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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Mercoledì 25 giugno 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 3 

Seguito dell'audizione del Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, in merito allo stato di avanzamento delle procedure per la definizione del Patto per la salute (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 3 
Giordano Silvia (M5S)  ... 3 
Lorenzin Beatrice (NCD) , Ministro della salute ... 4 
Giordano Silvia (M5S)  ... 4 
Lorenzin Beatrice (NCD)  ... 4 
Giordano Silvia (M5S)  ... 4 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 4 
Giordano Silvia (M5S)  ... 4 
Lorenzin Beatrice (NCD)  ... 4 
Giordano Silvia (M5S)  ... 5 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 5 
Giordano Silvia (M5S)  ... 5 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 5 
Giordano Silvia (M5S)  ... 5 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 5 
Giordano Silvia (M5S)  ... 5 
Gelli Federico (PD)  ... 6 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 7 
Gigli Gian Luigi (PI)  ... 7 
D'Incecco Vittoria (PD)  ... 8 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 10 
Calabrò Raffaele (NCD)  ... 10 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 11 
Baroni Massimo Enrico (M5S)  ... 11 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 11 
Carnevali Elena (PD)  ... 11 
Argentin Ileana (PD)  ... 12 
Cecconi Andrea (M5S)  ... 12 
Lorenzin Beatrice (NCD) , Ministro della salute ... 13 
Cecconi Andrea (M5S)  ... 13 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 13 
Lorenzin Beatrice (NCD) , Ministro della salute ... 14 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 19 
Capelli Roberto (Misto-CD)  ... 19 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 19 
Lorenzin Beatrice (NCD) , Ministro della salute ... 19 
Capelli Roberto (Misto-CD)  ... 19 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 19

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIERPAOLO VARGIU

  La seduta comincia alle 14.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Seguito dell'audizione del Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, in merito allo stato di avanzamento delle procedure per la definizione del Patto per la salute.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Ministro della salute Beatrice Lorenzin, che ringraziamo per la presenza, in merito allo stato di avanzamento delle procedure per la definizione del nuovo Patto per la salute.
  Purtroppo, come voi avete avuto modo di apprendere, per un contrattempo non è possibile la trasmissione diretta sulla web-tv. Io credo, riprendendo anche la considerazione fatta dal Ministro Lorenzin, che questa sarà l'occasione per scrivere per l'ennesima volta al Presidente della Camera, sia per lamentarci del disguido, che ovviamente non dipende dalla nostra Commissione, sia per segnalare la necessità che tutte le Commissioni siano dotate degli stessi strumenti per la pubblicità dei lavori. Questo per evitare che ci siano Commissioni, come la nostra, costrette a migrare e qualche volta anche impedite nel migrare, come è successo a noi oggi.
  Ricordo che nella scorsa seduta, dopo l'intervento introduttivo del ministro, avevano posto quesiti e interrogativi alcuni deputati. Prima della replica del Ministro Beatrice Lorenzin, che a questo punto lasciamo alla fine degli interventi, darei la parola ai deputati che sono ancora iscritti a parlare. Attualmente ne ho quattro: Giordano, Gelli, Gigli e D'Incecco.
  In attesa di eventuali nuovi iscritti a parlare, pregherei i colleghi che intendono intervenire di essere il più possibile sintetici, in modo da lasciare al ministro, poiché verso le 15.20 deve andare via, la possibilità di replicare.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SILVIA GIORDANO. Grazie, presidente. Ministro, buongiorno. Sono molto felice di vederla, visto che, a meno che non ci sia una circostanza eccezionale, ciò non avviene.
  Presidente, mi scusi, vorrei essere ascoltata dal ministro, perché capita raramente di averla con noi. Mi fa in parte piacere il disguido che è avvenuto con la web-tv, perché finalmente forse riusciamo a inserirla anche qui. Concordo con lei, presidente.
  Ministro, la scorsa volta, devo essere sincera, io ero particolarmente arrabbiata per le modalità con cui è avvenuto questo incontro e questa discussione sul Patto della salute. Questo per un fatto squisitamente procedurale, considerato che noi l'abbiamo saputo nemmeno due ore prima che questo incontro avvenisse. Capisco gli Pag. 4impegni che un ministro può avere, però, da un punto di vista strettamente procedurale, non lo considero molto idoneo.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Di che parla ?

  SILVIA GIORDANO. Della scorsa settimana, quando lei è venuta.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Io non l'ho deciso due ore prima.

  SILVIA GIORDANO. Noi l'abbiamo saputo poco prima.

  PRESIDENTE. La comunicazione ai colleghi non è stata fatta due ore prima, ma in precedenza.

  SILVIA GIORDANO. Nel calendario che abbiamo avuto noi non abbiamo ricevuto questa informazione. Io non so di chi sia la colpa, non sto dando la colpa a nessuno, ma sto facendo presente che questa informazione noi non l'abbiamo avuta. Pertanto, se c’è un disguido nell'informazione, a questo punto è anche il caso di farlo presente, così si può rimediare.
  Oltretutto erano presenti in Assemblea due persone della Commissione affari sociali per fare un question time che riguardava, in senso un po’ lato, anche il Patto della salute. Quando sono tornata in Commissione per sentirla, avevo perso molti passaggi, che poi ho avuto per fortuna il tempo di recuperare, risentendola.
  L'aspetto che mi ha un po’ sbalordito è che in due minuti il sottosegretario agli affari regionali mi ha detto più o meno la stessa cosa della sua intera audizione. Non c’è stata alcuna informazione reale riguardo al contenuto e il fatto che lei ancora adesso stia dicendo che non la può fornire è qualcosa che io onestamente non capisco.
  Durante l'audizione lei ha detto che questa sorta di segretezza non c’è perché chissà che cosa si debba nascondere, ma perché ancora deve finire di fare queste audizioni o comunque questi incontri con associazioni e altri soggetti. Sono sue parole...

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Intervengo, anche se preferirei sentire tutte le domande, così sgombriamo il campo da una serie di questioni.
  Io sono venuta in audizione perché voi mi avete chiamato. Dopodiché, uno può decidere di fare un'audizione o prima che si faccia il Patto, come è avvenuto nel mese di gennaio e di febbraio, o dopo, cosicché uno possa raccontare che cosa ha fatto.
  Noi stiamo in un'ampia sala con gli assessori alla salute delle regioni delegati a trattare e, quindi, a negoziare ogni singolo articolo sulla base di proposte dal Governo e delle regioni. Io vengo, perché ho il senso delle Istituzioni e del mio rapporto con il Parlamento, ma sono anche vincolata da un rapporto di correttezza nei confronti degli assessori e dei governatori, ai quali ho chiesto di non fare ognuno il lancio o il tweet della piccola trattativa che sta facendo, ma di avere la serenità di svolgere un ragionamento complessivo, perché ognuna delle parti coinvolte, cioè il MEF, il Ministero della salute e tutte le regioni italiane, sta negoziando la riforma in base alle competenze che ha, con riferimento a Stato e regioni. Poi vengo al Parlamento e rendo conto delle negoziazioni in atto avvenute tra Stato e regioni.
  Se, però, voi mi chiedete durante la trattativa, cioè mentre stiamo parlando e negoziando i singoli articoli, di riferire contestualmente al Parlamento, questo non è nell'ambito giusto, non è corretto. Ognuno può avere l'opinione propria di che cosa sia corretto e di che cosa non sia corretto, ma questo è il gentlemen's agreement che ci siamo chiesti fra di noi. Altrimenti il Patto sarebbe stato un gossip sui giornali e non un elemento di negoziazione che stiamo facendo da dieci giorni e che è quasi concluso.
  Non c’è una voglia di non rendere conto, altrimenti avremmo potuto decidere che l'audizione presso la Commissione, invece di farla oggi, si poteva fare la prossima settimana e io vi avrei raccontato dettaglio per dettaglio, articolo per articolo, così come prima di venire qui, prima di cominciare questa negoziazione, ho raccontato Pag. 5dettaglio per dettaglio quello che intendevamo fare e quali erano gli obiettivi del Ministero della salute per il Patto della salute.
  Poiché si chiama Patto – non è un decreto-legge – è una trattativa tra le richieste fatte dalle regioni e le esigenze poste dal Ministero della salute. Essendo una trattativa, si arriva a una mediazione, che deve essere poi firmata dal Ministro dell'economia e delle finanze. Mi sembra evidente, quindi, che è impossibile che io le risponda nel dettaglio minuto per minuto, altrimenti avremmo potuto rinviare la discussione.

