Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3
Esame della proposta di relazione sul Sistema di protezione dei testimoni di giustizia:
Bindi Rosy , Presidente ... 3
Mattiello Davide (PD) ... 3
Bindi Rosy , Presidente ... 4
Mattiello Davide (PD) ... 4
Bindi Rosy , Presidente ... 4
Di Maggio Salvatore Tito ... 4
Bindi Rosy , Presidente ... 5
Audizione del Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), Raffaele Cantone:
Bindi Rosy , Presidente ... 5
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ... 5
Bindi Rosy , Presidente ... 7
Di Maggio Salvatore Tito ... 7
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ... 8
Fava Claudio (Misto-LED) ... 9
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione ... 9
Bindi Rosy , Presidente ... 10
Mirabelli Franco ... 10
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ... 11
Giarrusso Mario Michele ... 12
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ... 13
Bindi Rosy , Presidente ... 14
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ... 14
Bindi Rosy , Presidente ... 14
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC ... 15
Bindi Rosy , Presidente ... 15
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC ... 15
Bindi Rosy , Presidente ... 15
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC ... 15
Bindi Rosy , Presidente ... 15
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC ... 15
Ricchiuti Lucrezia ... 15
Sarti Giulia (M5S) ... 15
Garavini Laura (PD) ... 16
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ... 16
Garavini Laura (PD) ... 16
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ... 16
Di Maggio Salvatore Tito ... 18
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ... 18
Bossa Luisa (PD) ... 19
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ... 19
Bindi Rosy , Presidente ... 19
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI
La seduta inizia alle 13.50.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Esame della proposta di relazione sul Sistema di protezione dei testimoni di giustizia (relatore: on. Mattiello).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno prevede l'esame della proposta di relazione sul Sistema di protezione dei testimoni di giustizia, di cui è relatore l'onorevole Mattiello. Il testo che è in distribuzione è stato approvato, nella riunione dello scorso martedì 7 ottobre, dal V comitato Vittime di mafia, testimoni di giustizia e collaboratori di giustizia, coordinato dallo stesso onorevole Mattiello. Ricordo che naturalmente il comitato è una sede istruttoria e che la proposta formulata potrà essere modificata o integrata alla luce del dibattito della Commissione. Do la parola all'onorevole Mattiello, che ringrazio insieme a tutto il Comitato per l'ottimo lavoro svolto.
DAVIDE MATTIELLO. Grazie presidente, inizio ringraziando coloro che hanno condiviso con me questo percorso durato diversi mesi: i colleghi, i funzionari e i consulenti. È stato un lavoro intenso, che ha prodotto i frutti nei tempi auspicati in ragione dell'urgenza che questo tema ha per tutti quanti noi. Per cercare sinteticamente di condividere con la Commissione lo spirito di questa relazione, farei semplicemente tre passaggi. Il primo passaggio: i diritti fondamentali, i princìpi che vorremmo fossero il più possibile tutelati dai sistemi di protezione che il nostro Paese mette a servizio delle persone che denunciano sono, da un lato, il diritto a denunciare, dall'altro, il dovere di testimoniare e, dall'altro ancora il diritto a vivere una vita libera dalla paura e dal bisogno, una vita dignitosa. Purtroppo attraverso l'inchiesta condotta con il V Comitato abbiamo dovuto registrare che, nonostante l'impegno sul piano legislativo, nonostante l'impegno sul piano regolamentare, nonostante l'impegno degli addetti ai lavori e delle loro prassi applicative, nonostante tutta la buona volontà e gli anni trascorsi, sono ancora troppe le sofferenze patite da chi in questo Paese sceglie di fare nomi e cognomi, sceglie di ribellarsi a un reato subìto, sceglie di denunciare ciò che ha visto, anziché girarsi dall'altra parte. In quale direzione guarda la nostra proposta di relazione ? Due direzioni, una di metodo e una di merito. Di metodo: il nostro Paese deve dotarsi di una legge dedicata ai testimoni di giustizia. Il nostro Paese manca di una legge dedicata ai testimoni di giustizia, la normativa di riferimento è il decreto legge n. 8 del 1991, che è stato pensato per i collaboratori. Nel 2001 è stato emendato, per poi essere ulteriormente corretto tra il 2004 e il 2005 con alcuni regolamenti ministeriali, ma l'impianto di riferimento Pag. 4resta quello del 1991. Ci vuole una legge nuova, dedicata ai testimoni di giustizia, perché soltanto una legge nuova dedicata ai testimoni di giustizia potrà fare il lavoro basilare, ovvero quello di ridefinire le caratteristiche soggettive e oggettive del testimone di giustizia. Chi è il testimone di giustizia ? Questa domanda ha necessariamente una risposta complessa, ma questa risposta complessa deve trovare riflesso in una normazione dedicata. Nel merito, invece, noi diciamo con la relazione che, nel momento in cui attraverso una legge dedicata ai testimoni si fa chiarezza su chi sia il testimone di giustizia, questi, una volta entrato nelle misure speciali, cioè in tutto ciò che non è misure tutorie, deve potersi affidare allo Stato sapendo che lo Stato lo tratterà nella maniera più personalizzata, quindi una porta di accesso più rigorosa, ma dopo, la stanza nella quale entri superata la porta deve essere una stanza arredata e apparecchiata nella maniera maggiormente confacente alla storia, all'identità, al percorso della singola persona. Ecco perché alcuni punti concreti, qualificanti le proposte che stanno nella nostra relazione, fanno proprio riferimento alla rivisitazione del ruolo del Servizio centrale di protezione, che noi vorremmo fosse ruolo di coordinamento, monitoraggio, impulso, verifica, legato a tutte le misure speciali di protezione, non soltanto al programma, ed ecco perché nella relazione facciamo riferimento alle misure di cosiddetta «assistenza economica», auspicando che sia superato il discrimine attualmente esistente tra le misure di assistenza economica pensate per chi è nel programma e quelle pensate per chi è nelle misure speciali. Il Servizio centrale deve coordinare, monitorare, verificare, approntare tutte le misure utili a chi è entrato nelle misure speciali, che siano queste speciali e basta o addirittura programma di protezione, e individuare caso per caso le misure di assistenza economica più adeguate a far sì che la persona e quasi sempre la sua famiglia subiscano il minor trauma possibile. Il minor trauma possibile sta nel conservare per lo più la vita di prima della denuncia. Noi dobbiamo fare il possibile perché il momento della denuncia non coincida con un punto di non ritorno, con uno stravolgimento della propria vita. Lo Stato deve garantire il diritto di denuncia, di fare nomi e cognomi e quindi di rispondere all'autorità giudiziaria senza che questo coincida con un punto di non ritorno. Ecco perché il nuovo ruolo del Servizio Centrale, le misure speciali e le misure di protezione riviste sulla base di una maggiore personalizzazione ci paiono andare nella direzione giusta di garantire il massimo della tutela possibile e parimenti il massimo del rigore possibile, in modo da evitare che qualcuno possa approfittare e abusare dello stesso sistema tutorio. Mi fermerei qui, presidente, ringrazio la Commissione e i colleghi, i consulenti e i funzionari che hanno lavorato in questi mesi.
PRESIDENTE. Oltre che ai componenti del comitato, desidero rivolgere un ringraziamento ai funzionari della Commissione e ai consulenti, che come al solito sono fondamentali per il nostro lavoro. Vorrei porle una domanda. Oltre a un lavoro di ricognizione, che è stato frutto di un prezioso metodo basato sull'ascolto diretto delle storie delle persone, mi pare che l'intenzione sia quella di chiedere una legge organica sulla materia. Secondo il relatore e i membri del comitato si può pensare che sia la Commissione stessa, una volta approvata la relazione, a farsene carico ?
DAVIDE MATTIELLO. Per quanto riguarda me, è un auspicio che sia la Commissione stessa a farsi carico di una traduzione di questi punti in un articolato da presentare.
