Sulla pubblicità dei lavori:
Agostini Roberta , Presidente ... 3
Audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Maria Carmela Lanzetta, sulle linee programmatiche
(ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):
Agostini Roberta , Presidente ... 3
Lanzetta Maria Carmela , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 3
Agostini Roberta , Presidente ... 11
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD) ... 11
Kronbichler Florian (SEL) ... 13
Fabbri Marilena (PD) ... 13
Cozzolino Emanuele (M5S) ... 15
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTA AGOSTINI
La seduta comincia alle 14.20.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Maria Carmela Lanzetta, sulle linee programmatiche.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Maria Carmela Lanzetta, sulle linee programmatiche.
Comunico che nella seduta odierna avrà luogo la relazione del Ministro cui seguiranno i quesiti formulati dai deputati. La replica del Ministro si svolgerà in una successiva seduta.
A nome della Commissione ringrazio il Ministro per la sua presenza e le cedo la parola per la sua relazione.
MARIA CARMELA LANZETTA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Grazie. Rivolgo un saluto a tutti i componenti della Commissione e mi accingo a illustrarvi gli indirizzi, gli obiettivi nonché le iniziative più rilevanti che intendo porre in essere nelle materie a me delegate dal Presidente del Consiglio dei ministri, tenendo anche conto del lavoro già svolto in questi primi mesi di azione di governo.
Sono stata chiamata a svolgere un incarico delicato e complesso, visto il mutamento istituzionale che, dopo decenni di attesa, si sta realizzando nel nostro Paese.
Con l'approvazione della legge n. 7 aprile 2014, n. 56 sono state poste le basi per una riorganizzazione effettiva del territorio dello Stato e delle autonomie in cui esso si articola, mentre il disegno di legge costituzionale si pone l'ambizioso obiettivo di ridisegnare l'architettura istituzionale delle nostre assemblee rappresentative consentendo la partecipazione, al livello più alto, di Regioni e autonomie territoriali.
In questo scenario di profondo e radicale cambiamento, il Dipartimento di cui sono responsabile viene chiamato a svolgere il ruolo tanto delicato quanto cruciale di assicurare il necessario coordinamento tra Stato centrale e autonomie e accompagnare queste ultime verso un percorso che valorizzi il loro ruolo, in armonia con il nuovo quadro istituzionale che si sta delineando.
Porrò quindi al centro della mia azione il dialogo costruttivo con i vari attori istituzionali a vario titolo coinvolti dalle riforme in atto, con il duplice obiettivo di contribuire in modo fattivo alla rapida e armoniosa attuazione delle riforme e supportare Regioni ed enti locali nei processi di trasformazione che li vedono protagonisti.
Vi sono inoltre ulteriori questioni di ugual rilievo che non intendo trascurare.
Si tratta di interventi destinati a incidere in diversi ambiti, che spaziano dall'attuazione dei programmi di spending review nelle amministrazioni locali alla diffusione di una cultura improntata alla legalità e alla lotta alla corruzione.Pag. 4
Pur nella eterogeneità dei settori, il comune denominatore delle azioni del mio Ministero sarà la ricerca continua della sinergia e della collaborazione tra centro e autonomie territoriali, in una logica di perseguimento di migliori condizioni sociali ed economiche dei nostri territori.
Per quanto riguarda in particolare il progetto di riforma costituzionale, desidero preliminarmente ribadire che la Costituzione rappresenta l'identità valoriale di un popolo.
Credo che la nostra Carta costituzionale sia tuttora capace di unire, nei suoi valori fondanti, la nostra comunità. Le riforme allora hanno un compito delicatissimo e fondamentale per il futuro del nostro Paese, nell'attuale scenario globale. Si tratta di confermare l'assetto dei diritti e rinsaldare la tenuta dello Stato sociale, in cui crediamo, e rendere al contempo il nostro sistema – Paese più competitivo ed efficiente nei meccanismi decisionali della politica, nell'architettura istituzionale generale e, in particolare, nel proficuo e chiaro rapporto tra Stato e autonomie territoriali.
Con tale sentimento, il Governo ha affrontato il tema delle riforme e ha incardinato dinanzi al Parlamento il disegno di legge del 31 marzo scorso. Un disegno di legge che ha seguito l'esteso, prezioso dibattito che è maturato tra cittadini, forze politiche e nella stessa dottrina costituzionalistica: una riforma storica, che realizzerà ciò che nel passato, più e meno recente, si è più volte tentato, ma non si è riuscito mai a concretizzare.
Con particolare riferimento ai rapporti tra lo Stato e le autonomie territoriali, la riforma mira a superare, secondo anche quanto preannunciato nelle dichiarazioni programmatiche del Presidente Renzi dello scorso febbraio, l'attuale situazione di conflittualità, confusione e sovrapposizioni di competenze, da un lato, delimitando con maggiore precisione le rispettive attribuzioni, dall'altro, individuando meccanismi di raccordo, che favoriscano il coinvolgimento delle autonomie regionali e locali nei processi decisionali nazionali e il reale raggiungimento di quel «federalismo cooperativo» che la riforma del 2001 non è riuscita a realizzare.
È in questa prospettiva che si colloca la trasformazione del Senato in Camera delle autonomie, sede di raccordo tra lo Stato e gli enti territoriali e la cui sostanziale assenza nelle precedenti riforme – come ha ricordato il Ministro Boschi in questa stessa Aula alcune settimane fa – ha impedito la realizzazione di un sistema di governo efficiente e non conflittuale.
Nel confronto che proprio in questi giorni si sta svolgendo sul testo del nuovo Titolo V stanno, inoltre, emergendo diverse proposte. Ci sono alcuni aspetti che mi preme evidenziare.
Credo che la riforma, per non ripetere gli errori del passato, debba ispirarsi ai princìpi della valorizzazione delle specificità territoriali e della promozione di un «federalismo dinamico», dotato di strumenti di costante adeguamento ai mutamenti del contesto istituzionale generale.
In tal senso ritengo opportuno, ad esempio, rafforzare le previsioni di ulteriori forme e condizioni di autonomia da attribuire alle Regioni che dimostreranno di sapervi fare fronte e prevedere meccanismi (ad esempio, sotto forma di legge bicamerale da emanare entro un anno dall'inizio della prossima legislatura e, successivamente, quando se ne ravvisi la necessità) che specifichino il contenuto delle materie e delle funzioni ripartite tra i livelli di governo.
