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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 3 luglio 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dell'interno, Angelino Alfano, sulle linee programmatiche (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 
Alfano Angelino (PdL) , Ministro dell'interno ... 3 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 9 
Fiano Emanuele (PD)  ... 9 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 9 
Fiano Emanuele (PD)  ... 9 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 10

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero: Misto-MAIE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO PAOLO SISTO

  La seduta comincia alle 15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'interno, Angelino Alfano, sulle linee programmatiche.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, del Ministro dell'interno Angelino Alfano sulle linee programmatiche.
  Nello scusarmi per il ritardo dell'inizio dell'audizione, desidererei far presente che non è in alcun modo rapportabile a una responsabilità del Ministro – neanche per mero nesso di causalità materiale – perché era impegnato in una riunione di gruppo parlamentare che si è protratta al di là del previsto, dato che sono venuti in evidenza alcuni snodi, non certamente secondari, da dipanare.
  Ringrazio il Ministro per la sua presenza e ricordo che nella riunione dell'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi del 2 luglio è stato concordato di contingentare i tempi dedicati alla formulazione delle osservazioni e dei quesiti da parte dei deputati, assegnando a ciascun gruppo un tempo proporzionale alla propria consistenza numerica. I tempi sono i seguenti: Partito Democratico 22 minuti; Movimento 5 Stelle 12 minuti; Popolo della libertà 12 minuti; Scelta Civica per l'Italia 8 minuti; Sinistra Ecologia Libertà 8 minuti; Lega Nord Autonomie 5 minuti; gruppo Misto 5 minuti e Fratelli d'Italia 5 minuti.
  L'audizione dovrebbe concludersi entro le ore 15,45.
  Chiederei quindi al Ministro di tener conto di questa esigenza e di cercare di contenere il suo intervento in 25 o 30 minuti, in linea con i tempi che la Commissione si è data. Ringraziandolo, cedo quindi immediatamente la parola al Ministro Alfano per la sua relazione.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Grazie presidente. È per me un privilegio e un onore presentare qui, in Commissione affari costituzionali, le linee del ministero che presiedo. Non posso non iniziare il mio intervento con delle scuse per un ritardo funzionale e derivante da altro contemporaneo appuntamento politico nello stesso palazzo.
  Ringrazio il presidente Sisto per questa opportunità e penso che questo momento sia particolarmente importante perché precede l'arrivo in Parlamento di una serie di provvedimenti che finiscono per interessare il Ministero dell'interno.
  Sono consapevole che il compito che viene affidato al Ministero e al Ministro dell'interno, e per il quale il Ministro dell'interno è giudicato, è quello di saper garantire la sicurezza dei cittadini, sia nella dimensione pratica della sicurezza che nella sua dimensione psicologica, ossia il concetto di sicurezza percepita.Pag. 4
  È evidente che quando si affonda il proprio impegno nell'ambito di un diritto come quello alla sicurezza occorre deporre ogni ragione di parte e riandare ai princìpi generali.
  Sono della stessa opinione di coloro i quali affermano che nessun cittadino può sentirsi veramente libero se non è anche libero dalla paura di frequentare la propria città, di vivere la propria casa, di girare con i propri bambini, di viaggiare attraverso porti, strade e aeroporti. Parliamo di una sicurezza che la rivoluzione tecnologica ha esteso ad un'altra strada, al diritto di circolazione nella rete, come espressione di un diritto ad avere sicurezza anche in quell'ambito.
  Vi è un'altra considerazione che mi pare di potere fare in premessa, e cioè che l'ulteriore ragione ispiratrice del mio intervento consiste nel fatto che la globalizzazione ha portato con sé anche la globalizzazione del crimine. Il flusso delle informazioni e la velocità delle informazioni ha determinato, di per sé, la possibilità di comunicare anche informazioni criminali. Dunque, in conclusione, ad un crimine globale non si può dare una risposta locale. Al crimine globale occorre dare una risposta che esuli l'ambito nazionale, locale, e vada a guardare più in là, dove si realizzano le alleanze criminali e dove gli scambi commerciali criminali trovano una sede che non è nazionale.
