Audizione del presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti, Vincenzo Iacopino:
Fava Claudio , Presidente ... 2
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 2
Fava Claudio , Presidente ... 4
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 4
Fava Claudio , Presidente ... 4
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 4
Fava Claudio , Presidente ... 5
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 5
Fava Claudio , Presidente ... 5
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 5
Fava Claudio , Presidente ... 6
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 6
Fava Claudio , Presidente ... 6
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 6
Fava Claudio , Presidente ... 6
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 6
Vecchio Andrea (SCpI) ... 6
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 6
Fava Claudio , Presidente ... 6
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 7
Fava Claudio , Presidente ... 7
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 7
Fava Claudio , Presidente ... 8
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 8
Fava Claudio , Presidente ... 8
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 8
Fava Claudio , Presidente ... 9
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 9
Fava Claudio , Presidente ... 9
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 9
Fava Claudio , Presidente ... 9
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 9
Fava Claudio , Presidente ... 9
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 9
Fava Claudio , Presidente ... 9
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 9
Fava Claudio , Presidente ... 10
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 10
Fava Claudio , Presidente ... 10
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 10
Fava Claudio , Presidente ... 10
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 10
Fava Claudio , Presidente ... 10
D'Uva Francesco (M5S) ... 11
Vecchio Andrea (SCpI) ... 11
Fava Claudio , Presidente ... 11
Vecchio Andrea (SCpI) ... 12
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 12
Vecchio Andrea (SCpI) ... 12
Fava Claudio , Presidente ... 12
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 12
Vecchio Andrea (SCpI) ... 12
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 12
Vecchio Andrea (SCpI) ... 13
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 13
Fava Claudio , Presidente ... 13
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 14
Fava Claudio , Presidente ... 14
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 14
Fava Claudio , Presidente ... 15
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 15
Fava Claudio , Presidente ... 15
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 15
Vecchio Andrea (SCpI) ... 15
Fava Claudio , Presidente ... 15
Vecchio Andrea (SCpI) ... 15
Fava Claudio , Presidente ... 15
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 15
Fava Claudio , Presidente ... 16
Iacopino Vincenzo , presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti ... 16
Fava Claudio , Presidente ... 16
Comunicazione del presidente:
Fava Claudio , Presidente ... 16
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CLAUDIO FAVA
La seduta comincia alle 14.10.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Audizione del presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti, Vincenzo Iacopino.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti, Vincenzo Iacopino, che ringrazio di essere con noi e di aver accolto questo invito.
L'audizione odierna avrà per oggetto il tema del rapporto tra criminalità organizzata e mondo dell'editoria e dell'informazione.
Ricordo che il dottor Vincenzo Iacopino è già stato ascoltato in Commissione antimafia, nella scorsa legislatura, nella seduta del Comitato cultura della legalità, scuola, università e informazione svolta il 2 febbraio 2012, sempre sul tema del ruolo dell'informazione e del contrasto alla criminalità organizzata e sulle vicende dei cronisti minacciati.
Faccio, infine, presente che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta.
Il nostro incontro oggi si inserisce anche nell'approfondimento che un nostro Comitato ad hoc sui rapporti mafia e informazione sta completando in queste settimane. Questa è una delle ultime audizioni. Abbiamo ascoltato colleghi giornalisti, e non solo, per avere un panorama il più possibile nitido e a fuoco di tutti gli aspetti che questo tema ci propone. Non si tratta soltanto del tema più dolente, quello dei giornalisti minacciati e delle molte forme e dei molti percorsi che minacce e intimidazioni seguono, ma anche delle conseguenze che questo clima può avere avuto, determinando anche sacche di informazione reticente o compiacente.
Noi pensiamo che entrambi i punti vadano sviluppati. Raccoglieremo punti di vista ed esperienze molto significative nella relazione che tra un po’ sarà presentata.
Do la parola presidente Iacopino. Poi porremo un po’ di domande per approfondire alcuni punti.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Io sono qui con il segretario dell'ordine, Paolo Pirovano. Vi ringrazio per questo invito perché è il segno di un'attenzione non usuale. In genere il mondo della politica si occupa dei giornalisti quando vengono ammazzati, quando succedono delle cose estreme, anche se non tragiche, come agguati mortali, che, per fortuna, non si verificano da tanto tempo.
L'ultimo, come ricorderete – credo che il presidente Fava in particolare potrà ricordarlo, perché è avvenuto proprio nella sua Sicilia – ha riguardato Beppe Alfano, del quale per tanto tempo non si riuscì neanche a parlare. Poiché aveva una posizione politica non ortodossa, sembrava che fosse un morto non esistente.
Abbiamo avuto modo di parlarne poco tempo fa, il 3 maggio dello scorso anno, a Cagliari, in occasione della giornata della memoria, con la moglie e con il figlio, che non riesce ancora, a distanza di tanti anni, a citare il padre senza andare in panne, in difficoltà.
Vi ringrazio per questo. Vi risparmio molte delle cose che so, avendo guardato Pag. 3i resoconti delle audizioni che avete fatto e vi ringrazio, in particolare, per essere andati sul territorio e per non esservi limitati ad ascoltare noi, che qui, dal centro, abbiamo una visione, purtroppo, non complessiva della situazione. Lo diceva anche il presidente Fava: non tutte le intimidazioni vengono denunciate perché misurarsi con la paura, convivere con la paura in una realtà medio-piccola non è semplice e io credo che sia anche al di là dell'eroismo.
Ringrazio anche il presidente Fava per non aver nominato la parola «mafia», ma aver parlato della criminalità. È riduttivo ipotizzare che l'intimidazione ai giornalisti venga dalla mafia, dalla camorra o dalla ’ndrangheta. Ci sono intimidazioni molto diffuse che vengono dalle tante criminalità.
Posso citare tre casi. Uno è fresco, perché è di ieri. L'osservatorio Ossigeno ha pubblicato la notizia della condanna dell'ex sindaco di Calvi Risorta, un comune in provincia di Caserta, il quale è stato condannato perché aveva perseguitato con una serie di querele un pubblicista, Vito Taffuri, che peraltro è anche un agente di custodia. L'agente di custodia venne perfino sospeso dal suo lavoro per aver denunciato le collusioni tra la criminalità e l'amministrazione.
È una situazione analoga a quella che era avvenuta a Sedriano con Ester Castano. La consideravano tutti matta, fino a quando il Ministero dell'interno decise di dover sciogliere quel comune per infiltrazioni mafiose.
Da ultimo, Ester Castano ha fatto un colloquio con Burger King per poter pagare l'affitto di casa. Lo dico perché si sappia che c’è un mondo diverso da quello che noi, me compreso, frequentiamo. Ha dovuto fare un colloquio da Burger King, perché i giornali per i quali collaborava e che le erano valse le intimidazioni, le minacce e tutto il resto la pagavano 3-4-5 euro, tasse comprese, ad articolo.