Inoltre, per favorire il dialogo strutturato tra Stato e territori, ritengo utile l'inserimento nell'articolo 118 della Costituzione del riferimento alla promozione, con legge dello Stato, di forme di cooperazione amministrativa tra livelli di governo.
In questa prospettiva, occorre rimeditare il ruolo delle Conferenze onde valorizzarne la funzione di luoghi di discussione e soluzione su tante questioni e decisioni amministrative che necessiteranno un sempre più profondo confronto. A tal fine, occorre una riflessione seria sull'organizzazione stessa delle Conferenze e sui profili professionali necessari ad assicurare una reale capacità di ascolto e mediazione.Pag. 5
Infine, la semplificazione istituzionale trova altro punto fondante nella cancellazione in Costituzione di ogni riferimento all'ente Provincia, nell'ambito di un disegno unitario con la citata legge n. 56 del 2014, la legge Delrio. Naturalmente tale legge pone un'opportuna disciplina di transito regolando, per il periodo occorrente all'approvazione della riforma costituzionale, l'assetto dell'ente Provincia. Non scompare il governo del territorio di area vasta, urbanizzata, come nel caso delle Città metropolitane, o meno.
Per rafforzarne la portata riterrei utile proporre l'inserimento della previsione secondo cui le Regioni, nell'individuare le forme e le modalità di esercizio delle funzioni di area vasta, garantendo la specificità delle aree con territorio montano, possano conferire, nell'ambito delle proprie competenze, ulteriori funzioni amministrative.
Con riguardo all’’attuazione della legge Delrio ritengo necessario che l'attuazione della legge n. 56 del 2014 si realizzi in tempi brevi, nel rispetto della tempistica fissata dalla legge stessa. Per far ciò, è ovviamente necessario il contributo di tutti i soggetti istituzionali coinvolti, affinché non si generino cortocircuiti nel trasferimento delle funzioni ai nuovi enti e i cittadini possano testare con mano, il prima possibile, i vantaggi che conseguiranno da misure strutturali quali l'operatività delle Città metropolitane e la gestione associata di funzioni e servizi.
Sin dall'entrata in vigore della legge n. 56 del 2014, ci siamo quindi cimentati nel definire e programmare i diversi adempimenti necessari.
Il Ministro per gli affari regionali è chiamato, in base alla nuova legge (articolo 1, comma 149) a predisporre appositi programmi di attività per assicurare il rispetto dei termini previsti per gli adempimenti e la verifica dei risultati ottenuti: stiamo quindi lavorando su come attuare e monitorare gli obiettivi fissati dalla riforma.
A tal fine intendiamo avvalerci tramite «riuso» di strumenti informativi innovativi recentemente sperimentati presso altre amministrazioni – e quindi senza costi aggiuntivi – che consentano di conoscere, in tempo reale, lo stato di avanzamento delle iniziative in corso, avendo anche contezza delle eventuali criticità riscontrate e delle soluzioni individuate per farvi fronte. Pensiamo in particolare a un vero e proprio sistema di monitoraggio informatico.
Ho inoltre provveduto a convocare due distinti tavoli tecnici. Il primo tavolo tecnico – composto da rappresentanti di tutte le amministrazioni centrali dello Stato – sta lavorando ai fini della ricognizione delle funzioni e dei compiti che, a partire dalla concreta attuazione del decentramento, sono stati nel tempo trasferiti alle Province e che dovranno essere trasferiti ad altri enti. Tale ricognizione è ovviamente propedeutica al concreto trasferimento di dette funzioni e compiti agli enti subentranti. Su questo fronte, è forte la collaborazione con i ministeri competenti, e in particolare con il Ministero dell'interno, il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero della semplificazione e pubblica amministrazione. In parallelo, lo stesso lavoro viene svolto, in sede di Conferenza, per i trasferimenti operati dalle singole Regioni alle Province ricomprese nel territorio.
Il secondo tavolo tecnico si pone come momento di condivisione e confronto delle varie iniziative che verranno intraprese a livello governativo: in tale sede provvederò pertanto – in collaborazione con il Ministro dell'interno, il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro della semplificazione e pubblica amministrazione, nonché con gli altri ministeri interessati in relazione ai singoli profili di competenza – a illustrare alle associazioni di rappresentanza delle autonomie (ANCI, UPI, Conferenza delle Regioni e Province autonome) le azioni da porre in essere per dare attuazione alla legge n. 56 del 2014.
Con le organizzazioni sindacali di categoria verranno invece promossi momenti di confronto tematici per discutere insieme dei profili di loro maggiore interesse.
Con particolare riferimento allo stato di avanzamento dell'attuazione della legge, vorrei, del resto, avere con voi un dialogo costante e proficuo. Mi impegno, pertanto Pag. 6– su tutte le linee di azione che intendo perseguire, ma in maniera ancora più approfondita sullo degli adempimenti attuativi delle nuove disposizioni – ad informare periodicamente la Commissione.
Passo adesso ad illustrare le linee programmatiche del mio Ministero in materia di spending review a livello decentrato, con particolare riguardo alla sua attuazione e all'attività di monitoraggio.
La spending review – da intendersi come un'intelligente rimodulazione della spesa pubblica finalizzata all'efficientamento delle strutture e dei servizi offerti – costituisce una delle priorità di questo Governo.
Il decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66 (il cosiddetto decreto Irpef-Spending review), varato di recente, contiene una serie di misure finalizzate alla riduzione dei costi di gestione delle strutture amministrative, che ricomprendono sia le spese per consumi intermedi e finali che, più in generale, le spese correnti.
Le modalità per assicurare la partecipazione delle autonomie agli obiettivi di finanza pubblica sono espressamente stabilite negli articoli 46 e 47 del decreto citato, che affida, rispettivamente, alla Conferenza Stato-Regioni e a quella Stato-città il riparto degli obiettivi della manovra.