  Proprio per questo, penso che il primo tema che è opportuno che io sottoponga alla Commissione sia quello della cooperazione internazionale che inevitabilmente postula una duplice alleanza, quella all'interno dei Paesi dell'Unione europea ed una cooperazione tra l'Europa e gli altri Paesi del mondo.
  Sotto il primo aspetto, mi sembra importante sottolineare qualcosa che si sta verificando a livello europeo. Gli ultimi venti anni di costruzione dell'impianto unitario del nostro continente politico hanno determinato una cessione di pezzi della sovranità nazionale a un livello sovraordinato, a un livello europeo. Questa cessione di pezzi di sovranità ha avuto degli ostacoli, dei ritardi, dei rallentamenti derivanti dal fisiologico bisogno di protezione degli Stati nazionali di quelli che sono considerati i veri scrigni di tutela dei propri concittadini, ossia le materie che attengono la giustizia e la sicurezza. Si tratta di materie dove non è neanche corretto chiamare egoismo nazionale la tendenza degli Stati a salvaguardare il primato della legislazione nazionale, perché è assolutamente fisiologico che ciò accada. Eppure, di fronte alla necessità di cooperazione, lo sforzo europeo deve essere quello di far andare sempre più giù i diaframmi che separano gli Stati, per una cooperazione sempre più forte.
  Quando sono diventato Ministro in questo Governo ho potuto immediatamente festeggiare con un collega spagnolo una importante operazione di polizia effettuata in Spagna, garantita e assicurata dalla cooperazione tra le nostre forze di polizia e quelle spagnole. Cito tale esempio pratico, perché si è verificato in questi sessanta giorni di Governo.
  La risposta al crimine globale implica anche un'alleanza globale contro il crimine tra l'Europa e gli altri Paesi del mondo, in una logica di cooperazione e di scambio di informazioni, in cui sistemi di intelligence devono parlare tra di loro e devono poter mettere a fattor comune la vera essenza del contrasto alla criminalità organizzata globale, e cioè la titolarità e la possibilità di scambio riservato delle informazioni tra coloro i quali le possiedono, in un antagonismo tra princìpi anch'essi costituzionali (peraltro, è qui presente un ordinario di diritto costituzionale come l'onorevole Balduzzi). In altri termini, sto parlando di qualche cosa che oggi popola le pagine dei principali quotidiani del mondo, ossia la competizione, e spesso l'antagonismo, tra il diritto e il bisogno di sicurezza e il diritto e il bisogno di riservatezza. La protezione dei dati si pone come elemento da inserire e tutelare in un quadro complessivo di contrasto alla criminalità organizzata che pure giustifica e necessità ogni giorno l'individuazione, la ricerca e il ritrovamento di un punto di equilibrio tra sicurezza e privacy.Pag. 5
  Il contrasto alla criminalità organizzata rappresenta una forma di expertise del nostro Paese. Nel 2009, quando l'Italia ha ospitato il G8, i Paesi più importanti del mondo hanno sottoscritto una dichiarazione finale che mutuava il sistema di contrasto alle mafie che è stato ritenuto una piattaforma emulabile dagli altri Paesi del mondo. Lo dico con orgoglio perché fu votato dal Parlamento senza distinzione di colore. La sua ragione fondante era l'intuizione di Giovanni Falcone, cioè l'idea che il mafioso, il criminale mette in conto di finire in galera, ma non di perdere i profitti illeciti determinati dalla sua pluriennale azione criminale. È esattamente questa la strada che occorre seguire per contrastare la criminalità organizzata anche su scala globale, portando avanti una lotta su diversi livelli che prevedono l'arresto, la cattura dei latitanti, sequestri e confische dei beni illecitamente acquisiti durante l'azione criminale.
