Sulla pubblicità dei lavori:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3
Audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio, sulle linee programmatiche
(ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3
Delrio Graziano , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 3
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 8
Bressa Gianclaudio (PD) ... 8
Dieni Federica (M5S) ... 10
Gelmini Mariastella (PdL) ... 10
Balduzzi Renato (SCPI) ... 11
Pilozzi Nazzareno (SEL) ... 12
Bragantini Matteo (LNA) ... 14
Plangger Albrecht (Misto-Min.Ling.) ... 14
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD) ... 15
Invernizzi Cristian (LNA) ... 17
Famiglietti Luigi (PD) ... 17
Richetti Matteo (PD) ... 18
Lauricella Giuseppe (PD) ... 19
Agostini Roberta , Presidente ... 20
Delrio Graziano , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 20
Agostini Roberta , Presidente ... 22
Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero: Misto-MAIE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO PAOLO SISTO
La seduta comincia alle 14.10.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
Audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio, sulle linee programmatiche.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio, sulle linee programmatiche.
Ringrazio il ministro per la sua presenza, perché so che è impegnatissimo in una politica estremamente attiva sul territorio.
Ricordo che nella riunione dell'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi dell'11 giugno è stato concordato di contingentare i tempi dedicati alla formulazione delle osservazioni e dei quesiti da parte dei deputati, assegnando a ciascun Gruppo un tempo proporzionale alla propria consistenza numerica. Per venire incontro alle esigenze manifestate da alcuni rappresentanti dei Gruppi, la Presidenza ha provveduto ad aumentare i tempi già concordati in modo proporzionale, al fine di assicurare ai Gruppi meno numerosi un tempo minimo di cinque minuti.
I tempi sono quindi così ripartiti: Partito Democratico 22 minuti, Movimento 5 Stelle 12, Popolo della Libertà 12, Scelta civica per l'Italia 8, Sinistra Ecologia Libertà 8, Lega Nord Autonomie 5, Misto 5, Fratelli d'Italia 5.
L'audizione deve concludersi possibilmente entro le 15.40. Il ministro si è già detto disponibile a «europeizzare» i tempi della sua relazione e di questo gli siamo anticipatamente grati.
Do la parola al Ministro Delrio.
GRAZIANO DELRIO, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Ringrazio il Presidente Sisto dell'invito. Buongiorno, signori deputati. Cercherò di contenere la mia relazione in 20 minuti, confidando poi nel fatto che le vostre osservazioni possano consentire ulteriori approfondimenti.
Partirei con la citazione testuale del discorso del Presidente del Consiglio, sul quale abbiamo ottenuto la fiducia da voi, signori deputati, che fornisce un quadro generale delle linee programmatiche relative al dicastero da me presieduto.
Il Presidente Letta ha detto: «Dobbiamo, quindi, istituire una seconda Camera – il Senato delle regioni e delle autonomie – con competenze differenziate e con l'obiettivo di realizzare compiutamente l'integrazione dello Stato centrale con le autonomie, anche sulla base di una più chiara ripartizione delle competenze tra i livelli di governo con il perfezionamento della riforma del Titolo V. Bisogna riordinare i livelli amministrativi e abolire definitivamente le province. Semplificazione e sussidiarietà debbono guidarci al fine di promuovere l'efficienza di tutti i livelli amministrativi e di ridurre i costi Pag. 4del funzionamento dello Stato. Questo non significa perseguire una politica di tagli differenti indifferenziati, ma, al contrario, valorizzare comuni e regioni per rafforzare le loro responsabilità, in un'ottica di alleanza tra il Governo, i territori e le autonomie ordinarie e speciali».
Inoltre, il Presidente Letta sottolineava il fatto di andare a chiudere rapidamente la partita del federalismo fiscale, rivedendo il rapporto fiscale tra centro e periferia ed eventualmente anche esplorando il suggerimento del Comitato dei saggi istituito dal Presidente della Repubblica relativamente alla riorganizzazione delle regioni e dei rapporti tra di loro.
Come sapete, su questi obiettivi vi sono due distinte competenze, quella del Ministro Quagliariello, che seguirà le riforme di tipo costituzionale – l'abolizione delle province sarà quindi ricompresa nella sua competenza in quanto parte del progetto di riforma – e la nostra.
Noi imposteremo la nostra parte attraverso le leggi ordinarie, per fare in modo di riorganizzare i livelli intermedi di governo in un'ottica nuova di semplificazione, che si basa prevalentemente su un assunto: dobbiamo organizzare le istituzioni, dobbiamo organizzare la Repubblica, in maniera da fornire i migliori servizi a livello di qualità e di efficienza ai cittadini e non il contrario.
Non vogliamo riformarci perché le province sono la causa di tutti i mali o del debito pubblico italiano. Non è questo il problema. Io credo che questo Governo debba cambiare ottica. Non è solo un problema di effettuare tagli e risparmi, ma di organizzare i servizi per le imprese e le famiglie al livello più semplice, immediato ed efficace possibile.
Occorre un ragionamento di rafforzamento delle responsabilità dei comuni nella loro funzione, garantita dalla Costituzione, di essere gli organi che hanno tutte le funzioni amministrative e del ruolo delle regioni nella loro capacità programmatoria e legislativa, in maniera tale da potere togliere un livello di governo, facendolo diventare di secondo livello.
Nel discorso del Presidente del Consiglio vi è anche l'ipotesi, che è poi l'ipotesi di fondo, di un nuovo Patto per la Repubblica. In questo vi è la piena applicazione dell'articolo 114 della Costituzione, che, come sapete, recita che la Repubblica è costituita da Stato, regioni, province, comuni e città metropolitane, non conferendo un ordine gerarchico ai soggetti elencati, ma mettendoli tutti sullo stesso piano e superando così la vecchia identificazione tra Stato e Repubblica.
Noi insistiamo molto sul fatto che vanno rafforzati i piani concertativi dei diversi livelli di governo e, poiché io ho come delega l'attuazione del federalismo prevista dalla legge 5 maggio 2009, n. 42, che è stata ampiamente condivisa da diverse forze politiche e che è in larga parte incompiuta, è evidente che, dentro l'ottica federalista, comprendo anche strumenti concertativi stabiliti.
Il primo e più importante è la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, che avrebbe dovuto essere convocata già nel maggio 2011 e che a oggi non è mai stata convocata. Si tratta dell'organismo in cui si concertano gli obiettivi di finanza pubblica tra regioni, comuni e Stato, nonché gli obiettivi e i saldi che si ottengono. Al suo interno si cercherà di avere una discussione trasparente e paritaria, dovendo, però, alla fine decidere, perché discutere non significa bloccare una decisione. La Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, che io avrò anche il compito di presiedere, verrà convocata al più presto, proprio per cominciare a ragionare di obiettivi di riorganizzazione, di risparmi di spesa e di efficientamento dei servizi in maniera paritaria all'interno di un patto vero tra Governo e autonomie.
Ho già detto che la riforma federale è in gran parte incompiuta, anzi, in realtà, non è partita. In questo io confido molto nella collaborazione vostra e anche di coloro che siederanno nella Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale. Noi abbiamo intenzione di completare il federalismo amministrativo, di arricchire il federalismo fiscale e soprattutto Pag. 5di far partire il federalismo demaniale, che ha comportato una serie di adempimenti assolutamente pronti, preparati e istruiti, ma che non sono mai stati messi in pratica.
Noi abbiamo, dunque, un problema non solo di attuare nuove iniziative, ma anche di fare manutenzione di quanto è già stato fatto e che magari ha già ottenuto un parere positivo della Conferenza unificata, ma che poi, per motivi vari, non è stato mai messo in pratica. Pensate all'importanza del federalismo demaniale rispetto alla valorizzazione dei beni immobiliari nei comuni e nelle caserme dentro le città, al tema del demanio marittimo, e via elencando. Noi avevamo già stilato una white list con oltre 12.000 beni immobili. Vi sono diversi strumenti. Si era deciso di creare due fondi immobiliari, come sapete, dotati di notevole capacità finanziaria. Bisogna lavorare tutti i giorni perché queste iniziative vadano a regime.
Sul federalismo fiscale la discussione è molto aperta, specialmente per la principale imposta del federalismo fiscale, che è l'IMU, l'imposta municipale unica. Come sapete, l'IMU era regolata dalle norme legate al federalismo, in particolare dal decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, in due categorie, l'IMU propria e quella secondaria. La rivisitazione, con i provvedimenti del Governo precedente, ha aggiunto una terza categoria. L'IMU sperimentale che noi adesso abbiamo in essere è un'IMU che nasce gemmata in maniera differente da quelle originali. È compito del nostro Ministero, presidente, prevedere un'interlocuzione diretta con il Ministero dell'economia e delle finanze per riuscire a trovare la maniera più rispondente allo spirito originale dell'imposta municipale propria.
L'imposta municipale propria aveva alcune caratteristiche, come voi avete visto dal nostro primo provvedimento del Ministero, che rimandava l'IMU, che trovate già in quel provvedimento. Non era pagata dalle prime case, ma da alcuni tipi di categorie catastali A/1, A/8 e A/9. Aveva, dunque, alcune caratteristiche.
Noi crediamo, però, che il tema dell'IMU vada affrontato all'interno della logica di un tributo federale, municipale e non statale, con princìpi molto chiari di separazione tra la parte municipale e quella statale, superando l'ambiguità che c’è stata nell'IMU sperimentale di una commistione delle due questioni.
Il federalismo fiscale deve garantire, come recita la Costituzione, agli enti locali e alle regioni, oltre alle funzioni, anche un'autonomia impositiva e l'autosufficienza da un punto di vista economico.
