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XVII Legislatura

VIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 22 maggio 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Realacci Ermete , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, sulle linee programmatiche del suo dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Realacci Ermete , Presidente ... 3 
Orlando Andrea , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 4 
Realacci Ermete , Presidente ... 18 
Latronico Cosimo (PdL)  ... 18 
Realacci Ermete , Presidente ... 18 
Borghi Enrico (PD)  ... 18 
Latronico Cosimo (PdL)  ... 20 
Realacci Ermete , Presidente ... 20 
Latronico Cosimo (PdL)  ... 20 
De Rosa Massimo Felice (M5S)  ... 22 
Matarrese Salvatore (SCPI)  ... 23 
Pellegrino Serena (SEL)  ... 24 
Pastorelli Oreste (Misto)  ... 27 
Bratti Alessandro (PD)  ... 27 
Iannuzzi Tino (PD)  ... 28 
Mariani Raffaella (PD)  ... 29 
Manfredi Massimiliano (PD)  ... 29 
Cassano Franco (PD)  ... 30 
Carrescia Piergiorgio (PD)  ... 31 
Bianchi Mariastella (PD)  ... 32 
Braga Chiara (PD)  ... 33 
Zaratti Filiberto (SEL)  ... 34 
Morassut Roberto (PD)  ... 35 
Alli Paolo (PdL)  ... 35 
Mannino Claudia (M5S)  ... 37 
Realacci Ermete , Presidente ... 37 
Orlando Andrea , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 38 
Mannino Claudia (M5S)  ... 44 
Orlando Andrea , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 44 
Realacci Ermete , Presidente ... 44

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero: Misto-MAIE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA VIII COMMISSIONE ERMETE REALACCI

   La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, sulle linee programmatiche del suo dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
  Ricordo che – come convenuto nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi – dopo l'intervento introduttivo del ministro potrà intervenire un deputato per ciascun Gruppo e, al termine di tali interventi, i restanti deputati che ne facciano richiesta.
  Questa audizione arriva dopo che il ministro ha rilasciato un'intervista di grande interesse oggi pubblicata su La Repubblica, in cui anticipa alcuni degli argomenti che intende collocare al centro del suo mandato. Siamo anche in un momento particolare per quanto riguarda sia quello che accade in giro per il mondo, sia le politiche del nostro Paese.
  Il tornado che ha colpito Oklahoma City ripropone il problema della concatenazione fra fenomeni meteorologici estremi e mutamenti climatici. E anche se la concatenazione diretta è sempre difficile da determinarsi, è un fatto che su questo punto c’è un grande dibattito negli Stati Uniti, oggi ripreso anche dalla stampa nazionale.
  L'attenzione della nostra Commissione per quanto riguarda sia l'ambiente, sia le infrastrutture, l'edilizia, la casa, le città, è quella di trasformare in possibilità di economia e di lavoro le misure che per altri versi hanno un dividendo ambientale, che aiutano a rendere la vita di migliore qualità, a ridurre l'inquinamento e il rischio di mutamenti climatici.
  In questo senso, ministro, le prime azioni che questa Commissione ha intrapreso riguardano direzioni che in parte coincidono con l'attività del suo ministero, in parte con l'attività di altri ministeri. Penso in particolare alla questione della stabilizzazione della detrazione fiscale del 55 per cento per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, che scade a fine giugno.
  Abbiamo letto sui giornali una serie di anticipazioni e la risoluzione approvata all'unanimità da questa Commissione chiede la stabilizzazione del 55 per cento, l'estensione di questa misura agli interventi di consolidamento antisismico degli edifici, perché nulla è stato fatto sulla prevenzione antisismica da parte di tutti i Governi che si sono succeduti in Italia nel corso di questi anni, nonché l'allentamento Pag. 4dei vincoli del Patto di stabilità per i comuni che hanno risorse disponibili per attività legate alla manutenzione e messa in sicurezza del territorio, al risparmio energetico e alla messa in sicurezza antisismica degli edifici pubblici.
  Da questo punto di vista, ci auguriamo che il ministero sia pienamente coinvolto in queste scelte. Anche la misura della detrazione fiscale del 50 per cento per gli interventi di ristrutturazione edilizia, che pure è positiva per l'edilizia, va organizzata in maniera che sia effettivamente legata a criteri di qualità, altrimenti non prepara il futuro e indebolisce quella del 55 per cento. Si tratta di organizzare in modo tale che la linea di tendenza dell'edilizia sia quella, peraltro fissata dall'Unione europea, secondo cui entro pochi anni dobbiamo arrivare a consumo zero sia negli edifici pubblici che in quelli privati.
  Questa è stata la prima risoluzione approvata in questa Commissione e abbiamo deciso (e mi sembra che anche la sua intervista vada in questa direzione) di avviare un'indagine conoscitiva sul tema della green economy come filo conduttore che attraversa le attività produttive del nostro Paese, e inizieremo a discutere il disegno di legge sul consumo del suolo.
  Adesso però, signor ministro, ascoltiamo le sue priorità programmatiche, anche per cercare di definire insieme come possano incrociarsi con le attività parlamentari (le dico la stessa cosa che abbiamo detto al Ministro Lupi), perché, come lei ha constatato da parlamentare nella passata legislatura, a causa dell'emergenza economica, i meccanismi di funzionamento del rapporto Governo/Parlamento sono diventati molto costrittivi per gli organi parlamentari, se è vero che, alla fine, in Commissione Bilancio sono stati discussi provvedimenti che riguardavano gli argomenti più vari, senza che le singole Commissioni di settore avessero sostanzialmente diritto di parola, e questo può produrre anche delle pessime scelte.
  Chiediamo quindi una garanzia sul pieno coinvolgimento del Parlamento e anche di capire se il ministero intenda mandare avanti alcuni disegni di legge che erano rimasti sospesi. Penso ad esempio al disegno di legge ripresentato dal collega Bratti, che era una specie di «correttivo» di una serie di disposizioni del Codice ambientale (decreto legislativo n. 152 del 2006) e che il Parlamento non è riuscito ad approvare definitivamente prima della fine della legislatura.
  Vorremmo sapere, in sostanza, quali strumenti il ministero proporrà al Parlamento e a questa Commissione come strumenti di lavoro. Do quindi la parola al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando.