  Quindi, rafforzeremo questa scelta consolidando, se necessario e ove possibile, quella intuizione che fu la scelta di creare il Fondo unico giustizia, l'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e tutto quel sistema di contrasto che ha anche un valore pedagogico collegato all'idea che quei soldi, quei beni confiscati passino al campo della legalità e vengano utilizzati dallo Stato per contrastare l'antistato. Con un felice slogan, potremmo dire «i soldi della mafia usati contro la mafia».
  Occorrerà andare avanti su questa strada – voglio ripeterlo – che prevede la cattura dei latitanti, i sequestri e le confische dei patrimoni criminali e il loro utilizzo per contrastare più efficacemente le mafie e per dare soldi agli apparati e ai sistemi dello Stato che contrastano l'antistato.
  In questa situazione, lo spazio rappresentato dall'Unione europea diventa – intendo ripeterlo – un luogo essenziale, dove i sistemi di law enforcement sono determinanti nel raggiungimento dell'obiettivo, per la fisiologica e mutua interdipendenza tra gli ordinamenti.
  Il tema dei sequestri e delle confische rimanda ad un altro aspetto al quale tengo molto e che vorrei sottolineare di fronte a questa Commissione. Da un lato, lo Stato deve farsi tutore della legge sequestrando e confiscando le aziende infiltrate; ma, per altro verso, non deve dare nessun vantaggio all'azione di comunicazione anti-statuale delle organizzazioni criminali, che non devono essere messe nelle condizioni di dire che la mafia, la camorra o la ’ndrangheta danno lavoro e che lo Stato, con la confisca delle aziende criminali, lo toglie.
  Ecco la ragione per la quale dobbiamo far funzionare l'albo dei manager delle aziende confiscate e dobbiamo rafforzare, in sede ordinamentale, quindi introducendo nuove norme, quel sistema di regole che consenta alle aziende confiscate e sequestrate di restare sul mercato con il valore aggiunto derivante dall'essere state liberate dalla contaminazione e dalla presenza criminale.
  Questa è la logica nella quale ci muoviamo e che ha un suo risvolto, non di politica criminale, ma di politica economica. Mi riferisco esattamente al fatto che quando si parla della corruzione o del contrasto alla criminalità organizzata si fa riferimento ad esse essenzialmente per la loro dimensione criminale e per la necessità di contrasto a tale dimensione. Si tende dunque a sottovalutare un punto che a noi appare fondamentale, ossia il fatto che i liberi mercati si fondano sul principio della libera concorrenza e che le aziende che operano utilizzando metodi criminali o la corruzione sono aziende rompono il sistema delle regole del mercato e della libera concorrenza.
  Queste aziende, dunque, beneficiano illecitamente delle metodologie che esse stesse usano, rompendo – ed è questo l'esito finale – il sistema di regole sottostanti al buon funzionamento del libero mercato e della libera intrapresa, così come tutelate dalla nostra Costituzione repubblicana. Quindi, l'aspetto che occorrerà valorizzare sempre di più è l'effetto che le metodologie criminali derivanti da corruzione e mafia – o, meglio, mafie – Pag. 6determinano sulla rottura delle regole di funzionamento dei liberi mercati e sulla violazione del principio della leale e reale concorrenza.
  Sulla corruzione, nelle riflessioni finali contenute in un documento con cui qualche anno fa si concludeva l'analisi di un gruppo di esperti della Commissione europea circa la diffusione del fenomeno corruttivo e le connessioni con l'infiltrazione della criminalità organizzata, si affermava che impedire tale fenomeno con un'adeguata politica di prevenzione è tanto importante quanto il suo contrasto con gli strumenti a disposizione della giustizia penale.
  L'Italia, con l'ultima legge sulla corruzione, la legge 6 novembre 2012, n. 190, ha rispettato gli obblighi di adeguamento del suo ordinamento interno nati dalla Convenzione ONU del 2003 e dalla Convenzione penale del Consiglio d'Europa del 1999, ponendo così termine ad un percorso che chiedeva di essere completato innanzitutto sul piano giuridico.
