Sulla pubblicità dei lavori:
Balduzzi Renato , Presidente ... 3
Audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio, nell'ambito dell'attività istruttoria connessa all'esame, in sede consultiva, del disegno di legge del Governo C. 1542, recante «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni»
(ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Balduzzi Renato , Presidente ... 3
Delrio Graziano , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 3
Balduzzi Renato , Presidente ... 7
Borioli Daniele Gaetano ... 7
Balduzzi Renato , Presidente ... 9
Del Barba Mauro ... 9
Lanièce Albert ... 9
Pagnoncelli Lionello Marco ... 9
Parisi Massimo (PdL) ... 10
Dell'Orco Michele (M5S) ... 11
Mognato Michele (PD) ... 11
Kronbichler Florian (SEL) ... 11
Balduzzi Renato , Presidente ... 12
Delrio Graziano , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 12
Balduzzi Renato , Presidente ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RENATO BALDUZZI
La seduta comincia alle 14.10.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera, del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio, nell'ambito dell'attività istruttoria connessa all'esame, in sede consultiva, del disegno di legge del Governo C. 1542, recante «Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni».
In proposito sappiamo che è possibile e probabile svolgere un lavoro anche condiviso e proposto dallo stesso Governo di modifica e integrazione relativamente a questa o quella disposizione.
L'audizione del ministro oggi serve certamente a consentire alla Commissione di avere il punto di vista del Governo e del proponente sul disegno di legge, ma probabilmente è utile anche in un'ottica più allargata, relativamente a ciò che il Governo stesso, acquisite le prime reazioni e valutazioni in sede di Commissione, sta ritenendo di precisare o integrare.
Naturalmente, il ministro ha il tempo che riterrà di doverci dedicare. Potrebbero esserci quindici minuti di esposizione. Poi seguirà l'apertura della discussione. Grazie ancora.
Do la parola al Ministro Delrio per la sua relazione.
GRAZIANO DELRIO, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Grazie, presidente Balduzzi. Buongiorno e grazie di questa opportunità di illustrare il disegno di legge nelle sue linee essenziali. Mi scuso se la mia esposizione potrebbe risultare troppo stringata, ma penso che nella discussione che possiamo avviare insieme riusciremo a trovare ulteriori elementi di approfondimento.
Il disegno di legge è improntato su tre capisaldi fondamentali. Il primo è quello dell'istituzione delle città metropolitane. Il secondo è la semplificazione dell'attuale sistema delle province. Il terzo punto è il ragionamento sulle unioni dei comuni. Provo a illustrare le premesse e anche le finalità che si propone il disegno di legge.
In premessa, questo Paese aspetta da circa trent'anni la riforma e la partenza delle città metropolitane. Esse costituiscono, in tutta Europa e in tutto il mondo, un sistema di qualità di competizione economica e di attrazione di investimenti. Personalmente, ritengo quello della riforma delle città metropolitane uno dei temi prioritari, anche in considerazione della situazione socio-economica del Paese.
Le città metropolitane, le aree metropolitane sono le vere protagoniste della competizione tra sistemi. Oggi gli investimenti non si spostano in Spagna o in Francia, ma a Barcellona o a Parigi, ossia sulle grandi aree urbane. Nelle grandi aree urbane si produce circa l'80 per cento dell'innovazione e della ricerca. È molto Pag. 4importante, quindi, che queste aree si pensino e vivano come aree di competizione, ovviamente, però, non a detrimento delle altre aree, delle aree interne. Questo non è assolutamente l'oggetto.
Noi crediamo che grandi aree metropolitane come quella di Monaco possano favorire tutta la Baviera, ma non c’è un problema di competizione, da questo punto di vista. Attrarre investimenti e pianificare gli hub trasportistici – aeroporti, porti e grandi vie di comunicazione – in maniera integrata su grandi aree urbane è un fatto che rende le aree urbane più funzionali per i cittadini, per le imprese e per i nuovi investimenti.
Va sottolineato che, se includiamo anche le quattro aree urbane nelle regioni a Statuto speciale, è coinvolta in questo processo di riforma una popolazione presunta intorno ai 20 milioni di abitanti. Questa è una grande opportunità per il Paese, di cui si è ragionato molto e a cui si è arrivati molto vicini anche con la precedente legislatura.
Il progetto di legge si ispira anche a molte considerazioni fatte in precedenza. La discussione è molto matura. Vorrei ricordare che, in diversi casi, la riforma delle città metropolitane è già iniziata. Ci sono aree urbane, da Bologna a Venezia, a Torino, a Genova, a Milano, che hanno già iniziato una discussione molto approfondita sul futuro dei propri territori come città metropolitane. È necessario fornire loro al più presto un quadro generale.
A che cosa si ispira la riforma ? Si ispira al fatto che questi enti, come in tutta Europa, sono impostati come enti di secondo grado. A differenza delle province, per le quali il secondo grado è accompagnato da una riduzione delle funzioni, per evitare uno dei problemi chiave del federalismo, ossia la sovrapposizione di funzioni, nel caso delle città metropolitane noi manteniamo funzioni, anzi, introduciamo come prima e più importante funzione quella di avere un Piano strategico. Il Piano strategico rappresenta l'elaborazione, attraverso la consultazione dell'Assemblea metropolitana composta da tutti i sindaci del territorio e l'uso di strumenti di conoscenza del territorio stesso, dell'analisi delle priorità e delle direttrici di sviluppo.
Questo tipo di pianificazione strategica, come sapete, è uno degli elementi che hanno conferito maggiore potenzialità alle grandi aree metropolitane europee. Basti pensare all'esperienza di Lione, dove questo tipo di pianificazione ha reso la città assolutamente ad altissimo valore aggiunto.
Le funzioni della città metropolitana sono legate all'adozione del Piano strategico, alla pianificazione territoriale generale, alla strutturazione di gestione dei servizi pubblici e dei sistemi coordinati di gestione di mobilità e viabilità alla pianificazione e al coordinamento dello sviluppo economico e sociale. Ci sono, infatti, alcune funzioni importanti di coordinamento e di pianificazione che vengono attribuite in capo alla città metropolitana.