Non è facile attuare il federalismo fiscale e l'autonomia fiscale a diversi livelli di governo senza aumentare la pressione fiscale e senza avere un quadro di precisa definizione di competenze. Questa definizione di competenze, lo ripeto, fa parte della riforma importante sulle province e sulle città metropolitane e dell'attribuzione più precisa di funzioni ai comuni, che già hanno avuto, in decreti precedenti, una loro definizione di funzioni.
Questa ripartizione di competenze, con l'autonomia fiscale, non risolve il tema della quantità complessiva di risorse. È chiaro che il federalismo si è anche bloccato a causa della quantità insufficiente di risorse.
All'interno dell'attuazione di queste riforme fiscali, amministrative e demaniali, noi crediamo che si possa avere un miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia degli enti locali anche stimolando, e questo è un altro compito del ministero, e promuovendo nuove forme o di fusioni tra piccoli comuni, o di aggregazioni ulteriori all'interno di unioni comunali e di gestioni associate di comuni.
Crediamo, infatti, che all'interno di questo percorso, già avviato, perché entro il 2013 i comuni – con riferimento ai piccoli comuni sotto i 5.000 abitanti – dovranno gestire in maniera associata tutte le funzioni, siano importanti il monitoraggio e la valutazione di quello che sta accadendo, nonché l'aiuto al sistema delle autonomie, come recita anche la delega che ho ricevuto dal Presidente del Consiglio. Si tratta di individuare modalità sempre più efficienti di svolgimento dei Pag. 6servizi pubblici locali e dei servizi in generale. All'interno di quel percorso puntuale, collaborativo e cooperativo con le istituzioni locali noi riteniamo che si possano trovare nuove potenzialità di risorse.
Come sapete, veniamo da una stagione molto difficile nel dialogo con le autonomie, una stagione che ha portato, soprattutto attraverso il Patto di stabilità interno, a una contrazione molto importante degli investimenti. Il Presidente del Consiglio, nel suo discorso di insediamento, ha detto che noi intendiamo revisionare il Patto di stabilità. Questo è un altro lavoro che ci impegniamo a fare. In particolare, mi pare che si possa individuare all'interno dell'edilizia scolastica, della messa in sicurezza del territorio e della messa in sicurezza sismica alcune categorie di intervento, che devono riuscire a essere tenute fuori dai conteggi, o perlomeno a essere viste in maniera differente rispetto agli altri investimenti.
L'emergenza che tutti sottolineiamo ogni giorno è quella del lavoro. Si potrebbero fare ripartire, attraverso una revisione, e magari un superamento, del Patto di stabilità per i piccoli comuni, una serie di piccole opere che a oggi sono tutte bloccate. Ci sono paradossi come quello dei comuni confinanti con regioni autonome che ricevono denaro, ma non possono spenderlo perché sono vincolati dal Patto di stabilità. Da un lato, dunque, eroghiamo risorse a questi comuni, ma, dall'altro lato, loro non riescono a utilizzarle.
C’è anche il paradosso di comuni terremotati che hanno fatto l'assicurazione, ma non possono spendere il premio assicurativo perché sono vincolati dal Patto di stabilità.
Abbiamo bisogno di avviare una riflessione – in ciò confido molto nella vostra collaborazione – ovviamente prudente, visti gli Stati della finanza locale, che porti a spostare sempre di più la spesa del comparto degli enti locali dalla spesa corrente alla spesa per investimenti, in maniera da creare lavoro e occupazione.
Peraltro, con riferimento agli elementi recenti di emergenza alluvionale e idrogeologica, su cui stiamo lavorando anche per emanare decreti che possano fornire risorse agli enti locali colpiti e alle relative comunità, riteniamo che la spesa per riparare il dissesto è molto superiore a quella che potremmo investire ogni anno per prevenire il dissesto stesso.
Questo è uno degli elementi che vanno considerati: la spesa per la riparazione dei danni è molto superiore a quella che si potrebbe, invece, utilmente sfruttare modulando il Patto di stabilità. Noi abbiamo come obiettivo anche quello che vi ho appena detto.
All'interno di una riflessione sulla revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione, cercherei per i sette minuti che mi rimangono, di attirare, in maniera più focalizzata la vostra attenzione – spero di poter aprire un confronto in merito con voi molto presto – su due argomenti: l'argomento province e l'argomento città metropolitane.
Sull'argomento province, come abbiamo detto, si intende eliminare dalla Costituzione il livello amministrativo delle province. Quel percorso andrà avanti con la revisione del Titolo V, che dovrà definire meglio le competenze dei diversi livelli.
Intanto, però, occorre sottolineare che la gestione di area vasta di alcune funzioni, come già stabilito dal precedente Governo, va mantenuta. È una gestione che contiamo di mettere in campo con un secondo livello ai sindaci, che possono organizzare questa funzione in maniera, noi crediamo, coordinata ed efficiente, riducendo a zero il tema del personale politico, oltre a quello già presente, e facendo delle province non un potere competitivo rispetto a regioni e comuni, come a volte, purtroppo, è successo, ma un potere cooperativo, in cui le Assemblee dei sindaci possono coordinare le funzioni.
L'orientamento è quello di confermare quanto già fatto dal precedente Governo col decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 il decreto spending review, e, quindi, le funzioni che conoscete, di pianificazione, di coordinamento in materia ambientale e in materia di trasporti, di gestione diretta del Pag. 7sistema viabilistico, di programmazione della rete scolastica provinciale, anche se non di gestione.
Noi crediamo che sia razionale mettere – questa, almeno, è la mia idea – in capo agli uffici tecnici comunali anche la manutenzione e la progettazione delle scuole di secondo grado. Ci pare che questo non sia particolarmente difficile da fare, ma chiaramente alcune funzioni di pianificazione, con tutte le funzioni che i comuni liberamente decideranno di delegare a livello provinciale, possono essere attuate.
Noi cercheremo di fare un'indagine, una ricognizione un po’ più accurata di come stanno funzionando le unioni dei comuni e le comunità montane, in maniera da poter avere alcune informazioni più dirette sulle problematiche della gestione nel secondo livello. Crediamo che questa sia la strada giusta di semplificazione.
L'altra riforma – procedo rapidamente; scusatemi per l'approssimazione con cui fornisco queste notizie, ma ovviamente sono a disposizione per un dialogo più approfondito – che io ritengo molto importante è quella dell'istituzione delle città metropolitane. Ho omesso di precisare prima che per entrambe queste riforme noi abbiamo semplicemente il tempo fino a dicembre 2013, quindi poco tempo, perché questa era la deroga contenuta nell'ultima legge di stabilità.
Le città metropolitane sono un livello molto importante in tutto il mondo anche di promozione dello sviluppo economico. La gran parte dei nostri giovani non va in Spagna o in Germania, ma a Berlino o a Barcellona, perché sono città in cui ci sono i grandi centri di ricerca, un'alta qualità di vita, le grandi università e le imprese più innovative. Quello delle città metropolitane, che rappresenta una riforma che il nostro Paese attende da trent'anni, è un sistema che può essere molto rilevante. Non è assolutamente una duplicazione delle vecchie province. La città metropolitana di Milano non sarà la vecchia provincia di Milano. È un'altra cosa.
Le città metropolitane hanno un'altra funzione. Possono avere una funzione di coordinamento dei servizi pubblici in maniera integrata sull'area metropolitana. Addirittura vi sono modelli tedeschi, alcuni recentissimi, che la Comunità europea mette in evidenza, in cui vi sono gestioni unitarie con le Camere di commercio della programmazione economica, dello sviluppo economico e dello sviluppo viario.
Le città metropolitane sono organismi su cui l'Europa punta moltissimo per la crescita, l'occupazione e la promozione di PIL, proprio perché nelle città metropolitane si attua più o meno il 70 per cento della ricerca mondiale.
In Italia esse contano quasi 20 milioni di abitanti, hanno tutti i più grandi centri di ricerca, tutte le più grandi università e tutti i più grandi hub trasportistici. Quello delle città metropolitane può, quindi, essere uno dei sistemi su cui il Paese può puntare per essere di nuovo attrattivo e capace di promuovere uno sviluppo armonico e serio.
È chiaro che questa riforma è più complessa in termini di sistema elettorale e in generale. È stato fatto un lavoro approfondito da parte degli enti locali, anche questo vario e concertato in maniera piuttosto costante nei due anni precedenti. Noi crediamo che si possa in tempi rapidi sottoporre all'attenzione del Parlamento anche questo tipo di riforma.
Sarò rapidissimo nello svolgere due considerazioni finali. Federalismo significa costi e fabbisogni standard, ossia anche applicazione dei parametri sul livello nazionale nella sanità. I fabbisogni standard nei comuni sono già stati analizzati per circa il 60 per cento e, quindi, abbiamo una grande mole di dati. Bisognerà che qualcuno la usi, che cominciamo ad applicare questa grande mole di dati per fare in modo che il nostro Paese possa attuare un federalismo che aumenti la sua competitività e la sua capacità di non penalizzare le regioni e i comuni, ma di aiutarli a fare bene il loro mestiere.
Mentre siamo piuttosto avanti sui costi e sui fabbisogni standard, sui costi standard Pag. 8in sanità e sui fabbisogni standard nei comuni, siamo piuttosto indietro, invece, su un'altra questione, ossia la stima della perequazione della capacità fiscale dei territori e dei sistemi perequativi, quelli che consentono alla Germania, per esempio, di mettere pochi soldi sulla perequazione, ma di far raggiungere a tutte le regioni del Nord, del Sud e del Centro la stessa capacità fiscale. Il modello è possibile, secondo me. Non è impossibile. Su questi due argomenti, invece, dobbiamo ancora lavorare in maniera più forte.