Volevo citarvi anche altri due casi e poi uno un po’ più in dettaglio, che ci portano alla storia dell'inchino nella mia Calabria – io sono di Reggio Calabria – e alla contrapposizione sistematica tra il sindaco di quella città, che ha fatto delle azioni legali nei confronti di un collega, il quale aveva contribuito a rendere pubblico quanto era accaduto. Non mi riferisco a Michele Albanese, che per quella vicenda è finito e continua a vivere sotto scorta.
Sempre nella mia Calabria un collega che credo abbia avuto un rapporto recente con la Commissione si è visto chiedere per due articoli 500.000 euro di danni con una lettera da un magistrato: se non avesse pagato 500.000 euro, sarebbe stato portato davanti al tribunale.
Vi immaginate come vivono i colleghi che vedono nella loro cassetta della posta queste raccomandate o che ricevono queste raccomandate ? Ricevono la richiesta di centinaia di migliaia di euro di danni veri o presunti per poi magari, a ridosso dell'udienza conclusiva, sentirsi proporre una remissione della querela. Sto parlando di parte penale, perché poi ci sono le citazioni in civile, che sono solitamente molto più, quanto a richieste, onerose.
Voglio citare, in particolare, un caso che non ha probabilmente alcun collegamento con la criminalità, ma con un'idea di condizionamento dei giornalisti e dell'informazione. Vi cito un caso di Matera.
Un piccolo settimanale, che si chiama Il Resto, riceve una querela per 140 articoli nell'arco di quattro anni. Le querele sono circa sessanta e gli anni vanno dal 2006 al 2010. Tutti questi procedimenti, tranne sette od otto, si sono conclusi con l'archiviazione o con il proscioglimento, con le formule varie. Ne rimangono aperti sette od otto.
Chiariamo un punto: i giornalisti commettono errori e possono essere perfino in mala fede a fare operazioni. Per quelli che sono in mala fede, come abbiamo avuto modo di dire alla Commissione giustizia, che sta mettendo a punto una sciagurata legge sulla diffamazione, noi non abbiamo alcun interesse. Chi fa operazioni non ci interessa. È transitoriamente all'interno dell'ordine dei giornalisti fino a quando non ci sono gli elementi per liberarci di queste persone, ma gli errori si commettono. Le condanne su 140 articoli sono Pag. 4state due in primo grado. Si tratta di articoli del 2006. Non viene fissata l'udienza per la celebrazione del grado di appello, perché si conta che si possa dichiarare l'estinzione per avvenuta prescrizione.
Posso dirvi che i colleghi de Il Resto rinunceranno alla prescrizione perché vogliono essere giudicati. Cito uno di questi processi avallati da un magistrato. Un allora parlamentare della Repubblica propone una serie di querele contro questo giornale, contro settanta articoli. Il giornale gli scrive: «Se il senatore ritiene di essere stato diffamato, ci quereli pure. Affronteremo serenamente il giudizio. Prima di querelarci, rinunci alla corazza dell'immunità parlamentare, altrimenti la sfida non è ad armi pari. E così, un cavallo e una lancia, risolveremo le cose come si usava nel Medioevo».
È ironia di dubbio gusto, sì, strappa forse un sorriso, ma non al pubblico ministero, il quale, scrive il collega, lo accusa di violazione dell'articolo 610 per violenza privata, perché, con questa frase testuale, «minacciava il senatore, invitandolo allo scontro fisico con l'uso delle armi». Gli hanno perquisito la casa...
PRESIDENTE. Può riferire, per i nostri atti, il nome del giornalista ?
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Il giornalista si chiama Nicola Piccenna. Il senatore era l'allora senatore Nicola Emilio Buccico.
Gli hanno perquisito la casa. Devo dire la verità: ci sono andato. Questo cavallo non riusciva a salire per le scale perché erano proprio strette, erano quelle scale circolari strette strette. Non riusciva a ruotare. Non hanno trovato, ovviamente, né il cavallo, né la lancia.
Questo procedimento ha girato varie procure. A Catanzaro era il n. 1934 del 2013. È stato definito con una richiesta di archiviazione accolta il 31 luglio 2014 per infondatezza della notizia del reato.
Qualcuno paga ? Qualcuno compensa l'intimidazione che deriva da settanta articoli querelati ? Qualcuno domanda ? Davvero si può credere che con un cavallo e una lancia evocati nel 2000 e non so quale anno, si possa minacciare qualcuno ?
Ci sono stati sette mesi di intercettazioni per individuare il sito in cui veniva ospitato il cavallo e in cui veniva nascosta la lancia, sette mesi di intercettazioni, con oltre 10.700 telefonate intercettate. Da nessuna è venuto fuori alcun elemento di contestazione.
Volevo citare un altro caso. Purtroppo, io vado in Sicilia, anche se la mia Calabria non sta meglio. A Partinico io sono stato costretto ad andare a testimoniare perché c'era Pino Maniaci sotto processo per esercizio abusivo della professione, in quanto non era iscritto all'ordine.
La legge prevede che, prima di iscriversi all'ordine si debba avere – il senatore Mineo potrà confortarci – un percorso di due anni, documentando un'attività continuativa e retribuita. In quel processo con una testimonianza l'hanno, ovviamente, prosciolto. Non so quanto sia costato quel processo allo Stato.
Io chiesi all'allora prefetto di Palermo di disporre una sorveglianza a Pino Maniaci. Mi chiamò dopo alcuni giorni dicendo...
PRESIDENTE. Sa chi era il prefetto di Palermo ?
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. No. Era qualche prefetto fa. Era l'anno 2008-2009.
Il prefetto di Palermo mi chiamò dopo alcuni giorni e io andai a fargli visita. Mi chiamò dopo alcuni giorni dicendo che il comitato per la sicurezza non ravvisava elementi, ma che comunque era possibile predisporre una telesorveglianza attorno a casa dell'oggi collega Maniaci.
Io risposi: «Bene, almeno è qualcosa. Come facciamo ?». Mi dissero: «Il Maniaci acquisti le telecamere. Poi le colleghiamo noi con la stazione dei carabinieri». Questo al costo di 20.000 euro, che Maniaci credo non abbia mai visto in vita sua tutti in una volta da lontano. Anche questo è un modo per intimidire.
PRESIDENTE. Chiedo una precisazione, presidente. La denuncia per esercizio abusivo della professione...
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Era nata dalla procura.
PRESIDENTE. Di Palermo ?
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Sì. Partinico vi rientrava per competenza. Era nata dalla procura. Adesso non ho gli atti, ma ve li posso procurare.
Queste sono intimidazioni ancora più gravi, più violente e più incisive della minaccia che Taffuri riceve da un signore legato alla camorra, il quale va a dirgli che la deve smettere di parlare male dell'amministrazione comunale.
