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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (Commissione speciale per l'esame di atti del Governo della Camera e Commissione speciale per l'esame di disegni di legge di conversione di decreti-legge e di altri provvedimenti urgenti presentati dal Governo del Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Giovedì 28 marzo 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Grilli, e del Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi (Attività conoscitiva preliminare all'esame della Relazione al Parlamento, predisposta ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge n.196 del 2009):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 
Grilli Vittorio , Ministro dell'economia e delle finanze ... 4 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 7 
Moavero Milanesi Enzo , Ministro per gli affari europei ... 7 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 11 
Fassina Stefano (PD)  ... 11 
Dirindin Nerina  ... 12 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 12 
Romani Paolo  ... 13 
Vignali Raffaello (PdL)  ... 13 
Mussolini Alessandra  ... 14 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 14 
Barbanti Sebastiano (M5S)  ... 14 
Puglia Sergio  ... 15 
Buttiglione Rocco (SCPI)  ... 15 
Zanetti Enrico (SCPI)  ... 16 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 16 
Di Salvo Titti (SEL)  ... 16 
Marcon Giulio (SEL)  ... 17 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 18 
Divina Sergio  ... 18 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 18 
Causi Marco (PD)  ... 18 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 19 
Moavero Milanesi Enzo , Ministro per gli affari europei ... 19 
Grilli Vittorio , Ministro dell'economia e delle finanze ... 20 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 25 
Moavero Milanesi Enzo , Ministro per gli affari europei ... 25 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 25 

Audizione del Presidente dell'ISTAT, professor Enrico Giovannini (Attività conoscitiva preliminare all'esame della Relazione al Parlamento, predisposta ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge n.196 del 2009):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 25 
Giovannini Enrico , Presidente dell'ISTAT ... 26 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 31 
Galli Giampaolo (PD)  ... 31 
Santini Giorgio  ... 32 
Pagano Alessandro (PdL)  ... 32 
D'Alì Antonio  ... 33 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 33 
Sorial Girgis Giorgio (M5S)  ... 33 
Marazziti Mario (SCPI)  ... 34 
Marcon Giulio (SEL)  ... 34 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 35 
Giovannini Enrico , Presidente dell'ISTAT ... 35 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 38 
Pisano Girolamo (M5S)  ... 38 
Giovannini Enrico , Presidente dell'ISTAT ... 38 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 39 

Audizione di rappresentanti della Banca d'Italia (Attività conoscitiva preliminare all'esame della Relazione al Parlamento, predisposta ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge n.196 del 2009):
Bubbico Filippo , Presidente ... 39 
Franco Daniele , Direttore centrale dell'area ricerca economica e relazioni internazionali della Banca d'Italia ... 39 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 44 
Taranto Luigi (PD)  ... 44 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 44 
Legnini Giovanni (PD)  ... 44 
Pesco Daniele (M5S)  ... 45 
Lanzillotta Linda  ... 45 
Uras Luciano  ... 46 
Bitonci Massimo  ... 46 
Vignali Raffaello (PdL)  ... 46 
Causi Marco (PD)  ... 47 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 48 
Franco Daniele , Direttore centrale dell'area economica e relazioni internazionali della Banca d'Italia ... 48 
Pilati Andrea , Condirettore centrale, Servizio normativa e politiche di vigilanza della Banca d'Italia ... 51 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 52 

ALLEGATO: Documento depositato dai rappresentanti della Banca d'Italia ... 53

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero: Misto-MAIE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE SPECIALE PER L'ESAME DI ATTI DEL GOVERNO DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 9.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Grilli, e del Ministro per gli Affari europei, Enzo Moavero Milanesi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame della Relazione al Parlamento, predisposta ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge n. 196 del 2009, l'audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Grilli, e del Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi.
  Ringrazio i nostri ospiti per la disponibilità dimostrata nei confronti delle Commissioni della Camera e del Senato.
  Successivamente avranno luogo, le audizioni del Presidente dell'ISTAT, Enrico Giovannini, e del Direttore centrale dell'area ricerca economica e relazioni internazionali della Banca d'Italia, Daniele Franco.
  Ritengo che, anche in considerazione dell'elevata partecipazione all'odierna seduta e soprattutto della necessità di garantire l'effettiva interlocuzione con i Ministri e le istituzioni audite, sia opportuno provvedere a disciplinare i tempi riservati agli interventi dei deputati e dei senatori. Anche agli stessi Ministri è stato chiesto di limitare la durata della relazione introduttiva al fine di riservare più tempo alla discussione e alle repliche degli stessi Ministri.
  I tempi che io propongo, che so essere effettivamente ridotti, ma che sono tempi europei, prevedono:
   Partito Democratico, PdL, Movimento 5 Stelle: 8 minuti da ripartire tra i gruppi di Camera e Senato;
   Scelta civica per l'Italia, Sinistra ecologia libertà, Misto, Lega Nord e Autonomie: 6 minuti da ripartire tra i gruppi Camera e Senato e tra le componenti del gruppo Misto;
   Per le Autonomie – PSI (Senato), Grandi Autonomie e Libertà (Senato): 3 minuti ciascuno.

  I Ministri, qualora vengano rispettati i tempi previsti per gli interventi, potranno quindi replicare per almeno venti minuti ai deputati e ai senatori.
  Per quanto riguarda poi Banca d'Italia e ISTAT, i tempi saranno ridotti della metà.
  Saluto il Presidente della Commissione speciale del Senato per l'esame di disegni di legge di conversione di decreti-legge, senatore Bubbico.
  Chiedo ai gruppi che già conoscono coloro che intendono intervenire di segnalarne i nomi agli uffici, così da agevolare il ritmo dei nostri lavori. Per quanto Pag. 4riguarda i tempi, vi comunico che sarò inflessibile perché rispettare i tempi significa rispettare i colleghi degli altri gruppi che intendono intervenire e soprattutto avere il tempo per sentire le repliche dei ministri.
  Do la parola al Ministro dell'economia e delle finanze, professor Vittorio Grilli.

  VITTORIO GRILLI, Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie ai Presidenti e agli onorevoli deputati e senatori. La Relazione che abbiamo inviato al Parlamento, approvata dal Consiglio dei ministri del 21 marzo scorso, viene presentata nel quadro della normativa che ha allineato il ciclo della programmazione nazionale al calendario stabilito in sede europea. Essa rappresenta uno degli strumenti fondamentali per il processo di bilancio.
  La presentazione di questa Relazione è condizionata al verificarsi di eventi eccezionali, che inducano il Governo ad informare il Parlamento circa l'aggiornamento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica, ovvero quando si manifestano scostamenti rilevanti degli andamenti di finanza pubblica, che rendono necessario assumere interventi correttivi, per i quali il Governo fornisce adeguate motivazioni.
  Nel caso di specie, si tratta di informare il Parlamento sulla necessità di intervenire rapidamente, al fine di fronteggiare un andamento della congiuntura economica peggiore rispetto a quello stimato nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza del 2012, sfruttando nel contempo margini di flessibilità, che sono stati recentemente negoziati e approvati in Europa.
  In proposito, vale la pena di ricordare che il Consiglio europeo del 14 marzo 2013 – come il mio collega più diffusamente richiamerà – facendo seguito agli orientamenti dei Consigli europei di giugno e di dicembre del 2012, ha riconosciuto la necessità di un risanamento di bilancio differenziato, che permetta di utilizzare spazi di flessibilità controllata per azioni a favore della crescita e dell'occupazione.
  In particolare – e questo è il nocciolo della questione presentata nella nostra Relazione – la Commissione europea ha indicato nel pagamento dei debiti pregressi della Pubblica amministrazione la leva specifica su cui operare. Il Governo italiano, quindi, propone di agire in linea con tale orientamento, predisponendo un provvedimento d'urgenza in grado di immettere liquidità nel sistema economico mediante lo sblocco dei pagamenti dei debiti della Pubblica amministrazione verso i propri fornitori. Tale misura è ritenuta in grado di far ripartire più rapidamente la domanda interna già dalla seconda metà dell'anno in corso.
  Si tratta di un provvedimento straordinario, che si articola nel biennio 2013-2014, destinato non a finanziare nuova spesa – perché su questo non ci sono margini di flessibilità da parte della Commissione europea – ma a sanare, a beneficio del settore privato, situazioni di criticità nei flussi di pagamenti da parte della Pubblica amministrazione.
  La sua connotazione di straordinarietà non comporta un allontanamento dal processo di risanamento finanziario a cui questo Governo rimane fermamente impegnato.
  In linea con il quadro normativo europeo, il Governo intende ottemperare al proprio impegno provvedendo ad aggiornare le previsioni macroeconomiche e le previsioni di finanza pubblica, unitamente agli obiettivi programmatici della Nota di aggiornamento al DEF presentata al Parlamento nel mese di settembre del 2012.
  Vengo al quadro macroeconomico aggiornato. Ribadendo quanto scritto nella Relazione al Parlamento, il pagamento dei debiti commerciali comporta una iniezione di liquidità nel sistema economico e produce un effetto favorevole sul prodotto interno lordo. Infatti, in assenza di tale provvedimento, le stime di variazioni del PIL dell'economia italiana per il 2013 e 2014 sarebbero state rispettivamente – 1,5 per cento per il 2013 e + 0,6 per cento per il 2014. Queste stime sono in linea sia con le previsioni formulate dai principali organismi internazionali sia con quelle di Pag. 5consenso che non incorporano ancora gli effetti del pagamento dei debiti commerciali.
  Come evidenziato nella Relazione, l'effetto del provvedimento sulla variazione annua del PIL è progressivo nel tempo e nel 2013 risulta pari a circa 0,2 punti percentuali aggiuntivi di PIL (quindi portando la decrescita del PIL da – 1,5 a – 1,3), mentre nel 2014 la maggior crescita dovuta a questo eventuale provvedimento è di 0,7 punti percentuali (quindi spostando la crescita del PIL da 0,6 a 1,3 nel 2014).
  Le nuove stime di finanza pubblica basate su questo nuovo quadro macroeconomico, che sono esposte nella Relazione, mostrano un peggioramento dei valori programmatici di indebitamento netto della Pubblica amministrazione relativo al 2013 e 2014. Questo peggioramento è pari rispettivamente a 0,6 e 0,3 punti percentuali del PIL, quindi l'indebitamento netto è previsto del 2,4 per cento nel 2013 e dell'1,8 per cento nel 2014.
  Anche sulla base dei dati di preconsuntivo diffusi dall'ISTAT il 1 marzo, che indicano l'indebitamento netto pari al 3 per cento nel 2012, il Governo ritiene che, anche con questo peggioramento congiunturale, il nostro Paese possa uscire dalla procedura di deficit eccessivo a cui siamo stati sottoposti negli ultimi anni.
  Sulla base di questi dati, la proposta che è contenuta nella Relazione è quella di utilizzare lo spazio di circa 0,5 punti percentuali del PIL del 2013, così da rimanere al di sotto della soglia del 3 per cento, per questa operazione straordinaria di pagamento dei debiti nel 2013 e 2014. Questo 0,5, come ho detto, porterebbe il deficit del 2013 al 2,9 per cento: ricordo che il limite del 3 per cento è un limite invalicabile e dirò più avanti come avviare operazioni di monitoraggio per garantire che questo limite non venga superato.
  Ovviamente la Relazione è, in un certo senso, un anticipo rispetto al DEF vero e proprio, che verrà presentato entro il mese di aprile. Essa non contiene elaborazioni più ampie su altri aggregati di finanza pubblica, quali i saldi strutturali, però le elaborazioni che già preliminarmente abbiamo fatto ci indicano come, anche dal punto di vista dei saldi strutturali e anche in presenza dello 0,5 di indebitamento aggiuntivo conseguente a questa eventuale operazione straordinaria – che in quanto straordinaria dovrebbe essere considerata una tantum – gli obiettivi di saldo strutturale dovrebbero essere in ogni caso raggiunti.
  La spesa per interessi, in questa nostra Relazione, si muove per due ragioni: da una parte, un miglioramento della spesa per interessi, rispetto alle ultime previsioni, dovuto a un miglioramento dei tassi all'emissione nel nostro debito pubblico, dell'ordine di circa 130 punti base per le scadenze più brevi e di 100 punti base per le scadenze più lunghe, e questo porta a un risparmio di 5,4 miliardi di euro nel 2013 e 6,6 miliardi nel 2014; dall'altra, l'ipotesi di questo aumento di debito di circa 40 miliardi di euro nei due anni porta a un aumento di spese per interessi, stimabile in circa 400 milioni nel 2013 e 1.400 milioni di euro nel 2014.
  In altri termini, occorre ricordare che questa operazione non è senza costi, perché l'emissione di più debito ovviamente richiede una maggiore spesa per interessi futuri.
  Vorrei ora brevemente concentrare la mia esposizione sulla situazione dei debiti pregressi: cosa è stato fatto finora e come si vuole innovare in questa direzione.
  Sappiamo che, purtroppo, la situazione dei debiti commerciali della Pubblica amministrazione – non è una novità – è una situazione patologica che dura da anni. Le valutazioni disponibili collocano l'Italia al di sopra della media europea relativamente al tempo medio di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni.
  Stime recenti quantificano in una media di 180 giorni il tempo per i pagamenti della Pubblica amministrazione italiana, a fronte di una media dell'Unione europea di 65 giorni. Questo ha determinato negli anni il costituirsi di un rilevante stock di debiti commerciali e purtroppo – penso che sia anche difficile da comprendere e accettare – è ancora molto difficile avere Pag. 6stime precise sull'ammontare di questo stock di debito. Ciò è dovuto ancora a una non omogenea classificazione da parte di tutte le pubbliche amministrazioni. Ci sono circa 20.000 pubbliche amministrazioni che potenzialmente hanno debiti commerciali di questo tipo, e quindi dobbiamo sostanzialmente basarci su stime. La stima che ormai penso sia più nota è quella della Banca d'Italia, che ha stimato in circa il 5 per cento del PIL l'ammontare dello stock di debito presente nel nostro sistema.
  Per affrontare questa situazione, fin dalla costituzione di questo Governo, nell'impossibilità, ora superata, di questo trattamento eccezionale dal punto di vista dei saldi di bilancio da parte della Commissione europea, si è cercato di introdurre un sistema nuovo, il cosiddetto «sistema di certificazioni», che potesse portare liquidità al sistema delle imprese, senza avere un impatto immediato sui conti pubblici.
  Siamo intervenuti in più fasi, con molti decreti articolati, che hanno però portato a risultati non ancora soddisfacenti. Vista la ristrettezza dei tempi, non ripercorrerò la cronologia di ciò che è stato fatto, però vi vorrei ricordare alcuni risultati.
  La procedura di certificazione che è stata introdotta inizialmente funzionava per via cartacea; poi, verso la fine dell'anno scorso, siamo riusciti in tempi brevissimi a spostare questo approccio cartaceo verso un approccio elettronico e adesso, dalla fine del 2012, è attiva una piattaforma elettronica per gestire questo processo di certificazione.
  Dai dati in nostro possesso, per quanto riguarda la procedura cartacea, il totale di certificazioni effettuate è stato di circa 300 milioni di euro. Parliamo del 5 per cento del PIL, quindi di un ammontare di debito di oltre 70 miliardi di euro. Come vedete, le cifre non si parlano; noi le conosciamo perché abbiamo introdotto per legge un monitoraggio di questo processo di certificazione. Però l'adesione a tale processo di certificazione e di monitoraggio è stata pari a circa il 25 per cento per le regioni e le province autonome e per i comuni, mentre è stata del 50 per cento per le province.
  Per quanto riguarda la seconda fase, quella elettronica, alla data del 26 marzo ci risultano rilasciate 479 certificazioni per un valore di 31 milioni di euro, a fronte di 1.310 istanze presentate. Le pubbliche amministrazioni che stanno operando, e si sono accreditate per lavorare su questa piattaforma elettronica, sono circa 1.700, su un totale di oltre 20.000. Si tratta, quindi, di un processo ancora lento, in cui le pubbliche amministrazioni non utilizzano la velocità secondo noi necessaria.
  Cito due ultimi aspetti. Nell'anno 2012 sono stati messi a disposizione circa 2,9 miliardi di euro per quanto riguarda i pagamenti in titoli di Stato, ma devo dire che non abbiamo avuto richieste da parte del settore privato per questo tipo di pagamenti. Sono rimasti altresì inutilizzati circa 900 milioni di euro di fondi speciali, utilizzati per la reiscrizione dei residui passivi perenti.
  A questo punto, vista l'eccezionale possibilità di utilizzare gli spazi disponibili non per spesa aggiuntiva, ma per pagamenti diretti dei debiti pregressi delle nostre pubbliche amministrazioni, la nostra strategia è quella non di cancellare il processo di certificazione – che in ogni caso secondo noi deve restare a regime, perché può essere sicuramente utile anche in un sistema che funziona fisiologicamente, per accelerare le operazioni di factoring e di sconto presso il sistema bancario – ma di affiancarlo a un sistema di pagamento diretto da parte della Pubblica amministrazione ai propri fornitori.
  L'approccio deve essere articolato, poiché il tipo di indebitamento varia a seconda del tipo di spesa e di amministrazione che l'ha contratta. La proposta è quella di accelerare tutti i pagamenti sui debiti esistenti al 31 dicembre 2012. Con la misura si intende sbloccare pagamenti per complessivi 40 miliardi di euro nel 2013 e 2014.
  In relazione alle diverse modalità di intervento, le norme dovranno essere disegnate, come ho detto, prendendo in Pag. 7considerazione i differenti impatti che questi pagamenti avranno sui saldi di finanza pubblica. Penso che ormai sia noto come ci siano due tipi di impatto potenziale a seconda del tipo di spesa: le spese in conto capitale hanno un doppio impatto, sia sul debito che sull'indebitamento, perché esse vengono contabilizzate soltanto al momento del pagamento, mentre le spese correnti, come sappiamo, sono già state contabilizzate dal punto di vista del deficit, ma avranno un impatto sul debito al momento del pagamento. Per questo motivo abbiamo bisogno di due tipi di spazio, quello del 2013 dello 0,5 per cento sul deficit, per poter dare l'ok al pagamento delle spese in conto capitale, che sappiamo sono soprattutto a livello di enti locali, dei nostri comuni, e quello di 40 miliardi di euro sul debito, perché, oltre alle spese in conto capitale, possa essere dato l'avvio anche al pagamento delle spese correnti.
  Penso che si dovranno prendere misure – che sono ovviamente allo studio del mio Ministero – che interessino tutti i livelli di amministrazione: le amministrazioni centrali, gli enti territoriali, gli enti del Servizio sanitario nazionale.
  Senza entrare nel dettaglio, che sono sicuro però potrà essere parte della nostra discussione, la nostra idea è quella di poter allentare, per quanto riguarda i comuni, le regole del Patto di stabilità interno e quindi consentire il pagamento dei loro debiti sulla base degli avanzi di gestione che la maggior parte dei comuni ha, oppure, nel caso alcuni comuni non l'avessero, quella di estendere, sotto forma di prestiti a lungo termine, la cassa necessaria per far fronte a questi pagamenti.
  Lo stesso tipo di approccio vale per il sistema sanitario, ovviamente all'interno di uno schema disegnato dal Patto per la salute e, più in generale, per gli altri pagamenti delle regioni e delle province, con l'idea di allentare, da una parte, il Patto e, qualora le amministrazioni non avessero la disponibilità liquida necessaria, attraverso prestiti di lungo termine fatti dallo Stato centrale agli enti territoriali, regioni o province, pagabili in un orizzonte temporale di 10-15 anni.
  Esprimo un ultimo commento sull'ordine di priorità dei pagamenti. Nel nostro codice civile si prevede un ordine di priorità di tipo cronologico, a parità di privilegio del credito. Non tutti i crediti hanno lo stesso privilegio, a seconda delle garanzie date, ma in questo caso si tratta di una categoria abbastanza omogenea di pagamenti ai fornitori, quindi, in teoria, la maggior parte dei crediti dovrebbe essere sullo stesso livello e pertanto credo che si andrà per ordine cronologico.
  Abbiamo il problema – ho visto che è stato anche sollevato nelle discussioni sulla stampa – di chi detiene, a questo punto, il credito rispetto allo Stato, quindi il caso in cui l'imprenditore, azienda o persona fisica, abbia ceduto il debito pro soluto al sistema bancario. Cosa fare rispetto al sistema bancario ? Mi sembra importante sottolineare che, a mio avviso, sarebbe pericoloso introdurre il principio che le banche non vengano pagate, perché così facendo il sistema di factoring, e quindi la potenzialità per le imprese di ricevere credito dalle banche, sparirebbe. Tuttavia, penso che sia possibile – e direi che con il sistema bancario abbiamo già avuto una serie di interlocuzioni positive – pensare a una sequenza e quindi dare liquidità in via prioritaria alle imprese e in seconda battuta alle banche.
  In conclusione, vi ricordo, però, che, se anche questo tipo di liquidità arriva alle banche, non arriva alle banche in quanto tali, ma in quanto detentrici di fatture, che esse stesse hanno pagato, in anticipo, all'imprenditore.
  Resto, quindi, in attesa di ascoltare le domande.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola al Ministro Moavero Milanesi.

  ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Grazie, Presidente, senatori, senatrici e deputati. L'inquadramento fatto adesso dal Ministro dell'economia e delle finanze vi ha dato elementi Pag. 8circa le cifre e le modalità attraverso le quali il Governo si propone di procedere. Io vorrei rapidamente darvi alcuni elementi di inquadramento della situazione, perché temo che non sempre i complessi meccanismi che caratterizzano l'interlocuzione con l'Unione europea siano pienamente comprensibili e di conseguenza non sempre pienamente compresi. Ciò avviene anzitutto perché si intersecano, a livello di Unione europea, diversi tipi di regole che interagiscono fra loro in un modo che, in linea di principio, dovrebbe garantire un'omogeneità di tutela di interessi legittimi diversi, ma in realtà nella percezione pratica finisce col presentare in linea prioritaria, di volta in volta, alcune disposizioni e meno altre.
  Prendiamo l'esempio pertinente delle cose di cui stiamo parlando. Tutti conosciamo i «vincoli» cosiddetti di rigore e di disciplina (anche perché tali sono) che riguardano il consolidamento dei bilanci nazionali, la stabilità delle finanze pubbliche degli Stati membri, per dare e corroborare fiducia fra gli Stati e fra i Governi, e anche nei confronti dei cittadini e dei mercati. Ricordiamo che i mercati sono mercati di investitori, non esclusivamente di speculatori. Queste disposizioni indubbiamente, nei mesi e negli anni della crisi economica e finanziaria – un avvenimento che tutti sappiamo essere fra i più gravi che si siano mai abbattuti sull'economia moderna, certamente il più grave dopo la fine della seconda guerra mondiale – sono state rafforzate, in maniera da rendere queste regole più vincolanti, anche attraverso meccanismi di applicazione delle regole in caso di devianza, che sono stati notevolmente corroborati, in particolare attraverso il cosiddetto trattato del Fiscal Compact, il nuovo Patto di stabilità e crescita e una serie di regolamentazioni.
  Queste regole indubbiamente hanno introdotto elementi di maggiore disciplina; tuttavia, rimangono delle norme e, come ogni norma, in particolare come ogni norma ben scritta, richiedono un'interpretazione e nel quadro di questa interpretazione si apre una discussione fra ciascuno Stato membro con gli altri Stati membri e con le istituzioni europee. Quindi non siamo di fronte a regole scritte nella pietra, immutabili e precise, che delineano situazioni manichee di bianco o nero, ma siamo di fronte a regole che possono essere interpretate e che hanno quindi margini per questa interpretazione. E l'interpretazione richiede, poi, quello che correntemente viene chiamato un negoziato.
  Un secondo gruppo di regole che non va dimenticato, a livello di Unione europea – ma già a livello di Comunità europea, quindi è il cuore stesso del processo della costruzione di un'Europa più unita – è riconducibile all'idea del mercato libero, di un mercato aperto agli investimenti, agli scambi, al movimento delle persone, dei capitali, dei servizi. Queste nozioni che tutti conosciamo hanno un risvolto fondamentale, ossia che si devono evitare distorsioni nel funzionamento di questo mercato interno, distorsioni che possono derivare da misure dirette o indirette, vuoi degli attori del mercato – pensiamo alle imprese e pensiamo, ad esempio, alle regole Antitrust –, vuoi dei soggetti pubblici, questa seconda ipotesi essendo più frequente.
  Se cominciamo a guardare questi due insiemi di regole da un punto di vista più organico, vediamo, per esempio, che nell'applicazione delle disposizioni sulla stabilità finanziaria e sul rigore dei bilanci, e le possibilità che queste disposizioni lasciano agli Stati di effettuare, per esempio, interventi sui mercati a stimolo dell'economia – interventi tanto più importanti in una situazione di crisi –, se non esiste una disciplina parallela che evita gli eccessi e le distorsioni, si consente a quei Paesi che hanno maggiori margini nei loro conti pubblici di acquisire via via un sempre maggior vantaggio sul mercato, perché potranno permettersi stimoli alla propria economia nazionale che gli altri Paesi non possono permettersi.
  Di qui l'importanza, per esempio, di mantenere una Commissione europea che vigili non solo sul fronte dei conti pubblici e della stabilità finanziaria, ma anche sul fronte della disciplina degli aiuti di Stato. Pag. 9Diversamente potrebbe verificarsi ciò che è accaduto, per esempio, tra il 2010 e il 2011, quando fu elevata la soglia dei cosiddetti «aiuti minimi», per i quali non si interviene quando gli Stati li erogano all'economia. La stessa Commissione ha constatato, in un rapporto, che oltre l'80 per cento di questi aiuti di minima portata – che comunque corrispondono a una cifra di 500.000 euro per impresa o per investimento – erano stati erogati in un solo Stato membro, e, più precisamente, in Germania. Questo esempio dimostra come, se non si prendono in considerazione questi diversi elementi normativi, il mercato europeo finisce col non funzionare con quella equità di pari condizioni che invece ne è il presupposto.
  Veniamo ora, in particolare, agli elementi che ci riguardano più da vicino. Le regole per la disciplina di bilancio che, come ripeto, sono state rafforzate per corroborare la fiducia degli Stati fra loro e in particolare il buon funzionamento dell'Unione economica e monetaria, sono essenziali, ma non sono delle regole assolutamente rigide, in quanto lasciano dei margini di interpretazione.
  All'interno di questi margini, dal febbraio del 2012 noi abbiamo fatto il possibile per attivarci, in modo da determinare due tipi di riorientamento della politica europea in materia. Innanzitutto, abbiamo operato affinché si cominciasse a parlare in maniera più attiva di crescita e di creazione di posti di lavoro. Nel febbraio del 2012 abbiamo promosso, insieme a altri undici Stati membri, una lettera per sottolineare questo elemento, che nel giugno del 2012 abbiamo ritrovato nel cosiddetto Patto per la crescita e l'occupazione, che comprende misure di quella che si potrebbe definire una politica di fattori: liberalizzazioni, maggiori aperture e una serie di elementi che possono aumentare il dinamismo del mercato, come il completamento della legislazione per il buon funzionamento del mercato interno. Un esempio di questa legislazione è la direttiva sui termini di pagamento, di cui ci stiamo occupando in questi giorni. Naturalmente, questo Patto, che elenca orientamenti e fattori, deve essere messo in opera e questa attuazione richiede sia un lavoro legislativo in sede di Consiglio e di Parlamento europeo, sia un lavoro, anche in questo caso, di negoziato.
  Il secondo elemento consisteva nel verificare in che misura quei margini di flessibilità, che noi riteniamo esistano all'interno delle regole sulla stabilità finanziaria e sui bilanci, potessero essere riconosciuti, per procedere a investimenti e a politiche di carattere anticiclico. Naturalmente, le politiche di carattere anticiclico – e l'esempio degli Stati Uniti d'America lo dimostra – possono essere effettuate in sistemi complessi anche al livello cosiddetto federale, o propriamente federale nel caso degli Stati Uniti d'America.
  Con un bilancio federale pari al 24,7 per cento del reddito interno lordo, gli Stati Uniti, nel corso degli ultimi due anni, sono stati capaci di rilanciare piuttosto efficacemente la loro economia. Con un bilancio che corrispondeva all'1,9 per cento del reddito interno lordo europeo nella proposta definita «ambiziosa» della Commissione europea, e che nel consenso raggiunto al Consiglio europeo si è attestata all'1 per cento, quindi ad uno 0,9 in meno rispetto alla proposta – stiamo parlando, quindi, in cifre assolute di circa 73 miliardi di euro – mi pare un po’ complicato realizzare quelle politiche anticicliche a livello superiore di Unione europea, così come sono state fatte a livello federale degli Stati Uniti d'America.
  Rimane da verificare se e in che misura questo margine d'intervento può essere riconosciuto a livello nazionale, consentendo quindi agli Stati di operare. È proprio su questo che abbiamo cercato di lavorare. Il risultato di questa riflessione congiunta con le istituzioni europee e con gli altri Paesi è emerso nel Consiglio europeo del giugno 2012, in cui per la prima volta si è affermato che deve essere prestata un'attenzione particolare agli investimenti nei settori orientati al futuro e aventi un nesso diretto con il potenziale di crescita dell'economia.
  Si tratta, quindi, di espressioni simili alle conclusioni del Consiglio europeo dell'ottobre Pag. 10del 2012. Finalmente, nelle conclusioni del Consiglio europeo del 14 marzo – pochi giorni fa – vediamo riconosciuta la necessità che un risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita debba permettere di utilizzare gli spazi di flessibilità controllata per azioni di sostegno e di rilancio dell'economia, della crescita e dell'occupazione, nel rispetto della necessaria stabilità finanziaria. È un linguaggio complesso, vagamente circonvoluto, ma che sostanzialmente riconosce la possibilità di effettuare della spesa pubblica per investimenti produttivi, per stimolare la crescita e l'occupazione, tenuto conto in particolare della situazione permanente di crisi economica.
  A nostro avviso, non si tratta di un cambiamento, bensì di un'importante evoluzione interpretativa delle regole vigenti, rispetto alla quale occorre immediatamente attrezzarsi.
  Nel prosieguo della riflessione e dell'interlocuzione con le istituzioni europee e con gli altri Stati membri, si sono potuti identificare due filoni principali, nell'ambito dei quali questa flessibilità può essere resa operativa. Il primo è quello di cui abbiamo sentito parlare nella relazione del Ministro dell'economia e delle finanze e riguarda la possibilità di effettuare il pagamento di quello stock di debiti commerciali della Pubblica amministrazione nei confronti delle aziende, che nel nostro Paese in particolare, ma non solo – la Spagna ha avuto una situazione non del tutto dissimile – si è accumulato nel corso degli anni.
  Il secondo filone riguarda i cosiddetti investimenti pubblici produttivi, una definizione dei quali è in corso di operativa esternazione da parte della Commissione europea, e riguarderebbe in particolare il cofinanziamento di alcuni dei fondi strutturali europei, in particolare quelli diretti agli interventi con carattere strutturale e alle grandi opere. Pensiamo alle cosiddette reti transeuropee e a quella che oggi viene chiamata l'interconnessione delle varie reti europee.
  Ci sono quindi due opportunità da cogliere. In particolare, l'interlocuzione con la Commissione, che è l'organo di vigilanza, deve continuare. È in fase di elaborazione un documento che dovrebbe chiarire ulteriormente i termini di questi investimenti pubblici produttivi. Come avete visto, la settimana scorsa la stessa Commissione, con una dichiarazione congiunta del Commissario per gli affari economici e monetari e del Commissario per l'industria e l'imprenditoria, ha chiarito che si poteva procedere a livello dei pagamenti.
  La situazione dei debiti della Pubblica amministrazione verso le imprese in Italia è particolarmente patologica, come abbiamo potuto ascoltare. Purtroppo, nei pagamenti tra le imprese stesse, c’è un riscontro altrettanto patologico, seppur meno grave in termini temporali, che rappresenta, anche in questo caso, una situazione non frequente nella media europea. Per quanto riguarda il dovere dell'amministrazione e del Governo, bisogna procedere su questa strada. Rispetto a questo tema, la proposta naturalmente spetta in primis al Ministro dell'economia e delle finanze, che vi ha illustrato alcuni elementi.
  Per quanto riguarda gli investimenti produttivi, nella Relazione al Parlamento che state esaminando si evoca la possibilità di avere una prima componente di investimenti produttivi, incrementando il cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali europei. In questo caso, l'accelerazione che noi abbiamo cercato di propiziare nel corso di questi dodici mesi ci consente effettivamente di procedere su questa strada. Tenete conto che per ogni euro di cofinanziamento nazionale si movimentano 1,30 euro di fondi europei. Di conseguenza, c’è effettivamente un netto vantaggio per il Paese nell'accelerare la capacità di spesa dei fondi strutturali europei, altro elemento in cui noi abbiamo avuto storicamente delle patologie evidenti di spesa ritardata.
  In buona sostanza – e con questo concluderei, signor Presidente – il punto importante da tenere presente è che con una capacità di idee, di negoziato e di proposta è possibile avere una interpretazione Pag. 11meno rigida e meno vincolistica delle norme europee, che tali appaiono a prima lettura. Naturalmente, l'elemento di vincolo va anche visto come un elemento di reciproca garanzia e di fiducia, e quindi non solo nella sua natura costrittiva, ma anche nella sua natura di garanzia. Occorre contemperare le due esigenze. Penso che la flessibilità riguardo agli investimenti pubblici produttivi, quindi destinati a dare un ritorno a favore della crescita e in ultima analisi a favore del PIL, e la flessibilità nel poter procedere in maniera rapida al pagamento dei debiti – cui corrisponde anche un elemento di grossa moralità etica della Pubblica amministrazione, che non deve fare cassa a spese delle aziende che interloquiscono con essa – possono costituire due esempi importanti, che personalmente ritengo due significative opportunità.

  PRESIDENTE. Grazie. Do conto degli iscritti a parlare: per il Partito Democratico, l'onorevole Fassina e la senatrice Dirindin; per il Popolo della Libertà, l'onorevole Vignali e il senatore Romani; per il Movimento 5 Stelle, l'onorevole Barbanti e il senatore Puglia; per Scelta civica per l'Italia, l'onorevole Zanetti e l'onorevole Buttiglione; per Sinistra Ecologia Libertà, l'onorevole Di Salvo e l'onorevole Marcon. Si aggiunge il senatore Divina per la Lega Nord. L'onorevole Mussolini intende intervenire, ma deve convenire con il senatore Romani per una riduzione dei suoi tempi, al fine di rispettare i tempi assegnati al loro gruppo. Considero chiuse le iscrizioni, in modo da svolgere in maniera ordinata il dibattito.
  Do, quindi, la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  STEFANO FASSINA. Signor Presidente, il Partito Democratico da tempo sottolinea il carattere emergenziale dell'intervento di cui oggi stiamo discutendo, quindi noi siamo convinti e sosteniamo la più rapida approvazione possibile del provvedimento sul piano legislativo e la predisposizione, nei tempi più rapidi possibili e con le procedure più semplici possibili, di tutto quello che è necessario sul piano amministrativo.
  Ci sono ovviamente tanti problemi di attuazione e ne siamo consapevoli, ma siamo anche convinti che mai come in questo caso l'ottimo è nemico del bene. Di conseguenza, se si possono fare delle semplificazioni che non rappresentano la perfezione del provvedimento, crediamo che vadano fatte.
  Vorrei porre un paio di domande alle quali premetto una riflessione di carattere più politico, attinente alla politica economica. In questi giorni abbiamo sentito dire da parte di diversi esponenti del Governo che questo provvedimento indica che l'austerità paga. Ritengo che sia vero esattamente il contrario. Questo provvedimento corregge una linea di politica economica prevalente nell'area euro che è assolutamente insostenibile sul piano economico, per i lavoratori e per le imprese; sul piano della finanza pubblica – infatti, come voi sapete, ha comportato l'aumento del debito pubblico in tutta l'eurozona –; e, infine, sul piano democratico, in quanto porta a rischi crescenti di divaricazione, piuttosto che al rafforzamento del processo unitario.
  Affermare che i rapporti di forza sul terreno politico a livello europeo non erano tali da consentire che questo intervento fosse adottato prima è una considerazione sulla quale si può ragionare. Affermare, invece, che questa rappresenta l'evoluzione di una linea giusta è a mio avviso insostenibile sul piano fattuale.
  Oggi noi, giustamente, dopo tanto tempo, interveniamo a sostegno della domanda, che è la variabile prioritaria per far ripartire l'economia allo stato attuale. Per tanti anni, il Governo precedente e l'attuale hanno sostenuto che sarebbe stato sufficiente puntare al pareggio di bilancio e alle riforme strutturali per riattivare il motore della crescita, cosa che purtroppo non è avvenuta, come era prevedibile.
  Vengo alle domande e concludo. Noi riteniamo che ci si debba rapportare al limite del 3 per cento con minore disinvoltura. Pag. 12Ieri ho chiesto esplicitamente al sottosegretario Polillo se le previsioni di PIL includessero gli effetti dell'intervento. Il sottosegretario per l'economia e le finanze mi ha dato una risposta esattamente opposta a quella che oggi il Ministro ha affermato nel suo intervento: ha indicato che le previsioni non comprendevano gli effetti degli interventi, mentre lei oggi dice, come io credevo, che l'intervento è incluso nella previsione delle stime.
  Questo intensifica la preoccupazione perché, come lei sa, in questi anni tutti coloro che hanno fatto le previsioni, e non solo il Ministero dell'economia e delle finanze, hanno avuto eccessi di ottimismo, anche molto significativi e sistematici. Di conseguenza, noi ci potremmo trovare nei prossimi mesi a una correzione al ribasso delle previsioni, ovviamente con un problema relativo al rispetto della soglia del 3 per cento.
  Inoltre, e questo è il punto più rilevante, a mio avviso va considerata con grande attenzione, probabilmente lasciando un margine di flessibilità, la quantità di pagamenti che hanno riflessi sull'indebitamento. Come lei sa, il Governo lascia al prossimo Esecutivo una serie di interventi che, nonostante non abbiano formalmente il carattere di obbligatorietà, sono politicamente inevitabili. Penso al pagamento della cassa integrazione guadagni in deroga, ai contratti di servizio tra lo Stato e alcune aziende pubbliche di primaria rilevanza e al 55 per cento di agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni. Si tratta di una serie di interventi che hanno un impatto, secondo i nostri «rozzi» calcoli, che si aggira intorno al mezzo punto di PIL. Quindi, per evitare una manovra come primo atto del Governo che verrà, ritengo sia utile tenere un margine di flessibilità sulla quota dei pagamenti che impatta sull'indebitamento.
  Inoltre, sarebbe utile sapere quali sono le risorse destinate al pagamento delle banche, che ovviamente, come dice lei, deve essere fatto, ma sarebbe utile sapere a quanti miliardi ammonterebbe.
  Infine, vorremmo anche conoscere come si pensa di ripartire i pagamenti tra i vari comparti della Repubblica, tra lo Stato e le articolazioni territoriali. La ringrazio.

  NERINA DIRINDIN. Signor Presidente, ovviamente il provvedimento è estremamente urgente e importante e quindi non stiamo a sottolineare ulteriormente la necessità di procedere alla definizione degli strumenti e, soprattutto, di prestare attenzione all'applicazione e alle questioni pragmatiche che consentono a tutti i soggetti che saranno tenuti a dare applicazione al provvedimento di operare affinché si proceda con la velocità che fino ad ora non si è avuta.
  La mia domanda riguarda una delle voci che la Relazione al Parlamento riporta e che è importante non soltanto per i saldi, ma anche per il benessere dei cittadini: la spesa sanitaria. Ieri avevamo già anticipato la richiesta di una precisazione, che è fondamentale. Infatti, la Relazione riporta una spesa sanitaria per il 2012 di 2,7 miliardi in meno rispetto alla spesa programmatica successiva alla legge di stabilità del 2012. Questo sembrerebbe voler dire che le Regioni sono riuscite a ottenere risparmi ulteriori rispetto a quelli già previsti dalle manovre che, come sappiamo, sono state piuttosto pesanti, per circa 2,7 miliardi di euro.
  Capiamo bene, come ieri ci ha detto il sottosegretario Polillo, che questo consente di arrivare alla stabilità dell'incidenza della spesa sul PIL, però ci domandiamo se di fatto i dati del quarto trimestre del 2012 dicono effettivamente che la spesa è diminuita di 2,7 miliardi. Infatti, questo ha un impatto positivo sui saldi, ma certamente preoccupante sui servizi che sono garantiti ai cittadini.
  La mia richiesta è quindi di sapere quali elementi informativi abbiamo oggi su come questo risparmio in eccesso rispetto a quanto stabilito dalle manovre si distribuisce tra le voci di spesa e fra le regioni. Grazie.

  PRESIDENTE. Faccio i complimenti al gruppo del Partito Democratico per aver Pag. 13rispettato i tempi. Naturalmente il gruppo Popolo della Libertà vorrà emularlo. Cedo, quindi, la parola al senatore Romani.

  PAOLO ROMANI. Dato che i tempi assegnati dalla Presidenza precludono qualsiasi tipo di valutazione politica, rispetteremo i 3 minuti e mezzo che ci sono riservati come Senato.
  Il mio intervento riguarda tre questioni. Innanzitutto, nella suddivisione dei pagamenti dei debiti pregressi delle pubbliche amministrazioni, ci sono fondamentalmente due categorie: quelli che incidono solo sul debito, per i quali ci sono fattori attenuanti, e quelli che incidono sul deficit, per i quali non ci sono fattori attenuanti, perché siamo in tempo di procedura per deficit eccessivo. Mi sembra di capire che la cifra esposta in questa relazione – 7,9 miliardi di euro – rappresenta circa un 20 per cento rispetto ai 40 miliardi. Queste cifre e queste percentuali sembrano riflettere esattamente quello che diceva il Commissario Tajani l'altro giorno in un articolo sul Corriere della sera, dove affermava che considerati pari a 100 i debiti pregressi complessivi, l'80 per cento sono quelli che hanno influenza sul debito, per i quali – ribadisco – grazie anche alla sua opera, in Europa sono stati agganciati dei fattori attenuanti che consentono di espandere il debito, e un 20 per cento riguarda i debiti pregressi in campo di deficit, per i quali non ci sono i famosi fattori attenuanti. Quindi, anche in questo caso, lo 0,5 per cento incrementa il deficit dal 2,4 al 2,9 per cento del PIL.
  Devo dire che queste due grandi categorie non sono così chiare. Il Ministro Moavero Milanesi prima ha inserito nella seconda categoria anche i finanziamenti europei, nel senso di investimenti su grandi opere infrastrutturali, mentre la valutazione che facevamo è che si trattasse di debiti pregressi in conto capitale, o almeno così avevamo capito. Siccome su queste due grandi categorie non c’è mai una definitiva chiarezza, la mia domanda è se possiamo chiarire una volta per tutte di cosa si tratta. Se parliamo di debiti pregressi in conto capitale è una cosa, se parliamo di cofinanziamento in sede europea di grandi opere è un'altra cosa.
  Il secondo argomento riguarda la priorità da assegnare tra banche e imprese. Voi scrivete nella Relazione al Parlamento che una parte dei pagamenti alle imprese confluirà immediatamente al settore creditizio, in quanto una quota del portafoglio di debito risulta già ceduta. Il Ministro Grilli ci ha parlato delle certificazioni pro soluto. Abbiamo fatto fatica – i colleghi lo ricorderanno – a definire le certificazioni, soprattutto quelle pro soluto. Il Ministro Grilli stamattina ci ha comunicato un dato che non conoscevamo: 300 milioni di euro sul cartaceo, 31 milioni – cioè nulla – sull'elettronico con 1.700 amministrazioni su 20.000 che si sono accreditate alla piattaforma elettronica. Ciò vuol dire che non è avvenuto nulla.
  Vorrei capire, Ministro, se quando voi dite che non potete non pagare le banche, vi riferite ai 300 milioni più 31 o a qualcos'altro che non conosciamo. Dalle aziende abbiamo contezza che c’è grandissima difficoltà a ottenere non le certificazioni, ma il finanziamento delle certificazioni avvenute, perché non c’è la certezza del pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni. Questo rimborso immediato si riferisce ad anticipazioni delle banche rispetto a debiti non certificati ? Io suppongo che sia così, altrimenti non capisco per quale motivo si proceda immediatamente al pagamento di una cifra che è minima rispetto al monte complessivo del debito delle pubbliche amministrazioni.
  La terza domanda è molto breve: voi calcolate un maggior indebitamento di 0,5 punti percentuali. Su quale spread mediano avete valutato questo incremento ? Siccome siamo in procedura per i disavanzi eccessivi e arriviamo al 2,9 per cento (quindi basta lo 0,1 per andare fuori), avete già fatto una valutazione dello spread ai 340 di oggi o vi siete messi nelle peggiori condizioni possibili per essere comunque garantiti ? Grazie.

  RAFFAELLO VIGNALI. Faccio una considerazione di principio. La situazione Pag. 14delle imprese è tragica. Non lo dico per fare spettacolo, ma perché rispecchia la realtà. Non possiamo dare illusioni agli imprenditori o prenderli in giro.
  Da questo punto di vista, io chiedo alcune assicurazioni rispetto al decreto che si sta predisponendo. La prima è che non ci siano al suo interno decreti attuativi, ma che ci siano norme di immediata applicazione, altrimenti si prendono in giro gli imprenditori. La seconda è che si dettino tempi e modalità certe per i pagamenti e sanzioni per le pubbliche amministrazioni che non ottemperino. Chiedo quindi che ci sia l'obbligo di liquidare e non la facoltà di liquidare. Bisogna anche prevedere il pagamento diretto ai subfornitori, con riferimento particolare ai subfornitori delle società a partecipazione pubblica, e la sospensione di ogni vincolo per le imprese creditrici della Pubblica amministrazione, compreso il DURC.
  Chiedo inoltre che si preveda la possibilità per le imprese di optare per una compensazione dei propri crediti rispetto a debiti di qualunque genere verso lo Stato. Lo Stato userà Equitalia per riscuoterli dalle altre amministrazioni.
  L'onorevole Fassina affermava che questo è un sostegno alla domanda. A mio avviso, questo è innanzitutto un dovere morale dello Stato. Uno Stato che pretende lealtà fiscale non può non pagare i fornitori e, evidentemente, non può neanche non restituire i crediti fiscali. Fra l'altro, mi piacerebbe sapere, se possibile, a quanto ammontano. Su questo chiediamo rassicurazioni, oltre all'assicurazione di fondo che queste risorse siano utilizzate esclusivamente per le finalità sacrosante contenute nella Relazione che ci avete proposto. Grazie.

  ALESSANDRA MUSSOLINI. Devo essere molto veloce. Vorrei parlare di un «pezzo da novanta»: le Ferrovie dello Stato. È bene ricordare che è finita l'epoca delle Ferrovie dello Stato statali. Adesso sono una SpA risanata e i conti devono tornare. Come ha affermato l'amministratore delegato delle Ferrovie, esse vantano crediti per circa 2 miliardi di euro.
  Per poter far fronte al pagamento di forniture e stipendi, in quanto soprattutto le regioni non stanno pagando, oltre al debito dell'emergenza rifiuti, ci sono altri 100 milioni di euro che devono essere dati alle Ferrovie. L'effetto del mancato pagamento si riverbera sulla qualità dei servizi e produce quindi disagi ai cittadini, oltre alle conseguenze su un indotto di piccole e medie imprese che vivono proprio su questo. Tutto ciò, tra l'altro, crea l'impossibilità di avviare quegli investimenti, soprattutto per il materiale rotabile, utili a migliorare comfort e prestazioni.
  Il rischio è che le Ferrovie, o comunque gli operatori ferroviari, considerino le regioni soggetti finanziariamente non affidabili e decidano di non ritenere profittevole investire nel trasporto locale. Vorrei quindi sapere, soprattutto dal Governo, qual è la posizione rispetto a questo. Oltre alle piccole e piccolissime imprese, c’è anche questa questione. Grazie.

  PRESIDENTE. Anche il gruppo del Popolo della Libertà ha rispettato i tempi. Vi ringrazio.