Da ultimo, ma non ultimo, abbiamo due deleghe importanti relative all'esame delle leggi regionali e al tema dei contenziosi costituzionali. Abbiamo bisogno di lavorare molto nel prevenire questo sistema di contenziosi, che ci ha portato a più di 120 contenziosi tra regioni e Corte costituzionale. Stiamo lavorando adesso con la Conferenza delle regioni per cercare di svolgere un esame preventivo delle leggi e per ridurre di molto questo tipo di contenzioso, molto spesso dovuto alla confusione creata dal nuovo Titolo V e, in particolare, alla sovrapposizione di competenze che esso introduce. Si può fare molto anche con poche azioni, magari concertate all'inizio.
Analogamente, intendiamo, proprio nell'ottica che vi illustravo all'inizio, quella dell'articolo 114 della Costituzione, conferire alla Conferenza unificata, in cui siedono Governo, regioni, comuni e province, una nuova funzione, cercando di fare in modo che sia realmente un luogo concertativo, di riflessione, di studio e anche di valutazione, come purtroppo non riusciamo spesso a fare, degli esiti delle iniziative che stiamo attuando, degli accordi che si firmano e dei decreti che si promuovono.
Sulle autonomie speciali vorrei solo dire che noi non intendiamo ridurre, ma anzi valorizzare le esperienze migliori delle autonomie speciali. Vorremmo che le regioni ordinarie diventassero un po’ più speciali, se possibile. Alle regioni speciali chiediamo di collaborare al coordinamento della finanza pubblica alla pari di tutti gli altri enti, perché è ovvio che, in un sistema di federalismo cooperativo e non competitivo, come dicevo, le regioni più forti devono accollarsi anche parte degli oneri delle regioni più deboli.
Crediamo, però, che questo percorso, con gli accordi già firmati, quello di Milano e quello del 2010 tra il Ministro Tremonti e l'allora Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Tondo, sia già incanalato sulla strada giusta. Vanno solo introdotte le questioni più aggiornate e va aiutato un processo responsabile di autonomia, che, lo ripeto, sia attento a tutti i temi del coordinamento della finanza pubblica anche con le altre regioni.
Grazie, presidente.
PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro Delrio per questi 22 minuti di efficace esposizione delle linee programmatiche del suo ministero.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
GIANCLAUDIO BRESSA. Grazie, presidente. Io mi scuso per il lieve ritardo che non mi ha permesso di sentire la prima parte dell'intervento del Ministro. È un intervento che ho comunque molto apprezzato per la visione complessiva di Governo del sistema delle autonomie, che è la questione più importante in questa nostra Repubblica. Per troppo tempo ci siamo attardati a valutare le singole questioni, perdendo un po’ di vista il quadro di riferimento generale. È particolarmente apprezzabile, invece, questo tipo di approccio, che non è solo politico, ma anche culturale.
Per non rubare tempo ai colleghi farò solo alcuni piccolissimi flash, cercando di sottolineare alcune questioni.
Innanzitutto parto da una delle questioni che il Ministro ha affrontato, quella del contenzioso costituzionale e del ruolo delle Conferenze. È del tutto evidente che il tema, che può apparire del tutto marginale o laterale, rende, invece, il senso di uno dei principali problemi che abbiamo come Repubblica: la riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione ha Pag. 9creato un problema di fondo nei rapporti istituzionali tra centro e periferia. Non parlo di Stato, ma di centro e periferia, perché ci sono alcune funzioni che non sono statali, ma sono centrali, ossia che devono essere gestite al centro da chi è titolare della potestà legislativa.
La gran parte del contenzioso deriva dal fatto che le regioni o lo Stato esorbitano, o si presume che possano esorbitare, dai rispettivi ambiti. Ben venga, dunque, la questione di una revisione delle Conferenze. Forse aiuterebbe anche a disboscare tutti i Comitati che si costituiscono nei diversi ministeri, nel tentativo di coordinare.
Non nascondiamoci, però, il problema che la vera questione della riforma del Titolo V rimasta incompiuta è la seconda Camera. Questo è un tema dal quale non si può scappare. Delle due l'una: se si vuole continuare a percorrere la strada di un'organizzazione federale della Repubblica, il tema della Camera delle autonomie regionali e degli enti locali non può più essere eluso. È un tema che verrà affidato alle riforme costituzionali, ma è cruciale. Lo dico perché prima ancora di cominciare tornano le consuete sirene sulla necessità di un bicameralismo di riflessione, sul doppio ruolo politico delle Camere e via elencando. Sappiamo che risolvere uno dei problemi fondamentali della funzionalità amministrativa e legislativa del sistema risiede in questo.
Vado veramente per flash, saltando un po’ di palo in frasca. Signor Ministro, lei l'ha posta in maniera molto chiara, dimostrando di avere perfettamente centrato il problema, ma la questione non va inquadrata, va risolta.
Lei ha portato un esempio che io vorrei rilanciare, quello dei comuni terremotati. Io le posso portare l'esempio di un Comune che confina con una Regione a Statuto speciale, che ha ricevuto nei giorni scorsi un consistente finanziamento da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri. Ebbene, questo finanziamento resterà in banca. I cittadini di quel Comune potranno andare in banca a vedere il deposito non utilizzabile da parte del Comune, perché sforerebbe il Patto di stabilità. Quella del Patto di stabilità, soprattutto per quanto riguarda una determinata fascia di comuni, è una questione che va risolta subito e non procrastinata nel tempo.
Sulla questione spinosissima della revisione del Titolo V per quanto riguarda le province e le città metropolitane vorrei porre una domanda, perché non ho capito. Poiché noi abbiamo la spada di Damocle della fine del dicembre 2013, tempo in cui si consuma la proroga che è stata concessa, e immaginando di valutare che la revisione costituzionale proceda in parallelo con il resto, osservo che i tempi della revisione costituzionale vanno ben oltre il 31 dicembre. Qual è l'intenzione del Governo per gestire questa fase intermedia ?
Sempre su questo tema, io condivido l'impostazione di area vasta come un luogo non più di potere competitivo, ma di potere cooperativo. Stiamo, però, attenti al fatto che la dimensione delle aree vaste italiane e delle province italiane non è omogenea. Ci sono realtà che sono diverse le une dalle altre.
La realtà di Reggio Emilia non è quella di Sondrio. Una provincia interamente montana è altro rispetto a una provincia di pianura. Il rapporto tra queste due aree vaste, che amministrativamente possono svolgere la stessa funzione, cambia, se abbiamo a mente che un'area vasta montana ha anche un problema di governo del territorio e non solo di gestione dei servizi. Questo è un tema che io vorrei affidare alla riflessione del ministro.
La prossima è una banalità, ma l'aggancio a questo ragionamento. Vorrei che si riflettesse sulla gestione delle scuole. La gestione delle scuole ha un senso laddove le aree vaste hanno comuni di una determinata dimensione. Laddove le aree vaste hanno pochi comuni grandi e molti piccoli che sono sede di istituti di secondo grado, un comune piccolo non è in grado di assolvere la funzione della gestione di tali scuole.
L'ultima questione riguarda il tema delle autonomie speciali. Io sono convinto che quanto è già stato fatto, che è molto Pag. 10importante – l'accordo di Milano, che lei ha ricordato, e l'accordo Tremonti-Tondo più recente – rappresenti la strada per consentire alle autonomie speciali di uscire dalla loro dimensione di alterità rispetto al sistema.
Tuttavia, penso che si possa andare oltre. Alle autonomie speciali, in virtù, o in ragione, della propria specialità, si può chiedere di essere parte attiva, proprio perché sono speciali e quindi hanno condizioni altre e diverse rispetto alle regioni ordinarie, e di poter fare di più nella partita del riequilibrio dei conti pubblici, diventando protagoniste del ripiano della quota parte del debito pubblico che è a loro riconducibile.
Se noi facessimo questo passo e andassimo in questa direzione, restituiremmo alla normalità del dibattito il ruolo delle Regioni a Statuto speciale rispetto a quello delle Regioni a Statuto ordinario. Queste ultime dovrebbero anche svegliarsi un po’ di più. È dal 2001 che il terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione consente alle Regioni ordinarie di trattare con il Parlamento e con il Governo forme e condizioni particolari di autonomia.
Io credo che questa sia la stagione in cui le regioni dovrebbero uscire da una dimensione puramente amministrativa e gestionale e svolgere fino in fondo il ruolo di governo del proprio territorio che la Costituzione ha affidato loro.
FEDERICA DIENI. Vorrei porre l'attenzione soprattutto sulla riforma del Titolo V della Costituzione, riforma che ha comportato e ha fatto sorgere numerosi problemi, soprattutto in relazione alla definizione del contenuto delle materie di competenza regionale, statale o concorrente.
Si tratta di problemi che soprattutto l'ultimo Governo, il Governo Monti, nella sua parte finale ha cercato di risolvere con la presentazione di un disegno di legge costituzionale per riformare il Titolo V. Il Governo Monti si proponeva di riformarlo soprattutto partendo da un'analisi delle criticità presentate da questa riforma, che è incompiuta, con il fine di trovare una nuova regolamentazione dei rapporti tra Stato e regioni. L'intento era quello di conferire una sorta di unità amministrativa, giuridica, ma anche economica e di porre questa unità come valore fondamentale nell'ordinamento giuridico. In particolare, ricordiamo la cosiddetta clausola di supremazia, che avrebbe dovuto essere introdotta.