PRESIDENTE. Bene. Do la parola al senatore Di Maggio.
SALVATORE TITO DI MAGGIO. Grazie, presidente. Non ho letto la relazione, quindi sarà eventualmente mia cura chiedere nel prossimo incontro maggiori lumi, ma la cosa che mi preme chiedere da subito è come siano state trattate quelle Pag. 5figure che aderiscono al pentimento e alla protezione soltanto per avere un maggior aiuto processuale.
PRESIDENTE. Quello è il tema dei collaboratori. Non sono figure minimamente sovrapponibili, il tema dei collaboratori di giustizia verrà affrontato in futuro dallo stesso Comitato. Ovviamente anch'io auspico che la Commissione, una volta approvata la relazione sui testimoni di giustizia, magari attraverso il Comitato che può passare alla fase redigente, traduca tutto in un disegno di legge. Possiamo procedere lasciando tempo per la lettura, abbiamo un appuntamento già previsto per il 21 ottobre, martedì prossimo, ed entro la prossima settimana dobbiamo approvare la relazione. So che è stata approvata all'unanimità in Comitato, quindi, potremmo prevedere un momento di scambio e di dibattito domani, dopo l'audizione del procuratore Pignatone, fissare a domani il termine per la presentazione di eventuali proposte di modifica e la prossima settimana, forse martedì stesso, procedere con l'approvazione.
La seduta, sospesa alle 14.05, riprende alle 14,10.
Audizione del presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), Raffaele Cantone.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), dottor Raffaele Cantone, che prima dell'assunzione dell'incarico all'ANAC, peraltro, era stato nominato collaboratore a tempo parziale nella nostra Commissione. L'audizione è dedicata al tema del rapporto tra mafia e corruzione e in particolare a un aggiornamento sulla situazione relativa all'Expo di Milano. Ricordo come di consueto che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove fosse necessario, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta. Cedo la parola al dottor Cantone, che ringrazio per la sua presenza, ed esprimo il nostro rammarico per non poter usufruire della sua consulenza, ancorché a tempo parziale.
RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). La ringrazio, presidente, per l'invito. Farò un'introduzione molto breve e purtroppo non posso trattenermi per il tempo per il quale avevo dato disponibilità, perché una serie di vicende che riguardano l'Expo mi impongono di partire per Milano. Molto velocemente, perché considero opportuno, in caso di domande su qualche argomento, lasciare spazio alla discussione successiva, mi limito a qualche considerazione di carattere generale sui rapporti tra mafie e corruzione. Su questo specifico aspetto credo che quanto va dicendo sistematicamente e quotidianamente il Procuratore nazionale antimafia vada assolutamente sottoscritto, cioè che fra mafia e corruzione vi è un rapporto strettissimo, nel senso che uno degli argomenti di maggiore interesse delle organizzazioni mafiose è la presenza all'interno del sistema dei pubblici poteri e quanto più i pubblici poteri sono vulnerabili, tanto più le mafie hanno gioco facile. Posso aggiungere di più: le mafie hanno una serie di argomenti ulteriori da poter spendere nell'introduzione nel sistema dei pubblici poteri, perché se l'imprenditore o il cittadino comune che pone in essere un'attività corruttiva lo fa attraverso sistemi tradizionali soprattutto di tipo economico, le mafie hanno anche la possibilità di utilizzare un argomento molto più serio e molto più convincente che è la forza di intimidazione del sodalizio mafioso: la loro fama criminale in certi contesti e in certi ambiti.
Va anche detto che il rapporto corruzione/mafia va visto tenendo presente che molto spesso, soprattutto nei pubblici poteri locali che sono quelli di maggiore interesse delle organizzazioni mafiose, è difficile individuare rapporti che siano di vera e propria corruzione, nel senso che nei casi in cui emergono fatti di connivenza i pubblici amministratori sono in una logica di asservimento, per cui l'utilità Pag. 6che viene promessa al pubblico amministratore è direttamente rientrante nel sistema dell'organizzazione criminale, cioè nella fattispecie di associazione mafiosa.
Questo spiega perché molto spesso nel coinvolgimento dei pubblici amministratori non c’è la contestazione specifica di corruzione, perché la corruzione è certamente assorbita di fatto nella fattispecie di associazione mafiosa o ancora in quella di concorso esterno.
L'utilità che l'organizzazione riesce a dare soprattutto agli amministratori è nota ed è quella del sistema del voto o dell'appoggio nelle campagne elettorali, ma è evidente che esistono meccanismi che ormai riguardano fattispecie corruttive che riguardano ambiti più significativi che non sono solo quelli degli enti locali o quantomeno degli enti locali intesi in senso tradizionale.
Credo che esistano articolazioni locali come le ASL, nelle quali è significativa la presenza delle organizzazioni mafiose, che spesso in questi organismi locali sono presenti attraverso meccanismi corruttivi intesi nel senso sopra indicato.
Con organismi locali faccio riferimento fino al livello regionale, perché nelle indagini che hanno riguardato alcune regioni italiane si è verificato questo stretto rapporto fra organizzazioni mafiose, spesso nella logica dello scambio del voto, e amministratori delle regioni, tant’è che uno dei temi sui quali andrebbe avviata una riflessione è quello della possibilità di estendere, facendo una dovuta valutazione dal punto di vista costituzionale, le regole sullo scioglimento dei consigli comunali anche alle amministrazioni regionali, che in questo senso avrebbero un meccanismo di controllo centrale molto più significativo e rilevante.
Meno significativo, almeno allo stato degli accertamenti, è il riferimento agli organi di potere centrale, nel senso che le organizzazioni mafiose, proprio per il loro ruolo di controllo del territorio, ritengono molto più interessante e utile per la loro attività lo svolgimento di rapporti corruttivi oppure illeciti soprattutto con le amministrazioni locali, nelle quali si utilizza in gran parte danaro pubblico, ma soprattutto si gestisce la vita quotidiana dei cittadini, elemento indispensabile per accrescere il consenso.
Sono convinto, infatti, che il rapporto fra organizzazioni mafiose e territorio non vada descritto semplicemente in una logica di sopraffazione, ma vada descritto sempre più in una logica di consenso, in cui il controllo delle strutture amministrative rappresenta uno degli strumenti per rendere più forte il consenso.
Fatta questa velocissima analisi di tipo generale, ovviamente anche molto superficiale, qualche riferimento specifico sull'Expo. Dal punto di vista normativo il decreto-legge n. 90 del 2014 ha attribuito al Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione quale organo monocratico una doppia funzione, quella di svolgere controlli su tutti gli atti della Società Expo S.p.A., controlli che noi abbiamo individuato, attraverso linee guida concordate con la Società Expo, praticamente su tutte le attività che vengono compiute, che vanno dal bando di gara alla nomina della commissione di gara, all'aggiudicazione, fino alla fase esecutiva.
Abbiamo individuato con linee guida specifiche questi ambiti del controllo che venivano descritti dall'articolo 30 in modo anche generico come «alta sorveglianza sui poteri di Expo».
L'articolo 30, con una scelta che io ritengo molto intelligente proprio nella prospettiva di cui dicevamo prima, prevede che il Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione possa partecipare al Comitato delle grandi opere istituito presso la prefettura di Milano, proprio perché evidentemente nell'intenzione del legislatore è chiara l'idea che ci possa essere un rapporto fra fatti corruttivi e fenomeni di infiltrazione criminale.
Ho partecipato ad alcune riunioni del Comitato, c’è un'indicazione del prefetto di consentirmi di partecipare alle riunioni, soprattutto quelle più significative in cui si discute delle vicende di infiltrazione più significative. Ad oggi, il quadro che si sta evolvendo vede una attività di controllo Pag. 7sulle infiltrazioni dei lavori dell'Expo, intesi anche come lavori ad esso collegati, particolarmente approfondita.