Avere un risultato positivo è davvero molto complicato. C’è una nuova strada che ha aperto il tribunale di Milano, che, proprio pochi giorni fa ha condannato una grossa azienda collegata alla FIAT a risarcire i danni a due giornalisti che erano stati citati in giudizio per aver pubblicato degli atti giudiziari che non erano, peraltro, neanche più coperti da segreto legato alle indagini. Anche questo è un tentativo di intimidazione.
Di esempi ve ne potrei fare tanti e voi ne potreste fare tanti a me. Come vi dicevo, vi ho risparmiato la citazione dei colleghi, uno dei quali fa parte di questa Commissione, peraltro, che dalla Sicilia all'Emilia-Romagna sono stati interessati. In questo Nicola Gratteri aveva perfettamente ragione quando diceva, inascoltato, che la ’ndrangheta aveva invaso l'Italia.
Nell'audizione precedente io ero seduto su quei banchi, c'era un'organizzazione diversa e accanto a me c'era Giovanni Tizian, che raccontava quello che gli era capitato. Nessuno, quando lo scriveva, gli credeva. Poi scopriamo che a Reggio Emilia c’è un intero quartiere che chiamano Cutro 2. Recentemente fanno una retata all'interno della quale figura anche un giornalista sospeso dall'ordine professionale in precedenza per altre ragioni.
Che cosa desidero sottoporvi ? Noi abbiamo la necessità di sapere di chi sono i giornali. È una necessità. Nel 2012 io segnalai che un giornale della Campania aveva pubblicato per due giorni consecutivi in prima pagina la foto di un cadavere che emergeva da un laghetto. L'aveva pubblicata per due giorni consecutivi, in modo che chi non l'aveva visto il primo giorno riuscisse a vederlo il secondo. Si trattava di un esponente di una delle cosche della zona.
Occorre capire quali sono le reali proprietà dei giornali, non nel sud. Se ci diciamo che la criminalità è ovunque, occorre capire di chi sia la proprietà dei giornali con l'istituzione di un registro che non vuole e non deve essere assolutamente limitativo della libera iniziativa. Vogliamo, però, tutelare i cittadini, vogliamo consentire loro di sapere a quale interesse corrispondono alcune iniziative che nascono in maniera precaria ?
In secondo luogo – penso che ve l'abbiano sottoposto i colleghi di Ossigeno, un osservatorio organizzato dall'ordine della federazione della stampa – il pericolo maggiore per i colleghi che onorano questo mestiere e che per questo vengono sottoposti a minacce di ogni tipo, compresa quella della fame, che non trascurerei, è che si spengano i riflettori su di loro.
Le criminalità crescono nel buio. Se noi – ricordo quando posi questo problema a proposito di Lirio Abbate, a Palermo, in una marcia che organizzammo – teniamo l'attenzione accesa, i riflettori accesi e puntati su questi colleghi, loro sono più forti, noi siamo più forti e i diritti dei cittadini di avere un'informazione completa, veritiera e – aggiungo sempre – rispettosa delle persone vengono maggiormente tutelati.
L'idea è di caldeggiare la creazione di un registro che riferisca quali sono gli assetti proprietari reali di tutte le testate, non solo nel Mezzogiorno, e di creare un comitato o una commissione che possa diventare il punto centrale per la conoscenza di questi fenomeni.Pag. 6
Noi abbiamo delle difficoltà. Perfino il Ministero dell'interno, se noi chiediamo chi sono i colleghi che hanno bisogno di un'attenzione, non risponde. Ne posso capire le ragioni, ma vi prego di valutare il rischio che il buio può determinare o moltiplicare per i colleghi.
Passo all'ultima cosa che voglio dirvi. Ho letto le interviste contenute in un volume che nasce grazie al vostro aiuto. Io non so se gli onorevoli membri della Commissione abbiano avuto modo di leggerlo, ma io vi pregherei di leggere le affermazioni di Francesco La Licata, Ciccio per noi...
PRESIDENTE. Si riferisce al rapporto di Ossigeno ? L'abbiamo acquisito poco fa.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Sì, sto parlando di quello. Vi pregherei di leggere che cosa racconta sui documenti che riguardavano le denunce di Buscetta. Lui è in ferie e riesce a procurarsele. È uno bravo.
PRESIDENTE. Abbiamo parlato a lungo anche con il direttore del Giornale di Sicilia Pepi.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Ha detto che non se ne ricorda ?
PRESIDENTE. Ovviamente sì.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Lo sapevo. Conosco Ciccio La Licata e so che neanche sotto tortura direbbe una bugia. Lui racconta che torna dalle ferie perché acquisisce questo materiale, scrive a il primo articolo e gli dicono: «Dacci le carte e torna in ferie». Lui le carte non gliele dà. Poi lo chiama un altro collega, con il quale ha un rapporto più personale, e gli dice: «Va bene, te le do, ma le do a te e le devi usare solo tu. Non le devi dare a un altro», con riferimento a un altro che gli era stato prima indicato. Di queste carte non si è avuta più notizia.
ANDREA VECCHIO. Una copia l'ha conservata ?
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Ci può giurare che l'ha conservata. Io credo che poi sia diventato, per fortuna, tutto pubblico. Nessuno, però, si è mai posto domande su questo.
Domandiamoci, quindi, che cosa succede nei giornali, chi sono i reali proprietari, a chi rispondono le società più o meno fantasiose, perché ce ne sono tante, e teniamo accesi insieme, con la collaborazione assoluta da parte delle forze dell'ordine – vi prego di crederlo – i riflettori su chi onora questo mestiere rispettando quello che detta l'articolo 21 della Costituzione.
Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, presidente. In quel caso alcune domande sicuramente se le sarebbe dovute porre l'ordine dei giornalisti. È una delle questioni che abbiamo provato a ricostruire anche come memoria storica, i periodi e i momenti di disattenzione sulle cose accadute nel giornalismo italiano.
Io le sono grato per aver esordito, in questa sua breve relazione, citando Ester Castano, che abbiamo conosciuto, incontrato, ascoltato e che pochi giorni fa a Sedriano ci ricordava la sua vicenda, quella di una giornalista che, con la povertà dei mezzi di cui disponeva un piccolo giornale, mette in moto il meccanismo e porterà poi al primo scioglimento per mafia di un comune in Lombardia. Ci è arrivata dopo aver subìto anche l'umiliazione di un provvedimento che, su richiesta del sindaco, le impediva di avvicinarsi a meno di 200 metri dal comune per non dare fastidio al sindaco. Lui poi verrà arrestato e il comune sarà sciolto per mafia.
Adesso questa collega, come lei ricordava, e io lo ricordo una seconda volta, vive in condizioni precarie. Ci piacerebbe chiedere all'ordine dei giornalisti, nella misura in cui è in condizione di potersi assumere una responsabilità e un'iniziativa, Pag. 7di considerare, come diceva lei, le minacce per fame che subiscono alcuni colleghi. La cronista Ester Castano oggi vive della collaborazione saltuaria non contrattualizzata con Il Fatto Quotidiano per 300 euro al mese.