Noi ci chiediamo se questo disegno di legge, presentato nella scorsa legislatura al Senato, sia recuperabile. Soprattutto lo chiediamo in relazione al fatto che erano state presentate alla Camera alcune proposte di legge costituzionale in materia di cui era iniziata la discussione. Ricordiamo soprattutto la proposta di legge Volontè, che prevedeva un diverso equilibrio tra attribuzioni legislative statali e regionali.
Vorremmo sapere se è intenzione di questo Governo proseguire sulla strada di dare attuazione a questo tipo di riforma costituzionale e se se ne vuole quindi discutere anche in questa legislatura. Vorremmo sapere, inoltre, quel è l'orientamento complessivo del Governo in relazione al Titolo V della Costituzione, soprattutto con riguardo alla competenza concorrente, che ha causato numerosi problemi, e se c’è bisogno di fare chiarezza in particolare sulla definizione delle competenze.
Inoltre, chiediamo se ci sono dati disponibili da poterci fornire sull'andamento del contenzioso esistente tra Stato e Regioni, contenzioso che noi riteniamo sia in costante crescita soprattutto dopo l'approvazione del Titolo V.
Vorremmo sapere anche e soprattutto se il Governo ritiene che i princìpi di leale collaborazione istituzionale tra Stato e regioni siano stati effettivamente realizzati, oppure se vi sia da parte delle regioni un'inerzia relativamente all'adottare le misure e i princìpi definiti dallo Stato.
Infine, chiediamo quali sono, a suo avviso, i punti più critici esistenti nel rapporto tra Stato e Regioni e, in tal caso, come si possa ovviarvi.
MARIASTELLA GELMINI. Ho apprezzato la relazione del ministro e soprattutto Pag. 11la ratio, che mi pare improntata a una cultura di governo e a una profonda conoscenza della complessità delle problematiche che abbiamo davanti.
Volevo toccare due punti, in primo luogo il tema della revisione del Patto di stabilità. Volevo chiedere al Ministro alcune notizie in più rispetto alle materie che potrebbero essere escluse dal Patto di stabilità e soprattutto al grado di condivisione e di accordo trovato a livello locale, ma non solo, per esempio, per escludere, giustamente, l'edilizia scolastica dagli investimenti condizionati dal Patto di stabilità.
Vorrei, inoltre, comprendere meglio come recuperare il tempo perduto per quanto riguarda l'attuazione del federalismo fiscale. Credo che sia una riforma importante, ma che incontra tutte le difficoltà del riformismo nel nostro Paese, in cui in genere ci si preoccupa e si fatica a sposare la logica del cambiamento e, quindi, ad approvare le riforme. L'approvazione di per sé è già un grande lavoro, ma poi ci si dimentica dell'attuazione, che in genere arriva con enorme ritardo, oltre che del monitoraggio.
Vorrei comprendere come, per esempio, l'applicazione dei costi e dei fabbisogni standard possa rendere meno cruenta la spending review, che ormai abbiamo imparato a conoscere. Credo che sia un punto fondamentale.
Il Ministro ha anche evocato il ruolo, che mi pare ritenga significativo, della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. Mi piacerebbe capire quali sono le iniziative che intende assumere per portare avanti il percorso dell'attuazione del federalismo fiscale anche all'interno di questa Conferenza.
Da ultimo, ma non in ordine di importanza, chiedo un ulteriore approfondimento in merito alla riforma del sistema delle Conferenze, che credo sia un punto centrale e che, come abbiamo visto, potrebbe incontrare le stesse difficoltà della riforma del Titolo V della Costituzione.
RENATO BALDUZZI. Ringrazio, naturalmente, il Ministro per la sua esposizione.
Io credo che si debba superare, se riusciamo, in questa temperie politico-istituzionale, la ciclotimia, ossia l'alternanza tra momenti di euforia e di depressione che ha caratterizzato la storia italiana dei rapporti centro-periferia, per cui, raggiunto un obiettivo, immediatamente si va in controtendenza.
È successo quando, dopo i magnifici anni Settanta, ci fu il gelo dell'inizio degli anni Ottanta, prima di arrivare alla legge generale sulle autonomie locali, ed è successo ancora dopo l'approvazione del nuovo Titolo V della Costituzione. Sembrava infatti che potesse costituire un acme, un momento importante e, invece, abbiamo assistito alla sua progressiva, parziale inattuazione, soprattutto in quelle parti che avrebbero dovuto servire a rafforzare il complessivo sistema delle autonomie. Sto pensando soprattutto all'integrazione della Commissione parlamentare per le questioni regionali, vicenda inattuata, che però dà il senso della difficoltà del sistema.
Credo, dunque, che quanto il Ministro ci ha riferito possa essere di buon auspicio, se riusciamo insieme, Parlamento e Governo, a perseguirlo. Ciò vale per il livello centrale, sciogliendo, come è già stato ricordato, l'annosa questione della seconda Camera, delle Regioni e delle autonomie, come ha detto il Presidente del Consiglio, tenendo insieme due elementi che nel dibattito erano stati talvolta differenziati.
Il discorso vale anche per il livello regionale. Noi abbiamo scritto nella rubrica della legge generale sulle autonomie locali che esiste un sistema regionale delle autonomie locali, ma sappiamo che esso non esiste, neanche nelle Regioni a Statuto speciale, che pure ce l'hanno come obbligo statutario. Nelle altre Regioni è giusto un nome, talvolta vuoto.
Lo stesso si può dire per l'attuazione del cosiddetto federalismo fiscale. Io confido molto nella determinazione del Ministro proprio in relazione alla Conferenza Pag. 12permanente per il coordinamento della finanza pubblica, che non era un orpello nella sistematica della legge n. 42 del 2009, ma la cui pratica inattuazione ha ingessato tutto il sistema.
Il discorso vale naturalmente anche per il livello intermedio delle attuali province. Noi abbiamo apprezzato la conferma dell'impianto conferito dal Governo Monti al problema delle funzioni da gestire su area vasta. Credo, però, che siamo di fronte a decisioni da adottare subito in ordine alla situazione intertemporale e transitoria del livello intermedio costituito dalle attuali province.
Sul fronte dei comuni, esprimo apprezzamento per il taglio conferito al problema dell'associazionismo e della cooperazione dei comuni stessi, ma il tema forse più delicato è proprio quello di come riuscire a individuare un ossigeno per i comuni, per quelli virtuosi e per quelli che non lo sono stati. C’è una sofferenza notevole. Lo rilevo non solo perché provengo da un territorio che ha queste caratteristiche, ma anche per quanto riguarda i comuni finiti in dissesto e le amministrazioni che non hanno portato la responsabilità di quel dissesto, ma che si trovano ad avere a che fare con una normativa che ben difficilmente si può considerare di aiuto.
Non a caso, tempo per tempo, si chiedono interventi spot al Governo e al Parlamento, perché la normativa a regime sembra non tanto favorire la fuoriuscita dai problemi dell'equilibrio economico-finanziario e di una migliore qualità dei servizi, quanto far affondare gli enti, o comunque portare una difficoltà ulteriore laddove ci sono già alcune difficoltà.
Quanto alla decisione su che cosa escludere dal Patto di stabilità – oltre ad andare eventualmente a vedere quali settori sono in gioco – tutta la messa a norma del patrimonio scolastico e sanitario dovrebbe essere esclusa in generale da questi limiti. Questo rappresenta più un atto dovuto che una discrezionalità da parte dei diversi enti coinvolti.
Il tema, però, riguarda anche come fare per aiutare chi vuole essere aiutato, pur se a determinate condizioni e una volta che si sia verificata la determinazione anche a livello locale, non soltanto a parole.
Concludendo, Ministro, le auguro anche da parte del Gruppo di Scelta civica, un buon lavoro e auspico che faremo un buon lavoro insieme.
Penso che possa essere utile ricordare un'osservazione che proviene dal principale costituzionalista del novecento, Carlo Esposito, il quale certamente non poteva essere accusato di essere né un regionalista, né un comunalista. Quando Esposito commentò l'articolo 5 della Costituzione, disse che in tale articolo il principio è l'autonomia e la deroga l'unità e l'indivisibilità. Non so quanto sia stata tenuta presente questa indicazione. Esposito la faceva all'inizio degli anni Cinquanta. Sono passati alcuni anni. Forse questa è la volta buona per recuperare il filo di quell'indicazione.
NAZZARENO PILOZZI. Anch'io rivolgo un ringraziamento al Ministro per il suo intervento. Credo che sia molto importante che ci sia un Ministro esperto di amministrazione pubblica e di enti locali, perché di questo tema si è occupato negli ultimi anni.
Vorrei sollevare alcune questioni. Sul Patto di stabilità, sul quale sono intervenuti già altri colleghi, credo che dobbiamo fare un ragionamento molto attento, soprattutto per quanto riguarda i piccoli comuni a cui è stato esteso.
A mio parere, il furore ideologico che negli ultimi anni ci ha un po’ caratterizzato fa sì che si parli di comuni, dimenticando che, in realtà, si dovrebbe parlare di comunità. Alla fine, quando entrano in sofferenza i comuni, entrano in sofferenza le comunità che quei comuni racchiudono.
Un'altra questione delicata, Ministro, è quella introdotta dal Governo precedente sul predissesto. Io credo che sia una situazione molto seria quella che è avvenuta nella legislazione per quanto riguarda il dissesto dei comuni. Il predissesto, oltre a creare un problema di par condicio tra i creditori, serve soprattutto a evitare, per quanto riguarda le norme che Pag. 13erano state emesse, i dieci anni di incandidabilità degli amministratori che portano il comune in dissesto. Io starei attento a riflettere bene sulle normative che sono state introdotte negli ultimi anni, perché alla fine esse servono a fare sì che, come si suol dire, «di notte tutti i gatti sono bigi» e noi rischiamo che non ci sia più una valutazione di merito su quanto avvenuto nelle amministrazioni comunali.