  SILVIA GIORDANO. La ringrazio di questa spiegazione, ma non si tratta di avere il dettaglio minuto per minuto. Conoscere qualche informazione in più non sarebbe stato male. Non solo, se si tratta di trattativa, è una trattativa che oltretutto avrebbe dovuto essere pronta già l'anno scorso. Mi chiedo come mai questa trattativa...
  D'accordo. Comunque, per annunci fatti da questo Governo, avrebbe già dovuto essere concluso l'anno scorso. Oltretutto, il fatto della correttezza è molto relativo. La ringrazio se sbuffa mentre parlo, ma il fatto che noi continuiamo a non sapere niente – mi dispiace, lei può dire tutto quello che vuole – non lo ritroviamo corretto.
  Oltretutto, non capisco neanche quale sia la logica che viene usata e perché si abbia una relazione dell'indagine conoscitiva sugli sprechi della sanità il 17 luglio, quando addirittura è stato annunciato che il Patto della salute lo possiamo avere prima della fine dell'indagine conoscitiva. A questo punto potevamo metterci d'accordo.
  Con riferimento all'indagine conoscitiva, avevamo detto che la relazione ci sarebbe stata il 17 luglio. È giusto ?

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, collega Giordano. Il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva è ultimato, è pubblicato. Le chiarisco un aspetto che forse non è chiaro. Il documento conclusivo è stato approvato; è un atto pubblico a disposizione nel sito della Camera da tanto tempo e, quindi, abbiamo non solo la speranza, ma anche la certezza che sia stato preso in considerazione dagli attori del Patto della salute.
  Il 17 luglio c’è semplicemente un convegno, che si svolgerà alla Camera, in cui noi daremo contezza del lavoro fatto dalle due Commissioni della Camera sul tema specifico, ma si tratta di un convegno, non di atti ufficiali, che invece sono già ufficiali dal momento in cui sono stati approvati dalle due Commissioni, già venti giorni fa, se la memoria non mi inganna.
  Ne approfitto, collega, anche per darle comunicazione che la convocazione relativa all'audizione del ministro Lorenzin che si è svolta mercoledì scorso alle 14.30 è stata inviata lunedì alle 17.45 a tutti i componenti della Commissione. Soltanto lunedì noi abbiamo avuto la risposta da parte del ministero sulla disponibilità all'audizione. Le ricordo che l'intera Commissione e l'Ufficio di presidenza avevano pensato che fosse una questione urgente, ragion per cui noi abbiamo insistito col ministero e col ministro, il quale è stato direi molto disponibile, perché a seguito delle nostre insistenze ha fissato un incontro ad horas. Le ore, però, sono più di due. Direi che sono quarantotto, facendo la somma delle due giornate.

  SILVIA GIORDANO. Le posso assicurare che...

  PRESIDENTE. Allora ci deve essere un problema.

  SILVIA GIORDANO. C’è qualche problema, evidentemente.

  PRESIDENTE. Poiché la posta della Camera è certificata e, quindi, gli orari di trasmissione sono certificati, mi dispiace del disguido, ma immagino che non sia un disguido che dipende dalla volontà della Commissione. Volevo precisare solo questo.

  SILVIA GIORDANO. Visti tutti questi disguidi, una cortesia che chiederei anche Pag. 6al ministro, al di là del fatto del messaggio e delle informazioni, è di avere una maggiore chiarezza e trasparenza nel fare le cose, perché noi ci stiamo trovando seriamente in difficoltà anche nel reperire le informazioni. Al di là di qualche annuncio spot su qualche giornale che riguarda il Patto della salute, vorremmo avere maggiori informazioni al riguardo.

  FEDERICO GELLI. Signor ministro, noi ovviamente abbiamo appreso dalle linee essenziali del suo intervento la sfida che il suo ministero vuole lanciare con questo nuovo Patto per la salute, che noi sappiamo essere pieno di elementi di difficoltà, ostativi, legati alla situazione contingente e alla carenza cronica di risorse.
  Certamente potremo esprimere un giudizio in maniera più compiuta su questo importante patto, su questo importante accordo, quando ne saremo totalmente a conoscenza, quando avremo la conoscenza del documento in tutte le sue parti. Tuttavia, dai ritorni che abbiamo anche dal fronte delle regioni – noi siamo dei parlamentari che hanno un compito importante, che è quello di capire anche che cosa succede nelle relazioni istituzionali con i nostri interlocutori nelle regioni – mi sembra che siamo sulla strada giusta.
  Mi sembra che si stia componendo, ovviamente con tutti gli elementi di difficoltà del caso, un quadro molto importante. Io credo che il dato più rilevante sia che, dopo quattro anni, finalmente stiamo arrivando a una soluzione importante che il Paese ci chiede. Si tratta di una soluzione che è un percorso non certamente ultimativo, ma è comunque il quadro all'interno del quale il Governo centrale, da una parte, e i Governi regionali, dall'altra, dovranno fare le scelte future.
  Ci sono alcuni elementi che, molto brevemente, ci terrei a sottolineare. Il primo è il tema della compatibilità economica del sistema, che noi abbiamo richiamato più volte nella nostra relazione e nella nostra indagine conoscitiva e che è stato uno dei cardini fondamentali della nostra indagine conoscitiva. Io credo che possa essere, e sicuramente lo sarà stato, elemento di spunto e di valutazione da parte vostra e, spero, anche dei presidenti delle regioni.
  Questo aspetto è legato soprattutto al tema della veloce entrata in vigore dei nuovi LEA. Questo è il tema sul quale io credo che noi dobbiamo misurarci: se, da una parte, come amministratori, come rappresentanti delle Istituzioni, dobbiamo ovviamente fare i conti con le risorse e con le nostre disponibilità finanziarie, dall'altra i cittadini ci chiedono la garanzia e la tutela dei livelli essenziali di assistenza.
  Uno dei punti, a mio avviso, più deboli è come, per esempio, con riferimento alle regioni con i piani di rientro, noi riusciamo a garantire i livelli essenziali di assistenza in quei territori, magari avendo come elemento prioritario di salvaguardia il pareggio di bilancio. Il tema è che le regioni sono chiamate, giustamente, ai piani di rientro e a una compatibilità economica, ma che spesso perdono di vista, a mio avviso, gli elementi principe, cioè la garanzia dei livelli essenziali.
  Noi abbiamo visto situazioni e scelte per cui alcune regioni, per poter garantire questi piani di rientro, hanno inasprito all'ennesima potenza le loro leve fiscali, al punto che spesso i cittadini si sono trovati nella grande difficoltà di essere tartassati e, nello stesso tempo, magari di aver messo anche in discussione questi elementi fondamentali, che sono appunto i livelli di tutela e di assistenza. Questo era il primo ragionamento.
  Come secondo ragionamento, io sono convinto che questa nuova stagione che si sta aprendo debba attribuire un ruolo diverso al ministero. Le regioni questo lo devono mettere in conto. Io sono per natura, credo come altri colleghi qui, molto regionalista, o, potremmo dire, molto federalista.
  Non so se il termine sia corretto, ma noi non vogliamo assolutamente tornare indietro rispetto alle scelte fatte nel passato, che attribuivano alle regioni un elemento fondamentale nel ruolo della gestione e dei modelli organizzativi della sanità. Indubbiamente, però, non possiamo Pag. 7più continuare ad avere 20 modelli organizzativi e 20 sistemi sanitari. Questo non ce lo possiamo più permettere.
  Se, da una parte, manteniamo l'impegno – e qui si apre un ragionamento, in cui, però, non voglio entrare – sulla riforma del Titolo V e sugli elementi essenziali che in questo dibattito molto attuale della riforma del Titolo V dovranno essere richiamati, dall'altra, io credo che il ministero debba assumere un ruolo più significativo e importante in alcuni passaggi fondamentali. Uno di questi passaggi è, ovviamente, la sua capacità di intervento e di azione nei momenti e negli elementi di criticità che nel sistema ci sono. Potremmo fare l'esempio Stamina, potremmo fare l'esempio di Avastin e Lucentis, potremmo fare l'esempio di altre situazioni legate ai piani di rientro delle regioni, ossia al loro mancato rispetto, e ai commissariamenti che vengono fatti dai singoli assessorati alla sanità e che si riducono poi di fatto in una velleità di intervento, perché non producono risposte efficaci dal sistema regionale interessato e coinvolto.
  Io credo che il ministero debba essere messo nelle condizioni di poter intervenire con autorevolezza e con capacità. Sono convinto che costruire un Patto per la salute con le regioni voglia dire anche incominciare a ridisegnare le attribuzioni delle diverse competenze tra lo Stato, il Governo, e le regioni.
  Svolgo due battute finali su due questioni molto più spicciole rispetto ai ragionamenti di cornice che prima ho fatto. Sono emerse alcune affermazioni, non so quanto attendibili, ma nel chiacchiericcio tipico delle attività parlamentari esce anche questo. Vorrei avere dal ministro una risposta rispetto a due argomenti.
  In primo luogo, sta emergendo l'idea di un utilizzo degli specializzandi negli ultimi due anni nel sistema sanitario pubblico per ovviare alla carenza di personale. Credo che questo sia un fatto da non realizzare assolutamente, perché metteremmo fortemente in crisi il sistema. Gli specializzandi devono essere utilizzati per la loro attività formativa, ma non devono sostituire le dotazioni del personale in organico nel sistema sanitario pubblico, altrimenti non si capisce quali siano la funzione, il ruolo e le responsabilità.
  L'altro elemento altrettanto importante, che giustamente crea qualche preoccupazione in questo momento nel Paese – ovviamente, ministro, ci saranno anche altre occasioni per parlarne, ma lo sollevo per chiudere questo mio intervento – è l'idea che si possa accedere al ruolo di dirigente sanitario del sistema sanitario pubblico negli ospedali senza avere la specializzazione.
  Anche questo è un argomento che io credo sia assolutamente deprecabile e non sostenibile, in quanto sappiamo bene che la questione è regolamentata da norme europee e da passaggi ormai estremamente fondamentali e storici nei modelli organizzativi sanitari europei e italiani.