  ANDREA ORLANDO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Buonasera. Vorrei prima di tutto ringraziare per l'attenzione che mi dedicherete e raccogliere immediatamente l'invito del presidente. Avendo avuto esperienza nell'attività di Commissione, seppure in altro settore, ritengo fondamentale che si costruisca da subito una positiva interlocuzione tra l'attività di Governo e l'attività della Commissione, e ritengo che questa interlocuzione non debba essere esclusivamente legata all'attività di carattere legislativo, ma sia fondamentale anche condividere l'attività di carattere istruttorio.
  Spesso, infatti, le Commissioni parlamentari sono messe in condizione di pronunciarsi solo a fatti avvenuti o comunque quando l'iter si è già largamente consumato. Ritengo invece fondamentale che ci sia da subito questo scambio.
  Il Presidente si riferiva a quanto è accaduto ieri ad Oklahoma City, cioè all'ennesimo disastro naturale che, al di là dei nessi di causalità, rimanda complessivamente al tema dei cambiamenti climatici. Ho pensato allo scetticismo che suscitarono a sinistra e a destra nei giorni più infuocati della campagna per le elezioni presidenziali degli USA gli appelli del Presidente Obama ad agire prima che fosse troppo tardi, richiamando la necessità di un impegno comune, di una vera e propria lotta bipartisan per fronteggiare i cambiamenti climatici. Molti di noi, preoccupati Pag. 5anche per il paventato rischio di una sua mancata rielezione, ne rimasero fortemente colpiti.
  Vi è una domanda che vale sempre la pena porsi di fronte a un disastro naturale come quello di Oklahoma City o di fronte a una Conferenza mondiale che denuncia per l'ennesima volta i rischi ambientali insiti nel nostro modello di sviluppo: è attrezzata e adeguata la politica della contrapposizione delle parti a misurarsi con una minaccia che riguarda tutti ? Lo è soprattutto all'interno dei confini nazionali, sempre più piccoli e ristretti ?
  Forse proprio la nascita di questo Governo, per la sua peculiare, inedita e non ripetibile natura, può costruire un'occasione importante anche per provare a raccogliere la portata di quei dilemmi e ricollocare le sfide e le problematiche ambientali al centro della discussione politica, delle scelte fondamentali da compiere subito.
  Penso che anche il ruolo delle opposizioni sia decisivo nel far cogliere a tutto il Paese la portata di questa sfida, perché di fronte ai grandi cambiamenti che ho richiamato mi chiedo se persino la distinzione fra maggioranza e opposizione mantenga il senso che si è affermato nella storia del Parlamento.
  Inedite e necessarie occasioni di confronto e collaborazioni si pongono di fronte a tutti noi, se avremo la capacità e il coraggio di coglierle.
  Nel suo discorso programmatico il Presidente del Consiglio Letta ha usato parole molto impegnative sulla necessità di investire nello sviluppo verde dell'Italia. Il richiamo alle nuove tecnologie, alle fonti rinnovabili, all'efficienza energetica, alla ricerca e all'innovazione, alla tutela e alla promozione del patrimonio ambientale, spiccava tra le indicazioni di percorso per riprendere un cammino di sviluppo durevole del Paese e per dare quella prospettiva di buona occupazione alle nuove generazioni a cui è stata largamente negata.
  In questo quinquennio si è definitivamente e drammaticamente infranta l'illusione ideologica che una crescita senza regole, una competitività irresponsabile, non attenta alla qualità del lavoro, una produzione fondata sul consumo dissennato delle risorse e del suolo avrebbero condotto a un benessere diffuso, a una moltiplicazione delle opportunità, a minore disoccupazione e minori disparità.
  L'ideologia di questo modello di sviluppo ha avuto come corollario il confinamento ai margini della questione ambientale, tanto che in larghe fasce della politica dei settori produttivi e nello stesso comune sentire la tutela dell'ambiente, del territorio e del mare veniva percepita come mero elemento di conservazione, di negazione delle possibilità aperte dalla modernità, di vincolo, di mero ostacolo burocratico allo sviluppo economico del Paese.
  La crisi in cui siamo ancora immersi, ha segnato la bancarotta di questa impostazione. Ormai è chiara a tutti l'esigenza di una nuova visione il più possibile condivisa, e la svolta non può che avvenire su un piano culturale prima che economico, che impone l'irruzione sulla scena della grande questione della sostenibilità dello sviluppo.
  Di fronte al fallimento di un modello di sviluppo, a un mondo che si è guastato (avrebbe detto Tony Judt) fino alla minaccia di una crisi ecologica nei prossimi decenni, fino a poter compromettere non soltanto la qualità della vita, ma la sopravvivenza stessa della civiltà così come oggi è conosciuta, credo sia fondamentale la ricerca di un nuovo equilibrio nelle relazioni tra economia, società, ambiente, istituzioni.
  Questo tema non può più essere considerato il tema di poche anime belle, di visionari, di una minoranza allarmata e militante di ambientalisti. I caratteri emblematici della doppia crisi economica e ambientale sono tanti. Un esempio per tutti: i cambiamenti climatici determinati dalla crescita sempre più rapida della concentrazione di CO2 in atmosfera. Due settimane fa la concentrazione di CO2 ha raggiunto 400 particelle per milione; il trend che sembra inarrestabile ci porterà prima della metà del secolo ad oltre 450 particelle per milione, a un aumento di Pag. 6temperatura superiore al limite dei 2 gradi centigradi rispetto al periodo preindustriale, un limite che viene considerato invalicabile al fine di evitare effetti irreversibili e consentire un processo, anche se costoso e complesso, di adattamento.
  Al di là delle cifre allarmanti, i segni del cambiamento sono di fronte a noi, a partire dalle anomalie climatiche (siccità, desertificazione, fenomeni atmosferici estremi, innalzamenti e acidificazione dei mari). Come già evidenziato dal mio predecessore proprio in occasione delle sue considerazioni programmatiche, l'Italia è particolarmente esposta a tali fenomeni, con l'esigenza di proteggere le coste, i territori con caratteristiche orografiche che ne amplificano la vulnerabilità e il rischio idrogeologico.
  Tutto ciò mentre permangono ombre sul futuro del dopo Kyoto. L'impegno raggiunto a Durban nel dicembre 2011, in occasione della Conferenza delle parti, di definire entro il 2015 uno strumento giuridico che contempli impegni vincolanti è soggetto a molte incertezze, incluso il ruolo che stanno svolgendo in questo momento i grandi inquinatori (Stati Uniti, Russia, Cina e Canada).
  Questo è lo scenario globale al tempo della crisi e la sostenibilità dello sviluppo è il tema del nostro tempo. Il rispetto e la tutela dell'ambiente da vincolo deve diventare opportunità immediata, per sperimentare strade che coniughino le azioni per il necessario miglioramento delle performance economiche con politiche volte a dare sostenibilità, che vuol dire appunto durevolezza e stabilità, allo sviluppo.
  L'ambiente è una priorità economica e sociale dell'azione di questo Esecutivo, al pari delle misure per la qualità della democrazia e il funzionamento delle istituzioni. Il tema dello sviluppo sostenibile non può quindi essere inteso semplicemente come un settore della sua attività o ancora come una semplice voce delle politiche di coesione, buona per raggranellare qualche finanziamento europeo. Le politiche per migliorare la qualità ambientale del Paese devono diventare l'orizzonte strategico delle scelte di fondo del Governo, dalle politiche di bilancio a quelle fiscali, dalla ricerca e innovazione alle politiche industriali e per la competitività, agli investimenti infrastrutturali.
  Nell'aggiornamento del documento di economia e finanza (DEF), che il Governo si è impegnato a presentare entro giugno, sarà mia cura indicare alcune priorità politico-programmatiche in materia ambientale. Sono le priorità che in questa sede vorrei sommariamente enunciare.
  La definizione di un indirizzo politico programmatico in materia ambientale all'altezza delle sfide e delle ambizioni che l'Italia deve legittimamente coltivare richiede una pluralità di interventi normativi e organizzativi anche rilevanti. Come sapete, mai quanto in materia ambientale è indispensabile guardare a quello che si muove fuori dal nostro Paese, al contesto internazionale e sovranazionale nel quale si gioca il nostro ruolo.
  In primo luogo, l'Italia deve rafforzare il proprio ruolo nell'ambito della cooperazione internazionale e dei seguiti di Rio+20, deve affermare il suo ruolo nello sviluppo delle tecnologie pulite, creando anche opportunità per le nostre imprese operanti in tali settori sui mercati internazionali.
  Poi c’è l'Europa. Come è noto, l'Unione europea ha individuato da tempo negli investimenti in materia ambientale uno dei motori principali dell'economia, indicando la via della promozione di politiche di sviluppo sostenibile soprattutto in tema di lotta al cambiamento climatico e di adozioni di produzioni e processi produttivi ambientalmente sostenibili. La cosiddetta strategia «Europa 2020» indica l'ambiente tra le aree prioritarie per una crescita intelligente, solidale e sostenibile, con la lotta ai cambiamenti climatici e la ricetta della sostenibilità energetica.
  Su questo primo punto, che segna l'intreccio fondamentale tra politiche energetiche e obiettivi ambientali, mi limito a ricordare a tutti la necessità di procedere spediti e con strumenti efficaci al raggiungimento dei target del pacchetto europeo conosciuto come «20-20-20», che prevede una riduzione delle emissioni di gas serra Pag. 7del 20 per cento, e persino del 30 per cento se le condizioni lo permettono, rispetto al 1990, il raggiungimento del 20 per cento del fabbisogno di energia ricavato da fonti rinnovabili e l'aumento del 20 per cento dell'efficienza energetica.
  Per quanto riguarda le strategie generali di sviluppo, Europa 2020 si fonda sulla convinzione che la base industriale europea debba darsi un nuovo orientamento verso un futuro più sostenibile e cogliere le opportunità offerte dagli investimenti che l'Europa ha precocemente realizzato come nelle tecnologie verdi. È indubbio che la concorrenza a livello mondiale è accesa. Per questo il sostegno alle industrie europee verdi deve continuare come opportunità di crescita e di uscita dalla crisi.
  È evidente che l'attuazione delle strategie economico-energetico-ambientali europee presuppone un sistema di governo dell'economia in grado di coordinare le azioni a livello di Unione europea e a livello nazionale. L'Europa federale, di cui ha parlato con coraggio il Presidente Letta nel suo discorso di insediamento, è dunque un passaggio ineludibile. Sul versante interno, comunque, la possibilità di essere protagonisti nella definizione e attuazione delle politiche europee passa attraverso l'integrazione della scelta della sostenibilità in tutte le aree di governo e una profonda rivisitazione della governance per lo sviluppo sostenibile. In questo raccolgo le sollecitazioni fatte dal presidente Realacci nell'introduzione.
  Questo chiama in gioco il ruolo del ministero sempre nel quadro di una maggiore europeizzazione delle questioni ambientali. Qui anticipo che un primo nodo fondamentale da sciogliere sulla governance riguarda la programmazione e l'implementazione delle politiche di coesione per il ciclo 2014-2020, finanziate con fondi strutturali.
  Già nei prossimi giorni avvierò un'interlocuzione con il Ministero della coesione territoriale (ho già scritto in tal senso al Ministro Trigilia) affinché nel prossimo accordo di partenariato la pluralità e la trasversalità delle voci e priorità di carattere ambientale non possano tradursi in un'assenza di linee di finanziamento verticali espressamente dedicate alla realizzazione di interventi a cura del Ministero dell'ambiente e delle autorità ambientali.
  Bisogna andare ben oltre le necessarie risorse per l'assistenza tecnica. Mi riferisco in particolare agli interventi per le bonifiche, agli interventi di difesa del suolo e riassetto idrogeologico, alle energie rinnovabili, che necessitano di risorse molto ingenti sia per innescare una dinamica di convergenza delle regioni meno sviluppate che per la generale ridefinizione del nostro modello di sviluppo anche nelle regioni più avanzate.
  L'assunzione di una visione strategica delle politiche di sostenibilità, di tutela e di valorizzazione ambientale impone un cambiamento di cultura politica da parte di tutti gli attori istituzionali. In primo luogo, però, occorre fugare i due pericoli principali che mi è sembrato di scorgere negli anni rispetto al ministero che sono chiamato a guidare, cioè la tendenza a relegare questo ministero nel tecnicismo di autorizzazioni e controlli o – peggio – a un centro di crisi per la gestione di emergenze.
  Uscire dal tecnicismo pur valorizzando il sapere tecnico e specialistico come risorsa fondamentale in questo campo significa caricare di politica un complesso di questioni che sono diventate squisitamente politiche. Uscire dalla gestione dell'emergenza pur presidiando le diverse situazioni di crisi, come ho cercato di fare fin dai primi giorni con visite a Caserta, Piombino, al Giglio e a Trieste, è forse la sfida più difficile nel tempo che avrà a disposizione questo Governo, eppure è una necessità ineludibile per riuscire a imprimere questa svolta prospettica e programmatica all'attività del ministero.
  Alla luce di queste considerazioni mi pare possa dirsi definitivamente superata quella discussione che di tanto in tanto riaffiora in ordine al superamento del Ministero dell'ambiente, che, non riuscendo a imprimere un adeguato impatto sulle scelte generali di politica economica Pag. 8e culturale del Paese né ad imporsi sul piano del coordinamento istituzionale, è stato messo in forse anche sotto il profilo della sua stessa esistenza.
  Si è paventata infatti la possibilità di spacchettarne le competenze, attribuendole a diversi altri dicasteri, che avrebbero potuto incorporare l'insieme delle normative ambientali nelle proprie agende, curandone ciascuno per la propria parte l'applicazione. Ritengo che questa impostazione sia errata e che sia anzi indispensabile dar luogo a un processo esattamente inverso: piuttosto che disseminare, nel senso di spargere e disperdere le competenze del Ministero dell'ambiente, occorrerebbe una vera e propria «semina verde», espressione questa tanto cara ad Alex Langer che mi piace qui richiamare, anche perché guardando le sue opere, che venti anni fa sembravano visionarie, oggi viene molto da riflettere per l'attualità di alcune intuizioni.
  Occorre che tanti anche a livello politico-istituzionale si incarichino di questa «semina verde». Per fare fronte agli impegni sulle politiche ambientali richiesti dall'Unione europea e dalla comunità internazionale, però, occorre rafforzare e non indebolire le funzioni di indirizzo e controllo e coordinamento delle politiche ambientali. Credo che da questo punto di vista il ministero debba mettersi nelle condizioni di poter fare la propria parte, anche a garanzia della coerenza di una politica ambientale che sappia promuovere la sinergia di politiche aggiuntive e politiche ordinarie.
  Questo non esclude ma anzi favorisce una maggiore condivisione nelle scelte e nella risoluzione dei problemi con i ministri responsabili dell'agricoltura, delle infrastrutture e trasporti, dello sviluppo economico, della coesione territoriale, della sanità, della giustizia, delle finanze e infine della Protezione civile.
  Se ciò è condivisibile e condiviso, diventa prioritario lavorare per invertire la tendenza in atto da almeno un decennio a una sistematica spoliazione di risorse e strumenti del Ministero dell'ambiente. In un Paese a rischio idrogeologico come il nostro, prima ancora di progettare opere e strutture artificiali per contenere e affrontare il dissesto, si deve innanzitutto tutelare e salvaguardare ecosistemi e biodiversità, in grado di produrre straordinarie difese naturali agli eventi idrogeologici intensi. Restituire più spazio ai corsi d'acqua e ridurre il consumo di territorio sono in questo senso azioni senza dubbio prioritarie.
  Intendiamoci su un altro punto: come gli altri, faremo la nostra parte nel cercare di contenere le spese e razionalizzare i costi del proprio funzionamento, combattendo gli sprechi delle storture organizzative. Da questo punto di vista credo che occorra provvedere alla complessiva riorganizzazione del ministero, incluse le Commissioni e gli organismi collegiali, nonché intervenire sul tema del raccordo funzionale del coordinamento con ISPRA, sino alla valutazione del ruolo di Sogesid. Penso, inoltre, che occorra una verifica del ruolo delle gestioni commissariali, considerando l'eventualità di correzioni normative e amministrative.
  Detto questo, però, è mia opinione che non possa più reggere il binomio aumento delle competenze/diminuzione delle risorse. Dal 2000 le competenze del Ministero dell'ambiente si sono ulteriormente arricchite anche sulla spinta delle indicazioni europee e dei protocolli internazionali.
  A fronte di tale aumento delle competenze e delle responsabilità, si segnala una diminuzione rispetto al 2003, cioè soltanto dieci anni fa, di oltre il 70 per cento della dotazione annuale di bilancio del ministero, e di quasi il 50 per cento del personale. Tale riduzione di risorse finanziarie e umane non ha solo indebolito il ruolo del ministero, ma ha avuto conseguenze rilevanti sull'ambiente e sull'economia nazionale.
  Vi sono stati sicuramente un allungamento dei tempi e maggiori incertezze sia nelle procedure di autorizzazione che nelle valutazioni di competenza. Molti programmi già avviati si sono bloccati, in particolare quelli per la prevenzione del dissesto idrogeologico, per la riduzione Pag. 9dell'inquinamento atmosferico, per la promozione della raccolta differenziata e il recupero dei rifiuti, per la depurazione delle acque.
  Forse non è un caso l'aumento vertiginoso del numero di procedure di infrazione comunitaria in materia ambientale (31 casi su 98 a fine aprile 2012), di gran lunga il settore in cui l'Italia presenta maggiori difficoltà. Tali infrazioni, se dovessero perdurare, esporrebbero l'Italia al rischio di condanna e al pagamento di ingenti somme: penso, in particolare, al tema della gestione dei rifiuti in alcune regioni italiane e al tema della chiusura delle discariche abusive.
  Ancora più drammatico, se possibile, è il blocco delle risorse per interventi urgenti quali ad esempio quelli per contrastare il dissesto idrogeologico e per le bonifiche, dovute ai vincoli del Patto di stabilità interno. Circa 3 miliardi di euro per opere di bonifica e depurazione sono bloccati dalle regole del Patto. Penso all'urgenza di interventi nei siti contaminati di interesse nazionale (Taranto, Sulcis, Porto Torres, Balangero, Casale Monferrato per citarne soltanto alcuni), alla necessità di completare il Piano di depurazione per il Sud finanziato dal CIPE e alla necessità di reperire risorse spendibili per attuare un piano di depurazione nel centro-nord.
  Occorre quindi proporre con forza che le spese per interventi di difesa del suolo, di riassetto idrogeologico, per il ripristino e la bonifica dei siti produttivi inquinati, nonché la messa a norma degli impianti di depurazione, non siano computabili nei saldi relativi al Patto di stabilità.
  È un tema assolutamente centrale e non da adesso, e sappiamo che la partita non si gioca soltanto in Italia, ma è una battaglia su cui investire di responsabilità il Governo, il Parlamento, tutte le forze politiche. Del resto, la risoluzione approvata all'unanimità dalla vostra Commissione qualche giorno fa nel riproporre il ripristino delle agevolazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici e la loro messa in sicurezza dal rischio sismico ha posto con forza il tema all'attenzione del Governo. Anche le regioni insistono con forza su questo punto.
  La scorsa settimana ho voluto incontrare le regioni non soltanto per ragionare delle principali criticità da affrontare, che sono molte, ma anche perché credo che nell'ambito di una rinnovata governance delle politiche ambientali occorra puntare su una maggiore coerenza fra l'azione del Governo centrale e regionale. Le strategie regionali devono poter assicurare il contributo della regione agli obiettivi nazionali e nello stesso tempo indicare con chiarezza la strumentazione, le priorità, le azioni, assicurando unitarietà all'attività di pianificazione dell'intero Paese.
  Per quanto riguarda il livello centrale, conto di presentare al più presto al CIPE l'aggiornamento della strategia di sviluppo sostenibile nazionale attraverso un percorso di larga partecipazione, allargato non solo ai diversi livelli di governo, ma anche alle associazioni produttive e al vasto mondo dell'associazionismo ambientale. La strategia dovrà indicare anche le modalità secondo le quali nel processo decisionale del CIPE saranno tenute in conto le preoccupazioni ambientali e assicurati i meccanismi di informazione e partecipazione del pubblico. Sarà mio impegno tenere aggiornato il Parlamento in ordine a questa iniziativa.
  In questo quadro e con queste premesse di azione politica si possono perseguire le grandi opzioni strategiche che l'Italia ha di fronte, la progressiva modifica del modello di sviluppo verso la green economy, la riconversione energetica e la tutela della biodiversità.
  La green economy, pilastro delle politiche di sviluppo sostenibile, costituisce e implica un'agenda politica e operativa che può contribuire a migliorare il rapporto fra le esigenze produttive e la tutela e la valorizzazione dell'ambiente. Al centro è la promozione delle condizioni necessarie attraverso interventi di modifica delle convenienze sul mercato, tese a favorire l'innovazione, gli investimenti e la concorrenza, che possono creare un terreno Pag. 10fertile per la competitività e per la diminuzione dell'impatto dell'attività economica sull'ambiente.
  Un utile e dovuto riferimento sono le direttive europee in materia di efficientamento energetico. Gli Stati generali per la green economy che si sono riuniti lo scorso novembre a Rimini hanno utilmente proposto numerose iniziative.
  Fra quelle che mi riservo di portare al più presto alla vostra attenzione c’è la delega per la riforma della fiscalità ambientale, naufragata sul finale della scorsa legislatura. La riforma dovrà assicurare a parità di gettito un trasferimento di oneri dal lavoro e dagli investimenti alla produzione e consumo di beni e servizi ambientalmente dannosi e, ove esistenti, la rimozione di sussidi a attività impattanti a favore di tecnologie più efficienti dal punto di vista ambientale.
  Sulla questione energetica faccio mio quanto detto ieri dal Presidente Letta, intervenendo in Senato alla vigilia del vertice dell'Unione europea: la priorità assoluta in campo energetico per noi resta lo sviluppo delle fonti rinnovabili.
  Le energie rinnovabili hanno conosciuto negli ultimi anni un grande sviluppo, forse troppo accelerato e talvolta distorto, sospinto da incentivi che hanno bisogno di una manutenzione e di un coordinamento strategico che sono mancati. Non possiamo però permetterci di fermare un settore strategico per il futuro come sta già purtroppo accadendo, con il rischio di perdere ulteriori posti di lavoro. Ci vuole il giusto sostegno alla filiera italiana delle rinnovabili, forte di esperienze di punta come il solare, il termodinamico, e di imprese che affrontano i mercati internazionali.
  Dobbiamo puntare su un modello di generazione distribuita, che rafforzi la capacità di autoproduzione sorretta da una rete di distribuzione intelligente, in modo da aumentare veramente l'autonomia energetica. In tal senso la ricerca può svolgere un grande ruolo. C’è un universo parallelo molto avanzato e internazionalmente riconosciuto nel nostro Paese, che contribuisce attraverso il ruolo delle università (penso alla Scuola Normale Superiore, all'IIT di Genova, al Sant'Anna, ai Politecnici), del CNR e dell'ENEA a definire opportunità di valorizzazione della produzione e della conservazione delle energie rinnovabili e della distribuzione più equa e intelligente dell'energia nel Paese.
  È necessario però un quadro di regole certe, senza appesantimenti burocratici. Bisogna superare le difficoltà applicative del sistema dei registri, che il precedente Governo ha previsto nei decreti sulle rinnovabili elettriche e sul fotovoltaico.
  Dobbiamo poi saper costruire le condizioni per rendere possibile e anzi avvicinare lo sviluppo delle rinnovabili senza incentivi, uno scenario realistico in tempi brevi, a patto che si provveda con la semplificazione necessaria, dando un quadro di regole uniformi sul territorio nazionale e stabile nel tempo, sostenendo misure come i sistemi efficienti di utenza e promuovendo i sistemi di accumulo, come già la Germania sta facendo dall'inizio del mese di maggio.
  Pensiamo sia cruciale ridurre il costo dell'energia anche come fattore di competitività per le imprese, ma per farlo dobbiamo analizzare con precisione cosa determina il suo costo e sapere quale peso fondamentale hanno ancora i combustibili fossili. Una domanda è ineludibile: qual è l'effetto di sommare produzione in eccesso da centrali convenzionali e produzione crescente da fonti rinnovabili ?
  Su questo occorre aprire un grande dibattito pubblico sulle forme di energia che preferiamo utilizzare, se riteniamo più conveniente proseguire con i combustibili fossili, con il loro portato disastroso sui cambiamenti climatici, o se preferiamo procedere con decisione verso le energie del futuro. Un Paese molto pragmatico come la Germania lo sta già facendo: il più grande Paese industriale d'Europa si è dato come obiettivo di produrre il 100 per cento dell'energia da fonti rinnovabili entro il 2050, si è dato regole certe a partire dalla legge sulle rinnovabili, ha creato in questo settore oltre 360.000 posti di lavoro.Pag. 11
  Con la prospettiva non più rinviabile dell'efficientamento energetico può ripartire un settore tradizionale come quello dell'edilizia, sostanzialmente fermo, al quale affidare il compito straordinario di trasformare quanto già costruito. Agli edifici si deve il 40 per cento dei consumi (anche in questo senso raccolgo l'indicazione del Presidente Realacci) di energia nell'Unione europea, e i nostri chiaramente non brillano per efficienza.
  Ci vuole però anche qui una politica certa: lo strumento semplice ed efficace dello sgravio fiscale del 55 per cento per le ristrutturazioni edilizie a finalità ambientali che, come si ricordava, scade il 30 giugno prossimo e per il cui rinnovo stiamo lavorando, non può essere messo in discussione ogni anno, ma deve essere reso permanente ed esteso all'adeguamento alle norme antisismiche, come chiesto in molte occasioni anche dal Parlamento. In questo senso avvierò un immediato coordinamento con il Ministro dello sviluppo economico, nella prospettiva di un aggiornamento operativo già dalle prossime settimane.
  Insieme a quella dei cambiamenti climatici, la continua perdita di biodiversità rappresenta l'emergenza più importante con cui occorre misurarsi, con l'obiettivo di invertire le tendenze in atto per salvare così il futuro della nostra civiltà. Tutti i principali centri scientifici internazionali concordano che la biodiversità è in rapido peggioramento, l'estensione delle specie selvatiche procede a un ritmo mille volte superiore a quello naturale.
  Una piccola buona notizia (l'unica, per la verità, da quando ho avuto l'incarico al dicastero) è il ritorno della foca monaca nelle acque italiane nelle isole Egadi, dopo decenni dalla sua scomparsa.
