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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Giovedì 23 ottobre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catania Mario , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo:
Catania Mario , Presidente ... 3 
Moncalvo Roberto , Presidente di Coldiretti ... 3 
Catania Mario , Presidente ... 9 
Cenni Susanna (PD)  ... 9 
Gallinella Filippo (M5S)  ... 11 
Mongiello Colomba (PD)  ... 11 
Catania Mario , Presidente ... 13 
Moncalvo Roberto , Presidente di Coldiretti ... 13 
Catania Mario , Presidente ... 17 

ALLEGATO: Documentazione presentata da Coldiretti ... 18

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO CATANIA

  La seduta comincia alle 14.40.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo. È con lui il professor Stefano Masini, responsabile dell'area ambiente e territorio.
  È inutile che vi segnali, perché lo conoscete perfettamente, l'impegno della Coldiretti come organizzazione nella battaglia contro la contraffazione, in particolare quella del comparto agroalimentare, ed è anche superfluo che vi dica che il presidente in carica è a sua volta particolarmente attento e impegnato sulla materia, per cui credo che oggi avremo un utile apporto.
  Senza ulteriore indugio, do la parola al presidente Moncalvo per la sua relazione.

  ROBERTO MONCALVO, Presidente di Coldiretti. La ringrazio, presidente, anche per la presentazione e per le parole che ha utilizzato, come ringrazio tutti voi. Per me e per Coldiretti oggi è un'occasione importante per fare il punto su un tema che viviamo con particolare intensità ormai da tempo.
  Anni fa ormai, infatti, abbiamo iniziato a parlare del tema della contraffazione, del falso made in Italy e anche della criminalità nel settore del cibo. Lo abbiamo fatto con convinzione e anche con la pubblicazione di lavori significativi, come due rapporti proprio sul tema delle agromafie, l'ultimo pubblicato nel corso del 2013. Per me, quindi, è un'occasione importante non tanto e non solo per definire i confini di questo fenomeno, ovviamente noti a tutti noi e a tutti voi, ma anche per fare un po’ il punto sugli strumenti a nostra disposizione, sulla situazione, su quali possano essere le azioni da mettere in campo nel prossimo periodo.
  Innanzitutto, sul tema della contraffazione, del falso made in Italy e dell'infiltrazione delle attività criminali sul tema del cibo, credo che sia importante quanto meno ricordarci i confini dei danni importanti che questo fenomeno genera.
  Da un lato, ci sono i danni materiali importanti e la stima ormai consolidata dei 60 miliardi di euro di Italian sounding, che già di per sé ci fa capire l'importanza di questo fenomeno. Esportiamo, infatti, 33 miliardi, ne abbiamo 60 di falso made in Italy stimato e capiamo quanta strada economica, culturale e di immagine possiamo fare affrontando questo tema.
  Vi sono, inoltre, i 14 di euro miliardi di valore, appunto un altro valore consolidato, stimato negli ultimi mesi sul tema delle agromafie. Sono certamente un altro valore importante, che fa capire l'entità dell'argomento di cui stiamo parlando. Pag. 4Sicuramente, altri danni seri dal punto di vista materiale riguardano anche attività che mettono in concorrenza sleale chi fa produzione vera con chi, invece, utilizza questi metodi.
  Sono danni materiali che riguardano anche i rischi per la salute dei consumatori e una serie di danni materiali su cui spesso si discute, ma che vale la pena ricordare: l'inganno per i consumatori e un danno di immagine veramente significativo che il nostro Paese ha soprattutto all'esterno nei riguardi di quelle tanti parti del mondo che hanno fame d'Italia, che cercano l'Italia sia come turisti e sia come consumatori quando vivono nei loro Paesi, ma che hanno voglia di un'Italia vera e che spesso e volentieri, quando si accorgono di essere frodati, reagiscono anche in modo significativo.
  Voglio cogliere l'occasione per ricordare le vignette del New York Times del gennaio di quest'anno: sono una prova provata di quanto una popolazione come quella degli Stati Uniti, fortemente interessata a comprare italiano, ma a comprare l'Italia vera, poi reagisca in modo assolutamente forte nel momento in cui si sente e si accorge di essere stata presa in giro rispetto alla qualità e alla sicurezza del prodotto che trova nel proprio Paese.
  Le condotte a cui assistiamo sono spesso ingannevoli e molte volte anche formalmente fraudolente, in termini di rischi per la salute, in termini di attività criminali che si generano, le quali attività dal campo arrivano fino alla tavola, fino allo scaffale del supermercato, fino ai ristoranti, agli esercizi pubblici che svolgono attività nel campo del cibo; attività anche più tradizionali, ahimè, come la distrazione di fondi pubblici nel campo dell'agricoltura e dell'agroalimentare, fenomeni come il caporalato, che comunque non dobbiamo mai dimenticare, legati all'inquinamento dei terreni e alla falsificazione di marchi, spesso ormai sempre più intrisi di un impegno concreto e quotidiano dell'attività criminale.
  È un tema che riguarda l'esterno del nostro Paese nel momento in cui esportiamo i nostri prodotti, ma è fortemente anche interno, perché le frodi si scoprono anche nel nostro Paese, con un'attività criminale, ad esempio, nel campo della produzione e della ristorazione pubblica. Ricordo oltre 5.000 punti tra ristoranti, bar e pizzerie gestiti direttamente o indirettamente da attività criminali.
  È un tema fortemente interno anche perché crea un circolo vizioso rispetto a un fenomeno importante come la crisi che stiamo vivendo con il calo dei consumi interni. Questo circolo vizioso rende le fasce più deboli del nostro Paese, dei nostri concittadini, consapevolmente o spesso inconsapevolmente, vittime di questi fenomeni fraudolenti.
  Qual è il ruolo di Coldiretti su questo tema ? Ho citato il lavoro che abbiamo fatto in termini di redazione di due rapporti agromafie, ma c’è un elemento nuovo a partire da quest'anno: abbiamo voluto fortemente creare un contenitore terzo, esterno, una fondazione che potesse, in modo terzo appunto, quindi mettendo insieme diverse competenze, storie, professionalità, in cui parlare di questi temi, promuovere proposte in termini normativi e anche di comunicazione e di divulgazione sul tema.
  Abbiamo promosso, appunto, la nascita di un osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e nell'agroalimentare. Distribuiremo anche una brochure che ne descrive le caratteristiche. Credo che l'elemento fondamentale sia un comitato scientifico presieduto da un personaggio autorevole quale Gian Carlo Caselli, che ha un'esperienza, che non ho ovviamente la necessità di ricordare, sul tema della criminalità e per l'impegno civile che ha sempre messo nel suo lavoro nei confronti del nostro Paese, e al cui interno troviamo le Forze dell'ordine, autorevoli magistrati, le istituzioni, che possono discutere di questi temi in termini propositivi e proattivi.
  Quello che riteniamo sia fondamentale fare è agire su più fronti: da un lato, il tema del controllo e della repressione, che sicuramente è un aspetto, ma dall'altro il tema della cultura e della difesa della legalità, che deve essere sempre più un Pag. 5elemento di conoscenza e di comunicazione quotidiana verso i cittadini, anche verso le imprese che lavorano in questo mondo e anche nei confronti delle istituzioni.