La città metropolitana viene vissuta come un sistema di secondo livello, come ho detto, gestito essenzialmente da un'Assemblea di sindaci e da un Consiglio metropolitano, che, nella nostra ipotesi originale, è costituito dai presidenti delle unioni dei comuni e dai sindaci dei comuni con più di 15.000 abitanti.
Teniamo presente, però, che in questo progetto di legge noi attribuiamo ampia facoltà agli Statuti di decidere come procedere rispetto alle elezioni. Il dibattito avvenuto in Commissione affari costituzionali sta focalizzandosi proprio sulle modalità di elezione, sui sistemi elettorali e sull'anticipo eventuale dell'elezione diretta. Esiste, infatti, una possibilità anche di suffragio universale dal 2017. Si pensa, dunque, anche a un anticipo di questa possibilità.
In Europa il suffragio universale è praticato solo da Londra. Il principio secondo cui esiste una scomposizione del comune capoluogo in diversi quartieri o municipi di tipo minore, nelle nostre intenzioni, riflette il modello parigino. Questo per poter impedire che ci sia un'influenza eccessiva del comune capoluogo su tutta l'area metropolitana.
La discussione con la Commissione sta andando avanti in maniera proficua. Mi Pag. 5sono stati forniti molti suggerimenti per cercare di tutelare al massimo anche i comuni minori col sistema elettorale. La discussione sta avanzando anche in questa direzione.
Analogamente, si sta ragionando con molto approfondimento anche sul tema dell'istituzione in prima istanza della città metropolitana, che ha creato alcune perplessità e misunderstanding con molti. È previsto, infatti, che dal 1 gennaio il sindaco metropolitano cominci a convocare l'Assemblea metropolitana per predisporre lo Statuto. Noi vogliamo arrivare a giugno, quando ci saranno stati i rinnovi dei consigli comunali, già pronti con l'operatività. Si presume che a maggio o a giugno ci siano le elezioni. Il mese dopo si potrà approvare il nuovo Statuto e partire.
Vorrei ribadire qui che all'inizio di gennaio si prevede di predisporre lo Statuto. Gli organi della città metropolitana provvisori e sono solo incaricati della predisposizione dello Statuto. Hanno solo questa finalità. Non sostituiscono la provincia esistente, non la commissariano. La provincia continua a esistere in tutti i suoi organi e in tutte le sue funzioni. Questo è uno dei punti fondamentali.
Un'altra discussione che sta variando – la cito, presidente, per la conoscenza della Commissione, ma poi sarò disponibile ad aggiornare le notizie a mano a mano che il lavoro procede – riguarda la specificità di Roma capitale. Stiamo accogliendo le numerose sollecitazioni che ci sono arrivate a considerare anche Roma con lo stesso regime di tutte le altre province metropolitane e non, come è scritto nel progetto di legge, una Roma comune a cui si attraggono, a mano a mano, altri comuni. Si parte, come definizione, già col territorio provinciale, in prima istanza. Questa è una delle questioni su cui stiamo lavorando.
Per quanto riguarda, invece, le province, molto rapidamente, come sapete, il Governo ha presentato anche il progetto di abrogazione costituzionale delle province. Dopo la sentenza della Corte che invitava a non usare la decretazione, ma strumenti più adatti per la modifica dei livelli istituzionali, da un lato, il Governo ha posto il tema dell'abrogazione delle province e, dall'altro, con il disegno di legge C. 1542 noi tentiamo di individuare un'organizzazione dell'area vasta più leggera e funzionale.
Secondo noi, la sovrapposizione di competenze è inutile. È inutile che ci sia competenza sul turismo, sulla cultura, sullo sport. Ci sono diverse competenze che ancora risiedono sulle province. È inutile continuare ad avere strutture di funzioni generali e di amministrazione e controllo pesanti. Conviene, invece, avere un'area vasta analoga a quella delle città metropolitane, ma con molte meno funzioni.
Le funzioni coinvolte sono la pianificazione territoriale, ambientale, trasportistica e stradale. Con alcune funzioni di pianificazione generale e una sola funzione gestionale tipicamente di area vasta, che è la gestione delle strade, si alleggerisce di molto la provincia. Questa diventa, sul modello che è stato tante volte discusso, un'agenzia di servizio ai comuni, gestita da Assemblee di sindaci, tipicamente di secondo grado.
Su questo punto, secondo noi, l'alleggerimento delle funzioni e insieme il mantenimento dell'area vasta sono un punto essenziale in questa fase di transizione, perché impediscono il verificarsi di disfunzioni che sarebbero altrimenti molto facilmente riscontrabili nella cancellazione de facto, da un giorno all'altro, dell'area vasta provinciale.
È in corso un dibattito in Commissione sulle modalità di elezione del Consiglio provinciale, dell'Assemblea provinciale. Si discute se allargare anche questo tipo di elezione ai consiglieri comunali per estendere lo spazio democratico dell'elezione del presidente della provincia. Io sottolineo sempre che l'elezione di secondo grado non comporta una minore autorevolezza. Anche il Presidente della Repubblica è eletto in secondo grado. Renato Balduzzi mi sgriderà per questi salti culturali eccessivi, ma sottolineo che non per questo motivo c’è meno autorevolezza nel Presidente della Repubblica o nel Presidente del Consiglio, anche se non sono eletti direttamente dai cittadini.Pag. 6
Ciononostante, io ritengo che la funzione di area vasta in questa fase vada mantenuta. Dopodiché, a regime, con la riforma costituzionale, l'area vasta diventerà di pertinenza organizzativa non più dello Stato, ma delle regioni. Questo è il modo in cui ci immaginiamo il percorso.
Già oggi le regioni legiferano sulle funzioni di area vasta e sugli ambiti territoriali ottimali, gli ATO, e hanno tante altre funzioni esistenti per legge. Stiamo adesso lavorando con le regioni sul testo originale, in maniera che venga riconosciuto in modo più evidente il ruolo delle regioni anche in questa fase di passaggio. Stiamo ragionando per coordinare bene le diverse funzioni, allargare la platea elettorale e, insieme, avere un coordinamento efficace.