In qualità di Ministro per gli affari regionali e le autonomie e in considerazione delle funzioni di coordinamento e monitoraggio delegatemi, è mia intenzione operare su due distinti fronti: da un lato, svolgere un ruolo di impulso ai fini di una celere e compiuta attuazione delle norme vigenti e, dall'altro, offrire un concreto supporto alle autonomie affinché sia garantita, nel rispetto dei tempi previsti, l'efficacia delle misure introdotte.
Ritengo infatti che la stratificazione normativa che si è avuta in materia nel corso degli ultimi anni necessiti di un'importante attività di coordinamento, che voglio intraprendere sviluppando un confronto proficuo con i soggetti interessati sugli aspetti più prettamente operativi (anche eventualmente definendo dei piani temporali scadenzati per ogni ambito di intervento), in attuazione del principio costituzionale di leale collaborazione.
A titolo esemplificativo, uno dei settori su cui credo sia opportuno promuovere in concreto la piena attuazione delle disposizioni normative in vigore – anche a livello regionale e locale – è rappresentato dalle «auto blu». Sono convinta che si possa replicare su piccola scala quanto è avvenuto e sta avvenendo presso le amministrazioni centrali dello Stato. A questo scopo, intendo favorire dei processi virtuosi di razionalizzazione dei parchi-auto e di dismissione delle auto di servizio in eccedenza.
Un ulteriore ambito di intervento è sicuramente rappresentato dalle spese sanitarie sostenute dalle Regioni. Su questi temi, vi è, come è noto, la competenza del Ministro della salute. Poiché tuttavia occorre che le regioni portino a termine il processo di rientro finanziario già avviato, noi faremo la nostra parte favorendo – anche e soprattutto in relazione all'attuazione delle misure contenute nel Patto per la salute – il mantenimento di un dialogo costruttivo tra Governo e Regioni. Particolare attenzione da parte del Governo va riservata agli standard qualitativi dei servizi sanitari offerti nell'ambito dei singoli territori regionali, al fine di evitare sperequazioni che causano inaccettabili disparità di trattamento tra cittadini.
Passando alle centrali di committenza, mi preme sottolineare che un efficiente processo di razionalizzazione delle risorse impiegate per beni e servizi passa, inevitabilmente, per il consolidamento di tutti quegli strumenti che, favorendo l'esternalizzazione delle procedure di spesa, consentono la formazione di economie di scala.
In quest'ottica, il citato decreto-legge Irpef-spending review è intervenuto, altresì, in materia di domanda aggregata e centrali di committenza.
È stato previsto, in particolare, il riordino dei cosiddetti «soggetti aggregatori», mediante l'istituzione di un apposito elenco presso l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.Pag. 7
Ulteriori disposizioni sono finalizzate ad ampliare l'obbligo di ricorso al sistema delle convenzioni-quadro e delle piattaforme elettroniche di acquisto, nonché ai benchmark di riferimento. Si provvede, altresì, a incentivare il ricorso alle forme associative tra Comuni nell'acquisto di beni e servizi in modo da ridurre la frammentazione eccessiva di stazioni appaltanti sul territorio nazionale e ottenere risparmi significativi sui costi di gestione delle procedure di gara.
Come Ministro per gli affari regionali e le autonomie, mi impegnerò attivamente con funzioni di supporto, ausilio e assistenza a favore dei soggetti interessati per la tempestiva e compiuta attuazione delle disposizioni citate.
In virtù della funzione di valorizzazione delle centrali di acquisto regionali, attribuitami con delega, mi adopererò affinché sia favorita il più possibile una gestione centralizzata a livello regionale – nonché totalmente informatizzata – delle procedure di gara.
Mi preme evidenziare come la centralizzazione regionale degli acquisti sia in grado di generare vantaggi non soltanto dal punto di vista della razionalizzazione e del monitoraggio delle forniture, oggi parcellizzate tra miriadi di stazioni appaltanti, ma anche in relazione all'accesso agli appalti pubblici da parte delle piccole e medie imprese dei territori.
In questo contesto, il ruolo di CONSIP potrebbe integrarsi con funzioni di supervisione e indirizzo delle azioni delle centrali di acquisto a livello regionale.
Al tempo stesso, l'efficientamento delle transazioni attraverso piattaforme elettroniche consentirà ai fornitori di ridurre notevolmente i costi commerciali.
Passo a prendere in esame le questioni relative alla promozione della concorrenza sui territori. L'efficientamento delle procedure di acquisto di beni e servizi può, come detto, dare anche impulso al mercato e alla concorrenza tra gli operatori economici. Questo effetto, però, riposa anche sul rafforzamento di altri fattori che intendo valorizzare e promuovere con la mia azione di governo.
L'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) che, come noto, opera a tutela dei princìpi di concorrenza in tutti gli ambiti di mercato, nell'esercizio della propria attività consultiva indirizza segnalazioni o pareri ad enti e amministrazioni. Dette segnalazioni e pareri sono spesso rivolti all'indirizzo di Regioni ed enti locali.
A propria volta, la Presidenza del Consiglio dei ministri raccoglie le segnalazioni delle autorità indipendenti aventi a oggetto restrizioni alla concorrenza e impedimenti al corretto funzionamento dei mercati al fine di predisporre le opportune iniziative di coordinamento amministrativo (si veda l'articolo 4 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, «Norme a tutela e promozione della concorrenza nelle amministrazioni pubbliche», convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27).
Sulla base di detto quadro ordinamentale intendo promuovere la permeazione a livello di Regioni e autonomie territoriali dei princìpi di concorrenza, sia nell'esercizio dell'attività normativa propria delle prime sia nell'azione di acquisizione di beni e servizi tramite procedure di evidenza pubblica. La violazione dei princìpi di concorrenza risulta infatti spesso alla base non soltanto di distorsioni dei mercati locali ma anche della lievitazione dei costi per le amministrazioni interessate.
Il mio intervento si svilupperà non soltanto in sede di procedure relative al contenzioso costituzionale, dove anche i profili di concorrenza vengono in rilievo, ma anche a livello preventivo e formativo a beneficio delle autonomie.
Con riguardo all'ascolto, al supporto e alla valorizzazione dei territori, alla luce del nuovo modello di governance delle autonomie che va delineandosi – incentrato sul confronto e sulla collaborazione – credo sia necessario partire dalle esigenze concrete dei singoli territori per definire politiche di intervento che siano su misura per ogni specifica realtà territoriale, in un contesto geografico, economico e sociale che si presenta profondamente differenziato da Regione a Regione.Pag. 8
Con questo approccio, intendo affrontare le problematiche relative ai piccoli comuni e alla concreta fruibilità dei servizi nelle cosiddette «aree interne» e nelle aree montane.