  Ripeto che dobbiamo agire dal campo fino alla tavola e anche nel merito di alcuni elementi che ho il piacere di sottolinearvi in termini anche di proposte rispetto ai nuovi strumenti di vendita e promozione del nostro made in Italy nel mondo.
  Voglio proprio partire di qui, dal web, dal mondo di internet, che sicuramente ci dà molte opportunità, ma che in questo momento diventa anche un luogo in cui si diffondono sempre di più attività, anche e soprattutto commerciali, on line, quindi di commercio elettronico, caratterizzate da informazioni ingannevoli o mancanti e che, però, si traducono in atti d'acquisto, a questo punto inconsapevoli, non corredati da quella necessaria quantità e qualità di informazioni che un consumatore deve avere.
  Ho stampato, insieme a Stefano Masini e alle persone che lavorano con me su questo tema, alcuni esempi. Se troviamo, su un portale importante di commercio elettronico sul tema del cibo, una bottiglia di olio dichiarato DOP ligure a 35 dollari per mezzo litro e poi non riusciamo ad avere le informazioni, è chiaro che stiamo danneggiando il consumatore in termini di informazioni mancanti. Si può anche metterlo a rischio per la salute se non si ha la coscienza per capire se ci sia una frode. Inoltre, si mette a rischio l'immagine del nostro Paese.
  Crediamo, quindi, che sul tema del web a oggi ci sia stato ancora un esercizio limitato, per non dire quasi totalmente assente di un'azione di polizia, di censura su questi temi che riguardano il web. Abbiamo assistito ad alcune azioni significative sul tema dei farmaci, ad esempio, ma crediamo sia necessario oggi, con lo stesso principio di difesa della salute dei cittadini, che si attivino, dal punto di vista delle indagini su quello che accade quotidianamente nel mondo di internet, delle azioni che riguardino anche il tema del cibo, non tanto e non solo per il danno economico e di immagine, ma anche perché dietro un'azione di frode può esserci un'azione a danno della salute dei consumatori.
  Questo è un primo tema che avevo particolarmente piacere di sottolineare, perché spesso il tema del web negli ultimi mesi si è risolto nella questione dei domìni, altrettanto importante, altrettanto irrisolta in questo momento. Siamo, infatti, davanti al paradosso di una realtà privata che sta gestendo in modo totalmente libero dei domìni strettamente collegati alla nostra tradizione alimentare e alla nostra cultura. Ci siamo allarmati nel momento del Vinitaly quest'anno sul tema dei domìni «vini», .wine, e comunque quei domìni che hanno a che fare col mondo del vino, ma oggi vediamo sotto scacco il tema della pizza, dei formaggi, tutti quegli elementi che fanno parte della nostra tradizione alimentare.
  Credo, quindi, che il tema del web vada affrontato su più fronti: da un lato, con la questione dei domìni, di cui abbiamo spesso parlato, dall'altro, con la necessità di compiere azioni importanti di censura vera e propria sul web a tutela della salute dei consumatori. Acquistare inconsapevolmente un prodotto contraffatto, adulterato e magari pagarlo anche in modo significativo perché si vede una pubblicità e non si dispone delle informazioni conseguenti, si può tradurre anche, talvolta ovviamente lo è, in situazioni di danno per la salute dei cittadini.
  La logica con cui stiamo affrontando il tema della legalità, della contraffazione, delle adulterazioni nel campo del cibo vuole anche partire in modo attento e significativo da un'analisi di quello che abbiamo. Spesso e volentieri, quando ragioniamo di questi temi, ci poniamo la domanda di cosa manchi, ma manca spesso un'analisi a priori di cosa abbiamo, degli strumenti a disposizione, se siano positivi o meno, sufficienti, ma soprattutto attuati nella loro massima completezza.
  Qui vorrei citarvi brevemente alcuni esempi di strumenti che abbiamo, di fatto però non ancora sfruttati al 100 per cento. Pag. 6Crediamo che il primo punto di partenza del nostro contributo anche ai lavori di questa Commissione sia proprio la possibilità di fare il punto su quello che c’è e di trasformare quello che c’è e ancora non è attuato in un'azione concreta e quotidiana. Citerò alcuni esempi molto rapidi.
  Già ai tempi della finanziaria del 2004, poi con una modifica avuta nel corso del 2011, avevamo avuto una norma interessante, significativa, proprio sul tema di un'azione contro le fallaci indicazioni riguardanti l'origine effettiva dei prodotti sulle confezioni del cibo. Indagini anche significative del Corpo forestale dello Stato avevano portato a sequestri ingenti di prodotti anche in termini quantitativi, tutti caratterizzati da confezioni che avevano bandiere italiane, segni distintivi, che chiaramente mettevano in relazione quelle confezioni di cibo con i nostri territori, ma che poi in realtà non ritrovavano alcuna coerenza nel momento in cui andavamo a vedere quale fosse l'origine vera dei cibi.
  Quella era un'architettura normativa interessante. Peraltro, per quanto riguarda proprio il cibo, e quindi la filiera dell'agroalimentare, per origine effettiva, quindi diversa dal tema dell'origine doganale, che non doveva essere messa in discussione e in confusione con segni distintivi, come una bandiera sulla confezione, quella è, poiché la norma è ancora attiva, chiaramente fatta coincidere con l'origine del prodotto agricolo contenuto all'interno.
  Quei sequestri di mozzarelle con la bandiera italiana o di prosciutti contorniati dal tricolore hanno rappresentato un'azione importante compiuta dal nostro Corpo forestale dello Stato, ma peccato che quest'azione si sia tradotta in una procedura EU Pilot, sulla quale non abbiamo ancora informazioni. Sappiamo che stenta a trovare una conclusione e questo deve farci riflettere rispetto a una norma positiva, utile, messa in discussione a livello europeo, ahimè, utilizzando la solita scusante della violazione dei diritti sulla commercializzazione e sulla libera concorrenza dei cibi.
  Citerò un altro flash sulla legge 3 febbraio 2011, n. 4, sull'etichettatura dei prodotti. Abbiamo conosciuto insieme la portata di quella legge, le difficoltà vere o presunte, che poi l'hanno mantenuta piuttosto ferma nella sua attuazione. Mancano ancora i decreti attuativi. Oggi, però, abbiamo un'altra opportunità che accogliamo con piacere e che il Governo sta cercando di far propria fin dai primi momenti: la possibilità di attuare in modo completo l'articolo 26 del nuovo regolamento n. 1169 del 2011, che entra in vigore il prossimo mese di dicembre.
  Si prevede, sostanzialmente, la possibilità che uno Stato membro, previa consultazione pubblica, possa capire con strumentazione chiara e concreta il sentiment dei cittadini rispetto alla necessità di avere ulteriori informazioni sull'origine di ciò che mangiano, del prodotto agricolo contenuto nel cibo, e che questo strumento della consultazione pubblica possa essere il punto di partenza per una nuova normativa nazionale che integri quella comunitaria.