  La tutela della biodiversità rappresenta l'altra grande opzione strategica per il nostro Paese. I parchi e le aree marine protette, i luoghi cioè più emblematici dal punto di vista ambientale possono e devono svolgere sempre di più funzioni di riferimento per le politiche di cura e manutenzione di risorse come aria, acqua e suolo. Senza politica di conservazione del valore delle risorse naturali attenta e duratura non si innescano politiche per l'economia sostenibile e processi di crescita.
  L'obiettivo che l'Unione europea si sta ponendo, cioè arrestare la perdita di biodiversità e il degrado dei servizi ecosistemici entro il 2020, potrà essere raggiunto a condizione che esso sia pienamente inserito nella strategia europea per lo sviluppo sostenibile e nella strategia per la crescita intelligente e l'occupazione di qualità, e l'Italia chiaramente deve essere pronta a fare la propria parte.
  Per questo sto lavorando per costruire una Conferenza nazionale in tema di biodiversità e aree protette in un momento importante, per fare il punto sul sistema dei parchi, le aree protette, ma soprattutto per capire meglio come le nostre straordinarie ricchezze naturalistiche, quasi ovunque intrecciate con inestimabili valori culturali, possano essere messe al centro di una politica per la crescita e per lo sviluppo.
  Va richiamata una scommessa vinta dal nostro Paese: venti anni fa l'istituzione di aree protette e parchi suscitò le reazioni negative di molte delle popolazioni che vivevano nei territori interessati, ma il tempo trascorso ha dimostrato come spesso queste esperienze siano diventate fattore di sviluppo, favorendo la nascita di numerose attività legate al turismo ecosostenibile e alle produzioni agricole locali. Da questo punto di vista va dato atto a una capacità visionaria che l'associazionismo ambientale italiano mise in campo in quella stagione, e qui voglio rendere omaggio a un suo esponente che oggi presiede la Commissione ambiente della Camera.
  È anche per questo che il consenso attorno a queste aree e a questi progetti è cresciuto progressivamente. Se si fosse chiesta anche soltanto cinque o sei anni fa, la valutazione delle popolazioni su quelle presenze sarebbe stata profondamente diversa da quella attuale e assai più negativa. Oggi comincia a crescere questa consapevolezza, che dobbiamo valorizzare.
  Dobbiamo poi lavorare per politiche attive di tutela del mare mediante una Pag. 12forte valorizzazione degli strumenti comunitari. Penso all'attuazione della Marine Strategy con il concorso delle regioni e delle categorie del mare, all'aggiornamento delle normative nazionali insieme a una forte opera di razionalizzazione degli strumenti operativi di cui disponiamo.
  Nel tempo più o meno lungo che avrò a disposizione mi sembra assai opportuno soprattutto in questa sede individuare obiettivi e priorità, che anche dal punto di vista normativo diano vita in un arco temporale ragionevolmente breve a precise iniziative legislative. Gli ambiti individuati sono l'acqua, il suolo e i delitti ambientali.
  L’«acqua bene comune» ha bisogno di un intervento normativo urgente e organico per porre fine alla vacatio post-referendum, per pervenire a un piano nazionale di tutela e gestione della risorsa idrica, che traduca finalmente le risultanze referendarie in un'azione organica per la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio idrico, che introduca i criteri e i vincoli per una gestione efficiente, efficace ed economicamente sostenibile della risorsa acqua, rilanciando gli investimenti in infrastrutture e in tecnologie innovative, per facilitare l'accesso e tutelare il diritto individuale al bene pubblico acqua, ridurre gli sprechi, affrontare il rischio di desertificazione.
  Queste sono alcune delle priorità che andranno affrontate attraverso un approccio pianificatorio unitario e integrale, che coinvolga fin dalla fase di impostazione le regioni.
  Deve infine proseguire il lavoro di passaggio alle regioni del demanio idrico.
  La seconda priorità è di procedere alla definizione di un'iniziativa legislativa che ponga dei limiti al consumo di suolo in tutto il Paese (so che un testo è già incardinato presso questa Commissione). Si tratta di puntare sulla trasformazione del tessuto urbano esistente, non sulla realizzazione di nuove edificazioni. Uno strumento normativo che unisca vincoli e incentivi in grado di stimolare questo processo, il riuso di aree degradate, la riqualificazione delle periferie urbane possono essere oggi potenti strumenti anticiclici, in grado di generare valore e occupazione e al contempo di fermare il dissennato utilizzo del territorio.
  Il punto di partenza può essere, come credo abbia ragionato anche questa Commissione, il testo elaborato dal Governo precedente, nello specifico dal Ministro dell'agricoltura. Insieme al Ministero delle politiche agricole, infatti, sottoporremo questo testo a una serrata consultazione e naturalmente produrremo un'interlocuzione con questa Commissione che ha iniziato l'iter della citata iniziativa legislativa.
  Un altro tema su cui intendo promuovere un'iniziativa legislativa è quello delle sanzioni per gli illeciti ambientali. Credo infatti che in materia di reati e di illeciti amministrativi ambientali sia arrivato il momento di realizzare una complessiva riforma normativa del sistema delle sanzioni. Abbiamo bisogno di rivedere il complesso delle sanzioni amministrative, ma anche di ampliare l'ambito dei delitti contro l'ambiente, le risorse e il patrimonio naturale e paesaggistico. Alcune proposte di iniziativa parlamentare sono state depositate in questa legislatura e nella passata, e saranno prese nella massima considerazione in vista di una proposta del Governo. La tutela dell'ambiente è tutt'uno con la lotta alla criminalità organizzata, e questa è una mia convinzione profonda, che ho anche voluto manifestare simbolicamente dedicando la mia prima visita istituzionale alla provincia di Caserta. L'ambiente è sicuramente legalità, e la mia prima uscita pubblica ha voluto produrre non semplicemente una giornata di incontro con le popolazioni e i soggetti colpiti da un vero e proprio disastro ambientale come quello che ha colpito quella provincia, ma anche un sistema di monitoraggio dei suoli contaminati, un sistema di indagine epidemiologico e un processo costante e duraturo di bonifica dei suoli contaminati in aree a forte condizionamento mafioso.
  Credo che ci sia un duplice valore nell'intervenire in quel territorio, perché significa non soltanto proporre e produrre un ripristino di carattere ambientale, ma Pag. 13anche ricucire uno strappo sociale ed economico laddove è stato prodotto. Le mafie hanno fatto scempio dei loro territori e su questo terreno di sensibilizzazione dell'opinione pubblica potrà arrivare a mio avviso la più ferma reazione sociale alla criminalità organizzata.
  Per questo ritengo importante sia sul piano pratico sia sul piano simbolico destinare almeno una parte dei proventi della lotta alla criminalità recuperati dallo Stato (che confluiscono) nel Fondo Unico Giustizia) a interventi di ripristino del territorio devastato dalle organizzazioni criminali. Ingenti patrimoni sono stati accumulati proprio grazie a questa spoliazione del territorio, e penso che sia importante, anche sul piano simbolico, che una quota parte ritorni in risarcimento alla terra che ha generato questo valore.
  Su queste linee programmatiche di carattere strategico rispondo all'esigenza accennata all'inizio di uscire dalla mera e affannosa gestione delle emergenze, che rischia di assorbire la maggior parte dell'attività ministeriale. Le numerose, drammatiche emergenze ambientali del nostro Paese hanno bisogno di un fortissimo presidio nazionale, che cercherò di assicurare anche attraverso la presenza nelle situazioni più difficili.
  Un forte presidio nazionale, su territori che troppo spesso sono stati lasciati a loro stessi e ai deboli strumenti delle autorità locali, non significa soltanto e necessariamente gestioni commissariali; significa innanzitutto l'offerta di un supporto e di strumenti efficaci di gestione emergenziale, in un rapporto di leale collaborazione con le istituzioni locali e con la Protezione civile, perché l'emergenza può e deve diventare l'occasione per un cambiamento più duraturo.
  È il caso, ad esempio, delle emergenze in materia di gestione dei rifiuti. Dobbiamo essere in grado di affrontare con decisione le situazioni di emergenza ma nelle stesse realtà abbiamo l'urgenza di programmare il futuro. La situazione di crisi oggi coinvolge almeno quattro regioni (Lazio, Calabria, Campania, Sicilia), quasi un terzo della popolazione nazionale e grandissime aree urbane come Napoli e Palermo. Occorrono misure immediate ed efficaci, istituendo in un tempo ragionevole un servizio di gestione del ciclo dei rifiuti allineato agli standard europei e in grado di corrispondere alla domanda dei cittadini e delle imprese.
  Vanno superate situazioni diffuse di irregolarità, occorre rompere il diffuso circolo vizioso tra inadeguatezza strutturale del servizio e insolvenza degli utenti, vanno messe in campo misure che ripristinino la praticabilità del servizio secondo criteri di equilibrio tra costi e ricavi.
  Più in generale, i punti salienti dell'iniziativa che intendo proporre al Governo devono riguardare: la revisione della tassa sui rifiuti nella logica di introdurre elementi di certezza e proporzionalità tariffaria che oggi nel sistema normativo TARSU, TIA e TARES, così come si è venuto configurando, non appaiono garantiti; l'adeguamento del sistema di riscossione; la definizione di piani condizionati di rinegoziazione e rientro del debito, come è successo in materia sanitaria, con il sostegno e l'assistenza della Cassa depositi e prestiti, per l'eventuale anticipazione di flussi futuri accertati per le aziende che operano nel settore di questi servizi; lo studio di forme di prelazione nel pagamento dei debiti della pubblica amministrazione verso queste stesse imprese, quelle in particolare che garantiscono servizi essenziali come nel caso della gestione dei rifiuti.
  Nel contempo occorre agire sull'altra grande emergenza, che rappresenta un'opzione strategica: la prevenzione, il riciclo e il riuso. Da questo punto di vista, non è uno slogan o un titolo quello a cui ho fatto cenno, che l'emergenza può produrre futuro: vorrei ricordare come spesso nelle aree colpite da emergenza rifiuti si sia prodotta in breve tempo un'altissima percentuale di raccolta differenziata.
  Noi raccontiamo solo un pezzo d'Italia, spesso non raccontiamo come molti piccoli comuni si siano organizzati anche con risorse proprie, realizzando obiettivi importanti Pag. 14nella raccolta differenziata. Penso a molte realtà della campagna che conosco, ma non soltanto a quelle.
  Abbiamo la necessità di elaborare un piano di recupero per promuovere l'uso delle materie prime, riducendo i costi per i materiali e il consumo di materie prime. Sono fondamentali la promozione e l'incentivo di tutte le attività imprenditoriali che favoriscono il riutilizzo dei beni di consumo (industria del recupero, negozi dell'usato e dello scambio), allo scopo di ridurre al minimo l'utilizzo di nuove risorse naturali, incentivando le forme di accorciamento delle filiere agricole.
  Occorre concludere l'iter di elaborazione e approvazione del Piano nazionale per la gestione integrata dei rifiuti, che semplificando la normativa di settore sostenga la transizione da un sistema industriale a monte (discariche e inceneritori) a uno a valle, per ricostruire filiere di recupero e riuso delle risorse verso la prospettiva dei «rifiuti zero», che però non può essere uno slogan, ma deve essere la conseguenza di politiche che incentivino e consentano il raggiungimento di quell'obiettivo.
  Dobbiamo muovere, quindi, passi importanti per il passaggio dalla società dello smaltimento a quella del recupero. L'industria del riciclo va sostenuta con programmi di acquisti verdi delle pubbliche amministrazioni. Rifiuti dunque non più solo come un problema da gestire (so che è stato detto molte volte), ma anche come una risorsa economica da riutilizzare, riducendo l'impatto delle risorse naturali e quindi applicando quanto la direttiva europea prescrive con le quattro «r»: riduzione, riuso, riciclo, recupero di materia e di energia, lasciando solo la quota minima residuale in discarica.
  Per quanto riguarda la disciplina delle procedure degli interventi di bonifica dei siti contaminati, occorre rilevare la possibilità di procedere a una revisione organica e approfondita della stessa, come auspicato da più parti. Questa è legata al conferimento di un'idonea delega legislativa al Governo da parte del Parlamento.
  In alternativa o comunque in attesa che una tale delega sia conferita, si potrebbe ripartire da un testo normativo già ampiamente esaminato dal Parlamento nella scorsa legislatura. Mi riferisco all'Atto Camera C. 4240-B, recante «Modifiche al decreto legislativo del 3 aprile 2006 n.152 e altre disposizioni in materia ambientale». Tale testo conteneva una serie di rilevanti innovazioni alle disposizioni vigenti in materia non solo di bonifiche, ma anche di rifiuti e gestione della risorsa idrica, governance degli enti parchi. Come sapete, l'anticipato scioglimento della legislatura ha impedito la sua approvazione definitiva.
  Per quanto attiene alla disponibilità di risorse del ministero per gli interventi di bonifica nelle aree SIN, come sapete si sono drasticamente ridotte negli anni e quelle derivanti dal Programma nazionale bonifiche sono state già da tempo trasferite alle regioni. Ho già detto dei problemi dello sblocco di questi fondi a causa dei vincoli del Patto di stabilità, e mi batterò affinché il Governo stanzi risorse aggiuntive per completare gli interventi di bonifica già avviati e rispondere a specifiche situazioni emergenziali.
  Per quanto riguarda la lamentata lentezza dei procedimenti, alcune recenti iniziative del ministero sono volte a una più efficace distribuzione della titolarità dei procedimenti di bonifica, attraverso la possibilità data alle regioni di proporre la riperimetrazione dei SIN, fino a escludere le aree che per entità, caratteristiche di contaminazione e destinazione d'uso possano essere gestite in modo più efficace con procedure a livello locale.
  Sono già stati riperimetrati i SIN della Laguna di Grado e Marano e di Porto Marghera, ed è stata avviata dalla regione Toscana la procedura per pervenire alla riperimetrazione dei siti di Massa e Carrara, Livorno e Piombino.
  Analogamente, attraverso il concerto con le regioni, andrà costruita una pianificazione coordinata per l'attuazione delle bonifiche nelle aree di pertinenza pubblica, cui si affiancherà un'analoga iniziativa Pag. 15per l'accelerazione degli interventi di ripristino nelle aree inquinate di proprietà privata.
  Per questa ultima fattispecie il punto di riferimento che mi pare abbia funzionato per la semplificazione procedurale è quello rappresentato dall'Accordo di programma per la bonifica di Marghera, che introduce significativi elementi di semplificazione procedurale, facilitando operazioni di investimento nelle aree oggetto di bonifica.
  Traggo da questo lo spunto per dire che un coordinamento efficace e deciso tra ministero e regioni è indispensabile su un'altra grave criticità: l'inquinamento atmosferico che continua ad essere particolarmente grave nell'area padana alla luce della natura fortemente industrializzata di quei territori, unita alla sproporzionata intensità della mobilità su gomma, oltre che al mancato adeguamento di sistemi di emissioni da patrimonio edilizio privato e pubblico dall'impatto ancora pesantissimo.
  La riduzione del rischio idrogeologico e la difesa del suolo sono un'altra emergenza nazionale: 5.581 comuni italiani ricadono nelle aree classificate a potenziale rischio idrogeologico. Le conseguenze dell'esposizione al rischio sono misurabili in termini di perdita di vite umane, di danni ambientali, sociali ed economici. Gli effetti disastrosi di frane, smottamenti, esondazioni sono stati spesso il risultato di una mancata manutenzione del suolo, oltre che di una carenza pianificatoria e finanziaria, ma ancora più spesso sono il risultato di un uso del territorio dissennato e di un eccesso di artificializzazione che ora è urgente arrestare e possibilmente invertire.
  È ovvio che su tale vulnerabilità pesano anche i mutamenti climatici su scala globale e un'attenta osservazione di quello che è accaduto in questi anni nel Mediterraneo e nel nostro Paese ci dice che sempre di più dovremo fare i conti con periodi di siccità alternati a piogge di eccezionale intensità.
  Anche su questo punto faccio mie le considerazioni rese al Parlamento dal mio predecessore nel corso dell'esposizione delle linee programmatiche un anno e mezzo fa. Il ministero dovrà necessariamente predisporre, di concerto con gli enti territoriali (Autorità di bacino, distretti idrografici, regioni), un Fondo nazionale per la difesa del suolo e la riduzione del rischio idrogeologico, individuando risorse proprie e la possibilità di concorrere con il contributo di altri soggetti ad ogni forma di compartecipazione per la riduzione del rischio.
  Occorre realizzare un progetto che gradualmente offra la possibilità della messa in sicurezza del territorio, per prevenire gli effetti dei diversi rischi, come quello idraulico e idrogeologico, e per azioni di contrasto ai cambiamenti climatici attraverso un piano organico e strutturale di breve e medio termine per l'adattamento, semplificando una pletora di enti gestori, puntando sul coinvolgimento del territorio attraverso la realizzazione di opere diffuse, coinvolgendo le imprese agricole e forestali.
  Il nostro Paese deve ancora attuare due direttive dell'Unione Europea, strategiche ai fini della riorganizzazione delle competenze e delle azioni in materia di acque e alluvioni, che congiuntamente vanno proprio nella direzione prima indicata di realizzare sinergie tra riqualificazione ecologica dei corsi d'acqua e riduzione del rischio idrogeologico. Il loro mancato recepimento produce un costo non solo in termini economici, ma anche di credibilità rispetto agli altri Paesi, per non parlare dei mancati aiuti europei, che in caso di gravi calamità potremmo attivare.
  Dobbiamo avere tutti la consapevolezza però che gli interventi in difesa del suolo e per il riassetto idrogeologico richiedono una straordinaria quantità di risorse. È pertanto indispensabile l'accesso alle risorse comunitarie dei fondi strutturali per infrastrutture ambientali, ma anche e soprattutto l'utilizzo di strumenti avanzati per il finanziamento, anche mediante partnership pubblico-privato. È anche su questo terreno che si gioca la possibilità del nostro territorio di essere adatto e attraente per gli investimenti e lo sviluppo.Pag. 16
  In questi anni di recessione, all'acutizzarsi dei processi di deindustrializzazione o nel bel mezzo delle crisi industriali o proprio per l'esplosione di disastri ambientali enormi abbiamo sperimentato drammaticamente o si sono palesati in tutta la loro gravità i conflitti attuali, che segnano l'arretratezza del modello di sviluppo del nostro Paese tra ambiente e diverse realtà produttive attive o abbandonate.
  Taranto Bagnoli, il Sulcis, Porto Torres, Piombino, Trieste sono le mappe principali di una questione di una complessità enorme, che va però affrontata con coraggio e responsabilità perché ci mette di fronte ai nodi da sciogliere, alle scelte da compiere oggi, non domani, sulla questione a cui abbiamo accennato del modello di sviluppo e della qualità della vita che questo Paese vuole darsi.
  Sull'emergenza Ilva di Taranto c’è un sentiero molto stretto da seguire, nel rispetto dell'operato della magistratura, senza consentire dilazioni pericolose per la salute e per il lavoro. Là è accaduto qualcosa di veramente drammatico: la rappresentazione dolorosa, ma da rigettare, di un conflitto insanabile, che non ci deve essere, tra salute e lavoro, tra cittadini che devono vivere in un ambiente salubre e lavoratori della fabbrica. Tale contrapposizione non può esistere, non solo per la banale ma assai pregnante osservazione che i lavoratori sono i primi cittadini che subiscono i danni dell'inquinamento, ma anche perché in un Paese moderno e civile nessuno deve essere messo di fronte a un conflitto del genere.
  Su questo dobbiamo tutti tenere in considerazione quanto autorevolmente stabilito dalla Corte costituzionale. Porsi, dunque, la questione di assicurare un futuro dell'acciaieria risponde non solo a un'emergenza sociale, ma soprattutto a una scommessa a cui non si può rinunciare: l'avvio di quel processo sicuramente tardivo, ma ormai sancito, per la bonifica e la riqualificazione delle aree industriali e per l'ambientalizzazione e l'innovazione degli impianti, al fine di rendere sostenibile come altrove anche le produzioni più pesanti.
  Come dicevo, ci muoviamo lungo un sentiero molto stretto e tutti i soggetti interessati devono continuare a percorrerlo. Nessuno può pensare di stravolgere il quadro definito facendo pagare un ulteriore, inaccettabile prezzo ai soggetti più deboli di questa vicenda.
  Nelle prossime ore acquisirò la relazione di dettaglio sull'attuazione dell'AIA e sugli esiti riferirò puntualmente e tempestivamente al Parlamento, così come la legge prevede, ma come credo sia mio dovere.
  Proprio a proposito di Sud e industria dobbiamo sempre più entrare nell'ottica che l'ambiente può servire a colmare le distanze, a innescare una convergenza nello sviluppo che fin qui è mancata, a raggiungere standard qualitativi nelle attività produttive anche in termini di capacità di riconversioni industriali, che si avvicinino alle migliori pratiche ed esperienze del nord Europa.
  Il Sud è stata l'area in cui si sono avuti minori vantaggi del processo di industrializzazione del secolo scorso e al tempo stesso è stata l'area in cui si sono scaricati i costi ambientali più elevati dell'inquinamento dell'industria pesante, per effetto di una peggiore gestione del territorio. Le scorie di un'industrializzazione a volte senza regole, la prospettiva della green economy in particolare nei settori energetico e agroambientale, la valorizzazione del patrimonio storico paesaggistico delle regioni del Sud possono essere oggetto di una riconsiderazione attuale in chiave di integrazione tra dimensione locale e globale.
  C’è una grande sfida amministrativa e culturale a cui voglio infine accennare. All'aumento della sensibilità ambientale dei cittadini non sempre l'amministrazione è stata in grado di rispondere adeguatamente. C’è un'esigenza da parte dell'amministrazione dell'ambiente di una forte sburocratizzazione, e non per far venire meno trasparenza e capacità di controllo, ma semmai per aumentarle.Pag. 17
  Si tratta di una sburocratizzazione che deve agire in due sensi: dal lato delle imprese con una specificazione delle procedure, dal lato dei cittadini e specialmente della cittadinanza attiva con un maggiore coinvolgimento democratico nelle scelte ambientali, che sottragga ai rischi di un tecnicismo privo di visione.
  Troppo spesso la domanda di semplificazione che proviene da realtà diverse si esemplifica in richieste di compressione dei diritti all'informazione e alla partecipazione del pubblico, che finiscono per essere controproducenti, provocando conflitti poi difficilmente gestibili. La modifica della governance, assicurando che le scelte strategiche siano partecipate e condivise sulla vocazione territoriale, costituirà un formidabile riferimento per le valutazioni prodromiche al rilascio di autorizzazioni.
  Saranno così contenute discrezionalità e a volte arbitrarietà, che rendono il sistema inefficiente e lontano dal comune sentire dei cittadini e delle imprese. Penso che sia giunto il momento di studiare una forma di semplificazione normativa. Forse è arrivato il momento anche di raccogliere nel Codice dell'ambiente l'alluvionale legislazione in materia ambientale. Si potrebbe dare vita a una Commissione di studio coordinata dal Ministero dell'ambiente per arrivare a un testo unico, quantomeno compilativo, della legislazione in materia.
  Sul tema della partecipazione dei cittadini, poi, bisognerà davvero voltare pagina, perché è il campo in cui la politica può a mio avviso ricostruire un rapporto di fiducia con i cittadini che è stato perduto. Non ci si può più stupire se tutte le volte che in Italia si propone di realizzare un'infrastruttura importante (penso ai termovalorizzatori, ai rigassificatori, agli impianti eolici) emergono criticità, perplessità e nascono veri e propri comitati tesi a impedirne la realizzazione.
  Credo che tali manifestazioni non si possano liquidare esclusivamente come «ambientalismo del no» sommato ai «localismi del no»: c’è dentro sicuramente la crisi della democrazia rappresentativa in alcune sue forme, ma c’è dentro anche a mio avviso un deficit di assunzione del tema della sostenibilità al momento delle scelte programmatorie.
  Credo che non basti più la tradizionale concertazione con gli enti locali o lo scambio sotterraneo e implicito proposto alle popolazioni locali: più buste paga in cambio di un peggioramento spesso definitivo della qualità ambientale del territorio. Vanno rafforzate sin dalle prime fasi della progettazione di un'opera l'informazione e la partecipazione dei cittadini, e bisogna arrivare a una vera e propria normativa sulla partecipazione dei cittadini quando si fanno opere profondamente impattanti sulla qualità ambientale di un territorio.
  Non mancano esempi virtuosi anche in altri Paesi: penso all'introduzione di una procedura di débat public come è accaduto in Francia. Altri modelli si possono studiare, ma in ogni caso non possiamo più percorrere le strade del passato e non abbiamo alternative alla democratizzazione delle scelte e alla partecipazione dei cittadini al processo decisionale, soprattutto in materia ambientale.
  Lo dico perché la vicenda dell'Ilva di Taranto non è soltanto una drammatica ferita ambientale, ma è anche la storia di un collasso delle relazioni democratiche e di una difficoltà a ricostruirle oggi.
  Signor presidente e colleghi, credo di avere espresso alcune linee strategiche di intervento del mio dicastero. Naturalmente il vostro dibattito potrà arricchirle e anche modificarle, in quanto sono venuto qui non a proporre un testo chiuso, ma ad avviare un confronto, perché considero davvero fondamentale il coinvolgimento del Parlamento e della Commissione che si occupa di questo tema.
  Voglio però dire che in questo confronto ritengo assolutamente essenziale fare emergere la rilevanza politica delle questioni, perché il tema dell'ambiente, per quella sua capacità di essere un terreno di scelte fondamentali che si pongono su un livello molto al di sopra della contesa delle parti, come ho provato a dire nell'introduzione, può essere uno dei pilastri Pag. 18per il passaggio a una Terza Repubblica, che superi le inadeguatezze e le inconcludenze della Seconda.
  La tutela e la valorizzazione dell'ambiente, il percorso di riconversione verso uno sviluppo sostenibile, l'alta qualità della vita come obiettivo prioritario della politica sono proprio le sfide del futuro della nostra Repubblica.
  Credo che l'Italia delle bellezze naturali e paesistiche, l'Italia del vivere bene, di una qualità che ci è invidiata, o almeno ci è stata invidiata per molto tempo, nel mondo debba saper vincere l'Italia arretrata delle brutture e delle ingiustizie, un binomio che spesso si tiene.