  SEBASTIANO BARBANTI. Buongiorno, signori ministri e colleghi. Come Movimento 5 Stelle auspichiamo, rispettando i tempi necessari per la costruzione di un efficiente ed efficace decreto-legge, che la manovra vada avanti e dia ossigeno al sistema produttivo e all'intera economia nazionale. Auspichiamo oltremodo che i criteri di sblocco rispecchino principi di equità, aiutando soprattutto chi ora è più in difficoltà. In altre parole, non lasciamo indietro nessuno.
  Passo subito alle domande e non vi faccio perdere molto tempo. La prima: tenuto conto che non tutte le operazioni straordinarie sono classificabili come una tantum, sulla base di quali caratteristiche ritenete possibile che la Commissione europea possa considerare queste operazioni qualificabili come una tantum e quindi fuori dei saldi strutturali ?
  Rispetto a questo tema, nella Relazione abbiamo visto che sono ben illustrati gli impatti che questa manovra ha sui saldi Pag. 15nominali. Avete previsto anche un impatto sui saldi strutturali per verificare il rispetto degli obiettivi di medio termine, mi riferisco in particolare al pareggio di bilancio ?
  Infine, viste le notizie contraddittorie che abbiamo sul tema, vorremmo sapere se è possibile o meno – e vorremmo anche una quantificazione – allentare i vincoli del Patto di stabilità e quindi eventualmente destinare qualcosa in più rispetto a questi 40 miliardi di euro. Grazie.

  SERGIO PUGLIA. Buongiorno, ministri e colleghi. Ovviamente urge un'immediata boccata d'ossigeno al nostro sistema economico, in particolare per la piccola e media impresa, quindi bisogna far presto. Una cosa fondamentale, che prima sentivo citare anche da un collega, è quella di non prevedere dei decreti attuativi che andrebbero esclusivamente ad ampliare i tempi.
  Detto questo, mi voglio soffermare sull'aspetto di partenza di questo sistema che, in un certo senso, consentirà alla nostra economia di ripartire: la certificazione dei debiti. Vorrei chiedere se si prevedono sanzioni incisive per gli uffici che ritardano il processo di certificazione. Se non sono previste, prevediamole, altrimenti questa diventerebbe una misura di discreta applicazione. Grazie.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Ministro Moavero, perché non l'avete fatto prima ? Ascoltando quello che si afferma, sembrerebbe che sia stato un grave errore, una grave colpa non averlo fatto prima. Ho sentito queste voci anche in quest'Aula.
  Mi viene in mente, ma non so se sbaglio, che esiste un sistema di trattati, a cui l'Italia è vincolata, che prevede procedure per i disavanzi eccessivi. Mi sembra di ricordare anche che l'Italia sia tenuta ad avvicinarsi rapidamente alla soglia del 60 per cento del PIL come debito pubblico e che dal 2014 scattino obblighi ancora più stringenti di ridurre il debito pubblico, per portarlo verso questo obiettivo.
  Ciò mi induce a domandarle che cosa sarebbe successo se voi aveste compiuto un'operazione di questo tipo un anno fa, o anche solo sei mesi fa. A me sembra, invece, che sia stato un grande successo l'aver ottenuto di poter compiere tale operazione senza incorrere nella procedura per i disavanzi eccessivi. Forse non tutti hanno chiari il sistema dei vincoli e la portata dell'enorme lavoro che a questo fine è stato svolto.
  Come seconda domanda, quali margini ulteriori possono essere negoziati, per esempio sulla valutazione differenziata delle spese di investimento ? È vero che noi adesso godiamo i benefici del risanamento finanziario, altrimenti non sarebbe mai stata consentita un'operazione come questa, ma è vera anche un'altra questione: noi siamo stati trattati male per debolezza del Governo italiano di allora e per via di situazioni di panico generate dai movimenti sui mercati e abbiamo dovuto accelerare di un anno il risanamento.
  Un grande Paese a noi vicino, che confina anche con la Germania, oggi in difficoltà gravi, sta ottenendo un trattamento significativamente più favorevole di quello che noi abbiamo dovuto allora subire, non tanto per la durezza degli interlocutori europei, quanto per il panico che si era generato sui mercati. Ciò genera una situazione in cui abbiamo titolo, sia per meriti nostri, sia per demeriti altrui, di pestare un po’ i pugni sul tavolo. Quali sono gli obiettivi che possiamo realisticamente porci ?
  Infine, con riferimento al Piano europeo per la crescita, occorre un piano di interventi nazionali coordinati e concordati, dal momento che il bilancio europeo non è in grado di supportare un piano per la crescita. Tali interventi andrebbero ispirati non a una politica keynesiana di stimolo alla domanda, ma a un keynesismo rovesciato, che intervenga a sostegno della produttività di sistema. Come conseguenza accessoria, esso dovrebbe agire incentivando anche la domanda.
  Se ho ancora un minuto, vorrei chiedere al Ministro Grilli come finanzia lo Stato i prestiti di lungo termine agli enti territoriali. Significa che dovremmo aumentare il deficit ? Qual è la portata prevedibile di questi finanziamenti ?Pag. 16
  Le cifre sono difficili da capire: si parla di cinque punti di PIL. Cinque punti di PIL sono la valutazione del debito commerciale o la valutazione del debito nascosto ? Una parte del debito commerciale è fisiologica. Tutti gli Stati hanno un debito commerciale che riguarda i pagamenti che devono essere svolti nell'arco dell'esercizio finanziario, o comunque assimilabile a questi. Siamo in grado di capire qual è la portata dell'uno e qual è la portata dell'altro ?
  Con 40 miliardi emerge per intero il debito nascosto ? Considerati gli impegni cui dovremo far fronte a partire dal 2014, se ricordo bene, è importante che, prima che arrivi quella data, noi certifichiamo un debito pubblico italiano che sia quello e che non abbia partite nascoste che non avremmo più la possibilità di fare riaffiorare.
  Che cosa si conta di fare per il debito residuo, se esiste un debito residuo, e come si può impedire che si riformi debito nascosto ? In sostanza, come osservare effettivamente la direttiva europea sui pagamenti ? Il debito nascosto si forma in parte per decisioni politiche, anche se nascoste, e in parte anche per inefficienze dalla Pubblica amministrazione.

  ENRICO ZANETTI. Vorrei avere anch'io chiarezza sulla indicazione dei 40 miliardi come somma complessiva. Concordo con la motivazione sostenuta dal senatore Romani, ma vorrei avere un'esplicitazione in questo senso.
  In secondo luogo, per quanto riguarda la questione delle banche, a mio avviso non vi è dubbio che debbano essere onorati anche i crediti da esse acquisiti o scontati, ma dovrebbe essere importante anche che siano messe in atto procedure di monitoraggio volte ad assicurare che questo sia uno strumento attraverso il quale non rientrare dalle esposizioni complessive, ma garantire nuove possibilità di affidamenti.
  In terzo luogo, va benissimo il criterio di anzianità dei crediti come criterio di scelta. Rimane il fatto, però, che siamo in un contesto in cui non è chiaro qual è il quadro complessivo dei debiti delle pubbliche amministrazioni. Non è trasparente, quindi, il sistema dell'anzianità. Ciò deve essere reso chiaro per i terzi.
  Io credo, quindi, che vada colta l'occasione per costringere le pubbliche amministrazioni a rendere trasparenti i propri debiti, anche per avere in futuro un archivio. Altrimenti non si saprà quali sono veramente i debiti più anziani che vengono pagati e il tutto diventerà arbitrario.
  Come ultima considerazione, io credo che vada chiarito in modo univoco che i pagamenti non sono solo quelli alle imprese, ma anche, in generale, quelli ai fornitori, compresi, per esempio, i liberi professionisti, gli ingegneri, gli architetti e via elencando.
  Questo punto deve essere chiarito, perché già in passato altre volte con la dicitura atecnica «imprese» si è perso per strada questo pezzo. Grazie.

  PRESIDENTE. Avete rispettato anche voi i tempi.

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, sarò sintetica per rispettare i tempi, come è giusto che sia.
  Svolgo una considerazione in premessa. Anche noi riteniamo che sia importante procedere il più velocemente possibile per ottemperare a questo impegno. Naturalmente, però, nella semplificazione delle procedure noi non contempliamo la sospensione del DURC. Poiché qualcuno l'ha citata prima, vorrei precisare che, per quanto ci riguarda, la sospensione del DURC non può essere prevista tra le semplificazioni delle procedure.
  Passo a una seconda considerazione. Anche noi pensiamo, come altri che sono già intervenuti e a differenza dell'onorevole Buttiglione, che il risanamento di cui si parla, legato alla linea dell’austerity, andrebbe misurato secondo alcuni parametri. A nostro avviso, utilizzando tutti questi parametri, il risanamento non si vede. Mi riferisco al risanamento dal punto di vista delle condizioni del Paese.
  Come terza considerazione, noi siamo particolarmente attenti, e invitiamo a esserlo Pag. 17altrettanto, ai margini di flessibilità e ai pagamenti che impattano sull'indebitamento. Abbiamo in mente i 900 milioni o il miliardo necessari, per esempio, a finanziare la cassa integrazione in deroga nel 2013. Abbiamo in mente la scadenza dei contratti dei lavoratori precari della Pubblica amministrazione. Abbiamo in mente la necessità di considerare di rispondere a queste urgenze sociali.
  Infine, pongo due domande. In primo luogo, a me non sembra, ma magari mi sbaglio, che il Ministro Grilli abbia fornito la dimensione, parlando dei crediti ceduti alle banche. Ci ha riferito che l'intenzione sarebbe quella di avere un ordine di priorità nel pagamento premiando le imprese prima delle banche, ma non ci ha riferito – non so se ho seguito con attenzione – la dimensione dei crediti che sono in possesso delle banche.
  Sappiamo, dai dati della Banca d'Italia, riferiti, però, al dicembre 2011 – ora parliamo, invece, dei debiti al dicembre 2012 – di 6 miliardi di crediti ceduti pro solvendo e di 8 miliardi, mi pare, ceduti pro soluto presso gli intermediari finanziari. Vorrei capire la dimensione.
  Infine, pongo un'ultima domanda. Vi accennava già l'onorevole Zanetti. Mi chiedevo e ci chiedevamo – ne discutevamo già ieri – se fosse intenzione del Governo immaginare un rapporto con l'ABI per garantire che questa procedura non determini, come succede nell'esperienza quotidiana, la fine dell'apertura di credito nei confronti delle imprese, una volta che le procedure di sconto vengano ottemperate nei confronti delle banche. L'esperienza quotidiana è che, invece, si determina questa situazione, ragion per cui io mi chiedevo se non ci fosse la necessità di un intervento presso l'ABI da parte del Governo per garantire che ciò non succeda.

  GIULIO MARCON. Buongiorno. Innanzitutto svolgo una considerazione di carattere generale. Io credo che questo provvedimento sia non la conferma o la testimonianza della giustezza delle politiche seguite fino a oggi, ma una smentita delle stesse. Il ritardo con cui si attua è l'indice degli errori che sono stati commessi in questi mesi con la politica del pareggio di bilancio, la quale, invece di immettere nuove risorse nell'economia e, quindi, sostenere la domanda interna, ha preferito compiere una scelta di stabilizzazione finanziaria che nell'area euro, come veniva ricordato prima dall'onorevole Fassina, ha accentuato le difficoltà economiche e di indebitamento di molti Paesi europei.
  Ciò premesso, sono tre le questioni che vorrei porre. La prima è la questione dei criteri e delle priorità. Si parlava di ordine cronologico nel pagamento dei debiti verso le imprese. Vorrei capire se esiste un rapporto tra l'ordine cronologico e il riparto a livello regionale, ossia se si terrà conto di un equilibrio, che dovrà essere garantito, del pagamento dei debiti a livello territoriale e regionale, per evitare il rischio che il pagamento dei debiti verso le imprese sia concentrato solo in alcune aree e in alcuni territori. Il riferimento è ad aree in cui gli enti locali o le regioni sono in grado di mobilitare una maggiore capacità di utilizzo degli avanzi di cui sono in possesso.
  La seconda domanda riguarda i provvedimenti passati, la certificazione dei crediti e i titoli di Stato. Si ritiene di mantenere in essere questi provvedimenti, di rivederli e di ripensarli, considerato che sono stati sostanzialmente un fallimento, oppure di rilanciarli e, in tal caso, in quali forme ? Come si intende intervenire in questo settore ?
  La terza domanda, più specifica, riguarda l'informazione che è stata resa sulla certificazione dei crediti attraverso il procedimento elettronico. Si parlava di 479 crediti su oltre 1.200, se non ricordo male. Vorrei capire se la differenza tra i crediti che sono stati certificati e quelli che, invece, sono ancora in attesa deriva dal rifiuto di quelli che non sono considerati nella cifra complessiva dei certificati, se si tratta di una questione di tempi o se ci sono altri motivi per questa differenza tra certificazioni avvenute e non ancora realizzate.

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  PRESIDENTE. L'ultimo intervento è per la Lega Nord. Do la parola al senatore Divina, che ovviamente starà nei tempi per non deludere il presidente. Grazie.

  SERGIO DIVINA. Sicuramente, Presidente. Riconoscere i propri debiti è senz'altro una questione morale, che avvicina, però, a questo punto, la Pubblica amministrazione ai cittadini, o, se non l'avvicina, limita almeno il divario che è sempre esistito.
  Le politiche attuate da questo Governo hanno seguito una linea eterodiretta dall'Europa, basata su austerità, austerità e ancora austerità. Abbiamo visto che, se essa ha migliorato leggermente i flussi e i saldi, ha creato, invece, recessione e complessivamente ha peggiorato la situazione.
  Oggi si conviene unanimemente sul fatto che bisogna mettere mano a tutto e far ripartire l'economia, premere l'acceleratore sulla crescita. I dati che ci ha fornito il Ministro Grilli vanno proprio in questa direzione. Lei parla di creare spesa e di aumentare la spesa, ma noi vediamo gli effetti che questo ha sul PIL. Abbiamo scoperto finalmente che la spesa genera anche prodotto interno e che, tutto sommato, migliora i saldi. Migliora anche la situazione economico-sociale che si è creata in questo Paese. Il problema della coesione sociale è importantissimo. Se le imprese soffrono, sicuramente i dipendenti non se la passano molto meglio.
  Premesso questo, noi abbiamo un secondo cappio al collo, che si tenta blandamente di affrontare: il Patto di stabilità interno. Il Patto di stabilità interno ha bloccato gli investimenti, soprattutto quelli locali. È vero che uscendo o attenuandolo probabilmente aumenteremmo la spesa, ma si tratta di una spesa coperta. È una spesa che ha accantonamenti. Addirittura ci sono disponibilità improduttive che noi teniamo ferme. A che pro lo facciamo, soprattutto se poi queste venissero vincolate a investimenti e a un miglioramento della situazione complessiva ?
  Pongo una domanda banale e semplice: perché non avete incluso in questo provvedimento anche lo sblocco o l'attenuazione del Patto di stabilità interno, che è forse l'aspetto, dopo quello relativo al rilancio dell'economia, che mette in maggiore sofferenza il nostro Paese ? Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti i colleghi dei gruppi che sono intervenuti, perché il rispetto dei tempi ci permetterà di avere un margine significativo per le repliche dei ministri.
  Il relatore sulla Relazione alla Camera, onorevole Causi, ha chiesto di aggiungere alcune considerazioni. Essendo relatore, gli vengono concessi cinque minuti.

  MARCO CAUSI. Mi occorre molto meno tempo, Presidente, grazie.
  Io vorrei dare atto ai ministri di aver fornito quasi tutte le risposte alle numerose domande che ieri in Commissione erano state avanzate. Dal momento, però, che ci sono due domande a cui, invece, non è stata ancora fornita risposta, mi domandavo se fosse possibile recuperare anche questi due elementi.
  In primo luogo, vorrei un chiarimento in più sull'andamento delle entrate, Ministro Grilli. Questa Relazione prelude a un DEF in cui l'evoluzione delle entrate mostra significativamente e sensibilmente una riduzione. Desidererei avere alcuni elementi di valutazione in più.
  In secondo luogo, c’è la questione del Patto di stabilità interno. Forse capiamo male, ma noi avevamo sempre capito in questi anni che i vincoli finanziari che passavano tramite il Patto di stabilità interno sulle autonomie locali contassero interamente non solo sul fabbisogno, ma anche sull'indebitamento netto, senza distinguere se tali vincoli si riferissero a blocchi di spesa corrente o a blocchi di spesa per investimenti.
  La domanda è la seguente: la deroga al vincolo del Patto di stabilità incide interamente sull'indebitamento indipendentemente dalla natura della spesa, o si riesce ad avere una trattativa sulla valutazione in termini di contabilità nazionale, ossia in termini Eurostat, di tali vincoli ? Negli anni passati quei vincoli mordevano indipendentemente dal tipo di spesa, nella loro Pag. 19interezza, come saldo complessivo dei comuni che contribuivano alle diverse manovre.

  PRESIDENTE. Do la parola ai Ministri Moavero Milanesi e Grilli per la replica.

  ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Rispondo velocemente, perché la maggior parte delle domande riguardano effettivamente il Ministro Grilli.
  Sotto il profilo di un chiarimento generale rispetto al motivo per cui non si è attuato prima questo intervento e soprattutto se esso rappresenti o meno una variazione a livello di politiche europee di una concezione basata essenzialmente sull'austerità, io penso sicuramente che ci sia un'evoluzione in atto, come peraltro c’è stata anche nella fase in cui si sono corroborate le regole di disciplina e di rigore.
  È in atto a livello di Unione europea un'evoluzione nel corso dei mesi trascorsi da quando sono state, in un primo momento, rafforzate le politiche di vincolo e la crisi ha continuato a mordere. La crisi ha morso in maniera asimmetrica colpendo di più alcune economie degli Stati membri dell'Unione e meno altre.
  Senza dubbio ora c’è un'evoluzione in atto e i maggiori margini che via via i Consigli europei hanno riconosciuto a partire dallo scorso mese di giugno, sia come iniziative a favore della crescita e dell'occupazione, sia come possibilità di offrire maggiori margini agli Stati membri per interventi nell'economia, rappresentano indubbiamente quella che io chiamo una svolta interpretativa. La si può considerare comunque come un'importante evoluzione a livello di Unione europea.
  Naturalmente, si cerca di tenere insieme due elementi: da una parte quello di rigore e di disciplina – che garantisce gli Stati che devono vivere insieme, soprattutto quelli che condividono una stessa moneta e quindi una stessa politica monetaria – e, dall'altra, i mercati, soprattutto quelli composti dagli investitori, da non confondersi con chi sui mercati opera unicamente interventi speculativi.
  Indubbiamente è in atto un'evoluzione, il che spiega la situazione e risponde alla domanda sul motivo per cui il Governo non si sia mosso prima. Non a caso, è di circa una settimana fa la presa di posizione più puntuale della Commissione europea con riguardo alla possibilità di procedere al pagamento dei debiti, con un impatto sul debito pubblico.
  Questo dimostra che, in effetti, l'evoluzione che c’è stata in quel negoziato, in quella riflessione congiunta con altri Stati e con le istituzioni europee, ha comunque richiesto i suoi tempi. D'altra parte, ancora una volta, trovandoci di fronte a un evento discretamente epocale come la crisi economica e finanziaria, tale evoluzione era indispensabile.
  Ma l'evoluzione continua. La prossima tappa che noi dobbiamo, come Italia, contribuire a preparare in vista del Consiglio europeo di giugno, fra non molto tempo, riguarda esattamente la presa in conto di quella dimensione di impatto sociale della crisi economica che sino a oggi è stata lasciata soprattutto a soluzioni da individuare attraverso la strumentazione nazionale.
  L'idea su cui sono in atto le discussioni nell'ambito dell'Unione europea è che, a fronte di impegni assunti volontariamente dai Governi dei diversi Stati per effettuare determinate riforme, qualora tali riforme, come è piuttosto inevitabile, determinino conseguenze a livello di impatto sociale, debbano essere individuati parallelamente anche alcuni strumenti di fiancheggiamento, di accompagnamento e di incentivo che possano consentire di evitare che tale impatto diventi devastante.
  C’è un divenire in sede di Unione europea che accompagna il divenire della riflessione nei diversi Paesi, ciascuno dei quali naturalmente ragiona e opera col prisma della propria situazione economica e sociale. L'incontro di queste diverse ottiche, di queste diverse politiche, determina poi la politica dell'Unione europea, che inevitabilmente deve tener conto di questi elementi.
  C’è stata, e concludo, una prima fase che indubbiamente badava più al rigore e Pag. 20alla disciplina, perché per gli scostamenti tra i tassi di interesse dei diversi Paesi e fra i livelli di debito pubblico e di deficit annuale dei differenti Paesi si venivano a determinare alcuni scompensi sui mercati.
  A questa è seguita una seconda fase in cui a tali elementi è stata affiancata la necessità e la focalizzazione di azioni per la crescita, a livello sia di strumenti europei, sia di strumenti nazionali.
  Nella fase attuale, da una parte, si creano questi spazi maggiori a livello di interventi nazionali e, dall'altra, si sta negoziando e guardando avanti per studiare alcune possibili misure di accompagnamento e di incentivo per compensare gli eventuali scompensi sociali.
  Si pone ora il problema di come finanziarle, tema verso cui vi è un'apertura nei documenti presentati ai diversi Consigli europei, presentati sotto l'egida del Presidente del Consiglio europeo elaborati dai Presidenti della Commissione, della Banca centrale e dell'Eurogruppo. Essi prevedono un bilancio dell'Unione economica e monetaria, dell'area dell'euro, che sarebbe finanziato con elementi di risorse proprie diversi da quelli attualmente in uso.
  Si pensa, per esempio, alla tassa sulle transazioni finanziarie, da estendere a livello europeo, e alla possibile emissione di titoli di debito pubblico dell'area dell'euro che potrebbero costituire una fonte di finanziamento sul mercato diversa dal contributo dei differenti Stati in base al PIL, che caratterizza, invece, il bilancio dell'Unione stessa. È in atto, quindi, un cantiere in continua evoluzione, che si può definire anche come una svolta.