  Questa è un'opportunità importante. Fin dai primi mesi di quest'anno, nell'ambito delle nostre attività sindacali, l'avevamo posta come questione necessaria. L'abbiamo vista tradotta in campo libero e proprio pochi giorni fa, durante il nostro forum di Cernobbio sull'agricoltura e sull'alimentazione, abbiamo avuto la dichiarazione ufficiale del Ministro Martina, impegnato a fare in modo che già dai prossimi giorni, probabilmente fin dal 7 novembre, ci sia la possibilità di attivare questa consultazione pubblica, iniziando così quest'iter, che sicuramente potrà aiutarci ad avere qualche strumentazione in più per affrontare un percorso di dialogo con il nostro livello europeo e fare in modo che ciò che i nostri consumatori chiedono, ciò che l'agricoltura del nostro Paese chiede, sia trasformato in norma.
  Ancora un passaggio importante è accaduto nel corso di quest'anno e dobbiamo tutti monitorarlo e fare in modo che si traduca in un'azione concreta: l'impegno del Ministro della salute, lo scorso mese di maggio, sull'eliminazione del cosiddetto Pag. 7segreto di Stato, cioè finalmente la pubblicazione dei dati relativi ai flussi commerciali dei prodotti agricoli importati nel nostro Paese per poi essere destinati alla trasformazione alimentare.
  È un altro passo importante per fare chiarezza su ciò che accade ogni giorno nel nostro Paese, e quindi per avere anche informazioni in più che ci consentano di capire dove questi flussi anomali di prodotto agricolo che entra nel nostro Paese vadano, se si traducano in un prodotto agricolo poi etichettato nella maniera corretta o se diventino anche questi oggetto di potenziali o reali frodi.
  Abbiamo ancora altri strumenti, e ne citerò due. Su questo tema, già negli ultimi anni, anche un'apposita Commissione che si occupava proprio di contraffazione nel settore agroalimentare aveva prodotto una serie di indicazioni importanti per il Parlamento. Credo che alcune di quelle indicazioni ancora non abbiano trovato una traduzione in termini normativi e propositivi, per cui pensiamo che quel lavoro, che risale alla fine del 2011, possa essere un buono spunto anche per i lavori di questa Commissione.
  Alcuni di quegli spunti, però, sono stati tradotti, e qui cito l'ultimo elemento a mio avviso positivo e che ci fa capire quanto sia già buona l'architettura normativa che abbiamo a disposizione oggi: la cosiddetta legge «salva olio». Lo faccio oggi con la gioia di poter commentare ciò che è accaduto ieri, che ha messo fine alla vicenda del tappo anti rabbocco, con il completamento dell'iter della legge comunitaria. Credo che valga la pena fare il punto su tutti gli aspetti che quella legge tocca e che a oggi, anche per la chiusura di quel percorso che si è chiuso per fortuna positivamente ieri, sono stati tenuti fermi.
  Abbiamo assistito ad alcuni casi importanti di come l'applicazione di quella legge sull'olio si sia tradotta anche in alcuni casi di sequestri importanti nei primi mesi dalla sua pubblicazione. Poi c’è stata una fase di rallentamento, in cui, anche proprio per la questione legata alla legge comunitaria, la legge non è stata sfruttata in tutta la sua potenzialità.
  Crediamo che ancora, dopo il risultato e la chiusura positiva di ieri, questa legge vada ripresa in mano per due motivi: ci dà strumenti forti sul settore della difesa di un prodotto fondamentale per noi come l'olio extravergine di oliva; credo sia anche un caso di studio utile per impostare strumenti analoghi sulle altre filiere a partire da quelle che già oggi hanno completato un iter sull'origine dei prodotti, sull'etichettatura, e che quindi si possono prestare in modo analogo allo stesso tipo di impostazione.
  Cito molto rapidamente alcuni aspetti secondo me significativi e importanti da riprendere. Certamente, è importante la parte iniziale della norma, che riguarda le misure sulla qualità dell'olio, anche con la possibilità di riconoscere il ruolo degli assaggiatori, quindi veramente di poter riconoscere la caratteristica organolettica di un prodotto agricolo importante per il nostro Paese come l'olio.
  Se scorriamo la legge e andiamo al Capo II e al Capo III, troviamo una serie di altri elementi che, secondo me, è importante poter utilizzare sull'olio in modo completo, ma soprattutto traslare anche su altri settori. All'articolo 4, «Divieto di pratiche commerciali ingannevoli», ritroviamo il principio che ho richiamato contenuto nella finanziaria del 2004 e che in quel caso ha inspiegabilmente portato a una procedura EU Pilot che non sappiamo ancora che fine avrà, ma che in questo caso è stato approvato, perché questa legge ha concluso il proprio iter anche di confronto con l'Unione europea.
  Se la norma funziona, da un lato, mi aspetto decisioni coerenti e conseguenti su quella procedura EU Pilot; dall'altro, come Coldiretti e come cittadino italiano, mi sento in dovere di chiedere l'applicazione di questa norma in modo significativo anche su tutti gli altri settori.
  All'articolo 6 è significativa la questione della perseguibilità penale rispetto ai reati connessi alle frodi e alle contraffazioni. All'articolo 10, che cito perché credo sia significativo per capire quanto già abbiamo, esercizio che non facciamo mai – di solito, riflettiamo su quanto ci manca e Pag. 8mai su quanto abbiamo – «Le norme contro il segreto dell'importazione agroalimentare», riguardano principalmente l'olio extravergine, e quindi il tema delle olive, e in realtà sono una strumentazione normativa che rafforza quella decisione del Ministro della salute dello scorso mese di maggio in termini complessivi, per cui c’è un lavoro tecnico in atto, ma non ancora tradotto in una pubblicazione effettiva.
  Cito ancora l'ultima parte della norma, in particolare al Capo IV, gli articoli 13, 14 e 15, che ci danno elementi di spunto importanti su un tema a oggi da affrontare, e cioè come dalla norma si passi all'azione di applicazione della norma, alle sanzioni e ai controlli. Qui ci sono alcuni elementi significativi sia in termini di sanzioni accessorie, come il sequestro, la confisca dei beni, ma anche l'impossibilità, per chi è condannato per reati di contraffazione, di aprire ulteriori attività imprenditoriali agroalimentari o di ricevere fondi pubblici per nuove attività che intenda intraprendere.
  Ho scelto per questa mia audizione di non elencare una serie di necessità, ma di ragionare su temi concreti, perché ripeto che secondo me è significativo fare il punto anche di quanto abbiamo e di quanto dobbiamo sfruttare meglio ciò che abbiamo.
  Concluderò con alcuni flash su altre azioni secondo noi necessarie, peraltro riprese nell'ultimo Capo della legge «salva olio». Una riguarda il tema delle sanzioni efficaci. Oggi, troppo spesso, compiere una contraffazione in campo agroalimentare conviene. Lo dico come provocazione, ma conviene. Quando, infatti, si traduce in una sanzione amministrativa di poche migliaia di euro, capite bene che una realtà imprenditoriale, magari anche significativa dal punto di vista della dimensione, cavandosela appunto con un'ammenda di poche migliaia di euro, può decidere anche che tutto ciò conviene rispetto al valore aggiunto di cui può usufruire nel momento in cui vende e posiziona i propri prodotti sul mercato.
  Abbiamo bisogno, invece, di un sistema di sanzioni che, da una parte, funga da deterrente rispetto al non comportarsi in modo corretto e, dall'altro, che sia abbinato a una certezza della pena, grazie a sanzioni importanti e certezza della pena in termini di tempi e di strumenti, come la sospensione e la chiusura dell'attività, per quelle realtà che una o più volte scelgono di compiere questo tipo di azioni.