Per chiudere sui comuni, io vorrei capire che tipo di idea si ha sulla TARES, la tassa sui rifiuti e sui servizi. Noi sappiamo che in questi giorni i Consigli comunali stanno votando le rateizzazioni della TARES rispetto ai costi dell'anno precedente, ma c’è il rischio che a dicembre arrivi la stangata, perché tutto può essere inserito nell'ultima rata.
C’è inoltre la questione, secondo me non secondaria, dei Consigli comunali, soprattutto nei piccoli comuni. Si è ritenuto che i 50-60 euro l'anno che prende un consigliere comunale potessero essere un modo per risolvere i conti dello Stato. Mentre si continuava a emanare leggi di stabilità senza toccare i veri sprechi della pubblica amministrazione, in realtà ci si «lavava la faccia», diciamo così, sostenendo di averli diminuiti del 30 per cento. Faccio notare che in alcuni Consigli comunali ormai ci sono sei consiglieri comunali. Sono Consigli di amministrazione. Riguardo a quelle comunità noi stiamo assistendo al problema del rinnovamento dei relativi Consigli comunali. È chiaro che con sei persone, prevalgono coloro che fanno i consiglieri comunali da tanti anni e alla fine chi ne paga le conseguenze è l'aspetto innovativo della vita politica.
Un'altra questione importante, Ministro, è quella delle province. Io credo che sia una questione molto delicata. Il precedente Parlamento, che non si è neanche caratterizzato per essere particolarmente idoneo da un punto di vista dei propri componenti, votò un ordine del giorno che stabiliva che i commissariamenti delle province dovessero avvenire attraverso Commissari politici, ovvero con assessori o vicepresidenti. Poiché la questione scavallerà sicuramente il 31 dicembre e noi siamo abituati a che cosa significano in Italia i commissariamenti – solo per brevità non lo dico, ma basta andare a vedere le comunità montane – rischiamo che Commissari politici possano gestire le province, contemporaneamente svolgendo le funzioni di presidente, Consiglio e Giunta, per mesi e mesi.
Stanno avvenendo sui territori situazioni veramente vergognose. Io penso che a queste bisogna trovare una soluzione il prima possibile, altrimenti avremo reazioni particolarmente spiacevoli.
Sulla questione delle province credo che sia un errore pensare a un'area vasta di secondo livello, perché significherebbe non fare risparmi e riorganizzazioni territoriali, ma togliere esclusivamente la democrazia di prossimità. Credo che questa sia una circostanza che noi non possiamo permetterci.
Per quanto riguarda i controlli, a mio avviso dobbiamo ragionare anche su quella fase che ci ha fatto, in un dato senso, diminuire i controlli amministrativi sugli enti locali, lasciando una grande autonomia. In merito l'ultimo Governo ha tentato di recuperare mettendoci una pezza attraverso controlli della magistratura contabile e assegnando alcune competenze non proprio giuste all'uno e all'altro.
Anche questa situazione rischia di non far funzionare bene, né la parte amministrativa degli enti locali, né la parte di controllo della magistratura contabile, perché alla fine troveremo sicuramente problemi di competenza, che bloccheranno questa fase. Sulle delibere di spesa, che sono il punto più dolente che abbiamo vissuto negli ultimi anni, dobbiamo pensare a come risistemare la questione dei controlli amministrativi.
Finisco con la questione del bicameralismo perfetto e, quindi, anche del Senato inteso come Camera «delle Regioni». Io tenterei – è una tematica che riguarda più le riforme, ragion per cui avremo tempo per discuterne – di evitare di costruire un CAL, un Consiglio delle autonomie locali, nazionale, considerato qual è stata l'esperienza, di cui parlo anche a titolo personale, Pag. 14dei Consigli delle autonomie locali passati e di quelli che continuano a esistere.
Noi abbiamo bisogno di una riformulazione organica di tutta questa materia. Io tenterei di non lavorare per spot. Sarebbe già importante se noi togliessimo le storture dei commissariamenti delle province, che oggi ci costano tre Commissari per province, uno politico e due prefettizi, quasi come la Giunta. Abbiamo tolto la democrazia, tra l'altro con lo scandalo che i Commissari prefettizi prendono il doppio stipendio, quello da Commissario della provincia e quello da dipendente della prefettura. Su questa tematica io ritengo che dobbiamo iniziare a lavorare in maniera seria.
MATTEO BRAGANTINI. Sarò velocissimo perché il mio Gruppo ha pochi minuti a disposizione. Lascerò quindi il tempo per intervenire al collega Invernizzi.
Riguardo al contingentamento dei tempi, proporrei alla Commissione che la prossima volta si divida il tempo per tre, una parte alla maggioranza, una alla minoranza e una ai gruppi che si sono astenuti nel voto di fiducia al Governo. Forse così avremmo un po’ più di tempo, soprattutto quando c’è un Ministro che ha veramente messo tanta carne al fuoco, tante questioni condivisibili e tante invece da discutere.
Vado subito sul pragmatico con due punti precisi, magari piccoli, ma sintomatici e importanti, a mio avviso.
Noi continuiamo a fare leggi per imporre ai comuni e agli enti locali di attuare alcune iniziative, per esempio dismettere le partecipazioni pubbliche o accorparle, oppure, come abbiamo fatto l'anno scorso, eliminare i mutui, non pensando ai costi che i comuni sostengono quando devono fare queste operazioni.
Ricordo la discussione che abbiamo fatto, per esempio, sui mutui. Abbiamo imposto ai comuni e agli enti locali di togliere i mutui, ma non abbiamo fornito loro i soldi per pagare la penale, che avrebbero dovuto pagare alla Cassa depositi e prestiti, che è sempre un organismo dello Stato, o collegato allo Stato. In merito c’è una discussione.
Oppure, per quanto riguarda le partecipate, nel mio territorio, ma penso dappertutto, ci sono tantissime partecipate che sono state chiuse perché sono stati effettuati accorpamenti, ad esempio, per l'acqua. Rimangono ancora in piedi perché, se noi sciogliamo queste società, si crea una plusvalenza, che poi viene tassata. Dunque, i comuni devono trovare i soldi per pagare lo Stato.
Poiché, a mio avviso, questa non è una copertura che bisogna trovare, perché è un'entrata potenziale – anche se la Ragioneria generale continua a dire che serve una copertura – finché non scioglieremo le società, non ci sarà l'entrata.
Questo è un problema, a mio avviso, molto importante da risolvere varando una legge – io ho già presentata una proposta di legge che da cinque anni tento di portare avanti anche con emendamenti ad altri provvedimenti – per stabilire che, se entro il 31 dicembre del 2015 queste partecipate verranno chiuse o vendute dai comuni, le eventuali plusvalenze non saranno tassate. Vedrete che ci saranno tantissimi comuni o enti locali che andranno a chiudere.
Sono piccole questioni di buonsenso e ce ne sono molte altre che si potranno fare sempre sotto questa soglia. Non guardiamo solo che cosa dobbiamo imporre, ma anche quanto potrebbe essere il costo per i comuni e gli enti locali.
Chiudo, altrimenti il mio collega non riesce a fare un ragionamento molto più vasto su tutte le altre tematiche.
ALBRECHT PLANGGER. Signor Ministro, signor presidente, colgo l'occasione per fare i complimenti alle iniziative assunte dal Governo Letta per realizzare il nuovo Patto per la Repubblica, che finalmente può condurre al completamento della riforma federalista e, in primo luogo, del federalismo fiscale.
Mi permetto anche di dire che l'IMU dovrà ritornare a essere esclusivamente un'imposta comunale. Da vecchio sindaco Pag. 15questa sarebbe una decisione apprezzata. Inoltre, auspico la piena applicazione del principio di sussidiarietà, molto sentito specialmente a livello comunale.
È sicuramente necessario semplificare e riorganizzare tutti i livelli di Governo e definire chiaramente le competenze tra Stato e regioni, che in passato hanno creato un eccesso di contenzioso davanti alla Suprema Corte. Tutto ciò che è delegabile va delegato prima alle regioni e poi ai comuni o alle altre forme associative dei comuni.
Personalmente, spero in una nuova sensibilità e attenzione verso le autonomie speciali e anche verso le minoranze linguistiche. Auspico che finalmente si punti al federalismo e si abbandoni il centralismo, che viene applicato anche dalle province e dalle regioni, ma che vale per tutte e due.
Noi delle autonomie speciali siamo stati sempre terra di sperimentazione per tante riforme. Siamo pronti a farne altre. Se i risultati sono positivi per noi, ben venga che anche le altre regioni a Statuto ordinario ci seguano, diventando più speciali, o quasi eguagliandoci.
Ringrazio personalmente il Ministro anche per le sue affermazioni in tema di autonomie speciali, che, come ha detto, vanno valorizzate. Noi siamo pronti per la collaborazione e anche per un nuovo rapporto federale tra Stato e regioni.
PRESIDENTE. Do la parola alla collega Gasparini, con l'avvertenza che il gruppo del Partito Democratico ha circa 14-15 minuti a disposizione per quattro interventi.
DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Sarò sintetica, anche perché il Ministro Delrio, essendo stato sindaco, al di là delle considerazioni che ha svolto, che sono importanti, e anche dei suggerimenti che vengono dalla seduta odierna, ha l'attenzione e la sensibilità su moltissimi temi. Credo che questo sarà l'inizio di un dialogo che potremo approfondire nel corso del tempo.