Naturalmente, le redazioni hanno detto quello che dicono a chiunque si trovi a presentare domanda di assunzione e di collaborazione, ossia che non ci sono risorse economiche. Forse bisogna considerare tutti, ciascuno con le proprie risorse anche istituzionali, regolamentari ed economiche, che la situazione della stampa italiana vive un suo momento di crisi in un contesto complessivo di crisi, ma anche in un contesto particolare in cui c’è un numero di giornalisti minacciati, intimiditi o ridotti a una precarietà professionale estrema, che forse non conosce nessun altro Paese dell'Unione europea.
Vorrei farle un paio di domande e poi ascoltare i colleghi.
Lei nel 2008 era segretario dell'ordine. A Casal di Principe fece un richiamo, che ci sembra oggi molto opportuno, a tutti i giornalisti a un rispetto più rigoroso e puntuale delle regole deontologiche. «Cominciamo a parlare dei nostri doveri – lei disse – di chi per osservarli corre rischi per osservarli e poi subisce attacchi non solo dalla camorra, ma, inspiegabilmente, anche da altri giornalisti. È una vergogna che non possiamo tollerare. Gli ordini regionali si rendano conto che è ora di fare pulizia nelle nostre file e che di fronte a queste cose dobbiamo agire senza indulgenza».
Le chiederei intanto se ci può ricordare – i tempi purtroppo sono brevi – a che cosa si riferiva, che cosa è accaduto all'ordine dei giornalisti, che tipo di relazione c’è stata e, per esempio, come si giustifica la sostanziale inerzia dei consigli di disciplina.
Noi abbiamo ascoltato diversi presidenti di ordini regionali, i quali ci hanno spiegato che su alcune materie, quelle disciplinari, non entrano più, avendo ormai delegato la legge agli organi di disciplina, ai consigli di disciplina, i quali, però, intervengono per altro verso. In alcune regioni non sono nemmeno stati istituiti.
Lei si riferiva poco fa ad alcuni giornalisti che, se sbagliano, è giusto siano messi di fronte alla loro responsabilità. L'organismo che di questo dovrebbe occuparsi e che avrebbe dovuto anche raccogliere l'ammonimento molto duro, molto rigoroso che lei faceva sette anni fa, però, non ci sembra averlo fatto. I casi che abbiamo raccolto si contano sulla punta delle dita di una mano e forse nemmeno. Le chiedo se ci può dire che cos’è cambiato da allora e a che cosa pensava e a che cosa pensa quando parla dei giornalisti che subiscono attacchi da altri giornalisti.
Glielo chiedo anche perché noi abbiamo raccolto casi, assunto informazioni e svolto audizioni in cui ci sono stati già sollevati molti di questi casi.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Una cosa che manca in quello che lei ha letto è che io affermai che mi vergognavo di essere dovuto andare con la scorta della polizia a Casal di Principe. Noi fummo scortati dalla polizia. Era la fotografia di un mondo che ripugnava la coscienza civile.
Le confermo che non erano parole dette così per pronunciare una frase a effetto. Periodicamente noi vediamo che ci sono contiguità preoccupanti e inquietanti. Non mi viene una parola più forte. Sono insopportabili.
Vi citavo prima quello che è emerso nell'ambito dell'indagine Cutro 2. Non so come l'abbiano chiamata a Reggio Emilia. C'era un signore che risulta essere iscritto all'ordine dei giornalisti...
PRESIDENTE. Ce ne ricorda il nome per favore ? Per noi è importante. Se lo ricorda...
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Ahimè, questo nome non lo ricordo. Chiedo intanto a Paolo di ritrovarlo. Era coinvolto nell'indagine. Era già stato sospeso...
Pag. 8PRESIDENTE. Il giornalista è stato arrestato un paio di mesi fa.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Sì. Era già stato sospeso. Quando è stato arrestato non era in attività, perché lo avevamo già sospeso per un'altra questione, ma questa non è neanche un'attenuante. È giusto un dato di fatto.
Perché ho fatto quella dichiarazione a Casal di Principe ? Con Roberto Natale, che era allora presidente della federazione della stampa, noi facevamo delle tournée per sensibilizzare i colleghi, puntando a tenere accesi i riflettori. Noi non di rado ci sentivamo dire che quello se la tirava, che quell'altro enfatizzava le cose per avere più attenzione e che era insopportabile che questo avvenisse dall'interno della nostra categoria.
Io non escludo – in qualche caso abbiamo anche avuto modo di accertarlo in Campania – che le scritte minacciose sui muri fossero quantomeno sospette, soprattutto perché venivano denunciate otto giorni dopo la scoperta. Se una scritta è autentica, tu esci e te la trovi sotto il muro di casa e abiti al piano rialzato, la paura ce l'hai. La preoccupazione o ce l'hai o non ce l'hai. Non ci siamo sottratti.
Il punto più dolente è la conseguenza – io ritengo non voluta – della riforma degli ordini professionali determinata dal Ministro Severino per semplificare, che ha creato i consigli di disciplina. Così come sono previsti essi non possono funzionare, non riescono a funzionare. Sono collegi composti da tre persone. Immaginate in una regione piccola come il Molise – cito quella perché è una delle più piccole – o come la Valle d'Aosta, un collegio di tre persone che processa qualcuno che è conosciuto da tutte e tre le persone. Non possono funzionare.
Noi abbiamo chiesto al Ministero se sia possibile prevedere che il collegio diventi unico, di nove persone, cosicché ci sia la possibilità di astenersi per via di un rapporto personale...
PRESIDENTE. Un collegio nazionale ?
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. No. In Molise, a Campobasso, debbono essere nominati tre collegi di tre persone che fanno parte del consiglio di disciplina territoriale. Questi tre collegi lavorano autonomamente, con un meccanismo surreale. C’è la corsa a nominare il più anziano presidente e il più giovane segretario. Va bene per il più giovane, ma il più anziano può creare qualche problema.
Quando si trova un procedimento incardinato presso un collegio di tre persone, se due di queste tre persone hanno un qualunque rapporto con la persona sottoposta a indagine, tutto si ferma e si avviano tutte le procedure di ricusazione se i rapporti sono conflittuali, o di astensione.
Noi abbiamo chiesto di modificare la norma prevedendo che il collegio diventi di nove persone, ma ci è stato detto che non è possibile così e che ci vuole una modifica legislativa. Vi prego, aiutateci, se potete.
Quanto al risultato, noi abbiamo già fatto da alcune settimane – stiamo raccogliendo i dati in questi giorni – una ricerca ai consigli di disciplina per avere i dati sui procedimenti disciplinari. Nell'ultima riunione della consulta con i presidenti e i vicepresidenti degli ordini regionali io ho denunciato – è tutto registrato – che sembra che in Italia l'informazione vada benissimo e che non ci siano violazioni deontologiche perché non abbiamo procedimenti disciplinari. Noi abbiamo un consiglio nazionale di disciplina che è fermo perché non ha ricorsi in appello.