È mia intenzione promuovere una nuova strategia che sappia valorizzare e sostenere le numerose realtà territoriali che, all'interno del nostro Paese, risultano allo stato geograficamente svantaggiate in termini di collegamenti e sviluppo urbano.
La strategia a cui mi riferisco parte da una «idea cooperativa» dei rapporti tra Stato o, più precisamente, tra articolazioni periferiche dello Stato centrale e piccoli comuni, per offrire a questi il necessario supporto tecnico in ordine alle attività più complesse di progettazione e programmazione. Penso, a titolo esemplificativo, ai programmi di finanziamento europeo a gestione decentrata.
Un ulteriore tema che considero prioritario è quello degli istituti scolastici. Le scuole che operano nelle aree geograficamente svantaggiate devono essere salvaguardate con misure ad hoc, che valorizzino e tutelino il ruolo sociale ed educativo che esse svolgono nel territorio di riferimento.
È per questi motivi che ritengo doveroso – operando con il necessario coinvolgimento del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca – aprire al dialogo con l'ANCI in merito alle richieste presentate nel corso dell'audizione tenuta in data 28 aprile presso le Commissioni riunite V e VIII della Camera sulla proposta di legge n. 65 avanzata dall'onorevole Realacci e altri.
Credo sia opportuno individuare, anche mediante la costituzione di un tavolo interistituzionale (come suggerito da ANCI medesima), delle soluzioni operative specifiche in grado di risolvere concretamente le problematiche delle scuole attive sui territori.
Passando alla finanza locale, dalla relazione della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti locali per gli esercizi 2011-2012 emerge che dal 1989 al maggio 2013 sono 479 i comuni in Italia che hanno dichiarato il dissesto finanziario.
Le Regioni con il maggior numero di comuni dissestati sono Calabria (138) e Campania (123). Segue il Lazio (45). Tale situazione – si legge nella stessa relazione – «può essere dimostrativa di disfunzioni organizzative e amministrative ovvero di difficoltà degli enti minori ad affrontare situazioni gravi e particolari».
I dati che ho richiamato ci impongono di riflettere al fine di individuare gli strumenti e le modalità più opportune per intraprendere delle azioni di assistenza e supporto in chiave preventiva, cioè precedenti al verificarsi del dissesto e delle conseguenze negative che dallo stesso derivano.
Penso all'introduzione di una sorta di due diligence di tipo aziendale sui conti degli enti locali, da attivare, eventualmente, anche su richiesta diretta degli stessi enti. La procedura, da svolgersi ad opera di soggetti in posizione di assoluta indipendenza e terzietà rispetto all'ente medesimo – eventualmente da organi dello Stato centrale e, in particolare, del Ministero dell'economia – si caratterizzerebbe alla stregua di un controllo con funzione collaborativa, nel rispetto dell'autonomia costituzionale e con esclusive finalità di ausilio e supporto.
Un'ulteriore considerazione di carattere più generale che mi preme svolgere in questa sede riguarda la necessità di lavorare insieme all'individuazione di soluzioni che consentano di incentivare e non deprimere la spesa per investimenti degli enti locali, anche ipotizzando, ricorrendo determinati presupposti, deroghe al Patto di stabilità.
Per quanto riguarda la lotta alla criminalità organizzata, sono profondamente convinta che una politica davvero efficace che miri alla valorizzazione anche economica del territorio debba necessariamente fare i conti – da nord a sud – con fenomeni di infiltrazione della criminalità organizzata che rischiano di uccidere sul nascere anche le iniziative più lungimiranti e potenzialmente più efficaci.
È pertanto necessario – e su questo fronte continuerò a impegnarmi in prima persona – che la presenza dello Stato e Pag. 9delle Istituzioni in quei territori si mantenga forte, dando supporto a tutti quegli amministratori onesti che quotidianamente prestano servizio nel segno della legalità e della lotta alla corruzione.
La lotta alla criminalità organizzata deve avvenire, a mio modo di vedere, principalmente sul campo, promuovendo progetti educativi e informativi, mobilitando la collettività civile, sviluppando il dibattito e il confronto.
Deve avvenire, altresì, assistendo le amministrazioni locali e fornendo loro l'adeguato supporto, anche e soprattutto nei percorsi di risanamento che conseguono allo scioglimento di Consigli comunali.
L'esperienza di pubblico amministratore che ho maturato in un territorio particolarmente esposto a influenze pervasive della criminalità organizzata – sia nel tessuto sociale sia negli apparati locali – mi ha tuttavia insegnato che è altresì fondamentale ancora una volta agire in chiave preventiva.
Ho pertanto intenzione di proporre al Ministro dell'interno la possibilità di individuare insieme strategie operative che possano intervenire ancor prima dell'avvio di un procedimento così devastante e traumatico per le comunità locali quale risulta essere il dissolvimento degli organi elettivi.
Sto pensando, in particolare, a iniziative che possano sostenere e accompagnare il regolare svolgimento delle varie attività amministrative per consolidare e far emergere la parte sana della pubblica amministrazione locale.
Un ulteriore settore che merita di essere monitorato è quello relativo all'utilizzo dei beni confiscati. È necessario che la funzione pubblica a cui tali beni sono destinati – a valle del procedimento, pur complesso, di gestione e successiva assegnazione – risulti sempre effettiva e attuale. A tal fine, è mia intenzione incentivare il più possibile la stipula di accordi, intese, protocolli e altri strumenti di gestione associata tra le amministrazioni locali, anche mediante il coinvolgimento di cooperative o fondazioni no-profit, per l'utilizzo del bene a favore delle esigenze e delle istanze della collettività di riferimento.
L'interesse a questi temi mi si impone non solo per la mia esperienza personale, ma soprattutto per la consapevolezza che i condizionamenti della criminalità organizzata sono uno dei fattori principalmente in grado di incidere, paralizzandolo, sullo sviluppo culturale, sociale ed economico di ogni territorio in cui attecchiscono.