A me sembrava importante evidenziare alcune questioni. In primo luogo, sicuramente in questo momento il dibattito nella nazione è molto attento al tema dell'innovazione costituzionale, della riforma del Parlamento, della riduzione dei parlamentari e della legge elettorale.
Ma siamo anche all'avvio di una stagione importante, che riguarda da vicino i cittadini e che riguarda la riforma degli enti locali, con l'avvio delle città metropolitane e la riformulazione delle province o comunque il superamento delle province, che di fatto mette in gioco il rapporto diretto con i cittadini.
Tutto questo avviene attraverso un provvedimento legislativo di spending review in una stagione molto sofferente. I sindaci fanno fatica a muoversi. Ci sono il blocco della contrattazione decentrata e anche la difficoltà dei lavoratori di sentirsi chiamati dentro un processo di innovazione.
Queste non sono le riforme che abbiamo visto negli anni Novanta, che sono state un grande cambiamento culturale e hanno introdotto un'idea diversa del Paese. Io credo che sia necessario, signor Ministro, unire al ragionamento delle riforme anche una grande visione strategica del futuro delle città.
Il lavoro che il CIPU, il Comitato interministeriale per le politiche urbane, ha fatto negli ultimi tempi mi è sembrato molto interessante. A me sembrerebbe utile capire come intrecciare questo lavoro di riforma con le politiche per le città. Occorre far sì che questo processo non sia calato dall'alto.
Io sono un ex sindaco dell'area metropolitana milanese e conosco il lavoro che i comuni e le città metropolitane hanno fatto nel coordinamento anche con l'ANCI. È un lavoro di vertice. I territori e i comuni non sono stati coinvolti, però, a oggi, in un processo che è prima di tutto culturale e di visione diversa delle relazioni, un processo che va negoziato. Credo che sia necessario da parte sua capire come far sì che questo processo sia accompagnato.
Come Gruppo di parlamentari e senatori, noi abbiamo pensato, ma di questo chiederò di parlarle insieme ad altri, di Pag. 16avviare un intergruppo sul tema di città e città metropolitane, per cercare di capire come affiancarsi a un processo di riforma lavorando insieme e cercando di trovare le giuste sinergie senza disperderci. Credo che questa sia oggettivamente una grande stagione per superare le frammentazioni e per realizzare gli obiettivi che lei ha indicato. I sistemi delle città, città metropolitane o sistemi di area vasta, sono oggi i veri competitori che servono per lo sviluppo del Paese e anche per una crescita sociale e civile.
Nel merito delle domande che le rivolgo, invece, osservo che il 1 gennaio 2014 noi partiamo, specialmente con la città metropolitana. Se partiamo, come io credo sia necessario, perché un ulteriore rinvio è di fatto una sconfitta, il 1 gennaio 2014, occorre capire come mettere a punto velocemente le norme che non permettono, per esempio, alle città metropolitane di muoversi per nominare il Consiglio metropolitano.
Ho visto in tal senso una proposta elaborata dai dodici sindaci delle città metropolitane insieme all'ANCI, che mi sembra interessante. È quello il punto di partenza con il quale discutere. Possiamo provare a capire se cominciamo a fare questo primo passo, sapendo che è un primo passo di flessibilità che va accompagnato, perché le città metropolitane sono tante e sono diverse.
Io credo che ci siano specificità a Roma, Milano e Napoli che richiederebbero comunque un ragionamento ad hoc, ragionamento che in questo momento è sciocco fare, ma che comunque va considerato come motivo strategico per l'intera nazione. Si tratta di aiutare un processo differenziato e di chiedere a ognuno risposte differenziate secondo le vocazioni territoriali, coordinando dentro il sistema Paese le diversità.
Rispetto al tema delle città metropolitane volevo evidenziare due aspetti.
Il primo è l'impossibilità oggi, secondo la norma, di far sì che le province si accorpino. Come lei sa, nel Veneto c’è questo tipo di discussione, di poter accorpare non soltanto le città confinanti, ma anche le province tra di loro. Questo potrebbe essere un processo che, se nato dal basso, può essere favorito. Io credo che il tema sia quello di ragionare con i territori e di giocare con loro una partita che può essere di innovazione.
L'altro tema che volevo porle in questa sede, sempre sulle città metropolitane, che mi è stato sottoposto con grande preoccupazione, è che i comuni sotto i 5.000 abitanti che si trovano dentro una provincia che diventerà città metropolitana sono costretti, secondo la norma, a costituire un'unione di comuni con altri entro il 31 dicembre di quest'anno. Il rischio è di fare un accorpamento per la gestione dei servizi con comuni che non sono contigui, perché hanno a fianco comuni di dimensioni diverse, vedendo snaturare il concetto della città metropolitana, o comunque anticipando una modalità di gestione che non è in coerenza con la città metropolitana.
Chiedo di poter vedere subito questo problema e di capire come modificare la norma. Io avevo preparato un'interrogazione per lei, Ministro, che non ho depositato, prima di poter assistere a quest'audizione.
Non sollevo nessuna questione sul tema Patto di stabilità che è stato già posto. C’è invece un'ultima questione che io mi permetterei di sollecitare con la quale chiudo il mio intervento.
Io credo che sia necessario capire come premiare i comuni che lavorano insieme. Di fatto in questo momento si tende a punirli: se non fanno una data cosa entro il 31 dicembre, si commissariano. Proviamo a capire, invece, chiedendolo anche alle Regioni, come aiutare un processo di gestione associata, ma anche di modalità di accesso.
Per esempio, a partire dalla legge 8 novembre 2000, n. 328, che riguarda tutti i temi socio-sanitari. Peraltro, so perfettamente che nella regione Emilia-Romagna questo processo è stato avviato alcuni anni fa, ma non, per esempio, nella regione Lombardia e non so nelle altre.Pag. 17
Io credo che, laddove esiste già un sistema di cooperazione, il processo potrebbe essere favorito dal Ministero e anche dalle Regioni.
CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Ministro, se lei riuscisse a realizzare anche solo la metà di questo programma nel suo mandato, io assisterei al paradosso di vedere un ministro del Partito Democratico che realizza ciò in cui noi della Lega abbiamo sempre creduto. Spero che mi stupisca.
Ci sono numerose questioni che io mi auguro questo Governo abbia il tempo di portare in Aula, perché ci sarà più tempo per affrontarle.
Riguardo al Patto di stabilità, io ho sentito tante volte la volontà di riformarlo e ho assistito anche alle uniche riforme che l'hanno interessato, le quali, anziché andare nella direzione di assottigliarlo, come un mostro dei videogame, l'hanno esteso a occuparsi di tutto, ormai. Prima si applicava ai comuni più grandi, poi, piano piano, tutti i comuni sono finiti sotto il Patto di stabilità. Se questo Governo riesce a eliminarlo, ne sarei stupito.
Rimango quantomeno dubbioso, visti i tempi nei quali ci troviamo. Se lei ce la fa, spero comunque che anche questa grandissima riforma non venga utilizzata per penalizzare ancora gli enti virtuosi. Ci sono comuni che hanno fatto salti mortali per restare all'interno del Patto di stabilità. Se si riesce a modificarlo, spero che essi vengano premiati e che non si debba assistere ancora a situazioni in cui i comuni che sono stati più bravi vengono ulteriormente penalizzati, perché si erogano soldi a coloro che delle regole se ne sono sempre interessati poco.
Anche il federalismo fiscale è musica per le nostre orecchie. Quella dei costi standard è una riforma che, a quanto lei, Ministro, ha detto, si impegna a portare avanti. Anche questa sarebbe una grandissima riforma e un passo avanti verso non soltanto la gestione più oculata dei fondi pubblici, ma anche il riconoscimento di un criterio di giustizia nei confronti di quelle zone che hanno sempre trattato il patrimonio pubblico come se fosse privato e, quindi, come se i soldi fossero loro, ossia con oculatezza, rispetto alle zone nelle quali i soldi pubblici sono sempre stati visti semplicemente come un bottino su cui buttarsi con la maggior fame possibile.
Quanto alla sperequazione, anche in questo caso sarebbe fondamentale la possibilità di introdurre criteri chiari. Anche questo punto si collega al discorso dei costi standard.
Infine, c’è l'IMU. L'IMU era nata come un'imposta federalista ed è stata trasformata con un'operazione diabolica, quantomeno nel nome, che ha reso il comune non un ente che viene responsabilizzato nell'imposizione di imposte, ma un ente che viene visto come responsabile di essere l'esattore dello Stato. Questo è stato probabilmente uno dei danni peggiori inflitti proprio alla concezione stessa del comune.
Concludo perché non ho più tempo a disposizione. Mi auguro comunque, Ministro, di rivederci in Aula e di avere più tempo per parlare delle questioni che ho posto.
LUIGI FAMIGLIETTI. Io sono molto soddisfatto per la relazione del Ministro. In particolare, mi colpiscono molto l'attenzione che è stata riservata ai piccoli comuni italiani e l'impegno a fare in modo che venga alleviato ulteriormente il Patto di stabilità per quanto riguarda questi piccoli comuni, con riguardo all'edilizia scolastica e alla messa in sicurezza del territorio.
Ritengo che bisogna impegnarsi a fare in modo che anche l'utilizzo delle risorse europee venga tolto dal Patto di stabilità. È una materia molto importante soprattutto per il Mezzogiorno d'Italia.