Credo che non ci siano precedenti in questo momento di controlli su lavori pubblici che abbiano visto il più alto numero di interdittive antimafia, dal punto di vista quantitativo credo senza precedenti nella storia. Il prefetto di Milano ha disposto 52 interdittive antimafia, quasi tutte confermate, se non dal TAR, dal Consiglio di Stato con numeri che evidentemente mettono in discussione un'idea per fortuna superata da tempo, secondo cui la mafia è stanziale solo nelle realtà meridionali.
Le imprese non sono necessariamente di provenienza meridionale, anzi alcune hanno una presenza storica nelle regioni settentrionali e si tratta anche di imprese di una certa rilevanza, che soprattutto però hanno operato nel settore dei subappalti, e che sono numerose e varie.
Per alcune di esse noi stiamo valutando con la prefettura di Milano di adottare il meccanismo di commissariamento, di cui all'articolo 32 del decreto-legge n. 90 del 2014, ai sensi del comma 10, il commissariamento collegato a fenomeni di presenza di interdittiva antimafia.
Quello che però mi sembra di poter evidenziare è che ad oggi le imprese che sono direttamente collegate a fatti corruttivi, ad oggi vi è la prova sicura di un'impresa che è stata coinvolta in fatti corruttivi, la Maltauro, che non vede collegamenti diretti significativi sul piano delle infiltrazioni criminali.
In quella impresa e in qualche altra impresa coinvolta in indagini per fatti di pubblica amministrazione dalla procura di Milano sono stati evidenziati subappalti o attività collegate a forniture o a noli, comunque non specificamente individuati come subappalti, con imprese in qualche modo collegate alla criminalità organizzata.
Quelle emergenze verificatesi non hanno consentito e non consentono correttamente di poter emettere un provvedimento ai sensi del Codice antimafia di interdittiva, il che significa che i due fenomeni, corruzione e nel caso specifico dell'Expo turbativa d'asta, quindi appalti realmente pilotati, e le infiltrazioni mafiose sembrano mantenersi su due piani abbastanza lontani.
Questo dato, tutto sommato valutabile in senso positivo, se è possibile fare una valutazione positiva di ambiti criminali, dimostra che non necessariamente in realtà soprattutto lontane dai territori autoctoni della criminalità organizzata le infiltrazioni criminali coincidono con i fatti corruttivi.
Se lei è d'accordo, presidente, terminerei questa brevissima disamina, per poi rispondere ad eventuali domande.
PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
SALVATORE TITO DI MAGGIO. Dottor Cantone, mi perdoni, ma credo che questa Commissione conosca bene la liturgia delle questioni che riguardano connivenze fra sistema corruttivo e mafia, mentre quello che conosciamo poco sono alcune dinamiche che continuano a sussistere nella gestione di quello che è l'evento più importante che riguarda l'Expo e quindi l'esposizione mediatica del nostro Paese.
Ci sono alcuni fatti che a me personalmente risultano inquietanti. Uno è agli onori della cronaca di oggi e riguarda peraltro un passaggio che ho compreso ben poco rispetto alla sua funzione, quindi vorrei capire se lei non abbia questi poteri per poter eventualmente allontanare le persone che vengono collegate al malaffare di Expo e che noi ci troviamo poi a vedere centellinate nel tempo rispetto a situazioni che espongono il nostro Paese.
Mi riferisco sostanzialmente alla posizione di Acerbo, che è stata posta in evidenza dalla procura di Milano non più tardi di un mese fa e che lo ha visto rimanere, se non proprio al suo posto, in una posizione comunque estremamente delicata rispetto a quelle che erano le sue funzioni all'interno di Expo e del Padiglione Italia.
Ci può dire gentilmente come mai è accaduta una cosa del genere ? Grazie.
RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Molto volentieri perché mi dà la possibilità di chiarire. In primo luogo i poteri dell'Autorità Nazionale Anticorruzione evidentemente non sono collegati alla possibilità di intervenire sui fatti anticorruttivi, come è previsto e come è obbligatorio trattandosi di attività amministrativa che non può ovviamente sovvertire i criteri della giurisdizione, né tantomeno possono riguardare i singoli.
Essi sono delineati con chiarezza dall'articolo 30, che prevede un controllo sugli atti. Questo controllo sugli atti sta avvenendo in modo molto serio e approfondito, ma riguarda tutti gli atti che sono stati compiuti dal 25 giugno in poi. L'appalto relativo alle cosiddette «vie d'acqua» risale a oltre un anno prima dell'intervento dell'Autorità Nazionale Anticorruzione e devo dire che sarebbe veramente un paradosso se avessimo potuto prevedere quando non ero ancora Presidente un fenomeno di questo tipo !
Non è vero che Acerbo è rimasto al suo posto, perché il giorno dopo aver ricevuto una mera informazione di garanzia è stato immediatamente allontanato anche su nostra richiesta informale, perché si tratta dell'esercizio di un potere informale, dall'attività di controllo che svolgeva come Rup delle Vie d'acqua.
È rimasto per un breve periodo a svolgere il ruolo di Rup del Padiglione Italia perché il Padiglione Italia era in un momento complicato e non aveva un tecnico, ma già da una settimana Acerbo si era dimesso, fermo restando che i poteri sui singoli soggetti non possono e non devono spettare, per fortuna, all'Autorità Nazionale Anticorruzione.
Tengo a dire una cosa: io non ho assolutamente la presunzione di pensare che per tutti gli appalti che ad oggi abbiamo controllato (se la Commissione antimafia può avere interesse, siamo a disposizione per fornire l'elenco completo dei controlli effettuati, della tipologia e dei numerosi rilievi fatti e in gran parte accolti dalla Società Expo) sia sicura la capacità dei nostri controlli di impedire la corruzione. Il nostro è un controllo di legittimità, che credo renda più difficile.
Mi faccia fare un'affermazione che non è affatto scontata. Lei dice che i rapporti fra mafia e sistemi criminali sono noti a questa Commissione, e lo so bene, ma in base all'esperienza maturata come pubblico ministero che si è occupato di lotta alla criminalità organizzata ho potuto constatare che il contrasto preventivo alla corruzione è molto più complicato del contrasto preventivo alle mafie, intendendo come contrasto preventivo alle mafie per esempio i meccanismi di infiltrazione nel sistema delle imprese.
Sono certo di quello che affermo: se un'indagine è fatta bene ai fini dell'individuazione di meccanismi di infiltrazione, per esempio ai fini di un'interdittiva antimafia, non necessariamente ai fini di una misura cautelare, di un provvedimento di tipo giudiziario, i contatti e i rapporti emergono al cento per cento.
Non esiste invece alcun sistema preventivo sicuro per la corruzione, anzi esistono meccanismi per i quali a volte in appalti perfetti si annidano fenomeni di corruzione. Il tema è che ovviamente questi meccanismi di controllo preventivo rendono certamente più difficile e problematica la corruzione, soprattutto quando si provi a inserire accanto ai controlli preventivi meccanismi di trasparenza, come oggi sta avvenendo con Expo.
La prima raccomandazione dell'Autorità Nazionale Anticorruzione quando ha cominciato i controlli il 25 giugno era di far sì che la Società Expo, pur non essendo legislativamente tenuta, rispettasse gli obblighi di trasparenza previsti dal decreto n. 33 del 2013.
La Società Expo ha accettato di far parte di un programma convenzionalmente denominato Open Expo, che consente di leggere sul sito tutti gli appalti fatti da una certa data, e sta cominciando a inserire tutti gli appalti precedenti.