  PRESIDENTE. Do la parola a Gian Luigi Gigli, al quale, come agli altri, raccomanderei, se possibile, la sintesi.

  GIAN LUIGI GIGLI. Per essere sintetico mi fermo proprio all'ultimo punto toccato dal collega Gelli.
  Ministro, è vero che ci sono ragioni di segretezza nella discussione di un patto, ma è vero anche che anche a noi arrivano informazioni. Quelle che sono arrivate al collega Gelli con il piccione viaggiatore sono arrivate anche a me e, come ha detto lui, non sono questioni spicciole. Io credo che siano questioni che investono il futuro stesso del Servizio sanitario nazionale e, dal mio punto di vista, per la piega che stanno prendendo e per pressioni che io non condivido, le reputo assolutamente inaccettabili.
  Detto fuori dai denti, noi abbiamo a che fare con questa storia dei contratti per i giovani medici. I casi sono due: o sono cose che non hanno a che fare con la specializzazione, o sono cose che hanno a che fare con gli ultimi anni di specializzazione.
  In quest'ultima ipotesi ritorniamo ai problemi che abbiamo più volte sollevato, cioè quelli di comprendere che il percorso formativo non è fatto per andare a tappare Pag. 8i buchi, ma per offrire, nell'ambito della rete formativa, agli specializzandi le opportunità di formazione più adeguate che possono essere loro fornite.
  Se, invece, non abbiamo a che fare con gli specializzandi, come sembrerebbe anche da altre voci, ma abbiamo a che fare con contratti che prescindono dalla formazione specialistica, credo che i casi da esaminare siano due. Questa situazione non dà luogo dopo a un impiego e allora diventa – chiamiamola così – un sollievo per il Servizio sanitario nazionale o un'area di parcheggio lavorativa per qualcuno che potrà accedervi. Se, invece, dà luogo a un futuro poi di inserimento, allora dobbiamo porci delle domande serie.
  Le domande che dobbiamo porci hanno a che fare con una delle due prospettive che si delineano. Se questa situazione dà luogo a inserimento e lo dà alla pari con il percorso formativo degli specializzandi, allora sarà la fine delle scuole di specializzazione, perché nessuno avrà convenienza a spendere cinque anni a specializzarsi, se avrà questa possibilità alternativa. Ho formulato un'ipotesi.
  Se, invece, tutto questo non avviene alla pari e andremo a creare dei medici di serie A e dei medici di serie B, allora poi dobbiamo tener conto che andremo a creare una categoria di frustrati, i quali, per esempio, non potranno accedere alle funzioni apicali. A meno che non avvenga, come spesso avviene in Italia, che ci sarà una sanatoria che dirà che, dopo aver fatto tre, quattro o cinque anni di servizio in un certo ambito, automaticamente si diventa cavalieri sul campo.
  Io reputo che tutto questo sia un po’ assurdo che avvenga nel momento in cui il MIUR si è preoccupato di farci sapere che sono stati anche reperiti i fondi per 5.000 contratti di formazione specialistica quest'anno.
  Ovviamente, tutto questo va a cozzare, come diceva il collega Gelli poco fa, anche con le richieste che ci provengono dall'Europa, alle quali noi abbiamo aderito e che hanno fatto fare un passo avanti al nostro sistema sanitario nazionale. Un tempo, infatti, era possibile fare quello che oggi si delinea e, secondo me, riandare in quella direzione sarebbe sicuramente un passo indietro.
  D'altro canto, io credo che un'iniziativa di questo genere non possa prescindere dal confrontarsi con qualcosa che ha a che fare non solo con l'impianto europeo, ma anche con l'impianto legislativo italiano di oggi. Noi abbiamo appena approvato il decreto-legge n. 104 nel 2013. Dobbiamo stabilire se questo decreto sia da considerarsi superato o meno.
  Le sarei grato veramente se oggi uscisse fuori una parola chiara da questo punto di vista, che indichi con esattezza come stanno le cose, anche perché tra gli stakeholder non ci sono solo le regioni, a questo livello. Evidentemente ci sarebbero altri attori da considerare, a cominciare dalle università e dal Ministero dell'università. Io mi auguro che una parola chiara da questo punto di vista sia oggi possibile.

