Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconti stenografici delle audizioni

Vai all'elenco delle sedute >>

XVII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Mercoledì 17 settembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 3 

Audizione del Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Lapo Pistelli, sugli strumenti normativi di attuazione della legge 11 agosto 2014, n.125, recante disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 3 
Pistelli Lapo (PD) , Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 3 
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 8 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 8 
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 9 
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI)  ... 9 
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 9 
Pistelli Lapo (PD) , Viceministro degli affari esteri e dello sviluppo internazionale ... 10 
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia: (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI

  La seduta comincia alle 8.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Lapo Pistelli, sugli strumenti normativi di attuazione della legge 11 agosto 2014, n. 125, recante disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Viceministro degli affari esteri Lapo Pistelli sugli strumenti normativi di attuazione della legge 11 agosto 2014, n. 125, recante disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo.
  Invito, quindi, il Viceministro Pistelli a svolgere la sua relazione.

  LAPO PISTELLI, Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Come ricordato, la legge 11 agosto 2014, n. 125, è entrata in vigore il giorno dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 28 agosto. Ricorderete che durante l'esame che ci ha condotto con molta rapidità, nei due rami del Parlamento, ad approvare tra maggio e, appunto, agosto questo provvedimento, di cui abbiamo parlato tante volte, lungamente atteso, due indicazioni erano state due volte ribadite nel corso dell'esame degli emendamenti e delle proposte di modifica da parte di varie forze politiche.
  Si trattava, sostanzialmente, di evitare che la legge assumesse la fisionomia convenzionalmente detta «dell'albero di Natale», in cui ciascuno aggiungeva, precisava, impreziosiva il testo, ma rendendo meno leggibile e meno efficace il dettato; di evitare di mettere in norma primaria elementi di dettaglio che sarebbero stati meglio posizionati, invece, in norme di rango secondario.
  Sono soddisfatto, come il Governo, che queste due indicazioni siano state rispettate nel dibattito parlamentare. Il testo che ne esce – lo dico condividendo, credo, un senso di soddisfazione – anche a una lettura successiva e a freddo è di buona qualità normativa, asciutto, di buon tono. È un testo che ha evitato, appunto, di normare a livello primario strumenti di implementazione, che invece meglio si collocano in atti di rango secondario.
  Abbiamo davanti una serie di scadenze differenziate. La prima che diamo per implicita è stata la conferma ai sensi del nuovo impianto della legge, della delega al viceministro. Tengo, però, a dire che, nel caso, ovviamente non auspicato, di una futura crisi di Governo, non sarebbe più opzionale la nomina di un viceministro alla cooperazione, ma a questo punto un fatto obbligatorio. Allo stesso modo, è obbligatoria già dalla sua entrata in vigore la circostanza che, nel caso in cui il Consiglio dei ministri dibatta argomenti che hanno a che fare direttamente o indirettamente con la coerenza delle politiche, il viceministro sia invitato. Questo Pag. 4fa parte di un rango di previsioni immediatamente operative all'indomani della pubblicazione della legge.
  Abbiamo avuto anche modo di verificare – capisco che si parta dal «fiocco», da esibire con una qualche soddisfazione – che, il giorno dopo l'entrata in vigore della legge, all'ingresso della Farnesina già era cambiata la targa con inciso «Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale»; in tutti gli atti di messaggistica interna la denominazione è stata già immediatamente cambiata.
  Non c'entra niente con l'implementazione, ma fatemi dire che negli ultimi mesi altri governi stranieri, pur non riformando la legge in materia, stanno adottando spontaneamente questo tipo d'impostazione. L'ultimo rimpasto del Primo Ministro francese Valls ha visto riconfermare Laurent Fabius come Ministro degli esteri, che però ha scelto lui-même la denominazione di Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, a significare che l'intuizione sotto la legge è che la proiezione internazionale di un Paese è fatta di diplomazia tradizionale, ma anche di cooperazione, quindi con aspetti hard e soft. Mi piacerebbe rivendicarla come una pensata originale ed eccentrica, ma non lo è. È la presa d'atto di come oggi funzioni correttamente un sistema.
  Abbiamo poi altre scadenze. Vado a elencarle, per poi spiegare come stiamo procedendo. La più immediata è quella prevista entro 90 giorni dall'entrata in vigore. Prevede che con un decreto ministeriale, uno strumento molto semplice, sia istituito il Consiglio interministeriale per la cooperazione allo sviluppo, previsto dall'articolo 16. Sapete a cosa ci riferiamo, quindi è inutile che debba ogni volta commentare il tipo di scadenza a cui ci stiamo riferendo.
  Il vero corpo importante di provvedimenti, invece, francamente non tanti, è quello che vede la scadenza al 180o giorno, a sei mesi dalla pubblicazione, una scadenza che quindi cade, sostanzialmente, verso la fine di febbraio 2015.
  Ci riferiamo, in modo particolare, a uno strumento che sarà abbastanza fondante dell'identità della cooperazione, lo statuto dell'Agenzia. Ai sensi dell'articolo 17, comma 3, sarà emanato tramite un decreto del Presidente della Repubblica e il concerto con il Ministero dell'economia delle finanze, sentite le Commissioni competenti parlamentari, e quindi passato anche all'esame del Consiglio di Stato.
  Il secondo strumento è la dotazione organica dell'Agenzia. In questo caso, si tratta di un DPCM su proposta del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI) in concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF). Dico in questa circostanza che il DPCM è, invece, di relativa semplicità, dal momento che la dotazione organica dell'Agenzia è già indicata nella relazione tecnica della legge, quindi si tratta semplicemente di recepire in decreto ciò che già la legge ha previsto esattamente nella sua relazione tecnica.
  Il terzo strumento è il regolamento organizzativo del Ministero in questo caso un decreto del Presidente della Repubblica che il MAECI dovrà fare d'intesa con la Presidenza del Consiglio e col MEF. Come ricorderete, invece, il nuovo assetto istituzionale in questo caso è previsto all'articolo 20, comma 1. Già la legge ha indicato il contenuto fondamentale, cioè la riduzione di almeno 6 uffici nella DGCS (Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo) a seguito della delega delle funzioni implementative all'Agenzia.