Quanto a tutti gli altri enti di secondo grado che a vario titolo vengono quantificati da diversi opinionisti in 7.000, 3.000 o 4.000. Enti non secondari, dagli ATO alle agenzie della mobilità, ai bacini imbriferi montani, il ragionamento che noi auspichiamo e vogliamo che avvenga è che tutto ciò che è gestito da Assemblee di sindaci, dai bacini imbriferi montani ad altre agenzie, converga nell'ente di area vasta provinciale. Auspichiamo, cioè, che vi sia un solo ente di area vasta gestito da un'Assemblea di sindaci che assuma diverse funzioni.
Questa operazione si può fare solo in coordinamento concreto con le regioni e, quindi, l'intenzione regionale, e anche la nostra, è quella di coordinare il lavoro in maniera da evitare sovrapposizioni. Dal processo di semplificazione delle province deve discendere un processo di semplificazione anche di tutti gli enti intermedi che oggi svolgono funzioni di pianificazione e di gestione di area vasta.
Cito due questioni sulle polemiche più evidenti che sono emerse. Il motivo per cui non vi è l'edilizia scolastica nel testo è che, mentre la programmazione scolastica superiore è prevista come funzione di area vasta, non vi figurano, invece, la gestione e la manutenzione.
A me pare che la manutenzione non sia una funzione tipica dell'area vasta. La manutenzione è una funzione tipica di amministrazione. Il nostro disegno di legge si rifà, quindi, non tanto a una predominanza dei comuni, quanto all'articolo 118 della Costituzione, comma 1, il quale dispone che le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni, salvo esigenze di sussidiarietà. Esiste una chiara gerarchia delle funzioni amministrative. Questo è il motivo.
Io credo che alcuni comuni, alcuni territori, sceglieranno liberamente di continuare a delegare l'edilizia scolastica superiore all'ente provincia, laddove ci sono uffici efficienti ed efficaci. Le regioni possono continuare ad attribuire funzioni alle province e i comuni possono continuare ad attribuirle all'ente di area vasta. A quel punto, però, il processo è di valutazione dell'efficacia della funzione, più che di funzione fondamentale a priori. Questa è la filosofia.
Da ultimo, presidente, si pone la questione delle unioni comunali. Tengo insieme tutte e tre le tematiche perché credo che su tutte e tre vi sia la possibilità, pur nei limiti enormi di questa nostra scrittura, che sicuramente il Parlamento aiuterà a superare, di individuare un assetto istituzionale rinnovato e più efficiente per il nostro Paese.
Il nostro Paese ha una quantità di piccoli comuni sotto i 5.000 abitanti che supera le 5.700 unità. Si intendono, infatti, per «piccoli comuni» quelli sotto i 5.000 abitanti. Ci sono poi 1.900 comuni sotto i 1.000 abitanti. Queste sono percentuali inferiori rispetto a quelle di molti altri Paesi. In Svizzera i piccoli comuni sono molti di più in proporzione alla popolazione, come in Germania. In Francia sono addirittura 36.000.
Qual è la differenza sostanziale ? Noi abbiamo scelto la strada che hanno scelto anche i colleghi francesi, così come sulle città metropolitane abbiamo scelto la strada dei colleghi tedeschi. Si tratta di una strada di ampia variabilità e flessibilità, perché la flessibilità è una caratteristica di successo delle città metropolitane. Sono gli Statuti che leggeranno il territorio e decideranno come fare la governance in maniera più efficace. Basti pensare che in Pag. 7alcune aree metropolitane della Germania rientrano nella governance le Camere di commercio.
Questo fenomeno è già presente anche in Italia, perché le Camere di commercio e le Unioni degli industriali di Padova e di Treviso hanno chiesto di aderire alla città metropolitana di Venezia. Si vivono già come un triangolo unico di programmazione di area vasta. Si tratta di fenomeni di grande flessibilità.
L'esperienza italiana ha un grande limite, dimostrato anche dagli ultimissimi risultati sui fabbisogni standard e dall'analisi della SOSE che abbiamo sul nostro tavolo proprio in queste ore. La piccola dimensione non è tanto da cancellare, quanto da efficientare, perché la piccola dimensione del comune non consente nemmeno alle funzioni più elementari, come l'anagrafe, di essere esercitate senza costi aggiuntivi. Abbiamo, dunque, bisogno di procedere alla gestione associata dei servizi.
In Francia e in Germania l'80 per cento della popolazione è dentro la gestione associata di servizi e le unioni comunali rappresentano l'80-90 per cento della popolazione. In Italia rappresentano solo il 12-13 per cento. Capite bene che, piuttosto che procedere all'abrogazione dei piccoli comuni, operazione molto complicata, noi abbiamo scelto di continuare a stimolare con incentivi la fusione e soprattutto l'unione comunale, la quale ha una sola tipologia, ma tre articolazioni che attualmente vengono semplificate a due.
Viene, peraltro, confermata la possibilità che le unioni comunali stiano fuori dal Patto di stabilità, in maniera da stimolare i comuni a scegliere questa via. Gli investimenti congiunti per un'unica scuola in un gruppo di comuni, per esempio, dovrebbero essere fuori dal Patto di stabilità. Tuttavia, c’è una decisa scelta in questa direzione, una scelta che, ovviamente, come per le province, non trova il consenso dei piccoli comuni. In generale non c’è entusiasmo su questo punto. Noi, però, crediamo che questo sia uno dei modi con cui si possa far fare al sistema dei piccoli comuni il salto di qualità che hanno fatto in altri Paesi, dove, lo ripeto, la gran parte del lavoro viene svolta in questa maniera.
Anche su questo c’è una discussione di ulteriore semplificazione, presidente. Si cerca di semplificare ulteriormente le unioni comunali e di capire se i limiti demografici che si sono usati, che sono quelli del Testo unico, siano giusti o sbagliati. Si cerca di capire se lo strumento delle convenzioni, che stiamo discutendo, sia da conservare.