  È evidente che se si dovesse ravvisare la necessità di un rafforzamento di quel sistema di regole venute fuori dalla legge di contrasto alla corruzione, la citata legge n.190 del 2012, il Governo non si sottrarrà a questa sfida e a questo ulteriore proposito.
  Occorre lavorare facendo molta leva sulle forze sane della nostra imprenditoria per contrastare la mafia e la corruzione, perché quel di meno di competitività e di funzionamento del mercato derivante dalla violazione criminale del principio di libera concorrenza toglie forza all'Italia nel ranking internazionale del Paese. È questa la ragione per la quale è necessario sviluppare sempre di più due idee che sono frutto della legislazione recente del nostro Paese, ossia le cosiddette white list e il rating di legalità, cui sono connessi vantaggi premiali per le imprese che chiedano l'attribuzione del rating antimafia. Alcune prefetture, quelle dell'Emilia, dell'Aquila e di Milano, sono già impegnate su questo versante e, con la registrazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 18 aprile 2013 presso la Corte dei conti, saranno attrezzate tutte le altre prefetture per fare funzionare questi strumenti premiali.
  Le attività di prevenzione antimafia nel nostro Paese dovranno dare il meglio delle loro potenzialità e delle loro possibilità di fronte al grande evento che attende Milano e il nostro Paese nel 2015, ossia l'Expo. Su questo mi sento di poter assicurare che sarà profuso ogni impegno e ogni sforzo da parte del Governo, rafforzando, se del caso, anche in questa circostanza – sono allo studio norme proprio in questa direzione – il sistema normativo di prevenzione delle infiltrazioni criminali negli appalti, con specifico riferimento ai grandi eventi.
  Allo stesso modo – e torno alla premessa sul funzionamento del sistema di contrasto, anche grazie all'uso delle informazioni – la costituzione della Banca dati unica nazionale della documentazione antimafia costituisce un caposaldo di questo processo di ammodernamento, che onora il principio di non aggravamento del procedimento amministrativo.
  La vicenda della sicurezza mi ha occupato in questi due mesi anche sotto un altro versante, che va oltre – perché forse viene prima – la questione del contrasto alla grande criminalità organizzata nazionale e transnazionale e riguarda invece la premessa della necessaria libertà dalla paura che rende un cittadino realmente libero. Sto parlando dei bisogni reali e psicologici che ai nostri concittadini derivano dal sentimento di una non piena sicurezza nelle proprie città.
  Ho già incontrato i rappresentanti dell'Associazione nazionale dei comuni italiani, insieme al Ministro Delrio, per predisporre, in una logica di dialogo e di condivisione degli obiettivi, una strategia di contrasto alla criminalità urbana che sia la migliore risposta possibile da parte di un Paese che, anche in ragione dei nessi evidenti tra la crisi economica e la criminalità, vede crescere i reati di tipo predatorio, ossia rapine, furti, scippi; una serie di atti che intervengono direttamente nella vita del cittadino e che segnano sul piano Pag. 7psicologico non solo chi li subisce, ma anche la comunità nella quale quel cittadino vive.
  Ecco la necessità, dunque, di avere una strategia chiara sulla sicurezza urbana, anche rafforzando tutti quegli strumenti che rappresentano un modo per valorizzare il grande esercito del bene – mi riferisco ai poliziotti, ai carabinieri e a tutti coloro i quali tutelano la sicurezza nelle città – che si pone a difesa della grande confederazione delle persone perbene spesso messa sotto attacco da parte della piccola criminalità urbana.
  L'altra questione a cui facevo riferimento in premessa, tra le priorità di questo nostro Governo, è la necessità di sicurezza soprattutto per i soggetti più fragili, a cominciare dai bambini, nella navigazione informatica. In merito, pensiamo di fare un intervento su una materia che è stata troppo spesso sottovalutata, il cyberbullismo, che sarà oggetto di una nostra forte attenzione.
