridurre il peso della rata di ammortamento per il prestito pensionistico di mercato, laddove è stato detto che quello che bisogna restituire potrebbe essere molto corposo, è stata creata appositamente la struttura della rendita integrativa temporanea anticipata (RITA) per chi ha i fondi pensione, per poter diminuire quanto il singolo dovrà restituire, perché chiede meno prestito in quanto ha la rendita che gli proviene dal fondo pensione.
In proposito, rammento che il 25 per cento dei lavoratori ha il fondo pensione, quindi sono tanti; senz'altro il 25 per cento si può aumentare, ma siamo in media rispetto a tanti altri Paesi europei, a meno che non ci diate una mano e la rendiate obbligatoria, perché la CISL è molto favorevole all'obbligatorietà della previdenza complementare, altrimenti i livelli sono questi, ma si collocano nella normalità.
Siccome però il 75 per cento delle persone che lavorano non ha la possibilità della previdenza complementare, abbiamo Pag. 24chiesto di poter utilizzare il TFR: nell'accordo ciò è previsto, l'avevamo ottenuto anche alla stessa tassazione della previdenza complementare, quindi al 15 e non al 23 per cento, ma nella norma non c'è più, e lo segnalo perché è stata posta al riguardo una domanda specifica.
Per noi le politiche attive rappresentano la scommessa che abbiamo di fronte, e chiedo venia se non ne abbiamo parlato abbondantemente in questa occasione ma l'abbiamo fatto in tante altre circostanze.
Sul pubblico impiego sono completamente d'accordo, sta però di fatto che viviamo una situazione in cui c'è il blocco del contratto nazionale e il blocco del contratto aziendale; questa situazione non può continuare, ma siamo ben d'accordo che, se si sposta la leva più su un livello che su un altro, poi bisogna essere conseguenti quando si fanno gli accordi a tutti i livelli.
Ciò che dobbiamo far saltare è l'impossibilità di agire su un fronte e sull'altro, perché è vero che le esperienze non sono molto belle, ma, tornando alla interlocuzione con l'onorevole Dell'Aringa, allora anche sulle politiche attive non abbiamo una grande tradizione, ma è una scommessa sulla quale dobbiamo andare e che sicuramente ci impegna come organizzazioni.
GUGLIELMO LOY, segretario confederale UIL. Per la UIL c'è una sostanziale coincidenza tra il verbale d'intesa con il Governo e il testo del disegno di legge di bilancio. Sulle casse professionali, da quello che abbiamo capito, c'è un'opposizione delle casse stesse a fare la ricongiunzione per motivi anche comprensibili, però è venuta proprio dalle casse l'indicazione di non procedere al cumulo.
Noi dobbiamo comprendere la natura dell'intervento che viene fatto con la quattordicesima, perché altrimenti andiamo fuori strada. Con il protocollo siglato nel 2007 si introdusse una grandissima novità e una grandissima innovazione: si valorizzarono gli anni di contributi versati e si valutò il reddito individuale. Ma ciò perché? Perché questo è un intervento di natura previdenziale. Se usassimo l'ISEE, andremmo ad operare invece un intervento di natura assistenziale, cosa che in questa fase non è assolutamente opportuna.
Invito quindi il Parlamento e queste Commissioni a valutare tale aspetto: questo è un intervento di natura previdenziale, perché, come hanno detto anche i colleghi, rivaluta in maniera proporzionale gli anni di contributi versati, quindi il riferimento non può che essere il reddito individuale, altrimenti andiamo in un altro campo, che è quello dell'assistenza.
Nel momento in cui invece dobbiamo fare, nella seconda fase una separazione profonda tra la spesa previdenziale pura per pensioni e quella assistenziale, sarebbe un errore abbandonare questa che è stata una grande innovazione introdotta negli ultimi anni.
FIOVO BITTI, segretario confederale UGL. Intervengo per segnalare giusto una cosa: noi abbiamo espresso delle critiche rispetto al Masterplan. In alternativa al Masterplan, come organizzazione sindacale abbiamo elaborato un progetto più ampio che abbiamo chiamato Sud Act, che interessa diverse azioni in diversi campi, per cui parliamo di infrastrutture, energia, ambiente, turismo, cultura, agroalimentare, occupazione, utilizzo dei fondi sociali europei.
A nostro avviso, per rimettere in linea il Mezzogiorno servirebbe un investimento nell'ordine di 60 miliardi di euro in più anni, per cui parliamo di circa 4 punti percentuali di prodotto interno lordo.
PRESIDENTE. Nel ringraziare nuovamente i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
FRANCESCO BOCCIA
Audizione di rappresentanti dell'ABI.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante Pag. 25bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti dell'ABI.
Do ora la parola al dottor Giovanni Sabatini, direttore generale dell'ABI.
GIOVANNI SABATINI, direttore generale dell'ABI. Grazie, presidente, grazie, onorevoli senatori e deputati, per questa opportunità di poter esprimere il nostro punto di vista sul disegno di legge di bilancio per il 2017.
Abbiamo predisposto una memoria che entra più approfonditamente nell'analisi delle singole norme e cercherò di dare un quadro sintetico del documento, in modo da lasciare spazio per le domande a cui, con i miei colleghi, saremo lieti di rispondere.
Fondamentalmente la relazione si articola in due macro aree: da un lato, qualche considerazione di contesto sull'impostazione generale della manovra anche rispetto agli andamenti economici globali, dall'altro, un'analisi delle norme che riteniamo di maggior rilievo.
Il disegno di legge di bilancio si inserisce in un contesto macroeconomico internazionale che è caratterizzato da difficoltà a ridare slancio alla crescita economica. La recente stima del Fondo monetario internazionale nel World Economic Outlook di ottobre rivede al ribasso la crescita mondiale per il 2016 di uno 0,1 per cento, quindi portandola al 3,1, mentre prevede un 3,4 per cento per il 2017.
Ciò è anche la conseguenza di una debole dinamica del commercio mondiale. In Europa la crescita è inoltre appesantita da fattori extra economici, quali il clima di incertezza diffuso, collegato tra l'altro alla crisi dei rifugiati, alle tensioni con la Russia e all'indeterminatezza del processo che porterà all'uscita della Gran Bretagna dall'Europa, che rende peraltro difficile la stima dell'impatto di questo evento sulla crescita complessiva. Ovviamente, in Italia questo contesto si è aggravato per effetto dei gravissimi episodi sismici che hanno colpito le regioni centrali del nostro Paese.
Tale contesto ha portato a rivedere il quadro macroeconomico tendenziale e a ridimensionare per l'Italia l'ipotesi di crescita per il 2016 da un più 1,2 per cento a un più 0,8 per cento, quindi complessivamente nel quadriennio 2016-2019 la crescita cumulata viene stimata in 3,9 punti percentuali, un valore positivo – è importante sottolinearlo – ma in rallentamento di circa 1 punto percentuale rispetto a quanto precedentemente atteso in primavera.
Questi dati sono allineati con le stime che l'ABI conduce periodicamente insieme agli uffici studi delle principali banche italiane: per noi la crescita 2016 è stata portata allo 0,8 per cento dallo 0,9 per cento di luglio, mentre confermiamo la stima per il 2017 di 0,9 per cento.
In questo contesto la scelta di muovere in direzione di una revisione degli obiettivi di convergenza a favore del consolidamento della ripresa appare opportuna e utile, quindi nel complesso la manovra è funzionale a bilanciare il possibile indebolimento della domanda estera con un maggior contributo di consumi e investimenti.
È quindi coerente con un'impostazione della politica monetaria che continua a essere ultra espansiva e quindi a ridurre i rischi di deflazione, ma, come sottolineato anche dal Presidente Draghi, da sola la politica monetaria non può far ripartire la crescita, anche perché il livello dei tassi reali nel lungo periodo dipende dalle aspettative di crescita nel medio periodo, quindi è necessario che altri fattori e altri attori intervengano, per cui la necessità di rilanciare gli investimenti pubblici e privati costituisce una priorità.
Da questo punto di vista troviamo coerente la manovra delineata dal disegno di legge di bilancio, anche se poi ovviamente è anche a livello europeo che deve partire questo processo e quindi diventa importante accelerare la realizzazione del Piano Juncker e supportarne il rilancio, come recentemente annunciato.
In questo quadro abbiamo individuato cinque aree in cui si muovono gli interventi del disegno di legge di bilancio: misure di alleggerimento fiscale, misure per competitività Pag. 26 e crescita, misure di fiscalità immobiliare, misure in materia di lavoro e previdenza, altre misure.
Per quanto riguarda le misure di alleggerimento fiscale, è di rilievo per il sistema imprenditoriale complessivo l'insieme degli interventi a favore delle imprese individuali e delle società a base personale, che potranno meglio modulare la propria fiscalità grazie alle opportunità implicite nel regime opzionale dell'imposta sul reddito di impresa.
Le imprese interessate potranno infatti accedere su opzione a un regime di tassazione ad aliquota proporzionale del 24 per cento, allineata a quella IRES. Ciò consentirà alle imprese di minori dimensioni di procedere a una effettiva pianificazione fiscale.
In questo senso anche la semplificazione alla base della previsione di cui all'articolo 5, recante il regime di cassa per i contribuenti che si avvalgono della contabilità semplificata, appare opportuna, introducendo un regime di tassazione per cassa, cioè un regime che consente di far assumere rilevanza fiscale, ai fini sia delle imposte sui redditi sia dell'IRAP, ai ricavi effettivamente percepiti e ai costi effettivamente sostenuti. La misura evita dunque gli effetti fiscali negativi per le imprese che derivano dallo sfasamento tra la rilevazione economica del ricavo o del costo e la sua successiva manifestazione finanziaria, in particolare per quanto riguarda i ricavi conseguenti ai ritardi nei pagamenti da parte della clientela.
Per quanto riguarda le misure per la competitività e la crescita, un'altra norma importante è quella che introduce finalmente anche nell'ordinamento italiano il regime del gruppo IVA. Questa era una possibilità già prevista dalla apposita direttiva europea IVA, che consentiva la facoltà per ogni Stato dell'Unione europea di considerare come unico soggetto passivo ai fini dell'IVA persone giuridiche stabilite nello stesso Stato membro, che, pur essendo giuridicamente indipendenti, sono strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici e organizzativi.
L'adozione del gruppo IVA permette alle imprese che vi accedano di neutralizzare gli effetti negativi dovuti ai maggiori costi che si determinano negli scambi infragruppo di servizi imponibili IVA, in particolare quando i componenti del gruppo svolgono in via predominante operazioni esenti.
Tuttavia, i benefici di questa norma non si esauriscono in questo caso, perché risulterà una norma di interesse per tutti i gruppi industriali, commerciali o bancari/assicurativi, in quanto consentirà il superamento delle incertezze che si possono porre in sede di verifica fiscale circa la corretta applicazione della normativa sui prezzi di trasferimento, che in ambito IVA opera al ricorrere di determinate ipotesi anche per le operazioni infragruppo di tipo domestico.
Sono poi di rilievo e importanti le agevolazioni fiscali per gli investimenti a lungo termine. Il tema del sostegno fiscale alle imprese è ripreso infatti da una serie di ulteriori elementi che caratterizzano il disegno di legge di bilancio.
In proposito, occorre ricordare che in Italia manca un flusso consolidato di investimenti domestici soprattutto di lungo termine, che, anche attraverso il mercato azionario, sostenga la crescita del Paese. Non posso non ricordare come nel 2014 il Governatore della Banca d'Italia Visco abbia evidenziato un deficit patrimoniale di capitale di rischio delle imprese italiane rispetto alla media delle imprese europee stimabile in circa 200 miliardi di euro.
Le norme in commento rispondono a questa esigenza. Fornisco giusto qualche cifra: solo il 2,5 per cento del totale del patrimonio gestito da fondi comuni di investimento italiani è destinato ad azioni italiane quotate, il che significa meno del 3 per cento della capitalizzazione già modesta del nostro mercato azionario; i fondi pensione aperti destinano il 3 per cento dei loro attivi alle azioni italiane e quelli negoziali meno dell'1 per cento, e ciò rappresenta poco meno dello 0,2 per cento della capitalizzazione delle società italiane.
Una maggiore e migliore patrimonializzazione delle imprese rappresenta quindi Pag. 27una priorità, che peraltro si ricollega al progetto europeo di una unione del mercato dei capitali, che ha tra gli obiettivi quello di favorire l'accesso al mercato delle imprese e di incentivare gli investimenti di lungo termine. All'articolo 18 viene costruito un regime di agevolazione fiscale, articolato su tre diversi pilastri del risparmio a lungo termine, che riguardano casse di previdenza, forme pensionistiche complementari e gli investimenti di investitori individuali.
Mi soffermo su questo ultimo aspetto, i cosiddetti piani di risparmio a lungo termine (PIR), che introduce nella legislazione italiana schemi già adottati in altri Paesi europei, volti a agevolare gli investimenti di lungo periodo da parte delle persone fisiche. Ricordo in proposito nel Regno Unito gli Individual savings account o in Francia i Plan d'épargne en actions.
Queste misure consentiranno agli investitori persone fisiche che accedano a un piano individuale di risparmio di percepire redditi di natura finanziaria in esenzione d'imposta, ovviamente a condizione che vengano rispettati i vincoli che la norma pone circa l'oggetto dell'investimento e la sua durata.
È da sottolineare come la misura abbia un'elevata appetibilità anche in considerazione del fatto che l'aliquota di base per la tassazione dei redditi di natura finanziaria è passata dal 12,50 al 26 per cento. In un'ottica di una maggiore spinta a una diversa distribuzione del risparmio degli italiani, oggi fondamentalmente concentrato in investimento di liquidità, si potrebbe valutare la possibilità di un aumento dei limiti quantitativi annui complessivi, portando ad esempio a 50.000 e a 250.000 euro i limiti oggi previsti, in modo da rendere questi investimenti più attraenti alla fascia di investitori individuali con redditi più elevati, potenzialmente più propensa ad investimenti duraturi e comunque con un elevato margine di rischio.
Occorre evidenziare che la norma detta disposizioni di carattere procedimentale complesse, che avranno impatti importanti su tutti gli intermediari che saranno chiamati a operare come sostituti d'imposta nei confronti della clientela interessata al nuovo strumento, quindi in questo processo di adeguamento delle procedure degli intermediari sarà fondamentale l'opera interpretativa e l'assistenza dell'amministrazione finanziaria.
È da rilevare il fatto che per questi adempimenti il dettato normativo non contiene disposizioni dirette a tenere conto dei profili temporali, quindi forse potrebbe essere utile indicare una data di entrata in vigore anche dei successivi provvedimenti.
Un'ultima osservazione è che gli investitori dovranno poter trovare tutte le risposte sia sotto il profilo fiscale, sia sotto il profilo della corretta informativa circa i PIR, tenuto conto che, trattandosi comunque di azioni e quindi di capitale di rischio, presentano profili di rischio che devono essere adeguatamente valutati e accettati con la massima consapevolezza dall'investitore, nel rispetto ovviamente della disciplina che regola l'informativa agli investitori in strumenti finanziari.
Passo velocemente alle altre misure: super e iper ammortamento di nuovo sono misure importanti, così come quella che amplia i benefici concessi alle imprese che investono in programmi di ricerca e sviluppo, e come la possibilità che, per le imprese neo-costituite, le perdite fiscali realizzate nei primi tre esercizi possano essere cedute, a condizione che tra la società cedente e quella cessionaria sussista un requisito partecipativo non inferiore al 20 per cento dei diritti di voto esercitabili in assemblea, quindi di fatto una forma di aiuto alla sponsorizzazione di imprese neo-costituite da parte di società di maggiori dimensioni.
Un tema riguarda invece le norme che intervengono sulla disciplina dell'aiuto alla crescita economica (ACE), contenute nell'articolo 68. Da un lato la norma riallinea il coefficiente di rendimento nozionale previsto dalla precedente misura al nuovo livello dei tassi di interesse, quindi il coefficiente viene portato al 2,7 per cento per il 2018, mentre per il periodo d'imposta che chiude al 31 dicembre 2017 viene fissato al 2,3 per cento, coerentemente con l'andamento dei tassi di interesse. Pag. 28
È da rilevare che in questo contesto vengono soppresse anche le norme di potenziamento delle disposizioni dell'ACE, che erano applicabili per il primo triennio dalla quotazione per le società neo-quotate. Ricordiamo che queste misure non devono rendere questo strumento poco attraente per le imprese, proprio alla luce delle considerazioni svolte sulla necessità di garantire un'adeguata ricapitalizzazione con capitale di rischio da parte delle imprese, anche in linea con il quadro normativo europeo, che prevede una misura analoga definita Allowance for Growth and Investment.
Importante è stata inoltre la scelta di estendere la Sabatini-ter, quindi di rifinanziarla per un totale di 560 milioni di euro, estendendo i suoi benefici anche a forme di investimenti innovativi e quindi per investimenti in macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica, investimenti in big data, cloud computing e quant'altro.
Anche se non contenuto tra le misure del disegno di legge di bilancio, ma nel decreto-legge n. 193 del 2016 in materia fiscale collegato alla legge di bilancio per il 2017, vorrei citare il rifinanziamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Anche questa è una misura importante, che durante la crisi ha consentito e facilitato l'erogazione del credito a favore di imprese grazie al meccanismo della garanzia, che consente di ridurre l'assorbimento di capitali ai fini delle norme di vigilanza prudenziale.
Al riguardo, osservavamo che potrebbe essere utile, per sviluppare ulteriormente l'operatività del Fondo citato, ampliare l'ammontare garantibile con riferimento anche a quelle imprese con un numero di dipendenti fino a 499 unità, ampliando così la platea delle imprese alle cosiddette Small Mid Cap.
Di rilievo sono anche le misure in materia di fiscalità immobiliare, in particolare le detrazioni previste all'articolo 2 per gli interventi di ristrutturazione edilizia e riqualificazione antisismica. In proposito, evidenzio una sola nota relativa a una previsione sicuramente positiva, che introduce la possibilità di cedere il credito corrispondente al diritto alla detrazione fiscale con determinate limitazioni. In particolare questa possibilità viene riconosciuta con riferimento a specifici interventi, aventi ad oggetto le parti comuni condominiali e solo ai fini del riconoscimento del cosiddetto ecobonus e del nuovo «sisma bonus».
È un meccanismo che riteniamo molto utile, perché in effetti consente di anticipare il vantaggio derivante dalla detrazione che viene spalmato su dieci anni, quindi si può monetizzare immediatamente il vantaggio fiscale. Proprio in questa logica potrebbe essere utile valutare un'estensione del perimetro di applicabilità della misura.
Infine, vi sono misure in materia di lavoro e previdenza. Per quanto attiene agli interventi in ambito giuslavoristico è particolarmente apprezzabile la previsione delle misure volte a favorire, in via transitoria fino al 2019, il ricorso ai Fondi di solidarietà, con particolare riferimento a quelli operanti in settori interessati da processi di adeguamento di riforma, al fine di aumentarne la stabilità e rafforzarne la patrimonializzazione.
Per i settori che hanno istituito Fondi di solidarietà e quindi per il mondo bancario in particolare, che alimenta, oltre al Fondo di solidarietà, anche i tradizionali ammortizzatori sociali con un versamento di oltre 200 milioni di euro, pur senza farvi ricorso, la misura, seppur temporanea, rappresenta una coerente forma di solidarietà, volta a favorire processi di riorganizzazione, innovazione e cambiamento, che per il nostro settore sono stati stimolati da specifici interventi legislativi.
La misura, in particolare, prevede l'erogazione ai lavoratori di un'integrazione dell'assegno straordinario da parte del Fondo di solidarietà nel caso di processi aziendali di ristrutturazione e fusione. È inoltre prevista la possibilità di prolungare a sette anni la durata massima dell'assegno.
Altresì importante è la misura che introduce la facoltà di riscatto e di ricongiunzione, ciò che consentirà di affrontare le uscite del personale rese necessarie dalla situazione del settore bancario e dalla pressione anche a riorganizzazioni e aggregazioni, minimizzando gli impatti sociali, come Pag. 29abbiamo fatto in tutti questi anni, a vantaggio dei lavoratori del settore.
In questo contesto un'altra previsione di interesse è quella che consente ai lavoratori, in possesso dei requisiti per accedere all'APE, la possibilità di farsi anticipare in forma rateale la prestazione del proprio fondo pensione, attraverso la cosiddetta RITA, disciplinata dall'articolo 27 del disegno di legge di bilancio. Tale facoltà andrebbe consentita non solo in caso di cessazione del rapporto di lavoro, ma anche per coloro che trasformano il rapporto da tempo pieno a tempo parziale, in modo da consentire, senza oneri per lo Stato, una integrazione del reddito del lavoratore e favorire forme di ricambio generazionale in azienda.
Infine, di rilievo è anche l'esonero contributivo, previsto dall'articolo 42, per l'assunzione a tempo indeterminato di lavoratori che abbiano svolto presso il datore di lavoro significativi percorsi di alternanza scuola/lavoro o periodi di apprendistato di primo e terzo livello. In questo caso, la proposta potrebbe essere quella di agevolare parimenti le assunzioni che conseguano a stage anche extracurricolari, attivati ad esempio nei confronti di neo-diplomati e neo-laureati.
Un'ultima osservazione concerne la misura dell'articolo 23 in materia di premi di produttività e di welfare aziendale. Anche in questo caso l'ampliamento dell'ambito di applicazione della disciplina, con particolare riferimento all'innalzamento a 80.000 euro del limite reddituale per accedere alle agevolazioni e a 3.000 euro della quota detassabile, è accolto favorevolmente e con interesse, come anche la disposizione con la quale, limitatamente ai casi di welfare cosiddetto «sostitutivo» e nei confronti dei soli lavoratori con un reddito non superiore a 80.000 euro, si prevede che i contributi alla previdenza complementare e di assistenza sanitaria non costituiscano reddito da lavoro dipendente, anche se di importo superiore ai limiti attualmente previsti.
PRESIDENTE. Grazie, dottor Sabatini. Lascio la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
ROCCO PALESE. Ringrazio il direttore generale dell'ABI per l'analisi del disegno di legge di bilancio.
Per l'impostazione del nuovo lavoro sulla legge di bilancio siamo stati costretti a stralciare le norme che il Governo aveva previsto in materia di Fondo di risoluzione. Alla luce di tutta la situazione, che suscita grande preoccupazione, ritiene opportuno che il Governo emani un decreto, senza inserire queste norme nei vari provvedimenti, per cui non si riesce più ad avere un quadro esatto della situazione? Ritiene che il Governo dovesse procedere a uno specifico provvedimento ricognitivo generale, alla luce delle tante norme introdotte continuamente sulle banche?
Quando fu varata la riforma delle banche popolari fu annunciato, non entro nel merito, che avrebbe prodotto anche una serie di benefici, una corsa agli investimenti soprattutto da parte di investitori esteri. Lei è una delle persone più qualificate per chiarirci se nel frattempo questa riforma abbia veramente prodotto questa auspicata corsa degli investitori esteri.
CARLO DELL'ARINGA. Grazie, direttore, per l'ampia illustrazione e l'indicazione di alcuni punti specifici. Vorrei fare alcune domande molto precise innanzitutto sull'articolo 35, in riferimento al Fondo di solidarietà.
Si tratta di risorse di una certa consistenza, ma limitate, predefinite, e qui si fa riferimento a una riduzione dei contributi straordinari a carico dei datori di lavoro, per i quali si prevede questa facilitazione, e ad imprese o gruppi di imprese coinvolti in processi di ristrutturazione o fusione. Noi sappiamo che il settore è in una fase molto delicata dal punto di vista degli esuberi, ma c'è una situazione anche molto differenziata al suo interno, ossia banche che possono affrontare questi processi di ristrutturazione con risorse proprie, ma anche punti di debolezza molto forti, in cui c'è il pericolo che questi fondi non siano sufficienti a far fronte al volume di esuberi con Pag. 30i quali queste banche si dovranno con difficoltà confrontare.
Mi rendo conto che la sua indicazione è molto utile, che il Comitato amministratore del Fondo potrà dare indicazioni, ma non ritiene che sarebbe opportuno che anche nella legge ci fosse qualche indicazione di questo tipo, non necessariamente di tipo quantitativo, ma qualitativo, in termini di priorità, in modo che queste risorse non vengano distribuite a pioggia? Questo Comitato amministratore ha un ruolo importante da svolgere, però anche la legge potrebbe dare indicazioni più precise.
Seconda domanda: pensa che l'APE contrattuale, che è un terzo genus di APE, oltre a quella volontaria e a quella sociale, nel vostro caso sia completamente spiazzata dall'attività del Fondo o possa essere anche utilizzata come istituto?
Infine l'alternanza: non c'è alcun accenno all'esistenza di questa agevolazione, so che il settore più che altro è impegnato negli esuberi, però so anche che c'è una preoccupazione per un ricambio, quindi pensa che il suo settore potrebbe impegnarsi ancora di più in questa direzione?
GIAMPAOLO GALLI. Qualche domanda specifica. Sul Fondo di garanzia per il credito per le piccole e medie imprese voi chiedete un aumento del tetto in termini di dimensioni di impresa per le cosiddette Mid Cap, tema che abbiamo affrontato spesso in questa sede e che richiede una maggiore disponibilità di risorse, in modo che le Mid Cap non tolgano risorse alle altre imprese.
Mi chiedo se non ci siano altre misure utili da adottare, ad esempio una misura che incentivi le regioni a mettere a disposizione del Fondo delle risorse, consentendo poi al Fondo di avere delle sezioni specializzate per le diverse regioni, in maniera tale che le regioni non si privino dei fondi. Mi chiedo anche se non si possa pensare a misure che rafforzino la controgaranzia del Fondo, nel caso in cui la garanzia venga offerta dai Confidi e i Confidi abbiano problemi di solvibilità.
Volevo chiedervi, sulla scia della domanda dell'onorevole Palese, quanto sia serio lo stralcio della norma sul Fondo di risoluzione, anche alla luce dei problemi di stabilità del sistema che abbiamo visto.
Allargando lo sguardo vorrei chiedere una valutazione riguardo a quanto sta succedendo in questi giorni, perché lo spread è salito oltre i 160 punti base, oggi mi pare si sia ristabilizzato, ma per molto tempo siamo stati attorno ai 140 e sembra che adesso stiamo salendo, la Francia è a 40, la Spagna poco sopra i 100, quindi c'è un punto di preoccupazione.
Si vede anche un aumento dell'indebitamento dell'Italia e della Banca d'Italia sul sistema Target2, che sta arrivando a 300 miliardi di euro, e contemporaneamente aumenta l'accreditamento della Bundesbank sul Sistema europeo delle banche centrali, il che può essere interpretato in parte come un fatto tecnico, cioè il fatto che la Banca d'Italia in buona parte compra titoli italiani da non residenti, ma può riflettere anche fuoriuscite di capitali, che a loro volta potrebbero spiegare in parte questo aumento dello spread.
Le chiedo quindi una valutazione anche dell'impatto di tutto questo sul portafoglio delle banche e sulla loro stabilità.
FEDERICO D'INCÀ. Ringraziando per l'audizione, la mia richiesta è molto semplice, perché forse mi sono perso un dato e vorrei che venisse confermato. Oggi si parla di esuberi nelle banche, le banche avranno un'ondata di innovazione tecnologica, oltre alla situazione economica che provocherà questa ondata di esuberi. Si sentono molte cifre, quindi sarebbe corretto forse iniziare a preparare anche la politica per questa situazione di esuberi.
Volevo domandarle che tipo di andamento degli esuberi vede nei prossimi cinque anni, e dalla cifra di partenza di oggi di 320.000 occupati all'interno del settore bancario, a quale quota ritiene che arriveremo nei prossimi cinque anni.
PRESIDENTE. Mi aggiungo anch'io ai colleghi, dottor Sabatini, e recupero le riflessioni fatte dagli onorevoli Palese, Galli, Dell'Aringa e D'Incà. Ci può dire quale sia la posizione dell'ABI in merito alla necessità o meno di un intervento di sistema più Pag. 31ampio? In questa legge di bilancio gli interventi opportuni, che incidono sul sistema bancario, dagli esuberi all'IVA, appaiono pezzi di iniziative oggettivamente necessarie per il sistema, che probabilmente però vanno inseriti in un quadro più ampio. La norma stralciata, quella del Fondo di risoluzione, probabilmente ne è un altro pezzettino, non direttamente correlato alla gestione del sistema bancario, ma agli interventi opportuni per mettere in sicurezza il sistema stesso. Come è noto, la necessità di garantire gli aumenti di capitale, anche futuri, è una necessità di cui tutti dobbiamo farci carico se il mercato non è in grado di farlo, come quella di smaltire le sofferenze se il mercato non è in grado di farlo.
Non ritiene ABI che questi ragionamenti debbano essere inseriti in un contesto più coerente, che consenta a tutti di comprendere l'orizzonte che abbiamo di fronte? Credo che il Parlamento sia disponibile a valutare l'insieme delle proposte con uno sguardo di lungo termine, anziché come interventi che vengono fuori dall'interlocuzione fisiologica che c'è tra voi e il Governo, tra voi e il Parlamento, ma che inevitabilmente vengono poi stressati dall'emergenza.
GIOVANNI SABATINI, direttore generale dell'ABI. Grazie, presidente, provo a rispondere con ordine alle domande poste e parto dal tema dello stralcio della norma relativa al Fondo di risoluzione.
Senza entrare – non ne ho le competenze – sul fatto se potesse essere inserita nella legge di bilancio, la norma aveva fondamentalmente una finalità: chiarire che fino al 31 dicembre 2015 la gestione della direttiva in materia di risoluzione delle banche era affidata all'autorità competente nazionale, quindi all'entità di risoluzione nazionale. Questa ha gestito il processo di risoluzione delle quattro banche, la richiesta dei fondi necessari per alimentare il processo di risoluzione e l'eventuale, ulteriore richiesta, laddove dalla cessione delle quattro banche e della bad bank fossero ancora carenti i fondi per ristabilire il livello del Fondo di risoluzione.
Dopo il 1° gennaio 2016 tutto ciò che accade in materia di recovery resolution delle banche è passato al Single Resolution Mechanism e quindi all'entità europea, il Single Resolution Board, che utilizzerà il fondo che si sta costituendo a livello europeo. Si trattava quindi di una norma che dava chiarezza a questo processo di trasferimento di competenze dalle autorità nazionali alle autorità europee e chiariva che le ulteriori, eventuali conseguenze del processo di risoluzione in atto sarebbero state ancora gestite dall'autorità nazionale.
Dal punto di vista del conto economico delle banche, la possibilità di dilazionare l'eventuale, ulteriore contributo da versare non rileva perché, poiché le banche devono applicare i princìpi contabili internazionali (IAS), questi dicono che, laddove esista una somma certa e determinata, ancorché con manifestazione finanziaria scaglionata nel tempo, l'intera somma deve essere portata a conto economico nell'anno in cui viene rilevata.
Questa era la norma stralciata, che sicuramente è una norma utile, che dà certezza a questa fase di trasferimento di poteri tra autorità nazionali e autorità europee.
Vengo al tema dell'eventuale necessità di un quadro normativo più organico relativamente agli interventi su banche in crisi. Qui il tema è sicuramente complesso. È oggetto anche di riflessione in sede europea. In effetti, è da qui che bisogna partire.
In sede europea, è già prevista dalle direttive una serie di revisioni della direttiva BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive), alcune previste proprio dalla direttiva stessa, altre causate anche dall'accavallarsi di nuove normative internazionali. Ricordo che, ad esempio, la direttiva prevede che le banche debbano avere un certo quantitativo di passività assoggettabili alla procedura di bail in – devo usare un acronimo – il MREL. Un analogo indicatore è previsto a livello internazionale per le banche di rilevanza sistemica, il TLAC. I due indicatori hanno la stessa finalità, ma sono diversi. C'è, quindi, una necessità di rimetterli insieme a livello europeo. Pag. 32
C'è una discussione in corso anche sulla necessità di coordinare meglio la direttiva sui sistemi di garanzia dei depositi e la direttiva BRRD, in particolare laddove la direttiva sui sistemi di garanzia dei depositi prevede la possibilità che i sistemi di garanzia nazionali possano effettuare interventi preventivi, come quelli che ha sempre fatto il Fondo interbancario di tutela dei depositi in Italia, senza far scattare la risoluzione.
In questo caso, però, è intervenuta l'interpretazione, peraltro oggetto anche di contestazione, e quindi di analisi presso la Corte di giustizia europea, che vede questi interventi come forma di aiuto di Stato, e qui l'intersecazione con la direttiva sulla BRRD che dice che, se c'è un aiuto di Stato, allora è necessario far partire la risoluzione con la procedura del bail in.
Scusate, sono entrato un po’ nei dettagli, ma c'è già nel quadro europeo una serie di misure che richiedono una ridefinizione delle norme, non ultimo – lo abbiamo più volte sollecitato – il tema dell'ordine delle passività assoggettabili al bail in, con il tema particolarmente delicato se sia effettivamente opportuno, o coerente con le norme costituzionali, sottoporre i depositi, anche quelli che eccedono i 100.000 euro, a bail in.
C'è una chiara distinzione tra ciò che è un investimento e ciò che è risparmio. I depositi sono risparmio; gli investimenti, anche l'acquisto di un'obbligazione, sono una cosa diversa. Anche proprio da un punto di vista giuridico, il rapporto tra intermediario e cliente è diverso a seconda se sia sottoscrittore di uno strumento finanziario o titolare di un deposito. C'è, quindi, un mondo normativo a livello europeo che richiede una serie di chiarimenti. È chiaro che da quello poi deriveranno anche eventuali necessità di una ridefinizione del quadro nazionale.
Con modifiche nazionali che anticipassero le modifiche del quadro europeo si potrebbero creare ulteriori distonie e, anziché aumentare la certezza, probabilmente potrebbe aumentare la confusione. Questo credo sia il tema.
Ovviamente, dovremo a livello europeo interagire con la Commissione, il Consiglio e il Parlamento affinché questo quadro europeo emerga in maniera più flessibile rispetto alle rigidità che abbiamo visto finora prevalere.
Torno al punto sollevato dall'onorevole Palese sulla riforma delle banche popolari. Una volta adottata la legge nazionale, si era partiti, un importante processo di integrazione tra due banche si era mosso, anche con tempi abbastanza rapidi. Quello che di nuovo abbiamo osservato è stata una non positiva interazione tra vigilanza europea e processi di aggregazione.
Qui torniamo al tema più generale dell'incertezza, che purtroppo ancora oggi caratterizza il quadro regolamentare europeo, su quali sono i livelli di capitali necessari, o considerati necessari dall'autorità di vigilanza, per rendere sostenibile e solido il business delle banche.
Nel caso a cui facevo riferimento, le due banche che avevano avviato un auspicato, e indotto anche dalla legge italiana, processo di aggregazione, singolarmente rispettavano i requisiti patrimoniali previsti dal quadro europeo: nel momento in cui hanno presentato il loro piano, sono emerse difficoltà e, fondamentalmente, la risposta è stata che dovevano aumentare il capitale.
Ovviamente, in questa fase di mercato, con gli andamenti di mercato che osserviamo, fare aumenti di capitale non è sicuramente semplice, quindi questo ha rappresentato un forte freno per tutti a questo processo, che comunque con tempi più lunghi si è messo in moto. Credo che questo sia...
ROCCO PALESE. C'è bisogno, quindi, di tempi più lunghi.
GIOVANNI SABATINI, direttore generale dell'ABI. Secondo me, quello che è necessario è innanzitutto una maggiore chiarezza del quadro regolamentare e della posizione dell'autorità di vigilanza europea. Se da questa mancanza di chiarezza o se dalla necessità di arrivare a un quadro più chiaro derivano tempi più lunghi, allora questa è una conseguenza. Pag. 33
Venendo alle domande molto precise dell'onorevole Dell'Aringa sul Fondo di solidarietà, il punto era il fatto che le risorse messe a disposizione dall'articolo 35 del disegno di legge di bilancio sono limitate e che, a fronte di questa limitatezza delle risorse, si osservano anche andamenti differenziati tra gruppi o singole banche.
Relativamente alla valutazione di inserire nella legge indicazioni qualitative o delle eventuali priorità, farei quindi due osservazioni.
Da un lato, la norma comunque ha carattere generale, quindi non riguarda esclusivamente il settore bancario, anche se ovviamente questo ne trarrà importanti benefìci. Un'eccessiva caratterizzazione della norma rispetto al settore bancario, andando a introdurre degli elementi specifici rispetto al settore, potrebbe far emergere profili di non compatibilità con il quadro europeo.
Credo, quindi, che in questa logica di compatibilità europea forse non sarebbe utile caratterizzare ulteriormente la norma, rinviando eventualmente, come anche suggerito, agli indirizzi degli amministratori del Fondo. Inoltre ciò contribuirebbe ovviamente a irrigidire l'impianto normativo rispetto a situazioni che sono in corso di evoluzione e che richiedono quindi un'adeguata flessibilità.
Quello del ricambio generazionale è sicuramente un tema importante. Da questo punto di vista, avevo fatto anche riferimento alla possibilità dell'utilizzo, ad esempio, della cosiddetta RITA. L'utilizzo di questo strumento di integrazione del reddito non soltanto in caso di cessazione del rapporto di lavoro ma anche a supporto di riduzioni dell'orario di lavoro, quindi anche in una logica di solidarietà espansiva, potrebbe essere una misura per aiutare il ricambio generazionale.
Sul fondo di garanzia per le piccole e medie imprese devo dire che le proposte e i commenti dell'onorevole Galli sono assolutamente condivisibili. Sono assolutamente d'accordo sull'ipotesi di poter destinare, ad esempio, da parte delle regioni i fondi regionali per alimentare delle sezioni individuate del Fondo di garanzia. È una misura assolutamente condivisibile, che è stata anche oggetto di nostra riflessione con il Ministero dello sviluppo economico, anche proprio nella logica di concentrare su uno strumento che funziona, e funziona bene, il maggior numero di risorse. Sono, quindi, assolutamente d'accordo.
Quanto alla valutazione di quello che sta succedendo, del contesto, credo che quello che stiamo osservando sia una reazione a un contesto di elevata incertezza, determinata non soltanto da fattori economici, della situazione europea. La Brexit è forse il caso più eclatante. C'è un ciclo di elezioni europee che configurerà nei prossimi diciotto mesi forse una nuova mappa dell'Europa politica. Ci sono rilevanti incertezze anche nei rapporti internazionali: il fallimento degli accordi sul TTIP o la difficoltà, ripresa all'ultimo momento, nella stipula dell'accordo commerciale con il Canada, che evidenziano ancora la difficoltà delle Istituzioni europee di dare risposte coerenti, unitarie, coese rispetto alle sfide che comunque l'Europa deve affrontare e che, appunto, non sono soltanto economiche, ma anche di sicurezza, di gestione dei migranti e così via.
Credo che tutto questo oggi si rifletta in una maggiore volatilità dei mercati, e quindi in una maggiore percezione del rischio, specie di quei Paesi che vengono percepiti con maggiori difficoltà.
Per quanto riguarda il tema degli esuberi delle banche, ricordo che il processo di aggregazione e riorganizzazione del settore in Italia e in Europa è sicuramente complesso. Il settore è sottoposto a una serie di pressioni, che derivano dalla congiuntura economica, che comporta un bassissimo livello dei tassi di interesse, dalla pressione regolamentare che continua ad aumentare l'incertezza sui requisiti patrimoniali, e quindi anche il tema di Basilea 4, dalla trasformazione digitale, che comunque richiede anche una riflessione sul modello di interazione con la clientela. Tutto questo, ovviamente, comprime la redditività, e quindi richiede una serie di azioni, tra cui anche quella di un necessario contenimento dei costi. Pag. 34
Le scelte strategiche sono delle singole banche, e quindi fare una valutazione, soprattutto di medio periodo, di quale potrà essere la configurazione in termini di numero di banche e numero di sportelli è operazione estremamente complessa. Quello che posso dire è che i dati utilizzati per lo stanziamento delle somme previste dall'articolo 35 partono da un'ipotesi di circa 25.000 esuberi nel settore, che più o meno sono coerenti con quello che appare dai piani e dagli accordi già raggiunti e prevedibili nei prossimi due anni. Credo che questo sia oggi l'unico dato che possa essere utilizzato senza correre il rischio di dare cifre non coerenti con la realtà.
PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Sabatini.
Dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione di rappresentanti di ANCI, UPI e Conferenza delle regioni e delle province autonome.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di ANCI, UPI e Conferenza delle regioni e delle province autonome.
Do ora la parola a Enzo Bianco, presidente del consiglio nazionale dell'ANCI.
ENZO BIANCO, sindaco di Catania e presidente del consiglio nazionale dell'ANCI. Presidenti, onorevoli deputati e senatori, innanzitutto ANCI vi ringrazia di cuore per quest'opportunità che, come di consueto, ci date, in sede di inizio di esame della legge di bilancio, di far ascoltare le nostre riflessioni e valutazioni e le richieste di interventi modificativi.
Porto il saluto del presidente dell'ANCI, da poco eletto. Ieri era qui per un'altra audizione. Non è con noi soltanto perché oggi c'è una visita del Presidente del Senato a Bari e, ovviamente, il suo dovere istituzionale di sindaco gli impone di accogliere il Presidente del Senato appunto a Bari.
È con me presente il sindaco di Livorno Nogarin, che fa parte degli organi direttivi dell'ANCI, a cui, se il presidente mi consentirà, lascerei poi la parte terminale, perché due o tre questioni di particolare rilievo vorrei che fosse il sindaco Nogarin, che le ha seguite personalmente, a illustrarle.
Sono presenti, altresì, la segretaria generale dell'ANCI, dottoressa Nicotra, e il responsabile della finanza locale, dottor Ferri.
Consegniamo, presidente, un documento di venti pagine, quindi abbastanza organico. Se lei mi consentirà, farò riferimento al documento. Mi limiterò, nella mia breve introduzione, soltanto a sottolineare alcuni aspetti particolarmente significativi.
Mi permetto di ricordare che i comuni hanno dato un contributo particolarmente rilevante in questi anni, a partire dal 2010, al risanamento dei conti pubblici. A partire dal 2010, i comuni hanno contribuito in termini di tagli diretti alle risorse e di vincoli del patto di stabilità per una cifra complessiva di 13,5 miliardi di euro. In proporzione, il contributo dato dai comuni è superiore a qualunque altra articolazione territoriale della Repubblica.
I comuni pesano ormai sulla finanza pubblica per circa il 7 per cento in termini di spesa. Secondo il dato, che è un dato nuovo – presidente, mi permetto di sottolinearlo – delle ultime rilevazioni statistiche, abbiamo fatto meno del 2 per cento in termini di indebitamento, quindi paradossalmente i comuni sono stati particolarmente virtuosi nel fare meno ricorso all'indebitamento per affrontare i temi della finanza locale. Molti di questi elementi, ripeto, sono ricordati nella relazione che consegniamo.
C'è un altro dato che vorrei sottolineare. A partire dal 2015, c'è stata nel bilancio dei comuni una sensibile riduzione della spesa per il personale, –5,3 per cento, e delle spese per consumi intermedi, –7,3 per cento. Abbiamo registrato, al contrario, a partire dal 2012, prima timidamente e poi più significativamente nel 2014 e nel 2015, una Pag. 35rilevante crescita degli investimenti, con un'inversione di tendenza molto accentuata nel periodo 2014-2015.
Per la verità, anche se qui non abbiamo i dati statistici, nel 2016 si rileva un rallentamento nella crescita degli investimenti legato probabilmente, anzi direi certamente, all'entrata in vigore del codice degli appalti, che obiettivamente ha portato soprattutto nei comuni, e in particolare – consentitemi – nei piccoli comuni, a maggior ragione, a un significativo ritardo.
Presidente, che cosa chiediamo alla legge di bilancio. Ovviamente, diamo una valutazione positiva del fatto che anche nella legge di bilancio di quest'anno, come in quella esaminata dal Parlamento nello stesso periodo dell'anno passato, non ci sono più tagli agli enti locali e c'è complessivamente un miglioramento dei saldi.
C'è poi una valutazione positiva dello stanziamento, che viene riconosciuto complessivamente in circa un miliardo di euro, o poco meno, per quanto riguarda la liquidità, e in circa 2 miliardi per quanto riguarda altre tipologie di interventi.
Il problema che noi abbiamo, presidenti e onorevoli senatori e deputati, è che una parte rilevante di questa disponibilità in realtà è indivisa tra comuni, città metropolitane e province, ossia enti di secondo grado, e regioni. Tutto questo è previsto che poi venga articolato e suddiviso tra questi tre importanti comparti degli enti territoriali successivamente ed entro un termine, che è quello, peraltro abbastanza avanzato, se non ricordo male del 31 gennaio.