  VITTORIA D'INCECCO. Signor presidente, ringrazio il ministro per essere qui con noi. Anch'io voglio rivolgere la mia attenzione e la nostra attenzione alle risorse.
  Signora ministro, è importante che il Patto della salute indichi in maniera chiara le risorse che noi intendiamo investire nella salute dei nostri cittadini, privilegiando gli aspetti positivi sulla crescita economica degli investimenti fatti in un settore con elevato tasso di innovazione ed elevata opportunità occupazionale.
  La spesa sanitaria pubblica italiana è inferiore di oltre un terzo alla media dei Paesi dell'area euro considerati nella spending review e il divario è triplicato dall'inizio degli anni Duemila. Inoltre, il benchmark inserito nella tabella di Cottarelli, secondo il quale la spesa dovrebbe tendere al 5,25 per cento del PIL, appare incomprensibile, a mio avviso.
  Una nota OCSE inviata su sollecitazione della Commissione igiene e sanità del Senato indica che nell'intera area Pag. 9OCSE sono solo 6 i Paesi che hanno una spesa sanitaria pubblica inferiore al 5,25 per cento del PIL.
  A me sembra una forte penalizzazione ridurre il Fondo sanitario nazionale a una percentuale del PIL tale da rendere difficile la sua sopravvivenza come servizio universalistico, perché il servizio deve garantire un'equità di accesso a tutti i cittadini. Portare il Fondo sanitario nazionale al 5,25 per cento del PIL dall'attuale 7,1 quasi certamente renderà il sistema instabile, manderà in piano di rientro la maggior parte delle regioni e aumenterà il numero di quelle commissariate. Dunque, il finanziamento deve essere almeno costante, a mio parere, rispetto al PIL.
  Mettendo insieme la ripartizione del Fondo sanitario con quello che sta emergendo dai tavoli costituiti per il Patto della salute, il quadro sembra molto fosco. Per esempio, nella mia regione, l'Abruzzo, per la crisi economica e per il fatto di essere commissariati, vedremo una riduzione delle risorse assegnate e la rinuncia alla cura di molti cittadini, come già sta avvenendo.
  Accanto alla questione economica, come richiesto dalle regioni, è necessario valutare anche il miglioramento complessivo delle attività assistenziali e dei servizi offerti ai cittadini. Essendo la struttura tecnica di monitoraggio istituita allo scopo presso AgeNaS una struttura debole, va previsto per le regioni in piano di rientro un Garante della salute che abbia il compito di vigilare affinché in quei territori vengano garantiti i LEA e soprattutto la qualità dei servizi con indicatori forniti da AgeNaS. Le risorse liberate dalla spending review e dal Patto della salute dovrebbero, a mio avviso, essere reimpiegate nella ricerca, nella formazione e nell'integrazione sociosanitaria.
  Per quanto riguarda la prevenzione, condivido in maniera incondizionata la necessità di aumentare le misure e le politiche di prevenzione delle patologie intervenendo sulle malattie croniche, modificando gli stili di vita e prestando attenzione alla prevenzione di tutti i comportamenti a rischio e delle tossicodipendenze.
  Vorrei, farle presente una questione che è stata oggetto di alcune mie interrogazioni, ma a cui non ho avuto risposta. Il Piano nazionale per la lotta alle epatiti, signor ministro, da due anni dovrebbe essere attuato. Siamo uno dei Paesi in forte ritardo, uno degli ultimi Paesi in Europa. Il sottosegretario non ha saputo dirmi quando sarà attuato. Non sappiamo ancora neanche quali siano i finanziamenti per la sua realizzazione. La prego, quindi, di appuntarsi questa mia segnalazione e di provvedere nel più breve tempo possibile.
  Avrei tante cose da segnalare, ma mi attengo, visto che abbiamo poco tempo, a quelle più importanti.
  Anch'io vorrei fare un passo per i giovani professionisti, che vanno valorizzati all'interno del servizio sanitario, a cominciare dai colleghi del corso di formazione specifica in medicina generale, per i quali dovrebbe essere previsto un adeguamento dei compensi tale da riallinearsi almeno agli specializzandi. Si potrebbe prevedere poi, per chi vuole, un percorso universitario di due anni dopo il corso triennale, per arrivare così a una vera e propria specializzazione in medicina generale.
  Un'ultima questione riguarda il privato, l'integrazione con il privato, per ottimizzare i costi. Non possiamo più permetterci doppioni, non possiamo più neanche criminalizzare chi fa impresa nel settore sanitario e non possiamo più permetterci un sistema concorrenziale pubblico-privato. Il privato accreditato deve essere parte del sistema pubblico, secondo me.
  In quest'ottica di integrazione e di gestione oculata delle risorse, la regione, nel rispetto dei tetti di spesa, può assegnare alle strutture private un tetto per quanto riguarda le prestazioni specialistiche e le indagini strumentali, integrando queste offerte nei CUP.
  Inoltre, può assegnare alle strutture private accreditate l'erogazione dei servizi e procedure che non intende più produrre, Pag. 10evitando così delle duplicazioni. La regione, attraverso il Garante della salute, se intende che questa sia una possibilità, e con strumenti propri di verifica e controllo, dovrà poi vigilare sulle prestazioni.

  PRESIDENTE. Sono iscritti a parlare ancora tre colleghi: Calabrò, Baroni e Carnevali. Vorrei chiedere se qualche altro collega vuole iscriversi a parlare, in modo da poter dosare la lunghezza degli interventi sulla base della necessità di avere anche le risposte. Si aggiunge Argentin. Ci sono, dunque, quattro colleghi. Io chiederei ai colleghi di mantenersi nei quattro minuti, o nei tre minuti e mezzo, in modo da poter consentire di avere risposte dal ministro.

  RAFFAELE CALABRÒ. Signor presidente, cercherò di essere brevissimo.
  Come primo punto, vorrei riprendere un tema che mi sembra essenziale e a cui ho accennato la volta precedente, ma che vorrei risottolineare al ministro. Riguarda i piani di rientro.
  Io chiedo che ci sia nel Patto della salute una chiarezza dei tempi entro cui i ministeri debbono rispondere alle azioni e agli atti programmatici che le regioni fanno. Una delle grandi difficoltà delle regioni in piano di rientro è che fanno la programmazione, la inviano al ministero, essa rimane lì 6-8 mesi e diventa statica. Pertanto, il Piano di rientro non dura un anno, ma tempi infiniti.
  Come secondo punto, nei finanziamenti che vanno immaginati, e che io credo ritrovino spazio all'interno del Patto della salute – per la prima volta, ministro, non parlerò del riparto del fondo – aggiungo un altro aspetto. Io penso che ci saranno alcuni capitoli programmati a cifre previste, a cifre fisse. Mi riferisco agli Hanseniani e all'AIDS, in particolare, mi riferisco anche alle borse per i medici di medicina generale.
  Noi stiamo dicendo da tempo che la medicina si deve svolgere prevalentemente sul territorio. Si sta puntando a trasferire l'assistenza del sistema sanitario sul territorio riducendola all'interno degli ospedali. Non possiamo non preoccuparci, parallelamente a questo, in tante altre azioni che facciamo – sarà l'articolo 20, sarà la programmazione, sarà la riorganizzazione – di aumentare il numero dei medici di medicina generale.
  L'invito che io faccio è che, all'interno dei vari capitoli, laddove c’è il capitolo sui medici di medicina generale, se vengono previste determinate cifre, queste possano essere aumentate, magari a scapito di altre, non dico aumentando costi, ma a costo zero, cercando di ridurre le voci che forse storicamente non sono più adeguate e che si possono ridurre.
  Sono d'accordo con la collega che mi ha preceduto nell'immaginare – non so se possa entrare nel Patto della salute; penso di no, ma auspico che perlomeno si possa prevedere – che all'interno di un accordo da dover studiare e programmare con il MIUR si possa andare verso una linea di scuole di specializzazione per i medici di medicina generale.
  Passo al terzo punto e chiudo. Presidente, cerco di essere rapido. Parlo della formazione professionale dei medici.
  Mi giunge stamane notizia – non so se sia vero; sicuramente non è all'interno del Patto della salute, ma la sollevo come preoccupazione al ministro della salute – che sarebbe stato immaginato dal MIUR un taglio lineare del numero di anni delle scuole di specializzazione. Quelle che duravano sei dureranno cinque e quelle che duravano cinque dureranno quattro.
  Noi avevamo chiesto qualche cosa di diverso all'interno del decreto Carrozza. Anzi, abbiamo chiesto, votato e approvato. All'interno del famoso decreto trasformato in legge, il decreto Carrozza, abbiamo previsto che si andasse a fare un'analisi ex novo delle esigenze e delle realtà nel resto dell'Europa. La scuola che deve essere di sei anni rimane di sei, quella che era di sei può diventare di quattro a seconda di quello che l'Europa sta facendo e che noi riteniamo che si debba fare.
  Nell'ambito di questo criterio generale di formazione professionale del medico, io Pag. 11nutro le stesse preoccupazioni che sollevava il collega Gelli. Lui seguiva due linee, che io vorrei riprendere.
  Una è quella della formazione dei medici che sono all'interno delle scuole di specializzazione. Va immaginato, io credo, che il lavoro di riorganizzazione delle scuole di specializzazione debba nascere insieme tra Ministero della salute e Ministero dell'università, in un momento successivo al Patto della salute.
  Attenzione, però: il ruolo dell'università non deve essere un ruolo di valutazione definitiva di quello che è stato fatto, ma un ruolo di programmazione di quale deve essere l’iter formativo di uno studente che sta all'interno delle scuole di specializzazione. Errore sarebbe quello di immaginare che l'università possa fare semplicemente l'iscrizione, tenere un po’ di lezioncine all'inizio e poi rilasciare la certificazione finale. Questo assolutamente credo sarebbe fuori di ogni schema logico. La programmazione va in capo a un soggetto e dopo questo deriva il resto.
  Vengo all'ultimo punto. Il cinguettio era arrivato a anche a me, ma sinceramente non ci avevo creduto, signor ministro. Dico la verità, mi sembrava assurdo. Qualche collega me l'aveva detto. Non ci pensate proprio, però. Come vi viene in mente una cosa del genere ? Arrivano i laureati ed entrano oggi, negli anni Duemila, all'interno del sistema sanitario indifferentemente ?
  Io mi sono laureato nel 1971 e ho fatto la scuola di specializzazione in una forma diversa. Ho fatto la specializzazione in cardiologia frequentando gli ospedali, confesso, senza essere mai andato all'università a seguire una lezione e facendo solamente gli esami, ma erano altre epoche, signor ministro. Erano epoche in cui il cardiologo era un cardiologo clinico, che stava accanto al letto dell'ammalato, trovava un bravo primario e quel primario gli insegnava a fare il cardiologo. Io sono stato fortunato, perché nella mia vita ho trovato un bravissimo primario, che mi ha insegnato a fare il cardiologo.
  Oggi è tutta un'altra realtà. Oggi io ho bisogno di passare sei mesi in emodinamica, tre mesi in ecocardiografia, quattro mesi in aritmologia, quattro mesi in risonanza magnetica e tutto questo va coordinato da una scuola, da un maestro che non fa più il maestro accanto al letto del malato, ma fa il maestro nell'organizzare il sistema e seguire questo studente. Non ci può essere uno studente che va in giro per il mondo e che passa sei mesi, quattro mesi o tre mesi da altre parti senza che ci sia una scuola.
  Oggi quello di cui noi ci dobbiamo preoccupare è l'organizzazione della scuola stessa. Non possiamo mandare allo sbando negli ospedali dei neolaureati che, come diceva il collega Gelli, o faranno un lavoro di serie B, oppure non riusciranno mai a fare i medici.