  Nello stesso tempo, sempre nei 180 giorni, scadenza che non c'entra niente con l'emanazione di altri provvedimenti di rango secondario, dovrà essere aperto il tavolo di contrattazione presso il Ministero del lavoro per «tirare giù», aperto e non concluso, lo schema per arrivare a ipotizzare una sorta di contratto collettivo nazionale, per il personale dipendente dalle ONG. Sempre entro i 180 giorni dovrà essere rilasciata da parte del MEF l'autorizzazione a Cassa depositi e prestiti per la gestione dei crediti concessionari.
  Questo è il pacchetto principale degli atti di implementazione. Dopo l'entrata in vigore dello statuto, vi è la procedura di nomina del direttore dell'Agenzia. Sapete Pag. 5che, in questo caso, avviene mediante un DPCM su proposta del Ministro degli esteri e della cooperazione internazionale e previa procedura di selezione a evidenza pubblica.
  A seguito della nomina del direttore e, dunque, dopo l'insediamento degli organi dell'Agenzia, questa dovrà dotarsi di un regolamento di contabilità, di un codice etico e potrà aprire – dal mio punto di vista, dovrà aprire – una procedura per stipulare la convenzione insieme a MEF, MAECI e Cassa depositi e prestiti per quelle attività di finanza per lo sviluppo che abbiamo introdotto nella seconda lettura del provvedimento.
  Ricapitolo. Dal punto di vista proprio delle innovazioni di processo, ci sono: la conferma della delega a tempi molto brevi; l'istituzione del Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo, sostanzialmente il primo atto che faremo, in questo caso discutendolo con gli attori del sistema. La legge, infatti, ha già fatto un'opera di ricognizione di tutti – si tratta di mettere in un decreto, stabilendo se vogliamo farlo grande, snello, più assembleare o più ristretto – gli interlocutori che oggi rappresentano gli attori del sistema.
  Vi è, dunque, il pacchetto che vi ho definito, statuto, dotazione organica, regolamento organizzativo, autorizzazione alla Cassa depositi e prestiti e apertura del tavolo di contrattazione. È evidente che in questo pacchetto di cinque provvedimenti, al di là del diverso rango tra un decreto del Presidente della Repubblica e un DPCM o un DM, ci sono diversi tipi di concerti con altri ministeri e io dico anche diversi gradi di rilevanza degli strumenti, alcuni di fatto già definiti, che vanno semplicemente messi nero su bianco, ma già contenuti nella legge o nella relazione tecnica; altri, invece, oggetto di un esercizio «creativo» da parte del Ministero.
  Questo è il pacchetto delle azioni di normazione. Tengo a dire due cose. La prima è che c’è stata una discussione, una polemica, un consueto dibattito giornalistico e politico in Italia, sul numero di atti di delega o di implementazione non esercitati dagli ultimi Governi, quindi provvedimenti spesso afferenti ad altro tipo di ministeri, che chiedono di poter riformare settori grandi o piccoli, si fanno dare le deleghe, che però non sono esercitate nei tempi giusti, dovuti.
  Anch'io ho letto che la stampa parlava di oltre 800 atti al momento in cui il Ministro Boschi aveva sollevato il tema, diversamente ripartiti tra il Governo Monti, il Governo Letta e il Governo Renzi. Aggiungo che in questo numero di 800 non vi era poi una grande distinzione tra atti magari di importanza fondamentale – mi riferisco a deleghe di settore non esercitate – o micro-provvedimenti.
  Devo dire che il Ministero che ho l'onore di rappresentare – lo dico con molta franchezza – non è di particolare prolificità legislativa. A differenza di altri ministeri, quotidianamente sfidati da un esercizio di creazione legislativa, il Ministero degli esteri e della cooperazione internazionale ha un'attività intensa, ad esempio, nella negoziazione dei trattati, e quindi nelle ratifiche che poi discutiamo qui, ma non ha di per sé particolari attività.
  Questo ci permette – anche se così non fosse, è nostro intendimento – di concentrarci sulla implementazione di questo sistema con molta attenzione. Dico con molta franchezza che credo che desidereremmo tutti, almeno nel Ministero c’è questa convinzione molto forte, sfuggire a questa «regola» delle deleghe o degli atti di implementazione non esercitati. Avremo assolutamente l'obiettivo, a 180 giorni dall'entrata in vigore della legge, di avere il sistema in funzione.
  Voglio dire che questo per noi è particolarmente challenging. Il modo in cui abbiamo iniziato a lavorare al Ministero – lo dico non mettendo le mani avanti, ma chiedendo alle Commissioni parlamentari competenti di entrare in questo spirito – sconta il fatto che una serie di atti di implementazione non dipendono solo dal Ministero, per cui il modo con cui abbiamo fatto il nostro cronoprogramma è un countdown al contrario: non siamo partiti dal principio che al 169o giorno Pag. 6avremo uno schema di statuto, ma da quello che, a 180 giorni, lo statuto deve essere in vigore, per cui abbiamo cominciato a calcolare il tempo delle Commissioni parlamentari, quello presumibile della firma del decreto, quello presumibile del Consiglio di Stato.
  Tutta questa retrocessione ci porta, di fatto, ad avere dei testi che devono essere pronti grosso modo da qui a un mese. Tutto il resto del tempo è trascorso per acquisire pareri, concerti e firme da parte di altri, su cui, così come durante l'esame della proposta di legge, ci fu possibile, grazie a un'attenzione dell'intero Parlamento, esercitare la necessaria pressione in relazione ai tempi perché la discussione non si sfrangiasse in tempi incontrollabili.
  In questo modo, spero che l'attenzione nell'avere un sistema che va a regime dopo la legge ci permetta di mettere la necessaria pressione sui ministri concertanti, sul Consiglio di Stato e su chiunque debba esaminare i testi che proporremo, evitando una sindrome da «porto delle nebbie», cioè di chi fa velocemente il proprio lavoro e poi lo vede giacere presso altri organi a tempo indeterminato, magari diventando noi responsabili di un ritardo che non ci appartiene.
  Partiamo, quindi, col principio del countdown al contrario, non dell'esercitare la delega l'ultimo giorno utile, ma pensando che all'ultimo giorno utile il processo sia concluso. Questo vuol dire, però, che ciascuno deve lavorare proprio a testa bassa e con molta rapidità.