Poniamo subito un problema, ovvero quello che è stato inserito inopinatamente nella legge di bilancio che prevede l'obbligo di approvare i bilanci preventivi per il 2017 da parte dei comuni entro il 28 febbraio dell'anno prossimo. In linea di principio, questo è perfettamente comprensibile.
Anzitutto, osserviamo: perché inserire con legge dello Stato una norma quando era già consentito differire il termine mediante decreto del Ministro dell'interno, quindi con quel margine di flessibilità che ci poteva aiutare a considerare situazioni particolari? Dall'altro lato, come facciamo ad approvare un bilancio entro il 28 febbraio? Tenete conto, per esempio, che nelle città metropolitane o nelle città che hanno delle ripartizione territoriali al proprio interno, le circoscrizioni, si devono passare all'esame almeno un mese prima tutte le circoscrizioni. Poi ci sono gli atti preliminari, come lei sa perfettamente.
Chiediamo, naturalmente, di eliminare questa norma e di consentire che, in particolare, poiché una parte rilevante delle risorse sarà attribuita a comuni, province, città metropolitane e regioni entro il 31 gennaio, si tenga conto di quest'elemento. La data che noi ipotizziamo è quella del 31 di marzo anziché quella di febbraio, ma soprattutto che non sia prevista con legge dello Stato, bensì con un decreto ministeriale.
Abbiamo delle richieste che riguardano l'utilizzo degli avanzi di amministrazione per alleggerire il peso del debito. Naturalmente invitiamo il Parlamento a una riflessione più ampia, che consenta di attivare da subito le risorse necessarie alla ripresa della spesa in conto capitale.
Abbiamo delle richieste che sono qui evidenziate e che riguardano le città metropolitane, per le quali è stato previsto un taglio che incide pesantemente sulla possibilità di intervenire. Abbiamo bisogno di ulteriori e straordinarie misure che consentano, per il 2017, di chiudere i bilanci delle città metropolitane in modo ordinato e sostenibile.
Presidenti, c'è stata nei giorni passati una serie di incontri, promossi dal Ministero dell'interno e dal Ministero dell'economia e delle finanze, per concordare una definizione con una disciplina unitaria, che va assolutamente aggiornata e che riguarda i comuni in dissesto e in pre-dissesto.
Si vuole uscire dalla condizione normativa attuale, fortemente penalizzante per questi enti, che non li aiuta, con le rigidità previste, a navigare verso una condizione di normalità. Abbiamo raggiunto con il Ministero dell'economia e delle finanze, ma anche con quello dell'interno, un'intesa su una serie di norme, alcune delle quali possono essere inserite già in legge di bilancio. Tra l'altro, ci sono comuni di particolare importanza in termini di dimensione, penso Pag. 36a Napoli, per citare un comune soltanto, che potrebbero naturalmente migliorare la condizione di difficoltà in cui si trovano.
Tra le cose che vi chiediamo di esaminare ci sono quelle che riguardano l'anticipazione e l'applicazione del nuovo e più favorevole regime sanzionatorio già a partire dal mancato rispetto del saldo di competenza per il 2016 e di mantenere per le fusioni dei comuni l'esclusione, per un periodo di cinque anni a partire dall'anno di istituzione, degli obblighi di rispetto del saldo.
Sapete che la fusione tra i comuni è uno degli obiettivi di trasformazione e di razionalizzazione della spesa che è datato nel tempo, verso il quale stiamo lavorando, ottenendo anche importanti risultati, in larga misura dovuti a norme di maggior favore verso le fusioni tra i comuni. Chiediamo, quindi, che ci sia questo prolungamento.
Chiediamo di neutralizzare l'impatto delle nuove regole finanziarie sui comuni fino a mille abitanti. Si tratta di piccoli e piccolissimi comuni. Avete visto dalle immagini proiettate quotidianamente sugli schermi televisivi a seguito dei terremoti che cosa ha comportato in termini di abbandono del territorio, soprattutto montano e appenninico. Vorremmo, naturalmente, andare in questa direzione.
C'è poi l'esigenza che riguarda la ristrutturazione del debito. Presidente, il mio comune, ma la stessa condizione vale per Livorno, per Roma, quindi indipendentemente dal colore politico delle amministrazioni, paga un tasso medio di interesse con la Cassa depositi e prestiti del 6 per cento. Io non voglio usare espressioni che mi verrebbe da usare. Lo Stato, contemporaneamente, paga una percentuale tra l'1,5 e l'1 per cento. C'è una norma capestro, che è quella della penalità da pagare nel caso di estinzione anticipata. Sostanzialmente, questo ci rende impossibile andare in questa direzione.
Vi chiediamo di prevedere nella legge di bilancio una norma che consentirebbe a molti comuni italiani di avere una condizione di pagamento dell'indebitamento assolutamente accessibile e secondo il costo di mercato.
Ci sono delle norme specifiche che riguardano il personale, su cui chiederei in particolare al sindaco Nogarin di soffermarsi. Un'altra serie di questioni riguarda l'unificazione di IMU e TASI, il fondo per il pagamento delle spese giudiziarie per rientrare di quello che i comuni hanno anticipato negli anni passati e per cui, naturalmente, c'è l'obbligo da parte dello Stato di provvedere. Chiediamo di poterlo fare in un tempo ragionevole.
Poi ci sono alcune misure di semplificazione contabile amministrativa contenute nella memoria.
Io mi fermerei qui per rispettare i tempi ragionevoli per la presenza di altri enti significativi. Pregherei, se mi consente presidente, il collega Nogarin di intervenire brevemente su due o tre punti che abbiamo indicato.
FILIPPO NOGARIN, sindaco di Livorno. Riprenderei dalla ristrutturazione del debito, punto molto importante. Chiederemo la sospensione delle rate di mutuo per i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, con elevata incidenza del debito sul complesso delle entrate correnti.
In particolar modo, è interessante l'articolo 45 del decreto-legge n. 66 del 2014, che ha avuto un effetto importante per quanto riguarda la ristrutturazione del debito delle regioni. Chiediamo che venga introdotta una misura analoga che possa aiutare proprio i comuni che si trovano in queste condizioni, esattamente come ha detto poc'anzi anche il sindaco Bianco.
Relativamente all'ampliamento del novero delle risorse da destinare all'estinzione dei prestiti obbligazionari, come è stato già ben spiegato dal sindaco Bianco, ci troviamo nelle condizioni in cui oggettivamente ormai i comuni pagano un impianto debitorio che purtroppo in alcuni casi supera il 6 per cento, ma che mediamente si attesta intorno al 4 per cento, quando lo Stato in realtà può utilizzare un solito impianto con un costo che va dall'1 all'1,5 per cento.
Questo è aggravato dal fatto che purtroppo c'è quella norma relativa all'impossibilità di estinguere il mutuo con un ulteriore indebitamento, dettato appunto da Pag. 37una norma contrattuale. Per questo noi chiediamo che venga fatto un intervento specifico.
Bisognerebbe valutare l'introduzione di misure in grado di contenere l'irragionevole impatto derivante dall'accollo di mutui delle società partecipate. Questa è una cosa sulla quale poi magari anche in seguito metteremo l'accento, ma che di fatto fa emergere una particolare criticità, presente soprattutto nelle numerosissime partecipate della maggior parte dei comuni.
Vengo al nodo delle risorse e al recupero di autonomia impositiva. L'ANCI propone che il riparto del Fondo di cui al comma 3 dell'articolo 63 copra le seguenti richieste dei comuni e delle città metropolitane. In primo luogo la regolazione delle partite finanziarie pregresse, ivi compreso il ristoro delle spese per il funzionamento degli uffici giudiziari. Questa è una battaglia arcinota. Siamo alla fine arrivati a stabilire che si richiederanno 500 milioni di euro, di cui chiediamo che 120 vengano fatti come impianto una tantum per il 2017, per poi attestarsi sui 38 milioni annui per i restanti dieci anni.
L'ANCI chiede, ancora, di dare soluzione al taglio subito, nel 2015, da circa 2.000 comuni, in prevalenza piccoli e piccolissimi, a causa della differenza tra il gettito stimato da terreni agricoli in territori montani e collinari già esenti da IMU e il gettito effettivo. Si chiede, quindi, un’una tantum di 65 milioni. Inoltre, si chiede uno stanziamento di 35 milioni per attenuare l'impatto del sistema perequativo 2017 per i comuni eccessivamente penalizzati, come avvenuto negli anni scorsi, naturalmente a seguito della perequazione, anche alla luce del reiterato blocco delle capacità fiscali che i comuni hanno.
Chiediamo di consolidare nelle risorse finanziarie del Fondo di solidarietà il fondo IMU-TASI. Si tratta di risorse compensative dovute, che sono state ridotte nel tempo e che devono valere almeno per la misura dei 390 milioni accordati nel 2016 anche ai fini del rispetto del saldo di competenza. È molto importante, per quanto riguarda questa partita, che siano utili ai fini dei vincoli di patto. Chiediamo di integrare le risorse a favore dei comuni che sono risultati seriamente penalizzati dall'elaborazione delle stime nella fase di passaggio, appunto, dall'ICI all'IMU. Si richiede l'erogazione dei 65 milioni, come dicevo, a decorrere dal 2017, e di 330 milioni a titolo di arretrati in dieci rate annuali.
Si richiede l'eliminazione del taglio per le città metropolitane attraverso un contributo di 300 milioni a decorrere, appunto, dal 2017.
In totale, queste richieste sono pari complessivamente a 975 milioni per il 2017, oltre a rateizzazioni decennali per 71 milioni di euro annui.
Passerei ora allo sblocco selettivo delle aliquote e delle tariffe, in particolar modo – si è dibattuto nell'ultimo incontro che c'è stato con il Governo – relativamente alla possibilità di un accorpamento per quanto riguarda IMU e TASI.
Comprendiamo che questo possa avere delle ricadute in termini politici, che potrebbero essere percepite come un innalzamento della tariffa complessiva, ma in realtà con il blocco delle aliquote questo comporterebbe un'enorme semplificazione sia per i comuni sia per i cittadini. Chiediamo, quindi, che questo venga assolutamente preso in considerazione, proprio perché aiuterebbe gli uni e gli altri. Naturalmente, secondo la nostra analisi permetterebbe anche una migliore incisività nella capacità di riscossione che i comuni potrebbero avere nei confronti dei cittadini.
Vengo al percorso condiviso per la perequazione, molto importante. In questi anni, i comuni hanno responsabilmente supportato il percorso di progressivo abbandono del criterio della spesa storica a vantaggio dell'utilizzo di criteri basati sulla capacità fiscale e sui fabbisogni standard, non solo in funzione di redistribuzione perequativa delle risorse, ma anche nell'ottica della riqualificazione della spesa corrente.
Occorre, invece, osservare che il disegno di legge di bilancio 2017 interviene in maniera non concertata sui meccanismi di formazione del Fondo di solidarietà comunale e sulla stessa perequazione del 2017. Pag. 38
Senza il correttivo statistico e a causa della nuova previsione, che stabilisce un meccanismo di salvaguardia all'8 per cento, che abbiamo verificato non avere alcun tipo di efficacia, si rischia di sottrarre troppe risorse a un'ampia fascia di comuni, così da rendere assolutamente irrealistico il percorso perequativo, che invece deve andare avanti con gradualità e ragionevolezza. Pertanto, si chiede di limitare le previsioni dell'articolo 64, comma 4, alle indicazioni delle sole quote progressive di perequazione e di eliminare la restante disciplina.
La parte relativa alle città metropolitane l'ha già evidenziata il sindaco Bianco, quindi passerei al personale, e cioè ai servizi di tesoreria e alla flessibilità nella gestione del personale, gli ultimi due temi.
Noi ci troviamo, purtroppo, come enti locali con un'età media oggettivamente incredibilmente alta. Cito l'esempio del mio comune, ma non è l'unico: l'età media dei dipendenti, purtroppo, ormai oltrepassa i 56 anni. Da questo punto di vista, noi crediamo che sia arrivato il momento di concedere lo sblocco del turnover.
La disciplina delle assunzioni negli enti locali è sottoposta ormai da un decennio a un regime vincolistico che ha determinato una fortissima contrazione del personale in servizio. Ricordiamo che c'è stata una riduzione di oltre 60.000 unità nel comparto dal 2007 al 2014, dati appunto tratti dal conto annuale 2014.
La proposta di ANCI è di consentire un ulteriore ampliamento delle percentuali di turnover anche per i comuni di maggiori dimensioni, a condizione che gli stessi abbiano un numero di dipendenti inferiore al valore definito con il decreto. Per gli stessi comuni, appare del tutto ragionevole prevedere, fintanto che permanga la condizione di virtuosità e di sottorganico, il superamento delle limitazioni finanziarie relative al lavoro flessibile, tenendo conto che la spesa è destinata comunque a rimanere sotto controllo e restando ferma la disciplina percettiva del contenimento complessivo della spesa di personale, sanzionata con il divieto di procedere ad assunzioni a qualsiasi titolo.
Si chiede, inoltre, la possibilità per i comuni e le città metropolitane che hanno sforato il patto di stabilità interno di sostenere le figure essenziali e infungibili.
Passerei alla parte relativa all'affidamento del servizio di tesoreria, che sta diventando un problema veramente molto grosso per molti comuni, che vedono deserte le gare di affidamento. Anche per questo è necessario che il Governo si occupi di questo che potrebbe diventare presto un problema molto grande per moltissimi comuni. Siamo arrivati ormai anche alla seconda proroga, e pertanto è necessario che ci sia un'attenzione forte da parte del Governo su questo argomento.
PRESIDENTE. Ringraziamo il sindaco Nogarin.
Per completare l'audizione delle autonomie locali, do la parola al presidente della provincia di Potenza, Nicola Valluzzi.
NICOLA VALLUZZI, presidente della provincia di Potenza. Vi ringrazio, presidente e onorevoli senatori e deputati, per l'opportunità e per l'ascolto.
Ciclicamente, ma spero non ritualmente, nell'avvicinamento all'appuntamento dell'approvazione della legge di bilancio e delle principali operazioni di bilancio dello Stato, ci troviamo qui a confrontarci, per quanto riguarda gli enti locali, sulle implicazioni che nella proiezione immediata e futura i nostri bilanci e i correlati servizi per i cittadini avranno per effetto delle previsioni che voi approverete su proposta del Governo.
Purtroppo, a differenza del collega sindaco Bianco, io non posso dire che nella previsione di bilancio sottoposto alla nostra attenzione per il 2017 non ci sono tagli. I tagli ci sono, si moltiplicano per tre dal 2015 e nella previsione del 2017 avremo un ulteriore prelievo forzoso sulle entrate delle province di 650 milioni di euro.
Nel mentre discutiamo in questa sede autorevole del prossimo bilancio, la stragrande maggioranza delle province italiane sta approvando il bilancio 2016, che, per effetto di un sistema articolato di deroghe ai princìpi contabili e di misure straordinarie, Pag. 39 è arrivato a quadrare per quanto possibile sulle 76 province a statuto ordinario il bilancio 2016.
Devo dire che il bilancio 2017 si annuncia, per quanto possibile, ancora più difficile. Il collasso dei bilanci delle province è molto vicino. Nel 2016, ripeto, siamo riusciti in limine mortis soltanto a settembre a completare il processo di assegnazione delle misure dei contributi straordinari previsti per consentire l'approvazione del bilancio, a testimonianza di come le nostre previsioni sin dal 2015 fossero abbastanza fondate.
Pensate che nel 2017 si aggiungerebbe un ulteriore prelievo di 650 milioni di euro e non abbiamo contezza delle misure straordinarie che dovrebbero compensare in parte il taglio dei 650 milioni già previsto nel 2016.
Per usare in maniera efficace il tempo messo a mia disposizione, devo dire che, oltre all'azzeramento dei 650 milioni previsti per l'annualità 2017, noi abbiamo esigenza di coprire altri 252 milioni di euro dei 476,6 che attraverso un sistema di misure straordinarie nel 2016 il Parlamento è riuscito a far approvare.
Questi sono i numeri del 2016, a fronte però di un'esigenza che, senza forme di retorica, riguarda 130.000 chilometri di strade, che sono le più dissestate del Paese. Io lo dico sempre, dopo 155 anni siamo riusciti a unificare la condizione della viabilità infra-territoriale dalle Alpi alla Sicilia. È stata un'operazione molto difficile da realizzare, ma è così.
Pertanto, che cosa chiediamo? Diciamo, con la stessa responsabilità e con l'onore e la disciplina con cui abbiamo dato attuazione a questa riforma, sindaci e presidenti di province, che nell'attuale situazione, oggi testimoniata e certificata dalla Tesoreria generale dello Stato, dal Ministero dell'economia e delle finanze e dal Governo nella sua massima espressione, non ci sono le condizioni per affrontare il nuovo travaglio di un bilancio solamente annuale.
Nel sistema articolato di deroga ai princìpi della contabilità pubblica, infatti, ci siamo ritrovati ad avere questa condizione di bilanci annuali senza programmazione, con la rigidità dei dodicesimi e dovendo affrontare tutte le emergenze su strade e scuole che quotidianamente vengono sottoposte alla nostra attenzione.
Come riusciamo a compensare una parte di quelle risorse aggiuntive che servirebbero, usando il parametro del 2016, a garantire gli equilibri di bilancio delle province? Badate che i 476 milioni di risorse che avete aggiunto sui bilanci delle province sono una parte. Abbiamo avuto i 140 milioni legati alla rinegoziazione del debito e alla sospensione di quote capitali e interessi dei mutui, abbiamo aggiunto 100 milioni di euro di trasferimento dell'ANAS.
Consentitemi, ma non è più possibile, non è giustificabile che per le autostrade si spendono circa 103.000 euro a chilometro, per le strade statali 22.000 euro a chilometro, per le strade provinciali e regionali si spendano soltanto 6.000 euro a chilometro. Senza ripercorrere la vicenda drammatica di Lecco, diventa un problema di coscienza collettiva.
Non è in gioco la sopravvivenza di un ente. Le province si possono chiudere domani mattina in maniera vera. Il punto è chi fa che cosa, con quali soldi e a chi viene attestata la responsabilità. Sappiamo bene quello che accade e anche la legge sull'omicidio stradale recupera una responsabilità di chi, come noi sindaci e presidenti, esercita una funzione a titolo totalmente gratuito e risponde con la propria responsabilità civile e penale per quello che accade sulle strade.
Ora, io credo che siamo giunti al momento della definizione di questa riforma, che con onore e disciplina, come previsto dalla Costituzione, abbiamo provato ad attuare. Non ci è stata assegnata la parte finanziaria, per metterci in condizione di poter completare e rendere effettiva e migliorare la condizione di vita dei nostri cittadini. La riforma aveva pure quest'intento.
Che cosa chiediamo? Chiediamo, ovviamente, il superamento di questo ulteriore prelievo sulle entrate delle province, equivalente a 650 milioni di euro. Chiediamo il recupero di tutte le risorse che abbiamo risparmiato, l'azzeramento dei costi della Pag. 40politica e della funzione 01 nelle province e città metropolitane che vale, dal 2014 al 2016, 229 milioni di euro e 69 milioni di euro per il 2017. Chiediamo almeno il recupero ai nostri bilanci di queste risorse che noi non prendiamo più e che, invece, sono state riversate sul bilancio dello Stato.
Questo servirebbe a recuperare quella parte mancante necessaria a chiudere i bilanci e a provare ancora per un anno a tamponare le falle non più facilmente tamponabili di un'infrastrutturazione primaria dei territori delle nostre province non più sostenibile. Vengo all'ultima questione. Sulle province ricade ancora l'onere e la responsabilità della mancata attuazione di alcune riforme che afferiscono alla competenza dello Stato e delle regioni. Mi riferisco alla vicenda del lavoro e dei servizi per l'impiego, rispetto ai quali alcune province non hanno ancora ricevuto i soldi del 2015. Non sono poche, per la verità. Nel 2016, molte non hanno ancora firmato le convenzioni. I 5.000 dipendenti dei servizi per l'impiego sono pagati mensilmente dai nostri bilanci.
Chiederemmo, allora, se ancora fase transitoria nell'attuazione di quella riforma deve esserci, che almeno quelle risorse vengano trasferite direttamente alle province, senza ulteriori spazi intermedi, se il 2017 deve trascorrere come il 2016.
Sulle funzioni non fondamentali la Corte costituzionale si è espressa in maniera chiara. Molte regioni hanno fatto la loro parte, altre non l'hanno fatta. Io credo che vada inserito in una norma quello che è sancito dalla Corte dei conti e dalla Corte costituzionale rispetto alla copertura dei costi per le funzioni non fondamentali, in larga parte ritrasferite alle province.
A voi, ovviamente, la valutazione nel complesso delle difficoltà di questo tempo e di questo Paese, ma noi abbiamo fatto la nostra parte. Vorremmo che ci fosse almeno riconosciuto l'onore della disciplina nell'aver attuato una riforma in queste condizioni e non essere qui, a ogni appuntamento, a ogni decreto che deve recuperare ciò che manca dalla legge di bilancio, a piatire una condizione che non è per noi, ma per i nostri territori.
PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente Valluzzi, che è stato molto chiaro ed esplicito.
Ora diamo la parola all'assessore Massimo Garavaglia, in rappresentanza della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
MASSIMO GARAVAGLIA, coordinatore della Commissione affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome, assessore al bilancio della regione Lombardia. Aggiungiamo a questa bella mattinata di verve sullo stato di salute degli enti locali la voce delle regioni.
Noi siamo consapevoli che un padre pensa anche ai propri figli, non si tiene tutte le risorse per sé, ma appunto pensa anche ai propri figli.
Noi abbiamo preparato alcune slide, così in maniera molto semplice e veloce riusciremo a esprimere la posizione delle regioni.
Svolgo brevemente la parte relativa alle doglianze, perché non vorrei tediare ulteriormente i rappresentanti del popolo, mentre mi soffermerò poi maggiormente sulla parte propositiva, perché abbiamo delle proposte e non solo lamentele.
Qual è il problema vero delle regioni nel 2017? Oggi non parliamo di sanità, ma della restante parte della finanza regionale. Abbiamo un problema strutturale che ci deriva dalla manovra dell'anno scorso. Come vedete dalla tabella, il contributo delle regioni ai saldi di finanza pubblica per il 2017 è di 9,2 miliardi. Pensate a che cosa sarebbe la manovra di 26,5 miliardi di euro senza questi 9,2 miliardi: sarebbe ben peggiore il quadro. Non facciamo, quindi, uno sforzo da poco.
Come si arriva a questi 9,2 miliardi? Allora, 8,2 miliardi sono solo per il 2017, non parliamo del contributo cumulato per effetto delle manovre finanziarie relative agli anni dal 2014 al 2016. A questi si aggiunge circa un miliardo derivante dal passaggio al pareggio di bilancio. Che cosa succede?
Nel 2015, le regioni, unico comparto all'epoca, passano al pareggio di bilancio, e quindi dal 2015 non incidono sui saldi di finanza pubblica relativamente al rispetto Pag. 41dei parametri di Maastricht. Dal 2015, le tanto bistrattate regioni non comportano più problemi per la finanza pubblica sui parametri.
Nel primo anno, in considerazione di questo passaggio, che chiaramente comporta una riduzione dei costi, vengono riconosciuti alle regioni 2 miliardi e 50 milioni di euro. Effettivamente, questo passaggio comporta un risparmio. Dall'anno successivo, questo risparmio se l'è tenuto lo Stato. Da lì hanno deciso che, anziché darlo alle regioni, se lo tiene lo Stato. Il contributo totale per il 2017 è, quindi, di 9,2 miliardi, di cui un miliardo connesso al contributo derivante dal pareggio di bilancio, che è già nei saldi statali, e 8,2 miliardi legati invece al contributo che viene dato.
Come vengono pagati questi 8,2 miliardi? Allora, 5,5 sono il frutto del taglio strutturale sul Fondo sanitario che abbiamo messo sul piatto nel febbraio 2016. Questo è strutturale, poi cresce l'anno prossimo a 7 miliardi. Mancano 2,7 miliardi, e qui sta il problema. Questi 2,7 miliardi ulteriori sono un problema, e adesso spiego perché.
Mentre, nel 2016, i 2,2 miliardi, all'epoca previsti, all'epoca per due terzi circa sono stati coperti dall'intesa stessa, quest'anno non abbiamo più la possibilità di tagliare il Fondo sanitario, che anzi è già al livello giusto, e non mi lamento su questo.
Che cosa succede di questi 2,7 miliardi di euro? Vanno sulla parte non sanitaria. A quanto ammonta la parte non sanitaria dei bilanci delle regioni a statuto ordinario? Parliamo solo di quelle, perché le regioni speciali sono speciali e non vengono toccate da tutto questo «cinema». Questi 2,7 incidono su circa 18 miliardi di euro. Si dirà che 2,7 su 18 miliardi si può fare. Attenzione, lì dentro c'è il trasporto pubblico locale, che, come sapete, vale circa 5 miliardi, ma è sotto finanziato per circa 2 miliardi: se togliamo il TPL, la quota statale e le integrazioni, restano pertanto 11 miliardi.
La domanda ovvia è: puoi togliere 2,7 da 11 miliardi in un anno? Qualche problemino si pone. Se io vado a casa da mia moglie e le dico che le taglio il budget del 30 per cento, mi butta fuori di casa. Si può fare magari, ma ci vuole del tempo. Da un anno all'altro è un problema. Qual è il problema? È la componente rigida di questa spesa: personale, tasse, cofinanziamenti europei e così via. Diventa quindi difficile assorbire, di punto in bianco, 2,7 miliardi di euro su un totale di 11 miliardi.
Vi do un'altra chiave di lettura. Facciamo una bella cosa e tutti i trasferimenti statali li lasciamo allo Stato. Il totale dei trasferimenti che arrivano alle regioni valgono 1,7 miliardi: anche azzerando tutti i trasferimenti, che tra l'altro sono relativi ai libri di testo, al Fondo per le politiche sociali, alle non autosufficienze, e si tratta quindi di trasferimenti anche abbastanza sensibili, mancherebbe ancora un miliardo.
Questo è il problema, ma non voglio essere noioso, perché abbiamo sentito comuni che si lamentano, province che si lamentano, regioni che si lamentano. Evidentemente, c'è un problema di tenuta del sistema degli enti territoriali. Mi pare abbastanza assodato.
Passiamo alla parte propositiva. Visto che c'è questo problema, come possiamo tentare di trovare delle soluzioni?
Ora, la prima soluzione è veramente a costo zero, quindi il Parlamento potrebbe farsene carico, anche perché se ne è già fatto carico con il decreto-legge n. 113 del 2016, che ha previsto la possibilità di iscrivere l'avanzo, di non spenderlo. Che cosa significa iscrivere l'avanzo, di non spenderlo? Innanzitutto, qui abbiamo un problema: come si genera l'avanzo delle regioni? A quanto ammonta? E cosa significa iscriverlo, non spenderlo?
Come si genera? Si genera per il 90 per cento per il fatto che i trasferimenti arrivano a fine anno. Facciamo l'esempio dei 70 milioni per l'assistenza degli alunni con disabilità, oggetto di polemiche. Per inciso, anche l'anno venturo – e il sottosegretario De Vincenti me l'ha fatto notare – sono previsti nell'ambito dei fondi allocati presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR). Anche per l'anno venturo, quindi, trovate 70 milioni, sebbene non nell'ambito delle politiche sociali, bensì del MIUR. Pag. 42
Se, però, arrivano a Natale, non si riesce a trasferirli e vanno in avanzo. Sarebbe opportuno che lo Stato facesse i trasferimenti entro giugno. Diversamente, vanno in avanzo. A quanto ammonta il totale dell'avanzo? Vale circa 18 miliardi di euro. Abbiamo, quindi, 18 miliardi: dove li mettiamo nei bilanci? È questa la domanda che abbiamo rivolto in più tavoli di confronto.
Siccome il bilancio deve anche essere veritiero, non possiamo, regione per regione, buttare via 18 miliardi, perché ci sono. Dove li mettiamo? Li possiamo iscrivere. Li iscrivi, ma non ti fanno copertura, non li puoi spendere. Li potrai spendere solo se li copri.
Al di là di una considerazione abbastanza curiosa per cui, se quel trasferimento era già coperto a monte, mi domando perché vada nuovamente coperto – ma non voglio fare filosofia in questa sede –, siamo però a questo livello. Se quei 100 milioni erano coperti, qualcuno mi deve spiegare perché li devo coprire un'altra volta. Ma non fa niente.
Supponiamo che questo abbia un senso, il tema vero è dove metterli e come riuscire a spenderli. Noi diciamo che li iscriviamo a preventivo, e poi li spendiamo solo se si liberano spazi per farlo. In questo modo, il bilancio è veritiero e, oltretutto, diventa flessibile. Che cosa vuol dire? Faccio un esempio banale.
Supponiamo che si sta realizzando un ponte che vale 10 milioni, con la spesa che va all'anno dopo per la gara e tutte le solite vicende dalla burocrazia. Bene, ma ho questi 10 milioni. Avendo iscritto l'avanzo a preventivo, magari sotto un'altra spesa, se poi occorre ad esempio realizzare una strada, allora potrò fare quella strada. Se non li ho iscritti, i 10 milioni vanno in economia, e quindi né libero l'avanzo che ho né posso fare l'investimento. Oggettivamente, non ha senso.
Nel citato decreto-legge n. 113 del 2016, infatti, tale meccanismo è stato previsto e, come emerge dalla relazione tecnica ad esso allegata, non reca peraltro alcun costo aggiuntivo, perché comunque le regioni – l'hanno già dimostrato nei due anni precedenti – valutano l'equilibrio a consuntivo, non a preventivo, e quindi l'iscrizione a preventivo è neutra e consente di flessibilizzare gli avanzi. Spero di essere stato chiaro su una cosa abbastanza complicata. Passo alla pagina successiva.
Qui abbiamo qualche altro problemino, ma non vi voglio annoiare più di tanto. Ci sono delle norme oggettivamente incostituzionali. La prima è quella che proroga i tagli al 2020. I tagli devono essere, in base alla sentenza della Corte costituzionale, motivati e per il bilancio triennale. Non si possono far decorrere a regime, perché la Corte costituzionale ha dichiarato che sono incostituzionali. Ebbene, i tagli qui diventano a regime.
L'altra questione, che però pensiamo sia un refuso, riguarda il riversamento allo Stato dei tagli. Ora, questa misura è palesemente incostituzionale. È già stata dichiarata incostituzionale e poi non ha senso. Se il comparto regioni deve dare 2,7 miliardi e tu mi dai 1,7 miliardi di trasferimenti, inizia a tenerti 1,7 di trasferimenti: che senso ha che mi dai i soldi e io debba riversarli? Non esiste proprio, tanto che è già intervenuta la Corte dichiarandone l'incostituzionalità.
L'altro tema, che però è una goccia nel mare e non mi dilungherei più di tanto, è il minor gettito derivante dalle ottime misure fiscali varate dal Governo. Perfetto: riduci l'IRAP, riduci anche il gettito. Non viene, ovviamente, compensato, ma pazienza, questo è il meno.
L'altro tema è come vogliamo intervenire sugli investimenti. Il problema vero è la spesa per investimenti. Alla luce di quanto abbiamo detto, siccome i 2,7 miliardi nei bilanci delle regioni non ci sono, tanto che sono poche le regioni che hanno già approvato il bilancio, che andava approvato entro il 31 ottobre – tante non hanno neanche iniziato a metterci la penna, perché non sanno neanche come chiuderlo – come facciamo a limitare il danno sulla spesa per investimenti?
Hai lì il personale, le tasse, i cofinanziamenti europei sono l'ultima voce che si può tagliare: alla fine, tagli gli investimenti. L'esito della non capienza dei 2,7 miliardi Pag. 43sugli 11 disponibili è il blocco totale della spesa per investimenti, che noi non vogliamo. Noi non vogliamo bloccare gli investimenti.
In quest'ottica, ci sono anche delle cose positive in questo disegno di legge di bilancio: l'utilizzo del fondo pluriennale vincolato, lo svincolo di 500 milioni dell'avanzo, perché 500 milioni vuol dire che i 18 miliardi diventano 17,5, ma quelli sono investimenti vecchi, non nuovi. C'è il ponte da rimettere a posto e devi rifinanziarlo. Non ce l'hai in avanzo.
Allora, che cosa diciamo? Avanziamo delle proposte. La prima riguarda la possibilità anche per noi di fare un po’ di spese per investimenti. C'è quest'ottimo fondo di spesa per gli investimenti, il Governo ottiene la flessibilità, cioè la possibilità di fare deficit, e una quota di questo deficit sia destinata alle regioni per fare una quota di investimenti, proprio per evitare il rischio azzeramento.
Parlo non come regione Lombardia – nonostante tutto noi qualcosa riusciamo ancora a fare – perché ci sono regioni che rischiano davvero di mettere zero alla voce investimenti, e non è una buona cosa di questi tempi, con tutte le difficoltà che abbiamo. Si dovrebbe partecipare a fare effettivamente una quota di questi investimenti.
Un altro tema è già stato richiamato dall'ANCI e ribadiamo il concetto. C'è questo fondo di quasi 2 miliardi di euro di saldo netto da finanziare, cioè sostanzialmente di cassa, che abbiamo trovato con residui di competenza del comparto regioni, perché sono i residui del fondo per i pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione, di cui al decreto-legge n. 35 del 2013, nonché i residui della rinegoziazione del bond, che valgono circa 1,9 miliardi di euro. Li abbiamo messi sul piatto: è opportuno che vengano divisi tra gli enti locali, ma in tempi rapidi, perché il tema della tempistica è fondamentale.
Noi dobbiamo fare il bilancio entro il 31 ottobre, termine ordinatorio e non perentorio, ma le regioni lo devono comunque fare entro Natale. Sapere su quanti di questi fondi puoi fare affidamento per metterli nel bilancio è fondamentale. Dovremmo trovarci con comuni, province e Governo a definire la questione e a sottoporla al Parlamento, di modo che entri subito, altrimenti non si riescono a fare i bilanci. È inutile che venga deciso a gennaio, perché i bilanci si fanno prima di Natale.
Un'altra questione che non costa niente, come non costa niente quello che abbiamo detto adesso – si tratta di mettersi d'accordo e capire come gira quel fondo – riguarda il fondo per i trasporti, che vale circa 5 miliardi di euro, o poco meno. Come abbiamo detto, è sotto finanziato per 1,5 miliardi, ma non fa niente, perché non siamo qui a chiedere risorse. Sappiamo che non c'è un «ghello».
PRESIDENTE. Che cos'è un «ghello»?
MASSIMO GARAVAGLIA, coordinatore della Commissione affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome, assessore al bilancio della regione Lombardia. Un «ghello» in milanese è un centesimo. Non c'è una lira, così ci capiamo.
Nei saldi, però, è già previsto il fondo degli anni venturi. Se almeno si stabilizzasse questo, si farebbe una cosa buona e giusta. Perché? Perché oggi è legato alle accise, che sono ballerine: se l'anno venturo scendono, ci si ritrova con un fondo ridotto. Il problema è che sono state bandite le gare; e che cosa si fa con il concessionario che ha vinto la gara, gli si dice che l'accisa è diminuita e gli si riduce l'importo? Non si può fare. Questo non costa niente, perché sono già nei saldi, ma rende semplice l'operatività sui trasporti.
L'altra questione, e concludo, riguarda la rivalsa sulle sentenze. Qui c'è il problema dei siti di interesse nazionale, che tocca comuni e regioni.
Ora, sui siti di interesse nazionale lo Stato ha già pagato le sanzioni all'Europa. Mettersi in un contenzioso tra Stato, regione e comune di Vattelapesca – è colpa mia o è colpa tua – su un sito di interesse nazionale, laddove è pacifico che se il sito è di interesse nazionale qualcosa c'entra Pag. 44anche lo Stato, costa inutilmente in tempi, procedure, avvocati e, di fatto, non risolve niente. Quand'anche, infatti, venisse fuori che il comune di Vattelapesca deve mettere 2 milioni di euro, mi dite dove va a trovarli? Ce li deve rimettere un'altra volta lo Stato. Se valutate la questione con attenzione, ciò risolverebbe il contenzioso e non costa nulla.
Ho concluso. Avete in fondo l'elenco delle proposte che abbiamo formulato, come avete visto non solo in termini di lamentele, ma anche di proposta. Concludo con una cosa che ci viene dalla Campania in particolare, dal presidente De Luca, che chiede che sia possibile che i commissari, nelle regioni in stato di rientro, siano anche i presidenti e non necessariamente degli esterni. È una richiesta particolare della Campania.
PRESIDENTE. Ringraziamo anche l'assessore Garavaglia.
Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
BRUNO TABACCI. Ho chiesto la parola perché è un'occasione importante avere i rappresentanti del sistema delle autonomie del nostro Paese e poter fare una riflessione rapidissima per evitare che tutte le volte dobbiamo ridirci le stesse cose.
Ora, negli anni Settanta, quando entrarono in campo le regioni, dopo una lunga stagione di preparazione – come è noto, le regioni stavano già nella Carta costituzionale – fu fatta una grande riforma fiscale, a torto o a ragione, che coinvolgeva anche le responsabilità e i ruoli delle autonomie locali. Quale fu lo scambio del tempo? Tra l'altro, con riferimento al problema posto dal sindaco di Livorno, tale problema affronta proprio il nodo della ristrutturazione del debito con annessi mutui con la Cassa depositi e prestiti. Quale fu lo scambio allora?
Anche i comuni che avevano operato meglio – non sto esprimendo, quindi, un giudizio sulla qualità del lavoro amministrativo – avevano uno stock di debito che li aveva sostanzialmente messi in un angolo. Lo scambio che fu fatto fu che la finanza diventava tutta statale, il sistema delle autonomie locali avrebbe vissuto di luce riflessa, non propria, rinunciando quindi all'autonomia impositiva. Il riconoscimento della spesa storica era la base per poter ricostruire un possibile equilibrio, quello nuovo. Da lì i decreti Stammati, che hanno poi originato una serie di provvedimenti conseguenti.
Ora, a distanza di cinquant'anni, se non si fa l'operazione opposta, stiamo qui ancora a chiacchierare a vuoto. L'operazione opposta presuppone che ci sia il riconoscimento pieno dell'autonomia impositiva. L'imposta di famiglia del tempo valeva il 70 per cento di autonomia impositiva dei bilanci degli enti locali, quindi chi gestiva un comune si trovava coperto dalle imposte.
Allora c'era un ISEE fatto un po’ alla carlona, ma gli occhi dei comuni vedevano lontano, perché conoscevano le famiglie, e poi c'era un contraddittorio con il contribuente, si trovava una soluzione. Magari si scopriva che l'ultima macchina comprata dal contadino era straniera, allora lo si chiamava, gli si faceva osservare che le cose erano andate bene, e quello piangeva dicendo che gli era morta la vacca e bisognava intervenire.
Il punto è molto semplice, ma se voi non avviate un'operazione di scambio, non potete pensare che tutte le volte si viene qui e si discute. Se l'autonomia fiscale non c'è, perché il fisco è pienamente centralizzato, è chiaro che quest'operazione va smontata. Diversamente, che cosa succede?
Pensate alla storia della TASI, dell'IMU. C'è la corsa a fare in modo che i patrimoni immobiliari, i patrimoni fondiari non esistano, perché sarebbero tutti in perdita. Anche le colline del Monferrato, e se vai a compravendita non riesci neanche a pronunciare il valore di quei terreni, sono assoggettate a IMU agricola. Tale sistema non regge più.
Allora, lo scambio è molto semplice, è presto detto: vogliamo passare ai fabbisogni standard? Ci vuole una base d'imposta di famiglia, uso quella espressione per dire qual era il meccanismo, tra l'altro corredato dagli strumenti dell'ISEE, che consentirebbe Pag. 45 di fare una fotografia reale della ricchezza e della povertà dei nostri cittadini amministrati e di elevare gli amministratori al rango di persone che possono essere giudicate per la qualità ad amministrare. Oggi, qual è la qualità dell'amministrare? Da dove emerge se siete gestori di una finanza derivata? Anzi, vi lamentate perché diventate gli esattori per conto del potere centrale.
Senza questa operazione-verità – lo dico soprattutto al sindaco Bianco, che conosce bene queste cose per antica esperienza amministrativa e antica consuetudine – parliamo di cose inutili. È chiaro, infatti, che allora Garavaglia ha ragione, fa vedere le sue slide, il conto della spesa, ma così non se ne esce.
Ovviamente, questo presuppone che la pressione fiscale sui cittadini attraverso l'IRPEF o l'imposta sul valore aggiunto sia contestualmente ridotta, perché non possiamo fare un'operazione in base alla quale aggiungiamo alle imposte, che a suo tempo abbiamo ritrasferito allo Stato, anche quelle dei comuni. Questo non può reggere, ma senza un'operazione di questa natura è impensabile che possiamo trovare una soluzione al problema.
Io me ne sono occupato diverse volte negli anni passati, ovviamente in maniera molto sfortunata, e ho colto l'occasione per ribadire un concetto senza il quale ci troveremo ancora qui nei prossimi anni a discutere su quanto sia corta la coperta che non copre il letto.
FRANCESCO CARIELLO. Ringrazio tutti gli intervenuti. Vorrei semplicemente sollevare alcune questioni che sono emerse da una ricognizione da parte nostra di tutti gli enti locali da noi amministrati.
Anzitutto, ci ritroviamo in pieno con quello che il sindaco Bianco identificava come tasso medio di interesse che grava sui mutui degli enti locali. In media, siamo intorno al 5-6 per cento. Confermiamo il dato anche sui nostri comuni. Questo ci fa preoccupare seriamente. Essendo una media, stiamo veramente parlando, in alcuni casi, di mutui ben al di sopra delle condizioni di mercato. È necessario assolutamente – lo proporremo in questa legge di bilancio – un approccio sistemico a tutti i mutui contratti da parte degli enti locali, sia con le banche sia con Cassa depositi e prestiti.
Sempre relativamente ai mutui, è stata rilevata una questione che vorrei sollevare e sulla quale chiedo che l'ANCI faccia una riflessione.
Da una ricognizione rapida effettuata sui nostri comuni, i comuni amministrati dal MoVimento 5 Stelle, pare che ci siano dei mutui contratti con Cassa depositi e prestiti concessi ma non erogati, per motivazioni dovute a un'opera incompleta o non più realizzata. Questa tipologia di mutui è risultata essere comunque in uno stato di ammortamento, come se la Cassa depositi e prestiti avesse effettivamente erogato. Cito degli esempi.
Ho qui una lista di comuni che hanno sollevato una questione di questo tipo: Castelfidardo, Noicattaro, Bagheria, Marino, Ragusa, Grammichele. Qui si tratta, per fare solo degli esempi, di opere per cui il piano di ammortamento è partito da 5 o 6 anni, o da 7 anni in alcuni casi. Il piano di ammortamento, come sapete, parte già dall'anno successivo alla concessione da parte di Cassa depositi e prestiti, ma non c'è stata poi la realizzazione dell'opera.
In questo caso, ci sono diverse opzioni, perché abbiamo anche guardato la circolare di Cassa depositi e prestiti, come la possibilità dell'ente locale, del comune, di rivolgersi a Cassa depositi e prestiti e chiedere il direzionamento di quello stesso investimento, di quella somma non erogata ad altri investimenti.
Pongo ad esempio il caso del comune di Castelfidardo, che ha comunque intenzione di realizzare l'opera, ma per questioni legate ad autorizzazioni varie non ha potuto ancora avviarla. Il piano di ammortamento, però, è in vigore ormai da sette anni, e quindi si ritrovano a dover già restituire quota capitale e quota interessi su un capitale che non è stato erogato.
È nostra intenzione – giusto per anticipare le azioni che andremo comunque a presentare in legge di bilancio – prevedere, almeno per casistiche di questo tipo, una sospensione del piano di ammortamento, o Pag. 46comunque una valutazione per quei comuni che non hanno più intenzione di realizzare le opere.
Quella che chiedo ad ANCI è la possibilità di avere una ricognizione al loro interno. A quanto pare, Cassa depositi e prestiti è disponibile, come avvenuto per il comune di Pomezia, che ci ha fatto presente che, su 125 milioni totali di mutui, ne sono stati erogati 124, perché hanno comunque valutato con Cassa depositi e prestiti il direzionamento di economie su quei mutui concessi, destinandoli ad altre opere, o comunque una rivisitazione dell'intero contratto.
Quello che mi chiedo è perché Cassa depositi e prestiti aspetta che sia il comune a fare questa mossa. È chiaro che parliamo di un soggetto comunque nell'ambito della pubblica amministrazione. Io chiederei ad ANCI, appunto, una ricognizione generale tra i propri comuni per capire la reale situazione e di che entità parliamo. Sarà un caso, ma statisticamente, su 35 comuni, ho già una lista di 8-10 comuni che mi hanno fatto notare situazioni di questo tipo.
O, statisticamente, abbiamo vinto nei comuni che hanno questo tipo di problematiche, e magari sarà anche un motivo per cui hanno cambiato l'amministrazione, o, per estrapolazione, a livello nazionale forse parliamo effettivamente di un 10 per cento di comuni interessati da questo problema.