  Un altro flash, il terzultimo, riguarda la necessità che a livello di procure distrettuali antimafia sia possibile agire anche sul tema del cibo, e quindi potendo perseguire in termini anche penali, attivando la possibilità di utilizzare gli articoli 515, 516 e 517-quater del codice di procedura penale.
  Il penultimo flash riguarda l'omessa tracciabilità, altro tema su cui ancora le sanzioni di fatto sono leggere o inesistenti. Questa deve essere non solo perseguìta, ma dal nostro punto di vista perseguìta anche penalmente, di nuovo come deterrente per imporre in modo chiaro quale deve essere la «retta via» per chi opera nel mondo dell'agroalimentare.
  Riprendo l'ultimo flash a partire dall'intervento del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Legnini, che abbiamo avuto l'onore di ospitare nel corso dei nostri lavori al forum di Cernobbio la scorsa settimana. Alla sua prima uscita pubblica a parlare nell'ambito di questi temi dell'agroalimentare, ha lanciato una proposta molto interessante dal nostro punto di vista e che in qualche modo accoglie un tema che avevamo anche lanciato alcuni mesi fa ed è oggetto anche dell'attività stessa dell'Osservatorio di cui avete ricevuto i materiali quest'oggi.
  Nel corso del proprio intervento, da un lato, Legnini rimarca la strategicità del cibo e, dall'altro, come estrema conseguenza, dice che dal punto di vista della magistratura, che comunque deve controllare, giudicare ciò che accade in termini di reati su questo fronte, è necessario rendersi conto che siamo carenti dal punto di vista delle conoscenze e delle competenze.
  Ha lanciato, quindi, la proposta secondo noi molto concreta ed efficace di Pag. 9lavorare per iniziare un percorso di formazione che possa coinvolgere all'inizio almeno 3-400 magistrati nel nostro Paese perché abbiano tutti gli elementi tecnici, normativi e anche di scenario che consentano loro di svolgere efficacemente, anche con tempi coerenti, le indagini su questi reati, dalle frodi alle sofisticazioni, a tutti i temi che possono mettere a rischio, da un lato, un settore strategico per la nostra economia oggi e nel futuro e, dall'altro, la salute dei consumatori.
  L'importanza del tema – concludo davvero – della contraffazione e delle frodi non può mai, dal punto di vista culturale, del racconto al pubblico e ai consumatori, abbandonarci. Richiamo la necessità che, ad esempio, nell'occasione di un appuntamento strategico come Expo, che parlerà di cibo, abbiamo la possibilità di andare come Paese a parlare del vero cibo in termini positivi, proattivi, di come si riconosce, si difende, si tutela e si promuove il vero cibo made in Italy.
  Questo tema va diffuso dal punto di vista culturale e anche dal punto di vista del dialogo con le istituzioni europee, che oggi hanno in mano alcune vicende importanti in corso di gestione che possono cambiare le prospettive, gli scenari del nostro made in Italy e dell’export del nostro cibo made in Italy nel mondo. Mi riferisco in primis alla vicenda degli accordi TTIP (Partenariato trans-atlantico per il commercio e gli investimenti), quindi agli accordi sugli scambi internazionali tra Unione europea e Stati Uniti, per i quali quello del cibo è un capitolo fondamentale a detta degli stessi negoziatori.
  Su questo, da un lato, dobbiamo cogliere la possibilità di tutelare meglio i veri prodotti italiani a partire dalle denominazioni d'origine; dall'altro, non dobbiamo abbassare mai per un momento la qualità del nostro sistema di produzione, che è una qualità italiana, ma che oggi è una qualità europea. Non bisogna, quindi, mai abbassare la soglia d'attenzione rispetto a temi fondamentali che partono dagli OGM, ma che vanno ben oltre e che riguardano la salute dei nostri consumatori.
  Penso al tema degli ormoni sulla carne bovina, degli antibiotici e dei trattamenti con la varechina sulla carne di pollo, della carne clonata, tutti argomenti che non sono assolutamente distanti dalla necessità di tutelare, difendere e promuovere il vero cibo made in Italy.
  Vi ringrazio per la vostra attenzione.

  PRESIDENTE. Sono io a ringraziarla, presidente, per questa relazione molto stimolante, di cui abbiamo sicuramente colto alcuni aspetti peculiari, a partire dal richiamo a quanto già esiste nella legislazione vigente in merito.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SUSANNA CENNI. Sono particolarmente contenta del contributo che il presidente Moncalvo è venuto a portarci questa mattina. Potrei brevemente dire che sono semplicemente d'accordo con tutto quello che ci ha esposto, ma voglio provare a entrare un po’ più nel merito di alcune questioni, anzitutto ringraziando per il lavoro che Coldiretti sta facendo su questo tema anche a nome del mio gruppo, del Partito Democratico.
  Credo che, francamente, ci sia anche oggi, nel modo con cui sono stati affrontati alcuni aspetti del fenomeno contraffazione del nostro Paese, dimostrazioni ampie di come non solo si presìdi il tema, ma anche dei grandi passi avanti che sono stati fatti, come nel caso dell'Osservatorio che è stato qui riportato. Penso anch'io, avendole ascoltate direttamente, ad alcune risposte importanti che sono arrivate anche la scorsa settimana a Cernobbio proprio da parte del vicepresidente Legnini.
  Considero questo un livello che ci aiuta a crescere complessivamente sul tema contraffazione, quindi esulando un attimo dal comparto dell'agroalimentare, che pure Censis ci ha confermato non più di qualche settimana fa essere, anche dal punto di vista del volume d'affari, il comparto forse più interessato dal fenomeno della contraffazione insieme al manifatturiero.
  Il mio è davvero un apprezzamento, perché credo che il vostro lavoro sia utile Pag. 10anche per tentare di aggredire uno dei temi che anche come Commissione ci siamo posti l'obiettivo di toccare: il rapporto, appunto, tra consumatore e prodotto contraffatto, in modo particolare nell'approccio dei giovani col prodotto contraffatto. Voglio sperare che sul versante dell'agroalimentare ci sia una sensibilità più alta di quanto non sia manifestata su altri prodotti. Se, infatti, c’è una tendenza del giovane adolescente a pensare che un prodotto pseudo-griffato possa essere acquisito a un prezzo più basso, sull'agroalimentare qualcosa di diverso, per fortuna, sta scattando anche grazie a tante azioni di sensibilizzazione che sono state fatte.
  Proverò, però, a formulare qualche domanda. Sorvolo su tutti i punti su cui siamo assolutamente d'accordo e sui quali credo sia in piedi un'azione anche molto forte da tempo del nostro gruppo parlamentare, come lo è tuttora. Penso all'impegno profuso per la legge sull'etichettatura, una delle poche approvata all'unanimità e che a tutt'oggi stenta a essere applicata compiutamente. Penso alla bella legge sull'olio e così via.
  Vorrei soffermarmi su alcuni punti di questo tipo. Lei, presidente, ha già affrontato alcuni nodi proprio sull'aspetto delle sanzioni. Se sull'olio credo che abbiamo, anche grazie ai parlamentari che si sono impegnati in questa direzione, una legge molto avanzata, non in tutti i campi è così. Cosa facciamo ? È sufficiente la legge che abbiamo varato sull'origine, sulla tracciabilità a garantirci su tutti gli altri punti ? Dobbiamo intervenire più compiutamente anche sullo stesso codice penale ? Mi piacerebbe avere una vostra valutazione anche alla luce del parere degli esperti che partecipano ai lavori del vostro osservatorio.