   (Applausi).

  PRESIDENTE. Grazie, signor ministro. È irrituale che la relazione di un ministro venga accolta da un applauso, il che significa che la sua relazione molto impegnativa ha convinto...

  COSIMO LATRONICO. Siamo nella Terza Repubblica...

  PRESIDENTE. ...Relazione impegnativa che ovviamente noi prendiamo in parola non solo per le sue volontà, ma anche per l'insieme delle decisioni che il Governo porterà avanti, che ovviamente dipendono non solo da lei, ma anche dal contesto in cui si va ad operare. Complimenti, comunque, per l'eccellente relazione.
  Desidero rassicurarla su un aspetto: lei ha esordito e chiuso facendo riferimento alla necessità che su questo tema si vada al di là dei tradizionali schieramenti, citando anche l'esperienza del Presidente Obama in America (che peraltro ha vinto le elezioni anche perché, in piena campagna elettorale, ha fronteggiato bene l'emergenza causata a New York e sulla costa orientale degli Stati Uniti dall'uragano «Sandy») Nel risponderle, voglio ricordare che in quell'occasione il sindaco di New York, che era un indipendente, annunciò il voto per Obama proprio in ragione dell'atteggiamento tenuto dal Presidente, il quale, con una frase divenuta famosa (gli americani sono sempre bravi nel sintetizzare) aveva dichiarato di fronte alla catastrofe climatica: «Non ci sono più Stati rossi [repubblicani] o Stati blu [democratici], ma solo gli Stati Uniti d'America».
  Desidero assicurarle che per quanto ci riguarda cercheremo di lavorare con questo spirito e in questa direzione. Il fatto che una risoluzione importante per noi, per il Paese e per l'economia, come quello in tema di stabilizzazione della detrazione fiscale del 55 per cento per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, sia stato approvata all'unanimità dalla Commissione fa capire che quando si entra nel merito dei problemi si può andare al di là degli schieramenti. Non so se sia un prodromo di Terza Repubblica, però sicuramente è un prodromo di buona politica.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ENRICO BORGHI. Grazie, signor ministro per l'ampiezza e la completezza della sua relazione. Vorrei iniziare il mio contributo rivolgendo un ringraziamento ai Gruppi per la disponibilità dimostrata nell'organizzazione di questi lavori nei confronti del Gruppo del Partito Democratico che, essendo stato impegnato questa mattina in un confronto con il Segretario Epifani, ha reso necessario uno slittamento, per cui voglio ringraziare della disponibilità tutti i colleghi.
  Della corposa e significativa relazione che il ministro ha portato in questa occasione e che sarà peraltro arricchita da contributi di colleghi del Gruppo del Partito Democratico, che su alcune questioni specifiche hanno competenze e hanno lavorato nella loro precedente esperienza amministrativa o legislativa, vorremmo sottolineare un dato a nostro avviso importante, con il quale iniziare questo percorso di confronto e di collaborazione, e cioè il dato della pragmaticità e della volontà di deideologizzare il confronto.
  Pensiamo infatti che, se aprissimo un dibattito all'interno di questa Commissione e di questo percorso iniziando a Pag. 19dividerci tra i sostenitori dello sviluppo durevole, i sostenitori dello sviluppo sostenibile, i sostenitori della green economy e i sostenitori della decrescita felice, faremmo lo stesso errore che fecero i teologi nella Costantinopoli con i turchi alle porte, discutendo non di come risolvere il problema dell'assedio, ma di quanti angeli potessero stare sulla capocchia di uno spillo.
  Siccome le questioni ricordate dal ministro hanno tutte il carattere dell'emergenza, metterle in fila con questo spirito pragmatico che non significa ideale, ma significa avere coscienza dell'esigenza di intervenire dentro un percorso in cui il minimo comune del contributo che possiamo dare è che noi dobbiamo uscire dalla fase del modello di sviluppo che ci lasciamo alle spalle e che il contestuale momento che stiamo vivendo della crisi fiscale dello Stato italiano e del declino del modello di sviluppo energivoro tipico dei decenni passati pone nuove problemi, ma anche nuove opportunità.
  Noi leggiamo dentro il percorso che oggi il Governo ci porta questa volontà di riuscire a immaginare risposte che partono anche dal presupposto che queste emergenze possono determinare nuove opportunità, nuove funzioni, nuovi lavori ad alto valore aggiunto, un nuovo modello che ponga la necessità di affrontare le due grandi questioni del nuovo modello di sviluppo, che sono la finitezza delle risorse e la compatibilità delle produzioni con l'ecosistema, questioni che i nostri predecessori non avevano e che quindi hanno bellamente superato.
  È con questo spirito che noi riteniamo di dovere inserire i ragionamenti fatti dal ministro Orlando all'interno di un'indagine conoscitiva sulla green economy, proprio per dare un'idea di futuro che abbracci tutte le implicazioni dello sviluppo economico nel campo della sostenibilità, dell'aspetto istituzionale, del capitale umano, della formazione, delle politiche territoriali. Su questo ci permettiamo di fornire alcune linee-guida di confronto con i colleghi della Commissione e di supporto e di stimolo all'azione del Governo.
  Il primo tema è certamente quello che ieri il Presidente Letta ha richiamato in Parlamento: il tema dell'energia sostenibile. Noi crediamo che si debba sostenere la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori. La sfida che il Presidente Obama ha lanciato va in quella direzione, la sfida della Germania (100 per cento di energia da fonti rinnovabili entro il 2050) va in quella direzione, e l'Italia non può arretrare rispetto a questi temi, ovvero energia intelligente, tutto il tema delle filiere, la mobilità sostenibile, eccetera.
  Il secondo tema riguarda l'azione per il clima e la mitigazione dei rischi ambientali. Come il ministro ha ricordato, noi siamo dell'idea che occorra promuovere l'adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione alla gestione dei rischi. In questo accogliamo molto positivamente le dichiarazioni fatte sul tema del dissesto idrogeologico e del recepimento delle direttive comunitarie in materia di acqua e di alluvioni, e crediamo che si debba lavorare anche sul versante della prevenzione sismica, della prevenzione vulcanica e più in generale anche sul tema di discussione del settore della Protezione civile.
  Al terzo punto, la tutela dell'ambiente e la valorizzazione delle risorse ambientali. Sul tema dell'acqua il Partito Democratico è per attuare il referendum e deideologizzare il confronto. Sappiamo che per togliere dal capitolo ideologico questo tema occorrerà fare un lavoro molto complesso sulle questioni della nuova governance, dell'armonizzazione legislativa, sul come evitare nel frattempo il blocco del sistema perché non possiamo rimanere fermi mentre nel frattempo non si realizzano gli investimenti. In buona sostanza, occorre fare un lavoro complesso per arrivare a riformare in questo senso la legge Galli e il concetto stesso di sistema idrico integrato senza che questo determini il fatto che il mondo si fermi per attendere che la politica decida.Pag. 20
  Sul tema dei rifiuti le questioni ricordate dal ministro rispondono alle proposte che noi intendiamo mettere in campo, quindi è un tema molto positivo a cui aggiungiamo anche l'opportunità (tema più di carattere legislativo ma che dovrà trovare una sua interlocuzione con il Governo) di istituire anche in questa legislatura la Commissione parlamentare d'inchiesta sugli illeciti connessi alla gestione del ciclo dei rifiuti.
  Sul tema degli asset naturali, ai temi citati dal ministro della biodiversità e dei parchi, aggiungiamo il tema del paesaggio rurale, della valorizzazione del sistema delle risorse naturali. Per quanto riguarda l'introduzione del concetto dei sistemi ecosistemici nella nostra legislazione, ricordo che ieri, con il Presidente Realacci, abbiamo presentato un disegno di legge delega in questa materia.
  L'ultimo tema, che è stato ben sviscerato dal ministro Orlando e che accogliamo con estrema soddisfazione e interesse, è il tema della competitività dei settori produttivi in chiave ecosistemica. Preannuncio che sulla vicenda dell'Ilva di Taranto interverrà il collega Cassano, mentre sul tema delle bonifiche dei siti inquinati interverrà il collega Manfredi. Il tema della stabilizzazione e dell'ampliamento della detrazione fiscale del 55 per cento è stato citato. Aggiungiamo solo un ultimo punto che non abbiamo colto nelle dichiarazioni del ministro, che è il tema delle autorizzazioni per le attività di trivellazione per la ricerca di idrocarburi su cui interverrà l'onorevole Bianchi. Sul punto, però, ci permettiamo di dire subito che siamo dell'idea di fermare la «rincorsa all'idrocarburo» sul suolo nazionale. Lo dico così con una battuta, mentre poi entreremo nel merito della questione.
  Con queste prospettive e su questi aspetti siamo pronti a fare la nostra parte, non sappiamo ancora se per entrare nella Terza Repubblica, ma sarebbe già importante che al concetto dell'Italia come bellezza senza navigatore, a cui ha fatto riferimento il Presidente del Consiglio nella sua relazione, anche grazie a questo nostro lavoro, potesse essere associato quantomeno quello di un nocchiero.

  COSIMO LATRONICO. Anch'io porto il saluto del Gruppo del PdL al ministro. Abbiamo ascoltato questa lunga relazione. Dicevamo anche ieri, con una battuta, che questo Governo con le sue lunghe relazioni esorcizza i venti che ne annunciano la brevità. Per dare corso a queste linee programmatiche c’è bisogno di tempo...

  PRESIDENTE. Anche se le devo dire che il penultimo Governo aveva un ministro che faceva relazioni molto più lunghe !

  COSIMO LATRONICO. No, ma noi abbiamo apprezzato la relazione del ministro Orlando. Anche per questo, io non riprenderò i tanti temi che sono stati portati alla nostra attenzione dalla relazione del ministro, ma avremo modo di tornarci.
  Desidero esprimere una preoccupazione, perché in questo nostro Paese anche all'alba della Terza Repubblica c’è sempre di più la necessità di un Governo. Lo dico perché le questioni non possono essere separate. Oggi anche in questa breve conversazione tra noi emergono questioni che partono dalla questione ambientale, ma chiamano in campo scelte strategiche che il Paese deve fare, come quella energetica.
  Anche qui non si possono assumere posizioni equivoche, nel senso che, se il Governo ha una strategia energetica nazionale, o questa viene emendata o c’è la strategia energetica del Governo. Da questo punto di vista mi aspetto chiarezza, perché diversamente ognuno recita la sua parte e finiamo per non dare una strategia al Paese e pagare la bolletta energetica più pesante dell'Europa. Su questo dobbiamo metterci d'accordo.
  Lo dico perché parto dalle succinte dichiarazioni del Presidente Letta, che per due volte nel suo intervento ha citato il tema ambientale, una in relazione al tema ambiente/turismo e l'altra in relazione al tema ambiente/energia. Mi sembrano due Pag. 21questioni vitali e aggiungerei che le tre «formule magiche» sono ambiente/turismo/territorio, ambiente/energia, ambiente/sistema produttivo.
  L'impostazione è che la questione ambientale possa mettere in discussione un modello di valorizzazione delle capacità e delle emergenze turistico-ambientali e culturali del nostro Paese, e condivido l'affermazione del ministro su un Piano del Sud che pensi a valorizzare questi giacimenti, che mi sembra un'operazione da fare, e peraltro in via pratica si tratta anche di dare corso alle delibere del CIPE che in questa materia sono state già assunte con il Piano del Sud, come mettere un occhio sulla politica di coesione per le regioni che rientrano nell'obiettivo «Convergenza» che si accingono a riprogrammare i fondi per il prossimo sessennio, per evitare anche qui polverizzazioni di interventi.
  Sul grande tema di ambiente ed energia la questione è nota: abbiamo davanti l'intervento realizzato in questi anni sulle rinnovabili, che ha messo in moto risorse importanti. Parliamo di oneri a carico delle bollette elettriche degli italiani che hanno raggiunto ormai gli 11 miliardi di euro all'anno e la crescita nel tempo ci sarà. Bisogna capire come passare da un intervento incentivato, che ha rischiato di alimentare in alcune situazioni (il dibattito è aperto nel Paese) fenomeni di speculazione dal punto di vista finanziario, senza ricadute dal punto di vista industriale e con impatti ambientali di cui si discute.
  Questa è una partita che dobbiamo vedere con un sano realismo, perché le energie alternative devono essere un'opportunità per lo sviluppo del Paese e per la sua competitività. Accanto a questo condivido la linea evidenziata dal Presidente, secondo cui dobbiamo capire cosa succeda della strategia energetica di questo nostro Paese.
  Se infatti nella strategia energetica puntiamo a valorizzare i giacimenti fossili del nostro Paese (parla peraltro una persona che viene da un territorio che contribuisce per il 70 per cento al rifornimento energetico di risorse minerarie nazionali, la Basilicata), dobbiamo comprendere se questo contributo della strategia energetica nazionale sia dentro la strategia del Paese oppure non lo sia più.
  Se lo è (e qui offro una riflessione al Governo), rammento che nella scorsa legislatura ci siamo sforzati di utilizzare anche una fiscalità legata all'utilizzo dei combustibili fossili, destinata invece a politiche ambientali di sviluppo. Mi riferisco all'articolo 16 del decreto-legge n. 1 del 2012 (cosiddetto «decreto liberalizzazioni», dove per la prima volta abbiamo messo a punto un'idea di nuovo federalismo fiscale, stabilendo che una quota del gettito fiscale prodotto per effetto delle estrazioni minerarie fosse destinata ai territori che contribuiscono a questo fabbisogno energetico nazionale, destinando queste risorse a fondi permanenti per lo sviluppo di progetti infrastrutturali e occupazionali di crescita dei territori di insediamento degli impianti produttivi.
  Aspettiamo i decreti ministeriali attuativi, quindi colgo l'occasione per affidare al Governo tramite il ministro Orlando questa questione dell'attuazione dell'articolo 16 del decreto-legge n. 1 del 2012, perché finanche la coltivazione mineraria in condizioni di tutela ambientale può diventare una leva per finanziare lo sviluppo ambientale sia in termini energetici, sia in termini di difesa e di valorizzazione del territorio.
  Desidero sottolineare, inoltre, alcune questioni importanti che lei ha già citato, ministro, come ad esempio la questione della bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale (SIN). Lei ha evidenziato come un modello industriale spesso si sia rovesciato sul territorio lasciando segni indelebili. Mi permetto anche di dirle, ministro, che ci sono grandi attori della politica energetica nazionale come l'ENI che sono stati autori di queste pagine industriali negative (mi riferisco in particolare alla vicenda della chimica) e hanno lasciato siti da bonificare.
  Sarebbe il caso di mettere insieme questi interessi, perché la finanza pubblica con l'auspicio di allentamenti del Patto di stabilità, non sembra consentire grandi Pag. 22sforamenti, ma mettere insieme il sistema degli interessi tra gli attori che oggi hanno progetti industriali per l'attingimento di nuove risorse energetiche perché adempiano a doveri storici di riqualificazione e di bonifica dei siti inquinati non sarebbe male per ricominciare nuovi processi di industrializzazione.
  Insieme alle questioni dell'assetto del territorio, condivido che la questione della difesa del territorio dovrebbe essere mantenuta disgiunta dal Patto di stabilità, perché si tratta di investimenti importanti, insieme a un ultimo tema che mi permetto di segnalare: la questione delle attività di decommissioning dei siti nucleari, un grande tema che viene peraltro finanziato con le accise gravanti sulle bollette, che però stranamente risentono di meccanismi che con il tempo non riescono a realizzare i programmi deliberati. Naturalmente i miei colleghi potranno integrare questo breve intervento.

  MASSIMO FELICE DE ROSA. La ringraziamo per la sua presenza, ministro, e riteniamo importante la collaborazione tra le Commissioni e i ministeri.
  Condividiamo molti dei punti programmatici da lei enunciati e speriamo di avviare in merito una fattiva collaborazione. Se la sua maggioranza la seguirà realmente in questi progetti, avrà dalla sua anche la maggioranza dell'opposizione.
  Riteniamo prioritario rispetto a ogni altra questione il suo intervento tempestivo per risolvere la situazione dell'Ilva di Taranto e degli altri SIN sul territorio nazionale. Ogni giorno di ritardo rischiamo che si ammali un altro bambino o un altro lavoratore. Una popolazione sofferente a causa di una spregiudicata gestione aziendale e una politica connivente non possono essere lasciate a se stesse. Intervenga quindi immediatamente, ministro, affinché i diritti dei cittadini siano tutelati e si fermi lo scempio di cui la mala politica è purtroppo concausa.
  Vorremmo porre alla sua attenzione gli atti parlamentari in itinere nel nostro Gruppo, che corrispondono ad alcune delle nostre priorità, prima di tutte la nostra proposta di legge sulla tutela del territorio e del paesaggio, che verrà presentata nei prossimi giorni e che può dare impulso al mercato del lavoro con la proliferazione di centinaia di interventi locali di consolidamento e controllo dei rischi idrogeologici e sismici.
  Sappiamo che nella scorsa legislatura il suo ministero ha preparato insieme a ISPRA e al Ministero dell'agricoltura un Piano per la mitigazione del rischio idrogeologico, con investimenti di 7 miliardi e la previsione di creare in dieci anni 19.000 posti di lavoro. Nel settore agricolo il risparmio è di 10 miliardi per danni evitati. Vorremmo sapere se il piano su cui saremmo disposti a collaborare sia valido anche per lei, quali priorità priorità gli attribuisca e se abbia già previsto una copertura finanziaria.
  Siamo al suo fianco nella lotta all'abusivismo e ai condoni edilizi annunciati a scopo elettorale e riteniamo che, oltre a tutelare con azioni pratiche l'ambiente, sia molto importante inserire nuove definizioni in materia ambientale, riconoscendo il paesaggio e l'acqua pubblica, e sottolineo pubblica, come bene da tutelare con ogni mezzo in quanto patrimonio dell'umanità.
  Occorre lasciare le aziende speciali in house fuori dal Patto di stabilità, per permettere i corretti investimenti e di conseguenza permettere agli enti locali la ripubblicizzazione delle aziende che gestiscono il servizio idrico, come sancito dal referendum del 2011, con strumenti partecipativi per la cittadinanza cui si è riferito anche lei, e adottando la proposta di legge popolare del Forum Italiano dei movimenti per l'acqua.
  Abbiamo richiesto la sospensione della semina del mais OGM, che potrebbe essere devastante per l'ambiente e l'economia agricola, configurando l'inizio di un vero e proprio inquinamento genetico, visto il dimostrato trasferimento del materiale genetico modificato dal mais OGM al mais convenzionale e alle armi infestanti, e vista la necessità di pesticidi sempre più impattanti e costosi.
  Teniamo particolarmente alla mozione che abbiamo presentato per ottenere la Pag. 23moratoria dell'utilizzo di combustibili solidi secondari (CSS) nei cementifici, su cui bisogna intervenire celermente. Questo tipo di utilizzazione porterebbe ben lontani dalla strategia Rifiuti zero, incentivando da un lato una combustione e dall'altro la produzione di importanti volumi di rifiuti.
  Auspichiamo che il Parlamento si esprima presto di fronte alla nazione su questo argomento, stiamo lavorando a un Testo Unico sui rifiuti per il perseguimento della strategia Rifiuti zero, della raccolta differenziata spinta, dello stop all'incenerimento e alla gestione lobbistica. Su questo siamo quindi completamente d'accordo.
  Stiamo studiando iniziative che portino al rispetto delle direttive europee in merito alle polveri sottili. Il superamento dei valori-limite indicati dall'OMS è causa di un significativo aumento della morbilità e mortalità (oltre il 5 per cento dei decessi in tutte le aree urbane è dovuto alle polveri sottili). Ricordiamo l'obiettivo fissato di riduzione delle polveri fini al 1 gennaio 2015. Ricordiamo gli elevatissimi costi anche in termini sanitari dell'inquinamento atmosferico: oltre 200 miliardi di euro annui in Europa. Il rischio è nuovamente l'interazione con il genoma. A tal fine è necessario ripensare la mobilità privata e pubblica e migliorare la rete di trasporto locale di concerto con l'altro ministero. La produzione energetica va valutata non solo in base alla rinnovabilità, ma anche in base alla missione di precursori del particolato.
  In questo momento c’è la proliferazione incontrollata di impianti a biomasse e biogas, con incentivi che superano i 6 miliardi di euro all'anno, con emissioni che sono dieci volte superiori alle fonti energetiche convenzionali a parità di energia prodotta. La produzione energetica va valutata anche in base alla resa energetica e ai costi diretti e indiretti.
  È urgente un piano energetico nazionale che favorisca la produzione decentrata di energia in base alla valutazione dei consumi locali, auspicando una spinta culturale e fiscale alla riduzione dei consumi. È nostra la proposta inserita nella recente risoluzione al Governo, di un incremento dell'incentivo fiscale per la riqualificazione energetica degli edifici oltre il 55 per cento, in caso di risultati in termini di classe energetica, quindi è opportuno valutare anche questa possibilità.
  In generale riteniamo necessaria la spinta per un'economia ecologica e sostenibile. Il termine green economy spesso è stato applicato anche a speculazioni sostenibili sul versante economico e ambientale. È necessario dare priorità al bene e l'ambiente ne è il cuore. Non dimentichiamo infine il problema case e sfratti. È necessario il riordino della Protezione civile, per cui speriamo in un lavoro condiviso e collaborativo.
  Ci auguriamo che questa Commissione possa prendere come monito etico e operativo il discorso che il Presidente dell'Uruguay ha fatto a Rio, alla Conferenza sullo sviluppo sostenibile nel giugno 2012, chiedendosi cosa sia realmente la felicità dell'individuo. È felicità la visione di un modello di sviluppo basato sul PIL o forse felicità è una visione basata sulla conservazione e salvaguardia delle risorse finite del pianeta, qualità dell'aria, degli alimenti, dei suoli, della vita ?