Basta ? Non sono in grado di dirlo e nessuno sarebbe in grado di dirlo. Fra l'altro, mi faccia dire con grande soddisfazione, perché una volta tanto che viene raggiunto un risultato va segnalato, che sui Pag. 9controlli dell'Expo siamo riusciti a coinvolgere l'OCSE, la prima autorità dell'ONU che si occupa di criminalità economica, ed è la prima volta nella storia che l'OCSE ha accettato di svolgere un controllo diretto su un sistema di appalti.
Abbiamo fatto una convenzione che prevede direttamente il controllo dell'OCSE sugli appalti e sui nostri controlli, cioè ci coadiuverà nel sistema dei controlli. Credo che questo sia un grande risultato anche dal punto di vista internazionale: l'OCSE ha accettato di scendere in campo per controllare gli appalti dell'Expo con l'Autorità Nazionale Anticorruzione.
CLAUDIO FAVA. Dottor Cantone, che rischi ci sono che imprese costituitesi all'estero per appalti del perimetro dell'Expo possano sfuggire ai vostri controlli e che strumenti abbiamo per evitare che un'impresa che ha subìto un'interdittiva o un'altra forma di allontanamento possa sotto falso nome, ricostituendosi in un Paese diverso, tornare a far parte delle imprese che lavorano sull'Expo ?
Alla luce della sua esperienza complessiva come Presidente dell'Autorità, sulle white list avremmo bisogno di capire due cose, innanzitutto quale sia il livello di discrezionalità che sta in capo ai prefetti nel consentire l'accesso o meno. Lo chiedo perché abbiamo notizia di molte aziende che hanno ricevuto un rifiuto e di altre a cui non è stato rifiutato ma forse avrebbero dovuto evitare di chiederlo, e vorremmo capire anche se il rapporto di parentela tra esponenti della stessa famiglia mafiosa possa essere ritenuto davvero ininfluente, come accaduto in Sicilia più volte.
Abbiamo avuto aziende confiscate in capo a un fratello e ammesse alla white list in capo all'altro fratello, aziende confiscate in capo a un cugino e ammesse alla white list in capo all'altro cugino, assumendo come criterio formale il fatto di non poterlo negare in quanto il rapporto di parentela è irrilevante.
Siccome crediamo invece che ci sia necessità di garantire, obbedendo alla lettera della legge, che non ci sia alcun rischio di infiltrazioni mafiose, e forse tra due fratelli questo rischio c’è, vorrei avere una sua lettura.
RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione. Grazie, onorevole. Tema imprese straniere e soprattutto tema padiglioni stranieri: noi non abbiamo assolutamente alcuno strumento. In primo luogo l'Autorità Nazionale Anticorruzione è esclusa dal sistema dei controlli che riguardano i padiglioni stranieri, ma per la verità è escluso ogni tipo di controllo da parte del sistema italiano rispetto a quelle vicende, tranne nel caso di illeciti penali commessi sul territorio dello Stato.
La convenzione del BIE prevede infatti espressamente che i singoli Paesi possano svolgere i lavori, ovviamente nel rispetto delle regole del diritto penale italiano, utilizzando le proprie regole di appalto, e nessuno riconosce valore alle interdittive antimafia.
Il rischio è che imprese escluse dal sistema degli appalti o che non abbiano provato a inserirsi nel sistema possano svolgere un ruolo negli appalti dei padiglioni stranieri. È un tema che ci siamo posti con la prefettura, non nella logica della corruzione in quanto siamo esclusi dalla possibilità di effettuare questo controllo, perché si applica questa norma internazionale.
Ci siamo posti questo problema con la prefettura di Milano, a cui devo dare atto di essere particolarmente attiva e attenta su questo tema, per cui ha provato a creare rapporti diretti con alcuni Paesi stranieri anche grazie alla disponibilità dell'amministratore delegato Sala, per chiedere agli amministratori stranieri di svolgere un controllo sulle ditte.
Con alcuni Paesi (per la verità pochi) si è raggiunta una sorta di accordo, per cui, qualora venissero individuati elementi ostativi che avrebbero potuto dar luogo all'interdittiva, verranno segnalati alla stazione appaltante, che nella sua discrezionalità farà la valutazione che riterrà.Pag. 10
È un sistema poco efficiente, che si basa solo sulla buona volontà del prefetto, delle forze di polizia, dei gruppi ispettivi antimafia e della Società Expo, ma che forse avrebbe dovuto essere valutato al momento della stipula della convenzione.
Del resto, questo è un tema che non riguarda solo Expo. Non ho aggiornamenti specifici ma un paio di mesi fa mi è venuto a trovare il presidente della società che si occupa dei lavori della TAV Milano-Lione, che mi ha spiegato che per quanto riguarda quei lavori non sarà possibile valutare le interdittive antimafia, perché per il rapporto convenzionale con la Francia si applicano le norme francesi.
Questo è quanto mi ha detto all'epoca, non so se la situazione sia giuridicamente cambiata, ma anche lì dove ovviamente si fanno lavori molto più significativi della costruzione di un padiglione all'interno dell'Expo, dove ci sono i lavori di movimento terra, le interdittive antimafia sono destinate a non funzionare.
Per quanto riguarda le white list, sono da sempre un fautore perché credo che il futuro dell'antimafia siano le white list. Le interdittive antimafia sono indispensabili, ma per come funzionano stanno diventando uno strumento di intralcio burocratico, mentre le white list rappresentano uno strumento per superarlo, laddove l'imprenditore che si sottopone al controllo preventivo evita di doversi attestare (se mi passate questo termine) dal punto di vista dell'antimafia.
Le white list però prevedono ampi margini di discrezionalità, e c’è un altro aspetto rilevante da considerare: il livello di approfondimento delle infiltrazioni mafiose è molto collegato alla capacità di strutture e singoli soggetti che svolgono i controlli. Non tutte le prefetture d'Italia, che – non dimentichiamo – non nascono con la mission di organismi antimafia, sono in condizioni di effettuare accertamenti approfonditi.
Il tema delle white list, strumento utilissimo su cui va fatta una riflessione normativa esportabile anche nel tema dell'anticorruzione, può essere rilanciato alla sola condizione che si consentano controlli veri da parte dei soggetti che ne abbiano competenza.
Ho verificato la capacità della prefettura di Milano, che ovviamente ha strumenti ultra sofisticati rispetto a quella che può essere una prefettura qualsiasi, che ha gruppi ispettivi antimafia molto più ridotti, ha una minore competenza specifica sull'argomento. Il tema è quindi quello di ripensare come vengano fatti i controlli sulle white list.
Sui rapporti di parentela credo che sia difficile esprimersi in senso generale, in quanto guai a toccare il nostro criterio, che è un criterio di democrazia, secondo cui la responsabilità penale è personale ! È chiaro però che chi conosce le logiche mafiose sa che i rapporti familistici sono fra i primi elementi significativi ai fini del collegamento. Credo quindi che i rapporti familistici non debbano essere sottovalutati, ma da soli non possono essere un elemento sufficiente neppure per ottenere una mera interdittiva antimafia.
Spesso operiamo valutazioni negative se un soggetto che lavora in un cantiere è imparentato con un boss mafioso, argomento significativo ma su cui bisogna essere cauti perché, a parte il fatto che estendere alla parentela è sempre rischioso, dovremmo tener presente che, se qualcuno si vuole emendare dalla mafia, non può che farlo lavorando, quindi queste equazioni rischiano sempre di essere pericolose.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola al senatore Mirabelli, vorrei dire che abbiamo già provveduto a chiedere documentazione all'Agenzia Nazionale sul caso a cui faceva riferimento il vicepresidente. Prego, senatore.
FRANCO MIRABELLI. Spero che il dottor Cantone, che ringrazio di essere qui oggi, possa partecipare quando andremo in visita a Milano a un'altra audizione in cui approfondire le vicende di queste ore, a cui si richiamava prima l'onorevole Di Maggio.