  Da più parti questa sollecitazione sta cominciando a venire, quindi per il nostro lavoro di Commissione d'indagine, e dunque di sollecitazione al Parlamento e al Governo rispetto a un aggiornamento, è interessante capire qualcosa di più anche da questo punto di vista.
  Mi sento di fare un'altra osservazione sui soggetti impegnati nell'azione di contrasto. Lei qui ha richiamato l'azione del Corpo forestale dello Stato. Tutti noi siamo consapevoli dell'importanza del ruolo svolto da questo Corpo, in molte realtà assieme ai Carabinieri. L'indagine che conosco meglio tra quelle più recenti riguarda la mia terra, l'olio d'oliva. In provincia di Siena, è stata condotta un'operazione ancora non conclusa completamente su olio, vino e così via, e c’è stato un egregio lavoro sia dei Carabinieri sia del Corpo forestale.
  Lei sa che il Governo sta ragionando sul riordino di tutto il comparto della sicurezza, dei Corpi di polizia. Una delle ipotesi a oggi ipotizzate in diversi strumenti di riordino che il Governo ha varato riguarda anche il Corpo forestale dello Stato: vorrei conoscere la vostra opinione su quest'ipotesi e, se ci avete ragionato, quali proposte, oltre a quella di resistere a quest'accorpamento, potremmo prendere in considerazione, soprattutto per evitare che gli sforzi compiuti in tema di coordinamento tra le Forze dell'ordine in questo campo vengano meno. Credo, infatti, che la priorità, al di là della geografia che si va a individuare, per quanto ci riguarda sia questa.
  Non voglio aggiungere altro perché credo che sarà davvero interessante capire se questa proposta annunciata dal vicepresidente Legnini andrà avanti, con una formazione adeguata anche dei magistrati che si trovano ad agire in questo campo.
  Colgo l'occasione per sollecitare il nostro presidente anche a chiamare alcuni magistrati, come il dottor Natalini, che hanno maturato un'esperienza veramente interessante per sventare un'organizzazione a delinquere abbastanza pesante nel campo dell'olio. Sarà interessante capire quali livelli di specializzazione si potranno mettere in campo.
  Ovviamente, sappiamo tutti che giochiamo un pezzo di questa battaglia in Europa, perché da lì passano una serie di leggi definitive, compreso il trattato tra Unione europea e Stati Uniti, sul quale ci auguriamo di avere qualche margine di Pag. 11intervento anche qualitativo. Ci stanno lavorando anche le Commissioni competenti, ma sappiamo che lì c’è un pezzo del nostro lavoro. Finché, infatti, non sarà sciolto definitivamente quest'equivoco – vogliamo chiamarlo così ? – della lettura e non ribadiremo anche con nostre norme la necessità di avere tracciabilità, origine, etichetta e così via, come un'articolazione delle norme sulla concorrenza, credo che rischiamo di non fare grandi passi avanti.

  FILIPPO GALLINELLA. Lei ha parlato, giustamente, di interventi anche di carattere penale. La Commissione contraffazione della precedente legislatura già aveva lavorato e portato indicazioni nella Direzione antimafia quando c'era il Presidente Grasso. Abbiamo presentato, e vorremmo un giudizio da parte vostra – potete darci un'occhiata – l'atto Camera 1407 proprio per la Commissione Giustizia che recepiva queste indicazioni, che abbiamo provato a mettere sia nel DL 91 sia nello Sblocca Italia, ma il Governo non ce le ha accettate.
  Anche con quello che può dirsi il vostro peso, dato anche dai tanti iscritti, potreste darci una mano per portare avanti questa lotta. Sicuramente, infatti, si va contro qualche interesse più grande del singolo produttore.
  Inoltre, vorrei chiedere la vostra posizione su un tema che ho sentito un po’ delicato. Noi Siamo contro l'accordo del TTIP così come formulato. Abbiamo sentito qualche dichiarazione di Vilsack, se non sbaglio il responsabile dell'agricoltura del Governo degli Stati Uniti, secondo cui praticamente l'accordo non si farà forse perché vogliamo troppe tutele sull'agroalimentare, già abbiamo un sacco di denominazioni d'origine, che loro non vogliono proteggere sul loro territorio. Inoltre, i sistemi di etichettatura sono totalmente differenti. Questi accordi internazionali sono spesso accompagnati da un sistema che si chiama ISDS (Investor-state dispute settlement), che è l'arbitrato internazionale.
  Mettendo tutte insieme queste cose, una multinazionale potrebbe fare causa a uno Stato proprio perché il sistema di etichettatura inficerebbe la loro possibilità o capacità di vendita per via dei costi. Qui possiamo anche discutere tutti i sistemi di etichettatura e tracciabilità che vogliamo, magari c’è l'accordo anche in Europa, ma ad accettare un accordo del genere, con questo tipo di arbitrato internazionale, bisogna ricordare che ci sono 500 cause nel mondo tra Stati e multinazionali, vinte sempre da queste ultime. L'ultima, presentata anche a Report, riguarda il salario minimo e la raccolta differenziata di rifiuti che fa in Egitto Veolia. Hanno stabilito un salario minimo a 120 dollari al mese, mentre loro avevano un contratto di 80: hanno fatto causa e l'hanno vinta, quindi andiamo oltre. Mi piacerebbe, nel caso in cui sposaste questa causa, che su queste questioni diceste assolutamente di no. Vi chiedo una posizione più esplicita su questo.
  Lei ha parlato anche di Expo. Qui ci sono anche visioni discordanti su quello che accompagna l'Expo, ma al di là di tutte le polemiche, che riguardano altre materie, vorrei porvi la questione del simbolo che il Ministero dell'agricoltura vuole dare a questi prodotti. Chiaramente, a noi sembra una deminutio. Abbiamo le DOP e gli IGP da promuovere: mettere un altro simbolo crea solo confusione, poi bisogna creare un simbolo ad hoc magari proprio per sponsorizzare quest'evento nei prodotti venduti e si può già utilizzare il simbolo dell'Expo stesso. Vi chiediamo, su questo marchio creato apposta, una presa di posizione decisa: sì o no, oppure, se vi sembra utile, perché.

  COLOMBA MONGIELLO. Presidente, l'ho ascoltata con molto interesse. Peraltro, conosco la vostra posizione in merito avendo partecipato alle diverse iniziative dell'Osservatorio delle agromafie, che penso audiremo nella persona del suo presidente, come abbiamo anche detto.
  Interverrò su una serie di questioni brevemente. Il tema dei flussi commerciali è di grande interesse. Insieme a molti altri colleghi del Gruppo PD, a suo tempo abbiamo presentato un'interrogazione. È Pag. 12importante conoscere il flusso delle materie prime, in maniera che sappiamo esattamente quanto entra nel nostro Paese, quanto è trasformato e quanto è commercializzato a sua volta per l'estero.