Sotto altro profilo, una politica efficiente di ascolto dei territori non può non tener conto delle difficoltà legate all'emergenza immigrazione, in relazione alla quale, nell'ambito delle mie competenze, continuerò a promuovere il confronto nelle sedi istituzionali deputate al raccordo, al fine di consentire l'ascolto diretto delle problematiche connesse e la definizione delle soluzioni più idonee per farvi fronte. All'esito della Conferenza unificata convocata in via straordinaria sul tema, intendiamo sottoporre all'esame del Consiglio dei ministri la richiesta dei comuni di sbloccare i fondi SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e di ottenere nuovi finanziamenti per gestire l'emergenza.
Accanto all'emergenza immigrazione, non posso qui non dedicare qualche cenno alle istanze provenienti da quelle Regioni drammaticamente colpite nel corso degli ultimi anni dai dissesti sismici e idrogeologici. Credo che le istanze di questi territori debbano viaggiare su canali preferenziali di ascolto e dialogo con il Governo, affinché si operi concretamente sia sul fronte della prevenzione che su quello del recupero delle aree che, ancora oggi, a distanza di troppi anni, non sono state ricostruite. Anche su questi profili, pertanto, mi impegnerò attivamente per incentivare il dialogo tra Stato centrale, amministrazioni regionali ed enti locali, con l'obiettivo di assicurare una gestione degli appalti che sia il più possibile trasparente nonché libera da condizionamenti mafiosi o da episodi corruttivi.
Un ulteriore tema che ritengo fondamentale nell'attività del mio Ministero attiene alla tutela delle minoranze linguistiche riconosciute sul territorio nazionale. Il Fondo destinato alla tutela delle dodici minoranze linguistiche storiche riconosciute Pag. 10sul territorio italiano (ladina, greca, germanico, croata, sarda, franco-provenzale, francese, albanese, slovena, friulana) viene ripartito annualmente con decreto del Ministro per gli affari regionali e le autonomie.
In questi ultimi anni i fondi a disposizione sono passati dai 5 milioni di euro a circa 2 milioni. Lo stesso Consiglio d'Europa, al riguardo, ha manifestato preoccupazioni per gli effetti di tale ridimensionamento sulla tutela delle minoranze. Credo, pertanto, che sia quanto mai opportuno avviare una riflessione congiunta per individuare insieme gli strumenti necessari alla maggiore valorizzazione di simili patrimoni culturali, fondamentali sul fronte della coesione sociale e anche dello sviluppo economico dei rispettivi territori.
Desidero spendere qualche parola per quanto attiene alle questioni relative al ruolo dei segretari comunali. Come sapete, è in corso una seria riflessione sulla figura del segretario comunale, sullo status giuridico che attualmente allo stesso fa capo, sul suo ruolo e sulle funzioni a lui demandate all'interno degli enti locali.
Ritengo che il susseguirsi di norme che si sono avute in materia abbiano avuto l'effetto di generare alcune incertezze e contraddizioni di fondo.
Risulta difficile ad oggi, dopo i cambiamenti di status che hanno caratterizzato la figura e ancor di più dopo l'abolizione dell'Agenzia autonoma, attribuire ai segretari una precisa collocazione istituzionale. Essi sono funzionari statali, hanno un rapporto di servizio con l'ente locale, ma non un rapporto di lavoro dipendente che intercorre, invece, con lo Stato attraverso il Ministero dell'interno. Il segretario svolge quindi funzioni di vertice della struttura burocratica dell'ente locale, essendo però dipendente dello Stato. Si tratta di incoerenze interne che oggi più che mai è necessario dirimere.
La legge 6 novembre 2012, n. 190 (la legge anticorruzione) ha infatti espressamente previsto che, negli enti locali, il responsabile della prevenzione della corruzione coincida, di norma, con il segretario comunale. Occorre porsi il seguente quesito: si può con certezza affermare che, a normativa vigente, il segretario comunale abbia l'autonomia di giudizio e l'indipendenza necessarie per svolgere in maniera adeguata un ruolo così importante quanto delicato ?
Intendo partecipare attivamente al confronto attualmente in corso su questi temi. Vi è infine il tema del contenzioso costituzionale e della necessità di ridurre il più possibile il numero delle leggi sottoposte annualmente al vaglio della Consulta.
In continuità con il lavoro svolto dal Sottosegretario Delrio che mi ha preceduto nella guida di questo Ministero, intendiamo intensificare al massimo l'attività di mediazione con le Regioni e le Province autonome nella fase di confronto che precede l'eventuale impugnativa.
L'obiettivo è, ovviamente, una riduzione cospicua del contenzioso al fine di evitare, il più possibile, che il giudizio di legittimità dinanzi alla Corte perda quel carattere di eccezionalità e di extrema ratio che dovrebbe essergli proprio per diventare invece, come spesso ora accade, l'unica sede istituzionale in cui Stato e autonomie chiariscono e delimitano i confini delle rispettive competenze.
L'esame congiunto in via preventiva dei progetti di legge rappresenta, pertanto, un passaggio fondamentale dell'istruttoria condotta dagli uffici, in applicazione e concreta attuazione del principio di leale collaborazione.
Addivenire a un effetto deflattivo è di estrema importanza quantomeno nelle more dell'adozione della riforma costituzionale all'esame del Governo, destinata a ridimensionare notevolmente quel margine di incertezza normativa che, caratterizzando l'attuale riparto di competenze tra Stato, Regioni e Province autonome, è causa di conflitto in sede giudiziaria.
Per concludere, voglio, infine, svolgere una considerazione su quale ritengo debba essere il ruolo del Ministro per gli affari regionali e delle autonomie rispetto al Parlamento e alle Commissioni parlamentari. Provenendo da altre esperienze, ho avuto modo in questi primi mesi di attività Pag. 11da Ministro di realizzare l'essenzialità del confronto costante con i parlamentari, che spesso, come me, vengono da esperienze di amministrazione locale e comunque conoscono le reali problematiche dei territori e spesso le possibili soluzioni.
Per quanto di mia competenza, mi adopererò per assicurare un raccordo tra i vari livelli di governo che coinvolga pienamente le istituzioni parlamentari, dalle quali potranno venire suggerimenti e indicazioni per affrontare le tante questioni che il nostro Paese, a livello centrale, ma ancor di più a livello dei territori, si trova a fronteggiare.