Vorrei fare solo alcune osservazioni. Ringrazio il dottor Cantone perché credo Pag. 11ci abbia detto una cosa importante. Per chi, come noi, ha seguito le vicende di Expo dall'inizio e l'evoluzione dei protocolli antimafia contro le infiltrazioni mafiose sentire da una persona di esperienza, come il dottor Cantone, che queste misure hanno funzionato e che le interdittive dimostrano che la rete per contrastare le infiltrazioni mafiose negli appalti ha funzionato è un fatto importante, anche perché compito di questa Commissione è anche valutare gli strumenti messi in campo.
Altra cosa evidente però è che non hanno funzionato i controlli e la legislazione sulla corruzione. Vorrei quindi fare una domanda non so se politicamente corretta al dottor Cantone. Stiamo verificando che ci sono stati diversi episodi di corruzione, spesso legati alla centrale unica appaltante pubblica che doveva essere garanzia di trasparenza e correttezza negli appalti, quindi qui c’è un punto che non funziona.
C’è però un altro punto: Autorità Anticorruzione di verifica sugli appalti in questo Paese ce n'erano anche prima, quindi vorrei capire cosa stia cambiando con il lavoro della sua agenzia. La terza cosa velocemente, anche in rapporto alle vicende di questi giorni: non ritiene, avendone fatto una prima esperienza, che il tema del commissariamento delle aziende che vengono interdette per non interrompere i cantieri possa essere esteso ad altre vicende ? La discussione su questo è di queste ore.
Ultima questione, già sollevata dal vicepresidente Fava: sulle white list lei ha già detto che occorrerebbe un impegno normativo, perché per l'esperienza che stiamo facendo white list ha un diverso significato a seconda delle regioni, laddove in molte significa semplicemente la certificazione antimafia, in altre si chiede di più.
Se quindi riuscissimo a dare a questa definizione un senso più concreto, cogente e chiaro su tutto il territorio nazionale, sarebbe meglio.
RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Se mi consente, parto da quest'ultima indicazione. Ho già detto che il tema vero non è una critica nei confronti dei singoli prefetti, ma risiede nella capacità delle singole strutture di operare una certificazione, un'attestazione come quella richiesta dalle white list.
Su questo punto si potrebbe far sì che in ogni regione ci sia un unico centro in grado di attestare le white list magari nel capoluogo di regione, dove in genere ci sono anche i gruppi ispettivi antimafia più attrezzati ad effettuare queste verifiche, in modo da ridurre a venti i soggetti coinvolti e quindi limitare significativamente i meccanismi di discrezionalità.
Il decreto-legge n. 90 del 2014 ha soppresso l'Autorità di verifica degli appalti, prevedendo che entrasse a far parte dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, e sinceramente in questo momento i miei principali motivi di preoccupazione riguardano proprio la riorganizzazione dell'ex Autorità di vigilanza dei contratti pubblici, che aveva operato in qualche caso molto bene, ma in una logica di controllo che nulla aveva a che vedere con la prevenzione della corruzione, spesso in una logica formale.
Oggi pomeriggio abbiamo la riunione del consiglio dell'Autorità e la maggior parte delle pratiche che venivano, vengono e purtroppo ancora verranno valutate riguardano la irrogazione di sanzioni penali gravissime, che andavano dai 100 ai 200 euro per appalti di 5-6.000 euro a un soggetto che aveva dimenticato di indicare di non avere il DURC a posto.
Noi ci siamo trovati con faldoni di carte a preoccuparci di stabilire se dovesse essere punito con una sanzione amministrativa e con l'interdizione agli appalti un imprenditore che aveva dimenticato od omesso di indicare una condanna penale per lesioni colpose nel 1976, e abbiamo archiviato dicendo «basta, così non si può continuare !».
Ovviamente la nostra scommessa, che è complicatissima, è quella di provare a lavorare su questa Autorità secondo la Pag. 12logica di utilizzare i controlli sugli appalti per individuare indici di anomalia che consentano di evidenziare non la corruzione, perché questo spetta all'autorità giudiziaria penale, ma se quegli indici di anomalia meritino di essere stigmatizzati.
Ultima indicazione: i commissariamenti. Io sono assolutamente favorevole alla norma dell'articolo 32 (l'ho detto da sempre) sia per i commissariamenti in materia di corruzione, sia per i commissariamenti in tema di interdittive antimafia.
Abbiamo dato un'interpretazione che, soprattutto per quanto riguarda le questioni sulla corruzione, è anche molto garantista: non procederemo mai a commissariamenti che riguardano meri sospetti di coinvolgimenti di fatti di corruzione. Quando emergeranno fatti concreti quali le ordinanze cautelari, valuteremo. Qualcuno ci dice: ma voi non avevate commissariato le Vie d'acqua ? Certo, ma l'ordinanza cautelare è arrivata oggi, quindi da questo momento in poi valuteremo gli elementi, così come valuteremo per tante altre situazioni.
La norma del comma 10 è molto utile. Noi abbiamo chiesto – e pare che il Governo modificherà il Codice antimafia in questo senso – un forte raccordo fra Autorità Nazionale Anticorruzione e i prefetti all'esito dell'emissione dell'interdittiva antimafia, perché è vero che il comma 10 prevede che l'Autorità Nazionale Anticorruzione debba essere solo informata dei commissariamenti, ma in molti casi noi riteniamo di farne comunque richiesta.
Con riferimento alla società che si occupa di rifiuti a Catania, ad esempio, assolutamente d'accordo con il prefetto la richiesta è venuta dall'Autorità Nazionale Anticorruzione, così come anche la richiesta per uno dei più grandi concessionari di giochi leciti, che è stato oggetto di un'interdittiva antimafia.
Quella è una norma molto utile, perché consente di continuare nei lavori, soprattutto in presenza di alcuni presupposti, e di evitare che l'interdittiva antimafia finisca per recare danno alla società. Su questo aspetto dobbiamo però essere molto cauti e chiederemo al Ministero degli interni di fare una riflessione sul punto, in quanto il commissariamento non deve diventare un modo per aggirare l'interdittiva antimafia, va utilizzato nei casi in cui sia necessario e non per non revocare gli appalti.
Il caso di Catania mi sembra emblematico: la società che si occupa di rifiuti urbani viene fatta oggetto di un'interdittiva antimafia, viene revocato l'appalto, mentre si fa un nuovo appalto c’è il rischio che possa succedere di tutto in quanto spesso in quella fase vengono fatte trattative private dietro le quali si nasconde ben altro.
Il commissariamento degli appalti era quindi la soluzione ideale, così come con riferimento alla società concessionaria di giochi, in quanto revocare una concessione dei Monopoli per una delle più grandi società che si occupa del gioco d'azzardo lecito avrebbe significato per le casse dello Stato una perdita enorme, anche con la possibilità che poi il TAR o il Consiglio di Stato revochi l'interdittiva antimafia.
Questi sono i casi in cui il commissariamento funziona perfettamente.
MARIO MICHELE GIARRUSSO. Lei ha definito la mission della sua struttura, però lei sa che le Authority sono un'idea americana di controllo della pubblica amministrazione, che è ben diversa da come la stiamo definendo in Italia, perché le Authority americane hanno dei poteri pregnanti enormi, fortissimi, e vengono addirittura definiti zar nel loro ambito.
Mi scusi se le faccio questa domanda, ma dalla sua descrizione dei poteri della sua Authority sembrerebbe di essere in presenza di un redivivo CORECO, un controllo sulla mera legalità formale degli atti, che in questo momento è già tanto, perché eravamo arrivati a livelli veramente sconfortanti, in cui l'illegalità era palese, però, come ha ben riferito, si tratta a volte di legalità meramente formale, quindi ci sarà semplicemente un arretramento sulla legalità formale, dietro la quale sappiamo cosa si nasconde.