  PRESIDENTE. Grazie. Colleghi, abbiamo ancora tre interventi. Se vogliamo sentire la risposta del Governo, è indispensabile – vi chiedo scusa – sintetizzare.

  MASSIMO ENRICO BARONI. Volevo chiedere la cortesia, visto che noi lavoriamo in gruppo, di poter lasciare al collega Cecconi un minimo di tempo per un breve intervento, sebbene sia già intervenuto nella scorsa seduta.

  PRESIDENTE. Il senso è che il collega Cecconi vorrebbe avere qualche altro minuto. Poiché non è usuale, facciamo intervenire Carnevali e Argentin e poi le do due minuti al termine.

  ELENA CARNEVALI. Grazie, presidente. Sarò molto breve.
  Ringrazio innanzitutto il ministro. Io credo che l'obiettivo di quest'audizione sia stato quello di indicare linee guida, obiettivi e princìpi che stanno sottendendo alla definizione del Patto della salute. Mi fermo solo su due obiettivi, che sono tra i tanti che i colleghi hanno già affrontato.
  In primo luogo, nella relazione che lei ha svolto la volta scorsa ha giustamente definito la questione relativa al numero di posti letto come un indicatore ormai obsoleto rispetto all'individuazione di altre Pag. 12misurazioni o comunque di altri strumenti. Il dato oggettivo è che attualmente questo è ancora uno strumento che stiamo utilizzando.
  Io capisco e so benissimo che l'adeguamento non è dipeso dalle volontà del ministro, ma da provvedimenti che sono stati presi in precedenza. Rimane, comunque, il fatto che il nostro sistema sanitario si stia assestando su un tasso di posti letto inferiore alla media europea.
  I punti interrogativi sono due. Il primo riguarda soprattutto la questione legata alla continuità assistenziale. Io credo che sia un punto centrale, nel momento in cui noi andiamo a ridurre il numero di posti letto, soprattutto riuscire a capire come ci stiamo orientando rispetto a una riconversione degli ospedali. Questo anche a fronte di sentenze del TAR, che spesso impediscono alcune riconversioni.
  Come individuiamo gli standard territoriali per poter assorbire quella degenza, ormai molto breve, il che poi rimane oggettivamente sulle spalle del comparto sociosanitario e spesso – devo dire – sociale, credo che sia uno dei temi dirimenti, pensando soprattutto a un dato, quello demografico, che rappresenta una delle prime urgenze che dobbiamo affrontare.
  Chiudo sulla seconda questione. Giustamente lei ha fatto un passaggio rispetto alla compartecipazione sanitaria e all'obiettivo di introdurre criteri di maggiore equità rispetto al principio e all'individuazione del modello. Se non ricordo male, lei faceva riferimento al fattore famiglia.
  Io vengo dalla Lombardia. Lo studio sul fattore famiglia è una sperimentazione che, peraltro, non è arrivata neanche a buon fine in Lombardia. Volevo capire quale orizzonte state individuando per trovare uno strumento di equità.

  ILEANA ARGENTIN. Mi scuso davvero per non aver sentito la relazione del ministro nell'altra seduta, ma vorrei sottolineare due questioni che ritengo fondamentali. Sarò anch'io molto breve.
  Con grande umiltà, ma anche con grande consapevolezza, ministro, voglio sottolinearle il fatto che molte situazioni, molte patologie, sono più uno status di vita che una malattia e io credo che la malattia vada disgiunta dallo status. Ci sono, invece, dei grossi sprechi – mi permetta di dirlo – per la forza contrattuale che hanno alcune associazioni e rappresentanze di malati, le quali si fanno forza su uno status medico che, invece, avrebbe a che vedere soltanto con uno status strettamente sociale.
  Io credo che, se noi cominciamo a rinnovare e a modificare lo status medico e sanitario, dobbiamo considerare che le persone hanno diritto a uno status di salute in alcune situazioni, ma non necessariamente è tutto loro dovuto a causa di una situazione che ha a che vedere con l'aspetto sociale.
  L'ho detto anche ieri in Assemblea e lo ribadisco oggi a lei: un conto, per esempio, è avere una SLA, con uno status, chiaramente, gravissimo, di cui mi rendo conto, un altro è avere uno status, che potrebbe essere la spasticità, una patologia cui non consegue un bisogno medico, quanto assistenziale, con un intervento di tipo completamente diverso, così come un trauma da parto o l'essere cerebrolesi. Questo, secondo me, potrebbe ridurre i costi e fornire grossissime risposte, invece, ai casi gravissimi, che ne hanno bisogno quotidianamente.
  Io sono molto favorevole ad immaginare l'assistenza domiciliare e sempre meno quella ospedalizzata, però le chiedo, e qui mi fermo e taccio, di usare una grande attenzione, perché non tutte le famiglie e non tutti i contesti possono ospitare in casa dei malati gravi.
  Le faccio l'esempio più sciocco e più usato generalmente. Arrivare con un malato che ha avuto un trauma e, che, quindi, è in uno stato post-comatoso in casa e sapere che non hanno l'ascensore per salire al quarto piano, è già un grave problema. Servono anche per quei casi case famiglia e residenze protette, ma che sembrino più case.

  ANDREA CECCONI. Sarò breve. Pongo soltanto due questioni perché mi aspettavo Pag. 13che i colleghi facessero queste domande e, invece, non le ho sentite e mi sembra giusto farle.
  La scorsa settimana lei ha detto subito che la questione dei LEA e dei ticket, della compartecipazione in sanità, verrà regolata e vista dopo il Patto della salute. C’è un tavolo parallelo. Tuttavia, il Patto per la salute si concluderà, ma la questione dei LEA non uscirà insieme al Patto della salute.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. I LEA escono insieme al Patto.