Siamo d'accordo sull'utilizzo per investimenti in conto capitale degli avanzi di bilancio. C'è da fare comunque una profonda riflessione anche sulla modalità con cui questi avanzi sono poi effettivamente messi a disposizione all'interno della propria regione anche attraverso l'utilizzo del fondo di solidarietà. Questi sono i punti che ci sono stati sollevati.
Poi vorremmo veramente fare una riflessione profonda su tutte le forme di sostegno al reddito e a quella parte di popolazione in estremo bisogno e al di sotto addirittura della soglia di povertà, che, in una maniera o nell'altra, o attraverso la fruizione di servizi o con un assegno, avrebbe bisogno di un aiuto immediato.
Parliamo della possibilità di dare la leva ai comuni perlomeno per recuperare tutto il contributo dei comuni. Avete anche fornito il dato, 13,5 miliardi dal 2010 a oggi: significa aver veramente contribuito in maniera significativa all'equilibrio della finanza pubblica. Sarebbe opportuno fare in modo che lo Stato in un certo senso agevoli il sostegno alla povertà, il sostegno al reddito, attraverso forme da studiare in collaborazione con i comuni.
Condividiamo la possibilità di investire da parte delle regioni, cioè di trasferire alle regioni quella porzione di flessibilità che a livello centrale si va a chiedere, soprattutto in quelle regioni che effettivamente non hanno capacità e non hanno potenzialmente nessun tipo di investimento da mettere in cantiere. La condivisione è totale su questi aspetti, purché si parli di investimenti.
Vorrei spendere poi due parole sull'edilizia scolastica, sempre portata ai primi livelli come un problema. Lo confermiamo. Personalmente, vorrei che i comuni e l'ANCI, in questo caso, aprissero una trattativa chiara col Governo su una questione. Vi faccio presente e prendo solo due minuti per raccontarvi quello che è accaduto sull'utilizzo dell'8 per mille dell'IRPEF destinato all'edilizia scolastica.
Quando noi, del MoVimento 5 Stelle, abbiamo ottenuto l'inserimento di un'ulteriore finalità, l'utilizzo della quota statale dell'8 per mille per l'edilizia scolastica, fu fatta una ricognizione, una richiesta a tutti i sindaci, o meglio i comuni potevano far richiesta di accesso a quel fondo per ristrutturazioni e riqualificazioni energetiche di edifici adibiti a edilizia scolastica.
Sono venute fuori 1.837 richieste, che una commissione presso Palazzo Chigi ha valutato. Solo 6 di quelle richieste sono state evase. Perché? Perché il fondo, nel frattempo, era stato depredato da diversi utilizzi per scopi di finanza pubblica, o comunque di sostegno. C'è stato il 2012, il 2013, il 2014, ma l'utilizzo è avvenuto anche per norme inserite in legge di bilancio.
A oggi, la situazione è questa: abbiamo revisionato la legge di contabilità che ora vieta la possibilità di utilizzare quel fondo Pag. 47per altri scopi, ma la legge «Buona scuola» del Governo ha modificato la possibilità e la modalità con cui ripartire quelle risorse a gestione statale destinate alla finalità edilizia scolastica. O meglio, anziché dare la possibilità ai comuni di avere accesso al fondo, la legge «Buona scuola» ha cambiato e ha dato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca la possibilità di decidere le priorità con cui distribuire quella somma.
Dal 2014 al 2015 si è notata la differenza, e su 1.837 richieste che venivano direttamente dai comuni, quindi da voi sindaci, che siete sul territorio e sapete esattamente quali sono le scuole da ristrutturare, è completamente cambiata la visione da parte del Ministero. Queste richieste, almeno quelle che l'anno precedente non erano state esaudite, perché solo 6 di quelle 1.837 sono state evase, non sono state considerate come urgenti. Ne deduco che c'è una differenza di visione.
Partirei proprio da quella ricognizione che all'epoca era stata prevista. Veramente, chiedo all'ANCI di farsi promotrice di questa richiesta verso il Governo centrale, perché le richieste ci sono. Io ho ancora la lista, che conservo con cura, per cui si sa quali sono le scuole su cui intervenire. Prendiamo perlomeno quei soldi che abbiamo messo a disposizione della gestione statale e destiniamoli a quelle strutture. Se aspettiamo che sia il Ministero a fare questa ricognizione, non sarà mai realizzata. Oltretutto, ci sono tutt'altri fondi stanziati da altri provvedimenti, che ben vengano, ma che almeno si dia priorità alle richieste che sono pervenute direttamente dai sindaci.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA 5a COMMISSIONE
DEL SENATO DELLA REPUBBLICA GIORGIO TONINI
MAGDA ANGELA ZANONI. Parto da due considerazioni che mi hanno colpita nelle esposizioni e che, però, condivido da sempre: anzitutto, il contributo del comparto è stato effettivamente cospicuo in questi anni, anche in proporzione agli altri livelli della pubblica amministrazione; in secondo luogo, l'importanza della rete degli enti locali per lo sviluppo degli investimenti, che creano una rete sul territorio e consentono effettivamente investimenti più rapidi e che danno immediato sviluppo anche locale.
Mi sentirei, però, distinguendo tra comuni, città metropolitane, province e regioni, e precisando che leggerò con molta attenzione, più di quanto non abbia potuto seguire durante l'esposizione, i documenti che sono stati distribuiti, di passare ad alcune considerazioni. Comincio dai comuni. Secondo me, infatti, mentre l'assessore Garavaglia cercava di mettere tutti insieme gli enti locali, bisogna tenerli invece ben separati.
I comuni hanno visto un'inversione di tendenza in questi ultimi due anni, e il 2017 prosegue bene in questa direzione, davvero notevole. Intanto, si è assistito, anziché a tagli, al ritorno delle risorse, all'apertura di spazi. Il provvedimento sul fondo pluriennale vincolato mi pare estremamente importante. Mi pare, quindi, che il sistema stia andando a regime.
Colgo la richiesta di non inserire in legge la scadenza del 28 febbraio per la stesura dei bilanci di previsione. Mi chiedo se non varrebbe la pena, invece, di fare l'inverso, ovvero di chiedere con più forza che i dati che lo Stato deve fornire affinché i comuni possano fare il bilancio siano forniti. E anticiperei, non posticiperei, nel senso che chiederei che i comuni siano messi in grado di fare il bilancio entro il 31 dicembre, come è diritto degli enti locali.
Dall'altro lato, capisco l'inserimento in legge di bilancio da parte del Governo, perché questo vuol dire cercare di mettere un punto fermo, cioè di evitare questa trattativa continua, che secondo me – di nuovo – è un aspetto che dovrebbe essere richiesto dagli enti, perché questo significa cominciare a dire a tutti i comuni: «Il bilancio lo fate ora; non aspettate sempre la solita proroga». Si tratta di cominciare a mettere davvero il sistema a regime. Questa è la prima considerazione. Pag. 48
La seconda considerazione è sulle città metropolitane e riguarda anche i comuni, ma ancora di più le città metropolitane per lo sviluppo e la richiesta di investimenti europei, e riguarda il problema dell'età del personale. Questo, secondo me, è un problema grosso, di cui non possiamo non tener conto, pensando anche a tutta la necessità di semplificazione della pubblica amministrazione, di ammodernamento della pubblica amministrazione. Sono persone ormai non più all'altezza della velocità di uso di strumenti innovativi, che purtroppo credo richiedano una prontezza che forse solo i giovani hanno. Nel caso delle città metropolitane, mi sembra più grave ancora, perché l'essere pronti per ottenere i finanziamenti europei richiede, da un lato, esperienza, e quindi non è che le persone di una certa età non debbano essere tenute in considerazione – hanno grande esperienza di rapporti – ma devono unirsi anche alcune teste giovani, che hanno capacità di utilizzare gli strumenti più recenti.
Quanto alle province, credo che si debba cominciare a fare qualche ragionamento sui servizi, come mi sembra giustamente l'UPI proponga, non tanto sulla dimensione istituzionale, che ovviamente è sottoposta a referendum, e quindi bisognerà vedere che cosa succederà nei prossimi mesi.
Quanto alle regioni ordinarie, mi pare che sia importante cogliere un aspetto che non costa, ma che diventa indispensabile per la buona gestione, ovvero il problema della creazione dell'avanzo a causa dei trasferimenti che arrivano a fine anno. Questa mi sembra davvero una cosa di cui credo dobbiamo cercare di farci carico.
Non si è parlato, invece, e mi chiedo se non sarebbe il caso di cominciare a discuterne con le regioni, del problema del rapporto tra le regioni ordinarie e quelle autonome. In particolare, vorrei spezzare una lancia e dire che, se non cominciamo almeno a introdurre delle modifiche, almeno ad avere i dati per i confronti, non andiamo da nessuna parte.
In questi mesi, lavoriamo in Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale e non abbiamo neppure i dati di regioni e province autonome. Questo, oggettivamente, non va bene, anche solo per una questione di trasparenza e per poter capire quali politiche prendere in esame.
ROCCO PALESE. Abbiamo avuto un po’ di prove tecniche di quello che potrebbe essere lo scenario con il nuovo Senato, e mi auguro che non accada, perché questo sarà: si fermerà tutto, inevitabilmente, e dico anche giustamente.
Non mi soffermerò sulle esposizioni e sui problemi enormi che hanno gli enti locali: i comuni, le province, gli enti territoriali, le regioni. Sono problemi reali, ma ci sono alcuni aspetti che necessariamente vanno affrontati. Uno di sistema, di struttura: non si riesce a comprendere perché mai il Governo non proceda in maniera sistematica. Non è mica possibile che durante il corso dell'esercizio finanziario continuamente si facciano norme, si modifichino date e simili, in modo che si crei confusione su confusione, anche adesso dal punto di vista contabile, come l'assessore della regione Lombardia ha evidenziato, in riferimento all'utilizzazione o meno degli avanzi di amministrazione, che non avrebbe effetti finanziari.
Ora, mi sembra che una buona parte dei problemi che sono stati esposti, presidente, potrebbe avere una soluzione senza nessuna modificazione dei saldi della manovra. Questo è un aspetto importante che il Governo ha il sacrosanto dovere di recepire. Se delle modifiche possono essere fatte e hanno grande utilità di impatto e sono a costo zero, chiedo che non ci sia una chiusura, come finora c'è stata quasi sempre da parte del Governo in riferimento alle proposte formulate dai deputati.
Quanto al problema delle scadenze, l'onorevole Tabacci faceva un po’ la storia delle origini, ma la cosa che ha funzionato sempre meglio è stata la certezza, a fronte di determinati saldi delle varie leggi finanziarie del passato, che entro i primi dieci giorni di gennaio i Governi dell'epoca emanavano un decreto-legge sulla finanza locale e regionale, riordinavano tutto e tutto procedeva in ordine. Se non si ritorna a questo tipo di impostazione di sistema, è Pag. 49fin troppo evidente che le cose non possono essere determinate.
Veniamo ad alcuni aspetti. Ne tratterò solo alcuni. Io concordo completamente per quello che riguarda l'aspetto del personale e delle situazioni che sono state qui esposte, che sono drammatiche dal punto di vista quantitativo, in alcuni comuni, e peggio ancora dal punto di vista della qualità. Siamo, infatti, nel mondo globale e non possiamo continuare a tenere personale della pubblica amministrazione che non abbia grande dimestichezza con l'inglese e con tutto quello che sapete meglio di me.
Il sindaco di Livorno ha ragione a dire che è arrivato il momento di fare una ricognizione, anche di responsabilità, in riferimento alle dotazioni di personale che sono all'interno della pubblica amministrazione, dei comuni in particolare, senza stare col misurino, cioè quest'anno il 25 per cento, il 10 per cento, il 40 per cento e così via. I comuni hanno le risorse e l'autonomia finanziaria, in parte, e possono determinare queste scelte strategiche.
Come si fa a dare un po’ di respiro e di cassa? Noi abbiamo una serie di situazioni con la Cassa depositi e prestiti. Stendiamo un velo pietoso su quello che è successo, perché la Cassa depositi e prestiti nasce esclusivamente per poter erogare mutui, concedere mutui solo agli enti locali e per le opere pubbliche, mentre adesso non ho idea di che cosa sia diventata. Sembra l'IRI, ma dell'ultima fase.
Il collega Cariello ha dato uno spaccato parziale di alcuni comuni, ma la questione riguarda sicuramente tutti gli 8.000 comuni e oltre. È dal Governo Dini che non si fa una pulizia dei mutui. Occorrono qui una ricognizione e una pulizia. All'epoca del Governo Dini si registrarono 75.000 miliardi delle vecchie lire, che, non più utilizzate, potrebbero dare una grande flessibilità e spazio finanziario anche alla stessa Cassa depositi e prestiti e anche al Governo rispetto alle situazioni che ci sono in campo.
È urgente, ineludibile. Tiriamo fuori una norma, una proposta, che consenta questo tipo di ricognizione, utile allo Stato centrale, ma utilissima soprattutto in riferimento ai comuni. Dove poi ci sarà la necessità di fare delle devoluzione, dei cambi in corsa, si faranno.
Vorrei fare una domanda per quello che riguarda l'ANCI. Lo spaccato delle situazioni in essere riguarda una serie di comuni che chiaramente hanno dei derivati stipulati, poi ci sono i mutui con la Cassa depositi e prestiti, qualcuno ce l'ha pure con qualche istituto finanziario, con qualche banca.
Concordo completamente con una ricontrattazione, togliendo le penali. Negli anni sono state fatte queste operazioni, hanno dato un grande respiro ai comuni, allungando le rate del debito e fornendo la possibilità di diminuire le rate di ammortamento.
Vengo a un altro elemento. Due anni fa, nella legge di stabilità, fu emanata una norma, utilizzata al meglio dalle regioni, in riferimento alla stipula di derivati e alla cessazione dei contratti derivati. È andata in porto, infatti sono stati poi chiusi questi derivati, con grande vantaggio da parte delle regioni e da parte dello Stato, senza avere grandi penalizzazioni: non si potrebbe fare la stessa cosa per i comuni?
Vorrei chiedere all'ANCI se la stessa norma e lo stesso meccanismo utilizzato per le regioni, che è stato più semplice – perché in quel caso si è trattato di 8 o 9 – potrebbe valere per esempio per tutti i comuni dell'Emilia-Romagna, tutti i comuni della Toscana, tutti i comuni della Lombardia, cioè regione per regione. È da studiare, ma se funziona, dà uno spazio finanziario enorme rispetto alla necessità che è stata qui segnalata. Si tratta di volontà politica da parte del Governo.
Vengo all'ultima annotazione. Non ho condiviso la riforma che è stata fatta per le province, perché sono stato sempre del parere che o le province dovevano essere potenziate come funzioni, dando loro i mezzi, e rimanevano, o era inutile fare questa riforma che le ha distrutte e le sta facendo morire proprio completamente in maniera comatosa, come è stato descritto.
La domanda è secca, perché ci sono responsabilità forti sia per le scuole sia per le strade. Le responsabilità vanno in capo agli attuali presidenti delle province rispetto Pag. 50 ai crolli delle scuole, alla manutenzione delle strade e ai pericoli che ci sono. Eventualmente, avete idea della stima di una dotazione minima necessaria e urgente per consentire a noi parlamentari di dire che per le province e per le strade si devono stanziare tot milioni di euro in via provvisoria e per le scuole tot milioni di euro?
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
FRANCESCO BOCCIA
PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.
FILIPPO NOGARIN, sindaco di Livorno. Cercherò di essere rapidissimo.
Relativamente agli interventi, parto da quello della senatrice Zanoni, in particolar modo relativo al perché noi abbiamo chiesto lo slittamento al 31 marzo. Io capisco che l'impostazione di cercare di chiudere il bilancio di previsione per il 31 dicembre sarebbe assolutamente auspicabile. Il problema sono i tempi attuativi. Dato che si discute il disegno di legge di bilancio quasi sino al 31 dicembre, poi diventa impossibile fare un impianto previsionale senza tener conto di tutti i tempi che ci costringono ad avere un ritardo di pressappoco 60 giorni. Questo è un po’ il senso.
Rispondo anche all'onorevole Cariello. Relativamente all'impegno con Cassa depositi e prestiti, fin da adesso diciamo anche al Governo che convocheremo Cassa depositi e prestiti relativamente alla domanda, ai quesiti che sono stati posti, e poi relazioneremo in base a questo quesito assolutamente interessante.
Quanto alle scuole, è chiaro che non c'è stata un'ulteriore richiesta perché non c'è stato spazio relativamente al fondo. Questo è il motivo vero. Non è che nel frattempo le 1.800 richieste siano state evase con una liquidità che di fatto i comuni non hanno. Ci sono due aspetti molto gravi rispetto a questo: laddove è mancato lo spazio, purtroppo ci siamo dovuti inventare qualche altra soluzione; e la cosa ancor più grave è che in taluni casi purtroppo non abbiamo potuto proprio compiere nessun tipo di intervento.
Concludo con l'ultimo intervento che è stato fatto relativamente alla ristrutturazione del debito. L'articolo al quale faceva riferimento, l'articolo 45 del decreto-legge n. 66 del 2014, non può essere esteso completamente a tutti i comuni, perché questo non reggerebbe, il Ministero dell'economia e delle finanze non lo farebbe passare.
Abbiamo, però, avanzato una proposta – chiaramente, la sottopongo ai due presidenti di Commissione – molto equa e che parte da quella filosofia, ma per andare a spalmarsi su una doppia soluzione, che riteniamo possa essere accolta, perché appunto estremamente equa rispetto a quella del solo impianto dell'articolo 45. Spero di essere stato chiaro.
PRESIDENTE. Ringraziamo il sindaco, che è stato anche efficace e sintetico.
Do ora la parola al presidente Valluzzi.
NICOLA VALLUZZI, presidente della provincia di Potenza. Per intanto, do una risposta secca all'onorevole Palese. A che cosa servirebbe un piano straordinario di ammodernamento della viabilità infraterritoriale, che è quella provinciale, quella che negli ultimi cinque anni ha subìto le maggiori difficoltà, i minori interventi di manutenzione ordinaria? Si immagini quelli straordinari.
Per la prima volta, nella legge di stabilità 2016 è stato introdotto questo meccanismo perequativo: 100 milioni dall'ANAS, che negli ultimi due anni è stata ampiamente sostenuta, fino a moltiplicare per tre gli interventi per la manutenzione sulle strade statali, e ora ha dovuto trasferire 100 milioni. La nostra proposta è di confermare almeno quella cifra. Forse, con un atto di responsabilità condivisa tra soggetti gestori della viabilità, urgerebbe un raddoppio di quella posta finanziaria per arrivare a 200 milioni, affinché si possa avviare un piano straordinario di ammodernamento della viabilità infraterritoriale.
Per quanto riguarda le scuole, le province gestiscono 5.100 edifici scolastici delle Pag. 51secondarie di secondo grado. Da alcuni programmi di finanziamento, negli ultimi tre anni, sono state in qualche modo escluse. Sarebbe utile, con i dati che UPI ha trasmesso sistematicamente, lavorare insieme affinché si possa procedere a un ammodernamento anche di quegli edifici scolastici che riguardano il secondo ciclo dell'istruzione.
Concludo. L'onorevole Tabacci ha raccontato qual era il sistema di finanza pubblica. Oggi, le province incassano le tasse automobilistiche di loro competenza senza che i cittadini abbiano avuto un centesimo di riduzione e 7 euro su 10 sono poi trasferiti e in qualche modo trasfusi nel bilancio dello Stato.
Se le province o gli enti di area vasta devono continuare a gestire funzioni fondamentali, avendo fornito dati ed essendo noti a tutti i fabbisogni standard, purtroppo occorrerebbe sancire in maniera definitiva la natura di enti a finanza derivata, e quindi completare la riforma di enti di secondo livello, e definire in maniera puntuale ciò che serve affinché si possano garantire i servizi minimi ai cittadini. Mi riferisco a strade, scuole e ambiente.
MASSIMO GARAVAGLIA, coordinatore della Commissione affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome, assessore al bilancio della regione Lombardia. Intervengo con una pillola. Rispondo all'onorevole Tabacci e alla senatrice Zanoni.
L'onorevole Tabacci giustamente mette il dito nella piaga. La trasformazione del sistema da un sistema di finanza autonoma a un sistema a finanza derivata ha sfasciato tutto. Sostanzialmente, oggi siamo in una situazione in cui gli enti locali non sono autonomi e non c'è più la capacità di giudicare se si lavora meglio o peggio rispetto agli altri, perché la componente di bilancio autonomo è, innanzitutto, ridottissima e, secondariamente, vincolata dal fatto che dipende da quanto lo Stato decide di dare come trasferimento. Basta tagliare un trasferimento e un ente diventa, da efficiente, inefficiente. Questo è quanto. È una scelta politica, che segue la scelta della Tesoreria unica.
Quanto alla valutazione se lo Stato sia più efficiente degli enti locali nell'erogare i servizi, parliamone. Io cito sempre un esempio su tutti che è abbastanza chiaro. Le regioni si occupano di sanità, tema che riguarda la persona; lo Stato si occupa di scuola, tema che riguarda la persona: bene, nella scuola siamo circa al cinquantesimo posto nel mondo come qualità del servizio; nella sanità, siamo circa al ventesimo posto. Chi fa meglio? Se domani farà tutto lo Stato, penso che ci sarà un ulteriore appiattimento verso il basso.
Quanto al tema regioni a statuto ordinario e regioni a statuto speciale, avrà notato che noi le rappresentiamo tutte, ma le lagnanze sono solo delle regioni a statuto ordinario, perché le regioni a statuto speciale ricevono un trattamento diverso e non sono impattate in maniera pesante, come quelle a statuto ordinario, dalle ultime tre manovre.
È una scelta politica legittima, per l'amor di Dio, del Governo e del Parlamento. Non trovo una soluzione nella proposta di riforma costituzionale, con il quale si scrive nella pietra che le speciali restano speciali per sempre. Questa, però, è una mia posizione personale. Io le avrei fatte tutte speciali, così nessuno è speciale.
PRESIDENTE. Ringraziamo le delegazioni di ANCI, UPI e di Conferenza delle regioni e delle province autonome.
Dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione di rappresentanti
di Confindustria.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti di Confindustria.
Do ora la parola alla dottoressa Marcella Panucci.
MARCELLA PANUCCI, direttore generale di Confindustria. Ringrazio entrambi i Pag. 52presidenti e tutti voi, onorevoli senatori e deputati, per quest'opportunità, che ci consente di svolgere alcune valutazioni sul disegno di legge di bilancio.
Molto brevemente, anche considerando il contingentamento dei tempi, faccio una breve premessa sul contesto in cui questa manovra di bilancio si colloca, un contesto internazionale che ha visto una crescita debole, anche se per fortuna nelle ultime settimane sono aumentati i segnali di tenuta, con particolare riguardo alla maggior crescita registrata negli Stati Uniti e in Germania e al miglioramento della crescita cinese e di alcuni Paesi emergenti, che hanno compensato alcuni segnali negativi che si erano avuti e che derivavano dall'aumento del prezzo del petrolio e di alcune materie prime, dal cambio effettivo, che rimane rivalutato, e dalle tensioni dei tassi di interesse, che scontano gli effetti dell'atteso rialzo della FED.
L'Italia è uscita faticosamente dalla seconda recessione degli ultimi otto anni, anche se le prospettive di crescita sono ancora deboli, e lo sono state soprattutto a cavallo dell'estate. Anche da questo punto di vista, si registrano fortunatamente attese più favorevoli rispetto all'ultima parte dell'anno, anticipate da alcuni dati pubblicati di recente.
A livello territoriale, è stato il Sud l'area del Paese che ha pagato il prezzo più alto; a livello imprenditoriale, è stato il settore manifatturiero, che ha perso il 22 per cento della produzione industriale e il 40 per cento in alcuni comparti.
Dalla fine del 2014, il prezzo basso del petrolio, il tasso di cambio favorevole e alcune altre condizioni hanno contribuito a far ripartire la domanda interna, e quindi anche l'attività industriale, che ha registrato un aumento cumulato del 2,7 per cento fino al primo trimestre del 2016.
La battuta d'arresto del secondo trimestre di quest'anno c'è stata, ma c'è una prospettiva favorevole in quanto nei mesi estivi la produzione industriale è prevista in forte rialzo, intorno al 2 per cento.
Riguardo all'incremento della domanda interna, iniziato nuovamente nei primi mesi del 2015, le famiglie non stanno traducendo proporzionalmente in maggiore spesa l'aumento del reddito disponibile, rallentando così la ripresa dei consumi.
Gli investimenti non sono ripartiti, almeno al passo che ci si attendeva, e pertanto è importante agire su questo capitolo, perché nel breve periodo una politica a favore degli investimenti favorisce la ripresa della domanda interna e, nel lungo periodo, potenzia l'offerta.
L'occupazione continua a salire e si attesta ai massimi dal 2009, registrando quella dipendente le 50.000 unità sopra il picco pre-crisi, anche se va rilevato che si sono ridotte le ore lavorate ed è salita la quota del part-time, quindi ci vorrà tempo per recuperare i numeri del 2007.
Il forte incremento degli occupati fa sì che ci sia un calo della produttività. I dati pubblicati l'altro ieri mostrano una dinamica che colloca l'Italia tra i Paesi con le peggiori performance, sicuramente peggiori rispetto a quelle dei nostri principali competitor. Pertanto, riteniamo che su quest'aspetto si debba necessariamente agire.
Abbiamo registrato una riduzione dello stock dei prestiti alle imprese. La debolezza del credito è, purtroppo, uno dei principali freni all'attività. Le imprese italiane dipendono ancora fortemente dal credito bancario, e questo è uno degli altri capitoli importanti su cui intervenire per stimolare la diversificazione delle fonti di finanziamento delle imprese al di là del solo credito bancario.
La redditività delle imprese è scesa per un quindicennio. Recentemente, è tornata a salire anche per effetto della riduzione dei prezzi degli input, ma rimane ancora molto compressa e rischia di scendere nuovamente in virtù dell'atteso aumento dei prezzi delle commodity. Proprio per questo motivo, è cruciale favorire la ripresa del credito e il potenziamento della patrimonializzazione delle imprese.
Quanto alla manovra, il nostro giudizio su di essa è positivo: si tratta infatti, senza ombra di dubbio, di una manovra di sviluppo, che affronta i principali capitoli della crescita economica delle imprese.
È una manovra tecnicamente non espansiva, anche se evita una restrizione annunciata Pag. 53 che sarebbe derivata dall'aumento dell'IVA laddove fossero scattate le clausole di salvaguardia. Comunque, riesce a ridurre il deficit dal 2,4 al 2,3 per cento nel 2017. Nel 2019, invece, viene sostanzialmente mantenuto l'obiettivo del pareggio di bilancio.
La riduzione del deficit per l'anno prossimo è programmata nonostante il persistere di un'ampia differenza negativa tra il PIL effettivo e il PIL potenziale, calcolato come chiede l'Unione europea. Ricordo che questo è uno dei punti di attenzione delle istituzioni europee, richiamato anche in recenti comunicazioni con il Governo italiano, ed è un punto su cui l'Italia insieme ad altri sette Paesi ha sollecitato una modifica dei criteri di calcolo dell’output gap da parte delle istituzioni europee, proprio in maniera da rendere la metodologia di calcolo più aderente a quanto richiesto anche da alcune istituzioni internazionali.
Va sottolineato con forza, e cogliamo l'occasione di farlo oggi, che l'Unione europea purtroppo non ha messo in campo, attraverso le proprie istituzioni, una politica economica a favore della crescita, non supportando l'azione della Banca centrale europea, che invece, attraverso una politica monetaria espansiva, ha cercato di sostenere i processi di crescita e, soprattutto, i processi di riforma all'interno dei vari Paesi membri.
I vincoli europei rimangono asimmetrici: essi impongono a chi deve aggiustare il bilancio misure restrittive, mentre non impongono di espandere il bilancio ai Paesi che dovrebbero farlo proprio in virtù delle stesse regole previste dai trattati.
Fatta questa premessa, che ritenevamo doverosa giacché riteniamo assolutamente necessario continuare ad agire in maniera determinata a livello europeo compiendo tutti gli sforzi affinché la politica economica europea sia allineata alla politica monetaria, mi soffermo sulle misure previste dal disegno di legge di bilancio.
Innanzitutto, la prima misura molto positiva è una non misura, nel senso che consiste nel fatto di non aver fatto scattare le clausole di salvaguardia, che avrebbero determinato un aggravamento delle prospettive di crescita del PIL.
È positivo anche l'aver confermato la riduzione dell'aliquota IRES, dal 27,5 al 24 per cento, già prevista dalla legge di stabilità dell'anno scorso, una misura questa che rende il nostro Paese più competitivo a livello di attrazione degli investimenti, oltre a incidere favorevolmente per chi già nel nostro Paese opera. Meno positive sono alcune coperture, ma torneremo su questo nell'ultima parte del mio intervento.
Complessivamente, la manovra coglie l'opportunità per rafforzare le prospettive di crescita, che altrimenti sarebbero deboli, e impone chiaramente anche alle imprese un'assunzione di responsabilità in termini di maggiori investimenti, ma anche di politiche finalizzate a favorire lo sviluppo sostenibile.
Quanto alle singole misure, nelle proposte che avevamo formulato al Governo e in tutti gli interventi che abbiamo svolto nel corso di questi ultimi mesi, a partire dal presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, i tre capitoli su cui avevamo sollecitato l'attenzione erano i seguenti: produttività, rilancio degli investimenti pubblici e privati e crescita dimensionale delle imprese attraverso interventi di adeguata capitalizzazione.
Sul primo capitolo ci sono degli interventi importanti nel disegno di legge di bilancio. Il primo riguarda il rafforzamento del legame tra salari e produttività, obiettivo che si tenta di centrare attraverso un aumento dei limiti delle soglie previste per l'applicazione della detassazione del salario di produttività, che ci auguriamo possa in futuro portare all'eliminazione delle soglie, in maniera da incentivare il più possibile lo spostamento sul secondo livello della contrattazione.
È una previsione positiva, perché consente di applicare questo meccanismo, o meglio di incentivare l'applicazione del meccanismo, anche ai lavoratori con una maggiore qualificazione, che sono quelli che poi le imprese sempre più impiegheranno, anche in virtù del piano Industria 4.0 lanciato dal Governo, che determinerà una trasformazione del nostro sistema industriale. Pag. 54
Sono importanti a questo riguardo anche le misure a sostegno della previdenza complementare, dell'assistenza sanitaria e della partecipazione azionaria dei dipendenti.
A favore della produttività, secondo noi, militano anche le misure che riguardano la formazione, quindi la scuola, l'università e i centri di ricerca, e questo perché una migliore formazione favorisce una migliore produttività del lavoro. Positivi sono, quindi, gli incentivi alle imprese che assumono i ragazzi dopo un periodo di alternanza scuola-lavoro, come positive sono le misure che tendono alla valorizzazione delle eccellenze dei dipartimenti universitari e quelle relative alle borse di studio. Richiamiamo, però, l'attenzione su una mancata previsione, che è quella del raddoppio del finanziamento per gli istituti tecnici, che sarebbe invece stata necessaria proprio per potenziare la formazione tecnica degli studenti.
Il secondo nodo richiamato riguarda gli investimenti. Ricordo brevemente che il Governo ha di recente varato il piano Industria 4.0, che noi abbiamo condiviso fin dall'inizio: è un piano importante, di carattere trasversale, onnicomprensivo, che, se correttamente implementato e realizzato in tutte le sue previsioni, quindi non soltanto quelle contenute nel disegno di legge di bilancio, dovrebbe favorire una assai rilevante trasformazione industriale nel nostro Paese.
Ovviamente, rispetto a questo piano, come dicevo, c'era una serie di misure non contenute nel disegno di legge di bilancio, quali i finanziamenti di Cassa depositi e prestiti e Invitalia rispetto alla realizzazione delle infrastrutture sottostanti questo tipo di trasformazione industriale, la partecipazione ai tavoli tecnici per la definizione degli standard e per la realizzazione dell'infrastruttura della banda ultralarga, che sono necessarie, così come una serie di altre misure relative alla formazione.
Il disegno di legge di bilancio contiene tuttavia alcune previsioni importanti per la realizzazione di questo piano, che vanno a sostegno degli investimenti privati e che noi chiediamo non solo di mantenere ma, in alcuni casi, di rafforzare.
Sono positivi, sicuramente, il rifinanziamento della legge Sabatini, con un focus particolare anche sui beni funzionali al piano Industria 4.0, nonché la proroga del super-ammortamento, che ha prodotto degli effetti positivi nell'anno in cui è stato applicato, rispetto alla quale chiederemmo anziché venisse ulteriormente prorogato il termine per poter beneficiare di tale misura al 31 dicembre 2018, per consentire la consegna dei beni strumentali ordinati.
È inoltre positivo il potenziamento del credito di imposta per ricerca e sviluppo. Soprattutto, è positivo l'aver previsto un iper ammortamento al 250 per cento per i beni strumentali, contenuti in un apposito elenco, su cui abbiamo anche molto lavorato, che sono appunto funzionali al piano Industria 4.0. Rispetto a questo, nel testo di maggior dettaglio che lasceremo alle Commissioni dopo l'audizione troverete anche alcune proposte di aggiustamento, volte a potenziare questa misura, che però già noi riteniamo molto importante.
È positivo altresì aver rifinanziato il bonus per la riqualificazione energetica, le ristrutturazioni edilizie e le ristrutturazioni effettuate a seguito del sisma, anche in questi casi con alcuni positivi adattamenti, su cui abbiamo anche delle osservazioni, ma che lasciamo agli atti delle Commissioni per non sottrarre troppo tempo.
In tema di investimenti pubblici, fermo restando un andamento non espansivo della spesa in conto capitale, le misure della manovra segnalano un orientamento moderatamente favorevole, che si traduce nell'introduzione di un nuovo fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, nell'assegnazione di spazi finanziari nei bilanci degli enti territoriali e nella riprogrammazione delle risorse del Fondo sviluppo e coesione. Positive sono anche le misure in tema di sanità, che tendono all'efficientamento della spesa e al finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale.
Il terzo nodo di sviluppo cui mi riferivo riguarda la crescita dimensionale delle imprese. È un punto che è stato più volte Pag. 55sollevato dal nostro presidente in varie occasioni pubbliche, a partire dalla nostra assemblea del maggio scorso, ed è un punto fondamentale se vogliamo che ci sia effettivamente una trasformazione industriale nel nostro Paese. Soltanto imprese con dimensioni adeguate sono difatti in grado di affrontare e sostenere gli investimenti necessari, a partire da quelli in innovazione, funzionali a questo processo di trasformazione.
Vanno, quindi, nella giusta direzione le misure volte a favorire gli investimenti di enti previdenziali e persone fisiche nelle imprese. A questo riguardo, sollecitiamo le Commissioni a valutare un loro rafforzamento per quel che riguarda le piccole e medie imprese, proprio per garantire che questi finanziamenti arrivino alle imprese di minori dimensioni.
Positivo è il rifinanziamento del Fondo centrale di garanzia. Mi scuso se faccio riferimento a misure che sono contenute anche nel recente decreto-legge in materia fiscale, ma chiaramente le connessioni tra i due provvedimenti sono evidenti, e quindi le segnaliamo anche in questa sede.
Sul Fondo centrale di garanzia il rifinanziamento consentirà di attivare finanziamenti alle imprese per circa 20 miliardi di euro. Su questo devo segnalare, però, una delusione nel non aver viste recepite alcune proposte, che avevamo formulato assieme ad altri importanti operatori e associazioni di categoria, che miravano a un potenziamento del Fondo stesso, nel senso di un'estensione dell'applicazione delle garanzie a finanziamenti superiori ai 2,5 milioni di euro, cioè fino a 5 milioni di euro, e alla possibilità di richiedere la garanzia anche per le imprese cosiddette Mid Cap, cioè fino a 499 dipendenti. Ciò è importante, perché la ripresa economica passa per imprese che in Italia sono considerate medie mentre, di fatto, in Europa sarebbero ancora considerate imprese di piccole dimensioni.
Rispetto al Fondo centrale di garanzia, sarebbe altresì utile prevedere la possibilità di cofinanziamento da parte delle regioni – alcune già lo fanno con risultati positivi – e semplificare le modalità di concessione di garanzie su operazioni di portafoglio.
Manca invece – e questo è un punto su cui sarebbe opportuno riflettere e correggere la manovra – un intervento a favore della patrimonializzazione delle piccole e medie imprese. È stato modificato o è stato ridotto l'intervento relativo all'Aiuto alla crescita economica (ACE), che negli ultimi anni era stato molto positivo, anche se era stato più concentrato su alcune grandi operazioni di ricapitalizzazione rispetto, invece, a quanto aveva «tirato» – scusate il termine atecnico – per le altre imprese manifatturiere.
A questo riguardo, riteniamo che il depotenziamento dell'ACE potrebbe essere compensato dalla previsione di un bonus per la patrimonializzazione delle piccole e medie imprese, ovviamente con tutta una serie di limiti dimensionali, e non solo, dell'impresa, ma anche del capitale apportato, che favorisca gli apporti di capitale nelle imprese di minori dimensioni. Su questo aspetto specifico abbiamo una proposta che possiamo approfondire quando lo riterrete opportuno.
Opportune sono, invece, le misure relative alla dimensione internazionale delle imprese, incluso il rifinanziamento del piano straordinario sul made in Italy, e degli strumenti finanziari a supporto dell’export e del venture capital.
Sul fronte delle coperture, e qui vengo ad alcune misure contenute nel decreto-legge in materia fiscale, critichiamo il dietrofront su una importante misura, già prevista dalla legge di stabilità dello scorso anno, che riguardava il recupero dell'IVA sui crediti non riscossi, non solo per gli impatti negativi sulla finanza d'impresa, ma anche perché interventi di questo tipo, che rimettono in discussione misure positive varate negli anni precedenti, minano la fiducia delle imprese, e quindi anche le loro prospettive di crescita. Su questo punto specifico, se il problema era di carattere finanziario in relazione alla copertura della misura rispetto al 2017, si poteva magari congelarla per quest'anno e farla partire dall'anno prossimo, ma di certo non abolirla. Pag. 56
Una medesima valutazione negativa riguarda la misura relativa alle comunicazioni IVA. Voglio chiarire che Confindustria è assolutamente favorevole a una revisione degli obblighi IVA, ma questa è una misura che impone alle imprese una serie di ulteriori oneri difficilmente digeribili per buona parte del sistema imprenditoriale italiano e che non sono assolutamente compensati in termini di costo dalla previsione di un credito d'imposta di 100 euro, applicabile peraltro soltanto a imprese di piccolissime dimensioni. Inoltre è una misura che a nostro avviso disincentiva l'utilizzo della fatturazione elettronica che invece è, questa sì, una misura fondamentale per combattere l'evasione.
Allo stesso tempo, preoccupa la previsione relativa ai depositi IVA non solo per gli impatti finanziari che le imprese subiranno, ma anche perché mina la competitività del nostro Paese.
La spending review è, a parer nostro, un capitolo che può essere rafforzato. Si concentra principalmente, anche quest'anno, su misure che riguardano gli acquisti di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione. Questo è un dato sicuramente positivo, tuttavia mancano alcuni capitoli su cui si potrebbe agire, non ultimo quello da noi più volte sollecitato, anche nell'ambito di precedenti audizioni in occasione delle passate leggi di stabilità, che è quello delle società partecipate pubbliche, locali in modo particolare, su cui è intervenuto un decreto legislativo attuativo della riforma Madia. Ci saremmo pertanto aspettati di trovare delle misure di taglio, e quindi di copertura di altre misure, anche all'interno del disegno di legge di bilancio, ma non ci pare che ci siano.
Una parte consistente della manovra è dedicata, in realtà, alle misure sulle pensioni e sui pensionati. Premesso che è opportuno prevedere meccanismi di pensionamento flessibile in alcuni casi – nulla quaestio, quindi, sulle misure previste, anche se secondo noi avrà un maggiore successo l'APE cosiddetta social rispetto alle altre forme recate dal disegno di legge di bilancio – non troviamo condivisibile l'ennesima nuova salvaguardia pensionistica diretta a 27.700 soggetti, perché ciò causa ingiustificate disparità di trattamento tra lavoratori.
Infine, siamo ovviamente molto favorevoli alle misure di contrasto della povertà, sia per ragioni di coesione sociale assolutamente necessaria, di tenuta dell'assetto sociale del nostro Paese e di equità, ma anche per ragioni economiche, perché misure di questo tipo aumentano la propensione media al consumo e, soprattutto, evitano lo spreco di capitale umano, che invece è fondamentale per il nostro Paese.
A questo riguardo, le misure contenute nel disegno di legge di bilancio sono sicuramente positive, anche se andrebbero meglio indirizzate alle persone veramente povere.
Concludo questo mio intervento, e vi ringrazio per l'attenzione che dedicate a Confindustria, attirando la vostra attenzione sul fatto che si tratta di una manovra importante per le imprese italiane, i cui capitoli fondamentali vanno mantenuti, ma anche rafforzati laddove possibile proprio per garantire un migliore e maggiore impatto in termini di crescita del nostro Paese.
PRESIDENTE. Do la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, invitandovi ad essere telegrafici, perché siamo molto in ritardo.
CARLO DELL'ARINGA. Il mio sarà solo un commento. Giustamente, c'è un intervento a favore della produttività, con l'incentivazione al salario di produttività a livello aziendale. Questa è una nostra carenza, vista la produttività che non cresce, e quindi tale misura è da accogliere positivamente, e voi stessi l'avete apprezzata, considerando inoltre che essa muove nella direzione di favorire relazioni sindacali più partecipative.
Date, però, le risorse a disposizione, si è dovuta allentare la decontribuzione per le nuove assunzioni in attesa di un intervento strutturale sul cuneo fiscale. Su questo aspetto, vorrei conoscere la vostra opinione, anche sulla base delle vostre previsioni: Pag. 57 ossia, la vostra sensazione è che l'anno prossimo si riuscirà a mantenere, nonostante la decontribuzione andrà a zero, questo scalino verso l'alto, soprattutto per il lavoro permanente, che è stato creato con la decontribuzione? Parliamo di mezzo milione di posti di lavoro permanente.
GIAMPAOLO GALLI. Intervengo per sottolineare due punti. Uno è quello relativo al deposito IVA. Quest'intervento obbliga un importatore ed esportatore abituale a pagare a dogana sulle importazioni extra Unione europea, per cui viene penalizzato perché deve pagare subito, anche se poi non incassa, qualunque cosa succeda dopo. Questo mi sembra che favorisca una rilevante delocalizzazione in altri Paesi dell'Unione europea, perché crea una stretta di liquidità sulle imprese.
L'altro punto concerne le comunicazioni IVA. Ferma restando l'opportunità di approfondire ulteriormente tale aspetto nel corso della discussione del provvedimento, mi sembra tuttavia che il legislatore debba un attimo chiarirsi le idee su quale sia l'obiettivo fondamentale. Per contrastare efficacemente l'evasione IVA, l'obiettivo deve essere quello della fatturazione elettronica. Se ci mettiamo in mezzo altri tipi di percorso, che complicano la vita alle imprese, disincentiviamo di fatto la fatturazione elettronica e rischiamo un po’ di perderci.
PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi.
Do la parola alla dottoressa Panucci per la replica.
MARCELLA PANUCCI, direttore generale di Confindustria. Rispondo subito all'onorevole Dell'Aringa. L'allentamento della decontribuzione, fino a un suo termine, che doveva essere in realtà quest'anno e sarà invece l'anno prossimo, era atteso. Sapevamo che si sarebbe trattato di un intervento di carattere temporaneo, ne abbiamo apprezzato gli effetti e temevamo le conseguenze in caso di un suo venir meno. C'è stato, di fatto, già un allentamento sui numeri quest'anno, che lasciava per l'appunto presagire che la conclusione di questa previsione avrebbe poi portato a una riduzione ulteriore sull'anno prossimo.
La verità è che questo è un intervento temporaneo, che deve rimanere temporaneo in attesa, immaginiamo già dal prossimo anno, del varo di un intervento trasversale, orizzontale sul cuneo fiscale, a partire dalla contribuzione sociale. Quello che lei dice è vero, però non potevamo immaginare che quella misura durasse all'infinito.
Quanto al salario di produttività, per noi è molto importante, perché è ovvio che questo richiede anche una modifica delle relazioni industriali, creando un elemento di convenienza perché questo avvenga. Noi immaginiamo che l'averlo potenziato e il fatto che magari, in futuro, possa essere ulteriormente potenziato, attraverso non soltanto l'eliminazione delle soglie ma anche agendo sugli aspetti contributivi a carico del datore di lavoro, possa ulteriormente migliorare la misura.