Vi ringrazio per l'attenzione.
PRESIDENTE. Ringraziamo la Ministra Lanzetta per la sua relazione ampia, esaustiva e interessante.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.
DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Ringrazio la signora Ministro per la lunga relazione. Non avevo ben chiare le competenze del suo Ministero e devo dire che l'aspetta un compito molto duro. Se fare una legge è già complicato, attuare una legge, come abbiamo visto, in Italia è un'impresa vera. Spesso le leggi vengono mal attuate o non completamente attuate. Attuare la legge n. 56 del 2014, come lei diceva all'inizio del suo intervento, oggi vuol dire operare dentro un quadro anche incerto, visto che di fatto noi stiamo discutendo la riforma del Senato, con competenze che verranno ridiscusse fra Regioni ed enti locali.
Da questo punto di vista, credo che questo lavoro, che peraltro dovrà essere fatto in tempi brevi, sia fortemente complesso, anche perché non ci stiamo adoperando per creare una nuova istituzione, ma lavoriamo su un corpo che sta già operando. Quindi, errori, ritardi o confusioni creano l'effetto contrario a quello che la legge stessa si propone.
Credo che sia molto importante quello che lei diceva all'inizio relativamente al ruolo che anche il Parlamento può di fatto svolgere al suo fianco, pur con competenze diverse. Per quanto mi riguarda, avendo visto più da vicino l'applicazione della legge n. 56 del 2014 nell'area metropolitana milanese, mi sono resa conto che lo Stato centrale dovrà fare almeno due leggi in questo anno, così come molte sono le leggi che dovranno essere modificate dalle Regioni.
Da questo punto di vista, lavorare insieme potrà essere utile per accelerare oggettivamente un processo di attuazione.
Vorrei chiederle, Ministro, di chiarire meglio quello che mi sembra essere il tema dei temi. Nella sua relazione lei ha affermato che ritiene opportuno rafforzare il ruolo delle Regioni usando un «federalismo dinamico» – il termine mi è sembrato molto interessante – e paventando l'ipotesi che già con la prossima legislatura si possa sperimentare un modello nuovo di Regione.
Il tema, legato alla riforma costituzionale, del ruolo delle Regioni è centrale in questo momento, anche per la composizione delle Regioni, quindi la definizione degli ambiti regionali, che a mio avviso oggi sono troppo differenziati e causa anche di problemi. Parlo delle Regioni autonome così come di Regioni che rappresentano troppe poche persone, come mi sentirei di dire. Alla fine, nella competizione internazionale e nella definizione di politiche strategiche, parlare di 300 mila o di 100 mila abitanti vuol dire parlare sì di territori ricchi di storie e di funzioni, ma spesso non di opportunità.
Da questo punto di vista, condivido del tutto l'idea che lei introduce di un rafforzamento dell'autonomia delle Regioni, dentro un federalismo solidale, un federalismo che non lascia indietro nessuno. Mi piacerebbe capire, su questo tema, quale tipo di lavorazione si può fare e come intrecciare questo suo ragionamento con la discussione che nei prossimi mesi, giorni, ore come Commissione saremo chiamati a svolgere sulla riforma costituzionale.
Questo mi sembra un tema importante, anche nell'ambito del tavolo di confronto o trattativa con gli enti locali e con le Pag. 12Regioni per l'attuazione della legge n. 56 del 2014, per tentare di capire e di definire meglio chi fa che cosa.
In questa fase, da questo punto di vista, potrebbe essere molto interessante anche «aprire un dialogo» con le Regioni sul tema del rafforzamento delle autonomie, che per quanto mi riguarda vuol dire un rafforzamento di responsabilità e di chiarezza di ruoli, non tanto una separatezza da altri soggetti.
Considero altresì particolarmente importante, nella sua relazione, signora Ministro, il tema dell'area vasta. La discussione sulle Province monta in questo momento. Ci sono molti fermenti, preoccupazioni, e anche la preoccupazione che, di fronte a un soggetto «meno forte del passato» (così si pensa, in virtù del fatto che i Sindaci o i Consiglieri chiamati a svolgere il ruolo di Consiglio provinciale di fatto non potranno mettere a disposizione il tempo pieno, e non c’è un organo esecutivo con una Giunta), di fatto il rischio è che ci sia una ricentralizzazione sulle Regioni, quindi una riorganizzazione delle stesse in virtù di una fase temporanea (e la Lombardia credo stia già ragionando in questi termini).
Considero importante che con la legge n. 56 si sia evitato di andare al voto a maggio per le Province. Ritengo strategico, però, che le Regioni siano invitate e accompagnate a un processo di rilettura post-riforma costituzionale. Oggi come oggi, credo che le Province, così com'erano e come sono definite come ambito territoriale, siano soggetti non sufficientemente ampi per affrontare la sfida della pianificazione strategica, perché questo è quello che deve fare un ente di scala vasta.
Da questo punto di vista, sarebbe molto utile che nei tavoli che lei coordina non si programmi un sistema che potrà essere successivamente modificato. Quindi, credo che sarebbe già utile cominciare a ragionare con le Regioni su cosa vuol dire un governo di area vasta e, in questa logica, anche capire, oggettivamente, se ci saranno governi di area vasta, quindi una riduzione del numero delle attuali Province in maniera consistente, come rileggere il tema della rappresentanza di questi nuovi soggetti. Credo che, alla fine, questo sia particolarmente importante.
Vi è un tema sul quale voglio soffermarmi in particolar modo che è tra le ultime cose che lei ha detto, perché per esperienza lo considero molto importante: il tema del ruolo della dirigenza pubblica e, in particolare, l'apicale della dirigenza pubblica.
Le scelte compiute dalla legge hanno fatto sì – le assicuro – che i comuni di dimensioni medio-grandi, ma sotto i centomila abitanti, che già avevano la possibilità di sperimentare cosa significava avere un direttore generale, possa sperimentare che cosa vuol dire avere un segretario generale con funzioni non apicali rispetto ai dirigenti. Il segretario generale oggi coordina i dirigenti, laddove non è possibile avere il direttore generale, ma non ha funzioni sovraordinate. Credo che questo sia uno dei problemi che gli enti locali stanno vivendo più da vicino. Non è possibile, in nessuna organizzazione, non avere un capo, e non si può chiedere a un politico di farlo.