La domanda è questa: lei non ritiene necessario che l’Authority anticorruzione Pag. 13si interessi anche degli apparati repressivi, che sono pubbliche amministrazioni e che determinano effetti disastrosi, come quelli di Catania a cui accennava ?
Non so se lei sappia che con la Commissione antimafia abbiamo appurato che la prefettura di Catania non ha mai emanato un'interdittiva antimafia per un appalto del comune di Catania. Non stiamo parlando di una prefettura della Liguria o della Val d'Aosta, anche se ormai non si sa più quale citare !
Anche per la Oikos siamo arrivati dopo cinque anni, quando il più grande appalto mai assegnato a Catania (150 milioni di euro) era già stato ovviamente oggetto di un banchetto della politica e chi sa di cos'altro. C’è quindi un problema di verifica delle amministrazioni pubbliche che si occupano della repressione della corruzione che non possiamo sottacere, a parte gli arresti anche di oggi di due colonnelli della finanza.
Un'altra questione: lo scioglimento per mafia e i vertici delle amministrazioni coinvolte. Se riteniamo un'amministrazione infiltrata a livello tale da arrivare allo scioglimento e i vertici ormai hanno posizioni fortemente fiduciarie quando addirittura non sono assunti per concorso, probabilmente sarebbe necessario intervenire su questi. Vorrei conoscere la sua opinione.
L'ultima questione è se lei sappia (penso lo sappia per la sua attività di magistrato) quante persone sono detenute per corruzione in Italia sui 42 mila detenuti e se questo dato non è strettamente correlato al fatto che la corruzione sia uno dei principali problemi di questo Paese. Grazie.
RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Grazie, senatore, comincio da quest'ultima domanda. Non so quanti sono, ma credo di poterli contare sulle dita di due mani, però le devo dire con grande franchezza che non mi preoccupa tanto questo dato.
Non sono entusiasta dell'idea che bisogna godere del fatto che le persone siano in carcere, e ritengo molto più efficaci e utili nei confronti di soggetti che hanno posto in essere corruzione altri tipi di sanzioni come l'interdizione perpetua dai pubblici uffici o la confisca dei beni.
Non credo che quello che manca sia il carcere: il problema vero è il carattere ridottissimo delle indagini penali. Se ci fossero 18.000 condanne e 8 detenuti (dico per paradosso) e avesse un senso, andrebbe bene, ma il problema è che quelle condanne sono il sintomo di un numero di indagini ridottissimo, che deriva dal fatto che non si è mai provato a intervenire sui meccanismi veri che riguardano le indagini della corruzione.
L'emersione della notitia criminis: su questo punto bisogna avere il coraggio delle scelte, esistono meccanismi che vengono utilizzati in tante legislazioni straniere, che non sono necessariamente vietnamite o cambogiane ma sono anche americane e prevedono ad esempio l'utilizzo degli agenti provocatori, che non sono però gli agenti provocatori americani ma sono persino fuori dalla nostra tradizione, la possibilità di agenti infiltrati e di prevedere sistemi più ampi di corruzione. Queste però sono scelte che attengono al potere politico e non certo all'Autorità Nazionale Anticorruzione.
Sullo scioglimento dei consigli comunali e sulle società miste, prima di tutto bisognerebbe capire se sia possibile estendere il meccanismo dello scioglimento anche agli enti di collegamento agli enti locali. Su questo punto come Commissione istituita dall'allora Governo Letta noi facemmo una proposta molto articolata su questo punto, che mi pare sia confluita in gran parte nel disegno di legge presentato dal Governo sullo scioglimento dei consigli comunali.
Prevedeva un'estensione dei casi di incandidabilità, perché la norma, così come modificata dalla legge n. 94 del 2009, non funziona affatto sulla incandidabilità successiva, e prevedeva la possibilità di estenderla anche ad entità diverse dagli enti locali tradizionali.
Sulle possibilità e sui suoi poteri dell'Autorità Nazionale Anticorruzione vorrei poter parlare per ore, credo che rispetto al Pag. 14passato negli ultimi mesi ci sia stato un notevolissimo aumento dei poteri, di cui va dato atto. Se lei mi chiede se questo aumento è sufficiente, probabilmente la risposta è no, però bisogna individuare la mission, che non è un problema dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, ma è un problema della legge.
Se il tema è quello di operare il controllo sul rispetto delle regole amministrative imposte alla pubblica amministrazione, ritengo che i poteri dati all'Autorità Nazionale Anticorruzione possano essere migliorati ma siano decenti, cosa che però non ha niente a che vedere con la scoperta dei casi di corruzione.
Facciamo attenzione: l'Autorità Nazionale Anticorruzione non deve scoprire la corruzione, a meno che non si opti per meccanismi estranei alla nostra tradizione. Quando noi ci confrontiamo con altre Autorità Nazionali Anticorruzione, sappiamo che svolgono anche indagini giudiziarie, ma francamente quel sistema non mi piace, non mi garantisce come cittadino: l'autorità amministrativa faccia l'autorità amministrativa, l'autorità giudiziaria faccia l'autorità giudiziaria.
Un'unica notazione di correzione, se mi consente, a quello che diceva. Quando parlavo di controllo sulla legalità formale, parlavo solo con riferimento all'Expo, in cui sono stati previsti i poteri specifici di controllo degli appalti. Noi lì abbiamo un potere eccezionale, ma non estendibile ad altri casi.
Voglio segnalare come nell'ultimo periodo ci sia stato un aumento rilevante, che ritengo un fatto positivo, delle richieste di controlli da parte di numerose stazioni appaltanti, ma noi non lo possiamo fare. Stiamo pensando di strutturare meccanismi convenzionali con alcuni, tenendo presente i limiti delle stazioni appaltanti, perché c’è una richiesta anche dal basso di essere aiutati e garantiti.
Noi però possiamo svolgere questo potere eccezionale solo nei confronti dell'Expo in virtù di una legge eccezionale. È un controllo formale ? Probabilmente sì, ma le assicuro che avrà effetti preventivi, forse non decisivi ma positivi.
PRESIDENTE. Chiedo scusa, è auspicabile che l'Autorità abbia anche questi poteri eccezionalmente esercitati su Expo anche su tutti gli altri appalti ?
RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Sarebbe assolutamente impossibile, Presidente. Per quanto riguarda Expo abbiamo strutturato un'unità operativa speciale, che è formata da 3 sottufficiali in comando dalla Guardia di finanza che si occupano a tempo pieno di questo e di una serie di funzionari dell'ANAC e di altri soggetti esterni che a tempo parziale svolgono questo compito in modo gratuito e senza ulteriori emolumenti, ma estendere questo lavoro a tutti gli appalti richiederebbe strumenti di controllo che sono assolutamente impossibili.
Il tema è quello di provare a utilizzare i poteri di controllo nei confronti di quei sistemi che evidenzino le anomalie, cioè provare a individuare indici di anomalia e operare i controlli sugli indici di anomalia. È la scommessa che stiamo provando a fare.
Nei giorni scorsi abbiamo visto il Presidente di Age.Na.S., nel tavolo della salute è stato introdotto un sistema specifico che prevede le anomalie del sistema degli appalti, chiederemo di fare una convenzione perché ci diano al più presto questi elementi per poter attivare i controlli.
Credo che il controllo generalizzato sia impossibile.
PRESIDENTE. Ciò però non significa che non ce ne sia bisogno. Capisco perfettamente che non avete gli strumenti per farlo e la strada dell'individuazione degli indicatori di anomalia è la stessa che stiamo seguendo per un'inchiesta tra sanità e mafia, in cui prendiamo le ASL commissariate, vediamo quali sono stati i punti critici e da quelli parte un'inchiesta su tutte le ASL.