  Allo stesso modo, porremo grande attenzione – e in parte lo abbiamo già fatto – a un tema che, con espressione ormai entrata nella coscienza collettiva, è stato definito femminicidio. Nel 2009, il Governo ha approvato un decreto che il Parlamento ha rapidamente convertito in legge all'unanimità – il decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito nella legge 23 aprile 2009, n. 38 – facendo seguito a un lavoro delle Commissioni competenti unanimemente schieratesi a favore di quella norma, che fissò, nel nostro ordinamento giuridico, la sanzionabilità degli atti persecutori, il cosiddetto stalking.
  L'esperienza di questi anni ci ha dato un riscontro positivo con oltre 35 mila denunce per stalking, però ci ha anche insegnato che tale fenomeno frequentemente diventa presupposto di un reato più grave. Occorre allora che lo spettro delle tutele normative dell'ordinamento si rafforzi, proprio prendendo atto del fatto che lo stalking, benché la norma ad esso relativa abbia brillantemente funzionato, è stato spesso un reato presupposto. In altre parole, si commette lo stalking per arrivare poi a un reato più grave. Ebbene, se in base agli studi si determinerà che il sistema delle aggravanti non funziona a dovere, e se sarà necessario, intenderemo proporre una norma specifica che rafforzi l'intuizione dello stalking e recuperi l'insegnamento venuto in questi anni di sua applicazione.
  Sempre nell'ambito della sicurezza urbana, dove spesso si verificano questi delitti – è un tema molto delicato su cui comunque il Governo sentirà il Parlamento attraverso le Commissioni competenti – vorremmo squarciare il velo che ha sempre separato le competenze in materia di sicurezza statuali da quelle delle città, non solo per il tramite della polizia locale, ma soprattutto delle associazioni di volontariato e delle organizzazioni private che hanno sempre dato un contributo più o meno diretto o indiretto. Quindi, uno dei temi di attenzione potrà essere quello della cosiddetta «sicurezza sussidiaria».
  Stante il trascorrere dei minuti, e ribadendo la mia completa disponibilità a tornare in Commissione, non mi soffermo su altri argomenti che pure mi avrebbe fatto piacere trattare, come il ruolo dei prefetti, dei questori, delle autorità provinciali di sicurezza, per dedicare gli ultimi minuti del mio intervento a una questione che al momento mi appare assolutamente centrale, quella dell'immigrazione.
  Faremmo un grande errore se decontestualizzassimo quello che si sta verificando sui temi dell'immigrazione in questo momento della storia dell'uomo. Sono convinto che Lampedusa sia il Checkpoint Charlie del terzo millennio. Circa un quarto di secolo fa, fu smontato un passaggio a livello che separava l'Est e l'Ovest del mondo. Oggi Lampedusa si sta sempre più collocando come un ideale passaggio a livello tra il Sud e il Nord del mondo, che ragazzi e ragazze di un'altra parte del globo ritengono di valicare sapendo che oltre quel passaggio a livello vi è la libertà, la democrazia e il benessere. Questo non è solo un insegnamento nella lettura dei fatti dell'oggi, ma Pag. 8anche un richiamo a ciò che noi possiamo e dobbiamo fare come Stato e a ciò che l'Europa dovrebbe fare.
  Durante l'ultimo Consiglio d'Europa, a Lussemburgo, ho fatto presente – con l'energia dovuta, ritengo – che Lampedusa non è il confine dell'Italia, ma il confine meridionale dell'Europa; che la tutela di quella frontiera non è un interesse nazionale ma europeo e che il valicare quella frontiera da parte di chi decide di superare quel passaggio a livello è la scelta di entrare in Europa, non a Lampedusa e neanche in Italia. Tutto ciò che, in termini di bisogno di sicurezza, si scarica sul continente europeo per il tramite di questi flussi che nascono dal Corno d'Africa e che, nella nuova condizione di instabilità della Libia, trovano in quel Paese una sorta di hub, di concentramento, di luogo di raccolta di popolazioni, di gente proveniente da traffici anche criminali che si svolgono nelle regioni sub-sahariane e, attraversando il Corno d'Africa finiscono in Libia, non può restare solo un tema nazionale, italiano.