Io sarei per il superamento dello strumento delle convenzioni, che è un modo debole di lavorare, ma ci sono obiezioni da parte di tanti piccoli comuni, perché le convenzioni hanno rappresentato uno strumento che essi hanno utilizzato. Stiamo discutendo anche di questo, ma ci pare che questa sia una questione non più rimandabile.
Penso di aver esaurito abbondantemente il tempo. Ho tralasciato moltissime questioni, ma sono a disposizione per il tempo che avete.
PRESIDENTE. Grazie, ministro. In quindici minuti ci ha fornito comunque la dimensione del problema. La ringrazio anche per le anticipazioni che ci ha reso in ordine ad alcuni sviluppi in corso di elaborazione normativa. Cercheremo anche noi adesso di essere, come il ministro, efficaci e sintetici.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
DANIELE GAETANO BORIOLI. Ringrazio il ministro per l'esposizione del contenuto e delle finalità del disegno di legge. Essendo molto sintetico, cercherò di esprimere in maniera molto diretta, ponendo anche alcune questioni, alcuni punti, a mio giudizio rilevanti, della normativa proposta che non mi convincono. Lo farò mettendo in bacheca, e non introducendo qui, una mia posizione più di fondo, di cui, peraltro, il ministro è a conoscenza. È in corso, infatti, un dibattito che ha toccato diverse scuole di costituzionalisti sul tema dell'ente intermedio.Pag. 8
Quanto alla prima questione, il ministro ha fatto riferimento a ciò che c’è sullo sfondo. Quando e se, come tutti ci auguriamo, arriverà a regime la riforma costituzionale, si dovrà tenere conto che dietro il disegno di legge C. 1542 c’è anche il C. 1543.
Un primo punto di difficoltà che io ravviso nel coordinamento tra i due testi riguarda il tema delle province. Mentre questo testo prefigura una loro evoluzione verso una tipologia di ente di secondo livello, rispetto al quale vengono definite alcune funzioni e si istituisce un meccanismo anche per formare gli organi attraverso la definizione dell'elettorato passivo, nel disegno di legge C. 1542 questa funzione e il sistema che viene creato per reggere la funzione scompaiono. Nel disegno di legge C. 1543 le province sono semplicemente abolite. Lo Stato e le regioni decideranno poi come comportarsi per le funzioni che le province stanno svolgendo.
In qualche misura le province, attraverso i sindaci, per un periodo che oggi non siamo in grado di definire, continuerebbero a operare. In teoria, la riforma costituzionale che abolisce le province potrebbe traguardare a fine 2015 rispetto al disegno del Governo. In questo modo rischiamo di allestire una macchina che attiva amministratori locali a compiere lo sforzo di un profilo di programmazione di area vasta, per poi doverlo dismettere e ricominciare daccapo.
Questa è la prima questione. Io credo che sarebbe opportuno quanto meno che sul disegno di legge 1543 – cerco di stringere, ma sono questioni di merito – si intervenisse.
L'altra questione riguarda un aspetto che ha a che fare con l'equilibrio territoriale. Io penso che il combinato disposto della soppressione delle province e poi, a regime, della riforma costituzionale, con l'eventuale assunzione delle funzioni che oggi svolgono le province direttamente da parte delle regioni, le quali, non sappiamo in base a quel testo, cosa decideranno, soprattutto in territori complicati e caratterizzati da una forte rarefazione istituzionale rischi di produrre un'asimmetria.
Ci saranno – penso al Piemonte, il mio territorio – una regione con il peso politico dell'investimento diretto, una città metropolitana, come Torino, e poi tutto il resto del territorio che magari, non avendo neppure più le province, così come previsto nel disegno di legge C. 1542, in tutto il profilo della concertazione e della definizione delle risorse e dei programmi di area vasta sarà oggettivamente più debole. Ci sarà, quindi, un'asimmetria, che io credo bisognerebbe preoccuparsi di correggere.
L'ultimo tema che volevo porre è una questione specifica sulle città metropolitane e, in particolare, su quella di Torino. La città metropolitana di Torino, ritagliata sull'entità territoriale dell'attuale provincia, ha un profilo difficilmente configurabile con gli esempi europei che lei, ministro, citava. Io non credo che esistano in Europa esempi paragonabili alla provincia di Torino, laddove ci sarebbe una città metropolitana che comprende Pinerolo o Ivrea, centri che hanno decine e decine di chilometri di distanza, con in mezzo una discontinuità territoriale. Si tratta di un problema che io credo vada affrontato.
Passo all'ultimissima considerazione. Sulla funzione principe di area vasta delle province che lei ha richiamato, le strade, io credo ci sia un tema che quantomeno andrebbe affrontato in termini di retrocessione rispetto a ciò che è stato fatto all'inizio degli anni Duemila. C’è tutta una parte della rete stradale ex ANAS che, nella logica di Bassanini, fu attribuita alle province. Parliamo, però, di strade che hanno un rango, a mio giudizio, soprattutto in territori come quello piemontese, tale da non poter essere affidate per la gestione e la programmazione, per la rilevanza che hanno, al sistema dei comuni.
Quel tipo di strade, dentro questa logica, potrebbe essere ripreso dall'ANAS, visto che in molti territori ha mantenuto e gestisce ancora parte della rete stradale. Le strade che erano di rango statale fino a non più di dieci anni fa potrebbero ritornare all'ANAS, in modo che almeno quel sistema territoriale sarà sollevato da Pag. 9una gestione che io credo non riuscirà oggettivamente a svolgere. Io non credo, infatti, che 190 sindaci riusciranno a mettersi d'accordo per programmare e gestire alcune strade prioritarie dal punto di vista della rilevanza per il sistema delle comunicazioni.
PRESIDENTE. Grazie, senatore Borioli. Chiedo scusa se ho dovuto invitarla a stringere. Il problema è che abbiamo sei iscritti a parlare e solo 20 minuti dei 45 dedicati all'audizione del ministro. Vorremmo anche ascoltare le sue risposte.