  VITTORIO GRILLI, Ministro dell'economia e delle finanze. Parto dalle questioni di carattere generale e spero poi di esaurire tutte le domande che sono state poste.
  In generale, al di là delle etichette e del dubbio se il rigore paga o non paga – capisco che ci siano differenze di vedute – a me sembra importante sottolineare perlomeno il nostro convincimento che bisogna distinguere bene tra il desiderabile e il fattibile. Io penso che nessuno, o perlomeno chi ha avuto una formazione da economista, possa negare l'importanza della domanda aggregata, soprattutto in una fase di crisi come questa.
  Tuttavia, per il Governo italiano e per l'Italia, per poter procedere a ciò che era desiderabile, era necessario creare alcune precondizioni. Avevamo bisogno, cioè, di due precondizioni. Una era di tipo europeo: occorreva avere l'accordo europeo, come è stato ben descritto dal Ministro Moavero Milanesi, affinché un'azione di questo tipo non ci portasse immediatamente all'interno di una procedura sanzionatoria, la quale avrebbe aggravato la difficoltà, ed è questo il secondo prerequisito, che i mercati potessero finanziare questo tipo di politica.
  Come abbiamo affermato, questa proposta consiste nell'aumentare il debito pubblico di 40 miliardi di euro, il che significa andare a chiedere al mercato, attraverso aste di dimensioni maggiori, più finanziamento all'Italia.
  Queste precondizioni, a nostro parere, non sussistevano ed erano vincolate al raggiungimento e al convincimento dei nostri partner europei e dei mercati che le condizioni di finanza pubblica in Italia fossero stabilizzate e solide.
  Noi ci sentiamo oggi in queste condizioni anche sulla base delle previsioni e dell'accertamento della Commissione europea e dell'Eurostat del nostro deficit del 2012. Queste condizioni ci sono, perché i mercati ora sono convinti della solidità delle nostre finanze pubbliche e, quindi, abbiamo una possibilità di rivolgerci al mercato e chiedere un ulteriore finanziamento di 40 miliardi di euro.
  Un conto è affermare che ci piacerebbe averli, un altro è riuscire a ottenerli. Quello che stiamo facendo oggi è semplicemente chiedere al mercato e alla comunità internazionale di concedere ulteriore credito all'Italia.
  Per quanto riguarda gli spazi, penso sia importante sottolineare che lo spazio di questo 0,5 per cento non è una scelta. Non siamo davanti al bivio tra pagare i debiti pregressi della Pubblica amministrazione o Pag. 21finanziare altre iniziative. Ciò non significa che non sia giusto finanziare le altre iniziative, ma questa è un'eccezione che deriva, e questo è stato tutto il nostro negoziato, dal fatto che noi non stiamo finanziando nuova spesa pubblica.
  Questo punto è stato parte dell'argomento. Questa è spesa pubblica già effettuata. Noi stiamo regolando un pagamento di spesa pubblica già effettuata, non stiamo finanziando in deficit nuova spesa pubblica. Stiamo cercando solo di trovare la liquidità, la cassa necessaria per una spesa pubblica già avvenuta.
  Il criterio che la nuova spesa pubblica deve essere coperta è mantenuto. Pensare che possiamo finanziare in deficit, utilizzando questa eccezione, nuova spesa pubblica, a nostro parere, è impossibile. Non è parte del negoziato e sicuramente richiederà molto convincimento sui mercati, se si vuole andare in questa direzione.
  Ciò mi porta anche al ragionamento per cui noi riconosciamo – come ha affermato giustamente il Ministro Moavero Milanesi, la questione non è di bianco o nero, ma è tutto parte di un negoziato; secondo noi, questo grigio è più bianco che nero – la specialità di questa operazione, che poi è parte di questa decisione e anche del comunicato della Commissione europea.
  Quest'operazione è una tantum, nel senso, a nostro parere, che non si tratta di una nuova stagione di finanziamento in deficit di nuova spesa pubblica, ma di definire una volta per tutte una situazione del passato che non si può – speriamo – più riprodurre, perché abbiamo accelerato e introdotto nel sistema la nuova direttiva sui pagamenti.
  La combinazione dei due elementi è da oggi in poi, con la nuova direttiva, non ripetibile. Non si può ricreare il problema dei debiti pregressi, ragion per cui noi diamo definizione una volta per tutte a una regolazione di pagamento, ma non a un nuovo incremento di spesa pubblica. Questa è la logica e la cornice all'interno della quale noi riteniamo che ci si debba muovere.
  Sono state poste molte domande. Cerco di procedere, non so se in maniera logica, ma almeno cronologica, a rispondere alle domande che sono state formulate.
  In primo luogo, sappiamo che la stesura di questo decreto-legge sarà molto delicata. Concordo col fatto che la perfezione non ci sarà e che non dovremmo neanche cercare di raggiungerla, perché i meccanismi sono estremamente complessi.
  Sono d'accordo e siamo d'accordo con voi sul fatto che non si può emanare un decreto-legge che poi rimandi a decreti attuativi, perché ci troveremmo a fine anno che dobbiamo ancora avviare la procedura. La logica che noi cercheremo di proporre, se saremo noi a doverla proporre, ma comunque i tecnici al Ministero dell'economia e delle finanze stanno lavorando in quel senso, è quella di un decreto-legge immediatamente applicativo.
  Che cosa significa immediatamente applicativo ? Significa dare a chi ha già la possibilità di pagare e, quindi, a chi ha già avanzi di gestione, la possibilità di effettuare immediatamente i pagamenti. Ciò significa anche smussare il Patto di stabilità interno.
  È stato chiesto perché non abbiamo pensato di farlo. Questa è una questione centrale. Quando si parla di consentire agli enti territoriali di pagare i debiti pregressi, si intende consentire il pagamento degli investimenti già effettuati, non, come ho precisato, di quelli nuovi, perché in tal caso si passerebbe ad un regime diverso.
  Sul vincolo sono d'accordo. Il 3 per cento del PIL non può essere superato e, quindi, il 2,9 per cento che noi proponiamo deve essere gestito con attenzione. Considerate soprattutto le condizioni dell'economia di oggi e quanto abbiamo inserito nelle nostre previsioni, ossia che un'immissione di liquidità di questa entità abbia un impatto positivo sull'economia, noi riteniamo di non essere stati troppo prudenti. Ciò non significa non essere prudenti, ma non essere troppo prudenti. Si tratta di avere un sistema a stadi che consenta un monitoraggio e un controllo.Pag. 22
  Affermare a priori che noi cerchiamo di consumare o utilizzare tutti gli spazi, a nostro avviso, sarebbe sbagliato, anche perché è un segnale sbagliato da dare all'economia. Quello che stiamo cercando di introdurre è il fatto che chi ha gli spazi li possa utilizzare immediatamente al 50 per cento. Poi le amministrazioni ci dovranno comunicare il totale dei loro debiti entro un mese.
  A quel punto, avremo dalle amministrazioni tutti i dati, e spero che le amministrazioni siano più sollecite di quanto lo siano state in passato. Ne parlerò in seguito, ma si pone un problema di notevoli dimensioni, che tutti conosciamo, quello di come incentivare le amministrazioni a fare la cosa giusta, perché non esiste una cassa al Ministero dell'economia e delle finanze pronta a pagare. Questo è un sistema a rete su tutto il territorio nazionale, con una disomogeneità di comportamenti e di posizioni debitorie che bisogna gestire.
  Una volta che ci arrivano i dati da ciascun ente territoriale, dobbiamo essere in grado di vedere se c’è capienza sufficiente sulla parte che ha impatto sul deficit. Dai dati che noi abbiamo, che abbiamo ricordato non essere perfetti, perché non tutte le pubbliche amministrazioni sono sollecite e, quindi, in parte li dobbiamo stimare, noi a priori riteniamo che, per quanto riguarda il pagamento delle spese in conto capitale, ci dovrebbe essere la capienza all'interno dello 0,5 per cento.
  Per prudenza proporremo di cominciare a utilizzare immediatamente il 50 per cento degli spazi e poi chiederemo di rendicontarci a priori, prima di utilizzarne altri, in modo che, se necessario, dovremo ripartire per essere sicuri di stare all'interno di quello 0,5.
  Questa comunicazione dagli enti territoriali, dalle province, dai comuni e dalle altre amministrazioni dello Stato è necessaria per coloro i cui spazi propri di cassa non esistono. Bisogna avere questo rapporto di linee di credito, di anticipazioni di cassa alle amministrazioni che non l'hanno, che possono essere basate solo su una loro richiesta documentata.
  Questa è la seconda fase. Per questa operazione noi richiederemo in tempi brevissimi, entro un mese, di presentarci proposte, sperando che le amministrazioni siano sollecite a rispondere. Vedremo se c’è capienza e in che modo ripartire i 40 miliardi di cui, come ho accennato, circa 7 sono quelli che hanno anche impatto sul deficit.
  Questo esaurisce il problema ? Vedremo. Dobbiamo vedere esattamente quante saranno queste domande. Non dico che ci sia sempre la paura, ma dobbiamo verificare se queste somme verranno esaurite. Infatti, ogni volta che abbiamo messo a disposizione alcune somme, queste non sono mai state esaurite. Esiste, quindi, una grande contraddizione.
  Questo confronto con le amministrazioni, con date certe, perché ci riferiscano quanti sono questi miliardi sarà importantissimo. Se supereranno i 40 miliardi, dovremo ripartire tale somma e vedere poi come procedere.
  Queste sono le due prime tranche, di 20 miliardi di euro ciascuna. Se le richieste saranno di gran lunga superiori o comunque superiori, si può pensare a ulteriori tranche da aggiungere a mano a mano che le amministrazioni smaltiscono il loro arretrato. È chiaro che questo andrà fatto verificando sia quale sarà l'impatto, speriamo molto positivo, più delle nostre stime, che io ritengo prudenti, di questa immissione di liquidità, sia come il mercato accetterà la nostra richiesta di ulteriori finanziamenti.
  Queste sono tutte possibilità che dobbiamo utilizzare e mettere in fila una dopo l'altra. All'interno di questo meccanismo, come è avvenuto con le certificazioni, di cui parlerò tra un attimo, è importante costruire un sistema di incentivi e disincentivi per compiere le scelte giuste.
  Ci sono tre questioni. Una è quello di incentivare le amministrazioni a chiedere e a pagare. Il secondo è il problema di fare in modo che le amministrazioni non chiedano troppo e poi non paghino. Si pone, Pag. 23infatti, un problema, che è stato richiamato, di equità tra le diverse amministrazioni: se ci sono amministrazioni che chiedono più di quello che sono in grado di smaltire o di quello che dovrebbero smaltire, stanno portando via spazi ad altri.
  La possibilità di riuscire a mettere insieme un sistema cronologico tra amministrazioni è sinceramente auspicabile, ma è anche impossibile, perché noi non siamo in grado di conoscere ciascuna singola fattura delle amministrazioni. Bisogna partire da un senso di responsabilità di queste 20.000 amministrazioni.
  Non sappiamo esattamente perché le cose non funzionano come dovrebbero. Possiamo fare alcune supposizioni. Un primo elemento è la paura, chiamiamola così, dell'amministratore di pagare un credito che forse non è del tutto legittimo pagare. Questo può frenare.
  Io penso che questo numero ancora minoritario di amministrazioni che si sono accreditate sulla piattaforma telematica sia un misto tra una non ancora piena conoscenza, una non piena consapevolezza in tutte le amministrazioni della gravità del problema e di una problematicità interna nel non voler certificare qualcosa che forse non si riesce a pagare. C’è tutto un sistema che dobbiamo studiare bene.
  Noi avanzeremo in merito alcune proposte. Nel passato abbiamo introdotto sanzioni, ma tra introdurre sanzioni e avere la certezza che esse operino veramente non abbiamo ancora trovato l'equilibrio giusto. Nell'introdurre sanzioni si possono anche disincentivare le amministrazioni.
  In merito io penso che il dibattito, il dialogo parlamentare sia fondamentale e utile per cercare di misurare incentivi e sanzioni, in modo tale da far cambiar marcia sinceramente alla Pubblica amministrazione, a queste 20.000 pubbliche amministrazioni che ancora non hanno trovato la velocità e la trasparenza per operare.
  Quanto alle banche, in questi giorni, da quando abbiamo avuto l'autorizzazione comunitaria, è incominciata un'interlocuzione con gli imprenditori, con le banche e con le amministrazioni territoriali – regioni, province e comuni – per dibattere insieme la costruzione di questo decreto. A oggi ci risulta da comunicazione dell'ABI che i crediti pro soluto dovrebbero essere circa 9 miliardi – questa è la cifra – al 31 dicembre 2012.
  La proposta che abbiamo già dibattuto con l'ABI è quella di un ordine cronologico che funzioni in due fasi. La prima riguarderebbe i soggetti non finanziari. In tale fattispecie, per identificare il creditore si farà riferimento all'esistenza di una fattura. Che tale fattura sia emessa da una grande impresa, da una piccola impresa o da una persona è uguale. Non penso che sia necessario chiarire se uno è un professionista, un piccolo imprenditore o una grande impresa. Sono tutti creditori della Pubblica amministrazione.
  Prima si esaurisce un ordine cronologico delle imprese e poi quello dei pro soluto alle banche. Saranno le singole amministrazioni che dovranno compiere questa scelta, perché noi non abbiamo una cabina di regia centrale. Noi dobbiamo concedere la liquidità alle pubbliche amministrazioni che ce la richiedono sulla base di un rendiconto, ma poi dovrà essere una prescrizione normativa, o un'indicazione normativa, a operare. Potremo verificare solo ex post che ciò sia avvenuto.
  Noi riteniamo che, se introdotta, questa indicazione o prescrizione normativa verrà rispettata. Quindi, la gran maggioranza di questi 40 miliardi andranno inizialmente non alle banche. Per le banche dovrà esserci una terza tranche, eventualmente, o una parte minoritaria di questa quota di 40 miliardi.
  Alla domanda sui 300 milioni rispondo che i 9 miliardi delle banche accumulati come pro soluto sono riferiti a prima del meccanismo di certificazione. Non so di questi 300 milioni quali siano, ma sono una minoranza, perché le banche hanno cominciato a scontare molto prima del nostro meccanismo di certificazione, che noi riteniamo debba essere mantenuto in piedi e sicuramente migliorato.
  Noi speriamo che la ancora scarsa utilizzazione della piattaforma elettronica sia solo dovuta a una questione di tempo. Pag. 24È recente e, purtroppo, è stata introdotta in una situazione emergenziale. Tre mesi sono tanti, però, e dovrebbero già essere iscritti quasi tutti. In realtà, sono pochi, evidentemente a causa dei tempi della nostra Pubblica amministrazione.
  Secondo noi, questo è un meccanismo indispensabile da avere, soprattutto in coerenza con la nuova normativa europea che entrerà in vigore e che prevederà il termine dei 30 giorni per i pagamenti della Pubblica amministrazione. Sarà, quindi, importante avere meccanismi alternativi e funzionanti per riuscire a utilizzare il canale bancario in maniera fisiologica.
  Noi pensiamo che quella delle certificazioni non sia una soluzione solo ad una patologia, ma che sia parte di un sistema che funziona in maniera fisiologica, in cui chi ha fatture anche della Pubblica amministrazione non debba avere problemi a farle scontare nelle banche.
  Quello delle Ferrovie dello Stato è un altro problema. È un creditore all'interno della Pubblica amministrazione. Con le Ferrovie dello Stato ci parliamo quotidianamente e abbiamo un'interlocuzione costante. Non entra in questa partita, che è una partita al di fuori del sistema Stato, ma ciò non significa che non sia importante che le Ferrovie dello Stato abbiano i finanziamenti necessari per svolgere le loro attività istituzionali.
  È un po’ difficile costringere per legge le aziende che lo Stato paga a pagare, a loro volta, i propri subfornitori, anche perché monitorare una situazione di questo genere è assai problematico.
  Ovviamente nel dibattito parlamentare si può discutere di tutto. In questo contesto stiamo imponendo alla Pubblica amministrazione l'obbligo di pagare i propri debiti. È chiaro, come è stato ricordato, che si pone anche un altro problema, quello dei pagamenti tra imprese e soggetti privati, anch'esso molto importante. Non va sicuramente sottovalutato, ma in che modo una legge possa normare tali rapporti dovrà essere forse più approfondito in sede di discussione di un eventuale decreto-legge.
  Anche sulla spesa sanitaria non sono in grado di fornire immediatamente una risposta. Svolgeremo sicuramente un approfondimento e, per via bilaterale o per forma scritta, invieremo una risposta a tale sua preoccupazione.
  Mi è stato chiesto come si può pensare, inizialmente, di ripartire le somme tra le diverse pubbliche amministrazioni, perché poi dobbiamo ricevere gli input dalle amministrazioni stesse. Partendo dalle nostre stime iniziali, per quanto riguarda il mondo degli enti territoriali, ricordo lo 0,5 per cento dedicato al deficit e, quindi, alle spese in conto capitale, che secondo noi, sono importantissime. Quel margine di flessibilità è fondamentale proprio per gli enti territoriali e i comuni.
  I comuni che reclamano e lamentano i vincoli troppo stretti del Patto di stabilità interno su questo fronte trovano i problemi maggiori, ma, nell'ambito sia del deficit, sia del debito per gli enti territoriali in senso lato, tanto per le spese in conto capitale, quanto per quelle correnti, una possibile ipotesi è quella di concedere 12 più 7 miliardi nel 2013 e nel 2014.
  Per quanto riguarda il Servizio sanitario nazionale, si tratterebbe di 5 e 9 miliardi tra i due anni e per lo Stato di circa 3,5 miliardi all'anno.
  Ricapitolando, per settori ed enti territoriali: per le province, le regioni e i comuni ci sarebbero complessivamente 19 miliardi, per il Servizio sanitario nazionale 14 miliardi e per lo Stato, cui attengono fondamentalmente i crediti fiscali, circa 7 miliardi.
  È vero che il Patto di stabilità includeva tutto, ma per due ragioni: anche le spese correnti hanno un impatto, non sul deficit, ma sul saldo netto da finanziare e, quindi, sul debito. Sul fatto c’è effettivamente un doppio vincolo e in questo caso verrebbero allentati entrambi. Esiste, infatti, un pezzo che riguarda il deficit e le spese in conto capitale e un altro che riguarda il saldo netto da finanziare e le spese correnti.
  L'onorevole Buttiglione menzionava come funzionano questi prestiti e come si vanno a finanziare. Questi prestiti sono parte dei 40 miliardi. L'idea è che alcuni Pag. 25enti territoriali non sono in grado direttamente di fare provviste, ragion per cui per tali enti le fa lo Stato, che poi le regola con anticipazioni agli enti territoriali. Per questi la liquidità arriva subito, ma il pagamento può essere effettuato in termini molto più lunghi. Stiamo ancora studiando la questione, ma pensiamo a quindici o vent'anni. Questo è un aspetto da studiare.
  L'ultima domanda che ricordo è quella su che base abbiamo effettuato le stime per il costo del debito. Anche quello è ovviamente un tema da monitorare, ma noi effettuiamo le stime sempre allo stesso modo.
  Noi non prendiamo una posizione rispetto al mercato. Prendiamo sempre i tassi impliciti nelle curve forward rispetto all'Italia. Al momento della redazione di questa Relazione abbiamo preso, quindi, i tassi a breve, medio e lungo termine impliciti nei prossimi anni nei tassi attuali. Questo è l'unico modo, io penso, obiettivo per effettuare le stime.
  Spero di aver esaurito tutte le domande.

  PRESIDENTE. Ministro Moavero Milanesi, voleva aggiungere un'ultima considerazione ?

  ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Ricordo molto rapidamente, per informazione reciproca e memoria di noi tutti e anche per renderci conto di che cosa sta forse cambiando di importante nel nostro Paese con la questione del pagamento dei debiti, che tutti noi facciamo risalire questo tema alla direttiva europea del 2011, che è stata recepita attraverso una delega al Governo in anticipo sui termini. Noi l'abbiamo in vigore dal 1 gennaio, quando il termine europeo era del 1 marzo.
  Forse non tutti ricordiamo, però, che prima di questa direttiva del 2011 esisteva un'altra direttiva del 2000 che forniva esattamente le stesse disposizioni, ossia che disponeva che bisognasse pagare a 30 giorni, con alcune deroghe a 60.
  Come mai la direttiva del 2000 non ha avuto l'effetto auspicato e ha consentito in media in Europa di avere tempi notevolmente superiori e, in alcuni casi, come nel nostro, addirittura sei o quattro volte superiori ? Il motivo è che questa prima direttiva del 2000 prevedeva come unica sanzione l'interesse di legge sul debito, mentre la nuova del 2011 prevede un aggravio notevole dell'interesse rispetto al ritardato pagamento. Effettivamente, il maggiore carattere coercitivo e vincolistico della sanzione sta rendendo, un po’ dappertutto in Europa, questa direttiva più efficace.
  Forse è anche utile che ricordare che quando, nel febbraio del 2011, fu votata la seconda direttiva a livello di Unione europea, il nostro Paese fu fra i tre che si astennero, laddove altri ventiquattro votarono a favore. Dico questo per avere coscienza di come, riguardandole col senno di poi, le cose evolvano a volte in maniera più articolata e complessa di quanto possiamo immaginare. Grazie ancora, signor Presidente.

  PRESIDENTE. Grazie ai nostri due ospiti. Ringrazio tutti per avere collaborato al rispetto dei tempi assegnati. Abbiamo cinque minuti di pausa. Grazie.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 10.55, è ripresa alle 11.05.

Audizione del Presidente dell'ISTAT, Professor Enrico Giovannini.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame della Relazione al Parlamento 2013, predisposta ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge n. 196 del 2009, l'audizione del Presidente dell'ISTAT, professor Enrico Giovannini.
  Per questa audizione e per assicurare i tempi, adotteremo esattamente il criterio che abbiamo usato in precedenza, dimezzando però i tempi a disposizione dei gruppi. Di conseguenza, tutti i gruppi sono invitati a segnalare già agli uffici coloro Pag. 26che intendono intervenire, che immagino saranno una persona per gruppo, data la ristrettezza dei tempi.
  Do subito la parola al Presidente dell'Istituto nazionale di statistica Enrico Giovannini, che ringrazio per la disponibilità.