  Qui, infatti, non stiamo solo parlando di consumi interni. Citerò un breve esempio. Mi occupo del tema dell'olio, quindi voglio sapere anche cosa arriva, in maniera che possiamo sapere esattamente com’è trasformato, e cosa arriva nei mercati esteri. Questo significa adottare una misura che molti altri Paesi stranieri hanno già adottato: la trasparenza e la tracciabilità delle materie prime che entrano nel nostro Paese. L'hanno fatto anche già Paesi come la Romania e la Spagna.
  Al di là delle dichiarazioni della Ministra Lorenzin a suo tempo in questa specie di consultazioni, auspico che possano finalmente essere resi pubblici questi elenchi, in modo da sapere esattamente ciò di cui stiamo parlando.
  Un altro tema che ho ascoltato con interesse è quello delle sanzioni, che si ripropone nelle diverse audizioni che abbiamo fatto: che tipo di sanzioni, se questo quadro normativo italiano sia sufficiente per arginare il fenomeno del agromafie, se possiamo intervenire con strumenti normativi ulteriori o se siano efficaci quelli attuali.
  È una domanda che ci stiamo ponendo. Sentiamo anche dalle diverse audizioni che forse le sanzioni amministrative non bastano. Non spaventa, ovviamente, le imprese che fanno uso di questo sistema truffaldino la sanzione, e quindi dovremmo forse normare in maniera più efficace e avere strumenti anche di osservazione, di intervento, più moderni rispetto a quelli attuali.
  Mi ha fatto piacere che Legnini in questo convegno a Cernobbio abbia posto il tema della specializzazione dei magistrati. Ne abbiamo troppo pochi sul nostro territorio. La collega Cenni faceva riferimento al giudice Natalini, che conosco bene, perché è intervenuto anche su indagini che hanno riguardato il sistema della contraffazione dell'olio, ma soprattutto in un'indagine molto importante con grandi quantità di cibo sequestrato.
  C’è, quindi, il tema delle norme, se dobbiamo intervenire nel codice penale così come abbiamo fatto nella legge sull'olio, sulla quale non torno per conflitto d'interesse. Forse si può mutuare tutto l'impianto normativo penale che abbiamo utilizzato nella legge «salva olio» per altre filiere ? Sono strumenti efficaci ? Possiamo forse pensare a questi strumenti per utilizzare anche, come abbiamo fatto per colpire i patrimoni, la norma sulla perdita di contributi pubblici, la norma sulle intercettazioni, la norma sul 417 ? Abbiamo usato lì sanzioni efficaci: ritenete opportuno che questo quadro normativo possa essere trasferito per altre filiere ?
  Infine, qui parliamo anche del consumatore. Non stiamo parlando di altro tipo di prodotti, in relazione ai quali il consumatore è consapevole del fatto che sta acquistando materiale contraffatto, come per gli occhiali falsi. Qui stiamo parlando, invece, di un consumatore non consapevole, perché infatti non sa, visto il quadro normativo attuale, cosa sta consumando in quanto non esiste una tracciabilità completa che riguarda tutti gli alimenti.
  Il Parlamento ha normato all'unanimità, abbiamo fatto una bellissima battaglia parlamentare, ma di fatto si incrina a fronte di un quadro normativo europeo retrivo anche rispetto a fenomeni che lo stesso consumatore ha già metabolizzato. Credo, infatti, che il consumatore abbia già ritenuto fondamentale il quadro dell'etichettatura e della tracciabilità per poter scegliere un prodotto.
  Su questo punto, pensate che tutti i sistemi di comunicazione messi in atto finora siano efficaci ? Dico sempre che forse dovremmo utilizzare meglio anche alcune risorse per quel che riguarda la comunicazione. Stiamo per approcciarci a Expo, questo grande evento: tra i temi di Expo, c’è quello della contraffazione e forse su questo sarebbe il caso di fare il punto della situazione in maniera da pensare Pag. 13insieme a strumenti normativi efficaci perché questo prodotto possa essere tutelato.
  Concludo su un punto. Io faccio sempre una distinzione: un conto è la contraffazione, un conto l’Italian sounding, un altro fenomeno enorme, complesso, di cui forse non siamo a conoscenza vera di come impatti sul mercato. Forse nessuno lo sa. Giustamente, parliamo di cifre precognitive, ma di fatto non conosciamo benissimo quale sia l'entità di questo fenomeno.
  Faccio sempre riferimento a questo e sono molto preoccupata, perché forse è questo il tema. Se recuperassimo questa fetta di Italian sounding, allora forse potremmo dire che quest’export di 33 miliardi di euro potrebbe superare largamente i 50 previsti dal Presidente del Consiglio. Lì forse dovremmo intervenire anche con mezzi efficaci. Forse i trattati bilaterali e multilaterali ci aiuterebbero anche a intervenire su quel che riguarda la proprietà intellettuale, i marchi, le DOP, quindi la protezione dell'eccellenza del made in Italy.
  Pensate che tutto questo tema possa rientrare anche nel TTIP, che è uno dei temi di cui stiamo parlando ? Penso che ci sia stata un'inversione di rotta da parte del Governo italiano di non ratificare tout court questo trattato, entrando invece nel merito su alcune questioni. La difesa del made in Italy è una di quelle questioni e penso che da qui dovremmo ripartire. Ho concluso.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al presidente Moncalvo per la replica.

  ROBERTO MONCALVO, Presidente di Coldiretti. Faccio una premessa. In effetti, per deformazione professionale, inevitabilmente, ho parlato di agroalimentare, di cibo. Siamo consapevoli, ovviamente, che il tema della contraffazione va ben oltre il cibo, ma credo che parlare di cibo sia importante perché c’è una differenza, purtroppo, tra il settore del cibo e gli altri.
  Molto spesso, negli altri settori la contraffazione è un danno di immagine, magari per quel bambino che cuce la maglietta nel sud-est asiatico che noi compriamo con il marchio di una grande marca. Purtroppo, però, dico con rammarico che spesso e volentieri non abbiamo più nessun sistema produttivo da mettere in crisi qui. Per settori come il tessile, la moda, troppo spesso di fatto questo è solo più un danno di immagine.
  Sul cibo non accade così. Sul cibo, il danno è economico, futuro, che facciamo ai nostri giovani, che subiscono gli effetti di una disoccupazione che supera abbondantemente il 40 per cento e che, quindi, ci danno veramente la consapevolezza di quanto sia importante affrontare questo tema e sia doppiamente strategico farlo sul ciclo.
  Ripeto, infatti, che non è più solo un danno di immagine, ma fortunatamente e purtroppo, a differenza che per altri settori, che hanno sempre solo guardato al concetto del made in come a un concetto di capacità di saper fare, indipendentemente dall'origine della materia prima, e che poi si sono tradotti in delocalizzazione degli stabilimenti, vendita di marchi e così via, sul cibo, sebbene alcuni fenomeni di delocalizzazione ci siano stati e nonostante il fenomeno della vendita dei grandi marchi del cibo italiano spesso trasformati di fatto in fenomeni di Italian sounding, il discorso è diverso. Certo, dietro un marchio, un paesaggio italiano, spesso c’è qualcosa che di italiano non ha più nulla.
  Penso alla vicenda dei marchi, di nuovo, sull'olio che abbiamo perso alcuni anni fa e che sono stati oggetto questa primavera di un'azione forte del Governo spagnolo, che sostiene di dover tenere questi marchi perché gli servono per vendere le olive spagnole, che altrimenti non venderebbe.