  Vengo brevemente alla seconda considerazione. Ci sono, però, come capite – anche questo è un altro cronoprogramma che si intreccia serratamente al primo – una serie di scadenze relative alla governance politica della nuova cooperazione che sono in teoria immediatamente rispettabili.
  Mi riferisco alla necessità, a partire dalla fine di quest'anno, di elaborare il Documento triennale, di spiegare alla Presidenza del Consiglio che va a questo punto creato il CICS (Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo), che questo piccolo «Consiglio dei ministri della cooperazione» va riunito entro fine anno.
  Il MEF ha già iniziato le sue procedure per chiedere a tutte le amministrazioni dello Stato le linee di bilancio afferenti alla cooperazione, per potere fare per la prima volta il cosiddetto allegato unico al bilancio, che rimette in fila tutte le cifre cosiddette «daccabili», poi rese disponibili in sede OCSE DAC per capire quanto il sistema Paese spende in cooperazione. Allo stesso modo, entro il 31 marzo dovremo acquisire su questo Documento triennale i pareri che conoscete, l'indirizzo del Parlamento e via discorrendo.
  Anche in questo caso, vi sono degli adempimenti minori. Penso al regolamento del CICS, in realtà di pochi articoli, che deve stabilire semplicemente, tra i ministri che si incontrano, chi svolge funzioni di segreteria tecnica, chi convoca e così via, ma poco di più. Comprendete, però, che una parte degli adempimenti già parte al di là dell'Agenzia in questi mesi e una parte, invece, prepara l'infrastrutturazione della nuova Agenzia.
  Aggiungo che anche l'Agenzia ha una sede, quindi parte un altro tipo di adempimenti: le ristrutturazioni delle palazzine ex Civis che devono contenere gli uffici nuovi dell'Agenzia – sono brutte, ma sono quelle disponibili – lì davanti. Cercheremo di abbellirle.
  Anche in questo caso, sapete quanto può diventare insidiosa la semplice rimessa a norma di una palazzina, che tutti conoscete, quando si tratta di avere una stazione appaltante, l'individuazione di chi esegue il lavoro, magari con un piccolo progetto molto semplice di adeguamento della palazzina e così via. Vari livelli si svolgono tutti in contemporanea.
  Ultimo, ma non ultimo, il lavoro continua. Non facciamo tutte queste cose in laboratorio, in vitro. Tutto questo avviene nel corso dell'attuazione dei progetti dei bandi di quest'anno, dell'individuazione delle priorità per i bandi 2015, di Expo 2015, della fine del Semestre, della negoziazione sulla posizione europea comune sull'Agenda 2015, che cerchiamo di concludere Pag. 7per il Consiglio di dicembre. Tutto questo va avanti, quindi va detto che, come del resto era prevedibile, tutto questo lavoro metterà un enorme stress sulla struttura, che deve contemporaneamente lavorare al vecchio regime e preparare ed adeguarsi al nuovo.
  Credo che la metafora più semplice, più quotidiana, ma anche più plastica per esprimere il lavoro che abbiamo da qui non a sei, ma a dieci mesi, è quella di un trasloco di casa, che ha sempre un momento in cui fisicamente si chiude la porta alle spalle, si montano le ultime scatole su un furgoncino e si va da un'altra parte, con una prima notte in cui si dorme in un altro letto.
  Al tempo stesso, è un processo che per mesi e mesi fa arrabbiare, quando non ci si ricorda in quale scatola si è messa una cosa che si cerca, quando si pensa a quanti sono gli adempimenti burocratici ancora incompiuti, al cambio di indirizzo sulla patente, al cambio della corrispondenza. Cerchiamo, evidentemente, di prevedere in questi mesi tutti i fattori di rischio possibili nel passaggio tra il vecchio e il nuovo sistema, per ridurre al minimo il numero di oggetti che cerchiamo in una scatola di trasloco sbagliando scatola da aprire. Ripeto che tutto questo accade perché la vita continua.
  L'obiettivo che abbiamo e rispetto al quale finora ci siamo mossi bene, con consapevolezza, è di non trasformare o, almeno, di minimizzare nell'arco di questo passaggio, di questa transizione, le disfunzioni, alcune delle quali saranno inevitabili, e di cercare di ottenere il massimo della collaborazione da tutti gli organi diversi dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che devono aiutarci a rispettare questo cronoprogramma, dopodiché siamo tutti alla prova.
  È alla prova il Ministero, lo è il viceministro. Dico che è alla prova anche il Parlamento, chiamato a un esercizio nuovo rispetto a questa funzione sia nell'analisi della sessione di bilancio dell'allegato unico al bilancio, che permetterà una ricognizione diversa delle risorse oggi messe in campo dalla cooperazione, sia nelle procedure che lo vedono coinvolto nell'esame del documento d'indirizzo, quindi nella programmazione triennale, sia nell'esame consultivo degli atti a cui ho fatto riferimento, quindi soprattutto lo statuto dell'Agenzia.
  Concludo dicendo che in queste pochissime settimane abbiamo cominciato già, e perfezioneremo anche questo lavoro, a mettere un occhio – non ci siamo svegliati proprio ieri l'altro – soprattutto ai modelli europei, che già accarezzano un'architettura simile alla nostra, quindi acquisendo documentazione relativa alle principali agenzie europee, alle loro formule organizzative, agli statuti che le caratterizzano, agli atti di convenzione tra le agenzie e i ministeri controllanti, e questo per due ragioni.
  La prima è, come abbiamo sempre detto, che non occorre nel 2014 tutti i giorni reinventare la ruota. Se esistono sistemi a cui non ci siamo ispirati, ma che abbiamo visto sul campo, è utile capire «il segreto del loro successo» o anche i limiti del loro lavoro, quindi capire come funzionano; dall'altra parte, il vantaggio di chi si dota di una struttura di questo genere in un tempo successivo è anche, semmai, di evitare di ripetere errori che altri nel loro concreto lavoro nel frattempo hanno commesso.