  SALVATORE MATARRESE. Grazie, signor ministro, per la relazione lunga ed esaustiva. Affronterò alcuni punti, ferma restando la generale condivisione di Scelta civica per l'impostazione del suo lavoro, che parte da un concetto largamente condivisibile che spero sia anche la tematica di fondo che guida questa Commissione, secondo cui l'ambiente viene visto come uno strumento di sviluppo di sostenibilità ambientale, quindi un sistema per migliorare il nostro Paese dal punto di vista industriale e anche dal punto di vista della bellezza paesaggistica che è una caratteristica fondamentale.
  Condividiamo quindi tutti quegli interventi che lei ha proposto per favorire gli investimenti in materia ambientale, tutte le agevolazioni che lei potrà dare nell'ambito del percorso normativo alle aziende per riconvertire i propri cicli produttivi e Pag. 24arrivare a produrre prodotti sostenibili a ciclo conosciuto e trasparente.
  È sicuramente prioritario l'utilizzo dei fondi comunitari, dove però ci si scontra sempre con il cofinanziamento delle regioni che spesso hanno la cassa impegnata per i debiti della sanità, ma è fondamentale come diceva lei (su quello c’è la nostra più ampia condivisione) che questi fondi siano finalizzati ad azioni preventive di difesa del territorio dai disastri idrogeologici e soprattutto a bonifiche dei siti inquinati, che riguardano in particolare la mia regione, la Puglia, quindi Taranto, su cui lei ha ragione ad affermare che dobbiamo portare avanti una sfida.
  Dobbiamo infatti tener conto dell'economia di una città che si basa su quella fabbrica, dobbiamo avere rispetto dei lavoratori della legge, dobbiamo recuperare il tempo perduto e forse l'assenza generale nell'affrontare quella problematica. Su Taranto le chiedo quindi attenzione all'attuazione delle procedure e soprattutto rispetto dei tempi, perché si possa rimettere la fabbrica in condizioni di produrre nel rispetto dell'ambiente e dei cittadini.
  Evidenzio una problematica alla quale lei ha correttamente fatto riferimento, ovvero le regole certe. Sicuramente il Ministero dell'ambiente non brilla dal punto di vista normativo, soprattutto nel creare impedimenti agli investimenti e nella sovrapposizione tra governo del territorio e tutela ambientale, a parere mio e di Scelta Civica nel senso della semplificazione che queste due competenze siano separate, che il governo del territorio sia lasciato alle regioni e il governo dell'ambiente sia tenuto sullo Stato.
  Questo ha portato a una enorme proliferazione di leggi a livello regionale, che spesso sono in contrasto con quelle nazionali, a una duplicazione di enti che vanno a governare il processo autorizzativo di ogni tipo di investimento. Concorriamo tutti con questo meccanismo a evitare che questi investimenti si realizzino nel breve tempo che la crisi e l'emergenza del lavoro oggi richiedono.
  Bisogna quindi rivedere il sistema autorizzativo, renderlo efficiente, realizzare un testo unico che comprenda tutto il percorso autorizzativo e lo circoscriva in un tempo definito proprio salvaguardare ambiente, interessi collettivi e investimenti.
  Sull'emergenza rifiuti siamo sicuramente d'accordo sulle misure che lei ha avviato, non possiamo non evidenziare come molto spesso all'emergenza si arrivi nella gestione delle regioni di questo ciclo, nella mancanza di completamento di questo ciclo dei rifiuti che interessa moltissime delle regioni che lei ha citato e anche altre che sono prossime a giungere all'emergenza per l'incapacità di chiudere il ciclo dei rifiuti dall'inizio fino alla fine.
  Siamo anche d'accordo sulla revisione della tassazione sui rifiuti, che non può essere spalmata in maniera equa su tutti quando i produttori di rifiuti sono differenziati per entità e per criticità di rifiuto. La revisione della tassazione dovrà consentire anche una maggiore disponibilità di risorse per investire sul completamento del ciclo di gestione dei rifiuti e sull'incremento dei livelli della raccolta differenziata.
  Lei, signor ministro, ha quindi la partecipazione di Scelta Civica in questo suo percorso soprattutto per quanto riguarda la semplificazione, la creazione di norme che consentano l'effettivo investimento e l'effettiva iniziativa di azioni di tutela del nostro ambiente e del nostro territorio. Grazie.

  SERENA PELLEGRINO. La saluto, signor ministro, anche a nome del Capogruppo di SEL, Alessandro Zan, che purtroppo oggi non ha potuto essere presente. La ringrazio perché da quanto ha affrontato nella sua relazione sembra quasi lei sia iscritto a Sinistra Ecologia e Libertà, però tengo a chiedere di porre un particolare accento sulle modalità di intervento e di realizzazione dei progetti, soprattutto per quanto riguarda le priorità.
  Mi preme fare una premessa. Due parole non sono mai state pronunciate così spesso negli ultimi anni come crescita e sviluppo, due parole dal bellissimo significato eppure mai come ora tanto discusse Pag. 25nella loro accezione positiva e negativa. Vorrei riproporle nella loro accezione positiva, quindi vorrei superare la parola decrescita.
  Premesso che le risorse materiali non sono infinite e che noi ne abbiamo già consumate più di quante ce ne siano a disposizione, dobbiamo porre come assioma che il consumo e l'utilizzo di dette risorse debba essere a impatto zero, numero che userò molte volte nel mio intervento. Solo così la parola «sostenibile» posta accanto a «sviluppo» ha ragion d'essere. Non possiamo dimenticare che il concetto di sviluppo sostenibile ha avuto il suo avvio con la Conferenza delle Nazioni Unite su sviluppo e ambiente nel 1992 a Rio: sono passati 21 anni e finalmente questo Governo comincia a parlare di sviluppo sostenibile.
  Ogniqualvolta che progettiamo piccole e grandi opere dobbiamo porre l'accento sul ciclo di vita dell'opera stessa e considerarla all'interno di un ciclo chiuso dall'edificazione alla dismissione. Per fare questo, non possiamo che partire proprio dalla fine del ciclo, ovvero quello dei rifiuti. Tutti i miei colleghi hanno messo i rifiuti in coda, io invece li metto in capo.
  Noi, ministro, ci poniamo come obiettivo un programma strategico che porti nella direzione dei rifiuti zero e che venga al più presto posto in essere un piano nazionale per una gestione moderna e virtuosa dei rifiuti, a cominciare dal considerare il rifiuto come un bene da reimmettere in circolazione o da restituire alla terra, in modo che essa possa – mi passi l'espressione – tornare a digerirlo.
  Le chiediamo quindi di intensificare un processo che porti alla riduzione degli imballaggi e al miglioramento della qualità sia degli involucri (per involucro intendiamo anche il fabbricato edilizio in toto) che dei singoli prodotti, proponendo sostanziali sgravi fiscali sia per le aziende che per le imprese virtuose, come già accade nel comparto dell'edilizia. Lei ha più volte dichiarato di sostenere la risoluzione approvata nei giorni scorsi dalla Commissione e noi, che siamo felici di questo, le rinnoviamo la richiesta anche che venga maggiormente incentivato l'utilizzo di materiali bio-edili certificati negli interventi di riqualificazione degli immobili, incrementando l'aliquota della detrazione fiscale attualmente prevista di una percentuale pari a cinque punti percentuali.
  Il tutto inserito all'interno di una pianificazione urbana green, soprattutto in quelle aree densamente edificate dove è necessario impedire ulteriore cementificazione. Sappiamo ormai tutti che i cosiddetti «disastri» attribuiti alle alluvioni in aree urbanizzate sono determinati da assenza pressoché totale di aree permeabili. Vorremmo che venisse previsto un Piano verde, al quale la pianificazione urbanistica territoriale debba attenersi, che preveda l'individuazione delle aree da destinare a piantumazioni con essenze arboree e superfici prative, promuovendo i boschi urbani di cui nessuno parla.
  La questione ambientale urbana, la difesa dagli allagamenti, la riduzione dell'inquinamento atmosferico, la vivibilità delle città sono assolutamente condizionate dalla salvaguardia degli spazi aperti, che, come tutti sappiamo, sono oggetto delle forti aggressioni della speculazione edilizia. Un inciso: ormai ci troviamo ad avere un patrimonio edilizio su scala nazionale assolutamente sovradimensionato rispetto al reale fabbisogno abitativo.
  Sempre in tema di risorse da attivare per l'opera di manutenzione del nostro territorio, andrebbero anche valutate quelle ipotizzate dal Ministro Clini, che il 30 novembre 2011 in Commissione ambiente dichiarava: «Occorre creare una capacità di investimento pubblico per la prevenzione del rischio idrogeologico che sia sostenuta da un'entrata stabile e sicura e che non sia assoggettata, come è avvenuto con l'ultima legge di stabilità, ai tagli che hanno quasi azzerato per esempio il fondo esistente presso il Ministero dell'ambiente per la prevenzione del dissesto idrogeologico. Si darebbe così avvio alla più grande opera pubblica che, attraverso un piano pluriennale per la messa in sicurezza del territorio, avrebbe reali ricadute positive sull'economia e l'occupazione Pag. 26del nostro Paese. Si stima che, per la realizzazione di interventi di sistemazione complessiva delle situazioni di dissesto, il fabbisogno necessario sia pari a 40 miliardi di euro». È chiaro che tutto questo deve essere escluso dal Patto di stabilità, come abbiamo già detto più volte.
  Il suo predecessore si proponeva anche di rafforzare le misure di prevenzione mediante il credito di imposta per gli investimenti, che permettesse ai proprietari di aree o di insediamenti che insistono in zone vulnerabili di accedere a finanziamenti equiparati all'aliquota per gli interventi di ristrutturazione edilizia.
  Tornando al ciclo dei rifiuti, per noi è prioritario e urgente promuovere in tempi brevi il percorso di transizione dal vecchio al nuovo sistema di smaltimento, ponendoci come obiettivo la dismissione di inceneritori e discariche una volta per tutte, portando il riciclo al 100 per cento e sostenendo la filiera verso imballaggi e prodotti completamente biocompatibili.
  Vogliamo porre con chiarezza il punto per quanto riguarda la direttiva quadro europea 2008/98/CE che spinge gli Stati membri verso la società del riciclaggio, determinando una rigorosa gerarchia nelle fasi del trattamento dei rifiuti. Non possiamo dimenticare che la normativa vigente prevedeva il raggiungimento al 31 dicembre dello scorso anno dell'obiettivo della raccolta differenziata al 65 per cento, obiettivo che non è stato raggiunto.
  Sostenere questo processo, signor ministro, per noi rappresenta una risposta concreta alla crisi, perché mettendo a regime l'intera filiera della produzione verde (porta a porta, riciclo, smaltimento ecocompatibile) si genera lavoro e non solo occupazione, spingendo le imprese verso una reale riconversione ecologica dell'economia, un «Green new deal», e non solo a una produzione verde nell'alveo di un'industria ormai obsoleta, inquinante e non più sostenibile, ma soprattutto per non dover più scegliere tra lavoro, salute e ambiente.
  Particolare attenzione voglio porre agli interventi di bonifica e in particolare a quella dell'amianto, perché il 21 marzo scorso l'ex Ministro della salute Balduzzi ha presentato il Piano nazionale amianto, in cui vengono delineate le linee di intervento in tema di tutela della salute, ambiente e lavoro a livello sia nazionale che territoriale. È necessario però passare dalle ottime intenzioni ai fatti: abbiamo necessità di avere risorse per realizzare queste bonifiche.
  Per quanto riguarda i SIN condivido il suo intervento, però tutto questo non può essere avulso da un piano generale di produzione e utilizzo delle risorse energetiche, che deve prevedere come obiettivo rischi ambientali quanto più prossimi allo zero.
  La nostra priorità è che venga realizzato in tempi strettissimi un Piano del fabbisogno energetico nazionale, tenuto conto anche del calo fisiologico che in questi ultimi anni si è venuto a determinare a causa della forte crisi industriale, ma anche dei processi virtuosi che sono stati posti in essere a seguito delle buone pratiche, con l'impegno di mantenerli e sostenerli attraverso concreti progetti culturali formativi e mantenendo l'incentivazione all'efficientamento energetico. L'obiettivo è: edifici a consumo zero.
  Chiediamo pertanto, ministro, che, come accade in tutti i Paesi d'Oltralpe, le fonti rinnovabili siano portate a saturazione prima di pianificare nella direzione di altri strumenti meno affini. In tal senso, le chiedo di intervenire presso il Ministro dello sviluppo economico Zanonato, per comprendere cosa intenda con «potenziamento delle centrali a carbone». Vorrei che su questo ci mettessimo in sinergia.
  La produzione di gas naturale prodotto da rigassificatori on-shore e off-shore ad alto rischio di disastro ambientale compromette molte vite umane, in particolare nel nostro Paese data la forte incidenza di rischio sismico. Purtroppo, però, sappiamo che alcuni rigassificatori sono ancora in atto. Chiedo quindi che si faccia una netta marcia indietro nei confronti di questi pericolosissimi impianti. Abbiamo già parlato del rigassificatore di Trieste e sono molto felice che, a seguito della mozione Pag. 27che abbiamo presentato, il Ministro Clini abbia posticipato la VIA e che si vada a rivalutare il progetto.
  Ci risulta, signor ministro, che con la circolare 3819 del 21 marzo 2013 il capo del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, ingegnere Alfio Pini, abbia steso un documento intitolato «Atto di indirizzo per la redazione dei progetti di prevenzione incendi relativi ad impianti di alimentazione di gas naturale liquefatto con serbatoio criogenico fuori terra a servizio di stazioni di rifornimento». Vorrei sapere di cosa stiamo parlando, perché ci pare evidente che si preveda la possibilità di rigassificare il metano liquido in mini-rigassificatori distributori posti su tutto il territorio nazionale.
  Ci chiediamo se sia stato previsto il potenziamento dell'attuale rete di trasporto del gas oppure se saranno utilizzati mezzi di trasporto su gomma o ferro, perché, se così fosse, lei sa a quale rischio verrebbe esposta la popolazione a seguito di un banale incidente stradale. La terribile tragedia di Viareggio con i suoi 33 morti verrebbe considerata solo un piccolo episodio.
  Il Piano energetico nazionale è pertanto una priorità assoluta perché l'energia possa essere considerata non un tema di speculazione economica, ma un essenziale servizio alla popolazione come l'acqua, bene essenziale non negoziabile. Chiediamo al signor ministro che sostenga la proposta di ripubblicizzazione della gestione della rete idrica, perché SEL ha riproposto la legge d'iniziativa popolare, alla quale verranno posti emendamenti. Chiediamo che lei come il suo partito che ha sostenuto il referendum possa garantire che la legge attuale dia il suo avvio.

  ORESTE PASTORELLI. Ringrazio il ministro per la sua ampia relazione. Concordo con i temi da lei toccati: dai parchi all'ISPRA, alle gestioni commissariali, al rischio idrogeologico, alla delega di fiscalità ambientale, alle fonti di energia rinnovabile, ai rifiuti legati alla criminalità organizzata. Avanzo una proposta, signor ministro, sul problema dei rifiuti a livello provinciale, cioè dove si conosce il rifiuto e dove si vede la provenienza di quel rifiuto, perché in questi giorni ho visitato discariche dove si ignora la provenienza dei rifiuti.
  Lei ha evidenziato molto bene il problema della difesa del suolo, l'esigenza di mettere in sicurezza il nostro territorio e il tema dell'urbanizzazione, laddove siamo tra i Paesi europei più urbanizzati, per cui non dobbiamo togliere altro territorio al nostro Paese.
  Considero il suo ministero al centro della nuova politica economica insieme al turismo e all'agricoltura. Credo che su queste basi e con questa intenzione possiamo diffondere a livello nazionale un nuovo modo di vedere l'ambiente, che deve essere non una limitazione ma una risorsa del territorio, mentre attualmente diventa una penalizzazione.
  Dobbiamo quindi mettere insieme queste problematiche e anche il problema che riguarda l'ISPRA sulla fauna selvatica all'interno dei parchi, perché si rilevano ingenti danni all'agricoltura che non vengono risarciti sebbene l'agricoltura garantisca l'economia di quei territori. Dobbiamo mettere insieme questo percorso e portare avanti i punti della sua relazione per una nuova economia del nostro territorio. Grazie.

  ALESSANDRO BRATTI. Espongo velocemente il mio punto di vista. Ringrazio il ministro per la relazione molto completa ed esaustiva. Si tratterà poi di ragionare sulle modalità con cui affrontare le varie questioni.
  Approfitto di questi due minuti per segnalare due questioni che ritengo particolarmente importanti, riprendendo anche le considerazioni finali del ministro. Sicuramente il tema della sburocratizzazione e della semplificazione delle autorizzazioni è centrale da tutti i punti di vista, se si vuol far ripartire l'economia, dare impulso alle rinnovabili e all'efficientamento energetico, però (ed è una discussione che abbiamo fatto anche alla fine della scorsa legislatura) accanto a questo percorso di semplificazione è fondamentale che anche Pag. 28tutto il sistema dei controlli sia completamente rivisto e rafforzato.
  Dico questo, signor ministro, anche per dar forza a quel ragionamento che faceva alla fine rispetto alla necessità di far riavvicinare i cittadini agli organismi istituzionali, soprattutto in questo caso tecnici, nel senso che abbiamo veramente bisogno in questa fase, come non è avvenuto in altre fasi politiche, di avere una netta distinzione tra le competenze tecniche e gli indirizzi di programmazione da parte della politica, cosa che oggi con il nostro sistema legislativo e amministrativo non accade.
  A mio parere questa commistione è uno dei problemi fondamentali nel confronto con i cittadini. Nelle fasi autorizzative e di controllo abbiamo bisogno di organismi tecnici che in tempi certi, svincolati dalla politica, analizzino i progetti e diano risposte certe e concrete ai cittadini e alle imprese.
  Abbiamo dei provvedimenti legislativi in itinere e da due o tre legislature proviamo a fare una riforma del sistema delle Agenzie ambientali che è necessario solo mettere a regime perché non è che non c’è gente: la gente c’è, probabilmente c’è anche personale qualificato, che però va reso autonomo e messo in rete. Oggi così non è.
  Nella scorsa legislatura è stata fatta una brutta cosa che non posso neanche definire una riforma con la fusione dell'Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica applicata al Mare, dell'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica e dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, che è stato un errore madornale, però abbiamo tempo per rimediare. Le chiedo quindi attenzione per questo specifico argomento proprio per costruire un doppio binario capace di dare effettivamente forza e modernità alle politiche ambientali, cioè da un lato la semplificazione delle procedure amministrative e dall'altro il rafforzamento del sistema dei controlli ambientali.
  L'ultima cosa velocissima riguarda il tema energetico. Spero che oggi a Bruxelles ci sia un dibattito anche su queste questioni rispetto all'energia. Lo shale gas che sta caratterizzando la politica energetica degli Stati Uniti sta arrivando pesantemente anche in Europa. Questo rischia di porre un grandissimo freno all'industria chimica e anche alle politiche per lo sviluppo delle energie rinnovabili.
  Se vogliamo difendere quanto è stato detto, bisogna intraprendere una grande iniziativa politica non solo a livello nazionale, ma anche sui tavoli europei, ed è oggi il momento della discussione, che inizia oggi e si protrarrà per diversi mesi. Non dobbiamo fare come in passato: lì occorre una nostra rappresentanza politica forte.