  È chiaro, quindi, che è importante parlare di contraffazione nel cibo, di Italian sounding, che è una cosa diversa, ma che parte da una matrice comune, ossia la mancanza di trasparenza, di legalità diffusa sul settore.
  Vengo, però, alle domande. L'onorevole Cenni faceva una prima domanda sulle sanzioni. È sufficiente la legge sull'origine ? Sarebbe un bel passo in avanti se Pag. 14potessimo applicarla. Credo che l'opportunità di giocare con intelligenza l'applicazione dell'articolo 26 del nuovo regolamento comunitario, quindi a partire dalla consultazione pubblica, debba costituire un momento di ulteriore slancio rispetto a un percorso che parte in Italia, che non può non tenere conto della presenza del dialogo necessario con l'Unione europea, ma che non può neanche partire da quel principio per cui, siccome forse l'Unione europea ci dice che non è d'accordo, noi stiamo fermi. Con questo principio, siamo partiti dalla legge n. 4 del 2011 e a oggi di fatto non abbiamo ancora nessun decreto attuativo.
  La legge «salva olio» può essere uno strumento ? Sì, lo è. Credo che lo sia sull'olio, ma – è una prima risposta anche alla domanda dell'onorevole Mongiello – anche come opportunità di trasferire sugli altri settori un sistema, seppure applicato ancora molto poco. Di fatto, si è frenato, si è un po’ arenato nel momento in cui è partita la querelle con l'Unione europea sul tappo e, più in generale, sulla legittimità della norma, ma ci ha portato dei risultati interessanti che non avevamo potuto mai vedere prima.
  È importante, quindi, proprio in termini di efficacia delle sanzioni e di possibilità da parte del nostro sistema di controlli, che ho omesso di dire che è il migliore del mondo, che può ancora migliorare, ma è il migliore al mondo, ci viene invidiato da tutti per la capacità di fare indagini, di essere operativi nelle questioni. Sicuramente, lì dentro c’è una possibilità interessante di capire come, quando ragioniamo bene sulle sanzioni, e quindi andiamo verso sanzioni vere, uno strumento vero di deterrenza e di punizione nel momento in cui accadono questo tipo di frodi sia importante.
  La legge «salva olio» ci parla anche di come alcune sanzioni, che di solito sono amministrative, entrino anche nell'orbita della sfera penale. È evidente, quindi, che la necessità di fare in modo che ci sia non solo una sanzione amministrativa, ma anche penale, è assolutamente e quanto mai necessaria.
  Quanto ai soggetti, e quindi sui controlli, ho citato il Corpo forestale dello Stato perché ho citato due indagini compiute da loro. Potrei citare i Carabinieri dei NAS, la Guardia di finanza, un intero sistema di controlli che, come ho appena detto, è importante, significativo e dimostra di dare risultati in termini di indagini, di capacità di scoprire situazioni che mettono a danno la nostra economia e la salute dei consumatori.
  Credo che l'esperienza del Corpo forestale dello Stato, insieme con i Carabinieri dei NAS, che comunque hanno una specificità più sul fronte sanitario, ma comunque legata al tema del cibo, debba farci fare una riflessione di fondo in questo momento di ragionamento sul futuro assetto delle Forze dell'ordine.
  Il Corpo forestale è l'emblema di una specificità, di una Forza dell'ordine che fortemente si è saputa anche modificare al proprio interno in termini di capacità operativa negli ultimi anni, sapendosi mettere agli onori della cronaca perché pone la propria attenzione quotidiana nei confronti del cibo e dei territori. È una specificità che secondo noi non va persa.
  Nel momento in cui si ridefinisce un'architettura e una strutturazione del sistema delle nostre Forze dell'ordine, a prescindere dal fatto che si chiami Corpo forestale dello Stato o in un altro modo – è il Governo che deve capire quale sia l'architettura complessiva – credo sia importante rimarcare l'efficacia e l'unicità di una forza, di un corpo che pone la sua attenzione al territorio e al cibo non solo in termini ambientali, ma anche di ricadute economiche e in qualche modo sociali. Scoprire una frode, un'adulterazione o una sofisticazione vuol dire anche mettere sotto tutela la salute dei consumatori e credo sia un'esperienza che va valorizzata e assolutamente non persa.
  Sull'Unione europea ho già detto. Abbiamo affrontato per troppi anni proprio culturalmente il tema dell'Unione europea come un freno che quindi non si affronta, detto in parole molto, forse troppo semplici, ma credo abbastanza chiare.Pag. 15
  Oggi, alcuni atti e alcune prese di posizione, alcune vicende che abbiamo vissuto come cittadini in questi ultimi mesi anche da parte del Governo fanno sperare in termini positivi. Dobbiamo vivere l'Unione europea come un elemento con cui si dialoga, ma a cui si portano anche con decisione le proprie ragioni, anche quando parzialmente o completamente difformi rispetto al pensiero dominante.
  Sul cibo sappiamo che non siamo esattamente in linea con una visione di alcuni Stati dell'Europa del centro-nord, che hanno meno attenzione culturale, storica e anche economica rispetto a questo tema, ma dobbiamo avere la capacità di essere attivi e di portare là le nostre convinzioni, forti di un assetto normativo che, a partire dal citato regolamento comunitario n. 1169, oggi ci dà delle possibilità in più. Con la chiusura della vicenda che riguarda la legge «salva olio», se lì dei princìpi sono stati accettati per l'olio, farei molta fatica a sostenere una tesi per cui non posso applicarli sul prosciutto o su un'altra filiera.
  Torniamo, quindi, alla vicenda della legge finanziaria 2004 con quel percorso che poi si è fermato e quella procedura EU Pilot, per esempio, che ancora non si chiude e diventa un emblema di come l'Unione europea sia stata molte volte un freno, ma anche di come oggi, alla luce di questi ultimi elementi positivi, possiamo affrontare il nostro dialogo con l'Unione europea con un'altra tonicità, un'altra forza e anche la formalità di alcuni atti positivi, a partire dall'ultima, la legge «salva olio», che devono darci la forza di chiedere semplicemente coerenza rispetto a quanto è stato fatto nelle ultime situazioni.
  L'onorevole Gallinella parlava, ovviamente, del tema delle sanzioni, dei controlli. Crediamo che su questo tema dobbiamo lavorare tutti perché ci sia una prosecuzione e un rafforzamento sia sulle sanzioni sia sui controlli. Abbiamo visto di buon occhio, ad esempio, anche alcune novità che fanno capo al tribunale delle imprese, contenute nella riforma della giustizia in discussione in questi mesi, perché si possono anche lì introdurre alcuni elementi di contrasto e di rafforzamento delle sanzioni, che sono un ulteriore segnale positivo.
  Sull'accordo TTIP, credo che, come sistema agricolo e agroalimentare italiano, dobbiamo partire da una considerazione. Abbiamo una capacità e una sfida importante centrata sull’export dei nostri prodotti, ma con il nostro sistema di qualità, di garanzia e identitario. Dire sì o no rispetto alla possibilità di un accordo è limitante rispetto a un settore che, ripeto, esporta per 33 miliardi di euro.
  Se oggi vado da un produttore agricolo-agroalimentare e gli dico che da domani togliamo tutto e non esporterà più niente negli Stati Uniti, magari mi chiederà se ne sia proprio sicuro. Piuttosto, andiamo avanti così e vediamo di migliorare nel tempo.