  Ci attrezziamo, evidentemente, in questi mesi con le migliori intenzioni. Siamo consapevoli che questo è un trasloco particolarmente importante. Se sto al dibattito internazionale che ha riguardato l'Italia e il suo rientro in campo nonostante le risorse ancora limitate in alcuni fori internazionali, posso dire che c’è un'accresciuta attenzione nei suoi confronti, decisamente un'accresciuta attenzione. Ne ho avuto riscontro anche lunedì, nella riunione straordinaria su Ebola a Bruxelles. Capisco che, detto da me, possa sembrare una sorta di recita davanti allo specchio, ma nei principali fori internazionali c’è la percezione che l'Italia sia effettivamente tornata sulla strada della cooperazione e Pag. 8dell'aiuto internazionale, ripeto magari con i suoi limitati mezzi, ma in un sentiero virtuoso.
  A mio avviso, l'adeguamento corretto, l'implementazione corretta della legge n. 125 rappresenterà, anche per chi verrà dopo, un tassello importante non ascrivibile a questo o a quello, ma semplicemente al recupero della credibilità dell'intero Paese. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Viceministro Pistelli per il suo intervento.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Ringrazio la presidente, che ha organizzato quest'audizione assolutamente utile, e il Viceministro.
  Mi sembra che oggi abbiamo capito meglio quello che già immaginavamo, e cioè che il 29 agosto è iniziata la parte più affascinante per il Governo, probabilmente anche per il Parlamento, che finalmente può fare qualcosa di diverso dal pensare che ci sarà una riforma che poi non viene, come è successo negli anni passati.
  Porrò una domanda puntuale e formulerò alcune considerazioni di carattere più generale. La domanda puntuale riguarda la dotazione dell'Agenzia. Sappiamo dalla legge che c’è un certo numero di personale ereditato dall'esistente UTC (Unità tecnica centrale), che sono possibili dei trasferimenti da altre Amministrazioni o dal Ministero degli esteri: sarebbe interessante capire se il Governo, date anche le dotazioni economiche previste per legge, abbia intenzione di bandire un concorso per aumentare la dotazione con risorse nuove, che provengano soprattutto da esperienze all'estero, da giovani.
  A mio giudizio, una delle opportunità presentate da questa legge era, appunto, che dava la possibilità di avere nuove professionalità e un riconoscimento della professionalità. Come si inscrive questo in tutta la perfetta scaletta temporale che ci è stata esposta.
  La seconda domanda riguarda il tema della legge di stabilità. Nella legge è previsto, dalle disposizioni transitorie, che ci sarà un calendario per il graduale recupero degli Obiettivi del millennio; dall'altro lato, tra un mese avremo la legge di stabilità. Nel calendario, come si pone il fatto che debba esserci un graduale allineamento agli impegni internazionali presi dall'Italia ? Possiamo avere qualche informazione sulle possibili dotazioni nella prossima legge di stabilità ?
  L'invito che rivolgo a tutti noi come parte parlamentare è di usare il Comitato e, più in generale, la Commissione sul tema della coerenza delle politiche. Credo che per noi ci sia una possibilità di lavorare bene come Commissione esteri, come Comitato incentrato sui temi della cooperazione allo sviluppo, ragionando sul tema della coerenza delle politiche.
  Sarebbe bello, ed è un invito che rivolgo alla presidente, poter utilizzare lo strumento delle audizioni e, più in generale, della pianificazione dei nostri lavori per parlare di coerenza delle politiche, in particolare sui temi delle politiche commerciali, migratorie e ambientali. Credo che sia una sfida che tutti dobbiamo cogliere, perché appunto uno dei punti nuovi della nuova legge è questo.
  L'ultimo punto riguarda gli atti di implementazione. Credo che come Parlamento possiamo e vorremmo dare non tanto, ovviamente, un contributo puntuale alla scrittura di atti del Governo, ma di indirizzo rispetto ad alcune linee già emerse durante la discussione. Credo ancora una volta che sia il Comitato sia i lavori della Commissione possano orientarsi nel sostenere lo sforzo del Governo dal punto di vista temporale, per cui chiedo anche se ci sono suggerimenti da parte del Viceministro perché il Parlamento faccia un invito al Governo tutto, non solo al MAECI, di rispettare i tempi, i 180 giorni, per gli atti di implementazione, e perché questo Comitato e la Commissione lavorino a indirizzare tutto il lavoro complicato, assolutamente fondamentale, perché la nuova legge entri in vigore entro i 180 giorni previsti.

Pag. 9

  PRESIDENTE. Chiaramente, la presidenza accoglie l'invito di usare di più e meglio questo Comitato.

  PIA ELDA LOCATELLI. Ringrazio la presidente per quest'audizione. Mi ha risolto non un dubbio, ma dei pensieri che ho in testa. Ero molto contenta dell'approvazione della legge, ma chiaramente la legge richiedeva tutto un follow-up, come ci si organizza. È complessa.
  Con quest'audizione appare tutto chiaro ed è già tutto in fase di avvio. Sono contenta e mi congratulo con il Viceministro per quest'impostazione rapida, che è lo stile con il quale abbiamo approvato questa legge. Spero che riusciremo a mantenere questo ritmo e questa precisione nella definizione dei lavori, cercando di coinvolgere nello stile e nella rapidità gli altri ministeri e gli altri organi coinvolti.
  Entrando un po’ nel merito di quello di cui parlava la collega Quartapelle, comincerei a dare subito dei suggerimenti nel merito, naturalmente nella mia specializzazione, che è quella di genere. In mancanza di figure, di una ministra che si occupi di queste cose, dobbiamo arrangiarci noi a dare suggerimenti.
  Partirei subito dalla prima scadenza dei 90 giorni. Vorremmo darle delle indicazioni per la composizione del Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo. Chiediamo che ci sia un'adeguata rappresentanza di esperti ed esperte di genere o persone che sanno di cosa si parla. Questa è la prima indicazione. Sono proprio domande, che magari Le passerò per iscritto.
  Il Consiglio dei Ministri degli affari esteri di maggio scorso ha adottato le conclusioni per l’Action plan sull'uguaglianza di genere. Sono state date delle indicazioni e vorrei sapere se saranno seguite e come lo saranno. Sono temi di maggio scorso. Questa è la prima domanda.