Ciò non toglie però che qualcuno debba esercitare il controllo, che ci sia decentramento di Authority o individuazione di altri strumenti. Il suo predecessore all’Authority dei contratti, quando scoppiò il Pag. 15caso, MOSE ci offrì una relazione sui contratti e gli dicemmo che, se ce l'avesse data prima, saremmo stati più contenti...
RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Lo fece anche per Expo.
PRESIDENTE. Quindi è evidente che l'intervento deve arrivare prima, non dopo, e, se c’è una impossibilità con gli strumenti a disposizione, ciò non significa che non siano necessari strumenti nuovi.
RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Senza voler fare difese d'ufficio, presidente, però il tema è che ovviamente bisogna anche confrontarsi con i poteri che sono realmente...
PRESIDENTE. Nello stesso tempo, come giustamente ci ha detto prima, anziché occupare un’Authority a vedere se sia stato presentato un certificato del 1970, forse ci si dovrebbe concentrare su cose più importanti...
RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Però adesso quell’Authority si chiama Nazionale Anticorruzione ed è anche più facile individuare una mission. Sto soltanto assumendomi la responsabilità di una scommessa complicatissima...
PRESIDENTE. Sì, è complicata, però il fatto che non ci siano adeguati strumenti non significa che non ce ne sia bisogno.
RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Assolutamente no. Rispetto ai controlli sulle pubbliche amministrazioni noi non abbiamo la possibilità di operare il controllo su come operano, se non con riferimento al rispetto delle norme sulla corruzione.
Ovviamente in qualche caso abbiamo verificato anche anomalie di altro tipo e le abbiamo mandate alla procura della Repubblica o alla procura presso la Corte dei Conti, ma il nostro controllo sulle pubbliche amministrazioni si ferma ai limiti della legge n.190, cioè rispetto delle norme anticorruzione e rispetto dei piani della trasparenza. Su questi stiamo facendo controlli approfonditi persino sulle forze di polizia.
LUCREZIA RICCHIUTI. Ritengo che il reato di corruzione sia uno dei reati più difficili da perseguire, perché esiste una convergenza di interessi fra chi paga e chi incassa, quindi, come dice il dottor Davigo, esiste una cifra nera della corruzione: l'enorme differenza fra le denunce e i reati commessi, perché nessuna delle due parti ha interesse a denunciare.
Credo che lei stia facendo un grandissimo lavoro, che però verrà in un qualche modo vanificato perché la maggior parte di questi reati cade in prescrizione. Una volta individuato un reato di corruzione, con il sistema della prescrizione che esiste in Italia questi reati finiscono per estinguersi. Credo quindi che corrompere in Italia convenga, perché alla fine la probabilità di essere condannati è quasi inesistente.
Siccome dovremo mettere mano alla prescrizione e c’è una proposta di sospensione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio, vorrei conoscere la sua opinione e se non ritenga utile adeguarci al resto del mondo, dove la prescrizione viene interrotta al rinvio a giudizio. Grazie.
GIULIA SARTI. Non so se sia già stato fatto, dottor Cantone, ma, dato che oggi alla Camera probabilmente discuteremo la proposta di legge sul rientro dei capitali dall'estero e all'interno di quella proposta è stato inserito anche un emendamento per reintrodurre il reato di autoriciclaggio, non so se lei abbia già avuto modo di esaminare la norma così com’è formulata, vorrei chiederle una valutazione non in generale sul reato di autoriciclaggio ma sulla formulazione presente nella proposta di legge.
Tutti noi siamo felici di sentirle porre il tema centrale della prevenzione della Pag. 16corruzione come soluzione del problema e non delle tecniche di repressione pura e semplice dei fenomeni corruttivi. Posto ciò, visto che le risposte del Governo purtroppo non sono state molto chiare, chiedo a lei a che punto sia il funzionamento della banca dati unica nazionale per la documentazione antimafia e per le certificazioni.
Circa due settimane fa è arrivato in Commissione giustizia alla Camera uno schema di decreto legislativo fondamentalmente per cercare di velocizzare e porre fine al regime transitorio vigente dopo la legge delega del 2011, e in questo schema di decreto legislativo c'era in particolare una previsione per cui sono stati posti dei correttivi con le osservazioni della Commissione giustizia, in quanto si diceva che, se la banca dati nazionale unica non funziona, le aziende possono utilizzare l'articolo 39 del Codice antimafia e quindi andare avanti con l'autocertificazione (ovviamente sto riducendo la questione ai minimi termini).
Non si capisce bene a che punto si trovi questa banca dati unica nazionale, che potrebbe essere uno strumento utile, ma, se da parte del Governo non ci sono notizie chiare in merito e il funzionamento non parte, è molto difficile anche per i prefetti e per l'ANAC stessa avere una situazione chiara nel momento di fare dei controlli preventivi.
LAURA GARAVINI. Procuratore, un ringraziamento non formale...
RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Ex procuratore, lapsus freudiano...
LAURA GARAVINI. Infatti, non solo per le precise risposte che ci ha fornito quest'oggi, ma soprattutto per il lavoro davvero prezioso che sta mettendo in campo, prezioso a maggior ragione perché dal primo Rapporto anticorruzione della Commissione europea sul nostro Paese grava il macigno della quantificazione dei proventi da corruzione, che è stata non solo stimata attorno ai 60 miliardi l'anno, ma anche ritenuta pari alla metà dei profitti derivanti dalla corruzione nella stessa Europa.
Con l'attività dell'Autorità Nazionale Anticorruzione sente di poter fare proprie queste stime oppure ritiene che ci siano state forse delle sopravvalutazioni per quanto riguarda gli importi relativi al nostro Paese o perlomeno in questa percentuale di responsabilità rispetto ai proventi europei ? Grazie.
RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Grazie, velocemente ma spero in modo esaustivo, le risposte. Credo, senatrice Ricchiuti, che sicuramente la norma sulla prescrizione vada modificata, perché la legge del 2005 ha finito per avere un'incidenza soprattutto sui reati che riguardano la pubblica amministrazione, perché il limite di pena previsto ha finito per incidere soprattutto su reati di corruzione.
Il reato di corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio si prescriveva prima della riforma del 2005 in 15 anni, dopo la riforma del 2005 si prescrive in 7 anni e mezzo, quindi c’è stato un sensibile abbattimento. Ovviamente 7 anni e mezzo sono un termine infinito, ma con un sistema giudiziario in grado davvero di svolgere questa funzione in 7 anni e mezzo.
Considero quindi necessario intervenire sulla prescrizione. Come ? Esistono varie ipotesi, ma onestamente sono molto preoccupato dall'idea di intervenire interrompendo o sospendendo sine die la prescrizione, che considero un istituto di garanzia del cittadino.
Lo Stato deve assicurare entro un tempo decente un accertamento di qualunque tipo e l'idea, che sento avanzare da qualcuno, che dopo una sentenza di condanna di primo grado si possa interrompere sine die il meccanismo della prescrizione come masticatore del diritto mi lascia molto perplesso.
Ovviamente bisogna prevedere che dopo una sentenza di condanna i termini vengano rivalutati in modo diverso, perché, per quanto la sentenza di condanna Pag. 17non incida sulla presunzione di innocenza, è evidente che però c’è una prima affermazione che scalfisce la presunzione di innocenza, quindi si possono individuare meccanismi che, in presenza di una sentenza di condanna, prevedano la ripartenza di termini, che però devono essere comunque fissi perché l'accertamento di un reato a enorme distanza di tempo è comunque una sconfitta per lo Stato.
Non ho guardato la norma sull'autoriciclaggio, onorevole Sarti, ho una mia opinione che le dico per quello che può valere: sono da sempre fautore dell'autoriciclaggio, ma dell'autoriciclaggio che serve.