  ENRICO GIOVANNINI, Presidente dell'ISTAT. Grazie, Presidente. L'audizione odierna è la prima che l'ISTAT svolge dopo l'avvio della nuova legislatura. Desidero, quindi, cogliere questa opportunità per confermare la disponibilità dell'Istituto a svolgere al meglio, nelle forme che il Parlamento riterrà più opportune, il ruolo di supporto informativo e analitico sulle numerose materie di nostra competenza.
  In particolare, vorrei segnalare la proficua collaborazione avviata su base convenzionale con la Camera dei deputati, per i cui uffici l'ISTAT mette a disposizione non solo informazioni statistiche ed elaborazioni a richiesta, ma anche modelli di previsione e di microsimulazione, utili a valutare i possibili effetti di interventi legislativi in campo economico e interventi formativi su particolari materie. Segnalo poi la disponibilità a trasmettere regolarmente ai gruppi parlamentari, ed eventualmente ai singoli parlamentari, i materiali e le pubblicazioni dell'Istituto, accessibili gratuitamente nella versione integrale dal sito dell'ISTAT (www.istat.it).
  In occasione di questa audizione, richiesta a seguito della trasmissione al Parlamento della Relazione al Governo sulla situazione economica del Paese, anche in vista della discussione di un provvedimento volto a consentire il pagamento di ingenti somme dovute dalla Pubblica amministrazione al settore privato, questo intervento si concentrerà brevemente sul quadro macroeconomico nazionale e internazionale, per poi analizzare alcuni aspetti rilevanti per il futuro del nostro Paese.
  Cominciamo dalle tendenze macroeconomiche. A partire dal terzo trimestre del 2011, l'economia italiana è entrata in una fase recessiva che dura tuttora. Nel quarto trimestre del 2011, si è registrata la sesta flessione congiunturale consecutiva del prodotto interno lordo in termini reali, la quale ha riportato il livello di tale variabile a quello del 2000. Nel 2012, il PIL è diminuito del 2,2 per cento rispetto all'anno precedente, mentre, tra il picco registrato all'inizio del 2008 e la fine dell'anno scorso, la riduzione del prodotto è stata pari all'8,1 per cento. La variazione acquisita per il 2013 è pari a meno 1 per cento.
  Nei confronti degli altri Paesi principali dell'Unione europea, la lunghezza della recessione è analoga a quella sperimentata dalla Spagna. Peraltro, il divario tra l'Italia e le grandi economie europee si è allargato nel corso della crisi per l'intensità della caduta e la difficoltà della ripresa. La contrazione dei livelli di attività si è concentrata nell'industria, sia manifatturiera sia delle costruzioni. Solo la domanda estera netta ha svolto una funzione di stimolo alla crescita, a fronte della marcata caduta dei consumi e di un'ampia contrazione degli investimenti.
  In base alle previsioni preliminari dell’Eurozone economic outlook, prodotto dall'IFO, dall'INSEE e dall'ISTAT, il PIL dell'area dell'euro dovrebbe mostrare una marginale ripresa a partire dal primo trimestre. La variazione del PIL sarebbe attribuibile principalmente al maggior dinamismo della domanda mondiale che si accompagnerebbe a un marginale recupero degli investimenti privati. L'indice di fiducia economica elaborato dalla Commissione europea per l'area dell'euro in febbraio è cresciuto per il quarto mese consecutivo. Il miglioramento è attribuibile ai risultati dell'inchiesta per l'industria e per i servizi, mentre il clima di fiducia dei consumatori è migliorato solo marginalmente.
  L'indicatore composito anticipatore dell'OCSE di marzo per l'area dell'euro e per la Germania indica una ripresa della crescita. L'indice per l'Italia e per la Francia segnala, invece, una stabilizzazione dell'attività economica. Come si può evincere da una delle tavole che abbiamo messo a disposizione, che riporta le previsioni di aumento del PIL per gli anni Pag. 272012-2013, pubblicate nel recente passato dalle principali istituzioni e istituti di ricerca nazionali e internazionali, tutti gli analisti hanno progressivamente rivisto al ribasso le stime a causa del continuo peggioramento delle condizioni economiche dell'area euro e del nostro Paese.
  La Commissione europea prevede per l'economia italiana un superamento della fase recessiva a partire dalla metà del 2013, anche se il PIL medio annuo segnerebbe comunque una variazione negativa. Il Governo ha rivisto al ribasso le sue previsioni per il 2013 – la diminuzione attesa è ora pari a all'1,3 per cento – rispetto alla Nota di aggiornamento del DEF dello scorso autunno.
  Alla luce dei recenti sviluppi, queste nuove valutazioni per l'anno in corso appaiono decisamente più realistiche, anche se non si può escludere che gli elementi di incertezza esistenti, con riferimento sia allo scenario politico sia a quello economico, incidano sfavorevolmente sulle decisioni di consumatori e imprese, con conseguente rinvio delle decisioni di spesa. In tal caso, il risultato annuale in termini di contrazione del PIL potrebbe essere peggiore di quanto attualmente previsto, con una ripresa congiunturale del prodotto confinata all'ultimo trimestre dell'anno o rinviata al primo scorcio del 2014.
  Nelle previsioni del Governo, la ripresa economica attesa non produrrebbe effetti significativi sull'occupazione, così che il tasso di disoccupazione aumenterebbe all'11,6 per cento nell'anno in corso e all'11,8 per cento nel 2014, rispetto al valore di 10,7 per cento registrato nel 2012.
  Come abbiamo visto, la domanda estera sta svolgendo un importante ruolo di sostegno del reddito. Nei prossimi mesi le opportunità di ripresa economica sono ancora legate alla capacità delle imprese esportatrici di intercettare la domanda di beni e servizi che si forma nelle aree più dinamiche, come Asia, America del Sud e Africa. Per questo è opportuno approfondire le tendenze del commercio internazionale e gli ostacoli che le imprese segnalano per un'ulteriore espansione delle vendite sui mercati internazionali.
  Per l'intero anno 2012, la crescita del commercio mondiale è stata del 2,3 per cento in termini reali, ma le esportazioni dei Paesi dell'Eurozona hanno subito una contrazione dell'1,4 per cento. Le preoccupazioni emerse mesi fa sull'espansione delle economie emergenti appaiono rientrate. A gennaio del 2013, il commercio mondiale in volume ha mostrato un aumento congiunturale dell'1,9 per cento dopo la riduzione mostrata in dicembre. Analogamente l'area euro mostra una decisa ripresa nel primo mese dell'anno in corso, la quale segue quattro mesi di contrazione.
  A gennaio 2013 le importazioni italiane dall'estero confermano la riduzione tendenziale dei volumi, mentre le esportazioni appaiono ancora in forte crescita. La riduzione delle prime interessa principalmente i beni di consumo durevoli e i prodotti energetici. L'aumento registrato dalle seconde è esteso a tutti i raggruppamenti di beni non energetici e riguarda in misura maggiore i beni di consumo non durevoli e i beni strumentali. Inoltre, si rileva una crescita, anche se in progressiva decelerazione, dei valori medi unitari sia dell’export che dell’import. In termini nominali, le importazioni sono quindi tornate ai livelli di metà 2007. Al contrario, le esportazioni sono stabilmente al di sopra dei livelli record già registrati nel corso del 2008.
  A seguito delle tendenze brevemente richiamate, nel 2012 l'attivo della bilancia commerciale è stato pari a 11 miliardi di euro, un valore eccezionale nella recente storia economica italiana. Va, però, sottolineato come su tale risultato abbia pesato l'altrettanto straordinaria caduta delle importazioni, il cui livello è destinato a risalire non appena si manifesteranno i primi segnali di ripresa economica.
  I dati più recenti mostrano come molte imprese precedentemente orientate al mercato nazionale abbiano cercato nella domanda estera una compensazione almeno parziale alla forte caduta manifestata Pag. 28dalla domanda interna di consumi e investimenti. Tale tendenza appare di particolare rilievo, visto che, a parità di altre condizioni (settore, dimensione e così via), le imprese esportatrici presentano una performance superiore rispetto a quelle non presenti sui mercati internazionali.
  Per un'analisi dettagliata di tali tendenze si rinvia al primo Rapporto sulla competitività dei settori produttivi, recentemente pubblicato dall'ISTAT. In particolare, abbiamo condotto una rilevazione a novembre 2012 per capire quali sono i fattori che impediscono alle imprese di espandersi sui mercati internazionali. Da questa indagine è emerso che, se il contenimento dei costi di produzione è il principale ostacolo interno manifestato dalle imprese, i vincoli di accesso al credito rappresentano un rilevante impedimento esterno per circa il 40 per cento dell'industria manifatturiera.
  Coerentemente con analoghe analisi già condotte dall'Istituto, la difficoltà di ottenere finanziamenti bancari continua ad essere avvertita soprattutto nei settori tradizionali e a elevate economie di scala. Anche il settore del tessile e dell'abbigliamento è tra quelli che più avvertono le difficoltà di accesso al credito.
  Si noti, infine, che circa il 20 per cento delle imprese segnala ostacoli derivanti dalle limitate capacità manageriali presenti in azienda e dalle ridotte dimensioni aziendali, così confermando l'esistenza di vincoli di natura strutturale all'espansione del made in Italy, la cui rimozione richiederebbe un forte investimento in capitale umano e incentivi all'aumento della dimensione media delle imprese esportatrici.
  Peraltro, analisi condotte recentemente dall'ISTAT hanno mostrato come l'aumento delle esportazioni dell'ultimo anno sia stato trainato dalle medie e grandi imprese operanti nei mercati non europei, mentre le piccole imprese abbiano risentito maggiormente dell'insoddisfacente dinamica dell'economia europea.
  Veniamo brevemente all'andamento dell'industria. I fatturati e gli ordinativi dell'industria continuano a scendere, sia su base congiunturale che tendenziale, con importanti differenze settoriali. I dati che abbiamo pubblicato ieri vanno in questa direzione, anche se si nota un ulteriore aumento dell'1,2 per cento degli ordinativi provenienti dall'estero.
  I dati medi, come ho detto, sottendono differenze non solo tra mercato interno ed estero, ma anche tra settori. Per esempio, le industrie alimentari, bevande e tabacco vanno particolarmente bene, con un aumento tendenziale del fatturato pari al 5,7 per cento, mentre la diminuzione più marcata riguarda la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati. Per gli ordinativi si va da un aumento marcato delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (più 7,2 per cento), a un calo deciso della fabbricazione di mezzi di trasporto (meno 8,8 per cento).
  A gennaio l'indice generale della produzione industriale è aumentato in termini congiunturali dello 0,8 per cento, ma su base tendenziale l'indice corretto per i giorni di calendario ha segnato ancora un calo del 3,6 per cento. Come si nota in una delle figure del dossier che vi abbiamo inviato, la produzione industriale si colloca sui livelli minimi dell'inizio del 2009, mentre quella relativa all'area dell'euro, ancorché in flessione da vari mesi, è collocata su livelli analoghi a quelli di metà del 2010. Secondo le nostre previsioni, nei prossimi tre mesi l'indice generale della produzione industriale mostrerebbe una tendenza alla diminuzione, anche se con significative fluttuazioni su base mensile.
  In tale quadro, gli indicatori di fiducia delle imprese confermano la caduta iniziata all'inizio del 2011. Un'ora e un quarto fa, forse pochi minuti fa, abbiamo diffuso i dati dell'indice di fiducia delle imprese, che complessivamente è costante, ma si conferma il recupero dell'indice di fiducia delle imprese manifatturiere, mentre invece continuano ad andar male gli indici del terziario e delle costruzioni.
  Nell'ultimo trimestre del 2012 la caduta degli investimenti fissi lordi in termini tendenziali è stata del 7,6 per cento in termini reali. La contrazione ha interessato tutti i comparti, è stata più accentuata Pag. 29per i mezzi di trasporto e per macchinari, attrezzature e prodotti vari, e lievemente inferiore (meno 6,6 per cento) per le costruzioni.
  Le nostre stime portano a ritenere che per i prossimi mesi questa tendenza negativa verrà confermata, nonostante i miglioramenti attesi in alcuni settori. In particolare, come ho già detto, l'indagine ISTAT sul clima di fiducia delle imprese registra come dal 2008 si sia verificata una generale persistenza di situazioni di razionamento del credito, che è naturalmente fondamentale per finanziare nuovi investimenti. Anzi, a partire dalla fine del 2011 si è assistito a un generale e nuovo inasprimento delle condizioni di accesso al credito, con un ritorno su livelli assimilabili a quelli del 2008 e a una durata di tali fenomeni molto più estesa.
  Per i casi di razionamento le difficoltà di accesso al credito sono state maggiori per le piccole imprese durante tutto il 2012. In questo inizio del 2013 le differenze si sono praticamente annullate per il crescere delle difficoltà anche per le imprese di medie dimensioni, il che segnala un rischio crescente per la tenuta del sistema produttivo italiano.
  Inoltre, si riscontra una forte prevalenza di casi indicati come razionamento in senso forte, ovvero l'impossibilità di avere credito a causa di un rifiuto da parte della banca a concederlo. Tale fenomeno, avviatosi con la crisi del 2008, si mantiene stabile nell'ultimo anno, rappresentando tra l'80 e il 90 per cento dei casi in cui il credito non viene concesso. Rispetto al caso di inasprimento delle condizioni a cui viene offerto il credito, i tassi di interesse elevati rappresentano il principale motivo dell'aggravio delle condizioni per le imprese italiane. A marzo del 2013 i tassi troppo elevati sono percepiti dal 6,6 per cento delle imprese manifatturiere e dal 5,5 per cento di quelle dei servizi.
  Veniamo, infine, al mercato del lavoro e alle condizioni delle famiglie. Gli occupati a gennaio 2013 sono circa 22,7 milioni e, tra dicembre 2012 e gennaio 2013, sono diminuiti di ulteriori 97 mila unità. Rispetto al 2008, anno di massima espansione economica, il tasso di occupazione è diminuito di circa 2,7 punti percentuali e il numero degli occupati maschi è il più basso dal 2004. A gennaio 2013 il tasso di disoccupazione maschile ha raggiunto il 10,8 per cento e quello femminile il 12,8 per cento. Con la recente crisi si è registrato un forte calo degli inattivi che riguarda soprattutto donne tra i 25 e i 54 anni, cioè persone che prima erano fuori dal mercato del lavoro e che, nonostante le difficoltà a trovare lavoro, si sono comunque attivate per cercarlo. È un segno evidente delle difficoltà della famiglia.
  Il tasso di disoccupazione dei giovani dai 15 ai 24 anni, ovvero l'incidenza di disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 38,7 per cento, in aumento di 1,6 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 6,4 punti rispetto a un anno prima. Bisogna però fare attenzione: tra i giovani dai 15 ai 24 anni, quelli che cercano lavoro sono il 10,9 per cento della popolazione di riferimento. Questo lo preciso perché, normalmente, quando noi indichiamo il tasso di disoccupazione giovanile, si dice che un giovane su tre è senza lavoro. Bisognerebbe dire, invece, che un giovane su tre di quelli che sono attivi sul mercato del lavoro non trova lavoro e che un giovane su dieci è disoccupato. Infatti, molti naturalmente studiano o sono inattivi.
  La gravità della situazione del mercato del lavoro si è tradotta in crescenti difficoltà nelle condizioni delle famiglie. Nei primi nove mesi del 2012 il potere d'acquisto, rispetto all'anno precedente, ha registrato una flessione del 4,1 per cento. Anche nel 2012 le famiglie hanno risposto all'erosione del potere d'acquisto aumentando la quota di reddito destinata ai consumi. La riduzione nella diffusione del risparmio prodottasi con la crisi è senza precedenti. Nonostante un piccolo recupero, la propensione al risparmio nel terzo trimestre del 2012 è ancora inferiore al 9 per cento.
  Sottolineo questi dati perché, con una situazione psicologica come quella segnalata dagli indici di fiducia, possibili iniezioni Pag. 30di liquidità – ci tornerò tra un attimo – potrebbero essere destinate a un aumento del risparmio e non necessariamente a un aumento dei consumi. L'indice della fiducia dei consumatori a metà del 2012 si trovava 12 punti al di sotto del minimo della crisi del 2008-2009, soprattutto per effetto del marcato peggioramento dei saldi delle valutazioni sulla situazione futura e su quella economica.
  Gli indici mostrano una notevole volatilità, risentendo dell'alternarsi delle notizie sulla situazione generale dell'Italia. Faccio presente che questo indice del mese di marzo è il primo indicatore relativo al periodo post elettorale perché le rilevazioni sono state fatte nel corso della prima decade del mese di marzo, mentre invece i dati sulle imprese di marzo sono stati in realtà rilevati alla fine di febbraio. A partire dalla fine del 2012 si assiste a una lieve ripresa e poi a una stabilizzazione. A marzo, l'indice del clima di fiducia dei consumatori è nuovamente diminuito.
  Vengo, infine, alla questione del pagamento dei crediti verso la Pubblica amministrazione. I dati fin qui presentati confermano l'estrema difficoltà in cui si trova il sistema economico italiano. Nonostante i buoni risultati ottenuti in termini di esportazioni, l'ampia caduta della domanda interna ha influito pesantemente sulle imprese maggiormente orientate al mercato interno, con conseguenze negative sui livelli occupazionali e sulle condizioni delle famiglie.
  In questo quadro, il prospettato intervento volto a consentire il pagamento dei debiti pregressi che il settore privato vanta nei confronti delle amministrazioni pubbliche va nella direzione giusta, consentendo non solo di ripristinare un rapporto corretto tra committenti e fornitori, ma anche di immettere nel circuito economico una massa di liquidità ingente, andando ad alleviare le condizioni finanziarie di molte imprese.
  Come abbiamo visto, infatti, i vincoli di liquidità e credito che queste ultime fronteggiano nella fase attuale sono estremamente gravi e incidono sulle capacità di investimento e di potenziamento della presenza sui mercati internazionali. D'altra parte, in una condizione di forte incertezza e di bassa fiducia da parte di imprese e famiglie non ci si può attendere un effetto pieno e immediato di tale provvedimento sulle decisioni di investimento e di consumo.
  Sul piano della registrazione contabile dei pagamenti e dei crediti vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni, vorrei notare che l'insufficiente base informativa relativa alle transazioni economiche e finanziarie della componente degli investimenti effettuati dalle pubbliche amministrazioni ha comportato finora l'impossibilità di applicare appieno le regole contenute nel Sistema europeo dei conti nazionali. Infatti, quest'ultimo prevede che le spese e le entrate vengano contabilizzate seguendo il principio della competenza economica, in base al quale esse andrebbero imputate all'anno nel quale l'attività economica a esse corrispondenti si è effettivamente realizzata.
  In Italia questa regola generale è seguita solo per le spese pubbliche correnti, mentre per le spese di investimento si segue in generale il criterio della cassa, comunque ammesso come second best nell'ambito dei princìpi del SEC 95. Sulla base della pratica corrente, quindi, l'effetto sull'indebitamento netto del provvedimento proposto dal Governo sarebbe limitato alla sola componente delle spese legate a investimenti già realizzati, mentre sarebbe nullo per i pagamenti relativi ai consumi intermedi delle pubbliche amministrazioni, in quanto essi sono già stati conteggiati negli anni ai quali le spese si riferiscono.
  In condizioni normali la registrazione per cassa approssima abbastanza bene la competenza economica, ma è evidente che, a fronte della formazione di un'anomala quantità di debiti verso le imprese per attività di investimento, la registrazione per cassa può fornire un quadro meno accurato dell'effettiva attività svolta dalle pubbliche amministrazioni.
  A tale proposito vorrei cogliere l'occasione per segnalare la necessità di migliorare complessivamente la qualità dei sistemi Pag. 31di contabilizzazione delle transazioni delle pubbliche amministrazioni, così da consentire all'ISTAT di migliorare ulteriormente la qualità e la tempestività dei dati statistici relativi a questo settore così importante della nostra economia.
  Se, per esempio, le imprese e le amministrazioni coinvolte nel processo di certificazione dei crediti fossero in grado di definire e documentare in modo appropriato l'anno nel quale la prestazione è stata effettivamente resa e parallelamente si avviasse un percorso di aggiornamento continuo di tali informazioni e di valutazione degli stati di avanzamento delle opere pubbliche, allora sarebbe possibile passare al criterio della competenza economica anche per le spese di investimento. Sul piano normativo diversi passi in questa direzione sono stati avviati di recente, ma occorre accelerare l'attuazione delle iniziative da esse previste.

  PRESIDENTE. Grazie, Presidente Giovannini. Come al solito, l'ISTAT ci fornisce informazioni assolutamente interessanti. A tutti i colleghi nuovi consiglio anche di leggere gli allegati prodotti in queste circostanze, che sono ricchissimi di informazioni.
  Passiamo adesso alle rapidissime considerazioni e domande. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIAMPAOLO GALLI. Signor Presidente, ringrazio il Presidente Giovannini per il quadro molto interessante che ci ha reso e che mi sembra essere – come ci conferma – un quadro negativo. Il rischio che leggo in controluce è quello di cui abbiamo già parlato questa mattina, cioè che il 2013 possa essere peggiore persino del quadro che ci ha tracciato il Governo.
  A fronte di questo quadro, a me sembra che si possano svolgere due considerazioni. La prima è che è assolutamente essenziale procedere con le misure di sostegno e, quindi, con i pagamenti della Pubblica amministrazione. Mi sembra che questo eviti un avvitamento dell'economia, oltre a essere un fatto di civiltà nei rapporti fra le imprese contribuenti e lo Stato. Ritengo, a maggior ragione, che quella di cui stiamo discutendo sia una misura assolutamente essenziale.
  Al tempo stesso, si pone una serie di problemi, che sono stati sollevati alla fine dal professor Giovannini e che riguardano la questione del limite del 3 per cento. Già la Commissione europea ci ha mandato qualche avviso sul fatto che il 2,9 per cento è troppo vicino al 3 per cento. Questo era scritto chiaramente nella lettera del commissario Tajani ieri: i pagamenti della PA non contribuiscano – dice Tajani – a far avvicinare troppo il deficit della Pubblica amministrazione al 3 per cento.
  Il rischio è che l'Italia non esca dalla procedura di disavanzo eccessivo per il fatto che, con le nuove previsioni della Commissione sul 2013, noi potremmo stare, anziché al 2,9, magari al 3,1 per cento e che, quindi, il 3 per cento raggiunto nel 2012 non sarebbe sufficiente a farci uscire. Il suggerimento che sembra emergere, anzi emerge con tutta evidenza, dalla Commissione e che è riflesso nella lettera del commissario Tajani al Corriere della Sera di ieri è quello di dare la priorità ai pagamenti degli arretrati a fronte di spese correnti che non vanno in disavanzo, o almeno che non dovrebbero andare in disavanzo qualora fossero già state contabilizzate.
  Mi pare che, sulla base dei condizionali che ha usato poco fa il Presidente Giovannini, il quale ha dichiarato che sarebbe nullo l'effetto sul disavanzo del pagamento di arretrati a fronte di spese correnti, sorgano alcuni dubbi. Tali dubbi riguardano sia il modo con cui il Governo ha già contabilizzato i 20 più 20 miliardi di debito, una parte dei quali, 8 miliardi nel 2013, sono spese in conto capitale e il resto spese correnti, sia, a maggior ragione, qualora si volesse realizzare un'operazione più importante dal lato dei pagamenti degli arretrati correnti rispetto a quelli in conto capitale.
  Per questi motivi, vorrei chiedere al Presidente Giovannini di fornirci qualche ulteriore lume su tale questione contabile.

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  GIORGIO SANTINI. Signor Presidente, ringrazio il Presidente Giovannini. Mi inserisco e riprendo dal punto in cui ha concluso il collega Galli per quanto riguarda gli effetti di questo intervento, che naturalmente auspichiamo sia rapido, diretto e abbia la massima efficacia.
  Vorrei soprattutto chiedere alcune valutazioni al Presidente Giovannini sugli impatti occupazionali, che purtroppo vengono previsti, sia nella relazione presentata dal Governo sia nella nota al Parlamento, sostanzialmente in grave peggioramento – si direbbe che non ci sia alcun tipo di effetto, nemmeno di salvaguardia – sia nel 2013 sia nel 2014. Sarebbe, pertanto, interessante capire una valutazione di questo effetto anche dal punto di vista della tecnica statistica.
  La seconda domanda è se e in quanto si possa misurare tale effetto. Per esempio, c’è uno studio di un paio di settimane fa di Confindustria che stima, invece, in circa 100 mila posti di lavoro un effetto positivo per quanto riguarda la salvaguardia, quanto meno, se non ovviamente la creazione. Questa domanda è sostenuta anche da una curiosità che a noi rimane leggendo la stima che si fa invece delle entrate per contribuzione sociale, che, nella Relazione resa al Parlamento per il 2013, è data in crescita rispetto al 2012. Si tratta di un'anomalia che andrebbe, dal punto di vista anche proprio dei conti, spiegata. Parliamo di entrate, ossia di contributi che vengono versati in capo ovviamente a posizioni occupazionali detenute.
  In ogni caso, la questione per noi più importante è sicuramente quella di capire se e in quanto siano misurabili gli effetti occupazionali delle misure che riguardano il pagamento del credito delle imprese, che – lo ripeto – vanno effettuate il più rapidamente possibile.

  ALESSANDRO PAGANO. Signor Presidente, procedo per sintesi estrema e ringrazio il Presidente Giovannini.
  La fotografia è evidente e, da un determinato punto di vista, anche desolante, ma emergono alcuni elementi su cui avrei la necessità di un chiarimento, ove naturalmente fosse possibile. Quando parla della vivacità verso l’export, lei giustamente evidenzia che forse un incentivo verso le imprese esportatrici, o comunque una politica di incentivazione verso le imprese esportatrici, potrebbe essere un toccasana. Così mi sembra di avere capito.
  Analogamente, ha sottolineato che il management inadeguato inibisce addirittura fino al 20 per cento l’export. Mi piacerebbe sapere se, al di là della fotografia che lei in maniera sapiente ha saputo tracciarci, le politiche economiche in tal senso siano state oggetto di studio da parte dell'ente.
  Quanto all'indice di fiducia delle imprese manifatturiere, è un buon dato il fatto che sia aumentato. La diminuzione, invece, delle imprese edili e terziarie ci induce a svolgere disamine molto chiare. Il fatto stesso che abbiamo avuto 18 miliardi di minori entrate – lo ricordo a tutti i colleghi, perché questo dato nelle audizioni precedenti non è stato adeguatamente sollevato – è la prova concreta che il crollo della base imponibile dell'IVA, dell'IRPEF e dell'IRES ha prodotto il risultato che stiamo vedendo.
  In un periodo di recessione è da suicidio continuare ad aumentare la pressione fiscale. Ergo, in periodi come questo – e mi piacerebbe sapere se ci sono studi da parte dell'ISTAT in tal senso – bisogna diminuire la pressione fiscale. Mi pare di avere colto in numerosi interventi anche di colleghi di altri gruppi riflessioni che vanno in questa direzione.
  In terzo luogo, sperando di non rubare eccessivo tempo, con riguardo ai i crediti verso la Pubblica amministrazione, mi piacerebbe sapere se esistono dati disaggregati da parte dell'ISTAT sugli effetti del DURC. Infatti, non dobbiamo avere pregiudizi – mi riferisco ancora una volta a tutti i colleghi, sperando in una riflessione da parte del Presidente – nei confronti del DURC. Lo dico a noi stessi, perché taluni potrebbero pensare che il nostro gruppo è contrario, e lo è, tuttavia una giusta mediazione all'interno di questo ragionamento si potrebbe compiere.Pag. 33
  In altre parole, il dato che mi interessa conoscere da parte dell'ISTAT è se esistono elementi statistici in grado di confermare che, qualora la Pubblica amministrazione, in un rapporto sinergico con l'ente che dovrebbe riscuotere, nel caso specifico Equitalia, anziché prendersela con il contribuente, andasse invece a incassare direttamente dalla Pubblica amministrazione, si otterrebbe il risultato di migliorare la situazione creditizia da parte dell'impresa e, nello stesso tempo, di favorire un adempimento da parte della Pubblica amministrazione.
  Esistono dati in tal senso che confermano questa intuizione ? Mi piacerebbe avere la risposta da parte del Presidente.

  ANTONIO D'ALÌ. Signor Presidente, il collega Pagano ha già evidenziato gli aspetti importanti dell'opportunità di accompagnare la manovra della restituzione del pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione con manovre di riduzione della pressione fiscale.
  Sul primo punto, credo sia assolutamente indispensabile – suppongo che i colleghi se ne saranno resi conto – far sì che il decreto che il Governo emanerà venga poi ampliato per arrivare il più vicino possibile all'obiettivo principale, che è quello dell'intera restituzione dei debiti della Pubblica amministrazione, anche per evitare tutte le odiose valutazioni in ordine alle priorità che si potrebbero creare.
  Al Presidente dell'ISTAT, che ringrazio per la sua relazione, rivolgo una domanda specifica sul settore dei servizi, che abbiamo visto essere uno dei più penalizzati, sia nei risultati sia nella fiducia. La domanda è specifica perché i servizi hanno uno spettro di attività enorme. Vorrei, dunque, sapere se esistono dati specifici relativi al settore del turismo.