  TINO IANNUZZI. Ringrazio anch'io il Ministro Orlando per l'articolata, ricca e bella relazione. Dalla relazione emerge una grande e importante ambizione: quella di essere nel Governo una sorta di motore per un processo complessivo che crei gradualmente ma concretamente le condizioni per un modello di sviluppo diverso, che sappia tradurre in scelte e decisioni concrete i temi della sostenibilità ambientale, della ecocompatibilità, ma anche della salvaguardia di un livello elevato della qualità della vita delle persone e delle comunità.
  In questo avrà convintamente il nostro appoggio ma anche il sostegno della Commissione nell'articolazione delle sue sensibilità politiche.
  Lei coglie giustamente la trasversalità positiva, che il valore e il tema dell'ambiente debbono avere, una trasversalità positiva che significa che la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione dell'ambiente si realizzano solo se sanno inserirsi con coerenza e intelligenza ma anche estrema effettività nel cuore di tutte le politiche pubbliche.
  Questo significa guardare a un grande piano di sicurezza del territorio per il dissesto idrogeologico e le bonifiche, incrementare in maniera cospicua le risorse, renderle permanenti e stabili per la salvaguardia idrogeologica del nostro territorio, ma anche snellire e semplificare competenze e procedimenti che non funzionano per la prevenzione dei fenomeni di Pag. 29dissesto e ancor meno per le bonifiche dei siti inquinati.
  Per quanto riguarda gli interventi sulla leva fiscale, non c’è solo il tema della stabilizzazione della detrazione fiscale del 55 per cento posto dalla Commissione e da lei rilevato, signor ministro, ma c’è anche la sua giusta considerazione sull'esigenza di imprimere una svolta verso un'edilizia che punti sul recupero del costruito fatiscente, vecchio, meno adeguato e non funzionale alla dignità della vita, significa anche incidere sulle scelte del governo del territorio, sulle scelte urbanistiche e sulla leva fiscale in generale, che deve aiutare a crescere ciò che in termini di tutela complessiva del contesto in cui viviamo salvaguarda e non consuma.
  Si rileva anche un tema che involge gli enti locali: l'esenzione dai vincoli stringenti, soffocanti e ottusi del Patto di stabilità per le opere che mirano a fronteggiare il dissesto idrogeologico e a garantire la sicurezza statica del territorio, ma anche il tema della TARES. Abbiamo chiesto un rinvio al 2014 non soltanto per evitare l'aggravio del 2014, ma anche perché i comuni di ogni colore ci chiedono con forza di rivedere il criterio assurdo dell'incremento della TARES di 0,30 euro a metro quadro.
  Cito un ultimo flash: esiste a tutti i livelli un problema di semplificazione, snellimento, sburocratizzazione. Condivido la considerazione che questo non debba significare distruzione delle regole, assenza dei controlli, distruzione dei vincoli né deficit di informazione e di partecipazione, ma debba tradursi in un sano circuito di decisione. In questo, però, dobbiamo costruire un nuovo modello di governance dell'ambiente, in cui i livelli delle competenze siano chiari, effettivi, non si sovrappongano e non si accrescano, e anche i controlli siano effettivi ed efficienti.
  In tutto questo avrà il nostro sostegno, signor ministro.

  RAFFAELLA MARIANI. Grazie, signor ministro, anche della relazione molto ampia e dettagliata, che oggi ci permette di richiamare alcune questioni che dal nostro punto di vista vorremmo sottolineare e di offrire la collaborazione per il lavoro che secondo noi dobbiamo fare da subito, in un clima che mi sembra molto collaborativo in questa Commissione.
  Faccio riferimento a un tema, l'acqua pubblica, che lei ha definito come una delle priorità da affrontare, rispetto alla quale vorrei sottolineare che è utile rapportarsi anche per i temi della regolazione delle tariffe, cioè per un tema che è stato l'elemento anche di maggior conflitto in questi mesi di discussione, degli investimenti e di tutto quello che nelle prossime settimane dovremo definire anche dopo pronunciamenti autorevoli, rispetto ai quali costruire la normativa più confacente al dettato referendario.
  Vorrei cogliere due sottolineature importanti che lei ha fatto in riferimento a due scadenze temporali prossime, cioè l'aggiornamento del DEF e la riprogrammazione dei fondi europei per la coesione territoriale. Mi auguro che su questi temi particolari, che sono collegati a questioni che successivamente le verranno poste (penso al dissesto idrogeologico e al grande problema del reperimento di adeguate risorse, apprezzando che lei abbia parlato di fondo e non di piano perché per chi è membro della Commissione da alcuni anni sa che parlare di fondo e non di piano significa aver chiaro che per questi due argomenti prioritari il tema è quello del reperimento delle risorse), entro un mese la Commissione possa collaborare con il suo ministero per definire in quella risoluzione al DEF impegni chiari, precisi, di medio termine, che possano davvero dare avvio a operazioni molto concrete, che si tradurranno poi in misure per l'occupazione.

  MASSIMILIANO MANFREDI. Anch'io, signor ministro, ho molto apprezzato la sua relazione. Lei ha iniziato il suo viaggio nella Terra dei fuochi della Campania, una delle due emergenze che desidero segnalarle.
  Secondo i dati del prefetto Cafagna, che è il Commissario straordinario nominato Pag. 30dal Governo, nel 2012 ci sono stati circa 3.500 incendi di materiali che producono esalazioni tossiche, che minano la salute della popolazione residente sul territorio che insiste nell'area nord di Napoli e del basso casertano, e dopo i primi due mesi del 2013 siamo già a 250 incendi.
  Secondo gli studi effettuati dal dottor Mazza del CNR di Pisa, questo fenomeno è assai preoccupante per la ricaduta sulla salute pubblica, con un aumento accertato dalla comunità scientifica del 20 per cento della mortalità nelle zone interessate.
  Aggiungendo a questo la vicenda del famoso «Triangolo della morte», dove meno di venti giorni fa si è verificato l'ennesimo sversamento abusivo con l'interramento dello stesso camion che trasportava materiali tossici nella zona tra Acerra, Marigliano e Nola, appare di estrema necessità mettere in campo un'azione di prevenzione, di monitoraggio e di vigilanza straordinaria per colpire questo fenomeno.
  Il secondo punto riguarda le bonifiche. Lei ha accennato con grande sensibilità che l'impiego effettivo dei 3 miliardi di euro stanziati è ostacolato dai vincoli del Patto di stabilità, ma c’è anche un secondo punto. Credo che sarebbe una grande operazione di innovazione se lei potesse farsi carico di un'operazione verità sullo stato delle risorse, dei lavori e delle procedure di tutte queste aree interessate regione per regione. Soltanto nella regione Campania i siti inquinanti sono ben 2.551.
  Accanto a questo c’è un secondo problema che lei ben conosce, che è quello dei commissari straordinari per gli interventi di bonifica che sono scaduti il 31 dicembre 2012. Alcune regioni si rimpallano con il Governo la procedura di nomina dei nuovi responsabili e quindi nessuno ha il potere di firma. Questo impedisce ad aree con risorse già stanziate per le comunità di questo territorio che hanno dato molto di poterle ricevere. È quindi importante fare il punto su grandi realtà che ben conosce come quella della Resit di Giuliano, dei Laghetti Flegrei di Castel Volturno.
  L'ultimo punto che vorrei segnalarle è quello delle acque. È di questi giorni la vicenda del depuratore di Napoli est all'attenzione pubblica. Le chiedo se non sia il caso di valutare con le Amministrazioni competenti lo stato di proroga dell'emergenza straordinaria per quanto riguarda le acque del mare di Napoli, sapendo che paradossalmente quella stessa area era stata individuata per realizzare il termovalorizzatore, procedimento poi superato.
  Non aggiungo altro su TIA e TARES, argomento già affrontato dal collega Iannuzzi, ma richiamo la vicenda del termovalorizzatore di Acerra, in quanto da diverse settimane si è diffusa la voce di un piano di ampliamento da parte della A2A, smentito e poi semi-confermato dagli enti locali. Nella complessità del ciclo dei rifiuti della regione Campania e della provincia di Napoli dove la Sapna, la società provinciale, è ormai sull'orlo del fallimento, questo provoca logicamente difficoltà. Le vorrei chiedere in sede di replica una parola di chiarezza su questo. Grazie, signor ministro.

  FRANCO CASSANO. Era stato preannunziato un mio intervento rispetto all'Ilva di Taranto, però ne hanno già parlato altri oltre a lei, signor ministro. Vorrei quindi solo spiegare un aspetto che considero essenziale, che in buona misura in questa Commissione e anche nell'ambito del lavoro che si può fare sul tema dell'ambiente (quindi il suo ministero) si pone in modo decisivo, cruciale.
  Il nostro lavoro potrebbe essere uno strumento attraverso cui riuscire – passatemi la definizione che deriva dalla mia formazione – a realizzare la decostruzione dell'opposizione tra l'occupazione e l'ambiente. La tutela dell'ambiente e la tutela dell'occupazione a lungo sono state viste come imperativi in contraddizione, come se l'uno dovesse escludere l'altro.
  Dall'esperienza di Taranto ricavo la constatazione che i leader politici non hanno molto frequentato Taranto durante la campagna elettorale ma, al di là di una considerazione di breve periodo, credo che questo sia accaduto perché era difficile e impopolare stare lì, perché di fronte a un passaggio cruciale che io eviterei di ridurre Pag. 31alla pura dimensione giuridica e giudiziaria, che pure è importante e deve fare il suo corso, ma che significa invece la fine di un'epoca e l'inizio di un'altra, la fine dell'industria pesante e di quello che è stato definito «fordismo» e l'inizio di un'altra fase.
  In questa nuova fase abbiamo l'occasione (e mi sembra che il clima che c’è qui prometta bene) per cercare di decostruire questa opposizione, per giocare l'ambiente come una carta dell'occupazione. Mi sembra che ognuno con la sua sensibilità e con la sua angolazione possa e debba contribuire a questo. Mi sembra che questo sia un elemento decisivo per la vita positiva del Governo. Credo che non fosse casuale l'insieme di riferimenti che già il Presidente del Consiglio dei Ministri faceva nella sua esposizione programmatica alle Camere al tema dell'ambiente e che l'ambiente possa essere una carta importante per andare avanti.
  Aggiungo un ultimo punto che considero importante perché si è parlato di ricerca e di università. Ritengo che quanto si fa in questa direzione possa e debba essere valorizzato come qualcosa su cui l'Italia può cercare di giocare un ruolo non passivo e non arretrato. Anche sul piano della ricerca e della strumentazione bisogna avere l'ambizione di fare cose importanti, che possano interessare altri, e non soltanto di imparare dagli altri come è ovviamente giusto.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Signor ministro, ho molto apprezzato la sua relazione e le priorità dell'azione di governo che ha indicato, è stata una relazione molto ampia, completa e condivisibile, quindi mi limito a evidenziare soltanto alcuni punti, condividendo su altri i contributi che i colleghi del Partito Democratico che mi hanno preceduto già hanno dato.
  C’è un'assoluta necessità della revisione del Codice ambientale nella parte quarta relativa ai rifiuti, per superare quelle criticità che, come lei ha colto, sia il sistema delle autonomie sia quello degli operatori del settore hanno evidenziato.
  Lei ha richiamato la vecchia proposta di legge C.4240-B, e anche in questa legislatura sono state presentate proposte di legge che riprendono quei contenuti, attualizzandoli e integrandoli perché la normativa ambientale cambia in continuazione, e mi auguro che questa divenga una priorità per il Governo.
  È necessario soprattutto enfatizzare con interventi normativi non soltanto di carattere ambientale ma nella collegialità dell'azione di Governo quella che è la priorità nella gestione dei rifiuti, che è indicata dall'Unione europea ed è la prevenzione nella produzione di rifiuti, che non può essere semplicemente risolta con la crisi a seguito della quale produciamo meno rifiuti.
  Si devono attuare interventi organici, rivedere alcuni sistemi relativi alla raccolta differenziata, perché in questi anni ci siamo focalizzati soltanto su obiettivi quantitativi e non qualitativi. Si deve intervenire nel settore delle bonifiche ambientali, semplificando i procedimenti ma garantendo ovviamente elevati livelli di tutela ambientale, e soprattutto garantendo risorse adeguate agli interventi da realizzare. La riduzione del numero dei SIN e il trasferimento delle competenze alle regioni spesso non sono stati accompagnati infatti da finanziamenti statali, perché alcuni SIN non godevano di finanziamenti da parte del dello Stato.
  Non ci si può limitare a un semplice trasferimento di funzioni dallo Stato alle regioni, ma è necessario intervenire con nuove e adeguate risorse, quindi ben vengano quelle linee di finanziamento verticale alle quali lei accennava nella sua relazione.
  Tanti decreti ministeriali a costo zero sono fermi presso il Ministero dell'ambiente. Ne cito soltanto due: quello sulle terre e rocce da scavo per i piccoli cantieri, che rischiano di far proliferare la dispersione dei rifiuti nell'ambiente, e quello sull'assimilazione dei rifiuti.
  Sui controlli c’è la necessità di un coordinamento maggiore tra i tanti soggetti che fanno controlli ambientali, perché Pag. 32il mancato coordinamento porta a pochi controlli, come evidenziato dall'onorevole Bratti.
  Bisogna infine affrontare con coraggio il problema del SISTRI in termini sia di responsabilità che di ridefinizione dei soggetti obbligati, individuando quelli che effettivamente consentano di seguire la tracciabilità dei rifiuti senza oberare le piccole imprese di oneri che poi finiscono per ripercuotersi negativamente sull'obiettivo della tutela dell'ambiente. Grazie.

  MARIASTELLA BIANCHI. Ringrazio anch'io il ministro per la sua relazione davvero esaustiva. Lo ringrazio in particolare per aver iniziato con l'emergenza climatica e la necessità di cambiare modello di sviluppo, di puntare complessivamente alla riconversione in chiave ecologica dell'economia, perché questo dà il senso del compito a cui siamo chiamati come Commissione e come forze politiche tutte, il Ministro Orlando come traino dell'azione anche di questo Governo così particolare che stiamo sostenendo in questa fase emergenziale, ma che deve portarci verso un nuovo equilibrio e un nuovo modello di sviluppo.
  Riprendo quindi l'espressione felice dell'onorevole Cassano, «giocare l'ambiente come carta per creare lavoro e occupazione».
  Vorrei sottoporre all'attenzione del ministro due questioni. Sull'energia ha già bene detto, ma è importante vedere l'energia e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, che il premier Letta ha indicato come priorità, come una delle politiche industriali fondamentali di questo Paese e quindi sostenere le relative filiere industriali.
  Sarebbe inoltre opportuno fare una riflessione su quanto tracciato nella strategia energetica nazionale, in particolare riguardo sia agli strumenti che ci diamo per raggiungere gli obiettivi positivi indicati in quella strategia, sia la parte concernente l'estrazione di idrocarburi sul suolo nazionale.
  È davvero singolare darci l'obiettivo di mettere a rischio così tanta parte del nostro patrimonio ambientale per arrivare ad estrarre, se tutto va bene, secondo le stime di Assomineraria, una quantità che esauriremo in sei settimane. Segnalo dunque al ministro un'attenzione particolare sulle trivellazioni, laddove nella scorsa legislatura è stata fatta un'azione meritoria a seguito del trauma che tutto il mondo ha subìto per la tragedia del Golfo del Messico nel 2010.
  Anche noi abbiamo esteso la distanza per consentire trivellazioni in mare a 12 miglia oltre le coste. Peccato però che in quella norma sono stati fatti salvi i procedimenti in corso in quel momento, per cui credo che debba essere compito di questa Commissione e in particolare dell'azione del ministro farsi portatori di un'uniformità nell'intento del legislatore che evidentemente voleva tutelare il patrimonio ambientale anche a seguito di quel terribile incidente. Dobbiamo quindi immaginare che questo limite delle 12 miglia marine valga anche per procedimenti in quel momento non attivati, ma che non hanno esaurito tutto il loro iter, e sappiamo quante zone d'Italia sono interessate da questa vicenda.
  Per quanto concerne ancora l'efficienza energetica, è in scadenza una direttiva europea e vorrei sapere dal ministro se con il suo interessamento sia possibile immaginare un recepimento accelerato della direttiva europea sull'efficienza energetica, che potrebbe anche darci la possibilità di sbloccare ingenti investimenti e di affiancare alla necessaria proroga della detrazione fiscale del 55 per cento, già più volte sottolineata, anche un intervento di sistema sugli edifici pubblici, che sarebbe una leva fondamentale anche per sostenere l'edilizia e tante attività delle nostre piccole e medie imprese con lavori sul nostro territorio.
  Aggiungo brevemente altre due considerazioni sui settori industriali proprio per immaginare come giochiamo la carta ambiente/lavoro. Ne cito due, il primo dei quali è la chimica verde, sulla quale abbiamo un esempio di eccellenza sostenuto anche grazie alla norma sui bio-shoppers, che però deve continuare ad avere grande Pag. 33attenzione sia da parte della Commissione, sia da parte del ministro anche nello scenario europeo e immaginare che sosteniamo le iniziative di recupero dei rifiuti e quindi l'attività industriale di recupero dei rifiuti ragionando anche di incentivi al recupero di materia rinnovabile, così come li abbiamo previsti per le energie.
  Sulle bonifiche il ministro ha citato opportunamente il caso di Porto Marghera, che potrebbe essere un'esperienza di semplificazione delle procedure da sperimentare anche in altre zone, per consentire l'impiego di risorse private che potrebbero essere utilmente attivate, tanto più che spesso vengono da soggetti in buona parte responsabili dell'inquinamento di quei territori che sarebbe opportuno coinvolgere nell'opera e nel finanziamento della necessaria attività di bonifica.

  CHIARA BRAGA. Anch'io ringrazio il ministro per avere centrato buona parte della sua relazione su un tema che riteniamo assolutamente prioritario, che è quello della riduzione del rischio idrogeologico e della sicurezza del nostro territorio, che correttamente, come evidenziato dal ministro, non può essere catalogato tra le emergenze, trattandosi di un problema strutturale del nostro Paese che si interfaccia con il tema più generale dei cambiamenti climatici.
  Consideriamo opportuno sollecitare una positiva azione di impulso per accelerare il piano di adattamenti climatici nel nostro Paese, superando anche il gap nei confronti degli altri Paesi europei.
  Per ragioni di tempo mi concentrerò solo su due aspetti perché, come correttamente sottolineato, su questo campo delle politiche esiste un enorme problema di risorse, per cui l'orientamento del ministro di aprire una fase di ricerca di fondi nella nuova programmazione europea dei fondi per la coesione territoriale è assolutamente condivisibile e crediamo che debba essere perseguito da subito per arrivare pronti al momento in cui si giocherà questa partita.
  Esiste però anche un problema di funzionamento dell'architettura istituzionale del sistema della difesa del suolo e del contrasto al dissesto idrogeologico. Abbiamo il tema del pieno recepimento delle due direttive comunitarie che lei, ministro, ha citato, ed è un percorso interrotto a metà nel nostro Paese. C’è ancora un'eccessiva sovrapposizione di competenze, di ruoli, di funzioni, non si capisce bene chi faccia cosa, con l'effetto poi di avere interventi bloccati e non pienamente operativi soprattutto sul campo della prevenzione.
  Su questo punto chiederei al ministro di valutare con particolare attenzione l'efficacia degli strumenti che ha ereditato. In questo senso, il Piano straordinario per il contrasto al rischio idrogeologico, che è stato finanziato con la legge finanziaria del 2010 e che poi ha visto una progressiva erosione dei fondi per la gestione delle emergenze, deve essere riconsiderato nella sua efficacia, compreso quella dello strumento dei commissari straordinari per la gestione degli accordi di programma.
  Nella maggior parte delle realtà, infatti, questa forma di gestione commissariale non ha garantito un aumento dell'efficacia degli interventi, ma ha finito per sovrapporsi e per appesantire un sistema di competenze che è entrato in conflitto con le regioni e ha finito per drenare risorse che potrebbero invece essere destinate a interventi di messa in sicurezza e di riduzione del rischio.
  Sempre riguardo alle due direttive c’è un problema di mancato completamento per quanto riguarda i piani di gestione dei distretti idrografici e dei programmi di azione previsti dalla Direttiva acque, che in larga misura attendono ancora di essere approvati dal Consiglio dei ministri.
  Questo è uno degli interventi su cui un impulso da parte del ministero senza necessità di una modifica legislativa consentirebbe di realizzare interventi attesi sui territori. Su questo ricordo al ministro che c’è un problema anche di recepimento complessivo e organico delle direttive comunitarie, ma forse è arrivato il momento di avere uno scatto di iniziativa e avviare Pag. 34l'attività dei distretti idrografici, che hanno qualche problema nella loro definizione territoriale in alcune aree del Paese.
  Si potrebbe prevedere una fase transitoria di accompagnamento, che non annulli il bagaglio di conoscenze e di esperienza maturata dalle Autorità di bacino, ma consenta di adeguarci a quanto previsto dalla normativa europea per rendere più efficace il sistema soprattutto della prevenzione e della messa in sicurezza del nostro territorio.
  Su questo tema ricordo che come Gruppo del Partito Democratico abbiamo presentato all'inizio della legislatura una mozione su queste questioni e sarebbe importante riuscire a discuterne con un rapporto positivo e costruttivo con il ministro, che sono sicura non mancherà alla luce delle dichiarazioni importanti che oggi abbiamo sentito.