Ricordo sempre un'esperienza che ho vissuto al Massimario della Cassazione, quando realizzammo una ricerca su tutti i casi di riciclaggio per i quali era intervenuta la sentenza da parte della Cassazione, quindi una sentenza di condanna definitiva. Più dell'80 per cento delle contestazioni di riciclaggio riguardava il taroccamento di autoveicoli, ma che c'entra il taroccamento di autoveicoli con il riciclaggio ? La norma del 648-bis era stata introdotta per un altro fine e all'interno di quel 20 per cento, io penso che meno della metà riguardasse episodi di riciclaggio vero. Quindi, solo il 10 per cento riguardava il riciclaggio. La norma sull'autoriciclaggio è una norma utilissima purché tenda davvero ad avere un obiettivo chiaro: evitare che i proventi illeciti vengano inseriti nel sistema economico o che venga fatta nei confronti di esso un'attività di occultamento. Una norma troppo generica – mi scusi se semplifico – finirebbe per punire per autoriciclaggio il ladro del motorino che cambia la targa e lo utilizza per se stesso. Questo serve ? No.
Penso che l'autoriciclaggio serva a punire chi utilizza i proventi di attività illecite in attività economiche o che svolga attività di ostacolo vero nei confronti di questi beni, non conosco l'ultimo testo del Governo, non conosco la norma.
La prevenzione della corruzione e la repressione. Se l'ho detto, probabilmente ho espresso una cosa diversa da quella che intendevo, perché non intendo affatto sostenere che la prevenzione debba sostituire la repressione, ma anzi credo che una prevenzione non abbia senso senza repressione, che la repressione sia fondamentale. Ovviamente dobbiamo decidere cosa intendiamo per repressione, ma sicuramente mi sento di affermare con sicurezza che il numero degli episodi di corruzione che noi riusciamo a processare (non a condannare) è molto meno del 10 per cento rispetto a quelli che sono reali, e mi sono mantenuto a una percentuale alta.
Il vero problema è il dark number, come fare emergere i numeri neri della corruzione, quali possano essere gli strumenti, argomento sul quale una riflessione prima o poi andrà fatta.
Sulla banca dati, nei giorni scorsi mi è stato fatto visionare un regolamento che è ormai prossimo all'emanazione e che quindi dovrebbe finalmente porre in atto la banca dati.
Il regolamento mi sembra ben fatto, però nutro qualche perplessità sulla banca dati (non ha niente a che vedere con il mio ruolo attuale, anche per gli studi fatti in precedenza sull'antimafia): la banca dati è una cosa molto seria e utile se viene continuamente implementata, perché, se non viene implementata, rischia di dare falsi positivi.
Se siamo davvero in grado di operare il controllo su tutto quello che viene inserito nella banca dati, va bene, perché altrimenti basta cambiare una virgola per far sì che quella impresa diventi un falso positivo. Si tratta di quello che avviene per esempio per gli stessi certificati del casellario giudiziario, laddove, se per ipotesi cambio una lettera al cognome, risulto incensurato pur avendo cento reati alle spalle, ma lì esistono dei meccanismi di correttivi che sono anche quelli degli interventi della polizia.
La banca dati è uno strumento fondamentale perché può avere un effetto deflattivo, ma va fatta con grande attenzione e soprattutto va controllata nel corso della sua attività.
Ultimo passaggio. Credo che i 60 miliardi siano una cifra lanciata così, ho letto Pag. 18il rapporto dell'Unione europea, non ho capito in che modo siano giunti a questa valutazione e devo dire che mi lascia ancora più perplesso leggere che anche i proventi delle attività illecite (per fortuna non della corruzione) devono essere inseriti nel PIL, quindi introduciamo strumenti di valutazione che non hanno alcun dato scientifico.
Il punto vero è che, per fare la valutazione delle attività illecite, bisognerebbe avere elementi che ci possono essere con riferimento al traffico di droga, laddove la quantità di reati scoperta ha un significato statisticamente significativo, mentre non ce l'ha per la corruzione. Malgrado l'autorevolezza dei soggetti che l'hanno fatta, quindi, non riesco a capire da dove derivi questa stima, che mi sembra onestamente molto esagerata.
SALVATORE TITO DI MAGGIO. Scusi, dottor Cantone, è pacifico e assodato ormai che il sistema degli appalti pubblici al massimo ribasso sia antieconomico almeno per una parte contraente, che è quella statale, ma alla luce della sua esperienza questa norma andrebbe rivisitata, abrogata, perché in essa c’è terreno utile per l'elemento corruttivo ?
RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Guardi, è un argomento fra i più affascinanti, che ovviamente sarà oggetto di interesse del Parlamento quando discuterà del nuovo Codice degli appalti.
Il massimo ribasso è certamente uno degli strumenti più problematici che ci sono, ma è uno strumento problematico soprattutto se si inserisce in un sistema di appalti per il quale c’è la variabilità delle spese. Se infatti faccio il massimo ribasso sapendo fin dal principio di poter fare varianti o riserve, questo mi garantisce la possibilità di fare dei ribassi che non hanno effettivo senso.
Nell'Expo c’è stato ad esempio uno dei più grossi ribassi dell'ultimo periodo, che ha riguardato l'appalto più significativo della piastra, dove c’è stato un ribasso superiore al 40 per cento. È chiaro che il massimo ribasso dovrebbe far porre una domanda alla stazione appaltante perché, se io fossi la stazione appaltante e qualcuno mi facesse un ribasso del 40 per cento, concluderei che il mio progettista va mandato a casa perché, se non ha capito che si poteva fare a meno del 40 per cento, vuol dire che non capisce nulla, quindi è evidente che c’è un problema di progettazione !
Se poi andiamo a vedere la vicenda della piastra (non dico cose riservate perché sono su tutti i giornali), le riserve e le varianti fatte portano probabilmente a superare la base d'asta, per cui tutto sommato so fin dall'inizio che comincio con il massimo ribasso e poi ottengo per altre strade altri meccanismi.
Non credo che il massimo ribasso vada buttato a mare automaticamente, perché ha un senso quando ci sia una progettazione anche esecutiva molto dettagliata, quando si lavori davvero sulle offerte anomale, perché credo che un ribasso del 40 per cento sia un'offerta anomala a prescindere, e quando si limitino davvero i meccanismi delle varianti.
C’è una cosa che sarebbe interessante approfondire: ormai le grandi imprese hanno nei loro organigrammi i riservisti, quei soggetti che appena entrano in un appalto prima di mettere una pietra già scrivono venti riserve nei registri. Scrivere riserve è ormai un lavoro – legittimo – all'interno delle imprese, ma le riserve rappresentano lo strumento dietro il quale si nascondono spesso fatti di corruzione.
Il massimo ribasso è quindi pericoloso soprattutto per l'utilizzo che se ne fa in questi termini, ma l'alternativa qual è ? Per Expo ci siamo posti questa domanda, potendo anche formulare indicazioni, abbiamo fatto un vademecum, che la legge ci consentiva di fare con l'articolo 19.
Che consigliare, l'offerta economicamente più vantaggiosa ? Però bisogna capire quali siano i criteri di discrezionalità. Un'offerta economicamente vantaggiosa in cui si riesce a dare punteggi chiari può essere un'alternativa, altrimenti è difficile individuare una vera alternativa. Il tema è Pag. 19quello di evitare che ci possano essere revisioni successive dei meccanismi delle spese nell'ambito degli appalti.
LUISA BOSSA. Ringrazio il dottor Cantone per averci dedicato tutto questo tempo. Ho letto che dal 14 ottobre, cioè da oggi, partirà l'Allerta Anticorruzione (ALAC), un servizio di supporto che già lavora in oltre 60 Paesi. Ne sa qualcosa ?
RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Lo apprendo da lei. Mi informerò e le farò sapere. Grazie.
PRESIDENTE. La ringraziamo e le auguriamo buon lavoro. Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15.20.