MAURO DEL BARBA. Grazie, presidente. Grazie, ministro, per questa sua relazione, che ho trovato molto esaustiva e soddisfacente. Mi concentro soprattutto sulla parte di riforma delle province, che incide su tutto il Paese e di cui comprendo la ratio. Credo che andrà a modificare in maniera importante l'architettura dell'organizzazione periferica dello Stato e mi sembra che lo faccia con obiettivi positivi per la media del Paese.
Tuttavia, esistono forse alcune zone del Paese così particolari e speciali, come quelle alpine e di confine, dove funzioni come quelle del turismo sono esercitate a fatica dai comuni. Tali zone vedevano nella provincia l'ente che aiutava a dare un senso più compiuto all'esercizio di questi importanti aspetti amministrativi ed economici, che il Parlamento farebbe bene a perfezionare.
Detto questo, vengo alla domanda. Per quanto attiene alla sua dichiarazione sul lavoro che si sta compiendo con le regioni, l'intento sarebbe quello di unificare all'interno delle province le Assemblee – se non ho colto male: è la prima volta che ne sento parlare in questo senso – che vedono già riuniti i sindaci in funzioni di secondo livello. In particolare, volevo capire se enti come le comunità montane e i bacini imbriferi rientrano in questa fattispecie e che tipo di soluzione si sta immaginando.
ALBERT LANIÈCE. Grazie, ministro. Volevo innanzitutto ringraziarla per l'attenzione che lei e il suo ministero state dedicando verso le regioni a Statuto speciale. Non è così per altri, come il Ministero dell'economia, ma il suo impegno è reale e concreto. Da questo punto di vista, la ringrazio e sollevo una questione molto rapida, della quale abbiamo già avuto occasione di parlare. Si tratta di un articolo specifico sulla Valle d'Aosta.
All'articolo 2 del decreto-legge n. 126 del 2013 si dice, infatti, che il pagamento di Trenitalia e dei servizi di trasporto locali saranno a carico, dal 2013, della regione Valle d'Aosta. Lei sa benissimo – non sto a ricordarglielo – che ci sono norme di attuazione del 2010 ancora ferme.
Noi riteniamo questo articolo, dal nostro punto di vista, irricevibile, perché la questione dovrebbe rientrare nello sviluppo delle norme di attuazione e, quindi, nell'accordo. Si tratta di circa 23 milioni di euro che ci verrebbero sulla schiena, come si suol dire.
LIONELLO MARCO PAGNONCELLI. Per quanto riguarda la rivisitazione, io credo che in merito ci sia la necessità di intervenire, così come ormai emerge chiaramente. Parlando di aree metropolitane, in particolare, mi sembra di capire che si sommino o che prendano la dimensione delle attuali province.
In un'area come la Lombardia, però, probabilmente dovremo parlare di regione, perché Milano e dintorni contano 3,5 milioni di abitanti e l’hinterland ne conta 5 in più. Ciò significa che, se vogliamo essere veramente competitivi e parlare di aree metropolitane, dobbiamo considerare, come diceva bene il ministro, la dimensione europea.
Per quanto riguarda l'aspetto tecnico dei sindaci che votano solo per i comuni sopra i 15.000 abitanti, va bene, ma sulla mia provincia, che è Bergamo, e lo stesso vale per Brescia o Varese, i sindaci di comuni con più di 15.000 abitanti sono esattamente cinque. Ciò significa che non abbiamo neanche tecnicamente i numeri per costituire il Consiglio provinciale. Poco importa, perché è una questione che si può anche risolvere.Pag. 10
Quello che mi preoccupa, invece, è che i temi che sono stati previsti dal punto di vista delle competenze delle province, ossia il sistema ambientale, territoriale e gestionale e il sistema dei trasporti, siano in capo a un controllore controllato. Il sindaco, che è il sindaco nell'istituzione provincia, è un po’ un controllore controllato. Anche se sono due figure giuridiche diverse, sono ben differenti da quelle attuali. Esiste una provincia con una sua capacità organizzativa di controllare anche i sindaci.
L'esperienza ci ha mostrano che gli ATO non funzionano bene. Questi organismi sarebbero in futuro come gli ATO. Io ne ho visti pochi funzionare e gestiscono solo una cosa: l'acqua. Per tale motivo nutro alcune perplessità.
Per quanto riguarda le unioni dei comuni, io credo che la gestione sociale dei servizi – parlo sempre per l'esperienza del mio territorio, ossia di Bergamo e della Lombardia – dei comuni piccoli si stia avverando. Nella mia provincia credo si possa contare sul 60-70 per cento, una dimensione tale da poter affermare che questo si sta avverando già per un effetto pratico, più che normativo.
Mi fermerei qui. Le questioni sarebbero tante, ma c’è una grande riflessione in corso.
MASSIMO PARISI. Presidente, sarò brevissimo e cercherò di limitare al minimo le tante considerazioni che ci sarebbero da fare, anche perché credo che questo provvedimento sarà sottoposto poi anche al parere della nostra Commissione. Pertanto, avremo modo di dibattere della questione anche al nostro interno.
Ringrazio il ministro per la relazione. Tuttavia, vorrei rilevare che su una serie di aspetti qualificanti – lo ringrazio di averlo fatto – occorre precisare che siamo ancora in presenza di un work in progress. Occorre precisare che su alcune questioni stiamo ancora lavorando, altrimenti le perplessità che il provvedimento solleva non sarebbero semplicemente risolvibili.
Cito solo un punto dei tanti argomenti, perché è stato toccato, ma solo in parte, quello relativo alle modalità di elezione degli organi, che non è un punto di secondo piano. Io condivido quello che ha detto il ministro relativamente al fatto che un'elezione di secondo grado non sia un'elezione con minore autorevolezza. Non si pone, però, un problema di autorevolezza, bensì di democrazia, nel momento in cui andiamo a costituire e riformare questo segmento. In merito a province e città metropolitane di fatto saranno solo i sindaci dei grandi comuni; i presidenti delle unioni di comuni, sappiamo essere ancora in un work in progress.