  ANDREA CECCONI. Escono insieme al Patto ? Bene. Meglio ancora.
  Principalmente noi vorremmo sapere se alcuni LEA saranno aggiunti, se altri saranno tolti, se il sistema di compartecipazione prevederà dei LEA che non siano uguali per tutti – chi ha una fascia di reddito elevata li pagherà e chi ce l'ha inferiore non li pagherà – ma soprattutto quale sia questa fascia di reddito. Questo punto è determinante, soprattutto vista la questione dell'ISEE e degli scandali sull'ISEE che ci sono. Sapere se la fascia sia molto alta o molto bassa è piuttosto determinante.
  Io mi aspetto effettivamente che escano questi LEA insieme al Patto della salute. Ci contiamo, visto che sono tanti anni che li aspettiamo, insieme anche al nomenclatore tariffario. Considerato che anche questa Commissione ci ha lavorato, che ha fatto una risoluzione e che è stata tolta dal cd. decreto «Milleproroghe» la proroga al nomenclatore, vorremmo sapere se anche il nomenclatore uscirà insieme al Patto della salute.
  Quanto al fatto che lei, a inizio di questa seduta, se l’è presa con la mia collega sulla questione – lo dico per dire – del Patto, spiegando che è un patto e che, quindi, viene fatto in un comitato ristretto, per cui le notizie non escono, ribadisco che noi crediamo, invece, che ci debba essere un cambio paradigmatico in questo senso.
  Se il ministro che si interfaccia con gli assessori regionali, rendesse trasparente quello che si fa, avrebbe prima di tutto la capacità di far ingoiare più bocconi alle regioni. È vero. Se i cittadini sono informati, le regioni, bene o male, visto che i cittadini sanno – non dico alla luce del sole completamente, ma sanno dove si sta andando – hanno la possibilità anche di intervenire, come spesso fanno.
  E soprattutto, nonostante l'operazione di intelligence del ministero, qualche buco c’è stato. Le indiscrezioni sui giornali ci sono state, tant’è che la settimana scorsa, quando lei è venuta a parlare del Patto della salute, nel contempo noi facevamo un question time rivolto a lei – poi ha risposto il Ministro per gli affari regionali – in cui si parlava di un'indiscrezione di un quotidiano in merito alla chiusura di 72 ospedali sul suolo nazionale.
  Vero o non vero, comunque questo noi avevamo chiesto. Tante altre indiscrezioni sono uscite sui giornali. Ci sono stati articoli che entravano quasi nel merito paragrafo per paragrafo di quello che il Patto conteneva.
  Chiudo con l'ultimo punto in merito all'assistenza primaria. Se ne dice tanto da tanti anni. Si parla molto di assistenza primaria. Anche l'OMS dice che siamo indietro rispetto all'assistenza primaria nei nostri territori e che avremmo la necessità di avere dei medici non altamente specializzati, ma dei medici normali, dei medici di medicina generale o altri, che siano spinti a fare un buon servizio sul territorio.
  Poiché questo è un argomento molto delicato e poiché dalle sue parole non abbiamo ben capito di che cosa si sta parlando e quali saranno gli interventi sull'assistenza primaria nel territorio, ma questo sarà il futuro della sanità nei prossimi anni, vorremmo avere qualche notizia più specifica di come verranno spostati i soldi, di come verranno stanziati e di quale sarà l'intervento del ministero e delle regioni da questo punto di vista.