  PRESIDENTE. Invito tutti i colleghi che non si fossero registrati con le forme di registrazione informatizzata a farlo, altrimenti la loro presenza non risulta.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Signor Presidente, ringrazio il Presidente dell'ISTAT Giovannini. Il quadro generale continua a richiedere forti chiarimenti anche in merito a quali siano state le strategie economiche concrete e a lungo termine che finora non sono state in alcun modo attuate né tanto meno palesate. Nella Relazione al Parlamento per il 2013 è esplicitato che le misure preannunciate relative al pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni avranno effetti positivi in termini di PIL, tuttavia tale effetto non risulta quantitativamente esplicitato.
  Premesso che avete sottolineato anche pochi minuti fa che in questa condizione di forte incertezza e di bassa fiducia da parte delle imprese e delle famiglie non ci si può attendere un effetto pieno e immediato di tale provvedimento sulle decisioni di investimento e di consumo – sono parole molto chiare –, ritenete di poter comunque effettuare le stime dei possibili riflessi positivi di tali misure sul PIL e, soprattutto, ritenete che tali aspetti possano essere in qualche modo amplificati dall'individuazione esplicita dei creditori da pagare prioritariamente o delle varie tipologie di credito a cui dare la precedenza ?
  Pongo una seconda domanda, sempre con riguardo a quanto previsto nella Relazione al Parlamento del 2013. Essa non esplicita gli effetti sul fabbisogno e sul debito imputabile alle misure preannunciate, relative al pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni. Avete effettuato delle valutazioni possibili in tal senso ?
  La verifica di tali effetti potrebbe, infatti, essere d'aiuto, dal momento che dobbiamo essere consapevoli che, adottando tali misure, in caso di peggioramento del quadro previsivo, sarà necessario adottare ulteriori interventi correttivi al fine di garantire il rispetto dei vincoli di bilancio. Tant’è che l'ISTAT naturalmente ha stimato che il rapporto indebitamento/PIL per il 2012 si attesta al 3 per cento, valore soglia che potrebbe consentire l'uscita dalla procedura di infrazione sul deficit aperta nel 2009.Pag. 34
  Ritiene con ragionevole grado di attendibilità che, a differenza del passato, questo dato possa essere confermato o comunque non soggetto a una revisione oltre la soglia, che costituirebbe una sorta di aggiramento delle regole comunitarie e produrrebbe, quindi, un effetto di trascinamento che vedremmo ricadere anche nel 2014 ?

  MARIO MARAZZITI. Signor Presidente, ringrazio il Presidente Giovannini. Sicuramente colpisce il fatto che, in una situazione di recessione, dobbiamo andare, se possibile, ad abbassare la pressione fiscale, che mi sembra di aver capito sia di nuovo aumentata, ma meno di quanto fosse previsto per questo trimestre. Vorrei, pertanto, chiarimenti su questo punto. Inoltre, vorrei sapere qual è lo strumento evidentemente più efficace per andare in questa direzione, secondo il suo parere, rispetto alle esperienze precedenti.
  La seconda questione riguarda il problema gravissimo che rileviamo del mancato accesso al credito all'80, al 90 per cento da parte delle imprese. Questo ci pone seri problemi. Infatti, pone a noi, più che a Giovannini e all'ISTAT, il problema di vedere come possiamo ragionare, come Parlamento, per incoraggiare l'uso di fondi strutturali, il cui investimento possa diventare uno strumento utile per inventare, incoraggiare e creare fondi di credito più accessibili o altri strumenti per un nuovo lavoro, come fondi di rotazione, o comunque per una concertazione o per un'interazione con il sistema bancario che possa aiutare a creare uno strumento più accessibile per rilanciare l'economia.
  Un altro punto che mi ha colpito in maniera molto rilevante è il dato del forte calo degli inattivi, che mostra una capacità di adattamento del Paese e anche una difficoltà delle famiglie, che però risponde al fatto che le famiglie monoreddito corrono un rischio molto più alto delle famiglie a doppio reddito, anche magari con doppio lavoro, di cui uno di bassa qualità, nel cadere sotto la soglia di povertà.
  Pertanto, vorrei sapere quali possano essere, dal punto di vista dell'ISTAT, gli strumenti di supporto delle famiglie che in questo momento siano in grado di incrementare la possibilità di doppio lavoro. Pongo poi una domanda che riguarda noi. Infatti, in questo momento mi sembra che a qualunque problema sollevato dalla relazione del dottor Giovannini corrisponda il fatto che dobbiamo essere in grado di fornire, per esempio, in una fase come questa, politiche di sostegno familiare per evitare che le iniezioni di liquidità diventino soltanto un aumento di risparmio e non anche un aumento dei consumi. A questo punto, ciò sarebbe legato al fatto che non ci sono sostegni sufficienti.
  Si tratta di un discorso di responsabilità in un momento in cui abbiamo gravi incertezze sulla capacità o meno di formazione di un Governo. Mi sembra che sia un forte punto interrogativo per tutti noi.

  GIULIO MARCON. Signor Presidente, anch'io mi associo ai ringraziamenti all'ISTAT e al Presidente Giovannini per il prezioso lavoro che l'Istituto sta compiendo in questi ultimi anni e per la collaborazione con la Camera dei deputati, che è molto preziosa per le informazioni e i dati che l'Istituto ci fornisce. Voglio svolgere una considerazione e porre una domanda.
  La considerazione riprende una valutazione che lo stesso Presidente ci offriva nel corso della sua presentazione, ossia che provvedimenti – questa è la mia interpretazione – una tantum, come quelli che stiamo discutendo, non è detto che si risolvono in una propensione all'investimento e al consumo, da una parte, delle imprese e, dall'altra, dei cittadini e delle famiglie. Quindi, avremmo bisogno di interventi coordinati e armonici che siano in grado di ricomprendere anche il provvedimento che stiamo discutendo dentro una linea di politica economica diversa da quella che abbiamo avuto negli ultimi mesi, come si ricordava anche nella parte di audizione con il Ministro Grilli.
  Passo alla domanda, che è sostanzialmente una richiesta di maggiori informazioni. Nel paragrafo 6 della sua relazione si fa riferimento alla condizione delle Pag. 35famiglie e alle situazioni di disagio e di deprivazione. Volevo chiederle se è possibile avere i dati rispetto alla crescita della povertà relativa e assoluta delle famiglie nel nostro Paese, in modo tale da avere un quadro più completo della condizione economica e sociale di cui stiamo parlando oggi.

  PRESIDENTE. Svolgo un'osservazione che ho già fatto presente in occasioni precedenti, perché si tratta di un tema che mi preoccupa moltissimo.
  A proposito della fascia dei giovani dai 15 ai 24 anni, è vero che il 38,7 per cento dei disoccupati incide soltanto sul 10,9 per cento che cerca occupazione. Io, però, capovolgo la domanda: quanti sono i giovani tra i 15 e i 24 anni che non studiano e non lavorano ? In altre parole, non è detto che chi non cerca occupazione in realtà studi o stia studiando seriamente. C’è tutta una situazione che forse si fotografa meglio chiarendo quanti sono i soggetti che non studiano e non lavorano. Credo che non siano né il 10,9 per cento né il 38,7 per cento, ma una cifra diversa.
  Do la parola al nostro ospite per la replica.

  ENRICO GIOVANNINI, Presidente dell'ISTAT. Presidente, seguirò l'ordine delle domande.
  Sì, sarebbe nullo l'effetto sul 2013, semplicemente perché le nostre regole ci indicano che non dobbiamo imputare al deficit del 2013 i pagamenti di arretrati per spese correnti. In questo caso non lo faremo. Il punto è che, sia per il passato sia per quest'anno e per i successivi, a meno di non migliorare, come dicevo, significativamente la qualità delle fonti iniziali, noi non possiamo assicurare revisioni nulle ai dati che produciamo.
  Dico questo perché, con il susseguirsi delle manovre che, soprattutto negli ultimi anni, hanno prodotto effetti su tantissime poste del bilancio pubblico e hanno talvolta spostato i termini di alcuni pagamenti e di alcune imposte, vi assicuro che riuscire a seguire tutti questi movimenti non è affatto semplice per un Istituto che naturalmente si avvale dei dati forniti dal Ministero dell'economia e delle finanze, dai comuni, dalle province e così via. Soprattutto a livello locale, i dati delle amministrazioni locali, in particolare per l'ultimo anno, sono obiettivamente molto provvisori.
  Il nostro non è un discorso rispetto alle regole, ma al fatto che con i dati definitivi del 2012 riusciremo a capire meglio che cosa effettivamente è avvenuto per la componente delle spese correnti. Questo mi consente anche di fornire una risposta a un'altra osservazione: possiamo aspettarci revisioni dell'anno 2012 ? Al momento no, nel senso che sui dati del 2012, che abbiamo e che invieremo nei prossimi giorni a Eurostat per la cosiddetta notifica e, quindi, per la validazione che avverrà intorno al 20 aprile, non ci aspettiamo revisioni di quel numero.
  In Italia abbiamo avuto nel passato revisioni rilevanti sui dati del deficit pubblico solo laddove Eurostat ha deciso di cambiare i criteri di classificazione. Quindi, una parte delle revisioni è assolutamente normale per i motivi che ho illustrato prima. Gli scarti maggiori ci sono stati nel passato perché decisioni concordate a livello europeo hanno determinato revisioni non solo nei dati dell'Italia, ma anche in quelli di tutta l'Unione europea.
  Con ciò intendo che certamente essere vicini al 3 per cento nel 2013, con alcune incertezze sull'andamento macroeconomico, è un elemento, come ha ricordato l'onorevole Galli, di preoccupazione ai fini dell'eliminazione e dell'uscita dalla procedura di deficit eccessivi.
  A questo proposito rispondo anche sul possibile impatto di questa misura su PIL e occupazione. I tempi ristrettissimi con cui quest'audizione è stata organizzata non ci hanno consentito di andare molto in profondità. Tuttavia, le simulazioni effettuate con il modello, che tra l'altro è a disposizione degli uffici della Camera dei deputati e può essere utilizzato anche in questa o in altre occasioni, modello che noi abbiamo costruito e che mettiamo a disposizione del Parlamento, indicano un Pag. 36potenziale effetto nell'ordine di un decimale nel corso del 2013 sul PIL. È un effetto relativamente contenuto, che poi naturalmente si cumula nel 2014, nel momento in cui l'ammontare dei crediti pagati aumenta.
  Questa – lo ripeto – è una simulazione di massima, che però mostra, insieme ad altre simulazioni che abbiamo effettuato in altre occasioni, che la reattività del sistema economico a manovre di domanda è limitata, in particolare in relazione ad aumenti di spesa pubblica sia per investimenti sia per spesa corrente. La struttura produttiva italiana è molto rigida. Pensate che, dopo l'anno 2000, quindi dopo l'ingresso nell'euro, la mobilità delle imprese tra settori produttivi è stata addirittura inferiore a quella degli anni Novanta, quando invece avremmo dovuto attenderci una grande rivoluzione.
  Abbiamo, quindi, bisogno di modificare a fondo alcuni parametri di funzionamento della nostra economia, che magari possano accrescere la reattività a interventi di politica economica. È chiaro che, se il dato di massima che ho citato prima è relativo al PIL, l'effetto aggiuntivo sull'occupazione non può che essere molto limitato.
  Attenzione, però: come è stato ricordato anche prima, stiamo sperimentando negli ultimi mesi una riduzione del numero degli occupati che non si era, invece, verificata fino all'autunno del 2012, nonostante la crisi economica. Ciò significa che le imprese hanno reagito alle difficoltà del 2011 – ricordiamo che siamo in recessione dal terzo trimestre del 2011, ossia dall'estate del 2011 – mantenendo i livelli occupazionali per quanto possibile, in analogia a quanto era accaduto con la crisi del 2009, cioè tentando di conservare il capitale umano disponibile alle imprese.
  Gli strumenti di cassa integrazione in deroga e altri strumenti hanno attualmente aiutato a mantenere questi livelli occupazionali. Il fatto che, invece, a partire da ottobre, novembre e dicembre, si segnali una diminuzione sembra indicare che la resistenza alla riduzione occupazionale è ormai affievolita. Questo intervento potrebbe, da questo punto di vista, essere invece utile, cioè ridurre l'eventuale ulteriore riduzione occupazionale. Tuttavia non abbiamo effettuato simulazioni al riguardo e, quindi, si tratta di ragionamenti basati sull'esperienza e sui modelli che abbiamo.
  In merito all'incentivo all'esportazione, onorevole Pagano, non credo che ci sia alcun toccasana individuale che possa risolvere i problemi della nostra capacità esportativa. In breve, le imprese di medie e grandi dimensioni sono molto più attive sui mercati lontani perché hanno le dimensioni in grado di competere su questi mercati. Le piccole imprese, che pure compiono miracoli, sono più orientate al mercato europeo. È chiaro che in questa situazione la recessione europea non ha favorito in particolare le piccole imprese.
  Abbiamo, però, notato negli ultimi dodici mesi un interessante fenomeno: molte imprese che erano sì esportatrici, ma quasi marginali, che erano cioè in gran parte orientate al mercato interno, si stanno invece impegnando molto per sfruttare le opportunità dei mercati internazionali. Sono loro che segnalano elevati costi, mancanza di credito, limiti manageriali e limiti dimensionali come ostacoli. Questa è la loro valutazione. È chiaro che, a parte la questione del credito, gli altri sono elementi strutturali dell'economia.
  Ciò che segnalano, tra l'altro, le imprese che già esportano in termini di suggerimenti per migliorare la capacità del Paese di esportare sono la necessità di servizi all'esportazione, ossia la capacità di essere aiutati a entrare nei nuovi mercati, e l'erogazione di nuovo credito.
  Per ciò che riguarda il DURC non abbiamo alcun elemento particolare e, quindi, non sono in grado di rispondere alla domanda. Non abbiamo approfondito la questione. È chiaro che le imprese segnalano molto spesso gli adempimenti amministrativi come un ostacolo forte. Noi conduciamo regolarmente e periodicamente un'indagine sui costi che ciò comporta, per conto del Dipartimento della Pag. 37funzione pubblica, con riferimento ai costi in termini diretti e, quindi, al tempo delle persone per fare il tutto.
  C’è stato moltissimo uso di e-government, cioè di strutture informatiche, per alleggerire il carico sulle imprese, soprattutto negli ultimi anni, ma non abbiamo ancora valutazioni su come ciò abbia impattato e ridotto gli oneri per le imprese.
  Passando al turismo, il settore turistico va abbastanza bene, soprattutto, ancora, grazie agli arrivi degli stranieri, mentre gli italiani, vista la situazione economica complessiva, soffrono notevolmente. Per cui, anche in questo caso è chiaro che il futuro dell'Italia passa per la nostra capacità di intercettare la crescita dei redditi dei Paesi emergenti, e non solo. Il posizionamento strategico dell'Italia nei mercati internazionali è l'elemento chiave che, al di là della congiuntura, può consentire di compiere il salto che può mettere in moto di nuovo la domanda interna. Questa, però, non è un'operazione che si realizza in poche settimane o in pochi mesi.
  Torno sulla questione della revisione dei dati. Noi siamo, giustamente, strettamente monitorati non solo dall'Eurostat, ma anche dalla Corte dei conti europea, oltre che dalle regole che noi stessi ci imponiamo per assicurare che i dati di deficit, visto che i dati di debito sono calcolati dalla Banca d'Italia, non solo seguano le indicazioni europee, ma siano anche della massima qualità.
  In questo senso revisioni dei dati sono ammesse dalle regole europee. Tuttavia è chiaro – e l'ho sottolineato più volte anche in audizioni precedenti – che, se una decisione politica diventa funzione automatica di un decimale, forse si chiede alla statistica un risultato che la statistica, soprattutto per l'ultimo anno, difficilmente è in grado di fornire. Si tratta di un livello di precisione matematica che non è necessariamente proprio della precisione statistica.
  Mi spiego. Il Trattato di Maastricht prevede margini di interpretazione e di decisione politica basati su dati di alta qualità. Personalmente ero a capo del settore dell'ISTAT quando sono stati predisposti i dati che hanno consentito poi l'ingresso dell'Italia nell'Unione monetaria.
  Sottolineo anche che ormai, a livello europeo, la ricerca della verità nei dati, al di là della valutazione politica, sta spingendo a un irrigidimento straordinario dell'attività degli statistici, i quali sono terrorizzati dall'apportare cambiamenti, anche migliorativi, perché qualcuno potrebbe pensare che siano frutto di un errore. Questa è una cultura che negli Stati Uniti è assolutamente condivisa da tutti, non solo a livello politico, mentre in Europa l'uso amministrativo di dati statistici sta andando nella direzione opposta.
  Con riguardo alla domanda dell'onorevole Marazziti, non conosciamo ancora l'andamento della pressione fiscale nel primo trimestre. La prossima settimana forniremo i dati del quarto trimestre. Tuttavia, è chiaro che la pressione fiscale è l'effetto di un denominatore e di un numeratore, quindi, con una fase recessiva così forte, anche una serie di entrate si riducono, seppur teoricamente i cosiddetti stabilizzatori automatici in fase recessiva dovrebbero aiutare in qualche modo a ridurre le spese meno del prodotto interno lordo. Ripeto, però, che non abbiamo valutazioni di questo tipo.
  A questo punto è necessaria una precisazione. Non è che l'80, il 90 per cento delle imprese non riesce ad avere accesso al credito: l'80, il 90 per cento delle richieste che non vanno a buon fine sono dovute al rifiuto della banca di erogare il credito.
  Sugli strumenti di supporto alle famiglie, vorrei ricordare che nel Rapporto sul benessere equo e sostenibile, che abbiamo pubblicato l'11 marzo, ci sono dati molto interessanti sul ruolo delle reti familiari, che nel nostro Paese giocano un ruolo fondamentale. Quindi, non sono aiuti alle famiglie di carattere monetario, ma in natura.
  Questo elemento, molto forte nel nostro Paese, si sta assottigliando per motivi demografici e strutturali. Con l'invecchiamento della popolazione, infatti, le donne soprattutto sono obbligate a curarsi non solo del partner, dei figli e dei genitori, ma Pag. 38anche dei nonni. Pertanto, poiché le donne hanno un ruolo fondamentale nei lavori di cura anche nelle reti extra familiari, è chiaro che il tempo per tutto questo si riduce. In modo immaginifico abbiamo, dunque, affermato che queste reti si restringono e si allungano. Quindi, si tratta di un problema che rende evidentemente più difficile fornire questi aiuti.
  Infine, vengo alla domanda dell'onorevole Marcon sui maggiori dati sulla povertà relativa e assoluta e sulla deprivazione. Noi naturalmente trasmetteremo alla Commissione tutti i dati più dettagliati, che mostrano un quadro molto più ampio. Invito a guardare proprio il Rapporto sul benessere equo e sostenibile, dove tutti questi dati sono analizzati. Per il nostro Rapporto annuale di maggio avremo i dati della deprivazione aggiornati ai primi mesi del 2013 e vedremo se, quindi, il grande balzo che c’è stato anteriormente ai primi mesi del 2012 verrà confermato, mentre i dati sulla povertà saranno elaborati e diffusi, come al solito, in estate.
  Infine, rispondo all'ultima domanda del Presidente Giorgetti. I NEET, cioè i giovani che non sono a scuola, non sono in training e non lavorano sono oltre 2,1 milioni, oltre il 20 per cento della popolazione giovanile. Parliamo di giovani fino a 29 anni, se non sbaglio. È un dato nettamente superiore a quello degli altri Paesi.
  Naturalmente, una parte di questi giovani che non lavorano, non studiano e non sono in training, sono disoccupati. Tra i due insiemi c’è, dunque, una sovrapposizione. È chiaro che 2,1 milioni di giovani NEET è un dato veramente preoccupante, io lo sottolineo sempre, perché abbiamo la generazione meglio formata e che non stiamo utilizzando.
  A questo proposito, colgo l'occasione per citare anche un dato che spesso ripeto: il tasso di abbandono scolastico è particolarmente elevato, soprattutto tra i giovani cosiddetti immigrati, e si attesta al 44 per cento. Ciò significa che, in Italia, un giovane che definiamo immigrato, cioè straniero, su due non finisce la scuola dell'obbligo. È un dato molto preoccupante per il futuro della forza lavoro, nel migliore dei casi, e per la tenuta sociale, nel peggiore dei casi.
  Mi permetto di invitare questa Commissione o il Parlamento a vedere ciò che i francesi stanno studiando in termini di uso del servizio civile per recuperare gli early school leavers, ossia giovani meritevoli che per qualche ragione hanno abbandonato la scuola e attraverso il servizio sociale civile hanno la possibilità di rientrare nel sistema formativo. Anzi, quelli di particolare qualità, bravura e impegno riescono addirittura a essere ricondotti all'università, saltando il percorso ordinario.
  Dico questo perché anche altri Paesi stanno affrontando problemi del genere e, quindi, è possibile trarre buone idee da quello che gli altri stanno facendo.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente dell'ISTAT e i suoi collaboratori.

  GIROLAMO PISANO. Potrebbe chiarire gli effetti di aumento della propensione al consumo delle famiglie derivanti dalle misure preannunciate di immissione di liquidità nell'economia, con particolare riguardo alle famiglie che si trovano al di sotto della soglia di sussistenza ?

  ENRICO GIOVANNINI, Presidente dell'ISTAT. Ho risposto in qualche modo a questa domanda nel dire che la simulazione che abbiamo effettuato mostrerebbe un impatto sul reddito, quindi sul nuovo reddito, piuttosto contenuto. È chiaro che l'attenuazione delle situazioni di liquidità attesa, come ho affermato prima, aiuterebbe molto le imprese. Alla fine questi soldi verrebbero comunque trasmessi in gran parte alle famiglie in termini di retribuzioni, magari mancate retribuzioni nel corso degli ultimi mesi.
  Alla domanda se le famiglie, naturalmente potendolo fare, utilizzerebbero questi nuovi redditi per risparmio o per consumo, rispondo che, in situazioni così depresse in termini di fiducia, un immediato ribaltamento sul consumo sarebbe Pag. 39un'anomalia. È anche vero, però, che molte famiglie, lo sappiamo, sono sotto i livelli minimi di consumo e, quindi, non è escluso che ciò aiuterebbe.
  Noi non abbiamo fatto in tempo a svolgere simulazioni utilizzando il modello di microsimulazione sulle famiglie che abbiamo. Possiamo eventualmente compiere un approfondimento del genere, anche se – lo ripeto – in questo caso parliamo di psicologia e, quindi, come ho dichiarato nella relazione, anche le incertezze di tipo economico complessivo e di tipo politico influenzano tutto ciò.

  PRESIDENTE. Grazie. Siamo già in ritardo. Mi dispiace perché altri colleghi intendevano porre ulteriori questioni, ma non siamo più in tempo perché dobbiamo passare all'audizione dei rappresentanti della Banca d'Italia. Ci sarà modo di risentire l'ISTAT in occasione del decreto-legge, quindi tra pochi giorni. In quella circostanza si potranno porre ulteriori domande. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 12.10, è ripresa alle 12.15.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE SPECIALE PER L'ESAME DI DISEGNI DI LEGGE DI CONVERSIONE DI DECRETI-LEGGE E DI ALTRI PROVVEDIMENTI URGENTI PRESENTATI DAL GOVERNO DEL SENATO DELLA REPUBBLICA FILIPPO BUBBICO

Audizione di rappresentanti della Banca d'Italia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame della Relazione al Parlamento, predisposta ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge n. 196 del 2009, l'audizione di rappresentanti della Banca d'Italia.
  Confermo che i tempi a disposizione per ciascuno dei gruppi sono identici a quelli relativi all'audizione appena conclusa.
  Do subito la parola al dottor Daniele Franco, direttore centrale dell'area ricerca economica e relazioni internazionali della Banca d'Italia.