Onorevole Galli, io condivido in pieno le sue considerazioni. È vero, sui depositi IVA ci potrebbe essere una delocalizzazione dei depositi utilizzati dagli importatori, soprattutto nelle aree di confine, quindi immaginiamo che, ad esempio, Lombardia, Veneto, Liguria e Piemonte avranno una maggiore facilità a portare i depositi altrove. Per questo motivo, temiamo un impatto sulla competitività delle imprese italiane ed auspichiamo che questa misura possa essere modificata.
Allo stesso modo, sono d'accordo sul tema delle comunicazioni IVA. Premesso che siamo assolutamente favorevoli alla individuazione di meccanismi volti a evitare l'evasione IVA, non pensiamo che questo sia il meccanismo migliore, anche perché la strada intrapresa della fatturazione elettronica, se perseguita con determinazione e chiarezza rispetto alle imprese, può portare a quell'obiettivo in maniera anche meno onerosa rispetto al sistema industriale.
PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Panucci e la delegazione di Confindustria.
Dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, del Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan.
Do ora la parola al Ministro dell'economia e delle finanze Pier Carlo Padoan.
PIER CARLO PADOAN, Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie, presidente, buon pomeriggio. Il disegno di legge di bilancio per il 2017 è il quarto atto di programmazione del Governo, considerando, oltre alla legge di stabilità per il 2015 e per il 2016, anche gli interventi adottati nel corso del 2014 e, in particolare, il decreto-legge n. 66.
Il segno distintivo della politica del Governo consiste nello sforzo di alleggerire le risorse produttive del Paese dal peso dell'imposizione fiscale e nel rilanciare gli investimenti pubblici e privati. Quest'orientamento accompagna lo sforzo più generale del Governo, teso a rimuovere gli impedimenti strutturali alla crescita attraverso misure su molti fronti: sul mercato del lavoro, sul settore bancario, sulle regole fiscali, sulla scuola, sulla pubblica amministrazione, sulla giustizia civile. Queste riforme, attraverso impatti su competitività, produttività e burocrazia, daranno effetti crescenti nel tempo.
Lo sforzo di riduzione delle imposte è stato graduale, ma costante, dal carico fiscale sui lavoratori dipendenti con redditi bassi nel 2014, alla componente IRAP calcolata sull'occupazione nel 2015, alla TASI sull'abitazione principale nel 2016, all'IRES nel 2017. Il complesso di queste misure, insieme a quelle nel settore dell'agricoltura, comporta minori tasse pagate dagli italiani nel 2017 per 23,5 miliardi di euro.
Altrettanto importante è l'inversione di tendenza degli investimenti pubblici. L'azione di rilancio avviata nel 2015, dopo cinque anni di continua contrazione, viene rafforzata dalla legge di bilancio.
Il disegno di legge di bilancio per il 2017 è orientato alla crescita e, inoltre, concilia quest'esigenza con i bisogni sociali e con i vincoli finanziari di un Paese a elevato debito. Il deficit scende e il debito si stabilizza.
Dopo una crisi senza precedenti, l'economia italiana ha ripreso a espandersi da ormai tre anni. Benché il recupero dei livelli di prodotto pre-crisi si stia rivelando più lento di quanto desiderabile e certamente non ci diciamo soddisfatti, la crescita si sta gradualmente irrobustendo. Nel 2015, il PIL è aumentato dello 0,7 per cento, per il 2016 si prevede un incremento dello 0,8 e per il 2017 abbiamo stimato una crescita pari all'1 per cento.
Anche il mercato del lavoro continua a migliorare, nonostante il venir meno di buona parte degli incentivi fiscali sui nuovi contratti a tempo indeterminato. Nel terzo trimestre dell'anno l'occupazione, al netto dei fattori stagionali, è risultata di oltre 600.000 unità più elevata che nel quarto trimestre del 2013. Ieri sono stati diffusi i dati relativi al mese di settembre, in cui l'occupazione è aumentata di 45.000 unità. L'incremento ha riguardato entrambi i generi e tutte le classi di età e si è associato alla riduzione della disoccupazione giovanile.
Emergono segnali positivi per la produzione. Il buon andamento del fatturato e degli ordinativi dell'industria, sospinti della componente sia interna sia estera, avvalorano i segni di ripresa del PIL nel terzo trimestre. Il miglioramento della domanda estera, in particolare extra-europea di beni durevoli, si associa alla ripresa della fiducia delle imprese.
La crescita in Italia rimane, tuttavia, condizionata da sviluppi di natura esterna, quali la sensibile riduzione degli scambi con la Russia, il rallentamento dei mercati emergenti, più recentemente il voto sull'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea e, in generale, l'incertezza politica e di policy.
L'instabilità istituzionale e di politica economica accresce la vulnerabilità dell'economia Pag. 59 agli shock, peggiora le prospettive di crescita, aumenta l'incertezza dei consumatori e degli investitori, rende più conflittuale il rapporto tra i diversi livelli di governo. A fronte di un contesto simile, è necessario condividere, a livello globale, europeo e nazionale, una strategia di crescita coordinata, fondamentale per dissipare le incertezze.
In un contesto generale più sfavorevole rispetto a quello prospettato ancora pochi mesi fa dalle organizzazioni internazionali, il Governo ha scelto di rimodulare la politica di bilancio in maniera ancora più orientata alla crescita. Nella Nota di aggiornamento del DEF 2016, il percorso di consolidamento delle finanze pubbliche è stato adattato al nuovo quadro economico internazionale e alle spese sostenute dalle pubbliche amministrazioni per due cause di forza maggiore, indipendenti dalle scelte discrezionali del Governo: il flusso di migranti e l'intensificarsi della frequenza con la quale si registrano eventi sismici.
Il 12 ottobre, il Parlamento ha autorizzato uno spazio di bilancio fino a 2,4 punti percentuali di PIL. Il Governo ha deciso di non utilizzare per intero questo margine, in modo da mantenere il deficit nominale su un sentiero di riduzione e avere un saldo strutturale sostanzialmente invariato, considerando le poste straordinarie sopraindicate imputabili alle circostanze eccezionali.
La manovra di finanza pubblica per il triennio 2017-2019, comprensiva degli effetti del decreto-legge n. 193 del 2016, ammonta complessivamente a circa 26,7 miliardi di euro nel 2017, 23,3 miliardi nel 2018 e 24,4 miliardi nel 2019. Queste risorse derivano, per circa 12 miliardi di euro nel 2017, 6,6 miliardi nel 2018 e 2,8 miliardi nel 2019, dall'utilizzo dei margini disponibili tra indebitamento netto tendenziale e programmatico, secondo quanto autorizzato con la risoluzione di approvazione della Nota di aggiornamento del DEF 2016 e della Relazione al Parlamento 2016, da cui consegue un corrispondente peggioramento del saldo delle amministrazioni pubbliche.
Le restanti risorse, pari a 14,7 miliardi nel 2017, 16,7 miliardi nel 2018 e 21,6 miliardi nel 2019, derivano dalle misure che prevedono maggiori entrate e minori spese.
Concorrono alla manovra le maggiori entrate previste dal decreto-legge n. 193 del 2016 in materia di contrasto all'evasione, di emersione di base imponibile e di potenziamento della riscossione e l'effetto migliorativo sul saldo delle amministrazioni pubbliche, pari a 0,5 miliardi in ciascuno degli anni 2018 e 2019.
Nel 2017 le risorse complessivamente disponibili vengono utilizzate per tagli del prelievo per 16,5 miliardi nel 2017 e aumenti di spesa per 10,2 miliardi. Una quota rilevante dei tagli del prelievo riguarda la sterilizzazione delle cosiddette clausole IVA e degli incrementi previsti per le accise, per un importo pari a 15,4 miliardi di euro. Tra le maggiori spese, un importo crescente nel triennio è destinato al finanziamento di spese per investimenti.
L'ammontare complessivo di tali nuove spese è pari a 2,5 miliardi nel 2017, a 6 miliardi nel 2018 e a 7,1 miliardi nel 2019 in termini di indebitamento netto, a cui corrispondono maggiori stanziamenti di bilancio per 4 miliardi nel primo anno, 7 miliardi nel secondo e 7,2 miliardi nel 2019.
Dal punto di vista della composizione, il disegno di legge di bilancio dà priorità agli interventi che favoriscono investimenti, produttività e coesione sociale, continuando nel processo di consolidamento.
Il disegno di legge di bilancio, come ho appena detto, prosegue nell'azione di rilancio degli investimenti pubblici, che aveva prodotto effetti apprezzabili già nel 2015, quando sono risultati in crescita dell'1,2 per cento dopo cinque anni di continua contrazione. Rafforzando tale inversione di tendenza, il disegno di legge di bilancio prevede un costante aumento degli investimenti pubblici nel periodo 2017-2019 rispetto a quanto previsto nello scenario tendenziale, questo grazie anche alla semplificazione delle procedure di autorizzazione, rafforzando nel contempo le politiche anticorruzione.
Alcune misure sono state specificamente progettate per accelerare l'attuazione Pag. 60 dei programmi cofinanziati dall'Unione europea.
Con il disegno di legge di bilancio il Governo rafforza poi la capacità competitiva delle imprese italiane introducendo un pacchetto competitività nel solco delle azioni già promosse con il programma «Finanza per la crescita». Il provvedimento, il cui finanziamento ammonta a circa 20 miliardi di euro tra il 2017 e il 2020, interviene su tutti i fattori di produzione, agendo per sostenere le imprese italiane nella loro crescita dimensionale e nella loro internazionalizzazione.
Il taglio dell'IRES dal 27,5 al 24 per cento consentirà alle imprese italiane di migliorare la propria posizione competitiva, in particolare verso i principali Paesi europei. Secondo i dati OCSE, con un'aliquota complessiva per l'attività di impresa nel 2017 pari al 27,8 per cento, l'Italia è più competitiva di Francia e Germania. Questa riduzione si armonizza con la revisione dell'imposizione sui redditi delle imprese individuali e delle società di persone in regime di contabilità ordinaria, per le quali viene prevista l'introduzione di un regime opzionale di tassazione del reddito d'impresa, con aliquota allineata a quella dell'IRES, il cosiddetto regime IRI.
L'istituzione dei gruppi IVA, a partire dal 2018, consentirà ai gruppi imprenditoriali strutturati in entità specializzate di beneficiare dell'esclusione dal campo di applicazione dell'IVA per le operazioni effettuate all'interno del gruppo.
L'intervento produrrà una notevole semplificazione degli adempimenti fiscali, ma anche benefici sul piano finanziario e della redditività. Viene incentivata la produttività del lavoro, completando il Jobs Act con un'ulteriore detassazione del salario legato ai risultati aziendali, che consenta di includere anche i quadri dirigenti.
Viene esteso al 2017 il super ammortamento degli investimenti al 140 per cento, una misura che ha già dato concreti risultati. Parallelamente viene rafforzato il credito d'imposta in ricerca e sviluppo e introdotto un iper ammortamento del 250 per cento per beni materiali e immateriali di alta tecnologia.
Si interviene, inoltre, sul capitale di debito, rifinanziando la «nuova Sabatini» e ampliando il Fondo di garanzia per le PMI, nonché sul capitale di rischio.
Affinché l'economia si irrobustisca, le famiglie e gli investitori istituzionali italiani devono rimanere fondamentali alleati dell'economia reale.
Con il programma «Finanza per la crescita», il Governo ha portato avanti un'azione finalizzata a diversificare e ampliare le fonti di finanziamento per le imprese, oggi ancora eccessivamente sbilanciate verso l'indebitamento bancario, e gli impieghi per il risparmio verso classi di attività con un maggiore impatto positivo sugli investimenti. Questo, tra le varie linee di intervento del disegno di legge di bilancio, trova un importante completamento con l'introduzione dei piani individuali di risparmio, i cosiddetti PIR.
La riforma dell'istruzione, gli incentivi su marchi e brevetti, i crediti di imposta su ricerca e sviluppo e la digitalizzazione delle imprese sono strumentali per collocare il settore manifatturiero dell'Italia sulla frontiera tecnologica.
Il disegno di legge di bilancio rafforza il processo di innovazione ampliando l'ambito di applicazione e potenziando il credito d'imposta per l'attività di ricerca e sviluppo già esistente, incentivando le società sponsor di start-up e allargando i benefici per le start-up e le PMI innovative.
Un altro elemento del disegno di legge di bilancio riguarda il pacchetto per l'attrazione di capitale umano di qualità elevata, fondamentale nell'attuale quadro di accesa competizione fra Paesi europei creatosi a seguito dell'esito del referendum britannico.
Viene portata al 50 per cento l'esenzione per chi decida di trasferire in Italia la propria residenza. L'incentivo, già previsto per i lavoratori dipendenti, è stato ora esteso anche agli autonomi. Vengono, quindi, semplificate le procedure per ottenere i visti e stabilizzata l'esenzione al 90 per cento per i ricercatori che rientrano in Italia.
L'innovazione e la crescita sono più forti in un sistema economico inclusivo, in grado Pag. 61di contrastare le diseguaglianze. Anche in questa prospettiva, il recente disegno di legge delega sulla lotta alla povertà, approvato dalla Camera, ha introdotto il reddito di inclusione, una misura di sostegno economico accompagnata da servizi personalizzati per l'inclusione sociale e lavorativa.
In aggiunta, il disegno di legge di bilancio stanzia 500 milioni per l'aumento del Fondo per la lotta alla povertà a partire dal 2018. Vengono da subito destinati 50 milioni al Fondo dedicato alla non autosufficienza.
Il disegno di legge di bilancio interviene anche a sostegno dei pensionati a rischio di povertà e favorisce la flessibilità di ingresso nel sistema previdenziale, senza tuttavia modificarne i parametri fondamentali e senza metterne a repentaglio la sostenibilità di lungo termine, che rappresenta uno dei punti di forza delle finanze pubbliche del Paese.
Dopo anni di blocco, 1,9 miliardi di euro sono destinati al rinnovo dei contratti nel pubblico impiego, alla retribuzione di Forze armate e corpi di polizia e per nuove assunzioni, incluso il comparto scuola.
L'obiettivo è valorizzare il merito, favorire l'innalzamento della produttività e dell'efficienza della pubblica amministrazione, rafforzare la sicurezza della popolazione e la tutela dell'ordine pubblico.
Viene ampliata di 2 miliardi rispetto al 2016 la dotazione del Fondo sanitario nazionale e vengono, inoltre, assegnate nuove risorse per il finanziamento delle cure avanzate e della stabilizzazione di giovani medici e infermieri.
Per le famiglie con figli il disegno di legge di bilancio stanzia 600 milioni: si tratta di misure a sostegno della genitorialità e della cura dei figli.
Il disegno di legge di bilancio contiene, inoltre, misure per fronteggiare gli eventi eccezionali dei terremoti e dei migranti. Quest'ultimo aspetto riguarda uno sforzo di spesa e investimenti che va a beneficio dell'Italia, ma anche e soprattutto dell'Europa.
Per far fronte alle esigenze poste dagli eventi sismici che si sono susseguiti a partire da agosto, il Governo ha stanziato, con tre successive delibere del Consiglio dei ministri, 130 milioni di euro.
Con il disegno di legge di bilancio, il Governo ha deciso di stanziare 600 milioni per la ricostruzione delle aree colpite dagli eventi sismici del 2016 sotto forma di contributi e credito d'imposta e circa 600 milioni aggiuntivi per investimenti in opere pubbliche che contribuiscono al piano di messa in sicurezza e prevenzione.
Alla messa in sicurezza di edifici e territorio contribuiscono circa 2 miliardi sotto forma di incentivi fiscali per le opere di ristrutturazione da parte dei privati e 800 milioni per opere pubbliche contro il dissesto idrogeologico e la messa in sicurezza delle scuole.
Nel conto della pubblica amministrazione per il 2017 già compaiono, inoltre, spese pubbliche per la ricostruzione e la messa in sicurezza stanziati a seguito di precedenti eventi sismici, per un totale di circa 2 miliardi.
Il Governo prevede, per il 2017, spese straordinarie addizionali per l'immigrazione superiori allo 0,2 per cento del PIL. Dall'inizio dell'anno le operazioni di soccorso in mare hanno tratto in salvo oltre 160 mila persone, più che in tutto il 2015.
Dal 2014 sono sbarcate in Italia ogni anno più di 150 mila persone, più del triplo rispetto a quanto registrato nel 2013, superando di gran lunga le tendenze dell'ultimo ventennio e i valori rilevati nel 2011 e nel 2012, il periodo successivo alla «primavera araba». Vi sono rischi concreti che, nel contesto geopolitico attuale, il fenomeno continui a vedere una dinamica crescente anche nel 2017.
Lo sforzo di ricezione e accoglienza dell'Italia è iniziato prima di quello degli altri Paesi dell'Unione europea, tenuto conto della pressione senza precedenti registrata sin dal 2014 a seguito del conflitto in Libia.
Nel documento Una strategia europea condivisa per crescita, lavoro e stabilità il Governo aveva già evidenziato l'opportunità di condividere tra l'Unione europea e gli Stati membri la responsabilità per la gestione dei confini esterni dell'Unione. In attesa che questo si concretizzi è necessario riconoscere gli sforzi finanziari che i Paesi Pag. 62posti sul confine dell'Unione stanno compiendo per la protezione delle frontiere esterne dell'Europa.
Nel corso della riunione di ottobre, il Consiglio europeo ha riconosciuto il contributo significativo, anche di natura finanziaria, offerto negli ultimi anni da parte degli Stati membri in prima linea nell'urgente gestione dei flussi migratori e nella prevenzione degli atti illeciti compiuti lungo la rotta mediterranea.
In tal senso, la spesa per la gestione delle frontiere andrebbe scorporata dal calcolo del disavanzo strutturale ai fini del Patto di stabilità e crescita.
Le spese per le operazioni di soccorso, la prima fornitura di assistenza sanitaria, l'alloggio e l'istruzione per gli oltre 20 mila minori non accompagnati sono stimate in circa 3,3 miliardi di euro nel 2016, in valore pari allo 0,22 per cento del PIL. Se gli afflussi dovessero continuare a crescere alle dinamiche recenti, nel 2017 la spesa pubblica salirebbe di circa 4 miliardi di euro.
Il Governo intende avviare un piano straordinario di cooperazione con alcuni Paesi chiave dell'Africa per il transito o l'origine dei migranti via mare, con risorse per investimenti a fronte di impegni per la gestione dei flussi. Nella direzione dell'avvio di un vero e proprio Migration Compact, il disegno di legge di bilancio prevede 200 milioni di euro a tal scopo.
In conclusione, la manovra dà un impulso alla crescita, proseguendo nel percorso di riduzione delle tasse e di rilancio degli investimenti.
La manovra introduce misure contro la diseguaglianza, a favore dei pensionati che ricevono gli assegni più bassi e ampliando le possibilità di accesso alla pensione senza compromettere la stabilità del sistema previdenziale nel lungo periodo. È una misura che si accompagna ad altri interventi, a cominciare dal reddito di inclusione.
Gli interventi sono compatibili con l'esigenza di ridurre progressivamente il disavanzo. Il deficit scende in modo continuo. Il debito si sta stabilizzando e avrebbe già cominciato a ridursi, se le condizioni dei mercati avessero reso possibili operazioni di alienazione di asset pubblici e se l'inflazione si fosse riportata sui livelli coerenti con l'obiettivo della Banca centrale europea.
Stiamo perseguendo un equilibrio difficile tra azione espansiva e azione di consolidamento, tra il sostegno dei ceti deboli e il supporto dell'attività di impresa, che pure svolge un ruolo sociale, a partire dalla creazione di occupazione, fra l'allargamento della base imponibile e la riduzione della pressione fiscale.
I risultati di questo difficile percorso sono incoraggianti, ma non ci accontentiamo. Occorre proseguire lungo la strada intrapresa. Tutto ciò in un contesto in cui il Paese è chiamato a fronteggiare eventi eccezionali di considerevole portata. Il Paese vi sta facendo fronte al meglio e continuerà a farlo, a beneficio dell'Italia e anche dell'Europa. Grazie dell'attenzione.
PRESIDENTE. Grazie a lei, Ministro Padoan. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
RENATO BRUNETTA. Grazie a lei, signor presidente, e al Ministro Padoan. Da un Ministro tecnico avrei molto apprezzato, all'inizio della sua relazione, un atto di scusa nei confronti del Parlamento per il ritardo con cui è stato presentato il disegno di legge di bilancio rispetto a quanto prevede la legge.
Sono trascorsi dieci giorni senza che nessuno – né il Presidente del Consiglio, né oggi lei, signor Ministro – abbia ritenuto opportuno un atto di scuse o quantomeno una spiegazione. Ciò vuol dire, però, dieci giorni in meno per il Parlamento per poter capire, lavorare e migliorare, quindi oggi si è meno in grado di raccontare al Paese quello che il Governo e il Parlamento stanno facendo.
Nessun atto di scusa vuol dire infischiarsene del Parlamento e dunque delle regole del gioco.
La nuova legge di contabilità pubblica, per quanto riguarda il disegno di legge di bilancio, era chiarissima a questo riguardo. Aveva addirittura dilatato i tempi della Pag. 63presentazione, proprio per ovviare ai problemi del passato, ma evidentemente questa etica politica e istituzionale non è propria di questo Governo e nemmeno sua, signor Ministro tecnico.
Lei ci ha detto che questo è il quarto atto di programmazione. È vero. Posso affermare che non si era mai visto un atto di programmazione come quello che è stato presentato.
Non si era mai visto un decreto-legge che ha effetti nel 2016, dichiarato collegato a una manovra valida per il triennio 2017-2019, che deve ancora essere esaminata e votata. Non si era mai vista una cosa di questo genere: un decreto-legge e un disegno di legge di bilancio che interagiscono tra di loro, con le caratteristiche, appunto, del decreto-legge che, come tutti sappiamo, entra immediatamente in vigore.
È un decreto fatto per fare cassa. Per esempio, le norme sulla definizione agevolata sono fatte solo per avere effetti nel 2017 e non aiutano certamente i contribuenti vessati e in difficoltà, ma premiano solo chi ha cash, cioè soldi pronti, per fare, come avevo scritto, «marchette» ma qui dirò piuttosto «elargizioni preelettorali», con coperture aleatorie che contraddicono, di fatto, l'intera riforma del bilancio portata avanti in questi anni.
La confusione nei saldi e nelle disposizioni di spesa è inimmaginabile. Il lavoro del Parlamento sarà – signor presidente, lei ne sa qualcosa – caotico.
Non si era mai visto, signor Ministro, che in una relazione tecnica presentata alla Camera il 24 ottobre un decreto-legge collegato contenesse una disposizione – quella sulla voluntary disclosure – che non viene quantificata. Poi, guarda caso, all'interno della manovra di bilancio presentata qualche giorno dopo, ma teoricamente approvata dal Consiglio dei ministri lo stesso 15 ottobre, sbuca un articolo che quantifica proprio quella disposizione in 1,6 miliardi di euro.
Non si era mai vista una cosa di questo genere, giusto per far tornare i conti, messa quasi come una pezza a colore di un puzzle che, purtroppo, non torna.
Non si era mai vista una presa in giro come quella sull'aumento dell'IVA e sulla presunta sterilizzazione delle clausole di salvaguardia. È noto come la manovra rinvii l'aumento dell'IVA solo di un anno, senza disinnescare una volta per tutte tale aumento.
Il Governo, però, fa di più. Come si evince dalla relazione tecnica dell'articolo 85 della manovra, nel 2019 i costi addirittura aumentano per 3,6 miliardi, portando l'aumento dell'IVA al 25,9 per cento, arrotondando, al 26 per cento. È un'autentica follia.
È bene che gli italiani sappiano che nel 2019 i consumatori avranno un'IVA al 26 per cento. Questo Governo continua a lasciare al Paese un'eredità pesante che sconteranno le generazioni future, ma direi anche gli elettori futuri, perché mette la polvere sotto il tappeto.
Inoltre, sappiamo che il Governo è stato bloccato sulla volontary disclosure e su altre misure che aveva coperto inizialmente con aumenti automatici di accise, che comparivano nelle prime bozze della manovra. Ciò avrebbe significato la totale illegittimità e noncuranza di quelle norme che da quest'anno impediscono l'inserimento di clausole di salvaguardia. È o non è una presa in giro? Cosa sperava il Governo, di farla franca?
Veniamo a uno dei punti della manovra. Dove sono le risorse per la decontribuzione nel Sud? Erano nelle slide del Presidente del Consiglio. Ora dove sono? Questa è «annuncite acuta».
Più in generale, dove sono le risorse per la decontribuzione sul lavoro per i prossimi anni nel resto del Paese?
Veniamo a un altro punto delicatissimo. L'APE a pagamento, a mio modo di ritenere, farà la fine della misura sull'anticipazione del TFR. Oggi i sindacati hanno detto che non funzionerà in alcun modo, mentre siamo certi che funzionerà l'APE social. Ci saranno infatti almeno 20 miliardi di aumento del debito pensionistico. Non lo dice Brunetta, ma il professor Boeri, che lei ben conosce perché l'ha preceduta all'OCSE, anche se non nella stessa prestigiosa sua posizione, signor Ministro. Pag. 64
Boeri dice anche che se l'APE social sarà rinnovato oltre il 2018 costerà altri 24 miliardi di aumento del debito pensionistico. È questa la stabilizzazione? È questo l'equilibrio dei conti? È questa la credibilità dei conti pubblici del suo Governo?
Sulle banche sbucherà qualche altro regalino agli amici di Banca Etruria, visto che la Commissione bilancio è stata costretta a stralciare dalla manovra una norma ordinamentale?
Non conoscete la legge? Non sapete che non si possono mettere norme ordinamentali? Qualcuno ve l'ha insegnato? È questo, signor Ministro, il vostro modo di rispettare il Parlamento?
La Commissione bilancio è stata costretta a stralciare dalla manovra una norma ordinamentale che consentiva alle banche di spalmare i contributi e le perdite in maniera diversa. Dobbiamo immaginare che il Governo elargirà altri soldi alle banche? Servono, come si dice, 600 milioni?
A proposito di presa in giro, vorrei citare quella che forse è la più grave di tutte perché è sulla pelle della gente colpita dal terremoto. I numeri reali evidenziano un forte gap tra la cifra stanziata nella manovra di bilancio per l'emergenza terremoto, pari a 600 milioni di euro, e lo 0,2 per cento di flessibilità – leggasi deficit – pari a 3,4 miliardi, che il Governo si è già preso in nome della stessa emergenza ancor prima della scossa devastante del 30 ottobre.
I conti, però, non tornano, signor Ministro, nemmeno se consideriamo il Fondo per lo sviluppo degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale istituito dall'articolo 21 del disegno di legge di bilancio per cui il Governo ha previsto 1,9 miliardi.
È più che lecito, quindi, dubitare che il Governo utilizzi i margini concessi dall'Europa per coprire altri capitoli di spesa presenti nella manovra, le suddette «marchette»; tutto in nome, appunto, delle elargizioni e dell'acquisto del consenso.
In estremo, signor Ministro, mi sembra risibile e non degno della sua fama accademica il fatto che lei ci parli di 2 miliardi per il terremoto attribuendoli al credito d'imposta per le ristrutturazioni. Non c'entra niente il credito d'imposta per le ristrutturazioni con il terremoto. Anzi, in bilancio c'è un saldo positivo per il 2017. È una pezza che qualcuno le ha malamente suggerito. Lei non ha colto il merito della questione. Non si va avanti così, signor Ministro.
C'è da chiedersi se l'aumento dello spread italiano, oltre che all'azione della Germania nei confronti del tapering necessario per la riduzione del quantitative easing, non sia piuttosto dovuto a voi, alla vostra incredibile azione di programmazione economica, alla vostra azione di sperpero delle risorse pubbliche, alla vostra forsennata determinazione a comprarvi il consenso della gente.
Ma ormai gli italiani vi hanno capito. Al di là delle formulazioni in burocratese da MEF, il cosiddetto «meffettese», che lei pensa che nessuno capisca, in realtà gli italiani vi hanno ben capito. Penso, dunque, che questo quarto atto di programmazione sia anche il de profundis per la politica economica del suo Governo, signor Ministro.
ROCCO PALESE. Ringrazio il Ministro. Penso anch'io che il Governo ci stia creando delle enormi difficoltà organizzative, funzionali e di comprensione nello svolgere un'azione positiva sui provvedimenti per il Paese, atteso che li abbiamo avuti con ritardo e che, di conseguenza, si sovrappongono con le audizioni e l'esame. Insomma, i tempi sono ristrettissimi e questo non produce certamente un beneficio né per il Governo, né per il Paese, né tantomeno per i parlamentari, affinché possano dare un apporto di qualità.
Signor Ministro, continuiamo a ribadire tutte le nostre preoccupazioni e perplessità in riferimento alla tenuta della manovra. Abbiamo avuto una fase preliminare molto difficile durante la quale si sono espressi tutti. Non mi riferisco solo all'Ufficio parlamentare di bilancio, con il parere rispetto alla congruità della crescita con il rapporto deficit-PIL, ma soprattutto alle pesantissime preoccupazioni che sono venute a manifestare qui la Banca d'Italia, la Corte dei conti e altri in merito a previsioni ritenute eccessivamente ottimistiche. Pag. 65
Noi, ovviamente, ci auguriamo che migliorino ulteriormente rispetto alla previsione, tuttavia c'è grande preoccupazione anche nel rapporto con l'Europa, e ciò non lascia tranquillo nessuno. La manovra continua a essere sub iudice, quindi non vorremmo che nei prossimi mesi si dovesse fare la solita Nota di aggiornamento, con la riduzione delle sovrastime che emergono dai dati obiettivi.
Signor Ministro, nelle nostre funzioni, anche in riferimento alla nuova legge di contabilità, siamo stati costretti a stralciare alcune norme, tra cui quella che riguarda le banche e i fondi di risoluzione. Abbiamo anche ascoltato l'audizione del direttore generale dell'ABI, che ci ha ulteriormente arricchito di informazioni e, contestualmente, di grandi preoccupazioni. Tuttavia, penso vi sia la necessità di intervenire una volta per tutte con delle norme di sistema in riferimento alla situazione delle banche. Peraltro, questa norma, inserita nel disegno di legge di bilancio all'ultimo momento, essendo ordinamentale, non poteva che essere stralciata. Il Governo, però, sapeva da tempo che doveva essere varata.
L'altro aspetto, rispetto alla situazione delle banche, è che abbiamo fatto delle riforme su cui ancora non sappiamo nulla. C'è nebbia in riferimento, per esempio, alla riforma delle popolari. Si è detto anche nella relazione tecnica di accompagnamento che si sarebbe prodotta questa riforma. Non entro nel merito, ma gli effetti avrebbero dovuto essere benefici per il Paese, nel senso che avrebbero comportato un'enorme attenzione dall'estero verso gli investimenti nel nostro Paese. ABI ci conferma che, a oggi, non c'è nessun tipo di investimento, per non parlare della situazione di Banca Monte dei Paschi, di UniCredit e quant'altro. Lei sa molto meglio di me quanto questo tema desti preoccupazione e sia scottante. Non è, dunque, che non incida sulla manovra attuale e sui destini del Paese.
Come se non bastasse, la manovra si aggiunge ai decreti-legge sul terremoto. Il Paese ha avuto questa terribile tragedia. Come diceva poco fa il presidente Brunetta, abbiamo grandi perplessità non solo per quello che si dice – questo importa poco in questa sede istituzionale; il mondo delle chiacchiere lo lasciamo fuori, poi sarà la gente a giudicare – ma per i dati.
Lei ci ha detto che quest'anno chiediamo all'Europa non la flessibilità, bensì interventi, perché si stanno verificando degli eventi eccezionali, come l'emergenza immigrazione e i terremoti. Non c'è, però, una rispondenza tra quello che si chiede all'Europa in termini sostanziali di saldi, ovvero di quantità di risorse, e quello che è stanziato sul terremoto. Non vorrei che le risorse che chiediamo all'Europa per l'intervento straordinario vengano poi utilizzate per altro. Ecco, glielo chiediamo formalmente. È un interrogativo che ci poniamo.
Mi avvio subito alla conclusione perché ci sono altri colleghi che vogliono intervenire e i tempi stringono.
Sulle pensioni, poniamo un problema. Ci sarebbe da aprire un discorso molto più serio e non estemporaneo sulla situazione della previdenza. Modestamente ho molto riflettuto, signor Ministro, sul problema dei lavoratori precoci, rispetto al quale c'era necessità di intervenire per una esigenza di giustizia ed eguaglianza. Le dico anche che sono favorevole. Tuttavia, ampliando l'orizzonte, forse fra qualche anno si dovrà intervenire sui lavoratori maturi, visto che qui non lavora più nessuno. La disoccupazione è enorme, di conseguenza i giovani sono senza contribuzione. Come affrontare il problema previdenza e welfare nella sua interezza, invece di intervenire in questo modo?
In questo senso, torno sulla situazione delle ricongiunzioni, di cui parlavamo già stamattina con le organizzazioni sindacali. Non vorremmo, infatti, che ci fosse una disparità di trattamento, che poi conduce ai soliti contenziosi con le casse professionali, relativamente alla costituzionalità delle norme introdotte. A noi poco interessa che le casse siano pronte o meno. A dire il vero, dovrebbero fare l'interesse degli iscritti, non di chi le gestisce e occupa quelle poltrone. Ciò nonostante, la norma la propone il Governo, quindi occorre chiarezza in riferimento a quanto espresso. Pag. 66
Gli enti locali e le regioni hanno depositato dei documenti. Mi auguro che il Governo accolga, a saldi invariati, a costo zero rispetto alla manovra, le proposte che vengono dai governi territoriali.
Chi le parla, signor Ministro, avrebbe da sempre abolito totalmente le province, senza se e senza ma e senza nemmeno la riforma costituzionale. Le province andavano abolite perché erano per il 50 per cento dannose e per il 50 per cento inutili, per come funzionavano. Adesso, però, con questa riforma non possiamo lasciare alle province la responsabilità delle strade e delle scuole senza un euro di finanziamento per le relative funzioni. Peraltro, se si verificano disgrazie e quindi interviene la magistratura, i responsabili subiscono anche processi.
Infine, c'è la situazione dei fondi strutturali e degli interventi per il Mezzogiorno. Da quello che emerge – a parte il fatto che non è attualmente all'ordine del giorno, ma questo è un argomento che tratteremo in altra sede, se e quando ci sarà la possibilità – ho l'impressione che il Governo non abbia il polso della situazione sui fondi strutturali, o quantomeno ce l'ha in parte o lo nasconde. Non mi riferisco solo alle funzioni che svolge lei, signor Ministro, ma a chi ha la regia di questi fondi.
Per quanto riguarda il ciclo di programmazione 2014-2020, dopo tre anni, non mi sembra si sia fatto molto, certo anche per responsabilità delle regioni. Tuttavia, se c'è un'Agenzia per la coesione territoriale che deve fare il monitoraggio e deve controllare, dovrà pur avere qualche funzione che la legge le attribuisce, ma che non viene esercitata e non si capisce perché.
Sul ciclo di programmazione 2014-2020, ci sono quasi tre anni di risorse che non sono state utilizzate. Non entriamo nel merito di come e quando verranno utilizzate. A questo proposito, penso che l'articolo 11 del decreto-legge n. 193 del 2016, in materia fiscale, gridi vendetta.
Non è possibile che un Governo, qualsiasi Governo, faccia questo. Anche nel passato è accaduto qualcosa del genere con un governo di schieramento diverso. È stato un grande delitto utilizzare fondi strutturali, destinati agli investimenti, alla spesa produttiva e a far diminuire il divario tra Nord e Sud, per pagare i fallimenti delle aziende del trasporto pubblico locale della Campania o del Molise, o peggio ancora, come accaduto in passato, per i debiti della sanità della Campania oppure dando qualcosa al Lazio e al Piemonte.
Il Governo dovrebbe impedire una situazione del genere perché non è possibile che su 690 milioni di euro ne vengano dati 600 alla Campania e 90 al Molise. Peraltro, c'è da chiarire pure dove vengono presi quei fondi, perché il Governo non dice che quelle risorse, utilizzate in maniera delittuosa e quindi sbagliata, debbono essere a carico della quota di spettanza di quelle due regioni e non del Fondo generale. Ecco, il punto non è molto chiaro e di questo, signor Ministro, dovrebbe assumersi la responsabilità e dare garanzie, perché non è giusto che la cosa vada nel senso descritto dal decreto-legge citato.
Poi c'è il problema del credito d'imposta. L'anno scorso si parlò di credito d'imposta per le quattro regioni del Mezzogiorno e di decontribuzione. Il credito d'imposta è stato fatto con qualche ritardo. La decontribuzione parte dal 1° gennaio 2017. Ora, a parte il fatto che riteniamo opportuno che la decontribuzione debba essere dal 2014 al 2020, osserviamo che si parte dal 2017 con il monitoraggio delle risorse, ovvero con la ricognizione relativa al ciclo precedente 2007-2013.
Dopodiché, è venuto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dicendo che la ricognizione era stata fatta, ma non si riesce a capire – lo dico nell'interesse del Governo e chiaramente anche dei cittadini – come sono state riassegnate e riprogrammate queste risorse da parte delle regioni. Quello poteva essere, invece, un buon plafond da utilizzare per la decontribuzione.
Nel disegno di legge viene fatto qualcosa per la decontribuzione, ma è ancora troppo poco. Non è con questo tipo di visione che possiamo avere una ripresa nel Mezzogiorno, soprattutto con un utilizzo molto discutibile delle risorse, che nel caso delle regioni Campania e del Molise è addirittura inqualificabile.
PAOLO GUERRIERI PALEOTTI. Ritengo sia da valutare in positivo il carattere espansivo che assume questa manovra, come anche lei ha sottolineato in questa sua relazione, proprio alla luce del rallentamento che, a livello internazionale ed europeo, è provocato dai fenomeni che conosciamo bene.
Ritengo che altrettanto in positivo vadano visti i tre grandi capitoli sui quali si è pensato di impostare gran parte delle misure. Mi riferisco al capitolo della competitività, visto che è importante per noi riagganciare un trend che si è deteriorato negli anni subito dopo la crisi, al capitolo dello sviluppo, con le imprese, e a quello degli interventi nell'area del sociale.
Ora, come anche lei ha sottolineato, per valutare l'impatto di queste misure – al di là delle simulazioni – sarà molto importante quello che succederà nel contesto europeo, dove agiamo e dove siamo pienamente integrati come economia. Vorrei, dunque, discutere delle valutazioni che lei e il nostro Governo fate su tre fronti.
In primo luogo, lei ha parlato di una situazione che desta ancora allarme per quanto riguarda l'inflazione. Quello che si registra in Italia, ma più generale in Europa, è una forte difficoltà della dinamica dei prezzi a recuperare tassi di crescita che possono ritenersi vicini agli obiettivi fissati dalla Banca centrale europea.
Proprio di recente il Governo tedesco, ma anche altre autorevoli voci in Germania, hanno affermato che l'inflazione cosiddetta «core», quella che registra le voci sostanziali e meno aleatorie, sarebbe in netta ripresa e che, in nome di questa ripresa, si possa considerare possibile l'idea che a marzo 2017 la politica monetaria della Banca centrale (cosiddetta del «quantitative easing») possa cominciare a essere rivista. Insomma, si è cominciato a chiedere, a voce affatto bassa, un inizio di tapering.
A questo proposito, vorrei sapere quale valutazione date dell'andamento dell'inflazione core. Perché ci sono queste divergenze, secondo lei? In realtà, dai dati che conosciamo, il rimbalzo è stato di pochi decimali e non si avvicina minimamente alla possibilità dell'1 per cento. Questo è importante anche perché sappiamo che tra qualche settimana la Banca centrale si pronuncerà, ovviamente, nella sua autonomia.
La seconda valutazione è relativa al fatto che si è parlato dell'importanza dell'intermediazione finanziaria e del ruolo delle banche in Italia. Secondo lei, è da considerare archiviato il capitolo del completamento dell'Unione bancaria europea? La situazione in Europa si è così indurita per quanto riguarda i rapporti tra i Paesi che quello che veniva fino a poco tempo fa considerato un obiettivo, non dico scontato, ma certamente condiviso dai più, si debba, invece, considerare superato?
Il completamento dell'Unione bancaria è fondamentale proprio in previsione di un mutamento: per esempio se la Federal Reserve a dicembre dovesse prendere decisioni sui tassi d'interesse per fronteggiare eventuali nuove situazioni finanziarie.
Qual è la valutazione che dà su questo? È tutto rimandato a dicembre del prossimo anno, dopo le famose tornate elettorali, o si può pensare a qualche opportunità?
Il terzo capitolo riguarda il discorso del mercato interno in Europa. Ne abbiamo parlato più volte qui, ma se ne parla dappertutto. Riguardo al capitolo investimenti, è positiva la proposta di estendere nel tempo il cosiddetto «Piano Junker», ma sappiamo che queste cose non sono sufficienti per dare una vera spinta alla domanda e al mercato interno europeo. Secondo lei, ci sono delle possibilità che si possa cominciare a mettere in atto operativamente una vera strategia di investimento a livello europeo?
In altri termini, c'è la possibilità che almeno su questo terreno, su cui anche il Governo tedesco ha più volte mostrato interesse, si possa varare qualcosa di più e di meglio? Ovviamente, è positivo e apprezziamo quello che abbiamo, ma è possibile che vi possa essere un salto di qualità e una discontinuità?
A livello di Summit europeo sono temi di cui si è parlato più volte. Questa valutazione, però, è fondamentale perché, a parte ciò che avverrà a livello interno, Pag. 68quello che accadrà a livello europeo resta determinante per noi.
GIAMPAOLO GALLI. Vorrei prendere atto del fatto che, nonostante la notevole verve polemica che ho sentito in alcuni interventi, nessuno ha messo in discussione i grandi numeri della manovra.
C'è, innanzitutto, il giudizio sull'obiettivo del 2,3 per cento di disavanzo per l'anno prossimo che a me sembra una scelta estremamente coraggiosa, che sta comportando una discussione con l'Europa che, peraltro, molti critici di oggi auspicavano fino a poco tempo fa.
È una scelta coraggiosa, da un lato, e opportuna, dall'altro, perché, come hanno detto il senatore Guerrieri Paleotti e altri, ci consente di fare una manovra che sostiene la crescita in un momento in cui essa comincia a vedersi, ma è ancora sicuramente fragile per una serie di motivi anche internazionali.
Noi ci muoviamo in un frangente molto complesso, in cui se, da un lato, allarghiamo troppo il deficit rischiamo sul fronte del debito, mentre se stringiamo troppo la politica di bilancio rischiamo sul fronte della ripresa.
Ritengo pertanto che il punto di equilibrio che è stato trovato, che è la prima vera questione sulla quale queste Commissioni sono chiamate ad esprimere un giudizio, sia stato dettato da una scelta opportuna che, peraltro, neppure le parti sociali che abbiamo audito nella giornata di oggi hanno messo in discussione.
Mi pare di non aver sentito critiche neppure sulla composizione della manovra, ovvero sul mix fra sostegno agli investimenti pubblici e privati, sulla riduzione delle imposte, che è notevolissima, e sul sostegno alla competitività, oltre che sulle misure sociali.
Sarebbe stato bello se questa riduzione di imposte, che il Ministro ci ha complessivamente quantificato in 23,5 miliardi, in virtù delle varie manovre adottate da questo Governo, fosse stata fatta negli anni precedenti, ma così non è stato.
Come membro di questa Commissione, alla luce degli interventi che sono stati fatti, mi sento di dire, tra l'altro, che il Viceministro Morando ha già dato una spiegazione in ordine al ritardo con cui è stata presentata la manovra. Questo ha a che fare con la nuova legge in materia di contabilità pubblica. So che gli uffici sono stati assai impegnati, perché la composizione di questi volumi è stata particolarmente complessa, in considerazione, appunto, dell'entrata in vigore della nuova normativa.
Mi sento anche in dovere, nei confronti di tutti, di dire che la definizione agevolata non è affatto una misura per fare cassa, bensì fa parte di un piano molto ampio, definito in sede internazionale, ed in particolare dall'OCSE, che si è tradotto in programmi di voluntary disclosure adottati in tantissimi Paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, che hanno cominciato nel 2011 e poi hanno replicato nel 2012 e nel 2013.
Non c'è quindi niente di speciale in quello che stiamo facendo. Peraltro – lo dico come membro di questa Commissione, avendo seguito i lavori dalla più autorevole fonte che si potesse avere su questo argomento – non è né un condono, né uno scudo, a differenza di ciò che è stato fatto nei precedenti 10-15 anni.
Infine, voglio fare una considerazione sulla questione dell'APE. Abbiamo sentito in questa sede apprezzamenti da parte delle organizzazioni sindacali, che su questo punto hanno anche raggiunto un accordo. Abbiamo sentito pure un apprezzamento da parte di Confindustria. È certo, però, che non ci sono pranzi gratis: l'anticipo pensionistico è a carico del lavoratore o dello Stato, oppure di un mix fra entrambi.