  FILIBERTO ZARATTI. Grazie, signor ministro, per la relazione che è stata molto corposa e interessante. Spero che già dalle prossime occasioni di incontro potremo andare più a fondo e capire quali risorse il suo Governo intenda mettere a disposizione per dare vita a tutte le proposte e a tutte le idee che sono emerse dalla sua relazione.
  Alcune questioni mi sono però poco chiare e vorrei capire bene, ad esempio, cosa intenda fare il Governo rispetto al carbone, in modo particolare a Porto Tolle, rispetto alle centrali a turbogas, e come questo tipo di scelte voi mettete in campo entrino in relazione con la dichiarazione fatta anche dal Presidente Letta riguardo lo sviluppo prioritario delle energie rinnovabili.
  Da questo punto di vista vorrei capire se e in che misura il vostro Governo intenda reintrodurre gli incentivi per quanto riguarda le energie rinnovabili, quale sia il sostegno alla ricerca e soprattutto quanto la ricerca riesca a trasferire know how alle imprese italiane. Credo che nel nostro Paese dovremmo dare particolare attenzione alla geotermia, sia a quella a bassa entalpia, sia a quella a produzione di energia vera e propria.
  Le vorrei ricordare che su circa 100 procedimenti di infrazione europea 34 riguardano l'ambiente e che, se in questi anni si è portato avanti il rigore finanziario, forse sarebbe il caso di portare avanti anche il rigore ambientale nel nostro Paese.
  Sull'acqua vorrei capire se il suo Governo intenda emanare apposite norme per rispettare la volontà del referendum che c’è stato nel 2011. Su un punto fondamentale che riguarda la gestione pubblica dell'acqua. Penso che su questo lei ci debba una risposta chiara.
  Vorrei capire cosa intendiate fare sullo shale gas, perché il Presidente Letta al Senato ha dato la disponibilità e io credo che un ulteriore approfondimento su questo argomento andrebbe fatto. Per quanto riguarda il decommissioning nucleare vorrei sapere cosa stia facendo la SOGIN, visto che ogni anno prende 400 milioni direttamente dalle bollette dell'ENEL, come siano stati spesi dal 1990 ad oggi i soldi per il decommissioning da parte di SOGIN.
  Vorrei sapere inoltre cosa intenda fare il Governo per quanto riguarda il materiale nucleare attualmente in riprocessamento in Francia e in Inghilterra e che secondo i trattati internazionali dovrà tornare nel nostro Paese, se il ministro non ritenga che sulla SOGIN andrebbe fatta un'indagine importante su come sono stati spesi soldi, su quello che è stato fatto e soprattutto sullo stato attuale dei siti nucleari nel nostro Paese che mi sembra ad alto rischio.
  Chiudo sulla vicenda della partecipazione dei cittadini da lei opportunamente evidenziata. Ci sarebbe necessità di emanare norme sulla partecipazione dei cittadini associati nelle forme di decisione dei procedimenti amministrativi che portano ai livelli autorizzativi. Qui si tratta non di mettere in moto meccanismi per convincere i cittadini dell'utilità di alcune opere rispetto ad altre, ma di mettere in atto un vero e proprio sistema normativo che permetta ai cittadini di partecipare attivamente alle decisioni.Pag. 35
  Da questo punto di vista credo che vadano riformulate le leggi riguardanti la VAS e la VIA, perché quei procedimenti che già sono pubblici devono vedere i cittadini organizzati partecipare in modo diretto.

  ROBERTO MORASSUT. Anch'io rivolgo un ringraziamento e un doppio augurio al ministro: il primo è quello di riconciliare il tema della tutela ambientale con quello dello sviluppo, l'altro è quello del rilancio del rapporto con la Commissione. A me pare importante anche questa sottolineatura del ministro sulla volontà di collaborare da vicino con la Commissione.
  Vorrei toccare rapidamente il tema del recupero urbano collegato al contenimento del consumo di suolo. In Commissione è stata già avviata un'iniziativa legislativa che è stata promossa dal presidente Realacci con la presentazione di una proposta di legge che contiene elementi che ci consentono finalmente di arrivare a un obiettivo da tempo perseguito in ambito parlamentare: quello di definire alcuni princìpi fondamentali in grado di promuovere una politica di recupero urbano e di contenimento del consumo di suolo dopo che per tanti anni si è tentato inutilmente di farlo.
  Nell'ultima legislatura ci siamo avvicinati a questo obiettivo storico, ma purtroppo non lo abbiamo raggiunto. Forse le attuali condizioni politiche possono paradossalmente consentirci di dare risposta a questo che io considero uno dei principali problemi italiani, perché, come accennato dall'onorevole Matarrese, proprio la disgregazione della legislazione in materia di governo del territorio, con la sua articolazione per regioni, ha prodotto guasti enormi che si chiamano indebitamento dei comuni, corruzione, rischio idrogeologico, impoverimento della parte pubblica delle città, che poi sottraggono enormi risorse allo sviluppo.
  Su questo argomento credo che la Commissione debba rapidamente avviare un lavoro di costruzione di una posizione comune, a partire dalla proposta di legge già depositata, che tenga conto però che dentro il tema recupero urbano e del contenimento del consumo di suolo vi sono alcune questioni senza le quali questo obiettivo non può essere colto. Il primo è il tema dei livelli di pianificazione nazionali e regionali, l'incentivazione della piccola proprietà nel recupero urbano perché altrimenti non si entra nel recupero delle città consolidate, e gli strumenti che vengono dati ai comuni, agli enti locali per valutare il movimento della grande rendita immobiliare che si genera nel recupero urbano, perché questo produce ricchezze che vanno distribuite equamente tra il mercato e le autorità comunali e gli enti locali.
  All'interno di questo c’è anche il tema delle opere pubbliche e delle infrastrutture affrontato ieri nell'audizione del Ministro Lupi, che ha accennato ai programmi di opere pubbliche relative al Piano carceri e al piano dell'edilizia scolastica. Abbiamo avuto l'esperienza negativa della proposta di legge sugli stadi e anche su queste questioni, con la collaborazione tra la Commissione e il ministero, è possibile approntare uno strumento normativo generale nazionale può contribuire a evitare situazioni per le quali nello scambio tra diritti edificatori e realizzazione di opere pubbliche si possano creare nuove spinte speculative e nuove rendite. Occorre quindi una regola generale che è contenuta proprio all'interno di politiche di recupero urbano.
  Credo che su questi temi la Commissione possa avere un ruolo fondamentale in rapporto con il ministero, e mi auguro che il tempo che ci sarà dato possa essere utile per arrivare a un obiettivo che da tanto tempo viene vanamente perseguito dal Parlamento.

  PAOLO ALLI. Grazie, ministro, per la relazione molto ampia e largamente condivisibile. Mi sembra che poi anche dalla discussione siano emersi temi e contributi molto interessanti.
  Vorrei rifarmi all'affermazione che lei ha espresso all'inizio, che mi sembra politicamente rilevante, ovvero alla necessità di porre le tematiche ambientali al centro Pag. 36del dibattito politico, obiettivo che tutti insieme ci dobbiamo porre, per cui lei richiamava anche la necessità di superare contrapposizioni tra maggioranza e opposizione.
  Per raggiungere questo obiettivo, però, dobbiamo avere il coraggio di superare alcuni approcci ideologici. Che lo sviluppo sia contro l'ambiente, e il privato sia contro l'ambiente per definizione sono affermazioni che non sono più vere: che lo sviluppo sia contro l'ambiente non è mai stato vero, perché ci sono grandi esempi del contrario, mentre il privato spesso arriva a operare contro l'ambiente perché viene messo in condizioni di non avere risposte. Sono contento che lei nella parte conclusiva della sua relazione abbia ripreso il tema di una politica ambientale vicina ai cittadini e vicina anche alle imprese.
  Credo che oggi non ci siano più aziende come quelle che dieci anni fa sentendo parlare di valutazione d'impatto ambientale cercavano di fare di tutto per schivarla: la valutazione ambientale strategica e le autorizzazioni ambientali integrate sono ormai entrate nella mentalità del mondo imprenditoriale, che le accetta nei confronti dei cittadini e che però vuole anche risposte certe, trasparenti e rapide.
  Purtroppo a volte il termine «burocrazia» nasconde altro: l'incapacità di assumersi responsabilità da parte di chi gestisce materie così delicate, per cui i comuni rimpallano sulle province, le province sulle regioni, le regioni sul ministero, il ministero ritorna sugli enti locali e alla fine partono procedure di infrazione anche a causa di questa inefficienza del sistema.
  Credo che un problema molto serio sia il rapporto talora conflittuale tra lo Stato centrale e le regioni. Ho potuto fare un'esperienza quinquennale come direttore generale in una regione importante sulle tematiche ambientali e ho molto sofferto di questo. Le chiedo quindi, signor ministro, di porre una particolare attenzione a questo, anche perché – e riprendo l'intervento dell'onorevole Bratti – per quanto riguarda il tema delle agenzie ambientali, che è fondamentale (condivido totalmente le sue considerazioni, essendo stato per qualche anno il consigliere di amministrazione di APAT), ci sono professionalità, ci sono capacità, ma non c’è una rete, una sinergia vera tra la realtà centrali e quelle regionali.
  Ritengo quindi che il rapporto tra Governo centrale e regioni sia un punto fondamentale per far funzionare il nostro sistema a tutela dei cittadini e nell'interesse delle imprese.
  Sul tema innovazione e ricerca ho trovato la sua relazione un po’ debole, nel senso che lei cita giustamente la ricerca sul tema delle rinnovabili, ma la ricerca e l'innovazione sono a tutto tondo sulle tematiche ambientali. Visto che ha fatto un elenco di ministeri con i quali collaborare, le consiglierei di inserire anche il MIUR in questo elenco.
  Se oggi l'ambiente è migliore di 10, 20 o 30 anni fa, lo si deve allo sforzo di ricerca e di innovazione fatto sia a livello accademico sia dalle imprese, e al MIUR anche per quanto riguarda il tema dell'educazione ambientale, tema che non ho sentito evocare. Dobbiamo infatti preoccuparci di educare le giovani generazioni al rispetto dell'ambiente sin dalle scuole elementari e medie. Sono in atto molti sforzi, ma forse vanno ulteriormente incentivati.
  Vi è un ultimo punto che vorrei toccare ed è il tema dei rapporti internazionali con l'Unione europea. Il Governo italiano deve essere molto coraggioso in questo ambito. Ero presente a Rio+20 che è stato un compromesso al ribasso peggiore di altre volte, ma, nonostante gli sforzi del suo predecessore Ministro Clini, l'Italia non ha saputo imporre posizioni. Questo è un tema politicamente molto rilevante, perché, se vogliamo avere un ruolo, dobbiamo decidere cosa dire in queste sedi. Per quanto concerne, ad esempio, il tema dei biocombustibili di cui non si parla mai, a livello mondiale sono emerse perplessità del mondo scientifico sulla reale capacità di abbattere le emissioni climalteranti, ma i biocombustibili stanno diventando l'elemento principale di fenomeni come il land grabbing o l'aumento indiscriminato dei Pag. 37prezzi delle commodities agroalimentari. Le chiedo: noi non diciamo nulla su questo ?
  Tra l'altro, i biocombustibili che secondo gli esperti non assicurano neppure vantaggi a livello globale, quando vengono applicati nelle città producono più polveri sottili di altri combustibili. È necessario che su questi totem a livello scientifico assumiamo una posizione politica chiara, anche nel rapporto con l'Unione europea che attraverso i centri di ricerca fa molte cose.
  Ultimo mio personale pallino nel discorso Unione europea: la Commissione europea deve decidere una volta per tutte se privilegiare le politiche ambientali o le regole del mercato interno, in quanto non si capisce perché quando anche ci sono risorse da poter dare ad aziende o a soggetti che vogliono migliorare i propri cicli produttivi si ricada nel tema degli aiuti di Stato, per cui bisogna fare le notifiche e attivare la burocrazia.
  Bisognerebbe che una volta per tutte le politiche ambientali virtuose venissero tenute fuori da questi vincoli di aiuto alle imprese.

  CLAUDIA MANNINO. Anche noi, come già detto, ci riconosciamo nel discorso del ministro e ci fa molto piacere constatare come definizioni quali «decrescita felice» e «strategie a rifiuti zero» non facciano più paura a un Governo.
  Anche nell'ottica della già citata educazione ambientale e del MIUR, riteniamo necessario rivedere la legge Gelmini e crediamo che l'esempio sia la principale strada da percorrere. Mi permetto in tal senso di fare una critica. Si parlava di educazione delle giovani generazioni, però sappiamo bene che ci sono numerose strade da percorrere (acquisti verdi, Agenda 21, gruppi di acquisto solidale, di recepimento di direttive europee). Invito tuttavia il ministro a prendere una posizione chiara sul tema dell'acquisto di prodotti monouso, a partire dalle pubbliche amministrazioni. Questa Commissione come tutte le altre è infatti piena di bottiglie e di bicchieri di plastica, laddove i prodotti monouso sono la principale fonte inquinante difficilmente smaltibile, non biodegradabile, tutti argomenti che dimostrano come alle belle parole di educazione ambientale debbano sempre seguire i fatti.
  Un altro argomento è quello di non parlare più di rifiuti, ma di parlare di materiali post-consumo, che hanno un valore economico che i rifiuti non hanno. Spesso si parla di problemi di gestione dei rifiuti, ma iniziamo a cambiare termini e a utilizzarli per quello che realmente sono.
  Lei ha citato il reato ambientale che, anche in collaborazione con la Commissione competente, come per altri reati deve tenere in considerazione i mandatari diretti di danni ad esempio nel caso di incendi di discariche abusive, ma anche i mandatari indiretti, perché spesso dietro questi delitti ci sono grossi interessi e lobby.
  Infine, un accenno alle royalties: si è parlato di estrazioni di acqua e di petrolio, ma le royalties italiane sono ridicole rispetto a quelle degli altri Paesi. Invito quindi questo Governo a rivedere le royalties italiane soprattutto per acqua e petrolio, off-shore e in-shore. Grazie.

  PRESIDENTE. Non credo che il ministro sia un fan della «decrescita felice», però, battute a parte, ringrazio tutti i colleghi e desidero aggiungere solo una piccola nota tecnica, perché i temi sollevati sono tanti e mi sembra che la lunghezza d'onda sia molto affine e ci consenta di lavorare proficuamente. Vorrei chiedere una parola di chiarezza sulla vicenda SISTRI. Sappiamo che è una questione molto delicata e pesante, e, se non ho capito male (mi sembrerebbe una soluzione ragionevole), si intende operare per il momento limitando la messa in funzione del SISTRI ai rifiuti pericolosi, evitando cioè che il sistema sia spalmato su tutto l'insieme delle attività produttive producendo problemi.
  Questo è però uno dei casi in cui è utile dire parole chiare, perché altrimenti si genera confusione e questo produce malessere.Pag. 38
  Do la parola al Ministro Orlando per la replica.