  DANIELE FRANCO, Direttore centrale dell'area ricerca economica e relazioni internazionali della Banca d'Italia. Grazie. Noi abbiamo redatto rapidamente un testo scritto, che metteremo in circolazione, ma che non leggerò. Cercherò piuttosto di riassumerne alcuni aspetti.
  Il primo punto che tocchiamo è quello del quadro macroeconomico. Il documento diffuso dal Governo contiene una nuova previsione sull'andamento del PIL. Come sapete, si prefigura per quest'anno un calo del PIL dell'1,3 per cento, in netto peggioramento rispetto alla previsione precedente. Per l'anno prossimo si indica una crescita del prodotto interno lordo dell'1,3 per cento.
  Per quest'anno le previsioni governative sono sostanzialmente in linea con quelle della Commissione europea e con le previsioni di consenso. Per l'anno prossimo vi è un maggiore ottimismo nelle previsioni governative, dell'ordine di mezzo punto percentuale del PIL, connesso al fatto che le previsioni governative tengono conto degli effetti sulla domanda privata dovuti al pagamento dei 40 miliardi di debiti accumulati dalla Pubblica amministrazione. Si tratta di un effetto stimato in circa mezzo punto percentuale del PIL per l'anno prossimo.
  L'unico appunto che svolgerei al riguardo è che il quadro macroeconomico è ovviamente molto incerto: dipende dall'evolvere delle tensioni sui mercati finanziari internazionali e da quanto accade all'economia globale. Noi, come Banca d'Italia, avevamo a gennaio una previsione per quest'anno di una discesa del PIL di un punto percentuale e, quindi, eravamo più ottimisti di quanto è ora il Governo. Pag. 40Adesso abbiamo anche noi una previsione peggiore e ciò indica quanto rapidamente cambi la situazione.
  Nella sezione 2 della nostra nota affrontiamo la questione delle previsioni sui conti pubblici. Il nuovo quadro tendenziale rappresentato nella Relazione del Governo indica per quest'anno un indebitamento netto pari a 2,4 punti percentuali del PIL, in leggera discesa rispetto ai 3,0 punti del 2012. Si tratta, però, di un dato peggiore rispetto alla previsione precedente, che era di 1,8 punti.
  Su questo quadro tendenziale di 2,4 punti impatta la manovra che viene prefigurata di 40 miliardi di euro per la parte dei rimborsi di spese in conto capitale, che sono tradizionalmente contabilizzate in Italia – come avrà già avuto modo di segnalare il Presidente Giovannini – al momento dell'erogazione. Per effetto di questi 8 miliardi circa, equivalenti a 0,5 punti di PIL, la stima del deficit si attesta ora al 2,9 per cento del PIL.
  Nella sezione 3 esaminiamo brevemente la questione delle misure adottate nel recente passato, il biennio 2011-2012, e delle nuove misure per la riduzione dello stock dei debiti commerciali. Come sapete, nel 2011-2012 sono state introdotte diverse misure e sono stati effettuati stanziamenti nel bilancio dello Stato; è stato inoltre potenziato, anche attraverso la creazione di una piattaforma elettronica, l'istituto della certificazione.
  Sulla base dell'evidenza l'efficacia di questi provvedimenti si è dimostrata relativamente modesta, come confermato anche dai dati divulgati dal Ministero dello sviluppo economico, e riflette diversi fattori: la complessità delle procedure operative, la presenza di esenzioni, ma anche il fatto che non fossero previste sanzioni a carico delle amministrazioni non pienamente adempienti.
  Indichiamo rapidamente nel testo il caso spagnolo rivelatosi di relativo successo nel gestire una situazione di questo tipo. Nel 2012 il Governo spagnolo ha infatti proceduto al pagamento di arretrati per 27 miliardi di euro piuttosto rapidamente. Non entro ora nei dettagli del caso spagnolo, ma nella relazione vengono citati anche alcuni documenti redatti dalle autorità spagnole.
  La Relazione del Governo prevede rimborsi per 20 miliardi di euro quest'anno e 20 miliardi nel 2014, nonché che i dettagli operativi dell'operazione siano specificati a breve attraverso l'adozione di un provvedimento d'urgenza. Non vi sto a descrivere ciò che viene previsto, che avrete già visto e sentito dagli altri vostri interlocutori.
  Verrei invece alla sezione 4, in cui cerchiamo di fornire una valutazione dell'entità delle passività commerciali delle pubbliche amministrazioni. Il punto è che nel nostro Paese attualmente non possediamo, dal lato delle amministrazioni pubbliche, informazioni sistematiche, esaustive e tempestive sull'entità dei debiti commerciali. Credo che adesso il Presidente Giovannini vi abbia presentato i dati disponibili per l'ISTAT, che sono, come vedrete, sostanzialmente coerenti anche con i nostri.
  Per avere un'informazione sull'entità dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni da alcuni anni la Banca d'Italia compie una rilevazione che cerca di effettuare una stima di questi debiti partendo dalle informazioni fornite dalle aziende creditrici. Essenzialmente, la Banca d'Italia ogni primavera intervista circa 4.200 imprese chiedendo loro informazioni su molti aspetti congiunturali. Questa è l'enfasi principale dell'indagine, ma da alcuni anni chiediamo anche a queste imprese quali sono i crediti che esse vantano rispetto alle pubbliche amministrazioni.
  Utilizziamo poi queste informazioni, che provengono da 4.200 imprese ricondotte a universo, per avere una valutazione delle passività commerciali complessive delle pubbliche amministrazioni. Se voi avete seguito il dibattito negli ultimi mesi su tale questione, avrete osservato che i dati della Banca d'Italia sono spesso quelli più riportati.
  Noi, però, siamo molto cauti sui nostri dati, in quanto essi sono il frutto di un'indagine svolta su 4.200 imprese e che poi noi portiamo a universo. Questa procedura Pag. 41si basa su una serie di ipotesi, che noi cerchiamo ovviamente di formulare al meglio, ma non rappresenta il metodo ottimale per ottenere questo tipo di informazioni. Torno a ripetere che la situazione ottimale sarebbe piuttosto ricevere queste informazioni dal lato degli enti debitori per posta.
  Noi offriamo dunque una stima che tuttavia va presa con molte cautele. È in qualche modo una soluzione di ripiego in termini di universalità dell'indagine: ad esempio, noi non intervistiamo imprese con meno di venti addetti, né le imprese operanti nei servizi sociali e sanitari. Sono tutte precisazioni che noi svolgiamo sempre, ma l'enfasi che si pone sui nostri dati ci induce a essere molto cauti.
  Premesse tutte queste infinite cautele, proponiamo in una delle nostre tavole una stima derivante dall'indagine che abbiamo condotto sulle imprese nella primavera del 2012 ed i cui dati fanno riferimento alla fine del 2011. A maggio, quando avremo concluso la nuova indagine che è tuttora in corso, potremo disporre dei dati relativi alla fine del 2012.
  La stima cui noi arriviamo è che l'ammontare complessivo dei debiti commerciali vantati dalle imprese nei confronti delle pubbliche amministrazioni sia essenzialmente pari a circa 90 miliardi di euro. Di questi, 11 miliardi in realtà sono già inclusi nel debito pubblico in quanto riguardano operazioni di cessione del debito pro soluto. Per questi 11 miliardi abbiamo anche un'altra fonte di rilevazione, i nostri dati di vigilanza che ci forniscono anche la valutazione a fine 2012, la quale resta pari a 11 miliardi.
  Vi proponiamo inoltre due tavole, le nn. 3 e 4 collocate alla fine del testo, che – ripeto – vanno prese con molta cautela, per i motivi cui accennavo prima, da cui emerge che circa la metà dei debiti riguarda il settore sanitario, le regioni e le ASL. Da esse emerge altresì che in rapporto al fatturato sono le imprese di costruzione ad avere una maggiore incidenza dei ritardi nei pagamenti. Delle 4.200 imprese che intervistiamo circa un quarto dichiara di vantare crediti verso la Pubblica amministrazione e questa percentuale risulta particolarmente alta nel settore delle costruzioni.
  Vi sono poi molte imprese di grandi proporzioni – in genere imprese di trasporti e di telecomunicazioni – che hanno rilevanti crediti e operano nel settore dei servizi privati.
  Un'altra informazione interessante è che la quota di imprese che dichiara di avere difficoltà di accesso al credito è più alta tra le imprese che vantano crediti rispetto alla Pubblica amministrazione: ciò indica che le imprese che vantano crediti rispetto alla Pubblica amministrazione hanno una probabilità maggiore di avere in generale problemi di tensione sul credito e di liquidità.
  Nella sezione 5 traiamo alcune considerazioni in ordine all'ipotizzato provvedimento di pagamento dei debiti commerciali delle amministrazioni pubbliche. In realtà, ci sembra che esso sia importante per due motivi fondamentali: innanzitutto perché potrebbe migliorare le condizioni finanziarie di molte imprese italiane ed essere di stimolo all'economia; in secondo luogo perché, se accompagnato da un abbattimento permanente dei tempi di pagamento della Pubblica amministrazione, potrebbe rendere più trasparente e stabile la gestione dei conti pubblici italiani e più trasparenti i rapporti tra settore pubblico e settore privato in Italia.
  Il fatto che vi sia un problema di condizione finanziaria delle imprese è riassunto brevemente a pagina 10. Si tratta peraltro di dati che credo conosciate già. Si segnala in proposito un aumento della percentuale di imprese con ritardi nei pagamenti commerciali, un aumento del numero delle imprese che chiudono la loro attività, nonché un aumento della percentuale di crediti bancari in sofferenza.
  Il pagamento in tempi brevi di una quota rilevante di debiti commerciali delle amministrazioni pubbliche potrebbe dunque allentare le tensioni finanziarie per molte imprese italiane ed impedire che un certo numero di imprese debba chiudere la propria attività.Pag. 42
  I flussi di credito dal sistema creditizio al sistema delle imprese sono in riduzione. A gennaio l'ammontare degli impieghi verso le imprese era del 6 per cento inferiore al valore dell'anno precedente. Ciò riflette, da un lato, una diminuita domanda di credito, dal momento che le imprese investono meno, dall'altro, tensioni nell'offerta di credito da parte delle banche, su cui influiscono il deteriorarsi della qualità degli impieghi e le difficoltà che le banche stesse hanno a raccogliere fondi.
  Le due successive tranche di 20 miliardi di euro avrebbero quindi un peso significativo: a pagina 13 rileviamo come questi 40 miliardi equivalgono a circa il 5 per cento dei debiti bancari complessivi delle imprese italiane, e dunque si tratta di un ammontare considerevole.
  Sempre a pagina 13 tocchiamo la questione degli effetti macroeconomici del provvedimento, che noi stiamo cercando di valutare, tuttavia a tale riguardo dobbiamo rilevare che vi è moltissima incertezza. Di sicuro l'impatto macroeconomico del provvedimento è significativo e positivo, ma l'entità dipende da molti fattori, ed innanzitutto dai tempi, dalle modalità con cui i rimborsi verranno ripartiti tra le diverse imprese creditrici, dalle condizioni di ciascuna di queste imprese e da come tutto il provvedimento influirà sulle aspettative delle imprese stesse e dei mercati finanziari.
  La stima implicita di mezzo punto percentuale nelle previsioni governative sul PIL del 2014 è plausibile. In uno scenario normale, in cui non vi fossero tensioni finanziarie, l'effetto sarebbe verosimilmente abbastanza piccolo, perché iniettare 40 miliardi di euro di liquidità verso un sistema di imprese che non avesse problemi finanziari in genere non modifica molto le loro scelte.
  Nel contesto attuale, invece, in cui moltissime imprese italiane hanno problemi di liquidità l'effetto può essere molto maggiore, tuttavia non siamo in grado di fornire una stima precisa ed il nostro suggerimento è quello di monitorare strada facendo quanto viene pagato, a chi e quali sono gli effetti.
  Un aspetto che ci sembra importante di questo intervento risiede nella questione se a esso si assocerà, come deve associarsi, una riduzione permanente dei tempi di pagamento della Pubblica amministrazione verso le imprese. Sarebbe questo un aspetto positivo, che potrebbe migliorare il contesto in cui operano le imprese italiane e la loro competitività.
  Nella tavola n. 5 collocata alla fine del documento confrontiamo i dati che l'Eurostat ha diffuso sull'entità dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni dei Paesi dell'Unione europea. Per l'Italia, ovviamente, i dati sono stati forniti dall'ISTAT.
  Come potete osservare, l'incidenza di tali debiti in Italia è molto alta rispetto a quella degli altri Paesi europei e di conseguenza le imprese che operano in Italia si trovano in una situazione di svantaggio competitivo, da questo punto di vista, rispetto alle imprese degli altri Paesi.
  Un'altra considerazione è che le difficoltà operative per questo intervento non vanno sottovalutate. Noi abbiamo un grandissimo numero di enti pubblici – 8.000 comuni, ASL, province e regioni – che si trovano in situazioni diverse, con poste di spesa molto diverse e partite debitorie con origini diverse: mettere in moto il meccanismo non sarà banale e questo è un aspetto di attuazione che non va quindi sottovalutato.
  Noi pensiamo che sia opportuno chiedere a tutti gli enti locali e a quelli decentrati di predisporre rapidamente una documentazione dei debiti in essere rispetto alle imprese fornitrici e di associarli alle relative fatture. Questo deve essere un punto di partenza da attuare in tempi brevi.
  Pensiamo anche che le procedure per i rimborsi dovrebbero essere quanto più possibile automatiche ed indipendenti dalla capacità o dalla discrezionalità di ciascuna amministrazione.
  Un'altra questione concerne gli effetti sui saldi di finanza pubblica e sulla chiusura Pag. 43o meno della procedura per i disavanzi eccessivi. Voi sapete che il disavanzo del 3 per cento con cui l'Italia ha chiuso il 2012 rappresenta un progresso favorevole ai fini della chiusura della procedura per disavanzi eccessivi. È essenziale, però, che nelle previsioni di primavera della Commissione europea, che usciranno fra breve, l'indebitamento netto previsto per quest'anno sia indicato sotto il 3 per cento.
  Il deficit previsto nella Relazione del Governo, quantificato nella misura del 2,9 per cento, conduce in una zona a rischio, estremamente vicina alla soglia del 3 per cento, ciò tenuto peraltro conto del fatto che il quadro macroeconomico, come accennavo all'inizio, è ancora largamente incerto e che la crescita potrebbe essere dell'1,3 per cento, come indicato dal Governo, ma potrebbe essere anche leggermente peggiore, o forse anche leggermente migliore. Ci troviamo dunque in una situazione di grande incertezza, per cui il valore del 2,9 per cento non prevede grandi margini di rischio.
  Un'altra questione è quella dell'emersione di debito pubblico. Questa operazione di fatto fa emergere 40 miliardi di debito pubblico e quando parliamo di debito pubblico ci riferiamo al debito pubblico finanziario, a quello cioè che noi come Banca d'Italia calcoliamo sulla base della normativa Eurostat, il quale non include quindi i debiti commerciali e rappresenta il debito pubblico di riferimento per l'applicazione dell'insieme delle regole europee.
  I 40 miliardi previsti equivalgono a 2,5 punti di PIL. Il punto che terrei a sostenere è che si tratta di un'operazione di emersione, che fa pulizia di una situazione in cui il debito di fatto già esisteva.
  La questione importante è che questo venga percepito da tutti – mercati ed Europa – come un evento una tantum e perciò è essenziale che i nuovi pagamenti della Pubblica amministrazione sulle nuove operazioni siano realmente effettuati a 30 o 60 giorni, come prevede la normativa europea. Se ciò avverrà, il messaggio che tutti trarranno è che si chiude il passato, che emerge un debito che già esiste e che in futuro le amministrazioni pubbliche italiane non ne creeranno di nuovo. Si tratta dunque di un'operazione che di per sé può accrescere la trasparenza.
  Un'altra questione, nel pagare debiti che riguardano un grande numero di amministrazione pubbliche, è evitare di premiare comportamenti che in passato non sono stati coerenti con le varie regole, ad esempio con il Patto di stabilità interno o le regole riguardanti la spesa sanitaria. Se vi fosse una sanatoria a carico dello Stato, che in qualche modo premiasse il comune «A» che si è comportato male, mentre il comune «B», che viceversa si è comportato bene, non ottenesse niente, questo di per sé non sarebbe bello e ovviamente fornirebbe anche un'indicazione per il futuro. Si tratta di definire operativamente come le misure verranno attuate e di introdurre norme che in qualche modo evitino questo fenomeno di premi a chi è venuto meno alle regole.
  Per far sì che ciò non blocchi l'immediata operazione di rimborso, si potrebbe intanto prevedere l'avvio dei rimborsi per tutti coloro che sono stati coerenti con le regole rinviando alle settimane e ai mesi che verranno la progressiva individuazione di soluzioni anche per gli altri.
  Un'ultima considerazione riguarda ancora l'attuazione della direttiva europea sulle nuove operazioni. Tale adempimento a noi sembra di rilevante importanza, innanzitutto perché creerà un ambiente più favorevole all'attività d'impresa in Italia, eliminando delle opacità e delle differenziazioni che recano immotivato danno alle nostre imprese; in secondo luogo, renderà evidente che l'emersione di 2,5 punti di PIL costituisce un'operazione una tantum che non si ripeterà; in ultimo luogo, contribuirà ad accrescere la trasparenza, dal momento che sapere che le amministrazioni pubbliche pagheranno in 30 o 60 giorni determina una situazione di maggiore trasparenza per tutti quanti – Pag. 44per le imprese, per i cittadini e per gli amministratori – rendendo altresì più facile valutare i risultati dei singoli amministratori. Grazie.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE SPECIALE PER L'ESAME DI ATTI DEL GOVERNO DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIANCARLO GIORGETTI

  PRESIDENTE. Grazie. Adesso, secondo il metodo che abbiamo già consolidato, darò la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUIGI TARANTO. Ringrazio il dottor Franco per il suo intervento. In questa fase della discussione emerge un universale convincimento circa la rilevanza che assume oggi un'operazione di risposta all'emergenza di liquidità attraverso l'accelerazione dei tempi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni. Tale rilevanza è ovviamente tanto maggiore in ragione di uno scenario di restrizione dell'offerta creditizia, che anche lei ha sottolineato nel corso del suo intervento.
  Sottolineo questo punto perché la Relazione ricorda che, naturalmente, beneficiarie delle operazioni saranno le imprese, ma saranno anche gli intermediari bancari per la quota parte di operazioni che sono state interessate sul versante degli strumenti di cessione del credito. Si tratta di una quota affatto rilevante che – mi pare di aver compreso dal suo intervento – possiamo stimare ad oggi intorno agli 11 miliardi di euro. Relativamente a questo punto, la Relazione segnala che anche tale misura potrebbe riverberarsi a favore del tessuto dell'economia reale, traducendosi in riduzione del livello dei tassi e in allentamento delle tensioni sul versante dell'offerta creditizia.
  Mi interessa particolarmente il parere della Banca d'Italia al riguardo, tenendo conto tra l'altro che nel corso della discussione che abbiamo potuto fin qui sviluppare sono emerse non poche incertezze e perplessità circa la meccanica trasmissione di tale relazione. Chiedo dunque quali potrebbero essere, ad avviso della Banca d'Italia, gli strumenti attivabili non soltanto in termini di moral suasion ma anche, ad esempio, in termini di riedizione e di architettura di accordi triangolari tra Governo, associazioni imprenditoriali e associazione bancaria affinché gli obiettivi auspicati di una riduzione del livello dei tassi e di un allentamento delle tensioni sul versante dell'offerta creditizia possano essere effettivamente conseguiti. Grazie.

  PRESIDENTE. I tempi sono stati perfettamente rispettati.

  GIOVANNI LEGNINI. L'esame del provvedimento e il contenuto delle audizioni ci restituiscono un quadro preoccupante della situazione della nostra economia e della finanza pubblica. L'effetto cumulato del peggioramento dello 0,6 per cento e dell'ulteriore deficit dello 0,5 per cento previsto nella Relazione ci dicono che sono stati consumati tutti gli spazi – come diceva Stefano Fassina questa mattina – per poter fare le operazioni necessarie in corso d'anno, tanto più che il 1 luglio si avrà un ingorgo fiscale dovuto all'IMU, alla TARES e al previsto aumento dell'IVA che richiederebbe un intervento, come da tutti riconosciuto.
  Passo rapidamente alle domande, perché non ho il tempo per esprimere delle considerazioni. Innanzitutto riguardo al rilevamento del monte debiti, lei nella sua relazione ci ha indicato la cifra di 90 miliardi di euro, di cui 11 risulterebbero già conteggiati nel debito, mentre il Ministro Grilli, nell'audizione di questa mattina, ha riferito che sarebbe intenzione del Governo inserire nel decreto-legge una norma che istituzionalizzi e formalizzi un sistema di rilevamento, cosa questa assolutamente auspicabile dal momento che non possiamo andare avanti per mesi o Pag. 45per anni nell'incertezza su entità, natura e composizione dei debiti. Da ultimo, lei faceva riferimento ai crediti «buoni» e a quelli figli di procedure non corrette o illegittime.
  Passo alla domanda: nel momento in cui disporremo del dato – e spero che ciò avvenga in corso d'anno – quanto potremo continuare a «occultare», sia ai fini interni sia nel rapporto con l'Unione europea, un debito che non è formalmente conteggiato nel debito pubblico, ma che pure debito è ? Dico questo soprattutto perché è evidente che 40 miliardi di euro – che pure costituiscono un intervento positivo, urgente, necessario e da attuare immediatamente – con ogni probabilità non saranno sufficienti ed allora non potremo dire alle altre imprese di aspettare un altro anno o altri due o tre anni. Secondo lei, a quel punto sarà – come io personalmente credo – necessario intervenire ulteriormente ?
  Venendo ad un secondo aspetto problematico, la Relazione indica che 7,8 miliardi sono relativi a spese in conto capitale e come tali incidono negativamente sul deficit per 0,5 punti percentuali. La Banca d'Italia è in grado di dirci quanti di quei 90 miliardi totali – seppur così individuati sulla base di una stima ipotetica – hanno la stessa natura dei 7,8 indicati nella Relazione, ovvero di spese in conto capitale che impattano sul deficit ? È evidente infatti che se la spesa in conto capitale fosse, come è possibile, una cifra ragguardevole, noi non avremmo solo un debito sommerso, ma anche un deficit sommerso, che dovremmo fare emergere e che il rilevamento farà emergere. È in grado la Banca d'Italia di compiere una previsione in rapporto a questo punto specifico ?
  Affronto, da ultimo, il tema delle banche. Si è parlato a tale proposito di 9 miliardi di cessioni pro soluto, che ovviamente devono essere pagati, così come avviene per gli altri creditori. È possibile secondo la Banca d'Italia, o a suo avviso, affermare un principio per via consensuale in base al quale vengono effettuati prima i pagamenti alle imprese e poi quelli alle banche ? Questo aiuterebbe infatti non poco a rendere più efficiente l'intervento prospettato.

  DANIELE PESCO. Troppi vincoli di accesso al credito bloccano lo sviluppo delle imprese. Ne abbiamo avuto prima la prova dal Presidente dell'ISTAT. Lo sblocco dei debiti delle pubbliche amministrazioni, pur come viene configurato nella Relazione, contribuirebbe ad allentare le tensioni dell'offerta al credito. Ci piacerebbe interpretare tali parole come una sorta di vincolo nella destinazione d'uso di tali somme a favore dell'economia reale, e non di quella finanziaria. Ci chiediamo, e vi chiediamo, se avete pensato alla concreta realizzazione di tali dichiarazioni, con strumenti che vanno oltre la imprescindibile e pure attesa moral suasion verso gli istituti di credito.
  Inoltre, così come sembra si vada verso un allentamento dei vincoli di bilancio in ambito europeo, auspichiamo che si possa fare altrettanto e rapidamente per i vincoli che sono alla base del credit crunch, contenuti negli accordi di Basilea. Grazie.

  LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, mi riallaccio a quest'ultima considerazione per chiedere una valutazione alla Banca d'Italia. Questa immissione di liquidità e quindi di assorbimento di una parte dei crediti può non essere un fatto di brevissimo periodo, ma incidere in qualche misura sugli elementi strutturali della rarefazione del credito ? Oppure dobbiamo essere cauti in questa valutazione, anche per non ingenerare aspettative eccessive, considerando che i problemi strutturali della rarefazione del credito dipendono sia dagli accordi di Basilea sia da alcuni aspetti strutturali delle nostre imprese, che rischiano di essere sottovalutati ?
  Il secondo punto riguarda il tema che lei toccava, ossia la necessità di non premiare le amministrazioni meno virtuose: a Pag. 46tale proposito, non crede che siamo di fronte al nodo della questione del federalismo ? Abbiamo rilevato, sia pure in modo molto approssimativo, che le maggiori sofferenze sono presenti laddove le amministrazioni sono meno virtuose, anche dal punto di vista della sostenibilità economica e sociale. In altre parole, sono le amministrazioni poco virtuose a dover essere sanzionate oppure il sistema economico e sociale ad esse sottostante, rispetto al quale il meccanismo famoso che avevamo immaginato come salvifico del «vedo-voto-pago» non ha funzionato ?

  LUCIANO URAS. Pongo molto brevemente alcune domande. La prima riguarda la possibilità di disporre di dati che consentano la mappatura della consistenza dei crediti delle imprese presso le pubbliche amministrazioni in tutto il territorio nazionale, per capire quali siano le regioni più o meno interessate, anche relativamente a questo intervento.
  La seconda questione riguarda la restituzione di questa liquidità all'iniziativa economica, ossia quale tipo di impulso può determinare sulla crescita e di quale dimensione.
  La terza questione riguarda la natura risolutiva del problema. Questo è un intervento una tantum di 40 miliardi che, secondo i dati della Banca d'Italia, costituiscono meno del 50 per cento della sofferenza generale. Anche se riuscissimo a realizzare questo intervento nei dodici mesi di tempo previsti – gli ultimi sei mesi del 2013 e i primi sei del 2014 – rimarrebbero comunque 50 miliardi di sofferenza, più tutto quello che nel frattempo eventualmente si determinerebbe.
  L'ultima questione riguarda le modalità attuative, tenuto conto che il tempo è fattore strettamente connesso alla qualità dell'intervento della Pubblica amministrazione e quindi all'accelerazione dei pagamenti. Che tipo di interventi si può pensare di realizzare per rendere più efficiente la macchina amministrativa ? Per esempio, come si responsabilizzano le singole amministrazioni e come può incidere la costruzione di strumenti straordinari, come task force, per superare paralisi amministrative e di spesa ? Come si può altresì utilizzare il sistema degli incentivi previsti nei contratti pubblici e finalizzati a questo scopo ?

  MASSIMO BITONCI. Rivolgo anzitutto i complimenti al Centro studi, che è sempre estremamente puntuale. Ovviamente questo atto è prodromico al decreto-legge che verrà successivamente adottato e che sarà a nostro avviso fondamentale per lo sblocco dei pagamenti della Pubblica amministrazione, che rappresenta ormai un problema talmente importante da porsi in netta relazione anche con il Patto di stabilità degli enti locali.
  Le formulo direttamente alcune domande senza analizzare il quadro macroeconomico, come hanno fatto i miei colleghi. A suo avviso non sarebbe meglio, in effetti, modificare in maniera sostanziale il Patto di stabilità, anziché utilizzare una formula che è comunque una tantum e liberare risorse, come si vuole fare in questo caso, impiegando gli avanzi di amministrazione ? Si potrebbe piuttosto modificare in senso sostanziale il Patto di stabilità, utilizzando quei criteri di virtuosità che erano già stati analizzati e selezionati durante lo studio dei decreti attuativi del federalismo fiscale. Mi spiego meglio: allora erano già stati individuati dei criteri specifici per poter distinguere le amministrazioni «buone» da quelle «cattive». Le chiedo inoltre se, anche dal punto di vista tecnico, non sarebbe opportuno, a saldi invariati, rimodulare il Patto di stabilità cancellando quel problema di calcolo relativo alla competenza mista, cioè quella basata sulla cassa e sulla competenza, ed utilizzando magari il solo criterio della cassa. Forse, in questo caso, le amministrazioni comunali avrebbero già un obiettivo certo e saprebbero in maniera chiara quelli che potrebbero essere i pagamenti da effettuare in ogni esercizio.

  RAFFAELLO VIGNALI. Rivolgendo innanzitutto un ringraziamento per la relazione Pag. 47svolta, formulo una richiesta, più che altro per il futuro: suggerisco cioè di inserire nell'indagine della Banca d'Italia anche un campione delle imprese sotto i venti addetti, altrimenti continuiamo a fare le indagini su un universo del 3 per cento delle imprese lasciando fuori il restante 97 per cento, comprese ovviamente quelle sociali. Dico questo anche in relazione a quella preoccupazione, da lei espressa e che condivido, che questo problema non si ripresenti nel futuro.
  In primo luogo, mi auguro che queste risorse siano destinate ai pagamenti che riguardano tutti i crediti delle imprese fino al 31 dicembre del 2012, e non quelli relativi al 2013 o al 2014, altrimenti creiamo confusione. Questo intervento deve eliminare lo stock e non intervenire sul flusso.
  Riguardo al flusso, credo però che bisognerà continuare a fare un monitoraggio perché, a mio avviso, il decreto legislativo di recepimento della direttiva europea sui pagamenti contiene delle grosse lacune: ad esempio, le sanzioni in esso contenute non sono efficaci, con riferimento tanto ai pagamenti tra privati quanto a quelli della Pubblica amministrazione. Basta considerare certi bandi, in cui addirittura si pretende che si possa partecipare soltanto se si va in deroga a quelle norme: evidentemente, c’è qualcosa che non funziona.
  Occorre inoltre meglio disciplinare il tempo che intercorre dalla consegna della merce o del servizio alla fatturazione. Se non si mette in fila tutto il processo, è chiaro che chi è in posizione dominante – in questo caso la Pubblica amministrazione – stabilisce in che data emettere la fattura; in questo modo, anche se il pagamento avviene dopo 60 giorni, nel frattempo è passato un anno. Credo che in seguito, come Parlamento, dovremmo lavorare anche su tali questioni. Pur capendo che è complesso e costoso, la mia richiesta è che, proprio nel monitoraggio, si possa iniziare a tener presente, in qualche modo, il mondo delle piccole imprese. Grazie.

  MARCO CAUSI. Signor Presidente, naturalmente mi associo ai ringraziamenti a Daniele Franco e alla Banca d'Italia per averci fornito dati molto utili.
  Inizio con la prima domanda. Voi chiedete alle imprese quali crediti hanno iscritto nei loro bilanci: ma siamo sicuri che quegli stessi crediti siano stati iscritti come debiti nei bilanci delle rispettive pubbliche amministrazioni ? Infatti, molto spesso i contenziosi fra i fornitori e i committenti nascono da discrasie nella valutazione di queste poste.
  Passo al secondo punto: ai fini del riconoscimento da parte dell'Unione europea che la parte che deriva dalle spese correnti di questi debiti commerciali non ha impatto sull'indebitamento netto, è necessario che queste poste siano iscritte nei bilanci. Quindi, le alternative sono due: o erano contratti e spese già iscritti in bilancio ovvero, se fossero stati contratti e spese fuori bilancio, dovrebbero già essere stati riconosciuti come debiti fuori bilancio all'interno del bilancio stesso. Naturalmente io non credo che abbiamo la possibilità di dividere queste partite, ma credo che alcune discrasie nei numeri che circolano potrebbero derivare da questi elementi.
  Le domando come potremmo conoscerle meglio, anche tramite questa operazione di ripulitura. Forse anzi questa operazione di ripulitura ci potrà permettere di conoscerle meglio, ma mi sembra chiaro che come indirizzo al Governo per il futuro decreto dobbiamo allora inserire qualche elemento di discriminazione fra crediti che siano totalmente e pienamente riconosciuti dalla amministrazione di competenza e crediti che siano emersi in seguito a operazione di ripulitura di bilancio, tramite per esempio piani di rientro nel campo della sanità. Infatti è chiaro come, a parità di altre condizioni e quindi di privilegio del credito e di ordinabilità Pag. 48per data, anche questi elementi siano rilevanti per decidere l'ordine di pagamento.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  DANIELE FRANCO, Direttore centrale dell'area economica e relazioni internazionali della Banca d'Italia. Per quanto riguarda la domanda posta dall'onorevole Taranto sulla questione delle cessioni pro soluto e di cosa pagare prima con questi 11 miliardi di euro, ovviamente rimborsare un credito vantato da una banca ha un effetto positivo indiretto e mediato sul sistema delle imprese, che si verifica allorquando la banca riceve questi fondi e poi li ripresta. Un rimborso diretto alla singola impresa ha ovviamente un impatto più immediato. Questo è anche uno dei motivi che rendono difficile valutare l'impatto ex ante di questo provvedimento sulla crescita economica.
  Allora qualcuno potrebbe chiedersi quali semafori rendere verdi o rossi prima degli altri, nel gestire i flussi di pagamento delle due tranche di 20 miliardi ciascuna. A tale riguardo, si può considerare il fatto che indirizzare i fondi verso le imprese possa avere una qualche priorità, fermo restando, comunque, che anche il rimborso effettuato presso le banche ha un effetto positivo e che anche le banche hanno acquisito il diritto a ottenere il rimborso.
  Gli accordi tra banche e imprese possono certamente essere utili, però bisogna ricordarsi che i motivi di principale tensione sull'offerta di credito in Italia sono dovuti, da un lato, al forte aumento delle sofferenze e al forte deterioramento della qualità del credito, che ovviamente rendono le banche caute nel prestare, dall'altro, ai problemi che le banche italiane hanno incontrato e incontrano tuttora nel finanziarsi. Alla fine del 2011, nell'arco di pochi mesi, il finanziamento che le banche italiane ottenevano all'estero si è sostanzialmente ridotto in maniera molto accentuata. Per queste ragioni, gli accordi possono senz'altro essere utili ma non ci si può nascondere che esistono anche altri problemi.
  Per rispondere all'onorevole Legnini sulla questione dei 90 miliardi e della relativa valutazione, ovviamente, come dicevo prima, quando gli enti pubblici potranno ciascuno fornire in modo sistematico una fotografia dei propri debiti, allora avremo un quadro migliore. Credo che sia questo ciò che il Ministro Grilli ha del resto indicato. In passato certamente il mancato pagamento dei debiti commerciali ha consentito in talune circostanze di occultare la spesa o quanto meno di rimandare le conseguenze che l'effettuazione di una certa spesa avrebbe avuto.
  Si deve andare oltre i 40 miliardi di euro ? Prendendo per vere le nostre stime che, ripeto, vanno prese con infinite cautele, e in attesa delle stime migliori che verranno fornite, come diceva prima il Ministro Grilli, se partiamo da 90 miliardi, 10 di questi sono già stati finanziati da banche, mentre una parte dei 90 miliardi è comunque fisiologica. Infatti, se anche le pubbliche amministrazioni pagassero in 30 o 60 giorni avremmo un discreto numero di miliardi assolutamente fisiologici.
  Se guardate la tavola n. 5 che riporta i dati Eurostat vedrete che in tutti i Paesi europei figura un certo ammontare di debiti commerciali: verosimilmente una cifra di 20-25 miliardi – ma si potrebbero fare i conti molto bene – può essere considerata come fisiologica. Quindi se partiamo da 90 miliardi e ne togliamo 40, arriviamo a 50. Di questi 50 miliardi forse la metà è fisiologica mentre l'altra metà andrà in qualche momento fatta a sua volta emergere. Certamente 40 miliardi non bastano a chiudere l'intero processo, però vanno abbastanza avanti e probabilmente rappresentano i due terzi di quanto va fatto.
  Quante sono le spese in conto capitale ? Le nostre stime, come dicevo, vanno prese con molte cautele. Dalla nostra tavola appare che circa un quinto dei valori che Pag. 49noi indichiamo riguarda il settore delle costruzioni. I crediti vantati dalle imprese nel settore delle costruzioni sono in buona parte a fronte di spese in conto capitale. Quindi, verosimilmente, potremmo parlare di almeno un punto di PIL che è in conto capitale, dei punti che noi indichiamo. Lo 0,5 che verrebbe pagato quest'anno probabilmente dimezzerebbe sostanzialmente questo ammontare, ma resta probabilmente almeno un altro mezzo punto di PIL di deficit, che dovrà essere fatto emergere negli anni a venire.
  Rispondo ora all'onorevole Pesco a proposito dell'esigenza di indirizzare le risorse all'economia reale. Questo è un provvedimento che ripaga le imprese per le forniture che hanno effettuato in favore della Pubblica amministrazione. È un provvedimento che dunque, in prima istanza, si qualifica come un beneficio per le imprese. C’è poi la parte che le imprese si sono fatte anticipare dalle banche vendendo il credito. Come dicevo prima, anche questa parte, ove fosse rimborsata, avrebbe comunque effetti positivi sull'economia, anche perché è importante che resti la possibilità per le imprese italiane di rivolgersi alle banche, anche per cedere dei crediti vantati nei confronti della Pubblica amministrazione.
  Sulla questione dei vincoli europei e delle regole di Basilea, se il Presidente mi consente, alla fine del mio intervento darei la parola al mio collega dottor Pilati, che fa parte del Servizio per le politiche di vigilanza ed è quindi più adatto di me a rispondere.
  Vengo ora alla domanda della senatrice Lanzillotta, che chiedeva se questo è un intervento strutturale e se modifica strutturalmente la situazione delle imprese italiane. Noi abbiamo realizzato diverse ricerche sulle imprese italiane e sappiamo tutti che esse sono in media piccole e poco patrimonializzate. Un intervento di questo tipo non è una bacchetta magica che trasforma il nostro sistema di imprese rendendole delle medie e grandi imprese «alla tedesca». Restano infatti i problemi connessi alla patrimonializzazione ed alle dimensioni.
  Certamente in tal modo togliamo alle imprese un ostacolo, come dicevo prima, inutile e che le imprese tedesche o francesi non presentano nelle stesse dimensioni. Quindi, se questo intervento evidentemente non risolve tutti i problemi strutturali, costituisce tuttavia un passo avanti che senz'altro aiuta.
  Mi sembra che lei sollevasse inoltre la questione territoriale delle amministrazioni, richiamando il fatto che le amministrazioni meno virtuose ai fini del rispetto delle regole spesso risiedono in regioni con minori livelli di sviluppo economico. Pensiamo, per esempio, al caso della sanità. Questo è vero, però mi verrebbe da dire che il problema dello sviluppo va risolto in modo trasparente, non consentendo di sforare rispetto a regole che dovrebbero applicarsi a tutti. Se dunque lo Stato centrale pensa di sostenere certe zone, è bene che lo faccia in modo trasparente, non consentendo determinati comportamenti.
  Se consideriamo la sanità, i divari rispetto a quanto si doveva spendere sono diffusi anche in aree non necessariamente arretrate. Quindi, la situazione non è così netta. Abbiamo preso in considerazione, tempo fa, in due regioni molto diverse tra loro, Veneto e Sicilia, la spesa comunale a livello pro capite e i trasferimenti erariali ai comuni di queste due regioni: ne è emerso che all'interno di entrambe queste regioni, comuni delle stesse dimensioni hanno livelli di spesa pro capite e trasferimenti dal bilancio dello Stato enormemente diversi. Questo avviene per un retaggio passato che il Patto di stabilità interno in qualche modo continua a congelare.
  Quindi la questione territoriale, a mio avviso, esiste senz'altro, però credo che il tema sia abbastanza complesso.
  In merito alle osservazioni dell'onorevole Uras, credo che la mappatura verrà offerta dai dati forniti dal Ministro Grilli. Pag. 50Torno a dire che la nostra è una mappatura da prendere con infinite cautele, che non consente di andare molto a fondo. Quindi se lei mi chiede, in base ai nostri dati, quali sono i debiti di specifiche amministrazioni italiane o di una specifica categoria di imprese italiane, ad esempio quelle del settore alimentare o tessile, non mi sentirei di affermare che i nostri dati presentano una qualità tale da poter fornire dei numeri certi. Nell'aggregato credo diano una buona stima, anche perché la stima che noi abbiamo ottenuto, e che abbiamo pubblicato a maggio scorso nella nostra relazione annuale, è stata confrontata con l'ISTAT e con il Ministero dell'economia e delle finanze. La sensazione che abbiamo è che i nostri dati, quelli dell'ISTAT e quelli del Ministero dell'economia e delle finanze siano grosso modo coerenti.
  Quanto al fatto che 40 miliardi di euro non siano la piena risoluzione del problema, credo di averlo appena detto.
  Circa la questione di come responsabilizzare le singole amministrazioni credo che questo sia uno dei problemi più difficili. Qui torniamo al fatto che noi continuiamo a gestire la finanza locale attraverso il Patto di stabilità interno, che era nato come uno strumento di emergenza che in qualche modo congelava una situazione. Questo congelamento è stato poi portato avanti anno dopo anno; come vi dicevo prima, sottostante questo congelamento vi sono comuni della stessa regione e delle stesse dimensioni che ricevono dal Tesoro tanto e altri che ricevono dal Tesoro poco, senza una logica apparente. Il punto è chiudere il percorso verso l'attuazione del federalismo fiscale, e quindi razionalizzare tutto questo. In quest'opera di razionalizzazione in cui i comuni dovrebbero avere un vincolo di bilancio nonché disporre di entrate proprie e trasferimenti predefiniti dal centro, valutare una regola di bilancio per ciascuno di essi dovrebbe essere più facile. Certo, il Patto di stabilità interno non è lo strumento migliore.
  Su un punto sollevato anche dall'onorevole Bitonci, credo che la risposta sia essenzialmente la stessa. È opportuno passare al solo criterio della cassa ? Probabilmente sì. Occorre infatti dare agli amministratori locali maggiori certezze e avere nel complesso una maggiore trasparenza.
  Circa la proposta formulata dall'onorevole Vignali di ampliare il campione d'indagine alle imprese con meno di venti addetti, idealmente la risposta è sì. Per noi gestire più di 4.000 questionari non è sempre facilissimo, per questo dico che la risposta idealmente sarebbe «sì». Torno a dire, però, che nel momento in cui vi fosse una rendicontazione di questi debiti delle pubbliche amministrazioni di altra fonte noi potremmo anche non produrre più la nostra stima. Il mondo ideale, insomma, sarebbe quello in cui la Banca d'Italia non produce più quella stima. La nostra è un'indagine che nasce come indagine congiunturale per capire cosa accade alla congiuntura italiana, al sistema delle imprese italiane e, in questo senso, muovere dal criterio dei venti addetti ci aiuta ad avere un numero di imprese che riusciamo a gestire.
  Sono invece assolutamente d'accordo con lei sul fatto che non si debbano pagare i debiti sorti dopo il 1 gennaio 2013, ma mi sembra che questo sia anche lo spirito del provvedimento. Sono inoltre d'accordo con lei sul fatto che nella direttiva vi siano alcuni aspetti da integrare strada facendo.
  Da ultimo, per rispondere all'onorevole Causi, vi è la possibilità che un'impresa indichi a noi un credito a valere su un ente e che quest'ultimo possa considerare che detto credito non esista. Ciò è senz'altro possibile ed è per questo che torno a dire che il modo in cui diamo le nostre stime non è quello ottimale; occorrerebbe piuttosto partire dal lato dell'impresa. Noi in qualche modo mettiamo una pezza a una carenza di informazione, ma possono esserci delle incoerenze.
  La questione dei debiti fuori bilancio è importante, anche perché c’è il rischio che Pag. 51queste poste finiscano nell'indebitamento netto o non siano state colte dall'ISTAT, ed immagino che il Presidente Giovannini ve ne abbia accennato. Come dicevo prima, la cosa importante è partire presto dalle poste che possono essere pagate senza problemi perché è certo che l'ente si sia comportato «bene». Nel momento in cui si entra su altre partite occorrono invece più cautele per evitare, come dicevo prima, di dare incentivi perversi agli enti che potrebbero poi avere effetti anche sul futuro.

  ANDREA PILATI, Condirettore centrale, Servizio normativa e politiche di vigilanza della Banca d'Italia. Ci sono stati due interventi sui vincoli anche in termini di credit crunch, che sarebbero connessi con l'attuazione dell'accordo di Basilea. A questo riguardo, c’è da dire che Basilea 3 rappresenta in qualche modo la risposta, a livello di G20, alla crisi finanziaria iniziata nel 2007, la quale aveva evidenziato, tra l'altro, alcuni elementi da correggere.
  Detti elementi consistono nel basso grado di capitalizzazione del sistema bancario internazionale a quell'epoca, nella scarsa qualità del capitale, nell'assenza di regole sulla liquidità e nell'assenza di regole sul leverage, e quindi sul grado di indebitamento degli intermediari finanziari.
  Basilea 3 è intervenuta per correggere questi elementi e per garantire per il futuro un sistema bancario a livello internazionale molto più solido e più stabile, ciò che rappresenta una precondizione affinché il processo di erogazione del credito possa avvenire senza soluzione di continuità e quindi anche lo sviluppo dell'economia possa proseguire in modo graduale e corretto.
  Il passaggio da Basilea 2 a Basilea 3 ha dei costi di transizione, tuttavia sia il pacchetto Basilea 3 sia la trasposizione che ne viene fatta a livello europeo contengono elementi che mitigano molto questi costi di transizione. Richiamandone i principali, il primo è ovviamente costituito dalla facoltà riconosciuta alle autorità dei diversi Stati di prevedere un'applicazione graduale dei nuovi requisiti, dal 1 gennaio 2014 – o dal 1 luglio 2014, a seconda di quando entrerà in vigore la direttiva in Europa – fino al 1 gennaio 2019. Questo elemento di gradualità è pertanto finalizzato a fare in modo di avere i vantaggi di Basilea 3 in termini di stabilità nel medio periodo, riducendo i costi di transizione al nuovo sistema.
  Il pacchetto europeo, in ordine al quale è stato raggiunto un accordo in sede di trilogo proprio in questi giorni, contiene alcuni elementi molto importanti per ridurre i costi ed attenuare i vincoli. Ve li cito brevemente.
  Il primo riguarda le misure per ridurre la volatilità del patrimonio e si riferisce, in particolare, alla questione della valutazione dei titoli di Stato, contemplando la facoltà per le autorità di vigilanza di prevedere la sterilizzazione degli effetti che potranno derivare dalle valutazioni di bilancio di questi titoli sul patrimonio di vigilanza. Ciò renderà meno volatile il patrimonio e consentirà una migliore pianificazione delle risorse patrimoniali da parte degli intermediari.
  Il secondo elemento riguarda le cosiddette attività fiscali per imposte anticipate che, come sapete, in Italia rappresentano un ammontare molto rilevante. Tale ammontare, in base alle regole ordinarie, andrebbe dedotto dal capitale. Tuttavia, grazie a una norma che è stata inserita nel pacchetto comunitario, queste attività non saranno dedotte nel caso in cui siano trasformabili in credito di imposta al verificarsi di certe condizioni.
  Ora, grazie agli interventi legislativi che sono stati posti in essere in passato, poiché in Italia esiste una normativa che consente questa trasformazione per queste attività non ci sarà la deduzione dal capitale, quindi l'impatto di questa novità di Basilea 3 sarà eliminato dal nostro contesto.
  Il terzo elemento, che è sicuramente molto importante perché va a impattare direttamente sulle piccole e medie imprese, consiste nel fatto che il fattore di Pag. 52ponderazione per il rischio delle esposizioni verso questi soggetti è stato modificato nel pacchetto europeo, rispetto a Basilea 3, in maniera tale da fare in modo che l'ammontare di capitale da accantonare a fronte di queste esposizioni sarà esattamente uguale a quello che si accantona adesso. Quindi non ci sarà alcun effetto nel passaggio da Basilea 2 a Basilea 3 in termini di capitale per quanto riguarda le esposizioni nei confronti di piccole e medie imprese, che rappresentando nel sistema e nel tessuto produttivo italiano un numero molto elevato consentono di sfruttare di più rispetto alla media europea questa particolare configurazione della norma.

  PRESIDENTE. Ringraziamo i rappresentanti della Banca d'Italia per la loro presenza e per il documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Credo che i colleghi senatori siano convocati per le ore 14 e i deputati per le 15 per la conclusione dell'istruttoria in Commissione, cui seguirà naturalmente l'esame in Aula e l'adozione del decreto-legge, presumibilmente la settimana prossima, da parte del Governo.
  Grazie a tutti e buon pomeriggio.

  La seduta termina alle 13.20.

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