Con una battuta che l'interessato mi perdonerà, dico meno male che c’è stato il caso Sallusti, altrimenti il nostro consiglio nazionale di disciplina non avrebbe potuto fare nulla, perché si è occupato solo – mi pare – di due casi che riguardavano il collega Sallusti.
Questa esperienza è fallimentare. Non so per colpa di chi, ma è sicuramente fallimentare. La legge, così come è stata ipotizzata, non funziona. Se vi serve ancora il nome...
PRESIDENTE. È Marco Gibertini.
Per capire il caso di Gibertini, le chiedo di immaginare cosa sarebbe potuto accadere se Gibertini fosse stato iscritto all'ordine – lei ci ha detto che non era più iscritto – nel momento in cui l'ordine dell'Emilia-Romagna o l'ordine nazionale apprende che un proprio iscritto si è prestato – queste sono le accuse che gli sono state rivolte – a gestire pubbliche relazioni dei clan mafiosi per creare campagne stampa in nome e per conto loro.
Che cosa accade ? Al di là dell'aspetto giudiziario, che non vi riguarda, quando ci sono la contezza e la certezza di un comportamento come questo – assumiamo il caso di Gibertini perché è quello più recente e conclamato – cosa fa l'ordine ? Non è in condizioni di intervenire se non interviene il consiglio di disciplina ? È in condizione di promuovere autonomamente un'azione ? Può sollecitare l'intervento ? Ci spieghi.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Le dico che cosa prevede la legge e che cosa abbiamo fatto noi, ordine nazionale. In caso di arresto la legge prevede che con una delibera del presidente dell'ordine regionale il collega venga sospeso. La sospensione dalla professione dura per tutto il periodo dell'arresto.
Nel caso specifico, io non avevo la consapevolezza che il signor Gibertini fosse già incappato in un procedimento disciplinare di sospensione. Quando ho letto le cronache che i colleghi avevano fatto, ho chiamato il presidente dell'ordine, chiedendogli non solo di sospenderlo immediatamente, nel rispetto della legge, ma anche di avviare il procedimento disciplinare.
C'erano ieri ordini regionali e oggi ci sono consigli di disciplina che, in attesa della definizione del procedimento penale, sospendono il giudizio. Io trovo questo principio inaccettabile, perché una cosa è la responsabilità penale, un'altra è la rilevanza deontologica del comportamento.
PRESIDENTE. Come questo suo giudizio si può riverberare sull'azione complessiva dell'ordine ? Con riferimento al fatto che il presidente dell'ordine dica – siamo d'accordo con lui – che è inaccettabile delegare tutto alla soglia giudiziaria, in che modo questa sua valutazione si può riverberare ?
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. L'unica cosa che nel concreto io posso fare è chiedere al presidente dell'ordine regionale di attivare su quel caso il consiglio di disciplina.
Io vi potrei citare casi clamorosi, ma non vorrei dividere la Commissione.
PRESIDENTE. Ci scusi, ma il presidente dell'ordine regionale può, anche su proprio impulso, attivare il consiglio di disciplina.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Non c’è dubbio. Non ha competenza di merito, ma l'azione di vigilanza non c’è stata.
PRESIDENTE. È una cosa che è stata fatta assai raramente, per non dire quasi mai.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Quasi mai, purtroppo, vengono fatti i procedimenti disciplinari. Si concludono, non vengono fatti. Si concludono. Noi abbiamo casi di un megadirettore galattico che è stato condannato per sfruttamento della prostituzione. Io ho segnalato, in occasione della prima sentenza, quello che risultava...
PRESIDENTE. Ci dica il nome, la prego. «Megadirettore galattico» per la Commissione antimafia è un'espressione ardita.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Non sono timido. Mi riferisco a Emilio Fede. Io ho segnalato la decisione del magistrato e ciò che era emerso dalle intercettazioni telefoniche. Abbiamo perso le tracce.Pag. 10
In base a quello che prevede la legge Severino io non ho potere. Debbo aspettare. L'unico potere che ho è segnalare l'inattività al Ministero della giustizia, che è il Ministero che ha il compito della vigilanza sul nostro ordine professionale, perché sciolga il consiglio di disciplina. Queste diventano guerre quotidiane.
PRESIDENTE. Le propongo un ultimo esempio, che forse è anche un tema da manuale con il quale vi dovrete confrontare.
Un iscritto all'ordine, Mario Ciancio, che è direttore responsabile e giornalista professionista, oltre che editore, di un giornale, potrebbe essere rinviato a giudizio per associazione a delinquere di stampo mafioso per vicende che non riguardano non soltanto la sua dimensione di editore, ma anche la sua gestione come direttore e, quindi, giornalista professionista della sua redazione. Se dovesse esserci un rinvio a giudizio, come si comporta non l'ordine siciliano, ma l'ordine nazionale, nel caso in cui dall'ordine siciliano ci fosse semplicemente una presa d'atto senza alcun'altra conseguenza ?
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Ci sono state già altre attenzioni che hanno riguardato il direttore ed editore Mario Ciancio. Io stesso in molte occasioni ho fatto denunce su quanto fa pagare i collaboratori de La Sicilia. Io non riesco a capire perché per i raccoglitori di pomodori ci si avvalga di un articolo del codice penale sul caporalato e non si possa fare la stessa cosa qui. Non riesco a capirlo, ma i nostri avvocati ci hanno detto di no.
PRESIDENTE. Mi perdoni, presidente, ma purtroppo è un dato comune a molti editori e a molti giornali il fatto che il giornalismo precario venga trattato con quotazioni da caporalato. Il caso che le proponevo è un'ipotesi di associazione di stampo mafioso, un rinvio a giudizio. Un primo grado di valutazione giudiziaria è già stato fatto. Qualora si arrivasse – lo dico perché è possibile che ci si arrivi in tempi abbastanza celeri – che cosa accade dal punto di vista dell'ordine dei giornalisti ?
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Quello che io posso fare in base alla legge è chiedere al consiglio di disciplina territoriale, tramite l'ordine della Sicilia, di aprire un procedimento disciplinare e di convocarlo – tutti ne hanno diritto; questa è la differenza che ci deve contraddistinguere – e fare un'indagine molto più rapida. Ripeto, non tutto quello che non ha rilevanza penale non ha rilevanza deontologica. Tuttavia, io posso in questo senso manifestare la nostra, non la mia, opinione: non sono in grado, perché non ho gli strumenti di legge, di imporre che questa posizione venga condivisa dai consigli di disciplina.