  ANDREA ORLANDO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. È chiaro che non c’è una proporzionalità tra la lunghezza della mia relazione e la durata del Governo. Credo però che sia opportuno – il Governo duri un giorno o cinque anni – collocare ogni singolo atto all'interno di una prospettiva di carattere complessivo, perché credo che la valutazione dei singoli atti cui saremo chiamati, tanto più in un ambito in cui gli interessi particolari (assolutamente legittimi) sono forti e presenti, vada sempre verificata alla luce di obiettivi di carattere strategico più generale.
  Ritengo si debba per quanto possibile, per le cose che ho provato a dire introducendo la mia relazione, provare a pensare al lavoro che stiamo facendo, come a un lavoro che non inizia con noi e che non deve finire con noi, e che ci debbano essere una continuità nelle cose positive (ho provata a citarne qualcuna ma purtroppo non sono tantissime) e anche degli elementi di prospettiva, anche se sono quelli che politicamente possono pagare di meno.
  È del tutto evidente, infatti, che un percorso che si innesca oggi e si realizza tra dieci anni può assicurare un ritorno politico abbastanza esiguo, ma possiamo affrontare questi temi soltanto così perché paghiamo anche una politica che ha cercato di costruire un ritorno in termini di consenso nel brevissimo periodo, altrimenti non si spiegherebbero molte delle scelte anche dissennate compiute nel corso del tempo.
  Mi scuso se non darò una risposta a tutte le questioni che sono state poste e mi riservo di ritornare in Commissione anche per dare una risposta più puntuale su alcuni singoli punti che sono stati sollevati.
  Parto da questo. Noi abbiamo di fronte una sfida importante e proprio nell'ottica delle cose che dicevo si deve innanzitutto dichiarare come riteniamo si debba procedere in ordine alla definizione delle condizioni, perché chi verrà dopo di noi sia messo nelle condizioni di poter lavorare meglio di come abbiamo iniziato a lavorare noi. Credo che questo sia il primo punto.
  In questo senso nella nostra attività abbiamo alcune cose alle quali non ci possiamo ovviamente sottrarre, che sono questioni di carattere emergenziale, di cui vi riferirò dopo. L'altro filone sul quale credo si debba lavorare per cogliere dei frutti progressivamente maturati è lavorare sulle ipotesi che sono risultate condivise. Questa sera è stato importante verificare che su alcuni punti c’è una condivisione di carattere generale, quindi approfittiamone e proviamo a percorrere quelle strade.
  Ascrivo a queste due famiglie alcuni dei temi legislativi che ho segnalato nella mia relazione. Sul tema dei reati ambientali ritengo che ci sia un'emergenza. Per cultura non sono un panpenalista e credo che la proliferazione dei reati abbia prodotto più impunità che capacità di contrasto ai fenomeni criminali. E tuttavia in quest'ambito abbiamo sanzioni simili per fattispecie profondamente diverse, cosa che rappresenta una grande distorsione di un sistema repressivo.
  Abbiamo le stesse sanzioni per violazioni meramente formali e per comportamenti che hanno provocato spesso danni incalcolabili dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. La ricostruzione di una gerarchia dei disvalori è il primo strumento di cui ci dobbiamo dotare, se vogliamo contrastare alcuni fenomeni che purtroppo sono stati tardivamente contrastati, perché di mafia si parla da moltissimo tempo, mentre di ecomafia si parla da tempo ma è stata sanzionata con molto ritardo. Credo che oggi dobbiamo adeguarci su questo fronte in modo molto rapido.
  Quando parlo di questioni di carattere condiviso non considero scontato l'esito del percorso che sto proponendo, perché credo che sul tema dell'acqua emergeranno anche opinioni diverse. C’è però un dato dal quale non si può prescindere: c’è Pag. 39un vuoto legislativo e c’è un'indicazione referendaria. Questi sono i due criteri a cui è necessario attenersi.
  Questo vuoto rischia di produrre una serie di reazioni a catena sul territorio, che rischiano di peggiorare ulteriormente le condizioni già abbastanza disastrate del nostro sistema periferico di conduzione, distribuzione e captazione delle acque.
  Credo, dunque, che ci sia un problema fondamentale di azione legislativa su questo terreno, e incontrerò tutti i soggetti che hanno agito e pongono questioni su questo tema, a partire dal Forum su questo punto, perché li considero tutti interlocutori interessanti riguardo alla costruzione di un percorso.
  Vorrei proporre una cosa anche al presidente. Forse ancora prima di arrivare all'articolato si potrebbe investire la Commissione di un ragionamento, magari anche costruendo insieme un atto di indirizzo che provi a indicare alcuni punti e possa farci arrivare poi alla definizione normativa sulla base anche di un dibattito che ha provato a definire alcuni obiettivi.
  Non è detto che saremo tutti d'accordo, ma ci sono alcuni punti dai quali a mio avviso è impossibile prescindere politicamente. Potremmo provare a costruire una risoluzione anche utilizzando il lavoro e il confronto nella Commissione.
  Anche sul tema del suolo vado sul consolidato, perché c’è un disegno di legge che è stato proposto e poi riproposto in questa Commissione che affronta alcuni temi. Non li affronta a mio avviso tutti (ma a volte a volerli affrontare tutti poi non se ne affronta nessuno), ma costituisce un primo passo che dà alcuni obiettivi.
  Credo che contestualmente, a latere di quel testo si debba sviluppare (raccolgo le indicazioni di alcuni interventi) il sistema di vincoli e di incentivi che spingono nella direzione non tanto della difesa del terreno agricolo, ma dell'incentivazione della trasformazione urbana, perché questa mi pare la questione fondamentale anche come risposta immediata al ciclo economico.
  In questo senso, non solo non ravviso una contraddizione tra ambiente e sviluppo, ma vedo una occasione eccezionale anche di riconversione produttiva, perché vi chiedo: per quanto tempo potranno continuare le nostre imprese edili a progettare e a pensare il loro lavoro in funzione di una crescita di carattere quantitativo, per quanto tempo potranno pensare che il loro core business sono le lottizzazioni ?
  A un certo punto la questione si è posta per l'automobile: è del tutto evidente che la crescita che abbiamo registrato negli anni precedenti non si riproporrà negli stessi termini e accompagnare una trasformazione delle imprese che operano in questo settore credo sia un obiettivo non soltanto di tutela ambientale, ma anche di politica industriale.
  Credo che le realtà più evolute di questo pezzo del mondo imprenditoriale ormai spingano in questa direzione, ma naturalmente esiste una grande platea di soggetti che invece ha bisogno di indicazioni, di sostegno, di incentivi, e io credo che questa debba essere l'ambizione che ci diamo nell'avviare un ragionamento su questo tema.
  Per questo è assolutamente importante che non si distrugga ciò che è fatto, quindi sicuramente, mantenendo fermo l'obiettivo della stabilizzazione, intanto rinnoviamo gli incentivi sugli interventi di riqualificazione energetica degli edifici che sono a mio avviso fondamentali.
  Qual è secondo me l'ulteriore step che bisognerebbe provare a fare ? Che dall'appartamento si passi al condominio, perché oggi gli interventi sono spesso finalizzati al singolo appartamento con una difficoltà a interloquire sul tema delle parti comuni degli edifici, che però sono invece quelle che producono le principali inefficienze sul piano energetico. Si tratta anche qui di ragionare su come si accompagni anche dal punto di vista normativo un'evoluzione del sistema degli incentivi che vada in questa direzione.
  Sono molto d'accordo anche su un'altra questione che è stata posta. Se noi dobbiamo ascrivere un merito alle politiche di territorio di questi anni, ho già citato la questione delle aree protette, ma aggiungerei Pag. 40la questione dei centri storici. Nel nostro Paese i centri storici non sono più quelli di 15-20 anni fa. Amministrazioni locali molto diverse hanno restituito loro la qualità. Dobbiamo immaginare un intervento analogo sul fronte delle periferie, anche se dal punto di vista politico sono meno remunerative perché è più importante fare la piazza che non riqualificare il quartiere di edilizia economica popolare degli anni ’80.
  Dal punto di vista della difficoltà dell'intervento – lo dico anche per l'esperienza che ho maturato da amministratore – paradossalmente si tratta di intervenire in aree più semplici, perché sono aree più omogenee, dove la frammentazione della proprietà è minore, dove quindi ci sono le condizioni per poter fare delle operazioni che possano avere anche un saldo positivo dal punto di vista sociale ed economico. Non mi sfuggono altri tipi di problemi, però penso che questa debba essere un'ambizione alla quale legare una legge che provi ad affrontare il tema del consumo del suolo.
  Mi rendo conto che tutte le cose che sto dicendo non si realizzeranno nell'arco della mia attività, ma penso che imbastire un ragionamento su come realizzare la manutenzione delle aree interne sia una questione fondamentale per dare una risposta che non sia soltanto vincolistica al tema del consumo del suolo.
  A chi mi ha chiesto quale sia il mio programma fondamentale io ho risposto – forse in questo caso con un eccesso di cautela – che mi basterebbe lasciare meno infrazioni comunitarie di quante ne ho trovate, che è una battuta ma fino a un certo punto. Nel settore dell'ambiente, ci sono infatti 34 infrazioni comunitarie, che rappresentano un terzo di tutte le infrazioni comminate al nostro Paese. E vedo già all'orizzonte la possibilità che ne arrivino molte altre.
  Da questo punto di vista ritengo che alle volte ci inventiamo degli obiettivi mentre sarebbe sufficiente fare le cose non che ci sono imposte dall'Unione europea, ma che noi abbiamo concorso a definire insieme in sede di Unione europea, salvo poi dimenticarcene. Ritengo questa una funzione fondamentale che il ministero deve assumere.
  Sono invece contento che negli interventi di alcuni deputati sia stato colto un punto: il Piano per il contrasto del dissesto idrogeologico è una cosa bellissima, ma se non c’è un fondo per la lotta al dissesto, il piano rimane una splendida esercitazione. Molto è legato anche alla possibilità di rimodulare il Patto di stabilità e di ridefinire i programmi europei. L'ho già detto ma nella prima stesura dei documenti per la programmazione 2014-2020 dei fondi comunitari il tema delle bonifiche dei siti inquinati non è incluso e questo significherebbe bloccare l'attività di bonifica avviata, perché i fondi statali per la bonifica dei SIN sono quelli che sono, né potremmo immaginarne molti di più, e a livello regionale si può fare esattamente lo stesso discorso.
  È quindi molto importante che la rimodulazione dei programmi d'intervento comunitari che cominceranno nel 2014 metta al centro il tema della difesa del suolo, della sua riqualificazione, ma anche degli interventi di bonifica dei siti inquinati. Condivido l'indicazione di rivedere complessivamente l'architettura di tali programmi d'intervento, così come ci è stato indicato dalla normativa europea, e assumo anche questo come un impegno che va affrontato e risolto.
  Vorrei dire una cosa sul tema energia. Se abbiamo una strategia energetica e non un piano, una ragione c’è: siamo ancora nell'ambito di linee di carattere generale, quindi ritengo che nella discussione che dobbiamo fare debba esserci un protagonismo del mio ministero, anche perché alcuni obiettivi generici siano specificati nella direzione di una tutela del territorio e dell'ambiente. Mi ha fatto molto piacere il fatto che il Presidente Letta abbia indicato la produzione di energia da fonti rinnovabili come una priorità. Naturalmente – questo è un ragionamento che vale anche per altri temi come quello dei rifiuti – non è che noi oggi possiamo chiudere un modello e aprirne un altro: il tema che si pone è come si esca progressivamente Pag. 41da un modello e si provi a individuare una transizione verso un altro modello, scartando via via le cose che hanno un impatto più forte dal punto di vista ambientale.
  Sarei abbastanza estemporaneo se dicessi che da domani si devono chiudere tutte le centrali alimentate con i combustibili fossili: dico che sarebbe sbagliato continuare a investire ex novo sul fossile e che tra quelle alimentate a fossile quelle obsolete vanno progressivamente dismesse.
  Questo significa che, mentre cresce – auspichiamo sempre di più – il percorso sulle rinnovabili guardando anche ad alcune contraddizioni che sono state introdotte, perché paradossalmente devono essere monitorate alcune rinnovabili che hanno prodotto un impatto significativo e sono state finanziate (penso ad alcune forme che derivano dalla produzione agricola), dobbiamo anche porci il tema di come si passi dal fossile al gas.
  Questo implica anche un altro tema. Ho detto che in alcune realtà i rigassificatori non sono realizzabili, ma è del tutto evidente che nessuna strategia che si costruisce oggi può prescindere da sistemi di captazione del gas. Possiamo discutere su quali siano i modelli migliori, ma o domani mattina grazie a qualche levata d'ingegno saremo in grado di rimpiazzare la produzione di energia da combustibili fossili oppure puntando sulle rinnovabili dovremo pensare a come realizzare un passaggio dal fossile al gas.
  Su Trieste, dossier del quale mi sono trovato ad occuparmi immediatamente (lo dico perché non risponderò alle singole questioni sulle quali tornerò poi nello specifico), c’è un tema di carattere generale che ha anche una valenza emblematica. Lì ci troviamo di fronte ad alcuni impianti progettati su una direttrice dei traffici sulla quale è prevista una forte crescita.
  Mi viene bene questo esempio perché non potremo affrontare quel tema semplicemente nella dimensione nazionale ma, essendo il tema complessivo quello del rapporto con gli altri Paesi del nord dell'Adriatico, ho proposto all'ambasciatore e poi al Governo sloveno di promuovere a partire dal mese prossimo una conferenza tra i Paesi che si affacciano su quell'area.
  C’è infatti da discutere non solo del rigassificatore di Trieste, come chiede la Slovenia, ma complessivamente degli impianti e della compatibilità di questi impianti con il potenziamento infrastrutturale previsto su quella direttrice dei tre Paesi che si affacciano sul nord dell'Adriatico, in un quadro in cui se si deve discutere dei rigassificatori allora vorremmo anche discutere delle centrali nucleari che la Slovenia ipotizza di realizzare e potenziare nell'arco dei prossimi anni.
  Sulla questione Ilva trovo che sia stato fatto un lavoro molto importante e naturalmente fragilissimo, perché, se si dovesse tirare la coperta da una parte o dall'altra, la coperta è talmente logora che si strapperebbe. Sono convinto quindi del fatto che oggi abbiamo soltanto una strada: quella di verificare in modo puntuale, senza elementi di indulgenza il rispetto della procedura AIA che è stata avviata. Questa è l'unica strada che abbiamo di fronte e su questo tema considero fondamentale la seconda relazione trimestrale a cura dell'ISPRA riguardo alle prescrizioni e al rispetto delle prescrizioni, riguardo la quale considero fondamentale aprire immediatamente una discussione politica, perché non voglio che ci sia alcuna presunta o reale discrezionalità del ministero. Vorrei che il ministero socializzasse subito i dati di cui dispone e ne discutesse apertamente, assumendosi poi anche la responsabilità delle scelte che farà, ma – è questo il punto che ritengo fondamentale – senza che ci sia alcuna idea di una «diplomazia segreta».
  Sulla questione rifiuti, quando parlo dell'uscita da un modello per costruirne un altro mi riferisco al fatto che, mentre abbiamo un modello di produzione energetica sgangherato ma con una sua stabilità, con un impatto ambientale notevole che va ridotto ma comunque con una sua solidità (che può piacere o non può piacere), per quanto riguarda i rifiuti ci troviamo di fronte a un sistema che sta franando non solo per deficit di carattere Pag. 42impiantistico che si sono sedimentati nel tempo, ma anche perché i soggetti che oggi svolgono quella funzione stanno progressivamente saltando per aria. Mi riferisco alle aziende che gestiscono i servizi pubblici locali.
  La prima questione che deve essere affrontata è dunque quella di dare a piccoli e grandi centri urbani (penso a quello di Palermo) un supporto per mantenere in piedi quei soggetti, perché altrimenti ci troveremmo in una situazione che moltiplica per dieci ciò che è avvenuto a Napoli e che purtroppo ha reso tristemente famoso il nostro Paese.
  Ho già detto delle linee sulle quali intendo muovermi, però credo che purtroppo, mentre sul resto possiamo discutere con grande determinazione ma anche in un quadro statico, qui stiamo discutendo in un quadro che sta evolvendo (direi che sta involvendo) e rischia di creare significative emergenze ambientali.
  Naturalmente mi riservo di fare una discussione ad hoc sulla questione dei rifiuti, perché credo che, anche alla luce dello sviluppo di alcuni temi che in questi giorni si stanno definendo, sia importantissimo avere un quadro complessivo della situazione.
  A chi ha parlato di decrescita, vorrei dire che è vero che io non sono per la decrescita felice, ma non lo è neanche il Presidente Pepe Mujica che ha detto ciò che alcuni deputati hanno ricordato, ma che è a capo di un Paese che in questi anni ha avuto una crescita significativa dal punto di vista del PIL e che si sta battendo per un enorme progetto di dragaggio del Rio de la Plata, perché la situazione attuale di quel bacino è una delle cause del mancato decollo dei traffici commerciali dell'Uruguay.
  Dico questo non perché voglio fare una distinzione di carattere ideologico, ma perché oggi non stiamo discutendo di una crescita o di una decrescita guidata, ma rischiamo di discutere del collasso di un modello di sviluppo, che di solito non genera dividendi ambientali positivi, e stento a credere che generi felicità.
  In ogni caso, al di là delle nostre convinzioni che ci dobbiamo tenere, il punto fondamentale oggi è come accompagnare la trasformazione di un modello, che abbiamo ereditato ma che appare utopistico pensare di conservare. Questo è il punto fondamentale e io credo che sia il realismo politico, non l'utopia, che oggi consigli la costruzione di una via d'uscita da quel modello.
  Sulla questione della lentezza dei procedimenti decisionali e sulla partecipazione dei cittadini, dico che sicuramente c’è una normativa farraginosa, contraddittoria, c’è il tema mai risolto dei due livelli normativi (statale e regionale) e del rapporto con le regioni. Come segnale politico che ho voluto subito dare ho convocato gli assessori regionali all'ambiente, perché credo che lì ci sia un tema che produce una contraddizione nel sistema. C’è quindi da semplificare molto, però credo che gran parte della reazione burocratica che viene indicata come un limite sia anche il frutto del fatto che nella programmazione non è mai stato assunto il parametro della sostenibilità, e nelle autorizzazioni a valle inevitabilmente si scaricano le contraddizioni che non sono state assunte a monte delle decisioni.
  Cito un esempio. Se dovessimo mettere insieme i traffici attesi che l'insieme delle autorità portuali ha previsto nei piani regolatori portuali, dovremmo «prendere» i traffici non del Mediterraneo ma di tutto il mondo. Penso dunque che ci sia un tema da assumere a monte delle decisioni, che è quello di individuare nella sostenibilità uno dei caratteri che caratterizza la programmazione e sulla base di questo riconsiderare il sistema autorizzativo.
  Vengo alla questione della partecipazione. Consentitemi, io sono un convinto difensore della democrazia rappresentativa ma credo che da sola non basti più e che debba essere integrata con forme crescenti di partecipazione. Qual è il primo punto di partenza di un percorso di questo genere ? È un sistema di certezze, che possiamo realizzare (raccolgo uno spunto posto dall'onorevole Bratti) anche Pag. 43attraverso una ricostruzione di una filiera dei controlli che sia autorevole e attendibile.
  Non mi illudo che un'Autorità sia in grado di mettere la parola «fine» a temi sui quali c’è spesso una disputa anche in ambito scientifico, però noi siamo in una situazione patologica: sullo stesso impianto si danno giudizi assolutamente opposti. In questo c’è un punto fondamentale che è quello di ricostruire una filiera dei controlli e della certezza pubblica come primo punto per impostare un percorso democratico.
  C’è poi una questione ulteriore da affrontare: non solo come i cittadini accedono alle informazioni, perché, come ci insegna il fenomeno della rete, le informazioni possono sostenere una tesi piuttosto che un'altra, ma come si costruisce un dibattito pubblico nel quale si consente di partecipare ai diversi interessi in gioco e contemporaneamente di costruire in modo consapevole l'opinione pubblica.
  Fra l'altro, non dobbiamo inventare nulla in questo percorso, perché nel resto d'Europa ci sono esperienze che vanno in questa direzione, e mi fa piacere che questo tema sia stato indicato anche dai saggi che sono stati nominati dal Presidente della Repubblica come un tema fondamentale per ricostruire un rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni. Penso che questo debba essere un obiettivo che si intesta a questo Governo come programma. Questa è una delle fondamentali riforme istituzionali che a mio avviso si deve realizzare.
  Sulla questione decommissioning dei siti nucleari anch'io sono interessato a sapere cosa sia avvenuto, come si sia sviluppato il lavoro svolto e mi riprometto un approfondimento specifico.
  Sulla questione OGM abbiamo avviato un tavolo con gli altri ministeri interessati, quello della sanità e quello dell'agricoltura. Si tratta di fare un punto specifico, tenendo conto delle nostre aspirazioni e del quadro normativo comunitario che va modificato. Le nostre aspirazioni, anche in ragione di una difesa dalla produzione nazionale, spingono nella direzione di una limitazione o addirittura di un divieto rispetto all'utilizzo degli OGM, però agiamo in un quadro europeo, del quale non possiamo non tenere conto. È molto importante che i tre ministeri definiscano una strategia comune non soltanto per esprimere la loro opinione, ma per far sì che questa diventi normativa europea, perché spesso uno se l’è cavata dicendo: «non li vorrei ma me li impongono», mentre ora bisogna dire come vogliamo fare una battaglia politica per modificare alcune indicazioni contenute nella normativa europea.
  Raccolgo volentieri il giusto rilievo che mi è stato fatto sulla questione ricerca e innovazione, e sono convinto che l'appunto sia assolutamente giusto.
  Sul SISTRI la situazione è questa: attualmente la normativa prevede che si parta per quel che riguarda il trasporto dei rifiuti pericolosi a ottobre e si giunga a marzo a un'estensione a tutta la platea originaria. Credo che, mantenendo l'obiettivo della partenza a ottobre per i pericolosi, si debba accentuare il carattere sperimentale del periodo tra ottobre e marzo, perché ad oggi nessuno mi ha messo per iscritto che quel sistema è in grado di funzionare.
  Sono convinto che il tema della tracciabilità sia fondamentale per il contrasto all'illegalità e a tutte le forme di ecomafia, ma credo che anche come elemento di tutela dell'amministrazione sia giusto partire a ottobre e poi da ottobre a marzo verificare come abbia funzionato il sistema e sulla base di questo riservarsi la possibilità di estendere o non estendere la platea, articolarla, modificarla.
  In altri termini, credo che non possiamo permetterci ulteriori rinvii, pena l'abbandono definitivo del progetto, ma non possiamo neanche permetterci salti nel buio, e in questo senso ho avviato un confronto con tutte le organizzazioni delle imprese perché ritengo fondamentale cogestire con loro il percorso. Contemporaneamente ho scritto al Comitato di vigilanza e controllo del sistema per informarmi sullo stato delle attività di sorveglianza Pag. 44e controllo e sullo stato della realizzazione del progetto fino ad oggi.
  Cito solo una delle questioni locali perché considero quella vasta area della Campania nota con l'espressine«Terra dei fuochi» tra le emergenze ambientali in atto, altrimenti non l'avrei scelta come meta della prima visita che ho compiuto. Ci troviamo di fronte a un'enorme sistema di smaltimento dei rifiuti illegale di imprese formalmente inesistenti (di questo si tratta), che utilizza la manovalanza della criminalità organizzata per sostituire ciò che fino a qualche tempo fa era fatto con il sistema delle discariche, mentre oggi c’è una combustione a cielo aperto.
  Stiamo lavorando a un protocollo con gli enti locali per la raccolta dei pneumatici abbandonati; stiamo rafforzando il sistema di controllo anche con l'ausilio del NOA; stiamo lavorando su un bando per la bonifica delle discariche nei comuni che sono stati sciolti per criminalità organizzata. Si tratta poi di costruire un grande progetto soprattutto con il ministero delle finanze, perché c’è da ricostruire complessivamente la filiera.
  Non so quale sarà il sistema complessivo di tracciabilità dei rifiuti che riusciremo a costruire, ma, se c’è un luogo che meriterebbe una sperimentazione di questo sistema, è esattamente quello, perché ci troviamo di fronte a un territorio già martoriato, in cui i falò citati dall'onorevole Manfredi continuano quotidianamente a produrre diossina.
  Ci preoccupiamo giustamente degli impianti industriali che sforano i limiti di emissioni, ma lì, nella «Terra dei fuochi», non abbiamo nessuna registrazione dei limiti per il semplice fatto che si tratta di attività completamente illegali, ma le quantità sono quelle indicate. Credo che ci sia l'esigenza di cimentarsi molto rapidamente su questo tema.

  CLAUDIA MANNINO. Nessun accenno ai prodotti monouso ?

  ANDREA ORLANDO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. È naturale che nell'ipotesi «rifiuti zero» tutti gli interventi che vanno nella direzione della riduzione di produzione di rifiuti sono da sostenere e sono condivisibili.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il ministro per il tempo che ci ha dedicato e per la completezza dell'esposizione. Siccome, anche sottraendo tempo al ministro, tutti hanno potuto esprimere il parere e la replica è stata completa, propongo che le prossime audizioni, che immaginiamo abbastanza frequenti, siano mirate a singoli argomenti, per cui affronteremo in maniera più puntuale le questioni aperte.
  Tra le tante cose su cui, oltre a esserci consonanza, il ministro ci ha proposto degli stimoli e delle linee da seguire, vorrei citarne una che «consegno» agli uffici, cioè l'idea che, in attesa di un provvedimento di natura legislativa, la Commissione si applichi per predisporre una risoluzione sull'acqua, che sia di orientamento all'attività legislativa che il Governo ci vorrà proporre o che il Parlamento vorrà avviare.
  Ringrazio nuovamente il Ministro Orlando e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.20.