Il fatto che aumenti il debito pensionistico è inevitabile, ma non dobbiamo confondere i numeri del debito pensionistico, che sono numeri di stock, con i numeri di flusso. Questo è un mix di misure che consente di risolvere un problema reale, quello della flessibilità di uscita, senza mettere in discussione l'impianto complessivo del sistema pensionistico riformato nel 2012.
È difficile immaginare un intervento su questo problema che abbia un costo inferiore. Per esempio, l'idea di un reddito di 500-600 euro per tutti gli over 55 anni, come è stato proposto da chi oggi critica queste misure, sarebbe molto più costosa e Pag. 69aumenterebbe molto di più il debito pensionistico, anche se in quel caso verrebbe chiamato con un altro nome perché verrebbe considerato un ammortizzatore sociale.
Insomma, credo che alcune delle critiche che ho sentito qui siano parecchio fuori luogo.
BRUNO TABACCI. Per dare un giudizio complessivo sulla manovra dovremmo entrare nel merito, come faremo nell'ambito dei lavori che la Commissione dovrà affrontare nelle prossime ore.
Mi pare del tutto evidente che si tratti di una manovra inevitabilmente espansiva, data la condizione del ciclo economico, imperniata su imprese e politiche sociali.
Se si può dare una raccomandazione a proposito degli impegni sulle emergenze immigrati e terremoto, in particolare su quest'ultima, ritengo che si debba essere molto accorti nel distinguere le spese legate alla ricostruzione da altre azioni connesse alla messa in sicurezza del territorio. Dico questo per la serietà delle cose e per come debbono essere presentate anche in sede europea. Non dubito di questo, ma credo sia essenziale tenerlo presente.
Mi voglio soffermare sul tema della lotta all'evasione e all'elusione fiscale, perché è un argomento che spesso è stato cavalcato nel passato per indicare delle aree di copertura che poi non si sono rivelate tali.
Ora, poiché è noto a tutti che se il convento è povero, molti frati del convento non se la passano male, conviene che ci concentriamo molto su questo tema specifico. A me è capitato nel passato, con suoi illustri predecessori appartenenti anche a schieramenti diversi, di tentare di portare in sede di legge finanziaria e poi di legge di stabilità delle iniziative specifiche sul punto, ma con scarsissima fortuna.
Sul tema della voluntary disclosure, condivido quel che diceva ora il collega Giampaolo Galli. Se, come penso, non è un condono e neppure un'altra diavoleria, andrebbe trasformata in un meccanismo fiscale permanente nel quadro di una collaborazione tra Stato e contribuente.
Ho visto che l'articolo 67, concernente la lotta all'evasione e all'elusione fiscale, utilizza per la prima volta una proposta che avevo avanzato, quella della lotteria degli scontrini e delle ricevute fiscali. Questo non è un modo per fare una furbata; piuttosto, siccome l'attitudine di molti dei nostri concittadini è quella di dedicarsi al gioco, appare convincente l'idea di dare loro un appiglio importante perché possano dedicarsi al gioco utilizzando gli scontrini che giustamente devono richiedere.
Vorrei, però, suggerirne un'altra che farò oggetto di un emendamento che spero possa avere anche il consenso suo e del Governo.
C'è un problema connesso all'area dell'evasione che si fonda sulla diffusa pratica del doppio prezzo. «Lo vuoi con la fattura o senza?», questa è la domanda che non fa solo un cattivo esercente, ma che ognuno di noi incrocia nell'arco della giornata in tutti gli atti della sua vita.
Ovviamente, il prezzo è diverso perché con la fattura si incorpora l'IVA, invece senza la fattura l'IVA scompare. Allora, il contrasto di interessi tra contribuenti su cessioni di beni e servizi con fatturazione è la chiave di volta dello strumento specifico. Poiché non devono mettersi d'accordo – appunto per questo c'è un contrasto di interessi – quello che si deve offrire è la restituzione maggiorata dell'IVA versata.
Un'operazione di questa natura si copre in maniera molto semplice. A inizio 2017, il Ministero o l'Agenzia competente deve indicare i 10-15 settori tra quelli considerati, secondo le stime dell'ISTAT, permeati da vaste aree di evasione, spiegando qual è il meccanismo della restituzione dell'IVA maggiorata attraverso degli schemi di detrazione.
Nel frattempo, il Paese è informato, per cui la domanda fatidica non si dovrebbe più fare perché la risposta normale sarebbe: «Scusa, non hai sentito cosa ha detto la televisione? Fammi la fattura, che mi serve perché così recupero l'IVA».
A fine anno, per esempio ai primi di dicembre, si può dar corso a un sorteggio, per cui di questi 10-15 ambiti se ne eleggono 3, nei quali si dà effettivamente luogo all'operazione di restituzione. Non possiamo farlo per tutti gli ambiti, poiché siamo in una fase in cui dovremmo prevedere Pag. 70 una copertura che non siamo in grado neppure di quantificare, ma in tal modo si avvia comunque un percorso positivo, come se si aiutasse a cambiare la mentalità, prima con il gioco e poi con l'interesse palese, ovvero si chiede la fattura perché così si recupera l'IVA.
Questo è il modo per rendere meno ballerine talune coperture che sono state indicate nel passato. Non oso immaginare quali possano essere le conseguenze se non si fa nulla, cioè se non le rendiamo stringenti. Credo, pertanto, che una simile soluzione sia utile perché, per quel che mi riguarda, è un dovere della Commissione e del Parlamento migliorare la struttura della manovra per renderla maggiormente praticabile.
FRANCESCO CARIELLO. Ministro, noi non chiediamo le sue scuse al Parlamento, ma semplicemente il rispetto della legge. Non dimentichiamo che quest'anno è stata approvata una legge che ha riformato tutte le regole di bilancio dello Stato. Noi quella legge non l'abbiamo votata. Voi l'avete proposta, noi l'abbiamo discussa e abbiamo contribuito a migliorarne alcuni aspetti.
Ebbene, possiamo constatare che non avete rispettato né i tempi, né le caratteristiche fondamentali dettate da quella nuova disciplina contabile, che impone il divieto di introdurre norme che si sono poi rivelate micro settoriali e come tali non ammissibili ai sensi della medesima disciplina. Difatti, c'è stato uno stralcio di quelle norme dal testo del provvedimento da parte della Commissione bilancio.
Stando così le cose, chiedere scusa non serve a nulla. Noi vi invitiamo piuttosto a rispettare perlomeno quelle stesse regole e leggi che voi proponete.
Comunque, per via della tempistica non rispettata, ci ritroviamo ad aver avuto solo due giorni per visionare il provvedimento. Oggi siamo già in audizione con lei, per cui risulta difficile poter entrare nel merito di ogni singolo aspetto.
Peraltro, noi non abbiamo l'esperienza che molti di voi hanno e che vi porta ad avere una struttura alle spalle, con Dipartimenti che hanno già metabolizzato le diverse norme. Tuttavia, ci permettiamo di esprimere le nostre valutazioni.
Sentivo il collega Brunetta lanciare un alert sul potenziale aumento dello spread. Sinceramente da cittadino mi viene un po’ di paura, avendo vissuto la loro forza politica quell'esperienza in prima persona. Vedere oggi replicata quella situazione da chi l'ha già vissuta, da cittadino italiano, mi fa sentire poco tranquillo.
Allora, rimetto in discussione quella credibilità. Per rispondere al collega Giampaolo Galli che dice che oggi i grandi numeri nessuno li ha messi in discussione, dico che i grandi numeri li abbiamo messi in discussione nella Nota di aggiornamento del DEF. Anche in quel caso abbiamo fatto presente la nostra posizione e oggi ci troviamo, sulla base di quel quadro programmatico già deciso nella Nota di aggiornamento del DEF, a valutare le misure che avete proposto.
Oggi non è più il tempo di discutere dei grandi numeri, ma dobbiamo solo valutare quello che, sulla base di quanto avete proposto in quella Nota, intendete fare.
Se vogliamo considerare la questione in senso lato, rivolgo una domanda secca al Ministro. Potete dare evidenza di aver chiesto al Fondo europeo di solidarietà per le calamità naturali la vostra quota? Fu tanto annunciato dopo l'evento sismico del 24 agosto, ma se ne è persa l'evidenza, anche dopo l'ultimo evento del 30 ottobre. Parliamo di questo.
Inoltre, vogliamo entrare nel merito degli strumenti che avete utilizzato per la lotta alla povertà, attraverso le varie misure. Il collega Giampaolo Galli dice che il Governo sta facendo qualcosa. Il MoVimento 5 Stelle ha sempre posto questo tema come centrale. Noi non abbiamo mai detto che l'unico modo di risolverlo è quello che proponiamo noi, ma abbiamo la volontà di volerne discutere in maniera organica, cercando di dare una risposta ai vari strumenti che vengono utilizzati e inseriti a spot.
Noi chiediamo che venga adottato un intervento organico, sistemico e generale. Noi lo chiamiamo «reddito di cittadinanza», voi lo potete chiamare come volete. Pag. 71 Tuttavia, è importante che questo tema venga discusso per affrontare sia la disoccupazione sia la lotta alla povertà e, in alcuni casi, alla miseria nel nostro Paese.
Affrontare il tema dell'occupazione con il Jobs Act, che si sta rivelando inutile, ovvero riproporre forme di decontribuzione e altre piccole misure, significa agire nello stesso territorio, ma farlo comunque sulla base di spot perché ci stiamo avvicinando a un referendum in vista del quale risulta sicuramente importante anche il consenso.
Voglio sottolineare un aspetto che è stato ben discusso questa mattina con gli enti locali a tutti i livelli rappresentati. Noi parliamo sempre di investimenti, ma ci siamo resi conto che per farlo dobbiamo liberare risorse proprio in favore di coloro che rappresentano il canale terminale che poi li deve implementare?
Parliamo dei mutui. Occorre un approccio globale e sistemico da parte del Governo alla questione dei mutui, soprattutto quelli contratti dagli enti locali. Oggi è emerso che il mercato per i mutui stipulati dallo Stato e da grandi enti registra valori intorno all'1 per cento, e se in questo periodo vado in banca anch'io ottengo un mutuo all'1,5 per cento. Perché, allora, gli enti locali debbono pagare oneri, in media, intorno al 6 per cento annuo?
È dunque necessario affrontare questo problema in maniera sistemica e globale anche perché agli enti locali è stato richiesto un notevole contributo alla finanza pubblica per far fronte alle questioni connesse al rispetto delle regole sul debito.
Queste sono le valutazioni che ad oggi ci sentiamo di fare, soprattutto per via del fatto che la discussione è estremamente compressa. Ieri si discuteva infatti di un decreto-legge dove tutto sta sparendo, tranne l'agente esterno della riscossione. Si sta rivelando sempre più un bluff anche quello: un nuovo ente a cui cambiamo il nome non significa di certo rottamare Equitalia. Questo è il messaggio che è stato annunciato, che tuttavia, in realtà, non si sta rivelando tale.
Comunque, passare da ieri ad oggi ad una compiuta analisi del disegno di legge di bilancio, che poi deve dialogare con un altro decreto-legge che in questi giorni discuteremo prima nelle Commissioni di merito e poi in Aula, ci sembra non abbia rispettato i criteri della nuova legge di contabilità pubblica che voi stessi avete proposto al Parlamento.
MAINO MARCHI. Ringrazio il Ministro. Vorrei soprattutto sottolineare che la manovra che ci è stata presentata dal Governo corrisponde pienamente agli indirizzi delle risoluzioni parlamentari che sappiamo essere state oggetto di un confronto rilevante, anche in riferimento alle validazioni o alle parziali non validazioni dell'Ufficio parlamentare di bilancio.
La manovra si sviluppa pienamente in quel solco. Ci sono stati giorni di ritardo nella presentazione del disegno di legge di bilancio rispetto a quanto previsto dalla nuova disciplina contabile, ma è la prima volta che quella stessa disciplina viene applicata. Peraltro, sappiamo anche che dal punto di vista tecnico essa presenta certamente non pochi problemi, per cui era abbastanza naturale che il primo anno accadesse questo.
Dal punto di vista degli stralci, non credo invece che siamo stati di fronte a una enormità in termini numerici. Forse, in qualche caso siamo stati anzi molto rigorosi, perché le norme relative alle soprintendenze di Pompei e del Colosseo o quelle volte a recepire una sentenza o concernenti il centro meteo di Bologna, che deriva dalla Brexit, non costituiscono propriamente un fatto localistico. Noi, però, le abbiamo interpretate nel modo più rigoroso possibile.
Nel complesso, siamo dunque di fronte a un livello molto contenuto di stralci. Il problema di fondo è che la manovra si muove in quel solco e di fronte al seguente quesito: «Rispetto a una crescita più debole a livello mondiale, che ha degli effetti anche in Italia, cosa facciamo?». La risposta avrebbe potuto essere quella di continuare negli indirizzi di riduzione del deficit, così come erano stati previsti.
Non ho sentito nessuno dire di andare in quella direzione e di confermarli. Se il Governo lo avesse fatto, credo che ci saremmo trovati di fronte a critiche molto Pag. 72forti, perché in quel modo non si sarebbe aiutata la crescita in un momento di difficoltà.
Altre proposte che sono emerse nel corso del dibattito erano di andare fino al 3 per cento nel rapporto tra deficit e PIL, come proposto dal MoVimento 5 Stelle, o addirittura oltre la soglia del 3 per cento, come sosteneva il gruppo di SI-SEL.
Si è parlato di spread. Ci sono tanti fattori che in questi giorni giocano dal punto di vista delle incertezze a livello internazionale, ma se invece di continuare un percorso di riduzione del deficit avessimo pensato di invertire la tendenza e di tornare ad aumentarlo, credo che avremmo già in questi giorni degli effetti certamente molto più rilevanti sullo spread.
La scelta del Governo e della maggioranza di continuare nella riduzione del deficit, sia pure in termini più graduali, tenendo comunque conto di fatti eccezionali come certamente sono la gestione dei flussi migratori e gli eventi sismici, rappresenta l'unica strada concretamente perseguibile per sostenere la crescita e affrontare le emergenze che effettivamente il Paese ha di fronte a sé.
Nel merito delle misure e delle questioni che sono state sollevate, non credo che si lasci un'eredità pesante dal punto di vista delle clausole di salvaguardia. Il Governo ha fatto esattamente quello che era previsto nella Nota di aggiornamento del DEF e nelle risoluzioni parlamentari.
Si è sterilizzata la clausola di salvaguardia per quanto riguarda il 2017, attraverso un intervento che vale 15 miliardi di euro. C'è un aumento per quanto riguarda il 2019, ma se c'è un'eredità pesante non deriva dalle scelte di questo Governo, ma dal fatto che ciò era già previsto in precedenti manovre. Anzi, fin qui siamo sempre riusciti a sterilizzarle. Credo che questo sia il fatto rilevante, che avviene anche per il 2017.
Per quanto riguarda la previdenza, qualche mese fa ben pochi avrebbero scommesso che avremmo trovato nel disegno di legge di bilancio e nell'accordo raggiunto con le organizzazioni sindacali un insieme di interventi così rilevanti come quelli ora previsti, compresi quelli sulla flessibilità in uscita dal lavoro e l'entrata nel sistema previdenziale.
Non so se funzionerà l'APE a pagamento. Lo vedremo. Ma credo che sia l'unico modo per poter andare verso la flessibilità.
Per quanto concerne l'APE social occorre sottolineare una questione: non si tratta di un diritto soggettivo che scatta a prescindere dalla spesa, bensì risulta contenuto entro un limite di spesa ben preciso, per cui l'erogazione di tale misura si interrompe nel momento in cui quel limite viene raggiunto. Si tratta di 300 milioni di euro, non 20 miliardi. In particolare, sono previsti 300 milioni di euro per il 2017, 609 per il 2018 e 647 per il 2019. Siamo, quindi, all'interno di questo limite per quanto riguarda l'intervento di carattere più sociale rispetto alla flessibilità in uscita, che, peraltro, dà delle risposte che sono state chieste da tempo. Infatti, la questione di rimodulare e correggere alcuni aspetti relativi alla legge Fornero si colloca all'interno di un dibattito che è sempre stato presente in questa Commissione, nel Parlamento nel suo complesso e nel Paese.
Sul terremoto siamo di fronte ad interventi immediati per le popolazioni colpite. Si tratta di investimenti pubblici che devono essere fatti e anche di un intervento di carattere più generale che fa perno sui privati, ma con il contributo fondamentale dello Stato, che però si riduce nel tempo e si rafforza nella dimensione percentuale in termini molto rilevanti. Credo, dunque, che sia davvero uno stimolo importante.
Non penso che siamo di fronte al nulla per quanto riguarda la programmazione 2014-2020. Abbiamo avuto, proprio in Commissione bilancio della Camera, un rapporto da questo punto di vista. Gli accordi con le regioni e con i comuni capoluogo ci sono tutti, quindi credo che ci siano le condizioni affinché gli interventi possano concretamente partire.
L'onorevole Palese sa benissimo che le province non potevano essere abolite senza una modifica della Costituzione e non saranno abolite se non sarà approvata la proposta di revisione costituzionale. Pag. 73
Tuttavia, sul tema degli enti territoriali, anche in riferimento all'audizione che abbiamo avuto in precedenza, sono certamente emersi dei problemi che andranno affrontati, pur dentro un quadro che, soprattutto per quanto riguarda i comuni, ha visto una svolta, in modo particolare con la legge di stabilità per il 2016.
Rivolgo in tal senso una domanda al Ministro. Visto che siamo di fronte a due fondi per gli enti territoriali – regioni, province, città metropolitane e comuni –, uno con effetti solo sul saldo netto da finanziare e l'altro con effetti anche sull'indebitamento, il Governo pensa che sia opportuno – come io ritengo – che nell'azione parlamentare si vada a specificare la destinazione di quei fondi e anche per quali interventi saranno impiegati ai vari livelli territoriali, oppure si pensa di arrivarci dopo, con intese tra il Governo e le autonomie territoriali?
Nel secondo caso, credo che la previsione al 28 febbraio del termine per l'approvazione del bilancio degli enti locali sarebbe difficile da perseguire. Infatti, se non si hanno certezze sulla destinazione di quei fondi è difficile per gli enti locali e per le regioni predisporre i bilanci nei tempi che sono stati previsti e che, al di là del fatto che vengano messi nella legge, sarebbe importante rispettare.
Sulla decontribuzione – è l'ultimo tema – credo ci sia da sottolineare che abbiamo comunque un riflesso dei provvedimenti precedenti sul bilancio di quest'anno perché c'è il cumulo delle decontribuzioni per le nuove assunzioni fatte nel 2015, che hanno una valenza per tre anni al 100 per cento, e di quelle del 2016, che hanno una valenza anche sul 2017.
Su questo, però, chiedo un chiarimento rispetto all'intervento nel Mezzogiorno e, in particolare, alla decontribuzione nel Mezzogiorno, che era stata una questione che aveva visto una convergenza forte nel lavoro parlamentare, trattandosi di un'esigenza importante che sarebbe opportuno avere almeno per quanto riguarda il 2017.
Dal 2018, finita questa fase di decontribuzione per le nuove assunzioni, dovremo vedere come intervenire complessivamente per quanto riguarda il tema della decontribuzione per il lavoro.
FEDERICO D'INCÀ. Ringrazio anch'io il Ministro per l'audizione di oggi. La prima domanda è se ritenete – come ha detto l'UGL – che l'APE social assicuri quello che in questo momento è assicurato con i 300 milioni di euro, ovvero tra i 16.000 e i 17.000 pensionamenti anticipati.
Le chiedo se questo è il numero esatto, quindi se si ritiene che la copertura di 300 milioni di euro che voi destinate a questo fine corrisponda effettivamente, dal punto di vista finanziario, alla cifra di 17.000 persone. Questo numero di persone comprende cioè quelli che potrebbero avere questa necessità o ne resta fuori una parte? Questa è la domanda.
La seconda domanda è sugli esuberi del sistema bancario. Si parla di circa 25.000 esuberi. Lei ritiene che questo sia il numero corretto per il prossimo anno o vi sono delle stime diverse?
Di fatto, il sistema bancario sta avendo una importante revisione dal punto vista tecnologico e probabilmente gli esuberi potrebbero essere in un numero maggiore. Lei intende svolgere un'analisi per capire se questo numero è corretto o, diversamente, sarà cambiato nel corso del tempo?
La terza domanda che vorrei porle concerne gli accordi di Parigi sul clima COP21. Abbiamo avuto una prima audizione con riferimento specifico alla situazione derivante dagli accordi presi. Ci siamo impegnati, come Paese, a portare avanti una decarbonizzazione, quindi a partecipare alle misure contro il cambiamento climatico. Queste misure dovrebbero partire già nell'anno 2017 per poi arrivare al 2030, con gli obiettivi che ci siamo posti a livello internazionale.
Di fatto, all'interno del disegno di legge di bilancio non figurano fondi stanziati per poter raggiungere questi obiettivi. La domanda è se, nel corso della valutazione in Commissione, voi come Governo intendete lavorare con noi, come Commissione e gruppi parlamentari, per riuscire a inserire una copertura che vada oltre a quanto attualmente previsto dal testo. Abbiamo, infatti, la continuazione delle detrazioni Pag. 74fiscali sul rinnovo energetico e sulle altre opere all'interno delle abitazioni, ma di fatto manca un fondo specifico per raggiungere gli obiettivi in materia di contrasto ai cambiamenti climatici fissati per i prossimi 10-15 anni.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola al Ministro Padoan, approfitto anch'io per riprendere un aspetto dell'intervento dell'onorevole D'Incà.
Questa mattina abbiamo iniziato le audizioni con il professor Giovannini, in rappresentanza dell'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, il quale, a proposito del passaggio sottolineato dal collega D'Incà, faceva notare come, in realtà, la crescita delle energie rinnovabili si sia arrestata negli ultimi due anni.
Ora, l'impianto complessivo del sistema di incentivazione non è variato. Più precisamente, sono andati in esaurimento alcuni vecchi incentivi non più rinnovati. Ovviamente, la competenza non è direttamente del Ministro dell'economia e delle finanze, che però ha il quadro d'insieme. Ci aspettavamo di poter dibattere del tema attraverso misure di competenza del Ministero dello sviluppo economico, che, però, non ci sono. È evidente che restano ancora incentivi, per esempio sul carbone o su misure tradizionali, ma non c'è stato il riordino di quelli concernenti le energie rinnovabili.
È impressionante, in vista del 2030, lo stallo della crescita delle rinnovabili, per un Paese come l'Italia che in realtà era stato quello che aveva avuto una crescita maggiore negli anni precedenti. Mi chiedo, quindi, se non sia necessario, anche in sede emendativa, provare a costruire delle proposte nei prossimi giorni, attraverso il relatore o anche attraverso il Governo.
Sulla decontribuzione, avrei un'unica precisazione. Ha ragione il collega Marchi quando ricorda gli effetti delle misure precedenti anche su quest'anno. Il problema di fondo, soprattutto per quanto riguarda il Mezzogiorno, è l'impegno assunto da alcune imprese nell'intero periodo 2014-2020, come richiamato anche dall'intervento del collega Palese.
L'intero Mezzogiorno – ma soprattutto le sue quattro grandi regioni – vive il periodo 2014-2020 non a singhiozzo, ma in maniera permanente. Se diciamo alle imprese che è possibile assumere utilizzando la decontribuzione, la nostra speranza è che il cuneo fiscale si riduca e che quella riduzione sia permanente.
C'è l'impegno del Governo e di tutto il Parlamento a farlo dal 2018. Era, tuttavia, necessario garantire soprattutto al Mezzogiorno che quella riduzione del cuneo fiscale, cioè l'abbassamento del costo del lavoro, fosse certa.
Questa situazione ha già prodotto una riduzione delle nuove assunzioni nel Mezzogiorno, perché nel 2016 la decontribuzione si è abbassata da 8.100 a 3.250 euro, quindi portarla a zero nel 2017 aprirebbe un problema molto serio per tutto il Paese. Soprattutto per il Mezzogiorno, questo rischia di essere – ripeto – un problema serissimo.
Ora, siccome su questo tema c'era stato l'impegno del sottosegretario De Vincenti in Commissione bilancio, nonché la presentazione in conferenza stampa il 15 ottobre da parte del Presidente del Consiglio, mi chiedo se non sia possibile, in sede emendativa del disegno di legge di bilancio, provare a costruire qualcosa, con il relatore o con lo stesso Governo, affinché si possa consentire al 2017 di essere in linea con gli anni precedenti in relazione ai nuovi assunti, sperando che il 2018 diventi, come tutti auspichiamo, l'anno in cui avremo un intervento strutturale e definitivo sul cuneo fiscale.
Un'ultima questione è connessa agli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES). Come lei sa, la Presidente Boldrini ha scritto a lei e al Presidente del Consiglio per chiedere celerità nella nomina del Comitato incaricato di selezionare e definire i predetti indicatori. Ovviamente, non è una questione di calendario, semplicemente perché, alzata la testa dopo la legge di bilancio, siamo già al nuovo anno.
Il Parlamento, però, dovrà esprimersi, secondo la nuova legge in materia di contabilità e finanza pubblica, entro il 15 febbraio sulle dimensioni riassunte dal lavoro del Comitato. A oggi le dimensioni del BES sono 12, mentre gli indicatori sono 140. C'è Pag. 75un impegno comune di tutti i gruppi parlamentari che hanno fortemente voluto che i BES fossero allegati al Documento di economia e finanza. Siamo certi, quindi, che di qui al prossimo anno ci saranno gli indicatori come allegati al DEF.
Resta, però, il problema che il Parlamento dovrà esprimersi entro il 15 febbraio su indicatori che non ci sono. Quindi, il Comitato dovrà lavorare in tempi brevissimi, da dicembre a metà gennaio o al massimo a fine gennaio.
Chiudo con una chiosa sulle norme stralciate, che non erano coerenti, come noto, rispetto ai criteri previsti dalla legge di contabilità pubblica. C'era stato anche un confronto preventivo, che io ho molto apprezzato, con gli uffici del Ministero dell'economia e delle finanze. Per la verità avevamo anche consigliato un diverso utilizzo del decreto-legge in materia fiscale, ma non siamo stati ascoltati. Penso, pertanto, che sia opportuno, quando si fanno questi confronti preventivi, provare a costruire meccanismi migliori che rendano i lavori parlamentari più fluidi.
Ovviamente, immagino che le finalità siano assolutamente sacrosante e dunque ritengo che le norme stralciate potranno trovare una collocazione in altri provvedimenti o comunque che anche all'interno della stessa legge di bilancio si potranno trovare delle soluzioni. Mi riferisco soprattutto alle poste di bilancio già stanziate, con soluzioni che il relatore Guerra proverà ad individuare.
Lo dico semplicemente per il futuro, perché la nuova legge in materia di contabilità pubblica di recente approvata dal Parlamento ha registrato un ampio consenso da parte dei gruppi parlamentari, quindi è stato un lavoro congiunto tra Parlamento e Governo, alla cui stesura ha partecipato attivamente anche il Ministero dell'economia e delle finanze.
Non è mai opportuno stralciare delle norme, ma se sono incoerenti con la disciplina in tema di legge di bilancio, diventa obbligatorio per il Parlamento farlo. A questo proposito, approfitto per ringraziare ancora il Viceministro Morando per il lavoro congiunto svolto, nonché per la comprensione avuta nel momento dello stralcio.
Do ora la parola al Ministro Padoan per la replica.
PIER CARLO PADOAN, Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie, presidente. Innanzitutto permettetemi, anche se non tutti le desiderano, di esprimere le mie scuse personali al Parlamento e a questa Commissione per i ritardi.
L'unica scusa che posso avanzare è che, oggettivamente, la nuova legge di bilancio è uno strumento molto potente, ma anche complesso. Il lavoro che è stato profuso da parte dei miei colleghi – molti dei quali sono in quest'Aula – è stato veramente senza limiti. Vorrei, se mi è permesso, ringraziarli anche in questa sede per il grande lavoro che continuano a fare. Quindi, mi assumo le responsabilità personali di questo ritardo.
Detto questo, vorrei anche – partendo dall'ultimo appunto sollevato dal presidente Boccia – augurarmi che, nel pieno rispetto delle norme, si possano trovare soluzioni a misure specifiche. Come ho detto nella mia introduzione, la manovra nel suo complesso tiene conto di quanto è contenuto sia nel disegno di legge di bilancio sia nel decreto-legge in materia fiscale, anche se ovviamente i due provvedimenti hanno natura e status diversi.
Questo rende più complicata la gestione in questa fase, ma ciò si è reso indispensabile per evitare di avere la benché minima perdita di risorse, soprattutto per quanto riguarda il 2016, e quindi mettere a disposizione della politica di bilancio tutte le risorse possibili.
Ci sono state molte domande, alcune delle quali ripetute da più di un parlamentare. Mi scuserete se anche per ragioni di tempo – immagino che abbiate una lunga giornata ancora davanti, con molte audizioni – cercherò di riprendere in termini generali alcuni punti, salvo essere specifico su alcune questioni particolari.
Sul Sud ci sono molte cose da dire. C'è la questione, sollevata dal presidente Boccia proprio adesso, che traduco così: com'è possibile dare certezza pluriennale, e quindi possibilità di un orizzonte temporale di Pag. 76investimento più lungo? Questo è sicuramente un principio fondamentale.
Il problema è quello di conciliare questo principio con un sentiero di finanza pubblica che continui, allo stesso tempo, a sostenere la crescita e sia coerente con la necessità di un equilibrio che va raggiunto. Comunque, ciò non toglie che si possano esaminare le questioni sollevate in precedenza.
Sempre sul Sud, onorevole Palese, ricordo che ci sono in atto processi di utilizzo delle risorse dei fondi strutturali che non richiedono disposizioni di legge, quindi sono attualmente in corso, gestiti in particolare dalla Presidenza del Consiglio e dall'Agenzia per la coesione territoriale.
Sull'APE, permettetemi una battuta. Non so se funzionerà o meno, in proposito ci sono opinioni diverse. L'unica risposta che ho è che vedremo. Io sono più ottimista di altri sull'impatto positivo di questa che mi sembra un'importante innovazione, ovvero introdurre una flessibilità in uscita verso il sistema pensionistico in un contesto di vincoli di finanza pubblica di breve, ma anche e soprattutto di lungo periodo, che ne assicurino la sostenibilità.
Riguardo alle spese genericamente legate agli effetti del sisma, è stato già risposto, ma ripeto quello che ho detto anche ieri nel corso del question-time all'onorevole Polidori del gruppo parlamentare dell'onorevole Brunetta. Credevo di essere stato molto esplicito sulle cifre. Si tratta di distinguere fra risorse messe a disposizione per la ricostruzione, sia nell'immediato sia nel medio termine, dalle misure che hanno a che fare con la messa in sicurezza.
La messa in sicurezza implica – mi pare banale – che le case siano costruite con criteri antisismici più efficaci rispetto al passato. Pertanto, il fatto che ci siano incentivi che permettono di andare in questa direzione mi pare naturale. Non ci trovo niente di strano, a parte il fatto che ci si meravigli.
Nella mia introduzione scritta, di cui vi sarà ovviamente consegnato il testo, ho citato le cifre, che quindi non ripeto. Dico soltanto una cifra complessiva. Se mettiamo assieme spese per la ricostruzione e per la messa in sicurezza arriviamo a una cifra aggregata di 6 miliardi di euro, quindi non si tratta di 600 milioni, come spesso si continua a dire.
Vorrei dire qualcosa sulla questione dello spread, che è stata citata da molti. Lo spread italiano in questi anni – sicuramente negli ultimi trenta mesi – è andato diminuendo. Quando parliamo di spread, per precisare, non abbiamo a che fare con il livello generale dei tassi di interesse della zona euro, che dipende dalla Banca centrale europea, bensì con l'apprezzamento del rischio differenziale tra Paese e Paese.
Lo spread italiano, in questi ultimi giorni, ha invertito una tendenza. Secondo la mia interpretazione, questo è spiegato da una prospettiva specularmente opposta a quella che ha generato la discesa negli anni passati. Per essere ancora più chiaro, ho valutato la discesa dello spread in questi trenta mesi come l'apprezzamento, tra le altre cose, dell'azione di politica economica. Ora, se questa tendenza viene invertita è perché nel mercato ci sono timori che questa azione di politica economica si possa interrompere.
Passo ora ad altre questioni. Il senatore Guerrieri Paleotti citava alcuni aspetti relativi al dibattito europeo, che ovviamente richiederebbero risposte esaustive. Tuttavia, vorrei dire due cose.
L'inflazione è ancora molto bassa. Ci si potrà aspettare un rialzo della stessa nei prossimi mesi, dovuto magari a fattori che sono al di là della core inflation, in quanto legati, per esempio, ai mercati delle materie prime.
Ricordo un fatto banale, ovvero che in questo momento, alla fine del 2016, negli Stati Uniti si sta discutendo per un eventuale avvio del rialzo dei tassi di interesse. Negli Stati Uniti, il quantitative easing è cominciato cinque anni fa. Adesso piano piano si cominciano a vedere i risultati in termini di crescita in un contesto di mercato molto più flessibile di quello europeo, nel quale la politica monetaria è molto più efficace.
Il quantitative easing europeo è molto più giovane. Tutte le analisi internazionali dicono che bisogna aspettare ancora prima Pag. 77di vederne gli effetti. Non so cosa deciderà il board della Banca centrale europea e non sta a me valutarlo, ma da osservatore esterno noto queste cose.
Provo a rispondere, non facendo giustizia delle domande del senatore Guerrieri Paleotti, sullo stato del dibattito in Europa. Dico solo due cose.
Il dibattito sull'Unione bancaria è oggettivamente fermo perché in alcuni Paesi il passo successivo, che dovrebbe essere quello della mutualizzazione dei meccanismi di assicurazione dei depositi, viene ritenuto un obiettivo non perseguibile dal punto di vista dell'opinione pubblica interna.
Mi riferisco in particolare alla Germania, ma non solo. In altri Paesi, invece, la visione è diversa. Questa è la fase forse più delicata dell'Unione bancaria, perché riguarda l'effettiva mutualizzazione delle risorse.
Il Piano Juncker è uno strumento che potrebbe essere molto migliorato. Ricordo che, tra l'altro, l'Italia è il Paese che più di altri ha utilizzato il meccanismo del Piano per attivare investimenti anche in collaborazione con la Banca europea per gli investimenti (BEI).
Abbiamo sostenuto nelle sedi europee che il Piano Juncker deve essere migliorato, estendendo il suo raggio d'azione a campi relativi alla crescita e all'innovazione, oltre che alle infrastrutture materiali.
Abbiamo anche proposto un Piano Juncker rivolto all'esterno, nell'ambito della gestione del complesso fenomeno migratorio, attraverso investimenti nei Paesi di origine dei flussi migratori.
Continuiamo a ritenere, però, che ciò non sia sufficiente e che dovrebbe essere accompagnato da misure di stimolo per gli investimenti nazionali e per l'innovazione a livello europeo, con la proposta della Unione dell'innovazione che il Governo porta avanti da un po’ di tempo.
Vengo, poi, rapidamente ad alcune domande più specifiche. Sulla proposta dell'onorevole Tabacci di utilizzare la fatturazione IVA, dico che potremmo discuterne perché potrebbe costituire un meccanismo utile ed efficace.
All'onorevole Marchi dico che la tempistica della gestione dei fondi sarà rinviata a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che a breve dovrà regolamentare tali questioni.
All'onorevole Cariello rispondo che, per gli investimenti locali previsti dall'articolo 65, ci sono spazi finanziari per 1,2 miliardi annui, che si aggiungono agli effetti espansivi del Fondo pluriennale vincolato.
Inoltre, il tema dell'estinzione anticipata dei mutui per evitare tassi di interesse a carico degli enti locali è stato affrontato nel decreto-legge n. 113 del 2016, che ha previsto un contributo a favore degli enti locali di circa 50 milioni.
Passo ad altri temi. Se ho ben capito la domanda dell'onorevole D'Incà – ovvero se l'APE social sia completamente coperta – a me risulta che lo sia, ma andrebbe verificato.
Lei chiede anche quanti sono gli esuberi delle banche. Questa è una domanda difficile. Sicuramente tutto il sistema bancario italiano ed europeo deve attraversare, nei prossimi anni, quindi non domani, un processo di ristrutturazione molto importante, che è legato al cambio di business model e all'introduzione di tecnologie, per cui gli sportelli tradizionali sono meno necessari.
Questo ha a che fare con numeri elevati. Per questo nel disegno di legge di bilancio ci sono risorse che dovrebbero facilitare un'uscita quanto più possibile dolce, per permettere anche alle banche di recuperare, da quel lato, una profittabilità che viene colpita dai tassi di interesse molto bassi.
Sulla questione energetica, onorevole D'Incà e presidente Boccia, non rispondo non perché non voglia, ma per oggettiva incompetenza. Sicuramente il tema è rilevante e potremmo trovare altre occasioni per affrontarlo.
Riguardo al Comitato per gli indicatori di benessere equo e sostenibile, il decreto è pronto per la firma del Presidente del Consiglio. Le persone che saranno effettivamente coinvolte hanno già dato molta disponibilità, cosa che mi fa molto piacere. È un argomento molto importante. Il lavoro Pag. 78sarà pronto tra poco e dovrebbe essere, sia pure in tempi stretti, coerente con i tempi di presentazione del DEF.
Mi fermo qui. Non so se ho risposto a tutto e mi scuso se non sono stato esaustivo.
PRESIDENTE. Grazie, Ministro Padoan.
Dichiaro conclusa l'audizione.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA 5a COMMISSIONE
DEL SENATO DELLA REPUBBLICA GIORGIO TONINI
Audizione di rappresentanti di ANIA.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti di ANIA.
Do ora la parola alla dottoressa Bianca Maria Farina.
BIANCA MARIA FARINA, presidente di ANIA. Illustre presidente, senatori e deputati, sono io che ringrazio voi per aver invitato l'ANIA a questa audizione.
Le considerazioni che vorremmo svolgere riguarderanno una minima indicazione del contesto economico nel quale si inquadra la manovra e l'impianto generale della stessa. Seguirà, poi, una parte che attiene agli specifici articoli del disegno di legge di bilancio.
Innanzitutto, relativamente all'economia italiana, osserviamo che, dopo un andamento abbastanza positivo registrato nei primi mesi dell'anno, purtroppo abbiamo assistito a un'inattesa battuta d'arresto nel secondo semestre.
I dati più recenti segnalano che il PIL starebbe oggi crescendo, sia pure lievemente. L'andamento dell'Italia e della nostra economia va peraltro inquadrato nel contesto più ampio di un'economia globale, caratterizzata da un ritmo contenuto di crescita e da una grande instabilità che deriva da cause diverse sul piano geopolitico. Pensiamo allo sviluppo della minaccia terroristica, alla crisi dei rifugiati, all'incertezza degli scenari che si sono aperti con l'esito del referendum sull'appartenenza del Regno Unito all'Unione europea.
Si sono aggiunti, poi, i drammatici eventi legati alle conseguenze della serie di terremoti che sta devastando l'Italia centrale.
Tutto questo è aggravato da un atteggiamento attendista di molti Governi europei, che allontana o comunque non favorisce la soluzione sostanziale di questi problemi.
L'Italia, in questo contesto così complesso, mostra segnali di crescita, ma si tratta ancora di una crescita fragile, frammentata e discontinua. Noi sappiamo bene che il Paese ha bisogno di crescere, mantenendo però sotto controllo il debito pubblico. Ciò significa che è necessario mettere a fattor comune ogni forza in grado di sostenere in modo costruttivo lo sviluppo del Paese.
Siamo altrettanto convinti che l'impianto del disegno di legge di bilancio per il 2017 va proprio nella direzione di favorire la crescita e lo sviluppo. Per questo non possiamo che condividerne l'impostazione, che prevede un mix di misure strutturali finalizzate a sostenere la domanda e volte allo sviluppo degli investimenti.
Perciò, è assolutamente condivisibile lo sforzo del Governo di affiancare le riforme avviate con una manovra di bilancio volta a rafforzare la competitività del nostro sistema produttivo attraverso, ad esempio, incentivi automatici agli investimenti delle imprese, in particolare in tecnologia e start-up.
Le misure proposte, tra le altre soprattutto la conferma del super ammortamento, l'introduzione del cosiddetto iper ammortamento e il rifinanziamento della legge Sabatini, rappresentano una risposta che va nella direzione indicata da tutto il mondo imprenditoriale.
È molto positivo che non sia stata messa in discussione la riduzione dell'IRES dal 27,5 al 24 per cento stabilita dalla legge di Pag. 79stabilità per il 2016 e che sia stato finalmente introdotto nel nostro ordinamento il cosiddetto «gruppo IVA», che costituiva una possibilità prevista dalla direttiva comunitaria sull'IVA, di cui molti altri Paesi europei si erano avvalsi già negli anni passati e che noi attendevamo con grande interesse.
Anche le misure che incentivano il welfare aziendale vanno nella giusta direzione per favorire lo sviluppo di un pilastro integrativo da affiancare al welfare garantito dallo Stato. In particolare, apprezziamo molto la misura che incentiva i premi e i contributi per forme di copertura collettiva del rischio di mancanza di autosufficienza, le cosiddette «long term care», e del rischio per gravi patologie.
È importante anche il potenziamento della tassazione a favore dei premi di risultato e l'ampliamento delle prestazioni di welfare aziendale, nelle quali è possibile convertire in tutto o in parte i premi di cui abbiamo appena detto.
Queste sono tutte misure che mirano a far riconquistare parte del vantaggio competitivo perso dal sistema Italia in termini di produttività, quindi da noi giudicate positivamente e di importanza fondamentale.
Dobbiamo, però, aggiungere che tali misure e soprattutto gli obiettivi che esse perseguono potrebbero essere potenziate qualora la legge di bilancio valorizzasse meglio il contributo che il settore assicurativo può fornire allo sviluppo del Paese in quanto gestore di risparmio, facendo leva sulle caratteristiche del settore peculiari di un soggetto in grado di redistribuire efficacemente ed efficientemente rischi di diversa natura e di lungo termine.
Nel campo del welfare, ad esempio, si può fare di più, con l'obiettivo di permettere ai cittadini che non hanno una forma aziendale di riferimento di accedere a coperture sanitarie, di aumentare la fedeltà fiscale nell'erogazione delle prestazioni e di limitare l'elevata spesa sostenuta di tasca propria.
Come sapete, oggi ogni famiglia spende di tasca propria per la sanità, mediamente, 1.400 euro l'anno. Quindi, nell'ambito della sanità integrativa bisognerebbe istituire piani sanitari individuali, analoghi ai piani pensionistici individuali, a cui dare lo stesso vantaggio in termini di deducibilità fiscale oggi previsto, appunto, per i contributi ai fondi pensionistici.
Ci sembra una discriminazione da eliminare il fatto che alcuni cittadini, che per fortuna loro lavorano in un'azienda così sensibile da istituire un fondo sanitario al quale contribuisce, possono usufruire di questa agevolazione, mentre persone, che magari non lavorano e dunque hanno bisogno di una tutela ancora maggiore dei primi, se comprano una copertura sanitaria individuale non hanno alcuna facilitazione fiscale.
Anche in altri comparti un più ampio uso dello strumento assicurativo potrebbe garantire maggiore efficacia nella direzione indicata e perseguita dal Governo, che – ripeto – condividiamo.
Per esempio, il tema della messa in sicurezza del territorio non può essere disgiunto da una profonda riflessione su quanto fatto in tutti i Paesi sviluppati per costruire un sistema nel quale le conseguenze dei terremoti e degli altri eventi naturali siano ripartite nell'ambito di una partnership pubblico-privato. Oggi non esiste un Paese sviluppato che non abbia un sistema regolamentato su queste tematiche.
Il settore ha dato in passato, e tramite la mia persona la conferma oggi, la disponibilità a lavorare in stretta cooperazione con il Governo per costruire questa partnership. Al tempo stesso, però, riteniamo che sin da subito – qui torniamo al disegno di legge di bilancio – possano essere previste le coperture assicurative almeno per gli immobili ricostruiti in seguito al terremoto che stiamo vivendo e per quelli che saranno messi in sicurezza nell'ambito del piano «Casa Italia».
Queste coperture, che sarebbero, appunto, un indicatore della giusta direzione, potrebbero fruire, unitamente ai costi di costruzione e di ristrutturazione, delle agevolazioni fiscali previste.
Un contributo importante può venire dal mondo delle assicurazioni anche per quanto riguarda lo sviluppo dei piani di Pag. 80risparmio di lungo termine introdotti dalla manovra.