PRESIDENTE. Lei può chiedere al consiglio di disciplina che si attivi per convocare il collega, ma la responsabilità della decisione resta nella gestione del consiglio di disciplina.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Io non ho titolo neanche per impugnare un'archiviazione. L'unico che ha questo titolo è il procuratore generale, nel caso di specie quello di Palermo. Noi non abbiamo titoli. Questa è una legge fatta parlando degli attuari, probabilmente, perché è una legge che riguarda gli ordini professionali tutti, compresi gli attuari, che sono 500 in tutta Italia, i geologi o gli assistenti sociali.
Per l'amor di Dio, si occupano tutti di questioni delicatissime – vorrei evitarmi qualche altro fronte – ma la credibilità di un giornalista deve essere ancora oltre quella della moglie di Cesare.
PRESIDENTE. Sì, ha delle responsabilità in più anche dal punto di vista dell'opinione pubblica.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
FRANCESCO D'UVA. Grazie per essere qui. Già tempo fa noi abbiamo audito il presidente dell'ordine degli avvocati. La cosa può sembrare scollegata, ma in realtà non lo è, perché oggi qui io mi interrogo ancora una volta – non voglio fare politica qui dentro assolutamente – sull'utilità degli ordini professionali.
Per quello che ho capito, per quello che so, visto che anch'io sono iscritto a un ordine professionale, in particolare a quello dei chimici, perché sono un chimico, di fatto ciò che deve fare l'ordine professionale è tutelare il cittadino, ma anche l'iscritto all'ordine. Come ha già detto lei, ci sono determinati casi in cui non si incorre nel Codice penale, nella legge, ma nel codice deontologico.
Tuttavia, io ho già visto l'altra volta – anche il caso che riporta il presidente Fava su Ciancio fa sì che lo stia vedendo anche oggi – come alla fine gli ordini (la prego di correggermi se sbaglio, perché siamo qui apposta) non riescano a prendere determinati provvedimenti rispetto a chi non incorre ancora in un reato vero e proprio, ma non si comporta nemmeno deontologicamente in maniera corretta.
Eventualmente vorrei cercare di capire – lo chiedo a lei, in questa sede – cosa, secondo lei, si potrebbe fare per migliorare questa situazione che io avverto. Magari avverto una situazione che non conosco bene e che, quindi, ritengo sbagliata.
A tal proposito, so che c’è una classifica stilata da Reporter senza frontiere sulla libertà di stampa che fa precipitare l'Italia al 73o posto per libertà di stampa, prendendosela soprattutto con la politica – questa è colpa nostra, eventualmente – e anche con la criminalità organizzata. Parla di mafia più generalmente, anche se in questa Commissione preferiamo parlare di criminalità organizzata.
In questo senso cosa può fare l'ordine per cercare di migliorare questa situazione e che cosa può fare, secondo lei, il Parlamento per migliorare questa situazione ?
Grazie.
ANDREA VECCHIO. Grazie per essere qui. Speriamo di avere degli elementi di chiarezza.
Gli ordini professionali dalla società chiamata civile sono visti come una pietra dentro un occhio. Sono delle caste inamovibili e intoccabili che difendono solo e soltanto le loro peculiarità. Sono degli organismi politici che negoziano con il resto della politica incarichi. Non parlo dell'ordine dei giornalisti, parlo degli ordini professionali in Italia. Come tale, quello dei giornalisti c'entra pure. Gli ordini negoziano incarichi e prebende e raramente si occupano della qualità delle condizioni di vita degli iscritti all'ordine. Ci sono i soloni che si accaparrano questi ordini, ne fanno monopolio e li occupano a volte per decenni.
Io ho più contezza degli ordini professionali degli ingegneri, degli architetti, dei geometri e di altre categorie tecniche, che sono messi là pronti ad accaparrarsi tutti gli incarichi pubblici.
Io ritengo, quindi, e l'ho ritenuto da sempre, anche prima di occuparmi, forse indegnamente, di politica, che gli ordini professionali dovrebbero essere sciolti, che dovrebbero essere eliminati, perché sono un elemento di disturbo nella gestione della macchina politica. Questo è il mio sommesso avviso, forse impreciso.
Lei ha detto poco fa che un giornalista si è trovato nella cassetta della posta una lettera di richiesta da parte di un giudice di 500.000 euro. Voglio sperare che questo giudice sia stato denunciato. È stato processato ? Si è arrivati a una condanna ? Una situazione così palese, così inarrivabile...
PRESIDENTE. Per la cronaca, non era una lettera di un giudice, ma una lettera di un avvocato del magistrato che diceva che, poiché si ritenevano offesi, intendevano agire giudizialmente, a meno che, in via transattiva, arrivassero 250.000 euro per la causa penale e 250.000 euro per il risarcimento in causa civile, ossia complessivamente 500.000 euro.
Pag. 12 ANDREA VECCHIO. In italiano mi pare che questo si chiami ricatto, oppure estorsione.
Grazie.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Lei ha un'immunità che io non ho.
ANDREA VECCHIO. Si chiama ricatto o estorsione.
PRESIDENTE. Aggiungo un'ultima domanda, in modo che il presidente risponda a tutte insieme.
Sulla legge che in questo momento è all'esame sulla diffamazione ci sembra di capire – peraltro, ne abbiamo già parlato anche in altre occasioni con altri suoi colleghi – che ci sia una preoccupazione e un atteggiamento un po’ ostile, anche se alcuni punti vengono accolti in questa legge. Essa prevede finalmente la possibilità di punire e, quindi, di evitare le querele temerarie e prevede ciò che oggi è soltanto giurisprudenza, ossia la pronuncia del tribunale di Milano, cioè che ci sia un risarcimento del danno e non soltanto un pagamento delle spese.
Adesso si sta discutendo in fase emendativa se questo risarcimento del danno debba essere anche commisurato alla richiesta. Si sta cercando di sviluppare un po’ meglio il concetto. Quali sono i punti, invece, di preoccupazione su questo disegno di legge ?
L'altra questione che per noi è molto interessante è il registro sugli assetti reali delle proprietà. Creare un registro sugli assetti reali delle proprietà è cosa buona e giusta. Ci dica, secondo lei, come si potrebbe fare. Vediamo poi di capire se esiste una via politica, normativa, istituzionale per arrivare a un punto di trasparenza, che, secondo noi, è assolutamente indispensabile.
Do la parola al nostro ospite per la replica.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Se lei lo vorrà, onorevole Vecchio, io do una liberatoria agli uffici perché facciano gli accertamenti sui miei redditi. I miei redditi, da quando sono presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti, ossia da giugno 2010, sono significativamente più bassi di quelli degli anni precedenti, del 2007 in particolare.
Sono significativamente più bassi perché, se questo incarico, non so se da solo o con un altro, lo si vuole onorare, non si può lavorare, perché richiede un impegno piuttosto costante, piuttosto attivo. Noi non abbiamo compensi annuali a cinque o sei cifre. Non è così, almeno per l'ordine dei giornalisti.