  PRESIDENTE. Grazie. Darei subito la parola al ministro per la risposta. Pregherei Pag. 14il ministro, se possibile, di iniziare proprio da Cecconi, dal nomenclatore e dall'etica.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Cercherò di utilizzare tutti i dieci minuti che ho per rispondere il più possibile nel dettaglio.
  Partiamo da un presupposto di fondo: che cos’è un patto ? Il Patto della salute non è un decreto-legge o un disegno di legge con cui un ministro della salute propone l'articolato di una riforma sanitaria che immagina in piena autonomia ed, entrando nel dettaglio, la sottopone al Parlamento.
  Purtroppo, – o per fortuna, ma così è stato immaginato – si tratta di un patto volontario tra le parti. Non è neanche obbligatorio, motivo per il quale negli ultimi anni non si è fatto. Non si è fatto perché c'era una contrapposizione fortissima tra Stato e regioni, dovuta ad alcuni paletti.
  Il primo era la certezza di budget. Il secondo era la richiesta da parte delle regioni di maggiori finanziamenti su alcuni punti, motivo per il quale non si sono aggiornati i LEA negli ultimi dieci anni e il nomenclatore per i dispositivi medici e per le protesi, se non sbaglio, dal 1996 – questi sono più o meno i dati – con un danno enorme per i pazienti.
  Quando io mi sono insediata come ministro, ho individuato come obiettivo primario, non per me, ma per il raggiungimento di obiettivi di efficacia ed efficienza per il sistema sanitario, quello di fare un patto che avesse alcune caratteristiche.
  La prima caratteristica era quella di essere concreto e pragmatico, cioè di mettere dei punti, che non sono il libro dei sogni di tutte le problematiche che ci sono sul campo e che ognuno di noi vorrebbe risolvere, ma uno schema, una linea guida chiara, con un vincolo per le parti di rispettarlo, perché anche quello precedente, l'unico che c’è stato, non è stato rispettato. È stato rispettato per circa il 40 per cento, ragion per cui abbiamo ancora in giacenza in Conferenza Stato-regioni una serie di norme non applicate. Sono norme bellissime, norme perfette, che però non sono state applicate, perché non sono state condivise e perché non erano ritenute applicabili nei fatti.
  La prima azione, quindi, è stata quella di cercare di portare le parti al patto e poi di dare un senso di concretezza e di pragmaticità a questo patto, per far sì che non fosse semplicemente un Libro bianco della salute, ma una linea con dei vincoli di auto-impegno, ossia con una clausola interna, accettata dalle parti, per cui, se una cosa viene scritta e non viene fatta, ci sarà qualcun altro che la farà.
  Non è stato semplicissimo, perché la richiesta che ci hanno fatto le regioni per risedersi al tavolo – ve lo ricorderete bene – sin dal primo momento, quando non ero ancora ministro io, è stata quella di dire: «Benissimo. Noi ci sediamo al tavolo se si stoppano i tagli lineari al sistema salute, perché noi con i tagli lineari non possiamo fare alcun tipo di progettazione e riprogrammazione del sistema sanitario».
  Io ho condiviso, non solo per questo, ma anche per tutte le ragioni che voi avete scritto nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva, e lo dico per chi non c'era la scorsa volta. Io ho ringraziato pubblicamente questa Commissione per il lavoro fatto, perché per me è stato veramente di ausilio, anche in tema di una «contrattazione» che non è solo con le regioni, ma è anche con l'altra controparte, cioè il MEF, per far comprendere che alcune misure, in realtà, sono misure di politica sanitaria. Se oggi ci sembra di spendere cento in più, in realtà si risparmierà mille fra cinque anni, avendo fatto degli investimenti appropriati.
  La prima azione è stata proprio quella. Avendo accertato il fatto che non ci fossero tagli e avendo negoziato con il MEF di dare la certezza del budget per i prossimi tre anni, eccetto che caschi una meteorite sull'Italia, nel qual caso non possiamo fare nulla, ma comunque a meno che non ci siano situazioni straordinarie, abbiamo stabilito di mantenere una certezza del nostro budget per poter Pag. 15fare un'attività di programmazione reale e non virtuale. Questa è stata l'impostazione.
  Nell'anno sono successe alcune vicende. C’è stata la prima manovra, per cui le regioni hanno sospeso. C'era la questione dell'aumento di 2 miliardi di ticket, ragion per cui le regioni hanno sospeso. Io ho portato a casa i costi standard, ed è stato anche quello un elemento che abbiamo voluto inserire. Poi c’è stato il cambio di Governo, che ovviamente ha determinato un congelamento della trattativa. Dopodiché, c'era l'altra manovra e ci doveva essere la certezza che non ci fossero tagli, perché era stata questa la preclusione messa dalle regioni per sedersi al tavolo.
  I tagli non ci sono stati e, quindi, io ho detto: «Signori, non ci sono stati tagli. Il budget è stato garantito dal MEF. A questo punto bisogna fare il Patto».
  Le linee principali intorno alle quali si muoveva il Patto sono linee che io ho rappresentato in vari punti. In primo luogo, nella mia relazione programmatica alle due Camere, in tre relazioni differenziate avute al Senato, in altre due avute qui alla Camera, più in innumerevoli situazioni di convegni – mi rendo conto che il convegno non è il luogo giusto, ma sono agli atti – ho fornito tutta una serie di impostazioni. Se non sono state sufficienti, me ne dolgo, perché pensavo di averle gridate in modo forte. Tuttavia, prendo atto di questo, perché qui forse vale sempre la pena dirlo una volta in più che una volta in meno.
  L'impostazione è stata, quindi, in primo luogo, quella di avere questa clausola di salvaguardia; in secondo luogo, di avere la certezza di budget; in terzo luogo, di fare una spending interna. Abbiamo detto: «Signori cari, dobbiamo fare degli investimenti nel sistema salute, investimenti di miliardi di euro. È impossibile pensare che dallo Stato ci arrivino adesso miliardi di euro», per tutte le ragioni di cui parlava prima anche l'onorevole Cecconi.
  Oggi chiedere 6 o 7 miliardi è praticamente impossibile, lo sappiamo tutti. Viviamo in un contesto reale. Noi però, abbiamo delle priorità e delle esigenze da affrontare: i LEA, il nomenclatore, per quanto riguarda la regolazione delle protesi, la ristrutturazione della nostra rete ospedaliera – ricordo solo che abbiamo un problema con l'antincendio e l'antisismica gigantesco – e il funzionamento della macchina, a fronte, da una parte, di un aumento della longevità della popolazione e, dall'altra, di un decremento del PIL che ci ha comportato tagli e, quindi, un decremento della spesa sanitaria.
  Inoltre, stanno arrivando tutti i farmaci innovativi, alcuni dei quali totalmente rivoluzionari, che avranno bisogno, nonostante tutto, di un aumento straordinario della spesa farmaceutica, che non può essere gestito come abbiamo fatto fino adesso.
  Noi ci siamo seduti e abbiamo affrontato tutti i vari aspetti più importanti, dicendo che il Patto era un'azione di sistema vincolata su questi parametri: quello che si risparmiava sarebbe stato reinvestito e poi, a seguire, ci sarebbero stati dei Regolamenti.
  È evidente che noi abbiamo affrontato gli aspetti più cogenti. I LEA sono nell'articolo 1, ed erano la questione che era già stata stabilita prima ancora che ci fosse il cambio del Governo. All'articolo 1 c'era il cambio dei LEA. Per i LEA sono stati stanziati 900 milioni di euro, che si recuperano dall'appropriatezza delle degenze, come ho già detto più volte, e che sono stati spalmati in tre anni.
  Dopo il Patto viene la lista dell'aggiornamento. I tecnici devono dire come vengono aggiornati i LEA, anche alla luce di quello che ci ha appena detto adesso l'onorevole Argentin. Noi non ci prendiamo tutti i LEA come sono. Dobbiamo eliminarne alcuni e inserirne di nuovi, e questo è un lavoro tecnico, ma lo stanziamento dei fondi, lo scadenzario dei tempi entro i quali realizzare queste operazioni e la cabina che controlla che tutto ciò che è stato detto venga fatto sono stati attuati.
  Ho chiesto la stessa cosa per i circa 300 milioni di euro che erano stati calcolati per quanto riguarda il nomenclatore delle protesi. In merito possiamo anche stabilire Pag. 16delle priorità, ma è evidente che ci sono delle protesi che sono bloccate da più di vent'anni e che sono totalmente fuori dall'innovazione tecnologica.
  Nel Patto abbiamo poi affrontato le politiche sanitarie tout-court, provando a riportare, come ci siamo detti in questi mesi, le politiche sanitarie presso il Ministero della salute, senza per questo togliere la capacità di indirizzo e di controllo della spesa sanitaria al MEF, che è anche una garanzia per tutti.
  Le politiche sanitarie, però, dobbiamo farle noi. Uno dei motivi per cui non posso ancora riferire compiutamente è dovuto al fatto che noi dobbiamo cercare di portare a casa questo risultato, che non è per nulla scontato, ancora oggi alle 15.20. Spero, però, che con il buonsenso di tutti si capisca che è arrivato un momento in cui si deve affrontare in modo diverso la politica sanitaria, altrimenti non ce la facciamo.
  La compatibilità economica di sistema sta a fronte di tutto questo, come la riorganizzazione della rete territoriale. Sui giornali, ogni tanto, quando non sanno che cosa scrivere, prendono pezzi anche vecchi, tirano fuori dai cassetti le tabelle del decreto Balduzzi e altre cose.
  Noi abbiamo pensato a una riorganizzazione della rete ospedaliera che tenga conto delle cure primarie e che aggiorni anche alcune tematiche per noi importantissime, visto che abbiamo i pediatri, i medici di medicina generale, la farmacia di servizi. Devono essere messi in rete e potenziati, ma bisogna anche che poi vi sia un'uniformità dell'azione che gli enti locali e soprattutto lo Stato possano controllare.
  Come questione importantissima, stiamo individuando una nuova forza dentro AgeNaS, con quell'idea della task force del monitoraggio di controllo che passa anche attraverso la sanità elettronica, o sanità digitale. Ribadisco che rimane per me fondamentale la messa in comunicazione di tutti i dati che noi abbiamo, perché questa è trasparenza vera, efficienza vera, intercettazione dei temi di malagestione o di corruzione e possibilità di rimodulare in modo diverso i Piani di rientro.
  Noi abbiamo immaginato – così rispondo anche all'onorevole Calabrò – un articolo diverso sui piani di rientro, anche con diverse funzioni per quanto riguarda i commissari.
  Oltre a questo, però, secondo me, c’è un problema a monte, ovvero evitare che si arrivi al piano di rientro e, quindi, avere un sistema di controllo e di monitoraggio che permetta di intervenire laddove si verifica la falla, nella singola azienda o nel singolo reparto, prima che si arrivi a un disavanzo, come si è verificato in alcune Aziende del Lazio, di 120, 200 o 250 milioni di euro.
  Quando ci si rende conto che un'azienda sta cominciando ad avere degli alert dal punto di vista economico o della qualità dell'assistenza, il che si può fare incrociando i dati sui parametri, si può intervenire con una task force, in cinque, sei o sette mesi. Quasi sempre si tratta di un problema di gestione dei processi e di gestione della governance. A tal proposito, troverete nel disegno di legge di riforma della pubblica amministrazione la mia proposta sulla governance, su cui vi invito a sbizzarrirvi il più possibile.