Non c’è solo il problema dei piccoli comuni, che non avranno la possibilità di essere rappresentati. Ha fatto bene il ministro a ricordare correttamente che in Italia ci sono oltre 5.000 comuni sotto i 5.000 abitanti. Io aggiungo che ce ne sono quasi 6.000 sotto i 10.000. Questo è un problema rilevante, ma ce n’è anche uno – mi si passi il termine – di geografia politica.
Questa è una nazione che stranamente ha aree a forte caratterizzazione di subcultura politica, come la chiamano gli studiosi di questa materia. Non è solo un problema di funzione dei piccoli comuni. Ci può essere anche un problema di tipo politico. Io vengo da una regione – lo esplicito, visto che tutti quelli che intervengono citano le proprie esperienze – in cui di fatto potremmo fare a meno di convocare questi organismi e di riunirli, perché si tratterebbe di organismi di assoluto e certo monocolore dal punto di vista politico. Nel mio caso so quale sia il colore, ma da altre parti d'Italia succederebbe lo stesso. Ben venga se, rispetto a queste questioni, ci sarà nella I Commissione, che ha ora all'esame il provvedimento, una seria rivalutazione.
Ho colto un'ultima contraddizione quando il ministro ha affermato che dobbiamo impedire l'influenza eccessiva del comune capoluogo nella questione, parlando di città metropolitane. Il meccanismo di elezione, da un lato, e la previsione che comunque il sindaco del comune capoluogo Pag. 11sarà anche quello della città metropolitana, dall'altro mi sembrano andare in direzione totalmente opposta.
MICHELE DELL'ORCO. Sarò brevissimo. Innanzitutto, il Movimento 5 Stelle, come risaputo, è per l'abolizione delle province, fatto sta che non ci candidiamo nemmeno alle elezioni provinciali. Per quanto riguarda questo provvedimento, se il compito è la razionalizzazione e la semplificazione del sistema, a mio avviso, stiamo un po’ mancando l'obiettivo, almeno attualmente, anche se, come diceva il collega, questo è un work in progress.
Per essere sintetico ho elencato i punti principali di criticità che noi abbiamo individuato. Innanzitutto, nei centri in cui saranno istituite le città metropolitane la provincia, anche se in forma diversa da quella attuale, può sopravvivere, se non tutti i comuni decidono di aderire alla città metropolitana. Per esempio, possono aderire alla città metropolitana di Roma capitale – già vi accennava prima il ministro – solo i comuni confinanti. A Roma la città metropolitana sicuramente non sostituirà la provincia, dunque, ma si affiancherà a essa.
Un altro punto di criticità è che si prevede che i rappresentanti delle città metropolitane possano essere eletti addirittura direttamente dai cittadini, se ciò è previsto dallo Statuto. Questo è un elemento incongruente col disegno di legge costituzionale già previsto dal Governo, che elimina le città metropolitane dalla Costituzione e ne fa enti di secondo livello. Non si capisce bene dove si vuole andare, tra primo e secondo livello.
Si aggiunge poi la questione della valutazione dei costi e dei risparmi di spesa non ben quantificati. Su questo punto pochi giorni fa è intervenuta la Corte dei conti, in audizione in Commissione affari costituzionali, sostenendo che rispetto al supposto risparmio di 2,1 miliardi sostenuto dal ministro risulta concretamente quantificabile solo la parte del risparmio dei costi delle remunerazioni del personale politico, che ammonta a 105 milioni di euro.
Inoltre, bisogna considerare che ci sarebbero 16 milioni di rimborsi spese da assegnare ai componenti delle Assemblee. Gli incarichi a tutti i livelli sono gratuiti, ma non si parla mai di taglio anche dei rimborsi.
La nostra perplessità, o più che altro la nostra paura, è che, un po’ come è avvenuto per la questione della tassa sulla casa, dall'ICI all'IMU, alla TRISE, questo sia il solito gioco delle tre carte, ossia che si voglia passare dalle province, cambiando i nomi, alle città metropolitane, senza un effettivo taglio delle spese. Temiamo, quindi, che questo sia un gioco delle tre carte e che di concreto ci sia poco.
MICHELE MOGNATO. Intervengo limitatamente all'articolo 4. È giusto che lo Statuto possa prevedere anche l'elezione diretta del sindaco metropolitano, fatta salva, naturalmente, la condizione necessaria che il comune capoluogo abbia un'articolazione territoriale.
Segnalo una questione. Fatto salvo il diritto dei cittadini ai referendum consultivi, bisognerebbe evitare che ci fosse un'accelerazione, da qui al 2017, di referendum consultivi che non permetterebbe poi al Consiglio comunale di effettuare una proposta vera di articolazione. Io temo, in sostanza, che ci sia un'accelerazione di referendum dentro il comune capoluogo che non consenta poi di formulare una proposta vera da parte del Consiglio comunale.
Segnalo questo punto perché mi pare che la questione sia già stata posta dai presidenti delle associazioni delle Città metropolitane.
FLORIAN KRONBICHLER. In sede di Commissione per gli affari regionali mi pare d'obbligo porre una domanda: e le regioni ? A me riesce difficile immaginare che una tale ridistribuzione di funzioni territoriali e di competenze non invada la sfera di competenza delle regioni. Il fatto che il ministro delle regioni non ne parli mi ha sorpreso.
Non mi preoccupo tanto per la mia regione, che mi pare sia messa in salvo.
PRESIDENTE. Nessuno avrebbe mai pensato a una cosa del genere.
Mi aggiungo proprio velocemente, caro ministro, per constatare come già da questa piccola e necessariamente stringata discussione sia emersa una costante del nostro Paese, cioè la diversità molto forte dei territori e delle regioni. Mi chiedo allora, per una ragione di opportunità, che dà anche un senso alla differenziazione del territorio, nonché per ragioni di rispetto costituzionale, se non occorra fare uno sforzo ulteriore nella stesura di questo disegno di legge.