  Se ciò accadesse, infatti, ne sarebbero pregiudicati i princìpi di mutua cooperazione, di collaborazione, di solidarietà che pure tutti i trattati istitutivi dell'Unione pongono a presidio della collaborazione dei Paesi che ne fanno parte.
  Il passato ci ha consegnato esperienze di tentativi di burden sharing non andati a buon fine, ma l'idea che un pezzo di questo problema sia da condividere con l'Europa a nostro avviso non va abbandonata. Certo, i meccanismi delle relazioni bilaterali non vanno abbandonati ed è questo il motivo per cui il Presidente del Consiglio dei ministri italiano incontrerà il nuovo premier libico, Zeidan, e io incontrerò il mio omologo libico. Il sistema delle relazioni bilaterali deve continuare a guidare l'azione diplomatica del nostro Paese. Abbiamo ufficiali di collegamento, poliziotti, diplomatici e tutto ciò che serve per costruire rapporti solidi in una regione politica instabile, ma crediamo che anche l'Europa debba fare la propria parte.
  Aspettando dunque che l'Europa faccia la propria parte e lavorando perché ciò accada, è chiaro che diamo le nostre risposte nazionali, le quali devono essere rispettose della legge, del dovere di accoglienza di un popolo e di una nazione come l'Italia, ma devono essere altresì rispettose del bisogno di sicurezza dei nostri concittadini. Anche in questo caso siamo chiamati a conciliare i due princìpi sacri e, a loro modo, spesso, soprattutto nella comunicazione pubblica, antagonisti: l'idea di accoglienza e il bisogno di sicurezza.
  Il funzionamento eccellente dei ponti aerei che questo Governo ha attivato su Lampedusa ha fatto sì che sabato della scorsa settimana, quando sono andato al CPSA, il centro di primo soccorso e accoglienza, potessi constatare che il PS – che sta dentro l'acronimo CPSA, a testimoniare il primo soccorso – ha funzionato. Si tratta di un primo soccorso. Quello non è un centro dove si può risiedere per mesi e mesi. Questo è l'obiettivo che ci siamo dati, talché anche quel pezzo di Europa e quel pezzo d'Italia, quella perla del Mediterraneo venga restituita alla sua dimensione turistica meritata, esattamente come era successo nei decenni precedenti.
  In questa logica e nella prospettiva della collaborazione con gli enti locali, l'impegno che stiamo assumendo, per il quale stiamo trovando le risorse necessarie, è quello di assicurare il meccanismo degli SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), in modo tale che le presenze di immigrati nel nostro Paese non gravino solo su una comunità e che, su base volontaria, i comuni possano collaborare ai sistemi di protezione e accoglienza.
  In tutto ciò, è chiaro che non solo un occhio di riguardo, ma tutto ciò che si renda necessario sarà destinato ai minori non accompagnati, cioè ai soggetti più fragili, che spesso sono protagonisti di questi sbarchi, in quanto figli o vittime di sistemi criminali che stanno sull'altra sponda del Mediterraneo.Pag. 9
  La Commissione conosce i numeri, tramite i dossier degli Uffici: dunque è noto a tutti che il 2011 è stato l'anno picco di ingresso di migranti nel nostro Paese, in ragione delle cosiddette «primavere arabe». Dagli oltre 60 mila del 2011, siamo passati a un po’ più di 13 mila nel 2012 e, in questo primo semestre del 2013, siamo allineati ai dati dell'anno precedente. Parliamo dunque di un dato assolutamente significativo, ma che non ci dà la dimensione di un'emergenza. La situazione è uguale all'anno scorso, in sostanza, con una gestione che vorrei fosse – intendo ribadirlo – improntata a una condivisione, su base volontaria, da parte dei comuni e degli enti locali, di quei sistemi di protezione che sono assolutamente alla base del nostro collocarci in Europa, rispettando i trattati internazionali, ma al tempo stesso, proprio per la maggiore capacità di controllo anche sociale, derivante dal fatto che poche unità in piccole comunità sono facilmente identificabili, determina la tutela del bisogno di sicurezza delle nostre comunità e dei nostri concittadini.