  L'ho messa in modo molto semplice, ma il tema diventa non un dire sì o no, ma tenere la barra dritta rispetto ad alcuni criteri sui quali non possiamo trattare, che giustamente condivido in pieno essere tutti i temi del sistema di qualità e sicurezza alimentare, come dicevamo, dagli ormoni alla carne clonata, agli OGM e così via, e anche le altre vicende legate alla tutela delle nostre denominazioni d'origine e alla possibilità di difendere meglio i nostri marchi su quel mercato.
  Quello dell'arbitrato internazionale è un tema sicuramente delicato e complicato, su cui bisogna tenere l'attenzione in modo forte. Sicuramente, il rischio, se ci fosse una soluzione dell'accordo con una clausola di questo genere, potrebbe esserci. Devo dire che la vicenda e il racconto che ancora alcune industrie portano avanti, per cui il problema dell'etichetta sta nei costi, è veramente difficile da sostenere.
  Oggi le norme sulla tracciabilità esistono e, dal punto di vista sanitario, qualsiasi impresa della catena agroalimentare deve sapere tutto di quello che esiste nella confezione. Il tema è solo che oggi non è tenuta a comunicarlo e noi diciamo che Pag. 16domani dovrà comunicare alcune di queste informazioni, a partire dall'origine del prodotto.
  Non si può sostenere, nell'epoca delle tecnologie informatiche, moderne e a costi bassissimi, che diventa un fattore limitante per lo sviluppo di una multinazionale allungare di due righe un'etichetta. Voglio sperare che abbiamo un sistema di gestione di eventuali iniziative di questo tipo che ci tuteli, ma condivido i rischi. Condivido il fatto che il rischio esiste.
  Ancora su Expo e sul segno distintivo, anzitutto dobbiamo capire cosa accade a quest'idea che abbiamo letto sullo Sblocca Italia e che si sta a mano a mano formalizzando. Nelle prime dichiarazioni si parlava di un segno distintivo immaginato sul mercato degli Stati Uniti, da lanciare in occasione di Expo, ma da destinare ai prodotti che vanno negli Stati Uniti.
  Credo che il segno distintivo sia interessante nella misura in cui diventa l'occasione per capire a chi lo diamo e a chi non lo diamo. Se diventa un elemento che si aggiunge di fatto a tutte le confezioni sulla base dell'origine doganale, allora non abbiamo fatto una buona operazione. Va bene se, invece, diventa l'occasione per dire cosa sia il made in Italy e che può scaricare al massimo sui territori la propria potenzialità economica, che vuol dire capacità di trasformare nel nostro Paese, di pagarci le tasse, di utilizzarne il sistema di servizi, dalla logistica in poi, facendo crescere tutta la produzione agricola che possiamo avervi per tutti quei settori in cui, al di là della nostra autosufficienza o non autosufficienza alimentare, negli ultimi anni stiamo perdendo posti di lavoro, prima di tutto, e ettari coltivati o animali allevati.
  L'esempio della filiera suinicola è molto chiaro. Siamo un settore strutturalmente deficitario. Va benissimo, ma non si spiega il motivo per cui continuiamo a perdere capi allevati e posti di lavoro. Le due questioni non tornano. Se sono in un settore che non è autosufficiente, sicuramente dovrò ammettere che entra del prodotto dall'estero, ma devo anche pensare che non solo devo mantenere il sistema produttivo di allevamento su quella filiera, ma magari posso anche costruire un percorso per potenziarlo. Se accade l'opposto, qualcosa non torna.
  In definitiva, quindi, il segno va bene nella misura in cui si coglie l'occasione per capire a chi darlo. È chiaro che quando si va all'estero, bisogna farlo diventare un marchio registrato in qualche modo tutelato. Lì le questioni sono complicate, ma ripeto che a oggi non abbiamo ancora chiarezza – c’è ancora un iter in corso – di cosa sarà. Lo salutiamo con l'attenzione di chi vive nel nostro settore e ha la necessità che qualsiasi strumento nuovo attiviamo aiuti a fare chiarezza e mai a far confusione, negli interessi dei consumatori, prima di tutto, e dei nostri produttori.
  Onorevole Mongiello, sui flussi commerciali la battaglia è fondamentale. Torno in pieno conflitto di interessi dicendo che quello che è contenuto sulla legge «salva olio» e che oggi c’è sull'olio può essere un elemento di ulteriore stimolo al Ministero della salute per chiudere la partita sugli altri settori.
  La portata di un'iniziativa del genere è sotto gli occhi di tutti. Poter, ad esempio, valorizzare un lavoro che già l'Agenzia delle dogane fa e che ci consente di capire ciò che ogni giorno entra nel nostro Paese, può essere tradotto in un'analisi su quanto olio lampante entri, dove vada. Se nel territorio in cui va si produce solo olio extravergine d'oliva, probabilmente qualcosa non torna, si sta compiendo qualche frode, per cui è necessario, sulla base di quei dati, far partire alcune indagini.
  Se scopro che del concentrato di pomodoro arriva dalla Cina e va al porto di Salerno, dovrò capire cosa succede al tessuto produttivo lì intorno, quali siano le caratteristiche dei prodotti che escono da quegli stabilimenti industriali. Avere queste informazioni può essere lo stimolo e il motivo di inizio di nuove indagini da parte del nostro sistema di controlli.
  Ho già detto che la legge «salva olio» è, a nostro avviso, un'architettura buona ed efficace e che può essere trasportata sulle altre filiere.Pag. 17
  È vero che dobbiamo lavorare di più in termini di comunicazione sul consumatore, su tutti i fronti, a partire da quello della contraffazione. È chiaro che è molto più semplice comunicare in modo efficace quando si ha un sistema di regole chiaro e sedimentato. Oggi è facile, anche se possiamo fare di più, comunicare la verità di una DOP, ma purtroppo è molto più difficile comunicare la verità di una mozzarella, per la quale non c’è ancora l'etichettatura. Non si hanno elementi normativi cui far riferimento. Non si può dire al consumatore di leggere l'etichetta, perché quello, anziché essere un elemento che aiuta, è un elemento fuorviante nel caso di quella metà della spesa non ancora normata.
  L'ultima vicenda è, giustamente, la sottolineatura della diversità tra il tema della contraffazione e dell’Italian sounding. Sono due temi diversi, ma che in qualche modo camminano in parallelo, soprattutto perché partono da una matrice comune, che è la mancanza di trasparenza. Nel torbido si annida prima di tutto l'attività criminale e anche tutte quelle attività comunque ingannevoli o fraudolente che fanno del male alla nostra economia e ai nostri consumatori.
  Spero di aver risposto a tutti e vi ringrazio ancora per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Siamo noi, presidente, a ringraziare Coldiretti e lei personalmente per l'impegno, il contributo, per tutto quello che viene fatto in termini di contrasto alla contraffazione oltre che, naturalmente, per tutte le cose che ci ha detto oggi. Sono cose che terremo ben presenti nel seguito dei lavori.
  Ambizione di questa Commissione è fare, al termine del percorso, precise proposte anche di carattere normativo e sono certo che le vostre indicazioni saranno ben tenute presenti in questo percorso.
  Dichiaro conclusa l'audizione e dispongo che la documentazione presentata sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna.

  La seduta termina alle 16.

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