Mi riferisco alla necessità di riconoscere una rubrica del Testo unico già prima del decreto n. 142, sul sistema regionale delle autonomie locali, che poi non ha mai trovato una reale applicazione. Questo aspetto tocca certamente il tema dell'unione dei comuni, di chi deve disciplinarle e come, ma probabilmente tocca anche le province e le città metropolitane.
Il dato che più mi ha colpito, ma che forse appartiene proprio alla riflessione costituzionale e istituzionale, è il seguente: questo non è un vestito un po’ troppo uniforme per una realtà che non lo è ?
Do ora la parola al ministro Delrio per la sua replica.
GRAZIANO DELRIO, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Grazie. Cerco di stare in un brevissimo tempo, perché abbiamo, giustamente, dei limiti. Grazie delle sollecitazioni e dei suggerimenti.
Certamente si pone, come diceva il senatore Borioli, un tema di coordinamento con il disegno di legge C. 1543. Non credo, però, che ci sia un problema tra province forti e deboli, francamente. Quando un presidente di provincia è eletto, come nell'ipotesi originale, da tutti i sindaci di un territorio o addirittura, come si sta ragionando e incominciando a fare, da tutti i sindaci e i consiglieri comunali, è un presidente fortemente legittimato, in ogni caso, a rappresentare gli interessi del suo territorio.
Credo sia molto di esperienza comune il fatto che i presidenti di provincia più bravi sono quelli che hanno sempre assunto le decisioni insieme ai loro sindaci. È difficile che un presidente di provincia prenda decisioni contro la maggioranza dei sindaci. A me sembra che i sindaci in generale abbiano dimostrato, o che possano dimostrare, laddove ciò funziona, che, per prendere decisioni responsabili, non c’è bisogno per forza di cose di un terzo che decida. Molto spesso le decisioni sono state assunte proprio perché c'era collaborazione, la medesima collaborazione che pensiamo ci possa essere in questo caso.
È evidente che – rispondo alla sollecitazione dell'onorevole Dell'Orco – a regime, nel momento in cui ci sarà l'abolizione costituzionale delle province, tutti gli elementi di razionalizzazione e di inclusione dentro un ente pensato dalle regioni in maniera differenziata, per rispondere anche alla sollecitazione del presidente, potranno essere più semplificati. Io lo credo. Probabilmente questo è uno dei temi a regime più forti.
Tuttavia, in questo momento il mantenimento di alcune funzioni di area vasta essenziali di pianificazione è opportuno. Parlo di quelle tipiche di area vasta, inclusa la pianificazione della gestione delle strade. Se sono gestite bene fino adesso, e in molti casi sono gestite bene dal trasferimento dall'ANAS alle province, la situazione delle strade è migliorata e non peggiorata, noi siamo perché tale funzione rimanga in quell'area vasta.
Non credo che ci siano difficoltà di gestione, perché, dal punto di vista finanziario, la finanza non seguiva l'elezione diretta, ma meccanismi di automatismo legati alla tassazione delle province, che non viene toccata. Le risorse rimarranno le solite, anzi, con meno funzioni probabilmente le risorse riusciranno a essere leggermente superiori. Attualmente ci sono 6-700.000 milioni di euro che vengono spesi nelle funzioni che noi togliamo alle province. Mi spiego ?
Anche rispetto ai risparmi io non ho mai affermato, e non lo scrivo nella relazione, che si possano risparmiare 2,1 miliardi. I risparmi certi immediatamente Pag. 13realizzabili sono i 163 milioni che ha citato la Corte dei conti nella relazione dell'altro giorno alla Commissione affari costituzionali. Tuttavia, le funzioni generali di amministrazione e di controllo valgono 2,1 miliardi e ci sono stati numerosi studi, compresi studi della Corte dei conti, che hanno indicato un risparmio ulteriore. Nel 2013 il Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei conti diceva che dall'abolizione delle province solo nelle regioni a Statuto ordinario valeva almeno 750 milioni di euro.
La prudenza della Corte dei conti rispetto a questo disegno di legge è legata al fatto che nelle funzioni generali di amministrazione e controllo è difficile quantificare esattamente le somme, perché i risparmi sono frutto di riorganizzazioni complesse, non di eliminazione. Normalmente si pensa: «Elimino e, quindi, risparmio». Se si elimina la funzione cultura, però, il personale dedicato alla funzione cultura, per poco che sia, si continua comunque ad avere.
Questo è un processo molto complesso. Io sarei molto contento se ci fossero soluzioni semplici a problemi complessi, ma, purtroppo, non ci sono. I risparmi, quindi, secondo me, sono ottenibili, anche oltre la previsione della Corte dei conti del 2013 dei 750 milioni. Le funzioni generali di amministrazione e controllo, come hanno dimostrato una ricerca molto importante della Bocconi e altre, tra cui gli studi di settore della SOSE sull'inefficienza della funzione generale di amministrazione e controllo, sono riducibili del 50 per cento in un ente che si alleggerisce di funzioni, che ha funzioni definite e non ha più burocrazie ulteriori.
È chiaro che questo dipenderà dalla qualità del processo. Io penso che la riforma non sia realizzata con il disegno di legge – non vorrei scandalizzare questo importante consesso – ma con il fatto che insieme ci mettiamo a lavorare, valutiamo, monitoriamo gli effetti e stimiamo che cosa succederà per famiglie e imprese in termini di efficienza. Abbiamo numerosi, autorevoli e anche, pensiamo, ragionati studi che dicono questo, ma è evidente che il processo avverrà coi tempi necessari.
Per rispondere all'accusa di mancanza di radicalità, la prendo come un'interpretazione su questo punto. È vero, l'area vasta continuerà a esistere con alcune funzioni definite ed è molto importante che le funzioni di area vasta non vengano perse, perché rischiamo, a questo punto, un problema di amministrazione. Noi dobbiamo fare tutto quello che possiamo fare, ma non dobbiamo creare problemi ai cittadini. Possiamo discutere di come agire, ma non dobbiamo creare problemi alle autorizzazioni ambientali, alla manutenzione delle strade e delle scuole e via elencando.