  Inoltre, la legge precedente, quella che abbiamo superato, pensando che bisognasse evitare gli errori passati, aveva previsto l'istituzione, in seno alla Direzione generale, di un ufficio studi e proposte per la promozione del ruolo delle donne nei Paesi in via di sviluppo. Era una bella cosa. Poi quest'ufficio è diventato Programmazione e monitoraggio del bilancio di cooperazione su questioni di genere, diritti dei minori e disabilità. Va bene, è la solita storia di donne, handicappati, bimbi. Vorremmo che questo non si ripetesse.
  Rispondendo a queste due domande, caratterizzandole come stile di lavoro, l'Europa già dall'inizio degli anni Novanta aveva dato indicazioni precise sul metodo, che era quello del doppio binario, gender mainstreaming, tutte le politiche attraversate da un'ottica di genere, ma anche azioni specifiche. Ancora una volta, a distanza di vent'anni continuiamo a dirlo, ma questo doppio binario non viene seguìto. Raccomando l'utilizzo di questo metodo, che ci ha caratterizzati nel mondo come Unione europea, perché l'avevamo portato a Pechino, approvato da tutti, e poi praticato da molto pochi.
  Ancora, nella peer review sulla cooperazione internazionale realizzata dall'OCSE DAC OCSE, si parla di due argomenti precisi: gender equity e ambiente. Per lavorare su questo tema, però, bisogna formare il personale. Questi due argomenti richiedono una formazione specifica, e quindi chiediamo che si faccia questo lavoro di formazione, proprio con questa doppia caratterizzazione, seguendo le indicazioni della peer review OCSE DAC. Si tratta, quindi, di quattro richieste e di un'indicazione di metodo.

  PRESIDENTE. Non essendoci altri interventi, pongo anch'io alcune domande.
  Va benissimo il pacchetto normativo di cui parlava, soprattutto credo che il timing sia fondamentale. Ho notato, però, una certa mancanza di contenuto all'interno di tutto questo pacchetto normativo, per cui le mie domande saranno abbastanza puntuali proprio per quanto riguarda il contenuto.
  Nella legge, si parla di aspettativa concessa per il personale dipendente che lavorava in missione: vale anche per il personale che opera in Italia, per esempio, anche per l'assistenza ai migranti ? Esiste Pag. 10tale possibilità anche per il personale che, effettivamente, opera attraverso ONG in Italia ?
  Ritorno al discorso della selezione del direttore dell'Agenzia. Vorrei conoscere il criterio attraverso cui sarà selezionato. Sappiamo tutti benissimo che avrà una funzione fondamentale. Vorrei sapere proprio anche l'indirizzo che il Governo ha intenzione di tenere nei confronti del direttore: sarà più una figura politica, tecnica ? Ci sarà un bando pubblico di selezione ? Avrei piacere di ricevere maggiori informazioni riguardo a questo.
  Inoltre, nella legge si parla di soppressione di sei uffici DGCS: quali sono i criteri di soppressione ? È già stato avviato, ci sono delle novità al riguardo ?
  Anche lo statuto dell'Agenzia è fondamentale: chi deciderà come fare questo statuto ? Saremo in un qualche modo coinvolti come Parlamento ? Lo statuto sarà redatto da diplomatici, dal MAECI, dalla DGCS ? Chi farà esattamente questo statuto ? Sappiamo tutti, infatti, che anche lo statuto sarà fondamentale.
  Ancora, avete iniziato a pensare a quale sarà la ripartizione dei compiti tra la DGCS, il MAECI e l'Agenzia ? Esiste già lo scheletro di quella che sarà la ripartizione dei compiti ?
  Infine, parlava di ristrutturazione di edifici, dove saranno messi gli uffici dell'Agenzia ? Sarei molto interessata a capire se alle società che li prenderanno in ristrutturazione sarà richiesto il certificato antimafia. Credo che questa potrebbe essere una buona idea per le aziende sia in appalto sia in subappalto.
  Do la parola al Viceministro Pistelli per la replica.

  LAPO PISTELLI, Viceministro degli affari esteri e dello sviluppo internazionale. Parto dalle domande dell'onorevole Locatelli, in quanto recano indicazioni che mi è più semplice recepire, ma che afferiscono ad una sorta di tema diverso. Sicuramente, anche le osservazioni sui limiti dell'azione internazionale sui temi dell'Agenda equity del women's empowerment sono tutte molto vere.
  Il Consiglio nazionale per la cooperazione, come sapete perché è previsto dalla legge, ha il compito di coordinare il contributo di tutti gli attori e delle categorie che abbiamo individuato come attori del sistema di cooperazione. Mi pare evidente che, essendo un ruolo che deve essere d'impulso, di indirizzo, di coadiuvamento dell'azione del Paese, sarà opportuno dotarsi di tutte le competenze che servono per potere dare, sia come appartenenza sia come settori di intervento, un panorama rappresentativo della fotografia della cooperazione. È un'indicazione, quindi, che recepisco volentieri.
  Allo stesso modo, recepisco il fatto che, tra i compiti menzionati qua e là dalla legge, anche riferiti alla ruolo dell'Agenzia, di facilitazione, il lavoro di formazione o di occasioni di formazione, che valga sia per chi programma, sia per chi progetta interventi, sia per chi rendiconta progetti, possa e debba avere anche questo focus relativo all'Agenda equity, che ripeto, come diceva già l'onorevole Locatelli, sopravvive anche nelle nostre linee-guida attuali di programmazione e di interventi, sia come stand-alone goal sia come cross-cutting.
  Mi permetto di dire, ma non con riferimento a quest'obiettivo specifico, che dobbiamo trovare una via – non soltanto noi italiani, ma noi europei e noi della comunità più vasta – di non considerare ogni nostro obiettivo sempre in questo modo. Vedo come sta avanzando il dibattito, riguardando le donne, i diritti, l'ambiente, nei documenti via via prodotti dalla constituency africana, dal gruppo dell'America latina e dagli altri Paesi europei, nel tentativo legittimo e condivisibile, quanto a spirito che lo anima, di dare priorità ai temi che ciascuno ha in mente. Tutto diventa al tempo stesso cross-cutting e stand-alone, con l'effetto che facciamo delle liste della spesa di 500 obiettivi che non servono assolutamente a nulla. Quando tutto è prioritario, infatti, niente è prioritario.