  L'altro aspetto che è stato sollevato riguarda proprio l'uniformità. È un altro aspetto che noi abbiamo trattato più volte e di cui io mi sono resa conto immediatamente, ancor prima di fare il ministro, come semplice cittadina italiana.
  Parlo della necessità di risolvere il problema del Titolo V. Ancora non abbiamo cambiato la Costituzione. Quando l'avremo cambiata, alcuni di questi problemi spero si saranno risolti, ma adesso ci troviamo con una frammentazione normativa e regolatoria insopportabile, che ci impedisce, tra l'altro, di dare accesso ai farmaci e alla diagnostica ai nostri cittadini uniformemente in tutto il territorio. Questa è una situazione che abbiamo affrontato nel Patto.
  L'altra è il tema che è stato sollevato sulle specializzazioni e sul diverso modo di arruolamento dei medici. Ogni singola regione Pag. 17ha avanzato proprie richieste, e questi sono i gossip. Ognuno propone le proprie richieste, ma poi, tra la valutazione della richiesta e l'accoglimento della stessa, ce ne passa. Come a dire, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.
  Quando mi arrivano richieste di questa natura, io chiamo il MIUR e comunico: «Mi è arrivata questa proposta: che cosa ne pensate voi ?» In base alla risposta del MIUR si assume una decisione, essendo questo un tavolo che non vede tra i suoi componenti il MIUR, ma il Ministero della salute, il Ministero dell'economia e delle finanze e gli assessori regionali alla sanità.
  Questo tema non sarà affrontato per i motivi che ci siamo detti, perché è un tema che è difficile affrontare senza un confronto più aperto e condiviso anche con il mondo universitario, ma verrà affrontato dal ministro dell'università insieme al ministro della salute nel «pacchetto università» che sta preparando la Ministra Giannini.
  La questione che sta a cuore a me, come ministro della salute, è una questione di cui io non mi posso liberare semplicemente dicendo che non possiamo toccare quello che dice il MIUR. In primo luogo, riguarda i fabbisogni: di quanti medici e infermieri abbiamo veramente bisogno da qui al 2021 ? Parlo di questo arco di tempo perché noi abbiamo la gobba pensionistica e, quindi, da quest'anno al 2021 avremo il pensionamento di moltissimi operatori sanitari. Non vorrei sbagliarmi, ma si parla di un ordine di decine di migliaia e adesso ancora di più.
  Qual è il punto ? Di quanti ne abbiamo bisogno ? Di quanti specialisti, di quanti medici di medicina generale abbiamo bisogno realmente ? Non dobbiamo correre il rischio di trovarci come gli inglesi, che hanno fatto una serie di manovre e poi non avevano gli operatori sul proprio territorio e sono stati costretti a prenderli dall'estero, pagandoli il triplo rispetto ai Paesi d'origine. D'altra parte, non possiamo neanche formare medici che non ci servono, per non creare disoccupati.
  Io ho chiesto, quindi, alle mie direzioni di avere una chiara proiezione del fabbisogno reale che noi abbiamo di operatori sanitari nei prossimi vent'anni, rispetto anche all'aumento dell'età della popolazione, nonché alla diminuzione della popolazione stessa e all'aumento delle patologie croniche che aumentano con l'età anagrafica.
  Oltre a questo c’è un altro aspetto che si incrocia: non solo quanti ce ne servono, ma anche su quali specialità. Del resto, con la medicina che si sta trasformando, per cui oggi negli ospedali c’è bisogno di ingegneri clinici, c’è bisogno di coloro che si occupano della robotica e abbiamo un tasso di necessità legate alla geriatria molto più grandi, siamo sicuri che le specializzazioni così come le abbiamo immaginate e le scuole ci servono veramente così ? Ci servono veramente tutti questi medici x e y, e non ce ne servono altri di tipo z ?
  Ovviamente questo non lo posso valutare io con un'intuizione sommaria. Pertanto, ho chiesto sia al MIUR, sia al mio ministero di fare una proiezione chiara, in modo tale da poter razionalizzare le scuole di formazione, le scuole di specializzazione e anche l'accesso alla professione medica.
  La stessa cosa vale per i medici di medicina generale, di cui noi abbiamo assoluta necessità, ma che devono fare più iniziativa, devono fare più diagnosi. Dobbiamo probabilmente aumentare la formazione clinica. Oggi nessuno fa più diagnosi senza avere le macchine. Invece, come si faceva una volta, la si può fare anche guardando il paziente, visitandolo. Abbiamo bisogno di ritornare ad alcuni aspetti.
  Questo è un argomento molto complesso, che va affrontato e che non può essere risolto con un'intuizione. Probabilmente nel Patto metteremo una linea di indirizzo, non entrando nello specifico, proprio perché è un tema che riguarda la programmazione dei flussi di personale medico per i prossimi venticinque anni, non per i prossimi due per rispondere all'emergenza delle borse di studio, ma per Pag. 18qualcosa di molto più importante, che è la tenuta stessa del sistema sanitario nazionale.
  Su questo punto c’è il famoso tema delle borse e del ruolo degli specializzandi. Noi abbiamo avuto commi, contro-commi, quadruplo-commi. Io non sono una rappresentante né dei medici ospedalieri, né dei medici universitari. Sono senza giacca. Mi piacerebbe solo una cosa: che i nostri medici potessero lavorare. In altre strutture e realtà dell'Europa avanzatissima a 32 anni sono già capi dipartimento. Non è possibile che da noi siano congelati per dieci anni.
  Forse tra questa situazione e metterli senza specializzazione in ospedale ci può essere una via di mezzo che vada soprattutto incontro all'esigenza di far lavorare questi ragazzi e di non tenerli parcheggiati fino a 30-31-32 anni.
  Quello che diceva la collega Argentin sugli sprechi lo condivido benissimo.
  Ho detto praticamente tutto. Non appena avremo finito e ci sarà la mia firma, verrò qui a commentare articolo per articolo.
  Ci siamo occupati, ovviamente, anche della parte farmaceutica e dei dispositivi medici. Peraltro, sui dispositivi medici siamo anche in linea con quello che sta avvenendo in Europa. Nel corso del semestre avremo il dossier più spinoso, che è quello sui dispositivi, che affronteremo. Ci sarà anche modo di poterci confrontare.
  Il Patto, per come sta uscendo fino adesso, presenta dei tassi di innovazione, ai quali si accompagneranno altre operazioni che dovremo fare nei prossimi mesi. Penso di cominciare una riflessione sulla sanità integrativa come seconda gamba accanto a quella previdenziale, con un'apertura al pubblico, ovviamente.
  Ci sono tante cose che dobbiamo affrontare, come la riforma delle Agenzie, e tutto questo nel senso di avere un sistema molto efficiente, più efficiente di quello che c’è adesso, più controllabile e che faccia leva su alcuni fattori di assoluta eccellenza che noi abbiamo.
  Vi faccio un esempio. Se noi abbiamo chiuso un accordo con la FDA americana per cui in questo momento un farmaco prodotto in Italia, certificato AIFA, non deve essere verificato dalla FDA, vuol dire che noi siamo molto competitivi, cioè che le aziende che producono in Italia sono estremamente competitive.
  Questa è una questione su cui fare perno per creare valore sull'innovazione, la ricerca e lo sviluppo. Dobbiamo provare a valorizzare delle cose che già abbiamo, in cui abbiamo fatto dei grandi passi avanti, e andare, invece, a risolvere dei nodi aperti che si sono creati dal 2000 ad oggi.
  Comunque, a mio parere, a fronte del tema principale, ovvero del budget, della contrazione della spesa, che hanno avuto tutte le nazioni europee, e non solo, per cui abbiamo un problema della sostenibilità del sistema, noi ne abbiamo un altro: abbiamo una grandissima infrastruttura sanitaria – per infrastruttura intendo non solo i plessi, ma anche gli operatori del servizio – ma abbiamo una grande debolezza nel sistema di governance.
  Intervenendo sulla governance, sulla trasparenza e sul monitoraggio dei livelli, possiamo risolvere il nostro problema principale, che, lo ribadisco, è un problema essenzialmente di gestione dei processi e, quindi, di operatori in grado di fare il loro lavoro nel posto giusto. Questo è il tema vero, se lo si va a contabilizzare e a ridurre.
  Inoltre, occorre garantire un turnover del sistema, che oggi, soprattutto nelle regioni in Piano di rientro, è bloccato da dieci anni e sta portando a esplodere il sistema sanitario, che non ce la fa più. Questa è un'altra questione.
  Se vi posso fornire un altro spunto di riflessione, che possiamo valutare nelle norme che arriveranno dopo, dalla riforma del Titolo V alla prossima legge di stabilità e via elencando, il nostro sistema ha retto, ricordiamocelo, perché abbiamo fatto blocco del turnover, blocco delle assunzioni e blocchi contrattuali da anni. Abbiamo operatori sanitari a cui si è messo un tappo che va avanti da sei, sette, Pag. 19otto o, in alcuni casi, anche dieci anni. Questa, che è un'emergenza, non può diventare strutturale, perché il sistema non può reggere.
  Dobbiamo ritrovare e dare motivazioni con un senso di realtà, calibrandoci nella realtà in cui ci troviamo, e stabilire passo dopo passo un meccanismo di uscita da questa situazione. Questo, ovviamente, non è semplicissimo, perché non c’è un attore unico. Non c’è solo il Ministero della salute, ma ce ne sono almeno altri tre, se va bene. Bisogna, quindi, che, con molta pazienza e anche con una sinergia, si svolga questo lavoro.
  Vi ringrazio. Prima mi sono spazientita perché oggi c’è scirocco, ma vi ringrazio dell'attenzione che questa Commissione, come quella del Senato, ha messo sul tema sanitario. Mi avete aiutato a portare il problema sanitario al centro dell'agenda politica italiana.
  L'indagine è importantissima. Il convegno che voi terrete vi invito a replicarlo in tutti i territori in cui si può fare in modo istituzionale, regione per regione, perché questo patrimonio di conoscenze deve essere condiviso dalla gente, altrimenti non sa quanto sia complesso il lavoro di questa Commissione e, più in generale, di questo comparto.
  Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. La ringrazio, ministro.

  ROBERTO CAPELLI. Intervengo solo per un secondo. Non mi rifaccio assolutamente alla relazione del ministro.
  Nella scorsa audizione io ho posto una domanda con la quale chiedevo un'informativa sulla posizione del Governo relativamente all'iniziativa del Qatar a Olbia per l'ospedale San Raffaele, per la quale si attende una presa di posizione da parte del Governo. Vorrei sapere se il ministro può riferire qualcosa.

  PRESIDENTE. Stiamo aspettando che il Ministro Lorenzin ci dica quando verrà in Commissione a riferire.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Anche la prossima settimana, se riusciamo a stabilire la data. Questo, però, non è all'ordine dei lavori oggi.

  ROBERTO CAPELLI. Io approfitto della sua cortesia. Se poi mi dice che non è all'ordine dei lavori, non insisto. Poiché l'atto del Governo è previsto per oggi, vorrei sapere se il Governo ne è informato.

  PRESIDENTE. Il ministro si assume l'impegno di indicarci una data di disponibilità per la prossima settimana. Avendo già ricevuto dalla Commissione una richiesta specifica di audizione, intende soddisfarla con la maggior disponibilità possibile. Rinnovo, quindi, il mio ringraziamento al Ministro Lorenzin e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.35.