Io ho un'ottica molto centrata all'evitare – sono medico e, quindi, ci tengo a non nuocere – comunque che le cose peggiorino, se non altro. Sono convinto che ci siano grandi possibilità di miglioramento, francamente, ragion per cui accolgo volentieri questa sollecitazione.
Esiste un tema della specificità montana, sempre prendendo la sollecitazione del presidente ? Sicuramente sì. Questo è uno degli elementi che nella riflessione con la Commissione sono emersi. Ho dimenticato di citarlo, e me ne scuso col senatore Del Barba, ma è vero quello che lei dice: le due o tre province eminentemente montane hanno una loro specificità molto rilevante, che va in qualche modo riconosciuta.
Va precisato, però, a queste province montane, io credo, che non possono avere quattro strumenti di secondo livello. Non possono avere l'ATO, la provincia, il bacino imbrifero montano e il consorzio, altrimenti non facciamo semplificazione. Questo è il punto. Bisogna anche avere il coraggio, compatibilmente con le normative regionali, di ridurre.
Quella del senatore Lanièce sulla legge e sul carico dei 20 milioni di trasporto ferroviario è una sollecitazione che raccogliamo e su cui cercheremo di capire che cosa fare, ma non è strettamente collegata al tema in oggetto.
Sulla dimensione metropolitana ha ragione l'onorevole Pagnoncelli. Certamente Pag. 14c’è una dimensione metropolitana più ampia, ma io vorrei sottolineare il fatto che la coincidenza iniziale col territorio provinciale non preclude l'adesione, secondo il meccanismo dell'articolo 133, di ulteriori comuni alla dimensione metropolitana. Non c’è alcuna preclusione.
È vero, invece, che abbiamo il problema di una potenziale sussistenza tra un pezzo di provincia, se un terzo dei comuni decide di starne fuori, ma è proprio perché ci sono alcune specificità. Da un punto di vista democratico facciamo un po’ fatica a pensare che, se c’è un terzo di territorio e di popolazione dei comuni che non desidera farne parte, non possa deciderlo. L'importante è che tutto questo non avvenga con il mantenimento degli organi istituzionali, degli organi di rappresentanza e delle funzioni. La somma della città metropolitana con tutto questo non può fare + 1, altrimenti combineremmo un pasticcio. Su questo punto i dubbi sono tutti legittimi, ma il motivo per cui è stata fatta questa previsione è per un problema di attenzione alle specificità.
Le province non hanno funzioni di controllo, o almeno non mi risulta che la provincia in sé abbia funzioni di controllo sui comuni. Può esercitare una moral suasion sui comuni, ma controllare se il comune abbia o non abbia fatto una cosa. Il problema non è quello di togliere il controllo.
Io sono autonomista e, quindi, confesso la mia colpa. Einaudi si chiedeva: «Se non c’è Governo delle cose proprie e di se stessi, dov’è la democrazia ?». Io credo che maturi anche nei sindaci una responsabilità ulteriore, nel momento in cui prendono decisioni e se ne assumono la responsabilità.
È evidente che quella è una scommessa vera, seria. Ci sono alcuni ATO che funzionano molto bene e in cui le province non ci sono e alcuni che funzionano molto male e in cui le province ci sono, con funzioni di controllo. Se volete, vi faccio gli esempi, i nomi e i cognomi in giro per l'Italia.
Nell'ATO che gestivo io c'era un dipendente. Abbiamo portato al 10 per cento, meglio che a Monaco di Baviera, le perdite del sistema acquedottistico. Dipende da molti fattori. Il Paese è grande e gli amministratori hanno diversi gradi di responsabilità. Lo vediamo anche dai giornali in questi giorni. Tutto è possibile, ma francamente io non sono convinto che la strada giusta sia quella di avere un ente terzo che controlla. Perlomeno non mi pare che la provincia abbia questa funzione. Ha sempre avuto una dignità diversa.
Ha ragione l'onorevole Mognato sul tema della funzione dell'articolo 4. È un discorso che va approfondito.
Il rapporto con le regioni è certamente complesso. Come voi sapete, il Comitato per le riforme ha suggerito di seguire la strada che voi vedete nel disegno di legge sulle province e le città metropolitane. Ha anche proposto di mettere mano alle regioni, come confini, con nuove articolazioni, nonché di fare chiarezza sulle competenze del Titolo V.
Quello con le regioni è un rapporto molto complesso, ma io credo, ancora una volta, che debba essere cooperativo e non competitivo. La città metropolitana, il presidente della regione e il sindaco metropolitano devono lavorare in maniera cooperativa. Se stiamo a definire per legge i poteri competitivi, credo che avremo molte difficoltà a far funzionare il sistema.
Ho notato con piacere che le regioni, dopo aver detto di condividere l'impianto generale, ma non l'articolazione con cui noi vogliamo raggiungere questi obiettivi, stanno ora lavorando per aiutarci a migliorare il testo e trovare un'armonia cooperativa, appunto, nei diversi processi decisionali.
Sulla rappresentatività e le modalità di elezione le osservazioni dell'onorevole Parisi sono tutte legittime e molte anche comprensibili. Voglio sottolineare che non sono solo i sindaci di comuni con più di 15.000 abitanti che siederebbero nel Consiglio. La rappresentatività dell'ente è sia nell'Assemblea, sia nel Consiglio. Nell'Assemblea sono tutti rappresentati. Nel Consiglio sarebbero rappresentati i sindaci dei comuni oltre i 15.000 abitanti e i presidenti Pag. 15delle unioni, anche per stimolare a fare le unioni stesse. C’è una ratio, che è quella di tenere insieme i pezzi.
Grazie, presidente.
PRESIDENTE. Grazie, ministro. Tenuto conto dei tempi, credo che questa sia stata un'audizione molto fruttuosa. Avremo modo di interloquire con il Ministro Delrio anche in un'altra occasione, quella prevista dalla legge n. 400 del 1988. Il ministro verrà, quando potrà, a riferirci sull'attività della Conferenza Stato-regioni.
Ringraziando sia il ministro, sia il sottosegretario, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15.10.