Secondo la nostra associazione, i piani rappresentano uno strumento importante per canalizzare il risparmio a supporto del tessuto produttivo italiano. Andranno, però, risolti alcuni dubbi interpretativi per consentire l'accesso a questo regime anche ai sottoscrittori dei prodotti assicurativi tradizionali, rivalutabili al rendimento minimo garantito, che sono poi i prodotti core del sistema assicurativo italiano, che, come è noto, raccoglie risparmio che poi destina, nell'interesse dei propri assicurati, a una serie di investimenti.
Questi sono, qualitativamente e quantitativamente, i principali prodotti di risparmio a lungo termine e i loro sottoscrittori non possono essere esclusi – a nostro giudizio, sarebbe paradossale se così fosse – dai benefici fiscali introdotti da una manovra che, giustamente, vuole premiare i piani di investimento di lungo termine.
Queste sono le considerazioni di carattere generale. Prima di passare ai commenti di dettaglio sulle misure del disegno di legge di bilancio che riverberano effetti sul settore assicurativo, vorrei ribadire più in generale la disponibilità dell'industria assicurativa a collaborare con il Governo e con il Parlamento nei suoi piani di riforma, perché a nostro giudizio non è più procrastinabile la definizione di nuovi modelli di supporto per famiglie e imprese, in tema, appunto, di calamità naturali, salute e finanziamento dell'economia reale.
Condividendo lo spirito di tutta la manovra, che va sicuramente nella direzione corretta, abbiamo indicato alcuni elementi che già essa potrebbe recepire per rafforzare i provvedimenti, abilitando le compagnie di assicurazione ad alcune attività come quelle che ho appena descritto.
Riteniamo utile – ci sembra importante affermarlo in questa sede – che in un momento diverso da quello attuale, in cui si riprenderà il cammino di riforma, si possa insieme ragionare su un nuovo modo di affrontare tutti i temi del welfare.
Siamo convinti che i bisogni degli italiani in questa direzione stiano crescendo e cresceranno ancora di più in futuro per effetto dell'invecchiamento della popolazione, della riduzione dei redditi e così via e che, nello stesso tempo, le risorse finanziarie dello Stato non possono crescere nella stessa misura.
C'è, allora, un'evidente divaricazione tra le possibilità finanziarie pubbliche e le esigenze delle famiglie e delle imprese su certe tematiche su cui le assicurazioni, per loro mission e core business, possono fare molto.
Ovviamente, tutto questo è inserito in un quadro di regole e di vincoli, come abbiamo sempre fatto. Oggi, però, queste materie sono lasciate alla libera articolazione e alla nascita per volontà di ciascuno degli operatori, mentre ci sembra importante, su materie così delicate, addivenire a soluzioni di sistema, in cui sia ben chiaro cosa può e deve fare il pubblico e cosa può e deve fare il privato a supporto del pubblico nell'interesse del nostro Paese e dei nostri clienti.
Questo è quanto, in estrema sintesi. Se volete possiamo entrare nel dettaglio di tutti gli articoli, ma la sostanza delle nostre osservazioni è quella che vi ho appena riferito. Vi lasciamo, ovviamente, il documento, ma se volete – ripeto – non ho nessun problema ad affrontare item per item.
PRESIDENTE. Grazie, presidente Farina, per la chiarezza e la serietà dell'approccio.
Do la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
PAOLO GUERRIERI PALEOTTI. Ringrazio la presidente Farina per la sua esposizione e per il documento che, naturalmente, leggerò con molta attenzione.
Vorrei fare una domanda soprattutto sulla proposta, che anche voi definite interessante e innovativa, dei piani di risparmio a lungo termine. Come sappiamo, è un problema non certo di oggi quello di avere una potenziale ricchezza di risparmio privato in Italia – il che è una virtù, come sappiamo – ma, allo stesso tempo, un sistema produttivo e quindi un'economia reale che ha sempre beneficiato poco della possibilità di attingere a questo potenziale. Pag. 81
Non è la prima misura che si disegna in funzione di questa finalità, però l'interesse è proprio quello di vedere se possa costituire un meccanismo che si dimostri efficace. Questa è la cosa più importante.
Ho letto adesso, rapidamente, la valutazione che di questa misura voi date nel dettaglio. Affermate che è importante che essa si possa estendere anche alle forme più tradizionali e più utilizzate, che sono, appunto, quelle che riguardano i prodotti vita tradizionali, elencate nelle categorie 1 e 5.
Ma questa misura è innovativa e la sua efficacia potrà essere valutata a condizione che riusciamo a disegnarne la specificità. La prima proposta è di considerare, all'interno di questa categoria di piani, qualcosa che ha una sua vita molto più sperimentata.
Uno dei cardini di questa proposta è che il risparmio sia utilizzato almeno al 70 per cento in investimenti che abbiano a che fare con le imprese, ovvero con l'economia reale. Tuttavia, voi proponete di poter fare questo computo non relativamente al singolo piano.
Vorrei, quindi, capire quanto questi vostri suggerimenti – ovvero il fatto di estendere, mantenendo questa efficacia e questa sperimentazione – comportino il rischio che anche un progetto pilota possa essere indirizzato verso qualcosa di più generico e quindi la sua valutazione possa essere molto difficile.
Infatti, se si estende a tutta una categoria di prodotti – parliamo di centinaia di miliardi di euro di risparmio – immagino che vi siate posti questo problema. Allora, in che senso possiamo leggerlo come un qualcosa che aumenti l'efficacia, anziché ridurla? Mi interessa comprendere tale questione, perché questa è una misura sulla quale l'attenzione è molto forte.
PAOLO TANCREDI. Ringrazio la presidente per l'illustrazione, la disponibilità e anche per l'apprezzamento sul senso della manovra e sul percorso che stiamo facendo. Trovo importante anche queste considerazioni sulla questione della detassazione dei premi di produttività e della conseguente possibilità di utilizzarla come beneficio del welfare aziendale.
Credo che qui il vostro contributo sia fondamentale. Ugualmente, penso – lei lo ha detto – che ci sia un grande spazio per il vostro settore su molte tematiche importanti, laddove lo Stato non è più in grado di far fronte a determinate esigenze.
Un tema che si ripropone drammaticamente, anche in questi giorni, è quello della sicurezza del nostro patrimonio edilizio e immobiliare sia pubblico che privato. Su questo, rispetto a un intervento normato delle assicurazioni, c'è molta diffidenza nel Paese e anche all'interno del Parlamento. Quindi, le chiedo se non sia possibile, anche per il futuro, immaginare qualche simulazione da parte vostra a beneficio dell'approfondimento del lavoro parlamentare, ma anche dell'opinione pubblica.
Ritengo che se riusciamo a simulare delle situazioni reali o un quadro possibile, all'interno del Paese, delle possibili tariffe e dei premi che si determinerebbero, potremmo affrontare questo tipo di discussione con una consapevolezza maggiore.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
ROCCO PALESE
PRESIDENTE. Non ho altre richieste di intervento, quindi do la parola alla presidente Farina per la replica.
BIANCA MARIA FARINA, presidente di ANIA. Debbo dire che sono due temi uno più importante e interessante dell'altro, che attengono in maniera sostanziale all'attività delle compagnie di assicurazione.
Faccio una premessa velocissima e istantanea. Le compagnie di assicurazione, per quanto riguarda la cosiddetta assicurazione «vita», raccolgono il risparmio degli italiani. Ora, il risparmio che gli italiani affidano alle compagnie di assicurazione in misura sempre più importante è generalmente di lungo respiro. Non si entra in un contratto assicurativo per uscirne l'anno dopo, quindi, per definizione e per realtà Pag. 82sperimentata, il risparmio assicurativo è di lungo termine.
Le compagnie di assicurazione debbono mettere a reddito, far fruttare e preservare quel risparmio a beneficio dei propri clienti, ovvero per restituirlo nel momento in cui lo richiederanno con un po’ di interesse in più.
Detto tutto questo, le compagnie di assicurazione, in termini di investimento di quelle risorse, negli anni scorsi hanno comprato BTP, ovvero soprattutto titoli di Stato. Abbiamo creduto molto in questo. Abbiamo comprato BTP quando tutto il resto del mondo vendeva il governativo italiano, nella convinzione che, da una parte, trattavamo al meglio il nostro cliente e, dall'altra, sostenevamo il nostro Stato, che in quel momento attraversava una delle sue crisi più complesse.
Le cose sono cambiate. Oggi i tassi sono dove stanno, quindi le compagnie di assicurazione, con quella stessa responsabilità sociale sul risparmio che viene loro affidato, cercano altre fonti di rendimento perché i titoli di Stato e i titoli obbligazionari danno rendimenti così bassi che non si riesce più a dare ai nostri clienti nemmeno la garanzia di restituzione del capitale.
All'estero sempre più spesso parte di questi investimenti sono confluiti in quelli che vengono denominati real asset, ovvero in forme di finanziamento dell'economia reale. Mi riferisco agli investimenti infrastrutturali, alle piccole e medie imprese e così via. Mentre tutto questo accadeva e sta accadendo, c'è stata la crisi del finanziamento bancario.
In Italia, a differenza del resto del mondo, il finanziamento dell'industria è una esclusiva del mondo bancario. Ora, il mondo bancario per mille cause ha avuto e ha difficoltà di capitale, che deve appostare, se vuole dare finanziamenti. A questo punto, le risorse bancarie non sono state più sufficienti per finanziare l'economia reale, soprattutto quella più debole composta dalle piccole e medie imprese.
Tutto questo ha fatto convergere l'attenzione del risparmio assicurativo sul finanziamento dell'economia reale, nell'interesse dell'economia reale stessa, cioè delle aziende, e dei clienti. In questo scenario inquadrerei la disposizione sui piani individuali di risparmio (PIR).
Faccio un passo indietro. Qualche tempo fa le compagnie di assicurazione sono state autorizzate a concedere credito diretto alle PMI, cosa che potevano fare solo le banche.
Lo scenario è questo. Dopodiché, arrivano i PIR. Ecco, noi riteniamo che questa sia una norma sacrosanta perché si fa carico di tutte queste esigenze e dice al sottoscrittore o risparmiatore – che è colui che noi dobbiamo attivare – che gli diamo un risparmio fiscale importante se aderisce a un fondo che investe quello stesso risparmio nell'economia reale, in un certo tipo di aziende, per una certa quantità, purché rimanga fedele a quell'investimento per almeno cinque anni.
Diciamo cinque anni perché non possiamo finanziare l'economia reale con il «mordi e fuggi», ma si deve avere una stabilità di quel risparmio, altrimenti non lo si può prestare.
In questo senso, è – ripeto – una norma sacrosanta. Ci sono, però, due temi. Uno è quello dell'offerta di strumenti nei quali chiunque possa investire, ovvero i piani individuali di lungo termine. Oggi, infatti, l'offerta di strumenti delle PMI italiane, atti a soddisfare l'eventuale domanda degli investitori dei fondi, non è così ampia. Questo, secondo me, è un altro vantaggio dei PIR. Se volete, è un'altra cosa virtuosa che fanno i PIR perché stimolano la creazione di quegli strumenti e del mercato.
Com'è fatta la disposizione oggi, se ne diamo un'interpretazione molto letterale? Essa dice che si agevola il sottoscrittore che aderisce a un fondo che ha quelle caratteristiche, ovvero il 70 per cento almeno investito in un certo modo, di quel 70 un altro 30 per cento deve andare alle PMI e così via.
Tutto questo va bene, ed è quindi virtuosissimo, per i prodotti assicurativi di cosiddetto «ramo 3», cioè per i prodotti più finanziari, dove c'è una corrispondenza diretta tra l'investimento che fa il sottoscrittore e quello che la compagnia fa, a fronte dell'incasso che ha fatto di risparmio. Pag. 83
Dove le cose sembrano non quadrare – quindi dobbiamo farle funzionare perché ci sembrerebbe paradossale il contrario – è su quei famosi prodotti di ramo primo, che garantiscono la restituzione del capitale, che ancora oggi hanno bisogno di certe regole di funzionamento, il che significa diversificazione e non concentrazione.
Se non si rispetta tutto questo, si è penalizzati dalle regole di Solvency 2, in termini di capitale, al punto che il prodotto che mettiamo sul mercato nessuno lo comprerebbe più, sarebbe cioè fuori mercato dal punto di vista del pricing.
Ora, siccome il prodotto di ramo primo fisiologicamente non resta per cinque anni, ma per 10 o 15, perché non essere sicuri – non vorrei entrare nelle technicality spinte perché credo che vi annoierei a morte – che questo provvedimento così virtuoso non possa essere applicato anche al sottoscrittore di risparmio a lungo termine per eccellenza?
Questo è quello che chiediamo. Quel tipo di prodotti non possono investire esclusivamente in quegli strumenti, quindi bisogna accettare il fatto che siano affiancati ad altri, ma proprio per la sicurezza e per il modo di funzionare di quegli stessi strumenti, non per voglia di non fare quello che la legge prevede. Questa dunque è la nostra richiesta. Riteniamo a tal punto fondamentale che questo risparmio venga agevolato, che ci sembra assurdo escludere del tutto, in forza delle situazioni di fatto, quei sottoscrittori che sono proprio i più virtuosi, in quanto affidano i loro risparmi a strumenti a lungo termine. Non so se sono stata chiara. Mi rendo conto che la questione è abbastanza complessa.
Vorrei dire ancora una cosa, che si lega anche all'altra richiesta fatta. Parlavamo delle compagnie di assicurazione.
La loro mission è quella di raccogliere il risparmio, investirlo e rilasciarlo quindi ai loro clienti. L'altro grande filone del lavoro assicurativo, oltre a gestire il risparmio, consiste nel mettere a fattor comune i rischi, che vengono spostati dalle persone e dalle imprese sulla compagnia di assicurazione, assolvendo quindi ad una funzione di protezione.
Gli italiani sono grandi risparmiatori, ma non hanno ancora scoperto quanto più semplice è acquistare una copertura assicurativa piuttosto che mettere a repentaglio i propri risparmi o, quando non ci sono, tremare e aver paura, perché un evento come il terremoto potrebbe, ad esempio, compromettere la propria esistenza. Credo che tutti – voi che siete in queste Aule più di chiunque altro – possiamo fare un'informazione corretta su questo ambito.
Riguardo alle calamità naturali, è sacrosanta la direzione della manovra. Siamo di fronte a morti, a case distrutte, a persone disperate, quindi è giusto intervenire, però non possiamo continuare a camminare, per il futuro, allo stesso modo.
Nell'ultimo decennio lo Stato – vale a dire i contribuenti, perché non si capisce che alla fine c'è sempre qualcuno che paga – hanno speso 3 miliardi l'anno per riparare i danni. Se ci fosse stato un sistema di tutela Stato-assicurazione, quei 3 miliardi avrebbero potuto essere impiegati nella ristrutturazione e nella messa in sicurezza, quindi forse oggi non avremmo contato tanti morti.
Allora, mentre sull'oggi facciamo un plauso alla manovra, che ci piace e siamo convintissimi che il piano «Casa Italia» sia la cosa da fare perché evitiamo i danni nel futuro, abbiamo chiesto di mettere nei costi di ristrutturazione per quelle case anche l'assicurazione. Questo lo proporremo con una technicality molto particolare.
Si tratta di poche centinaia di euro, quindi non sono cifre da capogiro. Pensiamo a un sistema, di cui siamo pronti a discutere quando volete, che vuole l'obbligatorietà per un solo motivo, ovvero perché negli italiani non c'è la consapevolezza che assicurarsi significa trasferire il rischio. Se ci fosse, l'adesione sarebbe volontaria. Noi ci dobbiamo far carico di questo.
Gli italiani risparmiano e comprano case, che non sono assicurate. Non c'è nessun altro Paese del mondo in cui questo accade. Per questo serve l'obbligatorietà. Se lasciamo la volontarietà, oggi si assicurerebbero soltanto quelli che vivono a L'Aquila o ad Amatrice, ma pagherebbero cifre enormi. Invece, dobbiamo mettere a fattor comune Pag. 84tutti i rischi, per cui ognuno paga un po’ per sostenere il tanto che qualcuno, purtroppo, subisce. Chiedo scusa se mi sono dilungata.
PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Farina.
Dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione di rappresentanti di CONFAPI, CONFIMI e CONFPROFESSIONI.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti di CONFAPI, CONFIMI e CONFPROFESSIONI.
Do la parola al dottor Maurizio Casasco.
MAURIZIO CASASCO, presidente confederale di Confapi. Grazie, buongiorno a tutti. Leggerò un testo, anche se non è mia consuetudine farlo, in modo da essere più chiaro.
Confapi ringrazia le spettabili Commissioni e tutti i presenti. Ringrazio, in particolare, l'onorevole Francesco Boccia, presidente della V Commissione bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei deputati, e l'onorevole Giorgio Tonini, presidente della omologa 5a Commissione del Senato della Repubblica, per l'invito a partecipare all'odierna audizione in cui la Confederazione può esprimere le proprie valutazioni sul disegno di legge recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno 2017 e il bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019.
Confapi è una Confederazione che nel prossimo anno compirà settant'anni di vita e che tutela le PMI private. Nasce, infatti, nel 1947. A oggi rappresenta 83.104 aziende che applicano il contratto e conta circa 784.000 addetti che ha applicano il CCNL, di cui è firmataria. Questi sono i dati INPS ufficiali dell'ottobre 2015.
Noi guardiamo con particolare attenzione e interesse al disegno di legge di bilancio per il 2017. Negli ultimi trent'anni, nel succedersi di Governi di diverso colore, abbiamo più volte lamentato un'assenza, anche in sede normativa, di politiche sistemiche che tutelassero e favorissero lo sviluppo delle piccole e medie industrie italiane che, anche tra le tempeste e i venti di crisi, continuano a essere la colonna portante del sistema produttivo italiano.
Credo che l'aspetto dimensionale sia stato sempre dimenticato. Una delle battaglie di Confapi è proprio quella di considerare fondamentale, oltre a tutti gli aspetti legislativi, anche quello dimensionale, per cui non servono legislazioni di tipo lineare.
Non possiamo non rilevare con piacere che, seppur nei limiti e negli eventuali correttivi sui quali speriamo ci sia tempo e modo di ragionare, questo disegno di legge di bilancio ha il pregio di essere caratterizzato da un approccio sistemico, coerente e organizzato, al fine di dare ai provvedimenti una valenza strategica, un respiro ampio e un'efficacia che vada oltre l'immediatezza o la convenienza politica.
Ci riferiamo, in particolare, alle misure che rientrano nel piano Industria 4.0, quali ad esempio il super e l'iper ammortamento, ai provvedimenti che incentivano la ricerca e lo sviluppo attraverso il riconoscimento di un credito di imposta, al sostegno degli investimenti delle PMI attraverso la proroga e l'estensione della Sabatini-ter, nonché agli interventi di welfare attivo.
Noi abbiamo anche praticato un esempio di welfare attivo, finanziando 180 borse di studio per tre anni e portando alla laurea lavoratori in accordo con il nostro ente bilaterale, tra Confapi e Fiom.
Speriamo che queste misure rappresentino un primo importante gradino nel lungo periodo, senza nasconderci l'ancora periglioso percorso di uscita dalla crisi per arrivare compatti, come Paese e come sistema industriale e produttivo, alla ripresa, allo sviluppo e alla competitività.
Come Confapi vogliamo sottolineare come questo approccio sistemico non debba limitarsi a qualche misura per qualche anno, ma debba essere il primo tassello, alla luce degli stravolgimenti economici e geopolitici a cui la contemporaneità ci sottopone, Pag. 85 di un piano industriale ragionato, basato su quello che possiamo e sappiamo fare meglio, che abbia come obiettivo finale un ridisegno dell'Italia produttiva.
Dopo aver condiviso lo spirito e la strategia di fondo di questo disegno di legge di bilancio, vorremmo che non si sottacesse il tema della pressione fiscale, vero cappio al collo delle nostre aziende.
In un recente studio sull'Indice internazionale di competitività dei sistemi di tassazione, si evidenzia come il sistema fiscale di un Paese sia determinante per la sua performance economica e venga misurato tenendo conto di due importanti aspetti della politica fiscale: la competitività e la neutralità. Non è certo un bel risultato che l'Italia figuri penultima fra i 35 Paesi membri dell'OCSE.
Le tasse sono – ripeto – il vero cappio al collo delle nostre imprese. Infatti, Confapi ha sempre ritenuto che la riduzione del carico fiscale su lavoro e imprese fosse indispensabile per aumentare il reddito disponibile e riequilibrare la tassazione sui fattori produttivi.
Anche l'OCSE ha più volte registrato come non si consideri adeguatamente l'aspetto dimensionale delle PMI private e che le stesse spesso fronteggiano costi di compliance fiscale percentualmente troppo alti rispetto alle risorse a disposizione e ai propri margini. In particolare, per quanto riguarda l'incentivo alla capitalizzazione delle imprese con capitale proprio (ACE) si prevede, all'interno del disegno di legge di bilancio, una riduzione dell'aliquota dal 4,5 al 2,3 per cento nel 2017 e al 2,7 per cento nel 2018. Ovviamente, questa misura riguarda solo le società di persone, ma occorre considerare anche altri fattori.
La riduzione dell'aliquota ACE si muove in favore dell'imposta sul reddito imprenditoriale (IRI), un regime impositivo opzionale per tutte le imprese individuali e le società commerciali in contabilità ordinaria, finalizzato anche a favorire la capitalizzazione delle piccole e medie imprese.
Confapi, pur accogliendo con favore tale misura a beneficio delle microimprese, evidenzia l'aggravio fiscale che subiranno gran parte delle piccole e medie industrie, riducendo, appunto, l'aliquota dal 4,5 al 2,3 per cento. A suo tempo, abbiamo avanzato delle proposte nel senso di considerare anche l'aspetto dimensionale in relazione all'ACE.
L'introduzione dell'IRI deve rappresentare, infatti, l'avvio di un percorso che vada verso la riduzione progressiva delle imposte che gravano su tutte le piccole e medie imprese, e non solo a favore di alcune e a danno delle società di capitale. Se favoriamo le società in nome collettivo (SNC) è senza dubbio un fatto positivo, ma è evidente che questo non dovrebbe andare a danno delle piccole e medie industrie. Rispetto all'ACE, su queste poteva, infatti, rimanere una percentuale del 4,5 per cento, ma l'aspetto dimensionale ancora una volta è stato dimenticato.
Apprezzando le misure contenute nelle previsioni riferite al piano Industria 4.0, Confapi ritiene che non sia sufficiente – questo è un tema a me molto caro – investire soltanto in software e hardware per realizzare una piena digitalizzazione delle PMI e del Paese, ma occorre calibrare le predette misure tenendo conto dei livelli di innovazione raggiunta, del contesto territoriale e del settore merceologico in cui operano le imprese, nonché del loro livello dimensionale.
Credo che il piano Industria 4.0 rappresenti una iniziativa importantissima per il mondo e per l'Italia che deve stare in competizione con tutte le altre imprese, ma dobbiamo pensare a un aspetto fondamentale. Non basta l'innovazione in termini strutturali e di software, ma è fondamentale il sistema della formazione per la digitalizzazione.
Noi siamo un Paese vecchio. Mi riferisco all'Europa, non solamente all'Italia. La nostra vita si allunga di cinque ore al giorno. Sono medico e questi sono i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità. L'Italia, rispetto ad altri Paesi, è però estremamente vecchia.
Il fatto non è solamente che siamo vecchi, ma è evidente che c'è una difficoltà generazionale. Le persone di una certa età trovano difficoltà ad abituarsi alla digitalizzazione e all'informatizzazione, per cui credo che la formazione sia fondamentale. Pag. 86
Non possiamo innovare solamente nel piano Industria 4.0, pensando che sia un fatto tecnico. Come vicepresidente europeo delle piccole e medie industrie, ne parlavo con il mio collega tedesco che ha vinto il premio sulla digitalizzazione in Germania – non lo ha vinto la grande industria –,credo che occorra una formazione pratica, non solamente accademica riguardo al sistema digitale, cioè facendo comprendere ai piccoli e medi industriali o imprenditori quanto sia utile e pratica la legislazione della loro impresa.
Attraverso la definizione di tali parametri guida, si potrebbe facilitare il sostegno a quelle imprese che, pur con un potenziale di sviluppo di processi e di prodotti, risultano ad oggi poco innovative. Sarebbe, quindi, opportuno considerare delle misure diversificate che tengano conto sia della valorizzazione del capitale umano, prevedendo degli incentivi per l'assunzione di personale particolarmente qualificato per il settore, sia dell'implementazione del know how aziendale.
In quest'ottica di trasformazione del sistema economico-produttivo che il piano Industria 4.0 metterà in atto – è un fatto straordinario, quindi devo fare i complimenti al Governo e al Ministro Calenda in particolare – si devono considerare i fondi interprofessionali quale strumento prezioso per favorire percorsi formativi di aggiornamento in linea con le politiche attive del lavoro che l'attuale Governo si mostra intenzionato a promuovere.
Dato che c'è un grande dibattito sui fondi interprofessionali, che sono straordinari per le piccole e medie industrie, sarebbe opportuno armonizzare questa formazione indirizzata dal Governo essenzialmente sulla digitalizzazione.
Ecco allora che le risorse, anziché a pioggia, verrebbero finalizzate a un piano industriale di formazione di cui il Paese ha bisogno e che andrebbe in parallelo con il progetto Industria 4.0 in termini industriali o tecnici. Il tutto salvaguardando inoltre l'autonomia gestionale e organizzativa di quei fondi virtuosi che hanno attivato nel tempo, attraverso la collaborazione sinergica tra organizzazioni datoriali e sindacali, percorsi formativi efficaci, quali ad esempio quelli mirati allo sviluppo informatico, in grado di compenetrare la crescita dei lavoratori con le nuove esigenze del mercato.
Credo che la formazione, non solo con i fondi interprofessionali, ma anche con le università, sia fondamentale per sviluppare e digitalizzare il nostro Paese.
Solo i fondi interprofessionali, data la loro pluriennale esperienza nella formazione aziendale e il loro radicamento territoriale, sono in grado di favorire quella formazione non accademica ma di utilità pratica, che fornisce al lavoratore gli strumenti necessari a percepire l'importanza di questo processo di trasformazione produttiva e di acquisire una conoscenza adeguata per padroneggiare le nuove tecnologie.
Il piano Industria 4.0 richiede un processo di formazione culturale, non solo tecnica. Ecco, sottolineerei questo elemento tre volte. Possiamo avere tanti seminari e tanti accademici che spiegano, ma al piccolo e medio industriale o imprenditore occorre far capire quanto sarebbe utile la digitalizzazione in termini di produttività e di sviluppo della propria azienda.
Abbiamo delle resistenze incredibili. Non ho dati relativi all'Italia, ma il mio collega tedesco mi diceva che in Germania il 60-70 per cento trova resistenze culturali alla digitalizzazione.
Confapi ritiene, pertanto, che la mission dei fondi interprofessionali dei prossimi tre anni dovrà essere incentrata anche sull'implementazione della digitalizzazione delle imprese e dei lavoratori nell'ambito del piano Industria 4.0.
Inoltre, in questo processo legato al piano Industria 4.0, Confapi ritiene necessario concentrarsi, oltre che sull'innovazione dei sistemi, anche sulle innovazioni di prodotto, una sfida vitale che ci può rendere competitivi con il resto del mondo.
Questo è un altro tema caro a Confapi e a me personalmente. Noi stiamo pensando all'innovazione dei sistemi, ma ci stiamo dimenticando dell'innovazione e della ricerca sul prodotto. Anche la grande industria oggi è terzista delle multinazionali Pag. 87del mondo. Il giorno che ci saranno altre richieste scompariremo, se non pensiamo alla ricerca, all'innovazione del prodotto e anche ai brevetti e alla difesa del nostro ingegno.
Non c'è innovazione senza ricerca, ma non c'è ricerca senza industria. È, quindi, importante in tale contesto stimolare la collaborazione tra le università, i centri di ricerca di eccellenza e il mondo imprenditoriale, creando degli spin in, come il nostro instaurato tra Confapi e l'Università di Tor Vergata di Roma.
Lo spin in è un punto in cui l'università ci mette i ricercatori e noi ci mettiamo le aziende per lo sviluppo di piani industriali, ma soprattutto di prodotti. Un primo passo verso l'implementazione di questa sinergia è la previsione, per l'anno 2018, di un finanziamento a dipartimenti universitari di eccellenza mediante la creazione di un apposito fondo. Tale previsione si auspica possa costituire un trampolino di lancio per avviare nuove best practice e far sì che la ricerca sia effettivamente di supporto ai fabbisogni dell'industria, stimolando l'innovazione tecnologica.
Infine, per poter mettere il punto e lo zero dopo il quattro, diventa indispensabile una semplificazione digitale effettiva, a sistema, della pubblica amministrazione e una conseguente agilità pratica nel fare impresa.
La completa digitalizzazione del Paese, il wi-fi free e la banda larga sono una priorità per posizionarci al pari degli altri Paesi industrializzati e offrire alle nostre aziende le stesse opportunità di mercato e di sviluppo. Per fare un esempio, la banda ultra larga in Italia è nella media del 22,3 per cento; invece, in Europa è del 64, quasi tre volte superiore.
Con riferimento agli interventi relativi al sostegno all'investimento delle PMI attraverso il rifinanziamento e l'estensione della «nuova Sabatini», Confapi ritiene che il provvedimento in esame costituisca sicuramente un importante passo per creare dei canali che incentivino e agevolino le piccole e medie imprese ad accedere a condizioni particolarmente favorevoli di credito per l'acquisto di strumenti ad alto potenziale tecnologico.
Altresì, nell'ambito della previsione contenente forme di agevolazione per investimenti, è previsto che i fondi pensione e le casse di previdenza che destinano fino al 5 per cento del loro patrimonio a investimenti qualificati beneficeranno dell'esenzione dalle imposte sui redditi di natura finanziaria, nonché dall'imposta di successione e donazione, a condizione che li detengano per almeno cinque anni, effettuando investimenti diretti a medio e lungo termine nell'economia reale italiana.
Tale misura contempla anche una forma di investimento a medio termine che intende indirizzare il risparmio presso il sostegno delle imprese nazionali, anche quelle di piccole e medie dimensioni.
Il risparmio era una cosa molto cara, ma oggi lo abbiamo dimenticato. Per noi, invece, è un valore importantissimo sul quale investire e attraverso il quale fare investimenti. Infatti, è previsto che almeno il 21 per cento del portafoglio sia investito in strumenti finanziari emessi da imprese diverse rispetto a quelle incluse nell'indice di Borsa Ftse Mib.
A fronte di questi provvedimenti che vanno in una direzione condivisibile, si continua a registrare, oltre alla permanente difficoltà per le PMI di accesso al credito, anche un grave squilibrio finanziario per i lunghissimi tempi di pagamento tra privati. Infatti, i tempi di pagamento sono mediamente superiori ai 90 giorni.
La direttiva 2011/7/UE, in materia di lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, stabilisce i tempi entro i quali le fatture devono essere regolate e prevede sanzioni pecuniarie, se questi non sono rispettati. Come sapete bene, sono 60 giorni per le imprese, salvo diversa indicazione, e 30 giorni per le pubbliche amministrazioni.
In questo momento non sto parlando di pagamenti tra le pubbliche amministrazioni e i privati, cosa risaputa e chiarissima. Capisco i tempi e le difficoltà economiche dello Stato, così come ritengo che lo Stato debba capire le difficoltà delle aziende. A ogni modo, non sto parlando dei pagamenti Pag. 88 della pubblica amministrazione verso le aziende private, ma di quelli tra aziende private.
Quando sono stato, insieme al presidente dell'associazione delle piccole e medie industrie tedesche Ohoven, dal Ministro Calenda, si sono stupiti perché in Germania i pagamenti sono a 15 giorni. Parlavo con Antonio Tajani, quando era Commissario europeo all'industria, andando in Svezia, e ci chiedevano come mai paghiamo a 30 o 60 giorni, visto che loro pagano immediatamente, a 10 giorni.
Questo è il problema della competitività in Europa. Sto parlando di rapporti tra aziende private. Questo è un caso incredibile. La verità è che, in questo Paese in cui la grande economia percentualmente è fatta dalle piccole e medie imprese, non si considera questo fatto importante. Il pagamento tra privati è un fatto culturale. Credo che lo Stato dovrebbe porvi rimedio.
I pagamenti non possono avvenire tra una grande industria, quindi tra privati, e una piccola industria a 100, 120, 150 giorni. Dopodiché, la piccola e media industria, a sua volta, ha fornitori che pagherà quando sarà pagata dalla grande industria. Tuttavia, le banche non fanno finanziamenti alla piccola industria, ma li fanno alla grande industria, perché dà altre garanzie. Spesso, la grande industria ci dice: «qual è il problema se il pagamento è a 120 giorni? Se non lo vuoi a 120 giorni, c'è la mia società di factoring, che ti paga a 30 giorni». Poi, si paga un altro 8 per cento o 10 per cento alla società di factoring della grande industria, che paga a 120 giorni. Questo vuol dire che la grande industria riceve il finanziamento, quindi c'è un sistema perverso, in cui la grande industria, che paga a 120 giorni tra privati, non potrebbe avere una società di factoring, che, pagando un altro con lo sconto dell'8 per cento, dà il finanziamento a 30 giorni.
Chiediamo che il pagamento sia a 60 giorni e che lo Stato, dopo i 60 giorni, per l'azienda nel privato possa prevedere una percentuale, come quella che si paga in banca, da pagare sui ritardi. Credo che questo allevierebbe molte situazioni, così come agevolerebbe i pagamenti delle fatturazioni.
In realtà, l'applicazione concreta di questa direttiva è del tutto disattesa e le PMI, parte contrattuale debole rispetto alla grande industria, subiscono costantemente condizioni contrattuali di pagamento, che le costringono a fungere da banca ai loro clienti: facciamo da banca alla grande industria, quindi a loro che ricevono i finanziamenti dalle banche, mentre noi non li riceviamo. Questa situazione non ha uguali in Europa, dove i termini di pagamento sono mediamente al di sotto dei 60 giorni, quindi la competitività tanto richiesta è vanificata dallo sforzo finanziario delle PMI per poter reggere una situazione così penalizzante.
Tempi di pagamento più lunghi significano maggiore necessità di affidamenti bancari, maggiori oneri finanziari, peggioramento di rating e scarsità di risorse da destinare agli investimenti, perché sottratti alla gestione di cassa. Questi fattori rendono le PMI meno competitive delle altre aziende europee.
Io chiedo, onorevoli deputati e senatori, che si prenda davvero coscienza di quello per cui i rappresentanti della piccola e media industria – ne verranno dopo altri di me – chiedono attenzione, ossia la situazione del Paese. I problemi si risolvono, come Paese, se ci occupiamo anche della nostra economia e apriamo gli occhi sulla realtà.
A corollario di questa situazione, occorre rappresentare la situazione di molte PMI subfornitrici della grande industria, le quali, per cercare di recuperare liquidità da forniture contrattualmente saldate a 120 o a 150 giorni, si vedono proporre dalle medesime l'utilizzo di strumenti di factoring di proprietà delle stesse, con costi finanziari straordinariamente onerosi e indotti da termini di pagamento gravemente iniqui: in questo senso, sarebbe opportuna – e noi ci attiveremo – la presentazione di qualche emendamento. Dovrebbe essere interrotto il perverso meccanismo che vede talune grandi industrie, proprietarie di attività finanziarie solo strumentali, colpire economicamente subfornitori portati allo Pag. 89stremo da termini di pagamento eccessivamente lunghi.
Questa è una battaglia che Confapi vuol portare avanti e che ha sottoposto all'attenzione del Ministro Calenda, il quale ci ha dato anche ragione. Inoltre, qualora si immaginasse che si tratta di un rapporto solo tra privati che non coinvolge assolutamente il sistema pubblico, questo non corrisponderebbe al vero, perché ci sarebbe un grande vantaggio anche per il sistema pubblico, a partire dai problemi di IVA o comunque riguardanti la tassazione. Altri problemi alle PMI sono causati dalla modifica introdotta nel 2015, che ha portato dallo zero al 20 per cento il soddisfacimento, che non è sufficiente a scoraggiare concordati che portano gravi conseguenze a quei creditori che, a causa di questi concordati ,vedono svanire il valore dei loro crediti.
La norma, prima del 2015, prevedeva il 40 per cento, ma poi è stata portata allo zero, per cui occorre ridare valore alle procedure concordatarie che, altrimenti, si risolvono solo a vantaggio di comportamenti irresponsabili nel mercato. Il 40 per cento è il minimo di soddisfacimento – e, se fosse possibile, io proporrei addirittura il 50 o 60 per cento – per evitare una beffa all'imprenditore sano, che rischia altrimenti di incappare a sua volta in una crisi aziendale per colpa della mancata soddisfazione del suo credito.
Troppi abusi dello strumento concordatario sono stati perpetrati in questi anni e la riforma del 2015, dallo zero al 20 per cento, non è stata sufficiente a ridurre le gravi penalizzazioni al ceto sano creditorio. È assurdo che un'azienda sana perda l'80 per cento e abbia problemi di rating bancario, perché non riesce a pagare, e quella con il 20 per cento si salva e riparte da zero, come se niente fosse. In questo modo, stiamo uccidendo le aziende sane, perché questo è uno strumento utilizzato in maniera maldestra. Occorre portare il sistema concordatario di nuovo almeno al 40 per cento.
Confapi chiede che il Governo intervenga per risolvere tali situazioni che mettono in sofferenza le PMI, incentivando il rispetto delle modalità e dei tempi di pagamento minimi tra le grandi imprese e le piccole imprese private e l'applicazione di tassi di interesse, come dicevo, stabiliti nonché modificando le norme sul concordato. Rendiamo i tassi di interesse pari a quelli delle società di factoring, per esempio.
Qualora si volesse opporre la mancanza di interesse pubblico per poter intervenire sul punto, Confapi rivela che una tale operazione risulterebbe vantaggiosa anche in termini di positive ricadute sulla finanza pubblica, in quanto si tradurrebbe in maggiori entrate fiscali e soprattutto in minori insolvenze per l'erario, in termini di IVA e imposte dirette.
Con riferimento alle misure in materia di welfare, l'intervento del Governo si esplica su più fronti, stimolando investimenti sul mercato interno e con una serie di misure rivolte ai lavoratori, che vanno dalle agevolazioni fiscali per gli iscritti ai fondi pensione alla possibilità di accesso all'APE, passando per le ricongiunzioni gratuite, la no tax area e le misure per i lavoratori precoci e usurati.
Apprezzabile è il riconoscimento di uno sgravio triennale dei contributi a carico dei datori di lavoro per l'assunzione di giovani che abbiano svolto con lo stesso datore di lavoro percorsi di alternanza scuola-lavoro o di apprendistato, per il quali riteniamo che l'esempio tedesco sia molto importante. I percorsi di alternanza scuola-lavoro rappresentano un elemento strategico per favorire l'inserimento di risorse umane qualificate nelle piccole e medie imprese e possono diventare uno strumento per favorire il ricambio generazionale, anche nei termini di cui al piano Industria 4.0.
In quest'ottica, Confapi sta portando avanti politiche di welfare attivo attraverso un progetto pilota che mette insieme imprese, sindacati e università: la formazione dei giovani e dei lavoratori rappresenta un antidoto alla crisi e un modo per superare le incrostazioni dei vecchi riti del sistema.
Confapi auspica che, nel solco tracciato dal disegno di legge di bilancio in esame, prenda avvio un piano strategico che valorizzi le eccellenze e il know-how italiano e Pag. 90ridisegni l'immagine dell'Italia produttiva, tenendo sempre più in considerazione le dimensioni e le caratteristiche aziendali delle PMI, che da sempre sono il cuore pulsante del sistema produttivo italiano.
In conclusione, mi auguro che le tematiche sin qui illustrate possano essere alla vostra attenzione, dopo questa introduzione fatta di corsa, che avrebbe molti altri risvolti, che ci riserviamo anche di produrre in termini assolutamente collaborativi e propositivi al Governo, a tutto il Parlamento e a tutta l'Italia. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei, dottor Casasco. Abbiamo superato di due minuti il tempo disponibile per tutti, che era di trenta minuti.
Do la parola al direttore generale di Confimi, Fabio Ramaioli, cui chiedo cortesemente di fare una sintesi.
FABIO RAMAIOLI, direttore generale di Confimi. Buonasera a tutti. Sono Fabio Ramaioli, direttore generale di Confimi e sono coadiuvato, oggi, dal responsabile nazionale delle politiche fiscali, Francesco Zuech. Porto i saluti del presidente Paolo Agnelli, che purtroppo, per un contrattempo dell'ultimo minuto, non è riuscito a essere presente. Ringraziamo i presidenti Boccia e Tonini e i membri delle Commissioni per questo invito e per la possibilità di illustrare i pensieri della nostra confederazione.
Confimi Industria, Confederazione dell'industria manifatturiera italiana e dell'impresa privata, nasce quattro anni fa e aggrega 28.000 aziende per 410.000 dipendenti, muovendo un fatturato aggregato di 71 miliardi di euro.
Abbiamo consegnato alle Commissioni un documento corposo con delle analisi tecniche specifiche, all'interno delle quali troverete anche delle proposte di emendamenti. Io mi limito, vista anche la ristrettezza dei tempi cui sono stato richiamato, a leggere una sintetica relazione che parte da alcune considerazioni di premessa dell'attuale scenario, nelle quali abbiamo inquadrato quindi il pensiero di Confimi Industria sul disegno di legge di bilancio.
Quest'ultimo, secondo il nostro parere, va prevalentemente nella giusta direzione, anche se un maggiore impatto sulle politiche fiscali del lavoro e sulla riduzione del costo energetico sarebbero ancora necessari. Un giudizio negativo verte, invece, sul versante delle semplificazioni, di cui, per alcuni temi e spot, vi illustrerò le motivazioni.
Dal punto di vista congiunturale, Confimi Industria ha completato da poco il proprio esame, da cui emerge che il primo semestre dell'anno ha visto una situazione oscillante tra la stabilità e la modesta crescita per due imprese su tre nei principali indicatori, ovvero fatturato, investimenti, produzione e ordini, mentre l'occupazione rimane sostanzialmente al palo. La previsione per la fine del 2016 replica abbastanza fedelmente il quadro già dipinto, con un modesto, ma generalizzato, spostamento «al bello». In particolare, diminuiscono in proporzione le aziende che prevedono una diminuzione dei propri indicatori principali, mentre cresce il gruppo di chi vede un andamento stabile.
Venendo alla nota dei pagamenti, posso dire che i pagamenti a 30 giorni, considerati il punto di arrivo per normalizzarci rispetto ai Paesi europei più evoluti, sono oggi una realtà quasi sconosciuta: solo il 6 per cento del campione riesce a farsi pagare a 30 giorni e poco più dell'8 per cento paga i fornitori con quella scadenza. Inoltre, tre imprese su dieci si fanno pagare dai clienti a 60 giorni, ma la metà del campione concede ai clienti di pagare a 90 o a 120 giorni. Un altro 6 per cento concede dilazioni ancora superiori e differisce non di poco la politica di pagamento ai fornitori, con oltre il 50 per cento del campione che paga a 60 giorni o meno, mentre un terzo delle imprese paga i fornitori a 90 giorni.
Continua, quindi, a preoccupare questa situazione della liquidità e dei pagamenti tra privati ma anche – come è già stato giustamente evidenziato prima – con enti pubblici.
Da quest'analisi scaturisce una nostra proposta, che si troverà nei capitoli tecnici in calce al nostro contributo. Tra l'altro, va Pag. 91evidenziato che, secondo i dati dell'ultimo report 2016 della periodica indagine conoscitiva condotta a livello europeo da Intrum Justitia, il 63 per cento delle aziende europee ritiene che il rifiuto di pagare alla data di scadenza sia intenzionale. In Italia, i ritardi sono intenzionali per il 75 per cento degli intervistati: questo è un dato su cui dobbiamo tutti riflettere.
L'analisi dei desiderata fa emergere, come chiari campioni, la semplificazione burocratica e la riduzione della tassazione, compreso il costo dell'energia su imprese e lavoro. Seguono, di poco, la lotta alla corruzione e alla concorrenza sleale. Non possiamo dimenticare che, in questi otto anni, hanno chiuso i battenti circa 650.000 imprese, di cui circa 90.000 manifatturiere, con una perdita di posti di lavoro pari quasi a 2,7 milioni di persone, tra chiusure di aziende e delocalizzazioni.
Le politiche dell'austerità imposte dall'Unione europea hanno mostrato la corda e, se vi si resta ancorati, la possibilità di riprendere una crescita solida si allontana sempre di più nel tempo, con il rischio che le PMI italiane vengano definitivamente assorbite dal mercato globale. Nel rinviare ai dati veramente negativi, che potete vedere nel contributo che vi abbiamo fornito, mi limito a sottolineare, tra tutti, quello relativo alle tasse che, secondo la Banca mondiale, incidono sulle imprese italiane per il 65,4 per cento degli oneri totali e quello relativo alla burocrazia, che impegna le imprese italiane per circa 33 giorni all'anno.