È inutile che vi dica che io sono favorevole all'esistenza degli ordini professionali. Vi debbo rubare, però, qualche minuto per spiegarvi in che senso. Parlare di casta legandola ai giornalisti è, francamente, un rispondere a una propaganda dei soloni che ci sono tra i giornalisti.
ANDREA VECCHIO. Chiedo scusa, ma io non la legavo ai giornalisti, bensì agli ordini professionali in generale e ho precisato che quelli dei quali ho maggiore contezza sono ingegneri, architetti, geometri, gli ordini attinenti, per cui è gratuita la partecipazione.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Sì, ma poi ci sono gli incarichi e gli arbitrati, che consentono di non renderla più gratuita. Da noi queste cose non ci sono.
Ci sono più di 10.000 colleghi iscritti all'ordine che non guadagnano 5.000 euro l'anno e ce ne sono più di 20.000 che non guadagnano 10.000 euro l'anno. Perché ? Perché, in base a quanto prevede una legge, noi non possiamo limitare l'accesso alla professione. È evidente che gli unici a trarre profitto da questo sono gli editori, soprattutto quelli più disinvolti, perché, se non uno non vuole più collaborare a tre euro ad articolo, ce n’è un altro al posto suo.
L'ultima performance che io ho – senza fare indovinelli – è un'offerta di lavoro di settanta centesimi ogni 300 parole. Ve lo dico io, senza fare indovinelli: 300 parole, Pag. 13tutti mi dicono, sono quattro o cinque righe. No, sono poco meno di una cartella.
ANDREA VECCHIO. Sono mille battute.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. No, sono 1.500-1.600, dipende dalle parole. I «precipitevolissimevolmente» li può mettere una volta sola, immagino, ma ormai è un termine caduto in desuetudine.
Io penso che l'ordine dei giornalisti abbia una funzione se viene inteso non come tutela dei suoi iscritti, ma come l'ho richiamato prima, perché quello è il senso che io attribuisco all'articolo 21 della Costituzione.
A me capita di battibeccare – il termine forse non è politicamente corretto – con i miei colleghi nei convegni, perché, quando li sento parlare dei diritti dei giornalisti, io continuo a dire che l'articolo 21 non parla dei diritti di questa o di quella categoria. Tutta la Costituzione parla dei diritti dei cittadini. Al limite, quell'articolo dovrebbe richiamare i giornalisti ai doveri che loro hanno e di cui debbono essere consapevoli.
L'articolo 2 della nostra legge istitutiva – Gonella aveva la vista lunga – parla di diritti e doveri: «È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica, limitata dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e della buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori.
Giornalisti ed editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale». Non tutti lo fanno, sono il primo io a dirlo. Non tutti i giornalisti si comportano con correttezza. Tuttavia, ci sono degli strumenti di difesa, se ci aiutate a cambiare questa sciagurata norma che non ci consente di intervenire.
Sa perché siamo precipitati al 73o posto ? Questi signori che venivano in Italia a fare le indagini e che avevano tutti – sono consapevole che c’è una registrazione in corso di questa audizione – i maschi un Rolex d'oro al polso e le donne vestiti griffati, parlavano unicamente di Berlusconi. Tutti, non solo reporter, ma tutti domandavano di Berlusconi, dell'incidenza di Berlusconi, che c'era, che c’è. Quando però io cominciavo a parlare loro delle liti temerarie e della diffamazione, avevano l'occhio spento come se fossero su Marte.
Finalmente, grazie al lavoro che abbiamo fatto a Strasburgo e alle pronunce della CEDU, hanno scoperto che ci sono le intimidazioni a mezzo giudiziario. Pertanto, siamo precipitati in questa classifica perché finalmente è entrato l'elemento nuovo. Quanto intimidisce Ester Castano ? Direi vicino allo zero, conoscendola. Voi l'avete conosciuta. Quanto condiziona, invece, una richiesta di 500.000 euro di danni a un giornale piccolo ? È la morte.
La richiesta che era stata fatta all’Unione Sarda, per la quale l'attore è stato condannato a pagare un risarcimento di 18.000 euro, rischiava di far chiudere quel giornale, se fosse stata accolta, perché la situazione è quella che è. Noi questo dobbiamo provare ad affrontarlo.
Io sono non preoccupato, presidente Fava, per il procedimento sulla diffamazione. Io sono cattolico. Prego che finisca nel cestino della spazzatura quel provvedimento e vi dirò sinteticamente perché. Perché l'unica cosa che stabilisce, la sola cosa che stabilisce è la fine del carcere per i giornalisti. Non è un regalo ai giornalisti, è una risposta alle continue messe in mora che vengono dall'Unione europea, che ci ha sanzionati – mi riferisco alla CEDU – in più e più occasioni. Il comitato Venezia ha anche recentemente denunciato quest'assurdità, un'altra assurdità da uno speciale organismo delle Nazioni Unite. Questa è la risposta agli impulsi comunitari per cercare di evitarli.
Quanti sono i giornalisti che sono realmente finiti in carcere ? Tutti continuiamo a parlare di Lino Jannuzzi, qualcuno torna indietro a Guareschi, ma...
PRESIDENTE. Bolzoni e Lodato sono finiti a Termini Imerese, accusati di peculato Pag. 14perché avevano fatto fotocopie nel Palazzo di Giustizia.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Adesso ci denunciano per ricettazione. Ho saltato questo fatto, non ve l'ho citato. Anche Pier Vittorio Buffa è in un carcere un po’ meno comodo di Termini Imerese, quello di Venezia, che è un po’ tanto più umido. Sono, però, veramente pochi.
Il problema è l'intimidazione. Questo problema la legge non lo affronta. Noi avevamo chiesto che nella legge fosse previsto che chi chiede 500.000 euro depositi una somma pari alla metà in un fondo quale che sia, in modo che sappia di rischiare quella somma. Voi ve lo immaginate Messina Denaro, ammesso che sia interessato a fare querele e non a fare altro, che ha problemi a pagare 5.000 euro a un avvocato, ammesso che glieli dia, fare una lettera con richiesta di 500.000 euro a Live Sicilia ? Che ci mette ? Gli dice: «Fagli questa lettera e chiedigli 500.000 euro».
In che condizioni lavorano loro ? Che cosa rischia Messina Denaro ? Faccio quel nome in omaggio al presidente Fava, ma potrei citare non so chi, perché non ho più i contatti con la mia Calabria. È un omaggio territoriale.
PRESIDENTE. Potremmo parlare dell'ENI che ha chiesto alla Gabanelli parecchi milioni di euro. L'abbiamo avuta nostra ospite.
Capisco quello che dice. La legge già prevede – ci sono molti emendamenti da discutere e, quindi, non sappiamo quale sarà l'esito finale – nel testo licenziato che sia previsto un risarcimento dei danni, non solo il pagamento delle spese. Lei dice che il risarcimento di 18.000-20.000 euro di danni per una multinazionale che li dà in due giorni di lavoro al proprio avvocato è cosa da poco. Sarebbe meglio articolarlo con un rapporto rispetto alla somma richiesta.