Per quanto riguarda sempre il Mezzogiorno d'Italia, io ho apprezzato il fatto che il Ministro si impegni per un federalismo di tipo perequativo, che spesso viene dimenticato. Anche gli enti locali del Mezzogiorno vogliono affrontare con responsabilità il tema del federalismo, ma c’è bisogno di un federalismo di tipo cooperativo. Volevo capire meglio che cosa si intende con questi criteri di perequazione.Pag. 18
Come ultima cosa, apprezzo la volontà di creare una cabina di regia per praticare seriamente la sussidiarietà e il decentramento. A tal proposito, vorrei capire se il Ministro può interagire con le regioni che non hanno ancora emanato una legge sul decentramento amministrativo, per esempio la regione Campania, e che non hanno indicato alcun criterio per quanto riguarda l'organizzazione delle unioni dei comuni.
Almeno in Campania, ma credo anche in altre Regioni, ci si è affidati molto allo spontaneismo dei comuni su questo tema e c’è molta confusione, come dicevano anche gli altri colleghi. Ci sarebbe bisogno di una migliore organizzazione e dell'identificazione dei criteri mediante i quali i comuni arrivano alle unioni.
Quello dei tagli ai Consigli comunali dei piccoli comuni è un tema molto grave e importante, di cui pagheremo le conseguenze nei prossimi anni. Nei comuni, per esempio, tra i 3-5.000 abitanti abbiamo ridotto di oltre il 50 per cento il numero dei consiglieri comunali.
Spesso ai piccoli comuni corrispondono grandi territori da amministrare. In tema di dissesto idrogeologico e di rapporto con i cittadini abbiamo fatto grossi passi indietro, se pensiamo che un consigliere comunale di un piccolo comune percepisce 9 euro al mese, quando va bene, ossia quando c’è un solo Consiglio comunale.
Vorrei sapere se su questo tema è possibile rivedere la riforma Calderoli.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTA AGOSTINI
MATTEO RICHETTI. Ministro, le rivolgo un apprezzamento non formale e pochi telegrammi per sottolineare e riprendere alcuni concetti della sua relazione.
Parto da dove lei ha concluso. Il conflitto di attribuzione di competenze Stato-Regioni, su cui lei ci forniva alcuni numeri, sta raggiungendo nella relazione istituzionale e nella dinamica amministrativa punte inaccettabili. Molto spesso si tende a derubricare il tema delle riforme e dell'ordinamento dello Stato a questioni che c'entrano poco con la crisi economica, mentre questa inefficienza dello Stato c'entra moltissimo.
Lo dico facendo riferimento anche alle passate esperienze, soprattutto in alcune materie centrali che impattano sia sul sistema degli enti locali, sia su quello delle imprese. Penso ai servizi pubblici locali, a tutto ciò che afferisce alle competenze in campo di programmazione energetica, della gestione dei rifiuti o del sistema delle tariffe.
Lei faceva cenno nella sua relazione al fatto che occorre fare chiarezza anche in termini di attribuzione definitiva delle competenze. Dentro il percorso di riforma che è iniziato questo tema deve trovare un elemento di definizione maggiormente compiuta.
Sull'accenno alla trasformazione del Senato, che molti colleghi hanno fatto, io ritengo che non sia sufficiente una differenziazione in termini di composizione. Serve una differenziazione in termini di competenza, per non infilarci nuovamente in quell'elemento di mancata chiarezza di chi fa che cosa dentro l'ordinamento statale del nostro Paese.
Un altro accenno è relativo al superamento delle province. Io penso che l'impostazione che lei ha tracciato possa trovare tempi rapidi e larghissima condivisione nel dibattito parlamentare e inviterei anche i colleghi della Commissione su questo punto a valutare ogni tipo di soluzione. Noi stiamo intraprendendo un percorso di riforme costituzionali che avrà i tempi e la complessità che ricordava il collega Bressa. Io non mi precluderei alcun tipo di soluzione, compresa quella di intervenire nella Costituzione. Si tratta sostanzialmente di non prevedere più la provincia come livello elettivo, per lasciare campo e agibilità pieni al processo di legislazione ordinaria che lei ha richiamato e tratteggiato, nella necessità di ridefinire il nuovo ordinamento su tre livelli dello Stato, che sono le autonomie locali, le Regioni e lo Stato.Pag. 19
Da questo punto di vista, penso che, nelle riflessioni che accompagnano questa legislatura e il lavoro con lei, Ministro, noi dobbiamo tenere aperta anche questa possibilità di ragionamento e di intervento.
Quando lei parla di federalismo, è evidente che bisogna riprendere tutti i livelli, quello amministrativo, quello fiscale e quello demaniale, perché sono processi che non hanno mai conosciuto un compimento vero. Io so, e lo sappiamo tutti, che questa è una legislazione che ha un alto tasso di complessità, ma su questa strada dobbiamo proseguire.
Se noi oggi ragioniamo con chiunque tra i nostri amministratori, sentiamo che sta attraversando un tasso di incertezza inaccettabile. Lei ha fatto riferimento, e io l'ho apprezzato particolarmente, alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. O si trova uno spazio di certezza, oppure noi ci troviamo, a metà anno, con i sindaci che non hanno ancora la più pallida idea, tra TARES e IMU, di come costruire i bilanci.
So quanto lei sia legato al pensiero e all'idea di Einaudi, che legava le autonomie al tema della responsabilità, la quale attraversa non solo le istituzioni, ma anche le persone, che possono sbagliare, possono riuscire o possono fallire e in merito vengono giudicate. Se non riscopriamo il tema dell'autonomia, non andiamo da nessuna parte.
Lei faceva riferimento all'IMU. Io non mi scandalizzerei se in questa discussione, che abbiamo tutti condiviso, ossia che l'IMU è un'imposta superata, che va ridisegnata, si lasciasse anche, a fronte di una decisione di non reintrodurre l'IMU, o di riproporla in maniera molto diversa, la possibilità ai comuni di modulare questa scelta dello Stato e di intervenire dentro tale scelta.
Lei ha richiamato l'articolo 114 della Costituzione, che non crea un subordine tra livelli dello Stato, ma li mette sullo stesso piano. Secondo me, questo elemento di pari dignità e concorrenza nella determinazione delle politiche pubbliche deve essere rimesso al centro.
GIUSEPPE LAURICELLA. Ringrazio il Ministro per le sue attente e precise considerazioni e prendo spunto solo dalla parte relativa alle province, che lei ha indicato. Noi ci approcciamo, peraltro, a definire un parere per quanto riguarda proprio la materia dei livelli dell'organizzazione e della presenza dello Stato sul territorio.
In linea di massima, sono d'accordo con l'idea della soppressione delle province e con la proposta di affidare all'Assemblea dei sindaci la gestione degli interessi comuni dei territori. Segnalo, però, che sarebbe importante individuare quali possano essere i criteri per l'associazione dei comuni, anche dal punto di vista del territorio. Si tratterà di un criterio libero o di un criterio già definito per legge ? Questo è un punto.
Ci poniamo il problema perché, dal momento che discutiamo delle province, vorremmo capire come continuare questa discussione sulle prefetture, se dobbiamo attendere la rimodulazione dell'assetto, oppure se dobbiamo decidere che questi siano due sistemi che possono essere considerati in maniera separata, al di là della territorialità.
Mi permetto, infine, approfittando della presenza del Ministro, di fare tre sole considerazioni, che riguardano l'aspetto del federalismo, la prospettiva federale, ma in ragione del livello regionale.
Nella passata legislatura è stato presentato, anche se non se ne sono accorti in molti, un disegno di legge costituzionale relativo alla rivisitazione dell'autonomia statutaria e, quindi, alla possibilità di modificare gli Statuti regionali speciali. Ciò in ragione del fatto che, con la modifica del Titolo V della Costituzione, le regioni ordinarie hanno assunto un'autonomia statutaria, dal punto di vista della modifica, più forte, paradossalmente, di quella delle Regioni a Statuto speciale. Le Regioni a Statuto speciale funzionano con legge costituzionale, dello Stato, mentre le regioni ordinarie funzionano con legge regionale, sebbene rinforzata.
Il disegno di legge in questione prevedeva una partecipazione più forte, pur Pag. 20lasciando la legge costituzionale, che è una garanzia, delle Regioni sul piano del vincolo del parere, per esempio, da offrire in tema di modifica degli Statuti e della salvaguardia degli Statuti speciali. Questa è una prima considerazione.
Passo alla seconda considerazione. In prospettiva federale, se mai ci arriveremo, segnalo che sarebbe opportuno forse riprendere anche il tema delle Corti costituzionali cosiddette di livello regionale, sul modello tedesco e, se vogliamo, su quello dell'Alta Corte siciliana, esteso a tutte le Regioni. In tal caso, verrebbe a cadere il principio dell'unicità della giurisdizione costituzionale, che invece si è affermato nel momento in cui, con l'affermazione dello Stato repubblicano, è entrata in vigore la Corte costituzionale e l'Alta Corte siciliana è stata soppressa. Io ipotizzo questo intervento per tutti i livelli e per tutte le regioni.
Come ultima questione, anche sul piano della giurisdizione amministrativa, è molto sentita da coloro che sono giudici amministrativi l'idea, anche a livello regionale, di creare un secondo livello di giurisdizione, sempre sul modello siciliano, in cui ci sia un Consiglio di giustizia amministrativa, che rappresenta il secondo grado. Se questo potesse essere esteso anche a livello regionale, faremmo un lavoro utile non solo per quanto riguarda i singoli territori, ma anche per l'organizzazione generale della giustizia amministrativa.
PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Delrio per la replica.