Sono contraria a tornare indietro rispetto a scelte fatte culturalmente già negli anni Novanta. Credo che si debba spingere perché la politica indirizzi e controlli con maggior capacità e forza, e per far questo bisogna che ci sia una classe dirigente capace di prendersi le proprie responsabilità. Da questo punto di vista, l'andamento altalenante delle leggi non ha aiutato un processo di formazione di una classe dirigente; soprattutto non l'ha fatto con il segnale di ritorno indietro sui direttori generali (lo dico come idea di efficientamento, di sburocratizzazione degli enti), ma rimettendo i segretari generali che, per loro formazione, per le modalità di scelta, per la lobby che rappresentano, di fatto non sempre sono il punto di efficienza della pubblica amministrazione.
Credo che questo tema che lei ha posto, che io condivido molto, sia centrale per dare certezza a un cambiamento. Ritengo che sia impossibile pensare di fare riforme così importanti in un anno o sei mesi. Le riforme vanno fatte sempre; occorre una Pag. 13classe dirigente capace continuamente di innovare e di capire come l'organizzazione debba essere messa a punto. A far questo, nel tempo, non può essere altro che un dirigente pubblico. Non è il politico che dà continuità e oggi, senza il ruolo centrale che i partiti avevano in passato, men che meno.
Su questo tema, che lei ha posto partendo anche dall'esperienza di sindaco, credo che sia importante un ragionamento che non lasci indietro nessuno, neanche il segretario generale, che rientra in una classe interessante. Facciamo fare a tutti loro un passo avanti.
L'altro tema che mi sembra doveroso sottolineare riguarda l'autonomia finanziaria degli enti. Non è possibile che le Città metropolitane in particolar modo, che sono chiamate a giocare una partita da lepre – la legge dice di correre, di fare innovazione, di provare a far crescere questo Paese insieme allo Stato centrale – abbiano delle palle al piede, prima di tutto sulla programmazione. Se non si riesce ad avere una certezza di entrata e di spesa, ma soprattutto di entrata, di fatto è difficile definire quelle programmazioni minime che qualsiasi processo necessita.
Secondo me, il tema finanziario è un tema aperto. Credo che diventi indispensabile, per gli amministratori che sono chiamati a vivere questa stagione di grande cambiamento che li rimette in gioco in prima persona, in più ruoli, con una responsabilità non da poco nell'attuazione della legge, che abbiano una certezza degli strumenti che hanno a disposizione, prima di tutto quelli economico-finanziari. Credo che su questo tema occorra, da qui alla fine dell'anno, avere delle certezze: ad esempio, se si attua la legge 5 maggio 2009, n. 42 sul federalismo fiscale, in particolare l'articolo 9, o si fanno altre cose.
A mio avviso, è indispensabile fare questo, sapendo che in maniera particolare le aree provinciali – di fatto adesso verranno rimescolate e alcune funzioni non saranno più proprie della Provincia – si trovano a vivere una situazione di incertezza e di cambiamento sulle funzioni e l'organizzazione, ma anche una situazione di ulteriore riduzione di risorse, visto che l'UPI ha chiesto urgentemente un incontro anche per emettere un ulteriore grido di allarme sulle risorse che sono state tagliate.
Mi fermerei qui, sebbene siano numerosi gli aspetti che mi piacerebbe poter considerare con il Ministro. Quello di oggi lo considero l'inizio di un dialogo, comunque molto importante. Il fatto che lei sia stata sindaco e abbia vissuto questa grande esperienza, rispetto a temi che ha trattato, ad esempio quello della corruzione, un'emergenza in tutto il Paese, non può che aiutarci.
Ritrovare un modello nuovo di collaborare credo che sia oggi essenziale e che questa sia la chiave vincente anche per riuscire a fare ciò che tutti si aspettano da noi.
FLORIAN KRONBICHLER. Ringrazio il Ministro Lanzetta. In sede di Commissione bicamerale per le questioni regionali, di cui faccio parte, in questo periodo stiamo svolgendo numerose audizioni, in particolare di presidenti o rappresentanti delle autonomie speciali.
Al momento pare che non sia un buon periodo per le Regioni e per il pensiero regionalista, insomma per il decentramento. Anche i progetti di riforma del Titolo V della parte II della Costituzione vanno nella direzione di un maggior accentramento, anche per certe cattive esperienze avute con le amministrazioni.
Esiste una sorta di «gelosia» fra Regioni a statuto speciale e Regioni a statuto ordinario. Lei avrà il compito di armonizzare le due esigenze. Si teme che si vada piuttosto verso la normalizzazione delle autonomie speciali e non, viceversa, verso una «specializzazione» delle autonomie ordinarie. Vorrei sapere dal Ministro, riguardo a questo cammino, da che parte si pone.
MARILENA FABBRI. Ringrazio il Ministro Lanzetta. Mi ritrovo completamente nelle considerazioni svolte dalla collega Gasparini, e, quindi, mi limito a puntualizzare alcuni aspetti, ritrovandomi molto anche nella relazione della Ministra, che credo abbia davanti un lavoro enorme, ma Pag. 14anche particolarmente gratificante nella fase operativa.
In primo luogo, ritengo particolarmente importante questo impegno e questa attenzione all'attuazione delle leggi. Come è già stato ricordato, molto spesso l'elemento più deficitario si è registrato nella fase di attuazione. Inoltre, molto spesso le autonomie locali, anche quando sono state oggetto di riforme di cambiamento, sono state lasciate da sole nell'attuare il cambiamento stesso e le relative norme. Sappiamo anche che il rischio è quello di un'applicazione a macchia di leopardo delle nuove norme, oppure di dare le «gambe» a questa riforma attraverso sanzioni, ritorsioni. Credo, invece, che lo spirito vero con il quale attuare questa grande riforma di cambiamento – in parte è scritta, in parte dovremmo scriverla – sia l'instaurazione di un rapporto di collaborazione, di concertazione e di accompagnamento della riforma.