Mi permetto, però, di dissentire sul fatto che sia meglio l'assenza di questa legge a una legge, sia pure imperfetta. Oggi la legge impone di pagare le spese legali, senza alcun risarcimento. Il concetto di «querele temerarie» per la prima volta compare nell'ordinamento giuridico italiano attraverso questa legge, sia pur con le imperfezioni di cui parla lei.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Posso provarle a farle cambiare idea, timidamente ? Io parlo del complesso della legge. Certamente sono contento che venga abolito il carcere, anche se nell'ultima audizione che abbiamo fatto alla Commissione giustizia c'era un magistrato per il quale io personalmente ho grande considerazione – non so se lo conoscete – Nello Rossi, che ha fatto centinaia di cause, come PM, contro i giornalisti, il quale ha affermato di non aver mai chiesto il carcere per i giornalisti.
Parlavamo di cose teoriche. Io sono contento che sia previsto un limite di due anni per la decadenza, perché, se intentavano la causa civile, la citazione civile, nove anni, undici mesi e ventinove giorni dopo il fatto, tu le carte non le avevi più. Vogliamo parlare della tutela dei diritti dei cittadini ?
Noi abbiamo fatto sforzi di tutti i tipi. È stata prevista l'obbligo della rettifica senza commento. Io so che magari qualcuno di voi con più esperienza parlamentare avrà pagato lo scotto di qualche collega che con il filo di nota ha maramaldeggiato, ma, facciamo un esempio su Iacopino. Se sul giornale di Pirovano viene pubblicato che Iacopino ha rubato dieci IPad – ho fatto questo esempio in Commissione giustizia, senza risultato – Iacopino può scrivere: «È falso che io abbia rubato dieci IPad. Erano 10.000. Sono saltati gli zeri. Non sono 100, sono 1.000». Il messaggio che passa è quello.
Evitare che si possa maramaldeggiare va bene, ma non prevedere... Inoltre, 5.000 euro per Ester Castano corrispondono a più di mille articoli. Prevedere una sanzione di 5.000 euro non significa nulla. La Corte europea dei diritti dell'uomo in un caso – torno in Sicilia e mi riferisco a Musotto; il collega non ricordo come si chiami – ha condannato l'Italia a un Pag. 15risarcimento al collega e ha stabilito che l'entità della somma deve essere rapportata alla potenzialità economica dell'interessato, altrimenti certamente è un gesto intimidatorio.
Il collega Ciotola, che si è visto chiedere 500.000 euro – è ancora giovane e avrà tempo per rifarsi – io credo che non li abbia mai guadagnati nel complesso.
PRESIDENTE. Presidente, la posso rassicurare perché tutto ciò di cui sta parlando lei sarà oggetto di discussione. La discussione in Commissione giustizia riguarda un complesso di emendamenti, molti dei quali recuperano queste preoccupazioni e le propongono come emendamenti al testo.
Le chiederei se riesce in un minuto, perché è già ricominciata l'Aula, a rispondere all'ultima domanda che le facevo, relativa all'albo delle proprietà. Ha un'idea su come potrebbe essere organizzato, gestito, messo in piedi ?
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. C’è un dipartimento per l'informazione e l'editoria presso la Presidenza del Consiglio. Io vi confesso che ne ho parlato alcuni mesi fa con il sottosegretario Lotti, il quale si disse molto colpito e anche interessato. Quando ne ho parlato al Presidente Renzi nella conferenza stampa di fine anno, mi ha detto che non è d'accordo. Forse non sono riuscito a spiegarmi. Ho il diritto di sapere qual è la proprietà.
È una questione semplice. Presso il dipartimento per l'informazione e l'editoria si faccia un registro che consenta di sapere chi è il proprietario del Corriere della Sera, quali sono le società, quali altre partecipazioni queste società hanno. Quando vedo un giornale decantare le bontà...
PRESIDENTE. Mi scusi, si intende sapere chi è il proprietario reale. Noi possiamo anche aver notizie dei componenti dei consigli d'amministrazione. Il problema è quando un componente del consiglio d'amministrazione è prestanome di un socio occulto che resta fuori.
Il meccanismo, che è anche un meccanismo di evidenza e fatica giudiziaria a volte, è quello di creare il collegamento tra un prestanome e il vero proprietario, che è la questione che ci interessa. Non ci interessa sapere chi sono i componenti del consiglio d'amministrazione, perché sono noti, ma chi c’è dietro. Credo che questo richiederà qualche cosa in più del semplice ricorso al registro.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Ci vuole una norma. In tema di editoria se ne annunciano a raffica.
ANDREA VECCHIO. Io non credo che ci possa essere una norma che vieti di nominare prestanome. Il problema è questo, perché i prestanome si prestano.
PRESIDENTE. Diciamo che è un elemento di discussione, trattandosi della stampa e dell'informazione, che è anche un'attività di servizio di pubblica evidenza.
ANDREA VECCHIO. Sarebbe giusto, sarebbe corretto, però, secondo me è impraticabile.
PRESIDENTE. Non lo esauriremo qui, ma è un tema da discutere.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Pochi giorni fa ho letto del sequestro di beni per alcuni milioni di euro a un signore che era prestanome di altri. Stiamo parlando di un settore diverso da quello dell'editoria, almeno formalmente. Si possono prevedere delle sanzioni. Il non fare niente non tutela neanche il cittadino, perché non sa perché quel giornale...
Vi faccio un esempio. Quando è stata inaugurata la metro C a Roma che è stata un disastro – io ho una rassegna stampa – tutti i giornali hanno denunciato il disastro, i cancelli bloccati, la metro ferma, penso che il sindaco a bordo sudasse pure. C’è un giornale della capitale, Pag. 16Il Messaggero, che non ha pubblicato praticamente niente. Perché ? Il cittadino ha il diritto di sapere perché.
PRESIDENTE. L'aveva costruita.
VINCENZO IACOPINO, presidente dell'ordine nazionale dei giornalisti. Ma no.
PRESIDENTE. Presidente, la ringraziamo anche perché i suoi contributi sono tema di lavoro che ci aspetta in questa Commissione e anche nelle nostre Camere. Dichiaro conclusa l'audizione.
Comunicazione del presidente.
PRESIDENTE. Ricordo che i giorni 30-31 marzo è stata organizzata una nostra missione a Venezia e a Verona, ragion per cui si invitano anche i Gruppi a dare disponibilità e a indicare chi parteciperà a questa missione.
Ricordo, infine, che il 25 marzo la Commissione incontrerà il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Si svolgerà una giornata di lavoro insieme al Presidente della Camera e al Presidente del Senato. Anche in questo caso invito i colleghi che volessero partecipare a farlo sapere il più rapidamente possibile alla segreteria della Commissione.
La seduta termina alle 15.15.