GRAZIANO DELRIO, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Grazie delle vostre osservazioni e dei vostri commenti puntuali. Ribadisco che conto molto sui vostri contributi. Peraltro, la mia replica dovrà essere concentrata in uno spazio breve e, quindi, procederò per grandi argomenti, non citando ognuno dei deputati che hanno sollevato diverse questioni.
Il primo argomento è quello della riforma del Titolo V della Costituzione e delle competenze, che è stato sollevato da diversi deputati. Questo percorso è il frutto del lavoro di cui voi sarete protagonisti. Oggi i saggi dell'organismo istituito dal Presidente del Consiglio sono riuniti proprio al nostro Palazzo degli affari regionali. Io credo però che la Commissione Affari costituzionali sarà protagonista in maniera decisiva di questo percorso.
Occorre, quindi, certamente risolvere il tema più grave, che è quello della sovrapposizione di competenze, dell'interesse nazionale, dell'interesse prevalente e tutte le questioni che si sono rivelate, come è giusto che sia, fondamentali. A un certo punto, però, bisogna fare il tagliando alle riforme e di tagliandi ne dobbiamo fare parecchi per evitare sovrapposizioni e contenziosi. Avevo già fornito i dati del contenzioso, rispondendo all'onorevole Dieni. Ribadisco che i contenziosi sono 127 quest'anno e che erano arrivati anche a un numero superiore nel 2012. Noi contiamo di portarli sotto i 100 nel 2013 come obiettivo di lavoro. Vorremmo almeno ottenere questo.
Sul tema Titolo V, secondo me, c’è molto da lavorare e ci sarà molto da lavorare tutti insieme. Credo che questi mesi saranno in grado di fornirci la misura di quanto lavoro ci sia da fare su questi argomenti.
Per quanto riguarda alcuni macroelementi, il primo è quello del Patto di stabilità. Io ho ribadito quello che ha detto il Presidente del Consiglio, sostenendo che il Governo si impegna a una revisione del Patto di stabilità.
Voglio sottolineare che, grazie al lavoro del Parlamento, oltre che a quello della Conferenza unificata e della Conferenza Stato-regioni e Stato-città, siamo riusciti a migliorare molto il decreto pagamenti, per cui gli obiettivi di Patto in sostanza per quest'anno sono annullati all'80 per cento e, per i comuni molto piccoli, addirittura al 100 per cento.
Gli obiettivi di Patto sono stati ampliati in maniera molto sostanziosa. Anche per evitare che si butti sempre via il lavoro che si fa, osservo che il lavoro sui pagamenti è stato molto importante. Se verrà ribadito e rafforzato l'anno prossimo, aiuterà Pag. 21molto ad avere spazi di investimenti. Credo che questi effetti nel loro beneficio si vedranno nei prossimi mesi.
Ciò non significa che non bisogna revisionare le regole. Io ho inteso dire che la pista di lavoro su cui ci stiamo confrontando è questa, quella degli elementi che ho citato, edilizia scolastica e messa in sicurezza, che sono atti dovuti e non discrezionali. Se io devo decidere se chiudere una scuola o non chiuderla, devo obbedire a una legge che mi impone di fornire educazione alla mia comunità e quella legge è prevalente rispetto al fatto che debba rispettare il Patto di stabilità. Oggettivamente, il contrario non reggerebbe molto in un'eventuale discussione più approfondita.
Come ripeto, io credo che gli adempimenti burocratici e le modalità del Patto di stabilità per i piccoli comuni siano molto onerosi. Se gruppi di piccoli comuni decidono insieme di fare una scuola ogni 3-4 anni e raccolgono i soldi, in quell'anno non potranno rispettare assolutamente il Patto di stabilità, perché l'uscita è fuori misura.
Sul federalismo fiscale c’è un impegno, ma non c’è alcuna promessa. Stiamo lavorando, però, col Ministro dell'economia per capire come si possa migliorare sul Patto di stabilità davvero in maniera sostanziosa a partire dall'anno prossimo.
Dal punto di vista del federalismo fiscale, mi scuso, ma non avevo citato la TARES. Non ricordo più chi l'abbia citata, mi pare l'onorevole Pilozzi. In proposito c’è una volontà di mettere tutto insieme, cioè di capire tutto insieme, perché questa è oggettivamente una priorità. Se ci siamo impegnati a fare una revisione complessiva della tassazione sugli immobili, non si può escludere il tema della TARES, che, di per sé, è un'ulteriore, piccola patrimoniale, che aveva nella concezione originale il tema della tassa sui servizi indivisibili, dal momento che non si tassava la prima casa.
Secondo me, ci sono margini per un'ulteriore semplificazione, sia su questa tassa che sull'IMU secondaria. Questa, almeno, è la direzione di lavoro su cui vorremmo incamminarci e su cui ci stiamo incamminando in questa settimana. Si tratta di non escludere una riflessione sulla TARES come estranea alla riflessione sull'IMU. Sarebbe un gravissimo errore.
È stato sottolineato da molti di voi che l'attuazione del federalismo è, in realtà, una ristrutturazione della spesa molto importante, una riqualificazione della spesa, e che, quindi, l'autonomia può essere accompagnata con la responsabilità richiamata da molti di voi e può rappresentare davvero un modo con cui ristrutturare la spesa italiana.
Certamente la spesa sanitaria non è eccessiva rispetto agli standard europei, ma possiamo anche osservare che con quella spesa pubblica alcune Regioni raggiungono obiettivi importanti e altre no. Non è serio il fatto che non ci poniamo obiettivi di avanzamento del sistema nel suo complesso, analizzando puntualmente – lo faremo con il Patto per la salute e col Ministro Lorenzin, con cui abbiamo iniziato un dialogo molto proficuo su questo tema – l'applicazione dei costi standard per trovare le modalità con cui questa spesa diventi più efficace.
Quello di una spesa efficace non è un dovere che dobbiamo al Ministero dell'economia e delle finanze, ma ai cittadini e al denaro pubblico dei cittadini, per offrire servizi di qualità. Almeno, io penso che questo sia il tema.
Dentro questo contesto rientra anche il tema di premiare i virtuosi e di abbandonare la logica dei tagli lineari, che tanto male ha fatto. Credo che questi siano gli elementi più rilevanti su cui ci attestiamo e di cui siamo convinti.
In un minuto – purtroppo trascuro molte questioni, ma il mio tempo è scaduto – sulle città metropolitane rispondo che noi vogliamo rispettare i tempi. Non vorrei chiedere proroghe né sulle città metropolitane, né sulle province. Vorremmo fare in modo che il 1 gennaio 2014 il quadro sia concluso.
Questo dipende, però, permettetemi, molto da voi. Ognuno fa il suo e, quindi, io cercherò di fare il mio e di fornirvi le Pag. 22informazioni il prima possibile e voi dovrete fare il vostro, con il vostro contributo, che è sicuramente importante.
Analogamente, non abbiamo ancora coordinato in maniera efficace, con riferimento all'onorevole Lauricella, che ha posto diverse suggestioni interessanti, il tema della riorganizzazione dei livelli dello Stato e del relativo processo. In questo momento le due cose procedono in maniera separata.
È mia intenzione, da ultimo, rivolgendomi all'onorevole Famiglietti e anche a coloro che hanno detto di valutare le accelerazioni, come l'onorevole Richetti e altri, andare a vedere Regione per Regione quello che succede.
Le unioni dei comuni oggi sono 370 e coinvolgono diversi comuni in giro per l'Italia. Bisogna che siano davvero unioni. Questo è un tema su cui, esattamente come per le province, se fosse per la volontà del Ministro, non si tratterebbe. Bisogna andare alle gestioni associate e alle unioni dei comuni. Non è vero che i 1.900 piccoli comuni italiani sono troppi. Ne ha molti di più la Francia, con 36.000 comuni, di cui il 75 per cento piccolissimi. Non è quello il problema per cui lo Stato funziona male o bene, ma i servizi sono differenti. L'analisi dei fabbisogni standard dimostra che i servizi sono molto differenti. La massa critica di alcuni servizi è importante anche perché queste comunità non muoiano. Se un comune non ha il geometra per fare bene un lavoro per la fabbrica, alla fine la fabbrica va da un'altra parte.
È molto importante che noi andiamo ad analizzare che cosa stanno facendo le Regioni su queste questioni, come aiutano queste unioni, come si possono aiutare anche le fusioni, nel caso, ma fare un'azione puntuale di rafforzamento.
Voi ora siete dentro la discussione sul lavoro. Noi proveremo a defiscalizzare il lavoro e a promuovere l'occupazione, ma il problema è che il lavoro ci deve essere per assumere le persone e, quindi, bisogna che riusciamo a promuovere una spesa anche degli enti locali che ci sia, che sia presente. Molti piccoli comuni del Sud non riescono a utilizzare i fondi europei per la mancanza di assistenza tecnica. Ieri ho parlato con la sindaca di Monasterace, Maria Carmela Lanzetta, che peraltro, come sapete, è minacciata dalla ’ndrangheta, e ho saputo che ha un problema di assistenza tecnica. Non ha un problema di altra natura. I fondi ci sono, ma ci vuole assistenza tecnica. Nell'esperienza della Cassa del Mezzogiorno di prima maniera, quando c'erano persone, come Pescatore, che fornivano assistenza tecnica, l'Italia spendeva i fondi comunitari con grande efficacia, perché c'erano tecnici a supporto dei comuni.
Le unioni possono rappresentare un movimento di rafforzo in questo senso. Bisogna che le Regioni aiutino questi processi e che i piccoli comuni si rassegnino a essi. Lo dico pur sapendo che non è un'affermazione molto popolare.
Grazie per le vostre osservazioni.
PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15.50.