Ritengo significativo il fatto che lei abbia sottolineato la necessità di istituire tavoli tecnico-politici di concertazione, di verifica dello stato di attuazione delle norme o delle criticità e dei punti di difficoltà, legati anche a una non puntuale normazione, con la finalità di accompagnare il cambiamento.
Considero altresì importante che sia lo Stato, siano i ministeri a occuparsi della formazione ai funzionari pubblici. A mio avviso, una lacuna che abbiamo avuto è derivata dall'aver lasciato che fossero i centri di formazione privati, i professionisti privati a formare o a dare la propria interpretazione delle norme statali nella formazione dei funzionari, quindi che i funzionari pubblici venissero formati attraverso una richiesta autonoma, da parte delle autonomie locali, di corsi di formazione e di approfondimento delle norme dello Stato. Credo, invece, che debba essere lo Stato ad accompagnare il processo di aggiornamento e di ammodernamento culturale della sua classe professionale anche politica, ma soprattutto dirigenziale, rispetto agli obiettivi che si pone nella riforma dell'ordinamento pubblico nel suo complesso.
Un secondo aspetto, già sottolineato dalla collega Gasparini, riguarda la certezza delle norme in materia fiscale e finanziaria. È ovvio che questa dipende molto dall'azione del Parlamento, ma sappiamo che questo è un tema oggetto di trasformazioni e di interesse particolare da parte del Governo. Soprattutto in questa fase di difficoltà economica e finanziaria, se le regole del gioco, in particolare dal punto di vista contabile e finanziario, cambiano repentinamente nel corso dell'anno, diventa difficile programmare le poche risorse a disposizione, quindi anche definire le priorità rispetto alle necessità che sui territori sono continuamente in aumento, soprattutto dal punto di vista sociale e di richiesta di sostegno economico estemporaneo. Questo è un elemento di particolare attenzione.
Ritengo positivo il fatto che le autonomie locali e le Regioni siano considerate un soggetto con il quale discutere, concertare e dare attuazione alle richieste di riforma, cambiamento e innovazione del nostro Paese.
Da questo punto di vista, anche altri suoi colleghi di governo hanno richiamato la necessità di modificare le regole del Patto di stabilità, soprattutto su alcuni aspetti puntuali che sono emergenziali nel nostro Paese.
Il tema dell'edilizia scolastica è già stato toccato, ma vi è anche il tema della necessità di adeguare soprattutto gli edifici pubblici alle regole antisismiche, di ripristinare interventi per evitare disastri idrogeologici. Si tratta di azioni assolutamente necessarie e urgenti.
Si tratta, quindi, di rivedere le regole del Patto di stabilità e, pur mantenendo gli obiettivi previsti da Bruxelles sia per la riduzione del debito pubblico sia per il mantenimento complessivo della spesa pubblica, occorre rivedere come derogare rispetto ad alcune voci di spesa, in particolare in conto capitale.
Gli spunti di discussione sarebbero tanti. Ritengo significativo il fatto che si continui a sviluppare il dibattito intorno al rafforzamento delle centrali di acquisto, in particolare se mantenerle nazionali o istituirle Pag. 15a livello regionale. Ritengo che sia molto importante razionalizzare la spesa attraverso una maggiore e migliore capacità di spendere le risorse pubbliche, facendo leva sulla massa critica, quindi sulla quantità di servizi o beni che lo Stato acquista perché di necessità generale, piuttosto che intervenire su una riduzione lineare della spesa, in maniera asettica e non puntuale, in quel caso intaccando la possibilità di rispondere a bisogni e servizi effettivamente essenziali.
Mi fa anche piacere che lei, Ministro, si riproponga di tenere i parlamentari informati e di avere un rapporto non solo di comunicazione, ma anche di confronto e di scambio di idee rispetto a come procedere e a come raggiungere gli obiettivi che il suo Ministero e lei personalmente si ripropone.
EMANUELE COZZOLINO. Vorrei portare un piccolo contributo. Con l'avvento del Governo Renzi si vuole rimettere mano alla riorganizzazione dello Stato in tutti i suoi aspetti. Quello che non si capisce è la direzione che si vuole intraprendere. Si parla di un Senato delle autonomie, ma per gli altri aspetti sembra che ci si muova verso un centralismo, quindi verso il riaccentramento dei poteri nelle mani dello Stato.
Vorrei capire qual è la vostra direzione e se verranno ascoltate tutte le autonomie, a tutti i livelli, cercando di portare chiarezza e non affidandosi a norme affrettate. Piuttosto, è preferibile aspettare qualche mese in più e aumentare il tempo di dialogo per cercare di partorire una norma il più possibile chiara, che non imponga di riformare nuovamente la struttura a breve.
Quello che auspichiamo è che queste riforme siano organizzate in maniera intelligente, ma ciò che vedo adesso è che ci si muove su due fronti diversi che potrebbero divergere. Si parla di Stato centralista o di Stato federale: cerchiamo di capire quale forma di Stato vogliamo mettere in campo, perché da questo derivano tutte le decisioni conseguenti.
Non abbiamo bisogno di una normativa fine a se stessa, che può creare confusione nell'enorme complesso delle norme. Anche nell'ambito energetico, ad esempio, del quale mi occupo, la normativa cambia da un comune all'altro, e già questo è deleterio. In più, io proporrei di aggiornare la formazione non solo dei dirigenti, ma anche dei lavoratori dei comuni. Questo è il mio piccolo contributo.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO PAOLO SISTO
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro. Prima di chiudere l'audizione odierna del Ministro e rinviarla ad altra data, vorrei anche io porre un quesito. C’è infatti un tema che mi sta a cuore su cui chiederei un approfondimento e qualche informazione più specifica: il funzionamento della CONSIP. Si tratta di uno strumento abbastanza delicato che, nato per alcune funzioni, qualche volta esorbita rispetto agli scopi originari. Se potessimo avere un monitoraggio sul «gradimento» e soprattutto sul peso di questo strumento nell'ambito del mercato e della concorrenza, sarebbe utile per capire se costituisce sempre un miglioramento o qualche volta può essere un modo per attutire, invece, una vivacità che deve contraddistinguere anche una ripresa del mercato.
Ringrazio nuovamente il Ministro per la sua presenza. Attendiamo le sue risposte con piacere, in una data che fisseremo, a seconda della sua disponibilità.
Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.
La seduta termina alle 15.20.