  Credo, invece, che su alcune cose questo possa capitare: sulle donne, in generale sul tema della good governance, dei diritti Pag. 11umani. Dovremmo capire come nella negoziazione 2015 collochiamo le cose. Questo ci aiuta, secondo me, anche a rendere leggibili i documenti che produrremo. Alcuni aspetti possono connotare i nostri documenti perché sono dei princìpi generali, quello che chiameremmo cross-cutting da questo punto di vista; possiamo avere quello che nei documenti attualmente in discussione sono goal, grandi macroaree, e ogni goal si articola in qualche target, in qualche obiettivo specifico. Ora, attenzione a non realizzare qualcosa con 20 princìpi, 90 goal e 150 target, perché chiaramente diventa un'enciclopedia.
  Attenzione, dunque, a valutare – parlo di attenzione perché non siamo soli, chiaramente, a fare il dibattito – se tutto ciò che ci sembra importante debba ricomparire sotto vari cappelli in tutte queste classificazioni. Se tutto diventa un principio, ma anche un goal, ma ha anche dei target, ripeto che alla fine sarà ingestibile. Anziché essere una grammatica comune dello sviluppo, cioè una regola, diventa appunto un'enciclopedia, dove dalla a alla zeta si trova qualsiasi cosa.
  Non è oggetto dell'audizione di stamani e avremo modo di parlarne a lungo nei prossimi mesi, ma penso che questa sia in assoluto la sfida principale che abbiamo davanti.
  L'enorme difficoltà di ridurre a sintesi produce dei super-documenti, nei quali non c’è la grip che ci permette, invece, di fare appello all'opinione pubblica e ai Parlamenti. Ogni buon documento che sia una vera call to action ha bisogno di essere leggibile, maneggiabile. Qualcosa che diventi sterminato, lunghissimo, chiaramente non ha queste caratteristiche, quindi dovremo dotarci di un po’ di fantasia, ma anche di metodo.
  Non dico di imparare qualcosa dalla pubblicità, perché già la comunicazione domina e pervade la politica contemporanea, ma di avere la capacità di tradurre in messaggio quello che per noi deve essere, appunto, una call to action, che valga per l'intero mondo nei prossimi quindici anni. Questo, secondo me, ci serve.
  Per quanto riguarda, invece, le questioni poste sia dall'onorevole Quartapelle sia dalla presidente, parto da alcune questioni poste dalla presidente, perché questo mi permette di dare risposta anche alle considerazione dell'onorevole Quartapelle.
  Sul chi fa cosa vorrei che fossimo molto attenti semplicemente a leggere la legge come essa è. L'implementazione della legge non è l'apertura di un terzo, quarto o quinto tempo che riscrive cose che la legge già dice. È nettissima, tra l'altro grazie al Parlamento, che è andato molto di più nel dettaglio di quanto il testo iniziale del Governo prevedesse.
  I ruoli sono chiarissimamente indicati dalla legge. I ruoli della DGCS, quelli dell'Agenzia, del Ministero, del Parlamento sono indicati. Se guardate proprio in una sorta di testo a fronte il testo entrato all'esame del Parlamento e quello che ne è uscito, vedrete che il Parlamento, e anche il Governo che ha proposto degli emendamenti, sono intervenuti con molto maggior dettaglio, esattamente per non creare aree di sovrapposizione. Meglio, quelle che ci sono devono essere di integrazione, ma è molto chiara la distinzione.
  È evidente anche che la riduzione numerica e il cambiamento qualitativo delle unità della DGCS seguono o seguiranno esattamente questo tipo di funzione. Le funzioni, una volta ascritte ad alcuni dei 12 uffici delle DGCS – ovviamente, la legge parla, appunto, di una riduzione di almeno 6 – saranno presumibilmente ritagliate sui ruoli operativi e implementativi che stanno, a questo punto, in capo all'Agenzia, mentre la DGCS ha una funzione di supporto politico strategico per chi fa la programmazione delle iniziative. Chiaramente, è iniziato un lavoro delle direzioni competenti, che stanno riguardando piante organiche e numeri per essere coerenti con questo mandato.
  Il lavoro avviene su tanti tavoli in contemporanea, come potete capire. Non c’è un mastermind che scrive tutto da solo, ma chiaramente un lavoro di drafting legislativo che coinvolge il Ministero. C’è anche un gruppo di lavoro che coinvolge varie direzioni generali del Ministero e Pag. 12riguarda anche la scrittura dello statuto dell'Agenzia, su cui vorrei essere molto chiaro.
  Lo statuto dell'Agenzia è importante, però non è neanche la Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti. Deve consentire di mettere in piedi una struttura e di stabilire, con alcuni princìpi-chiave, cosa si fa. Non è un testo politico, ma organizzativo.
  Con riferimento alle domande in generale sul personale, riservandomi di approfondire – non avrei una risposta alla domanda relativa alle aspettative in Italia su un personale che si occupi di migranti, magari connessa, ma non relativa esattamente all'attuazione della legge n. 125 – voglio dire due cose, una delle quali relativa alla direzione dell'Agenzia, e l'altra alla dotazione del personale.
  Come detto in prima battuta, la selezione del direttore/direttrice avviene in una seconda fase rispetto a questi sei mesi. In questo momento, ci stiamo concentrando sulla prima parte, lo statuto, il reperimento risorse, l'allegato unico e così via. Dico e ribadisco, anche se su questo c’è stato un dissenso in Parlamento, in particolar modo con il gruppo politico della presidente Spadoni, che una procedura a evidenza pubblica è sufficiente a garantire il risultato che il Governo aveva in mente, cioè di rendere questa posizione appetibile dopo una selezione competitiva tra le eccellenze che diversi singoli settori potrebbero oggi rappresentare.
  Nelle esperienze delle agenzie che conosco, europee e non europee, il profilo di chi guida quelle agenzie, tra l'altro sempre un lavoro pro tempore, è estremamente diversificato. Si possono trovare ex politici, così come personale appartenente alle carriere degli esteri. Ci si trova settore privato profit, persone che hanno creato fondazioni filantropiche ad altissimo livello. Cambia moltissimo. Cambia molto dagli USA, dall'agenzia svedese, da quella francese. Ci sono personalità molto diverse, età molto diverse, esperienze molto diverse.