  È evidente che vi sono mille modi per contrastare il nostro sistema di regolazione del fenomeno. Proprio a Lampedusa, sabato, ho preso atto di azioni addirittura masochiste, come l'abrasione dei polpastrelli per sottrarsi alla raccolta delle impronte digitali, o anche dinieghi alle fotosegnalazioni. È chiaro che il nostro Paese deve reagire a tutto questo alimentando e rafforzando tutti i controlli di sicurezza.
  Ho parlato per più di trenta minuti, quindi credo di aver esaurito il mio tempo. Avrei altre cose da dire, ma spero di poter trarre dalle vostre domande l'occasione per dire ciò che non ho potuto esprimere in questa prima parte della mia relazione e per trarre nuovi spunti da ciò che la Commissione intenderà sottopormi. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Avrei una proposta operativa da sottoporre al Ministro e alla Commissione. Dal momento che abbiamo un quarto d'ora scarso per poter alimentare il dibattito, chiederei innanzitutto al Ministro di confermare la sua disponibilità a tornare in Commissione, per rispondere compiutamente alle domande dei deputati.
  Rispetto al quarto d'ora che rimane, sarei dell'avviso che potremo nella seduta odierna anticipare qualche domanda, prevedendo un intervento per gruppo, fermo restando che le altre domande potranno essere rivolte al Ministro nell'ulteriore incontro che avremo con il Ministro stesso, in data da concordare con gli uffici a seconda delle disponibilità che sono state già assunte.
  Se questa proposta operativa può incontrare il consenso di tutti, la attuerei e cederei la parola a un rappresentante per gruppo per brevi interventi, senza contingentamento dei tempi, ma in un clima di assoluta parità, vista l'informalità dell'accordo.

  EMANUELE FIANO. Signor presidente, la ringrazio, però sinceramente rinuncerei ad intervenire perché, data la complessità delle questioni che ha posto il Ministro e il numero dei gruppi, in un quarto d'ora mi sembra difficile porre domande serie e dare risposte serie come è solito fare il ministro.
  Avendo apprezzato l'articolazione delle problematiche che il Ministro ha posto, credo che non sia opportuno per il lavoro di tutti...

  PRESIDENTE. Sono stato poco chiaro. Non chiedevo la risposta del Ministro, ma soltanto se qualcuno avesse da rivolgere oggi delle domande, a cui il Ministro avrebbe risposto comunque la prossima volta.

  EMANUELE FIANO. La ringrazio molto, ma – lo dico con grande rispetto della sua proposta che è assolutamente utile – vista l'evenienza di altri impegni del tutto legittimi e giustificati, suggerisco di rinviare il tutto e di meditare un attimo sulle comunicazioni fatte dal Ministro, per trovare poi altra sede in cui proseguire.Pag. 10
  Con tutto il rispetto per il presidente, il Ministro e gli altri colleghi, è difficile proseguire con così poco tempo a disposizione. Questo è il mio suggerimento.

  PRESIDENTE. Prendo atto che non vi sono obiezioni da parte della Commissione sulla proposta formulata dal collega Fiano.
  Acquisita, quindi, la disponibilità del Ministro Alfano ad essere presente ad una successiva seduta della Commissione, da convocare non appena possibile, ringrazio il Ministro e rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.35.