Questa manovra, quindi, si inquadra in un contesto che ha visto soffrire pesantemente l'Italia negli ultimi otto anni. L'intensità di tali picchi negativi con gli effetti diffusi in termini occupazionali e sociali ha portato al centro della questione economica il rilancio dell'industria manifatturiera. Il settore manifatturiero, tra l'altro, dovrà a brevissimo fare i conti anche con i primi esiti della Brexit e soprattutto con la decisione che l'Unione europea dovrà assumere in merito al riconoscimento della Cina come economia di mercato.
Ciò che Confimi Industria chiede a tutti i decisori politici è che si rendano conto che il tessuto imprenditoriale italiano è formato per il 97 per cento da piccole e medie imprese, soprattutto private. Inoltre, quest'aspetto deve essere considerato sviluppando misure in grado di favorire manodopera locale, attraverso la riduzione della tassazione sugli insediamenti produttivi indigeni, ovvero quelli realizzati in Italia, e solo in via subordinata quella mirata ad attrarre capitali dall'estero. Ad oggi con l'IRAP, per esempio, succede ancora il contrario.
Il fatto di vedere recepite normative tarate su dimensioni di grandi imprese o di multinazionali, che non possono essere applicate al nostro tessuto, comporta il grave rischio di portarci fuori dalla competizione internazionale.
Dobbiamo con forza riconoscere la differenza tra una piccola, una media e una grande impresa, perché la domanda è: si è grandi per il numero di occupati o per il fatturato o per la capacità di essere presenti in mercati importanti? Su quest'aspetto, devono essere concentrati gli sforzi.
Una vera ripresa con numeri significativi non ci sarà sino a quando le imprese italiane, in un Paese privo di materie prime, dovranno confrontarsi con questi tre elementi negativi: il costo del lavoro, inteso come cuneo fiscale più alto d'Europa; il costo dell'energia più alto d'Europa, tenuto conto che nella fascia dei consumi delle PMI, tra i 2.000 e i 20.000 megawattora, il differenziale tra l'Italia e l'Unione europea è, in base ai dati Eurostat, pari ad un più 86 per cento; infine – spiace segnalarlo – il disimpegno degli istituti bancari dal finanziamento alle PMI, che è dovuto soprattutto all'applicazione esatta dei canoni di Basilea 3 da parte delle banche, che valutano il rating soltanto dal punto di vista quantitativo. Si tratta di un valore che, per loro natura, le PMI hanno in misura minore, in considerazione anche degli otto anni di crisi da cui arriviamo, quindi un'analisi più qualitativa che quantitativa valuterebbe più coerentemente il potenziale delle PMI, dando loro la possibilità di rilancio e di innovazione.
Da questo punto di vista, apprezziamo lo sforzo dell'ABI che, insieme alle parti Pag. 92datoriali, sta cercando di invertire la rotta attraverso le prime sperimentazioni della «bussola della qualità», uno strumento tecnologico innovativo e unico, pensato per rafforzare i rapporti tra aziende e istituti di credito attraverso una diversa valutazione delle imprese da parte delle banche in merito alla concessione di crediti e finanziamenti, iniziando a valutare seriamente il rating qualitativo di un'azienda nella valutazione del merito creditizio. Questo renderebbe giustizia a molti imprenditori che negli ultimi anni si sono visti negare la possibilità di accedere a risorse preziose per effettuare nuovi investimenti, pur risultando meritevoli di fiducia e di sostegno.
Infine, rispetto ad alcuni temi che analizziamo adesso in maniera sintetica, segnaliamo che la manovra dovrebbe opportunamente prevedere anche un intervento organico sulla riforma della giustizia, sociale e civile, indispensabile per le aziende nel rapporto fra le stesse, un maggiore intervento sulla riduzione del costo energetico nonché un'incisiva tutela del prodotto italiano, con un urgente incremento della sorveglianza nel mercato attraverso un maggior controllo degli enti ma anche attraverso la normazione volontaria e l'accreditamento.
Sullo sfondo resta ovviamente, da parte nostra, la massima collaborazione con le istituzioni nel definire interventi di sostegno immediato e strategico per le popolazioni e le imprese del Centro-Italia colpite dal sisma, alle quali va la nostra vicinanza e il nostro appoggio.
Passando sinteticamente alle osservazioni sulle principali misure fiscali, posso dire che, da un punto di vista fiscale, in merito alla comunicazione IVA e allo spesometro trimestrale il nostro giudizio su questo versante è negativo, in quanto l'accelerazione che il fisco vuole imprimere alla tempistica nella trasmissione dei dati è quanto meno inopportuna. Nel documento consegnato da Confimi, a piè di pagina 7 e di pagina 8, trovate nella nota numero 2 un elenco di almeno dieci «piaghe», che si sono abbattute sugli operatori negli ultimi sei anni. I collaboratori, sia dipendenti che in outsourcing, delle nostre aziende ci stanno già manifestando forte malcontento e preoccupazione sui pesanti impatti operativi di questa misura. A nostro avviso, diciamo con forza che serve assolutamente una tregua.
Vi sono operativamente già altre sfide pesanti che impegneranno i nostri collaboratori nel prossimo anno, fra le quali le rilevanti novità in materia di bilancio introdotte dalla riforma del decreto legislativo n. 139 del 2015: vi sono 20 principi contabili su 30 in fase di revisione ma, purtroppo, non si conoscono ancora gli impatti fiscali di tali novità.
Confimi Industria ritiene che la misura in questione abbia l'obiettivo di obbligare, di fatto, i contribuenti ad adottare la fatturazione elettronica. Ovviamente Confimi Industria è da sempre favorevole all'innovazione tecnologica, anche amministrativa, ma riteniamo che questa debba essere un'innovazione comunque spontanea e non imposta, di fatto, in modo coercitivo, altrimenti diventa una semplificazione forse solo per la pubblica amministrazione finanziaria e non anche, purtroppo, per gli operatori. La proposta di Confimi Industria è dunque quella di rinviare di almeno tre anni questa misura e di evitare per il medesimo periodo di introdurre nuovi adempimenti. Tra l'altro, i 100 euro di credito di imposta offerti alle imprese con un volume d'affari fino a 50.000 euro sono risibili. A questo punto, è a rischio la sopravvivenza di tante piccole imprese con forti problemi di marginalità.
Negativa è la sterilizzazione della possibilità di recuperare fin da subito l'IVA sui fallimenti, perché la norma che era stata introdotta nella precedente legge di stabilità doveva entrare in vigore per le procedure avviate nel 2017, ma c'è stata purtroppo una retromarcia. Confimi Industria chiede quantomeno di ripristinare la possibilità di considerare a questi fini, fra le procedure concorsuali, anche l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Siamo particolarmente preoccupati degli effetti che continuano ad avere gli insoluti fra gli operatori, come abbiamo detto poc'anzi, di conseguenza proponiamo un emendamento all'articolo 71 del disegno Pag. 93di legge di bilancio che introduca una procedura di autogestione imprenditoriale, in grado di rovesciare tale tendenza. La procedura non ha, a nostro giudizio, bisogno di coperture erariali, anzi determinerà sensibili effetti positivi, poiché consentirà di ridurre lo stock delle perdite di IVA sui fallimenti.
Tra gli aspetti positivi della manovra, esprimiamo grande apprezzamento per la proroga del super ammortamento al 140 per cento con riferimento alle operazioni effettuate entro il 31 dicembre 2017 ovvero sino al 30 giugno 2018, a condizione che sia avvenuto il pagamento dell'acconto del 20 per cento entro il 2017, perché questa è una misura di semplice applicazione e incentivante, nonché la nostra soddisfazione per l'iper ammortamento al 250 per cento, che per i software si colloca al 140 per cento, per il medesimo periodo di cui sopra, ma anche per i beni ipertecnologici, in funzione del piano Fabbrica 4.0. Tale misura è assolutamente interessante per la strada da percorrere, ma avanziamo solo qualche perplessità sui possibili effetti occupazionali. La sensazione è, tuttavia, che non vi sarà ancora un'adesione massiva, soprattutto per i problemi nell'ottenere credito dal sistema bancario, e quindi non ci dovrebbero essere in tal senso impatti troppo rilevanti nel breve periodo.
Sul credito di imposta per ricerca e sviluppo, si condividono le misure di rafforzamento delle agevolazioni per la ricerca e lo sviluppo, anche se forse le risorse, che prevedono altresì l'innalzamento da 5 a 20 milioni del massimale di credito d'imposta, andrebbero più equamente dirottate su altre misure maggiormente fruibili anche dalle PMI.
Sul taglio dell'IRES, posso dire che a noi non spiace, ma a nostro avviso sarebbe preferibile rovesciare il paradigma sulla riduzione della pressione fiscale, agendo prioritariamente sulla riduzione per i fattori produttivi, soprattutto su lavoro ed energia, al fine di realizzare prodotti competitivi per l'esportazione, tassando eventualmente anche di più gli utili, per non tassare energie e macchinari, prima che entrino in funzione. Nel documento che vi abbiamo consegnato trovate comunque l'elenco degli interventi strutturali sui quali chiediamo di intervenire.
Consideriamo molto bene anche le proroghe dell’ecobonus per le ristrutturazioni e gli interventi antisismici, così come la sterilizzazione dell'aumento delle aliquote di IVA ed accise. Sul tema lavoro, è apprezzabile l'incremento delle soglie d'ingaggio della tassazione agevolata sui premi di produttività, che sarà ammessa fino a 3.000 euro, invece di 2.000 euro. Resta fondamentalmente irrisolta la questione del cuneo fiscale e contributivo, cioè la differenza tra il costo del lavoro pagato dalle aziende e il salario netto percepito in busta paga dai loro dipendenti. Interessante è l'incentivazione all'assunzione dei giovani, che non potrà entrare a regime rapidamente, anche se lo sgravio per 36 mesi con un tetto di 3.250 euro è assolutamente interessante.
C'è una proposta per quanto concerne il tema di Industria 4.0, che è sicuramente un tema molto interessante. Tuttavia, come dicevo poc'anzi, non possiamo dimenticare il fatto che ci sarà molto probabilmente un problema di carattere sociale. Tra l'altro, non possiamo dimenticare che gli ammortizzatori sociali successivi al Jobs Act sono decisamente più rigidi e costosi, ma soprattutto che dal 1° gennaio 2017 scompare l'istituto della mobilità con le connesse agevolazioni per chi assume, quindi, ad oggi, non è ancora dato di sapere se un lavoratore, collocato in mobilità alla fine del 2016, percepirà le indennità dei residui spettanti anche nel 2017.
Una nostra proposta, sulla falsariga di quanto avvenuto per il sistema bancario, con oltre 60.000 esuberi a costo zero per lo Stato, sarebbe quella di poter finanziare un fondo di solidarietà anche attraverso lo 0,30 per cento, o parte di esso, attualmente destinato agli enti di formazione, per agevolare l'uscita almeno delle fasce di lavoratori più deboli, senza oneri per il bilancio dello Stato e per le stesse imprese.
Concludo con un plauso alle misure adottate dal Governo in materia di messa in sicurezza del patrimonio immobiliare, per la discontinuità che rappresentano rispetto al passato, collocando la prevenzione Pag. 94 sistematica e programmata del patrimonio immobiliare fra le strategie prioritarie del Paese, quindi riteniamo ottimo il lavoro che si sta svolgendo sul piano «Casa Italia».
Un aspetto da tenere in considerazione è quello per cui il disegno di legge di bilancio prevede la possibilità di cessione del bonus fiscale alle imprese. Tale aspetto può risultare un importante stimolo, ma non si conoscono ancora le modalità di attuazione, che dovranno essere definite dall'Agenzia delle entrate. Non vorremmo che questa cessione risultasse difficilmente sostenibile per le micro, piccole e medie imprese del settore, quindi ci auguriamo che ci siano a breve dei meccanismi realmente attuabili e operativi. Vi ringrazio per l'attenzione e mi scuso per la velocità di illustrazione.
PRESIDENTE. Grazie a voi. Ci scusiamo noi, però purtroppo il Parlamento ha ricevuto il disegno di legge di bilancio, per una serie di motivi diversi, con grande ritardo e siamo pertanto costretti a contrarre i tempi. Do la parola al componente della giunta di Confprofessioni, Luigi Carunchio, con preghiera di essere quanto più possibile sintetico, perché abbiamo due ore di ritardo.
LUIGI CARUNCHIO, componente della giunta di Confprofessioni. Noi siamo quelli compressi, alla fine. Intanto, vorremmo ringraziare per l'invito e porgere i saluti del nostro presidente Gaetano Stella, che purtroppo, oggi, era fuori regione per ragioni istituzionali. Io sono Luigi Carunchio, componente della giunta di Confprofessioni. Cercherò di essere il più possibile sintetico, evitando di leggere tutto il documento.
Il settore delle libere professioni subisce la stagnazione connessa alla crisi degli investimenti nell'innovazione, facendo registrare un decremento dei redditi dei professionisti, che prosegue ormai da alcuni anni. In alcuni settori delle professioni ordinistiche questa compressione dei redditi si lega alla riduzione dei nuovi iscritti, con pesanti preoccupazioni per la sostenibilità di lungo periodo, soprattutto delle casse previdenziali.
A questa congiuntura economica difficile si uniscono gli effetti degli interventi legislativi dell'ultimo quinquennio, che hanno letteralmente travolto i liberi professionisti. Il nostro settore, che occupa circa 4 milioni di lavoratori tra professionisti e dipendenti, ha subìto provvedimenti di deregolamentazione molto invasiva, come, per esempio, l'abolizione delle tariffe professionali o l'obbligo di assicurazioni, al quale non ha però fatto da contrappeso l'obbligo a contrarre in capo alle compagnie assicurative, perché, come ben sa chi svolge la libera professione, spesso non siamo assicurati dalle compagnie.
La legge di stabilità dello scorso anno ha finalmente riconosciuto l'inclusione dei liberi professionisti tra i potenziali beneficiari dei fondi strutturali europei. Questo è molto positivo, ma purtroppo molti bandi regionali continuano a riproporre vecchie pratiche discriminatorie, forse per via della burocrazia, che copia il bando precedente senza vedere le innovazioni di quello attuale, quindi da questo punto di vista ci vorrebbe un input da parte della politica.
La legge di bilancio che vi accingete ad approvare, per alcuni versi, è indifferente alle esigenze del settore delle libere professioni. Spiegherò le motivazioni attraverso un'analisi più puntuale di alcune misure contenute nel disegno di legge di bilancio per il 2017.
Sono sicuramente e certamente apprezzabili gli interventi sulle nuove agevolazioni per le assunzioni e l'ampliamento dell'operatività della detassazione dei premi di produttività, così come l'abbassamento dell'aliquota contributiva alla gestione separata per i professionisti senza cassa, il rinvio dell'aumento dell'aliquota IVA e la proroga del super ammortamento sugli investimenti in beni strumentali.
Siamo, tuttavia, di fronte ad alcuni interventi che sono scollegati da un impianto sistematico. Per esempio, la mancanza di coraggio e di un'impostazione strategica si mostra anche nelle previsioni relative alle casse di previdenza dei liberi professionisti, per le quali si dispone la detassazione degli investimenti nell'economia reale. Questa è sicuramente una misura positiva per le Pag. 95casse, ma ci domandiamo quando ci decideremo ad affrontare una volta per tutte il dossier relativo alle casse di previdenza dei liberi professionisti. Queste devono infatti essere profondamente ristrutturate per garantirne la solidità di lungo periodo, altrimenti siamo tutti seduti su una bomba a orologeria.
Già da tempo segnaliamo l'opportunità di ripensare alcuni trattamenti fiscali che riteniamo ingiustificati per i liberi professionisti e, in alcuni casi, anche illegittimi. Senza indugiare, per ragioni di tempo, nella illustrazione ulteriore del documento, mi limito a richiamare soltanto alcuni flash. L'articolo 54, comma 5, del TUIR prevede la deducibilità delle spese di formazione nella misura del 50 per cento del loro ammontare. Si tratta evidentemente di una disposizione penalizzante e ingiusta, tanto più perché l'attuale normativa obbliga i professionisti alla formazione continua, il che vuol dire che, da un lato, siamo obbligati a formarci e, dall'altro, i costi della formazione non sono deducibili.
L'articolo 164 del TUIR prevede, con specifico riguardo alle professioni, la deducibilità dei costi connessi all'utilizzo degli autoveicoli strumentali, nel limite del 20 per cento e con riferimento ad un solo veicolo. Si tratta di limitazioni chiaramente anacronistiche, posto che attualmente, per quasi tutte le professioni, il lavoro è svolto per la maggior parte della settimana con continue visite presso la clientela. Ho citato, a titolo di esempio, queste due sole questioni, ma nel documento sono elencate anche le altre.
Confprofessioni insiste da anni sull'esigenza improrogabile di dar vita a fenomeni di aggregazione dei professionisti. Noi dobbiamo unire le nostre competenze e renderle trasversali rispetto ai campi professionali nonché aumentare le dimensioni e le risorse strumentali dei nostri studi, contrastando la concorrenza dei grandi gruppi stranieri e promuovendo la presenza capillare dei nostri studi nei mercati europei, altrimenti non riusciremo a competere rispetto agli studi e alle big firm che vengono dagli altri Stati. Tuttavia, il legislatore non ha raccolto quest'esigenza e le società tra professionisti, introdotte nel 2012, non sono decollate, perché la normativa è purtroppo superficiale e non affronta in modo esaustivo il trattamento fiscale e contributivo né il tema della distribuzione degli utili. Nella medesima prospettiva, è urgente che i contratti di rete siano estesi ai liberi professionisti. Speriamo che adesso nel disegno di legge sul lavoro autonomo, che ormai ha preso la corsa nell'esame parlamentare, questo aspetto venga opportunamente corretto.
Permettetemi infine un approfondimento sulla nuova normativa concernente il welfare aziendale, un tema che sta molto a cuore alla confederazione che oggi in questa sede rappresento. Confprofessioni ha dato vita, attraverso la bilateralità, a un sistema di garanzie e di servizi di assistenza integrativa, che assicura ormai da anni efficienza e qualità nel welfare. I lavoratori iscritti alla Cassa di assistenza integrativa (Cadiprof) sono aumentati costantemente e così la soddisfazione per la qualità dei servizi erogati, che includono anche prestazioni quali l'assistenza alla maternità e all'infanzia, equivalenti a quelle qui introdotte per legge. Gli stessi liberi professionisti e i datori di lavoro possono finalmente beneficiare loro stessi delle misure tarate sulle loro esigenze. Si tratta di un intervento che abbiamo realizzato per rispondere alle problematiche sopra descritte del mondo professionale, a conferma che le relazioni sindacali che funzionano bene possono raggiungere ottimi risultati.
Il disegno di legge di bilancio per il 2017 mira ad agevolare fiscalmente l'erogazione di prestazioni e servizi di welfare, anche nell'ambito della corresponsione dei premi di produttività. Ben vengano quindi questi interventi, ma è doveroso segnalare che vi è una difficoltà oggettiva ad adattare alcune delle misure in esame – pensate alla realtà delle grandi aziende – a comparti caratterizzati da piccole strutture, quali sono gli studi professionali. Siamo convinti che in tali contesti prestazioni di welfare possano trovare una più agevole diffusione laddove introdotte dalla contrattazione collettiva nazionale e assicurate dagli enti della Pag. 96bilateralità di settore, anche per una maggiore efficacia delle prestazioni, orientata sul lungo periodo e non di carattere estemporaneo. Nel rispetto del principio della sussidiarietà, riteniamo dunque doverosa una legge di bilancio che sostenga questi strumenti, a partire dal riconoscimento di un trattamento fiscale agevolato ai contributi che i liberi professionisti versano per la propria iscrizione agli enti bilaterali di settore.
Io mi fermo qui perché, come dicevo in premessa, sono quello che è rimasto costretto nei tempi dagli interventi che mi hanno preceduto. Grazie.
PRESIDENTE. La ringraziamo. Dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione di rappresentanti di Lunaria – Coordinatrice della campagna Sbilanciamoci.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti di Lunaria – Coordinatrice della campagna Sbilanciamoci.
Do ora la parola a Grazia Naletto, pregandola, se c'è un documento, di fornirlo alle Commissioni e di fare un'estrema sintesi per ragioni di tempo.
GRAZIA NALETTO, presidente di Lunaria e portavoce di Sbilanciamoci. Innanzitutto, vorrei ringraziare per l'invito. Io non illustrerò dettagliatamente il documento, che noi abbiamo depositato, ma mi limiterò a svolgere soltanto alcune osservazioni.
In primo luogo, urge ed è inevitabile una considerazione di metodo, nel senso che oggettivamente noi, quest'anno, ci siamo trovati molto in difficoltà rispetto agli anni scorsi, dati i tempi con i quali sono stati pubblicati tutti i testi utili ad analizzare il disegno di legge di bilancio. Detto questo, noi presentiamo un documento dove evidenziamo quelli che secondo noi sono gli aspetti più critici del disegno di legge medesimo, che desta, almeno per le organizzazioni che fanno parte della campagna Sbilanciamoci, parecchie preoccupazioni e, in una seconda parte, cerchiamo anche di avanzare alcune proposte, che ovviamente io non illustrerò nel dettaglio, ma che vanno in una direzione decisamente diversa rispetto all'indirizzo che attraversa il disegno di legge.
Dal punto di vista delle preoccupazioni, innanzitutto osserviamo che, come anche la Commissione europea ha avuto modo di comunicare, vi sono forti rischi dal punto di vista della attendibilità delle coperture previste nel disegno di legge di bilancio. Ancora quest'anno, si torna a puntare sulla lotta all'evasione fiscale e sull'estensione della voluntary disclosure e a puntare sulle politiche di spending review e sul programma di privatizzazioni, cioè su attività che anche in passato sono state considerate centrali dal punto di vista della strategia per aumentare le entrate delle casse dello Stato, ma che a posteriori hanno prodotto dei risultati molto spesso inferiori a quanto atteso. Questa è una preoccupazione che ci sentiamo assolutamente di esprimere, tanto più che anche la manovra di quest'anno, di fatto, è in gran parte utilizzata per impedire lo scatto della clausola di salvaguardia, che avrebbe dovuto esserci con l'aumento dell'IVA a partire dal gennaio prossimo. C'è questa considerazione di carattere generale, che riteniamo abbastanza importante.
Come secondo aspetto, a noi sembra che, per quanto riguarda le scelte fatte, permanga – e qui la nostra voce, me ne rendo conto, è dissonante rispetto a chi ci ha preceduto – un'impostazione che è molto sbilanciata a favore delle imprese, mentre molto poco si sbilancia a favore della lotta contro le disuguaglianze economiche e sociali e molto poco pensa, da un lato, a rafforzare l'impegno pubblico a sostegno dello sviluppo dell'economia e dell'occupazione e, dall'altro, a garantire un sistema di welfare centrato sul consolidamento di un sistema di servizi, più che sulla proliferazione di misure frammentarie e di tipo prevalentemente monetario. Questa è la Pag. 97considerazione di carattere generale e ci tengo a farla.
C'è sicuramente un aspetto che consideriamo positivo e che riguarda la scelta fatta dal Governo di aumentare gli stanziamenti destinati al sistema ordinario di accoglienza per i richiedenti asilo e i rifugiati, che ci sembra significativa anche rispetto a tutti gli anni precedenti ed orientata nella giusta direzione, anche se purtroppo si accompagna, anche quest'anno, a una sproporzione rispetto all'entità delle risorse impiegate per il sistema di accoglienza dei cittadini stranieri irregolari.
Questi sono gli aspetti critici e, dal punto di vista delle proposte, su cui, ripeto, non posso soffermarmi nel dettaglio, noi abbiamo fatto un lavoro di analisi che, per quanto siamo riusciti a farlo in due giorni, riguarda sia il testo del disegno di legge che gli allegati. Inoltre, abbiamo suddiviso la nostra analisi per aree, su cui noi avanziamo delle proposte.
In particolare, ci terrei a soffermarmi almeno su una misura, che forse potrebbe vedere effettivamente un cambiamento nel corso della discussione parlamentare e che riguarda il servizio civile universale. In base all'analisi delle tavole, abbiamo visto che le risorse ad oggi previste non sono assolutamente sufficienti a garantire non solo quei 100.000 ragazzi del servizio civile, di cui aveva parlato il Presidente del Consiglio qualche anno fa, ma neanche un terzo di quella cifra, quindi ci auguriamo che, nel corso del dibattito parlamentare, siano approvati stanziamenti superiori.
Il secondo aspetto riguarda la nostra manovra fiscale. Abbiamo svolto un'analisi molto dettagliata delle misure previste nel disegno di legge di bilancio e proponiamo di cancellare talune misure che riguardano riduzioni fiscali essenzialmente a vantaggio delle imprese. Avanziamo anche delle proposte che riguardano l'introduzione di nuove misure fiscali, che potrebbero garantire una sostenibilità esattamente nel senso di aumentare la nostra capacità di spesa pubblica. Fra queste, che non posso illustrare nella loro completezza, sarebbero in particolare necessarie l'estensione della tassa sulle transazioni finanziarie, l'introduzione di una digital tax e l'introduzione di una carbon tax.
Nel documento queste misure sono descritte molto dettagliatamente perché ci rendiamo conto che evidentemente c'è un problema anche di entrate da parte dello Stato e che su queste si può intervenire in un modo più equo, cercando appunto di ridurre l'imposizione fiscale a carico delle fasce della popolazione più deboli e intervenendo invece sui patrimoni, in tal modo cercando di diminuire la grandezza delle diseguaglianze.
Ci sono altre due misure che vorrei segnalare e poi, se c'è qualche minuto in più, lascerei la parola ai colleghi che sono qui presenti.
Dal nostro punto di vista, una scelta del Governo che si distingue rispetto al passato riguarda l'articolo 21 e l'istituzione di un fondo per gli investimenti nelle infrastrutture, che reca una dotazione non trascurabile. Il punto è che l'articolo 21 prevede investimenti in molti settori di intervento, con la conseguenza che, per esempio, la dotazione, per il 2017 di 1 miliardo e 900 milioni di euro, se si considerano tutti i diversi settori di intervento previsti, rischia di non avere in realtà un impatto significativo in nessuno di questi. La proposta che noi avanziamo, per esempio, è che questi fondi siano maggiormente finalizzati in particolare a sostegno delle attività di prevenzione sismica e della tutela del territorio.
C'è un'ultima nota da aggiungere. Tra le misure che proponiamo in materia di welfare, ne segnalo una: noi proponiamo di abolire tutte le misure frammentarie attualmente esistenti, che anche nel disegno di legge di quest'anno ricevono alcuni finanziamenti, e di utilizzare l'insieme di queste risorse per rafforzare il sistema dei servizi per l'infanzia. Ci sembra insomma necessario e utile che, in prospettiva, si adotti una strategia che punti più a rafforzare il sistema dei servizi che non le erogazioni monetarie individuali.
Io mi fermo qui, anche se il documento, che vi invito a leggere, è molto più dettagliato. Noi presenteremo la nostra contromanovra, almeno in una prima versione, il 15 novembre, appuntamento al quale invito Pag. 98i membri delle Commissioni a partecipare. Grazie.
PRESIDENTE. La ringraziamo. L'abbiamo ascoltata con attenzione, pur nella ristrettezza dei tempi a nostra disposizione, e leggeremo con interesse la documentazione che ci avete consegnato.
Audizione di rappresentanti
di R.ETE. Imprese Italia.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti di R.ETE. Imprese Italia.
Do ora la parola al dottor Sergio Silvestrini, segretario generale CNA.
SERGIO SILVESTRINI, segretario generale CNA. Cercherò di essere il più veloce possibile, anche perché mi rendo conto che è stata per voi una giornata impegnativa e importante. D'altra parte, abbiamo lasciato già il nostro documento, che è pensato e meditato e che spero e confido sarà oggetto delle vostre riflessioni future, quindi mi limiterò a leggere il più velocemente possibile uno schema che abbiamo presentato.
La manovra di bilancio per il 2017 cade, com'è evidente, in un momento in cui c'è un miglioramento dell'economia, ma anche prudenza nelle scelte e timore per il futuro. La nostra economia è ancora troppo lenta per uscire dalla palude degli zero virgola ed è imbrigliata da una forte burocrazia, dall'esorbitante pressione fiscale e dalla diffusa illegalità, ma è tuttavia forte – io direi anzi fortissima – in virtù di un tessuto imprenditoriale vitale e di un'ingente ricchezza privata, mai abbastanza conosciuta.
Permane un divario importante di produttività con i nostri concorrenti internazionali, in parte riconducibile ai maggiori costi. Penso solo al fisco, all'energia e alla carente strutturazione logistica del nostro Paese. Serve, dunque, accelerare.
Il nostro giudizio sulla manovra di bilancio per il 2017, espresso alla luce del combinato delle misure contenute nel decreto-legge in materia fiscale del 22 ottobre scorso e del disegno di legge di bilancio, è complessivamente positivo, sia per l'impegno a utilizzare tutti i margini di flessibilità negoziabili con l'Europa al fine di imprimere una direzione espansiva alla politica di bilancio, sia per le misure che la compongono e che noi riteniamo di fondamentale importanza per il mondo dell'artigianato, del terziario e delle piccole imprese, a partire dalla sterilizzazione dell'aumento dell'IVA previsto dalle clausole di salvaguardia.
Ciò che maggiormente apprezziamo, in fondo, di questa manovra è la scelta del Governo di mettere tutte le imprese al centro della politica economica per il 2017. Questa è una responsabilità che certamente noi, piccoli e medi imprenditori, siamo pronti ad assumerci. Di contro, ci aspettiamo che il Governo renda immediatamente operative, insieme al Parlamento ovviamente, le misure una volta approvate: è banale chiederlo, ma non è banale la risposta. Con la manovra di finanza pubblica, a volte, le misure vengono previste soltanto sulla carta, per cui più che il detto scripta manent sembra valere il detto scripta volant, il che rappresenta una contraddizione in termini, anche se questo, per carità, accade solo a volte.
Con la manovra di finanza pubblica, il Governo ha confermato e potenziato molti degli strumenti già adottati in precedenza. Mi riferisco alle agevolazioni fiscali relative agli interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica e al rifinanziamento del fondo di garanzia per facilitare il credito alle piccole imprese, nonché alla «nuova Sabatini», al credito d'imposta per la ricerca, al cosiddetto «super» e «iper» ammortamento e alla detassazione dei premi di produttività. Queste sono iniziative che comprovano una strategia da noi più volte peraltro indicata, incentrata sull'utilizzo della leva fiscale quale strumento più idoneo, più significativo e più importante per sostenere i processi di crescita Pag. 99 della competitività del nostro sistema imprenditoriale.
Il disegno di legge di bilancio introduce anche provvedimenti che chiedevamo da tanto tempo per migliorare il rapporto tra fisco e imprese e per dare maggiore equità al prelievo fiscale. Pensiamo innanzitutto all'istituzione dell'imposta sul reddito imprenditoriale (IRI), che consente alle imprese individuali e alle società di persone di optare per il pagamento delle imposte sui redditi lasciati in azienda con la stessa aliquota applicata alla società di capitali, ora fissata al 24 per cento. Si tratta di una misura che interesserà non meno di 300.000 piccole imprese. Questa è una cifra forse poco nota, che ci piace citare, perché 300.000 imprese sono quasi il 5 o 6 per cento dell'intero universo delle imprese italiane.
Pensiamo all'utilizzo, peraltro, del criterio di cassa per la determinazione del reddito per le imprese personali in contabilità semplificata, una misura che finalmente garantirà a oltre 2 milioni di imprese di pagare imposte solo sui redditi effettivamente incassati, a quelle piccole imprese che, più delle altre, subiscono gli effetti negativi legati ai cronici ritardi dei pagamenti e alle quali non è nemmeno concesso di compensare, così come da richiesta storica del nostro mondo, i crediti con la pubblica amministrazione con i debiti fiscali e contributivi.
Ora, se avessimo più tempo e voi aveste più pazienza, potremmo ragionare molto di questo, ma non abbiamo certamente tempo, anche se voi avreste pazienza, per cui spero ci sarà una prossima occasione per approfondire questo tema.
Apprezziamo peraltro anche l'estensione al 2017 del blocco della tassazione locale.
Il disegno di legge allinea le detrazioni di imposta per i pensionati a quelle dei lavoratori dipendenti ed estende la quattordicesima, accogliendo in parte le aspettative di tanti autonomi pensionati che ricevono importi non dignitosi. Inoltre, tale disegno di legge riduce l'aliquota contributiva al 25 per cento per i professionisti iscritti alla gestione separata. Noi abbiamo centinaia di migliaia di professionisti iscritti alla gestione separata, quindi si tratta di una misura particolarmente gradita, ma c'è di più, perché affronta anche l'anticipazione dell'età pensionabile per consentire una maggiore equità sociale e un ricambio generazionale, dando anche un forte impulso agli strumenti costituiti dalle parti sociali.
Auspichiamo che le modalità con cui questi principi saranno tradotti in pratica siano pienamente inclusive del mondo dell'impresa diffusa e dei suoi strumenti bilaterali. Diamo atto, quindi, che siamo di fronte a una manovra che viene incontro alle imprese, ma bisogna dire che questo non basta e non è sufficiente.
Basti pensare alla pressione fiscale media effettiva sul reddito delle imprese, che permane a livelli insostenibili. Il total tax rate italiano, calcolato dalla Banca mondiale, è del 64,8 per cento, considerando tasse più contributi, rispetto all'area dell'euro che è del 43,6 per cento, quindi ci sono venti punti di differenza. Pensate alle nostre imprese che competono sui mercati globali e internazionali e che devono pagare uno scotto di venti punti percentuali sulle tasse rispetto ai nostri concorrenti tedeschi. Se pensate un attimo a questa differenza, potete immaginare qual è la difficoltà che devono affrontare giornalmente le nostre imprese, cioè 20 punti di differenza.
Siamo, anche per questo motivo, in fondo delusi dall'assenza nella manovra di bilancio di importanti misure, che da tempo sollecitiamo, per cui ci attendiamo che il Parlamento, facendo appello a voi, possa inserirle nel corso dell'esame presso le Camere. Ci riferiamo in modo particolare alla riforma degli studi di settore, che dovrebbe essere tesa a incentivare e premiare l'efficienza e la fedeltà fiscale e non essere più utilizzata come strumento di mero ed esclusivo accertamento.
In merito alla soppressione di Equitalia, che apprezziamo, e alla sua sostituzione con il nuovo ente Agenzia delle entrate-Riscossioni, è necessario che vengano approvate presto ulteriori norme, tese a definire una nuova disciplina della riscossione coattiva, meno onerosa e più rispettosa Pag. 100 dei diritti dei contribuenti onesti, anche per non tradursi in un mero cambiamento di nome fine a se stesso. Mancano, inoltre, all'appello la totale deducibilità dell'IMU sui beni strumentali utilizzati dalle imprese e l'eliminazione della ritenuta dell'8 per cento sui bonifici effettuati per il pagamento di spese relative alla riqualificazione energetica degli edifici e alla ristrutturazione dell'abitazione. Voi sapete che questa era, qualche anno fa, del 4 per cento, mentre adesso è dell'8 per cento, che è il guadagno medio dei nostri imprenditori, per cui anticipare l'8 per cento significa mangiarsi totalmente il guadagno dell'investimento che noi facciamo in questa direzione. Considerando la difficoltà di approvvigionamento bancario, del credito e così via, voi capirete la difficoltà delle piccole e medie imprese e delle imprese diffuse nell'affrontare questa fase del mercato.
Tutto ciò serve anche per poter definire i contorni dell'autonoma organizzazione, che renderebbe certa l'esclusione dal pagamento dell'IRAP per migliaia e migliaia di lavoratori autonomi e di piccole imprese individuali.
Servono interventi a diretto supporto del turismo, forse una delle chiavi più importanti nel nostro Paese, che devono essere dimensionati e allineati rispetto al piano strategico di sviluppo del turismo per il 2017-2022, approvato lo scorso mese di settembre. Rinvio al documento, che abbiamo consegnato, per il dettaglio delle nostre osservazioni.
Sulle singole misure, vorrei solo soffermarmi brevemente sui temi di maggiore rilevanza per il mondo che rappresentiamo. Intanto, sul fisco ci pare molto positiva la decisione di confermare e prorogare le detrazioni per le ristrutturazioni edilizie, la riqualificazione energetica degli edifici e l'acquisto dei mobili e degli elettrodomestici. Fondamentale è anche la proroga fino al 2021 della detrazione per le spese di riqualificazione energetica sulle parti comuni condominiali degli edifici e l'innalzamento fino al 75 per cento del beneficio.
Particolarmente necessarie, anche alla luce dei drammatici eventi sismici che hanno colpito e continuano, purtroppo, giornalmente a colpire le regioni del Centro Italia, sono le misure dedicate alle detrazioni riconosciute alle spese sostenute per la messa in sicurezza degli edifici contro il rischio sismico. Tali detrazioni sono fissate fra il 70 e l'85 per cento e fruibili in cinque anni, invece che nei dieci ordinari.
Al contempo, risulta incomprensibile la scelta di consentire la cessione del bonus sulla riqualificazione energetica solamente all'impresa che ha curato i lavori, escludendo categoricamente gli intermediari finanziari. Voglio sottolineare questo concetto, che a noi pare davvero di fondamentale importanza. Una soluzione, che per noi invece è praticabile, dovrebbe essere quella di coinvolgere le banche e gli intermediari finanziari per allargare la platea dei privati che possono affrontare gli investimenti di riqualificazione degli immobili
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA 5a COMMISSIONE
DEL SENATO DELLA REPUBBLICA GIORGIO TONINI
PRESIDENTE. Noi pensiamo che in fondo il progetto di «Casa Italia», ove riuscissimo con le risorse italiane e le risorse europee, debba essere il più grande progetto per i prossimi vent'anni. Questa sarebbe un'opportunità straordinaria per il Paese, per le piccole e medie imprese e per i cittadini e un'opportunità straordinaria per il turismo, per la riqualificazione dei nostri centri urbani e delle nostre periferie e per fare quella famosa ricucitura di cui parla il nostro grande architetto Piano. Si tratta di un'occasione irripetibile e R.ETE. Imprese Italia, le piccole imprese, quindi i milioni di imprese che noi rappresentiamo, vorrebbero e desidererebbero questo. Si tratta di una delle chiavi per la nuova innovazione della politica economica italiana.
In questo senso, ci pare particolarmente importante per il settore turistico anche la proroga dell'incremento al 75 per cento del credito di imposta, riconosciuto per le spese di ristrutturazione edilizia sostenute dalle Pag. 101imprese alberghiere, benché vincolato alla finalità della riqualificazione energetica dell'edificio e all'adeguamento antisismico dello stabile.
In materia di aiuto alla crescita economica (ACE), la riduzione del rendimento nozionale al 2,3 per cento per il 2017 e, a decorrere dal 2018, al 2,7 per cento indebolisce una misura già scarsamente efficace e riduce ulteriormente la capacità di orientare la scelta degli imprenditori di investire nella propria azienda. Riteniamo particolarmente grave, però, la decisione di abrogare la norma che consente di recuperare l'IVA sui corrispettivi non pagati dai clienti sottoposti a procedura concorsuale, perché, anche se la norma, di fatto, non era entrata ancora in vigore, rappresentava un segnale di civiltà fiscale, per cui, come ripeto, non capiamo perché sia stata cassata.
Parlando rapidamente di investimenti, ribadiamo l'apprezzamento per la conferma del super ammortamento per investimenti generici e, ancor di più, per la prevista maggiorazione del 150 per cento per l'acquisto di beni e servizi funzionali a processi coerenti con il piano Industria 4.0 che, come voi sapete, noi preferiremmo potesse essere definito, data la natura delle nostre imprese, Impresa 4.0. Forse la nostra è una voce nel deserto, ma noi ogni volta poniamo la questione perché la caratteristica delle nostre imprese, signor presidente, è di un'altra natura.
Riteniamo, però, opportuno che l'iper ammortamento non sia riservato solo agli investimenti in beni strumentali, inseriti nelle linee produttive tipiche delle grandi imprese, ma sia utilizzabile anche per le singole apparecchiature.
Apprezziamo gli effetti della «nuova Sabatini», mentre sulle questioni relative al credito, alle garanzie e ai confidi vorremmo dire che permane, a nostro avviso, la necessità di attivare iniziative incisive per favorire l'accesso al credito in una fase ancora caratterizzata da un fortissimo razionamento, specie per le imprese di minori dimensioni.
Crediamo sia fondamentale una riforma complessiva della tassa sui rifiuti, introducendo indicatori e misure che vincolino gli enti locali ad adottare il parametro dei costi standard nella determinazione dei costi di servizio, e condividiamo l'esonero contributivo per l'assunzione degli studenti coinvolti nei percorsi di alternanza, che valorizza percorsi utili a ridurre il gap tra mondo produttivo e sistema scolastico e favorisce le acquisizioni di competenze on the job, richieste dal mercato del lavoro. L'esonero contributivo dovrebbe affiancarsi, però, al rilancio del bonus occupazionale nell'ambito del programma «Garanzia giovani», quale misura con cui affrontare l'emergenza dei giovani Neet, garantendo il fatto che l'agevolazione sia riconosciuta anche per i contratti di apprendistato professionalizzante.
Dall'anno 2015 è disposto il versamento all'entrata del bilancio dello Stato da parte dell'INPS di 120 milioni di euro annui, che gravano sulle quote destinate ai fondi interprofessionali per la formazione continua. Si tratta infatti, presidente, di una decurtazione che contrasta con il generale obiettivo di rilanciare le politiche di occupabilità del lavoratore, e riteniamo pertanto che tali risorse debbano rientrare nella disponibilità dei fondi. Chiediamo inoltre la proroga degli sgravi contributivi per i primi tre anni di contratto di apprendistato, strumento certamente fondamentale per il nostro mondo, al fine di coniugare formazione e occupazione.
È necessario altresì prorogare l'intervento di sostegno al reddito per gli operatori del settore commerciale e turistico, costretti a cessare anticipatamente la propria attività. Si tratta di una particolare forma di ammortizzatore sociale la cui erogazione non comporta alcun onere per lo Stato, dal momento che viene autofinanziato dalla categoria attraverso una specifica contribuzione a carico di tutti gli iscritti alla gestione previdenziale dei commercianti presso l'INPS.
Accogliamo con favore la misura che eleva gli importi e amplia i soggetti ammessi al beneficio della detassazione dei premi di produttività, ma riteniamo che andrebbe accompagnata alla decontribuzione degli oneri a carico delle aziende. Pag. 102Apprezziamo – mi avvio velocemente alle conclusioni – l'inserimento di elementi di maggiore flessibilità nell'accesso al pensionamento, pur nel rispetto del fondamentale equilibrio di bilancio del sistema previdenziale. Tuttavia, la possibilità di anticipazione della pensione andrebbe estesa anche al lavoro autonomo, evitando forme di distinzione tra lavoratori.
Dopo la riduzione dei premi e dei contributi INAIL introdotta nel 2014, occorre una nuova disposizione di legge che espliciti in maniera chiara che l'aggiornamento dei premi debba essere fatto distintamente per singola gestione assicurativa separata, in modo da tenere conto dell'andamento economico, finanziario e attuariale registrato da ciascuna gestione, cosa che negli ultimi anni non è stata assolutamente fatta. Nel complesso, quindi, questo è un disegno di legge che pare a noi positivamente orientato nella direzione di rilancio dell'economia italiana, ma non di meno suscettibile di alcuni miglioramenti, che suggeriamo attraverso la proposizione di emendamenti che invieremo nei prossimi giorni. Grazie, signor presidente.
PRESIDENTE. Grazie a lei, segretario generale. Non essendoci domande dei colleghi e del relatore, aspettiamo le proposte puntuali e poi gli emendamenti e ci scusiamo ancora per i tempi troppo compressi cui vi abbiamo costretti, ma la sua intelligenza è riuscita a dominare comunque la materia.
Dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione di rappresentanti
di CONFEDILIZIA e ANCE.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti di CONFEDILIZIA e ANCE. Anche a loro rivolgiamo le scuse per l'attesa e dobbiamo chiedere anticipatamente la massima sintesi.
Do ora la parola al dottor Giuliano Campana.
GIULIANO CAMPANA, vice presidente di ANCE. Grazie, presidente. Buon pomeriggio a lei e a tutti gli onorevoli e senatori presenti. Vi ringrazio innanzitutto per quest'audizione, anche se dovrà essere un po’ stringata, cosa che cercherò di fare il più possibile. Intanto, vi ringrazio per questa opportunità di poter esprimere la nostra valutazione sui contenuti della manovra del 2017, che direi, mai come in questo momento, assume una connotazione strategica – io credo – per il futuro italiano, ma soprattutto anche per il futuro delle nostre aziende, data non solo la delicatezza della fase economica, che oggi il Paese sta ancora attraversando, ma soprattutto data la straordinarietà dei fenomeni sismici, che stiamo purtroppo vivendo. Io non voglio rubare appunto altro tempo e andrei subito al fulcro delle nostre considerazioni.