  La mia aspettativa è di capitalizzare l'attenzione che in questi mesi abbiamo avuto sul settore della cooperazione per costruire una procedura di evidenza pubblica che richieda, evidentemente, una dimostrazione di capacità che può venire da ciascuno di questi filoni. Non ce n’è uno che prevale sugli altri. Non fatemi fare nomi, ma veramente sarei contento di trovarmi non venti persone tutte appartenenti al recinto tradizionale; mi piacerebbe avere una grande richiesta e che testimoni la pluralità delle vocazioni che oggi un'agenzia può rappresentare.
  Dico francamente – potrebbe definirsi «nasometria» – che la curiosità che ha accompagnato la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge, curiosità che mi è stata anche personalmente, a me come magari a voi, manifestata da singoli e da ambienti, mi fa pensare che, quando si tratterà di scegliere il direttore, avremo un bel parterre. Gli interessamenti sui tempi, sui modi sono arrivati dagli ambienti più disparati, come una volta non sarebbe capitato. Ripeto che parlo di italiani, stranieri, filantropici, profit, ONG, carriere pubbliche, di tutto, ma semplicemente come richiesta, a testimonianza di come si comprenda la centralità che l'Agenzia avrà domani. Costruiremo, quindi, una procedura di evidenza pubblica per titoli, per competenza, per motivazione. Poi dentro quello faremo le nostre valutazioni.
  Quello delle dotazioni del personale è un tema molto importante. Ricordo che anche in questo caso la legge ha detto già molto. Nella relazione tecnica, sostanzialmente stabilisce quali sono i cluster, i filoni dai quali il personale già quantificato dall'Agenzia più o meno deve venire.
  Al di là della dirigenza – lo segnalo perché su questo in questi giorni abbiamo attivato, previa comunicazione ai sindacati, una esplorazione preventiva – abbiamo il nucleo degli esperti ex legge n. 49 che, come scritto dalla legge, non devono, ma possono optare per l'Agenzia. Come sapete, è un gruppo di personale a esaurimento rispetto alle dotazioni agli anni Ottanta. Sono attualmente ancora 49. Ripeto che possono optare per l'Agenzia e il fatto che abbiamo previsto, come da richiesta e da emendamenti, che gli esperti Pag. 13possano anche essere assegnati all'estero ha creato, evidentemente, un'attenzione maggiore da parte di questo gruppo.
  Ci sono i comandati da altre Amministrazioni, che sono in tutto, in questo momento, 87. Segnalo che semplicemente pochi anni fa, non due anni fa, i comandati presso questo settore, come ci diceva l'ambasciatrice Belloni, già direttore in anni passati, erano oltre 300. Questo segnala cosa negli ultimi anni sia stata la spending review e l'intervento sul personale: da oltre 300 della metà della decade passata sono 87.
  Qui avanzo un'ipotesi, ma ripeto che su tutto questo dico cosa stiamo facendo. Quella dei comandati è una categoria di personale che aveva richiesto, da Amministrazioni di appartenenza, di poter andare a lavorare al Ministero degli affari esteri e alla cooperazione con una forte motivazione. È prevedibile, non scontato, che chi aveva una forte motivazione in anni passati per lavorare con la cooperazione possa mantenere la medesima motivazione per voler lavorare, a maggior ragione, all'Agenzia.
  Dall'altra parte, però, è giusto ricordare in questa Commissione che siamo da anni in un regime di strettissimo blocco del turnover delle Amministrazioni: questo comporta che è anche altrettanto prevedibile, dal mio punto di vista, che nel momento in cui un comandato chiede alla propria amministrazione di appartenenza il rinnovo del comando per andare nell'Agenzia, si senta dire di no, che non c’è personale e che deve tornare a «casa». Questo è quanto è successo, ad esempio, a molte delle persone nel corso degli ultimi anni. Siamo davanti a un punto interrogativo.
  Inoltre, per il personale di ruolo del Ministero degli affari esteri la legge n. 125 prevede già per le aree funzionali del MAECI la possibilità di optare per i ruoli dell'Agenzia fino a un massimo di 40 unità. Sostanzialmente, in tutte le tre categorie a cui ho fatto riferimento sta partendo in questi giorni una circolare che, previa informazione ai sindacati, sostanzialmente chiede, senza che questo predefinisca l'opzione di alcuno – chi risponde oggi non si vincola e chi non risponde può farlo in futuro –, di capire che aria tira.
  Nel caso delle aree funzionali del Ministero, ad esempio, con un massimo di 40 unità potrei trovarmi nei due casi esattamente opposti: quello di immaginare oggi che coloro che sono intenzionati a passare e possono farlo per legge, optino per l'Agenzia e siano 20 – che mi porta a una domanda: con quali procedure concorsuali seleziono i nuovi ? – o magari siano 90, con la domanda: con quali procedure selezionerò, tra i 90, i 40 che passano ?
  Sono due casi esattamente opposti, ma non posso saperlo oggi, fino a che non capiscono, nei termini dell'opzione, quale sia l'orientamento di chi oggi lavora come personale comandato o come personale di area funzionale o come esperto. Penso che per gli esperti sia la cosa più prevedibile, mentre per i comandati e per le aree funzionali, ovviamente è un punto interrogativo.
  Non dico che sia un gioco vizioso, ma è evidente che chi vuole esercitare un'opzione oggi chiede di sapere che tipo di struttura verrà fuori. Non posso sapere, però, che tipo di struttura verrà fuori fino a che non saprò anche che tipo di persone ci lavoreranno. È chiaro che è un lavoro che avviene in contemporanea, ma per me è importante, perché non vi sia un lungo tempo di messa a regime dell'Agenzia, quand'anche fosse pronta la palazzina, il direttore e così via, capire quale atmosfera l'accompagni.
  Nell'atmosfera che accompagna, infatti, sappiamo quante risorse nuove dobbiamo cercare o quante selezionarne tra quelle esistenti in virtù del fatto che la legge n. 125 nella sua relazione tecnica hanno già definito da dove e quanti. Evidentemente, quindi, il tema non è oggetto di attività creativa, è già lì scritto e in modo molto preciso.
  Da ultimo, è necessario un intervento, peraltro spero modesto, sulle palazzine ex Civis che abbiamo davanti. Sono strutture molto semplici, come sapete; si tratta di aprire delle finestre, di dotare di impianti Pag. 14e fare una partizione per uffici. Non bisogna inventare niente di particolare. Stiamo discutendo nel Ministero l’iter più rapido in termini di stazione appaltante, qualcosa che ci permetta di lavorare in contemporanea su quello.
  È ovvio che, seguendo rigidamente la normativa sugli appalti pubblici e sui contratti, la certificazione antimafia è di rito per chiunque voglia partecipare, quindi questo non è oggetto di discussione.
  Devo dire un'ultima cosa, che lascio come post scriptum. In relazione ai fondi, conoscete il dibattito. Negli ultimi due anni siamo stati capaci non soltanto di arrestare l'inversione, ma di mettere un segno più, che è stato importante. Se guardo quanti sono i capitoli del bilancio dello Stato in cui il segno è stato meno e guardo quelli in cui il segno è più, sono veramente pochissimi quelli col segno più, e quindi sono contento di dire che la cooperazione appartiene a questi.
  Perfino nel decreto missioni, che stiamo approvando oggi, della seconda metà dell'anno, a fronte di una flessione complessiva delle risorse, la parte relativa agli interventi di cooperazione ha ancora una volta un segno più, a testimonianza che questo è un punto fermo dell'azione del Governo.
  Spero che, nell'arco di stabilità del Governo – che qualcun auspica e qualcuno no, evidentemente questo fa parte del gioco delle parti –, nell'arco del lavoro dei mille giorni, per stare alla narrativa del Presidente del Consiglio, sia possibile un salto di qualità, che a me piacerebbe fossimo in grado di compiere fin da quest'anno, sottraendo l'esercizio sulle risorse attribuite alla cooperazione al negoziato sulla Tabella C.
  Mi piacerebbe che si iscrivesse, invece, quest'impegno di riallineamento agli obiettivi internazionali dell'aiuto pubblico allo sviluppo in una norma di carattere pluriennale, pari a quella che segnò, se non sbaglio due anni fa o tre anni fa, il replenishment del Ministero dell'economia e delle finanze, che è un impegno decennale da 295 milioni di euro l'anno, per un totale di 3 miliardi, che permette al Ministero dell'economia e delle finanze di programmare con una qualche ragionevolezza e tranquillità in più l'attività di partecipazione alla ricostituzione dei fondi dei capitali delle banche regionali di sviluppo.
  Se potessimo avere, ovviamente agganciato a una prospettiva di crescita economica, un obiettivo pluriennale che ci portasse – utilizzo il condizionale – allo 0,30 % da qui a 10 anni, cioè qualcosa che ci porterebbe, tanto per capirci, ancora alla metà di quello che gli inglesi fanno oggi, significherebbe andare a 5 miliardi, un risultato molto importante, sottraendoci al gioco degli emendamenti, al confronto d'Aula e al parere della Commissione bilancio. Non voglio scantonare nessuno, ma se si assume quell'impegno su un arco pluriennale, lo si aggancia ad una norma che ha un obiettivo programmatico, questo è diverso. Quella sarebbe una norma secondo cui, in sede di programmazione, non sarebbe possibile nel DEF triennale avere meno di un certo ammontare. Io parlo, invece, di una norma che agganci l'obiettivo percentuale della dotazione della cooperazione sul PIL su base decennale. Sarebbe una norma, quindi, che viaggia in automatico, mentre in quel caso è una sorta di lavoro di mischia stretta, di gioco corto in campo, ma agganciato al Documento triennale, al DEF, che quindi la Commissione bilancio può avere difficoltà ad approvare.
  Io dico di cambiare proprio il livello in cui questa cosa è introdotta, ma questo è oggetto di discussione con Palazzo Chigi, con via XX Settembre: chiaramente, molti vorrebbero sottrarsi a questo tipo di discussione in sede di legge di stabilità, perché darebbe una maggiore tranquillità.
  Da ultimo, vorrei menzionare una questione. Vi dico con estremo spirito di apertura che, sì, è importante l'esercizio che faremo su questi atti di implementazione, ma credo che la vera sfida del Parlamento oggi sia nell'elaborazione del Documento triennale e degli indirizzi che possono essere dati, effettivamente la Pag. 15parte software ella cooperazione e in cui è anche esaltata la capacità di indirizzo politico del Parlamento.
  In fondo, anche la discussione che ha orientato la distinzione dei ruoli tra Agenzia e MAECI è stata esattamente su questo, sugli indirizzi e sulla programmazione. Credo che il Parlamento emerga esattamente nella sua capacità di aiutare il Governo nel fare indirizzi strategici su dove e cosa fare, non soltanto – lo dico con franchezza – su quante stanze possono esserci nelle palazzine ex Civis, molto sinceramente un argomento veramente da geometri.
  Infine, davvero, mi rivolgo agli uffici della Camera dei deputati: permettetemi di ringraziarvi per la traduzione in inglese del mese di agosto della legge. Innanzitutto, probabilmente valeva la pena tradurla, sperando che duri qualche tempo. In secondo luogo, nell'attività di outreach che facciamo per raccontare la cooperazione italiana post-riforma, avere un testo in inglese ci aiuta moltissimo.
  Chiaramente, nell'azione, che è mutua – anche noi riceviamo dalle nostre sedi aggiornamenti quando singoli sistemi europei riformano le leggi, cambiano l'Agenzia e così via, quindi siamo aggiornati – vediamo cosa significhi quando un Paese fornisce un testo incomprensibile perché è in lingua locale con molte consonanti e quando lo fornisce in una lingua intellegibile. L'idea che una legge scritta in italiano, lingua che noi amiamo, ma che non è praticata a Helsinki o a Tallinn, possa essere oggetto di una lettura facile perché abbiamo un testo tradotto in inglese è un buon atout e ringrazio gli uffici della Camera che hanno, prima ancora della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, provveduto a fornirci un ottimo testo tradotto in inglese.

  PRESIDENTE. Ringrazio il viceministro e i colleghi che hanno partecipato.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.10.