In ambito fiscale, io parto dalla valutazione delle disposizioni che il disegno di legge già contiene per arrivare poi alle nostre richieste. In particolare, mi sembra molto positiva la proroga dei cinque anni della detrazione, per quanto riguarda sia gli interventi di riqualificazione energetica sia la prevenzione antisismica o meglio «sismica».
In particolare, devo dire che consideriamo favorevolmente il rafforzamento dell'agevolazione per gli interventi più incisivi, che accoglie anche le nostre richieste sulla rimodulazione degli incentivi, premiando maggiormente soprattutto i lavori più complessi e aprendo così un nuovo mercato anche per le imprese più strutturate. Apprezziamo altrettanto la proroga per il potenziamento della detrazione per quanto riguarda la ristrutturazione dell'abitazione, anche se si limita solamente al 2017.
Tuttavia, restiamo fortemente perplessi sulla possibilità di cedere il credito relativo a interventi di riqualificazione energetica o di prevenzione sismica alle imprese esecutrici degli stessi.
Siamo consapevoli delle potenzialità espansive sul mercato e sulle attività del Pag. 103settore, quindi del potenziamento di questa detrazione, che, come sappiamo, arriva fino all'85 per cento, soprattutto quando poi la collettività capirà la reale convenienza, così come è avvenuto in passato per il bonus dell'edilizia, che all'inizio non tutti capivano o a cui non credevano e che, via via, si è consolidato. Nell'immediato, però, è assolutamente necessario scongiurare il rischio che la cessione del credito sia effettuata nei confronti delle imprese esecutrici. Oggi, le nostre imprese non sono in condizioni di potere accettare una cessione di questo credito, perché questa diventerebbe una significativa contrazione per quanto riguarda la loro liquidità, già ormai scarsa in questo periodo.
Come operatori del mercato direttamente coinvolti, visto che peraltro si tratta di interessi complessi, anche se coinvolgono strettamente soprattutto le nostre imprese, nell'immediato siamo disponibili ad attivare campagne di sensibilizzazione su questo tema per divulgare gli strumenti messi a disposizione, ma certamente da parte sua il Governo e anche voi dovete impegnarvi per garantire un recupero celere del credito ceduto. Io, se vado a comprare una macchina, non posso dare una cessione del credito, per cui non capisco per quale motivo si parli di cessione del credito, quando si devono fare delle opere soprattutto onerose e costose, sulle quali incide parecchio soprattutto la nostra manodopera. L'importante è che ne venga assicurata la spendibilità e conseguentemente facilitata un'ampia circolazione, perché, diversamente, questo diventa pressoché impossibile per noi.
Allo stesso modo, non si può, di fatto, costringere le imprese esecutrici a farsi pagare con un credito d'imposta, creando ancora ulteriori problemi di cassa, che mettono in discussione poi la possibilità delle stesse imprese di pagare, ripeto, dipendenti, fornitori e subappaltatori. Questo ci sembra il punto fondamentale per il funzionamento dell'agevolazione, quindi la cedibilità di questo credito a soggetti che siano diversi dall'impresa esecutrice dei lavori, sempre per i suddetti problemi di cassa.
Detto questo, arriviamo a ciò che il disegno di legge, diversamente, non contiene. Per noi è stata una grande sorpresa – lo sottoponiamo alla vostra attenzione, affinché nel corso della discussione parlamentare, io mi auguro, ne teniate debita considerazione – la proroga della detrazione del 50 per cento dell'IVA, che c'era stata data solamente per l'anno 2016 e aveva suscitato notevole interesse fra i nostri acquirenti.
Tuttavia, è chiaro che, come lei sa benissimo, presidente, per costruire un fabbricato non è sufficiente un anno. La detrazione del 50 per cento dell'IVA, prima di tutto, voleva dire anche eliminare un'ingiustizia perché, se una persona acquista un immobile da un privato, come prima casa paga il 2 per cento per l'imposta di registro e come seconda casa paga il 9 per cento, mentre, se l'acquisto è fatto da un'impresa, per la prima casa l'aliquota IVA è pari al 4 per cento e per la seconda casa al 10 per cento, anche se non si è mai capito il perché. Quindi, questa norma toglieva tale disparità e ingiustizia e, peraltro, ha movimentato e movimenterà il mercato. Io credo che, però, ci sia stata una svista e probabilmente qualcosa sia sfuggito e mi auguro che adesso questo venga da voi tenuto in considerazione. Io direi oggi che questo sarebbe un elemento premiante per il nostro settore, per muovere questo mercato e per ridare fiducia alla gente, oltre che eliminare l'ingiustizia di cui parlavo prima.
Io ritengo che questo sia uno dei pochissimi provvedimenti che si è rivelato utile veramente per la ripresa del settore e che, soprattutto, premia il comportamento virtuoso di chi – chiamiamole «case verdi» o «case ecologiche» o come volete – acquista immobili con prestazioni molto più elevate di quelle che attualmente oggi ci sono; l'ANCE ha coniato lo slogan «minima spesa per massima resa», non so se rende bene l'idea.
Ci auguriamo, ripeto, che si tratti solo di una svista, recuperabile nella discussione parlamentare e soprattutto che si possa pervenire ad una proroga quanto meno di Pag. 104tre anni di questo bonus, il tempo necessario per poter costruire, ripeto, una casa.
Ci sono poi altre tre misure, che sono sulla stessa linea, le quali, a fronte di un minimo costo per l'erario, garantiscono un importante effetto economico su tutto il settore e su tutto l'indotto. Mi riferisco alla detassazione delle operazioni di permuta oppure di rottamazione, per le quali ci troviamo di fronte a una situazione dove ormai oggi tutti hanno più o meno una prima casa, magari obsoleta o costruita nel primo dopoguerra, e vengono da noi e noi, non essendo in condizioni, non possiamo prenderla in permuta per consegnargli una casa nuova, perché dobbiamo pagarci sopra il 9 per cento, che poi non è recuperabile, quindi l'operazione diventa pressoché impossibile.
Noi potremmo tranquillamente prendere in permuta una casa vecchia e obsoleta, purché l'acquirente acquisti casa – lo ripeto – in classe A o B, ed essere messi in condizione di ristrutturare questa casa, portandola a requisiti energetici ben più accettabili e migliorandola, magari anche come minimo del 30 per cento, per poi rimetterla sul mercato entro cinque anni, pagando ovviamente le relative imposte, e prevedendo il pagamento di una penale se la vendita non avviene entro cinque anni.
Anche questo io credo che sia un sistema per rivalutare il nostro patrimonio edilizio. La maggior parte delle case, è a rischio di crollo oggi, addirittura il 75 per cento se sono in zona 2 o 3. Questo potrebbe essere uno dei motivi che spinge la gente a cambiare casa e noi a ristrutturare e rimettere in condizioni di efficienza le vecchie case.
Accanto a quest'aspetto, noi continuiamo ad evidenziare la necessità di incentivare veri e propri processi di riqualificazione urbana, consistenti nella sostituzione edilizia, come dicevo prima, che implicano la demolizione e la ricostruzione dell'esistente, anche con incrementi volumetrici. Riteniamo indispensabile che, anche in presenza di aumento volumetrico, venga riconosciuto il bonus per l'edilizia, quindi, per intenderci, la detrazione del 50 per cento delle spese sostenute per realizzare l'intervento, ovviamente sino a un massimo di 96.000 euro e solo ovviamente nel caso in cui questo incremento volumetrico sia funzionale a un miglioramento dell'efficienza energetica di tutto l'edificio.
Infine, per incentivare, anche in questo caso, l'avvio dei piani complessi di riqualificazione urbana, dovrebbe essere introdotto un regime fiscale premiale. Come, per esempio, le tasse di registro e ipocatastali in misura fissa, pari a 200 euro ciascuna, per il trasferimento di immobili o di aree o di fabbricati obsoleti, a favore di quelle imprese, che ovviamente intendano utilizzarli per realizzare e riqualificare edifici con elevati standard energetici; stiamo parlando di case di classe energetica A e B.
Nella proposta da noi elaborata, i benefici sarebbero quindi riconosciuti solo a condizione che entro cinque anni le imprese acquirenti abbiano costruito nuovi edifici o riqualificato i manufatti esistenti, con il conseguimento, come ripeto, di una certificazione energetica, che sia la casa in classe A o classe B.
Per quanto riguarda le altre misure fiscali, ritengo che per le imprese appare positiva l'esclusione dalla tassazione dei rendimenti relativi ad investimenti nel capitale delle proprie aziende, il cosiddetto PIR, Piano di risparmio individuale, che recepisce pienamente la proposta dell'ANCE per favorire la ricapitalizzazione delle nostre imprese.
In sintesi, posso dire che la nostra valutazione, tutto sommato, è positiva per quanto concerne le misure fiscali a favore della generalità delle imprese, mentre per il settore edilizio la proroga dei bonus fiscali a nostro avviso non appare sufficiente, giacché occorrerebbe più coraggio.
Per quanto riguarda gli aspetti economici, il disegno di legge contiene importanti misure per il rilancio degli investimenti pubblici e per la ricostruzione post terremoto. Tra le misure, appare particolarmente rilevante l'istituzione di un fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale e industriale del Paese, previsto dall'articolo 21, con una dotazione complessiva, per il periodo 2017-2032, di oltre 47 miliardi di euro. Pag. 105
Anche in questo caso, l'ANCE esprime apprezzamento per tale misura che, qualora accompagnata da una programmazione di lungo periodo, potrà dare stabilità e certezza finanziaria agli investimenti previsti. In particolare, appare apprezzabile la scelta di destinare una parte di tali risorse al piano nazionale, di cui ho già sentito parlare prima, denominato «Casa Italia» e lanciato dal Governo a seguito degli eventi sismici iniziati il 24 agosto scorso. Tutto questo è stato concepito per mettere in sicurezza il territorio e tutto il nostro patrimonio italiano.
Occorre, però, evitare di ripetere gli errori compiuti nel passato con meccanismi di finanziamento analoghi, che hanno poi, tra l'altro, spesso determinato inefficienze e talvolta incertezze, oltre che pericolosi drenaggi di risorse a vantaggio delle emergenze sociali e del relativo indotto economico.
La nostra proposta, quindi, è quella di prevedere un'assegnazione di risorse per finanziare le progettazioni esecutive di lavori pubblici da parte degli enti pubblici. Questo potrebbe permettere di superare alcune delle criticità emerse dopo l'introduzione del nuovo Codice degli appalti e delle concessioni e, soprattutto, di accelerare l'attività degli enti appaltanti, che oggi purtroppo a volte ha tempi biblici.
In merito alla ricostruzione delle zone colpite dagli eventi sismici del Centro Italia, il disegno di legge peraltro prevede un finanziamento complessivo di circa 6 miliardi di euro. Al momento, comunque, non è possibile – io credo – esprimere un giudizio in merito all'adeguatezza dell'importo stanziato rispetto a quanto sarà necessario, anche alla luce degli ulteriori eventi sismici purtroppo verificatisi negli ultimi giorni.
Con riferimento agli enti territoriali, il disegno di legge contiene varie misure di finanza pubblica in grado di favorire il rilancio degli investimenti, come, per esempio, l'inclusione del Fondo pluriennale vincolato nei saldi di finanza pubblica, sempre per il triennio 2017- 2019, e l'apertura dei vincoli di finanza pubblica per consentire l'utilizzo di questi avanzi di amministrazione. Si tratta peraltro di misure importanti, che l'ANCE accoglie molto favorevolmente, che potranno permettere di sostenere la ripresa degli investimenti pubblici a livello territoriale, soprattutto per quanto riguarda i prossimi anni, contribuendo all'attuazione concreta del progetto «Casa Italia».
Ora, per garantire il rilancio degli investimenti il Governo chiede agli enti territoriali di assicurare che gli interventi finanziati con questi strumenti siano aggiuntivi rispetto alla legislazione vigente. Per raggiungere questo obiettivo appare fondamentale assicurare la corretta attuazione delle norme previste, in modo da evitare usi impropri degli spazi finanziari e individuare strumenti di controllo veramente efficaci nonché sanzioni adeguate, in caso di mancato rispetto di tale disposizione, soprattutto da parte degli enti.
In ultimo, il disegno di legge prevede una norma di salvaguardia delle risorse destinate alle opere per le quali gli enti territoriali dispongono della progettazione esecutiva. Per questi progetti, i relativi impegni di spesa certamente dovranno essere assunti, ovviamente, entro la fine del 2017. La norma offre una prima risposta, che però è ancora insufficiente rispetto ai problemi emersi dopo l'approvazione del Codice degli appalti e delle concessioni, legati in particolare al divieto di appalto integrato. Occorre anche qui vigilare attentamente, affinché l'apertura concessa sia pienamente sfruttata per garantire una rapida attivazione degli investimenti ed evitare nuovi rallentamenti amministrativi per la messa a gara delle opere.
Inoltre, occorrerà trovare una soluzione per quanto riguarda i progetti definitivi, già redatti e validati alla data di entrata in vigore del Codice, per i quali le amministrazioni non hanno peraltro ancora varato un progetto esecutivo.
Concludo con una nostra osservazione sulle disposizioni in materia di lavoro e, in particolare, sulla riforma pensionistica, che prevede l'anticipo finanziario a garanzia del cosiddetto «APE sociale». Su questo tema, appare opportuno rivedere la durata minima della contribuzione a 36 anni per Pag. 106accedere al nuovo istituto, visto che si tratta di una durata che, per il settore dell'edilizia, a nostro avviso appare troppo lunga. In effetti, gli operai edili hanno attività discontinue, per cui equiparare un operaio edile a un maestro dell'asilo o al personale viaggiante ferroviario è profondamente ingiusto. Io che bazzico i cantieri tutti i giorni, vorrei dire che basta guardare le mani e i visi dei nostri lavoratori per notare che, purtroppo, a volte si vede la differenza di lavoro, ma ciò non vuol dire che gli altri non lavorino ma che, purtroppo, quel tipo di lavoro è ben più faticoso e consuma molto di più l'organismo.
A nostro giudizio, il provvedimento dovrebbe poi essere integrato con misure mirate, come la messa a regime dell'esonero dal versamento del contributo di licenziamento per le interruzioni di rapporti di lavoro a tempo determinato e per completamento delle attività e chiusura del cantiere, nonché la revisione della disciplina fiscale e contributiva della trasferta.
Io avrei finito e spero di essere stato il più sintetico possibile, d'altronde gli argomenti erano anche parecchi. Nel ringraziarvi, sono qui a disposizione qualora qualcuno volesse porre qualche domanda.
PRESIDENTE. La ringraziamo.
GIULIANO CAMPANA, vice presidente ANCE. La ringrazio di avermi sopportato. Mi raccomando, tenete presente quel 50 per cento dell'IMU, che per noi – mi creda – è fondamentale.
PRESIDENTE. Do la parola al presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa.
GIORGIO SPAZIANI TESTA, presidente di Confedilizia. Ringrazio il presidente Tonini e il presidente Boccia per aver voluto anche quest'anno, come Commissioni bilancio di Camera e Senato, ascoltare Confedilizia. Ringrazio altresì i deputati e i senatori presenti alla nostra audizione. Noi naturalmente abbiamo depositato un documento nel quale illustriamo il più possibile compiutamente il nostro pensiero sia sul disegno di legge di bilancio, così come presentato dal Governo, sia sulle proposte e sulle idee di Confedilizia per quanto riguarda in particolare il settore immobiliare.
Brevemente vorrei, per questi due capitoli, formulare qualche osservazione, almeno su una parte dei contenuti del documento. In linea generale, noi consideriamo che il disegno di legge di bilancio, come presentato dal Governo, contiene alcune misure di particolare interesse, a cominciare da quella relativa agli incentivi per la riqualificazione antisismica, così come viene definita, però manca di alcune misure, in particolare sulla tassazione ordinaria, annuale, ordinaria e ricorrente degli immobili, che necessita di interventi.
Noi abbiamo apprezzato lo scorso anno la manovra finanziaria e la legge di stabilità, che ha dato un segnale di inversione di tendenza sull'immobiliare, e abbiamo ripetutamente indicato come positivo il cambio di rotta che Governo e Parlamento, insieme e in diverso modo, perché la manovra fu ampiamente emendata anche sull'immobiliare, hanno impresso alla politica del settore. Abbiamo, però, sempre detto che quel cambio di rotta avrebbe potuto esprimere e produrre effetti benefici, soprattutto se fosse stato confermato nei successivi interventi di programmazione economica. Crediamo che questo non venga fatto, almeno nella prima versione della manovra per il 2017, come presentata dal Governo, che auspichiamo venga migliorata.
Mi soffermo brevemente sulle misure presenti. Facevo cenno agli incentivi per la riqualificazione antisismica degli immobili e, facendo un passo indietro, posso dire che, in merito, noi apprezziamo innanzitutto, per quanto riguarda la riqualificazione energetica, quella che riteniamo una previsione fortemente richiesta da Confedilizia e che era la soluzione di un problema presente nei condomini italiani, cioè addirittura l'impossibilità, e non la difficoltà, di effettuare interventi di riqualificazione energetica importanti, in presenza di situazioni, come quelle condominiali, nelle quali le decisioni vengono assunte in maniera molto difficoltosa. Pag. 107
L'aver stabilito in cinque anni il termine di durata dell'agevolazione, non con un rinnovo anno per anno, crediamo che possa portare a soluzione molti di questi problemi. È una misura, quella dei cinque anni, come vedremo fra poco, prevista anche per gli interventi antisismici ed era una necessità forte, così come lo era quella risolta, o almeno crediamo, anche in questo caso nell'ambito delle misure antisismiche, ovvero quella di consentire alle famiglie meno abbienti di effettuare interventi anche quando abbiano possibilità economiche ridotte.
Su quest'aspetto, in particolare aspettiamo di vedere nel successivo decreto, che riguarderà le agevolazioni sull'antisismico, come l'Agenzia delle entrate disciplinerà la possibilità di cedere il credito, ma è importante che ci sia la previsione della cessione del credito per risolvere tutti i problemi di incapienza o di difficoltà a effettuare spese, che sono spesso di notevole entità.
Tra le misure previste, ci sono, quindi, il risparmio energetico, con questi miglioramenti, che apprezziamo, e le detrazioni sull'antisismico fortemente rafforzate, che noi apprezziamo e che vogliamo leggere e continuiamo a leggere, in assenza di smentite, come una conferma di una linea che il Governo ha avuto sin dall'inizio in materia di prevenzione. Mi riferisco ovviamente ai periodi immediatamente successivi al primo terremoto e a quelli ancora successivi. C'è una linea finalizzata ad affrontare il tema della prevenzione antisismica, come noi abbiamo detto anche al Presidente del Consiglio in sede di progetto «Casa Italia», attraverso la politica degli incentivi, e non attraverso la politica degli obblighi generalizzati e spesso di dubbia utilità, sui quali, in questo disegno di legge di bilancio, c'è un impegno forte.
Il fatto di poter detrarre fino all'85 per cento della spesa, per quanto riguarda la prevenzione antisismica, crediamo sia un impegno importante, soprattutto se questo impegno viene collegato, com'è, a una misura nuova, che valuteremo quando sarà operativa, ossia quella delle linee guida sul rischio sismico delle costruzioni, che pensiamo abbia il significato della definitiva archiviazione di strumenti un po’ vecchi, che ogni tanto vengono ipotizzati, di tipo cartaceo o comunque burocratico, per risolvere o fingere di risolvere problemi di sicurezza. Qui si dice che se l'intervento antisismico – chiamiamolo così – produrrà certi benefici e la diminuzione di un certo numero di classi, si può arrivare anche all'85 per cento di agevolazione fiscale per i condomini. Questo è un approccio serio, ma naturalmente servirebbe sempre di più e servirebbero incentivi ancora più forti e, se ci sarà la possibilità, credo che questi potranno concentrarsi, nell'ambito delle zone già individuate, che sono la zona 1, la zona 2 e la zona 3 della mappa sismica dell'Italia, in zone ancora più determinate e ancora più selezionate di rischio effettivo.
Con riferimento alle misure esistenti, mentre apprezziamo il nuovo blocco degli aumenti di alcuni tributi locali in capo ai comuni, alle regioni e agli altri enti locali – esclusa la TARI, la tassa sui rifiuti, che sta producendo grandi problemi nelle famiglie italiane per i continui aumenti di un sistema di tassazione di scarsa trasparenza – non apprezziamo affatto, anzi contestiamo fortemente, la conferma, nascosta – devo dire – nelle pieghe del disegno di legge di bilancio, nello stesso articolo riguardante il blocco dei tributi degli enti locali, ma non indicato in rubrica – come mi permetto di sottolineare – di quello che non può che essere definito un aumento di tassazione, già previsto lo scorso anno, dello 0,8 per mille della TASI e che può portare molti comuni a fissare una tassazione massima tra IMU e TASI, quindi la tassazione patrimoniale locale degli immobili, dell'11,4 per mille.
Quest'eccezione nel 2015 era stata prevista, così come stabiliva la legge, in presenza di corrispondenti detrazioni per la prima casa per categorie sociali disagiate, per cui in quel caso aveva un senso, perché non era un aumento di imposta, ma era una compensazione di altri interventi. Nel 2016, è stato inopinatamente previsto un aumento senza corrispettivi e senza corrispondenti diminuzioni e, nel 2017, viene colpevolmente – mi permetto questo termine perché si persevera nell'errore – confermato. Pag. 108 Io comprendo il motivo: i comuni, che oggi sono stati sentiti in audizione, difficilmente rinunciano a ciò che hanno acquisito, ma, in questo caso, si tratta di un aumento di tassazione rispetto a un massimo, per la somma delle aliquote di IMU e TASI, che, per legge, è al 10,6 per mille e lo è ancora per molti comuni, quindi c'è anche un problema di iniquità nel trattamento fra comuni. Invito il Parlamento e le Commissioni bilancio a riflettere su questa previsione.
Noi, poi, facciamo, con riferimento alle misure previste nel disegno di legge di bilancio, come presentato dal Governo, alcune valutazioni positive sulla proroga per l'assegnazione agevolata di beni ai soci, che credo consenta ancora di liberare, dal patrimonio di alcune società, immobili che non sono oggetto di compravendita e sono fermi e hanno bisogno di essere rimessi sul mercato, così come facciamo una proposta di integrazione dell'articolo 22, riguardante le misure per l'attrazione degli investimenti, chiedendo di inserire in questa previsione anche l'acquisto di immobili da parte dei cittadini all'estero, quale presupposto per una serie di benefici.
Questa è una valutazione che abbiamo fatto con la nostra associazione aderente ad Assotrusts e che naturalmente, nel dettaglio, spieghiamo nel documento. Ciò detto, con riferimento alle previsioni contenute nel disegno di legge, presentato dal Governo all'attenzione del Parlamento per l'analisi nel corso delle prossime settimane, ci permettiamo di formulare, come è nostra tradizione, alcune proposte specifiche, non prima di aver fatto una valutazione generale.
Tale valutazione generale è rappresentata dal fatto che la proprietà immobiliare, nonostante l'inversione di tendenza, alla quale facevo riferimento all'inizio, continua a soffrire soprattutto con riferimento ad alcune tipologie di immobili. Ci sono piccoli segnali di miglioramento, che appaiono molto più grandi di quanto non siano, nel campo delle compravendite, ma che si limitano all'acquisto di prime case, quindi di abitazione principali, complice positivo, da un lato, un livello del tasso di interesse sui mutui molto basso e senza precedenti da questo punto di vista e, dall'altro, il rinvio, avvenuto negli scorsi anni, dell'acquisto da parte di molte famiglie. Non accenna a riprendersi minimamente il mercato degli acquisti per investimento, che è naturalmente fortemente necessario per questo Paese, in cui soprattutto l'affitto non è adeguatamente valorizzato.
Noi segnaliamo fra i problemi più urgenti da affrontare, di cui abbiamo parlato con il Governo ripetutamente, quello in particolare degli immobili commerciali locati, cioè negozi, botteghe artigianali e anche uffici, che chiunque di noi vede chiudere ogni giorno e vede trasformarsi in locali vuoti per tanti motivi, naturalmente legati anche alla crisi economica e a una certa modalità di espressione del mercato del commercio da tanti punti di vista, ma fortemente determinata, tanto che lo hanno detto e lo dicono ancora le organizzazioni dei commercianti, in particolare Confcommercio e Confesercenti, dalla eccessiva tassazione sui proprietari degli immobili che affittano. L'affitto di locali commerciali in Italia è garantito tradizionalmente, così come l'affitto di abitazioni, non da grandi soggetti o da grandi enti, se non in pochissimi casi, o da fondi immobiliari, bensì da tante famiglie che investono per l'appunto piccole cifre in abitazioni o in locali commerciali.
Questo tipo di investimento non esiste più e non esisterà per il futuro, ma il problema è che tutto ciò ha determinato un aumento dei locali sfitti, che Confesercenti ha quantificato in circa 650.000, un terzo del totale. Questa è una situazione insostenibile, che necessita di un intervento. Noi abbiamo detto in più occasioni e lo ripetiamo in questa, che è l'occasione formale per poter parlare alla Camera e al Senato, in vista del varo della legge di bilancio, che servono misure, che siano anche sperimentali, che siano anche preparatorie, di detassazione della locazione commerciale, colpita da sette imposte e con redditività zero, affinché questi locali, che noi tutti vediamo vuoti in tutte le città d'Italia, se anche non ci si vuole porre il problema dei proprietari, che li posseggono e sui quali pagano Pag. 109fior di tasse e di spese, possano avere un destino. Il destino non può continuare ad essere quello dell'abbandono e del degrado, con la conseguente mancanza di sicurezza, per cui bisogna intervenire in qualche modo. Noi crediamo che il modo di intervenire sia un inizio di detassazione di questi immobili.
Poi, chiediamo di intervenire, anche in questo caso colloquiando naturalmente col Governo, per l'affitto abitativo. Le misure sugli affitti a canone calmierato sono necessarie, a partire dalla conferma della cedolare al 10 per cento, che è in scadenza nel 2017, passando per un limite alla tassazione IMU e TASI per i contratti a canone più basso, rispetto a quello di mercato.
Nel 1998, fu varata una legge che impostò un sistema intelligente per creare una fascia di affitto fra quello di mercato e l'edilizia economica e popolare; oggi quella fetta di affitto – scusate il bisticcio – si sta riducendo e sta entrando in crisi, non tanto in termini di numeri di contratti, ma in termini di possibilità di affrontare i canoni da parte degli inquilini o dei potenziali inquilini, perché il sistema che si era creato nel 1998 di agevolazioni fiscali in quel settore, in cambio naturalmente di canoni più bassi, è stato stravolto dall'arrivo dell'IMU e della TASI, che hanno portato in alcuni casi – abbiamo naturalmente i dati – addirittura alla quadruplicazione della tassazione.
È chiaro che è stato violato un patto fra Stato, o comune, e contribuente e che si tratta di un problema di iniquità per il cittadino proprietario, ma è stato creato anche un vulnus per questo tipo di mercato, perché naturalmente l'appetibilità è molto inferiore e soprattutto è inferiore la possibilità di addivenire a canoni di locazione che siano tali da consentire alle famiglie di avvicinarsi e non solo alle famiglie, ma soprattutto, come è emerso da un'indagine del Censis e di Nomisma di qualche settimana fa, ai giovani, i quali in molti casi non hanno la possibilità di accedere all'acquisto dell'abitazione e in moltissimi casi neanche all'affitto, se non di singole parti di unità immobiliari, che però non è la soluzione preferita da tutti.
Nel nostro documento, le Commissioni troveranno – e mi avvio alla conclusione – altre proposte specifiche, che non enuncerò una ad una, limitandomi a sottolineare un elemento di quantificazione. Voglio dire che, nonostante gli interventi sulla prima casa, ma non solo, e quelli che riguardano parzialmente l'affitto, il comodato e altri aspetti del settore immobiliare, contenuti nell'ultima legge di stabilità, il settore continua a soffrire soprattutto, oltre che per le questioni specifiche che citavo con riferimento alla locazione commerciale, perché gravato da una tassazione patrimoniale che è ancora fortissima.
L'intervento sulla prima casa naturalmente non ha toccato gli immobili di tipo diverso, come quelli affittati e locati e gli immobili che non si riescono nemmeno ad affittare, tutto insomma il mondo di ciò che è diverso dall'abitazione principale, e ancora oggi il carico di tassazione rispetto al periodo precedente all'IMU registra un aumento del 150 per cento. Cito questa cifra non per tornare, come comunque deve essere fatto, a ricordare questo eccesso di carico di tassazione – lo ripeto – patrimoniale, ma per dire che le proposte concrete e specifiche, e credo realistiche, di Confedilizia di quest'anno sono quantificabili in una misura pari all'1 per cento della tassazione annuale sul settore immobiliare, che è pari a circa 50,8 miliardi.
Noi invitiamo le Commissioni bilancio di Camera e Senato, ma anche tutto il Parlamento, a valutare la necessità di addivenire – e concludo veramente – a interventi che non sono solo tali, almeno quelli che ho enunciato più quelli presenti nel documento, da dare un ristoro a un settore in difficoltà, ma anche tali da determinare, e mi riferisco in particolare all'affitto non abitativo e abitativo, effetti positivi sia nel campo dell'economia, con riferimento al commercio, sia nel campo Pag. 110sociale, con la migliore possibilità di accesso all'abitazione.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
FRANCESCO BOCCIA
PRESIDENTE. Ringraziamo i nostri ospiti.
Dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione di rappresentanti di Alleanza delle Cooperative.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti di Alleanza delle Cooperative.
Do ora la parola a Maurizio Gardini, copresidente dell'Alleanza delle Cooperative italiane e presidente di Confcooperative.
MAURIZIO GARDINI, copresidente dell'Alleanza delle Cooperative italiane e presidente di Confcooperative. Per illustrare la relazione occorrerebbero forse un paio di ore, ma abbiamo rispetto per la vostra intelligenza e anche per la vostra pazienza, quindi non penso che occorreranno più di pochi minuti per consegnarvi un documento che vi aspettate, per essere molto sintetici su alcune considerazioni, che come Alleanza delle Cooperative italiane vogliamo porre sul disegno di legge di bilancio e sulla manovra, per dire quello che ci piace e quello che ci piace un po’ di meno, nonché per indicare alcune cose, che, secondo noi, sarebbe opportuno recuperare nell'ambito del dibattito parlamentare.
Abbiamo condiviso – vado solo per titoli – i richiami contenuti nel disegno di legge di bilancio: investimenti, riduzione della pressione fiscale, sostegno al reddito e un tentativo di lavorare per la riduzione delle disuguaglianze. Già l'anno scorso abbiamo avuto modo di porre l'accento su queste cose, per cui il fatto che, anche se non con le risorse che forse sarebbero necessarie, il percorso continui è sicuramente positivo.
Abbiamo poi condiviso lo scomputo dalle regole del deficit delle spese relative al piano per i migranti e al terremoto. Riteniamo di fondamentale importanza le misure del piano «Casa Italia» e quelle di Industria 4.0, anche se non è un richiamo polemico quello che abbiamo fatto al Ministro dell'economia e delle finanze, perché il problema è accompagnare il Paese a una digitalizzazione dell'intero Paese e non solo delle industrie.
Soprattutto abbiamo apprezzato le misure in tema di potenziamento del premio di produttività e del welfare aziendale. Le avevamo richiamate già da tempo, perché queste sono misure giuste per incrementare la produttività e stimolare il welfare, e soprattutto avevamo posto, già da un paio di anni, la possibilità di incentivare maggiormente, quando c'è, la contrattazione o la collaborazione fra la parte datoriale e la parte dei lavoratori, in quanto tale intervento andrebbe efficacemente nella direzione giusta.
Il nostro giudizio è molto positivo sulla destinazione del premio alla previdenza complementare e alla sanità integrativa nonché sulla detassazione dei contributi per la copertura della non autosufficienza. Questi sono temi su cui abbiamo posto grande sensibilità e grande impegno. Ovviamente, anche sui fondi di previdenza complementare investiti nell'economia reale non possiamo che dare la nostra totale adesione, così come sulle misure fiscali, sugli ammortamenti dei beni strumentali, sul fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, sulla «nuova Sabatini» e sulla fiscalità agricola, rispetto alla quale, in particolare, sono ora previste, dopo l'azione robusta dell'anno scorso, due misure concernenti, rispettivamente, il taglio dell'IRPEF e le agevolazioni per le aziende di giovani.
Tuttavia, c'è da recuperare un elemento che l'anno scorso era rimasto escluso dall'IRAP e che il Parlamento, con un ordine del giorno relativo alla legge di Pag. 111stabilità, aveva assunto sul tema specifico dell'IRAP per le cooperative agricole di servizi. Questa è una cosa piccola, che tecnicamente è rimasta fuori e non più recuperata, per cui ci fu allora un ordine del giorno e si potrebbe ora tentare di recuperarla.
Passando a una sintesi di alcune proposte, vorrei dire che si deve altresì recuperare un elemento di disuguaglianza, rappresentato da quella che noi abbiamo chiamato la «tassa del licenziamento», con clausole sociali nei casi di cambio appalto o di fine cantiere. Questa è un'iniquità, per cui vi chiediamo in maniera accorata di poter riparare a questa svista od errore, perché, nel caso di cambio appalto, c'è la riassunzione, quindi non c'è il licenziamento. Dunque, quando cambia l'azienda, ma non c'è il licenziamento del dipendente, ci sembra non corretta l'applicazione di questa tassa.
È importante una riforma complessiva del trattamento fiscale del ristorno, che è un elemento importante per la capitalizzazione delle cooperative e delle imprese, quindi stiamo puntando molto su quest'aspetto, ma anche su una revisione fiscale del prestito sociale a seguito di alcune modifiche, in particolare indotte dalla tassazione sulle rendite finanziarie, che pone la necessità oggi di giungere a un superamento e a una revisione di alcune parti della norma. In particolare, vi chiediamo di poter sostenere, con un rifinanziamento, il fondo istituito dalla legge n. 49 del 1985, la cosiddetta legge Marcora, che ha consentito di dare forse i risultati più alti in termini di salvaguardia e tutela dell'occupazione attraverso gli investimenti.
La Cooperazione finanza impresa (CFI), che di fatto ne è lo strumento, ha creato nella storia della Repubblica italiana posti di lavoro con il minor investimento pro capite. Si è trattato ultimamente delle workers buyout, ossia delle imprese recuperate dalle crisi aziendali, nonché di ulteriori interventi che hanno incentivato il lavoro, lo hanno ricostruito e l'hanno tutelato, per i quali vi chiediamo un rifinanziamento almeno di 10 milioni di euro all'anno per i prossimi due anni, per consentire l'implementazione di questa azione meritoria, che ha prodotto veramente dei risultati eccellenti.
Evidentemente sono andato per titoli e molto rapidamente, però nel documento che depositeremo c'è tutto.
PRESIDENTE. Grazie, presidente Gardini. Do la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
ELISA BULGARELLI. Per quanto riguarda la revisione fiscale del prestito sociale delle cooperative parliamo comunque di tanti e tanti miliardi, che non sono però sotto il controllo della Banca d'Italia e che rappresentano pertanto l'unica fattispecie che la Banca d'Italia non controlla. Io appartengo all'opposizione, quindi la mia è solo una domanda per capire la disponibilità delle cooperative, quindi noi possiamo comunque interagire col Governo, ma siamo all'opposizione. Lo dico solo per non darvi una falsa speranza.
Voi sareste disponibili a fare questo scambio, cioè a fare la revisione fiscale del prestito sociale, mettendovi però sotto il controllo della Banca d'Italia? Lo chiedo, visto che comunque tutti i soldi che girano nel prestito sociale hanno anche altre problematiche, oltre che il mero controllo della Banca d'Italia, e ci vorrebbero pertanto anche altri tipi di controllo.
PRESIDENTE. Non ho altre richieste di intervento, quindi do la parola ai rappresentanti di Alleanza delle cooperative per la replica.
MAURO IENGO, responsabile dell'Ufficio legislativo di Legacoop. La questione che pone la senatrice è ormai antica. Noi, per ciò che riguarda il prestito sociale, siamo in attesa delle nuove istruzioni della Banca d'Italia. Sapete appunto che c'è stata un'audizione pubblica, alla quale ovviamente noi abbiamo partecipato, dando piena disponibilità a modificare complessivamente la normativa, e quindi il comportamento Pag. 112 delle cooperative, per ciò che riguarda il prestito sociale.
Sotto questo profilo, però, bisogna essere molto netti, perché il prestito sociale non è una raccolta del risparmio, ma una raccolta, da parte delle cooperative, di risorse finanziarie che i soci versano alle cooperative stesse per il conseguimento dell'oggetto sociale, per cui, da questo punto di vista, il controllo della Banca d'Italia non sarebbe congruo e coerente con le stesse disposizioni previste dal testo unico bancario.
Detto questo, da parte nostra c'è già stata ampia disponibilità a rendere l'istituto più controllato e più verificato. Abbiamo in corso un'attività di rivisitazione complessiva, sia all'interno delle centrali cooperative sia nel rapporto con il Ministero dello sviluppo economico, per concentrare il controllo nei confronti dei vari istituti delle società cooperative, tra cui c'è anche quello sul prestito sociale. Da questo punto di vista, a nostro parere, è pertanto insuperabile l'ostacolo per il quale, non essendo raccolta del risparmio, sicuramente la Banca d'Italia non è lo strumento o l'istituto più corretto. La stessa Banca d'Italia si è sempre dichiarata contraria a esercitare il controllo. Tuttavia, c'è da parte nostra la disponibilità a verificare istituti o procedure che consentano un maggior controllo sia da parte dei soci che da parte delle istituzioni deputate al controllo delle società cooperative, nel caso di specie il Ministero dello sviluppo economico.
PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente Gardini.
Dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione di rappresentanti dell'Unione Sindacati Autonomi Europei (USAE).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti dell'Unione Sindacati Autonomi Europei (USAE).
Do ora la parola ad Adamo Bonazzi.
ADAMO BONAZZI, rappresentante dell'Unione Sindacati Autonomi Europei (USAE). Intanto ringrazio le Commissioni per questo invito. Non abbiamo avuto il tempo di completare il documento, quindi ci riserviamo di trasmettervelo entro lunedì, in modo da poter dare un nostro contributo molto più organico e cercare di illustrare questa sera, considerato anche l'orario, una relazione abbastanza stringata, per quanto possibile.
La manovra per il 2017 contiene indubbiamente degli elementi positivi, anche se solo parzialmente sufficienti, quali gli incentivi alle imprese, la produttività e il welfare aziendale, il pacchetto relativo alle pensioni, con l'abolizione delle penalizzazioni e la questione dei lavoratori precoci nonché la questione dell'esonero contributivo sull'alternanza scuola-lavoro, ma contiene certamente anche degli elementi che non possiamo condividere. Il primo fra tutti è la questione dell'abolizione di Equitalia, che, in realtà, non è un'abolizione, ma è una trasformazione dell'ente. In particolare, fingendo di abolire una realtà, si cambia nome e natura dell'ente, dandogli però poteri di accesso preventivo alle banche dati, sia finanziarie che di ogni altra natura e tipo, nei confronti di ogni contribuente. Questa naturalmente è una sorta di controllo preventivo che chi ha solo compiti di riscossione, a nostro avviso, non può avere.
Il secondo aspetto riguarda il fatto che incentivare le imprese serve a poco se alle stesse manca un mercato cui vendere, quindi secondo noi è necessario alzare i salari dei dipendenti e, in particolare, quelli dei dipendenti contrattualizzati delle pubbliche amministrazioni, che attualmente sono fermi da dieci anni.
È bene prevedere che ci siano nuove assunzioni, sia nelle forze dell'ordine che nel comparto della sanità, ma è profondamente sbagliato che ciò avvenga con i fondi per la contrattazione per i primi e a carico del Fondo sanitario nazionale per i secondi, quindi va benissimo sviluppare con Pag. 113nuove assunzioni, però naturalmente bisogna capire dove si deve entrare.
Il terzo aspetto riguarda il pubblico impiego. Le risorse messe a disposizione dal disegno di legge di bilancio sono in totale 1,9 miliardi di euro a valere dal 2018 e 1,4 miliardi di euro a valere dal 2017. Per un contratto decente, che consenta di dare circa 100 euro ai dipendenti, di miliardi ne servono circa 7, per cui evidentemente la contrattazione avrebbe difficoltà a partire con solo 1,9 miliardi di euro nel triennio; se si considera, peraltro, che in quelle cifre sono ricompresi i soldi sia per i non contrattualizzati che per il comparto sicurezza, tali risorse sono quindi del tutto insufficienti.
In più, dobbiamo considerare che la sentenza della Corte costituzionale prevedeva la riapertura dei contratti dal 1° luglio 2015. Naturalmente, questo vuol dire che c'è e ci dovrebbe essere un recupero anche sulla questione del triennio precedente a quello del 2016, secondo quanto previsto dalla legge di delega n. 15 del 2009 e dal relativo decreto legislativo n. 150 dello stesso anno, che prevedono la contrattazione triennale e i trienni secondo determinati requisiti. Il triennio di competenza era 2013-2015, che scadeva naturalmente il 31 dicembre del 2015, ma, avendo la sentenza riaperto il discorso contrattuale dal 1° luglio 2015, è evidente che c'è una coda contrattuale che non è stata assolutamente prevista né nella ultima legge di stabilità né in questo disegno di legge di bilancio, che invece resta aperta e che in qualche modo dovrebbe essere considerata, sebbene nell'ambito delle predette risorse non c'è la possibilità di farlo, il che rappresenta un problema ulteriore.
Sulla questione degli investimenti dei fondi di previdenza complementare nell'economia reale, siamo d'accordo in linea di principio che i fondi di previdenza complementare debbano investire in Italia e non, come succede oggi, sul debito estero, però bisogna considerare che si tratta di soldi dei lavoratori, quindi aprire ex lege quest'investimento nell'economia reale dovrebbe necessitare di una norma di garanzia, perché questi sono soldi dei lavoratori che altrimenti, in assenza di garanzie, non aderirebbero più o uscirebbero da questo sistema. Tutti si ricordano che cosa è successo con il caso Enron, quando un'azienda intera ha chiuso i battenti e ha lasciato tutti i propri dipendenti non solo senza stipendio, ma anche senza la previdenza.
C'è un'ultima questione, che non è da poco e riguarda le coperture. Secondo noi, c'è il problema del fallimento della spending review, nel senso che la spending review non ha prodotto alcuna copertura nei capitolati precedenti e non ne può prevedere in questo momento, perché gli unici soldi che sono stati in qualche modo risparmiati con la spending review sono derivati dal blocco dei contratti della pubblica amministrazione e non c'è stato nessun altro risparmio effettivo. Questo naturalmente incide sul discorso delle coperture, quindi l'ipotetico congelamento dell'aumento dei due punti dell'IVA non è assolutamente certo rispetto alla questione, anche se ciò naturalmente dovrebbe essere in qualche modo considerato all'interno di una legge di bilancio.
C'è una ultima notazione, che riguarda un'ingiustizia sociale sulla questione delle pensioni. A chi vi parla nel 1995, al momento dell'entrata in vigore della cosiddetta legge Dini, mancavano tre mesi per conseguire il diritto alla pensione. Evidentemente era un'ingiustizia il fatto che a 38 anni si potesse accedere già a una pensione e su quest'aspetto siamo tutti d'accordo, però l'effetto paradossale è che, trascorsi ventuno anni da quel traguardo, a chi vi parla mancano ancora nove anni per andare in pensione e quando a 67 anni ci andrà, lo farà con 49 anni e sei mesi di contributi.
Ora, se all'epoca evidentemente c'era uno squilibrio, oggi c'è un altro squilibrio, perché chi ha cominciato a lavorare molto giovane si ritrova oggi, in funzione del fatto che il requisito anagrafico è preponderante, ad accumulare una sorta di contributi, che tra l'altro non gli fruttano, perché trascorsi quarant'anni, di fatto, non c'è più nessun beneficio rispetto a quest'aspetto. Alla luce di ciò, si dovrebbe considerare che, dando per scontato che per varie ragioni Pag. 114 bisogna rimanere al lavoro fino ai 67 anni di età, il fatto che i propri contributi valgano qualche cosa rappresenta un problema effettivo da risolvere, altrimenti si determina effettivamente un'ingiustizia al rovescio rispetto alle «baby pensioni» dell'epoca.
Io non voglio tediare oltre le Commissioni, anche data l'ora, e naturalmente mi riservo di puntualizzare tutte le altre questioni nel documento che vi presenteremo. Ringrazio ancora una volta le Commissioni per averci ascoltati e per averci dato questa opportunità.
PRESIDENTE. Ringraziamo il segretario Bonazzi.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 18.50.